Arciprete Vsevolod Chaplin - Vice-Presidente Dipartimento per le Relazioni Ecclesiastiche con l’Estero Patriarcato di Mosca
Versione completa dell'articolo abbreviato pubblicato con il titolo 'La tentazione del Vaticano' in Rossiskaja Gazeta il 5 luglio 2002, presente in russo e in inglese sul sito Internet del Patriarcato di Mosca
Nella Foto: L'Arciprete Vsevolod Chaplin
La recente decisione del Vaticano di istituire diocesi cattoliche in Russia ha sollevato tutta una serie di serissime questioni sulle relazioni tra la Chiesa Cattolica Romana e la Chiesa Ortodossa Russa. Dal febbraio 2000, quando è stato fatto questo passo, entrambe le parti, ortodossa e cattolica, hanno fatto un certo numero di dichiarazioni, e anche rilasciato molte interviste. Ora le loro posizioni sono chiare, e la loro fondamentale discrepanza è evidente. E’ diventato chiaro a tutti che il dialogo ortodosso-cattolico ha raggiunto un punto morto. Ognuna delle parti ha la sua verità, ed è pronta a difenderla fino in fondo. Ma quali sono le vere, profonde ragioni di questo nuovo tragico confronto?
Il primo tentativo di spostare la discussione da un livello polemico a uno più serio, dal punto di vista ideologico e teologico, è stato fatto nell’articolo del Cardinale Walter Kasper, presidente del Pontificio Consiglio per la Promozione dell’Unità dei Cristiani, pubblicato in marzo sulla rivista dei gesuiti Civiltà cattolica. L’articolo descriveva seriamente il presente conflitto teologico tra Oriente e Occidente. E’ certamente una sfida, poiché rappresenta un’azione offensiva di forte critica alle posizioni della Chiesa Ortodossa Russa.
Noi accettiamo questa sfida, e io cercherò di spiegare perché non solo la Chiesa Russa ma quasi tutte le Chiese Ortodosse nazionali hanno considerato il passo summenzionato del Vaticano come un colpo alle relazioni tra ortodossi e cattolici, uno sbaglio strategico fatto dalla Chiesa Cattolica Romana, del quale essa porta la responsabilità storica.
Fin dall'inizio vorrei sfidare l'affermazione che l'istituzione di diocesi cattoliche in Russia sia un “affare meramente interno” dei cattolici, e come tale al di là di qualsiasi critica esterna. Da un lato, questa decisione del Vaticano è di fatto una questione di organizzazione interna delle strutture della Chiesa Cattolica Romana, che ha una piena libertà e legittimità di regolare la propria vita. Ma questo è vero solo se lo si considera da un punto di vista formale e legale. Di fatto, dall'altro lato, questa ri-organizzazione ha coinvolto direttamente gli interessi della Chiesa Ortodossa Russa. Questa, oltre a essere una chiesa di maggioranza in Russia, è ufficialmente considerata dal lato cattolico come partner e come chiesa “sorella”.
Quando un tempo l’Occidente accusava i capi dell’URSS di violare i diritti umani, anche i funzionari sovietici rispondevano dicendo che si trattava di un “affare interno” del paese. I dittatori di oggi hanno fatto e fanno lo stesso. Possono avere ragione in un senso legale, un “affare interno” che coinvolge interessi altrui o insulta la dignità altrui cessa di essere interna. In verità, vi sono norme etiche universali che non possono essere cancellate.
Ciò è ancor più rilevante per le relazioni tra le chiese. Come cristiani non possiamo e non dovremmo essere motivati in queste relazioni solo da principi legali. Amore e sollecitudine per il proprio prossimo sono nozioni fondamentali nell’insegnamento cristiano. Ma se la Chiesa Cattolica vuole operare in Russia come in una sorta di vuoto, ignorando l’opinione e gli interessi degli ortodossi, che cosa implica questo nella collaborazione e nel dialogo? Nondimeno, noi vorremmo ancora considerare le nostre relazioni non come competizione ma come collaborazione, e vivere non secondo la lettera morta delle prescrizioni legali, ma secondo la legge dell’amore fraterno. Le nostre Chiese non dovrebbero essere come due aziende che si contendono il mercato, ma come due nazioni alleate.
