Una recente visita del patriarca di Serbia Irinej in Indonesia ha provocato una forte reazione negativa della metropolia di Singapore e dell'Asia meridionale (Patriarcato ecumenico). Questo improvviso momento di conflitto ha messo in luce le molte tensioni che si sono create nell’ultimo decennio in Indonesia, e che ultimamente hanno interessato anche altri paesi dell'Asia meridionale.
Il fatto
Il sito del patriarcato di Serbia riporta la notizia di un dialogo interreligioso ai più alti livelli della diplomazia internazionale. Esaminiamo l'annuncio:
Secondo dialogo interreligioso tra Serbia e Indonesia
22 ottobre 2013
La delegazione religiosa-statale della Repubblica di Serbia è in visita ufficiale in Indonesia dal 22 al 26 ottobre 2013, dove i suoi membri parteciperanno al secondo dialogo interreligioso bilaterale tra Serbia e Indonesia.
Per la prima volta nella storia del nostro paese, ufficiali di stato e tutti i primati religiosi sono in visita insieme a uno stato. Per il dialogo interreligioso con l'Indonesia, la Repubblica di Serbia ha formato la più alta delegazione religiosa-statale, che consiste di:
• Sua Santità Irinej, patriarca d Serbia, capo della parte religiosa della delegazione
• Dr. Mileta Radojevic, capo della parte statale della delegazione, direttore dell'Ufficio del Governo della Repubblica di Serbia per la cooperazione con le Chiese e le comunità religiose
• Dr. Dragan Novakovic, assistente al direttore dell'Ufficio
• Mons. Stanislav Hocevar, arcivescovo cattolico romano di Belgrado
• Adem Effendi Zilkic, reis-ul-ulema della Comunità islamica della Serbia
• Isak Asiel, rabbino della Comunità ebraica di Serbia
• Muhamed ef. Jusufspahic, mufti di Serbia e imam di Belgrado, vice del reis-ul-ulema della Comunità islamica della Serbia
• Prof. Dr. Dragomir Sando, vice decano della Facoltà di teologia ortodossa dell'Università di Belgrado
• Dr. Aleksandar Rakovic, coordinatore del dialogo interreligioso di Serbia e Indonesia e presidente della società per l'amicizia serbo-indonesiana "Nusantara"
• Protodiacono Radomir Rakic, redattore capo del servizio informazioni della Chiesa ortodossa serba
Entro il secondo dialogo interreligioso bilaterale Serbia-Indonesia a Giacarta si terranno: una conferenza interreligiosa sulla fede e le discrepanze culturali, lezioni presso l'università islamica statale Syarif Hidayatullah, una funzione serale nella chiesa ortodossa, la preghiera del venerdì in una moschea, visite alla comunità islamica, alla chiesa ortodossa e alla chiesa cattolica romana. Si prevede che la nostra delegazione sarà accolta dai funzionari più alti statali: il presidente della Repubblica di Indonesia e il presidente dell'Assemblea Nazionale della Repubblica di Indonesia. La delegazione della Repubblica di Serbia sarà ricevuta anche dai più alti primati religiosi dell'Indonesia.
La delegazione religiosa-statale è stata formata per la prima volta per il dialogo interreligioso con l'Indonesia nel mese di aprile 2011, quando si è tenuto il primo dialogo interreligioso bilaterale Serbia-Indonesia.
L'Indonesia, che conduce dialoghi con più di trenta paesi, ha dichiarato che il primo dialogo interreligioso bilaterale con la Serbia è stato il migliore che abbia mai tenuto con un altro paese.
Le reazioni
Ci sarebbero ragioni per essere molto felici dello svolgimento positivo di un'iniziativa di dialogo ai più alti livelli, che non solo aiuta le minoranze religiose del più grande paese islamico del mondo, ma pone i cristiani ortodossi indonesiani - per la prima volta rappresentati presso il loro governo da uno dei loro patriarchi - in una posizione privilegiata impensabile fino a oggi.
Tuttavia, la scelta della rappresentanza ortodossa locale non poteva non far tornare a galla le divisioni che si sono create del corso dell’ultimo decennio tra le comunità ortodosse in Indonesia. C’è un conflitto in corso (del quale - bisogna ammetterlo - la Chiesa ortodossa serba non ha alcuna responsabilità), e ogni presa di posizione della delegazione serba avrebbe necessariamente comportato uno schieramento nel quadro di questo conflitto.
