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  Il "rito occidentale" è giusto per gli ortodossi?

di padre Michael Johnson

Dal sito della cattedrale della santa Trinità a San Francisco

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La stragrande maggioranza dei cristiani ortodossi si identifica con una specifica modalità di culto ortodosso. Anche se diverse lingue sono utilizzate in tutto il mondo ortodosso, i cristiani ortodossi che viaggiano – o che visitano semplicemente una diversa "giurisdizione" in America – possono contare su un'architettura ecclesiale dall'aspetto familiare, sullo stesso schema della Liturgia e su modalità per accostarsi e ricevere il sacramento della comunione che sono le stesse a cui sono abituati. O almeno lo potevano fino a poco tempo fa. In America un crescente numero di convertiti all'Ortodossia utilizza un rito liturgico che sembra molto più simile a quello del cattolicesimo romano e dell'anglicanesimo attorno agli anni '60. Questo rito è stato promosso con entusiasmo in alcuni ambienti della Chiesa come un'Ortodossia "di rito occidentale".

Julian Joseph Overbeck (1820-1905)

L'idea di utilizzare un "rito occidentale" nella Chiesa ortodossa è emersa per la prima volta in Inghilterra durante il XIX secolo. Un ex cattolico, il dottor Joseph Overbeck, si unì alla Chiesa ortodossa in quel paese e apparentemente decise che l'Ortodossia non sarebbe mai stata in grado di evangelizzare l'Occidente a meno che non utilizzasse forme occidentali di culto. In caso contrario, pensava, la Chiesa non avrebbe avuto una "memoria occidentale." Overbeck suggerì di utilizzare una versione della Messa romana, depurata da eventuali errori medievali. La sua proposta, anche se accolta con interesse in alcune parti della Chiesa ortodossa, non fu attuata.

il metropolita Anthony Bashir (1898-1966)

Precedentemente, nel XX secolo, un piccolo gruppo di "rito occidentale" – l'Eglise Catholique-Orthodoxe – ha iniziato a operare in Francia. E ancor più tardi, alla fine degli anni '50, un altro piccolo gruppo (i Padri basiliani) è stato ricevuto nell'arcidiocesi ortodossa antiochena degli Stati Uniti dall'allora metropolita Anthony Bashir. Questi Padri basiliani sono diventati l'inizio di una presenza canonica del "rito occidentale" in questo paese. Anche se il "rito occidentale" dell'arcidiocesi antiochena è continuato per anni come una mera manciata di parrocchie, ha recentemente ricevuto una "boccata d'ossigeno" con la ricezione nell'Ortodossia di un certo numero di episcopaliani scontenti – a volte anche intere parrocchie. Si sostiene che l'esistenza di un "rito occidentale" all'interno dell'Ortodossia offre a questi anglo-cattolici una soluzione pressoché perfetta, in quanto possono entrare nella Chiesa senza cambiare sostanzialmente la loro modalità di culto. Dopo tutto, perché si dovrebbero mettere "barriere inutili" sulla loro strada? Inoltre – così ci viene detto – queste comunità di "rito occidentale" rappresentano un ritorno alla Chiesa ortodossa dell'autentico culto ortodosso pre-scismatico dell'antico Occidente cristiano e di conseguenza migliorano la cattolicità e l'appello della Chiesa a tutte le persone.

Per quanto avvincenti possano sembrare questi argomenti, la presenza di un "rito occidentale" all'interno dell'Ortodossia rappresenta un cambiamento rispetto al modo in cui sono andate le cose dallo scisma occidentale dell'XI secolo (o almeno a partire dalla quarta crociata). Come tale, questa innovazione deve essere esaminata attentamente. Per brevità, ci limiteremo qui all'Ortodossia di "rito occidentale" come praticata in America e la esamineremo sulla base di quattro domande fondamentali:

1) Il "rito occidentale" ricostituito rappresenta in realtà un autentico ritorno al culto ortodosso pre-scismatico dell'antico Occidente cristiano?

2) Se ci fosse un ritorno in massa dei cristiani occidentali all'Ortodossia (per esempio, un'unione con Roma e Canterbury), questo "rito occidentale" fornirebbe un precedente praticabile?

3) La Chiesa ortodossa ha bisogno di un "rito occidentale" per evangelizzare gli americani?

4) Il "rito occidentale" serve oggi le esigenze interne della Chiesa ortodossa in questo paese?

Il "rito occidentale" ricostituito rappresenta in realtà un autentico ritorno al culto ortodosso pre-scismatico dell'antico Occidente cristiano?