La collaborazione presuppone inevitabilmente coordinazione di azioni, mutua apertura e responsabilità. Fino allo scorso febbraio avevamo fiducia in una simile attitudine della Chiesa Cattolica, ma il metodo con cui è stata presa la decisione riguardante le nuove diocesi è stato per noi un amaro disappunto. Alla Chiesa Ortodossa Russa è stato semplicemente presentato un fatto compiuto, di cui ha avuto la notifica solo qualche giorno prima. Questo è il modo in cui si dichiara una guerra, non il modo in cui si chiede un parere fraterno! Letteralmente alla vigilia della decisione, ovvero in dicembre, nel periodo tra il Natale cattolico e il Natale ortodosso, il Metropolita Kirill, presidente del Dipartimento per le Relazioni Ecclesiastiche con l’Estero del Patriarcato di Mosca, ha cenato per due volte con l’Arcivescovo Taddeuzs Kondrusiewicz, capo dei cattolici russi, che non ha fatto parola della decisione in programma. Il 25 gennaio 2002, una delegazione della nostra Chiesa, che ha partecipato all’incontro interreligioso ad Assisi, è stata ricevuta in udienza da Giovanni Paolo II, e ancora una volta non si è fatta parola dell’imminente istituzione di diocesi. La decisione è stata presa in segreto. Che cosa ci rimaneva da discutere con il Cardinale Kasper, la cui visita era programmata per la fine di febbraio? Il dialogo dovrebbe certamente essere condotto prima, non dopo avere preso specifiche decisioni che coinvolgono gli interessi di una delle parti in dialogo. Altrimenti, perde il suo significato.
Spiegherò ora perché, propriamente parlando, la nostra Chiesa è contraria alla divisione della Russia, uno dei principali paesi ortodossi del mondo, in diocesi cattoliche, cosa che la rende una “provincia ecclesiastica” della Chiesa Cattolica Romana. Ciò significa a tutti gli effetti la creazione in Russia di una Chiesa Cattolica Nazionale centralizzata. Invero, Cristo ha comandato a ogni chiesa di predicare e di insegnare. E poiché una Chiesa Nazionale è parte della Chiesa Universale, dovrebbe ammaestrare, secondo le parole del Salvatore, “tutte le nazioni” (Mt 28:19) a prescindere dalla nazionalità o dalla lingua. E in questo il Cardinale Kasper ha certamente ragione. La difficoltà, però, sta nel fatto che la Russia ha già la sua Chiesa Nazionale, la Chiesa Ortodossa Russa, da un millennio. E creare strutture centralizzate a questa parallele significa di fatto rifiutare di riconoscerla come parte della Chiesa Universale. Tale attitudine viola i principi dichiarati dal Vaticano II. E che dignità c'è in seguito a parlare di relazioni da “sorelle” tra le Chiese?
Nelle polemiche che sono seguite la parte cattolica ha rigettato completamente la nozione di territorio canonico, cosa che indica chiaramente un ritorno al pensiero prevalente prima del Vaticano II, quando la Chiesa Cattolica non riconosceva l’Ortodossia come parte della Chiesa Universale. Tuttavia, a ben pensarci, gli ortodossi, quando espongono questo principio, applicano alla Chiesa Cattolica le norme della Chiesa unica e indivisa che sono comuni a entrambe le Chiese e che non permettono l’esistenza di strutture ecclesiastiche parallele. Questo approccio è impossibile in linea di principio con quelle comunità cristiane che, nell’opinione ortodossa, non hanno alcuna continuità con la Chiesa antica.
La cosa più sconvolgente è il fatto che ancora di recente eravamo completamente unanimi a riguardo. Vi ricorderò la storia. Quando nel 1991 sono state fondate le amministrazioni cattoliche nella Federazione Russa, Roma ha spiegato al Patriarcato di Mosca il senso della nozione di “amministrazione”, così come la ragione per cui la Chiesa Cattolica non restaurava le precedenti diocesi che si trovavano precisamente in Russia, né ne creava di nuove, come faceva in tutti gli altri stati post-totalitari agli inizi degli anni ’90. Il senso era quello di evitare di creare strutture parallele, in modo che l’opinione pubblica mondiale fosse messa al corrente che la Chiesa Cattolica riconosceva le Chiese Ortodosse come Chiese sorelle.
