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Intervista al vescovo Ioann di Caracas

In questi giorni in cui l’Argentina e tutto il Sud America stanno attirando l’attenzione dei media religiosi di tutto il mondo, non sarà fuori luogo osservare il fenomeno dell’Ortodossia in questo continente, nelle parole del vescovo Ioann (Berzins) di Caracas, che è alla guida delle parrocchie sudamericane della Chiesa russa all’estero. Lo scorso 19 gennaio, abbiamo presentato un’altra intervista allo stesso vescovo, rilasciata un anno fa alla rivista Neskuchnyj Sad. Ora possiamo integrare quei dati con quelli della recente intervista rilasciata dal vescovo Ioann ad Aleksej Reutskij per il Журнал Московской Патриархии. Presentiamo la nuova intervista nell’originale russo e in traduzione italiana nella sezione “Figure dell’Ortodossia contemporanea” dei documenti.

 
Fedeltà incrollabile alla santa tradizione

Un'intervista condotta da Divine Ascent, vol. 3/4, al dr. Costantine Cavarnos, che si è addormentato nel Signore il 3 marzo 2011 come schemamonaco presso il monastero di sant'Antonio a Florence (AZ), sul lavoro della sua vita, e in particolare sulla sua focalizzazione su Photios Kontoglou, iconografo, pittore, e scrittore greco del secolo scorso.

* * *

Nel corso degli anni, i cristiani ortodossi del Nord America e della Grecia hanno imparato a conoscerla attraverso i suoi numerosi libri e articoli. Quando ha iniziato a scrivere, intendeva diventare uno scrittore prolifico?

Mentre ero ancora uno studente ad Harvard, ho sviluppato una forte aspirazione a diventare un educatore e uno scrittore prolifico. Questa aspirazione è stata generata dalla mia crescente consapevolezza della grande ignoranza, dei falsi insegnamenti, della cattiveria, della violenza e della sofferenza in tutto il mondo. Ho visto come via d'uscita da questi mali l'illuminazione attraverso la parola scritta e parlata.

Quanti libri ha scritto?

Circa sessanta, il 70% dei quali sono in inglese, il resto in greco. Dopo aver vinto il premio Bowdoin ad Harvard nel 1947 per il mio lavoro Un dialogo fra Bergson, Aristotele, e Philologos, ho avuto una borsa di studio in filosofia per l'anno accademico 1947-1948 per studiare le tendenze filosofiche in Grecia, Francia e Inghilterra. Durante questo periodo, stavo lavorando alla mia tesi di dottorato di ricerca sulla Teoria classica delle relazioni, beneficiando a questo proposito dalle mie conferenze con i filosofi più importanti in questi paesi. In Grecia, ho avuto conversazioni con i filosofi Voreas e Theodorakopoulos presso l'Università di Atene; con Bachelard, Schuhl, e Souriau alla Sorbona in Francia; con Bertrand Russell, G. E. Moore e Gilbert Ryle presso l'Università di Cambridge e l'Università di Oxford. Ho anche partecipato ad alcuni dei loro corsi e seminari. Quando sono tornato negli Stati Uniti, la mia tesi è stata accolta dal Dipartimento di Filosofia a Harvard. Poi nel 1949 il mio Dialogo è stato pubblicato. Questo è stato il mio primo libro pubblicato. Otto anni più tardi, ho pubblicato il mio secondo libro, su cui ho iniziato a lavorare nel 1952, quando ho incontrato Photios Kontoglou: Arte sacra bizantina.

Un libro che è stato pubblicato più volte?

Tre volte. È stato pubblicato in greco l'anno scorso per la prima volta, al trentennale della morte di Kontoglou – una sorta di memoriale per Kontoglou. La casa editrice è stata la Astir, di Alexander ed Evangelos Papademitrou. Si tratta di una casa editrice di grande prestigio. Il libro ha una cinquantina di tavole a colori di grandi capolavori dell'iconografia bizantina e due dozzine in bianco e nero. È un'opera di 270 pagine, di pregio, con scatola. Questo è il mio libro dall'aspetto più impressionante. Il suo titolo è He Hierá Byzantiné Techne.

Questo rapporto con Kontoglou è stato davvero una fonte d'ispirazione per la maggior parte del lavoro successivo, non è vero?

Sì, Diogene, il filosofo ateniese, andava in giro con una lanterna, durante il giorno o in qualsiasi momento. La gente gli diceva, che cosa stai facendo? Rispondeva che stava cercando un uomo, un vero essere umano. Sono andato in giro con una borsa di studio Sheldon in Grecia, in Francia, e in Inghilterra, e non ho trovato l'uomo che cercavo con la lanterna. L'ho trovato nel 1952, su consiglio di un mio amico greco che avevo conosciuto a Oxford – il filologo Basil Laourdas. Verso la fine del 1948, ho scritto su Kontoglou con molto entusiasmo, in greco, nel periodico Hellenism Abroad. Kontoglou lo ha visto e ha scritto una bella lettera al direttore. Tale articolo ha aiutato Kontoglou essere riconosciuto come notevole scrittore e un pittore.

Perché Kontoglou era "l'uomo" di cui era alla ricerca nei suoi viaggi?

Ebbene, quello che credevo e ciò che sentivo si trovava in Kontoglou scritto in grandi caratteri, per così dire.

Personificava i suoi ideali?

Le nostre idee, ideali e prospettive coincidevano tutte. Con molta forza. Quello che ho trovato in Kontoglou era la Grecia, tutta la tradizione greca: la paradosis. La tradizione nazionale, la tradizione greca, l'Ortodossia. Tutte convivevano in Kontoglou – un grande maestro di iconografia, un appassionato di musica bizantina, tutte le cose che apprezzavo tanto si trovavano incarnate nell'opera di Kontoglou e nelle sue convinzioni e pensieri. Se dovessi evidenziare uno solo tra gli insegnanti che ho avuto al liceo, all'università, le persone che ho incontrato nei diversi paesi che ho visitato – Kontoglou si distingue per me come la figura più importante.

Che cosa è seguito dopo il primo incontro con Kontoglou?

Quando ho incontrato Kontoglou nel 1952, viveva in un garage che qualche famiglia benestante aveva dato a lui e a sua moglie, perché aveva dovuto vendere la sua casa per sopravvivere durante l'occupazione tedesca. Insieme, Kontoglou e io siamo andati in giro a visitare chiese che aveva decorato con icone murali e su tavola. Poi siamo andati, insieme al suo editore Alexander Papademetriou, al monastero di padre Philotheos Zervakos, Longovarda, sull'isola di Paros. Kontoglou e Papademitrou andavano da padre Zervakos a confessarsi. Una figura di spicco mi ha portato da due altre. Avevo trovato il mio mentore, Kontoglou, e lui mi ha introdotto al mio futuro editore, Papademetriou, e a una grande figura spirituale, il beato anziano Philotheos Zervakos. La casa editrice di Papademetriou, Astir, è divenuta ed è rimasta il mio principale editore greco.

Il suo interesse per il Monte Santo è scaturito da queste relazioni?

Sono andato al monte santo per studiare l'arte, la vita e il pensiero locale. Per quanto riguarda l'arte, stavo tenendo un corso di estetica, cioè la filosofia della bellezza e delle belle arti, presso la University of North Carolina a Chapel Hill. Avevo bisogno di diapositive, e ne ho prese in prestito molte provenienti dalla collezione del professore locale di storia dell'arte. Tuttavia, non ne aveva alcuna sull'arte bizantina, a cui ero molto interessato. Così sono andato al Monte Athos equipaggiato con la mia macchina fotografica, fotometro e treppiede, e ho scattato una notevole quantità di fotografie. Quando sono tornato ad Atene, ho passato molte ore sull'Acropoli, studiando l'architettura del Partenone e fotografandolo. Così ho costruito una buona collezione di diapositive per la mia classe di estetica. Poi sono andato sempre più a fondo nella tradizione bizantina attraverso Kontoglou e i santi Padri della Chiesa. Durante gli anni 1957-1959 ho avuto una borsa di studio Fulbright come ricercatore del pensiero greco moderno. Questo è stato un periodo molto produttivo. Quasi ogni domenica andavo a trovare Kontoglou a casa sua e a parlare con lui, e lui mi ha portato in giro per le chiese che aveva decorato. Il mio rapporto con Kontoglou era molto intimo, molto importante.

Photios Kontoglou

Era come un padre spirituale per lei?

Un padre spirituale, sì. Era per me quello che i russi avrebbero chiamato uno starets. Era molto aperto. Potevo andare a trovarlo in qualsiasi momento a casa sua, e lui si apriva, e conversavamo e talvolta mangiavamo insieme. La moglie ci faceva compagnia. Un'atmosfera molto amichevole. La porta era sempre aperta. E a volte alla domenica venivano persone importanti a parlare con lui. Ho incontrato molte brave persone in questo modo: pittori, scrittori, professori, sacerdoti, monaci.

Potrebbe riassumere il principio su cui operava questo rapporto e che cosa le comunicava principalmente?

È iniziato con il mio interesse per l'estetica dell'arte bizantina come parte del corso che insegnavo al momento. Volevo una conoscenza di prima mano, e Kontoglou stato il miglior insegnante che avevo trovato. Poi si è esteso alla musica, perché Kontoglou aveva scritto di musica bizantina ed era abile nel canto. A volte portava ottimi cantori (psaltai) a casa sua in modo che potessi registrare il loro canto, proprio per me! Molti dei cantori più importanti della Grecia sono venuti su invito di Kontoglou. Così si sono sviluppate molte cose. Ho incontrato molti altri attraverso Kontoglou perché era conosciuto più o meno da tutte le persone di una certa importanza. Inoltre ha messo a mia disposizione la totalità di ciò che aveva scritto in libri, enciclopedie, giornali e periodici. A volte mi diceva di andare in questo o quel posto per trovare altri articoli. Così Kontoglou mi ha aiutato molto a raccogliere il materiale per Arte sacra bizantina.

Da dove pensa che abbia ricevuto il tesoro che aveva e che le stava dando? Da dove aveva tratto questo tesoro?

Direi che inizialmente ha dovuto molto a Stephanos Kontoglou, suo zio che era un monaco. Kontoglou era nato in Asia Minore, nella città di Kydoniai, che è di fronte a Lesvos, dove sono anche le mie origini. Suo zio era abate del monastero di santa Paraskevi, al di fuori di Kydoniai.

Così l'ispirazione iniziale di Photios Kontoglou è stata uno zio monaco?

Sì, è così che ha imparato a cantare, da suo zio. E come ha imparato a leggere i libri sacri della Chiesa. Ha ricevuto la sua formazione monastica dallo zio. Ha inoltre frequentato una delle migliori scuole greche di quel tempo, una scuola di istruzione superiore a Kydoniai. Avevano un programma molto solido di studi e di costruzione del carattere.

Come descriverebbe i principi primi sui quali operava Kontoglou? Quali sono i suoi principi di vita di base o i suoi valori?

Le sue radici sono nella Chiesa e nella fede ortodossa, tra cui le sue arti sacre, in particolare l'iconografia e il canto bizantino. Leggeva molti libri religiosi. Era anche andato a Parigi per studiare arte, frequentando gallerie d'arte, eseguendo copie, e così via. In precedenza era andato da Kydoniai ad Atene per studiare alla Scuola di Belle Arti per un anno o due. La sua educazione artistica era di natura piuttosto secolare, perché l'arte bizantina a quel tempo era disprezzata, sia ad Atene presso la Scuola di Belle Arti, sia in Europa. Era ben addestrato nell'arte secolare; conosceva i pittori del Rinascimento e ne poteva parlare in modo erudito. Poi tornò a Kydoniai e insegnò storia dell'arte e lingua francese a un liceo femminile. Nel 1922, i turchi uccisero o espulsero tutti i greci dall'Asia Minore. Se ne andò anche lui, prima di essere ucciso dai turchi, e andò a Lesvos in barca a vela con i membri sopravvissuti della sua famiglia. Era un profugo, senza nulla se non quello che era in grado di portarsi addosso. Ci tenne a portare le sue icone. Le tenne con sé a casa fino al suo ultimo giorno. Erano icone molto antiche, tradizionali, giunte alla sua famiglia attraverso il monastero di santa Paraskevi.

Lei dice nel suo articolo scritto subito dopo la sua morte, che nel prologo a Pedro Cazas ha esposto alcune delle idee di base sulle arti, che ha rispettato sempre.

Sulla base di tale prologo e di qualcosa che ha detto nel suo secondo libro, Vasanta, ho scritto un articolo su queste idee.

Ce ne può descrivere qualcuna?

Poneva una grande enfasi su chiarezza e semplicità di stile, sincerità e vigore. Questi erano i suoi principali principi di buona scrittura. Accettava il detto francese, "Lo stile fa l'uomo", cioè che lo stile è l'espressione del carattere di un uomo, delle sue risorse interiori. Ci credeva con gran forza e osservava che molti scritti pubblicati da altri mancavano di vigore. I suoi scritti hanno vigore di espressione, perché era un uomo dal forte carattere. Pensava che i contemporanei ne mancassero. Gli scrittori più antichi l'avevano: chiarezza, semplicità, sincerità, vigore, una buona organizzazione, non cose frettolosamente messe insieme, scritte senza coerenza. Inoltre dichiarava che tutte le cose scritte dovrebbero contenere e veicolare una certa saggezza dall'autore al lettore.

Da dove avrebbe detto che questa saggezza viene principalmente? Dove potrebbe uno scrittore acquisire questa saggezza?

Attraverso una buona educazione e ampie letture. Credeva nella conoscenza enciclopedica, nel sapere qualcosa di tutto. Nel sapere qualcosa su storia, geografia, quello che gli scrittori hanno fatto al di fuori della Grecia, la propria tradizione culturale, la tradizione bizantina e la cultura greca antica. Tutto questo era compreso nella conoscenza enciclopedica di Kontoglou. Attingeva a tutta la cultura e la tradizione della Grecia – dagli antichi poeti, i legislatori, i filosofi, ai bizantini, agli eroi della rivoluzione greca del 1821, ai contemporanei. Ammirava la gente eroica. Tale ammirazione era molto forte in lui. Proseguiva nell'ammirazione dei martiri e degli asceti cristiani. Gli individui più eroici erano per lui i grandi martiri e i grandi asceti. Lo spirito eroico è parte della tradizione culturale greca ininterrotta: ci sono gli eroi di Omero, quelli di Maratona, i primi martiri e i nuovi martiri. L'eroismo è nato come una sorta di eroismo morale e si è evoluto in un eroismo spirituale. Questo è qualcosa che Kontoglou sentiva molto, e si nota attraverso le sue opere.

Cosa pensa che direbbe oggi Photios Kontoglou di quel che è successo al nostro sistema educativo? Era una persona di ampia cultura e conosceva bene molte materie.

Kontoglou avrebbe detto che il nostro sistema educativo si è distaccato e allontanato dai classici e dal cristianesimo. Egli stesso conosceva la lingua greca in tutte le sue forme storiche: antica, ellenistica, patristica, moderna, sia purista sia demotica. Nei suoi scritti si trovano molte citazioni di antichi scrittori greci, della Sacra Scrittura, dagli inni della Chiesa ortodossa, dei santi Padri della Chiesa. Ha avuto accesso a tutti questi tesori, perché conosceva la lingua in cui sono scritti. Sapeva anche bene il francese e aveva letto i Pensieri di Pascal, che sono una difesa della religione cristiana, e le edizioni francesi de I fratelli Karamazov di Dostoevskij – un altro classico cristiano e altri importanti scrittori cristiani, come Leonid Ouspensky e Vladimir Lossky.

Perché pensa che sia uscito fuori dagli schemi che sembravano fissati in Grecia in quel tempo? Ha seguito il suo sentiero e ha parlato contro la modernizzazione, non è vero?

Ciò che è accaduto con famosi intellettuali e scrittori greci recenti, come Kazantzakis, Sikelianos, e Seferis, era che mancavano della dimensione più importante della cultura greca, che è l'Ortodossia. Non avevano assimilato i Padri della Chiesa e i santi ortodossi bizantini. Kontoglou aveva uno stretto contatto con la dimensione spirituale dell'ellenismo che essi avevano perso. Aveva dentro di sé quella continuità, che comprende tutti i tesori della tradizione culturale greca, religiosi e laici.

Pensa che uno scrittore contemporaneo che cerchi di scrivere un romanzo ispirato alla tradizione ortodossa potrebbe guardare a Kontoglou come un esempio moderno di qualcuno che ha avuto successo e fedeltà nel combinare tutti questi elementi con l'Ortodossia al centro?

Sì. Tuttavia, molti scrittori che hanno cercato di imitarlo nella sua lingua e nel suo stile non sono riusciti perché era solo un'imitazione e non scaturiva dall'interno, dalla sorgente. Con Kontoglou, questo vigore d'espressione, di sincerità, d'apprezzamento dei tesori della tradizione greca non era una mera imitazione, era reali, lo viveva. Un altro scrittore può cercare di imitare stilisticamente qualcosa di Kontoglou, ma in realtà non avrà la forza che ha Kontoglou. Il romanziere Kazantzakis era un grande ammiratore di Kontoglou. Lo ammirava per il suo stile, non per quello che diceva o per ciò in cui credeva, ma per il puro potere della sua espressione. Era anche ammirato per il suo stile da scrittori come il poeta Sikelianos e il romanziere Prevelakis, che si erano tagliati fuori dal patrimonio bizantino. Questa era una cosa importante per Kontoglou; mi aveva sottolineato questo punto.

Una volta ho appreso che stava scrivendo per il quotidiano ateniese Eleutheria. Mi sono subito abbonato, e ho fatto un abbonamento vitalizio. In una occasione opportuna, gli ho detto che pensavo che scrivesse troppo di pirati e storie di mare. Kontoglou disse, "Devo farlo perché altrimenti il ​​giornale non stampa i miei articoli religiosi. Dice che alla gente non piacciono gli articoli a tema religioso. Ma quello che succede è che leggendo queste storie cominciano anche a leggere i miei scritti religiosi". Ammiravano così tanto il suo stile, che cominciavano a leggere i suoi articoli religiosi, anche solo per godere lo stile di Kontoglou. Tuttavia, cominciavano anche ad assorbire il contenuto religioso degli scritti di Kontoglou.

Che cosa direbbe Kontoglou di alcune delle sfide reali che si trovano di fronte alla Chiesa di oggi? Che cosa avrebbe detto sul modernismo o sull'ecumenismo? Qual era il suo approccio? Era unico?

Ne abbiamo discusso spesso. Ho un'intera collezione di lettere in cui si discute il modernismo e l'ecumenismo. Kontoglou era un uomo chiaro di mente. Sapeva quello a cui credeva e a cui non credeva, in modo molto forte, molto chiaro. Non aveva confusione in testa.

Alcuni potrebbero dire che era troppo bianco o nero, che vi è più grigio nel mondo.

Alcuni direbbe che era un fanatico, un estremista, gretto, con una mentalità da "vecchio calendarista", e che non vedeva il progresso contemporaneo dell'uomo.

A questo lei cosa risponde?

Ho citato alcune di queste cose nel mio libro Incontri con Kontoglou. Non era spaventato da questi epiteti. Continuava per la sua strada. Credeva in quello che stava facendo, e se la gente pensava che sbagliasse, non ne era sconvolto. Kontoglou non era motivato dal denaro, anche se avrebbe potuto essere favolosamente ricco, come Picasso. Picasso è diventato molto ricco perché, come disse Kontoglou, "Picasso pascola mandrie di anime decadenti". Kontoglou non voleva sacrificare il suo credo, le sue credenze, le sue convinzioni solo per avere successo finanziario. Questo è un punto molto importante.

Icona dipinta da Photios Kontoglou

Era sincero verso la società ateniese?

Sì. Criticava i greci per i molti mali che si sono infiltrati nella mentalità greca. Uno dei mali pervasivi era la xenomania: l'amore eccessivo e indiscriminato delle cose di origine straniera e la loro accettazione acritica. Questo è venuto fuori più e più volte nei suoi scritti. La xenomania è ancora una malattia molto diffusa tra i greci. È una delle ragioni per cui disprezzavo il patrimonio bizantino e la tradizione ortodossa. Questa posizione di Kontoglou significava anche essere molto critici del moderno Occidente e della Chiesa papale, egli che considerava una forma molto distorta del cristianesimo. Era categoricamente contrario all'ecumenismo iniziato nel 1963 da Atenagora, patriarca di Costantinopoli. Fino alla fine della sua vita nel 1965, Kontoglou è stato la voce più forte contro l'ecumenismo.

C'è stato qualcosa di visionario o profetico nelle sue intuizioni per quanto riguarda l'ecumenismo?

Non direi profetico, se non che da quanto è successo in passato si poteva prevedere quello che sarebbe successo nel nostro tempo e in futuro, se non ascoltiamo l'esperienza del passato. Per esempio, era molto vivida nella sua mente la falsa unione a Ferrara-Firenze nel XV secolo. Le sue conseguenze furono distruttive: dopo pochi anni Costantinopoli cadde in mano ai turchi. Questa non fu una coincidenza; piuttosto, fu la conseguenza naturale di non essere stata fedele alla Chiesa. È stato l'abbandono da parte di Dio per apostasia.

Quindi vedeva un rapporto diretto tra l'apostasia e la conquista turca?

Sì, questo è ciò che si vede attraverso i suoi scritti. E sentiva che la stessa cosa sarebbe accaduta di nuovo, a seguire il tipo di ecumenismo di Atenagora. Il risultato finale sarebbe stato che i greci sarebbero diventati burattini del Vaticano, perdendo la loro identità. Egli credeva, per esempio, che se i greci avessero accettato l'unione con Roma nel XV secolo come risultato dello Pseudo Sinodo, la loro identità culturale e storica e ortodossa si sarebbe persa molto rapidamente. Fu il rifiuto di San Marco di Efeso, che noi ammiriamo molto, quando disse "No!" a questa falsa unione, che ha salvato la Grecia dalla de-ellenizzazone e dalla perdita del suo carattere nazionale e dei suoi tesori spirituali. Kontoglou aveva previsto tutto questo sviluppo ed è per questo che si oppose con forza all'ecumenismo.

Dei contemporanei di Photios Kontoglou, a chi era più vicino? Con chi condivideva una unità di mente?

Sulla questione dell'ecumenismo, ce ne sono molti, che ho citato nel mio libro L'ecumenismo esaminato: vale a dire, il suo padre spirituale archimandrita Philotheos Zervakos; il suo editore Alexander Papademetriou; l'arcivescovo di Atene e di tutta la Grecia Chrysostomos; Il metropolita di Phlorina Augoustinos Kantiotis; il metropolita di Argolis Chrysostomos; l'abate Gabriel del monastero di Dionysiou sul Monte Santo; padre Theocletos dello stesso monastero; l'archimandrita Haralambos Vasilopoulos, fondatore dell'Unione ortodossa pan-ellenica e del suo organo "Orthodoxos Typos"; i professori della facoltà di teologia dell'Università di Atene: Panagiotis Trembelas, Ioannis Karmiris, Konstantinos Mouratidis, e Pantelis Paschos; il predicatore di primo piano Nikolaos Soteropoulos; e molti altri. Tutti loro condividevano anche l'accento di Kontoglou sull'importanza vitale di studiare i santi Padri della Chiesa e di aderire alla Tradizione della Chiesa ortodossa.

Perché pensa che Philotheos Zervakos e Photios Kontoglou si siano schierati con la cosiddetta Chiesa di "nuovo calendario"?

L'ho spiegato nel volume XI della mia serie Santi ortodossi moderni, dedicato al beato Philotheos Zervakos. Dal tempo stesso in cui è stata concepita l'idea di introdurre il nuovo calendario, padre Philotheos ha scritto lettere di protesta dicendo: "No! Smettetela; Non fatelo", ma non lo hannno ascoltato. Ha scritto lettere e opuscoli che protestavano questa innovazione fino al momento della sua morte. Le sue previsioni si sono avverate: ha detto che se si consentiva a questa innovazione di rimanere, si sarebbe diviso il popolo in due parti ostili. Questa profezia di Zervakos è stata completamente compiuta. Nei suoi ultimi anni, quando ha visto che il governo greco, la Chiesa di Grecia, e il Patriarcato Ecumenico non lo ascoltavano, ha pensato semplicemente di tornare al suo monastero e al vecchio calendario. A questo proposito, suggerisco un'attenta lettura del mio libro sul beato padre Philotheos. Il suo monaco anziano, padre Leontios, che mi è capitato di incontrare a pochi anni prima di morire, ha detto che padre Philotheos era molto determinato a dichiarare che il monastero era tornato al vecchio calendario. Ma gli si opponevano alcuni dei suoi monaci anziani, in particolare padre Leontios. Ogni volta che l'anziano lasciava il monastero per servire come confessore, a volte per settimane, Leontios era l'abate in carica. Così aveva una voce forte. Egli sottolineava che se avessero portato il monastero al vecchio calendario, il vescovo locale sarebbe immediatamente intervenuto a costringerli ad abbandonare l'idea, o altrimenti. Questo "altrimenti" avrebbe significato che la polizia sarebbe stata inviata a espellere i monaci e a dire che il monastero apparteneva al vescovo locale di Paros e Naxos. Padre Philotheos era vicino a compiere cent'anni, e padre Leontios aveva quasi la stessa età, e si immaginavano a essere buttati fuori del monastero. Sarebbe stata una situazione molto tragica. Quindi, quello che fece padre Philotheos fu di morire sul vecchio calendario. Invitò un confessore dal Monte Athos, dove si segue il vecchio calendario, a servire la sua ultima confessione e a seppellirlo.

E Photios Kontoglou è morto con quelli che seguono il nuovo calendario?

Ebbene, Kontoglou stesso era preso in un dilemma. Aveva seguito più o meno il consiglio di Philotheos Zervakos di aspettare il ritorno della Chiesa di Grecia al calendario tradizionale. Nel 1960, prima che Kontoglou morisse, l'arcivescovo di Atene era Chrysostomos, che era molto venerato e tradizionale. L'ho intervistato una volta. Ha detto che aveva reso una delle sue priorità prima di morire di restituire la Chiesa di Grecia al vecchio calendario. Quindi, vedete, Zervakos e Kontoglou speravano che questo dilemma sarebbe stato risolto da lui e che tutto sarebbe stato fatto canonicamente dal Santo Sinodo della Grecia. Ma non successe perché la dittatura che venne al potere rimosse l'arcivescovo Chrysostomos dal suo trono e installò un prete del palazzo, Hieronymos Kotsonis, un modernista ed ecumenista, come arcivescovo di Atene. Era un dilemma molto difficile per loro. Quello che era il tipo da fare? Un dilemma, si sa, ha due corna e non importa che uno si sceglie è male. Kontoglou e Padre Philotheos speravano che il cambiamento sarebbe venuto giù dalla cima della Chiesa di Grecia. Nel frattempo, Photios si consolò ed era in pace con la sua coscienza frequentando nel suo quartiere le funzioni in una chiesa che seguiva il vecchio calendario.

Dai suoi quattordici anni di collaborazione con Photios Kontoglou, quale pensa che sia la sua eredità per noi? Che cosa hanno da dire la sua vita e la testimonianza a noi oggi, specialmente ai cristiani ortodossi in America?

La fedeltà alla Tradizione. Nell'iconografia, nella musica, nell'architettura della Chiesa, nella liturgia della Chiesa, in tutti gli altri servizi della Chiesa, nel mantenere la fede in tutti questi campi, mantenendo i santi Canoni, evitando tutti i compromessi nelle dottrine della Chiesa. Tutta la tradizione ortodossa deve essere conservato in questo paese. Sono una delle persone che hanno cercato di seguirlo nella lotta per preservare la tradizione ortodossa in questo paese. Nel tentativo di evitare tutte le trappole sottili, le innovazioni, e le false unioni di ogni genere, sto continuando l'approccio di Kontoglou.

Sto anche studiando e scrivendo sui Padri della Chiesa, in particolare quelli ascetici come san Giovanni Climaco, san Simeone il Nuovo Teologo, e quelli della Filocalia. Dobbiamo continuare a studiarli, scrivere su di loro, e vivere secondo i loro insegnamenti. C'è un'altra cosa che deve essere menzionata. Kontoglou era un forte amante del monachesimo. Credeva nella tradizionale vita monastica contemplativa (esicasta) ortodossa e non quella della varietà attivistica cattolica romana. In una delle sue opere, egli dice che dobbiamo renderci conto che ovunque non vi sono stati monasteri, la spiritualità si è prosciugata, e ovunque ci sia stata autentica vita monastica e monasteri con una tradizione di profonda pietà, l'Ortodossia è fiorita.

Che dire di questo? Oggi nell'Ortodossia abbiamo molte discussioni, e non poche polemiche, circa la comparsa di preti e monaci in Occidente. Ci sono coloro che dicono che questo è qualcosa adatto al vecchio paese. In America si fanno le cose in modo diverso, a causa di dove siamo, e la situazione impone che ci dobbiamo vestire in modo diverso, e le cose esteriori non sono così importanti. Che cosa aveva da dire Kontoglou su questo?

Kontoglou ha scritto articoli speciali sul rasson [talare] del sacerdote. Egli sarebbe stato d'accordo che il rasson da solo non fa il prete. Ma è una delle cose che, insieme ad altre, fanno un sacerdote o un monaco. Kontoglou direbbe che il rasson è un elemento essenziale. È un simbolo dell'Ortodossia. Anche la barba è una parte essenziale dell'aspetto di un prete o monaco ortodosso. Sottolineava molto queste cose, e offriva ragioni di tradizione e di buon senso che questo aspetto esteriore del prete o monaco dovrebbe continuare a identificare il sacerdote o il monaco come veramente ortodossi.

Quindi, sarebbe corretto affermare che Kontoglou direbbe che queste cose sono parte integrante dell'Ortodossia, sono espressive dell'Ortodossia. Non sono caratteristiche distaccate, ma sono unite all'immagine e sono simboli dell'Ortodossia. Così, abbandonare queste cose vuol dire in qualche modo minimizzare l'Ortodossia.

Corretto. Alcuni anni fa, quasi nessun sacerdote dell'arcidiocesi greca in questo paese aveva la barba. Ma ora, ciò che accade è che i sacerdoti più giovani hanno la barba, il più delle volte corta, ma pur sempre una barba. Accanto a loro stanno preti anziani, dai capelli bianchi, completamente rasati. Rasarsi la barba non può essere giustificato dicendo che viviamo in America e la barba è inadeguata qui. Piuttosto, è abbastanza accettabile oggi. Kontoglou era molto risoluto che un prete dovrebbe avere la barba e il rasson per la sua identità, nello stesso modo in cui un poliziotto ha la sua specifica divisa della polizia quando esce per le strade. Vedendolo, si sa che è un poliziotto.

Kontoglou faceva mai una distinzione tra le cosiddette "Tradizione con la T maiuscola e tradizioni con la T minuscola"? Questo punto di vista afferma che ci sono alcune tradizioni nel regno del dogma, dottrina e spiritualità che sono assolutamente non negoziabili, ma ci sono tradizioni più piccole come la barba e il rasson che sono negoziabili. Non è necessario averle, ma si possono avere. Ha mai fatto distinzioni del genere?

Non faceva una tale distinzione. Egli credeva che innumerevoli cose organicamente legate formano l'Ortodossia e le danno la sua identità. Tutto è organicamente legato. A proposito delle arti della Chiesa, per esempio, diceva che l'iconografia si rivolge al nostro senso della vista, mentre la musica si rivolge al nostro senso dell'udito, ma entrambe cercano di esprimere la stessa essenza, la fede ortodossa. L'architettura ha la sua propria tradizione, particolarmente riconoscibile nella cupola, nel'arco a tutto sesto, e nelle superfici che vengono utilizzate per le pitture murali, che altri tipi di architettura, come il gotico, non forniscono. L'architettura della Chiesa ortodossa è un elemento molto importante della totalità; in altre parole, tutte queste arti sono organicamente interconnesse, pur usando diversi mezzi. L'iconografia, l'innodia, la musica e l'architettura della tradizione bizantina stanno cercando di trasmettere la stessa cosa. Hanno lo stesso punto di origine: tutti hanno origine e vengono utilizzate per comunicare la fede ortodossa e renderla comprensibile al credente attraverso i sensi. Così, è possibile vedere l'unità organica delle belle arti nell'Ortodossia. È anche possibile vedere quest'unità nell'aspetto del prete, del monaco, nella forma delle preghiere e della Liturgia. Tutte queste cose sono organicamente legate l'una all'altra. Se si dice che l'iconografia tradizionale non è essenziale, o la musica tradizionale è secondaria e può essere sostituita con organi o violini, pur mantenendo l'Ortodossia, non è così! Quando si eliminano queste cose, cosa rimane? Presto si inizierà a sfumare i dogmi a causa del minimalismo e del relativismo. I greci hanno una parola per questo: xephtisma, o "disfacimento". I tuoi pantaloni sono strappati in un unico luogo, tu trascuri lo strappo, e questo si estende. Se non metti una toppa in tempo, lo strappo si diffonderà sempre di più, e tutto il capo cadrà poi a pezzi. Quindi bisogna ripararlo. Se non si prende il tempo per riparare qualsiasi tipo di rottura dalla tradizione, allora la cosa comincia a cadere a pezzi. Ed è quello che è accaduto a gran parte del mondo ortodosso. È caduto a pezzi in questo modo, dicendo: Questo non ha importanza, quello non è indispensabile, quello è poco importante, quello è una convenzione, e così via.

Kontoglou ci ricorda di "rimanere fedeli alla tradizione".

Sì, perché la tradizione porta tutto insieme in un rapporto significativo, bello, organico con tutto il resto.

Ci dà la vita.

Ci dà la vita e risolve i problemi inutili e le preoccupazioni inutili che vengono creati dalla "modernizzazione" e dall'ecumenismo.

Kontoglou prevedeva queste cose decine di anni fa, e lei li ha visti mentre ha scritto i suoi sessanta libri negli ultimi quattro decenni. Ora siamo, forse, caduti ancora più in basso rispetto ai tempi di Kontoglou?

Ovviamente.

Sembra quasi che siamo sopraffatti da queste innovazioni, che stanno piovendo come una terribile tempesta sulla Chiesa. Da dove cominciamo, da dove la parrocchia e il sacerdote iniziano il compito di riparare prima che tutto il capo cada a pezzi?

Direi che ci sono cose diverse con cui si deve lottare. Una delle prime cose da vedere è che la maggior parte di ciò che cade a pezzi, queste innovazioni, è il risultato dell'ignoranza. Questa è alla base di tutte queste cose. Quindi dobbiamo scrivere libri, articoli e lettere illuminanti, come ha fatto Kontoglou. Kontoglou ha scritto innumerevoli lettere. Io ho novanta delle sue lettere. Coloro che possiedono le conoscenze e la comprensione necessarie devono scrivere e insegnare, al fine di illuminare la gente, per curare la malattia dell'ignoranza. Librerie ben attrezzate dovrebbero essere organizzate in tutte le parrocchie e i monasteri. Inoltre, ci dovrebbero essere conferenze edificanti presso le parrocchie, offerte di volta in volta, soprattutto durante la stagione autunnale e la Grande Quaresima.

È un processo lungo.

Infatti. È un processo che richiede tempo e deve essere fatto continuamente dal maggior numero di persone possibile. L'altro fattore triste è l'indifferenza. Così il sentimento religioso delle persone deve essere riscaldato. La freddezza che è favorevole alla morte della fede deve essere bandita. Buoni scritti, buoni sermoni, e colloqui personali con la gente sono alcuni mezzi per farlo. L'indifferenza è radicata nell'ignoranza. Le persone sono indifferenti a qualcosa che non sanno, che non capiscono. L'indifferenza viene spesso perché non si capisce la dottrina della Chiesa, i canoni, o il significato di pratiche come il digiuno e la preghiera di Gesù.

L'ignoranza, di conseguenza, porta ad una perversione della fede?

Sì. La fede giunge a essere vista come qualcosa di simile alla magia. Il cristianesimo non è magico. È un rapporto divino-umano che comporta la preghiera da parte nostra, la sincera preghiera dei cristiani credenti e altre pratiche spirituali, prima di poter sperare in una risposta che viene da Dio. Erroneamente, le persone pensano di poter ottenere i benefici divini senza pagare il loro prezzo spirituale.

Quindi, per ricevere il beneficio della Santa Ortodossia si deve lavorare duro per svuotare se stessi e consentire all'Ortodossia, alla tradizione, e allo Spirito di Dio di entrare in noi; bisogna avere fede?

Questo è il fondamento. La fede, nel senso di sposare con tutto il cuore le vere dottrine e pratiche, è il fondamento.

In conclusione, lasci che le chieda: sembra esserci ancora una grande sfida perché gli ortodossi zelanti si colleghino alla tradizione vivifica dei santi Padri. Tali persone sono vive e deste alla santa tradizione, ma potrebbero esserci luoghi in cui tale tradizione non è facilmente accessibile. Che cosa diciamo a qualcuno in questa situazione?

Una persona deve avere zelo e cercare in modo persistente un luogo – una parrocchia nel "mondo" o un monastero – dove vi è un autentico cristianesimo tradizionale ortodosso. Il nostro Signore Gesù Cristo disse: "Chiedete e vi sarà dato; cercate e troverete; bussate e vi sarà aperto.

 
L'errore dell'obbedienza cieca ai vescovi – secondo i santi della Chiesa ortodossa

Dall'apostolo Paolo ai Padri cappadoci, da sant'Atanasio a san Fozio il Grande, quando tutti i nostri Padri della santa Chiesa parlano di obbedienza impropria, esortano i fedeli a sfidare e disobbedire a quei "pastori ecclesiastici" che cadono nell'errore o nell'eresia.

Questo problema è di grande attualità perché viviamo in un'epoca particolarmente pericolosa, un'epoca di grande confusione dogmatica e spirituale, un'epoca in cui alcuni vescovi costringono sempre più i fedeli ad obbedire alle loro richieste e a deviare dagli insegnamenti della nostra santa Chiesa adottando aberrazioni profane e innovazioni blasfeme.

(E qui includo tutto ciò che abbiamo sopportato in questi ultimi mesi, le chiusure e le sterilizzazioni arbitrarie della chiesa, il culto con maschere, il divieto di venerazione delle sante icone, il pane della chiesa in pacchetti e l'acuta paura della malattia e della morte, anche davanti al santo calice). Da questo momento in poi, daremo testimonianza ai santi più nuovi e moderni, che esortano i fedeli a disobbedire all'eresia e ai vescovi che sbagliano, quando ci sono buone ragioni per disobbedire.

Cominciamo con san Nicodemo del Monte Athos, che era perfettamente allineato con gli scritti di san Giovanni Crisostomo diversi secoli fa quando scrisse: "Se il tuo anziano si sbaglia negli affari dello stato e delle sue istituzioni, non ingerirti. Se, invece, ha torto in materia di Fede, abbandonalo e fuggi, sia lui un uomo o anche un angelo del cielo".

san Giovanni Maksimovich

Ricordiamo anche l'impressionante lungimiranza del famoso santo russo Giovanni Maksimovich (1897–1966), vescovo di Shanghai e San Francisco. La preveggenza del santo è un'esplicita esortazione contro l'obbedienza cieca e ogni tipo di fantasia delirante. Nelle sue parole:

"Negli ultimi giorni, il male e l'eresia si saranno così diffusi che i fedeli non potranno trovare un sacerdote o un pastore che li protegga dall'illusione e li guidi alla salvezza. A quel tempo, i fedeli non riceveranno una guida sicura dagli uomini; ma la loro guida saranno gli scritti dei santi Padri. Soprattutto in questo momento, ogni credente sarà responsabile dell'intera pienezza della Chiesa. Fratelli, è tempo che tutti noi assumiamo la nostra responsabilità nei confronti di Dio e della storia. Non tollerate più sciocchezze o sviamenti da parte di preti o vescovi. Non chiudete un occhio perché sarete corresponsabili. I santi vi stanno avvisando".

Un'altra grande figura ecclesiastica contemporanea che ci mette in guardia è il compianto metropolita (e grande protagonista ortodosso) Agostino Kantiotis. Quest'uomo era profondamente rispettato dai grandi santi dei nostri giorni, come san Giorgio Karslidis, che lo chiamava "Confessore di Cristo", e san Paisios, che tra altri elogi, lo chiamò persino "il nuovo Crisostomo del Chiesa." Ascoltate, dunque, ciò che questo grande ierarca moderno aveva da dire riguardo agli scritti sacri sul tema dell'obbedienza:

"Il vescovo deve obbedire al Vangelo. Ecco perché quando il vescovo è ordinato, è ordinato mentre sta sotto a un libro del Vangelo. Come dicono i Padri, questo significa che il popolo obbedirà al vescovo a una condizione: che il vescovo obbedisca al Vangelo. Ma quando il vescovo non obbedisce al Vangelo e non si attiene ai ssanti Canoni, allora il clero e il popolo non sono obbligati ad obbedire al vescovo. In caso di dilemma per una contraddizione tra il Vangelo e l'insegnamento del vescovo, "dobbiamo obbedire a Dio piuttosto che agli uomini!" (At 5:29) E allora sacerdoti e monaci eroici, anche semplici laici (nei casi in cui tacciono i vescovi e tacciono i pulpiti), allora ogni ecclesiastico e laico ha il diritto e l'obbligo di dire quelle cose su cui i vescovi tacciono per vigliaccheria, o per spirito mondano, o per malinteso. Ogni volta che i pulpiti hanno taciuto, monaci e persone semplici e umili, uomini e donne, hanno sostenuto l'Ortodossia. Non dimentichiamo che la Romania è stata liberata da Ceaușescu con l'aiuto di un oscuro religioso che ha acceso la miccia della libertà e ha distrutto la dittatura e il regime tirannico di Ceaușescu. Pertanto, ogni sacerdote non è schiavo del suo vescovo, ma è obbligato a obbedirgli solo quando quel vescovo è un contendente nella santa lotta".

Come accennato in precedenza, anche san Paisios ci ha consigliato cosa fare quando la nostra fede è minacciata e perseguitata o il Divino è bestemmiato; perché se non parliamo, anche noi siamo responsabili. San Paisios ha detto:

"Durante questi tempi difficili, ognuno di noi deve fare tutto ciò che è umanamente possibile e ciò che non è umanamente possibile dovrebbe essere lasciato a Dio. In questo modo, la nostra coscienza sarà in pace, sapendo che abbiamo fatto tutto ciò che potevamo fare. Se non reagiamo, i nostri antenati risorgeranno dalle tombe. Hanno sofferto tanto per la nostra Patria, ma cosa stiamo facendo noi per la nostra Patria? È inaccettabile che la Grecia e l'Ortodossia, con le sue tradizioni, i suoi santi ed eroi, siano combattute e perseguitate dagli stessi greci mentre noi non parliamo nemmeno! È terribile! Ho chiesto a qualcuno, 'perché non parli? Come può il tal dei tali fare questo?' Mi ha risposto: 'Cosa posso dire? È una sporcizia totale.' Ebbene, se è sporco, perché nessuno dice niente? Dovrebbe essere ritenuto responsabile! No, lo lasciano stare. Dì solo: 'Non sono d'accordo con questo'. Fai le cose con onore. Vuoi servire solo te stesso e rovinare tutto il resto? Se i cristiani non reagiscono o non confessano la loro fede, i colpevoli faranno cose peggiori; ma se reagiamo, gli autori si fermeranno a riflettere. Sfortunatamente, i cristiani di oggi non sono combattenti. I primi cristiani erano forti; hanno cambiato il mondo. In epoca bizantina, quando un'icona era rimossa da una chiesa, la gente reagiva. Cristo è stato crocifisso perché noi risorgessimo, e noi siamo indifferenti! Se la Chiesa non parla per non rompere con lo Stato, se gli arcivescovi o i metropoliti non parlano per stare bene con tutti perché hanno bisogno del loro aiuto con le loro istituzioni, se i monaci athoniti non parlano per non perdere i loro finanziamenti, allora chi parlerà?"

Finora abbiamo discusso della follia dell'obbedienza incondizionata; ma c'è anche un altro errore che circola, ovvero che sia un sacrilegio criticare gli errori e le falsità del clero, una  cosa che anche i Padri della santa Chiesa respingono. Concludiamo con alcune parole su un'altra idea irrazionale – la critica degli ecumenisti verso i loro oppositori, ovvero la teoria che chi si oppone all'ecumenismo stia creando uno scisma nella Chiesa.

Qualcuno può seriamente osare affermare che uno scisma (anche se alla fine si arriva a questo) è causato da coloro che aderiscono strettamente alla Tradizione ortodossa e ai santi Canoni, e non da coloro che si accompagnano e pregano con cardinali, protestanti, imam, guru e così via; o coloro che servono la Divina Liturgia insieme a persone scomunicate e scismatiche; o chi cede alle eresie e abbraccia ogni sorta di falsità non ortodosse e di bestemmie innovative?

Non fa differenza se tali individui erranti costituiscono la maggioranza dei vescovi. Chi ha detto che la verità e la grazia divina devono esistere nella maggioranza? I falsi sinodi della Storia ecclesiastica non sono ben noti, o cosa pensava la maggioranza a quel tempo? O nessuno si è accorto che stiamo vivendo in tempi finali senza precedenti, per i quali è stato scritto che anche gli eletti possono essere ingannati? (Mt 24:24) Per dirla semplicemente, chi è responsabile di uno sconvolgimento dovuto a eventi sconvolgenti o senza precedenti? È colui che si oppone allo scandalo, o colui che crea e insiste sullo scandalo? Criticare come scismatici coloro che si oppongono all'ecumenismo è la "logica" più assurda perché non può resistere a nessuna critica ragionevole.

san Marco d'Efeso

Una "logica" assurda simile è il consiglio recente e ampiamente noto attribuito a un metropolita cipriota che è meglio cadere nell'eresia con la Chiesa piuttosto che essere giusti al di fuori di essa. Sia chiaro che la Chiesa, che è Corpo di Cristo, non può sbagliare. Errori ed eresie sono commessi da persone che poi finiscono sole, fuori dalla Chiesa, anche se sono patriarchi, vescovi o la stragrande maggioranza del clero. La questione qui – e vale la pena ripeterlo – non è quantitativa.

Il problema è la verità spirituale, che a volte può essere espressa dalle persone che si contano sulle dita di una mano. Ricordiamo che per decenni, durante la storia della Chiesa, quasi tutti i vescovi dell'Impero bizantino avevano ceduto all'eresia monotelita, ma la Chiesa non era composta da questi; era composta da san Massimo il Confessore e da pochi altri. Al tempo dello pseudo-concilio di Ferrara-Firenze, la Chiesa era ancora una volta costituita da un chierico, san Marco Evgenikos, che da solo resistette alla decisione del falso concilio, insieme a dei laici. San Giovanni Crisostomo afferma esplicitamente che se solo tre persone manterranno intatta la giusta fede, solo queste formeranno la Chiesa di Cristo (Patrologia Graeca 55,158 e 160,203).

Infine, consideriamo anche le note parole del compianto grande anziano Ephraim dell'Arizona, secondo cui nei difficili anni a venire, per qualche tempo, solo pochi semplici sacerdoti manterranno e conserveranno l'Ortodossia, mentre i "grandi", i funzionari ecclesiastici, seguiranno il diavolo. In tali casi, allora, chi comprende o comprenderà la Chiesa di Cristo? Chi dunque ha costituito o costituirà in tutti questi casi la Chiesa di Cristo? La risposta non è ovvia?

In chiusura devo chiarire che ho cercato di delineare con la spiegazione più semplice il punto di vista della posizione moderna di quegli attori che abbracciano la cosiddetta "nuova patristica", e come vengono ridicolizzati dagli scritti dei nostri santi, in materie come qual è la vera obbedienza, la critica ai vescovi, e qual è il modo giusto del clero e dei laici di reagire contro le sfumature dei vescovi fuorviati. Il mio scopo è stato semplicemente quello di fornire un po' di luce sul modo in cui i vescovi moderni pensano e agiscono in questa epoca turbolenta, così mentre fingono di parlare di Cristo e dell'Ortodossia, in realtà ci viene in mente l'avvertimento di san Paolo "So che dopo mia partenza, entreranno in mezzo a voi lupi feroci, che non risparmieranno il gregge". (At 20:29-31)

Una reazione contro la strada sbagliata e gli insegnamenti non ortodossi è un dovere essenziale di ogni cristiano. E la nostra sfida alle sfumature è un dovere evidente, non solo come consentono i santi Canoni, ma piuttosto come lo impongono, insieme ai santi Padri della nostra Chiesa.

 
Come l'Occidente divenne ateo

Come ha fatto il secolare cammino dell'Occidente a slittare dalla fede cristiana radicata nella tradizione della Chiesa verso l'ateismo e l'aperta teomachia, la guerra contro Dio? A vent'anni, mi sentivo completamente a mio agio nel sistema religioso-filosofico fortificato noto come tomismo. Il cattolicesimo era un castello inattaccabile di argomentazioni che era impermeabile alle sfide di qualsiasi scettico che potesse bombardare il sistema con (quelli che io presumevo) attacchi inutili. Ricordo di aver letto che nella sua tesi sull'estetica di Tommaso d'Aquino, Umberto Eco ha commentato che anche lui, un tempo, era un tomista ardente finché giunse alla conclusione che il sistema non funzionava proprio. A quel tempo, non riuscivo a capire perché qualcuno dovrebbe giungere a questa conclusione. Come può qualcosa di così vasto e, come ha detto il mio amico James Kelley, "elegante", essere fondamentalmente errato? Questo accadeva una decina di anni or sono, e in quel lasso di tempo, il tomismo è stato completamente smantellato.

Inoltre, lo schema tomista è precisamente ciò che ha portato all'illuminismo e al successivo deismo e all'ateismo dell'Occidente. Non stiamo esaminando né Agostino né le motivazioni o la psicologia di Tommaso d'Aquino, né se per questo di Calvino. Ciò che è in questione è l'effettiva posizione pubblicata di Tommaso d'Aquino (e quella di Agostino per estensione) per quanto ha esercitato un'influenza determinante sull'illuminismo e sulla direzione che la filosofia occidentale ha preso verso il modernismo e l'infinita verbosità che vediamo nella filosofia di oggi. È mia opinione che quest'accusa sia corretta: la meno conosciuta critica orientale ha ragione a fare la forte affermazione che il tomismo è un passo fondamentale nel passaggio dell'Occidente da quella che potrebbe essere definita un'epistemologia della rivelazione all'empirismo, scientismo, deismo e ateismo dell'epoca illuminista.

Presupponiamo anche in chi ci legge la conoscenza del tomismo, e coloro che sono interessati a una grande varietà di note e citazioni possono facilmente fare una ricerca nei nostri archivi per numerosi articoli pieni di citazioni. È qui che ci rivolgiamo direttamente alla catena d'oro del sistema di logica interna del "bue muto". Ciò non vuol dire che penso che la visione orientale sia di per sé libera da qualsiasi problema o difficoltà, ma piuttosto che essa fornisce una critica abbastanza forte da farmi dubitare di riconciliarmi di nuovo con il tomismo, proprio come non tornerei mai indietro al protestantesimo. In effetti, è abbastanza evidente per me (e da diversi anni è rimasto incontestato) che il tomismo, per qualsiasi buon punto che possa essere recuperato da esso, è così fondamentalmente errato che in realtà ha spinto l'Occidente verso la sua spirale discendente di dissoluzione.

La questione chiave da indagare per capire questo problema nel tomismo è la relazione di Dio con il mondo, e la sua azione nel mondo. Tommaso d'Aquino inizia con l'assunzione della semplicità divina, che significa che Dio è ciò che Dio ha, e Dio è ciò che Dio fa. Dio è actus purus, o atto puro, senza potenzialità. La sua essenza è assolutamente semplice, in modo tale che qualsiasi cosa si predica di Dio si distingue solo logicamente. Ciò significa che le distinzioni tra gli attributi sono solo distinzioni adatte alla conoscenza umana finita, e in realtà non sono distinzioni reali. Così, l'atto creativo di Dio può essere distinto dalla sua giustizia o dalla sua prescienza nella mente umana, ma in realtà, tali atti, attributi e predicati sono rigorosamente identici all'essenza divina, o ousia, in realtà. Questa è una legge fondamentale nel tomismo, così come in Agostino, e dovrebbe essere senza dubbio chiara a coloro che hanno studiato i tomisti. Questo è evidente in entrambe le Summae, così come in altre opere come il De Veritate.

Come fa, allora, un essere costituito in tal modo a operare in un mondo di flusso e temporalità? La disposta di Tommaso d'Aquino è dominata dall'idea della analogia entis: noi conosciamo Dio dai suoi effetti creati nel mondo. Questo è il motivo per cui la causalità gioca un ruolo così grande nella sua teologia. Dio non è solo la causa prima, seguendo Aristotele, ma anche il sovrano provvidenziale sulla storia e così pure la causalità temporale nella storia. La prescienza di Dio è la sua giustizia e di amore, e tutta la storia è nel processo di riassumersi nel grande telos di tutte le cose che ritornano alla loro fonte, alla causa prima, nella visione beatifica dell'eternità in cui la sua creazione razionale rinnovata vedrà tutte le cose in quella singolare essenza divina, estremamente semplice. Questa è un'accurata dichiarazione generale sulla totalità del sistema tomista, ma ciò che emerge è un problema serio: come fa una divinità così definita ad agire in realtà in questo mondo?

Per Agostino, principale mentore teologico di Tommaso, Dio ha agito attraverso effetti creati in modo che anche le azioni apparentemente dirette erano ancora effetti creati. O, per essere più precisi, effetti creati speciali: nel De Trinitate, Agostino sosteneva che le manifestazioni dell'Angelo del Signore, non potevano che essere ologrammi angelici temporanei. Non avrebbero potuto essere il Logos (nonostante quello che avevano detto altri scrittori patristici). Questa conclusione è stata raggiunta perché era impossibile dire che il divino si manifesta direttamente nel tempo e nello spazio, dal momento che ciò significherebbe dire che Dio non è più semplice. Ogni essere situato in un certo luogo in un certo momento è un essere composto o una serie di parti, e quindi, assolutamente, non è semplice. Per Tommaso d'Aquino questa legge funziona alllo stesso modo, in quanto l'analogia entis è una componente centrale della sua sovrastruttura: Dio è conosciuto solo per analogia alle cose create, perché non abbiamo accesso all'ousia divina in questa vita. Dio concede l'illuminazione, sicuro, ma quei doni che egli dà ancora un effetto creato della grazia soprannaturale. La conoscenza di Dio e la partecipazione alla vita divina sono teologicamente precluse a ogni diretta esperienza divina fino alla visione beatifica. Questo non vuol dire che Dio non può parlare agli uomini o trasmettere benedizioni, ma questi sono ancora, per noi, effetti creati.

Per essere onesti nei confronti di Tommaso d'Aquino e di Agostino, essi parlano di "vita divina", "deificazione", ecc, ma come ciò sia possibile in entrambi i teologi è spesso molto complicato. A volte sembra che i credenti partecipino dell'essenza divina, e altre volte l'impossibilità di una tale idea impedisce che questi termini abbiano veramente un senso. Le divisioni romane di grazia in tutte le "categorie" come preveniente, santificante, soprannaturale, ecc, sono spesso portate avanti come spiegazioni, ma nessuna di queste serve a rispondere al problema in questione: come possiamo partecipare a questa vita divina se non vi è nessun accesso all'ousia divina in questa vita? Di fatto, quando Cristo è risorto, nella classica teologia cristiana, qual era la luce divina che si irradiava da lui? La risposta dell'Oriente è molto diversa dalla risposta dell'Occidente. Per l'Occidente, la luce è un effetto creato, mentre per l'Oriente, è l'energia divina in sé. La questione del Tabor serve davvero a solidificare queste due posizioni, dal momento che la questione della "deificazione" della carne di Cristo è la stessa questione della divinizzazione del credente.

Allo stesso modo, per Tommaso d'Aquino, la rivelazione di Dio si può avere solo attraverso effetti creati a causa del suo approccio empirico alla teologia. Dal momento che egli accetta l'approccio fondamentalmente aristotelico alla psiche umana, la conoscenza umana, anche quella di Dio, passa attraverso l'esperienza dei sensi. Dal momento che la mente umana, anche nell'ottenimento della conoscenza naturale, lo fa astraendo un concetto universale dal fantasma presentato alla mente attraverso l'esperienza dei sensi, si pone lo stesso problema di cui sopra per l'epistemologia a causa di dove Tommaso individua l'universale. I concetti universali si trovano nella mente divina, che, come ora potete vedere, è anche l'essenza divina. Nella filosofia classica e medievale, questo si chiama esemplarismo. Ciò significa che le idee che stanno dietro le cose spesso funzionano come l'essenza di una cosa, sono in ultima analisi contenute nella mente di Dio.

Per Tommaso d'Aquino e per Agostino, l'esemplarismo è vero, e gli esemplari, o forme delle cose, si trovano in Dio. Così, per Tommaso d'Aquino, anche la conoscenza naturale degli uomini si ottiene con l'esperienza empirica che in ultima analisi attinge da un concetto universale che si trova in Dio. Ma emerge un dilemma: com'è che la mente umana dovrebbe astrarre l'universale nel suo piccolo specchio nella mente umana, quando non ha accesso diretto al divino? L'unico modo in cui ciò può funzionare è se c'è qualche ponte tra il fantasma e il concetto effettivo nella mente divina. Ma anche se si dice che esiste un debole specchio del concetto di "reale" nella mente divina, non avrebbe importanza, dal momento che la definizione della semplicità divina ha già precluso distinzioni nella Mente divina (perché si tratta dell'essenza divina). In altre parole, il problema viene spostato indietro di un passo, dal momento che nessuna mente in questa vita ha accesso alla visione beatifica. Perché lo schema di  Tommaso funzioni, c'è bisogno di accesso diretto al divino in questa vita in qualche forma o modo. Ma ricordate: la sua definizione operativa di semplicità preclude assolutamente una tale esperienza diretta di rivelazione della divinità stessa. Tutto ciò che si può conoscere di Dio in questa vita sono i suoi effetti creati nel mondo, che in un modo debole dovrebbero mostrarci qualche analogia della sua essenza. Questo è anche il motivo per cui Massimo il Confessore identifica i logoi (la sua versione di esemplari) come energie divine, non come essenza divina.

Ambrogio Lorenzetti: Allegoria del Buon Governo

Dov'è l'energia in questo luogo?

Un altro problema che presenta questo punto di vista è che l'analogia entis imposta Dio come qualcosa che opera su un continuum di essere dove, a causa del fatto che Tommaso d'Aquino interpreta "Io sono colui che sono" come qualcosa che stranamente significa "Io sono il puro Essere", pertanto l'essere di Dio è come ogni altro essere. Questa è la base dell'analogia entis, in cui si presuppone che le cose "siano" e che Dio "sia", per cui vi è una sorta di debole analogia di "essere", che può essere compresa tra l'essere creato e l'essere divino. Tuttavia, lo stesso fastidioso problema emerge ancora una volta con la questione della assoluta semplicità divina. Come ci può essere qualsiasi somiglianza nell' "essere" di esseri creati e temporale e dell'increato, eterno "essere"? Non vi è alcuna somiglianza.

Di fatto, la teologia apofatica, che Tommaso d'Aquino professa di sostenere, impone che l'infinito e increato sia inteso solo per negazione – da ciò che non lo è. "Ma un attimo," potreste ribattere, "questo significa che non possiamo conoscere Dio, poiché non vi è alcuna predicazione analogica. Tommaso d'Aquino rifiuta la predicazione univoca ed equivoco di Dio, optando per la predicazione analogica. Vedete, è la via di mezzo!" Signor tomista, hai mancato il punto. Tommaso d'Aquino non ha risolto il suo dilemma, ma lo ha aggravato, rendendo l'essenza divina in qualche modo analogica all'essere creato (il che è idolatria). È l'energia divina che è nota, non l'essenza di Dio. L'essenza divina è del tutto impossibile da sapere o capire, proprio perché la mente creata sarà sempre finita. Nessun uomo o angelo potrebbe mai assumere onniscienza, onnipresenza e onnipotenza.

Quindi, si presenta un percorso duplice che il tomismo può prendere con tutte queste ipotesi di lavoro. Può 1) dire che il divino si limita al suo regno, solo interagendo in questo mondo attraverso effetti creati e grazia creata e varie cause create, ma questa strada vorrebbe dire che i fondamenti del cristianesimo non sono più possibili. La Persona divina di Cristo non poteva davvero divinizzare la carne, i sacramenti sono solo condotti di più "grazia creata", e la conoscenza umana in questa vita non è mai davvero un'illuminazione divina, o 2) può rendere la divina essenza qualcosa da condivisibile dall'essere creato, nel qual caso ne deriverebbe il panteismo. In entrambi i casi il percorso è un vicolo cieco, ed entrambi i percorsi sono resi necessari a causa del rifiuto della distinzione tra essenza ed energia e dalla rigida, inflessibile definizione neo-platonica di ciò che è la semplicità. Voglio sottolineare che il problema è lo stesso in questi esempi perché è sempre il problema di come mettere in relazione l'idea di Tommaso di un essere assolutamente semplice di puro atto con un mondo creato di flusso e di tempo.

Una volta che di comprende questo quadro, diventa chiaro come ciò potrebbe portare allo scetticismo, al deismo, al razionalismo e all'ateismo illuministi. Se tutto ciò che è mai conosciuto di Dio sono effetti creati in questa vita, o se Dio è posto su un continuum di "essere", dove l'essenza divina è paragonata a un essere creato, allora non ha senso credere in questo Dio, specialmente quando il punto di partenza per la teologia è empirico. Come potrebbero i dati sensoriali empirici dare mai alcuna "prova" di un essere che, anche secondo la definizione di Tommaso di semplicità divina, non ha alcun rapporto reale con l'essere creato? L'essenza divina assolutamente semplice in sé non ha una causa, non è una causa in sé, né è causata, quindi a che serve l'analogia entis nel dire che è una "Causa prima"? È una frase senza senso, perché non ci dice nulla e ancora non colma il divario impenetrabile della semplicità tomista. A che serve dire che la conoscenza umana si fonda sull'esemplare intoccabile nell'essenza divina? Anche in questo caso, è inutile e non ci dice nulla – anzi, è impossibile nei termini stessi di questi sistemi! Coloro che hanno letto le argomentazioni di Palamas con Barlaam il Calabro avranno immediatamente familiarità con le somiglianze di argomentazione. In realtà, sono proprio questi punti che Palamas menziona a Barlaam, che lo portano a concludere profeticamente che il sentiero della persona che li adottasse sarebbe l'ateismo, portato alle logiche conseguenze. Indipendentemente dalla propria visione della teologia orientale, Palamas era preveggente quando si trattava del punto verso il quale la teologia occidentale si sarebbe diretta.

Il sentiero verso lo scetticismo, il deismo, il razionalismo e lo scientismo illuministi procede direttamente dalla teologia empirica che anche preceduto Tommaso d'Aquino in pensatori come Abelardo ed era contemporaneo di Tommaso d'Aquino in persone come Ockham. Anche se Tommaso non era un nominalista, ha accettato lo stesso punto dei nominalisti, cioè l'empirismo, e la teologia su base empirica, che, ancora una volta, deriva dall'analogia entis epistemica di partenza. Il nominalismo è assurdo, ed è sicuramente peggio di Tommaso d'Aquino sotto molti aspetti, ma nella misura in cui i due sistemi di pensiero condividevano lo stesso punto di partenza empirica, erano più coerenti. Se Dio è bandito dall'essere direttamente presente nel mondo attraverso le sue energie immanenti, tutto ciò che rimane è un mondo materiale di causalità presieduto da una divinità sconosciuta chiusa in se stessa. Tale posizione è una forma di deismo, e il deismo porta rapidamente all'ateismo. Se i dati dei sensi sono l'unica fonte della conoscenza umana, e i dati dei sensi sono dunque la fonte della conoscenza di Dio, nessuno di questi effetti causali creati è pari a una reale conoscenza del divino in sé. Il divino non è mai realmente accessibile o sperimentato, ma lo sono solo una serie di cause create. Questo, lettori miei, è il punto di vista di David Hume – ed è il modo in cui il tomismo conduce all'ateismo illuminista.

Per ulteriori approfondimenti, vi consiglio la critica di Teilhard de Chardin fatta da Philip Sherrard lungo le linee sopra elencate – un altro fulgido esempio del risultato finale della teologia empirica romana.

 
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La minaccia alla pace è reale

Sanzioni che si ritorcono su se stesse, navi da guerra con missili teleguidati che si dirigono nel direzione del Mar Nero, jet F-15 da combattimento sul confine della Russia. Come in molti paesi dell'America Latina e in altri paesi ("repubbliche delle banane") in passato, Washington ha stanziato e impegnato più di 5 miliardi di dollari per un governo illegale di destra che a Kiev ha strappato il potere ai funzionari eletti. I media occidentali alimentati da CIA e MI5 hanno sempre mentito sulle ragioni della guerra, dalla Jugoslavia all'Afghanistan, dall'Iraq alla Libia alla Siria. Ecco dieci cose che i media non vi raccontano di ciò che sta accadendo in Ucraina.

1. Washington ha pianificato il colpo di stato in Ucraina.

La funzionaria del Dipartimento di Stato americano Victoria Nuland è stata intercettata a complottare su chi sarebbe stato il prossimo capo dell'Ucraina. Si è vantata che gli Stati Uniti avevano speso 5 miliardi di dollari per finanziare il locale movimento di 'democrazia'. Il senatore John McCain e la baronessa Ashton dell'UE sono andati a Kiev, hanno parlato ai raduni e sono stati fotografati con il leader del partito fascista Svoboda. Le forze neo-naziste hanno catturato edifici pubblici e buttato fuori il governo eletto in un colpo di stato, poi hanno approvato nuove leggi senza quorum nel palazzo del parlamento; alcuni rappresentanti eletti non sono stati nemmeno ammessi all'interno da teppisti che stavano di guardia fuori con mazze da baseball. Intenta a destabilizzare l'Ucraina, la politica occidentale è di fatto di dividere e governare.

2. Non c'è stata alcuna invasione russa.

I funzionari occidentali hanno minacciato la Russia per avere 'invaso' l'Ucraina, un paese artificiale ideato dai comunisti e costituito da una piccola parte di Polonia orientale e da un grande pezzo di Russia occidentale, che esiste da soli 23 anni. Questa è una menzogna destinata a coprire il coinvolgimento occidentale nel colpo di stato. La Russia affitta una base militare in Crimea, che è stata parte della Russia per 200 anni fino al 1954, ed è legalmente autorizzata a farvi stazionare fino a 25.000 soldati. La Russia ha semplicemente detto che può agire per proteggere i civili se sono minacciati dai neo-nazisti di Kiev. Per quanto riguarda la Crimea la gente voterà domenica in un referendum democratico dicendo se vuole essere governata dalla giunta neo-nazista a Kiev o unirsi alla Russia. A quanto pare l'Occidente è contro la democrazia e l'autodeterminazione in Crimea, anche l'appoggia in Kosovo e in altre parti del mondo.

3. Le preparazioni per la guerra degli Stati Uniti.

La marina americana ha dislocato la USS Truxton, una nave da guerra armati di missili teleguidati, nel Mar Nero. Sei jet F-15 da combattimento e 60 militari sono stati inviati alla Lituania, in aggiunta a quelli già di stanza nel paese. Gli USA e l'UE stanno imponendo sanzioni e divieti di viaggio a funzionari russi. Politici occidentali e tabloid dei media hanno paragonato il presidente russo Vladimir Putin, democraticamente eletto e immensamente popolare, a Hitler. Quando si prepara per la guerra, l'Occidente usa sempre questo paragone fasullo per demonizzare i leader dei paesi avversari.

4. I neo-nazisti dominano il nuovo governo.

Il partito apertamente razzista, antisemita e pro-hitleriano Svoboda è uno dei tre maggiori partiti nel governo. Svoboda ha guidato le azioni di strada che hanno costretto il presidente eletto Yanukovych a fuggire. I fascisti armati del Settore di destra dalla Galizia (il far west dell'Ucraina, ex Polonia), che hanno picchiato gli avversari e vandalizzato le proprietà pubbliche, sono ora a capo dei militari. Subito dopo il colpo di stato, il rabbino capo dell'Ucraina, Moshe Reuven Azman, ha esortato gli ebrei a fuggire Kiev. Il primo atto del governo è stato quello di vietare l'uso del russo (l'83 % degli abitanti dell'Ucraina utilizza questa lingua nella vita quotidiana) e di altre lingue come lingue ufficiali. Gli oppositori del golpe sono stati picchiati, sono scomparsi, o hanno avuto i loro uffici e case vandalizzati e bruciati.

5. I golpisti hanno assunto cecchini per giustificare la loro invasione.

Una chiamata trapelata tra funzionari estoni e dell'Unione Europea rivela che le persone che stanno dietro il nuovo governo hanno assunto cecchini per uccidere manifestanti e polizia a Kiev. Ci sono tra 3.000 e 5.500 mercenari stranieri a Kiev. Il presidente Yanukovych è stato accusato degli omicidi e questo è stato usato per giustificare il colpo di stato.

6. Le grandi imprese vogliono controllare l' Ucraina – e la Russia.

Oleodotti e gasdotti in Ucraina portano carburante dalla Russia all'Europa. Le grandi imprese vuole controllare i condotti per tagliare il flusso dalla Russia e aumentare i propri profitti e persino prendere il sopravvento sulle risorse russe.

7. La spinta della NATO all'espansione.

Come parte della spinta occidentale a smantellare la Russia, il Pentagono vuole stabilire basi militari e missili al confine tra Ucraina e Russia. L'alleanza della NATO gestita dagli Stati Uniti si è ampliata in modo aggressivo in Europa orientale negli ultimi 20 anni, aggiungendo finora 12 paesi. Le forze USA / NATO continuano ad occupare il sud dell'Afghanistan.

8. Miliardi per il colpo di stato illegale in Ucraina, tagli ai buoni pasto negli Stati Uniti

Ai primi di febbraio, il Congresso e l'amministrazione Obama hanno deciso di tagliare i benefici di assistenza alimentare per le famiglie affamate di 8,7 miliardi di dollari, sostenendo che non ci sono soldi. Eppure, poche settimane dopo, hanno annunciato 10 miliardi di dollari di assistenza ai neo-nazisti in bancarotta a Kiev. Il segretario di Stato John Kerry ha personalmente consegnato il primo miliardo il 4 marzo.

9. Potere agli oligarchi.

Il nuovo regime ha nominato ricchi oligarchi come governatori delle regioni ribelli dell'Ucraina orientale. Ha inoltre convenuto un piano di austerità del FMI redatto da Washington per tagliare le pensioni dei lavoratori, le assicurazioni contro la disoccupazione e i programmi sociali – proprio come i tagli che i lavoratori in Grecia e altrove hanno avuto dall'Unione europea.

10. Il popolo sta facendo resistenza in tutta l'Ucraina.

La gente nell'Ucraina orientale, meridionale e settentrionale sta resistendo al colpo di stato. Alcuni hanno preso il sopravvento su edifici regionali e cittadini e si rifiutano di consegnarli alla giunta. Altri stanno marciando su basi militari e chiedono che le truppe disobbediscano ai comandi dei neo- nazisti a Kiev. La maggior parte della marina ucraina ha disertato dalla parte del popolo, come anche parti della piccola aviazione ucraino. Le truppe ucraine si rifiutano di obbedire agli ordini della giunta a Kiev. Alcuni stanno supplicando il governo russo di proteggerli e aiutarli contro gli euroterroristi a Kiev. Il popolo ucraino ricorda bene il regime nazista durante la seconda guerra mondiale e non tollererà di averlo di nuovo.

 
Sulla comunione dei bambini

Padre Petru, la preghiamo di spiegare quali sono i requisiti per la comunione dei bambini perché, spesso, i genitori portano i loro figli solo alla fine della Liturgia, e dopo la comunione vanno immediatamente via; a volte i bambini hanno la bocca piena di cibo, ma vogliono anche la comunione. Ci sono canoni e regolamenti della Chiesa in questo senso?

La questione è molto seria e non credo che ci possa essere una risposta categorica e unilaterale alla questione della comunione dei bambini, soprattutto perché ci sono già molte tradizioni locali molto diverse in questo senso. Quindi, parliamo della partecipazione a tutta la Liturgia (+ gli altri uffici della Chiesa?) E il digiuno (ovvero l'astinenza dal cibo) prima della comunione, ma con riferimento ai bambini, non agli adulti. Io cerco di formulare una risposta sistematica:

1. I cattolici romani non hanno alcun problema di comunione dei bambini, perché danno la prima comunione solo a sette anni, ètà dopo la quale i fedeli si comunicano solo con l'ostia senza partecipare al vino eucaristico. Questa pratica era in realtà una delle possibili soluzioni per l'ondata di bambini che sempre più spesso erano battezzati nella prima infanzia, ma non potevano parecipare al corpo e al sangue del Signore dati separatamente, come facevano gli adulti nei primi secoli. Beninteso, non sono d'accordo con questa pratica, ma neppure la condanno a titolo definitivo, in quanto molto probabilmente era usata anche nelle Chiese dell'Oriente fino a quando queste hanno generalizzato l'uso del cucchiaio nei secoli X-XI. Come si sa, la comunione con il cucchiaio permette di dare anche ai bambini neo-battezzati per lo meno una goccia del sangue eucaristico, e con la loro crescita – anche piccoli frammenti del corpo. Ho fatto questa precisazione per far comprendere che il problema della comunione dei bambini è sorto nella Chiesa abbastanza tardi, perché fino al secolo VI si battezzavano raramente i bambini, poi per un altro paio di secoli sono stati battezzati solo intorno ai 3-4 anni d'età, quando già capivano qualcosa e potevano anche digiunare prima della comunione e stare composti vicino ai loro genitori. Non sappiamo che cosa facessero i bambini fino al battesimo, né come partecipassero alle funzioni i loro genitori, se non avevano qualcuno a cui lasciarli. La storia tace...

2. Il digiuno obbligatorio prima della comunione ha cominciato ad essere praticato in Oriente dai secoli II-III, e in Occidente dai secoli IV-V (Sinodo di Ippona nel 393 e Canone 41 di Cartagine). Dato il contesto storico di allora, quando le persone che erano battezzate e che partecipavano alla Liturgia erano per la maggior parte adulte, ci rendiamo conto che il digiuno riguardava gli adulti, senza che fossero formulate eccezioni per i bambini o i neonati.

3. La condizione della partecipazione a tutta la Liturgia è suggerita dal Canone 2 di Antiochia (sec. IV), dove si capisce che i fedeli erano abituati a partecipare all'intera funzione, trascurando proprio l'elemento della comunione. Ma la domanda si riferisce a una situazione contraria, quando i fedeli trascurano la Liturgia volendo solo la comunione. Come per il problema del digiuno, tutte le prove storiche dirette e occasionali parlano solo degli adulti, senza alcun riferimento ai bambini.

4. La prassi liturgica e pastorale di parla molto chiaramente di una percezione magica della comunione, che la vede presumibilmente come qualcosa che aiuta e custodisce i bambini da tutti i mali, ma i genitori che portano i loro bambini, da parte loro, si comunicano raramente o per niente. Sono già grandi e non hanno bisogno di questo "aiuto magico"... Inoltre, i bambini vengono portati alla comunione solo fino all'età di 3-4 anni, quando il sacerdote dà loro l'eucaristia anche se hanno mangiato o, al massimo, fino a 7 anni, quando ai bambini è già imposta la confessione. Dopo di che, anche se i bambini hanno ancora bisogno di un approccio speciale fino ai 12 anni o più, i cliché pseudo-ecclesiali limitano drammaticamente l'accesso alla comunione per mezzo di diverse regole oggettive o soggettive.

5. Un sacerdote responsabile non deve essere affatto contento quando vede che i genitori portano i loro figli a comunicarsi, ma essi stessi non si comunicano. Da un punto di vista missionario e psico-pedagogico, un tale gesto dovrebbe essere accettato solo come eccezione, ma non come regola. Personalmente ho visto moltissimi bambini che hanno accettato la comunione solo dopo aver visto i genitori che si comunicano. Ma ci sono abbastanza chiese dove i bambini sono trattenuti per le mani e i piedi per farli comunicare a forza, e questa violenza traumatizza in modo irrimediabile un gran numero di anime innocenti.

6. Dato che non ci sono regole generali e accurate per la comunione dei bambini, i sacerdoti hanno abbastanza libertà e responsabilità per trovare la soluzione migliore per fare in modo che i bambini amino la Chiesa e le sue funzioni. Questa preoccupazione deve essere una strategia spirituale a lungo termine, che tenga conto degli errori pastorali e missionari fatti nel corso del tempo, e non una gioia momentanea per la comunione di due o tre bambini. I sacerdoti devono avere sufficiente saggezza e coraggio di fare ordine nella propria parrocchia (se, naturalmente, sono interessati a farlo), e alcune persone nella chiesa potrebbero venire loro in aiuto.

7. Considero che i lattanti e i bambini fino a 4-5 anni si possano comunicare anche se hanno mangiato, ma di pari passo con la crescita il tempo tra l'ultimo pasto e la comunione dovrebbe aumentare. Non è un problema se un bambino piccolo fa una colazione leggera alle 8 del mattino, poi si comunica alle 10 o alle 11. Neppure all'asilo lo faranno mangiare più di una volta ogni 3-4 ore, e non ogni volta avrà carne e latticini, perciò non c'è motivo di dar loro da mangiare subito prima della comunione, che è un modo di viziarli e cattiva educazione. Naturalmente, se i bambini che hanno più di 4-5 anni (e perfino quelli di più di 7 anni) hanno problemi di sviluppo fisico, con la benedizione del parroco, possono anche mangiare un poco al mattino, ma dobbiamo fare in modo che dietro queste debolezze fisiche non si nascondano capricci o ricatti dei genitori. Quindi, occorre molto discernimento e comprensione in questo senso, e i casi singoli non devono diventare la norma. Alla fine, l'approccio può essere simile a quello per i malati o per le donne incinte, che varia anch'esso da caso a caso...

8. Il problema della partecipazione a tutta la Liturgia è molto più complicato di quello del digiuno perché, da un lato, i bambini sono a volte molto rumorosi e non possono essere tenuti in chiesa senza disturbare l'intera comunità, e d'altra parte, i genitori vorrebbero – e dovrebbero anche – partecipare a tutta la funzione. I bambini dovrebbero partecipare alla funzione fin da quando iniziano a capire almeno alcune delle letture bibliche, della predicazione e delle preghiere, e questa comprensione non viene da sé, ma attraverso uno sforzo congiunto del sacerdote, della comunità e soprattutto dei genitori. Ci sono diverse soluzioni a questo problema relativo, e ogni famiglia, consultandosi con il sacerdote, potrà scegliere quella che le soddisfa di più. In questo contesto, non sono d'accordo (soprattutto perché ci ho provato personalmente) che la chiesa organizzi un'area speciale dove i bambini giocano e da dove sono portati all'altare al momento della comunione. I bambini non arrivano mai a vedere la differenza tra l'asilo e la chiesa, prendendo tutto come divertimento e giocare senza sapere si fatto che cosa ricevono con la comunione e che questa implica una certa preparazione. Ritengo più appropriato che entrambi i genitori vengano con il loro bambino in chiesa, ma rimanendo più vicini alla porta, e se questo piange, uno di loro può portarlo fuori per un po' e spiegare (in modo comprensibile al bambino) che in chiesa deve stare buono, e poi tornare. Alla fine della Liturgia, il genitore che è rimasto in chiesa e ha ascoltato integralmente la funzione potrà prendere il bambino e comunicarsi insieme a lui. Se il secondo genitore non ha perso troppo della funzione può comunicarsi, mentre se è rimasto troppo fuori (soprattutto nei momenti chiave della Liturgia), lo farà la domenica successiva, quando i genitori scambieranno tra loro questi compiti. Se i genitori hanno più figli, i più grandi possono rimanere con un genitore in chiesa, mentre i più piccoli possono uscire se piangono e disturbano gli altri. Dopo un certo periodo, vedremo che i bambini si abitueranno a stare composti accanto ai loro genitori. È naturale che il risultato arriverà col tempo, dopo diversi mesi di partecipazione alle funzioni, non all'improvviso, come vorrebbero alcuni genitori.

9. È inammissibile la pratica diffusa in molte parrocchie romene di comunicare i bambini in qualsiasi momento del servizio con la riserva dei santi misteri. Questa trasforma la comunione – che è per definizione un atto comune – in un gesto consumistico particolare, spezzato dalla sinassi liturgica. Tale comunione diventa una sorta di "fast food". La Chiesa conserva la riserva dei santi misteri soprattutto per i malati che non possono venire alla Liturgia e sono comunicati a casa o in ospedale, o per altre persone che di fatto non possono partecipare alla Liturgia.

10. Oltre alla partecipazione alla Liturgia, la Chiesa sottolinea della partecipazione dei fedeli al Vespro e al Mattutino. La preparazione per la comunione inizia alla veglia della domenica o della festa quando un fedele si raccoglie nei propri pensieri, si confessa, si modera e inizia a leggere le preghiere prima della comunione. Allo stesso modo, al mattino i credenti vengono in anticipo in chiesa per prepararsi spiritualmente all'incontro con Cristo. Se alcuni credenti non possono venire presto a causa dei bambini o di una grande distanza, dovrebbero comunque sforzarsi di arrivare almeno 15 minuti prima della Liturgia, per venerare le icone, per accendere una candela e scrivere un memoriale prima dell'inizio della celebrazione eucaristica vera e propria.

 
L'autorità nell'antico Israele

Qual era la fonte della dottrina per gli israeliti nell'antico Testamento? La Tradizione o la Scrittura?

San Paolo ci dice che Dio "aveva gia parlato nei tempi antichi molte volte e in diversi modi ai padri per mezzo dei profeti..." (Ebrei 1:1). E così c'era una serie di modi in cui Dio si manifestava e insegnava al popolo dell'Antico Testamento, e questi modi sono cambiati nel corso del tempo.

In vari momenti dell'Antico Testamento ci sono casi di rivelazione diretta, nella quale Dio comunica direttamente con persone specifiche. Questo, naturalmente, non era qualcosa che accadeva ogni giorno per tutto l'Antico Testamento. L'Antico Testamento si concentra su questi casi, e quindi è facile avere l'impressione che Dio stesse costantemente operando prodigi e parlando ai suoi profeti, ma un esame più attento mostrerà che queste istanze erano brevi episodi in periodi di tempo molto più lunghi in cui non accadeva nulla del genere. Per esempio, a partire dal momento della morte del patriarca Giuseppe e fino al tempo di Mosè, non ci sono casi registrati di qualsiasi nuova rivelazione... e questo fu un periodo di quasi 400 anni.

Dunque, che cosa guida i fedeli tra i periodi di rivelazione diretta? La Tradizione. Il libro della Genesi, per esempio, registra la rivelazione che Dio fa di se stesso ad Adamo ed Eva. Ma migliaia di anni sarebbero passati prima che queste cose fossero messe per iscritto. Furono conservate dalla tradizione orale da parte di coloro che erano fedeli... e, a nostra volta, crediamo che lo Spirito Santo abbia guidato la conservazione di queste tradizioni orali. Alla fine le cose cominciarono a essere scritte, e nel corso del tempo i libri del'Antico Testamento giunsero a essere riconosciuti come resoconti autorevoli e ispirati di queste tradizioni. Tuttavia, poiché queste rivelazioni erano ancora incomplete, Dio ha continuato a fornire una nuova rivelazione diretta tramite i suoi profeti per correggere gli errori del popolo, e per continuare a prepararlo per la venuta del Messia.

Ma che dire delle "tradizioni degli uomini" che Cristo condanna nei Vangeli? Naturalmente, non tutte le tradizioni sono di uguale peso, ma se non ci fosse una Tradizione affidabile, non avremmo alcuna Scrittura affidabile. I libri della Scrittura sono stati prodotti dalla Tradizione, e sono stati preservati dalla Tradizione. Non abbiamo copie originali di alcun libro della Bibbia. Tuttavia, riteniamo che lo Spirito Santo abbia ispirato la tradizione che ha formato la Scrittura, e crediamo che lo Spirito Santo abbia pure conservato la Scrittura pure. Era anche per Tradizione che gli Israeliti sapevano quali libri della Bibbia erano ispirati, e quali non lo erano. Il problema con le tradizioni degli uomini che Cristo condannava è che erano "degli uomini" ed erano una distorsione della autentica Tradizione ispirata da Dio. Ma è chiaro che ci doveva essere una Tradizione autentica, mantenuta dai fedeli (che a volte componevano solo un piccolo residuo, ma che tramandavano continuamente la Tradizione).

Ne possiamo vedere un esempio nel culto del tabernacolo dell'Antico Testamento, e più tardi nel Tempio. Nella Legge di Mosè, c'è una moltitudine di dettagli in merito al culto israelita, ma vi è descritto soprattutto ciò che è per il bene del popolo. Si offrono pochi dettagli su come i sacrifici erano effettivamente eseguiti – cosa che per i protestanti non liturgici non è così ovvia, ma noi che facciamo parte di una tradizione liturgica, e che abbiamo esperienza del compimento delle funzioni, sappiamo che anche i libri scritti per i sacerdoti, con ampie rubriche, necessitano ancora di una parte di tradizione orale per guidare i sacerdoti a come compiere effettivamente i riti. Non c'è quasi nulla del genere nella legge di Mosè – probabilmente per prevenirsi contro coloro che non erano sacerdoti e che tentavano di celebrare illecitamente. E tuttavia, quando due dei figli di Aronne violarono le istruzioni di Dio su come doveva essere fatto il culto, furono bruciati da Dio (Levitico 10:1-7). Non ci viene detto esattamente nella Scrittura ciò che Nadab e Abiu avrebbero dovuto fare, né esattamente che cosa hanno fatto di sbagliato, solo che avevano offerto un "fuoco illegittimo" che il Signore non aveva comandato loro di fare. Chiaramente, i sacerdoti sapevano quello che dovevano fare, e questo veniva dalla Tradizione non scritta... almeno non scritta in qualsiasi testo diventato poi parte della Scrittura, ma era abbastanza autorevole per essere la causa della morte di due sacerdoti che non sono riusciti a rispettarla.

Quindi, per rispondere alla domanda di quali fonti di dottrina erano utilizzate dagli israeliti, dovremmo specificare in quale punto della loro storia per rispondere più pienamente a questa domanda. Ma dopo che le Scritture dell'Antico Testamento cominciarono ad essere scritte, non era una questione di Scrittura o Tradizione, ma di Tradizione scritta e non scritta.

 
"La missione ortodossa indiana sarà la missione più feconda nel mondo!"

Recentemente, la redazione di Pravoslavie.ru ha ricevuto una lettera da un fedele della missione ortodossa russa in India, studente all' Accademia teologica ortodossa di San Pietroburgo, chiedendo di pubblicare la sua lettera, "per il bene della Chiesa e la gloria di Dio".

Il mio nome è Clement Nehamaiyah. Sono uno studente alla facoltà degli studenti stranieri dell'Accademia teologica ortodossa di San Pietroburgo. Sono nato nella città di Chandrapur, nello stato del Maharashtra, in India. Sono nato e cresciuto in una famiglia della Chiesa anglicana alta. La mia era la quarta generazione di cristiani anglicani nella mia famiglia e nella mia città. La prima missione della Chiesa episcopale scozzese (parte della Comunione anglicana) in India è stata anche la prima missione cristiana nella mia città, anche se il regime britannico in quel momento era contrario al lavoro missionario e lo proibiva.

Mio fratello Polycarp era un vescovo anglicano. Durante i suoi studi teologici è venuto a sapere della Chiesa ortodossa, ma non aveva mai conosciuto nessuna Chiesa ortodossa, tranne i giacobiti monofisiti che si definiscono ortodossi. È stato lo studio della storia ecclesiastica e della teologia patristica, che lo ha convinto della verità dell'Ortodossia e lo ha spinto a persuadere altri a scoprire l'Ortodossia.

Quando mio fratello era ancora un pastore anglicano, prima di essere eletto all'ufficio episcopale, ha inviato lettere di richiesta al metropolita greco ortodosso di Hong Kong e del Sud Est Asiatico, ma non abbiamo mai avuto risposta da loro. Così, dopo alcuni mesi ha inviato lettere al Patriarcato ecumenico e al Patriarcato di Mosca. E ancora una volta non abbiamo mai avuto risposta da loro. Dopo aver atteso ancora per qualche mese ha di nuovo inviato lettere alla ROCOR. E finalmente, dopo un paio di mesi di attesa abbiamo ottenuto una risposta da un rappresentante della ROCOR. Anche se questo contatto era stato stabilito, abbiamo dovuto aspettare per un anno dall'inizio del dialogo in merito alla possibilità di una missione in India.

Polycarp, fratello di Clement Nehamaiyah, da vescovo anglicano, prima di passare all'Ortodossia

Infine nel mese di agosto 2012, un laico da Mosca di nome Sergej è stato inviato alla nostra comunità in India, con la benedizione dell'arcivescovo Mark. Dopo la sua relazione al metropolita Ilarion (Alfeev), [capo del Dipartimento delle relazioni ecclesiastiche esterne, ndc] e all'arcivescovo Mark, questi hanno mandato padre Stanislav dalla diocesi di Karelia per ricevere la nostra comunità nella Chiesa Ortodossa per mezzo della cresima nel novembre 2012. Prima che si compisse un fruttuoso dialogo con la Chiesa ortodossa avevamo una cinquantina di parrocchie o comunità, ma poiché il passaggio dalla Chiesa anglicana alla Chiesa ortodossa ha preso molto tempo, la maggior parte delle comunità è tornata alla Chiesa anglicana e solo cinque comunità hanno fedelmente seguito il loro ex vescovo, che è diventato un semplice laico nella Chiesa ortodossa russa.

Quando abbiamo deciso di imbarcarci sull'arca della salvezza, la santa Chiesa, molte volte i nostri amici anglicani ci hanno detto che stavamo facendo un errore, ma per la misericordia di Dio, siamo stati felici e ben disposti a fare questo errore. Uno dei momenti più difficili è stato quando la maggior parte delle comunità ha deciso di tornare alla Chiesa precedente quando i membri non potevano più aspettare. È stato davvero un momento di debolezza, e io ho dovuto chiedere a me stesso: stiamo davvero andando nella direzione giusta? Perché ci vuole così tanto tempo solo per entrare nella Chiesa, se questo è veramente il corpo di Cristo? Come ho letto nelle istruzioni per il servizio della cresima, i convertiti all'Ortodossia non devono essere tentati di tornare alla loro eterodossia a causa di ritardi; quindi la domanda che mi ha colpito è stata: la Chiesa non dovrebbe essere più entusiasta di prendere persone che desiderano far parte della famiglia di Dio? Ma, quando Dio ha aperto di più il mio cuore, ho capito che Dio non ci ha dimenticati, ma è lui che ci chiama a sé nel suo corpo. Ma questo causando grande difficoltà agli spiriti caduti uno, ed è per questo che sollevano ostacoli sul nostro cammino.

Ora che sono nella Chiesa, sono contento che il Figlio di Dio abbia calpestato Satana sotto i suoi piedi e ci abbia abbracciati. Ora vedo il compimento della fede. Non è che i cattolici romani o gli anglicani o i protestanti non abbiano fede, anzi ne hanno, ma è una fede frammentata, incompleta ed erronea, la fede eterodossa. Ma qui, nel Corpo di Cristo, ho trovato la fede completa, infallibile, e ortodossa. Sono pienamente convinto di questo tesoro di fede apostolica e della sposa immacolata di Cristo, la cui pietra angolare è Gesù stesso, mentre i profeti e gli apostoli sono le colonne e il fondamento di quest'arca. Qui mi sento circondato da una moltitudine di testimoni, e sono in costante comunione con i santi di tutte le età. Ricordo un inno dei nostri tempi anglicani: "Cosa può lavare via i miei peccati? Nient'altro che il sangue di Gesù! Oh, prezioso è il flusso, che mi rende bianco come la neve. Nessun'altra fonte conosco, altro che il sangue di Gesù!", e trovo il suo compimento qui all'interno del Corpo di Cristo, perché è solo qui che ricevo la vita eterna quando ogni settimana al banchetto di Dio ricevo come festa il santissimo Agnello di Dio, che è stato immolato prima della fondazione del mondo, e che prende su di sé i miei peccati e mi rende di nuovo mondo. Non ci sono parole e non si sono lingue che conosco, sufficienti a descrivere quello che ho trovato nella casa di Dio; come possono queste labbra contaminata descrivere l'indescrivibile vero sabato che la mia anima ha ricevuto?

Ho gustato la fonte dell'immortalità e sinceramente desidero che anche la mia gente possa gustare e vedere quant'è buono il Signore. L'India è la più antica civiltà ancora esistente nel mondo; è una terra ricca di diversità e tuttavia piena di gente semplice e religiosa. È a questa terra che la santissima Trinità si è compiaciuta di inviare il suo apostolo a predicare la buona novella dell'amore e del perdono di Dio, la buona novella del Regno di Dio. Una terra pagana è stata benedetta da Dio attraverso san Tommaso, apostolo che dubitava, ma che quando credeva andava senza paura davanti a tutti gli apostoli. L'India è una terra coltivata dalle fatiche del santo apostolo Tommaso e irrigata dal sangue del suo martirio. Come ha detto il nostro Signore Gesù Cristo, "Se il chicco di grano caduto in terra non muore, rimane solo; ma se invece muore, produce molto frutto. "Il seme primordiale di grano, il nostro Signore, ha già prodotto molti semi, e l'apostolo Tommaso, come uno di quei semi, ha imitato il suo Signore e Dio in India, producendo molti semi. Purtroppo, come Cristo ci ha detto nella sua parabola, il nostro nemico ha seminato la zizzania in mezzo a questo grano: queste erbacce sono state le empie eresie nestoriane il grano sono stati gli ortodossi fedeli all'apostolo Tommaso. Queste erbacce sono cresciute rapide come spine e hanno soffocato il grano coltivato da Tommaso. Per circa 1700 anni, il serpente antico ha pensato di essere stato vittorioso. Ma le potenti intercessioni di san Tommaso e la Misericordia di Dio lo hanno schiacciato di nuovo e hanno fatto crescere il grano dell'Ortodossia in India. Ora la luce che era stata spenta dal padre della menzogna è ormai accesa di nuovo, per non essere più estinta, ma per brillare come un sole ardente annunciando il Vangelo del sole di giustizia.

il vescovo Atanasije (Jevtić) con due studenti dell'Accademia teologica ortodossa di San Pietroburgo. A sinistra: Clement Nehamaiyah

Questa è la terra di Tommaso, ed è resa molto fruttuosa dal nostro Dio. C'è un certo carisma ineguagliabile nella nostra fede e di culto che raggiunge il cuore delle persone. Ho visto che la luce del mondo sta attirando molte persone all'Ortodossia in India. Il termine "missione" deriva dal verbo latino mittere, che significa "inviare", "spedire", e che implica "un compito", una "commissione". Gli apostoli (letteralmente, "quelli che vengono inviati") sono stati i primi missionari cristiani a compiere il comandamento dato loro dal Signore e Salvatore Gesù Cristo stesso: "Andate, dunque, e ammaestrate tutte le nazioni, battezzandole nel nome del Padre e del Figlio e del santo Spirito, insegnando loro ad osservare tutto ciò che vi ho comandato" (Mt 28, 19-20). Quindi, in risposta al suo comando, diventando missionari, ci rivolgiamo sia ai non cristiani sia ai cristiani eterodossi. Le parole di Cristo si inseriscono veramente nel contesto dell'India: "La messe è molta, ma gli operai sono pochi." Vi è una grande opportunità per il lavoro missionario in India. Di fatto, non si può trascurare il pericolo, perché c'è sempre minaccia da quel fondamentalismo di cui il mondo è consapevole; ma non c'è mai stato un tempo in cui non ci sia stato alcun pericolo per i lavoratori del campo di Cristo. In India, anche il fondamentalismo indù sta raggiungendo il suo apice. Di volta in volta, in passato hanno dimostrato il loro odio per i cristiani, a cominciare dall'omicidio di Tommaso. Oggi ci sono centinaia di organizzazioni fondamentaliste indù in India, alcune delle quali sono impegnate in attività terroristiche indù. La RSS (Rashtriya Swaynsewak Sangh) è l'ombrello dell'organizzazione fondamentalista indù che ha ucciso anche il Mahatma Gandhi. La RSS ha sede a Nagpur, nella zona della nostra missione. La RSS e centinaia di sue organizzazioni filiali, come VHP, Bajrang Dal, Abhinav Bharat, ecc sono letteralmente presenti in ogni stato, città e villaggio dell'India. Questa RSS da sola ha circa 6 milioni di membri attivi e cinquantamila filiali in tutta l'India, più del numero totale delle parrocchie ortodosse russe. Da quando il nuovo governo fondamentalista indù è salito al potere in India, tutte queste organizzazioni fondamentaliste hanno ricevuto la forza e il sostegno per effettuare le loro azioni contro i cristiani di tutte le confessioni. Se controlliamo le notizie sulla situazione in India troveremo che questi fondamentalisti indù convertono apertamente i cristiani all'induismo, bruciano le chiese, picchiano i cristiani e vigilano sulle attività cristiane in tutta l'India, e sono passati solo pochi mesi da quando questo governo è salito al potere: ha cinque anni interi per governare l'India, e solo Dio sa quello che ci aspetta. Sappiamo che i tempi sono duri e che peggioreranno, come ha detto Gesù, "Verrà il tempo in cui quelli che vi uccidono penseranno che stanno facendo l'opera di Dio" (Gv 16: 2), ma noi non abbiamo paura perché lo stesso Signore ha promesso, "Vi ho detto queste cose, perché abbiate la pace in me. Nel mondo avrete tribolazioni, ma abbiate fiducia; io ho vinto il mondo" (Gv 16:32). E come possiamo dimenticare le parole: "Noi sappiamo che tutto concorre al bene di coloro che amano Dio, per coloro che sono chiamati secondo il suo disegno" (Rm. 8,28).

Oggi questa missione ortodossa russa in India è molto piccola, debole, manca molte cose di base, e deve affrontare molti ostacoli e problemi a causa di questa mancanza. Se le esigenze di questa missione piccola, umile, fedele e feconda saranno soddisfatte, sono sicuro al 100 per cento del grande successo dell'Ortodossia in India. È come le nostre dita: se abbiamo un solo dito sulla nostra mano sarà singolo e non sarà in grado di fare molto di quello che avrebbe potuto fare con le altre quattro dita. In questo momento questa missione è come un singolo dito su una mano. Abbiamo bisogno dell'aiuto di tutte le altre quattro dita per funzionare pienamente per la gloria di Dio. Inoltre, quando si parla di lavoro missionario in India non dobbiamo dimenticare che la filosofia del "karma" (azione) è il cuore dell'India, e le buone azioni, la carità, ecc., sono considerate le più alte forme di morale in India. In un documento intitolato, "Sulla missione esterna della Chiesa ortodossa russa oggi" del Dipartimento delle relazioni ecclesiastiche esterne del Patriarcato di Mosca nostra, ho letto che il lavoro sociale è una forma di evangelizzazione e di lavoro missionario secondo i Vangeli. Il documento dice: "la testimonianza sociale a Cristo passa attraverso le opere buone, il servizio sociale, la carità, l'aiuto ai poveri e agli indigenti, secondo l'invito evangelico: Così risplenda la vostra luce davanti agli uomini, perché vedano le vostre opere buone e rendano gloria al vostro Padre che è nei cieli" (Mt 5:16). Questo è certamente vero, specialmente nel contesto dell'India, perché questo è ciò che si vede prima. Come insegnava san Giacomo, "Che giova, fratelli miei, se uno dice di avere la fede ma non ha le opere? La fede può salvarlo? Se un fratello o una sorella sono nudi e privi del cibo quotidiano e uno di voi dice loro: 'Andatevene in pace, riscaldatevi e saziatevi', ma non date loro le cose necessarie per il corpo, a che giova? Così anche la fede da sola, se non ha le opere, è morta" (Gc 2:14-17). La nostra fede dovrebbe riflettersi nelle nostre opere in modo che noi non possiamo essere chiamati chiacchieroni vuoti, ma piuttosto manifestiamo attivamente l'amore di Dio.

ortodossi indiani. Villaggio di Kothari

In questo momento noi non abbiamo un nostro sacerdote per soddisfare le esigenze spirituali dei fedeli. Il fatto è che abbiamo anche bisogno di servizi regolari, di tutti i riti sacri e dei misteri, ma dato che non abbiamo un nostro parroco siamo privati di tutte queste cose sante. Non abbiamo qualcuno che possa eseguire i riti, dalla nascita al funerale. L'anno scorso sono morti tre membri della nostra missione, una giovane donna e due bambini. La giovane donna (Kavita) era l'unica persona cristiana e ortodossa nella sua famiglia indù. Quando è morta, la sua famiglia ha chiesto che fosse seppellita secondo il rito cristiano in un cimitero, ma perché non abbiamo un cimitero, non si è potuto fare. Perciò la sua famiglia ha cremato il suo corpo in un crematorio induista secondo il rito indù e non ci ha permesso di essere presenti. Quando sono morti i bambini, anche loro hanno dovuto essere cremati in un crematorio indù. Cattolici e protestanti non permettono gli uni agli agli altri o ad altri cristiani di seppellire i morti nei loro cimiteri, quindi rimane aperta la questione di cosa fare con i corpi dei fedeli ortodossi defunti. Abbiamo bisogno tra noi di un sacerdote locale permanente che conosca molto bene il posto, la cultura, costumi e i linguaggi e che possa confessare la gente, consigliarla, guidarla, e insegnare in un modo in cui la gente possa capire, perché anche Dio non si è limitato a parlare con noi dall'alto, ma si è fatto carne ed è venuto ad abitare in mezzo a noi.

Con la grazia di Dio e le preghiere dei Suoi santi in cielo e sulla terra, ho piena fiducia nel Signore che la missione indiana sarà la missione più feconda nel mondo, perché il Signore ha già preparato la mia gente a ricevere il Vangelo della salvezza. Spero che molte persone in Russia e in altri luoghi si uniranno a noi nella nostra missione di portare la gente alla luce di Cristo, e davvero ci sarà gioia in cielo!

Per ulteriori informazioni consultate il sito web della nostra missione.

 
Il prete più rigoroso della Russia: non chiedetemi MAI un divorzio

Se odiate l'approccio zuccheroso al matrimonio a cui ci hanno condotti Disney e Hollywood, questo veemente video risuonerà nel vostro animo.

Il babau di padre Andrej Tkachev sembra essere l'approccio moderno e leggero al matrimonio. Rifiutandosi di ricoprire di zucchero qualsiasi cosa, nel nostro clima politicamente corretto, può sembrare eccessivamente duro e al limite della severità.

Ma lui non sembra curarsene. Vuole che la gente riesca a capire che i matrimoni sono diventati tutto spettacolo e niente sostanza, focalizzati sullo scintillio e non su Dio... e che questo è disperatamente, orribilmente SBAGLIATO.

Trascrizione del video:

Il matrimonio in chiesa non tiene insieme le persone. Chi non lo sa? Perfino i sacerdoti, sposati in chiesa, divorziano. E le mogli dei preti li tradiscono. Conosciamo molte storie terrificanti del genere.

Niente tiene più insieme le persone. Le persone sono impazzite!

Il problema è che non tutti dovrebbero essere sposati in chiesa. Alcune persone dovrebbero essere allontanate dalla chiesa.

E alcune persone dovrebbero lavorare a lungo per prepararle al matrimonio in chiesa. Ma non così: voglio sposarmi in chiesa! Oh, che bello! Quanto costa? 500 rubli. Puoi venire domani. Proprio così.

Se un prete sposa 100 coppie e su queste cento 85 divorziano, allora quel prete è un mascalzone.

Il matrimonio in chiesa è stato trasformato in una bella cerimonia, in una limousine noleggiata, una bambola vestita da sposa, un cameraman, riso e coriandoli sulla strada, bei vestiti, begli anelli, alcune chiacchiere sciocche, feste da ubriachiche durano da due a tre giorni. Tutto ciò richiede molti preparativi.

Invece, l'energia dovrebbe essere collocata quando il prete parla, insegna, spiega. Il sacerdote dovrebbe pregare insieme con loro, farli andare in chiesa ogni domenica. Vietare loro di dormire insieme prima del matrimonio. E insegnare loro qualcosa sulla relazione coniugale.

Nessuno ve lo dirà tranne me. Vi augureranno felicità e salute... Non c'è nient'altro nel cervello. Nessuno vi augurerà nient'altro.

E devo dirvi che dovrete essere fedeli l'uno all'altro. Quindi, se litigate, dovreste venire da me e decideremo insieme come tollerarvi. Quindi non lamentatevi l'uno con l'altro o con i vostri amici e genitori. Allora la moglie sarà obbediente, allora il marito farà 3 lavori per la famiglia. Farà del suo meglio per essere uno che si guadagna il pane e non un parassita.

Bisogna dire loro la verità. E bisogna anche dire che nelle preghiere nominiamo prima il marito e poi la moglie, non viceversa.

E che gli aborti sono vietati, che dovrebbero avere più di 2 bambini. Non 2, ma più di 2. Subito dopo il matrimonio dovreste pianificare di avere più di 2 figli. Poiché 2 è solo per il mantenimento, e noi dobbiamo moltiplicarci.

Non osate venire da me per una questione di divorzio. Vi ho sposati in modo che viviate eternamente insieme. Venite da me per comunioni, battesimi, confessioni.

Ciò è dovuto alla permissività dei genitori e alle benedizioni segrete dei preti pigri. Questo è un crimine. È una cospirazione. Dobbiamo cambiare prima che sia troppo tardi.

Pensate che potremo provocare Dio per molto tempo? Quanto tempo può andare avanti?

Ecco perché il matrimonio in chiesa è troppo serio per essere trattato come uno scherzo.

 
Una "Tanja russa" dalla Guinea-Bissau

In uno dei suoi "dialoghi sotto l'orologio", l’arciprete Dimitrij Smirnov conversa con una delle sue parrocchiane, Tatiana Mendes Corrêa, che racconta la sua vita di profuga dalla Guinea-Bissau e la sua integrazione nella società russa e nella Chiesa ortodossa. Il testo della conversazione è disponibile in russo e in traduzione italiana nella sezione “Figure dell’Ortodossia contemporanea” dei documenti.

La conversazione (in russo) può essere anche seguita in video sul link originale da Pravmir.ru.

 
La degradazione di una chiesa ortodossa: il caso di Suomenlinna

Una delle chiese più note di Helsinki (di fatto, la prima chiesa che vedono dal mare i viaggiatori che entrano nel porto della capitale della Finlandia) è la chiesa di Suomenlinna ("la fortezza della Finlandia"), che si trova in un piccolo arcipelago di fronte alla città. L'arcipelago era stato fortificato prima dagli svedesi, e poi dai russi, e ancora oggi le fortificazioni sono rimaste intatte.

Una particolarità della chiesa di Suomenlinna, costruita nel 1854 come chiesa della guarnigione russa di stanza nei forti delle isole, è che è uno dei pochi edifici di culto al mondo ad aver subito una transizione da chiesa ortodossa a chiesa luterana.

Ecco nella doppia immagine come si presentava la chiesa nel 1900, e com'è oggi.

Negli anni '20, dopo che la Finlandia si era resa indipendente, le isole erano diventate un campo di prigionia per filo-comunisti, ed evidentemente la presenza locale di una chiesa ortodossa non si era più fatta sentire. Perciò, l'edificio fu modificato, abbattendo le torri angolari, riducendo all'essenziale ogni decorazione esterna, e trasformando la sommità della cupola centrale in un faro per il traffico navale e aereo. Anche gli interni furono liberati da tutte le decorazioni iconografiche, di cui fu ordinato l'immagazzinamento da parte della città di Helsinki, ma di cui in seguito si persero le tracce.

L'unica parte rimasta immutata, curiosamente, è la recinzione militare, fatta a motivi di cannoni metallici collegati da duplici catene.

Uno sguardo all'interno della chiesa fa notare come rimangono gli elementi essenziali di una chiesa ortodossa russa: la struttura a quattro pilastri centrali, il santuario sopraelevato, e addirittura il doppio kliros ai lati del santuario, per i coristi.

Una foto panoramica a 360 gradi offre un colpo d’occhio su tutti i dettagli dell'interno, e permette di notare altre reminescenze della chiesa ortodossa, inclusa la cupola centrale.

L'interno della chiesa (oggi usata in prevalenza per matrimoni) non impressiona particolarmente i luterani finlandesi, abituati a edifici di culto piuttosto 'asettici', ma lascia un certo vuoto in molti visitatori, inclusi gli ignari turisti italiani, che ricavano dal luogo un'impressione di immensa tristezza. Indubbiamente, a chi è familiare con l'atmosfera di una chiesa ortodossa, non resta che rimpiangere la sacralità perduta.

L'uso della sommità della chiesa come faro può far pensare a una degenerazione dello spazio sacro per motivi utilitaristici...

...ma non è così: di fatto, l'inserimento di un faro (che ha anche una valenza simbolica di veglia spirituale) può essere perfettamente armonizzato con un luogo di culto ortodosso, come si vede dall'esempio della chiesa-faro di Malorechenskoe in Crimea:

 
La Chiesa russa compila tutti i testi liturgici noti sui santi delle Isole Britanniche

foto: orthodox-europe.org

"La Chiesa nelle Isole Britanniche comincerà a crescere solo quando comincerà a venerare di nuovo i propri santi" – sant'Arsenio di Paros, 1877

Continuando una venerabile tradizione nella Chiesa ortodossa russa fuori dalla Russia, sua Grazia il vescovo Irenei di Londra e dell'Europa occidentale ha lanciato lo scorso anno il progetto liturgico dei santi delle Isole Britanniche.

La venerazione dei santi dell'Occidente pre-scismatico è stata particolarmente ispirata da san Giovanni (Maximovitch) di San Francisco, che durante il suo periodo come arcivescovo dell'Europa occidentale aveva studiato attentamente la vita degli antichi santi occidentali.

In questo senso, la diocesi di Londra della ROCOR ha intrapreso il meticoloso lavoro di compilazione e modifica di tutti i testi liturgici esistenti per i numerosi santi delle Isole Britanniche, in modo che i sacerdoti abbiano la possibilità di celebrare le funzioni ai santi locali.

Nell'ambito della prima fase del progetto, sono a buon punto i lavori per catalogare sistematicamente l'innografia esistente in un unico indice liturgico.

In occasione della festa di Tutti i Santi delle Isole Britanniche, celebrata la terza domenica dopo Pentecoste, la diocesi di Londra ha pubblicato una tabella che elenca tutti i santi delle Isole Britanniche per i quali esiste una funzione completa. Come osserva il rapporto diocesano, per alcuni santi questo include l'innografia solo per il Vespro, ma nella maggior parte è inclusa l'innografia per i il Mattutino e la Divina Liturgia.

La tavola comprende 85 funzioni in tre lingue liturgiche, composte da 9 autori. Sono stati presi contatti con tutti gli autori per ottenere il permesso di procedere con la fase di editing, per adeguare i testi agli idiomi e alla fraseologia utilizzati dalla ROCOR.

Una fase successiva del progetto comporterà la commissione di nuove funzioni per quei santi che non hanno ancora testi ortodossi composti in loro onore.

 
L'Ortodossia contro la modernità: la difesa di un patrimonio comune

Per "patrimonio comune" si intende l'unità di fondo delle parti orientale e occidentale della civiltà cristiana - a lungo divisa dalla tragedia del Grande Scisma, e ora minacciate dal marciume dell'incredulità, di norme cristofobiche e del nichilismo funzionale dilagante in tutto il mondo occidentale, ma ancora unite tra loro.

Questa bella parte del mondo è un luogo particolarmente adatto da cui contemplare tale unità. Qui in California del Nord l'espansione dell'Occidente, la Chiesa latina - che ha preso corpo nei conquistadores e nei missionari provenienti dalla Spagna - ha raggiunto la sua massima estensione geografica circa 250 anni fa, vicino a San Francisco. Non molto tempo dopo, l'espansione verso est della Chiesa ortodossa, incarnata nei monaci, cacciatori, commercianti e marinai russo, si è fermata nello stesso luogo, Marin Headlands. Il punto d'incontro dei cattolici spagnoli che si muovevano verso nord lungo la costa del Pacifico dagli spagnoli e degli ortodossi russi che si muovevano verso sud lungo la stessa costa, ha segnato la cessazione della espansione delle ali occidentali e orientali della civiltà cristiana. (Non vorrei arrivare al punto di sostenere che questo luogo di incontro tra l'Oriente e l'Occidente qualifica San Francisco con il titolo di Nuova Bisanzio - alcuni direbbero che Nuova Sodoma è più adatto - ma cerchiamo di non escluderne la possibilità: i miracoli possono accadere, e accadono) È pertanto adatto chiederci, in questo tra tutti i luoghi, che cosa oggi sono in grado di offrirsi reciprocamente queste parti di una civiltà.

Che si debba difendere quel patrimonio è evidente. La presente potenza tecnologica, militare, e finanziaria del mondo occidentale è una mera facciata. Essa nasconde una debolezza morale e spirituale di fondo che può ancora minare l'intero edificio. I sintomi della malattia iniziano con la perdita dell'impulso religioso, cosa che si manifesta nel fatto che, nelle odierne Gran Bretagna, Francia, Belgio e Germania, ci sono sempre più persone che pregano nelle moschee il venerdì che non nelle chiese la domenica. L'incredulità e le sette non convenzionali che sono "cristiane" solo nel nome non fanno che aumentare in America. La perdita di un senso del luogo e della storia vissuta da milioni di occidentali va di pari passo con l'emergere dell'Unione Europea, un iper-Stato transnazionale in Europa, e la ricerca del dominio globale da parte del duopolio politico negli Stati Uniti. Entrambi condividono la stessa avversione per le società e le culture tradizionali. Il globalismo distrugge i resti del vecchio ordine, e causa un drastico cambiamento demografico in Occidente. L'Europa sta morendo. Gli americani del Nord di origine europea si stanno riproducendo al di sotto dei livelli di sostituzione generazionale, ed entro un decennio inizierà il declino precipitoso, che ha già avuto luogo in Europa. Consentendo a vaste sottoculture di immigrati dal Terzo Mondo di emergere all'interno delle loro società, le nazioni occidentali hanno permesso la nascita di una struttura sociale e politica alternativa, di cui il terrorismo islamico non è che una conseguenza. Sia in America che in Europa, il multiculturalismo ha assicurato che le nazioni occidentali hanno perso la capacità di definirsi e di difendersi nei confronti di altre civiltà. I musulmani, in particolare, ne hanno approfittato. Nonostante il loro totale disprezzo per le istituzioni laico-democratiche dei paesi ospitanti, essi invocano volentieri quelle istituzioni e richiedono privilegi democratici per organizzare e diffondere le proprie opinioni, pur sapendo che - se avessero il potere di farlo - imporrebbero le proprie convinzioni e costumi ed eliminerebbero tutti gli altri, pena la morte.

Tutti questi sintomi di decadenza occidentale si aggiungono all'antipatia viscerale che alcuni segmenti delle élite post-cristiane nel mondo occidentale provano per la tradizione, la cultura e la spiritualità ortodossa. Il contesto geopolitico della crisi jugoslava degli anni 1990, in particolare, non può essere compreso senza qualche comprensione del contesto culturale che ha fatto dell'onnipervasiva serbofobia il segno distintivo della politica occidentale nei Balcani per oltre un decennio - sia legittima sia attraente.

Questo contesto culturale è principalmente nella percezione, da parte delle élite, che le nazioni modellate dal cristianesimo ortodosso appartengono a una tradizione che è diversa, aliena e possibilmente sinistra. Scrivendo in "Chronicles" sette anni fa, James Jatras ha osservato che la "strana consistenza" della reazione dell'Occidente all'Ortodossia e alla cultura ortodossa è una sorta di pregiudizio basato sull'ignoranza, sulla paura, su una fobia irragionevole che va oltre il semplice sentimento anti-serbo, anti-russo, anti-greco. Pravoslavofobia, l'ha chiamata, ponendo l'accento esattamente sulle distinzioni create dall'incarnazione della fede ortodossa nelle culture umane.

Ma non è possibile, ci si può chiedere, che le reazioni ostili all'Ortodossia da parte delle classi dell'elite occidentale non siano necessariamente "pregiudizi", in altre parole che non siano causate da loro fraintendimento di quella tradizione, ma, al contrario, che tali reazioni siano dovute alla loro valutazione accurata che quella tradizione è un ostacolo alla realizzazione delle loro preferenze politiche, economiche e culturali nel mondo moderno? Non è forse vero che le forze della modernità considerano qualsiasi tentativo di colmare il divario tra il cuore e la mente come intrinsecamente sovversivo? In effetti, il cuore della questione, come ha detto il mio amico Vincent Rossi, è una questione di cuore, o, più precisamente, una questione di uno scisma nell'anima dell'uomo moderno:

"La chiave per il problema di come l'Ortodossia e le culture ortodosse come quella serba, greca o russa possano essere ascoltate, capite e rispettate nel mondo moderno risiede soprattutto nel fatto dello scisma. Ma questo scisma non è in primo luogo quello delle organizzazioni ecclesiali, come per esempio la Chiesa cattolica romana e la Chiesa ortodossa greca, o di entità culturali, politiche e storiche entità, come quando si parla per esempio di "Oriente greco" e di "Occidente latino". Lo scisma primario, tuttavia, lo scisma come esiste oggi nella sua forma più acuta, è uno scisma della mente dal cuore e del cuore dalla mente ".

Quando è ingrandito attraverso il tempo e la storia, e moltiplicato in generazioni e culture, sottolinea Rossi, questo scisma è un vasto manipolatore di anime, e crea impenetrabilità, paura e ostilità. Il mondo moderno, chiamato "occidentale" perché la sua genesi giace nella "emancipazione" dell'Occidente dai vincoli religiosi tradizionali attraverso il razionalismo, l'umanesimo e la laicità illuminista, ha creato una cultura i cui valori sono dominati da una visione del mondo razionalista-umanista-laicista che allontana la mente dal cuore, e dà la priorità alla mente sul cuore. Il mondo ortodosso, al contrario, non è modellato sui valori e modelli della modernità, tanto meno della post-modernità, ma piuttosto sulle culture tradizionali che resistono all'umanesimo razionalista. Tale resistenza è percepita, dall'elite occidentale, come sovversiva e pericolosa. Odiano l'Ortodossia, perché ha almeno il potenziale di soffiare sulle braci dormienti della rinascita e della resistenza nelle loro società, e che non devono essere ammesse.

Tale sentimento può spiegare la riluttanza della burocrazia americana e dell'Europa occidentale, anche in questi tempi post-11 settembre, a chiamare i terroristi ceceni assassini di bambini proprio in questo modo, terroristi. È su queste linee che chi prende le decisioni nelle capitali occidentali ha acquisito un pregiudizio negli affari balcanici che ormai va ben oltre qualsiasi motivo politico, e cade totalmente al di fuori dei parametri del dibattito razionale. Ecco perché in Serbia cinque anni fa hanno effettuato un'aggressione premeditata alla pari con tutto ciò che fu progettato a Berlino nel 1939 o nel 1941 e in Kosovo hanno favoreggiato la distruzione criminale dei santuari cristiani ortodossi, e la secessione illegale da una minoranza senza legge che, una volta completata, renderà incerti molti confini europei. Ecco perché in Croazia hanno assistito la più monumentale operazione di pulizia etnica in Europa dopo il 1945, e in Bosnia-Erzegovina hanno aperto le porte della Jihad nel cuore dell'Europa.

Le ragioni "razionali" sono insufficienti a spiegare tale politica di doppiezza premeditata. La risposta è nel desiderio della classe dirigente di utilizzare i Balcani come un banco di prova per l'emergente impero globale. Stanno ripetendo la follia dell'Occidente che quest'anno compie esattamente 800 anni – il sacco di Costantinopoli durante la famigerata quarta Crociata – e questo è uno dei tanti importanti anniversari che nel 2004 stanno passando quasi inosservati. I Franchi non capirono che la Nuova Roma era il guardiano e protettore dell'Occidente. Il tradimento dei crociati ha aperto la strada per l'assalto ottomano contro l'Europa, che non si è fermato finché ha raggiunto Vienna.

Oggi, lo stesso confronto prosegue su una scala molto più grande. La sua conseguenza, il prezzo del nascente impero globale post-moderno, è l'obliterazione dell'identità etnica dei popoli, il loro speciale colore e la loro unicità, la perdita della diversità di evoluzione sociale che va di pari passo con la diminuzione delle diversità della natura. Il prezzo finale dell'impero è la morte delle stesse persone e della civiltà della società che è blandita sul percorso auto-distruttivo verso la meta imperiale. Come Sam Francis ha avvertito,

"non solo la distruzione dell'autogoverno e della libertà repubblicana, non solo l'assorbimento di istituzioni indipendenti da parte di organizzazioni non più sotto il controllo delle persone di cui regolano le vite, non solo il trasferimento di lealtà e impegni a popoli e luoghi strani con i quali non abbiano alcun nesso, e non solo la guerra perpetua per la pace perpetua sono i prezzi del percorso imperiale, ma anche l'eventuale estinzione delle stesse persone sul cui dorso e sulle cui ossa è stato costruito l'impero ".

L'alternativa è un nazionalismo illuminato, coerente con il cristianesimo. Alcune guerre possono essere combattute, ma solo quelle che hanno motivi di giustizia e che ci toccano personalmente. La realtà è sempre più complessa di quanto si pensi, e più lontana è dalla nostra esperienza, meno la possiamo capire. Questa è la base morale per il non intervento, per restare al di fuori dei problemi di altri popoli: perché siamo consapevoli dei nostri limiti, della nostra incapacità di sapere cosa è meglio.

Una politica estera non interventista potrebbe facilitare il passaggio dalla nozione perniciosa di progresso al mantenimento della tradizione, dal divenire nevrotico e continuo all'essere. Ha bisogno di essere espresso in difesa dei valori di una vera e propria America storica contro a una sua riduzione progressista alla tecnologia e all'intelletto. Nella lotta per l'eterno contro il temporaneo gli ortodossi devono evitare la tentazione di rinchiudersi nel bozzolo. Devono essere disposti ad avere contatti con i loro alleati naturali tra le altre confessioni cristiane. Naturalmente lo scisma di oltre nove secoli è reale. Coinvolge molte differenze dottrinali e liturgiche che non possono essere eliminate da un compromesso frettoloso, per non parlare di accettare la possibilità di "verità multiple". Ma il dialogo e l'aiuto reciproco tra ortodossi, protestanti e cattolici legati alla tradizione è possibile e auspicabile. Presi separatamente, essi sono del tutto impotenti a combattere il cancro del modernismo e del relativismo.

Tutti i cristiani devono mantenere la consapevolezza della propria fallibilità quando usano la fallibilità umana come argomento contro gli errori del mondo moderno. Ma dovrebbero anche avere fede che non tutto è perduto, non ancora: le opinioni e le presunzioni anti-cristiane delle élite sono in contrasto con quel che pensa la maggior parte della gente in ogni paese tradizionalmente cristiano in Europa e in America. Ma questa maggioranza è assediata. Viene costantemente e deliberatamente erosa dal continuo assalto alla "moralità convenzionale" nelle scuole e nei media, e dall'attacco alla struttura demografica delle nostre società per opera dell'immigrazione.

Il problema è aggravato da un tradimento in corso all'interno del campo cristiano, e dalla conquista di molte chiese da parte di marxisti, pervertiti sessuali, e femministe radicali. Queste persone hanno le loro mire secolari, i loro obiettivi politici e sociali; il fatto che non abbiano una seria fede di qualsiasi tipo va quasi da sé.

La vera tradizione cristiana ha salvato e protetto molti tradizionalisti ortodossi, cattolici e protestanti dalla convinzione arrogante che gli esseri umani possano risolvere tutti i misteri dell'universo con il loro intelletto e senza aiuto. Quei tradizionalisti sono i nostri alleati naturali sul lato della decenza comune, dei valori tradizionali, e della Verità. Devono essere preparati a sopportare sacrifici. Invece di essere gettati ai leoni, oggi possono essere sottoposti – da qualche meccanismo giudiziario dettato da burocrati – per "sessioni obbligatorie di orientamento sulla diversità sessuale", o "laboratori di educazione sul diritto di scelta" guidati da femministe pro-abortiste, dopo di che il rifiuto di abiurare potrebbe portare a "terapie" e farmaci forzati. Questo scenario non è fantascientifico, su entrambe le sponde dell'Atlantico. Siate preparati al martirio.

È possibile una teoria politica della resistenza cristiana? Forse; la chiave è fare la distinzione tra "democrazia liberale" che promette la libertà "dalle" cose, e la libertà cristiana che sostiene la libertà "per le" cose. Questo modello dovrebbe essere sufficientemente ampio per fornire la piattaforma consensuale per le diverse tradizioni cristiane. Per riprendersi i resti della "cristianità" devastati dalla guerra, la sua maggioranza assediata di cittadini manipolati ha bisogno di aiuto per diventare consapevole del potere che possiede tuttora, ma a tal fine dovrebbe essere ammesso da ogni cristiano che gli altri – le persone al di fuori la sua particolare tradizione – possono condividere le virtù cristiane e condurre una vita retta. Hanno bisogno di andare fuori insieme, in questi tempi difficili, altrimenti saranno quasi sicuramente fatti fuori separatamente.

 
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Uno sguardo alle chiese in Ucraina attraverso i dati delle fonti statali

Presentiamo i dati percentuali delle presenze religiose in Ucraina ricavati dalle compilazioni statistiche statali del 2010. La fonte dei dati è l'Istituto di Sociologia dell'Accademia Ucraina delle Scienze. I dati possono non essere del tutto precisi, dato che l'ultimo censimento ufficiale del paese risale al 2001, ma sono basati su indagini piuttosto accurate, che includono anche il monitoraggio dei sentimenti di isolazionismo e xenofobia. Alle tabelle (dati oggettivi) aggiungiamo una serie di nostre considerazioni per cercare di capire la complessità del fenomeno religioso ucraino.

CATTOLICI IN UCRAINA (tutte le giurisdizioni)

GRECO-CATTOLICI IN UCRAINA

Queste tabelle ci aiutano a evidenziare l'area di presenza cattolica nel paese: il centro della presenza cattolica in Ucraina sono le tre regioni galiziane di Lviv, Ternopil e Ivano-Frankivsk, che per comodità e senza intenti derogatori chiameremo la "trojka": la stessa area di provenienza delle forze del governo golpista che ha preso il potere a Kiev nel febbraio 2014.

La Zakarpattia (Rus' Carpatica) merita un discorso a parte, e una precisazione sulle tabelle precedenti: i cattolici in Ucraina hanno TRE Chiese sui iuris: quella di rito romano, quella greco-cattolica ucraina e quella greco-cattolica rutena. Quest'ultima rappresenta la maggior parte della presenza dei cattolici orientali in Zakarpattia, ma la Chiesa Greco-Cattolica Ucraina non ama riconoscere i ruteni sui iuris (cosa che si riflette nell'analogo pregiudizio statale rispetto all'identità etno-linguistica dei carpato-russi)

I greco-cattolici ucraini sono la presenza religiosa più consistente nelle regioni della "trojka", ma se non fosse per i cattolici latini, questo non basterebbe loro per superare il 50% dei fedeli nemmeno nella regione di Ternopil. La presenza greco-cattolica in tutte le altre regioni (con l'eccezione della Zakarpattia, per la presenza – abusivamente dichiarata come ucraina – dei ruteni di rito orientale) è a livelli di una minoranza assolutamente modesta. Da questo si può capire la sfacciataggine della decisione dei greco-cattolici ucraini di mettere proprio a Kiev la loro sede primaziale, e la dipendenza totale dalla roccaforte della "trojka" per ogni iniziativa che ha luogo in altre parti del paese.

ORTODOSSI IN UCRAINA (tutte le giurisdizioni)

ORTODOSSI IN UCRAINA (Patriarcato di Mosca)

ORTODOSSI IN UCRAINA (Patriarcato di Kiev)

ORTODOSSI IN UCRAINA (Chiesa Autocefala Ucraina)

Da queste tabelle si deduce che gli ortodossi sarebbero la religione maggioritaria dell’Ucraina, se non fosse per le scissioni autonomiste degli ortodossi non canonici, che guarda caso sono presenti soprattutto nell’ovest del paese.

I dati delle percentuali dovrebbero essere integrati con i dati delle comunità e dei conventi e monasteri (dati non segnati nelle tabelle). Il Patriarcato di Mosca, che conta nelle regioni della "trojka" circa i due terzi dei fedeli rispetto ai cattolici, ha circa metà delle sue comunità (oltre 9000) tra la parte occidentale e quella centrale del paese: dato istruttivo da presentare a chiunque dice che l'alleanza a Mosca è un fenomeno della Crimea e delle regioni del confine orientale. Il Patriarcato di Mosca conta anche la schiacciante maggioranza dei monasteri e dei conventi, cosa utile a sottolineare dove si trova la fedeltà all'Ortodossia.

La Crimea è poco religiosa (un fenomeno economico di imborghesimento, più che etno-culturale: è la parte più ricca e produttiva del paese, mentre al polo opposto la parte più povera e arretrata è proprio la "trojka", con le sue radicate e opposte convinzioni religiose). Laddove però si esprime dal punto di vista religioso, si esprime quasi del tutto per il Patriarcato di Mosca.

Il "Patriarcato di Kiev" ha invece metà delle sue comunità (quasi 2800) nella parte occidentale del paese, la maggior parte delle quali nelle regioni della "trojka", con una concentrazione nel nord-ovest (Volinia e Rivno) e nella regione di Kiev (ma per ironia non nella città di Kiev, dove le sue percentuali sono dimezzate rispetto alla regione… non male, per un "Patriarcato di Kiev").

La "Chiesa Autocefala Ucraina" ha un migliaio di comunità che operano quasi tutte nella parte occidentale del paese. La sua composizione sulla mappa sembra praticamente una fotocopia di quella dei greco-cattolici ucraini, con la differenza della percentuale da albumina nella Rus' carpatica, un evidente parallelo dei pregiudizi contro i ruteni che si trovano anche tra i greco-cattolici ucraini e nel governo ucraino.

Questi dati possono aiutare a far capire come in certe parti della diaspora ucraina ortodossa (in particolare quella negli Stati Uniti e in Canada) possono farsi sentire pregiudizi anti-moscoviti che sono chiaramente in linea con quelli dei greco-cattolici.

 
La seconda guerra di Crimea - o il latrato dei barboncini

Il mondo occidentale (che arrogantemente e assurdamente si definisce 'la comunità internazionale') ha preso una piega decisamente anti-democratica nelle ultime settimane. In Ucraina, si pone chiaramente come la voce contro la libertà. Non solo ha installato una giunta provinciale neo-nazista cattolica a Kiev (cosa che ha anche rovinato i rapporti tra il Vaticano e la Chiesa ortodossa russa), ma anche ora continua a opporsi alla volontà del popolo della Crimea, espresso in un referendum. E la Crimea non è neanche lontanamente la 'Ucraina' – parola che significa le terre di confine, cioè il confine polacco. La seconda guerra di Crimea è iniziata – ma solo nelle fantasie dei politici occidentali impotenti. Il tentativo ucraino dell'Occidente per la conquista geopolitica del mondo ortodosso russo, guidato dall'odio del geopolitico polacco-americano Zbigniew Brzezinski, figlio di un fascista polacco pre-bellico, contro il parere di Henry Kissinger, è supportato solo dai latrati di un branco di barboncini.

L'Occidente continua a utilizzare nel XXI secolo la diplomazia delle cannoniere del XIX secolo, inviando navi da guerra nel Mar Nero. Qui non c'è nulla di sorprendente. Questo è esattamente ciò che ha fatto negli ultimi anni in altre nazioni sovrane – Serbia (Kosovo), Afghanistan, Iraq e Libia – invadendo e distruggendo quattro paesi sovrani sotto falsi pretesti. (Chi ha dimenticato le invisibili "armi di distruzione di massa" nell'Iraq ricco di petrolio?). Tutte le province o paesi di cui sopra sono ormai nel caos o in gran parte sotto il controllo di terroristi – uno scenario che l'Occidente ha cercato di ripetere in Siria e ora, come vendetta per la protezione russa al popolo siriano, in Ucraina. D'altra parte, l'Occidente difende strenuamente le terre ricche di petrolio del vero terrorismo islamico – l'Arabia Saudita (la patria dei terroristi dell'11 settembre e degli amici di famiglia della dinastia Bush – i Bin Laden), il Qatar e il Bahrein. L'ipocrisia è incredibile!

Ora i barboncini del regime degli Stati Uniti nell'Unione europea in bancarotta abbaiano contro un'altra nazione sovrana, e questa volta una grande potenza – la Federazione russa. In Francia, il presidente Hollande del tutto screditato ha 'inviato un segnale di guerra' alla Russia! Nel Regno Unito l'altamente aggressivo e poco istruito (sicuramente una vergognosa e crassa ignoranza come la sua deve essere il risultato di una cattiva istruzione?) ministro degli esteri, William Haig, che solo pochi mesi fa voleva bombardare la Siria facendola tornare all'età della pietra, ora vuole introdurre "misure" contro la democrazia in Crimea (anche se apparentemente la democrazia in Scozia è accettabile)! I politici dell'Unione Europea a Varsavia cercano disperatamente di ricuperare Galizia e Volinia – la fetta territoriale della Polonia orientale (ucraina romano-cattolica) presa loro da Stalin nel 1939 e da dove provengono tutti i facinorosi a Kiev. Per quanto riguarda la giunta ucraina filo- UE, che a Kiev ha sottratto il potere a un governo democraticamente eletto lo scorso mese, le sue forze armate – il cui equipaggiamento militare, dopo l'indipendenza, è stato venduto principalmente a paesi del Terzo Mondo – sono in uno stato di ammutinamento. La maggior parte della marina militare, dell'aeronautica militare e dell'esercito ha disertato. È dubbio che ora vi siano più di 6.000 soldati per difendere il paese.

