Negli ultimi mesi, i fedeli ortodossi dell'Ucraina, compresi i chierici, hanno sempre più chiesto come considerare i riti e i sacramenti degli scismatici ucraini, se debbano ancora, come prima, battezzare coloro che sono stati "battezzati" nel patriarcato di Kiev, e se la grazia di Dio è attiva nei sacramenti del Patriarcato di Costantinopoli ora (dopo la concelebrazione del patriarca Bartolomeo e del leader della "Chiesa ortodossa dell'Ucraina" Epifanij), in particolare nei monasteri athoniti. Abbiamo discusso di questi problemi con l'arcivescovo Feodosij (Snigirjov) di Bojarka, vicario di sua Beatitudine il metropolita Onufrij di Kiev e di Tutta l'Ucraina, presidente del tribunale ecclesiastico della diocesi di Kiev e insegnante di teologia pastorale all'Accademia teologica e al Seminario di Kiev.
Divina Liturgia nello skit del profeta Elia sul Monte Athos. Foto: ikivotos.gr
Vladyka, dopo la rottura della comunione eucaristica con il Patriarcato di Costantinopoli, alcuni teologi hanno detto che la grazia di Dio ha cessato di agire nei sacramenti del Patriarcato di Costantinopoli. Cosa ne pensa?
Non credo che sia vero. La rottura della comunione eucaristica in questo caso non è una misura sacramentale, ma disciplinare. Quindi, naturalmente, la grazia continua a operare nei sacramenti della Chiesa di Costantinopoli. Sarebbe strano pensare che nella Liturgia celebrata oggi, per esempio, al monastero di san Panteleimone sul monte Athos, il pane e il vino non si trasformino nel corpo e nel sangue di Cristo.
Ma alcuni nel mondo ortodosso vedono in tal modo la decisione della Chiesa russa. Per esempio, la recente lettera di sua Beatitudine l'arcivescovo Anastasio d'Albania a sua Santità il patriarca Kirill dice: "Le decisioni dei vescovi della Chiesa russa non possono rimuovere la validità dell'azione dello Spirito Santo nelle chiese ortodosse della giurisdizione del Patriarcato ecumenico".
Nessuno ha affermato questo. Penso che sia ovvio. È strano che sia sorto un tale pensiero. La rottura nella comunione eucaristica è stata un'azione di carattere diplomatico-disciplinare nelle relazioni ecclesiali. Era l'ultima risorsa. È come quando un prete è sospeso dal servizio per alcuni crimini morali – anche questa è una misura disciplinare. Cioè, la grazia non viene rimossa dal pastore, sebbene gli sia vietato servire e celebrare i sacramenti. Se il sacerdote sotto proibizione serve comunque la liturgia, questo può condurre alla sua deposizione. Anche se quella liturgia era ancora autenticamente celebrata, dal momento che non era ancora stato deposto. Ma se questo chierico è deposto, diventa un semplice laico. Dopo di ciò, anche se continua a rivestirsi illegittimamente dei paramenti sacri, la grazia non agisce più per mezzo di lui: ha cessato di essere un prete.
Vorrei un chiarimento sui preti sospesi. C'è l'opinione che un sacerdote che è stato sospeso non possa veramente celebrare i sacramenti.