Un anno dopo questi sviluppi, Roma ha promulgato un documento intitolato “Principi generali e norme pratiche per coordinare l’evangelizzazione e il lavoro ecumenico della Chiesa Cattolica in Russia e in altri paesi della CSI”. Esso stabiliva limiti chiari all’opera pastorale cattolica in Russia. Dichiarava in particolare che invece di accettare quanto erano privi di cura pastorale nella Chiesa Cattolica, il clero cattolico avrebbe dovuto aiutare per quanto possibile la Chiesa Ortodossa (II,2). Inoltre, il documento spingeva i vescovi cattolici a fare in modo che nessuna attività nelle aree sotto la loro giurisdizione venisse interpretata come “struttura evangelizzatrice parallela”.
Ciò che vediamo ora è una diretta contraddizione alle buone intenzioni di dieci anni fa. Strutture cattoliche parallele a quelle ortodosse sono create nella Russia di oggi per condurre una predicazione parallela. Nel riferirsi al comandamento del Salvatore di predicare a tutte le nazioni, la parte cattolica sembra dimenticare le parole di San Paolo: “Mi sono fatto un punto di onore di non annunziare il vangelo se non dove ancora non era giunto il nome di Cristo, per non costruire su un fondamento altrui” (Rm 15,20), e cerca di operare in Russia costruendo sulle fondamenta spirituali costruite dalla Chiesa Ortodossa per un migliaio di anni.
Si sbagliano di grosso coloro che pensano che il nostro popolo sia ateo fino all’ultimo ed essenzialmente senza Dio. E’ vero piuttosto il contrario. I nostri compatrioti sono stati strappati con forza alla fede nel tempo sovietico, ma sono riusciti in molti modi a preservare valori spirituali della Santa Russia quali la tenerezza, lo spirito di sacrificio, la riverenza per i luoghi santi, l’idea del peccato e del pentimento. Un tratto principale in questa percezione del mondo è la nozione della spiritualità come fattore dominante della vita. I persecutori della nostra Chiesa non riuscirono a sterminare questa religiosità genetica, profondamente radicata, del nostro popolo, anche in lunghi anni di severe persecuzioni. Essa è rimasta forte fino a oggi. E precisamente questa sensibilità dei russi verso la fede ha portato ora al successo della predicazione, sia ecclesiale che settaria. Sono state l’opera millenaria della Chiesa Ortodossa, le gesta compiute dai suoi illuminatori e martiri, la formazione cristiana e la cultura spirituale del popolo, che hanno fertilizzato il suolo per la Parola di Dio.
Precisamente questi fattori, piuttosto che qualche “avanzata” tecnologia missionaria, a contribuire al relativo successo della missione cattolica in Russia, a cui il Cardinale Kasper si riferisce nel suo articolo. Inoltre, egli menziona la “debolezza” della Chiesa Ortodossa Russa, che a suo dire teme l’“efficacia pastorale” della Chiesa Cattolica. Noi non abbiamo nulla da temere riguardo a questa “efficacia”, poiché possiamo vedere che il successo della missione cattolica in Russia non è tanto grande neppure con un terreno tanto favorevole alla predicazione. La Russia non è divenuta cattolica dopo i dieci anni duro lavoro da parte di ogni tipo di ordine missionario. La crescita del numero dei fedeli cattolici nel nostro paese è stata molto piccola. Per tutti coloro che sono un poco familiari con le realtà russe, i dati di 500-600mila fedeli, ripetutamente citati dall’Arcivescovo Kondrusiewicz, sembrano più che sopravvalutati. Allo stesso tempo, egli stesso ha dichiarato che il numero dei membri del suo gregge non è di fatto cambiato dagli anni ’90. Per questa ragione è ancor più sorprendente che una “provincia ecclesiastica” sia stata creata per un così “piccolo gregge”, da affidare a un “metropolita”. L’impressione è che i cattolici russi abbiano solo due cose in crescita – strutture amministrative e titoli.
Continuando sul tema dell’“efficacia pastorale” della Chiesa Cattolica, guardiamo all’Occidente dove essa è sempre stata tradizionalmente forte. In quasi ogni capitale europea, vi può essere mostrata una chiesa cattolica chiusa e un ex-seminario cattolico. La gente li ha abbandonati. Noi non ne esultiamo, poiché conosciamo le cause di queste tendenze, ovvero, lo spirito del consumismo, dell’edonismo, della permissività totale, che oggi si impongono attivamente sulla gente. Due grandi Chiese cristiane, la Cattolica e l’Ortodossa, dovrebbero opporsi assieme a tale spirito “di questo mondo”, piuttosto che competere in “efficacia missionaria”.