A Berlino la vera presidente dell'Unione europea, Angela Merkel, è indecisa, anche se sa che tutte le sue e-mail e le telefonate sono intercettate dalla CIA. Come realista pragmatica dalla Germania dell'Est, sa che la metà di tutto il gas tedesco proviene dalla Russia. Se la fonte fosse interrotta... Sa anche che la Germania si è già svuotata di euromarchi che vanno a ex paesi dell'Europa orientale, per non parlare di Grecia, Italia, Spagna, Portogallo e Irlanda... Sa anche che l'Ucraina è tanto in bancarotta quanto è corrotta. Per esempio, sa che a soli 100 metri dal palazzo del codardo e corrotto Yanukovich si trova l'altrettanto elaborato palazzo del nuovo, auto-nominato 'primo ministro' ucraino Arseniy Yatsenyuk. Gli altri 'politici' ucraini sono poco meglio: Klichko, l'epitome dell'ingenuo politico, è un cittadino tedesco che possiede sei case di lusso, e Timoshenko ha un valore stimato di 10 miliardi dollari – tutto denaro rubato al popolo dell'Ucraina. Nella sua corruzione primitiva e provinciale l'élite politica ucraina si sta comportando proprio come i politici africani corrotti dopo che i loro paesi hanno ricevuto indipendenza dai colonizzatori occidentali negli anni '60.

L'Ucraina sta costando un sacco agli Stati Uniti – 5 miliardi di dollari sono già andati giù nello sciacquone ucraino, per ammissione della sboccata Victoria Nuland – di cui tutti ora sappiamo cosa pensa dell'Unione Europea. E ogni sanzione anti-russa sarà molto dolorosa... per l'Occidente. Per quanto riguarda l'amministrazione americana, si dovrebbe ricordare che se la Cina filorussa spegnesse la valuta, gli USA annegherebbero nei loro 17.000 miliardi di dollari di debito. La seconda guerra di Crimea, lanciata per distogliere l'attenzione dai veri problemi dei paesi occidentali economicamente e anche moralmente in bancarotta, è una guerra che costerà molto cara all'Occidente. Lasciate latrare i barboncini: gli orsi ruggiscono.

 
Le donne nei cori delle chiese

Che cosa intende san Paolo quando dice "Che le vostre donne tacciano nelle chiese: perché non è loro permesso di parlare, ma è loro comandato di essere sotto obbedienza, come dice anche la legge" (1 Corinzi 14:34)? Questo significa che le donne non possono dirigere o cantare nel coro?

Interpretare questo passo è complicato dal fatto che si trova nel contesto di una discussione su come dovevano essere trattati il parlare in lingue e le profezie durante i servizi della Chiesa, e tuttavia, a causa dell'abuso di queste pratiche da parte di coloro che erano affetti da delusione spirituale, la Chiesa ha cessato del tutto di permettere che queste cose si facessero nel contesto dei servizi. Inoltre, perché le donne che affermavano di avere il dono della profezia erano molto prominenti nell'eresia montanista (che ha avuto inizio nel II secolo), in molti dei commenti dei Padri questo passo è utilizzato polemicamente. E quindi potrebbe essere che le polemiche abbiano portato alcuni a ritenere che questo passo voglia dire che le donne dovrebbero astenersi non solo dal parlare profeticamente o dal cantare in modo udibile nella Chiesa, ma anche dal pregare in modo udibile. Tuttavia, questo punto di vista non è unanime.

San Paolo ha detto in precedenza nella stessa epistola: "Ma ogni donna che prega o profetizza senza velo sul capo disonora il suo capo, perché è lo stesso che se fosse rasa" (1 Corinzi 11: 5), e qui non suggerisce affatto che non dovrebbero pregare o profetizzare in Chiesa ... solo che non dovrebbero farlo a capo scoperto. San Giovanni Crisostomo osserva:

"Perché ci sono stati, come ho detto, sia uomini che hanno profetizzato e donne che hanno avuto questo dono a quel tempo, come le figlie di Filippo, (Atti 21:9), come altri prima di loro e dopo di loro: ne parlò anche l'antico profeta: i tuoi figli profetizzeranno, le tue figlie avranno visioni" (cf Gioele 2:28 e Atti 2:17 – dall'Omelia 26 su 1 Corinzi).

Nella sua Omelia 37 su 1 Corinzi (che copre 14:34), dice che il divieto è diretto contro le donne che parlano "pigramente" o "sconsideratamente" (cioè fuori dal giusto ordine discusso in precedenza nel capitolo 14), ma non suggerisce che la dichiarazione proibisca alle donne che avevano il dono della profezia di profetizzare in Chiesa.

Il contesto del capitolo 14 è il giusto ordine che deve prevalere quando la gente parla in lingue o profetizza... e c'è un caso precedente in cui san Paolo dice di mantenere il silenzio:

"Se qualcuno parla in altra lingua, che siano in due, o al massimo in tre, e con naturalezza, e che uno interpreti. Ma se non v'è chi interpreti, meglio mantenere il silenzio in chiesa. Meglio che parlino a se stessi, e a Dio (1 Corinzi 14:27-8).

Chiaramente in questo caso, St. Paul non sta facendo un divieto assoluto a parlare in Chiesa – sta vietando solo di parlare in lingue se non c'è chi interpreti (nel qual caso nessun altro avrebbe ricevuto edificazione). E così il silenzio riguarda il parlare al di fuori del buon ordine.

Poi san Paolo parla di nuovo di mantenere il silenzio:

"Lasciate che due o tre profetizzino, e che gli altri giudichino. Ma se qualcosa è rivelato a qualcuno di quelli che siedono ad ascoltare, che i primi tacciano. Tutti infatti potete profetizzare, uno alla volta, perché tutti possano imparare e tutti possano essere incoraggiati. E gli spiriti dei profeti sono sottoposti ai profeti. Dio infatti non è l'autore della confusione, ma della pace, come in tutte le chiese dei santi "(1 Corinzi 14:29-33).

Quando parla di lasciare che gli altri giudichino, questo suggerisce che dopo che una persona profetizzava, gli altri avrebbero commentato – molto probabilmente questo sarebbe stato fatto da chi aveva incarichi nella Chiesa (certamente un apostolo, se presente, e il vescovo locale, i presbiteri e i diaconi). Probabilmente qualcuno poteva fare domande su quanto era stato detto. È in entrambi questi aspetti che san Paolo dice alle donne di mantenere il silenzio, e se avessero avuto domande, di chiedere ai loro mariti più tardi – ma questo significava tacere per quanto riguarda queste cose specifiche. E i commenti di san Giovanni Crisostomo sull'astenersi dalle chiacchiere erano certamente applicabili anche qui.

Naturalmente, nel nostro contesto, noi non permettiamo a un uomo o a una donna a parlare in lingue o profetizzare nel contesto di una funzione, ma il punto è che l'affermazione secondo cui le donne dovrebbero mantenere il silenzio non era un divieto assoluto contro le donne che pregano in maniera udibile o che cantano.

Sant'Efrem il Siro di fatto formò cori femminili a Edessa (si veda Spoken Words, Voiced Silence: Biblical Women in Syriac Tradition, di Susan Ashbrook Harvey). Secondo padre Robert Taft (un noto storico della liturgia orientale), c'era un coro femminile anche a Santa Sofia (Intervista di Suor Vassa Larina, "L'Ortodossia non è una religione di paura").

Ci sono tradizioni anche di lunga data di canto congregazionale, come tra i carpato-russi, che ovviamente includono le donne nel canto. E coloro che sono cresciuti in quel contesto vi diranno che questo è uno degli aspetti più potenti della vita parrocchiale.

Inoltre, le donne hanno cantato in cori misti e hanno anche diretto cori nella Chiesa russa ormai da lungo tempo, e santi come san Giovanni di Shanghai non solo non hanno sollevato obiezioni, ma anzi hanno benedetto che sia così. Così, mentre si può obiettare alle donne che cantano sulla base delle osservazioni di alcuni Padri, il fatto che la Chiesa lo abbia permesso senza alcuna polemica, e con la benedizione di molti santi, dovrebbe trattenere chiunque dal fare argomentazioni dogmatiche contro la pratica.

È anche un fatto che senza le donne che cantano e dirigono i cori, in molte parrocchie sarebbe difficile offrire un servizio decente, e quindi, anche se si può argomentare che, in un mondo ideale, i cori dovrebbero essere costituiti da soli lettori maschi tonsurati, resta il problema che noi non viviamo in un mondo ideale, e dobbiamo utilizzare le risorse che abbiamo. La preoccupazione di san Paolo nella sua prima epistola ai Corinzi era che "ogni cosa sia fatta con decoro, e in buon ordine" (1 Corinzi 14:40). Se la nostra interpretazione delle sue ammonizioni ci porta all'effetto opposto, direi che questo significa che lo stiamo fraintendendo a un certo livello.

Quando una bambina è battezzata, fa il suo ingresso nella chiesa. E in quella funzione, il prete la porta nel mezzo della Chiesa e dice: "Nel mezzo della chiesa ti canterà lodi" (cfr PS 21 [22], 22). È difficile immaginare il motivo per cui possiamo dire queste parole, se non abbiamo intenzione che ciò accada effettivamente.

Aggiornamento

Da quando questo articolo è stato pubblicato, qualcuno mi ha citato Female Deacons in the Byzantine Church, di Valerie A. Karras, che fornisce ulteriori informazioni sul coro femminile nella basilica di Santa Sofia, ma anche su cori simili nella chiesa del Santo Sepolcro (più propriamente, la chiesa della Resurrezione) a Gerusalemme, e nella cattedrale di Salonicco. Non sarei d'accordo con il titolo di questo articolo, perché una diaconessa non era una forma femminile di un diacono, ma un ufficio molto diverso; tuttavia l'articolo contiene una buona informazione sul tema dei cori femminili.

 
La catechesi in Moldova (tra "noi stiamo coi russi" e "che abbiamo in comune noi coi russi?")

Un sacerdote dalla Moldova mi ha chiesto se poteva chiedere la benedizione del suo vescovo per tenere una catechesi prima del battesimo e del matrimonio. Anche se è giovane (o forse proprio per questo), il reverendo padre ha capito che questo lavoro è importante e necessario!

Per alcuni, la questione può sembrare ingenua o priva di senso, ma in un contesto in cui quasi nessun sacerdote fa questo lavoro, e il sacerdote che lo fa rischia di essere "divorato dai vicini" e denunciato al vescovo, la domanda è legittima.

Cerco di formulare una risposta che spero aiuti anche altri sacerdoti, inclusi i "vicini" del sacerdote in questione. E con il mio "attaccamento speciale" che mi sono reso conto di avere per la Chiesa ortodossa russa, citerò da una decisione del Santo Sinodo della Chiesa ortodossa russa del 27 dicembre 2011 / verbale n. 152, intitolato "Sul servizio religioso-educativo e catechetico della Chiesa ortodossa russa" (qui il testo integrale in russo).

Già nel preambolo si parla dell'importanza della catechesi e dei suoi fondamenti biblici (Matteo 28: 19-20), canonici (Canone 7 del II Concilio Ecumenico, Canone 78 del VI Concilio Ecumenico, canoni 46-47 di Laodicea) e patristici (San Basilio il Grande, "Sullo Spirito Santo", cap. 12, etc).

Poi, in quattro capitoli successivi (I.1-I.4) si parla dell'organizzazione dell'istruzione catechistica a livello ecclesiale generale, a livello diocesano, a livello di decanato e livello parrocchiale. Il principale responsabile della catechesi, in ogni parrocchia e della diocesi, è considerato il vescovo del luogo, che è obbligato a istituire meccanismi e a preparare persone capaci di svolgere questo lavoro. Così il vescovo, il decano e il consigliere diocesano "per la missione e la catechesi" devono monitorare e punire i preti che non tengono le catechesi. Certamente non viceversa!

Inoltre, il Sinodo afferma che nelle parrocchie dove esiste la possibilità, di dovrebbe istituire un servizio di "catechista laico", che dopo essere stato valutato per le sue competenze e approvato da parte del vescovo locale, aiuterà il sacerdote nella sua catechesi e sarà pagato con i fondi parrocchiali.

Qui di seguito, traduco tutto il capitolo II.1, intitolato: CATECHESI.

* * *

"La catechesi rappresenta tutte le discussioni e gli insegnamenti dati a coloro che si preparano a ricevere il santo battesimo. La catechesi è obbligatoria per tutti gli adulti e i bambini di età superiore ai 7 anni, che desiderano ricevere il sacramento del battesimo.

Non è ammesso il sacramento del battesimo per le persone adulte che, non conoscendo i fondamenti della fede, si rifiutano di prepararsi a ricevere il sacramento.

Le condizioni per compiere il sacramento del battesimo sono la retta fede (Marco 16:16) e il pentimento (Atti 2:38) di coloro che desiderano essere battezzati.

La fede dei catecumeni si esprime con la loro confessione di Gesù Cristo come vero Dio e Salvatore, con la volontà di vivere secondo gli insegnamenti della Chiesa e la Parola di Dio e la confessione del Simbolo della Fede. Il sacramento del battesimo non può essere dato a una persona che nega le verità essenziali della fede e della morale cristiana ortodossa. Non possono essere ammesse al sacramento del battesimo persone che vogliono essere battezzate per motivi di superstizione.

In questo caso, si raccomanda di ritardare il compimento del sacramento del battesimo finché la persona in questione acquisisca una consapevolezza del significato corretto di tale sacramento.

La durata e l'ampiezza della catechesi saranno fissate dal sacerdote e dal catechista laico a seconda di ogni caso, con amore e discernimento.

La catechesi degli adulti presuppone alcune lezioni, che includano l'apprendimento (1 *) del Simbolo della fede, (2) di alcuni passi scelti della Sacra Scrittura, (3) dei principi morali cristiani, compresi i concetti di peccato e virtù, (4) dell'introduzione alla vita liturgica della Chiesa.

(* Il testo evidenziato in grassetto e le parentesi della lista degli argomenti di catechesi sono opera del traduttore, per evidenziare i principali temi da discutere e che, a loro volta, possono essere suddivisi in molte altre lezioni).

In mancanza di opportunità o condizioni per la catechesi, si devono soddisfare i seguenti requisiti minimi:

• È necessario tenere almeno due lezioni di catechismo sui principi fondamentali della morale cristiana, gli insegnamenti della fede ortodossa e la vita della Chiesa. La prima lezione deve fare particolare attenzione a esaminare i motivi di chi viene in chiesa chiedendo il battesimo, aiutandolo a capire il senso cristiano del mistero, e rispondendo alle domande e dare insegnamenti della fede prima. Nella seconda lezione si dovrebbero dare al catecumeno insegnamenti generali sulla fede e la vita cristiana spiegandogli il Simbolo della Fede e i principali comandamenti biblici. Il catechista dovrebbe richiamare l'attenzione del catecumeno sulla necessità di cambiare vita in conformità al Vangelo di Cristo, e accertarsi della correttezza delle sue inclinazioni verso le principali verità della fede ortodossa su Dio, il mondo e l'uomo.

• Dopo la seconda lezione di catechismo, e prima del compimento del sacramento del battesimo, il sacerdote deve avere una discussione in forma di confessione e di pentimento, per la confessione e la consapevolezza del destinatario del battesimo, e il rafforzamento delle buone intenzioni di lasciare i peccati e iniziare una nuova vita in obbedienza a Dio e alla sua Chiesa.

Nei casi di battesimo di malati o di persone che vivono in condizioni di pericolo, la catechesi deve essere fatta dopo il battesimo, alla prima possibilità.

Per il battesimo di neonati e bambini sotto i 7 anni si dovrebbe notare che il battesimo dei bambini è celebrato dalla Chiesa sulla base della fede dei loro genitori, padrini e madrine. In questo caso, una formazione minima di catechesi deve essere fatta sia ai genitori sia ai padrini, a meno che questi non conoscano già i principi della fede e della partecipazione alla vita della ecclesiale. Le lezioni di catechismo per genitori e padrini devono essere effettuate prima e in sede separata dalla celebrazione del sacramento del Battesimo. È bene chiamare i genitori e i padrini a prepararsi a partecipare al battesimo dei loro figli attraverso la loro partecipazione ai sacramenti della penitenza e dell'eucaristia.

La preparazione per ricevere il sacramento, la rinascita delle vecchie pratiche di celebrare il battesimo in presenza e con la partecipazione della parrocchia e l'unione (del battesimo, ndt) con la santa eucaristia al Sabato Santo e alle vigilie della Natività e della Teofania, contribuirà alla percezione del battesimo come l'evento più importante nella vita personale umana, e particolarmente rilevante per la comunità ecclesiale.

* * *

Alcuni commenti:

1. La catechesi prima del battesimo è una necessità e una regola vincolante, comandata da Cristo stesso! La sua pratica è stata parzialmente interrotta durante l'occupazione turca, e, infine, nel periodo dell'ateismo sovietico. Ma sono passati più di 25 anni da quando la Chiesa è libera di predicare e di catechizzare, ma la pratica della catechesi, specialmente in alcune diocesi, non è iniziata né vi è alcun segno che inizierà presto.

2. La catechesi, almeno prima del battesimo e del matrimonio, non un è capriccio di sacerdoti che pensano di essere più intelligenti di altri, ma una formazione (teorica e pratica) necessaria prima di ricevere qualsiasi sacramento nella Chiesa. Bisogna sapere quel che si riceve e come valorizzare la grazia ricevuta attraverso i sacramenti. In caso contrario, la ricezione di questi sacramenti è spesso vista come una semplice abitudine (con effetti magici). Quanto meno, questa è la percezione della stragrande maggioranza degli "ortodossi", che magari non hanno nemmeno l'intenzione di vivere secondo il Vangelo, e il loro rapporto con la Chiesa è soltanto occasionale e di circostanza. Perché le carceri sono piene di persone battezzate? Perché uomini battezzati bestemmiano il nome di Dio e donne battezzate uccidono i loro bambini nel grembo materno? Per quanto tempo continueremo a ingannarci con battesimi fatti "in serie"? Chi risponderà per tutto questo?

3. Riconoscendo il problema, il Concilio dei vescovi della Chiesa ortodossa russa ha proposto il 4 febbraio 2011 di ritornare alla catechesi obbligatoria prima del battesimo (articolo 32 delle deliberazioni) e prima del matrimonio (articolo 33). Già il 27 dicembre dello stesso anno, il Santo Sinodo ha approvato la decisione ufficiale sulla catechesi e sui metodi della sua attuazione. Questa decisione non è stata finora tradotta in romeno (anche se il Patriarcato di Mosca ha più di 4 milioni di fedeli di lingua romena) e la sua applicazione, almeno in Moldova, è troppo distante in prospettiva. Mancano lo spirito d'iniziativa, il coraggio, la comprensione e, soprattutto, l'amore per Dio e per il prossimo.

4. Ringrazio il sacerdote che mi ha spinto a scrivere questo articolo e a tradurre questo importante capitolo nella decisione sinodale. Mi auguro che magari adesso scompaiano alcuni commenti velenosi contro le persone che compiono il dovere ordinato loro dal Signore. Cristo stesso infatti comandò ai suoi discepoli di iniziare a insegnare, poi di battezzare e quindi di insegnare di nuovo, in modo che ciascuno osservi tutto ciò che egli ci ha comandato (Matteo 28:19-20). Pertanto, nessun sacerdote ha il diritto di battezzare senza prima insegnare! E se i sacerdoti vogliono essere discepoli del Signore e successori degli apostoli, allora adempiano a questo comando e all'ordine naturale delle cose. E se non lo fanno, riconoscano di essere "ladri e briganti" (Giovanni 10:1), che si limitano a prendere i soldi ai fedeli, ma non insegnano loro nulla! Naturalmente, la chiave del successo nel lavoro di catechesi è principalmente nella solidarietà; e se TUTTI i sacerdoti faranno catechesi, i fedeli si conformeranno e obbediranno, ma se anche solo uno o due non la faranno, la gente si rivolgerà da loro e li loderà perfino come preti "veramente a posto" ...Ma anche senza questa solidarietà, tutti devono fare il loro dovere, e il resto lo raddrizzerà e lo completerà Dio.

5. Spero che il Santo Sinodo della Chiesa ortodossa romena produca quanto prima una decisione simile, o magari anche migliore. Le possibilità di catechesi della Chiesa ortodossa romena sono maggiori di quelle della Chiesa ortodossa russa, solo che non vengano sfruttate per mancanza di visione e di missione catechetica! Forse si troveranno nel 2015, dichiarato dalla Chiesa ortodossa romena "anno onorario della missione parrocchiale"...

 
Il prete disonesto

Prima dell’inizio della Grande Quaresima, ci permettiamo ancora un momento di sana irriverenza, e presentiamo nella sezione “Umorismo cristiano” dei documenti la nostra traduzione italiana della barzelletta del prete disonesto e del funerale del cane, tratta dal blog Mystagogy di John Sanidopoulos.

E ora, dopo avere purificato la mente con l’igiene del riso, possiamo passare a un compito ben più importante di purificazione interiore. Come la tradizione della Chiesa ci richiede all’apertura del cammino quaresimale, chiediamo perdono a tutti quelli che possiamo avere turbato o ferito (con o senza intenzione) in queste pagine del sito.

 
Apocalisse rimandata: uno sguardo spirituale sul coronavirus

foto: Unione dei giornalisti ortodossi

Il coronavirus è un problema che preoccupa l'intero pianeta. Ma ci sono cose su cui è molto più importante riflettere rispetto al virus, per quanto esso sia pericoloso.

Tutte le cose brutte passeranno un giorno perché, dopo tutto, Cristo è risorto! Quindi, alla fine, usciremo da questo tunnel terreno verso la luce di Dio. E la gioia primaverile che il virus ci ha tolto ritornerà sicuramente. Respireremo il profumo inebriante dei fiori, ascolteremo il canto degli uccelli, annuseremo l'erba verde e proveremo una fragrante felicità, versata con una mano generosa e buona, che riempirà il cuore di calore e l'anima di gioia. Tutte quelle cose gentili, luminose e pure che vivono nella nostra memoria si risveglieranno e diventeranno realtà.

Il coro della famosa canzone per bambini che dice "lascia che ci sia sempre il sole, il cielo, la mamma e me" diventerà realtà. Ci credo. Credo che il mio Dio sia mio padre e che il suo nome sia amore. Il suo amore è tanto più forte dell'amore materno quanto Dio è al di sopra dell'uomo. Verrà il momento e capiremo perché ci è stata data tutta questa sofferenza. Ne saremo immensamente grati a Dio, perché in questo modo ci ha preparati alla gioia eterna. Nel frattempo, dobbiamo essere pazienti perché solo "colui che persevera fino alla fine sarà salvato" (Mt 24:13).

La pazienza è un importante processo di preparazione. Adesso ci sono molte prove diverse, proprio in termini di sicurezza sanitaria. Ma sono sicuro di una cosa: in nessun caso, anche in considerazione di una minaccia mortale, un cristiano dovrebbe rifiutare il calice con il sangue e il corpo del Signore. Perché solo in esso è la vita eterna.

Dio ha comandato al nostro corpo di ritornare nella terra da cui fu creato. In termini di spazio-tempo, ogni persona vive su questo pianeta il suo unico giorno di vita. Non è così importante di quanti anni consista tale giorno. Non è un grosso problema. Ma riceviamo l'infinito di Dio attraverso la Chiesa. Non dovremmo tanto temere il virus quanto aver paura di perdere Dio a causa della paura della morte. Oggi, infatti, c'è una prova della nostra fede. Cosa prevarrà in noi: la paura degli animali o la fede nella Provvidenza di Dio?

Dovrebbe essere chiaro che la Provvidenza di Dio non fornisce alcuna garanzia per la nostra salute. In effetti, possiamo morire, anche per il virus. Inoltre, in ogni caso, moriremo comunque. Ma è meglio morire con Cristo nell'anima e nel corpo piuttosto che vivere come una foglia tremante, con paura di avvicinarci al calice con i sacramenti.

È importante per noi imparare a considerare scontata la morte, come qualcosa di inevitabile, e continuare a seguire Cristo. Forse, questa è la lezione che Dio vuole che impariamo ora. Se il nostro spirito non regna sulla nostra anima e sul nostro corpo, rimarremo solo animali sociali in un guscio umano. Ma se Dio ci offre di prendere il posto da dove sono caduti gli angeli, allora dovremo imparare a vivere come angeli.

La Bibbia ci insegna che un tempo ci fu una guerra in cielo. E gli angeli luminosi guidati dall'arcangelo Michele combatterono contro le forze demoniache. Non so cosa abbiano rischiato gli angeli in quella guerra, ma hanno rischiato. Altrimenti, non avrebbe potuto essere definita una guerra. Dobbiamo imparare anche noi a correre dei rischi, cioè a fare la scelta giusta, parlando spiritualmente, non importa quanto ci sentiamo spaventati. In realtà, lo sforzo di un martire si basa proprio su questa scelta.

Nelle moderne accademie militari, dozzine di lezioni sono dedicate allo studio dei metodi di influenza psicologica sul nemico durante le ostilità. I principi della ripetizione, la fiducia nella fonte di informazione, l'attivazione dei processi mentali di percezione, l'uso della suggestione e così via – tutti questi argomenti sono studiati seriamente e professionalmente. Il compito delle armi informative è attirare l'attenzione, guadagnare fiducia, portare imbarazzo e paura nella mente del nemico e seminare il panico.

Gli stessi metodi vengono usati contro di noi dalle forze diaboliche. Non sentite come questa o quella storia dell'orrore su Internet vi colpisce il cuore? Come confusione, paura, sconforto e disperazione ricolmano la vostra anima. Chiudete questi portali.

Nietzsche aveva ragione quando scrisse: "Attenzione, quando combatti i mostri, di non diventare tu stesso un mostro... perché quando guardi a lungo nell'abisso, anche l'abisso guarda in te". Distogliete lo sguardo dall'abisso e lasciate che entri solo la luce nelle finestre della vostra anima.

Invece di assorbire le notizie che stimolano la paura, prestate attenzione al miracolo della primavera del risveglio. Ascoltate gli uccelli che cantano le loro canzoni nuziali. Guardate fuori: gli alberi che si risvegliano alla vita iniziano a fiorire. Pensateci: Dio ha preparato il suo regno per noi.

Siate felici con ciò che Dio ci ha dato per la felicità di oggi e abbiate speranza per ciò che ha preparato per noi in futuro. Usate la quarantena per il vostro guadagno spirituale. Prestate attenzione ai vostri figli e genitori. Approfittate dell'opportunità di rallentare e parlare senza fretta. Ricordate Salomone e dite alle vostre paure: "Anche questo passerà".

Dite alla vostra anima: "Non importa se sono vivo o morto, nel mio corpo o fuori di esso. L'unica cosa che importa è se sono con Dio o senza di lui". E quando ancora una volta le forze malvagie faranno girare davanti ai vostri occhi immagini terribili della realtà della vita moderna, volgete gli occhi a Cristo e chiedetegli: "Signore, che cos'è questo?" E lo sentirete rispondere: "Che cosa importa a te? Tu seguimi!" (Gv 21:22).

 
Il robot, il mutante e l'artista

san Luca dipinge la Theotokos

Una delle debolezze della nostra visione del mondo è che si tende a guardare a ciò che ci circonda da una di due parti opposte. È una cosa inevitabile, perché l'esistenza dell'umanità si muove come una ruota, salendo e calando, trainata da forze opposte da estremo a estremo. Questi estremi si alimentano l'un l'altro, si chiamano l'un l'altro in esistenza tanto che spesso il nostro nemico più feroce è il nostro riflesso in uno specchio.

Cristo viene come rimedio a questa vertigine frenetica. Egli è allo stesso tempo l'Alfa e l'Omega, l'inizio e la fine. Egli è l'unione degli estremi, non solo la perfetta unione del cielo e della terra, del creato e dell'increato, del divino e dell'umano, ma meditando sulla sua storia scopriamo la sua vita come unione degli opposti in una vasta gamma di categorie. Cristo è servo e re, pietra d'inciampo e testata d'angolo, pastore e giudice. Nelle parole del profeta Simeone egli viene per la rovina e la risurrezione di molti, porta la pace e il fuoco, indossa una corona di spine. Potrei riempire quest'intero testo con i modi in cui Cristo unisce ed è allo stesso tempo l'origine degli opposti.

In un'immagine di Cristo, l'umanità è chiamata a imitarlo in questa funzione di unire gli opposti senza distruggerli, attraverso l'amore e la comunione, e questo è il motivo per cui san Massimo il Confessore parla dell'uomo come microcosmo, la cui natura è "il laboratorio in cui tutto è concentrato e che in se stesso media naturalmente tra le estremità di ciascuna divisione" [1]. Comprendendo questo mistero, arriviamo a vedere che ogni caduta, proprio come la caduta nell'Eden, è una caduta in un opposto, un'illusione che ci fa vedere un lato di una dualità come pienezza e totalità. Questa è la causa di ogni conflitto e di ogni guerra, a cui Cristo risponde dicendoci di amare i nostri nemici.

Il mondo moderno, che dal tardo Medioevo fino a oggi, si è sviluppato in un certo modo come una "de-incarnazione", una separazione e una radicalizzazione degli opposti. Per esempio, spesso caratterizziamo il mondo moderno come materialistico e anti-spirituale, ma naturalmente, non è così. La modernità ha dato origine al materialismo e al tempo stesso ha riacceso diverse forme di "spiritualismi", teosofie o speculazioni esoteriche. Non dobbiamo dimenticare che René Descartes, che ci ha dato l'universo meccanicistico in cui ancora viviamo, aveva anche passato la sua vita alla ricerca della società esoterica segreta dei Rosacroce, o che Karl Marx è vissuto allo stesso tempo di Helena Blavatsky. Entrambi questi estremi sono moderni, ed entrambi nascono dalle rispettive posizione di estremi opposti.

Nella pratica del fare umano, ciò che chiameremo "arte", anche questa radicalizzazione degli opposti ha assunto diverse forme. L'ho spiegato in precedenza, ma nei tempi antichi la nozione di arte, techne o ars, includeva tutte le discipline del sapere applicato. Anche se esistevano distinzioni tra diverse forme d'arte, secondo le loro funzioni – pittura, retorica, medicina – non c'era l'opposizione che troviamo oggi. Le belle arti non erano opposte all'arte popolare, o all'arte commerciale, o alla tecnologia.

Se l'artista sacro deve prendere sul serio il ruolo di mediatore, è fondamentale che giunga a una comprensione di questa realtà, in modo da non cadere involontariamente preda di tale pensiero oppositivo. Ci sono stati molti articoli su Orthodox Arts Journal che tentano di mostrare come le qualità astratte dell'arte moderna sono legate in qualche modo l'icona e queste sono affermazioni importanti da fare. Ma bisogna sempre tenere a mente che ciò che chiamiamo arte moderna, che spesso spiritualizza in modo astratto ed elitario oggetto, forma e colore, è in se stessa in un'opposizione radicale. Non vi è alcun'avanguardia tedesca o russa senza un realismo sociale che sia apparsa come il suo nemico esplicito, portando a far bandire l'arte d'avanguardia in entrambi i paesi. Anche in America, non c'è espressionismo astratto, senza regionalismo, non c'è alcun Jackson Pollock senza un Thomas Hart Benton. Nella nostra prospettiva storica, il lato dell'arte di "avanguardia" è così preponderante da farci semplicemente dimenticare o ignorare che Grant Wood dipingeva nello stesso tempo di Georgia O'Keeffe.

Autumn Rythm, di Jackson Pollock, un esempio supremo di espressionismo astratto americano

Sources of Country Music, di Thomas Hart Benton. Un esempio supremo di regionalismo americano. Benton era insegnante di Pollock alla Art Student’s League, e Pollock disse spesso che l'insegnamento di Benton gli aveva dato qualcosa contro cui ribellarsi

Detto questo, dobbiamo assumere una visione ancora più ampia. Se nel Medioevo la realizzazione di un pettine o una sedia era tanto "arte" quanto il dipinto di un affresco, nel mondo moderno abbiamo opposto "arte" e produzione. Abbiamo opposto l'oggetto d'arte, che è unico, autonomo e senza utilità, a innumerevoli oggetti "privi d'arte" che compriamo al negozio, che sono invece identici, prodotti in serie e utilitaristici.

pettine medievale d'avorio

pettine moderno prodotto in massa

Anche se può essere rappresentato in una miriade di forme, uno dei modi più utili per vedere la tendenza agli estremi sono due tipi di umanità nati nell'immaginario moderno, entrambi presenti nella nostra psiche e nelle nostre narrazioni. Potremmo chiamare questi due tipi di umanità la macchina umana da una parte e l'individuo assoluto dall'altra. O per dirla più semplicemente, il robot e il mutante.

Il robot è una copia artificiale di una persona umana, una copia senza personalità, senza individualità, un essere infinitamente riproducibile che è assolutamente servile, uno schiavo senza responsabilità morale che esiste per pura utilità. La sua estensione nella società è l'uomo come numero, la massa anonima di esseri statistici, l'operaio e il sistema burocratico dello stato moderno.

Rosie, la cameriera robot del cartone animato americano The Jetsons (I pronipoti), in onda negli anni '60

D'altra parte, il mutante è l'individuo assoluto, un Übermensch il cui stesso corpo, oserei dire la cui stessa natura, è unica, e questa unicità (in particolare la versione del mutante dei fumetti Marvel) appare come un potere e un aspetto peculiare. È anche presentato come "avanguardia umana", il prossimo passo nel progresso evolutivo dell'umanità. L'estensione del mutante nella società è la rock star, l'artista come genio, il milionario che si è fatto da sé e il ribelle indomabile che si erge contro il "sistema".

Wolverine, il mutante archetipo nella narrativa moderna

Se si applica questo schema all'iconografia, per esempio, quelli con tendenze robotiche tenderanno a sottolineare lo status quo, l'utilità pura delle icone, potrebbero tendere a enfatizzare la ripetizione di modelli antichi, o forse potrebbero non trovare alcun problema con le icone riprodotte meccanicamente. I robot potranno vedere con sospetto coloro che innovano, chi ha uno stile personale e troppo visibile nelle proprie icone. Quelli con tendenze mutanti d'altro canto favoriranno l'individualità, il cambiamento, l'esplorazione e l'aspetto di "belle arti" delle icone. Potrebbero voler vedere le loro opere in gallerie e collezioni, cercare una certa fama e notorietà e tendere a vedere il cambiamento e l'innovazione come cose aventi valore in sé. I mutanti potrebbero anche guardare dall'alto in basso quelli che si limitano "semplicemente a copiare" come se fossero una razza inferiore di iconografi.

Ma il potenziale dell'arte liturgica, per sua stessa natura, viene a noi come soluzione pratica per la dualità di estremi che si è sviluppata nell'arte. Quelli di noi che hanno intenzionalmente abbandonato il mondo dell'arte contemporanea per abbracciare l'iconografia di solito ne sono consapevoli. Per noi, il fascino dell'iconografia è esattamente il fatto che essa attraversa e comprende tutte le divisioni del fare umano. È un oggetto di utilità assoluta, pienamente ancorato nella vita e nelle pratiche spirituali della Chiesa, ma è anche un oggetto di bellezza fatto da una persona, oltre a essere un profondo testo visivo con strati e strati di significato. L'icona è tipologica, segue regole canoniche, ma non deve essere tirannica nella riproduzione sistematica, come si vede negli oggetti realizzati in fabbrica. L'icona si trova nelle chiese imperiali così come nelle più comuni capanne dei contadini. L'icona può essere una creazione sia individuale sia comunitaria, che esprime la qualità unica dell'artista che l'ha fatta, ma può anche essere fatta per una comunità e all'interno di una comunità e all'interno del linguaggio visivo comune che lega assieme quella comunità. In questo modo fare un'icona può essere un atto d'amore.

angolo rosso di una piccola casa di campagna russa

interno della chiesa del Sangue Versato, a San Pietroburgo, la cui costruzione fu avviata nel 1883 dall'imperatore Alessandro III in memoria di suo padre

Ma perché l'arte liturgica sia un atto d'amore, deve trovare la via di mezzo, come ci dice san Gregorio di Nissa commentando le famose parole di Cristo: "Né la prudenza del serpente, né la semplicità della colomba sono da lodare, se ne scegliamo una da sola. Piuttosto è la disposizione che unisce strettamente queste due che è virtù" [2]. Per trovare la virtù nell'arte liturgica dobbiamo cercare di evitare sia la copia senza senso sia l'innovazione senza senso, sia il puro utilitarismo sia la pura contemplazione estetica. Piuttosto dovrebbe riunire un'esplorazione gioiosa dei nostri predecessori con lo sforzo di includere questi linguaggi visivi nelle nostro, andando avanti con la preghiera e l'umiltà, e allora i linguaggi visivi e tipologici della icona saranno come vivere e respirare l'arte comune che può ancora essere un testimonianza vibrante e autentica in un mondo di robot e di mutanti.

Note

[1] San Massimo, citato in Andrew Louth, "Saint Maximos the Confessor", p.73

[2] Gregorio di Nissa, La vita di Mosè, II, 289

 
San Paissio e l'omosessuale

Padre Evangelos Papanikolaou è un medico che serve come prete in Grecia. Era stato novizio a Monte Athos ai tempi dell’anziano Paissio, di cui racconta uno straordinario incontro con un giovane omosessuale giunto dall’anziano a chiedergli di pregare per il suo amante da poco defunto.

[San Paissio:] "Come ti chiami, figlio mio?"

"Mi chiamo Stamatios".

"Stamatios, figlio mio, non sapevi che devi venire al Monte Athos con abiti pesanti [a causa del tempo]?"

"Non ne avevo idea… ho preso l'aereo, poi ho preso un taxi [e sono arrivato al Monte Athos]".

Immaginatevi quanti soldi aveva per permettersi un taxi [per arrivare al Monte Athos].

Era davvero bello! Sua madre era tedesca e suo padre era greco... non si rendeva conto di quanto fosse bello, mascolino, proprio bello…

Ci dice: "Potete portarmi con voi e guidarmi in giro per il Monte Athos perché non ho idea [di questi luoghi]?"

"Noi…"

"Per favore, voglio visitare san Paissio…"

Io penso: ci sono stato poco prima, per 6 ore… ora devo tornare indietro, scalare le montagne, suonare il campanello, [san Paissio] mi vedrà e mi dirà:

"Tu, ragazzo, eri qui poco prima, cosa vuoi di nuovo?"

Dovevo prendere l'autobus, scendere, arrivare al mare, partire, andare a Karyes, andare a Dochiariou [il monastero], l'abate non ci vedrà, si arrabbierà, non ha un carattere facile… e sono diventato nervoso, mi sono detto: "In cosa mi sono cacciato? Perché ho dovuto iniziare una conversazione con lui?"

Ora devo tornare da san Paissio…

Mi sono infuriato, ma lui aveva il diritto di affrontare tutto questo... alla fine, ho dovuto dirgli "Sì, ci andremo!" …

Perché un ospite è come Cristo! Gli ho detto "Fratello mio, molliamo gli ormeggi e andiamo!"

Eccoci di nuovo, portando i bagagli sulle nostre spalle: lui viaggiava con scarpe basse, e non avevamo niente da dargli perché potesse cambiarle… gli abbiamo fatto un bastone per poter scalare il sentiero ghiacciato sulle montagne, è in salita, prima è in discesa, ma poi diventa salita per raggiungere la cella di san Paissio".

Suoniamo il campanello e arriva l'anziano Paissio.

Visto che ieri aveva piovuto e il serbatoio era pieno d'acqua, voleva che pompassimo di nuovo l'acqua per ripulire il serbatoio dalle scorie.

"Benvenuti ragazzi!", ci ha detto. Ci ha portato dentro, abbiamo fatto di nuovo lo stesso lavoro, pompando l'acqua [dal serbatoio] per pulire ciò che era rimasto dentro e lui ha portato [Stamatis] a parlare in privato.

Lì è stato salvato! Vi spiegherò più avanti perché.

Parlavano in privato, erano in piedi lì vicino. Lui [Stamatis] era greco-tedesco, quindi conosceva il greco.

Mentre stavano parlando, questo ragazzo [Stamatis] ha iniziato a risplendere, l'oscurità del suo viso se ne stava andando e risplendeva, risplendeva, risplendeva, risplendeva...

L'anziano Paisios mi ha detto: "Vangelis, vieni qui".

"Da questo momento in poi, per il resto della tua vita, ti assumi il dovere di pregare per un malato, ora deceduto, di nome Michalis".

"Nel caso diventi sacerdote o qualunque altra cosa diventi, pregherai per lui per tutta la vita!"

L'anziano Paisios, quindi, ha detto a Stamatis: "Non hai più il diritto di pregare per quest'uomo [Michalis]. Evangelos si assume il tuo obbligo di pregare per lui d'ora in poi".

Mentre eravamo a Iviron [il monastero], gli avevo chiesto: "Perché sei venuto al Monte Athos?"

"Un mio amico è morto e sono venuto sul Monte Athos per pregare per la sua anima" mi ha detto.

Io sono un medico e sono intelligente, non sono stupido, se voi mi chiedeste "Perché sei venuto sul Monte Athos?", direi "Un mio amico è morto di leucemia e sono venuto a pregare per lui sul Monte Athos", "…un mio amico è morto di cancro…", "…un mio amico è morto di ictus…", ma lui non ha menzionato la malattia che aveva ucciso il suo amico.

E come medico ho capito che era morto di AIDS. L'ho capito subito.

Come sapete, a quel tempo, l'AIDS era immediatamente correlato alla vita da omosessuale.

Quindi non ho detto niente, non abbiamo detto niente, perché non volevamo renderlo infelice e rattristarlo. Capite?

Mentre stavamo uscendo [dalla cella di san Paissio], l'anziano Paissio lo prende tra le sue braccia, così... gli dà uno schiaffetto e gli dice: "Stamatios, non aver paura di niente, perché se sei riuscito a ingannarmi non facendomi capire niente, allora immagina come riuscirai a ingannare anche i demoni delle stazioni di pedaggio…"

Vie siete accorti di cosa gli aveva detto?

Era come dirgli: "Normalmente io avrei capito la tua passione, ma Dio me l'ha nascosta finché tu non mi hai detto che cos'era…"

All'epoca non avrei capito tutte queste cose, stavo solo assistendo, le sto spiegando col senno di poi.

E lui [san Paissio] gli ha detto: "Figlio mio, non aver paura di niente!". Gli ha dato uno schiaffetto proprio così e gli ha detto: "Ti commemorerò per sempre…"

Ora, ascoltate chi era Stamatis e perché aveva visitato il Monte. Athos.

Stamatis per me è un santo, io lo ricordo come "Stamatis il monaco".

Stamatis era nato in Germania da un padre greco un po' brutale.

La madre che lo ha allevato era una tedesca e aveva questo stile da "istruttrice".

Il bambino era davvero bellissimo. Lo mandarono in palestra e mentre si allenava in palestra, qualcuno gli si avvicinò... e iniziò a manifestarsi questa tendenza all'amore e all'affetto verso lo stesso sesso.

Poi arrivò ad Atene. Era un professore, aveva un ottimo stipendio.

Lì conobbe un impiegato di banca con cui sviluppò una relazione: era il famoso Michalis, quello che il maggiore [Paisios] disse [a Stamatis]: "Non lo commemorerai mai più, lo commemorerà Evangelos, ma tu non lo farai mai più".

Il povero [Michalis] era malato di AIDS. Stamatis aveva una tale follia e amore per lui che disse:

"Mi prenderò l'AIDS così potremo ammalarci insieme!".

Fate attenzione! Queste sono malattie spirituali e dimostrano l'intensità della passione e dobbiamo stare molto attenti quando ne parliamo!

Voglio indicare dove entra in gioco l'anziano Paisios così posso anche dirvi come ha affrontato la cosa.

Stamatis si è ammalato di leucemia, all'epoca non c'erano molte medicine, ora se ne sta occupando la maggior parte delle persone [che soffrono].

Lo Stato fornisce loro medicinali che costano circa 2000 euro, ricevono un'indennità di 800 euro al mese.

E arriva una signora con il cancro al seno e prende 400 euro e a chi non ha niente dà 800 euro perché il sistema è così.

Le cose stanno esattamente come vi dico, siamo passati da un estremo all'altro.

Il malato [Michalis] era entrato in ospedale. I suoi genitori non avrebbero accettato che Stamatis venisse a trovarlo nella sua stanza.

Tuttavia, Stamatis stava aspettando con impazienza fuori dall'ospedale "San Savva" e riceveva informazioni sulle condizioni di Michalis.

Non appena avrebbe saputo che Michalis era dimagrito e ora pesava 50 kg, si metteva anche lui a dieta e raggiungeva i 50 kg... poi 46 kg... poi 43 kg.

Michalis morì. E quando morì, Stamatis disse: "Cosa fare per la persona che amo, mio ​​Dio?".

Gli hanno detto di andare al Monte Athos e di chiedere ai padri di pregare per il riposo della sua anima.

La passione lo ha portato al Monte Athos! Ecco perché non dovreste dire niente!

Perché il poveretto non sapeva cosa fosse il Monte Athos, pensava che fosse proprio come piazza Kolonaki, un loro luogo di incontro.

Venne a Iveron [monastero], considerato come il Kolonaki del Monte Athos a causa della Panagia Kolonakiotissa, questa prima Panagia, l'icona sacra reale del Monte Athos.

È venuto [a al Monte Athos], è così che ci siamo incontrati e ci ha chiesto di portarlo dall'anziano Paissio.

Infatti, andò dall'anziano Paissio.

L'anziano Paissio gli disse:

"Stamatis mio, puoi digiunare il mercoledì e il venerdì?

- Posso!

- Guadagni tanti soldi dal collegio tedesco, tienine un decimo per te e i rimanenti nove decimi li darai ai poveri... puoi farlo?

- Posso!

- Puoi a leggere l'Inno Acatisto alla Theotokos ogni giorno?

- Posso!

- Puoi, Stamatis, andare in ospedale una volta alla settimana e prenderti cura di un malato che non ha nessuno [che lo aiuti]?

- Posso!"

Questi sono i santi di Dio! Fate attenzione!

"- Dimmi, puoi andare a trovare un padre spirituale [ovvero un prete cristiano ortodosso] e confessarti?

- Posso!

- Puoi seguire il canone prescritto [per te] da questo padre spirituale?

- Sì, posso!

- Puoi andare ogni domenica alla Liturgia?

- Sì, posso!

- Vai e fai quello che puoi... e Dio farà per te... quello che non puoi fare [per te stesso]!" Ha detto l'anziano Paisios.

Avete capito cosa gli ha detto? Vai e fai quello che puoi e lascia che Dio combatta la tua passione.

Lascia che Dio faccia per te ciò che tu non puoi fare... che tu sia trascinato da questa passione!

Gli ha detto anche: "Non ricorderai mai più quell'uomo [Michalis]! Non commemorerai nemmeno il suo nome tra i defunti! Questo sarà il dovere di quello laggiù [intendeva padre Evangelos]. Portalo qui".

Il primo che io ricordo tra i defunti, dopo il mio padre spirituale e gli anziani e padre Timotheos, il primo che ricordo è questo servo di Dio, Michele. Come mai? Perché è un ordine dell'anziano Paisios.

Avete mai visto cosa significa essere un angelo di Dio? Un "angelo di Dio!"

La grazia dello Spirito Santo lo ricoprì e [Stamatis] visse il resto della sua vita in uno stato spirituale sorprendente.

Digiuni, veglie per tutta la notte, preghiere, pentimenti, confessioni.

Si è dedicato a questo. Chiunque avesse l'AIDS e non si fosse confessato, Stamatis gli avrebbe portato un padre spirituale in modo che potesse confessarsi.

I sacerdoti in quel periodo di solito non davano la santa comunione alle persone con l'AIDS in ospedale. Quando lui trovava un sacerdote che avrebbe dato loro la santa comunione, lo portava da loro con la sua auto in modo che potessero ricevere la santa comunione.

 
Tradurre la Bibbia in ebraico

Si dice che, a una conferenza stampa prima della sua partenza da Israele, è stato chiesto al presidente George W. Bush: "Cosa l'ha colpita di più di tutto in Israele?" Il texano ha risposto: "La Bibbia nella mia stanza. Era nella vostra lingua! Nonostante le guerre e il terrorismo, non avete risparmiato gli sforzi e avete tradotto la Bibbia in ebraico in così poco tempo! Questo è quello che mi ha colpito di più".

Oltre a ridicolizzare la proverbiale ignoranza texana, questa barzelletta israeliana mira a ricordarci che l'Antico Testamento è stato scritto in ebraico, e che ogni libro dell'Antico Testamento che si trova nella vostra camera d'albergo è una traduzione dal testo ebraico antico. C'è un'implicazione di vasta portata: gli ebrei sono i guardiani e custodi di un testo sacro primario della cristianità. Quest'implicazione è accettata in modo subliminale, o addirittura consapevolmente, dall'Occidente.

Le conseguenze di questa implicazione vanno ben oltre i dettagli testuali. I bramini dell'India sono i custodi dei Veda, e questo porta loro influenza, denaro, posizioni ministeriali. Anche in Occidente, i guardiani ebraici della Scrittura godono grazie a questo diritto di un'influenza straordinaria – del tutto slegata dai loro numeri demografici – che non può essere spiegata in alcun altro modo.

Il denaro, la mentalità da clan, la proprietà dei media - tutti questi sono spesso citati tra i motivi di questa influenza ebraica sproporzionata. Ecco il problema, però: questa influenza è più grande negli Stati Uniti, in particolare, e in Occidente in generale. Gli ebrei di Serbia e della Grecia, della Turchia e della Siria, dell'India e della Cina non sono poveri, e non hanno minore mentalità da clan, ma sono molto meno influenti. Possiamo proporre un motivo diverso, quindi: la battuta texano-israeliana non sarebbe immediatamente capita in questi paesi, perché per i musulmani, per gli indù, per i cinesi e per i cristiani ortodossi, gli ebrei non hanno alcuna funzione sacra - non sono i guardiani di un testo sacro. I non cristiani hanno le loro Scritture. E per quanto riguarda i cristiani ortodossi, l'Antico Testamento è la Settanta, il testo greco composto circa duecento anni prima di Cristo e 1.000 anni prima che sia stata completata la presente Bibbia ebraica (chiamata TM, Testo masoretico).

Anche se lo scisma tra le chiese orientali e occidentali è di solito collegato con la controversia del filioque, il vero punto di biforcazione tra l'Oriente e l'Occidente cristiano si trova nella scelta del testo sacro primario (a parte il Nuovo Testamento). Gli occidentali (cattolici e protestanti) utilizzano l'Antico Testamento che hanno tradotto dal TM ebraico; gli orientali utilizzano il testo greco come originale. Questa è una differenza estremamente importante. Quando san Paolo dice che gli opposti si uniscono in Cristo, ricorda l'uomo e la donna, l'ebreo e il greco (Galati 3:28). Infatti, l'ebreo ideale e il greco ideale sono in contrapposizione tra di loro come l'uomo ideale e la donna ideale, e i testi ebraici ed ellenici sono ugualmente opposti gli uni agli altri. Inoltre, le traduzioni da uno di questi testi portano con loro l'impronta dello spirito originario. Lo spirito ellenico ha trovato la sua espressione nella Settanta, mentre lo spirito giudaico è stato espresso nel testo masoretico ebraico, il TM. Il cristianesimo nel suo insieme percorre un sentiero stretto tra le sue tendenze giudaiche e greche, che sono bloccate in una lotta eterna come lo Yin e lo Yang. La loro scelta del testo primario per l'Antico Testamento ha fatto in modo che le Chiese orientali abbiano favorito la tendenza ellenica, e quelle occidentali la tendenza giudaica.

Prima di continuare, vi svelo completamente un fatto: fino a poco tempo fa, non ero a conoscenza del problema, e come tutti gli altri, pensavo che l'Antico Testamento in ogni lingua fosse una traduzione dall'originale TM ebraico. Pochi mesi fa ho visitato Mosca, dove ho apprezzato molto la favolosa ospitalità dei moscoviti, che possono trasformare ogni incontro cordiale intorno a un paio di bicchieri di vodka in un simposio platonico – un banchetto della ragione e una celebrazione dell'anima. Una volta, il mio amico Mikhail, un docente universitario di Mosca, mi ha detto che un famoso starets voleva ricevermi. "Starets", l'equivalente russo del greco gerōn, o "anziano", significa, in Ortodossia orientale, un leader spirituale monastico - una guida spirituale carismatica che può aiutare gli altri a raggiungere il progresso e il successo spirituale, come ci racconta l'Enciclopedia Britannica. Lo starets è ben noto a Mosca come confessore e il lettore dei cuori - un uomo che capisce l'animo umano e la sua via di salvezza. Sono stato immensamente commosso e lusingato dall'invito, perché le persone normalmente aspettano mesi e mesi per vederlo e ricevere la sua benedizione. Anche se ho incontrato principi della Chiesa – vescovi e cardinali, monaci dall'Athos e da Gerusalemme - gli anziani sono il cuore nascosto della fede.

Siamo partiti in auto da Mosca verso il monastero alle 4 del mattino. La strada era vuota, e c'erano solo pochi pellegrini di fronte al monastero di attesa che le porte pesanti si aprissero. Questo non è né il momento né il luogo per raccontare tutto quello che è successo in quell'incontro, ma vi dirò la cosa più importante: lo starets mi ha raccontato del suo desiderio di pubblicare l'Antico Testamento in ebraico, rettificato secondo la Bibbia dell'Imperatrice Elisabetta della Chiesa ortodossa russa. In un primo momento, sono rimasto profondamente scioccato e confuso. La Bibbia dell'Imperatrice Elisabetta (1751), o BIE, è una traduzione, e per giunta una traduzione della traduzione greca nell'antico slavonico ecclesiastico. Questo non era un progetto un po' troppo audace, correggere l'originale secondo una traduzione? Il suo scopo avrebbe eclissato qualsiasi progetto post-modernista!

Ed ecco che si è fatta strada un'altra, e anche più piena, rivelazione: l'idea di tradurre una traduzione o addirittura di ricostruire l'originale a partire da una traduzione non mi era del tutto estranea. Le traduzioni non sono riproduzioni neutrali fatte a macchina; essi portano con sé i carichi gemelli della cultura originaria e della cultura del traduttore. Una traduzione può essere tradotta. Ero consapevole di questa complessità – qualche anno fa avevo tradotto l'Odissea in russo dalle traduzioni inglesi di Lawrence (1932) e Rieu (1946) invece che dall'originale greco. (È stata pubblicata da Aletheia, la casa editrice di classici greci di San Pietroburgo, ispirata da Heidegger, nell'anno 2000). L'ho tradotta in questo modo al fine di trasmettere un'idea di Jorge Luis Borges, che per il lettore moderno l'Ulisse di Joyce precede l'Odissea di Omero. Le traduzioni inglesi post-Joyce dell'Odissea portano questo messaggio subliminale, e io ho cercato di conservarlo nella mia traduzione in russo. (Maggiori informazioni su questo in russo su http://www.israelshamir.net/ru/odysseia0.htm)

Più a lungo consideravo le parole dello starets, più senso avevano per me. In pratica, mi stava proponendo di ricostruire la H70, l'originale ebraico perduto dei Settanta, utilizzando la BIE come criterio di scelta tra numerose versioni. Vedrete presto perché questo potrebbe iniziare l'inversione di un processo di giudaizzazione e di degrado a lungo termine, e avviare la guarigione dello scisma tra l'Occidente e l'Oriente, mentre allo stesso tempo potrebbe aiutare gli ebrei a superare la loro arroganza e a fare la pace con le nazioni. Gli ebrei hanno tradotto la Bibbia nelle lingue delle nazioni, al fine di influenzarle; il mondo è in debito con loro, ed è il momento di ripagarli dando loro il vero testo originale ebraico dell'Antico Testamento, libero da censure e successive integrazioni, proprio come era letto ai tempi del Secondo Tempio di Gerusalemme.

Perché questo progetto libresco avrà influenza sul mondo reale? Le cose sacre influenzano il nostro mondo molto più di quanto sia accettabile ammettere nella buona società. Le persone robotizzate credono che tutte le cose siano fatte di considerazioni pecuniarie, ma in verità, è l'autorità spirituale che decide. Il mondo basato sulla Bibbia ebraica non è lo stesso di come sarebbe stato un mondo basato sulla Bibbia greca. Le sue priorità sarebbero diverse. Anche i testi stessi sono diversi. Il testo ebraico usato oggi dagli ebrei (e da piccole comunità di cristiani di lingua ebraica), di solito chiamato TM (testo masoretico) non è lo stesso testo che era letto da Cristo e dai suoi apostoli.

Se aprite il Nuovo Testamento vedrete che i suoi riferimenti al Vecchio Testamento non si adattano. Per esempio, Matteo 12:21 cita Isaia: "nel suo nome spereranno le nazioni". Ma se guardate Isaia 42:4, vedrete qualcosa di completamente diverso: "le isole aspetteranno la sua legge". Oppure (in At 7:14) Stefano dice: "settantacinque" anime scesero in Egitto con Giacobbe. Ma cercate nel vostro Antico Testamento (Gn 46:27; Dt 10:22) – si dice che solo settanta persone sono andate in Egitto. Questo non significa che i traduttori della Bibbia di Re Giacomo, o altri traduttori del Vecchio Testamento, hanno fatto un errore. Hanno tradotto correttamente, ma dalla versione sbagliata, dal TM, mentre Gesù, i suoi apostoli e gli scrittori del Nuovo Testamento in generale avevano letto e citato la Settanta (LXX) o la sua fonte ebraica (H70).

Il recepimento del TM al posto della Settanta (LXX) o della sua fonte ebraica (H70), che lo rende la fonte di tutte le traduzioni occidentali successive, è stato il più grande colpo mai messo a segno dagli studiosi ebrei, e questa è la causa profonda della giudaizzazione dell'Occidente.

Il TM non è particolarmente antico. Il più antico manoscritto completo del TM - Il Codice di Leningrado (1008) – ha poco più di un migliaio di anni, mentre la LXX è molto, molto più antica. La traduzione della LXX è stata creata in un'epoca molto diversa – non solo prima di Cristo, ma anche prima della rivolta dei Maccabei. In quei tempi, nel III secolo a. C., il mondo ellenistico abbracciava la Palestina, l'Egitto, la Siria e i loro vicini. Gli ebrei si integrarono bene in questo mondo ellenico, e la lunga lotta tra i due spiriti dell'antica fede di Israele era appena iniziata:

Uno era lo spirito introspettivo, esclusivista, nazionalista. Pretendeva la proprietà privata della legge divina e l'accesso esclusivo al Creatore per gli eletti di Israele. Uno straniero che leggeva la legge doveva essere giustiziato. Una traduzione della Bibbia in greco era un gravissimo peccato, equivalente a modellare un vitello d'oro (Es 32: 4), dicevano.

L'altro spirito proclamava l'universalità e portava a Cristo. La legge e la misericordia di Dio dovevano essere date a tutti.

In termini moderni, questi sono gli spiriti della privatizzazione e della nazionalizzazione. La battaglia fu combattuta nelle tre sedi dell'antica saggezza: Alessandria, Babilonia e Gerusalemme. Alessandria era la più universalistica, Babilonia la più proprietaria – Gerusalemme era il loro campo di battaglia. Ad Alessandria, una felice sintesi di idee ebraiche e greche fu raggiunta nella traduzione dei settanta anziani nominati dal sommo sacerdote. Così è arrivata la rivelazione di Israele al mondo, preparando la strada a Cristo.

Questa traduzione fu a dir poco miracolosa. I traduttori erano sei da ogni tribù di Israele, in totale settantadue. Ma la traduzione fu chiamata la traduzione dei Settanta, perché settanta è il valore numerico di "sod" – "segreto" in ebraico. La Settanta ha rivelato il segreto che gli ebrei esclusivisti non volevano condividere. "Una maledizione su colui che rivela il nostro segreto alle genti", avevano scritto sul pavimento della sinagoga di En-Gedi. Tre volte alle figlie di Gerusalemme fu chiesto di "non destare o risvegliare l'amata fino a quando lei vorrà destarsi" (Cantico dei Cantici 3) e questo significava "non rivelare il nostro segreto ai pagani", dice il Talmud. Furiosi per la divulgazione del segreto, gli ebrei esclusivisti distrussero la fonte ebraica dei Settanta. Ogni singola copia perì. A Gerusalemme, gli ebrei nazionalisti massacrarono gli ebrei ellenizzati proto-cristiani nella rivolta dei Maccabei.

Con la venuta di Cristo, lo spirito libero giudeo-ellenico ritrovò ancora una volta la sua espressione odiata dai nazionalisti, imbarcati sulla lunga strada per riacquistare il pieno controllo della Scrittura. Per centinaia di anni, gli scribi lavorarono sul Vecchio Testamento, approfittando delle sue ambigue letture consonanti, fino a quando finalmente raggiunsero il testo che conosciamo oggi. Il suo paradigma principale è stato cambiato: se il vecchio testo portava a Cristo, il Salvatore personale / universale, il nuovo testo impiantava il concetto nazionalista di un messia di e per il popolo di Israele. Le nazioni del mondo dovevano essere viste come peccaminosi semi-animali che non avevano accesso a Dio. Il nome di 'ebrei'  era ristretto a questo piccolo gruppo fanatico, mentre gli ebrei ellenizzati divennero noti come 'cristiani' e non furono più chiamati 'ebrei'. Quella che prima era una battaglia tra due scuole di pensiero nel contesto giudaico, divenne noto come la battaglia tra gli spiriti giudaico e cristiano.

Gli ebrei esclusivisti non potevano distruggere la Settanta – ce n'erano troppe copie esistenti tra i non ebrei, e la LXX era stata diffusa in tutto ed era riuscita a portare le nazioni a Cristo. Ecco perché, nel loro tentativo di forzare il genio dello spirito libero a tornare di nuovo nella sua bottiglia, gli ebrei fecero – l'una dopo l'altra – tre traduzioni del Vecchio Testamento in greco per contrastare la LXX. Queste traduzioni furono fatte a partire dalla loro versione proto-masoretica, ed erano piuttosto tendenziose. "La Vergine" nella profezia divenne "una giovane donna" nella loro versione. Da allora, gli ebrei hanno fatto e / o influenzato decine di traduzioni in tutte le lingue, mentre difendevano ferocemente la propria versione ebraica, il TM, come unica fonte primaria legittima.

Nella Chiesa primitiva chiesa non se ne preoccupavano troppo, poiché ritenevano l'ebraico solo un linguaggio degli scribi, mentre le persone colte usavano il greco, e le masse locali parlavano aramaico. La Chiesa respinse la versione ebraica come un bozzolo vuoto abbandonato da una bellissima farfalla. La LXX era considerata il testo ispirate da Dio, e sulla sua base, sono stati creati il Nuovo Testamento e le opere dei Padri della Chiesa. La Chiesa ortodossa orientale preferisce ancora la Settanta al TM, perché la traduzione dei Settanta anziani è stata custodita nella Chiesa e dalla Chiesa, mentre il testo ebraico era stato custodito e preparato da forze anti-cristiane.

Quando gli studiosi cristiani più recenti si interessarono al Vecchio Testamento, e confrontarono le traduzioni giudaiche con la LXX, fecero inevitabilmente ricorso alla Bibbia ebraica, dal momento che a quel tempo gli ebrei avevano il controllo dei manoscritti ebraici e degli strumenti per la loro interpretazione. Come si ricorderà, l'H70, l'antico originale ebraico dei Settanta, era stato distrutto dai nazionalisti. Un grande studioso, Origene, si rivolse quindi agli ebrei per consigli, e questi glie ne diedero molti – solo che i loro consigli erano basati sulla loro comprensione del loro testo. Origene decise di migliorare la Settanta e emendò la LXX secondo la Bibbia ebraica del suo tempo. Alcuni di questi emendamenti si fecero strada nel corpo della LXX. Eppure, la Chiesa orientale rimase piuttosto al sicuro, perché la Settanta rimase la versione ufficiale del Vecchio Testamento per l'Oriente di lingua greca da Costantinopoli ad Alessandria.

Ma l'Occidente non leggeva il greco. Per lungo tempo, l'Occidente utilizzò le vecchie traduzioni latine dalla Settanta; l'unità della Chiesa rimase forte, ma le traduzioni erano deboli. Alla fine Girolamo, un uomo meraviglioso e un grande studioso, che visse per 34 anni in Palestina, decise di correggere le vecchie traduzioni latine e di aggiornarle. Iniziò perfino il suo lavoro con la Settanta. In seguito, però, seguì Origene e si rivolse agli ebrei per i loro consigli e l'interpretazione. Quella fu la sua rovina. Si fece prendere la mano, e fece il passo fatale che rese l'Occidente suscettibile all'influenza ebraica. Si separò dalla LXX e fece una nuova traduzione in latino – dalla Bibbia ebraica del suo tempo, il proto-TM. Agli ebrei sicuramente piacque il risultato, ma sant'Agostino rimase scioccato da questo atto, e scrisse ne La Città di Dio:

Anche se gli ebrei riconoscono questo lavoro molto dotto [di Girolamo traduttore dell'Antico Testamento dall'ebraico] come fecondo, mentre sostengono che i Settanta traduttori hanno commesso errori in molti luoghi, tuttavia le chiese di Cristo giudicano che nessuna dovrebbe essere preferita all'autorità [della Settanta], e noi dovremmo credere che il dono profetico è con [la Settanta].

I contemporanei condannarono Girolamo, notando che cominciava lentamente ad apparire sempre più ebraico nelle sue posizioni man mano che invecchiava, e i suoi amici ebrei cominciavano ad avere più influenza. Uno dei suoi ex amici, Rufino, attaccò pubblicamente le tendenze ebraiche di Giro,amo. Girolamo, in risposta a quest'accusa di Rufino, ammise liberamente la verità di tali affermazioni. Girolamo scrisse nella sua Apologia: "Non c'è niente da biasimare nel mio ottenere l'aiuto di un ebreo nella traduzione dall'ebraico." Ha detto che "non capiva come mai interpretazioni ebraiche qui e là avrebbero potuto minare la fede dei cristiani". In questo modo gli ebrei riuscirono a piantare il seme che sarebbe poi sbocciato nell'accettazione del TM ebraico e nell'abolizione virtuale della Settanta greca, le autentiche Scritture cristiane di Cristo e degli Apostoli.

Un motivo per cui Girolamo, e Origene prima di lui, accettarono la versione ebraica, era la loro mancanza di prospettiva storica. La prospettiva nell'arte visiva fu scoperta nel XV secolo, mentre la prospettiva storica non era nota fino al XVII secolo. Fino a quel momento, l'uomo non era al corrente del torrente del tempo. Don Chisciotte considerava Achille ed Ettore cavalieri come lui o come Lancillotto. I crociati avevano pensato che la moschea musulmana di Gerusalemme fosse il Tempio di Salomone. Per Origene e Girolamo, l'Antico Testamento era l'Antico Testamento, e gli ebrei erano gli ebrei. Non hanno capito che il testo ebraico dell'Antico Testamento era stato cambiato dai tempi di Tolomeo II Filadelfo, quando la Settanta era stata prodotta. Alcuni di questi cambiamenti erano tendenziosi, altri erano causati da errori di scrittura, e altri ancora erano il risultato di malintesi.

Lo studioso bliblico ortodosso Nicolas Glubokovsky ha scritto: "La traduzione greca riproduceva un tipo testuale ebraico indipendente, che non era stato severamente censurato e redatto dalle autorità rabbiniche. Questo è il motivo per cui LXX e TM differiscono profondamente, e le loro letture dello spirito messianico e cristiano sono ai ferri corti".

Origene e Girolamo credevano al mito dell'attenta gestione ebraica dei rotoli dell'Antico Testamento. Non sapevano che gli ebrei avevano distrutto i manoscritti di altri tipi. La Chiesa non aveva tale pratica, e al tempo di Girolamo c'erano "tot exemplaria paene quot codices" – tante versioni quanti erano i codici. L'islam, tuttavia, ha seguito la via ebraica, e tutte le versioni differenti del Corano sono state distrutte, in modo da far sopravvivere solo un tipo.

Girolamo aveva piantato il seme dell'influenza ebraica, e questo aveva fatto le sue maggiori incursioni a partire dal IX secolo, quando la Vulgata di Girolamo divenne universalmente accettata. Eppure, l'Antico Testamento non era molto letto – il latino non era universalmente compreso e la sua influenza era rimasta un po' limitata – cioè, fino a quando i protestanti cominciarono a diffondere le loro traduzioni del Vecchio Testamento in lingua volgare.

Il risultato immediato può essere paragonato allo scoppio di una malattia a lungo dormiente: devastazioni e massacri di civili precedentemente inauditi durante la guerra dei Trent'anni furono influenzati dalla diffusione delle traduzioni in lingua volgare basate sul TM, mentre le nazioni erano infettate dal suo spirito nazionalista ed esclusivista, sconosciuto in Europa fino a quel momento. La Bibbia di Re Giacomo fu tradotta dal TM, e il risultato fu sorprendente: gli inglesi cominciarono a considerarsi un nuovo Israele razziale nella carne, in contrasto con la Chiesa, considerata il nuovo Israele dello spirito. Combatterono la Chiesa, e inflissero la pulizia etnica prescritta nel libro di Giosuè sulle loro colonie nel Nuovo Mondo. Privatizzarono i beni comuni e trasformarono il popolo britannico ordinario in poveri. La Bibbia tradotta dal TM in tedesco trasformò i tedeschi in feroci nazionalisti e, infine, preparò il terreno per Hitler. Così, il TM e le sue traduzioni hanno avuto un effetto enorme, persino magico. Il petardo collocato nel II secolo sotto le mura della società cristiana esplose!

Gli ebrei divennero il Merlino collettivo dietro il trono di un re Artù britannico. Persone insoddisfatte da questa preminenza degli ebrei abbandonarono il cristianesimo per vari culti pagani, o vennero assorbiti dal lato materiale del mondo. La giudaizzazione dell'Occidente e la degradazione del suo spirito accelerarono.

Oggi, la battaglia delle traduzioni continua più inesorabilmente e più unilateralmente che mai. Gli ebrei producono decine di traduzioni in molte lingue, ognuna più giudaica di quella precedente. Alcuni sono testi apertamente ebrei, come la Jewish Publication Society Bible, altri sono cripto-ebrei o "cristiano-sionisti", come la Scofield Reference Bible che riduce la fede cristiana a un 'amore degli ebrei e dello Stato ebraico'. Questo lungo, duro lavoro su queste traduzioni corrosive è la vera cospirazione dei Savi di Sion.

La Russia è stata l'ultima a sottomettersi all'influenza giudaizzante della traduzione del TM. Fino alla fine del XIX secolo, i russi sono stati esposti solo alla BIE, la traduzione dalla Settanta in antico slavonico, ed erano pii, religiosi, fedeli al trono. Nel tardo XIX secolo, la Società Biblica filo-britannica e massonica ha pubblicato una traduzione del TM in lingua volgare russa. Molto presto, l'influenza ebraica in Russia ha cominciato a salire. Tuttavia, la Chiesa russa non ha accettato questa Bibbia russa giudaizzante per scopi liturgici, e continua a pregare e a leggere dalla BIE. Ciò ha causato una tragica spaccatura tra la Chiesa, orientata verso la LXX e il pubblico dei lettori indotto al TM, una spaccatura che è venuta alla ribalta con la Rivoluzione.

Permettetemi di aggiungere ancora un'altra rivelazione: Come ex-ebreo che è stato accolto nella Chiesa greco-ortodossa di Gerusalemme, io sono profondamente e personalmente consapevole della continua lotta di questi due spiriti nel mondo. Il mondo cristiano si sottometterà alla giudaizzazione, o saranno gli ebrei ad accettare Cristo? Pochi giorni fa, in una chiesa in Terra Santa, ho visto una Bibbia in ebraico pubblicata da una società cristiana al fine di portare gli ebrei a Cristo. Tuttavia, l'Antico Testamento era stato riprodotto dal TM. Se un ebreo vede che i cristiani si servono effettivamente del testo ebraico preparato da rabbini ebrei anticristiani, come potrà mai accettare l'interpretazione cristiana? L'incontro di ebrei e cristiani dovrebbe portare gli ebrei alla Chiesa, non portare a cristiani che abbandonano la Chiesa con sgomento.

Gli sforzi di proselitismo di solito falliscono perché gli ebrei si considerano i guardiani della Scrittura, mentre dovrebbero essere visti come i custodi del proprio testo distinto, alla pari con la Peshitta aramaica, la Bibbia etiopica o la Torah samaritana.

Il TM è il petardo piazzato secoli fa sotto le fortificazioni della città di Dio assediata. La ricostruzione dell'Antico Testamento ebraico secondo la LXX dovrebbe far saltare i guastatori ebrei sulla loro stessa trappola e alleviare l'assedio. Una vera Bibbia cristiana in ebraico è ormai diventata una possibilità concreta. L'H70, la fonte ebraica del LXX, può essere ricostruita sulla base delle scoperte testuali degli ultimi cento anni, con l'aiuto dei rotoli di Qumran. Possiamo farlo - possiamo farlo abbastanza velocemente e in modo abbastanza preciso. Abbiamo intenzione di farlo, con il vostro aiuto. Tale pubblicazione sarà il punto di svolta in questa lotta millenaria. La battaglia tornerà a essere combattuta nel territorio della controparte per la prima volta dal 128 d.C., quando il convertito e discepolo di Rabbi Akiba, Aquila, produsse la sua traduzione giudaica dell'Antico Testamento in greco. Se questo progetto fosse stato tentato dalla giovane Chiesa nel secondo secolo, l'influenza ebraica oggi sarebbe la stessa di quella dei samaritani – trascurabile. Ora è tardi, ma non troppo tardi.

Le persone che mettono in dubbio la possibilità stessa di ricostruire H70 di solito si riferiscono alle molteplici interpretazioni e versioni nel mare dei manoscritti della LXX. Queste obiezioni non sono sincere. La Chiesa ha una risposta esatta per quanto riguarda le interpretazioni e le versioni, e possiamo fidarci della sua ispirazione. Nei nostri tempi bui di confusione, possiamo seguire l'interpretazione della Bibbia dell'Imperatrice Elisabetta, come ho detto all'inizio.

Perché la Bibbia dell'Imperatrice Elisabetta, e non qualsiasi altra? Perché non il testo greco? La Bibbia dell'Imperatrice Elisabetta fu stata preparata nel paese meno giudaizzato del mondo cristiano, la Russia, sotto la protezione regale della meno giudaizzata delle sue regine. All'imperatrice Elisabetta era stato chiesto di consentire ai commercianti ebrei di entrare in Russia, perché le avrebbero portato molto profitto, e lei rispose: "Non desidero alcun profitto dai nemici di Cristo". Le idee occidentali (e sotto la loro veste, l'influenza giudaica) avevano poco spazio di incursione a quel tempo. La Bibbia dell'Imperatrice Elisabetta fu curata da ecclesiastici, non da scienziati, e fu preparata di fronte all'aperta attenzione della tradizione della Chiesa. La Bibbia dell'Imperatrice Elisabetta può essere paragonata a un mammut rinvenuto nella tundra ghiacciata - il suo cadavere è sopravvissuto per millenni perché è stato protetto dal permafrost. Si può non amare il permafrost e preferire i tropici, ma il permafrost è migliore ai fini di conservazione. Allo stesso modo, si può preferire un cristianesimo più occidentalizzato, più giudaizzato, ma se si vuole scoprire la purezza dell'antica tradizione ellenica, ci si può rivolgere all'imperatrice Elisabetta.

La Settanta ha interpretazioni plurali e diverse versioni. La Bibbia dell'Imperatrice Elisabetta ha il grande vantaggio di essere un testo unico basato sulla LXX e pienamente approvato dalla Chiesa. Il suo linguaggio è lucido, il suo significato è chiaro, e questo ci permette di trovare e ricostruire la sua origine ebraica perduta. (Tuttavia, altri approcci possibili potrebbero essere considerati). La ricostruzione del Pentateuco può essere completata presto – con il vostro aiuto.

Per ricevere alcuni capitoli della nostra ricostruzione provvisoria dell'H70, inviare una mail a adam@israelshamir.net con oggetto H70. Il vostro contributo è esente da tasse negli Stati Uniti; per i piccoli contributi si può utilizzare PayPal all'e-mail di cui sopra; per i contributi più grandi, un conto bancario verrà fornito su richiesta.

Israel Shamir

 
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Cosa è successo davvero nella domenica di sangue

È un vecchio cliché che "la storia la scrivono i vincitori". Ciò è particolarmente vero per i regimi rivoluzionari, che sentono di dover infangare tutto ciò che è avvenuto prima nel modo più orribile possibile; una sorta di fallacia logica del tipo "tu sei così cattivo che io devo essere veramente buono".

In realtà, questo è forse il concetto centrale dell'illuminismo; vale a dire, il progresso è tutto, e tutto ciò che è venuto prima era difettoso. C. S. Lewis lo chiamava "snobismo cronologico". Per le eminenze di questo movimento, il rinascimento fu una "rinascita" della civiltà dopo i cosiddetti secoli bui.

Sfortunatamente, questi stessi devoti non riuscivano a spiegare del tutto come furono costruite le grandi cattedrali d'Europa durante quei "secoli bui" o come il metodo scientifico fu postulato per la prima volta nei conventi francescani nel XII secolo, o anche come sorsero le grandi università durante quello stesso periodo di tempo.

Oh bene, immagino che possiamo archiviarlo come una stupida coerenza, il babau delle menti piccole.

Detto questo, questo tipo di pensiero o di storiografia magica non ci ha mai abbandonato. Questo è stato ancora più vero durante il secolo scorso, quando ci era costantemente detto che tutto ciò che è venuto prima dell'anno "X" era particolarmente cattivo, malvagio o retrogrado. Quando i critici rispondono che ciò che è venuto dopo sembrava peggio, allora ci dicono che i grandi uomini che hanno inaugurato la nuova era avevano buone intenzioni. Questa è fondamentalmente l'argomentazione standard. Sapete, non si può fare una frittata senza rompere qualche uovo.

Tuttavia, la verità alla fine "avrà la meglio", come si suol dire.

Interverrò a questo punto sul fatto che potremmo assistere alla fine dell'ideologia progressista. La caduta di Kabul per mano dei talebani mi indica che il realismo sta iniziando a insinuarsi nelle menti collettive dell'Occidente. È mia opinione ponderata che le false religioni del Black Lives Matter, dell'omosessualismo e del femminismo siano allo stremo. Si spera che possa dileguarsi anche l'eccezionalismo wilsoniano.

Ciò è particolarmente vero per la dinastia dei Romanov, che ci è stata descritta da tempo immemorabile come orribile; che Nicola II era un dittatore inetto (ma sanguinario), che governava su un ingombrante impero in cui milioni di persone morivano di fame ogni giorno. Questo non è mai stato vero. Fortunatamente, anche questa interpretazione da cartone animato di quel periodo della storia russa oggi è trattata con attenzione. Va ricordato che Nicola regnò su una Russia che era nella sua "età dell'argento", un periodo di relativa pace e prosperità sempre crescente, oltre a sorprendenti realizzazioni culturali.

È quindi con grande piacere che raccomando il libro The Romanov Royal Martyrs: What Silence Could not Conceal (I martiri reali dei Romanov: ciò che il silenzio non ha potuto nascondere). Certo, è scritto da un punto di vista decisamente filo-Romanov, ma ciò non significa che non sia una buona storia. Lo è. E fornisce contesti mai presi in considerazione prima (o che addirittura non sono mai stati conosciuti). Comunque sia, la precedente storiografia anti-Romanov rende necessario questo pregiudizio.

Ma non è un'agiografia. Nicola e la sua famiglia erano veramente dei modelli di decenza e rettitudine. Come uomo, sopportò stoicamente tutte le calunnie che gli erano state rivolte e non rispose mai. Si aspettava lo stesso dalla sua famiglia, cosa particolarmente difficile per sua moglie, l'ex principessa Alice d'Assia-Darmstadt, regolarmente calunniata come spia tedesca.

Erano anche l'immagine stessa della pietà ortodossa e davano costantemente il loro tempo e le loro risorse per aiutare i meno fortunati. Durante la grande guerra, l'imperatrice Alessandra e le sue due figlie maggiori, Olga e Tatiana, si addestrarono come infermiere e si presero cura dei feriti giorno e notte, vivendo spesso in condizioni squallide e senza lamentarsi.

La dinastia dei Romanov mi ha affascinato a lungo. In particolare la figura dello tsar Nicola II e del suo brutale assassinio assieme alla sua famiglia a Ekaterinburg. Sono stato un convinto anticomunista per tutta la vita, ma ho creduto all'idea che Nicola II fosse un sovrano repressivo, governato dalla mentalità reazionaria del suo defunto padre.

Non sapevo che al momento della sua ascesa al trono, chiese la formazione di una corte di giustizia internazionale alla quale le nazioni del mondo potessero presentare le loro lamentele. Inoltre, raccomandò che tutte le potenze d'Europa si disarmassero in modo da prevenire ulteriori guerre. Il suo sogno di un tribunale internazionale si è concretizzato all'Aia; la sua idea di un disarmo universale, purtroppo, non fu mai realizzata. In ogni caso, mentre queste idee suonano ingenue – persino impraticabili – non sono il prodotto di una mente reazionaria.

Dopo aver ricevuto la notizia che Nicola voleva creare una conferenza di pace permanente all'Aia, circa 4.665 cittadini americani provenienti da tutti gli Stati Uniti gli scrissero questa lettera d'elogio:

"Noi, sottoscritti, cittadini sovrani degli Stati Uniti d'America, senza riguardo a razza, credo o affinità politica, desideriamo esprimere la nostra sincera simpatia per il nobile sforzo dello Tsar per la causa di Dio e dell'umanità. Considerando le difficoltà che affronta in patria e all'estero, ammiriamo l'alto coraggio morale con cui osa affrontarle, nella fede che, in tutti i tempi, ha mosso le montagne. Non pensiamo si possa trovare luogo più adatto da cui iniziare una crociata americana, di questa città di Filadelfia (Amore fraterno) in questo stato della Pennsylvania, il cui fondatore, nel 1693, pubblicò un appello per l'arbitrato alle nazioni d'Europa, mentre tra loro infuriava la guerra, e praticamente dava loro un illustre esempio di ciò che può essere una colonia le cui principali difese sono l'arbitrato e la giustizia estesa a tutti gli uomini. Qui, dalla culla della libertà, dove in seguito abbiamo proclamato che non solo noi stessi, ma tutto il mondo, avevamo diritto alla "vita, alla libertà e alla ricerca della felicità", tendiamo una mano amica alla Russia, nostra amica, quando essa "porta buone novelle, e pubblica la pace". Lo Tsar di Russia, Nicola II, ha convocato una conferenza di tutte quelle nazioni che hanno inviato rappresentanti a San Pietroburgo, per incontrarsi all'Aia, il 18 maggio 1899, per esaminare un piano per promuovere "l'arbitrato e il graduale disarmo". Desideriamo inviargli l'indirizzo di solidarietà allegato e invitiamo tutti coloro che si uniranno a noi ad aggiungere le loro firme". quando 'porta la buona novella, quando pubblica la pace'. Lo Tsar di Russia, Nicola II, ha convocato una conferenza di tutte quelle nazioni che hanno inviato rappresentanti a San Pietroburgo, per incontrarsi all'Aia, il 18 maggio 1899, per esaminare un piano per promuovere "l'arbitrato e il graduale disarmo". Desideriamo inviargli la dichiarazione di solidarietà allegata e invitiamo tutti coloro che si uniranno a noi ad aggiungere le loro firme".

Nel 1897, Nicola aveva istituito riforme delle condizioni di lavoro, proteggendo in particolare le donne e i minori di 17 anni dal dover lavorare in turni serali o notturni. Sorprendentemente, le sue riforme precedettero quelle di tutte le altre nazioni occidentali, come osservava il presidente William Howard Taft nel 1913: "...l'imperatore russo ha emanato una legislazione sul lavoro di cui nessuno Stato democratico può vantarsi".

Altre iniziative lungimiranti, come il ricovero e le cure mediche, erano state attuate per tutti nell'ambito di varie cooperative mediche, il cui costo era di un rublo, a persona, all'anno.

Niente di tutto questo suona come un governo repressivo. In realtà, è l'esatto contrario. È progressismo giustamente inteso.

Si può e si potrà dire di più sull'aumento del tenore di vita. Lo scopo di questo post è illustrare il grado di inganno che molti storici hanno coltivato per calunniare Nicola riguardo a un incidente specifico noto come domenica di sangue, in cui furono massacrate diverse migliaia di lavoratori in sciopero.

In poche parole, l'intero incidente fu messo in scena da agitatori professionisti e infiltrati comunisti, che sapevano benissimo che lo tsar non sarebbe stato al Palazzo d'Inverno per ascoltare le lamentele degli operai in sciopero. Sapevano che Nicola si era ritirato a Tsarskoe Selo giorni prima, ma non fecero nulla per informare la stragrande maggioranza dei lavoratori che era così. La maggior parte dei dimostranti fu sostanzialmente ingannata da agitatori professionisti. Peggio ancora, questi agitatori e provocatori fecero tutto il possibile per garantire che ne derivassero violenze.

I lavoratori, la cui stragrande maggioranza era composta di cristiani ortodossi patriottici, credevano fermamente che il loro batjushka ("piccolo padre") avrebbe ascoltato le loro lamentele. I rivoluzionari e i terroristi, d'altra parte, fecero di tutto per far credere il contrario al proletariato urbano di San Pietroburgo.

Consiglio vivamente, se siete interessati a saperne di più sulla "domenica di sangue", di guardare questo breve documentario (20 minuti).

 
Gli ucraini liberi bocciano la giunta colonialista occidentale a Kiev

Per almeno 400 anni o più ci sono stati tentativi di spaccare e dividere il mondo russo... Quando dico 'il mondo russo', questo non significa, come interpretano quelli che ce l'hanno con noi, l'Impero Russo o l'Unione Sovietica: il termine si riferisce alla grande civiltà russa che è uscita dal fonte battesimale a Kiev e che si è diffusa per le vaste distese dell'Eurasia. Questa è una civiltà originale basata sull'Ortodossia e sui valori morali dell'Ortodossia – questo è ciò che da oltre 400 anni non dà pace a chi vede in questa civiltà pacifica qualche sfida alle proprie basi ideologiche. E sappiamo che ogni volta che i nemici hanno attaccato la nostra patria, la cosa principale che hanno voluto fare è stata dividere il nostro popolo e, in particolare, strappare lontano da questo mondo unificato le terre russe meridionali e occidentali.

Patriarca Kirill di Mosca e di tutta la Rus', 14 marzo 2014

Il popolo dell'Ucraina sta scegliendo la libertà di preferenza alla tirannia della cricca neo-nazista in bancarotta che ha illegittimamente sottratto il potere con mazze da baseball americane al governo democraticamente eletto a Kiev. E la Crimea è solo l'inizio. La maggior parte dell'Ucraina si sta rivoltando contro la possibilità di colonizzazione occidentale e occupazione della NATO. Il tentativo occidentale di usare il colonialismo del XIX secolo nella sua 'corsa all'Europa dell'Est' sta fallendo nel XXI secolo. Solo se gli euroterroristi a Kiev saranno ben presto sostituiti da un governo legittimo e rappresentativo, che procederà subito con la federalizzazione dell'Ucraina (cosa che si sarebbe dovuta fare fin dall'inizio, 23 anni fa), c'è qualche speranza che il paese così come è oggi sopravviva.

Sorgono molte domande. Perché l'Occidente è così ostile alla democrazia e alla libertà in Ucraina? Perché è a favore di una centralizzazione in stile stalinista? Perché supporta e finanzia un paese gestito da un mafioso corrotto dopo l'altro per gli ultimi 23 anni? Perché deve mantenere i confini di un paese che sono stati fissati dai dittatori atei Stalin e Krusciov? Perché la rabbia contro la Russia libera?

A tutte queste domande c'è una sola risposta. L'impunità e l'orgoglio dell'Occidente sono tali che gli hanno fatto perdere la ragione. Chi se non un pazzo sosterrebbe i gangster a Kiev? E da dove è venuta questa follia? È venuta dal fatto che l'Occidente ha perso la fede in Dio, ha perso la fede nella base stessa della sua cultura, ovvero in Cristo. Nel mondo occidentale, sia in Nord America sia tra i suoi vassalli europei, le chiese sono vuote di preghiera, dove non sono già state trasformate in negozi, club e bar, a Montreal, Copenhagen, Amsterdam, Ginevra, Berlino, Londra o Parigi. E anche dove ci sono chiese, si suggerisce che dovrebbero essere utilizzate per 'matrimoni' omosessuali​.

Il fatto è che gli stessi demoni che una volta erano idolatrati dai leader sovietici atei sono oggi idolatrati dai leader occidentali atei. Sono emigrati dall'Unione Sovietica verso l'Unione Europea, dalla Stella Rossa al Cerchio di Stelle. Da qui la mancanza di logica e di razionalità dell'Occidente, il suo culto delle bugie. L'Occidente odia le Russia non a causa delle statue sporche e ignorate di Lenin e dei suoi pari, che riempiono ancora il paese per inerzia, ma perché la Russia è ora in gran parte cristiana ortodossa, e crede in Dio. E quella fede e la sua conseguente civiltà devono essere screditate e distrutte dall'Occidente perché contraddicono l'idolatria atea occidentale e i suoi piani ben avanzati per un terrificante impero anticristiano globale.

Perché la NATO ha bombardato la Serbia e poi l'ha divisa a pezzi, consegnandone una parte a islamisti baroni della droga e commercianti di organi umani? Semplicemente perché la Serbia era ortodossa. Perché l'Occidente ha assoldato cecchini a Kiev in modo che potessero uccidere allo stesso modo poliziotti e manifestanti, provocando l'indignazione internazionale? Semplicemente perché l' Ucraina era ortodossa e così, come la Serbia, deve essere strappata via dalla Russia ortodossa e dalla Bielorussia ortodossa e poi fatta a pezzi. Coloro che sono fedeli a Dio devono essere derisi, screditati e distrutti. Questo è ciò che l'Occidente e gli occidentalizzati hanno già fatto al credente Unto da Dio prima del 1918, applaudendo alla sua caduta nei loro parlamenti e nella loro stampa.

L'Occidente ha bombardato la Serbia, l'Iraq, l'Afghanistan, la Libia e la Siria impunemente, perché sapeva che non avevano modo di reaguire. Con la Russia sovrana, non osa farlo. Se non ci fosse la Russia ortodossa, il regno laicista di menzogne ​​e di oscurità spirituale e morale crescerebbe in tutto il mondo, i demoni regnerebbero e quindi arriverebbe presto la fine del mondo. Le più piccole e più deboli Chiese ortodosse locali, costretti da cricche e massoniche personalità ad adottare il calendario cattolico romano per le feste fisse, già guardano alla Russia per avere protezione. Questo non è il momento per la Russia di ascoltare minacce e ricatti occidentali, ma di stare ferma sui suoi principi, di difendere i valori cristiani ortodossi contro la stoltezza dell'ateismo laicista diventato globale.

Se l'ex Polonia orientale, con Leopoli apostata al cattolicesimo romano e la zona circostante, desidera ricongiungersi alla Polonia e così aderire all'Unione Europea, lo faccia pure, se l'Unione Europea vuole davvero queste province in bancarotta. Questa regione è l'unico vero confine ('ukraina'), perché è la sola che si trova ai confini della Polonia. La Crimea non lo è. Né lo sono Kiev, Odessa, Kharkiv, Donetsk, Uzhgorod e una miriade di altre città, paesi e villaggi dell'83% del paese in cui il russo è la lingua di tutti i giorni e la maggior parte delle persone riesce a malapena a parlare uno dei tanti dialetti della lingua regionale che si chiama ucraino.

La Piccola Russia, la Russia Bianca e la molto perseguitata Carpato-Russia non vogliono avere niente a che fare con la Polonia. Avendo apostatato dall'Ortodossia, la cricca galiziana soatenuta dall'Occidente a Kiev non vede più la Russia come la sua madre. Che si uniscano quindi alla loro matrigna polacca. Che comprino pure il biglietto per il Titanic. Allora le tante icone che hanno pianto in Russia e in Ucraina dallo scorso settembre cesseranno di piangere e da loro fluirà al posto delle lacrime un miro pacificatore

Il titolo di questa mappa amaramente satirica, "La massa tumorale nel corpo dell'Ucraina", può essere molto spregiativo nei confronti delle tre regioni della Galizia dalle quali è venuta tutta la forza del recente colpo di stato, ma allo stesso tempo dovrebbe aprire gli occhi sulla vera rappresentatività in tutto il paese della giunta oggi al potere

 
Una guida all'uso del sito ortodossiatorino.net

Il primo lunedì di Quaresima è chiamato il "lunedì puro" con riferimento alla pulizia dei nostri corpi (giorno di digiuno totale, per chi può farlo) e delle nostre attività. Non è male assecondare questo movimento con un poco di pulizia anche in questo sito: iniziamo a mettere ordine tra le varie pagine!

Il nostro sito parrocchiale (i cui inizi risalgono al 2002) ha avuto una grande espansione nell'ultimo anno. Per aiutare il visitatore a orientarsi tra i vari articoli che abbiamo raccolto, proponiamo una Guida all'uso del sito, nella sezione "Domande e risposte" dei documenti.

La guida è strutturata come una lista di domande, con tutte le curiosità che possono motivare i lettori del sito, e i relativi articoli a cui è possibile arrivare cliccando semplicemente sulla domanda relativa. Con questa guida (che cercheremo man mano di aggiornare in futuro) sarà possibile trovare più rapidamente i materiali desiderati.

 
Note di studio: il Minyan liturgico

Il principio di correlazione o concelebrazione nella Liturgia descritto da padre Alexander Schmemann porta i laici nell'equazione della Liturgia e colpisce il cuore stesso del clericalismo. Il clericalismo, almeno come esiste nella Chiesa russa, sembra elevare i sacerdoti ordinati a una strana posizione all'interno della Chiesa. Le persone sono convinte che i sacerdoti non siano normali esseri umani, che abbiano acquisito alcuni "superpoteri" speciali attraverso l'ordinazione e che siano molto separati dal resto dei fedeli, come se fossero esseri alieni. E mentre queste idee possono essere corrette in alcuni dettagli - credo che i sacerdoti ricevano grazia divina da Dio - in linea di principio hanno torto.

Ciò che il clericalismo genera rispetto alla Liturgia è un atteggiamento secondo cui la Liturgia è qualcosa che il sacerdote fa. Il sacerdote diventa un fornitore di servizi e la gente viene a consumare questi servizi: a osservare la Liturgia, a raccogliere un po' di acqua santa e di pane benedetto, a ricevere la comunione, a lasciare alcuni nomi su un pezzo di carta, a ordinare un servizio commemorativo per la nonna... lo stesso linguaggio che è entrato in uso nella Chiesa mette in luce questo atteggiamento da consumatore: le persone “ordinano” vari servizi; di fatto, spesso chiamano e si aspettano di poter effettuare un ordine per telefono. E la domanda più comune è: "Quanto costa?" Le persone vogliono sapere il prezzo e decidere se "il prodotto" valga la pena. Possono sempre guardarsi intorno e cercare un prezzo più basso. A dire il vero, alcune persone hanno capito che devono partecipare alla vita della Chiesa: quando presentano un elenco di nomi da commemorare nella divina Liturgia, è lo stesso elenco che usano nelle loro preghiere private, quando chiedono un servizio commemorativo si aspettano di essere lì a pregare insieme al sacerdote, ecc. Ma molti laici trattano la Chiesa come una boutique di incantesimi e amuleti e il prete come uno sciamano che li dispensa.

"Contrariamente alla credenza popolare", tuttavia, i sacerdoti non possiedono nulla che la Chiesa non possieda. Il sacerdozio è l'attributo della Chiesa che essa riceve come una corona dal suo divino Sposo, non è un attributo di alcuni individui speciali. Il sacerdozio regale del Corpo di Cristo (1 Pietro 2:9) si concentra su un singolo sacerdote nello stesso modo in cui la luce solare può essere focalizzata su un singolo punto da una lente. Quindi un prete si trova sotto un "riflettore", ma non è la sua luce: è la luce che appartiene a tutti i fedeli, è la luce di Cristo che splende attraverso la sua Chiesa. Il sacerdozio di Cristo semplicemente non esiste al di fuori del suo Corpo, la Chiesa. In linea di principio non può esserci un sacerdote fuori dalla Chiesa. Il sacerdozio non è una qualità o un possesso di una persona; è la qualità della Chiesa.

Inoltre, se il sacerdozio è la qualità della Chiesa e non di sacerdoti professionisti, allora anche la Liturgia è una funzione della Chiesa e non di sacerdoti professionisti. La Liturgia è la vita della Chiesa in comunione con Cristo e non un prodotto "offerto" dal clero e acquistato dai consumatori laici.

Sfortunatamente, il modo in cui oggi sono organizzati i nostri servizi religiosi è molto favorevole all'atteggiamento da spettatori dei laici. Le commemorazioni alla Proscomidia sono fatte fuori dalla vista e dall'udito dei fedeli, le persone non hanno modo di impegnarsi con il servizio e si limitano a stare in piedi e a osservare. Naturalmente, le persone dovrebbero pregare durante il servizio e di solito diciamo che questo è il loro modo di partecipare, ma considerate la seguente illustrazione. Se un sacerdote non sta servendo e sta semplicemente pregando in chiesa durante una Liturgia officiata da un altro sacerdote, diciamo che il sacerdote non sta servendo, anche se riceve la comunione al momento designato. Questo è lo status dei laici nelle nostre chiese: non stanno servendo.

Mi piace molto l'idea del Minyan di una sinagoga. Non sono consapevole che la Chiesa cristiana abbia mai avuto un tale requisito. È vero che un sacerdote non può servire la Liturgia da solo, ma la clausola "dove due o tre sono riuniti" richiede un solo cantore in aggiunta al celebrante, ed esistono varie dispense ed eccezioni a questa regola. Ma immaginate se avessimo bisogno di un quorum più ampio per celebrare la Liturgia. Le persone sentiranno effettivamente la responsabilità di essere in chiesa affinché la Liturgia abbia luogo. I laici sentono che la loro presenza è necessaria e richiesta, che senza di loro potrebbe non esserci una Liturgia, cosa che ogni sacerdote sente molto intimamente. Pensate alla Liturgia come a una cena di famiglia. Il padre può sedersi da solo a una cena di famiglia? La risposta è ovvia: senza la presenza della famiglia, non ci può essere una cena di famiglia. Potrebbe essere che senza la presenza della comunità dei credenti, il corpo di Cristo, in linea di principio non possa esserci una Liturgia, anche se il sacerdote è completamente rivestito di paramenti e pronto a celebrare?

Se avessimo il concetto di un Minyan per la Liturgia, l'idea che la Liturgia inizi con il momento in cui i fedeli si riuniscono, con i figli di Dio che rispondono alla chiamata del Padre e si riuniscono "come germogli d'ulivo attorno alla sua mensa" (Salmo 128:3) – vivendo, crescendo, producendo frutto ed essendo collegati a una radice (cfr Gv 15:5), l'idea che la Liturgia inizi con il mio atto volontario di "manifestare la mia appartenenza alla Chiesa" raccogliendomi insieme ai miei fratelli e sorelle in Cristo per l'opera comune della Liturgia può diventare più tangibile, viscerale e reale per i fedeli laici.

 
Gorokhovets - il gioiello nascosto della Russia Centrale

Dopo aver visitato tutte le famose città del celebrato percorso turistico noto come l'Anello d'Oro della Russia, abbiamo voluto visitare un posto che è meno noto e che non ha ancora perso il suo fascino provinciale. Anche se molte delle sue città vicine nella regione fanno parte del percorso dell'Anello d'Oro delle antiche città russe, la città di Gorokhovets, più spesso che no, è lasciata fuori da questa lista. Non è una città particolarmente famosa e non ha mai avuto un ruolo centrale nella storia russa, né ha legami reali con grandi personaggi della storia o della cultura della Russia. Tuttavia, Gorokhovets è un'antica città mercantile il cui aspetto non è praticamente cambiato dal XIX secolo. Gorokhovets potrebbe essere descritta come un ibrido tra le mete turistiche consolidate di Plës, con i suoi dintorni collinari sul fiume Volga, e di Suzdal', con la sua moltitudine di antiche chiese ed edifici e la sua atmosfera provinciale.

veduta della città dal fiume Kljaz'ma

La città si trova relativamente vicina alla grande città di Nizhnij Novgorod sull'autostrada federale M7. Fino al recente lancio del treno ad alta velocità Lastochka tra Mosca e Nizhnij Novgorod, che fa tappa a Gorokhovets, non vi era alcun collegamento ferroviario diretto tra Gorokhovets e la capitale. Questi anni di scarsi collegamenti di trasporti, tuttavia, hanno aiutato Gorokhovets a rimanere inviolata dall'industrializzazione.

Abbiamo visitato la città in piena estate e la città appariva molto calma, con pochissime persone in giro, in realtà era solo l'auto che compariva di tanto in tanto a rovinare l'illusione di avere viaggiato indietro nel tempo. Ho subito compreso perché la città è stata nominata città storica, poiché si è subito colpiti dal numero di antichi edifici sopravvissuti in città. Tra le tipiche case russe di legno con serramenti decorativi vi sono alcuni esempi elaborati. Una costruzione di questo genere è la casa dell'industriale Mikhail Shorin, un palazzo in legno in stile moderno, con tanto di torre.

la casa di Mikhail Shorin

Normalmente, in Russia, gli unici edifici del XVII secolo sopravvissuti tendono ad essere chiese, ma Gorokhovets ha anche sette edifici in pietra del XVII secolo, che una volta erano case di commercianti. A titolo di confronto, ci sono solo quattro edifici civili del XVII secolo sopravvissuti nella vicina Nizhnij Novgorod, e Mosca ne ha uno solo. Uno degli edifici civili sopravvissuti a Gorokhovets è la casa Sapozhnikov, che ora è un museo, e all'interno delle sue spesse mura di pietra, gli interni dell'edificio sono stati ricreati secondo il loro aspetto originario.

casa Sapozhnikov

Passeggiando per il labirinto di scale e scendendo in cantina ci si può immergere nella storia del luogo.

La piazza principale è dominata dalla cattedrale dell'Annunciazione, in un tradizionale stile monumentale di cattedrale russa con cinque cupole blu pallido. Oggi non funziona più come luogo di culto ed è di proprietà del museo vicino, anche se questa disposizione potrebbe cambiare nel prossimo futuro. Qui c'è anche il convento Sretenskij, istituito nel 1658 per ordine del patriarca Nikon, e che oggi è tornato a essere un convento funzionante.

le cupole blu della cattedrale dell'Annunciazione

Da qui abbiamo attraversato il ponte di barche sul fiume Kljaz'ma per visitare il monastero Znamensky sull'altro lato del fiume. È possibile fare questa traversata solo in estate, quando c'è il ponte, oppure in inverno, quando il fiume è ghiacciato. Da questo lato del fiume c'è una vista mozzafiato sulla città, che appare come una scena di una fiaba russa: costruzioni in legno, chiese con cupole a cipolla e monasteri che si innalzano sopra il fiume su una pittoresca collina.

veduta della città dal fiume Kljaz'ma

È una veduta che non è cambiata drasticamente nel corso degli ultimi 300 anni.

Gorokhovets. Inizi del XX secolo

La collina è conosciuta con il nome di Puzhalova (derivato dalla vecchia parola russa per 'spaventare') e presenta una delle più famose leggende della città. Essendo situata tra Mosca e Kazan', Gorokhovets serviva come avamposto difensivo russo ed era stata sottoposta a incursioni da parte dei tartari nel corso dei secoli XV e XVI. Una di queste incursioni ebbe luogo nel 1539, ma si racconta che i tartari siano stati spaventati dalla visione di un cavaliere apparso sopra la collina. Vale la pena di fare la salita piuttosto ripida su una scala traballante, sia per visitare il monastero Nikolskij in alto sulla collina sia per osservare dall'alto la vista del Kljaz'ma e del convento Znamenskij e di foreste senza fine dall'altro lato del fiume.

La destinazione finale del nostro viaggio è stato un sito di bellezza naturale appena fuori della città, chiamato il Colle Calvo, perché gli alberi crescono sulla sommità della collina a causa del vento. Secondo la leggenda un khan tartaro, morto durante una razzia a Gorokhovets, fu sepolto qui. Da qui si gode una vista completamente incontaminata dei boschi sull'altro lato del fiume Kljaz'ma, che corrono verso l'orizzonte.

il Colle Calvo

Tra tutte le città che abbiamo visitato in Russia, Gorokhovets occupa un posto speciale. Qui vi è una perfetta combinazione di fascino provinciale e di uno splendido ambiente naturale. Non è sorprendente che Gorokhovets sia stata utilizzata come scenario per numerosi film storici, poiché sembra veramente che il tempo qui si sia fermato al XIX secolo. È un luogo ideale per trascorrere un week-end e dimenticare tutto il trambusto della vita moderna. In termini di infrastrutture turistiche, ci sono diverse case che offrono alloggio e un bell'albergo. Non c'è molta scelta in termini di ristoranti o bar in città, ma se non vi aspettate una cucina raffinata non dovreste rimanerne delusi.

Nel 2018 la città celebrerà il suo 850 ° anniversario e le autorità regionali si sono impegnati a restaurare il centro storico. È possibile che questo dia una nuova prospettiva di vita alla città e la fissi come meta preferita per i turisti. In alternativa, può risultare nel restauro degli edifici storici della città, a tal punto che sembrino nuovi di zecca. Giusto per essere sicuri, non vi è alcun motivo per ritardare la vostra visita a quest'autentica e affascinante città di provincia!

 
Perché i cristiani non celebrano le feste ebraiche?

Le feste del calendario liturgico ebraico sono commemorazioni bibliche, o comandate da Dio nella Bibbia per essere osservate o che comunque commemorano un evento biblico. Perché allora i cristiani non le celebrano?

Questa domanda mi torna sempre in mente intorno a Hanukkah, che è una bella storia intorno a un miracolo avvenuto alla riconsacrazione del secondo tempio, dopo la rivolta dei Maccabei e la riconquista del Monte del tempio. La storia si trova nei libri di 1 e 2 Maccabei, che sono inclusi nel canone dell'Antico Testamento per la Chiesa ortodossa e quella cattolica. Anche le feste di Sukkot (i tabernacoli) e la Pasqua sono commemorazioni bibliche.

La risposta più immediata a questa domanda è duplice: (1) le feste cristiane sono compimenti delle varie feste ebraiche, e (2) a causa di questo, hanno una distinta focalizzazione su Cristo. Le feste ebraiche, per i cristiani, erano "ombre e tipi" di quello che doveva venire, e che è stato ora realizzato da Cristo. Pertanto, celebrando le feste distintamente cristiane, celebriamo anche ciò che le feste ebraiche prefiguravano. Per questo motivo, le feste cristiane includono molti riferimenti e allusioni alle feste ebraiche all'interno dei testi liturgici. Diamo un'occhiata ad alcune di queste feste ebraiche:

Feste ebraiche compiute in Cristo

La festa di Sukkot (i tabernacoli): Questa festa è una festa del raccolto, che ha luogo subito dopo l'autunno del nuovo anno (era stata spostata da un precedente Capodanno di primavera all'inizio del mese di Nisan). L'usanza di costruire e di vivere in una cabina o una capanna commemora le condizioni degli Israeliti come schiavi in ​​Egitto e il loro peregrinare nel deserto prima di entrare nella Terra di Canaan. Doveva essere per loro un ricordo che Dio li aveva portati dalla condizione di schiavi e nomadi a essere una grande nazione. Questa festa non ha un analogo cristiano, né è "compiuta" in una particolare festa cristiana. Tuttavia, abbiamo la tradizione monastica, che ha visto molte persone come eremiti in grotte e abitazioni fatte a mano. Santi come san Giovanni il Calivita (abitatore nelle capanne) sono l'incarnazione vivente di questa festa, e attraverso di loro ci viene ricordato che siamo pellegrini in questo mondo, in attesa di una nuova città, il Regno di Dio (Ebrei 11:13-16).

Il nono di Av: Questa festa è una festa solenne e penitenziale che commemora la distruzione di entrambi i templi, il primo per opera dei babilonesi nel 586 a. C. e il secondo per opera dei romani nel 70 d. C. Come Gesù profetizzò in Giovanni 2:19, "Distruggete questo tempio, e lo farò risorgere in tre giorni", la distruzione del tempio è un'altra immagine profetica della crocifissione, quindi questa festa è riassunta nel Grande e Santo Venerdì.

Purim: Questa festa è una commemorazione degli eventi descritti nel libro di Ester, una sorta di romanzo, che racconta una storia della liberazione del popolo ebraico nella capitale persiana di Susa. Poiché questa festa è strettamente focalizzata su una narrazione biblica piuttosto accessoria, e per il suo carattere nazionale piuttosto che teologico, non figura nelle osservanze cristiane se non in un modo più simbolico come salvezza da poteri senza Dio. La storia di Ester, come quella di Rut, che trova la salvezza per lei e per il suo popolo attraverso il matrimonio, prefigura il matrimonio della Chiesa con il suo Sposo, il Signore Gesù Cristo, e quindi per estensione, la sposa innuba di Dio, la sempre Vergine Maria vi è altresì prefigurata.

Hannukah: Come accennato in precedenza, questa festa commemora la riconsacrazione del Secondo Tempio dopo che era stato riconquistato dai Maccabei. Il tempio era stato prima catturato dal re seleucide Antioco IV, un maiale era stato offerto sull'altare e una statua di Zeus eretta nel Santo dei Santi. Questo evento era conosciuto come l'abominio della desolazione di cui parla il libro di Daniele. Dal momento che queste cose avevano effettivamente profanato il tempio, questo dovette essere consacrato dopo la sua riconquista da parte dei ribelli ebrei. Secondo la leggenda, l'unico olio puro trovato per consacrarlo fu un vaso sigillato fin dai tempi del profeta Samuele, e che durò miracolosamente per tutta la festa di 8 giorni. Questa festa è analoga in molti modi al sacramento della Cresima, dove un cristiano neo-battezzato riceve unzione con l'olio e diventa il tempio dello Spirito Santo. Ogni cristiano, allora, è un tempio consacrato di Dio, un miracolo di purificazione e di santità. Il cristiano che confessa i propri peccati trova che l'olio della consacrazione non si esaurisce mai, come la misericordia di Dio si rinnova ogni mattina (Lam 3:22-23).

Il giorno dell'Espiazione: Yom Kippur, il giorno dell'espiazione, era un giorno molto speciale e solenne di sacrificio, per cancellare i peccati del popolo, e, più in particolare, perché l'impurità contratta dal tempio e dalla città di Gerusalemme per i peccati del popolo fosse espiata, garantendo che i sacrifici offerti sull'altare sarebbero stati accettabili a Dio e che la gloria di Dio (shekinah) avrebbe continuato a dimorare nel tempio tra la gente. La Lettera agli Ebrei applica gran parte dei temi e delle immagini da questa festa alla crocifissione di Cristo rendendo il Venerdì Santo l'equivalente cristiano di questa festa, anche se in questa festa, non si compie alcun sacrificio (Eucaristia), perché il sacrificio è stato compiuto una volta per tutte da Cristo.

La festa della Pasqua: la festa della Pasqua è incorporata nelle menti e nei cuori di chi è cresciuto nella tradizione giudaico-cristiana, in particolare negli ultimi 50 anni, quando la narrazione dell'Esodo e l'istituzione della Pasqua sono diventati un argomento preferito tra i cineasti. Questa, naturalmente, è la festa fondamentale che è diventata la commemorazione cristiana della Risurrezione di Cristo. La maggior parte del mondo cristiano (al di fuori dei paesi di lingua tedesca e inglese), non ha nemmeno cambiato il nome della festa, che nel greco è stato preso in prestito dall'aramaico come "Pascha".

La festa delle Settimane (Shavuot): Questa era in origine una festa del rinnovamento dell'alleanza ed è quindi forse la festa più antica del calendario ebraico, che ha avuto origine nella fase più antica dello yahvismo israelita. Alla fine, questa festa è diventata quella che conosciamo come la Pentecoste, perché si verifica 50 giorni dopo la Pasqua. Nel giudaismo successivo, questa festa è diventata una commemorazione del dono della Legge sul Monte Sinai (Es 19-20). Per i cristiani, è anche una sorta di festa del rinnovamento dell'alleanza, perché commemora la nascita della Chiesa e il conferimento, non della legge scritta su tavole di pietra, ma della legge dello Spirito scritta nel cuore.

Il calendario cristiano

Le feste della Chiesa cristiana, sia in Oriente sia in Occidente, hanno largamente ripreso i temi teologici delle feste ebraiche, dando contenuto e compimento a quegli eventi dell'Antico Testamento interpretati come ombre e figure di Cristo e della sua morte e risurrezione, nonché l'istituzione della Chiesa, il suo corpo mistico e tempio dello Spirito Santo. Come si può vedere con le feste di Pasqua e Pentecoste, il principio all'opera nella loro inclusione o esclusione dal calendario cristiano è la loro capacità di essere interpretate attraverso la lente di Cristo e della sua opera redentrice, così come gli eventi nella vita di Cristo e della comunità cristiana nascente avvenuti in concomitanza di tali feste, come la Pasqua e la Pentecoste. Mentre le feste delle Settimane e dei Tabernacoli hanno analogie teologiche all'interno del cristianesimo, non c'è nessun evento significativo nella vita di Cristo o della Chiesa primitiva che si è verificato in associazione con quelle feste, e di conseguenza, non sono feste specifiche nella vita della Chiesa.

Questo è un punto importante da ricordare, che le feste ortodosse sono sempre radicate in specifici eventi storici della vita di Cristo, di sua madre, o della vita della Chiesa. Per esempio, la festa della Santa Croce è tecnicamente la festa dell'Esaltazione della Santa Croce, che commemora il ritrovamento della Croce nell'anno 326. La venerazione teologica della Croce, attraverso la festa, è collegata a un evento storico. Molte delle feste ebraiche, in modo simile, erano radicate all'interno di eventi storici nella storia di Israele e di Giuda, o, per quelle più primitive, segnavano l'inizio e la fine del ciclo del raccolto.

Pertanto, anche se i cristiani non celebrano le feste ebraiche esplicitamente, tuttavia noi affermiamo la loro bontà. Il fatto stesso che i cristiani abbiano un calendario festivo è radicato nelle radici storiche del cristianesimo all'interno dell'antico giudaismo. Tuttavia, dobbiamo riconoscere che le feste ebraiche, per noi, sono ombre e tipi di quello che doveva venire in Gesù Cristo, in modo che ciò che celebriamo oggi è sia il compimento sia la pienezza stessa di queste feste, in quanto attraverso di loro, abbiamo in comunione con Cristo nella santa eucaristia e partecipiamo misticamente a quegli eventi, che diventano per noi fonti senza tempo della rivelazione della conoscenza di Dio.

Eric Jobe è un candidato a un dottorato di ricerca presso il Dipartimento di lingue e civiltà del Vicino Oriente presso l'Università di Chicago. Si è specializzato in poesia ebraica, nei rotoli del Mar Morto, e nel giudaismo del secondo tempio. È insegnante di Bibbia e di lingue bibliche per la Chiesa Ortodossa in America, Diocesi del Midwest, nel programma per le vocazioni diaconali.

 
Митрополит Иларион открыл V курсы повышения квалификации для новопоставленных архиереев Русской Православной Церкви

23 марта 2015 года по благословению Святейшего Патриарха Московского и всея Руси Кирилла начались V курсы повышения квалификации для новопоставленных архиереев Русской Православной Церкви. Курсы, организованные Общецерковной аспирантурой и докторантурой имени святых Кирилла и Мефодия, проходят в Отделе внешних церковных связей Московского Патриархата и в Российской академии народного хозяйства и государственной службы.

В Большом зале ОВЦС прибывших из разных концов России епископов приветствовал председатель Отдела внешних церковных связей, ректор ОЦАД митрополит Волоколамский Иларион. В своем выступлении Владыка напомнил слова Святейшего Патриарха Кирилла, сказавшего, что «повышение уровня образования, обретение новых навыков представителями епископата является делом огромной важности».

Подготовленная Общецерковной аспирантурой и докторантурой программа курсов призвана поддержать новых архиереев в несении возложенного на них креста по созданию новых епархий. За время проведения курсов перед архиереями выступят более 30 лекторов, отметил митрополит Иларион. «В сетку расписания непременно попадают такие темы, как взаимодействие с Управлением делами Московской Патриархии, освещение общецерковной и епархиальной деятельности в СМИ региона, организация визитов Святейшего Патриарха в епархии, основы канцелярской работы и делопроизводства, финансовая отчетность церковных организаций, юридическо-правовое консультирование, организация церковного судопроизводства, взаимоотношения с митрополитом и духовенством, взаимоотношение с департаментами образования и другие вопросы», – пояснил он.

Ректор Общецерковной аспирантуры и докторантуры пожелал собравшимся «использовать эти дни с максимальной пользой, взять все самое лучшее от общения с преподавателями и друг с другом».

В пятых курсах повышения квалификации для новопоставленных архиереев Русской Православной Церкви принимают участие епископы Кронштадтский Назарий, викарий Санкт-Петербургской епархии, Балахнинский Илия, викарий Нижегородской епархии, Рыбинский и Угличский Вениамин, Петропавловский и Камчатский Артемий, Салехардский и Ново-Уренгойский Николай, Якутский и Ленский Роман, Россошанский и Острогожский Андрей, Магаданский и Синегорский Иоанн, Карасукский и Ордынский Филипп, Гатчинский и Лужский Митрофан, Мелекесский и Чердаклинский Диодор, Великолукский и Невельский Сергий, Сердобский и Спасский Митрофан, Горноалтайский и Чемальский Каллистрат, Саянский и Нижнеудинский Алексий, Тихорецкий и Кореновский Стефан, Енисейский и Лесосибирский Никанор, Щигровский и Мантуровский Паисий, Глазовский и Игринский Виктор, Новокузнецкий и Таштагольский Владимир, Ливенский и Малоархангельский Нектарий, Череповецкий и Белозерский Флавиан, Уржумский и Омутнинский Леонид, Югорский и Няганский Фотий, Нерчинский и Краснокаменский Димитрий.

 

 
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La tragedia dell'arcivescovo di Canterbury

L'arcivescovo di Canterbury, Justin Welby, ha dichiarato in un'intervista al quotidiano The Independent, noto per il suo atteggiamento agnostico liberal-democratico, che a volte dubita dell'esistenza di Dio a causa delle ingiustizie nel mondo. 'L'altro giorno stavo pregando per qualcosa mentre stavo correndo e ho finito per dire a Dio, guarda, va tutto molto bene, ma non è giunto il momento che tu faccia qualcosa – se ci sei?'. All'inizio dell'intervista, alla domanda se avesse momenti di dubbio, l'arcivescovo Welby ha risposto: Sì. Ne ho, in molti modi diversi. 'Ci sono momenti, certo, quando pensi che c'è un Dio, e dov'è Dio?'. L'intervista-scandalo oggi ha provocato i commenti tipicamente ortodossi di un noto sacerdote di San Pietroburgo, l'archimandrita Nektarij (Golovkin), che ha detto:

'Il cattolicesimo occidentale ha dato vita al protestantesimo, che ha aperto la porta al razionalismo e all'ateismo. Ecco la catena spirituale del cattolicesimo. La grazia di Dio lascia coloro che cadono dal sistema vivo e radicato dell'Ortodossia. L'anima di colui che è caduto lontano da Dio non è in contatto con i miracoli della grazia, ma è soggetta all'invasione di segni falsi e demoniaci. Questo uomo sfortunato, il capo della Chiesa d'Inghilterra, non è stato trovato degno di assistere a un singolo miracolo nella sua vita. Nella Chiesa ortodossa ogni sacerdote è ripetutamente in contatto con i miracoli divini nel suo ministero. Posso elencare un numero incalcolabile di miracoli nei miei 30 anni di ministero pastorale. Ci sono stati miracoli che vanno dall'invio della pioggia dopo le preghiere dei cristiani ortodossi, fino a segni sorprendenti e incomprensibili da parte di Dio. Non posso che sentirmi dispiaciuto per quest'anglicano, perché appartiene a una cosiddetta chiesa che è sterile. Non c'è grazia in essa, nessun senso di stare davanti a Dio'.

'Il capo della Chiesa d'Inghilterra appartiene a un ramo appassito e decaduto. L'Anglicanesimo ha abbandonato il potere vivente dell'Ortodossia, il sistema radicato e alimentato dalla grazia dello Spirito Santo. Noi non abbiamo versato e sperperato l'insegnamento apostolico, lo abbiamo mantenuto con grande cura, abbiamo curato il calice della grazia di Dio nel seno della Chiesa ortodossa'.

'La dichiarazione di questo anglicano è indicativa dello stato di un'anima che è al di fuori della grazia della Chiesa ortodossa... Non a caso si dice:' Dio resiste ai superbi, ma dà grazia agli umili'. L'orgoglio che ha generato la caduta dall'Ortodossia ha prodotto la resistenza divina. Tutte le sette e le eresie sono sorte dall'orgoglio. Quando un riformatore o un altro propone il suo insegnamento, si oppone alla Chiesa, ai Concili universali. Quando qualcuno lascia la Chiesa, è un segno di orgoglio, che lo rende alleato del diavolo'.

Da parte nostra, ci chiediamo perché l'ex dirigente petrolifero, Justin Welby, non ha l'onestà di rinunciare al suo grande stipendio e alla sua prestigiosa casa e consegnare il suo ufficio a qualcuno che realmente crede e conosce Gesù Cristo, il Figlio di Dio.

 
La reincorporazione della Crimea nella Russia: i fatti che spiegano perché non si tratta di Anschluss
La stampa occidentale e certi liberali russi sono in crisi isterica per la reincorporazione della Crimea nella Russia. Hillary Clinton ha già paragonato Vladimir Putin ad Adolf Hitler, e Andrej Zubov, professore presso l'Istituto Statale di Mosca per le Relazioni Internazionali (MGIMO), ha scandalosamente insultato i tentativi di integrazione della popolazione della Crimea come "Anschluss". Se si scava appena un centimetro sotto la superficie, si vede che nessuno di questi attacchi può essere più lontano dalla verità. Solo perché uno di loro sembra provenire da un accademico di tutto rispetto all'interno della stessa Federazione russa, questo non presta in nessun modo alcuna parvenza di legittimità a tali invenzioni politiche. Chi fa tali affermazioni assurde potrebbe verosimilmente essere interessato all'auto-promozione o a promuovere la retorica dell'opposizione politica interna.
Il paragone:
Un paragone maturo ed emotivamente distaccato dell'Anschluss della Germania nazista nei confronti dell'Austria e la reincorporazione della Crimea nella Russia dimostra chiaramente che questi due fenomeni sono di fatto molto diverse. Per vivacizzare l'argomento, sono inclusi nel confronto episodi provocatori selezionati della storia americana. Si affrontano diversi punti:
1) I rapporti storici e il sistema internazionale
Germania nazista (GN): L'Anschluss si è verificato durante un periodo di militarizzazione tedesca illegale e di desiderio di revisionare l'ordine internazionale. La Germania era in violazione dei limiti internazionali imposti al suo esercito dopo la sua sconfitta nella prima guerra mondiale, e costrinse con il bullismo la comunità internazionale ad accettare la sua occupazione illegale. Germania e Austria erano stati per l'ultima volta parte di una stessa entità politica nel 1806.
Federazione Russa (FR): La Russia non ha limiti giuridici internazionali imposti alle sue forze armate dopo il collasso sovietico e cerca di rispettare la legge, l'ordine e le norme internazionali. La Crimea ha voluto ripristinare lo stato di diritto violato dai criminali di Kiev e così ha scelto democraticamente di unirsi al proprio vicino culturale e storico, la Federazione russa. La Crimea faceva parte della Russia fino al 1954 e dello stato sovietico unitario fino al 1991.
Stati Uniti d'America (USA): Gli Stati Uniti rivedono sempre le norme comuni come meglio credono per accomodare i loro interessi. I coloni americani hanno invaso il Texas, hanno provocato le autorità messicane, e poi hanno combattuto una guerra per l'indipendenza (il "precedente del Kosovo" prima del Kosovo). Gli Stati Uniti hanno poi annesso il Texas devastando l'esercito del Messico e impadronendosi di metà del suo territorio. È importante sottolineare che il Texas era un'entità politica che non aveva avuto alcun rapporto con gli Stati Uniti prima del breve periodo della rapida colonizzazione americana. Per quanto riguarda le Hawaii, non ci può essere un simile rapporto storico, oltre a connessioni commerciali, per spiegare la loro annessione.
2) L'ideologia
NG: L'Anschluss era l'epitome dell'ideologia fascista e razzista che si trova in Mein Kampf.
RF: Alla Russia è proibito dalla sua stessa costituzione di avere qualsiasi tipo di ideologia. In effetti, la diversità è rispettata a causa di una legge del 1997 sulla libertà di coscienza e le associazioni religiose. La reintegrazione della Crimea nella Federazione Russa non ha assolutamente nulla a che fare con un'ideologia di stato.
USA: Gli Stati Uniti hanno storicamente praticato l'ideologia del Manifest Destiny, l'idea di avere un diritto divino a espandersi in tutto il continente nord-americano e oltre. L'eccezionalismo americano è l'idea che gli Stati Uniti hanno determinati diritti ed eccezioni che li mettono a parte rispetto ai loro pari internazionali, giustificando così doppi standard in ogni ambito. L'eccezionalismo americano è stato un fattore determinante nel ripetere lo scenario del Texas in California, quando la Bear Flag Revolt del 1846 ha portato alla dichiarazione di indipendenza del futuro stato californiano da Città del Messico e alla successiva annessione agli Stati Uniti dopo la guerra messicano-americana.
3) I colpi di stato
NG: Forze fasciste pro-tedesche organizzarono un colpo di stato in Austria prima della sua annessione da parte della Germania nazista. L'annessione era illegale perché violava il Trattato di Saint Germain e il Trattato di Versailles. Un voto "democratico" si verificò solo dopo che le truppe naziste occuparono completamente il paese.
RF: Forze pro-occidentali hanno messo in scena un colpo di stato in Ucraina, gettando la nazione nel caos. Gruppi di estremisti fascisti hanno guadagnato potere e influenza, sentendosi perfino abbastanza sicuri da minacciare russi e altre minoranze nel paese. Nessun colpo di stato sponsorizzato da russi è avvenuto nel paese, e i cittadini hanno votato a stragrande maggioranza in un'elezione libera e giusta per riunirsi con la Russia di propria volontà.
USA: interessi corporativi pro-americani hanno messo in scena un colpo di stato alle Hawaii, che il Rapporto Blount del 1893 ha ritenuto un atto illegale. Non c'è mai stato alcun tipo di votazione se gli hawaiani volevano o meno unirsi agli Usa, ma le Hawaii sono diventate comunque un territorio americano nel 1898. Esattamente un secolo dopo, il Congresso ha offerto piene scuse agli abitanti nativi delle Hawaii, in un documento che è stato firmato anche dal presidente Bill Clinton.
4) La difesa dei compatrioti
NG: I nazisti assorbirono egoisticamente l'Austria per il potere e lo status. La popolazione non era sotto alcuna minaccia o pericolo. Un colpo di stato filonazista ha preceduto l'Anschluss.
RF: Russi e altri gruppi minoritari in Ucraina sono stati minacciati da militanti di estrema destra del Pravyi Sektor e del partito nazionalista Svoboda, i cui dirigenti occupano importanti incarichi di governo come il ministro della Difesa e il direttore nazionale della Sicurezza, tra gli altri. L'Occidente non ha condannato questi gruppi estremisti, anche se le loro ideologie sono contrarie ai valori occidentali. Il coinvolgimento diplomatico, economico e politico della Russia non è stato militante e ha operato per ulteriori scopi umanitari in Crimea. Se non ci fosse stato alcun disturbo fascista nell'Ucraina post-golpe, gli abitanti della Crimea non si sarebbero sentiti minacciati e non avrebbero chiesto la protezione della Federazione russa .
USA: Nei modelli texano e californiano, i cittadini americani sono stati sotto minaccia (se si può descrivere come tale) solo a seguito di crisi politiche che essi stessi hanno provocato. Gruppi con sostegno americano hanno unilateralmente dichiarato la secessione dal Messico (un colpo di stato a modo suo) come passo verso l'annessione da parte degli Stati Uniti. L'annessione delle Hawaii è stato il risultato diretto di un colpo di stato.
5) La strada verso "l'impero"
NG: Dopo l'aggressione dell'Anschluss, i nazisti misero in scena una provocazione sotto falsa bandiera per 'giustificare' la loro invasione della Polonia nel 1939. La seconda guerra mondiale ebbe inizio subito dopo e il Terzo Reich continuò il suo regno del caos fino al crollo del suo impero nel 1945. Milioni di persone sono morte a causa della guerra.
RF: Non c'è stata nessuna operazione sotto falsa bandiera da parte della Russia prima che la Crimea si riunisse con la sua patria storica. La Federazione russa non nutre ambizioni di impero e si accontenta dello status quo (a meno che i suoi cittadini all'estero siano ancora una volta in pericolo, come non lo erano i cittadini tedeschi prima della seconda guerra mondiale). Le azioni della Russia sono state puramente difensive e in risposta all'aggressione condotta da altri. Prima del caos a Kiev, Mosca non ha fatto alcuna mossa per reincorporare la Crimea nella Russia. Nessuno è stato ucciso durante la reincorporazione della Crimea nella Russia.
USA: l'America ha segretamente distrutto la propria nave a L'Avana, la USS Maine, dando inizio alla guerra ispano-americana nel 1898. Gli Stati Uniti sono emersi dal conflitto come una potenza coloniale ufficiale, acquisendo Puerto Rico, Filippine e Guam. Inoltre occuparono in seguito Cuba. Per giustificare l'escalation militare in Vietnam, fu portata avanti la cospirazione del Golfo del Tonchino, in cui gli Stati Uniti ancora una volta hanno attaccato una delle proprie unità navali. Due milioni di vietnamiti sono stati uccisi durante questa guerra. Queste azioni sotto falsa bandiera sono state intraprese su iniziativa degli Stati Uniti al fine di adempiere i propri obiettivi geopolitici. Ancora oggi, alcuni caratterizzano gli Stati Uniti come un vecchio impero in una nuova forma.
Annessione contro reincorporazione:
Le azioni indirette della Russia in Crimea equivalgono a una reincorporazione di un territorio, non a un'annessione. Le annessioni hanno la connotazione che uno stato si sta espandendo in un nuovo territorio che non vi ha mai fatto parte in passato. L'Anschluss della Germania nazista era un'annessione, dal momento che lo Stato tedesco non esisteva ancora l'ultima volta in cui "Germania" e "Austria" (intese in senso anacronistico) erano state unificate. La Russia, attraverso l'Impero russo e l'Unione Sovietica, è stato unificata con la Crimea per un paio di centinaia di anni, con solo gli ultimi 23 anni come interruzione. La Russia ha anche una storia secolare di liberazioni dei suoi territori russi etnici occupati da oppressori (le guerre polacco-lituane oltre le terre dell'ex Rus' Kievana). Gli Stati Uniti, invece, hanno palesemente annesso i territori di Texas, California e Hawaii. Non avevano alcuna storia di integrazione stabilita con quelle zone, ed è stato solo attraverso la rapida colonizzazione americana e le provocazioni dei coloni che il Texas e la California sono stati annessi. quanto alle Hawaii, quello è stato un caratteristico colpo di stato che in seguito sarebbe stato ripetuto più volte in modo simile durante la Guerra Fredda, con conseguenti neo-colonialismi, invece di effettive annessioni.
Obiettivi:
Hillary Clinton ha probabilmente utilizzato il confronto con Hitler per rafforzare le sue credenziali per una possibile campagna di rielezione nel 2016. I democratici sono stati tradizionalmente visti come morbidi in materia di politica estera, così una presa di posizione dura (isterica) contro la Russia potrebbe aumentare il suo appeal nell'elettorato in gran parte ignorante. In questo senso, Hillary si sta spudoratamente auto-promuovendo per scopi politici.
È invece difficile capire esattamente quale sia l'obiettivo del signor Zubov quando ha scritto il suo articolo offensivo. Osservando la sua intervista con RFERL dopo l'articolo, si può ottenere un quadro più chiaro. Zubov dice quanto segue, cosa che può aiutare a rispondere alla questione:
"Penso che qui l'obiettivo principale sia quello di rendere gli ucraini odiosi ai russi, in modo che il Maidan non sia percepito dai russi come propria esperienza. In modo che sia visto come l'esperienza di un nemico che deve essere respinto".
Sembra come se Zubov creda che ci sia una sorta di cospirazione in corso, che insinua che se i russi si identificassero con le proteste del Maidan (che come è noto, si sono concluse con il rovesciamento del governo legittimo), allora la destabilizzazione potrebbe migrare verso Mosca e ripetersi qui allo stesso modo. Questo porta pesanti sfumature narrative promosse da gruppi di opposizione liberali qui in Russia. Così, può essere probabile che Zubov abbia simpatie verso l'opposizione e in qualche modo senta che sta combattendo una battaglia politica per loro conto. Dopo tutto, ha davvero detto:
"Quando un soldato prende le armi, ha paura di essere ucciso alla fine, ma ci sono momenti in cui è necessario prendere le armi. Io sono anziano ...troppo vecchio per andare a combattere con un fucile. Il mio computer è il mio fucile".
La responsabilità di Zubov:
Hillary Clinton è una bestia politica americana priva di classe, ed è scontato che spari irresponsabili paragoni tra i nazisti e la Russia per il proprio tornaconto. Zubov, tuttavia, è uno studioso russo rispettato e un professore di spicco della più prestigiosa università della Russia. Egli dovrebbe sapere meglio di Hillary quanto le sue dichiarazioni possano essere controverse e generatrici di caos, soprattutto data la sua posizione e reputazione nel paese.
Come dice il proverbio, "da grandi poteri derivano grandi responsabilità", ma Zubov sembra aver ignorato in modo miope questo assioma. Il suo articolo ha creato una posizione scomoda e imbarazzante per il suo datore di lavoro e i suoi colleghi a causa dei forti paragoni con la Germania nazista. La controversia che ne è sorta, e che è stata raccolta dai media internazionali, potrebbe offuscare il nome e la reputazione della MGIMO all'estero. Non affermo che questa fosse la sua intenzione, ma piuttosto lo sconsiderato effetto collaterale della pubblicazione del suo articolo. Essendo russo, Zubov è consapevole dei 26 milioni di cittadini sovietici che morirono durante la seconda guerra mondiale. Il conflitto è chiamato la Grande Guerra Patriottica, e ha reverenza quasi sacra in tutto il paese. Qualsiasi paragone tra il paese e la Germania nazista genera comprensibilmente una risposta appassionata.
C'è libertà di espressione in Russia: ecco perché Zubov ha ancora il suo lavoro, contrariamente a voci false che sia stato licenziato, ma c'è anche un certo tatto che si deve usare quando si traccia professionalmente un raffronto storico di tale portata emotiva. I commenti di Zubov potrebbero essere involontariamente fraintesi da altri e portati verso confronti a dismisura della moderna Russia (e del suo sistema politico) con la Germania nazista, con tutte le sue oscure implicazioni. Ogni volta che si paragona il nazismo a qualsiasi cosa, in particolare la Russia, una conversazione accademica corre il rischio di degenerare in un circo, non importa quanto sia trattata in modo eloquente. L'immaginario evocato interrompe la discussione e suscita sentimenti estremamente negativi che distraggono dall'argomento reale di cui si parla. Peggio ancora, il suo inquietante riferimento al Maidan può incitare gli estremisti anti-governativi a tentare una ricostruzione dei disturbi di Kiev a Mosca. Essi possono ora essere convinti che questo è ciò di cui il governo ha veramente paura, visto che commenti di Zubov sul Maidan potrebbero essere interpretati da loro come un avallo di legittimità accademica ai loro piani.
 