Il "rito occidentale", come attualmente praticato nell'arcidiocesi antiochena, si compone di due liturgie eucaristiche. Poiché sono molto diverse l'una dall'altra, consideriamole separatamente.

In primo luogo, la "Liturgia di san Gregorio": questa liturgia è chiamata così perché rappresenta presumibilmente il rito romano, come praticata ai tempi di san Gregorio Magno, il vescovo di Roma dal 590 al 604 d. C. Non c'è dubbio che san Gregorio Magno ha lasciato il suo segno nella storia del culto – non solo in Occidente, ma anche nella parte orientale (di fatto, si può sostenere che la Chiesa ortodossa ha già una Liturgia di san Gregorio – vale a dire, la Liturgia dei Presantificati, dove questo santo è sempre commemorato al congedo). Se trovarsi ad avere due Liturgie di san Gregorio non è ancora abbastanza confuso, la questione rimane se la Liturgia di san Gregorio, come attualmente praticata nelle parrocchie "rito occidentale" dell'arcidiocesi antiochena, si merita questo titolo. In realtà, ciò che ci viene presentato è la Messa latina tridentina (vale a dire, il Messale di Pio V, stampato nel 1570), tradotta dal latino nell'inglese di re Giacomo, con – tra le altre cose – i riferimenti ai "meriti dei santi" lasciati fuori e l'epiclesi della Liturgia di san Giovanni Crisostomo appiccicata dentro. A questo proposito, ci sono un paio di cose da tenere a mente. In primo luogo, la Messa tridentina era la liturgia della Chiesa romana riveduta nella controriforma. In secondo luogo, il Sacramentario gregoriano (che, per quanto riguarda la tradizione dei manoscritti, è in primo luogo franco e non romano in origine) era già stato rivisto nell'XI secolo (vicino al momento dello scisma d'Occidente). Così l'attuale "Liturgia di san Gregorio", come quella usata in America nelle parrocchie di "rito occidentale" è lontana di almeno due revisioni dal santo di cui porta il nome – ed entrambe le revisioni sono state fatte in momenti di gravi crisi di fede in Occidente.

L'inadeguatezza di questo rito si rivela in modo evidente a un attento esame. L'anafora, per esempio – ben lungi dall'essere una sola preghiera unificata come ci si aspetterebbe – sembra più una collezione vagamente assemblata di preghiere. Cosa ancor più strana, la prima di queste preghiere inizia con la parola "therefore", ovvero "pertanto" (...riferendosi a che cosa? A quanto pare, alcune parti della traduzione sono scomparse!). Come se la natura sconnessa di questa anafora non bastasse, gli ortodossi ben intenzionati che si sono messi ad armeggiare con essa non hanno fatto altro che peggiorare le cose. Secondo il grande studioso liturgico ortodosso, san Nicola Cabasilas, la preghiera nel rito romano "Supplices te rogamus" ("umilmente ti imploriamo") è una forma di "epiclesi ascendente". Nonostante questo, è stata aggiunta l'epiclesi dalla Liturgia di san Giovanni Crisostomo, dando così a questo rito sia un'epiclesi ascendente sia una discendente, in cui il celebrante prega per il completamento della consacrazione dei doni dopo che questo completamento è già avvenuto! Inoltre, vengono mantenute caratteristiche improbabili come "l'ultimo Vangelo" (si tratta della lettura del prologo del Vangelo di Giovanni alla fine della funzione, una pratica che era iniziata come devozione privata dei celebranti tra i secoli XI e XVI, e che nel XVI secolo era diventata un'appendice prescritta della Messa).

In secondo luogo, abbiamo la "Liturgia di san Tikhon": per quanto inappropriata possa sembrare la "Liturgia di san Gregorio" per il culto ortodosso, non ci sono paragoni con l'altra liturgia di "rito occidentale" attualmente in uso, che in qualche modo è stata chiamata con il nome di un santo russo del XX secolo. San Tikhon aveva servito come capo della Chiesa ortodossa russa in Nord America prima di essere eletto patriarca di Mosca nel 1917. Durante il suo mandato in America, a quanto pare, aveva ricevuto una petizione per l'utilizzo di un "rito occidentale" da parte di un gruppo di episcopaliani anglo-cattolici americani. San Tikhon inoltrò quindi la richiesta al Santo Sinodo di Mosca, che esaminò attentamente la proposta e concesse la possibilità di un "rito occidentale", a condizione che fossero fatti cambiamenti di vasta portata nel Book of Common Prayer. Il Santo Sinodo lasciò la decisione finale a san Tikhon, che – per qualsiasi motivo – non autorizzò mai formalmente la costituzione di un "rito occidentale" durante il suo pastorato in America. Sembra pertanto estremamente azzardato chiamare questa liturgia con il nome di san Tikhon. Non è lui il "padre" di questo "rito occidentale", neanche lontanamente allo stesso modo in cui san Giovanni Crisostomo e san Basilio il Grande sono i padri delle Liturgie che portano i loro nomi. Inoltre, anche se san Tikhon avesse autorizzato l'uso di un "rito occidentale", nessuna decisione amministrativa fatta da un santo dovrebbe essere considerata infallibile.

