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La descrizione della Russia pre-rivoluzionaria fatta da san Giovanni di Kronstadt sembra quella degli Stati Uniti di oggi

Queste note sulle osservazioni e le profezie di san Giovanni riguardanti la Russia ci mostrano quanto sia terribile abbandonare Dio, quali conseguenze ciò ha su un'intera nazione e come tutti siano ritenuti responsabili. È un severo avvertimento per tutti noi.

Leggendo le opere, i diari e i sermoni del santo giusto Giovanni di Kronstadt (1829-1908), l'arciprete Vladimir Vigiljanskij scrisse su Facebook come un inquieto presentimento del sanguinoso futuro della Russia tormentasse il santo, che cercava continuamente le cause delle catastrofi future che attendevano il popolo russo al crollo della sua statualità. I suoi pensieri e le sue profezie colpirono molti: il governo, i pensatori, i liberali, l'intellighentsia, i giornalisti e, soprattutto, il clero. I discorsi di san Giovanni erano sempre accompagnati da pretese altissime e inesorabili, prima di tutto verso se stesso, ed è per questo che ci si può fidare delle sue parole.

"La Russia ha dimenticato il Dio salvifico; ha perso la fede in lui, ha abbandonato la Legge di Dio, si è resa schiava di ogni sorta di passioni, ha divinizzato la cieca ragione umana. Ha sostituito l'onnisciente, santa e retta volontà di Dio con il fantasma della libertà peccaminosa, ha spalancato le porte a ogni sorta di oltraggio, e quindi diventerà smisuratamente impoverita e sarà svergognata davanti al mondo intero, la degna ricompensa per il suo orgoglio, per la sua sonnolenza, inerzia, venalità e freddezza verso la Chiesa di Dio. Dio ci punirà per i nostri peccati; la Sovrana Signora non tenderà la mano per aiutarci. La Russia può essere definita un regno del Signore. Questo è ovvio da un lato. Dall'altro, a causa del loro ateismo ed empietà molti russi della cosiddetta intellighentsia, che hanno deviato dalla retta via, hanno apostatato dalla fede e la deridono in ogni modo, dopo aver calpestato tutti i comandamenti del Vangelo e aver permesso ogni tipo di depravazione nella nostra vita: il regno russo non è il regno del Signore, ma un vasto e sterminato regno di satana...

"Voi pastori che governate, che ne avete fatto del vostro gregge? Il Signore porterà via le sue pecore dalle vostre mani! Il Signore vigila soprattutto sul comportamento dei vescovi e dei sacerdoti, sulle loro attività illuminanti, sul compimento dei sacri riti, sulla pastorale... L'attuale terribile degrado della fede e dei costumi dipende molto dalla freddezza verso il loro gregge di molti vescovi e delle schiere del clero in genere.

"I nostri padri hanno peccato, ma chiamavano peccato il peccato; i liberali di oggi però peccano e cercano di giustificare il peccato, come se fosse un atto lecito. Prendete i peccati della carne: tutto questo secondo la loro opinione non è solo semplice debolezza della natura umana, ma sono le leggi stesse della natura e le sue esigenze.

"La Russia sta annaspando, soffrendo, tormentata dalla sua sanguinosa lotta interiore, dai cattivi raccolti e dalla carestia, dai prezzi spaventosamente alti, dall'empietà, dall'estremo degrado morale. Tempi malvagi: le persone si sono trasformate in animali, persino in spiriti maligni. Il governo è diventato debole. Esso stesso ha inteso in modo erroneo la libertà che ha concesso al popolo. Il male è aumentato in Russia fino a proporzioni mostruose ed è diventato quasi impossibile porvi rimedio.

"Quando si vedono le conseguenze della totale mancanza di sottomissione alle autorità e dell'inerzia dei membri subordinati della società (e con questa inerzia cessa l'azione del governo, come se il sangue cessasse di circolare in un corpo organico) allora tutto nella società muore, decade, si disgrega; la sicurezza sociale scompare e i membri della società si attaccano a vicenda, una furia totale di furto, saccheggio, inimicizia e omicidio".

Ed ecco alcune altre osservazioni del santo:

"Quali mali non hanno commesso il popolo russo e le persone che vivono in Russia? Di quali peccati non si sono corrotti? Qualunque cosa! Hanno fatto e fanno tutto ciò che sta attirando l'ira di Dio su di noi: aperta incredulità, bestemmia, rifiuto di tutti i veri principi di fede, depravazione, ubriachezza, ogni sorta di intrattenimento invece di indossare l'abito di lutto del pentimento comunitario per i peccati che fanno adirare Dio, per la mancanza di sottomissione all'autorità... Nel regno demoniaco c'è ordine e sottomissione di alcuni spiriti maligni ad altri, dal più basso al più alto, dal più debole al più forte; ma in questa nazione cristiana ogni sottomissione, ogni autorità è scomparsa: i figli non riconoscono l'autorità dei loro genitori, i subordinati non riconoscono l'autorità dei loro superiori, gli studenti non riconoscono l'autorità dei loro insegnanti... i servizi divini sono disprezzati, i sermoni sono impotenti, la morale cristiana sta decadendo sempre di più, l'anarchia cresce..."

In alcune reminiscenze dei contemporanei del giusto padre Giovanni troviamo due esempi caratteristici, sia di san Giovanni che dello stato spirituale degli studenti al tempo della rivoluzione del 1905, che padre Giovanni visse e che fu il terribile araldo del "terribile anno della Russia", il 1917.

Il colonnello M. D. Timofeev ricorda come lui e i suoi amici avevano deciso di "smascherare la falsa santità del famoso sacerdote". Uno di loro si finse malato e i suoi compagni chiamarono padre Giovanni per chiedergli di pregare per la sua guarigione. Quando arrivò all'appartamento, padre Giovanni vide il simulatore a letto e disse: "Non hai bisogno di me ora, ma l'avrai presto".

Pregò, non prese soldi e se ne andò.

L'uomo che aveva partecipato a questo stratagemma ha poi ricordato: "Il finto paziente voleva alzarsi dal letto ma non ci riusciva. Vi rimase inchiodato da un potere sconosciuto. All'inizio non gli credevamo, pensavamo stesse fingendo e scherzando, ma poi ci siamo seriamente spaventati anche noi".

Gli studenti andarono da padre Giovanni e si pentirono con le lacrime agli occhi per la loro stoltezza. Il santo li consolò e disse che il loro amico era sano, poi li invitò ad andare in pace. Quando tornarono videro che si era davvero ripreso. "Questa lezione mi ha reso un uomo religioso e credente per il resto della mia vita", concluse il "burlone".

C'è stato un altro incidente non meno noto raccontato da A. A. Ankirova:

"Quando abbiamo iniziato a parlare con padre Giovanni, mi ha detto: 'Parla più forte, perché il mio udito è scarso da quando uno studente mi ha colpito alla guancia nella cattedrale di sant'Andrea'."

Continuando il suo discorso, padre Giovanni raccontò i dettagli di questo incidente:

"Un giorno, mentre stavo servendo la Liturgia nella cattedrale di sant'Andrea e stavo uscendo dalle porte regali con il calice, ho visto uno studente accendersi la sigaretta da una lampada a olio accesa davanti a un'icona del Salvatore. Gli ho detto: 'Cosa stai facendo?' Senza rispondere, lo studente mi ha colpito così forte sulla guancia che i santi Doni sono schizzati sulla solea di pietra. Mi sono segnato, gli ho offerto l'altra guancia e ho detto: 'Colpiscimi di nuovo'." Ma i fedeli bloccarono lo studente. Le pietre della solea furono tolte e gettate in mare.

Una delle note dei diari di padre Giovanni relativi a quei tempi li rende comprensibili: "O Signore, fa' ragionare gli studenti; porta il governo alla ragione; dona loro la tua verità e la tua forza, la tua potenza. O Signore, possa lo tsar addormentato alzarsi e agire con la sua autorità; dagli coraggio e lungimiranza. O Signore, il mondo è confuso, il diavolo trionfa, la verità è derisa. Sorgi, o Signore, e aiuta la santa Chiesa. Amen".

In una pubblicazione del 1980, nel secondo volume del libro di I. K. Surskij "Padre Giovanni di Kronstadt", si legge: "Una domenica d'autunno del 1916, nel convento di san Giovanni a Pietroburgo, dove si erano riuniti i fedeli di padre Giovanni, il metropolita Makarij di Mosca stava celebrando la Liturgia. Dopo il pranzo nell'alloggio della badessa Angelina, si radunarono diversi chierici, insieme ad alcuni militari. Il metropolita Makarij lesse a quelli che si erano radunati un estratto del diario di padre Giovanni di Kronstadt, in cui erano scritte la sua visione e la sua profezia sulla Russia...

"Si scopre che molti anni prima della prima guerra mondiale, padre Giovanni aveva annotato in modo assolutamente preciso nel suo diario i partecipanti alla guerra e la sua conclusione. Padre Giovanni predisse anche la sventura militare della Russia imperiale e la rivoluzione che ne sarebbe conseguita.

"Mostrava la lunghezza del regno delle idee rivoluzionarie, le innumerevoli vittime della rivoluzione, i fiumi di sangue, i dolori e la miseria dell'intera popolazione".

Il santo giusto Giovanni non prevedeva, ma sapeva davvero; era portatore della conoscenza esperienziale dello Spirito Santo. "Durante la vita di san Serafino [di Sarov], per le sue preghiere, il Signore ha preservato la Russia; dopo di lui c'è stata un'altra colonna che arrivava dalla terra al cielo: padre Giovanni di Kronstadt", disse san Silvano del Monte Athos.

 
La minaccia alla pace è reale: 10 cose che i media non vi dicono

Continuiamo il nostro piccolo contributo all’informazione su ciò che sta veramente succedendo in Ucraina (e in ambito internazionale), con l’ultimo articolo del blog Orthodox England, che abbiamo tradotto nella sezione “Geopolitica ortodossa” dei documenti. Mentre i cristiani ortodossi, entrati nella Grande Quaresima, si sforzano di pregare e digiunare, è in atto una delle più grandi minacce alla Chiesa Ortodossa dal tempo della rivoluzione bolscevica (la cui prima vittima tra gli ortodossi di un certo rango fu – è importante sottolinearlo – il metropolita di Kiev). Non smettiamo di pregare e digiunare, ma al tempo stesso, come i nostri confratelli in tanti paesi, proseguiamo lo sforzo di informare correttamente.

 
Qual è l'errore del patriarca Bartolomeo?

La Rivista del Patriarcato di Mosca continua la sua discussione sulla crisi nelle relazioni inter-ortodosse e sulla non canonicità delle decisioni e delle azioni del patriarca Bartolomeo di Costantinopoli. Nel numero di aprile 2019, la rivista ha informato il lettore sullo sfondo storico di ciò che sta accadendo attualmente. In questo articolo, il sacerdote Alexander Mazyrin, dottore in storia della Chiesa e dottorando in scienze storiche, spiega in che cosa consiste, a suo avviso, l'errore teologico del moderno primate del Fanar e perché i canoni non danno alcun diritto esclusivo ai patriarchi di Costantinopoli.

Perciò, fratelli, state saldi e mantenete le tradizioni... (2 Ts 2:15)

Negli ultimi mesi il mondo ortodosso ha vissuto una crisi su una scala che probabilmente non ha vissuto dai tempi del Grande Scisma di mille anni fa. La somiglianza è evidente. Proprio come allora, la sede principale (allora Roma, ora Costantinopoli) ha fatto un'affermazione inaccettabile per la coscienza ortodossa: che essa occupa una posizione esclusiva e ha un primato autoritario sulle altre Chiese locali. Allora ha portato alla separazione dei papi romani dall'Ortodossia, e ora il Patriarcato di Costantinopoli ha fatto un passo sulla stessa strada.

Primo senza eguali?

La questione della Chiesa ucraina, che è ora all'epicentro del conflitto, ha un significato che non è affatto semplicemente locale. Ha rivelato un problema di scala particolare e ha esposto distorsioni nell'ecclesiologia del Fanar che non possono essere classificate come altro che un'eresia.

Il patriarca di Costantinopoli si è proclamato direttamente capo di tutti i patriarchi e primati ortodossi, e ora non solo come opinione privata, ma più che ufficialmente, in un Tomos che "concede l'autocefalia" alla cosiddetta "sacra Chiesa dell'Ucraina". Insistendo sul modello dell'esempio di lunga data dei papi romani a essere il capo di tutta la Chiesa ortodossa, in quale luogo il patriarca di Costantinopoli relega Cristo, che la Chiesa dai tempi apostolici ha confessato come suo capo (Ef 1:22)?

Nel proclamarsi capo di tutta la Chiesa ortodossa, il patriarca Bartolomeo suppone di poter trasformare l'esistente in inesistente (revocare il trasferimento della metropolia di Kiev al Patriarcato di Mosca che ebbe luogo 300 anni fa) e, al contrario, rendere l'inesistente esistente (trasformare con un semplice colpo di penna la falsa gerarchia senza grazia degli scismatici ucraini in portatori di grazia).

Accettando gli scismatici e i semi-auto-ordinati [1] nel loro "rango esistente" e concedendo loro "l'autocefalia", il patriarca Bartolomeo ignora allo stesso tempo la Chiesa ortodossa ucraina canonica, nonostante questa superi di gran lunga il numero complessivo di parrocchie e fedeli dei vari autocefalisti locali riuniti, e persino dello stesso Patriarcato di Costantinopoli. Inoltre, ciò viene fatto in evidente contraddizione con la posizione di tutte le altre Chiese locali [2] e nel rifiuto categorico di sottoporre la questione a una decisione pan-ortodossa.

Il patriarca Bartolomeo e i suoi apologeti proclamano apertamente e incarnano un insegnamento secondo cui, tra i primati delle Chiese ortodosse, egli non è il primo tra uguali ma il primo senza eguali (primus sine paribus). [3] Inoltre affermano che la fonte del suo primato non è la Chiesa, ma egli stesso, come Dio Padre nella santissima Trinità. [4] Cos'è questo se non un'eresia ecclesiologica? [5] Un'eresia che viene ulteriormente approfondita dalla sua distorsione dell'insegnamento ortodosso sul Dio triuno, in quanto le interconnessioni mutevoli storicamente condizionate delle Chiese locali in questo falso insegnamento vengono confrontate con una relazione inter-trinitaria - una relazione che assume un elemento di subordinazionismo (co-subordinazione) [6], che è già un passo verso l'arianesimo. [7]

Come base per i presunti diritti esclusivi dei Patriarchi di Costantinopoli si citano i Canoni ​​9 e 17 del quarto Concilio ecumenico. In essi si afferma che se qualcuno viene "offeso dal suo metropolita", può portarlo a giudizio al trono di Costantinopoli. Tuttavia, secondo la spiegazione dei più autorevoli canonisti (quelli greci, dobbiamo notare), questo non riguarda affatto la giurisdizione universale di questo trono, e i patriarchi di Costantinopoli possono ascoltare appelli di chierici "offesi" solo all'interno dei confini del proprio territorio, che, secondo il Canone 28 di quello stesso Concilio, è limitato alle province di Ponto, Asia e Tracia (ora all'interno del territorio principale della moderna Turchia).

Pertanto, Ioannis Zonaras (XII secolo) affermò chiaramente che "il patriarca di Costantinopoli non è posto come giudice su tutti i metropoliti senza eccezioni, ma solo su quelli che gli sono sottomessi". Inoltre spiega che i metropoliti siriani devono essere giudicati dal patriarca di Antiochia, quelli della Palestina dal patriarca di Gerusalemme e quelli d'Egitto dal patriarca di Alessandria. [8] San Nicodemo l'Agiorita (sec. XVIII-XIX) nella sua spiegazione del "Pedalion" (il "Timone") scrisse in modo assolutamente inequivocabile che il "primate di Costantinopoli è il primo e unico giudice sui metropoliti a lui sottomessi - ma non su quelli che sono sottomessi a tutti gli altri patriarchi". [9] Pertanto, i canoni non conferiscono ai patriarchi di Costantinopoli alcun tipo di diritto esclusivo.

Va anche notato che lo stesso canone 17 del quarto Concilio ecumenico, al quale così tanto piace ai fanarioti fare riferimento, parla dei termini di prescrizione dei ricorsi dei vescovi per rivendicazioni riguardanti i confini dei territori canonici: trent'anni. Se i patriarchi di Costantinopoli avessero pretese contro i patriarchi di Mosca riguardo alla metropolia di Kiev, avrebbero dovuto annunciarli 300 anni fa. Ed è ancora più assurdo quando affermano che il Fanar può "revocare" l'autocefalia del Patriarcato di Mosca, che è stata confermata in un Concilio tenutosi nel XVI secolo.

Lo sfondo e la preistoria dell'attuale crisi

Sebbene persino un anno fa quasi nessuno avrebbe potuto immaginare un così rapido deterioramento delle relazioni nell'Ortodossia mondiale, la crescente crisi non è un incidente e non può in alcun modo essere attribuita al solo patriarca Bartolomeo. Possiamo dire che è maturata nel corso di decenni e persino di secoli. In parte, le sue premesse sono di carattere etnofiletistico (la preferenza degli interessi nazionali rispetto agli interessi di tutta la Chiesa, ndc), e in parte geopolitico. C'è anche un elemento di corruzione in gioco qui.

Il fattore più profondo, quasi perenne, che sconvolge l'unità della Chiesa è lo sciovinismo culturale-religioso presente in alcune figure della Chiesa greca, da queste esaltato con il nome di ellenismo. Naturalmente, nessuno può negare la grandezza della cultura cristiana bizantina o ignorare il fatto che i libri del Nuovo Testamento e la maggior parte di tutti gli scritti patristici, le risoluzioni dei Concili ecumenici, i monumenti liturgici e molte altre opere molto importanti della letteratura ecclesiastica sono apparsi nel mondo in lingua greca. Dal momento della sua apparizione, la Chiesa di Cristo è entrata in stretto contatto con il mondo attraverso la cultura ellenica, e molto è stato tratto da quella cultura.

Tuttavia, a prescindere da tutto ciò, la Chiesa ha sin dai tempi apostolici inalterabilmente confessato che in Cristo non c'è né greco, né ebreo, né scita (Col 3:11). Nessuna nazione, indipendentemente dall'impronta che ha lasciato sulla storia della Chiesa, può rivendicare una sorta di esclusività religiosa e chiedere il primato su altri popoli cristiani e la loro sottomissione basata su quella supposta esclusività. Tuttavia, tali affermazioni sono state e sono tuttora articolate dai leader spirituali greci (non tutti, ovviamente).

Il volume di queste rivendicazioni elleniche alla signoria ecclesiastica è stato innanzitutto determinato da circostanze politiche. Naturalmente, dopo che i turchi conquistarono Costantinopoli, quando la Russia divenne l'unico regno ortodosso, alla cui intercessione i greci furono continuamente costretti a fare ricorso, il Fanar, volente o nolente, dovette moderare le sue ambizioni nei confronti della Chiesa russa. Nel frattempo, altri popoli ortodossi sul territorio dell'Impero Ottomano dovevano sperimentare la piena oppressione non solo da parte dei turchi, ma anche dei fanarioti.

Nel 1917 la monarchia ortodossa in Russia fu rovesciata, dopo di che la Chiesa russa passò dall'essere protetta dal governo alla persecuzione crudele. Praticamente allo stesso tempo, la Turchia subì una grave sconfitta durante la prima guerra mondiale e i greci si trovarono dalla parte dei vincitori, sperando che sarebbero presto stati in grado di dar vita alla loro "Grande Idea" di far rivivere la passata grandezza della loro nazione sovrana con la sua capitale a Costantinopoli. Nelle pubblicazioni ufficiali dei patriarcati di Costantinopoli e di Alessandria circolavano articoli appassionati, che affermavano che "la nazione greca sarà felice e orgogliosa di vedere" come Costantinopoli "diventerà, infine, il centro dell'Ortodossia e il suo vescovo, esaltato su ogni nazione e tribù, diventerà il capo visibile e il comune anello di collegamento per tutte le Chiese ortodosse confederate". [10]

I greci riponevano allora nella Gran Bretagna grandi speranze per la loro vittoria finale sui turchi, e il Fanar cercò di sviluppare i legami più stretti possibili con la Chiesa anglicana al fine di rafforzare questa alleanza, esprimendo la propria disponibilità a fare ogni tipo di concessioni. Secondo le memorie di un vescovo anglicano che stava conducendo trattative con i fanarioti nel 1920, gli dissero in maniera spudorata dietro le quinte: “Se l'Inghilterra può procurarci l'Hagia Sophia, riconosceremo qualsiasi ordinazione e accetteremo praticamente qualsiasi insegnamento". [11]

Tuttavia, nel momento critico, l'Inghilterra non aiutò. La folle marcia dell'esercito greco nelle profondità dell'Asia Minore (con il tentativo di impadronirsi non solo della zona costiera appartenuta ad Ankara) terminò catastroficamente nel 1922. Successivamente si sollevò la questione se il Patriarcato di Costantinopoli sarebbe stato in grado di rimanere nella sua patria storica. Per il Fanar iniziarono, da un lato, i tempi della lotta per la sopravvivenza, e dall'altro, dell'espansione sfrenata in tutto il mondo nei tentativi di compensare ciò che aveva perso sul proprio territorio canonico, attraverso acquisizioni in altri luoghi e a spese di altre Chiese locali, principalmente a spese della Chiesa russa sotto l'oppressione bolscevica.

In quella situazione, diventa abbastanza spiegabile il coinvolgimento del Fanar con i rinnovazionisti scismatici che apparvero sulla scena russa nel 1922. La massa del popolo ortodosso in Russia guardava ai nuovi scismatici con ripugnanza, vedendo in essi i giustificatori degli atei militanti. Ma i rinnovazionisti erano interessanti per il Fanar in quanto, da un lato, erano pronti a sostenere le sue rivendicazioni autoritarie nel mondo ortodosso (cosa che non potevano aspettarsi di ottenere da sua Santità il patriarca Tikhon, contro il quale gli scismatici stavano facendo la guerra), e d'altra parte, attraverso di loro era conveniente chiedere aiuto ai bolscevichi, in quanto i bolscevichi non solo detenevano nelle loro mani il potere sulla Russia, ma avevano anche acquisito un'influenza particolare sui kemalisti che furono vittoriosi in Turchia. Anche il pronunciato modernismo ecclesiastico dei rinnovatori era interessante per il Fanar alla luce delle sue riforme pianificate, che avevano lo scopo di avvicinare la Chiesa ortodossa agli eterodossi (riforme del calendario, ecc.).

Non appena apparve l'auto-creata "Amministrazione ecclesiastica suprema" dei rinnovazionisti, il capo curatore bolscevico dello scisma Lev Davidovich Trotskij fu informato che il rappresentante a Mosca del patriarcato di Costantinopoli, l'archimandrita Jakovos (Dimopoulos), si era affrettato ad informare i rinnovazionisti che "il suo signore, sua Santità il patriarca ecumenico" ( Meletios Metaxakis, nda) poteva venire al concilio di Mosca, riconoscere l'Amministrazione ecclesiastica suprema, partecipare al giudizio contro il patriarca Tikhon e, in una parola, fare tutto ciò di cui l'Amministrazione ecclesiastica Suprema aveva bisogno, fino alla deposizione di Tikhon, "secondo tutti i canoni". Fece sapere loro quanto sarebbe costato: all'arrivo di "sua Santità" a Mosca, il ritorno a lui della casa del Patriarcato di Costantinopoli e 10.000 lire turche". [12]

Bisogna supporre che non fossero i soldi, né la ricostruzione dell'ex metochio patriarcale di Costantinopoli che era stato precedentemente utilizzato come proprietà in affitto ma che ora era un edificio municipale, ad attirare personalmente il patriarca Meletios, ma l'opportunità di dimostrare al mondo intero che il patriarca di Mosca era soggetto al suo giudizio, in modo da poter confermare il suo primato di potere una volta per tutte.

Tuttavia, altri rappresentanti del Fanar, nel loro modo tradizionale, non hanno dimenticato nemmeno il lato materiale dell'accordo. Pertanto, il successore di Meletios (Metaxakis), il patriarca Gregorios VII, firmò nel 1924 un Tomos d'autocefalia della Chiesa polacca (ovviamente, senza alcun accordo da parte della Chiesa russa), per il quale, come è documentato, il governo polacco pagò al Fanar 12.000 sterline nel loro equivalente in dollari. Il primo ministro polacco Władysław Grabski chiese "se potevano ricevere la benedizione in modo meno costoso", ma gli fu spiegato che, "in situazioni analoghe in passato, il Fanar aveva richiesto somme significativamente più elevate". [13] Inoltre le 12.000 sterline furono pagate solo per una copia del Tomos consegnata all'ambasciatore polacco. Il documento stesso doveva ancora essere solennemente portato a Varsavia, il che avvenne l'anno successivo e costò al tesoro polacco non poco per l'accoglienza e i doni alla delegazione greca di alto rango.

Negli anni '40, in seguito alla seconda guerra mondiale, la situazione politica subì nuovamente importanti cambiamenti. I leader sovietici si allontanarono dal corso che avevano precedentemente intrapreso nel distruggere la Chiesa ortodossa russa e iniziarono persino ad aiutare a rafforzare la sua posizione all'estero. [14] Il Patriarcato di Costantinopoli non poteva più ignorarla come negli anni 1920-30.

Allo stesso tempo, il Fanar si riorientò completamente sugli Stati Uniti, che furono in grado di collocare sulla cattedra di Costantinopoli l'arcivescovo americano Athenagoras (Spirou). Questi disse chiaramente al console generale degli Stati Uniti a Istanbul che considerava come "pietra angolare" della sua attività di patriarca la "promozione degli ideali americani". Il diplomatico americano fu persino scioccato da tale candore e scrisse al Dipartimento di Stato: "Ero propenso a raccomandare di fare tutto ciò che dipende da noi al fine di impartire più finezza alle espressioni del patriarca e alla sua disposizione comprensibilmente filoamericana, e di costruire le nostre future relazioni con lui in modo molto sensibile al fine di evitare che sia troppo strettamente associato a noi". [15] La "sottigliezza" verbale è forse aumentata nel Fanar dopo questo, ma la sua associazione con il governo americano non è mai scomparsa.

Negli ultimi anni, come si può vedere, è sembrato al patriarca Bartolomeo e al suo seguito che le circostanze geopolitiche fossero diventate le più favorevoli per la realizzazione del desiderio di lunga data del Fanar di confermare la sua egemonia nell'Ortodossia mondiale. Inizialmente si è tentato di raggiungere questo obiettivo "con le buone" attraverso il Concilio di Creta , il cui punto consisteva, ovviamente, non nella firma di diverse dichiarazioni, ma nella ratifica di un nuovo modello di governo della Chiesa ortodossa con a capo il patriarca ecumenico, senza eguali.

Dopo che questo piano è stato sventato dalla misericordia di Dio, il Fanar è passato a combattere per il suo potere totale "con le cattive", sfruttando il progetto dell'Occidente di isolare la Russia e il desiderio della leadership ucraina di strappare le ultime vestigia di legami tra Kiev e Mosca. Qui è perfettamente chiaro che il Fanar stesso sta facendo uso di poteri ostili nei confronti della Chiesa ortodossa per distruggerla dall'interno.

Come dovremmo reagire alle azioni ostili di Costantinopoli?

La Chiesa ortodossa russa non combatte per primato, potere, territorio o qualcosa del genere. L'idea che ha trovato espressione nel sedicesimo secolo di "Mosca la terza Roma" non è un'ideologia della Chiesa ortodossa russa, che rimane apolitica. Come scrisse il santo patriarca Tikhon nel 1923, "Qualsiasi tentativo, non importa da quale parte provenga, di lanciare la Chiesa in una lotta politica dovrebbe essere respinto e condannato". [16]

Naturalmente sono necessarie soluzioni organizzative che proteggano la Chiesa dal pericolo del papismo. Comprensibilmente, quel modello di cooperazione inter-ortodossa, che si basa su un particolare potenziamento del patriarca di Costantinopoli e con il quale la Chiesa ortodossa russa ha quasi concordato alla soglia del Concilio di Creta, ha perso la sua rilevanza. Il patriarca di Costantinopoli ha usato la grande fiducia accordatagli per il male, per l'affermazione della sua eresia ecclesiologica. Accordarsi dopo questo ai suoi diritti esclusivi significherebbe perdonare quest'eresia.

È indispensabile difendere la purezza della tradizione canonica preservata dalla Chiesa ortodossa e respingere tutti i tentativi di qualsiasi perversione papista, sia dall'Occidente che dall'Oriente. Deve esserci un'esposizione dettagliata e onnicomprensiva del fallimento dogmatico, canonico ed etico-morale delle pretese e delle azioni del Patriarcato di Costantinopoli. Soprattutto da quando lo stesso patriarca Bartolomeo ha scacciato anche quelli che in precedenza gli erano abbastanza leali (per esempio, l'arcivescovado russo dell'Europa occidentale).

Se la Chiesa ortodossa russa manterrà la verità di Cristo, tutte le persone sinceramente ortodosse, compresi i greci, saranno convinte della vergognosa ingiustizia del patriarca Bartolomeo e del suo seguito. Allora la crisi ecclesiastica provocata da Costantinopoli potrà essere superata.

Note

[1] Uno dei fondatori della "gerarchia" della cosiddetta Chiesa ortodossa autocefala ucraina nel 1990 fu il truffatore Vikentij Chekalin, che si autoproclamò vescovo.

[2] Al momento della stesura di questo articolo, le Chiese di lingua greca non avevano riconosciuto la "Chiesa ortodossa dell'Ucraina" creata da Costantinopoli. Come abbiamo visto tristemente, sotto la forte pressione di Costantinopoli e delle autorità greche, finora i capi delle Chiese di Grecia e di Alessandria hanno ceduto e commemorato Epifanij Dumenko, il capo della "Chiesa ortodossa dell'Ucraina".

[3] Vedi Ἐλπιδοφόρου, Μητρ. Προύσης. Primus sine paribus: Ἁπάντησις εἰς τὸ περὶ πρωτείου κείμενον τοῦ Πατριαρχείου Μόσχας // URL: https://www.ec-patr.org/arxeio/elp2014-01

[4] Ibid.

[5] L'ecclesiologia è il ramo della teologia cristiana che studia la natura, le qualità e la struttura della Chiesa: come dipartimento di teologia dogmatica e come elemento di teologia dell'uno o dell'altro dei Padri della Chiesa.

[6] Il subordinazionismo è un'eresia di un significato ineguale e di una sottomissione delle ipostasi della Trinità nella teologia paleocristiana (II-III secolo), secondo cui il Figlio-Logos e lo Spirito Santo procedono da Dio Padre e sono subordinati a lui. L'ultima grande tendenza nel cristianesimo che includeva elementi di subordinazionismo era l'arianesimo, la lotta con la quale divenne una delle ragioni principali per confermare il dogma della Trinità e, insieme ad esso, il dogma della pienezza della divinità in Cristo come Dio e Figlio di Dio.

[7] L'arianesimo è una delle prime eresie del cristianesimo durante il IV-V secolo, che credeva che Dio il Figlio fosse stato la prima delle creazioni, e in seguito, che non era uno in essenza con Dio Padre.

[8] Si veda:  I Canoni dei santi Concili ecumenici con spiegazioni (Mosca, 2000), 213 (ristampa della pubblicazione a Mosca del 1877) [in russo].

[9] San Nicodemo l'Agiorita, Pedalion: Canoni della Chiesa ortodossa con spiegazioni, vol. 2 di 4: Canoni dei Concili ecumenici (Ekaterinburg, 2019), 149.

[10] Λουκαρᾶς Ἐ., Σημασία ἐκλογῆς Οἰκουμενικοῦ Πατριάρχου // Πάνταινος. 1920. Σ. 31; Ὁμοσπονδία τῶν ὀρθοδόξων ἐκκλησιών // Ἐκκλησιαστικὴ Ἀλήθεια. 1920. 14 νοεμ. Ἀρ. 45. Σ. 424.

[11] A. A. Chibisova, "La Lega delle Chiese: sulla questione del progetto non realizzato del Patriarcato di Costantinopoli",  Vestnik OSTHU [Orthodox St. Tikhon Humanitarian University], Serie II: Storia. Storia della Chiesa ortodossa russa. 2019. N. 87, pag. 54.

[12] S. N. Ivanov, "Cronologia del 'colpo di stato' rinnovazionista nella Chiesa russa secondo nuovi documenti d'archivio. Vestnik OSTHU, Serie II: Storia. Storia della Chiesa ortodossa russa. 2014. N. 3 (58), pag. 58.

[13] AA Chibisova, "Autocefalia 'preconfezionata': alcuni fatti della storia dell'autocefalia della Chiesa polacca nel 1924",  Vestnik OSTHU, Serie II: Storia. Storia della Chiesa ortodossa russa. 2018. N. 81, pag. 76-77.

[14] Questo fu ovviamente il risultato della controversa dichiarazione di lealtà del patriarca Sergij al governo sovietico.

[15] Diacono P. V. Ermilov, "L'ascesa del Patriarcato di Costantinopoli nel corso della politica estera americana durante i primi anni della guerra fredda", Problems of National  Strategy, 2016. No. 3 (36), pp. 227–8 . [Tradotto da un testo russo fornito].

[16] Atti di sua Santità Tikhon, patriarca di Mosca e di Tutta la Rus', documenti successivi e corrispondenza sulla successione canonica della suprema autorità ecclesiastica, 1917-1943. Compilato da M. E. Gubonin (Mosca, 1994), 287.

 
L'Esarcato russo d'Africa: religione e geopolitica

la Chiesa ortodossa russa ha annunciato la creazione dell'Esarcato d'Africa. Foto: Unione dei giornalisti ortodossi

La creazione dell'Esarcato africano è sia una risposta al riconoscimento degli scismatici ucraini fatto dalla Chiesa d'Alessandria, sia un evento naturale nel mondo che cambia.

Alla fine del 2021, c'è stato un evento storico nel mondo ortodosso che avrà un enorme impatto sulla Chiesa: la Chiesa ortodossa russa ha annunciato la creazione dell'Esarcato patriarcale d'Africa.

il complesso della Chiesa ortodossa russa a Johannesburg, in Sudafrica. Foto: st-sergius.info

Chiesa e politica

La questione del rapporto tra Chiesa e politica è molto complessa e controversa. Nel corso della storia della Chiesa, in tempi diversi e in situazioni politiche diverse, i teologi ortodossi hanno espresso punti di vista diversi su questo tema. Da un lato, è un fatto innegabile che il Signore Gesù Cristo non solo ha rifiutato di essere coinvolto nella politica, ma ha rifiutato la prospettiva della sua partecipazione ad essa. Si ritirò da essa presso le acque del lago di Galilea: "Gesù, sapendo che stavano per venire a prenderlo per farlo re, si ritirò di nuovo sulla montagna, tutto solo. Venuta intanto la sera, i suoi discepoli scesero al mare e, saliti in una barca, si avviarono verso l'altra riva in direzione di Cafarnao. Era ormai buio, e Gesù non era ancora venuto da loro. Il mare era agitato, perché soffiava un forte vento. Dopo aver remato circa tre o quattro miglia, videro Gesù che camminava sul mare e si avvicinava alla barca, ed ebbero paura. Ma egli disse loro: Sono io, non temete" (Gv 6:15-20).

Il Signore comandò anche ai suoi apostoli di non fare politica: "Andate dunque e ammaestrate tutte le nazioni, battezzandole nel nome del Padre e del Figlio e del santo Spirito..." (Matteo 28:19). La missione della Chiesa come Corpo di Cristo non è affatto quella di partecipare ai processi politici.

D'altra parte, la Chiesa non vive nel vuoto, ma in un mondo in cui la politica è una parte integrante e riguarda tutti gli ambiti della vita umana. Nella storia della Chiesa è accaduto più di una volta che ortodossi ed eretici appartenessero a schieramenti politici diversi. È stato così anche nella controversia ariana, nell'iconoclastia, ecc. La vittoria dell'Ortodossia o la sua sconfitta (una sconfitta intermedia, come ha dimostrato la storia successiva) era spesso accompagnata dalla vittoria dell'una o dell'altra forza politica.

In generale, nessuno sa come risolvere questa dicotomia. Ma ci sono diverse affermazioni che sembrano corrette:

  • In primo luogo, la Chiesa non deve permettersi di violare le norme morali o le regole canoniche quando interagisce con le forze politiche;

  • In secondo luogo, la Chiesa non deve servire gli interessi politici;

  • In terzo luogo, la Chiesa non deve lasciarsi associare a nessuna forza politica;

  • In quarto luogo, fatte salve le tre condizioni precedenti, la Chiesa può avvalersi dell'aiuto o delle opportunità che le possono essere offerte da un dato stato o forza politica.

Che cosa dicono i canoni

La Chiesa ortodossa russa ha violato i santi canoni entrando nel territorio canonico di un'altra Chiesa locale e creando lì una gerarchia parallela? I sostenitori del Fanar / della "Chiesa ortodossa dell'Ucraina" / del Patriarcato d'Alessandria nelle loro pubblicazioni dicono inequivocabilmente di sì: lo ha fatto, e inoltre, ha creato uno scisma in Africa. Tuttavia, qualsiasi persona ragionevole può vedere che l'atto della Chiesa ortodossa russa è solo una reazione al vero scisma che il Fanar ha creato nel 2018 legalizzando gli scismatici ucraini sul territorio canonico della Chiesa ortodossa ucraina. Allo stesso tempo, la Chiesa ortodossa ucraina non era in scisma con la Chiesa ortodossa al momento dell'invasione del Patriarcato di Costantinopoli, non è stata accusata di eresia e non si è macchiata di atti o decisioni improprie. Quando la gerarchia della Chiesa ortodossa russa ha avvertito il Fanar che interferendo in Ucraina avrebbe aperto un "vaso di Pandora", nessuno ha voluto ascoltarla.

Nel caso della creazione dell'Esarcato russo in Africa, la situazione è fondamentalmente diversa: il Patriarcato d'Alessandria, riconoscendo la "Chiesa ortodossa dell'Ucraina", ha chiaramente deviato verso lo scisma. La decisione del Santo Sinodo della Chiesa ortodossa russa del 29 dicembre 2021 dice: "A seguito della deviazione nello scisma del patriarca Theodoros di Alessandria, la sua commemorazione del capo della cosiddetta 'Chiesa ortodossa dell'Ucraina' alla Divina Liturgia dell'8 novembre 2019 tra i primati delle Chiese autocefale, del riconoscimento del suddetto raggruppamento scismatico e della concelebrazione con il suo capo il 13 agosto 2021, parte del clero del Patriarcato d'Alessandria, dopo aver dichiarato il proprio disaccordo con la posizione del primate, si è rivolta al patriarca di Mosca e di tutta la Rus' con la richiesta di essere accettati nel seno della Chiesa ortodossa russa". Vale a dire, al momento della creazione dell'Esarcato patriarcale russo d'Africa il Patriarcato di Alessandria era già in scisma.

Si può notare che la Chiesa ortodossa russa ha agito in modo assolutamente canonico in questa situazione, così come i chierici africani, che si sono separati dalla comunione con il loro patriarca per unirsi alla Chiesa ortodossa russa. Ma non tutto è così semplice e inequivocabile.

C'è il Canone 15 del Concilio primo-secondo di Costantinopoli, che prescrive che i chierici dovrebbero separarsi dai loro vescovi nel caso questi ultimi dovessero deviare nell'eresia: "Ma quanto a coloro che, dopo una condanna per qualche eresia dai Santi Sinodi o dai Padri, si separano dalla comunione con il loro primate, cioè perché predica pubblicamente l'eresia e la insegna apertamente nella Chiesa, persone come queste non solo sono non soggette alla pena canonica per essersi isolate dalla comunione con un cosiddetto vescovo prima della chiarificazione sinodale, ma saranno ritenute degne del dovuto onore tra gli ortodossi. Infatti non hanno condannato dei vescovi, ma dei falsi vescovi e falsi maestri, e non hanno frammentato l'unità della Chiesa con lo scisma, ma hanno sinceramente cercato di liberare la Chiesa da scismi e divisioni".

Questo canone fu citato come argomento da vescovi e tsar russi, quando, senza la benedizione del patriarca di Costantinopoli, elessero in modo indipendente il vescovo Iona di Rjazan' come metropolita di Kiev e di tutta la Rus' al Concilio locale nel 1448 (di fatto, avevano proclamato l'autonomia della loro Chiesa). I russi decisero di fare questo passo perché il Patriarcato di Costantinopoli era caduto nell'eresia accettando l'Unia di Firenze nel 1439.

Un dettaglio storico interessante: il metropolita Iona divenne il primate della Chiesa non solo all'interno del regno della Moscovia, ma anche nella metropolia di Kiev, che era sotto il dominio del Granducato di Lituania. Cioè, la Chiesa russa era allora una sola Chiesa in due stati, ma fu divisa in due metropolie non dal patriarca di Costantinopoli ma... da papa Callisto III il 15 ottobre 1458. Il papa, secondo l'Unione di Firenze, riteneva sé stesso capo della Chiesa e credeva che tali questioni appartenessero proprio alla sua competenza. La pensava allo stesso modo il patriarca uniate di Costantinopoli Gregorio III Mammas, che solo dopo la decisione del Papa nominò Gregorio il Bulgaro "metropolita di Kiev, della Lituania e di tutta la Rus'."

In seguito tutti riconobbero questo stato di cose, ma resta il fatto: la metropolia di Kiev fu separata da quella di Mosca in modo del tutto non canonico dal capo della Chiesa Cattolica e fece parte del Patriarcato di Costantinopoli fino al 1686 quando per decisione del patriarca Dionisio IV di Costantinopoli si ricongiunse alla Chiesa russa, che ormai era già divenuta un patriarcato.

Tuttavia, questa è solo un'osservazione storica. Torniamo alle questioni canoniche della creazione dell'Esarcato russo in Africa.

Secondo il Canone 15 del Concilio primo-secondo di Costantinopoli, i chierici devono rompere la comunione con i loro vescovi se questi cadono nell'eresia. Ma scisma ed eresia non sono la stessa cosa. Il Canone 1 di san Basilio il Grande dice al riguardo: "Le antiche autorità <...> parlavano di eresie, di scismi e di congregazioni illecite. Per eresie intendevano uomini che erano completamente separati e alienati nelle questioni relative alla fede; per scismi, uomini che si erano separati per ragioni e questioni ecclesiastiche suscettibili di soluzione reciproca; per riunioni illegali, congregazioni tenute da presbiteri o vescovi che non seguivano l'ordine ecclesiale o da laici non istruiti".Cioè, lo scisma è una divisione di opinioni su questioni che possono essere sanate e, a differenza dell'eresia, non giustifica la creazione di una gerarchia parallela.

Ciò significa che la Chiesa ortodossa russa ha agito in modo non canonico? Ancora una volta, non è così semplice. Il fatto è che tutte le azioni del Fanar in Ucraina – il riconoscimento degli scismatici, la creazione della "Chiesa ortodossa dell'Ucraina" o la "abolizione" della Chiesa ortodossa ucraina – non sono solo azioni scismatiche ma anche manifestazioni di una vera eresia – l'eresia del papismo di Costantinopoli. E tutti coloro che sono d'accordo con le azioni del Fanar sono, prima di tutto, sostenitori dell'eresia. Dopo tutto, la Chiesa fin dall'inizio confessa che solo Gesù Cristo è il Capo della Chiesa. Esercita direttamente questa autorità e non ha bisogno di nessun "deputato", "vicario" o altro "esecutore testamentario" qui sulla terra. Questa è una questione di principio e non comporta alcun compromesso. Il disaccordo su questo tema non si può sanare in altro modo che rigettando la falsa dottrina che un qualche vescovo sia il capo della Chiesa sulla terra o, per dirla più diplomaticamente, abbia l'autorità esclusiva. Si può dire che l'eresia del papismo di Costantinopoli non sia stata ancora condannata da un concilio, ma ogni eresia è stata respinta e condannata da singoli vescovi o dalle Chiese locali ancor prima della sua condanna ufficiale ai Concili ecumenici.

Il papismo di Costantinopoli è stato in realtà condannato al Concilio dei Vescovi della Chiesa Ortodossa Russa nel 2008. Sebbene la parola "eresia" non fosse menzionata a quel tempo, ma fosse diplomaticamente sostituita con la frase "nuovo concetto ecclesiologico", il contenuto di questa eresia era già formulato e la Chiesa ortodossa russa lo ha chiaramente respinto.

Il testo della Risoluzione speciale dice quanto segue: "Il Concilio esprime profonda preoccupazione per le tendenze <...> manifestate nelle dichiarazioni di alcuni rappresentanti della santa Chiesa di Costantinopoli. Partendo da un'interpretazione del Canone 28 del quarto Concilio ecumenico, non condivisa dalla pienezza della Chiesa ortodossa, questi vescovi e teologi stanno sviluppando un nuovo concetto ecclesiologico, che sta diventando una sfida all'unità pan-ortodossa. Secondo questo concetto: a) si considera appartenente all'Ortodossia universale solo una Chiesa locale che è in comunione con la sede di Costantinopoli; b) il Patriarcato di Costantinopoli ha giurisdizione esclusiva in tutti i paesi della diaspora ortodossa; c) in questi paesi il Patriarcato di Costantinopoli rappresenta in modo esclusivo le opinioni e gli interessi delle Chiese locali davanti alle autorità pubbliche; d) ogni vescovo o chierico che presta servizio fuori del territorio canonico della sua Chiesa locale è sotto la giurisdizione ecclesiastica di Costantinopoli, anche se non se ne rende conto; e) Il Patriarcato di Costantinopoli determina i confini geografici delle Chiese e, se il suo parere non coincide con il parere di una Chiesa particolare su questo argomento, può stabilire la propria giurisdizione sul territorio di quella Chiesa. <...> Questa visione da parte del Patriarcato di Costantinopoli dei propri diritti e poteri entra in una contraddizione insormontabile con la secolare tradizione canonica su cui poggia l'esistenza della Chiesa ortodossa russa e delle altre Chiese locali".

Perché il Concilio dei vescovi della Chiesa ortodossa russa non ha dato un nome all'eresia? Poiché era il 2008, non c'era alcuna interferenza del Fanar in Ucraina, e c'era ancora la speranza che i vescovi di Costantinopoli tornassero in sé e si rendessero conto che si stavano muovendo nella direzione sbagliata.

Ma l'archimandrita Sofronij (Sakharov), asceta ortodosso russo, chierico del Patriarcato di Costantinopoli e discepolo di san Silvano dell'Athos, fu più libero nelle sue dichiarazioni. Già nel 1950 scriveva quanto segue: "In questo momento, nelle viscere della nostra santa Chiesa, c'è un grande pericolo di snaturare l'insegnamento dogmatico su di essa. <...> Potreste chiedervi: qual è questa distorsione che si vede arrivare ora? Rispondiamo: il neopapismo di Costantinopoli, che sta cercando di passare rapidamente da una fase teorica a una pratica. <...> C'è bisogno di dire che questa forma di papismo è anch'essa un'eresia ecclesiologica come lo è il papismo romano?"

Si può presumere che l'eresia del papismo di Costantinopoli sarà chiamata eresia e condannata al prossimo Concilio dei Vescovi della Chiesa ortodossa russa nel 2022, e poi nel cosiddetto formato di Amman dai primati e dai rappresentanti delle Chiese locali che non sono d'accordo con questa eresia nella forma del riconoscimento della "Chiesa ortodossa dell'Ucraina".

Sulla base di quanto sopra, si può affermare che la Chiesa ortodossa russa, avendo creato l'Esarcato Patriarcale in Africa, ha fatto la cosa giusta sia in termini di canoni che di diplomazia ecclesiale, perché una tale decisione avrebbe potuto essere presa quasi immediatamente dopo il riconoscimento della "Chiesa ortodossa dell'Ucraina" da parte del patriarca Theodoros di Alessandria. Tuttavia, la Chiesa ortodossa russa ha atteso per più di due anni e si può presumere che durante questo periodo si siano tenuti contatti informali a vari livelli per spiegare ai vescovi alessandrini la natura non canonica e non costruttiva della loro posizione.

E solo ora, quando è diventato chiaro che il Patriarcato di Alessandria è saldamente legato al Fanar e all'eresia del papismo di Costantinopoli, la Chiesa ortodossa russa ha deciso di intraprendere azioni così radicali.

Perché un esarcato, non parrocchie patriarcali

Il Santo Sinodo della Chiesa ortodossa russa afferma che la decisione di creare l'Esarcato è stata una risposta all'appello dei chierici africani che non erano d'accordo con la decisione del patriarca Theodoros di Alessandria di entrare in comunione con gli scismatici. Tuttavia, per accettarli nella giurisdizione della Chiesa ortodossa russa, non era necessario istituire un esarcato. Oggi esistono parrocchie russe in Egitto, Tunisia, Marocco e Sudafrica. Ciò non viola il territorio canonico del Patriarcato di Alessandria e non crea alcuna gerarchia parallela. Perché è stata scelta l'opzione difficile di creare un esarcato con la sua struttura gerarchica?

Si può presumere quanto segue: in primo luogo, il Patriarcato di Mosca si è reso conto che il Patriarcato di Alessandria non era più in grado di ammettere il proprio errore, revocando il riconoscimento della "Chiesa ortodossa dell'Ucraina" e ripristinando i rapporti con la Chiesa ortodossa russa. Il punto di non ritorno in questa faccenda è stato superato, e quindi non ha senso prendere decisioni svogliate. Il patriarca Theodoros non si pentirà del suo infido tradimento della Chiesa ortodossa ucraina e di sua Beatitudine Onufrij, l'unità spezzata non sarà ricomposta. Ciò è evidenziato dalla reazione iniziale del patriarca Theodoros alla creazione dell'Esarcato. Il 31 dicembre ha affermato di aver già "dato un messaggio che dovrebbero ascoltare le altre Chiese che invadono questo spazio sacro chiamato missione".

In secondo luogo, ci sono buone ragioni per credere che non solo dei sacerdoti del Patriarcato di Alessandria, ma anche dei vescovi entreranno a far parte dell'Esarcato patriarcale nel prossimo futuro. Lo ha affermato il neo nominato esarca dell'Africa, il metropolita Leonid di Klin. Di conseguenza, la semplice moltiplicazione delle parrocchie stavropegiali del Patriarcato di Mosca lascerebbe queste persone senza lavoro. Ma con l'Esarcato, saranno integrate in questa nuova struttura organizzativa.

In terzo luogo, lo statuto dell'esarcato prevede una maggiore autonomia e indipendenza rispetto a un insieme delle parrocchie stavropegiali. Lo status di esarcato consente ai vescovi e ai sacerdoti locali, oltre ai fedeli ordinari, di prendere una parte più ampia nella gestione di questa struttura. Pertanto, la creazione dell'Esarcato in Africa sembra giustificata, anche se non assolutamente indiscutibile.

Cosa c'entra la geopolitica con tutto questo?

In Africa sono in corso processi geopolitici e l'essenza di questi processi è la seguente: l'influenza di Stati Uniti ed Europa si sta indebolendo, mentre Cina e Russia (e in misura minore la Turchia) stanno prendendo piede. Negli ultimi anni, la Russia ha notevolmente aumentato la sua presenza in Africa nella sfera economica, e ancor più in quella politica e militare. Nell'ottobre 2019, i leader di quasi tutti i paesi africani sono venuti a Sochi per il vertice Russia-Africa senza precedenti, durante il quale sono stati firmati numerosi documenti che rafforzano l'influenza della Russia nella regione. Nel 2022 si prevede di tenere il secondo vertice di questo tipo, in cui verranno adottate le tabelle di marcia per la cooperazione russo-africana in ambito economico, scientifico e umanitario.

Certo, non sarebbe corretto affermare che la crescente influenza della Russia in Africa abbia portato alla creazione del locale Esarcato patriarcale, ma le circostanze politiche emergenti offrono buone opportunità per sviluppare l'Esarcato e promuovere la missione ortodossa in questo continente.

D'altra parte, il declino dell'influenza americana sia in Africa che nel mondo intero ha un impatto negativo su tutti i progetti statunitensi. In ambito religioso, si tratta innanzitutto di un progetto per promuovere gli interessi del Fanar, la creazione della "Chiesa ortodossa dell'Ucraina" e far sì che questo progetto sia riconosciuto dalle Chiese locali.

Ma di un'importanza di gran lunga maggiore dei processi politici in Africa sopra descritti è la divisione globale dei paesi in due campi. Convenzionalmente, questi campi possono essere definiti liberal-globalisti, guidati dagli Stati Uniti, e nazional-tradizionalisti, guidati da Cina e Russia. Finora, i leader di questi due movimenti sono emersi e c'è una lotta attiva tra loro per attirare nei loro campi sia i paesi chiave (come l'India, la Turchia, i paesi dell'UE) sia gli stati più piccoli. Un evento epocale in questa divisione è stato il cosiddetto "Summit of Democracies" organizzato dagli Stati Uniti, che all'ultimo minuto è stato ribattezzato "Summit for Democracy". Questo doveva riunire quegli stati che sono riconosciuti dagli Stati Uniti come democrazie, e quindi sosterranno l'ordine del giorno americano, mentre quei paesi che non sono stati invitati saranno etichettati come autoritari. Certo, il vertice si è rivelato in gran parte infruttuoso.

Anche il programma promosso dai suddetti blocchi è diventata evidente. Nella sfera umanitaria, il blocco guidato dagli Stati Uniti promuove il liberalismo, la libertà di ogni tipo di perversione, i diritti LGBT e l'ideologia BLM. In ambito religioso, promuove l'ecumenismo e il degrado delle norme morali.

Cina, Russia e altri paesi offrono un programma conservatore o tradizionalista, secondo il quale le donne dovrebbero essere donne e gli uomini dovrebbero essere uomini, la famiglia dovrebbe essere tradizionale e le perversioni dovrebbero essere definite perversioni, e non la norma. In questo programma, gli stati proteggono e assistono le loro fedi tradizionali, sebbene a volte questa assistenza sia troppo invadente.

Questi due blocchi sono ancora in fase di formazione; non si sa ancora come saranno o se riusciranno a formarsi del tutto. Ma non solo i paesi, bensì anche alcune organizzazioni religiose hanno già giurato fedeltà a questi blocchi. Per esempio, il Vaticano e il Fanar hanno già chiarito che sostengono gli Stati Uniti e il loro programma geopolitico e ideologico. La recente visita del patriarca Bartolomeo negli Stati Uniti lo ha dimostrato abbastanza chiaramente, anche se non vi sono dubbi sull'orientamento del Fanar verso gli Stati Uniti almeno negli ultimi 70 anni. Così, anche quelle Chiese locali (precisamente, i vescovi di queste Chiese) che hanno sostenuto il Patriarcato di Costantinopoli e la sua eresia del papismo costantinopolitano, manifestatasi nella creazione della "Chiesa ortodossa dell'Ucraina", hanno fatto la loro scelta geopolitica. la "Chiesa ortodossa dell'Ucraina" è stata creata su iniziativa e con il massiccio sostegno degli Stati Uniti. Il riconoscimento o il non riconoscimento di questa organizzazione da parte delle Chiese locali ha provocato una divisione nell'Ortodossia, il che significa che la divisione geopolitica nel mondo si è sovrapposta allo scisma ecclesiale nell'Ortodossia. Come ha affermato in una recente intervista il presidente del Dipartimento per le relazioni ecclesiastiche esterne della Chiesa ortodossa russa, il metropolita Ilarion (Alfeev) di Volokolamsk,"Anche la divisione nell'Ortodossia mondiale è un fatto compiuto".

Perché le Chiese che hanno riconosciuto la "Chiesa ortodossa dell'Ucraina" cambino la loro scelta, ci devono essere alcuni eventi straordinari, come il ritiro del patriarca Theodoros e il suo pubblico pentimento per aver violato i canoni. È improbabile che ciò accada, il che significa che i successi o i fallimenti degli Stati Uniti in Africa influenzeranno di conseguenza il Patriarcato di Alessandria.

Ma non è la dipendenza dalla diplomazia statunitense la ragione principale delle tendenze negative nel Patriarcato di Alessandria, che senza dubbio non potranno che aumentare. L'essenziale è il desiderio di promuovere non tanto l'Ortodossia in quanto tale, quanto piuttosto l'ellenismo (spesso nella sua manifestazione peggiore), come è stato più volte affermato dai vescovi delle cosiddette Chiese greche. Padre Georgij Maksimov, che conosce personalmente la situazione religiosa in Africa, ha scritto sul suo canale Telegram: "La moderna missione greca in Africa è in gran parte un villaggio Potemkin, sfruttato da una manciata di vescovi greci per raccogliere fondi tra i greci in altri paesi. Non tutti i vescovi greci sono così, ma molti lo sono. Gli africani non sono stupidi e lo vedono anche loro. La stanchezza nei confronti dei greci si accumula da molto tempo. L'Africa merita di meglio". E anche se supponiamo che padre Georgij esageri un po', il quadro sembra ancora piuttosto deplorevole.

Le prospettive per l'Esarcato patriarcale russo

Il fattore decisivo in questa materia saranno le risorse umane, cioè la fede personale e la pietà di quei chierici africani che hanno deciso di aderire alla Chiesa ortodossa russa. I nemici della Chiesa ortodossa russa si sono già affrettati a dire che presumibilmente si sono venduti per denaro e sono scismatici e vecchi calendaristi. Questo non è vero in quanto tutti i chierici che hanno presentato petizioni per il trasferimento alla giurisdizione della Chiesa ortodossa russa sono sacerdoti canonici che non sono stati sconsacrati o sottoposti ad altri divieti. Finora, il numero ufficiale è 102, ma ci si dovrebbe aspettare un aumento nel prossimo futuro. Il numero totale dei chierici nel Patriarcato di Alessandria è difficile da determinare, ma 102 è circa il 20% del totale. In confronto, si può immaginare cosa accadrebbe se 2.500 sacerdoti dalla Chiesa ortodossa ucraina si trasferissero nella "Chiesa ortodossa dell'Ucraina".

Si può sostenere che, per la maggior parte, i chierici che si sono uniti alla Chiesa ortodossa russa sono pastori zelanti che non sono fondamentalmente d'accordo con la violazione dei sacri canoni della Chiesa. Questa conclusione può essere tratta dalle seguenti circostanze: in primo luogo, molti di loro hanno presentato una richiesta corrispondente nel 2019, subito dopo il riconoscimento degli scismatici ucraini da parte del patriarca Theodoros. Cioè, il motivo della richiesta non era altro che la violazione dei canoni da parte del patriarca Theodoros di Alessandria. Tale appello è stato un passo molto coraggioso perché non si sapeva se sarebbero stati accettati dalla Chiesa ortodossa russa o meno, ma da parte del Patriarcato di Alessandria sarebbero sicuramente seguiti tutti i tipi di divieti, punizioni e simili. In secondo luogo, questi chierici non hanno cambiato idea, nonostante la perdita del salario e le minacce di violenza fisica nei loro confronti. Per esempio, il vicario della diocesi della Tanzania, il vescovo greco Agathonikos, secondo i sacerdoti locali, citiamo letteralmente, "ha minacciato di ucciderci". E in terzo luogo, questi chierici hanno deciso di entrare nella Chiesa ortodossa russa, sapendo benissimo che dovranno affrontare un lungo confronto con i loro avversari, una lotta per le parrocchie, per le proprietà della chiesa e così via. Da un punto di vista quotidiano, sarebbe molto più comodo non opporsi al patriarca Theodoros e non prendere posizione: "la giraffa è grande – la sa più lunga", cosa che, per inciso, è stata fatta da tanti sacerdoti a Cipro, in Grecia, e anche sull'Athos.

Pertanto, le tendenze politiche, un sentimento generale di gran parte del clero africano contro il dominio dell'ellenismo, nonché l'integrità del clero che si è unito alla Chiesa ortodossa russa, creano condizioni favorevoli per lo sviluppo dell'Esarcato patriarcale. Probabilmente, presto vedremo presto nuovi sacerdoti e persino vescovi entrare a far parte dell'Esarcato, nuove chiese in costruzione e attività missionarie svilupparsi nel continente africano. In un futuro molto prossimo, ci sarà bisogno che i candidati locali al sacerdozio ricevano un'educazione spirituale, e qui, penso, anche le scuole teologiche ucraine possono aiutare seriamente. Forse, sacerdoti o anche vescovi ucraini andranno in Africa a predicare il Vangelo, temporaneamente o permanentemente. Questo sarebbe molto simbolico, dato il perfido tradimento della Chiesa ortodossa ucraina da parte del patriarca Theodoros. Quanto al Patriarcato di Alessandria, esso corre il rischio di degenerare in una struttura nominale con un numero minimo di parrocchie "vive" ma con un numero sufficiente di vescovi titolari pronti a promuovere l'ellenismo e il primato del patriarca di Costantinopoli. Un destino del genere non è certo da invidiare, ma il patriarca di Alessandria ha fatto la sua scelta. Tuttavia, non è mai troppo tardi per pentirsi.

 
Il seminario di Halki e i suoi custodi

Con la recente concentrazione di interesse sulla sede del Patriarcato Ecumenico, è stato pubblicato e riportato da Pravmir anche un breve articolo sul seminario di Halki, che ci è sembrato interessante riportare in traduzione italiana nella sezione “Confronti” dei documenti. Il seminario in cui si sono formati per oltre un secolo i patriarchi di Costantinopoli, chiuso nel 1971 e ancora tenuto in ottime condizioni in attesa di una sempre improbabile apertura, è una parte importante dei negoziati tra poteri ecclesiastici e statali. 

 
Costantinopoli registra un monastero, ponendo le basi per una giurisdizione parallela nella Repubblica ceca

foto: Unione dei giornalisti ortodossi

Il Patriarcato di Costantinopoli ha registrato legalmente un monastero nella Repubblica Ceca senza la benedizione del primate, sua Beatitudine il metropolita Rostislav di Prešov e Tutte le Terre ceche e della Slovacchia, stabilendo così una giurisdizione parallela sul territorio di un'altra Chiesa locale.

Costantinopoli ha fatto lo stesso in Estonia negli anni '90, in Ucraina l'anno scorso e, secondo il capo della "Chiesa ortodossa autonoma lettone", è ora in procinto di fare lo stesso in Lettonia.

OrthoChristian è stato informato di questo sviluppo il mese scorso da Jakub Jiří Jukl, dottore in Teologia e membro del Consiglio diocesano di Praga, e oggi un rapporto dettagliato è stato pubblicato dall'Unione dei giornalisti ortodossi.

La Chiesa delle Terre ceche e della Slovacchia ha avuto negli ultimi decenni una relazione tormentata con il Patriarcato di Costantinopoli, e recentemente ha respinto la "Chiesa ortodossa dell'Ucraina" scismatica creata da quel patriarcato l'anno scorso.

L'11 ottobre 2018, il metropolita Rostislav ha inviato una lettera alla Chiesa russa, che afferma il suo sostegno alla Chiesa ucraina canonica e il suo rifiuto dell'interferenza dei politici e del Patriarcato di Costantinopoli negli affari della Chiesa ucraina.

Il metropolita scrive:

Il mondo ortodosso riconosce l'unico primate canonico della Chiesa ortodossa ucraina: sua Beatitudine il metropolita Onufrij di Kiev e di Tutta l'Ucraina. Questo fatto è stato più volte citato e confermato dal primate della Grande Chiesa di Cristo, sua Santità il patriarca ecumenico Bartolomeo, a nome di tutti i presenti alla Sinassi dei primati delle Chiese ortodosse locali che si è tenuta a Chambésy (Svizzera) dal 21 al 27 gennaio 2016. Pertanto, qualsiasi tentativo di legalizzare gli scismatici ucraini da parte delle autorità statali dovrebbe essere fortemente condannato da tutti i primati delle Chiese ortodosse locali.

Il 3 febbraio, lo stesso giorno in cui Epifanij Dumenko è stato intronizzato come primate scismatico a Kiev, il metropolita Rostislav ha dichiarato che Dumenko è un impostore e si è impegnato a sostenere il primate canonico in Ucraina, sua Beatitudine il metropolita Onufrij di Kiev.

La Chiesa ceco-slovacca ha anche chiesto un concilio pan-ortodosso per risolvere la crisi ucraina e molti altri vescovi hanno preso una posizione forte contro gli scismatici. Per esempio, sua Eminenza l'arcivescovo Michal di Praga ha categoricamente vietato al suo clero di concelebrare con il clero della "Chiesa ortodossa dell'Ucraina" scismatica.

Quindi, ad agosto, il Patriarcato di Costantinopoli ha creato un'entità legale, "Associazione sacro monastero patriarcale stavropegiale della Dormizione della santissima Theotokos", adottando i suoi statuti in un'assemblea costituente composta dal metropolita Arsenios (Kardamakis) d'Austria del Patriarcato di Costantinopoli, dal vescovo Izaiáš (Slaninka) di Šumperk, consacrato a Costantinopoli nel 2015 per creare un Sinodo alternativo nella Chiesa delle Terre ceche e della Slovacchia durante la crisi a seguito delle dimissioni del metropolita Kryštof, e da Roman Rugiko.

minute del gruppo costituente. Foto: Unione dei giornalisti ortodossi tramite open source

Il metropolita Arsenios è legalmente riconosciuto come presidente dell'associazione, e il vescovo Izaiáš come vice presidente.

Questa "Associazione" è stata registrata dal Tribunale provinciale di Ostrava il 1 ° ottobre.

estratto dal registro delle comunità del tribunale provvisorio di Ostrava. Foto: Unione dei giornalisti ortodossi tramite open source

Tuttavia, come osserva l'Unione dei giornalisti ortodossi, questo "monastero" non è, di fatto, nuovo, poiché un monastero con lo stesso nome allo stesso indirizzo esiste già da molto tempo all'interno della Chiesa delle Terre ceche e della Slovacchia.

Secondo azbuka.ru, "Il monastero della Dormizione della santissima Theotokos si trova nella città di Vilemov, nella Repubblica Ceca. Durante i molti anni della sua esistenza, questo convento è diventato uno dei principali centri dell'Ortodossia nella Repubblica Ceca tradizionalmente cattolica. Situato in una zona tranquilla, il monastero è divenuto un luogo di solitudine per una piccola comunità ortodossa".

monastero della Dormizione. Foto:pravoslaviecz.cz

Pertanto, il Patriarcato di Costantinopoli ha istituito un monastero / associazione sul sito di un convento preesistente della Chiesa delle terre ceche e della Slovacchia con tre membri che non hanno alcun legame con il monastero esistente.

Secondo lo statuto dell'Associazione:

L'Associazione è un'organizzazione volontaria, non governativa, senza fini di lucro di credenti ortodossi sotto la guida spirituale del Patriarcato di Costantinopoli, che riunisce difensori dello sviluppo spirituale dei cittadini ortodossi che vivono nella Repubblica Ceca e altri sostenitori della fede ortodossa per soddisfare i loro bisogni spirituali, lavorare attivamente in questo sviluppo, promuovere questo obiettivo e assicurare attività di beneficenza nel campo di quest'opera missionaria. Il compito è anche condurre una vita spirituale e liturgica, fare carità, aiutare i bisognosi e allo stesso tempo creare centri spirituali di contatto (skiti) per questo scopo. Per fare questo, il presidente dell'Associazione (abate) nomina sacerdoti che hanno ricevuto una missione canonica. Allo stesso tempo, essi prestano attenzione ai diritti dei cittadini e dei credenti ortodossi e aiutano a proteggerli e difendono i loro interessi in conformità con la Carta dei diritti e delle libertà fondamentali. Allo stesso tempo, dobbiamo garantire che nessuno inciti all'odio e all'intolleranza o sostenga la violenza e violi la costituzione e le leggi.

Si noti che questa "Associazione" intende diffondere la sua missione in tutta la Repubblica Ceca e stabilire ulteriori sedi per la sua opera.

Scrivendo per l'Unione dei giornalisti ortodossi, Kirill Aleksandrov scrive che è probabile che tale "Associazione" sia guidata da un vescovo per attirare il clero e intere parrocchie, per espandere l'influenza di Costantinopoli all'interno della Chiesa delle Terre ceche e della Slovacchia. Con abbastanza membri e influenza, potrebbe persino revocare l'autocefalia della Chiesa, come minacciava di fare nel 2011:

La Chiesa delle Terre ceche e della Slovacchia originariamente ricevette una piena e completa autocefalia dal Patriarcato di Mosca nel 1951. Tuttavia, il Patriarcato ecumenico, ritenendosi il solo che possa concedere l'autocefalia, non ha mai riconosciuto tale autocefalia. Nel 1989, dopo la caduta del regime comunista, la Chiesa delle Terre ceche e della Slovacchia iniziò a cercare di riparare i suoi rapporti con Costantinopoli e di ottenere il riconoscimento della sua autocefalia. Tuttavia, questa ricerca è culminata, piuttosto, nella concessione di un nuovo Tomos d'autocefalia da parte di Costantinopoli.

Questo tomos stabilisce, tra le altre cose, che i tribunali ecclesiastici nella Chiesa delle Terre ceche e della Slovacchia devono essere sorvegliati dai vescovi di Costantinopoli, che la Chiesa deve ricevere il suo crisma da Costantinopoli e che è "obbligata" a fare appello a Costantinopoli nel caso di qualsiasi conflitto. Pertanto, la Chiesa ha perso la sua piena indipendenza.

