Com'è comprensibile, ci sono stati diversi articoli, podcast, comunicati stampa, video e altri media nelle ultime settimane riguardo all'incontro tra il patriarca ecumenico Bartolomeo e papa Francesco, l'attuale arcivescovo della città della vecchia Roma.
Il patriarcato di Costantinopoli non ha badato a spese nella promozione di questo evento, che commemora il cinquantesimo anniversario di una riunione analoga a Gerusalemme tra il patriarca ecumenico Atenagora e papa Paolo VI (gennaio 1964).
Per molti, questo evento è poco più che una commemorazione ben sfruttata di un ramo d'olivo esteso tra queste due antiche fedi cristiane. Per altri, al centro della scena sta la preoccupazione per il futuro delle loro rispettive chiese. Questo evento sarà utilizzato come stimolo per un compromesso dottrinale? Il futuro dell'Ortodossia o del Cattolicesimo romano si troverà in bilico come risultato di questo scambio di convenevoli?
Quello che mi preoccupa di più non è l'evento in particolare, ma il linguaggio e le dichiarazioni di coloro che stanno su entrambi i lati del proverbiale 'recinto' ecumenico. Sono pienamente a favore di un 'dialogo dell'amore' e del rispetto reciproco tra le due Rome – la vecchia e la nuova. Ma quando si tratta di compromesso dottrinale o addirittura di dialogo, dobbiamo essere molto più attenti. La Roma post-dottrinale del Vaticano II non è più la 'noiosa' Chiesa tridentina, ma questo significa che è molto più scivolosa.
Il copione di questo dialogo non è una novità. Tornando ai Concili di Basilea, Ferrara e Firenze alla metà del XV secolo, i tentativi di riunificazione delle Chiese ortodosse dell'Oriente e la sede di Roma hanno un passato storico. Ma in ogni epoca e a ogni turno, è emerso un santo a proteggere la fede apostolica nonostante i frenetici tentativi di inaugurarne la scomparsa. Mentre alcuni nell'epoca del pluralismo potrebbero preferire di dimenticarli, la Chiesa onora tre di questi santi come "pilastri dell'Ortodossia".
Nonostante tutti i loro tentativi, le porte degli inferi devono ancora prevalere contro la Chiesa di Gesù Cristo. E se dobbiamo credere al Figlio di Dio, non prevarranno mai. Questo è un importante, fondamentale articolo di fede cristiana – non è tangenziale o secondario. L'ecclesiologia è cristologia, e quando cominciamo a separare le due, cominciamo a separare la Chiesa dal suo stesso capo e dalla sua stessa vita. Questo non è 'estremismo' – è l'ABC del cristianesimo. Questa è la confessione che facciamo al nostro battesimo.
Il professor Aleksej Osipov
Nel settembre del 2000, l'eminente professor Aleksej Osipov (docente dell'Accademia teologica di Mosca) ha tenuto una conferenza sui "fondamenti della teologia". Nel suo discorso, il professor Osipov si è focalizzato sulle differenze tra Roma e l'Ortodossia e su ciò che ci separa oggi – sappiamo ciò che ci separava nel X, XIII, e perfino nel XIX secolo; ma che dire di oggi?
Nella sua lezione, il professore si concentra quasi singolarmente sul tema dei santi glorificati (o 'canonizzati'). Nel riconoscimento dei santi, la Chiesa rivela non tanto le figure glorificate quanto se stessa. Rivelando ai fedeli una persona degna di venerazione e di petizioni ferventi, la Chiesa rivela il suo essere interiore; rivela ciò che crede di Dio stesso:
Di fatto, ogni Chiesa locale, ortodossa o non ortodossa, può essere giudicata dai suoi santi. Dimmi chi sono i tuoi santi sono e ti dirò cos'è la tua chiesa. Ogni chiesa proclama santi solo coloro che hanno realizzato nella loro vita l'ideale cristiano, per come questa Chiesa lo comprende. Ecco perché la canonizzazione di un santo non è solo testimonianza della Chiesa su questo o quel cristiano, che secondo il suo giudizio è degno della gloria ed è suggerito come esempio da seguire. È al tempo stesso una testimonianza della Chiesa su se stessa. È dai santi che possiamo meglio giudicare la santità vera o immaginaria della Chiesa.
Osipov prosegue poi a descrivere in dettaglio sia gli scritti sia le azioni di alcuni "santi" dell'Occidente cristiano, cioè della Chiesa cattolica romana.
