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  Informazioni sui blogger ortodossi

di Gail Sheppard

Monomakhos, 18 marzo 2023

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A proposito dei blogger, di padre Andrew Moore...

C'è stata una crescente attenzione da parte di alcuni Santi Sinodi verso i blogger. La preoccupazione è che esistano su Internet persone che parlano e presentano argomenti e articoli ortodossi che non piacciono ai vescovi.

Recentemente, la Chiesa ortodossa in America ha aggiornato le sue linee guida per il clero includendo quanto segue: "Un chierico non può iniziare un blog o un podcast senza la previa benedizione del suo vescovo diocesano. Un chierico non può separare il suo ministero sacerdotale dalle sue comunicazioni personali o da quelle online".

A essere onesti, un linguaggio simile era già presente nelle linee guida precedenti a causa del rischio intrinseco dei blog in generale. Ora, tuttavia, le linee guida si concentrano non tanto sui contenuti dei blog quanto sui gestori dei blog.

In particolare, parliamo di padre Peter Heers, di padre Zachariah Lynch, del padre diacono Ananias Sorem, di padre John Peck, di padre John Whiteford, di padre Josiah Trenham, del monastero di Sant'Antonio, di Monomakhos, di Patristic Faith e di Orthodox Reflections, tra gli altri.

A titolo di esempio di questa eccessiva preoccupazione, il Sinodo dell'OCA ha recentemente incaricato un sacerdote appena ordinato di allertare i suoi colleghi sacerdoti sui pericoli di questi blog.

Io non sono un blogger, perché ho più che abbastanza da fare per stare al passo con i bisogni della mia parrocchia e della mia famiglia, ma volevo capire la natura del problema, quindi ho fatto alcune domande. Ecco alcune delle risposte che ho ricevuto:

"Non ci piacciono le cose di cui parlano".

"Non ci piace il loro approccio".

"Sono spigolosi".

"Sono personalità antipatiche".

"Stanno cercando di essere una Chiesa su Internet".

"Sono inaffidabili".

"Sono rigoristi".

"Sono tradizionalisti".

"Non ci piace il loro tono".

"Sono odiatori".

"Stanno attirando indesiderabili tipi di destra".

"Stanno dividendo la Chiesa".

"Sono troppo controversi".

"Sono radicali e insurrezionisti".

Quando ho chiesto esempi specifici, non me ne hanno forniti, lasciandomi a chiedermi se questi problemi fossero veri o percepiti. Che siano stati percepiti è assolutamente vero; che siano accaduti in larga misura è più difficile da determinare. I sacerdoti accusati non hanno avuto alcun procedimento canonico contro di loro e Monomakhos esiste da oltre un decennio. So che hanno avuto l'appoggio di molti sacerdoti, vescovi e persino di un metropolita o due, sia qui che all'estero.

È interessante notare che non è stata fatta alcuna menzione di Public Orthodoxy (della Fordham University), di Orthodoxy in Dialogue o di Theoria. Forse non vengono menzionati perché li visitano in pochi, o forse non vengono chiamati in causa perché rispecchiano più da vicino la cultura dominante odierna, che francamente alcuni considerano intoccabile.

Anche se io non sono un blogger, ho conosciuto oppure ho avuto l'occasione di parlare con alcune delle persone in questo elenco e personalmente non ho mai trovato in loro alcunché di particolarmente preoccupante. Apparentemente hanno una cosa in comune: amano la Chiesa.

Ora, ovviamente, non sto difendendo ogni parola pronunciata da un blogger su Internet, ma non posso nemmeno difendere ogni parola che ho detto io, o il modo in cui l'ho detta, nei miei 35 anni di ministero.

Immagino che ogni vescovo, sacerdote e diacono si senta così. Nei nostri ruoli di insegnamento, che sono molto pubblici e costanti, non possiamo fare a meno di aver desiderato, una volta o l'altra, di aver formulato qualcosa in modo diverso. Tutti abbiamo usato parole sbagliate al momento sbagliato o abbiamo articolato un punto con carenza di equilibrio o con un'enfasi sbagliata.

L'arte della comunicazione nell'insegnamento, nella predicazione o anche nell'esprimere un'idea è quanto mai difficile. In questa cultura, la moderazione è spesso applicata al linguaggio semplice da coloro che si fingono offesi, fino al punto in cui ci sono occasioni in cui la comunicazione diventa quasi impossibile.

È quindi imperativo che, nell'affrontare qualsiasi problema di comunicazione, ci limitiamo alle effettive parole pronunciate e al loro significato inteso nel contesto in cui sono state pronunciate.

E se è necessario lottare in questo campo, dobbiamo farlo. Se vogliamo rimanere una Chiesa conciliare, non possiamo chiudere il dialogo. I sacerdoti, i diaconi e i laici devono essere liberi di condividere i loro pensieri che si confrontano o si contrastano con quelli dei loro vescovi, perché siamo tutti responsabili gli uni verso gli altri. A meno che i propri pensieri non siano disordinati o scollegati dal cuore in cui dimora Cristo, abbiamo poco spazio per obiettare.

