La Chiesa Ortodossa usa come base dell'Antico Testamento la versione detta dei Settanta (indicata con la sigla del numerale romano, LXX), ovvero il testo alessandrino in greco, risalente al terzo secolo prima dell'era cristiana. Questa, assieme al Nuovo Testamento greco (il textus receptus che è rimasto immutato - per lo meno nella versione greca - fino a oggi), è la Bibbia che gli ortodossi ritengono ispirata.
Nel mondo protestante (e più recentemente in certe tendenze esegetiche all'interno del cattolicesimo romano) si è venuta a radicare l'idea che il testo ispirato dell'Antico Testamento sia quello originale ebraico, che oggi si vuole ravvisare nel Testo Masoretico (T.M.). La conseguenza è quella di ridurre la LXX a una mera creazione umana.
La Bibbia dei Settanta, indubbiamente opera di ebrei (per quanto commissionata da un'autorità statale pagana), rivela non solo i pensieri dei traduttori, ma anche il loro sforzo di esprimere le Scritture in una lingua che fino a quel punto non aveva parole appropriate per molte idee religiose del popolo ebraico. È proprio a causa di queste difficoltà di traduzione che si fa strada - a partire dalle parole nel prologo del libro del Siracide fino alle teorie di san Girolamo - l'idea che il testo ebraico vada conservato come base di ogni futura traduzione dell'Antico Testamento. Purtroppo, questa soluzione crea più problemi di quanti ne risolva.
Innanzitutto, la versione dei Settanta possiede una serie di libri (soprattutto sapienziali) che non si trovano nelle precedenti versioni in ebraico (il cosiddetto canone palestinese) dell'Antico Testamento. Questi testi, detti deuterocanonici, ovvero del solo "secondo canone" (alessandrino) delle Scritture, sono espunti da ogni Bibbia cristiana che pretenda di rifarsi al solo testo originale ebraico. In questo modo, però, non si tiene conto che i testi deuterocanonici facevano davvero parte delle Sacre Scritture per una consistente parte del popolo ebraico, e che vengono citati come tali anche nel Nuovo Testamento. La loro esautorazione è frutto di decisioni prese nel mondo ebraico dopo la nascita della Chiesa cristiana, e tali decisioni non furono immuni da intenti polemici con i cristiani.
Al tempo della nascita del Signore, la LXX era la versione comunemente diffusa dell'Antico Testamento, anche in Palestina, dove nessuno metteva in dubbio la sua autorità. Non è pertanto una sorpresa che, al momento della stesura dei propri scritti, gli Apostoli l'abbiano usata di frequente per fare le citazioni (circa l'80% di quelle presenti nel Nuovo Testamento). Questo stesso fatto - assieme alla maggiore aderenza teologica (se non testuale) delle traduzioni della LXX ai fondamenti della fede cristiana - richiama il valore dell'ispirazione dell'Antico Testamento greco alla luce dell'ispirazione del Nuovo Testamento.
La LXX ha una evidente connessione con il Nuovo Testamento quanto a fraseologia generale: un punto che deve essere considerato per chi desidera fare una valutazione adeguata del linguaggio biblico. In molti passi neotestamentari, anche se non vi sono dirette citazioni, si ritrova l'uso di catene di espressioni prese da parole e frasi della LXX.
Bisogna tenere altresì presente la crescente avversione degli ebrei, che fino ai tempi di Cristo avevano trattato la LXX con grande venerazione (come testimoniano gli scritti di Filone e Giuseppe Flavio), quando si accorsero il testo poteva essere usato contro di loro nelle argomentazioni teologiche. Il loro tentativo di privare il testo di ogni autorità segnò un ulteriore distacco dai cristiani provenienti dal paganesimo, che generalmente non avevano familiarità con la lingua ebraica. Allo stesso modo, il rigetto della LXX da parte degli ebrei veniva visto dai cristiani come prova di irriverenza e di cecità.
Un altro punto da considerare è la datazione storica dei testi giunti fino a noi: la LXX, per quanto molto posteriore al testo ebraico nella sua stesura iniziale, è oggi attestata in manoscritti (come il Codice Vaticano a Roma, i Codici Alessandrino e Sinaitico al British Museum, e i frammenti Washington e Chester Beatty) che precedono di oltre sei secoli la versione più antica del Testo Masoretico (il Codice di San Pietroburgo) oggi conservata.
La scoperta dei rotoli del Mar Morto a Qumran, da alcuni salutata come il trionfo dell'autorevolezza del Testo Masoretico, ha di fatto riproposto il problema dell'importanza della LXX presso gli ebrei ai tempi di Cristo: infatti, circa il 5% dei testi biblici in ebraico di Qumran segue la versione della LXX, con una sorprendente aderenza testuale. Questo potrebbe indicare che l'autorità della LXX era tale da giustificare una sua ri-traduzione letterale nella lingua di origine.
Una delle ragioni per un ritorno all'uso della LXX è la comprensione dei Padri della Chiesa. Molte allusioni nei loro scritti sono totalmente incomprensibili al di fuori di una familiarità con il testo dei Settanta, e senza questa base di partenza non si riesce più a seguire importanti discussioni dottrinali (come quelle relative alla controversia ariana).
Sul cammino ecumenico, bisogna ragionare attentamente sul fatto che gli sforzi di introdurre versioni dell'Antico Testamento basati sulla versione ebraica hanno incontrato presso i cristiani d'Oriente un completo fallimento. Una delle ragioni portate da San Girolamo per la preferenza al testo ebraico dell'Antico Testamento (che egli usò per la sua Vulgata latina) era la necessità di mantenere una continuità di dialogo con gli ebrei. Sarebbe quanto meno deludente che le stesse ragioni portassero a un'impasse nel dialogo tra i cristiani.
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