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  Le ore delle celebrazioni del Grande Sabato e della notte della Risurrezione

dello ieromonaco Petru (Pruteanu)

Teologie.net, 22 aprile 2021

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Date le restrizioni imposte in alcuni paesi ad alcune funzioni o raduni notturni (a seconda del paese, dalle 21-23 fino alle 5-6 di mattina), i chierici e i credenti si chiedono come potssono celebrare la funzione della Pasqua (che tradizionalmente inizia a mezzanotte) e quanto sarebbe giustificato o accettabile un possibile spostamento dell'orario delle funzioni del Grande Sabato e della notte della Risurrezione.

Per poter rispondere in modo plausibile e qualificato a questa nuova sfida per la tradizione liturgica ortodossa, dovremo tener conto di una serie di fonti e di studi storico-liturgici (si veda la bibliografia generale citata in fondo), che ci aiuteranno a comprendere l'evoluzione molto complessa del rito attuale e le eventuali possibilità di servire anche in altri modi, soprattutto nella misura in cui abbiamo sufficienti precedenti storici per farlo.

Non mi sono proposto di scrivere una storia dettagliata della funzione pasquale, anche se un tale approccio manca negli studi liturgici romeni (ma si potrebbe facilmente completare traducendo due o tre opere di riferimento su questo argomento), ma solo di vedere, in generale, come si sono evoluti gli elementi principali della funzione pasquale e in quali giorni e in quali orari si svolgevano.

Tenendo conto di un principio generale di evoluzione del culto, dobbiamo capire che la funzione pasquale, anche se è tra le più antiche dell'anno liturgico, è stata uniformata solo nei secoli XII-XIII, e fino ad allora presentava un'enorme varietà in termini di orari e durata delle funzioni, ma soprattutto nei riti e nel loro contenuto biblico e innografico. Tra le principali tradizioni liturgiche che hanno portato alla formazione della sintesi odierna si distinguono due riti palestinesi: uno aghiopolita di cattedrale e uno monastico (particolarmente quello sabaita), e due costantinopolitani: uno di cattedrale e uno monastico (particolarmente quello studita). Pertanto, quando si parla di un'antica usanza rituale, bisogna specificare esattamente a quale secolo e a quale tradizione locale ci si riferisce, soprattutto perché,

oltre alle quattro tradizioni principali sopra citate, c'erano altri riti locali secondari che, allo stesso modo, hanno lasciato il segno sulla forma e sul contenuto delle nostre funzioni, incluse soprattutto quelle pasquali.

Un ultimo aspetto introduttivo di cui dovremo tenere conto è legato al significato di alcune nozioni che oggi, a noi, sembrano molto chiare, ma in passato potevano avere significati diversi. Ecco qui alcune di loro:

  1. La nozione di "Pasqua (in greco πάσχα)", a seconda del periodo e della regione, potrebbe significare la domenica della Risurrezione del Signore, ma anche più spesso il Sabato o il Venerdì santo, e talvolta anche il Giovedì santo o più giorni presi insieme. Così, soprattutto in Occidente, ma anche in Oriente (anche senza una terminologia specifica) è nota la nozione di "Triduo Pasquale" che di solito significa il tempo tra la crocifissione e la risurrezione del Signore (circa tre giorni). È molto importante ricordare questo aspetto perché, in molte fonti liturgiche ortodosse, il Sabato Santo è chiamato il giorno o la funzione della Pasqua, e la Domenica della Risurrezione è chiamata "la prima domenica dopo Pasqua". Questo è il motivo per cui la "domenica di Tommaso" è considerata "la seconda dopo Pasqua", quella " delle Mirofore" – "la terza dopo Pasqua, e così via.
  2. La liturgia del Sabato Santo, che si celebra dopo il Vespro pasquale (!), era nell'antichità il momento principale dell'anno liturgico in cui erano battezzati i catecumeni preparati per questo momento. L'intera struttura della Quaresima era stata concepita principalmente per preparare i catecumeni, e non è stato fino a più tardi (a partire dal VI secolo e terminando nel IX secolo) che l'attenzione principale si è spostata sul pentimento dei già battezzati. Anche ora la funzione del Sabato Santo mantiene non solo l'inno "Quanti in Cristo siete stati battezzati" (che si trova anche in altre feste dove erano celebrati i battesimi di massa), ma anche l'Apostolo e il Vangelo del Battesimo, così come le 15 Paremie, durante le quali si celebrava il battesimo – come se si cercasse, nonostante la logica e la pratica corrente, di conservare il battesimo pasquale nella memoria collettiva della Chiesa. È vero che in alcuni tipici di monastero, dove di solito non si eseguivano i battesimi, le paremie erano ridotte a 3, e nelle chiese dove c'erano pochi battesimi, il numero delle paremie era ridotto a 8 – ma l'attuale Triodio e il Tipico non hanno più nemmeno questa menzione / adattamento. Per più di un millennio, le prescrizioni battesimali hanno perso il loro valore pratico, ma in uno spirito conservatore (specialmente in funzioni svolte molto raramente – come osservato da A. Baumstark), sono rimaste menzionate nel culto, creando molte difficoltà pratiche. Non è bastato un intero millennio perché questi elementi fossero accantonati o riformulati nell'idea di renderci consapevoli del nostro battesimo e della sua connessione con il mistero della morte e risurrezione di Cristo, ma parlo ancora di un battesimo che dovrebbe aver luogo qui e ora. In altre parole: i libri di servizio hanno conservato (più o meno fedelmente) le vecchie regole rituali, anche se il pensiero ecclesialee l'attuale pratica liturgica non le considerano più. Le ho citate qui non perché andrebbero ripristinate a ogni costo, ma per poter capire in quale contesto alcuni elementi apparivano nelle vecchie regole rituali, e in caso contrario, con la scomparsa del contesto, dovrebbero sparire o essere modificati anche certi testi.
  3. Le nozioni di "giorno", "notte", "sera", "mattina", in ogni cultura e periodo possono avere significati più o meno diversi. Il problema si complicò ulteriormente quando l'umanità iniziò a calcolare l'inizio di un nuovo giorno non dal tramonto – come facevano gli ebrei e la maggior parte degli orientali, né dall'alba – come facevano i greco-romani, ma dalla mezzanotte [convenzionalmente le ore 24]. Questa numerazione moderna, praticamente sconosciuta nell'antichità, ha generato la nozione di "giorno astronomico", diverso dal "giorno liturgico" sia degli ebrei che dei romani. Inoltre, anche nella tradizione ortodossa, il "giorno liturgico" (che, ripeto, è una nozione nuova e problematica), a seconda del periodo e del luogo, potrebbe iniziare sia la sera (si veda l'Ottoeco e l'Mineo) che la mattina (si veda l'Orologio e, in una certa misura, il Triodo). Dobbiamo anche capire che per alcuni la "notte" iniziava al tramonto, e per altri solo quando era completamente buio (crepuscolo astronomico); anche il giorno / la mattina per alcuni iniziava con l'alba e per altri con il completo sorgere del sole. Oltre a questi fenomeni astronomici che hanno aiutato a misurare il tempo, c'erano anche alcune misurazioni popolari come "il canto dei galli" (menzionato anche dalla pellegrina Egeria in relazione alle funzioni di Gerusalemme), ma anche "le veglie" – cioè, quegli orari delle guardie (para)militari, che si davano il cambio una volta ogni 3 ore, e su cui si orientavano soprattutto gli abitanti delle grandi città. Pertanto, sarebbe sbagliato accostarsi alle vecchie indicazioni temporali del culto in termini di nozioni e significati che attribuiamo loro oggi. Sarebbe anche opportuno, almeno nel contesto di questo studio, andare oltre le idee che attualmente abbiamo sul "giorno liturgico" e le sue implicazioni. Spesso, la struttura di un "giorno liturgico", con una sola liturgia eucaristica celebrata al suo interno, non corrisponde agli antichi rituali dove a volte si incontrano non solo due, ma anche tre liturgie eucaristiche nello stesso tempo da noi chiamato "giorno liturgico".

