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  Le religioni di Game of Thrones in una prospettiva cristiana ortodossa
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La serie televisiva Game of Thrones (intitolata in italiano Il trono di spade), giunta in queste settimane alla sua settima stagione, è il più grande successo mediatico legato alla letteratura fantasy contemporanea. L’ideatore del mondo di Game of Thrones, lo scrittore americano George R. R. Martin, ha ricevuto una formazione cattolica ed è poi divenuto sostanzialmente ateo. Molta di quest’attitudine si riflette nel mondo da lui inventato (un ambiente letterario di grande complessità e sottigliezza), e la pletora di religioni descritte da Martin offre spunti di riflessione sull’attitudine religiosa dell’autore e del mondo moderno in generale.

Nel suo desiderio di offrire uno scenario realista nel mondo finora piuttosto idealizzato della letteratura fantasy, Martin offre due preziosi aiuti a un commentatore cristiano:

A) Il crudo realismo del mondo di Game of Thrones (incluse le molte scene di sesso e di violenza tanto criticate dai credenti), pur non ispirando alla virtù quanto la letteratura fantasy più idealizzata con i suoi conflitti tra il bene e il male, aiuta a capire la realtà di un mondo caduto, in cui nessuno è libero dalle conseguenze del peccato.

B) Il “gioco dei troni” coinvolge tanto la religione quanto gli altri aspetti della società (diplomazia, strategia militare, classi sociali), e le guerre che ne conseguono sono spesso anche guerre di fede. In tal senso, la religione ritorna ad avere un’importanza fondamentale nella vita (anche se poi la particolare prospettiva di Martin finisce per presentare piuttosto delle religioni da caricatura).

Cerchiamo di offrire in questo articolo alcuni elementi che aiutano a comprendere l’aspetto religioso della saga letteraria di Martin, in tre fasi successive:

1 – Un panorama delle principali religioni di Game of Thrones, per chi ha difficoltà a orientarsi nella complessa serie di dati narrati da Martin.

2 – Uno sguardo ai parallelismi con le religioni della storia umana, per capire da dove Martin ha tratto i suoi dati.

3 – Un punto di vista specificamente cristiano ortodosso sul mondo immaginario di Game of Thrones e sulle sue religioni.

1 – Uno sguardo panoramico alle religioni in Game of Thrones

Gli Antichi Dei

Il più antico culto autoctono del Continente occidentale (Westeros), è di origine non umana: si trattava della religione della specie umanoide dei figli della foresta. In seguito fu adottata dai primi uomini giunti sul continente dodicimila anni prima degli eventi della serie attraverso l’istmo di Dorn, ormai inabissato. È il culto di innumerevoli e innominati spiriti della natura, che comunicano con i figli della foresta e gli uomini attraverso visioni e profezie, usando come punto focale gli alberi immortali detti alberi-diga (weirwood). È una religione priva di testi sacri: i suoi santuari sono i luoghi dove si trovano gli alberi-diga, sui quali i figli della foresta avevano scolpito dei volti; il suo “clero” è composto dai veggenti verdi (greenseers), che un tempo avevano forti poteri di modifica sulla natura (furono i veggenti verdi dei figli della foresta a far sprofondare nel mare l’istmo di Dorn e a trasformare in paludi le terre dell’Incollatura), e oggi hanno visioni profetiche nel corso del tempo, che possono arrivare a influenzare gli eventi storici. Alcuni sviluppano l’abilità del metamorfo (warg), che permette loro di trasferire la loro coscienza negli animali (o in rari casi in altri esseri umani), riuscendo – almeno teoricamente – a rimandare la propria morte. L’etica del culto degli Antichi Dei sottolinea valori sociali di base tra cui l’onore e l’ospitalità. Il culto è diffuso nelle terre i cui abitanti discendono direttamente dai primi uomini, cioè nel Nord, incluse le terre a nord della Barriera, e tra alcuni discendenti dei primi uomini a sud dell’Incollatura (tra cui la casata dei Blackwood di Raventree Hall nelle Terre dei Fiumi e i clan degli uomini delle colline nella Valle di Arryn).

