“La bellezza salverà il mondo”
Fëdor Michajlovič Dostoevskij
Se non vi convertirete e non diventerete come i bambini, non entrerete nel regno dei cieli (Matteo 18, 3). Sono molti i richiami evangelici ai bambini, all'infanzia e persino al gioco, che indirizzano alla rinascita dell'uomo in Cristo, alla restaurazione dell'uomo nella primigenia natura e bellezza antecedenti alla caduta dei progenitori. Una ri-creazione che richiede come tappa fondamentale il ritornare bambino, cioè alla semplicità, alla spontaneità ed alla giocosità propri dell'infanzia. In ogni periodo dell'anno, e non solo nell'approssimarsi del Natale, è dovere di ogni cristiano non solo fare memoria del Dio che si fa bambino, ma partecipare misticamente alla kenosis di Colui che “per noi uomini e per la nostra salvezza discese dai Cieli e per opera dello Spirito Santo si è incarnato nel grembo della Vergine Maria e si è fatto uomo". Cristo si è fatto bambino per avvicinarsi all'uomo, e come in un gioco in cui ci si scambia le parti, tocca poi all'uomo farsi bambino in Cristo per avvicinarsi a Dio, parliamo di quel processo che i santi padri chiamano theosis o communicatio idiomatum. La regola del gioco è l'umiltà. Nella Divino-Umanità di Cristo l'umiltà è infatti la prima evangelizzazione. San Paolo scrivendo ai Filippesi li invita ad avere “gli stessi sentimenti che furono in Cristo Gesù, il quale, pur essendo di natura divina, non considerò un tesoro geloso la sua uguaglianza con Dio; ma annichilì se stesso, assumendo la condizione di servo e facendosi con-simile agli uomini” (Filippesi 2, 5-7). È questa umiltà che Cristo di nuovo mostra agli apostoli, ancora troppo “adulti", quando cercano di allontanare da lui i bambini. Scrive l’evangelista Marco che in quella occasione Gesù si indignò con loro. Sì, erano decisamente ancora troppo adulti, un po' come certe nostre babushke in chiesa la domenica! Gesù non fa tanti giri di parole: “Lasciate che i bambini vengano a me e non glielo impedite, perché a chi è come loro appartiene il regno di Dio”. Volete entrare nel mio Regno? Ritornate bambini! (cfr. Marco 10, 13-16).
Anche il teologo Pavel Evdokimov ci ricorda con un racconto come troppo spesso il nostro rapporto con Dio si riduce al formalismo tipico del mondo degli adulti, mentre invece Dio ci vuole bambini giocosi:
Un giorno, venne da noi un santo. Mia madre, vedendolo in cortile fare capriole per divertire i bambini, mi disse: “E’ veramente un santo, vai anche tu da lui”. Posandomi una mano sulla spalla, il santo mi chiese: “Piccino mio, che cosa conti di fare?”. “Non saprei, che cosa volete che faccia?”. “No, dì tu quello che vorresti fare”. “Oh! Mi piace giocare”. “Bene, vuoi giocare con il Signore?”. Non seppi cosa rispondere. Poi egli soggiunse: “Vedi, se tu riuscissi a giocare con il Signore, sarebbe la cosa più grande che si sia mai fatta. Ma tutti lo trattano così seriamente, da renderlo mortalmente noioso… Gioca con Dio, figlio mio; è il più grande compagno di gioco” (1).
Tornare alla propria infanzia, dunque, è certamente un primo passo per ritornare bambini nel senso pienamente evangelico. Nella città di Bagheria (PA) per chi lo volesse è possibile tuffarsi nel mare della propria infanzia, percorrendo i corridoi del “Museo del Giocattolo e delle Cere Pietro Piraino". Fondatore e curatore del museo è l'artista e scrittore Pietro Piraino Papoff, che si avvale della qualificata collaborazione delle figlie Laila e Lucilla (2).
Se il gioco ha una sua dimensione spirituale, i giocattoli ne sono il naturale strumento, non solo coreografico ma intimo legame e mediazione tra il bambino ed il mondo esterno, una sua concreta emanazione interiore. Indelebile nella mia memoria resta il tenero ricordo di una bambina ucraina che quando entrava in chiesa dopo aver baciato le icone sollevava la sua bambola poggiandone a sua volta la testolina sulle icone perché anch’essa le venerasse. “Una piccola mamma cristiana che diverrà una grande mamma di fede", dicevo ai genitori.
