Padre Petru, la preghiamo di spiegare quali sono i requisiti per la comunione dei bambini perché, spesso, i genitori portano i loro figli solo alla fine della Liturgia, e dopo la comunione vanno immediatamente via; a volte i bambini hanno la bocca piena di cibo, ma vogliono anche la comunione. Ci sono canoni e regolamenti della Chiesa in questo senso?
La questione è molto seria e non credo che ci possa essere una risposta categorica e unilaterale alla questione della comunione dei bambini, soprattutto perché ci sono già molte tradizioni locali molto diverse in questo senso. Quindi, parliamo della partecipazione a tutta la Liturgia (+ gli altri uffici della Chiesa?) E il digiuno (ovvero l'astinenza dal cibo) prima della comunione, ma con riferimento ai bambini, non agli adulti. Io cerco di formulare una risposta sistematica:
1. I cattolici romani non hanno alcun problema di comunione dei bambini, perché danno la prima comunione solo a sette anni, ètà dopo la quale i fedeli si comunicano solo con l'ostia senza partecipare al vino eucaristico. Questa pratica era in realtà una delle possibili soluzioni per l'ondata di bambini che sempre più spesso erano battezzati nella prima infanzia, ma non potevano parecipare al corpo e al sangue del Signore dati separatamente, come facevano gli adulti nei primi secoli. Beninteso, non sono d'accordo con questa pratica, ma neppure la condanno a titolo definitivo, in quanto molto probabilmente era usata anche nelle Chiese dell'Oriente fino a quando queste hanno generalizzato l'uso del cucchiaio nei secoli X-XI. Come si sa, la comunione con il cucchiaio permette di dare anche ai bambini neo-battezzati per lo meno una goccia del sangue eucaristico, e con la loro crescita – anche piccoli frammenti del corpo. Ho fatto questa precisazione per far comprendere che il problema della comunione dei bambini è sorto nella Chiesa abbastanza tardi, perché fino al secolo VI si battezzavano raramente i bambini, poi per un altro paio di secoli sono stati battezzati solo intorno ai 3-4 anni d'età, quando già capivano qualcosa e potevano anche digiunare prima della comunione e stare composti vicino ai loro genitori. Non sappiamo che cosa facessero i bambini fino al battesimo, né come partecipassero alle funzioni i loro genitori, se non avevano qualcuno a cui lasciarli. La storia tace...
2. Il digiuno obbligatorio prima della comunione ha cominciato ad essere praticato in Oriente dai secoli II-III, e in Occidente dai secoli IV-V (Sinodo di Ippona nel 393 e Canone 41 di Cartagine). Dato il contesto storico di allora, quando le persone che erano battezzate e che partecipavano alla Liturgia erano per la maggior parte adulte, ci rendiamo conto che il digiuno riguardava gli adulti, senza che fossero formulate eccezioni per i bambini o i neonati.
3. La condizione della partecipazione a tutta la Liturgia è suggerita dal Canone 2 di Antiochia (sec. IV), dove si capisce che i fedeli erano abituati a partecipare all'intera funzione, trascurando proprio l'elemento della comunione. Ma la domanda si riferisce a una situazione contraria, quando i fedeli trascurano la Liturgia volendo solo la comunione. Come per il problema del digiuno, tutte le prove storiche dirette e occasionali parlano solo degli adulti, senza alcun riferimento ai bambini.
4. La prassi liturgica e pastorale di parla molto chiaramente di una percezione magica della comunione, che la vede presumibilmente come qualcosa che aiuta e custodisce i bambini da tutti i mali, ma i genitori che portano i loro bambini, da parte loro, si comunicano raramente o per niente. Sono già grandi e non hanno bisogno di questo "aiuto magico"... Inoltre, i bambini vengono portati alla comunione solo fino all'età di 3-4 anni, quando il sacerdote dà loro l'eucaristia anche se hanno mangiato o, al massimo, fino a 7 anni, quando ai bambini è già imposta la confessione. Dopo di che, anche se i bambini hanno ancora bisogno di un approccio speciale fino ai 12 anni o più, i cliché pseudo-ecclesiali limitano drammaticamente l'accesso alla comunione per mezzo di diverse regole oggettive o soggettive.
5. Un sacerdote responsabile non deve essere affatto contento quando vede che i genitori portano i loro figli a comunicarsi, ma essi stessi non si comunicano. Da un punto di vista missionario e psico-pedagogico, un tale gesto dovrebbe essere accettato solo come eccezione, ma non come regola. Personalmente ho visto moltissimi bambini che hanno accettato la comunione solo dopo aver visto i genitori che si comunicano. Ma ci sono abbastanza chiese dove i bambini sono trattenuti per le mani e i piedi per farli comunicare a forza, e questa violenza traumatizza in modo irrimediabile un gran numero di anime innocenti.