La reazione non si è fatta attendere: il 24 ottobre (a dialogo interreligioso ancora in corso), la metropolia di Singapore e dell'Asia meridionale (Patriarcato ecumenico), che vanta giurisdizione sull’Indonesia, ha diramato il seguente comunicato, sotto forma di circolare e di pagina del suo sito web:
Annuncio della Metropolia ortodossa di Singapore e Asia meridionale, sulle azioni non canoniche del patriarca di Serbia in Indonesia
Con propria grande sorpresa, la Metropolia ortodossa di Singapore e Asia meridionale è stata informata tramite il sito ufficiale della Chiesa ortodossa di Serbia della visita di sua Beatitudine il patriarca di Serbia Irinej in Indonesia e della sua partecipazione a una conferenza interreligiosa, organizzata dal governo di il suddetto paese asiatico.
La sorpresa si è trasformata in grande irritazione, in quanto la Chiesa di Serbia non ha mai informato il Metropolita ortodosso canonico locale della visita del patriarca.
E l'irritazione si è trasformata in indignazione quando il secondo giorno della sua permanenza a Giacarta, capitale dell'Indonesia, il patriarca Irinej ha visitato un luogo che appartiene alla conventicola scismatica del chierico spretato Daniel Byantoro e ha presieduto al servizio dei Vespri, che è stato celebrato da scismatici.
La Metropolia ortodossa di Singapore e Asia meridionale esprime il proprio risentimento per le azioni non canoniche del patriarca Irinej, che ha disprezzato il metropolita ortodosso canonico e il clero ortodosso canonico che serve in Indonesia. La Metropolia ortodossa dichiara coraggiosamente di aspettarsi più serietà, prudenza e fedeltà ai sacri canoni da un primate di una Chiesa ortodossa autocefala.
24 ottobre 2013
Un po' di storia
Chiunque sa qualcosa della storia dell'Ortodossia in Indonesia, sa che l'archimandrita Daniel Byantoro, un convertito brillante e dal forte carisma, è il fondatore, a livello quasi personale, di decine di parrocchie e comunità di cristiani ortodossi indonesiani (le cifre variano; si parla genericamente di circa duemila convertiti adulti), ed è uno dei chierici dell'arcidiocesi australiana della Chiesa ortodossa russa all'estero (ROCOR), con il rango di archimandrita mitrato. Sul nostro sito si trova la traduzione di una delle interviste a padre Daniel.
Può pertanto stupire la caratterizzazione di chiese della ROCOR come 'conventicola scismatica'; proviamo quindi a seguire a sommi capi la storia della presente missione ortodossa in Indonesia.
Padre Daniel Byantoro diede inizio alla missione indonesiana nel 1988, dopo essere stato ordinato diacono e sacerdote dal metropolita Maximos (Aghiorgoussis) di Pittsburgh, uno dei vescovi di maggior orientamento missionario dell'Arcidiocesi Greco-Ortodossa d'America.
La missione fu quindi costituita sotto il Patriarcato di Costantinopoli, passando quindi sotto l’omoforio del metropolita Nikitas (Lulias) di Dardanellia, messo nel 1996 a capo della neo-costituita metropolia di Hong Kong e dell’Asia sud-orientale. Già agli inizi del nuovo millennio, iniziarono dissapori tra padre Daniel e il suo metropolita, per motivi che analizzeremo più a fondo in seguito. Nel 2005 padre Daniel fu ricevuto nel clero della ROCOR, che a quel tempo, prima della riunificazione con il patriarcato di Mosca, non era oggetto di relazioni canoniche bilaterali da parte del Patriarcato ecumenico, perciò il passaggio di padre Daniel avvenne senza la consueta procedura di escardinazione e incardinazione canonica. Il metropolita Nikitas reagì a questo passaggio con una deposizione formale di padre Daniel dal sacerdozio (ecco perché i comunicati del Patriarcato ecumenico si riferiscono a Daniel Byantoro come 'chierico spretato'). Il metropolita Hilarion della ROCOR, da parte sua, annunciò al Patriarcato ecumenico di ritenere la deposizione di padre Daniel un atto nullo e privo di valore, in quanto decretato dopo che padre Daniel era già entrato a far parte del suo clero. Delle decine di parrocchie e comunità fondate da padre Daniel, solo una, la parrocchia dell'Epifania a Giacarta, rimase sotto il Patriarcato ecumenico.