Nonostante il tomos di Costantinopoli del 1998, la Chiesa delle Terre ceche e della Slovacchia ha continuato a celebrare la sua indipendenza a partire dal Tomos di Mosca del 1951. Pertanto, nel 2001 si sono svolte le celebrazioni per il 50° anniversario, del 55° nel 2006 e del 60° nel 2011.

Tuttavia, a seguito delle celebrazioni per il 60° anniversario, il patriarca Bartolomeo ha scritto a sua Beatitudine il metropolita Kryštof, primate della Chiesa delle Terre ceche e della Slovacchia a quel tempo, e ha minacciato di revocare l'autocefalia della Chiesa se avesse mai celebrato nuovamente l'anniversario del Tomos del 1951.

Costantinopoli ha di nuovo interferito nella vita della Chiesa ceco-slovacca dopo che il metropolita Kryštof si è dimesso nel 2013, cosa che si può leggere nell'articolo "Il ruolo del patriarcato ecumenico nel periodo di crisi della Chiesa ortodossa nelle Terre ceche e in Slovacchia".

 
Sulle "regole di preghiera"

È molto semplice. Seguite il libro di preghiere. Quello appartiene alla Chiesa, non a individui che si presentano come "padri spirituali". Leggete le preghiere del mattino e della sera, e costringetevi a farlo giorno dopo giorno.

Se siete di fretta al mattino, potete leggerle mentre andate a lavorare o sostituirle con la Preghiera di Gesù, recitata in segreto e senza alcuna esposizione di nodi di preghiera (che devono essere tenuti in tasca, non vistosamente avvolti intorno ai polsi come decorazione). In alternativa, alzatevi prima!

Le regole di preghiera sono per i monasteri. Seguite la Chiesa. È semplice, non inventate cose che la Chiesa non ha stabilito.

Padre Andrew Phillips

 
Due saggi per capire la geopolitica all'inizio del 2022

Sei cose che i media non vi diranno sull'Ucraina

Helleniscope, 9 gennaio 2022

Nota del redattore (Nick Stamatakis): Quando i negoziati sulla sicurezza USA-Russia inizieranno domani a Ginevra, il presidente Putin avrà completato il suo "scacco matto" in Kazakistan e la Russia sarà emersa come il principale vincitore. Dalla parte dei perdenti, Stati Uniti, Cina e Turchia si leccano le ferite e contano le perdite. La notizia di giovedì che circa 3.000 uomini delle forze speciali russe hanno occupato tutti gli edifici e le installazioni critiche in Kazakistan era molto chiara: le installazioni occupate includevano piattaforme petrolifere e di gas naturale gestite dai giganti americani Chevron ed ExxonMobil... Non c'è bisogno di sentire molto altro: Putin è ora in procinto di consolidare il suo controllo sull'enorme paese, che darà alla Russia un chiaro vantaggio geopolitico e il sopravvento negli affari Cina-Russia... Ho già detto che il Kazakistan è un importante produttore di uranio? E che i "cryptominer" hanno trasformato il Paese in un "centro di produzione" per via della sua elettricità abbondante e a buon mercato? Non mi preoccuperò nemmeno di analizzare il grande schiaffo in faccia alla politica estera turca: i loro sogni "panturchi" di estendere le loro mani sporche dappertutto dalla Cina occidentale all'Asia centrale fino al Caucaso sono ormai morti, senza alcuna possibilità di rinascita...

Lo scacco matto di Putin in Kazakistan fa sicuramente precipitare la sua prossima grande vittoria in Ucraina. Ha in mano tutte le carte e, da maestro di scacchi qual è, sceglierà la mossa ottimale. Si spera che l'establishment dello stato profondo americano questa volta impari la lezione e risparmi l'America e l'umanità da guerre più inutili...

L'articolo qui sotto è una lettura obbligatoria per chi è interessato a comprendere le notizie uscite dai colloqui USA-Russia questa prossima settimana.

Sei cose che i media non vi diranno sull'Ucraina

di Ted Snider, antiwar.com, 6 gennaio 2022

Il 10 gennaio funzionari americani e russi si incontreranno per discutere la proposta di Putin sulle garanzie di sicurezza reciproca. I media occidentali e gli analisti politici hanno espresso le richieste di Putin che la NATO non si espanda più a est in Ucraina e che la NATO non stabilisca basi militari negli ex stati sovietici né li utilizzi per svolgere attività militari audaci e impossibili.

Ecco sei elementi cruciali di background che i media occidentali non vi diranno.

La promessa della NATO

Le richieste di Putin sono audaci solo se è audace chiedere alla NATO di mantenere le sue promesse; le sue richieste sono impossibili solo se è impossibile per la NATO mantenere le sue promesse.

Il 9 febbraio 1990, il Segretario di Stato James Baker assicurò a Gorbaciov che se la NATO avesse ottenuto la Germania – un'enorme concessione – la NATO non si sarebbe espansa di un pollice a est della Germania. Il giorno successivo, il ministro degli Esteri della Germania occidentale Hans-Dietrich Genscher fece la stessa promessa al suo omologo sovietico, Eduard Shevardnadze. In precedenza, il 31 gennaio 1990, Genscher aveva già pubblicamente dichiarato in un importante discorso che non ci sarebbe stata "un'espansione del territorio della NATO a est, in altre parole, più vicino ai confini dell'Unione Sovietica".

Documenti recentemente declassificati chiariscono che tutte le potenze occidentali, inclusi non solo Stati Uniti e Germania, ma anche Regno Unito e Francia, hanno ripetutamente fatto la stessa promessa alla Russia.

Sette anni dopo, quando gli Stati Uniti avevano già infranto quella promessa, Clinton fece alla Russia una seconda promessa. Avendo ampliato la NATO nell'estremo est della Germania, almeno non avrebbe fatto stazionare in permanenza forze di combattimento sostanziali. Questa era la promessa firmata dagli Stati Uniti nell'atto istitutivo NATO-Russia sulle relazioni reciproche. Era una reiterazione della precedente promessa del febbraio 1990, non solo sull'adesione alla NATO, ma sul fatto che le truppe della NATO non si sarebbero estese a est.

Quindi, lungi dall'essere audaci o chiedere cose ridicole, ciò che i media non vi diranno è che Putin non sta chiedendo nuove concessioni all'Occidente. Chiede solo che l'Occidente onori gli impegni che ha già preso.

Il colpo di stato

Il catalizzatore della crisi odierna in Ucraina è stato il colpo di stato del 2014. Quel colpo di stato è stato organizzato e sostenuto dagli Stati Uniti. Il presidente ucraino Viktor Janukovich si è trovato di fronte alla scelta dell'alleanza economica con l'Unione Europea o con la Russia. I sondaggi dell'epoca mostravano chiaramente che gli ucraini erano quasi equamente divisi su quale alleanza economica scegliere. La scelta di Janukovich di uno dei due pacchetti avrebbe diviso il paese. Putin aveva offerto a Janukovich una via d'uscita: sia la Russia che l'Unione Europea potevano aiutare l'Ucraina e Janukovich non doveva essere costretto a scegliere. Gli Stati Uniti e l'Unione Europea avevano respinto l'offerta di pace di Putin. Secondo Stephen Cohen, professore emerito di studi russi a Princeton, "è stata l'Unione Europea, sostenuta da Washington, a dire a novembre al presidente democraticamente eletto di un Paese profondamente diviso, l'Ucraina, 'Dovete scegliere tra Europa e Russia'."

La scena era ora pronta per il conflitto in Ucraina. E gli Stati Uniti hanno alimentato quel conflitto. Guidati dal senatore John McCain e dall'assistente del segretario di Stato per gli affari europei ed eurasiatici Victoria Nuland, gli Stati Uniti hanno pubblicamente appoggiato e sostenuto i manifestanti del colpo di stato. La Casa Bianca ha poi fornito copertura e legittimità ai violenti manifestanti nelle strade. Attraverso il National Endowment for Democracy, gli Stati Uniti hanno anche finanziato progetti che hanno contribuito ad alimentare il colpo di stato.

Cosa ancora più sinistra, gli Stati Uniti sono stati profondamente coinvolti nel complotto del colpo di stato stesso. Nuland è stata sorpresa a complottare su chi gli americani volevano come vincitore del cambio di regime. Può essere ascoltata in una chiamata intercettata in cui diceva all'ambasciatore americano a Kiev, Geoffrey Pyatt, che Arsenij Jatsenjuk era la scelta dell'America per sostituire Janukovich (ed è stato proprio così). Soprattutto, Pyatt si riferisce all'Occidente che ha bisogno di "far partorire questa cosa", un'ammissione metaforica del ruolo dell'America nel guidare il colpo di stato. A un certo punto, Nuland sembrava persino dire che l'allora vicepresidente Biden, lui stesso, sarebbe stato disposto a fare l'ostetrica.

Nuland poi fece pressioni sulle forze di sicurezza affinché smettessero di sorvegliare gli edifici governativi e consentissero l'ingresso ai manifestanti del colpo di stato. L'opposizione quindi approfittò dell'assenza di parlamentari del sud e dell'est a causa di un congresso pre-programmato di politici regionali e di intimidazioni che costrinsero molti altri a fuggire, per assicurarsi di avere i numeri per prendere il controllo del parlamento in un colpo di stato travestito da democrazia.

Quindi, invece di un presidente fantoccio russo che tradisce il suo popolo e abbandona un'alleanza economica con l'Unione Europea a favore di un'alleanza economica con la Russia, ciò che i media non vi diranno è che il catalizzatore dell'attuale crisi è stato un colpo di stato progettato e sostenuto dagli Stati Uniti rovesciando un presidente democraticamente eletto.

La connessione

I media non vi parleranno nemmeno della connessione cruciale tra la promessa della NATO di non espandersi a est e il colpo di stato in Ucraina. L'alleanza economica con l'Unione Europea non era il pacchetto benevolo presentato al pubblico occidentale. Non era solo un'offerta economica. Secondo il professore emerito di studi russi a Princeton, Stephen Cohen, la proposta dell'Unione Europea "includeva anche disposizioni sulla 'politica di sicurezza'... ciò apparentemente avrebbe subordinato l'Ucraina alla NATO". Le disposizioni obbligavano l'Ucraina ad "aderire alle politiche 'militari e di sicurezza' dell'Europa". Quindi la proposta non era un accordo economico benevolo: era una minaccia alla sicurezza per la Russia in veste economica.

Richard Sakwa, professore di politica russa ed europea all'Università del Kent, afferma: "L'allargamento dell'Unione Europea apre la strada all'adesione alla NATO" e sottolinea che, dal 1989, ogni nuovo membro dell'Unione Europea è diventato membro della NATO. Non solo il pacchetto dell'Unione Europea ha subordinato l'Ucraina alla NATO, dall'entrata in vigore del Trattato di Lisbona dell'Unione Europea nel 2009, tutti i nuovi membri dell'Unione Europea sono tenuti ad allineare le proprie politiche di difesa e sicurezza con la NATO.

Lungi dall'essere solo un accordo economico, l'articolo 4 dell'accordo di associazione dell'Unione Europea con l'Ucraina afferma che l'accordo "promuoverà una graduale convergenza su questioni estere e di sicurezza con l'obiettivo di un coinvolgimento sempre più profondo dell'Ucraina nello spazio di sicurezza europeo". L'articolo 7 parla della convergenza di sicurezza e difesa e l'articolo 10 afferma che "le parti esploreranno il potenziale della cooperazione militare e tecnologica".

Quindi, l'alleanza economica dell'Unione Europea era un pacchetto aggressivo che nascondeva al suo interno l'espansione della NATO fino al confine con la Russia. Neancheta è una cosa che i media vi diranno.

Ciò che vuole la Crimea

Ciò che ha reso l'annessione della Crimea da parte della Russia così minacciosa per gli Stati Uniti non è stata l'annessione stessa. Di per sé, la Crimea non è così importante per gli Stati Uniti. Ciò che era così minaccioso era il significato dell'annessione in termini di relazioni della Russia con gli Stati Uniti e in termini di ruolo mutevole nell'ordine mondiale.

Aleksandr Lukin, che è capo del dipartimento di relazioni internazionali presso la Scuola superiore d'economia dell'Università nazionale di ricerca a Mosca e un'autorità in materia di politica e relazioni internazionali russe, spiega che il motivo per cui l'annessione della Crimea è stata cruciale è che, prima di allora, dalla fine della Guerra Fredda, la Russia era stata considerata un partner subordinato dell'Occidente. In tutti i disaccordi tra Russia e Stati Uniti fino a quel momento, la Russia era scesa a compromessi e i disaccordi erano stati risolti piuttosto rapidamente. "La crisi in Ucraina e la reazione della Russia a tale crisi hanno cambiato radicalmente questo consenso", afferma Lukin. "La Russia ha rifiutato di rispettare le regole". La Crimea ha segnato la fine del mondo unipolare dell'egemonia americana. La Russia ha tracciato una linea e si è affermata come un nuovo polo in un ordine mondiale multipolare. Ecco perché gli Stati Uniti sono così minacciati dalla risposta della Russia agli eventi del 2014 e al colpo di stato statunitense. È la battaglia per la quale verrà combattuta l'egemonia degli Stati Uniti.

Il colpo di stato in Ucraina ha portato all'annessione russa della Crimea. Ma non è stato un atto di aggressione. È stata una reazione difensiva all'invasione occidentale nelle profondità della sua sfera di influenza e fino ai suoi confini. È stata una reazione difensiva all'oppressione delle popolazioni di lingua russa ai suoi confini. L'espansione della NATO aveva bussato alle porte della Russia. Nel 2014, "è arrivata all'Ucraina 'fraterna',", come dice Lukin, "una regione per la quale la Russia ha sentimenti speciali e in cui la maggior parte dei residenti si considera russa". Quella era la linea rossa della Russia, che includeva la Crimea. Ma non come atto di aggressione. Piuttosto l'annessione era "in risposta alle aspirazioni della maggioranza dei suoi residenti".

Sakwa afferma che "è chiaro che la maggioranza della popolazione della Crimea era favorevole all'unificazione con la Russia". La maggioranza ha votato per l'unificazione con la Russia quando la questione è stata sottoposta a referendum. L'accuratezza del risultato esatto è stata oggetto di dibattito, ma Sakwa afferma che "anche in condizioni perfette, la maggioranza in Crimea avrebbe votato per l'unione con la Russia".

Quindi, lungi dall'essere un atto di aggressione russa nella presa della Crimea, ciò che i media non vi diranno è che la Russia stava rispondendo all'aggressione occidentale e ha risposto all'appello della maggioranza della popolazione della Crimea.

Ciò che vogliono il Donbass e la Russia

Mentre i media statunitensi e occidentali esagerano la minaccia di un'invasione russa non provocata dell'Ucraina – un'invasione di cui Noam Chomsky ha recentemente detto che "gli analisti più seri dubitano" – quello che non vi diranno è che la Russia non vuole assolutamente invadere l'Ucraina. Ecco perché non lo fa da sette anni. Anatol Lieven, ricercatore senior presso il Quincy Institute for Responsible Statecraft, sottolinea che "la Russia non ha annesso Donetsk e Lugansk (le due province ucraine che compongono il Donbass) né ha riconosciuto la loro indipendenza". Dice che "l'annessione non è l'opzione preferita dalla Russia per il futuro della regione [del Donbass]", e aggiunge l'importante promemoria che "Mosca avrebbe potuto annettere il Donbass (come ha fatto con la Crimea) in qualsiasi momento negli ultimi sette anni, ma si è astenuta dal farlo".

Quando la regione del Donbas dell'Ucraina orientale ha cercato di seguire il percorso della Crimea verso la Russia, Putin ha cercato di impedire i loro referendum, anche se ha accettato quello della Crimea. Sakwa riferisce a Prima linea Ucraina che "Putin ha mostrato scarsi segni di volere un'acquisizione della regione nello stile della Crimea, rifiutando ripetutamente le richieste di accettare il territorio come parte della Russia". Quando il Donbas ha tenuto le elezioni, sebbene Putin abbia "rispettato" i risultati, ha rifiutato di accettarli o di esserne vincolato.

Oltre al fatto che le azioni della Russia sono difensive e non espansionistiche, ci sono una serie di ragioni per cui Putin sarebbe riluttante a invadere l'Ucraina. Uno è la promessa degli Stati Uniti che "risponderanno in modo decisivo". Un'altra è la difficoltà nel vincere, controllare e mantenere la regione del Donbass. Ma un altro è che è strategicamente più vantaggioso per la Russia non annettere il Donbass. Anatol Lieven mi ha detto in una corrispondenza personale che "ha molto più senso che la Russia lasci il Donbass come parte dell'Ucraina e lo usi come leva principale per bloccare l'espansione della NATO e in secondo luogo (se può diventare una parte autonoma dell'Ucraina) influenzare la politica ucraina dall'interno". Finché il Donbass fa parte dell'Ucraina, può votare contro l'adesione alla NATO; se la Russia lo annette, perde quel voto.

Quindi, contrariamente al messaggio dei media, la Russia non vuole annettere il Donbass. E cosa vuole la gente del Donbass?

Gli Stati Uniti sostengono che è impossibile promettere che l'Ucraina non entrerà a far parte della NATO perché spetta al popolo ucraino prendere questa decisione. Questo è ironico perché non è chiaro se il popolo ucraino voglia aderire alla NATO, e certamente è chiaro che non lo vuole il popolo del Donbass.

Contrariamente alla rappresentazione nei media di un popolo disperato che fugge dalla Russia e di correre nelle braccia della NATO, Volodymyr Ishchenko, ricercatore associato presso l'Istituto di studi sull'Europa orientale, Freie Universität Berlin, riferisce che "gli ucraini sono tutt'altro che uniti nel sostegno dell'appartenenza alla NATO". Ishchenko afferma che la maggioranza degli ucraini non è favorevole all'adesione alla NATO. Riferisce che il supporto è di circa il 40%, ma che anche quel numero di minoranza è ingannevolmente gonfiato. Il numero è salito al 40% non includendo più nei sondaggi gli ucraini delle regioni filo-russe della Crimea e del Donbas. Aggiunge che anche dove il sostegno per un'alleanza con la Russia è diminuito, non è migrato verso il campo della NATO ma verso il campo della neutralità.

Quindi il quadro reale è quello che i media non vi diranno: la Russia non vuole il Donbass e il Donbass, e forse anche l'Ucraina, non vuole la NATO.

Ipocrisia

I russi sentono anche il fastidio dell'ipocrisia quando si tratta di Ucraina e Crimea. Indicano il Kosovo e Cuba.

Nel 2008, gli Stati Uniti hanno sostenuto la secessione del Kosovo nonostante le obiezioni della Russia, ma chiamano la secessione della Crimea una grave violazione del diritto internazionale da parte della Russia. "Di conseguenza", dice Lukin, "la Russia vede la posizione dell'Occidente sulla Crimea... come nient'altro che un caso di estrema ipocrisia”.

Sakwa sottolinea in Frontline Ukraine che il Kosovo ha dichiarato unilateralmente l'indipendenza dalla Serbia senza nemmeno un referendum. Eppure "molti paesi occidentali, con gli Stati Uniti in testa, avevano riconosciuto l'indipendenza del Kosovo nonostante le ripetute risoluzioni delle Nazioni Unite a sostegno dell'integrità territoriale della Jugoslavia". Sakwa sottolinea anche che gli Stati Uniti hanno approvato "il famigerato parere consultivo della Corte internazionale di giustizia... che la dichiarazione di indipendenza del Kosovo non ha violato il diritto internazionale generale". Perché ciò che è giusto per il Kosovo non è giusto per l'Ucraina?

E che dire delle truppe e delle armi della NATO che si spingono fino ai confini della Russia? Come risponderebbero gli Stati Uniti se la Russia piazzasse truppe e armi al confine con l'America? La dottrina di Monroe ci dice chiaramente come gli Stati Uniti interpreterebbero l'invasione russa nella sfera americana. E la crisi dei missili cubani ci dice chiaramente come reagirebbero gli Stati Uniti alle truppe e alle armi russe al confine con l'America.

L'annessione della Crimea non è stata un atto russo di aggressione o un intervento espansionista. È stata la difesa di una linea rossa contro l'espansionismo statunitense che ha infranto una promessa fondamentale degli Stati Uniti e della NATO e contro un colpo di stato interventista sostenuto dagli Stati Uniti. La Russia non è stata disposta ad annettere il Donbass e ha risposto alla volontà della maggioranza di annettere la Crimea. Gli Stati Uniti sono minacciati dall'attività della Russia perché la Russia ha tracciato la linea e non sta più svolgendo un ruolo sottomesso e cooperativo nell'ordine mondiale guidato dagli Stati Uniti. Il confine orientale ucraino-russo è la linea su cui si combatte la battaglia dell'egemonia statunitense. Ma i media occidentali non ve lo diranno.

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Ciò che Putin vuole davvero in Ucraina: la Russia cerca di fermare l'espansione della NATO, non di annettere più territorio

di Dmitri Trenin

Monomakhos, 8 gennaio 2022

Al termine del 2021, la Russia ha presentato agli Stati Uniti un elenco di richieste che riteneva necessarie per scongiurare la possibilità di un conflitto militare su larga scala in Ucraina. In una bozza di trattato consegnata a un diplomatico statunitense a Mosca, il governo russo ha chiesto la sospensione formale dell'allargamento orientale della NATO, il blocco permanente dell'ulteriore espansione delle infrastrutture militari dell'alleanza (come basi e sistemi d'arma) nell'ex territorio sovietico, la fine dell'assistenza militare occidentale all'Ucraina e il divieto di missili a raggio intermedio in Europa. Il messaggio era inequivocabile: se queste minacce non possono essere affrontate diplomaticamente, il Cremlino dovrà ricorrere all'azione militare. Queste preoccupazioni erano familiari ai politici occidentali, che da anni rispondono sostenendo che Mosca non ha diritto di veto sulle decisioni della NATO e che non ha motivo di chiedere che l'Occidente smetta di inviare armi all'Ucraina. Fino a poco tempo, Mosca ha aderito a malincuore a quei termini. Ora, tuttavia, sembra determinata a portare avanti le contromisure se non dovesse riuscire. Tale determinazione si è riflessa nel modo in cui ha presentato il trattato proposto con gli Stati Uniti e un accordo separato con la NATO. Il tono di entrambe le missive era tagliente. All'Occidente è stato concesso solo un mese per rispondere, il che ha aggirato la possibilità di colloqui prolungati e inconcludenti. Ed entrambe le bozze sono state pubblicate quasi immediatamente dopo la loro consegna, una mossa che aveva lo scopo di impedire a Washington di far trapelare e far girare la proposta.

Se il presidente russo Vladimir Putin si comporta come se avesse il sopravvento in questa situazione di stallo, è perché è proprio così. Secondo i servizi di intelligence statunitensi, la Russia ha quasi 100.000 soldati e una grande quantità di armi pesanti di stanza al confine ucraino. Gli Stati Uniti e altri paesi della NATO hanno condannato le mosse della Russia, ma allo stesso tempo hanno suggerito che non difenderanno l'Ucraina, che non è un membro della NATO, e hanno limitato le loro minacce di ritorsione alle sanzioni. Ma le richieste di Mosca sono probabilmente un'offerta di apertura, non un ultimatum. Nonostante tutta la sua insistenza su un trattato formale con gli Stati Uniti, il governo russo comprende senza dubbio che, grazie alla polarizzazione e all'ostruzionismo, la ratifica di qualsiasi trattato al Senato degli Stati Uniti sarà quasi impossibile. Un accordo esecutivo, essenzialmente un accordo tra due governi che non deve essere ratificato e quindi non ha lo status di legge, può quindi essere un'alternativa più realistica. È anche probabile che in base a un tale accordo, la Russia assuma impegni reciproci affrontando alcune preoccupazioni degli Stati Uniti in modo da creare quello che chiama un "bilanciamento degli interessi". In particolare, il Cremlino potrebbe essere soddisfatto se il governo degli Stati Uniti accettasse una moratoria formale a lungo termine sull'espansione della NATO e un impegno a non stazionare missili a raggio intermedio in Europa. Potrebbe anche essere mitigato da un accordo separato tra Russia e NATO che limiterebbe le forze e le attività militari nei punti in cui i loro territori si incontrano, dal Baltico al Mar Nero. Ovviamente, è una questione aperta se l'amministrazione Biden sia disposta a impegnarsi seriamente con la Russia. L'opposizione a qualsiasi accordo sarà alta negli Stati Uniti a causa della polarizzazione politica interna e del fatto che concludere un accordo con Putin apre l'amministrazione Biden alla critica che sta cedendo a un autocrate. L'opposizione sarà alta anche in Europa, dove i leader sentiranno che un accordo negoziato tra Washington e Mosca li lascia in disparte. Questi sono tutti problemi seri. Ma è fondamentale notare che Putin ha vissuto quattro ondate di allargamento della NATO e ha dovuto accettare il ritiro di Washington dai trattati che regolano i missili antibalistici, le forze nucleari a raggio intermedio e gli aerei d'osservazione disarmati. Per lui, l'Ucraina è l'ultima resistenza. Il comandante in capo russo è sostenuto dalle sue istituzioni militari e di sicurezza e, nonostante il timore di una guerra da parte dell'opinione pubblica russa, non deve affrontare alcuna opposizione interna alla sua politica estera. Soprattutto, non può permettersi di essere visto bluffare. Biden ha avuto ragione a non respingere le richieste della Russia e a favorire invece l'impegno.

Le risposte di Putin

C'è una significativa asimmetria nell'importanza che l'Occidente e la Russia attribuiscono all'Ucraina. L'Occidente ha esteso al paese la prospettiva dell'adesione alla NATO nel 2008, ma senza un calendario formale per l'ammissione. Dopo il 2014, quando la Russia ha rilevato la Crimea dall'Ucraina e ha iniziato a sostenere i militanti filo-russi nella regione del Donbass, è diventato difficile vedere come il governo degli Stati Uniti avrebbe consentito all'Ucraina di aderire alla NATO. Dopotutto, ci sarebbe poco sostegno pubblico negli Stati Uniti per un dispiegamento di truppe per combattere per l'Ucraina. Washington è gravata da una promessa a Kiev che entrambe le parti sanno che non può mantenere. La Russia, al contrario, tratta l'Ucraina come un interesse vitale per la sicurezza nazionale e ha dichiarato di essere pronta a usare la forza militare se tale interesse è minacciato.

Ciò non significa che un'invasione russa dell'Ucraina sia imminente. Nonostante la predilezione dei media occidentali nel ritrarre Putin come sconsiderato, in realtà è cauto e calcolatore, in particolare quando si tratta dell'uso della forza. Putin non è avverso al rischio – le operazioni in Cecenia, Crimea e Siria ne sono la prova – ma nella sua mente il vantaggio deve superare il costo. Non invaderà l'Ucraina semplicemente a causa degli orientamenti occidentali dei suoi leader. Detto questo, ci sono alcuni scenari che potrebbero spingere il Cremlino a inviare truppe in Ucraina. Nel 2018, Putin ha dichiarato pubblicamente che un tentativo ucraino di riconquistare con la forza il territorio nella regione del Donbas avrebbe scatenato una risposta militare. C'è una precedenza storica per questo: nel 2008, la Russia ha risposto militarmente a un attacco georgiano alla repubblica separatista dell'Ossezia del Sud. Un'altra linea rossa russa è l'adesione dell'Ucraina alla NATO o il posizionamento di basi militari occidentali e sistemi d'arma a lungo raggio sul suo territorio. Putin non cederà mai su questo punto. Per ora, tuttavia, non c'è quasi nessun sostegno da parte degli Stati Uniti e di altri membri della NATO per l'adesione dell'Ucraina all'alleanza. All'inizio di dicembre del 2021, funzionari del Dipartimento di Stato americano hanno detto all'Ucraina che è improbabile che l'adesione alla NATO per quel paese venga approvata nel prossimo decennio. Putin è cauto e calcolatore, in particolare quando si tratta dell'uso della forza. Se la NATO rafforzasse le sue forze negli Stati membri orientali, ciò potrebbe militarizzare ulteriormente la nuova linea di demarcazione in Europa che corre lungo i confini occidentali di Russia e Bielorussia. La Russia potrebbe essere indotta a piazzare più missili a corto raggio a Kaliningrad, la parte non contigua più occidentale della Russia che è inserita tra Polonia e Lituania. Una più stretta alleanza militare con la Bielorussia potrebbe esercitare ancora più pressione sull'Ucraina. Mosca potrebbe anche riconoscere le sedicenti "repubbliche popolari" di Donetsk e Luhansk e integrarle in una nuova entità geopolitica con Russia e Bielorussia. Le implicazioni geopolitiche di questi sviluppi potrebbero riverberarsi al di fuori dell'Europa. Per contrastare le sanzioni economiche e finanziarie occidentali più drastiche, sia in previsione di un'incursione russa in Ucraina sia come conseguenza di essa, Mosca potrebbe aver bisogno di appoggiarsi a Pechino, che si trova anche sotto la crescente pressione degli Stati Uniti. I presidenti Putin e Xi Jinping stanno già discutendo di meccanismi finanziari per proteggere i loro paesi dalle sanzioni statunitensi. In quel caso, la visita programmata di Putin in Cina per le Olimpiadi invernali nel febbraio 2022 potrebbe rivelarsi più di una semplice telefonata di cortesia. Gli Stati Uniti potrebbero quindi vedere l'attuale intesa cinese-russa trasformarsi in un'alleanza più stretta. La cooperazione economica, tecnologica, finanziaria e militare tra le due potenze raggiungerebbe nuovi livelli.

Scaricabarile

La minaccia di Putin di ricorrere alla forza deriva dalla sua frustrazione per un processo diplomatico in stallo. Lo sforzo del Cremlino per invogliare il presidente ucraino Volodymyr Zelenskij a concludere un accordo sul Donbass, che sembrava promettente fino alla fine del 2019, è andato a vuoto. Zelenskij, che ha vinto la presidenza con una valanga di voti come candidato per la pace, è un leader eccezionalmente irregolare. La sua decisione di utilizzare droni armati nel Donbass nel 2021 ha accresciuto le tensioni con Mosca in un momento in cui l'Ucraina non poteva permettersi di provocare il suo vicino.

Non è solo la leadership ucraina che Mosca considera problematica. Francia e Germania hanno vanificato gli sforzi per trovare una soluzione diplomatica allo stallo Russia-Ucraina. Gli europei, che erano i garanti degli accordi di Minsk del 2014 e del 2015 che avrebbero dovuto portare la pace nella regione, hanno avuto scarso successo nello spingere gli ucraini a concludere un accordo. Il presidente tedesco Frank-Walter Steinmeier, allora ministro degli Esteri, non è nemmeno riuscito a convincere Kiev ad accettare un compromesso che avrebbe consentito le elezioni nella regione del Donbas. Lo scorso novembre, i russi sono arrivati al punto di pubblicare una corrispondenza diplomatica privata tra il loro ministro degli Esteri, Sergei Lavrov, e le sue controparti francese e tedesca per dimostrare come le potenze occidentali si siano schierate pienamente con la posizione del governo ucraino. E sebbene l'attenzione in Occidente si sia concentrata sull'accumulo di truppe russe vicino al confine ucraino, ciò è avvenuto quando i paesi della NATO hanno ampliato le loro attività militari nella regione del Mar Nero e in Ucraina. A giugno, un cacciatorpediniere britannico ha navigato attraverso le acque territoriali al largo della Crimea, che Londra non riconosce come appartenente alla Russia, provocando i russi a sparare nella sua direzione. A novembre, un bombardiere strategico statunitense è volato 13 miglia all'interno del confine russo nella regione del Mar Nero, facendo infuriare Putin. Con l'aumento delle tensioni, consiglieri militari occidentali, istruttori, armi e munizioni si sono riversati in Ucraina. I russi sospettano anche che un centro di addestramento che il Regno Unito sta costruendo in Ucraina sia in realtà una base militare straniera.

Putin è particolarmente fermamente convinto che il dispiegamento in Ucraina di missili statunitensi che possono raggiungere Mosca in un temp che va dai cinque ai sette minuti non può essere e non sarà tollerato.

La minaccia di Putin di ricorrere alla forza deriva dalla sua frustrazione per un processo diplomatico in stallo. Per la Russia, le crescenti minacce militari sono state inequivocabili. Nei suoi articoli e discorsi, Putin può sottolineare l'unità dei popoli russo e ucraino, ma ciò a cui tiene di più è impedire l'espansione della NATO in Ucraina. Considerate ciò che ha detto nel marzo 2014 dopo aver inviato forze in Crimea in risposta al rovesciamento del presidente dell'Ucraina, Viktor Janukovich. "Semplicemente non riesco a immaginare che ci recheremo a Sebastopoli per far visita ai marinai della NATO", ha detto della famosa base navale russa in Crimea. "Certo, per la maggior parte sono ragazzi meravigliosi, ma sarebbe meglio che venissero a trovarci come nostri ospiti, piuttosto che il contrario". Le azioni di Putin suggeriscono che il suo vero obiettivo non è conquistare l'Ucraina e assorbirla nella Russia, ma cambiare l'assetto post-guerra fredda nell'Europa orientale. Quella configurazione ha lasciato la Russia come un soggetto di regole senza molta voce in capitolo nella sicurezza europea, che si è incentrata sulla NATO. Se riesce a tenere la NATO fuori da Ucraina, Georgia e Moldova, e i missili statunitensi a raggio intermedio fuori dall'Europa, pensa di poter riparare parte dei danni subiti dalla sicurezza russa dopo la fine della guerra fredda. Non a caso, potrà servire come un utile precedente su cui basarsi nel 2024, quando Putin si troverà di fronte alle sua ri-elezione.

 
Tentativi di produrre borse di seta da orecchie di scrofa (risposta a "Una teologia dell'erotico")

Nella seconda puntata del suo ultimo argomento contro il concetto di insegnamenti morali immutabili della Chiesa, "Una teologia dell'erotico", Aristotele Papanikolaou inizia invocando ancora una volta l'autorità di san Massimo il Confessore:

"Se deve esserci coerenza nella Tradizione ortodossa tra teologia ed etica, dogma e canone, un'etica del sesso deve essere un'etica teotica; vale a dire, deve essere tale che l'esecuzione dell'eros sessuale sia potenzialmente sacramentale nel senso che l'esperienza di Dio è possibile attraverso l'eros, come attraverso tutta la creazione materiale (san Dionigi l'Areopagita, I nomi divini). La creazione materiale di Dio non è nemica di Dio; è ciò che Dio ha fatto per farci sperimentare Dio. Quella materialità include l'eros. Non meno di quanto San Massimo il Confessore ha affermato che l'eros è il motore trainante della natura, il carburante che ci spinge all'unione con Dio quando tutte le funzioni cognitive sono cessate a causa dell'incontro con il fenomeno saturo della luce divina. Come dice: "Quando nel pieno ardore del suo amore (eros) per Dio la mente esce da se stessa... attraverso l'amore la mente è rapita dalla conoscenza divina e nell'andare fuori dalle creature ha una percezione della trascendenza divina" (Quattrocento centurie sull'amore 1.10 e 1.12; anche 1.19 e 1.100, tra molti altri riferimenti). In effetti, quando si parla di amore per Dio, san Massimo usa solo la parola eros. L'eros in sé è buono, poiché tutta la creazione è buona, ma può essere indirizzata male.

È per questo motivo che san Massimo fornisce un'analisi e una descrizione dettagliate delle varie parti dell'anima e della loro interrelazione reciproca, più di qualsiasi altro scrittore patristico della Tradizione ortodossa. Sta cercando di dare consigli su come rimodellare l'architettura dell'anima in modo che l'eros sia progressivamente diretto a Dio e non semplicemente agli oggetti finiti. Questa architettura è costituita da varie parti che includono il desiderio, le emozioni che hanno a che fare con reazioni come la paura, l'odio, la rabbia, il coraggio e l'attività cognitiva/razionale dell'anima. Il modo in cui una parte dell'anima funziona dipende dal suo intreccio con altre parti e affinché una parte dell'anima funzioni in modo ottimale, anche le altre parti devono funzionare in modo ottimale. Per esempio, l'invidia fa sì che il nostro desiderio diventi avido, cosa che poi offusca il modo in cui vediamo (cognitivamente) la verità della creazione di Dio, che, in un circolo vizioso, può alimentare ulteriormente altre emozioni e desideri distruttivi. La misura di questa funzione ottimale è la partecipazione a Dio, cioè l'amore per Dio e il prossimo, che comprende nemici e stranieri e che si manifesta in misura maggiore o minore.

È vero che nel discutere un'etica sessuale all'interno della Chiesa, bisogna prestare attenzione alla natura, ma in san Massimo la natura è dinamica. Inoltre, la natura umana ha qualcosa a che fare con l'architettura dell'anima e il paesaggio delle emozioni e dei desideri. La vera lotta ascetica è come ottimizzare la relazione delle varie parti dell'anima in modo che l'eros sia progressivamente diretto verso Dio e, in tal senso, sia un'esperienza della vita divina.

Cosa significa questo per un'etica del sesso? Se l'obiettivo della vita è l'unione con Dio, allora l'etica non è una regola per il gusto delle regole; non ci sono regole da seguire per guadagnare punti con Dio; si tratta di principi, pratiche e regole che sono oggetto di discernimento per regolare l'architettura dell'anima in modo tale da facilitare la nostra ascesa verso Dio, e in tal modo influenzare la nostra relazione con il prossimo (etica sociale). Il desiderio sessuale, come ogni desiderio, ha bisogno di una struttura ascetica per massimizzare il suo potenziale di sacramentalità, il che significa la sua capacità di manifestare la presenza di Dio".

Ciò che San Massimo il Confessore non stava facendo era fornire motivi per una teologia del sesso. L'eros è un potere dell'anima, che forse è meglio descritto come il desiderio dell'anima per Dio, come si vede per esempio nelle Confessioni di Sant'Agostino:

"Ci spingi a deliziarti nel lodarti, perché ci hai formati per te stesso e i nostri cuori sono irrequieti finché non trovano riposo in te" (Confessioni 1:1).

Il desiderio sessuale fa parte dell'eros, ma il desiderio che abbiamo per Dio non deve essere confuso con il desiderio sessuale che una persona può avere per un'altra da cui è sessualmente attratta. Ciò è vero anche nelle espressioni più naturali e salutari, nel contesto di un amorevole matrimonio cristiano, tanto meno è legato alle perversioni di quel desiderio naturale. San Paolo usa davvero il matrimonio come immagine del rapporto di Cristo con la Chiesa, ma questo usa un'immagine terrena per parlare di cose spirituali e, come ogni analogia, non si dovrebbe spingere l'analogia oltre il suo scopo previsto.

Nel precedente saggio, Papanikolaou inizia con un'ipotetica domanda che sembra manifestare un pensiero convincente a sostenere la sua tesi generale:

"Forse il mio punto è meglio illustrato attraverso una storia: durante il semestre autunnale 1999, ho tenuto un corso sull'etica alla Holy Cross Greek Orthodox School of Theology a Brookline, MA. Stavamo discutendo di san Massimo il Confessore sulle virtù e su come lo sviluppo delle virtù consente le relazioni e, così facendo, fa spazio alla presenza di Dio. Ho quindi chiesto agli studenti se due persone (di cui non ho menzionato il genere) che vivono insieme in amicizia da cinquant'anni e manifestano virtù, sarebbero un esempio di comunione e partecipazione a Dio. Hanno detto tutti di sì. Poi ho chiesto se il fatto che facessero sesso avrebbe negato il bene derivante dalla loro amicizia virtuosa: metà ha detto di sì, mentre l'altra metà ha capito il punto che provo ad articolarvi in questo breve saggio in due parti.

Il problema qui è ovviamente la falsa premessa che le persone che vivono in una relazione immorale potrebbero comunque "manifestare virtù". Il fondamento di ogni manifestazione delle virtù da parte degli uomini caduti è il pentimento, e il pentimento richiede sia un cambiamento di mentalità sul peccato, sia un cambiamento di comportamento nei confronti del peccato. Papanikolaou lascia intenzionalmente questi "amici" privi di genere nella sua analogia, perché sta spalancando la porta per l'accettazione delle relazioni omosessuali nella Chiesa.

Ma consideriamo un esempio del mondo reale. C'era un uomo a Corinto che aveva una relazione sessuale con la sua matrigna. Non ci vengono forniti molti dettagli aggiuntivi sulla natura di questa relazione, o su come fosse nata, ma è probabile che il padre di quest'uomo fosse stato sposato con sua madre. Sua madre probabilmente era morta ad un certo punto e suo padre si risposò, forse in età avanzata, e con una donna molto più giovane. Probabilmente suo padre morì a un certo punto, e i due finirono per avere una relazione. Questa relazione era molto più naturale di una relazione omosessuale. Non vi era qui alcun incesto biologico, tuttavia, secondo le leggi dell'Antico Testamento, questa era una relazione sessuale proibita (Levitico 18:6-8). Tra i requisiti di base che gli Apostoli stabilirono per i convertiti gentili era che si astenessero dall'immoralità sessuale (porneia), e l'unico standard di ciò che costituiva l'immoralità sessuale che avrebbero potuto avere in mente è quello standard che si trova nella legge morale dell'Antico Testamento (Atti 15: 28-29).

San Paolo ammonì forse la Chiesa di Corinto a esplorare come far funzionare questa relazione sessuale all'interno di "una struttura ascetica per massimizzare il suo potenziale di sacramentalità"? No, comandò alla Chiesa di Corinto di scomunicare quest'uomo (cioè nessun potenziale di sacramentalità) e di non avere comunione con lui fino a quando non si fosse pentito (1 Corinzi 5). Nel capitolo successivo, quando parla di omosessualità e transgenderismo, san Paolo afferma che coloro che si danno a tali cose non erediteranno il Regno di Dio (1 Corinzi 6:9-11 ). Questo è affermato in termini per nulla incerti, e quindi si ha la scelta di negare l'ispirazione della Scrittura e pensare di saperla più lunga di San Paolo, oppure accettare ciò che san Paolo dice come vero – ma non si può avere entrambe le cose.

Indipendentemente da qualsiasi argomento gesuitico in cui Papanikolaou possa impegnarsi, se il suo ragionamento porta alla conclusione che è giusto che i cristiani si diano a qualsiasi tipo di immoralità sessuale, eppure rimangano membri della Chiesa in buona reputazione e ricevano la santa comunione, ovviamente si sbaglia, perché, come recita un certo detto, "non puoi arrivarci da qui". Le Scritture sono chiare. L'interpretazione che la Chiesa ha dato di queste Scritture è ugualmente chiara su questo argomento. Se vuoi inventare la tua religione, sei libero di inventare qualsiasi credenza desideri, ma se desideri essere un cristiano ortodosso, non hai tale libertà. Anche se ammettessimo che Papanikolaou abbia interpretato correttamente san Massimo, san Massimo non ha una maggiore autorità rispetto alle Scritture. Ma sta chiaramente cercando di distorcere san Massimo per sostenere un punto di vista con il quale, lo sappiamo come un fatto, san Massimo non avrebbe voluto avere nulla a che fare.

Quando Papanikolaou afferma che "bisogna prestare attenzione alla natura, ma per san Massimo la natura è dinamica", allude alla tesi di padre Richard René nel suo saggio "Meeting Michelle", che come Tikhon Pino ha già dimostrato, era una chiara distorsione di san Massimo il Confessore (vedi Risposta a "Meeting Michelle", parte 1).

"La Chiesa ha deciso con discernimento storico che questa struttura ascetica avrebbe comportato una relazione impegnata a lungo termine tra un uomo e una donna. Questa relazione, tuttavia, deve essere ascetica nel senso che gli esseri umani coinvolti devono impegnarsi nelle pratiche ascetiche che facilitano la manifestazione delle virtù, che modellano il flusso dell'eros in un modo che sia sacramentale. La natura ascetica di questa relazione corre attraverso l'intera relazione, ma in termini di eros sessuale, un esempio molto semplice e basilare di un approccio ascetico all'eros sessuale sarebbe quello di ascoltare e di essere attenti a ciò che l'altro dice su simpatie, antipatie, paure e speranze in relazione all'atto sessuale.

Questo è un "nuovo ascetismo" nel senso che gli scritti patristici non indicano queste pratiche specifiche? Potrebbe parlare con la Tradizione in un modo non ancora articolato, ma non è un "nuovo ascetismo" se l'ascetismo ha sempre riguardato la ristrutturazione dell'architettura dell'anima per modellare l'eros verso Dio e, quindi, secondo la natura. L'ascetismo non può essere autocontrollo o auto-rinuncia per quegli atti in sé, il che ridurrebbe l'ascetismo semplicemente alle regole da seguire piuttosto che alle pratiche che l'esperienza ha confermato come efficaci nel rimodellare l'anima. Inoltre, ci sono diversi modi in cui si potrebbe interpretare l'autocontrollo e l'auto-rinuncia: impegnarsi in pratiche di onestà e vulnerabilità durante la propria vita sessuale con un partner per tutta la vita può essere visto come una perdita di sé per poter trovare il sé (Mt 16:25). La buona notizia è che l'atto sessuale stesso, il movimento verso l'altro, è potenzialmente un momento sacramentale, cioè iconico della presenza divina, mentre contemporaneamente modella il flusso dell'eros verso Dio.

C'è di più, tuttavia, nel desiderio sessuale oltre al semplice movimento verso l'altro che è amato. Come esseri umani, siamo creature cadute a causa dell'eros errato lontano dal Dio che ci ha creati. Come risultato di questa caduta, l'eros sessuale può essere disordinato, poiché non è sempre chiaro cosa sia coinvolto nell'istigazione del desiderio sessuale. Può semplicemente voler essere vicino all'altro, ma potrebbe anche avere qualcosa a che fare con i nostri geni, la nostra infrastruttura biologica e neurologica, come ci sentiamo al momento, l'ora del giorno, la stagione, la temperatura, cosa qualcuno indossava la nostra storia. Molto più tragicamente, può essere annodato in un'esperienza di stupro o altre forme di violenza e traumi. Questi fattori intrecciati hanno spesso a che fare con la presenza di feticci o fantasie che possono incitare l'atto sessuale e persino accompagnarlo.

Quando prestiamo attenzione ai dettagli di ciò che potrebbe essere coinvolto nel desiderio sessuale, nell'eccitazione e nell'esecuzione dell'atto sessuale, non è così semplice come dire che il sesso è benedetto, puro, reso giusto, corretto, neutro, moralmente consentito all'interno del matrimonio. Questa affermazione dimentica anche che lo stupro esiste e si verifica in molti matrimoni. Il desiderio sessuale è, in effetti, complicato, ed è probabilmente a causa della sua complessità che san Paolo disse che era "meglio sposarsi che bruciare di passione" (1 Cor 7:9). Seguendo l'esempio di san Paolo, la Chiesa ha riconosciuto che il matrimonio offre potenzialmente al desiderio erotico una struttura ascetica che non annulla la sua complessità, ma ha il potere di modellare il desiderio erotico in un modo che porti alla partecipazione a Dio anche in questa complessità. L'ascetismo non risolve la complessità; semplicemente non consente alla complessità di essere definitiva in modo tale da condurre a oggettivazione, demonizzazione o violenza. E per coloro che sono stati traumatizzati a causa della violenza sessuale o di altre forme di violenza, la ricerca ha dimostrato che le pratiche che si potrebbero descrivere come ascetiche possono essere un percorso verso il recupero e la guarigione".

Quindi, in qualche modo, dobbiamo credere che lo stesso san Paolo che ha richiesto la scomunica di un uomo che aveva una relazione sessuale con la sua matrigna, e che ha detto che quelli che si danno all'omosessualità, o in effetti a qualsiasi altro tipo di immoralità sessuale, non erediteranno il Regno di Dio – nella stessa epistola in cui ha detto queste cose, nientemeno – stava aprendo la porta all'approvazione delle relazioni omosessuali nella Chiesa, perché è "meglio sposarsi che bruciare di passione". Fino a che punto sono cadute le parole che abbiamo ricevuto da San Paolo, il quale ha detto che tali cose non dovrebbero nemmeno essere nominate tra noi (cioè, non si dovrebbe udire che accadono all'interno della Chiesa, vedi Efesini 5:3), perché persone del calibro di Papanikolaou sostengano che la Chiesa dovrebbe abbracciare questi peccati?

Ora arriviamo alla conclusione di questo saggio:

"Che cosa significa tutto ciò per l'esperienza del desiderio omoerotico? In primo luogo, anche se fonti autorevoli sostengono pesantemente la condanna degli atti sessuali omoerotici di un tipo particolare, io ho sostenuto che norme, regole e pratiche etiche, codificate principalmente nei canoni della Chiesa, sono discutibili in un processo di discernimento continuo. Detto ciò, ho cercato di fornire un quadro per discutere il desiderio erotico nella speranza di fornire discernimento per modellare il desiderio sessuale in modo che conduca verso Dio e non lontano da Dio".

Anche se Dio ha chiaramente proibito queste cose, dobbiamo comunque discutere se Dio lo intendesse davvero o se potesse esserci un modo per danzare attorno a questi chiari comandamenti e fare comunque il contrario. Ancora una volta, abbiamo fatto teologia alla maniera del diavolo ( Genesi 3:1-5).

"Se si ritiene che il matrimonio sia, in parte, un partenariato ascetico, e se parte di quel partenariato ascetico ha a che fare con l'attenzione alla complessità del desiderio erotico in modo da massimizzare il potenziale sacramentale di questo eros, la questione della discussione è questa: la struttura del desiderio omoerotico è diversa da quella del desiderio eteroerotico? E se no, perché il desiderio omoerotico è precluso dalla stessa forma ascetica e dallo stesso potenziale sacramentale che sono affermati dal desiderio eteroerotico?"

Qual è la differenza? San Paolo ci dice che i desideri omoerotici sono "passioni disonorevoli" che sono contrarie alla natura (Romani 1:26-27). D'altra parte, dice del matrimonio lecito: "Il matrimonio è onorevole tra tutti, e il letto nuziale non è contaminato..." e poi ribadisce, "ma Dio giudicherà gli immorali sessuali e gli adulteri (Ebrei 13:4). Uno stato implica la violazione della natura per soddisfare bassi desideri, e l'altro è in accordo con la natura, e si traduce nel blocco fondamentale della società (e della Chiesa), che è la famiglia.

"Vi sono ampie prove del fatto che il desiderio omoerotico è modellato in relazioni impegnate a lungo termine, in cui si manifestano le virtù, e se ci deve essere discussione, allora la Chiesa dovrebbe ascoltare quelle voci come ponti d'esperienza".

Papanikolaou crede davvero che san Massimo sarebbe d'accordo sul fatto che due uomini che fanno sesso l'uno con l'altro in una "relazione a lungo termine" siano un mezzo per manifestare le virtù? Il fatto è che pochissimi omosessuali maschi hanno relazioni "monogame" a lungo termine, e solo una minoranza di lesbiche ha relazioni che finiscono per essere veramente a lungo termine (vedi Robert Gagnon, La Bibbia e la pratica omosessuale: testi ed ermeneutica, Nashville, TN: Abingdon Press, 2001, pagg. 452-460), ma anche se fosse vero il contrario, non avrebbe importanza. San Paolo non ha condannato l'uomo in una relazione immorale con la sua matrigna perché la relazione non era a lungo termine – lo ha condannato perché la relazione era immorale. San Giovanni Battista non condannò il matrimonio di Erode con l'ex moglie di suo fratello Filippo perché non era un matrimonio a lungo termine – lo condannò perché si trattava di una relazione immorale. Non si può creare una borsa di seta dall'orecchio di una scrofa e non si può creare una relazione che manifesti le virtù da una relazione intrinsecamente peccaminosa.

Se Papanikolaou chiedesse un dialogo sul modo migliore per aiutare coloro che lottano con i peccati dell'omosessualità o del transgenderismo, sarei molto favorevole. Questa è un'area di cui potremmo certamente utilizzare un'ulteriore esplorazione e sarebbe di beneficio a tutta la Chiesa, se fosse fatta sulla base degli insegnamenti morali della Chiesa, piuttosto che a dispetto di essi. Purtroppo, non è quello che stanno facendo.

 
Il patriarca Nikon e lo scisma del XVII secolo in Russia

Come sempre, lo studio dell’Ortodossia di ieri è una chiave per capire l’Ortodossia di oggi. Ci occupiamo di alcuni dettagli di questa comprensione offrendo qualche elemento in più per capire l’Ortodossia russa del diciassettesimo secolo. Nella nostra recensione al serial Raskol’ del 2011 (dove presentiamo anche i video degli episodi), abbiamo aggiunto una serie di didascalie per aiutare gli spettatori di lingua italiana ad avere un’idea del contenuto della serie.

Uno dei problemi della valutazione del fenomeno è che si trova abbastanza materiale dal punto di vista dei Vecchi Credenti (inclusa la Vita dell’arciprete Avvakum, tradotta in italiano), e qualcosa dal punto di vista dello stato russo, ma ben poco si sa del punto di vista del patriarca Nikon. Ed è un peccato, perché teologi e vescovi di spicco della Chiesa russa hanno considerato la visione di Nikon come assolutamente profetica sui tempi che la Russia e il mondo cristiano avrebbero dovuto vivere nei secoli a venire.

Presentiamo pertanto nella sezione “Testimoni dell’Ortodossia” dei documenti l’articolo Il più grande uomo della storia russa, dedicato nel 1985 da padre Andrew Phillips al patriarca Nikon e alla sua visione della Nuova Gerusalemme.

 
La Chiesa e il Simulacro: in cosa si trasformano quelli che riconoscono la "Chiesa ortodossa dell'Ucraina"

l'arcivescovo Hieronymos, il patriarca Bartolomeo e il patriarca Theodoros. Foto: Unione dei giornalisti ortodossi

Perché il riconoscimento da parte di diverse Chiese locali non fa degli scismatici la Chiesa di Cristo.

La parola "simulacro" deriva dal latino, e significa falsità, frode, in altre parole, qualcosa che ha i segni di un oggetto o di un significato che non esiste nella realtà. Nel titolo dell'articolo, questa parola è in maiuscolo, perché è così che indicheremo la comunità religiosa sorta dalla "Chiesa ortodossa dell'Ucraina", dal Patriarcato di Costantinopoli e da tutti coloro che l'hanno scelta.

Osservando le Chiese di Grecia e Alessandria (qualcun altro è in coda?) riconoscere la "Chiesa ortodossa dell'Ucraina", è difficile liberarsi della sensazione che dietro a tutto ciò ci sia un gruppo di esperti particolarmente intelligente e prudente. Sembra che tutti gli sviluppi non siano accidentali e siano soggetti a una logica interna.

Un anno e mezzo fa, quando stava nascendo tutto il problema con la creazione della "Chiesa ortodossa dell'Ucraina", pochi potevano immaginare che il patriarca Bartolomeo avrebbe osato arrivare a tanto. La creazione di un'autocefalia in Ucraina sotto forma di una Chiesa canonica era ostacolata da tre punti:

• La posizione della Chiesa ortodossa ucraina, che ha rifiutato a tutti gli effetti di partecipare al progetto della "Chiesa ortodossa dell'Ucraina";

• I "vescovi" del "patriarcato di Kiev" e della "Chiesa ortodossa autocefala ucraina" che non hanno ordinazioni gerarchiche canoniche;

• L'incapacità di Costantinopoli di concedere l'autocefalia alle strutture all'interno della giurisdizione di un'altra Chiesa locale.

Il Patriarcato di Costantinopoli non ha risolto nessuno di questi problemi sulla via dell'autocefalia canonica ucraina e non ha nemmeno provato a farlo.

Invece di convincere l'episcopato della Chiesa ortodossa ucraina della necessità di superare lo scisma ucraino creando un'unica autocefalia, il patriarca Bartolomeo ha semplicemente ordinato a sua Beatitudine Onufrij e agli altri vescovi della Chiesa ortodossa ucraina di venire al "Concilio d'unificazione" il 15 dicembre 2018. Invece di sollevare la questione della ri-nomina dei "vescovi" del "patriarcato di Kiev" e della "Chiesa ortodossa autocefala ucraina", li ha semplicemente riconosciuti nella dignità episcopale, cosa che tuttavia non ha reso affatto valida questa dignità. E invece di convincere la Chiesa ortodossa russa a concedere all'Ucraina l'autocefalia insieme a Costantinopoli, ha semplicemente affermato che il nostro paese è il suo territorio canonico.

Con una sola parola del patriarca Bartolomeo, dei laici sono diventati "vescovi", l'Ucraina ha cambiato la sua giurisdizione ecclesiale, mentre la Chiesa ortodossa ucraina, con molti milioni di fedeli, ha semplicemente smesso di esistere. Non si può non ricordare: "Lodino tutti il nome del Signore, poiché al suo comando furono creati" (Salmo 148:5). Tuttavia, il patriarca Bartolomeo non è il Signore, vero?

Si potrebbe creare una Chiesa autocefala veramente canonica in Ucraina? Sicuro. Tale opportunità e persino uno schema ipotetico furono ripetutamente espressi dalla gerarchia della Chiesa ortodossa russa, anche nei decreti del Concilio dei vescovi: in primo luogo, il ritorno degli scismatici all'ovile della Chiesa e solo successivamente l'autocefalia.

Qualcuno potrebbe obiettare che era impossibile, perché i rappresentanti del "patriarcato di Kiev" e della "Chiesa ortodossa autocefala ucraina" non volevano tornare alla Chiesa attraverso il pentimento, l'unico metodo noto di ritorno.

Si può dire quanto segue: se anche solo un decimo della pressione dello stato e dei media esercitati sulla Chiesa ortodossa ucraina fosse stato esercitato sul "patriarcato di Kiev" e sulla "Chiesa ortodossa autocefala ucraina", questi avrebbero obbedito senza il minimo sforzo. Avrebbero scritto una lettera di "pentimento" in cui si sarebbero pentiti "fino in fondo" come ha fatto Filaret Denisenko nel novembre 2017: "Io, come vostro fratello e co-ministro, chiedo perdono per tutto ciò in cui ho peccato in parole, in azioni e tutti i miei sentimenti e anche io perdono sinceramente tutti di cuore ".

Questa lettera era stata indirizzata al patriarca Kirill e alla gerarchia della Chiesa ortodossa russa e letta al Concilio dei vescovi che, nonostante una formulazione così generica, decise immediatamente di creare una commissione per affrontare l'ulteriore questione del ritorno degli scismatici nella Chiesa.

Ma come ricordiamo, letteralmente pochi giorni dopo Denisenko fu costretto a rinunciare a questo timido passo nella giusta direzione, come annunciò sotto l'occhio vigile dell'allora capo del dipartimento informazioni del "patriarcato di Kiev" Evstratij Zorja. In realtà, questa lettera non è stata altro che il primo passo verso l'implementazione di quello stesso scenario: il ritorno all'ovile della Chiesa – l'autocefalia canonica per l'Ucraina.

Tra l'episcopato della Chiesa ortodossa ucraina, la situazione era approssimativamente la seguente: un terzo dei vescovi era favorevole all'autocefalia, un terzo era contrario e un terzo indeciso. Ma "favorevole" significava favorevole all'autocefalia canonica piuttosto che a quella che oggi viene chiamata "Chiesa ortodossa dell'Ucraina". Se ci fossero stati i passi giusti da parte di Costantinopoli e degli altri partecipanti agli eventi in Ucraina, sarebbe stato del tutto possibile creare un'unica Chiesa canonica autocefala.

Perché questo è stato impedito allora? Ci sarebbe stata davvero la seconda più grande Chiesa ortodossa locale del mondo, con un episcopato canonico e decine di milioni di credenti. Perché la Chiesa canonica in Ucraina non era necessaria al think tank che aveva elaborato il progetto della "Chiesa ortodossa dell'Ucraina". Le potenti forze dietro il progetto della "Chiesa ortodossa dell'Ucraina" non hanno bisogno della Chiesa, hanno bisogno di un Simulacro. Perché? Perché la Chiesa è governata da Cristo, mentre il Simulacro è governato dai suoi creatori.

Difficilmente si può confutare l'affermazione secondo cui qualsiasi comunità eretica o scismatica è un simulacro. Sembra simile ma non è la Chiesa. Simulacri del genere erano anche il "patriarcato di Kiev" scismatico e la "Chiesa ortodossa autocefala ucraina" scismatica: in particolare da questi simulacri è stato creato un nuovo Simulacro – la "Chiesa ortodossa dell'Ucraina".

Ricordiamo i segni caratteristici della Chiesa. Essa è "Una, santa, cattolica e apostolica". A differenza della Chiesa, la "Chiesa ortodossa dell'Ucraina"è caratterizzata da quanto segue:

• L'episcopato della "Chiesa ortodossa dell'Ucraina" non ha ordinazioni gerarchiche canoniche, cioè successione apostolica. Pertanto, non è Apostolica.

• I componenti della "Chiesa ortodossa dell'Ucraina", del "patriarcato di Kiev" e della "Chiesa ortodossa autocefala ucraina", ciascuno a suo tempo, si sono staccati dall'unica Chiesa, come evidenziato dalle sanzioni canoniche della Chiesa ortodossa russa, confermate in precedenza da tutte le Chiese locali. Questa separazione dall'unica Chiesa non può essere superata con un singolo pezzo di carta di Costantinopoli. Pertanto, la "Chiesa ortodossa dell'Ucraina" non è Una.

• La "Chiesa ortodossa dell'Ucraina" non può essere santa, dal momento che lo Spirito Santo non può essere inerente a questa organizzazione a causa dei due punti precedenti, per rimanere in silenzio sulla personale "santità" di Filaret Denisenko, Epifanij Dumenko, Evstratij Zorja, Aleksandr (Drabinko) e altri. Pertanto, la "Chiesa ortodossa dell'Ucraina" non può essere chiamata Santa.

• Il concetto di conciliarità nella Chiesa implica due aspetti: in primo luogo, è una riunione di tutti i credenti in Cristo senza alcun segno di discriminazione nazionale, ideologico, culturale e di altro genere. In secondo luogo, ha un'amministrazione conciliare. Nella "Chiesa ortodossa dell'Ucraina", tuttavia, l'assemblea dei suoi membri non si basa sulla fede in Cristo, ma sulla fede nell'Ucraina, nella nazione ucraina e nello stato ucraino. Qualcuno può immaginare persone con convinzioni politiche diverse come parte della "Chiesa ortodossa dell'Ucraina"? Difficilmente. Per quanto riguarda l'amministrazione della "Chiesa ortodossa dell'Ucraina", non esiste un organo come il Concilio dei vescovi nel suo documento statutario – il Tomos. La "gerarchia" della "Chiesa ortodossa dell'Ucraina" è obbligata a rivolgersi al patriarca di Costantinopoli per risolvere tutte le questioni importanti. Pertanto, la "Chiesa ortodossa dell'Ucraina" non può essere definita Cattolica (nel senso di conciliare, ndc).

Da tutto quanto precede ne consegue che nella persona della "Chiesa ortodossa dell'Ucraina" non possiamo vedere la Chiesa ma il vero Simulacro. Si può aggiungere quanto segue:

• La "Chiesa ortodossa dell'Ucraina" è stata creata dagli sforzi delle autorità secolari, da persone di fede diversa o da poliglotti religiosi come l'ex presidente Petro Poroshenko, che hanno partecipato a riti religiosi di molte fedi, tra cui gli ebrei al Muro del pianto.

• La "Chiesa ortodossa dell'Ucraina" è stata creata con metodi di violenza e inganno in cui i luoghi di culto della Chiesa ortodossa canonica vengono portati via con la forza, oppure trasferiti alla "Chiesa ortodossa dell'Ucraina" con schemi fraudolenti, oppure entrambi.

• La "Chiesa ortodossa dell'Ucraina" è stata creata come pilastro della statualità ucraina, come i suoi creatori hanno ripetutamente dichiarato in pubblico.

Questa conclusione diventa ancora più ovvia.

In Ucraina sarebbe stato possibile creare una vera Chiesa locale, ma invece hanno creato un Simulacro, senza l'episcopato canonico e senza l'obiettivo di condurre le persone al Regno di Dio.

Quando l'ex presidente Petro Poroshenko, sfruttando tutto il potere coercitivo dello stato (e non solo dello stato), ha cercato di convincere il metropolita Onufrij e la gerarchia della Chiesa ortodossa ucraina a partecipare alla creazione della "santa" Chiesa ortodossa, il Signore ha illuminato i nostri vescovi che si sono resi conto che si trattava del Simulacro, non della Chiesa.

Ecco le parole di sua Beatitudine Onufrij pronunciate alla vigilia del "Consiglio di unificazione" del 15 dicembre 2018: "Non vorrei essere un profeta, ma penso che l'illegalità faccia nascere l'illegalità. Non porta mai al bene. Possa Dio lasciare che il bene accada in modo che le persone capiscano le loro carenze e non si uniscano al male ma al bene. Quest'ultimo è buono, utile e salvifico. L'unione attorno al male porta le persone alla perdizione. <...> Ci saranno nuovi scismi e nuove spaccature nell'Ortodossia mondiale".

E ora questo Simulacro viene riconosciuto dalle Chiese locali. Si dice che la "Chiesa ortodossa dell'Ucraina" entri così nella famiglia delle Chiese locali, ma in realtà è esattamente il contrario. Non è la "Chiesa ortodossa dell'Ucraina" che diventa parte della famiglia delle Chiese locali, ma sono coloro che riconoscono la "Chiesa ortodossa dell'Ucraina" che si uniscono ad essa, cioè si uniscono al Simulacro.

Cosa succede se mescoli il peccatore con il giusto, una botte di miele con il catrame? Se diluiamo le false consacrazioni dei "vescovi" della "Chiesa ortodossa dell'Ucraina" con valide consacrazioni dei vescovi di Costantinopoli, Grecia e Alessandria, cosa accadrà? Qual è la percentuale di grazia in una tale miscela? Alla fine non avremo solo una bugia e una beffa di gerarchia e sacerdozio?

L'ingresso nella Chiesa si realizza solo con la rinuncia al peccato: "Pentitevi, perché il regno dei cieli è vicino" (Mt 3:2). Unirsi al Simulacro si realizza solo mediante la rinuncia alla Verità di Dio. Questa rinuncia si manifesta in due punti:

1. Il tradimento della Chiesa ortodossa ucraina, guidata dal metropolita Onuphry;

2. La violazione dei canoni della Chiesa, che proibiscono esplicitamente le azioni commesse da Costantinopoli.

Solo un anno fa, tutte le Chiese locali senza alcuna eccezione riconoscevano la Chiesa ortodossa ucraina come l'unica Chiesa canonica in Ucraina e il metropolita Onufrij come suo primate. E ora, sia la Chiesa ortodossa ucraina sia sua Beatitudine il metropolita Onufrij di Kiev e di Tutta l'Ucraina hanno cessato di esistere per le Chiese di Costantinopoli, Grecia e Alessandria.

La domanda a cui nessuno è in grado di rispondere è: quale violazione canonica ha commesso la Chiesa ortodossa ucraina con il suo primate per non poterla più tollerare? Cosa ha fatto sì che le suddette Chiese respingessero i milioni di fedeli figli della Chiesa ortodossa ucraina e accogliessero tra loro gli scismatici non pentiti? Cosa li ha allontanati da sua Beatitudine Onufrij e fatto loro riconoscere come "metropolita di Kiev e di Tutta l'Ucraina" Sergej Dumenko, un uomo che non ha né una consacrazione episcopale né una tonsura monastica? È a dir poco un tradimento.

Nella decisione di Costantinopoli di creare la "Chiesa ortodossa dell'Ucraina", così come nelle decisioni delle Chiese greca e alessandrina di riconoscerla, non esiste una sola giustificazione canonica che ciò possa essere fatto. Nessun singolo canone consente di creare tale illegalità, mentre molti canoni lo vietano direttamente. L'intera logica si riduce al fatto che Costantinopoli aveva il diritto di farlo perché è Costantinopoli.

Pertanto, con il riconoscimento di Epifanij Dumenko, la "Chiesa ortodossa dell'Ucraina" non diventa la Chiesa, ma al contrario, le Chiese che la riconoscono diventano false. Sotto i nostri occhi, il Simulacro è uscito fuori dall'Ucraina e ha iniziato a crescere su scala globale. Questo fiorente Simulacro ha già acquisito caratteristiche che lo distinguono chiaramente dalla Chiesa, vale a dire:

• Riconoscimento della supremazia del Patriarcato di Costantinopoli nella Chiesa.

• Riconoscimento delle false consacrazioni della "gerarchia" della "Chiesa ortodossa dell'Ucraina".

"Cristo è il capo della Chiesa" (Ef 5:23). "Io sono con voi tutti i giorni, fino alla fine del mondo. Amen" (Mt 28:20). Ecco come viene definita la Chiesa.

"In generale, consideriamo Cristo come il capo della nostra Chiesa. Ma sulla terra questo capo è il patriarca ecumenico" – metropolita Eustathios (Spiliotis) della Chiesa greco-ortodossa. Questo è un simulacro.

La Chiesa, che ha professato Gesù Cristo come suo capo per duemila anni, non può improvvisamente dichiarare che la sua autorità non si estende alla terra perché vi domina il patriarca di Costantinopoli. Ma il Simulacro può farlo.

Quali siano le false consacrazioni e quali siano le conseguenze del loro riconoscimento, lo si può leggere nel Libro dei Numeri (16:1-3, 23-35). Questa è una storia su come la terra inghiottì vivi Core, Datan e Abiram, che osarono appropriarsi arbitrariamente del sacerdozio. "Si radunarono contro Mosè e contro Aronne e dissero loro: Basta con voi! Tutta la comunità, tutti sono santi, e il Signore è in mezzo a loro. Perché dunque vi innalzate sopra l'assemblea del Signore?" (Nm 16: 3).