6. Dato che non ci sono regole generali e accurate per la comunione dei bambini, i sacerdoti hanno abbastanza libertà e responsabilità per trovare la soluzione migliore per fare in modo che i bambini amino la Chiesa e le sue funzioni. Questa preoccupazione deve essere una strategia spirituale a lungo termine, che tenga conto degli errori pastorali e missionari fatti nel corso del tempo, e non una gioia momentanea per la comunione di due o tre bambini. I sacerdoti devono avere sufficiente saggezza e coraggio di fare ordine nella propria parrocchia (se, naturalmente, sono interessati a farlo), e alcune persone nella chiesa potrebbero venire loro in aiuto.
7. Considero che i lattanti e i bambini fino a 4-5 anni si possano comunicare anche se hanno mangiato, ma di pari passo con la crescita il tempo tra l'ultimo pasto e la comunione dovrebbe aumentare. Non è un problema se un bambino piccolo fa una colazione leggera alle 8 del mattino, poi si comunica alle 10 o alle 11. Neppure all'asilo lo faranno mangiare più di una volta ogni 3-4 ore, e non ogni volta avrà carne e latticini, perciò non c'è motivo di dar loro da mangiare subito prima della comunione, che è un modo di viziarli e cattiva educazione. Naturalmente, se i bambini che hanno più di 4-5 anni (e perfino quelli di più di 7 anni) hanno problemi di sviluppo fisico, con la benedizione del parroco, possono anche mangiare un poco al mattino, ma dobbiamo fare in modo che dietro queste debolezze fisiche non si nascondano capricci o ricatti dei genitori. Quindi, occorre molto discernimento e comprensione in questo senso, e i casi singoli non devono diventare la norma. Alla fine, l'approccio può essere simile a quello per i malati o per le donne incinte, che varia anch'esso da caso a caso...
8. Il problema della partecipazione a tutta la Liturgia è molto più complicato di quello del digiuno perché, da un lato, i bambini sono a volte molto rumorosi e non possono essere tenuti in chiesa senza disturbare l'intera comunità, e d'altra parte, i genitori vorrebbero – e dovrebbero anche – partecipare a tutta la funzione. I bambini dovrebbero partecipare alla funzione fin da quando iniziano a capire almeno alcune delle letture bibliche, della predicazione e delle preghiere, e questa comprensione non viene da sé, ma attraverso uno sforzo congiunto del sacerdote, della comunità e soprattutto dei genitori. Ci sono diverse soluzioni a questo problema relativo, e ogni famiglia, consultandosi con il sacerdote, potrà scegliere quella che le soddisfa di più. In questo contesto, non sono d'accordo (soprattutto perché ci ho provato personalmente) che la chiesa organizzi un'area speciale dove i bambini giocano e da dove sono portati all'altare al momento della comunione. I bambini non arrivano mai a vedere la differenza tra l'asilo e la chiesa, prendendo tutto come divertimento e giocare senza sapere si fatto che cosa ricevono con la comunione e che questa implica una certa preparazione. Ritengo più appropriato che entrambi i genitori vengano con il loro bambino in chiesa, ma rimanendo più vicini alla porta, e se questo piange, uno di loro può portarlo fuori per un po' e spiegare (in modo comprensibile al bambino) che in chiesa deve stare buono, e poi tornare. Alla fine della Liturgia, il genitore che è rimasto in chiesa e ha ascoltato integralmente la funzione potrà prendere il bambino e comunicarsi insieme a lui. Se il secondo genitore non ha perso troppo della funzione può comunicarsi, mentre se è rimasto troppo fuori (soprattutto nei momenti chiave della Liturgia), lo farà la domenica successiva, quando i genitori scambieranno tra loro questi compiti. Se i genitori hanno più figli, i più grandi possono rimanere con un genitore in chiesa, mentre i più piccoli possono uscire se piangono e disturbano gli altri. Dopo un certo periodo, vedremo che i bambini si abitueranno a stare composti accanto ai loro genitori. È naturale che il risultato arriverà col tempo, dopo diversi mesi di partecipazione alle funzioni, non all'improvviso, come vorrebbero alcuni genitori.
9. È inammissibile la pratica diffusa in molte parrocchie romene di comunicare i bambini in qualsiasi momento del servizio con la riserva dei santi misteri. Questa trasforma la comunione – che è per definizione un atto comune – in un gesto consumistico particolare, spezzato dalla sinassi liturgica. Tale comunione diventa una sorta di "fast food". La Chiesa conserva la riserva dei santi misteri soprattutto per i malati che non possono venire alla Liturgia e sono comunicati a casa o in ospedale, o per altre persone che di fatto non possono partecipare alla Liturgia.
10. Oltre alla partecipazione alla Liturgia, la Chiesa sottolinea della partecipazione dei fedeli al Vespro e al Mattutino. La preparazione per la comunione inizia alla veglia della domenica o della festa quando un fedele si raccoglie nei propri pensieri, si confessa, si modera e inizia a leggere le preghiere prima della comunione. Allo stesso modo, al mattino i credenti vengono in anticipo in chiesa per prepararsi spiritualmente all'incontro con Cristo. Se alcuni credenti non possono venire presto a causa dei bambini o di una grande distanza, dovrebbero comunque sforzarsi di arrivare almeno 15 minuti prima della Liturgia, per venerare le icone, per accendere una candela e scrivere un memoriale prima dell'inizio della celebrazione eucaristica vera e propria.
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