Padre Daniel rimane ancora oggi a capo dell'unico ente ortodosso riconosciuto dallo stato indonesiano, la Chiesa Ortodossa in Indonesia (Gereja Ortodoks Indonesia). La legge indonesiana proibisce a qualsiasi ente religioso di avere un capo che non sia cittadino indonesiano, e pertanto la ROCOR è l’unica giurisdizione ortodossa ad avere uno status ufficiale nella Repubblica di Indonesia. Questa situazione è accettata dal Patriarcato di Mosca - che pure ha sotto la sua giurisdizione diretta nel paese tre parrocchie rette dallo ieromonaco Ioasaph (Tandibilang) - e, a quanto si vede, anche dal Patriarcato di Serbia.
Uno sguardo dietro alle quinte
Cosa può aver portato al rifiuto di una delle più fiorenti missioni ortodosse in un paese che prima appariva tanto inadatto alla costituzione di un movimento ortodosso locale? Che cosa può far definire 'conventicola scismatica di un chierico spretato' il frutto missionario di colui che negli anni trascorsi lo stesso metropolita Nikitas aveva definito 'illuminatore dell'Indonesia'?
Dalle due parti sentiamo giustificazioni che hanno il netto sapore di luoghi comuni: padre Daniel dice di essersi sentito oppresso dall'etnofiletismo greco; il metropolita Nikitas ha accusato padre Daniel di disobbedienza all'autorità canonica e dell'introduzione di costumi estranei all'ethos ortodosso.
Abbiamo sentito e cercato di valutare le ragioni addotte da entrambe le parti, e per quanto riusciamo a capire, sembra che da entrambe le parti le ragioni siano piuttosto deboli. Le accuse di etnofiletismo greco, che in altri luoghi possono avere avuto un peso, sono scarsamente giustificabili in Indonesia, dove fin dall’inizio le comunità ortodosse hanno celebrato nelle lingue locali con ministri di culto locali. Allo stesso modo, le accuse di disobbedienza (un vero sempreverde, nei rapporti difficili tra i vescovi e i loro preti), altrimenti tradotte con l'accusa a padre Daniel di voler agire come 'vescovo di se stesso', possono facilmente travisare prese di posizione d'emergenza nei momenti difficili di affermazione dei diritti degli ortodossi locali.
Le accuse di introduzione di costumi estranei meritano un po' più di attenzione, e qui ci sembra che ci siano alcuni motivi di giusta rivendicazione da entrambe le parti. La maggior parte delle 'pratiche anomale' ha a che fare con casi di inculturazione, che la gerarchia del Patriarcato ecumenico vede come sincretismo. Per esempio, padre Daniel aveva modificato la disciplina del digiuno perché avesse un maggior senso nel contesto locale (per esempio, gli indonesiani non mangiano carne). Nessuno di questi cambiamenti costituisce in sé una sfacciata violazione della pratica ortodossa, e se da una parte è vero che tali cambiamenti dovrebbero essere sempre autorizzati dal vescovo, è peraltro vero che uno straniero non è sempre il miglior giudice in materia di costumi locali.
Circolano voci a proposito di quanto il metropolita Nikitas fosse scontento dell'accoglienza a lui tributata da padre Daniel in Indonesia. Non sappiamo che peso dare a queste voci. A giudicare da quanto possiamo vedere da questo album fotografico della visita in Indonesia dell'arcivescovo Hilarion (Kapral) di Sydney e del vescovo Mark (Golovkov) di Egor'evsk nel dicembre 2007 (la prima visita comune con concelebrazioni da parte di importanti vescovi del Patriarcato e della ROCOR), l'accoglienza sembra essere molto calorosa e apprezzata dagli ospiti.
