Sul suo blog, Sandro Magister si fa portavoce di una notizia che tutti aspettavano e che molti forse hanno temuto: l'imminente chiusura, dopo neppure novant'anni di vita, di un collegio pontificio che ha avuto nei decenni molti cambiamenti di orientamento. Nato nel 1929 per ospitare seminaristi russi, il Collegium Russicum è stato in varie riprese un centro di espansione cattolica in Unione Sovietica, di preservazione di elementi ecclesiali russi e di sottili contatti diplomatico-ecumenici. Tra i suoi curiosi effetti collaterali, è stato pure una fucina di numerose conversioni dal cattolicesimo romano alla Chiesa ortodossa russa.
Oggi sempre più irrilevante (osserviamo quanta poca importanza abbia avuto nel recente e tanto atteso incontro tra il papa e il patriarca di Mosca), sembra più oggetto di pii ricordi che di visioni realistiche. Notiamo che lo stesso Magister si lascia andare a un'ondata di nostalgia per la stagione delle aperture ecumeniche del metropolita Nikodim (Rotov) di Leningrado, un tema che oggi resta solo nei ricordi di quanti lo rimpiangono, o al contrario, di quanti lo denigrano, e che al di là di queste posizioni estremiste è già stato consegnato al dimenticatoio della storia.
Questo episodio può segnalare invece una certa tensione di fronte a una proposta di riunificazione in un'unica metropolia di tutte le chiese cattoliche orientali presenti in Italia, notizia che – stando ai nostri corrispondenti ben informati – sta provocando un certo panico tra tutte le giurisdizioni dei cattolici orientali nel nostro paese. Possiamo ben capire questo panico: dopo secoli in cui a ogni chiesa sui iuris è stata promessa una più o meno larga misura di autogoverno, dover confluire tutti in una metropolia sui generis non è certamente visto come un ideale. Se le cose stanno veramente così, dovremo fare le nostre condoglianze al Russicum come prima vittima di questo nuovo corso.
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