Com'è in sintonia questo con la situazione attuale: "Perché dite che solo la Chiesa ortodossa ucraina è canonica? Qui ci sono anche la Chiesa ortodossa dell'Ucraina ed Epifanij". Ma il Signore disse a Mosè e ad Aronne: "Allontanatevi da questa comunità e io li consumerò in un istante" (Nm 16: 20-21).

In questo contesto, un dettaglio di questa narrazione biblica è cruciale, vale a dire che il Signore aveva ordinato a tutte le persone di allontanarsi da questi auto-ordinati nell'Antico Testamento: "Egli parlò alla comunità dicendo: Allontanatevi dalle tende di questi uomini malvagi e non toccate nulla di quanto loro appartiene, perché non periate a causa di tutti i loro peccati" (Nm 16:26).

Cosa stanno facendo ora i vescovi greci che riconoscono la "Chiesa ortodossa dell'Ucraina"? Agiscono direttamente in contrasto con quanto dice il Signore nelle Scritture.

Quindi, possiamo vedere come il Simulacro, che esisteva in Ucraina sotto forma degli scismatici del "patriarcato di Kiev" e della "Chiesa ortodossa autocefala ucraina", si è rafforzato e ha iniziato a impadronirsi delle Chiese locali. I veri creatori del Simulacro, che sono pienamente consapevoli di ciò che stanno facendo, sono convinti che anche vescovi rispettati e autorevoli possano essere costretti a soddisfare i requisiti di qualcuno che viola i comandamenti di Dio, i canoni della chiesa e perfino le proprie stesse parole pronunciate di recente (come nel caso del patriarca di Alessandria).

Ciò che i creatori del Simulacro potranno chiedere ulteriormente a tali vescovi danneggiati e quale potrà essere il suo destino futuro – leggetelo negli articoli seguenti dell'Unione dei giornalisti ortodossi.

 
La controinformazione sull’Ucraina si diffonde

In un momento di raro stupore vediamo pubblicato su Vatican Insider di lastampa.it l’articolo di Marcello Foà Crisi Ucraina, quello che non viene detto, riportato dal Corriere del Ticino del 4 marzo 2014. Se certe cose non vengono ripetute solo dai canali di informazione russi o dai blog ortodossi, forse qualche occhio in più si aprirà. Non possiamo che esserne contenti.

 
La Russia multa Google per una cifra record di 100 milioni di dollari per corruzione di minorenni tramite pornografia, propaganda e transgenderismo

Dopo aver accusato ripetutamente Google di ignorare le leggi russe sull'oscenità, la Russia ha intensificato drammaticamente la sua lunga battaglia con le principali piattaforme Internet statunitensi. Venerdì un tribunale di Mosca ha imposto a Google una multa senza precedenti di quasi 100 milioni di dollari per corruzione di minorenni tramite pornografia, propaganda e transgenderismo.

I contenuti, come i materiali pornografici, così come i post che, secondo quanto riferito, promuovono la droga e il suicidio, sono oggetto di controversia e il regolatore statale dei media Roskomnadzor ha chiesto la rimozione dello stesso.

Fondamentalmente, i funzionari del Cremlino e il regolatore hanno a lungo accusato Google di promuovere messaggi politicamente sovversivi con l'intento di suscitare proteste a sostegno del dissidente incarcerato Alexej Navalnij.

Inoltre, le società Internet con sede nella Silicon Valley sono state accusate dalla Russia di permettersi di essere utilizzate come longa manus della politica estera statunitense all'interno della Russia e di promuovere contenuti controversi come il transgenderismo tra i giovani russi.

Mostrare materiale sessualmente esplicito e corruttivo ai minori è vietato dalla recente legislazione.

Questa multa di 7,2 miliardi di rubli (o 98 milioni di dollari) è da record rispetto alle precedenti multe imposte alle società di social media statunitensi. Il chiaro obiettivo di imporre una multa così grande è inviare un messaggio clamoroso e un avvertimento.

Commentando come la corte sia arrivata a questa cifra così elevata, il Moscow Times osserva che il tribunale di Mosca lo ha fatto "in base a una clausola legale che consente ai tribunali di imporre tra il 5% e il 10% del fatturato di un'azienda, secondo l'agenzia di stampa statale RIA-Novosti".

Finora Google ha detto poco, dicendo solo all'AFP che "studieremo gli atti del tribunale e poi decideremo i passi successivi", secondo il suo ufficio stampa.

Nel frattempo, Facebook e Twitter hanno finora affrontato multe simboliche per accuse simili di mancata rimozione di contenuti. "Meta – che ha anch'essa un'udienza in tribunale più tardi oggi per le stesse accuse – è stata minacciata di una multa basata sulle sue entrate", scrive AFP.

"Giovedì, Twitter ha ricevuto l'ultima multa di tre milioni di rubli (40.000 dollari) dopo che le autorità hanno iniziato a limitare i suoi servizi in primavera".

Come riportato in precedenza da GreatGameIndia, gli algoritmi di raccomandazione di Facebook e Twitter hanno promosso la discordia sociale in Russia e sono stati avvertiti dalle autorità russe che potrebbero essere disattivati in base alla nuova legge.

Tuttavia, è altamente improbabile e quasi impossibile che le autorità statali del Cremlino si spingano fino al punto di bloccare queste piattaforme, data l'immensa popolarità tra il pubblico russo, poiché ciò potrebbe comportare un massiccio contraccolpo.

Di recente, una lista nera segreta di "individui e organizzazioni pericolose" di Facebook trapelata ha mostrato che comprende oltre 4.000 voci. Tra questi ci sono entità sanzionate dagli Stati Uniti come terroristi, criminali storici, cartelli, gruppi di milizie e dissidenti.

Il governo degli Stati Uniti sta segretamente ordinando a Google di fornire dati su chiunque digiti determinati termini di ricerca, come mostra un documento del tribunale rimasto accidentalmente non sigillato. Ci sono timori che tali "mandati per parole chiave" minaccino di coinvolgere utenti innocenti del Web in reati gravi e sono più comuni di quanto si pensasse in precedenza.

Nel frattempo, è stato rivelato che un cosiddetto sito web indipendente di verifica dei fatti, FactCheck.org, è finanziato dallo stesso gruppo di lobby sui vaccini da 1,9 miliardi di dollari, che avrebbe dovuto controllare.

Il sito è un partner di Facebook i cui articoli vengono utilizzati per censurare le voci critiche sulla piattaforma dei social media. È guidato dall'ex direttore del CDC, cosa che ancora una volta mostra un conflitto di interessi.

Il primo ministro australiano Scott Morrison ha affermato che Facebook ha attaccato la nazione sovrana dell'Australia e che il suo governo non si farà intimidire dalle minacce di Facebook.

Altre nazioni di tutto il mondo si sono unite per scatenare una guerra globale contro le minacce della Big Tech.

 
Riuscirà Lukashenko a riportare l'Ucraina nel seno della "vera fede"?

Lukashenko intende riportare l'Ucraina alla vera fede. Foto: Unione dei giornalisti ortodossi

Il presidente della Bielorussia ha rilasciato in una chiesa a Minsk una sonora dichiarazione sull'Ucraina, lo scisma e l'autocefalia. Leggiamo e analizziamo.

Il 7 gennaio, durante la sua visita allle celebrazioni della Natività nella chiesa dei santi anziani di Optina a Minsk, il presidente della Bielorussia Aleksandr Lukashenko ha rilasciato diverse vivaci dichiarazioni.

In particolare, ha detto, "Io ho intrapreso un duro percorso per preservare la nostra sovranità e indipendenza, in modo da diventare uno stato. Ma siamo rimasti in stretto contatto con i nostri amici e fratelli più cari. Quali sono? La Russia, il Kazakistan, l'Ucraina. Non importa cosa stia succedendo in questi paesi oggi, le persone sono totalmente indigenti. Non può andare avanti così a lungo e dobbiamo fare di tutto per riportare l'Ucraina nel seno della nostra vera fede. Anche sul piano religioso si è verificata una spaccatura che sarà molto difficile da superare. Questo è lo scenario che ci poteva essere imposto nel 2020: un'autocefalia, uno scisma dalla nostra Chiesa, e chi più ne ha più ne metta. Sapete tutti che noi siamo riusciti a evitarlo. Vorrei che anche i nostri vicini potessero evitarlo. Il Kazakistan è un altro tentativo di attaccare gli stati post-sovietici lungo il perimetro russo. Devono affogare la Russia nel sangue. Ripeto ancora una volta: se la Russia crolla, saremo finiti prima ancora di saperlo. Semplicemente ci calpesteranno, come ho detto, ci macineranno ci sputeranno fuori. Pertanto, a qualunque costo, dobbiamo preservare il centro della nostra civiltà, il centro della nostra ortodossia e non solo".

Lukashenko sul pulpito della chiesa degli anziani di Optina a Minsk. Foto: belta.by

In cosa sbaglia Lukashenko

Tanto per cominciare, non si addice a un laico, anche se è un capo di stato, stare al centro delle porte sante e fare dichiarazioni politiche. Questo è simile a ciò che ha fatto il nostro Petro Poroshenko, che trasformava regolarmente il pulpito in una tribuna di propaganda politica durante i tour del Tomos nei luoghi di culto della "Chiesa ortodossa dell'Ucraina". È chiaro che Lukashenko potrebbe non essersi reso conto che il luogo in cui si trova è sacro e consentito solo a un pastore. Tuttavia, i chierici della chiesa hanno dovuto fare un'osservazione al servizio di protocollo del presidente e allontanare un microfono dalle porte regali aperte. Inoltre, il microfono è stato posizionato alla destra del primate della Chiesa bielorussa.

Il secondo momento spiacevole è l'affermazione che "il popolo in Ucraina è totalmente indigente". Questo non è vero. Certo, il tenore di vita dei cittadini ucraini è inferiore a quello della Bielorussia, ma non abbiamo ancora raggiunto un livello abissale, anche se, "grazie" agli sforzi del nostro governo, tale livello può avvicinarsi tangibilmente. In ogni caso, quanto detto dal presidente di uno Stato confinante suona quanto meno scorretto.

Infine, il terzo punto è l'impegno di Lukashenko a "fare di tutto per riportare l'Ucraina nel seno della nostra vera fede". Quale fede aveva in mente? L'Ortodossia? Ma questo esula dalla sua competenza. La civiltà russa? Un'unione di nazioni fraterne? Forse. In ogni modo, tali questioni dovrebbero essere risolte dalla popolazione del nostro paese, piuttosto che da forze esterne. Mentre i funzionari americani, il cosiddetto Occidente collettivo, ignorano esplicitamente la sovranità del nostro popolo, il presidente della Bielorussia dovrebbe comunque affrontare la questione con maggiore attenzione.

In cosa Lukashenko è nel giusto

In primo luogo, la comprensione che gli Stati Uniti stanno combattendo la Russia, mentre le repubbliche ex sovietiche sono lo strumento che gli Stati Uniti usano in questa lotta. Gli americani non hanno mai esitato a tradire i loro alleati, se necessario, o a gettarli nella fornace della guerra a favore degli interessi americani. L'esempio più significativo di ciò è il ritiro degli Stati Uniti dall'Afghanistan nel 2021, quando gli americani hanno lasciato la stragrande maggioranza degli afgani, che in precedenza lavoravano per gli Stati Uniti, a essere fatti a pezzi dai talebani. Poco prima avevano fatto lo stesso con i loro alleati curdi in Siria, quando l'esercito turco aveva lanciato un'operazione contro di loro. Fondamentalmente, in ogni Paese in cui gli americani hanno messo in scena una rivoluzione colorata o piantato la "democrazia" con l'aiuto delle loro forze armate, hanno preso piede per molti anni il caos, la criminalità dilagante, il collasso dell'economia, il degrado delle istituzioni sociali, e così via. Inoltre, in questi paesi potrebbe non esserci alcuna questione di sovranità. Erano controllati manualmente dagli Stati Uniti, che non tenevano affatto conto degli interessi dei cittadini di questi paesi. Basterà ricordare Iraq, Libia, Siria, Afghanistan. Pertanto, quando dice che gli americani "semplicemente ci calpesteranno, ci macineranno e ci sputeranno fuori" , molto probabilmente Lukashenko ha assolutamente ragione.

In secondo luogo, c'è davvero una spaccatura su larga scala in Ucraina. Sì, l'ha iniziata Filaret quasi 30 anni fa. Ma c'è stato un punto d'appoggio nella formazione della "Chiesa ortodossa dell'Ucraina" da parte di funzionari americani che hanno svolto un grande lavoro diplomatico per questo fine. L'obiettivo di questo progetto è sempre lo stesso: indebolire la Russia indebolendo la Chiesa ortodossa russa. Qualcuno può credere seriamente che i dipendenti del Dipartimento di Stato americano abbiano sprecato tempo e risorse per far fiorire l'Ortodossia? No. Sfortunatamente, sia la "Chiesa ortodossa dell'Ucraina" che il Fanar sono solo strumenti per affermare l'egemonia americana.

Non c'è niente di nuovo nella politica americana, che è stata inventata dagli antichi romani: divide et impera. In Ucraina sono riusciti a consolidare la divisione esistente, mentre in Bielorussia hanno fallito. Come mai? Perché la creazione della cosiddetta Chiesa autocefala bielorussa è stata un elemento della lotta politica. Nell'agosto 2020, quando c'è stato un tentativo di organizzare un "Majdan bielorusso" e rovesciare il governo legittimo, uno dei modi per esacerbare la situazione è stato quello di intensificare la creazione dell'autocefalia. Un anno prima degli eventi in Bielorussia, precisamente il 17-18 agosto 2019, si è tenuta a Chernigov una conferenza sotto l'egida della "Chiesa ortodossa dell'Ucraina" sulla questione dell'ottenimento dell'autocefalia. Cioè, gli scismatici ucraini, legalizzati dal Fanar, hanno trasmesso la loro esperienza alle loro controparti bielorusse. Nell'agosto 2020, al culmine del confronto, le forze di opposizione hanno elaborato il cosiddetto "pacchetto di riforme per la rianimazione", in cui una voce separata prevedeva la "restaurazione della Chiesa ortodossa autocefala bielorussa" come "alternativa nazionale all'Esarcato bielorusso della Chiesa ortodossa russa".

Il fatto che la creazione dell'autocefalia bielorussa avrebbe dovuto portare a un aumento dello scontro civile nella società non era un segreto per nessuno. L'esempio dell'Ucraina, dove la creazione della "Chiesa ortodossa dell'Ucraina" ha portato a numerosi sequestri di chiese, violenze e ostilità tra i residenti degli stessi insediamenti, lo ha dimostrato molto chiaramente. Al riguardo, le autorità bielorusse si sono rivelate molto più sensate e responsabili. A sua volta, Lukashenko ha risposto alla prospettiva di creare l'autocefalia nel modo seguente: "Ora ci immergeremo in una guerra, una lotta interconfessionale e, successivamente, interetnica. Altrimenti si scoprirà che ciò di cui siamo sempre stati orgogliosi (la coesione nazionale, ndc) sarà respinto e disonorato". La Bielorussia è riuscita a evitare uno scenario del genere nel 2020, ma se non verranno compiuti sforzi, lo scisma settario potrebbe rientrare nell'ordine del giorno per questo paese.

Il portavoce della "Chiesa ortodossa dell'Ucraina" Ivan (Evstratij) Zorja ne ha scritto sulla sua pagina Facebook: "In effetti, le narrazioni di persone come Lukashenko sono un'ottima raccomandazione per l'autocefalia della Chiesa ucraina. Sarebbe strano se i banditi ci lodassero. Inoltre, la sua dichiarazione testimonia anche che dopo la liberazione della Bielorussia dalle catene della sanguinaria dittatura di Lukashenko, verrà il momento dell'autocefalia della Chiesa bielorussa".

Come si vede, Zorja non collega affatto l'autocefalia della Chiesa bielorussa con il desiderio del popolo ortodosso, ma con la tanto agognata caduta del regime di Lukashenko, che lui definisce "sanguinario". Non c'è dubbio che la fase successiva dovrebbe essere sbraitare sulla difesa dell'indipendenza della Bielorussia da parte degli autocefalisti (in analogia con l'Ucraina). Si può trattare il presidente della Bielorussia in modi diversi, ma resta il fatto che sotto il suo governo la pace e il consenso della società civile hanno regnato in Bielorussia, mentre sono scoppiati eventi sanguinosi e rivolte quando gli oppositori bielorussi sono venuti alla ribalta promuovendo, tra l'altro, l'idea dell'autocefalia.

In terzo luogo, oggi stiamo davvero parlando del fatto che l'Ortodossia nella nostra terra è sottoposta a gravi minacce e prove. Non è noto se Lukashenko fosse consapevole di quali fossero queste minacce quando ha detto che "dobbiamo preservare il centro della nostra civiltà, il centro della nostra Ortodossia", ma ora stiamo assistendo ai tentativi dell'Occidente di sfidare la civiltà scelta dal santo principe Vladimir. In effetti, l'Ortodossia è ora sotto attacco.

Non è un segreto che la "Chiesa ortodossa dell'Ucraina" e la Chiesa greco-cattolica ucraina stiano cercando di unirsi in una forma o nell'altra. Inoltre, il nostro Paese può diventare un banco di prova per la presunta unione tra il Vaticano e il Fanar. In caso di creazione di una Chiesa autocefala bielorussa, anche la Bielorussia sarebbe inclusa in questo progetto. Del resto, la storica Chiesa uniata, sorta nel 1596 al Concilio di Brest, ha diffuso le sue attività nei territori della Russia moderna, dell'Ucraina e della Bielorussia. Di conseguenza, questa esperienza storica può essere rivista oggi nell'interesse di alcune forze politiche e utilizzata per realizzare un altro progetto uniate.

Ma l'uniatismo nasconde minacce non solo di natura puramente religiosa. Sia l'Ortodossia che il cattolicesimo hanno formato civiltà autosufficienti separate nei rispettivi paesi, in cui la visione religiosa del mondo lascia un'impronta in tutte le sfere della vita pubblica e privata. Questo accade anche nei casi in cui le persone non si considerano più portatrici di coscienza religiosa.

Tuttavia, c'è un tentativo di imporci un cambiamento nel nostro paradigma di civiltà, nel nostro codice di civiltà. Questo non porterà al fatto che diventiamo mentalmente francesi, tedeschi o polacchi, ma sicuramente comporterà il nostro trasformarci in "persone che in fondo non ricordano la loro parentela", persone senza passato, e quindi senza futuro.

È per questa conservazione della nostra identità nazionale, del nostro codice di civiltà che ora è in corso una lotta inconciliabile. Nemmeno questa affermazione si può mettere in discussione.

Conclusione

Nel suo intervento, Lukashenko ha detto un'altra cosa: "Quest'anno (il 2022, ndc) non sarà facile. Il mondo cambierà in modo sostanziale. Il mondo cambierà in termini di unioni di popoli e stati". Sembra che stiamo aspettando alcuni eventi su larga scala. Non speculiamo su quali potrebbero essere. Ma in ogni caso, ricordiamo quanto segue:

  • il potere sovrano in Ucraina è il suo popolo, che deve fare la sua scelta;

  • un cristiano non dovrebbe in nessun caso violare i comandamenti di Dio, non vale la pena barattare un solo beneficio secolare in cambio della vita eterna;

  • rendiamo grazie a Dio, che in questo momento difficile ha posto alla guida della Chiesa pastori degni e spirituali: il metropolita Onufrij in Ucraina e il metropolita Veniamin in Bielorussia. Seguire i loro appelli e le loro istruzioni è un impegno grazie a cui le nostre nazioni saranno in grado di evitare shock ed eventi tragici.

Per quanto riguarda la questione sollevata nel titolo dell'articolo, il presidente bielorusso non dovrebbe riportare l'Ucraina da nessuna parte, poiché la scelta deve essere fatta solo dal nostro popolo. Il fatto che per tre anni, con il supporto completo delle autorità ucraine e dei funzionari americani, il progetto della "Chiesa ortodossa dell'Ucraina" si sia rivelato molto fallimentare indica che il nostro popolo ha fatto questa scelta. E questa scelta è lealtà alla "nostra vera fede" – l'Ortodossia.

 
Il metropolita di Limassol conferma di riconoscere solo la Chiesa ortodossa ucraina

il metropolita Athanasios (Nikolaou) di Limassol. Foto: monasterium

Il metropolita Athanasios "separa la sua posizione sulla commemorazione del nome di Epifanij" e riconosce solo sua Beatitudine Onufrij come capo della Chiesa in Ucraina.

La commemorazione del nome del capo della "Chiesa ortodossa dell'Ucraina", Epifanij, fatta dal patriarca Theodoros di Alessandria a Cipro il 12 novembre 2019, non esprime l'opinione del metropolita Athanasios (Nikolaou) di Limassol e della metropolia da lui guidata, sul cui territorio ciò è accaduto, afferma una dichiarazione pubblicata sul sito ufficiale della metropolia di Limassol.

"Il metropolita Athanasios di Limassol separa la sua posizione sulla commemorazione del nome di Epifanij come metropolita di Kiev, eseguita dal patriarca Theodoros II di Alessandria durante la divina liturgia patriarcale a Limassol", sottolinea la dichiarazione.

Il metropolita Athanasios ha anche commentato questa situazione sulla stazione radio della metropolia.

Nel suo discorso, il metropolita ha sottolineato che i vescovi del Patriarcato di Alessandria fino all'ultimo momento gli hanno assicurato che il patriarca Teodoro aveva promesso di non commemorare Epifanij Dumenko. Neanche il patriarca stesso ha informato vladyka Athanasios che intendeva compiere questa commemorazione durante la Liturgia.

Pertanto, ha osservato il metropolita Athanasios, questa commemorazione, sebbene avvenuta in un luogo di culto della Chiesa di Cipro, non esprime né la sua opinione personale né quella della metropolia di Limassol nel suo insieme.

Allo stesso tempo, ha sottolineato che "accetta e riconosce solo sua Beatitudine Onufrij come metropolita canonico di Kiev e di Tutta l'Ucraina".

Ricordiamo che il 12 novembre 2019, alla Divina Liturgia patriarcale in occasione del 1400° anniversario della dormizione di san Giovanni il Misericordioso, tenutasi a Cipro, il patriarca Theodoros II di Alessandria e di tutta l'Africa ha commemorato il capo della "Chiesa ortodossa dell'Ucraina", il metropolita Epifanij. Alla vigilia dell'evento, il metropolita Athanasios di Limassol, la cui metropolia ha ospitato le celebrazioni, aveva chiesto al patriarca di astenersi dal ricordare il capo della "Chiesa ortodossa dell'Ucraina".

Come riportato, in seguito alla commemorazione di Epifanij fatta dal patriarca Theodoros a Cipro, il clero ha ricevuto lettere che raffiguravano il patriarca Teodoro con sua beatitudine Onufrij e un frammento dell'affresco "il bacio di Giuda", nonché il testo: "Onufrij – metropolita, Epifanij – scismatico, Theodoros – Giuda".

 
Congratulazioni a padre Cristian Vasilescu
Il sito della parrocchia ortodossa romena di Santa Parascheva a Torino si è arricchito di varie novità. Siamo contenti di sapere dell'ordinazione presbiterale di padre Cristian Vasilescu, che vediamo (nella foto) affiancare suo padre nella celebrazione della Domenica dell'Ortodossia. Ci auguriamo che questo esempio possa aprire una traccia per tutti quei figli di sacerdoti ortodossi in Italia che vorranno seguire la chiamata dei loro padri al servizio ministeriale.
La mulţi ani fericiţi alături de cei dragi!
 
La Chiesa di Moldova denuncia pressioni politiche

la cattedrale della Natività di Cristo a Chișinău. Foto: sobory.ru

La Chiesa ortodossa moldava non approva i tentativi di alcuni politici di costringere la Chiesa a sostenere la linea del partito al governo.

La Chiesa ortodossa moldava ha dichiarato inammissibili i tentativi di ingerenza politica negli affari della Chiesa, secondo il sito ufficiale della Metropolia di Chișinău e della Moldova.

La dichiarazione corrispondente è stata rilasciata in risposta alla retorica del deputato del parlamento moldavo Oazu Nantoi, del Partito Azione e Solidarietà oggi al governo. Questi ha chiesto che la metropolia di Chișinău e della Moldova della Chiesa ortodossa russa esprimesse la sua posizione su Ucraina e Transnistria, come riferisce EADaily.

"Oggi è il momento di dimostrare che la metropolia di Moldova sostiene il popolo della Repubblica di Moldova, che appartiene alla Repubblica di Moldova e che non è un feudo ideologico della Chiesa ortodossa russa", ha affermato Nantoi. Ha anche accusato la Chiesa di Moldova di "tollerare le attività anti-statali dell'arcivescovo Savva di Tiraspol e Dubosari", sotto il cui omoforio stanno gli ortodossi della Repubblica di Transnistria, non riconosciuta.

La Chiesa ortodossa di Moldova non accetta alcuna forma di interferenza dei politici negli affari della Chiesa.

"È allarmante l'incoerenza delle dichiarazioni di alcuni politici, che chiedono il silenzio totale e la non ingerenza della Chiesa nella sfera politica, e poi chiedono direttamente dichiarazioni e posizioni su determinate questioni", ha affermato la Metropolia di Chișinău e della Moldova.

Inoltre, la Chiesa ortodossa di Moldova ha osservato che essa rimane l'unica istituzione di cui si ha fiducia "da entrambe le parti del Dniestr".

"Con la sua visita a Tiraspol, il metropolita di Chișinău e di tutta la Moldova ha dimostrato molto chiaramente che mentre non c'è unità a livello politico tra Moldova e Transnistria, questa unità non è mai cessata a livello ecclesiastico, e la regione del Dniestr è ancora oggi territorio canonico della Chiesa ortodossa di Moldova, dove i fedeli sono sempre felici di salutare il loro vescovo, il metropolita Vladimir.

In precedenza, il metropolita di Moldova ha detto alle autorità che è impossibile promuovere leggi contrarie alla fede.

 
I rudimenti di un progetto ultra-ecumenista, o perché Costantinopoli ha avuto bisogno di introdurre il nuovo calendario

Quando e perché il Patriarcato di Costantinopoli ha introdotto il nuovo calendario? In che modo ciò è collegato all'attuale conflitto ecclesiale in Ucraina? Abbiamo discusso di questi argomenti con Pavel Kuzenkov, dottore in Scienze storiche, insegnante del Seminario teologico Sretenskij ed esperto di sistemi cronologici cristiani.

Johann Rasch. Un frammento del suo libro del 1586

Nel XVI secolo i papi romani cercavano di dimostrare che controllavano ancora i processi globali

Può dirci quali Chiese locali hanno adottato il nuovo calendario? Quando e perché l'hanno fatto? Ad essere sinceri, siamo particolarmente interessati al Patriarcato di Costantinopoli.

Il problema del calendario non deve essere considerato separatamente dai seguenti due momenti chiave. In primo luogo, l'integrazione del mondo ortodosso nella civiltà dell'Europa occidentale è iniziata molto tempo fa. In Russia, ad esempio, questo processo è iniziato nel XVII secolo.

In secondo luogo, la questione delle relazioni stato-chiesa. Nella maggior parte dei paesi ortodossi il calendario è stato "diviso" in due — il calendario ufficiale dello stato e il calendario tradizionale della Chiesa — perché nella maggior parte dei casi è lo stato che ha intrapreso questa integrazione nella civiltà occidentale.

Nel nostro paese questo processo è stato avviato da Pietro I (noto anche come "il Grande"). Fu lui a introdurre il calendario e la cronologia europei nel 1700. Fortunatamente per noi, né l'Inghilterra, né l'Olanda, né altri paesi protestanti di quel tempo (che lo tsar cercava di seguire) avevano adottato il calendario gregoriano papale in quel momento. Inoltre, i protestanti sono stati impegnati in un acceso dibattito sul calendario gregoriano – hanno "preso le armi" contro la riforma gregoriana e hanno resistito a lungo.

Perché?

Perché tutto ciò che viene dal papa è un male a priori per i protestanti.

Dovremmo anche tenere conto del fatto che l'idea della riforma del calendario di papa Gregorio XIII nel 1582 era motivata politicamente. Alla fine del XVI secolo, quando i sentimenti protestanti si erano diffusi in tutta Europa, i papi stavano cercando di dimostrare che erano ancora in grado di controllare i processi globali relativi a tutta l'umanità. La Chiesa cattolica romana era in una profonda crisi che era stata innescata principalmente dalle critiche degli scienziati. Criticando il papismo, i protestanti si basavano sui metodi scientifici. Ma il papismo prese improvvisamente l'iniziativa. Nel mondo cattolico furono stabilite relazioni più strette tra la Chiesa e lo stato: furono aperte università e accademie e lo status degli scienziati aumentò in modo significativo. Le scienze naturali apparvero in primo piano, anche se la cosa non durò a lungo. Nel secolo successivo, secondo la tradizione, Galileo Galilei cercò di giustificarsi davanti all'Inquisizione, sussurrando: "Eppur si muove". E nel XVI secolo i papi erano favorevolmente disposti verso il sistema eliocentrico copernicano (a proposito, Copernico era dottore in Diritto canonico). E la riforma del calendario si basava sul lavoro di eminenti astronomi. L'invenzione del nuovo calendario gregoriano divenne un importante simbolo dell'alleanza tra la Chiesa cattolica romana e la scienza. E la sua adozione in tutto il mondo era una prova visibile del potere dell'autorità papale.

E se il nuovo calendario fosse stato adottato nei paesi protestanti durante il regno di Pietro I, allora anche la Russia lo avrebbe sicuramente adottato. Ma la Gran Bretagna non lo adottò fino al 1752 e la Svezia fino al 1753. E il problema del calendario sembrò essere stato dimenticato in Russia dopo questo periodo. Sebbene ci siano prove che Caterina II avesse deciso di adottare "il nuovo stile", la turbolenta Rivoluzione francese e l'incendio di Mosca da parte di Napoleone rallentarono il processo di riavvicinamento tra Russia e Occidente per lungo tempo. La questione dell'unificazione del calendario fu sollevata di nuovo sotto Nicola II.

Per cosa?

Prima di tutto, per praticità. A proposito, i protestanti adottarono il calendario gregoriano esclusivamente per ragioni pragmatiche. Soprattutto, assicurava benefici agli scambi commerciali perché le differenze nel calendario comportavano costi aggiuntivi e portavano a errori e perdite.

O il nuovo calendario o la Pasqua

lo storico Vasilij Vasil'evich Bolotov

In effetti non fu facile rispondere alla domanda sul perché la Russia doveva attenersi al proprio calendario speciale mentre l'Europa e l'America avevano seguito il sistema unificato del calendario. Erano necessari argomenti forti. Nel XX secolo la Russia era diventata parte integrante del mondo civilizzato e molti sostenevano l'adozione del calendario gregoriano. Tuttavia, lo tsar Nicola II, che nel 1899 istituì un comitato per rivedere il calendario, decise di non affrettare le cose. Dal mio punto di vista, la voce del nostro grande storico della Chiesa Vasilij Vasil'evich Bolotov ebbe un ruolo cruciale. Egli fornì una spiegazione ben motivata per cui la Russia avrebbe dovuto continuare a osservare il calendario giuliano: perché la Pasqua ortodossa si basa su di esso. Se introduciamo il calendario gregoriano, la nostra Pasqua cesserà di funzionare come sistema matematico.

Il fatto è che i Paschalia alessandrini, elaborati nel quarto secolo, sono uno strumento matematico piuttosto raffinato destinato a mettere due cicli astronomici – i cicli solare e lunare, insieme al ciclo settimanale – in accordo tra loro. Di conseguenza, 532 anni compongono un ciclo completo di Pasqua e delle feste mobili della Chiesa ad essa collegate. Ma la cosa principale di questo ciclo è che si intreccia con l'anno giuliano di 365 giorni e un quarto. Se sostituiamo l'anno giuliano con l'anno gregoriano, il ciclo crollerà. Ecco perché non esistono i Paschalia gregoriani. La Pasqua secondo il "nuovo stile" viene calcolata mediante manipolazioni dei tradizionale Paschalia alessandrini, che comportano correzioni complesse. La Pasqua è al centro del calendario liturgico della Chiesa. Di fatto, sorge la seguente domanda: o il nuovo calendario o la Pasqua. Ed è impossibile combinare entrambi.

Le argomentazioni di Bolotov produssero un effetto e fu deciso a livello statale che si doveva esaminare ulteriormente e non accelerare questo processo, mentre si doveva mantenere la tradizione del paese. Tra le circostanze favorevoli c'era il fatto che molti altri paesi di quel tempo, come l'impero ottomano e gli Stati balcanici, vivevano secondo lo stesso calendario. Cioè, non era una peculiarità esclusivamente russa, ma una caratteristica distintiva in un certo numero di paesi dell'ex mondo bizantino.

Il calendario giuliano divenne un simbolo della vecchia Russia

Quando iniziarono gli altri paesi ad adottare il nuovo calendario?

Nel tempo il problema del calendario divenne sempre più urgente. La pietra miliare decisiva in questa storia fu la prima guerra mondiale. Come sappiamo, la Bulgaria partecipò a questa guerra dalla parte della Germania e dell'Austria-Ungheria, e i suoi alleati pubblicarono un ultimatum che chiedeva l'immediata accettazione del calendario europeo per il coordinamento delle operazioni militari, il trasporto delle truppe e così via. Così i bulgari furono i primi ad adottare il nuovo calendario già nell'aprile 1916, nel pieno della prima guerra mondiale.

Ma fu importante che la Chiesa ortodossa bulgara rimase aggrappata al suo calendario. È la prima volta che incontriamo questa divergenza, quando un paese ortodosso adotta il calendario dell'Europa occidentale senza che ciò influisca sulla tradizione della Chiesa.

In Russia, il governo provvisorio inserì questa domanda all'ordine del giorno nel 1917 e sicuramente l'avrebbe risolta a favore della riforma, ma accadde che la risolse Lenin nel gennaio del 1918, decidendo per la riforma senza esitazione. Questa fu formulata in un modo molto interessante: il "Decreto del Soviet dei commissari del popolo sull'imposizione del calendario dell'Europa occidentale nella Repubblica russa" diceva che era necessario "stabilire in Russia lo stesso calcolo temporale della maggioranza dei paesi civili ". La frase "la maggioranza dei paesi civili" caratterizza perfettamente il bolscevismo: il bolscevismo non era affatto un movimento anti-occidentale, come alcuni credono erroneamente; piuttosto, era una forma radicale, estrema di occidentalizzazione.

Inoltre, l'adozione del nuovo calendario era uno dei piani dei bolscevichi perché la rivoluzione di ottobre era stata orchestrata come parte di una "rivoluzione mondiale". La Chiesa ortodossa russa divenne l'unico custode della tradizione. Era una divisione a livello di civiltà e visioni del mondo, e non solo di calendario. Così il calendario giuliano divenne un simbolo della vecchia Russia e della resistenza al bolscevismo. Ecco perché l'Esercito volontario e i governi anti-bolscevichi si aggrapparono al vecchio calendario in modo così persistente, mentre gli alleati dell'Intesa suggerivano loro di portare avanti la riforma del calendario.

Quando i bolscevichi presero il potere e divenne chiaro che i cambiamenti erano seri e duraturi, per i russi – un popolo di valori tradizionali – il vecchio calendario divenne il simbolo sopravvissuto della vecchia cultura insieme al patriarcato restaurato. È un simbolo che deve essere amato.

Un progetto ultra-ecumenista

Le truppe britanniche a Istanbul marciano di fronte alla moschea Nusretiye nel distretto di Tophane

Il XX secolo ha visto lo smantellamento della storia del mondo. Questo crollo è stato causato dalla radicale invasione dell'Europa in altre civiltà prima e dopo la fine della prima guerra mondiale. Pertanto, l'Impero ottomano aveva adottato il nuovo calendario un po' prima della Russia sovietica, nel marzo del 1917, poco prima della sua stessa disintegrazione. È importante che il Patriarcato di Costantinopoli esistesse proprio in questo stato. Nel 1919, la Jugoslavia e la Romania passarono al calendario gregoriano, mentre le Chiese ortodossa serba e romena continuarono ad aderire al calendario giuliano.

È interessante notare che la fine della prima guerra mondiale fu segnata non solo dall'istituzione della Società delle Nazioni, ma anche dall'inizio del progetto della "Società delle Chiese". E il capo della più grande autorità nell'Ortodossia mondiale, cioè il patriarca di Costantinopoli, avrebbe dovuto guidarla. Non solo questo progetto fu discusso, ma era anche stato approvato dalla stragrande maggioranza delle Chiese ortodosse locali entro il 1920. Questo dovrebbe essere ricordato. In effetti, vi era nel loro ordine del giorno l'unificazione di tutte le Chiese del mondo – non solo quella ortodossa, ma anche quella anglicana e, a lungo termine, quella cattolica. In una parola, era un progetto ultra-ecumenista.

Chi ha avviato questo progetto ultra-ecumenista?

Fu iniziato da Dorotheos, allora Locum Tenens del Trono patriarcale di Costantinopoli. A quel tempo Costantinopoli era occupata dall'Intesa (1919-1920). Dato che la Chiesa russa sembrava svanita dalla scena dell'azione, i greci, i filelleni, guidati da Costantinopoli, presero in mano la bandiera dell'Ortodossia. Ora sostenevano di essere loro i custodi dell'Ortodossia, mentre la Russia era scomparsa dalla scena. Quindi contarono sulla Gran Bretagna, la principale nazione vincente nella prima guerra mondiale. Ritenevano necessario prima unirsi con gli anglicani sulla base del non riconoscimento dei cattolici e poi avviare colloqui con i cattolici (dietro i quali c'era la Francia). Era chiaro che anche la Francia era un attore, ma il cattolicesimo era un partito contrattuale meno adatto dell'anglicanesimo. Cioè, avrebbero assicurato la comunione eucaristica tra Chiese differenti al di fuori del contesto del Credo.

Ma questo progetto fallì a causa dell'offensiva di Atatürk. Quindi rimasero solo due elementi come rudimenti di questo ambizioso progetto: il riconoscimento delle ordinazioni anglicane e l'adozione del nuovo calendario. E furono implementati dal patriarca Meletios (Metaxakis) tra il 1922 e il 1923.

Era la fine di quel piano ambizioso e pure molto drammatico. Meletios divenne patriarca in un momento inopportuno: era appena entrato a Costantinopoli su una nave da guerra inglese quando i kemalisti occuparono la città. Scoppiò la catastrofe in Asia minore, con la deportazione di tutti i greci che avevano vissuto nella penisola. Per mesi a Losanna si tennero negoziati per determinare il destino dei greci a Costantinopoli. Nel frattempo i turchi chiesero l'espulsione di tutti i greci, compreso il patriarca. Con grande difficoltà i francesi e gli inglesi riuscirono a persuadere i turchi a consentire a Meletios di rimanere a Costantinopoli con la condizione che fosse espulso da tutte le attività politiche, culturali e di altro genere, che non avesse più legami con la Grecia, che diventasse cittadino della Turchia, ecc. Si può concludere che la riforma del calendario del patriarca Metaxakis è stata un tentativo febbrile di stabilire lo status di Costantinopoli come centro dell'Ortodossia mondiale.

Il cosiddetto Congresso pan-ortodosso di Costantinopoli del 1923 si trasformò in uno scandalo. In primo luogo, non tutte le Chiese ortodosse locali vi erano rappresentate; e in secondo luogo, nel mezzo del congresso, Meletios fu aggredito. Fu picchiato a Costantinopoli da una folla di fanatici turchi.

Fu allora che il Fanar iniziò questo gioco politico che continua ancora oggi. Si trovava "fra tre fuochi". Da un lato, agli occhi della comunità ortodossa mondiale, il Fanar era ancora il suo leader, il cui principale obbligo era di mantenere la tradizione ortodossa in buona fede. D'altra parte, c'era il mondo occidentale che stava dividendo il territorio turco. L'Impero ottomano non esisteva più, la Turchia stava diventando filo-occidentale e le potenze occidentali chiedevano a Costantinopoli alcune politiche, promettendo in cambio una sorta di protezione. E, infine, c'era l'Oriente, che mostrava ostilità nei confronti di Costantinopoli in tutte le manifestazioni, sia musulmane che kemaliste. Per l'Oriente, Costantinopoli era un doppio nemico. Innanzitutto, era un nemico culturale e religioso. Si credeva che la sconfitta della Turchia nella prima guerra mondiale fosse stata causata dal tradimento degli ortodossi e di altri popoli cristiani che vivevano nell'Impero ottomano, vale a dire armeni e greci. Questo probabilmente spiega il genocidio degli armeni [e dei greci]. Costantinopoli era anche un complesso interno dell'Impero ottomano, poiché i musulmani costituivano meno della metà della sua popolazione. Inoltre, le loro statistiche demografiche erano catastrofiche. Le famiglie cristiane avevano il doppio dei figli rispetto alle famiglie musulmane. Fu nel contesto di questa psicosi che si sviluppò il terribile fenomeno del genocidio.

In secondo luogo, per i turchi Costantinopoli era un nemico geopolitico. Era sostenuta dall'Occidente, che li aveva umiliati, introducendo le proprie tradizioni, modi e così via. Tra le altre cose, la riforma del calendario doveva segnare l'unità tra Costantinopoli e il mondo occidentale – un'unità che garantiva la sua inviolabilità.

Inviolabilità da parte di chi? Dei turchi?

Sì, dei kemalisti. A quel tempo c'era un forte movimento anti-fanariota e anti-greco in Turchia. Alla fine fu raggiunto un compromesso. Costantinopoli divenne il centro attraverso il quale il governo di Atatürk negoziava con l'Occidente.

Le decisioni del Congresso del 1923 avevano implicazioni pratiche. Il primo paese [ortodosso] ad adottare il nuovo calendario (per uso civile e della Chiesa) fu la Grecia. Questo ebbe luogo nel marzo del 1924. Fu allora che anche le Chiese di Costantinopoli e Cipro fecero il passaggio.

Anche la Chiesa di Grecia?

Secondo la Costituzione greca, non vi era alcuna separazione Stato-Chiesa. Inoltre, Meletios e i suoi piani erano sostenuti in alcuni ambienti delle istituzioni politiche greche.

Ne seguì un effetto domino. Uno dopo l'altro i patriarcati greci adottarono il nuovo calendario. Tuttavia, il processo è proseguito. La cosa più interessante fu che al tempo di Meletios, il Patriarcato di Alessandria, il secondo patriarcato più importante e autorevole, era guidato dal patriarca Photios (1900-1925), che si espresse fortemente contro la riforma del calendario e disse che in nessun caso la Chiesa di Alessandria l'avrebbe accettata. Alla fine, dopo la morte di Photios, gli successe (con l'aiuto degli inglesi) Meletios Metaxakis che in precedenza era stato espulso da Costantinopoli dai turchi. Divenne patriarca di Alessandria e portò immediatamente avanti la riforma del calendario.

Dobbiamo tener conto del fatto che il nuovo calendario non era basato sul calendario gregoriano. Ciò sarebbe stato canonicamente impossibile perché il calendario gregoriano era stato condannato e anatemizzato in un Concilio dei patriarchi orientali nel XVIII secolo. Invece, fu sviluppato dall'astronomo serbo Milutin Milanković un nuovo calendario. I due calendari coincidono e continueranno a farlo fino al 2800. La loro differenza aumenta di un giorno ogni 100 anni e poi si abbinano di nuovo. Il calendario di Milanković è più complicato del calendario gregoriano, ma formalmente sono gli stessi. Va tenuto presente che nessuna Chiesa ortodossa, con l'eccezione della Chiesa finlandese, ha mai adottato il calendario gregoriano. [1]

La scissione nel mondo ortodosso

E quale era la situazione in Russia a quel tempo?

La situazione in Russia era drammatica. Quando è emerso che quasi tutte le Chiese ortodosse erano passate al nuovo calendario, il patriarca Tikhon, che era appena stato rilasciato dalla prigione ed era sfuggito per un breve periodo al martirio, emise un decreto che introduceva il nuovo calendario. Era l'ottobre del 1923. Ma diverse settimane dopo arrivò al patriarcato la notizia che molte Chiese locali non avevano accettato la riforma. Quindi il patriarca ritirò il decreto d'introduzione del nuovo calendario. Ciò fu causato non solo dalle notizie di Gerusalemme ma anche dalla dura reazione del popolo ortodosso. La metà degli anni '20 vide il culmine dello scontro tra la Chiesa canonica e i rinnovazionisti, che erano sostenuti dalle autorità bolsceviche. Il cosiddetto "secondo Concilio pan-russo", che fu convocato dai rinnovazionisti nel 1923 e che depose illegalmente san Tikhon, accolse con favore la riforma. Nel giugno del 1923, pochi giorni dopo il "Congresso pan-ortodosso" di Metaxakis, il Concilio ecclesiale supremo dei rinnovazionisti dichiarò l'introduzione del calendario giuliano riveduto. A proposito, sotto il successivo patriarca di Costantinopoli, Gregorios VII, Costantinopoli riconobbe ufficialmente i rinnovazionisti e suggerì che il patriarca Tikhon si dimettesse e abolisse il patriarcato... Così il Fanar mantenne contatti stabili con i rinnovazionisti.

Il punto è che nel 1924 a Costantinopoli capirono che non c'era speranza di aspettarsi un aiuto dagli inglesi. In tali circostanze i fanarioti cercarono di stabilire contatti con le autorità sovietiche nella speranza di ottenere il loro sostegno per ridurre la pressione dei kemalisti.

Che cosa successe negli altri paesi ortodossi?

Bulgaria e Serbia adottarono il nuovo calendario, ma le rispettive Chiese locali continuaeono a utilizzare quello vecchio. Anche la Chiesa di Grecia, i patriarcati d'Oriente e i paesi musulmani adottarono il nuovo calendario, mentre il Patriarcato di Gerusalemme e il Santo Monte Athos decisero di preservare il calendario giuliano, così come le Chiese ortodosse georgiana e russa.

Quindi la Chiesa romena passò al nuovo calendario insieme allo stato: questo è successo anche prima della guerra. E dopo la seconda guerra mondiale anche la Chiesa ortodossa bulgara ha scelto inaspettatamente il nuovo calendario. Per quanto riguarda la Chiesa ortodossa serba, non ha mai accettato il nuovo calendario, anche se questo è stato inventato da un serbo.

Così, in un certo senso, il mondo ortodosso è diviso nel calendario.

Ha ragione. Alcune Chiese ortodosse celebrano la Natività di Cristo il 25 dicembre, mentre altre la celebrano il 7 gennaio. Quindi, quando qualcuno dice "Natività cattolica", rispondo sempre: "Ma che dire dei greci? Sono ortodossi, ma celebrano la nascita di Cristo il 25 dicembre". E qualsiasi credente ortodosso può celebrare il Natale due volte, vale a dire il 25 dicembre e il 7 gennaio, se lo desidera. Questo vale anche per tutte le altre feste fisse. Paradossalmente, il calcolo delle feste mobili (quelle dipendenti dalla Pasqua alessandrina) è rimasto lo stesso per entrambi i calendari. Pertanto, il difetto di quella riforma è che mentre ha adottato il nuovo calendario, non ha sviluppato dei Paschalia corrispondenti a questo calendario. Attualmente, i paesi e le Chiese ortodosse che un tempo hanno adottato il nuovo calendario vivono in una situazione paradossale. Usano il calendario giuliano riveduto per le feste fisse e usano il calendario giuliano per le feste mobili. Quindi hanno fenomeni tanto assurdi come la scomparsa del digiuno degli Apostoli e altre incoerenze e cambiamenti. Ma ciò che è veramente brutto è la scissione della tradizione.

Curiosamente, abbiamo visto recentemente un processo inverso. Nel 2014, la Chiesa ortodossa polacca è tornata al calendario giuliano. Nel 2015, con la benedizione del Vaticano, i cattolici di Terra Santa sono passati direttamente ai Paschalia ortodossi!

In sostanza, oggi il problema del calendario non è altro che l'eco di una tendenza che si è esaurita. Questa tendenza comportava l'assorbimento della civiltà ortodossa orientale da parte della civiltà occidentale.

Un'eco della tendenza respinta

Ma sembra proprio il contrario: questa tendenza si sta ancora oggi sviluppando con successo.

Da un lato, si sta evolvendo perché non è ancora stata fermata. D'altra parte, si è esaurita ideologicamente. Secondo tale ideologia, il progetto bizantino e la civiltà ortodossa erano difettosi e inferiori alla civiltà occidentale.

Ma i confini di questo mondo si sono effettivamente ridotti ai confini della Russia.

Sì, questo è chiaro. Ma il mito della presunta superiorità della civiltà dell'Europa occidentale rispetto alla civiltà dell'Europa orientale è stato dissipato a livello scientifico, fondamentale e metodologico dagli stessi scienziati occidentali. È universalmente riconosciuto che la cultura dell'Europa occidentale non ha alcun vantaggio indiscusso sulla cultura bizantina dell'Europa orientale. Ma le vecchie idee sono ancora vive nell'opinione pubblica, nello spazio di informazione pubblica. Sono ancora sostenute per inerzia, ma hanno perso terreno. In questa situazione la Russia sembra essere l'unico portatore della vecchia tradizione bizantina, anche se involontariamente. E il mondo occidentale la spinge a questo.

Questo è sorprendente. Non capiamo perché l'Occidente abbia un tale atteggiamento nei nostri confronti. Ma è evidente all'Occidente che valori completamente diversi sono alla base della mentalità e della cultura russe. Come ha scritto Stefano I Báthory [2] al papa: "I cristiani ortodossi sono peggio degli ebrei". Puoi provare a riformare gli ortodossi o portarli al tuo punto di vista, ma non li cambierai mai. Gli ortodossi sono dei "buoni a nulla" per la civiltà dell'Europa occidentale. L'unica cosa che puoi fare con loro è distruggerli facendo combattere le nazioni ortodosse l'una contro l'altra.

"Credente e intrigante"

il patriarca Meletios (Metaxakis) di Costantinopoli

Recentemente è emerso che il patriarca Meletios (Metaxakis) di Costantinopoli era presumibilmente un massone. È vero?

Non è una novità. Quasi tutti i patriarchi greci di quel tempo erano massoni. Le sue attività ecclesiastiche sono molto più criminali: per esempio, è stato eletto patriarca di Costantinopoli dopo essere stato deposto dalla Chiesa di Grecia.

Come è potuto succedere e perché?

Questa storia è piuttosto complessa. Molto probabilmente si trattò di un conflitto legato al denaro. La ricca Chiesa americana era stata precedentemente sotto l'omoforio della Chiesa russa, poiché i russi furono i primi a portare l'Ortodossia nel continente americano. [3] Dopo che la Russia si ritirò dall'arena politica, i greci misero le mani su tutto il continente americano. La Chiesa di Grecia fu la prima a farlo. Nel 1918, con il sostegno del suo amico, il primo ministro greco Eleftherios Venizélos, Meletios (Metaxakis) divenne il primate della Chiesa di Grecia. Nel 1920, Venizélos si dimise e Meletios fu deposto. Quindi, trasferendosi negli Stati Uniti, fondò l'arcidiocesi d'America e, dopo essere divenuto patriarca di Costantinopoli, dichiarò che avrebbe portato l'America nella giurisdizione di Costantinopoli. In tal modo la Chiesa di Grecia perse la principale base finanziaria della diaspora greca.

Quindi era un drogato di intrighi politici o un vescovo che credeva in Dio?

Era una classica figura tardo-bizantina – credente e intrigante allo stesso tempo. Ce ne furono molti nel corso della storia bizantina. A mio modo di vedere, era una persona che credeva sinceramente in Dio, amava il suo popolo e la sua cultura, ma era assolutamente privo di scrupoli. Di fronte alla scelta tra interessi pragmatici e tradizione, sceglieva sempre i primi. Questo è il vecchio paradigma bizantino del "clero politico", che una volta portò all'Unione fiorentina e alla fine portò alla caduta del grande impero ortodosso. Alcuni membri del clero erano esicasti, mentre altri erano politici. Nella storia bizantina questi poli opposti sono spesso intrecciati e interagiscono, ma sono due paradigmi e modelli di valori diversi.

Qual era la loro prima priorità: la politica o la spiritualità?

Non possiamo dire che fossero guidati da interessi personali ed egoistici. Ma nelle loro attività politiche e ecclesiali davano la priorità a specifici valori politici che possono essere chiamati "la patria". Per i greci questo è un concetto molto ampio, perché per loro significa il ripristino dell'Impero bizantino e la glorificazione dell'identità greca. È la cosiddetta "grande idea" del panellenismo.

Tuttavia, è ironico che il loro panellenismo sia in conflitto con la Chiesa e i valori tradizionali. Il fatto è che i bizantini pensano di essere i padroni delle loro tradizioni: "Le abbiamo inventate noi e possiamo trasformarle a nostro piacimento".

Ma Bisanzio non esiste più!

Per loro Bisanzio è eterna! I patriarchi di Costantinopoli usano come bandiera l'aquila bizantina imperiale a due teste. Bisanzio è nei loro cuori. Dopotutto, era una civiltà e non solo un fenomeno statale o politico. Sono portatori di questa cultura, di questi valori e di questa civiltà. Sia che vivano in America, in Europa o in Turchia, affermano di essere rappresentanti della civiltà bizantina e non americani o turchi.

Possiamo dire che Metaxakis è caduto nell'eresia del filetismo?

Sono troppo furbi per esporsi a un'accusa formale di eresia. In effetti è difficile accusarli formalmente della glorificazione del loro etnos, della loro nazione. Il filetismo è quando una nazione afferma di essere il portatore della Chiesa, quando la nazionalità è il tratto distintivo della Chiesa. Qualsiasi greco, per esempio, utilizzerà l'espressione "la Chiesa della Grecia", ma mai "la Chiesa greca". Infatti nella Chiesa di Cristo non può esserci divisione per nazioni ma solo per regioni geografiche. Ma l'Ucraina è molto diversa, e vi prospera e fiorisce il filetismo vero e proprio.

Costantinopoli sta giocando il tutto per tutto

il patriarca Bartolomeo di Costantinopoli

Quindi, si può dire che in un certo senso l'Ucraina è diventata il campo di battaglia delle ideologie del mondo panellenico bizantino e del mondo russo, giusto?

Il conflitto ucraino non è un conflitto ecclesiastico. È un conflitto tra civiltà. Di fatto l'Ucraina di oggi è la "zona di contatto" di due enormi civiltà. Questo conflitto è estraneo alla Chiesa perché questa non conosce confini di civiltà. È libera da questo paradigma.

E la nostra è la parte giusta in questo conflitto, perché è dalla parte dei canoni e delle tradizioni. A rigor di termini, la nostra Chiesa non partecipa a questo conflitto. Il fatto che sia sotto pressione è un'altra cosa, ma l'ironia della situazione è che non deve fare nulla per vincere. Tutto quello che deve fare è resistere agli attacchi. Attualmente è sotto la pressione di Costantinopoli, "l'ucrainismo" e l'Occidente.

Quando si tratta di rispettare i canoni e sostenere le tradizioni, noi siamo nella posizione più vantaggiosa. Perché ora Costantinopoli sta giocando il tutto per tutto. Ha messo in gioco il suo destino e il suo ruolo nel mondo ortodosso.

E ha perso la faccia.

No, ora rimarrà fedele alla sua posizione fino alla fine, e noi dovremmo essere preparati a questo. E dovremmo anche essere preparati per quanto segue: a un certo punto Costantinopoli potrebbe scomparire come centro di coordinamento dell'Ortodossia dopo aver perso completamente la sua autorità morale ed ecclesiale. Quindi l'Ortodossia avrà bisogno di un nuovo centro di coordinamento.

Ma i fanarioti sono abbastanza intelligenti e devono averne considerato le conseguenze. Allora perché hanno fatto ricorso a tutto questo?

Non ne sono del tutto sicuro. Ma, a mio avviso, tutto è stato fatto come parte di un grande gioco geopolitico. Ma è molto probabile che tutto ciò sia inteso come il prologo di una grande guerra. Si è deciso di dividere o disintegrare il mondo ortodosso. Anche se sembra davvero il suicidio di Costantinopoli; poiché quando il mondo ortodosso si riprenderà dopo questo, non ci sarà più posto per "il patriarca ecumenico".

Chi combatterà in questa grande guerra?

Non importa. Ciò che conta davvero è che questa guerra sarà combattuta nei territori del mondo ortodosso. Senza dubbio, il suo obiettivo principale sarà la Russia.

La Russia è pronta per il suo ruolo futuro?

Mikhail Nesterov.  L'anima del popolo

Secondo lei, quando può iniziare questa grande guerra?

A giudicare dal fatto che hanno iniziato questo processo di disintegrazione ora, la fase più acuta della crisi potrebbe richiedere uno o due anni e qualcosa potrebbe accadere al culmine della crisi. In ogni caso, è chiaro che la decisione non è stata presa a Costantinopoli.

Ha ragione nel dire che i vescovi di Costantinopoli sono persone intelligenti e prudenti. Conoscono molto bene i canoni. Il patriarca Bartolomeo ha conseguito un dottorato in diritto canonico. E se una persona come lui scommette apertamente così tanto, significa che gli sono state date alcune garanzie (non per lui personalmente: il patriarca Bartolomeo è gravemente malato). Da vero bizantino, rappresenta gli interessi dell'intero partito ellenico. È molto probabile che gli sia stato promesso un grande premio, qualcosa di paragonabile alla restaurazione dell'Impero bizantino o al dominio greco nel mondo ortodosso. Ma significa che questo dominio sarà garantito a condizione che la Russia sia neutralizzata, disintegrata o isolata.

Quindi, ci sono piani per distruggere l'unità ortodossa.

Perché hanno fatto ricorso alla distruzione dell'unità ortodossa, se affermano di essere i suoi custodi?

Come ho detto, molto probabilmente è stato loro promesso qualcosa di molto serio — per esempio, la partecipazione a qualche progetto ecumenico epocale che sarà avviato entro i prossimi dieci anni. Dopo tutto, il progetto di unificazione di tutte le confessioni cristiane, di cui è stato recentemente celebrato il centenario, non è mai stato rimosso dall'ordine del giorno. Inoltre, i legami molto stretti tra il Patriarcato di Costantinopoli e Bartolomeo personalmente con il Vaticano dimostrano che non esiste un vero disaccordo tra loro. Per loro l'unico ostacolo è la Russia con il suo gregge potenzialmente conservatore e "reazionario", che conta molti milioni di fedeli. Una volta neutralizzato, l'integrazione diventerà reale. Dopotutto, quasi tutti gli altri cristiani ortodossi vivono nell'Unione Europea, e il loro riavvicinamento di civiltà agli europei è in pieno svolgimento.

Per il mondo ortodosso questo progetto sarà molto peggio dell'Unione di Firenze. Di conseguenza, la Russia rimarrà l'unico custode della tradizione ortodossa. La domanda è se la Russia stessa sarà pronta o meno a questo ruolo.

Note

[1] Un'altra eccezione poco nota è il minuscolo monastero di san Giovanni il Precursore a L'Aia, nei Paesi Bassi.

[2] Alla fine del XVI secolo, fu re di Polonia e granduca di Lituania e fece incursioni nei territori russi.

[3] A rigor di termini, ci furono altre manifestazioni ortodosse in America prima dell'evangelizzazione russa del territorio dell'Alaska, come l'insediamento di greci a Nea Smyrna, in Florida (la maggior parte di loro morì per malattie), e individui nelle colonie come il colonnello Phillip Ludwell III. Tuttavia, indiscutibilmente, la Chiesa russa fu la prima ad avere una presenza ecclesiastica organizzata in America e sicuramente la prima ad avere una diocesi e un vescovo ordinario.

 
Vita di san Davide del Galles

Dmitrij Lapa, il ricercatore russo anglofilo di cui abbiamo presentato sul nostro sito un quadro biografico, ci parla del santo patrono del Galles, il vescovo David, un vero esempio di rinnovatore del monachesimo del VI secolo davvero cosmopolita (il suo modello monastico erano i Padri del deserto egiziano). Presentiamo la vita del santo vescovo David nella sezione “santi” dei documenti.

 
Tecnologie di guerra ibride contro il mondo ortodosso

foto: koreni.rs

Qualcuno ha iniziato a chiedersi come mai in società tradizionali, società con una forte cultura familiare e un orientamento binario, come la Serbia e l'Ucraina, compaiano improvvisamente varie marce e letteratura LGBT? O perché a questi popoli vengano imposte strutture ecclesiastiche scismatiche e parallele, e perché queste nuove strutture abbiano una visione più "liberale" dell'umanità? Perché queste strutture sono così collegate con governi risultanti da colpi di stato, e che stanno ricevendo enormi infusioni di denaro dai paesi occidentali, principalmente dagli Stati Uniti? Un recente ospite della serie di conferenze pubbliche "Krapivenskij 4" ha alcune risposte interessanti.

Il 26 gennaio 2022, Slobodan Stojicević, uno dei principali specialisti dell'Istituto per gli studi strategici nazionali, autore e giornalista, ha tenuto una presentazione a una serie di conferenze accademiche pubbliche che si è svolta presso l'Università ortodossa russa di san Giovanni il Teologo a Mosca. Come parte della serie, Stojicević ha presentato il suo rapporto, "Serbia. Una guerra ibrida contro l'Ortodossia e gli scismi 'colorati'".

L'evento si è svolto con il sostegno del Centro accademico e analitico del Consiglio mondiale del popolo russo e della Scuola russa di specializzazione.

Il signor Stojicević ha osservato che il suo intervento può essere considerato in una certa misura il risultato di una ricerca condotta negli ultimi anni, in particolare la ricerca sul fenomeno della guerra in rete, che copre in parte l'influenza delle ONG americane in Serbia. Nel 2018 è stato pubblicato il libro di Stojicević La guerra in rete contro i serbi, che esamina le caratteristiche della guerra in rete contro la Chiesa ortodossa serba.

"L'attacco che viene portato contro l'Ortodossia e individualmente contro ciascuna delle Chiese locali non è spontaneo o isolato, è un'azione chiaramente pianificata". Secondo Stojicević, dopo il 2001, l'ideologia della "deradicalizzazione" (essenzialmente, la secolarizzazione) della religione è stata modellata nelle profondità dei think tank americani. Tale ideologia consiste nell'infiltrare le religioni tradizionali – cristianesimo, islam, buddismo ed ebraismo – attraverso le ONG. Ciò avviene attraverso forum civili, conferenze e la comunità accademica. Egli ritiene che lo scopo di tale intervento sia quello di influenzare le religioni del mondo per trasformarle da universali in "inclusive". "Allo stesso tempo, sono attivamente promossi i principi del postmodernismo europeo, l'ordine del giorno femminista e quello LGBT.

L'analista ha individuato diversi livelli di preparazione e di attuazione pratica di questo obiettivo. Secondo lui, "Innanzitutto si formulano l'ideologia e la direzione di un'influenza mirata sulla sfera religiosa. Segue la valutazione di questo piano da parte del Dipartimento di Stato degli Stati Uniti, l'elaborazione di un piano per ulteriori azioni e la valutazione delle opportunità disponibili. Nella fase successiva, questi piani scendono al livello delle ONG, dove sono approvati i progetti e sono determinate le aree per generose sovvenzioni", ritiene l'esperto.

"Se guardiamo questa situazione alla luce degli ultimi vent'anni, il quadro diventa completo. A prima vista, le ONG che danno una borsa di studio a un giovane teologo o sacerdote e mandano studenti a studiare in istituzioni educative protestanti europee possono sembrare gentili e persino ingenue. Tuttavia, tali azioni sono motivate politicamente e hanno obiettivi perfettamente chiari", ha affermato Stojicević.

"Spesso ci sembra che la Chiesa debba incontrare la società a metà strada ed esserle più vicina. Tuttavia, questo varia da paese a paese. Chiese diverse dovrebbero cooperare con lo Stato in vari paesi in modi diversi. Per esempio, in Russia, dove i valori tradizionali sono importanti per la società, questa cooperazione dovrebbe essere svolta in un modo completamente diverso rispetto alla Grecia", ritiene l'analista.

Slobodan Stojicević ha prestato particolare attenzione alla terza parte del suo libro intitolata "La Chiesa e la società dell'informazione", in cui cerca di spiegare ai sacerdoti i principi di come funziona il moderno campo dell'informazione e la struttura di rete delle ONG. "Volevo trasmettere ai lettori l'idea che alcuni degli scandali che si verificano intorno alla Chiesa non nascono per caso e sono il risultato delle attività delle ONG e delle ambasciate americane", crede il giornalista.

"Vedo il ruolo degli specialisti che lavorano nella sfera dell'informazione della Chiesa come il ruolo di chi cerca di attirare l'attenzione dei vescovi e del clero ortodosso sulla necessità di fornire le informazioni necessarie ai propri fedeli senza consentire a queste informazioni di manipolare la Chiesa. È importante che i problemi che sorgono nella Chiesa siano risolti a livello gerarchico. Anche con la loro ingerenza involontaria i laici possono spesso fare seri danni, mentre la missione della Chiesa è quella di guarire", ha sottolineato Slobodan Stojicević.

"Al Dipartimento di teologia in Serbia ho suggerito di preparare un seminario: 'Una cultura della sicurezza', per far apprendere ai nostri vescovi, sacerdoti e teologi le varie tecnologie delle ONG straniere ed evitare con successo manipolazioni e provocazioni. In Russia, il libro intitolato Risate, tabù e altre tecnologie umanitarie [in russo], scritto dal direttore della Scuola russa di specializzazione Vasilij Shchipkov è dedicato a questo. In futuro sarà possibile realizzare un progetto volto a confrontare l'uso delle tecnologie occidentali nelle Chiese ortodosse locali. Sono sicuro che allora sarà mostrato e dimostrato chiaramente che si tratta di azioni ostili contro l'unità ortodossa. Stiamo attraversando un periodo turbolento, ma dobbiamo essere sempre pronti a difendere noi stessi e la nostra Chiesa", ha concluso Slobodan Stojicević.

* * *

In un articolo pubblicato su Srbn.info Slobodan Stojicević entra più nel dettaglio sulla guerra ibrida in rete condotta in Serbia:

"Il teatro d'azione delle guerre in rete è una società dell'informazione 'aperta' e uno spazio dell'informazione postmoderno. Una delle fasi è la creazione di un "clima" tale che le persone non si oppongano o addirittura non partecipino ai cambiamenti dei parametri di base della società...

"Instagram può essere utilizzato per cambiare la realtà, ma anche gruppi sociali reali: ONG, movimenti, collettivi...

"Una persona prende decisioni in base alle informazioni che ha ricevuto dal mondo esterno. Vi sono filtri psicologici come l'esperienza, la comprensione del bene e del male, la moralità, la logica, i tipi di informazioni. Ma tali filtri possono anche essere neutralizzati. Sotto l'influenza delle emozioni – rabbia, forte gioia, affetto – una persona accetta informazioni e prende decisioni che in circostanze normali non prenderebbe.

"La Chiesa ortodossa serba è stata in gran parte attaccata all'esterno e all'interno, ma, sfortunatamente, non vede il pericolo. Il numero dei credenti sta diminuendo a causa della promozione di "vari tipi di spiritualità", "spiritualità domestica", attraverso la separazione dei suoi territori canonici, il discredito sull'organizzazione della Chiesa, la sua separazione dal popolo e dallo Stato e la riduzione dell'Ortodossia alla 'serbizzazione'...

"Oggi non è più un segreto che le agenzie governative americane stiano sviluppando armi cognitive basate su intelligenza artificiale e algoritmi comportamentali. In tali circostanze, una persona accetta anche informazioni che contraddicono tutto il resto.

"Internet è un ambiente ideale per condurre una guerra di rete...

"Secondo i dati ufficiali, il due per cento degli utenti di Twitter crea il sessanta per cento dei contenuti su quel social network! E il cinque per cento degli utenti ne crea fino al settantacinque per cento. I dati sono simili per altri social network.

"Chi sono quei due o cinque per cento di utenti così attivi che hanno la forza, il tempo, il denaro e altre risorse per creare tutti quei meme, stati, immagini, film, schizzi, commenti, risposte ai commenti, risposte alle risposte?"

Sarebbe molto utile far tradurre il libro del signor Stojicević. È giunto il momento per i cristiani ortodossi di imparare a usare Internet in modo più saggio. Chiamando tutti i traduttori serbi!

 
Il Fanar sta iniziando un'acquisizione ostile della Chiesa delle Terre ceche e della Slovacchia?

il metropolita Rostislav e la sua Chiesa si trovano ad affrontare la minaccia di irruzione da parte del Fanar. Foto: Unione dei giornalisti ortodossi

Perché Costantinopoli ha registrato la sua organizzazione di una sola persona all'indirizzo di un monastero ceco.

È noto da fonti aperte che il Patriarcato di Costantinopoli ha iniziato a creare una giurisdizione parallela nella Repubblica Ceca, nel territorio canonico della Chiesa ortodossa delle Terre ceche e della Slovacchia e ha registrato un "monastero" subordinato al Fanar. Per cosa stanno lottando i fanarioti e quale può essere il loro piano di acquisizione con la forza di questa Chiesa locale?