È un equivoco. Un prete deposto dal suo rango non può veramente celebrare i sacramenti, ma la situazione è diversa quando un prete è sospeso dal servizio. Gli è proibito celebrare i sacramenti, ma la grazia del sacerdozio non gli è stata tolta. In alcuni casi gli è persino permesso di indossare la croce sacerdotale e di benedire le persone. Se il prete è sotto sospensione per tutta la vita, ma nel frattempo vive in modo pio, allora in rare occasioni, come per esempio una volta all'anno nel giorno del suo onomastico, potrebbero permettergli di servire la Liturgia. Non smette di essere un prete mentre è sotto sospensione. Inoltre, "in pericolo di morte", un sacerdote sospeso può ascoltare le confessioni e comunicare i morenti. Dopo averlo fatto, tuttavia, deve necessariamente confessare ciò che è accaduto al suo vescovo e ricevere da lui un qualche permesso o un peggioramento della sua punizione canonica, a seconda della giustificazione delle sue azioni, perché secondo i canoni della Chiesa, dovrebbe essere rigorosamente deposto per una violazione non autorizzata della sua sospensione. Questa è la logica consueta del riconoscimento o del non riconoscimento della grazia del sacerdozio e quindi dell'efficacia dei sacramenti, stabilita dai santi Padri nei codici di diritto canonico della Chiesa ortodossa. È proprio secondo questa logica, secondo le regole canoniche e la pratica storica della Chiesa, che se un vescovo, in modo illegale o sotto sospensione, ordina qualcuno, allora questo stesso vescovo e l'uomo da lui ordinato (non solo il vescovo) devono essere deposti. In altre parole, anche l'altro, quello ordinato, è considerato un chierico, e il sacramento dell'ordinazione compiuto in stato di sospensione è riconosciuto come celebrato, anche se in modo illegittimo. Allo stesso tempo, i chierici che sono stati ordinati nello scisma da vescovi sospesi possono essere accolti nel seno della Chiesa nel proprio rango esistente, senza riordinazione, come veri chierici, se mostrano pentimento. Ci sono molti esempi simili nella vita della Chiesa, fino ai nostri giorni. È una questione completamente diversa se i vescovi che hanno ordinato qualcuno erano stati privati del loro rango in quel momento, come accade con il "patriarcato di Kiev". Non c'è modo di riconoscere tali ordinazioni, perché essere deposti non è solo una misura disciplinare ma sacramentale, e il sacramento dell'ordinazione sotto divieto è riconosciuto come celebrato, anche se illegalmente.
Capisco. Ma torniamo alla sospensione della comunione con il Patriarcato di Costantinopoli. Dicono che la Chiesa russa abbia proibito a Costantinopoli di celebrare i sacramenti, ma questa continua a farlo.
Ovviamente no. Nel nostro caso, la misura disciplinare non è un divieto a Costantinopoli di celebrare qualsiasi cosa. E comunque, non abbiamo alcun potere su di loro. Questa analogia si applica solo all'azione della grazia. Cioè, la grazia, nonostante la nostra comunione eucaristica interrotta con loro, agisce nelle loro chiese. Sebbene, allo stesso tempo, esista un grave problema ecclesiastico. La misura disciplinare in questo caso è un avvertimento a tutti i fedeli della Chiesa russa e dell'intero mondo ortodosso che il Fanar ha violato i canoni dell'Ortodossia, che ha apertamente dichiarato l'eresia del papismo orientale e che questa infezione spirituale deve essere localizzata e curata. E la rottura della comunione eucaristica è una protezione spirituale elementare per i nostri vescovi e il nostro clero dalla concelebrazione con i rappresentanti della "Chiesa ortodossa dell'Ucraina", che non hanno alcun rango clericale. Dopo tutto, una tale concelebrazione è ormai normale nel Patriarcato di Costantinopoli. Pertanto, è meglio che Costantinopoli sia in quarantena per ora.
Quindi, per un semplice credente non c'è differenza? La grazia funziona allo stesso modo dove c'è la Verità e dove c'è "infezione spirituale", come dice lei, cioè la violazione dei canoni e l'eresia?
Per ora, penso di sì, la grazia è ancora attiva. Ma accostarsi ai sacramenti al Patriarcato di Costantinopoli contro la decisione della nostra Chiesa è come andare alla funzione di un prete sospeso che viola questa sospensione. È corretto? È completamente improprio e spiritualmente pericoloso sia per il partecipante che per il sacerdote. Molto recentemente i nostri pellegrini hanno chiesto a un noto padre spirituale athonita se potevano fare la comunione in questo periodo al Monte Athos, che è territorio canonico del Patriarcato di Costantinopoli. Questi ha risposto che tale comunione non avrebbe fatto loro del bene, perché avrebbero violato la benedizione, l'obbedienza della propria santa Chiesa.
In generale, se parliamo dell'efficacia di grazia dei sacramenti, allora, a mio avviso, il degrado dell'ecclesialità in questa o quella comunità ecclesiale deve percorrere un certo cammino per raggiungere uno stato di sacramento privo di grazia. Cioè, se stiamo parlando di comunità con successione apostolica.
