Secondo il Tipico monastico, alla Liturgia di Pasqua, di fronte all'icona del Salvatore si pone su un tavolo un pane ("artos"), che ha stampata su di esso l’icona della Risurrezione.1 Prima del congedo della Liturgia, questo pane è benedetto per mezzo della speciale preghiera di benedizione dello Ieratico (chiamata: Preghiera per la benedizione del pane [che è chiamato dal popolo "Pasqua"] 2, nella santa Domenica di Pasqua) ed è asperso di acqua santa, e per tutta settimana Luminosa è portato alla mensa dei fratelli in processione, e il sabato della Settimana Luminosa, l’artos si spezza e si dà da mangiare ai fratelli. 3 La processione di questo pane alla trapeza del monastero simboleggia il Cristo risorto presente alla mensa dei fratelli per tutta la Settimana Luminosa, proprio come la "Panagia" (una prosfora dedicata alla Madre di Dio) rappresenta la Madre di Dio che siede a tavola con i fratelli alla domenica e nei giorni festivi. È una dimensione perduta anche nei monasteri, e nelle parrocchie non avrebbe motivo di essere istituita o mantenuta formalmente 4.
Nella pratica liturgica romena, tuttavia, "l’Artos pasquale" è spesso confuso con il pane e il vino che si benedicono al Grande Sabato e che, in modo eretico (!), sono chiamati "Pasqua".
Come è noto, la Liturgia del Sabato Santo, di san Basilio il Grande, è unita con il Vespro e deve essere compiuta nelle ore pomeridiane. Il Tipico del Monastero di san Sava prevede che dopo la Liturgia il clero e i fedeli rimangano a digiuno in chiesa 5, ascoltino le letture degli Atti degli Apostoli, che devono essere letti integralmente fino all'inizio del Mattutino di Pasqua a mezzanotte. Per rafforzarsi corporalmente, prima del congedo della Liturgia del Sabato si fa una benedizione del pane e del vino con la preghiera comune della Veglia 6 ("della Litia"), omettendo le parole "grano" e "olio" 7. Dopo la benedizione, questo pane inzuppato nel vino si mangia anche in chiesa per rafforzare il corpo (non solo simbolicamente), ma senza avere qualcosa in comune con la Pasqua.
Ha il ruolo del pane e del vino che si benedicono e si consumano per rafforzare il corpo a ogni Veglia (quando sono chiamati erroneamente: "litia" 8).
Come ci mostra la storia, gli ortodossi romeni, nel corso di tutta la vita, si comunicavano raramente, o niente del tutto (!), ricevendo a Pasqua solo un pane benedetto che chiamavano (e chiamano ancora) "Pasqua". Ecco ciò che scriveva il metropolita Neofit di Creta sulla pratica sacramentale romena nella prima metà del XVIII secolo (e non solo): "La maggior parte delle persone non sa neppure che cos’è la santa Comunione [Priciaştenie, nell’originale], ma la Domenica di Pasqua va in chiesa e non per ascoltare la Divina Liturgia e comunicarsi ai santi Misteri facendo prima la confessione e preparandosi a ricevere i santi Misteri, ma solo per prendere pane e vino, paximan 9, che da voi si chiama “Pasqua” e altri non si sono confessati da molti anni e altri in tutto il tempo della loro vita, come ho capito, non sanno cosa sia la confessione e la santa Comunione [Priciaştenie], e si limitano ad andare il giorno di Pasqua alle loro chiese per prendere quel pane e quel vino non santificato, oppure l'acqua santa, definendoli Pasqua" 10.
È raccapricciante non solo la testimonianza storica, ma anche il fatto che questo gerarca, divenuto Metropolita della Terra romena (1738-1753), ha minacciato i credenti romeni di scomunica nel caso che non si fosse corretto questo "errore" e "caduta in perdizione."