Le ragioni più serie sono da cercare eventualmente al livello della gestione episcopale dell’Indonesia. Come prete monaco fondatore di un vasto movimento locale, è più che naturale che padre Daniel abbia pensato a se stesso come a un eventuale vescovo ortodosso per l'Indonesia (cosa che avrebbe anche permesso di aggirare il bando del governo indonesiano agli stranieri quali capi religiosi). Questo deve aver creato non poche, e comprensibili, frizioni. Padre Daniel sostiene, nel suo memoriale dal titolo History of the Indonesian Orthodox Church, di essere stato all'inizio contento di servire sotto un vescovo a lui coetaneo, che avrebbe potuto comprendere la sua visione e i principi missionari del suo lavoro in Indonesia. In seguito, dichiara di aver scoperto come queste speranze erano pie illusioni.
Dal punto di vista dei greci, c'è da considerare la percezione del rischio del lavoro aperto di missione in un paese musulmano (per essere onesti, al Patriarcato ecumenico sanno qualcosa sui rischi della professione di fede cristiana nei paesi a predominio islamico). La 'grecizzazione' poteva dunque non avere nulla a che fare con l'imposizione di una cultura, quanto con il desiderio di tenere la Chiesa ortodossa lontana da possibili ritorsioni di fondamentalisti musulmani, presentandola come un fenomeno essenzialmente diplomatico, legato all'ambiente dell'ambasciata greca. E d'altra parte, sembra che questa cautela sia considerata in modo negativo dagli ortodossi indonesiani, e incidentalmente dallo stesso governo locale, che vede le chiese 'straniere' ancora sotto l'ottica delle reazioni al colonialismo.
Una delle gravi accuse fatte dal Patriarcato ecumenico a padre Daniel (forse la maggior ragione di scandalo e di risentimento), è di avere portato sotto la ROCOR tutto il suo movimento, inclusi i locali delle chiese e altri edifici costruiti anche grazie a donazioni di ortodossi greci.
Da parte di molti membri del clero del Patriarcato ecumenico, nonostante la deposizione, giungono ancora a padre Daniel sostegno, aiuti e ricordo in preghiera. Sembra che molti - anche quelli che criticano il suo passaggio di giurisdizione - siano concordi nel ritenere che la deposizione sia stata una decisione totalmente abusiva, e non corrispondente all'entità delle infrazioni canoniche contestate a padre Daniel: sono pertanto più che contenti che quest'ultimo possa continuare le sue attività dopo essere stato 'salvato', canonicamente parlando, dalla ROCOR.
La situazione attuale in Indonesia
Il metropolita Nikitas non è più reponsabile dell'area del sud-est asiatico dal 2008. Incidentalmente, quando si è riaperta la possibilità di ottenere la cittadinanza turca (prerequisito indispensabile all'elezione a Patriarca ecumenico), è stato uno dei due unici vescovi greco-americani ad averne fatto domanda.
Sempre nel 2008, la metropolia di Hong Kong è stata divisa in due, ed è stata creata la metropolia di Singapore: le diocesi sono oggi rette da due fratelli, i metropoliti Nektarios (Tsilis) a Hong Kong, e Konstantinos (Tsilis), eletto alla sede di Singapore nel 2011.
Il metropolita Nektarios di Hong Kong si è fatto notare per diverse azioni di affermazione di sovranità territoriale, opponendosi alle missioni dei patriarcati di Mosca e di Antiochia e della ROCOR a Taiwan e nelle Filippine. Qui ultimamente gli anatemi si sono sprecati, incluse le 'sospensioni' comminate dal metropolita a chierici che non sono mai stati sotto il suo omoforio.
Il metropolita Konstantinos di Singapore ha esplicitamente proibito ai suoi fedeli in Indonesia di ricevere la comunione nelle chiese della ROCOR o del patriarcato di Mosca. Il disagio di alcune famiglie ortodosse indonesiane - con alcuni membri battezzati nella Chiesa russa e altri nel Patriarcato ecumenico - è facilmente comprensibile. Con il tempo - e prevedibilmente - la situazione di interdetto finirà per generare per i fedeli del Patriarcato ecumenico una simile sorta di trattamento nelle parrocchie legate alla Chiesa russa.
Ecco una breve lista delle presenze ortodosse in Indonesia:
• L'ente della ROCOR (Gereja Ortodoxs Indonesia), con a capo padre Daniel Byantoro, dichiara 24 parrocchie e missioni servite da 13 preti e 3 diaconi.
