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  Dalla preghiera di Gesù alla preghiera del cuore

archimandrita Placide (Deseille)

Pravmir

23 luglio 2016

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L'archimandrita Placide Deseille è igumeno del monastero di sant'Antonio il Grande a San-Laurent-en-Royans, Francia, e professore presso l'Istituto teologico San Sergio a Parigi. I seguenti pensieri provengono da un discorso tenuto in una parrocchia locale, il 6 marzo 2008, originariamente pubblicato dal Service Orthodoxe de Presse (SOP), supplemento n. 327, aprile 2008.

Le espressioni "preghiera del cuore" e "preghiera di Gesù" sono spesso usate come equivalenti. Esse dovrebbero, tuttavia, essere chiaramente distinte l'una dall'altra. Secondo il grado di maturità spirituale di una persona, la "preghiera di Gesù" può essere attiva o contemplativa. In quest'ultimo caso, diventa una vera "preghiera del cuore."

La preghiera di Gesù è composta principalmente dal nome di Gesù. I monaci del monte Athos pregano continuamente: "Signore Gesù Cristo, abbi misericordia di me!" La preghiera può iniziare con una confessione di fede: "Signore Gesù Cristo, Figlio di Dio". Il grido di "misericordia" è poi pronunciato come una richiesta a Dio di effondere la sua grazia su di noi (eleos, o "misericordia", è strettamente legato al termine greco per "olio", che nel linguaggio ebraico era un simbolo di benedizione). La preghiera di Gesù è dunque una "icona verbale" di Cristo, che ci comunica la grazia deificante o l'energia del Signore risorto.

Questa invocazione diventa vera "preghiera del cuore" solo a determinate condizioni. La diciannovesima "Omelia spirituale" di San Macario d'Egitto dice: "Quando le persone si avvicinano al Signore, devono prima fare violenza a se stessi in uno sforzo strenuo di aspettare la sua grazia con incrollabile fede... Devono lottare per pregare anche quando mancano di 'preghiera spirituale.' quando Dio vede il modo in cui perseverano nella lotta, anche quando il loro cuore non è in essa, Dio concederà loro il dono della vera preghiera spirituale, della vera carità, della vera tenerezza e compassione. In una parola, Dio li ricolmerà con i doni dello Spirito Santo".

Questa lotta ci coinvolge nella fase attiva della preghiera. Non è, tuttavia, un "metodo" che ci condurrà più in profondità nella vita spirituale. Ciò può avvenire solo quando rispondiamo con umiltà alla grazia di Dio. Ripetere la preghiera ha sempre un valore particolare in quanto ci porta al di là del ragionamento discorsivo e altre forme di riflessione mentale. Conduce alla semplicità e all'apertura di cuore che concentra l'anima in modo univoco su Cristo. L'umiltà è la chiave di questo movimento interiore: ci permette di percepire la presenza e l'aiuto di Dio, e di accogliere il suo dono di salvezza; promuove la fiducia in Dio, la fiducia che egli ci vede nei momenti di caos e tumulto, che egli sarà la nostra luce quando camminiamo attraverso l'oscurità, che egli ci conforta nei momenti di malattia, lotta spirituale e angoscia. Dio ci offre tutto questo attraverso la preghiera di Gesù.

Una volta che questa preghiera ha messo radici dentro di noi, il nostro cuore è illuminato da una profonda fiducia, in cui siamo risparmiati dalla precedente cecità che ci permetteva di pregare solo con le labbra. Ora diamo il benvenuto alla preghiera come un tesoro ineffabile. Come le guide spirituali hanno spesso dichiarato, "La preghiera di Gesù è una gioia che provoca una risposta di ringraziamento".

A questo punto nel pellegrinaggio spirituale, il cuore si trasforma per grazia. Tuttavia, Dio ci permette ancora e ancora di essere tentati, per insegnarci che è in lui solo che possiamo trovare la nostra forza e il compimento della nostra speranza. Questo è il motivo per cui è così necessario che impariamo ad accettare la nostra debolezza e fragilità, con uno spirito di genuina umiltà. Nessuno può acquisire l'umiltà se non con l'uso dei mezzi appropriati, mezzo che conducono a un cuore umile e contrito e all'eliminazione dei nostri pensieri presuntuosi. Troppo spesso infatti il nemico scopre i punti deboli dentro di noi, e questo gli permette di sviarci dalla via che conduce alla vita.

Senza umiltà, è impossibile per una persona a raggiungere la "perfezione" spirituale. Noi impariamo per mezzo di prove, senza le quali nessuno può acquisire vera umiltà.

Tale acquisizione comporta necessariamente un "cuore spezzato" e un'ardente preghiera. Tale umiltà consente a coloro che ci amano di avvicinarsi a noi e manifestare questo amore. Per quanto grandi siano le prove e le tentazioni, queste possono sempre diventare, per grazia di Dio, il mezzo con cui raggiungiamo una genuina umiltà e, quindi, otteniamo il regno dei cieli. Queste prove possono coinvolgere la nostra vita interiore: assalti di pensieri corruttori, o sbalzi di orgoglio (che è tanto spesso una manifestazione della nostra vergogna e delle nostre ferite). Possono anche comportare attacchi contro il nostro corpo: la malattia, la vecchiaia, la negligenza da parte nostra o da parte di altre persone. A volte vengono anche da attacchi palesi da parte di altri: da abuso o abbandono. In ogni caso, tali prove sono necessarie, al fine di condurci a uno stato di vera umiltà.

È in tale stato di umile accettazione delle nostre prove – costantemente affidate nelle mani amorevoli di Dio – che la preghiera di Gesù può diventare vera preghiera del cuore.

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