chiesa di sant'Agostino, Denver (CO)

Cos'è, allora, la "Liturgia di san Tikhon"? Prima di tutto, non è il rito eucaristico del Book of Common Prayer come approvato in qualsiasi tempo dalla Chiesa episcopaliana. Piuttosto, si basa su uno strano genere di amalgama comunemente noto come "il Messale anglicano". Questo Messale è stato sviluppato da anglo-cattolici per colmare le lacune percepite nel Book of Common Prayer. Il Messale anglicano contiene l'anafora e altre preghiere del Book of Common Prayer, commiste a parti dell'anafora e altre preghiere della Messa tridentina tradotte dal latino nell'inglese di re Giacomo. Come utilizzato ora nel "rito occidentale" dell'arcidiocesi antiochena, contiene ancora ulteriori aggiunte e correzioni apportate dagli ortodossi. Non si potrebbe immaginare un guazzabuglio liturgico più confuso! La "Liturgia di san Tikhon" è il rito riformato di Thomas Cranmer, con aggiunte del rito della contro-riforma del Concilio di Trento, con ulteriori ritocchi superficiali, al fine di renderlo "più ortodosso".

In difesa di questo rito, alcuni ortodossi dicono che dovremmo accettarlo perché "non contiene niente di eretico". Purtroppo, questo è di per sé un argomento anglicano. Un rito ortodosso deve fare molto di più che evitare l'eresia – deve chiaramente annunciare e insegnare la fede ortodossa. Nella Russia comunista come nella Grecia ottomana, la sola Liturgia ortodossa ha mantenuto la fede attraverso lunghi anni di persecuzione. Tenendo presente che Cranmer era probabilmente uno zwingliano che aveva progettato il suo rito per esprimere "l'assenza reale" di Cristo nell'eucaristia, è facile vedere che la "Liturgia di san Tikhon" non avrebbe mai potuto soddisfare il criterio fondamentale di essere una Liturgia ortodossa.

In sintesi, la "Liturgia di san Tikhon" non ha alcuna sorta di validità storica. La "Liturgia di san Gregorio" può essere fatta risalire a quel grande santo solo in modo molto attenuato. Il fatto è semplice, né l'una né l'altra di queste liturgie rappresenta un autentico ritorno al culto ortodosso pre-scismatico dell'antico Occidente cristiano.

Il "rito occidentale" fornisce un sentiero per l'eventuale riunione dei cristiani?

Con la ricezione di parrocchie di "rito occidentale" nell'Ortodossia, ci sono stati alcuni che hanno percepito che l'ideale uniate aveva ormai trovato la sua vera casa. Il confronto degli ortodossi di rito occidentale con i cattolici di rito orientale è, naturalmente, inevitabile. E, dovremmo tenere a mente che, storicamente, Roma ha spesso considerato i suoi cattolici di rito orientale come un ponte di unione con gli ortodossi. Quanto successo ha avuto quel ponte?

La verità è che l'uniatismo è stato un ostacolo continuo all'unità tra l'Ortodossia e Roma. E questa difficoltà ricorrente ha rialzato la testa ancora una volta solo di recente, con il crollo del comunismo in Europa orientale. Dovremmo essere estremamente ingenui nel supporre che l'Ortodossia di "rito occidentale" avrà un risultato più vantaggioso. Se crescono in numero, gli ortodossi di "rito occidentale" appariranno sempre più ai cristiani occidentali come una sorta di pseudo-ortodossi il cui scopo non è quello di evangelizzare, ma di fare proseliti.

chiesa di san Cuthbert, Providence (RI)