Il culto dei Sette

La religione degli andali (gli uomini giunti sul Continente occidentale attraverso invasioni navali seimila anni prima degli eventi della serie) è un monoteismo che venera una divinità che si presenta sotto sette aspetti personificati: tre maschili, il Padre (la giustizia), il Guerriero (il coraggio) e il Fabbro (la forza creatrice), tre femminili, la Madre (la misericordia), la Fanciulla (la purezza) e la Vecchia (la saggezza), oltre a un aspetto né maschile né femminile, lo Sconosciuto (la morte e l’ignoto). La religione ha un testo sacro (La Stella a sette punte), che ne elenca i rigorosi principi etici, e ne delinea il complesso aldilà composto da sette cieli e sette inferni. I suoi santuari (che accolgono le immagini delle sette personificazioni) possono andare da semplici grotte o sale a imponenti templi a sette lati: il santuario principale del culto è la Septa di Baelor, nella città capitale di Approdo del Re. Alle complesse norme di culto dei Sette presiede un clero maschile assistito da un clero femminile dai compiti essenzialmente educativi (il nome di queste figure è rispettivamente septon e septa), oltre a un ordine monastico di donne, le Sorelle del Silenzio, che rappresentano lo Sconosciuto e si occupano dei riti funebri. Il culto possedeva un ordine guerriero, la Fede Militante, che al tempo della serie è stato disciolto da secoli, ma viene restaurato dalla fratellanza popolare dei Passeri, che riesce a prevalere riportando una visione puritana del culto. L’etica del culto dei Sette è rigorosa in aspetti quali la morale sessuale, e regola molte parti del sistema sociale dei Sette Regni del Continente occidentale, tra cui l’accesso al trono regale, la cavalleria e il sistema feudale delle casate, fino alle forme di duello giudiziario. Con il tempo, il culto dei Sette ha raggiunto una coabitazione più o meno pacifica con quello degli Antichi Dei (come testimoniano le formule di giuramento “per gli Antichi e i Nuovi Dei”), ma ha avuto minor fortuna nelle interazioni con le altre religioni. Il culto è diffuso e maggioritario a sud dell’Incollatura che segna l’inizio del Nord del continente, ma ha una certa diffusione anche al Nord: una delle casate principali del Nord, i Manderly di Porto Bianco, giunti esuli dall’Altopiano, segue il culto dei Sette, e ci sono luoghi di culto a Grande Inverno (grazie al matrimonio di Eddard Stark con Catelyn Tully delle Terre dei Fiumi) e alla Barriera tra i Guardiani della Notte.

Il Dio abissale

La religione autoctona delle Isole di Ferro plasma il carattere dei suoi abitanti, inclusa la loro propensione alla pirateria e al saccheggio. Uccidere i nemici in battaglia e procurarsi possessi con la forza (il “pagamento del prezzo di ferro”) sono considerati riti di passaggio all’età adulta e veri e propri atti di pietà. È una religione dualista, in cui il Dio abissale che vive al fondo dell’oceano è in eterna lotta con il Dio delle tempeste che vive al di sopra delle nuvole. La religione non ha luoghi di culto dedicati, e i suoi riti si svolgono sulle rive del mare. Anche se esistono rozze immagini del Dio abissale, realizzate con pezzi di legno di navi naufragate, queste immagini non hanno un valore di culto. I sacerdoti, rigorosamente maschi, compiono una varietà di riti con acqua di mare, che possono andare da abluzioni purificatrici a vari tipi di battesimi (inclusa una varietà fatale di immersioni usata per sacerdoti e sovrani, in cui il candidato al sacerdozio o al trono viene affogato e fatto rivivere immediatamente). I principi etici hanno in comune con quelli degli Antichi Dei un rispetto per l’ospitalità, ma nonostante gli abitanti delle Isole di Ferro siano discendenti dei primi uomini (alcuni di loro hanno sviluppato le abilità dei metamorfi), non seguono il culto degli Antichi Dei. Anche i rari casi di conversione al culto dei Sette non sono riusciti a radicare quest’ultimo culto nelle Isole.