Neppure oggi le cose si sono corrette, ma si sono degradate ulteriormente, anche con l'approvazione della gerarchia superiore, che allo stesso modo chiama il pane spruzzato con il vino "Pasqua". Questo è in contrasto con il testo biblico che dice che "Cristo è la nostra Pasqua" (I Corinzi 5:7). Quindi, possono essere chiamati "Pasqua" (in senso di cibo) solo il corpo e il sangue di Cristo e nient'altro. Attualmente tuttavia i laici si comunicano più spesso, anche a Pasqua, ma continuano a chiamare "Pasqua" il pane benedetto alla vigilia o perfino nell giorno della Risurrezione. 11
In conclusione: la preghiera "dell’artos" si dovrebbe leggere solo nei monasteri che praticano questa antica tradizione sopra descritta; il pane e il vino si dovrebbero benedire solo dove si rispetta la tradizione della Veglia pasquale al sabato notte, senza che questo pane e vino siano chiamati "Pasqua". Invece tutti sono chiamati a comunicarsi sia al sabato che alla domenica di Pasqua, al corpo e al sangue di Cristo, che è la vera Pasqua.
Note
1 A proposito del fatto che "l’artos" deve avere un’ icona stampata sopra, parlano anche le parole della preghiera, nella quale si fa allusione al baciare questo pane, effettivamente al baciare l'icona della Risurrezione stampata su di esso.
2 Questa parentesi (quadrata) è una recente aggiunta al Liturghier (Ieratico) romeno.
3 La "santità" dell’artos pasquale, specialmente dove è chiamato "Pasqua", è stata esagerata, inclusa una richiesta di preghiera di benedizione di questo pane, che dice: "scaccia da noi, con la tua potenza, tutte le malattie e infermità, dando salute a tutti". Un pane che aiuta i fedeli in questo modo è, purtroppo, più "attraente" che la comunione al corpo e al sangue di Cristo, che è "per la vita eterna". Sembra che la vita eterna non interessi ai consumatori e trafficanti di santità", se dobbiamo parafrasare San Gregorio il Teologo.
4 М. ЖЕЛТОВ & Ю. РУБАН, Артос // ПЭ, volume 3, pp 470-472.
5 Già il Canone apostolico 66, oltre al 55 di Trullo precisa che il Sabato di Pasqua, a differenza degli altri sabati dell'anno, è un giorno di digiuno rigoroso.
6 Per tutto ciò si veda la monografia magistrale di Gabriel BERTONIЀR, The Historical Development of the Easter Vigil and Related Services in the Greek Church (Lo sviluppo storico della Veglia di Pasqua e dei servizi correlati nella Chiesa greca), Roma, 1972 (OCA 193), p 158.
7 Inizialmente grano e olio erano benedetti una sola volta l'anno, come "primizie della natura" quando li si depositava nel granaio del monastero; un’analogia con la pratica della benedizione dell’uva in occasione della festa della Trasfigurazione (cfr Н. УСПЕНСКИЙ, Чин всенощного бдения, Москва, 2004, pp 199-200.). Nel resto dell'anno, come in questo caso, si benedicevano solo il pane e il vino. Consideriamo che questa pratica sia più corretta e che debba essere rimessa in uso.
8 La "Litia" è la funzione che si fa nel mezzo del Grande Vespro nel nartece della chiesa, mentre la "benedizione dei pani" è una funzione distinta, separata dalla prima dagli Apostichi del Vespro, e consiste in una sola preghiera che si recita nella navata quasi alla fine del Vespro. Il fatto che questi due elementi liturgici si compiono ogni volta insieme, ha fatto sì che i cristiani e anche il clero più semplice chiami entrambi "litia" e perfino il pane e il vino benedetti nella seconda funzione hanno ricevuto questo nome assolutamente innaturale.
9 In greco la parola "Paximadi" significa pangrattato.
10 Cfr. Ioan Ică jr., Împărtăşirea continuă cu Sfintele Taine, Sibiu 2006, p 7.
11 In Bessarabia si chiama "pască" la torta al formaggio che si benedice dopo la Liturgia nel giorno della Risurrezione. Questa "pască" è mangiata a casa durante la Settimana Luminosa, dopo l’antidoro e l'acqua santa, ma prima degli altri piatti.
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