Un sacerdote mette a confronto la vanità del mondo secolare con la sapienza dei santi Padri

Padre Spyridon Bailey è un sacerdote della diocesi della Gran Bretagna e dell'Europa occidentale della Chiesa ortodossa russa al di fuori della Russia, che serve in Inghilterra e Irlanda, è famoso per i suoi sermoni e messaggi, ed è l'autore del best-seller "L'Ortodossia e il regno di Satana".

Trascrizione italiana del video di padre Spyridon

Avvertimenti dai padri e dai santi ortodossi

Evitare la calunnia

Sant'Efrem ci ricorda che proprio come un piccolo timone può guidare una nave dove vuole, così anche la lingua può condurre l'anima al bene o al male. Quando parliamo calunniando altre persone, passando giudizi su di loro, allora stiamo scegliendo il male, e permettiamo al timone della lingua di guidare il nostro cuore e la nostra anima al male. Giudicare le altre persone è un atto di egoismo e di orgoglio. Ci pone al di sopra di loro mentre li giudichiamo. Lo facciamo solo quando trascuriamo i peccati nei nostri cuori.

Custodire le labbra

Uno dei Padri del deserto ha detto che alcuni uomini sono estremamente attenti al cibo che ingeriscono, ed estremamente attenti alla salute. Guardano ogni boccone che ingoiano. Eppure non pensano affatto alle parole che pronunciano. I Padri dicono che questi uomini sono negligenti perché non sapranno controllare l'ira nei loro cuori o la lussuria nella loro carne. Se vogliamo avere un cuore puro, dobbiamo custodire ogni parola che ci viene in mente.

Giudicare il prossimo

A san Giovanni Moschos fu chiesto da un fratello, "perché mi metto sempre a giudicare il mio prossimo?" Il santo gli disse: "Lo fai perché non conosci ancora te stesso. Chi conosce se stesso e conosce la profondità del proprio peccato, non potrà mai vedere il peccato nel suo prossimo".

La necessità della forza di volontà nella vita spirituale

L'anziano Ephraim dice che la forza di volontà nella vita spirituale è come un grande muro che protegge il giardino, il giardino dell'anima. Senza questa forza di volontà, senza uno sforzo nella vita spirituale, lasciandosi andare alla negligenza, allora il fiume scorrerà nel giardino e distruggerà tutto ciò per cui il giardiniere ha lavorato.

La confessione

San Teofane il Recluso ci insegna che ci sarà un giudizio pieno di vergogna e di timore, ma ci dice: "correte ora a confessarvi, provate quella vergogna e timore ora in questa vita, perché Dio ci perdoni nel giorno del giudizio".

Il tempo per pentirci

I Padri ci ricordano che è in questa vita che abbiamo il tempo per pentirci. Questo tempo che ci viene dato è prezioso. Possiamo esercitare il nostro libero arbitrio e scegliere il pentimento. Perché alla morte, questa opportunità, questa scelta ci sarà rimossa e dovremo affrontare il giudizio. Usiamo questo tempo prezioso per pentirci. Per cercare il perdono dei nostri peccati, affinché possiamo affrontare il giudizio ed entrare nel regno di Dio.

La confessione quotidiana

San Teofane il Recluso ci incoraggia ogni notte, quando ci corichiamo per dormire, a ricordare i peccati che abbiamo commesso, non solo quel giorno, ma durante tutta la nostra vita, ma in particolare a pentirci, a confessare i nostri peccati prima di dormire, per tutto quello che abbiamo fatto quel giorno. Perché San Teofane dice che dovremmo trattare lo sdraiarci per dormire come se stessimo lasciando questo mondo. Dobbiamo farlo con una coscienza pulita, confessando tutto a Dio.

Il pianto per i nostri peccati

San Giovanni Climaco ci dice che quando moriremo al nostro giudizio, Dio non ci chiederà conto del motivo per cui non abbiamo operato miracoli, non abbiamo operato guarigioni, non abbiamo risuscitato i morti, ma saremo chiamati a rendere conto del motivo per cui non abbiamo pianto continuamente per i nostri peccati.

 
Cappellano in Antartide: intervista allo ieromonaco Pavel (Geljastanov)

Abbiamo già parlato, in un articolo di alcuni mesi fa, della chiesa ortodossa russa presso la stazione polare antartica di Bellingshausen. Oggi, dopo che l’Italia è stata imbiancata da un velo di insolita neve primaverile, torniamo a visitare questa chiesa vicina ai ghiacci perenni, dove proprio ora sta iniziando una lunga stagione invernale. Lo ieromonaco Pavel (Geljastanov) del monastero Novospasskij di Mosca è uno dei cappellani che hanno prestato servizio per oltre un anno in Antartide. Durante il periodo di riposo passato al monastero di Santa Elisabetta di Minsk, ha rilasciato un’interessante intervista da “missionario ai confini del mondo”, che riportiamo nell’originale russo e nella nostra traduzione italiana nella sezione “Pastorale” dei documenti.

 
Il metropolita Antonij offre consigli ai fedeli in quarantena

il metropolita Antonij (Pakanich) di Borispol e Brovary. Foto: antoniy.com.ua

Sotto la quarantena, la vita familiare di milioni di credenti nella Chiesa ortodossa ucraina è cambiata. Molte persone, in particolare gli anziani, devono rimanere a casa, invece di poter andare in chiesa. Quelli che possono partecipare ai servizi devono affrontare una serie di restrizioni e regolamenti. Nel frattempo, queste restrizioni potrebbero aumentare in modo significativo se la scala della malattia si espande. Si potrebbe benissimo giungere a una chiusura completa delle chiese ai credenti, e il governo incoraggerà tutti i parrocchiani a guardare le funzioni online, a casa.

Nelle attuali condizioni, a mio avviso, è importante partire dai seguenti punti.

Innanzitutto, non disperate, perché tutte queste misure restrittive sono esclusivamente temporanee. La pandemia finirà prima o poi, e la Chiesa potrà di nuovo riprendere la sua attività a pieno titolo.

In secondo luogo, è essenziale ricordare questi giorni per il resto della nostra vita. Molti credenti ora ammettono apertamente che in precedenza non apprezzavano davvero l'opportunità di andare liberamente in una chiesa per la preghiera comune e di partecipare alla santa comunione. Ora che ne siamo privati, l'amarezza della nostra perdita è particolarmente grave. Ciò è comprensibile, per quante volte ci siamo privati ​​della gioia della stretta unione con il Signore a causa della nostra pigrizia, trascuratezza e così via. Pertanto, è molto importante che quando tutto sarà risolto con l'aiuto di Dio, ognuno di noi inizi a cogliere l'opportunità di andare regolarmente in una chiesa dove potrà ricevere la santa comunione dal profondo del suo cuore.

In terzo luogo, non dovreste pensare che lo sviluppo della pandemia influenzerà i principi di base della vita ecclesiale dei credenti o che trasferirà in qualche modo la Chiesa online. Sì, le persone possono pregare a casa, ma non è possibile partecipare ai sacramenti della chiesa, e ancora di più al sacramento principale, alla santa eucaristia, online, alla TV o al computer.

In quarto luogo, il Signore con questa privazione temporanea dell'accesso alle chiese ci addestra, ma non a poterci sedere tranquillamente a casa. Ora è tempo di sincero pentimento e di sincera preghiera. Questo è quello che dovreste fare come prima cosa, invece di cercare il prossimo film da guardare su Internet o di passare tutto il tempo sui social network. È di fondamentale importanza. In effetti, più forte è la nostra preghiera e il nostro sincero pentimento, più veloce sarà la sconfitta del virus e si apriranno le porte di tutte le nostre chiese.

In quinto luogo, non dimenticate che la fede dovrebbe essere sostenuta dalle azioni. Non ci sono confini per la misericordia, che non può essere misurata da nessun metro universale.

Ora tutti possono contribuire alla causa comune della lotta contro il virus. Per esempio, si possono creare mascherine fai-da-te per altre persone. Oppure si possono aiutare le persone anziane a comprare medicine e cibo, dare un passaggio ai medici ai loro luoghi di lavoro, creare e distribuire antisettici. Ci sono molte opzioni. La cosa principale non è sedersi nell'ozio, nello sconforto o nel rilassamento spirituale.

In effetti, come disse una volta l'anziano Iosif di Vatopedi, le prove non dovrebbero terrorizzarci e dovremmo sempre avere speranza in Dio.

 
Sacerdote Pavel Gumerov: Sulla castità e la convivenza prematrimoniale

Quello che segue è un adattamento delle risposte di padre Pavel Gumerov alle domande: "Come si può spiegare a un giovane o a una giovane che i rapporti sessuali prima del matrimonio sono un peccato? Come si può mostrare loro il danno che viene da queste relazioni?" tratte dal suo libro La vita della famiglia in domande e risposte (pubblicata in russo dal Monastero Sretenskij).

* * *

Un giorno stavo facendo un colloquio con alcuni studenti delle scuole superiori. Naturalmente, i ragazzi hanno cominciato a fare domande, e ciò che li interessava di più era la mia vita personale. Hanno chiesto dove va la gente per imparare a essere sacerdoti, qual era il mio "stipendio", e così via. È stata fatta una domanda su che tipo di persona deve essere la moglie di un sacerdote. Ho risposto che una matushka (la moglie di un sacerdote) deve prima di tutto essere una pia cristiana ortodossa; e, naturalmente, dovrebbe conservare la verginità prima del matrimonio, proprio come il sacerdote stesso. Questi studenti moderni sono stati molto sorpresi. "E dove si può trovare una ragazza del genere? Esistono veramente?" Per l'adolescente contemporaneo, il pensiero che si possa – e che si debba – custodire la purezza prima del matrimonio sembra una cosa ridicola. È un dato di fatto, ci sono in realtà, grazie a Dio, giovani che osservano la castità. In caso contrario, non ci sarebbe un numero così elevato di persone che vogliono entrare nei seminari teologici, e nessuna che vuole diventare la moglie di un seminarista. Dalle confessioni so pure che, anche se i venti di corruzione dei tempi stanno soffiando sui giovani ortodossi che frequentano la chiesa, un gran numero di giovani mantiene la propria purezza prima del proprio matrimonio.

È molto difficile spiegare ai giovani laici moderni perché dovrebbero preservare la loro castità. Pensano che la depravazione che oggi è diventata la norma sia sempre stata la norma. Ma mi ricordo di un tempo in cui la norma per una ragazza era di conservarsi per un uomo solo: il marito.

Cominciamo con una spiegazione della parola castità. In russo, la parola è tselomudrie, che letteralmente significa "integrità di pensiero" e consiste non solo nella conservazione fisica (si può rimanere vergini nel corpo, ma commettere terribili atti di depravazione nella mente, e al contrario, si può vivere in un matrimonio pio e preservare la propria anima dal peccato), ma anche in una sana, composta, indisturbata visione del sesso opposto, con purezza di anima. Le relazioni intime, carnali, tra un uomo e una donna non sono peccaminose in sé e per sé, e sono anche benedette da Dio, ma solo se vengono effettuate all'interno del matrimonio legale. Tutti i rapporti carnali al di fuori del matrimonio sono illeciti, e violano l'ordine divino; ciò significa che quelli che li compiono vanno contro Dio. La fornicazione è un peccato, un'iniquità e una violazione del comandamento che ci dice che i fornicatori non erediteranno il regno di Dio (cfr 1 Cor 6:9-10). Ciò, naturalmente, se non si pentono e si astengono da questo peccato. Una persona che si permette di avere rapporti sessuali prima del matrimonio attenta alla propria natura spirituale, e indebolisce notevolmente la sua volontà, aprendo la porta al peccato. Si è già arresa, e diventa molto difficile resistere alle tentazioni. Non avendo imparato l'autocontrollo prima del matrimonio, tale persona non avrà autocontrollo all'interno del matrimonio, e non potrà "rinascere" in qualche modo miracolosamente. Se è altrettanto facile per un ragazzo dormire con una ragazza quanto lo è portarla a vedere un film, allora gli sarà altrettanto permettersi di guardare immodestamente le altre donne quando sarà sposato, e poi passare all'adulterio. La perdita della propria verginità prima del matrimonio è una grande perdita; non si può più vivere quei sentimenti gioiosi di qualcosa di nuovo, la purezza del sentimento dato alle persone caste. I rapporti sessuali lasciano sempre una traccia, e le persone che hanno avuto un certo numero di partner prima del matrimonio porteranno tutte queste tracce nelle loro famiglie. Questo è un gran danno per loro e i loro cari. Le precedenti relazioni ed esperienze sessuali possono lasciare le impressioni più drammatiche, e possono ostacolare notevolmente lo sviluppo di buone relazioni armoniose nella famiglia. Come dice una canzone popolare: "E quando terrò lei tra le mie braccia, ricorderò ancora te". È davvero possibile che quando un giovane "con esperienza" abbraccia e bacia sua moglie, stia pensando a una donna completamente diversa.

La maggior parte degli uomini (con rare eccezioni) vuole sposare una vergine ed essere il primo uomo nella vita della sua amata. Nessuno vuole essere il secondo, il sesto, il quindicesimo. Chiunque preferirebbe il nuovo, l'intatto, il "non usato".

Una volta ho sentito un discorso tenuto da una psicologa ortodossa, che diceva di aver sentito nel milieu adolescente il termine, "una ragazza usata". È un termine abbastanza preciso: i ragazzi l'hanno usata e si sono trovati un'altra ragazza.

L'energia sessuale è una forza enorme, e una persona è obbligata a imparare a tenerla sotto controllo. In caso contrario, lui o lei rischia di diventare un individuo sessualmente preoccupato, fisicamente e psicologicamente malato. Oltre ai principali e grandi obiettivi di perpetuare la razza umana e di rafforzare l'amore tra marito e moglie, l'energia sessuale ha una qualità in più. Se una persona non ha ancora stabilito una famiglia, ma non spreca la sua energia sessuale in fornicazione e pensieri lussuriosi, questa energia può essere incanalata in un uso costruttivo: creativo o di qualsiasi altro tipo di lavoro, o attività fisica. E non ci può essere nulla di male nell'astinenza. Basta guardare i monasteri ortodossi. La maggior parte dei loro residenti è composta da giovani forti, sani, molti dei quali hanno ricevuto il monachesimo in giovane età. Monaci e monache si sentono abbastanza bene sia spiritualmente che fisicamente. Come mai? Perché hanno il giusto atteggiamento verso l'astinenza e la castità. Combattono i pensieri lussuriosi, e non li incitano in se stessi. Anche le persone che sono inclini alla vita coniugale saranno felici nel matrimonio solo quando impareranno a controllare i loro istinti animali e a sottomettere la loro carne allo spirito. Tra l'altro, questo funziona anche tra gli animali. Tra le scimmie, le femmine permettono ai maschi di avvicinarsi loro solo circa due volte all'anno, ed esclusivamente a scopo di propagazione della specie. A differenza degli esseri umani, gli animali usano i loro istinti per le loro necessità, e non farebbero mai del male a se stessi.

Ogni nazione che si preoccupa della salute del suo popolo avrà a cuore la loro moralità, e incoraggerà l'astinenza, come è stato fatto in America dopo i dolorosi risultati della rivoluzione sessuale. Nel 1996, è stato istituito un programma per adolescenti chiamato "Istruzione all'astinenza". Centinaia di milioni di dollari sono stati spesi per questo programma. Purtroppo, non ho trovato dati recenti, ma nel 2007 il programma era ancora attivo. Penso che lo sia ancora. Chiunque sia interessato a sapere quali sono stati i frutti del programma è in grado di trovare facilmente le informazioni su Internet. I risultati mostrati sono impressionanti. [1]

Oltre al fatto che questo peccato distrugge la propria natura spirituale e fisica, è anche una violazione delle leggi spirituali, che esistono oggettivamente, indipendentemente dalla nostra volontà, proprio come le leggi della fisica. Potete rifiutavi di credere nell'esistenza della gravità, ma se decidete di saltare da una finestra del quinto piano, rischiate la morte, o quanto meno di restare paralizzati. Violando le leggi spirituali, noi danneggiamo la struttura della nostra anima, la feriamo, e poi dobbiamo pagarne il prezzo. Se le persone non conservano la loro purezza prima del matrimonio, se i futuri sposi convivono illegalmente prima del loro matrimonio, se hanno tradito le loro mogli o mariti, la loro violazione non mancherà di lasciare un segno. Nel matrimonio – e generalmente nella vita – il prezzo che pagheranno per questo sarà costituito da dolori, litigi domestici e problemi. Conosco non pochi esempi di coppie che hanno iniziato la loro vita sessuale prima del matrimonio, e poco dopo, hanno avuto relazioni extraconiugali e conflitti interni.

Domanda: Mio figlio convive con la sua fidanzata. Dice che alla fine vuole sposarla legalmente, ma non sa come fare un passo così importante senza prima di arrivare a conoscersi l'un l'altro, senza vivere insieme. Dopo tutto, molti matrimoni falliscono. Cosa posso dirgli?

Risposta: È necessario toccare un tema molto importante, che ha un rapporto diretto con gli errori commessi durante il periodo prematrimoniale.

[Nota: Nella Russia moderna, la "registrazione" civile di un matrimonio, ovvero il timbro del matrimonio posto nel passaporto da un funzionario, a essere il documento di matrimonio legalmente valido, e non la cerimonia religiosa, che è considerata facoltativa (un residuo del periodo comunista). Le cose sono diverse in altri paesi. Negli Stati Uniti, per esempio, una cerimonia religiosa o civile eseguita da un giudice in presenza di testimoni rende il matrimonio legale, se la coppia ha già ottenuto una valida licenza di matrimonio. In ogni caso, padre Pavel sta parlando di un matrimonio valido ai sensi delle leggi di uno stato o paese. Naturalmente, per i cristiani ortodossi, una cerimonia di matrimonio deve avvenire in chiesa. Ndt]

Molti giovani ritengono che coloro che vogliono contrarre matrimonio dovrebbero assolutamente provare a vivere una vita sessuale prima del matrimonio. Si dice che questo presumibilmente farà evitare errori, permetterà loro di arrivare a conoscersi meglio, e in generale mostrerà anche se sono oppure no sessualmente compatibili, perché tutto ciò di cui si sente parlare oggi sono matrimoni affrettati e divorzi veloci. Ma esiste una regola: la pratica è il criterio della verità. È possibile creare tutte le teorie che vuoi, e ripetere tutti i tipi di belle parole, ma quando le metti alla prova, tutto diventa chiaro. Inizieremo con il fatto che con l'aumento del numero di matrimoni "di prova", il numero dei divorzi è nettamente aumentato, mentre il numero dei matrimoni registrati è fortemente diminuito. Come mai? Le statistiche mostrano che solo il 5% delle convivenze o dei "matrimoni di prova" finiscono in un matrimonio legale. E se i giovani passano davvero a nozze legittime dopo il loro esperimento di convivenza, quei matrimoni si spezzano due volte più spesso dei matrimoni conclusi senza l'esperimento di convivenza. Tra l'altro, queste statistiche non si applicano solo alla Russia. Gli specialisti della Penn State University a Pittsburgh hanno studiato la vita coniugale di circa 1.500 coppie americane. Quei dati mostravano che le coppie che avevano convissuto prima del matrimonio hanno il doppio di probabilità di divorziare. Inoltre, la vita domestica di queste famiglie è caratterizzata da un gran numero di litigi e conflitti. Per pulizia e precisione, la ricerca è stata presa da dati raccolti su persone di varie età: coppie degli anni '60, '80 e '90. Questo vuol dire che qualcosa non va. Le persone continuano a fare esperimenti, e nel frattempo il tasso di divorzi non fa che salire. Vogliono arrivare a conoscersi meglio, ma non riescono a mantenere un matrimonio stabile.

Il problema è che in un matrimonio sperimentale, i partner non arrivano a conoscersi l'un l'altro; non fanno che confondersi ulteriormente a vicenda.

Il tempo prima del matrimonio offre alla sposa e allo sposo di imparare lezioni alla scuola del rapporto senza l'additivo della passione, di ormoni selvatici e della mancanza di ritegno che ostacolano enormemente qualsiasi valutazione oggettiva di un'altra persona, e di sviluppare la capacità di vedere lui o lei non come un oggetto sessuale, ma come una personalità, un amico, e un futuro coniuge. In un "matrimonio di prova", il cervello e i sentimenti sono appannati dall'ebbrezza della passione. Quando le persone in seguito creano una famiglia, molto spesso capiscono che erano legati insieme non dall'amore, ma da una forte attrazione sessuale, che, come sappiamo, passa molto rapidamente. Allora resta una famiglia composta da persone del tutto estranee l'una all'altra. Il periodo di corteggiamento è dato ai futuri sposi in modo che imparino l'autocontrollo, e che si possano studiare meglio reciprocamente, non come partner sessuali, non come compagni di stanza che condividono lo stesso spazio di vita e lo stesso letto, ma piuttosto da un altro lato, puro, amichevole, umano, e se si vuole, romantico.

Un altro errore molto diffuso dei tempi moderni è il cosiddetto "matrimonio informale". Userò quest'espressione molto falsa e scorretta per motivi di convenienza, e più avanti definirò condizionalmente un tale matrimonio illegale, non essendo stato compiuto legalmente.

La falsità di questa definizione è evidente. Il termine "matrimonio informale" può essere applicato solo a quella cosa che le persone che vogliono vivere insieme senza registrazione legale stanno cercando di evitare: un matrimonio legalmente stabilito, registrato al relativo ufficio.

Tale ufficio esiste al fine di registrare lo stato dei cittadini di un paese: quando sono nati, quando hanno iniziato una famiglia, o quando sono morti. Quando due membri del sesso opposto vivono insieme senza registrazione legale, la loro relazione è chiamata, in termini giuridici, convivenza. (Ho scritto di questo nel mio libro La piccola Chiesa, apparso [in russo] anche su Pravoslavie.ru).

Perché la registrazione civile del matrimonio è necessaria? Viviamo in uno stato, e siamo i suoi cittadini. Che ci piaccia o no, dobbiamo osservare le leggi del nostro paese. Ognuno ha un certificato di nascita (negli Stati Uniti, un numero di previdenza sociale), e molti altri documenti di identificazione. Quando una nuova persona nasce, la sua nascita viene registrata dal rispettivo ufficio legale, ed è rilasciato un certificato di nascita. Si tratta di una dichiarazione giurata che mostra che un nuovo cittadino è nato, e che deve vivere secondo le leggi del suo paese. Ha i suoi diritti, e avrà i suoi obblighi. Anche il matrimonio è la nascita di qualcosa di nuovo, una nuova "entità giuridica", un organismo unitario, una famiglia. Una famiglia non è solo un fatto nostro personale: è anche una struttura di governo. Una famiglia ha i suoi diritti e doveri; i suoi interessi vanno difesi, e la sua vita è parzialmente regolata dalle leggi del paese.

Sento spesso i difensori del "matrimonio informale" parlare del documento si matrimonio civile con una forte antipatia e persino con odio, come una "formalità vuota." Ma per qualche strana ragione, questi non esitano a ottenere altre formalità vuote, come atti di titolo di proprietà, certificati azionari, o assegni firmati. Ciò significa che essi non temono documentazione stessa, ma piuttosto la responsabilità che la registrazione del matrimonio comporta. Se una persona ama davvero, allora il documento non è un problema, e se si tratta di un problema, questo significa che non c'è amore.

Un attore russo, Mikhail Bojarskij, ha raccontato che sua moglie una volta gli ha dato un ultimatum: o separarsi, o sposarsi. Ha detto che non voleva separarsi da lei. "Allora sposami", gli ha detto. "Perché ho bisogno di quel timbro sul mio passaporto? Non significa nulla", ha detto lui. "Se non significa nulla, allora qual è il problema?" gli ha chiesto lei. È vero: se amate qualcuno, allora non c'è problema, basta che andiate a registrarvi. Ma se non siete sicuri dei vostri sentimenti, scapperete dal matrimonio come dal fuoco. Va ricordato che Mikhail Bojarskij ha acconsentito di sposarsi con la moglie, Larissa, e oggi sono sposati da trent'anni.

Ai sostenitori dei "rapporti liberi", spesso piace citare che nei tempi antichi presumibilmente non c'erano registrazioni matrimoniali, e la gente viveva come voleva. Questo non è vero. Il matrimonio è sempre esistito, sono cambiate solo le norme legislative. Tra l'altro, la presenza del matrimonio è uno dei fattori che rendono l'uomo diverso da un animale.

ragazza cristiana etiope

Nella Russia imperiale [come in molti altri paesi, ndc], per esempio, il matrimonio era registrato nella chiesa, moschea o sinagoga; ai tempi dell'Impero Romano, si firmava un accordo di matrimonio in presenza di un testimone; anche gli antichi ebrei firmavano documenti di matrimonio; in alcuni luoghi, il matrimonio si concludeva soltanto di fronte a testimoni (nell'antichità, una promessa fatta in presenza di testimoni poteva essere più vincolante di un documento scritto), ma non importa come fosse fatto, gli sposi testimoniavano di fronte a Dio, l'uno di fronte all'altro, e di fronte al loro paese o della comunità, che erano ormai marito e moglie, e vivevano secondo le leggi stabilite nella loro società. La coppia aveva lo Stato come testimone che non erano più semplicemente due individui, ma una famiglia, ed erano obbligati a assumersi la responsabilità per l'altro e per la loro prole.

Dopo aver concluso un accordo di matrimonio, le mogli legittime e i figli legittimi ricevevano anche i loro privilegi di classe e di proprietà. Ecco come un matrimonio è diverso da una convivenza sessuale. Tra l'altro, "la promiscuità primitiva" o eterismo, (che significa relazioni sessuali informali che presumibilmente esistevano tra tribù arcaiche) è un'invenzione storica tanto quanto il matriarcato. L'eterismo è definito da Wikipedia come: "Un termine utilizzato dagli antropologi del XIX secolo (come Johann Jakob Bachofen) per indicare [enfasi dell'autore] una parte teorica dello stato iniziale della società umana caratterizzata dalla assenza dell'istituzione del matrimonio, in qualsiasi forma ... A volte noto come 'promiscuità primitiva'." [2]

Certo, c'è stata molta attività nel corso della storia accanto al matrimonio, e in alcuni paesi, ha prevalso una scandalosa depravazione. Nell'Impero Romano, per esempio, il concubinato - convivenza extraconiugale legalizzata – esisteva, ma nessuno lo riteneva un matrimonio. Naturalmente, ci sono anche state diverse forme di matrimonio, alcune delle quali assolutamente inaccettabili per i cristiani (come la poligamia). Ma anche nel caso di poligamia legale, c'erano mogli legali, il cui status era ben diverso da quello di una concubina o di un'amante.

Oltre al fatto che il "matrimonio informale" è una cosa falsa e ingannevole, che implica solo illusoriamente l'esistenza di una famiglia, non permette neppure ai partner di mettere il loro rapporto in ordine. A volte un "matrimonio informale" è sterile; in primo luogo, perché i conviventi, di regola, hanno paura di avere figli. Non possono dare un senso alla propria relazione, quindi perché aggiungere altri problemi, confusione e responsabilità? In secondo luogo, un "matrimonio informale" non può generare nulla di nuovo; è inutile in senso spirituale e anche emotivo. Quando le persone creano una famiglia legittima, si assumono una responsabilità. Contraendo matrimonio, le persone prendono la decisione di vivere con il coniuge per il resto della loro vita, di passare insieme attraverso tutte le loro esperienze, di condividere equamente gioia e dolore. Si sentono non più separati dalla loro altra metà, e che lo vogliano o no, i coniugi devono giungere all'unità, imparare a sopportare il peso dell'altro, costruire una relazione, lavorare insieme, e – soprattutto –imparare ad amarsi a vicenda. Proprio come una persona ha genitori, fratelli, sorelle, e deve imparare a vivere con loro e a trovare comprensione reciproca con loro, o la sua vita familiare diventerà insopportabile, così è in un matrimonio tra marito e moglie.

Uno psicologo moderno in Russia ha definito il "matrimonio informale" un biglietto a tempo indeterminato: "I partner sanno sempre che hanno un biglietto di ritorno, e quindi, se qualcosa non va bene, possono rinunciare e dirsi addio. Con un tale approccio, non c'è alcuna motivazione a investire pienamente in un rapporto, perché sarebbe come ristrutturare un appartamento in affitto".

Ecco perché così pochi "matrimoni informali" finiscono in matrimonio legale. I partner fin dall'inizio non percepiscono la loro unione come qualcosa di significativo, serio e permanente; il loro rapporto non è profondo. Per loro sono più cari libertà e indipendenza. Anche gli anni che trascorrono insieme non danno loro alcuna garanzia, né danno alla loro unione alcuna stabilità.

Il "matrimonio informale" può anche essere definito una "scuola di irresponsabilità". Due persone si sono unite senza obblighi. Se non li gradiscono, possono uscire: la porta è aperta a tutti e due. I partner si sono riuniti per un piacere mutualmente irresponsabile, e non al fine di "portare i pesi gli uni degli altri". Nessuno deve niente a nessuno, e la relazione stessa non offre alcuna profondità. La vita in un "matrimonio informale" può essere confrontata con un giro di piacere su un autobus, in cui i passeggeri possono scendere a qualsiasi fermata.

Ma talvolta accade che un "matrimonio informale" si trasformi in una sorta di schiavitù psicologica.

cerimonia di nozze ortodossa

Di solito sono le donne che soffrono nei "matrimoni informali". Spesso si trovano in una situazione molto degradante. Sembrerebbe che entrambi siano liberi di andarsene in qualsiasi momento; ma molto spesso, la donna trova piuttosto difficile "scendere dall'autobus". Le donne sono per natura più dipendenti e meno decisive rispetto agli uomini, e i loro conviventi vessatori se ne approfittano. Tutti sanno che la stragrande maggioranza delle donne che si trovano in una situazione di convivenza vorrebbe legalizzare il proprio rapporto. Ogni donna vorrebbe stabilità e affidabilità per sé e per i suoi figli. Ma di solito, la scelta rimane all'uomo. Alcune "schiave d'amore" finiscono per soffrire per anni, in attesa e chiedendo ai loro partner di sposarle legalmente, ma questi ultimi danno loro solo promesse e belle parole sul loro "rapporto superiore, informale". Nel frattempo, gli anni volano – gli anni migliori, gli anni giovanili. Poi, verso i 35 anni, la donna comincia a capire che le sue possibilità di sposarsi del tutto sono in diminuzione, ma spesso non ha la forza di uscire dalla relazione. Pensa: che accadrà se non incontra nessuno, e rimane sola per il resto della sua vita? Così scopre che questo stato anormale, sospeso le impedisce di costruire un rapporto normale con il suo compagno, o forse di trovare il vero amore, mettere su famiglia, avere dei figli ed essere felice.

Per esporre la falsità e insensatezza della loro situazione alle persone che vivono in un "matrimonio informale", la psicologa familiare ortodossa, I. A. Rachimova, invita le coppie a fare un test: al fine di dimostrare i propri sentimenti, cessare tutte le relazioni fisiche per un periodo di tempo (per esempio, due mesi). Se sono d'accordo a farlo, di solito ci saranno due risultati: o si separeranno – se la loro unione era basata sulla passione – oppure si sposeranno, cosa che accade spesso. L'astinenza e la pazienza permettono loro di guardarsi l'un l'altro di nuovo, e di provare amore senza commistione con la passione.

Io do consigli simili a persone in questa situazione. Spiego loro perché la convivenza senza matrimonio è un peccato, e quali conseguenze può avere, e poi suggerisco, "se non avete alcuna seria intenzione di sposarvi, allora è meglio che vi lasciate. La vostra situazione attuale non porterà a nulla di buono. Se i giovani vogliono legalizzare il loro rapporto, io li consiglio di sospendere le loro relazioni intime fino al matrimonio. Dopo tutto, vi sono altre cose in una relazione, possono essere amici, trascorrere del tempo insieme, ed esprimere i loro sentimenti e attaccamento in altri modi. Poi possono veramente arrivare a conoscersi l'un l'altro.

La maggior parte dei giovani di oggi, purtroppo, non è abituata a pensare da sé. Vive per inerzia, secondo le norme imposte su di loro. Come cantava un artista popolare russo [3], "Che cosa vediamo, se non la televisione?" Lady Gaga, o Madonna, che ci dicono come vivere? I giovani continuano solo a consumare, e non pensano mai alla possibilità che, dopo aver "preso tutto il possibile dalla vita" a vent'anni, saranno incapaci di prendere qualcos'altro nella mezza età. Non ci sarà né la salute, né una normale vita familiare, né la felicità. Tutto questo è molto triste, perché la gioventù è il momento giusto per gettare le basi di una vita soddisfacente nel futuro. È il tempo per ricevere un'istruzione, fondare una famiglia, avere dei figli. Diventa molto più difficile fare tutto questo più tardi, e per molti, è impossibile.

È abbastanza facile essere come tutti gli altri, non stare in mezzo alla folla, correre dietro alle masse dei lemming. Ricordo una conversazione che ho avuto con l'assistente ispettore del mio seminario. Dopo che avevo fatto qualcosa di sbagliato quando ero uno studente alla scuola teologica ho cercato di giustificarmi dicendo: "Ma tanto, lo fanno tutti...", e lui mi ha chiesto: "E se tutti domani saltano nel pozzo, salti anche tu dietro di loro?" San Barsanufio di Optina ha detto: "Cercate di vivere come Dio comanda, e non come tutti gli altri, perché il mondo giace nel male". Lo ha detto nel XIX secolo, ma queste parole sono ancor più applicabili ai nostri tempi.

un sacerdote con i suoi figli a Bodbe, in Georgia

La cosa più importante da ricordare è che il percorso di libertinaggio, depravazione e peccato è il percorso della distruzione, e non porta mai alla felicità. Le persone che hanno commesso degli errori in gioventù ne soffrono sempre più tardi nella vita, prima di tutto con i rimproveri della loro coscienza, perché questa è la voce di Dio che parla in ogni persona. Non ci sono tanti giovani che conservano la loro castità prima del matrimonio, ma il Signore dice, non temere, piccolo gregge (Lc 12:32)! La minoranza spirituale e morale è sempre più forte e più sana della debole e velleitaria maggioranza, e può anche avere un'influenza sulla seconda. Ne possiamo vedere un esempio nella storia del cristianesimo stesso, quando una piccola comunità di cristiani è stata in grado di trasformare la coscienza dell'Impero Romano, sprofondato nel paganesimo e nella depravazione. Una ricompensa attende coloro che si conservano nella purezza per il matrimonio: la gioia, e la benedizione e l'aiuto di Dio nel loro matrimonio.

Allora, che cosa dovrebbero fare le persone che non si sono conservate in purezza e castità, perché erano deboli in ​​fede e tradizione? Il Signore guarisce le nostre ferite, se solo ci pentiamo sinceramente, confessiamo i nostri peccati, e correggiamo la nostra vita. Al cristiano è data la possibilità di cambiare se stesso e la sua vita, anche se questa non è una faccenda semplice.

Dopo aver fatto un passo sul sentiero della correzione, non dobbiamo guardare indietro al passato, e il Signore aiuterà sicuramente tutti coloro che sinceramente si rivolgono a lui. Sì, e ancora una cosa: se il partner da scelto ha avuto esperienze prematrimoniali negative, non dovete mai in alcun modo curiosare nel suo passato peccaminoso, o rimproverarlo per questo.

Note

[1] Purtroppo, troverete anche molti siti che sostengono l'educazione sessuale e denigrano i risultati positivi dell'educazione all'astinenza. I dati mostrano che i programmi di educazione all'astinenza devono essere somministrati continuamente al fine di prendere realmente radici e hanno un effetto a lungo termine sugli adolescenti. Inutile dirlo, i programmi di educazione sessuale danno rapidamente approvazione all'attività sessuale precoce negli adolescenti; ma i dati dimostrano che non hanno avuto alcun impatto significativo sulla diffusione delle malattie sessualmente trasmissibili o sulle gravidanze in età adolescenziale.

[2] L'edizione 1911 dell'Encyclopedia Britannica definisce l'eterismo la prima forma di organizzazione sociale. Quest'affermazione è ora antropologicamente obsoleta, ed è pertanto chiamata "teorica".

[3] Vladimir Vysotskij.

 
Cирия: в Сайданайском женском монастыре молитвенно отметили «Воскресение икон»

Несмотря на сложную военно-политическую обстановку в Сирии, обители Антиохийской Православной Церкви продолжают жить постом и молитвой. Исключением не стал и женский Сайданайский ставропигиальный монастырь, сообщает официальная страница монастыря в сети Facebook. Напомним, что монастырь Рождества Божией Матери в Сайданайя одним из первых в Сирии пострадал от боевиков: в воскресение 29 января 2012 обитель, расположенная в 35 км от Дамаска, была обстреляна, однако снаряд, пробивший стену и угодивший в одну из келий, не разорвался.

В понедельник 14 марта, в 17.00 клирики и насельницы Сайданайского монастыря положили начало чтению Великого покаянного канона святого Андрея Критского.

По окончании богослужения духовенство и гости обители подкрепились на традиционной трапезе, где по обычаю для первого дня сугубого поста сестрами было приготовлено особое блюдо из чечевицы и риса – «амджад-дара».  

В пятницу, по заамвонной молитве, духовенством обители был отслужен великопостный молебен святому Феодору Тирону с освящением колива, приготовленного и украшенного насельницами монастыря.

В субботу монастырская делегация, возглавляемая игуменьей Февронией (Набхан), присутствовала на общем епархиальном собрании города Дамаска, где поздравила Блаженнейшего Патриарха Иоанна Х с его возвращением из пастырского визита в Баламанд.

В День Торжества Православия насельницы, клирики и прихожане монастыря молились на Божественной Литургии в главном храме обители, украшенном к первому воскресенью Великого поста, называемому в арабо-христианской церковной традиции «Воскресением икон».

Вечером того же дня духовенство, сестры и воспитанницы монастырского приюта для сирот поздравили игуменью Февронию с наступающим Днем матери.  

 
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La responsabilità internazionale della Chiesa ortodossa russa

Io appartengo alla generazione di quelli al di fuori della Russia che sono cresciuti quando la Chiesa ortodossa russa in Russia era prigioniera del locale regime ateo militante. La sua voce dentro l'allora Unione Sovietica era messa a tacere e abbiamo presto scoperto che i suoi pochi rappresentanti al di fuori della Russia erano gravemente compromessi sotto molti aspetti. Abbiamo poi scoperto che altri frammenti dell'emigrazione russa avevano abbandonato la Chiesa, mancando di patriottismo e perfino tradendolo, senza mai avere intenzione di tornare nel suo seno, e hanno preferito la via del mondo. Solo la parte di maggioranza della Chiesa fuori della Russia è rimasta fedele nella sua essenza, nonostante alcune frange dissidenti. Questa era la Chiesa ortodossa russa fuori dalla Russia (ROCOR), provvidenzialmente fondata da Sua Santità il Patriarca Tichon nel 1920, Allora si pensava che la Chiesa dentro la Russia potesse non risorgere mai e che solo la Chiesa fuori dalla Russia sarebbe mai stata libera di parlare a nome di tutta la Chiesa - il che è quello che abbiamo fatto.

Tuttavia, nel 1991 il vecchio ateismo in Unione Sovietica è finalmente crollato. Purtroppo, questo ha provocato il caos, poiché negli anni '90 gli ex comunisti occidentalizzati, molti di loro non russi, si sono trasformati dal giorno alla notte in capitalisti di stile occidentale, diventando oligarchi. Così per una volta hanno sconfitto le forze patriottiche, tradendo l'eredità dell'ex impero russo con il nuovo ateismo occidentale. Quando quel tragico periodo si è concluso, nell'anno 2000 è accaduto un miracolo. Basandosi sui battesimi di massa del decennio precedente, la Chiesa in Russia ha parlato liberamente, canonizzando i suoi martiri e confessori. Dal 2000 il è apparso evidente che le due parti patriottiche della Chiesa, in Russia e fuori dalla Russia, si sarebbero attratte a vicenda tornando a essere una cosa sola, con le loro voci fuse in un coro. Oggi, i resti fedeli dei popoli occidentali, che sono stati completamente abbandonati dai loro governi caduti nell'ateismo, stanno cominciando a guardare alla Chiesa ortodossa russa riunita per avere risposte alle loro domande.

Prima di tutto, la Chiesa ortodossa russa riunita vede l'umanità come esseri spirituali, esseri con un destino spirituale, liberi figli dell'eternità con anime immortali, non schiavi della morte e del determinismo, delle mode contemporanee e delle passioni. In secondo luogo, dunque, la nostra società si basa su valori spirituali e morali e il suo scopo è quello di trasfigurare l'umanità in senso positivo. Essa incoraggia nell'umanità la libertà spirituale, la libertà dalle mode e dalle passioni, e non la porta al livello bestiale degli animali, così come l'Occidente apostata. In terzo luogo, infine, lo Stato cristiano ortodosso esiste al fine di elevare l'umanità fornendo i mezzi per la vita sia fisica sia spirituale. Ciò significa incoraggiare i valori tradizionali, in particolare quelli della cultura cristiana ortodossa. Tale cultura è universale nel suo spirito e significato, perché è il frutto di una Chiesa il cui emblema è l'aquila a due teste, che unisce e non divide Oriente e Occidente, Asia ed Europa.

Oggi, in particolare, non dobbiamo dimenticare che questa stessa cultura cristiana ortodossa ha assistito alla nascita dell'Europa quasi duemila anni fa, ma non alla nascita della cultura europea moderna. Quella cultura, infatti, non è affatto europea, ma anti-europea, perché è anti-cristiana, e ha respinto la civiltà cristiana. Infatti, la cultura cristiana ortodossa è infinitamente più europea dell'odierna cultura europea post-moderna. Come un vero europeo, San Nicola di Zhicha, scrisse generazioni fa, la vera Europa è stata creata da Cristo, che l'ha tirata fuori dal buio del paganesimo e della barbarie, dandole la possibilità di creare nuova civiltà e cultura cristiana. Ma questo è esattamente ciò che l'Europa occidentale contemporanea ha respinto esattamente per cento anni, sputando su di essa, assassinandola nelle sue trincee, bruciandola nei suoi crematori e seppellendola. Oggi, attraverso la Russia, l'Europa ha l'unica e anche l'ultima possibilità di tornare alle sue radici cristiane, all'Età dei Santi, alla cultura di Cristo.

In altre parole, l'Europa occidentale ha ora la possibilità di seguire la Chiesa ortodossa russa oppure, come la sua élite sta facendo ora in Ucraina e in Russia, di sputare su di essa con disprezzo. Solo quando i popoli occidentali sottoposti a lavaggio del cervello capiranno il quadro generale, quello di cui sono stati privati ​​per 1000 anni, ritroveranno la cultura cristiana ortodossa e daranno così un senso alla loro vita e avranno una visione coerente e logica del mondo. All'interno della Russia e al di fuori della Russia, nelle nostre chiese ortodosse russe multinazionali ma locali, offriamo la comprensione del cristianesimo incarnato come impero dello Spirito, genuino cristianesimo Ortodosso, sovranità dello Spirito. È giunto il momento per l'Occidente, e per gli occidentalizzati, di respingere la pseudo-cultura del globalismo, che non è affatto cultura, perché perverte e distrugge il senso della vita umana. Il ritorno alla civiltà attraverso il cristianesimo ortodosso incorrotto, oppure il suicidio spirituale e fisico. Questa è la scelta del mondo occidentale.

Arciprete Andrew Phillips,

Chiesa Ortodossa dell'Inghilterra dell'Est

 
Темы к рассмотрению комиссиями Межсоборного присутствия в 2015-2018 гг.

Темы одобрены президиумом Межсоборного присутствия Русской Православной Церкви в ходе заседания 28 января 2015 года, прошедшего в Патриаршей и Синодальной резиденции в московском Даниловом монастыре под председательством Святейшего Патриарха Московского и всея Руси Кирилла.

Комиссия по вопросам богословия

1. Вера и наука;

2. Богословие как наука и его место в системе знаний;

3. Молитвенное попечение Церкви о некрещеных (совместно с комиссиями по вопросам богослужения, по вопросам церковного права, по вопросам отношения к инославию и другим религиям);

4. Богословское осмысление проблем биоэтики;

5. Учение Церкви о чуде;

6. Отношение к практике современного экзорцизма (отчитки).

Комиссия по вопросам церковного управления и механизмов осуществления соборности в Церкви

1. Положение о церковнослужителях Русской Православной Церкви;

2. Прихожане и члены Приходского собрания. Приходская община; роль мирян в Церкви;

3. Избрание кандидатов к рукоположению в священный сан; вопросы призвания в клир; канонические препятствия;

4. Положение о благочиниях и благочинных;

5. Вопрос о совмещении священнического служения со светской работой; перечень рода деятельности и специальностей, недопустимых для клирика;

6. Восстановление в священном сане лиц, лишенных сана по церковному суду;

7. Пастырская забота о малолюдных поселениях.

Комиссия по вопросам церковного права

1. Совершение брака в Русской Православной Церкви;

2. Актуальные вопросы применения правил о церковных правонарушениях и наказаниях (прещениях);

3. Отношение Русской Православной Церкви к календарной реформе;

4. Кодификация источников церковного права;

5. Каноническое обоснование возможности или невозможности церковного освящения вооружений и боеприпасов.

Комиссия по вопросам богослужения и церковного искусства

1. Пассия как элемент современного православного богослужения;

2. Изготовление и использование священных изображений; эстетические и церковно-канонические нормы создания произведений современного церковного искусства;

3.Значение молебного пения, разновидности и насущность упорядочения его последований сегодня;

4. Евхаристическая Чаша на литургии Преждеосвященных Даров;

5. Упорядочение практики приходского богослужения;

6. Практика служения литургии с открытыми царскими вратами;

7. Возможности совершения чинопоследования древних литургий в современной литургической практике Русской Православной Церкви;

8. Употребление акафистного пения в богослужебной практике.

Комиссия по вопросам приходской жизни и приходской практики

1. Приходская практика совершения исповеди; разработка руководства к совершению Исповеди;

2. Духовничество и духовническая практика в современных условиях; лжедуховничество и младостарчество (профилактика, пути решения проблемы, прещения); епитимии в жизни современной Церкви; нормы и практика применения, соотношение икономии и акривии;

3. Приходская практика требоисполнения и пожертвований за требы.

Комиссия по вопросам организации церковной миссии

1. Миссия среди молодежных субкультур;

2. Миссия среди детей и подростков;

3. Миссионерская ответственность мирян, монашествующих и церковнослужителей;

4. Православная миссия и новые религиозные движения;

5. Принципы и методы миссии среди коренных и малочисленных народов России, а также их пастырское окормление;

6. Миссионерское богослужение;

7. Наречение имени новорожденным; вопрос о возможности принятия Крещения с сохранением национального имени.

Комиссия по вопросам организации жизни монастырей и монашества

1. Внутренний устав монастырей;

2. Юридические аспекты поступления в монастыри и ухода из него;

3. Священнослужение монахов в женских монастырях и на приходах;

4. Практика откровения помыслов в монастырях, духовное руководство монашествующими и мирянами в монастырях;

5. Ученое монашество сегодня: актуальные вопросы и перспективы развития.

Комиссия по вопросам духовного образования и религиозного просвещения

1. Образовательная концепция Русской Православной Церкви;

2. Катехизическое обучение после Крещения; внебогослужебные чтения и собеседования.

Комиссия по вопросам организации церковной социальной деятельности и благотворительности

1. Концепция волонтерского диаконического служения в Русской Православной Церкви;

2. Духовное окормление детей-сирот;

3. Пастырская работа с душевнобольными людьми;

4. Социальное служение Церкви среди мигрантов;

5. Социальное служение Церкви в малых городах.

Комиссия по вопросам взаимодействия Церкви, государства и общества

1. Церковь и культура;

2. Церковь и экономика; православная оценка и принципиальный подход к вопросу глобализации (с позиции Русской Православной Церкви);

3. Пути утверждения христианских нравственных норм в обществе и государстве XXI века;

4. Место духовно-нравственного воспитания в развитии образования (совместно с комиссией по вопросам духовного образования);

5. Церковь, государство и общество в эпоху обострения противостояний;

6. Роль Церкви в общественных процессах на региональном и муниципальном уровне.

Комиссия по вопросам противодействия церковным расколам и их преодоления

1. Каноническая классификация современных расколов.

Комиссия по вопросам отношения к инославию и другим религиям

1. Молитвы за живых и усопших инославных христиан (совместно с комиссией по вопросам богословия);

2. Отношение Русской Православной Церкви к иным традиционным религиям.

Комиссия по вопросам информационной деятельности Церкви и отношений со СМИ

1. Информационные вызовы и реакция Церкви;

2. Отношение Церкви к новым информационным технологиям (антропологический аспект);

3. Этическое измерение присутствия священнослужителей и мирян в традиционных и новых медиа;

4. Разработка основ концепции информационной деятельности Церкви.

 
Sola Scriptura contro santa Tradizione: c'è una differenza?

In alcune occasioni ho scritto sulle differenze tra l'approccio protestante e quello ortodosso all'autorità.

Per i protestanti, l'autorità o regola finale è la Bibbia, un principio noto come Sola Scriptura. E mentre alcuni protestanti hanno scritto catechismi e altri materiali di accompagnamento alle Scritture stesse, anche questi materiali sono tenuti sotto controllo da una corretta interpretazione della Bibbia.

Per quanto riguarda tale interpretazione, ho scritto in precedenza:

Anche quando al principio della Sola Scriptura è data una sfumatura per fare spazio a credi, confessioni, e concili, l'arbitro finale è ancora l'interpretazione personale della Bibbia. Mentre qualcuno potrebbe attenersi a un documento come la Confessione di fede di Westminster, se ci sono disaccordi dottrinali, il coerente sostenitore del biblicismo sarà a favore di un'interpretazione personale della Bibbia al di sopra e al contrario di una Confessione documentale. Ciò ha portato ad alcune difficoltà nel corso degli anni per alcune chiese protestanti, ma credo che questa sfumatura sia – in ultima analisi – inutile.

Per esempio, una persona potrebbe confessare un credo che sostiene che Gesù è un coniglietto. Mentre questa convinzione potrebbe teoricamente essere condivisa da molti, chiunque può negarla in quanto contraria alla Bibbia (e ovviamente lo è), rendendo un credo basato su di essa sia errato sia inutile. Non importa davvero quello che i credi o le confessioni dicono, fintanto che la Bibbia è ritenuta l'autorità finale.

A differenza di questo punto di vista, ho spiegato che l'approccio ortodosso all'autorità si basa sulla Sacra Tradizione, la continuazione apostolica di Cristo, che vive e respira attraverso il Corpo di Cristo. Per preservare e tramandare questa tradizione da una generazione all'altra (paradosis – il significato di "tradizione"), la Chiesa vive come sposa immacolata e apostolica di Cristo, "colonna e sostegno della verità" (1 Tim. 3,15). Le porte degli inferi – le porte della morte, dello scisma e della divisione – non possono mai prevalere contro di lei (Mt. 16,18). La cosiddetta "fonte" dell'autorità nella Chiesa ortodossa è Dio stesso, non il clero, le istituzioni, i documenti, o le reliquie, ma la vita stessa di Dio per mezzo del suo Spirito. Questa è la santa Tradizione.

E mentre noi potremmo mostrare la frammentazione della chiesa occidentale dal XVI secolo come prova del frutto marcio della Sola Scriptura, un fedele protestante potrebbe altrettanto facilmente riversare tale giudizio indietro sulla Chiesa ortodossa: Che dire dei vecchi credenti, dei vecchi calendaristi, di armeni, copti ed etiopi? Che dire dei cinque diversi patriarchi di Antiochia, tutti che affermano di essere eredi del trono apostolico di Pietro e Paolo? Che dire dei nestoriani e degli altri non-calcedoniani? E in realtà, che dire dei cattolici (romani e di altro rito), le numerose chiese in comunione con il Vaticano e il papa di Roma? Come si può affermare davvero che l'adesione alla santa Tradizione protegge la Chiesa contro lo scisma meglio dei quella alla Sola Scriptura?

Ma c'è una importante differenza, una distinzione così significativa da sottolineare o addirittura da definire la totalità di questo problema. Questo problema dell'autorità non è epistemologico o teorico, prima di tutto, ma è piuttosto ontologico. È una questione della stessa natura o essenza della Chiesa, e non di un particolare insieme di credenze dottrinali, credi, o confessioni.

La Chiesa è la Chiesa, perché è la Chiesa. Vi sembra un argomento circolare? Beh, certo che lo è, perché non è un argomento, è una questione di vita.

Essere un membro del Corpo di Cristo non è un impegno dottrinale o addirittura una scelta, ma è piuttosto un atto personale – un atto di essere e divenire la vera immagine e somiglianza di Cristo. Si tratta di una partecipazione trasfigurante – se ne facciamo correttamente uso – alla vita deificante e alla grazia del regno di Dio. Le Scritture sono senza dubbio una parte centrale della vita e del'autorità della Chiesa, ma noi, come Chiesa, siamo la scrittura più significativa di tutte (2 Cor 3:2), scritta dallo Spirito di Dio (2 Cor. 3: 3) .

Alla domanda se l'adesione alla santa Tradizione è superiore alla Sola Scriptura, dobbiamo rispondere con forza in senso affermativo. Gli scismi sopra menzionati non sono vere divisioni della Chiesa (1 Giovanni 2:19), ma sono piuttosto la prova che la fedeltà della Chiesa alla Santa Tradizione agisce come dovrebbe.

Uno scopo della Tradizione è quello di manifestare questa continuazione da Cristo e dai suoi apostoli definendo la differenza tra ortodossia ed eterodossia. Quando appare un "membro corrotto" (usando la terminologia di san Vincenzo) del corpo, la Tradizione opera attraverso la vita della Chiesa per svolgere un "intervento chirurgico" sul suo corpo, conservandola santa e immacolata. Quando lo stesso patriarca di Costantinopoli si manifestava come eretico, era condannato e rimosso dal suo incarico dalla corretta vita conciliare del corpo. Quando un intero patriarcato cadeva in errore, la Chiesa agiva con rettitudine e discernimento per rimuovere questo contagio e soppiantare le "cellule infette."

La differenza tra questi atti conciliari e la frammentazione all'interno del protestantesimo è profonda. Nel primo, si tratta di un processo guidato dallo Spirito che impiega decenni, anche secoli per operare, essendo un'azione di tutta la Chiesa canonica e conciliare di Cristo. Nel secondo caso, si tratta di individui (o gruppi di individui) che agiscono in modo indipendente. È democrazia o anarchia, piuttosto che conciliarità.

Le stime sul numero di corpi protestanti nel mondo di oggi sono spesso grossolanamente esagerate, ma la realtà è che a un certo punto e per alcuni fedeli protestanti, anche problemi minori hanno non solo provocato divisioni durature, ma hanno anche impedito le riunificazoni. E tutto senza il beneficio della lunga e stabilita tradizione conciliare, e del processo tradizionale evidenziato nelle pagine del Nuovo Testamento (Atti 15 e il consiglio del I secolo d. C. a Gerusalemme).

Senza conciliarismo, santa Tradizione, e Concili ecumenici, le opzioni rimanenti sono solo o l'individualismo o il papismo.

La conservazione della santa Tradizione e del corpo di Cristo è ontologica, non epistemologica. Si tratta di un atto divino di sinergia che non fallisce mai, nonostante la nostra debole partecipazione umana.

 
Inizia la ricostruzione (1914-2014)

1914 – 1939 – 1964 – 1989 – 2014. L'incubo durato cento anni e quattro generazioni di de-civilizzazione sta volgendo al termine. Il cambio generazionale sta diventando evidente e il ciclo di ingiustizie storiche è in corso di rottura. È vero, stiamo assistendo solo ai primi timidi segnali di questa trasformazione, ma c'è la promessa di ben di più a venire. Dopo la recente espressione della libera scelta del popolo della Crimea, ora siamo testimoni di un momento storico in tutta la Federazione Russa e in effetti in tutta l'Unione Eurasiatica. Il tentativo di occidentalizzare, cioè di secolarizzare, la Russia cristiana con la violenza, quel tentativo che ha avuto inizio 100 anni fa nel 1914 trascinando l'allora Impero russo nel contagio di un guerra imperialista occidentale de-civilizzante, è fallito.

Il tentativo di distruggere il millenario sistema di convinzioni di fondo che tengono insieme gli slavi d'Oriente e gli altri popoli dell'Impero russo aveva avuto inizio con l'afflusso del materialismo occidentale tra le classi superiori molto prima del 1914. Ciò che era nuovo nel 1914 era la diffusione dell'ideologia materialista occidentale nella forma più estrema. Dapprima l'invasione straniera del 1914 (come quelle del 1812 e del 1854) portò a una debolezza. Tuttavia, questa volta la debolezza divenne così grande che nel 1917, proprio mentre l'Impero russo era sull'orlo della vittoria, portò al rovesciamento del governo legittimo da parte di traditori della classe superiore, un rovesciamento orchestrato dall'ambasciata britannica a San Pietroburgo (proprio come il recente rovesciamento del governo legittimo in Ucraina è stato orchestrato dall'ambasciata americana a Kiev). Immediatamente, dopo un buon numero di morti, questa rivoluzione 'incruenta' prese prigioniero il sovrano legittimo e fece pressioni sulla Chiesa per il compromesso e l'accettazione del colpo di stato.

A questo primo colpo di stato seguì circa sei mesi dopo la perdita del potere di questi incompetenti e traditori di classe superiore. Questo secondo colpo di stato fu compiuto da un gruppo di materialisti estremi e violenti, eredi di Voltaire, di Darwin e di Nietzsche, reduci dal lavaggio del cervello, importati in Russia per opera della Germania e attraverso la Germania in treno (non sigillato, come dice un mito). Immediatamente, la Chiesa, che aveva sempre fornito il sistema di fede delle terre russe, cadde sotto una cruenta e inaudita persecuzione e l'ex sovrano e la sua famiglia furono massacrati. I materialisti abolirono l'impero russo e fondarono l'Unione Sovietica. Seguì una generazione delle più violente persecuzioni, che spazzarono via milioni di vite innocenti, tra cui 600 vescovi, quasi 200.000 preti, monaci e monache, e milioni di fedeli cristiani. Fucilazioni di massa, carestie artificiali in Russia e in Ucraina per forzare la collettivizzazione (sul modello delle "enclosures" in Inghilterra e delle "clearances" in Scozia), camere di tortura e campi di concentramento erano la regola del giorno. Il mondo occidentale, luogo di nascita dell'ideologia dietro questo olocausto, rimase quasi del tutto in silenzio e si mise con entusiasmo a fare affari con il nuovo paese.

Questa generazione di violenza terminò nel 1941, quando il contagio che era ancora una volta iniziato in Europa occidentale, questa volta nel 1939, si diffuse anche in Unione Sovietica con l'ennesima invasione, il quarto assalto dell'imperialismo occidentale anti-russo in cinque generazioni a partire dal 1812. Nella festa di Tutti i Santi delle terre russe, l'espansionista Germania nazista invase l'ex Impero russo, causando 27 milioni di vittime, soprattutto civili, il più grande olocausto e genocidio conosciuto nella storia dell'umanità. Tuttavia, anche questo olocausto cominciò a riportare il buon senso tra i nuovi governanti dell'Unione Sovietica ai loro sensi. Fu un processo molto lento ed estremamente doloroso che durò due generazioni e, anche se la persecuzione diretta della Chiesa ebbe più o meno termine, la persecuzione indiretta continuò più ferocemente. Tuttavia, durante questo periodo, per la maggior parte smisero di credere nell'ateismo – se vi avevano creduto affatto – e anche i loro governanti atei cominciarono a rendersi conto che la loro ideologia era in bancarotta.

Fu nel 1989, esattamente due generazioni dopo la Seconda guerra europea del 1939, che i segni del collasso imminente divennero evidenti. Questo culminò nel 1991, esattamente due generazioni dopo la più recente invasione occidentale dell'Unione Sovietica, quando il regime ateo è crollato e il paese è caduto a pezzi. L'Occidente trionfante, dopo averla divisa, ha cercato di governarla attraverso la propria ideologia attuale. Così è cominciato il periodo disastroso in cui il materialismo occidentale, ora nella sua forma consumistica liberale di egoismo individualista, si è diffuso in modo anarchico nei paesi appena divisi della vecchia Unione Sovietica. La de-civilizzazione spirituale e quindi morale dell'Occidente ha prevalso. C'è stato un decennio di vergogna, quando gli oligarchi capitalisti (la vecchia nomenklatura, la nuova aristocrazia) hanno rubato i beni pubblici hanno creato povertà. L'ABCDE (alcolismo, aborto, corruzione, droga ed emigrazione) hanno prevalso. Molti dei migliori se ne sono andati, molti dei peggiori hanno sequestrato beni e potere. Solo negli ultimi anni abbiamo iniziato a vedere la luce, che culmina oggi nella libertà e nel ritorno a casa della Crimea.

Dopo quattro generazioni, 100 anni, da quando il tentativo di distruggere il mondo ortodosso russo ha avuto inizio nel 1914, la sua riunione geografica è iniziata. Il cristianesimo, nella sua forma originale e non nelle forme apostate e compromesse del secondo millennio, sta risorgendo contro tutta la marea di secolarismo ateo che ha preso il potere a San Pietroburgo nel 1917 e a Kiev nel 2014. Se coloro hanno apostatato e si sono compromessi non vogliono unirsi a questo movimento, sono liberi di non farlo. Così, se i cattolici dell'ex Polonia, ora il far west dell'Ucraina, desiderano lasciare l'Ucraina per la Polonia e l'UE laicista in bancarotta, lo facciano pure, portandosi dietro la loro Galizia. Ma lascino stare il resto dell'Ucraina, il restante 80% del paese. Per quanto riguarda il resto del mondo cristiano ortodosso più piccolo e più debole in Europa orientale e in Medio Oriente, questo può ora guardare alla Chiesa ortodossa russa per portarlo via dal piatto di lenticchie dell'Unione europea e degli Stati Uniti, per farlo ritornare alle cristiane radici ortodosse e al calendario e alle pratiche della tradizione ortodossa, liberi e senza compromessi, al prossimo Concilio inter-ortodosso. La restaurazione, la ricostituzione e la ricostruzione del mondo che è stato perso nel 1914 sono nell'aria. La nostra visione è chiara.

 
Отошла ко Господу монахиня Мария (Гурко - 1935-2013)

10 марта 2013 года стало известно о том, что отошла ко Господу одна из старейших прихожанок Трехсвятительского храма, бывший секретарь Западно-Европейского экзархата Русской Православной Церкви, монахиня Мария (в миру - Екатерина Васильевна Гурко).

Мать Мария - внучка героя Русско-турецкой войны генерала-фельдмаршала Иосифа Гурко - родилась в 1935 году в Лозанне (Швейцария) в семье генерала от кавалерии В.И. Гурко.

В 1937 году умирает отец будущей монахини Марии Василий Иосифович Гурко.

В 1946 году вместе с матерью Софией Гурко (внучка министра юстиции Франции Л. Трарье) Екатерина Васильевна переезжает в Рабат (Марокко), где работает биохимиком по линии Министерства здравоохранения Франции. Тамже становится прихожанкой Воскресенского храма в Рабате.

После смерти матери возвращается во Францию, где продолжает работать в области здравоохранения. Посещает Трехсвятительский храм в Париже.

В 1983 году Патриаршим экзархом Западной Европы, митрополитом Минским и Белорусским Филаретом (Вахромеевым) пострижена в монашество с именем Мария, в честь преподобной Марии Египетской. Постриг был совершен в Свято-Успенской Жировичской обители (Беларусь).

С этого же времени монахиня Мария несет послушание секретаря при Патриаршем экхархе Западной Европе.

В 1986 году стала кавалером французского ордена "L'ordre National de Mérite".

В 2013 году на 78-ом году жизни в Париже монахиня Мария отошла ко Господу. Вечная ей память!

отпевание - 14 марта 2013 г., Париж

 
La pastorale all'ombra della Croce

Spesso pensiamo ai pastori come persone con una funzione primaria: prendersi cura del gregge. Questa funzione può essere espansa in un elenco di attività: nutrire il gregge, portarlo a verdi pascoli, proteggerlo dai lupi, ecc, ma ci possono essere altri aspetti della pastorale non compresi nella funzione della custodia? Per molti anni, io ho avuto un gregge di capre, e nella mia esperienza, anche se la custodia e l'alimentazione del gregge sono aspetti molto importanti nel lavoro di un pastore, ci sono altre cose che non possono essere ignorate. Per esempio, Paolo menziona in un modo molto famoso che al pastore spetta anche il compito di prendere il grasso del gregge o il suo latte. In altre parole, il rapporto tra il gregge e il pastore è reciproco in natura non è solo il pastore che fa qualcosa per il gregge, ma anche il gregge che fa qualcosa per il pastore. Di fatto, nel caso delle mie capre, è per questo che le tenevo. Non tenevo le capre per potermi prendere cura di loro; anzi, le tenevo proprio perché volevo il latte, e la loro custodia era un mezzo per raggiungere tale scopo. Ma mentre questo ragionamento funziona per le persone che hanno cura di greggi di animali, non può essere vero per la Chiesa. Dio non ha stabilito il suo gregge perché questo di prendesse cura dei sacerdoti e dei vescovi. Né ha stabilito il suo gregge perché sacerdoti e vescovi avessero qualcuno di cui prendersi cura. La cura pastorale è un mezzo, ma a quale scopo?

Cristo è l'Agnello di Dio. Dire questo non vuol dire che Cristo è un animaletto carino e batuffoloso che Dio tiene come animale domestico. Dire 'l'Agnello di Dio' significa dire 'l'animale che è stato scelto per essere immolato come sacrificio.' Cristo è nato in un rifugio per animali – il modo in cui gli agnelli dovrebbero nascere, in un campo in cui degli agnelli erano allevati da un gruppo di pastori (pastori nel senso primario del termine). L'unica cosa interessante di questa scena è che gli altri agnelli erano allevati per il sacrificio nel tempio (sì, era di un settore tanto grande da avere bisogno di mandrie di agnelli, allevati solo per il sacrificio). Inoltre, gli antichi ebrei semplicemente non allevavano gli animali al nostro modo. Immaginate un contadino cristiano moderno che alleva pecore. Potrà decidere di far benedire il suo gregge aspergendolo con acqua benedetta, e può anche offrire un agnello o due per un pranzo di beneficenza parrocchiale, ma noi abbiamo perso il senso che quello che abbiamo in realtà non è nostro, ma di Dio. Noi pensiamo che quello che abbiamo è nostro, e che da quel che è nostro offriamo qualcosa a Dio. Gli antichi non pensavano esattamente in quel modo. Pensavano che tutto era di Dio, che tutto apparteneva a lui, tutto ciò che era "il primo e il migliore" doveva essere sacrificato (portato, messo da parte) a lui, e solo dopo che era stato portato a lui, la gente ne avrebbe mangiato gli avanzi. Immaginate un re che sta cenando. I suoi servi preparano per lui il miglior taglio di carne e mangiano il resto. Ma i servi sanno che ciò che mangiano è il cibo del padrone. In nessun momento i servi penseranno che il cibo appartiene a loro e che condividono la loro carne con il loro padrone. In altre parole, in sostanza, i servi mangiano gli avanzi della cena del padrone. Qualcosa di simile si può osservare nell'Eucaristia. Il popolo porta il pane e lo offre a Dio; lo offre tutto a Dio; la parte migliore viene scelta per la cena vera e propria del Signore, e il resto è distribuito tra i servitori del Signore come antidoro. In altre parole, i fedeli condividono il pasto del Signore, ma capiscono che si tratta del pasto del Signore, non del loro.

Questi sono concetti elevati, ovviamente, ma in che modo sono rilevanti? Cristo non è venuto a noi come agnello in modo che noi possiamo nutrirlo o proteggerlo. È venuto a noi in modo che possiamo sacrificarlo per i nostri peccati, e partecipare di lui. E come sacerdoti, non ci viene dato un gregge di pecore spirituali perché le nutriamo o le proteggiamo, né perché loro nutrano noi. No, ci deve essere una ragione più profonda. Li alleviamo perché siano un sacrificio. Devono diventare un sacrificio se vogliono essere nel corpo di Cristo, perché questo corpo è il sacrificio per eccellenza. Possiamo parlarne in termini di ascesi, di portare la croce, di crocifiggere i nostri peccati e le nostre passioni, o con qualsiasi altra parola o immagine, ma si potrebbe anche dire: "Siamo contati come pecore da macello" (Salmo 44:22; Rm 8:36). Quando guardiamo il nostro gregge e pensiamo che Cristo ci chiama a "sfamare i suoi agnelli" (Gv 21:15) o a "nutrire le sue pecore" (Gv 21:16), un pensiero deve attraversare la nostra mente, che ci sia una ragione per la quale Cristo li chiama 'agnelli' – il vero significato di questa parola, il vero scopo di un gregge di agnelli non sarebbe stato frainteso da Pietro o da qualsiasi altro discepolo. Cristo non stava dando Pietro un gregge di animali da compagnia; gli stava dando un gregge da allevare come sacrificio a lui. Così, la pastorale cristiana è sempre fatta all'ombra della Croce.

 
Che cosa rimpiangerò se le peggiori predizioni si avvereranno?

"Il tavolo della famiglia" di Isaak Batjukov

Un tempo un filosofo e mio collega al dipartimento di filologia dell'Università statale di Mosca Lomonosov era solito provocarci con domande su situazioni ipotetiche come: "Cosa fareste se veniste a sapere che la fine del mondo arriverà in tre giorni?" E gli rispondevamo con sorpresa: "Inutile fare qualcosa in questo caso, a meno che tu non sia un credente che correrà immediatamente in chiesa". Sentendo questa risposta, il filosofo esclamava con passione: "Ma davvero ?! Non avete mai sognato di rubare un'auto di lusso, per esempio? O fare qualcosa di proibito ma allettante? Non verrete puniti comunque per questo!" Ma noi non volevamo nulla di tutto ciò. Nessuna delle due parti poteva capire l'altra; e personalmente non riuscivo a capire perché si dovessero fare tali ipotesi in primo luogo.

Ma è giunto il momento in cui questa domanda si è insinuata nella mia mente. Ve lo dico subito: non sono il tipo di persona che è soggetta al panico. Al contrario, mi ci vuole molto tempo per accettare qualsiasi cambiamento globale e darlo per scontato. Forse il mio cervello protegge la mia psiche da vari colpi di sfortuna in questo modo. Ma la preoccupazione generale per il virus che è stato "incoronato" da qualcuno mi ha fatto riflettere profondamente anche su questo. Stando in chiesa (che era ancora aperta) prima dell'inizio della Santa Unzione (che era ancora celebrata nelle chiese), potevo sentire gli anziani di entrambe le parti sussurrare gli ultimi "comunicati di guerra" dal "fronte di battaglia" medico. Le signore anziane discutevano segretamente dell'imminente "fine del mondo" e "dell'adempimento delle profezie". I sacerdoti che conoscevo smentivano tali voci sui social media. Ma ora non c'era modo di nascondersi da questo flusso di informazioni.

E ho cercato di immaginare i peggiori sviluppi possibili.

Potrei o meno prendere questo virus; potrei morire o guarire. Non è ancora così spaventoso. Ognuno ha avuto questa esperienza quando il Signore li ha salvati quando erano a un passo dalla morte perché non era ancora giunto il loro tempo. Anch'io ho vissuto momenti simili e li ricordo bene. Se il Signore decide di prendermi ora e precisamente in questo modo, significa semplicemente che è arrivata la mia ultima ora su questa terra. E per coloro che sono passati nell'eternità, il modo in cui vi sono passati non è così importante.

Supponiamo che uno dei membri della mia famiglia prenda il virus e muoia. Significherà che è arrivato il suo momento. In questo caso, meno amore e cura mostro loro, più amareggiata mi sentirò in seguito. Senti diventare ogni persona più vicina e più amata al pensiero che potresti perderla. Tanto più se queste persone sono i nostri vicini e i nostri cari. La mia coscienza mi suggerisce che io non amo il mio prossimo con tutto il 100 per cento delle capacità del mio cuore. Nel migliore dei casi li amo al cinquanta per cento. E inutile giustificarmi e dire che nessuno può amare al 100 percento. In realtà, se vogliamo, possiamo amare almeno al settanta o all'ottanta per cento, non facendocelo dettare da qualcuno dall'esterno ma sentendolo nei nostri stessi cuori.

Posso anche immaginare scenari ancora peggiori: disoccupazione di massa, fame, saccheggi e guerre. Ma la mia mente ha immediatamente avanzato la seguente contro-argomentazione: se il Signore non ti prende nemmeno in queste circostanze, dovrai sopravvivere. E le storie dei nuovi martiri, dei sopravvissuti all'assedio di Leningrado, dei veterani di guerra e dei reduci dei campi di lavoro di cui avevo letto mi aiuteranno. Chi non è preso subito dal Signore, ha la forza di andare avanti. E tutte le prove sono sempre temporanee.

Infine, ho immaginato che presto ci sarebbe stata una fine per tutto, e non per me personalmente. E dopo? Come mi ha detto un prete quando ero una neofita (e avevo paura dei numeri dei codici a barree e di altri segni di cui avevo letto in vari opuscoli): "Per te e me," la fine del mondo "può arrivare in qualsiasi momento". In effetti, per ognuno di noi, la morte personale significa la fine di questo mondo. Ma anche alla fine universale del mondo mi pentirò di aver scambiato il celibato (che l'apostolo Paolo definiva il meglio) con il matrimonio in questo periodo difficile? Mi pentirò di essermi sposata in età relativamente avanzata e di aver vissuto con mio marito per diversi anni? E mi pentirò che il mio unico figlio avrà due anni? No, ringrazierò Dio di essere riuscita a conoscere l'amore, anche se all'undicesima ora.

Non mi pentirò né dei viaggi in paesi dove non sono mai stata e probabilmente non andrò mai, né dei vestiti e degli accessori che ho posseduto, ma ora non ho alcun posto dove indossarli. Né dei balli e delle danze, dei musei e dei teatri in cui sono andata e che andrebbero ancora ... Non ha senso rimpiangere nulla di tutto ciò. Il mondo si è tolto la sua "corona" e abbiamo scoperto che "l'imperatore è nudo". Ed è pure indifeso. Muore senza il nostro amore e con un bisogno intenso del nostro aiuto nella persona dei nostri anziani e malati, che hanno bisogno di cure e non solo durante le epidemie.

L'unica cosa di cui mi pentirò è di aver bisticciato e litigato con il mio marito tanto atteso. Di essermi infastidito e di non aver sempre trovato tempo per il mio bambino. Di avere solo un figlio e che difficilmente avrò il tempo di averne altri. E di non essere diventata una sorella di misericordia prestando poca attenzione alle persone sofferenti intorno a me. Mi pentirò dell'amore che non ho dato a sufficienza agli altri. Ma, fortunatamente, questa risorsa (a differenza dell'oro, del petrolio o del denaro) è disponibile per tutti ed è sempre con noi. Il Signore ci ha dato il tempo per compensare ciò che manca nei nostri cuori e nelle nostre case. L'auto-isolamento e la Grande Quaresima sono momenti ideali per questo.

Ora, vedendo mio marito che va al lavoro, mi rendo conto che ogni incontro potrebbe diventare l'ultimo. Forse solo per questo momento (e nessuno sa per quanto tempo), ma non voglio litigare con lui. Stando in casa con il mio bambino, incapace di guadagnare un po' di soldi, senza i miei progetti e il mio lavoro creativo (il lavoro creativo è sempre con me, come il computer, ma non sono dell'umore adatto in questi tempi difficili), imparo a trovare gioia nei giorni che trascorro con un piccolo essere umano in crescita. E anche con mia madre, a cui abbiamo prestato così poca attenzione nel nostro ritmo di vita frenetico. Parlo al telefono con mio fratello, che è rinchiuso in quarantena; e con mio padre, che non vede sua nipote per lo stesso motivo.

Ammetto che negli ultimi dieci anni non ho imparato a voler rubare un'auto di alta classe o a voler fare follie negli ultimi tre giorni della mia vita. Ma ho iniziato a imparare ad amare; e grazie a Dio, abbiamo ancora tempo per questo.

 
Una prospettiva ortodossa sul destino eterno degli animali

Il contributo che segue è di un "blogger ospite", Robert Ainsworth, che in seguito a un commento interessante su C. S. Lewis sull'immortalità degli animali, è stato invitato a scrivere un articolo sul blog Carol's Notes. Robert Ainsworth, tesoriere di una parrocchia della Chiesa Ortodossa in America nello stato del Mississippi, si è convertito all'ortodossia nel 1999 dal protestantesimo insieme alla moglie.

Ecco come Carol Apple, la curatrice del blog, introduce l'articolo: "È difficile leggere qualcosa di serio sulla possibilità che gli animali abbiano una vita spirituale che può continuare anche dopo la morte; la nozione di solito è trattata con leggerezza come un conforto sentimentale quando perdiamo un animale domestico a noi caro. Quando si tratta della morte di qualcuno di caro, animale o umana, io per prima non sono confortata da sentimenti vuoti. Voglio un po' di speranza sostanziale che ciò che dava vita a quel corpo sia davvero da qualche parte. Così ho avuto il piacere di scoprire che una tradizione, con una ricca storia e una dottrina sana e ben ponderata, ha così tanto da dire sulla questione. Godetevi l'ottima sintesi di Robert Ainsworth sulla prospettiva ortodossa riguardo all'immortalità degli animali..."

* * *

La santa Chiesa ortodossa non ha mai, per quanto ne so, dogmatizzato il destino ultimo degli animali, poiché sono senza colpa dinanzi al loro creatore. Si è giustamente preoccupata per la salvezza degli esseri umani che renderanno conto a Dio per ogni parola infondata da loro pronunciata.

E dal momento che gli animali non hanno colpa, anche se commettono atti che non sono mai stati diretti da Dio, essi o passano al di fuori dell'esistenza oppure sono restaurati e rielaborati con un *nuovo* corpo come si addice alla loro natura per esistere nella nuova creazione. SOLO DIO è immortale ed eterno; ogni essere creato, uomo compreso, esiste solo tramite le energie e la grazia della Santissima Trinità (At 17:28).

"Invece di rimanere nello stato in cui Dio li aveva creati, sono entrati nel processo della corruzione, e la morte li ha presi completamente sotto il suo dominio. La trasgressione del comandamento li ha fatti tornare di nuovo indietro secondo la loro natura; e come all'inizio erano stati portati all'essere dalla non-esistenza, così ora sulla via del ritorno, attraverso la corruzione, passano di nuovo alla non-esistenza.

La presenza e l'amore del Verbo li aveva chiamati all'essere; inevitabilmente, quindi, quando hanno perso la conoscenza di Dio, hanno perso con essa l'esistenza; infatti solo Dio è l'esistente, il male è il non-essere, la negazione e l'antitesi del bene. Per natura, ovviamente, l'uomo è mortale, poiché è stato fatto dal nulla; ma porta anche la somiglianza di colui che è, e se egli conserva tale somiglianza costante attraverso la contemplazione, allora la sua natura è privata del proprio potere ed egli rimane incorrotto" (Sant'Atanasio il Grande: Sull'Incarnazione, cap. I, sez. 4, vv 6-10).

Nessuno di noi possiede un'anima intrinsecamente "immortale".

E mentre la Chiesa giustamente discerne la volontà di Dio che le anime umane continuino ad esistere dopo la morte fisica, non ha mai, a mia conoscenza, fatto dichiarazioni dogmatiche circa l'esistenza continua delle anime delle creature corporee non umane dopo la morte fisica (gli angeli sono creature incorporee non umane).

Sant'Ireneo di Lione accenna alla risurrezione degli animali nella sua opera Contro le eresie, un testo dei primissimi tempi cristiani (fine del II secolo):

"... Tuttavia alla risurrezione dei giusti [le parole si applicano] anche a quegli animali che abbiamo menzionati. Dio infatti è ricco in tutte le cose. Ed è giusto che quando la creazione sarà ripristinata, tutti gli animali debbano obbedire ed essere sottomessi all'uomo, e ritornare al cibo originariamente dato da Dio (poiché erano stati originariamente posto sotto l'obbedienza ad Adamo), cioè i prodotti della terra" (sant'Ireneo di Lione: Contro le eresie: Libro V, cap. 33, v 4).

Se un peccatore come me può piangere la morte di un cane fedele e amorevole, allora sicuramente, da quello che sappiamo del carattere di Cristo, egli lo deve amare ancora di più. E dal momento che non ha mai voluto la morte di qualsiasi parte della sua creazione, e suo Padre tiene conto anche della morte di ogni singolo uccellino, e Scrittura e Tradizione implicano chiaramente che ci saranno animali nella Nuova Creazione, perché allora egli non dovrebbe ripristinare quelle creature innocenti che non si sono mai ribellate contro di lui, ma che soffrono a causa della caparbia ribellione dell'uomo?

Sono ben consapevole che san Gregorio Palamas parla degli animali che cessano di esistere e degli esseri umani che non cessano di esistere come parte della sua difesa dell'esicasmo nel descrivere le energie e l'essenza di Dio, ma io non sono a conoscenza di un Concilio Ecumenico che abbia mai approvato un canone che si pronuncia sul destino ultimo della creazione animale.

Così, poiché ci ritroviamo con teologoumeni (pareri privati) in questa materia, ho scelto di essere d'accordo con san Massimo il Confessore e san Simeone il Nuovo Teologo, che sostengono che tutta la creazione sarà rinnovata e restaurata alla perfezione edenica.

Sono un bel numero i preti e teologi ortodossi che credono che molti (se non tutti) tra gli animali che hanno vissuto attraverso la corruzione e la morte ricevuta a causa della caduta dell'uomo saranno ripristinati in quel grande giorno in cui Cristo offrirà il Regno al Padre e Dio diventerà "tutto in tutti".

Un altro prete ortodosso, padre Theodore Stylianopoulos (che faceva parte del personale teologico addetto al Nuovo Testamento nella produzione della Orthodox Study Bible) la mette così:

Un grande santo di nome Isacco il Siro, ha detto che il cielo è la presenza e l'amore di Dio. Il cielo non è un posto in alto sopra la terra, come un pianeta o una stella. Dio è ovunque e il cielo è il godimento del sole del suo amore.

Gli animali sopravvivono oltre la morte e vanno in paradiso? Questa è una domanda difficile. Nella vita dei santi, ci viene detto che molti avevano gli animali come buoni amici. In icone ortodosse, san Gerassimo è indicato con un leone. Il santo ha appena tirato via una spina dalla zampa del leone, che tiene teneramente. Sia l'uomo sia il leone guardano felicemente verso Cristo, che è nei cieli. San Serafino di Sarov, vissuto in un bosco per molti anni, è mostrato pacificamente mentre nutre un enorme orso. Non ho alcun dubbio che questi santi sarebbero pieni di gioia nel vedere i loro amici animali in cielo.

Che cosa dice la Bibbia su questo? Non molto, esplicitamente. L'attenzione della Bibbia è sulle persone, la salvezza delle loro anime, la loro resurrezione alla fine del tempo, e la pienezza della vita nella luce eterna di Dio.

Tuttavia, i primi e gli ultimi libri della Bibbia ci dicono qualcosa che offre speranza a tutte le creature della terra. Il libro della Genesi dice che "Dio fece gli animali selvatici ... e tutto ciò che striscia sulla terra, di ogni genere. E Dio vide che era cosa buona "(Genesi 1:25)! Nel libro dei Salmi si legge: "Ogni animale selvaggio della foresta è mio... Conosco tutti gli uccelli del cielo, e tutto ciò che si muove nel campo è mio "(Salmo 50:10). Un Dio amorevole non vorrebbe che tutto ciò che egli ha creato viva con lui per sempre?

Un altro cenno è nel libro dell'Apocalisse, che insegna che il male e il potere della morte, che sono una corruzione di tutto ciò che è buono, saranno completamente sconfitti e sorgerà un nuovo mondo più glorioso del nostro. La promessa di Dio è: "Ecco, io faccio nuove tutte le cose" (Ap 21:5).

Perché la morte dovrebbe avere la meglio e ingoiare una qualsiasi delle buone creature di Dio? Dio non ne sarebbe dunque sconfitto, e la morte si rivelerebbe più forte di Dio? Perché Dio è il sovrano di tutta la creazione, e ama tutto ciò che con un amore che non manca mai, ho la speranza che vedremo i nostri animali domestici di nuovo in qualche modo, proprio come san Gerassimo vedrà il suo leone, e San Serafino il suo orso".

E colui che sedeva sul trono disse: "Ecco, io faccio nuove tutte le cose" (Apocalisse 21:5).

(Notate che non ha detto che avrebbe "fatto cose nuove").

"Amen. Vieni, Signore Gesù".

* * *

Ainsworth mi ha anche raccontato che la tradizione ortodossa ha abbondanti storie dei suoi santi con animali che sono stati loro amici e collaboratori. Una è quella di san Gerassimo della Giordania, un monaco del quinto secolo, che ha avuto incontri con un leone. Molto più vicina ai nostri tempi è la storia di San Serafino di Sarov che visse tra il 1754 e il 1833, e sembra avere avuto un orso di nome Misha come caro amico.

san Gerassimo del Giordano con il leone

san Serafino di Sarov e Misha

 
Santa Xenia: Sinassario in dipinti

Potete leggere a questo collegamento la vita di santa Xenia di San Pietroburgo.

 
Testimonianza di padre John Tanveer dal Pakistan

Ieri ero con mia madre alla Liturgia nella nostra chiesa. Quando siamo tornati a casa la sera, sono andato fuori in cortile e ho sentito il rumore, il grande scoppio, perché la mia casa non è lontana dal parco Gulshan-e-Iqbal a Lahore, dove si è verificata la tragedia. Eravamo a meno di un chilometro di distanza.

Sono subito andato in strada e ho visto gente che correva. C'erano persone che stavano celebrando la Pasqua in quel giorno in Pakistan. Ho visto i corpi dei morti e dei feriti, ed è ormai noto che più di 70 sono stati uccisi e più di 300 sono stati feriti. Molti sono in condizioni critiche in ospedale. Sappiamo già che molti dei morti e feriti erano cristiani: quel giorno c'erano nel parco protestanti e ortodossi (anche se non molti). Il giorno in Pakistan è molto caldo e la maggior parte delle famiglie va a fare una passeggiata con i figli la sera, ed è la sera che è avvenuta la tragedia.

Purtroppo, non credo che la Chiesa cristiana in Pakistan sarà in grado di aiutare le persone con qualcosa di diverso dalle preghiere e dalle visite ai feriti in ospedale. Ieri ho celebrato la Liturgia. Se parliamo della Chiesa ortodossa, io sono l'unico prete ortodosso a Lahore. Naturalmente, farò tutto quello che posso, farò visita alle persone in ospedale, ma le mie opzioni sono limitate. Mi dispiace molto che non possiamo fare di più!

La situazione nella regione è critica. La cristianofobia e la discriminazione sono molto forti. Sono stato a Islamabad, capitale del Pakistan, per parlare all'Unione Europea e alla comunità internazionale di questo tema. Forse potrà attirare l'attenzione sulla questione della persecuzione dei cristiani nella regione. Sono contento che vi siano almeno persone preoccupate per la situazione.

Durante la mia ultima visita a Mosca, ho già detto che siamo in cattive acque. Non ho modo di aiutare, ma devo stare con i nostri parrocchiani, con il popolo di Dio. La mia casa si trova proprio accanto al luogo della tragedia. Io probabilmente devo pensare a spostarmi in un luogo più sicuro, ma in Pakistan, un posto del genere potrebbe semplicemente non esistere. La pressione sui cristiani si fa sentire ovunque.

A San Pietroburgo dove ho servito per un certo tempo, ho incontrato il patriarca Kirill, che mi ha ascoltato. Ma io non sono un uomo forte. La mia forza è nel vostro sostegno, nel sostegno dei fedeli, e non sto parlando di soldi! Abbiamo una croce che dobbiamo portare ogni giorno. Questa è la cosa principale che voglio dire. Naturalmente, abbiamo bisogno di sostegno – siamo molto scarsi di medicine, molte persone hanno davvero fame... La gente qui non è molto ben istruita, ma ha fede sincera in Dio. Siamo oppressi, ma sappiamo che siamo in grado di fare ogni cosa quando il Signore è con noi.

Padre John Tanveer

Se volete dare un contributo per aiutare nell'opera difficile ma fondamentale svolta da padre John in Pakistan, vi preghiamo di visitare il nostro sito web.

 
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Закарпатские русины обратились к Путину

Открытое обращение к Президенту Российской Федерации Владимиру Владимировичу Путину

Глубокоуважаемый господин Президент Российской Федерации!

Обращаемся к вам - Президенту великой страны, страны - которая облачена договорными обязательствами с нашей страной, не являлась и не является ангажированной на колониальное порабощение Украины, а наоборот, на ее восстановление, стабильность и единство.

Мы всегда чтим очень высокий уровень цивилизационных ценностей (образование, наука, занятость, стабильность и социальные блага для русинов) которые были принесены братским русским народом в Подкарпатскую Русь с осени 1944 года, и уничтожены на Украине за последние 22 года.

Экстренность этого Обращения вызвана незаконным захватом власти националистами Галиции и в прилегающих к Закарпатью областях. В настоящее время над Закарпатьем, как последним западным оплотом Русского Мира, нависла опасность беспредела галицких националистов. Депутаты Закарпатского областного совета, купленные кланом прогалицких нацистов Балог, проголосовали 29 января 2014 года за упразднение законной власти Украины в Закарпатской области.

Официально, действующая украинская власть и Конституция Украины с обеда 29 января 2014 года перестала существовать под Карпатами и автоматически вступает в силу неуничтожимый автономный статус Подкарпатской Руси. Очевидно, что власть в Закарпатье захвачена насильственно, под вывеской «несения демократических европейских ценностей и преобразований».

Началась гуманитарная катастрофа для русинского народа и всех жителей Закарпатья от рук галицких нацистов и местных коллаборационистов. Захватчиками официально все государственные органы правопорядка подчинены ими созданной так называемой неконституционной Народной Раде Закарпатья. Назревает возможная новая трагедия с массовым уничтожением русинов, как это случилось 100 лет назад в австрийских концентрационных лагерях смерти в 1914 году (Терезин, Талергоф) и в 1939 г. (лагерь Думен, близ Рахова). Подкарпатская Русь - земля, где сконцентрировано управление энергетическими узлами Российской Федерации и Украины насильственным путем перешла под управление клана Балог и их приспешников из Галиции.

В этой ситуации Правительство Подкарпатской Руси, Русинская общественность, просит Президента РФ, в духе братских договоренностей с Украиной, (которой сегодня, по причине разрушения ее галицкими нацистами, почти нет), произвести миротворческую операцию, на краткий период - и возобновления досоветского статуса Республики Подкарпатская Русь.

Советско-украинское название с 26 ноября 1944 года - Закарпатская Украина. Наличие результатов референдума 1 декабря 1991 года, как политической воли нашего народа поддержать восстановление русинской государственности и заставило нас написать это обращение к Вам, господин Президент. Оно опирается на Решения 2-го Европейского Национального Конгресса Подкарпатских Русинов от 25 октября 2008 г., Акта провозглашения воссоздания Республики Подкарпатская Русь, избрания русинского национального Правительства Подкарпатской Руси и Решений Первого Всемирного Конгресса Подкарпатских русинов 25 04 2009 г. в чешских Пардубицах.

Последний международный правовой Акт волеизъявления нашего народа в СССР - УССР - это Законный (согласно «Закона УССР о республиканских и местных референдумах» от 1991 года) местный референдум-плебисцит в Закарпатье 1.12 1991 года Уже 22 года результаты референдума - признанный Акт, легитимный документ, который выражает волю народа Закарпатья.

Его поддержало большинство народа (на 76,8%), где юридически указано что «Закарпатье - специальная самоуправляемая территория, как субъект (международного права), не входящий в иные территориально-административные образования» - что значит - автономии в составе Украины. Сегодня русины края не хотят входить в состав такой Украины, где назревают галицкие нацистские беспорядки, угрожающие русинам этническими чистками.

Мы, русины, как и все жители Закарпатья, имеем все международные правовые основания обратится к Вам, господин Президент, для признания восстановленной государственности Республики Подкарпатская Русь, проведения на это время миротворческой операции и нейтрализации галицкого нацизма в Закарпатье. Миротворческая роль России в мире чётко прояснилась при решении сирийского кризиса. Верим, что миротворческая роль Российской Федерации на Украине будет также успешной и в интересах страны.

С уважением премьер министр Республики Подкарпатская Русь,

координатор Сетевого Русинского Движения Пётр Гецко

* * *

Кроме того, Пётр Гецко обратился к русским объединениям Украины.

Сетевое Русинское Движение обращается ко всем Русским и прорусским объединениям и организациям Украины - давайте подниматься, иначе распоясавшиеся фашисты всех поодиночке задавят. Надо начинать, в любой форме, создавать нетерпимость к любому проявлению галицкого фашизма, физического, информационного, на уровне семьи, коллектива по месту работы, соседей по лестничной площадке, по подъезду. Все время постороннего наблюдателя проходит, настало время активных участников.

Необходимо создать единую сеть сопротивления и координации действий, способную сдержать распространяющиеся по всей Украине метастазы.

СКАЖЕМ ВСЕ ДРУЖНО - НЕТ ГАЛИЦКОМУ ФАШИЗМУ, В ЛЮБЫХ ПРОЯВЛЕНИЯХ, В ЛЮБОМ МЕСТЕ!

ГАЛИЦКИЕ БАНДЫ - ВОН ИЗ НЕГАЛИЦКИХ РЕГИОНОВ!

 
A Gaza, tra i cristiani ortodossi

Quando si parla degli abitanti della striscia di Gaza, si menziona spesso un’esigua minoranza di cristiani locali (lo 0,1% della popolazione), ma si omette sistematicamente di dire che questi cristiani sono in maggioranza ortodossi, e che la loro chiesa ha oltre 1600 anni di vita ininterrotta. Entriamo anche noi oggi in questa chiesa, dedicata a san Porfirio, evangelizzatore della città. Ascoltiamo le voci di questi cristiani completamente isolati (spesso anche dai loro confratelli in Cisgiordania) nell’articolo-intervista che presentiamo nella sezione “Geopolitica ortodossa” dei documenti.

 
Il Concilio pan-ortodosso e il Concilio Vaticano II

Mi ricordo che negli anni '70 un prete modernista della scuola di Parigi dichiarava che 'proprio come i cattolici avevano dovuto 'modernizzarsi' al Concilio Vaticano II, così anche lo stesso sarebbe accaduto agli ortodossi'. Tragicamente, quel prete in seguito abbandonò il sacerdozio e si suicidò. Tuttavia, dopo oltre 50 anni di discussioni, è in programma un Concilio di tutte le Chiese ortodosse per il 2016. Quindi aveva ragione, quel prete?

No, si sbagliava profondamente. E per i seguenti motivi:

Prima di tutto, nessuno sa se tale Concilio avrà effettivamente luogo. Nell'ambiente altamente politicizzato del mondo ortodosso, in cui gli Stati Uniti e l'Unione Europea sono in continua ingerenza, per esempio, in Siria e in Ucraina, nulla è certo. È vero, la Chiesa russa è ora libera, ma alcune delle Chiese locali dell'Unione Europea non lo sono; di fatto, due Chiese locali hanno patriarchi nominati dalla CIA. Che speranza di un concilio libero c'è in tali condizioni? Al momento ci sono Chiese locali libere e Chiese che non sono libere.

In secondo luogo, allo stato attuale questo non sarà un Concilio di tutti gli ortodossi ('pan-ortodosso' in greco) perché la Chiesa cecoslovacca attualmente non partecipa. Fino a quando la Chiesa di Costantinopoli non si libererà dalle sue politiche imperialistiche, ci sono poche speranze di risoluzione di questo problema.

In terzo luogo, un Concilio può essere convocato, ma non può essere riconosciuto come un Concilio fino a quando le sue decisioni saranno state 'ricevute' dal popolo di Dio. Fino a quel momento, si tratta solo di una riunione o di una conferenza.

In quarto luogo, è già stato deciso che nessuna decisione presa al Concilio contraddirà la Tradizione della Chiesa e che tutte le chiese locali nella loro cattolicità (nel Cattolicesimo romano non esiste il concetto vero e proprio di cattolicità, solo una monolitica centralizzazione papista) dovrà essere unanime per quanto riguarda qualsiasi decisione presa. Questo è forse il fattore più importante che gli eterodossi non possono riuscire a spiegarsi. Nella Chiesa ortodossa non c'è un papa centralizzante, che può liberamente trascurare la Tradizione della Chiesa e i Concili della Chiesa, vale a dire, che può contraddire lo Spirito Santo, come è avvenuto nel Concilio Vaticano II, in cui hanno predominato funzionari politici, burocrati e mercenari.

Se un Concilio pan-ortodosso avrà luogo oppure no, non è affatto certo. Tuttavia, potrebbe aver luogo e potrebbe e può anche essere un Concilio molto positivo, con l'affermazione delle verità del cristianesimo ortodosso, di cui il mondo eterodosso apostata ha un così disperato bisogno.

 
La Chiesa andrà "online" a causa della quarantena?

foto: Unione dei giornalisti ortodossi

Ora, quando molti sono costretti a pregare online, sorge la domanda: è necessario tornare in chiesa? Forse è giunto il momento per la Chiesa di "tenersi aggiornata"?

L'attuale situazione di rigorosa quarantena, quando i credenti in molti paesi sono privati ​​dell'opportunità di frequentare i luoghi di culto e partecipare ai servizi divini, ha portato al trasferimento forzato delle attività religiose online: le persone pregano a casa, osservano le trasmissioni dei servizi divini, rispondendo "Kyrie eleison!" al "Preghiamo il Signore!" proveniente dagli altoparanti.

Su Skype o su altre applicazioni di software che forniscono chiamate in conferenza, sacerdoti zelanti invitano a discorsi sul Vangelo. Il Web spiega come benedire i rami della Domenica delle Palme o i dolci di Pasqua da soli, senza uscire di casa.

Questa situazione è estremamente dolorosa per i credenti ortodossi, che reagiscono in modi diversi. Alcuni sono determinati a trascurare i requisiti della quarantena, anche se è diventato noto che il virus colpisce pii vescovi, sacerdoti e monaci tanto quanto chiunque altro. Ma c'è un'altra posizione estrema: alcuni sono pronti ad accogliere la vita religiosa andando online, vedendo in essa il futuro della Chiesa, sminuendo la presenza fisica dei cristiani nel tempio e persino gli stessi Sacramenti, richiedendo questa presenza. Ci sono dichiarazioni nella rete di alcuni sacerdoti secondo cui "la visione del mondo cristiana si è rivelata completamente integrata nella realtà settaria"; studiosi religiosi ci parlano persino di una "comunione spirituale" virtuale.

Di fatto, educazione, comunicazione, arte, scienza – tutto è andato online, le persone organizzano persino concerti virtuali, ognuno che suona nel proprio appartamento, i musei organizzano tour virtuali, la tendenza alla virtualizzazione generale della nostra vita si è intensificata – e questo ha le sue comodità. Quando potremo raggiungere la città di Madrid e il museo del Prado? Probabilmente mai. E ora possiamo sederci comodamente su una poltrona e fare un'escursione.

Se la realtà virtuale è una tendenza generale e quasi tutto passa nello spazio elettronico (per esempio, la stampa cartacea sta praticamente morendo), non è naturale per la Chiesa seguire le persone dove sono andate – online?

Dopotutto, fino a poco tempo fa le nostre Bibbie e i nostri libri di preghiere erano esclusivamente di carta e oggi leggiamo sia la Scrittura che le preghiere dai telefoni cellulari – e questo non ci sembra malvagio. Non c'è nulla di terribile nell'accettare i risultati della tecnologia e nel volgerli al servizio della Chiesa. Dopotutto, fu la Chiesa a disseminare una volta l'informatica avanzata del suo tempo: scrivere, e poi stampare.

Cosa si può dire a questo proposito?

È impossibile per la Chiesa ortodossa entrare nello spazio virtuale; la situazione attuale è forzata e profondamente innaturale per la Chiesa. Io stesso mi astengo dal frequentare la chiesa in questi giorni – non so se sono un portatore del virus e non voglio causare malattie o morte ai nostri sacerdoti o parrocchiani. Ma una situazione del genere è profondamente anormale; può essere tollerata, data la sua fondamentale temporalità, ma è impossibile negare la sua anomalia.

Per le comunità protestanti che si concentrano sull'attività informativa – leggere le Scritture e predicare – è più facile andare online. Ma la Chiesa ortodossa – che sotto questo aspetto è molto più vicina alla Bibbia – è soprattutto un incontro eucaristico. Leggere le Scritture e ascoltare i sermoni, pregare con fratelli e sorelle dall'altra parte dello schermo è buono e giusto in sé. Ma manca la cosa principale: la comunione ai santi misteri di Cristo.

Il Signore disse: "In verità vi dico, se non mangiate la carne del Figlio dell'Uomo e non bevete il suo sangue, non avrete la vita in voi. Chi mangia la mia carne e beve il mio sangue ha la vita eterna, e io lo risusciterò nell'ultimo giorno". (Giovanni 6:53,54)

Il battesimo richiede la presenza personale del battezzato, l'eucaristia richiede la presenza personale del partecipante. Il nostro Signore si è incarnato, non si è virtualizzato. Ci chiama a una festa reale, non virtuale. Ed è veramente presente nell'eucaristia, quindi è impossibile trasmetterlo su Internet. "Venite, mangiate", non "connettetevi".

Inoltre, la comodità stessa di una presenza virtuale – sei seduto su una poltrona di fronte a un monitor o sdraiato su un divano con un tablet o uno smartphone – che pure è attraente in molti altri casi, distrugge qualcosa di molto importante nella vita spirituale. Una presenza riverente e ispirata davanti a Dio, di cui una volta l'antenato Giacobbe disse: "Sicuramente il Signore è in questo luogo, e io non ne ero consapevole. Ebbe timore e disse: 'Quanto è mirabile questo posto! Questo non è altro che la casa di Dio; questa è la porta del cielo'." (Genesi 28:16,17)

La Chiesa ortodossa è la casa di Dio e la porta del cielo dove noi, alla presenza invisibile di angeli e santi, adoriamo colui che è invisibile ma che certamente è con noi. "Taccia ogni carne mortale e se ne stia con timore e tremore". Ripeto: state in piedi con timore e tremore, e non sdraiatevi sul divano.

Questo, ovviamente, non significa che su Internet non sia possibile alcuna vita spirituale, ma è sempre un segno di alcune circostanze estreme. Immagino che vi possiate confessare su Skype se siete rinchiusi in un ospedale per malattie infettive, nessuno è autorizzato a vedervi, non siete sicuri di sopravvivere e il vostro smartphone è l'unica finestra rimasta sul mondo esterno. Ma in circostanze meno drammatiche, questo sarebbe inappropriato. Potete pregare davanti al monitor, rispondendo alle esclamazioni che arrivano dagli altoparlanti nel caso in cui non siate in grado di andare in chiesa.

In alcuni casi, ciò è possibile anche al di fuori dell'epidemia. Per esempio, una persona è malata e costretta a letto, oppure non può lasciare un parente malato, oppure è in viaggio d'affari in un paese in cui non ci sono chiese ortodosse, oppure altre circostanze insormontabili impediscono di andare in chiesa. Ma è sempre una situazione tragica e anormale.

Dobbiamo essere consapevoli che la situazione attuale è eccezionale, temporanea e profondamente deplorevole. Non dobbiamo cambiare la nostra percezione dei sacramenti e della vita ecclesiale in modo da far apparire tutto più normale.

L'epidemia scomparirà, la quarantena finirà e torneremo in chiesa. E su Internet, continueremo ad andare ai musei e alle esposizioni.

Che Dio ci aiuti!

 
Un appello per comprare una chiesa a Norwich

Nell'est dell'Inghilterra per il momento esiste solo una chiesa multinazionale e multilingue fedele all'Ortodossia russa con la propria sede urbana. Si tratta della chiesa di san Giovanni a Colchester. Se Dio vuole e con il vostro sostegno, potremmo essere in grado di acquistarne una seconda, a Norwich, esattamente a 60 miglia (100 chilometri) a nord di Colchester.

Perché a Norwich? Negli ultimi quattro anni ho visitato Norwich e alcuni dei 200 ortodossi russi locali, soprattutto immigrati recenti provenienti dai paesi baltici, in particolare dall'Estonia. Ne ho battezzato diversi nelle loro case, ho sposato coppie a Colchester, ho fatto sepolture, benedetto case, ascoltato le confessioni, fatto visite ogni poche settimane, talvolta due volte al mese.

Abbiamo pensato di dedicare la nostra comunità a sant'Aleksandr Nevskij. Abbiamo tentato di iniziare liturgie utilizzando l'edificio della chiesa greco-ortodossa a Norwich, ma ci è stato impedito. Come potranno essere curati pastoralmente i nostri fedeli e gli inglesi e gli altri interessati alla testimonianza della Chiesa ortodossa russa? Solo a partire dall'edificio una chiesa.

Ora abbiamo trovato un edificio adatto. Si tratta di un edificio oggi usato come ufficio, di un solo piano, vicino al centro della città, con un parcheggio gratuito, di circa 10 metri di lunghezza e 6 metri di larghezza. Dispone di riscaldamento, illuminazione, un angolo cottura e servizi igienici, tutti in buone condizioni. Anche se piccolo, sembra ideale come base da cui avviare la vita ortodossa russa a Norwich.

Tale vita non è solo richiesta da persone di lingua russa, ma anche da ortodossi di lingua romena, bulgara e inglese. La maggior parte dei nostri parrocchiani regolari, solo uno dei quali ha una macchina, vive a poca distanza da questo edificio. Con la nostra offerta bassa di 42.500 sterline che è stata miracolosamente accettata, questo edificio, si stima, costerà un totale di 55.000 sterline per l'acquisto e l'adattamento.

Entro 24 ore dopo aver preso visione dell'edificio, otto parrocchiani avevano già promesso 5.000 sterline. Per persone per le quali anche 50 sterline sono un sacco di soldi, si tratta di una somma considerevole. L'arcivescovo Mark ci ha benedetti con entusiasmo per iniziare pubblicamente una raccolta di fondi. E così stiamo lanciando una campagna per ottenere impegni per trovare le ulteriori 50.000 sterline richieste.

Forse conoscete qualcuno che è ricco? Forse possiamo trovare dieci persone che possono donare ciascuna 5000 sterline? Forse possiamo trovare 250 persone che possono donare ciascuna 200 sterline? Ci potete aiutare prendendovi degli impegni? Che Dio vi benedica per aver considerato la comunità ortodossa russa a Norwich nelle vostre elemosine.

Tutte le donazioni, quando saranno richieste in agosto o settembre di quest'anno, saranno effettuate al nostro fondo caritatevole: East of England Orthodox Church (Registered Charity No 1081707). Ma per favore ricordate che ora noi non vogliamo donazioni, solo impegni. Per impegnarvi a offrire una somma, vi preghiamo di informarci a questo indirizzo: frandrew_anglorus@yahoo.co.uk

Arciprete Andrew Phillips

2 giugno 2015

 
Il digiuno della Natività e le feste natalizie

Ora che è iniziato il periodo natalizio – chiamato nella nostra società secolarizzata "la stagione delle feste" – ci arrivano inviti a feste nei luoghi di lavoro, ma noi stiamo ancora digiunando. Cosa consiglia ai cristiani ortodossi su questo argomento?

Negli ultimi 50 anni, la nostra cultura è passata dalla precedente pratica di mettere le decorazioni natalizie alla vigilia di Natale, e poi festeggiare il Natale il giorno stesso (anche se secondo il nuovo calendario), e continuando quel celebrazione o fino a Capodanno, o fino all'Epifania (che noi di solito chiamiamo Teofania) il 6 gennaio. Questo si nota chiaramente nei vecchi classici film di Natale, come "La vita è meravigliosa", "La moglie del vescovo", e anche nello speciale cartone natalizio di Charlie Brown (la prossima volta che guardate uno di questi film, prestate attenzione a quando sono decorati gli alberi di Natale). Naturalmente, durante il periodo che precede il Natale c'è sempre stata una grande attesa e di preparazione. Tuttavia, la maggior parte degli americani ora comincia a festeggiare sul serio il Natale dopo il Ringraziamento, e le settimane e i giorni precedenti il ​​Natale sono costituiti da una festa natalizia dopo l'altra. Poi, il giorno di Natale, la gente difa le decorazioni, vedete alberi di Natale sul marciapiede in attesa di essere portati via alla discarica, la musica di Natale alla radio cessa di solito a mezzogiorno, al più tardi, e il tempo che precede il Natale si osserva in un modo che è completamente opposto all'ordine tradizionale delle cose. Si suppone che i quaranta giorni precedenti il Natale siano un momento di preghiera e di digiuno. Non è un digiuno così rigoroso come quello della Grande Quaresima, ma non dovrebbe certamente essere la maratona di gola che è diventato nella cultura popolare. Per quelli di noi che seguono il vecchio calendario, questo è reso ancora più difficile dal fatto che il nostro digiuno continua fino a quando lo si rompe il 7 gennaio, secondo il calendario civile (che è il 25 dicembre del vecchio calendario).

Così come dovrebbero affrontare questa situazione i cristiani ortodossi? Abbiamo familiari, amici e colleghi di lavoro che ci invitano regolarmente a partecipare a queste feste, ma come possiamo mantenere il digiuno e prepararci correttamente per la celebrazione della Natività di Cristo? Ovviamente, dobbiamo fare lo sforzo di mantenere il digiuno, ma fino a quanto è una questione di saggezza, e così permettetemi di raccontarvi come faccio io, tenendo presente che ci sono altri modi con cui trattare alcuni di questi problemi.

Come cristiani abbiamo alcune priorità che a volte devono essere soppesate l'una contro l'altra:

1. Il digiuno è un'importante disciplina spirituale. La Chiesa ci invita a digiunare collettivamente in determinati periodi dell'anno, e questo è uno di quei tempi (Matteo 9:15; Canone 69 dei santi Apostoli)

2. Non dobbiamo fare uno spettacolo del nostro digiuno, né dovremmo andare in giro con uno sguardo aspro sui nostri volti, lamentandoci di come sia difficile mantenere il digiuno (Matteo 6:16-18).

3. Il digiuno non è un fine in sé e per sé, ma un mezzo per raggiungere un fine. Ci sono alcuni (rari) casi in cui è meglio rompere il digiuno che essere privi di amore per gli altri. Ci sono anche alcuni casi in cui la rottura del digiuno potrebbe essere necessaria per qualche altro motivo (per esempio, problemi di salute, o circostanze estreme come per quelli che servono nelle forze armate, e non possono digiunare a causa delle esigenze del loro dovere, ecc).

Se in un giorno di digiuno qualche vostro caro non ortodosso vi sorprende con un pasto speciale cheha fatto una gran fatica a preparare, senza sapere che era un giorno in cui non dovreste mangiare la maggior parte delle cose che vi ha servito, questo probabilmente sarebbe uno di quei rari casi in cui sarebbe meglio rompere il digiuno piuttosto che offenderli insistendo a digiunare. Tuttavia, non si dovrebbe esagerare a visitare familiari e amici non ortodossi durante i digiuni, utilizzando quindi la carità come una scusa per rompere regolarmente il digiuno.

Inoltre, se è vero che non dobbiamo fare uno spettacolo del nostro digiuno, se si è in contatto regolare con familiari o amici non ortodossi, penso che sia una necessità pratica far loro sapere che ci sono molte volte durante l'anno in cui non si potete mangiare alcuni tipi di alimenti. Non avete bisogno di farne un grande dramma. Certamente non dovreste pretendere che gli altri si adattino a voi, preparando per voi pasti speciali, ma se avete intenzione di mantenere i digiuni, dovrete far sapere loro delicatamente che questo è il modo in cui vivete. Soprattutto negli ultimi tempi, l'idea di persone che seguono diete speciali non è rara.

Se persone che realmente non conoscete vi chiedono il motivo per cui non mangiate certi tipi di alimenti, è probabilmente meglio dire semplicemente che seguite una dieta speciale (cosa certamente vera durante i digiuni), o dire semplicemente, "Non lo posso mangiare". La maggior parte delle persone che non vi conoscono probabilmente non indagherà ulteriormente. Tuttavia, se lo fanno, basta rispondere alle domande che chiedono senza darvi più importanza del necessario. Non avete bisogno di informare gli altri che voi digiunate, quando non vi è alcuna necessità che lo sappiano.

Se lavorate con persone non ortodosse su base regolare, penso che sia praticamente impossibile mantenere i digiuni senza che alla fine lo vengano a sapere. Specialmente durante il tempo tra il Ringraziamento e il Natale, vi è spesso un flusso costante di alimenti non quaresimali che sono portati al lavoro. Le intenzioni di coloro che portano questi alimenti sono amichevoli, ma potete rifiutare gentilmente queste cose con un sorriso e con buon umore, senza offendere nessuno.

Se c'è una festa in ufficio durante un digiuno, non vorrete attirare più attenzione del necessario, e non dovreste chiedere a nessun altro di pianificare queste cose per accontentarvi, ma potere essere socievoli e partecipare a questi pasti, cercando ciò che è disponibile e di digiuno (di solito, ci sono almeno alcune verdure). Potreste cercare di portare voi stessi qualcosa di quaresimale.

E quando il digiuno finalmente giunge al termine, è possibile invitare gli amici e i familiari non ortodossi a venire e unirsi a voi nel celebrare la festa. Ad esempio, la maggior parte delle parrocchie ha una sorta di una festa di Natale (una "Jolka", dal nome dell’abete natalizio), la domenica dopo il Natale. Questa è una grande occasione per invitare queste persone a visitare la vostra Chiesa e unirsi ai divertimenti. Forse potreste anche portare alcuni dolci al lavoro appena tornate a lavorare dopo il Natale, e offrire i dolci ai vostri colleghi, tanto per cambiare. È importante digiunare, ma è anche importante che noi celebriamo le feste con gioia, e se vogliamo che gli altri siano attratti dalla nostra fede, dobbiamo fare in modo di non lasciarli con l'impressione che non sappiamo fare altro che digiunare, e invece dimostrare che sappiamo anche come entrare nella gioia delle nostre feste, alla fine di quei digiuni.

 
Padre Daniil Sysoev: un uomo completamente immerso nella fede

Dipingeva montagne, celle di eremiti e il cielo

"Siamo andati al monastero dal lato opposto all'ingresso, siamo saliti sul pendio e da lì abbiamo visto il monastero. Era il tramonto, e a tutti noi sembrava di vedere la vera Gerusalemme... Eravamo sicuri che fosse così, e padre Daniil cantò lo stichiro: 'Sorga Dio, e si disperdano i suoi nemici... Riluci, riluci, nuova Gerusalemme'," ricorda uno degli amici di padre Daniil Sysoev riguardo a un pellegrinaggio al monastero di Nuova Gerusalemme. "Era autunno. Eravamo davanti a Nuova Gerusalemme, e padre Daniil stava cantando e abbiamo contemplato questa bellezza".

Nella sua infanzia, il futuro prete dipingeva paesi sconosciuti, dove c'erano montagne, cascate, celle di eremiti sopra a villaggi con persone. C'erano processioni di croci per le strade, e in ogni villaggio c'erano diverse chiese.

"La cosa principale era lo spazio, il cielo. Lo disegnava sempre, con uno scintillio incredibile", ricorda la mamma di padre Daniil, Anna. Da bambino in età prescolare conosceva quasi a memoria il libro Leggende bizantine sui santi.

Durante i servizi pasquali, padre Daniil irradiava così tanta gioia da travolgere tutti i suoi parrocchiani. Ma anche nei giorni più comuni, sorrideva e rideva sempre. Secondo molti dei suoi amici, non gli piaceva stare da solo; poteva facilmente diventare la vita di qualsiasi compagnia, e c'erano sempre ospiti a casa sua. Le persone che lo hanno conosciuto da vicino ricordano la semplicità infantile di padre Daniil.

"Padre Daniil attraversava la strada, leggendo la Bibbia"

un moleben davanti a una classe missionaria, febbraio 2008. Foto: Ekaterina Zaguljaeva

"La prima volta che ho visto padre Daniil per strada discuteva con agitatori settari, e mi colpì che conoscesse la Bibbia praticamente a memoria. Dal modo in cui usava la Bibbia, era chiaro che la leggeva costantemente", ha detto il giornalista di Miloserdie.ru Il'ja Agafonov. "Quando lavoravi su qualche materiale, potevi chiamarlo in qualsiasi momento e chiedere cosa avevano detto i santi Padri o le autorità spirituali russe su questa o quella questione. Dava subito una risposta".

Padre Daniil era caratterizzato da un'incredibile erudizione già in seminario. Un giorno l'ispettore aveva iniziato a sgridarlo perché si comunicava "troppo spesso". "Sulla base dei canoni, dei detti dei santi Padri, dei testi liturgici e delle preghiere sacerdotali, che allora ci erano generalmente sconosciuti, Daniil dimostrò facilmente che l'uomo è chiamato alla comunione a ogni Liturgia", ricorda padre Aleksej Lymarev.

Allo stesso modo, da seminarista conosceva il Tipico liturgico e si sforzava di osservarlo esattamente. "Avevamo avuto alcuni rilassamenti, che lui voleva davvero correggere. Per esempio, quando leggeva il canone, lo leggeva sempre su sei tropari, come nel Tipico, non su quattro", ha detto l'arciprete Mikhail Schepetkov. "Lo chiamavamo persino il 'Tipico ambulante.'”

Padre Daniil ha riletto la Bibbia per tutta la sua vita. "Andavo alla metropolitana e vedevo padre Daniil mentre attraversava la strada, leggendo la Bibbia, e a volte si scontrava con i passanti", ha detto Elena Krylova, un'amica della famiglia Sysoev.

"Ascolta come sono belli gli stichiri pasquali!"

la croce insanguinata di padre Daniil. Foto: pitanov.livejournal.com

"Spesso noi costruiamo Cristo intorno alla nostra vita, ma per lui Cristo era il centro e su di lui ha costruito tutto", ricorda l'arciprete Igor' Fomin.

"Era un uomo completamente immerso nella fede. Come hanno detto dei giusti dell'Antico Testamento che "camminavano davanti a Dio" – si potrebbe sostanzialmente dire questo di padre Daniil", condivide Il'ja Agafanov. "Era sempre di fronte a Dio nelle sue parole e azioni".

Si aspettava la stessa sconfinata fede dagli altri. Elena Krylova, amica di famiglia di padre Daniil, aveva dato alla luce un bambino prematuro e il bambino era in terapia intensiva. Matushka Julija la chiamò: "Aspetta, stiamo venendo a battezzare tuo figlio!" "Batjushka aveva portato con sé una bottiglia di acqua santa, molto fredda perché fuori si gelava", ricorda Elena. "Ero molto spaventata, perché il mio bambino aveva la polmonite e versargli addosso acqua ghiacciata poteva peggiorarla. "Cosa, non credi in Dio?", mi chiese severamente padre Daniil. Non potevo discutere e battezzarono mio figlio, che subito iniziò a stare meglio”.

Qualsiasi conversazione con padre Daniil, comunque fosse iniziata, si trasformava in una conversazione su Dio, sulla necessità di servirlo e di diventare come lui, ricordano i suoi amici.

E poteva parlare di argomenti teologici in qualsiasi situazione: mentre camminava verso la metropolitana, mentre smistava le patate in cucina, o in equilibrio su un piede con una gamba in pantaloni arrotolati, mentre lavava l'altro piede in un lavandino.

Poteva fermare un compagno di classe nel corridoio del seminario e dire: "Ascolta, ascolta, quanto sono belli gli stichiri pasquali!" e inizia a cantare la melodia bizantina.

Non voleva tolleranza

corso missionario, febbraio 2008. Foto: Ekaterina Zaguljaeva

"Per lui non c'erano autorità. Poteva discutere pubblicamente con chiunque, senza temere nulla, nemmeno un professore, se credeva che questi si fosse sbagliato su qualcosa", ricorda l'arciprete Dionisij Pozdnjaev.

Il seminarista Daniil Sysoev poteva persino farsi coinvolgere in una discussione durante una conferenza, cosa che a volte lo mise nei guai. Ma questo non gli ha impedito di avviare ancora e ancora dispute teologiche.

Più tardi, ci furono migliaia di incontri, trasmissioni, dibattiti e tavole rotonde nella sua vita. Ha preso parte a discussioni con musulmani, settari e neopagani. Nella sua giovinezza, secondo sua moglie, "ribolliva di zelo per Dio", anche se in seguito imparò a discutere con più calma. Ma è sempre rimasto sgradevolmente schietto.

"Non voleva tolleranza; non voleva che Cristo fosse messo allo stesso livello di Maometto, Buddha o Geova, e che la gente li pregasse", ricorda padre Aleksij, il papà di padre Daniil.

Molte cose riguardanti eterodossia, peccati o delusioni non sono accettabili da dire ad alta voce. Ma padre Daniil finiva sempre il suo pensiero ad alta voce. Parlando, ad esempio, a un convegno scientifico, poteva dire che la scienza potrebbe essere "la serva della teologia".

Grazie alla sua incoscienza, padre Daniil si è guadagnato una fama alquanto scandalosa. Un giornalista musulmano si è persino rivolto al procuratore, chiedendo di intentare una causa contro di lui per incitamento all'inimicizia interreligiosa e interetnica.

In tutta la sua vita, padre Daniil battezzò più di ottanta musulmani, inclusi diversi wahhabiti, e due persone che stavano progettando di diventare uno shahid; e più di 500 protestanti.

Era normale per lui indossare sempre una tonaca

padre Daniil parla con un testimone di Geova in Kirghizistan, giugno 2008. Foto: Ekaterina Zaguljaeva

Padre Daniil è sempre stato un missionario. Non si trasformava in un normale "cittadino Sysoev" alla sera o nei fine settimana.

"Vivevamo l'uno vicino all'altro e siamo tornati a casa insieme più volte dopo le funzioni", ricorda l'arciprete Vladimir Shmaly. "Mi mostrava: 'C'è un chiosco dove vado a bere una birra con i ragazzi e a parlare di Cristo'."

"Gli ho chiesto: 'padre Daniil, ascolta, è normale che prendi la metro in tonaca e cammini per strada in tonaca? Ciò significa che chiunque può avvicinarsi a te!' Ha risposto: 'Sì, chiunque'. Penso che non si sia mai tolto la tonaca. Credeva che fosse importante essere sempre in tonaca, perché un prete è un soldato di Cristo".

Un giorno padre Daniil è riuscito a salvare una donna che stava progettando di suicidarsi. Ave va iniziato a parlare con lui per strada proprio per via del suo abbigliamento sacerdotale.

"Anche ai teppisti della metropolitana, che lo infastidivano per come era vestito, rispondeva in modo tale da trasformarsi in un'omelia sulla fede e su Dio", afferma Evgenij Kudashov, un amico della famiglia Sysoev.

Padre Daniil poteva, senza esitazione, organizzare un moleben in un luogo pubblico destinato a scopi completamente diversi: in un aeroporto, sulle rovine di una fortezza crociata, ecc.

Con la benedizione della gerarchia, serviva molebny in lingua tartara e andava a predicare alle celebrazioni del Sabantuy. [1]

Nel campo giovanile di Seliger, organizzò una missione tra i partecipanti ceceni e a Mosca faceva "escursioni" nei luoghi in cui i lavoratori migranti vivevano ammassati.

"Non abbiate paura, intercederò affinché siate glorificati come martiri"

la chiesa dell'apostolo Tommaso, diverse ore dopo l'omicidio di padre Daniil, 20 novembre 2009. Foto: diacono Andrej Radkevich

Nel 2007, padre Daniil organizzò un corso missionario presso la chiesa dell'apostolo Tommaso ed esortò altri sacerdoti a fare lo stesso nelle loro parrocchie. Prima di partecipare alle riunioni settarie, istruiva i missionari in questo modo: "Separatevi uno per uno. Ascoltate attentamente la predicazione e fate domande chiarificatrici ai tuoi vicini. Fate notare le contraddizioni tra ciò che dice il pastore e la Bibbia. Il vostro compito è evidenziare le discrepanze senza spaventarli".

"Padre Daniil vedeva i missionari come il distaccamento militare della Chiesa, armato della conoscenza della Parola di Dio", ricorda Ekaterina Zatuljaeva, corrispondente della rivista Neskuchny Sad, che era andata con il gruppo di padre Daniil in Kirghizistan nel 2008.

"Dovevamo andare in un certo villaggio musulmano di montagna, noto per le sue tendenze radicali. Il nostro compito era battezzare segretamente una donna morente: era il suo desiderio.

"Prima di decollare, padre Daniil ha ammonito gioiosamente tutti noi: 'Non vi preoccupate affatto se vi uccidono lì, intercederò per farvi glorificare come martiri'," dice Ekaterina.

Seraphim Maamdi, curdo ortodosso, ricorda come padre Daniil gli propose di organizzare un viaggio nel Kurdistan iracheno (il centro dello yezidismo, una religione basata sullo zoroastrismo) per predicare Cristo. "Ho detto che... mi sarebbe stata fornita una corona da martire, poiché il radicalismo del popolo iracheno è noto al mondo intero.

"Ma padre Daniil ha detto che non c'era nulla di cui aver paura: avevano minacciato di decapitarlo quattordici volte, e davvero ci ritireremo per paura?"

"La nostra unica ed eterna patria è il Paradiso"

il funerale di padre Daniil, 23 novembre 2009. Foto: diacono Andrej Radkevich

"La migliore morte per un cristiano è, naturalmente, il martirio per Cristo Salvatore. Questa è la migliore morte possibile per un uomo in linea di principio", ha scritto padre Daniil nel suo libro Istruzioni per immortali, o cosa fare se morite ancora.

Non voleva solo essere salvato, ma sognava il martirio. "Ha detto che era sbagliato pensare, 'Se solo potessi essere almeno ai margini del Paradiso.' 'Ai margini' era troppo poco per lui", dice sua moglie Julija.

Padre Daniil riceveva costantemente minacce da islamisti radicali, satanisti e così via. Quando i suoi amici lo esortavano a stare attento, ricordandogli i suoi figli, lui rispondeva che il Signore e la santissima Theotokos non avrebbero abbandonato la famiglia di un martire.

"Una volta gli ho chiesto: 'Non ti piace qui? Il modo in cui ti comporti, potrebbe crollare tutto in una volta'. E lui ha risposto: 'Là è molto più interessante!'," ricorda l'arciprete Oleg Stenjaev.

"La nostra unica ed eterna patria è il Paradiso. Là vive nostro Padre; ci sono i nostri concittadini, i santi; lì la Chiesa trova l'eterno riposo dopo una lunga guerra con il diavolo", ha detto padre Daniil in un'intervista alla rivista Neskuchny Sad.

Predicazione per le strade di Mosca, a Tuva e nei Caraibi

pianificazione di un viaggio missionario in Kirghizistan. Foto: Ekaterina Zaguljaeva

"Padre Daniil si è dimostrato non solo un predicatore, un missionario, ma anche un organizzatore della vita parrocchiale", ha detto a Miloserdie.ru padre Ioann Popadinets, il rettore della chiesa dell'apostolo Tommaso.

"La chiesa dell'apostolo Tommaso è stata costruita in un luogo vuoto. Non c'erano nemmeno edifici residenziali accanto. Ha raccolto persone, ha iniziato a servire e si è sviluppata una comunità. Ha fondato una scuola missionaria e un movimento missionario in onore del profeta Daniele".

La scuola e il movimento esistono ancora. I missionari escono la domenica a fare missioni per le strade, distribuendo volantini e cercando di parlare con chi vuole della fede e di Dio. "Grazie a queste fatiche, molte persone sono venute alla Chiesa", ha osservato padre Ioann.

"Quando padre Daniil è morto, abbiamo deciso noi stessi di finire i corsi missionari che lui insegnava. Abbiamo semplicemente acceso le sue registrazioni audio e studiato in questo modo", ha detto a Miloserdie.ru Viktor Kuprijanchuk, capo del ramo di Mosca del Movimento missionario del profeta Daniele.

Sono riusciti a far rivivere la scuola missionaria presso la chiesa dell'apostolo Tommaso solo nel 2011. Danno lezioni di dogmatica e apologetica, e ci sono anche corsi speciali sulle varie religioni dal punto di vista missionario, su come dialogare con loro. "Padre Georgij Maksimov, Andrej Sokolov, padre Oleg Stenjaev e altri ci hanno insegnato", ha aggiunto Viktor.

I missionari non predicano solo per le strade, ma anche tra i senzatetto del Centro di adattamento sociale di Mosca. Rami missionari sono sorti a Nizhny Novgorod, Voronezh, Vyatka e in Crimea. Gli attivisti di Voronezh sono andati a predicare il Vangelo a Tuva, e molti di loro si sono persino trasferiti lì per servire come missionari. Ci sono stati anche viaggi all'estero, anche nelle Filippine e nell'isola di Dominica nei Caraibi.

C'è un'altra scuola missionaria ortodossa, parte del Dipartimento missionario sinodale della Chiesa russa, che considera anch'essa padre Daniil Sysoev come suo fondatore. È guidata dal rettore della cattedrale della Teofania a Elokhov, l'arciprete Aleksandr Agejkin. [2]

Dopo la morte di padre Daniil, sua moglie Julija ha creato la fondazione di beneficenza Матушки и Дети (Mogli e figli dei sacerdoti), che aiuta le vedove e i figli dei sacerdoti deceduti.

* * *

Padre Daniil Sysoev è nato il 12 gennaio 1974 a Mosca, nella famiglia di un insegnante. Nel 1991 è entrato al Seminario teologico di Mosca. Il 22 gennaio 1995 ha sposato Julia Brykina. La famiglia Sysoev ha tre figlie.

Nel 1995, padre Daniil è stato ordinato diacono. Ha tenuto discorsi biblici a partire dall'agosto 1996. Ha studiato a distanza presso l'Accademia teologica di Mosca. Nel 2001 è stato ordinato sacerdote e nominato chierico della chiesa degli apostoli Pietro e Paolo a Jaseno, Mosca.

Sognava di costruire una chiesa in onore del suo patrono celeste, il profeta Daniele, la cui comunità era stata formata in precedenza dai partecipanti alle discussioni bibliche. La chiesa in pietra è ancora in costruzione e la chiesa in legno dell'apostolo Tommaso ad essa collegata è stata costruita nel novembre 2006.

Padre Daniil ha scritto molti libri, ha partecipato a discussioni con settari, neopagani e musulmani ed è stato spesso invitato a vari programmi televisivi. Ha guidato viaggi missionari in Tatarstan e Kirghizistan.

Note

[1] Il Sabantuy è un festival estivo tataro, idel-uralico, bashkiro e kazako ("Sabantoy"), che risale all'epoca dei bulgari del Volga. All'inizio il Sabantuy era una festa degli agricoltori nelle zone rurali, ma in seguito è diventata una festa nazionale e ora è ampiamente celebrata nelle città.

[2] Questo articolo è stato originariamente pubblicato nel 2019. Padre Aleksandr si è addormentato nel Signore nell'aprile 2020.

 
Павел Рыженко: «Честный разговор с самим собой»

На 44-м году жизни скоропостижно скончался замечательный православный художник, заслуженный художник РФ, один из ведущих мастеров Студии военных художников имени М.Б. Грекова Павел Рыженко. Бог да ублажит и упокоит новопреставленного раба Своего в селениях праведных! Мы публикуем интервью Павла, данное им информационному порталу Фонда «Русский мир».

Художник Павел Рыженко. Фото: Владимир Ходаков

Художник Павел Рыженко называет сумасшествием все, что не относится в живописи к реализму. А в кризисе современного реализма винит самих художников. Жестко? Да. Несовременно? Возможно. Однако со многими его доводами сложно не согласиться.

Павел, когда вы начали рисовать?

Рисовал лет с пяти – как все дети. Потом поступил в художественную школу в родном городе – Калуге. Ничем не выделялся на общем фоне. В 11 лет поступил в Московскую среднюю художественную школу (МСХШ) при Институте им. Сурикова, которая раньше располагалась напротив Третьяковской галереи. Окончил ее в 1987 году, потом служил в армии. Ничего выдающегося не делал. Могу сказать, что в МСХШ процент талантливых ребят был очень велик, к их числу, кстати, я не относился. Их учебные работы можно было смело вешать в Третьяковку рядом с Суриковым или Репиным.

Куда же потом делись эти «талантливые ребята»?

Я сам себе этот вопрос задаю. Наше государство, что ли, так устроено? Я до сих пор некоторых из них встречаю и не понимаю: куда что делось? Сейчас их творчество развращено до такого состояния, что его с трудом выдерживают даже стены ЦДХ, которые, кажется, привыкли ко всему. Как так вышло, что у нас талантливый человек как будто в серную кислоту помещается и растворяется?

Карьера, слава, спонсоры, «надо помочь молодым талантам»…

Знаете, никакие деньги не помогут. Можно давать деньги, а художник еще хуже будет работать. Я разговаривал об этом с Галиной Вишневской, она правильно говорит: талантливому человеку помогать не надо, он сам должен пробиться. В какой-то степени я с этим согласен. Бог ведь смотрит на сердце и на устремления души: ради чего и как талант используется? Наверное, большинству талантливых ребят не повезло с учителями, с теми, кто воспитывает души, а не просто учит чему-то. Ведь сам талант развивается сложно, рывками. И жизнь художника напоминает забег на марафонскую дистанцию. Часто ведь как бывает? Неопытный марафонец так стартует, что глаза из орбит у всех вылезают, поражаешься просто: как можно так писать в 11, 12 или 13 лет? А потом видишь, как он молниеносно выдыхается и в 20 лет пишет хуже, чем сам писал в 10…

Павел Рыженко. Триптих «Царская Голгофа». Прощание государя с войсками. 2004

Вы учились у Ильи Глазунова. Вам повезло с учителем, который не просто учит, но и душу воспитывает?