Il Dio della Luce

Il Dio della Luce, o R'hllor, ha un culto molto diffuso nel Continente orientale (Essos), e che inizia ad apparire nei Sette Regni proprio al tempo descritto nella serie. Si tratta di un culto dualista, che vede il Dio della Luce e del fuoco in eterna lotta con il Grande Estraneo, il dio delle tenebre e del freddo (che ha anche lui un nome, che tuttavia è proibito pronunciare), e inoltre è un culto esclusivista, che sostiene che tutte le altre forme di divinità sono demoni che devono essere purificati con il fuoco, e tutti i loro seguaci sono inconsapevoli pedine del Grande Estraneo. All’opposto dei cieli e degli inferni del culto dei Sette, il culto di R’hllor identifica l’unico vero inferno con il mondo attuale, dal quale il Dio della Luce libererà i suoi fedeli. La religione ha diversi testi sacri, ma il peso maggiore sembra assegnato a profezie e visioni, che i fedeli sperimentano osservando le fiamme. Tra queste profezie ha un posto prominente la figura messianica del ‘principe che fu promesso’, un guerriero (uomo o donna) che combatterà l’oscurità in arrivo. Il culto ha numerosi templi nel Continente orientale (i principali si trovano nelle città di Myr e Volantis), in cui servono sacerdoti e sacerdotesse vestiti di rosso, reclutati tra schiavi liberati o tra le classi più povere della società. Intorno alle figure di questi sacerdoti avvengono segni prodigiosi, che vanno dai morti riportati in vita al prolungamento innaturale dell’esistenza fino a forme di magia ben più oscure e inquietanti. Nei Sette Regni, i seguaci del Dio della Luce si trovano nella casata di Stannis Baratheon (che dopo la sua conversione ha incluso nel suo stemma il simbolo di R’hllor, un cuore circondato da fiamme) e nella Fratellanza senza Vessilli.

Il Dio dai mille volti

Nella città libera di Braavos, nel Continente orientale, ha la sua unica sede (chiamata Casa del bianco e del nero) un culto della morte dalle singolari caratteristiche sincretiste. Poiché il mondo descritto in Game of Thrones è un luogo duro e pericoloso, ogni religione cerca di spiegare in qualche modo il mistero della morte. La fratellanza degli Uomini senza volto assume tutti questi aspetti (tra cui lo Sconosciuto dei Sette, il Dio abissale e perfino lo stesso esclusivista Dio della Luce) come prefigurazioni del proprio Dio dai mille volti. I sacerdoti sono, di fatto, assassini, che dispensano la morte come rito religioso, sia a quelli che la richiedono (attraverso una forma di eutanasia con le acque di una piscina avvelenata nella Casa del bianco e del nero), sia a quelli che sono “prescelti” dal loro dio attraverso contratti di assassinio stipulati con la loro casa, tanto più cari quanto più importante è la vittima. Gli adepti si sforzano di cancellare la propria personalità, e apprendono l’arte (con risvolti magici) di assumere le sembianze delle loro vittime e di altri esseri umani.

Il grande stallone

Tra le numerose religioni tribali del Continente orientale, quella che si incontra più da vicino nella serie è la religione del popolo dei Dothraki, che venerano un grande stallone, che riflette l’importanza dei cavalli nella loro cultura. È una religione enoteista, che venera un singolo dio ma accetta l’esistenza di altri dei di altri popoli. Il centro della religione è Vaes Dothrak, la città sacra dei Dothraki, dove le vedove dei khal (capi clan) defunti formano l’unico clero di questo popolo, o dosh khaleen: queste donne, obbligate a risiedere nella città sacra per il resto dei loro giorni, interpretano i segni e compiono previsioni per il loro popolo tanto devoto quanto superstizioso. Una delle profezie è che un giorno una figura dei Dothraki diverrà l’incarnazione del grande stallone, portando il suo popolo a conquistare tutto il mondo. L’aldilà di questa religione, le “terre della notte”, è aperto a tutti i Dothraki il cui corpo sia stato bruciato secondo le regole: da qui nasce il ribrezzo dei Dothraki per le pratiche di inumazione.

Due organizzazioni quasi-religiose

Accanto alle religioni vere e proprie, è opportuno menzionare due organizzazioni che mantengono un carattere tipicamente religioso (di fatto, sono ordini monastici che accettano solo membri di sesso maschile) pur accogliendo nel proprio seno uomini di religioni diverse.

I Guardiani della Notte

Ordine votato alla custodia della Barriera, il muro incantato di ghiaccio che protegge il Continente occidentale dalle invasioni da nord, è una confraternita che ha dei paralleli con i monaci guerrieri medioevali. Fondati millenni or sono attraverso una collaborazione tra i primi uomini e le razze non umane (i figli della foresta e i giganti), ai tempi descritti nella serie hanno quasi dimenticato il loro compito di proteggere il mondo dalla minaccia spettrale degli estranei (una razza di non-morti un tempo creata dai figli della foresta e poi sfuggita di mano ai propri creatori), e si limitano a contenere le invasioni degli uomini che vivono a nord della Barriera. Servono per tutta la vita in un’organizzazione priva di caste e di privilegi nobiliari, facendo voto di celibato, di povertà e di fedeltà in luoghi sacri alle loro religioni di origine (un albero-diga per chi è fedele agli Antichi Dei, o una septa per chi appartiene al culto dei Sette). Votati al loro compito, non prendono parte alle contese dinastiche del gioco dei troni, ma sono pronti ad accogliere uomini di ogni provenienza sociale, offrendo loro la possibilità di una seconda vita di servizio.