E invece, i predicatori della “forte” Chiesa Cattolica continuano a venire in Russia nella speranza di ricolmare i propri ranghi con persone spiritualmente nutrite e allevate nella tradizione ortodossa della “debole” Chiesa sorella. Precisamente a causa di questo sfruttamento dell’eredità ortodossa noi qualifichiamo invariabilmente la missione cattolica in Russia come proselitismo, vale a dire, come adescamento di persone da una tradizione all’altra.
L’attiva opera missionaria della Chiesa Cattolica nel nostro paese non ha nulla a che fare con la cura pastorale per il gregge già esistente. Il buon senso suggerisce che un certo numero di parrocchie cattoliche sarebbe sufficiente per questo scopo. Ma quale proposito se non il proselitismo può spiegare la presenza di ordini missionari Russia? Molti di loro hanno la missione indicata anche nei loro nomi, per esempio, “Figli Missionari del Cuore Immacolato della Beata Vergine Maria (Claretiani), “Sorelle Missionarie del Divino Amore”, “Donne Missionarie della Sacra Famiglia”, etc. Altri ordini, come i verbisti, sono stati stabiliti fin dal principio come organizzazioni missionarie.
Rispondendo alle nostre proteste, i cattolici russi amano appellarsi alla libertà di coscienza, che secondo loro noi cercheremmo di restringere. Essi ribattono che i russi vengono da loro solo di propria libera volontà. Senza negare l’esistenza di tali casi, faremo notare che una simile “libera scelta” è normalmente ben preparata e fertilizzata con uno sforzo missionario preliminare. Un conto è se una persona giunge da sé in una chiesa cattolica, e un altro se vi è condotta a forza di spinte di gomito di un missionario. E i casi del secondo tipo sono un bel po’ numerosi.
Siamo pure contrari a che i cattolici qualifichino come “non credenti” quelli tra i nostri compatrioti che sono stati battezzati nella Chiesa Ortodossa o che si identificano con la cultura ortodossa, e tale è quasi tutta la popolazione russa etnica della Federazione Russa, così come quella di altri popoli tradizionalmente ortodossi della CSI e del Baltico. Anche se non tutti sono attivamente coinvolti nella vita della Chiesa, se sono considerati non credenti, allora nello stesso modo anche la stragrande maggioranza dei cattolici in Europa Occidentale e nelle Americhe può essere considerata come composta di non credenti.
Ci rifiutiamo completamente di accettare la missione cattolica tra i bambini russi, specialmente gli orfani e quelli che sono cresciuti in famiglie a rischio. Per la maggior parte sono battezzati nella Chiesa Ortodossa, e pertanto ne sono membri a pieno titolo. I missionari cattolici, per lo più suore di vari ordini, vanno nelle scuole e negli orfanotrofi e sotto il pretesto della carità predicano lì i loro insegnamenti. Istituiscono pure orfanotrofi per i bambini senza casa che sono così numerosi per le strade delle città russe di oggi. In queste istituzioni, i piccoli russi, che spesso vengono da famiglie russe a basso reddito, sono convertiti al cattolicesimo. In tal modo si coltivano le fondamenta per una nuova “provincia ecclesiastica”. Naturalmente, nessuno chiede ai bambini russi se vogliono essere cattolici. Queste sono dirette violazioni della libertà di coscienza a cui spesso si riferiscono i nostri oppositori quando criticano la risposta ortodossa alla loro attività missionaria.
Non suggeriamo in alcun modo che i bambini senza casa dovrebbero essere lasciati soli nelle strade. La nostra Chiesa ha fatto grandi sforzi per restaurare le proprie opere sociali e caritative, proibite sotto il regime totalitario. E qui la cooperazione con la Chiesa Cattolica sarebbe proprio la cosa giusta da fare. Un lavoro caritativo congiunto diventerebbe un’eccellente forma pratica per la nostra cooperazione. Si dovrebbe notare in tutta onestà che questo in parte avviene, ma non con gli ordini cattolici che operano in Russia. In questa o quella regione russa, può esserci già un orfanotrofio ortodosso, ma le suore cattoliche, mostrando meraviglie di segretezza, vi fondano il loro orfanotrofio per allevare piccoli cattolici. Se avessero davvero a cuore i bambini invece della missione, perché non portarli dagli ortodossi? Perché non condividere la loro esperienza? Perché non permettere che i bambini battezzati nella Chiesa Ortodossa ricevano istruzione religiosa da un prete ortodosso?