Se i vescovi non incoraggiano un feedback da parte dei loro sacerdoti nelle discussioni che coinvolgono i fedeli, non dovrebbe sorprendere che il risultato finale sarà uno scollamento tra il vescovo e i laici. Ciò è stato particolarmente vero durante la pandemia. L'approccio dall'alto, in cui i vescovi assumevano la piena autorità e il controllo sulla Chiesa, non è stato ben accolto da parte dei sacerdoti o dei fedeli.

I fedeli erano affamati di guida spirituale durante quello che forse è stato uno dei periodi più stressanti della storia moderna, ma i vescovi hanno specificamente incaricato i loro sacerdoti di adottare un approccio di non intervento. Sono state emanate regole ferree che impedivano ai sacerdoti di prendersi cura dei fedeli a loro affidati. È durante questo periodo che i blog sono cresciuti più velocemente.

C'è una connessione?

I fedeli si sono rivolti ai blogger per avere informazioni perché in alcuni casi i blogger ne sapevano di più sulla scienza del COVID rispetto ai vescovi. Era frustrante per loro che invece di affidarsi alla più profonda sapienza della Chiesa, i vescovi si affidassero per avere un consiglio ad agenti assicurativi e avvocati. I fedeli si rivolgevano gli uni agli altri sui blog per affermare di appartenere ancora alla Chiesa, e non alle autorità secolari.

A complicare le cose, i vescovi restavano spesso rintanati nei loro appartamenti senza effettuare visite pastorali. Sono passati interi mesi senza la loro presenza. Le funzioni in streaming con il solo prete sembravano scoraggiare quanti avevano bisogno di comunità, specialmente quelli senza un'ampia famiglia, che si affidavano alla Chiesa per trovarvi un appoggio del genere.

Sappiamo tutti che non c'è speranza nell'isolamento; san Simeone il Nuovo Teologo ci dice che l'isolamento è la definizione stessa dell'inferno. Questo isolamento è stato molto più distruttivo per i nostri fedeli di quanto lo sia mai stato il virus. Questo probabilmente vale anche per i vescovi.

I blog non solo hanno fornito informazioni e un necessario sollievo dall'isolamento, ma hanno permesso alle persone di esprimere le proprie frustrazioni e paure in un periodo in cui era pressante una minaccia di morte. Le prove storiche hanno dimostrato che la Chiesa aveva agito in modo diverso nelle passate pandemie, e questo ha esacerbato la situazione.

Spinti a obbedire alle decisioni dei sinodi, molti sacerdoti sono stati trattati come mercenari e scoraggiati dal provvedere ai bisogni delle loro parrocchie. I sacerdoti che avevano preoccupazioni per la cura pastorale sono stati ignorati. Le persone che si aspettavano che un sacerdote sarebbe stato al loro capezzale al momento della morte sono rimaste deluse.

Man mano che la blogosfera cresceva, alle persone che avevano già paura veniva detto dai loro vescovi che dovevano prendere appuntamenti per venire alla Liturgia e che ci sarebbero stati vincoli o condizioni per ricevere i "misteri vivifici di Cristo", tutto in nome della salute pubblica. Ciò ha fatto apparire i sinodi deboli nella loro incapacità di allontanare i funzionari sanitari che minacciavano di chiudere le nostre parrocchie.

I blog si sono rivolti ai bisogni dei fedeli in modi che i sacerdoti non erano più in grado di gestire, per paura di punizioni da parte dei loro vescovi. Molti dei blog sono esplosi per numero di lettori e ascoltatori.

Ora, due anni dopo, i sacerdoti che sono stati ignorati nelle loro preoccupazioni pastorali hanno il compito di mettere in guardia i nostri fedeli dai blogger che letteralmente li hanno tenuti assieme quando la Chiesa non lo faceva.

Neanche San Marco di Efeso avrebbe ricevuto una benedizione per aver pubblicato le sue opinioni. Senza dubbio fu detto anche a lui di sedersi e stare zitto mentre la Chiesa era in pericolo e cedeva.

Ma ciò che stava dicendo non poteva essere messo a tacere, poiché proveniva da Dio, e sospetto che anche più di alcuni dei blogger stessero ricevendo le loro istruzioni da Dio, poiché in questo venivano incontro ai bisogni dei fedeli, che avremmo dovuto curare nelle nostre parrocchie.

È un mistero il motivo per cui i fedeli si rivolgono ancora a loro?

Quando i vescovi cercano di chiudere e controllare le idee, ciò non fa nulla per garantire che siano ascoltati. Perché i nostri vescovi non aprono essi stessi un blog? Perché non portano sulla pubblica piazza le questioni che ci dividono? Potrebbero invitare altri blogger a esprimere apertamente le loro preoccupazioni. Questo potrebbe essere un passo avanti, visto che i blog non se ne andranno.