'Учиться у Глазунова – это и счастье, и почет, и одновременно огромный личный труд. Илья Сергеевич Глазунов – гениальный педагог и никакой художник. Это мое личное мнение. Я сейчас свободен в своих суждениях, достаточно много времени прошло. Я считаю его своим учителем. Он сформировал меня как личность. Понимаете, это как стихия. Человек может не выдержать этой стихии и превратиться в ничтожество рядом с ним. Тот, кто его пережил как заболевание, становится сильнее. Да, то, что он делал раньше – его великолепные иллюстрации к Достоевскому, Лескову, – это как будто делал другой человек. И посмотрите на то, что сейчас: эти размозженные черепа, пасхальные ночи, разрушение храмов…

Глазунов, русский дворянин, выдающийся носитель прежней, ушедшей, как Атлантида, культуры, с ним никто из нынешних педагогов сравниться не может. Но, мне кажется, сегодня все такие большие художники переживают серьезную внутреннюю драму: они перестают быть самими собой.

Почему, по-вашему, так происходит?

Мне кажется, надо больше прислушиваться к здравой критике, перестать болеть звездной болезнью. Это и есть смирение. Это я говорю прежде всего самому себе. В любой критике, даже в любом поношении есть здравое зерно. Иной раз тебя начинают ругать, и неожиданно в этих словах пробивается что-то дельное. А когда человек привыкает к тому, что ему все вокруг поют дифирамбы… Знаете, Илью Сергеевича столько славословят… Да я и сам, грешный, то же самое говорил… А потом мы удивляемся: как это человек не понимает, что он делает? А как ему понять, если только чуть он засомневается – и тут же, как черти из табакерки, появляются с десяток льстецов, которые кричат: «Гениально! Это Тициан! Веронезе бы рыдал!»

С моей точки зрения, для художника служение России – это не истерики на холстах и не какие-то шоу. Служение искусству нераздельно с религиозным началом, с устоями, с глубокой культурой. Надо служить Богу своим творчеством, а не каким-то собственным представлениям о том, что хорошо для России.

Вы приверженец реалистической школы…

Ничего, кроме реализма, я не признаю. Все остальное, на мой взгляд, сумасшествие в разных формах.

Сегодня восторгаются другим. Знаете, разрезанные акулы в формалине, эпатирующие перформансы, инсталляции…

Да-да, телевизионные шоу, блокбастеры и так далее… Народ болен почти смертельно. Приходят люди и спрашивают: а Никас Сафронов хороший художник? Что я должен отвечать? Я молчу. Правда заключается в том, что раз вы задаете такой вопрос, – вы больны. А Донцова – настоящий писатель? Понимаете? Это мы задаем такие вопросы, мы – наследники Достоевского, Сурикова… Да, сейчас время Донцовых, но и в том числе – время настоящего подвижничества. Есть возможность писать, отталкиваясь от классической русской школы живописи, в литературе – от классической русской литературной школы, в музыке – то же самое. Рахманинова и Чайковского никто не отменял, как Пушкина, Сурикова и Репина.

Павел Рыженко. Смутное время. 2003

Почему, по-вашему, многие отвернулись от реализма в живописи?

В реализме одинаково важны искренность и неискренность. Вот чем подкупает абстракционизм и тому подобное? Понимаете, чаще всего это ведь вопиющее, но искреннее сумасшествие. С прищуром на то, что какой-нибудь западный галерист это оценит. Когда сидит чучело Льва Толстого в клетке, а сверху на него гадит курица – это может вызвать какую-то реакцию. Возмущение, гнев, отвращение, но это все-таки реакция. А ужас современного реализма в чем? Висит портрет или пейзаж, реалистически написанный, видно, что мастеровито… Но он не вызывает никаких чувств. Ни восторга, ни слез, ни радости. Даже отвращения. А почему? Носитель этой школы – талантливый в прошлом человек – потерял себя как личность. Он своим этим реализмом всего лишь зарабатывает на кусочек хлеба с маслицем. Он даже не понимает, что заработал бы на каравай с маслом, если бы занимался своим делом предельно честно и был бы в ладу с Богом и своей совестью.

Мы что-то потеряли сами. Не надо винить ни власти, ни начальство, ни спонсоров, ни их наличие или их отсутствие. Нужно начать честный разговор с самим собой.

А вы когда начали честный разговор с самим собой?

Наверное, еще тогда, когда учился у Глазунова. Знаете, Илья Сергеевич – это целый материк. Я очень люблю его как человека, но честно говорю, что думаю о его творчестве. Ему льстят, и он заблудился. Это не отвергает его таланта – как преподавателя и как художника. Наоборот, это говорит о том, что, когда человек талантлив, его слишком много искушают.

Я учился у него, как и большинство студентов, ничем особо не выделяясь. Я не могу сказать, что больше, чем они, хотел чего-то. Просто у меня было свое представление о том, как я в дальнейшем буду работать. Я не видел себя в контексте какого-то художнического движения, я не собирался смотреть глазами Ильи Сергеевича на мир. Но меня бы не было как художника, а может быть, и как человека, если бы в 90-м году, когда я поступил в академию, я бы не взял то, что он давал, и не направил в самую свою душу. Понимаете, на меня, может, большее впечатление производили даже не его слова, а интонации, с которыми он говорил, его манеры. Представьте: 90-й год, Санкт-Петербург, тогда еще Ленинград, и мы – 60 студентов кто откуда. В общем, такие люди с авоськами. Карточки продуктовые. Собаки бродячие на Дворцовой площади. И вдруг на этой же Дворцовой площади появляется в роскошной распахнутой шубе барин. Настоящий. И у кого-то мысль: «О, гад, зажрался!» А меня поразило соответствие этого человека этой площади и этим зданиям. Понимаете? И дальше я все впитывал как губка, что-то отвергая, что-то принимая. Я понял, что России вовсе не 70 лет. И даже не 200. Я понял, каким может быть аристократ. Ведь аристократизм – это не только шуба, естественно. Это – отношения с людьми. Это – отношения с собой, вечностью, Богом. И вот за одно это до смерти буду Бога молить об этом человеке и никогда в жизни не отрекусь от него как от учителя.

Я думаю, его настоящие ученики – это те, кто понял на рубеже сложных для нас ХХ и ХХI веков, что мы достойны своей истории, что нам незачем унижаться, нам не надо ни перед кем лебезить. Что мы носим в себе большую драгоценность – православие. А нам навязывают одно и то же: «Иван безумный, безобразный», «развратная Екатерина», «параноик Петр», «Николашка Кровавый – безвольный», «Александр III – алкоголик». Я просто сам для себя поставил большую точку и решил посвятить остатки всего того, что у меня есть, тому, чтобы прежде всего доказать себе, что я не жираф, я – русский человек. На холстах доказать. А если зрители – специально для них я ничего не делаю – придут и увидят мою исповедь на холсте, тогда они сами сделают выводы: кто они. Сам человек выбирает, кто он есть, куда ему идти дальше. А техника живописи – как это делается и так далее – все равно. То, что в Третьяковке выставляется, – намного лучше. Намного.

Сложно согласиться с вашим «все равно». В картине далеко не все решает только техника. Вы вот только что приводили удачный пример: висит портрет или пейзаж, исполненный мастеровито, а эмоций никаких не вызывает.

Да, это я погорячился. Заложенный в картине дух все решает. Это такая огромная тема… Болезнь реалистического искусства: человек пишет, а не создает образ. Не пропускает образ через внутренний опыт и культуру, а банально фиксирует. Но художник сам-то себя не обманывает. Он понимает, что образа нет, что не получилось ничего. И тогда он насыщает картину микроскопическими детальками, что-то додумывает, приукрашивает… И получается то, что мы сейчас видим в большом количестве: слащавая реалистическая муть, которая ничего, кроме отвращения, вызвать не может. Вы говорите: нет реализма? Пойдите в ЦДХ на очередную ярмарку. Там тысячи этих крестов, церквушечек, пейзажиков. Как это обычно сейчас? Когда знакомят, говорят: знаете художника Петрова? Нет, отвечаю. Ну как же, он верующий, пишет церкви, монахов рисует, он любит Россию. А теперь начинаем сначала. Я задаю вопрос: где он учился? Какая у него картина, которая известна всем? Он талантливый человек или нет? Ни на один вопрос по существу ответа нет. А антураж, венок лавровый – уже есть. Вот это – наша страшная болезнь. Весь этот антураж. Едет ничтожество в джипе, он сам себя «упаковал», он такой важный и «состоявшийся». Он очень не любит, чтобы ему говорили что-либо «против шерсти». Никакой критики! И ведь то же самое можно сказать не только о художниках. И о врачах, и об ученых, и об учителях. Это – везде. И в вашем ремесле наверняка. По сути, все, что делает большинство из нас, – скучно, бездарно, убого, ничтожно. Но каждый из таких людей знаком с тем или с этим, здесь он «засветился», там он «законтачился». Этакий «свой» человечек. Ему еще сорока нет, а он уже академик в какой-нибудь академии. И вроде даже что-то собой представляет… А на самом деле – ничего, пустота. Вот, мне кажется, в чем трагедия России сегодня. Читаем не то, смотрим не то, слушаем не то. И еще хвалим все это. А ведь всегда есть простой выбор: не смотреть, не читать, не слушать то, что не относится к искусству.

Художник Павел Рыженко. Фото: А.Бурый

Большинство людей ведомы в вопросах искусства. Да и знаете ли… Вот, к примеру, ваша выставка. Мы узнали о ней случайно, пришли – и не пожалели. Но ведь о выставке пресса не сообщала.

'Ну да, нет рекламы… Я сейчас могу домыслить, почему ее нет, и вы можете представить, и мы с вами сделаем правильные выводы. Но правда глубже. Правда в том, что мне, как человеку, не полезно, чтобы о выставке знали миллионы. Правда в том, что у того, Кто дал мне возможность все это написать, Свой план по поводу того, как и кого из людей на выставку привести. Штучно. Точечно. Вы понимаете?

Нам всем хочется массовости. Но… Видите, вот лежит книга отзывов о выставке. Там много чего написано. Но мне лично дорог один-единственный отзыв. Незнакомый мне человек написал: «Спасибо вам, что вы не взяли никаких званий».

А у вас нет никаких званий?

Нет. Я сознательно отказался от всех званий. Извините, у меня звание – русский художник. «Заслуженный», «народный» – я не хочу этих званий получать, потому что среди заслуженных и народных есть, например, Олег Кулик, который собаку изображал. Есть и другие. Заслуженных и народных, которых народ не знает, вы даже представить себе не можете сколько.

Так вот этот самый единственный отзыв для меня очень важен. Он означает, что люди все равно понимают то, что нужно понять. Наш народ загнанный, развращенный, забитый – дальше некуда… Но, видимо, в нас генетически что-то такое странное заложено. Стоит только нам что-то напомнить правильное, и глядишь – мозги на место становятся. Так что сколько на выставку пришло народу – это ровно столько, сколько нужно. Конечно, хочется, чтобы пришло как можно больше. Но это не в моей власти. До миллионов зрителей можно дойти двумя путями. Первый – честный, без денежных вливаний, через собственный труд, покаяние, работу над своей душой. И Бог тогда Сам все выстраивает как нужно. Второй – путь грязи, лести, сделок с совестью, спонсоров и прочих «прелестей». Каждый сам выбирает свой путь…

На котором всегда столько искушений и стремлений оправдать свои не самые лучшие поступки. И столько ошибок и заблуждений…

А как без этого? Это и есть испытание. Мне кажется, важно признать это и очистить душу.

У вас это получилось?

Не мне судить. Понимаете, я был как все, советский такой, в тренировочных штанах с оттянутыми коленками, дерущийся, матерящийся… И тут случилось так, что, благодаря Богу и Глазунову, я отправился в Эрмитаж, естественно, до открытия, копировать картины ван Дейка. Ночь, конец ноября, за окном дождь. Эрмитаж пустой, только мы, студенты, поднимаемся по лестнице. И вдруг я понимаю: это не Эрмитаж, это – Зимний дворец! Сейчас царь выйдет навстречу. Я это чувствую. Это ж мое – родное! Это невозможно объяснить… Я тут с оттянутыми коленками, здесь вот – ван Дейк, а там – государь. И кто я? Я – кто? А сокурсник за мной идет с этюдником: «Ох, я вчера пивка перебрал!» А у меня – слезы из глаз текут. Я просто уже не мог жить по-прежнему… В 23 года крестился, никто меня не уговаривал, сам пошел. Потом хотел уйти в монастырь.

Павел Рыженко. День Победы. 2008

В монастырь?

Да. Был послушником на Валаамском подворье в Приозерске. Но там я понял, что мне лучше к этому не приближаться.

Почему?

Не могу об этом говорить.

Что, по-вашему, главное в творчестве художника?

То, что делает художник, должно быть еще одной дырой в этом смрадном холсте, который над нами натянут, чтобы люди через нее увидели настоящее небо. А не создавать какую-то очередную черную кляксу, чтобы все посмотрели, какие мы уроды. Да мы и так знаем, что мы – уроды. А как исправиться-то? Картины художника должны быть не только надеждой, но и подсказкой, как исправить самого себя.

Поэтому вы так много пишете исторических образов?

Да. Эти люди знали ответы на сложные вопросы. Ведь Александр Невский или Дмитрий Донской – это не просто штампованные православные святые. Ну посмотрите на иконы XVIII–XIX веков, когда наша иконопись претерпевала маразматическое влияние Запада. Это же ужас! Александр Невский – какой-то дядька на тонких ножках, в каких-то древнеримских доспехах, с мечом – не пойми что просто. А Георгия Победоносца на тех же иконах посмотрите. Это какая-то девушка с «хаером» как у негра, которая держит тонкий и длинный мечик… А когда читаешь жития, начинаешь представлять их… Да это же другие люди! Потом поднимешь хорошую реплику старинного меча, помашешь им чуть-чуть – и тогда точно понимаешь, что изображенное на иконе существо с мечом в тончайших лапках, да еще в кольчуге… Разве это Александр Невский? Вы только попытайтесь представить его жизнь. Нет времени на сон нормальный, помолился, жену приехал повидать на несколько дней и опять – на войну. Вот и вся жизнь. Молитва и сеча. И раздумья – что делать? Надо взять дань, заставить Новгород заплатить, отвезти дань в Орду, но зато выживет Русь. Он тяжелый выбор каждый день делал. Я пытаюсь дать зрителю возможность хотя бы чуть-чуть, как говорится, влезть в шкуру этого человека. Ведь он человек был! Может быть, ранимый. Может, он обидчивый был даже. Может, он гречневую кашу любил. Кто знает? И он прожил свою жизнь так, что в 44 года его уже называли «солнцем земли русской». А мы? Мы – кто? Вот умирает сегодня человек, как его вспоминают обычно? «Ой, Господи, да как же так? Безвременно ушедший! Такой хороший товарищ… А сколько мы с ним выпили… А дача какая!» Разве не бред? Я не хочу так. Каким примером я буду сыну своему, если буду жить по нынешним мерилам?

Большинство считает, что это – комфортно.

Да, к сожалению. Проклятое слово. А мы такие доверчивые. Вечно шаткие и обманутые. Нам приятно быть обманутыми. Это у нас стереотип. Как великий Пушкин говорил: «Я сам обманываться рад…» Вот что ужасающе.

Павел Рыженко

Ужасающим кажется другое. Раньше в обществе обязательно отыскивался один или несколько человек, не важно – поэт, писатель и так далее, – кто призывал остановиться и осмотреться, являлся своего рода пастырем, к которому прислушивались. А сейчас их, кажется, не видно…

Сейчас… Если честно не признаться, в какое время мы живем, эти вопросы останутся без ответа. А живем мы в эпоху апокалипсиса. Человечество зашло в глобальный и тотальный тупик. Во всем. Вот мы к Марсу хотим лететь. Ну, допустим, соберется вся планета, вскладчину построит корабль. Конечно, он будет американский. Безусловно, будет снят блокбастер об этом. Но все это – мелочи. Дело в другом. Сядет в этот корабль человек, который по своим нравственным качествам ничем не отличается от большинства, а может, даже и хуже. И прилетит он на Марс. Он что – другим станет? Нет, он и на Марсе будет тот же самый, что и на Земле. Тот же самый – обижающий ближнего, не любящий, обманывающий… Вопросы духовности все равно выползают. И человеку надо делать выбор: либо он эти вопросы решает, либо он оставляет их без ответа и загоняет болезнь все глубже внутрь. И искусство должно говорить об этой проблеме – на холстах. Говорить о вечных ценностях. Причем не начетнически, а как-то тонко, интимно, от сердца к сердцу. Ты на холсте говоришь зрителю: «я такое же животное, как и ты, но я это честно признаю. Давай посмотрим, как жили не животные. Давай посмотрим, как жил Донской»… Причем с трепетом. Давай попробуем себе представить, как он жил: его утро, его день, его битва, что он терял в результате этой битвы. Вот он сидит и думает: у него есть любимый сын, у него супруга, которую он обожает. Он все теряет. И что, скорее всего, так и будет и что вся надежда – на Сергия Радонежского. А теперь давайте попробуем представить, кто такой Сергий. Вот это и есть работа со своей душой. Не мои картины. Мои картины, хотелось бы надеяться, – всего лишь толчок к тому, чтобы человек сам дальше шел по лабиринту этих мыслей. И чтобы эти лабиринты выводили бы его на прямую дорогу.

 
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L'Occidente si isola ulteriormente: la Russia affronta il suo destino orientale

L'influenza globale degli Stati Uniti al di fuori del club dei sette paesi più insolventi del mondo - l'ormai irrilevante G7 - è diminuita drasticamente negli ultimi mesi. In primo luogo, c'è stata la minaccia occidentale di bombardare la Siria, che non è riuscita quando è stato dimostrato che l'attacco con gas tossico a Damasco è stato effettuato da terroristi sostenuti dall'Occidente. In secondo luogo, ci sono le minacce occidentali da bulli contro la decisione democratica e incruenta della Crimea di tornare alla Russia dopo l'agghiacciante colpo di stato neo-nazista a Kiev, che ha spaventato così tanti altri ucraini. La Russia aveva già avvertito più volte l'Occidente tirannico che le sanzioni contro l'autodeterminazione della Crimea sarebbero state controproducenti e ora sono in corso tre cambiamenti geopolitici.

In primo luogo, con il rigetto della Russia da parte degli Stati Uniti e gran parte dell'Unione Europea controllata dagli USA, la Russia si sta rivolgendo a est per affari, contratti e alleanze. Il colpo di stato in Ucraina, messo in scena e finanziato (5 miliardi di dollari) dagli Stati Uniti, ha già portato la Russia e la Cina insieme, favorendo gli scambi bilaterali e forse emarginando in futuro il dollaro. Con la Cina che sulla questione della Crimea si è rifiutata di votare alle Nazioni Unite sanzioni contro la Russia (ha Taiwan in mente) e ha citato in giudizio l'Ucraina in bancarotta per il rimborso di un prestito di 3 miliardi di dollari, il capo economista della più grande banca della Russia ha dichiarato che 'lo yuan cinese potrebbe diventare la terza valuta di riserva in futuro'. Se una tale valuta di riserva congiunta, garantita da beni negoziabili, bypassa il dollaro, la Russia diventerà indipendente dai mercati finanziari occidentali.

Mentre l'Europa cerca fonti alternative di energia, nel caso in cui la Russia fermi le esportazioni di gas verso di essa (l' imminente aumento dei prezzi del gas per l'Ucraina del 40 % desta grande preoccupazione), la Russia si sta preparando ad annunciare un enorme accordo sul gas naturale con la Cina, che è apparentemente vicino dopo anni di negoziati. Se potrà essere firmata quando il presidente Putin sarà in visita in Cina a maggio, egli sarà in grado di sfoggiare l'accordo per dimostrare che il potere globale si è spostato verso est e che lui non ha nemmeno bisogno dell'Occidente per le esportazioni, vincolando in modo la Russia e la Cina in un asse. Va notato che la Cina ha già superato la Germania come il più grande acquirente di petrolio greggio della Russia grazie alle forniture di petrolio attraverso l'oleodotto Siberia Orientale-Oceano Pacifico e un altro che attraversa il Kazakistan.

In secondo luogo, come se spingere la Russia nelle braccia della nazione più popolosa del mondo non fosse abbastanza, vi è anche il secondo paese più popoloso del mondo, l'India. Il governo russo ha avuto il tempo di ringraziare anche questa per la sua comprensione nel caso della Crimea – dicendo che l'India ha mostrato moderazione e obiettività. Il presidente Putin ha chiamato il primo ministro indiano per discutere della crisi, suggerendo che c'è spazio per la fioritura di legami della Russia con la tradizionalmente non allineata India. Le mosse russe per riconquistare la Crimea sono stati viste molto favorevolmente dalla classe dirigente indiana, che ha sofferto abbastanza per il colonialismo britannico e ha poca pazienza con il bullismo e il paternalismo occidentale.

In terzo luogo, l'oligarchia neo-conservatrice che governa il mondo occidentale è anche riuscita a minare le relazioni un tempo buone dell'Unione Europea con la Federazione russa. Dal momento che, come la vedono, la Russia si trova in mezzo alla strada della loro egemonia del Nuovo Ordine Mondiale e quindi deve essere distrutta, se la zona euro deve essere distrutta nel processo, tanto vale, come Victoria Nuland ha espresso in modo così poco eloquente. Le relazioni tra l'Unione Europea e gli Stati Uniti sono, a dir poco, fredde, a parte il governo britannico, che da solo ha sempre svolto il ruolo di barboncino degli Stati Uniti. L'élite che gestisce l'Unione Europea non è mai stato così impopolare con i popoli che comanda, e rischia di essere bocciata alle elezioni di maggio.

Va notato che la Cina e l'India sono le due civiltà che hanno sempre resistito l'occidentalizzazione e il suo ethos del filioque franco-cattolico / protestante. Se la Cina e l'India dovessero avvicinarsi alla Russia, può essere che l'Ortodossia russa sarà finalmente libera di svolgere il ruolo a lei destinato in entrambi i paesi, portando molte anime a Cristo. Dopo aver tentato, nella sua ricerca di egemonia globale, di distruggere la Jugoslavia, l'Afghanistan, l'Iraq, la Libia e la Siria, l'élite neocon ha ora dichiarato guerra in Ucraina al mondo russo ortodosso, dove non ha il potere di nominare patriarchi massoni, come altrove. In tal modo, si è ulteriormente isolata dalla Chiesa di Dio e sta proponendo la sua Sodoma contro Gerusalemme. Questo equivale a giocare con il fuoco vulcanico. Francamente, l'élite occidentale sembra essere stata così accecata dalla sua arroganza che tutto ciò che sta facendo ora è ri-organizzare le sdraio sul Titanic.

 
La Chiesa Ortodossa Bulgara nominata al premio Nobel per la pace

Secondo il sito del Patriarcato di Bulgaria, la Chiesa Ortodossa Bulgara è stata nominata al premio Nobel per la pace che sarà assegnato nell'ottobre 2013 a Oslo.

Quest'anno ricorrono 70 anni da quando la Chiesa ortodossa a Sofia alzò coraggiosamente la voce in difesa degli ebrei della Bulgaria, minacciati di deportazione in Germania, e sfidò con successo tutte le pressioni dei nazisti.

L'iniziativa di nominare la Chiesa bulgara al Nobel per la pace è del membro onorario dell'Assemblea Parlamentare del Consiglio d'Europa, l'onorevole Lychezar Toshev.

 
Il metropolita Ilarion offre consigli su cosa fare nell'auto-isolamento

Il 25 aprile 2020 il metropolita Ilarion, presidente del Dipartimento per le relazioni ecclesiastiche esterne del Patriarcato di Mosca, ha risposto alle domande degli spettatori del programma "La Chiesa e il mondo".

Vivo in isolamento da due settimane. Non posso uscire, non posso visitare nessuno, sto morendo di noia. Cosa consiglierebbe?

Prima di tutto, vorrei dare un consiglio, e non solo a lei, ma a molti di quelli che ci stanno osservando e che ora affrontano gli stessi problemi, di imparare a vivere una vita interiore. Sfortunatamente, siamo molto dipendenti da circostanze esterne. Molto spesso le persone legano la loro intera vita a varie circostanze: sono impegnate nel lavoro o nello studio, o in entrambi, poi si divertono, e quindi il tempo passa e la vita non sembra noiosa per loro. Ma quando una persona si ritrova improvvisamente tra quattro mura, inizia a chiedersi cosa dovrebbe fare.

In effetti, la felicità di una persona, come ci dice Gesù Cristo, non dipende dalla ricchezza, dai beni materiali o dalle circostanze esterne. Innanzitutto dipende dal proprio mondo interiore. Se imparate a creare il vostro mondo interiore in modo tale da non annoiarvi mai, sarà la cosa migliore che potete imparare nella situazione attuale.

Che cosa abbiamo noi cristiani? Innanzitutto, abbiamo la preghiera. Anche ora, quando molti di noi non sono in grado di andare in chiesa, nessuno può impedirci di trasformare il nostro appartamento e il nostro cuore in una chiesa. Dedicate il vostro tempo a pregare Dio. Inoltre, è possibile pregare Dio in diversi modi. Non è necessario leggere solo le preghiere che sono stampate nel libro di preghiere. Potete semplicemente sedervi e parlare con Dio. Siete annoiati, siete soli, non avete nessuno con cui comunicare: rivolgetevi a Dio. Parlate con lui, ditegli tutto ciò che vi disturba, che vi ha ferito, tutto ciò che vi preoccupa. E poi provate a sentire la risposta. Forse non la sentirete subito, forse la risposta arriverà in alcune circostanze della vostra vita. Ma se vi rivolgete a Dio, certamente risponderà.

Inoltre, ci sono molte cose di cui potete occuparvi nell'isolamento personale: leggere, guardare film interessanti, conoscere quelle opere letterarie che non avete ancora avuto il tempo di conoscere. Imparate a impegnarvi in questo periodo di auto-isolamento. Quest'arte vi aiuterà per tutta la vita.

Quali libri si dovrebbero leggere, quali film si dovrebbero guardare durante il periodo di auto-isolamento?

Consiglierei sicuramente a tutti di leggere la Bibbia. Inoltre, la Bibbia è un grande libro, si compone di due parti: l'Antico Testamento e il Nuovo Testamento. Se non avete mai letto la Bibbia ed è la prima volta che la tenete in mano, non cercate di leggerla dall'inizio alla fine. In realtà, vi consiglierei di non leggere la Bibbia dall'inizio, ma di aprirla proprio nella parte chiamata Nuovo Testamento e iniziare a leggerla dal Vangelo di Matteo. Leggete poi il Vangelo di Marco, poi Luca, poi Giovanni. Dopo questi quattro Vangeli, avrete già un'idea di chi è Gesù Cristo, quando è vissuto, di ciò che ha insegnato e, soprattutto, potete capire perché Gesù Cristo è ancora rilevante, cioè cosa potete applicare dai suoi insegnamenti nella vostra vita.

Vi chiedete quali film potete guardare? Ancora una volta, ci sono così tanti film interessanti. Vorrei condividere con voi le mie impressioni su un film che ho visto l'anno scorso, lo consiglio vivamente. Si chiama Atto di fede, è un film americano del 2019. È basato su una storia vera, e la storia è questa: alcuni bambini sono caduti in un lago ghiacciato. Un ragazzo ha trascorso più di 15 minuti nell'acqua gelata e quando è stato tirato fuori era incosciente. I medici hanno detto che il ragazzo non sarebbe tornato in vita e in ogni caso, non sarebbe tornato alla coscienza. Ma sua madre, una donna profondamente religiosa, ha detto: "Pregherò, farò di tutto affinché ritorni in vita". Durante tutto il film, mostra come ha pregato, come si è presa cura di suo figlio, come non ha permesso a nessuno di dire in sua presenza che non sarebbe sopravvissuto, anche se era in coma.

Questa è una storia molto toccante, il film è stato girato in modo toccante. E la cosa più interessante di questo film è che riproduce assolutamente la storia accaduta solo pochi anni fa in una città americana. Penso che film del genere mostrino cosa può fare la fede, anche nelle nostre difficili condizioni. E ora, quando alcuni di noi sono sotto la minaccia del virus, quando i nostri cari si trovano in una situazione difficile, la preghiera è la cosa più importante con cui possiamo aiutarli.

Vorrei finire il programma di oggi con le parole di Gesù Cristo: "Chiedete, e vi sarà dato; cercate, e troverete; bussate, e vi sarà aperto" (Lc 11:9).

Vi auguro tutto il meglio. Abbiate cura di voi e dei vostri cari, e che Dio vi benedica tutti!

 
Giudaismo e cristianesimo: un ritorno ai dati di base

Ho ricevuto un sacco di commenti indignati per la mia affermazione che il giudaismo ortodosso è alla base solo un tipo di "anti-cristianesimo". I miei critici mi hanno informato del fatto che, poiché il giudaismo è più vecchio del cristianesimo, non può essere un anti-cristianesimo. Ecco alcuni esempi di questi commenti:

Beh, non può essere vero, perché il giudaismo esisteva da ben oltre mille anni, e da allora è stata una visione del mondo introversa. (Se non ne sai molto a proposito, non hai bisogno di inventare tali etichette. Ognuno ha il diritto di predicare la propria religione, non solo i cristiani ortodossi).

Sicuramente sei a conoscenza del fatto che il giudaismo è molto più antico del cristianesimo, Saker? Per quanto alcuni di loro possono provare risentimento verso i goyim, penso che ci sia un bel po' di più nella loro religione di una semplice animosità anti-cristiana.

Ma che diamine!? E con questo gli sciocchi e gli ingenui possono puntarti contro il dito e cantarti "anti-semita" – e potresti biasimarli? Ebbene sì, potresti, ma inutilmente. Quella frase inquina ogni sfumatura, ogni analisi riflessiva, ogni argomento di fatto proposto da Saker. Che vergogna che Saker si stia rivelando un fanatico religioso – o quanto meno anti-ebraico.

[Sospiro...]

Come spesso accade, la propaganda moderna funziona per mezzo di un mix di ignoranza e di dotta presunzione. Si potrebbe dire che questo è un caso di "incognite sconosciute", per parafrasare Rumsfeld. In questo caso, tutta l'indignazione ipocrita di cui sopra si basa su un semplice errore: l'ipotesi che ciò che noi chiamiamo "giudaismo" oggi sia la religione degli ebrei prima di Cristo, o fino ai tempi di Cristo. Quest'ipotesi è completamente sbagliata.

Ciò che noi oggi chiamiamo "giudaismo" è sostanzialmente la continuazione di una delle tante sette ebraiche esistenti al tempo di Cristo: la famosa setta dei farisei. In particolare, è la continuazione di quella parte della setta dei farisei che non ha accettato Cristo (altri lo hanno fatto, San Paolo era un fariseo, e lo era il suo immensamente famoso maestro, san Gamaliele l'anziano). Oltre a essere intellettualmente molto sofisticati, una delle caratteristiche uniche dei farisei era che si incontravano in "assemblee" per leggere la Scrittura e compiere il culto. La parola "assemblea" in greco (che era la lingua franca del tempo) è συναγωγή, "sinagogé" – o "sinagoga" in italiano moderno. Quando il Tempio di Gerusalemme fu distrutto dalle legioni dell'imperatore romano Tito nel 70 d.C., i farisei erano gli unici che avevano una struttura pronta che potesse essere utilizzata in assenza del Tempio: la sinagoga.

Vi prego di tenere presente che non esistevano "rabbini" in quanto tali, almeno non come istituzione, prima del 70 d.C. C'erano sacerdoti e insegnanti e alcuni insegnanti erano chiamati 'rabbi', ma il 'giudaismo rabbinico' (che sarebbe in realtà il giudaismo moderno) non esisteva a quel tempo.

L'altra caratteristica fondamentale dei farisei era che essi ritenevano (giustamente) che non tutti gli insegnamenti di Dio siano stati scritti e che la Tradizione orale è importante quanto quella scritta. Altre sette ebraiche, proprio come le moderne denominazioni protestanti, insistevano sulla Sola Scriptura.

Non si può sopravvalutare la catastrofica importanza della distruzione del Tempio nel 70 d.C. Non solo tolse il luogo di culto attorno al quale era centrata a quel tempo la vita di tutti gli ebrei di tutto il Medio Oriente, ma distrusse anche l'edificio in cui era stato predetto che il Messia sarebbe venuto a predicare, e questo successe al tempo previsto dal profeta Daniele. Per quegli ebrei che non hanno accettato Cristo, questa era davvero una notizia molto, molto brutta. Qualcosa doveva essere fatto con urgenza, e in effetti è stato fatto. Ecco le principali direttive che ha preso questa "risposta":

1) Con il pretesto della correzione e normalizzazione dei vari libri sacri che noi oggi chiamiamo "Antico Testamento", sono stati espunti i passi più evidenti che si riferivano a Cristo. È stato massacrato in particolare il libro dei Salmi. Un "nuovo vecchio Testamento" di qualche sorta è stato creato da un gruppo di studiosi chiamati masoreti, che ha prodotto una frode, una collezione ri-elaborata di testi che oggi chiamiamo il Testo Masoretico della Bibbia, da cui sono stati eliminati tutti i riferimenti fondamentali a Cristo (il *vero* testo originale dei libri di quello che oggi chiamiamo l'Antico Testamento non è stato conservato in ebraico, ma esiste in traduzioni fatte dall'ebraico in greco alla fine del II secolo a.C., attribuite a 72 studiosi che lavorarono per Tolomeo Filadelfo, e per questo la traduzione è chiamata dei Settanta, o semplicemente LXX).

2) È emersa una nuova classe di insegnanti con il compito dell'interpretazione "corretta" delle tradizioni scritte e orali: i rabbini. Il loro compito principale era "spiegare" ciò che era accaduto nel 70 d.C. e ciò che questo significa per il popolo ebraico.

3) Una "nuova antica tradizione orale" è stata creata, e questa volta è stata messa sulla carta. Questo è quello che poi divenne noto come il Talmud (di cui ci sono due versioni, ma questo non importa), il libro anti-cristiano per eccellenza.

4) Esattamente secondo le parole di Cristo e degli apostoli Paolo e Giovanni Evangelista, anche il culto del diavolo e la magia nera sono stati presto integrati nel corpus "nuovo antico" delle tradizioni, e questa è la base di quella che oggi viene chiamata la Kabbalah.

5) Infine, e logicamente, la focalizzazione del culto si è trasposta da un culto verso Dio a un culto verso se stessi. In questa recente aggiunta, è l'intero popolo ebraico a essere il Messia innocente e sofferente, e il cosiddetto "Olocausto" è quel sacrificio mistico dal quale verrà la salvezza del mondo. In questa ultima scuola di pensiero, gli ebrei sono chiamati collettivamente a "riparare" il mondo, a fare il lavoro del Messia.

Okay, ora, prima che ci sia il solito tsunami di commenti indignati conditi con le solite accuse di antisemitismo e il resto delle inevitabili assurdità, lasciate che vi dica subito che non ho alcuna intenzione di provare alcuna di queste tesi. Semplicemente non ho tempo per farlo. Se siete interessati, potrete facilmente trovare tutte queste informazioni online, dai libri scritti da studiosi anti-giudaici come Michael Hoffman ai libri scritti da autorevoli studiosi ebrei come Jacob Neusner. Quest'ultimo, naturalmente, non darà affatto la stessa interpretazione che io do a questi eventi, ma non sarà in disaccordo con i fatti di base e con la cronologia.

Il punto per me è questo: potete prendere qualsiasi buon libro o corso di storia di quello che oggi viene chiamato "giudaismo" e controllare da voi stessi che tutti i fatti di cui sopra sono veri. Raccomando particolarmente The Way of Torah: An Introduction to Judaism di Jacob Neusner, che, se non mi sbaglio, esiste nella forma di lezioni audio della serie "Grandi Corsi" della Teaching Company. Da un punto di vista non giudaico raccomando i libri Judaism's strange god e, soprattutto, l'enorme Judaism Discovered (più di 1000 pagine!) di Michael Hoffman. È possibile ottenerli da una libreria online o anche in forma di un (possibilmente non autorizzato e quindi gratuito) download in formato PDF. Ma anche un breve viaggio alla vostra biblioteca locale dovrebbe darvi abbastanza conferme che non mi sto inventando le cose.

Se vi prendete tempo per studiare le radici e l'evoluzione di quello che abbiamo chiamato "giudaismo", e che potrebbe essere chiamato all'incirca "talmudismo rabbinico/farisaico", si arriva alla conclusione inevitabile che il moderno "giudaismo" non è la religione di Abramo, Isacco e Giacobbe, ma la religione di Maimonide, Karo e Luria. Questa religione non ha *nulla* in comune con la religione del popolo ebraico prima di Cristo, proprio come gli ebrei moderni, in particolare gli ashkenaziti, non hanno alcun collegamento genetico con il popolo ebraico di 2000 anni fa. Si tratta di una frode il cui sforzo principale è quello di dimostrare di essere la cosa reale, proprio come il papato sta cercando di dimostrare che è "la" Chiesa originale di Cristo, mentre in realtà nessuno dei due ha le proprie radici nei tempi di Cristo.

A seconda delle vostre convinzioni personali, oggi ci sono solo due religioni che possono pretendere di essere la reale, vera, continuazione della fede di Abramo, di Isacco e di Giacobbe: il cristianesimo ortodosso (semplicemente perché è la forma originaria del cristianesimo che in sé è la realizzazione dell'antica fede del popolo ebraico) o il caraismo (semplicemente perché è la denominazione non cristiana più vicina a far risalire le sue radici al "giudaismo" pre-talmudico, almeno nella versione della setta dei sadducei).

Io invece non ho molto da discutere su questo affascinante, ma complesso, argomento. Volevo solo spiegare perché ho scritto che il giudaismo moderno è sostanzialmente una forma di anti-cristianesimo, e cercare di calmare chi ha subito un attacco di cuore o un ictus per l'indignazione di sentire un pensiero così evidentemente ignorante e bigotto :-)

E ora torniamo al mondo moderno e ai suoi numerosi problemi.

Cari saluti,

Saker

 
Le prove che Ponzio Pilato si convertì al cristianesimo

Il destino di Ponzio Pilato dopo la morte e risurrezione di Gesù Cristo è controverso tra gli storici, ma ci sono buone ragioni per credere che alla fine divenne cristiano.

Pochi sanno che la Chiesa ortodossa di Grecia ha glorificato tra i santi la moglie di Ponzio Pilato, Claudia Procula. Viene commemorata il 9 novembre nel nuovo calendario.

Se qualcuno dei nostri fedeli si recasse in pellegrinaggio in Etiopia, sarebbe sorpreso di trovare nelle sue chiese ortodosse l'icona del martire Ponzio Pilato, raffigurato con la moglie Claudia. La venerazione di questi due individui è un'antica tradizione in queste chiese. Sono l'unico esempio nella storia della Chiesa antica di santi sposi commemorati nello stesso giorno. Secondo la tradizione della Chiesa etiope, Ponzio Pilato e sua moglie furono messi a morte per essersi rifiutati di adorare la statua dell'imperatore romano dopo essersi entrambi convertiti al cristianesimo.

Il destino di Ponzio Pilato dopo la morte e risurrezione di Gesù Cristo è controverso tra gli storici. Secondo alcuni Pilato si sarebbe ucciso mentre era in esilio in Gallia. Altri suggeriscono che fu giustiziato durante il regno dell'imperatore Nerone. Secondo la leggenda, i cattivi presagi che accompagnarono il martirio di Cristo continuarono a seguire Pilato e sua moglie Claudia molto tempo dopo la morte del Salvatore e causarono loro grande dolore fino a quando Ponzio si convertì definitivamente al cristianesimo sotto l'influenza della sua sposa. Secondo gli scritti apocrifi popolari, la complicità nell'uccisione di Cristo causò in Ponzio Pilato una crisi di coscienza che lo lasciò insonne per molti anni e lo spinse a cercare un modo per lavare via la sua iniquità.

Le leggende del folklore russo sottolineano la gravità del delitto di Pilato che nulla al mondo potrebbe alleviare. Non trovando pace nella vita o nella morte, Pilato rimase per tutta la vita uno straniero e un vagabondo. Мikhail Bulgakov ha integrato queste leggende nella trama del suo romanzo "Il maestro e Margherita".

In ogni caso, ci sono buone ragioni per credere che Ponzio Pilato alla fine divenne cristiano. Lo scrittore cristiano del II secolo Tertulliano suggerì in uno dei suoi scritti che subito dopo la crocifissione di Cristo Pilato si convertì al cristianesimo e cercò persino di convincere l'imperatore Tiberio a seguire il suo esempio. Il vescovo Ireneo di Lione scrive di un'icona del Signore dipinta da Ponzio Pilato. Sant'Aurelio Agostino ne parla come un santo in una delle sue prediche. Tutti e tre gli autori sono alla base della tradizione scritta dell'antica Chiesa cristiana.

Quanto alla moglie di Pilato, Claudia, due Chiese ortodosse – quella copta e quella greca – l'hanno venerata come santa martire fin dall'antichità. In diversi scritti, è nominata Claudia o Procula, quindi entrambi i nomi non sono usati contemporaneamente. Troviamo riferimenti alla sua conversione negli scritti di Atanasio il Grande, Aurelio Agostino, Giovanni Malalas e molti altri autorevoli autori cristiani.

Anche nella seconda lettera a Timoteo (4:21) è citato il nome di Claudia, che alcuni studiosi della Bibbia attribuiscono alla moglie di Ponzio Pilato. Nell'antica Roma, le condanne a morte emesse contro i nobili venivano spesso commutate nell'esilio. Claudia proveniva dalla famiglia Flavia, imparentata con gli imperatori Vespasiano e Domenicano. Sembra plausibile che possa avere avuto la sua pena di morte commutata. È quindi del tutto possibile che si sia unita alla sinassi degli apostoli di Cristo e dei loro discepoli.

Nel medioevo circolarono molteplici leggende nella visione della moglie di Pilato. Molti dipinti vi fanno riferimento.

Secondo una leggenda, mentre si trovava a Gerusalemme, Claudia conobbe la famiglia di Giairo, il capo della sinagoga, e godette della compagnia di sua moglie Salome e della loro figlia dodicenne Semida. Sentendo della morte di Semida, Claudia venne al suo funerale. Lì assistette al miracolo della sua risurrezione e incontrò per la prima volta Cristo.

Il Vangelo non dice nulla di questo incidente. Ci dice solo che la moglie di Pilato mandò una serva dal marito per riferirgli questo messaggio: "Non avere niente a che fare con quell'uomo innocente, perché oggi ho sofferto molto in sogno a causa sua". (Mt 27:19). La Bibbia non ci fornisce dettagli sul sogno o sulla natura della sofferenza. Gli scritti apocrifi descrivono solo la reazione dei primi sacerdoti a questo messaggio: "Vedi, non ti abbiamo detto prima che egli è un seduttore? Ha fatto addormentare tua moglie!"

La lettera di Claudia Procula a Fulvia è un esempio di scritti apocrifi paleocristiani. Non c'è assolutamente alcuna prova di autenticità. Né vi è consenso tra gli storici sulla sua datazione, alcuni la datano ai primi anni dell'imperatore Nerone.

Il testo completo della lettera di Claudia è facilmente reperibile su internet. Per inciso, la lettera è di per sé una lettura interessante, poiché si riferisce, anche se indirettamente, a diversi dettagli autentici sugli eventi relativi alla vita e alla morte di Gesù.

Presenta la seguente descrizione del sogno di Claudia.

È venuto il momento di andare a dormire; ma quando ho appoggiato la testa sul cuscino per trovare il sonno, una forza misteriosa si è impossessata improvvisamente della mia mente. Ho visto Gesù, apparire come mi era stato descritto il loro Dio. Il suo volto splendeva maestoso come il sole. Volava su ali di cherubino e una fiamma ardente eseguì i suoi ordini, e si fermò su una nuvola. Sembrava che fosse pronto a giudicare il popolo riunito davanti a lui. Con un gesto separò i giusti dai malvagi. I primi, i giusti, furono da lui elevati alla grande eternità della salvezza divina, ma i secondi, i malvagi, furono gettati in un mare di fuoco. Mostrò loro le piaghe di cui era coperto il suo corpo, e disse con voce terribile: Restituitemi il mio sangue che ho versato per voi! Allora quegli uomini infelici chiesero alle rocce e ai monti della terra di inghiottirli e coprirli. Invano prima si erano sentiti al sicuro dalla sofferenza, e invano si erano protetti con l'illusione eterna e insormontabile. Sono morti. Che sogno, o meglio, che rivelazione!

Gli apocrifi superstiti non ci danno ulteriori dettagli sulla vita di Ponzio Pilato e di sua moglie dopo la risurrezione di Cristo. Non c'è modo per noi di confermare l'autenticità dei resoconti apocrifi.

Le nostre menti curiose sono ansiose di conoscere il destino dei personaggi biblici. Cosa è successo al giovane ricco che ha lasciato Cristo nella tristezza, alla donna cananeesa e a sua figlia, all'indemoniato della terra dei geraseni? Chi erano i santi che risuscitarono dopo la morte di Cristo e furono visti da molti? Dove sono andati e cosa è successo loro dopo? Che ci siano rivelati o meno questi dettagli in futuro, dovremmo concentrarci sul messaggio più importante della Scrittura e della Tradizione della Chiesa. Insieme, sottolineano che dovremmo prima cercare di sapere come trovare la salvezza per le nostre anime. Il resto può attendere il suo turno.

 
Che cosa significa quando cantiamo "eterna memoria" alle funzioni di commemorazione funebre?

Quando cantiamo "eterna sia la vostra memoria" ("αἰωνία ἡ μνήμη") alla fine delle funzioni di commemorazione funebre e dei funerali, spesso si dà erroneamente per scontato che questa memoria dei defunti sia da conservare sulla terra non solo nella mente dei propri cari, ma anche per molte generazioni in seguito. In realtà, però, questo inno non è indirizzato a chi ha perso un proprio caro, né è indirizzata al defunto, né ha qualsiasi finalità mortale, ma è indirizzata come una preghiera a Dio, che è eterno, a nome dei defunti.

Un giorno gli apostoli vennero a Cristo con gioia dicendo: "Signore, anche i demoni si sono sottomessi a noi nel tuo nome". Gesù rispose: "Non rallegratevi che i demoni si sottomettano a voi, ma rallegratevi perché i vostri nomi sono scritti nei cieli" (Lc 10:17-20). In altre parole, Cristo disse ai suoi apostoli a non gioire per qualcosa che qui sulla terra non porta niente alla loro salvezza, ma a rallegrarsi per il fatto che i loro nomi sono ricordati in eterno nel regno dei cieli. I loro nomi sono scritti in quello che è comunemente noto nella Sacra Scrittura come il "Libro della Vita". Questo è meglio illustrato nella parabola di Lazzaro e del ricco. Povero Lazzaro dopo la morte si trova nel regno di Dio, dove il suo nome è eternamente ricordato, mentre il miserabile ricco indugia nell'ade, assolutamente senza nome. Il nome di una persona è la sua identità.

"Eterna memoria" equivale a dire "possiate essere sempre nella memoria di Dio." La Chiesa dice questa preghiera chiedendo che il defunto "continui" nella memoria di Dio. Perché se Dio "si dimentica" di noi, se dice: "Non vi ho mai conosciuti" (Mt 7:23), siamo portati all'estinzione spirituale. Ma se si ricorda di noi, allora, come il ladro sulla croce che chiese a Cristo di ricordarsi di lui, anche noi vivremo eternamente con lui in paradiso.

Secondo i santi Padri, la creazione vive ed esiste spiritualmente solo quando partecipa alle energie deificanti di Dio. Attraverso questa grazia increata riceviamo continuamente il nostro essere spirituale e il potenziale per il nostro sviluppo. E questo è naturale, dal momento che "la divinità è essere e il creato è non-essere" (san Massimo il Confessore). Pertanto, la creazione esiste e ha il suo essere perché partecipa all'increata grazia di Dio, che dona essenza, vivifica e deifica. Come dice san Basilio il Grande: "Esistono solo due cose, la divinità e la creazione, il potere santificante e ciò che è santificato.

L'immortalità dell'anima dopo la morte è un dato di fatto. Potremmo dire che è naturale e quindi forzata sugli esseri umani. E i dannati esistono in eterno sulla base dell'immortalità dell'anima, ma la loro esistenza, proprio perché l'immortalità è naturale e forzata, è una "morte". L'inferno è un "luogo dei morti", perché la partecipazione all'increata grazia di Dio deificante e vivificante è assente tra i suoi abitanti. Assente è il necessario rapporto con Dio e quindi l'identità personale che crea questo rapporto. Dobbiamo infatti sapere che ciò che dà sostanza a una persona è il rapporto con Dio, la partecipazione dell'energia deificante della sua grazia, e non la natura stessa. Il rapporto di una persona con Dio sostanzia la sua natura e lo fa diventare veramente una persona.

Molti vedono la salvezza dell'anima solo alla luce del fatto che non saranno tormentati in eterno, mentre la salvezza è in effetti questa relazione, questo amore, la nostra partecipazione alla grazia increata. L'anima, perché è immortale per natura secondo la grazia di Dio, e non immortale per natura in sé e per sé, ha un bisogno esistenziale dell'esistenza, di essere motivata in un rapporto a una persona, di acquisire una identità personale ed eterna. E questa identità, come abbiamo detto, è data da Dio in un rapporto che è liberamente iniziato e creato dalle persone già in questa vita all'interno della Chiesa attraverso i suoi misteri. Se dunque non creiamo questo rapporto divino, saremo "privi" di essere nella memoria di Dio e "cadremo" nel "non vi ho mai conosciuti". In sostanza, questa è la "morte spirituale".

 
Епископы и левиафаны

О спорном и нашумевшем фильме Андрея Звягинцева "Левиафан" рассуждает архимандрит Савва (Мажуко)

В «Луге духовном» есть любопытная повесть об одном несчастном иноке, который прожил жизнь в беспечности и нерадении. Сколько ни умолял его старец исправиться, настроиться на правильный иноческий лад, никак не мог убедить брата. И вот это злосчастный инок скончался, и старец, всем сердцем любивший брата, стал молить Господа показать ему, где обретается душа его ученика. И увидел старец огромную огненную реку, а в ней – множество осужденных на муку грешников, и душа усопшего брата стоит в огне по шею. Старец обратился к брату со словами сочувствия, а усопший ему ответил: «Благодарю Бога, отец мой, что хотя моя голова свободна от мучений. По молитвам твоим я стою над головою епископа».

Такова повесть из 44-й главы «Луга духовного», и это вовсе не антиклерикальный памфлет или злобная сатира. «Луг духовный» книга, освященная самым высоким авторитетом. Отрывки из «Луга» зачитывались на Седьмом вселенском соборе. С большим уважением к этому собранию свидетельств о жизни святых относился прп. Иоанн Дамаскин.

Святые отцы не усмотрели в повести о захлебнувшемся в адском огне епископе антицерковную пропаганду. Они прекрасно понимали, что при всей высоте и достоинстве епископского служения, человек остается человеком, существом свободным, а значит и способным и к святости, и к порабощению страстями. Церковная история сохранила множество сообщений не только о сребролюбивых епископах, но и епископах-колдунах, тайных язычниках, предателях веры, изменниках Родины. И ничего в этом нет чрезвычайного или вызывающего, и если христианская древность знала епископов-идолопоклонников, ничего удивительного, если мы их вдруг обнаружим рядом с нами, наших современников, наших пастырей, которые где-то не устояли, как-то поскользнулись. Люди есть люди, и каждый достоин жалости и снисхождения. Даже епископ.

Эти очевидные вещи вдруг вспомнились в связи с фильмом Андрея Звягинцева «Левиафан». Один из персонажей картины – митрополит, который благословляет местного мэра-бармалея на всяческие безобразия, по поводу и без повода повторяя, что всякая власть от Бога. Всё это происходит на фоне трагедии одной несчастной семьи, трагедии скорее внутренней, потому что семья разрушается изнутри, но этот внутренний надлом еще больнее переживается на фоне противостояния главного героя со злодейским мэром, который хочет отобрать дом и землю у этого горемыки.

В этом конфликте, как выясняется, владыка играет весьма активную роль, поскольку земля отбирается не из простой злобности, а под строительство храма. Выходит, перед нами не просто лицемерный митрополит, а самый настоящий епископ-злодей. Отдельные товарищи после таких откровений Звягинцева как-то напряглись, осерчали и принялись клеймить, неразумно расточая накопленные постом силы. И совершенно напрасно, потому что, во-первых, злодейские епископы не новость не только для кинематографа, но, как было помянуто, и для подлинно церковной литературы. А во-вторых, при всех своих достоинствах и недостатках, «Левиафан» хорош уже тем, что дал повод для душеполезных разговоров и плодотворных споров. Спасибо Звягинцеву Андрею Петровичу.

Вспоминается сразу злодейский епископ в гениальной картине покойного Ингмара Бергмана «Фанни и Александр». Епископ там, правда, лютеранский, но ведь тоже живой человек. Он вступает в брак с овдовевшей актрисой, принимает её в свой дом с двумя детьми, их-то именами фильм и назван – мальчик Александр и девочка Фанни. И начинается противостояние своенравного и невоспитанного Александра со строгим епископ-отчимом. Александру, выросшему в семье потомственных актеров, привычному к богемным нравам, не по вкусу строгость епископского дома. Он – выдумщик и даже немного мистик, а мистики в фильме достаточно. Повсюду разгуливают привидения, которые иногда не прочь и поговорить на разные глубокие темы.

Есть в картине и свой «левиафан», пострашнее звягинцевского, поскольку, хотел ли того Бергман или нет, но ему удалось вылепить жуткий портрет «князя власти воздушной». Только именуется этот «князь» в фильме не левиафаном, а ослом. Дело в том, что из лап коварного епископа детей спасает друг семьи, еврей Исаак. Он оставляет их на ночь в своём жутком доме, строго-настрого запрещая им входить в одну из комнат, где находится закрытый со всеми предосторожностями некий Измаил. Но Александр, конечно, попадает в эту комнату и встречается с бесполым существом, которое знает все его злые мысли, всю его ненависть к епископу и своей силой, как бы питаясь злой волей мальчика, наводит на епископа жуткую смерть в огне.

Измаил цитирует книгу Бытия, слова ангела, сказанные Агари: «и наречешь имя ему Измаил… Он будет между людьми, как дикий осёл; руки его на всех, и руки всех на него» (Быт 16: 11, 12). У меня нет необходимых свидетельств, но мне кажется, что именно этот бергмановский персонаж оказал влияние на Мэла Гибсона, изваявшего в «Страстях Христовых» такой же бесполый портрет врага рода человеческого, чей муже-женский образ намекает на ангельскую природу падшего духа.

У Бергмана епископ погиб в огне в страшных мучениях, но фильм заканчивается явлением сгоревшего епископа Александру с фразой «теперь мы никогда не расстанемся». Жуткий фильм, но гениальный. Герои Бергмана трагичны, потому что ему удалось создать портреты живых людей, раздираемых противоречиями. И епископ там не такой уж злодей, и мальчик не ангел. Выражаясь словами одной из героинь «Формулы любви», «статуя тоже женщина несчастная, она графа любит». Все несчастны. Все хотят добра, только видят его по-разному, в этом-то и трагедия нашей жизни, а тот самый «осёл» из своего подвала только подогревает ненависть и злобу людскую. Оттого фильм Бергмана оставляет в памяти благородную грусть и немного надежды.

Картина Звягинцева ни грусти, ни надежды не оставляет. К сожалению. И не потому что режиссер замахнулся на якобы безгрешных владык. Епископы тут ни при чём. Как, впрочем, и левиафаны. Маленький человек противостоит огромному государству-левиафану? А где тут государство? И где, спрошу я вас, противостояние? А где маленький герой, которому сочувствуешь? И эта кричащая неправдоподобность персонажей, их непрописанность, отсутствие лиц, характеров и биографий. Ну не бывает таких епископов. То есть творить они могут вещи и пострашнее, чем персонаж «Левиафана», но так это в жизни не делают, так не говорят, так не ведут себя с мэрами, так не проповедуют в церкви, и зачем вдруг епископу, а тем более мэру понадобилась именно эта земля, да еще и под храм, когда рядом мирно стоят себе остатки старинного храма с росписями, не могу понять.

Мой личный церковный опыт протестует против всей этой фальши. «Царь не настоящий»! Это даже напоминает кукольный театр с навсегда прикипевшей к кукле известной миной и предсказуемой пластикой. Злодейский епископ у Бергмана кажется живым и трагичным персонажем, он колеблется, сомневается, а митрополит Звягинцева больше похож на куклу – статичный и по-кукольному неряшливый персонаж, иногда даже кажется – краской пахнет. За героями Бергмана чувствуется биография, они живые и развивающиеся личности со своими страстями, недостатками, юмором. Герои Звягинцева – прямые, как проволока, они раздражающе примитивны, что еще усугубляется матом и водкой – непременными спутниками жизни пустой и элементарной.

Да, у Бергмана тоже есть свой матерщинник – мальчик Александр постоянно ругается грязными словами, но в этом фильме такой штрих по-своему уместен, потому что несёт определённую смысловую нагрузку. Одним словом, мне очень понятно, за что Бергман получил целый чемодан «Оскаров», если же «Оскара» получит Звягинцев, я не смогу себе этого объяснить.

Но есть еще один важный и принципиальный для меня момент. Дело в том, что искусство не только отражает действительность, но и творит ее. То, что натворил художник, отразится в реальной жизни, вызовет подражание, даже бессознательное. Такова чарующая сила искусства. Мне кажется, для современной России такие эксперименты, как фильм Звягинцева – непозволительная роскошь. Русский художник всегда стремился показать правду. Зачем ему это нужно-то было? Потому что правду скрывали, ее прятали, закрывали ей уста, умалчивали. Какую такую умолченную правду озвучил Звягинцев?

Ничего нового он не сказал. Может быть, призвал к сопротивлению злу насилием или на мирный протест? Нет. Вот у Бергмана мальчик сопротивляется епископу, и это так талантливо показано, что хочется просто наброситься на негодяя и отомстить, только ведь Бергман показывает очень красноречиво, что никакая злоба не может быть священной, потому она – зло. Я всё ждал, когда же герои Звягинцева начнут сопротивляться, ведь терять нечего, могла бы и жена-изменница не в пучину бросаться, где мелькала спина Левиафана, а пойти, например, мэра прибить, – всё равно ведь уже.

Мне недавно показали небольшой ролик о том, как на русских дорогах красиво и предупредительно ведут себя русские водители, полицейские и простые прохожие. Вы знаете, захотелось жить. И я уверен, что этот краткий фильм вызовет волну подражаний. Потому что людям нужно помогать в том, чтобы быть добрыми, и самое массовое из искусств здесь в ответе перед своим народом. Закричат: да ведь это же пропаганда! Конечно. А как же без пропаганды? В каждом деле бывают крайности, но злоупотребление не отменяет употребления.

Вещи, описанные в картине Звягинцева, хорошо известны, и даже набили оскомину. А еще есть усталость, страшная жуткая усталость ото всей этой грязи, которую мы видим вокруг, и которая так привычно обжилась в кинофильмах. Иногда просто больно, физически больно смотреть картину талантливого художника оттого, что грязь, пошлость, разврат оккупировали эту картину, она дала им право на жизнь. Поэтому так утомительно больно еще и в «Левиафане» слышать тот же мат, видеть то же пьянство, только в еще более сгущенном виде.

Ну сколько можно? Ну что же мы всё в грязь лицом тычемся? Людям нужно помогать, и мы все ждем этой помощи от искусства, ждем, что оно научит нас хорошему, покажет, как правильно, как по-настоящему. Мне приходилось сталкиваться и довольно часто с ситуацией, когда молодой человек грубил, был невнимателен, не потому что злой или неразвитый. Он просто не знал, как это можно по-другому, его никто не научил. Людям нужно помогать становится добрее, а не коснеть в озлобленности, в нравственной грязи. И художник имеет к этому самое прямое отношение.

Есть ответственность художника перед своим народом. Конечно, не только художника, но и политика, ученого, и, безусловно, епископа. Мы все – в ответе за нашу землю. Если Господь позволил тебе родиться на этой земле, стать гражданином этой страны, быть потомком своих предков, ты в ответе за эту землю, за своих близких, с тебя спросится и за память предков, и на суде потомков, не только на Божьем суде, каждому из нас придется отвечать. А потому каждый должен трудиться с тем, чтобы землю, за которую несем ответственность, сделать лучше, передать ее своим потомкам с тем хорошим, что после нас останется. А у настоящего художника слишком много средств для того, чтобы и людям, и земле, стало легче дышать.

 
Una testimonianza della fedeltà di Dio

Clement Nehamaiyah ci manda questa storia di paura, di lotta e di fede dalla sua nativa India.

Clement Nehamaiyah

Questa è una storia vera, una testimonianza della fedeltà di Dio e della manifestazione della sua forza nella mia debolezza. A parte poche persone vicine nessuno conosce questa storia. Non ho mai pensato che l'avrei mai pubblicata, in realtà avevo paura di condividerla con chiunque, ma ora so che invece di essere timido devo annunciare attraverso la mia testimonianza la fedeltà di Dio, la sua grandezza e la sua misericordia senza limiti. Egli deve crescere e io invece diminuire. Che Dio sia glorificato, e possa il suo popolo trovare ispirazione ad confidare in lui attraverso il mio racconto.

Questa storia inizia con l'evangelizzazione al telefono di una mia vicina, una ricca ragazza non cristiana di ambiente conservatore. Quella ragazza era pienamente convinta della verità di Dio, aveva una forte fede in lui ed era pronta a fare qualsiasi cosa per lui. Aveva smesso di adorare falsi dèi, ma ogni volta che era inevitabile per la pressione dei genitori fingeva di pregarli, mentre in realtà pregava Cristo. Infine nel 2012, quando un prete è venuto da noi per riceverci nell'Ortodossia dal cristianesimo eterodosso, quella ragazza pagana è stata segretamente battezzata lontano dalla città. Dopo il suo battesimo segreto tutto è andato liscio come per la maggior parte del tempo precedente, ma presto le cose hanno iniziato a cambiare nel 2013. Le è diventato molto più difficile adorare liberamente il vero Dio. La sua famiglia era arrabbiata per il fatto che lei frequentava sempre meno i loro riti e preghiere a casa e nei templi. Hanno cominciato a maledirla e ad abusare verbalmente di lei ogni volta che erano scontenti, hanno anche iniziato a picchiarla di tanto in tanto, le hanno fatto terminare gli studi, e come soluzione finale hanno iniziato a cercarle uno sposo (nel nostro paese i matrimoni sono organizzati dai genitori). Ha ricevuto molte proposte da ragazzi miliardari, ma le ha rifiutate ogni volta. I suoi genitori ne sono rimasti arrabbiati e la violenza sia fisica che mentale è diventata frequente. Lei non ha rifiutato le proposte di matrimonio solo perché non voleva sposare quegli uomini, ma perché il matrimonio con chiunque di loro le avrebbe escluso qualsiasi possibilità di adorare liberamente l'unico vero Dio. Questo perché nelle società tradizionali conservatrici le ragazze non si limitano a cambiare le loro case al matrimonio ma devono cambiare tutto, e e devono assimilarsi completamente alla nuova famiglia, e la religione è la parte più importante di questa assimilazione.

Noi sapevamo tutto quello che le stava succedendo, così senza perdere tempo abbiamo studiato un piano per salvarla. Un giorno ha detto alla sua famiglia che stava andando a vedere qualcuno ed è uscita di casa. L'abbiamo attesa in un luogo concordato, e quando è venuta l'abbiamo vestita in un hijab islamico nero e l'abbiamo inviata all'estero in segreto il giorno stesso. Questo è stato fatto con l'aiuto di un uomo ortodosso di Nizhnyj Novgorod e di un chierico di Mosca. Ha vissuto un paio di giorni all'estero e poi è tornata in India per vivere con una famiglia ortodossa lontana dalla sua casa, in un altro stato. Una volta che è arrivata lontano da casa, ci siamo rilassati avendo raggiunto il nostro obiettivo. La sua famiglia e parenti l'hanno cercata dappertutto, ma non sono riusciti a trovarla. Nella nostra società conservatrice una ragazza non è libera come nelle società liberali, ma è sottoposta a leggi d'onore. Se una ragazza fa quello che la sua famiglia si aspetta da lei, allora tutti sono contenti e questo è considerato un onore per la famiglia, ma se fa qualcosa contro la loro volontà diventa una questione di vergogna e disonore nella società, che spesso porta al delitto d'onore. Per questo motivo, i parenti della ragazza si sono messi senza tregua alla sua ricerca. Due giorni dopo una delle sue cugine che era la sua migliore amica l'ha tradita e ha detto alla famiglia che era stata in contatto con noi per tutto il tempo, così hanno ricercato i tabulati delle chiamate telefoniche e vi hanno trovato il mio numero. Immediatamente mi hanno convocato a casa loro alle 10 di sera e hanno iniziato a interrogarmi su dove si trova. In quel posto ero solo, circondato da tutti i suoi parenti arrabbiati. Per tutto il tempo ho negato di sapere dove fosse. Hanno minacciato di chiamare la polizia ma sono rimasto inamovibile nella mia posizione. A quel tempo mia cognata è entrata per vedere se stavo bene, e per sostenermi, ma queste persone non erano in vena di ascoltarla. Dopo tre o quattro ore di interrogatorio mi hanno permesso di andare a casa. Durante quelle tre o quattro ore ho subito un'immensa pressione mentale, come se fossi rinchiuso in una piccola scatola, senza respiro.

A casa mia madre era preoccupata e piangeva, pensando a quello che mi sarebbe successo in seguito. Quella notte abbiamo pregato insieme e siamo andati a dormire. Il giorno successivo, ci attendevano ulteriori problemi. Mia madre ha condiviso il nostro problema con uno dei colleghi di lavoro; quella persona ha immediatamente riconosciuto che i nostri avversari erano persone potenti e avevano legami con molti teppisti. Così, ci ha suggerito di incontrare un certo uomo che poteva aiutarci. Lo abbiamo incontrato e gli abbiamo raccontato il nostro problema, e ha accettato di aiutarci.

Quel giorno la polizia mi ha chiamato al telefono e mi ha chiesto di comparire alla stazione di polizia la mattina successiva. Abbiamo chiamato l'uomo incontrato il giorno prima ed eravamo a metà strada verso la stazione di polizia quando uno dei nostri vicini di casa mi ha chiamato e mi ha informato di non andare alla stazione di polizia, perché la famiglia di quella ragazza aveva assoldato un assassino per uccidermi sulla strada. La notizia in realtà non mi spaventa perché sapevo che Dio ha dei piani per di me e nessuno mi può uccidere prima che questi si realizzino. Mio fratello avvisato l'uomo che era con noi, che è subito andato a incontrare uno dei parenti di quella ragazza. Quando ha detto loro che era con noi e non avrebbe permsso a nessuno di cercare di farmi del male, subito l'assassino ne è stato informato, ha lasciato il suo compito ed è fuggito in un'altra città, perché l'uomo che era con noi era un suo nemico, e l'assassino aveva paura di lui. Poi con il passare del tempo siamo venuti a sapere che la persona che era  noi non era solo un uomo qualunque, ma il più potente criminale della nostra città. Quel giorno ho quasi incontrato la mia fine, ma Dio ha chiuso la bocca della morte e mi ha salvato dalla sua fame.

polizia indiana

Quindi, almeno per ora, il problema dell'assassino a contratto era finito. Ma nei giorni successivi sono iniziati i problemi con la polizia. Sono andato alla stazione di polizia con mio fratello e con quel (buon) delinquente. Quando sono apparso davanti al capo della polizia locale, questi ha ordinato agli altri agenti di prendermi e portarmi nella stanza degli interrogatori. Mi hanno portato lì; altri agenti stavano già interrogando qualcuno. Mi hanno fatto sedere su una sedia e circa 5 agenti di sono seduti attorno a me con un ufficiale che mi afferrava per il collo, come se fossi un grande criminale. Hanno iniziato il loro interrogatorio e mi hanno minacciato più volte che se non avessi detto loro dove si trovava quella ragazza, mi avrebbero picchiato duramente. È stato un momento molto teso, con la sensazione di essere bloccato in un passaggio stretto e senz'aria. La pressione mentale stava salendo. Eppure, sono rimasto fermo sulla mia posizione che non sapevo nulla di lei.

Dato che continuavo a negare hanno deciso di usare la violenza per farmi accettare quello che volevano da me. Ma mentre stavano per procedere, il capo della polizia del distretto è arrivato per una visita di routine, così gli agenti hanno dovuto abbandonare il loro piano e andare a un incontro con il capo. Quel giorno sono stato nella stazione di polizia fino a sera, anche se non dietro le sbarre. Dopo di che mi hanno lasciato andare a casa, dicendomi di pensare, e di tornare al mattino successivo. Ho visto nella stazione di polizia come picchiavano le persone, ma Dio è intervenuto e mi ha salvato dalle loro mani. Quello che è successo non è stato niente di meno che un miracolo.

Il giorno dopo sono tornato alla stazione di polizia con mio fratello e quell'uomo. Fortunatamente, l'ufficiale responsabile per gli interrogatori non c'era, così ci hanno chiesto di aspettare fino al suo arrivo. Abbiamo aspettato fino a sera, ma non è venuto. Anche se non era venuto quel giorno, la pressione psicologica e le preoccupazioni combattevano nella mia testa rendendo le cose difficili. Abbiamo trascorso così cinque giorni, arrivando alla stazione di polizia al mattino, e aspettando a stomaco vuoto l'ufficiale fino a sera, con la stessa pressione per tutto il tempo. Ogni giorno era come un anno. Il sesto giorno l'ufficiale era lì, ma ancora una volta abbiamo dovuto aspettare fino a sera; la sera ci ha incontrati e ha confiscato il mio passaporto internazionale in modo che non ho potuto lasciare il paese. Sono stato interrogato di nuovo con le stesse domande e risposte. Hanno chiamato i miei amici per sapere se sapessero nulla della questione, ma tutti hanno negato, il che di fatto era vero. Il giorno dopo, quando sono arrivato alla stazione di polizia, i parenti della ragazza erano già lì. Ci sono ancora stati gli stessi interrogatori con gli stessi risultati. Per tutta la settimana, abbiamo cucinato a casa, ma nessuno mangiava. La nostra fame era morta a causa delle tensioni e delle preoccupazioni che avevamo. Mi si spezzava il mio cuore a vedere mia madre piangere per tutto il tempo, e preoccuparsi per tutto il tempo per la sua famiglia. È molto facile soffrire da soli, ma vedere la sofferenza di quelli che ami è un dolore insopportabile. Di sicuro, ognuno di loro ha sofferto incomparabilmente più di me. La mia famiglia, mia madre e mio fratello, erano preoccupati per la mia sicurezza e io per loro. Nel frattempo quella ragazza, rischiando anche la propria sicurezza, è venuta più volte in una città vicina alla nostra per parlare con alti funzionari di polizia e intercedere per la nostra sicurezza, ma questo non ci ha aiutati. Ogni giorno leggevamo salmi, invocavamo Dio e pregavamo insieme, mettendo la nostra fiducia in Dio e offrendo tutta la nostra vita nelle sue mani. Durante tutto questo ho visto la fede di mia cognata, che era pagana prima del matrimonio con mio fratello. Quando speravamo che Dio ci salvasse, lei credeva. Mentre eravamo preoccupati pur essendo nati e cresciuti cristiani, lei confidava in Dio per la nostra sicurezza. Ogni volta ci dava forza dicendo: "perché vi preoccupate? Non accadrà nulla di brutto. Non crediamo nel Dio più straordinario? Abbiate fiducia! Egli è con noi tutto il tempo".

Dopo aver vissuto quindici giorni con una famiglia ortodossa in un altro stato, la ragazza è tornata alla nostra città ed è andata alla polizia sperando che la sua testimonianza ci alleviasse dalle torture, ma è stata presa e portata a casa dai suoi genitori con l'aiuto di poliziotti corrotti. È stata tenuta sotto osservazione e non le è stato permesso di uscire di casa. Abbiamo pensato di aver perso la nostra battaglia, ma Dio aveva previsto qualcosa di diverso. Dopo un mese di silenzio, abbiamo cercato una possibilità. È stata portata a casa di parenti, e là, approfittando di uno spiraglio di cinque minuti, è fuggita; l'ho portata a Delhi, dove un'organizzazione ci ha aiutati legalmente. Durante tutto questo tempo non sono mai riusciti ad aprire un caso contro di me, o a mettermi in prigione, né sono riusciti a porre una mano su di me. Chi li ha fermati e glie lo ha reso impossibile, se non il nostro Dio?

Quando i nostri avversari visto che né gli assassini né la polizia hanno potuto avere successo, si sono rivolti alla magia nera. Qualcuno potrebbe ridere, ma lasciate che vi dica che la magia nera in India non è un'illusione ottica; si tratta di una cosa molto reale, di fronte alla quale il voodoo e la wicca impallidiscono. C'è un forte dominio dei demoni e io ho assistito alle loro attività. I nostri vicini si sono rivolti a molti maghi neri, ma quando essi non sembravano avere successo, si sono rivolti al più potente, più infame praticante di magia nera che potevano trovare. Questo stregone è tristemente noto per l'uccisione di persone con morti dolorose per mezzo dei suoi poteri demoniaci, ed è stato impiegato per uccidermi. Hanno iniziato a fare tutta una serie di cose di magia, appendendo bambole vicino a casa nostra e mettendo scritte di incantesimi intorno alla mia casa, ecc. Quando i nostri altri vicini lo hanno visto, hanno suggerito che ci servissimo di un altro mago per contrastare e invertire il loro attacco, ma mia madre ha detto loro, "ci è proibito usare la magia e vendicarci, e, per quanto riguarda la protezione, il nostro Dio è più che sufficiente per proteggerci dai loro attacchi". Devo ammettere che di fatto abbiamo lottato contro i nostri avversari quando ci attaccavano, pregando insieme per loro, per il loro perdono, leggendo salmi e pregando Dio e chiedendo ai santi le loro intercessioni. So che non sono state le nostre preghiere e suppliche, ma l'amore di Dio che ci ha protetti. Durante tutto questo tempo di tribolazione, la presenza di Dio era più reale per noi che la presenza l'uno dell'altro; egli era più vicino a noi delle nostre anime, era più visibile nei suoi atti invisibili di quanto noi eravamo gli uni agli altri attraverso i nostri occhi, il suo conforto era indicibile, la sua misericordia era indescrivibile. Ora credo che siamo veramente "consolati da Dio", che in realtà è il mio cognome. La ragazza che è divenuta il veicolo di Dio per la manifestazione della sua gloria è diventata in seguito mia moglie. Le abbiamo dato il nome ortodosso della grande martire d'Egitto, santa Caterina d'Alessandria, per le loro simili lotte per Cristo.

Non è facile per me esprimere a parole il trauma psicologico che abbiamo sofferto in quell'anno. Ma ora penso che ci siamo preoccupati tanto invano. Per tutto il tempo Dio ci stava dicendo, calmati, e sappi che io sono Dio (Sal 46:10). Quando abbiamo letto i salmi non li abbiamo semplicemente letti, li abbiamo letteralmente vissuti. Era come se i salmi fossero stati scritti solo per noi, tenendo presente la nostra situazione. Dio ci ha parlato costantemente attraverso la sua parola, ci ha incoraggiati e ci ha rafforzati. Ci ha ricordato che il Signore è un guerriero; il Signore è il suo nome. (Es 15: 3) I nostri avversari erano persone ricche, avevano potere politico, influenza sulla polizia e sui teppisti e anche la magia nera, e noi eravamo il loro esatto contrario. Noi non avevamo i soldi per dare tangenti a qualcuno, avevamo amici in politica, non avevamo familiarità con la polizia o con i teppisti. Non eravamo in alcun posto sulla scala della potenza in confronto con loro, ma nonostante tutto questo avevamo il Santo d'Israele. L'apostolo Giovanni ci ha ricordato, colui che è in voi è più grande di colui che è nel mondo. (1 Giovanni 4: 4) abbiamo creduto, Il Signore degli eserciti è con noi; il Dio di Giacobbe è la nostra fortezza. (Sal 46:11) ed egli ha davvero combattuto per noi come nessun altro, come disse Mosè: "Il Signore combatterà per voi, e voi sarete tranquilli". (Es. 14:14) Abbiamo letteralmente visto la fedeltà delle promesse: Con le sue spalle ti adombrerà e sotto le sue ali spererai; la sua verità ti circonderà di uno scudo. Non temerai lo spavento notturno, la freccia che vola di giorno, quanto si aggira nella tenebra, l'assalto del demonio meridiano. Mille cadranno al tuo fianco e diecimila alla tua destra, ma a te non si avvicinerà. Solo osserverai coi tuoi occhi e vedrai la retribuzione dei peccatori. Poiché tu, Signore, sei la mia speranza: hai fatto dell'Altissimo il tuo rifugio. Non si accosterà a te alcun male, né flagello si avvicinerà alla tua tenda. Perché per te comanderà ai suoi angeli di custodirti in tutte le tue vie. Sulle loro mani ti porteranno, perché non inciampi col tuo piede nel sasso. Sull'aspide e sul basilisco camminerai e calpesterai il leone e il drago". (Sal 91: 4-13). Quando abbiamo visto il Signore combattere per noi siamo stati rafforzati dicendo, Se dovessi camminare in una valle oscura, non temerei alcun male, perché tu sei con me. Il tuo bastone e il tuo vincastro mi danno sicurezza. Davanti a me tu prepari una mensa sotto gli occhi dei miei nemici; cospargi di olio il mio capo. Il mio calice trabocca. (Sal 23:4-5) Quando i nostri avversari si sono rivolti ai loro dei e alla magia nera, il Signore ha fatto giudizi sui loro dèi. (Num 33:4) Perché tutti gli dèi pagani sono demoni. (Sal 96:5). E quando il Signore ha compiuto il suo giudizio su di loro, hanno gridato come gli antichi egiziani, fate andare via i figli d'Israele! Il Signore combatte per loro contro l'Egitto. (Es. 14:25) Tutto quello che hanno fatto è stato qualcosa di grande, eppure: Ecco, il Signore passò. Ci fu un vento impetuoso e gagliardo da spaccare i monti e spezzare le rocce davanti al Signore, ma il Signore non era nel vento. Dopo il vento ci fu un terremoto, ma il Signore non era nel terremoto. Dopo il terremoto ci fu un fuoco, ma il Signore non era nel fuoco. Dopo il fuoco ci fu il mormorio di un vento leggero (e il Signore era lì)". (1 Re 19: 11-12). In questo modo il Signore, il nostro Dio ha lavorato in silenzio e nel silenzio li ha fatti tacere. Anche se mi sono state tese trappole di morte, ho trovato in loro la vita. In questo tempo di tribolazione ho visto la fedeltà di Dio, anche se ho rotto il suo patto e l'ho tradito innumerevoli volte, ha mantenuto la sua promessa. Nonostante tutti gli attacchi visibili e invisibili sono ancora vivo senza danno e questa è la prova della fedeltà di Dio, della sua grandezza e misericordia senza limiti al peggior peccatore che abbia mai fatto un passo su questa terra. So che i nostri problemi non sono finiti, ma credo fermamente nella promessa di Cristo, In questo mondo avrete problemi. Ma abbiate coraggio! Io ho vinto il mondo. (Gv 16:33) Che Dio ci dia la forza di vantarci come fece l'apostolo Paolo, (Cristo) ha detto a me, la mia grazia ti basta, perché la mia potenza si manifesta pienamente nella debolezza. Perciò mi vanterò ben volentieri delle mie debolezze, affinché la potenza di Cristo riposi su di me. Per il bene di Cristo, allora, io sono contento nelle debolezze, negli oltraggi, difficoltà, persecuzioni e calamità. Perché quando sono debole, è allora che sono forte. (2 Cor 12:9-10).

indiani ortodossi

In tempi di afflizione, ho pianto per te, o Signore; e al Signore ho fatto una supplica (Sal 30:8). Ascolta, Signore, e abbi misericordia di me: Signore, vieni in mio aiuto (Sal 30:10). Il Signore ha ascoltato la mia supplica; il Signore accoglie la mia preghiera (Sal 6:9). Tu hai mutato il mio lamento in danza: hai tolto il mio abito di sacco, e mi hai rivestito di gioia; la mia gloria sia cantare inni a te, e non tacere. O Signore, mio ​​Dio, ti renderò grazie per sempre (Sal 30:11-12).

Clement e Catherine Nehamaiyah al loro matrimonio, officiato dal vescovo Amvrosij di Peterhof

 
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Prove tecniche di divisione tra pecore e capri

Il richiamo a raccolta del mondo ortodosso russo

dal blog del sito Orthodox England, 26 marzo 2014

Mentre la giunta galiziana installata dagli americani a Kiev continua la sua campagna di suicidio economico del popolo ucraino secondo i criteri del Fondo Monetario Internazionale e dell'Unione Europea, sta anche censurando la televisione russa - un atto inaudito perfino nei paesi dell'Unione Europea. Nel frattempo, l'ex leader dell'Ucraina, Julia Timoshenko, sostenuta dagli americani, appena tornata dalla Germania, ieri ha chiesto che la Russia sia cancellata dalle armi nucleari e che gli 8 milioni di cittadini dell'Ucraina in possesso di passaporti russi siano uccisi per pulizia etnica.

La giunta sta staccando l'acqua e l'elettricità alla Crimea appena liberata. E in Transcarpazia (Rus' Carpatica orientale/Rutenia), i neo-nazisti hanno rapito l'eroico leader nazionale del popolo russino, padre Dmitrij Sidor, e lo hanno portato in una destinazione sconosciuta. Molti temono per la sua vita. Il rapimento non è stato citato dai media occidentali censurati. Nel sud, nord ed est dell'Ucraina, in particolare a Odessa, Kharkov e Donetsk, le popolazioni locali hanno chiesto l'intervento russo per liberarli dalla tirannia e dall'intimidazione della giunta uniata a Kiev.

Può essere che questo non sia necessario, in quanto la giunta è ora in una violenta faida con i membri della cricca antisemita di estrema destra, 'pravy sektor', gli stessi che hanno portato la giunta al potere. Ora La giunta sta cercando di sostituirli con mercenari statunitensi, pagati da Washington. Di fatto la polizia segreta ucraina ha riferito che la Greystone Limited, una società militare commerciale, si occuperà di reprimere i movimenti di protesta in Ucraina. Secondo una fonte citata da ITAR-TASS, la giunta ritiene che non essere in grado da sola di reprimere le proteste e neutralizzare dirigenti e attivisti del movimento filo-russo tra l'83% degli ucraini che parlano russo nella loro vita quotidiana. In particolare, ha detto la fonte, il capo della giunta, il protestante Aleksandr Turchinov, è di questo parere, 'Pertanto, hanno deciso di assoldare mercenari stranieri, che serviranno come polizia politica e tutori della sicurezza dello Stato'.

La fonte ha dichiarato che l'idea di assumere mercenari è venuta dagli oligarchi Igor Kolomoisky e Sergei Taruta, i sedicenti governatori messi dalla giunta nelle province di Dnepropetrovsk e Donetsk. Non molto tempo fa, durante un incontro con Turchinov, hanno discusso un piano per fermare i movimenti di protesta quando Kolomoisky ha osservato, 'Perché reinventare la ruota se ci sono persone reali che sanno come farla e quanto pagare?' Secondo le informazioni open source, Greystone Limited è una consociata di Blackwater, rinominata Academi. Questa ben nota compagnia ha legami con la CIA e con il Dipartimento della Difesa degli Stati Uniti e i suoi dipendenti hanno partecipato alla guerra americana in Afghanistan e in Iraq dopo la caduta di Saddam Hussein nel 2003.

A Mosca, nel programma 'La Chiesa e il mondo' sul canale televisivo Rossija-24, niente meno che il metropolita Ilarion di Volokalamsk, in un cambiamento radicale di atteggiamento, si è lamentato del comportamento degli uniati e dei loro leader, in particolare dell'arcivescovo Svyatoslav Shevchuk, nel sostenere i manifestanti violenti che hanno rovesciato il governo democratico dell'Ucraina nel mese di febbraio. Ha detto che questi leader hanno sostenuto non solo l'adesione all'UE, ma anche una campagna per l'intromissione attiva dei paesi occidentali negli affari interni dell'Ucraina. Ha sottolineato che Shevchuk è stato perfino al Dipartimento di Stato a Washington insieme al 'monaco' sposato scismatico e semi-cattolico Filaret Denisenko e ha chiesto l'intervento degli Stati Uniti in Ucraina. Il Vaticano, ha detto, si è rifiutato di intervenire per disciplinare gli uniati.

Così, nelle sue politiche grossolane in Ucraina, il Vaticano sta perdendo il suo ultimo amico nella Chiesa ortodossa russa. Possiamo concludere che è chiaro che il compito di riunire insieme tutti i fedeli ortodossi russi a livello mondiale continuerà ora ancor più intensamente e che anche coloro che in precedenza avevano illusioni circa i nostri 'amici', sia nella Chiesa ortodossa sia fuori, le stanno rapidamente perdendo.

 

Aggressione euroatlantica contro l'unità della Santa Rus'

dal blog del sito Orthodox England, 27 marzo 2014

Parlare di una 'nuova guerra fredda' tra il mondo laico occidentale e il mondo cristiano russo è assurdo; l'aggressione occidentale della guerra fredda non finisce mai ed è andata avanti per secoli, almeno dall'età di Daniele di Galizia (1205-1255) e di sant'Alessandro della Neva (1221-1263). È vero, a volte tale guerra fredda si riscalda, come nel XIII secolo, come negli anni 1612, 1812, 1854, 1914 e 1941. Oppure, come in questi ultimi anni, con la tentata invasione georgiana della Russia finanziata dagli Stati Uniti e sostenuta dall'Unione Europea nel 2008 e ora la presa di potere finanziata dagli Stati Uniti e sostenuta dall'Unione Europea da parte di neo-nazisti principalmente cattolici in Ucraina nel 2014.

Le radici di questa aggressione, la 'guerra fredda', sono stati seminati oltre mille anni fa, quando quella che era stata la parte occidentale della Chiesa assunse l'ideologia del papismo. Questa ideologia, conosciuta come il Filioque, che legava la processione dello Spirito Santo alle affermazioni del papa di Roma, fece sì che quella che era stata la parte occidentale della Chiesa divenne uno Stato papo-cesarista, dal compito auto-proclamato di conquistare il mondo intero. Questo imperialismo globalista fu ereditato nel XVI secolo da una nuova forza vitale in Occidente, il protestantesimo, che affermava che tutti i credenti di sesso maschile sono papi, non solo uno, 'democratizzando' così il Filioque.

Oggi, e fin dalla sua tanto attesa apparizione negli anni '60, vi è la nuova forza vitale del secolarismo ateo, che afferma che tutti, credenti o no, sono papi, democratizzando così ulteriormente il Filioque e rendendo la fede del tutto irrilevante, presentando uno Spirito Santo che procede da tutta la natura umana, non solo da maschi bianchi, ma anche da atei, pagani, omosessuali, transessuali ecc Quindi il processo di apostasia che è iniziato a Roma tempo fa si è diffuso al di fuori di essa. Roma è stata solo il vettore del virus che porterà all'apostasia finale e alla fine del mondo.

Nell'Ucraina di oggi vediamo come tutte queste forze, il cattolicesimo (nella sua forma uniate), il protestantesimo (il nuovo presidente autoproclamato), l'ateismo laicista (nell'ideologia che governa tutte queste marionette), e anche la 'ortodossia' scismatica e apostata (sotto il 'monaco' sposata Denisenko che concelebra con i cattolici) si uniscono in un fronte completo di apostati. Tutti i filioquisti sono insieme, tutti uniti, tutti pronti ad accettare il governo dell'Anticristo, fintanto che l'Occidente li ricompensa con il loro giocattolo del nazionalismo ucraino.

Ieri a Bruxelles il presidente Obama, lo stesso leader apparentemente musulmano decaduto del collettivo dei capi di stato atei e agnostici dell'Europa occidentale, ha fatto una chiara dichiarazione di nudi intenti aggressivi contro il mondo cristiano. Ha chiesto lo stazionamento di più truppe NATO in tutta l'Europa orientale, ha affermato che il diritto è nella forza e che una grande potenza bullista (gli Stati Uniti) ha il diritto di prendere in consegna un piccolo paese in bancarotta (l'Ucraina), con la giunta di burattini che vi ha messo al potere. Così, in un discorso pieno di menzogne ​​storiche, il presidente degli Stati Uniti ha negato la libertà e la democrazia, il diritto all'autodeterminazione, di decine di milioni di piccoli russi e carpato-russi, ora sotto il giogo della giunta euroterrorista a Kiev.

Seminare discordia tra cristiani ortodossi, usando il nazionalismo come la spada con cui governare e dividere, è sempre stata la tecnica occidentale. Così, nei Balcani, quasi un secolo fa, ha cominciato a staccare il piccolo e debole, anche se antico, mondo greco-ortodosso dal resto del mondo ortodosso, sperimentando il successo a Costantinopoli sovvenzionata dagli anglicani e in Grecia, Cipro, Alessandria e Antiochia controllate dai britannici. Poi sotto il patriarca massone Miron, ha cercato di tirar via la Romania latina dall'orbita cristiana ortodossa. Oggi nell'Unione Europea opera con ardore nella stessa direzione in Bulgaria, nella bombardata, molto divisa e corrotta Serbia e in questo stesso momento nel regime fantoccio dell'Ucraina.

Così, usando la debolezza del nazionalismo per dividere il 'ventre molle' del mondo ortodosso (nazionalismo per il quale poi rimprovera l'Ortodossia!), l'Occidente spera di mandare all'aria il Concilio inter-ortodosso, che può aver luogo già nel 2016. Ora è il momento della prova. Se a quel Concilio i semi-modernisti rappresentanti delle Chiese locali finanziate dall'Occidente non torneranno alla pienezza della tradizione cristiana ortodossa, per esempio per quanto riguarda l'ecumenismo, il calendario liturgico e altre pratiche, questo finirà per non essere affatto un Concilio, ma solo una conferenza fallita. Spetterà quindi alla Chiesa russa di organizzare un vero e proprio Concilio, a cui parteciperanno tutti i vescovi di tutte le Chiese ortodosse locali libere.

L'aggressione euroatlantica contro l'unità della Santa Rus' significa una chiara scelta tra il laicismo occidentale e il cristianesimo ortodosso. Voi da che parte state?

 
Un patriarca che serve come cantore

Il sito ufficiale del Patriarcato di Mosca ha dedicato un paio di pagine alla partecipazione del patriarca alle prime funzioni quaresimali presso due monasteri femminili stavropegiali (termine che indica le dipendenze dirette del patriarca): lunedì 18 marzo, al convento della Concezione a Mosca, e martedì 19 marzo, al convento della Santa Protezione a Khot'kovo.

    

Richiamiamo l'attenzione sulle due interessanti immagini che il servizio stampa del Patriarcato ha scelto: in entrambe si vede sua Santità al coro, impegnato come qualsiasi cantore o lettore. Le immagini sono importanti, e non sono affatto semplicemente di figura: capita spesso, infatti, nella Chiesa russa, che un vescovo non altrimenti impegnato nella funzione si metta a servire con semplicità al leggio come cantore o lettore, talvolta per dare egli stesso l'esempio di come svolgere gli offici divini, talvolta solo per sottolineare quale grande importanza ha l'innografia nel culto ortodosso.

 
Cinque lezioni spirituali dal coronavirus

Non vi è alcun evento nella memoria recente che abbia modellato la vita e le prospettive delle persone in tutto il mondo tanto quanto lo scoppio del coronavirus del 2020. Alcuni lo hanno paragonato all'impatto psicologico e politico di una guerra mondiale. Sebbene ciò possa essere vero, queste sono ancora considerazioni passeggere: le lezioni più grandi – e molto più importanti – del coronavirus per la Chiesa ortodossa di ogni tempo e per il mondo in generale sono le lezioni spirituali. Sono le lezioni spirituali che, se sono apprese, guariranno le anime degli individui e delle nazioni in un modo che durerà nell'eternità. Se non sono apprese (come ricorda il vecchio adagio), Dio attraverso la storia le ripeterà, ancora e ancora, se necessario, per risvegliare le anime dell'umanità usando i mezzi più comuni ed efficaci che Dio ha sempre usato: il pentimento attraverso la sofferenza.

Qui discuteremo cinque lezioni principali del coronavirus per le vite spirituali dei fedeli e per la vita della Chiesa ortodossa nel suo insieme.

La mia fede vive a casa mia?

La maggior parte delle persone ha vissuto una vita limitata a causa del coronavirus. Isolata a casa, la vita ha messo a nudo ciò che avevamo e ciò che ci mancava in termini di radici spirituali. Sebbene le risorse elettroniche e online offrano un po' d'aiuto, queste non sono vive: dipendono tutte da persone reali per metterle in pratica.

Questo espone ogni sorta di lacune nella nostra vita cristiana: noi preghiamo, come parte normale della nostra giornata? Magari conosciamo le preghiere? Io faccio lo sforzo di contattare il mio sacerdote quando non riesco semplicemente ad andare in chiesa? Quando non riesco a sentire una predica della domenica, da dove ricevo l'insegnamento spirituale? Online? La fonte è fedele, o addirittura è veramente ortodossa? Andare in chiesa è l'unica volta in cui preghiamo o pensiamo a Dio e al vero scopo della nostra vita? Viviamo come se Dio e i suoi propositi fossero reali? La vita e la pratica spirituale permeano la nostra famiglia?

Per quelli che hanno responsabilità familiari, se non abbiamo investito tempo e sforzi per modellare la nostra casa in questo modo, qual è il nostro piano ora per cambiare le cose? Questa prima lezione critica e personale: la mia fede vive a casa mia? – è gravemente ostacolata dalla realtà che per molte persone il periodo della crisi del coronavirus è stato trascorso in una combinazione di inattività fisica, o in ricreazione ed evasione. Lungi dall'essere un periodo ideale per acquisire forza spirituale (nonostante si sia verificato nel bel mezzo della Grande Quaresima), troppo spesso, il periodo del virus ha visto le persone trascurare la loro condizione spirituale, cadere vittima di Internet, cibo da conforto, videogiochi e film. Nonostante tutti i discorsi su come trasformare ogni casa in una "piccola chiesa", troppo spesso questa volta a casa è diventata un'opportunità persa, sebbene non una lezione persa, per coloro che avrebbero imparato da essa.

Abbiamo qualche re al di fuori di Cesare?

L'inizio della pandemia ha visto il mondo ortodosso diviso in due gruppi: quelli determinati a mantenere aperte le chiese e le funzioni il ​​più a lungo possibile – anche se ciò significava resistere allo stato – e quelli che hanno anticipato lo spirito del momento e hanno rapidamente chiuso le chiese e vietato le funzioni.

In generale, si potrebbe tracciare una divisione tra i paesi a maggioranza ortodossa che hanno avuto una recente esperienza di governi totalitari, rispetto a quelli dell'Occidente liberale e laico che non riescono a immaginare che un tale regime sia mai possibile. Quelli che provengono da paesi totalitari o un tempo totalitari – gli ex stati sovietici, i Balcani, la Grecia, la Romania, la Georgia, la Cina e altri – sembrano non avere problemi nel riconoscere la grande responsabilità e la necessità di leadership da parte dei pastori della Chiesa in tempi come questi. In generale, le persone nate e cresciute in Occidente non hanno imparato la stessa lezione.

Mentre pochi si opporrebbero alla necessità di precauzioni sanitarie contro una pandemia in tutto il mondo, la Chiesa ortodossa viene lasciata di fronte a una domanda critica che attinge alla sua recente esperienza di persecuzione: fino a che punto i leader ecclesiastici (vescovi e sacerdoti) sono disposti a prendere posizione opponendosi ripetutamente a un governo secolare in difesa della libertà religiosa? Ci sarebbe bisogno di un divieto di visite in ospedale affinché ciò accada? Ci sarebbe bisogno della chiusura delle chiese per tre mesi? Per sei mesi? Per un anno?

E se i leader ecclesiastici impiegassero così tanto tempo a riconquistare lo spirito per resistere alle autorità civili, poi resisterebbero? I cristiani ortodossi in Occidente sono semplicemente troppo a proprio agio con qualsiasi "nuova normalità" secondo cui chiunque all'interno della Chiesa che abbia preso una simile posizione non solo sarebbe strano, ma sarebbe in realtà criticato e attaccato dall'interno della Chiesa ortodossa in Occidente ?

Non spetta ai fedeli dimostrare che le liturgie pubbliche e i santi misteri sono essenziali: spetta ai vescovi difendere i fedeli. Ciò è particolarmente vero nei casi in cui lo stato invade gradualmente e sempre più tale libertà.

Tutte le crisi sono opportunità. Ci sono nei circoli ortodossi che investono investono molta energia in vari dialoghi con gli eterodossi. Una crisi come questa è stata ed è l'occasione perfetta per cooperare su una questione profonda e fondamentale della libertà religiosa: l'apertura delle chiese. I vescovi ortodossi avrebbero potuto prendere (e dovrebbero ancora prendere) l'iniziativa e stare insieme ai cattolici romani e ad altri e chiedere che le stesse regole che si applicano all'apertura di negozi di liquori e servizi del lotto si applichino alle chiese. Perché non lo fanno ora?

La nostra seconda lezione spirituale dal coronavirus deve essere questa: il nostro re è Dio o Cesare – il nostro governo civile?  E quando il nostro governo civile si opporrà al libero esercizio della fede cristiana storica, ci armeremo di coraggio cristiano e lo affronteremo, o ci uniremo semplicemente al richiamo a essere "buoni cittadini"?

Temiamo la morte più di Dio?

La singola più grande motivazione durante la crisi del coronavirus è stata la paura: non la fede, non la politica e nemmeno la scienza. Eppure la paura – specialmente la paura della morte – è l'esatto opposto dell'insegnamento del Signore:

E non abbiate paura di quelli che uccidono il corpo, ma non hanno potere di uccidere l'anima; temete piuttosto colui che ha il potere di far perire e l'anima e il corpo nella Geenna (Matteo 10:28).

Il panico tra chi deve guidare e prendere decisioni – compresi quelli nella Chiesa – è stato imbarazzante, ma perché è successo? Dovremmo aspettarci questo da persone di mentalità secolare che non credono in Dio o che credono che questa vita sia tutto ciò che abbiamo. Tuttavia i cristiani sanno che questo non è vero: tutta la nostra vita e tutte le nostre decisioni sono basate sulla speranza nella vita eterna. Questo è il motivo per cui scegliamo i nostri vescovi tra i monaci e li facciamo assistere da un consiglio di altri vescovi che sono anch'essi monaci – non da uno staff di rappresentanti assicurativi, avvocati, assistenti amministrativi, esperti sanitari e burocrati a vita.

Almeno, è così che dovrebbe essere.

Nel mezzo del coronavirus, molte giurisdizioni della Chiesa si sono fortemente appoggiate a rappresentanti assicurativi, avvocati, assistenti amministrativi, esperti sanitari e burocrati a vita per prendere decisioni sulla vita della Chiesa, senza che si vedesse un circolo di anziani spirituali stagionati. Il risultato? Il nostro consiglio di esperti secolari ha consigliato alle nostre autorità – sia politiche che all'interno della Chiesa ortodossa – di temere la morte più di Dio e di pianificare di conseguenza.

Ed è proprio quello che hanno fatto.

La terza lezione che potremmo trarre dal coronavirus è questa: il consiglio di esperti secolari non sarà di alcun aiuto di fronte al trono del Giudizio – potrebbero anche sbagliarsi sulle cose di questa vita. Presto moriremo tutti, qualunque cosa accada. L'unica domanda è se ci comportiamo come cristiani o no mentre siamo qui.

Evangelismo duro, conversione dura

Il virus ha messo alla prova la serietà dei cristiani ortodossi. Durante questo periodo, molti fedeli hanno rafforzato le loro preghiere a casa, hanno ricevuto i santi misteri come meglio hanno potuto e hanno cercato modi per servire gli offici quaresimali senza interruzione. Al contrario, ci sono molti che sono passati completamente a guardare le funzioni online, diventando spettatori della Grande Quaresima piuttosto che partecipanti. Ciò suggerisce che, quando il tempo del virus finirà, emergeranno due gruppi nella Chiesa: uno più profondo, più forte e meglio radicato nella pratica tradizionale della propria fede ortodossa, più preparato a sopravvivere alle sfide degli anni a venire, e un secondo gruppo che si sente a disagio quando la vita ortodossa non assomiglia a una vita confortevole e secolare – facilmente accessibile online, nei negozi, senza lotta o resistenza, e al semplice clic di un tasto.

Le implicazioni per l'evangelizzazione nella Chiesa ortodossa sono evidenti.

Il periodo del virus ha rivelato quanto poche persone nella società occidentale siano davvero all'altezza del lavoro che comporta l'essere cristiani. Negli ultimi decenni, sono stati dedicati molto tempo e molti sforzi per rendere le chiese confortevoli per chi potrebbe essere interessato a entrarvi: il movimento protestante di "attenzione ai ricercatori" degli anni '90 si basava su tale idea. Tale sentimento ha infettato anche molte parti della Chiesa ortodossa, dove non esiste un prezzo troppo alto da pagare per evitare di offendere i visitatori o gli interessati. Ciò è in netto contrasto con il triennio del catechismo della Chiesa primitiva, in cui quelli che si preparavano al battesimo non solo erano istruiti, ma addestrati ad avere radici così profonde di fede in Cristo, da essere pronti ad affrontare il martirio.

Oggi viviamo troppo spesso in un ambiente che esita a far sì che i visitatori trovino la Chiesa diversa dalla loro camera familiare.

La vita ecclesiale senza intrattenimenti è difficile: richiede qualcosa da ogni persona. Le chiese chiuse durante la Settimana Santa hanno significato che gli ortodossi hanno dovuto prendere la propria croce per officiare essi stessi le funzioni: quelli che lo hanno fatto possono attestare le grandi benedizioni che ciò ha portato. Sanno anche che pochi dei loro amici e familiari sono pronti a compiere un viaggio spirituale così intenso: è molto più facile convincere le persone a guardare un video su YouTube. Si può già vedere l'emergere di una pseudo-Ortodossia economica, sostitutiva, che sarà molto attraente per le persone con abitudini e gusti moderni. L'isolamento a causa del virus lo ha reso evidente. Sfortunatamente, sarà allettante per il clero e per i laici provare a vendere quest'Ortodossia di plastica agli estranei come un modo semplice e meno impegnativo per "entrare nella Chiesa" – pensando di ottenere la pienezza della fede dei santi e dei martiri, pagando solo una frazione del costo personale.

La quarta lezione che il coronavirus ci insegna è che la Chiesa include necessariamente coloro che sono rafforzati dalla lotta – e allo stesso tempo perde necessariamente coloro che la rifiutano. Ciò significa che le chiese saranno più piccole e che i suoi chierici e i suoi fedeli dovranno abituarsi a vedere gli interessati allontanarsi dal cristianesimo ortodosso quando non ottengono risultato semplice e facile che vorrebbero.

La Chiesa ortodossa è inutile?

Una chiesa che è considerata inutile in un momento di crisi come questa è anche inutile in tempi normali.

Qual è lo scopo di una chiesa durante i periodi normali? Ci sono posti migliori dove avere un club sociale, un gruppo di discussione intellettuale, una scuola o un centro per alleviare la povertà. La funzione distintiva della chiesa è il luogo in cui vengono offerti i santi misteri, al fine di curare le anime (le preghiere vanno di pari passo con questo: se le chiese fossero solo per le preghiere, si potrebbe pregare a casa e vendere gli edifici delle chiese).

La maggior parte della società moderna già ririene che la funzione centrale della Chiesa – i santi misteri – non abbia alcun uso pratico e che sia inefficace per tutto tranne che per far sentire le persone meglio, psicologicamente. Per questo motivo, molte parrocchie ortodosse seguono il modello protestante di rendersi "rilevanti" per le persone secolari offrendo servizi (come affitti di locali, club, classi e opere di beneficenza) che secondo tali persone renderebbero la Chiesa "utile". Alcuni ortodossi (anche sacerdoti) spendono la maggior parte delle proprie energie in attività come queste, portandoli a credere di essere cristiani ortodossi molto attivi – quando in realtà non lo sono, almeno non senza la vita liturgica della Chiesa ortodossa.

Storicamente, i cristiani ortodossi hanno fatto tutto il possibile per riunirsi a ricevere i santi misteri. Anche nei giorni più bui dell'Unione Sovietica o dell'Impero Ottomano, i nemici della Chiesa permisero almeno ad alcune chiese di operare. Quelli che avevano troppa paura per frequqntarle potevano organizzarsi per comunicarsi clandestinamente ai santi misteri, per ricevere il santo battesimo in una casa privata o incontrarsi in una remota foresta per la santa unzione. Anche durante i periodi di peste, le autorità della Chiesa non hanno chiuso le chiese: al contrario, hanno reso i santi misteri più accessibili – prendendo alcune precauzioni se c'erano vite a rischio – ma usando sempre il potere celeste della Chiesa di Cristo per la sua vera funzione.

Le autorità – sia ecclesiali che laiche – sono riuscite a ottenere nelle poche settimane del coronavirus ciò che la Roma pagana, i musulmani turchi, i sovietici e gli ustashi fascisti hanno solo potuto sognare di fare: chiudere ogni singola chiesa ortodossa nel giro di pochi giorni. Le nazioni a maggioranza ortodossa si sono opposte a questo; gli ortodossi in Occidente generalmente si sono adeguati, o hanno addirittura cooperato.

Questa conformità molto insensata (o malvagia) avrà probabilmente una conseguenza imprevista, un messaggio, inviato alle persone all'interno e all'esterno della Chiesa, che a differenza di ogni singolo esempio dato dai santi in un momento di peste o di crisi, ci sono oggi nella Chiesa ortodossa quelli che credono che il potere di Dio nella Chiesa sia inutile contro questo grande male.

Questa è ovviamente una menzogna. Eppure è il messaggio implicito.

Quale messaggio si inviaa quando le chiese ortodosse sono chiuse nel mezzo di un disastro sociale di qualsiasi tipo? Sia per i fedeli che per i laicisti, quando ci si comporta così il messaggio è chiaro:  la singola funzione unica della Chiesa – i santi misteri – non è essenziale e addirittura neppure utile nel mezzo di una crisi.

Vescovi, chierici e fedeli ortodossi in alcuni altri paesi lo comprendono. Questa quinta lezione è forse la lezione più fondamentale che i cristiani ortodossi in Occidente – specialmente in Nord America – devono ancora imparare. Fino a quando non lo facciamo, non possiamo dire di pensare come cristiani ortodossi.

Resta da vedere se il blocco del coronavirus sarà sufficiente per farlo capire ai fedeli qui – o se Dio permetterà molti altri cicli di tali lezioni perché questo significato sia compreso.

L'arciprete Geoffrey Korz è parroco a Hamilton, nell'Ontario, in Canada.

 
Горе вам, книжники и фарисеи

Почему Папа Римский поехал в Стамбул, а не в Фергюссон? …

Папа Римский Франциск посетил Турцию. Это удивительно, ведь Турция – страна, где у него исторически никогда не было никакой паствы или юрисдикции. Поскольку он был в стране не для того, чтобы навестить живущую там горстку католических дипломатов и иностранцев, его поездка носила не духовный, а политический характер. Несмотря на то, что пиар-советники папы (а за ними - и несвободные, этноцентричные Западные СМИ) объявили, что его визит состоялся чисто по религиозным причинам, мы можем предположить, что действительно стояло за этим посещением.

После недавнего визита папы в «Европарламент» в Страсбурге к марионеткам-еврокомиссарам и его недавних контактов с американскими политиками, вполне можно подозревать, что визит Франциска подготовлен его хозяевами из США. Иначе понтифик поехал бы в Фергюсон, где действительно есть католики среди местных жителей и где сегодня срочно нужна помощь пастыря. По нашему мнению, папский визит в Турцию преследовал две цели.

1. Не допустить, чтобы турецкое правительство, некогда проевропейское и проамериканское, скатилось в исламизм. Последнее кажется возможным, принимая во внимание поддержку им терроризма, осуществляемого против Сирии, и сегодняшний отказ от нападения на «Исламское Государство Ирака и Леванта».

2. Договориться о дальнейшей униатизации остатков греческого православного населения Стамбула для его окончательного растворения в ватиканской «мясорубке».

Вторая цель хотя бы частично подтверждается имевшим место на прошлой неделе посещением греческого Православного Патриарха в Стамбуле вице-президентом США Джозефом (Джо) Байденом, который дал указания на предстоящий визит папы. Ибо, вопреки канонам Православной Церкви, запрещающим назначение епископов светскими властями, с 1948 года Константинопольский Патриархат фактически управляется Вашингтоном.

Здесь мировые политические брокеры пошли «не в ту степь». Патриарх Варфоломей I – не «духовный лидер трехсот миллионов православных христиан», как сообщили несведущие Западные СМИ. На самом деле, в мире насчитывается примерно 215 миллионов православных христиан, из которых 164 миллиона пребывают в лоне Русской Православной Церкви, а Патриарх Варфоломей – всего лишь (весьма оспариваемый) представитель небольшой группы из 3 миллионов православных греков, живущих в основном за пределами Греции и Кипра – в основном, в США.

Несмотря на фантазии, очевидно, необразованных чиновников из Госдепа США, представляющих Патриарха Варфоломея политической пешкой, способной отобрать Украинскую Православную Церковь у многонациональной Русской Церкви и тем самым ее подорвать, крошечный Греческий Патриархат в Стамбуле не имеет большой значимости в современном мире, да и, по сути, с самого 1453 года.

Что же касается первой цели, папский визит, несомненно, принес больше вреда, чем пользы. Папа Франциск высказался против исламистского насилия (за которое частично ответственны тысячи рожденных в Европе мусульман и которое большей частью спонсировалось союзниками США – Катаром и Саудовской Аравией). Мы тоже решительно осуждаем все формы насилия, включая исламистское. Но, в отличие от папы, мы также решительно осуждаем насилие Запада. Ирак, Афганистан и Ливия никогда не завоевывали Запад. Наоборот, это Запад их завоевал и уничтожил сотни тысяч, если не миллионы жителей этих государств. Что касается Ирака, Запад даже завоевывал его дважды, а сейчас вмешивается уже в третий раз. Это то же самое лицемерие, что и с Крымом. Запад завоевывал его два раза: первый раз в 1854 году (по благословению тогдашнего Римского папы), второй раз – в 1941 году, а сейчас планировал снова вмешаться и установить там базу НАТО в Севастополе, чтобы угрожать России.

Речь Папы Франциска против насилия исламистов звучит очень странно в свете того, что папа является представителем организации, которая сама виновна в гибели сотен тысяч мусульман (и православных христиан) в учиненных ею (Католической Церковью) кровавых крестовых походах. Другими словами, Римский папа представляется родоначальником Западного насилия против мусульман (и против Православной Церкви). Таким образом, мы считаем, что нет менее подходящего кандидата для призыва к прекращению исламистами насилия, чем этот «всемирный» папа, который в ходе своего визита почтил память основателя современного турецкого государства - Мустафы Кемаля Ататюрка, в какой-то мере ответственного за гибель примерно двух миллионов греческих и армянских христиан.

Только когда Западные и поставляемые Западом бомбы, снаряды и пули перестанут разрывать на части тела невинных исламских мужчин, женщин и детей во всем Ближнем Востоке, фанатичные исламисты прекратят в отместку проливать кровь не-исламистов. «Горе вам, книжники и фарисеи, лицемеры, что уподобляетесь окрашенным гробам, которые снаружи кажутся красивыми, а внутри полны костей мертвых и всякой нечистоты; так и вы по наружности кажетесь людям праведными, а внутри исполнены лицемерия и беззакония» (Мф. 23: 27-28).

 
La Chiesa antica venerava le icone?

un iconoclasta rimuove un'icona di Cristo

"Il fatto che ci fossero polemiche sulle icone ben addentro al IX secolo non è la prova che la Chiesa primitiva non venerava le icone?"

Vi sono state davvero controversie in tempi diversi, in particolare le controversie iconoclastiche dell'VIII e del IX secolo, ma queste polemiche si sono concentrate principalmente sulla questione se fosse in ogni caso possibile avere delle icone. Anche gli iconoclasti non si opponevano alla venerazione della Croce, o di altri oggetti sacri. Il loro problema con le icone era che essi le consideravano intrinsecamente discutibili, indipendentemente dal fatto che fossero venerate o meno. In realtà, non c'è mai stato alcun movimento di cristiani che accettasse l'iconografia, ma ne respingesse la venerazione, prima della riforma protestante.

È un dato di fatto che solo 30 anni prima della prima polemica iconoclasta le icone non erano una questione controversa, come dimostra il fatto che il Concilio in Trullo ha emanato un canone circa il contenuto di certe icone, canone che non mostra alcun accenno alla realizzazione delle icone come a una questione in alcun modo controversa:

"In alcuni dei dipinti delle venerabili icone, è raffigurato un agnello che è indicato dal dito del Precursore, e questo è raffigurato come un tipo della grazia, che suggerisce in anticipo attraverso la legge il nostro vero agnello, Cristo nostro Dio. Pertanto, pur abbracciando ardentemente gli antichi tipi e ombre come simboli della verità e previsioni tramandate alla Chiesa, noi preferiamo la grazia, e la accettiamo come la verità che adempie la legge. Poiché dunque ciò che è perfetto, anche se è solo dipinto, è impresso sul volto di tutti, l'Agnello che toglie il peccato del mondo, Cristo nostro Dio, per quanto riguarda il suo carattere umano, noi decretiamo che d'ora in poi sia impresso lui nelle icone invece dell'antico agnello: così per mezzo di lui ci sia consentito di comprendere il motivo dell'umiliazione di Dio il Verbo, e siamo condotti per mano, per così dire, dal ricordo della sua vita nella carne e della sua passione e della sua morte salvifica e della redenzione del mondo ottenuta in questo modo" (Canone LXXXII del Concilio in Trullo).

Ed è anche un fatto che le testimonianze archeologiche dimostrano l'ubiquità dell'iconografia cristiana fin dai tempi dalle catacombe. Chiaramente chi contestava iconografia era al di fuori del mainstream cristiano. Ciò che ha reso le icone controverse nei secoli VIII e IX è stato l'avvento dell'islam, e il desiderio degli imperatori iconoclasti di riportare coloro che si erano convertiti all'islam all'ovile cristiano – e le icone erano viste come un ostacolo in questo processo. Inoltre non è una coincidenza che gli imperatori iconoclasti provenivano tutti da parti dell'impero in cui l'islam aveva fatto notevoli passi avanti.

Inoltre, uno sguardo più da vicino ai testi della Scrittura dimostra che gli israeliti avevano una vasta iconografia nel tabernacolo e poi più tardi nel tempio. Si potevano trovare immagini di cherubini:

Sull'arca – Esodo 25:18

Sulle tende del tabernacolo – Esodo 26: 1

Sul velo del santo dei santi – Esodo 26:31

Nel santuario – 1 Re 6:23

Sulle pareti – 1 Re 6:29

Sulle porte – 1 Re 6:32

E sugli arredi – 1 Re 7: 29,36

Quando si mettono insieme tutti questi riferimenti, è chiaro che nel culto israelita c'erano icone ovunque uno si voltasse.

Ma alcuni obietteranno: "inchinarsi davanti a un'icona e baciarla non è proibito dal secondo comandamento?" Il problema per quanto riguarda il secondo comandamento è che cosa significa la parola tradotta con "idoli". Se significa semplicemente immagini scolpite, allora le immagini nel tempio sarebbero una violazione di questo comandamento. La nostra guida migliore, però, al significato delle parole ebraiche, è che cosa significavano per gli ebrei; quando gli ebrei hanno tradotto la Bibbia in greco, hanno tradotto questa parola semplicemente come "eidoloi", vale a dire "idoli". Inoltre, la parola ebraica pesel non è mai usata in riferimento a una qualsiasi delle immagini nel tempio. Così chiaramente il riferimento è alle immagini pagane piuttosto che alle immagini in generale.

Diamo un'occhiata a ciò che il secondo comandamento dice in realtà:

"Non ti farai alcuna immagine scolpita (cioè idolo), né immagine alcuna di ciò che è nel cielo, o che è sulla terra, o che è nelle acque sotto la terra. Non ti prosternerai davanti a loro e non le adorerai... "(Esodo 20: 4-5).

Ora, se prendiamo questo passo come riferimento alle immagini di qualsiasi tipo, allora è chiaro che i cherubini nel tempio violano questo comandamento. Se lo limitiamo solo agli idoli, non esiste alcuna contraddizione. Inoltre, se questo vale per tutte le immagini – allora anche la foto sulla patente di guida la viola, ed è un idolo. Quindi, o diciamo che ogni protestante con una patente di guida è un idolatra, oppure che le icone non sono idoli.

Lasciando da parte, per il momento, il significato di "immagini scolpite", guardiamo semplicemente a ciò che questo testo in realtà dice di loro. Non farai x, non ti prosternerai a x, non adorerai x. Se x = immagini, allora il tempio stesso viola questo comandamento. Se x = idoli e non tutte le immagini, allora questo versetto non contraddice né le icone nel Tempio, né le icone ortodosse.

Abramo si prosternò davanti al popolo di Hebron (Genesi 23:7,12); i fratelli di Giuseppe si prosternarono davanti a lui (Genesi 42: 6; 43:26, 28); e si potrebbero citare molti altri esempi, che dimostrano che prosternarsi era un'espressione di rispetto, e prosternarsi agli idoli è discutibile solo perché l'oggetto in questione è di fatto un idolo, o l'immagine di una falsa divinità. E baciare cose sacre è un atto molto comune di devozione tra gli ebrei di oggi (vedi: Kissing: An Act of Religious Devotion, del rabbino Hayim Halevy Donin (Da To Pray as a Jew: A Guide to the Prayer book and the Synagogue Service, (New York: Basic Books [Harper Collins], 1980), p. 43n).

Non c'è ragione di supporre che i primi cristiani non si sarebbero ugualmente prosternati davanti alle cose sante e non le avrebbero baciate, come fecero i loro antenati ebrei. E le icone di santi o di scene bibliche avrebbero avuto la stessa venerazione data ai testi della Scrittura.

Per ulteriori informazioni leggete:

Domande e risposte sulle icone

La venerazione della Croce

 
Sant'Aleksandr Nevskij come nuovo san Costantino

Quest'anno ricorre l'800° anniversario della nascita del santo gran principe di retta fede Aleksandr Nevskij. Chierici, personaggi pubblici e accademici rendono omaggio ai suoi meriti, ma parlano soprattutto del carattere conservatore delle sue attività, a volte senza notare che il santo principe Aleksandr Nevskij, che doveva risolvere il problema della conservazione della Rus', fu allo stesso tempo tempo, nel profondo delle sue gesta, il suo restauratore.

A questo proposito, vorrei attirare la vostra attenzione su un episodio della Vita del principe, scritta tra il 1263 e il 1280 dal suo amico e compagno, il santo metropolita Kirill II (che fu anche cronista del principe Daniil di Galizia). Quando torna vittorioso dalla Battaglia sul Ghiaccio e si avvicina alla città di Pskov,

gli abati, i sacerdoti e tutto il popolo lo incontrarono davanti alla città con le croci, e diedero lode a Dio, e cantarono gloria al signore principe Aleksandr, dicendo: "Hai aiutato il mansueto Davide a sbaragliare lo straniero, e il nostro fedele principe, armato della croce, a liberare la città di Pskov da quelli d'altra lingua, per mano di Aleksandr".

Si noti che il testo di questo stichiro si trova nell'officio del santo imperatore Costantino pari agli apostoli (21 maggio), in una forma leggermente modificata.

I ricercatori di solito non hanno prestayo attenzione a questo episodio, e di sbagliano completamente . Sebbene l'usanza di cantare inni trionfali della Chiesa sia caratteristica dell'antica Rus', per esempio, nella Leggenda del massacro di Mamai, dove si dice: "Essi andavano allegramente, esultando, cantando inni: alcuni cantavano alla Madre di Dio, altri ai martiri", questo è l'unico caso in cui uno stichiro dedicato a un santo, in particolare a un imperatore pari agli apostoli, è cantato in onore di un principe vivente. A questo proposito, l'unica conclusione possibile è che il popolo russo, contemporaneo del santo principe di retta fede Aleksandr Nevskij, abbia visto in lui un nuovo san Costantino.

Non si deve andare lontano per provarlo: il santo principe Vladimir, uguale agli apostoli, è chiamato nel Sermone sulla legge e sulla grazia "simile a Costantino il Grande"... E le intersezioni della vita di Sant' Aleksandr Nevskij con le immagini del santo principe Vladimir e dei suoi figli – i santi Boris, Gleb e Jaroslav il Saggio sono abbastanza ovvi. Vale la pena ricordare la visione di Pelgusio: "Fratello Gleb, guidaci a remare, e così aiutiamo il nostro parente Aleksandr" – e anche la preghiera del santo principe prima della battaglia sul ghiaccio:

Il principe Aleksandr alzò le mani al cielo e disse: "Giudicami, o Dio, giudica la mia lotta con le persone ingiuste e aiutami, Signore, come nei tempi antichi hai aiutato Mosè a sconfiggere Amalek, e il nostro bisnonno Jaroslav, il maledetto Svjatopolk".

Vediamo qui la stessa idea del giudizio di Dio come nel Salmo 34: Giudica, o Signore, quelli che mi feriscono, combatti contro quelli che combattono contro di me, con cui il santo principe Aleksandr andò alla battaglia della Neva, e un confronto simile dei crociati con il fratricida Svjatopolk il Maledetto. C'è un'altra immagine qui, presa dall'Esodo: Mosè e Amalek. Da un lato, il principe Aleksandr agisce come difensore della Legge di Dio e della Verità di Dio, e i crociati sono paragonati agli amaleciti pagani, e dall'altro, essendo come Mosè, che tendeva le braccia a forma di croce durante la battaglia, il santo principe Aleksandr è un vero difensore della Croce, a differenza dei sedicenti crociati. [1]

Ma ricordiamo l'apparizione della Croce vivificante a san Costantino prima della battaglia decisiva con l'usurpatore Massenzio sul Ponte Milvio nel 312, quando vide nel cielo la Croce vivificante e udì le parole: "Sotto questo segno vincerai". Durante la battaglia, i suoi nemici annegarono nel Tevere, "come ai tempi di Mosè stesso e dell'antica stirpe degli ebrei, prediletta da Dio, 'Egli gettò in mare i carri e l'esercito del faraone, e travolse i suoi aurighi scelti nel Mar Rosso'." [2] Sia il santo imperatore Costantino che il suo biografo Eusebio considerarono la battaglia di Ponte Milvio come il giudizio di Dio.

Pertanto, il parallelo tra sant'Aleksandr Nevskij e san Costantino il Grande è piuttosto ovvio. [3] Cosa ha significato per i nostri antenati e cosa significa per noi?

1. San Costantino è il fondatore dell'Impero cristiano e dell'Impero "che porta la croce", come viene chiamato nel servizio in suo onore, scritto a quanto pare da san Giovanni Damasceno. L'impero è, prima di tutto, una guaina per la vita del Nuovo Israele, i romani amanti di Dio, guidati dal nuovo Mosè, l'imperatore, il suo capo nella Terra Promessa. Porta il nome di Cristo ed è sotto il segno della Croce. Da ciò si evince che l'Impero cristiano è chiamato alla co-crocifissione e alla risurrezione con Cristo. Di conseguenza, le disgrazie che colpiscono l'impero portano, in un certo senso, il carattere delle sofferenze della Croce e delle sue vittorie, il carattere della celebrazione pasquale.

Se esaminiamo la vita e l'opera del santo principe Aleksandr Nevskij, vedremo che, in primo luogo, durante la sua vita sviluppò il suo regno, che comprendeva quasi tutta la Rus' – Novgorod, Kiev, Vladimir – e che cercò di amministrarlo in modo autocratico, come una specie di tsar. Senza esagerazione, il santo principe Aleksandr può essere considerato il padre dell'autocrazia russa. Ma per lui, il suo potere è una nazione di verità. Ricordiamo le sue parole prima della battaglia della Neva:

Dio non è nella potenza, ma nella verità. Ricordiamo il salmista Davide: Chi si vanta dei carri e chi dei cavalli, noi siamo forti nel nome del Signore nostro Dio. Quelli si piegano e cadono, ma noi restiamo in piedi e siamo saldi (Ps 19:7-8).

La vita di sant'Aleksandr Nevskij ci mostra sia la croce che la risurrezione della Rus'.

2. La tesi "Dio non è nella potenza, ma nella verità" e l'invito di sant'Aleksandr a non entrare nel territorio altrui è un'affermazione di legalità a livello internazionale. Questo è un appello alla legge e alla verità. È profondamente vicino alla coscienza giuridica di san Costantino il Grande, espressa nel suo famoso Editto di Milano. In esso, da un lato, san Costantino fonda le sue azioni sul diritto naturale, facendo appello al buon senso. D'altra parte, il diritto naturale in ultima istanza risale a una fonte soprannaturale. Il monoteismo filosofico dell'imperatore uguale agli apostoli ha chiaramente caratteristiche cristiane.

3. Sant'Aleksandr e san Costantino il Grande sono uniti dal desiderio di preservare la fede ortodossa. Quando l'imperatore fu finalmente convinto della nocività dell'eresia dell'arianesimo, convocò un Concilio ecumenico a Nicea per condannarlo, nonostante tutti i rischi, i problemi e le possibili perdite. Nel 1249 o 1251, i legati Agaldo e Gemone si recarono da sant'Aleksandr, apparentemente con offerte abbastanza favorevoli da parte di papa Innocenzo IV: un'alleanza (anche contro i mongoli) e un aiuto, anche militare. Tuttavia, il santo principe non cedette alle loro lusinghe. Dopo che arrivarono i legati, e dopo aver parlato con loro, si accorse che Roma non aveva intenzione di concedere nulla, che non cercava alcuna verità, che si trattava di semplice sottomissione al papa di Roma e alla sua delusione,

Da Adamo al diluvio, dal diluvio alla separazione delle lingue, dalla confusione delle lingue all'inizio di Abramo, da Abramo al passaggio di Israele attraverso il Mar Rosso, dall'esodo dei figli d'Israele al riposo di Re Davide, dall'inizio del regno di Salomone a quello di Augusto, dall'inizio di Augusto alla Natività di Cristo, dalla Natività di Cristo alla Passione e Risurrezione del Signore, dalla sua Risurrezione all'Ascensione al cielo, dall'Ascensione al cielo e al regno di Costantino, dall'inizio del regno di Costantino al primo Concilio, dal primo Concilio al settimo, tutte queste cose le sappiamo bene, ma non accettiamo alcun insegnamento da voi.

In altre parole, siamo sufficientemente istruiti nella verità divina e non accettiamo altra fede che gli insegnamenti dei sette Concili ecumenici, che la fede latina contraddice. A differenza di Daniele di Galizia, il santo principe di retta fede Aleksandr non si lasciò sedurre dallo splendore della corona e non credette nell'illusorio aiuto dell'Occidente, ma scelse l'unica vera via: l'umiliazione esterna ma la libertà interiore.

Tuttavia, la risposta non è così semplice. In primo luogo, dopo la Natività di Cristo, il "Regno di Costantino" è ricordato come l'inizio di un'era completamente diversa nella vita del cristianesimo, un accenno alla connessione di sant'Aleksandr con l'imperatore Costantino pari agli apostoli. In secondo luogo, sono menzionati i Concili, dal primo al settimo. Ricordiamo che a Bisanzio, nell'Impero Romano, la prerogativa di convocare i concili spettava all'imperatore, usata per primo da san Costantino, che convocò il primo Concilio ecumenico. Pertanto, anche qui, nella menzione fatta dal santo principe dei Concili ecumenici, l'immagine di san Costantino è invisibilmente presente: "Dall'inizio del regno di Costantino al primo Concilio, dal primo Concilio al settimo". E di conseguenza, l'erede di questo regno è il santo principe di retta fede Aleksandr Nevskij.

4. Infine, citiamo un altro parallelo significativo. Sul letto di morte, sant'Aleksandr accettò il monachesimo. Prima della sua morte, san Costantino accettò il Battesimo, che nel IV secolo significava per molti quasi lo stesso segno che l'abito angelico valeva per le persone del XVIII secolo. Entrambi i santi sovrani desiderarono alla fine della loro vita rinunciare a tutte le cose terrene e stare davanti a Dio.

Riassumiamo. Il santo imperatore Costantino, pari agli apostoli, fu un grandioso rinnovatore della vita dell'Impero Romano, ponendolo sotto il segno protettivo della Croce, introducendo in esso leggi cristiane e riunendo concili contro le eresie, sforzandosi di farne un impero cristiano, uno stato di verità, un baluardo di vera fede e rettitudine. Allo stesso modo, il santo principe Aleksandr Nevskij non solo ha preservato la Rus', ma ha anche cercato di radunarla, di rinnovarla come potenza cristiana, come stato ortodosso, dove prevalgono la fede e la verità di Dio.

Nota

[1] Letteralmente "portatori di croce" in russo.

[2] Eusebio di Cesarea, Storia ecclesiastica 9.9.5

[3] Nella battaglia del ghiaccio, i crociati di Livonia ruppero il ghiaccio del fiume Neva mentre indossavano la loro pesante armatura e caddero nelle acque, annegando. Questo fu il momento decisivo per la vittoria di sant'Aleksandr Nevskij.

 
Il miracolo della chiesa del Profeta Elia a Chernobyl

L'unica chiesa aperta nella zona di Chernobyl indica il livello minimo di radiazione

Interfax, 20 aprile 2011

A 25 anni dalla data dell'incidente di Chernobyl (26 aprile 1986), il livello di radiazione nella zona della chiesa del profeta Elia, l'unica chiesa che opera nella zona di esclusione, è ben al di sotto del livello di tutta la zona, dichiarano i liquidatori del disastro di Chernobyl.

"Anche nei più duri giorni del 1986, l'area intorno alla chiesa del profeta Elia era pulita dalle radiazioni, per non parlare del fatto che anche la chiesa stessa era pulita", ha detto il presidente dell'Unione ucraina di Chernobyl, Jurij Andreev, in una videoconferenza tra Kiev e Mosca.

Ora il territorio adiacente alla chiesa ha il livello di base di 6 microroentgen all'ora rispetto ai 18 di Kiev.

Andreev ha anche detto che molti liquidatori del disastro erano atei. "Siamo giunti alla fede dopo aver osservato degli sviluppi, che potevano essere spiegati solo con la volontà di Dio", dice.

In particolare, secondo lui, alcuni secondi dopo l'esplosione nella quarta unità del reattore di Chernobyl, la nube contenente particelle di uranio ha cominciato a muoversi nella direzione di Pripjat, una città situata a circa 1.800 metri dall'impianto. C'era un pino sul percorso (che si trova sulla ben nota icona chiamata il Salvatore di Chernobyl).

"La nube si fermò davanti a questo pino, si divise in due parti per qualche motivo sconosciuto e continuò a spostarsi sui lati sinistro e destro della città invece di coprire le sue zone residenziali. Il livello di radiazione nelle aree di contaminazione era di quattro o cinque roentgen per ora, e la città ha mostrato solo mezzo milliroentgen", ha detto Andreev.

l'albero di pino

Quest'icona è stata dipinta nei primi anni del XXI secolo in ricordo del disastro nucleare di Chernobyl nel 1986. Esso raffigura Gesù Cristo il Salvatore in cielo, circondato da una mandorla, con la mano alzata in una benedizione. Alla destra di Cristo è la Madre di Dio in atteggiamento di  supplica verso suo Figlio, e l'arcangelo Michele alla sua sinistra. Una stella cade su Chernobyl, e ricorda il libro dell'Apocalisse che parla di "assenzio", tradotto in ucraino come "chernobyl". Il pino che ha salvato la città è raffigurato nel mezzo.

 
Nicaragua: i fedeli continuano la costruzione della chiesa della Trasfigurazione

La Chiesa russa all'Estero sta attualmente costruendo la chiesa della santa Trasfigurazione nel Rio Negro ("Fiume Nero"), vicino a Santa Fé, a 34 km da Boaco, in Nicaragua. Sotto la supervisione locale dello ieromonaco Marcos (Calderón), e con il sostegno morale del decanato spagnolo della diocesi dell'American orientale, è la prima chiesa della ROCOR a essere costruita in Nicaragua, un paese la cui popolazione è molto povera. Con la costruzione della chiesa e l'aiuto della Chiesa russa all'Estero, la missione di Rio Negro promette un futuro luminoso per quelli che in Nicaragua desiderano partecipare ai servizi divini ortodossi in lingua spagnola.

Parte dei piani per il futuro della missione comprendono la costruzione sullo stesso sito di un monastero, che fornirà pace spirituale e fraternità per tutti coloro che sentono il desiderio di servire la vita monastica.

Anche se il progetto è stato avviato a livello locale e senza sostegno economico dall'esterno, è solo attraverso le preghiere dei fedeli che è progredito fino a questo punto. Con il vostro continuo sostegno, questo sogno può diventare realtà per i fedeli ortodossi del Nicaragua. Si prega di contattare l'archimandrita Nektarios (Harding) a fathernectarios@aol.com per scoprire come si può aiutare.

 
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Il cristiano più "figo" della Russia

Qual è la definizione di "figo" nella cultura di oggi? Recentemente ho visto un talk show in cui alcune celebrità chimate come esperti stavano dibattendo perché non è "figo" essere cristiani in Occidente. Hanno descritto il disprezzo e lo scherno che incontrano quando si aprono e condividere la loro esperienza di fede e la loro frequentazione della chiesa. Lo capisco in modo vivido, essendo una scrittrice cristiana che partecipa al dibattito pubblico. I cristiani occidentali sperimentano una crescente persecuzione intellettuale e psicologica. Questo è un paradosso in paesi che vantano la loro libertà di parola. Tuttavia, la paura dell'emarginazione sociale significa che molti non osano più parlare apertamente della loro fede in Dio.

