Nella diaspora, spesso un sacerdote presta servizio in più comunità situate a una certa distanza l'una dall'altra. Durante l'anno liturgico le funzioni si svolgono a turno, a volte in una comunità, a volte in un'altra, ma nelle festività come la Pasqua o la Natività (le feste più importanti ma anche uniche nell'anno liturgico), i fedeli di tutte le comunità vogliono comunicarsi nel giorno della festa, ma a ciascun sacerdote non è consentito servire due o più Liturgie nello stesso giorno astronomico.
Cosa si può fare in questo caso?
Escludo fin dall'inizio ogni dispensa per servire in quel giorno una seconda o una terza liturgia. Ho sentito che alcuni vescovi del Patriarcato ecumenico e anche della Chiesa ortodossa romena lo hanno consentito, ovviamente in via eccezionale. I sacerdoti che mi hanno detto che facevano tali servizi, hanno detto che provavano un forte rimorso di coscienza e un conflitto interiore, e non avrebbero mai voluto ripetere questa esperienza, anche se il vescovo li avesse costretti.
Di fatto, la Liturgia pasquale principale è quella del Sabato Santo, che deve essere celebrata il sabato dopo l'ora del pranzo (a Gerusalemme avviene con la distribuzione della luce pasquale), e quella della Domenica è secondaria, e proprio per questo la prima è una Liturgia di san Basilio e la seconda di san Giovanni. Laddove in una chiesa si celebra la Liturgia del Sabato Santo e in un'altra quella della Domenica, possiamo dire che i membri di entrambe le comunità si comunicano per la Pasqua e non c'è bisogno di cercare o inventare qualcosa di speciale. Il fatto che lo stesso sacerdote serva entrambe le Liturgie non è un problema, perché sono giorni astronomici diversi e qualsiasi collisione viene automaticamente superata. Inoltre, anche i piatti pasquali possono essere benedetti già al sabato (come avviene nella tradizione russa e non solo), purché vengano consumati solo dopo la mezzanotte o anche la domenica mattina, insieme a chi ha celebrato la Liturgia nella notte di Pasqua.
Ma cosa facciamo quando c'è una terza comunità, che non ha celebrato la Liturgia né il Sabato Santo né la notte di Pasqua, e aspetta la comunione alla domenica mattina?
Per quanto ne so, la Tradizione della Chiesa non offre alcuna "soluzione ufficiale" per tali situazioni, pertanto presenterò il mio punto di vista soggettivo, partendo dal pensiero e dalla pratica personale. Per diversi anni di seguito, nel giorno di Pasqua, dovevo andare in una terza comunità per distribuire la comunione e benedire i cibi pasquali, quindi vi racconto come facevo in questi casi.
Nella Liturgia pasquale nella parrocchia principale, santificavo un secondo Agnello, che al momento opportuno intingevo nel santo sangue (in modo non molto abbondante), poi lo mettevo in un artoforio (un recipiente di vetro con un coperchio ermetico, comprato e usato solo a questo scopo, perché quelli metallici destinati a conservare i santi doni non sono pratici per tali situazioni). Dopo aver finito la funzione e consumato il calice (senza mangiare altro), mi avviavo (con qualcun altro che mi faceva da autista), e tenevo tra le mani il contenitore con i santi doni, e avevo anche l'epitrachilo al collo.
Giunto nell'altra parrocchia, indossavo tutti i paramenti, celebravo il mattutino pasquale (con alcune abbreviazioni) e l'Obednitsa pasquale, al termine della quale, senza parteciparvi ancora una volta, davo la comunione ai fedeli e consumavo il secondo calice. Solo dopo consumavo anche l'antidoro e i cibi pasquali.
Un altro anno, dovendo andare su un'isola remota, ho preso i santi doni essiccati e ho dato la comunione a 3-4 persone prima dei Vespri pasquali (la "seconda resurrezione"), ma senza seguire io stesso il digiuno fino a quell'ora, e il giorno successivo, ho celebrato la consueta Liturgia alla quale si sono comunicate diverse altre persone.
Quale sarebbe l'ordine della "Obednitsa pasquale" di cui abbiamo parlato?
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"Benedetto il regno" e versetti pasquali;
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Le consuete litanie e antifone festive;
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L'Apostolo e il Vangelo della festa;
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La litania intensa (con l'apertura dell'iliton sulla santa mensa). "Pace a tutti!", "Amiamoci..." e il Credo.
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Durante il Credo, il sacerdote dispone i vasi sacri sulla santa mensa, trasferisce l'Agnello sul santo disco (e se è troppo molle, lo lascia con il sigillo rivolto verso il basso), quindi versa nel calice il vino e un po' d'acqua.
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Seguono le litanie di richiesta e la preghiera prima del "Padre nostro" dell'ordine della Liturgia dei Doni Presantificati.
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"Padre nostro" e "I doni santi già santificati ai santi!" L'Agnello viene spezzato sopra il calice e lasciato ammorbidire completamente, in modo che il santo corpo possa essere facilmente spezzato con il cucchiaio. Si versa l'acqua calda. (Io non verso l'acqua calda direttamente nel calice, ma nell'artoforo di vetro, per lavarlo da eventuali gocce del santo sangue o dalle briciole che si sono attaccate al vaso, poi verso quell'acqua calda nel calice. Se l'artoforio non si lava ora, dovrà essere lavato più tardi, quando si consuma il calice).
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Come ho detto prima, il sacerdote non riceve la comunione una seconda volta (nello stesso giorno astronomico), ma compie questo rito solo per comunicare gli altri fedeli.
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Dopo la partecipazione dei fedeli, la Liturgia si conclude secondo l'ordine pasquale. Il sacerdote consuma anche il secondo calice e solo dopo mangia e gusta il cibo pasquale.
Come si vede, questa Obednitsa pasquale è simile alla Liturgia pasquale, solo che manca la Proscomidia (eventuali preghiere possono essere menzionate in segreto, assieme ad alcune richieste particolari – alla litania intensa, anche se sarebbe bene non esagerare su questo punto nel giorno di Pasqua), l'Inno Cherubico e il Grande Ingresso, nonché l'Anafora.
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