Cosa significa?
Nelle comunità ecclesiastiche infettate dall'eresia e dopo che queste si sono allontanate dalla vera Chiesa di Cristo e dai suoi insegnamenti, sebbene abbiano conservato esteriormente l'aspetto delle strutture della Chiesa, la grazia si prosciuga nei loro sacramenti. San Serafim (Sobolev), per esempio, ha detto che oltre i confini della Chiesa ortodossa, tra gli scismatici e gli eretici, pur essendoci una successione apostolica, la grazia data nel battesimo e nella cresima, sebbene presente, è come una scintilla divina profondamente nascosta sotto le ceneri degli insegnamenti falsi, e quindi non può agire. Continuando il pensiero dei santi Padri, è giusto assumere che secondo la misura del ritiro di tali comunità dall'Ortodossia, dalla vera Tradizione della Chiesa, la grazia dello Spirito Santo nei loro sacramenti si prosciughi ancora di più. Non è ancora completamente esaurita. Dove regna l'orgoglio e l'eresia, inclusa l'eresia del papismo, non c'è grazia, è sepolta sotto il cemento e non può più agire. Che questo non accada mai ai nostri fratelli fanarioti! Non è troppo tardi per sistemare tutto.
Ma ripeto: tale logica ecclesiologica è appropriata solo se parliamo di una comunità con successione apostolica, e non di strutture come il "patriarcato di Kiev", per esempio. Fin dall'inizio non c'è potere sacramentale, perché non c'è una successione apostolica.
Dica qualche parola sulla successione apostolica nel "patriarcato di Kiev". Per quanto ricordo, la loro gerarchia si basa su ex chierici privati del loro rango?
Tutte le "ordinazioni" di questa struttura provengono da due ex vescovi deposti – Filaret Denisenko e Iakov Panchuk, cioè da semplici monaci che indossavano paramenti episcopali. Nel giugno del 1992, per aver causato uno scisma, furono deposti dall'organismo autorizzato, il Concilio episcopale, la cui decisione in seguito trovò accoglienza in tutte le Chiese ortodosse del mondo. Dopo la loro deposizione, questi scismatici hanno creato la loro nuova struttura e, da monaci ordinari, hanno cominciato a fare nuovi "vescovi", naturalmente, senza la grazia della successione apostolica. Così è stata creata una quasi-chiesa parallela in Ucraina, il "patriarcato di Kiev".
Si possono legalizzare questi "vescovi" deposti con qualsiasi legge di stato e qualsiasi tomos desiderato, ma la grazia non viene aggiunta in tal modo. È come in matematica: qualunque numero si moltiplichi per zero, il risultato sarà comunque zero. Pertanto, le Chiese locali stanno ora rifiutando, l'una dopo l'altra, di riconoscere questi laici guidati da Epifaniij come chierici. Nessun vescovo nel mondo con la coscienza pulita concelebrerà davanti al trono di Dio con dei laici, anche se ideologicamente potà essere solidale con loro. Inoltre, è semplicemente pericoloso spiritualmente entrare in comunione eucaristica con la "Chiesa ortodossa dell'Ucraina" perché, secondo il diritto canonico, quelli che entrano in comunione con gli scomunicati sono essi stessi soggetti alla scomunica.
Come ha fatto il patriarca Bartolomeo a concelebrare con qualcuno che non ha un rango clericale? La santa Eucaristia è stata davvero celebrata in una tale liturgia?
Lo ha fatto. Non so come si sentisse a quel servizio... Per illustrare questa assurdità, io dico agli studenti dell'accademia e del seminario di immaginare quanto segue. Se alla prossima Liturgia domenicale io presto a qualche studente i miei paramenti e lo metto vicino a me, e "celebriamo" insieme, la liturgia è compiuta? È compiuta, naturalmente, perché l'ha servita un vescovo. Lo studente diventa un vescovo a causa di questo servizio? Ovviamente no. Come dovremo lui e io rispondere a Dio per questo "servizio", di fronte al tremendo giudizio? Sarà difficile rispondere. Questo è quello che è successo a Istanbul il 6 gennaio.