I cristiani in Unione Sovietica provavano la stessa paura. Erano stati tenuti fuori dai posti di influenza e alte cariche, e la fede era considerata un disturbo mentale. Ora non è più così, anzi. La Russia moderna trova che sia figo essere cristiani.

Mentre i cristiani sono denigrati in Occidente, figure cristiane sorgono nella cultura russa come nuovi fari di riferimento morali e spirituali.

Uno dei più notevoli di questi fari è il leader dei Lupi della Notte, il più grande club di motociclisti della Russia. Il suo nome è Aleksandr Zaldostanov, soprannominato "Khirurg", ovvero il Chirurgo (la sua professione).

I media occidentali non lo dipingono come un santo, ma come un peccatore del tipo di Quella sporca dozzina. Lo demonizzano per il suo stretto rapporto con il presidente Putin. I Lupi della notte sono raffigurati come "Gli Hells Angels di Putin", perché Putin ha visitato in diverse occasioni il loro club nella parte occidentale di Mosca, ed è apparso accanto al Chirurgo, anche se su una Harley Davidson a tre ruote, in un evento motociclistico a Sebastopoli nel 2010. Inoltre, Putin ha assegnato a Zaldostanov il prestigioso ordine della Medaglia d'Onore per il suo "lavoro attivo nell'educazione patriottica dei giovani" e per i suoi sforzi per preservare la memoria dei caduti nella Grande guerra patriottica, o seconda guerra mondiale, come è nota in Occidente.

In occasione del 70° anniversario della liberazione russa di Berlino, i media occidentali, ancora una volta hanno caricato di connotazioni negative i Lupi della Notte:

La banda dei Lupi della Notte, forte di 5.000 membri, è salita all'attenzione dei titoli internazionali il mese scorso, quando decine di suoi motociclisti hanno tentato di seguire il percorso di 6.000 chilometri dell'Armata Rossa in tutta l'Europa orientale a Berlino per celebrare il 70° anniversario della vittoria della Russia in quella che è conosciuta come la Grande guerra patriottica. Per la stragrande maggioranza i motociclisti, molti con le bandiere sovietiche legate alla loro moto, sono stati costretti a tornare indietro dopo che è stato rifiutato loro l'ingresso in Polonia e Lituania.

La negativa e semplicistica demonizzazione occidentale ha lo scopo di nascondere una realtà completamente diversa. I Lupi della Notte non sono una banda di motociclisti cattivi. Aleksandr Zaldostanov è in realtà uno dei più importanti attivisti cristiani della Russia.

Il cristianesimo non è stato certamente il punto di partenza. Fin dal 1989, Khirug è il leader dei Lupi della Notte, un club di motociclisti con base a Mosca. Inizialmente il club copiava semplicemente i suoi omologhi occidentali. Khirug voleva essere figo e guidare una moto per dimostrare la sua resistenza al comunismo. Dal crollo dell'Unione Sovietica nel 1991, i Lupi della Notte hanno iniziato impegnarsi nell'attivismo sociale per servire la loro comunità, soprattutto tra i giovani. Hanno ricevuto molti riconoscimenti ed encomi per questo lavoro. Negli ultimi anni, l'identità del club ha sviluppato un forte elemento cristiano. Il concetto di base è ora Russkij Put, la via russa, che si propone di usare la subcultura dei motociclisti per far rivivere le tradizioni, la spiritualità e il patriottismo nella società russa. Essere un lupo della notte non significa indulgere in sesso, droga e rock'n roll. Invece, significa sviluppare nuove forme e metodi che permettano di applicare i tradizionali valori spirituali cristiani, in combinazione con le attività necessarie per essere un motociclista russo. Questo include l'organizzazione di numerosi pellegrinaggi annuali. Khirug è passato da essere semplicemente "figo" a essere un cristiano, e poi a ciò che è oggi: un cristiano figo.

L'incapacità dei media occidentali di moderare la loro demonizzazione di Khirug e dei Lupi della Notte come gli Hells Angels di Putin testimonia non solo l'implosione della capacità concettuale occidentale di comprendere personaggi come il Chirurgo, ma anche il fatto che egli è vittima dallo stesso tipo di assassinio del carattere di cui parlavano gli esperti del talk show, semplicemente perché è un cristiano. Inoltre, la democrazia liberale fa guerra aperta ai valori cristiani, siano essi conservatori oppure ortodossi. Tuttavia, i Lupi della Notte reagiscono.

Un venerdì sera del gennaio del 2016, sono stata invitata a partecipare alla popolare festa del nuovo anno per i bambini organizzata dal club presso la loro sede nella parte occidentale di Mosca. All'ingresso, ho visto una grande croce. Di fronte ad essa c'era la figura di un lupo nero dall'aspetto pericoloso, dai denti scoperti. Custodisce la croce e l'ingresso al club.

Quello dei Lupi della Notte è un mondo di uomini. Cumuli di metallo sono saldati in modo da apparire come moto fantasiose, ornate con teste di animali d'acciaio. Insieme con camion, gru mobili e faretti colorati, costituiscono la cornice di uno spettacolo hi-tech altamente professionale. Tuttavia, come donna non mi sentivo fuori luogo. All'interno del club, ci sono croci installate in vari luoghi, e il ristorante, che assomiglia a un parco a tema di fantasia, è ornato con belle immagini di chiese ortodosse. L'importanza della fede cristiana tradizionale fa l'intera differenza. Questa notevole combinazione di mascolinità, forza bruta, metallo e fede cristiana non assomiglia a nulla che io abbia mai visto in Occidente. Eppure, la visita ai Lupi della Notte mi ricorda quanto mi manca questa combinazione. La cultura occidentale è stata totalmente privata di uomini che proteggono e difendono i valori cristiani. Uomini che hanno il coraggio di resistere allo spirito che sopprime i cristiani in Occidente e altrove. Guerrieri spirituali. Uomini capaci e disposti a difendermi e a difendere la mia fede.

Guerra spirituale

Le mie aspettative di ostentazione muscolare non sono deluse. Lo spettacolo inizia con una figura leggendaria del folklore russo che sale sul palco e dichiara l'importanza della preghiera di fronte alle forze minacciose del male.

La struttura narrativa è una toccante favola, in cui una giovane ragazza, Snegurochka (la Fanciulla delle Nevi, personaggio indispensabile della mitologia russa del Capodanno) è salvata dal glorioso Lupo Grigio, che rappresenta la combinazione della tradizionali mascolinità russa e delle forze buone della natura.

La Russia cristiana – la Santa Rus' – che è più un concetto spirituale che un'entità geografica, è sotto attacco. Il nemico non è solo politico, è spirituale.

"Le forze del male includono figure anti-cristiane come avidi capitalisti, seducenti drogati della moda, banali cantanti pop e astuti strateghi stranieri. Sono tutte figure molto familiari agli osservatori delle attività delle ONG in Ucraina e Russia, finanziate da varie agenzie straniere e da miliardari, che hanno fomentato il cambiamento di regime in 2014 Kiev e le atrocità in corso in Ucraina orientale. A queste figure si aggiungono i media liberali russi controllati dall'estero".

Lo spettacolo fa molti riferimenti al cristianesimo, alla morale e all'etica. Le forze del bene si sforzano di accendere e alimentare il fuoco, le forze del male tentano di spegnere la sua luce e il suo calore. La spada che difende e salva la Russia svolge un ruolo chiave. La spada rappresenta la Parola di Dio. La coreografia mostra anche Gesù e i dodici discepoli che celebrano l'Ultima Cena. Essi rappresentano dodici città-eroi russe e la santa Rus'.

I lupi, di solito un predatore aggressivo, rappresentano le forze del bene. Parlano di vincere attraverso l'amore, l'amicizia e la speranza. Parlano delle bugie che opprimono i loro popoli. I lupi trovano la loro forza nella fedeltà alla verità. Rappresentano la potenza buona che si batte per la Russia.

 

Gli ambasciatori di libertà, i diplomatici occidentali, entrano sul palcoscenico guidando carri armati e appaiono vestiti da pecore. La libertà che offrono è falsa e ingannevole. I lupi appaiono truci, ma dentro sono agnelli che si battono per la bontà e la verità. Il messaggio è che la bontà richiede un pugno di ferro. La Russia può sembrare brutale e schietta, ma la Russia è anche romantica e commovente. La verità richiede una difesa da maschi. La verità non ha lo scopo di uccidere e muovere guerra sotto pretesti religiosi. La verità è interessata a battere il pugno sul tavolo per tenere lontane le forze malvagie, demoniache.

Anche se diverse tra le figure del male rappresentano chiaramente l'Occidente, lo spettacolo non ha un carattere xenofobo, poiché in modo analogo sono smascherate e denunciate le forze distruttive e corrotte della società russa. Il messaggio fondamentale è la lotta per costruire un mondo cristiano e la lotta contro le forze dell'Anticristo, una guerra spirituale.

I bambini non lo trovano noioso perché lo show di Capodanno del Chirurgo è una miscela di musica hard rock, di acrobazie moto e di un favoloso spettacolo di luci. I ragazzi sono affascinati dai voli mozzafiato dei motociclisti, le ragazze sono di solito attratte dai costumi multicolori dei personaggi, e tutto il pubblico è impressionato da tutti i tipi di strutture meccaniche create dalle mani dei membri del club: automobili simili a coccodrilli, camion simili a draghi con fuochi d'artificio e danze popolari in stile moderno. Il Chirurgo attira un pubblico giovane e parla un linguaggio che i giovani capiscono. Eppure, lo spettacolo si distingue nel suo obiettivo dall'ordinario intrattenimento occidentale. Lo spettacolo insegna ai bambini che è bello essere cristiani, e che il cristianesimo è l'unica forza per vincere il male.

Un incontro con il Chirurgo

Dopo lo spettacolo, ho incontrato il Chirurgo nel ristorante del club, Il Sacrestano, lo stesso nome del club di Berlino dove il Chirurgo ha lavorato nelgli anni '80.

Indossa la solita divisa – gli abiti neri di un motociclista: jeans, giacca di pelle e stivali, e un berretto di lana nera. Intorno al collo porta una spessa catena di metallo con l'emblema dei Lupi della Notte. Indossa sempre una piccola croce cristiana ortodossa nascosta sotto la maglietta nera.

Eppure il Chirurgo non sembra il tipico parrocchiano ortodosso. È l'immagine della versione russa del Braveheart di Mel Gibson.

"Nel nostro club di motociclisti, i nostri vestiti sono simili all'abbigliamento dei monaci cristiani", spiega il Chirurgo. "Sono per lo più neri, non sono mai costosi. La pelle è spessa perché può proteggere chi la usa dal farsi male se cade per strada. Una moto è una versione moderna di un cavallo – ci vediamo come moderni cristiani a cavallo".

Anche se il Chirurgo evita intenzionalmente di usare la parola "cavaliere" per descrivere se stesso, per me assomiglia comunque a un cavaliere. La Russia medievale non aveva cavalieri e castelli, aveva "principi" (nobili a cavallo con bande di uomini armati), che erano invitati da città e villaggi per protezione.

Il Chirurgo mi dice che nel 2006 i Lupi della Notte russi hanno deciso di aderire alla tradizione russa e cristiana ortodossa, e da allora sono rimasti fedeli a questa decisione.

"Il nostro spettacolo è cristiano, e c'è un elemento di misticismo in esso, anche se ci si riferiamo alla storia vera – la sopravvivenza e la vittoria della Russia nella lotta contro il nazismo negli anni '40 ", spiega il chirurgo. "Trovo un elemento di simbolismo cristiano nel fatto che ci sono 12 città che incarnano i valori eroici in Russia – le città che hanno sofferto di più durante la guerra del 1941-1945. Ciò equivale al numero dei discepoli di Cristo, con uno di loro – Giuda tra i discepoli e Kiev tra le città-eroi – che alla fine tradisce il bene".

"Il succo è questo: le forze del bene, le forze di Cristo vincono", spiega chirurgo. "È questa vittoria – non i fuochi d'artificio – che è più importante. In ultima analisi, tutta la nostra vita si concluderà con qualcosa di molto diverso dai fuochi d'artificio. "

"Io sono un guerriero", sottolinea il Chirurgo, e "l'Occidente non è solo post-cristiano, ma anti-cristiano". I Lupi della Notte rappresentano la lotta tra il cristianesimo e le forze dell'Anticristo a un livello più alto di una mera lotta politica tra la Russia e l'Occidente.

Dal caos al cristianesimo

Il Chirurgo e il suo impegno nella lotta della fede cristiana in un mondo pieno di feroce persecuzione dei cristiani mi ricordano ciò che era una volta l'Occidente. L'oppressione crescente dei cristiani è dovuta in larga misura al fatto che la chiesa occidentale non è riuscita a integrare la mascolinità nella fede cristiana. In tempi passati la Chiesa aveva fraternità e ordini cavallereschi. Tutti per uno e uno per tutti.

Uno scopo raggiunto dai Lupi della Notte è il loro successo nel ravvivare una fede cristiana forte e maschile e uno spirito di fraternità tra gli uomini. Il moderno maschio ateo occidentale non trova alcun valore in se stesso come un uomo. Gli è quindi negato il potere e la motivazione per proteggere la società, i valori, le donne e i bambini. Politici e sacerdoti in modo simile affrontano ogni sorta di problema in termini di terapia. Un molle umanesimo secolare nega che il male sia una realtà. Dove è riconosciuta una versione annacquata del male, questa attaccata con la "ferocia" del dialogo, della comprensione, dell'apertura delle frontiere e della carità debole. Il cristianesimo occidentale è diventato così femminile da non essere più in grado di offrire protezione a qualsiasi cosa, neanche alla cultura occidentale. Oggi, la Russia è diventata l'esempio da seguire.

I Lupi della Notte non sono solo un club popolare di motociclisti. Si tratta di un'immagine riflessa della trasformazione che Russia ha subito dopo la caduta del comunismo: dal caos al cristianesimo. Un cristianesimo rinnovato e rinvigorito. I Lupi della Notte rendono figo essere cristiani.

Allo stesso tempo, i Lupi della Notte incarnano il fatto che la Russia moderna è all'avanguardia della lotta spirituale dei nostri giorni tra il cristianesimo e le forze demoniache che cercano di inghiottire il mondo nel caos. Nessuno ha bisogno di essere nato russo per partecipare a questa lotta. Essere cristiani già ci pone nel mezzo di questa epica battaglia.

 
IL Sinodo o LA Sinodo?

Caro padre Ambrogio,

vedo che alcuni gruppi legati alla Grecia chiamano il loro organo di governo "la santa Sinodo". È una definizione corretta?

In un italiano letterario antico, di cui esistono ancora delle tracce ai tempi del concilio di Trento, la parola "sinodo" era ancora usata al femminile. Oggi, tuttavia, un simile uso suona come una sospensione delle regole della grammatica italiana, un arcaismo privo di qualsiasi vera utilità, se non quella di creare un gergo interno, una specie di "creolo ortodosso", per accomunare i frequentatori di qualche piccolo circolo.

In greco il termine "via/strada" è οδός, un sostantivo femminile (così come è femminile anche in italiano). Anche i composti di οδός, in greco, sono al femminile: έξοδος (esodo), πάροδος (deviazione, incrocio) e naturalmente σύνοδος (sinodo). Tuttavia, in latino e in italiano, nomi come "esodo" e "sinodo" sono passati al maschile.

Se i gruppi che si pregiano di parlare della loro santa Sinodo parlano anche del libro della Esodo, o parlano della triste esodo dei cristiani dal Medio Oriente, saranno per lo meno coerenti nelle loro ricercatezze linguistiche. A questo punto, potremo magari aspettarci che ci parlino DEL coalizione, visto che il termine greco per coalizione, synaspismós (συνασπισμός), è maschile. Anche coalizione, così come sinodo, è un termine che ci parla di un raduno di uomini stretti da particolari legami...

È pur vero che il termine "sinodo" ha due significati di base:

1 - Consesso permanente di vescovi e autorità ecclesiali, che governa una Chiesa locale (es. "Sinodo della Chiesa russa").

2 - Convocazione temporanea di vescovi e autorità ecclesiali (es. "Sinodo ecumenico di Calcedonia").

Se il goffo tentativo di usare il termine "sinodo" al femminile mira a distinguere uno di questi significati dall'altro, è possibile fare questa netta distinzione senza violentare la lingua italiana: basta usare il termine di origine latina "concilio" (che indica il solo significato "temporaneo" del termine sinodo) per le convocazioni temporanee, e lasciare il termine "sinodo" solo per gli organismi permanenti.

La lingua umana, così come la Tradizione della Chiesa, è qualcosa di vivo e di adattabile, e non di un'immutabilità granitica. Se non si riesce a rendere un concetto in una data lingua, ben vengano i neologismi, gli imprestiti linguistici, le forme ibride, e via inventando. In questo caso particolare, tuttavia, di fronte a un uso della lingua italiana stabilito da secoli e dal significato inequivocabile, mi sembra che abbiamo solo un formalismo ellenofilo un po' fuori luogo.

 
Obama dice 'le nazioni più grandi non possono semplicemente tiranneggiare quelle più piccole'. Aspetta... che cosa ha detto?

Il discorso chiave del presidente Obama a Bruxelles sull'Ucraina e sui tentativi di isolare la Russia sembra essere un esercizio di omissioni, affermazioni reciprocamente esclusive e sfacciati doppi standard.

Ecco un rapido sguardo a ciò che Obama ha detto a un pubblico di circa 2.000 persone nel suo discorso di condanna durato 30 minuti.

"Ognuno di noi ha il diritto di vivere secondo le sue scelte".

Ma questo è vero solo per quei buoni manifestanti pro-europei di Kiev, che hanno usato bombe incendiarie e bastoni per esprimere il loro parere. Ai cattivi residenti filo-russi della Crimea non è permesso, giusto?

Un uomo si prepara a deporre il suo voto durante il referendum sullo status della regione ucraina della Crimea in un seggio elettorale a Simferopol il 16 Marzo 2014 (Reuters/Vasily Fedosenko)

"Insieme, abbiamo condannato l'invasione dell'Ucraina da parte della Russia e respinto la legittimità del referendum in Crimea".

Ecco, giusto. Referendum = cattivo. Bombe incendiarie = buone.

Un manifestante anti-governativo lancia una molotov verso i membri del Ministero degli Interni durante gli scontri a Kiev, 18 Febbraio 2014 (Reuters / Maks Levin)

Ebbene, Obama dice che la Russia ha invaso l'Ucraina mentre gli Stati Uniti e l'Unione Europea sono stati a guardare e hanno lasciato che le cose si stabilizzassero.

"Non commettete errori, né gli Stati Uniti né l'Europa hanno alcun interesse a controllare l'Ucraina".

E non hanno assolutamente inviato frotte di funzionari a Kiev per fare il tifo per i manifestanti anti-governativi. E quando il vice segretario di Stato Victoria Nuland ha discusso con l'ambasciatore Geoffrey Pyatt chi doveva e chi non doveva esserci nel prossimo governo ucraino, quelle erano solo chiacchiere tra due osservatori diplomatici.

L'assistente del Segretario di Stato per gli affari europei ed eurasiatici Victoria Nuland (in prima fila), e l'ambasciatore americano Geoffrey Pyatt (in seconda fila) distribuiscono pane alla polizia antisommossa vicino a piazza Indipendenza a Kiev l'11 Dicembre 2013 (Reuters / Andrew Kravchenko)

Quando si tratta di invasioni, il presidente Obama ha una lezione o due da insegnare ai russi.

"Non abbiamo rivendicato o annesso il territorio iracheno. Non abbiamo preso le sue risorse per il nostro tornaconto. Invece, abbiamo finito la nostra guerra e lasciato l'Iraq alla sua gente in uno stato iracheno pienamente sovrano che può prendere decisioni sul proprio futuro".

Questa nazione sovrana ha solo una sovranità di facciata sui territori curdi nel nord. I terroristi vagano liberi in alcune zone rurali e vogliono ritagliarsi da esse uno stato islamista. E i morti per autobomba sono più frequenti dei morti per incidenti stradali. Dopo un decennio di 'buon governo', almeno 7.800 civili e 1.000 soldati uccisi nel solo 2013. Missione compiuta.

Funzionari della sicurezza e soccorritori raccolgono prove presso il sito di un'autobomba alla periferia di Peshawar. 14 marzo 2014 (Reuters / Fayaz Aziz)

Obama ha citato nel suo discorso un'altra storia interventista di successo, quella del Kosovo.

"La NATO è intervenuta solo dopo che il popolo del Kosovo è stato sistematicamente brutalizzato e ucciso per anni".

Buon punto. Naturalmente l'alleanza non si è preoccupata di ottenere un mandato del Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite e ha bombardato la capitale serba, uccidendo centinaia di civili nel processo, in violazione del diritto internazionale. La stessa legge che Obama accusa la Russia di violare con la Crimea. Ma questo è avvenuto anche prima di Bush Jr., quindi chi se ne frega ?

L'edificio del quartier generale dell'esercito jugoslavo non è stato ricostruito dopo essere stato danneggiato da missili da crociera nell'aprile 1999 durante i bombardamenti della Serbia della NATO sul Kosovo. Belgrado (AFP Photo)

"Il Kosovo ha lasciato la Serbia solo dopo che è stato organizzato un referendum – non al di fuori dei confini del diritto internazionale, ma in un'attenta collaborazione con le Nazioni Unite e con i vicini del Kosovo".

Questa era la versione del signor Obama. Quello che è veramente accaduto è stato che il parlamento del Kosovo ha dichiarato unilateralmente l'indipendenza dalla Serbia e successivamente ha adottato una costituzione il 15 febbraio 2008. Lo stesso giorno, gli Stati Uniti e quattro stati europei hanno riconosciuto il Kosovo come paese indipendente.

Ah, giusto, il referendum. Forse il presidente Obama intendeva quel referendum del 1991 (dichiarato 'illegale' dalla Serbia), i cui risultati sono stati riconosciuti da un solo paese, l'Albania?

Una donna riflessa in uno specchio mentre depone il suo voto durante le votazioni del referendum in un seggio elettorale a Simferopol il 16 marzo 2014 (Reuters)

"Si oppongono a noi con la convinzione che alcune delle nazioni più grandi possono tiranneggiare quelle più piccole per raggiungere i loro scopi – quella massima riciclata che la forza possa in qualche modo essere giustizia".

Il più bullo del mondo predica la pace e l'amore. E i suoi robot volanti assassini ne sono i messaggeri. E le guardie nelle prigioni segrete della CIA ne sono i custodi. E la NSA tiene d'occhio chi non vuole ascoltare.

Come i romani usavano dire, quod licet Jovi, non licet bovi (ciò che è permesso a Giove non è permesso al bove). Beh, non ci sono dèi in trono a Washington, e alcune persone semplicemente non vogliono essere trattate come bestiame.

 
Padre Seraphim (Rose) e i "battesimi correttivi"

Un fenomeno aberrante, presente nelle parti più marginali dell’Ortodossia in vari paesi, è quello dei cosiddetti "battesimi correttivi", ovvero la pretesa di "rettificare" attraverso un battesimo (spesso fatto in modo clandestino) la presunta irregolarità nella ricezione di un convertito all’Ortodossia senza un rito battesimale completo. L’Ortodossia ha una pratica molto complessa di ricezione dei convertiti (per una spiegazione dettagliata, si può leggere questo documento), e i "battesimi correttivi", come tutte le soluzioni semplicistiche, non fanno altro che rispondere a problemi psicologici, offrendo vacui "sensi di sicurezza" che niente hanno a che fare con la mente della Chiesa. Queste pratiche disgraziate (in tutti i sensi del termine) sono molto rare in Italia, ma conviene aiutare a renderle ancora più rare ascoltando quel che ha avuto da dire a riguardo padre Seraphim Rose (un autore spesso citato a sproposito da ortodossi sedicenti "tradizionalisti"). Presentiamo l’articolo di padre Seraphim, citato dal blog Mystagogy di John Sanidopoulos, nella sezione "Confronti" dei documenti.

 
"Comunione online": perché no?

c'è un dibattito in seno alla "Chiesa ortodossa dell'Ucraina" su cosa essere o non essere

I "sacerdoti" della "Chiesa ortodossa dell'Ucraina" hanno tenuto una "comunione online", "consacrando" il pane e il vino davanti al monitor affinché gli spettatori "si comunicassero". Come dovremmo comportarci di fronte a questo evento?

L'11 maggio 2020, Dmitrij Vajsburd, un "sacerdote" dell'eparchia di Cherkassy della "Chiesa ortodossa dell'Ucraina" ha tenuto una "liturgia online completa", a cui si sono uniti alcuni altri chierici della "Chiesa ortodossa dell'Ucraina", nonché dei laici di questa organizzazione. Questi ultimi avevano i "doni consacrati" davanti ai monitor e poi si sono "comunicati". Questa è una bestemmia oppure una nuova pratica ammissibile per la Chiesa canonica? Come dovremmo comportarci di fronte a questo evento?

Creatori di una nuova realtà

Per cominciare: chi è Dmitrij Vajsburd?

Secondo il sito web kasparov.ru, è nato nel 1962 a Mosca, ingegnere chimico per istruazione. All'inizio degli anni '90, ha iniziato a impegnarsi in attività politiche nei partiti d'opposizione. È autore di numerosi articoli su varie fonti che criticano l'attuale governo russo. Riferisce della sua vita religiosa su narod.ru.

screenshot del sito vaysburd.narod.ru

Come vediamo, scrive anche di argomenti religiosi. Uno dei suoi articoli è stato persino pubblicato su predanie.ru nella sezione "Blog". Si intitola "Il sacrificio nella storia e nella modernità". Il contenuto dell'articolo è molto controverso, ma termina con le seguenti parole: "È un peccato che non tutti i cristiani siano pienamente consapevoli del fatto che, ricevendo la comunione, prendono parte in tal modo al sacrificio di Cristo, e non a un concerto di musica sacra o a un flash mob raffigurante l'Ultima Cena".

Fino all'autunno del 2019, Vajsburd viveva nel centro di Mosca e faceva riparazioni elettroniche. Tuttavia, alla fine di settembre, ha informato i suoi clienti che sarebbe partito per un tempo indefinito. Alcune settimane dopo, hanno iniziato ad apparire sulla sua pagina Facebook foto di come è stato "ordinato" come "diacono" e "sacerdote" nell'eparchia di Cherkassy della "Chiesa ortodossa dell'Ucraina".

screenshot della pagina Facebook di Dmitrij Vajsburd

La liturgia online non è l'unico esperimento di Vajsburd. C'è la sua pubblicazione su ahilla.ru, in cui offre "l'ordine laicale della liturgia di San Giovanni Crisostomo" da lui prodotto.

screenshot di ahilla.ru

Ma Vaysburd non ha avuto la possibilità di sperimentare a lungo. Per il servizio della "liturgia online completa", è stato espulso il giorno successivo, 12 maggio 2020.

uno screenshot della pagina Facebook di Dmitrij Vajsburd

Va sottolineato che una tale reazione del "vescovo ordinario" di Vajsburd, Ioann (Jaremeneko), è apparsa solo dopo che questi esperimenti sono stati notati dalla leadership della "Chiesa ortodossa dell'Ucraina" a Kiev.

Lo stesso Vajsburd ha dichiarato che Jaremenko era a conoscenza delle "comunioni online", ha accettato questo fatto e ne ha dovuto rispondere solo "quando gli sono state poste domande scomode".

screenshot della pagina Facebook di Dmitrij Vajsburd

L'11 maggio 2020 Vajsburd ha "presieduto" la "liturgia online", ma il clamore, o piuttosto il vero scandalo, è stato innescato da un messaggio riguardo al suo "concelebrante", "l'arciprete" Igor' Savva, che era stato accettato nella "Chiesa ortodossa dell'Ucraina" dall'ex metropolita Aleksandr (Drabinko) della Chiesa ortodossa ucraina.

foto della "comunione online", sulla pagina Facebook di Igor' Savva

Il portavoce della "Chiesa ortodossa dell'Ucraina" Evstratij Zorja ha scritto sulla sua pagina Facebook: "Il sacerdote Igor Savva di Zaporozh'e, che per qualche motivo ha deciso da solo di condurre tali esperimenti, non appartiene né all'eparchia di Zaporozh'e della Chiesa ortodossa dell'Ucraina (per luogo di residenza) né all'eparchia di Perejaslav della Chiesa ortodossa dell'Ucraina, i cui confini al momento della sua istituzione da parte del Santo Sinodo sono contrassegnati in modo tale da non andare oltre i confini di Kiev e della regione di Kiev". Anche Drabinko ha "rinnegato" Savva, anche se aveva firmato personalmente e pubblicamente un decreto per ammettere Savva nella "Chiesa ortodossa dell'Ucraina".

il decreto d'ammissione di Igor Savva alla "Chiesa ortodossa dell'Ucraina"

Argomenti a favore e contro

Persino per la "Chiesa ortodossa dell'Ucraina", la "liturgia online completa" era troppo. Ma questa idea ha catturato l'attenzione di un'altra straordinaria figura religiosa, il diacono di Mosca Andrej Kuraev, che è stato recentemente bandito dal servizio diaconale.

Il 13 maggio 2020, Andrej Kuraev ha pubblicato un messaggio su LiveJournal, in cui ha commentato con approvazione la "comunione online": "Il sacerdote durante una liturgia "virtuale" ha un normale "agnello" sull'altare. Lui stesso prega per questo, ed egli stesso di comunicherà da esso. Ma se il sacerdote con la frase "...e su questi doni qui presentati" prega per il pane che si trova sulle tavole dei suoi fedeli – cosa c'è che cambia radicalmente la situazione? <...> Comunque, questa idea in sé non è teologicamente assurda come sembra all'inizio. Non abbiate fretta a sottoporla ad anatema: la vita è multiforme e ci sono ancora molte pagine di storia ecclesiastica. Ancora una volta: un laico isolato mette un pezzo di pane e una tazza di vino davanti a una videocamera. Allo stesso tempo, il sacerdote nella chiesa (o laddove disporrà il suo antimensio) avvia la Proscomidia, tenendo presente nella sua mente e nella sua preghiera non solo il pane da lui offerto, ma anche quello "a distanza". Il laico sta solo ascoltando le preghiere del sacerdote. Forse, a volte incensa (se ne ha una tale opportunità). E alla fine, sente il sacerdote dire: "con timor di Dio e con fede avvicinatevi". Sono convinto che proverà sentimenti molto più profondi rispetto a una funzione consueta".

Il diacono Andrej Kuraev è un uomo istruito teologicamente, quindi ha dato un esempio storico di "ordinazione" per corrispondenza come argomento per la "liturgia" online. L'incidente avvenne in Cappadocia. Il vescovo Fedro di Amasia desiderava ordinare Gregorio, in seguito chiamato il Taumaturgo, come vescovo di Neocesarea. E poiché quest'ultimo rifiutava risolutamente questo onore, il vescovo Fedro celebrò la cerimonia della sua "ordinazione" in assenza di Gregorio. Tuttavia, il diacono Andrej Kuraev non ha ritenuto necessario menzionare che questa azione era stata percepita da tutti, e principalmente dallo stesso Gregorio il Taumaturgo, solo come un segno di Dio, a testimonianza della chiamata celeste di san Gregorio a vescovo. E la sua effettiva consacrazione fu compiuta poco dopo dallo stesso Fedro di Amasia. Tutto ciò fu descritto in dettaglio da san Gregorio di Nissa.

I sostenitori della "comunione" online pongono le domande giuste per giustificare la loro posizione:

"Preghiamo che questo pane e questo vino diventino il corpo e il sangue di Cristo e ci rendano parte di lui affinché diventiamo il suo corpo. Questa preghiera non "opera" a distanza? Forse le onde radio (WiFi) o l'uso di oggetti elettronici sono un ostacolo alla nostra unificazione intorno a Cristo, al suo corpo e al suo sangue vivificanti?" (Igor Savva).

"La presenza fisica è necessaria per la preghiera e il miracolo?" <...> Se un sacerdote prega "Signore, inviaci il tuo aiuto", questi "noi" per i quali prega dovrebbero essere gomito a gomito con lui? <...> E se il sacerdote prega "Signore, manda il tuo Spirito Santo su di noi", questi "noi" dovrebbero essere non oltre un raggio di cento metri? <...> Il sacerdote può consacrare qualcosa a distanza?" (Diacono Andrej Kuraev).

I critici della "comunione" online per lo più ridicolizzano questa pratica, paragonandola alla "ricarica" ​​dell'acqua attraverso la televisione proposta da Anatolij Kashpirovskij e Alan Chumak nell'era della perestrojka, o semplicemente la chiamano assurda, senza spiegare il perché. Ed è necessario spiegare perché oggi siamo sorpresi dalla "piena liturgia online", e domani potrebbe rivelarsi la prossima finestra di Overton che troviamo aperta. Dopotutto, la Chiesa sta usando abbastanza ampiamente la trasmissione online di servizi di culto e questo non è considerato un falso. Allora perché i sacramenti su Internet dovrebbero essere visti come profanazione? Forse questo sarà solo il prossimo passo nello sviluppo della nostra coscienza religiosa? Perché no? In verità, "lo Spirito soffia dove vuole..." (Gv 3:8).

Perché i sacramenti online sono impossibili

Ora ci sono discussioni sulla "comunione online" principalmente nel mezzo degli scismatici, dei quali tutti i "sacramenti" non sono comunque validi. Ma ci sono persone nella Chiesa canonica che guardano con simpatia a questi esperimenti, specialmente durante il periodo della quarantena, quando non tutti i credenti possono andare in chiesa. Cosa possiamo dire loro?

I sostenitori della "comunione online" chiedono: "È possibile che una persona riceva la comunione alla Liturgia senza la sua presenza fisica in chiesa?" E rispondono: "Sì, lo è".

Ma andiamo oltre e poniamo la seguente domanda: "È possibile che una persona riceva la comunione senza pane o vino?" Anche a questa domanda dobbiamo rispondere: "Sì, lo è". I resoconti di come gli angeli abbiano dato la santa comunione sono contenuti nella vita di santi antichi (san Pafnuzio) e moderni (san Serafino di Vyritsa).

Proseguiamo quindi nel nostro pensiero e poniamo un'altra domanda: "È possibile unirsi a Cristo (salvezza, eredità del Regno di Dio) senza ricevere affatto i sacramenti?" E anche a questa domanda dobbiamo rispondere in senso affermativo. Per esempio, nella vita dei santi quaranta ,artiri di Sebaste, c'è una storia di come uno tra quei soldati che sorvegliavano i santi martiri nel lago ghiacciato, di nome Aglaio, si tolse le vesti e corse nel lago con un grido: "Anch'io sono cristiano" quando vide corone luminose che scendevano su di loro. Nell'antica Chiesa esisteva persino il concetto di battesimo sanguinis (battesimo di sangue), quando i santi martiri erano persone che credevano in Cristo e accettavano il martirio per la loro fede ma non avevano ricevuto nessuno dei sacramenti. Tali casi sono piuttosto numerosi, per non menzionare il fatto che il primo uomo a rientrare nel paradiso riaperto, il buon ladrone, era anch'egli uno che non aveva ricevuto alcun sacramento.

E qui arriviamo al fatto che, in primo luogo, questi casi eccezionali non possono essere resi una regola generale. In secondo luogo, la salvezza di una persona senza i sacramenti non annulla i sacramenti stessi e non li trasforma in una determinata convenzione, come la "comunione online", in assenza o in altro modo. In altre parole, il sacramento e la salvezza (il fine ultimo di tutti i sacramenti) non sono la stessa cosa. Sì, Dio può salvare una determinata persona senza specifiche condizioni o azioni esterne, ma solo per disposizione del suo cuore. Ma lo stesso Dio ha stabilito i santi misteri come sacramenti che devono essere eseguiti dalle persone appropriate (che hanno la santa ordinazione), nel modo appropriato e usando gli elementi appropriati (pane, vino, olio, acqua, ecc.).

Per esempio, il rito della Liturgia dice: "Il sacerdote prende una prosfora con la mano sinistra, la santa lancia con la mano destra e benedicendola tre volte sul sigillo, dice..." Questo significa che deve letteralmente prendere in mano la prosfora, tenere la lancia con l'altra mano ed eseguirvi sopra il rito. Questo non può essere fatto virtualmente o mentalmente o in altro modo. E senza di questo, il sacramento non può essere compiuto.

In questo contesto, le parole del diacono Andrej Kuraev suonano piuttosto divertenti: "...un laico isolato mette un pezzo di pane e una tazza di vino davanti a una videocamera. Allo stesso tempo, il sacerdote nella chiesa (o laddove disporrà il suo antimensio) avvia la Proscomidia, tenendo presente nella sua mente e nella sua preghiera non solo il pane da lui offerto, ma anche quello "a distanza"."

E cosa accadrà se il sacerdote tiene presente nella sua "mente e preghiera" tutto il pane "a distanza", cioè nei negozi, nelle panetterie, nelle mense e così via? Sarebbe fantastico, tutti "si comunicherebbero"! Magari, lasciamo che un patriarca celebri l'eucaristia mantenendo nella sua "mente e preghiera" tutti coloro che "si uniscono a lui online". Quindi i sacerdoti non sarebbero affatto necessari.

Pertanto, l'affermazione che il Wi-Fi non può essere un ostacolo allo Spirito Santo e simili è solo un esercizio verbale da equilibristi o da giocolieri, con domande retoriche ed esempi storici male interpretati. Come già accennato in precedenza, ogni sacramento dovrebbe essere eseguito solo in quel modo, da quelle persone e in quelle circostanze che Dio stesso ha stabilito. La deroga o l'adattamento alle nostre moderne capacità tecniche trasforma i sacramenti in profanazioni. È positivo che la direzione della "Chiesa ortodossa dell'Ucraina", in particolare Evstratij Zorja, lo capisca. Ora i membri di questa organizzazione dovrebbero capire che se il sacramento non può essere compiuto su Internet, non può neanche essere compiuto da una persona che non ha un'ordinazione canonica. Infatti, i motivi dell'impossibilità di entrambi gli atti sono gli stessi.

 
Gli ortodossi russi sono pro-europei, pro-greci e pro-americani perché sono pro-cristiani

Anche se la rivoluzione nei valori espressi e vissuti dalla Federazione Russa nel corso dell'ultima generazione è ben lungi dall'essere completa, tuttavia non è esagerato chiamare tale trasformazione una rivoluzione. Da un'ideologia atea costantemente militante, che ha prodotto gli orrori del gulag ed è durata per 75 anni, si è passati in 25 anni a una posizione sempre più cristiana, che fa vergognare l'Occidente moderno. Non c'è da stupirsi che i governi occidentali atei militanti di oggi, negli Stati Uniti, in Europa occidentale o tra i loro burattini nazionalisti in Europa orientale e a Istanbul, siano infastiditi. Questa rivoluzione dei valori è avvenuta attraverso il battesimo di massa e il ritorno di molti ortodossi russi ai valori cristiani senza compromessi, noti come valori ortodossi russi.

Questo significa che noi stiamo con tutti coloro che confessano quei valori o i valori a loro vicini, qualunque sia la loro etichetta. Mentre la classe dirigente occidentale ha sempre più rapidamente abbandonato quei valori cristiani negli ultimi decenni ed è ritornata ai valori pagani dell'antica Roma, ha preso le distanze e si è isolata dai propri popoli fedeli, le minoranze cristiane patriottiche in Europa occidentale e in Nord America. Inoltre, nello stesso momento quella classe dirigente ha preso le distanze dai fedeli nei paesi che sono almeno formalmente ancora rispettosi del cristianesimo, in Africa, Asia, America Latina o nell'Europa orientale ancora liberae non sioggetta all'UE, in Serbia, Montenegro, Moldova, Bielorussia, Georgia, Armenia, Ucraina e, soprattutto, nella Federazione Russa, che si distingue per le sue dimensioni e importanza.

Qui parliamo non solo dell'apostasia della classe dirigente occidentale per la sua imposizione con la forza e l'intimidazione dell'aborto e dell'eutanasia statali, delle 'parate gay' e del 'matrimonio tra omosessuali' o per la creazione di organizzazioni sataniche. Qui parliamo non solo dell'imperialismo morale e culturale che toglie agli altri paesi la libertà di vivere secondo i loro valori tradizionali. Qui parliamo non solo di correttezza politica, di quell'intollerante ideologia neo-puritana tanto priva di Spirito quanto il materialismo della vecchia Unione Sovietica. Parliamo anche di sanzioni imposte ad altri paesi per il loro comportamento cristiano e di guerre civili in esse fomentate, di forniture d'armi, di indebitamento, di sostegno al genocidio e alla loro invasione sia militare sia economica, al fine di sfruttare le loro risorse naturali e i loro mercati.

Questi valori ortodossi russi, o valori cristiani senza compromessi, non solo sono compatibili con quelli dei tradizionali cristiani occidentali, ma anche in misura sorprendente con i valori tradizionali islamici, giudaici, indù e buddisti. Il supporto ortodosso russo per la Tradizione è tanto più evidente quando guardiamo certe piccole Chiese ortodosse locali, le cui élites sotto pressione politica hanno mostrato tendenze ad abbandonare l'integrità della fede, nonostante la Tradizione ortodossa universale che risale a quasi 2.000 anni fa e le opinioni dei propri fedeli. Avendo vissuto e lavorato in Grecia per un anno, imparato il greco, amato la Grecia e fatto pellegrinaggi al Monte Athos, dove nel 1979 ho incontrato padre Ephraim (ora negli Stati Uniti), in questi giorni mi sento riscaldato dal sostegno dei fedeli greci alla Tradizione.

Così, la petizione in corso contro la 'nuova' ecclesiologia pro-vaticana del Fanar (in realtà un'ecclesiologia che si è evoluta negli anni '20) con la sua interpretazione neo-imperialista, 'papista orientale', del Canone 28 del Concilio di Calcedonia, si sta diffondendo attraverso Grecia e Cipro e la diaspora greca. Anche se è una petizione interna indirizzata ai fedeli greci, ha il pieno sostegno dei fedeli ortodossi della Russia e di molte altre Chiese locali le cui gerarchie sono libere e non sono state sottoposte a pressioni politiche e finanziarie estere. Infatti, come i fedeli russi sono pro-europei in quanto sostengono il vero Occidente, l'Occidente ortodosso del primo millennio, la Chiesa ortodossa russa non può essere altro che pro-greco-ortodossa, perché ha ricevuto la fede dai greci ortodossi.

E proprio così come i fedeli russi sostengono la vera Grecia, la Grecia ortodossa degli anziani dell'Athos, non la falsa Grecia massonica che le élites occidentali stanno cercando di imporre ai greci, così anche noi sosteniamo la vera America, non l'America guerrafondaia, anti-cristiana che vediamo oggi. Pertanto, l'attuale visita del metropolita Tikhon della Chiesa Ortodossa in America (OCA) alla Chiesa russa è il simbolo dell'amore della Chiesa russa per tutti coloro che confessano l'Ortodossia. Dopo anni e perfino decenni di problemi interni, l'OCA può finalmente tornare alla confessione dell'Ortodossia, come mostrano i suoi nuovi rapporti con gli ortodossi della Chiesa madre russa. Per l'OCA, è arrivato il tempo della decisione - reintegrarsi nella tradizione ortodossa russa, abbandonando le fantasie del passato decadente, oppure a rimanere al di fuori della corrente principale della Chiesa stando su un ramo compromesso.

 
I santi si fanno coinvolgere nella politica?

foto: belhak.ru

Cos'è la politica? Per definizione, la politica sono gli affari della polis, gli affari della città. Ovunque si trovi il popolo della Chiesa, dovunque vivano e si radunino i fedeli, la vita di queste membra del corpo di Cristo dovrebbe essere una preoccupazione per i loro pastori.

Come si dimostra questo nell'esempio dei santi, i santi le cui vite ci danno la tabella di marcia per le nostre vite di cristiani ortodossi? Le vite dei santi e degli anziani ci guidano nell'attuazione delle Scritture nella nostra vita: non ci limitiamo a leggere la Bibbia cercando di spiegarla da soli, senza pensare, né ci affidiamo a questo o quel vescovo o sacerdote per farlo, per quanto intelligente, popolare, istruito o titolato possa essere (poiché questa è semplicemente cultura della celebrità).

Per definizione, i santi - e specialmente i chierici - non devono essere coinvolti nella faziosità. La partigianeria è diversa dalla politica, poiché la partigianeria implica l'adesione a una fazione politica identificabile, ovvero un partito politico, e quindi l'identificazione di tale politica con le opinioni della Chiesa, o la volontà di Dio. Questo vale anche per i chierici che difendono la causa di una nazione come fazione contro un'altra nazione: questa è un'eresia chiamata filetismo, in cui le opinioni della Chiesa e la volontà di Dio si identificano con gli interessi e il bene di una nazione. Questa è semplicemente un'altra sfumatura della partigianeria, e nega il messaggio salvifico universale del Vangelo: che Cristo è venuto nel mondo per salvare gli esseri umani di tutte le fazioni e di tutte le nazioni. Mentre i fedeli della Chiesa ortodossa provengono da nazioni diverse, e hanno il diritto di far parte di diverse fazioni politiche (tranne quelle che insegnano cose contrarie alla Chiesa), i chierici devono invece escludersi dall'essere parte di qualsiasi partito o fazione, poiché devono essere in grado di servire tutti. (Infatti, i canoni vietano ai chierici un'appartenenza di parte, oltre alla possibilità di ricoprire qualsiasi carica politica).

A parte l'appartenenza di parte, qual è l'esempio che ci danno i santi e gli anziani quando si tratta di coinvolgimento negli affari politici? Esempi tratti dalla santa Tradizione indicano questioni che riguardano il benessere dei fedeli, la libertà della Chiesa e la cura di coloro che sono al di fuori della Chiesa.

L'apostolo Quadrato dei Settanta (commemorato il 21 settembre) scrisse un'Apologia all'imperatore Adriano, che salvò i cristiani dalla persecuzione. Questo appello scritto commosse profondamente l'imperatore, proprio come potrebbe fare oggi una lettera a un pubblico ufficiale o una presentazione a un comitato governativo. È interessante notare che questa azione è stata intrapresa proprio in difesa dei fedeli della Chiesa.

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Tale obbligo da parte dei santi di difendere i fedeli si è visto anche altre volte. Il santo Herman dell'Alaska (commemorato il 12/25 dicembre) faceva regolarmente appelli alla Compagnia russo-americana in difesa dei nativi aleuti, che erano oppressi e maltrattati da questi mercanti russi, che non rispettavano né i loro fratelli e gli insegnamenti della fede ortodossa, né la dignità del nativi dell'Alaska, da loro impiegati nel commercio di pellicce. Alla fine, questi appelli dovetterno essere risolti da alti funzionari dell'Impero russo. Pur essendo un monaco e privo di ordini clericali, sant'Herman fu vigoroso e sostenuto nelle sue obiezioni vocali in difesa dei suoi fratelli aleuti ortodossi, fino al punto di essere perseguitato, e alla perdita dei propri beni per mano della Società russa d'America.

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Sant'Eufemia (commemorata l'11/24 luglio e il 16/29 settembre) diceva notoriamente che bisogna obbedire all'imperatore finché il suo comando non è contro Dio; se il suo comando è contro Dio, si deve non solo non obbedirgli, ma contrastarlo. Una tale esortazione ai cristiani da parte di una santa taumaturga, che ha rivelato la verità dell'Ortodossia alla Chiesa nel quarto Concilio ecumenico, non può essere presa alla leggera.

In che modo i fedeli hanno storicamente applicato l'esempio dei santi a questo riguardo? Un esempio si trova al tempo del conflitto con gli eretici ariani, che combattevano con gli ortodossi per il controllo degli edifici di culto e per la libertà di riunirsi pubblicamente per la liturgia. Leggiamo nel Prologo di Ocrida (25 agosto):

L'imperatore Massimiano, feroce e spietato persecutore dei cristiani, ordinò al suo proconsole di Antiochia di liberare sant'Andrea Stratilate dal carcere, temendo che il popolo si ribellasse, poiché rispettava più Andrea che l'imperatore. L'imperatore Valente ordinò al suo eparca di Edessa di uccidere tutti i cristiani che si opponevano ad Ario. L'eparca ebbe più compassione umana dell'imperatore. I cristiani di Edessa tenevano le funzioni in un campo fuori città, perché gli ariani avevano preso tutte le chiese della città. L'eparca avvertì i cristiani di rinunciare alle funzioni nel campo il giorno successivo, in modo da non essere uccisi. Contrariamente a questo avvertimento, tutti i cristiani si avviarono felici al campo, rallegrandosi di soffrire e morire per la vera Fede. L'eparca, uscendo dalla città con i soldati, vide una donna cristiana con un bambino in braccio che si affrettava oltre i soldati verso il campo. L'eparca le disse: "Non hai sentito che l'eparca, con i suoi soldati, verrà e ucciderà tutti quelli che troverà lì?" La donna rispose: "Ho sentito, e per questo corro al campo, per poter morire per Cristo con gli altri". L'eparca continuò: "E perché porti con te questo bambino?" La donna rispose: "Voglio che mio figlio diventi degno del martirio quanto me stessa". A questo l'eparca fu pieno di timore e tornò in città con i suoi soldati per informare l'imperatore. Anche l'imperatore fu pieno di paura e revocò il suo ordine di massacrare i cristiani.

Riguardo all'autorità dello Stato di entrare nelle chiese degli ortodossi, leggiamo nella vita di san Babila (Prologo di Ocrida, 4 settembre) questa importante questione:

L'imperatore Numeriano concluse un trattato di pace con un re barbaro, più nobile e pacifico di lui. In segno del suo sincero desiderio di una pace duratura, il re barbaro fece allevare ed istruire il suo giovane figlio alla corte di Numeriano. Un giorno Numeriano pugnalò a morte questo ragazzo innocente con le sue stesse mani e lo offrì in sacrificio agli idoli. Ancora caldo per il crimine e il sangue innocente, questo criminale con la corona di imperatore andò in una chiesa cristiana per vedere cosa vi stava succedendo. San Babila era in preghiera con il popolo e udì che l'imperatore era venuto con il suo seguito e desiderava entrare nella chiesa. Babila interruppe il servizio, uscì davanti alla chiesa e disse all'imperatore che poiché era un idolatra non poteva entrare nel santo tempio dove il vero Dio era glorificato. In un'omelia su san Babila, san Giovanni Crisostomo disse: "Chi altro al mondo avrebbe temuto colui che, con tale autorità, respinse l'imperatore? ...Con questo, insegnò agli imperatori a non oltrepassare la loro autorità oltre la misura data loro da Dio, e mostrò anche al clero come usare la propria autorità".

Tale è il coraggio dei santi. Tale è la loro fiducia nell'esempio coerente e costante mostrato dai loro santi predecessori all'interno della santa Tradizione. Con grande fiducia in questi grandi testimoni, i chierici e i vescovi di oggi possono trarre forza quando sono chiamati a proteggere i luoghi santi, o a difendere i fedeli quando questi sono minacciati dallo Stato o da un datore di lavoro secolare su una questione attinente alla loro fede.

È una contraddizione esortare al silenzio quelli che difendono i fedeli, mentre si cerca l'approvazione pubblica accanto alle élite politiche. Da nessuna parte si trova questo nell'esempio dei santi, anzi, coraggio e fede totale nella potenza di Cristo per aiutare coloro che agiranno, prima con la preghiera, il digiuno, il pentimento e la forza dei santi misteri, ma anche con l'azione.

In tutti i casi, ogni cristiano fedele corre il rischio di perdere la sua quiete interiore quando si occupa di questioni relative allo stato. Questo è forse il rischio più grande, poiché è un rischio per la salvezza della nostra stessa anima, ed è per questo che qualsiasi azione civile non deve essere intrapresa alla leggera.

Come si vede, mentre ai chierici è vietata la faziosità, la partecipazione attiva alla vita civile — tanto dei chierici quanto dei laici — per il bene dei fedeli e la conservazione della libertà della Chiesa è non solo consentita, ma comandata dall'esempio dei santi. È opportuno sottolineare con attenzione: in nessuno di questi casi né i chierici né i laici agiscono solo con la benedizione di un vescovo, come alcuni erroneamente sostengono (alla maniera della chiesa papale in Occidente). Invece, questa è la normale iniziativa di una coscienza cristiana ortodossa ben formata, guidata da tutte le norme di una normale vita cristiana ortodossa, e dalla via di mezzo della Santa Tradizione. La cautela che il cristiano ortodosso deve esercitare in questo caso, come in ogni aspetto della vita, riguarda l'impatto che ha sull'anima il coinvolgimento in questioni civili o politiche. I rischi reali di tali attività non sono esteriori, né fisici né canonici (come abbiamo già accennato), ma sono rischi associati a coinvolgere troppo il cuore nelle faccende del mondo e a sacrificare la pace interiore e la quiete per cui si lavora così duramente nella vita cristiana. Il fatto che così tanti santi siano stati in grado di lottare sia nelle battaglie politiche che in quelle spirituali è una testimonianza della grazia di Dio e della guida dei loro padri spirituali, grazie alle cui preghiere sono stati salvati dai molti ostacoli della vita mondana. Questa chiamata, con tutti i suoi rischi spirituali, rimane l'esempio di innumerevoli santi, ed è comandata dalle loro parole e dalla loro vita.

 
"La crisi di fatto è molto buona e molto utile"

L'arciprete Pavel Velikanov è rettore della parrocchia di santa Paraskeva, una dipendenza della Lavra della Trinità e di san Sergio, e capo redattore del sito web bogoslov.ru. Nel mese di ottobre del 2014 ha presentato una lezione su "ecclesialità ed ecclesializzazione" al seminario della Santa Trinità, suscitando molto interesse. La presente intervista con padre Pevel è stata condotta nel corso di una sessione dell'assemblea interconciliare.

Padre Luka (al centro), rettore del seminario della Santa Trinità, mentre discute questioni di istruzione ecclesiastica con padre Pavel Velikanov (a sinistra) e con padre Roman dell'accademia di Kazan'

Diacono Andrej Psarjov: padre Pavel, ci dica le sue impressioni del suo incontro con la Chiesa Russa all'Estero.

Arciprete  Pavel Velikanov: Certo che mi piacerebbe parlare del seminario della Santa Trinità, delle impressioni che ho avuto quando ho visitato Jordanville, e in generale del tipo di vita parrocchiale che esiste oggi tra gli ortodossi in America. Strano a dirsi, mi ha fatto piacere che sia evidente una certa crisi comune alla Chiesa russa nella diaspora e al Patriarcato di Mosca. Questa crisi consiste nel fatto che la precedente divisione nella Chiesa, divisione che aveva portato alla scissione, oggi in una prospettiva formale esterna è stata superata; tuttavia ognuno capisce che non abbiamo esattamente la stessa tradizione ecclesiastica. Un bel po' di tempo è passato, e nel corso degli anni sono cresciute due diverse generazioni di persone, con le proprie abitudini, i propri standard di valore, i propri orientamenti; unirle semplicemente in modo meccanico, anche se non impossibile, non è neppure del tutto opportuno.

E così sorge immediatamente una domanda: qual è dunque il ruolo e la missione di ciascuna di queste chiese? Per quanto riguarda il Patriarcato di Mosca, è più o meno chiaro: non ha bisogno di inventare nulla di nuovo; sta procedendo secondo un paradigma definito di rinnovamento permanente, la rinascita della vita ecclesiale sia in Russia sia oltre i suoi confini. Mentre questo movimento può non essere così efficace, né così chiaramente espresso a prima vista, è comunque stabile, e ogni anno raggiunge un cerchio ancor maggiore. Per quanto riguarda la Chiesa all'estero, invece, ho avuto l'impressione che esista una certa perplessità interna. Questo perché non esiste uno scopo chiaro per l'esistenza indipendente di una Chiesa russa fondata come baluardo di salvezza dall'autorità comunista. E tra i giovani che stanno arrivando alla fede ortodossa, si pone una scelta tra una Chiesa e l'altra, tanto più che devono scegliere non solo tra i due rami della Chiesa russa, ma anche tra altre chiese – antiochena, serba, rumena, greca, che si possono tutte trovare in una...

Americana...

... e anche una Chiesa americana, la OCA - che si possono tutte trovare in una stessa città; naturalmente i giovani devono avere qualche ragione per scegliere in modo particolare, per esempio, la ROCOR. E se certe cose erano care alla prima generazione di emigrati e ai loro figli, questi valori comprensibilmente oggi stanno cambiando un po'... È un po' come un museo, dove è interessante venire a guardare, ma pochi vorrebbero viverci.

Ma questa crisi in realtà è molto buona e molto utile.

Perché? Perché la natura di questa crisi esige che non introduciamo una revisione superficiale, ma proprio una revisione profonda di alcune riflessioni e accentuazioni fondamentali che esistono nella Chiesa. Ho visto la volontà da parte di giovani insegnanti e di studenti. Ho visto che riconoscono il momento di transizione da un paradigma all'altro. Non hanno ancora capito verso quale paradigma si stanno muovendo, ma vedono una certa pressione intellettuale; vi è uno speciale, elevato livello di raffinatezza che deve inevitabilmente essere ottenuto attraverso una sorta di pensiero, attraverso una sorta di sostanza. Ma non si sa ancora di che tipo.

Allo stesso modo, si potrebbe dire che nella ROCOR oggi c'è una finestra aperta di possibilità, in particolare di ripensamento creativo e, forse, mi piacerebbe dire, anche di una trasformazione conservatrice della vita nello spirito dei Padri antichi, nello spirito della prima comunità apostolica, senza rifiutare allo stesso tempo tutta la ricca e legittima eredità che è esistita nella Chiesa russa in tutti i secoli della sua esistenza.

Mi viene in mente che è molto importante che in questo filone ci sia una maggiore cooperazione tra le istituzioni accademiche e di ricerca del patriarcato di Mosca e della Chiesa all'estero. Questo è perché è ovvio che alla Chiesa russa all'Estero oggi mancano le risorse accademiche necessarie per comprendere, elaborare e mettere a disposizione agli ambienti più ampi della ricerca tutto l'archivio dell'emigrazione russa che possiede. Questo include non solo materiali di portata ecclesiale e teologica, ma anche tutto ciò che è associato con la vita dell'emigrazione russa. D'altra parte, naturalmente, per i nostri contemporanei, soprattutto per i giovani, l'accesso a ciò che per lungo tempo è stato inaccessibile – la vita, i punti di riferimento, e i valori della emigrazione russa – consentirà di vedere qualcosa di nuovo e, direi, forse anche ispiratore e in qualche modo contagioso... il magnetismo contagioso della russicità pre-rivoluzionaria.

Tutto ciò che è rimasto è in attesa da qualche parte.

Mi sembra che sia in attesa e, di conseguenza, deve essere stato conservato, ovviamente, sotto forma di quei manufatti che, in particolare, sono temi di interesse per gli storici, per gli archivisti, vale a dire per tutti coloro che si occupano di queste cose.

Che tipo di cooperazione potrebbe esserci tra il seminario della Santa Trinità e le scuole teologiche in Russia?

In questo momento in Russia sta avvenendo un'ondata di riforme in materia di istruzione spirituale. Queste riforme ci stanno obbligando a istituire revisioni nel sistema stesso di educazione spirituale. Se tutto quello che ho parlato prima deve verificarsi nella situazione della Chiesa russa all'Estero, allora diventerà evidente che il ruolo delle istituzioni accademiche, primo fra tutti il ​​seminario di Jordanville, deve aumentare qui in modo significativo. Dove infatti, oltre a qui, dobbiamo riflettere e capire le risposte a tutte le sfide che la società contemporanea pone alla fede cristiana, e che stanno diventando sempre più acute ogni anno che passa? Anche qui ci può essere una cooperazione molto piena e fruttuosa tra le istituzioni accademiche del patriarcato di Mosca e il seminario di Jordanville.

Perché? Perché quei processi che in America sono da tempo diventati, in un certo senso, una cosa ovvia, stanno cominciando solo ora in Russia e nei paesi limitrofi. Questo ci permette non solo di stabilire qualche posizione conciliare, ma anche di essere arricchiti dall'esperienza che i nostri fratelli hanno già maturato. Non intendo solo gli ortodossi, ma forse anche i cattolici e protestanti, nella misura in cui di fronte a tali sfide globali la differenza tra confessioni diventerà sempre meno significativa.

Mi sembra che qui ci potrebbero essere alcune attività comuni, conferenze, seminari, forse non necessariamente in incontri reali; questi potrebbero essere una sorta di seminari online, che consentirebbero a persone russe, da un lato, di capire le realtà della vita degli ortodossi in America, senza questa sia attenuata da quei problemi con i quali vivono ora i nostri contemporanei.

Questa è una possibilità. D'altra parte, ci sono altre direzioni interessanti che potremmo prendere, per esempio, anche nelle scienze contemporanee, che potrebbero diventare un buon ponte tra religione in quanto tale e l'uomo secolarizzato contemporaneo, non credente. Intendo soprattutto il campo della psicologia, e quel campo che si chiama neuropsicologia. Questo è lo studio della più alta attività del cervello, la più alta attività dei nervi. Qui ci sono tutte le questioni che costituiscono il campo dell'indagine interdisciplinare. Questo campo tocca la filosofia in quanto tale, la teologia e le scienze esatte. Stiamo parlando di questioni di provenienza della fede, dell'origine dell'uomo, della teoria dell'evoluzione, del creazionismo e così via... In realtà, ci sono molti di questi interrogativi, e ogni anno la domanda alla Chiesa per avere una risposta – soprattutto una risposta orientata a una visione del mondo, intelligente, profonda – diventa sempre più acuta. Anche in questo caso mi sembra che il ruolo delle accademie spirituali debba aumentare notevolmente.

 
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San Teofane a Vysha

Il 19 gennaio 1894, alla festa della Teofania, il santo ierarca Teofane si addormentò pacificamente nel Signore nel monastero di Vysha, avendovi vissuto per ventotto anni, ventidue dei quali trascorsi in stretta clausura. Nella sua reclusione il santo si occupò della preghiera e della scrittura della sua famosa opera morale istruttiva, esegetica e di traduzione. Il periodo di reclusione è uno dei periodi più nascosti nella vita dell'asceta di Vysha, noto solo al Signore. Per la sua umiltà il santo scrisse di essere a Vysha "non in reclusione, ma in carcere".

san Teofane nella sua cella. Disegno di L. A. Voronova

Nelle parole del famoso ricercatore dell'eredità spirituale di san Teofane, padre Georgij (Tertyshnikov), "il tempo della reclusione è un periodo importante; si può dire che fu il centro della vita di sua Eminenza Teofane, perché fu allora che la maggior parte delle sue grandi opere e fatiche ascetiche si manifestò in tutta la sua forza".

San Teofane vide per la prima volta il suo "beatissimo" monastero di Vysha quando era vescovo ordinario alla cattedrale di Tambov. Con il cuore vi sentì l'effusione della grazia e si innamorò del solitario e tranquillo monastero e della magnifica e inaccessibile bellezza della natura circostante. Nel 1862, quando nominò Arkadij (Chestonov) come abate al monastero di Vysha, disse profeticamente: "Vai là, e più tardi verrò anch'io da te; ricominceremo a vivere insieme".

Lo stesso santo ierarca aveva sempre desideratoa la solitudine. È risaputo che la decisione di ritirarsi era cresciuta in lui per molto tempo. Come aveva commentato lo stesso santo: "Ho in mente di servire la Chiesa di Dio, solo in un modo diverso". Su sua richiesta, il 17 luglio 1866 fu sollevato dall'incarico di vescovo della diocesi di Vladimir e nominato abate dell'eremo di Vysha. Il santo partì da Vladimir per Vysha il 28 luglio e vi arrivò il 3 agosto 1866. In una delle sue lettere scrisse delle sue prime impressioni: "Mi sembra che Vysha sia un monastero molto consolante e benedetto!"

Nel settembre dello stesso anno il santo presentò la sua richiesta di essere sollevato dalle tante preoccupazioni dei suoi doveri abbaziali, e la sua richiesta fu accolta il 19 settembre 1866. Secondo la testimonianza di un suo coetaneo, "Per lui iniziò un vita senza preoccupazioni, una vita adatta al lavoro accademico e alla preghiera". Quando iniziò a vivere nell'eremo, il vescovo Teofane disse all'abate Arkadij: "Ho intenzione di mettermi alla prova nelle fatiche ascetiche del monachesimo; Andrò tutti i giorni in chiesa e assisterò a tutte le funzioni dei fratelli, e poi ti racconterò cosa mi sta succedendo". Questa prova durò cinque mesi. Come ricordavano i fratelli, "Veniva in chiesa, si prosternava secondo la regola, stava all'altare in un luogo determinato con tutta attenzione, senza rilassare braccia o gambe, e si metteva a pregare. Faceva inchini alla vita, toccando il suolo con la mano, ora di rado, ora improvvisamente più spesso, o faceva inchini minori, o a volte cessava sia i primi che i secondi. Tutto questo era fatto con riverenza, con concentrazione, e il più delle volte con gli occhi chiusi, il che, secondo le sue stesse parole, 'facilitava la concentrazione di tutti i sensi, del ritiro al proprio interno, per stare con la mente e il cuore davanti al Signore'. Il vescovo rimaneva in questo stato di silenzio orante a volte per molto tempo, e solo il movimento della corda della preghiera attraverso le sue dita testimoniava che mentalmente non smetteva mai di pronunciare le parole della preghiera di Gesù".

il monastero di Vysha. Disegno di L. A. Voronova

Dapprima san Teofane si stabilì nella cella dell'abate, ma questa stanza si rivelò non abbastanza spaziosa per la sua voluminosa biblioteca. Poi l'abate di Vysha e discepolo del santo ierarca. padre Arkadij (Chestonov) decise di costruirgli una cella separata. Nell'inverno del 1866 iniziò la costruzione di un secondo piano in legno sopra il forno per le prosfore in pietra. I nuovi alloggi di san Teofane erano spaziosi e abbastanza confortevoli. Il santo dapprima non visse in totale solitudine, ma in seguito si ritirò in completa reclusione e smise di ricevere visitatori.

Nei primi giorni della sua reclusione, san Teofane ogni tanto faceva passeggiate nei boschi quando il tempo era bello, durante la primavera e l'estate. Queste passeggiate erano intervallate da giri ancora più rari in una carrozza leggera trainata da cavalli, accompagnati dal suo guardiano di cella. In inverno e in estate il santo camminava quotidianamente sul balcone annesso al suo alloggio sul lato nord. Questo balcone si estendeva per l'intera lunghezza dell'edificio ed era protetto alla vista da una grata di legno intagliato, che il recluso aveva fatto egli stesso.

Nella cella del santo c'era sempre aria fresca, e gli abiti che indossava erano puliti e caldi. Il suo tavolo era semplice, ma grande. Il suo lavoro mentale e fisico era svolto in momenti specifici. Questo ordine, che il santo stesso strutturò, facilitò la sua opera fruttuosa.

Una descrizione della cella del santo è conservata nell'articolo di autore ignoto, "Nella cella del recluso", pubblicato nell'aprile 1894 sul periodico Letture benefiche per l'anima. L'unicità di queste reminiscenze consiste nel fatto che furono scritte subito dopo il riposo del santo, quando si conobbe il contenuto della sua cella. L'intera atmosfera della sua cella in quel momento era proprio come era stata nella sua vita. "Le pareti erano in legno, senza carta da parati e un po' scurite dal tempo. Tutti i mobili e l'intera disposizione erano semplici e logori all'estremo. Un armadio angolare di legno semplice, del valore di un rublo... Un cassettone... due rubli... Un tavolo semplice e logoro... Un divano di legno di betulla, con sedili di latta, il tutto del valore di tre rubli d'argento... Tutto il resto era dello stesso genere..."

Come ammise san Teofane in una delle sue lettere, "L'ozio è un compagno malvagio". Aveva molte cose nella sua cella che testimoniavano il suo poliedrico lavoro: due cassette degli attrezzi, strumenti per il tornio, strumenti per la lavorazione del legno e la legatoria, una tavolozza per dipingere e pennelli. C'era una macchina fotografica, una pressa per intaglio del legno, un banco da lavoro e torni. Un telescopio. Due microscopi, un atlante anatomico, sei atlanti geografici, di tipo generale, ecclesiastico e biblico. Nella sua cella c'era una delle più ricche biblioteche personali dell'epoca, oltre a icone che dipinse lui stesso; la crocifissione, la risurrezione di Cristo, la deposizione dalla croce, la corona di spine del Salvatore, la Teofania, san Tikhon di Zadonsk, san Metrofane di Voronezh, i santi Antonio e Teodosio delle Grotte di Kiev, Sant'Aleksandr Nevskij e altri.

la cella di San Teofane. Disegno di L. A. Voronova

Il santo amava fare piccoli doni che faceva con le sue stesse mani ai suoi figli spirituali, inviandoli insieme a istruzioni edificanti. "Saluti per il passato e per il nuovo anno in arrivo. Mi dispiace non aver risposto per così tanto tempo. La pigrizia mi ha sopraffatto. E ora mi è venuto un desiderio di fare qualcosa. Tra queste opere, tutte create al tornio, ci sono un piccolo candeliere per chi dovrebbe pregare di più; una saliera per la matushka che prepara il cibo; una lampada per la preghiera perpetua (che nasconde una custodia per aghi) e una custodia per aghi aperta per le bellezze il cui compito è lavorare senza dormire.

Molto spesso il santo inviava dei tagliacarte che lui stesso fabbricava. "Allego due tagliacarte (lame di legno che ho intagliato io stesso al tornio): uno è per la tua coniuge, e l'altro è per te. Mi è piuttosto difficile produrre libri, ma i tagliacarte (scolpiti al tornio) sono molto facili da produrre. Quindi, intendo sostituire il primo regalo con il secondo".

Il suo periodo da recluso fu la fase più produttiva della sua attività di scrittore spirituale e teologo. A Vysha furono scritte le più note istruzioni morali ed esegetiche e le traduzioni del santo. Una delle sue opere più importanti è la spiegazione della Parola di Dio, che divenne un contributo significativo agli studi biblici russi: la spiegazione delle Epistole dell'apostolo Paolo, la spiegazione dei Salmi 33 e 118 e dell'Esapsalmo. Durante il periodo di reclusione furono preparati i principali progetti di traduzione: la Filocalia, Il combattimento spirituale, Le regole monastiche antiche e altri.

Per queste opere, tutte le accademie teologiche della Chiesa ortodossa russa e la confraternita di Berlino elessero san Teofane membro d'onore e nel 1890 l'Accademia di San Pietroburgo gli conferì un dottorato in teologia.

A parte il suo lavoro di studioso, nella sua reclusione il santo condusse un'ampia corrispondenza. Ogni giorno riceveva dalle venti alle quaranta lettere e a tutte scriveva risposte dettagliate. Il santo coglieva con grande sensibilità i bisogni spirituali dei suoi corrispondenti, rispondeva esaurientemente alle loro domande e dissipava le loro perplessità. Reagì energicamente agli eventi della vita della Chiesa e della società, discusse la questione della traduzione della Bibbia nella lingua russa moderna e gli eventi della guerra russo-turca dal 1877 al 1878, nonché altri eventi.

Nei suoi ultimi anni il santo si preparò a ricevere la tonsura al Grande Schema, e per questo cucì le proprie vesti monastiche. Ma il Signore dispose diversamente. San Teofane si addormentò nel Signore subito dopo la Divina Liturgia alla festa della Teofania del Signore, il 6/19 gennaio 1894.

Ora le reliquie di san Teofane, a cui si accostano sempre più pellegrini, si trovano nella cattedrale di Kazan' del Monastero della Dormizione a Vysha.

La chiesa domestica di San Teofane nella sua cella ora restaurata è stata consacrata nel 2011. Più che in qualsiasi altro luogo, qui si può entrare in contatto con il mistero nascosto del recluso.

Il 200° anniversario dalla nascita di san Teofane, il Recluso di Vysha, con benedizione di sua Santità il patriarca Kirill di Mosca e di tutta la Rus' è stato celebrato nel 2015 da tutta la Chiesa, Vysha riacquista lo stesso aspetto ciò era così caro al santo ierarca. Una volta scrisse del suo amato monastero che "solo il Regno dei Cieli poteva prendere il suo posto".

 
Cristiani ortodossi che hanno salvato ebrei nell'olocausto

Molto è stato detto a proposito dei famosi premi di Yad Vashem assegnati a un certo numero di cattolici e protestanti. Si deve notare, tuttavia, che ci sono stati altrettanti cristiani ortodossi che hanno aiutato a salvare gli ebrei dalle squadre della morte naziste e che lo hanno fatto disinteressatamente a scapito della propria vita in un certo numero di casi. Che Dio onori la loro memoria beata mentre elenchiamo un certo numero, ancora in crescita, di queste anime benedette.

Chiune Sugihara (1900-1986) – Questo diplomatico giapponese ai tempi della seconda guerra mondiale era un convertito alla Chiesa ortodossa, a causa del suo contatto con la Chiesa ortodossa russa per influenza della sua prima moglie. Nonostante si fosse separato dalla sua prima moglie, non ebbe mai dubbi nella sua fede cristiana ortodossa e riuscì a portare la sua seconda moglie, Yukiko, alla fede ortodossa. Lui e Yukiko lavorarono instancabilmente per produrre passaporti attraverso la loro ambasciata in Lituania, per consentire a molti ebrei polacchi di lasciare la regione e sfuggire ai campi di sterminio nazisti. Quando gli fu chiesto quali furono le motivazioni per le sue azioni, menzionò la sua fede in Dio. Fu dimesso dalla sua posizione senza tanti complimenti dopo la guerra, e fu scoperto solo più tardi, in Russia, da uno degli ebrei da lui salvati. In seguito gli fu assegnato un premio a Yad Vashem da Israele nel 1985, un anno prima della sua morte, ma era troppo malato per ricevere il premio e quindi suo figlio lo ricevette a suo nome. Sua moglie, Yukiko, menziona che aveva letto il Libro delle Lamentazioni nel Vecchio Testamento, e questo lo aveva spinta a chiedere al marito di salvare gli ebrei in Lituania.

Chiune Sugihara

Arcivescovo Damaskinos di Atene (1891-1949) – Questo beato arcivescovo di Atene, quando la Grecia cadde sotto l'occupazione nazista nel 1941, fece tutto il possibile per salvare gli ebrei dalla morte. Egli è noto per aver scritto una lettera al governo occupante, in cui protestava contro le atrocità commesse contro gli ebrei ed esortava il governo a desistere dal loro arresto o dal commettere alcun danno nei loro confronti. Inoltre, quando gli viene chiesto di elencare i nomi degli ebrei da far arrestare e portar via dalle forze naziste per metterli nei campi di concentramento, mise il suo nome sulla lista. Inoltre, fu noto per aver silenziosamente sollecitato una serie di confratelli a rilasciare certificati di battesimo per gli ebrei, per consentire loro di fuggire.

arcivescovo Damaskinos di Atene

Metropolita Chrysostomos di Zante (1890-1958) – Come il precedente, anch'egli rischiò la vita per salvare la comunità ebraica di Zante, in Grecia. Assieme al sindaco Loukas Karrer, rifiutò di soddisfare le richieste naziste di elencare gli ebrei nell'isola per la deportazione: i due scrissero invece i propri nomi. Inoltre, fecero in modo che gli ebrei fossero distribuiti in tutti i villaggi per evitare la cattura. Entrambi furono premiati da Israele nel 1978 a Yad Vashem per la loro opera buona.

metropolita Chrysostomos di Zante

Angelos Evert (1894-1970) – Agente di polizia durante l'occupazione nazista della Grecia, fu ispirato dall'arcivescovo Damaskinos ad agire disinteressatamente per gli ebrei e fu anche responsabile del rilascio di documenti di identità cristiani agli ebrei in Grecia. Fu premiato nel 1969 da Israele a Yad Vashem.

Angelos Evert

Principe Constantin Karadja (1889-1950) – Servendo come diplomatico in Romania sotto l'occupazione nazista, organizzò personalmente il salvataggio di oltre 10.000 ebrei in Romania utilizzando tutta la sua abilità diplomatica. Gli è stato assegnato un premio postumo a Yad Vashem nel 2005.

principe Constantin Karadja

Principessa Elena di Grecia e Danimarca (1896-1982) – Era sposata con il re Carol II di Romania e fu nota per aver salvato gli ebrei in Romania, ed essersi presa cura dei feriti sotto l'occupazione nazista. Per la sua opera giusta, anche a lei è stato assegnato un premio da Israele a Yad Vashem.

Principessa Elena di Grecia e Danimarca

• Tra le 2 Chiese più rinomate per aver aiutato e salvato gli ebrei ci sono la Chiesa ortodossa bulgara e quella serba. Ci sono stati molti chierici e laici che hanno rischiato la vita per salvare gli ebrei dalle deportazioni e dalle atrocità naziste.

Nella Chiesa ortodossa bulgara, il patriarca Kirill alias Konstantin Markov Konstantinov (1901-1971) ha personalmente rischiato la vita per fermare la deportazione nazista degli ebrei dalla Bulgaria.

Konstantin Markov Konstantinov

Dimitar Peshev (1894-1973) – Anche se da uomo politico aveva firmato in Bulgaria una legge che sosteneva comportamenti anti-ebraici a causa dell'occupazione nazista, le azioni parlano più delle parole. Era un amico della comunità ebraica in Bulgaria, e quando seppe da un amico ebreo di un tentativo nazista di deportare gli ebrei dalla Bulgaria in vari campi di sterminio, si adoperò personalmente per fermarlo. Lavorò per sabotare le operazioni naziste in questo senso e scrisse anche lettere per fermare eventuali ulteriori misure antiebraiche. Questo gli è stato finalmente riconosciuto da Israele nel 1973 ed è stato premiato a Yad Vashem.

Dimitar Peshev

Maria Skobtsova (1891-1945) - Canonizzata dall'Esarcato russo del Patriarcato Ecumenico come Santa Maria di Parigi. Conosciuta anche da molti come Madre Maria. Divenne monaca pur provenendo da una famiglia importante, e come monaca nel 1940, quando la Francia fu occupata dalla Germania nazista, personalmente progettò il salvataggio di ebrei in Francia attraverso il suo convento. Lei e padre Dimitri Klepinin (anch'egli canonizzato) operò instancabilmente per salvare gli ebrei dai campi di sterminio e organizzare missioni di soccorso. Lei e padre Klepenin crearono certificati di battesimo per ebrei in Francia, ed entrambi furono martirizzati nei campi di sterminio nazisti. Lei scelse di morire al posto di una donna ebrea nel 1945. Fu premiata a Yad Vashem e canonizzata insieme a Padre Dimitri Klepinin nel 2004.

Maria Skobtsova

Padre Dimitri Klepinin (1904-1944) – Canonizzato come san Dimitri Klepinin nel 2004, operò al fianco di Madre Maria Skobtsova per salvare gli ebrei. Servendo sotto la Chiesa ortodossa russa come santa Maria di Parigi, era stato inizialmente al servizio della comunità degli emigrati in Francia. L'occupazione nazista cambiò molto per lui, lo fece arrestare per il rilascio di certificati falsi di battesimo agli ebrei e lo fece deportati nel campo di sterminio di Dora, nei pressi di Buchenwald. Fu premiato nel 1987 da Israele a Yad Vashem e canonizzato dall'Esarcato russo del Patriarcato Ecumenico al fianco di Maria Skobtsova.

padre Dimitri Klepinin

Alexej Alexandrovich Glagolev (1901-1972) – Un sacerdote ortodosso ucraino che ha avuto nel 1991 un premio postumo insieme a sua moglie e sua figlia a Yad Vashem da parte di Israele. Al loro figlio è stato assegnato nove anni lo stesso premio. Lui e la famiglia furono personalmente responsabili per l'organizzazione del salvataggio di ebrei rilasciando loro certificati di battesimo. Spesso subì pestaggi da parte dei nazisti e anche la sua famiglia affrontò costanti persecuzioni.

Alexej Alexandrovich Glagolev

• Dal 2007, 127 cittadini serbi, membri della Chiesa ortodossa, sono stati elencati come premiati a Yad Vashem. Ciò che si può dire è che la Chiesa ortodossa serba ha giocato un grande ruolo nel salvataggio degli ebrei sia dalle forze naziste tedesche sia dagli ustascia croati.

Questo elenco non è affatto completo. Tuttavia, ciò che è certo è che tutti questi uomini e donne altruisti sono gioielli della Chiesa ortodossa nel mondo intero. Possa la loro memoria essere benedetta ed eterna e che Dio perdoni tutti i loro peccati, volontari e involontari. Amen.

 
Perché le due parti della Chiesa russa non si fondono in una?

T.P., Londra: Ci sono due piccole diocesi della Chiesa ortodossa russa in Gran Bretagna e Irlanda. La più grande, chiamata 'diocesi di Sourozh', è direttamente sotto a Mosca e ha un vescovo a Londra e 27 sacerdoti, quella più piccola è sotto la ROCOR (la Chiesa fuori dalla Russia) e ha un vescovo in Germania e 12 chierici. Sicuramente avrebbe senso se si fondessero in una. Perché non lo fanno?

Arciprete Andrew Phillips: La sua domanda arriva al momento giusto per interessare non solo gli ortodossi russi in queste isole, ma anche quelli altrove. Infatti al momento esiste un modello simile di doppia diocesi in altre parti dell'Europa occidentale, nelle Americhe e altrove. Per esempio, ci sono anche due arcivescovi ortodossi russi di Berlino in diocesi differenti – una situazione che ovviamente risale alla divisione di Berlino e della Germania durante la guerra fredda. Pertanto, darò una risposta prima a livello locale e poi a livello generale.

A livello locale

Prima di tutto, vi è una ragione storica per l'esistenza di questa situazione anomala di due diocesi sullo stesso territorio e quindi vi sono le conseguenze di tale storia. Per esempio, con la sua origine nell'emigrazione russa bianca di quattro generazioni fa, la diocesi della ROCOR in questo paese tende di conseguenza a essere più indipendente, meglio integrata e meglio stabilita rispetto alla più recente, piu 'sovietica' diocesi di Sourozh e nel complesso ha un più uso diffuso della lingua inglese. Non è senza significato che il suo primo vescovo avesse il titolo 'di Londra' e in seguito altri due il titolo 'di Richmond', cosa che la diocesi di 'Sourozh' non ha mai avuto – il suo stesso nome si riferisce direttamente alla Russia. Inoltre, molti dei suoi sacerdoti sono arrivati di recente dalla Russia e potrebbero rimanere qui solo temporaneamente.

La diocesi di Sourozh è passata anche attraverso un periodo turbolento e difficile negli ultimi decenni a causa della personalità e delle controverse pratiche del metropolita parigino Antony Bloom, che causano divisioni dopo la sua morte così come in vita. Per esempio, la diocesi ha ancora due piccole parrocchie da lui fondate, che utilizzano il cosiddetto 'nuovo' calendario, così come in alcuni luoghi le sue pratiche, per esempio nessuna confessione prima della comunione o il permesso della cremazione, che sembrerebbero essere state adottate dall'anglicanesimo liberale. La diocesi della ROCOR in questo paese è più 'severa', vale a dire, tradizionale nelle sue pratiche, e i suoi membri sono molto fedeli alla sua posizione a favore della verità. A suo tempo è stata derisa e perseguitata per questo – anche se ora è ammirata per tale posizione, a volte da quelle stesse persone che un tempo la deridevano.

Tuttavia, è anche vero che vi è ora una crescente convergenza, mentre la diocesi di Sourozh torna in gran parte alle norme ortodosse russe, e la ROCOR è stata aiutata dal fatto che alcune frange distruttive di convertiti anglo-cattolici l'hanno lasciata qualche anno fa per entrare in varie sette. Anche se sulla carta Sourozh è cresciuta di più della diocesi della ROCOR nel corso degli ultimi quarant'anni (una volta era l'opposto), le sue molte comunità sono generalmente molto piccole e utilizzano locali provvisori e presi in prestito con un clero che sta invecchiando. È difficile prevedere quale sarà la diocesi più grande in futuro, ma è vero che la ROCOR non ha ancora un vescovo residente.

Così, ogni diocesi ha la sua storia, con differenze di enfasi, una più vecchia, una più giovane. Alla luce di queste differenze storiche, che potrebbero creare attriti umani se le due diocesi fossero fuse con la forza, si è deciso nell'accordo del 2007 tra le due parti della Chiesa russa di lasciare che tutte queste diocesi sullo stesso territorio si evolvano organicamente prima di qualsiasi fusione volontaria. Questo è particolarmente importante, dato che l'emigrazione dalla ex Unione Sovietica continua e quindi la situazione è fluida.

Così, per qualsiasi processo che porti a una fusione volontaria ci vorrà del tempo – forse un'intera generazione. Il principio fondamentale è di non costringere nessuno a fare nulla, ma di lasciare che la situazione si sviluppi da sola, perché ogni movimento deve essere puramente volontario. Ecco la risposta fondamentale alla sua domanda. Tuttavia, nove anni dopo l'accordo del 2007 possiamo già fare alcune osservazioni sui possibili sviluppi futuri.

A livello generale

All'inizio alcuni, me compreso, pensavano che tutte le parrocchie al di fuori del territorio canonico della Chiesa dell'ex Unione Sovietica/Impero Russo e del Giappone si sarebbero semplicemente a poco a poco unite alla ROCOR e che ci sarebbe stata una sorta di fusione tra i due gruppi, creando così una ROCOR estesa. Tuttavia, ora possiamo vedere un modello con alcuni sviluppi interessanti. Devo sottolineare che questi non hanno avuto luogo come risultato di qualche decreto imposto dall'alto, ma in modo del tutto naturale, come risultato di un'evoluzione dalla base.

Questo modello è esteso a tutto il mondo e va fondamentalmente verso una giurisdizione della ROCOR in paesi in gran parte di lingua inglese e dominati dagli Stati Uniti e di diocesi e parrocchie direttamente dipendenti da Mosca altrove. Tutto questo è dovuto al fatto che un tale accordo è politicamente utile e pragmatico. Per esempio:

Fin dall'inizio della ROCOR, il Giappone è rimasto sempre dipendente direttamente da Mosca, come parte del suo territorio canonico, anche se è al di fuori dell'Unione Sovietica. Dopo il 1945 le ex diocesi e parrocchie della ROCOR in Cina e in Europa orientale sono state direttamente assorbite Mosca. Naturalmente, questo è avvenuto per motivi puramente politici – non avevano scelta. Oggi, tuttavia, in modo molto significativo, non c'è in qualsiasi di questi paesi un movimento di ritorno alla ROCOR. E durante quel tempo gli ortodossi in Polonia e in Cecoslovacchia hanno formato persino Chiese autocefale e gli ortodossi in Cina sono divenuti autonomi. Negli ultimi cinque anni abbiamo visto che la Cina, come il Giappone, è diventata parte del territorio canonico ufficiale di Mosca.

Altri paesi asiatici come la Thailandia, il Laos, la Cambogia e il Vietnam si dirigono sulla stessa strada, semplicemente perché la ROCOR non vi ha mai avuto alcuna presenza locale, mentre Mosca ce l'ha. Inoltre, la stessa cosa sta accadendo con le parrocchie in Africa (con la benedizione del Patriarca di Alessandria), India, Iran, Medio Oriente, Cuba, Corea del Nord e Filippine. Nella maggior parte di queste aree le parrocchie esistenti sostanzialmente dipendono direttamente da Mosca, soprattutto perché Mosca ha influenza politica, un'emigrazione recente, un'azione missionaria e di costruzione o semplicemente sacerdoti locali, cose che la ROCOR non ha.

A causa dello scisma che ha indebolito la ROCOR in Sud America nove anni fa, e che è avvenuto in gran parte a causa dell'incapacità della ROCOR di nominare un vescovo locale, sembrerebbe che l'America del Sud e anche l'America Centrale ora stiano entrando nell'orbita diretta di Mosca. Sembra probabile che a Mosca sarà istituita una Metropolia, almeno per il Sud America. La ROCOR è semplicemente troppo piccola per farlo.

D'altra parte, in Nord America (Canada, Stati Uniti e anche, a quanto pare, Messico), in Australia e Nuova Zelanda (incluse l'Indonesia e la Polinesia), è chiaro che la ROCOR ha il controllo. In Oceania, Mosca è più o meno inesistente e in America del Nord non può espandersi, ma solo contrarsi. Questo è il risultato dell'accordo che ha stipulato con l'OCA non russa, che ha ancora da prendere una decisione canonica, se vorrà reintegrarsi nel mainstream della Chiesa ortodossa russa oppure continuare ai suoi margini.

Tuttavia, abbiamo anche visto che la ROCOR ha più o meno ceduto territorio sia nel sud sia nel nord dell'Europa Occidentale – Portogallo, Spagna, Italia, Austria (con due eccezioni), Islanda, Norvegia, Svezia, Finlandia e anche Paesi Bassi – a Mosca. Per esempio, in Italia vi è ora la più grande diocesi ortodossa russa in Europa occidentale, con circa 70 parrocchie, prevalentemente moldave, e un vescovo con la sua cattedrale appositamente costruita a Roma. In generale, la ROCOR rimane presente solo nella ex Germania occidentale e in Svizzera (i suoi tre vescovi europei sono in questi paesi), in Gran Bretagna, Irlanda, Lussemburgo, Belgio, Francia e Danimarca. Tuttavia, in Belgio e anche in Germania occidentale stanno aprendo nuove chiese poste direttamente sotto Mosca.

Così, anche se è ancora troppo presto per venire a conclusioni definitive, sembra che la giurisdizione della ROCOR possa essere limitato a tutti gli ortodossi russi nei dintorni del mondo di lingua inglese – in Nord America, incluso il Messico, in Australia e in quella parte di Europa continentale che risulta più vicina alle Isole Britanniche. Si potrebbero ancora formare tre metropolie distinte, a New York, a Sydney e una terza da qualche parte dell'Europa nord-occidentale, forse a Ginevra, oppure a Monaco o a Bruxelles.

D'altra parte, gli ortodossi russi nel resto del mondo, cioè al di fuori dei territori canonici delle altre tredici Chiese locali, possono venire a far parte direttamente della giurisdizione della Chiesa con sede a Mosca, ancora una volta formando metropolie. Qui ci occupiamo dell'Europa Occidentale, del Sud America e dell'Asia. Per esempio, si può prevedere una possibile metropolia per l'Europa sud-occidentale, centrata forse nella nuova cattedrale e seminario a Parigi. Poi ci potrebbe essere una metropolia in Sud America, forse centrata nella nuova cattedrale di Caracas.

Per quanto riguarda l'Asia, possiamo prevedere che un giorno la Chiesa autonoma cinese possa avere la libertà di diventare una metropolia, centrata a Pechino. Ci dovrebbe sicuramente essere una metropolia nel sud-est asiatico, forse centrata a Bangkok. Oltre a ciò, si possono sognare metropolie a Nuova Delhi, per coprire il subcontinente indiano, e a Teheran, per coprire il Medio Oriente. Ma questo è lontano. Sottolineiamo che tutto questo è un processo organico e non un piano premeditato. Tuttavia, non conosciamo il futuro e potrebbero ancora verificarsi eventi imprevisti prima che la situazione si sedimenti.

Il futuro

Per coloro che possono essere allarmati da queste possibilità e vedere in loro una sorta di competizione per la giurisdizione o un imperialismo di Mosca, diremmo che tale allarme appartiene al passato. Non esiste concorrenza né imperialismo. Il fatto è che con l'attuale convergenza tra la Chiesa in Russia (e la sua diocesi e parrocchie dipendenti al di fuori di essa) e la Chiesa fuori dalla Russia, le distinzioni tra le due parti della Chiesa sono sempre più irrilevanti. Per le generazioni più giovani, e anche per quelle di mezza età, ora c'è poca differenza, perché la gente va liberamente da una parrocchia all'altra, senza alcuna distinzione.

Quando, in Russia e in Ucraina, si aprono monasteri, conventi e chiese dedicati a san Giovanni di Shanghai, e quando libri scritti dal clero della ROCOR, come l'arcivescovo Averkij (Taushev), lo ieromonaco Seraphim (Rose) e padre Serafim Slobodskoj, contro il modernismo e l'ecumenismo, o sui martiri reali, sono ristampati in gran numero, e quando al di fuori della Russia leggiamo libri scritti in Russia su temi simili, vi è una completa convergenza. Con sempre più contatti tra le due parti della Chiesa russa, una fusione ha luogo a partire dal basso.

Non c'è più grande esempio di questo che il neo-canonizzato san Serafino di Sofia, per 25 anni vescovo della ROCOR in Bulgaria, che ha denunciato le eresie di Parigi e l'errore del nuovo calendario, ma che è stato anche una voce imponente dell'Ortodossia al Concilio di Mosca del 1948. Davvero una figura di unità. E può ancora essere seguito dal sempre memorabile metropolita della ROCOR, Filarete di New York, che ha canonizzato i nuovi martiri e confessori, le cui reliquie sono incorrotte – che per quindici anni fu prete sotto Mosca dove suo padre vedovo era vescovo. Mente Russia post-sovietica si dirige verso la restaurazione di un imperatore cristiano, il futuro e l'unità sono vissuti oggi.

 
Recensione cinematografica: "Noè" (contiene spoiler!)

Quando ho visto "Noè" di Darren Aronofsky ieri sera, non avevo intenzione di scriverne una recensione. Ritengo che la maggior parte dei film basati sulla Bibbia siano stupidi o di valore negativo, anche quelli "acclamati dalla critica", e quel poco che sapevo su questo nuovo film mi diceva che probabilmente sarebbe stato un pasticcio, perché sapevo che traeva da fonti apocrife e da un fumetto (o "romanzo illustrato"), ma io sono sempre aperto a dare alle cose un'opportunità prima di prendere una decisione su di loro. Dal lato positivo, era un film di Darren Aronofsky, che ha diretto alcuni dei miei film preferiti degli ultimi anni, e di cui sono un fan dal 1998. In tal caso, mi aspettavo almeno un grande film con un possibile cattivo copione.

Il film è stato avvincente ed emozionante dal punto di vista visivo, a differenza della maggior parte dei film biblici, soprattutto in questi giorni. Questo è più o meno tutto ciò che posso dire di positivo su questo film.

Al di là delle scene visive, questo film è... un disastro di proporzioni bibliche. Capisco che a volte si deve andare "fuori copione" dal materiale originale per formare un film interessante, ma questo film è praticamente un'intera ricostruzione e rivisitazione del Noè biblico, e lascia fuori tutte le parti della storia originale che rendono la storia ragionevole, e le sostituisce con uno stupido dramma che alla fine non ha assolutamente alcun senso. E posso aggiungere, la teologia del film è un "diluvio" di stupidità.

Ecco il succo della parte principale della storia, che mostra la stupidità di tutta la faccenda, ma cercherò di renderla comprensibile (ALLARME - SPOILER!):

In principio era l'oscurità. Dio crea l'universo dal nulla con una esplosione di tipo Big Bang, e attraverso un processo di evoluzione i mari e la terra si popolano vita, finché l'uomo e la donna finalmente arrivano sulla scena. In Paradiso sono tentati da un serpente a mangiare il frutto proibito, e il peccato originale entra nella natura umana. Questo porta Caino a uccidere suo fratello Abele, poi Caino è maledetto da Dio e stabilisce sulla terra città che diventano dimore del peccato e del male. I discendenti di Caino sono in costante inimicizia con i discendenti di Set, l'altro figlio di Adamo ed Eva da cui discende Noè dieci generazioni dopo.

Il secondo giorno della creazione angeli ribelli caduti chiamati gli Osservatori sono scacciati dal cielo e decadono fino a divenire esseri di pietra, che possono essere distrutti dagli esseri umani, e redenti se si pentono. Questi osservatori maledetti proteggono e aiutano a costruire le città di Caino fino a quando i figli di Caino decidono di iniziare a ucciderli. Ora gli Osservatori odiano gli uomini e vogliono tornare al loro "Creatore" (questo è l'unico nome usato per Dio in tutto il film). Quando uno di loro sente che Noè è stato chiamato in sogno dal Creatore per costruire un'arca, raduna gli Osservatori per aiutare Noè, ed essi finiscono per fare la maggior parte del lavoro grezzo nella costruzione dell'arca, che aiuterà a salvare una porzione di creazione dalla distruzione per mezzo di un diluvio. Noè è chiamato dal Creatore non perché è giusto, come dice la Bibbia, ma perché è una brava persona che non fa parte dei discendenti maledetti di Caino.

Nella terra deserta in cui si trovano, il Creatore crea improvvisamente un bosco, e questi alberi saranno utilizzati per costruire l'arca. Poi gli animali cominciano ad arrivare, e appena si stabiliscono in l'arca finiscono drogati in una sorta di ibernazione fino a quando il diluvio si allontanerà. Mentre si costruisce l'arca, Cam, il figlio mediano di Noè, si rende conto che suo padre non troverà una moglie per lui e suo fratello minore Iafet, mentre il figlio più anziano Sem ha una fidanzata/moglie che è apparentemente sterile, ma dopo un miracolo di nonno Matusalemme si ritrova improvvisamente capace di avere figli e approfitta subito di questa opportunità. Cam comincia a risentirsi della decisione di suo padre, che si basa sul fatto che le figlie degli uomini sono troppo peccatrici, così corre alle abitazioni dei figli di Caino per imparare a mangiare carne e a uccidere, cose che Noè non fa. Ma quando è lì trova una ragazza indifesa che decide di prendere in moglie. Appena comincia a piovere, Cam e la sua nuova fidanzata/moglie salgono nell'arca, ma i discendenti di Caino si precipitano verso l'arca per istigazione del loro leader, e la fidanzata/moglie di Cam viene catturata in una trappola per orsi, e mentre Noè si precipita per aiutare suo figlio, si rende conto che non ha tempo per aiutare Cam a salvarla, così la lasciano calpestare dalla folla.

Mentre la pioggia continua a cadere a dirotto, gli Osservatori e Noè uccidono tutte le persone che cercano di salire sull'arca mentre vi entra la famiglia di Noè. Gli Osservatori iniziano a essere uccisi, e a volare di nuovo in cielo. Tutti quelli che sono fuori dell'arca muoiono, tranne il leader della folla che si è intrufolato in qualche modo nell'arca come clandestino. Nell'arca ci sono Noè e sua moglie, Sem e la moglie apparentemente sterile, e Cam e Iafet senza mogli. Il messaggio che viene trasmesso è che Dio vuole uccidere l'intera razza umana, perché tutti portano il peccato originale, ma sta usando Noè per assicurarsi che gli animali innocenti rimangano vivi.

Mentre la moglie di Sem si rende conto di essere incinta, il clandestino tenta di far ribellare Cam contro il padre. Noè fa capire alla sua famiglia che moriranno tutti senza figli, e la razza umana sarà estinta, e lui farà di tutto per garantirlo, perché è la volontà del Creatore. Quando scopre la gravidanza, li informa che ucciderà il neonato se è una femmina. Questo l'inizio della spirale discendente di Noè, e diventa uno scontro tra lui e la sua famiglia. La moglie di Noè aiuta la famiglia di Sem a prepararsi a lasciare l'arca con una piccola barca per sfuggire all'ira di Noè, nel frattempo Cam assieme al clandestino sta cercando di uccidere il padre. Cam decide di salvare suo padre e al suo posto uccide il clandestino, ma Noè distruggere la scialuppa si salvataggio e si precipita per uccidere il neonato. Quando vede che sono nate due gemelle, apparentemente destinate a copulare con ciascuno degli altri figli, la sua intenzione è di ucciderle, ma sono troppo carine e le lascia vivere. Noè si rende conto che non può fare ciò che il Creatore vuole che lui faccia, e cade in depressione.

L’arca si ferma su una spiaggia e Noè va a vivere da solo in una grotta e si ubriaca perché è depresso per non aver adempiuto la sua missione. Sdraiato nudo sulla terra, Cam lo vede e non lo aiuta, risentito perché non ha salvato la sua fidanzata/moglie, ma Sem e Iafet lo ricoprono senza guardare. Ham decide di lasciare il suo patetico padre e viaggia da solo verso il tramonto, dove morirà senza figli. Noè si riconcilia con la moglie e si presume che Iafet ripopolerà la razza umana con le sue due nipoti, anche se non vi è alcuna indicazione questo è esattamente ciò che il Creatore aveva in mente. Fine.

Fondamentalmente c'è un sacco di dramma inutile nel film, che diventa così stupido che per l'ultima ora del film sono stato in un brivido costante. Mentre cercavo di trovare parti del film da poter riscattare, e ce ne può essere qualcuna, di tanto in tanto, avevo la sensazione che andasse di male in peggio.

Anche se non consiglierei questo film a qualcuno che cerca di conoscere Noè o cerca di esserne ispirato o anche per un buon racconto morale di vecchio stile, io non sono un tipo da dire a qualcuno di non vedere un film. Per quanto stupido sia, alcune persone possono apprezzarne qualche parte. A quelli che sono interessati a vedere il film solo per il gusto di vedere un capolavoro di scenari, direi di vederlo e di formarsi una decisione personale sul resto.

 
L’anziano Epifanio sulla Liturgia dei Presantificati

Presentiamo una breve spiegazione della Liturgia dei Presantificati scritta dall’archimandrita Epifanio (Theodoropoulos) nella sezione “Preghiera” dei documenti.

La Liturgia dei Presantificati (che la tradizione ortodossa assegna a san Gregorio I, papa di Roma) è una funzione di grande e profonda bellezza, forse il modo più solenne di impartire la santa Comunione in tutto il culto ortodosso. La sua assegnazione ai giorni feriali della Grande Quaresima non ne fa, purtroppo, una funzione molto frequentata, ma vale comunque la pena riscoprirne il valore e trovare modi per viverne più intensamente la celebrazione.

 
La Chiesa romena rifiuta i cucchiai monouso per la comunione anche nei tempi di pandemia

Ai fedeli ortodossi romeni è stata data la benedizone per iniziare a frequentare le funzioni all'aperto venerdì 15 maggio, dopo il periodo di quarantena a causa della pandemia di coronavirus.

In preparazione al ritorno, la Chiesa ha emanato linee guida "sull'accesso dei credenti ortodossi ai luoghi di culto e ai cimiteri e sulla loro partecipazione ai servizi divini".

Molte delle linee guida sono tipiche di quelle emesse da diverse diocesi e Chiese locali negli ultimi mesi: i fedeli devono mantenere una distanza di 2 metri tra loro; si consiglia agli anziani e ai malati di rimanere a casa durante i servizi e di confessarsi e comunicarsi in un momento concordato con il sacerdote; le maschere sono obbligatorie; il disinfettante sarà fornito in ogni chiesa e così via.

Per quanto riguarda la celebrazione della Divina Liturgia, il Patriarcato romeno rifiuta completamente qualsiasi modifica al modo di dare la comunione ai fedeli. Cucchiai e calici monouso sono inaccettabili per la Chiesa ortodossa, si legge nella dichiarazione:

Per la Chiesa ortodossa universale, non ci sono oggetti sacri (santificati) monouso, ma per uso perpetuo (calice, disco, stella e cucchiaio), oggetti che sono puliti prima e dopo ogni uso. Nella pratica della Chiesa ortodossa universale, l'uso del cucchiaio comune nell'eucaristia non è stato fonte di contaminazione per nessun credente ortodosso in passato o negli ultimi due mesi della pandemia.

"Pertanto, la Chiesa ortodossa romena, secondo la sua secolare tradizione liturgica, non può accettare, neanche in tempi di pandemia, l'uso del calice e del cucchiaio monouso per la comunione dei fedeli durante la Divina Liturgia", conclude la dichiarazione sulla celebrazione dell'eucaristia.

 
Una risposta ortodossa a Giovanni Calvino sulle icone: La retorica della Riforma

Fin dalla Riforma protestante, c'è stata tra i cristiani una varietà di opposizioni tra i cristiani all'arte religiosa o di culto, ovvero a ciò che i cristiani ortodossi in genere definiscono icone sacre.

Come ho detto in precedenza, i riformatori non erano tutti d'accordo su questo argomento: alcuni permettevano le opere d'arte religiosa e una venerazione limitata sia della Croce sia dell'Eucaristia; altri permettevano la loro presenza in edifici ecclesiastici, mentre erano completamente opposti alla loro venerazione o uso religioso, e il resto si opponeva sia al loro corretto utilizzo sia alla loro l'esistenza in generale. Ed è a quest'ultima posizione di alcuni riformatori - noti ai cristiani ortodossi come iconoclasti - che vorrei rispondere con il presente articolo.

Sorprendentemente, gli argomenti iconoclasti contro le icone sacre sono cambiati molto poco, se non sono rimasti del tutto immutati, dal XVI secolo, in gran parte una combinazione di retorica roboante e di caricature fuorvianti dei iconoduli e delle loro credenze. Mentre ci sono stati molti riformatori che hanno scritto e predicato contro le icone e reliquie prima di lui, non c'è probabilmente nessuna persona più influente in materia, che non Giovanni Calvino.

Il magnum opus di Calvino, avvocato francese e poi parroco a Ginevra, fu l'Istituzione della religione cristiana. Questo lavoro fu iniziato nel 1536, fu rivisto e ampliato un certo numero di volte, e giunse al suo completamento finale prima della sua morte nel 1559. Dato che Calvino si riferisce all'edizione del 1559 come a un "nuovo lavoro" rispetto alle precedenti edizioni - lavorando perfino sul sua letto di morte per garantire il suo completamento (1) - faccio riferimento solo a questa edizione finale nella traduzione inglese di Ford Lewis Battles. (2) La sua discussione primaria sulle icone si può trovare nel Libro 1, capitolo 11, sezioni 1-16.

Non diversamente dagli avversari di Lutero su questo stesso argomento (come Münzer e Karlstadt), Calvino offre una colorita retorica quando giunge alle sue argomentazioni contro l'uso o l'esistenza di icone religiose. Una luce su argomentazioni effettive - o anche sulla logica - dei riformatori contro le immagini religiose e le reliquie, si sposterebbe da un grado di retorica a un altro nei loro trattati polemici e sermoni.

In Von der Bilder Abtuhung, Andreas Karlstadt utilizza una conversazione obliqua con il papa per convincere i contadini della sua posizione contro le immagini. Mentre Karlstadt si oppone alle immagini fisiche, usa il linguaggio per dipingere contro di loro un quadro quanto mai drastico:

È davvero ironico che in uno scritto che si rivolge così massicciamente contro l'uso improprio delle immagini materiali, ci sia una curiosa ingenuità circa il modo in cui le immagini verbali, le similitudini e le metafore sono usate per creare vivide visualizzazioni che provocano compassione, derisione, disgusto, indignazione e rabbia. La pietà tradizionale, per esempio, a causa dei suoi aspetti monetari, è descritta come un mercato delle pulci, un grempell Marckt. Verso il culmine del testo, il tema sessuale diventa prominente; il veneratore di immagini è descritto come una puttana, la Chiesa come un bordello. La tecnica di associazione è frequente: il papa è associato al diavolo, gli insegnamenti dei sacerdoti alla peste. (3)

Comune alle polemiche della Riforma è anche un forte dualismo tra il bene e il male, o si è con Dio o con il diavolo:

Il mondo è diviso tra veri adoratori e idolatri non cristiani. Dio e il diavolo si confrontano l'un l'altro. Tutto è visto in termini di bianco e nero, di estremi, del più acuto dei contrasti. Mosè proibisce l'adorazione delle immagini; Gregorio VII la elogia. Dio è fedele, mentre Israele si ribella costantemente. La lingua sospinge continuamente il messaggio che il lettore deve fare una scelta radicale tra le cose dello Spirito e le cose della carne, tra le apparenze e la realtà interiore o potenza; tra la finzione e la verità autentica; tra le semplici immagini, Bilder, che seducono, i e libri, Bücher, che istruiscono (notare l'allitterazione in tedesco!); tra l'autorità del papa e quella di Dio; tra la Scrittura e il diavolo, rivestiti di costumi e autorità umani...

Il dualismo ultimo è quello della trascendenza di Dio e della materialità delle immagini, che non sono altro che legno e pietra, sono sorde, mute e cieche; non possono insegnare né imparare; sono carne, e nient'altro che carne. (4)

Nell'Istituzione, Calvino usa un linguaggio simile nella sua polemica contro le opere d'arte religiosa. L'inclinazione verso le immagini è "stupidità bruta" ed "empia menzogna", il risultato di un "rozzo e stupido ingegno" che affligge l'intero lotto della "gente comune" (1.11.1). Scrivendo direttamente a proposito delle icone bidimensionali, Calvino deplora lo "scrupolo sciocco" dei "cristiani greci" (1.11.4):

Mentre ritengono di essersi assolti splendidamente da se stessi se non fanno sculture di Dio, indulgono arbitrariamente nelle immagini più di qualsiasi altra nazione. Ma il Signore proibisce non solo che gli sia eretta una somiglianza da parte di un creatore di statue, ma anche una modellata da un qualsiasi artigiano, perché così è rappresentato falsamente e con un insulto alla sua maestà.

Ignorando qui per il momento il nucleo reale delle argomentazioni di Calvino, penso che sia dimostrabile che Calvino si basa altrettanto pesantemente su retorica e dualismi – su false dicotomie, se si vuole – come Karlstadt, Münzer, e tutti gli altri. Mentre questi trattati e sermoni sono una lettura divertente, non fanno nulla per far progredire o regredire alcun argomento particolare. Sono – come le manifestazioni spesso fisiche dei loro autori – una distruzione iconoclasta dei loro avversari, piuttosto che delle loro convinzioni.

Il vero pericolo di questa retorica, negli scritti o nelle prediche, era il modo in cui eccitava la rabbia ribelle, nata dall'umanesimo, della "gente comune". Lo stile sproporzionato alla fine ha portato alla distruzione letterale di innumerevoli chiese, reliquie, croci, statue, icone, e anche di città intere della campagna tedesca.

Matheson, per esempio, osserva parlando della conclusione del trattato di Karlstadt:

Mentre il piccolo trattato arriva verso la fine c'è un passaggio dall'argomento razionale all'appello emotivo; l'ondata di rabbia si basa sulla ripugnanza che Dio avrebbe per le proprie immagini, e con essa arriva una chiamata urgente all'azione. Perché Dio è un Dio che parla e si aspetta di essere obbedito. Gli occhi di tutto il mondo sono sui tedeschi. Una riforma, un vero e proprio ordine cristiano, è urgente... Ma ora è richiesta l'azione. Il linguaggio diventa più crudo e anche violento, rispecchiando la necessità di distruggere, abbattere, bruciare le immagini. (5)

Questa ribellione – con suo grande rammarico e lamento – ispirò Lutero a scrivere una serie di trattati diretti contro gli iconoclasti, e in particolare contro Andreas Karlstadt. (6) Mentre Lutero e Calvino si sarebbero in ultima analisi divisi sulla base delle loro diverse interpretazioni della presenza reale nella celebrazione dell'Eucaristia, erano pure in sostanziale disaccordo per quanto riguarda le opere d'arte religiosa.

Alla fine, se ci deve essere una reale comprensione tra cristiani ortodossi e protestanti su questo problema, la mera retorica non è la risposta. E come vedremo presto (nei miei prossimi articoli), le caricature inutili delle posizioni iconodule – che associano le icone cristiane, la Croce, le reliquie, e l'Eucaristia con gli idoli pagani e l'idolatria, per esempio – non solo sono inutili, ma sono anche facilmente confutabili da parte di un attento cristiano ortodosso. E anche a partire dalla sola Scrittura.

Note

(1). T. H. L. Parker, John Calvin: A Biography, pp. 161–164

(2). Louisville, KY: Westminster John Knox Press, 1960

(3). Peter Matheson, The Rhetoric of the Reformation, p. 174

(4). ibid., p. 176

(5). Peter Matheson, The Rhetoric of the Reformation, pp. 178–179

(6). e.g. Against the Heavenly Prophets in the Matter of Images and Sacraments, ca. 1525

 
La situazione dell'Ortodossia inglese e una visione del futuro dell'Ortodossia russa in Europa

Dio non è nella potenza, ma nella giustizia.

sant'Alessandro della Neva

Introduzione

Mi è stato detto che io 'dico le cose così come sono'. Forse per questo, mi è stato chiesto di scrivere qualcosa sulla situazione dell'Ortodossia inglese contemporanea, con particolare attenzione alla tragica eredità del defunto metropolita Antony (Bloom) e al conseguente scisma di Surozh. Lo farò, perché ho conosciuto bene il metropolita, una quarantina di anni fa, tra il 1974 e il 1982, e nel gennaio 1981 è stato lui a tonsurarmi lettore. Penso anche che ne valga la pena, perché la situazione passata e presente in Inghilterra riflette tanto di ciò che è vero anche nel contesto europeo più ampio. Tuttavia, lo faccio ancora a malincuore, perché non mi piace parlare del passato triste e preferirei di gran lunga parlare del futuro. D'altra parte, come si può avere una visione del futuro, se prima non si capiscono il passato e il presente?

È vero, ho alcuni buoni ricordi del passato. Tuttavia, a parte le centinaia di giovani parrocchiani, di cui battezzo fino a cinquanta figli all'anno, ho sei figli e ho dei nipoti, ed è per il loro futuro, non per il mio passato, che io vivo. Questo è il motivo per cui penso che dovremmo paragonare la situazione dell'Ortodossia inglese con la situazione generale di tutti noi ortodossi russi in Europa occidentale. In questo modo desidero anche evitare la comune malattia inglese (e neppure così tanto inglese) del campanilismo e dell'insularità. Il passato è il paese dei morti, tutto ciò che possiamo e dobbiamo fare è pregare con compassione per gli esseri umani deboli come noi che vi hanno preso parte. Un giorno saremo tutti fianco a fianco di fronte al tremendo giudizio. Guardiamo al futuro, dove tutto è possibile. Tuttavia, prima di poter guardare al futuro, devo fare il mio dovere e cominciare dall'inizio.

Parte prima – Il passato e il presente: l'Ortodossia inglese

Oggi vi sono circa duemila ortodossi inglesi (il numero di ortodossi scozzesi, irlandesi e gallesi è ancora più piccolo – di ogni popolazione ce n'è solo qualche decina al massimo), e una settantina di inglesi sono suddivisi nel clero delle tre giurisdizioni o diocesi principali. Le altre quattro giurisdizioni presenti in Inghilterra, come altrove, quella romena, quella serba e le piccole giurisdizioni ortodosse bulgara e georgiana, sono quasi del tutto mono-nazionali e hanno pochissimi membri inglesi. Le tre giurisdizioni o diocesi con membri inglesi sono: il patriarcato di Antiochia, il patriarcato di Costantinopoli (due gruppi) e la Chiesa ortodossa russa (due gruppi).

1. Il patriarcato di Antiochia

Una ventina di anni fa, circa 300 anglicani scontenti sono stati accolti con il loro programma in questo patriarcato. Erano stati precedentemente allontanati dal patriarcato di Costantinopoli e dalla diocesi di Surozh della Chiesa ortodossa russa, entrambi vincolati dai loro legami ecumenici con Canterbury. Poiché Antiochia praticamente non esisteva in Inghilterra fino ad allora, è nata in pratica una nuova giurisdizione, e quindi un'ulteriore divisione. Tutti i sacerdoti in questo gruppo con una singola eccezione erano sacerdoti anglicani, in seguito ordinati come sacerdoti ortodossi con poca formazione. Un uomo che ora è stato sospeso era stato ordinato entro tre giorni dalla sua ricezione.

Data questa storia, oggi il gruppo sembra formare un club ex anglicano piuttosto isolato, con ancor minore presa sulla stragrande maggioranza della popolazione inglese. In effetti, alcuni in questo gruppo sembrano respingere i non anglicani, una delle loro parrocchie ha perfino vietato di utilizzare qualsiasi lingua tranne l'inglese, e alcuni chiamano questo gruppo 'Angliochia'. Queste parrocchie ex-anglicane sembrano avere poco a che fare con l'Ortodossia araba e sembrano evitare di concelebrare con le altre giurisdizioni, anche se il loro clero si veste come quello russo. Una persona, forse in modo ingiusto, mi ha detto la formula: 'Anti-russo + anti-greco = Anti-ochia'.

Tale punto di vista rappresenta solo la metà negativa della realtà. Dal lato positivo, questo gruppo è molto dinamico, alcune parrocchie hanno la proprietà dei loro locali e ci sono alcuni sacerdoti più giovani, ora più di quindici in tutto. Le parrocchie più grandi attirano soprattutto fedeli dell'Europa dell'Est, privi di funzioni nella propria lingua, o greci che hanno smesso di frequentare le proprie chiese. Alcune di queste persone conoscono la loro fede e sono in grado di educare il clero antiocheno. La recente nomina per loro, con 20 anni di ritardo, di un vescovo antiocheno, che può ottenere un visto per venire in Inghilterra a novembre, potrebbe finalmente significare l'introduzione della disciplina liturgica e un ingresso nella corrente principale della Chiesa di gruppi finora ai margini. Ciò dovrebbe includere l'insegnamento al clero su come servire, l'insegnamento ai fedeli su come cantare (per ora è usato un canto in 'stile russo' anglicanizzato), così come la fine dell'intercomunione, di pratiche 'carismatiche' e di altre pratiche estranee, come la commemorazione degli armeni e degli etiopi come ortodossi, l'uso di ragazze come accoliti o la comunione obbligatoria per tutti, come accade in alcune parrocchie.

Le funzioni antiochene a cui ho partecipato assomigliano a un misto di anglicanesimo e di una conoscenza molto confusa del Tipico ortodosso con funzioni inventate, una sorta di approccio 'alla giornata'. Questo stile ha screditato il gruppo antiocheno. In conclusione, gli antiocheni hanno lo zelo, cosa ammirevole, ma non la conoscenza, cosa non ammirevole. La domanda è se vogliono la conoscenza e se hanno l'umiltà di accettare la disciplina e le tradizioni della Chiesa ortodossa e un vescovo ortodosso, invece di imporre sui fedeli programmi anglicani. I preti anglicani in pensione con l'hobby del 'rito orientale' sono una cosa, la Chiesa ortodossa è un'altra cosa.

2. Il patriarcato di Costantinopoli

a. L'arcidiocesi di Thyatira

Si tratta di una grande diocesi, per lo più greco-cipriota, il cui arcivescovo in carica deve possedere un passaporto greco, cipriota o turco. Tuttavia, poiché i greco-ciprioti sono emigrati in Inghilterra da Cipro (parte del Commonwealth) principalmente tra il 1945 e il 1975, ora stanno scomparendo. Il nazionalismo è diffuso, e gli inglesi che si accostano all'Ortodossia (così come i romeni e altri) sono tipicamente allontanati dalle sue parrocchie e viene detto loro di andare a unirsi alla Chiesa anglicana, perché 'non sono greci'. La perdita di giovani ciprioti è tale che non meno di sei sacerdoti di etnia cipriota servono oggi nella diocesi anglicana di Londra. Almeno là possono comprendere la lingua delle funzioni.

L'ellenizzazione dei pochi anglicani che sono stati ricevuti e ordinati è obbligatoria. Nomi ultra-greci come Kallistos, Meliton, Aristobulos, Pankratios, Ephraim, Panteleimon, Palamas, Kosmas, ecc., sono imposti su ex preti anglicani con nomi ortodossi perfettamente buoni, e sono ordinati come chierici ortodossi greci a buon mercato (non pagati). Uno di loro è così ellenizzato che ha cambiato perfino il suo cognome in un nome greco. L'esempio più noto di questo gruppo è l'ex accademico di Oxford, Timothy (oggi metropolita Kallistos) Ware, che vive come un parroco in pensione e non è mai stato un vescovo diocesano, ma piuttosto un 'vescovo da convegno'. Questi ex-anglicani ellenizzati usano uno stile russo di canto nelle loro funzioni, probabilmente a causa della difficoltà di adattare il canto greco dal suono estraneo in una qualsiasi lingua diversa da quella greca.

b. Il decanato dell'Esarcato

Come nel resto del mondo, il Patriarcato di Costantinopoli ha preso nella sua giurisdizione per ragioni politiche anche gruppi di dissidenti, come i nazionalisti ucraini e l'Esarcato di Parigi. Il secondo gruppo è ritornato a essere presente in Inghilterra dal 2006, rifondato da 300 'bloomiti' per lo più ex anglicani, tra cui più di dieci sacerdoti. In altre parole, questi erano i dissidenti dalla diocesi di Surozh, allora nel patriarcato di Mosca, in precedenza gestita dal metropolita Antony Bloom (vedi sotto, al punto 3). Dopo la morte nel 2004 del metropolita Antony, il loro capo e protettore, questi non volevano aderire alla disciplina e alle tradizioni della reale Chiesa ortodossa russa, che a quel tempo erano reintrodotte nella loro diocesi. Così, se ne sono andati nell'Esarcato di Parigi, in un primo momento sotto il controverso vescovo Basil (Osborne), poi, dopo la sua riduzione allo stato laicale, sono diventati un piccolo decanato.

Qui, sotto il patriarcato di Costantinopoli, avrebbero avuto il permesso di fare ciò che volevano, compreso il mantenimento delle pratiche personali del metropolita Antony (Bloom), senza interferenze da Costantinopoli o da Thyatira o da Parigi, come uno dei loro sacerdoti mi ha detto con orgoglio. Per esempio, avrebbero avuto la comunione senza la confessione, l'intercomunione (come il loro sito web aveva annunciato a un certo punto), l'uso del nuovo calendario, la proscomidia celebrata al centro della Chiesa, l'uso di paramenti greci o i nomi gridati durante la funzione in uno stile 'carismatico' anglicano, o la comunione resa obbligatoria per tutti.

Questo gruppo è molto piccolo, con diverse comunità di dieci persone o meno. Dove è più grande, è a causa della presenza di europei dell'Est, per esempio, i romeni privi di una loro chiesa, che non hanno alcuna fedeltà o all'ideologia bloomita, né la conoscono. Il decanato non ha praticamente alcuna proprietà sua e negli ultimi anni, anche se ha ordinato diversi chierici anglicani in pensione, praticamente senza alcuna formazione, sembra essere in corso di estinzione. L'età media del suo clero è di circa 70 anni e molti dei suoi laici iniziatori sono della stessa generazione.

Sembra difficile da capire perché, se desiderano sopravvivere, non si limitano a unirsi al gruppo ex anglicano antiocheno, o almeno a unirsi agli ex-anglicani nella diocesi maggioritaria di Thyatira. Alcuni hanno suggerito che c'è una ragione di classe, che è perché l'Esarcato è in gran parte composto da ex-anglicani di classe alta, mentre gli altri ex-anglicani sono di classe media. Alcuni chiamano questo gruppo, come il gruppo antiocheno, 'anglicani con le icone' o 'anglodossi', piuttosto che ortodossi.

3. La Chiesa russa

a. La diocesi delle Isole Britanniche e dell'Irlanda della ROCOR (Chiesa ortodossa russa fuori dalla Russia)

Dopo aver stabilito la prima parrocchia in Inghilterra nel 1919, la ROCOR stabilì una diocesi in Inghilterra nel 1929 sotto il vescovo Nikolaj (Karpov), a cui singolarmente non fu dato un titolo fittizio come 'di Thyatira' o 'di Surozh', come alle altre diocesi , ma il vero titolo, 'di Londra'. È stata anche la prima diocesi ortodossa ad avere una vita monastica in Inghilterra e la prima diocesi a usare l'inglese, dagli anni '30 in poi. La diocesi si è ampliata dopo il 1945, con un'ondata di nuovi immigrati. Tuttavia, dopo la partenza dell'arcivescovo Ioann (Maksimovich) (ora san Giovanni di Shanghai) nel 1962, la diocesi cadde in correnti nazionalistiche e settarie e per un tempo divenne isolata.

Dagli anni '70 in poi, un piccolo gruppo di convertiti anglo-cattolici non integrati ha cominciato a imporre il vecchio calendarismo, importato dagli Stati Uniti sotto l'influenza del vescovo Gregory (Grabbe) di New York. Le loro opinioni erano marcate dall'anti-anglicanesimo, piuttosto che dall'Ortodossia, una negatività che veniva dall'orgoglio spirituale. Di fronte al fallimento dei nazionalisti russi di trasmettere la fede ai loro figli e nipoti e a queste tendenze settarie, la diocesi della ROCOR, una volta di gran lunga più grande della nuova diocesi di Surozh, negli anni '70 e '80 ha cominciato a estinguersi. Alla fine degli anni '70 e '80, in rapida successione ha perso i suoi due ultimi vescovi, anziani e malati, il suo sacerdote di Londra e la sua chiesa di Londra. Gli inglesi erano allontanati dalle parrocchie russe o erano scoraggiati dal vecchio calendarismo settario che cercava di impadronirsi della vita diocesana. Sembrava che la diocesi della ROCOR sarebbe scomparsa del tutto.

Questo periodo deve essere compreso nel contesto dell'allora generale battaglia interna nella ROCOR tra New York e Jordanville, cioè, tra l'ala politica, nazionalista e settaria della ROCOR e l'ala spirituale, che vedeva in san Giovanni di Shanghai il suo rappresentante di punta. (Purtroppo, è anche vero che quando san Giovanni era in Inghilterra, non è mai stato frequentato da personaggi come il metropolita Antony (Bloom) o padre Sophrony (Sakharov), ed entrambi lo hanno ignorato nella migliore delle ipotesi). In seguito, a San Francisco, san Giovanni era stato molto perseguitato da questa ala politica della ROCOR perché faceva missione tra i non russi, perché pregava per i patriarchi di Mosca prigionieri e perché, come la maggior parte della ROCOR, sapeva che l'unità ecclesiale sarebbe venuta non appena la Chiesa in Russia si fosse liberata dalla tirannia atea. Queste cose erano negate dai settari politici, che dagli anni '70 hanno cominciato ad asserire per giustificare il loro settarismo che il patriarcato di Mosca era 'privo di grazia' e che in qualche modo la ROCOR era l'ultima vera Chiesa sulla terra!

Mentre gli anziani russi morivano, negli anni '90 la diocesi britannica della ROCOR è stata provvidenzialmente rinnovata dai nuovi arrivi dalla Russia, che vi trovavano lo stesso ethos di fondo che c'era nel Patriarcato di Mosca in Russia (ma che non trovavano nella diocesi di Surozh, che, ironia della sorte, era ufficialmente parte del Patriarcato di Mosca!). Questi nuovi arrivi hanno pagato la costruzione della piccola cattedrale in stile russo della ROCOR a Londra. Mentre nel 2007 si avvicinava l'unità tra la ROCOR, sotto il sempre memorabile metropolita Lavr, e il Patriarcato di Mosca, sotto il patriarca Alessio II emigrato dall'Estonia, si è verificato lo scisma da tempo previsto. Una quarantina di convertiti principalmente anglo-cattolici e alcuni individui di estrazione russa molto di destra (tra cui anche alcuni filo-nazisti) hanno lasciato la ROCOR. Questo era esattamente lo specchio dello scisma di Surozh (vedi sotto).

Questa è stata per loro una tragedia spirituale, ma il sollievo provato dai fedeli era palpabile – l'ascesso che era cresciuto con l'infiltrazione del settarismo dagli Stati Uniti negli anni '70 era finalmente scoppiato. Altri problemi periferici si sono risolti da soli con la partenza di pochi altri individui, ed entro il 2009 tutti gli estremisti si erano allontanati, la normale vita della Chiesa poteva continuare da un centro ormai sano e la Chiesa era pronta a crescere di nuovo. La ROCOR è stata in grado di tornare al suo destino e al suo percorso storico pionieristico di essere una diocesi ortodossa russa integrata e bilingue, fedele alla Tradizione, a suo agio nella cultura delle Isole Britanniche, e senza timore di interferenze da forze esterne. Avendo passato i suoi dolori di crescita adolescenziale, la diocesi della ROCOR aveva superato la crisi ed era diventata molto più forte e adulta.

Qual è la situazione oggi? Oggi la maggior parte membri di ROCOR sono persone che si sono stabilite in Inghilterra (e anche in Galles e in Irlanda) dall'ex Unione Sovietica. In altre parole, il gregge è praticamente identico al gregge della nuova diocesi di Surozh (vedi sotto). Tuttavia, otto membri del clero sono inglesi, ma c'è anche un diacono romeno e due eccellenti membri del clero russi dall'ex Unione Sovietica. Nel 2006 il futuro arcivescovo Elisej di Surozh è stato effettivamente indicato al patriarcato di Mosca (che allora stava affrontando lo scisma di Surozh) dal vescovo diocesano della ROCOR, l'arcivescovo Mark di Berlino.

Anche se la maggior parte membri della ROCOR provengono dall'ex Unione Sovietica, a differenza di Surozh la diocesi della ROCOR ha una lunga storia, con memorie che risalgono a prima della seconda guerra mondiale e alla rivoluzione fino ai tempi dello tsar, ha una lunga e profonda esperienza pastorale, compreso l'uso della lingua inglese, ha i propri edifici ecclesiastici, e quindi una voce indipendente dalle organizzazioni eterodosse. In altre parole, la ROCOR non potrebbe certamente essere mai accusata di essere dipendente da una personalità o di essere 'sovietica', come la diocesi di Surozh è stata a volte, ed è molto meglio stabilita come diocesi. Tuttavia, la debolezza della diocesi della ROCOR è sicuramente la sua scarsità di sacerdoti, specialmente in Galles e in Irlanda, e la sua mancanza di un vescovo diocesano residente. Il problema principale è ora l'ulteriore crescita.

b. La diocesi di Surozh del patriarcato di Mosca

Diverse centinaia di inglesi ortodossi si trovano nella diocesi Sourozh della Chiesa ortodossa russa in Russia, conosciuta come il patriarcato di Mosca. Alcuni di loro risalgono al tempo in cui la diocesi era governata dal metropolita Antony (Bloom) (+ 2004), altri sono venuti più di recente. Mi è stato chiesto di fare un resoconto della tragica eredità del metropolita Antony. Questo sarà tanto lungo quanto complesso.

Quando la piccola parrocchia che dipendeva dall'esarcato di Parigi a Londra era tornata sotto la giurisdizione del patriarcato di Mosca, dopo la seconda guerra mondiale (assieme al suo leader a Parigi, il metropolita Evlogij), padre Antony (Bloom), uno ieromonaco senza barba e senza istruzione teologica, era stato inviato da Mosca da Parigi a prendersi cura del gruppo in questione. La stragrande maggioranza degli emigrati russi in Inghilterra, arrivati sia dopo il 1917 sia dopo il 1945, non voleva avere nulla a che fare con il patriarcato di Mosca e con il padre Antony dall'aspetto modernista, e continuò a far parte delle ben più grandi parrocchie della diocesi della ROCOR.

Pertanto, praticamente senza un gregge ma con un grande talento, padre Antony imparò l'inglese e cominciò a fare opera missionaria tra gli anglicani, attirando diverse centinaia nella ex chiesa anglicana che usava a Londra. Nel corso degli anni, il loro numero aumenttò, fino a forse più di 2.000, e lui fu in grado di formare una piccola diocesi a cui fu dato il titolo di Surozh. Questa sembrava una cosa buona in teoria; la realtà era ben diversa. La diocesi di Surozh era una diocesi sulla carta, un impero della fantasia. Ci furono tre ragioni per questo.

In primo luogo, il metropolita Antony, come era diventato dai primi anni '60, ansioso di creare una diocesi, vi faceva entrare gente senza preparazione, ovvero, senza prima rimuovere il loro bagaglio anglicano e la loro impurità spirituale. Non avendo la minima idea della tradizione ortodossa russa, la maggior parte di loro se n'è andata molto rapidamente, spesso in poche settimane o mesi. Come esempio di questo, voglio raccontare ciò che mi ha detto cinque anni fa uno dei nuovi suddiaconi russi della cattedrale di Surozh a Londra, parlandomi di una visita del fine settimana del nuovo vescovo diocesano, l'arcivescovo Elisej di Surozh, a una comunità provinciale.

Quando l'Arcivescovo Elisej si era alzato la domenica mattina, la moglie del prete gli aveva chiesto se desiderava pancetta e uova per la colazione. Ora, questa è una cosa normale nella Chiesa d'Inghilterra (o anche in parti della Chiesa cattolica di oggi), dove la comunione, se viene data, è semplicemente un memoriale di pane e di vino e non c'è alcun digiuno preliminare. Per un ortodosso, naturalmente, è scioccante che un prete ortodosso mangi pancetta e uova prima della Liturgia e della comunione. In realtà, sono rimasto scioccato io dal suddiacono e gli ho detto: 'Vuol dire che non sapevate che così è stata gestita per decenni l'intera diocesi di Surozh?' Sono rimasto stupito dalla sua ingenuità e gli ho detto: 'Ora capite perché gli ortodossi seri si sono uniti alla ROCOR'.

Nel 1976, andando contro alla linea anti-Solzhenitsyn del governo sovietico (imposta anche sul patriarcato di Mosca) e in cerca di libertà politica dalle pressioni politiche sovietiche (ritenute di cattivo gusto soprattutto da chi proveniva dagli anglicani di classe superiore dell'Establishment nella sua cattedrale di Londra), il metropolita Antony chiese di aderire alla ROCOR. Come conseguenza delle sue attitudini non ortodosse, sopra illustrate, questo gli fu rifiutato. La ROCOR non voleva un vescovo con pratiche non ortodosse; se la ROCOR lo avesse accettato, ne sarebbero risultati solo scandali.

In secondo luogo, il metropolita Antony non si rivolse mai alla massa della popolazione inglese, alla quale rimase completamente sconosciuto nonostante le sue apparizioni televisive (in un periodo in cui solo la parte più ricca della società aveva la TV) e interviste radiofoniche. Si concentrò sulla classe superiore, in particolare i ricchi accademici, artisti, scrittori, musicisti e poeti, molti dei quali vivevano intorno alla sua cattedrale ex anglicana nella parte più ricca di Londra. Il metropolita Antony sembrava avere poco tempo per gli inglesi comuni, se mai ha saputo della loro esistenza.

Era anche tristemente noto per non visitare mai le sue parrocchie e congregazioni. La maggior parte di loro non l'aveva mai visto sul posto e non aveva idea di cosa fosse una visita o una funzione episcopale. (Il metropolita Antony solitamente serviva le funzioni al modo sacerdotale, rifiutandosi di celebrare servizi episcopali, se mai ha saputo come farli). Non era un liturgista e non insegnava a nessuno come celebrare le funzioni. La sua era una religione di élite ed era spesso difficile sapere esattamente quello che diceva – tutto sembrava nello stile filosofico francese e senza sostanza. Negli anni '70 e all'inizio degli anni '80, come so fin troppo bene per esperienza personale, non aveva assolutamente tempo per la venerazione dei santi locali, anche se fu poi costretto a cambiare questo atteggiamento. E non aveva neanche spazio nella sua cattedrale per le icone dei nuovi martiri, anche dopo la loro successiva canonizzazione a Mosca nel 2000.