Il cristianesimo fu portato in Moravia dai santi pari agli Apostoli Cirillo e Metodio, che sono anche chiamati i fratelli moravi. Nel 869, papa Adriano II ordinò san Metodio al grado di arcivescovo di Moravia. Ciò avvenne prima della caduta della Chiesa romana, avvenuta quasi 200 anni dopo, nel 1054. Pertanto, la prima Chiesa madre per la Chiesa ortodossa delle Terre ceche e della Slovacchia fu precisamente il monastero ortodosso di Sazavska, e l'Ortodossia scomparve da queste terre per quasi 800 anni. Solo alla fine del XIX secolo apparvero chiese ortodosse nella Repubblica Ceca, che la Chiesa russa costruì per i turisti russi nelle località ceche. Apparve a Praga una comunità ortodossa ceca, guidata anch'essa da un sacerdote della Chiesa russa.

Tuttavia, tra le divergenze politiche tra Russia e Austria-Ungheria, e poi la prima guerra mondiale, le autorità austriache non registrarono questa comunità ortodossa a Praga, che legalmente apparteneva alla comunità della Chiesa ortodossa serba a Vienna. La Chiesa serba ordinò il primo vescovo per le Terre ceche e la Slovacchia, il vescovo Gorazd (Pavlik). Pertanto, la Chiesa serba divenne la seconda Chiesa madre per la Chiesa ortodossa delle Terre ceche e della Slovacchia.

Il vescovo Gorazd fece molti sforzi nella formazione della Chiesa in Cecoslovacchia, che nel periodo tra le due guerre si sviluppò abbastanza attivamente, pur essendo nella giurisdizione della Chiesa serba. Durante la seconda guerra mondiale, il vescovo Gorazd fu torturato dai nazisti e divenne il primo santo martire della Chiesa della Cecoslovacchia.

Allo stesso tempo, invece di sostenere il lavoro di san Gorazd, il Patriarcato di Costantinopoli cercò di creare una giurisdizione parallela e nel 1923 istituì la sua Chiesa ortodossa autonoma nella Repubblica Ceca e in Moravia e ordinò il vescovo Savvatij (Vrabets) per guidarla. Tuttavia, i credenti lo respinsero e rimasero fedeli al vescovo Gorazd. Il vescovo Savvatij si ritirò, mentre la Chiesa autonoma di Costantinopoli rimase sulla carta.

Durante la seconda guerra mondiale, la Chiesa cecoslovacca fu liquidata dai nazisti e rianimò dopo la vittoria ma già nella giurisdizione della Chiesa ortodossa russa. A differenza del Fanar, la Chiesa ortodossa russa non fece finta di governare questa Chiesa e nel 1951 le concesse la piena autocefalia, diventando così la terza Chiesa madre per la Chiesa ortodossa delle Terre ceche e della Slovacchia.

Un atto firmato dal patriarca Aleksij (Simanskij) recitava quanto segue: "La Chiesa ortodossa russa, rappresentata dal patriarca Alessio di Mosca e di tutta la Rus' e l'intero santo Concilio dei vescovi, in considerazione della petizione del Concilio ecclesiale della Chiesa ortodossa in Cecoslovacchia, concede l'autocefalia a questa Chiesa, ex Esarcato del Patriarcato di Mosca. La Chiesa ortodossa russa con un solo cuore prega il Pastore celeste, il nostro Capo, il Signore Gesù Cristo, affinché invii la sua divina benedizione alla sorella più giovane della famiglia delle Chiese autocefale ortodosse, la Chiesa della Cecoslovacchia, e la incoroni di gloria eterna".

È interessante notare che questo è il testo completo dell'atto.

Costantinopoli si rifiutò categoricamente di riconoscere l'autocefalia, sostenendo che i santi Cirillo e Metodio vennero in Moravia da Costantinopoli, e che quindi questa era il suo territorio canonico. Il Fanar non era per nulla imbarazzato dal fatto che Metodio fu ordinato vescovo di Moravia a Roma e che per quasi 800 anni non vi fu affatto alcuna ortodossia in queste terre.

Ma anche senza il riconoscimento di Costantinopoli, la Chiesa ortodossa delle Terre ceche e della Slovacchia si stava sviluppando con successo e alla fine del XX secolo contava già diverse centinaia di migliaia di parrocchiani.

Nel 1998, l'attuale Patriarca di Costantinopoli, Bartolomeo, ha riconosciuto la Chiesa ortodossa delle Terre ceche e della Slovacchia pubblicandone un Tomos d'autocefalia. Questo Tomos è sorprendentemente diverso dall'atto della Chiesa ortodossa russa. Mentre tale atto non contiene alcun termine sui limiti di autocefalia, il Tomos del Fanar ne abbonda. Come nel Tomos per la "Chiesa ortodossa dell'Ucraina", l'Chiesa ortodossa delle Terre ceche e della Slovacchia ha l'obbligo di ricevere il miro da Costantinopoli, di farvi appello, di coordinare tutte le questioni importanti con il Fanar e di agire rigorosamente in linea con la politica estera perseguita dal Patriarcato di Costantinopoli.

La Chiesa ortodossa delle Terre ceche e della Slovacchia ha considerato il Tomos emesso dal Fanar come un semplice documento interno del Patriarcato di Costantinopoli.

Tuttavia, nel 2013, il primate della Chiesa ortodossa delle Terre ceche e della Slovacchia, il metropolita Kryštof (Pulec), è stato costretto a ritirarsi a causa della comparsa di pubblicazioni che gettavano un'ombra sul suo carattere morale. Le pubblicazioni, come è stato stabilito in seguito, si sono rivelate diffamatorie, ma ciò ha permesso al Fanar di intervenire negli affari della Chiesa ortodossa delle Terre ceche e della Slovacchia.

Il 19 ottobre 2013, durante l'incontro della diocesi di Praga, che avrebbe dovuto scegliere un nuovo vescovo, il noto metropolita Emmanuel (Adamakis) di Francia si presentò dicendo che il Fanar non avrebbe riconosciuto nessuno dei candidati proposti all'incontro. Ciò ha causato confusione e la congregazione non è stata in grado di eleggere il proprio vescovo.

Nel dicembre 2013, a Praga, si è tenuto un incontro del Santo Sinodo della Chiesa ortodossa delle Terre ceche e della Slovacchia, a cui il locum tenens del capo di questa chiesa, l'arcivescovo Simeon (Jakovlevic) aveva già invitato due metropoliti di Costantinopoli – Emmanuel (Adamakis) di Francia e Arsenios (Kardamakis) di Vienna. È stato annunciato a tutti che questi vescovi avrebbero partecipato alle riunioni del Sinodo di una Chiesa straniera con un voto decisivo.

Il resto dei vescovi cecoslovacchi si è opposto risolutamente a questo e ha chiesto alla Chiesa ortodossa russa di proteggerla dalle gravi interferenze del Fanar negli affari della Chiesa ortodossa delle Terre ceche e della Slovacchia. Il metropolita Ilarion (Alfeev), capo del Dipartimento per le relazioni ecclesiastiche esterne, è arrivato a Praga. Ha negoziato con i fanarioti e ha assicurato che il Sinodo della Chiesa ortodossa delle Terre ceche e della Slovacchia avrebbe risolto i propri affari senza interferenze da parte di altre Chiese.

Il Sinodo della Chiesa ortodossa delle Terre ceche e della Slovacchia ha rimosso il locum tenens, l'arcivescovo Simeon (Yakovlevic), dall'incarico e ha nominato il metropolita Rostislav (Gont). Subito dopo il Concilio locale della Chiesa ortodossa delle Terre ceche e della Slovacchia ha eletto come primate il metropolita Rostislav, che ha ricevuto l'87% dei voti.

È facile indovinare che il Fanar non ha riconosciuto una simile elezione e ha continuato a considerare il suo protetto – l'arcivescovo Simeon – come locum tenens, provocando così una scissione nella Chiesa ortodossa delle Terre ceche e della Slovacchia.

Nel febbraio 2015, Costantinopoli ha ulteriormente aggravato questo scisma, facendo ordinare il vescovo Izaiáš (Slaninka) per la Chiesa ortodossa delle Terre ceche e della Slovacchia al fine di crearvi un "Sinodo alternativo".

Non era noto come la situazione si sarebbe sviluppata ulteriormente, ma nel 2016 il Fanar aveva urgentemente bisogno del sostegno della Chiesa ortodossa delle Terre ceche e della Slovacchia in vista del Concilio di Creta. Questo Concilio, come ricordiamo, avrebbe dovuto affermare il primato di Costantinopoli nel mondo ortodosso, assicurandogli molti poteri esclusivi, e anche aprire la strada all'unificazione con i latini, con il riconoscendo il Vaticano come una Chiesa ortodossa alla pari dell'Ortodossia.

Grazie alla Provvidenza di Dio, quattro Chiese locali non hanno partecipato a questo Concilio, che di fatto non è diventato pan-ortodosso. Ma prima di questo Concilio il patriarca Bartolomeo faceva fatica a garantire la presenza dei primati di tutte le Chiese locali e non ha avuto il tempo di combattere contro il metropolita Rostislav. Di conseguenza, il Fanar ha riconosciuto il metropolita Rostislav come capo della Chiesa, mentre la Chiesa ortodossa delle Terre ceche e della Slovacchia ha riconosciuto il Tomos di Costantinopoli del 1998 sulla sua stessa autocefalia, cosa che pone la Chiesa ortodossa delle Terre ceche e della Slovacchia in effettiva subordinazione al Fanar.

Un nuovo attacco del Fanar alla Chiesa ortodossa delle Terre ceche e della Slovacchia è seguito già nel 2019 a causa del fatto che la Chiesa cecoslovacca non ha riconosciuto la "Chiesa ortodossa dell'Ucraina" e ha dichiarato il proprio sostegno alla Chiesa ortodossa ucraina e a sua Beatitudine il metropolita Onufrij. Lo stesso giorno in cui il Fanar ha preso le sue decisioni illegali sull'Ucraina, l'11 ottobre 2018, il metropolita Rostislav ha inviato una lettera alla Chiesa ortodossa russa in cui condannava la grave ingerenza del governo ucraino nella vita interna della Chiesa ortodossa delle terre ceche e della Slovacchia e ha anche affermato che la posizione della Chiesa su questo tema rimane invariata.

"L'Ortodossia mondiale riconosce un unico capo canonico della Chiesa ortodossa ucraina – sua Beatitudine il metropolita Onufrij di Kiev e di Tutta l'Ucraina. Questo fatto è stato più volte menzionato e ribadito a nome di tutti i presenti dal santo primate della grande Chiesa di Cristo di Costantinopoli, il patriarca ecumenico Bartolomeo, alla Sinassi dei primati delle Chiese ortodosse locali, che ha avuto luogo a Chambésy (Svizzera) dal 21 al 27 gennaio del 2016. Pertanto, qualsiasi tentativo di legalizzare gli scismatici ucraini da parte delle autorità statali dovrebbe essere fortemente condannato da tutti i primati delle Chiese ortodosse locali", affermava la lettera.

E il 3 febbraio 2019, nel giorno della "intronizzazione" di Epifanij Dumenko, il metropolita Rostislav ha dichiarato quanto segue: "Di fatto, la Chiesa ortodossa ucraina esiste da secoli – dal tempo dei principi pari agli apostoli Vladimir e Olga, dal giorno del Battesimo nel Dnepr, e ha il suo primate: questi è sua Beatitudine il metropolita Onufrij di Kiev e di Tutta l'Ucraina. <...> Tra i gerarchi di alto rango ci sono quelli che hanno deciso di confutare ciò, che non hanno preso in considerazione nulla di ciò che è esistito per secoli e che hanno proclamato "metropolita di tutta l'Ucraina" questo impostore, anziché il metropolita canonico".

Naturalmente, questa posizione ha suscitato l'indignazione di Costantinopoli, che ha lanciato una nuova offensiva contro la Chiesa ortodossa delle Terre ceche e della Slovacchia. Nell'agosto 2019, il Fanar ha avviato la creazione di una giurisdizione parallela del Patriarcato di Costantinopoli nella Repubblica ceca. Nell'assemblea costituente, è stata creata la persona giuridica "Associazione sacro monastero patriarcale stavropegiale della Dormizione della santissima Theotokos (di seguito denominata Associazione)" e ne è stato adottato lo statuto.

protocollo dell'Assemblea costituente. Foto da open source

Solo tre persone hanno preso parte all'Assemblea costituente: Konstantinos Kardamakis, che è il nome al secolo del Metropolita Arsenios d'Austria (Patriarcato di Costantinopoli), il dottore in teologia Igor Slaninka, che è nome al secolo del vescovo Izaiáš, e un certo Roman Rugiko. Questi tre hanno costituito l'Associazione e ne hanno eletto il presidente – il "Dr. Konstantinos Kardamakis, nato il 31 ottobre 1973, residente al 13 Fleiskmarket, 1010 Vienna, Austria" e il suo vice – il dottore in teologia) Igor Izaiáš Slaninka, nato il 25 giugno 1980, residente a: Jana Zizky, 1116/13, 434 01 Most. "

Il 1 ottobre 2019, l'Associazione è stata registrata dal tribunale regionale della città di Ostrava.

estratto dal registro delle società del tribunale regionale di Ostrava. Foto da open source

Ciò che è degno di nota, in questo estratto alla colonna "numero di membri" è segnato 1. E la cosa più interessante è che il monastero della Dormizione della santissima Theotokos a questo indirizzo esiste già da molto tempo.

convento della Dormizione della santissima Theotokos a Vilemov, Repubblica Ceca. Foto: info.pravoslaviecz.cz

Non ci sono molte informazioni al riguardo su Internet. Ci sono alcune foto sul sito ceco "Luce dell'Ortodossia" e alcune informazioni per i pellegrini sul sito web "Alfabeto del pellegrinaggio" :

"Il monastero della Dormizione della santissima Theotokos si trova nella città di Vilemov, che si trova nella Repubblica Ceca. Durante i lunghi anni della sua esistenza, questo convento è divenuto uno dei principali centri dell'Ortodossia nella Repubblica Ceca tradizionalmente cattolica. Situato in una zona tranquilla, il monastero è divenuto un luogo di isolamento per una piccola comunità ortodossa. <...> Indirizzo: Repubblica Ceca, distretto di Olomouc, 783 22 Vilemov 159".

Che cosa abbiamo? Il Fanar crea un monastero sotto il nome di "Associazione" allo stesso indirizzo, sul sito di una comunità monastica femminile, che esiste da molti anni. Inoltre, l'Associazione stabilisce formalmente tre persone, nessuna delle quali ha a che fare con questa comunità monastica. Il numero dei membri dell'Associazione, secondo l'estratto del registro, è solo una persona. Inoltre, l'Associazione è subordinata non alla Chiesa ortodossa delle Terre ceche e della Slovacchia, cioè alla Chiesa locale nel cui territorio canonico è registrata, ma direttamente al Patriarcato di Costantinopoli.

Ecco un paragrafo dello statuto dell'Associazione sui suoi obiettivi: "L'Associazione è un'organizzazione volontaria, non governativa, senza fini di lucro di credenti ortodossi sotto la guida spirituale del Patriarcato di Costantinopoli, che riunisce difensori dello sviluppo spirituale dei cittadini ortodossi che vivono nella Repubblica Ceca e altri sostenitori della fede ortodossa per soddisfare i loro bisogni spirituali, lavorare attivamente in questo sviluppo, promuovere questo obiettivo e assicurare attività di beneficenza nel campo di quest'opera missionaria. Il compito è anche condurre una vita spirituale e liturgica, fare carità, aiutare i bisognosi e allo stesso tempo creare centri spirituali di contatto (skiti) per questo scopo. Per fare questo, il presidente dell'Associazione (abate) nomina sacerdoti che hanno ricevuto una missione canonica. Allo stesso tempo, essi prestano attenzione ai diritti dei cittadini e dei credenti ortodossi e aiutano a proteggerli e difendono i loro interessi in conformità con la Carta dei diritti e delle libertà fondamentali. Allo stesso tempo, dobbiamo garantire che nessuno inciti all'odio e all'intolleranza o sostenga la violenza e violi la costituzione e le leggi".

Sottolineiamo:

• L'Associazione è subordinata a Costantinopoli;

• L'Associazione estende le sue attività a tutti i cittadini ortodossi che vivono nella Repubblica Ceca;

• Nell'elenco stabilito dei compiti del monastero (associazione) non c'è una parola sulla vita monastica.

Ciò significa che sotto le spoglie di un monastero, verrà istituita una giurisdizione parallela, che si espanderà in tutta la Repubblica Ceca e che, eventualmente, si diffonderà in Slovacchia.

Il fatto che l'Associazione sia controllata da un vescovo che vive in Austria dice due cose. In primo luogo, l'Associazione non attirerà "i cercatori della vita monastica", ma intere parrocchie con clero, laici, chiese e proprietà ecclesiastiche. Come mostrano i recenti sviluppi, il Fanar ha perfettamente padroneggiato l'arte del "cacciatore di teste" clericali nella sua giurisdizione usando ricatti, minacce, incentivi finanziari, pressioni politiche e di altro genere, ecc. In secondo luogo, se non ci sono così tante persone che vogliono trasferirsi dalla Chiesa ortodossa delle Terre ceche e della Slovacchia alla giurisdizione del Fanar, non saranno attratti solo i sacerdoti cechi o slovacchi, ma anche il clero fedele al Fanar da altri paesi.

Quando i membri dell'Associazione saranno significativamente più di una persona, il Fanar sarà in grado di effettuare un colpo di stato nella Chiesa ortodossa delle Terre ceche e della Slovacchia, portando al potere la sua gente (lo stesso Igor-Izaiáš Slaninka), o persino trasferire la Chiesa ortodossa delle Terre ceche e della Slovacchia nella sua giurisdizione, eliminandone l'autocefalia. Una Chiesa ortodossa delle Terre ceche e della Slovacchia così rinnovata (o abolita) riconoscerà sicuramente la "Chiesa ortodossa dell'Ucraina".

Il tempo dirà se questi piani sono destinati a diventare realtà, eppure non abbiamo altra scelta che pregare per il metropolita Rostislav. primate della Chiesa delle Terre ceche e della Slovacchia, e augurare ai vescovi fedeli della sua Chiesa la stessa resistenza e coraggio di sua Beatitudine il metropolita Onufrij di Kiev e di Tutta l'Ucraina.

 
Crisi in Ucraina: Quali frontiere per le Chiese ortodosse?
Luigi Sandri (nella foto), un vaticanista che ha studiato al Russicum, ed è stato corrispondente dell'ANSA da Mosca, pubblica su Adista On Line del 14 marzo un articolo sulla situazione religiosa in Ucraina (passato, presente e possibile futuro) incentrato in modo speciale sugli ortodossi, con dati oggettivi e con commenti e ipotesi in larga parte condivisibili. Vale il tempo di una lettura attenta.
 
Le donne che sono andate clandestinamente sul Monte Athos

Il Monte Santo, dominio della santa Theotokos, ha avuto per molti secoli una rigida regola contro l'ammissione delle donne. Talvolta la regola si è applicata alle femmine di varie specie animali. Le donne non possono avvicinarsi a meno di 500 metri dalla costa del Monte Santo. Ci sono stati tuttavia diversi casi documentati di sconfinamenti di donne sul Monte Athos.

Cause delle restrizioni

Il monte Athos è un territorio riservato al pentimento e alle grandi imprese ascetiche. In un certo senso, il Monte Athos vive come un grande monastero, cosa che lo rende distinto da qualsiasi altro singolo monastero. Rifiutare l'ammissione alle donne è il modo più semplice per far rispettare ai monaci la regola del celibato. La santissima Theotokos è onorata come l'igumena (badessa) della Montagna Santa, la sua unica donna ospite e l'unica donna che può calpestare questo luogo santo. Ma il divieto di visita alle donne non è diventato la regola all'arrivo della Vergine Maria in questa penisola greca: è entrato in vigore secoli dopo.

Anche se il suo primo eremita, il venerabile Pietro del Monte Athos, non si stabilì qui fino al VII secolo e il suo primo monastero fu fondato solo nel X, le donne smisero di visitare la zona già nel V secolo. Secondo una leggenda, Galla Placidia, figlia dell'imperatore bizantino Teodosio il Grande, visitò il Monte Santo nel 422. Venne a venerare i luoghi santi e le reliquie, ma mentre si avvicinava a una chiesa, udì la voce della Santa Vergine che le ordinava lasciare immediatamente la zona. "D'ora in poi, nessuna donna metterà piede sulla terra del Monte Santo", dichiarò la Santissima Theotokos. Si ritiene che da quel momento sia esistita la restrizione di accesso ("Avaton" in greco), che impedisce l'ingresso delle donne sul Monte Athos. I monaci hanno sostenuto questa tradizione per oltre un millennio. Per un certo periodo il divieto si applicò anche alle specie animali di sesso femminile, quindi i monaci athoniti dovettero procurarsi tutti i cibi animali, anche le uova, all'esterno. Alla fine, i divieti sono stati revocati per le galline, le gatte e gli animali selvatici e gli uccelli la cui migrazione era difficile da controllare.

una donna tra i monaci del Monte Athos

(prototipo dell'immagine della Madre di Dio dipinta a luce, monastero di San Panteleimon, 1903)

Le donne che sono entrate al Monte Athos

Non esiste una legge che non possa essere infranta. Sono state documentate diverse decine di incidenti di donne che hanno infranto la regola che vieta la loro presenza sul Monte Athos.

Alcune delle donne erano di nobile nascita. Elena, moglie del re serbo Stefano IV Dushan è una di queste. Durante un'epidemia di peste in Serbia nel 1347, i reali cercarono rifugio sul Monte Athos, sul quale avevano la sovranità.

Elena e il re Stefano IV Dushan di Serbia

Dopo la caduta di Costantinopoli, la vedova del sultano turco Murad II Maria Brankovich, cristiana, venne a consegnare al monastero di San Paolo una parte dei doni portati dai Magi al Cristo bambino. Secondo la leggenda, la reale intendeva portare lei stessa le reliquie nel monastero, ma appena vi entrò sentì la voce di un angelo di Dio. L'angelo le disse di non procedere oltre e di tornare alla sua barca. Immediatamente, Maria cadde in ginocchio pentita. I monaci la videro e lei porse loro i doni. In quel luogo oggi si trovano una croce e una cappella. Il monastero di San Paolo ha conservato fino ad oggi i doni, che continuano a emettere profumo.

i doni dei Magi

A volte, persone di entrambi i sessi hanno cercato sul Monte Athos un rifugio dalle persecuzioni politiche. Nel 1081 e nel 1108 diverse centinaia di pastori violarono la restrizione di accesso al Monte Athos. Nel 1770, centinaia di persone, tra cui donne e bambini, giunsero sul Monte Athos sulla scia della rivolta di Orlov contro i turchi. Nel 1821 numerosi profughi si rifugiarono sul Monte Athos al tempo della rivoluzione contro i turchi e nel 1854 una schiera di giovani donne vi trovò rifugio dopo la rivolta di Halkidiki. Nel 1944, un gruppo di donne in fuga dalla persecuzione tedesca chiese asilo ai monaci del monastero di Esphigmenou. Durante la guerra civile greca, un gruppo di uomini e donne armati dell'Esercito Democratico della Grecia, in fuga dall'esercito greco, ruppe il cordone ed entrò nel Monte Santo. Eugenia Pegiu, diciassettenne, era nel gruppo. In una successiva intervista ai media, ammise: "Ho peccato. Ero insensibile per la paura. Sono arrivata con il gruppo al monastero di Iviron. I monaci si rifiutarono di aprire il cancello. Uno dei combattenti scavalcò il muro e aprì il cancello dall'interno. Io non sono entrata. Ho aspettato fuori con una pistola in mano".

Eppure, in alcune delle più oltraggiose violazioni delle restrizioni di accesso, il motivo fu una curiosità peccaminosa. Le intruse indossarono abiti maschili ed entrarono sul Monte Athos vestite da uomini.

Aliki Diplarakou

Nel 1930 accadde un incidente altamente pubblico, che coinvolse la vincitrice del concorso Miss Europa. Aliki Diplarakou, 18 anni, figlia di un avvocato di successo, entrò nella Montagna Santa vestita da uomo sulla barca di un ricco uomo d'affari. Visitò i monasteri del Monte Athos senza che nessuno facesse domande. Alla fine, la sua visita divenne pubblica e provocò un putiferio. Aliki contrasse una grave malattia e si recò in Svizzera per farsi curare. Dio non le inviò la guarigione finché non si pentì e si scusò per iscritto con i monaci del Monte Santo. Scrisse: "Ora ho visto, e sono fermamente convinta che questa sia stata la mia punizione da parte della santissima Theotokos per essere stata irrispettosa nei suoi confronti. Per essere una donna istruita, ho agito in modo inappropriato, cosa che mi dispiace. Mi pento incessantemente della mia azione e prego la santissima Theotokos di concedermi il suo perdono. Chiedo scusa a voi, venerabili padri, per aver gravato il mio cuore di questo peccato". Donò al Sacro Monte 5000 dracme e chiese ai monaci di pregare per la sua salute alla Liturgia. Il Signore e i monaci athoniti accettarono le sue scuse. Aliki guarì e visse fino a novant'anni.

Contemporaneamente, Maryse Choisy, giornalista francese, pubblicò un libro intitolato "Un mese tra gli uomini". Nella sua descrizione del libro, riportò la sua esperienza di un mese trascorso sul Monte Athos, travestita da marinaio.

La trasgressione di un'altra donna, Maria Pimenidou della Grecia, divenne una cause célèbre. Vestita da uomo, rimase tre giorni sul Monte Athos.

L'incidente innescò una legge che vietava alle donne di accedere al Monte Athos. La violazione era punibile con la reclusione da due a dodici mesi. Peggio ancora, anche i trasgressori di questa regola del Monte Athos provocano su di sé l'ira di Dio di proporzioni sconosciute.

Vari monasteri del Monte Santo conservano le reliquie di sante donne: la giusta Anna, Madre della santa Vergine (parte del suo piede sinistro incorrotto); la santa martire Marina (mano destra); la grande martire Anastasia, Liberatrice dai veleni, la vergine e martire Pelagia (parti della sua testa incorrotta); l'isapostola Maria Maddalena (parti della mano sinistra e del piede); la martire Eudocia e la grande martire Barbara (parti delle loro mani); la venerabile Macrina, la santa vergine e martire Parasceva di Roma (parti delle reliquie).

Oggi le reliquie del Monte Athos sono accessibili a tutti, uomini e donne. I monaci athoniti le portano sulle barche e officiano servizi di preghiera per i pellegrini. Su Internet sono disponibili anche dei tour online in diverse località del Monte Athos. Alcuni anziani del Monte Athos sono disponibili a parlare con i visitatori in un'area libera dalle restrizioni. Non c'è bisogno che nessuna donna si prenda su di sé il peccato di sconfinare sul Monte Athos per curiosità. Il Signore, la santa Vergine e tutti i santi sono ugualmente accessibili a ogni uomo e donna. Dobbiamo solo tenere aperti i nostri cuori e le nostre menti.

 
Il monarca ecumenico

Il vescovo di Istanbul (la città, o meglio, l'area che una volta era la capitale della "ecumene", che significa la terra abitata) è curiosamente persistente nel definirsi "ecumenico", come se Istanbul fosse ancora la capitale dell'Impero bizantino o, addirittura, dell'Impero ottomano. Dato che non lo è, il suo status dovrebbe tornare a quello di un vescovo vicario, com'era prima che san Costantino il Grande spostasse la capitale dell'Impero romano nel 330 d.C. laddove un tempo si trovava la città di Bisanzio. Curiosamente, l'Ortodossia mondiale continua a conferire all'occupante della capitale del mondo di una volta lo stesso titolo onorifico di "patriarca ecumenico". Non è più il patriarca ecumenico, e tutti lo sanno, tranne l'occupante della cattedra, che continua a vivere nelle glorie del passato.

Il patriarca Bartolomeo parla e agisce come se fosse il monarca assoluto dell'Ortodossia mondiale – e ancor più. I suoi fratelli vescovi l'hanno tollerato e l'hanno accettato, honoris causa, come capo di una delle 14 Chiese autocefale e "primo fra pari" – sempre inteso come primo in onore. Ma non è soddisfatto di questo titolo onorifico. Anche se solo poche migliaia di fedeli vivono nel territorio storico del suo patriarcato, rivendica l'intero universo come sua giurisdizione. Ha convinto la Chiesa di Grecia a cedergli tutte le sue chiese all'estero, e chiede lo stesso a tutte le giurisdizioni, come se appartenessero canonicamente a lui.

Vediamo su quali basi il vescovo di Istanbul, precedentemente Costantinopoli, giustifica i suoi privilegi ereditati. Il secondo Concilio ecumenico (381) nel suo Canone 3 elevò lo status del vescovo della capitale dell'Impero romano:

"Che il vescovo di Costantinopoli abbia i privilegi d'onore (τὰ πρεσβεῖα τῆς τιμῆς) dopo il vescovo di Roma, perché è la Nuova Roma". [1]

Il quarto Concilio ecumenico di Calcedonia (451) ha confermato nel suo Canone 28 che,

"Poiché al trono della Vecchia Roma furono concessi i privilegi a causa dell'essere la capitale imperiale, così anche la santissima Chiesa di Costantinopoli ha gli stessi privilegi (τὰ ἶσα πρεσβεῖα) a causa dell'essere la sede dell'Impero, e la seconda dopo di lei". [2]

Questi privilegi furono nuovamente ribaditi nel 692 dal Canone 36 del Concilio Quinisesto. Una cosa è chiara: la sede di Costantinopoli fu elevata alla sua posizione elevata a causa della capitale dell'Impero. Tutto chiaro? Non per il patriarca ecumenico!

Ci aiuterà a comprendere il suo pensiero se consideriamo quanto segue: papa Leone, che era vescovo di Roma al tempo del IV Concilio ecumenico, non accettò il suo Canone 28. Perché? Perché, seguendo i suoi predecessori, non basava il primato del vescovo di Roma sull'essere vescovo della capitale dell'Impero, ma sull'essere il successore di Pietro, il fondatore della Chiesa di Roma, che fu il primo tra gli Apostoli. I papi non si sono mai visti come i primi in onore, ma come i primi in assoluto. Lo sappiamo tutti. Ma che dire dell'occupante del "trono" della Nuova Roma? Come può giustificare i privilegi speciali dell'antica capitale dell'Impero bizantino? Lasciamo questo compito al suo orgoglio, il nuovo arcivescovo Elpidophoros d'America. In uno studio che ha scritto nel 2014, intitolato "Primo senza eguali: una risposta al testo del patriarcato di Mosca sul primato" ha dichiarato:

Nella lunga storia della Chiesa, il vescovo che presiedeva sulla Chiesa universale era il vescovo di Roma. Dopo la rottura della comunione eucaristica con Roma, canonicamente il vescovo che presiede sulla Chiesa ortodossa è l'arcivescovo di Costantinopoli.

Il patriarca ecumenico, secondo i canoni, era uguale al vescovo della vecchia Roma. Ma dal Grande Scisma (1054) prese il posto del papa, ereditando tutti i suoi privilegi, e ciò lo lasciò sine paribus, senza eguali! Tutto qui. Non una parola sull'insegnamento errato della Chiesa romana sul primato del papa, che fu la causa principale del Grande Scisma!

Ma questo non era abbastanza. Il patriarca ecumenico ha dovuto giustificare il suo primato assoluto non solo storicamente, ma teologicamente. E lo ha fatto, sempre con l'aiuto di Elpidophoros. Nel 2014 questi ha scritto uno studio intitolato "Primo senza eguali: una risposta al testo sul primato del patriarcato di Mosca". [3] In esso contrasta una dichiarazione del Sinodo del Patriarcato di Mosca intitolata "la posizione del Patriarcato di Mosca sul problema del primato nella Chiesa universale". [4] Il suo stesso studio è senza eguali! Sostiene che come Dio Padre è il primo tra le tre persone della santissima Trinità, un vescovo deve dunque essere il primo tra i Vescovi. Pertanto il suo primato non è onorifico ma assoluto.

Questa posizione non era del tutto nuova. L'aveva affrontata il 16 marzo 2009 in una conferenza che aveva tenuto alla cappella della Holy Cross Theological School di Boston, quando era archimandrita e segretario capo del Santo e Sacro Sinodo, dal titolo: "Le sfide dell'Ortodossia in America e il ruolo del Patriarcato ecumenico". In essa aveva affermato:

Il rifiuto di riconoscere il primato all'interno della Chiesa ortodossa, un primato che necessariamente non può che essere incarnato da un primus (cioè da un vescovo che ha la prerogativa di essere il primo tra i suoi compagni vescovi) non è altro che un'eresia. Non si può accettare, come spesso si dice, che l'unità tra le Chiese ortodosse sia salvaguardata da una norma comune di fede e di culto o dal Concilio ecumenico come istituzione. Entrambi questi fattori sono impersonali, mentre nella nostra teologia ortodossa il principio dell'unità è sempre una persona. In effetti, a livello della santissima Trinità il principio dell'unità non è l'essenza divina ma la persona del Padre ("monarchia" del Padre), a livello ecclesiologico della Chiesa locale il principio dell'unità non è il presbiterio o il culto comune dei cristiani ma la persona del vescovo, quindi anche a livello pan-ortodosso il principio dell'unità non può essere un'idea né un'istituzione, ma deve essere, se dobbiamo essere coerenti con la nostra teologia, una persona. [5]

Come vediamo, i privilegi speciali del patriarca ecumenico non sono più basati sui Canoni della Chiesa, ma su questa nuova teoria. Nel suo zelo per elevare il primato universale del patriarca ecumenico, lo ha portato a nuove altezze. Tenta di sostenerlo su base teologica, ricorrendo a un argomento cattolico romano chiamato analogia entis (analogia dell'essere). C'è un'analogia, o corrispondenza, afferma, tra il patriarca ecumenico e Dio Padre! Come Dio Padre è l'origine delle altre due persone divine ("monarchia" del Padre), così la fonte di unità tra i primati della Chiesa è una persona, non un sinodo. Quella persona è il patriarca ecumenico!

Tuttavia, secondo i Padri della Chiesa, non ci è permesso trarre conclusioni da ciò che sappiamo di Dio all'ordine delle cose create e dalle relazioni delle Persone divine alle relazioni tra gli esseri umani. Le relazioni personali divine non possono e non devono riflettersi nella struttura amministrativa della Chiesa. Il Canone apostolico 34 presenta l'armonia che dovrebbe esistere tra il primo in onore e i molti, sempre agendo in modo consensuale e cooperativo, cosa che la maggior parte dei vescovi tende ad ignorare. [6]

In quella che potrebbe essere l'ultima dichiarazione ortodossa di un patriarca ecumenico, la Dichiarazione emessa dal patriarca Anthimos VII e dal suo Sinodo nell'agosto 1895, critica l'enciclica XIII di papa Leone Praeclara gratulationis publicae (Sulla riunione della cristianità):

...tale era l'antica politica della Chiesa; e i vescovi erano indipendenti l'uno dall'altro e completamente liberi, ciascuno all'interno dei propri confini, obbedendo solo agli ordini sinodali e sedendosi uguali tra loro nei sinodi; e nessuno di loro rivendicava diritti monarchici sull'intera Chiesa; se mai alcuni vescovi di Roma hanno sollevato richieste arroganti di un assolutismo sconosciuto alla Chiesa, sono stati controllati e disciplinati in modo appropriato". [7]

Il "papa d'Oriente" deve essere controllato e disciplinato in modo appropriato, quando, come abbiamo sottolineato, agisce e si comporta come un monarca assoluto senza eguali. Vediamo che, per sua personale volontà (motu proprio), in qualità di papa d'Oriente, il patriarca Bartolomeo ha spazzato via i capi delle altre Chiese autocefale, entrando in comunione con vescovi scismatici e anatematizzati, concedendo loro persino l'autocefalia e formando una Chiesa riconosciuta solo da altre due Chiese autocefale. Se questo stato persiste e non cambia rotta, il papa della Nuova Roma potrebbe trovarsi tagliato fuori dalla comunione della Chiesa ortodossa, come lo fu il papa della Vecchia Roma.

Note

[1] Rudder (Pedalion), p. 210.

[2] Oecumenical Councils, p. 271

[3] A quel tempo era metropolita di Bursa (Prousa in greco) e "abate" del "monastero" della santa Trinità a Halki. È stato elevato ad arcivescovo d'America il 22 giugno 2019. Lo studio è sul sito web del Patriarcato ecumenico, qui.

[4] Pubblicato il 26 dicembre 2013 dal Dipartimento delle relazioni ecclesiastiche esterne della Chiesa ortodossa russa sul suo sito web ufficiale, mospat.ru.

[5] http://fanarion.blogspot.com/2019/05/blog-post_12.html#more

[6] Cinque accesi oppositori della teoria filosofica della analogia entis che giustifica il patriarca ecumenico come primus sine paribus sono il metropolita Hierotheos (Vlahos) di Nafpaktos, il metropolita Ilarion di Volokolamsk, il vescovo Irenei (Steenberg) ("Primato e identità: una risposta a 'Primus sine paribus' e alla tragedia di un'ecclesiologia difettosa", 2018), il protopresbitero Angelos Angelakopoulos ("Elpidophoric ecumenistic drivels", 6 dicembre 2018: https://www.katanixis.gr/2018/06/blog-post_96.html) e lo ieromonaco Chrysostomos Koutloumousianos (The One and the Three, Nature, Person and Triadic Monarchy in the Greek and Irish Patristic Tradition, Cambridge, 2015). In tempi più recenti sono apparsi due articoli che condannano quest'insegnamento: "Nella Chiesa non c'è alcun 'primo', vostra Eminenza" (in greco), di Vasilis Kermeniotis, pubblicato il 20 marzo 2017: http://aktines.blogspot.gr/2017/03/blog-post_985.html#more; e "Povero patriarcato, com'è che alcuni ti hanno portato a questo stato fin dai tempi di Atenagora e oltre?" (anche questo in greco), del dr. Lykourgos Nanis, del 9 settembre 2017: http://aktines.blogspot.gr/2017/09/blog-post_75.html#more. A questi aggiungiamo il brillante studio teologico di sua Grazia il vescovo Irenei (Steenberg), "Christ and the Church: Responding to Contemporary Currents in 'Trinitarian Ecclesiology'," apparso ieri. Il vescovo Irenei rifiuta la "ecclesiologia trinitaria" come "applicazione erronea delle relazioni della Trinità alle strutture di autorità della Chiesa", e in particolare che il primato che Dio Padre detiene nella Trinità è incarnato nella persona del patriarca ecumenico! Sostiene correttamente che la Chiesa è il corpo di Cristo, non il corpo della santissima Trinità. Affermare che il patriarca ecumenico trae il suo primato dal modello della santissima Trinità è del tutto eretico e deve essere condannato, insieme ai suoi promotori.

[7] "The Ukrainian Offense, Reason For Schism!", del protopresbitero Vasilios Voloudakis, 6 novembre 2019, l.

Padre Emmanuel Hatzidakis è un parroco ortodosso in Florida, nonché curatore del sito Orthodox Witness (www.oerthodoxwitness.org) e di numerose iniziative di evangelismo ortodosso. Da studente, a Roma, si convertì al cattolicesimo romano degli anni del Concilio vaticano II, e rientrò nella Chiesa ortodossa grazie all'insegnamento e all'esempio dell'archimandrita (poi vescovo) Maximos (Aghiorgoussis). Quest'esperienza lo ha reso da una parte molto attento alle formulazioni dogmatiche della fede, e dall'altra aperto all'esperienza comune cristiana dell'evangelizzazione.

 
Domenica dell'Ortodossia a Como

Riceviamo da padre Alexei Cărpineanu le foto della celebrazione della Domenica del trionfo dell'Ortodossia in quella che rappresenta un'occasione storica per la parrocchia ortodossa dei santi Pietro e Paolo a Como: la prima Liturgia nella nuova chiesa appena assegnata alla comunità parrocchiale. Da come si può vedere, la chiesa è straordinariamente adatta alla processione che abitualmente si tiene nella prima domenica di Quaresima. I nostri auguri a padre Alexei e a tutti i parrocchiani!

 

 
Concordato con il Vaticano in Ucraina: cause e conseguenze

i cattolici (Chiesa cattolica romana e Chiesa greco-cattolica ucraina) potrebbero diventare la confessione dominante in Ucraina. Foto: Unione dei giornalisti ortodossi

Le autorità ucraine intendono firmare un accordo con il Vaticano, che riconoscerà diritti speciali a cattolici romani e uniati. Cosa c'è dietro il documento e cosa possono aspettarsi gli ortodossi?

Il 9 febbraio 2022 è stata pubblicata su Internet una bozza di concordato (accordo) tra Ucraina e Vaticano, che regola lo status giuridico dei cattolici nel nostro paese.

Se il documento sarà firmato ufficialmente, metterà le Chiese cattolica romana e greco-cattolica dell'Ucraina in una posizione speciale, poiché il nostro stato non ha alcun concordato con altre chiese e denominazioni cristiane.

È chiaro che ciascuna delle parti vede il concordato in termini di vantaggi e auspica determinate preferenze. Quali? Scopriamolo.

Risuscitare lo slogan "Armovir" (esercito-lingua-fede)?

Prima delle elezioni presidenziali, Vladimir Zelenskij ha sottolineato il suo atteggiamento neutrale nei confronti delle questioni religiose in Ucraina. Come presidente del paese, è rimasto a lungo fedele alla sua posizione – di non interferire negli affari della Chiesa.

Tuttavia, dopo qualche tempo, Zelenskij ha iniziato a cambiare la sua politica religiosa. Probabilmente sullo sfondo del calo del sostegno popolare, o forse dopo consultazioni con "esperti", il presidente si è impegnato a stare a stretto contatto sia con il Fanar che con il Vaticano. Vero, però, che non partecipa ancora (come Poroshenko) ai servizi di una particolare denominazione, ma non c'è più la neutralità che era solito dichiarare.

Una cosa è certa: la denominazione preferita di Zelenskij non è sicuramente la Chiesa ortodossa ucraina. Che cosa sceglierà – i cattolici (di cui fanno parte anche gli uniati) o la "Chiesa ortodossa dell'Ucraina" – questo è il problema. Ora ci sono segnali che questa scelta non sarà a favore della struttura religiosa di Dumenko, visto il possibile concordato con il Vaticano.

In primo luogo, Zelenskij sa che durante le elezioni presidenziali la "Chiesa ortodossa dell'Ucraina" è stata molto attiva nel sostenere Poroshenko, e alcuni dei suoi rappresentanti parlano ancora in modo sprezzante sia di Zelenskij che della sua squadra. Non ci si deve aspettare che la loro retorica aggressiva nei confronti del "Servo del popolo" cambi. Non cambierà. Ciò significa che non ci sarà supporto da parte della "Chiesa ortodossa dell'Ucraina" nelle prossime elezioni .

In secondo luogo, a Zelenskij è stato probabilmente detto che firmando il concordato sarebbe stato in grado di attirare dalla sua parte gli elettori dell'Ucraina occidentale, che, nella stragrande maggioranza, rappresentano la Chiesa greco-cattolica ucraina e la Chiesa cattolica romana. Sì, prima erano nel campo di Poroshenko, ma l'abbraccio di Zelenskij con il Vaticano può cambiare tutto ora.

Terzo, l'accordo con il Vaticano suona non solo "più carino", ma sembra anche più "europeo" del Tomos turco-ucraino. Darà quindi agli elettori una chiara comprensione del fatto che l'Ucraina si sta muovendo con fiducia verso un "luminoso futuro europeo".

In quarto luogo, se il capo dello Stato firmerà un accordo con la Santa Sede, avrà il diritto di contare sul sostegno visibile del Vaticano.

D'altra parte, si deve pagare per un sostegno, e apparentemente la tariffa è già stata fissata.

Com'è che l'Ucraina pagherà il Vaticano?

Nella bozza del concordato, le preferenze che riceveranno i cattolici e gli uniati ucraini sono esplicitate in modo abbastanza chiaro.

Gli edifici religiosi della Chiesa cattolica devono essere restaurati a spese del bilancio statale. Le istituzioni educative cattoliche saranno finanziate dal bilancio dell'Ucraina.

Un certificato di matrimonio emesso dopo una cerimonia nella Chiesa cattolica o greco-cattolica è equiparato a un certificato di matrimonio secolare (altre denominazioni sono private di tale privilegio – secondo la parte 3 dell'articolo 21 del Codice della famiglia dell'Ucraina).

La cappellania militare nel territorio dell'Ucraina sarà svolta da un vescovo militare approvato dalla Santa Sede.

Ma l'interesse principale della Chiesa cattolica romana è l'articolo 14 del futuro documento, che prescrive di "negoziare una decisione accettabile per le parti, in merito ai beni confiscati dalle autorità sovietiche alla Chiesa cattolica". In poche parole, lo stato darà agli uniati e ai cattolici tutte le proprietà sequestrate dal governo sovietico.

Dato che non esiste ancora una legge sulla restituzione in Ucraina, questo articolo potrebbe causare seri problemi interreligiosi, poiché la Chiesa cattolica romana rivendica già una serie di strutture nel paese. Parliamo anche di santuari appartenenti alla Chiesa ortodossa. Per esempio, gli uniati hanno ripetutamente rivendicato i loro diritti sulla Lavra di Pochaev. Naturalmente, queste affermazioni sono del tutto infondate, ma la loro recente intensificazione non è casuale.

Comunque sia, anche da questa breve panoramica di alcune disposizioni del documento di sei pagine, è ovvio che la firma del concordato rafforzerà notevolmente la posizione di cattolici e uniati in Ucraina. In tutto il paese potranno agire come fanno ora nell'ovest del paese, in modo sfacciatamente indipendentemente dalle norme democratiche e dai diritti delle altre confessioni religiose. In questo senso, dobbiamo ricordare che gli uniati si preoccupano di sembrare "europei" solo dove sono in minoranza. Altrimenti assumono un aspetto diverso, come dimostrato da Kolomyia, Zolochiv o Ivano-Frankivsk.

In altre parole, il concordato rafforzerà in modo significativo la posizione dei cattolici (uniati) nella loro lotta contro l'Ortodossia.

Ecumenismo e Drang nach Osten

Tuttavia, il concordato è necessario a cattolici e greco-cattolici non solo per assicurarsi diritti speciali in Ucraina, ma anche per continuare il loro "avanzamento verso Oriente" in quelle regioni del Paese dove storicamente non sono mai stati.

Già nel 2016, nel suo sermone in occasione della Pentecoste, il capo degli uniati ucraini Svjatoslav Shevchuk affermava la necessità di "avanzare" nell'Ucraina orientale, che, a suo avviso, attende l'arrivo dei "cristiani credenti". Secondo Shevchuk, questa intenzione è stata approvata personalmente da papa Francesco e dal cardinale Pietro Parolin.

La posizione di Shevchuk è stata riaffermata e rafforzata da Andrej Jurash, il nuovo ambasciatore dell'Ucraina in Vaticano. Secondo lui, la Sede apostolica ha bisogno del nostro paese per svolgere la sua missione in tutta l'Europa orientale: "Sono convinto che l'Ucraina non farà a meno di contatti, comunicazione, interazione, scambio regolare di messaggi, epistole spirituali con il Vaticano".

In altre parole, la cattolicizzazione dell'Europa orientale, compresi alcuni territori della Russia, è impossibile senza l'Ucraina.

La firma del concordato aiuterà anche il Vaticano a coinvolgere più attivamente l'Ucraina nello sviluppo delle relazioni ecumeniche con il Fanar. In questo senso, le posizioni di comando dovranno essere assunte dagli uniati ucraini. Secondo Svjatoslav Shevchuk, "il prossimo passo (dopo l'istituzione della "Chiesa ortodossa dell'Ucraina", ndc) è il dialogo ecumenico tra la Chiesa greco-cattolica ucraina e l'ortodossia ucraina unita nella direzione del ripristino dell'unità originaria di questa Chiesa". Mentre i primi sostenitori della "Chiesa ortodossa dell'Ucraina" affermavano che i greco-cattolici si sarebbero uniti alla chiesa appena formata , in seguito divenne chiaro che Dumenko e la sua struttura giocavano un ruolo secondario nel movimento ecumenico. Tutto è deciso dal Vaticano e dal Fanar.

Allo stesso tempo, la firma del concordato priverà la "Chiesa ortodossa dell'Ucraina" non solo dell'iniziativa in materia di unione con i cattolici, ma anche dello status di "Chiesa di Stato", a cui questa struttura ora si associa. Dopo l'accordo tra il Vaticano e l'Ucraina, saranno gli uniati che assumeranno le attuali funzioni della "Chiesa ortodossa dell'Ucraina" nei rapporti con le autorità e potranno agire anche dalla posizione di forza in un "dialogo" con i seguaci di Dumenko. Inoltre, è chiaramente indicato lo scopo ultimo di questo "dialogo": il riconoscimento della supremazia di Roma.

Cosa dovrebbe aspettarsi la Chiesa ortodossa ucraina?

Per cominciare, sottolineiamo che il concordato è in diretta contraddizione con l'articolo 5 della legge ucraina "Sulla libertà di coscienza e le organizzazioni religiose".

Dopotutto, la legge dell'Ucraina afferma che "le Chiese (organizzazioni religiose) in Ucraina sono separate dallo Stato" e "lo Stato non finanzia le attività di alcuna organizzazione fondata sulla religione" (ricordiamo una delle disposizioni del concordato, sul finanziamento delle scuole cattoliche). Ma la cosa principale è che "tutte le religioni, le confessioni e le organizzazioni religiose sono uguali davanti alla legge", quindi "è vietato stabilire vantaggi o restrizioni di una religione, denominazione o organizzazione religiosa rispetto alle altre".

Di conseguenza, se il concordato sarà firmato, la legge sulla libertà di coscienza e le organizzazioni religiose cesserà di fatto, in linea di massima, di esistere.

Ciò significa che la già difficile situazione della nostra Chiesa non potrà che peggiorare. E se oggi nella lotta alla Chiesa ortodossa ucraina la legge ucraina non viene praticamente presa in considerazione, l'accordo con il Vaticano servirà da innesco per un attacco più potente alla Chiesa. Così, la minaccia di restituzione darà alle autorità un'altra leva di pressione sulla Chiesa ortodossa ucraina, e gli uniati potranno placare i loro appetiti facendo riferimento al concordato. Non c'è dubbio che cercheranno di sottrarre i "loro" santuari ai credenti della Chiesa canonica. È facile intuire a cosa porteranno questi tentativi: alla crescita del confronto religioso e della violenza.

Inoltre, il trattato vaticano-ucraino non solo attribuisce diritti speciali agli uniati e ai cattolici, ma funge anche da ulteriore barriera alla distruzione dell'unità culturale e spirituale dei popoli slavi ortodossi. Forse per questo Andrej Jurash, uomo che si è distinto nella lotta contro la Chiesa, è stato nominato Ambasciatore dell'Ucraina in Vaticano. In ogni caso, il concordato non può portare nulla di buono alla Chiesa ortodossa ucraina.

La consolazione in questa situazione può essere il fatto che qualsiasi problema non fa che rafforzare la Chiesa e i credenti. Un esempio calzante: i recenti avvenimenti intorno al Tomos, che hanno portato i credenti della Chiesa ortodossa ucraina ad agire con un solo cuore e con una sola bocca.

 
Patriarca Kirill: i discorsi sul riconoscimento degli scismatici 'sotto pressione' ci fanno sorridere

La Chiesa russa ha affrontato le prigioni e i plotoni d'esecuzione di Butovo, ma non si è mai inginocchiata davanti ai poteri terreni.

Sua Santità Kirill, patriarca di Mosca e di Tutta la Rus', ha tenuto un sermone dopo la Divina Liturgia nella Cattedrale di Cristo Salvatore il 20 novembre 2019, come riporta Ria.ru. Ha detto che i discorsi su diplomatici e politici che fanno pressioni su alcune Chiese ortodosse per riconoscere gli scismatici ucraini non fanno che suscitare un sorriso.

"Ciò a cui assistiamo oggi non è il risultato delle iniziative delle Chiese. È il risultato del fatto che alcune Chiese non sono riuscite a resistere alle pressioni. Questo è ciò che i primati delle Chiese mi hanno detto direttamente: "siamo sotto pressione", "siamo stati sotto pressione". A questo rispondo: "Non dovreste parlare di pressioni qui in Russia". Noi ne abbiamo sperimentate, di pressioni, durante l'intero ventesimo secolo. I nostri antenati non hanno solo affrontato difficili colloqui con coloro che erano al potere, hanno subito prigioni, campi di prigionia e i plotoni d'esecuzione di Butovo. Tuttavia, la Chiesa russa non si è mai inginocchiata a coloro che l'hanno sottoposta a pressioni", – ha affermato il primate della Chiesa ortodossa russa.

Sua Santità, il Patriarca Kirill, ha ammesso che oggi "nessuno fa pressioni sulle nostre Chiese ortodosse locali sorelle in questo modo". Ma per un certo numero di primati e vescovi "la vita in un'atmosfera calma ha creato una certa impressione di prosperità". Di conseguenza, "alcuni non sono riusciti nemmeno a ignorare una tale pressione diplomatica, esercitata su un certo numero di Chiese, principalmente quelle greche".

"Pertanto le attuali allusioni alla Chiesa russa da parte di alcune Chiese sorelle greche sono il risultato proprio di queste pressioni", ha osservato il primate della Chiesa ortodossa russa.

Ha espresso il suo dispiacere per il fatto che alcune Chiese greche “abbiano ceduto alla persuasione di funzionari inferiori”. Il patriarca ha detto: “Ciò mi fa semplicemente sorridere. viene dunque un deputato e fa pressioni su un patriarca e il patriarca non può fare nulla. Sapete quanti deputati ci sono, per influenzare i patriarchi? Ma qual è la nostra responsabilità condivisa? Come capi delle Chiese per preservare l'unità dell'Ortodossia? "

Secondo sua Santità il patriarca Kirill, hanno esercitato pressioni sulla Chiesa ortodossa "principalmente per far apparire uno scisma tra gli ortodossi e il mondo slavo". "Dovremmo fare tutto il possibile per non lasciare che questi piani malvagi e assurdi, non spezzino in nessun caso l'unità della Chiesa una, santa, cattolica e apostolico", ha concluso il patriarca Kirill.

Ha anche ringraziato il clero per l'unanimità e il sostegno al loro primate, che "per la sua posizione è all'avanguardia di questa lotta e di queste contraddizioni".

 
Uno sguardo alle chiese in Ucraina attraverso i dati delle fonti statali

Presentiamo nella sezione "Geopolitica ortodossa" dei documenti una serie di tabelle con i dati delle presenze religiose in Ucraina ricavati dalle compilazioni statistiche statali del 2010. La fonte dei dati è l'Istituto di Sociologia dell'Accademia Ucraina delle Scienze. I dati includono le tabelle di presenza percentuale di cattolici e ortodossi, e le loro suddivisioni interne. Alle tabelle (dati oggettivi) aggiungiamo una serie di nostre considerazioni per cercare di capire la complessità del fenomeno religioso ucraino.

 
Come sono apparsi i cristiani russi in Cina

Ci sono stati martiri, ladri, analfabeti e missionari devoti, persone che hanno abbandonato la fede e la morale e persone che hanno difeso la loro fede ortodossa fino alla fine, attraverso quasi 400 anni di storia della Chiesa ortodossa cinese...

Nel 1966, all'inizio della cosiddetta "rivoluzione culturale" in Cina, padre Grigorij Zhu (1925-2000) e sua moglie furono arrestati dalle guardie rosse (membri delle brigate rivoluzionarie studentesche cinesi). Furono torturati e costretti a rinunciare alla fede ortodossa russa. La moglie di padre Grigorij sviluppò una malattia mentale dopo la tortura. Padre Grigorij fu inviato alle cave, dove trascorse 12 anni, fino al 1978. Il lavoro nelle cave minò irreversibilmente la salute di padre Grigorij, ma, dopo la sua liberazione, egli tornò in servizio – nel 1983, padre Grigorij divenne nuovamente rettore della chiesa della santa Protezione ad Harbin, dove aveva prestato servizio fino alla "rivoluzione culturale".

La Chiesa ortodossa cinese fa parte del Patriarcato di Mosca. La chiesa di san Nicola a Golutvin è il suo metochio a Mosca. Nonostante il fatto che la Chiesa ortodossa cinese non sia attualmente registrata ufficialmente presso il governo cinese, ha un passato ricco e spesso eroico, e probabilmente sarà presto restaurata.

I cosacchi di Albazin – i primi fedeli ortodossi in Cina

un giovane albaziniano, 1874

La storia dell'Ortodossia in Cina è una storia di lotte e difficoltà. Cominciò proprio con un conflitto militare. Nel 1685, la fortezza russa di Albazin sul fiume Amur fu assediata dall'esercito Qing, che superava in numero i difensori. Parte della guarnigione riuscì a fuggire, ma circa 100 cosacchi con le loro famiglie (composte da russi, buriati e calmucchi) furono condotti prigionieri a Pechino. L'imperatore cinese Xuanye, che regnò sotto il motto "Kangxi" ("Prospero e radioso"), decise di non giustiziare o tenere prigionieri i russi, ma piuttosto li arruolò nell'esercito cinese, formando una "compagnia russa". I russi ricevevano un ottimo stipendio, doni in denaro, terre e case a uso permanente. Padre Maksim (Leont'ev), il primo sacerdote russo ortodosso in Cina, andò in cattività con i cosacchi. Agli albaziniani, come si facevano chiamare, fu offerto in uso un ex tempio buddhista, che trasformarono in una chiesa ortodossa.

Quando, nel 1689, fu firmato il trattato di Nerchinsk (il primo trattato diplomatico sul commercio e le frontiere tra i due stati) tra l'Impero di Mosca e la Cina, l'importanza politica degli albaziniani iniziò a declinare. Poiché i primi albaziniani erano in maggior parte cosacchi, presto si mescolarono alla popolazione manciù e, verso la metà del XVIII secolo, persero quasi le loro caratteristiche russe. Tuttavia, la Russia utilizzò questo piccolo raggruppamento come conferma dell'esistenza di una missione ecclesiastica ortodossa russa in Cina. La missione fu aperta nel 1716, quando l'archimandrita Ilarion (Lezhajskij) arrivò a Pechino e portò icone, oggetti di culto e libri liturgici. I membri della missione ecclesiastica furono arruolati nel servizio imperiale, proprio come gli albaziniani furono arruolati nell'esercito Qing.

credenti cinesi russo-ortodossi, lavoratori di una tipografia della missione ecclesiastica ortodossa russa a Pechino

I missionari russi, tuttavia, non predicavano l'Ortodossia tra i cinesi, ma provvedevano solo alla pastorale degli ortodossi presenti nella piccola comunità. Questa tattica consentì al popolo russo-ortodosso cinese di evitare le repressioni dei cristiani che il governo cinese intraprendeva occasionalmente. Fino al 1861, quando fu aperta la prima missione diplomatica russa in Cina, la missione ecclesiastica ortodossa russa di Pechino era per la Russia l'unica fonte di informazioni sulla Cina.

Secoli bui...

funzione tenuta per gli albaziniani nella missione ecclesiastica ortodossa russa a Pechino

Già a metà del XVII secolo, gli albaziniani, che per tradizione continuavano ad essere in una posizione privilegiata, si trasformarono in un'élite semi-decaduta in Cina. Tra la loro popolazione, che fin dall'inizio non era del tutto etnicamente russa, a causa dell'assimilazione, non rimase quasi nulla dei tratti russi. Nelle loro case tradizionalmente conservavano croci e icone lasciate dai loro antenati, ma a giudicare dal loro stile di vita, le virtù cristiane erano estranee agli albaziniani.

Come scrisse un sacerdote ortodosso di Pechino, gli albaziniani "consideravano qualsiasi occupazione indegna di loro, creando il proprio tipo speciale di residenti di Pechino come membri ereditari della guardia imperiale. Arroganti nei loro comportamenti, orgogliosi della loro posizione privilegiata, non sapendo cosa fare del loro tempo libero, vagavano per le strade, visitando case da tè, alberghi, ristoranti e teatri, e iniziarono a fumare oppio. A poco a poco cominciarono a degenerare spiritualmente e fisicamente, indebitandosi e cadendo nelle mani di usurai". Nella società di Pechino, gli albaziniani avevano una reputazione estremamente negativa come ubriachi, furfanti e truffatori. Nel 1831, solo 94 persone si consideravano albaziniani, ma dovevano essercene di più – a causa della cattiva reputazione, molte persone non volevano rivelare le loro radici albaziniane.

gli edifici della missione ecclesiastica ortodossa russa a Pechino (veduta aerea)

Nel 1895, la Cina perse la guerra contro il Giappone, cosa di cui la Russia approfittò: catturando la Manciuria, i russi iniziarono a costruirvi la ferrovia delle province orientali cinesi. Sempre più russi iniziarono ad arrivare nelle terre cinesi, mentre la stessa costruzione della ferrovia minacciava di lasciare senza occupazione decine di migliaia di cinesi: barcaioli, trasportatori, facchini, pastori di bestiame, solo per citarne alcuni. In combinazione con la siccità che colpì le province settentrionali e l'afflusso di merci straniere sul mercato cinese, ciò portò a proteste popolari di massa note come "ribellione dei Boxer" (1899-1901).

Durante la rivolta, molti cristiani ortodossi furono uccisi – in seguito divennero noti come "Nuovi Martiri cinesi" – e la missione ecclesiastica ortodossa russa fu saccheggiata e distrutta. Tuttavia, i russi restaurarono rapidamente le attività e gli edifici della missione con un ricco aiuto finanziario dal Santo Sinodo russo, mentre il capo della missione, l'archimandrita Innokentij (Figurovskij) (1863-1931), fu ordinato vescovo. Nel 1900 fu eretta ad Harbin la chiesa dell'Annunciazione della Beata Vergine Maria. Nel 1916 c'erano in Cina più di 5.000 credenti ortodossi russi, due monasteri, 19 chiese e scuole ortodosse maschili e femminili.

...e secoli ancor più bui

padre Innokentij (Figurovskij) in piedi presso la chiesa di Tutti i santi Martiri (distrutta durante la "rivoluzione culturale"), dove furono sepolti i martiri di Alapaevsk

Dopo la rivoluzione del 1917, migliaia di rifugiati russi, principalmente sostenitori del regime tsarista, si riversarono in Cina attraverso l'Estremo Oriente russo, in fuga dalle forze bolsceviche. Nel 1920, furono portati a Pechino i resti dei martiri di Alapaevsk, membri della casa Romanov e persone a loro vicine, assassinati la notte del 18 luglio 1918, il giorno dopo l'esecuzione della famiglia imperiale. Il vescovo Innokentij (Figurovskij) incontrò il corteo con i corpi a Pechino e si occupatò della loro sepoltura nel cimitero della mssione ecclesiastica russa.

Dal 1919 in poi, la funzione principale della missione ecclesiastica russa fu quella di assistere i profughi russi. Padre Innokentij, elevato al rango di arcivescovo nel 1921, dedicò tutte le sue energie e risorse per aiutare queste persone, prestando loro gran parte delle proprietà della missione per uso a lungo termine. Purtroppo, la proprietà è stata in gran parte saccheggiata. "L'incessante contenzioso dell'arcivescovo Innokentij con molti residenti russi a Pechino, Shanghai e in altre città della Cina, soprattutto negli ultimi otto anni, portò la missione spirituale russa a Pechino alla totale rovina e povertà", scrisse l'arciprete Aleksandr (Pinjaev) nel 1928.

icona dei martiri cinesi

Tuttavia, molti russi che vivevano in Cina durante il periodo tra le due guerre fecero grandi sforzi per mantenere la loro fede ortodossa. Nel 1949 in Cina erano state costruite 106 chiese ortodosse e, secondo alcune stime, all'epoca in Cina vivevano fino a un milione di cristiani ortodossi. Dopo la seconda guerra mondiale, il governo comunista salì al potere in Cina e iniziò a perseguitare la fede ortodossa.

Nel 1954 la missione ecclesiastica ortodossa russa fu chiusa. La sua proprietà fu in parte nazionalizzata dalla Cina e in parte trasferita all'ambasciata sovietica. La chiesa di Tutti i santi Martiri, che ospitava le reliquie dei martiri cinesi e i corpi dei membri della famiglia imperiale fucilati ad Alapaevsk, fu distrutta, come molte altre chiese. Nel 1956, il Santo Sinodo della Chiesa ortodossa russa concesse l'autonomia alla Chiesa ortodossa cinese. L'archimandrita Vasilij (Shuang) (1888-1962) fu ordinato vescovo di Pechino. Tuttavia, con la sua morte, la Chiesa ortodossa cinese perse la sua gerarchia episcopale e, iniziò quello che fu forse il periodo più terribile della sua storia.

chiesa della santa Protezione, Harbin

Dopo il 1965, con l'inizio della "rivoluzione culturale", gli hongweibian (guardie rosse) lanciarono un attacco diretto all'Ortodossia, ai suoi simboli e ai suoi fedeli. Testimone degli eventi, il filologo Vladimir Levitskij descrive la profanazione della cattedrale ortodossa di san Nicola ad Harbin come segue: "Quello che ho dovuto vedere mi ha riempito l'anima di orrore: i tamburi suonavano, si udivano ululati e grida di folla, si alzava il fumo. Il recinto della cattedrale era pieno di hongweibian. Alcuni di loro sono saliti sul tetto della cattedrale per mettervi bandiere rosse, mentre altri hanno preso i nostri oggetti sacri dall'interno e li hanno gettati nei falò accesi, dove tutto ardeva, brillando al sole. Tutte le icone della cattedrale e delle cappelle furono bruciate sui falò..."

chiesa di santa Sofia, Harbin

Ci sono voluti molti anni prima che l'Ortodossia iniziasse a riprendersi in Cina. Nel 1984 l'arciprete Grigorij (Zhu) ha condotto nella chiesa della santa Protezione ad Harbin la prima liturgia dopo gli eventi della "rivoluzione culturale". A poco a poco una piccola comunità di ortodossi russi e cinesi ha iniziato a restaurare le chiese in varie città della Repubblica popolare cinese. Nel 1993 una delegazione della Chiesa ortodossa russa, guidata dall'allora metropolita Kirill di Smolensk e Kaliningrad, ha visitato la Cina. Vent'anni dopo, nel 2013, Kirill ha visitato di nuovo la Cina come patriarca di Mosca e di tutta la Rus'.

padre Vasilij Shuan (1888-1962), vescovo di Pechino

Oggi il patriarca è formalmente l'amministratore provvisorio della Chiesa ortodossa cinese, ma in Cina non c'è ancora un capo ad interim. Ci sono ufficialmente quattro chiese ortodosse in Cina, le altre sopravvissute sono ancora chiuse o occupate da istituzioni secolari. A Pechino ci sono ancora circa 400 discendenti degli stessi albaziniani che un tempo furono i primi ortodossi in Cina, così come singole famiglie di etnia russa e cinese che praticano l'Ortodossia.

 
Dov'è la voce autorevole del Giudice dell'ecumene?

In seguito alla triste notizia della decisione del patriarca Theodoros d'Alessandria di riconoscere la "Chiesa ortodossa dell'Ucraina" scismatica, sua Eminenza il metropolita Agafangel di Odessa della Chiesa ucraina canonica ha scritto una lettera commovente e sentita al Patriarca, che da lungo tempo conosce personalmente.

Come osserva nella sua lettera, il patriarca Theodoros ha vissuto e ha prestato servizio a Odessa per dieci anni, fino al momento in cui gli scismi ucraini stavano iniziando per la prima volta, ed è tornato a visitarla per due volte da quando è diventato patriarca di Alessandria. In effetti, ha visitato Odessa proprio l'anno scorso allo scopo esplicito di rafforzare e confortare i fedeli della Chiesa ucraina canonica, incoraggiandoli a rimanere fedeli a Cristo nella Chiesa canonica sotto sua Beatitudine il metropolita Onufrij di Kiev e di Tutta l'Ucraina.

Pertanto, il dolore della recente decisione del patriarca è più personale per gli ortodossi di Odessa.

* * *

446, 19 novembre 2019

A sua Beatitudine il santissimo patriarca Theodoros II d'Alessandria e di tutta l'Africa

Vostra Beatitudine,

papa e patriarca Theodoros d'Alessandria e di tutta l'Africa!

È passato un anno da quando il patriarca ecumenico Bartolomeo ha concesso un "tomos" d'autocefalia alla cosiddetta "Chiesa ortodossa dell'Ucraina". Tuttavia, le dichiarate buone intenzioni del Trono ecumenico – salvare il disastroso stato dell'Ortodossia ucraina, curare le ferite dello scisma, riportare in comunione con la Chiesa ortodossa quei figli usciti al di fuori dei suoi confini – non sono stati incoronati da successo, ma, al contrario, hanno approfondito la crisi e stanno rapidamente conducendo verso uno scisma dell'intero mondo ortodosso.

La "Chiesa ortodossa dell'Ucraina" è un gruppo di scismatici e di persone autoconsacrate, che non hanno ordini sacri e, in generale, nulla in comune con l'Ortodossia che lei ben conosce. Le loro dichiarazioni blasfeme, offensive e calunniose rivolte alla Chiesa ortodossa ucraina canonica e al popolo ucraino lo testimoniano. I rappresentanti di questa denominazione si sono rivelati un'arma nelle mani dei nemici della Chiesa e di Cristo, che odiano tutto ciò che è santo e, abbastanza spesso, Dio stesso. Sono caduti nel trucco del diavolo, dimenticando che la Chiesa è governata da Cristo e non dal Patriarca ecumenico.