Detto questo, vediamo cosa prevede l'attuale Tipico (elaborato nel XIII secolo, con alcune aggiunte nei secoli XV-XVI), impropriamente chiamato "[del monastero] di san Saba". Secondo le prime edizioni a stampa di questo Tipico (Venezia 1545 e 1577):

  • La Veglia o Prohod (in slavonico "veglia" si dice "bdenie" (бдение), da cui è derivato il romeno "denie") deve iniziare alla settima ora della notte, cioè intorno all'una di notte tra il venerdì e il sabato (al contrario della nona ora della notte, ovvero le 3, quando di solito inizia il Mattutino). Già nei secoli sec. XVI-XVII, anche nelle indicazioni ufficiali del Tipico per parrocchie e cattedrali, la funzione non è più prevista alla settima ora della notte, ma alle 19/alle 7 di sera, o anche prima. Ciò ha portato anche allo slittamento degli orari delle altre funzioni, a cui volevano partecipare anche i laici.
  • Sabato mattina, dopo una pausa di poche ore dalla fine della Veglia, si leggono le Ore e i Salmi Tipici, senza che sia consentito di prendere cibo. È l'unico sabato dell'anno in cui si digiuna (cfr Canoni 64 Apostolico e 55 Trullano)!
  • Alla nona ora del giorno [cioè intorno alle 15] si celebra il Vespro (quando la "Santa Luce" è distribuita a Gerusalemme) con la Liturgia di san Basilio il Grande, dopodiché i fratelli devono rimanere in chiesa, sostenendosi con pane e vino (che sono benedetti con la preghiera della litia) e ascoltando la lettura integrale degli Atti dei Santi Apostoli e altre letture patristiche.
  • Intorno alla quinta ora della sera [cioè intorno alle 23] ha inizio il Mesonittico [Officio di Mezzanotte] della Pasqua, e alla sesta ora [le 24] ha inizio il Mattutino della Resurrezione e la Liturgia di san Giovanni Crisostomo.

Anche con questo ordine, formalmente in uso e apparentemente chiaro, dobbiamo fare diverse osservazioni, senza le quali rischiamo di essere molto confusi:

  1. L'ordinanza del "Tipico [del monastero] di San Sava" è per monasteri e monaci, e il suo adattamento agli schemi di una parrocchia è fatto violando la logica della funzione del Sabato Santo: sebbene unita al Vespro, il più delle volte la funzione si fa la mattina, viene abolita la regola del digiuno, e il pane e il vino che una volta erano benedetti per il sostentamento fisico della comunità monastica, vengono chiamati (anche se solo nella Chiesa ortodossa romena) "pasqua" , essendo percepiti da alcuni come sostituto della comunione eucaristica o, per lo meno, come importante benedizione pasquale (sebbene, scolasticamente parlando, questo pane imbevuto o cosparso di vino sia inferiore all'anafora/antidoro e all'aghiasma).
  2. Procedendo dalla tematica degli stichiri e delle paremie del Vespro, ma soprattutto dal fatto che è seguito dalla Liturgia di san Basilio il Grande – che fino al X secolo era la liturgia standard per tutte le domeniche e le festività dell'anno: si scopre che questa funzione del Sabato Santo non è solo pasquale (già servita in vesti bianche), ma è anche la principale funzione pasquale. L'indicazione gi servire dopo la mezzanotte la Liturgia di san Giovanni conferma che, almeno fino al X secolo, questa era percepita come a funzione secondaria (una sorta di post-celebrazione). Anche il fatto che tra la gente il Vespro pasquale dalla domenica al lunedì sia chiamato "seconda Risurrezione" conferma il fatto che la "prima Risurrezione" è iniziata con il Vespro precedente, cioè quello unito alla Liturgia di san Basilio.
  3. Come ho già detto nella parte introduttiva, il fatto che nello stesso "giorno liturgico" si celebrino due Liturgie eucaristiche non è un problema. Anche trasferire la Liturgia di san Basilio al sabato mattina, se questa rimane unita al Vespro, in teoria, ciò significa l'inizio di un nuovo "giorno liturgico", e il Mattutino e la Liturgia dopo la mezzanotte non sono preceduti da altri Vespri. Alla fine, se volessimo la regolamentazione ufficiale del concetto moderno di "una singola Liturgia per giorno liturgico", dovremmo ufficialmente rinunciare alla vigilia del Sabato Santo e celebrare la Liturgia di san Giovanni Crisostomo alla mattina, poi la sera celebrare il Vespro, e a mezzanotte o al mattino il Mattutino e la Liturgia di San Basilio – per sottolineare ciò che di fatto è stato creduto a lungo, cioè che la vera funzione pasquale è dopo la mezzanotte. Ma non credo che accadrà nemmeno questo, e dovremmo piuttosto vedere quale sia l'origine di questi riti e, comprendendone la logica, potrebbe essere più facile per noi seguirli così come sono stati concepiti.