Qualcuno potrebbe ancora sostenere che il "rito occidentale" potrebbe almeno dimostrare ai cristiani "occidentali" che cosa l'Ortodossia si aspetterebbe liturgicamente se dovesse verificarsi una riunione dei cristiani. Eppure anche questo è infondato. Il fatto è semplice: quelle parrocchie che utilizzano il "rito occidentale" nell'arcidiocesi antiochena non stanno seguendo il "rito occidentale" che ora è praticato dalla stragrande maggioranza dei cristiani "occidentali". In effetti, ci si deve chiedere perché la Chiesa ortodossa si sia dovuta trasformare in un porto sicuro per una piccola minoranza di cristiani occidentali che hanno respinto le riforme del movimento liturgico. Per quanto riguarda la "Liturgia di san Gregorio", sarebbe ridicolo per gli ortodossi dire ai cattolici romani che dovrebbero tornare a fare "l'ultimo Vangelo" alla fine della loro Liturgia. O che le revisioni effettuate dal Vaticano II sull'anafora romana, perché sia letta come una singola preghiera, sono in qualche modo fuorvianti. La "Liturgia di san Tikhon" sarebbe ancora più indifendibile nel caso degli anglicani. Molte delle recenti revisioni al Book of Common Prayer (come quelle al Messale Romano) sono state basate su una solida cultura liturgica – e molte di esse sono chiaramente prestiti dall'antico Oriente cristiano! Inoltre, dal momento che entrambe queste liturgie di "rito occidentale " vengono celebrate nell'inglese "di re Giacomo", stiamo dicendo ai cristiani delle diverse confessioni occidentali che l'inglese moderno è inaccettabile come lingua liturgica? Questo, nonostante il fatto che l'inglese moderno sia ora utilizzato in molte traduzioni della Liturgia di san Giovanni Crisostomo?

In sintesi, un'Ortodossia di "rito occidentale", almeno come viene attualmente praticata, sembra destinata ad avere un effetto sempre più negativo sulla nostra posizione già turbata nelle relazioni ecumeniche.

La Chiesa ortodossa ha bisogno di un "rito occidentale" per evangelizzare gli americani?

Se siamo in grado di immaginare Overbeck nell'Inghilterra del XIX secolo potremmo capire perché riteneva che un'Ortodossia che utilizzasse un "rito occidentale" fosse assolutamente essenziale se la Chiesa voleva avere una missione praticabile in Occidente. Overbeck sarebbe stato in grado di sperimentare solo il culto ortodosso degli immigrati recenti, che non usavano l'inglese, ma le lingue delle loro madrepatrie. Nessuna meraviglia che abbia potuto giungere alla conclusione che solo un'Ortodossia con un rito diverso, dotata di una memoria occidentale, potesse mai tornare a essere la Chiesa del venerabile Beda.

chiesa della santa Incarnazione, Detroit (MI)

San Beda, naturalmente, è stato un grande storico anglosassone che visse molto tempo prima dello scisma d'Occidente. Come tale, egli è perfettamente accettabile per noi ortodossi oggi come santo da venerare. Allo stesso modo lo sono molti altri santi dell'Europa nord-occidentale – come Patrizio, Aidan, Albano e altri, che sono ora inclusi nei calendari liturgici delle Chiese ortodosse. È ovviamente un grande vantaggio per i convertiti poter venerare santi della loro origine etnica – e ciò mostra la cattolicità della Chiesa. Chiaramente, l'Ortodossia non è obbligata ad avere un "rito occidentale" per avere una memoria occidentale. Con questo in mente, supponiamo che l'esperienza ecclesiale di Overbeck della Chiesa sia stata molto diversa. Supponiamo che abbia potuto partecipare alla celebrazione della Liturgia di san Giovanni Crisostomo in occasione della festa del venerabile Beda e che là nel nartece vi sia stata una bella icona di questo santo esposta alla venerazione dei fedeli. Supponiamo anche che la Liturgia sia stata condotta interamente in inglese. Cosa avrebbe potuto trovare mancante per celebrare la festa di questo grande santo dell'antico occidente cristiano? È vero, la Liturgia non sarebbe stata celebrata esattamente nello stesso modo in cui l'avrebbe sperimentata lo stesso Beda. (Ma allora – di gran lunga – nessuna delle due Liturgie "di rito occidentale", di san Tikhon o di san Gregorio, sarebbe stata la stessa di quella del venerabile Beda). Ciò che conta di più è che la Liturgia di san Giovanni Crisostomo è simile in tutti gli elementi essenziali all'antica vita liturgica pre-scismatica dell'Occidente.