Vladyka, lei ha detto che il clero che è sotto sospensione non è privato della grazia dei sacramenti. Allo stesso tempo, la gerarchia del "patriarcato di Kiev" è stata fondata da vescovi deposti. Ma c'è un'opinione secondo cui la grazia del sacerdozio (episcopato) è indelebile, come la grazia del battesimo. Se è così, allora nel 1992, Filaret e Iakov rimasero vescovi legittimi, sebbene vescovi sospesi – e ciò vorrebbe dire che anche la gerarchia che viene da loro è legittima e ha una successione apostolica?
Se la grazia del sacerdozio fosse indelebile, allora questa logica sarebbe giusta. Ma non lo è. A differenza della grazia del battesimo, gli ordini sacri possono essere persi. Una volta per tutte. Ne parla l'intero corpus del diritto canonico della Chiesa ortodossa. Colui che è privato una volta dei suoi ordini sacri non potrà mai averli restaurati o riceverli di nuovo. La Chiesa cattolica ha un insegnamento diverso su questa materia, diverso da quello dell'Ortodossia. A volte alcune persone cercano di far passare questo errore cattolico come ortodosso, per i propri interessi. Ma non è vero; è un inganno.
Alcuni dicono che ci sono precedenti storici, eccezioni alla regola, quando la Chiesa ha restaurato i suoi chierici dopo una deposizione, anche in modo postumo. Ma tali apparenti eccezioni, in realtà, non sono né eccezioni né violazioni delle regole canoniche. In questi casi, la Chiesa determina che le precedenti decisioni di rimuovere gli ordini sacri erano il risultato di un errore, indipendentemente dalle circostanze, dalla mancanza di fondamento o da altre ragioni illegittime. Ciò significa che òa deposizione non aveva e non ha alcuna forza legale e che il sacerdote era e rimane un chierico. È una sorta di "riabilitazione" spirituale, il riconoscimento che il prete è stato una vittima, che è stato sanzionato in modo immeritato e di fatto non è mai stato veramente privato del suo rango. In tale situazione, il rango non viene restituito, ma viene dichiarata la sua presenza e viene riconosciuto l'errore del procedimento. Ovviamente, questo accade nei casi più rari, su basi assolutamente chiare e indiscutibili. Tale decisione è esclusivamente di competenza della Chiesa che ha scisso il sacerdote.
Nel nostro caso, Filaret e Iakov sono stati privati dei loro ordini sacri in modo pienamente giustificato, lecitamente e definitivamente da parte della loro Chiesa madre, e non ci sono assolutamente motivi per cui la Chiesa riconosca tale deposizione come non valida. Inoltre, non si sono riconciliati con essa e hanno organizzato un colossale scisma ecclesiale. Fu dopo la loro legittima deposizione che iniziarono a creare la loro "gerarchia" del "patriarcato di Kiev". Questa "gerarchia" non ha una successione apostolica e, quindi, nessuna grazia. Questo è chiaro a tutto il mondo ortodosso, e quindi nessuno vuole concelebrare con loro.
E come è stato il ritorno della ROCOR al Patriarcato di Mosca? Non era una situazione analoga, con tutti quelli che venivano ricevuti nel loro grado clericale? I rappresentanti della "Chiesa ortodossa dell'Ucraina" amano ora portare questo esempio come argomento.
La situazione era completamente diversa, e i nostri scismatici lo sanno perfettamente. Stanno solo ingannando la gente come al solito. Durante tutto il tempestoso XX secolo, nessuno dei vescovi della ROCOR fu deposto per scisma, né per di più fu scomunicato dalla Chiesa. Da parte del Patriarcato di Mosca, sono state adottate solo misure disciplinari: il divieto di prestare servizio, che, come abbiamo già detto, non priva il sacerdote della grazia del suo ordine o della successione apostolica. Anche durante il periodo di questa divisione, i vescovi della ROCOR sono stati talvolta ricevuti in alcune Chiese locali e hanno concelebrato con il clero locale. Nessuno ha mai dubitato della legittimità e della grazia delle loro ordinazioni. Pertanto, quando arrivò il momento dell'unificazione, furono tutti riconosciuti nella loro posizione attuale.