Non dobbiamo dimenticare che il metropolita Antony proveniva dalla classe superiore russa e, in parte come risultato, il suo gruppo di convertiti sembrava un club anglicano o un circolo di classe superiore. Le conversazioni che ho sentito alla sua cattedrale ruotavano intorno alle ville in Toscana e a Patmos che appartenevano a queste persone: questo alienava gli inglesi normali, che si sentivano esclusi da tale snobismo. Il tutto era combinato con la spiccata emotività del metropolita Antony, le sue forti capacità e affettazioni psichiche, che tradivano la mancanza della sobrietà della tradizione ortodossa. Alcune donne di mezza età si sono innamorate di lui e, con il suo bell'aspetto e il suo accento russo-parigino esotico ed esagerato, negli anni '70 i suoi soprannomi includevano 'il guru' e 'il vescovo romantico'. Ricordo molto chiaramente uno di questi casi tragici. Per noi che venivamo da ambienti inglesi solidi e pragmatici, questo era tutto una sciocchezza. Eravamo in grado di vedere dietro a questa mascherata da miglia di distanza.

Questo ci porta al problema del culto della personalità del metropolita Antony. Come abbiamo già detto, era un uomo di grande talento con una personalità molto forte. Infatti, suo padre, Boris Bloom (sepolto a Meudon, presso Parigi), un diplomatico tsarista ben noto a Parigi, si era occupato dell'occulto e aveva insegnato al figlio come ipnotizzare. Ho conosciuto due donne che il metropolita Antony aveva cercato di ipnotizzare negli anno '70. Per quale motivo, non lo so. In una simile diocesi ci poteva essere spazio per una singola personalità. Questo è il motivo per cui nel 1965 una personalità parigina altrettanto insolita, padre Sophrony (Sakharov), pittore di art nouveau, filosofo personalista ed ex monaco del Monte Athos, dove aveva incontrato un santo, lasciò la diocesi di Surozh. Con i suoi tre monaci, passò di nuovo al patriarcato di Costantinopoli e al nuovo calendario e introdusse alcune pratiche molto insolite e davvero uniche. Il fatto che il metropolita Antony fosse notoriamente anti-monastico non fu di aiuto.

Il culto del metropolita Antony era la ragione per cui le sue ordinazioni erano generalmente controverse, spesso di uomini che, per motivi canonici, non sarebbero mai stati ordinati da un altro vescovo. Questo creava in un tale clero una dipendenza dal metropolita Antony, un malinteso senso di gratitudine e di idolatria tra le personalità deboli. Questo era anche il motivo per cui il metropolita Antony scoraggiava fortemente gli inglesi dal visitare altre parrocchie e dal fare viaggi in paesi ortodossi, in particolare in Russia e al Monte Athos; non voleva che fossero esposti alla realtà più ampia, cosa che avrebbe sollevato domande imbarazzanti sul suo stile peculiare e sui suoi valori.

Qui non voglio entrare in dettagli dolorosi e preferisco citare la figura istituzionale del metropolita Kallistos (Ware), ormai ottantenne. Noto come 'o anglikanos' (l'anglicano) da alcuni dei suoi confratelli vescovi greci, il metropolita Kallistos è noto per la sua prudenza nel parlare. Anche se ha un punto di vista molto curioso e fanariota della diaspora, è ben noto per questa diplomazia di stile anglicano. In un'intervista al sito 'Pravmir', egli ha espresso la situazione relativa al metropolita Antony nel modo più delicato possibile:

'Ora la critica principale che avrei fatto al vescovo Anthony è che permetteva alle persone di diventare enormemente dipendenti da lui. Lo idolatravano. Forse non era del tutto colpa sua il fatto che giungessero a provare una devozione tanto ardente verso di lui. Ma sentivo che qui c'era qualcosa di malsano. Era troppo personale, nel senso sbagliato, e lo vedevano quasi come un dio in terra. E permetteva alle persone, in particolare alle donne, di diventare molto strettamente dipendenti da lui. E poi improvvisamente le abbandonava. Non credo di indulgere qui in pettegolezzi maligni, ma so di un certo numero di casi in cui passava tanto tempo con persone particolari, e poi improvvisamente le tagliava fuori, non le vedeva più, non rispondeva alle loro lettere o telefonate. Ora io non so perché aveva permesso di costruire relazioni così strette e poi le aveva abbandonate. Ma se dovessi criticare il suo lavoro, vedrei qui il suo punto più debole'.

In altre parole, si potrebbe dire che il metropolita Antony era l'equivalente londinese del vescovo Jean (Evgraf Kovalevskij) di Parigi, un vescovo che ha istituito una sorta di diocesi di frangia ai margini della Chiesa, anch'essa crollata dopo la sua morte. (Tuttavia, molti chierici e laici hanno lasciato la diocesi di Surozh anche durante la vita del metropolita Antony, avendone intravisto i retroscena). È vero, il vescovo Jean attirava guenoniani, occultisti, massoni e altri personaggi marginali, li ordinava in pochi giorni, mentre il metropolita Antony attraeva gli innamorati della sua personalità e del suo pseudo-misticismo. Purtroppo, il personalismo esistenzialista del metropolita Antony (la filosofia intellettuale francese della metà del XX secolo, piuttosto che i Padri della Chiesa, che il metropolita Antony non menzionava quasi mai) aveva portato alla costruzione di una mini-diocesi 'centrata sulla sua personalità e non sulla Chiesa'. Queste sono le parole esatte che mi ha detto l'attuale vescovo diocesano di Surozh, l'arcivescovo Elisej, subito dopo la sua nomina nel 2006.

Ora qualsiasi cosa costruita su una personalità, ancor più su una personalità morta, è estremamente fragile. Le persone che idolatrano una personalità non sono in grado di trasmettere qualcosa ai loro figli, che non possono arrivare a conoscere quella personalità, perché è morta, e così i membri semplicemente invecchiano e si estinguono, diventando figure marginali della storia, alienati dal suo corso principale. Una diocesi centrata su una personalità è una diocesi sulla carta. Così, Surozh non ha ancora quasi nessuna proprietà ecclesiale perché tutti, come mi fu detto nel 1981, avrebbero dovuto andare a Londra e prestare culto ai piedi della personalità. Quindi, nulla è stato costruito. Tragicamente, la diocesi di Surozh per ora ha solo la sua cattedrale abbastanza piccola nella zona ovest di Londra (di gran lunga troppo piccola per il suo gregge) e tre cappelle a Oxford, Manchester e Londra, che possono contenere solo poche decine di ortodossi. Per il resto, la diocesi di Surozh è ancora dipendente dal prestito di chiese soprattutto anglicane che può utilizzare occasionalmente, spesso solo per un sabato al mese.

Per di più, soffre di una cronica carenza di sacerdoti competenti. L'età media è di circa 65 anni. Il disastroso culto della personalità in altre parole non è riuscito a creare alcuna infrastruttura necessaria a una vera e propria diocesi, per quanto piccola. Tutto doveva essere centrato intorno alla cattedrale di Londra perché era lì che si trovava 'la personalità'. Questa è la tragica eredità del metropolita Antony, una totale mancanza di visione perché non c'era la tradizione, solo una personalità. Questo crea un contrasto molto triste con il luminoso retaggio di un santo in un altro arcipelago dall'altra parte dell'Eurasia, san Nicola del Giappone, che aveva costruito sulla tradizione.

Nel 1982, un sacerdote anziano, il padre americano (poi, come successore del metropolita Antony, vescovo) Basil Osborne mi ha detto che 'non appena morirà il metropolita Antony, andremo sotto i greci'. Questa dichiarazione, così come il culto della personalità e le pratiche rinnovazioniste (nessuna confessione prima della comunione – come nell'anglicanesimo –, l'introduzione del nuovo calendario, l'assenza delle Ore terza e sesta prima della Liturgia, nessun tentativo di chiedere alle donne di vestirsi secondo la tradizione ortodossa russa, ecc), ci ha fatto lasciare del tutto la diocesi di Surozh. Io avrei voluto essere parte della Chiesa ortodossa russa, non di un cocktail émigré di pratiche e fantasie moderniste, che non avevano nulla a che fare con la tradizione ortodossa russa. In tal modo la diocesi di Surozh ha cacciato quelli che erano i più devoti alla Chiesa ortodossa russa. C'erano persone pronte a morire per la Chiesa, perché 'il sangue dei martiri è il seme della Chiesa', ma a Surozh il seme dei fedeli era respinto – e così la Chiesa non cresceva. Questo non è il modo di trattare i fedeli.

In risposta alla mia osservazione, che la Chiesa non riusciva a predicare il Vangelo alla gente inglese comune e non forniva cibo per l'anima, ma solo filosofia intellettuale, padre Basil mi ha detto anche che 'non esiste una cosa come la gente comune'. Chiaramente, questo diceva molte cose su colui che è diventato il successore del metropolita Antony. Vivendo nelle torri d'avorio di Oxford, padre Basil semplicemente non aveva contatti con le vaste masse degli inglesi. Più tardi, un suo collega sacerdote aristocratico, anche lui ordinato dal metropolita Antony, mi ha detto esattamente la stessa cosa. Nel 2005 è stato il vescovo Basil a invitare provocatoriamente il famigerato neo-rinnovazionista, padre Georgij Kochetkov, già sospeso dal patriarca Alessio II, a venire da Mosca a Londra e diventare il prete principale della cattedrale di Surozh. Questo fa capire chiaramente che lo scisma di Surozh è stato davvero uno scisma rinnovazionista e che sono davvero i rinnovazionisti a venerare la memoria del metropolita Antony.

Oltre ai suoi adepti inglesi convertiti, è vero che il metropolita Antony era idolatrato anche da alcuni ingenui dissidenti sovietici convertiti, principalmente di origine ebraica. Questi 'intelligenty' della terza ondata hanno iniziato ad arrivare a Londra negli anni '70 e si sono innamorati del metropolita Antony. Ricordo che uno di loro mi disse di aver visto il metropolita pulire il pavimento della cattedrale, vestito con una semplice tonaca. Il dissidente lo prese subito per un santo! Gli ho detto che tutti i vescovi e sacerdoti della diaspora vivevano in questo modo e che se quello era un criterio di santità, allora eravamo tutti santi. Condizionato dalla pratica sovietica di vescovi lontani e sconosciuti che passano in mezzo alla gente in grandi macchine nere sotto la sorveglianza del KGB, non riusciva a fare il salto culturale verso la realtà della diaspora. Lo shock culturale deformava totalmente il suo giudizio.

A partire dagli anni '90, negli ultimi anni della vita del metropolita Antony, con un'inondazione di immigrati dall'ex Unione Sovietica, ebbe inizio una virtuale guerra civile nella sua cattedrale di Londra. Gli immigrati si aspettavano l'Ortodossia russa, non un culto pseudo-mistico della personalità tra i convertiti. A parte la piccola cattedrale della ROCOR, a Londra non c'era un'altra chiesa in cui potevano andare. Inevitabilmente, solo due anni dopo la morte del metropolita Antony, con l'espulsione del giovane vescovo Ilarion, la diocesi di Surozh crollò. La bolla era finalmente scoppiata. Lo spirito divisivo e il fallimento pastorale del metropolita Antony hanno portato a sua volta alle divisioni e al fallimento pastorale del suo allievo, il vescovo Basil (Osborne).

Proprio come l'esperimento modernista dell'Esarcato di Parigi è fallito (e il metropolita Antony era al 100% parigino), l'esperimento del metropolita Antony è fallito perché aveva cercato di costruire una diocesi sulla sabbia divisiva di un culto della personalità invece che sulla roccia collettiva della Tradizione ortodossa russa. Tutto questo non è stato una sorpresa per noi che sapevamo che sarebbe andata a finire così fin dal 1982 e avevamo implorato il Patriarcato di Mosca fin dal 2000 di fare qualcosa per la catastrofica situazione pastorale a Londra. Tuttavia, possiamo almeno fare tesoro di tali esperienze.

Parte seconda – Il futuro: l'Ortodossia europea

Ho fatto il mio dovere nel rispondere alle domande sulla situazione passata e presente dell'Ortodossia inglese e dell'Ortodossia russa in Inghilterra. Spero che questo ci aiuterà ad evitare di ripetere gli errori e gli estremismi del passato e ci aiuterà anche a pregare per coloro che ne sono stati coinvolti, sia viventi o defunti. Questo è un nostro dovere, perché noi non siamo migliori di loro. Vorrei ora parlare di qualcosa di molto più positivo, molto più vicino al mio cuore, il futuro.

1. La dimensione europea della Chiesa ortodossa

In questo contesto del futuro mi chiedono della possibilità che un giorno ci sia una Chiesa ortodossa 'britannica'. Fin dagli anni '90 ho scritto riguardo a tale possibilità – e sempre negativamente, anche se ho difeso fin dal 1975 l'uso delle lingue locali nelle funzioni, sia inglese o francese, e a grande costo personale, attirandomi ostilità da parte del clero. Perché questo rifiuto anche del mero concetto di una 'Chiesa ortodossa britannica'?

In primo luogo, perché non esiste nulla di 'britannico'. Proprio come noi non parliamo di una chiesa ortodossa 'sovietica', non parliamo di una Chiesa ortodossa 'britannica'. La parola 'britannico' è stata utilizzata solo in tre occasioni nella storia, e sempre da invasori stranieri. Una volta dai romani, poi dai normanni ed infine dagli Hannover e dai loro seguaci germanici della casa vittoriana di Sassonia-Coburgo-Gotha e dai nostalgici del loro imperialismo come la Thatcher, Blair e Cameron. In altre parole, 'britannico' è un temine per un conglomerato artificiale e coloniale di paesi e come tale è utilizzato dagli imperialisti di Londra; gli irlandesi giustamente molto tempo fa hanno respinto questo termine come una parolaccia e gli scozzesi sono ora in aperta rivolta contro di esso. Personalmente, come tutti quelli che sono cresciuti nella campagna inglese, non mi sono mai riconosciuto come 'britannico', ma come inglese, e mi auguro che irlandesi, scozzesi, gallesi e inglesi possano presto guadagnare la completa libertà dai 'britannici' e dalla loro istituzione tirannica e straniera, a cui appartengono solo i 'britannici' stranieri.

In secondo luogo, tutti i paesi europei, inclusa la Gran Bretagna, sono comunque troppo piccoli per avere le proprie Chiese ortodosse locali e, in terzo luogo, l'Europa ha comunque sofferto abbastanza per il nazionalismo. Non vogliamo più insularità e nazionalismo nella Chiesa – ce n'è abbastanza nei Balcani. Ciò di cui abbiamo bisogno oggi è una visione. Ora, in questo contesto, quasi trent'anni fa, nel 1986, avevo scritto un articolo su richiesta dell'arcivescovo George (Wagner) della giurisdizione di Rue Daru a Parigi (patriarcato di Costantinopoli) dal titolo, 'Une Eglise Orthodoxe pour l'Europe: Vision ou Rêve' (' Una Chiesa ortodossa per l'Europa: visione o sogno'). Siccome l'arcivescovo era tedesco, avevo pensato che potesse esservi interessato, soprattutto poiché immaginavo la giurisdizione di Rue Daru come il possibile nucleo di una futura Chiesa locale del genere – nel 2004 il patriarca Alessio II avrebbe fatto lo stesso errore. Successivamente ho scoperto l'articolo gettato via nel cestino della carta straccia della sua cucina. Tali erano quei giorni privi di visione – e lui era ben lungi dall'essere l'unico vescovo privo di una visione per l'Europa ortodossa.

Da quel tempo è vero che abbiamo visto lo sviluppo delle riunioni pomposamente definite 'Assemblee episcopali pan-ortodosse' (= incontri di vescovi) in Europa occidentale. Questo è il concetto imperialista del patriarcato di Costantinopoli, promosso piuttosto ingenuamente dal metropolita Kallistos (Ware) e dal metropolita Atenagora (Peckstadt) in Belgio. Naturalmente, è bene che ora i vescovi ortodossi di ogni territorio si incontrino realmente e si conoscano l'un l'altro, ma sappiamo tutti che questi incontri non portano da nessuna parte; sono fabbriche di chiacchiere che di tanto in tanto si incontrano, ma in cui non si prende nessuna decisione di qualsiasi conseguenza. Non fanno altro che dare un prestigio superficiale a Costantinopoli.

Quello che voglio dire con entrambi gli esempi di cui sopra è che non ci si può aspettare nulla per il futuro dell'Ortodossia in Europa occidentale dal patriarcato di Costantinopoli, che non ha mai dato liberamente l'autocefalia a una qualsiasi Chiesa e ha continuamente cercato di riprendersi l'autocefalia anche quando le circostanze politiche l'avevano costretto a concederla – come in Ucraina, Bulgaria, Cecoslovacchia, ecc. In questo modo Costantinopoli, caduta nel 1453, politicamente prigioniera dal 1948, e a causa del nazionalismo greco totalmente incapace di riconoscere che la leadership ecclesiale è da tempo passata alla Chiesa russa, oggi assomiglia alle altre Chiese balcaniche. Nessuna di loro ha la visione, è abbastanza grande, è di mentalità abbastanza missionaria o è esente da filetismo e abbastanza multinazionale per creare la struttura metropolitana paneuropea necessaria per il fondamento di ogni futura Chiesa ortodossa in Europa.

2. Il dovere di supervisione della Chiesa ortodossa russa in Europa

Questo lascia la Chiesa ortodossa russa, cinquanta volte più grande del patriarcato di Costantinopoli, come unica Chiesa locale ortodossa che possa fare qualsiasi cosa per l'Ortodossia europea. Dopo tutto, tra tutte le Chiese locali solo la Chiesa ortodossa russa è abbastanza grande e sovranazionale. Il suo nome in russo è 'Russkaja', che significa 'della Rus’', non e 'Rossijskaja', che significa 'della Federazione Russa'. In altre parole, essa sola è multinazionale – così come il titolo del suo patriarca, la Chiesa ortodossa russa è la Chiesa di tutta la Rus', e questo non significa solo la Russia, l'Ucraina ortodossa, la Bielorussia, la Moldova e la Rus' Carpatica, ma qualsiasi parte del mondo dove vivono i fedeli ortodossi russi. Essa sola ha mantenuto il vecchio ideale multinazionale ortodosso della 'romiosini', l'unità nella diversità dell'Impero cristiano. Infatti, nel 2004 il patriarca Alessio II, finalmente, ha parlato proprio della necessità di stabilire una Metropolia ortodossa russa in Europa occidentale. Tuttavia, nel 2004 la proposizione del Patriarca Alessio II poteva essere solo teorica. Solo dal 2007 la Chiesa ortodossa russa ha potuto trovarsi nella posizione teorica di istituire tale metropolia. Perché?

a. L'unità della Chiesa ortodossa russa

Nel maggio 2007, il patriarcato di Mosca e la ROCOR hanno firmato l'atto di comunione canonica a Mosca. Con questo atto, è cessata la divisione che ha avuto inizio dopo la rivoluzione russa tra la Chiesa fuori dalla Russia (ROCOR) e la Chiesa in Russia (Patriarcato di Mosca) ed è stata imposta alla Chiesa dalla persecuzione atea all'interno dell'Unione Sovietica. Secondo l'accordo del 2007, la ROCOR doveva gradualmente abbandonare le sue poche piccole comunità temporanee sul territorio dell'Unione Sovietica (il territorio canonico della Chiesa all'interno della Russia) e in cambio, nel tempo, la Chiesa russa all'interno avrebbe, come è logico, ceduto le sue relativamente poche, ma a volte grandi comunità al di fuori della Russia alla ROCOR.

La prima parte di questo accordo si è completata abbastanza rapidamente, ma la seconda parte dell'accordo, per ragioni pastorali perfettamente buone, può essere implementata solo con il tempo. Questa situazione riguarda soprattutto i territori condivisi dell'Europa occidentale e dell'America Latina, in quanto la stragrande maggioranza delle parrocchie ortodosse russe nei suoi altri territori in Oceania e Nord America sono in ogni caso sotto la ROCOR. Così, per il momento, abbiamo ancora l'assurda situazione di due vescovi ortodossi russi di Berlino, l'arcivescovo Feofan e l'arcivescovo Mark. Tuttavia, sono tutti d'accordo che questo non durerà.

In effetti, sia il vecchio patriarcato di Mosca sia la vecchia ROCOR hanno cessato di esistere in quel giorno del maggio 2007. Ciò che è nato è stata una Chiesa ortodossa russa riunita ed estesa in tutto il mondo, tre quarti di tutta la Chiesa ortodossa, con la stessa fede e sotto lo stesso patriarca, politicamente libera ma amministrativamente divisa in due parti, in Russia e fuori dalla Russia, in modo che entrambe le parti sono patriarcali, ma una ha sede a Mosca e l'altra, molto più piccola, ha sede a New York. Il territorio canonico esclusivo della Chiesa in Russia copre tutti i paesi dell'ex Unione Sovietica (tranne la Georgia) e paesi in cui tutte le missioni sono state fondate da essa, ufficialmente solo Cina e Giappone, ma in realtà anche Thailandia, Iran, Cuba e Corea del Nord.

I territori della Chiesa fuori dalla Russia, e questi sono territori prevalentemente condivisi con altri ortodossi, sono l'Europa occidentale, l'America del Nord, l'America Latina e l'Oceania (tra cui Australia, Nuova Zelanda e Indonesia). Così la nuova ROCOR ha il potenziale per diventare di nuovo (come era all'inizio) una Chiesa con quattro metropolie, una in Europa occidentale, una in Nord America, una in America Latina e una in Oceania. Forse un giorno potrebbe includere anche l'Alaska come quinta Metropolia, ma solo se quel territorio ritorna alla Chiesa ortodossa russa dalla sua attuale amministrazione americana.

b. Il territorio dell'Europa da unire in una metropolia

L'Europa, cioè l'Europa occidentale, è un insieme culturale, perché è tutta praticamente ex-ortodossa (era ortodossa 1.000 anni fa) e ora è in gran parte decaduta nel suo laicismo gadareno, ex-cattolico (storicamente anche ex-protestante significa ex-cattolico). Sto parlando dei seguenti 25 paesi: Islanda, Irlanda, Galles, Scozia, Inghilterra, Norvegia, Danimarca (con le Fær Øer), Svezia, Finlandia, Paesi Bassi, Belgio, Lussemburgo, Germania, Francia, Principato di Monaco, Svizzera, Liechtenstein, Austria , Ungheria, Portogallo, Spagna (e la parte della Spagna chiamata Gibilterra), Andorra, Italia, San Marino e Malta. Ho escluso dalla definizione di Europa occidentale Polonia, Cechia e Slovacchia, che hanno già le loro Chiese locali e il loro territorio canonico. Allo stesso modo, ho anche escluso Slovenia, Croazia e Bosnia-Erzegovina, dal momento che, come Montenegro e Macedonia, sono parte del territorio canonico della Chiesa serba. Albania, Romania, Grecia, Bulgaria e Cipro hanno già una propria Chiesa locale.

È vero che la Finlandia, che appartiene a questo elenco di 25 paesi, ha più di 20 parrocchie e altre comunità che attualmente appartengono al patriarcato di Costantinopoli e celebrano la Pasqua nello calendario cattolico (così come il gruppo non canonico in Estonia). Tuttavia, gli ortodossi russi non frequentano queste chiese, la cui fede è stata chiamata 'luteranesimo con le icone'. Preferiscono frequentare le chiese ortodosse russe abbastanza separate e canoniche, che sono in crescita in Finlandia. Inoltre c'è chi ritiene che l'Ungheria, anch'essa nella lista dei 25 paesi, dovrebbe avere la sua propria Chiesa locale, così come i polacchi, i cechi e gli slovacchi. Tuttavia, viviamo nel mondo così com'è ora, e non come potrà essere un giorno. Per il momento, quindi, l'Ungheria deve essere inclusa nel territorio di una Metropolia europea, come definita più sopra.

3. Una futura metropolia

a. Struttura

Ora, per quanto riguarda una futura metropolia europea nell'ambito della Chiesa ortodossa russa patriarcale fuori dalla Russia (ROCOR), è chiaro che questa sarà una vera e propria metropolia con diverse centinaia di parrocchie reali e chiese reali e, cosa molto importante, monasteri reali. Non sarà come l'Esarcato di Parigi o la vecchia diocesi di Surozh, un impero sulla carta, una serie di comunità moderniste, semi-uniate spesso con meno di dieci o venti fedeli, che celebrano in negozi e casette da giardino, o composte da clero ordinato con poca formazione, perché nessun altro li avrebbe ordinati o addirittura che usano ricatti contro il loro arcivescovo a Parigi: 'Se non mi permetti di fare quello che voglio, andrò dai greci'. (O dai romeni o da qualcun altro molto. Molto più raramente, questo ricatto può comportare una minaccia di passaggio 'dai russi', tuttavia, questa minaccia è usata raramente, perché quelli che oggi rimangono nell'Esarcato generalmente credono nella russofobia, l'ideologia che giustifica l'esistenza dell'Esarcato).

Dove dovrebbe essere il centro geografico di tale metropolia? Fino a poco tempo fa avevo sempre pensato a Parigi, il centro storico dell'emigrazione russa, dove, in locali provvisori, c'è un seminario ortodosso russo e dove da tempo è stato progettato un complesso con una cattedrale. Tuttavia, come centro per la metropolia questa scelta è minacciata da due cose: l'ecumenismo e modernismo evidentemente radicato nell'aria di Parigi e le politiche russofobe dell'attuale governo francese controllato dagli USA. Oggi la Francia è in uno stato di caos sociale e di disgregazione. Può essere quindi che dovremmo pensare in modo più radicale. In effetti, esistono altri due centri possibili per una metropolia ortodossa russa in Europa: sono Berlino (c'è un gran numero di ortodossi russi in Germania) e Roma (dove si trova l'ampia chiesa russa di santa Caterina e che, soprattutto, è il centro storico del patriarcato occidentale. Dopo tutto, le iniziali delle parole inglesi 'Russian Orthodox Metropolia in Europe' sono R.O.M.E.).

Ora mi sembra che ci dovrebbero essere inizialmente sette diocesi in tale metropolia. Queste sono: Germania (Germania, Svizzera tedesca e Paesi Bassi, tra cui il Belgio fiammingo); Gallia (Francia, Belgio francofono, Svizzera romanda, Lussemburgo e Monaco); Iberia (Spagna, Gibilterra, Portogallo e Andorra); Isole (le Isole Britanniche e l'Irlanda); Italia (Italia, San Marino, Svizzera italiana e Malta); Scandinavia (Islanda, Fær Øer, Norvegia, Danimarca, Svezia e Finlandia); Austria-Ungheria (Austria e Ungheria). Con il tempo potrebbero essere nominati due o tre vescovi per tali grandi diocesi, sotto un arcivescovo. Per esempio, Germania potrebbe avere un arcivescovo a Berlino, un vescovo per la Germania occidentale, un vescovo per le aree di lingua olandese e un quarto per la Svizzera. La Scandinavia potrebbe avere un arcivescovo a Stoccolma, che potrebbe anche avere la supervisione della Danimarca, un vescovo a Helsinki e un altro per Norvegia e Islanda. Questi sono solo esempi possibili per diocesi o arcidiocesi future. Ma chi conosce il futuro?

Attualmente l'episcopato della Chiesa ortodossa russa in Europa occidentale non è organizzato in modo unitario e alcuni dei suoi membri sono anziani. La ROCOR è concentrata in Germania occidentale e in Svizzera, anche se con diverse parrocchie in Francia, Belgio, Danimarca e Inghilterra, ma non ha praticamente alcuna esistenza in Italia, Spagna e Portogallo, o nel resto della Scandinavia, paesi in cui la Chiesa dentro la Russia ha oltre 100 parrocchie. La ROCOR ha tre vescovi, il più giovane dei quali è sulla sessantina. La ROCOR ha sicuramente esperienza, ma avrà bisogno di nuovi vescovi. Alcune delle diocesi in Europa, che ancora per il momento dipendono dalla Chiesa in Russia, avranno anche bisogno di nuovi vescovi in ​​futuro. I candidati episcopali devono parlare altre lingue a parte quella russa, conoscere le culture e i riferimenti culturali dei paesi dove vivranno e avere una visione dinamica e missionaria del loro episcopato. In altre parole, devono rendersi conto che il loro compito non è solo quello di prendersi cura di immigrati provenienti dall'Unione Sovietica. Devono essere in grado di comunicare con i figli e i nipoti di questi immigrati, così come con i discendenti dell'emigrazione centenaria, giunto alla sua quinta generazione, e con le popolazioni autoctone dei paesi europei, sia gli ortodossi sia i non ortodossi.

Per esempio, sappiamo di un vescovo il cui primo atto è stato quello di acquistare una costosa auto nera. In quel giorno ha perso la fiducia della sua diocesi. Non ha capito che essere un vescovo ortodosso russo in Europa non è affatto lo stessa cosa che essere un vescovo ortodosso russo nell'ex Unione Sovietica. In secondo luogo, ogni vescovo diocesano deve essere anche una figura che unisce – in Europa abbiamo ancora brutti ricordi del defunto metropolita Nikodim (Rotov) che era a favore dell'ecumenismo e dell'intercomunione (con Roma) e non ha voluto fare opera missionaria tra gli europei autoctoni. Tali figure sono state in definitiva in parte responsabili per lo scisma di Surozh e per la mancanza di fiducia degli europei ortodossi per i vescovi che li stavano visitando dall'Unione Sovietica. D'altra parte, abbiamo un ottimo ricordo dell'arcivescovo Vasilij (Krivoshein) che aveva messo sull'avviso il metropolita Nikodim proprio contro le sue scelte politiche. Chi potrebbe dunque essere il metropolita della Metropolia ortodossa russa in Europa? Noi crediamo che ci sia già almeno un candidato adatto, che attualmente è arcivescovo.

Stabilire una tale struttura metropolitana sta diventando urgente. Milioni di ortodossi hanno dovuto abbandonare l'Europa orientale ortodossa negli ultimi 25 anni per motivi economici. Dalla caduta del comunismo, l'Europa dell'Est è stata sequestrata da un'ondata di corruzione post-comunista. In combinazione con la de-industrializzazione che è stata forzata sui paesi dell'Est europeo, quando questi hanno aderito all'Unione Europea, milioni di giovani sono stati costretti a lasciare le loro case e famiglie per assumere posti di lavoro umili nei cantieri, fabbriche e uffici dell'Europa occidentale. Ci sono ora più ortodossi nell'Europa occidentale, il territorio della futura Metropolia, di quanti ce ne siano nei quattro antichi patriarcati di Costantinopoli, Antiochia, Alessandria e Gerusalemme messi insieme. Come può essere organizzata questa metropolia?

b. Organizzazione

Prima che tale metropolia possa giungere in esistenza, si devono fare tutti i tipi di lavoro preparatorio. Prima di tutto, chi dovrebbe essere il patrono della metropolia? A nostro parere, ci può essere un solo candidato, l'unico santo della Chiesa ortodossa russa che nel XX secolo ha vissuto per oltre un decennio in Europa occidentale – san Giovanni di Shanghai. È l'unico rappresentante canonizzato della Chiesa ortodossa russa in Europa occidentale. La sua statura è superiore a quella di tutte le personalità, intellettuali, artisti, scrittori e filosofi dell'emigrazione, perché era un santo, e se per questo un santo universale. Strettamente fedele alla Tradizione ortodossa russa, cosa per cui è stato molto disprezzato dai modernisti; era anche aperto alle necessità pastorali della popolazione locale, ha incoraggiato la venerazione dei santi storici dell'Europa ed è stato l'ispiratore di padre Seraphim di Platina, cosa per cui è stato molto disprezzato dai nazionalisti. A mio avviso, san Giovanni non ha rivali. Tuttavia, la nomina di un tale santo patrono deve essere fatta dai vescovi ortodossi russi in Europa. Noi non siamo una organizzazione anti-vescovile come la 'Fraternité orthodoxe' a Parigi, e pertanto possiamo solo dare suggerimenti ai nostri vescovi.

In secondo luogo, abbiamo bisogno di un sito web della metropolia, gestito da persone che hanno le competenze e il tempo da dedicare a questo scopo. Le loro competenze devono essere non solo tecnologiche, ma anche linguistiche. Il sito web dovrebbe, a nostro avviso, essere in russo, in romeno per i nostri numerosi parrocchiani moldavi, in inglese (come lingua internazionale) e, nelle apposite sezioni, nelle altre tredici lingue locali della netropolia (tedesco, francese, italiano, spagnolo, olandese, ungherese, portoghese, svedese, danese, norvegese, finlandese, maltese e islandese). Forse, un giorno, se lo richiede una necessità pastorale, ci potrebbero essere pagine in lingue minoritarie come basco, gaelico, sorabo, bretone, gallese ecc. Chi sono i vescovi ortodossi russi in Europa? Tale sito web li potrebbe presentare con le loro foto. Quanti sacerdoti ortodossi russi ci sono oggi in Europa? 200? Questa è solo una nostra supposizione; non abbiamo informazioni. Il sito web potrebbe fornire il numero.

Il sito web potrebbe fornire un calendario che comprende i santi locali d'Europa, per esempio, Clotilde, Albano, Agnese, Ursula, Eulalia, Senhorina, Leandro, Columba, Blandino, Olaf, Maurizio, Kevin, Willibrord, Anschar, Sigfrid, Audrey, Corbiniano, Illtyd, Odilia, Devota, Publio, Gertrude, poco conosciuti al di fuori dei propri paesi e regioni, le cui preghiere ci possono collegare assieme. È in definitiva sulla nobiltà della loro Ortodossia che la cultura europea è stata costruita. Il fatto che l'Europa moderna nella sua corsa ignobile verso l'auto-distruzione ha voltato loro le spalle, significa soltanto che dovremmo venerarli sempre di più. Il sito potrebbe presentare tali informazioni insieme con i profili parrocchiali, gli indirizzi e numeri telefonici delle singole parrocchie, i loro siti web, le storie, le foto dei loro edifici di culto, del loro clero e dei parrocchiani, i dettagli delle lingue utilizzate nelle funzioni, gli orari del culto e di altre attività e le pubblicazioni. E tutti i nostri vitali monasteri dovrebbero avervi il proprio posto anche lì. Ci dovrebbero anche essere una sorta di risorse di servizi nei molti linguaggi della metropolia e un vocabolario semplice nelle sedici lingue. Come si dice 'Chiesa ortodossa' in ungherese, 'sacerdote' in finlandese, 'confessione' in maltese o 'candela' in norvegese? Il sito potrebbe dircelo. Ancora una volta, tutto questo può essere fatto solo con la benedizione dei vescovi ortodossi russi in Europa.

In terzo luogo, abbiamo bisogno di tenere una conferenza del clero ortodosso russo in Europa. Noi non ci conosciamo. Inizialmente, ci potrebbe essere una piccola conferenza con, diciamo, due rappresentanti da ogni paese. Un prete dall'Italia ha già suggerito l'ottima idea del gemellaggio tra parrocchie. Una conoscenza reciproca potrebbe essere ottenuta anche con pellegrinaggi a santi o reliquie locali o sulla base di visite a sacerdoti o laici già collegati tra loro. L'Europa è ricca di luoghi di pellegrinaggio, a Bari, a Roma, a Torino, a Milano, a Compostella, a Colonia, a Parigi, a Lione: Perché non organizzare a livello europeo pellegrinaggi ortodossi russi a questi santuari? In alternativa, potrebbero esserci pellegrinaggi verso alcune delle nostre splendide chiese in Europa, costruitr sotto lo tsar Nicola II, a Wiesbaden, Ginevra, Nizza, ecc, o alle altre costruite più di recente a Bruxelles, Roma e Madrid. In tal modo, riunendoci, possiamo iniziare il compito più importante di pregare gli uni per gli altri. Ancora una volta, tutto questo può essere fatto solo con la benedizione dei vescovi ortodossi russi in Europa.

Due anni fa sono stato contattato da una donna russa in una provincia della Francia. Era in lacrime, molto turbata. Era stata in un cosiddetto monastero dell'Esarcato di Parigi, dove le era stata rifiutata la confessione, perché 'non aveva ucciso nessuno'. Questo significava che si era anche sentita esclusa dalla comunione. Mi aveva trovato su internet, non conoscendo alcun sacerdote in Francia. Mi ha raccontato la sua storia al telefono, come lei e suo figlio erano stati abbandonati dal marito francese e come aveva disperatamente bisogno di un sacerdote con cui parlare. Ora, queste cose stanno accadendo in tutta Europa. Il dovere della Chiesa ortodossa russa in Europa è di avere sollecitudine verso i suoi fedeli di tutte le nazionalità, le persone come lei. Cominciamo con la nomina di un sacerdote o di sacerdoti il ​​cui compito sia di prendersi cura del gregge ortodosso russo in una regione particolare dell'Europa. Dal momento che i suddetti 25 paesi europei sono divisi in circa ottanta regioni e ci sono ben più di 80 sacerdoti ortodossi russi in Europa, questo può essere fatto, e il tipo di incidente di cui ho parlato sopra può essere evitato. Tutti devono avere un sacerdote a cui rivolgersi.

Alcuni, leggendo quanto sopra, possono chiedere quale sia il ruolo dei non ortodossi in questo. Noi crediamo nelle relazioni di buon vicinato con coloro che non appartengono alla Chiesa ortodossa. Dopo mille anni al di fuori della Chiesa ortodossa, molti di loro ancora credono nella santa Trinità e nella divinità di Cristo. Alcuni, soprattutto i cattolici, hanno anche più di questo e credono nella nascita verginale, nella Madre di Dio, nei santi e nei sacramenti. Alcuni condividono le nostre opinioni morali su questioni come l'aborto e l'eutanasia. Il fatto che la fede che hanno ereditato è carente nella comprensione dello Spirito Santo, e quindi manca di un'autentica vita spirituale e ascetica, significa solo che è notevole vedere quanto alcuni di loro siano vicini a noi. Non abbiamo alcun motivo per non essere in buoni rapporti con loro. Tuttavia, questo non significa che noi non dobbiamo praticare liberamente la nostra fede senza compromessi. La maggior parte degli europei nell'ultima generazione ha deciso di essere atea o almeno agnostica, e l'Europa di oggi è un territorio di missione aperto a tutti. Al contrario, nelle terre russe la maggior parte dell'ultima generazione ha scelto di essere battezzata ortodossa. Dobbiamo rispettare le differenze reciproche. Possiamo essere europei, ma siamo anche fermamente cristiani e seguiamo la Chiesa ortodossa russa in pieno.

Alcuni, leggendo quanto sopra, possono chiedere quale sia il ruolo di altre giurisdizioni nel territorio condiviso dell'Europa, come per esempio i greci di Costantinopoli e i suoi dissidenti politici. A nostro avviso, l'istituzione di una metropolia russa non significa affatto che non possano continuare come ora. Potrebbero anche stabilire le proprie strutture internazionali, se lo desiderano. La differenza sarà sempre che la metropolia ortodossa russa sarà l'unica ad avere una dimensione europea e multinazionale, non mono-nazionale, e quindi con la possibilità di crescere in una nuova Chiesa locale, come sperava il patriarca Alessio II. A lungo termine, come sappiamo per esperienza, la giurisdizione che sopravvivrà in Europa sarà quella spiritualmente seria, non quelle che sventolano bandiere nazionaliste o ideologiche e così alienano automaticamente gli altri e perdono la seconda generazione e quelle successive, che trovano il nazionalismo e l'ideologismo alieno e irrilevante. Proprio come le frange attirano le frange, i vagantes attirano i vagantes, i settari attirano i settari, i culti delle personalità attraggono i cultori delle personalità, così una seria giurisdizione attirerà gente seria.

Conclusione

In questi ultimi anni ho visitato gli ortodossi russi in Austria, Ungheria, Germania, Svizzera, Cechia, Slovacchia, Belgio, Portogallo, Paesi Bassi, Francia, Svezia e Finlandia, oltre a ricevere visite da parte di ortodossi russi da molti di questi paesi e da Norvegia, Irlanda, Spagna e Italia. In tutti loro ho notato la capacità costante di molti ortodossi russi di mantenere il meglio della cultura russa e di assorbire allo stesso tempo il meglio della cultura occidentale. Questo è a causa della nostra capacità di vedere e vivere la vita e la cultura europea attraverso la correzione del prisma e del filtro del cristianesimo ortodosso. È dovere pastorale della Chiesa ortodossa russa nei confronti del proprio gregge e di tutti gli ortodossi europei di vivere in questo modo, mantenendo fede e tuttavia essendo europei, di non ripetere gli errori sia dei nazionalisti settari sia dei modernisti ugualmente settari della giurisdizione di Parigi e della vecchia diocesi di Surozh.

Noi ortodossi europei abbiamo quattro strati d'identità: locale, nazionale e continentale (= culturale) e spirituale. Nel mio caso, questo significa l'Est dell'Inghilterra, l'Inghilterra, l'Europa e l'Ortodossia russa (= la Rus'). Tutti questi strati d'identità possono essere combinati dicendo che io appartengo alla Rus' dell'East Anglia (Vostochnoanglijskaja Rus'), al mondo ortodosso russo radicato nell'Est dell'Inghilterra. Altri possono dire la stessa cosa, e dire che in Svezia appartengono alla Rus' della Scania, in Spagna alla Rus' catalana o galiziana, in Italia alla Rus' subalpina o sarda, nei Paesi Bassi alla Rus' frisone, in Scozia alla Rus' delle Ebridi, in Germania alla Rus' bavarese o sassone, in Francia, alla Rus' bretone od occitana, in Austria alla Rus' carinziana o tirolese, ecc. Questa è l'unità su cui la nostra futura Metropolia ortodossa russa in Europa (R.O.M.E.) può essere costruita, dall'Islanda alle pianure dell'Ungheria, dalla Lapponia alle isole di Malta, nelle regioni locali delle 25 nazioni del continente europeo in cui viviamo, e sulla nostra fedeltà completa all'integrale Fede e Tradizione ortodossa russa.

Arciprete Andrew Phillips

Rappresentante missionario della ROCOR per l'Europa occidentale

Bretagna, 24 luglio 2015

 
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Dove san Teofane visse da recluso per 28 anni

la casa di san Teofane al monastero di Vysha

Consacrato vescovo di Tambov nel 1859, Teofane fu trasferito a Vladimir nel 1863. Tre anni dopo si dimise e visse come recluso in una casa del monastero di Vyshensky a Vysha. Durante i suoi 28 anni da recluso fino alla sua morte, Teofane pubblicò diversi libri sulla vita spirituale e ebbe una profonda influenza sulla rinascita spirituale della società. "Sembra che dopo il suo ritiro dal mondo, dall'alto della sua ascesi potesse vedere più chiaramente i bisogni e le malattie urgenti del proprio tempo e, se possibile, fornire meglio l'assistenza necessaria". Osservò: "Scrivere è un servizio necessario della Chiesa. L'uso migliore del dono di scrivere e parlare è volgerlo all'ammonimento dei peccatori".

Tutto era estremamente semplice nella cella del vescovo Teofane. Le pareti erano spoglie, i mobili vecchi. C'era un baule con strumenti per tornio, falegnameria, legatoria; attrezzatura fotografica, un banco per segare, un banco da falegname e numerosi libri scritti in russo, slavo, greco, francese, tedesco e inglese. Tra questi c'erano: una raccolta completa dei santi Padri; un'enciclopedia teologica in francese in 150 volumi, le opere dei filosofi Hegel, Fichte, Jacobi e altri; opere sulla storia naturale di Humboldt, Darwin, Fichte e altri.

Il vescovo Teofane previde la sua morte un anno prima che accadesse. Tuttavia non si discostò dalla sua routine quotidiana di celebrare la Divina Liturgia nella sua cappella, che aveva dedicato alla Santa Teofania e che si trovava nel suo soggiorno, e di inviare all'ufficio postale alcune lettere in risposta a una serie di domande a lui inviate sulla vita spirituale. Dopo la Liturgia prendeva il tè, poi pranzava alle 13, poi di nuovo il tè alle 16 e non molto tempo dopo cenava (i giorni di digiuno erano molto più rigidi). Solo cinque giorni prima della sua morte, il 1 gennaio 1894, il suo normale programma fu interrotto. Alla vigilia della sua morte, il 5 gennaio, avvertendo debolezza, il vescovo Teofane chiese al suo guardiano di cella (Evlampij, che lo servì per 25 anni) di aiutarlo a camminare. Il custode di cella lo condusse più volte per la stanza, ma il Santo, stancandosi presto, lo mandava a letto.

Il giorno della sua morte, come al solito, il vescovo Teofane celebrò la Divina Liturgia e poi bevve il tè del mattino, ma quella sera fece tardi a cena. Il custode di cella guardò nello studio del santo e si accorse che era seduto e scriveva qualcosa, quindi non si preoccupò di ricordarglielo. Mezz'ora dopo il vescovo andò a cena, ma a cena mangiò solo metà del solito: qualche uovo e mezzo bicchiere di latte. Senza sentir bussare per il tè della sera, il suo custode di cella guardò di nuovo nella stanza del santo alle quattro e mezza e lo vide sdraiato sul letto. Il guardiano di cella in un primo momento pensò che il vescovo stesse facendo un pisolino, ma si avvicinò comunque al letto percependo qualcos'altro. In effetti, trovò il vescovo Teofane già deceduto.

San Teofane il Recluso si addormentò nel Signore in pace nella sua casa il 6 gennaio 1894, alla festa della Teofania del nostro Signore, Dio e Salvatore Gesù Cristo. Evlampij, il suo assistente di cella, digiunò per dieci giorni dopo la morte del vescovo Teofane e morì due settimane dopo il vescovo. La casa di san Teofane è stata restaurata nel 2011 per l'edificazione dei pellegrini.

lo studio di san Teofane ai suoi tempi

lo studio di san Teofane ora

la cappella di san Teofane nel suo soggiorno

 
Oggi e domani: principi d'addestramento dei futuri iconografi

1. INTRODUZIONE [1]

In questo articolo discuto della formazione degli iconografi, non in primo luogo dei modi pratici con cui si può giungere a questo scopo, ma della questione più fondamentale: di quale tipo di iconografi stiamo cercando di addestrare. O per porre la questione in un altro modo: Che cosa costituisce un'icona ben dipinta? Le scuole e gli insegnanti d'iconografia stanno lavorando alla cieca se prima non consideriamo a fondo le qualità che vogliamo coltivare nelle opere dei nostri studenti.

La formazione efficace degli iconografi è un problema pressante e pratico. Poiché il numero di chiese ortodosse aumenta, sia in Occidente sia nei paesi tradizionalmente ortodossi, sono necessarie più icone e più pitture murali. Inoltre, chiese e individui cattolici e anglicani/episcopali vogliono sempre più spesso icone.

Ma data questa richiesta, le chiese saranno piene di opere mediocri se la nostra formazione degli iconografi è mediocre. E necessaria una pianificazione a lungo termine. Ci vogliono molti anni per diventare un buon pittore. Secondo il maestro iconografo, l'archimandrita Zinon, sono necessarie 10.000 ore di pratica per diventare esperti.

l'archimandrita Zinon

Quindi, una buona icona è semplicemente una copia esatta di un capolavoro passato, o ci sono principi senza tempo nei quali non v'è spazio per la creatività e la variazione, sia da artista ad artista sia di epoca in epoca? O forse le qualità formali di un'icona hanno poco significato teologico ed è sufficiente che l'immagine porti semplicemente impresso il nome del suo soggetto?

Le icone svolgono molti ruoli, ma vorrei concentrarmi qui su due funzioni principali che si possono riassumere con le parole comunione e illuminazione. Darò particolare attenzione al ruolo dell'illuminazione, perché questo è il più importante per le qualità formali o stilistiche delle icone, e quindi sull'abilità e sull'addestramento del iconografo.

La maggior parte dell'articolo illustrerà varie qualità che ritengo fondamentali per le icone ben fatte. Alcune di queste sono teologiche, alcune estetiche, alcune pratiche.

Sono arrivato a questa "lista" attraverso una combinazione di un'attenta osservazione di icone vere e proprie nel corso degli ultimi trenta anni in cui sono stato un iconografo a tempo pieno, e del mio insegnamento – in particolare, il corso di diploma in iconografia che tengo alla Prince’s School of Traditional Arts. Cercherò di mettere in relazione questi principi con la teologia della Chiesa, espressa attraverso i suoi testi liturgici, le Scritture e gli scritti dei Padri, e anche con il dibattito in corso tra i pensatori ortodossi.

Per illustrare i miei punti ho scelto per lo più esempi da iconografi contemporanei, e in particolare da alcuni di coloro che hanno cercato di andare oltre la semplice copia.

Dibattito contemporaneo sulle icone

Inizierò delineando un dibattito tra alcuni scrittori ortodossi per quanto riguarda il motivo per cui le icone tendono ad essere dipinte come sono, che cosa le distingue stilisticamente dagli altri dipinti. Si tratta di un dibattito importante in quanto l'esito influenzerà il futuro dell'iconografia e la formazione degli iconografi. Padre Silouan Justiniano ha già coperto mirabilmente questo argomento nella sua serie di tre articoli in Orthodox Arts Journal, "La metafisica pittorica dell'icona". Qui offro solo una sintesi della questione in quanto si riferisce al nostro tema della formazione.

Per tutto il secolo scorso la visione più diffusa, guidata da Pavel Florenskij, Photis Kontoglou (1895-1865) e Leonid Ouspensky, è che le astrazioni stilistiche presenti nelle icone tradizionali esistono per indicare il mondo trasfigurato, e che questo stile è parte integrante di ciò che rende un'icona tradizionale ciò che è.

Pavel Florenskij (1882-1937)

Photis Kontoglou (1895-1865)

Leonid Ouspensky (1902-1987)

Anche se gli scritti patristici non si soffermano sulla qualità formale delle icone, ma sul fatto teologico che l'icona è sacra perché raffigura persone sante, questi scrittori hanno sostenuto con forza che le icone, per essere degne di questo nome, devono riflettere le realtà spirituali nel loro stile o forma. Gran parte dei loro scritti era quindi centrata sullo sviluppo di quella che potremmo chiamare una "mistagogia di stile". Come ha scritto Ouspensky:

La sola realtà storica, anche quando è molto precisa, non costituisce un'icona. Dal momento che la persona raffigurata è un portatore di grazia divina, l'icona deve rappresentare per noi la sua santità. In caso contrario, l'icona non avrebbe alcun significato. [2]

I critici ortodossi di questa nozione, per esempio Evan Freeman [3], Irina Gorbunova-Lomax [4], Julia Bridget-Hayes [5] e George Kordis [6] affermano che, poiché i resoconti patristici o storici non fanno alcun riferimento a una cosa simile, questa mistagogia di stile è un'innovazione non ortodossa. Come scrive Bridget-Hayes:

L'equazione dell'astrazione con la spiritualità non si trova da nessuna parte nelle fonti bizantine e patristiche, ma è piuttosto un fenomeno moderno. [7]

Essi ci ricordano che i Padri della Chiesa hanno difeso le icone esclusivamente sulla base del fatto che raffigurano la realtà visiva della persona e ne iscrivono il nome, e non hanno fatto riferimento a qualsiasi capacità delle icone di indicare lo stato spirituale interiore del loro oggetto. Come dichiarano gli Atti del VII Concilio Ecumenico:

Pertanto è in questa forma, vista dagli uomini, che la santa Chiesa di Dio raffigura Cristo, secondo la tradizione dei santi Apostoli e la Padri. La Chiesa non divide Cristo, così come con leggerezza l'accusano di fare. Infatti, come abbiamo detto più volte, ciò che l'icona condivide con il prototipo è solo il nome, non ciò che definisce il prototipo. [8]

L'icona manca di un'anima – qualcosa di impossibile da descrivere, perché è invisibile. Così, se è impossibile per qualcuno rappresentare l'anima - anche se l'anima è creata – quanto più è impossibile che qualcuno consideri che raffigura, in maniera sensibile, la divinità incomprensibile e insondabile del Figlio unigenito? – A meno di non essere completamente folle. [9]

Nel suo articolo, Freeman chiama l'iconologia di Florenskij, Kontoglou e Ouspensky un approccio "essenzialista", perché quest'ultimo afferma che le icone devono indicare l'essenza del soggetto e non solo l'aspetto visibile delle persone sante che raffigurano. Egli sostiene che questo approccio mistagogico contiene quindi l'errore degli iconoclasti, che hanno creduto che le icone condividessero l'essenza o la natura dei loro prototipi, mentre in realtà gli iconoduli affermavano che l'immagine è legata al suo soggetto attraverso la somiglianza con il soggetto e niente affatto attraverso l'identità di essenza. Un'icona è legno e pigmento, non carne e sangue.

I critici sostengono che l'essenzialismo in iconologia non deriva dalla teologia ortodossa, ma dall'estetica e dalla filosofia modernista occidentale. Florenskij, Ouspensky e Kontoglou non riflettevano affatto una tradizione ortodossa, dicono, ma in realtà dovevano il loro approccio a quella mente occidentale che criticavano con tanta veemenza. Un pioniere di questa concezione essenzialista dell'astrazione è stato lo storico dell'arte tedesco Wilhelm Worringer, il cui lavoro Abstraktion und Einfühlung ("Astrazione e empatia") era stato pubblicato nel 1908. Worringer sosteneva che l'astrazione nell'arte si propone di:

...strappare l'oggetto del mondo esterno fuori dal suo contesto naturale, fuori dal flusso senza fine dell'essere, per purificarlo di tutta la sua dipendenza dalla vita, vale a dire di tutto ciò che in esso è arbitrario, di renderlo necessario e inconfutabile, per approssimarlo al suo valore assoluto. [10]

Mentre la maggior parte di questi critici riconosce che le icone hanno e devono avere parametri stilistici e non devono essere naturalistiche, danno motivi diversi da quello essenzialista. Juliet Bridget-Hayes scrive per esempio:

Ci sono ragioni per l'astrazione utilizzata nell'iconografia bizantina, ma, come vedremo, non ha nulla a che fare con il fatto di simboleggiare la divinità di Cristo e la deificazione dei santi. Piuttosto è ciò che aiuta l'icona a realizzare la sua funzione di rendere persone rappresentate presenti nello stesso tempo e spazio di chi le guarda. [11]

E più tardi nello stesso testo:

L'icona, per i Padri, mostra la realtà storica. Mostra le persone e gli eventi ( "talenti e prodezze") che hanno avuto luogo, non descrive il loro stato spirituale.

Secondo Irina Gorbunova-Lomax, lei stessa iconografa e insegnante, un risultato pratico di quello che considera la pseudo-spiritualizzazione dello stile è che tende a ostacolare gli iconografi dallo studio della forma e di altri principi estetici, e, quindi, diventa un mantello inconsapevole per l'inettitudine artistica.

I tre articoli di padre Silouan Justiniano su Orthodox Arts Journal presentano, penso, un caso molto ben argomentato per trovare il meglio in entrambe queste scuole di pensiero. Argomentando contro coloro che sostengono che le icone bizantine non erano stilisticamente diverse dale opere secolari, egli mostra con esempi che i bizantini erano di fatto selettivi su ciò che prendevano dalla loro eredità classica ed ellenistica, lasciando da parte le sue tendenze apertamente naturalistiche, pur conservando il suo rispetto per le leggi di base di forma e di drappeggio.

Padre Silouan affronta anche il fatto curioso che i pochi passi bizantini che commentano gli aspetti stilistici delle icone in realtà le lodano per la loro verosimiglianza. Non fanno commenti su alcuna dipartita dal naturalismo ellenistico, nel modo in cui Florenskij, Ouspensky e Kontoglou hanno fatto in seguito, per non parlare di dare a tutto ciò una spiegazione spirituale. Padre Silouan sostiene, penso in modo convincente, che il concetto bizantino di essere "realistico" non può essere identificato con le sue attuali associazioni di verosimiglianza fotografica. Un certo grado di astrazione è, di fatto, necessario per rendere giustizia alla vita del soggetto, che non è naturalmente solo un corpo, ma è una unione di materia e spirito. Come egli scrive:

...la realtà stessa è costituita da un regno intelligibile (noetos) e uno sensibile (aisthetos). Queste sfere di esistenza sono simbolicamente convogliate rispettivamente dall'astrazione e dal naturalismo. [12]

Vorrei aggiungere che, secondo un amico grecista, una migliore traduzione del greco originale sarebbe in realtà non "realistico", ma "vivente", "pieno di vita", "come vivo". In tal caso, l'enfasi nei testi bizantini non è sulla somiglianza dell'immagine al santo, ma su come l'immagine riesca ad animare il santo per l'osservatore devoto.

Così, mentre a prima vista il silenzio degli scritti patristici sembra schierarsi con i critici dell'approccio mistagogico, la testimonianza effettiva delle icone ci dice che esse hanno sempre favorito un notevole grado di astrazione. La domanda è perché.

Poiché quest'astrazione stilistica è stata una caratteristica costante del genere di immagini liturgiche nei paesi ortodossi, la ragione ci dice che questo sicuramente deve essere legato in qualche modo al loro uso liturgico e al loro soggetto. È in discussione proprio la vera ragione per cui ciò è così. E non credo che questa sia una discussione solo per accademici dalle dita pulite. Ci si devono confrontare anche gli iconografi attivi sporchi di vernice, se vogliono compiere il loro ministero con intelligenza e comprensione.

L'icona come agente di unione e di trasformazione

La mia opinione personale è che questi critici di Florenskij, Ouspensky e Kontoglou hanno le loro ragioni, e devono essere ascoltati. Sono un correttivo a una spiritualizzazione acritica di ogni aspetto stilistico delle icone, e spesso di una sola scuola particolare.

Ma credo anche che in alcuni aspetti i critici, con una reazione eccessiva, siano andati troppo nella direzione opposta, in particolare nel trascurare la capacità dello stile di influenzare il modo in cui vediamo le cose.

Credo che l'icona agisca in due modi. In primo luogo, come somiglianza ci aiuta a entrare in relazione con le persone sante dipinte. Questo è il ruolo primario dell'icona. Ma in secondo luogo, attraverso le sue qualità formali o stilistiche, un'icona può essere anche un mezzo per trasformare il nostro modo di vedere le cose.

Mentre la citazione del Settimo Consiglio Ecumenico riportata sopra mette in chiaro che le icone non possono rappresentare le realtà divine invisibili in quanto tali, l'antica testimonianza delle icone stesse mostra che le icone attraverso il simbolismo indicano davvero l'esistenza di tali realtà. Tutte le icone della Trasfigurazione, per esempio, indicano la gloria di Cristo dipingendo un alone intorno a Cristo.

Dopo tutto, i Padri della Chiesa non hanno esitato a scrivere di cose divine, anche se in modo molto cauto e provvisorio.

san Gregorio di Nazianzo e la Trasfigurazione (icone dell'autore). I Padri della Chiesa hanno scritto sulle realtà invisibili divine senza disonorarle, e così nello stesso modo le icone possono indicare la loro esistenza senza la pretesa di incapsularle (come la mandorla intorno a Cristo nele icone della Trasfigurazione, che indica la luce increata)

Mentre hanno preferito la terminologia apofatica a quella catafatica – descrivendo ciò che Dio non è, piuttosto che ciò che è – dobbiamo ricordare che le parole sono di per sé una forma di immagine, che indica le cose senza la pretesa di esserle. Quindi, se i Padri della Chiesa credevano che avrebbero potuto indicare realtà divine in parole senza in tal modo limitare o svilire quelle realtà, allora sicuramente un'immagine dipinta può fare lo stesso. Proprio come i grandi predicatori e scrittori della Chiesa hanno aperto il cuore delle persone per il loro messaggio attraverso una retorica elevata, nello stesso modo può farlo l'immagine dipinta attraverso la sua forma elevata.

L'immagine dipinta ci invita a vedere con l'occhio interiore, così come con l'occhio esterno. L'astrazione ci può scuotere, risvegliarci dal torpore della familiarità con il mondo materiale come lo si è visto solo attraverso la retina, e aiutarci a vedere in modo noetico. Ma di questo parleremo più tardi.

Pionieri o corruttori? Apologeti o conciliatori?

Se la forma o lo stile delle icone possono essere trasformativi, perché questo non è scritto su nei testi bizantini? A dire il vero, non lo sappiamo di sicuro. Ma forse i bizantini non sentivano la necessità di scrivere molto su questo tema perché era dato per scontato. La tradizione delle icone era sana e non minacciata. La maggior parte degli scritti patristici è dopo tutto una risposta all'eresia o all'errore piuttosto che un tentativo di codificare la teologia per se stessa. Scrivere gli elementi formali dell'iconografia non era stato un requisito in epoca bizantina in quanto, a parte i 120 anni dell'iconoclastia, la tradizione dell'icona era rimasta effettivamente incontrastata e solo tangenzialmente in contatto con l'arte occidentale post medievale. L'iconografia è stata il primo linguaggio di Bisanzio, la sua lingua madre, e ne usciva in modo naturale.

Allora perché gente come Pavel Florenskij, e poi Photis Kontoglou, ha iniziato a scrivere sul modo in cui le icone sono dipinte? Quando la pittura delle icone tornava a uno stile più tradizionale, nei primi decenni del XX secolo, era necessario che i pensatori discernessero le differenze teologiche che stanno dietro queste icone tradizionali e quelle dei precedenti tre secoli fortemente influenzati dall'arte occidentale. Parte di quest'analisi era la necessità di sviluppare una risposta ortodossa all'arte post medievale dell'Occidente. l'iconografia nella Grecia ottomana, e in Russia dopo Pietro il Grande, era stata influenzata dall'arte occidentale, in misura maggiore o minore, la maggior parte direbbe per il peggio.

Madre di Dio di Kazan'. Mosca, fine del XIX secolo. Un esempio dello stile un po' sentimentale che era comune nel XVIII e nel XIX secolo in Russia.

Madre di Dio di Vladimir, dipinta a Costantinopoli c.1120, pulita nel 1918/1919. È stata la pulizia delle icone russe medievali come questa e l'ospitalità di Abramo di Andrej Rublev nel secondo decennio del XX secolo che ha contribuito a rilanciare l'iconografia tradizionale

Madre di Dio che contempla un crocifisso, Grecia, XVIII secolo. Opera di influenza italiana tipico delle icone dipinte in Grecia dal XVII all'inizio del XX secolo.

Vergine Glykofilousa, di Photios Kontoglou, 1955. Le icone e gli scritti di Kontoglou sono stati un fattore chiave per il rilancio dell'iconografia tradizionale in Grecia.

Così, in un senso molto reale, pionieri come Florenskij, Ouspensky e Kontoglou erano innovatori nel senso che calpestavano un terreno nuovo. E questo era vero per due aspetti. Da un lato si trovavano in una posizione simile a quella dei primi pensatori cristiani – gli apologeti come Giustino Martire – in quanto stavano cercando di discernere ciò che era utilizzabile nella loro cultura circostante, solo che naturalmente la loro cultura era l'epoca moderna e non quella ellenistica degli apologeti. Percorrevano nuove vie, perché la modernità era nuova.

Giustino Martire, 100-165 d.C., icona dell'autore

D'altra parte, mentre gli apologeti avevano a che fare con filosofie chiaramente descritte in forma scritta, gli iconologi del nostro tempo stanno cercando di capire la visione del mondo dietro lo stile delle icone e dell'altra arte. Questa interpretazione dell'estetica da un punto di vista teologico è una nuova disciplina e, pertanto, richiede pensiero creativo, dibattito, e inevitabilmente uno scontro con alcuni eccessi e disaccordi. Si tratta di un work in progress e, pertanto, richiede sia onestà sia spirito di sopportazione.

Forse inevitabilmente, questi pionieri a volte hanno reagito in modo troppo forte per l'arte non-iconografica e sono divenuti, almeno a mio parere, inutilmente anti-occidentali nella loro polemica. I loro scritti fanno spesso eco al grido di Tertulliano, "Cosa ha a che fare Atene con Gerusalemme? Che concordia c'è tra l'Accademia [dei filosofi] e la Chiesa?" [13]

Potevano anche essere a volte un po' di parte. Kontoglou affermava che le icone bizantine erano su un piano superiore rispetto a quelle russe, e Ouspensky che la scuola di Mosca è stata il vertice dell'iconografia.

Torniamo ora al nostro tema della formazione degli iconografi e in che cosa consiste l'icona ben dipinta. con tutte le grandi cose che sono venute fuori dagli studi sull'iconologia nel secolo scorso, ci sono stati anche due effetti sfavorevoli. In primo luogo, per reazione contro le innovazioni non tradizionali, c'è stata una tendenza ad associare la tradizione alla copiatura di vecchie icone.

In secondo luogo, la forte reazione contro il naturalismo dell'arte occidentale ha troppo spesso fatto sì che non sia ritenuto necessario che gli iconografi ottengano una buona comprensione di forma, anatomia, decorazioni, proporzione e teoria del colore. Come lo scultore romeno Constantin Brâncuși ha detto, "La semplicità è la complessità risolta". L'autentica astrazione nell'iconografia deve nascere da una profonda comprensione della forma che essa mira a semplificare.

A mio avviso la risposta alla questione della forma iconografica deve centrarsi sul fatto che Cristo trasfigura la materia, non la smaterializza.

La Trasfigurazione, di Federico Jose Xamist, un iconografo cileno. La Trasfigurazione di Cristo esprime tutta la teologia fondamentale per l'icona: l'incarnazione di Dio; la trasfigurazione del mondo creato; la comunione dei santi.

Così da una parte le icone devono affermare la materialità delle cose. Le icone possono e devono affermare forma e materia, perche ciò fa parte della creazione divina. Noi non siamo ritagli di cartone. Ogni iconografo degno di questo nome deve quindi studiare e comprendere la forma e il colore del mondo materiale.

D'altra parte, le icone ci mostrano anche un mondo in cui questa materia risplende come la veste di Cristo sul monte Tabor, trasformata da mera materia in ornamento radiante. Quindi, oltre a comprendere ciò che è visibile a occhio nudo – sotto forma di creazione e di colore – l'iconografo deve anche imparare a rendere astratta questa realtà visibile in modo da indicare la sua trasfigurazione.

2. DUE RUOLI PRINCIPALI DELLE ICONE

Passiamo ora a una descrizione sommaria dei due ruoli principali delle icone. Ricordiamo, inoltre, che l'iconografia non può limitarsi a icone su tavola dipinta, perché anche la pittura a parete, il bassorilievo, il mosaico, il ricamo e così via sono supporti utilizzati per creare immagini sacre. La maggior parte dei principi descritti di seguito si applica anche a questi altri mezzi di comunicazione.

Icona come immagine

La venerazione delle icone è valida a prescindere qualità estetiche dell'icona.

Un'immagine che porta il nome e la somiglianza con il soggetto ci aiuta a collegarci con il soggetto stesso – Cristo, la Madre di Dio, i santi o gli angeli. Come dicono gli Atti del Settimo Concilio Ecumenico:

Infatti l'onore che è tributato all'immagine passa a ciò che l'immagine rappresenta, e chi venera l'immagine venera in essa il soggetto rappresentato.

Questa comunione con il prototipo è possibile indipendentemente da quanto sia dipinta bene l'icona; anche un'icona dipinta senza maestria dovrebbe essere venerata, perché noi non veneriamo l'icona in se stessa, ma la persona santa raffigurata. Quindi questo ruolo liturgico dell'icona come oggetto di venerazione dipende in primo luogo da ciò che descrive, non da come è raffigurato.

Icona come aiuto per l'illuminazione

Ma credo che l'icona abbia anche un secondo ruolo, che è quello di aiutarci a vedere il mondo non solo come un roveto, ma come un roveto che ardente della gloria di Dio, senza essere consumato.

Mosè e il roveto ardente. Uno dei compiti del iconografo è quello di vedere e di aiutare gli altri a vedere l'intera creazione trasfigurata, come il roveto che arde della presenza divina.

Questo ruolo dell'illuminazione ha più a che fare con il modo in cui le icone raffigurano il loro soggetto sacro, con le loro qualità formali o stilistiche. Anche se la gloria divina non può essere rappresentata nella sua forma nuda, la sua esistenza può essere accennata attraverso il colore e la linea, attraverso la sua incarnazione nella materia e nelle persone sante. Dopo tutto, la luce stessa diventa visibile a noi solo attraverso la sua riflessione sulle superfici. Sarebbe una contraddizione con la teologia patristica se dovessimo rappresentare solo l'aspetto esteriore delle cose. Come ha scritto san Massimo il Confessore:

...una visione del mondo sensibile che si basa esclusivamente sulla percezione dei sensi non è altro che una serie di scaglie, che accecano la facoltà della visione dell'anima e impediscono l'accesso al puro Logos della verità. [14]

san Massimo il Confessore, dipinto dall'archimandrita Zinon, uno dei grandi iconografi del nostro tempo

Un'icona tradizionale si astrae leggermente dal mondo fisico al fine di aiutarci a vedere più a fondo, a vedere il fuoco sacro dentro tutte le cose, a risvegliarci. Come vedremo in seguito, il modo insolito dell'icona di rappresentare le cose ci toglie l'equilibrio, al fine di cercare una spiegazione più profonda. Noi riconosciamo quello che stiamo guardando nell'immagine – san Pietro, san Paolo, un albero, una scena storica o qualsiasi altra cosa – eppure l'immagine è comunque diversa. I colori, la prospettiva, la composizione astratta suggeriscono tutti un modo più profondo di vedere oltre ciò che possono da soli vedere i nostri occhi e il nostro cervello. Suggeriscono l'esistenza del 'puro Logos della Verità' all'interno. L'icona afferma come reale ciò che vediamo e tocchiamo, ma afferma anche come reale la grazia increata di Dio che crea, sostiene e guida ciò che vediamo e tocchiamo.

i santi Simeone e Daniele gli Stiliti, di Toma Chituc, Romania. Chituc è parte di una nuova generazione di iconografi in Romania che sta aiutando a ripristinare freschezza e visione nell'iconografia tradizionale

Anche a livello puramente biologico assimiliamo quello che vediamo in modi diversi. In effetti, come ci dicono gli scienziati, in realtà non vediamo affatto con i nostri occhi, ma con il nostro cervello. Gli impulsi elettrici passano dalla nostra retina nei nostri cervelli, ed è lì che l'immagine è costruita, non nei nostri occhi. Le nozioni, le aspettative e le esperienze già registrati nel nostro cervello influenzano il modo in cui questo organizza i dati elettrici inviati dai nostri occhi. Il cervello è un sintetizzatore e non una tabula rasa.

Ricordiamo che i Padri delineano tre fasi della vita spirituale: la purificazione; poi l'illuminazione, in cui percepiamo i logoi o parole di Cristo in ogni cosa; quindi l'unione, dove siamo deificati o entriamo unione con il Logos stesso.

Il modo in cui le icone sono dipinte suggerisce tutte e tre queste fasi, ma vorrei suggerire che gli elementi formali delle icone sono particolarmente rilevanti per la seconda fase: l'illuminazione. La parola 'astrarre' significa 'tirare fuori', e l'astrazione di una buona icona tira fuori e manifesta i loghi interni e unici del suo soggetto, sia che si tratti di una montagna, un albero, un animale o un santo. Sono perfettamente d'accordo con Bridget-Hayes e altri che sono contro l'essenzialismo, ma questo non vuol dire che l'esistenza dei loghi interni o essenze non possa essere accennata con mezzi visivi.

Come i Padri iconoduli sottolinevano con enfasi, l'icona non è della stessa essenza delle persone raffigurate, ma si collega con loro attraverso la somiglianza con la loro persona e la raffigurazione del loro nome. Tuttavia, questa somiglianza non può essere una mera questione di avere due occhi e un naso, ma deve anche essere una somiglianza che suggerisce le particolari virtù e il ministero del soggetto.

Potremmo quindi dire che l'icona non è naturalistica, ma è profondamente realistica. Essa afferma sia la materialità del mondo sia il fatto che questo è creato, animato e diretto dal Logos. L'icona raffigura il mondo come una tenda di convegno, su cui la gloria del Signore si libra e attraverso la quale egli parla. Ricordiamo le parole di san Massimo il Confessore sopra citate: "una visione del mondo sensibile che si basa esclusivamente sulla percezione dei sensi non è altro che una serie di scaglie, che accecano la facoltà della visione dell'anima e impediscono l'accesso al puro Logos della verità".

Le icone sono innanzitutto visive, e sono quindi collegate con l'occhio del cuore, ciò che i Padri chiamano il nous. Le parole sono utili a istruire e spiegare, a descrivere i dettagli, mentre le immagini sono utili a iniziarci a un modo diverso di vedere, e a darci una visione unitaria del tutto. Infatti, san Giovanni Damasceno esalta la vista come "il più nobile dei sensi":

Utilizziamo tutti i nostri sensi per produrre immagini degne di lui, e santifichiamo il più nobile dei sensi, che è quello della vista. Infatti, come parole edificano l'orecchio, nello stesso modo anche l'immagine stimola l'occhio. [15]

La frazione del pane sulla strada per Emmaus. Intaglio in legno dell'autore.

Questo primato della vista è sicuramente collegata con il primato della più alta delle facoltà umane, il nous. Ricordiamo la descrizione della Scrittura di incontro dei discepoli con Cristo sulla strada per Emmaus:

Mentre discorrevano e discutevano insieme, Gesù in persona si accostò e camminava con loro; ma erano incapaci di riconoscerlo ... Allora si aprirono loro gli occhi e lo riconobbero, e lui sparì dalla loro vista. (Luca 24: 15,16, 31)

Le parole pronunciate tra Gesù e i discepoli li prepararono, ma il rapporto non fu completo fino a quando "si aprirono loro gli occhi e lo riconobbero".

Nel corso dei secoli l'iconografia ortodossa ha sviluppato molti modi di aiutare questo processo di iniziazione o di illuminazione. È compito di un iconografo imparare questi principi, perché sono il suo vocabolario. Una delle opere più importanti per iconografi e studiosi nel secolo scorso è stata quella di riscoprire e diffondere sia le finalità teologiche senza tempo delle icone, sia tanti modi tecnici ed estetici che gli iconografi possono utilizzare per realizzare questi obiettivi. Tra questi "esploratori" vi è il dottor George Kordis, un influente iconografo, scrittore e insegnante che è attualmente professore assistente d'iconografia (teoria e pratica) presso l'Università di Atene. Di questi principi senza tempo ha scritto:

L'immutabilità della tecnica bizantina significa che ci deve essere un sistema artistico con regole e principi che regolano l'esecuzione delle icone per tutti i periodi di specifiche correnti artistiche; e, poiché esiste un tale sistema, deve essere possibile scoprire e presentare i propri principi. Questi principi obbediscono a una logica interna, e descriverli è la prima tappa di un percorso per imparare l'arte dell'iconografia. Essi possono essere descritti senza mettere in pericolo lo stile iconografico bizantino, perché sono costanti e quindi immutabili. [16]

santo profeta Elia, di George Kordis

3. ALCUNI PRINCIPI ALLA BASE DELLE QUALITÀ FORMALI DELLE ICONE

Affermazione di materia e forma

Ci sono stati alcuni scritti erronei sull'iconografia, che associano la trasfigurazione con la smaterializzazione. Questa è un'eresia docetista. Le icone raffigurano un mondo materiale trasfigurato, non smaterializzato. Le icone devono quindi mostrare una profonda comprensione e rispetto per la forma del mondo materiale come Dio l'ha creato. Anche se siamo in un mondo decaduto, i lineamenti di questo mondo, tuttavia, rimangono incredibilmente belli e divinamente ispirati.

Per affermare questo aspetto duplice del mondo trasfigurato – la sua forma materiale e la grazia spirituale che lo trasforma – la tradizione iconografica di bizantina sembra aver tratto ispirazione da epoche precedenti. Secondo George Kordis, che ha studiato questo campo molto più di me stesso, la tradizione bizantina utilizza tecniche del periodo ellenistico per ottenere plasticità, movimento e ritmo, e dal più espressivo periodo tardo antico ha appreso l'uso della linea e del colore per la costruzione delle forme, la prospettiva verticale, il linearismo e il metodo compositivo.

un esempio di arte ellenistica, che mostra la sua modellazione sviluppata di forma e movimento. I secolo a. C., copia di un mosaico ellenistico, prodotto da Dioscuride di Samo nei pressi di Pompei (Villa di Cicerone)

un esempio di arte tardo-antica, che mostra una disposizione più astratta di forme, come la prospettiva verticale. Dall'Arco di Costantino, c. 320 d.C., Roma

Nelle sue parole:

Gli iconografi bizantini ... invece di elaborare le proprie soluzioni, si sono rivolti alla grande eredità dell'arte classica ed ellenistica, nonché a quella della tarda antichità. È stata l'arte di questi periodi che ha fornito loro le risposte di cui avevano bisogno. Togliere la profondità, e utilizzare linee e colori locali per la costruzione di una forma nella scultura o la pittura, era una tecnica già prevalente nel II secolo d.C. (...) Fu da questo importante periodo, l'espressionismo della tarda antichità, che hanno preso in prestito il sistema della prospettiva verticale, il linearismo, e naturalmente il metodo compositivo. Tuttavia, gli iconografi bizantini hanno cercato di esprimere nella loro arte anche il movimento e il ritmo. Per questo hanno osservato la tradizione naturalistica classica, dalla quale hanno preso in prestito... la plasticità, la maniera dinamica di disegnare figure sulla superficie, e la filosofia del ritmo. Hanno preso i loro principi artistici fondamentali da queste due fonti principali e li hanno usati per costruire un proprio sistema artistico. [17]

Ascetismo

San Giovanni Maximovich ha scritto:

Il compito dell'iconografo è proprio quello di rendere, per quanto possibile, e nella maggior misura possibile, quelle qualità spirituali con cui la persona raffigurata ha acquisito il regno dei cieli. [18]

Un'icona dovrebbe quindi inculcare una sobrietà che conduce lo spettatore al pentimento. Un'icona ben dipinta non impartisce piacere estetico senza offrire anche i mezzi con cui chi la vebera possa diventare egli stesso bello. Questo è il motivo per cui i volti possiedono la loro caratteristica tristezza luminosa, un misto di gioia e di dolore, una pace compassionevole. Un sopracciglio è spesso più morbido nella sua curva, mentre l'altro è più arcuato. Uno zigomo è più infossato o pronunciato, mentre l'altro è più delicato nelle sue curve. L'aspettto del viso è attento senza essere teso.

san Simeone di Chilandar. Pittura murale a Simonopetra, Monte Athos, dell'archimandrita Zinon. Il viso mostra una unione di serenità, lotta ascetica, gioia e triste compassione

Ascesi significa formazione, la spoliazione di peso superfluo, in modo che possiamo eseguire la buona gara. Un'icona spoglia quindi via la decorazione e i dettagli superflui al fine di concentrarsi sul contenuto e di coinvolgere lo spettatore con il santo. Anche se c'è movimento, non c'è movimento agitato, sprecato. Il santo si concentra su di noi, si focalizza, è in uno stato di preghiera e di ascolto.

Eventuali abbellimenti – siano essi decorazioni, edifici, mobili o paesaggio – devono agire come un trono per sostenere tutte le figure importanti rappresentate, e anche per cristallizzare o articolare le dinamiche spirituali dell'evento. Le montagne in molte icone della Teofania, per esempio, sembrano separarsi come le onde del Mar Rosso, o la struttura dietro Maria nell'icona dell'Annunciazione potrebbe indicare il suo ruolo di tempio, porta, trono o velo. Questi tipi sono menzionati nei testi liturgici, in modo che l'immagine e la parola sono in sinergia.

feste della Vergine, di Phil Davydov e Olga Shalamova. Quest'icona mostra una riduzione al minimo molto moderna del dettaglio e della decorazione dello sfondo, pur mantenendo gli elementi simbolici essenziali

Prospettiva

Negli scritti sulle icone si parla molto della cosiddetta prospettiva inversa. Di fatto si utilizzano anche numerose altre tecniche. A parte la prospettiva inversa abbiamo: planarità; multi-visualità; isometria (in cui le linee rimangono parallele); gerarchia (le figure più importanti sono allargate); enigmi deliberati (un po' come le famose illustrazioni di M. C. Escher): e, talvolta, anche, prospettiva matematica, in cui il punto di fuga si trova sull'orizzonte. Quest'ultimo metodo non è mai stato applicato con rigore e in tutta l'immagine, così come è stato fatto nel periodo rinascimentale e dopo.

dettaglio da un dipinto murale, che mostra alcune delle forme di prospettiva utilizzate nell'iconografia: multi-visuale, inversa (il tetto), enigmatica (le scale). Monastero Simonopetra, Monte Athos, dell'archimandrita Zenon

In linea di massima ci sono tre scuole di pensiero (non necessariamente si escludono a vicenda) che offrono spiegazioni perché vengono utilizzati questi diversi sistemi di prospettiva nelle icone.

La scuola che insegna la mistagogia di stile (come discusso sopra) dice che queste tecniche ci aiutano a vedere il mondo in un modo più divino.

La scuola 'psicologica' nega la necessità di qualsiasi spiegazione spirituale, e dice che questi mezzi astratti si correlano con il modo in cui in realtà sperimentiamo ciò che vediamo, e non solo come la nostra retina li riceve. Per esempio, sappiamo che un edificio ha i lati e un fronte, quindi, anche se i nostri occhi non vedono i lati, la nostra mente, tuttavia, li registra come presenti. La prospettiva multi-visuale rappresenta quindi la nostra esperienza soggettiva con maggiore precisione rispetto al sistema del punto di fuga matematico.

La scuola liturgica afferma che le spiegazioni mistagogiche sono troppo esoteriche, non sono ortodosse, e non figurano in alcun scritto patristico. Questa scuola afferma che lo scopo della prospettiva iconografica è di garantire che l'icona attiri lo spettatore devoto a partecipare alla realtà rappresentata e a garantire che l'immagine sia partecipe della vita liturgica che è il suo ambiente naturale e previsto.

Questa scuola fa notare che il simbolo nel contesto tradizionale cristiano non significa un promemoria mentale di alcune realtà, ma piuttosto un mezzo di partecipare a tale realtà. Significa, come implicano le sue radici greche, una riunione (sym – bolis) di due parti. Questo è certamente vero, ma utilizzare questo per criticare la scuola essenzialista significa ipotizzare – in modo sbagliato, credo – che tale scuola comprena le astrazioni iconografiche solo come segni da leggere mentalmente e consapevolmente. La mia opinione è che le varie forme astratte – o almeno alcune di loro – che si trovano nelle icone agiscono direttamente sull'anima per contribuire a creare uno stato più ricettivo allo Spirito. Questi costrutti stilistici possono agire un po' come le modalità del canto tradizionale bizantino, russo o gregoriano, che sono progettate per aiutare a portare le parole più in profondità nell'anima, così come per sostenere il culto liturgico.

La prospettiva enigmatica per esempio, come nella scala priva di senso nell'opera sopra illustrata di padre Zinon, è difficile da spiegare solo in termini di partecipazione liturgica. Una spiegazione più naturale sarebbe che la sua natura imperscrutabile è progettata per confondere la nostra facoltà razionale e, quindi, aiutarci ad accettare che ci sono alcune cose al di là della nostra comprensione.

Il fatto che alcune di queste tecniche di astrazione siano state adottate e adattate da forme d'arte non cristiane non fa alcuna differenza. La Chiesa ha sempre cercato e affermato la verità dovunque essa si trovi. Uno studioso, per esempio, [19] elenca 28 casi in cui Paolo sta citando, o facendo dichiarazioni chiaramente analoghe alle loro, filosofi e greci e scrittori romani, tra cui Euripide, Seneca e altri stoici, Arato, Aristotele e Platone.

Personalmente, penso che tutte e tre le spiegazioni per l'astrazione in icone hanno una ragione e non si escludono a vicenda. Sono valide dal momento che tutte e tre sono radicate nella realtà del mondo di Dio. Un'interpretazione non esclude l'altra. In entrambi i casi, l'iconografo deve conoscere questi sistemi di prospettiva e sapere come usarli.

La visualizzazione non-centrica

Alcuni dei sistemi prospettici utilizzati nelle icone ci incoraggiano ad andare oltre la nostra visione auto-centrica del mondo e vedere il mondo più come Dio lo vede. La prospettiva multi-visuale è un sistema di tal genere. Un oggetto, come un edificio, è mostrato come visto da tre o più punti di vista contemporaneamente, piuttosto che da un unico punto di vista.

Inoltre, nulla è lontano da Dio, e perciò quelli che sono più lontani nel campo di profondità sono mostrati vicini a noi. Le icone tendono quindi a esprimere profondità sull'asse dell'altezza; qualcuno più lontano viene semplicemente messo più in alto nel pannello, ma della stessa dimensione di quelli più in basso nel pannello.

Con questa tecnica l'iconografo è anche in grado di preservare la plattezza, o campo compresso di profondità, che è così caratteristico delle icone. Questa piattezza a sua volta permette alle figure e alle caratteristiche di essere disposte in modo teologicamente più significativo, spesso utilizzando la geometria.

Geometria interna

Come abbiamo visto, l'icona di una festa può essere un commento ai testi liturgici. Un modo in cui può esserlo è possedere una geometria di base che chiarisce la teologia dell'evento. I singoli elementi della scena possono essere disposti all'interno di questa struttura e quindi creano un tutto unico, la cui disposizione e il cui movimento interpretano la teologia dominante dell'evento.

L'icona un po' complessa della Natività è un buon esempio.

geometria sottostante alcune icone della Natività del Signore. Il quadrato inferiore contiene i partecipanti terreni, il semicerchio quelli celesti, mentre Cristo il divino bambino è al centro del cerchio che comprende i rappresentanti di tutta la creazione: ricchi, poveri, angeli ed esseri umani, uomini e donne, animali, alberi e rocce

La si può affrontare in molti modi, ma nell'icona illustrata ho organizzato gli elementi chiave in un cerchio il cui centro è il Cristo bambino. Questo cerchio è poi combinato con un quadrato. Tutti gli elementi terrestri sono contenuti in questo quadrato, mentre i soggetti celesti (gli angeli e la stella) sono contenuti nella parte superiore del cerchio. Queste due forme si combinano per suggerire una chiesa a cupola. La cupola rappresenta il cielo e il quadrato rappresenta la terra. L'intera icona è quindi una immagine della Chiesa, corpo di Cristo, Dio e la creazione uniti.

Comunione

L'icona esiste soprattutto per aiutare la comunione, la comunione tra la persona raffigurata e lo spettatore in preghiera.

san Gregorio Palamas, di Gabriel Toma Chituc

Il volto del santo è quindi di solito verso lo spettatore, o se in una scena o Deisis, non più che a tre quarti. Talora i volti guardano noi, talora un po' al di là di noi, come se contemplassero qualcosa, vedendo con il cuore e non solo con l'occhio: "Lei meditava queste cose nel suo cuore", come le Scritture ci dicono della Vergine Maria.

Luce

Possiamo identificare quattro fonti di luce nelle icone: quella che risplende dall'interno del santo; quella che circonda il santo; la luce per la forma di modellazione; e talvolta, anche se più raramente, la luce direzionale da una singola fonte esterna. Un buon esempio per illustrare tutti e quattro queste fonti è il famoso mosaico di Cristo nella galleria di Santa Sofia.

mosaici in situ ad Agia Sophia, che mostrano la direzione della luce dalla finestra vicina

particolare che mostra l'illuminazione direzionale sul collo

1. L'aureola suggerisce una luce che si irradia da dentro la persona. Nelle icone di Cristo egli stesso è questa luce. Nelle icone dei santi, la luce viene dallo Spirito Santo che dimora in loro.

2. L'oro nello sfondo, come in questo mosaico, oppure un colore radiante come il vermiglio, afferma le parole di san Paolo: "In lui viviamo, ci muoviamo ed esistiamo" (At 17:28). Questa luce, pertanto, non è tanto uno sfondo quanto una onnicomprensiva "atmosfera" divina all'interno del quale tutte le cose sono sostenute e dirette.

3. La luce di modellazione, per creare un senso di regola generale per l'iconografia, è che ciò che è più vicino è più leggero, mentre ciò che è più lontano è più scuro. O molto spesso non è tanto che l'ombreggiatura sia più scura, ma che sia dipinta con un colore freddo, come il verde o il blu. Anche se le icone non utilizzano contrasti estremi di luce e buio creati da una sola fonte di luce forte (una tecnica chiamata chiaroscuro), Leonid Ouspensky non aveva ragione ad affermare che le icone non hanno ombre. Ci sono chiaramente aree più scure di altre. Questo contrasto di luce e buio è usato per suggerire la materialità del soggetto. È pericoloso associare la spiritualità nell'arte alla smaterializzazione.

4. Ciò che è insolito nel mosaico di Agia Sophia è la fusione di un'ombra sul collo che può essere creata solo da una singola sorgente di luce, sopra e a sinistra della figura. Questo è raro nelle icone, ma non è al di fuori della tradizione. Il punto in questo mosaico è che la direzione della luce nel mosaico che crea l'ombra sul collo è identica a quella che attraversa una finestra alla sinistra del mosaico. L'ombra sul collo di Cristo è esattamente dove sarebbe stata se fosse stato in piedi dove si trova il mosaico. Il creatore del mosaico ci mostra sicuramente che Cristo è presente qui, in questa galleria, in questo luogo. L'illuminazione direzionale "naturalistica" è quindi ancora usata liturgicamente, e in combinazione con le altre tre tecniche sopra descritte.

Il modo di vita dell'iconografo

Tutti i cristiani sono chiamati a vivere la vita sacramentale della Chiesa, a digiunare, a pregare, a vivere secondo i comandamenti dell'amore di Cristo. Questo spetta anche agli iconografi: se devono rappresentare Cristo, i santi e gli angeli, oltre a conoscere la tradizione ricevuta delle loro icone devono anche aspirare a conoscerli personalmente. In caso contrario, starebbero semplicemente dipingendo un quadro piuttosto che dipingere una persona.

Nel mondo dell'arte secolare è facile distinguere un ritratto fatto solo da una foto da un ritratto dipinto dal vivo. L'incontro con il soggetto aiuta l'artista a scoprire e indicare il carattere di chi sta in posa, a discernere ciò che è essenziale e ciò che è secondario. Durante la realizzazione di un'icona vengono prese molte piccole decisioni – dove mettere una linea, quale colore o tono usare, e così via. A meno di non avere la musica del cielo dentro di noi non si può rilevare nella propria pittura le cose che sono disarmoniche.

Armonia con l'innografia

L'icona è liturgica, progettata per essere parte della più grande vita liturgica della Chiesa. Il suo contenuto e la sua forma devono quindi mettere in relazione con l'innografia della Chiesa e con le letture bibliche designate per la commemorazione del soggetto. Questo è particolarmente vero per le icone delle feste. L'una dovrebbe essere un commento dell'altra. È quindi essenziale che un iconografo conosce i testi liturgici delle feste.

Un buon esempio è l'icona della Trasfigurazione, dove, tra le altre cose, spesso vediamo una grotta raffigurata sotto Elia e sotto Mosè.

la Trasfigurazione, che mostra le grotte cui si fa riferimento nei testi biblici e liturgici. Dell'autore

Questo stimola lo spettatore a chiedersi perché non ci sono. Le letture bibliche al Vespro ci ricordano che sia Mosè sia Elia ebbero teofanie parziali in relazione a grotte. Mosè si nascose nella fenditura di una roccia e vide solo le parti posteriori di Dio. Elia sentì solo una piccola voce mentre si trovava all'ingresso della sua caverna. Ma qui sul Tabor, grazie all'incarnazione di Dio, si levano in piedi fuori dalle loro grotte di conoscenza parziale, ed ecco il Signore faccia a faccia. Questo contrasto è testimoniato dagli inni della festa:

Mosè ed Elia, quando conversavano con Cristo, hanno testimoniato che egli era il Signore dei vivi e dei morti, e che era il Dio di cui parlavano l'antica legge e i profeti. (Grande Vespro)

Un opportuno spazio architettonico

Che si tratti di icona su tavola, pittura murale o mosaico, un'icona dovrebbe adattarsi allo spazio architettonico e all'illuminazione per i quali è fatta.

Cappella memoriale dell'arcivescovo Dimitri, Cattedrale di san Serafino, Dallas. Di Vladimir Grigorenko. Un eccellente esempio di dipinto murale ben progettato per lo spazio architettonico e la sua funzione liturgica. Il suo tema è la seconda venuta, poiché, come scrive l'artista, sarà "il luogo di riposo eterno per l'arcivescovo Dmitri – il luogo dove egli attenderà fino alla seconda venuta"

Tutta la vita liturgica di una parrocchia o di un monastero può essere considerata come una singola icona, e così ogni aggiunta dovrebbe integrare e completare ciò che è già presente. Una certa comprensione della liturgia, dell'architettura ecclesiastica e della storia dell'arte è quindi richiesta a un iconografo. Un'icona in un angolo buio, per esempio, potrebbe essere dipinta in toni più leggeri di quella in uno spazio altamente illuminato. Oppure, quando si dipinge una chiesa ortodossa inglese, per esempio, si potrebbe trarre ispirazione da opere romaniche, celtiche o anglosassoni.

Unicità delle persone

Ognuno di noi è unico, un profondo mistero, con il proprio nome e volto. Quest'unicità è il presupposto della comunione, per l'unità non è possibile senza distinzioni. Le icone spesso non riescono a valorizzare questa unicità. Le icone di donne sante in particolare soffrono di questo, e la stessa faccia è utilizzata all'infinito con variazioni solo nell'iscrizione e negli abiti.

L'unicità delle persone è molto evidente nell'iconografia dei primi otto secoli della chiesa, come per esempio nei mosaici della Rotonda (san Giorgio) a Salonicco. Ma tale unicità sembra aver sofferto dopo l'iconoclastia. I volti sono diventati più standardizzati.

Rotonda di san Giorgio, Salonicco. Ogni volto in questo insieme di mosaici, risalente dalla fine del IV alla metà del V secolo, rivela un notevole carattere distintivo

La verosimiglianza è una sfida particolare quando raffiguriamo santi noti a memoria d'uomo per i quali abbiamo ritratti o fotografie, come san Paissio del Monte Santo o la nuova martire Elisabetta. Abbiamo bisogno di affermare la loro somiglianza fisica senza diventare naturalistici.

una foto del contemporaneo san Paissio del Monte Santo, 1924-1994

un dipinto murale del recentemente canonizzato san Paissio. Almeno quelli di noi che lo hanno conosciuto vorrebbero che le sue icone, pur non diventando naturalistiche, riflettano qualcosa della sua personalità unica

Armonia

Noi siamo unici, ma il nostro volto e la nostra personalità unici si completano nella relazione. La nostra unità viene anche dalla nostra singola natura umana condivisa. Ci sono molte persone, ma una sola natura. Un'icona dovrebbe quindi organizzare le sue figure in modo che siano in armonia, in particolare in armonia con le opere di Dio espresse in quella particolare festa.

Gioacchino e Anna, della monaca Olga, Romania. Un eccellente esempio di un'icona armoniosa. I colori sono ricchi ma armonici, il dettaglio è istruttivo ma non distrae, e il disegno è equilibrato senza essere rigido

George Kordis ha una teoria insolita in questo campo. Egli suggerisce che le icone possono utilizzare il colore per affermare l'unità della natura, mentre la linea (il disegno e la forma dell'icona) può sostenere l'unicità delle persone.

san Giovanni Battista, di George Kordis. Questo lavoro illustra il punto di cui sopra, che il colore può creare l'unità, mentre il disegno distingue ogni elemento dal suo vicino

L'icona raffigura un mondo redento, un mondo in cui vediamo la mano di Dio in tutte le cose. In questo senso è profetica, e svela negli eventi il proposito nascosto di Dio. Un'icona è quindi un microcosmo in cui gli opposti sono riconciliati. Dovrebbe pertanto avere una profonda armonia, con gli elementi disposti in relazione ai confini del pannello e niente di arbitrariamente tagliato. Un'icona è dunque non tanto una finestra con una vista arbitraria, ma una porta attraverso cui tutti i personaggi devono passare.

Un altro motivo per il bisogno di armonia estetica nelle icone è che il mondo è l'immagine del Dio trinitario. Una buona icona riflette quindi un mondo in cui c'è la distinzione, come nelle tre Persone della Trinità, e altrettanto l'unità, perché Dio è uno.

I colori dovrebbero essere armoniosi, quindi l'iconografo deve conoscere la teoria del colore: come funzionano i colori complementari, l'azione dei colori caldi, freddi e neutri l'uno sull'altro, e così via.

Come molti scrittori ci ricordano, essere un oggetto liturgico significa che l'icona non è solo un oggetto d'arte. Ma io vorrei affermare che è almeno arte. Deve contenere tutto ciò che contiene un buon dipinto, e altro ancora. Un iconografo deve quindi sforzarsi di conoscere di più il proprio mestiere rispetto a un artista laico, e non di meno. Gli scrittori patristici erano in maggior parte altamente specializzati nell'erudizione retorica e pagana, e hanno trasformato quest'abilità al servizio della Chiesa. Un iconografo non dovrebbe fare lo stesso, avvalendosi di qualsiasi conoscenza disponibile, a prescindere dalla sua fonte?

Autenticità e innovazione

Mentre impara dai maestri del passato, un iconografo maturo va oltre l'imitazione. La mera copia dà il falso senso che seguire la tradizione Chiesa significhi vivere una vita senza cervello, robotica, e timorosa. Se i Vangeli e gli Atti degli Apostoli sono qualcosa da seguire, la vita con Cristo è un'avventura piuttosto audace e imprevedibile!

La Romania è un buon leader nell'iconografia creativa contemporanea. Situata com'è geograficamente tra la Russia e la Grecia, la Romania è in una buona posizione per prendere il meglio di entrambe le tradizioni. Sono anche una cultura latina, e così si sentono a proprio agio con certe tradizioni occidentali. Indichiamo al lettore uno splendido articolo di Orthodox Arts Journal su questo argomento: I nuovi maestri romeni: iconografia innovativa nella matrice della tradizione.

Quando si opera in modo creativo la sfida è come lavorare all'interno del linguaggio ricevuto dell'iconografia senza cambiarlo così tanto da renderlo inutilizzabile per l'uso liturgico. Una soluzione è quella di sperimentare inizialmente non con le icone, ma con l'arte non liturgica, che potremmo chiamare "arte da galleria". Dopo questo periodo di prova, l'iconografo importa poi nelle proprie icone quegli elementi che sembrano opportuni in un contesto liturgico. Nell'opera illustrata qui di seguito, ho voluto esplorare come avrei potuto dipingere un ritratto naturalistico che, pur non essendo un'icona liturgica, assorbisse comunque una parte dell'ethos di un'icona. Sono stato anche influenzato dai ritratti romano-egiziani dipinti a encausto (cera fusa e pigmento), che sono stati la base per molte delle prime icone su tavola.

ritratto, dell'autore, tempera all'uovo

Questo ritratto mi ha aiutato in un secondo momento a fare le icone di sante che non fossero generiche come prima, come quella qui illustrata di santa Eteldreda.

santa Eteldreda di Hexham, dell'autore. In questa icona ho cercato di importare alcuni elementi dal ritratto di cui sopra, e dall'antica iconografia, come i mosaici del IV/V secolo alla Rotonda di Salonicco

L'iconografo, stampatore e pittore greco contemporaneo, Markos Kampanis, è un buon esempio di uno che lavora comodamente sia in arte liturgica sia in arte da galleria, e l'una alimenta l'altra.

pannello d'affresco, di Markos Kampanis, 2012

'Kavafis', di Markos Kampanis, 2012, carboncino

affresco, di Markos Kampanis

torre di Milopotamos, Athos, di Markos Kampanis, stampa a linoleografia, 1988

pitture murali a kornofolia di Markos Kampanis

L'icona illustrata di seguito è uno splendido esempio di uno stile di icona che è inventivo, ma ancora riconoscibilmente iconico.

Ioan Popa, chiesa di Alba Iulia

D'altra parte, l'opera illustrata di Sorin Dumitrescu, Il modello iconico dei martiri Brancoveni, pur essendo un dipinto potente, è a mio avviso troppo riduttivo per operare con successo come icona.

Sorin Dumitrescu, 'Il modello iconico dei martiri Brancoveni'

Logica nel drappeggio

Un difetto comune agli iconografi alle prime armi è il loro disegno, in particolare del drappeggio. Le icone vanno oltre il naturalismo, nel senso che non sono naturalistico, ma dovrebbero almeno essere razionali. Un'icona ben disegnata è sovra-razionale, non irrazionale. Il drappeggio deve avere una logica interna, con linee che indicano gli orizzonti o i confini delle forme reali. Una volta che questo linguaggio razionale è capito, allora la direzione, il volume e il dettaglio dei drappeggi possono essere semplificati e adattati.

È per gran parte per questo motivo che io sono passato dalla tecnica a proplasmos all'utilizzo principale (ma non esclusivo) della tecnica a membrana, sia nel mio lavoro sia nel mio insegnamento.

Nella tecnica a membrana si modellano le principali forme in monocromia prima di posare il colore in smalti semi-trasparenti. La forma viene così creata per prima, e poi questa si arricchisce con il colore.

Nella tecnica a proplasmos si comincia a stendere uno strato piatto della tonalità più scura, e poi si sviluppa l'opera sotto forma di aree sempre più leggere di colore.

Entrambe queste tecniche sono tradizionali, ma la prima costringe almeno a capire la forma in modo più chiaro.

La tecnica a membrana utilizzata dall'archimandrita Zinon, con figure monocrome appena abbozzate sulla destra, e figure più sviluppate in vari stati di completamento sulla sinistra. Feodorovskij Sobor, Pietroburgo 2013

Ho sentito spesso affermare che l'unico modo corretto e tradizionale di dipingere icone è con la tecnica a proplasmos dal momento che si sta seguendo il racconto della Genesi della creazione, che passa dal buio e dal caos verso la luce. Mentre una particolare tecnica può essere usata per illustrare un punto teologico, è pericoloso creare un parallelismo per giustificare una tecnica ad esclusione di altre. Si può leggere qualsiasi cosa in qualsiasi cosa. La tecnica a membrana potrebbe per esempio essere altrettanto affermata come l'unico metodo corretto dicendo che, come nel racconto biblico, crea prima il corpo (la pittura monocroma di base della forma) e poi respira in essa il soffio della vita (colore e luce). È necessario un po' di buon senso. È il risultato finale che conta, non l'uso spurio della teologia che ci impedisce di studiare la vasta gamma di tecniche usate nella storia dell'icona – e forse anche alcune tecniche nuove in ​​futuro.

Buona proporzione figurativa

Anche se le icone sono leggermente astratte – per esempio, possono allungare certi tratti, o addirittura l'intera figura – devono comunque preservare i principi di base della proporzione. Astrazione e distorsione sono cose molto diverse.

C'è grande varietà nella proporzione figurativa tra diverse scuole di iconografia, che vanno da corpi alti quattro volte la testa nelle icone copte, attraverso le più usuali sette-otto volte la testa e fino alle quasi undici volte la testa nel caso delle icone di Dionigi di Mosca.

Cristo e san Mina, copto, VI secolo

la Crocifissione, di Dionigi di Mosca, c. 1500

Ma per agire bene, bisogna sapere ciò che si sta cambiando. Si devono fare astrazioni partendo da una base di conoscenza delle proporzioni e delle forme, e non dall'ignoranza. Incoraggio pertanto i miei studenti a studiare i modelli delle icone, come quelli di padre Zinon, che utilizzano proporzioni medie intorno alle altezze di sette volte e mezzo la testa. Una volta che queste proporzioni sono ben comprese, sono poi liberi di espandersi, ma con una comprensione di ciò che stanno facendo.

Una somiglianza interna ed esterna

È interessante, e sconcertante per alcuni, che per la maggior parte le descrizioni bizantine delle icone contemporanee lodano la loro verosimiglianza. Questo sembra contraddire molti scrittori recenti che vogliono opporre l'icona alla pittura naturalistica. Varie spiegazioni sono state offerte per l'uso del termine 'verosimiglianza'.

Una spiegazione è che la natura conservatrice di omiletica, scrittura e poesia bizantina rendeva necessario utilizzare forme letterarie di espressione (chiamate topoi) tratte da scritti classici. E questi topoi apprezzavano le opere d'arte nella misura in cui erano verosimili e realistiche.

Altre persone hanno sottolineato che non dobbiamo far rientrare a posteriori in questo termine le nostri attuali associazioni di verosimiglianza con il realismo fotografico. La verosimiglianza è più della riconoscibilità fisica, poiché ha a che fare anche con il carattere della persona. In quanto tale, un ritratto realistico richiede un notevole grado di astrazione al fine di tirare fuori il carattere interiore. Un asceta, per esempio, tende ad essere dipinto con guance incavate, mentre un insegnante può avere una fronte ampia.

Va inoltre tenuto presente che la parola greca tradotta come 'verosimile' è tradotto in modo più accurato come qualcosa di simile a 'vivente' o 'vivo'. Questo spiega perché i passi che utilizzano questa parola spesso aggiungono che lo scrittore si aspettava quasi che il santo uscisse dall'icona.

Grazia e immobilità

Ciò che mi ha impressionato di più sulle persone sante che ho incontrato o conosciuto personalmente è la loro unione di quiete interiore con l'attività. Padre Paissio dell'Athos, per esempio, durante il giorno incontrava un flusso costante di visitatori in cerca di consiglio, e di notte pregava per molte ore. Eppure mi ha colpito come una persona che riposava interiormente. Come scrive san Paolo: "...io lavoro più di tutti gli apostoli, ma non io, ma la grazia di Dio dentro di me" (I Cor 15:10).

Un'icona dovrebbe rappresentare quest'unione di quiete e di vigore. Non dovrebbe essere artificiosa o rigida, ma non dovrebbe neppure mostrare agitazione. Quindi vi è solitamente un forte asse verticale, una mancanza di gesti disturbanti, e un certo equilibrio tra sinistra e destra. D'altra parte, ci sono asimmetrie e movimento: le teste di rado ci guardano direttamente, ma sono un po' voltate; una figura in piedi sposta il suo peso leggermente; il drappeggio si muove in ritmi.

sant'Alessandro, di Ivan Polverari, Italia. Quest'opera mostra l'equilibrio classico tra movimento (la leggera rotazione del capo, drappeggi ritmici, posa asimmetrica) e immobilità (assenza di espressioni e gesti esagerati, colori armoniosi, equilibrio, come per esempio la lancia simmetrica alle lettere)

4. CONCLUSIONE

Alcuni iconografi di grande talento riescono a organizzare la propria formazione. Ma questa è l'eccezione. Abbiamo bisogno di avere scuole e tirocini per insegnare abilità e teologia, stabilire i parametri, impostare gli standard. Per gli standard non intendo la promozione di parte di uno stile particolare, ma gli standard di eccellenza artistica e di linee guida teologiche che possano ispirare la variazione e precludere gli errori.

E questa conoscenza è importante non solo per i produttori di icone, ma anche per chi le commissiona: vescovi, sacerdoti e architetti. Non serve dare una formazione a buoni iconografi se coloro che richiedono icone le commissionano sentimentali, o non sanno capire la differenza tra lavoro inetto e qualificato.

Oltre alla loro funzione nel culto, le icone stanno dimostrando di essere un profondo mezzo di missione nel nostro mondo. Questo presenta un bisogno ancora più pressante per i più alti standard nelle nostre icone, affreschi, mosaici, e tutte le altre forme di iconografia. Non vogliamo fare i preziosi sulle nostre icone, e diventare critici d'arte piuttosto che uomini di preghiera e devozione. Ma così come vogliamo un buon sermone o un canto devoto e competente, vogliamo icone che ci ispirano, piuttosto che icone che ci irritano.

NOTE

[1] Testo adattato da una lezione al Kellogg College, Oxford, 27 febbraio 2015, The Christian Religious Image, organizzata dalla St John Cassian Association.

[2] Leonid Ouspensky, Theology of the Icon, Vol. 1, SVS Press, 1992

[3] Da poco è stata pubblicata una relazione di Evan Freeman, Rethinking the Role of Style in Orthodox Iconography: The Invention of Tradition in the Writings of Florensky, Ouspensky and Kontoglou, in “Church Music and Icons: Windows to Heaven: Proceedings
of the Fifth International Conference on Orthodox Church Music University of Eastern Finland Joensuu, Finland
3–9 June 2013”, pubblicato da The International Society for Orthodox Church Music, 2015, p. 350-369.

[4] In lingua inglese abbiamo Landscape elements in Iconography, Irina Gorbunova-Lomax, Brussels Academy of Icon Painting, Brussels.

[5] Si veda per esempio il suo blog, http://ikonographics.blogspot.gr/2016/02/revisiting-patristic-theology-of-icon.html

[6] Per esempio George Kordis, “Μορφή και Εικόνα. Η Προβληματική για την σχέση μορφής και εικόνας κατά τους Εικονομάχους και Εικονοφίλους, tesi di dottorato, Università di Atene, 1991. Inoltre, in traduzione inglese, Icon as Communion, Caroline Makropoulos (trans.), Brookline, Holy Cross Orthodox Press, 2010.

[7] http://ikonographics.blogspot.co.uk/2016/02/revisiting-patristic-theology-of-icon.html

[8] Atti del VII Concilio Ecumenico. Mansi 13, 340E

[9] Atti del VII Concilio Ecumenico. Mansi 13, 340E-342A

[10] Wilhelm Worringer, Abstraction and Empathy, trans. Hilton Kramer (New York: International Universities Press, 1953; pubblicato in origine in tedesco come Abstraktion und Einfühlung nel 1908), 17.

[11] http://ikonographics.blogspot.co.uk/2016/02/revisiting-patristic-theology-of-icon.html

[12] The Pictorial Metaphysics of the Icon: Part II, di p. Silouan Justiniano, 5 gennaio 2016, in “Orthodox Arts Journal” http://www.orthodoxartsjournal.org/the-pictorial-metaphysics-of-the-icon-part-ii/#_edn11

[13] Sulla prescrizione degli eretici, vii, 45

[14] St. Maximos the Confessor, “Second Century on Theology,” in: The Philokalia: The Complete Text, by St. Nikodimos of the Holy Mountain and St. Makarios of Corinth (ed.), G.E. E. Palmer, Philip Sherrard, Kallistos Ware (trans.), Vol. II, London, Faber and Faber, 1981, p. 156.

[15] Giovanni Damasceno, Sulle immagini sacre, 1.17, traduzione di D. Anderson da On the Divine Images: Three Apologies against Those who Attack the Divine Images (Crestwood, NY: St Vladimir’s Seminary Press, 1980), p. 25

[16] G. Kordis, Icon as Communion, Caroline Makropoulos (trans.), Brookline, Holy Cross Orthodox Press, 2010, p. 2.

[17] Ibid., p.51.

[18] St. John of Shanghai and San Francisco, “Discourse in Iconography” in Orthodox Life, Vol. 30, No. 1 (Jan-Feb 1980), pp. 42-45.

Citato in http://archangelsbooks.com/articles/iconography/DiscourseIcon.asp, (consultato il 7 febbraio 2016).

[19] https://biblethingsinbibleways.wordpress.com/2013/07/14/paul-and-his-use-of-greek-philosophy/

 
Sulle assemblee episcopali locali, una data fissa comune per la Pasqua, la frequenza in chiesa in Russia e le riviste ortodosse

Pensa che le assemblee episcopali locali sotto la presidenza del locale vescovo di Costantinopoli, iniziate in tutto il mondo pochi anni fa, porteranno alla nascita di nuove Chiese locali?

J.T., Chicago

C'è una grande differenza tra u comitato o assemblea episcopale e una chiesa locale. Come dice un vecchio proverbio: Dio ha tanto amato il mondo, da non mandare un comitato. In altre parole, il pericolo è sempre stato che i comitati si sviluppino in semplici raduni per chiacchiere. Alcuni di questi comitati si incontrano regolarmente, soprattutto negli Stati Uniti, altri di rado. Quello nelle isole britanniche e l'Irlanda sembra essere stato sospeso per il momento, perché 'non c'è più nulla di cui parlare'.

Mentre la Chiesa russa era prigioniera in Unione Sovietica (e altre Chiese locali dell'Europa orientale erano in una simile prigioni a sotto regimi atei), la gerarchia di Costantinopoli ha avuto una meravigliosa opportunità di cominciare a formare Chiese locali nella diaspora e svolgere attività missionaria. Purtroppo, asservita al filetismo (la parola greca per il razzismo), non è riuscita per niente a farlo, e invece si è impegnata in un'aggressiva e spaventosa ellenizzazione e in un modernismo ed ecumenismo senza principi per volere di chi la pagava in dollari. Questa politicizzata mancanza di fedeltà alla Tradizione ha fatto perdere alla maggior parte degli ortodossi ogni fiducia in Costantinopoli. D quando la Chiesa russa e altre sono libere, è diventato sempre più chiaro che Costantinopoli ha perso il treno, buttando via l'occasione a lei data.

In realtà, praticamente ogni attività missionaria nella diaspora non è stata compiuta dal patriarcato di Costantinopoli, né dalle Chiese romena, serba, bulgara e georgiana (che sono le uniche Chiese locali con diaspore), ma o dalla Chiesa russa oppure dalla Chiesa antiochena. La prima non è sempre stata all'altezza del suo compito, ma d'altra parte, in genere, anche se con alcune eccezioni estremamente deplorevoli, è stata più fedele alla tradizione e alle discipline canoniche e liturgiche della Chiesa. La Chiesa atiochena da una parte ha mostrato un'ammirevole apertura missionaria ('outreach', per usare un termine protestante), ma d'altra parte è stata incline al modernismo e a una disastrosa mancanza di disciplina canonica. Come mi ha detto uno dei nostri parrocchiani, 'hanno lo spirito giusto e sono completamente sinceri, ma purtroppo non sanno nulla, così tendono a procedere alla cieca'.

Naturalmente queste sono generalizzazioni, e sono sicuro che riuscirete a pensare alle eccezioni. Ci sono nel patriarcato di Costantinopoli, così come nel patriarcato di Antiochia e in entrambe le parti della Chiesa russa, eccellenti pastori e missionari, nonché fallimenti deplorevoli e scandalosi. Come si suol dire, ci sono buoni e cattivi in ​​tutto il mondo.

Quando ci saranno nuove Chiese locali? Quando Dio lo vorrà. E questo significa quando saremo degni di averle e quando ci sarannno abbastanza ortodossi nella diaspora che pensano a se stessi come locali e non collegati a una Chiesa basata altrove, e così vorranno nuove Chiese locali. Molto semplicemente, finché la stragrande maggioranza degli ortodossi nella Diaspora non vorrà nuove Chiese locali, noi non le avremo.

Cosa pensa dell'idea dell'arcivescovo di Canterbury, di una Pasqua fissa comune?

C.W. Londra

Forse sto diventando vecchio, ma questa mi sembra davvero la solita 'minestra riscaldata'. Mi ricordo esattamente la stessa proposta nel 1975 (o '76), allora respinta dal patriarca Dimitrios come un pio desiderio di commessi viaggiiatori. Anche questa volta è solo la fantasia privata dell'ultimo arcivescovo di Canterbury dalla mentalità secolare.

Nella Chiesa ortodossa non possiamo andare contro le decisioni dei Concili universali: la Pasqua cade la prima domenica dopo la prima luna piena dopo l'equinozio di primavera, e se questo dovesse cadere entro i giorni del periodo della Pasqua ebraica, allora la Pasqua seguirà alla domenica successiva. E tra l'altro, l'equinozio di primavera è una data fissata non dagli astronomi (non siamo pagani che adorano il sole e la luna – sono il sole e la luna che adorano il Creatore), ma dalla Chiesa, e attualmente cade 13 giorni dopo l'equinozio astronomico di primavera.

Se i protestanti di mentalità secolarizzata (e i cattolici romani con loro) vogliono modificare la data della loro Pasqua, ancora una volta, lo possono fare: noi ortodossi dobbiamo proseguire a obbedire a Dio e alla sua Chiesa.

Allo stesso modo, se gli stati laici vogliono abolire la Pasqua e creare una sorta di 'festa della primavera' per le industrie del cioccolato, dei biglietti di auguri, dei giocattoli e dei viaggi, anche questo è un loro problema. In Francia, negli anni '70 il governo massonico di Giscard d'Estaing ha abolito le vacanze di Pasqua nelle scuole e ha stabilito 'vacanze di primavera' fisse. Lo stesso può essere fatto dai secolaristi di qui. Per gli ortodossi fa poca differenza.

Nell'Occidente laico pochissime persone vanno in chiesa, meno del 5% della popolazione della maggior parte dei paesi. Ma è la stessa cosa in Russia. Allora perché dovremmo ascoltare la Chiesa russa?

M. S., Londra

Quello che dice è di fatto vero e la rinascita della Chiesa Russa ha ancora molta, molta strada da fare. Tuttavia, tutto questo deve essere messo nel contesto.

In Occidente le chiese si stanno chiudendo molto rapidamente, trasformate in negozi, club, magazzini, sale – proprio come hanno fatto con le chiese in Unione Sovietica negli anni '20 e '30. E questo in chiese dove le funzioni sono brevi, in cui si sta seduti e pratiche come la confessione, la preparazione prima della comunione e il digiuno sono praticamente sconosciuti. L'età media della maggior parte dei fedeli in Occidente è di 70 e oltre. Voci molto serie prevedono che la Chiesa d'Inghilterra, per esempio, sarà scomparsa entro il 2050. Infine, la cultura occidentale non è più influenzata dalla Chiesa e valori cristiani. Infatti, è molto rapidamente influenzata da tutto il contrario.

Nella giurisdizione della Chiesa Russa 30.000 chiese sono state costruite o restaurate negli ultimi 25 anni e il numero dei chierici è aumentato di otto volte. Inoltre, questo processo continua. Negli ultimi 25 anni, oltre 120 milioni di persone sono state battezzate nella Chiesa ortodossa russa. In Russia la maggior parte dei fedeli è sotto i 50 anni – sono le persone anziane che non vanno in chiesa. Persone molto serie prevedono che il numero di chiese potrebbe facilmente raddoppiare di nuovo nei prossimi 25 anni. Infine, la cultura russa e slava orientale è sempre più influenzata dalla Chiesa e dai valori cristiani, poiché il cristianesimo è incarnato nella vita.

In altre parole, ciò a cui si deve guardare non è il numero di coloro che vanno in chiesa in Occidente e nelle terre russe oggi, ma le direzioni verso cui stanno andando l'Occidente e le terre russe: sono diametralmente opposte. Siamo treni espressi che viaggiano in direzioni opposte. Ed è per questo che si dovrebbe ascoltare la Chiesa russa.

Che consiglio daregge a qualcuno che vuole lanciare una rivista ortodossa?

L.O., Manchester

In primo luogo, alcuni consigli pratici:

Il miglior consiglio che mi hanno dato esattamente 20 anni fa era quello di avere abbastanza materiale pronto per i primi dieci numeri. Se non lo avete, vi troverete semplicemente a corto di slancio e chiuderete dopo due o tre anni. È accaduto.

Consiglio successivo: negli ultimi dieci-quindici anni Internet ha ucciso le riviste a piccola tiratura in abbonamento postale. Non soffermatevi sul passato, ciò che era vero trenta o quaranta anni fa non è più vero. Dovreste pensare di trasformarvi in rivista elettronica. On line è possibile avere immagini a colori a costo zero e qualsiasi formato, carattere e dimensione di carattere che desiderate. È quello che abbiamo fatto noi nove anni fa.

Consiglio successivo: non includete notizie nella vostra rivista perché inevitabilmente saranno obsolete. Oggi si può andare online e leggere le notizie immediatamente, nessuno vuole una notizia vecchia.

Consiglio successivo: pensate alla frquenza con cui uscirà tale rivista. Come risultato di internet, le spese postali (in particolare per l'estero) sono quadruplicate in circa dieci anni. Tre o quattro volte l'anno potrebbe essere l'ideale. Ma ancora una volta, dovreste pensare di andare online sin dall'inizio: zero spese postali.

In secondo luogo, alcuni consigli sui contenuti:

Mirate a produrre qualcosa da conservare, e non da gettare via venti minuti dopo che è stata aperta. Mirate quindi a una produzione di qualità, a qualcosa di unico, a qualcosa che insegna ed è edificante. Nessuno vuole leggere qualcosa che già conosce o che non porta alcun beneficio spirituale. Questo, purtroppo, esiste già.

Consiglio successivo: evitate uno spirito settario neocalendarista / veterocalendarista. Non è edificante, e perderete subito la maggior parte dei vostri lettori. Se la rivista non è online, i numeri di lettori sono importanti, perché inizierete a perdere denaro. Anche questo è già accaduto.

Consiglio successivo: evitate storie che siano solo di interesse locale. Non state producendo un bollettino parrocchiale. Dettagli, notizie insulari locale non sono di alcun interesse per gli altri. Noi apparteniamo a qualcosa di più grande, non a qualcosa di insulare. Guardate il quadro più grande, la chiesa più ampia nello spazio e nel tempo e oltre lo spazio e il tempo. Date alla gente qualcosa a cui pensare.

Consiglio successivo: evitate un fascino malsano e superficiale per i 'bizantinismi', le 'personalità' e le ricette, amate dagli interessi ristretti dei convertiti anglicani. Ricordate che la maggior parte degli ortodossi non è composta da convertiti anglicani e ha una prospettiva completamente diversa!

Infine, per quanto possibile, evitate le imprecisioni fattuali, cosa contro la quale tutti i giornalisti devono lottare.

 
Obama sta usando la crisi della Crimea per punire una importante leader pro-life e pro-famiglia in Russia?

WASHINGTON, DC, 25 mar 2014 (LifeSiteNews.com) - C'è un nome sull'ordine esecutivo originario delle sanzioni del presidente Obama ai leader russi che spicca sopra tutti gli altri: Elena Mizulina.

La signora Mizulina presiede il Comitato della Duma russa sulla famiglia, le donne e le questioni dei bambini. Le funzioni legislative della signora Mizulina non hanno assolutamente nulla a che fare con la Crimea, l'esercito russo, la diplomazia russa, o qualcosa di anche lontanamente collegato alla crisi internazionale.

Per avere un'idea di quanto sia strana l'inclusione di questa legislatrice russa, considerate che omologo americano della signora Mizulina potrebbe essere il deputato Todd Rokita dell'Indiana, presidente della sottocommissione per l'educazione della prima infanzia alla Camera dei Rappresentanti.

Il comunicato stampa ufficiale della Casa Bianca, dal titolo "Fact Sheet: Ukraine-Related Sanctions", afferma che le sanzioni sono una "risposta alle azioni del governo russo che contribuiscono alla crisi in Ucraina". Eppure, nella descrizione dei presunti crimini degli individui russi sanzionati, la signora Mizulina è semplicemente descritta come sanzionata "per il suo status di deputata della Duma".

Immaginate se il povero deputato Todd Rokita fosse sanzionato dalla Russia, a causa di quello che i militari degli Stati Uniti hanno fatto ad Abu Ghraib!

Naturalmente, la Casa Bianca del presidente Obama non ha preso a caso il nome della signora Mizulina tra i nomi di tutti i 450 membri della Duma russa più di quanto l'Internal Revenue Service sia andato a caso a indagare in modo aggressivo e a negare lo status non-profit a gruppi a favore della vita e della libertà.

C'è una cosa per la quale la signora Mizulina è famosa, ed è suo punto di vista cristiano sul matrimonio, l'adozione, la famiglia e il diritto alla vita. Una ricerca sulla sua pagina di Wikipedia elenca i progetti legislativi della signora Mizulina, per esempio: i disegni di legge del 2010 e del 2012 che cercano di proteggere i bambini da informazioni inappropriate su internet, una legge del 2013 che nega ai cittadini degli Stati Uniti di adottare bambini russi a causa dei danni che i bambini potrebbero subire essendo adottati da partner omosessuali, leggi che limitano l'aborto finanziato dai contribuenti e che impongono periodi di attesa e altre restrizioni sull'aborto, così come diverse altre misure proposte per incoraggiare il rafforzamento delle famiglie russe da una prospettiva cristiana.

"Il presidente Obama sta usando le sanzioni economiche contro Elena Mizulina per inviare un messaggio molto chiaro ai cristiani russi", ha detto a LifeSiteNews padre Maksim Obukhov, il padre del movimento russo pro-life". Si parla molto di una guerra fredda, ma il presidente Obama ha dichiarato apertamente guerra ai cristiani che si oppongono alla cultura della morte sia in patria sia all'estero".

Il Washington Blade, una pubblicazione che sostiene il piano omosessuale a Washington, DC, ha osservato che il giornalista omosessuale Jamie Kirchick e András Simonyi, l'ex ambasciatore ungherese negli Stati Uniti, amministratore delegato del Centro per le relazioni transatlantiche della Johns Hopkins University nel District of Columbia e la Spectrum Human Rights sono tra quelli che hanno esortato l'amministrazione Obama a utilizzare una legge del 2012 di congelare i beni di Mizulina e altri direttamente responsabili per il giro di vite anti-LGBT della Russia".

La legge del 2012 cui si riferisce il Washington Blade è il Magnitsky Act, una legge approvata dal Congresso degli Stati Uniti e firmata dal presidente Obama nel 2012, utilizzata per punire i funzionari russi ritenuti responsabili della morte di un avvocato russo, Sergej Magnitskj, in un carcere di Mosca nel 2009, dopo aver indagato su accuse di frode massiccia tra i funzionari fiscali russi.

Il coinvolgimento dell'amministrazione Obama negli scandali fiscali recenti (in cui l'Internal Revenue Service ha ripetutamente preso di mira gruppi pro-vita e pro-libertà, e l'alta funzionaria dell'IRS Lois Lerner si è appellata al quinto emendamento per evitare l'auto-incriminazione) potrebbe aver impedito l'istituzione di dure sanzioni economiche e di viaggio sui legislatori russi a causa della loro posizione pro-famiglia e pro-life utilizzando la legge Magnitsky, ma alla fine non ha fermato il presidente Obama.

Con la crisi in Crimea, sembra che la lobby omosessuale sia stata finalmente in grado di spingere l'amministrazione Obama a punire la signora Mizulina, e per associazione tutti i conservatori sociali russi, per la loro posizione sulla famiglia e sulla vita.

In un comunicato stampa del Congresso Mondiale delle Famiglie il 27 gennaio, la signora Mizulina e altri leader russi pro-famiglia sono stati descritti come "in vincita lenta ma costante in Russia". Il comunicato stampa del Congresso Mondiale delle Famiglie a sua volta fa riferimento a un articolo della pubblicazione americana di sinistra, The Nation, intitolato "Come gli evangelici statunitensi hanno alimentato l'ascesa della destra pro-famiglia in Russia: nasce un'alleanza tra gruppi americani anti-gay e anti-aborto e la Chiesa ortodossa russa".

Il presidente Obama potrebbe utilizzare i suoi poteri esecutivi per punire i conservatori sociali in Russia? Rahm Emanuel, primo capo dello staff del presidente Obama, ha espresso il famoso detto che "non si vuole mai che una grave crisi vada sprecata, e con ciò voglio dire che questa è l'occasione per fare cose che non si pensava di poter fare prima".

I tentativi per raggiungere la Casa Bianca per avere una spiegazione di come l'imposizione di sanzioni economiche sulla signora Mizulina sia collegata alla crisi in Crimea non hanno ricevuto risposta.

 
Il copto che è diventato ortodosso

Tra tutte le difficoltà nei dialoghi teologici tra i cristiani, c’è una tendenza a vedere quelli tra ortodossi calcedoniani e non calcedoniani come un’isola felice, quasi priva di vere controversie. Di fatto però queste esistono, e possono perfino portare a conversioni per motivi teologici, come è accaduto al giovane egiziano Mina Monir, di cui presentiamo un articolo biografico nella sezione “Figure dell’Ortodossia contemporanea” dei documenti.

È possibile (e ce lo auguriamo) che le incomprensioni che gli ortodossi non calcedoniani riservano alla loro controparte “bizantina” derivino da una mancanza di schemi concettuali in cui collocare alcuni dei fondamenti teologici dell’Ortodossia calcedoniana (tra cui il concetto di theosis, tanto osteggiato nella Chiesa copta contemporanea). In tal caso, le storie come quella di Mina Monir sottolineano quanto lavoro deve essere ancora fatto per giungere a una soddisfacente comprensione reciproca.

 
Comunione, cucchiai da comunione e paure irrazionali

Di recente mi sono imbattuto in un'osservazione molto profonda di una scrittrice conservatrice (Denise McAllister) che era impegnata in un dibattito online su ciò che il governo dovrebbe o non dovrebbe essere in grado di imporre. Ha scritto: "La mia libertà non finisce laddove inizia la tua paura irrazionale". Ma naturalmente la questione se le paure di una persona siano razionali o irrazionali è la questione che dobbiamo considerare.

Purtroppo non esiste per noi un modo privo di rischi per vivere in questo mondo. Se dovessimo evitare tutti i rischi, nessuno di noi entrerebbe mai in un'automobile, ma la maggior parte di noi lo fa, perché lo consideriamo un rischio tollerabile. Se guidi mentre ascolti la radio o sorseggi un po' di caffè, stai aumentando i tuoi rischi... ma anche questi rischi aggiuntivi sono generalmente considerati abbastanza minimi.

È curioso che, sebbene molti governi locali abbiano chiuso chiese o vietato la partecipazione al culto, hanno permesso ai negozi di marijuana e ai negozi di liquori di rimanere aperti. Come ha recentemente sottolineato un giudice dell'Illinois, solo 5 mesi fa i negozi di marijuana non erano nemmeno legali, ma ora sono considerati essenziali, ma le chiese, che sono protette dal primo emendamento della Costituzione degli Stati Uniti, non lo sono (almeno in molti stati). Ma, a quanto pare, vale la pena correre alcuni rischi: è solo una questione di ciò che pensi sia importante. Anche il dottor Anthony Fauci, che ha affermato che non è ancora sicuro per le chiese dare la comunione ai fedeli, quando gli viene chiesto se le persone dovrebbero astenersi dal fare amicizia con estranei per fare sesso, ha detto:

"Se sei disposto a correre un rischio - e come si sa, ognuno ha la propria tolleranza per i rischi - si può capire se vuoi incontrare qualcuno. E dipende dal livello dell'interazione che vuoi avere... Se stai cercando amicizie, siediti in una stanza, indossa una mascherina e limitati a chiacchierare un po'. Se vuoi che il rapporto sia un po' più intimo, beh, allora è la tua scelta riguardo a un rischio" (Newsweek, "Dr. Fauci Says You Can Meet a Tinder Date 'If You're Willing to Take a Risk'", 16 aprile 2020).

Quindi è tutta una questione di quali siano le tue priorità.

Come i vari livelli di governo negli Stati Uniti abbiano gestito il Coronavirus è qualcosa di cui probabilmente discuteremo per gli anni a venire, ma all'interno della Chiesa ortodossa c'è anche un dibattito in corso su come vari vescovi abbiano gestito questa crisi. Vi hanno risposto in vari modi. Alcuni hanno imposto restrizioni alle funzioni solo nei luoghi in cui ciò è stato richiesto dalle autorità locali, mentre altri hanno limitato le presenze o le hanno annullate del tutto, indipendentemente dal fatto che le istruzioni del governo fossero imposte o meno. Ho visto molti che hanno sostenuto che i vescovi che hanno imposto tali restrizioni sono veri eretici e apostati. Ma non ho mai sentito simili argomenti quando una parrocchia ha cancellato le funzioni a causa del maltempo. Può darsi che, mentre riflettiamo su questa crisi, molti vescovi si pentiranno di aver reagito in modo eccessivo. Potrebbe anche darsi, se questo virus avesse dimostrato di essere mortale come molti dicevano, che alcuni vescovi si sarebbero pentiti di aver reagito in modo insufficiente. Quindi questa non è una questione di eresia, ma una questione di saggezza - cioè, qual era la cosa ragionevole da fare in queste circostanze. Potremmo non essere d'accordo con le decisioni di un vescovo, ma anche se questi giudicasse erroneamente, si deve presumere che le sue motivazioni fossero buone e che il desiderio di sovvertire la fede non fosse tra quelle motivazioni. Ma ciò che mi preoccupa di più al momento è dove alcuni vescovi sono diretti con le loro risposte a come dovremmo andare avanti liturgicamente, sulla scia di questo virus.

Al momento abbiamo vescovi che impongono l'uso di un cucchiaio diverso per ciascun comunicante, e alcuni che hanno istituito la pratica di dare la comunione nella mano ai fedeli (con una parte del pane eucaristico intinto nel vino), tutti guidati dalla paura che dare ai fedeli la comunione con un cucchiaio da comunione, come la Chiesa fa da quasi mille anni, potrebbe portare qualcuno a contrarre il virus. La domanda che ci dovremmo porre, tuttavia, è se questa paura sia o meno razionale o irrazionale.

È stato sottolineato che la pratica della Chiesa nel primo millennio prevedeva che i fedeli ricevessero la comunione nello stesso modo in cui lo fa ancora il clero ortodosso: prima con il corpo di Cristo in mano e poi ricevendo il sangue direttamente dal calice. Perché la Chiesa ha posto fine a tale pratica e ha iniziato a comunicare i fedeli con un cucchiaio? Perché i fedeli lasciavano cadere con noncuranza porzioni dell'eucaristia e perché alcuni portavano a casa l'eucaristia per scopi superstiziosi. Ci sono pochi motivi per credere che i fedeli del nostro tempo siano più pii e attenti di quelli del primo millennio - e ci sono molte prove per presumere esattamente il contrario .

Mentre molti fanno appello alla vecchia pratica come una base per ciò che propongono come soluzione alle preoccupazioni per questo virus, nessuno in realtà suggerisce di tornare a quella pratica, perché ovviamente, se i laici si cumunicassero tutti da un calice comune, questo non sarebbe un miglioramento rispetto all'uso di un singolo cucchiaio. Infatti, mentre il cucchiaio viene nuovamente immerso nel calice e lavato nel sangue di Cristo dopo che ogni persona è stata comunicata, non accade lo stesso all'esterno del calice.

Coloro che sostengono l'uso di più cucchiai, o addirittura di cucchiai usa e getta, fanno appello ai precedenti del passato, con cui si comunicavano fedeli noti come ammalati di malattie infettive. Ma il fattore chiave è che è così che erano comunicati i fedeli che erano noti per avere una malattia infettiva: tali metodi non erano mai usati come misura preventiva. Inoltre, quando un sacerdote comunica gli ammalati, normalmente lo fa con il sacramento riservato, e quindi il vino che si trova nel calice è vino non consacrato. [1]

La domanda che ho posto a molte persone che sostengono la necessità di tali cambiamenti è molto semplice: ci sono prove che qualcuno si sia mai ammalato nel ricevere la comunione con un cucchiaio? La risposta a questa domanda è "no". Ma alcune persone replicano che questo è semplicemente perché nessuno ha mai fatto uno studio scientifico della questione, ma questo non è vero. È vero che, almeno per quanto ne sappia, non sono stati condotti studi sull'uso dei cucchiai da comunione, ma in realtà sono stati condotti numerosi studi su persone che usano un calice comune, il che sarebbe un mezzo più probabile per trasmettere malattie rispetto a un cucchiaio da comunione, per la ragione sopra menzionata - e quindi tali studi sono un buon modo per rispondere alla domanda se abbiamo a che fare con paure razionali o irrazionali.