I Maestri

Ordine votato alla ricerca della conoscenza, è una sorta di monachesimo secolare, con sede presso la Cittadella a Vecchia Città (la più antica città del continente, nella zona costiera della regione dell’Altopiano): i suoi membri si votano al celibato e alla povertà in modo non dissimile da quello dei Guardiani della Notte. Sembrano essere neutrali rispetto alle proprie appartenenze religiose, ma non le negano (nella serie, il maestro Cressen di Roccia del Drago difende a costo della vita il culto dei Sette dalle imposizioni della religione del Dio della Luce). L’ordine persegue una conoscenza secolare, disprezza la magia (che pure è studiata da una piccola minoranza dei suoi membri) e si considera la memoria storica dedita a salvare il Continente occidentale dalle ricadute nella barbarie. Presta i propri servizi a tutte le casate e i castelli del continente, inviando presso ciascuno di loro un maestro iniziato che serve la località (indipendentemente dal proprietario) per tutta la vita. I maestri dei castelli dei Guardiani della notte sono membri di entrambi gli ordini, cosa che sottolinea il parallelismo tra le due vocazioni, guerriera e accademica.

2 – Parallelismi e contrasti con le religioni storiche

Antichi Dei

Tra le religioni descritte da Martin, il culto degli Antichi Dei è quello che evoca le reazioni più positive da parte dei lettori e degli spettatori della saga. In parte questo è dovuto a ragioni interne alla storia (molta della narrazione è vista attraverso gli occhi dei membri della famiglia Stark, la casata dominante del Nord legata agli Antichi Dei), in parte riflette il sospetto diffuso per le religioni organizzate nella società odierna: un culto della natura senza libri sacri e personificato da occasionali veggenti con poteri psichici è quanto di meglio si possa aspettare un New Ager americano. Anche l’epopea dei figli della foresta, pressati sino all’estinzione dalla civiltà umana, sembra un appello ai sostenitori dei diritti della natura e dei popoli tribali, per lo meno fino alla rivelazione che sono stati proprio i “simpatici” figli della foresta a scatenare sul mondo l’atroce calamità degli estranei. Questi ultimi sembrano essere anche la stessa nemesi finale dell’antico “piccolo popolo”, ma come prevedibile, la cosa non provoca un solo accenno a un pentimento.

Culto dei sette

Da parte di un autore come Martin, che ha avuto una formazione cattolica e conosce la storia del Medio Evo, sono chiari i paragoni tra il culto dei Sette e il cattolicesimo medioevale: un Dio unico in più persone (che da una Trinità Martin traspone in una “settinità”, dando un contentino alle teorie del gender contemporanee), una religione basata su un testo sacro, un clero gerarchico, forme di vita monastica, rituali elaborati e un’etica rigorosa, un graduale soppiantamento dei paganesimi preesistenti (ma a differenza della Chiesa primitiva, il culto dei Sette è fin dal principio una religione di conquistatori guerrieri). Di converso, abbiamo formalismi, ipocrisie, forme di fanatismo estremista e ogni sorta di perversione, a fronte dell’assenza pratica di segni visibili di un intervento soprannaturale. Se si dovesse fare un sondaggio sulla religione più falsa di Game of Thrones, il culto dei Sette sarebbe certamente in cima alla classifica.

Un aspetto del cattolicesimo medioevale che invece brilla per la sua assenza nel culto dei Sette è la ricerca della conoscenza (Martin, da medievalista, non può non conoscere l’opera del cattolicesimo come pilastro del sapere nei periodi più difficili dell’Occidente cristiano): nel mondo di Game of Thrones l’erudizione è opportunamente demandata all’ordine “laico” dei maestri, e così i più pii rappresentanti del culto possono al massimo aspirare a un livello di istruzione tale da saper leggere, scrivere, far di conto e brigare al gioco dei troni.

Questa dissociazione tra la fede e la conoscenza (che è quella che ha più profondamente deluso gli osservatori cattolici dell’opera di Martin) priva il culto più simile al cristianesimo di tutta la sua profondità e lo riduce a una figura di secondo grado negli schemi politici. Alla fin fine, in un mondo come il nostro dove non mancano i credenti sinceri anche tra gli eruditi, questo va contro allo stesso realismo che Martin sostiene di voler presentare nella sua opera.