Dello stesso tenore la testimonianza umana e spirituale del maestro Pietro Piraino Papoff, a proposito dei giocattoli da lui raccolti, una riflessione che ne denota la profonda sensibilità e l'amore con cui ha voluto arricchire l'umanità attraverso questo museo:
“Le ragioni che spingono un uomo a realizzare un museo dedicato ai giocattoli ed ai giochi dei bambini possono essere diverse e di diversa natura. Nel mio caso, due sono le ragioni di base: la prima è la conseguenza diretta del mio concetto di gioco. Sono convinto che il gioco, come la vita reale, ma in un quadro determinato in anticipo, riunisce in se i concetti di totalità, di regole, di libertà. Nel gioco, le diverse combinazioni, sono altrettanti modelli di vita reale, sociale e personale; esso tende a sostituire un certo ordine all'anomalia dei rapporti e fa progredire dallo stato di natura a quello di cultura, dallo spontaneo al voluto. La seconda ragione è da imputare al verificarsi di un triste evento che venne a modificare e a sconvolgere la sfera degli affetti familiari e della solidità economica: la scomparsa improvvisa e prematura di mio padre. Provai cosa prova un bambino quando non può mostrare i suoi giocattoli agli altri bambini; io non avevo nulla da mostrare; i miei giocattoli erano i sogni e la fantasia. Imparai presto a costruire barchette di sughero, fionde, trottole, aquiloni, monopattini; imparai a rifugiarmi sul "Pianeta del Piccolo Principe" dove il sogno, la fantasia e l'irrealtà erano quotidianità e regola. Lì potevo estraniarmi da una realtà dolorosa e da una umanità che non accettavo e non condividevo. Tutto questo maturò in me la convinzione che, da grande, avrei realizzato qualcosa che consentisse ad altri bambini di essere LIBERI di sognare e di volare sulle ali della fantasia. Forse influì moltissimo in questo mio proposito, la mia natura di inquieto ed insoddisfatto bambino-uomo; è nei giocattoli e nelle bambole antiche che io ritrovo l'identità perduta idealizzata e ricavata dalla società romantica che ha prodotto quegli oggetti, indispensabili alla "crescita" del bambino rimasto in me. Cominciai così il recupero, spesso affannoso, di una grande quantità di oggetti creati per il trastullo dei più piccini e destinati, dopo il restauro, allo studio ed alla conservazione perché i bambini del futuro non ne smarrissero testimonianza e memoria” (3).
Il museo Piraino non è semplicemente una raccolta di bambole e balocchi, ma una memoria antropologica dell'infanzia che dal passato ci accompagna al presente, attraverso un percorso di iniziazione anche spirituale, per coloro che sanno leggerne i “segni”. Non a caso la prima tappa del percorso museale, nell’ala dedicata alle cere, si apre con rappresentazioni del Mistero della Salvezza: Adamo ed Eva nel giardino dell’Eden, l'Annunciazione, la Natività di Cristo. Quest'ultima particolarmente ricca nelle rappresentazioni dei presepi e del Divino Bambino. Il culmine di questo percorso è certamente la rappresentazione visiva del Mistero di Cristo secondo le meditazioni del mistico francescano Ubertino da Casale nell'Arbor Vitae Crucifixae Iesu, in un teologico riverberarsi del Mistero di Dio dove il pozzo di Sicar rivela l'adorazione in Spirito e Verità celata nel Tempio di Salomone, la Parola che si incarna a Nazareth è il medesimo Logos da cui Mosè riceve le Dieci Parole, il vino abbondante delle nozze di Cana prefigura la sovrabbondante misericordia del sangue di Cristo effuso sul Golgota e la grotta di Betlemme dona a tutti la medesima vita e gioia che irradia la increata luce Pasquale del Sepolcro vuoto, in pieno accordo con quanto ci insegnano i santi padri.
L'ala dedicata ai giocattoli è sicuramente la più emozionante, mettendo il visitatore in contatto diretto col bambino interiore che alberga in ognuno di noi, e che sonnacchioso attende solo di essere risvegliato. Interessante per chi è cristiano ortodosso, trovare, nel tripudio di bambole e giocattoli di ogni sorta provenienti dall'intero ecumene, la singolare e simpatica figura di un nostro batiushka col nero podriasnik, la barba bianca ed un vivace epitrakil rosso. Testimonianza di come la fede cristiana nei paesi ortodossi sia antropologicamente e sociologicamente rilevante e di come nei paesi dell’Est Europeo porti in sé quel fattore determinante che incide nel quotidiano e che, almeno in questo, accomuna ancora oriente ed occidente: dalla preghiera della tavola alle orazioni del mattino e della sera, quando un bimbo stringendo il suo pelouche mormora: “Padre nostro, che sei nei cieli… sia fatta la Tua volontà, come in cielo così in terra".
Note:
1. Pavel Evdokimov, La preghiera della Chiesa Orientale.
2. La famiglia è di origine russa dal lato materno. I Papoff (Попов) giunsero in Italia, precisamente a Napoli, nella metà del 1800, al seguito dello zar Nicola I Romanov. Il capostipite di questo ramo italiano dei Papoff dovrebbe identificarsi nel diplomatico Andreij Popov, cugino dello zar Nicola.
3. http://www.museodelgiocattolo.org


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