John Sanidopoulos, nel suo articolo "Studi scientifici sulla trasmissione di malattie infettive attraverso la Santa Comunione" ha indicato 6 studi pertinenti condotti tra il 1943 e il 1998. Uno studio ha scoperto che anche in circostanze ideali (ovvero, ideali per consentire la trasmissione di infezioni), l'uso di un calice comune ha mostrato che si trasferisce lo 0,001% dei microrganismi, ma studiando le condizioni della pratica del mondo reale, nessuna trasmissione è mai stata rilevata. In un altro studio, sono stati studiati tre gruppi di persone: quelli che vanno in chiesa e ricevono la comunione, quelli che vanno in chiesa ma che non ricevono la comunione e quelli che non vanno in chiesa. Ciò che hanno scoperto è che anche tra quelli che ricevono la comunione con frequenza giornaliera, non vi è stato alcun aumento del rischio di infezione. E quindi anche se non si crede in Dio, le paure di ammalarsi a causa di un virus da un cucchiaio da comunione sono irrazionali - e se si crede in Dio, e di fatto si crede a ciò che confessiamo prima di ricevere l'eucaristia (cioè che l'eucaristia è veramente il corpo e il sangue di Cristo), non si dovrebbe avere nulla di cui preoccuparsi.

Padre Alkiviadis C. Calivas, nel suo articolo "Una nota sul cucchiaio eucaristico comune", afferma che egli stesso non ha tali paure, ma esprime la sua preoccupazione per coloro che le hanno:

"Nei miei sessantaquattro anni di sacerdozio, ho consumato il calice migliaia di volte dopo innumerevoli Divine Liturgie senza paura o esitazione, come fa ogni sacerdote. Non sono certo, tuttavia, che ogni fedele parrocchiano farebbe lo stesso, se gli fosse richiesto. Il mio punto è questo: la santa comunione dovrebbe essere una fonte di gioia, speranza e forza per tutti e non una prova o misura della propria fede nella cura provvidenziale di Dio (Mt 4:5-7). San Paolo ci ricorda che l'amore di Cristo richiede che ci prendiamo cura di tutte le persone, qualunque sia la loro situazione, e che siamo attenti e sensibili ai loro giusti bisogni e preoccupazioni per il bene del Vangelo (1 Cor 9:19-23)​​"

Io sono un prete da nemmeno la metà di quegli anni, ma la mia esperienza supporta la conclusione di padre Alkiviadis secondo cui non c'è nulla da temere. Quando comunico i fedeli, l'ultima bocca in cui metto il cucchiaio prima di passarlo al diacono è la mia (per assicurarmi che non rimangano particole eucaristiche sul cucchiaio), e non ho mai avuto neppure una febbre da diversi anni prima di essere ordinato sacerdote. Se un virus potesse essere trasmesso tramite un cucchiaio da comunione, dovrebbero esserci casi diffusi di sacerdoti con herpes orale (che può essere diffuso mediante l'uso di stoviglie che sono state usate da qualcuno con quel virus), ma di fatto, non ci sono prove che qualcuno abbia contratto un tale virus in questo modo.

Posso apprezzare la preoccupazione di padre Alkiviadis per le persone che hanno paure irrazionali, ma perché dovremmo incoraggiare tali paure irrazionali a persistere agendo in un modo che comunica a coloro che ne soffrono che anche noi crediamo che quelle paure siano fondate?

Temo che noi come società possiamo essere sul punto di crescere una generazione di germofobi che trascorreranno la loro vita paralizzati da tali paure irrazionali ed essere così preoccupati di morire per i molti germi e virus che abbondano nel nostro mondo, da non essere più in grado di vivere normalmente. Ma è molto più preoccupante contemplare il messaggio che la Chiesa invierebbe ai fedeli, se agissimo come se ricevere la comunione sia un atto fisicamente pericoloso. È davvero spiritualmente pericoloso ricevere la comunione in modo indegno (1 Cor 11:27-29), ma quale dei santi ha mai insegnato o suggerito che l'eucaristia potrebbe essere un mezzo per trasmettere una malattia? Nessuno l'ha mai fatto. In effetti c'è un episodio ben noto della vita di san Giovanni di Shanghai:

"La costante attenzione di vladyka all'auto-mortificazione aveva le sue radici nel timore di Dio, che egli aveva nella tradizione dell'antica Chiesa e della Santa Russia. Il seguente incidente, raccontato da O. Skopichenko e confermato da molti a Shanghai, illustra bene la sua audace, irremovibile fede in Cristo. "La signora Menshikova era stata morsa da un cane furioso. Aveva rifiutato di ricevere iniezioni contro la rabbia o le aveva ricevute con noncuranza... E poi le è venuta questa terribile malattia. Il vescovo Ioann lo scoprì e venne dalla donna morente. Le diede la santa comunione, ma proprio in quel momento iniziò ad avere uno degli attacchi di questa malattia; cominciò a schiumare in bocca e allo stesso tempo sputò i santi doni che aveva appena ricevuto. Il santo sacramento non può essere sputato. Così, vladyka raccolse e mise in bocca i santi doni vomitati dalla donna malata. Quelli che erano con lui esclamarono: 'vladyka, che sta facendo! La rabbia è terribilmente contagiosa!' Ma vladyka rispose pacificamente: 'Non succederà nulla; questi sono i santi doni'. E davvero non successe niente".

Se qualcuno non crede davvero che l'eucaristia sia ciò che diciamo che sia, allora in effetti non dovrebbe ricevere la comunione, perché "... chi mangia e beve indegnamente, mangia e beve la propria condanna, non discernendo il corpo del Signore" (1 Cor 11:29).

Lasciando da parte tutto ciò che è stato detto, quando parliamo di "rischio" o "possibilità" come cristiani, dovremmo capire che questi sono semplicemente mezzi di riferimento a molti fattori variabili che non conosciamo. Tuttavia, non crediamo in un Dio che è un osservatore indifeso, che spera con affetto che le cose ci vadano bene. Crediamo che, se stiamo facendo ciò che Dio vuole che facciamo, non dobbiamo preoccuparci oltre. Il peggio che può succedere è che moriremo e andremo a stare con Cristo per l'eternità. Crediamo che non cada neppure un passero se non per volontà del Padre (Mt 10:29), e come diceva sant'Antonio di Optina durante un'epidemia di colera (che probabilmente uccise molte più persone del coronavirus):

"Non dovreste aver paura del colera, ma dei peccati gravi, perché la falce della morte falcia una persona come erba anche senza colera. Pertanto, riponete tutte le vostre speranze nel Signore Iddio, senza la cui volontà non muoiono nemmeno gli uccelli, tanto meno una persona".

Nota

[1] Personalmente non mi preoccuperei nemmeno in questo caso, ma forse è per questo che si mostra più cautela.

 
Una risposta ortodossa a Giovanni Calvino sulle icone: le icone e l’idolatria

Le raffigurazioni religiose sono tutte idolatria? Questa è una domanda che affliggeva l'impero romano verso la fine dell'ottavo secolo, e di nuovo nel nono.

E anche se i nostri antenati patristici hanno senza dubbio considerato che questa avversione per l'iconografia era stata regolata una volta per tutte – come si celebra molto acutamente nella Domenica dell'Ortodossia all'inizio della Grande Quaresima – lo spirito aniconico ha sollevato di nuovo la sua brutta testa nella Riforma protestante.

Nel mio primo articolo su questo argomento, ho brevemente esaminato la retorica della Riforma e come questo stile retorico sia stato utilizzato per influenzare la gente comune in materia di opere d'arte spirituale: reliquie, icone, croci, manoscritti miniati del Vangelo, e così via. E mentre non tutti i riformatori hanno la stessa posizione su tale questione, coloro che adottano le nozioni neo-iconoclaste degli eretici del passato dipendono in gran parte dalle argomentazioni esposte da Giovanni Calvino.

Per Calvino, non solo la venerazione delle icone e di altre reliquie religiose era proibita, ma anche la loro stessa esistenza e la loro collocazione nelle chiese e nelle case dei fedeli cristiani. I suoi argomenti poggiano su due presupposti di base: (1) Tutte le immagini di Dio o degli dèi sono idoli, e (2) Le immagini cristiane sono quindi indistinguibili dagli idoli pagani.

Diamo un'occhiata più da vicino.

Tutte le immagini di Dio sono idoli

Come detto nel primo articolo, l'undicesimo capitolo del primo libro dell'Istituzione della religione cristiana è dove Calvino affronta direttamente il tema delle immagini religiose.

Egli inizia la sua discussione spiegando come le Scritture distinguono "il vero Dio dal falso" contrastandolo con gli "idoli" (1.11.1). Da questo punto di vista, anche le immagini o statue che vogliono rappresentare l'unico vero Dio sono idoli, perché erigono qualcosa di diverso da Dio per dirigere il culto dell'umanità:

La gloria di Dio è corrotta da un'empia menzogna ogni qualvolta gli si accosta una qualsiasi forma. Pertanto, nella legge, dopo aver rivendicato solo per sé la gloria della divinità, quando volle insegnare quale culto approva o ripudia, Dio aggiunge presto, "Non ti farai alcun idolo né immagine". Con queste parole egli trattiene la nostra caparbietà dal tentativo di rappresentarlo per mezzo di qualsiasi immagine visibile, ed enumera brevemente tutte quelle forme con cui la superstizione molto tempo fa ha cominciato a trasformare la sua verità in menzogna. (1.11.1)

E ancora:

Senza eccezione ripudia tutte le somiglianze, le immagini e gli altri segni con cui i superstiziosi hanno pensato che sarà vicino a loro. (1.11.1)

Al di là delle mere rappresentazioni stesse, Calvino chiarisce che venerare o rendere culto a questi oggetti è sia superstizioso sia proibito dalla Scrittura:

Quando vi prosternate in venerazione, rappresentandovi in un'immagine o un dio o una creatura, siete già intrappolati in qualche superstizione. Per questo motivo, il Signore ha proibito non solo la costruzione di statue costruite per rappresentare se stesso, ma anche la consacrazione di iscrizioni e pietre che avrebbero invitato l'adorazione. (1.11.9)

E ancora:

Perché si prosternano davanti a queste cose? Perché, quando stanno per pregare, si rivolgono a loro come se fossero le orecchie di Dio? In effetti, ciò che dice Agostino è vero, che nessuno che guarda così un'immagine prega o adora senza essere influenzato, pensando di essere udito da essa, o spera che tutto ciò che desidera sarà conferito su di lui. (1.11.10)

Per riassumere, Calvino sostiene che rappresentare Dio in qualsiasi modo (dargli una "forma") significa sminuire la gloria di Dio. Creando un intermediario, sostituiamo Dio e la sua gloria con una menzogna superstiziosa – un idolo o un falso dio, poiché l'idolatria, soprattutto nell'Antico Testamento, è spesso collegata con l'idea di una divinità falsa o inesistente, in contrasto con il vero Dio di Israele. Offrendo venerazione a questi idoli, i cristiani non sono diversi dagli Israeliti che rendono omaggio a un vitello d'oro, che doveva rappresentare il Signore.

La risposta ortodossa

In risposta a queste affermazioni iniziali, cristiani ortodossi hanno molto da dire.

Le Scritture ci dicono che Gesù Cristo è l'immagine o "forma" di Dio (εἰκὼν τοῦ θεοῦ): "Egli è immagine del Dio invisibile, generato prima di ogni creatura" (Col 1,15). Mentre il Padre e lo Spirito sono entrambi senza forma e invisibili (1 Tim 1,17; Eb 11:27; 1 Gv 4,20), l'ipostasi (ὑπόστασις) o la persona del Figlio è rivelata nel Dio-Uomo Gesù Cristo: "Nessuno ha mai visto Dio; il Figlio unigenito, che è nel seno del Padre, lui lo ha rivelato "(Gv 1,18).

Dio "si è fatto carne ed è venuto ad abitare in mezzo a noi" (Gv 1,14), come indica il profetico Emmanuele indica (Mt 1,23). Quando guardiamo Cristo, vediamo il Padre, e Gesù Cristo è la "controparte esatta della persona [del Padre]" (Eb 1,3). Questa parola tradotta dalla Bibbia greca come "controparte" è χαρακτὴρ, implica qualcosa di simile a un'immagine stampata in un sigillo di cera. Attraverso l'Incarnazione, Dio si è fatto conoscere a noi come una persona circoscritta, tangibile, che ha respirato, una persona che è nata, cresciuta, invecchiata, ha mangiato e bevuto, ha sofferto, è stata sepolta ed è risorta dopo tre giorni.

Così, quando Calvino e i suoi seguaci affermano che raffigurare Dio in qualche modo corrompe la sua gloria, noi dobbiamo solo mostrare Cristo, perché è nella persona di Gesù Cristo (soprattutto in lei, almeno) che vediamo il volto di Dio. Quando lodiamo, adoriamo e magnifichiamo Gesù Cristo, stiamo offrendo lode, adorazione e onore a tutta la santa Trinità: Padre, Figlio, e Spirito Santo. Allo stesso modo, quando rendiamo onore all'immagine del Figlio di Dio nelle icone, stiamo rendendo onore al prototipo – a Gesù Cristo stesso. E quando onoriamo i santi, stiamo onorando il Dio la cui luce increata brilla attraverso le loro aureole. La luce increata della luccicante foglia d'oro che riflette la luce delle nostre lampade a olio e candele, simbolo della fedeltà di Dio che risplende nelle loro vite santi e simili a Cristo (cosa che spiega, tra l'altro, perché i cristiani ortodossi prestano tanta attenzione alle vite dei santi).

Gli argomenti di Calvino su questo punto apparentemente presuppongono che l'Incarnazione non sia mai avvenuta; che la dispensazione della nuova alleanza debba ancora avvenire, e che non vi sia stato alcun Emmanuele o "Dio con noi", un Dio che possiamo sentire, vedere con i nostri occhi, e toccare (1 Giovanni 1,1). Questi tipi di argomenti sono adatti per una religione come quella islamica, ma non sono il Vangelo cristiano; il Vangelo di Dio fatto carne, che dimora in mezzo a noi per la nostra salvezza.

Manca anche da questa presentazione qualsiasi menzione dei tempi in cui Dio comandò al suo popolo di relazionarsi con lui attraverso un intermediario come il serpente di bronzo, una reliquia che guariva miracolosamente la gente dalle loro infermità (Num 21,9).

Il difetto del punto di vista di Calvino si basa non solo sulla cristologia, ma anche sull'antropologia (le due sono indissolubilmente legate). L'umanità è creata "a immagine di Dio", come nella traduzione greca della Genesi – κατ' εἰκόνα θεοῦ (Gen 1,27). E quell'immagine di Dio è Cristo. Essendo creati a immagine di Cristo, gli esseri umani sono orientati verso uno scopo teleologico di trasformazione secondo la somiglianza di Dio in lui. Questo è il nostro destino, e per questo che siamo creati: per diventare come Cristo; per diventare come Dio. Essere qualcosa di meno è di essere non pienamente umani, come Cristo è il vero e ultimo Adamo (1 Cor 15,45).

L'arte cristiana è idolatria

Il secondo principio della tesi di Calvino ruota intorno all'idea che non solo tutte le immagini religiose sono idolatre (e forse anche tutte le immagini in sé e per sé, anche se questo è meno evidente), ma anche che l'arte cristiana in particolare è idolatra. In altre parole, le immagini di Cristo, della sempre vergine Maria, degli angeli e dei santi sono tutte idoli, indipendentemente da chi o cosa rappresentano.

Per esempio, parlando del salmista e della sua avversione agli idoli pagani, Calvino afferma:

[Davide] conclude in generale che niente è meno lodevole del fatto che gli dei siano modellati a partire da una qualsiasi materia morta. [Ps 135,15; cf. Ps 115,4] (1.11.4)

Ciò implica che i tentativi di creare una forma (eidos) di Dio sono vietati, almeno come la vede Calvino. Il problema è che, nel contesto di Davide, gli idoli sono forme o immagini di divinità false o inesistenti. Sono pure immagini di demoni, come insegnato altrove. L'Antico Testamento, in particolare, non è estraneo quando si tratta di associare idoli (eidolon) con divinità pagane (es Gen. 31.19,34ss; Es 20,4; Num 33,52; Dt 5,8; 1 Sam 31,9; 1 Cr 10,9; 2 Cr 14,5; 23,17; 24,18; 33,22; 34,7; Ps 115,4; 135,15; Is 10,11; 30,22; 48,5 (עֹצֶב); Os 4,17; 8,4; 13,2; 14,9; Mal 1,7; Zc 13:.. 2), mentre in gran parte della letteratura greca classica , un ειδωλον è una semplice copia, raramente vista come una divinità in se e per sé. (Ανδριας e εικων sono più frequentemente utilizzati in riferimento alle immagini o statue di esseri umani).

Guardando a questo da un altro punto di vista, i tentativi di rappresentare la divinità o la stessa natura divina sono scandalosi, e devono essere evitati (Atti 17,29).

Per esempio, nelle opere scritte di san Giovanni di Damasco – il padre dell'iconologia ortodossa – troviamo:

Se tentiamo di fare un immagine del Dio invisibile, questo sarebbe davvero un peccato. È impossibile ritrarre uno che è senza corpo: invisibile, incircoscritto, e senza forma...

Se qualcuno osasse fare un'immagine del Dio immateriale, incorporeo, invisibile, senza forma, e incolore, noi lo respingeremmo come una menzogna...

Io non dipingo l'immagine del Dio immortale, ma dipingo l'immagine di Dio che si è fatto visibile nella carne, perché se non è possibile fare una rappresentazione di uno spirito, quanto più è impossibile rappresentare il Dio che dà vita allo spirito?

Proseguendo lungo le linee delle immagini come "superstizioni", Calvino afferma:

Ora dobbiamo tenere a mente che la Scrittura descrive ripetutamente le superstizioni in questi termini: sono "opere di mani d'uomo", che mancano dell'autorità di Dio [Is 2,8; 31,7; 37,19; Os 14,3; Mic 5,13]; questo è per stabilire il fatto che tutti i culti che gli uomini inventano da se stessi sono detestabili. (1.11.4)

Anche in questo caso, il contesto è l'idolatria pagana e l'adorazione di divinità false (inesistenti). Nel contesto cristiano e soprattutto in quello cristiano ortodosso, le icone sono rigorosamente formate anagogicamente secondo il Vangelo. Esse raffigurano verità eterne e realtà trascendenti, rivelando il significato più profondo del mondo intorno a noi ai nostri sensi storpi.

Più avanti, Calvino tocca l'idea che la venerazione o l'onore dato alle immagini, anche alle immagini cristiane – diminuisce la gloria dovuta a Dio solo. Questa, sostiene, è in realtà una forma di idolatria:

Gli uomini sono così stupidi che pongono Dio ovunque lo modellano; e quindi non possono che adorare i loro modelli. E non vi è alcuna differenza se adorano semplicemente un idolo, o Dio nell'idolo. È sempre l'idolatria quando onori divini vengono conferiti a un idolo, con qualsiasi pretesto questo sia fatto. E perché non piace a Dio di essere adorato in modo superstizioso, ciò che è conferito all'idolo si allontana da lui. (1.11.9)

Qui, Calvino nega la distinzione cristiana tra venerazione e adorazione, forse il più famoso punto spiegato al Concilio di Nicea (787 d.C.). Detto brevemente, venerazione e onore possono essere offerti a uomini onorevoli (ad esempio, i re e i le famiglie reali, insieme con il clero), agli angeli, e anche alle reliquie o alla Croce, mentre l'adorazione (λατρεία) è data a Dio solo.

Anche se fu esposta più pienamente al settimo Concilio ecumenico, questa distinzione è completamente biblica. Le Scritture forniscono numerosi esempi in cui si venera una persona o un oggetto, e senza che ciò sia per sbaglio tacciato di idolatria (o di un culto dovuto a Dio solo): Lia con i suoi figli, insieme a Rachele e Giuseppe (Genesi 33,7); Assalonne davanti al re (2 Sam / 2 Re 25,23); una donna davanti a un uomo (1 Sam / 1 Re 25,23); una donna davanti a un profeta (2/4 Re 4,37); e anche i preti davanti all'arca dell'alleanza, che era adornata di statue di cherubini (Ps 98/99,5)!

E devo aggiungere, sembra una negazione sia della ragione umana sia dell'esperienza rivendicare che l'onore reso alle reliquie o alle immagini non passa ai loro prototipi. Quando gli americani salutano la loro bandiera, non stanno onorando il tessuto e l'inchiostro. Quando una moglie sola bacia una foto di suo marito, mentre lui è fuori per lavoro, non sta onorando un pezzo di carta (o lo schermo di un telefono cellulare). Quando un bambino si tiene stretto un regalo del nonno recentemente scomparso, sta onorando il donatore, non il dono stesso. La venerazione è intorno a noi, e nessuno la scambia per un culto degli idoli.

Calvino rimprovera nuovamente la distinzione tra venerazione e adorazione:

L'onore che offrono alle loro immagini, asseriscono che si tratta di servizio agli idoli, negando che si tratti di idolatria. Essi parlano così quando insegnano che l'onore che chiamano dulia può essere dato a statue e immagini, senza far torto a Dio. Pertanto essi ritengono stessi innocenti se sono solo servi degli idoli, e non loro adoratori. (1.11.11)

Questo risale al significato di entrambi i termini idoli e idolatria. Che cos'è un idolo? Che cos'è l'idolatria? Calvino sembra incapace di fare una semplice distinzione tra una statua di una falsa divinità e quella di Cristo e dei suoi amici. Questo mi sembra sia ostinato sia assurdo. C'è un abisso tra il culto (sia esso venerazione o adorazione) dato agli idoli e l'onore dato a Cristo, alla sua santa Madre, agli angeli e ai santi.

L'oggetto della nostra devozione non è né il legno e la vernice né le legioni di Satana – è Cristo, e coloro che hanno testimoniato Cristo in tutta umiltà e sacrificio di sé per la vita del mondo. E non è diverso dall'onorare i santi dell’antichità nell'undicesimo capitolo di Ebrei, la "grande nube di testimoni" che incoraggia i fedeli, mentre ci sforziamo di finire la gara che è davanti a noi (Eb 12,1).

Infine, Calvino deride i cristiani ortodossi specificamente per il loro uso (primaria) dell'iconografia bidimensionale:

Ma dobbiamo notare che una "somiglianza" è vietata non meno di una "immagine scolpita". Così si confuta lo sciocco scrupolo dei cristiani greci. Essi ritengono di essersi assolti splendidamente se non fanno sculture di Dio, mentre indulgono arbitrariamente nelle immagini più di qualsiasi altra nazione. Ma il Signore proibisce non solo che gli sia eretta una somiglianza da un creatore di statue, ma che ne sia modellata una da qualsiasi artigiano, perché così è rappresentato falsamente e con un insulto alla sua maestà. (1.11.4)

Lo sfondo qui è un gioco di parole che è un po' perso nelle nostre lingue. Gli idoli del secondo comandamento sono "immagini scolpite" (Eb: פֶּ֫סֶל, dalla radice פסל, nel senso di "spaccare con l'ascia" o "tagliare"), che implica immagini tridimensionali. Poiché la maggior parte dell'iconografia ortodossa (almeno durante il suo periodo) era a due dimensioni, Calvino mira a dimostrare che 'noi greci' non siamo liberi dalle sue condanne dell'idolatria.

Ma ancora una volta, l'obiezione ortodossa a questo fondamentalismo artistico è nella sua negazione dell'Incarnazione. Se Dio ha potuto diventare veramente uomo – e l'uomo è stato l'immagine stessa di Dio – allora le vere raffigurazioni di altre immagini di Dio non sono solo possibili, ma anche accettabili. Senza creazione di immagini, non c'è salvezza. Dio ha plasmato la propria immagine per la nostra salvezza.

 
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Un appello alla fedeltà e all'unità

Il passato

Quando otto anni fa a Mosca un arciprete anziano della diocesi di Mosca mi chiese di scrivere la storia completa del metropolita Antony, gli risposi che, subito dopo uno scisma, non era ancora giunto il momento, che la gente non erano pronta per questo. Oggi sostengo lo stesso punto di vista – solo a poco a poco si può raccontare quella storia, e solo nella misura in cui serve l'obiettivo edificante e prioritario della fedeltà e pertanto dell'unità. Qualcosa di più è stato detto in questo mese su iniziativa di un sacerdote 'patriarcale' della Chiesa russa nella diaspora, e solo al fine di indicare la strada verso una maggiore unità. Tutte le rivelazioni sono fatte per una buona ragione, non a caso, e sono pensate in anticipo. Per quanto riguarda il resto, ho mantenuto il silenzio su tutta la vicenda per 33 anni – e questo potrà aspettare più a lungo.

Così, l'articolo che abbiamo pubblicato il 25 luglio sul passato dell'Ortodossia inglese e, soprattutto, per fornire una visione per il futuro dell'unità dell'Ortodossia russa e di tutta ortodossia in Europa, è stato come un sasso lanciato in uno stagno – ha creato increspature, molte favorevoli e alcune contrarie. Questo dimostra che la gente è viva. Mostra anche quanto era divisivo il metropolita Antony, soprattutto se si considera che l'articolo è stato scritto molto diplomaticamente, citando il metropolita Kallistos. La conclusione deve essere che personalità divisive creano divisione. Ricordiamo che l'obiettivo della Chiesa è quello di portare lo Spirito Santo sulla terra per produrre santi, come san Giovanni di Shanghai, non per produrre personalità.

Purtroppo, la verità fa male. E l'articolo ha addolorato alcuni, specialmente gli ingenui che sono ancora in fase di diniego. Ma senza dolori della crescita, non ci può essere la maturità. Io ci sono passato. Come si dice, no pain, no gain ('niente dolori, niente guadagni). E, in questo caso, anche se preferiremmo non parlare di tutto questo, ma piuttosto mantenerlo tranquillo proprio come tutti gli altri lo hanno mantenuto tranquillo, questa verità che fa male deve essere ascoltata ora. Ciò è dovuto al fatto che tacere ora significa impedire l'unità e il premio dell'unità è troppo grande, perché nessuna vita ecclesiastica o spirituale potrà mai essere costruita su miti e illusioni, così come nessuna vita ecclesiastica o spirituale potrà mai essere costruita su scismi e frammentazioni. E su scismi e frammentazioni si sono edificate la vecchia diocesi di Surozh e l'esarcato di Parigi e, in realtà, in misura minore, anche le due parti una volta divise della diaspora della Chiesa russa.

Alcuni hanno criticato i dettagli in questo articolo. Due critiche erano perfettamente giuste. Queste menzionano giustamente che il metropolita greco per il Benelux è Athenagoras (non Panteleimon, che era il suo predecessore) e che Maximos non è un nome greco. Grazie. Dato che questi erano errori, come tutti gli errori che faccio, sono stati corretti subito. Come dato di fatto storico, il padre Maximos in questione (che in precedenza aveva il nome perfettamente cristiano di Michael) ha lasciato il sacerdozio ortodosso greco dopo solo due settimane. (Purtroppo non è un record: l'anno scorso è stato battuto da un convertito recente, ordinato senza preparazione, che è rimasto per un solo giorno).

Un altro corrispondente ha chiesto che cosa c'è di sbagliato nei paramenti greci. Non aveva compreso il punto; non c'è niente di sbagliato nei paramenti greci – tranne quando si pretende di seguire 'la tradizione russa'. Oppure queste parole significano un atteggiamento consumistico, 'pick and mix', verso la Chiesa? Un altro ha chiesto sul codice di abbigliamento russo nello spirito di 'Ma io conosco qualcuno che...', e anche qui non ha compreso il punto. Stavo parlando del contesto generale del codice di abbigliamento cristiana (che solo la tradizione ortodossa russa sembra aver conservato), non delle eccezioni delle gonne-pantaloni sciolte indossate da alcune donne contadine in Serbia o degli abiti nativi africani o asiatici. Il codice di abbigliamento ortodosso è universale e può essere riassunto nelle parole, 'modestia senza provocazione'. Purtroppo ad alcuni, in nome di un'ideologia estranea alla Chiesa, ma non estranea alla laicità, piace provocare.

Uno mi ha chiesto il mio punto di vista sulle 'pratiche insolite e uniche' di padre Sophrony (Sakharov). Al che ho risposto semplicemente che non è mia competenza giudicare il valore spirituale delle pratiche che si svolgono nel patriarcato di Costantinopoli. Questo giudizio tocca alla Chiesa e alle sue gerarchie. In questa materia sono un mero osservatore che afferma semplicemente i fatti e accetta il giudizio di tutta la Chiesa, qualunque esso sia.

Un altro ha chiesto perché dovremmo confessarci prima di ogni comunione. Ancora una volta non aveva compreso il punto. Non stavo parlando di un pio monaco convertito che riceveva la comunione tutti i giorni e non aveva bisogno di confessarsi ogni giorno (anche se il suo inesperto e troppo rigido confessore convertito lo richiedeva!), ma degli ortodossi medi nella parrocchia media che riceve la comunione ogni due o tre mesi, e quindi ha bisogno di confessarsi prima di ogni comunione. A maggior ragione del greco che riceve la comunione a ogni liturgia, ma nega caldamente persino l'esistenza della confessione; dal momento che non ne ha mai sentito parlare e, siccome non gli è mai stato chiesto di farla, per lui non esiste.

In questo contesto, la confessione prima della comunione non è una tradizione ortodossa russa un po' esotica, è la tradizione universale della Chiesa – visitate una qualunque Chiesa locale e chiedete ai fedeli; tutto il resto è mera decadenza. C'è solo una tradizione, nonostante i vani tentativi dei liberali di mentalità protestante e sostenuti dai protestanti di inventarsi una tradizione nuova e alternativa e poi di rifiutare la Tradizione come qualcosa 'di vecchio stile' o ultra-conservatrice', spostando i pali della porta in modo da poter giustificare la loro conformità al secolarismo. La loro tecnica di chiamare la Tradizione 'ultra-conservatice' è stata ben praticata dai cattolici e protestanti modernisti molto prima che gli ortodossi di frangia la copiassero ciecamente.

Uno ha detto che l'articolo era semplicemente falso; tuttavia, non è stato assolutamente in grado di confutare un singolo punto, essendo in fase di diniego della realtà. Tutti questi articoli sono scritti per esperienza. Si può negare che qualcuno abbia sperimentato qualcosa se lo si desidera, ma non fa differenza, perché l'esperienza ha avuto luogo. Siete semplicemente in diniego della realtà, perché avete qualche motivo di risentimento. Potete certo non essere d'accordo con le mie interpretazioni dei fatti, ma negare i fatti significa negare la realtà e dimorare nella fantasia. Un altro che ha vissuto quei momenti ne ha risentito e poi ha ammesso a malincuore che l'intero articolo era vero. La dichiarazione più vera è venuta da una terza persona che ha semplicemente detto: 'Sappiamo tutti che questa è la verità, è solo che finora nessuno ha osato dirla ad alta voce'. Tale atteggiamento è simile alla paura della verità per correttezza politica tra gli ebrei moderni.

Uno ha chiesto delle ingenui giovani donne russe in Russia che ammirano gli scritti in russo (non in inglese) del metropolita Antony, che il patriarca Alessio II espressamente gli ha chiesto di scrivere negli anni '90. A mio avviso, hanno ragione di ammirarli, sono molto ben scritti, ideali per i principianti, così come i principianti in Russia ammirano anche gli scritti di C. S. Lewis. Appena entrati nella Chiesa, hanno bisogno di cibo per la mente e il grande talento del metropolita Antonny glie ne offre. Ecco perché era così popolare tra gli anglicani, tra gli altri al di fuori della Chiesa e tra quelli ai margini della Chiesa. Scriveva per loro. Proveniente da un ambiente ateo e secolare, era in grado di affrontare i dubbi razionalisti delle persone che vivono in tale contesto secolare. Tuttavia, se tali giovani donne desiderano approfondire la Chiesa, ed entrare nell'arena, avranno bisogno di andare avanti al di là delle presentazioni e del cibo per la mente razionalizzante, e trovare scritti con cibo per l'anima. Della tragica eredità del metropolita Antony in Inghilterra, che è quello di cui stavamo scrivendo, tali giovani donne, appena entrate nella Chiesa, non sanno nulla a proposito. Noi lo sappiamo, perché siamo stati sottoposti alla tragedia che ha perso così tanti e ha spinto tanti a distanza.

Un corrispondente ha chiesto il perché della necessità di una metropolia europea, e non di una Chiesa ortodossa locale inglese. Il mio suggerimento garbato sarebbe di pensare a quello che ho scritto su una 'Chiesa ortodossa britannica'. Ho scritto che dobbiamo evitare il nazionalismo, da un lato e, dall'altro ammettere che noi siamo troppo piccoli per sognare una Chiesa locale ora. Ci possono essere almeno 300.000 ortodossi nel Regno Unito, ma meno del 10% (30.000) è praticante di quel 10% non è certo se neppure il 5% (1.500) sono inglesi praticanti. E la maggior parte dei 30.000, incluse centinaia di persone inglesi, non ha un desiderio di una Chiesa ortodossa inglese; sono molto felici di appartenere a una Chiesa che ha la sua base in un altro paese. Questo è esattamente ciò che è accaduto nella Chiesa Ortodossa in America (OCA) – per la maggior parte gli americani ortodossi di origine non ortodossa non vi appartengono, rendendo così le sue pretese piuttosto strane.

In ogni caso, chi fornirebbe l'iniziativa per una simile nuova Chiesa locale? Non la Chiesa russa, perché ha imparato dalla sua triste esperienza proprio con l'OCA, la cui canonicità è negata dai più, poiché ha ricevuto la sua contestata autocefalia nella Guerra fredda su un territorio condiviso. Quello che stavo dicendo a questo corrispondente, e ciò che sto dicendo qui, è che ora è il momento per l'unità in una metropolia, che potrebbe con il tempo diventara autonomo e poi, solo con il consenso di tutti, diventare una nuova Chiesa locale. Ora non è il momento di una ristretta divisione nazionale.

In una parola, io sono un po' deluso, anche se non del tutto sorpreso, che alcune persone, di cui alcune forse di proposito, hanno criticato i dettagli degli alberi, ma ha dimenticato di guardare alla foresta – questo era, dopo tutto, il punto. Soprattutto sono deluso dal fatto che alcuni sembrano aver prestato meno attenzione alla seconda parte di questo articolo, una visione di unità per il futuro, che a mio parere è dieci volte più importante della prima parte. La prima parte elenca semplicemente gli errori del passato e così spiega come NON costruire l'unità e il futuro – su personalità divisive e sul modernismo divisivo. Forse alcuni non sono pronti per il futuro. Io lo sono.

Il futuro

Su che cosa allora si può costruire la futura unità della Chiesa? Può essere costruita solo sulla fedeltà alla Tradizione. Non si può costruire l'unità sulla fedeltà ai compromessi, come ho osservato trent'anni fa all'arcivescovo Georgij (Wagner) in Rue Daru, che non ha dato una risposta a questa verità lapalissiana, dopo che aveva appena predicato sulla necessità della fedeltà, ma senza spiegare a cosa dover essere fedeli. Perché la fedeltà? Perché la Chiesa che è fedele produce santi e, come abbiamo detto in precedenza, questa discesa dello Spirito Santo per la produzione di santi è l'obiettivo della Chiesa. Una cosiddetta Chiesa che è contraria al digiuno, al monachesimo e all'ascetismo, riduce radicalmente e cambia i servizi, distrugge un'atmosfera di preghiera, si conforma allo spirito laicista del mondo occidentale, rimprovera continuamente il Monte Athos, viene a compromessi su tutto, e non prepara la prossima generazione di eroi spirituali, i santi e i martiri, come sono stati prodotti dalla Chiesa russa nel XIX secolo, non è una Chiesa.

In una parola, è una Chiesa infedele, è irrispettosa dei santi, non produce santi, produce solo intellettuali che non hanno alcun ruolo da svolgere in un organismo in cui tutte le conoscenze più importanti e salvifiche vengono dallo Spirito Santo, non dai libri aridi di filosofia che ti danno solo il mal di testa. Questa è la Chiesa dei filosofi, non la Chiesa di Abramo, Isacco e Giacobbe, dei pescatori galilei analfabeti, dei santi di Dio. Una tale Chiesa infedele non è più una Chiesa in alcun modo, e invece di santi produce solo apostati, eretici e scismatici. Uno sguardo alla storia della Chiesa del Novecento lo conferma in abbondanza.

Come ho detto a Cambridge nel 1982 a un ex prete di Surozh, che aveva appena negato davanti a me il bisogno di eroi spirituali o addirittura la loro esistenza e aveva appena lanciato una rivista di tale nuova 'Chiesa', una simile Chiesa è solo un'altra organizzazione razionalista, laica e anti-spirituale, non ha nulla con cui nutrire le nostre anime. La Chiesa ha un piede in cielo e un piede sulla terra; i modernisti vogliono fare una Chiesa con due piedi sulla terra. Possono farlo se vogliono, tuttavia non sarà più una Chiesa, ma solo un social club di tipo protestante.

In questi ultimi anni abbiamo girato un angolo generazionale nella diaspora. Alcuni nella vecchia generazione sembrano ancora a pensare che ci sono due parti della Chiesa, coloro che celebrano le funzioni in lingue 'straniere' e quelli che non lo fanno. Alla semplice menzione della parola 'fedeli', pensano ai loro genitori defunti o a generazioni ancora precedenti che avevano un culto del 'vecchio paese' e di una 'lingua straniera'. Questa vecchia generazione con tutto il suo complesso di identità è irrimediabilmente fuori moda e sta scomparendo. Oggi tutti in tutte le giurisdizioni della diaspora usano l'inglese o un'altra lingua locale appropriata.

Oggi ci sono ancora due parti della Chiesa, ma la loro divisione non ha nulla a che fare con la lingua; delle due parti di oggi, la vasto e spesso silenziosa maggioranza sta cercando di essere fedele, una piccola ma molto vocale minoranza non lo fa. Questa ultima parte non si sforza di essere fedele perché crede di essere 'moderna', in altre parole, a causa di complessi psicologici e sociologici, sta cercando di adeguarsi al mondo. 'Fedele' non significa più un etnicismo vecchio stile; solo i vecchi calendaristi credono a causa della loro insicurezza cronica che essere fedeli significhi un mero conformismo e ripetizione anti-creativa del passato con un ritualismo farisaico, imitativo, quasi anglo-cattolico. Essere fedeli significa seguire le pratiche e lo spirito della Chiesa in qualsiasi lingua possiamo avere bisogno. Il linguaggio è del tutto irrilevante alla fedeltà, le lingue sono solo permutazioni di una serie di consonanti e vocali, del linguaggio umano dato da Dio, della parola e del soffio di Dio che distingue gli uomini dagli animali.

È vero che un sacerdote ortodosso georgiano una volta mi ha detto che Dio parla solo georgiano. E, qualche anno prima, lo stesso arcivescovo George (Wagner), un convertito dal cattolicesimo e con un complesso sorprendente sul suo passato a Berlino, mentre si scagliava contro l'uso del romeno 'moderno' nelle funzioni, mi ha detto molto seriamente che Dio capisce solo il latino, il greco e lo slavonico nelle funzioni. (Non c'è da stupirsi che la parrocchia e la famiglia dei Peckstadt, come così tanti altri, abbiano lasciato la sua giurisdizione in quegli anni). Tuttavia, questi si sbagliavano allora e si sbagliano ora! Grazie a Dio che quella generazione, quelli che hanno detto letteralmente, 'preferiamo vedere la nostra chiesa chiudersi che a sentirvi il francese (o l'inglese)' è ormai andata. Oggi, ci sono ancora due parti della Chiesa – ma sono divise non in base alla lingua, come alcuni nella vecchia generazione pensano ancora, sono divise in base alla fedeltà e alla mancanza di fedeltà. Che siate d'accordo con me o no, come volete, ma la mia lotta è sempre stata contro coloro che vogliono distruggere la fedeltà della Chiesa, pregando per la loro illuminazione.

La fedeltà è così importante perché sappiamo che la nostra Chiesa russa ha prodotto decine di migliaia di santi e così è sopravvissuta, mentre il rinnovazionismo non ne ha prodotto uno solo – ha prodotto solo apostati, eretici e scismatici, che si sono conformati al mondo, che hanno collaborato con atei e secolaristi e hanno perseguitato e perseguitano i fedeli. Allora, perché la fedeltà è così necessaria nella diaspora solo ora?

Credo che ora siamo in un momento unico, un punto di svolta nella storia della diaspora della nostra Chiesa russa. Sia in Nord America (ROCOR / Patriarcato di Mosca / OCA) sia in Europa Occidentale (ROCOR / Patriarcato di Mosca / Esarcato di Parigi) ci sono tre gruppi di ortodossa russa (o almeno due che sono ortodossi russi e uno che ha origini ortodosse russe). Tutti e tre i gruppi sono ora di fronte alla possibilità di ulteriori unità – o divisioni. E l'unità diventa possibile proprio attraverso la fedeltà, mentre la disunione diventa possibile proprio per mancanza di fedeltà, come abbiamo visto con tutte quelle piccole sette che hanno respinto l'unità tra le due parti della Chiesa russa nel 2007, o con i vecchi calendaristi e i loro 12/13/14/15/16 (?) piccoli sinodi.

Oggi, in America del Nord, l'ex capo della Chiesa Ortodossa in America (OCA) è un membro della ROCOR – un'unità impensabile nei brutti vecchi tempi della guerra fredda. L'OCA stessa è ora sotto una mano ferma, il metropolita Tikhon, il cui stesso nome riporta il gruppo alle sue origini storiche con un Santo della Chiesa russa. Può essere che l'unità sia a portata di mano, che gli estremisti di mentalità modernista e divisiva, che hanno così a lungo impedito l'unità dell'OCA con il resto della Chiesa russa in Nord America, lasceranno l'OCA, proprio come gli estremisti della ROCOR e della diocesi di Surozh hanno dovuto andarsene prima che la loro unità e quella delle due parti della più ampia Chiesa russa potesse essere raggiunta nel 2007. Gli estremisti, soprattutto di mentalità protestante, gli 'autocefalisti', i modernisti marginali, che non potrebbero accettare l'autorità episcopale unita, potrebbero passare ai patriarcati greci di Costantinopoli e Antiochia. Ciò lascerebbe l'ex-OCA libera di aderire a una Metropolia ortodossa russa unita in Nord America.

Oggi, in Europa occidentale, anche l'Esarcato di Parigi è ora sotto una nuova mano, l'arcivescovo Job, il cui stesso nome indica molto la sofferenza che deve essere sopportata se questo gruppo deve tornare all'unità. Può darsi che anche lì l'unità sia a portata di mano, che gli estremisti di mentalità modernista e divisiva, che hanno così a lungo impedito l'unità con il resto della Chiesa russa in Europa occidentale, lasceranno l'Esarcato di Parigi, proprio come gli estremisti della ROCOR e della diocesi di Surozh hanno dovuto andarsene prima che la loro unità e quella delle due parti della più ampia Chiesa russa potesse essere raggiunta nel 2007. Gli estremisti, soprattutto di mentalità protestante, gli 'autocefalisti', i modernisti marginali, che non potrebbero accettare l'autorità episcopale unita, potrebbero passare ai patriarcati greci di Costantinopoli e Antiochia. Ciò lascerebbe l'ex- Esarcato di Parigi libero di aderire a una Metropolia ortodossa russa unita in Nord America.

Ho sempre rifiutato di prendere parte a movimenti anti-unità, anti-mainstream, di frangia, marginali, sia della diocesi di Surozh, vedendo dove si stava dirigendo nel 1982, e dell'Esarcato di Parigi, vedendo dove si stava dirigendo nel 1988, quando l'arcivescovo Georgij (Wagner) preferì celebrare il millesimo anniversario del Battesimo della Rus' con un cardinale cattolico, piuttosto che con la Chiesa russa, o del vecchio calendarismo che aveva infiltrato la diocesi locale della ROCOR nel 1974 ed era ancora lì nel 1997, ma è ormai andato. Questo perché i movimenti anti-unità sono per definizione infedeli.

Potete essere d'accordo con me perché voglio la fedeltà e così l'unità, oppure lanciare pietre contro di me perché voglio la fedeltà e così l'unità, come alcuni hanno fatto davvero. Questa è la vostra scelta, di cui Dio sarà vostro giudice. Ma io non voglio cambiare la lotta per la fedeltà e l'unità, cioè, per una vera unità, l'unità che si fonda solo sulla verità e che viene solo dalla fedeltà, non fondata su miti, delusioni e infedeltà. Perché è inutile tappezzare le crepe e le voragini, come fanno gli ecumenisti vecchio stile, bloccati negli anni '60, fare, l'unità è sempre nella verità, cioè, nella fedeltà. Chiedete a san Fozio il Grande, san Gregorio Palamas e san Marco di Efeso.

Permettetemi di essere ancora più chiaro. Quello che sto dicendo è questo:

Quando sarà scritta 'La storia della Chiesa ortodossa nella diaspora, 1917-2027', che cosa ci leggeremo? Forse:

'Quella della diaspora della Chiesa ortodossa è una storia triste. A parte il singolomomento brillante dell'unità intra-russa nel 2007, è una storia di disunione e litigi a causa di personalità divisive con politiche divisive. Questo ha continuato fino a oggi e c'è poca speranza per il futuro. A partire dall'unità pan-ortodossa nella diaspora sotto la Chiesa ortodossa russa nel 1917, distrutta dalla tragica rivoluzione russa, l'unità pan-ortodossa nella diaspora non è ancora stata ripristinata dopo 110 anni, fino a oggi'.

O sarà scritto così? Forse:

'A partire dall'unità pan-ortodossa nella diaspora nel 1917, oggi, 110 anni dopo la tragica rivoluzione russa che ha distrutto tale unità, l'unità è una volta di più alla nostra portata. Questo è stato ottenuto grazie all'unità della Chiesa Russa restaurata, le cui solide basi sono state poste nel 2007 dall'adesione di entrambe le parti della Chiesa russa, in Russia e fuori della Russia, alla Tradizione ortodossa russa per mezzo del sangue dei nuovi martiri e confessori, rappresentata nella diaspora dallo spirito universale di san Giovanni di Shanghai. Poi è arrivata la conferma dell'unità quando due ex frammenti, l'ex Chiesa Ortodossa in America (OCA) e i resti dell'Esarcato di Parigi, hanno superato la loro russofobia politicamente ispirata, così come il loro filetismo americano e francese altrettanto divisivo, e, avendo gettato a mare quel secolarismo, sono rientrati nell'unità della Chiesa russa.

Oggi, altri gruppi nazionali nella diaspora, ora di nuovo fedelmente aderenti al principio della Tradizione che crea unità, riscoperto dopo generazioni di decadenza e di conformismo alle pratiche e ai valori del mondo non ortodosso (in Nord America grazie al notevole influsso dei monasteri fondati da padre Ephraim), si stanno unendo intorno a questo esempio di responsabilità. Si stanno unendo alla vita delle quattro metropolie multinazionali, costituite su iniziativa della Chiesa ortodossa russa, in Europa occidentale, America del Nord, America Latina e Australia. La formazione di quattro nuove Chiese locali multinazionali, seguendo l'impulso e gli esempi di queste metropolie russe, è ormai in vista. La pulizia della vita della Chiesa dall'impurità spirituale, dal laicismo di ispirazione eterodossa e dall'ingiustizia storica, sta ora conducendo alla restaurazione e al ritorno alla canonicità'.

In altre parole, l'unità della diaspora, che è ciò che tutti vogliamo, non si può costruire su compromessi divisivi, ma solo sulla fedeltà all'unica Tradizione creatrice di santi, la lotta di tutta la nostra vita.

In altre parole, la nave si appresta a lasciare il porto. Dobbiamo assicurarci di avere i biglietti. Altrimenti ci troveremo isolati e bloccati sul molo fatiscente dell'isola deserta dell'eterodossia morente – un luogo solitario, nei suoi momenti migliori.

 
Esiste davvero una critica patristica delle icone?

PARTE 1

Introduzione

Steven Wedgeworth, pastore assistente della Immanuel Presbyterian Church a Clinton, Mississippi, ha recentemente scritto un post su The Calvinist International contro l'uso cristiano delle icone. In questo post, che si propone di "contro-bilanciare" le prove a favore delle icone e della loro venerazione con prove contrarie. La ragione, come dice lui, è che "Non molti... conoscono le voci patristiche opposte", Questo significa che c'è una evidente opposizione patristica alle icone nella storia e nella tradizione della Chiesa – così notevole che di conseguenza uno potrebbe essere costretto a riconsiderare la propria posizione in materia. Il pastore Wedgeworth sostiene, inoltre, che l'uso liturgico delle icone ha una "fondazione mista", il che implica che la pratica e le credenze della Chiesa cattolica, al meglio, sono forse discutibili.

Ma è davvero così? Le prove fornite dal pastore Wedgeworth dimostrano che c'è sempre stata la stessa opposizione alle icone e alla loro venerazione all'interno della Chiesa ortodossa-cattolica? Tali prove sono presentate e comprese? Sono voci isolate, o parte di una grande opposizione alle icone nella storia della Chiesa?

I cristiani ortodossi sono ben consapevoli delle controversie iconoclastiche nell'VIII e nel IX secolo. Ne siamo così consapevoli che dedichiamo un'intera domenica (la prima della Quaresima) a quello che noi chiamiamo il Trionfo dell'Ortodossia – il ripristino delle icone nelle chiese da parte dell'imperatrice Teodora in un sinodo nell'anno 843 a Costantinopoli. Il fatto che ci sia stata polemica su questo tema non è una novità: la polemica dottrinale è semplicemente parte della vita della Chiesa (1 Cor 11:19). Tuttavia, quando il pastore Wedgeworth cita Peter Brown che afferma: "la disputa intorno al settimo Concilio è stato un affare tutto bizantino", né lui né Brown sono del tutto accurati. L'iconoclastia ebbe certamente origine nella parte orientale dell'impero romano (nell'VIII secolo), ma fu in gran parte portata avanti da interessi politici relativi sia ai Carolingi in Occidente e dei musulmani in Oriente.

In realtà, la Sede di Roma era altrettanto impegnata nella venerazione delle icone (in particolare prima di Carlo I e i Libri Carolini) quanto il resto della Chiesa. Tutte e cinque le sedi primarie furono rappresentate nel settimo Concilio Ecumenico, e il papa della vecchia Roma (Adriano I) vi diede il suo pieno appoggio. Il secondo Concilio di Nicea è stato uno dei sinodi più ampiamente rappresentati nella storia della Chiesa, e i vescovi che erano stati precedentemente influenzati da dubbie influenze di ripudio delle icone si pentirono pubblicamente a questo concilio. Uno di questi vescovi, Basilio di Ancira, si pentì sia dell'iconoclastia sia della sua partecipazione a un precedente "sinodo dei briganti" su questo tema, perché desiderava "essere unito alla Chiesa cattolica, ad Adriano il santissimo papa della vecchia Roma, e a Tarasio il beatissimo patriarca [della nuova Roma], e alle santissime sedi apostoliche; cioè, Alessandria, Antiochia, e la città santa [Gerusalemme]" (Estratti dagli atti, Sessione 1, Labbe e Cossart, Concilia, VII, col 53). Basilio continua a spiegare come il Sinodo precedente – presumibilmente quello a Hieria nel 754 – sia stato poco più di uno spettacolo a guida politica; la vita successiva della Chiesa certamente giustificare una tale prospettiva.

Mentre la polemica iconoclasta si era originariamente radicata nella parte orientale dell'impero, la sua risoluzione fu ecumenica; una risoluzione che ebbe il pieno sostegno di tutta la Chiesa cattolica (come mostrato nella confessione di Basilio). La vita e la testimonianza della Chiesa ortodossa-cattolica dal IX secolo conferma che è proprio così, oltre e contro qualsiasi ricerca astorica o astratta di dichiarazioni isolate, sia prima sia dopo quel momento.

Per inciso, si tratta di un'ironia che il pastore Wedgeworth abbia utilizzato l'immagine della Хлудовская псалтырь (il "Salterio di Khludov") – uno dei soli tre salteri miniati sopravvissuti alla distruzione degli iconoclasti nel IX secolo – come immagine in evidenza sul post del suo blog. L'immagine particolare che egli ha scelto collega l'ultimo imperatore iconoclasta (Giovanni il Grammatico), che sta cancellando un'icona di Cristo per mezzo di un palo e di una spugna, con i soldati che offrivano fiele e aceto a Cristo inchiodato sulla Croce (cfr Ps 68:22 LXX). Inoltre fa luce della sua pettinatura incolta (una vera gaffe ai quei tempi). Questo salterio è in realtà la prova del consenso patristico alla metà dell'800 d.C.: una Chiesa che utilizzava codici miniati delle Scritture nella liturgia; le scritture che erano venerate, portate in processione e trattate con grande rispetto come le nostre rubriche dell'antica liturgia dimostrano chiaramente (allora come oggi). Il culto e la vita della Chiesa apostolica ci mostrano il consenso patristico molto meglio di quanto potrà mai sperare di realizzare qualsiasi indagine astratta di scritti oscuri. Quando si tenta di capire sia gli scritti patristici sia le Sacre Scritture, è necessario farlo in un contesto corretto; e tale contesto corretto è la vita della Chiesa, non la nostra migliore ipotesi sulla sua ricostruzione.

L'importanza della Chiesa primitiva

Molte delle citazioni che il pastore Wedgeworth offre come prova di atteggiamenti aniconici / iconofobi nella Chiesa primitiva si trovano nei suoi primi tre secoli. Questo è importante da notare perché se i rigoristi (per quanto riguarda il 2 ° comandamento) fossero stati corretti – e l'antica Chiesa apostolica fosse stata totalmente contro le immagini – allora ci sarebbe stato un palpabile grido di opposizione all'inizio stesso della loro introduzione. Nella maggior parte degli studi, si considera che l'introduzione dell'iconografia nell'uso della Chiesa abbia avuto tra il primo e il quarto secolo dopo Cristo. Di conseguenza, qualsiasi prova relativa alle icone in questo periodo dovrebbe essere esaminata tenendo questo in mente. Se le icone sono state introdotte durante questo lasso di tempo, e non c'è stata una reazione schiacciante e violenta di tale innovazione come idolatria negli scritti dei Padri, che cosa si potrebbe essere portati a concludere?

Durante questo primo periodo, i cristiani erano profondamente consapevoli del loro posto come successori degli apostoli. Gli argomenti di uomini come sant'Ireneo di Lione (contro gli gnostici) sono basati sul fatto che lui sta insegnando soltanto ciò che hanno insegnato i suoi predecessori - gli apostoli - mentre gli eretici citano solo le Scritture (snaturandole in modo contrario alla tradizione apostolica). Padre Steven Bigham rileva che, a causa di questo orgoglio nella loro conservazione della tradizione apostolica, ogni suggerimento che questi primi cristiani avessero abbandonato il Vangelo consentendo le icone nella Chiesa li avrebbe profondamente scandalizzati (Early Christian Attitudes toward Images, p. 17). Se i rigoristi hanno ragione a dire che la Chiesa primitiva era ostile verso icone (aniconia / iconofobia), qualsiasi accettazione delle icone – essendo essa stessa un abbandono del Vangelo, almeno secondo i rigoristi – "corre esattamente contro la consapevolezza altamente sviluppata tra questi cristiani, che hanno insegnato solo quello che è venuto dagli apostoli stessi" (ibid.). Poiché vi è abbondanza di prove che i primi cristiani abbiano fatto uso di icone (con statue ed elementi liturgici decorati, come calici, con l'immagine di Cristo incisa su di loro), i conti non tornano del tutto per il punto di vista dei rigoristi. Una semplice passeggiata attraverso le catacombe romane e i resti di Dura Europos (Siria) ne fornirebbe un'acuta dimostrazione.

Inoltre, Bigham rileva inoltre che esiste una distinzione tra ciò che è la Tradizione (con la "T" maiuscola, per così dire), e ciò che è pia consuetudine (o "tradizione" in senso generale). Questo fu anche spiegato in modo chiaro nella definizione del settimo Concilio Ecumenico. In breve, la Tradizione è composta da credenze e pratiche essenziali per il Vangelo, mentre le tradizioni sono consuetudini "non necessarie o definite dal Vangelo stesso, ma neppure proibite" (ibid.). Quando le consuetudini diventano controverse, disturbando la Chiesa nel suo insieme, sono esaminate da lei con grande cura. Un esempio di questa dinamica è la datazione della Pasqua, che in origine era una consuetudine localizzata (con una varietà di pratiche) prima del primo Concilio di Nicea (325 d.C.). Alla fine, la discrepanza nell'osservanza della Pasqua ha portato a una controversia ecclesiastica che poté essere risolta solo con un decreto sia ecumenico sia conciliare. L'utilizzo e la venerazione delle icone è la stessa cosa: ciò che originariamente era iniziato come una pia usanza tra i fedeli è diventato un punto di sostanziale polemica, grazie in non piccola parte a coloro che volevano usarlo per scopi politico-strategici nei secoli VIII e IX. Pertanto, era compito dei vescovi della Chiesa riunirsi e tentare di risolvere la questione (e quindi il Concilio di Nicea del 787 e il Sinodo di Costantinopoli dell'843).

Come conclude Bigham su questo punto, "una semplice abitudine diventa una testimonianza essenziale per la predicazione del Vangelo" e il rifiuto delle immagini "implicava un indebolimento o addirittura la negazione dell'incarnazione stessa" (Ibid., 18). Ciò che Bigham caratterizza come "usanza umile e accessoria" era diventata "essenziale per il Vangelo" (Ibid., 19).

Parte 2

Le prove patristiche e l'onere della prova

Qualsiasi prova che viene addotta per dimostrare di una mentalità sia iconoclasta sia iconodula nei primi tre secoli della Chiesa, quindi, è di notevole importanza se si vuole capire il dibattito sulle icona, insieme con le effettive credenze storiche della Chiesa (il "consenso patristico", se si vuole).

Ancora una volta, la testimonianza della tradizione ortodossa-cattolica manifesta che l'iconodulia è la norma, ed è stata la prassi accettata fin dai primi secoli. Questo è ciò che sostiene pure il settimo Concilio Ecumenico. I Padri hanno dichiarato che stavano solo seguendo il "sentiero regale" della tradizione che riporta indietro nel tempo agli apostoli. Gli argomenti in opposizione all'utilizzo delle icone devono essere supportati da una tale quantità di prove, che nessuno possa concludere diversamente. Dal momento che la Chiesa ha stabilito che la venerazione delle icone non è più solo una pia usanza, ma è ormai parte integrante del Vangelo stesso, non è cosa da poco negare la loro validità. Dal punto di vista ortodosso, un tale rifiuto è un attacco contro gli elementi essenziali del Vangelo, e quindi una scelta isolata di citazioni da alcune fonti primitive è meno che convincente. Parlare di "Padri" o di un punto di vista "patristico" significa indicare la Chiesa dei Padri, e la sua pratica comune fino a oggi. Come ho già detto, seguendo gli argomenti di Bigham, se l'introduzione delle icone nella Chiesa fosse stata vista da qualcuno come una negazione del Vangelo (idolatria), ci sarebbe stato in risposta un clamore particolarmente violento; e tuttavia, noi non abbiamo una tale risposta. L'onere della prova è pesante per l'iconoclasta.

I Padri della Chiesa (e altri scrittori cristiani) sono a volte trattati da coloro che non credono nella continuità ininterrotta della tradizione ortodossa come un compendio di prove testuali per qualsiasi punto di vista essi intendano difendere, senza alcun riguardo per le attuali credenze storiche o pratiche della Chiesa – e spesso molti ignorano il fatto che ci sono "Padri" tra di noi oggi (la Chiesa è viva, e la nostra tradizione viene dallo Spirito, non da una lettera "morta"). Ciò si verifica regolarmente anche quando si tratta di esegesi delle Sacre Scritture. Piuttosto che essere visto come una parte vivente della Chiesa, che ne respira la vita, sono astratte da quel contesto e sottoposte al vaglio di persone al di fuori della sua comunità.

Dando la dovuta considerazione a tutti i punti di cui sopra, il pastore Wedgeworth ha fornito un paio di citazioni da fonti cristiane primitive a cui cercherò brevemente di rispondere. Una delle difficoltà con il suo post, però, è che egli cita il corretto culto (Gk: δουλεία e προσκύνησις) delle icone nel suo paragrafo introduttivo (relativo al settimo Concilio Ecumenico), ma poi procede a citare scritti che sembrano opporsi alla loro "adorazione" (Gk: λατρεία). Non è chiaro per me se sta cercando di argomentare contro l'esistenza stessa delle icone, la loro venerazione, la loro adorazione (che è dovuta solo a Dio), o forse tutte e tre? Credo che stia parlando a favore dell'esistenza delle icone, ma contro la loro collocazione nelle chiese, la loro venerazione, e ovviamente la loro adorazione. In ogni caso, io dovrò interagire con le selezioni da lui fornito, così come con i suoi commenti.

Va notato che la distinzione tra δουλεία / προσκύνησις e λατρεία non era nuova al settimo Concilio Ecumenico, ma è piuttosto una distinzione nelle Scritture stesse (Antico e Nuovo Testamento; cfr חוה, la hitpa'lel di שׁחה, anche se il testo masoretico ebraico è meno preciso rispetto alla più antica Settanta greca). È del tutto possibile per una persona rendere onore a un'altra persona o a un oggetto, e non commettere idolatria. Se ogni atto di "inchino" o "prosternazione" davanti a un'altra persona o a un oggetto fosse idolatria, nessuno sarebbe in grado di allacciarsi le scarpe senza essere colpevole di rinnegare il Vangelo. L'atteggiamento del cuore è altrettanto importante quanto le azioni fisiche. Le Scritture forniscono numerosi esempi in cui ci si prosterna davanti a una persona o a un oggetto (per onore e venerazione), e senza che siano presi per idolatria: Lia e i suoi figli, davanti a Rachele e Giuseppe (Gen 33:7); Assalonne davanti al re (2 Sam 25:23 [2 Re LXX]); una donna davanti a un uomo (1 Sam 25:23 [1 Re LXX]); una donna davanti a un profeta (2 Re 4:37 [4 Re LXX]); e anche davanti all'arca dell'alleanza, che era adorna di statue di cherubini (Salmo 99:5 [98 LXX]).

Gli antichi ebrei capivano questa distinzione (tra venerazione e adorazione), così come i cristiani provenienti dal giudaismo considerandolo compiuto in Cristo. Tutto, dalla mezzuzah alla Torah era venerato (baciato) dai pii ebrei, e Cristo avrebbe fatto lo stesso; questa è un'antica usanza. Le catacombe romane sono piene di immagini prevalentemente dal Vecchio Testamento, a dimostrazione che i primi iconografi provenivano dai cristiani ebrei e non solo da quelli greci. Il tabernacolo / tempio stesso era pieno di immagini, ovunque si potesse guardare (e mentre ci si prosternava davanti a loro): sull'arca dell'alleanza (Es 25:18), sulle tende (Es 26:1), sul velo del luogo santo (Es 26:31), le statue dei cherubini (1 Re 6:23 [3 Re LXX]), sulle pareti (1 Re 6:29 [3 Re LXX]), sulla porte (1 Re 6:32 [3 Re LXX]), e sugli arredi (1 Re 7:29,36 [3 Kings LXX]). Dal momento che il tempio era una immagine (o "icona") del cielo, era stato fatto per rappresentare il cielo stesso (Eb 8:5; cfr Es 25:40). Si può anche leggere esempi di atteggiamenti favorevoli nei confronti delle immagini nel Talmud palestinese: "Nei giorni di Rabbi Jochanan, gli uomini cominciarono a dipingere quadri alle pareti, ed egli non lo impedì... Nei giorni di Rabbi Abbun, gli uomini cominciarono a fare disegni su mosaici, ed egli non li ostacolò" (Abodah Zarah, 48d). Come già accennato, la sinagoga (e la chiesa domestica) di Dura Europos (Siria, circa all'inizio del III secolo d.C.) sono piene, fino al soffitto, di immagini di storie dell'Antico Testamento e di santi – e tutte in luoghi dove gli ebrei erano soliti prosternarsi dinanzi ai rotoli della Torah. L'affermazione che il giudaismo antico o quello del Secondo Tempio erano intrinsecamente iconoclasti è davvero un mito polemico moderno.

Ora possiamo rivolgere la nostra attenzione alla selezione delle citazioni fornite dal pastore Wedgeworth, interagendo con loro una per una.

Tertulliano

Il pastore Wedgeworth cita Tertulliano in una delle sue risposte a un apologeta marcionita (Contro Marcione, 2,22), dove sostiene che l'opera d'arte liturgica del tabernacolo, insieme con il serpente di bronzo, non sono una violazione del secondo comandamento. Il commento del pastore Wedgeworth suggerisce che questa citazione di Tertulliano possa mostrare un rifiuto equilibrato dell'idolatria quando si tratta delle icone, mentre lasciando spazio alle icone che il Signore stesso ha comandato (il serpente e gli oggetti del tabernacolo). Tuttavia, Tertulliano qui in realtà è in disaccordo con se stesso. Non ha un punto di vista coerente su questo tema, e in realtà è molto più rigoroso (e incoerente) di quanto io penso che il pastore Wedgeworth possa apprezzare. Noto per il suo estremismo, le interpretazioni rigoriste di Tertulliano in materia alla fine lo hanno portato fuori dalla Chiesa Cattolica e in un'eresia (il montanismo). Il suo punto di vista su questo tema dovrebbe essere visto come un ammonimento, piuttosto che come una prova patristica contro la Chiesa cattolica e il suo corretto utilizzo delle immagini.

Non c'è dubbio che Tertulliano abbia respinto le "immagini idolatriche". La cosa interessante è che respingeva tutte le immagini come idolatriche. Il passaggio da Contro Marcione suggerisce che Tertulliano respinga solo le immagini idolatriche, facendo un'eccezione per il serpente di bronzo e le immagini del tabernacolo. Tuttavia, il resto degli scritti di Tertulliano contraddice questa idea, dimostrando che o egli è incoerente su questo tema, o piuttosto che utilizza semplicemente qualsiasi argomento gli si addice al momento. Bigham suggerisce che Tertulliano cambiasse spesso i suoi punti di vista per adattarsi alle circostanze del dibattito, e un esame approfondito dei suoi scritti conferma questa ipotesi (Early Christian Attitudes Toward Images, pp. 123-131).

Ad esempio, in Sull'idolatria, 3-4, Tertulliano dice che "ogni forma o inizio di forma" è "un idolo." Sotto questo nome "idolo", egli comprende (citando il VT) "le cose che sono nei cieli, e che sono nella terra, e che sono in mare". In questo, egli non fa una distinzione tra immagini che vengono utilizzate come idoli, e gli idoli. In altre parole, egli sostiene che ogni immagine è un idolo. Questa stessa interpretazione rigorista è affermata in Sugli spettacoli, 23, dove scrive: "E per quanto riguarda l'uso delle maschere, chiedo: è secondo la mente di Dio, che vieta la realizzazione di ogni somiglianza, e soprattutto la somiglianza dell'uomo che è fatto a sua immagine?" Come osserva Bigham, non è difficile concludere che – almeno in questi due dibattiti – per Tertulliano "immagine" equivale chiaramente a "idolo" Ecco, Tertulliano è così estremista da negare la creazione di qualsiasi immagine, anche al di fuori di un contesto religioso!

Sembra che Tertulliano consenta solo l'approvazione del serpente di bronzo e delle immagini del tabernacolo come eccezioni estreme alla regola; e lo fa solo per confutare la tesi del marcionita, che Dio si contraddice nel Vecchio Testamento. Il marcionita aveva abbastanza familiarità con i punti di vista di Tertulliano su questo tema per usare la sua interpretazione rigorista del secondo comandamento come un modo per "metterlo alle strette", costringendolo a cambiare le sue idee nel bel mezzo del loro dibattito. Incredibilmente, Tertulliano si rifiutava anche di ammettere come catecumeni nella sua chiesa alcun pittore o scultore (Bigham, p. 126), dimostrando che le sue opinioni sull'idolatria e gli spettacoli non erano eccezioni, ma erano piuttosto rappresentativi della sua fede reale. La sua risposta al marcionita sembra essere un'eccezione, ed egli continua anche a spiegare che il serpente di bronzo mostra "il potere della croce del nostro Signore" per chi "si rivolge ad essa con l'occhio della fede" (3:18). Questa era un'immagine non a scopo di "lettura" o di decorazione, ma un vero e proprio simbolo di presenza e di guarigione del Signore – e anche Tertulliano a malincuore fu costretto ad ammetterlo. Se la fede cristiana ortodossa che i simboli (come le icone e il serpente di bronzo) possono rendere il Signore misticamente presente è un'idea "greca", allora dobbiamo contare Mosè tra i greci.

Come montanista, Tertulliano prosegue nelle sue argomentazioni estremiste; per esempio, rifiutando l'idea che una persona possa pentirsi dell'adulterio ed essere riammessa alla Chiesa, e, naturalmente, scrivendo a lungo sulla follia dell'idolatria (per esempio in Sulla modestia, un attacco alla Chiesa). Un cristiano ortodosso sarebbe d'accordo con chiunque nel rifiuto dell'idolatria, ma quando ogni immagine viene identificata con l'idolatria – anche in un contesto non-religioso – questo non può assolutamente entrare nelle sue convinzioni. E nemmeno in quelle del pastore Wedgeworth.

Ciò che Tertulliano rappresenta, in realtà, è una tendenza ai conflitti all'interno del mondo cristiano che risale ai suoi stessi inizi. Come osserva Uspenskij, seguendo Florovskij:

"Nel conflitto dell'ottavo-nono secolo, gli iconoclasti rappresentavano una posizione non riformata e senza compromessi, di una tendenza origenistica e platonica... il metodo simbolico-allegorico del suo ragionamento non avrebbe potuto essere più favorevole all'argomentazione della teologia iconoclasta... segnava un ritorno alla l'antica dicotomia tra materia e spirito. In un tale sistema, un'immagine può essere solo un ostacolo alla spiritualità: non solo è fatta di materia, ma rappresenta il corpo, anch'esso di materia.

Teologia dell'Icona, Vol. 1, pp. 148-149

La visione cristiana del mondo, dove la materia e lo spirito sono uniti in Cristo risorto, è una visione del mondo che i montanisti, e in particolare Tertulliano, respingevano.

Questo rifiuto della materia (e anche del corpo glorificato del Signore) è esemplificato in lettere, come quella di Eusebio di Cesarea a Constanza (Eusebio era un devoto origenista e semi-ariano), dove si condanna il desiderio di ottenere un'icona di Cristo, "dal momento che il corpo del Signore è stata trasformata, al momento, in una gloria indicibile... solo in spirito si potrebbe contemplare la gloria in cui Cristo trova dopo la sua ascensione" (ibid., p. 149). Uspenskij osserva che questo tipo di reazione sottolinea la difficoltà che avevano i primi cristiani "nell'accettare e assimilare la rivelazione cristiana nella sua pienezza." Una rivelazione che respingeva sia Ario sia Origene – abbracciando la cristologia ortodossa della Chiesa ecumenica – un rifiuto dei vecchi punti di vista pagani.

Su questo stesso punto, Von Schönborn nota, "ovunque ha inizio una polemica contro le immagini cristiane, è fin troppo spesso basata su una visione teologica discutibile (Eusebio, Epifanio, Asterio di Amasea, il Tertulliano Montanista del De pudicitia [Sulla modestia])" (L'icone du Christ, p. 84). Uspenskij ricorda al lettore che il Concilio ecumenico in Trullo (che ha respinto il mero simbolismo in favore delle icone del Cristo divino-umano) considera questo rifiuto dell'iconografia come "immaturità pagana" stabilito da "Origene, Didimo e Evagrio, che ripristinarono le favole greche" (Canone 1; Uspenskij, p 149). La Chiesa cattolica non ha visto le icone come l'adozione di un'idolatria greca pagana, ma come un rifiuto consapevole di essa.

In conclusione, Tertulliano non è esattamente il miglior esempio da seguire in questa materia, poiché le sue opinioni sono troppo estreme e incoerenti; per non parlare del fatto che il suo rifiuto delle icone nasce da un rifiuto del fondamento cristologico ortodosso di base, soprattutto quello connesso al simbolismo e alla redenzione della materia. Il suo rifiuto della Chiesa deve servire ancor più a ricordare che tale rigorismo iconoclasta o interpretativo – per quanto benintenzionato possa essere – non aiuta necessariamente a preservare la propria fede. Respingendo i risultati buoni e santi dell'Incarnazione del Signore, Tertulliano ha finito per rifiutare del tutto il Corpo del Signore.

Parte 3

Il Sinodo di Elvira

Il prossimo esempio di una presunta critica patristica delle icone viene dal canone 36 del Sinodo locale di Elvira (Spagna/Granada), attorno all'inizio del IV secolo. Il pastore Wedgeworth elenca questo Sinodo come avvenuti in 305, che lo metterebbe esattamente nel mezzo della persecuzione di Diocleziano – un fatto che è molto utile per tentare di comprendere il contesto di questa oscura assemblea. Hefele elenca il Sinodo come avvenuto nel 305 o nel 306 (A History of the Councils of the Church, Vol. 1, par. 13). Il pastore Wedgeworth cita il canone in traduzione (da Wikipedia) come segue:

"Le immagini non devono essere collocate nelle chiese, per non diventare oggetti di adorazione.

L'originale latino del canone è:

"Picturas placuit in ecclesia esse non debere, ne quod et colitur adoratur in parietibus depingatur.

Bigham, tra molti altri, ha suggerito la seguente, più precisa, traduzione (p 161).:

"È sembrato buono che le immagini non debbano stare nelle chiese, in modo che ciò che è venerato e adorato non sia dipinto sulle pareti.

Grazie alla mia affiliazione con l'associazione Logos, ho accesso diretto ad alcuni dei più importanti studiosi e traduttori di latino in tutto il mondo. Ho chiesto a uno di loro (che ha tradotto Aquino nella sua totalità) di darmi la sua traduzione, senza alcuna conoscenza anticipata di cosae hanno fatto gli altri. Mi ha mandato questo:

"Mi sembra che non dovremmo non avere immagini in chiesa, per timore che ciò che viene onorato e adorato sia dipinto sulle pareti.

Quando gli ho mandato la traduzione che ha utilizzato il pastore Wedgeworth, ha risposto: "Sì, è sbagliata". In particolare, nell'eminente edizione Ford Lewis Battles dell'Istituzione della religione cristiana di Giovanni Calvino (1.11.6), il canone 36 è tradotto:

"Si decreta che non vi saranno immagini nelle chiese, perché ciò che è riverito o adorato non sia raffigurato sulle pareti.

Come con la Scrittura stessa (per seguire Ilario di Poitiers), l'importanza di questo canone non è nella lettura, ma nella comprensione. Se questa assemblea dei vescovi si era tenuta, di fatto, durante la persecuzione di Diocleziano, quali sono le implicazioni? Per esempio, Anton Joseph Binterim, Giovanni Battista de Rossi, e Karl Josef von Hefele leggono tutti questo canone come un divieto dell'uso di immagini sacre in edifici ecclesiastici non clandestini, al fine di evitare la loro caricatura o il loro vandalismo da parte dei pagani. Più in particolare, registra Hefele:

"Binterim ritiene che questo Sinodo abbia vietato solo una cosa – cioè che uno potesse appendere in chiesa immagini secondo la sua fantasia, e quindi spesso inammissibili. Aubespine pensa che il canone in questione vieti solo le immagini che rappresentano Dio (perché dice adoratur), e non altre immagini, in particolare quelle dei santi.

A History of the Councils of the Church, Vol. 1, p. 151

Bigham propone diverse riflessioni utili (pp 161-166.):

• Sia gli iconoclasti sia gli iconoduli hanno citato questo canone a favore delle proprie posizioni nella storia della Chiesa. Come tale, non è una forzatura dire che non si sa il contesto o significato esatto di questo canone, rendendolo discutibile come "prova" per qualsiasi posizione. Nella migliore delle ipotesi, è un interessante foraggio per la discussione.

• Il canone mostra che i cristiani del periodo pre-niceno sapevano distinguere tra le immagini e gli idoli, con l'utilizzo della parola picturas.

• La pittura di immagini cristiane non era qualcosa di nuovo all'inizio del IV secolo, ma era una consuetudine consolidata della Chiesa in Spagna, e presumibilmente altrove (le testimonianze archeologiche lo confermano, naturalmente). Anche Tertulliano cita l'immagine di Cristo "Buon Pastore" sui calici eucaristici già nel 200 d.C. (Sulla modestia, 10). In generale, i canoni disciplinari (come questi) sono proposti come risposta a pratiche di lunga data della Chiesa.

• Non abbiamo idea di che tipo di immagini si parli – immagini di cui si dice colitur et adoratur ("venerata e adorata"). La Santissima Trinità? Solo Cristo? Santi? Divinità pagane? Palme?

• Non sappiamo ciò che ha motivato i vescovi in questa regione della Spagna a promulgare questo particolare canone. Era per prevenire la deturpazione delle icone durante la persecuzione di Diocleziano? Era per evitare che le icone in chiese temporanee (come per esempio in una casa) venissero profanate in un secondo momento? Era una risposta ad abusi o superstizione?

• L'interdizione si applica solo a quadri o immagini in parietibus ("sui muri"). Vale anche per le immagini di altro tipo (come le icone portatili su legno)? Il canone non specifica nulla al di là di picturas in parietibus. Bigham rileva che ciò implica una specifica limitazione delle interdizioni di questo canone; non è una "dichiarazione generale" di disapprovazione.

• Questo canone è uno di 81 canoni disciplinari (non teologici). Il canone è di per sé di portata limitata, e non comporta anatemi o condanne dell'idolatria. Non vi è alcuna indicazione che i vescovi intendano vietare tutti i tipi di immagini (per uso personale o religioso), né si citano ragioni teologiche per il suddetto canone.

• Nessuna chiesa in Spagna, prima o dopo questo Sinodo, obbedì al canone – se davvero era una condanna generale o un divieto di immagini religiose e liturgiche di qualsiasi tipo. Non c'è mai stata alcuna controversia iconoclasta nella Chiesa di Spagna, e le implicazioni di questo canone disciplinare altamente localizzato al dibattito sulle icone sono state completamente ignorate per secoli.

• Altri canoni di questo Sinodo si possono trovare riprodotti in altre assemblee locali e nei loro canoni, ma non il canone 36. La maggior parte di queste regole occasionali si sono poi perse nella storia, come molti altri canoni che hanno perso la loro importanza a causa di un cambiamento nelle circostanze storiche che hanno portato alla loro promulgazione. Questo canone (tra gli altri a Elvira) non era né ecumenico nel suo ambito, né eterno nella sua applicazione. Come molte altre encicliche, epistole, e sinodi nella storia della Chiesa, il campo di applicazione è stato specifico sia a livello locale sia storico.

• Le chiese franche, moderatamente iconofobe, non citano questo canone nei loro dibattiti sia con gli iconoclasti sia con gli iconoduli. In realtà, esse incoraggiavano e utilizzavano i "dipinti sulle pareti" nelle loro chiese.

Bigham conclude: "Che questo canone sia un'espressione di un'iconofobia generalizzata in Spagna, e in tutta la Chiesa antica, un ripudio di ogni arte figurativa, e un progetto per un cristianesimo senza immagini, sembra essere un carico molto pesante, di fatto, da mettere sulla groppa di un tale fragile, piccolo asinello" (ibid., p.166).

Anche Uspenskij segue una traduzione più accurata: "È parso bene a noi che non debbano trovarsi dipinti nelle chiese e che ciò che si venera e si adora non sia dipinto sui muri". Egli osserva che "altri tipi di immagini" oltre a "decorazioni monumentali" non vengono menzionati affatto, e che sappiamo che – in questo momento esatto nel primo IV secolo Spagna – esistevano numerose immagini su "vasi sacri", sarcofagi, etc. Poiché questi non sono menzionati dal canone, è ragionevole concludere che il canone non sia una negazione di immagini sacre in generale, ma è più probabile che sia motivato da preoccupazioni pratiche. E conclude: "Non si potrebbe vedere nel canone 36... un tentativo di preservare 'ciò che è venerato e adorato' dalla profanazione?", ipotizzando ulteriormente "Nono potrebbero esserci stati [abusi] anche nella venerazione delle immagini?" (Theology of the Icon, Vol. 1, p. 40).

L'approccio generale di Uspenskij al canone 36 di Elvira si allinea con Bigham, in quanto non sappiamo abbastanza su questo Sinodo per apportare modifiche radicali alla teologia o al culto della Chiesa a causa di esso. Ogni tentativo di farlo, sulla base di tali prove inconsistenti e inammissibili, sarebbe sia imprudente sia intellettualmente disonesto. Altri studiosi protestanti lo hanno ammesso: "Nessun grande peso può esservi collegato, poiché il contesto esatto del canone è ignoto" (Edward James Martin, A History of the Iconoclastic Controversy, p. 19). Pomazanskij sembra seguire entrambe le proposte di Uspenskij, affermando:

"Le scoperte dell'archeologia ecclesiastica dimostrano che nell'antica Chiesa cristiana esistevano immagini sacre nelle catacombe e in altri luoghi di riunione per la preghiera, e successivamente nelle chiese cristiane. Se in alcuni casi gli scrittori cristiani si sono espressi contro l'esistenza di statue e immagini simili, hanno in mente il culto pagano (il Concilio di Elvira in Spagna, 305). A volte, tuttavia, tali espressioni e divieti sono stati evocati dalle condizioni particolari del tempo – per esempio, la necessità di nascondere le proprie cose sante dai persecutori pagani e dalle masse non cristiane che avevano un atteggiamento ostile verso il cristianesimo.

Teologia Dogmatica Ortodossa, Cap. 9

Personalmente credo che la paura della profanazione di immagini sacre durante la persecuzione di Diocleziano sia la spiegazione più plausibile, ed è probabilmente collegata al canone 52 di questo stesso Sinodo: "Chi scrive graffiti scandalosi in una chiesa è da condannare" Durante i periodi di persecuzione, gli oggetti sacri pertinenti all'assemblea liturgica erano mantenuti nelle case dei fedeli, per essere portati in chiesa solo per il tempo del culto. Questi oggetti comprendevano di tutto, dal pane, acqua, vino, olio dei Misteri, al libro stesso dei Vangeli. Il "piccolo ingresso" del Vangelo nella presente liturgia ci ricorda che il vescovo, il presbitero, o diacono uscivano dall'altare nella navata a recuperare i Vangeli o gli altri scritti sacri da chi li "nascondeva" a casa quella settimana. Queste antiche pratiche ci ricordano la persecuzione che si verificava con frequenza variabile nella Chiesa primitiva, e la necessità di proteggere ciò che si venerava. Forse è questo tutto ciò che il canone 36 stava tentando di fare?

Indipendentemente da ciò, occorre ricordare ancora una volta che questo canone è stato sempre locale, e che non fu mai ricevuto né destinato a essere visto come ecumenico. Come il mio amico Robert Arakaki ha sottolineato, considerare canoni come questo come ecumenici, "patristici", o anche di portata teologica, è come se un ignorante di legge considerasse delle sentenze giuridiche senza alcun riguardo per le distinzioni tra le sentenze di un tribunale distrettuale, di una corte d'appello o della Corte Suprema. Se non avessimo questa gerarchia giudiziaria ci ritroveremmo con l'anarchia giuridica o con un miscuglio di pareri legali contrastanti. Se un ignorante vede una confusione, un avvocato esperto vede dispiegarsi in progressione un ragionamento giuridico.

Mentre qualcuno potrebbe ignorare tutto quanto sopra, e ancora sostenere Elvira come un codice di diritto teologico sempre vincolante per le coscienze dei cristiani, non si può fare a meno di sottolineare l'incoerenza di uno che pretenda di fare così. Perché? Perché nessuno in realtà segue il resto di questi canoni.

Per esempio, i protestanti / iconoclasti obbediscono al canone 26?: "La forma rigorosa del digiuno è da seguire ogni Sabato."

E che dire del canone 33?: "Vescovi, presbiteri, diaconi, e altri con una posizione nel ministero devono astenersi completamente dai rapporti sessuali con le loro mogli e dalla procreazione di figli. Se qualcuno disobbedisce, sarà rimosso dall'ufficio clericale".

Oppure del canone 60, che (abbastanza curiosamente) vieta la distruzione degli idoli?: "Se qualcuno distrugge un idolo ed è quindi punito con la morte, non può essere inserito nella lista dei martiri, poiché tale azione non è sanzionata dalle Scritture o dagli apostoli".

I mariti protestanti / iconoclasti proibiscono alle loro mogli di scrivere lettere ad altre persone senza il loro consenso (canone 81)? I mariti protestanti / iconoclaste denunciano le loro mogli per la scomunica quando queste si fanno acconciare i capelli da un parrucchiere (canone 67)?

Ha molto poco senso obbedire al canone 36, o implicare fortemente che questo abbia un peso "patristico", senza dare a tutti gli 81 canoni la loro dovuta obbedienza. Questa incoerenza lampante mina perfino l'audacia di citare questo canone come prova patristica.

Parte 4

San Gregorio Magno

Il pastore Wedgeworth poi cita san Gregorio I (di Roma) nella sua lettera a Sereno, Vescovo di Marsiglia (590-604 d. C.):

"Inoltre, vi comunichiamo che è venuto alle nostre orecchie che la vostra fraternità, vedendo alcuni adoratori di immagini, ha distrutto e gettato le stesse immagini nelle Chiese. E noi vi lodiamo davvero per il vostro zelo contro qualsiasi cosa fatta con le mani che diviene un oggetto di adorazione; ma ricordiamo che non dovreste avere infranto queste immagini. Infatti nelle chiese si fa uso della rappresentazione pittorica per questo motivo: perché coloro che sono ignoranti di lettere possono leggere almeno guardando le pareti ciò che non possono leggere nei libri. La vostra fraternità quindi dovrebbe avere conservato le immagini e proibito alla gente di adorarle, perché coloro che ignorano le lettere possano avere un mezzo per raccogliere una conoscenza della storia, e perché la gente non pecchi in alcun modo attraverso l'adorazione di una rappresentazione pittorica.

Registro delle Lettere di san Gregorio Magno, Libro 9 (originariamente citato in traduzione in The Early Church Fathers and Other Works, edito da Eerdmans)

In questa lettera, san Gregorio sta vietando sia la distruzione delle immagini sacre, sia il loro abuso. Non vi è nessuna condanna generalizzata delle immagini, come nota il pastore Wedgeworth, e san Gregorio incoraggia la loro presenza negli edifici ecclesiastici. Le sue dichiarazioni condannano sia le azioni degli iconoclasti nei secoli VIII e IX, sia la più estrema distruzione di chiese, reliquie, icone, affreschi, mosaici, e codici miniati a causa della violenza delle folle durante la Riforma Protestante (per esempio, gli ugonotti distrussero sia la tomba sia le reliquie di sant'Ireneo di Lione nel 1562).

I cristiani ortodossi non approvano l'adorazione o di icone: l'adorazione dovrebbe essere data solo alla Santissima Trinità. Noi non "adoriamo" le icone come idoli; piuttosto, rendiamo loro rispetto, come potremmo baciare una preziosa fotografia di persone care, o come un cittadino americano potrebbe salutare la bandiera americana. Noi non adoriamo la carta della fotografia o il tessuto di una bandiera, ma piuttosto diamo il giusto rispetto e affetto ("servizio" o δουλεία) al loro prototipo (o a ciò che esse rappresentano per noi). In ogni caso, saremmo d'accordo con le parole di san Gregorio, che qualsiasi abuso o superstizione legate alle icone (o alle reliquie) dovrebbe essere condannato. In realtà, la Chiesa ha fatto questa stessa cosa durante le deliberazioni del settimo Concilio Ecumenico, mentre difendeva la corretta venerazione di un'icona. La lettera di San Gregorio non è una voce patristica avversaria al corretto uso delle icone; piuttosto, si distingue con fermezza nella stessa tradizione, come consenso della Chiesa. Allo stesso modo, sant'Atanasio di Alessandria istruisce:

"Noi, che siamo fedeli, non adoriamo le immagini come dèi, come fanno i pagani – Dio non voglia – ma indichiamo solo il nostro desiderio amorevole di vedere il volto della persona rappresentata nell'immagine. Quindi, quando l'immagine viene cancellata, siamo soliti gettare quel che resta come legna nel fuoco. Giacobbe, quando stava per morire, baciò la punta del bastone di Giuseppe [Gen 47:31 LXX], non per onorare il bastone, ma il suo proprietario. Allo stesso modo noi baciamo le immagini, proprio come vorremmo baciare i nostri bambini e genitori per indicare il nostro affetto.

I cento capitoli, 38

In modo più significativo di qualsiasi speculazione sulle credenze di san Gregorio in merito alle icone (intuite da una sola lettera), Uspenskij nota: "Nel 540, san Gregorio I (590-604) portò la venerabile icona della Madre di Dio, 'che si dice essere opera di san Luca '(quam dicunt a sancto Luca factam), alla basilica di san Pietro in una solenne processione e con il canto di litanie" (Theology of the Icon, Vol. 1, p. 64). Inoltre, papa Adriano I, in occasione del settimo Concilio Ecumenico, "citò una serie di testi di Padri greci e romani che, a suo avviso, erano a favore delle icone, in particolare i testi di papa san Gregorio I" (ibid., p. 132). I vescovi greci del Concilio, in seguito alla citazione di san Gregorio, aggiunsero: "per il tramite delle immagini, quelli che le guardano ascendono alla fede, e al ricordo della salvezza attraverso l'Incarnazione del nostro Signore, Gesù Cristo" (ibid., p. 133). È un peccato che l'arte moderna nella Chiesa occidentale non abbia sempre seguito il patrimonio e le credenze di uno dei propri più grandi papi – un vescovo con i piedi ben piantati sul "sentiero regale" dei Padri.

La convinzione di san Gregorio che la vista delle icone poteva non solo istruire l'analfabeta, ma anche portare gli uomini di tutte le età (e livelli di istruzione) a una contemplazione e un incontro con il divino, era una convinzione condivisa da molti eminenti Padri della Chiesa. Per esempio, san Giovanni Damasceno ha detto una volta che "siamo guidati da icone sensibili alla contemplazione del divino e spirituale" (PG, 94:1261a), san Gregorio di Nissa ha osservato che non poteva vedere l'icona di Abramo che tenta di sacrificare Isacco "senza versare lacrime" (PG, 46:572), e riguardo a questo, il settimo Concilio ecumenico commenta: "Se a tale dottore l'immagine era utile e richiamava le lacrime, quanto più nel caso degli ignoranti e semplici porterà con sé compunzione e beneficio?" (NPNF2, Vol. 14, p. 539)

Sant'Epifanio di Salamina

Più oltre, il pastore Wedgeworth propone un passo della Lettera 51 di Epifanio di Salamina, scritta a Giovanni di Gerusalemme (come citata nelle opere di san Girolamo, NPNF2):

"Inoltre, ho sentito che alcune persone hanno questo risentimento contro di me: quando vi ho accompagnato nel luogo sacro chiamato Betel, per unirmi a voi nel celebrare la Colletta, secondo l'uso della Chiesa, sono arrivato a una villa chiamata Anablatha e, mentre stavo passando, ho visto lì una lampada accesa. Chiedendo che posto fosse, e saputo che era una chiesa, vi sono andato a pregare, e vi ho trovato una tenda appesa alle porte della chiesa, tinta e ricamata. Portava una immagine o di Cristo o di uno dei santi; non ricordo con precisione di chi fosse l'immagine. Vedendo questo, ed essendo contrario a vedere l'immagine di un uomo appesa nella chiesa di Cristo

contrariamente all'insegnamento delle Scritture, l'ho strappata a pezzi e ho consigliato i custodi del luogo di usarla come sudario per qualche povero. Essi, però, mormoravano, dicendo che se io avevo avuto intenzione di strappare quella tenda, era giusto che io dessi loro un'altra tenda al suo posto.

Appena ho sentito questo, ho promesso che ne avrei data un'altra, e che l'avrei spedita subito. Da allora c'è stato qualche piccolo ritardo, a causa del fatto che sono stato alla ricerca di una tenda della migliore qualità da dare loro, invece di quella precedente, e ho pensato che ne avrei comandata una a Cipro. Ora ho inviato il meglio che ho potuto trovare, e vi supplico di chiedere al presbitero del luogo di prendere la tenda che ho mandato per le mani del lettore, e che diate indicazioni che tende di quell'altro tipo – opposte come sono alla nostra religione, non siano appese in qualsiasi chiesa di Cristo. Un uomo della vostra rettitudine deve fare attenzione a rimuovere un'occasione di offesa indegna sia della Chiesa di Cristo sia di quei cristiani affidati alla vostra carica.

Epifanio di Cipro (310-403) è annoverato tra i santi della Chiesa ortodossa-cattolica, ed è celebrato il 12 maggio. La sua più grande opera scritta è stato il Panarion ("Scrigno dei farmaci"), scritto tra il 374 e il 377 come enumerazione e "antidoto "per ogni grande eresia della storia della Chiesa. Il post scriptum di cui sopra fa presumibilmente parte di una lettera scritta a Giovanni II, vescovo di Gerusalemme dal 387 al 417. Tuttavia, secondo un certo numero di Padri della Chiesa (così come di studiosi moderni), questo post scriptum è stato fabbricato, falsamente attribuito a sant'Epifanio al fine di aiutare gli argomenti degli iconoclasti dell'VIII e del IX secolo.

La controversia sull'autenticità di questa lettera è discussa negli scritti di san Giovanni Damasceno, dal settimo Consiglio Ecumenico, da san Teodoro Studita, e – più estesamente – da san Niceforo di Costantinopoli. Tutte queste fonti sostengono che il post scriptum non era di mano di sant'Epifanio. Supponendo che in realtà lo fosse, una sola voce tra milioni non è motivo sufficiente per respingere la lunga Tradizione della Chiesa.

Per esempio, in Sulle Sacre Icone di San Teodoro Studita, si trova il seguente dialogo (sotto la voce "Autorità patristica per l'iconoclastia"):

"Eretico: Epifanio è uno di loro, uomo prominente e rinomato tra i santi.

Ortodosso: Noi sappiamo che Epifanio è un santo e un grande taumaturgo. Sabino, suo discepolo e membro della sua famiglia, eresse una chiesa in suo onore dopo la sua morte, e la fece decorare con le immagini di tutte le storie del Vangelo. Non lo avrebbe fatto se non avesse seguito la dottrina del suo maestro. Anche Leonito, l'interprete degli scritti del divino Epifanio, che era vescovo della chiesa di Neapolis a Cipro, insegna molto chiaramente nel suo discorso su Epifanio come fosse costante per quanto riguarda le icone sacre, e non riporta nulla di spregiativo che lo riguardi. Quindi la composizione contro le icone è spuria e non è affatto opera del divino Epifanio.

San Teodoro teorizza anche la (poco probabile) possibilità che Epifanio (o qualsiasi altra persona amata) avesse fatto una cosa del genere contro un'icona, facendo prima riferimento alle parole dell'apostolo Paolo in Gal 1: 8-9, e poi concludendo:

"Alzate gli occhi, guardatevi intorno e vedete ovunque sotto il cielo, negli edifici sacri e nei sante monumenti in loro custoditi, queste immagini raffigurate e necessariamente venerate nei luoghi in cui sono raffigurate. Anche se non ci fosse alcuna ragione dogmatica né voci di padri ispirati per sostenere sia l'erezione sia la venerazione delle icone, l'antica tradizione prevalente sarebbe sufficiente per la conferma della verità. Chi può pretendere di opporsi a questa tradizione? Chi si oppone così cade lontano da Dio e dall'ovile di Cristo, perché pensa come i manichei e i valentiniani, che balbettavano ereticamente che Dio aveva dimorato tra gli abitanti della terra solo in apparenza e fantasia.

Quando l'imperatore Leone III emanò politiche contro le icone nel 730, i cristiani ciprioti sfidarono le sue dichiarazioni. È importante notare che, a questo punto della storia, Cipro non era sotto il Califfato, né sotto l'impero (nonostante pagasse tributi a entrambi). Erano "praticamente indipendenti", privi di qualsiasi influenza esterna militare o politica. Per quanto riguarda i dibattiti iconoclasti sotto Leone III (e dopo), Charles Anthony Stewart rileva inoltre:

"Un punto centrale nel dibattito era incentrato sugli insegnamenti di sant'Epifanio. Gli iconoclasti sostenevano un testo discutibile in cui il venerabile santo dichiarava il suo rifiuto delle icone... In risposta, l'iconodulo Giovanni Damasceno (676-749) a quanto pare visitò la basilica a molte cupole di Salamina-Costanza nell'VIII secolo, registrando che "La prova che egli [Sant'Epifanio] non sollevò obiezioni alle immagini, si trova nella sua chiesa, che è adornata con immagini fino a questo giorno".

Domes of Heaven: The Domed Basilicas of Cyprus, p. 87

Quando il sinodo iconoclasta del 754 fu assemblato a Hieria, i vescovi ciprioti rifiutarono di partecipare. La loro approvazione di icone non veniva dalla forza di un imperatore (poiché erano esenti dall'influenza e dalla minaccia imperiale), ma piuttosto dalla loro eredità della tradizione apostolica; una tradizione che era stata precedentemente conservata da sant'Epifanio sullo stesso territorio isolato di Cipro. Il sinodo dei briganti del 754 condannò per nome l'arcivescovo di Salamina-Costanza (Giorgio), insieme a san Giovanni di Damasco e a san Germano di Costantinopoli. "Tuttavia", osserva Stewart, "la Chiesa di Cipro mantenne la propria determinazione contro l'iconoclastia dell'Impero" (ibid.). Durante questo periodo, uomini come santo Stefano il Giovane consigliarono agli iconoduli di fuggire verso l'isola di sant'Epifanio al riparo dagli iconoclasti. L'imperatore aveva anche dei monaci ribelli iconoduli e membri del clero in esilio a Cipro, che ora era considerata una sorta di colonia penale, a causa della sua sfida sul tema delle icone.

Nel 780, un presbitero di Salamina-Costanza fu nominato patriarca di Costantinopoli (Paolo IV). Cercò (senza successo) di ripristinare le icone e la loro venerazione nell'impero. Tuttavia, il suo successore (Tarasio) avrebbe fatto quello che non aveva potuto fare, e contribuì a radunare il settimo Concilio Ecumenico nel 787. Cinque vescovi ciprioti erano presenti, tra cui l'arcivescovo Costantino di Cipro. Alla delegazione cipriota fu dato il massimo degli onori a questa assemblea, perché erano visti come campioni della causa iconodula, anche di fronte alla persecuzione imperiale. Al  concilio, il diacono dell'imperatrice Irene osservò: "Se [Epifanio] aveva disprezzato la vista delle icone, perché i suoi discepoli dovrebbero anche solo dipingere una sua icona?" Stewart continua, "Per confermare questa tesi, l'arcivescovo Costantino testimoniò al Concilio che in effetti vi erano dipinti esposti a Salamina-Costanza" (ibid., p. 88).

Se uno dei più grandi santi della storia dell'isola era un iconoclasta, come è possibile che i suoi successori fossero così inesorabilmente a favore della venerazione delle icone? Perfino al punto di essere eminenti tra gli iconoduli? Certamente non era una questione politica, e non ha senso affermare che stavano semplicemente andando contro le tradizioni di sant'Epifanio. Sarebbe simile a una bestemmia, dato il modo con cui cristiani si sentivano di fronte alla tradizione apostolica. Non è molto più sensato concludere che i suoi sentimenti iconoclasti furono un'invenzione successiva, come tutte le prove citate sembrerebbero indicare?

Uno studio completo dei presunti scritti iconoclasti di Epifanio si può trovare in un'opera del 2008 di padre Steven Bigham, Epiphanius of Salamis, Doctor of Iconoclasm? Deconstruction of a Myth Padre Steven dà un trattamento esteso di tutti i principali argomenti sia a favore sia contro l'autenticità della lettera di cui sopra, attribuita a sant'Epifanio, tra altri scritti falsamente attribuiti a lui. Egli discute anche il dibattito su questo tema tra Karl Holl (1866-1926) e George Ostrogorsky (1902-1976), concludendo che gli elementi di prova puntano a ciò che i Padri hanno già sostenuto più di un millennio prima di noi: un Epifanio iconoclasta è una fantasia iconoclasta.

Parte quinta

Una sintesi delle critiche

Parte di ciò che rende spesso frustrante il dibattito sulle icone è che gli iconoclasti non sono quasi mai coerenti nelle loro critiche. Il pastore Wedgeworth inizia dicendo che "L'uso liturgico delle icone è uno dei punti controversi che ha una fondazione mista nella Chiesa primitiva", e in seguito "Non molte persone, tuttavia, conoscono le voci patristiche opposte. Per aiutare a contro-bilanciare questo, ne fornirò solo alcune. "Non solo non ci è stata fornita alcuna precisa prova patristica al contrario (cioè, contraria al settimo Concilio Ecumenico e alla prassi della Chiesa ortodossa-cattolica), ma in questo post non è chiaro quale "critica" si stia tentando di dimostrare.

Si è sostenuto che l'uso liturgico delle icone è sia contestata sia basata su una fondazione mista. Ciò implicherebbe un argomento contro l'uso liturgico delle icone. Con questo, posso solo supporre che significhi il loro culto (onore): portarle in processione, baciarle, incensarle, e così via.

La sua prima citazione da Tertulliano (che non è un Padre della Chiesa ortodossa, e quindi non è esattamente una critica "patristica") dimostra che ci sono alcune immagini consentite per uso liturgico; vale a dire, il serpente di bronzo e le immagini del tabernacolo / tempio. Tuttavia, Tertulliano ha anche equiparato tutte le immagini a idoli, rifiutando di conseguenza gli artisti al catecumenato. Era un fanatico – un estremista – e, di conseguenza, divenne alla fine un montanista, attaccando la Chiesa su una serie di questioni. Questo non è un insulto, ma piuttosto una valutazione storica dei fatti. Egli lamenta (come montanista, non come cristiano) che la Chiesa accetta pittori e scultori in un rango clericale: "I creatori di idoli sono scelti anche nell'ordine ecclesiastico. Che abominio! "(Sull'idolatria, 7). Ciò dimostra che tali artigiani erano ufficialmente accettati tra gli ordini del clero. Qui non ci sono prove patristiche contro il loro uso liturgico qui, poiché Tertulliano li guarda dal di fuori.

Per quanto riguarda il canone 36 del Sinodo locale di Elvira, i punti più delicati del diritto canonico sono stati ignorati, e ci è stata presentata una traduzione scadente di questo oscuro canone disciplinare. Tenuto conto del fatto che questo canone è stato ignorato (se davvero voleva dire che non ci dovessero essere immagini nelle chiese), si può ragionevolmente concludere che questo canone non ha alcun peso patristico, e che non vuol dire ciò che gli iconoclasti implicano che voglia dire. Sappiamo per certo che non è un canone teologico, che non dice nulla riguardo al tipo di immagini sulle pareti della chiesa, e che non fu mai obbedito o ripetuto in canoni futuri nel modo in cui affermano gli iconoclasti. Questo è un altro fallimento quando si tratta di dimostrare una critica patristica coesa, tangibile, dell'uso liturgico delle icone, perché esistevano immagini sacre sia sulle pareti delle chiese spagnole sia sui sarcofagi dei cristiani spagnoli in questo punto della storia. La prova tangibile supera quella speculativa o inammissibile.

Nella citazione da san Gregorio Magno, si conclude che, poiché san Gregorio condanna il culto abusivo delle immagini, è stato anche contrario alla loro venerazione. Si sostiene che san Gregorio le approva solo come "letture", come aiuto per gli ignoranti o gli illetterati. Tuttavia, è stato dimostrato che san Gregorio era anche un sostenitore del loro culto, e trasportò l'icona della Madre di Dio (dipinta dall'apostolo Luca) per le vie di Roma in solenne processione. Inoltre, la sua testimonianza relativa alle immagini sacre è stata invocata durante le deliberazioni del settimo Concilio Ecumenico. Non era né un musulmano, né un iconoclasta, ma era pienamente ortodosso per quanto riguarda le icone. Qui non c'è alcuna critica patristica delle icone – solo una condanna prudente e ortodossa del loro abuso.

Per rivedere l'inventario fino a questo punto, ci sono state presentate citazioni che allo stesso tempo negano il posizionamento delle immagini nelle chiese (Elvira e Tertulliano), e affermano il loro utilizzo nelle chiese (san Gregorio, anche se le conclusioni sulle credenze di Gregorio sono inesatte). Ancora una volta, sarei davvero grato se le critiche degli iconoclasti all'iconodulia fossero coerenti: o sempre dirette contro l'esistenza stessa delle icone, oppure, mentre permettono costantemente la loro esistenza, sostenendo che non si devono venerare. Miscelare e accostare citazioni che sono dalle parti opposte dello spettro non fa che intorbidare le acque. E affermare che gli ortodossi adorano le icone come idoli o falsi dèi è sia assurdo e sia irrilevante.

Alla fine ci è stata presentata una citazione attribuita a sant' Epifanio. In quest'esempio, si sostiene un punto di vista più simile a quello di Tertulliano; cioè, tutte le immagini devono essere distrutte. Questo non concorda con l'idea che le immagini sono accettabili, purché siano utilizzate come "letture"; cioè, perché gli analfabeti / ignoranti ricevano il messaggio del Vangelo, senza parole. Indipendentemente da ciò, penso che ci sia un'abbondanza di prove – antiche e moderne – per respingere questo post scriptum come un falso. Non fa la sua prima comparsa fino ai dibattiti dei secoli VIII e IX, e i Padri di quel tempo lo hanno condannato come scandalosa invenzione. Coloro che in realtà conoscevano Epifanio puntano tutti alla sua ortodossia per quanto riguarda le icone. È stato pure sepolto in una chiesa (la Cattedrale di Agios Epifanios a Cipro) che era piena di immagini sacre, dove erano venerate le sue reliquie taumaturgiche. Secondo i suoi discepoli, questo è quello che avrebbe voluto. E questa sarebbe una solida critica patristica della icone? Può creare un dibattito interessante, ma le prove del "mondo reale", e la testimonianza di coloro che lo hanno conosciuto mette in discussione la legittimità del post scriptum.

In sintesi, quindi, ci sono stati dati due elementi di prova contro l'esistenza stessa delle icone (uno da un montanista e uno da un falso), un elemento di prova tradotto male che non vieta le icone del tutto, ma – per ragioni che non possiamo sapere – suggerisce che sulle chiese di Spagna nel IV secolo non si dipingano immagini (di quale tipo, non possiamo esserne certi) sui muri, e un elemento di prova di un santo che venerava le icone e che dice le icone non dovrebbero essere adorate (cosa con la quale gli ortodossi sono pienamente d'accordo).

La conclusione del pastore Wedgeworth è che "queste citazioni mostrano che... la polemica attorno alle icone era una polemica intra-cristiana," e:

"I riformatori non erano, per il loro rifiuto della venerazione delle icone, necessariamente anti-patristici. In effetti, proprio perché conoscevano la complessità degli antichi resoconti, potevano tranquillamente interagire con essi, muovere rivendicazioni su parti di essi, e, infine, andare oltre per tornare alla testimonianza biblica precedente (Esodo 20: 4-6, Atti 17:29).

Ci sono molte cose che si possono dire in risposta a questa conclusione.

Come sottolineato in precedenza, le citazioni precedenti non mostrano molto nel senso di una "polemica" sostanziale intorno alle icone, ma sono – per la maggior parte – discussioni intra-cristiane. Tuttavia, l'unica incontrovertibile prova patristica legata alle immagini che è stata presentata (quella di san Gregorio), viene da un santo che venerava icone. Il fatto che lui non ne parli in questo particolare brano non tradisce la realtà della sua pratica personale, per non parlare della pratica della Chiesa. Se ci fosse stata una sostanziale critica patristica delle icone, dov'era la folla degli iconoclasti mentre lui portava in processione un'icona della Madre di Dio del primo secolo per le strade di Roma? Non c'era tale folla, perché a quel tempo non c'era un sostanziale sottoinsieme di iconoclasti all'interno della Chiesa.

La testimonianza della Riforma

Si è sottinteso che i riformatori fossero contro il culto delle icone, e che tale posizione possa essere considerata "patristica". Ma quali riformatori? Come per molti altri, i riformatori (sia magistrali sia radicali) avevano una vasta gamma di credenze diverse in questa materia.

C'erano molti che erano d'accordo con uomini come Tertulliano, e non ritenevano ammissibili le immagini di qualsiasi tipo (non solo religiose) – per esempio Giovanni Calvino (Istituzione della religione cristiana, 1:11:1-16). Tuttavia, Calvino sembra completamente all'oscuro degli scritti dei Padri in materia, come quelli di san Giovanni Damasceno o di san Teodoro Studita. Non cita una sola volta i loro scritti. Calvino utilizza anche diversi errori di traduzioni sia della Vulgata sia del settimo Concilio Ecumenico (a quanto pare la stessa traduzione erronea invocata dai franchi) al fine di favorire le sue affermazioni. Forse, se Calvino avesse avuto accesso a più Padri greci, a migliori manoscritti delle Scritture, e a una corretta traduzione del settimo Concilio Ecumenico, avrebbe dato un parere diverso? Così com'è, il suo intero argomento è un uomo di paglia contro il culto degli idoli come falsi dèi. Tuttavia, questo è certamente un punto di vista evidente tra le Chiese della Riforma.

C'erano anche uomini come Martin Chemnitz che permettevano le immagini (anche nelle chiese), ma respingevano la loro venerazione esplicita:

"Così stiamo discutendo solo l'uso di immagini storiche che vengono utilizzate sia per un ricordo di cose che sono state fatte o per motivi di decoro. Questi usi non sono in alcun modo vietati nella Scrittura, e vi può essere un loro uso perfettamente legittimo.

Loci Theologici, p. 376

E in terzo luogo, ci sono stati uomini come Martin Lutero, che non solo ammettevano la presenza di immagini nelle loro chiese, ma le consideravano anche lodevoli e onorevoli. Egli credeva che il secondo comandamento proibisse chiaramente il culto delle immagini (in particolare di immagini non religiose), ma non proibisse l'uso di crocifissi o di icone sacre in un contesto liturgico:

"Secondo la legge di Mosè non sono proibite altre immagini se non un'immagine del Dio che si adora. Un crocifisso, d'altra parte, o qualsiasi altra immagine sacra non è vietata. Ora, o voi distruttori di immagini, io vi sfido a dimostrare il contrario!

Opere complete, vol. 40, p. 86

Come è evidente da questa citazione (e dal contesto delle sue lettere su questo tema), Lutero era opposto all'iconoclastia e alla distruzione delle immagini. Mentre un certo numero di immagini distrutte non erano religiose, molte di loro lo erano. Lutero è ambivalente sulla prima categoria, dicendo che oggi (nella nuova alleanza) tali immagini non sono "nulla", come la circoncisione, ma la loro distruzione è chiaramente sbagliata. Egli sostiene che non solo (l'iconoclastia) è carente di amore, ma implica che lo zelo nella distruzione delle immagini può in qualche modo giustificare, contrariamente alla suo nuova dottrina della giustificazione per sola fede (ibid., p 85):

"La loro idea di poter piacere a Dio con opere diventa un vero idolo e una falsa certezza nel cuore. Tale legalismo si traduce nel creare immagini all'esterno mentre si riempie il cuore con idoli.

Inoltre, l'esegesi che Lutero fa del secondo comandamento sostiene che le immagini sacre non sono idoli, perché non sono trattate come tali. Esse non sono destinate a sostituire Dio, come gli idoli pagani, ma hanno piuttosto lo scopo di puntare i nostri cuori e le nostre menti a Cristo (ibid., p 87):

"Non si può trarre alcuna conclusione dalle parole, "Non avrai altri dèi", diversa da quello che si riferisce all'idolatria. Dove però immagini o statue vengono fatte senza idolatria, allora la loro fabbricazione non è proibita, perché il detto centrale "Non avrai altri dèi" rimane intatto.

Al di là di questo, Lutero sostiene che le immagini sacre e la Croce sono degne sia lode che di onore (ibid., p 92..):

"Ma le immagini per memoriale e per testimonianza, come i crocifissi e le immagini di santi, devono essere tollerate. È indicato che ciò è il caso anche nella legge mosaica. E non solo devono essere tollerate, ma per il bene del memoriale e della testimonianza sono degne di lode e di onore, come le pietre testimoni di Giosuè [Gs 24:26] e di Samuele [I Sam 7:12].

Per Lutero, le immagini sacre non sono solo una "testimonianza", ma anche un "memoriale" (ἀνάμνησις); un simbolo che ri-presenta il prototipo che è significato. Elevano i nostri cuori a Cristo e all'imitazione di quelli che presentano, che a loro volta hanno dedicato la loro vita alla sua imitazione. Questo è il motivo per cui alcune persone hanno ritenuto le icone "finestre sul cielo." Questo non significa che si può letteralmente vedere il cielo con un'icona, ma che servono come un vero memoriale della presenza del Signore, in virtù delle persone (o degli eventi ) che rappresentano. Non c'è nulla di sacro nel legno, nell'oro o nella vernice; sono gli esseri umani, che sono creati a immagine di Dio e che ci mostrano vere e venerabili immagini di Cristo, che rendono le icone quello che sono. Questo è il motivo per cui noi incensiamo singole persone e le salutiamo con un bacio santo nelle chiese ortodosse fino a oggi. Questo non è idolatria; si tratta di un amore personale e affetto l'uno per l'altro nel Corpo di Cristo.

Questa teologia dell'icona/simbolo/rappresentazione, e dell'onore che passa al prototipo, non era solo ampiamente sostenuta tra i Padri (come san Basilio il Grande, san Giovanni Damasceno, e i Padri del settimo Concilio Ecumenico), ma è state anche insegnate da Cristo:

"Chi accoglie voi accoglie me, e chi accoglie me lo riceve che mi ha mandato. (Mt 10:40)

In verità vi dico: ogni volta che avete fatto queste cose a uno solo di questi miei fratelli più piccoli, l'avete fatto a me. (Mt 25:40)

In verità, in verità vi dico, colui che accoglie quelli che io manderò, accoglie me; e chi accoglie me accoglie colui che mi ha mandato. (Gv 13:20)

Vi è un certo numero di implicazioni di questa teologia, e molte di queste vanno ben oltre i confini del dibattito sulle icone. Per esempio, la preoccupazione ortodossa per i malati e i sofferenti, insieme con la nostra preoccupazione per tutta la creazione, è radicata in una teologia che crede che tutto il creato serve come immagine e riflesso di Dio, e che le bocche dei senzatetto sono la bocca di Cristo stesso.

Sto già diventando prolisso, ma vale la pena leggere la conclusione di Lutero su questo argomento:

"Io stesso ho visto e sentito che gli iconoclasti leggono la mia Bibbia tedesca. So che ce l'hanno e la leggono, come si può facilmente determinare dalle parole che usano. Ora ci sono un gran numero di immagini in quei libri, di Dio, degli angeli, degli uomini e degli animali, in particolare nella Rivelazione di Giovanni e in Mosè e in Giosuè. Così ora noi vorremmo gentilmente chiedere loro di permetterci di fare ciò che essi stessi fanno. Vorremmo dipingere le immagini contenute in questi libri sulle pareti per il bene della memoria e per una migliore comprensione, dal momento che non fanno più male sulle pareti che nei libri. È sicuramente meglio dipingere sulle pareti immagini di come Dio ha creato il mondo, di come Noè ha costruito l'arca, e qualunque altra buona storia ci possa essere, piuttosto che dipingere spudorate cose del mondo. Sì, voglia Iddio che io possa convincere i ricchi e i potenti a permettere di dipingere l'intera Bibbia case, all'interno e all'esterno, in modo che tutti possano vederla. Sarebbe un'opera cristiana...

Di questo sono certo, che Dio desidera per le sue opere siano sentite e lette, soprattutto la passione del nostro Signore. Ma è impossibile per me sentirla e mantenerla in mente senza formare immagini mentali di essa nel mio cuore. Che io lo voglia o no, quando sento parlare di Cristo, l'immagine di un uomo appeso a una croce prende forma nel mio cuore, proprio come il riflesso del mio viso appare naturalmente nell'acqua quando guardo dentro. Se non è un peccato, ma una cosa buona avere l'immagine di Cristo nel mio cuore, perché dovrebbe essere un peccato averla nei miei occhi?...

Tuttavia, qui devo cessare per non dare occasione ai distruttori di immagini di non leggere mai la Bibbia, o di bruciarla, e quindi di strappare il cuore dal corpo, perché sono così contrari alle immagini.

Opere complete, vol. 40, p. 100

Lutero vede la decorazione delle chiese con immagini sacre come "un'opera cristiana" – qualcosa che dovrebbe essere fatta anche nelle famiglie. Se fosse per lui, le immagini sacre sarebbero ovunque si guarda. E, secondo Lutero, queste immagini sono degne sia di lode sia di onore. Questo è ben lungi da Calvino, e ancora più vicino alla posizione ortodossa rispetto a quelli come Chemnitz. Mentre io rispetto la posizione del pastore Wedgeworth su questo tema come una parte dei diversi punti di vista della Riforma sulle icone, questa posizione non è l'unica.

La pratica di prosternarsi davanti alla croce al Giovedì Santo in molte tradizioni luterane oggi è un esempio di una posizione più in linea con Lutero rispetto ad altri riformatori più radicali, come per esempio Chemnitz, Melantone, Zwingli, e Calvino. Anche il movimento anglo-cattolico o "movimento di Oxford" del XIX secolo servì come un utile correttivo per alcuni degli sviluppi più estremi nelle chiese della Riforma. Invece di ritornare di nuovo ad una presunta "testimonianza biblica," molti protestanti e anglicani hanno tentato di ripristinare le pratiche patristiche, ortodosse della Chiesa.

Una testimonianza biblica

Per quanto riguarda la testimonianza biblica, le osservazioni conclusive evidenziano nuovamente le frustranti incongruenze quando si tratta di dibattiti sulle icone dell'era post-Riforma. Devo anche ricordare al lettore che ho dato un certo numero di riferimenti scritturali nei miei post precedenti, sostenendo non solo l'esistenza delle immagini sacre (e delle reliquie, per esempio 2 Re 13:20-21; Atti 5:15-16, 19:11-12), ma anche la loro corretta venerazione.

Mentre sembra che molti iconoclasti affermerebbero l'esistenza delle icone come messaggio evangelico per i giovani o gli ignoranti, il pastore Wedgeworth paragona le immagini sacre agli idoli pagani citando Esodo 20:4-6 e Atti 17:29. Se si ritiene che il secondo comandamento si riferisca all'uso cristiano delle icone, o si afferma che tutte le immagini sono idoli (cosa che nega l'Incarnazione, e implica che Dio si contraddica nel Vecchio Testamento), o che le icone sacre sono adorate come idoli (cosa che non è vera). Ad ogni modo, questo non è d'accordo con le altre dichiarazioni relative alle icone come "letture", né contribuisce a portare coerenza al dibattito. Non tutte le immagini sono idoli, e non sono da adorare – e non devono essere adorate – cosa che rendendo il secondo comandamento e Atti 17:29 irrilevanti per l'argomento in questione. Il Concilio di Nicea ha parlato con decisione contro il culto idolatrico di qualsiasi immagine, argomentando in favore del loro corretto culto o del loro solo onore. Mostrandosi il più saldo di tutti i riformatori, Martin Lutero apparentemente sostiene lo stesso.

Ogni riferimento scritturale presentato come una condanna delle icone e della loro corretta venerazione è un riferimento che condanna l'idolatria e l'adorazione di falsi dei. In altre parole, non ci sono riferimenti biblici che condannano le icone e la loro corretta venerazione. Le immagini del tabernacolo / tempio erano altamente simboliche o di soli esseri angelici, e le immagini della Nuova Alleanza (alla luce dell'Incarnazione di Cristo; cfr 1 Giovanni 1:1-3) sono di persone – di immagini del Dio-Uomo incarnato e risorto, create (e redente) a sua somiglianza. Poiché non vi è alcuna condanna scritturale delle immagini sacre, ciò di cui stiamo realmente discutendo è la tradizione. E come ho menzionato in un precedente post, ciò che una volta era una pia usanza ora è diventato un testimone essenziale del Vangelo. In risposta a coloro che vorrebbero farla finita con le immagini per le ragioni sbagliate – minando l'essenza stessa di chi è Gesù Cristo e di chi è stato per la nostra redenzione – le immagini sacre sono ormai una parte indispensabile della tradizione cristiana.

Conclusione

Quello che abbiamo visto è che gli iconoclasti sono incoerenti quando si tratta di rispondere al trattamento ortodosso-cattolico delle immagini sacre (insieme con le reliquie, la Croce e l'Eucaristia). Le asserzioni provengono da un certo numero di punti di partenza contraddittori, e raramente mantengono un senso alla fine. Credo di aver dimostrato che non ci è stata presentata una critica patristica delle icone – che presumibilmente mina sia la loro collocazione nella vita della Chiesa sia la loro venerazione – ma piuttosto una serie di citazioni che sono o irrilevanti, fuori contesto, o parte di una prospettiva eterodossa più ampia che va ben oltre la validità o l'invalidità delle immagini.

Certo, nessuno nega che ci fosse una grande controversia intorno alle immagini tra le élite dell'Impero nei secoli VIII e IX (il parere popolare non è mai cambiato), ma una data così tarda per la controversia mette difficilmente in discussione sia l'origine sia l'uso delle icone, così come il consenso patristico e la pratica ordinaria della Chiesa per secoli.

Ciò che mostra il post del pastore Wedgeworth è che i Padri della Chiesa, le Scritture, e altri scritti dei primi cristiani vengono utilizzati come poco più che un compendio di dati storici e accademici da cui si può assemblare una varietà di prospettive dottrinali. Lo stesso pastore Wedgeworth ha dichiarato che i Padri della Chiesa sono "strumenti accademici e storici, piuttosto che una griglia interpretativa rigida o un paradigma". E certamente sono trattati come tali. Tuttavia, quando un cristiano ortodosso fa un appello alla tradizione apostolica, non sta facendo una richiesta del tutto epistemologica quanto piuttosto una richiesta ontologica. Non è che questo è quello che alcune persone molto tempo fa credevano, e i cristiani ortodossi lo stiano retroattivamente citando come prove – così come una persona che si serva del testo delle Scritture per "provare" un certo numero di cose fantasiose. Piuttosto, stiamo dicendo "Noi siamo parte della Chiesa – una comunità viva di fedeli cristiani che hanno conservato la fede apostolica. La stessa fede degli apostoli e dei Padri prima di noi. La stessa fede che viviamo, respiriamo, mangiamo e beviamo oggi". Il ricorso è all'ontologia della Chiesa come Corpo di Cristo – "senza macchia o difetto" (Ef 5,27) – e non di un set di argomenti o idee astratte, rimosse dal loro contesto storico o incarnato.

Sulla stessa linea, si potrebbe indicare come la teologia di Mercersburg viene cooptata oggi da alcuni. Praticamente nessuno degli attuali teorici di Mercersburg fa parte della United Church of Christ – probabilmente i veri eredi ecclesiali della teologia di Mercersburg e della Chiesa tedesca riformata qui negli Stati Uniti. Invece, si fa un appello retroattivo ai teologi di Mercersburg da tempo defunti (Nevin e Schaff) come prove per sistemi di credenze di oggi – sistemi di credenze innaturalmente innestati su comunioni ecclesiali che non hanno un vero e proprio collegamento incarnato con i teologi di Mercersburg o con le loro chiese. Si tratta di una teologia nostalgica di idee con un'ecclesiologia senza corpo. Tutti i protestanti conservatori rinnegano le loro chiese "liberali" mainline, ma queste chiese non sono forse il risultato vivo e vitale della loro dottrine formative fondamentali?

Lo stesso problema può verificarsi quando si tratta di citare le Sacre Scritture. Dal momento che le Scritture sono ispirate dallo Spirito Santo, e la Theosis è "acquisizione dello Spirito Santo" (san Serafino di Sarov), la propria esperienza di Theosis correla direttamente alla propria capacità di comprendere correttamente o di interpretare le Scritture. E nessuna quantità di intelletto, citazioni dei Padri della Chiesa, o studi storici potrà mai soppiantare completamente questa capacità. Direi che suggerire il contrario è un insulto sia al valore sia allo scopo delle Scritture, per non parlare delle loro qualità divine. E così, si deve in gran parte fare affidamento sui santi e martiri venuti prima di noi, e alla Chiesa per la quale sono vissuti e morti. Fortunatamente per i cristiani, il nostro Signore ha promesso che non avrebbe mai abbandonato la Chiesa, e che essa non potrà mai fallire. Queste promesse sono più di una garanzia sentimentale; sono luce e vita.

Va detto, pure, che questo saggio non è davvero per il pastore Wedgeworth, che è un ammirevole marito, padre, e amante di Cristo, e so che molto probabilmente nulla di tutto questo cambierà le sue idee. Mentre ovviamente siamo in disaccordo, non si tratta di una disputa personale con lui. Invece, si tratta di idee e prospettive assunte e presentate. E alla fine, questo tipo di dialoghi è fatto per coloro che si trovano nello spazio circostante; quel regno mistico di indagine e di conversione che è apparentemente indefinibile. Personalmente io sono ritornato a casa nella Chiesa ortodossa in parte come risultato dell'esame di argomenti poveri contro questioni come le icone, e mi auguro che altri possano fare lo stesso. Lo scopo di tutto questo è di mostrare che il contesto regna supremo, che le sabbie mobili non sono un buon punto di appoggio per una dottrina teologica, che c'è ben di più di quanto appaia quando si tratta di fare citazioni presuntuose dai Padri della Chiesa, dai primi scritti cristiani e dalle Sacre Scritture, e che le idee senza un corpo sono senza peso, come si può immaginare.

Ci sono in realtà altre, più interessanti citazioni dei Padri e di altri scritti dei primi cristiani su questo tema. Se qualcuno è interessato in sostanza a una risposta a tutto quello che c'è da dire, vorrei incoraggiarlo fortemente a leggere i due volumi della Teologia dell'icona di Leonid Uspenskij, così come il saggio Early Christian Attitudes toward Images di padre Steven Bigham. Ci sono altri testi, ma queste due opere moderne sono state estremamente utili per me personalmente. La questione più profonda, ovviamente, non è la presunta critica patristica delle icone, ma piuttosto l'impostazione di base. In ogni caso, mi auguro che sia stato chiarito che la Chiesa ortodossa ha una risposta semplice a questo tipo di accuse, e che noi preghiamo come crediamo, e crediamo come preghiamo. Noi non siamo ignoranti di storia e di altre voci di dissenso; la storia è nostra, e tutti la condividiamo nel Corpo di Cristo; come l'indegno reso degno, con timore di Dio, fede e amore.

La mia speranza principale è che anche una sola persona possa inciampare su questi post e cominciare a riconsiderare il proprio punto di vista quando si tratta della venerazione cristiana delle icone (come le reliquie, la Croce, etc.). Noi non adoriamo idoli; noi non stiamo cercando di disonorare il Signore. Stiamo semplicemente seguendo il sentiero regale dei nostri padri prima di noi – non pretendiamo di creare una Chiesa a nostra immagine, ma piuttosto di ricevere il corpo di Cristo, così come è stato fedelmente tramandato. Dopo tutto, questo è ciò che significa credere nella "Chiesa una, santa, cattolica e apostolica"; la Chiesa è il πλήρωμα (pleroma) della Trinità; il Corpo di Cristo; il tempio del Dio vivente; e la colonna e il fondamento della verità. E integra, completa, e non manca di nulla (vale a dire "cattolica").

Ricevendo quest'assemblea vivente di testimoni come contesto per la fede e il credo, si può capire più perfettamente che cosa significa vivere e pregare come cristiano. Questo è ben lungi dal trattare i Padri come "strumenti accademici e storici," e spero che questo post lo abbia reso chiaro.

 
Il sostegno degli Stati Uniti a Jarosh e al settore destro: una vittoria per il terrore

Dmitrij Jarosh (Foto: RIA Novosti)

Il governo degli Stati Uniti, attraverso l'utilizzo di elementi paramilitari estremisti e neo-nazisti ha rovesciato il governo dell'Ucraina. Ammissioni, dichiarazioni e azioni dei funzionari del governo degli Stati Uniti e centinaia di conversazioni registrate, e-mail private, e fatti non contestati che sono stati denunciati e resi pubblici dimostrano senza ombra di dubbio che gli Stati Uniti sono stati dietro il colpo di stato in Ucraina, ma la "comunità mondiale" è tranquilla e quella disgrazia e affronto all'umanità che l'Occidente chiama "Euro-Maidan" continua a incombere sui concetti di democrazia, stato di diritto, sovranità e civiltà e disonorarli di fronte agli occhi del mondo.

Gli architetti geopolitici di Maidan

Gli accoliti di Brezhinsky, i pianificatori neo-conservatori del Progetto per un nuovo secolo americano, la CIA, la NATO, il Pentagono, il complesso che controlla l'intero governo degli Stati Uniti tra cui il Presidente degli Stati Uniti Barack Hussein Obama (che ultimamente è diventato nient'altro che un venditore di gas per le corporazioni militari e industriali degli Stati Uniti) e l'intero establishment della politica estera degli Stati Uniti hanno deciso che volevano un cambio di regime in Ucraina.

Gli obiettivi della cabala occidentale sono molteplici in Ucraina, ma includono: cementare l'egemonia degli Stati Uniti nelle ex repubbliche sovietiche, l'installazione di elementi bellici della NATO per continuare a circondare la Russia, terminare l'influenza russa in Ucraina, dividere il mondo slavo, indebolire la Chiesa ortodossa russa, controllare e sfruttare il flusso del gas russo verso l'Europa, sfrattare la Flotta del Mar Nero e terminare tutti gli scambi commerciali tra l'Ucraina e la Russia.

I progettisti del golpe hanno avuto bisogno di una quinta colonna in Ucraina, che odia abbastanza la Russia per fare qualsiasi cosa per realizzare il cambio di governo, necessario affinché Washington continui con i suoi nefasti piani di dominio e controllo delle risorse del mondo. Hanno speso almeno 5 miliardi dollari e 10 anni ad addestrare neo-nazisti, tra cui il pravyj sektor (settore destro), e a organizzare un colpo di stato orchestrato per cominciare con l'inizio dei Giochi Olimpici di Sochi, in modo da ridurre l'impatto del successo avuto dalla Russia a organizzare e ospitare i giochi.

Tutti questi fatti e ancor di più sono noti al mondo, come il fatto puro e semplice che il regime a Kiev non è altro che uno spettacolo di burattini installato e organizzato dall'Occidente, e non rappresenta in alcun modo il popolo ucraino. I nomi e gli attori dietro il colpo di stato non sono un segreto per nessuno, così come il fatto che il settore destro non è altro che una banda di spietati criminali nazisti senza legge, eppure non si leva un grido di indignazione, non vi è alcun passo indietro dai politici occidentali che continuano a sostenere gli assassini nazisti fuorilegge, e i media occidentali continuano a marciare a passo di truppa a favoreggiare quella che è diventata davvero una delle più grandi disgrazie per Washington e il mondo occidentale.

Non ci può essere ora alcun dubbio (se mai ce n'è stato uno) che gli USA/NATO/UE sono co-cospiratori in un progetto illegale, aggressivo, amorale e pericoloso di controllo del mondo, della sua ricchezza e delle sue risorse e non si fermeranno davanti a nulla per soddisfare il loro obiettivo.

Obama (come firmatario) e i suoi pianificatori di Washington hanno scatenato quella che potrebbe essere chiamata la peggiore feccia della Terra in Ucraina e presto impareranno quanto sono stati ignoranti nella loro strategia di campagna globale di cambiamenti di regime. Una strategia che ha visto Washington sostenere i terroristi, creare Al-Qaeda, reclutare, formare e finanziare gente come Osama Bin Laden, sostenere paramilitari di destra e impiegare un esercito di mercenari non statali e di imprenditori privati ​​per completare le loro "missioni" in tutto il mondo. Solo che questa volta non reggerà.

Washington vedrà presto come la sua ignoranza dei popoli del mondo e dei loro tentativi di plasmare il mondo a propria immagine e di controllarlo causerà la fine di ciò che è attualmente conosciuto come gli Stati Uniti d'America. Questa fine verrà di sicuro perché si sono spinti troppo in là e i popoli del mondo non saranno più in grado di guardare dall'altra parte e, quando questa opzione sarà terminata, a quelli che stanno a Washington sarà presentato un conto per tutto quello che hanno fatto, dall'11 settembre ai 426 bambini massacrati a Latakia in Siria.

Il sostegno ai terroristi e l'uso del terrore

L'evento "catastrofico e catalizzante" di cui avevano bisogno i progettisti neo-con dietro al Progetto per un Nuovo Secolo Americano (PNAC) come catalizzatore per il dominio militare globale è stato l'11 settembre. Da quel giorno il paradigma della "guerra al terrore" ha visto gli Stati Uniti usare letteralmente il terrore per conquistare il mondo.

Prima ci sono state le invasioni illegali e aggressive di Iraq e Afghanistan, poi l'accerchiamento di Russia e Cina, con elementi di guerra NATO e l'espansione globale della NATO che è divenuta una forza di spedizione globale per terrorizzare il mondo e portarlo alla sottomissione a Washington. Abbiamo anche visto la collusione e la cooperazione con Al-Qaeda e i terroristi islamici radicali e ora il finanziamento, la formazione e il sostegno dei neo-nazisti in Ucraina.

Il settore destro è l'ultima forza di cambiamento di regime da parte degli Stati Uniti e come gli Stati Uniti usano il terrore finale di un attacco nucleare quando necessario, il settore destro ha usato il terrore per rovesciare un governo democraticamente eletto in un paese europeo e continua a tentare di controllare e sottomettere il popolo ucraino attraverso un regno del terrore sostenuto dall'Occidente.