Quando nella sesta stagione della serie viene introdotta come tenue speranza una figura che non è né ipocrita né morbosamente zelota, Ray (un mercenario pentito e divenuto chierico dei Sette), questi viene subito ridotto a universalista pieno di dubbi e muore come conseguenza del suo pacifismo poco realista, trascinando con sé nella rovina i suoi ingenui seguaci.

Un discorso a parte merita la fratellanza pauperistica e fanatica dei Passeri, che con la crescita della propria importanza all’interno del culto dei Sette nella quinta e nella sesta stagione della serie, ha fatto sprecare i paralleli con il cattolicesimo, anche per il fatto che l’attore scelto per impersonare l’Alto Passero, Jonathan Pryce, è fisicamente piuttosto simile a papa Francesco (la somiglianza era stata notata fin dal giorno del Conclave):

Non sarebbe fuori luogo un parallelo con il cristianesimo protestante, dato che i Passeri non sono altro che fedeli che ritornano a prendere sul serio le norme morali contenute nel libro sacro, che farisaicamente i “custodi” odierni evitano di ricordare. Il parallelo del “papa” non deve far dimenticare che l’Alto Passero è messo sul suo “trono” proprio da un esempio quintessenziale dei governanti corrotti che ormai non prendono più sul serio (se mai l’hanno presa a memoria d’uomo) la loro fede. Non ci sembra quindi un parallelo a un papa in sé, quanto a un potente riformatore.

Dio abissale

Martin ha detto che la religione delle Isole di Ferro è ispirata ai miti vichinghi, dove un parallelo importante sono le sale subacquee del Dio abissale, dove i suoi devoti festeggiano dopo la morte, un analogo del Valhalla vichingo. Un forte contrasto è che nella teologia delle Isole di Ferro il dio delle tempeste è considerato il male supremo e l’agricoltura è un’attività disprezzata, mentre per i vichinghi Thor, il dio delle tempeste, era uno dei campioni dell’umanità e un protettore dei contadini.

Un paragone più inquietante potrebbe essere fatto con le divinità sottomarine dei miti di H. P. Lovecraft, che proprio come Martin fu uno scrittore americano ateo dalla fantasia sfrenata. Leggendo la frase de La Città senza nome di Lovecraft, "Non è morto ciò che può attendere in eterno, e col volgere di strani eoni anche la morte può morire", e paragonandola con il motto dei fedeli del Dio abissale, "Ciò che è morto non muoia mai... ma risorga, più duro e più forte", viene quasi spontaneo identificare il Dio abissale con Cthulhu o Dagon dei racconti di Lovecraft, racconti che non a caso hanno avuto un’influenza non indifferente sulla fantasy odierna (se il paragone sembra stiracchiato, e l’analogia di Cthulhu con il kraken che simboleggia la casata dei Greyjoy non è sufficiente a convincere gli spettatori, ci ha pensato lo stesso Martin inventando per la casata il personaggio del principe Dagon Greyjoy). Purtroppo, l’ispirazione di Martin ai miti vichinghi sembra piuttosto un’occasione mancata di attingere a un immaginario religioso che rimane inesplorato.

Dio della Luce

Martin afferma di avere tratto ispirazione per il culto del Dio della Luce dalla religione zoroastriana, che come religione dualista è forse più vicina al cristianesimo di tutte le altre fonti religiose non cristiane. Incidentalmente, proprio come il mazdeismo, quello di R’hllor è un culto del fuoco. La cosa più inquietante in questo dualismo, tuttavia, è che la parte che dice di incarnare il bene assoluto non si fa problemi a usare il male come strumento: riti di stregoneria con fini di assassinio, che nel nostro mondo avrebbero portato chi li praticava all’esecuzione capitale (nella storia cristiana, incidentalmente, proprio sul rogo), spietate esecuzioni di infedeli, ma anche di persone innocenti, compiute per ottenere prosaici vantaggi terreni come un disgelo prima di una battaglia. La coscienza dei convertiti “poco illuminati” (così come quella dei lettori dei libri e degli spettatori della serie) si ribella immediatamente a queste modalità, sapendo che nessun fine (almeno, nessun fine terreno) può giustificare certi mezzi.