Ahimè, con rare eccezioni questo non avviene quasi mai. I cattolici che si prendono cura dei bambini russi normalmente non vogliono cooperare con i loro colleghi ortodossi, perché apparentemente hanno compiti diversi. Per esempio, abbiamo informazioni attendibili che tre fratelli orfani minorenni nell’orfanotrofio cattolico di Novosibirsk, che sono stati battezzati e cresciuti nell’Ortodossia, non hanno il permesso di parlare con i propri padrini e di leggere libri ortodossi, e sono impediti con ogni mezzo possibile dal frequentare la Chiesa Ortodossa. Questo esempio non è una prova diretta di proselitismo? E vi sono molti esempi del genere in Russia. Un altro è l'attività di Madre Teresa di Calcutta a Mosca, dove è gestito un orfanotrofio per bambini senza casa. Nella capitale della Russia c’è un numero sufficiente di istituzioni caritative ortodosse che sono pronte alla cooperazione e allo scambio di esperienze con le Sorelle di Madre Teresa nel campo della carità e dell’aiuto ai poveri. Tuttavia, è evidente che le sorelle cattoliche non desiderano questo scambio e che agiscono senza venire in contatto con la Chiesa Ortodossa.
Riassumendo quanto ho detto, considero necessario affermare che in Russia abbiamo a che fare con deliberati sforzi missionari della Chiesa Cattolica Romana di espandere la propria presenza. La Chiesa Ortodossa Russia ritiene che sia precisamente per questi scopi, non per la “normale” cura del proprio gregge, che le quattro diocesi cattoliche sono state istituite nel nostro paese, assieme a un nuovo esarcato e a due nuove diocesi in regioni dell’Ucraina in cui i cattolici sono una piccola minoranza.
In risposta la parte cattolica ha sempre portato la stessa contro-argomentazione, indicando le diocesi all'estero della Chiesa Ortodossa Russa, come le diocesi di Berlino, Bruxelles, Korsun, etc. I nostri oppositori sembrano riluttanti a osservare che le diocesi estere della Chiesa Ortodossa Russa sono etniche, non geografiche, in natura. In prevalenza si prendono cura della diaspora ortodossa di lingua russa, e non conducono missione tra la popolazione locale. Un vescovo della Chiesa Ortodossa Russa può avere sotto la sua giurisdizione diverse parrocchie in differenti paesi, come è il caso per la diocesi di Korsun che include le nostre parrocchie in Francia, Italia, Spagna e Svizzera. L’Arcivescovo di Argentina e Sud America basato a Buenos Aires si prende cura dei fedeli nel territorio dell'intera America meridionale! Così, la nostra Chiesa non ha diviso alcun altro paese in diocesi come i cattolici hanno fatto in Russia. Non abbiamo creato, per esempio, una chiesa ortodossa locale in Italia o in Francia, anche se vi sono state numerose opportunità per farlo. Basti ricordare gli sforzi di Eugraph Kovalevski, un emigrante russo in Francia, che cercò di creare un “rito latino ortodosso” all’inizio e alla metà del XX secolo. La sua iniziativa ha incontrato un certo successo, e un movimento simile esiste tuttora. Ma noi ci rifiutiamo consapevolmente di sostenere questo e molti altri progetti simili poiché crediamo che l’Occidente sia prima di tutto un territorio di responsabilità pastorale della Chiesa Cattolica.
Per la stessa ragione i nostri vescovi e preti non vanno in missione nelle scuole e nelle università in Italia, Francia e Belgio come i cattolici fanno in Russia. A dire il vero, la nostra Chiesa, potrebbe sfruttare la “debolezza” della Chiesa Cattolica in Europa occidentale, dove le chiese cattoliche sono state abbandonate, chiuse o vendute, per lanciare la nostra predicazione “alternativa”. Ma crediamo che i giovani occidentali debbano ascoltare la predicazione del proprio clero. E il punto non è la nostra “debolezza pastorale”. E’ che proprio non abbiamo alcuna strategia missionaria riguardo all’Occidente. La nostra presenza nei paesi occidentali è emersa a causa dell’emigrazione causata da numerosi eventi tragici nella nostra patria, quali rivoluzioni, guerre, disastri economici. Il popolo ortodosso russo è giunto e tuttora giunge in Occidente in cerca di asilo per una persona, o di una vita più stabile e sicura per un’altra. E’ nel loro diritto. E’ pure nel loro diritto avere le proprie chiese, i propri preti e vescovi. La Chiesa Russa in Occidente non è un invasore o un conquistatore spirituale. Noi non siamo intenzionati a competere con la Chiesa Cattolica in “efficacia pastorale”. Che ciascuno lavori nel suo campo spirituale.