Chiaro. Ma che dire del fatto che la "Chiesa ortodossa dell'Ucraina" ha due "vescovi" legittimamente ordinati?
Infatti, la transizione dei metropoliti Simeon e Aleksandr a questa struttura ha complicato la comprensione canonica di ciò che sta accadendo. Tutto era semplice prima: questo è nero, e questo è bianco; qui i sacramenti hanno grazia, e qui no. La situazione all'interno di questo scisma ora potrebbe essere definita "ibrida".
Lo spieghi in modo più dettagliato, per favore.
Dopo la dipartita nello scisma della "Chiesa ortodossa dell'Ucraina" di due veri vescovi e di alcune dozzine di sacerdoti della Chiesa ortodossa ucraina, questi nostri chierici sono stati automaticamente sottoposti al divieto di prestare servizio dal Santo Sinodo della Chiesa ortodossa ucraina o dai loro vescovi diocesani. Allo stesso tempo, come abbiamo detto sopra, il divieto di servire non priva il clero della grazia del sacerdozio, ma impedisce loro di celebrare qualsiasi cosa. Se con il tempo dovesse seguire la deposizione di quelli che sono partiti per lo scisma, allora tutto ricadrà nel suo posto logico. Ma per ora, secondo l'ecclesiologia ortodossa, i sacramenti sono celebrati per mano loro, comprese le ordinazioni di diaconi e di sacerdoti che questi metropoliti praticano sotto sospensione. Quindi abbiamo una situazione ibrida: In questo campo di privazione di grazia, i sacramenti sono celebrati dal clero con successione apostolica. Sebbene siano celebrati sotto sospensione, non sono privati della loro validità legale.
In questa situazione, come possiamo capire se un bambino battezzato nella "Chiesa ortodossa dell'Ucraina" è battezzato? E lo stesso con i matrimoni, i funerali, e così via?
Prima di tutto, voglio dire che alcune di queste discussioni sulle azioni della grazia possono sembrare scolastiche e senza vita. Dopo tutto, tutti hanno sentito che lo Spirito soffia dove vuole (Giovanni 3:8). Ma in realtà queste domande sono vitali e importanti per ogni singolo credente. Il Signore stesso, disponendo la vigna del Nuovo Testamento, vi ha stabilito un recinto e ha determinato le regole di vita della Chiesa. Attraverso i concili degli apostoli e dei santi ierarchi, la logica della struttura della Chiesa sulla terra e le leggi e le regole prescritte della sua vita sono state rivelate ai fedeli. Viviamo in questo paradigma nella Chiesa ortodossa fino a oggi, imparando la sua veridicità nell'esperienza spirituale, accertando che il creatore della Chiesa è Dio. Pertanto, quando "i protestanti ortodossi" iniziano a dirci che non abbiamo il diritto di determinare dove e come agisce la grazia di Dio, che non esiste un tale "dispositivo" per misurare la grazia, allora capiamo perfettamente da soli che non siamo noi, ma è il Signore stesso che determina la logica dell'azione della sua grazia tra le persone per la loro salvezza. Ha definito e rivelato questa logica nella Chiesa, stabilendo una gerarchia legittima, canoni e regole della Chiesa. Io non devo considerarmi più intelligente e più misericordioso di Dio. E ci sono "dispositivi" per misurare la grazia: le anime umane. Questo è il motivo per cui i servizi celebrati nelle parrocchie cittadine della "Chiesa ortodossa dell'Ucraina" sono vuoti, a differenza delle nostre chiese e dei nostri monasteri. Sono vuoti come quelli dei rinnovazionisti del XX secolo. Non hanno monaci né veri monasteri. Quindi questa non è scolastica, ma vera vita spirituale.