I sacerdoti del Dio della Luce, unici nella storia a compiere miracoli loro malgrado, suscitano sentimenti molto diversi. Thoros di Myr è visto come una figura positiva, anche per il lato molto umano della sua conversione da una vita di prete debosciato a una figura eroica di prete guerriero che ha analogie in diverse saghe medioevali. Melisandre, invece, è un tale groviglio di contraddizioni da far sospettare che non rappresenti veramente il clero di R’hllor, e quindi ne stia usando il culto per altri fini, oppure sembra creata da Martin appositamente per mostrare tutte le possibili antinomie del mondo religioso: potrebbe aprire i cuori con la sua stessa storia, parlando della redenzione di una schiava liberata, eppure preferisce ingannare i fedeli con trucchi di falsa potenza; ha avuto una vita innaturalmente lunga (non si sa se per miracolo o per stregoneria), eppure sbaglia a interpretare profezie che dovrebbero essere chiare a uomini ben più giovani e inesperti; ha una fede senza dubbio sincera, ma non disdegna di ricorrere alle più basse nefandezze per i fini religiosi che lei stessa non riesce a intravedere chiaramente. Da come Martin risolverà (o non risolverà) queste antinomie, dipenderà molto del giudizio sulla visione religiosa di Game of Thrones.

Un parallelismo spesso ripetuto, ma a nostro avviso puramente casuale, è quello tra il cuore di fuoco del Dio della Luce e la simbologia del Sacro Cuore cattolico, reso ancor più simile dalle corna del cervo dei Baratheon sullo stemma di Stannis, che assomigliano alle spine, e dalla presenza di una vera e propria corona, che si trova spesso sugli ex-voto del Sacro Cuore:

Dalla narrazione di Martin apprendiamo che gli stemmi nobiliari sono una caratteristica delle casate di Westeros e non hanno paralleli nelle terre orientali da cui era nata la fede di R’hllor: possiamo quindi ridurre la strana somiglianza di simbologia a una semplice quanto curiosa coincidenza, dando per scontato che il simbolismo del Sacro Cuore fa parte del bagaglio degli studi di Martin.

Dio dai mille volti

In un contesto di interazione fra tante religioni, avrebbe meritato un posto maggiore la teologia dei semina verbi, tanto cara ai Padri della Chiesa, ovvero il rinvenimento di aspetti di verità parziale tra le altre religioni, a testimonianza che un’unica verità guida la storia umana. Purtroppo, l’unico caso in cui si vede questa teologia è il culto dei Dio dei mille volti: il legame più profondo tra le religioni è quindi riservato quasi esclusivamente al culto della morte, in una sfacciata apologia del nichilismo.

Grande stallone

I Dothraki sono ispirati a una serie di imperi conquistatori, primo dei quali quello dei mongoli (il nome dei capi clan Dothraki, khal, è un calco del termine khan), ma al di là della loro usanza di appropriarsi delle statue degli dei degli altri popoli per enfatizzare la loro conquista, non vediamo alcuna delle sottigliezze della coabitazione tra diverse religioni che caratterizzò l’impero mongolo fin dai suoi albori. Da uno scrittore americano attento alla storia e all’etnografia, inoltre, ci si sarebbe aspettati un riferimento quanto meno larvale alle religioni del Grande Spirito dei popoli nativi americani, almeno per un parallelismo tra popoli nomadi delle praterie. Ecco un’altra occasione perduta di arricchire veramente il contesto religioso della saga.

I Guardiani della Notte

Se la Barriera ricorda gli esempi storici di contenimento di popoli barbari, come il Vallo di Adriano, i Guardiani della Notte sono chiari rimandi agli ordini dei monaci guerrieri, e ne condividono diverse caratteristiche. Il contrasto con gli ordini monastici medioevali, invece, è la coabitazione nella fratellanza di uomini di diverse fedi, che hanno anche i propri luoghi di culto: una caratteristica che vediamo piuttosto negli eserciti dei grandi imperi storici, e di molti stati moderni.

È interessante notare che i Guardiani della Notte sono praticamente l’unico dei poteri umani del mondo in cui l’onore e la fedeltà non vanno a una casata (una forma di egoismo di famiglia), ma al salvataggio dell’umanità, perseguito con abnegazione personale.

L’assenza del soprannaturale

Martin rimane riservato e “agnostico” su quanto i diversi miracoli che appaiono nella storia possano essere o no la manifestazione di poteri soprannaturali. Il sospetto verso tutte le pretese delle sue religioni fittizie è una logica conclusione per un autore caduto dal cattolicesimo nell’ateismo, ma che dichiara comunque che vorrebbe sperimentare un segno di una presenza soprannaturale.