Oggi è assolutamente chiaro che l'Ortodossia viene distrutta con l'aiuto dei sovrani di questo mondo, che non c'è più unità tra le Chiese ortodosse locali e che regna il caos; e quel che è peggio, che tutto ciò viene fatto apertamente dal patriarca Bartolomeo, che è caduto nell'eresia dell'etnofletismo, del papismo orientale e dell'eresia ecclesiologica dell'ecumenismo. Avendo commesso un atto blasfemo, il riconoscimento degli scismatici autoconsacrati con un tratto di penna, insiste sul fatto che tutte le Chiese locali riconoscano la pseudo-struttura creata da lui.

Con grande tristezza e ansia abbiamo ricevuto la notizia che lei, Beatitudine, ha commemorato il "metropolita Epifanij" come "primate" della Chiesa ucraina durante la Divina Liturgia nella Chiesa dell'Arcangelo Michele al Cairo l'8 novembre e abbiamo assistito all'annuncio del suo riconoscimento di questa pseudo-struttura; e che, nonostante il fatto che durante la sua visita a Odessa nel settembre 2018, come prima, ha riconosciuto una sola Chiesa ortodossa canonica, guidata da sua Beatitudine il metropolita Onufrij. Quanto sono in contrasto le sue parole con le sue azioni!

E quanto è sorprendente il fatto che il patriarca d'Alessandria, che porta il titolo di Giudice dell'ecumene, 'per paura dei giudei' abbia abdicato alla posizione dell'Ortodossia canonica. Invece di parlare in difesa dell'unità della Chiesa, invece di chiamare tutti i primati, in qualità di Giudice ecumenico, a cercare una soluzione canonicamente e dogmaticamente corretta al problema ucraino, ha intrapreso la strada della distruzione della Chiesa. Dopotutto, come tutti i greci, sa bene che il patriarca Bartolomeo ha calpestato i canoni e i dogmi sacri della santa Chiesa ortodossa. Oggi, giustificando le sue azioni, si riferisce non ai canoni e ai dogmi della Chiesa ortodossa, ma alle opinioni di persone secolari, che sono lungi dal risolvere tali domande: avvocati e pubblicisti.

Dov'è la voce forte e autorevole del patriarca d'Alessandria durante i problemi e le sofferenze di tutta l'Ortodossia? Perché il successore dell'antica Chiesa dell'apostolo Marco, temendo i potenti di questo mondo, ha tradito i molti milioni di ucraini ortodossi? Ha davvero tanta paura di irritare il patriarca Bartolomeo ma non ha paura di andare così audacemente contro Cristo e la sua santa Chiesa?

Il patriarca Theodoros (a sinistra) e il metropolita Agafangel (a destra).  Foto: eparhiya.od.ua

Gli anni del suo ministero a Odessa le hanno portato onore e rispetto tra il clero e i fedeli, e se ne è personalmente assicurato quando ha visitato Odessa per due volte come patriarca. Tutti abbiamo pregato insieme a voi e abbiamo condiviso il corpo e il sangue di Cristo nostro Salvatore dallo stesso calice. Ha avuto l'opportunità di guardare la gente dritto negli occhi e di predicare Cristo. E oggi ha facilmente tradito coloro che la rispettavano, che l'amavano sinceramente e che hanno ascoltato le sue meravigliose omelie con purezza di cuore. Gli odessani che la conoscono sono molto sorpresi, turbati e scandalizzati dalle sue azioni.

Ha offeso san Serafino di Sarov, con le cui preghiere è diventato patriarca, cosa di cui lei, Beatitudine, ha parlato molte volte. Piange lo ieromartire Gregorio V, patriarca di Costantinopoli, nel cui santuario con una particella delle sue reliquie lei e gli odessani ortodossi avete pregato durante i suoi dieci anni come esarca del patriarca d'Alessandria e di Tutta l'Africa presso il patriarca di Mosca e di Tutta la Rus'. Piange Odessa, la patria minore dei greci e degli odessani, che le hanno creduto e speravano che non tradisse mai la Chiesa di Cristo e non osasse strappare la veste del Salvatore.

Beatitudine, pensi a cosa sta facendo! L'Ortodossia è in pericolo. Purtroppo, uno scisma della Chiesa ortodossa sta diventando un fatto chiaramente inevitabile e storico. Dopotutto, sai bene che questa truffa con l'autocefalia artificiale ucraina è finalizzata alla distruzione dell'ortodossia, alla destabilizzazione delle relazioni inter-ortodosse. Hai dichiarato di aver preso questa decisione dopo molte riflessioni. Ma non è vero! Tutti capiscono bene che questa decisione è stata avventata, presa sotto influenza e pressione esterne. Per favore, dì al mondo intero quale canone dà il diritto a scismatici dichiarati auto-ordinati, che non hanno ordini sacri, di essere sacerdoti e di concedere loro un tomos e un'autocefalia?

Il "tomos" non ha portato la pace in Ucraina, ma, al contrario, inimicizia, malizia e odio nei confronti della Chiesa ucraina ortodossa canonica da parte dei rappresentanti della cosiddetta "Chiesa ortodossa dell'Ucraina", a cui lo stesso falso patriarca Filaret ha rinunciato, e a cui in precedenza favoriva con zelo la concessione del "tomos". I luoghi di culto vengono sequestrati e i sacerdoti e i fedeli della Chiesa ortodossa ucraina canonica vengono picchiati. Le chiese sequestrate rimangono vuote e il fedele popolo di Dio in Ucraina, la cui opinione è ignorata dal patriarca ecumenico, non pregherà mai con gli scismatici autoconsacrati. La Chiesa ortodossa ucraina canonica non riconoscerà mai la cosiddetta "Chiesa ortodossa dell'Ucraina", perché ciò è contrario ai sacri canoni della santa Chiesa.

Sfortunatamente, la storia ci testimonia vividamente i nomi dei patriarchi di Costantinopoli e d'Alessandria che caddero nell'eresia e calpestarono i sacri canoni. Rimangono per sempre apostati dalla vera fede e traditori della sacra Tradizione. Sono stati tutti vittime dell'influenza negativa esercitata sulla Chiesa dallo stato, che ha interferito nei suoi insegnamenti e nella sua vita interiore. E oggi vediamo aperte interferenze negli affari interni della Chiesa e pressioni sui vescovi perché siano obbedienti e leali nella questione dell'adattamento della Chiesa ai bisogni delle politiche della globalizzazione.

Beatitudine! Non diventi uno dei condannati dalla storia, dalla Chiesa e da Dio! Dopotutto, anche qui sulla Terra dovrà rispondere davanti a tutta l'Ortodossia mondiale. È solo una questione di tempo, per non parlare del fatto che ognuno di noi dovrà comparire davanti al Giudizio di Dio, tenendo presente che il peccato dello scisma non viene lavato via nemmeno dal sangue del martirio.

Vostra Beatitudine!

Se Dio è per noi, chi può essere contro di noi? (Rm 8:31).

Preghiamo per lei il nostro Dio Padre celeste e speriamo fortemente che riconsidererà e riesaminerà la sua decisione, giungerà alla conoscenza della verità e difenderà l'unità dell'Ortodossia canonica.

+ Agafangel, metropolita di Odessa e Izmail,

membro permanente del Santo Sinodo della Chiesa ortodossa ucraina

 
Cristo o Eurosodoma?
Oggi la Crimea, e - non inganniamoci - dopo di lei il resto dell'Ucraina, intraprende il sentiero dell'autodeterminazione, non solo l'autodeterminazione politica ed economica, ma soprattutto l'autodeterminazione spirituale. La scelta è o di tenere fede alla nostra Ortodossia ancestrale oppure di tradirla; o di accettare i precetti della santa Rus' e della vita eterna, o di accettare il piatto di lenticchie di Eurosodoma e la morte eterna. E solo la fuga da Sodoma, l'accettazione della giustizia, può salvare dalla morte.
Sebbene la Russia post-sovietica non sia ancora stata completamente restaurata nella Russia ortodossa, tuttavia non ha accettato Eurosodoma, e ogni anno arriva a resistere sempre di più alla globalizzazione che sta preparando la strada dell'Anticristo. Infatti, ci sono molte profezie cristiane circa la rinascita spirituale della Santa Rus' prima della fine, ma non una sola profezia circa la rinascita spirituale di una 'Ucraina' come parte dell'Eurosodoma laicista sotto il giogo delle truppe atee della NATO.
Il referendum in Crimea è il primo passo per la restaurazione delle tre parti della Rus', la grande, la piccola e la bianca. Non è un caso che il referendum arrivi il giorno dopo la festa dell'icona della Madre di Dio Derzhavnaja ("Sovrana", 2/15 marzo; vedi foto), la Sovrana celeste del regno terreno della Rus'. Qualunque cosa accada oggi, come finirà questa saga? Noi lo sappiamo già: Cristo sconfiggerà l'Anticristo (2 Ts 2:8). E la Santa Rus' sconfiggerà Eurosodoma. 'Le porte dell'inferno non prevarranno'.
 
Quindici chiese come una: Intervista con l'arciprete Nikolaj Balashov

L'arciprete Nikolaj Balashov, vice presidente del Dipartimento delle relazioni ecclesiastiche esterne del Patriarcato di Mosca, è uno dei più importanti protagonisti del dialogo inter-ortodosso e inter-cristiano per la Chiesa ortodossa russa. Egli stesso un convertito adulto (proveniente dal mondo battista), sa delineare con molto buon senso i problemi attinenti al dialogo e al rispetto tra credenti. Al termine della sinassi dei primati delle Chiese ortodosse al Fanar (dove era uno dei membri della delegazione russa), padre Nikolaj è stato intervistato da Rossijskaja Gazeta a proposito dei risultati della riunione. Proponiamo l’originale russo e la traduzione italiana dell’intervista nella sezione “Confronti” dei documenti.

 
La situazione in Ucraina: le previsioni contro la realtà

Giovedì scorso ho ripubblicato i miei "primi dieci segni che la Russia ha invaso l'Ucraina" di 8 anni fa, quando era iniziato il cambio di regime ucraino e la guerra civile, e l'Occidente affermava continuamente che la Russia aveva invaso l'Ucraina. Ebbene, giovedì scorso la Russia ha effettivamente invaso l'Ucraina.

La Russia aveva il pieno diritto legale di invadere l'Ucraina da diverse prospettive: difendere i suoi alleati a Donetsk e Lugansk; difendersi dalle armi di distruzione di massa ucraine, che il presidente ucraino ha minacciato di iniziare a produrre alla Conferenza sulla sicurezza di Monaco; e impedire alla NATO di continuare la sua avanzata verso i confini russi in violazione del suo precedente impegno di "non un passo a est". La Russia ha esercitato il suo diritto all'autodifesa ai sensi dell'articolo 51 della parte 7 dello Statuto delle Nazioni Unite. L'Ucraina aveva perso il diritto all'integrità territoriale ai sensi della Dichiarazione delle Nazioni Unite del 1970, rifiutandosi di onorare i diritti della sua popolazione di lingua russa. Ha anche rifiutato di rinnovare il suo Trattato di amicizia con la Russia e quindi non aveva più un confine definito con la Russia che la Russia era obbligata a onorare.

Da un punto di vista strettamente legalistico, affermare che "la Russia ha violato l'integrità territoriale dell'Ucraina" o che questo sia "un atto di aggressione russa" è solo una sciocchezza. Da un punto di vista morale, il fatto che l'intera comunità internazionale sia rimasta a guardare e abbia discusso inutilmente di politica per otto anni durante i quali la popolazione civile di Donetsk e Lugansk è stata continuamente bombardata dalla "operazione antiterroristica" ucraina è assolutamente vergognoso.

Le persone che ora si esprimono contro l'azione militare russa in Ucraina devono rispondere a una semplice domanda: dove siete stati negli ultimi otto anni mentre era in corso la carneficina a Donetsk e Lugansk, mentre delle persone venivano bruciate vive a Odessa, mentre il governo ucraino ha organizzato operazioni terroristiche sul territorio russo e mentre l'intera popolazione ucraina è stata costretta a inchinarsi agli americani e a parlare ucraino, il più delle volte contro la sua volontà? Se la vostra risposta è "Non lo sapevo", allora avete perso il diritto a un'opinione informata su ciò che sta accadendo lì ora. Tenetelo a mente e agite di conseguenza.

Ora esaminerò le 10 previsioni che ho fatto 8 anni fa e vedrò quanto hanno resistito alla luce degli eventi che si sono verificati negli ultimi tre giorni. Un'aspettativa ragionevole sarebbe che le avessi completamente sbagliate; se no, allora è una specie di piccolo miracolo. Per favore, tenete a mente anche questo.

1. L'artiglieria ucraina ha smesso quasi immediatamente di sparare. Non stanno più bombardando i quartieri residenziali di Donetsk e Lugansk. Questo perché le loro posizioni erano state individuate prima dell'operazione, e giovedi pomeriggio sono state completamente spazzate via con attacchi aerei, artiglieria e fuoco di razzi da terra, come primo ordine del giorno. I residenti locali sono felici che il loro terribile calvario sia finalmente giunto a termine.

Non è del tutto vero. Donetsk e Lugansk sono ancora bombardate sporadicamente, sebbene la maggior parte degli spari sia stata repressa e sempre più territorio sia liberato dalle forze ucraine per opera della milizia del Donbass (con le forze russe che svolgono un ruolo di supporto). Allo stesso tempo, nuove possibilità di carneficina tra i civili derivano dal fatto che i battaglioni nazisti ucraini, sotto la guida dei loro assistenti USA/NATO, nascondono armi pesanti nei distretti residenziali e usano i civili come scudi umani.

2. Le attività militari sul campo a Donetsk e Lugansk sono cambiate drammaticamente. Mentre prima coinvolgevano piccoli gruppi di combattenti della resistenza, i russi operano in battaglioni di 400 uomini e decine di veicoli blindati, seguiti da convogli di veicoli di supporto (autocisterne, comunicazioni, cucine da campo, ospedali da campo e così via). Il flusso di veicoli avanti e indietro è continuo, chiaramente visibile dalle ricognizioni aeree e dalle foto satellitari. Aggiungete a ciò il chiacchiericcio implacabile dei messaggi radio, tutti in russo, che chiunque vuole può intercettare, e l'operazione diventa impossibile da nascondere.

Ovviamente è proprio così. Nessuna persona sana di mente ora direbbe che non ci sono forze russe in Ucraina. Hanno reso la loro presenza la più ovvia possibile e la vista di colonne interminabili di veicoli militari russi che procedono senza ostacoli attraverso la campagna ucraina sembra stia cambiando radicalmente la mentalità della popolazione ucraina. Nel corso della storia, quest'ultima ha sempre cambiato rapidamente alleanza man mano che cambiavano le circostanze e le linee di battaglia, e questa volta probabilmente non farà eccezione.

3. L'esercito ucraino è prontamente sparito. Soldati e ufficiali allo stesso modo si sono tolti la divisa, hanno abbandonato le loro armi, e stanno facendo del loro meglio per mimetizzarsi con la gente del posto. Nessuno pensava che l'esercito ucraino avesse qualche probabilità di sconfiggere i russi. L'unica vittoria militare dell'Ucraina contro la Russia è stata alla battaglia di Konotop nel 1659, ma all'epoca l'Ucraina era alleata con il potente Khanato di Crimea, e, come forse avrete notato, questa volta la Crimea non è dalla parte dell'Ucraina.

Ancora una volta, non è del tutto vero. Si scopre che c'è un nazista incallito incorporato in ogni singolo distaccamento delle forze ucraine, e il suo compito è sparare a quelli che cercano di arrendersi. Tuttavia, un numero imprecisato di soldati ucraini si è arreso, ha firmato una promessa di non combattere più contro l'esercito russo, ha ricevuto del cibo ed è stato rimandato a casa. Nel complesso, l'esercito ucraino si sta rivelando non diverso dalle altre forze organizzate dalla NATO e addestrate dalla NATO, siano esse in Afghanistan, Georgia, Iraq o altrove. Tutti si rivelano subito del tutto inutili non appena arriva sulla scena una vera forza militare, siano essi russi, talebani o il califfato islamico. Degno di nota è anche il fatto che le grandi quantità di armi recentemente fornite all'Ucraina dagli Stati Uniti si sono rivelate del tutto inutili.

4. Ci sono posti di blocco russi ovunque. Ai civili locali è permesso di passare, ma chiunque sia associato con un governo, straniero o nazionale, è fermato per un interrogatorio. È stato istituito un sistema di filtraggio per far tornare le reclute smobilitate dell'esercito ucraino alle loro regioni d'origine, mentre i volontari e gli ufficiali sono inviati ai centri di detenzione in attesa di giudizio, per determinare se hanno ordinato di commettere crimini di guerra.

Questo non è affatto vero. Le truppe russe non si stanno impegnando in alcun modo con i civili, evitando scrupolosamente i quartieri residenziali e facendo del loro meglio per garantire che la fornitura di elettricità, acqua e altri beni essenziali non sia interrotta. Per quanto riguarda la denazificazione, non sono ancora sicuro di quale sia il piano, ma la mia impressione al momento è che questa sarà lasciata agli stessi ucraini. Ci sono buone probabilità che una volta che si renderanno conto di ciò che i nazisti e i loro padroni occidentali hanno fatto al loro paese, faranno del loro meglio per radunare i nazisti e appenderli ai lampioni. I nazisti vedranno arrivare questo momento (alcuni già lo vedonno) e scapperanno in Polonia o in Slovenia o in punti più a ovest.

5. La maggior parte dei posti di frontiera dell'Ucraina è ormai sotto il controllo russo. Alcuni sono stati rinforzati con sistemi di difesa aerea e di artiglieria e con battaglioni di carri armati, per dissuadere le forze della NATO dal tentativo di mettere in scena un'invasione. Civili e aiuti umanitari possono passare. Agli uomini d'affari è consentito il passaggio una volta che hanno compilato i moduli richiesti (che sono in russo).

Le guardie di frontiera ucraine lungo il confine russo hanno abbandonato i loro posti. Alcune di loro si sono avvicinate alla parte russa e si sono arrese. I confini russo e bielorusso sono sotto il controllo dei lati russo e bielorusso. I valichi di frontiera occidentali sono affollati da una quantità di persone che cercano di fuggire.

6. La Russia ha imposto una no-fly zone su tutta l'Ucraina. Tutti i voli civili sono stati cancellati. C'è una gran folla di membri dello staff del Dipartimento di Stato americano, di agenti della CIA e del Mossad, e delle ONG occidentali, tutti bloccati all'aeroporto di Borispol di Kiev. Alcuni stanno nervosamente chiamando tutti quelli che conoscono sui loro telefoni satellitari. I politici occidentali chiedono che siano evacuati immediatamente, ma le autorità russe vogliono trattenerli finché sia determinata la loro possibile complicità in crimini di guerra.

Il radar di volo mostra zero voli su tutta l'Ucraina. In effetti, il traffico aereo è stato interrotto in gran parte dell'Europa, con molti spazi aerei chiusi e molte nuove restrizioni al traffico. Molti turisti in vacanza, soprattutto quelli ucraini, sono bloccati ovunque si trovino. Quelli in Egitto sono fortunati: il governo egiziano sta pagando i loro soggiorni in hotel mentre sono bloccati lì. Gli occidentali, invece, dopo aver imparato la lezione dal fiasco in Afghanistan, sono fuggiti in anticipo dall'Ucraina. Dal momento che c'è una lunga lista di posti da cui scappare prima che la loro fortuna finisca, è positivo che stiano imparando a farlo.

7. Le solite teste parlanti ucraine, come il presidente Poroshenko, il primo ministro Jatsenjuk e altri, non sono più disponibili per essere intervistati dai media occidentali. Nessuno sa esattamente dove siano. Si dice che siano già fuggiti dal paese. Le folle hanno preso d'assalto le loro residenze abbandonate e sono rimaste sbalordite nello scoprire che erano tutte dotate di servizi igienici in oro massiccio. Gli oligarchi ucraini non si trovano da nessuna parte, tranne il signore della guerra Igor' Kolomoiskij, che è stato trovato nella sua residenza, abbandonato dai suoi scagnozzi, morto per un attacco di cuore. (Contributo del Saker)

La testa parlante ucraina numero uno, il presidente e comico Zelenskij, si nasconde in un bunker a Leopoli, in stile Führer, circondato dai suoi scagnozzi nazisti. Le sue missive confuse ai fedeli sembrano essere state preregistrate. Allo stesso tempo, la guerra dell'informazione sta procedendo a ritmo sostenuto, con numerosi nuovi esempi di fake news che arrivano ogni giorno, troppi per tenerne traccia. Il vero divertimento inizierà quando i canali TV di Kiev si denazificheranno e gli ucraini si risveglieranno dal loro torpore di otto anni, capiranno alcune cose da soli e si arrabbieranno alla grande con coloro che hanno mentito loro per otto lunghi anni.

8. Alcuni degli oltre 800.000 profughi ucraini stanno iniziando a rientrare dalla Russia. Vivevano in tendopoli, molte dei quali nella vicina regione di Rostov, ma con l'inverno in arrivo sono desiderosi di tornare a casa, ora che i bombardamenti sono finiti. Insieme a loro, squadre di ricostruzione, camion di cemento e pianali di tubi, cavi elettrici e armature sono in arrivo per riparare i danni causati dai bombardamenti.

Questo deve ancora iniziare a succedere. Sarà un processo lento, dato che il numero di rifugiati ora, otto anni dopo, è salito a milioni, ed è sparpagliato in numerose regioni russe.

9. C'è ogni sorta di intensa attività diplomatica e militare di ogni tipo in tutto il mondo, soprattutto in Europa e negli Stati Uniti. Le forze militari sono in stato di massima allerta, i diplomatici stanno girando di continuo e tenendo conferenze. Il presidente Obama ha appena tenuto una conferenza stampa per annunciare che "Noi non abbiamo ancora una strategia per l'Ucraina." I suoi consiglieri militari gli dicono che la sua solita strategia di "bombardare un po' e poi vedere cosa succede" non sarà probabilmente utile in questo scenario.

È sicuramente così. L'obiettivo per i leader occidentali ora è quello di apparire determinati e forti senza fare nulla di importante. Continuano a parlare di tagliare fuori la Russia dal sistema di messaggistica bancaria SWIFT, ma continuano a indietreggiare con orrore quando si rendono conto di cosa significheranno per i loro prezzi dell'energia (che sono già pericolosamente alti). La posizione russa nei confronti delle sanzioni occidentali sembra essere "Procedete; siamo pronti!" Apparentemente, otto anni sono stati sufficienti alla Russia per prepararsi a fondo a questo evento.

10. Kiev si è arresa. Ci sono carri armati russi sulla piazza del Majdan. La fanteria russa sta rastrellando i resti della Guardia Nazionale dell'Ucraina. È stato infatti imposto un coprifuoco. L'operazione della presa di Kiev è stata simile all'operazione "Shock and Awe" a Baghdad: un paio di forti colpi e poi un piagnucolio.

È improbabile che i carri armati russi entrino nel centro della città; sono concentrati sulla distruzione di installazioni militari, sulla smobilitazione dell'esercito ucraino e sulla distruzione dei battaglioni nazisti. C'è comunque un coprifuoco in vigore a Kiev.

Un altro sviluppo significativo degno di nota: le forze russe si stanno occupando degli impianti nucleari ucraini, compreso quello di Chernobyl, che ora è sotto il controllo congiunto russo-ucraino. Ciò ridurrà le possibilità che i nazisti ucraini cerchino di far saltare in aria uno di loro sulla loro allegra via verso l'inferno. L'Ucraina ha 15 reattori nucleari e, poiché ha praticamente esaurito ogni altra fonte di energia, li ha impiegati tutti a pieno regime. Due di loro si sono fermati di recente a causa di problemi tecnici. La Russia sta lavorando molto duramente per rendere meno possibile uno scenaro Chernobyl 2.0.

Non sono sicuro di quale voto dovrei darmi per le mie previsioni. I pianificatori politici e militari russi si sono rivelati un po' più intelligenti di me, ma questa non è affatto una sorpresa. Dopotutto, hanno tutte le risorse intellettuali di un paese enorme e potente, mentre io sono solo un tizio con una sedia da ufficio e un laptop.

Mi interessa fare altre previsioni sull'Ucraina? Ma certo, perché no!

1. Le regioni di Donetsk e Lugansk proseguiranno il loro percorso di integrazione sempre più stretta nella Federazione Russa. Fanno già parte dello spazio monetario russo, i loro sistemi educativi sono integrati con quelli russi (stessi standard e procedure), i loro sistemi di difesa sono completamente integrati e diplomaticamente agiscono come un'unità ben sincronizzata.

2. Un'area più a ovest, che comprende probabilmente l'intero bacino del fiume Dnepr e il litorale del Mar Nero, dal confine bielorusso al confine romeno, farà parte di una zona russa. Le regioni all'interno di questa zona avranno autonomia politica all'interno di un quadro generale di sicurezza ed economico legato alla Russia. I contorni approssimativi di quest'area possono essere determinati dalla seguente mappa linguistica. Le aree in rosso e arancione sono di lingua russa e fanno naturalmente parte della zona russa. Le uniche due eccezioni saranno un'enclave carpato-russa (in viola) che dovrà essere amministrata separatamente e un'enclave ungherese (in verde) che potrebbe anche essere assorbita nell'Ungheria.

3. Più a ovest si estenderà una zona che sarà avvolta in carta fantasia con nastri e fiocchi e presentata come un regalo extra-speciale all'Unione Europea, da amare e da accudire, e per cui soffrire di emicranie e aneurismi. In parole povere, l'area gialla è quella di lingua ucraina ed è un buffet all-you-can-eat (per favore, non ingozzatevi) per l'Occidente. Ha un terreno relativamente povero e un'alta incidenza di imbecillità da carenza di iodio nella popolazione generale. È anche il luogo da dove viene il nazionalismo ucraino e da dove ha avuto origine l'attuale pestilenza nazista ucraina. La posizione russa dovrebbe essere (se posso essere così audace da raccomandare cosa dovrebbe fare il governo russo) sulla falsariga di "Se vi piacciono i vostri nazisti ucraini, potete tenervi i vostri nazisti ucraini".

 
Lo scisma in Ucraina: cosa dovrebbe fare un laico?

la battaglia di Salamina

Di recente ho ricevuto un'e-mail con alcune domande pratiche su come i fedeli dovrebbero affrontare le implicazioni del disordine creato dall'incursione di Costantinopoli nel territorio canonico della Chiesa russa, e della promozione di scismatici non pentiti e non ordinati in Ucraina:

"Ho assistito alla crisi ecclesiastica in Ucraina da quando è iniziata. Mentre la crisi peggiora, mi sta causando una crescente preoccupazione su come ciò stia influenzando la vita ortodossa qui in Nord America. Potrebbe gentilmente formulare qualche consiglio per i cristiani ortodossi che desiderano evitare i coinvolgimenti con gli scismatici?

Io credo che gli scismatici ucraini siano davvero scismatici e che i loro "chierici" siano individui non ordinati, e che chiunque nella Chiesa canonica si unisca agli scismatici o concelebri con loro meriti di essere soggetto alle penalità canoniche prescritte a tempo debito.

Tuttavia, sono a conoscenza di chierici in giurisdizioni canoniche che sostengono apertamente gli scismatici, tra cui un diacono dell'OCA che scrive per il blog di Fordham. In che modo un cristiano ortodosso come me dovrebbe agire di fronte a tali chierici? Come gestirei il problema se visitassi una parrocchia canonica da qualche parte per una funzione, e un sacerdote approvasse inaspettatamente gli scismatici durante la funzione? (Per esempio, il patriarca Theodoros ha commemorato Dumenko mentre celebrava a Cipro).

Un altro problema difficile è che il signor Dumenko, o come si fa chiamare, il "metropolita Epifanij", si trovava negli Stati Uniti in ottobre e ha concelebrato con il clero dell'Arcidiocesi greca alla Liturgia nella sua cattedrale a New York City. Durante la funzione, il signor Dumenko ha "ordinato" diacono un uomo di nome George Kazoulis, e Kazoulis ora serve come diacono da qualche parte nell'Arcidiocesi greca d'America. Per quanto ne so, Dumenko non ha ordini sacri e non può trasmettere ciò che non possiede.

Cosa succede durante le funzioni concelebrate dal clero canonico con un uomo che non è un vescovo? Cosa succede durante le funzioni in cui un uomo come Kazoulis è un diacono? Cosa dovrebbero fare i cristiani ortodossi se ci troviamo inaspettatamente a una funzione come questa? (Del resto, cosa succederebbe se Kazoulis ricevesse mai un'ordinazione sacerdotale con il pretesto che è già un diacono?)

Mi dispiace dover inviare tante domande contemporaneamente, ma non ero davvero sicuro di cosa o a chi altro chiedere, e ho pensato che se sceglierà di rispondere, potrebbe farlo in un post sul blog che sarebbe utile a molte persone. C'è stata una deludente mancanza di consigli pratici da parte delle giurisdizioni canoniche. Anche la ROCOR dice molto poco in questi giorni, tranne che di stare lontano dal clero e dalle chiese che hanno disertato per andare nell'Arcidiocesi greca.

Per quello che vale, mi aspetto pienamente che questa crisi peggiori molto prima che possa migliorare, mi aspetto che diventi un problema pratico per tutti i cristiani ortodossi in tutto il mondo e penso che ignorarlo sia un modo inconcepibile di minimizzare un problema serio".

Lo scisma che è stato avviato dalle azioni non canoniche del patriarca di Costantinopoli ha creato una crisi nel mondo ortodosso, e penso che abbiamo appena iniziato a vedere quanto le cose potranno peggiorare. Tuttavia, dobbiamo anche essere certi che Dio siede sul suo trono e che se nemmeno un passero cade a terra se non per la provvidenza di Dio (Mt 10:29), allora certamente la sua volontà opererà in questa crisi, nonostante il fatto che sembra che siamo circondati dal tradimento contro la Fede, dalla codardia e dall'inganno. Da un lato, affrontiamo problemi che non avremmo mai pensato di incontrare all'interno della Chiesa, ma dall'altro lato, Dio sta usando questa crisi, credo, per potare la sua vigna.

Il problema immediato che emerge è lo scisma in Ucraina, ma ci sono molte altre questioni che si aprono. Abbiamo visto da tempo persone che promuovono un programma ecumenista nella Chiesa. C'è anche la promozione di un programma rinnovazionista, che ha avuto inizio con cose come consentire le seconde nozze ai sacerdoti, ma è andato ben oltre a quel punto. Ora abbiamo un numero crescente di voci, specialmente all'interno del Patriarcato ecumenico, ma senza limitarsi affatto a quella Chiesa, che sta spingendo per l'accettazione dell'omosessualità, del transgenderismo e di una moltitudine di altre perversioni.

Per esempio, cinque anni fa abbiamo avuto il caso di Gregory Pappas del Pappas Post che si è lamentato pubblicamente che un prete greco-ortodosso si fosse rifiutato di comunicarlo, in quanto è un omosessuale attivo. Nella sua lamentela, non vi è alcun suggerimento che egli stesse lottando contro questo peccato, solo una giustificazione per il suo peccato – e in effetti, c'è una chiara negazione che questo sia davvero un peccato. Ma la parte più triste di questa storia è che, secondo lui, il metropolita Savas di Pittsburgh gli ha detto che mentre il prete aveva "tecnicamente i suoi diritti canonici" di negargli la comunione, lui lo avrebbe comunicato, e che anche altri sacerdoti si erano offerti di comunicarlo. Tutto questo è stato dichiarato pubblicamente e non ci sono state smentite o chiarimenti da parte del metropolita Savas, per quanto io abbia sentito.

Mi è stato precedentemente detto dal clero greco-ortodosso che nella metropolia di Chicago che non avrebbero rifiutato agli omosessuali attivi di ricevere la comunione, e proprio la scorsa settimana, questo è stato confermato in un rapporto sugli ultimi incontri del clero di quella metropolia:

"Lunedì 18 novembre, durante un incontro di Syndesmos per i chierici della metropolia di Chicago, sua Eminenza il metropolita Nathanael ha ordinato con forza ai suoi sacerdoti di non annunciare più i parametri per ricevere la santa comunione prima della sua distribuzione in qualsiasi momento, comprese le celebrazioni festive come la Pasqua e la Natività, quando ci sono moltissime persone sconosciute in chiesa.

Nathanael ha detto che sapeva che i suoi sacerdoti stavano facendo questi annunci, che lui stesso li aveva ascoltati fare tali annunci e li aveva letti nei loro bollettini e sui loro siti Web – ora, non più!

Nathanael, un noto profondo pensatore teologico e artista pastorale, ha spiegato che se san Giovanni Crisostomo, "l'autore della Divina Liturgia" (uh... no...) avesse voluto che un tale annuncio fosse fatto prima della distribuzione della santa comunione, allora questo sarebbe stato codificato nella funzione stessa. Così com'è, l'unico "annuncio" è che le persone dovrebbero avvicinarsi "con timor di Dio, con fede e amore". Poiché il santo patriarca di Costantinopoli non ha incluso altri avvertimenti, ai sacerdoti della metropolia di Chicago sarà vietato di dire altro: perciò, a partire dal 18 novembre 2019, la santa comunione è UFFICIALMENTE APERTA nella metropolia di Chicago. Non saranno ammessi annunci pubblici che descrivono chi non dovrebbe avvicinarsi al calice, con buona pace dei canoni.

Nathanael ha spiegato che il clero non ha il diritto di scoraggiare nessuno dall'accostarsi al calice, e dopo tutto, ha detto, ci fa "sembrare dei bigotti" se lo proibiamo a qualcuno.

Ha spiegato inoltre che se a una persona viene detto di non accostarsi al calice per ricevere la santa comunione perché è coinvolto in un comportamento peccaminoso che, secondo il DIRITTO CANONICO, proibisce la sua partecipazione, questa persona potrebbe non tornare in Chiesa. Ha ricordato ai sacerdoti che non vogliamo scoraggiare le persone dal frequentare la Chiesa".

Sua Eminenza farebbe bene a leggere l'omelia di san Giovanni Crisostomo che viene letta pochi giorni prima della Pasqua:

"Miei cari e beneamati fratelli radunati nella santa Chiesa di Dio, per servire il Dio vivente in santità e giustizia e per prender parte, con timore, ai santi, purissimi, immortali e tremendi misteri di Cristo: ascoltate me umile e indegno. Perché non sono io che vi parlo e vi istruisco, ma piuttosto la grazia dello Spirito santissimo e vivificante; poiché non parlo da me stesso, ma da come sono stato istruito dai canoni divini e dai Padri teofori, poiché la Chiesa ha ricevuto istruzioni dai divini apostoli che hanno ricevuto la loro sapienza da Dio, così parlo io stesso, che sono umile e inferiore a tutti. Non conosco le vostre opere; non considero ciò che avete iniziato; e così, come timorato di Dio, offro consigli a tutti voi, siano essi uomini o donne, grandi o piccoli a chiunque di voi sia colpevole di peccato, condannato dai propri stessi consigli, dico che per prima cosa dovete pentirvi e confessare i vostri peccati, per osare, ritenendovi indegni, di avvicinarvi e toccare il fuoco divino stesso. Poiché il nostro Dio è un fuoco che consuma e loro, quindi, che con fede e paura si avvicinano a Dio, Re e Giudice di tutti noi, bruceranno e cancelleranno i loro peccati; ed egli illuminerà e santificherà le loro anime. Ma egli brucerà di vergogna le anime e i corpi di quelli che si avvicinano con incredulità. Pertanto, molti di voi sono malati e si addormentano nella malattia, cioè molti stanno morendo inconfessati e non pentiti. E inoltre, fratelli miei, vi supplico e dico: nessuno che giura invano, né uno spergiuro, né un bugiardo, né uno che trova colpa negli altri, né un fornicatore, né un adultero, né un omosessuale, né un ladro, né un ubriacone, né un bestemmiatore, né uno che invidia suo fratello, né un assassino, né uno stregone, né un mago, né un incantatore, né un incantatore, né un brigante, né un manicheo, osi avvicinarsi, inconfessato e impreparato, toccare o accostarsi ai tremendi misteri di Cristo, perché è terribile cadere nelle mani del Dio vivente. La Parola di Dio è infatti più affilata di qualsiasi spada a doppio taglio, e penetra persino nelle articolazioni, nel midollo e nelle ossa, nei pensieri e nei cuori. Vedete quindi, fratelli miei, che nessuno si avvicini, non pentito, impreparato o indegno, a prendere parte ai suoi terribili e purissimi Misteri. Egli stesso dice: Io sono Dio, e non c'è dio all'infuori di me; io uccido e riporto in vita; né c'è nessuno che possa liberarsi dalla mia mano; poiché io stesso sono re per sempre, a cui è dovuta ogni gloria, onore e adorazione: al Padre, e al Figlio, e al santo Spirito, ora e sempre, e nei secoli dei secoli. Amen" (Omelia per il Giovedì santo (v. The Great Book of Needs, vol. II, St. Tikhon's Seminary Press, 1998, pp. 332-333)).

Dato il supporto che l'Arcidiocesi greca dà a pubblicazioni come "Public Orthodoxy", che promuove incessantemente l'accettazione della perversione all'interno della Chiesa, ciò non dovrebbe stupire nessuno. Questo è il frutto di quasi un secolo di deriva spirituale da parte del Patriarcato di Costantinopoli, di cui parlava San Giovanni di Shanghai nel 1938, in un rapporto al secondo Concilio di tutta la diaspora. Può darsi che il pentimento trasformi Costantinopoli, ma è improbabile che accada a breve termine, se accadrà del tutto.

Quindi, per ottenere le risposte pratiche che sta cercando qui, dobbiamo attenerci alla via regale in mezzo agli estremi, senza deviare a destra né a sinistra. Nella storia della Chiesa ci sono state eresie e scismi. Molte volte le eresie si sono manifestate per lunghi periodi di tempo, e a volte ci sono voluti secoli perché quelle eresie venissero infine abbattute o perché coloro che hanno rifiutato di essere corretti fossero definitivamente tagliati fuori dalla Chiesa. Durante questi periodi di polemiche, le linee spesso non sono state chiare e le cose sono state disordinate.

San Basilio il Grande paragonava i periodi come questo a una battaglia navale:

"A cosa dovrei quindi paragonare la nostra condizione attuale? Potrei paragonarla, credo, a qualche battaglia navale nata da vecchie liti nel tempo, combattuta da uomini che nutrono un odio mortale l'uno contro l'altro, di lunga esperienza nella guerra navale e desiderosi di combattere. Guardate, ti prego, l'immagine così creata davanti ai vostri occhi. Guardate le flotte rivali che si affrettano a correre all'attacco. Con un'esplosione di furia incontrollabile, si avvicinano e combattono. Immaginate, se volete, le navi sbattute avanti e indietro da una furiosa tempesta, mentre una fitta oscurità cade dalle nuvole e annerisce tutto in modo che le parole d'ordine siano indistinguibili nella confusione, e che si perda ogni distinzione tra amico e nemico. Per riempire i dettagli dell'immagine immaginaria, supponiamo che il mare sia gonfio di onde e gorgheggi dal profondo, mentre un veemente torrente di pioggia scende dalle nuvole e onde terribili si innalzano. Da ogni parte del cielo i venti battono sul punto in cui entrambe le flotte si scagliano l'una contro l'altra. Dei combattenti alcuni si trasformano in traditori; alcuni abbandonano il campo nel bel mezzo della lotta; alcuni devono nello stesso momento proteggere le loro navi sbattute dalla tempesta e avanzare contro i loro assalitori. La gelosia dell'autorità e la lussuria della forza individuale dividono i marinai in gruppi che si scambiano morte reciproca.

Pensate, oltre a tutto ciò, al ruggito confuso e immutabile che risuona su tutto il mare, ai venti ululanti, alle navi che si infrangono, alla superficie tumultuosa, alle urla dei combattenti mentre esprimono le loro diverse emozioni con ogni tipo di rumore, tanto che non si può più ascoltare una sola parola dell'ammiraglio o del pilota. Il disordine e la confusione sono enormi, perché l'estremità della sventura, quando si giunge alla disperazione, dà agli uomini la licenza per ogni tipo di malvagità. Supponiamo anche che gli uomini siano tutti colpiti dall'incurabile piaga del folle amore della gloria, in modo che non cessino dalla loro lotta per avere la meglio l'uno sull'altro, mentre la loro nave sta effettivamente sprofondando negli abissi" (Sullo Spirito Santo, cap. XXX).

Non dovremmo essere indifferenti a questi problemi, né dovremmo farci prendere da una visione estremista dei canoni e supporre che tutti nel Patriarcato ecumenico siano già fuori dalla Chiesa a causa delle azioni dei loro capi.

Cosa dovrebbe fare un profano nelle circostanze odierne? Molto dipenderà dalla parrocchia in cui uno si trova e dalle opzioni che potrebbe avere. Ci sono molti sacerdoti nella giurisdizione di Costantinopoli che conosco come devoti e fermi nella loro posizione per la Fede. Se fossi un laico in una simile parrocchia, non prenderei sicuramente decisioni affrettate, in particolare se non ci fosse un'opzione migliore nella zona in cui vivo. Tuttavia, è difficile vedere per quanto tempo sarà permesso ai chierici fedeli di rimanere più a lungo così, dato il tipo di istruzioni che stanno ricevendo dai loro vescovi.

Direi che non si dovrebbe assolutamente partecipare ad alcuna funzione in cui serva uno degli scismatici ucraini, o chiunque sia stato ordinato da loro. Col passare del tempo, questa è una linea che diventerà sempre più difficile tracciare all'interno del Patriarcato ecumenico, a causa di ordinazioni come quella che lei menziona, che è stata chiaramente fatta come mezzo per costringere i fedeli in America ad accettare questo scisma, che a loro piaccia o no.

C'è una cosa che penso che tutti dobbiamo evitare: permettere a chiunque di dipingere questa crisi come una mera questione di russi contro greci. Non si tratta di etnia, si tratta di ortodossia. Qui non ci sono russi contro greci – c'è l'ortodossia contro l'eresia e lo scisma. Conosco molti greci che stanno sostenendo la fede, e conosco abbastanza russi che non lo fanno, per vederla in questi termini.

Tutti dovrebbero guardare alla propria coscienza e chiedere al proprio angelo custode di parlare loro attraverso la voce della propria coscienza. Si dovrebbero anche cercare saggi consigli riguardo alle circostanze specifiche e pregare che Dio mostri la strada, e quindi prendere la strada più saggia che sia in accordo con la propria coscienza. Si dovrebbe anche pregare che Dio corregga chi si allontana dalla retta via.

C'è un proverbio cinese, che penso sia buono e saggio: "Un coniglio saggio ha tre tane". Penso che sarebbe saggio che chi sta nel Patriarcato ecumenico, o in qualsiasi altra giurisdizione che abbia vescovi che mostrano segni di oscillazione in termini di Verità, almeno per ora contempli le proprie alternative e mantenga aperte le proprie opzioni.

Una cosa che è chiara è che se Costantinopoli non si corregge da sola, tutti nella Chiesa alla fine dovranno fare una scelta e prendere una posizione contraria oppure accettare la crescente apostasia che stiamo vedendo svilupparsi.

Se si arriva a una crisi, ovviamente, si dovrebbe andare in una parrocchia che difende la verità. Ciò può significare un'altra parrocchia lungo la stessa strada, oppure può significare una parrocchia lontana, e celebrare i servizi dei lettori a casa quando non si riesce a raggiungere quella parrocchia.

 
La vittoria dei martiri e dei confessori

La recente riunione dei primati ortodossi a Costantinopoli (nella foto, la delegazione russa) e le prospettive del futuro concilio pan-ortodosso sono analizzate dall'arciprete Andrew Phillips alla luce del conflitto di civiltà del secolo trascorso, che ha portato alla vittoria di una posizione teologica sostenuta dai martiri e dai confessori dentro e fuori dalla Russia. Presentiamo le considerazioni di padre Andrew nella sezione “Confronti” dei documenti.

 
La Chiesa aiuta a organizzare un corridoio umanitario a Mariupol'

corridoio umanitario a Mariupol'. Foto: m.123ru.net

Il metropolita Luka, come parte di una carovana umanitaria, ha trasportato più di 90 tonnellate di cibo e medicinali a Mariupol'.

Il primate della Chiesa ortodossa ucraina, sua Beatitudine il metropolita Onufrij, personalmente e con la partecipazione di altri vescovi e sacerdoti della Chiesa ortodossa ucraina, aiuta a organizzare un corridoio umanitario a Mariupol', come riferisce news.church.ua.

Il 12 marzo 2022, il metropolita Luka di Zaporozh'e e Melitopol' ha formato con i sacerdoti della sua diocesi una carovana umanitaria che ha trasportato più di 90 tonnellate di cibo e medicine a Mariupol'.

Il 10 marzo sua Beatitudine il metropolita Onufrij ha rilasciato una dichiarazione in cui ha invitato tutte le persone interessate a fornire veri e propri corridoi umanitari per l'urgente evacuazione dei civili dagli insediamenti sulla linea di tiro e a garantirne l'incolumità.

Nel suo discorso di oggi, il presidente ucraino Vladimir Zelenskij ha ringraziato la Chiesa per l'assistenza.

"Sono grato ai rappresentanti della Chiesa che si sono uniti agli sforzi per proteggere il corridoio umanitario di Mariupol' dai bombardamenti", ha detto Zelenskij.

Il presidente ha invitato tutti gli ucraini "a lavorare insieme, senza divisioni interne, sostenendosi a vicenda, in tutta l'Ucraina".

 
Dal Patriarcato di Gerusalemme: Rivestitevi di una tunica d'umiltà e accettate l'appello del patriarca

il metropolita Timotheos (Margaritis) di Bostra. Foto: Romfea

Se le Chiese sono interessate all'unità, devono "rinunciare ai loro interessi e privilegi di origine" e accettare la proposta Gerusalemme di una Sinassi dei primati.

Ora è estremamente importante trovare una via d'uscita dall'impasse che la Chiesa ortodossa sta affrontando a causa della "questione ucraina", secondo il vescovo della Chiesa ortodossa di Gerusalemme, l'esarca del santo Sepolcro a Cipro, il metropolita Timotheos (Margaritis) di Bostra. L'appello del vescovo è stato pubblicato il 27 novembre dalla risorsa greco-ortodossa Romfea.

Il vescovo ha ricordato che storicamente la Chiesa di Gerusalemme è stata un tempo la sede in cui i primati delle Chiese hanno preso decisioni storiche per difendere la fede.

"Alessandria, Antiochia e Gerusalemme non devono incontrarsi per la prima volta nella Città Santa su questioni di grande importanza per la Chiesa! Dopo il Concilio di Ferrara-Firenze (del 1443-1445, in cui la Chiesa di Costantinopoli riconobbe il primato di Roma e accettò i dogmi della Chiesa cattolica, ndt), i tre patriarchi si incontrarono a Gerusalemme e condannarono la firma dell'unione", ha ricordato sua Eminenza Timotheos.

Il vescovo invita a ricordare che Gerusalemme fu il centro al quale gli apostoli tornarono dopo l'evangelizzazione delle nazioni per discutere dei problemi sorti nel frattempo. Secondo lui, nelle menti dei cristiani, la Città Santa è rimasta la "città regale di Cristo", mentre Gerusalemme è venerata come la "madre di tutte le Chiese".

"In vista dell'impasse che è sorto nell'Ortodossia a causa della questione ucraina, le Chiese-figlie che stanno vivendo una grave divisione ora, se sono veramente interessate all'unità della CHIESA, [...] devono rinunciare al loro interessi e privilegi di origine e indossare una tunica di umiltà e riconciliazione, seguire l'appello di sua Beatitudine il patriarca di Gerusalemme, e incontrarsi dopo lunghe preghiere nello Spirito Santo per trovare una soluzione al problema che divide la Chiesa di Cristo in modo che l'unità degli ortodossi possa essere ripristinata", ha affermato il metropolita Timotheos di Bostra.

Ricordiamo che il 21 novembre 2019 il primate della Chiesa ortodossa di Gerusalemme, il patriarca Theophilos III, ha annunciato che stava convocando i primati delle Chiese ortodosse locali in Giordania per discutere della questione della "Chiesa ortodossa dell'Ucraina". La proposta del patriarca è stata sostenuta nelle Chiese russa e albanese, mentre il capo della Chiesa di Grecia, l'arcivescovo Hieronymos, che è stato il primo dopo il patriarca Bartolomeo di Costantinopoli a riconoscere la "Chiesa ortodossa dell'Ucraina", si è rifiutato di partecipare alla discussione pan-ortodossa e ha annunciato le sue possibili dimissioni.

 
‘In tempo di inganno universale, dire la verità diventa un atto rivoluzionario’ (George Orwell)
Natalia Poklonskaja, 33 anni, neo-nominata come procuratore generale della Repubblica di Crimea, ha descritto la rivolta di EuroMaidan come un "colpo di stato anti-costituzionale" in un'intervista esclusiva a un canale televisivo russo. La dichiarazione ha già fatto infuriare il governo autoproclamato a Kiev.
"Quello che è successo a Kiev è stato, innanzitutto, un colpo di stato anti-costituzionale e una presa di potere armata", ha detto la signora Poklonskaja. "Questa è sempre stata la mia sensazione e questo è il parere che non avevo paura di esprimere [mentre lavoravo] presso l'ufficio del procuratore generale ucraino".
Le persone che attualmente detengono le cariche di presidente e di procuratore generale ucraino sono illegittime, ha aggiunto a bruciapelo. La sua critica senza peli sulla lingua le ha già creato molti nemici nei media ucraini, con giornalisti che descrivono come "frivole" alcune delle sue foto trapelate in rete.
Il regime del Paese ha apparentemente dichiarato una caccia alla giovane pubblico ministero di Crimea, condannandola per aver ricoperto la carica illegalmente e privandola dello status di "consigliere di giustizia".
"Io dico la verità e non ho paura di questa verità. Non sono una criminale, e non propago il nazismo, a differenza di alcuni funzionari di regime a Kiev", ha detto. "Che mi facciano pure cause legali. Credo che giustizia sarà fatta".
Come procuratore della Crimea, Natalia Poklonskaja dice che farà in modo che siano osservate nella regione le leggi ucraine e internazionali. Ha detto che il suo ufficio ha ricevuto petizioni da poliziotti della Berkut, brutalizzati durante la rivolta ucraina.
Poklonskaja ha anche aggiunto che i procuratori si stavano preparando per il referendum. Ma, qualunque sia la volontà del popolo, non ci sarà alcun EuroMaidan in Crimea, ha aggiunto.
 
Il giornalista ortodosso Jan Taksjur è in un centro di detenzione a Kiev, ha bisogno di aiuto

Jan Taksjur. Foto: abesu.org

Il 10 marzo, uomini armati che si sono presentati come ufficiali della SBU hanno arrestato il noto giornalista Jan Taksjur a Kiev.

Marija Taksjur, figlia del giornalista e presentatore televisivo ortodosso ucraino Jan Taksjur arrestato dalla SBU, ha detto che ora il padre si trova nel centro di detenzione preventiva Lukyanivsky a Kiev. Lo scrivente non è stato ancora accusato di alcun crimine e necessita di assistenza legale.

"Ora papà è nel centro di custodia cautelare Lukyanivsky, nessuna accusa è stata avanzata. Il padre ha bisogno di assistenza legale, ci ha scritto una nota in modo che cercassimo documenti medici che confermano la sua diagnosi di cancro. Oltre a questa diagnosi ha ancora una serie di problemi di salute. Papà quest'anno compie 70 anni e non si sente bene. Papà ha bisogno di protezione e supporto legale, scrivetemi come potete aiutarmi. Annunceremo una raccolta di fondi, che avrà luogo un po' più tardi. Molte grazie a tutti, stiamo aspettando che papà torni a casa", ha detto Marija Taksjur.

Come riportato, il 10 marzo, persone armate che si sono presentate come agenti della SBU, hanno arrestato il noto giornalista, satirista e conduttore del canale "Primo cosacco" Jan Taksjur a Kiev. Il figlio dello scrittore Il'ja Taksiur ha confermato queste informazioni ai giornalisti dell'Unione dei giornalisti ortodossi.

 
Il Tomos è divenuto il muro di Berlino spirituale per l'Ucraina

l'arciprete Nikolaj Danilevich. Foto: apostrophe.ua

Il Tomos non si è limitato a dividere, ma ha conservato la divisione dell'Ortodossia ucraina in due parti disuguali, ha osservato il vicecapo del Dipartimento per le relazioni ecclesiastiche esterne della Chiesa ortodossa ucraina.

Il conferimento del Tomos e la sua promozione sono diventati un muro di Berlino spirituale per l'Ortodossia ucraina, ha affermato l'arciprete Nikolaj Danilevich, vicedirettore del Dipartimento per le relazioni ecclesiastiche esterne della Chiesa ortodossa ucraina.

"Il Tomos è divenuto un muro di Berlino Spirituale per l'Ortodossia ucraina, non si è limitato a dividere, ma ha conservato la divisione dell'Ortodossia ucraina in due parti disuguali. Inoltre, ha diviso le persone sia a livello di comunicazione personale che strutturalmente. Ora ci sono la Chiesa ortodossa ucraina e la "Chiesa ortodossa dell'Ucraina"," come la risorsa online "Apostrophe" cita il portavoce della Chiesa ortodossa ucraina.

Questa separazione era già avvenuta ma il Tomos l'ha cementata, ha spiegato l'arciprete Nikolaj.

A suo avviso, il Tomos potrebbe diventare il muro di Berlino spirituale per l'ortodossia mondiale, che è già stata divisa nel valutare gli eventi nella vita religiosa dell'Ucraina.

Il vicecapo Dipartimento per le relazioni ecclesiastiche esterne della Chiesa ortodossa ucraina ha anche affermato che l'appello per una discussione pan-ortodossa sulla crisi religiosa ucraina da parte del patriarca Theophilos III di Gerusalemme e il sostegno a questo appello da parte dell'arcivescovo Anastasios di Tirana e di Tutta l'Albania aumentano le possibilità di risolvere questo problema. Secondo lui, nell'assemblea pan-ortodossa, se avrà luogo, si cercheranno modi per superare lo scisma ucraino e la crisi sorta nell'Ortodossia mondiale a causa di esso.

"Ora nessuno può dire cosa potrebbe accadere. Ma è assolutamente chiaro che in un singolo paese dovrebbe esserci una singola Chiesa ortodossa, e non due o più", ha spiegato il sacerdote. "Nei territori tradizionali delle Chiese locali, dove la popolazione ortodossa vive in modo compatto, ci dovrebbe essere un solo vescovo, una sola chiesa. Questi sono i requisiti dei canoni. Pertanto, la situazione che si trova ora in Ucraina è anormale".

Solo una diaspora può avere diversi vescovi ortodossi, ma la diaspora è un fenomeno relativamente nuovo per l'Ortodossia e, pertanto, non ha ancora un ordine finito di funzionamento delle strutture ecclesiali, ha osservato.

"Vorrei anche sottolineare che non noi percepiamo la "Chiesa ortodossa dell'Ucraina" come una Chiesa separata. Era una parte della nostra Chiesa, che in precedenza si è allontanata da noi. Oltre al Donbass e alla Crimea, fa parte dell'Ucraina. Pertanto, come prima, queste persone dovrebbero far parte della nostra Chiesa, una sola Chiesa in futuro. Ebbene, hanno ricevuto un Tomos, e allora? Il problema dell'unità non è stato risolto. Per questo motivo, non hanno cessato di essere quello che erano prima - una precedente parte della nostra Chiesa che si è staccata da noi", ha concluso il portavoce della Chiesa ortodossa ucraina.

Il Vaticano aveva precedentemente affermato che il Tomos della "Chiesa ortodossa dell'Ucraina" ha complicato le relazioni ecumeniche tra le Chiese.

 
La bufala della "seconda guerra di Crimea"

A Torino siamo un po' iper-sensibili quando sentiamo parlare di guerre di Crimea. Il fatto è che ci rimorde la coscienza. La partecipazione del Regno di Sardegna al primo stupro conflitto di Crimea può avere affrettato la formazione dello stato unitario italiano, ma certamente non ha fatto del bene al mondo ortodosso. Prendiamo per esempio il moderno stato romeno... se la sua formazione fosse avvenuta sulle linee indicate dalla Russia invece che su quelle volute dalle potenze occidentali, forse gli ortodossi romeni si sarebbero risparmiati alcuni decenni di dominazioni massoniche e fasciste. La coscienza continua a rimorderci quando a Torino sentiamo legare la Crimea alle eroiche gesta dei bersaglieri di Lamarmora, che lasciarono una dozzina di eroici caduti in un unico scontro armato presso un fiumiciattolo, e un paio di migliaia di meno eroici caduti per colera negli ospedali da campo. Il trisnonno di chi scrive era uno di quei bersaglieri, che sopravvisse alla "battaglia della Cernaia" (non ci volle molto) e al colera (qui invece fu più fortunato), e lasciò ai suoi discendenti una collezione di medaglie di dubbio onore, generosamente elargite anche da Napoleone III e dalla regina Vittoria. La coscienza ci rimorde ancor di più quando consideriamo che il Regno di Sardegna post-napoleonico poté essere uno stato indipendente e volitivo non certo grazie agli austriaci (che avrebbero fatto volentieri del Piemonte una loro dipendenza subalpina), ma grazie ai russi di Suvorov, che appena mezzo secolo prima avevano liberato Torino in nome di uno spirito di auto-determinazione cristiana. Quando si dice ingratitudine...!

Ora come allora, naturalmente, la macchina dei media di quelle stesse potenze occidentali (...e dei loro convenientissimi alleati turchi!) riprende volentieri la retorica antirussa, e parla della Crimea con le stesse dubbie accuse di imperialismo e sottomissione. Così come ci si scorda convenientemente che un tempo i principati di Moldova e Valacchia avevano chiesto aiuto alla Russia per ricostituire la loro indipendenza di nazione cristiana ortodossa, allo stesso modo il risultato del referendum nella Crimea di oggi è convenientemente ricoperto, dapprima da zuccherosa retorica sull'integrità territoriale ucraina (della quale alle potenze occidentali importa se possibile ancor di meno di quanto importasse nel XIX secolo l'integrità territoriale dei romeni), e poi, se lo zucchero non fa presa, dallo spauracchio della "seconda guerra di Crimea".

Siamo stati davvero contenti quando abbiamo sentito la voce veramente ortodossa di padre Andrew Phillips definire la mossa mediatica della seconda guerra di Crimea come "il latrato dei barboncini". Presentiamo volentieri il saggio di padre Andrew nella sezione "Geopolitica ortodossa" dei documenti, e ricordiamo come, in un momento di sublime ironia, Mosca ha spedito il conto energetico non saldato dall'Ucraina (un miliardo e mezzo di euro) a Bruxelles. Parlando a nuora perché suocera intenda, è stato un buon modo di ricordare a Washington e a Londra chi è che ha già vinto la seconda guerra di Crimea.

 
I sostenitori della "Chiesa ortodossa dell'Ucraina" sequestrano il luogo di culto della Chiesa ortodossa ucraina nel villaggio di Dvorets, regione di Khmel'nitskij

alcuni residenti del villaggio, che non vanno in chiesa, hanno votato per il trasferimento dei credenti alla "Chiesa ortodossa dell'Ucraina". Foto:Facebook.com/vladimir.kovalchuk

Un "sacerdote" della "Chiesa ortodossa dell'Ucraina", insieme ai rappresentanti delle autorità locali, ha organizzato la "transizione" della comunità della Chiesa ortodossa ucraina in una struttura scismatica.

Il 15 marzo 2022, nel villaggio di Dvorets del distretto di Izjaslav della regione di Khmel'nitskij, si è tenuto un incontro degli abitanti del villaggio, dove hanno deciso di "trasferire" la comunità religiosa della chiesa della santa Croce della Chiesa ortodossa ucraina alla "Chiesa ortodossa dell'Ucraina".

Come ha detto all'Unione dei giornalisti ortodossi il rettore del tempio, l'arciprete Grigorij Palianytsia, nessuno dei membri della comunità della Chiesa ortodossa ucraina nel villaggio di Dvorets è venuto a questo incontro. “Ieri ha chiamato il capo villaggio e ha detto che la gente vuole tenere una riunione per trasferirsi alla "Chiesa ortodossa dell'Ucraina". All'inizio volevo andare alla riunione, ma l'arciprete ha consigliato di non farlo durante la legge marziale, ma di limitarmi a presentare una denuncia alle forze dell'ordine, cosa che farò ora. Il fatto è che dopo l'incontro mi hanno chiamato e mi hanno detto di cedere le chiavi perché presumibilmente noi siamo la "Chiesa russa" e dovremmo passaare alla "Chiesa ortodossa dell'Ucraina", ha detto padre Grigorij all'Unione dei giornalisti ortodossi.

Dopo aver ricevuto un rifiuto dal rettore della chiesa della santa Croce, i sostenitori della "Chiesa ortodossa dell'Ucraina" hanno messo una nuova serratura alla porta della chiesa, e tutte le proprietà dei parrocchiani sono rimaste all'interno.

"Io non rimuoverò questa serratura senza la polizia, e adesso la gente ha paura di entrare in chiesa. I nostri parrocchiani non vogliono trasferirsi alla "Chiesa ortodossa dell'Ucraina" e io non lo farò", ha sottolineato l'arciprete Grigorij Palianytsia. Oltre a una dichiarazione alle forze dell'ordine, il rettore si appellerà all'amministrazione regionale per denunciare agli ufficiali i trucchi degli scismatici.

"Conosciamo già questi trucchi da parte della "Chiesa ortodossa dell'Ucraina"," ha detto all'Unione dei giornalisti ortodossi l'arciprete Ioann Savel'ev, rettore della chiesa di san Michele a Izjaslav, che conosce la situazione a Dvorets. "Lo stesso è successo in un altro villaggio: la chiesa è stata sigillata dalle autorità locali e due giorni sono arrivati dei fedeli della "Chiesa ortodossa dell'Ucraina", hanno spezzato i sigilli e hanno iniziato a servire. Non ascoltano nessuno. Ora c'è una guerra, ma ci troviamo in una situazione in cui il nemico interno è per noi più terribile di quello esterno.

Secondo lui, gli scismatici della "Chiesa ortodossa dell'Ucraina" ora non si arrischiano a impadronirsi di chiese con comunità di centinaia di parrocchiani: vanno in piccoli villaggi dove ci sono solo 10-15 fedeli e non c'è nessuno che resista alle pressioni delle autorità.

Come riportato, i sostenitori della "Chiesa ortodossa dell'Ucraina" hanno sequestrato un luogo di culto della Chiesa ortodossa ucraina nella diocesi di Vinnitsa.

 
I primati "greci" rimpiangono di avere dato al Fanar un tale potere

I primati delle Chiese ortodosse di Cipro, Antiochia, Alessandria e Gerusalemme

"Abbiamo elevato noi stessi il patriarca Bartolomeo al terzo cielo dandogli il primato, quindi ogni responsabilità spetta a noi primati", ha ammesso uno dei primi ierarchi greci.

Il quotidiano "Ορθόδοξος Τύπος" ha pubblicato frammenti di una conversazione con un "primate greco" senza rivelare la sua identità, in cui questi afferma che il patriarca Bartolomeo di Costantinopoli minaccia i primati delle Chiese con la rimozione dell'autocefalia. Gli estratti della conversazione con i primati sono citati da oukraniko.blogspot.com.

Come risulta dalla pubblicazione, "il primo ierarca ammette che i primati sono responsabili, perché hanno fatto un errore andando al Concilio di Creta ed elevandolo (il patriarca Bartolomeo, ndc) fino al terzo cielo". Ora il Fanar ricorda loro che essi stessi hanno riconosciuto il primato del patriarca ecumenico e quindi non c'è ritorno.

"Gli abbiamo dato il diritto di minacciare di portare via l'autocefalia", afferma il primate alla pubblicazione.

Più avanti nel giornale c'è una trascrizione della conversazione con il "primate greco":

"Bartolomeo non è da biasimare... L'oppressività è un problema. Voglio dire tutti questi giovani che lo circondano... gli lanciano polvere di adulazione negli occhi in modo che alla fine non ascolta i vecchi fanarioti. <...> Non l'avete visto dire che "un incontro di tre stelle è raro", riferendosi a Bartolomeo, Tsipras ed Erdogan? È diventato virale su Internet!" Ha continuato il capo di una delle Chiese greche.

“Noi, i primati, dobbiamo essere ritenuti responsabili. La colpa è nostra per aver creduto nell'istituzione! L'abbiamo elevato al terzo cielo, dandogli il primato... Non è necessario che io parli oltre... Parlatene con sua Beatitudine, il vostro primate <...> Abbiamo fatto un errore e siamo andati al Concilio del primate (il Concilio di Creta, ndc). Certo, allora avevamo buone intenzioni, non capivamo dove questo ci avrebbe portato... Ora ci dicono: 'Avete riconosciuto il primato del patriarca e non potete tornare indietro',ha detto il primate.

"I Primati sono molto delusi e sconvolti dall'atteggiamento del patriarca Bartolomeo, che li ha trattati come degli 'emarginati'," ha sottolineato la pubblicazione greca. "Alcuni primati conservano ancora la loro dignità e non vogliono che la Chiesa venga ulteriormente disonorata dalle cattive azioni del 'papa orientale' e dei 'papisti' che lo seguono".

Ricordiamo che tra gli esperti si ritene che il patriarca Bartolomeo, che non è riluttante a essere considerato l'unico responsabile della creazione della "Chiesa ortodossa dell'Ucraina", sta attirando al suo fianco altri vescovi greci, "piegandoli sul suo ginocchio". Allo stesso tempo, come ha notato l'onorevole giornalista dell'Ucraina Vasilij Anisimov, il tradimento comune scredita tutta l'Ortodossia greca.

 
I carpato-russi: una minoranza religiosa DAVVERO perseguitata in Ucraina
La macchina delle menzogne mediatiche continua a lavorare a pieno ritmo. Non contenti che in Crimea si sia visto nel recente referendum il voto di autodeterminazione statale più democratico, più pacifico e più straordinariamente plebiscitario della storia contemporanea, ora ci si arrampica sugli specchi paventando chissà quali ritorsioni sulle minoranze religiose (come se in Crimea, che tra le regioni dell'Ucraina è quella meno interessata alle appartenenze religiose in genere, un dato di identificazione religiosa possa davvero importare a qualcuno). Chi legge l'inglese può, turandosi il naso, ponderare questo ammasso di balle sesquipedali pubblicato dal Time, con il rappresentante del "Patriarcato di Kiev" in Crimea, "l'arcivescovo Kliment", che dichiara che la sua giurisdizione conterebbe tra i propri fedeli nientemeno che il 10% degli abitanti della regione (vale a dire 200.000 persone, tante da far pensare che anche una percentuale di filaretisti abbia votato l'annessione alla Russia: un vero e proprio inno al surrealismo), e nonostante questo, dichiara di non riuscire a garantire il controllo di neppure un singolo luogo di culto! Gli interessati ai fatti storici reali possono guardare le vere statistiche della Crimea, da noi pubblicate, che danno al "patriarcato di Kiev" meno di un quinto di quel totale (e con 34.000 fedeli - sempre ammesso che ce ne siano veramente tanti - bisogna essere proprio dei bei vermi per non saper difendere una singola chiesa); molto più semplicemente, la "cattedrale minacciata" era una cappella in una base militare, e quando la base militare - assieme a tutta la Crimea - ha cambiato stato, allora anche una cappellania per nazionalisti ucraini non aveva più ragione di rimanere. A volte la verità è tanto, ma tanto semplice...
Gli amanti delle balle mediatiche saranno felici di sapere che l'unica caccia alle minoranze religiose in corso in Crimea è quella fatta dai giornalisti, che stanno facendo incetta di voci di veri o presunti abusi, e se sono solo presunti tanto meglio, alla faccia dell'obbiettività giornalistica. Questo delizioso elogio del nonsenso da parte del Tablet titola "prete greco-cattolico rapito in Crimea", per poi rimangiarsi poche righe dopo la notizia e affermare che forse il prete rapito è stato solo interrogato dalla polizia ed è tornato a casa, e poi dire che comunque la fonte delle informazioni dell'articolo non sa niente di niente, e insomma, andiamo, un "giornalista" deve pur guadagnarsi la pagnotta...
Se vogliamo invece uscire dallo specchio magico del Paese delle Meraviglie mediatiche e tornare nell'Ucraina reale, possiamo andare a vedere qualcosa sulla condizione dei carpato-russi, la minoranza etno-linguistico-religiosa veramente repressa - e veramente dimenticata dai media - nell'Ucraina di oggi. Eccovi un video introduttivo a un popolo che chiede una semplice e pacata misura di autonomia regionale, che tutti gli stati al mondo sono disposti a concedergli... tranne l'Ucraina. Vi invitiamo a vedere il video e a... pregare per il popolo carpato-russo discriminato e a sostenerlo nella sua pacifica rivendicazione di autonomia!
 
Che cosa significa "nazismo"?

Dovete capire che i principali bolscevichi che avevano preso il controllo della Russia non erano russi. Odiavano i russi. Odiavano i cristiani. Spinti dall'odio etnico, hanno torturato e massacrato milioni di russi senza un briciolo di umano rimorso. Questo non può essere sopravvalutato. Il bolscevismo ha commesso il più grande massacro umano di tutti i tempi. Il fatto che la maggior parte del mondo sia inconsapevole e indifferente verso questo enorme crimine è la prova che i media globali sono nelle mani dei suoi mandanti.

