Nel patriarcato ortodosso di Gerusalemme, la vessazione dei cristiani di lingua araba da parte della piccola e potente confraternita (greca) della Custodia del Sepolcro non è un fenomeno nuovo. Le occasionali assegnazioni di abati arabi, e di recente anche dell’arcivescovo Teodosio (Atallah Hanna, nella foto) a ricoprire le “quote minoritarie” per dare un impressione di pluralismo, non riescono a nascondere il fatto che la base dei fedeli non è rappresentata, e non riceve un’adeguata cura pastorale. Per di più, la recente crisi con il patriarcato di Antiochia in seguito all’ostinato mantenimento di un arcivescovo (greco) nel Qatar (rivendicato come territorio canonico dagli antiocheni) ha esacerbato la popolazione ortodossa araba, che ha deciso di ricorrere alle maniere forti in un modo che non avevamo ancora visto negli anni recenti. Presentiamo nella sezione “Geopolitica ortodossa” dei documenti un paio di testi di rivendicazioni: il primo copre le sette richieste del clero di lingua araba, presentate in giugno e sottoscritte da 6000 fedeli. Il secondo, scritto pochi giorni fa dall’archimandrita Touma (Bitar) e appropriatamente intitolato La sottomissione che uccide, è un impietoso exposé degli abusi anticristiani perpetrati per mantenere una élite al potere.
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