Vorremmo molto vedere la stessa comprensione e attitudine da parte della dirigenza vaticana nella sua politica riguardo alla Russia. Sfortunatamente, gli eventi recenti che violano la fragile fiducia stabilita con sforzi comuni nel periodo dopo il Vaticano II, hanno rafforzato molti ortodossi nella convinzione, formata da esempi di storia remota e non tanto remota, che quando la Russia e la Chiesa Russa sono in difficoltà, la Chiesa Cattolica cerca di rafforzarvi la propria posizione. Le più dolorose sono naturalmente le memorie associate con il severo tempo della rivoluzione del 1917 e della persecuzione contro la Chiesa da essa iniziata. Ricordiamo i martiri cattolici per la fede, ma è impossibile dimenticare la “politica orientale” del Vaticano che mirava a giungere a un accordo con i bolscevichi quando questi perseguitavano gli “scismatici”. Questo era esattamente ciò che facevano la commissione Pro Russia stabilita dalla Congregazione per le Chiese Orientali nel 1925 a Roma, e il suo capo Michel d’Herbigny. In quel tempo ebbe luogo anche la fondazione di una diocesi cattolica nell’Estremo Oriente della Russia.
Speravamo che il Vaticano II avesse messo fine a questa politica verso la Russia e gli ortodossi russi quando descrisse la Chiesa Ortodossa come una Chiesa sorella. Questo cambiamento di attitudine verso di noi fu confermato dai 25 anni post-conciliari in cui si è tenuto un intenso dialogo teologico tra le due Chiese, e ci siamo trovati uniti di fronte a sfide provenienti da un mondo che perde la fede.
Segnali deludenti sono apparsi durante gli eventi della fine degli anni ’80 e dei primi anni ’90. La legalizzazione dei greco-cattolici in Ucraina occidentale è stata accompagnata dall'espulsione forzata degli ortodossi dalle loro chiese. Le chiese che appartenevano agli uniati prima della Seconda Guerra Mondiale erano state usate dagli ortodossi per cinquant'anni. Il compito era di trovare un modo ragionevole e privo di conflitti per uscire da quella difficile situazione che si era sviluppata come conseguenza dei tragici eventi della metà del XX secolo. La Chiesa Ortodossa Russa propose alla parte cattolica una soluzione di dialogo, e in breve si stabilì una commissione quadrupla che consisteva di rappresentanti della Chiesa Ortodossa Russa e di quella Ucraina, della Chiesa Greco-Cattolica e del Vaticano. I greco-cattolici, tuttavia, si ritirarono unilateralmente dalla commissione e continuarono la loro barbara campagna di severe persecuzioni contro gli ortodossi. Il Vaticano non è riuscito a fermare i greco-cattolici nel loro zelo insensato, anche se questo conflitto è uno dei due temi che si è iniziato a discutere urgentemente durante tutti i colloqui ufficiali con il Patriarcato di Mosca.
Il secondo tema era quello del summenzionato proselitismo cattolico. Nei primi anni ’90, un flusso di missionari, inclusi quelli cattolici fece ressa nello spazio religioso ora aperto dell'ex-Unione Sovietica. Questo ci ha fatto pensare se fosse appropriato usare il termine “Chiesa sorella”. Ma a quel tempo la parte ortodossa non abbandonò la sua intenzione di appianare i problemi esistenti in spirito di pace: incontri ufficiali tra delegazioni della Chiesa Ortodossa Russa e della Chiesa Cattolica Romana si sono tenuti molto spesso, quasi annualmente. Gli ultimi due hanno avuto luogo nel Novembre 1999 e nel Giugno 2000, con il prossimo incontro programmato per il febbraio di questo stesso anno. Il rimprovero di mancanza di desiderio di dialogo, mosso alla nostra Chiesa dal Cardinale Kasper, appare non corretto. Il problema è che questi incontri sono stati di fatto infruttuosi, dato che nel corso degli stessi incontri gli stessi temi – il conflitto nell'Ucraina occidentale e il proselitismo – sono stati discussi e sono stati presi certi impegni, ma la parte cattolica non si è affrettata a metterne qualcuno in pratica. Nondimeno, abbiamo continuato a stare pronti ai negoziati fino alla decisione del Vaticano di febbraio riguardo alle diocesi.