Aleksandr Solzhenitsyn

L'Occidente ha conquistato il mondo non per la superiorità delle sue idee o dei suoi valori religiosi (a cui pochi membri di altre civiltà si sono convertiti), ma piuttosto per la sua superiorità nell'applicare la violenza organizzata. Gli occidentali spesso dimenticano questo fatto, i non occidentali non lo dimenticano mai.

Samuel Phillips Huntington, Lo scontro delle civiltà, capitolo 2

Il presidente dell'Ucraina Zelenskij è ebreo, come in effetti lo era il presidente Poroshenko prima di lui. Perché allora il governo federale russo chiama la sua operazione speciale in Ucraina "denazificazione"? Questo sembra contraddittorio alla maggior parte delle menti occidentali, dove la parola "nazista" si riferisce strettamente solo al genocidio anti-ebraico della Germania del Terzo Reich (Reich = Impero). In altre parole, qual è la comprensione russa, e del resto quella non occidentale, del nazismo?

Innanzitutto, per i russi, come per molti altri, il nazismo è il credo che nella seconda guerra mondiale organizzò soprattutto l'olocausto degli slavi (oltre 30 milioni di morti), che superò di gran lunga quello degli ebrei (quasi 6 milioni di morti), nonché il genocidio di altre minoranze del momento. Il nazismo è il programma per invadere, uccidere, violentare, depredare e ridurre in schiavitù. Questo è esattamente ciò che fecero i nazisti nell'Unione Sovietica dopo il 1941. Invadere i territori degli altri, uccidere gli uomini, violentare le donne (e poi ucciderle: nell'URSS un soldato tedesco su due era uno stupratore e assassino), saccheggiare l'arte e la cultura e rendere schiavi tutti coloro che erano rimasti, portandoli nelle fabbriche di schiavi e nei campi in Germania, dove lavoravano duramente fino alla morte come servi del Terzo Reich.

Tuttavia, i nazisti, esclusi dalla colonizzazione nel resto del mondo, fecero solo nell'Europa centrale e orientale, specialmente in Russia, ciò che altri popoli dell'Europa occidentale fecero nelle loro colonie, come vedremo più avanti. In altre parole, ciò che si intende per "nazismo" non è affatto specifico di ciò che fecero i tedeschi durante la seconda guerra mondiale. In questo senso più ampio, che è ciò che il governo federale russo ha in mente oggi, il nazismo è ciò che può essere chiamato "suprematismo occidentale", l'idea che le razze non occidentali siano "Untermenschen", subumani. Pertanto, come per 'negri', 'selvaggi', 'scimmie', 'musi gialli', anche i russi possono essere 'cancellati'.

Questa mentalità affonda le sue radici nella barbarie che distrusse la parte occidentale dell'Impero Romano nel IV e V secolo d. C. In un primo momento sembrava che i barbari sarebbero stati cristianizzati, specialmente ai margini esterni dell'Europa occidentale, in Irlanda, in Inghilterra, nella penisola iberica e in Italia. Ma nel nucleo geografico centrale, controllato dai franchi, la tentazione dei barbari di restaurare l'Impero Romano pagano era troppo forte.

Questa barbarie rinnovata e giustificata può essere vista nel Primo 'Reich' (Impero), fondato sotto il principe germanico, Carlo l'Alto, detto anche Carlo Magno (747-814). Già prima che fondasse questo Reich nell'800 e si nominasse "imperatore", le sue forze franche sotto Rolando avevano invaso i Paesi Baschi e furono sconfitte dai baschi ancora liberi a Roncisvalle nel 778 (uno dei miti fondatori della barbarie occidentale) e di nuovo nel 782 al massacro di 4.500 sassoni a Verden. Di conseguenza, questo barbaro genocida fu allora chiamato 'il Grande' e 'il Padre dell'Europa' e fu 'beatificato' dal cattolicesimo romano, la nuova religione franca proveniente dalla Babilonia di Roma, fondata da Carlo Magno per sostituirla all'antico cristianesimo ortodosso, proveniente da Gerusalemme.

Anche se Carlo Magno e il suo Reich crollarono presto, fu l'inizio della fine. Dopo di lui i barbari occidentali iniziarono a rifiutare il cristianesimo. (Si veda The Formation of a Persecuting Society: Power and Deviance in Western Europe, 950-1250 di R. I. Moore, 1987). Infatti, nell'XI secolo, i barbari con le loro nuove truppe d'assalto normanne, le SS dell'epoca, iniziarono a massacrare e opprimere i nativi greci nell'Italia meridionale, e poi i musulmani nella penisola iberica e poco dopo i nativi mozarabici cristiani. Nell'ambito dello stesso processo, nel 1066 le SS normanne invasero l'Inghilterra e conquistarono quel paese, massacrando gli indigeni, imponendo la loro schiavitù ("feudalesimo") e il cattolicesimo romano. Molti degli inglesi si rifugiarono a Costantinopoli e nel sud della Russia.

I barbari occidentali avevano trovato una giustificazione alla loro barbarie, non c'era bisogno di cercare di diventare cristiani, potevano continuare come prima, solo sotto il nuovo nome di 'cattolici', o in linguaggio moderno, 'globalisti'. In fondo i barbari erano già salvi, poiché ora appartenevano a un'organizzazione infallibile, il cui capo deteneva per loro le chiavi del Paradiso e che avrebbe giustificato ogni sorta di saccheggio e di omicidio.

Dopo il 1066 seguirono presto l'invasione, il massacro e il saccheggio del Galles e della Scozia e l'imposizione della schiavitù feudale e della nuova "Chiesa". Nel 1096 gli stessi barbari occidentali massacrarono gli ebrei nella Renania, poi si diressero a massacrare i "greci" (= i cristiani) e i musulmani nella loro campagna genocida che chiamarono "la prima crociata". Nella seconda metà del XII secolo, questi barbari, che oggi sarebbero chiamati nazisti, continuarono i loro massacri ("crociate") nel Vicino e Medio Oriente e tra il 1169 e il 1172 invasero anche l'Irlanda. Nel 1204 massacrarono e saccheggiarono la capitale cristiana, Nuova Roma, che chiamarono Costantinopoli.

All'inizio del XIII secolo i barbari del nord, chiamati "i cavalieri teutonici", iniziarono le loro invasioni, uccisioni, stupri e saccheggi delle terre russe. (Leggete Russofobia. Mille anni di diffidenza, di Guy Mettan). Tuttavia, questo era solo l'inizio. Alla fine del XV secolo arrivò un nazista italiano, Colombo. Nello spazio di 400 anni i suoi primitivi e barbari seguaci hanno massacrato forse 100 milioni di persone, che chiamavano 'indiani', cioè i popoli indigeni dei Caraibi (spagnoli, inglesi, francesi e olandesi), del Sud America (spagnoli e portoghesi), Centro America (spagnoli) e Nord America (britannici, francesi e spagnoli). Hanno rubato i vasti territori di due continenti americani e le loro risorse naturali e hanno violentato, saccheggiato e ridotto gli abitanti in schiavitù in "riserve".

Nello stesso lasso di tempo, hanno fatto lo stesso in gran parte dell'Africa (la tratta degli schiavi, la guerra boera), in Asia, in India ( "l'ammutinamento dell'India" [1], la siepe doganale del sale e la carestia del Bengala) e in Australasia (i massacri degli aborigeni, dei maori, dei micronesiani e polinesiani). Quello che hanno fatto i nazisti nell'olocausto slavo (30 milioni di morti) nell'Europa orientale, gli altri europei lo avevano già fatto tra i popoli indigeni nel resto del mondo, come nelle Americhe e in Australasia, gli inglesi in India, Cina e Africa, i portoghesi in Angola e Mozambico, gli olandesi nell'attuale Indonesia, i francesi nell'Africa centrale e nord-occidentale e nel sud-est asiatico, i belgi nel Congo, i tedeschi nell'Africa sud-occidentale e successivamente gli italiani in Etiopia. Tutto questo in nome di 'civiltà, libertà e democrazia'.

Questo barbarismo occidentale si definiva 'il mondo libero' (termine che non era inteso ironicamente...), ma oggi si definisce 'comunità internazionale' (= mafia). È lo stesso gruppo di paesi, per un totale forse di un miliardo di servi zombificati, i cui leader si sono dati il diritto divino di sedersi in cima alla piramide globale delle repubbliche delle banane e del racket e di sfruttare il resto con la scusa del "globalismo", ovvero il loro personale controllo globale. Oggi chiamano la loro dottrina secolarismo; in Russia la chiamano nazismo; altrove si chiama semplicemente sfruttamento spietato.

Oggi, a seguito di ciò che sta accadendo in Ucraina, c'è solo una domanda: stiamo andando dritti alla fine del mondo a causa della corruzione globale di questa élite di leader, o la fine sarà ritardata perché il mondo sta per essere ripulito da questa élite nazista?

Nota:

[1] Osservate come i nazisti mascherano sempre i loro massacri e le loro guerre con nomi diversi:

I cristiani inglesi = gli anglosassoni

I cristiani = i greci

Il genocidio dei popoli indigeni e il furto delle loro terre = la scoperta del nuovo mondo

L'invasione franco-britannica della Russia = la guerra di Crimea

La prima guerra di liberazione indiana = l'ammutinamento dell'India

Il genocidio britannico dei cinesi = le guerre dell'oppio

Il genocidio dei coloni olandesi = la guerra boera

La grande guerra europea = la prima guerra mondiale

La guerra euroamericana = la seconda guerra mondiale

Nota dell'autore ai commenti sul Saker blog

Alcuni dei commenti qui postati sembrano aver frainteso il mio ragionamento. Sì, ci sono sempre stati popoli che hanno invaso i territori degli altri e ucciso e saccheggiato, per esempio i mongoli in Russia, Persia e India, le tribù africane che vendevano membri di altre tribù africane agli schiavisti bianchi, ecc. Allo stesso modo, la riduzione in schiavitù di una piccola minoranza era esistita in Inghilterra prima del 1066, ma in seguito il 95% della popolazione fu ridotto in schiavitù dalla servitù feudale normanna. Tuttavia, ciò che intendiamo con il suprematismo o il nazismo occidentale non è la crudeltà storica e temporanea di una tribù verso un'altra: stiamo parlando della schiavitù sistematica e istituzionale degli altri a livello globale, in un periodo di oltre 1.000 anni da parte della "civiltà occidentale". Questo è ciò a cui si riferiva Samuel Huntington nella citazione del suo libro più noto. Questo è ciò che intendiamo quando parliamo di feudalesimo e nazismo.

In secondo luogo, alcune correzioni storiche. Naturalmente, Solzhenitsyn non era perfetto e inizialmente cadde ingenuamente nella trappola dell'estrema destra (nazista) anti-russa della CIA quando fu espulso dall'URSS, cosa di cui in seguito si pentì come patriota.

Non fu Stalin a vincere la grande guerra patriottica, furono i popoli dell'Unione Sovietica, in maggioranza slavi, a vincere quella guerra attraverso i loro incredibili sacrifici. Se i leader dell'Unione Sovietica fossero stati competenti, ci sarebbero state molte meno perdite sovietiche tra il 1941 e il 1945. Nel 1941 i fascisti arrivarono alle porte di Mosca nel giro di pochi mesi e ci furono milioni di vittime. Negli attacchi tedesco-austro-ungarici all'Impero russo tra il 1914 e il 1917, l'esercito imperiale russo subì perdite non di milioni ma di 670.000 (molto meno che sul fronte occidentale nello stesso periodo e affrontando il doppio dei nemici) e il nemico era avanzato poco oltre la Lituania e la Galizia dopo due anni e mezzo. In effetti, all'inizio del 1917 la Russia imperiale era sull'orlo della vittoria prima di essere tradita dall'Occidente e dai suoi stessi aristocratici, generali e politici completamente corrotti.

 
Gli ultimi sono diventati i primi: cosa possono imparare i patriarchi dai parrocchiani della Chiesa ortodossa ucraina

nel XXI secolo, comuni e deboli laici e sacerdoti rurali si ergono al di sopra di riconosciute autorità spirituali. Foto: Unione dei giornalisti ortodossi

La crisi nell'Ortodossia ucraina e mondiale ha dimostrato al mondo il vero io degli apostati dalla Chiesa e la fermezza dei nuovi confessori: i credenti della Chiesa ortodossa ucraina.

"Ma molti che sono i primi saranno gli ultimi, e molti che sono gli ultimi saranno i primi", ha detto Cristo (Mt 19:30). Lo ha detto per tutto il tempo. E quanto al nostro tempo, questa verità funziona allo stesso modo del I secolo. Perché lo ha detto Cristo. Quindi, sarà sempre così.

I fatti sono ovvi: non è necessario andare lontano. Oggi credenti comuni e sconosciuti della Chiesa ortodossa ucraina diventano confessori e sostengono l'Ortodossia, per la Chiesa. Né per Mosca né per il "mondo russo", ma per la Chiesa canonica. Sono insultati, picchiati, calunniati dai media, privati ​​dei luoghi di culto – ma pregano. Non rispondono con aggressività all'aggressività, subiscono l'oppressione e chiedono a Dio la pace nella Chiesa.

Queste persone comuni sono veri eroi. Le donne, i pensionati e i bambini delle campagne sono fedeli alla loro Chiesa in condizioni molto difficili. Ed entreranno nella storia della Chiesa come difensori dell'Ortodossia nelle terre ucraine all'inizio del XXI secolo.

Vediamo ora famosi vescovi, teologi e padri spirituali. Cosa vediamo? Caduta dopo caduta, tradimento dopo tradimento.

* * *

Ecco il vescovo una volta più rispettato per il suo status: il patriarca Bartolomeo di Costantinopoli. Chi è adesso? Ha tradito il suo fratello spirituale e compagno in preghiera, sua Beatitudine Onufrij, ha concesso un Tomos d'autocefalia agli scismatici, ha portato nella vita dell'Ucraina, già inquieta, inimicizia religiosa, ignorando deliberatamente i canoni della Chiesa.

Inoltre, ultimamente il patriarca ha fatto una deriva ecumenica sempre più evidente verso il cattolicesimo. In realtà, sta tradendo la santa Ortodossia.

Il 2 novembre, il patriarca Bartolomeo ha visitato la comunità cattolica dell'Abbazia di Notre Dame de Saint-Remy a Rochefort dell'ordine monastico dei cistercensi e ha partecipato alla preghiera notturna. Non era l'unico tra il clero ortodosso. La preghiera ecumenica, proibita dai canoni, è stata seguita dall'igumeno del monastero di Xenophontos, dall'archimandrita Alexios e dallo ieromonaco Theophilos del monastero di Pantokrator – monaci di quello stesso Monte Athos che il mondo intero ammira...

Il 9 novembre 2019, il patriarca di Costantinopoli ha condotto i vespri nella cattedrale greca dei santi arcangeli Michele e Gabriele a Bruxelles, vespri a cui hanno partecipato personaggi politici e vescovi cattolici.

Durante la sua ultima visita all'Athos, il patriarca Bartolomeo ha affermato che esistono solo differenze storiche, non dogmatiche, tra cristiani ortodossi e cattolici e che un'unione con i cattolici è inevitabile. Durante il discorso del patriarca erano presenti l'igumeno del monastero di Pantokrator, l'archimandrita Gabriel, l'igumeno del monastero di Xenophontos, l'archimandrita Alexios, l'igumeno del monastero di Vatopedi, l'archimandrita Efraim, monaci di diversi monasteri e ospiti. Nessuno di loro si è opposto al patriarca...

Come si può definire tutto ciò se non un tradimento della fede?

La tendenza ecumenica del Patriarcato di Costantinopoli, delle strutture ecclesiali da esso dipendenti e della "Chiesa ortodossa dell'Ucraina" scismatica sono oggi abbastanza evidenti. Per esempio, il 16 novembre 2019, si è tenuto un servizio commemorativo presso la cattedrale di san Patrizio a New York per le vittime dell'Holodomor in Ucraina. Il clero della Chiesa ortodossa ucraina negli Stati Uniti (del Patriarcato di Costantinopoli), della Chiesa greco-cattolica ucraina e la Chiesa cattolica romana hanno concelebrato.

Il 24 novembre, a Bruxelles, il "vescovo" della "Chiesa ortodossa dell'Ucraina" Aleksandr (Drabinko) ha celebrato con i cattolici e gli uniati in occasione dell'anniversario dell'Holodomor. Il servizio si è tenuto presso la cattedrale cattolica romana dei Santi Michele e Gudula a Bruxelles.

Ovviamente, non c'è più alcuna distinzione tra ortodossia e Cattolicesimo per i fanarioti e i loro seguaci. Né ci sono canoni della chiesa e, a quanto pare, coscienza umana comune.

* * *

Patriarca Teodoro II di Alessandria e di Tutta l'Africa. Di recente ha visitato Odessa, dove ha concelebrato con il metropolita Agafangel e ha esortato i parrocchiani della Chiesa ortodossa ucraina a essere fedeli alla loro Chiesa e a sostenere sua Beatitudine Onufrij. E improvvisamente ha riconosciuto gli scismatici.

I credenti della Chiesa ortodossa ucraina sono rimasti scioccati. Come si può cambiare un'opinione teologica un in diametralmente opposta in così poco tempo?

Arcivescovo Hieronymos di Atene e di Tutta la Grecia. Il vescovo più autorevole con una brillante educazione teologica. Una persona già anziana. Incapace di resistere alle pressioni, ha riconosciuto anche lui gli scismatici autoconsacrati.

Metropolita Hierotheos (Vlachos). Un venerabile vescovo della Chiesa di Grecia. Uno scrittore di talento e laborioso: nel 2014 è stato l'autore di 82 libri. Molti di essi sono stati ripetutamente ripubblicati e tradotti in russo, inglese, ucraino, serbo, bulgaro, francese, tedesco, spagnolo, ungherese, rumeno, georgiano, pakistano, swahili, cinese, arabo e altre lingue. Il libro "L'uomo nella Tradizione ortodossa" è stato insignito del primo premio dell'Accademia delle Scienze di Atene per "la miglior opera teologica scritto in Grecia nel 1991-1996".

E allora? Nella sua retorica russofoba, il metropolita supera lo stesso patriarca Bartolomeo e nei discorsi e nelle pubblicazioni degli ultimi anni incita apertamente all'inimicizia russo-ucraina. Di tutti i vescovi della Chiesa greco-ortodossa, è il più ardente sostenitore del riconoscimento della "Chiesa ortodossa dell'Ucraina".

Archimandrita Ephraim di Vatopedi, noto padre spirituale nel mondo ortodosso. L'anziano è stato accolto calorosamente in Russia, ha ripetutamente parlato a sostegno della Chiesa ortodossa ucraina e di sua Beatitudine Onufrij. Ma all'improvviso la sua opinione è cambiata, ed è arrivato alla "intronizzazione" dello scismatico Epifanij. È vero, per motivi di salute, non ha partecipato alla cerimonia blasfema, ma poco dopo nel suo monastero di Vatopedi sull'Athos, ha accolto cordialmente i membri della "Chiesa ortodossa dell'Ucraina".

I titani stanno cadendo. I giganti sono in frantumi. I grandi e famosi sono traditori e apostati dell'Ortodossia. I piccoli e gli indistinti portano la croce della confessione e mantengono il cristianesimo non solo nella verità della fede, ma anche nella nobiltà della coscienza e nella purezza della vita.

Sotto i nostri occhi, si stanno verificando potenti cambiamenti tettonici nella Chiesa, quando comuni e deboli laici e sacerdoti rurali si ergono al di sopra di riconosciute autorità spirituali. "Ma molti che sono i primi saranno gli ultimi, e molti che sono gli ultimi saranno i primi ..."

* * *

Oggi patriarchi, metropoliti, arcivescovi, archimandriti, famosi padri spirituali e teologi svalutano i loro alti titoli e i troni con la loro apostasia. Forse Dio li lascia cadere per ricordarci il valore comune: una fede sincera e calorosa in Dio.

Questa fede muove le montagne. E se non c'è fede, i diplomi teologici, i titoli di alto profilo, la fama mondiale e il riconoscimento universale sono inutili e talvolta persino dannosi. Dio cerca i cuori dell'uomo, non l'intellettualità e il rumoroso successo terreno. Pertanto, l'apostolo Giacomo dice: "Miei fratelli e sorelle, i credenti nel nostro glorioso Signore Gesù Cristo non devono mostrare favoritismi" (Gc 2:1).

Nel mezzo dei conflitti ecclesiali che oggi scuotono il corpo di Cristo, i credenti della Chiesa ortodossa ucraina conservano un volto veramente cristiano. Oggi si sentono gravemente feriti, ma la loro coscienza è pulita davanti a Dio. E intorno a loro, giganti spirituali con i piedi di argilla cadono e si frantumano – quelli che fino a poco tempo fa ci sembravano così gloriosi, intelligenti, istruiti, impeccabili... Durante i periodi di prova, si sono rivelati frutti belli al di fuori, ma marci dentro.

Gloria a Dio per tutto. E i parrocchiani della Chiesa ortodossa ucraina che non hanno tradito la loro Chiesa meritano grande rispetto. Sono già entrati nella storia della Chiesa come difensori della santa Ortodossia e serviranno senza dubbio da modello per le future generazioni di cristiani ortodossi.

 
Gli ucraini liberi bocciano la giunta colonialista occidentale a Kiev

Basandosi sulle recenti parole del patriarca Kirill a proposito dell’ostilità contro la civiltà russa ortodossa, che vede da oltre 400 anni tentativi di strappare una parte del popolo ortodosso, padre Andrew Phillips continua il suo esame dei perché del conflitto ucraino. Assieme alle sue considerazioni vediamo anche, in una rappresentazione grafica brutale ma realistica, quale parte dell’Ucraina sta monopolizzando il resto del paese e attirando tanta compassione fasulla dai media dell’Occidente.

 
La curiosa storia dell'eccezionalismo americano

Francois Mitterrand, il più longevo presidente francese (1981-1985), non molto tempo prima della sua morte (1996), fece questa straordinaria affermazione:

"La Francia non lo sa, ma è in guerra con l'America. Una guerra permanente, vitale, economica, e solo apparentemente una guerra senza vittime.

Sì, gli americani sono inesorabili, sono voraci, vogliono il potere indiviso sul mondo... È una guerra sconosciuta, una guerra permanente, una guerra senza morti apparenti eppure una guerra all'ultimo sangue".

Tali sentimenti di un moderno presidente francese sembrano straordinari: dopotutto, la Francia era ed è tuttora uno storico alleato americano.

Per verificare la veridicità delle parole di Mitterrand dobbiamo, come al solito, togliere la polvere della storia e tornare al tempo della nascita dell'America. Non ho qui nessuna intenzione di riscrivere la storia, ma di motivare certe opinioni che consuetudini o pregiudizi hanno esentato da qualsiasi scrutinio o interpretazione alternativa.

Immediatamente affrontiamo forse il compito più difficile di qualsiasi storico o di chiunque tenti di dare un senso alla storia. Ho calcolato che l'essere umano medio ha circa 21 milioni di minuti a disposizione nella sua vita per prendere decisioni.

Uno storico ha quindi il compito di decidere quali tra i milioni di decisioni prese da molti individui coinvolti nella politica di una nazione sono storicamente importanti. Il che significa che qualsiasi scelta o selezione effettuata da uno storico è arbitraria.

Pur ammettendo queste limitazioni, estrarrò dalle cronache e dalle leggende che circondano la storia degli Stati Uniti alcuni eventi meno noti ma rilevanti, che secondo alcuni hanno un significato storico e fanno presagire di cose a venire in generale.

A partire dalla dichiarazione di indipendenza americana, la linea convenzionale sulle lamentele dei coloni americani contro l'Inghilterra, la loro madrepatria, è che gli americani volevano una rappresentanza politica in Inghilterra e l'Inghilterra rifiutava. Questo è stato condensato nella battuta finale, "Nessuna tassazione senza rappresentanza". Il che non è del tutto vero, ma non discutiamo.

Basti dire che, allora come oggi, alla propaganda piacciono le battute finali, che hanno un fascino maggiore rispetto allo sforzo di sottoporre i fatti a controllo. Dall'altra parte dell'Atlantico e tipica di un certo spirito contrario britannico era la famosa affermazione del dottor Johnson sugli americani: "Sono una razza di detenuti e dovrebbero essere grati per tutto ciò che noi permettiamo loro, tranne che di impiccarsi". Nonostante ciò, molti coloni continuarono a leggere e ad ammirare il dottor Johnson. Sia George Washington che Thomas Jefferson ne possedevano una copia.

Il punto di svolta, la lamentela che ha scatenato la guerra per l'indipendenza, ha a che fare con la tassa che il governo britannico aveva deciso di applicare al tè importato: il tè era diventato una bevanda popolare in America. Al che gli americani si ribellarono e gettarono nel porto di Boston il tè trasportato da una nave britannica.

Questo è vero solo in parte, perché la compagnia delle Indie Orientali con sede a Londra aveva accumulato un grande surplus. L'idea era di applicare la tassa, ma di ridurre il prezzo originale in modo che il costo al dettaglio fosse inferiore a quello pagato per il tè di contrabbando. E il contrabbando del tè era diventato un'attività fiorente.

Può essere una coincidenza, ma il primo finanziatore della guerra d'indipendenza fu John Hancock, la cui famiglia aveva accumulato una fortuna con il contrabbando.

Le élite di Boston e delle altre colonie volevano assicurarsi che i loro profitti rimanessero nelle loro tasche. Occorreva poi servirsi delle masse, stando attenti che la loro rabbia potesse essere opportunamente indirizzata.

Durante i disordini contro la precedente tassa di bollo, prontamente abolita, il comandante delle forze militari britanniche in America aveva osservato:

"Le masse di Boston, fomentate da certi personaggi influenti, e attratte dall'idea di poter depredare... distrussero parecchie case... i promotori della rivolta cominciarono ad essere terrorizzati dallo spirito che avevano fomentato, poiché la furia popolare era fuori controllo. E anch'essi avevano paura di essere le prossime vittime della rapacità del popolo".

Ad ogni modo, gli indipendentisti trasformarono i semi di un malcontento fomentato ad arte in una ricerca per l'indipendenza. O meglio, convinsero le moltitudini mostrando (allora come oggi) che la già dilagante disuguaglianza sociale era colpa degli inglesi piuttosto che degli sfruttatori locali. Oggi le ONG in terra straniera, fatte le debite distinzioni, hanno una responsabilità equivalente. Il governo degli Stati Uniti le finanzia tramite le sue ambasciate all'estero, o tramite entità ancora più oscure con motivazioni uguali o più nefaste (per esempio Soros et alia).

In America era il classico caso del prendere due piccioni con una fava. L'élite già apprezzava la "libertà" di impossessarsi ad libitum di nuove terre occidentali e di farla finita con i vari trattati indiani stabiliti dall'Inghilterra, mentre strappava il potere politico all'establishment storico. Allo stesso tempo, la rabbia, l'amarezza e il risentimento popolare dovevano trovare uno sfogo che salvaguardasse l'élite.

Di conseguenza, il desiderio di una struttura sociale più uniforme, pronta a scoppiare in una rivoluzione, si trasformò in una lotta per l'indipendenza. L'élite non poteva prevedere l'esito della guerra d'indipendenza, ma scongiurò il pericolo di una rivoluzione interna.

La Dichiarazione d'Indipendenza è un documento che ha quasi lo status del Vangelo. Trovo quindi necessario insistere sul fatto che io, atomo nell'universo, non ho il diritto di contestare il valore di un documento così leggendario. Questa è una critica, che non implica rifiuto o mancanza di rispetto. Ma è possibile trovare nella dichiarazione i semi di molte cose che sono seguite nella storia americana, compreso l'eccezionalismo americano.

"Riteniamo che queste verità siano evidenti: che tutti gli uomini sono creati uguali..." – è il famoso inizio. A cui possiamo aggiungere – per pura coerenza logica – meno i negri, perché non contavano, gli indiani, perché non erano bianchi, le donne, perché non erano uomini, e i poveri, perché non erano ricchi – e quindi non potevano votare".

Si potrebbe sostenere che l'applicazione della logica alla storia non è storica. D'accordo, tranne che anche nella storia scritta oggi, stati famigerati usano o pretendono di usare la logica anche nelle loro imprese più omicide. Il lettore ricorderà senza dubbio molti esempi di ambizioni occidentali mal tessute che sono poi diventate mortali.

Torniamo alla dichiarazione. A parte i limiti di applicabilità, coloro ai quali si applicava la dichiarazione di apertura furono dotati dal Creatore di "certi diritti inalienabili" e tra questi diritti c'erano la vita, la libertà e la ricerca della felicità.

Nessuno sarebbe in disaccordo, ma un aneddoto correlato è significativo. Una bozza della dichiarazione, invece di "la ricerca della felicità" aveva "il diritto alla proprietà", cosa a cui nessuna mente razionale si sarebbe opposta. Perché allora la sostituzione con la ricerca alquanto vaga della felicità? "La ricerca della felicità" è un'astrazione e trasformare un'astrazione in un diritto è paragonabile allo scoprire che una grande causa della notte è la mancanza del sole. È una perla di insensatezza. Nemmeno Gengis Khan, che io sappia, aveva proibito ai suoi mongoli di perseguire la felicità.

Eppure è meglio prevenire che curare. Se si vuole che i poveri combattano a favore dei ricchi, proclamare la conservazione della proprietà come mezzo per ridurre le disuguaglianze può forse sollevare alcuni problemi anche tra la moltitudine distratta, che non ama quel che giudica, ma quel che vede.

In pratica, la Dichiarazione di Indipendenza sostituì la vecchia autorità con una nuova autorità, quella monarchica con una nuova classe dirigente repubblicana, fondata sulla proprietà, sulla distinzione di classe e sull'eredità, proprio come nel precedente regime.

La grande differenza – e qui sta il nocciolo della questione americana irrisolta – è che gli americani non potevano ammettere distinzioni di classe e d'eredità. Distinzioni che erano alla base della nuova società così come lo erano, appunto, di quella vecchia, dalla quale si erano staccati.

Questo paradosso ha creato un abisso tra pratica e teoria – tra la teoria dell'egualitarismo, usata per creare la nuova nazione, e la pratica della competizione che crea necessariamente vincitori e vinti.

Il tutto ulteriormente rafforzato da un atteggiamento mentale condensato nell'espressione molto yankee: "Il vincitore si prende tutto". Una frase estratta dalle regole di un gioco che esprime insieme un'aspirazione e un modo di pensare e di vivere accettabile e riconosciuto.

Ma questa tensione tra teoria e pratica, tra egualitarismo e antagonismo non poteva essere ufficialmente ammessa. Pertanto è rimasta non solo irrisolta, ma anche nascosta. E le frodi, le ipocrisie e le illusioni necessarie per nascondere la tensione tra parole e fatti erano e sono diventate parte della storia dell'America.

Alcuni potrebbero obiettare che questo sotterfugio è necessario per creare una "grande" nazione. Qualcun altro potrebbe dire che la tensione tra teoria e pratica non è un'eredità esclusiva dell'America. Certo, ma l'America è l'unico paese al mondo che – fin dalla nascita – ha ufficialmente preteso che il problema non esistesse.

Un altro elemento chiave della psiche politica americana – non sufficientemente riconosciuto, credo – è che l'autorità che fissa le regole del commercio estero e dei cambi è anche l'autorità che fissa tutte le altre.

Pertanto, abbiamo un'interpretazione commerciale della libertà e una percezione del commercio internazionale del tutto diverse, per confronto, da un'altra rivoluzione, la rivoluzione francese che seguì non molto tempo dopo, basata su liberte', fraternite', egalite' – per quanto difficile possa essere stato di convertire quella visione in pratica. Tuttavia, una delle prime azioni dei rivoluzionari francesi, solitamente sconosciuta ai più, fu l'abolizione della schiavitù, nel 1792.

E ora esaminiamo un'altra pietra angolare simbolica ma attuale e importante della visione del mondo americana dal 1776. O meglio, per avere un'idea di come la psiche politica collettiva americana vede il mondo, possiamo concentrare la nostra osservazione sulla famosa banconota da un dollaro USA.

La parte anteriore presenta il ritratto di George Washington, egli stesso proprietario di 300 schiavi.

Ma in Francia, nel 2005, il 200° anniversario della leggendaria vittoria di Napoleone ad Austerlitz, contro i russi e gli austriaci, non è stato celebrato perché Napoleone aveva reintrodotto la schiavitù. Un piccolo dettaglio nell'immenso calderone della storia, ma sufficiente, credo, per percepire una differenza significativa tra le psicologie politiche dei popoli.

Quando poi esaminiamo il retro della banconota da un dollaro, troviamo l'affermazione "In God we Trust". In modi diversi possiamo farlo tutti. Ma sappiamo che il denaro può essere il 'veleno peggiore per le anime degli uomini...', che in misura eccessiva trasformerà il nero in bianco, lo sporco in pulito, lo sbagliato in giusto, il vile in nobile, in vecchio in giovane, ecc.' Pertanto quell'espressione "In God We Trust" suona come una nota stridente virtuale. Equivale quasi a stampare "confidiamo nella verginità" sulla porta di un bordello.

Inoltre, per i cristiani, associare così direttamente Dio al denaro ha un sentore di bestemmia. Perché contrasta drammaticamente con la famosa risposta data da Gesù a coloro che cercavano di ingannarlo chiedendogli se i cittadini dovessero pagare le tasse.

"Date a Cesare quel che è di Cesare, e a Dio quel che è di Dio", rispose Gesù.

Un altro oggetto sul retro della banconota da un dollaro è il Gran Sigillo, un simbolo massonico che porta la data 1776. Questo è storicamente congruente, perché le società massoniche sono state in gran parte responsabili delle rivoluzioni sia negli Stati Uniti che in Francia. E la massoneria è considerata l'antitesi di Dio, essendo basata sulla Cabala, su simbolismi arcani ecc.

Altrettanto significativo è lo stendardo sotto il Gran Sigillo, "Novus Ordo Seclorum", una frase latina che significa "Il nuovo ordine dei secoli", il nuovo ordine eterno del mondo. Nel gergo aziendale questa sarebbe una vera e propria dichiarazione di intenti. Suggerisce che l'obiettivo dell'America sia di stabilire un nuovo ordine mondiale senza tempo. Propone e promette una missione imperiale, che divenne drammaticamente evidente per la prima volta nel 1812, la prima guerra imperiale per annettere il Canada, sotto la presidenza di James Madison.

Andrew Jackson, che fu generale nella guerra del 1812 e poi presidente, fece una dichiarazione profetica: "Faremo prevalere il nostro diritto allo scambio di libero mercato e apriremo il mercato ai prodotti della nostra terra in modo da duplicare le gesta dell'antica Roma".

Una dichiarazione notevole, soprattutto considerando l'allora esiguo numero di abitanti degli Stati Uniti, circa 7 milioni, per lo più dediti all'agricoltura. Eppure una dichiarazione che prefigura l'intento o la missione di diventare un impero in stile romano.

Gli americani non vinsero la guerra canadese, anche se in termini di popolazione erano più numerosi dei canadesi, con un rapporto di 25 a uno.

Durante il loro primo tentativo di invadere il Canada, gli americani attraversarono il fiume Detroit per incontrare una forza congiunta di eserciti canadese e indiano. A guidare gli indiani c'era il leggendario Tecumseh, capo degli Shawnee, e i canadesi erano guidati da Isaac Brock, che, per caso, è nato nell'isola di Guernsey, dove io ho vissuto per 5 anni. Per inciso, Tecumseh aveva assistito al massacro del suo popolo e all'invasione della terra degli Shawnee da parte degli americani.

A guidare gli americani c'era il generale William Hull, che, dopo aver attraversato il confine, emanò un proclama agli abitanti del Canada. Lo cito per intero a causa delle sorprendenti implicazioni che contiene.

"Abitanti del Canada!

L'esercito sotto il mio comando ha invaso il vostro paese e lo stendardo degli Stati Uniti ora sventola sul territorio del Canada.

Per l'abitante pacifico e inoffensivo ciò non comporta né pericolo né difficoltà. (Sottinteso: se vi arrendete vi permetteremo di vivere). Vengo per trovare i nemici, non per crearli. Vengo per proteggervi, non per ferirvi... Vi offro le inestimabili benedizioni della libertà civile, politica e religiosa... Quella libertà che ci ha elevati a un rango elevato tra le nazioni del mondo (possiamo leggere qui i semi della 'nazione eccezionale').

Rimanete nelle vostre case, perseguite le vostre pacifiche e consuete occupazioni, non alzate le mani contro i vostri fratelli... Ho una forza che guarderà dall'alto in basso ogni opposizione, e quella forza è l'avanguardia di un'altra molto più grande. Se, contrariamente ai vostri interessi e alla giusta aspettativa del mio paese (notate quella "giusta aspettativa"), doveste prendere parte alla contesa che si avvicina, sarete considerati e trattati come nemici e gli orrori e le calamità della guerra vi inseguiranno. Se... i selvaggi venissero lasciati liberi di uccidere i nostri cittadini e massacrare le nostre donne e i nostri bambini, questa sarebbe una guerra di sterminio. Il primo colpo del tomahawk, il primo tentativo con il coltello da scalpo, sarebbe il segnale di una scena indiscriminata di desolazione. Nessun uomo bianco trovato a combattere al fianco di un indiano sarà fatto prigioniero; la distruzione istantanea sarà la sua sorte.

Con la fine della guerra senza un vincitore, nel 1814 fu firmato un trattato di pace nella città di Gand, in Belgio.

Per inciso e aneddoticamente, alla guerra canadese del 1812 è direttamente attribuibile il motivo per cui la Casa Bianca è chiamata così. Durante la guerra, un attacco delle forze navali britanniche che avevano risalito la baia di Chesapeake, sopraffece la resistenza americana, raggiunse Washington e bruciò letteralmente la sede del governo. L'incendio annerì l'edificio, che dovette essere ristrutturato e ridipinto di bianco. Da qui il nome Casa Bianca, ormai sigillato nella storia.

Tuttavia, gli sforzi per annettere il Canada non terminarono nel 1814. Salterò la storia dei successivi tentativi falliti. Più interessanti sono le insidie utilizzate per ottenere i risultati sperati, da parte degli Stati Uniti. Strategia e insidie ancora oggi applicate con successo.

Nel 1854, 40 anni dopo il trattato di Gand, i sostenitori del movimento di annessione riuscirono a spingere il governo britannico a negoziare, a nome delle cinque colonie del Canada orientale, un cosiddetto "accordo di reciprocità". Il che significava il libero scambio di prodotti naturali, l'apertura dei corsi d'acqua canadesi alle spedizioni statunitensi e il libero accesso degli Stati Uniti alla pesca marittima canadese.

La parte interessante di tale "Accordo di reciprocità" è il modo in cui fu raggiunto. Il governo degli Stati Uniti inviò un agente segreto di nome Israel D. Andrews per influenzare il corso degli eventi. Questi usò mezzi, o meglio una nuova strategia che, seppur lontana nel tempo, è del tutto simile agli eventi accaduti nel nostro presente storico.

Il conto spese dell'agente Israel Andrews, per un capriccio del destino, è ancora esistente e ci dice più di molti libri. Per spingere l'annessione e l'accordo di libero scambio aveva pagato, nella provincia canadese del New Brunswick,

$ 5.000,00 a un editore – ovvero, corruzione della stampa canadese

$ 5.000,00 al procuratore generale – ovvero, corruzione del sistema giudiziario

$ 5.000,00 a un ispettore del commercio – ovvero, corruzione dell'amministrazione

$ 15.000,00 a un membro dell'assemblea del New Brunswick – ovvero, corruzione di un politico.

Oggi, nel raffinato linguaggio orwelliano, la procedura si chiama ovviamente lobbismo. Per inciso, dobbiamo il termine lobbismo al presidente Ulysses S. Grant che descrisse così l'azione delle persone che si avvicinavano a lui nell'atrio del Willard Hotel negli anni '60 dell'Ottocento.

Il 14 maggio 1854 Andrews scrisse al Dipartimento di Stato:

"... Ho quindi preso tali misure, come richiesto dalle circostanze del caso nel New Brunswick, per moderare l'opposizione e mantenere la mente pubblica in uno stato tranquillo... Sono stato in grado di raggiungere Fredericton prima che la legislatura del New Brunswick si aggiornasse e impedisse qualsiasi discussione della proposta ora in esame, o qualsiasi azione legislativa di carattere contrario ai nostri interessi".

In altre parole, in questo nuovo tipo di guerra era/è importante disorientare l'opinione pubblica sotto la guida dei pifferai magici pagati dai media. Inoltre, nella mente degli americani l'accordo di libero scambio era l'equivalente o il preludio all'annessione.

In tutto Andrews spese più di $ 100.000 – equivalenti a diversi milioni di dollari di oggi – cercando di persuadere personalità di spicco in Canada a sostenere l'annessione o, come seconda scelta, il libero scambio con gli Stati Uniti. Ma l'importo era una sciocchezza, scrisse, "in confronto ai privilegi immensamente preziosi da ottenere permanentemente e al potere e all'influenza che saranno dati per sempre alla nostra Confederazione". (Intendeva gli americani).

E questo descrive perfettamente la guerra non dichiarata che ha indotto il presidente francese Mitterand a dire ciò che ho citato prima. E, come mostrato nel recente atteggiamento nei confronti dell'Ucraina, l'Unione Europea è, o si comporta come, una colonia degli Stati Uniti.

All'insaputa dei più, contrariamente alla storia convenzionale, ma con il supporto di un'ampia documentazione, i principali promotori e primi sostenitori dell'Unione Europea non erano europei, trasformati esteticamente in profeti di pace e prosperità, ma americani, a cominciare da Eisenhower et alia.

Torniamo ai tentativi di annessione del Canada. "L'accordo di reciprocità" durò dal 1854 al 1866. Dopo sei anni dalla sua attuazione, il console americano a Montréal riferì al segretario di stato dell'epoca, Lewis Cass, che il trattato stava "trasformando silenziosamente ma efficacemente quelle cinque province in Stati dell'Unione", che significa quella americana.

Alcuni in Canada vedevano le cose in modo diverso. Per esempio un boscaiolo canadese, nel 1862, disse quanto segue: "...per quanto riguarda il legname il Canada ha perso milioni a causa del trattato... La materia prima che ora varrà milioni di dollari... non ha mai restituito un centesimo agli operatori di questo paese... la manodopera spesa nella produzione si è aggiunta alla ricchezza dei nostri vicini dall'altra parte della linea... I guadagni della reciprocità nel legname sono andati a loro e solo a loro, mentre quasi tutti quelli che da questa parte erano impegnati a soddisfare i loro bisogni ne sono stati rovinati".

Questa sequenza di eventi trova eco nel processo per cui il Midwest americano è stato convertito in quella che è stata propriamente chiamata "Rust Belt" (cintura di ruggine) attraverso la chiusura completa della centrale industriale americana e il suo trasferimento in Cina o altrove dove la manodopera era più economica.

Il che può essere considerato un'interessante svolta e applicazione del principio "In God we trust" applicato al denaro sul lavoro. Per ora, per "duplicare le gesta dell'antica Roma" – come dalla dichiarazione di intenti di Andrew Jackson precedentemente citata – era giunto il momento di allargare ulteriormente l'orizzonte, dietro la conquista/annessione di Porto Rico, Hawaii, Guam e Filippine.

La Cina sarebbe un boccone un po' più grande da inghiottire, ma se c'è una volontà c'è un modo. Che il processo non sia andato del tutto secondo i piani (fino ad ora) è dovuto a battute d'arresto temporanee, poiché la rete della vita è composta da un filo misto, in cui il bene e il male vanno insieme.

Tornando alla storia, la questione dell'annessione del Canada si è complicata con la guerra civile americana, quando è apparso che la Gran Bretagna, e quindi il Canada, si sarebbe schierata con il sud. Per inciso, il Canada aveva abolito la schiavitù nel 1793, 72 anni prima degli Stati Uniti. Ad ogni modo, fu la minaccia dell'annessione forzata da parte degli Stati Uniti a spingere i leader delle colonie canadesi a unire le forze e creare quella che oggi è la Confederazione del Canada.

Ma ancora nel 1888, il vicesegretario di stato John Sherman disse: "L'annessione del Canada non sarà raggiunta attraverso misure ostili, ma facendo proposte amichevoli. Questa annessione è un'inevitabilità storica". Ci sono echi qui del riferimento di Obama agli Stati Uniti come la "nazione indispensabile")

La guerra di Sherman, con metodi mai utilizzati prima, può essere definita guerra per lusinga, o meglio ancora, per offerta che non può essere rifiutata.

Nel 1948 gli Stati Uniti spinsero ancora per un accordo di libero scambio, ma nel parlamento di Ottawa John Deutsch, il responsabile di questi negoziati, dichiarò: "Il prezzo da pagare per un'unione doganale con gli Stati Uniti è la perdita della nostra indipendenza politica, perché noi non avremo più il controllo sulle nostre decisioni politiche, che verranno prese a Washington".

Se abbandoniamo la zavorra del pregiudizio e utilizziamo il cannocchiale della ragione, il parallelo tra gli sforzi degli Stati Uniti per annettere il Canada e la creazione dell'Unione Europea e della NATO è inevitabile. L'Unione Europea, come l'attualità mostra a tutti tranne a coloro che si rifiutano di vedere, non è che l'annesso politico degli Stati Uniti, e la NATO un ramo dell'esercito americano.

Che l'impresa di costruzione dell'impero tratti i cittadini come foraggio sacrificabile e spregevoli idioti non dovrebbe sorprendere. Perché l'intelletto è figlio della ragione e le forze dell'essere hanno affinato i mezzi per sorprendere l'inconsapevolezza degli sconsiderati e hanno insegnato loro a credere a qualsiasi cosa purché sia abbastanza incredibile. Gli artisti della menzogna censurano quelli che non credono alla menzogna e la propaganda è una macchina che ha poca cura di preservare la probabilità nella sua narrativa.

Con la Russia, almeno per ora, le stesse potenze hanno fatto un passo più lungo della gamba. Ma la malignità non dorme mai e può facilmente infliggere ferite non facilmente curabili. E sperare in una purificazione dal male significherebbe trasgredire i limiti della probabilità.

 
Metropolita Feodor: l'apostasia è un risultato della mancanza di rispetto verso i canoni ecclesiali

il metropolita Feodor (Gajun) di Kamenets-Podolskij e Gorodok. Foto: YouTube

Il metropolita Feodor di Kamenets-Podolskij ritiene che il riconoscimento della "Chiesa ortodossa dell'Ucraina" da parte del Fanar sia una situazione causata da violazioni "minori" dell'insegnamento e della tradizione della Chiesa.

Il metropolita Feodor (Gajun) di Kamenets-Podolskij e Gorodok della Chiesa ortodossa ucraina ritiene che il riconoscimento della "Chiesa ortodossa dell'Ucraina" da parte di alcune Chiese ortodosse sia il risultato della trascuratezza dei canoni della Chiesa, riporta il sito web dell'eparchia di Kamenets-Podolskij.

In particolare, l'articolo del metropolita Feodor afferma che "oggi l'intero mondo ortodosso è in procinto di una nuova grande divisione, la cui scala può essere paragonata solo alla divisione del 1054, a seguito della quale la Chiesa romana è caduta lontano dall'Ortodossia ecumenica".

Il metropolita è sicuro che "questa condizione è causata dal Patriarcato di Costantinopoli che ha riconosciuto il gruppo riunito degli scismatici – la cosiddetta "Chiesa ortodossa dell'Ucraina" – come canonico".

Secondo lui, "questo riconoscimento ha scioccato i cristiani ortodossi, che fino a quel momento non erano in grado di capire come il Fanar non solo potesse violare un certo numero di canoni ecclesiali, ma anche andare contro le sue stesse decisioni prese in merito all'anatema di Filaret Denisenko e alla struttura da lui guidata".

Ha sottolineato che "il problema della scissione è aggravato dal fatto che i dissidenti ucraini sono stati riconosciuti non solo dal capo del Patriarcato di Costantinopoli, ma anche dai capi delle Chiese greca e alessandrina".

Il metropolita ha ricordato che "fino a poco tempo fa, il patriarca Theodoros II di Alessandria esortava gli ucraini a essere fedeli all'unica Chiesa canonica in Ucraina, mentre l'arcivescovo di Atene e di Tutta la Grecia assicurava che non vi era nessun altro metropolita canonico dell'Ucraina, tranne il Primate della Chiesa ortodossa ucraina, il metropolita Onufrij".

Crede che per trovare la risposta alla domanda su come possa essere accaduta una cosa del genere, è necessario "prestare particolare attenzione al peculiare atteggiamento dei fanarioti nei confronti dei canoni e della santa Tradizione della Chiesa di Cristo", perché è stato precisamente tale atteggiamento "a portarli non solo al riconoscimento della "Chiesa ortodossa dell'Ucraina", ma anche alla distorsione della dottrina della Chiesa (ecclesiologia)".

Il metropolita sottolinea che "il Fanar ha elaborato piani riguardo alla necessità della comunione eucaristica e di preghiera con la Chiesa cattolica romana". A sua volta, secondo lui, "i papi non hanno mai abbandonato l'idea di subordinare i cristiani ortodossi, che consideravano scismatici, al loro potere".

Sottolinea che "dalla storia sappiamo che gli iniziatori ortodossi dell'unificazione con il cattolicesimo troppo spesso hanno violato i santi canoni e gli insegnamenti della Chiesa per raggiungere i loro obiettivi terreni".

Un caso emblematico citato dal metropolita Feodor sono i tentativi di unire i cristiani ortodossi con i cattolici durante le unioni di Lione e Firenze. Inoltre, ha ricordato la storia del rogo dei monaci del monastero di Zografou sul Monte Athos da parte dei cattolici crociati nel 1278.

Ha sottolineato che "l'Unione di Firenze, secondo i suoi organizzatori, avrebbe dovuto risolvere i problemi di stato attraverso la fusione degli ortodossi con i cattolici sotto la guida del papa e a discapito dell'Ortodossia. Tuttavia, gli iniziatori dell'unione non presero in considerazione la devozione all'Ortodossia del popolo credente, il cui ruolo fu notato in seguito nell'Epistola dei patriarchi orientali".

Ecco perché, secondo sua Eminenza, "si può sostenere che Lione, Firenze e tutte le altre unioni, che si sono basate principalmente sui problemi politici derivanti dai principi esterni dell'unità piuttosto che sulle regole canoniche della Chiesa ortodossa, non sono riuscite a risolvere il problema dello scisma". "Alla fine, questa unificazione ha portato all'ira di Dio, che ha portato a terribili prove e alla caduta dell'Impero bizantino ortodosso".

Il metropolita Feodor sottolinea che "dalla fine del XIX secolo, i rappresentanti di Roma e del Fanar, sempre con interessi geopolitici puramente terreni, hanno cercato di trovare nuovi modi di unità attraverso l'introduzione di una serie di riforme". A suo avviso, "queste riforme violano l'ordine tradizionale della pietà ecclesiastica ortodossa e, infine, influenzano la perseveranza nella fede".

Ricorda ai cristiani ortodossi che "le attività dei patriarchi di Costantinopoli Meletios e Athenagoras, così come dei loro seguaci moderni, sono strettamente collegate alle attività volte a riforme ecclesiali con implicazioni sfavorevoli".

Come esempio di tali riforme negative, vladyka cita la riforma del calendario del patriarca Meletios (Metaxakis) di Costantinopoli, che avrebbe dovuto aiutare la Chiesa ortodossa a "unirsi" con cattolici e protestanti, nonché una serie di altre riforme, tra cui l'autorizzazione di un secondo matrimonio ai sacerdoti e la possibilità di annullare i digiuni.

Tuttavia, come ha sottolineato il metropolita Teodoro, "il popolo ortodosso ha respinto queste riforme" e la riforma del calendario "non è stata adottata all'unanimità nemmeno all'interno della Chiesa greca, il che ha messo in atto uno scisma che continua a esistere oggi".

Il metropolita ha ricordato che alla riunione pan-ortodossa del 1948, i capi e i rappresentanti di quasi tutte le Chiese ortodosse locali decisero di rinunciare al "movimento ecumenico".

Il metropolita Feodor si riferiva anche alla posizione del noto partecipante a questo incontro, san Serafim (Sobolev), il quale riteneva che gli "organizzatori del" dialogo ecumenico "non cercassero l'unità dogmatica di tutte le cosiddette Chiese cristiane con le Chiese ortodosse, ma piuttosto una mescolanza di entrambi attraverso il ritiro dei cristiani dalla loro fede... Questo caos equivale alla distruzione dell'Ortodossia".

Allo stesso tempo, vladyka sottolinea che "continuano ad esistere problemi, che sono stati discussi alla Conferenza pan-ortodossa del 1948 e che riguardavano il desiderio di riformare la Chiesa e avvicinarsi agli eterodossi".

Il metropolita della Chiesa ortodossa ucraina si riferisce in modo particolare alle preghiere congiunte di alcuni vescovi ortodossi con rappresentanti di "chiese" cattoliche o protestanti "nonostante il fatto che i canoni della Chiesa proibiscano esplicitamente la preghiera congiunta con eretici e scismatici". Per esempio, vladyka afferma: "Recentemente il patriarca Bartolomeo di Costantinopoli ha svolto un "servizio divino" congiunto con i cattolici nel monastero francese di Chevetogne".

Questo è il motivo per cui "rispondendo alla domanda su come è successo che i primati delle Chiese di Costantinopoli, Grecia e Alessandria abbiano concordato di entrare in comunione con i membri ribelli e anatemizzati dei gruppi scismatici ucraini con tale facilità e contrariamente ai canoni ecclesiastici, siamo costretti affermare con rammarico che questa significativa inversione di marcia dalla Chiesa è stata causata da violazioni "minori" della Tradizione ortodossa e degli insegnamenti della nostra Chiesa".

Il metropolita Feodor osserva che "la presenza di alta dignità non garantisce l'accuratezza delle decisioni prese che riguardano la vita dogmatica-canonica e spirituale della Chiesa di Cristo, se tali decisioni non sono conformi ai decreti dei Concili e agli insegnamenti dei santi Padri".

Ricorda che "tutto nella vita della Chiesa merita attenzione e rispetto", perché "solo il rispetto e la lealtà verso i santi canoni, che sono le mura della Chiesa, creano sicurezza spirituale e le condizioni necessarie per la salvezza dei credenti".

Il metropolita Feodor attira l'attenzione sul fatto che "la storia ci ha ripetutamente dimostrato che fare appello ai poteri che usano argomenti politici e leve esterne per raggiungere l'unità ecclesiastica non porta a nulla di buono. L'unità in Cristo è possibile solo quando si basa sulla dottrina evangelica".

Vladyka è sicuro che "per superare le difficoltà e le prove, è importante ricordare sempre che i cristiani ortodossi hanno una posizione forte solo quando stanno nella Verità secondo le parole dell'apostolo Paolo: 'Perché non possiamo fare nulla contro la verità, ma solo per la verità' (2 Cor 13:8)".

Ciò significa, dice, "che la vittoria dell'Ortodossia è data ai fedeli non quando la Verità diventa oggetto di compromesso, ma quando la Verità diventa l'essenza della nostra fede e della nostra vita".

Ricordiamo che in precedenza l'Unione dei giornalisti ortodossi aveva scritto che, secondo il cancelliere della Chiesa ortodossa ucraina, il metropolita Antonij (Pakanich), i credenti dovevano tenere i loro cuori lontani dallo spirito di odio e condanna, perché sia ​​la gente comune sia i patriarchi cadono di fronte al peccato.

 
Gabriel Matzneff: viva la Crimea russa!

Con ironia ed erudizione, Gabriel Matzneff, scrittore ortodosso dell’emigrazione russa in Francia, stigmatizza su Le Point l’irresponsabile politica di doppiopesismo dei leader europei, arrivando a ipotizzare che il presidente Holland, nella sua demente opposizione alla libertà della Crimea, potrebbe ben concorrere, come Jourdain ne Il borghese gentiluomo di Molière, al titolo di Mammalucco dell’Impero Ottomano. L’articolo di Matzneff contiene anche un curioso ricordo del suo amico Olivier Clément. Presentiamo la traduzione italiana dell’articolo di Gabriel Matzneff nella sezione “Figure dell’Ortodossia contemporanea” dei documenti.

 
La Chiesa ortodossa ucraina messa fuori legge? Sui disegni di legge per spezzare l'Ucraina dall'interno

alla Verkhovna Rada ci sono due disegni di legge progettati per distruggere la Chiesa ortodossa ucraina. Foto: Unione dei giornalisti ortodossi

Alla Verkhovna Rada sono stati depositati due disegni di legge per vietare la Chiesa ortodossa ucraina. Per cosa sono scritti e a cosa possono portare se adottati?

Era appena trascorso un mese di guerra con la Federazione Russa quando singoli rappresentanti del governo ucraino hanno deciso di aprire un "fronte interno", avviando "operazioni militari" contro la Chiesa ortodossa ucraina. Il 22 marzo 2022, il disegno di legge n. 7204 "Sulla proibizione del Patriarcato di Mosca in Ucraina" e il 26 marzo, il disegno di legge n. 7213 sugli emendamenti alla legge dell'Ucraina "Sulla libertà di coscienza e le organizzazioni religiose" sono stati registrati alla Verkhovna Rada. Entrambi mirano a distruggere la Chiesa ortodossa ucraina.

Il disegno di legge n. 7204

Il disegno di legge n. 7204 è stato presentato alla Verkhovna Rada dalla deputata Oksana Savchuk, membro del partito Svoboda e originaria di Ivano-Frankivsk. È di fede greco-cattolica e ha ricevuto un premio da papa Francesco nel 2018. Savchuk ha anche ricevuto un ordine ecclesiastico dalle mani di Sergej (Epifanij) Dumenko.

Sergej Dumenko sta conferendo alla deputata Oksana Savchuk l'Ordine della "Chiesa ortodossa dell'Ucraina". Foto: Facebook di Oksana Savchuk

La visione del mondo di Oksana Savchuk è evidenziata dal fatto che durante la discussione del disegno di legge n. 2797 sul divieto di glorificazione del nazismo e dei responsabili dell'Olocausto, ha affermato che i soldati della divisione SS "Galizia" di Hitler erano eroi.

Il significato del disegno di legge di Savchuk è molto semplice: vietare il "Patriarcato di Mosca" in Ucraina e nazionalizzare tutte le sue proprietà. A quelle comunità che vogliono evitare la nazionalizzazione vengono concessi 14 giorni per "cambiare la loro subordinazione".

Lo schema per distruggere la Chiesa ortodossa ucraina secondo il disegno di legge n. 7204 è il seguente:

  1. Viene dichiarato il divieto alle attività della Chiesa ortodossa ucraina. Articolo 1: "Le attività del Patriarcato di Mosca - la Chiesa ortodossa russa e le organizzazioni religiose che fanno parte della Chiesa ortodossa russa, inclusa la Chiesa ortodossa ucraina, sono vietate sul territorio dell'Ucraina".

  2. Dopodiché, entro 2 giorni vengono nazionalizzate tutte le proprietà degli organi direttivi della Chiesa ortodossa ucraina. Articolo 1: "Tutte le proprietà ecclesiastiche delle più alte autorità e amministrazioni ecclesiastiche <...>, inclusa la metropolia di Kiev della Chiesa ortodossa ucraina, le istituzioni sinodali, le amministrazioni diocesane, devono essere inventariate e nazionalizzate entro 48 ore dalla data di entrata in vigore della legge". Va notato che è tecnicamente impossibile fare una cosa del genere entro 48 ore, e un periodo così breve nel disegno di legge è specificato per mostrare agli elettori quanto sia duro e intransigente l'iniziatore del disegno di legge nella lotta contro il "nemico".

  3. Allo stesso tempo, inizia un conto alla rovescia di 14 giorni, durante i quali "comunità religiose, monasteri e istituzioni educative" possono cambiare la loro affiliazione (presumibilmente, passare alla "Chiesa ortodossa dell'Ucraina" o alla Chiesa Greco-cattolica ucraina). In questo caso, i loro beni non verranno loro sottratti, ma dovranno, come si suol dire, "passare sotto alle forche". Articolo 5: "Durante il cambio di subordinazione delle comunità religiose, dei monasteri e delle istituzioni educative teologiche del Patriarcato di Mosca, l'Ucraina verificherà le informazioni su qualsiasi attività o collaborazione anti-ucraina o antistatale con l'aggressore russo e, in caso di conferma di tale informazione, ciò comporterà la responsabilità penale del colpevole secondo la normativa vigente". Dato il numero di false notizie e false accuse contro la Chiesa ortodossa ucraina a questo proposito, si può sostenere che questa sarà una dura repressione degli indesiderati.

  4. Le comunità, i monasteri e le scuole teologiche che rifiutano di cambiare la loro "subordinazione" saranno semplicemente messe fuori legge, con la confisca dei loro beni.

  5. Le Lavre di Kiev, Pochaev e Svjatogorsk e altre chiese vengono consegnate allo stato o alle comunità territoriali locali. Il periodo di tempo per questo non è specificato nel disegno di legge.

il Disegno di legge n. 7213

Tre giorni dopo, il 26 marzo, è stato presentato alla Verkhovna Rada un secondo disegno di legge sul divieto de facto della Chiesa ortodossa ucraina. È stato presentato da un gruppo di parlamentari, la maggior parte dei quali sono stati eletti dal partito "Holos". Molti di loro erano membri dell'organizzazione "Plast" e del Partito ucraino della Galizia. È interessante notare che alcuni di loro, come Oksana Savchuk, sono vicini alla "Chiesa ortodossa dell'Ucraina". Per esempio, Solomija Bobrovska ha creato alla Rada un'associazione tra fazioni a sostegno della "Chiesa ortodossa dell'Ucraina" e ha ricevuto un ordine ecclesiastico da Sergej Dumenko. Anche altri autori, come Jaroslav Jurchishin, hanno visitato il capo della "Chiesa ortodossa dell'Ucraina".

la deputata Solomija Bobrovska sta ricevendo un ordine da Sergej Dumenko. Foto: "Chiesa ortodossa dell'Ucraina"

Contrariamente al disegno di legge di Savchuk, il disegno di legge n. 7213 prevede emendamenti e integrazioni alla legge già esistente "Sulla libertà di coscienza e le organizzazioni religiose", ovvero deve integrare l'articolo 3 con il seguente paragrafo:

"Per la tutela dell'ordine e della sicurezza pubblica sono vietate le attività di organizzazioni religiose (associazioni) che direttamente o in quanto parti di un'altra organizzazione religiosa (associazione) sono incluse nelle strutture (o sono parti) di un'organizzazione religiosa (associazione) il cui governo centrale (amministrazione) si trova al di fuori dell'Ucraina, in uno stato riconosciuto dalla legge come colpevole di un'aggressione militare contro l'Ucraina e/o che ha temporaneamente occupato parte del territorio dell'Ucraina."

Questo disegno di legge è più "diplomatico". Non menziona né la Chiesa ortodossa russa né la Chiesa ortodossa ucraina, non parla della confisca dei beni (sebbene ce ne sia qualche accenno), non dice che alla Chiesa ortodossa ucraina sarà sottratta la Lavra, non c'è obbligo per l'SBU di controllare le comunità religiose se cambiano la loro "subordinazione", ecc.

Il disegno di legge n. 7213 contiene addirittura una condizione che rende il disegno di legge, di fatto, non applicabile affatto alla Chiesa ortodossa ucraina. Afferma che le attività delle organizzazioni religiose "il cui centro di governo (amministrazione) si trova fuori dall'Ucraina" sono vietate.

Infatti, secondo i documenti statutari, il centro di governo della Chiesa ortodossa ucraina si trova in Ucraina. Pertanto, la clausola 1 dello Statuto della Chiesa ortodossa ucraina afferma: "La Chiesa ortodossa ucraina è indipendente e autonoma nella sua amministrazione e organizzazione. E lo Statuto della Chiesa ortodossa russa contiene un'affermazione categorica che "il centro amministrativo della Chiesa ortodossa ucraina è a Kiev" (Cap. X. Par. 4). Sulla base di ciò, la Chiesa ortodossa ucraina non rientra nel divieto. Tuttavia, sia la composizione degli autori del disegno di legge che la Nota esplicativa ad esso non consentono di concludere quel disegno di legge n. 7213 sia infatti destinato non a bandire la Chiesa ortodossa ucraina ma a sottrarla dal colpo.

Questa nota, in particolare, afferma: "La Chiesa ortodossa russa in Ucraina (ex Chiesa ortodossa ucraina del Patriarcato di Mosca), in realtà una vasta struttura di intelligence e sabotaggio pan-ucraina, che ha lavorato e continua a lavorare a favore di Putin, in tutti questi anni, continua la sua attività in Ucraina. Per esempio, il 25 febbraio 2022, Mikhail Pavlushenko, arciprete della Chiesa ortodossa russa in Ucraina, che ha aiutato l'esercito russo, è stato detenuto nella regione di Kiev vicino a Hostomel. Il 16 marzo 2022 padre Onufrij, sacerdote della Chiesa ortodossa russa in Ucraina, è stato detenuto a Kiev. Una perquisizione della sua casa ha rivelato che aveva collaborato con i servizi speciali russi. E casi del genere si ripetono".

In primo luogo, tali casi sono singoli, poiché non conosciamo altri casi di questo tipo.

In secondo luogo, la presenza di tali fatti in documenti di questo livello provoca almeno sconcerto. La detenzione dell'arciprete Mikhail Pavlushenko è un completo malinteso poiché un elicottero russo abbattuto si è schiantato nel campo dietro la sua casa a Hostomel e il sacerdote è semplicemente uscito per vedere se era necessario il suo aiuto. Le forze dell'ordine inizialmente lo hanno scambiato per un sabotatore e quindi lo hanno arrestato. Tuttavia, dopo aver capito la situazione, lo hanno lasciato andare a casa senza accusarlo di nulla. Il caso della detenzione di un certo "padre Onufrij" (Tarasov) è un falso perché, secondo la metropolia, "non c'è nessun ieromonaco Onufrij con il nome laico di Sergej Tarasov nel clero della Chiesa ortodossa ucraina".

Pertanto, il disegno di legge n. 7213 si basa solo su due affermazioni consapevolmente false, ma tuttavia, i suoi autori affermano che la Chiesa ortodossa ucraina è una "struttura di intelligence e sabotaggio pan-ucraina". Nessun commento, come si suol dire.

Precedenti progetti di legge anti-ecclesiali

I disegni di legge n. 7204 e n. 7213 non sono affatto i primi di una serie di progetti di legge contro la Chiesa. Ricordiamo la Legge n. 2662-VIII del 20.12.2018. "Sugli emendamenti all'articolo 12 della legge dell'Ucraina 'Sulla libertà di coscienza e organizzazioni religiose'", che afferma che le organizzazioni religiose che sono incluse in (o che fanno parte di) un'organizzazione religiosa il cui centro di governo si trova in un paese riconosciuto dall'Ucraina come paese aggressore sono tenuti a cambiare il proprio nome. In sostanza, questo è un requisito per la Chiesa ortodossa ucraina di cambiare il suo nome in "Chiesa ortodossa russa in Ucraina". Si può leggere in dettaglio l'invalidità di questo requisito nell'articolo "Perché la modifica del nome della Chiesa ortodossa ucraina non può essere accettata

https://www.ortodossiatorino.net/DocumentiSezDoc.php?cat_id=32&id=8904

".

Si ricordi la Legge n. 2673-VIII del 17.01.2019. "Sugli emendamenti ad alcune leggi dell'Ucraina sulla subordinazione delle organizzazioni religiose e sulla procedura per la registrazione statale delle organizzazioni religiose aventi lo status di persona giuridica", che sebbene non offra opportunità così ampie di irruzione nelle chiese come previsto nella sua versione originale, consente comunque la ri-registrazione delle comunità della Chiesa ortodossa ucraina contro la volontà dei membri della comunità. L'azione di protesta contro queste due leggi anti-ecclesiali è stata lanciata dall'ONG "Miriane", che ha preparato i testi dei disegni di legge che abrogano le leggi anti-ecclesiale. È stato affermato che le leggi anti-ecclesiali non solo violano il diritto costituzionale dei credenti della Chiesa ortodossa ucraina alla libertà di coscienza, ma dividono anche la società ucraina secondo linee religiose.

Potere e Chiesa

Se osserviamo gli attuali progetti di legge anti-ecclesiali n. 7204 e n. 7213, possiamo vedere che non solo dividono il popolo ucraino ma contraddicono anche gli sforzi della leadership ucraina per preservare l'unità dell'Ucraina. Per esempio, il presidente Zelenskij, in un videomessaggio del 12 marzo 2022, ha affermato: "Dobbiamo essere concentrati. È necessario che tutti noi, tutti gli ucraini, continuiamo a concentrarci sulla difesa del nostro Stato. Lavoriamo insieme. Senza divisioni interne, sostenendosi a vicenda, in tutta l'Ucraina, da Uzhgorod a Melitopol', da Chernigov a Mariupol', da Leopoli a Kharkov".

Allo stesso tempo, il presidente ha riconosciuto il merito della Chiesa ortodossa ucraina ad aiutare i cittadini ucraini che si sono trovati in zona di guerra: "Oggi abbiamo inviato un altro carico umanitario a Mariupol'. Sono grato a tutti i conducenti che stanno cercando di realizzare questa difficile missione , ai rappresentanti della Chiesa, che si sono uniti ai tentativi di proteggere dai bombardamenti il corridoio umanitario per Mariupol'." Il convoglio umanitario diretto a Mariupol' menzionato dal presidente era accompagnato personalmente dal metropolita Luka di Zaporozh'e e Melitopol'.