Fino a un certo punto, l’artificio è utile per creare un senso di attesa e di fiducia in qualcosa che deve ancora manifestarsi, ed è ottimo per la creazione di una tensione narrativa. Purtroppo, questo gioco finisce per creare nei lettori dei suoi libri e negli spettatori della serie televisiva un senso di enorme e continua frustrazione, che a giudicare dal livello con cui è trattata la religione in generale, è improbabile che possa concludersi con un risultato soddisfacente.

3 – Un punto di vista cristiano ortodosso

Tra gli spunti che hanno ispirato la sua creazione letteraria, Martin non fa alcun riferimento diretto al cristianesimo ortodosso. Tuttavia, non è impossibile vedere la sua opera da un punto di vista cristiano ortodosso, tenendo conto che l’Ortodossia di oggi sostiene di essere:

a) universale, e

b) in continuità con il cristianesimo autentico di tutti i tempi.

È interessante notare ciò che veramente suscita una reazione positiva o negativa nell’universo proposto da Martin. Curiosamente, l’aspetto monastico sovra-nazionale dei guardiani della notte, la morale “vichinga” (cristiana antica) di onore e fedeltà che unisce gli uomini da entrambe le parti della Barriera, l'ospitalità (introdotta, come nel costume russo, dalla condivisione del pane e del sale), il superamento della schiavitù (tutte cose generalmente riconosciute come positive da lettori e spettatori) sono tratti tipicamente cristiani ortodossi, mentre il feudalesimo (la degenerazione dell’Occidente cristiano, che ha portato al suo allontanamento dall’Ortodossia) è quasi la causa numero uno di tutte le devastazioni nel Continente occidentale.

La convivenza tra religioni diverse

I principi della suddivisione religiosa nel mondo di Game of Thrones sembrano rispecchiare la pratica cattolica romana e protestante del cuius regio, eius religio. I casi di “convivenza”, simboleggiati dal matrimonio di Eddard Stark e Catelyn Tully, sembrano piuttosto indicare una perdita di slancio di due religioni diverse (nel caso di quel matrimonio, dopo ben seimila anni di interazione tra i culti dei Vecchi e dei Nuovi Dei), ma tipicamente, la religione è un concetto di appartenenza locale: si segue il Dio abissale perché si abita nelle Isole di Ferro, si seguono gli Antichi Dei perché il proprio signore feudale ha un bosco degli Dei con uno o più alberi-diga, e così via.

Il principio del cuius regio, eius religio è assente nel cristianesimo ortodosso (nelle sue forme più rozze di tribalismo o “filetismo” etnico, è addirittura esplicitamente condannato). Per la Chiesa ortodossa l’unità da non dividere religiosamente non è lo stato o la città, ma piuttosto la famiglia. Laddove c’è stato un ethos cristiano ortodosso, non c’è mai stato un pregiudizio contro la convivenza pacifica di religioni diverse (l’unica eccezione, la Zona di residenza degli ebrei, è un prodotto dell’illuminismo). Quanto invece alla famiglia, il divieto era assoluto, per cui un cristiano ortodosso, un ebreo e un musulmano non avevano problemi ad abitare vicini, commerciare, frequentarsi per discussione, aiutarsi reciprocamente, e così via: solo, non avrebbero mai fatto sposare i loro figli e le loro figlie se non con giovani della stessa religione.

Per trasporre questi principi nei termini di Game of Thrones, non c’è nessun problema da parte cristiana ortodossa alla coabitazione di diverse religioni nello stesso luogo, e la presenza di religioni diverse nei Guardiani della Notte (che possono prestare giuramento davanti a un albero diga invece che in un tempio dei sette, se seguono i vecchi dei) non è affatto diversa dalla coabitazione di soldati cristiani e musulmani nella Russia imperiale o in quella odierna. Quello che invece è aberrante dal punto di vista cristiano ortodosso è un “matrimonio misto” come quello di Eddard Stark e Catelyn Tully, in cui la moglie, invece di convertirsi alla religione del marito, si porta dietro la sua septa per crescere i figli in due religioni alla volta. Ma quest’ultimo comportamento è tollerato nell’islam, e ovviamente nel mondo moderno!