La nostra Chiesa ha condotto un dialogo con i cattolici russi. Fino a tempi molto recenti, avevamo nel nostro paese un Comitato Consultivo Interconfessionale Cristiano, presieduto congiuntamente dall’Arcivescovo T. Kondrusiewicz e dal Metropolita Kirill. Riponevamo grandi speranze nel lavoro di questo organismo, ma ora, dopo tutto ciò che è accaduto, il suo futuro è dubbio.
Vi sono tutte e le ragioni per dichiarare che la decisione del Vaticano sulle diocesi cattoliche in Russia è divenuta un vero disastro interconfessionale. Questo non è solo un conflitto tra la Chiesa Ortodossa Russa e la Chiesa Cattolica Romana, ma anche tra l’Ortodossia e il Cattolicesimo nel mondo. Il tentativo di presentare il conflitto come se fosse stato generato dall’“inflessibilità” della Chiesa Russa non ha prospettive, come non ne ha il desiderio di dividere le Chiese Ortodosse in “buone” e “cattive”, quelle aperte al dialogo con i cattolici e quelle inclini all’isolazionismo. Il Cardinale Kasper cita come esempio positivo la Chiesa Ortodossa di Antiochia. Ma il Patriarcato di Antiochia è stato il primo a condannare l’azione del Vaticano in Russia! E il Papa e Patriarca di Alessandria ha mandato persino una lettera al Papa di Roma, sostenendo pienamente la posizione della Chiesa Ortodossa Russa sull’istituzione delle diocesi cattoliche nel nostro paese. Sostegno per la nostra Chiesa è stato pure espresso dai patriarchi ortodossi di Serbia, Bulgaria e Romania e dal primate della Chiesa Ortodossa Polacca.
Pertanto, non è la “cattiva” Chiesa Russa ad aver fermato il suo dialogo con i cattolici, come ha scritto il Cardinale Kasper, ma è stato il Vaticano a iniziare un conflitto tra le due grandi tradizioni cristiane in un momento cruciale di crisi globale della civilizzazione. La situazione causata dall’istituzione di nuove strutture cattoliche in Russia ha molto in comune con quella degli inizi del XIII secolo, in cui patriarcati latini paralleli sono stati fondati durante le crociate nell’Oriente ortodosso. La cosa davvero coerente è qui si fa penitenza per le crociate di quel tempo, mentre si rianimano trucchi e metodi antiquati per riportare le nostre relazioni a quel periodo. Naturalmente, nessuna Chiesa Ortodossa locale sarà in grado di affrontare la situazione con calma.
Non è oggi, comunque, che è sorto il problema: lo sviluppo generale delle relazioni tra il Vaticano e le Chiese Ortodosse è stato ultimamente tutt’altro che liscio. Sia sufficiente ricordare il fallimento della sessione plenaria della Commissione Internazionale Congiunta di Dialogo Teologico tra Gli Ortodossi e la Chiesa Cattolica Romana che ha avuto luogo a Baltimora, USA, nel Luglio 2000. Il tema di quella sessione era lo status delle Chiese Uniati. Le differenze tra le parti ortodossa e cattolica erano tanto grandi che non si è mai raggiunta una risoluzione mutuamente accettabile. Già a quel tempo era chiaro che una seria crisi era scoppiata nelle relazioni tra le chiese.
E’ ancor più evidente che questa crisi è rovinosa in un tempo in cui i cristiani in Oriente e in Occidente dovrebbero essere uniti quanto mai prima di fronte a processi pericolosi che hanno luogo nel mondo. Questi sono il regno dello spirito materialistico e consumistico, la dominazione del liberalismo totale che oblitera i valori tradizionali, la perdita di orientamento morale, la crescente minaccia di estremismo, terrorismo e altre manifestazioni di inimicizia interpersonale, e un’incredibile amarezza e collera. Dovremmo dare una risposta cristiana unita alle nuove realtà politiche – la globalizzazione dell’economia mondiale, l’internazionalizzazione della legge e dei meccanismi decisionali e l’unificazione dell'Europa. L’assenza di ogni menzione di valori religiosi nella Carta dei Diritti Fondamentali dell’Unione Europea, recentemente adottata, è allo stesso modo un nostro comune fallimento.