In questa valutazione, traccia senza compromessi una netta linea di demarcazione tra Ortodossia e Cattolicesimo romano. Quando consideriamo alcuni "dottori" della fede romana, come Caterina da Siena (XIV secolo) e Teresa d'Avila (XVI secolo), si vede – per il professor Osipov – prelest spirituale, una porta aperta all'inganno demoniaco, e un certezza di gloria che rivaleggia con Cristo stesso.
Di Teresa in particolare, lo psicologo William James ha scritto:
La sua comprensione della religione era ridotta a un flirt senza fine tra il fedele e la divinità.
Non è un'esagerazione, in Teresa stessa si rivelano innumerevoli 'flirt':
Da questo giorno sarai mia moglie... D'ora in poi io non sono solo il tuo Creatore, Dio, ma anche lo Sposo... L'Amato chiama la mia anima con un sibilo tanto penetrante che non posso non udirlo. Questa chiamata tocca così fortemente l'anima che essa si spezza per il desiderio. – Spanish Mystics, p. 88
In un attento contrasto, Osipov enumera i grandi asceti della tradizione ortodossa che passarono tutta la loro vita chiedendo ancora un altro giorno per pentirsi. Alla fine della sua vita, Francesco d'Assisi osserva, "Io non so di alcuna mia trasgressione che non ho espiato con la confessione e il pentimento", mentre san Sisoe d'Egitto lamenta: "In verità, non so se ho neppure iniziato a pentirmi."
I teologi mistici degli ortodossi di 'Oriente' hanno regolarmente condannato questo prelest o 'flirt' spirituale, così esemplificato dai medici e dottori di Roma. Per esempio, negli scritti di san Nilo del Sinai:
Non desiderare di vedere sensualmente angeli o virtù, né Cristo, altrimenti impazzirai scambiando il lupo per il pastore e inchinandoti ai demoni nemici. – 153 Capitoli sulla preghiera, 115 (Filocalia, vol. 2)
E ancora, in san Gregorio del Sinai:
Non accettare mai le cose quando vedi qualcosa di sensuale o spirituale, interno o esterno, anche se ha l'immagine di Cristo o di un angelo o di un santo... Colui che accetta facilmente viene sedotto... Dio non si risentirsi di qualcuno che è attente a se stesso, se uno temendo di farsi sedurre non accetta ciò che egli gli dà... ma piuttosto lo loda come saggio. – Instruzioni esicaste (Filocalia, vol. 5)
Osipov conclude:
Purtroppo, la Chiesa cattolica ha perso l'arte di distinguere lo spirituale dal sensuale, e la santità dalle fantasticherie, e quindi anche il cristianesimo dal paganesimo.
Dagli anni '70, e soprattutto da dopo la caduta della cortina di ferro, il dialogo tra Roma e l'Ortodossia è accelerato a un livello inatteso, e anche ricco di frutti. Molte concessioni sono state fatte da parte del Vaticano rispetto alla clausola del Filioque, per esempio, mentre una riscoperta dei Padri greci ha influenzato teologi romani come Benedetto XVI, il (raro) papa emerito. Una trasformazione completa è lontana dalla realtà, ma la 'direzione' teologica di Roma è più ad Orientem che mai.
Nondimeno, i muri di divisione sono reali. Non sono né le mere fantasie degli 'estremisti', né le fissazioni dei 'tradizionalisti radicali'. Un divario tra Roma e l'Oriente è palpabile; è definibile; può essere chiaramente delineato e spiegato. Nonostante tutti i progressi nella memoria recente, ci sono reali, significative e importanti distinzioni tra il Cattolicesimo romano e la santa, apostolica Chiesa ortodossa-cattolica dell’'Oriente' cristiano.
Molti guarderanno immediatamente a queste distinzioni cercandone i segni secolari: la clausola del filioque, il celibato obbligatorio del clero, gli azzimi contro l'artos lievitato del Nuovo Testamento, lo supremazia/infallibilità papale e così via. Ma io tendo a pensare che le differenze siano più sottili e tuttavia, stranamente, più contagiose.
Le differenze di dottrina e pietà si trovano non solo tra Credo alterati e i Concili contestati, ma nelle nostre affermazioni su chi meglio rappresenta le nostre rispettive fedi.
Rivela i tuoi santi, e rivelerai la tua Chiesa. E sotto questo aspetto, la differenza tra 'Oriente' e 'Occidente' non potrebbe essere più pronunciata.
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