Senza dubbio, il culto bizantino ha dimostrato la sua idoneità per tutti i popoli. È diventato l'espressione liturgica dominante per i russi tanto autenticamente quanto lo era stato per i greci. Inoltre si è radicato profondamente nella cultura di quei "latini" ortodossi, i romeni. E in Alaska ha espresso le aspirazioni religiose di culture native – aleuti, tlingit e altri. La Liturgia di san Giovanni Crisostomo viene ora celebrata in giapponese, in coreano e in una mezza dozzina di lingue tribali in Africa. Recentemente, ha fornito il culto scritturale che era stato cercato dalla Chiesa Ortodossa Evangelica, e che è divenuta la Missione Evangelica Ortodossa Antiochena. L'uso della tradizione liturgica bizantina in questa missione è uno dei più forti argomenti contro la necessità di un "rito occidentale" ai fini di evangelizzazione in America.

Ma l'uso del "rito occidentale" non rende più facile portare nella Chiesa la gente, quando questa ha già "la propria" tradizione liturgica? Forse, ma gli svantaggi sono enormi. Poco dopo che la sua ex parrocchia episcopaliana è stata ricevuta nel "rito occidentale" dell'arcidiocesi antiochena a Spokane, WA, una donna ha commentato: "Eravamo una sorta di reietti nella Chiesa episcopaliana perché pregavamo alla vecchia maniera. Ora ci sentiamo al passo con la nostra Chiesa ". Purtroppo, può essere solo una questione di tempo prima che lei scopra che ora liturgicamente è molto meno al passo con la sua nuova Chiesa di quanto lo sia mai stata con la vecchia. In sintesi, l'uso del "rito occidentale" come strumento di evangelizzazione sembra inutile nel migliore dei casi e fuorviante nel peggiore.

Il "rito occidentale" serve oggi le esigenze interne della Chiesa ortodossa in questo paese?

Un cristiano ortodosso competente, se gli si chiede quale sia oggi il più grande bisogno della Chiesa in Europa occidentale e nelle Americhe, probabilmente risponderebbe con una sola parola: l'unità. A questo proposito, la tradizione liturgica bizantina è stata di inestimabile valore nel tenere insieme la Chiesa. D'altra parte, l'etnicità è stata probabilmente la più grande forza di disunione. Il patrimonio etnico, naturalmente, non deve essere un fattore di divisione. Si può essere orgogliosi del proprio patrimonio mentre si celebra il fatto che uno fa parte di una Chiesa che è veramente multietnica (al contrario di "non-etnica", l'alternativa che è talvolta erroneamente presentata).

Come si inserisce il "rito occidentale" in questo bisogno di portare insieme la Chiesa come una comunità veramente multietnica, unita dalla fede e dal culto? Purtroppo, il "rito occidentale" può essere visto come una sorta di "super-etnicità", che è esattamente l'opposto di ciò di cui la Chiesa ha bisogno oggi. Per ristretto che possa essere il loro punto di vista etnico, e per quanto possano insistere fermamente sull'uso della propria lingua, i cristiani ortodossi hanno sempre mostrato una volontà di utilizzare una forma di culto comune... fino ad ora. A tutti gli effetti, l'uso del "rito occidentale" è un ulteriore passo avanti rispetto all'etnicità. Non solo questi convertiti insistono sull'uso di una forma (arcaica) della propria lingua, ma insistono anche a utilizzare un rito liturgico esclusivo che non è comune a nessun altro che a se stessi.

chiesa della santa Croce, Omaha (NE)

I cristiani ortodossi che visitano una parrocchia di "rito occidentale" si troveranno in un ambiente estraneo. Non solo la struttura del culto in una parrocchia di "rito occidentale" sarà loro sconosciuta, ma il metodo stesso di ricevere il sacramento della comunione sarà differente, in modo che, anche se sono tecnicamente in comunione, i visitatori provenienti dalle tradizioni ortodosse più stabilite saranno scoraggiati dal ricevere i santi misteri. (I visitatori di "rito occidentale" in altre parrocchie ortodosse si sentiranno allo stesso modo a disagio). Contrariamente alle antiche pratiche della Chiesa, ai membri del clero "bizantino" che visitano parrocchie di "rito occidentale" non è permesso – nella corrente pratica antiochena – concelebrare (e non saprebbero come fare, anche se fosse loro consentito). Le funzioni pan-ortodosse come il vespro alla domenica dell'Ortodossia sono ora rese complesse se non addirittura confuse per la possibile presenza del clero di "rito occidentale". Il pellegrinaggio è una parte vitale della tradizione ortodossa e la situazione attuale è destinata a influenzare i pellegrini di "rito occidentale" in paesi tradizionalmente ortodossi come la Grecia o la Russia. Invece di ritrovarsi "a casa" nelle tradizioni liturgiche di questi paesi stranieri, saranno stranieri nella loro stessa Chiesa, senza poter beneficiare pienamente dall'esperienza della vita liturgica servita in quei luoghi santi, le roccaforti di quella che si suppone essere la loro fede. Inoltre, ci sono dubbi che la maggioranza dei fedeli e del clero ortodossi in questi paesi accetterebbero visitatori di "rito occidentale" come se fossero "dei loro". Invece, saranno probabilmente considerati con una certa dose di sospetto, come una sorta di "pecore in vesti di lupi".