In questa situazione, i cristiani tradizionali, primi tra tutti ortodossi e cattolici, dovrebbero fermamente esortare l’umanità a ritornare ai fondamentali valori spirituali e morali, e reiterare Cristo e il Vangelo come le fondamenta più affidabili per un giusto e armonioso ordine sociale. Dobbiamo anche opporci risolutamente ai tentativi di mettere la religione ai margini della vita internazionale e sociale, di confinarla entro una cornice di comunità parrocchiale, casa privata o “ghetto” etnografico. A tal fine, la Chiesa dovrebbe avere la risolutezza di cambiare il mondo non nascondendosi dietro a uno schermo di slogan secolari e di costruzioni mentali ad essa alieni, siano essi il “pluralismo”, il “tempo appropriato” o “la separazione dall’era costantiniana” a cui si riferisce il Cardinale Kasper. La terminologia delle Sacre Scritture e dei Santi Padri è estremamente precisa, e quando è sostituita da nozioni alla moda e popolari di “questa epoca” la Chiesa perde acutezza di visione, divenendo temporale e apatica, e in ultimo fallisce nella propria missione. E’ deplorevole sentir giungere talvolta da Roma inflessioni da mentore, specialmente quando ci insegna la libertà di coscienza e il pluralismo religioso, dimenticando che questi possono essere a volte distruttivi sia per la società che per l’individuo se non sono bilanciate dall’opzione per la verità e la bontà – opzione non accidentale ma coltivata dalla propria tradizione spirituale.
In Vaticano comprendono che, usando in una discussione inter-ecclesiale argomentazioni prese in prestito da dottrine sviluppate al di fuori della tradizione della Chiesa come risultato di sviluppo filosofico, e ispirate in molti modi dall’idea di liberarsi dall’influenza religiosa, essi indeboliscono, volontariamente o involontariamente, la loro stessa posizione? In Vaticano comprendono che la devastazione del dialogo inter-ecclesiale e le azioni anti-ortodosse sono a vantaggio delle forze che cercano di indebolire, umiliare e marginalizzare il cristianesimo? Il modo in cui molti mass media hanno coperto l’opera della Chiesa Cattolica ne sembra una prova. Noi i media li seguiamo attentamente, e non abbiamo notato di recente alcuna speciale solidarietà mostrata dalla stampa verso il Vaticano eccetto che per un singolo caso – il suo confronto con la Chiesa Ortodossa Russa. Qui il sostegno è dalla parte del Vaticano. In tutto il resto, la Chiesa Cattolica è criticata e accusata di vari peccati.
Sfortunatamente, Roma ha ceduto alla tentazione di una facile espansione nel campo della Chiesa Ortodossa Russa. E il risultato è stato il tracollo delle nostre relazioni. E’ uno dei più grandi sbagli fatti dal Vaticano, e già appartiene alla storia. L'inizio del XXI secolo sarà così sempre ricordato come tempo di tragedia nelle relazioni tra le nostre due Chiese. Questo errore storico è difficile da rettificare per mezzo di passi diplomatici, attività politica o retorica propagandistica. La ferita è seria, e sorge la domanda: chi ha inflitto la ferita è in grado di curarla? Ma noi siamo fiduciosi che il Signore la curerà scegliendo persone capaci di comprendere tutto il danno fatto a entrambe le Chiese da ciò che è accaduto.
Rivolgendosi ai suoi discepoli Cristo chiese loro se sono in grado di bere dalla coppa dalla quale Egli stesso beve. Queste parole del Salvatore sono dirette a tutti noi, ortodossi e cattolici. Se in obbedienza al Signore beviamo oggi insieme a quella coppa, allora, credo, il mondo potrà essere diverso. So che moltissimi cattolici condividono questa fiducia e sono pronti, insieme ai loro fratelli e sorelle ortodossi, ad agire in consapevolezza della propria responsabilità di fronte a Dio, alla storia e all'umanità. In queste azioni sta la garanzia non solo della riconciliazione, ma anche la restaurazione dell’unità della Chiesa per la quale il Salvatore pregò nel Getsemani.
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