Il terrorismo è ampiamente definito come l'uso del terrore per realizzare obiettivi politici, e questo è esattamente ciò che ha fatto il settore destro. Quest'ultimo crede di averlo fatto per la propria ideologia neo-nazifascista e per la "purezza" dell'Ucraina, ma in realtà è stato appena usato e manipolato da Washington nel produrre un cambio di regime che porterà alla distruzione completa e alla riduzione in schiavitù di ciò che resta dell'Ucraina una volta che l'Occidente si dividerà il bottino.

Il settore destro

Il settore destro, questa calamità e vergogna contro l'umanità, e tutti i suoi gruppi associati continuano a occupare Maidan Nezalezhnosti, la piazza centrale di Kiev, e a tenere il popolo ucraino e il governo ucraino in ostaggio mentre il loro regno di terrore continua senza sosta e per la maggior parte incontrastato.

Il settore destro è un gruppo neo-nazista guidato dal terrorista Dmitrij Jarosh. Segue l'ideologia di Stepan Bandera, un collaboratore nazista che guidava i fascisti ucraini durante la seconda guerra mondiale, e la cui brutalità e disumanità era considerata estrema perfino dalle SS naziste.

Durante la loro orgia di massacri e spargimento di sangue i "banderisti" ucraini hanno ucciso almeno 4 milioni di persone tra ebrei e altre minoranze etniche in Ucraina. Erano ben noti per la macellazione dei bambini, in particolare le bambine piccole, e appendevano le loro vittime ai lampioni e in altri luoghi pubblici come avvertimento.

L'attuale settore destro ha ripetutamente minacciato di impiccare i suoi avversari e hanno posto cappi in tutto il paese come avvertimento a chiunque si opponga. Hanno apertamente chiesto l'impiccagione di neri, ebrei e russi (come fanno i loro fratelli del ku-klux-klan e di altri gruppi neo-nazisti), e hanno minacciato di impiccare funzionari pubblici e chiunque altro non segua i loro desideri.

Dmitrij Jarosh

Il loro leader, Dmitrij Jarosh, è un noto terrorista che ha combattuto a fianco dei terroristi ceceni (gli stessi terroristi ceceni ai quali gli Stati Uniti e il Regno Unito hanno dato asilo in diverse occasioni) contro le forze russe. È un animale assetato di sangue che non ha problemi a urlare Gloria ad Allah, o Heil Hitler, finché questo serve alla sete di sangue di quelli con cui uccide.

Jarosh ha recentemente chiesto ai ceceni di lanciare un'escalation di attacchi terroristici contro i russi in Ucraina, una guerra aperta con la Federazione russa e ai tartari di Crimea di unirsi ai suoi del settore destro nel combattere in Crimea.

Jarosh è su una lista di ricercati internazionali ed è stato sanzionato da diversi paesi e governi per le sue attività passate. È ricercato per la formazione di gruppi armati illegali, e per richieste aperte di terroristici e omicidi. Dovrebbe anche essere ricercato per l'organizzazione e la partecipazione a un colpo di stato armato che ha rovesciato un governo eletto democraticamente, ma finora non gli sono state fatte o richieste imputazioni per quanto riguarda il colpo di stato. Un cane rabbioso che sbava di odio per la Russia, è il servo perfetto per Washington in Ucraina, anche se apparentemente odia altrettanto l'Occidente, e gli morderà la mano quando sarà il momento.

Jarosh ha annunciato che è si candiderà come presidente alle prossime elezioni ucraine.

Aleksandr Muzychko

Altrimenti conosciuto come Sasha Bilyi (ovvero Alessandro il Bianco), anche Muzychko era un altro cane rabbioso come Jarosh, ma con meno cervello, e non era nient'altro che un bruto spietato. Anche lui terrorista ricercato e uno dei leader del settore destro, anche Muzychko aveva combattuto con i terroristi ceceni ed era ricercato per aver torturato e ucciso soldati russi catturati.

Muzychko aveva ricevuto un sacco di attenzione dai media poco prima della sua morte per il suo sequestro di uffici del governo e il suo assalto a un procuratore locale, eventi che sono stati filmati e messi su internet.

È stato ridicolizzato per un video che è apparso su internet, dove sfidava una riunione di funzionari spaventati (da lui invasa) per portare via il suo fucile automatico, il coltello e altre armi. Incarnava l'immagine di un bandito senza cervello i cui unici mezzi per raggiungere il potere erano la violenza e la paura.

La vita di Muzychko si è conclusa nel modo in cui l'ha condotta. Gli hanno sparato, o si è sparato, ed è morto come un cane rabbioso con la faccia nel fango. Dopo la sua morte i "manifestanti pacifici" del settore destro hanno tentato di prendere d'assalto il parlamento ucraino pretendendo le dimissioni del ministro dell'Interno Arsen Avakov, nominato dalla giunta.

Molti dei "manifestanti pacifici" del settore destro hanno chiesto la sua impiccagione per la morte del loro "fratello". Il settore destro sostiene che Muzychko è stato ucciso su ordine di Avakov.

Si tratta di una nota interessante che la giunta che l'Occidente vuole al potere è pronta ad arrestare e forse anche a uccidere i membri settore destro che hanno contribuito alla sua ascesa al potere. Insieme ad un recente video pubblicato da diverse agenzie di stampa che mostra i partecipanti di Maidan che affrontano i loro finanziatori e sono infelici per non aver ricevuto i loro soldi, questa è una cosa che sottolinea ulteriormente il fatto che il settore destro e altri gruppi sono stati semplicemente utilizzati e ora devono essere smaltiti.

Crimini e atrocità commessi dal settore destro

Il rovesciamento del governo democraticamente eletto dell'Ucraina e l'occupazione di Maidan Nezalezhnosti continua a essere una vergogna per l'Ucraina agli occhi del mondo e una vittoria netta e clamorosa dell'illegalità occidentale e di tattiche terroristiche/mafiose: il loro regno del terrore ha incluso troppi reati da elencare qui, ma cercherò di elencare alcuni.

Arresti, deportazioni e chiusure della stampa

I membri del settore destro hanno arrestato, interrogato e deportato decine di giornalisti russi e stranieri. Hanno picchiato, intimidito, terrorizzato e persino ucciso membri dei media ucraini, blogger e chiunque altro su cui hanno potuto mettere le mani e che aveva parlato contro di loro, a favore della Russia o tentato di riferire sulle loro attività illecite.

L'Ucraina e il settore destro hanno chiuso tutte le trasmissioni televisive russe in Ucraina e hanno persino attaccato infrastrutture televisive russe e vari siti web.

Molti blogger che sono stati picchiati sono stati filmati insanguinato e in ginocchio, costretti dal settore destro a chiedere scusa al popolo ucraino. Il settore destro non ha alcun problema a picchiare e anche a uccidere persone davanti alle telecamere, come hanno ucciso diversi poliziotti in Piazza Maidan a dicembre picchiandoli a morte.

Terrore e uccisioni pubbliche

Prima che il blackout dei media colpisse l'Ucraina c'erano crescenti segnalazioni di paramilitari del settore destro che uccidevano civili e si persone in fuga da Kiev e dall'Ucraina occidentale. È giunto un rapporto su un autobus pieno di crimeani uccisi dopo che è stata versata benzina su di loro e molti sono stati picchiati e costretti in ginocchio a cantare l'inno nazionale ucraino.

Ci sono state diverse segnalazioni ed è noto che per il settore destro è procedura standard minacciare le famiglie dei funzionari e qualunque altro loro bersaglio, rubare auto e persino costringere i proprietari terrieri a cedere le loro proprietà, e anche di bruciare case e uccidere chi alza troppo la voce di opposizione.

Recenti rapporti dall'Ucraina mostrano che membri del settore destro dilagano per le strade e attaccano e picchiano chiunque indossa un nastrino di san Giorgio o sembra essere filo-russo.

Recentemente un corteo di auto di attivisti filo-russi è stato attaccato e martelli e altri oggetti pesanti sono stati gettati dalle finestre e gli occupanti sono stati fatti uscire dalle loro auto e picchiati.

Gli ucraini sono terrorizzati e costretti silenzio e i russi e altre minoranze, tra cui i tedeschi, continuano a fuggire dal paese.

Negazione dell'olocausto

Il primo atto della giunta è stato quello di mettere fuori legge la lingua russa, una cosa ridicola, perché i candidati della giunta alla presidenza stanno trasmettendo spot in russo e sono trapelati video di riunioni interne del settore destro che vengono condotte utilizzando la lingua russa.

Il secondo atto, quello che i media occidentali hanno convenientemente ignorato, è stata una dichiarazione alle Nazioni Unite da parte del rappresentante nominato dalla giunta, che dice che il processo di Norimberga è stato illegittimo e che Bandera non ha fatto nulla di sbagliato.

Il sostegno di Obama

Nonostante tutto questo, il presidente "afro-" (musulmano-) americano degli Stati Uniti Barack Obama continua a sostenere la giunta e ha anche avuto il leader della giunta Jatsenjuk alla Casa Bianca.

Vedere quelli che sembravano un paese serio e seri politici impegnati a sostenere la giunta illegale in Ucraina è una cosa stupefacente, e perfino una cosa da capogiro fino a quando ci rendiamo conto che l'accordo di associazione con l'Unione Europea che la giunta è stato installata per trasformare in legge prevede una clausola di trasferire il 100% del gasdotto russo a Exxon Oil, dopo l'aumento dei prezzi del gas a livelli "europei", naturalmente.

Vuoi comprare un po' di gas, Europa? Gli Stati Uniti stanno vendendo.

 
Domande e risposte sul modernismo

Cos'è il modernismo?

Il modernismo, spesso chiamato rinnovazionismo in russo, è solo secolarizzazione, vale a dire desacralizzazione, sotto le mentite spoglie della parola 'moderno'.

Come ha incontrato il modernismo nella Chiesa ortodossa?

Tra il 1973 e il 1980, ho incontrato un gran numero di modernisti: intellettuali e pseudo-intellettuali. In primo luogo i parigini che vivevano in Inghilterra, poi quelli nella stessa Francia, dove Parigi è stata la fonte di tutti i problemi. In Francia, nel 1985, ho anche incontrato la massoneria tra questi modernisti 'ortodossi'. Allora era molto diffusa tra loro, e forse lo è ancora.

Quindi ha incontrato il modernismo molto presto?

Sì, in realtà mi è stato presentato come la norma, come la vera e propria Ortodossia!

Ma lo ha respinto?

Io cercavo la fonte del sacro, non del secolare! Così ho istintivamente e automaticamente sentito che l'Ortodossia modernista era un falso, che non era la cosa reale, ma lo sapevo anche per esperienza personale e dopo aver osservato la vita della Chiesa, la cosa reale, in Russia.

Quali modernisti ha conosciuto?

I nomi ben noti: in Inghilterra, Nicholas Zernov, l'allora padre Basil Osborne, il metropolita Antony Bloom, padre Lev Gillet, padre Sergei Hackel, padre Nicholas Behr, e in Francia padre Boris Bobrinskoy, padre Elie Melia, Olivier Clement, Elisabeth Behr-Sigel, Nikita Struve, Konstantin Andronikov, padre Jean-Claude Roberti, padre Jean Gueit, padre Alexander Schmemann e molti altri nomi meno noti che hanno semplicemente seguito la moda iniziata da queste persone, compresi quelli attivi in ​​Syndesmos.

Devo dire che queste persone sono quasi tutte defunte oggi; erano parte di una generazione che è stata profondamente compromessa dal modernismo. Anzi, ho anche incontrato molte persone che avevano conosciuto personalmente quelli che avevano portato il modernismo nella generazione precedente, per esempio, l'arcivescovo John (Shakhovskoy), padre Nikolay Afanasyev, gli ex marxisti padre Sergey Bulgakov e Berdyayev, Padre Pavel Florenskij, Evdokimov, Fedotov, Zander, Zenkovsky, o madre Maria Skobtsova. Molti di loro avevano parenti che erano completamente in disaccordo con loro.

Noto che non ha citato due noti membri del clero modernista in Inghilterra.

Ci sono due eccezioni ben note perché sono figure minori, più sottili nel modernismo, per così dire, semi-modernisti, vale a dire, modernisti sotto il manto della tradizione. Uno morto, uno ancora in vita, essi appartengono alla scuola 'spirituale' del modernismo, che è ancora popolare e sono molto rispettati dai nuovi arrivati ​​ingenui e da tutti quelli che mancano di Tradizione.

È importante distinguere tra i diversi gradi del modernismo, dal primitivo al sofisticato. Per esempio, ho visto l'arcivescovo Basilio (Krivoshein) menzionato come modernista. Posso vedere da dove viene tale accusa (il suo interesse per san Simeone il Nuovo Teologo e i suoi contatti ecumenici), ma non può essere paragonato a quelli sopra menzionati.

Perché questi 'modernisti moderati' sono venerati?

Come dicono, nella terra dei ciechi, l'orbo è un re.

Ha incontrato il metropolita Ioannis Zizioulas?

Non a quei tempi. L'ho incontrato solo circa otto anni fa.

E padre John Meyendorff?

No, non l'ho mai incontrato, ma era tra i più moderati, tranne sul digiuno.

Qual è stata la sua reazione a tutte queste figure?

Sapevo istintivamente che si sbagliavano, ma al momento non riuscivo a spiegare il perché, non avendo strumenti o argomenti d'esperienza e di studio teologico per rispondere. Per esempio, capivo che la loro filosofia era caratterizzata dall'orgoglio, tutti pensavano di spaerla più lunga della Chiesa. Erano al di sopra della Chiesa. E questo orgoglio era caratterizzato da fantasie intellettuali, risultato di una mancanza di radicamento nella realtà, e nella realtà spirituale della Tradizione. E la caratteristica era la loro incapacità di fornire cibo spirituale. Alimentavano il cervello – fino al punto che i loro libri e discorsi facevano venire il mal di testa – ma non erano in grado di alimentare l'anima, lasciandovi aridità.

Perché c'erano, e perché ci sono ancora, tanti modernisti nella diaspora ortodossa?

Ce n'erano e ce ne sono tanti – relativamente parlando: sono in realtà molto pochi, è solo che fanno molto rumore – nella diaspora perché queste persone hanno incontrato direttamente l'Occidente e non avendo mai avuto radici nella Tradizione, hanno voluto mescolare la loro Ortodossia superficiale con la cultura occidentale. Sradicati da un contesto ortodosso e negando la vita monastica, non hanno voluto la purezza spirituale della santa Ortodossia, ma il compromesso, hanno voluto nuotare secondo la corrente occidentale. Ecco perché tutti i modernisti sono essenzialmente ecumenisti e laicisti. Cercano di conformare la Chiesa al mondo, invece di conformare se stessi (il mondo) alla Chiesa.

E perché Parigi era il centro del modernismo?

Parigi era il luogo in cui gli aristocratici di lingua francese e gli intellettuali di San Pietroburgo, che avevano compiuto la rivoluzione sotto l'influenza occidentale e con il sostegno occidentale, avevano scelto l'esilio. Un gran numero di loro erano massoni, alcuni, come Yusupov, erano molto interessati all'occulto e all'ipnotismo. Parigi era il luogo del loro esilio, dove erano chiamati al pentimento. In altre parole, era il luogo è dove i russi più spiritualmente decadenti, ortodossi nominali, altamente protestantizzati (nel senso di secolarizzati), erano andati a vivere.

C'erano due gruppi. In primo luogo, c'erano esponenti della sinistra, come Bulgakov, Berdyayev e madre Maria, ma la maggior parte erano costituzionalisti di destra o repubblicani che volevano il modello britannico oppure il modello francese di organizzazione politica. Nessuno di loro, naturalmente, voleva l'Ortodossia. Tutti si sono staccati dalla Chiesa russa e dalle sue discipline liturgiche e canoniche; in altre parole, si sono del tutto allontanati dalla Tradizione. Questo lo hanno fatto con il pretesto di cercare 'libertà e creatività'! La cosa più triste è che non hanno capito il pentimento.

Perché non sono diventati semplicemente protestanti o uniati – cosa che sarebbe stata onesta?

Perché erano pretenziosi, e questa è una malattia degli intellettuali. Volevano essere differenti e dominare gli altri attraverso le loro differenze 'esotiche'. Se fossero stati semplicemente protestanti o uniati, nessuna persona o istituzione ecumenista occidentale avrebbe riservato loro nemmeno uno sguardato, e avrebbero perso il loro margine esotico diventando immigrati dimenticati. Ma attraverso la creazione di una filiale occidentalizzata dell'Ortodossia, hanno attirato attenzione e ammirazione. In altre parole, essi, o meglio i loro discendenti, sono stati corteggiati da coloro che volevano distruggere la stessa Russia sovietica che avevano creato essi stessi nel 1917, al fine di sostituirla con il tipo di Russia evirata che hanno creato per breve tempo negli anni '90 fino alla rinascita nel 2000. Per le istituzioni laiciste occidentali erano tutti "utili idioti".

Naturalmente, questi modernisti spacciavano un'Ortodossia falsa, ma gli anglicani e altri non ne ne sapevano di meglio, e hanno dato a questi semi-ortodossi una falsa autorità comprando loro libri e ascoltando i loro discorsi. Se dici cose moderniste con un accento russo, sei improvvisamente esotico e interessante. Alcuni di questi emigrati sono arrivati a falsificare gli accenti russi per sembrare più russi! Ci sono state molte finzioni per ingannare la gente semplice, anche con l'ipnotismo. Se osservate, vedrete che quasi tutti i loro libri sono acquistati e letti o da non ortodossi oppure da convertiti ignari.

Perché così tanti intellettuali sono caduti nel modernismo?

Perché vivono vite prive di radici nelle loro teste, e non nel loro cuore. Quindi sono preda di fantasie. Se sei un tipo intellettuale, devi avere una forte vita spirituale o ascetica per essere equilibrato. Per esempio san Giustino (Popovich) era un intellettuale, ma la cosa, perdonatemi il gioco di parole, non gli è andata alla testa. Quindi, chiunque può diventare un santo, anche un intellettuale, ma tale santità esiste nonostante l'intellettualismo, non a causa di esso.

Qual è l'antidoto al modernismo?

Prima di tutto, lasciatemi dire che l'antidoto non è la condanna censoria o il ritualismo dei farisei. Anche queste cose vengono dalla durezza e dall'aridità del cuore, dalla mancanza di compassione. Non tengono conto della necessità della dispensazione pastorale, della vera 'ikonomia'. Le prime vittime del modernismo sono i modernisti stessi.

L'antidoto al modernismo non può mai essere in un altro ismo, ma nella Chiesa. E questo antidoto è la ricerca di cibo spirituale, non di cibo intellettuale, e il cibo spirituale deriva dalla santità, che viene dall'ascesi, che è esattamente quello che i modernisti rifiutano. È per questo che a loro non piace la gente che va alle fonti in Europa orientale e in Russia, in particolare a Monte Athos. In vero stile protestante, i modernisti odiano tutto ciò che è misterioso, al di là del razionale,. Cosa c'è di più 'irrazionale' e misterioso della santità? A loro manca il senso del sacro.

La santità è una delle quattro caratteristiche della Chiesa, che rifiutano, in quanto rifiutano la Chiesa. Per loro la Chiesa non è una – ci sono molte 'Chiese'; la Chiesa non è santa (ecco il motivo per cui dissacrano ogni cosa), ma deve essere riformata; la Chiesa non è cattolica (nel senso ortodosso di essere la stessa ovunque e in ogni momento), in quanto i modernisti rifiutano tutto fuori del loro ghetto mentale del XX secolo; e la Chiesa non è apostolica, perché rifiutano la fede degli apostoli, la tradizione ereditata. L'antidoto al modernismo è nella santità, cioè nei santi.

Ma alcuni di questi modernisti non erano molto interessati ai santi?

Ha fatto centro: erano 'interessati' a santi. Interessati ai santi – che cosa di moda! Erano interessati agli eventi esteriori nella vita dei santi, ma non a diventare santi. Intellettualizzavano o esternalizzavano tutto, rendendolo astratto, una filosofia – non vivevano la fede. Il loro è un atteggiamento esteriore o uniate verso la fede, il che naturalmente è il motivo per cui molti di loro avevano simpatie per l'uniatismo, come ne aveva Solovyov. Amavano parlare di 'tecniche, tecniche di iconografia, tecniche di canto ecclesiale, tecniche di celebrazione, ecc. Analizzavano costantemente queste tecniche. Parlavano di agiografia – ma non volevano la santità. Parlavano, scrivevano, ma non facevano; non digiunavano e non pregavano, e non c'è santità senza digiuno e preghiera.

Pensa che il modernismo abbia un futuro?

Sì e no. La maggior parte dei modernisti noti sono morti negli ultimi 75 anni, molti di loro negli ultimi 25 anni. E il modernismo è stranamente fuori moda nel mondo attuale post-modernista, caratterizzato dal cinismo. L'unica risposta al cinismo è la fede, non la mezza fede e, mezza fede è proprio ciò che è il modernismo: mezzodossia invece di Ortodossia. In questo senso il modernismo è finito, perché non ha una risposta per il post-modernismo da lui creato. Eppure non è ancora finito.

Per esempio, ricordo le parole del metropolita Antony Bloom, quando gli ortodossi reali hanno iniziato a venire alla sua chiesa a Londra intorno al 2000. Questi, naturalmente, come il resto di noi lo erano stati decenni prima, erano molto scioccati da ciò che vedevano. Il metropolita disse che ci sarebbero voluti cinquant'anni per convertire queste persone all'Ortodossia (cioè, al suo bloomismo). In altre parole, la verità è che ci vorranno cinquant'anni per convertire i modernisti all'Ortodossia. C'è ancora la sbornia dal passato e ci vorrà del tempo perché le vestigia del modernismo muoiano. In questo senso, il modernismo non è finito.

Alcuni sarebbero scioccati dal fatto che ha elencato madre Maria Skobtsova come una modernista. È stata canonizzata dal gruppo di Rue Daru con la benedizione del patriarca di Costantinopoli.

Come sapete, quella canonizzazione imposta dall'alto è stata controversa e difficilmente si trova una sua singola icona in una qualsiasi chiesa greca nel mondo, per non parlare delle altre. In altre parole, la sua canonizzazione è stata puramente locale e in realtà molto politica. Una sua venerazione semplicemente non esiste nella maggior parte del mondo ortodosso, data la sua vita molto strana e i suoi scritti anti-ortodossi. Detto questo, però, dobbiamo dire che nella sua morte in campo di concentramento, come milioni di altre persone, deve essersi purificata.

Quindi è una santa?

Direi che il suo destino non ci è stato rivelato. Cerchiamo di rimanere in silenzio. Noi non sappiamo. Noi semplicemente non sappiamo la misura della sua conversione a Ravensbruck. Può ben essere stato profonda e completa, come sicuramente è stato per milioni di altri. Nell'ora della morte, la gente diventa realistica, e questo è il motivo per cui la memoria della morte è asceticamente così importante. Qui abbiamo un punto vitale. Non c'è posto per nutrire antipatia personale, e tanto meno odio, per questi individui. Come il resto di noi, hanno fatto i loro errori, può essere che molti di loro si siano pentiti prima della fine, anche se naturalmente a quel momento il danno è stato fatto. Dobbiamo pregare per tutti loro. Alcuni di loro avevano buon cuore – sono stati avvelenati dalle loro teste.

Per esempio, mi ricordo di padre Alexander Schmemann, Era un uomo affascinante e interessante – anche se, naturalmente, non concordavamo su nulla. Ma io continuo a pregare per lui. O c'era Elisabeth Behr-Sigel, la pastora protestante femminista. Ha detto cose orribili sulla ROCOR, che non facevano che mostrare quanto fosse ignorante dell'Ortodossia. Ma ho pregato per lei quando è morta. Anche se i modernisti ci hanno perseguitati e calunniati, è importante pregare per loro, non solo questo aiuta loro, ma aiuta anche noi, impedendo al nostro cuore di indurirsi. Dobbiamo sempre pregare per i nostri nemici. Siamo cristiani.

Ciò che è preoccupante è che coloro che hanno canonizzato madre Maria non l'hanno canonizzata per la sua morte sacrificale, ma per le sue riflessioni anti-ecclesiali – e questo non significa venerarla, ma diffamarla. Quando le persone muoiono, dovremmo cercare di ricordare solo le cose buone su di loro. Personalmente, penso che i suoi scritti debbano essere tenuti nascosti in quanto opere vergognose, frutto di una persona non ancora convertita dal socialismo rivoluzionario.

Che forma prende oggi il modernismo?

Il modernismo ora tende ad avere una forma più filosofica, 'spirituale', in ogni modo possibile, per offuscare ciò che è chiaro e dogmatico. Questo è molto astuto, come abbiamo visto con i nuovi documenti per la riunione di Creta del giugno prossimo (se ci sarà). Per esempio, in Grecia c'è il caso del filosofo Yannaras, in Russia c'è il caso della setta kochetkovita, in Finlandia c'è un gruppo molto attivo, compresi membri del clero, anche se sono così estremisti da essere molto isolati, e hanno anche abbandonato la Pasqua ortodossa. Si rifanno al famigerato arcivescovo Herman (Aav), con un modello continuato attraverso l'arcivescovo Paolo, l'arcivescovo Leone e ora il metropolita Ambrogio. Ma questo è puro luteranesimo moderno.

Quali sono i temi di questi modernisti?

Da un lato, ci sono ancora le rozze pratiche rinnovazioniste prese dalla Russia degli anni '20, dove il modernismo era più o meno morto sotto Stalin. Tali pratiche includono lasciare che i laici facciano la proskomidia al centro della chiesa, e in generale dissacrare le funzioni, che segna un abbandono del sacerdozio. Ricordate che il modernismo, come ho detto, è essenzialmente secolarizzazione, l'opposto della sacralizzazione. Quindi, prima si è dovuto distruggere l'imperatore sacrale (lo tsar), quindi il compito successivo è quello di distruggere il sacerdozio – ugualmente sacrale. Collegati con questa distruzione del sacerdozio sono i molti preti divorziati risposati tra i modernisti, quelli ordinati in modo non canonico e tutte le pratiche anti-liturgiche, che comprendono l'abbreviazione delle funzioni e l'introduzione del cosiddetto calendario 'nuovo' o cattolico romano, che è sempre stato la prima tappa dell'allontanamento dall'Ortodossia.

D'altra parte, oggi, a causa della marea della secolarizzazione o desacralizzazione a cui i modernisti non sono mai stati in grado di resistere e a cui hanno addirittura dato il benvenuto, l'ultima moda tra di loro è spingere per introdurre il sacerdozio femminile e il matrimonio omosessuale nella Chiesa. Quest'ultimo movimento è forte in alcune delle parrocchie in Finlandia, composte fondamentalmente da luterani con le icone. Naturalmente, quando ci sono sacerdoti omosessuali, la spinta è ancora più forte perché vi è interesse personale, e auto-giustificazione.

Dov'è che oggi, in generale, il modernismo è più forte?

Anche se in Europa ci sono i resti degradati nella sempre più piccola giurisdizione di Parigi (tutti i grandi intellettuali sono morti), e ci sono ancora quelli negli Stati Uniti, così come in Finlandia, ora c'è un gruppo di persone legate a padre Georgij Kochetkov in Russia. Il protodiacono Andrej Kuraev, caduto in disgrazia, è in mezzo a loro, e il filo-uniate assassinato padre Alexander Men' ha ancora alcuni discepoli. Poi c'è il provocatore padre Georgij Mitrofanov, così come padre Alexej Uminskij. Tuttavia, credo che tutti fossero più forti negli anni '90 rispetto a oggi. Anche loro sono figure del passato e credo che si estingueranno, come gli altri. Ora siamo nel XXI secolo, è il momento di crescere.

Dato questo continuo modernismo, non è pessimista sul futuro?

Per quanto riguarda il modernismo, la nostra vita cristiana è un combattimento, una lotta, lo è sempre stata e sempre lo sarà. Noi combatteremo queste correnti anti-dogmatiche, proprio come abbiamo combattuto il vecchio modernismo. Così noi, come tutti gli ortodossi, combattiamo e respingiamo gli assurdi documenti preparati per la riunione a Creta nel mese di giugno. Tuttavia, i cristiani sono sempre ottimisti perché per quanto triste la situazione sia ora, Cristo trionferà alla fine della storia.

 

 
Articolo sulla Chiesa di Santa Caterina a Roma

Segnaliamo l'articolo di Milena Faustova per La Voce della Russia, Una piccola Russia sotto il cielo della Città Eterna, del 19 marzo. In questi giorni la comunità ortodossa russa di Roma ha vissuto molti momenti intensi, con le numerose visite collegate con l'elezione del nuovo papa.

 
Racconto di un viaggio a Patmos

Buon giorno a tutti, mi chiamo Stefano e con gioia ho risposto all'invito di Padre Ambrogio di scrivere qualche riga sul nostro viaggio di famiglia a Patmos, l'isola greca definita "la Gerusalemme dell'Egeo".

Questo viaggio è arrivato in un tempo per me di grande grazia: dopo quattro anni di cammino, il lunedì della settimana santa del 2016, sono stato accolto nella Chiesa ortodossa del patriarcato di Mosca, da parte dell'archimandrita Gabriel (Bunge) all'eremo della Santa Croce, accompagnato dal nostro batjuška padre Vitalij e da alcuni amici e fedeli della parrocchia di san Nicola di Lecco (fedeli a cui va la mia grande riconoscenza per l'amore e l'accoglienza ricevuta in tutti questi mesi); insieme a questi fratelli hanno partecipato anche mia figlia di 5 anni e mia moglie: dopo aver fatto un cammino insieme, mia moglie (che è cattolica) ha dato il suo assenso al mio ingresso nella Chiesa ortodossa.

Trovandoci in questo periodo con una settimana di ferie da compiere ci siamo domandati dove avremmo potuto portare la nostra bambina al mare, ci siamo quasi subito orientati verso la Grecia ma senza avere un pensiero definito su quale isola. Inizialmente ho cercato di portare un elemento di abbinamento di viaggio/pellegrinaggio, ma mia moglie sembrava non gradire questa soluzione preoccupata forse che la vacanza potesse trasformarsi in un viaggio con un interesse solo mio personale. Ho deciso di lasciare completamente a lei la scelta e, dopo un paio di giorni, ricevo una sua telefonata dal lavoro: "Un mio collega mi ha parlato di un'isola che fa per noi, dobbiamo andare a Patmos!".

Patmos si trova in Grecia tra le isole del Dodecaneso, è l'isola in cui fu esiliato san Giovanni il Teologo da Domiziano (così da impedirgli di proseguire l'annuncio del Vangelo in Anatolia) ma in cui il Signore scelse quel luogo e nello specifico la grotta in cui viveva l'apostolo per apparirgli e mostrargli una visione da cui verrà scritto il libro dell'Apocalisse datato verso il 95 d. C.

Da quel momento Patmos divenne una terra santa, costellata di chiese, eremi e monasteri, luogo in cui la natura è meravigliosa e terra di pellegrinaggio.

Dopo la scelta sono nati alcuni problemi per la partenza, purtroppo i turni di mia moglie non ci permettevano di trovare i voli adatti abbinati ai traghetti che ci avrebbero potuto portare sull'isola. Dopo moti giorni di ricerche di cambi turno, mentre pregavo davanti alle icone ho lasciato nelle mani del Signore il nostro desiderio di viaggio e... dopo qualche ora il cambio era stato trovato ed approvato: "Gloria a Dio per tutto!"

Siamo partiti dall' aeroporto di Bergamo e il nostro volo è atterrato a Kos, anch'essa isola del Dodecaneso; dopo una notte sul suolo greco la mattina siamo partiti con l'aliscafo in direzione di Patmos. Dopo un paio di ore di viaggio ecco in lontananza Patmos, il famoso monastero di san Giovanni il Teologo con le sue mura antiche di un grigio severo che sovrastano l'isola, mentre il centro di Chora sotto il monastero con il suo bianco candido sembra voler dare ancora più risalto al luogo.

isola di Patmos in lontananza

il monastero con sotto l'abitato di Chora

mura del monastero di san Giovanni il Teologo

mosaico di san Giovanni Teologo e di san Cristodulo, fondatore del monastero nel 1088

interno del monastero di san Giovanni il Teologo

Sebbene il monastero di san Giovanni caratterizzi tutta l'isola (tanto da sembrare un faro che ti segue in ogni punto), la visita al suo interno non è altro che un giro turistico dove tante, forse troppe persone girano con fare curioso.

Il vero cuore spirituale e pulsante dell'isola è la grotta dell'Apocalisse.

Ho avuto la grazia di poter partecipare alla Divina Liturgia nella grotta. Alle 6.30 mi sono trovato solo in quel luogo santo con il monaco che celebrava la Proscomidia, e con l'andare del tempo prima il coro e poi i fedeli e successivamente i pellegrini si sono uniti con raccoglimento alla Liturgia. Quello che mi ha colpito ogni volta che mi sono recato alla grotta è che si stesse sempre svolgendo un ufficio liturgico; questo dava sempre modo di potersi accostare in preghiera, e anche i numerosi gruppi che trovavano questo clima erano "costretti" a stare con devozione e raccoglimento.

il viale di ingresso alla grotta

l'entrata

l'iconostasi

l'interno

l'interno della grotta

Sono molti i luoghi santi e tanti i monasteri meta di turisti e pellegrini, come il monastero dell'Evangelismos (Annunciazione) o il monastero Zoodochou Pigis (Fonte vivificante), entrambi femminili; ma vorrei soffermarmi su due luoghi che mi hanno colpito profondamente.

Il primo è l'eremo della Panaghia (Tutta Santa) Koumana, un luogo in cui una sola monaca abita e conserva attraverso i suoi sforzi un vero tesoro. I suoi giardini e l'armonia che si respira all'interno mi hanno ricordato i racconti dell'Eden, mentre la sua Chiesa meravigliosamente affrescata (come tutte le chiese su quest'isola) permette di sentirsi in comunione con la Gerusalemme celeste.

interni della chiesa dell'eremo

L'altro luogo significativo è stata la visita, quasi per caso, alla chiesa della Panaghia Geranou: nella Chiesa è conservata un' icona che ha concesso molte grazie. Qui abbiamo conosciuto un anziano custode, un monaco di nome Eleftherios. Quest'uomo apre la cappella ogni giorno dell'anno accogliendo tutti coloro che transitano per questo luogo (molto isolato e defilato); per la nostra visione occidentale, la sua presenza in un posto così poco frequentato potrebbe sembrare uno spreco di risorse, ma Eleftherios è li al servizio della Panaghia e di coloro che il Signore invia. Dopo averci mostrato le icone abbiamo ricevuto molti racconti dei miracoli ricevuti da coloro che con fede si sono affidati alla Madre di Dio, abbiamo visto le foto dei tanti che in un luogo così sperduto hanno trovato la strada che stavano cercando, abbiamo offerto incenso e pregato e come consuetudine di questi piccoli luoghi non siamo potuti ripartire prima di aver consumato qualche fico fresco con biscotti e un succo di frutta.

Quello che mi porto via da questo viaggio è che in luoghi veramente santi in cui il Signore ha visitato il suo discepolo preferito mostrandogli la visione dell'Apocalisse, vive un monaco che attraverso la sua seria vita di preghiera permette di conservare la grotta con degna sacralità, vive un'eremita che lavora instancabilmente in un dialogo amoroso da sola a Solo, vive Elefterios che serve con amore la Madre di Dio e che attraverso il suo stare permette a molti di accostarsi a un luogo di grazia, vivono gli abitanti di Patmos che portano la gentilezza e disponibilità di chi si sente investito dalla responsabilità di essere un abitante di un'isola che il Signore ha visitato.

Torno con nel cuore il desiderio, almeno in parte anch' io, di voler custodire e vivere la responsabilità e la gratitudine di essere diventato ortodosso cercando di imitare questi uomini e donne che si sforzano con ascesi di fare ogni cosa per Dio e per la sua gloria.

Vi lascio qualche foto anche delle bellezze naturalistiche di Patmos e vi auguro di poter fare anche voi un viaggio in quest'isola.

Vi ringrazio e vi chiedo di ricordarci nelle vostre preghiere.

Stefano, Fabrizia e Chiara

 
700 anni fa un tedesco giunse a Rostov e divenne un santo russo

Le sue reliquie miracolose riposano in una bella chiesa in pietra fatta costruire dallo tsar Ivan il Terribile nella città di Rostov – dove molti stranieri si sono recentemente trasferiti, lasciando l'Occidente per motivi simili a quelli del santo...

Il beato Isidoro (Tverdislov) visse a metà del XV secolo. Sebbene slavo di nascita, viveva a Brandeburgo, una delle città più antiche della Prussia. In quegli anni gli slavi di questa regione erano ferocemente perseguitati dai tedeschi, che cercavano di convertire l'intera popolazione al papismo. Quando raggiunse l'adolescenza e percepì il dissesto della fede cattolica romana, Isidoro cercò di trasferirsi in una terra cristiana ortodossa.

Appartenendo alla ricca classe mercantile, rinunciò volentieri alla sua ricchezza, ai suoi genitori e alla sua eredità, e per amore di Cristo iniziò a vagare da un posto all'altro con il suo bastone. Non sappiamo esattamente quando Isidoro si convertì all'Ortodossia, né quando arrivò in Russia, ma alla fine si stabilì a Rostov, a nord di Mosca. Trovò un'area paludosa all'interno della città e scelse un sito leggermente al di sopra del livello dell'acqua. Lì costruì una piccola capanna di giunchi. Questa capanna non offriva protezione contro il caldo o il freddo, poiché non era coperta da nulla; nascondeva solo il suo grande ascetismo agli occhi del mondo.

Il santo trascorreva il suo tempo nel modo consueto dei folli per amore di Cristo. Di notte pregava incessantemente, concedendosi solo un breve sonno. Le sue giornate trascorrevano nelle strade della città o nei mercati con atti di follia volontaria. Di tanto in tanto, riposava il suo corpo stanco su un mucchio di rifiuti o di letame. Istruì e addestrò coloro che desideravano una guida spirituale, condannò l'immoralità e condusse molte anime sulla via della salvezza. Di notte pregava per tutti coloro che gli avevano offeso e per coloro che vedeva crogiolarsi nel peccato. "Oh, Isidoro!", spesso diceva a se stesso gridando: "Devi passare attraverso molti dolori per entrare nel regno dei cieli".

L'amore del Santo per il Signore era grande, perciò il Signore lo amava e gli concedeva il dono di fare miracoli e profezie. "In un'occasione", racconta il suo biografo, "un mercante di Rostov era in mare con i suoi compagni durante una terribile tempesta. La nave, probabilmente dopo aver colpito uno scoglio, si fermò improvvisamente e cominciò a essere frantumata dalle onde. La forza del mare minacciava di distruggerla. "Nella loro disperazione, tutti quelli che erano a bordo incominciarono a prepararsi alla morte. Poi, in mezzo alla loro disgrazia, imitando il caso del profeta Giona, i viaggiatori decisero di tirare a sorte, supponendo che la nave si fosse fermata a causa di un delitto commesso da uno dei passeggeri. La sorte cadde su un mercante di Rostov, che era anche il proprietario della nave. La folla poi gettò in mare il mercante insieme a un'asse.

"Gettato dall'ira dei suoi compagni nel mare in tempesta, lo sfortunato mercante cominciò ad lasciarsi andare verso la morte. Improvvisamente, gli apparve davanti il beato Isidoro, che camminava sul mare come sulla terraferma. Il santo prese per mano il mercante e gli chiese: "Sai chi sono?" L'infelice, respirando appena, disse: 'Servo di Dio, Isidoro, aiutami...'. "Il beato Isidoro trascinò il mercante sull'asse di legno e, come spinto da una mano invisibile, l'asse iniziò a seguire la nave che era già partita. Quando si avvicinò alla nave, il mercante si ritrovò improvvisamente sul ponte. Quando gli altri viaggiatori lo videro in mezzo a loro, furono presi da terrore e glorificarono Iddio misericordioso, perché compresero che era avvenuto un miracolo. Il mercante taceva, perché il santo gli aveva proibito con severità di raccontare esattamente quello che era successo.

"Quando tornava a Rostov, il mercante si prosternava al santo ogni volta che lo vedeva da lontano; e quest'ultimo, passandogli vicino, gli ricordava il suo divieto. Così, il mercante disse sempre che Dio lo aveva salvato per un intervento della sua grazia".

In un altro caso, due amici intimi di nobile nascita, Savva e Simeon, erano compagni d'armi nella battaglia con Vasilij Shemjaka. Un terzo compagno, il principe Simeon, era stato ferito e ora era costretto a letto. I due amici decisero di fargli visita. Lì, al suo capezzale, incontrarono i parenti del soldato ferito, compresa la famiglia di suo fratello, il principe Vasilij. La figlia di Vasilij, Darija, era una bellissima fanciulla di cui Savva si innamorò. Alla fine si fidanzarono e, subito dopo, celebrarono un matrimonio di insolita grandezza. Il giorno delle nozze, che si svolsero in casa di Simeon, sant'Isidoro entrò improvvisamente in casa. I servi cercarono di scacciarlo, ma lui sfuggì a loro ed entrò rumorosamente nella sala delle feste. Nelle sue mani teneva un berretto intessuto di erba e fiori di campo. Raggiunto lo sposo, gli mise in capo il berretto, dicendo: "Ecco! Un berretto da vescovo per te!"

Il misterioso dono e le strane parole del Santo confusero Savva e i suoi ospiti, ma Sant'Isidoro scomparve rapidamente dalla sala e fu visto con i bambini per le strade. Il dono e le parole profetiche del folle in Cristo non furono vani e alla fine furono comprese in seguito. Darija rimase incinta e, tornando a Rostov, diede alla luce un figlio. Il parto fu estremamente difficile e provocò la morte della madre. La perdita della sua amata moglie scosse così tanto Savva che lasciò il mondo e divenne monaco nel monastero di san Ferapont. Alla tonsura gli fu dato il nome di Ioasaf e in seguito fu consacrato vescovo di Rostov (1481-1489).

In generale, il santo entrava raramente nelle case della gente, e quando lo faceva veniva solitamente cacciato fuori senza tante cerimonie. Una di queste occasioni, avvenuta poco prima della sua morte, fu la seguente: il principe Vladimir di Rostov invitò una volta l'arcivescovo locale Vassian a benedire la sua famiglia. Quel giorno, dopo la liturgia, sant'Isidoro si affrettò a casa del principe prima degli altri. Entrò e chiese da bere a un servo, come se volesse dissetarsi. In realtà, però, il santo non voleva bere, ma desiderava che la benedizione del Signore cadesse sulla famiglia del pio principe, come disse il Signore: "Chi dà un bicchiere d'acqua fresca nel mio nome non perderà la sua ricompensa".

Il servo non solo rifiutò di dare da bere al santo, ma lo cacciò addirittura via. Il folle in Cristo lo perdonò e lasciò la casa senza protestare. Ma piacque a Dio glorificare il suo santo e rafforzare la fede del pio principe. Quando arrivò l'arcivescovo e i presenti si furono seduti a tavola, venne il momento di servire il vino, ma i servi trovarono tutti i vasi vuoti. Andarono ansiosamente ad informare il principe.

Quest'ultimo rimase stupito e si affrettò a indagare sull'accaduto. Chiese al suo maggiordomo che era venuto durante il giorno, e seppe che sant'Isidoro aveva visitato la casa prima del pasto, chiedendo una tazza d'acqua, e che i servi lo avevano cacciato via senza dargliela. Il principe capì che il miracolo era una punizione per il rifiuto a un mendicante da parte di un servitore spietato. Immediatamente mandò i suoi servi dal santo per pregarlo di tornare a casa sua. Sant'Isidoro, tuttavia, non si trovava da nessuna parte. La cena si stava avvicinando alla fine e ancora non c'era vino. Il principe si guardò intorno, confuso e addolorato.

Poi, all'improvviso, Isidoro entrò, tenendo in mano una prosfora. Si avvicinò all'arcivescovo e gli diede la prosfora, dicendo che l'aveva appena ricevuta dal metropolita nella chiesa di Santa Sofia a Kiev. Nel frattempo il maggiordomo trovò i vasi pieni di vino. Informò il principe, e tutti i presenti rimasero stupiti e glorificarono Dio, che aveva operato tali miracoli per mezzo del suo santo nascosto.

Il beato Isidoro si addormentò nel Signore il 14 maggio 1474

Non lasciò affatto la sua capanna durante gli ultimi giorni della sua vita terrena, pregando invece con lacrime fino all'ora del suo giusto riposo. Al momento del suo riposo, una fragranza insolita si diffuse in tutta la città. Tutti si meravigliarono e cominciarono a cercarne la fonte. Presto scoprirono che più si avvicinavano alla capanna del folle in Cristo, più forte diventava la fragranza. Qualcuno si azzardò a guardare dentro e vide il santo disteso a terra, con la faccia verso l'alto e le mani incrociate sul petto. Annunciò a tutti la morte dell'uomo di Dio. Seppellirono il santo nella sua capanna, nel punto esatto in cui di era addormentato nel Signore.

Il mercante che era stato salvato dal mare partecipò alla sepoltura. Finalmente liberato dal suo vincolo di silenzio, iniziò con singhiozzi a raccontare a tutti i dettagli del suo miracoloso salvataggio. Con la benedizione del vescovo, coloro che amavano e veneravano sant'Isidoro costruirono una cappella lignea vicino alla sua tomba, in onore dell'Ascensione del Signore, perché il Santo era defunto alla vigilia della festa. Nel 1566, per ordine dello tsar Ivan il Terribile, la cappella lignea fu sostituita da una chiesa in pietra. Un sacerdote tentò di aprire la tomba del santo, ma un potere invisibile lo respinse. Nel 1815 fu posta sulla tomba un'edicola d'argento, da dove sgorgava un flusso costante di miracoli del santo.

La celebrazione della commemorazione del santo da parte dei fedeli ebbe inizio il giorno stesso del suo riposo. Tredici anni dopo, il suo nome apparve ufficialmente nel calendario della Chiesa russa.

 
Più pericoloso del Covid-19

Nel suo articolo del 25 maggio 2020, "Una nota sul cucchiaio eucaristico comune", padre Alkiviadis Calivas ha tentato di fornire alcune giustificazioni per eliminare l'uso del cucchiaio comune per la santa comunione. Ciò che alla fine ha presentato sono i valori del mondo o il ragionamento del cristianesimo occidentale sotto il mantello della teologia ortodossa.

L'Ortodossia è sempre stata flessibile, ma è stata anche intransigente su alcuni punti, tra cui la nostra convinzione principale sulla comunione e il nostro phronema ortodosso, la nostra mentalità, che è distinta da tutti gli altri gruppi cristiani. Esempi isolati di pratiche storiche passate e argomenti razionali sono utilizzati nell'articolo per giustificare l'eliminazione del cucchiaio eucaristico comune. Ma gli stessi tipi di argomenti possono essere impiegati praticamente per giustificare o razionalizzare l'eliminazione di ogni pratica tradizionale e posizione morale della Chiesa. Esiste una minaccia più grande del Covid-19: l'indebolimento delle nostre convinzioni e il danno alla fede. Ciò di cui abbiamo bisogno dai nostri vescovi e dai nostri sacerdoti in questo momento è la leadership spirituale, piuttosto che la presentazione di argomenti "logici" che si arrendono alla "schiavitù del nostro ragionamento umano", come afferma la preghiera alla Theotokos dopo la comunione.

Sappiamo che in origine tutti i fedeli ricevevano il corpo di Cristo in mano e bevevano il sangue di Cristo direttamente da un calice comune. L'articolo suggerisce che, poiché l'uso di un cucchiaio comune non è stato sempre una pratica della Chiesa, una Chiesa locale può decidere di propria iniziativa di sostituirlo con qualche altra pratica. L'articolo nota che l'uso del cucchiaio fu istituito circa mille anni fa per proteggere il santo e prezioso corpo del Signore dall'essere fatto cadere per trascuratezza dai fedeli e per facilitare la ricezione di entrambi gli elementi quando alla Liturgia serviva un solo sacerdote. È importante renderci conto della logica per l'introduzione del cucchiaio comune: proteggeva il sacramento dalla profanazione e ne facilitava l'effettiva distribuzione. Quel cambiamento rafforzò nelle menti dei fedeli l'estrema sacralità dei santi doni. Ma questi nuovi metodi suggeriti come possibili sostituti del cucchiaio comune – come l'uso di più cucchiai o di cucchiai usa e getta – non seguono affatto quel phronema. Piuttosto, sono proposti per alleviare le paure di alcuni laici, che provocherebbero effettivamente un danno ai fedeli affermando le loro paure che la santa comunione possa trasmettere malattie. La Chiesa ha sempre sostenuto che la santa comunione non può mai essere fonte di malattie, e minare tale credenza fondamentale è più pericoloso e più mortale del Covid-19 perché coltivare tali dubbi influisce sulla nostra salvezza eterna. Il maligno se la ride perché, consentendo il dubbio che la comunione possa trasmettere una malattia attraverso il cucchiaio, la Chiesa stessa instilla dubbi, dubbi che il diavolo coltiverà e cercherà ardentemente di estendere ad altre aree della fede.

L'articolo sottolineava che il Canone 101 del Concilio quinistesto proibiva ai fedeli di portare piccoli ricettacoli d'oro per ricevere la comunione piuttosto che riceverlo direttamente nelle loro mani. La gente pensava di onorare la comunione ponendola su un materiale “prezioso” come l'oro. Il canone proibì quella pratica, non perché il concilio affermasse che non dovremmo usare un cucchiaio o qualche altro "strumento". Il phronema dietro il canone doveva affermare che nulla è più prezioso, o un più degno ricettacolo per la santa comunione, della persona umana. Cristo non è onorato dal nostro oro o dai nostri cucchiai, ma quando lo riceviamo con l'atteggiamento giusto, "con timore di Dio, con fede e amore", come ci ricorda la chiamata al calice.

Il canone affermava il valore supremo della persona umana. Per noi Dio in realtà è diventato uomo, quindi la santa comunione non può mai essere un agente di malattia, sia che si riceva su un cucchiaio, o nella mano, o direttamente dal calice. Dio è divenuto uomo – non semplicemente per morire sulla croce o per risorgere dai morti. È diventato uomo per diventare carne e sangue in modo che noi potessimo ricevere fisicamente la sua carne e il suo sangue. È impossibile, impossibile, che possiamo ammalarci o mediante la stessa comunione o attraverso gli strumenti con cui la riceviamo. Quando Dio è divenuto uomo, ha santificato la nostra natura umana unendola alla sua natura divina. La sua divinità non è stata alterata dalla sua unione con l'umanità. Come può il cucchiaio che comunica i fedeli non essere anch'esso santificato? Se noi esseri umani, con i nostri peccati e i nostri fallimenti, siamo santificati ricevendo la comunione, come può il cucchiaio, un oggetto inanimato senza peccati, non essere santificato ed essere un agente di una malattia?

L'articolo, tuttavia, tenta di distinguere il sacramento stesso dallo strumento utilizzato per offrire il sacramento ai fedeli. Padre Calivas difende i credenti dubbiosi o timorosi, dicendo che queste persone non mettono in discussione il carattere sacro e l'identità dei santi doni, "solo l'affidabilità dello strumento" usato per offrirli. Ma se credono nel carattere sacro dei santi doni, come sostiene, lasciate che il clero li conduca, e lasciate che i teologi li incoraggino, a fare un altro passo: ad avere fiducia anche nel cucchiaio. Invece, alcuni sacerdoti e teologi incoraggiano dubbi che nessuna misura umana potrà mai eliminare del tutto.

L'articolo descrive come insensibili quelli che difendono la fede ortodossa sostenendo il cucchiaio comune. Li descrive come persone "sprezzanti", che presentano "un'aria di superiorità" perché insistono sul fatto che la comunione non può trasmettere la malattia perché la comunione è "la medicina dell'immortalità". Padre Calivas ammette che "potrebbe essere vero" che la comunione non può trasmettere la malattia, ma "la medicina dell'immortalità" e dichiarazioni simili "non sono sufficienti per calmare le paure e le preoccupazioni" di alcune persone. Ma quelle non sono dichiarazioni recenti di canaglie che esercitano una "aria di superiorità". Tali affermazioni sono ciò che la Chiesa, le Sacre Scritture, i Padri e i santi hanno sempre insegnato e ciò che dichiarano i nostri inni di comunione: "Gustate e vedete quant'è buono il Signore". "Al corpo di Cristo partecipate, della fonte immortale gustate". "Il calice della salvezza prenderò, e il nome del Signore chiamerò". I nostri inni di comunione non sono semplicemente sentimenti poetici da scartare come privi di significato perché alcune persone hanno paura. La nostra affermazione che la santa comunione non può mai essere il veicolo di trasmissione di una malattia, indipendentemente dal metodo con cui viene ricevuta, è stata dimostrata vera in tutti i 2000 anni di storia della Chiesa. Questo è ciò che viene "scartato" qui! Cosa dovrebbe incoraggiare la Chiesa? Su cosa dovrebbe prendere posizione la Chiesa? Sulla fede o sull'incredulità? Sulla santa Tradizione o sulla paura umana?

Sfortunatamente padre Calivas suggerisce che ricevere la comunione potrebbe trasmettere malattie, "come se l'atto della comunione fosse al di fuori dei… limiti dell'ordine creato", scrive. L'articolo esprime solidarietà con le persone che non vogliono essere esposte a "rischi inutili" e dice che "i fedeli vogliono sentirsi al sicuro, ascoltati e protetti dalla loro Chiesa". La paura umana è reale e dovremmo essere sensibili alle preoccupazioni delle persone. La Chiesa si preoccupa sempre e vuole proteggere i fedeli. Le chiese sono state chiuse per settimane e stiamo continuando a seguire pratiche igieniche, come indossare maschere e praticare un  distanziamento sociale, ma la Chiesa non allevierà mai tutte le paure né dovremmo mai compromettere la nostra santa Fede in uno sforzo fuorviante per farlo.

L'articolo tenta di distinguere tra il sacramento stesso e il modo in cui viene ricevuto, suggerendo che non ci si può ammalare a causa del sacramento ma forse a causa del cucchiaio. Dobbiamo credere che colui che ha svuotato l'inferno non sia in grado di prevalere su un virus, perché questo è su un cucchiaio? Che assurdità è questa? Che si riceva o meno su un cucchiaio comune, il mistero più sacro della Chiesa non può mai essere veicolo di malattia. Proprio nell'istituzione dell'eucaristia, Cristo era certamente a conoscenza di virus e germi. Sapeva che in futuro ci sarebbero state pandemie e pestilenze, ma il Signore – apparentemente incautamente, senza amore o preoccupazione per l'umanità e contro ogni consiglio scientifico o pensiero razionale – ha osato passare in giro un calice comune! Fu così che i cristiani ricevettero il sacramento per centinaia di anni prima dell'uso di un cucchiaio comune: da un calice comune.

Dopo che i fedeli hanno ricevuto i santi doni, ciò che rimane nel calice viene consumato dal sacerdote. Padre Calivas ha notato di aver consumato i resti della comunione per migliaia di volte nei suoi oltre sessant'anni da sacerdote. Con ciò mina la sua stessa argomentazione: non si è mai ammalato di quella pratica anche se ha consumato il calice dopo aver amministrato la comunione a migliaia di persone con un cucchiaio comune. In effetti, non c'è mai stato un singolo caso in cui si possa dimostrare che una persona ha contratto una malattia dalla santa comunione. In alcune occasioni, ho visto mio marito leccare la comunione dal pavimento della chiesa quando inavvertitamente è caduta una goccia. L'ho persino visto succhiare energicamente una goccia di comunione dal tappeto quando il pavimento della chiesa era ricoperto di tappeti: il pavimento su cui erano calate centinaia di scarpe, scarpe che erano state fuori nel mondo pieno di germi. Immaginatevelo! C'è il prete, rivestito dei suoi paramenti, in ginocchio, che succhia un tappeto o lecca la comunione da un pavimento rigido. Non si è mai ammalato. Questo non è solo un atto di pietà sentimentale ma un atto di fede e riverenza, una fede che dobbiamo incoraggiare e sostenere in questo momento, e non cercare procedure alternative che la minino.

Questo problema è emerso non molto tempo fa negli anni '80, quando sono state sollevate preoccupazioni sulla trasmissibilità del virus dell'AIDS. Ricordo le discussioni che abbiamo avuto nella Chiesa in quel momento. Ricordo le lezioni di epidemiologi che avevano studiato la questione se la santa comunione fosse mai stata conosciuta per aver trasmesso malattie: dissero che non l'aveva mai fatto. Sapevamo molto poco sull'AIDS, e all'epoca era fatale al 100%. Tutti avevano preoccupazioni, ma nessuno ha eliminato il cucchiaio comune perché le persone avevano paura. Quanto è diminuita la nostra fede e quanto è aumentato il nostro atteggiamento secolare da quel momento! Se la nostra decisione deve essere basata sull'igiene o sulla scienza, perché non sono citati gli studi scientifici a riguardo? No, invece, rispondiamo e agiamo con paura. Sua Eminenza il metropolita Nikolaos Hadjinikolaou di Mesogaia e Lavreotiki, uno scienziato che ha studiato ad Harvard e al MIT e fondatore del Bioethics Institute di Atene, ha scritto in un'enciclica come vescovo e come scienziato che la comunione non può trasmettere malattie. Ha osservato con astuzia che il vero pericolo nel mondo di oggi non è un contagio, ma "il virus dell'empietà e della mancanza di fede".

Padre Calivas ha torto quando scrive che "una Chiesa locale nella sua saggezza e autorità collettiva è libera di adattare, modificare e gestire il metodo con cui è distribuita la santa comunione". È la vera antitesi del phronema ortodosso per una singola Chiesa locale di propria iniziativa fare un cambiamento su una questione così significativa come la ricezione della santa comunione, alterando quella che è stata la pratica costante della Chiesa in tutto il mondo per centinaia di anni.

L'articolo banalizza i sostenitori del cucchiaio comune descrivendoli come persone che reagiscono con "ansia" al "cambiamento". Ricordiamo che fu la semplice fede dei normali cristiani ortodossi a sostenere la Chiesa e preservare la Fede anche quando la maggior parte delle persone era completamente ignorante. Troppo spesso teologi e vescovi si sono trovati dalla parte sbagliata della storia. L'atteggiamento di "superiorità" che l'articolo attacca si trova piuttosto tra coloro che si considerano "istruiti", "scientifici" e più informati rispetto al resto di noi, che giungono a interpretazioni intelligenti per giustificare la loro posizione. "E pensando di essere saggi, sono diventati stolti" (Rom 1:22). Quelli che si oppongono all'abbandono del cucchiaio comune non stanno vivendo "ansia" per il cambiamento, ma sono preoccupati per la perdita del nostro inestimabile phronema, la nostra adesione alla Tradizione che ha preservato la nostra fede per generazioni attraverso innumerevoli e inimmaginabili pericoli e attacchi di innumerevoli nemici. Dobbiamo essere noi a minare la nostra stessa Fede piuttosto che riconoscere che questo momento è una prova della nostra fede? I nostri antenati e predecessori hanno affrontato innumerevoli pericoli, tra cui la tortura e il martirio piuttosto che negare Cristo, e noi lo negheremmo accusandolo di consentire alla Chiesa di usare uno strumento – il cucchiaio – che ci porterebbe malattie?

L'articolo afferma che l'eliminazione del cucchiaio comune è accettabile perché l'uso di un cucchiaio comune è solo una pratica e non è una violazione del sacro dogma della Chiesa. Ma questo non è corretto. Non è il cambiamento stesso che è la violazione del sacro dogma, ma è la ragione del cambiamento che è una violazione. L'idea di ammalarsi partecipando ai sacri e sublimi misteri è in effetti una violazione del sacro dogma della Chiesa al livello più profondo. Affermare che il cucchiaio comune non è "dogmatico" rivela la superficialità con cui si tratta questo problema.

Non solo il cambiamento da un cucchiaio comune sarebbe una dichiarazione dogmatica sulla natura della santa comunione stessa, ma anche ciò che rappresenta l'uso del cucchiaio comune è profondamente dogmatico, cosa che un liturgista dovrebbe sapere. C'è un motivo teologico per un cucchiaio: ci unifica allo stesso modo del calice comune e del pane comune. Quindi, mentre padre Calivas dice che cambiare questa pratica non viola alcun "dogma", in realtà viola le pratiche eucaristiche essenziali nell'Ortodossia che esprimono l'unicità della Chiesa: un pane, un calice, un altare, una liturgia, un Signore, una fede, un battesimo.

L'articolo affermava che il cucchiaio è "un oggetto materiale imperfetto" che "non condivide l'incorruttibilità... del corpo di Cristo". Ovviamente, il cucchiaio non è uguale al corpo di Cristo né è incorruttibile. Ma non è neppure semplicemente un "utensile", la cui "dignità" è "derivata dal suo uso" nella comunione, come ha scritto. È il mezzo con cui viene data la comunione ai fedeli. I Canoni 72 e 73 degli 85 Canoni dei santi apostoli proibiscono severamente la vendita o la fusione di oggetti sacri o di tessuti liturgici e vietano di appropriarsi di oggetti sacri per uso profano. Questo è denunciato come "sacrilegio" nei canoni e la pena è la scomunica. Perché profanare il cucchiaio sarebbe "sacrilegio" se il cucchiaio fosse semplicemente uno "strumento" dotato di "dignità"? È diventato un oggetto sacro e, come tale, per fede, accettiamo che non trasmetterà mai malattie.

San Giovanni Crisostomo disse nell'omelia 25 sul Vangelo di Giovanni: "Perché niente è peggio che relegare le cose spirituali al ragionamento umano... Noi stessi siamo chiamati "fedeli" proprio per questo motivo: affinché, avendo messo da parte la debolezza del ragionamento umano, possiamo giungere alla sublimità della fede e possiamo affidare la maggior parte del nostro benessere all'insegnamento della fede".

La Chiesa non ha mai preso decisioni basate sulla paura, solo sulla fede. Inoltre, la Chiesa non prende decisioni o raggiunge conclusioni teologiche basate sul ragionamento umano. Ma seguiamo la linea del ragionamento umano che impiega padre Calivas e vediamo dove ci porterà alla fine. I sacerdoti, i vescovi e i diaconi si comunicano dal calice prima che siano comunicati i fedeli. Si aggiunge acqua al vino per due volte – una volta durante la Proscomidia (officio di preparazione dei doni) e una volta durante la Divina Liturgia. Dopo l'aggiunta dell'acqua rimane abbastanza alcool nel calice per uccidere il virus? Cominceremo ad avere anche questa paura? A che punto ci creerà disagio? Il sacerdote riceve anche la comunione direttamente dal calice prima di offrirlo alla congregazione. A che punto ci sentiremo a disagio nel ricevere dallo stesso calice usato dal prete e ci arrenderemo a quella paura? Avremo dei calici separati per tutti? Questo è un ragionamento ridicolo, ma è un'estensione logica degli argomenti fatti per respingere il cucchiaio comune. Numerosi sacerdoti ortodossi hanno contratto il Coronavirus. Qualcuno dei fedeli che hanno ricevuto la comunione dallo stesso calice dopo che quei sacerdoti si erano comunicati si è ammalato del virus? Certamente no!

San Gregorio il Teologo ha commentato i compromessi della fede per conformarsi ai valori di questo mondo: "Noi non siamo come i molti, capaci di corrompere la parola di verità e mescolare il vino, che allieta il cuore dell'uomo, con lacqua, mescolando cioè la nostra dottrina con ciò che è comune e di scarso valore, degradato, stantio e insipido, compiendo adulterazioni per profitto, ...e, per ottenere la speciale buona volontà delle folle, ferendoci in massimo grado, rovinandoci e spargendo il sangue innocente delle anime più semplici, di cui ci sarà richiesto il prezzo" (Orazioni 2.46).

Tutti noi moriremo di morte fisica, ma moriremo volontariamente della seconda morte, la morte dell'anima? Il Covid-19 non è una malattia molto mortale rispetto alle terribili malattie che hanno afflitto l'umanità in passato. Noi non abbiamo mai compromesso la nostra fede in tempi difficili anche quando quelle malattie erano più mortali e non avevamo la medicina moderna che abbiamo oggi per aiutare ad alleviare le nostre paure e guarirci. Che ironia! Ora che abbiamo la medicina moderna per aiutarci a prolungare fisicamente la nostra vita, questa non è una consolazione. I progressi medici e scientifici non possono aiutare i nostri mali spirituali poiché ora abbiamo più dubbi, più paura. C'è qualcosa di peggio del Coronavirus: instillare il dubbio tra i fedeli corrompendo il phronema della Chiesa. Anche il minimo suggerimento che i santi misteri possano portare malattie, è una terribile distorsione della Fede ortodossa e potenzialmente influenza la salvezza eterna di innumerevoli anime innocenti.

Se qualcuno ha paura, che non si comunichi. Non dovremmo cercare di alleviare le "paure" di alcuni, minando la fede di innumerevoli altri. Cambiare quella che è stata la pratica universale della Chiesa nel mondo per centinaia di anni significa introdurre un virus molto peggiore: il conformismo alla mentalità del "mondo". Oggi è il Coronavirus. Domani ci saranno altre malattie o altre scuse per diluire la fede. La Chiesa ha resistito a innumerevoli pandemie. La paura viene dalla nostra debolezza, dalla nostra caduta, dalla nostra rottura, che la Chiesa e i santi misteri esistono per guarire, non per perpetuare.

Possa la tuttasanta Trinità avere misericordia di noi e illuminarci tutti.

 
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Il monachesimo nell'America dietro le sbarre

Parte 1

I gentiluomini che ho visitato nella mia prigione locale negli ultimi dieci anni vivono una esistenza quotidiana che, come ho spesso considerato, non è diversa da quella dei monaci del monastero che ho visitato.

Non hanno mogli o fidanzate con loro. Tutti indossano lo stesso abbigliamento, non tonache nere, ma vecchie tute rosse. I loro capelli spesso crescono incolti, in quanto, come i monaci, non hanno molti specchi. A loro non importa del loro aspetto. Il cibo non è molto saporito. Sono tagliati fuori da quella che era la loro vita, i loro affanni e le loro abitudini.

Il loro contatto con gli esterni - chiamate a prezzo troppo caro, un'occasionale lettera - è limitato. Un buon numero di loro trascorre una grande quantità di tempo a pregare, leggere, scrivere, contemplare la loro vita a un livello più profondo di quello che avrebbero al di fuori di queste mura. Passano la maggior parte della giornata in piccole stanze chiamate celle.

La più importante e ovvia differenza, dico loro, è che i monaci che ho incontrato hanno scelto di vivere in questo modo.

Perché?

I monaci vogliono conoscere Dio più pienamente. E pensano che un ambiente del genere possa aiutare. Io dico ai ragazzi che i monaci che ho visitato - cattolici e ortodossi, cercano in tali chiostri di abbandonare il loro falso ego, allontanandosi dalle distrazioni e dalle illusioni che offre la società. Essi cercano di restare nudi davanti a Dio, esponendo il loro io più autentico, il loro bisogno nascosto.

Vogliono che il loro cuore sia rotto, e ricolmato, e ampliato con l'amore di Dio.

Per migliaia di anni, sottolineo, uomini e donne hanno pensato che un ambiente così duro fosse utile per tale difficile lavoro. Un luogo appartato dal mondo per pregare.

Ecco perché, dopo tutto, io stesso vado al carcere.

Vado più spesso che posso, almeno un pomeriggio alla settimana, se non di più. Quando dico ai ragazzi che vorrei poter passare la notte, trascorrere un paio di settimane o mesi là con loro, ridono e dicono che possono suggerire tutti i tipi di modi in cui possono aiutarmi a finire lì. Più volte, in modo semi-serio, abbiamo valutato alcune infrazioni tecniche che mi avrebbero potuto far finire là, con una tuta rossa e tutto il resto, con il minimo danno alla mia possibilità di ritornare un giorno come cappellano.

Ma reati a parte, gli uomini nel cerchio di sedie spesso mi chiedono perché vengo comunque, quando non sono obbligato. "Questa è la mia chiesa preferita", dico. "Vengo qui da anni".

Quella parte non è uno scherzo.

Quello che cerco è la misericordia di Dio. E' quello che mi piace. E voglio starle vicino, come i miei amici amanti dell'aria aperta non possono stare lontani dai sentieri o dalle cime delle Cascades; come gli ornitologi tendono il collo verso il minimo canto tra le foglie; come i fanatici del rock stanno in prima fila a un concerto e sentono l'emozione cruda vibrare attraverso le loro ossa; come gli amanti dell'arte frequentano musei e gallerie.

Per me, niente può battere quello sfuggente, invisibile soffio di misericordia celeste che entra in contatto con un cuore spezzato. Voglio che mi inondi, ripetutamente, portandomi via la normale sporcizia di noia, ambizione, ansia e disperazione, più e più volte. Voglio che mi renda ancora una volta sensibile, che smussi i miei spigoli callosi, che rinfreschi la mia mente perché io possa odorare di brillante, dolce tenerezza e misericordia quando me ne vado, magari per qualche ora.

Vado al carcere come cappellano volontario nel modo in cui gli ubriachi frequentano un bar locale. Ad alcuni non dispiacerebbe rimanere per tutta la notte.

La misericordia, come la musica, risuona meglio in certi luoghi, in certe condizioni del cuore. Monaci, tra le loro pareti scelte, sono ben consapevoli del loro bisogno di misericordia. Cioè, del loro peccato. E a parte un monastero, dico agli uomini, il carcere è probabilmente il posto migliore per essere tra le persone che si trovano di fronte a loro il disastro che realmente sono.

"Quindi, ragazzi, se qui avete già un posto così simile a un monastero, vorreste andare avanti e imparare alcuni dei modi con cui i monaci usano il loro tempo? Come usare le vostre celle, in questo sistema spietato, per diventare studenti di misericordia? Volete imparare alcuni dei modi in cui pensano e pregano, e che io sto iniziando a praticare nella mia vita? "

Ho iniziato con qualcosa di simile all'ultimo dei tanti gruppi che ho condotto. Mi sorprende sempre come sembrano felici di quest'idea.

Li avverto che la cosa comprende alcune ripetitive, semplici preghiere e posture fisiche - molti inchino, con le ginocchia e le mani e la fronte sul terreno duro.

Ci saranno, mi dicono.

Credo di essere in attesa che mi chiedano di tornare a uno studio biblico, come al solito. O semplicemente che si guardino intorno goffamente di fronte a questa roba monastica. O che contestino il confronto tra un'abbazia e un carcere.

Ma sono venuti. Forse è perché questi uomini che affrontano sentenze penali, intrappolati in una struttura, non sono diversi rispetto ai molti di noi al di fuori, alla ricerca di "ritiri spirituali", in visita ai monasteri nei deserti e sulle coste e nelle pianure rurali.

Nei miei prossimi post, continuerò questa piccola serie che esplora la sovrapposizione tra spiritualità monastica e gli uomini che io assisto pastoralmente che sono dentro la crescente realtà della "America dietro le sbarre", una nazione con più persone in carcere, in percentuale, rispetto a qualsiasi altro paese del mondo. Racconterò le pratiche specifiche che stiamo sperimentando all'interno della prigione locale, così come una recente visita a un monastero ortodosso con un uomo appena uscito da una cella di isolamento.

Parte 2

All'inizio di quest'anno, durante la Quaresima, ho visitato un monastero ortodosso russo su un'isola di sempreverdi dall'altra parte della baia di Seattle. Non c'ero mai stato prima, ma questo pellegrinaggio locale mi è sembrato in qualche modo familiare.

Dopo la corsa in traghetto attraverso le acque fredde con gabbiani nell'aria, ho guidato attraverso l'isola boscosa e nebbiosa su strade tortuose, lontano dalle grandi città o anche da un semplice negozio all'angolo, e, infine, quando sono arrivato a un cancello chiuso dove ho potuto spingere un pulsante e annunciarmi come visitatore, ho capito che questo era esattamente come le mie visite alle varie carceri nel mio stato negli ultimi dieci anni.

Come cappellano nella mia locale prigione di Skagit County, finisco per visitare gli uomini che sono condannati e spediti ai lontani impianti di massima sicurezza. I complessi sono sorvegliati, come dei mondi un po' nascosti, senza molta segnaletica davanti. Di solito c'è una strada oscura da passare, e sempre il piccolo citofono per annunciarsi al cancello.

Ho guidato su per la collina, accanto a enormi, bellissime croci a otto punte, mentre mi guardavano icone di Cristo di vecchia scuola, immerse tra le travi coperte di muschio e le felci gocciolanti. Ma a differenza del senso di durezza e irrigidimento che viene a entrare in un complesso carcerario con la sua stretta sorveglianza, ho sentito il cuore che si apriva; i miei sensi si espandevano all'interno del cancello di questo monastero.

I monaci di questo piccolo monastero - tutti e tre - mi aspettavano per questo giorno.

Dopo che il monaco più giovane con la sua piccola barba incolta mi ha mostrato la mia cella, mi sono lavato e sono andato in chiesa. Aveva una cupola a cipolla blu sulla sommità, come in un piccolo villaggio russo. La pesante porta si è chiusa dietro di me. Era buio e meraviglioso. Candele. Incenso. Icone che coprono le pareti. Ma era piccola, delle dimensioni di un soggiorno, e non aveva sedie, né banchi su cui sedersi.

I libri sul culto ortodosso che avevo cominciato a leggere mi avevano parlato di questo. Non era solo questione di stare in piedi nella presenza di Dio con riverenza. La chiesa - e soprattutto il monastero - era una sorta di palestra spirituale, avevo letto, dove siamo rafforzati nella mente, nel corpo, nell'attenzione e nel cuore, per sopportare il peso dell'amore di Dio. Dove la malattia del peccato può essere affrontata, superata.

La Liturgia parla di ricevere il corpo e il sangue vivifici di Cristo "per la remissione dei peccati". La remissione, proprio come ciò che accade a un sopravvissuto al cancro, con un trattamento adeguato e uno stile di vita sano e completo.

Così ho seguito gli esempi. I due monaci anziani, spostandosi, continuavano a inchinarsi di fronte alle grandi icone. Così mi sono inchinato anch'io. Sono stato in piedi. Ho ascoltato come cantavano. Ho spostato il mio peso quando le mie gambe si stancavano.

Poi è arrivato un punto nel loro allenamento di preghiera che mi ha colpito come un ritornello particolarmente bello in una nuova canzone. Il vecchio monaco ha allargato le braccia, dandomi le spalle, e ha detto: "O Signore e Maestro della mia vita, non darmi uno spirito di pigrizia, di futilità, di brama di dominio e di vaniloquio".

E poi ha cercato di inginocchiarsi.

Ho poi saputo che, dopo tre decenni di quotidiani inchini, genuflessioni e prosternazioni a ogni ora, sia a lui che all'abate dalla barba bianca erano state installate protesi d'anca.

Quando ho visto il suo accenno traballante a una prosternazione - avevo letto anche di queste - l'ho preso come un invito, da uomo più giovane, ad abbassarmi io stesso e a inginocchiarmi completamente, da solo accanto alla porta. Ho appoggiato la testa a terra. Sembrava rinfrescante. Parlare di brama di dominio, di futilità, e mettere la testa con le mani sul tappeto. Sembrava una cosa di cui avevo avuto bisogno per anni, ma non mi era stata prescritta, o avevo dimenticato che era a mia disposizione.

Volevo stare lì, in questa posizione, che mi sembrava più giusta della maggior parte delle mie preghiere erranti.

Il monaco, però, ora era di nuovo in piedi. "Fa' invece grazia a me, tuo servo", ha continuato, "di uno spirito di assennatezza, di umiltà, di tolleranza e di amore".

E di nuovo ci siamo abbassati.

E' andata avanti così con altre preghiere sorprendentemente vulnerabili. Su a piedi, giù sul viso, e di nuovo su.

Mi ha ricordato gli allenamenti della prigione che così tanti membri di bande mi hanno insegnato al loro rilascio.

"Flessioni", le chiama la maggior parte dei detenuti. A volte nei loro garage, a volte nei vialetti in mezzo alle auto, a volte nei cortili, questi ragazzi con orgoglio mi guidano attraverso i movimenti che li hanno tenuti magri, forti e sani negli anni in cui erano via.

Parte 3

Nelle "flessioni" che i ragazzi spesso mi mostravano dopo che erano tornati a casa dal carcere nei loro vialetti e garage, facendomi sempre battere forte il cuore in gola e sudare la camicia prima di quanto mi aspettassi, ho riconosciuto le prosternazioni dei monaci ortodossi che avevo imparato al monastero.

I detenuti, nelle loro canottiere strette e jeans enormi, cominciavano in posizione verticale, poi colpivano i pugni sui loro addominali, si piegavano in un arco completo, toccando le ginocchia, poi il terreno, scendendo in posizione di flessione, e poi si tiravano su.

Molti ragazzi che conosco e che vanno in prigione tornano a casa fisicamente più in forma, anche se spiritualmente, emotivamente e psicologicamente tornano meno vivi, gravati con molti più traumi, rabbia, segreti, intorpidimento, e peccato, che i monasteri mirano a rimuovere.

Non solo in carcere c'è meno cibo spazzatura, assenza di bibite gassate, e orari irreggimentati per andare a letto e svegliarsi; non solo il sollevamento pesi è un passatempo popolare per la maggior parte dei detenuti; ma soprattutto i membri delle gang – la maggior parte di quelli a cui faccio assistenza pastorale – sono tenuti tra i loro ranghi a una formazione continua, utilizzando le flessioni come un allenamento per tutto il corpo, adatto all'interno delle loro anguste celle.

Ci si aspetta che siano sempre pronti per una battaglia.

I monaci vedono le loro rigorose pratiche in modo simile: preparare gli istinti della loro mente e del loro cuore a una battaglia spirituale nelle loro celle, in modo da non essere così facilmente picchiati da tutte le tentazioni, demoni, pensieri, paure, ansie, illusioni, e tormenti che assaltano quotidianamente il cuore umano.

"Abbiamo bisogno di esercizi", ho letto da un monaco, "per superare queste malattie". Ho sottolineato quella parte del libro.

Credo di aver pensato che tutti gli inchini i movimenti fisici religiosi che avevo visto eseguire dai monaci nei film fossero antiquate espressioni patologiche di colpa, di penitenza fremente, dell'ansia di uno schiavo che non ne sa nulla dell'amore.

Ma al monastero ho iniziato a interessarmi a questi movimenti – come quando avevo visitato la palestra mista di arti marziali e boxe di un mio amico. L'ho visto uscire dalla droga, perdere peso, e crescere in maturità, il tutto mentre si muoveva sul tappetino in bizzarri esercizi di ginnastica ritmica con altri giovani che cercavano di liberarsi da videogiochi e sbornie.

La palestra gli aveva offerto di più, appena uscito di prigione, del mio piccolo gruppo settimanale dove leggevamo i Vangeli, pregavamo e condividevamo la cena. La palestra impegnava il suo corpo. Richiedeva più da lui di quanto esigeva la sua mente. Lo lasciava alla notte con più pace.

Anche questa preghiera quaresimale di sant'Efrem che stavo imparando al monastero era più esigente. E mi ha dato una nuova pace. Ha rafforzato il mio cuore facilmente scoraggiano e mi ha spinto a mandar via il grasso spirituale che ci fa rallentare. Erano le flessioni dei monaci, una routine spirituale di tutto il corpo.

Così l'ho mostrata ai ragazzi in carcere pochi mesi fa. È stato il mio primo contributo monastico alla conversazione che avevamo iniziato la settimana prima sui modi per trasformare la detenzione in carcere in un ritiro spirituale e di formazione monastica.

Ma, appena abbiamo spinto le sedie del nostro circolo contro il muro della fredda e spoglia sala polivalente del carcere, ho smesso di parlare di quanto io stesso – e tante altre persone che non sono mai stati in un monastero o in una prigione – avessi bisogno di tali pratiche.

I ragazzi nelle tute rosse stavano lì mentre parlavo della mia generazione che si riversava nelle palestre di yoga, dove si può fare un passo fuori dalla nostra vita frenetica in un luogo appartato, fuori da una postura eccessivamente cerebrale, col fondoschiena su una sedia al lavoro e su una panca in chiesa, assumendo una posizione in cui il nostro corpo aiuta il nostro spirito ad aprirsi, e dove insieme si estendono e si abbracciano e si arrendono.

Imparare a utilizzare il nostro tempo, nelle nostre celle o nelle nostre camere da letto, ho detto, richiede alcune pratiche antiche.

"Come se fossero flessioni spirituali", aggiunsi. "Qualcosa da utilizzare nelle vostre cellule durante le ore di chiusura".

I ragazzi con i tatuaggi sul cranio e sul collo hanno annuito, hanno sorriso, e abbiamo iniziato insieme la preghiera di pentimento di sant'Efrem.

Non sono sicuro di cosa pensassero le guardie quando hanno guardato attraverso il loro lato dello specchio di osservazione, o attraverso la telecamera di sorveglianza montata in alto in un angolo del soffitto, mentre vedevano un cappellano in scarpe da ginnastica e dodici altri uomini in rosso – anziani bianchi con la barba rossa, nativi swinomish, giovani irrequieti da poco fuori metadone, capibanda messicani tatuati nel blocco delle celle – tutti che si chinavano a terra, arrendendosi, ma non al sistema. A qualcosa di invisibile.

Con tutti i segnali contrastanti che passavano tra questi uomini altamente sorvegliati nel cerchio con me, non sono sicuro di quello a cui pensava ciascuno di loro. Molti esitato quando abbiamo piegato sopra, e posto le mani sul pavimento di cemento verniciato.

Ma potevo sentire la tensione del gruppo dissolversi mentre le nostre teste toccavano il suolo freddo insieme, assorbite in un nuovo, spazio aperto di umiltà e di misericordia.

E un grande silenzio, dentro e fuori.

 
40 battaglie navali, e le vinse tutte – Il brillante ammiraglio russo Ushakov

Questo articolo fa parte della serie "Eroi militari cristiani russi", che illustra la stretta interrelazione tra Chiesa, Stato ed esercito nella storia russa. In contrasto con l'idea unicamente americana che sia meglio tenere separati Chiesa e Stato, i russi credono il contrario – che questo sia, in effetti, dannoso, e che la società sia meglio servita da una stretta cooperazione, poeticamente descritta come una "sinfonia".

Salpiamo l'ancora e issiamo la croce di sant'Andrea della flotta russa, è tempo di tornare indietro nella storia, con questo racconto di un eroe russo. Tra le sue imprese, questo eroe può vantare di aver vinto oltre 40 battaglie senza subire sconfitte; è Fëdor Ushakov, ammiraglio della flotta russa.

Il santo ammiraglio Ushakov era un contemporaneo dell'ammiraglio Lord Nelson, tuttavia, a differenza della sua controparte britannica, Ushakov non è mai stato sconfitto in oltre 40 battaglie, oh... e vi ho detto che una volta inflisse 2000 vittime senza perderne più di trenta?

Il suo talento era così grande che il famoso vice ammiraglio britannico dovette essere messo sotto il suo comando durante l'assedio congiunto di Malta, cosa che provocò l'ira di Nelson, che in seguito sabotò l'alleanza.

Ushakov non è stato canonizzato per il suo eroismo militare, che da solo non qualifica per la canonizzazione, ma lo è stato invece per il modo in cui ha preservato lo spirito di un vero cristiano nelle orribili condizioni di battaglia, rischiando sempre, pronto a sacrificare la sua vita per coloro che erano sotto il suo comando.

Mentre parleremo della sua fede, stabiliamo innanzitutto che i santi non sono superuomini magici senza peccato, sono persone normali come voi o me, che hanno ottenuto la santità e l'unità con Dio, e per comprenderli, dobbiamo guardare agli aspetti normali della la loro vita.

San Fëdor Ushakov nacque in una famiglia della piccola nobiltà, nel villaggio di Burnakovo, nell'antica regione di Jaroslavl', a circa 150 km a nord di Mosca. Secondo Pravoslavie.ru, "Il suo compleanno, il 13 febbraio, cade tra i giorni di commemorazione di due martiri guerrieri: Teodoro Stratilate e Teodoro Tirone".

Se questo non è un presagio che Fëdor Ushakov fosse destinato a diventare un eroe, non so cosa lo sia. Come nella storia di molti santi, i suoi genitori erano credenti di profonda fede, che stabilirono i primi valori cristiani che avrebbe accettato man mano che cresceva in modo ortodosso. Secondo Pravoslavie.ru, "Fu battezzato nella chiesa dell'Epifania sull'Isola, come se ricevesse dall'alto una benedizione per "servire sulle acque"."

Imparando l'umiltà da suo zio, un monaco, questo giovane nobile trascorse molto tempo con la gente comune, cosa che gli diede forza e comprensione delle dure realtà del mondo, a differenza degli aristocratici occidentali, separati dalla vita del popolo, che (letteralmente e legalmente) acquistavano i loro gradi militari.

All'età di 14 anni era pienamente in grado di cacciare gli orsi russi e due anni dopo entrò al Collegio navale, diplomandosi come guardiamarina nel 1765.

chiesa di san Vladimiro a Chersoneso, Crimea, con rovine greche

Trascorse la prima parte della sua carriera navale imparando a sopravvivere al freddo dei mari del nord e si distinse rapidamente come un degno marinaio. Apprese dai marinai più anziani trucchi che non si possono imparare a scuola, poiché la vecchia massima militare russa è vera: "Le migliori pratiche vengono tramandate dai sopravvissuti – non c'è pratica migliore che sopravvivere alla realtà".

Ushakov imparò una delle regole militari più importanti di tutte: come essere flessibile.

Portò con sé questa flessibilità per il resto della sua vita, fluido come le onde del mare e forte come la prima onda di uno tsunami. Fu il campione del Mar Nero.

questi splendidi laghi rosa in Crimea non sono lontani dal luogo di alcune delle sue più grandi battaglie

Quando la Russia ha liberato quella che oggi è l'Ucraina meridionale dal dominio turco-ottomano, ha protetto le coste di quella che allora era la "Nuova Russia".

Uno dei suoi contributi più duraturi e pacifici alla storia russa e ucraina è stato quando ha supervisionato la costruzione di due importanti basi navali a Kherson la Vecchia e Kherson la Nuova.

L'antica Kherson era una colonia greca, la metropoli più settentrionale dell'Impero romano d'Oriente e il luogo del battesimo di san Vladimiro di Kiev, l'illuminatore di tutta la Rus'.

Kherson deriva dalla parola greca per penisola, come nella penisola di Crimea.

Conosciamo l'antica Kherson con un nome diverso: la città eroica di Sebastopoli, la più grande città della Crimea. Leggendario per le sue battaglie, Sebastopoli è il porto di acqua calda più prezioso della Russia. Ushakov costruì la prima base navale a Sebastopoli, che rimane ancora oggi cruciale per la difesa nazionale russa.

la flotta russa in parata a Sebastopoli: notate che la bandiera che ricorda l'Union Jack britannica è in realtà un'insegna navale russa

Da quando fu fondata da Potemkin per ordine di Caterina la Grande nel 1778, la moderna Kherson è il secondo porto più famoso dell'Ucraina dopo Odessa e si trova alla foce del leggendario fiume Dniepr (il fiume dove tutta la Rus' fu battezzata nel 988) a nord di Sebastopoli dove la Crimea incontra l'Ucraina. Lì Ushakov costruì i famosi moli.

Kherson, Ucraina, dal nome dell'antico Chersoneso in Crimea (l'odierna Sebastopoli)

Fu in questo Mar Nero, che Ushakov divenne una leggenda, il terrore della marina turca che lo chiamava "Ushak-pascià". Forse un insulto o un titolo di infamia e terrore, era un titolo che comportava un minimo di rispetto: "pascià" è il più alto titolo onorifico turco, simile a un Lord inglese, Vladyka in slavo o Pan in ucraino e polacco.

Ushakov si distinse come un valoroso comandante durante la guerra russo-turca nel 1788. Nella battaglia dell'isola di Fidonisi, la sua flotta sostenne la fanteria del leggendario Aleksandr Suvorov, lui stesso vincitore imbattuto di oltre 60 battaglie.

Il secondo in comando Ushakov vedeva che i turchi erano più numerosi dei russi di quasi tre a uno. Rendendosi conto che si trattava di una lotta leale, fece ciò che qualsiasi slavo avrebbe fatto e caricò direttamente l'ammiraglia turca.

In tutta serietà, prese una decisione brillante ma rischiosa. Sapeva che le sue truppe erano meglio addestrate ed equipaggiate di quelle turche, ma il loro vantaggio numerico poteva significare per lui la fine in una battaglia di logoramento, quindi decise di sfruttare la sua forza mentre ne aveva per pareggiare rapidamente le probabilità.

Prendendo l'iniziativa, caricò l'ammiraglia nemica. Sbalordì i turchi, vincendo la giornata non solo per la marina, ma aprendo la strada a Suvorov e Potemkin per cacciare i turchi dalla fortezza di Ochakov.

Nella decisiva battaglia di Kurch, Ushakov. ora contrammiraglio, si trovò ancora una volta in svantaggio numerico (a pensarci bene, credo che durante ogni battaglia che ha combattuto fosse in inferiorità numerica). Il risultato? Subì meno di 30 vittime e non perse navi mentre i turchi persero cinque navi, centinaia di uomini e il loro ammiraglio e i loro capitani furono catturati.

A Tendra continuò questa tendenza infliggendo migliaia di vittime ai turchi, e a Capo Kaliakra vinse la guerra navale. Fu presto promosso vice ammiraglio e gli fu affidato il comando della flotta del Mar Nero.

È straordinario che la sua vita non sia conosciuta in Occidente e che la marina russa sia considerata insignificante. Ushakov compì imprese che nemmeno l'ammiraglio Nelson poté eguagliare, avendo catturato in tre mesi l'inconquistabile fortezza di Corfù, in Grecia, presa da Napoleone, mentre Nelson trascorse un anno ad assediare Malta. Il potere della cultura ortodossa lo aiutò a Corfù, poiché i greci ortodossi combattevano a terra assieme i loro fratelli russi.

Corfù, Grecia

I nativi greci ortodossi accolsero Ushakov in trionfo. Egli fece celebrare un officio di ringraziamento in segno di gratitudine al Signore per aver salvato il suo popolo. Alla Pasqua del 1799 guidò una processione della croce con le reliquie di san Spiridione di Trimitunte, santo amato da greci e russi.

Ecco come Pravoslavie.ru descrive il significato delle sue opere: "Qui, sulle isole, l'ammiraglio devoto a Dio manifestò un altro dei suoi talenti dati da Dio: quello di statista e personaggio pubblico. Non solo assicurò "pace e ordine" ai greci, ma diede loro una delle costituzioni più democratiche dell'epoca, istituendo la "Repubblica delle Sette Isole", aprendo una facoltà episcopale a Corfù e invitando un vescovo ortodosso, che non avevano dal XVI secolo.

Quando venne il momento per Ushakov di lasciare le Isole Ioniche, la loro popolazione si presentò con le lacrime agli occhi per salutarlo. Gli consegnarono medaglie con la scritta: "Questi popoli vi proclamano all'unanimità loro padre". Molti bambini sono stati chiamati in suo onore e tutti hanno promesso di non lasciare che il tempo cancelli i suoi meriti e le sue conquiste dalla loro memoria.

Ushakov si guadagnò la promozione a [pieno] ammiraglio per il suo eroismo a Corfù.

In seguito fu inviato ad assistere il famoso vice ammiraglio Horatio Nelson (di cui tecnicamente era superiore di grado), anche se il suo collega inglese reagì in modo piuttosto negativo all'idea di collaborare con un suo pari russo, e reagì in modo vergognoso.

Dopo che Napoleone fu finalmente sconfitto, Nelson offrì alla guarnigione francese di Roma condizioni di resa così amichevoli da poter essere scambiate per una tregua. Sarebbero stati traghettati da navi britanniche, autorizzati a portare armi e, cosa più ridicola di tutte, non sarebbe stato nemmeno proibito loro di "fare la guerra".

Così grande era il disprezzo di Nelson al pensiero di lavorare con Ushakov e, inoltre, voleva ardentemente impedire all'ammiraglio russo di sfilare nella Roma controllata dai francesi e ricevere l'elogio che meritava. Ushakov considerò ciò un tradimento e, in cambio, fece sfilare le sue truppe attraverso Roma, anche se i francesi erano già partiti.

Ushakov dietro la bandiera di sant'Andrea (una bandiera bianca con una croce blu), l'insegna standard della Marina russa. La Marina russa utilizza anche un'altra bandiera che ricorda l'Union Jack britannica

Sebbene la sua carriera militare fosse oggetto di canzoni e leggende, cadde in disgrazia politica e alla fine fu richiamato in Russia. Per saperne di più sulla sua carriera militare, vedete qui. Terminato il suo servizio con onore, si ritirò al monastero di Sanaksar, 500 chilometri a est di Mosca, per non combattere mai più.

Visse in preghiera per il resto della sua vita, pregando per ogni suo compagno di lotte, e anche per quei vagabondi che incontrava per caso. Trascorse così i suoi ultimi anni: primo nella preghiera, che conduce alla pace e alla misericordia nel Regno dei Cieli.

Morì nel 1817, all'età di 74 anni, e fu sepolto nel monastero di Sanaksar. In suo onore, i giornali locali scrissero: "Voi l'avete conosciuto come un grande comandante navale, noi l'abbiamo conosciuto per la sua eccezionale carità verso gli altri".

cattedrale di san Fëdor Ushakov a Saransk, Mordovia

Non era un santo perché vinse centinaia di battaglie, o perché era brillante, era un santo perché questo alto ufficiale non ebbe mai paura di prendersi una pallottola al cuore per un uomo comune. Fu misericordioso e non dimenticò mai cosa significa essere cristiano: "Non c'è amore più grande che dare la vita per un altro".

E così passò alla leggenda la vita dell'ammiraglio Fëdor Ushakov, patrono della marina russa.

 
Митрополит Иларион: Русская Церковь молится о том, чтобы на украинскую землю вернулся мир

10 января 2015 года гостем передачи «Церковь и мир», которую ведет на телеканале «Россия-24» митрополит Волоколамский Иларион, стал тележурналист Александр Рогаткин.

Митрополит Иларион: Здравствуйте, дорогие братья и сестры! Вы смотрите передачу «Церковь и мир». Сегодня мы будем говорить о религиозной ситуации на Украине. У меня в гостях – тележурналист Александр Рогаткин. Здравствуйте, Александр!

А. Рогаткин: Здравствуйте, владыка!

На любой войне, прежде всего, страдает мирное население. На войне в Новороссии, Донбассе это очевидно. Разрушены школы, больницы, родильные дома. Страдают еще и храмы. Как это не ужасно, но храм, колокольня с блестящим куполом – очень простая и легкая цель для наводчика. Один казак, который своими силами уже двадцать лет под Лутугино строит храм, мне рассказывал, что на протяжении целого месяца украинские артиллеристы считали, что на этой колокольне находится разведчик-наблюдатель ополченцев, и вели непрерывный обстрел храма. Говорит, Бог уберег, ни одного снаряда не попало.

Но есть храмы, которые разрушены до основания. Это не только православные храмы. В Первомайске практически полностью разрушен храм баптистов. В Новосветловке несколько снарядов попали в купол православного храма. Его сейчас восстанавливают. С этим храмом произошла чудовищная история. Сначала в него согнали жителей Новосветловки, заперли их там на какое-то время, а потом недалеко от этого храма без суда и следствия расстреляли несколько ополченцев, только потому, что у них было в руках оружие. Они попали в плен, их расстреляли, а потом зарыли в нескольких метрах от этого храма.

Владыка, в этой связи, какую позицию должен занимать православный священник? Он должен принимать чью-то сторону? Он видит, что в его храм летят снаряды, к нему приходят раненые ополченцы, страдающие мирные жители. Как ему себя вести?

Митрополит Иларион: Православный священник должен принимать сторону тех, кто страдает. Церковь всегда на стороне тех, кто подвергается насилию, агрессии. Православная Церковь не может занимать ту или иную позицию в политическом или гражданском противостоянии. Что мы сейчас наблюдаем на Украине? Верующие нашей Церкви оказываются и по одну, и по другую сторону баррикад. Так было, начиная с январских событий.

А. Рогаткин: Получается, что Православная Церковь дважды разделена? Сначала разделена украинским расколом, когда самозваный патриарх Филарет увел часть паствы. Сейчас она разделена этой гражданской войной.

Митрополит Иларион: Мы не говорим, что Православная Церковь разделена. Когда речь идет о расколе, мы говорим, что от Православной Церкви по тем или иным политическим причинам отделились или отошли какие-то люди. Ведь украинский раскол с самого начала был политическим проектом, направленным на разделение между украинским и русским народом. Двадцать с лишним лет назад разделили Церковь, точнее, разделили христиан, потому что, повторяю, мы никогда не говорим, что Церковь внутри себя может разделиться. Мы говорим, что от Церкви могут отойти какие-то люди, группы людей, иерархи.

Сегодня разделено украинское Православие. Сначала разделили народ по вероисповедному принципу, потом попытались разделить по языковому и политическому принципу, а теперь это разделение привело к гражданскому противостоянию, жертвами которого становятся мирные жители. Вот что самое страшное.

Каноническая Украинская Православная Церковь Московского Патриархата не занимает ту или иную сторону в этом конфликте. Она не говорит, что мы с украинской армией или мы с ополченцами, или с той или иной политической силой. Церковь должна быть, с одной стороны, над политической схваткой, но, с другой стороны, вместе со страждущими, с теми, кто являются жертвами.

А. Рогаткин: Вы помните эти кадры с Майдана, когда многие греко-католические священники приняли именно эту сторону? Они выходили вперед с крестами, призывали штурмовать «Беркут». Это было.

Митрополит Иларион: Греко-католическая церковь изначально способствовала развитию этого конфликта, ибо заняла одну из противоборствующих сторон. Я об этом говорил открыто на Синоде католических епископов в Риме в присутствии Папы Франциска. После этого на меня с ругательствами и оскорблениями обрушились все католические средства массовой информации, особенно в Америке, и больше всех греко-католические. Хотя я говорил очень простую вещь, что Церковь не создана для того, чтобы участвовать в политической борьбе. Церковь не может и не должна занимать одну сторону в том или ином конфликте, потому что тем самым мы, во-первых, способствуем разжиганию этого конфликта, а во-вторых, как бы маргинализуем людей, вне зависимости от их количества, которые принадлежат нашей Церкви, но могут занимать альтернативную политическую позицию. У Церкви вообще не должно быть политической позиции.

А. Рогаткин: А ведь это именно политический конфликт. Если вспомнить захваты храмов Московского Патриархата, то они проходили с флагами партии «Свобода». Их захватывали или для филаретовцев, или, опять же, для Греко-католической церкви. То, что мы видели на Майдане, совершенно не ново. На протяжении двадцати лет все это происходило. С криками  «москаляку на гиляку» выбивали двери православных храмов, вытаскивали священников. Мне рассказывал один батюшка в Западной Украине, что  буквально сажали на цепь, он просидел несколько дней чуть ли не прикованный. Другой батюшка из Ровно рассказывал, что в 90-е годы, когда ему было лет двенадцать, захватили храм, а его отца сильно ударили по голове. Он слышал: «А что с попёнком делать? Давайте повесим, а то вырастет, в московского попа превратится». А он, говорит, тогда даже не знал, где Москва находится.

Митрополит Иларион: Парадоксальным образом украинская Греко-католическая церковь, глава которой находится в Риме, сейчас позиционируется как национальная церковь Украины. Украинская Православная Церковь Московского Патриархата, которая объединяет большинство православных верующих Украины, позиционируется в националистических средствах массовой информации, в этой пропаганде, как Церковь, которая управляется из Москвы. Значит, из Рима можно управлять Церковью, из Москвы – нельзя.

Фактически Украинская Православная Церковь обладает полной самостоятельностью. Патриарх Московский не управляет Украинской Церковью, она не подотчетна ему ни в финансовом, ни в административном отношении. Сохраняется только молитвенная связь. Мы готовы, например, помогать, когда, даст Бог, начнется восстановление храмов на Донбассе. Конечно, мы будем помогать, чем можем. Но это не имеет отношения к внутренней финансовой жизни Украинской Церкви. Здесь она полностью самостоятельна. В Украинской Церкви самостоятельно избирают своих архиереев, их кандидатуры не утверждаются в Москве. Только когда украинским епископатом избирается Блаженнейший митрополит Киевский, его избрание утверждается Московским Патриархом. Но это, скорее, духовная связь, чем какая-либо иная.

Этой связью мы очень дорожим, ибо речь идет о том духовном единстве, которому более тысячи лет, оно восходит к крещальной купели святого князя Владимира. В наступившем году мы будем праздновать 1000-летие преставления святого князя Владимира. А в 2013 году мы праздновали 1025-летие Крещения Руси.

Когда-то это была единая Русь. На ее пространстве за прошедшую тысячу с лишним лет много раз возникали новые политические границы, но это ведь не означает, что Церковь всякий раз при возникновении новых границ должна делиться на более мелкие части. Если бы мы следовали такому принципу, тогда в Африке сейчас был бы не один Александрийский Патриархат, а 54 карликовых Православных Церкви. Допустим, Антиохийский Патриархат, который объединяет верующих Сирии и Ливана, должен был бы тогда тоже разделиться.

Церковь объединяет людей не по национальному признаку. Мы очень дорожим тем единством, которое, особенно сейчас, показывает свою актуальность, состоятельность и важность. Когда политики разделяют общество на враждующие стороны, когда военные уничтожают людей, Церковь всех старается объединить и примирить.

А. Рогаткин: Обратите внимание, что украинское религиозное поле достаточно разношёрстное. Там столько всевозможных сект, столько проповедников приезжают с какими-то сумасшедшими идеями. Они уважаются, но только Русская Православная Церковь Московского Патриархата стоит особняком. Ее ненавидят и третируют практически все. Это именно политика. Ничего другого.

Митрополит Иларион: Потому что Русская Православная Церковь становится жертвой пропаганды, политической борьбы, а в зоне военных действий еще и жертвой военного конфликта. Вы привели несколько примеров. У нас есть данные, которые, к сожалению, постоянно пополняются новыми сведениями: погибло 3 священника Украинской Православной Церкви, 62 храма на Донбассе пострадали — одни уничтожены полностью, другие существенно разрушены, некоторые пострадали частично и нуждаются в ремонте. Но это свидетельствует о том, о чем Вы говорили: идет целенаправленная борьба с канонической Церковью, идет атака на Церковь.

Действительно, храмы становятся удобными мишенями. Это огромная трагедия, которая сегодня разворачивается на наших глазах, и мы не можем воспринимать происходящее как случайность. Если идет массированный артиллерийский обстрел, иногда под него могут случайно попасть и храмы; но если речь идет о таком количестве храмов, которые подверглись или полному, или частичному разрушению, то, значит, это целенаправленная кампания. Мы не можем это воспринимать никак иначе.

А. Рогаткин: При том, что там люди – верующие. Когда украинские десантники ушли из луганского аэропорта, ополченцы нам показали все, что те после себя оставили. Вместе с сухими пайками лежали груды греко-католической религиозной литературы. Там было и Евангелие, и Библия, то есть им это специально забрасывали с парашютом.

Митрополит Иларион: Когда я открыто говорю о том, что греко-католики занимают одну из сторон в конфликте, что именно они стояли за событиями на Майдане, когда их просто автобусами свозили с Западной Украины, чтобы те разожгли межнациональную вражду, то они на это всегда отвечают: «Нет, это не было политическое противостояние. Мы так выражали свою гражданскую позицию». Таков ответ представителей Греко-католической церкви. Нас их ответ не устраивает, ведь если Церковь призвана примирять людей, значит, мы должны быть со всеми страдающими, не становиться на ту или иную сторону, не говорить: эти люди – наши, а те – нет.

А. Рогаткин: Владыка, скажите, а как сейчас обстоят дела с Почаевской Лаврой? Это одна из самых значимых святынь Русской Православной Церкви на Западной Украине. Я помню еще в феврале, когда мы там были, буквально за неделю до событий на Майдане, уже приходили ломать ворота в Почаевскую Лавру. Как сейчас там обстоят дела?

Митрополит Иларион: Такие попытки были, но Почаевская Лавра твердо стоит на страже канонического Православия. Была попытка захвата и Киево-Печерской Лавры, но в этих обителях сильный монашеский дух. Монахи очень хорошо понимают, что такое каноническая Церковь, а что такое раскол. В свое время, когда в VII-VIII веках иконоборческая ересь терзала Церковь, именно монахи встали на защиту святых икон. Сегодня монахи стоят на защите канонического Православия. Я верю, что и Киево-Печерская Лавра, и Почаевская Лавра, и другие монастыри будут и впредь твердо стоять за веру и каноны Православной Церкви.

Примером может послужить то, как вели себя монахи во время событий на Майдане. Когда были выстроены баррикады и готовилось вооруженное противостояние, монахи Десятинного монастыря в Киеве вышли и встали под проливным дождем между двумя враждующими группами, чтобы не дать им схватиться в смертельной схватке. Я думаю, что такой и должна быть позиция Православной Церкви и православного монашества.

А. Рогаткин: Скажите, за последние двадцать лет сколько православных храмов Московского Патриархата было отобрано, уничтожено в ходе этой борьбы?

Митрополит Иларион: Если говорить о тех приходах, которые за последнее время перешли в так называемый «Киевский патриархат», то по их данным таких приходов 30, а по нашим — 10. Но мы должны понимать, как происходит этот переход. Это не добровольное волеизъявление людей и, как правило, все происходит под очень серьезным нажимом.

Приведу пример. Недавно в Ровенской области была подписана декларация о создании единой Украинской Поместной Церкви. Это было сделано под давлением местных властей. Подписал в том числе и архиерей Украинской Церкви Московского Патриархата вместе с раскольничьим лжеархиереем и с униатским епископом. Сразу этот документ вызвал множество вопросов: Украинская Православная Церковь будет создаваться в пределах Ровенской области? Или униатский епископ готов отказаться от подчинения Папе для того, чтобы войти в единую проектируемую Украинскую Православную Церковь?

А. Рогаткин: То есть, там еще не все понимают, что они подписывают.

Митрополит Иларион: Или не понимают, что подписывают, или это происходит под давлением. В результате, очень скоро православный епископ свою подпись дезавуировал, униатский епископ последовал его примеру, а губернатора того сняли. Вот вам и конец этой истории. В данном случае речь идет об очень серьезном давлении.

Если говорить о так называемом волеизъявлении людей, мы видели репортаж, когда ходят люди с урнами для голосования; приходят к какой-нибудь бабушке, которая еле-еле слышит, и ее спрашивают: Ты – украинка? Да, я – украинка. Ты – за Киев? Да, я за Киев. Подпиши бумажку. А твои родственники сейчас где? Их нет. А ты можешь за них подписать? Могу. Происходит просто профанация. В итоге получается так, что приходы канонической Церкви передают этим раскольничьим объединениям.

Конечно, это не массовый процесс, а единичные случаи, и надо надеяться, что этот процесс прекратится. Прежде всего, он прекратится тогда, когда наступит мир на Украине, о чем мы молимся за каждой Божественной литургией. И не только Украинская Православная Церковь Московского Патриархата, но и вся многонациональная и многомиллионная Русская Церковь молится о том, чтобы на украинскую землю вернулся мир. Это наше самое горячее желание. Это то, о чем мы просим Господа в начале нового года, чтобы 2015 год принес нам долгожданный мир.

 
Le guerre dei media intorno alla Crimea: la Russia non è impressionata dalle minacce vuote di bugiardi

Se si dovesse credere ai media occidentali, si potrebbe avere l'impressione che la terza guerra mondiale sia già cominciata. Frasi come "l'annessione della Crimea", "occupazione" e anche "il furto delle terre di un altro paese" (espressione usata dal quotidiano svizzero Neue Züricher Zeitung) si sono rapidamente diffuse ovunque. Ma ecco il problema: sembra che le persone serie in Occidente, in particolare nel mondo degli affari, non credano proprio ai mass media. Altrimenti, come si potrebbe spiegare una cosa così strana come la rivalutazione del rublo di 31 copechi contro l'euro – subito dopo che l'Occidente ha annunciato l'imposizione di tutta una serie di sanzioni alla Russia?

Ad un certo punto Lev Tolstoj, il grande narratore russo, ha detto le seguenti parole a proposito dei cattivi scrittori: "Lui cerca di spaventarmi, ma io non ho paura". Lo stesso vale qui: difficilmente si può credere alle minacce dei leader occidentali, poiché queste minacce provengono da bugiardi. Come altro si possono chiamare quei ministri dell'Unione Europea che "garantivano" l'accordo politico tra il presidente ucraino Yanukovich e i ribelli di Maidan a Kiev, firmato il 21 febbraio? Prima di questo, avevano parlato di "protesta pacifica", nonostante il fatto che ogni immagine sugli schermi televisivi, anche in Occidente, con le molotov tirate contro i poliziotti, non potesse essere associata con la pace. Ricordiamo il proverbio: chi inganna una volta, sarà sempre sospettato.

La conclusione che si deve trarre da tutto questo è quel che era solito dire Stanislavskij: "Non ci credo!" L'operazione del Presidente Putin per ricongiungere la Crimea con la Russia, rischiosa e inaspettata, è servita come conclusione di questo genere. Per la prima volta il "mondo russo" ha rifiutato di prendere ciò che diceva l'Occidente al valore nominale e di sacrificare i suoi cittadini per il bene del mantenimento di relazioni di partenariato con l'Occidente che avevano perso significativamente il loro valore. Il risultato che ne è venuto fuori è sorprendentemente buono. Molti osservatori sono stati piacevolmente sorpresi dal discorso del Segretario di Stato americano John Kerry, quando per la prima volta in 15 anni il mondo ha udito da un diplomatico americano come parole "diritto internazionale", "approccio multilaterale" e persino "interessi legittimi della Russia". C'è voluto il primo cambio dei confini del dopoguerra in Europa non sanzionato da Washington e dall'Unione europea, perché il capo della diplomazia statunitense iniziasse a parlare da cittadino rispettoso della legge. Ma era troppo tardi. Secondo Fedor Lukjanov, redattore capo della rivista Russia in Global Politics, l'Occidente ha perso la sua chance perché non ha mai pienamente creduto che a differenza di se stesso, la Russia avrebbe potuto dire la verità. "Fino agli ultimi giorni hanno pensato che la Russia stesse bluffando. Volevano dimostrare che erano fermi ed erano pronti a imporre una serie di sanzioni E poi Lavrov e Kerry si sarebbero incontrati e avrebbero trovato qualche soluzione diplomatica. E improvvisamente tutto diventa chiaro: apparentemente la Russia sta facendo esattamente quello che sta dicendo. La questione della Crimea è chiusa. Il resto dell'Ucraina non è ancora chiaro, ma in Crimea il problema è risolto. "

Ora l'Occidente sta strillando sulla Russia che viola i suoi impegni fissati nei trattati di Budapest del 1994, che garantivano l'inviolabilità del territorio dell'Ucraina in cambio del proprio accordo di eliminare le armi nucleari dal suo territorio. Tale decisione è stata una soluzione di salvataggio per il mondo intero: il partito neo-nazista Svoboda, che attualmente controlla la metà del governo ucraino, ha l'esigenza di uno status di potenza nucleare per l'Ucraina come parte del suo programma. Dio solo sa di cosa sarebbero capaci Tjagnibok, il leader di Svoboda, e i suoi seguaci se avessero una mazza nucleare invece di una mazza da baseball in mano. Ora l'Occidente sostiene questo accordo contro la Russia. Ma, come sottolinea Lukjanov, poco tempo fa l'Occidente ha completamente rifiutato di ricordare tale accordo.

"Per ritornare al memorandum di Budapest – nessuno se lo ricordava. Quando alcuni anni fa l'Ucraina stava progettando di unirsi alla NATO, la Russia le ha ricordato tale accordo: Perché avete bisogno della NATO quando disponete di tali garanzie? E ha ottenuto come risposta: il trattato di Budapest non è serio, mentre la NATO lo è!" Le bugie partoriscono la diffidenza. Per un quarto di secolo che inizia con i tempi del tardo Gorbaciov, la Russia ha cercato di costruire con l'Occidente relazioni basate sulla fiducia. In risposta ha ottenuto solo bugie, bugie e ancora bugie. Infine, ce ne siamo stufati. E abbiamo cominciato ad agire nel modo in cui gli americani si sono abituati ad agire nel corso degli ultimi 15 anni, solo con meno perdite e in conformità con la volontà del popolo (il 96% dei cittadini iracheni non ha invitato gli americani nel loro territorio).

 
Una pittrice musulmana dipinge chiese ortodosse

La sezione “Figure dell’Ortodossia contemporanea” dei documenti si arricchisce oggi di un nuovo articolo biografico in russo e in traduzione italiana: Lilija Karimova è una pittrice della regione di Cheljabinsk, specializzata in elementi decorativi di chiese, apprezzata in diversi paesi del mondo, e… musulmana.

In Russia può essere un po’ insolito, ma non è certo spettacolare vedere musulmani che aiutano nella crescita di Chiese cristiane ortodosse. In Italia e in molti paesi dell’Occidente suona un po’ come una cosa dell’altro mondo… chiediamoci se non siamo piuttosto noi un “altro mondo” che ha bisogno di prendere dalla Russia un modello di società davvero civile.

 
Domande e risposte dalla corrispondenza recente (Quaresima 2016)

Perché tra i fedeli ortodossi c'è così tanta opposizione al prossimo concilio a Creta?

Perché promette di essere solo un incontro politicizzato di vescovi. Prima di tutto, come si può dire che si sta avendo un concilio di cui non si sa se si tratta di un concilio, perché non si sa se lo Spirito Santo sarà presente? Dobbiamo capire che un incontro può diventare un concilio solo se lo Spirito Santo è presente. Questo è il motivo per cui le riunioni diventano concili solo alla loro ricezione da parte del popolo di Dio, che riconosce la presenza ispiratrice dello Spirito Santo. Finora questo sembra un incontro di vescovi, con gli Stati Uniti, l'Unione Europea e il Vaticano sullo sfondo, e che non è pan-ortodosso, perché non include tutti i vescovi e, per il momento, neppure i rappresentanti di tutte le Chiese locali. Chiamare un incontro concilio prima che avvenga è presuntuoso e pretenzioso, ancora di più quando lo si chiama 'grande e santo'.

In secondo luogo, come si può avere un concilio a cui è stata invitata solo una piccola minoranza selezionata di vescovi ortodossi? In terzo luogo, come si può avere un concilio in cui il problema più importante, la questione del calendario, è stato rimosso dall'ordine del giorno? In quarto luogo, come si può avere un concilio contro cui si sono sollevate diverse Chiese locali o voci autorevoli nelle Chiese locali, in particolare contro le contraddizioni anti-dogmatiche nell'importante documento proposto sulle relazioni con i non ortodossi? Infine, molti sono stati disturbati dalla data di apertura di questo incontro: 16/06/16. La data contiene il triplo sei dell'Anticristo. Come hanno potuto gli organizzatori, già ciechi a qualsiasi trasparenza, avviare anche solo in modo provocatorio la riunione in quella data, in tal modo turbando notevolmente i fedeli?

Lei dice che gli Stati Uniti, l'Unione Europea e il Vaticano sono sullo sfondo. Che cosa vogliono?

Tutte le istituzioni di questo mondo vogliono un aggiornamento della Chiesa, come quello che il cattolicesimo romano ha subito negli anni '60. Vogliono introdurre nella Chiesa il secolarismo, l'umanesimo, il nuovo calendarismo, il matrimonio omosessuale, vietare il digiuno e il monachesimo. In altre parole, vogliono distruggere la Chiesa, vogliono una Chiesa modernista, spiritualmente senza denti e senza spina dorsale, privata della vita ascetica, della spiritualità e del sacro, in modo da poter adattare la Chiesa al loro ordine del giorno mondano, riducendola a una mera istituzione umana, come hanno fatto altrove. E chi è il loro principe, il principe di questo mondo? Satana.

Quindi lei è contrario a quest'incontro?

Non ho detto questo. Aspettiamo e vediamo. Questo incontro potrebbe produrre uno scisma, data l'arrogante mancanza di consultazione da parte degli organizzatori con i monasteri, i parroci e i fedeli, con il popolo di Dio. Per esempio, perché non hanno invitato un anziano monastico distinto da ogni Chiesa locale alla riunione, per rappresentare il popolo di Dio? E, come ho detto, una riunione, per quanto poco promettente, può diventare un concilio. Tutto dipende dallo Spirito Santo. L'uomo propone, ma Dio dispone. Purtroppo, per il momento, tutto quello che abbiamo visto è l'uomo burocratico che propone.

Ha segnalato altrove l'apertura della cattedrale russa a Parigi in autunno. Quali sono le sue speranze?

Le nostre speranze sono che la dichiarazione fatta dal patriarca Alessio II tredici anni fa sia finalmente realizzata. In altre parole, ci auguriamo che questa sarà la prima pietra di una Metropolia ortodossa russa in Europa occidentale, e che questa sia la base di una futura Chiesa locale.

Quindi vuole vedere in Europa occidentale una sorta di OCA europea?

Prima di rispondere, dovrei forse dire che quello che voglio non è davvero irrilevante, ciò che è importante è ciò che Dio vuole. Risponderò solo perché me lo ha chiesto.

Niente affatto, non vogliamo un'altra OCA. L'OCA è stata un fallimento in primo luogo perché la sua fondazione è stata politicizzata, essendo stata fondata durante la guerra fredda, in secondo luogo perché le è stata concessa l'autocefalia unilateralmente senza consultazione con le altre ben più numerose diocesi di altre Chiese locali sullo stesso territorio, e in terzo luogo perché è stata fondata su compromessi della cultura ascetica, liturgica e canonica, causati dalla sua protestantizzazione, mettendo la cultura americana al di sopra della Chiesa. Ciò significa che un gran numero di ortodossi di lingua inglese negli Stati Uniti, quelli per i quali era stata apparentemente progettata, l'hanno semplicemente ignorata. Personalmente, se vivessi negli Stati Uniti, non vorrei appartenere alla OCA. Questo non è affatto un giudizio sulle tante persone sincere e pie che ne fanno parte o sul buon lavoro che parti di questa Chiesa fanno, questo è solo un fatto personale.

Allora, cosa vuol vedere in Europa occidentale?

Quello che vogliamo vedere è quello che vogliamo vedere ovunque, anche in Nord America. Molto semplicemente, si tratta di una Chiesa locale che è completamente ortodossa, spiritualmente pura, politicamente indipendente e fedele alla Tradizione, ma che celebra liberamente, ovunque sia pastoralmente necessario, nella lingua locale e venera i santi locali. Che cosa potrebbe essere più semplice? Eppure gli esseri umani con i loro culti politici compromettenti o i loro culti di personalità narcisistiche rendono tutto così complicato.

Tornando alla OCA, che cosa ne pensa della concelebrazione tra il patriarca Bartolomeo e il metropolita Tikhon della OCA?

Ci sono dissidenti modernisti e politici nella OCA che vogliono diventare un sotto-dipartimento del Patriarcato di Costantinopoli, in qualche speciale Metropolia americana, proprio come il gruppo degli ex-russi di Rue Daru a Parigi, gli scismatici ex-sourozhiani in Inghilterra, o alcuni scismatici ucraini della diaspora. Mi sembra che vi sia in corso una battaglia tra due fazioni, i modernisti che vogliono andare sotto Costantinopoli e quelli con almeno un certo senso della tradizione, che vogliono stare come gruppo sotto la protezione della Chiesa russa. Personalmente, ho sempre pensato che una scissione sia inevitabile, con tutte le parrocchie in Alaska e la maggior parte in Canada e in Pennsylvania vicino al St Tikhon che ritornano alla Chiesa russa, forse entro la ROCOR, e gli altri, come quelli del St Vladimir, che passano ai greci. Sarebbe una cosa logica che permetterebbe di chiarire l'anomalia canonica una volta per tutte.

La OCA è stata fondata quasi due generazioni fa. Perché ci è voluto così tanto tempo in più per iniziare anche solo a pensare a una Chiesa locale in Europa occidentale?

Così tanto tempo in più? Ci abbiamo pensato per trenta anni e più! D'altra parte, non si devono fare le cose prematuramente. A mio avviso, la OCA era prematura – avrebbe dovuto rimanere una metropolia, di lingua inglese, ma fedele alla tradizione ortodossa russa, in attesa della libertà in Russia, che è venuta 20 anni dopo la sua indipendenza.

Il problema principale in Europa occidentale è stato il ritardo causato dallo scisma di Parigi oltre ottant'anni fa. La defezione dei divisivi aristocratici russofobi e degli intellettuali modernisti di tradizione russa al Patriarcato di Costantinopoli e una 'tradizione' auto-inventata hanno fatto sì che lo sviluppo di una Chiesa ortodossa locale autenticamente sia stato notevolmente ritardato, perché la presenza ortodossa russa era stata così indebolita dalla loro disaffezione . Per esempio, anche se i parigini di Costantinopoli sono in bancarotta (o forse proprio per questo), stanno ancora occupando la cattedrale russo (piuttosto piccola) del XIX secolo a Parigi, e quindi una nuova cattedrale e un seminario hanno dovuto essere costruiti e attrezzati con grandi spese e con grandi complicazioni politiche.

La Chiesa fuori dalla Russia, la ROCOR, ha un ruolo nella costruzione di questa Metropolia in Europa occidentale?

Questo dipende dalla leadership della ROCOR, non da semplici parroci come me.

Questa risposta significa almeno che in Europa occidentale la ROCOR diventerà dipendente dalla Chiesa in Russia?

Non necessariamente. Tutto è ancora possibile. Ci sono parrocchie in Europa Occidentale dipendenti dalla Chiesa in Russia e parrocchie dipendenti dalla Chiesa fuori dalla Russia, che sono identiche nell'ethos. Alcune, purtroppo, non sono assolutamente identiche nell'ethos a causa della sbornia del passato sovietico, nonostante Mosca abbia trasferito membri del clero controversi via dall'Europa negli ultimi anni. Nella ROCOR aspettiamo pazientemente che le vestigia di quell'ethos si estinguano, cosa che sta avvenendo. Una volta che saranno morte del tutto, la convergenza verrà.

Vuol dire che la ROCOR in Europa occidentale si fonderà con la Chiesa in Russia, oppure che la Chiesa all'interno della Russia in Europa occidentale si fonderà con la ROCOR?

Non lo so. Quello che so è che la parte più missionaria e più attiva, la più spiritualmente viva, dominerà. Coloro che sono spiritualmente addormentati saranno assorbiti. Se non si dispone di vescovi giovani, vescovi residenti, vescovi attivi, vescovi missionari, vescovi che sono interessati alle loro greggi e ai santi locali, si morirà nel proprio ghetto auto-creato. Questo è quello che è successo alla ROCOR in Sud America. Questo è certamente vero per tutte le Chiese locali e le loro diocesi della diaspora. Se non si vive, si muore. Di certo, non sarà una cosa troppo complicata da capire?

Per esempio, oggi, solo nel terzo orientale dell'Inghilterra, abbiamo bisogno di dodici sacerdoti che sappiano parlare almeno un po' di russo e un po' di inglese – se sono bilingui, sarebbe perfetto. Potrei citare i luoghi dove sono necessari. Ma dove andremo a trovarli? Dobbiamo incoraggiare la gente a pensarci. Ciò richiede leadership, tempo, sforzi ed energie.

Come può descrivere l'ethos della ROCOR, in confronto con l'ethos delle parrocchie dipendenti dalla Chiesa in Russia?

L'enfasi della ROCOR negli ultimi 25 anni in particolare è stata chiaramente sui nuovi martiri e confessori, l'anti-sergianismo e l'anti-ecumenismo. Ovunque all'interno della giurisdizione della Chiesa in Russia c'è venerazione per i nuovi martiri e confessori (ed è molto ampia), ovunque c'è resistenza alle idee che la Chiesa deve nuotare secondo la corrente secolare dello stato e resistenza ai compromessi ecumenisti (anche queste resistenze sono estese), c'è gioia nella ROCOR. Tuttavia, il fatto è che alcune delle parrocchie straniere nella giurisdizione della Chiesa in Russia hanno sofferto in passato di modernismo, ecumenismo e liberalismo, a differenza delle parrocchie in Russia. Quando l'ethos diventerà identico, allora ci sarà una fusione completa, anche se, come ho detto, non è chiaro quale parte della Chiesa vi dominerà. Ciò dipenderà dalla leadership dei vescovi.

Ha menzionato i santi locali in Europa occidentale. Chi è che attualmente venera quei santi locali?

Sembra che siano per lo più gli immigrati provenienti dall'Europa dell'Est, che hanno il senso dei santi e delle reliquie. Purtroppo, nonostante tutti i nostri decenni di sforzi, ci sono pochi nativi ortodossi in Europa Occidentale.

Perché? Ho pensato che ci fossero molti convertiti?

Questo è un mito. Non ci sono mai stati 'molti' convertiti. Al massimo circa 2.000-3.000 nel periodo d'oro e molti di loro se ne sono andati perché sono stati ricevuti nella Chiesa per ragioni sbagliate o per ragioni ideologiche, con alcuni chierici che hanno cercato di costruire imperi artificiali, che ovviamente sono presto crollati. Anche la maggior parte dei loro figli se n'è andata. Dubito che ci siano mai stati più di un migliaio di convertiti seri.

Tuttavia, negli ultimi dieci anni, ho assistito a un cambiamento. I convertiti avevano iniziato ad apparire in un certo numero negli anni '60 dopo il crollo dell'anglicanesimo. In altre parole, la maggior parte dei convertiti erano di provenienza anglicana, spesso da scuole di qualità o facoltosi e la maggior parte aveva a quei tempi 30 o 40 anni. Beh, quella generazione, che io chiamo la 'generazione Kallistos', sta letteralmente scomparendo. Alcuni sono ancora vivi, ma sono vicini ai settant'anni o ancor più anziani. In maggioranza si trovano nella giurisdizione antiochena, che finalmente ha un nuovo, giovane, vescovo locale, oppure sotto il Vicariato di Costantinopoli, che dipende da un anziano vescovo francese in Francia, che avevo conosciuto quando era un giovane prete.

Insieme sono circa 600 in tutto, e formano una sorta di ortodossia anglicana. Per esempio, per quanto ne so, il clero di Antiochia è composto da ex-vicari anglicani che non hanno ricevuto una formazione nell'Ortodossia e non sanno come celebrare tutte le funzioni; di conseguenza, i fedeli non sanno come cantare; la situazione è simile nel Vicariato. So che in una comunità antiochena il sacerdote ha vietato qualsiasi lingua diversa dall'inglese! Questo è razzismo, anche se ho il sospetto che in parte la ragione sia che il sacerdote non comprende alcuna lingua diversa dall'inglese, per non parlare dell'ethos ortodosso.

Quindi, i convertiti si stanno estinguendo?

Non esattamente; piuttosto, la loro natura sta cambiando. Ci sono alcuni nuovi convertiti, ma di solito non vengono dall'anglicanesimo; dopo tutto pochissimi inglesi oggi ne fanno parte – anche a metà del XIX secolo, solo il 50% della popolazione inglese era 'anglicana', cioè appartenente alla Chiesa d'Inghilterra. Anche se ci sono alcuni di questi tra i nuovi convertiti, almeno si stanno convertendo correttamente, e non stanno creando una semi-ortodossia, un club anglicano-ortodosso.

Che cosa significa questo per tali comunità di convertiti?

Significa che molte comunità del Vicariato contano meno di dieci fedeli, di solito abbastanza anziani, e formano una sorta di cricca ex anglicana, centrata sul defunto metropolita Antony Bloom. Dove i fedeli sono più numerosi, sono in maggior parte europei dell'Est. In modo simile, i gruppi antiocheni soggetti a invecchiamento sono stati salvati dall'estinzione grazie aagli europei dell'Est, in particolare da romeni privati di chiese. La maggior parte di questi gruppi non ha propri locali di culto e utilizza chiese anglicane.

Allora, qual è la giustificazione per l'uso dell'inglese nelle funzioni, se ci sono meno convertiti?

Ora ci sono tre giustificazioni. In primo luogo, ci sono ancora inglesi, convertiti o figli e nipoti di convertiti, oltre ai mariti inglesi di donne ortodosse, in secondo luogo, ci sono bambini di lingua inglese di europei dell'Est e in terzo luogo, nelle parrocchie di nazionalità mista, l'inglese è semplicemente la lingua comune. Il futuro appartiene al secondo gruppo, i figli di europei dell'Est, perché sono ormai la maggioranza degli ortodossi di lingua inglese.

Come si fa a mantenerli nella Chiesa?

Questa è la domanda chiave. Nella ROCOR, per esempio, la cattedrale di Londra ha perso quasi tutti quelli della sua seconda generazione, e tanto meno della terza e della quarta. E questa è una storia tipica di tutte le giurisdizioni in tutto il mondo. Perché? Perché non avevano un'identità, oltre a quella etnica, che hanno naturalmente rinnegato. È di vitale importanza che i bambini ortodossi nati qui o che vanno a scuola qui abbiano un'identità ortodossa, che conoscano e apprezzino i nostri valori di civiltà, che sappiano che siamo semplicemente cristiani. Le vecchie generazioni in generale non sono riuscite in questo compito, la loro identità era puramente etnica, non spirituale.

Così, i bambini sono andati a scuola, hanno perso la lingua dei loro genitori e hanno detto, 'Io sono inglese, questo no ha nulla a che fare con me, è solo per gente anziana'. Assimilazione. Per esempio, ci sono sei sacerdoti anglicani ciprioti nella diocesi di Londra. Perché? Perché non capivano il greco, così hanno lasciato la Chiesa ortodossa greca. Naturalmente, possiamo dare ai bambini questa identità solo se i genitori portano i loro figli in chiesa regolarmente. Quei bambini devono essere istruiti nelle scuole domenicali e devono avere attività che creano in loro un senso di appartenenza alla Chiesa. Se i genitori non portano i figli in chiesa, allora saranno completamente perduti.

Perché i protestanti stimano così tanto l'Antico Testamento?

La riforma è stata in gran parte finanziata da ebrei (nonostante il virulento anti-ebraismo di Lutero) e per in maggior parte i protestanti sono sempre stati pro-ebraici. Cromwell dipendeva da loro quasi completamente. (Ancora oggi Israele dipende interamente da paesi protestanti, in particolare dagli Stati Uniti; i cattolici sono sempre stati più scettici). Così, i protestanti utilizzano anche l'Antico Testamento ebraico piuttosto che quello cristiano! Per gli ortodossi, il libro di gran lunga più importante dell'Antico Testamento è il Salterio, che è il motivo per cui è raro trovare ortodossi che leggono l'Antico Testamento (se non Genesi ed Esodo), ma piuttosto solo il Nuovo Testamento e i Salmi.

Perché gli Stati Uniti costringono paesi come l'Ucraina e anche paesi africani ad accettare il matrimonio omosessuale? Obama è un omosessuale?

Non ho idea di che cosa sia Obama – eccetto che ha sostenuto il teppismo rovesciando il governo democraticamente eletto dell'Ucraina e sostituendolo con una giunta fascista assassina, che ha poco controllo sul paese al di fuori di Kiev. Poi ci sono i droni americani che possono uccidere chiunque e ovunque. Per quanto riguarda le altre sue inclinazioni personali, non vorrei basarmi sulle voci che circolano su Internet.

Ora passiamo alla domanda principale, che ha bisogno di una risposta storica.

Quando, nell'XI secolo, Satana si è messo a distruggere la cristianità, il suo primo obiettivo è stato la dissacrazione, cioè la secolarizzazione, della Chiesa. Satana non può sopportare la presenza del sacro, il sacro deve essere rimosso dal mondo, perché gli impedisce di realizzare i suoi piani per assumere il controllo totale del mondo. Ha fatto questo attaccando la Chiesa nel suo punto più debole, cioè nelle province occidentali, dove tutto era stato indebolito dalle invasioni barbariche. Nell'XI secolo il patriarcato occidentale è stato convertito al laicismo, con la Chiesa che è diventata uno Stato, che è diventata secolare, che ha cambiato il Credo, che ha controllato eserciti assassini e tribunali, che ha sponsorizzato invasioni, ecc. Nella storia questo è chiamato papo-cesarismo.

In altre parole, il primo passo per la satanizzazione è stato la rimozione dell'altare. Il secondo passo è stato la rimozione del trono, cioè, la rimozione della monarchia sacrale. Questo atto è venuto in seguito ed è stato fatto nel XVII secolo in Inghilterra, nel XVIII secolo in Francia e nel XX secolo in Russia, anche se è vero che le monarchie occidentali erano state deformate prima di allora, sia per mezzo del parlamentarismo, oppure per mezzo dell'assolutismo, nessuno dei quali è conforme alla comprensione cristiana ortodossa della monarchia, che è la presenza dell'unto del Signore in mezzo al popolo.

Così, dopo aver rimosso il contenuto spirituale della fede e del sovrano, dopo aver desacralizzato la fede e il re, rimaneva la terza e ultima fase, la dissacrazione o secolarizzazione del popolo cristiano e della cultura popolare. Ciò significa distruggere i valori culturali cristiani (un processo che è stato molto rapido nel XX secolo), distruggere la famiglia – cosa molto rapida dagli anni '60 dopo la caduta del Concilio Vaticano II, quando è stato abolito il digiuno e così ora oggi abbiamo una crisi di obesità). Poi hanno anche iniziato a distruggere l'identità della persona umana nel movimento unisex che dagli anni '60 ha portato in sole due generazioni alla società transgender, transumana.

Questa riduzione in schiavitù è una forma di suicidio. È il motivo per cui l'impero ortodosso russo, l'impero cristiano, doveva essere distrutto nel 1917. Con il suo slogan di Ortodossia, sovranità e popolo, ovvero fede, tsar e Rus', o all'inglese, altare, trono e cottage, o alla francese, Foi, Roi, Loi, la sua esistenza è stata l'unica cosa che reso impossibile l'obiettivo del satanismo, di distruggere la Chiesa, il sovrano e il popolo.

Questa situazione di asservimento spirituale può essere invertita, o una fine imminente è inevitabile?

Niente è inevitabile, perché per gli esseri umani il pentimento è sempre possibile. In Russia, la Chiesa viene lentamente restaurata, e con lei l'ideale di un impero spirituale, con un imperatore e un popolo cristiano. Tuttavia, nulla è certo e ci sono ragioni sia per un profondo pessimismo sia per un profondo ottimismo. Sia fatta la volontà di Dio. Il 18 dicembre 1917 la tsarina Alessandra scrisse nel suo diario: [La rivoluzione in Russia] 'è una malattia, dopo la quale la Russia crescerà più forte. O Signore, abbi misericordia e salva la Russia! 'Possa questa profezia di speranza essere vera.

 
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