Non sappiamo quasi nulla del modo in cui veniva eseguita la funzione pasquale nei secoli II-III, ma da alcune testimonianze indirette si nota che era legata a una veglia notturna (anche se questa nozione potrebbe significare qualcosa di completamente diverso da quello che intendiamo oggi), nonché al battesimo di massa dei catecumeni. Inoltre, anche questi due elementi potevano essere eseguiti in modo molto diverso, a seconda della libertà religiosa che i cristiani avevano o meno in determinati periodi, ma anche delle specificità di ogni luogo.

Nei secoli dal IV al VI, come risulta dalle fonti dell'epoca (Itinerario di Egeria, Lezionario armeno gerosolimitano, Lezionario georgiano gerosolimitano, ecc.), le funzioni pasquali iniziano ad avere un ordine e un contenuto ben definiti, con alcune letture bibliche comuni non solo per le diverse aree dell'Oriente, ma anche dell'Occidente. Naturalmente, abbiamo la maggior parte delle testimonianze dall'area di Gerusalemme, dove la topografia dei "luoghi santi" ha facilitato anche lo sviluppo di riti speciali, che in seguito, in una forma o nell'altra, sono stati presi in prestito e adattati in altre Chiese locali. Penso che sia molto importante la testimonianza di Egeria, che intorno al 380/382 disse che "la veglia pasquale qui [cioè a Gerusalemme – n.n.] si fa come nel nostro paese [cioè in Gallia o in Spagna – n.n.], ma qui si aggiunge quanto segue..." (cfr. Itinerarium, § 38) – il che conferma il fatto che alla fine del secolo IV, la funzione pasquale in Oriente e in Occidente era abbastanza simile. Una delle caratteristiche importanti del servizio pasquale aghiopolita di quel tempo era il fatto che il Sabato Santo, la sera, si celebrava nella Chiesa della Risurrezione (Martyrium) la Veglia principale, che consisteva nel battesimo dei catecumeni e in una solenne Liturgia, dopodiché, per non far disperdere il popolo, il vescovo si recava al Santo Sepolcro (a quel tempo ancora non unito in un unico complesso con la chiesa della Risurrezione) e iniziava subito la seconda Liturgia più breve, "per onorare il Santo Sepolcro". Ancor più interessante è che la domenica mattina (considerata la prima domenica dopo Pasqua) si celebrava nuovamente la Liturgia solenne nella chiesa della Risurrezione, ma questa era celebrata da sacerdoti, a causa della fatica del vescovo che aveva battezzato e servito per due Liturgie consecutive. Nel pomeriggio della domenica della Risurrezione, c'era un Vespro con una processione dal Monte degli Ulivi a Sion, ancora una volta con la presenza del vescovo e di molti chierici e fedeli, e nei sette giorni successivi ("Settimana Luminosa" – "octava paschalis") la Liturgia si celebrava giornalmente in varie chiese della città.

Le testimonianze dei secoli VI-VIII e soprattutto la raccolta di inni aghiopoliti conservata solo nella traduzione georgiana chiamata "Iadgari", già non menzionano più quella breve Liturgia celebrata al Santo Sepolcro subito dopo la Liturgia battesimale, e affermano che sia la Liturgia del Sabato Santo che la Liturgia alla mattina della domenica di Pasqua venivano celebrate secondo il rito del santo apostolo Giacomo. Il periodo tra le due funzioni si riempiva con ogni genere di letture bibliche e patristiche, tra le quali cominciarono a svolgere un ruolo sempre più importante le Omelie pasquali di san Gregorio il Teologo, che ispirarono il venerabile Giovanni Damasceno, allora ieromonaco a Gerusalemme, a comporre il famoso Canone pasquale.