La posizione patriottica della Chiesa ortodossa ucraina è stata riconosciuta anche dal consigliere del capo dell'Ufficio del Presidente dell'Ucraina, Aleksej Arestovich. Durante un'intervista con Dmytro Gordon il 15 marzo 2022, ha detto quanto segue sulla dichiarazione di sua Beatitudine Onufrij: "Si è parlato tanto della sua posizione personale ma immediatamente, il giorno in cui sono iniziati i bommbardamenti e moltissime persone hanno creduto che Kiev sarebbe caduta in 24 ore, ha affermato chiaramente la sua posizione: questa è un'aggressione". Ma la conferma più chiara della posizione patriottica della Chiesa ortodossa ucraina sono le sue azioni. La Chiesa ortodossa ucraina benedice i soldati a difendere l'Ucraina, aiuta i rifugiati, dà riparo a coloro che hanno perso la casa, invia cibo, vestiti e medicinali nei punti più difficili, ecc. La Chiesa ortodossa ucraina fa tutto il possibile per proteggere il Paese. E in cambio riceve... disegni di legge che cercano di metterla fuori legge.

La distruzione della Chiesa ortodossa ucraina porterà "alla fine dell'incitamento all'odio interreligioso"?

Speriamo che i progetti di legge rimangano tali ma, se approvati, innescheranno sicuramente un conflitto all'interno dell'Ucraina. La Chiesa ortodossa ucraina significa più di cento vescovi, più di 12.000 comunità, quasi mezzo migliaio di monasteri e milioni di credenti. Cosa accadrà se la Verkhovna Rada deciderà di vietare tutto questo e, secondo il disegno di legge n. 7204, portera via tutte le sue proprietà?

Non c'è dubbio che ciò causerà disordini diffusi all'interno del paese. Ricordiamo tutti le immagini dei sequestri di chiese all'inizio del 2019, dopo il Tomos di Poroshenko. Ricordiamo le urla, le lacrime, i lividi e le ferite dei fedeli della Chiesa ortodossa ucraina. Ricordiamo l'inimicizia e l'odio tra parenti e i vicini nei villaggi in cui ciò è avvenuto.

Ora c'è una guerra e il grado di odio è molto diverso. Le persone sono arrabbiate e cercano qualcuno su cui sfogare la loro rabbia. E cosa accadrà se i nazionalisti avranno un motivo legale per sottrarre luoghi di culto alla Chiesa ortodossa ucraina? Dove prima tutto era limitato a lividi su parrocchiani e chierici, ora può finire con ferite e persino con la morte. I sacerdoti della Chiesa ortodossa ucraina vengono ora attaccati, picchiati e rapiti. Per esempio, il destino dell'archimandrita Lavr (Berezovskij) , picchiato e trascinato nei boschi da uomini armati il 16 marzo, rimane sconosciuto. E quanti altri archimandriti ci saranno se verrà approvata la legge sul divieto della Chiesa ortodossa ucraina? E come reagiranno i credenti quando verranno a "nazionalizzare" le loro chiese dove hanno pregato per tutta la vita? O se verranno a "nazionalizzare" la Lavra?

Per capire cosa può succedere, ecco un esempio: Boris Hrishchuk, parrocchiano della Chiesa ortodossa ucraina, ha registrato un video in difesa della Chiesa ortodossa ucraina, in cui ha detto: "Faccio una richiesta insistente, una richiesta molto insistente - non toccate la mia chiesa. Non dividete il popolo! Non siate provocatori! La mia chiesa è ucraina, il sacerdote della mia chiesa, dove vado fin dall'infanzia, ha benedetto me e il mio fratello minore a prendere le armi e ad andare a difendere la nostra Patria. E decine di sacerdoti che conosco personalmente offrono preghiere quotidiane per la salute dei nostri soldati e la pace nel nostro Paese <...> credetemi, quando torneremo, quando tutto questo sarà finito, non lasceremo offendere la nostra Chiesa. Vi do la mia parola". Questa è stata la risposta di un soldato ucraino ai sequestri di chiese e ai tentativi di vietare la Chiesa ortodossa ucraina in alcune località dell'Ucraina occidentale. E quale potrebbe essere la risposta di migliaia di parrocchiani della Chiesa ortodossa ucraina, che ora stanno combattendo con le armi in mano contro gli invasori della Federazione Russa se la Verkhovna Rada decidesse di bandire la Chiesa ortodossa ucraina in tutto il paese? Non affermiamo che prenderanno le armi per difendere le loro chiese, ma è improbabile che la loro reazione sia indifferente.

Se passiamo al preambolo del disegno di legge n. 7204 "Sulla proibizione del Patriarcato di Mosca in Ucraina", leggiamo quanto segue: "Al fine di proteggere la sicurezza nazionale, la sovranità e l'integrità territoriale dell'Ucraina, prevenire il collaborazionismo, smettere di incitare all'inimicizia inter-religiosa destabilizzando l'ambiente religioso in Ucraina, la Verkhovna Rada adotta questa Legge". Suona come una presa in giro. In quale realtà vivono le persone che hanno scritto una cosa del genere? Perché la realtà oggettiva è la seguente:

  • La Chiesa ortodossa ucraina a livello sia del Santo Sinodo che del primate, così come di altri vescovi, ha dichiarato il proprio pieno sostegno alla sovranità e all'integrità territoriale dell'Ucraina. Inoltre, ciò è avvenuto nei primissimi giorni dell'invasione russa;

  • I credenti della Chiesa ortodossa ucraina combattono nei ranghi delle forze armate e difendono la sicurezza nazionale, la sovranità e l'integrità territoriale dell'Ucraina con le armi nelle loro mani;

  • Non c'è collaborazionismo da parte dei rappresentanti della Chiesa ortodossa ucraina.

E questo significa che i progetti di legge per vietare la Chiesa ortodossa ucraina si basano su basi deliberatamente false, e sono proprio questi progetti, e non le attività della Chiesa ortodossa ucraina, che portano a un "incitamento all'inimicizia interreligiosa e alla destabilizzazione dell'ambiente religioso in Ucraina".

Possiamo solo sperare che le autorità abbiano abbastanza buon senso da respingere i disegni di legge n. 7204 e n. 7213 come estremamente dannosi per lo stato, e ancor di più in tempo di guerra.

 
Secondo quanto riferito, vescovi di Costantinopoli fanno pressioni sul patriarca di Gerusalemme, impedendo ai russi di servire al Santo Sepolcro

foto: timesofisrael.com

A seguito del suo recente viaggio a Mosca, sua Beatitudine il patriarca Theophilos di Gerusalemme sarebbe stato sottoposto a forti pressioni da parte di vescovi del Patriarcato di Costantinopoli e di altrove, secondo il canale Telegram "PravBlog", con riferimento alle sue fonti in Terra Santa.

Il patriarca si è recato a Mosca il mese scorso per ricevere il premio intitolato al patriarca Alessio II per gli sforzi per l'unità della Chiesa, assegnato dalla Fondazione pubblica internazionale per l'unità dei popoli ortodossi. Nel suo discorso dopo aver ricevuto il premio, il patriarca ha invitato tutti i primati ortodossi a riunirsi in Giordania per discutere della delicata questione dell'unità della Chiesa.

Numerosi vescovi e sinodi hanno dichiarato la necessità di un concilio pan-ortodosso per discutere della questione ucraina, ma il patriarca di Gerusalemme è stato il primo a fare il passo per invitare effettivamente i primati a un simile concilio.

Le buone intenzioni del patriarca non sono state ricevute con favore da chi è allineato a Costantinopoli. L'arcivescovo Hieronymos ha dichiarato immediatamente che solo Costantinopoli poteva convocare un concilio e così si rifiuta di partecipare al concilio proposto in Giordania.

Il patriarca Theophilos ha anche concelebrato con sua Santità il patriarca Kirill mentre era a Mosca. Il patriarca Kirill non commemora quei primati che hanno riconosciuto gli scismatici ucraini, mentre il patriarca Theophilos commemora tutti i primati canonici. Per evitare l'imbarazzo della situazione, i due primati si sono limitati a commemorarsi l'un l'altro.

Alcuni media, incluso Orthodox Times (sostenuto dal Dipartimento di Stato USA), hanno provato a trasformare questa decisione in uno scandalo.

Al ritorno dal suo viaggio, il patriarca di Gerusalemme ha subito pressioni da parte di vescovi di Costantinopoli che lo hanno attivamente visitato, come riferisce "PravBlog". Anche il patriarca Theodoros di Alessandria e delegazioni della Grecia hanno lavorato su di lui.

Una fonte del Patriarcato ha riferito in precedenza a RIA-Novosti che il patriarca è sotto pressione anche da parte dei democratici statunitensi, tra cui Joe Biden.

"PravBlog" riporta anche che vescovi di Costantinopoli stanno attivamente cercando di impedire a vescovi e chierici russi di servire nella chiesa del Santo Sepolcro a Gerusalemme. Secondo la fonte del canale, mentre i vescovi di Costantinopoli non hanno mai mostrato prima tanto zelo per il Santo Sepolcro, ora è praticamente una norma stabilita che vi servano ogni settimana.

A causa di questa situazione, il clero russo non può celebrare, poiché il Patriarcato di Mosca ha rotto la comunione con il Patriarcato di Costantinopoli a causa della sua invasione unilaterale e anti-canonica del territorio della Chiesa ucraina.

Il patriarca Theophilos anche a gennaio è stato sotto forte pressione per concelebrare con gli scismatici ucraini alla festa della Teofania, sebbene abbia resistito con successo alla pressione.

 
Dichiarazione del Sinodo della Chiesa ortodossa ucraina

6 dicembre 2019

Il Santo Sinodo della Chiesa ortodossa ucraina, dopo un'attenta riflessione sui recenti sviluppi nella sfera delle relazioni inter-ortodosse, fa la seguente dichiarazione:

1. Siamo costretti a dichiarare che, a causa delle azioni anti-canoniche del Patriarcato di Costantinopoli in Ucraina, e anche in relazione alle azioni perpetrate dai primati delle Chiese ortodosse greca e alessandrina, vale a dire l'ingresso nella comunione eucaristica con la "Chiesa ortodossa dell'Ucraina" scismatica, la situazione nel cristianesimo ortodosso è peggiorata non solo a livello amministrativo ma anche a livello spirituale, vale a dire a livello di comunione ecclesiale nei santi misteri.

2. È diventato evidente che questa crisi non è solo un problema delle relazioni bilaterali tra i patriarcati di Costantinopoli e Mosca, ma riguarda l'intera Ortodossia mondiale, tutte le Chiese ortodosse locali, poiché sta danneggiando le basi stesse della vita e della missiologia della Chiesa di Cristo. Questo problema non è amministrativo ma ecclesiologico. Il nuovo concetto del patriarca di Costantinopoli come "il primo senza eguali" ("Primus sine paribus") ha sollevato il suo capo nell'Ortodossia mondiale; è qualcosa che la Chiesa ortodossa non ha mai conosciuto prima e che in realtà è una chiara violazione del principio della cattolicità della Chiesa e una conseguenza dell'incomprensione della natura della Chiesa in generale e del ruolo delle singole Chiese locali, in particolare. Inoltre,

3. In considerazione di ciò, la cessazione della comunione eucaristica da parte della Chiesa ortodossa ucraina con il Patriarcato di Costantinopoli e con le Chiese e i vescovi che hanno riconosciuto gli scismatici non è un abuso dell'eucaristia, o un ricatto eucaristico, come alcune persone hanno affermato, ma al contrario è una difesa dell'Eucaristia e una salvaguardia della purezza canonica e spirituale, nonché dell'integrità della Chiesa. Dopotutto, il nostro Signore Gesù Cristo, nelle parole del santo apostolo Paolo, ha amato anch'egli la Chiesa e si è sacrificato per essa... per poterla presentare a se stesso come una Chiesa gloriosa, senza macchia, ruga o cose simili; ma santa e immacolata (Ef 5:25-27).

4. Per questi motivi, è falso e manipolativo accusare la Chiesa ortodossa ucraina di spostarsi presumibilmente verso l'auto-isolamento, in particolare, con la sua sospensione della comunione eucaristica con coloro che sono entrati in comunione con scismatici non pentiti. In effetti, noi sosteniamo la purezza delle tradizioni canoniche della Chiesa e proteggiamo la Chiesa dalla blasfemia. Altrimenti, se delle persone che non hanno ordinazione canonica sono ammesse al sacerdozio, e se lo scisma è riconosciuto dalla Chiesa, ma la vera Chiesa di Cristo è ignorata o falsamente chiamata scisma, allora c'è il pericolo che la vera Chiesa possa essere sostituita. Inoltre, tali azioni anticristiane sfocano il confine tra la Chiesa e lo scisma. Di conseguenza, viene creata una cosiddetta nuova struttura "ecclesiastica", che è fondata da uomini, al posto della vera Chiesa che è stata fondata da nostro Signore Gesù Cristo che "l'ha acquistata con il suo stesso sangue". (v. At 20:28).

5. Uno dei principi di base del diritto canonico della Chiesa ortodossa è che chiunque entri in comunione eucaristica con degli scomunicati sarà egli stesso escluso dalla comunione con la Chiesa. A questo proposito, l'ingresso in comunione di alcune Chiese locali con persone che sono cadute nello scisma in altre Chiese locali e che non si sono veramente pentite e che non sono state ordinate canonicamente, solleva automaticamente la questione se anche la loro continua comunione eucaristica con questi scismatici li rende complici di questo peccato e induce anche loro, di fatto, a violare il suddetto principio canonico.

6. Riteniamo che l'unica via d'uscita da questa crisi sia quella di tenere una discussione conciliare pan-ortodossa e di trovare una soluzione all'intera gamma di questi problemi. Riconoscendo tutte le difficoltà inerenti alla convocazione di una tale riunione pan-ortodossa, dobbiamo ancora vedere un'altra via d'uscita dalla crisi. Pertanto, accogliamo con favore l'iniziativa di sua Beatitudine il patriarca Theophilos III della Città Santa di Gerusalemme e di tutta la Palestina, che ha proposto di convocare un concilio pan-ortodosso nel Regno hascemita di Giordania. Nei molti momenti difficili della storia della nostra Chiesa, c'è già ststo un caso del genere in cui il Patriarcato di Gerusalemme ha fornito assistenza. Questo avvenne nell'anno 1620, quando sua Santità il patriarca Theophanes III di Gerusalemme restaurò la gerarchia ortodossa a Kiev, al fine di sostituire coloro che avevano aderito all'unia sotto la pressione delle autorità allora polacco-lituane. Applaudiamo, ringraziamo e attendiamo con impazienza simili inviti a un incontro pan-ortodosso da parte dei primati e dei vescovi delle altre Chiese ortodosse locali – cos  che in realtà ha già iniziato ad accadere sempre più frequentemente negli ultimi tempi.

7. Va notato che, sfortunatamente, fattori geopolitici e politici hanno iniziato a interferire senza precedenti e in modo palese nella vita interna dell'Ortodossia mondiale. Di conseguenza, le singole Chiese locali hanno preso decisioni ecclesiastiche sotto l'influenza di questi fattori, contrariamente ai canoni e alle tradizioni secolari della Chiesa. Comprendiamo che ogni Chiesa ortodossa locale svolge il proprio ministero all'interno di un determinato stato e talvolta di molti stati. Spesso, l'una o l'altra popolazione ortodossa è storicamente molto strettamente collegata sia al proprio stato sia alla propria Chiesa locale. Tuttavia, siamo profondamente convinti che ogni Chiesa locale nel suo servizio a Dio debba essere al di sopra dei confini e degli interessi nazionali, statali o politici e non essere soggetta a pressioni esterne, ricordando che il Regno di Dio di cui predichiamo non è di questo mondo (v. Gv 18:36). Se ogni Chiesa ortodossa locale si associa esclusivamente agli interessi del proprio stato, allora l'Ortodossia mondiale non può essere unita, poiché è noto che gli stati si impegnano in conflitti o in guerre tra loro, ma la Chiesa deve sempre preservare l'unità e riconciliare le persone, pur senza diventare un partito o un mezzo di confronto. Esprimiamo la nostra speranza che la santa Chiesa ortodossa, con l'aiuto di Dio, troverà la forza per superare queste sfide e mantenere la sua unità; al di sopra dei confini e degli interessi nazionali, perché in Cristo non c'è né "greco né ebreo..., barbaro o scita, ...ma Cristo è tutto in tutti" (Col 3:11).

8. Facciamo appello agli arcpastori, ai pastori, ai monaci e ai laici della nostra amata Chiesa ortodossa ucraina. Cari vladyki, padri, fratelli e sorelle! Non è senza la Divina Provvidenza che qui in Ucraina e all'interno della nostra Chiesa, e nel contesto dell'Ortodossia mondiale, si trova oggi la linea di confine tra la vera Chiesa e lo scisma. In questa situazione, dobbiamo preservare la purezza del sistema canonico e dell'insegnamento della Chiesa. Gli avversari stanno cercando di spaventarci con la prospettiva dell'auto-isolamento. Ma finché continuiamo a vivere nella vera fede, non può esserci alcun auto-isolamento. Sua Beatitudine il metropolita Vladimir di Kiev e di Tutta l'Ucraina, di beata memoria, ci ricorda che: "Non può esserci auto-isolamento con Cristo". In effetti, la nostra Chiesa ortodossa ucraina oggi, attraverso le sue varie prove e tribolazioni, sostiene l'unità dell'intero mondo ortodosso. Non abbiate paura! Voi fate parte dell'unica vera Chiesa! Amate la Chiesa, custodite la Chiesa e voi stessi, perché attraverso di essa il Signore ci salva. E lasciate il resto alla volontà di Dio. Ricorda, non è l'uomo che dirige la Chiesa, ma il nostro stesso Padre celeste. Preghiamo che il Signore, attraverso il suo Spirito Santo, corregga tutti gli errori umani, ci purifichi da tutte le cose malvagie e salvi le nostre anime!

 
Aggiornamento della Guida del sito

Abbiamo aggiornato la Guida all'uso del sito con molti elementi presentati nell'ultimo mese... non tutti, perché alcuni hanno un valore più che altro giornalistico e di attualità.

Potrà sembrare che nelle ultime settimane, per essere un sito parrocchiale, abbiamo dato un peso indebito all'elemento geopolitico, ma ci sentiamo perfettamente sereni per averlo fatto, perché cercare di ricostruire un'immagine realistica del mondo ortodosso non è solo una questione di correttezza: è un dovere morale dei credenti. Non siamo tuttavia monomaniaci, e preghiamo per il ritorno della pace e della tranquillità in Ucraina anche per poter riprendere a osservare il resto del mondo ortodosso, che ci auguriamo di poter sempre descrivere con attenzione ai nostri lettori.

 
"Ho visto non solo gli orrori della guerra, ma l'umanità della gente semplice"

foto: Facebook

Il mese scorso, sua Eminenza il metropolita Luka di Zaporozh'e della Chiesa canonica ortodossa ucraina si è recato con un convoglio umanitario destinato a Mariupol'.

L'aiuto non ha mai raggiunto la sua destinazione finale, ma il metropolita ha avuto molte esperienze illuminanti lungo la strada, vedendo e ascoltando le cose più terribili, ma anche osservando le profondità dell'amore umano reciproco.

Alla fine, il convoglio è tornato a Zaporozh'e con circa 400 cittadini di Mariupol' che erano riusciti a fuggire nella città di Berdjansk, oltre a 130 bambini di un orfanotrofio di Berdjansk.

Il metropolita Luka ha parlato della sua esperienza in un'intervista pubblicata dall'arciprete Gennadij Elin: ha spiegato di essere stato coinvolto nel convoglio quando lo stato ha chiesto alla Chiesa di mediare e scortare il convoglio. Il vescovo ha invitato tutti i sacerdoti disponibili ad andare con lui e, alla fine, 12 sacerdoti hanno risposto positivamente.

Mentre il metropolita Luka all'inizio non ha pensato che fosse un grosso problema, quello che ha visto e sentito, dice, è stato molto serio e tragico: "È al di là del potere anche dei più brillanti registi e artisti, né può essere descritto nei libri degli scrittori più talentuosi. Le emozioni e i sentimenti che abbiamo incontrato, non è possibile trasmetterli finché non si sperimenta questo orrore per se stessi.

foto: Facebook

Il convoglio ha fatto diversi tentativi per raggiungere Mariupol', a volte fermato per motivi di sicurezza, a volte scortato da truppe russe, come racconta il metropolita Luka. Dopo aver raggiunto Berdjansk, l'esercito russo non gli ha permesso di proseguire verso Zaporozh'e. Questo è successo per tre giorni di seguito.

Quindi i cittadini che erano riusciti a fuggire da Mariupol' hanno iniziato ad arrivare a Berdjansk, dove si trovava il convoglio che cercava di entrare a Mariupol'. "Era spaventoso vedere persone picchiate, paralizzate, fasciate, con bende insanguinate a causa di ferite da schegge (io stesso sono un medico di formazione)", ha detto il metropolita Luka.

È più facile descrivere ciò che è rimasto a Mariupol' che ciò che è stato distrutto, racconta il metropolita Luka, riportando ciò che ha sentito dai cittadini, che hanno anche parlato di attentati e fosse comuni mentre ricevevano assistenza umanitaria a Berdjansk.

“Ho appena smesso di ascoltare queste storie. Proprio non riuscivo ad ascoltarle! Non potevo sopportarle! Sono un prete, un medico, ho visto e sentito molto in vita mia, ma non ho mai visto né sentito niente del genere”, esclama il metropolita.

Successivamente, l'esercito russo ha scortato il convoglio a Tokmak, dove è stato scaricato altro carico umanitario, e su richiesta dell'esercito russo, come ricorda il metropolita Luka. Alla fine il convoglio ha ottenuto il via libera per recarsi a Mariupol', ma non è mai stato in grado di raggiungere Mariupol' e una parte del convoglio ha dovuto semplicemente essere riportata a Zaporozh'e.

Poco prima dell'intervista, il metropolita Luka ha appreso da alcuni dei suoi sacerdoti che erano riusciti a evacuare alcune persone dalla periferia della stessa Mariupol'. Egli riferisce:

I sacerdoti hanno visto in prima persona cosa stava succedendo lì. Case distrutte dopo i bombardamenti e persone torturate che vivevano nei loro scantinati. Il cibo, infatti, non si può chiamare cibo, cucinavano vicino ai loro rifugi usando mobili e tutto ciò che brucia. Quando ho incontrato padre P., mi ha detto che non possiamo immaginare cosa sia l'inferno, ma è sicuro che Mariupol' sia più spaventosa dell'inferno.

Alla richiesta di offrire una parola di speranza, il metropolita Luka esorta:

Rivolgetevi a Dio nella vostra preghiera! Sappiate che egli non è solo un Padre misericordioso, ma anche un Giudice giusto e onesto. Risponderemo non solo dei fatti, ma anche di ogni parola. Non puoi nasconderti da lui e non troverai nessun avvocato. Non giudicate per non essere giudicati. Iniziate la prova con voi stessi.

In questo viaggio ho incontrato l'umanità, con il compimento attivo del comandamento dell'amore per il prossimo... Ho incontrato persone comuni che hanno dato tutto, vedendo la sofferenza degli altri. Noi non lo abbiamo ancora provato, e Dio non voglia che lo scopriamo per esperienza personale.

Non dobbiamo perdere l'immagine umana. Avendo dimenticato Dio, dopo averlo tradito, abbiamo ottenuto quel che ci meritavamo. Eravamo ben nutriti, soddisfatti, ognuno aveva le proprie ambizioni, il proprio orgoglio. Ora cerchiamo i colpevoli, ma il colpevole è prima di tutto colui che moltiplica il peccato. L'uomo ha nutrito i peccati, la malizia e l'odio nel suo cuore, riempiendo così la coppa dell'ira di Dio. E questa rabbia e questo odio ora si sono riversati sulla nostra terra.

Ma so anche che anche se sommiamo tutti i peccati dell'intero passato, presente e futuro dell'umanità, non saranno comunque in grado di mettere in ombra la misericordia di Dio, che inevitabilmente ci raggiungerà se ci pentiamo! Dopo tutto, il Signore ha detto a ciascuno di noi: Venite a me, voi tutti che siete affaticati e oppressi, e io vi darò riposo.

Cerchiamo di affrettarci verso Dio, attraverso il seno della nostra madre Chiesa, dove troveremo gioia e consolazione!

 
Arcivescovo Anastasios: la conciliarità è il principio dell’unità ortodossa

foto: spzh.news

Sua Beatitudine l'arcivescovo Anastasios d'Albania ha nuovamente sottolineato la sua posizione secondo cui la Chiesa ortodossa risolve i problemi attraverso la conciliarità, che è il principio base della sua unità.

La nuova dichiarazione dell'arcivescovo Anastasios arriva in risposta a un rapporto di Antonis Triantafyllou sul giornale Dimokratia intitolato "Intervento di Anastasios a favore di Mosca", riferito alla sua "Supplica/appello per il superamento della polarizzazione ecclesiastica".

È stata pubblicata su Dimokratia anche la risposta del primate albanese, che afferma che l'articolo di Triantafyllou presenta "una distorsione maliziosa delle mie opinioni, intenzioni e proposte in merito a una questione delicata e critica che riguarda l'Ortodossia in tutto il mondo".

Una traduzione inglese completa della risposta dell'arcivescovo è disponibile sul sito Orthodox Synaxis.

"Il mio intervento non è "a favore di Mosca" o a favore di alcuna Chiesa autocefala e non è certamente contro il Patriarcato ecumenico", scrive l'arcivescovo. "È un grido di agonia a favore della riconciliazione, a favore dell'unità dell'Ortodossia".

L'arcivescovo sottolinea innanzitutto che la sua richiesta di un concilio pan-ortodosso non ha nulla a che fare con l'invito ai primati del patriarca Teophilos di Gerusalemme, poiché il suo appello è stato scritto e consegnato ai primati prima che il patriarca annunciasse la sua iniziativa di tenere un concilio in Giordania.

Ribadisce anche che egli "non ha mai messo in discussione i diritti o i privilegi stabiliti del Patriarcato ecumenico". Per esempio, nella sua supplica/appello, afferma specificamente che solo il patriarca Bartolomeo può convocare un Concilio pan-ortodosso.

Inoltre, l'arcivescovo Anastasios scrive che "In tutti i precedenti casi di concessione dell'autocefalia – e naturalmente nel caso della Chiesa d'Albania – l'autocefalia è stata concessa alle metropolie canoniche di ogni paese e non a piccole sezioni di esse composte da scismatici imperfettamente riabilitati".

"Questo è il motivo per cui sono seguiti pace e consenso", aggiunge. D'altra parte, la concessione dell'autocefalia alla "Chiesa ortodossa dell'Ucraina" ha portato solo "tumulti e divisioni", scrive il primate albanese, "non solo in quel particolare paese, ma in tutto il mondo ortodosso".

Inoltre, il diritto canonico proviene principalmente dai concili della Chiesa, poiché "la sinodalità è il principio di base della coesione dell'Ortodossia".

Il primate albanese avvisa anche della presenza di "persone irresponsabili" che "sono state mobilitate per deridere chi ha espresso opinioni diverse, lusingando allo stesso tempo i propri sostenitori".

Il portavoce principale, scrive, "è un sacerdote della metropolia di Creta (guidato e protetto dall'alto) che, con un certo "gruppo d'assalto", si è assunto il compito di deridere maliziosamente, di intimidire e, nella propria immaginazione, punire con insulti, minacce, meschini sofismi e persino disgraziate parolacce quelli che hanno proposte diverse per superare la crisi".

"Coloro che sono coinvolti in questo piano, esplicitamente o implicitamente, stanno tentando senza scrupoli di apporre etichette di ispirazione etnofiletista come "slavofili", "russofili" e simili. Questo è un presagio di uno scontro ecclesiastico che distrugge il dialogo interortodosso in un momento critico per l'Ortodossia", scrive l'arcivescovo Anastasios.

Sua Beatitudine si riferisce all'archimandrita Romanos (Anastasiadis), che, come ha scritto OrthoChristian, è un noto propagandista di Costantinopoli. Come l'arcivescovo Anastasios scrive, padre Romanos è noto per aver attaccato anche i vescovi delle Chiese locali che non seguono interamente le iniziative del Patriarcato di Costantinopoli.

In precedenza aveva accusato sua Beatitude il metropolita Onufrij di Kiev e di Tutta l'Ucraina di avere una "mente russa sconvolta e fanatica" e ha definito sua Eminenza il metropolita Ilarion (Alfeev) "un blasfemo pernicioso e satanico e un agente del totalitarismo e dell'imperialismo di Putin".

Riassumendo la sua nuova affermazione, l'arcivescovo Anastasios scrive: "Con l'avvicinarsi del Natale, la grande festa dell'incarnazione del Figlio di Dio, della straordinaria iniziativa del Padre per la riconciliazione con la razza umana, come menzioniamo nella conclusione del nostro appello, ci impegniamo ad "affrettare i passi verso la riconciliazione. La riconciliazione porterà la pace a milioni di fedeli. Allo stesso tempo, l'Ortodossia confermerà la sua capacità spirituale di guarire le ferite, alla luce della Parola di Dio e del potere dello Spirito Santo".

 
La chiesa dei Romanov a Darmstadt in Germania

Riportiamo nella sezione “Testimoni dell’Ortodossia” l’originale russo e la traduzione italiana dell’articolo di Alla Mitrofanova dalla rivista Foma, su una chiesa ortodossa in Occidente che è stata davvero testimone del passaggio di santi: la parrocchia russa di santa Maria Maddalena a Darmstadt, patria delle sante Alessandra ed Elisabetta, principesse spose dei Romanov. 

 
L'esercito ucraino continua a bombardare un monastero danneggiato di Donetsk, che ospita 300 civili

schermata da Telegram

Sebbene le chiese e altri edifici del monastero di san Basilio e del convento di san Nicola nel villaggio di Nikolsko'e, presso Donetsk, abbiano già subito gravi danni e sebbene il monastero ospiti 300 civili locali, l'esercito ucraino continua i suoi bombardamenti contro il monastero.

Lo hanno riferito a OrthoChristian gli stessi monaci, che chiedono a tutti i lettori di pregare per la pace e la sicurezza.

I monasteri, fondati dall'amato anziano Zosima (Sokur, †2002), sono un punto focale nell'attuale conflitto, poiché continuano a seguire le tradizioni del loro fondatore, che era fortemente a favore dell'unità spirituale russo-ucraina.

I monaci hanno inizialmente riferito che il monastero era stato liberato dall'esercito ucraino il 13 marzo, ma è stato nuovamente attaccato con forza.

Sua Grazia il vescovo Amvrosij di Volovakha, vicario della diocesi di Donetsk, è stato ferito al braccio sinistro durante un attacco ai monasteri alla fine di marzo e ha dovuto subire un intervento chirurgico, e la cella santa dove viveva l'anziano Zosima è stata distrutta.

Questo video mostra l'entità dei danni al monastero.

 
La Chiesa e il Simulacro – parte 2: che cosa attende coloro che obbediranno all'autorità del Fanar

i capi delle Chiese di Roma e di Costantinopoli si stanno muovendo verso l'unificazione. Foto: Unione dei giornalisti ortodossi

Quanto è probabile la fusione di Costantinopoli con Roma e come ciò minaccia l'Ortodossia mondiale.

Di recente, l'attività del patriarca Bartolomeo nel promuovere l'idea dell'unificazione con i latini è notevolmente aumentata.

Il 12 novembre 2019, il patriarca Bartolomeo, insieme all'abate del monastero Xenophontos sul monte Athos, l'archimandrita Alexios, allo ieromonaco Theophilos del monastero Pantokratoros e ad altri fratelli athoniti, ha partecipato ai Vespri congiunti nel monastero cattolico di Notre Dame de Saint-Remy a Rochefort.

il patriarca Bartolomeo di Costantinopoli con i fratelli dell'Athos alla funzione presso l'abbazia di Notre Dame de Saint-Remy a Rochefort. Foto: triklopodia.gr

Durante la sua visita all'Athos il 19-22 ottobre, il capo del Fanar ha detto che cattolici e ortodossi sono separati solo da alcune differenze storiche piuttosto che dai dogmi, quindi l'unità tra loro è inevitabile.

Il 23 novembre, il patriarca Bartolomeo ha ospitato una delegazione dell'Università Sulhan Saba Orbeliani di Tbilisi, guidata dal vescovo cattolico del Caucaso, Giuseppe Pasotto. Durante l'incontro, il patriarca ha affermato che il dialogo con la Chiesa cattolica romana è una delle priorità per il Patriarcato di Costantinopoli.

E nell'estate del 2019, l'arcivescovo Job (Getcha) di Telmessos, come capo della delegazione del Fanar, ha portato in Vaticano una lettera del patriarca Bartolomeo con le seguenti parole: "Il ristabilimento della comunione (eucaristica, ndt) tra le nostre Chiese rimane la nostra sincera speranza, l'oggetto principale delle nostre preghiere e l'obiettivo di un dialogo di verità stabilito tra le nostre Chiese".

papa Francesco e l'arcivescovo Job (Getcha). Foto: vaticannews.va

In risposta, papa Francesco ha detto: "Come vescovo di Roma, vorrei sottolineare ancora una volta che per noi, cattolici, l'obiettivo del dialogo è la completa unità nelle diversità autorizzate piuttosto che un allineamento unificante, e ancor meno un assorbimento". E poi, inaspettatamente (secondo la versione ufficiale), ha presentato una teca con le reliquie di san Pietro Apostolo alla delegazione del Fanar.

È molto probabile che papa Francesco e il patriarca Bartolomeo non mancheranno di approfittare di una occasione ideale per adempiere ai loro piani di unire le loro strutture subordinate, vale a dire – il 1700° anniversario del primo Concilio ecumenico (niceno), che cadrà nel 2025.

Questa non è solo una bella data. Durante il primo Concilio, la questione dell'origine dello Spirito Santo, il cosiddetto filioque, non era ancora sorta. Pertanto, è molto conveniente lasciare questo importante disaccordo tra ortodossi e latini tra parentesi e dire che oggi né il credo della Chiesa ortodossa né quello della Chiesa cattolica è diverso da quello del Concilio di Nicea.

Certo, questa sarà una bugia, ma una bugia bella e del tutto accettabile per i sostenitori dell'unione. Nonostante il fatto che prima di quella data ci siano ancora più di cinque anni, il tempo sta per scadere. Sia il papa che il patriarca Bartolomeo hanno designato per se stessi un programma strategico: la completa unità delle loro fedi. Il tempo è davvero breve per raggiungere questo obiettivo e non si tratta solo di tenere un'altra preghiera ecumenica.

Il primo compito nella preparazione di questa nuova unione viene risolto sotto i nostri occhi. Questo compito è quello di creare un'organizzazione religiosa che il patriarca Bartolomeo offrirà per l'unificazione con i cattolici. Infatti, ora le Chiese ortodosse locali sono divise non solo in quelle che riconoscono e quelle che non riconoscono la "Chiesa ortodossa dell'Ucraina", ma in quelle che riconoscono la supremazia del Patriarca di Costantinopoli su se stesse e quelle che attribuiscono questa supremazia esclusivamente a Cristo.

C'è un altro criterio per la separazione, che non è così evidente a prima vista. Il riconoscimento da parte del Fanar degli scismatici e la celebrazione congiunta della Liturgia con persone che non hanno un vero rango gerarchico sono atti tanto palesemente illegali che il riconoscimento da parte di altre Chiese locali può avvenire solo sotto una forte pressione esterna.

Se le Chiese locali lo avessero fatto in base alla loro convinzione interiore o, come ha affermato il patriarca Theodoros d'Alessandria, dopo sincere preghiere, non avrebbero procrastinato il riconoscimento della "Chiesa ortodossa dell'Ucraina" per quasi un anno intero.

E così i viaggi dei rappresentanti del Dipartimento di Stato degli Stati Uniti e le loro forzature per ottenere il riconoscimento sono stati così espliciti che non ci sono dubbi: tutti coloro che hanno riconosciuto la "Chiesa ortodossa dell'Ucraina", in termini approssimativi, lo hanno fatto piegati sulle ginocchia dei funzionari americani.

Pertanto, ora esiste un nuovo criterio per la divisione delle Chiese locali: quelli che possono essere piegati sulle ginocchia e quelli che non possono. E per coloro che sono stati costretti una volta a commettere illegalità, non sarà difficile continuare a commettere illegalità...

Ci si può sinceramente dispiacere per il patriarca alessandrino Theodoros, per l'arcivescovo della Grecia Hieronymos, per l'abate del monastero Xenophontos dell'Athos, l'archimandrita Alexios e per molti altri che si sono arresi al Dipartimento di Stato. "Uno è schiavo di ciò che lo ha vinto" (2 Pt 2:19). Avendo riconosciuto la supremazia del patriarca di Costantinopoli in termini di riconoscimento illegale della "Chiesa ortodossa dell'Ucraina", saranno costretti a riconoscere altre decisioni illegali del Fanar, inclusa la decisione di fondersi con il Vaticano.

Che cosa ha fatto il Fanar? Ha preso la sua decisione sulla "Chiesa ortodossa dell'Ucraina" e costringe gli altri a riconoscere questa decisione. Dopotutto, il Fanar non ha presentato tale decisione per una discussione conciliare.

Così sarà in materia di unione con i latini. Il Fanar deciderà – e tutti gli altri obbediranno. In caso di emergenza, si uniranno i dipendenti del Dipartimento di Stato per sensibilizzare sulla "linea politica". In questo momento, si sta formando una struttura formata dalle vittime del lavaggio del cervello, sottomesse e pronte a obbedire.

Abbiamo già scritto in che modo il Simulacro differisce dalla vera Chiesa di Cristo :

  • riconoscimento nella Chiesa della supremazia del Patriarcato di Costantinopoli piuttosto che di quella di Cristo;
  • riconoscimento delle false consacrazioni della "gerarchia" della "Chiesa ortodossa dell'Ucraina", ovvero riconoscimento dell'azione dello Spirito Santo laddove non esiste.

Le chiese greca e alessandrina si sono già unite a questo Simulacro. È vero tuttavia che non vi si sono unite pienamente. In queste Chiese ci sono dei vescovi che resistono a oltranza contro il Simulacro. Ce ne sono solo alcuni finora, ed è ancora sconosciuto fino a che punto la loro determinazione riuscirà a sostenere le loro opinioni. Lasceranno la subordinazione canonica alla loro gerarchia o rimarranno parte delle loro Chiese locali?

Quali altre Chiese riconosceranno la supremazia del patriarca Bartolomeo è sconosciuto. Ma non importa quante ce ne possano essere, accederanno precisamente all'organizzazione religiosa, per conto della quale il patriarca parlerà d'unificazione nei negoziati con il Vaticano.

Papa Francesco, a proposito, non ha problemi del genere: è un capo indiscutibile del suo Simulacro.

I santi Padri hanno riconosciuto che la Chiesa è una e singola nel mondo. Gesù Cristo non ha creato due o più Chiese. Ha creato una Chiesa e le porte dell'inferno non prevarranno contro di essa.

La teoria che questa Chiesa una sia stata divisa in rami nel tempo è insostenibile. In questo caso, si dovrebbe riconoscere che la Chiesa in quanto tale sulla terra non esiste, ma esiste un certo numero di "semi-chiese". Eppure, l'apostolo Paolo disse: "Che non sia così!"

E qui ci stiamo avvicinando a chiederci perché non dovremmo unirci davvero ai cattolici. Dopo tutto, il Signore ha esortato: "perché tutti siano una cosa sola" (Gv 17:21). Ma il fatto è che il Signore ci ha chiamati a essere una cosa sola nella Verità, non in una bugia: "perché tutti siano una sola cosa. Come tu, Padre, sei in me e io in te, siano anch'essi in noi una cosa sola, perché il mondo creda che tu mi hai mandato" (Gv 17:21).

A sua volta, il patriarca Bartolomeo ci chiama a essere uniti in una bugia. Ciò è dimostrato dalle sue parole sull'Athos, che tra ortodossi e cattolici non ci sono differenze dogmatiche ma solo storiche. "Più orribile è la tua bugia, prima ti crederanno" è la frase attribuita a Goebbels, che in realtà appartiene a Hitler. Le discrepanze tra ortodossi e latini sono precisamente dogmatiche. Queste sono temi di salvezza dell'anima umana e non solo, come pensano le persone comuni, che gli ortodossi si segnano da destra a sinistra, mentre i cattolici lo fanno da sinistra a destra.

Ricordiamo brevemente queste discrepanze.

In primo luogo, il filioque nel Credo. I latini decisero che lo Spirito Santo veniva non solo da Dio Padre, ma anche da Dio Figlio. Oltre al fatto che questa affermazione è contraria alle Scritture, porta all'effettiva negazione della divinità dello Spirito Santo, e quindi dell'intera santa Trinità. Dio è essenzialmente uno e triplice nelle persone. Significa che ogni persona della santa Trinità può possedere o le proprietà generali del Divino – esistenza eterna, onniscienza, onnipresenza, ecc. – o proprietà personali che sono uniche per quella persona della santa Trinità: il Padre genera il Figlio e fa procedere lo Spirito Santo, il Figlio nasce dal Padre, lo Spirito Santo procede dal Padre.

Con l'adozione del filioque, fu accettata la dottrina della santa Trinità, per cui il Padre e il Figlio possedevano una proprietà che lo Spirito Santo non possedeva. Pertanto, il fatto che vi sia una certa inferiorità dello Spirito Santo rispetto al Padre e al Figlio penetra nel dogma della Trinità. E poiché Dio, per definizione, non può essere imperfetto, il filioque porta alla negazione della divinità dello Spirito Santo. Ancora una volta, nelle parole del santo apostolo Paolo: "Che non sia così!"

Oltre a una distorsione puramente speculativa del dogma della santa Trinità, la dottrina del filioque porta a una conseguenza più pratica. Se lo Spirito Santo non è Dio, allora chi santifica i santi doni durante la Liturgia? Dopotutto, solo Dio, Dio senza la minima inferiorità (che è dedotta dal filioque) può trasformare i santi doni nel corpo e nel sangue di Cristo. "Avendo invocato il tuo santo Spirito sui doni ..." (preghiera del sacerdote alla Liturgia).

Se non è così, allora a cosa prendiamo parte? E abbiamo speranza di salvezza senza ricevere il vero corpo e sangue di Cristo? Dopotutto, il Vangelo testimonia molto chiaramente: "Gesù disse loro: In verità, in verità, io vi dico, a meno che non mangiate la carne del Figlio dell'Uomo e beviate il suo sangue, non avrete la vita in voi" (Gv 6:53).

In realtà, i cattolici stessi lo sentono, perché hanno trascurato la preghiera di invocazione allo Spirito Santo nella Liturgia.

In secondo luogo, il dogma del primato del papa. "Se le primizie sono sante, lo sarà anche tutta la pasta; se è santa la radice, lo saranno anche i rami" (Rm 11:16). Se il capo del corpo della Chiesa è Cristo, siamo salvati. E il papa?

Sant'Ignazio Brjanchaninov ha descritto questo dogma con le seguenti parole: "Il papismo arroga al papa gli attributi di Cristo e quindi rifiuta Cristo. Alcuni scrittori occidentali hanno pronunciato quasi esplicitamente questa rinuncia, dicendo che è molto meno peccato rinunciare a Cristo che rinunciare al papa. Il pontefice è un idolo dei papisti, è la loro divinità. A causa di questo terribile errore, la grazia di Dio si è allontanata dai papisti, che sono devoti a se stessi e a Satana – l'inventore e il padre di tutte le eresie, il papismo tra le altre... Nessuna eresia esprime il suo esorbitante orgoglio, il crudele disprezzo e odio per le persone in modo così aperto e arrogante.

Con la rimozione di Cristo da una posizione dominante nella Chiesa, la Chiesa cessa di esistere. "Non hanno una Chiesa (i latini, ndc), perché l'unione con il capo si è interrotta" (Archimandrita Ioann (Krestjankin)).

Non c'è bisogno di dire che questo dogma è contrario alle Sacre Scritture, con abbondanza di prove.

In terzo luogo, il dogma dell'Immacolata Concezione della Beata Vergine Maria. I cattolici, ovviamente, non sostengono che la Madre di Dio sia stata concepita, come Cristo, dallo Spirito Santo. Ma dicono che proprio nel momento del suo concepimento, fu liberata dal peccato originale di Adamo. Oltre al fatto che ciò contraddice le Scritture ("Pertanto, come da un solo uomo il peccato è entrato nel mondo e la morte per mezzo del peccato; e così la morte è passata su tutti gli uomini, poiché tutti hanno peccato": Rm 5:12), il dogma dell'Immacolata Concezione porta al fatto che il sacrificio della Croce di Cristo sia inutile in relazione alla Madre di Dio. Non ne avrebbe avuto bisogno in questo caso. Cos'è questo se non una bestemmia contro il Salvatore?

In quarto luogo, la dottrina cattolica della salvezza. Anselmo di Canterbury la inventò poco dopo che i latini si staccarono dalla Chiesa nel 1054. Questo insegnamento è espresso in categorie puramente legali. Adamo violò il comandamento e quindi offese Dio. Una soddisfazione deve essere pagata per l'insulto. Ma poiché Dio è infinito, lo è anche l'insulto, e quindi la soddisfazione deve essere infinita. E una soddisfazione così infinita poteva essere pagata solo dall'infinito Dio Gesù Cristo.

Pertanto, il rapporto tra Dio e l'uomo appare come causa: chi deve cosa a chi. Non c'è posto per l'amore, così come non c'è posto per la correzione della natura caduta dell'uomo. Per gli ortodossi, la salvezza è un ritorno al Padre celeste che ci ama, mentre per i cattolici è il pagamento di un debito.

Dalla suddetta dottrina, che pone il rapporto tra Dio e l'uomo in un quadro giuridico, sorse la dottrina dei meriti supererogatori dei santi, delle indulgenze, ecc. Le indulgenze, tra l'altro, esistono ancor oggi, l'attuale "Guida alle indulgenze" (Enchiridion Indulgentiarum) è stata adottata dal Vaticano nel 1967.

Differenze non meno significative nell'immagine della santità e della preghiera esistono accanto alle differenze dogmatiche. Mentre nell'Ortodossia una corretta vita spirituale conduce a una visione dei propri peccati, nel cattolicesimo una vita che conduce alla consapevolezza della propria santità è considerata corretta.

Il venerabile san Sisoe il Grande (V secolo) prima della sua morte disse: "In verità non so se ho nemmeno iniziato a pentirmi". Tutti i santi ortodossi hanno sperimentato un'umiltà simile, la consapevolezza della loro peccaminosità e della fiducia in Dio. Ma i "santi" nel cattolicesimo riconoscono l'esatto contrario. "Non riconosco in me alcun peccato che non avrei potuto espiare per confessione e pentimento" (Francesco d'Assisi, XIII secolo).

La modalità di lavoro spirituale che è coltivata nel cattolicesimo, è chiamata direttamente e chiaramente nell'Ortodossia – delusione.

Il fondatore dell'ordine dei gesuiti Ignazio di Loyola (XVI secolo) nel libro "Esercizi spirituali" invita all'immaginazione di Dio, di Cristo crocifisso, degli angeli, della santa Theotokos, dei santi, ecc.

I santi Padri ortodossi proibiscono rigorosamente una cosa del genere come una cosa che porta all'illusione. Per esempio, il monaco Gregorio del Sinai (XIV secolo) scrive: "Dicono che il delirio si manifesta in due forme, o meglio, si trova sotto forma di fantasie e impatti, sebbene sia originato e causato solo dall'orgoglio e dall'orgoglio . <...> La prima immagine dell'illusione viene dai sogni. La seconda immagine <...> ha inizio <...> nella voluttà, nata dalla lussuria naturale. In questo stato, una persona tentata osa profetizzare, dare false previsioni. <...> Il demone dell'indecenza, annebbiando le loro menti con un fuoco voluttuoso, li fa impazzire, mostra loro dei santi nelle loro fantasie, fa sentire loro le loro parole e vedere i loro volti".

Tutte queste discrepanze dei latini con gli insegnamenti della Chiesa di Cristo, che sono state stabilite nel cattolicesimo per quasi mille anni, non lasciano dubbi: il latinismo si è da tempo trasformato in Simulacro, che oggi sta perdendo anche i segni esteriori della Chiesa di Cristo, per non parlare dell'essenza. E questo Simulacro è ciò a cui il patriarca Bartolomeo propone di unirsi.

Indubbiamente, alla vigilia dell'emergente unificazione di questi due Simulacri, coloro che sono stati costretti a riconoscere la "Chiesa ortodossa dell'Ucraina", avendo chiuso un occhio sulla sfortuna della loro "gerarchia", saranno anche costretti a chiudere un occhio su tutti questi errori dei cattolici sopra citati.

L'unica cosa che può in qualche modo influenzare il corso degli eventi è il rifiuto del resto delle Chiese locali, che non hanno ancora riconosciuto la supremazia del Fanar, di partecipare a tale illegalità, nonché la ferma confessione di fede da parte di quei vescovi delle chiese greca e alessandrina che sono consapevoli di ciò a cui sono guidati dal patriarca Bartolomeo.

 
Un ricordo di Nadezhda Monetova (+20/3/2012)

Due anni fa, nella notte tra il 19 e il 20 Marzo 2012, presso la stazione ferroviaria della città di Rjazan, Nadezhda Monetova, una operatrice sociale ortodossa di 28 anni, madre di due bambini di 11 e 8 anni, è stata uccisa da un vagabondo.

Dal 2011, Nadezhda Monetova lavorava in un magazzino per la distribuzione di abbigliamento ai senzatetto. Cresciuta in una famiglia funestata da seri problemi di alcolismo, si era ritrovata abbandonata dal marito a 20 anni, e ridotta a chiedere l'elemosina nelle chiese per i figli piccoli. Notata da Il'ja Kuskov, capo del Dipartimento sinodale per l'assistenza ai senzatetto, fu presto in grado di riprendere una vita normale, dedicandosi con entusiasmo alla cura per gli indigenti (sapendo che era brava nel cucito, Kuskov le propose di preparare indumenti intimi, molto importanti per i senzatetto) e viaggiando ogni settimana da Mosca a Rjazan per lavorare nel centro di soccorso locale. La nuova condizione della famiglia aveva fatto ritornare a casa il marito di Nadezhda, Jurij, purtroppo gravemente malato. Nadezhda, fedele al suo nome ("Speranza"), riusciva a portare conforto a un gran numero di persone, dai bambini agli anziani, e non si tirava indietro dall'aiutare le persone che avevano sofferto come lei, al punto da aver cura in casa propria, oltre che dei figli e del marito invalido, anche di una coppia sposata senza casa, che grazie a lei ha potuto far nascere il proprio figlio senza privazioni.

Tutto sembrava andare per il meglio in questa vita di servizio caritatevole, quando un giovane appena uscito di prigione si è messo a farle offerte moleste nella stazione di Rjazan, e nonostante la presenza di amici e del personale di sicurezza della stazione, l'ha aggredita all'improvviso uccidendola a coltellate.

Nel gennaio del 2014, il Dipartimento sinodale per la carità e il servizio sociale ha stabilito un premio a suo nome, che offrirà sostentamento a volontari e operatori sociali che aiutano i senzatetto. Ulteriori informazioni su Nadezhda Monetova (in russo) si possono trovare su Pravoslavie.ru.

Alla serva di Dio Nadezhda: Eterna Memoria!

 
Scontro tra cristianità: perché l'Europa occidentale non può capire la Russia

Gli europei occidentali vedono gli ortodossi e i cristiani orientali come satrapi e come un branco di contrabbandieri, mentre i cristiani ortodossi considerano i crociati come usurpatori barbari votati alla conquista del mondo.

il cristianesimo, ancora una volta, è al centro di una battaglia di civiltà, questa volta tra i cristiani stessi. Foto: The Cradle

In un'atmosfera onnipresente e tossica di dissonanza cognitiva intrisa di russofobia, è assolutamente impossibile avere una discussione significativa sui punti più fini della storia e della cultura russa nello spazio NATO – un fenomeno che sto vivendo proprio ora a Parigi, arrivato da poco dopo un lungo periodo a Istanbul.

Nella migliore delle ipotesi, in una parvenza di dialogo civile, la Russia è incasellata nella visione riduzionista di un impero minaccioso, irrazionale e in continua espansione – una versione molto più malvagia dell'antica Roma, della Persia achemenide, della Turchia ottomana o dell'India dei Moghul.

La caduta dell'URSS, poco più di tre decenni fa, ha scagliato la Russia indietro di tre secoli, ai suoi confini del XVII secolo. La Russia, storicamente, era stata interpretata come un impero secolare: immenso, multiforme e multinazionale. Tutto questo è informato dalla storia, molto viva anche oggi nell'inconscio collettivo russo.

Quando è iniziata l'Operazione Z, ero a Istanbul, la Seconda Roma. Ho trascorso molto tempo delle mie passeggiate notturne intorno a Santa Sofia riflettendo sulle correlazioni storiche della Seconda Roma con la Terza Roma, che sembra essere Mosca, poiché il concetto fu enunciato per la prima volta all'inizio del XVI secolo.

Più tardi, tornato a Parigi, l'esilio nel territorio del soliloquio è sembrato inevitabile finché un accademico non mi indicò una fonte di qualche sostanza, sebbene fortemente distorta dal politically correct, disponibile sulla rivista francese Historia.

C'è almeno un tentativo di discutere della Terza Roma. Il significato del concetto era inizialmente religioso prima di diventare politico, incarnando la spinta russa a diventare il leader del mondo ortodosso in contrasto con il cattolicesimo. Questo va inteso anche nel contesto delle teorie panslave che sorsero sotto i primi Romanov e raggiunsero il loro apogeo nel XIX secolo.

L'eurasianismo – e le sue diverse declinazioni – tratta la complessa identità russa come una doppia faccia, tra est e ovest. Le democrazie liberali occidentali semplicemente non riescono a capire che queste idee – che infondono vari tipi di nazionalismo russo – non implicano ostilità verso l'Europa "illuminata", ma un'affermazione della Differenza (potrebbero imparare qualcosa leggendo di più Gilles Deleuze su tale materia). L'eurasianismo pesa anche su rapporti più stretti con l'Asia centrale e sulle necessarie alleanze, in vari gradi, con Cina e Turchia.

Un occidente liberale perplesso resta ostaggio di un vortice di immagini russe che non riesce a decifrare adeguatamente – dall'aquila a due teste, che è il simbolo dello stato russo dai tempi di Pietro il Grande, alle cattedrali del Cremlino, alla cittadella di San Pietroburgo, all'ingresso dell'Armata Rossa a Berlino nel 1945, alle parate del 9 maggio (la prossima sarà particolarmente significativa), e a personaggi storici da Ivan il Terribile a Pietro il Grande. Nella migliore delle ipotesi – e stiamo parlando di "esperti" di livello accademico – identificano tutto quanto sopra come immagini "appariscenti e confuse".

Il divario tra cristiani cattolici e ortodossi

Anche lo stesso Occidente liberale apparentemente monolitico non può essere compreso se dimentichiamo come, storicamente, anche l'Europa sia anche una bestia a due teste: una testa può essere rintracciata da Carlo Magno fino alla terribile macchina eurocratica di Bruxelles; e l'altro viene da Atene e Roma, e via Bisanzio/Costantinopoli (la Seconda Roma) arriva fino a Mosca (la Terza Roma).

L'Europa latina, per gli ortodossi, è vista come un usurpatore ibrido, che predica un cristianesimo distorto che si riferisce solo a sant'Agostino, praticando riti assurdi e trascurando l'importantissimo Spirito Santo. L'Europa dei papi cristiani ha inventato quella che è considerata un'idra storica – Bisanzio – dove i bizantini erano in realtà greci che vivevano sotto l'Impero romano.

Gli europei occidentali, dal canto loro, vedono gli ortodossi e i cristiani dell'est (si veda come sobi stati abbandonati dall'Occidente in Siria sotto ISIS e Al Qaeda) come satrapi e come un branco di contrabbandieri – mentre gli ortodossi considerano i crociati, i cavalieri teutonici e i gesuiti – non senza ragione, dobbiamo dire – come barbari usurpatori votati alla conquista del mondo.

Dal punto di vista ortodosso, un grave trauma è la quarta crociata del 1204 che distrusse completamente Costantinopoli. I cavalieri franchi sventrarono con noncuranza la più splendida metropoli del mondo, che all'epoca raccoglieva tutte le ricchezze dell'Asia.

Questa è la definizione di genocidio culturale. I franchi erano anche allineati con altri famigerati predoni seriali: i veneziani. Non c'è da stupirsi che, da quel momento storico in poi, sia nato uno slogan: "meglio il turbante del sultano che la tiara del papa".

Quindi, dall'VIII secolo, l'Europa carolingia e quella bizantina erano di fatto in guerra l'una con l'altra attraverso una cortina di ferro dai paesi baltici al Mediterraneo (confrontatela con l'emergente nuova cortina di ferro della guerra fredda 2.0). Dopo le invasioni barbariche, non parlavano la stessa lingua né praticavano la stessa scrittura, riti o teologia.

Questa frattura, significativamente, si è estesa anche su Kiev. L'ovest del paese era cattolico – il 15% di cattolici greci e il 3% di latini – e al centro e ad est il paese era al 70% ortodosso, divenuto egemonico nel XX secolo dopo l'eliminazione delle minoranze ebraiche da parte principalmente delle Waffen-SS della Galizia divisione, i precursori del battaglione Azov dell'Ucraina.

Costantinopoli, anche in declino, riuscì a mettere a punto un sofisticato gioco geostrategico per sedurre gli slavi, scommettendo sulla Moscovia contro la combinazione cattolica polacco-lituana. La caduta di Costantinopoli nel 1453 permise alla Moscovia di denunciare il tradimento dei greci e degli armeni bizantini che si radunarono attorno al papa romano, che desiderava ardentemente un cristianesimo riunificato.

In seguito, la Russia finì per costituirsi come l'unica nazione ortodossa che non era caduta sotto la dominazione ottomana. Mosca si considerava – come Bisanzio – come una sinfonia unica tra poteri spirituali e temporali.

La Terza Roma divenne un concetto politico solo nel XIX secolo, dopo che Pietro il Grande e Caterina la Grande avevano ampliato notevolmente il potere russo. I concetti chiave di Russia, Impero e Ortodossia si sono fusi assieme. Ciò implica sempre che la Russia abbia bisogno di "vicini all'estero" – e questo ha delle somiglianze con la visione del presidente russo Vladimir Putin (che, significativamente, non è imperiale, ma culturale).

Poiché il vasto spazio russo è in costante flusso da secoli, ciò implica anche il ruolo centrale del concetto di accerchiamento. Ogni russo è molto consapevole della propria vulnerabilità territoriale (ricordate, per cominciare, Napoleone e Hitler). Una volta oltrepassato il confine occidentale, è facile raggiungere Mosca. Quindi, questa linea molto instabile deve essere protetta; l'attuale correlazione è la minaccia molto autentica dell'Ucraina di ospitare basi NATO.

Avanti verso Odessa

Con la caduta dell'URSS, la Russia si è ritrovata in una situazione geopolitica incontrata per l'ultima volta nel XVII secolo. La lenta e dolorosa ricostruzione è stata guidata da due fronti: il KGB – poi FSB – e la Chiesa ortodossa. L'interazione di più alto livello tra il clero ortodosso e il Cremlino è stata condotta dal patriarca Kirill, divenuto in seguito una sorta di ministro degli affari religiosi di Putin.

L'Ucraina, dal canto suo, era diventata di fatto un protettorato di Mosca nel lontano 1654 con il Trattato di Perejaslav: molto più che un'alleanza strategica, si trattava di una fusione naturale, in atto da secoli da due nazioni slave ortodosse.

L'Ucraina cade quindi nell'orbita russa. La dominazione russa si espande fino al 1764, quando l'ultimo atamano (comandante in capo) ucraino viene ufficialmente deposto da Caterina la Grande: è allora che l'Ucraina diventa una provincia dell'Impero russo.

Come Putin ha chiarito questa settimana: "La Russia non può permettere la creazione di territori anti-russi in tutto il paese". L'operazione Z riguarderà inevitabilmente Odessa, fondata nel 1794 da Caterina la Grande.

I russi dell'epoca avevano appena espulso gli ottomani dal nord-ovest del Mar Nero, che era stato successivamente governato da goti, bulgari, ungheresi e poi turchi, fino ai tartari. Odessa all'inizio era abitata, che ci crediate o no, da romeni, che erano stati incoraggiati a stabilirsi lì dopo il XVI secolo dai sultani ottomani.

Caterina scelse un nome greco per la città, che all'inizio non era affatto slavo. E proprio come San Pietroburgo, fondata un secolo prima da Pietro il Grande, Odessa non ha mai smesso di flirtare con l'Occidente.

Lo tsar Alessandro I, all'inizio del XIX secolo, decise di trasformare Odessa in un grande porto commerciale, sviluppato da un francese, il duca di Richelieu. Fu dal porto di Odessa che il grano ucraino iniziò a raggiungere l'Europa. All'inizio del XX secolo, Odessa è davvero multinazionale, dopo aver attratto, tra gli altri, il genio di Pushkin.

Odessa non è ucraina: è una parte intrinseca dell'anima russa. E presto le prove e le tribolazioni della storia la renderanno di nuovo tale: come repubblica indipendente, come parte di una confederazione novorussa, o annessa alla Federazione Russa. Deciderà il popolo di Odessa.

 
Per festeggiare il decennale del pogrom del 2004, nel Kosovo "indipendente" distruggono il cibo per i poveri

La presbitera Svetlana Stevic (nella foto), energica organizzatrice delle cucine popolari del Kosovo (che abbiamo presentato sul nostro sito con un video sul blog del 10 gennaio 2014) denuncia una serie di vandalismi contro le cucine popolari. Le coltivazioni nel villaggio di Mogila, nel comune di Kosovska Vitina, forniscono ortaggi alle cucine popolari: il loro recinto è stato forzato, i teli delle serre strappati, i raccolti distrutti e la pompa dell'acqua rubata. I vandalismi, che rischiano di lasciare senza cibo una parte della popolazione indigente delle enclavi, sono avvenuti esattamente in coincidenza del decimo anniversario del pogrom anti-serbo del marzo 2004.

Intanto, per quelli che (forse) si sono fatti scappare il recente parallelo geopolitico, rimandiamo all’articolo di Massimo Fini La Crimea che (forse) non è il Kosovo, apparso su Il Fatto Quotidiano del 15 marzo.

 
Il potere illusorio del Patriarcato di Costantinopoli

il patriarca Bartolomeo. Foto: Unione dei giornalisti ortodossi

Il Patriarcato di Costantinopoli, intossicato dal potere postmoderno per creare una storia parallela, si autodistrugge. Pertanto, è molto importante non fidarsi.

La notizia che l'arcidiocesi di Atene (la Chiesa ortodossa di Grecia) ha deciso di riconoscere, cioè di accogliere, in comunione la "Chiesa ortodossa dell'Ucraina", è interessante e tragica non solo perché gioca un ruolo importante nell'attuale dramma del collasso della Chiesa ortodossa.

In una certa misura, questa decisione era attesa e non ha sorpreso coloro che sono consapevoli della situazione nell'Ortodossia, in cui le relazioni tra Costantinopoli e Mosca sono portate al livello di confronto tra nazioni (elleni e barbari) e di conflitto di potere.

Ciò che dovrebbe davvero sorprenderci è una sorta di tatto e diplomazia, che ancora di conserva. Tuttavia, sta gradualmente diventando evidente che questa non è tanto una rottura della comunicazione tra le Chiese locali ellenistiche e slave, e neppure tanto una divisione geopolitica del mondo ortodosso, quanto una divisione coerente di lingua, concetti, significati e interpretazioni.

È difficile dire se questa divisione sarà superata poiché ad Atene non riconoscono che a causa delle loro fobie etnocentriche della "avversità russa", hanno accettato di partecipare al progetto del crollo della narrativa dell'identità russa, in cui Kiev è un parte integrante del policentrismo della Rus', Grande, Piccola e Bianca (indipendentemente dal fatto che si identifichi questa narrativa con l'ideologia del "mondo russo" o no).

Non hanno menzionato nemmeno il proprio vassallaggio ai centri geostrategici di potere, il vassallaggio che avrebbe dato loro almeno qualche giustificazione. In realtà, hanno menzionato solo un fatto fondamentale ed essenziale, una chiave ermeneutica, che ci aiuta a comprendere il vero corso degli eventi - hanno fatto riferimento al "diritto del Patriarcato ecumenico di concedere l'autocefalia", sulla base del quale Atene ha deciso di riconoscere "l'autocefalia della Chiesa ortodossa della Repubblica indipendente dell'Ucraina".

La natura postmoderna delle pretese di primato del Patriarcato di Costantinopoli

Certamente, in Grecia e in tutto il mondo ortodosso, inizieranno a sollevarsi le voci di innumerevoli domande, una delle quali molto probabilmente sarà la questione della successione apostolica nella stessa "Chiesa ortodossa dell'Ucraina".

Ma ciò che distingue l'attuale crisi ecclesiastica da tutte le precedenti non è la profondità geostrategica della divisione o la debolezza dell'unità interna della Chiesa ortodossa, che non determina in alcun modo il modo di sopravvivere in tale unità (se siamo una Chiesa conciliare, dove sono quindi i regolari concili di tutte le Chiese locali?). Oggi è ovvio che Costantinopoli e le Chiese locali che concordavano o che concorderanno con la sua visione dell'esistenza della Chiesa ortodossa, hanno adottato un loro particolare punto di vista sulla realtà, che rappresenta in realtà una visione postmoderna della Chiesa, vale a dire, la realizzazione dell'idea di primato nel senso e nel contesto della postmodernità.

Tuttavia, un lettore impaziente che non è disposto a credere nei ragionamenti che usano gli stereotipi gergali delle discipline dell'umanità (inclusi "postmodernismo" e "postmoderno"), qui non vedrà niente di speciale, o solo un altro testo teologico. Non sto scrivendo questo testo per essere "postmoderno", ma voglio sottolineare che senza comprendere almeno le elementari dichiarazioni concettuali postmoderne è impossibile comprendere le azioni del Patriarcato di Costantinopoli.

Qual è la manifestazione del postmodernismo del dramma ecclesiastico che è iniziato dopo la decisione del Fanar di concedere prima l'autocefalia alla "Chiesa ortodossa dell'Ucraina" e poi di compiere azioni che avrebbero portato volontariamente o involontariamente altre Chiese locali (congiuntamente o sotto minaccia) a concordare con questa decisione?

Quando la realtà è sostituita da un'interpretazione della realtà

Una delle caratteristiche distintive del postmodernismo è la convinzione dell'inutilità della concettualità in quanto tale. L'immagine di un mondo in frantumi in cui non c'è stabilità implica che è la forza a imporci non solo come interpretare i fatti ma anche come interpretare i concetti. Bene e male, verità e menzogna sono tutti componenti della realtà, che è relativa come qualsiasi altra realtà. Pertanto, i concetti privi di significato possono essere completamente insignificanti. Decostruiti, possono essere ricostruiti come il loro contrario: la verità dell'uno può rivelarsi una menzogna dell'altro.

Cosa c'entra questo con la teologia del Patriarcato di Costantinopoli? Sono completamente coincidenti. Analizziamo il Tomos d'autocefalia concesso alla "Chiesa ortodossa dell'Ucraina":

"Sulla base di quanto precede, dichiariamo che la Chiesa autocefala in Ucraina riconosce il santo Trono Apostolico e Patriarcale, così come lo riconoscono gli altri patriarchi e primati, e adempie, insieme ad altri doveri e obblighi canonici, la sua missione più importante - preservare la purezza della nostra fede ortodossa, così come l'unità canonica e la comunione con il Patriarcato ecumenico e le altre Chiese ortodosse locali... In caso di gravi questioni ecclesiali, di natura dogmatica o canonica, sua Beatitudine il metropolita di Kiev, a nome del Santo Sinodo della sua Chiesa, è tenuto a rivolgersi al nostro santo Patriarcato e al Trono ecumenico, cercando la sua opinione autorevole e la sua giusta interpretazione, mentre i diritti del Trono ecumenico all'Esarcato e alla sacra stavropegia non devono essere violati".

Qui arriviamo al problema della costruzione della realtà: sebbene sia completamente chiaro al Patriarca Bartolomeo che gli altri "patriarchi e primati" non riconoscono il trono su cui lui siede come loro "capo", egli crede che quando sceglie tra la realtà reale e la nuova realtà costruita, che è falsa per natura, può stabilire una bugia come verità, invertendo completamente il sistema di valori. Questa capacità di ignorare l'altro non è postmoderna. È alla base dell'idea del primato romano, quando "l'erede di Pietro" svolge il suo "ministero" anche sulle Chiese locali e sulle persone che non lo riconoscono e non lo vogliono.

Tuttavia, mentre la Prima Roma ha dovuto legittimare le proprie aspirazioni, almeno con l'aiuto di una serie di falsificazioni storiche (la più famosa delle quali è la donazione di Costantino), la Seconda Roma basa le sue affermazioni sullo spirito dei postmodernisti, basandosi non tanto sui documenti ma sulle interpretazioni (secondo il principio di Nietzsche, che afferma che non ci sono fatti diversi dalle interpretazioni). Pertanto, se la "realtà reale" viene stabilita sulla base della sua interpretazione, allora è evidente che la realtà attuale in quanto tale non significa nulla.

