Il 19 giugno 2014, sua Eminenza l'arcivescovo Job di Telmessos ha concelebrato la Divina Liturgia nella Chiesa di San Sergio a Parigi, in occasione della fine dell'anno accademico presso l'Istituto di Teologia ortodossa, assieme all'arciprete Nicolas Ozoline, preside dell'Istituto, all'arciprete Nicolas Cernokrak, direttore della formazione teologica a distanza, all'arciprete Jean Boboc, responsabile del corso di bioetica, all'arciprete Serge Model di Bruxelles, al sacerdote Joachim, studente malgascio, e al al sacerdote Nicolas Kazarian, docente.
Al termine della Divina Liturgia, l'arcivescovo ha tenuto il seguente discorso:
"Abbiamo appena celebrato la Divina Liturgia, l'azione liturgica centrale della vita della Chiesa, di cui è la fonte e il culmine. Infatti è a partire dalla struttura della liturgia che è organizzata e strutturata la Chiesa stessa. Se il vescovo presiede la Divina Liturgia, non è per questione di onore, ma perché sta al posto e in figura di Cristo (eis topon kai typon Christou). Da questo deriva la sua autorità nella Chiesa, come insegna l'ecclesiologia eucaristica dei Padri della Chiesa, ricordata da padre Nicolas Afanassieff, illustre teologo di questo Istituto, e più recentemente da mons. Jean Zizioulas, metropolita di Pergamo. Voglio credere che la teologia non è solo insegnata nel nostro Istituto Teologico, ma è anche praticata sia dai nostri insegnanti sia dai nostri studenti.
Purtroppo, l'osservazione che ho fatto da quando ho assunto l'incarico a capo della nostra arcidiocesi e del nostro Istituto negli ultimi sei mesi, durante i quali ho ascoltato con pazienza, con attenzione e in silenzio, mostra che ci sono diversi malfunzionamenti e problemi all'interno del nostro Istituto, di ordine ecclesiale, accademico e amministrativo, e la mia coscienza pastorale non mi permette di stare ulteriormente zitto. Mentre oggi dovremmo gioire in questa cerimonia di chiusura dell'anno accademico il cuore non è, purtroppo, in festa, perché siamo profondamente addolorati per molte ragioni.
Questa situazione allarmante che molti sembrano semplicemente ignorare, non è solo una mia preoccupazione personale: riguarda non solo l'arcidiocesi, ma anche la Chiesa madre, il Patriarcato Ecumenico.
Tutti sanno che non è l'Istituto che ha fondato la nostra arcidiocesi, ma piuttosto l'arcidiocesi, nella persona del metropolita Eulogio di beata memoria, che ha fondato l'Istituto. Pertanto, fin dalle origini il rapporto dell'Istituto con l'arcidiocesi è sempre stato quello di un bambino con sua madre, e non avrebbe potuto essere altrimenti. Ma, purtroppo, si osserva ultimamente una certa distanza, o anche un allontanamento dell'Istituto dall'arcidiocesi, e più in generale dalla Chiesa. Alcuni preferiscono, a quanto pare, concepirlo come un istituto secolare, supervisionato da lontano da parte del Ministero dell'Istruzione Superiore e della Ricerca, e non come un'istituzione ecclesiastica, tradendo così la fede e il desiderio dei padri fondatori.
Ciò è stato evidenziato dal tentativo di cambiare le regole interne dell'Istituto, nel periodo tra la mia elezione e la mia intronizzazione, per tendere a ridurre il ruolo dell'arcivescovo da rettore a un ruolo onorario e quasi inesistente. Questa decisione presa all'unanimità dal corpo degli insegnanti non ha ovviamente potuto ricevere la mia approvazione in quanto contraria allo spirito e alla lettera degli statuti della nostra arcidiocesi e del tomo patriarcale che stabilisce il nostro Esarcato, e quindi non valida. Inoltre, in una lettera che mi è stata inviata, il Ministero dell'Istruzione Superiore e della Ricerca mi ha ricordato che l'Istituto è di fatto amministrato da un decano che lavora sotto la supervisione dell'arcivescovo delle chiese ortodossa russe in Europa occidentale, e che è mia responsabilità, nella mia veste di rettore, di vegliare sul buon ordine del nostro Istituto.
Questo tentativo che potremmo chiamare golpe non è nuovo, dal momento che da 5 anni l'arcivescovo dirigente non viene eletto presidente dell'associazione Istituto Teologico Ortodosso (ITO), in contrasto con l'usanza stabilito e documentato negli stessi statuti, tali quali sono depositati in Prefettura, dove possiamo leggere che il metropolita Eulogio era presidente dell'Associazione I.T.O. al momento della sua costituzione nel 1932, e che il metropolita Vladimir era il presidente durante la modifica degli statuti nel 1947. Non voler eleggere l'arcivescovo come presidente dell'Associazione I.T.O. oggi significa non solo voler andare in guerra con lui personalmente, ma opporsi all'Arcidiocesi e al Patriarcato ecumenico, allontanandosi dallo spirito e della lettera degli statuti e del Tomos patriarcale.