Per quanto riguarda i "sacramenti" della "Chiesa ortodossa dell'Ucraina", in ogni situazione particolare, il sacerdote o il vescovo della nostra Chiesa deve capirlo, nella misura necessaria: chi ha battezzato il bambino, chi ha sposato la coppia? Chi ha ordinato quel chierico? Il metropolita o il sacerdote o il rappresentante della "vecchia guardia" del "patriarcato di Kiev" era stato sospeso dal servizio? E a seconda di ciò, può determinare se è possibile considerare i sacramenti come celebrati legittimamente o meno. E così sarà fino a quando il clero sospeso sarà finalmente deposto oppure finché il problema sarà risolto diversamente, secondo un consenso pan-ortodosso.
Ma gli ex-metropoliti affermano che la Chiesa ortodossa ucraina non ha ora autorità canonica su di loro e che è impossibile deporli, poiché alla vigilia del falso concilio si sono trasferiti alla giurisdizione del Patriarcato di Costantinopoli. Possono produrre le relative lettere del patriarca Bartolomeo.
È tutto un falso tentativo di camminare sul filo di un rasoio. Nessun chierico, tanto meno un vescovo, può trasferirsi a qualsiasi altra giurisdizione senza essere congedato e benedetto dalla Chiesa che lo ha ordinato. Questo è un assioma di diritto canonico, adottato e approvato nei Concili ecumenici. Non può essere abolito o superato dal patriarca Bartolomeo o dalle leggi della Verkhovna Rada o da chiunque altro. Legalmente, come cittadini, sono liberi di trasferirsi dove vogliono, al "patriarcato di Kiev", al patriarca Bartolomeo, agli uniati o ai battisti. Ma canonicamente, come vescovi ortodossi, sono soggetti solo alla loro Chiesa originale. Quindi, a prescindere dalle lettere, i metropoliti Simeon e Aleksandr restano sospesi dal servizio come chierici della Chiesa ortodossa ucraina, dove hanno ricevuto i loro ordini sacri, e che il diritto esclusivo di decidere del loro futuro destino canonico.
Questo solleva la questione: allora perché questi ex metropoliti e chierici che sono entrati in scisma non sono stati deposti? Ed è possibile pregare per loro ora, o rimuovere una particola per loro alla proscomidia? Dovrebbero essere indicati con il loro vecchio rango?
Iniziamo dal'ultima domanda: per ora dobbiamo chiamare metropoliti e preti che sono passati allo scisma come prima: metropoliti, arcipreti, sacerdoti – in base al loro rango, aggiungendo "sospeso dal servizio". Dopo tutto, essi non sono stati deposti, anche se sono stati privati dei loro vecchi titoli con i nomi delle città, e con i quali ora, ovviamente, non vengono commemorati. Pregare per loro non solo è possibile, ma necessario. Sono nostri fratelli, anche se perduti – specialmente per chi conosceva personalmente questi chierici, e aveva contatti con loro. Il Santo Sinodo della Chiesa ortodossa ucraina a dicembre ci ha chiesto direttamente di pregare per i metropoliti e i sacerdoti che sono entrati nello scisma.
Per quanto riguarda la loro commemorazione alla proscomidia, ci sono opinioni diverse. Alcuni credono che sia possibile commemorare questi chierici alla proscomidia fino a che, Dio non voglia, saranno scomunicati dalla Chiesa. Al contrario, altri ritengono che sia già categoricamente vietato commemorarli alla proscomidia. Penso che in questo caso possiamo essere guidati dal parere di san Simeone di Tessalonica:
"Se qualcuno che si è dato al peccato non vuole ritirarsene, essendo questi indegno della comunione con Dio, riceverà una maggiore condanna per se stesso attraverso il sacrificio fatto per lui... Tanto quanto è benefico il sacrificio offerto per chi vive in modo degno del titolo di cristiano, così è disastroso e dannoso per colui che, essendosi dato a una vita peccaminosa, non si cura della degna condotta della sua vocazione cristiana".
Per quanto riguarda la deposizione di questi chierici, tale questione, penso, sarà risolta dalla Chiesa quando i vescovi vedranno in essa una qualche utilità pastorale. Cioè, quando il danno arrecato al gregge dal loro comportamento supererà la probabilità del loro ravvedimento e del loro ritorno al ministero nel loro rango attuale.
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