Un’immersione un po’ più profonda

Il modo crudo e brutale di rappresentare il battesimo nella religione delle Isole di Ferro è una perversione del battesimo cristiano, ma paradossalmente può servire a insegnare alcune prospettive ortodosse sul battesimo:

- “Battesimo” significa “immersione”, e il gesto dell’immersione ha il suo significato.

- Il senso del battesimo è la rinascita a una nuova vita, e il battesimo degli uomini di ferro, nel suo simbolismo esasperato e grossolano di morte e rinascita, indica un senso profondo che molti cristiani di oggi non sanno più riconoscere nel loro battesimo.

Attenzione a ciò che chiediamo

Se il tema del chiedere qualcosa a Dio per un vantaggio terreno ci insegna qualcosa, la narrazione di Martin dovrebbe aiutare a metterci sull’avviso.

Il sacrificio sul rogo della principessa Shireen Baratheon (uno dei punti più bassi della pratica religiosa di Game of Thrones) non è il requisito per una vittoria finale, bensì per un più prosaico (per quanto militarmente utile) disgelo. La cosa interessante è che il disgelo avviene davvero, anche se il risultato più profondo è totalmente negativo: metà dell’esercito di re Stannis diserta prima della battaglia, e Stannis e la moglie Selyse perdono ogni misura di rispetto per se stessi, e vanno incontro alla morte e alla distruzione, se pur per vie diverse.

Anche la scena francamente più orribile della serie ci aiuta a rivalutare il valore di una preghiera disinteressata.

 “Jon Snow è risorto”? Mica tanto...

Uno degli eventi di Game of Thrones che sembrano “squarciare il velo” tra il mondo visibile e quello invisibile sono i morti riportati in vita attraverso le preghiere al Dio della Luce (attraverso preghiere e rituali che i preti stessi ritengono vuoti formalismi). Per una fede come quella cristiana ortodossa, basata sulla centralità della risurrezione, questo non è un tema di poco conto. La tensione della rivelazione del mistero è altissima, ma la risposta è tristemente deludente. Melisandre chiede sia a Beric Dondarrion sia a Jon Snow che cosa hanno sperimentato nell’aldilà, e la risposta è “nulla”. Qui Martin abbandona sia la sua formazione cattolica sia l’onnipresente tema dei ritorni dalla morte del New Age americano, per abbracciare una teoria del “sonno della morte” che potrebbe soddisfare gli avventisti o... gli atei totali.

Per di più, queste risurrezioni non sono un segno di dono gratuito di vita, e non sono neppure restaurazioni della vita precedente, come accade con gli episodi biblici: intanto, non si capisce la ragione di queste “risurrezioni”: non le capiscono i protagonisti, non le capiscono i preti che hanno compiuto questi prodigi, non le capiscono gli spettatori, e tutto sembra ridursi a un capriccio di un destino sconosciuto e inconoscibile. Inoltre, le “risurrezioni” non sono trasformative. Addirittura, chi risorge lo fa con meno di quanto era (o aveva) prima, perdendo parte dei propri ricordi e del proprio senso di identità personale. Anche Martin sembra accennare al fatto che questo tipo di ritorno in vita (anche se sembra lasciare i soggetti liberi e coscienti) non è in sé molto diverso dalla creazione dei non-morti, arte di cui gli estranei sembrano maestri.

Il compito dei cristiani ortodossi (anche quando fanno notare certe curiose coincidenze, come per esempio il fatto che la “risurrezione” di Jon Snow è andata in onda proprio alla Pasqua ortodossa del 2016) è di sottolineare l’enorme divario tra gli dei che fanno risorgere gli uomini per capricci del fato e un Dio che li fa risorgere per la loro salvezza.

Chi sarà mai questo “principe che fu promesso”?

Il tema messianico è potente in Game of Thrones, e indica l’unica tenue speranza di una fine del “gioco” della ricerca del potere e delle ricadute nella barbarie. Il ruolo messianico è stato attribuito a diverse persone, uomini e donne, e talvolta è stato attribuito a sproposito: non nuoce ricordare che la tradizione cristiana è ben equipaggiata a riconoscere le caratteristiche dei falsi messia.

A prescindere da come Martin vorrà far terminare la storia delle profezie e delle attese messianiche, resta il fatto che queste profezie e attese riguardano per lo più figure di potenti di questo mondo, che non hanno remore a usare l’immaginario messianico per i loro fini di ricerca del potere. Questo dovrebbe ancor più spingere noi cristiani a presentare il vero “principe che fu promesso” come colui che ci ha detto che il suo regno non è di questo mondo.

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