Inoltre, possiamo osservare una cosa simile nell'evoluzione degli statuti dell'Associazione per la manutenzione e la cura dell'Istituto di Teologia Ortodossa (AMEITO). Mentre gli statuti al momento della sua fondazione nel 1948, prevedevano che l'arcivescovo la dirigesse come presidente (ex officio), e che questi designasse come vice presidente uno dei suoi vescovi ausiliari, gli statuti attuali non fanno alcun riferimento né all'arcivescovo né all'arcidiocesi.
Un albero si riconosce dai suoi frutti. Se questa tendenza secolarizzante portasse frutti, alcuni potrebbero forse considerarla desiderabile. Purtroppo, questa tendenza a volersi allontanare dalla Chiesa e a separarsi, manifestata da questo desiderio che l'Istituto cessi di essere un'istituzione ecclesiale e al servizio della Chiesa, si traduce purtroppo in una cattiva gestione e in un povero livello accademico.
Invece rallegrarci per questo giorno di chiusura dell'anno accademico, siamo addolorati di trovare gli edifici fatiscenti. Siamo anche addolorati per lo stato delle finanze dell'Istituto, che è in procinto di presentare istanza di fallimento, finanze che non permettono di pagare regolarmente e correttamente i professori.
Inoltre, abbiamo appreso che quasi 400.000 euro sono stati stornati negli ultimi tre anni dalle casse dell'AMEITO e dal Fondo di dotazione dell'Istituto, proprio quando si sono riunite delle assemblee generali per convalidare i conti. Certo, qualcuno potrebbe dire che queste sono entità separate dall'I.T.O., e che tutto va bene nel migliore dei mondi. Nondimeno, tutti sanno che l'AMEITO e il Fondo di dotazione esistono per il solo e unico scopo del funzionamento dell'I.T.O. e sono gestiti quasi esclusivamente da membri dell'I.T.O. Tale scandalo finanziario è una vergogna non solo per il nostro Istituto, ma anche per la nostra Arcidiocesi, in seno alla quale molti fedeli fanno generose donazioni a queste entità, convinti sia di facilitare il funzionamento dell'Istituto sia di contribuire alla vita della Chiesa. Ignorare questo problema è dunque un atteggiamento irresponsabile verso i nostri donatori e dà una pessima immagine dell'I.T.O. Di fronte a una situazione così grottesca che mostra una completa incompetenza nella gestione, non ci si aspetterebbe normalmente che le amministrazioni di queste entità si dimettano?
Sul versante accademico, abbiamo recentemente appreso che dopo la legge ESR del luglio 2013, il riconoscimento statale del nostro Istituto riguarda solo l'istituzione e non i diplomi da questa emessi. In base ad essa, gli istituti di istruzione superiore privati non possono conferire titoli nazionali come laurea, master o dottorato. Gli istituti privati di istruzione superiore, tuttavia, possono rilasciare diplomi in convenzione con un istituto pubblico di istruzione superiore oppure, quando la convenzione non è stato firmata, per mezzo dei servizi rettorali che organizzano il controllo delle conoscenza per l'ottenimento del diploma. Purtroppo, nulla è stato fatto dalle persone che si sono appropriate della gestione del nostro Istituto, e di conseguenza i nostri diplomi di laurea, master e dottorato non sono solo non riconosciuti, ma illegali.
Inoltre, ho nelle mie mani il rapporto d'analisi sul nostro Istituto, fatto dall'Agenzia per la valutazione della ricerca e dell'istruzione superiore e inviato al Ministero dell'Istruzione Superiore e della Ricerca, che è negativo rispetto alla qualità accademica dell'Istituto, e rileva l'assenza di progetti e di strategie di ricerca, la mancanza di informazioni e un'organizzazione complessa e incoerente.
Questa deplorevole situazione non può durare, e di fronte a un così grande numero di malfunzionamenti non possiamo più permetterci di continuare a perseguire una politica dello struzzo chiudendo gli occhi di fronte ai problemi.
Nelle attuali circostanze, non posso oggi firmare con il mio nome i diplomi che, vi ricordo, sono attualmente non riconosciuti dallo Stato e illegali, dal momento che ciò darebbe la mia approvazione e consenso a una tale situazione di cui sarei complice.
Ecco perché vi invito a intraprendere una riforma in profondità. Sono qui per aiutarvi, nella mia veste di arcivescovo e di rettore, non solo con le mie competenze ecclesiali e canoniche, ma anche con le mie competenze accademiche e scientifiche, verificate e convalidate da un'università statale.
Se collaborerete con me e con la Chiesa, grandi cose possono essere compiute e grandi mali possono essere guariti. Se vi arresterete e vi opporrete alla Chiesa, allora dovrete accettarne le conseguenze.
Indipendentemente dalla vostra scelta, l'arcidiocesi, come proprietaria dei locali, non può permettersi di abbandonarli alla rovina. Ecco perché saranno intrapresi lavori nei prossimi mesi, indipendentemente dalla vostra scelta, per ristabilire ordine nella proprietà.
Prego il Paraclito, di cui abbiamo celebrato di qui a non molto tempo la discesa sugli apostoli, di ispirarvi il necessario discernimento e di concedervi la saggezza nelle vostre scelte per rimediare a questa situazione anomala che ci rattrista profondamente e che preoccupa la Chiesa nel suo insieme, pur essendo certi che ci rivedremo molto presto".
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