Forse la situazione dei cristiani ortodossi di "rito occidentale" si comprende meglio osservando la struttura stessa di una chiesa ortodossa, in cui la parte occidentale dell'edificio è chiamata nartece. Anche se sono canonicamente nel corpo di Cristo, la Chiesa, i cristiani ortodossi che utilizzano il "rito occidentale" sono ancora, in un certo senso, "solo nel nartece." Non saranno pienamente integrati nella vita della Chiesa fino a che non potranno farsi avanti e partecipare pienamente al culto liturgico della Chiesa con i loro fratelli e sorelle in Cristo.

Ci sono alcuni, ovviamente, che fanno notare che c'era una notevole diversità liturgica nella Chiesa antica – e quindi, perché non è possibile e anche auspicabile una tale diversità oggi? Esisteva di fatto una notevole variazione liturgica da un luogo a un altro in tempi antichi. La ragione era il semplice fatto che la persona media non viaggiava mai più di 25 miglia dal suo luogo di nascita e le comunicazioni da un luogo all'altro erano lente e difficili. In tali circostanze, la diversità liturgica era uno sviluppo naturale e non era quasi mai un problema. Oggi, invece, viviamo in quello che è stato definito un "villaggio globale" in cui le comunicazioni sono istantanee e le famiglie americane si trasferiscono spesso più volte, da uno stato all'altro, durante il periodo di crescita dei loro figli. Tutto nel nostro ambiente sostiene la necessità di una maggiore uniformità nella prassi liturgica. Per esempio: cosa devono fare i potenziali convertiti quando capita loro di vedere la copertura di un servizio ortodosso in televisione, si incuriosiscono, e quindi sono completamente confusi quando scoprono che l'Ortodossia nella loro zona ha un aspetto completamente diverso? O, al contrario, che cosa deve fare una famiglia ortodossa di "rito occidentale" quando si sposta in un'altra città dove l'unica parrocchia ortodossa è "bizantina" e possibilmente etnocentrica? Cosa faranno quando si sentiranno molto più a casa in una parrocchia dei "Continuing Anglicans" incontrata lungo la strada? In sintesi, il "rito occidentale" può solo impedire i progressi della Chiesa ortodossa verso il raggiungimento di un obiettivo di unità nella diversità etnica. Inoltre, una molteplicità di riti è semplicemente inadeguata in una società estremamente mobile collegata da comunicazioni globali.

Non c'è motivo di mettere in discussione le motivazioni di coloro che sostengono un "rito occidentale" all'interno dell'Ortodossia. Apparentemente, lo fanno per quelli che considerano i migliori dei motivi. In effetti, potremmo essere tutti d'accordo sui fini – ma con tutto il rispetto, non possiamo essere d'accordo sui mezzi. Il "rito occidentale" è intrinsecamente divisivo. Dunque, non dobbiamo permettergli di dividere la Chiesa. Allo stesso tempo, gli ortodossi che non accettano il "rito occidentale" non sono semplicemente "ostacoli al progresso." Piuttosto, stanno cercando di proteggere la Chiesa da una politica che non è né nell'interesse dei suoi membri già formati, né dei suoi convertiti. Ci rallegriamo di ogni occasione in cui i convertiti sono ricevuti nella Chiesa. Ma ci rincuora anche il fatto che molte parrocchie di "rito occidentale" vedono alla fine la saggezza di "convertirsi" alla tradizione liturgica bizantina. Possiamo solo sperare che altri continueranno a seguire tale buon esempio.

Padre Michael Johnson

parroco della chiesa di san Nicola a Tacoma, WA

The Priest. Bollettino del clero della diocesi di San Francisco. Numero 5, Maggio 1996 

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