Fino a quando i nostri vescovi non riacquisteranno la voce di Cristo e la potenza dello Spirito Santo [con grande amore], concentrandosi sui bisogni dei fedeli, molti continueranno a rivolgersi ai blog. I blog non se ne andranno perché la verità non se ne andrà. Continuiamo ad avere nella Chiesa grandi problemi, che hanno portato a questi risultati:

  • Indignazione morale per il ruolo del patriarca di Costantinopoli nell'indebolimento della Chiesa canonica in Ucraina. L'attacco ai monaci nelle Grotte della Lavra è particolarmente difficile da sopportare.

  • Disprezzo per l'associazione dell'arcivescovo Elpidophoros con gruppi politici e socialisti che hanno scopi temporali, che minano il messaggio eterno dato alla santa Chiesa.

  • Sconcerto per le dichiarazioni pubbliche di papa Francesco e del patriarca Bartolomeo in merito alla loro unione nel 2025.

  • Preoccupazioni per le mutilazione di gender, per i matrimoni tra persone dello stesso sesso e altre questioni relative alla sessualità umana che sono in netto contrasto con l'insegnamento della Chiesa riguardo al peccato, alla morte, al pentimento e alla salvezza.

  • Domande pastorali senza risposta sul santo Battesimo e l'ingresso nella santa Chiesa.

  • La confusione sui vaccini a mRNA che si non sono dimostrati sicuri né efficaci, e che come ora stiamo apprendendo, possono causare gravi disabilità, cancro e persino la morte in alcuni casi, mesi o anni dopo il fatto.

Invece di affrontare online i problemi di questa grandezza, si sentono i vescovi che offrono in privato le proprie valutazioni, che francamente la maggior parte dei fedeli troverebbe oltraggiose:

  • Sono un seguace di Bernie Sanders...

  • Odio Trump e tutto ciò che rappresenta...

  • Non ho alcun problema con le origini delle linee di cellule staminali, e non dovreste averne nemmeno voi...

  • Non sono mai state ammesse armi nella Chiesa ortodossa e io proibisco le armi in chiesa (anche se per una reale minaccia di violenza l'OCA ha permesso l'introduzione di armi in chiesa durante l'elezione del metropolita Tikhon).

  • Gli ortodossi possono votare senza alcun senso di colpa per un candidato abortista, anche se quel candidato sostiene l'aborto all'ultimo istante di gestazione.

  • Raccomandiamo e incoraggiamo i vaccini a mRNA perché sono sicuri ed efficaci.

  • Siamo grati a quelli di Fordham per aver posto domande che non sono mai state poste prima, anche se la Chiesa non è preparata a dare una risposta.

  • Non c'è niente di più importante dell'obbedienza al proprio vescovo (...dobbiamo essere obbedienti a un vescovo che cambia la dottrina e la prassi ortodosse?)

  • Il patriarca di Mosca ha benedetto le sue truppe a stuprare, uccidere e commettere crimini di guerra.

Sono stati i blogger a eccepire a queste valutazioni. I vescovi hanno riconosciuto che devono stare più attenti a quello che dicono? No. Invece, hanno concluso che il problema sono quelli che riferiscono ciò che essi stessi dicono.

Quindi, se c'è un problema con ciò che i blogger stanno segnalando, la risposta è porre fine ai blog, una soluzione che di fatto non può essere applicata, poiché gli utenti possono accedere in modo anonimo.

O la soluzione è tacere su ciò che si vede e si sente dai vescovi, così che non ci siano argomenti di discussione? Potrebbe anche essere utile parlare con i fedeli di ciò di cui vogliono discutere, piuttosto che troncare autocraticamente la comunicazione.

I blog riempiono un vuoto. Chiudere i punti di vista opposti, piuttosto che modellarli con un sano insegnamento, argomentazioni e dialogo, assicurerà ai vescovi di continuare a perdere quei pochi legami che hanno ancora con i propri fedeli.

I sacerdoti in prima linea affrontano ogni giorno una varietà di situazioni personali molto scomode. Se i vescovi non sono disposti a fare lo stesso, scopriranno che la cultura, e i fedeli nella Chiesa, li ignoreranno in egual misura.

Il popolo di Dio affidato a questi vescovi è confuso e affamato della loro attenzione. Vogliono gli strumenti necessari per allontanare i tanti lupi culturali contro i i quali lottano ogni giorno. Vorrebbero ascoltare la voce di Cristo dai loro vescovi, ma ascoltare la condanna e la critica delle uniche voci che sono rimaste loro aperte in un momento estremamente difficile e angosciante non è ascoltare la voce di un pastore.

I vescovi non hanno nulla da temere dai blog. Possono portare unità alla nostra Chiesa articolando chiaramente la teologia ortodossa e difendendola davanti alla Chiesa e alla cultura radicalizzata. In assenza di questo sforzo, penso che i blogger continueranno a fare il lavoro pesante al posto loro. [Forse dovrei aprire pure io un blog! Ma no, lasciamo perdere...]

Padre Andrew Moore

Chiesa di san Marco Evangelista

Great Falls, MT

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