Per le funzioni a Costantinopoli non abbiamo chiare testimonianze liturgiche per questo periodo, ma dall'Omelia 27 di san Proclo, patriarca di Costantinopoli († 446) e soprattutto dal "Discorso sulla Pasqua e sulla Santa Eucaristia" di sant'Eutichio, patriarca di Costantinopoli († 582) si deduce che il sabato sera, insieme al battesimo degli adulti, si celebrava la funzione pasquale, con la Liturgia di san Basilio, e i bambini erano battezzati la mattina dello stesso giorno o al sabato di Lazzaro. La domenica mattina, prima dell'alba, erano serviti il ​​Mattutino e una nuova Liturgia, probabilmente già di san Giovanni Crisostomo, allora percepita come secondaria. Possiamo presumere una certa influenza dei riti aghiopoliti, ma questi si vedranno più chiaramente solo nel periodo successivo attraverso il massiccio prestito dell'innografia, che però sarà abbinata ad un proprio sistema di lezionario.

Dai secoli IX-XII abbiamo il maggior numero di testimonianze, sia sulle funzioni a Gerusalemme (si veda il Tipico aghiotafita del 1122, ma che riflette la pratica dei secoli X-XI), e soprattutto su quelle di Costantinopoli, sia che si tratti della Cattedrale di santa Sofia (si vedano Le rubriche tipiche del Sinassario e dell'Apostolo della Cattedrale di Santa Sofia), sia che si tratti di alcuni tipici monastici (Ipotiposi del monastero di Stoudion – IX secolo, Tipico di Alessio lo Studita del 1034, Il Tipico athonita di Giorgi Mtatsmindeli del 1042, Le Pandette di Nikon il Montenegrino – XI secolo, Il Tipico Everghetinos – XII secolo e altri). Se nelle cattedrali dei centri patriarcali, anche se non si facevano tanti battesimi come prima, la Liturgia pasquale principale era ritenuta quella del Sabato Santo, celebrata obbligatoriamente la sera, a partire dal X secolo la tradizione monastica inizia già a chiamare "funzione pasquale" il Mattutino e la Liturgia domenicale. Proprio questa tendenza sarà normativa per il futuro, anche se la sintesi tipica del secolo XIII, come ho detto nell'introduzione, ha mantenuto la maggior parte degli elementi relativi alla pratica del battesimo nelle grandi cattedrali e, in particolare, il sistema delle 15 paremie a Costantinopoli, diversa da quella aghiopolita, che aveva 12 paremie. Inoltre, l'attuale Tipico ha mantenuto il vecchio ordine di servire la Liturgia di san Basilio al Sabato Santo, e alla domenica di Pasqua la Liturgia di san Giovanni Crisostomo – che a quel tempo non era già più considerata come secondaria, per i giorni ordinari – ma altrettanto festiva o anche più festiva, lasciando la Liturgia di san Basilio solo per la Quaresima e la vigilia del Natale e dell'Epifania (e in più, ovviamente, per la commemorazione di san Basilio al 1 gennaio).

In conclusione, tornando alla questione iniziale riguardante le restrizioni in alcuni paesi a servire nella notte durante una pandemia, ci chiediamo come potrebbe essere celebrata la Pasqua in tali situazioni e quale funzione dovrebbe essere considerata quella principale:

  1. Sebbene, la maggior parte delle testimonianze fino al secolo XI parli del fatto che la Liturgia del Sabato Santo era percepita come la principale funzione pasquale, già da quasi un millennio questa situazione è cambiata, e il completamento del libro del Pentecostario e la sua edizione distinta dal Triodio hanno reso distinta la funzione della notte della Risurrezione e l'hanno perfino staccata dal Sabato Santo (che è rimasto nel Triodio), mentre l'inizio del nuovo libro (anche se senza il Vespro, come sarebbe naturale) ha segnato l'inizio glorioso di un nuovo periodo liturgico. Così, il vecchio "Triduo pasquale" (Venerdì Santo, Sabato Santo e Domenica della Risurrezione), ancora presente tra i cattolici romani, si è trasformato in un "Triduo della Passione" (Giovedì, Venerdì e Sabato Santo) e la domenica della Risurrezione è vista come la vera Pasqua, con la tendenza sin dal secolo XI ad aumentare il periodo della post-festa da una settimana (ottava) a 39 giorni, fino all'Ascensione.
  2. Durante la Quaresima, ma specialmente durante la Settimana della Passione, la maggior parte delle funzioni si compie in momenti diversi da quelli normalmente previsti. Per sette settimane di seguito, la Chiesa (per la maggior parte) celebra il Vespro al mattino e il Mattutino alla sera, senza che questo preoccupi troppo. Al contrario, se qualcuno cercasse di riportare tutte le funzioni al proprio posto, mettendo logicamente il Vespro alla sera e il Mattutino alla mattina, sarebbe accusato dai cosiddetti "tradizionalisti" di essere innovatore e liberale, anche se le qualifiche dovrebbero essere applicate esattamente all'opposto. D'altra parte capiamo che ci si è spinto troppo oltre, e una volta che sono entrate nella pietà e nella coscienza del popolo, certe cose difficilmente possono essere cambiate.
  3. Considerate le restrizioni della pandemia, potremmo facilmente tornare alla Liturgia del Sabato Santo celebrata alla sera (in quanto unita al Vespro), e alla mattina, alla prima ora possibile (consentita dalle autorità) celebrare la funzione della Risurrezione. Anche in passato, la funzione della Risurrezione non iniziava necessariamente a mezzanotte (le 24) per terminare alle 3 o alle 4, ma piuttosto iniziava verso le 3 per terminare all'alba. L'usanza di celebrare la funzione pasquale al mattino esiste da tempo in alcune zone della Transilvania e questo è sempre stato visto come una deviazione dalla regola, ma ora, in tempi di pandemia, potrebbe diventare un precedente che offre una soluzione temporanea. E, forse, spostando la funzione della Pasqua al mattino, alcuni non verranno solo per 5 minuti, per prendere la luce e poi tornare a casa, e altri non dormiranno per tutto il tempo della funzione per venire solo alla fine, per "santificare il cibo". Ma dove si può celebrare a mezzanotte, penso che sia bene mantenere tale uso anche se, nel corso della storia, l'enfasi sulla Liturgia pasquale principale e la nozione della "mezzanotte" sono cambiate un bel po'.
  4. Da un altro punto di vista, tenendo conto della realtà in cui viviamo, nonché dell'evoluzione di tanti elementi sostanzialmente diversi da quelli dell'antichità (per esempio: 4 periodi di digiuno obbligatori, ma più leggeri, invece di uno solo molto severo; la scomparsa del catecumenato e del battesimo di massa nelle grandi feste, il completamento della veglia del Sabato Santo con le Lamentazioni e la processione del santo Epitaffio, cose non generalizzate fino al XV secolo, ecc.), la Liturgia potrebbe essere celebrata il Sabato Santo alla mattina, ma senza Vespro (magari anche con alcune antifone speciali), poi al sabato sera celebrare il Vespro pasquale con la Litia (e così sarà più chiaro cosa significhi quel pane cosparso di vino chiamato impropriamente "pasqua"), e a mezzanotte fare il Mattutino e la Liturgia. Inoltre, per sottolineare l'importanza del giorno di Pasqua, credo che la Liturgia di san Giovanni dovrebbe essere celebrata al Sabato Santo e alla Domenica della Resurrezione quella di San Basilio, così come a Natale e all'Epifania, quando queste cadono di domenica, applicando la stessa logica, compresa la separazione dal Vespro della Liturgia della vigilia.
  5. Ci auguriamo che ogni vescovo trovi la modalità giusta per la sua diocesi per celebrare e comunicare il popolo fedele in questa fine della Quaresima, a Pasqua e dopo Pasqua (si veda il Canone 66 Trullano).

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