Il 18 luglio 1870, in occasione della quarta sessione [1] del Concilio Vaticano I - considerato come il ventesimo Concilio Ecumenico da parte dei cattolici romani - dopo una lunga gestazione storica [2], e in mezzo a varie opposizioni [3], papa Pio IX lesse il decreto Pastor Aeternus [4], con il quale riconosceva l'infallibilità di se stesso e di tutti i suoi predecessori e successori come verità di fede rivelata da Dio.
Naturalmente, per la teologia ortodossa [5], l'infallibilità del vescovo di Roma appartiene alla sfera della mitologia papale. Non solo manca del carattere di un dogma, ma al tempo stesso costituisce un'appropriazione arbitraria e blasfema di un tratto distintivo e caratteristico del corpo teantropico di Cristo, la Chiesa.
Una vera testimonianza di quanto sopra è il verdetto della storia ecclesiastica. Uno dei tanti esempi di quanto erano infallibili i predecessori di papa Pio IX, è il caso comico di papa Sisto V (1585-1590) e della sua edizione della "Vulgata" nel 1590.
Papa Sisto V, incoraggiato dalla decisione del Concilio di Trento [6], in cui la "Vulgata" era stata riconosciuta come un articolo autentico della Chiesa cattolica romana, aveva pubblicato e distribuito una nuova edizione, storicamente conosciuta come l'edizione "Sixtina". [7] nel decreto pontificio in cui papa Sisto V annunciava l'edizione, menzionava che tale testo sarebbe stato l'unico testo autentico, visto che il testo era stato corretto "dalla stessa mano basata sull'autorità dell'abbondanza del potere apostolico". [8] Egli stabiliva anche che ogni altra pubblicazione delle Sacre Scritture mancava di valore e che chiunque avesse cercato di soppiantare il nuovo testo sarebbe stato automaticamente scomunicato.
Due anni più tardi, papa Clemente VII (1592-1605) ritirò l'edizione di Sisto V, perché era piena di inganni e di errori "di traduzione, di espressione e di insegnamento". [9] In realtà, il cardinale gesuita Roberto Bellarmino - uno dei più grandi teologi papisti fino a oggi, un santo per i cattolici romani e grande sostenitore del primato del papa - descrisse il testo di Sisto V come "un labirinto di inganni di ogni tipo" [10]
Lo stesso Bellarmino, infatti, cita nella sua autobiografia di aver chiesto a papa Gregorio XIV (1590-1591) di proteggere la reputazione di Sisto V dalla derisione. Come? Con una ri-edizione dell'edizione del 1590 corretta e con l'aggiunta di un prologo di Bellarmino in cui avrebbe spiegato ai fedeli che non era Sisto V da biasimare per gli errori, ma gli "stampatori e altri". [11]
Questo evento stesso, così come le azioni di Bellarmino, rivelano quanto fosse infallibile papa Sisto V, un predecessore di Pio IX. Come commento finale in questo breve articolo, di ciò che mostra il caso di Sisto V riguardo all'infallibilità del vescovo di Roma, vogliamo parlare della prospettiva del Patriarca di Gerusalemme, Chrysanthos Notaras (1707-1731). Egli attesta "le innovazioni della Chiesa occidentale, e l'attuale nuova e recente monarchia monarchia senza monarca e peccaminosa assenza di peccato del suo collega (se posso chiamarlo tale) di Roma, che i santi Padri d'Oriente e d'Occidente non conoscevano e neppure immaginavano, in quanto sono semi nuovi e strani, e invenzioni della Chiesa occidentale, seminati e piantati con uno spirito di orgoglio e arroganza immorale, e dopo aver messo radici per un tempo prolungato hanno prodotto frutti marci". [12]
Note
1. Acta Sanctae Sedis 6 (180) 40-47.
2. Lott, Grundrib der Dogmatik, Freiburg-Basel-Wein 1965, pg 346-349; L. Koesterw, “Unfehlbarkeit”, LTHK 10 (1938) pp 378-380.
3. H. Kung, Unfehlbar? Eine Anfrage, Zurich-Einsiedein-Koln 1980, pp 101-108; H. Jedin, Kleine Konzieliengeschichte, Freiburg in Breisgau 1978, pp 124-126; P. Trembelas, Le nostre responsabilità dopo l'opera del Concilio Vaticano, Atene 1967, pp 33-39
4. Denzinger - Hünermann, Enchiridion Symbolorum (19.919), 3065-3075. H. Kung, pp 75-81.
5. P Justin Popovic, L'uomo e il Dio-uomo, ASTIR, Atene 1981, pp 145-162; Delikostopoulou, Le posizioni ecclesiologiche della Chiesa romano-cattolica come problema dogmatico del dialogo teologico, Atene 1969, pp 124-148.
6. Sessio IV, 2 (8 aprile 1546). Denziger - Hünermann, Enchiridion Symbolorum, 1506-1508.
7. H. Vogels, "Bibellubersetzungen II", LThK (1931) p 306; A. Hastoupi, Introduzione all'Antico Testamento, Atene 1986, p 617.
8. P. Paul Ballester Convalier, Il mio ritorno all'Ortodossia, Atene 1954, p 33,34.
9. ibidem, p 34.
10. ibidem, p 34.
11. ibidem, p 34.
12. Dositeo di Gerusalemme, Dodecabiblos, Libri A e B, a cura di B. Rigopoulos, Thessaloniki 1982, pag 11.
Fonte: Rivista "Theodromia", 3, luglio-settembre 2001.
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