• Alle chiese della ROCOR si aggiungono (ma non si contrappongono) le tre parrocchie stavropigiali sotto la diretta giurisdizione del patriarca di Mosca, rette dallo ieromonaco Ioasaph (Tandibilang).
• La situazione della metropolia del Patriarcato ecumenico non risulta altrettanto chiara in rete; una lista in rete di nove parrocchie e comunità cita i nomi di soli due preti, Chrysostomos Manalu a Medan (nel nord di Sumatra) e Daniel Boik Nino a Bali. Il sito della parrocchia dell'Epifania a Giacarta riporta il nome del parroco, padre Gabriel Rehatta. L'attuale decano per l'Indonesia è padre Chrysostomos Manalu.
Considerazioni
Il Vespro alla cattedrale di san Tommaso a Giacarta, una chiesa della ROCOR che conta tra i suoi fedeli la famiglia di un ministro della Repubblica di Indonesia, e per di più la sede dell'unica entità ortodossa legalmente riconosciuta in Indonesia, poteva rimanere un evento significativo del riconoscimento pubblico esteso al cristianesimo ortodosso in un paese non facile per la missione cristiana. Il fatto che la metropolia di Singapore del Patriarcato ecumenico abbia trasformato l'evento in una caciara a livello internazionale, da una parte, ci ha dato una buona ragione per approfondire gli eventi dell'Ortodossia in Indonesia (e di questo dobbiamo, tutto sommato, essere profondamente grati). D'altra parte, ci ha portati a formulare, partendo dai dati esposti più sopra, le seguenti considerazioni:
• Il problema della sovrapposizione di giurisdizioni ortodosse in situazioni di diaspora o di nascita di nuove ortodossie locali non è nuovo, e certamente non è un'esclusiva del sud-est asiatico. La situazione potrebbe essere discussa e risolta ai lavori della locale assemblea dei vescovi ortodossi canonici… ma, sorpresa, il sud-est asiatico NON ha una simile assemblea (come ne sono state costituite in varie parti del mondo dopo la conferenza di Chambesy nel 2009). Avendo esaminato le tensioni relative all'Indonesia, non ci stupisce una simile omissione.
• Il metropolita Konstantinos è metropolita di Singapore (uno stato straniero rispetto all'Indonesia). In Indonesia, non è neppure legalmente considerato un capo di chiesa, né la sua chiesa ha uno status di ente religioso ufficiale. Il suo rappresentante in Indonesia, padre Chrysostomos Manalu, risiede a Medan, nel nord di Sumatra, geograficamente più lontano da Giacarta che non la stessa isola di Singapore.
1. Giacarta - 2. Singapore - 3. Medan
A causa del fitto programma di impegni del dialogo interreligioso, il patriarca Irinej non ha avuto neppure il tempo di visitare l'ambasciata di Serbia a Giacarta. Ci chiediamo quali procedure di cortesia diplomatica abbia voluto pretendere il metropolita Konstantinos dal patriarca di Serbia, che partecipava a un incontro di stato ufficiale in Indonesia, con legami con i capi delle organizzazioni religiose in Indonesia (e guarda caso, l'unico rappresentante della Chiesa ortodossa riconosciuto dallo stato indonesiano è proprio padre Daniel Byantoro).
• Come già altrove, il Patriarcato ecumenico si assegna da solo la palma della prima evangelizzazione ortodossa laddove altri erano già presenti prima (il caso delle parrocchie ortodosse russe a Giava - Bandung e Batavia - dai primi anni '20 fino alla fine degli anni '50 era ignoto allo stesso padre Daniel, finché non ne seppe la storia dagli emigrati russi in Australia). Soprattutto, continua a imporre sulle sue espansioni territoriali la sua lettura - non trattata in modo serio dalle giurisdizioni ortodosse al di fuori della sua area culturale - del Canone 28 del Concilio di Calcedonia, che assegnava a Costantinopoli la giurisdizione sui "territori barbari" (dimenticandosi convenientemente, nel caso dell'Indonesia, di come lo stesso Concilio abbia assegnato al patriarcato di Antiochia la giurisdizione sull'Oriente). Il fatto che il patriarca di Serbia ignori questi tentativi di arrampicarsi sugli specchi ci sembra una prova eloquente di quanto essi siano un modo sbagliato di risolvere i problemi dell'Ortodossia.
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