Il Tomos della "Chiesa ortodossa dell'Ucraina", dal punto di vista della logica formale, è senza senso ma non accidentale

È ovvio per ogni persona riflessiva con conoscenze di base della teologia ortodossa che il documento, da un lato, parla di concessione di una "autocefalia" (completa indipendenza di una Chiesa dall'influenza esterna), e dall'altro, alla "Chiesa ortodossa dell'Ucraina" essenzialmente "è concesso" qualcosa, anche se ciò non rappresenta un'autonomia. L'intero Tomos, dal punto di vista della logica formale, può essere considerato un non senso ἡ ἐνέτΟὐρλρωρω ὅτι ἐ ἐνέτΟὐρλρέρω ὅτι ἐ ἐλ τὸν Ἁγιώτατον Ἀποστολικὸν καὶ Πατριαρχικὸν Οἰκουμενιὸ

Ma questa assurdità non è casuale - è postmoderna: l'autocefalia non è una vera autocefalia, ma ciò che Costantinopoli offre come autocefalia. Il significato di questo termine non è definito né in se stesso né nell'ambito della precedente ricezione, è determinato dal fatto che Costantinopoli (così come i suoi sostenitori geopolitici) vuole usare in tal modo un significato. Può essere privo di significato, ma il significato non esiste da solo: se necessario, viene nuovamente determinato ogni volta, a seconda della situazione. Questa è precisamente la sua natura "non accidentale": non solo i fatti storici ma anche intere istituzioni possono e dovrebbero essere soggette alla dittatura di nuovi significati imposti, significati che esistono e hanno senso (solo) nel momento in cui sono determinati da un potere onnipotente.

Questo è il motivo per cui la prima cosa di cui si occupa Costantinopoli è il vero potere. Non solo il diritto di controllare la distribuzione del denaro all'interno della metropolia di Kiev, ma il potere che dà il diritto di controllare l'interpretazione di fatti e istituzioni: in questo modo, la "Chiesa ortodossa dell'Ucraina" rimarrà per sempre il cliente ermeneutico della "Chiesa Madre".

Il potere a cui Costantinopoli aspira è demoniaco, da un punto di vista postmoderno. Questo potere ha bisogno di un'esistenza continua, all'interno della quale tutto può essere, ma non deve essere, e solo questo potere è l'unico "interprete". E nonostante il fatto che Mosca abbia un potenziale militare, demografico, politico-politico e finanziario, che spesso ha il carattere di una forza indelicata e bruta, Mosca, in effetti, risulta chiaramente debole contro le richieste avanzate dal Fanar.

Ha bisogno che il suo potere sia evidentemente percepito come grandezza, ma non ha alcun desiderio di creare costanti "fluttuazioni" di fatti e istituzioni, all'interno delle quali rimane solo la capacità dell'Uno di rafforzare o di distruggere la dignità degli altri a seconda di ciò che sembra utile all'Uno.

La tossina narcotica della "nuova" realtà

Le idee che le autocefalie delle Chiese ortodosse serba, bulgara, romena e altre già concesse possano subire cambiamenti o essere interpretate in un modo o nell'altro si possono ascoltare solo nei discorsi postmoderni del Fanar.

Sebbene sappiamo che i fatti storici non possono essere modificati retroattivamente a seconda dei benefici di oggi, ciò non si applica alla nostra situazione.

La particolarità dell'ideologia postmoderna di Costantinopoli è che tale ideologia è in grado di offrirci l'idea che il potere dell'interprete (cioè la Chiesa madre) abbia il diritto di formare i nostri ricordi collettivi degli eventi del passato. Oggi il Fanar ci assicura che l'Ucraina è sempre stata il suo territorio canonico, e che il patriarca Bartolomeo stesso non ha confermato l'anatema di Filaret Denisenko, ecc. Ancora una volta, qui vediamo idee comuni con progetti di identità di nuova formazione.

Proprio come nessuno a Kiev oggi ricorda i tempi in cui il 9 maggio si svolgevano le parate sulla Khreshchatyk con la partecipazione di veterani dell'Armata Rossa (di cui anche l'Ucraina voleva incamerare l'eredità antifascista prima dell'Euromajdan), e non i veterani dell'OUN-UPA, nessuno a Costantinopoli si ricorda dei tempi prima dell'autunno del 2018. Questa percezione narcotica della realtà attuale, in cui non c'è unità nemmeno con se stessi, implica una scelta folle, continua e illeggibile tra (quasi) realismo e finzione.

E qui ci troviamo di fronte alla strumentalizzazione postmoderna di "reale" e "immaginario", con un altro paradosso. In altre parole, quando per esempio il Fanar indica la situazione politica in Ucraina come motivo per la concessione della sua "autocefalia", stabilisce la legittimità della questione della situazione politica come criterio per l'organizzazione della Chiesa.

Contrasto di realtà politica e decisioni della chiesa

Se la realtà politica è il criterio unico o addirittura decisivo, il progetto dell'autocefalia ucraina è giustificato solo nella misura in cui giustifica il giudizio che Costantinopoli è Istanbul, una città della Turchia. Cioè, la "fittizia" Costantinopoli fa passi "missionari-religiosi", guidati dalla "vera" indipendenza dell'Ucraina.

La "Nuova Roma" resta in piedi ed esiste anche quando non c'è: l'Ucraina, come ogni altra cosa, svolge qui solo ruoli storici episodici. La forza è sistematicamente disonesta, dal punto di vista dell'ermeneutica, ma non importa perché si manifesta come forza: ci dice che possiamo essere d'accordo su ciò che è accaduto nel 1219, nel 1767 o nel 1879. Possiamo persino concordare un'allucinazione massiccia, una realtà parallela in cui non ha cambiato posizione nel 2018 rispetto alla posizione degli anni precedenti, ma come può farci dimenticare la realtà del 1453?

C'è una specie di natura demoniaca nelle azioni postmoderne. Essa sa benissimo quanto tragicamente "frammentata" sia una persona nel mondo caduto in cui esiste, come tutte le relazioni e le istituzioni sono soggette a cambiamenti. Ma il postmodernismo ha creato una religione dalla caduta, una misura silenziosa e una norma – fuori dalle frammentazioni del mondo caduto, deridendo tutte le norme della completezza. Decostruendo le "narrazioni del potere", ha adorato segretamente le forze del potere, la violenza contro l'uomo. Ed è per questo che la sua natura è demoniaca. Ed è per questo che la sua natura porta all'autodistruzione.

Costantinopoli si autodistrugge

Il Patriarcato di Costantinopoli, intossicato dal potere postmoderno nel creare storia e concetti paralleli, si autodistrugge. Pertanto, è molto importante non fidarsi. È importante proteggere Costantinopoli da se stessa, dalla quasi teologia postmoderna del Patriarcato di Costantinopoli. Costantinopoli non è il Fanar; il Fanar non è Costantinopoli.

Qual è la base perché Costantinopoli rafforzi il suo potere al fine di gestire non solo le relazioni tra le Chiese ortodosse da "prima tra uguali" (tutto ciò che le appartiene secondo la Tradizione) ma anche da "prima senza eguali" nelle assurde fantasie del metropolita Elpidophoros, fornendo le autocefalie senza consultare altre Chiese locali e stabilendo i fatti e la loro interpretazione?

La base è la propria percezione di se stessa, la solidarietà razziale ellenistica e i benefici geostrategici nell'ambito di un certo progetto (oggi) reale. Un paradosso ancora maggiore è che la Chiesa di Costantinopoli si distrugge con la sua ideologia postmoderna.

Continuiamo a osservare come i privilegi e le prerogative odierne di Costantinopoli derivano dalla sua posizione di Nuova Roma, nonostante il fatto che per lungo tempo non ci sia stato un impero o una città in cui vi sia la "Grande Chiesa di Cristo". Costantinopoli esiste in una sola "immaginazione" collettiva ma ugualmente significativa della Chiesa ortodossa come luogo di fondamentale importanza per il suo popolo conciliare. Questa "immagologia" (una disciplina sull'interpretazione degli oggetti estranei al percettore, ndc) è sia storica che escatologica: storica per natura ed escatologica perché ci aspettiamo – in contrasto con il "realismo della situazione attuale" – che Cristo ritorni e ci raduni nel suo tempio, in qualità di sapienza di Dio.

Se ogni cosa è soggetta alla "contestualizzazione" ed è presa in considerazione la "foto del mondo reale", allora la prima vittima di questo banale realismo sarà Costantinopoli stessa, che nel mondo reale non c'è. Tuttavia Costantinopoli esiste, ma differisce significativamente da ciò che vuole ora il patriarca Bartolomeo.

Una Costantinopoli che non è ossessionata dall'ellenismo, una Costantinopoli che inviò Costantino il filosofo e Metodio, una Costantinopoli che si trasferì etnicamente a Nicea e che era in grado di amare fraternamente gli altri. Una Costantinopoli del genere si trova ancora ovunque, ma solo, a quanto pare, non al Fanar.

In una certa misura, è stata questa capacità di Costantinopoli di essere "l'ombelico del mondo" a renderla il "cronotopo" di grandi romanzi moderni come "Baudolino" di Umberto Eco, il "Dizionario dei khazari" di Milorad Pavić, e "L'ombelico del mondo" del meraviglioso Venko Andonovski. Costantinopoli unisce e ignora il tempo e il luogo, ma solo quando è un luogo di costanza, pieno di significato e contenuto. Privata di significato e contenuto, Costantinopoli cessa di esistere. Non ha cessato di esistere né nel 1204 né nel 1453. Ha cessato di esistere nel 2019?

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L'arciprete Darko Djogo è un teologo e pubblicista, professore della Facoltà teologica ortodossa della Chiesa ortodossa serba in Bosnia ed Erzegovina.

 
Che tipo di persone occidentali sventola una bandiera ucraina?

Da dove mi trovo, posso fare un viaggio di dieci miglia in qualsiasi direzione e vedere tre o quattro bandiere ucraine sventolare (o penzolare, a seconda del vento) in giardini privati. Nello stesso tempo potrei passare davanti a mille case. La percentuale di persone che espongono una bandiera ucraina è quindi molto piccola, sicuramente molto inferiore all'1%. Ma perché lo fanno? Sicuramente non può essere per favorire il commercio dei produttori cinesi di bandiere. Che tipo di persone è coinvolto in questa dimostrazione di stupidità? Esporre la bandiera blu e gialla della Bassa Austria del XIX secolo a causa delle sue associazioni con i terroristi nazisti contemporanei nella Russia sudoccidentale? Questi dimostranti sarebbero allora disposti a sventolare anche una svastica? Perché è proprio quello che stanno effettivamente facendo. Chi sono questi filistei che vogliono cancellare la cultura e sostenere il nazismo?

1. Gli "ucraini"

Supponiamo che uno o due tra quelli che espongono la bandiera siano effettivamente di origine ucraina. I loro nonni galiziani (ucraini occidentali) sono arrivati qui dopo il 1945 come cittadini polacchi. Uno degli ultimi nonni di questo tipo, morto 20 anni fa in tarda età, mi disse sul letto di morte: "Ma io non ho mai ucciso nessun ebreo". Gli ho creduto, ho ma notato che non mi aveva detto di non aver mai ucciso polacchi o russi. Nel Regno Unito le autorità si sono effettivamente prese la briga di controllare le storie di alcuni galiziani filo-nazisti e ad alcuni è stato rifiutato l'ingresso.

Tuttavia, coloro a cui è stato rifiutato l'ingresso nel Regno Unito non si sono preoccupati troppo, poiché sapevano che avrebbero potuto entrare in Canada e negli Stati Uniti senza alcun controllo. I nordamericani avrebbero preso qualsiasi membro delle odiose SS galiziane, purché fosse anticomunista e odiasse i russi, nessun problema... Dopo tutto, il programma spaziale statunitense è stato costruito da nazisti che avevano costruito le V1 e le V2, e che solo una generazione dopo Auschwitz e Bergen Belsen hanno portato gli americani sulla luna. I nipoti di questi immigrati ucraini del 1945 generalmente hanno poca idea di cosa sia effettivamente l'Ucraina e non ne sanno parlare la lingua. Sventolare la bandiera per loro è solo una parte della nostalgia della famiglia, del simbolismo. Non dovremmo prenderli troppo sul serio.

2. Gli ingenui

Cerchiamo di essere generosi. Gli ingenui sono sempre con noi. Anche coloro che salvano gatti dagli alberi e accolgono cani randagi, danno da mangiare agli uccelli nei loro giardini e donano denaro ai rifugiati e ai terroristi afghani possono sventolare questa bandiera. Dopotutto, "è tutto per una buona causa". Non prestiamo troppa attenzione a queste persone 'benintenzionate'.

3. Gli zombi

Ora, purtroppo, arriviamo alla stragrande maggioranza degli sbandieratori. Questi sono quelli che hanno una TV al posto di di un cervello. Questi sono quelli i cui nonni credevano che i soldati tedeschi attaccassero alla baionetta i bambini belgi nel 1914, o i cui genitori credevano che nel 1945 gli inglesi avessero deciso un genocidio su Dresda e che gli americani avessero bombardato il Giappone per abbreviare la guerra (di fatto, entrambi i crimini furono commessi per spaventare Stalin), o che nel 1990 credevano che le truppe irachene staccassero i bambini dalle incubatrici quando liberarono la provincia irachena del Kuwait, separata dagli inglesi dal resto del paese, e che i serbi massacrassero i musulmani in Jugoslavia negli anni '90. Questi sono quelli che hanno letto i "giornali" britannici (=liste di bugie) e negli ultimi due anni hanno effettivamente creduto alla propaganda sul Covid, si sono chiusi indossando una maschera e si sono rifiutati di uscire per un anno perché "era nell'aria".

Hanno ascoltato, letto e creduto a tutte le bugie di controllo sociale del governo. Sono quelli che, per evitare una possibilità di morte estremamente piccola, hanno trasformato le loro vite in esistenze da morti viventi, rinchiudendosi nelle loro prigioni domestiche. Questi sono gli stessi conformisti senza cervello che in realtà pensano che i paesi occidentali siano democratici! Oh sì, le elezioni occidentali ti danno una scelta. Puoi votare per un idiota o per un cretino, entrambi burattini degli stessi oligarchi che allo stesso modo hanno fatto i loro soldi con armi, petrolio, prodotti farmaceutici, cibo, media, informatica o altro. Demo-no-crazia, davvero. Finché questi sbandieratori hanno pane (supermercati) e spettacoli del circo (programmi televisivi e sport), faranno tutto ciò che i loro dominatori vorranno, anche sventolare la bandiera truccata di un paese inventato, di cui non sanno nulla.

Siamo generosi e diamo il beneficio del dubbio a tutti questi nostalgici, ingenui e stupidi. Purtroppo, tuttavia, ci sono ancora altri, una minuscola minoranza, le cui motivazioni sono molto, molto più sinistre, perché sventolano quella bandiera consapevolmente, non per sostenere un altro paese, ma perché quella bandiera è l'emblema di qualcosa di veramente molto malvagio, a cui stanno partecipando e macchiando le loro anime. Questi li chiamiamo le pedine del diavolo.

4. Le pedine del diavolo

Ci sono quelli che sanno consapevolmente cosa stanno facendo. In realtà credono nella superiorità dell'Occidente sul resto, che l'Occidente è "il migliore", "unico" ed "eccezionale". Sono persone come Niall Ferguson e Douglas Murray ("The War on the West"). Credono nell'imperialismo occidentale e che la NATO debba sostenere il regime terroristico di Kiev, proprio come in precedenza i padroni della NATO a Washington hanno sostenuto un gran numero di gangster, dittatori e spacciatori di droga in America Latina e in Asia. Apparentemente, l'Occidente è la migliore brigata che non abbia mai sentito la storia di Gandhi, che visitò Londra negli anni '30 e, quando un giornalista gli chiese cosa ne pensasse della civiltà occidentale, si dice che abbia risposto: "Penso che sarebbe un'ottima idea". Queste sono le persone sinistre che sono al potere e i loro utili idioti, gli ideologi di supporto, che si rendono conto che se l'Occidente perderà l'Ucraina, questo sarà il punto di svolta e il crollo del loro mondo da incubo etnocentrico, del genere "I love Me". Sono anglo-sionisti.

Quanto a noi, non crediamo in un "governo" mondiale (cioè in una dittatura mondiale), nell'egemonia planetaria e nell'omogeneità, in una taglia unica, decisa dall'alto verso il basso da un'élite globale auto-nominata di mega-ricchi super-capitalisti. Abbiamo altri valori, molto più antichi e molto più recenti dei loro, perché i nostri valori sono senza tempo, rappresentano la continuità e si avvicinano persino all'eternità. Crediamo nell'identità spirituale (identità personale, familiare e nazionale) perché crediamo che tutte le cose veramente importanti siano più alte del denaro. Crediamo nei valori della civiltà, nelle tradizioni culturali e nella memoria storica, crediamo nell'umanità (ve la ricordate?), nella verità, nella sovranità nazionale, nella giustizia sociale e nella prosperità per tutti. Sì, tutti quei valori sono superiori al capitale, a mammona, al lurido lucro su cui basano tutto il loro modo di vivere.

 
Eterna memoria al metropolita Philip (Saliba)
Il metropolita Philip (Saliba), nato il 10 giugno 1931 in un villaggio del nord del Libano, è deceduto per un attacco cardiaco il 19 marzo 2014 all'età di 82 anni. Per 48 anni, dal 1966, era stato a capo dell'Arcidiocesi Antiochena del Nord America, ed era tra i vescovi ortodossi in America quello di più lunga anzianità di servizio. Abile a destreggiarsi nella politica ecclesiastica, riuscì a guarire una divisione tra due giurisdizioni antiochene in America nel 1975, facilitò l'ingresso di molti convertiti (soprattutto dal mondo evangelico), e riuscì in molti modi a trasformare gli ortodossi antiocheni in Nord America da un'oscura presenza di immigrati mediorentali in un'attiva giurisdizione cosmopolita e missionaria. Le sue scelte spesso spregiudicate, che gli hanno valso talvolta accuse di modernismo o di despotismo, devono essere viste come espressioni dell'acume politico che gli ha permesso di guidare lucidamente il suo gregge fino all'ultimo giorno di vita.
Oggi l'Arcidiocesi Antiochena del Nord America può partire dalle basi sicure che il metropolita Philip è riuscito a garantirle. Molto rimane ancora da fare, soprattutto nel monachesimo, nel quale gli antiocheni sono rimasti indietro rispetto a tutte le altre giurisdizioni (a causa della convinzione - forse sotto certi aspetti fondata - del metropolita che la sua arcidiocesi non era ancora pronta per esprimere un monachesimo come quello da lui conosciuto in Libano e in Siria). Anche la gestione delle conversioni all'Ortodossia, che sicuramente è stata trattata con grande generosità dagli antiocheni in America, andrà rivalutata alla luce delle espressioni multiformi di Ortodossia presenti in Occidente, e del desiderio naturale di massimalismo ortodosso espresso da molti convertiti. Ma quale che sia il loro futuro, gli antiocheni ricorderanno il metropolita Philip come uno dei grandi dell'Ortodossia contemporanea.
Eterna Memoria! فليكن ذكره مؤبّدًا
 
 
Patriarca Kirill: il 2019 è stato un anno di grandi lotte e di grandi gioie

foto: patriarchia.ru

Mercoledì 11 dicembre, sua Santità il patriarca Kirill di Mosca e di Tutta la Rus' ha presieduto un incontro del Consiglio ecclesiastico supremo della Chiesa ortodossa russa. Aprendo la sessione, il primate russo ha offerto una breve panoramica degli eventi del 2019.

Il testo del suo discorso di apertura è disponibile sul sito ufficiale della Chiesa ortodossa russa.

La Chiesa russa ha dovuto affrontare sfide ben note nell'ultimo anno:

L'anno non è stato facile: è stato pieno di prove per la nostra Chiesa, ma allo stesso tempo è stato pieno di manifestazioni della misericordia di Dio. Da un lato, abbiamo assistito a ciò a cui hanno portato le violazioni delle norme canoniche; d'altra parte, abbiamo visto l'unità di vescovi, clero e laici sia nella nostra Chiesa che in tutto il mondo ortodosso, che preservano la fede e la purezza canonica dell'Ortodossia.

Nonostante le sfide e le divisioni nel mondo ortodosso oggi, l'unità della Chiesa rimane un principio necessario che non può essere sacrificato in cambio di alcun bene terreno:

Vediamo come nel mondo ecclesiastico greco, all'interno delle Chiese alessandrina e greca, si sia manifestata vividamente l'opposizione di vescovi, chierici e laici, che non concordano con la violazione dei canoni. Per queste persone, come per noi, l'unità delle Chiese è un valore incondizionato; considerano inaccettabile scambiare quest'unità con il favore dei potenti; empatizzano e simpatizzano con la Chiesa ortodossa ucraina, che è stata messa sotto attacco dalle azioni anti-canoniche del Patriarcato di Costantinopoli.

La Chiesa ha pregato fervidamente per i fedeli sofferenti in Ucraina e "per grazia di Dio, la pressione sui credenti della Chiesa canonica è diminuita", sebbene permanga la minaccia di interferenze da parte dello stato negli affari della Chiesa, poiché non tutti nel governo ucraino sono pronti ad adottare la posizione di non interferenza del presidente Zelensky.

Ma i fedeli rimangono forti:

Vediamo in che misura i figli della nostra Chiesa difendono con schiettezza le loro posizioni. La loro fermezza e dignità sono tanto più evidenti sullo sfondo della lotta infinita in cui sono bloccati gli scismatici ucraini e i loro sostenitori. Ciò che sta accadendo all'interno dello scisma testimonia la sua mancanza di grazia. La grazia di Dio si ritira, la coscienza delle persone si annebbia, le passioni hanno la precedenza sulla responsabilità canonica; lo scisma genera sempre nuovi scismi. Vediamo come sono sorte nuove e profonde contraddizioni tra gli scismatici: questa è l'inevitabile logica di ogni scisma.

Oltre alle lotte che circondano la crisi ucraina, anche quest'anno la Chiesa russa ha conosciuto una grande gioia:

Abbiamo condiviso la gioia pasquale con i nostri fratelli e sorelle dell'Arcidiocesi dell'Europa occidentale, che sono tornati nel seno della Chiesa madre. Il Signore misericordioso ha trasformato in un bene i tentativi canonicamente insignificanti di abolire questa struttura, il che ci ha permesso di porre fine alla tanto attesa storia della divisione della Chiesa russa all'estero.

E qualunque cosa ci aspetti nel prossimo anno, il patriarca Kirill ha detto: dobbiamo ricordare le parole del Signore, non temere, piccolo gregge; poiché il Padre tuo si è compiaciuto di darti il ​​Regno (Lc 12:32).

La Chiesa dovrà compiere grandi sforzi per preservare la sua unità e rafforzarla nei luoghi in cui è stata scossa: "Speriamo che il Signore ci conceda la Sua misericordia e ci aiuti ad affrontare una soluzione al problema principale su scala pan-ortodossa, ripristinando l'unità e superando il potere corruttivo e distruttivo degli scismatici, che portano davvero pericolosi semi di discordia e di opposizione".

"Speriamo che per grazia di Dio lo scisma non si allarghi", ha incoraggiato sua Santità, "ma che, al contrario, inizi a ridursi al nulla. Il Signore ha chiamato tutti noi a essergli fedeli fino alla morte, e questa lealtà deve manifestarsi, anche nel sostenere l'unità della Chiesa".

"Oggi nessuno ci chiama al martirio, ma siamo tutti chiamati alla fermezza e alla determinazione nel preservare l'unità della santa Ortodossia, nell'essere fedeli alla struttura canonica della Chiesa", ha concluso il patriarca.

 
La NATO che abbaia e le critiche al patriarca Kirill: a cosa sta giocando il papa in Ucraina?

secondo papa Francesco, la NATO ha provocato la guerra in Ucraina. Foto: Unione dei giornalisti ortodossi

Il papa ha fatto una dichiarazione scandalosa, giustificando di fatto l'aggressione della Russia contro l'Ucraina. Analizziamo l'intervista del pontefice nell'edizione italiana.

A metà marzo 2022 papa Francesco ha rilasciato un'intervista al Corriere della Sera che è diventata subito scandalosa, a causa delle dichiarazioni relative alla guerra in Ucraina. In Unione Europea e in Ucraina si sono si sono sentiti offesi dalle parole che "l'abbaiare della NATO" ha provocato l'attacco di Putin; si sono sentiti offesi dal papa e dalla Chiesa ortodossa russa. Come mai? Inoltre, cosa voleva trasmettere il pontefice? Scopriamolo.

screenshot dal sito corriere.it

Papa Francesco: "Il primo giorno di guerra ho chiamato il presidente ucraino Zelenskij. Non ho chiamato Putin. Gli ho parlato il giorno del mio compleanno a dicembre, ma questa volta no, non ho chiamato. Volevo fare un gesto chiaro, e per questo mi sono rivolto all'ambasciatore russo. Ho chiesto loro spiegazioni. Ho detto: 'Per favore, smettetela'."

Significa che il primo giorno della guerra il papa ha delineato la sua posizione con un appello simbolico a Zelenskij e un rifiuto di chiamare Putin. Questo gesto è stato calcolato per mostrare al mondo intero che il pontefice è dalla parte dell'Ucraina, anche se un simile appello a Putin con una condanna inequivocabile dell'aggressione e la richiesta di fermarla sarebbe stato molto più significativo nell'indicare la vera posizione del Vaticano.

Il punto successivo ci fa pensare ancora di più in cosa consista questa vera posizione. Lo stesso giorno, il servizio stampa del Vaticano ha rilasciato la seguente dichiarazione sull'aggressione russa.

screenshot da press.vatican.va

In questa dichiarazione:

  • Il Vaticano NON ha definito le azioni della Russia né aggressione, né guerra, né invasione, ma si è limitato alla formulazione diplomatica: "azioni militari";

  • al posto della parola "guerra" è stata usata l'espressione "crisi in Ucraina";

  • Il Vaticano NON ha condannato le azioni della Russia, né ha chiesto la fine dell'invasione. Papa Francesco, invece, "ha invitato tutte le parti interessate" ad "astenersi da ogni azione che provochi ancora più sofferenza alle popolazioni..." e ha anche espresso l'auspicio che ci sia "ancora spazio per il negoziato".

Perché la dichiarazione ufficiale del Vaticano non condanna l'aggressione, ma, al contrario, si esprime con un tono acutamente rispettoso della Federazione Russa? Presumibilmente, papa Francesco, come la maggior parte dei politici occidentali, era sicuro che Kiev sarebbe caduta in un massimo di 96 ore. Condannare il "vincitore" è come sputare controvento. Così pensano i politici.

Tuttavia, i veri pastori agiscono in modo molto diverso. Confrontiamo la dichiarazione del Vaticano con quanto disse lo stesso giorno, 24 febbraio 2022, sua Beatitudine il metropolita Onufrij:

"Vi esorto, prima di tutto, a un'intensa preghiera di pentimento per l'Ucraina, per il nostro esercito e il nostro popolo, vi chiedo di dimenticare i conflitti e i disaccordi reciproci e di unirvi nell'amore per Dio e per la nostra Patria. In questo tragico momento, esprimiamo il nostro particolare amore e sostegno ai nostri soldati che stanno a guardia, proteggono e difendono la nostra terra e il nostro popolo. Che Dio li benedica e li protegga! Difendendo la sovranità e l'integrità dell'Ucraina, ci appelliamo al Presidente della Russia e chiediamo di fermare immediatamente la guerra fratricida. I popoli ucraino e russo sono usciti dal fonte battesimale del Dnepr e la guerra tra queste nazioni è una ripetizione del peccato di Caino, che per invidia uccise suo fratello. Una simile guerra non ha giustificazione né davanti a Dio né davanti agli esseri umani".

screenshot dal canale YouTube "Chiesa ortodossa ucraina"

Ribadiamo che questo è stato detto il primo giorno di guerra, sullo sfondo delle stesse previsioni sulle "96 ore". A proposito, due settimane dopo, quando è diventato chiaro che la vittoria della Federazione Russa, per usare un eufemismo, non era vicina, la retorica di papa Francesco è cambiata radicalmente: ha iniziato a esortare a "fermare un'aggressione armata inaccettabile" , a "fermare i bombardamenti e gli attacchi" , a "fermare questo massacro" ecc. Ma anche sullo sfondo di questa retorica, il segretario di Stato vaticano Pietro Parolin ha implicitamente suggerito che l'Ucraina metta fine alla resistenza: "Di fronte a ciò che sta accadendo, dobbiamo porci una domanda: stiamo facendo il possibile per ottenere una tregua? La resistenza armata è l'unica via da seguire?" (Da un'intervista a Vatican News).

Il desiderio del papa di andare a Mosca piuttosto che a Kiev

Papa Francesco: "Poi ho chiesto al cardinale Parolin di mandare un messaggio a Putin che dopo venti giorni di guerra ero pronto ad andare a Mosca".

Perché papa Francesco dovrebbe andare a Mosca? Riuscirà a persuadere Putin a porre fine alla guerra o a pronunciare qualsiasi minaccia? Forse il pontefice rappresenterebbe alcune forze politiche mondiali in tali negoziati? Tutt'altro. Piuttosto, il punto è diverso: non un solo papa è mai stato in visita in Russia. Il desiderio di vari pontefici di fare una visita così storica più e più volte si è scontrato con una reazione negativa da parte della Chiesa ortodossa russa, quindi papa Francesco vuole cogliere l'attimo.

Il pontefice però non si recherà a Kiev, anche se vi è stato ripetutamente e insistentemente invitato per lungo tempo.

Papa Francesco: "Non andrò ancora a Kiev. Ho inviato il cardinale Michael Czerny e il cardinale Konrad Krajewski, che vi si sono recati per la quarta volta. Ma sento come se non dovessi andare. Per prima cosa, devo andare a Mosca e incontrare Putin. Sono anch'io sacerdote, cosa posso fare? Faccio quello che posso".

Di conseguenza, il papa vuole ripetere l'esperienza del segretario generale dell'Onu Antonio Guterres, che si è recato prima a Mosca e poi a Kiev. Qualsiasi diplomatico potrebbe dire che una tale sequenza significa che il negoziatore cerca di capire la posizione di una parte in prima linea e quindi cerca di persuadere l'altra parte ad accettarla. E viceversa. Riguardo a Guterres, Zelenskij ha affermato esplicitamente: "Ritengo sbagliato andare prima in Russia e poi in Ucraina. Non è giusto. Con cosa tornerà? Ci manderà segnali dalla Russia?"

Nessuna risposta, invece, da parte della Federazione Russa alla proposta di visita del pontefice. Tuttavia, papa Francesco ha detto di aspettare ancora la risposta di Putin e di temere che "quest'ultimo non voglia incontrarlo questa volta".

"La NATO che abbaia alla porta della Russia"

Il papa ha detto al Corriere della Sera che sta cercando di capire le fonti del comportamento e delle motivazioni di Putin. Secondo il pontefice, la guerra sarebbe stata probabilmente provocata "dall'abbaiare della NATO alla porta della Russia". Cioè, papa Francesco spiega alla "città e al mondo" perché Putin ha iniziato una guerra brutale e sposta, almeno in parte, la responsabilità di scatenare la guerra sui paesi della NNATO. La Federazione Russa sembra quindi già meno colpevole e persino giusta in questa situazione. Le parole di papa Francesco suonano come una scusa per la Russia.

Il papa è già stato attentamente criticato dal ministero degli Esteri ucraino. Il suo portavoce, Oleg Nikolaenko, ha affermato che l'Ucraina è "grata per gli sforzi del papa per stabilire la pace e porre fine alla guerra, che non è stata in alcun modo provocata dall'Ucraina, dalla NATO o da qualsiasi altra terza parte". Tuttavia, altri paesi hanno risposto più duramente.

Per esempio, secondo RMF24 , il ministero degli Esteri polacco ha accolto le parole del papa "con sorpresa e disgusto". Secondo la risorsa, "Il Ministero degli affari esteri della Polonia ammette ufficiosamente che la posizione della Santa Sede è contraria allo Stato polacco. I diplomatici cercano di non prestare molta attenzione alle dichiarazioni del papa. Affermano che il dogma dell'infallibilità papale si applica solo alle questioni di fede e non alla politica estera. Tuttavia, la missione polacca in Vaticano deve lavorare ancora di più per fornire informazioni affidabili sulla guerra in Ucraina".

Dichiarazioni piuttosto dure dato che attualmente la Polonia è forse il paese più "cattolico" dell'Unione Europea e della NATO. Inoltre, è improbabile che il papa non potesse non prevedere che le sue parole avrebbero provocato un contraccolpo in Europa. Eppure, le ha pronunciate. Cos'è se non un passo verso la Russia?

Una conversazione di 40 minuti con il patriarca Kirill

Un altro scandalo è stato causato dalle parole sulla conversazione con il patriarca Kirill. Questa volta, la Chiesa ortodossa russa si è rivelata la parte insoddisfatta. Il papa ha detto di aver parlato con il primate della Chiesa russa per 40 minuti e, nell'interpretazione del pontefice, la conversazione si è ridotta a questa: "Per i primi venti minuti mi ha letto tutte le giustificazioni della guerra. Ho ascoltato e ho detto: 'Non capisco niente di tutto questo. Fratello, non dobbiamo parlare la lingua della politica, ma la lingua di Gesù'."

Inoltre, il pontefice ha detto al giornalista del Corriere della Sera che il patriarca non deve abbassarsi al ruolo di "chierichetto" di Putin (a quanto pare intende l'espressione più comunemente usata, "facchino").

Queste parole hanno causato una tempesta di indignazione nella Chiesa ortodossa russa. Il chierico di Stavropol e noto blogger ecclesiastico, padre Alvian Tkhelidze, ha definito il papa "una prostituta che si finge una ragazza innocente", e le sue parole al patriarca – "maleducazione". Il celebre sacerdote Pavel Ostrovskij (560.000 iscritti su Instagram e 170.000 su Telegram) ha definito "vergognose" le parole del papa, perché, a suo avviso, si trattava di una "conversazione privata", e il capo del Vaticano non aveva diritto di divulgarne i dettagli. Padre Pavel ha paragonato l'intervista del pontefice alla rivelazione del segreto della confessione.

Tuttavia, il Dipartimento delle relazioni ecclesiastiche esterne del Patriarcato di Mosca ha divulgato anch'esso questo "segreto" pubblicando una "Nota esplicativa" in cui rivela il contenuto del colloquio tra il primate della Chiesa ortodossa russa e papa Francesco, in cui il patriarca "ha condiviso la sua visione della difficile situazione attuale" attorno al guerra in Ucraina. Si è scoperto che aveva raccontato al leader cattolico dell'Euromajdan, della tragedia nella Casa dei sindacati di Odessa, del dispiegamento di basi NATO vicino ai confini della Federazione Russa, con un tempo di volo da lì a Mosca in pochi minuti.

In altre parole, il papa non ha snaturato nulla nel suo racconto sul colloquio con il patriarca, e non c'è niente di speciale da rimproverargli, se non uno spiacevole sfogo sul "chierichetto". Tuttavia, alla fine, quasi tutti sono rimasti insoddisfatti del pontefice: europei, ucraini e russi.

Conclusioni

Nonostante alcune critiche al patriarca della Chiesa ortodossa russa, l'intervista papale può essere definita filorussa, in particolare sullo sfondo della retorica antirussa unanime di quasi tutta l'Unione Europea. Cosa dice? Il papa sa bene che sia la dirigenza della Federazione Russa che il patriarca Kirill si sono gravemente compromessi agli occhi della comunità occidentale. Sono in uno stato di isolamento internazionale, avendo in gran parte perso la loro autorità morale.

Il 4 maggio 2022, l'agenzia France Presse ha riferito che il patriarca Kirill compare personalmente nel sesto pacchetto di sanzioni contro la Federazione Russa, che ora è all'esame dei paesi dell'Unione Europea. Non si sa come ciò influirà sulla sua condizione finanziaria, ma il fatto che gli sarà vietato l'ingresso nei paesi europei incide notevolmente sulla sua reputazione.

Ed è qui che papa Francesco tende la mano al patriarca Kirill e si offre di rompere questo isolamento. Tuttavia, ciò non è dettato solo dalla simpatia del pontefice per il patriarca russo. È una questione diversa.

Il pontefice sembra cercare di posizionarsi come un vero leader cristiano che non sostiene nessuna delle parti in guerra (del resto, anche l'Occidente è coinvolto nella guerra con le armi) e parla "il linguaggio di Gesù, più che della politica". Il coinvolgimento di altri leader cristiani nelle questioni politico-militari aiuta molto il papa in questo senso. Pertanto, una tale strategia del capo del Vaticano sembra molto vincente e giustificata in mezzo alla crisi in cui la Chiesa cattolica sta sprofondando ancora di più negli ultimi tempi.

Quanto alla visita del papa in Ucraina, si può presumere che avverrà non appena si profili all'orizzonte la fine della guerra, così che sarà possibile dichiarare il ruolo "significativo" del Vaticano nell'instaurazione della pace.

 
Il "Sinodo della Resistenza" non "resiste" più?
il 14 marzo 2014 il "Sinodo della Resistenza" annuncia in un comunicato la sua dissoluzione nella giurisdizione vecchio-calendarista presieduta dall' "arcivescovo Kallinikos di Atene e di tutta la Grecia", rinunciando al proprio titolo e al proprio presidente per dare vita a quello che nel comunicato è definito "un Sinodo singolo e unificato della Chiesa dei Veri Cristiani Ortodossi di Grecia".
Potrebbe sembrare uno dei tanti rimescolamenti del mondo vecchio-calendarista greco piuttosto parcellizzato, con le sue (poche) riunificazioni e le sue (molte) suddivisioni interne, ma in questo caso vediamo un aspetto teologico non indifferente. Fin dalla sua fondazione negli anni '80, il Sinodo della Resistenza si è caratterizzato per una strana ecclesiologia di "estremismo moderato": separazione dalla comunione con la Chiesa ortodossa, ma riconoscimento della sua "grazia", in un dubbio tentativo ecclesiologico di tenere il piede in due scarpe. Naturalmente, questa posizione (denominata con disprezzo dagli altri vecchi calendaristi "ciprianismo", in riferimento all'organizzatore del Sinodo della Resistenza, il metropolita Cipriano di Filì) fu subito considerata eretica dagli altri frammenti del mondo vecchio calendarista greco. La stessa posizione è stata pure il cavallo di battaglia delle continue "tesi ecclesiologiche" che ci sono state propinate per quasi una quindicina d'anni dal Sinodo della Resistenza in Italia (altrimenti denominato "Chiesa ortodossa tradizionale"); e non solo propinate, ma esaltate come l'unica sana ecclesiologia ortodossa. Ora, nei documenti della nuova fusione suggellata il 14 marzo in Grecia non si trova UN SOLO accenno a questa "unica sana ecclesiologia ortodossa": l'ecclesiologia della resistenza sembra ora dissolversi, nonostante i nostri conoscenti all'interno di questo sinodo ci abbiano assicurato che la questione è solo terminologica, e che nessuno dei principi che hanno motivato il Sinodo della Resistenza è stato abbandonato. Anche se non sentiremo una particolare mancanza di una "ecclesiologia della resistenza", osserveremo come procederà la vita del nuovo Sinodo riunificato.
 
Il "vandalismo ecclesiale" del Fanar nel XX secolo e la Chiesa russa

c'è molto in comune nelle azioni illegali della gerarchia del Fanar all'inizio del XX e del XXI secolo. Foto: Unione dei giornalisti ortodossi

Il riconoscimento dei rinnovazionisti scismatici da parte del Patriarcato di Costantinopoli nel XX secolo e i suoi evidenti parallelismi con i nostri giorni.

Oggi, quando vediamo i canoni della chiesa calpestati davanti ai nostri occhi, molti credenti ortodossi pensano che tale illegalità sia unica e che sia stata commessa per la prima volta. Tuttavia, non è così.

Nella sua lettera recentemente pubblicata, sua Beatitudine il metropolita Anastasios, primate della Chiesa albanese, ha osservato che "la situazione in Ucraina, provocata dal patriarca Bartolomeo, assomiglia allo 'scisma meleziano', per superare il quale la Chiesa stabilì procedure diverse e che trovò la sua soluzione al primo Concilio ecumenico".

Tuttavia, i parallelismi con gli eventi di oggi possono essere trovati non solo nei tempi antichi (lo scisma meleziano) ma anche nella storia relativamente recente. Stiamo parlando del riconoscimento da parte del Patriarcato di Costantinopoli dello scisma rinnovazionista o della cosiddetta "Chiesa vivente" che sorse nel territorio dell'Unione Sovietica. Allora il Fanar usò, di fatto, gli stessi metodi di oggi e alla fine ricevette una corretta valutazione delle sue azioni da parte dei rappresentanti più importanti e autorevoli della Chiesa russa.

Il Fanar e l'URSS: in cerca di protezione

Il Patriarcato di Costantinopoli ha sempre cercato forti alleati politici che lo aiutassero a sopravvivere e ottenere un appiglio nel territorio dell'ex impero bizantino dopo la conquista turca. Sin dall'inizio del XX secolo, la residenza del Patriarcato di Costantinopoli, situata in uno dei quartieri di Istanbul, è stata ripetutamente a rischio di liquidazione. Più volte, il governo turco ha tentato di abolire il Patriarcato di Costantinopoli e di espellere la gerarchia episcopale della Chiesa greca dal suo territorio. Ha approvato diverse leggi che hanno reso quanto più complicata possibile la permanenza del clero di Costantinopoli nel territorio dello stato turco. Pertanto, i fanarioti hano mantenuto contatti con rappresentanti di organizzazioni internazionali, membri di altre confessioni cristiane (principalmente anglicani e cattolici),

Questa connessione, soprattutto tenendo conto della situazione attuale, non sarebbe sbagliata se non rendesse il Patriarcato di Costantinopoli completamente dipendente dalle figure politiche e religiose e dai loro interessi.

Ci sono stati molti esempi del genere.

In particolare, il patriarca Gregorios VII si era personalmente opposto alla riforma del calendario avviata dal suo predecessore, il patriarca Meletios, ma cedette alle pressioni delle autorità greche, dalle quali era pienamente dipendente. Per sua stessa ammissione, "il cambiamento nel calendario è stato imposto dal governo greco".

Come sapete, negli anni '20 del secolo scorso, con la caduta dell'Impero Ottomano e la formazione dello stato turco, salì al potere Mustafa Atatürk. Il suo regime impedì in ogni modo le attività dei fanarioti, vedendo questi ultimi come reazionari che destabilizzano la società.

A sua volta, il governo dell'URSS, che salì al potere in seguito alla Rivoluzione di ottobre del 1917, ebbe un'influenza piuttosto grande sulla Turchia, poiché le fornì una significativa assistenza militare. Pertanto, i fanarioti, in cerca di protezione dal regime di Atatürk, rivolsero la loro attenzione a Mosca.

Va sottolineato qui che il giovane governo sovietico negli anni '20 e '30 mirava alla distruzione della Chiesa ortodossa russa. In questo caso, non si trattava solo della liquidazione fisica della gerarchia e dei sacerdoti della Chiesa ortodossa russa. I bolscevichi crearono una struttura ecclesiastica parallela, che, secondo i creatori, avrebbe dovuto distruggere la Chiesa dall'interno. A tal fine, il governo dell'URSS diede il via alla nascita della cosiddetta Chiesa "vivente" o "rinnovazionista". I ricercatori ritengono che i tratti caratteristici del rinnovazionismo fossero il riconoscimento della "giustizia dello sconvolgimento sociale nel paese", la stretta cooperazione con il governo sovietico e nei primi anni di attività – la dipendenza dai corpi repressivi.

I. Maljutin. Una caricatura della chiesa "rossa" (rinnovazionista). La rivista "Krokodil", 1923

Fu con l'aiuto di questi stessi organi repressivi che nel maggio del 1922 fu creata la "Chiesa vivente" e fu arrestato il patriarca della vera Chiesa (Tikhon). Inoltre, le autorità, da un lato, sostenevano i seguaci della "Сhiesa vivente" e, dall'altro, si opponevano al massimo al funzionamento della Chiesa ortodossa russa, il che portò a un forte aumento del numero delle parrocchie "rinnovazioniste". Di conseguenza, già nel 1923 più della metà dell'episcopato, dei sacerdoti e delle parrocchie facevano parte della "Chiesa vivente".

Tuttavia, gli scismatici rinnovazionisti avevano un grave problema: la mancanza di riconoscimento della legalità delle loro azioni da parte di altre Chiese ortodosse locali. Fu per questo motivo che decisero di ricorrere all'aiuto del Fanar. Era facile da fare, perché i fanarioti si trovavano in una posizione molto difficile.

Riconoscimento dello scisma

Nel marzo 1924, il patriarca Gregorios VII di Costantinopoli inviò una copia della circolare sull'introduzione del nuovo stile del calendario (la stessa circolare fu inviata al nome del patriarca Tikhon) indirizzata al capo del sinodo rinnovazioni sta, il "metropolita" Evdokim. La "Chiesa vivente" percepì questa circolare come un atto di riconoscimento da parte del Patriarcato ecumenico. A sua volta, il Sinodo rinnovazionista (sicuramente, con il consenso di Trotskij, Smidovich e Tuchkov) offrì al capo del Fanar, così come al suo seguito, una residenza in Unione Sovietica "con pieno mantenimento, soggetto alla legalizzazione del Sinodo e a tutte le risoluzioni del Concilio (rinnovazionista, ndc) del 1923, che rimosse il patriarca Tikhon".

Apparentemente, in un'esplosione di gratitudine per un'offerta così generosa (che comunque respinse), il patriarca Gregorios VII esortò il patriarca Tikhon ad abbandonare il patriarcato. Inoltre, il patriarca Gregorios affermò che avrebbe gestito "su invito dei circoli ecclesiastici" dell'URSS "la questione della pacificazione delle turbolenze e dei disaccordi che si sono recentemente verificati nella Chiesa sorella, nominando per questo compito una commissione patriarcale speciale composta da vescovi". Allo stesso tempo, il patriarca Gregorios VII sottolineò che nella sua attività questa commissione avrebbe fatto affidamento su "movimenti ecclesiali fedeli al governo dell'URSS".

È noto che la posizione del patriarca era significativamente influenzata dalle opinioni del rappresentante del Patriarcato di Costantinopoli, l'archimandrita Vasilios (Dimopoulos), che risiedeva in URSS e informava il patriarca in modo molto tendenzioso e unilaterale. Per esempio, padre Vasilios arrivò al punto di "consacrare" gli altari delle chiese sequestrate alla Chiesa canonica e di sostenere la comunione "eucaristica" solo con i rinnovazionisti.

il patriarca Gregorios VII di Costantinopoli

In una lettera di risposta al patriarca Gregorios, il primate della Chiesa russa, san Tikhon, scrisse: "Siamo stati imbarazzati e sorpresi a vedere che il capo della Chiesa di Costantinopoli, senza alcun contatto precedente con noi come rappresentante legale e capo della Chiesa ortodossa russa, interviene nella vita e negli affari interni della Chiesa autocefala russa. I santi Concili (si vedano il secondo e il terzo canone del secondo Concilio ecumenico, ecc.) riconobbero solo il primato d'onore del vescovo di Costantinopoli, ma non gli riconobbero un primato d'autorità... Pertanto, qualsiasi invio di qualsiasi commissione senza rapporto con me come unico primo ierarca legittimo e ortodosso della Chiesa ortodossa russa, a mia insaputa, è illegale, non sarà accettato dal popolo ortodosso russo e non porterà pace, ma ancor più tumulto e scisma nella vita della Chiesa ortodossa russa già sofferente... Il popolo non sta con gli scismatici, ma con il suo patriarca legittimo e ortodosso".

Dopo questa lettera, il patriarca Gregorios interruppe completamente qualsiasi comunione con il patriarca Tikhon e fece di tutto per far riconoscere i rinnovazionisti da altre Chiese locali. Alla fine, dei quattro patriarchi orientali, solo il patriarca di Antiochia, che non era nell'orbita dell'influenza del Fanar, si rifiutò di schierarsi con i rinnovazionisti.

Il "vandalismo ecclesiastico" del Fanar e il metropolita Antonij (Khrapovitskij)

il metropolita Antonij (Khrapovitskij), dal 1918, metropolita di Kiev e della Galizia, primo ierarca della ROCOR (1920-1936)

È interessante notare che il patriarca Gregorios VII di Costantinopoli era un grande sostenitore del potere sovietico, e si considerava autorizzato a punire i vescovi della Chiesa ortodossa russa che si opponevano al regime sovietico. In particolare, bandì dal sacerdozio due arcivescovi di Costantinopoli – Anastasij (Gribanovskij) e Aleksandr (Nemolovskij) – perché commemoravano il patriarca Tikhon, e consigliò loro di riconoscere i bolscevichi. Dopo essere stato sul trono patriarcale per circa un anno, Gregorios VII fu sostituito dal patriarca Konstantinos, al quale il metropolita Antonij (Khrapovitskij) scrisse:

"Fino ad ora, sin dalla mia giovinezza, ho alzato la voce solo per glorificare l'Oriente, in particolare i iatriarchi ecumenici, verbalmente e per iscritto... Mi sono sempre dichiarato, in atti e parole, come filelleno e amante della grande idea. Tuttavia, non sono un papista e ricordo bene che oltre ai grandi vescovi della Chiesa, ce ne sono stati molti altri, nemici interni della Chiesa, eretici e persino eresiarchi... Anche gli ultimi due predecessori di vostra Santità tendevano a disobbedire alla santa Chiesa e ai canoni".

Il metropolita Antonij definì "vandalismo ecclesiale" la situazione che sviluppava nel mondo ortodosso a causa del Fanar quando i patriarchi di Costantinopoli intervenivano negli affari delle altre Chiese ortodosse.

Quando le autorità finlandesi rimossero l'arcivescovo Serafim (Lukjanov) dalla gestione della Chiesa di Finlandia, i fanarioti proposero, senza accordo con lui, e contrariamente alla sua opinione, di ordinare l'archimandrita Herman (Aava) come vescovo. E fu lui a essere successivamente eletto capo della Chiesa di Finlandia.

Il metropolita Antonij (Khrapovitskij) definiva Herman "un falso vescovo" ed esortava coloro che concelebravano e comunicavano con lui a pentirsi. In una lettera allo ieromonaco Polikarp di Valaam, vladyka scrisse: "Ho ricevuto la sua triste notizia e mi sono molto rattristato della spietatezza degli arcipastori greci, e considero Herman solo un laico... È chiaro che una banda eretica è entrata nel Patriarcato di Costantinopoli... Nel nome di Dio, consiglio di non obbedire al falso vescovo Herman e al vergognoso patriarca defunto Gregorio VII, che ha rovinato il patriarcato con le sue azioni..."

Il metropolita Sergij (Stragorodskij) e il rinnovazionismo dei fanarioti

Il patriarca Konstantinos rimase sul trono per soli 43 giorni, fu esiliato dal paese dal governo turco e si dimise dal patriarcato pochi mesi dopo. Al suo posto, fu eletto il metropolita Vasilios di Nicea, che continuò la linea di riavvicinamento con i rinnovazionisti.

Il Sinodo della "Chiesa vivente" rispose a queste elezioni con un messaggio in cui chiedeva al nuovo patriarca di "prendersi paternamente cura del dolore della nostra Chiesa e di trasferirsi per salvare la figlia malata – la Chiesa russa", e lo invitò anche a prendere parte al "Concilio locale" rinnovazionista.

Il patriarca Vasilios rispose: "Vi siamo vicini in absentia e, per quanto possibile, contribuiremo alla rapida e completa eliminazione della triste divisione, che, essendo dannosa per la vostra Chiesa ortodossa, riempie anche la Grande Chiesa Madre del più profondo dolore". Questa lettera, così come alcuni altri documenti, permise agli scismatici rinnovazionisti di affermare che essi "erano in comunione con il centro originale dell'Ortodossia orientale" e di respingere tutti i corpi canonici dell'autorità ecclesiale.

Gli scismatici sottolineavano costantemente di essere stati riconosciuti dai patriarchi orientali, il che significava che non potevano esserci dubbi sulla loro legittimità.

In risposta a una lettera di un vescovo rinnovazionista che ricorreva a tali argomenti, il metropolita Sergij (Stragorodskij) scrisse: "Un'indicazione che alcuni patriarchi, per esempio quello di Costantinopoli e, più recentemente, di Gerusalemme, hanno scambiato messaggi con il sinodo [rinnovazionista], ci convince poco. Sappiamo che sono nell'unità della Chiesa solo quelli che sono in comunione con il loro legittimo vescovo e patriarca, che uno che è scomunicato dal suo patriarca non può essere accettato in comunione con gli altri (Canone 1, Concilio nella chiesa della Santa Sapienza). E chi entra in comunione con uno scomunicato dovrebbe essere scomunicato (Canoni apostolici 10 e 12)".

Perciò, se i patriarchi di Costantinopoli e Gerusalemme erano entrati in comunione con i rinnovazionisti, tanto peggio per quei patriarchi. Tutti, sia i patriarchi che i laici, sono uguali davanti alla legge di Dio. Così, quando nel XV secolo il patriarca di Costantinopoli cadde nell'unione con Roma, la Chiesa russa si rifiutò di seguirlo e i sacerdoti che vivevano in Russia non diventarono ortodossi. Quindi, la comunione del patriarca di Costantinopoli con i rinnovazionisti può solo rendere rinnovazionista il patriarca piuttosto, che rendere ortodossi i rinnovazionisti".

Ora, se in questa citazione invece del termine "rinnovazionisti" scrivete "membri della Chiesa ortodossa dell'Ucraina" e sostituite il patriarca di Gerusalemme con il patriarca d'Alessandria, le parole del metropolita Sergij sembrano essere scritte oggi.

Come vediamo, ancora una volta si rivela giusto l'aforisma che la storia si ripete sempre due volte. Da un lato, questo è negativo, perché significa che le comparse nella storia attuale non hanno tratto le giuste conclusioni da ciò che è accaduto prima. D'altra parte, ripetendosi, la storia ci mostra i meccanismi che possono aiutare a superare i problemi attuali.

E, soprattutto, visto che la struttura degli scismatici viene promossa attivamente ed energicamente, non dovremmo arrenderci all'ansia e, forse, persino alla disperazione. La Chiesa di Cristo nella sua storia ha ripetutamente superato la prova di eresie e scismi, ma ogni volta ci ha fatto ricordare le parole di Cristo: "edificherò la mia Chiesa e le porte dell'inferno non prevarranno contro di essa" (Mt 16:18).

Questo è il motivo per cui il nostro atteggiamento nei confronti degli scismatici della "Chiesa ortodossa dell'Ucraina" dovrebbe basarsi sugli stessi principi dell'atteggiamento nei confronti dei rinnovazionisti negli anni '20 da parte della Chiesa russa. Questi principi sono validi anche oggi: il Vangelo, la Tradizione della Chiesa e i suoi canoni.

 
Tre linee di azione contro la Chiesa ortodossa ucraina

la Chiesa ortodossa ucraina è ora oggetto di attacchi su più fronti. Foto: Unione dei giornalisti ortodossi

Di recente sono emerse tre linee di azione contro la Chiesa ortodossa ucraina: profanazione delle chiese, divieto delle attività e trasferimenti illegali alla "Chiesa ortodossa dell'Ucraina". Cosa fare in questi casi?

Con lo sviluppo della guerra in Ucraina, la nostra Chiesa ortodossa ucraina è sempre più sotto pressione. E oltre alla distruzione fisica delle chiese attraverso i bombardamenti, le "ostilità" contro la Chiesa ortodossa ucraina si stanno svolgendo contemporaneamente su più "fronti" interni.

Profanazione delle chiese

Gli attacchi più "innocui" contro la Chiesa ortodossa ucraina sono la profanazione delle chiese, i graffiti offensivi e le minacce ai chierici o ai credenti. Pee esempio, la notte dell'8 maggio 2022, la chiesa del santo principe Vladimir è stata profanata a Leopoli. Le porte d'ingresso sono state riempite di schiuma e le pareti sono state dipinte con graffiti: "I russi non sono persone", "diavoli dell'FSB", "casa di Putin".

chiesa di san Vladimir a Leopoli. Foto: Unione dei giornalisti ortodossi

Pochi giorni prima, al Lunedì luminoso, 25 aprile 2022, un uomo armato di pistola si è avvicinato alla chiesa su una jeep e ha minacciato di demolire l'edificio, gridando: "Morte ai moscoviti!" Allo stesso tempo, un video girato dai parrocchiani della chiesa mostra l'uomo che filma tutto sul suo telefono, da cui si può presumere che lo scopo della visita (o almeno uno degli scopi) fosse quello di pubblicare l'episodio sui social.

Lo scopo di tali azioni è chiaro: intimidire ed esercitare pressioni psicologiche. Qui è pertinente ricordare l'appello del Signore, che nella Scrittura appare in situazioni molto diverse: "Non abbiate paura!" Nella traduzione sinodale della Bibbia, quest'appello compare più di 400 volte. La saggezza popolare ci dice anche che solo quelli che si lasciano intimorire hanno paura. Quindi, la prima cosa da fare è cercare di trovare la forza per non cedere a questa pressione psicologica. E se no, dovremmo seguire il consiglio dell'apostolo Giacomo: "Se poi qualcuno di voi manca di saggezza, la chieda a Dio che dona a tutti generosamente senza rinfacciare, e gli sarà data. Ma la chieda con fede, senza dubitare; perché chi dubita è simile a un'onda del mare, agitata dal vento e spinta qua e là" (Gc 1:5,6).

La seconda cosa da fare è documentare tutti questi incidenti e rivolgersi alle forze dell'ordine per la tutela legale dei propri diritti. Ciò potrebbe non funzionare in questo momento, ma in futuro può fornire la base giuridica necessaria per difendere i diritti di ciascuna comunità particolare e della Chiesa ortodossa ucraina nel suo insieme. Inoltre, non va esclusa la possibilità di ricorso al pubblico europeo, abituato a rispondere ai casi di violazione dei diritti di qualcuno, nonché la possibilità di ricorso agli organi giudiziari internazionali. In senso figurato, ogni caso documentato di violazione dei diritti della Chiesa ortodossa ucraina aiuta il rappresentante della Chiesa ortodossa ucraina presso le organizzazioni internazionali europee, il vescovo Viktor (Kotsaba), nel suo lavoro.

Decisioni delle autorità locali di vietare le attività

La tendenza a vietare le attività della Chiesa ortodossa ucraina con decisioni degli enti locali, iniziata nelle regioni occidentali dell'Ucraina, è arrivata fino a Konotop. Il sindaco della città, Artem Semenikhin, non solo ha firmato un'ordinanza per bandire la Chiesa ortodossa ucraina dalla città, ma ha anche ordinato che i beni delle chiese fossero sigillati e che le chiese fossero poste sotto sorveglianza. A proposito, si tratta dello stesso sindaco che nell'aprile 2020 ha dato l'ordine di scavare strade intorno alle chiese della Chiesa ortodossa ucraina, di staccare loro elettricità e acqua, nonché di rescindere i loro contratti di affitto.

Le decisioni di vietare le attività della Chiesa ortodossa ucraina sono state prese anche a Drohobych, Horodok, Neteshyn, Brovary, Ovruch, Kazatin e altrove.

screenshot dal sito web del comune di Ovruch

Si tratta di cose ridicole. Il sindaco di Kazatin Tetiana Ermolaeva ha esortato i credenti della Chiesa ortodossa ucraina a trasferirsi non solo alla "Chiesa ortodossa dell'Ucraina" ma anche a uniati, cattolici o addirittura protestanti.

Le decisioni delle amministrazioni locali di vietare le attività della Chiesa ortodossa ucraina sono illegali. Secondo la legge ucraina "Sull'autogoverno locale", né i consigli locali, né i sindaci, né i comitati esecutivi hanno il diritto non solo di vietare ma anche di limitare le attività delle organizzazioni religiose. Ai sensi dell'articolo 16 della legge dell'Ucraina "sulla libertà di coscienza e le organizzazioni religiose", le attività di una comunità religiosa possono essere terminate solo con una decisione del tribunale, e solo in casi rigorosamente definiti, e con la decisione della comunità stessa.

La legge "Sul regime giuridico della legge marziale" non cambia nulla al riguardo. È quindi necessario sporgere tempestivamente denuncia presso i tribunali e le forze dell'ordine. Il fatto che i rappresentanti di questi stessi organismi prendano parte alle riunioni e obbediscano prontamente quando i sindaci danno loro ordini illegali di sigillare le chiese non cambia la questione. L'Ucraina è governata dallo Stato di diritto, come è scritto nella Costituzione. E se vogliamo entrare a far parte dell'Unione Europea in futuro, dovremo dimostrarlo nella pratica. C'è una procedura di liquidazione comunitaria, c'è la legge "Sulla libertà di coscienza", che regola la procedura del trasferimento da una denominazione all'altra. Si deve rispettare pienamente tutto questo!

L'illegittimità delle azioni del consiglio di Brovary è già stata dichiarata dall'Ufficio legale dell'eparchia di Borispol. Il divieto della Chiesa ortodossa ucraina è definito nullo e, in caso di blocco dell'ingresso alle chiese, gli avvocati consigliano di rivolgersi alla polizia con una denuncia penale perché l'atto rientra nell'articolo 180 del codice penale ucraino, "impedimento dell'esecuzione di riti religiosi". La pena massima per questo reato è fino a due anni di reclusione.

Anche in questo caso, anche se i tentativi di difendere i propri diritti in campo legale non danno risultati immediati, possono avere un ruolo in futuro.

Trasferimenti illegali

un incontro sul "trasferimento" alla "Chiesa ortodossa dell'Ucraina" nella palestra della scuola nel villaggio di Sukhovolya

Oggi anche questa forma di pressione sulla Chiesa si è intensificata. Era divenuta abbastanza popolare subito dopo la creazione della "Chiesa ortodossa dell'Ucraina", quando sotto il governo di Poroshenko, funzionari zelanti si affrettavano a trasferire le comunità dalla Chiesa ortodossa ucraina. Lo schema della razzia sembrava semplice: le autorità locali organizzavano un incontro della comunità territoriale con il pretesto di un incontro di credenti. In altre parole, i residenti del villaggio o del paese, che non si recavano in chiesa, decidevano di trasferire la comunità ecclesiale alla "Chiesa ortodossa dell'Ucraina". Questo è illegale perché solo la comunità religiosa, non la comunità territoriale, può determinare il destino della parrocchia. L'articolo 8 della legge "Sulla libertà di coscienza" dice che la decisione di cambiare la subordinazione di una comunità religiosa deve essere presa da almeno due terzi dei suoi membri.

Tuttavia, ormai quasi ogni giorno ci sono foto di "trasferimenti", dove alcune persone, guidate da funzionari, si riuniscono nei circoli o nelle palestre scolastiche e decidono il destino di una comunità ecclesiale.

incontro sul "trasferimento" alla "Chiesa ortodossa dell'Ucraina" presso il club del villaggio di Khoriv

Molti ora credono che non sia necessario prestare attenzione ai requisiti della legge. Un esempio recente è a Shepetivka. Lì, il 7 maggio 2022, il sindaco della città, Vitalij Buzil, rappresentante di Eurosolidaritietà (ex Blocco di Petro Poroshenko) ha organizzato un incontro, nemmeno della comunità territoriale, ma semplicemente di tutti coloro che lo desideravano, davanti alla cattedrale della Chiesa ortodossa ucraina.

incontro davanti alla cattedrale di Shepetivka. Foto: screenshot di un video dalla pagina FB della cattedrale di san Michele

Tra i presenti, come è consuetudine in questi casi, c'erano impiegati del settore pubblico: insegnanti delle scuole locali e altri. Quasi tutti i presenti, come hanno raccontato a un corrispondente dell'Unione dei giornalisti ortodossi i parrocchiani della cattedrale, non avevano nulla a che fare con la comunità di san Michele. Di conseguenza, non avevano il diritto di decidere il destino della chiesa. Il cinismo delle autorità è arrivato al punto di dire che il voto di "trasferimento" è stato preso proprio "sotto il naso" della comunità, i cui fedeli erano in piedi davanti alla porta della cattedrale, e stavano in preghiera durante l'incontro.

In questi casi, dovreste anche far valere i vostri diritti attraverso mezzi legali: intentare azioni legali, scrivere reclami e petizioni alle forze dell'ordine, ecc. Nessuno può dire come andranno le cose in futuro, ma in passato questo metodo è stato abbastanza efficace. Per esempio, nel febbraio-marzo 2019, i tribunali delle regioni di Volinia, Chernovtsy, Rovno, Khmelnitskij e Kiev hanno accolto gli appelli delle comunità religiose della Chiesa ortodossa ucraina sul sequestro di chiese e altre azioni illegali di funzionari e hanno obbligato i pubblici ministeri e altre persone autorizzate ad avviare azioni investigative in connessione con i trasferimenti illegali di luoghi di culto della Chiesa ortodossa ucraina alla "Chiesa ortodossa dell'Ucraina".

Nell'ottobre 2020, il tribunale distrettuale di Desnjanskij a Chernigoiv ha stabilito che la decisione della Chernigov RSA di registrare nuovamente la comunità ortodossa a Parafiyivka del distretto di Ichnja, nella regione di Chernigov, nella "Chiesa ortodossa dell'Ucraina" era illegale e l'ha ribaltata. La sentenza del tribunale affermava esplicitamente che la ri-iscrizione della comunità della Chiesa ortodossa ucraina "è avvenuta contro la volontà della comunità religiosa, senza i membri dell'assemblea parrocchiale e senza i parrocchiani, senza la partecipazione del rettore e contrariamente alla legge dell'Ucraina 'Sulla libertà di coscienza e le organizzazioni religiose', con modalità non previste dallo Statuto e contrarie alla decisione del tribunale che vieta qualsiasi attività di registrazione".

Il fattore principale

Ma il fattore più importante nella difesa dei propri diritti da parte dei credenti della Chiesa ortodossa ucraina non è la capacità di preparare atti legali o andare in tribunale, ma la lealtà dei parrocchiani alla loro Chiesa, la loro comprensione consapevole del perché fanno parte della Chiesa ortodossa ucraina e non di qualche altra denominazione.

Abbastanza rivelatrici al riguardo sono le parole di Ihor Sapozhko, sindaco della città di Brovary, dove il 6 maggio 2022 l'attività della Chiesa ortodossa ucraina è stata sospesa per decisione del consiglio comunale di Brovary.

il sindaco di Brovary Ihor Sapozhko. Foto: screenshot della pagina FB di Brovarymedia

Ihor Sapozhko: "Non vedo alcun motivo nel parlare con i rappresentanti del Patriarcato di Mosca del trasferimento. Penso che quando si prende una decisione del genere, sia molto corretto comunicare con i parrocchiani di queste chiese, che possono chiedere alle persone di fare questi decisioni".

Due punti sono qui indicativi.

In primo luogo, il sindaco ritiene inutili i colloqui con i chierici sul trasferimento. Ciò significa che il clero della Chiesa ortodossa ucraina è pienamente consapevole che lasciare la Chiesa ortodossa ucraina in qualsiasi modo è un tradimento della Chiesa di Cristo e un abbandono dell'Arca della Salvezza, che è la Chiesa. Il clero nella maggior parte dei casi rimane fedele.

In secondo luogo, il rappresentante del governo locale ritiene che i parrocchiani siano l'anello debole che si può tentare di convincere a disertare passando alla "Chiesa ortodossa dell'Ucraina". Qui il ruolo chiave è se il rettore della comunità sia riuscito a infondere nel suo gregge una fede genuina e una vera ecclesialità. Ha insegnato loro a credere nella "Chiesa Una, Santa, Cattolica e Apostolica", o si è semplicemente limitato a farne richiesta? Riti esteriormente simili possono essere compiuti da un "sacerdote" della "Chiesa ortodossa dell'Ucraina", ma solo i veri sacerdoti di Dio possono unire una persona a Cristo, compiere veri sacramenti di grazia e condurre a Dio. La comprensione di questo da parte dei parrocchiani è la condizione principale affinché tutti i tentativi di distruggere la comunità ortodossa siano vani. Anche se portano via la chiesa, la comunità non andrà da nessuna parte.

A tutti i nemici della Chiesa ortodossa ucraina vorremmo ricordare le parole di san Giovanni Crisostomo: "Non c'è niente di più forte della Chiesa di Cristo. Chi vuole combatterla rovinerà inevitabilmente le sue forze: è lo stesso che fare guerra al cielo".

 
Intervista al metropolita Onufrij sulla situazione in Ucraina

In una delle prime interviste da locum tenens del trono primaziale ucraino, il metropolita Onufrij racconta al diacono Evgenij Murzin, su Tserkovnij Vestnik (il foglio della Rivista del Patriarcato di Mosca), alcuni dati sulla situazione in Ucraina e sulle prove tra i credenti, oltre a offrire un “segreto” (da lui sperimentato con successo in Bucovina) su come mantenere la pace e l'armonia in uno stato multietnico. Presentiamo l’intervista al metropolita Onufrij nell’originale russo e in traduzione italiana nella sezione “Figure dell’Ortodossia contemporanea” dei documenti.

Ricordiamo anche che vladyka Onufrij è stato appena incluso tra i membri permanenti del Santo Sinodo della Chiesa ortodossa russa.

 
Sacerdoti africani pubblicano una lettera aperta sul riconoscimento della "Chiesa ortodossa dell'Ucraina" da parte del loro patriarca

Numerosi sacerdoti africani del Patriarcato di Alessandria hanno pubblicato una lettera aperta in merito alla recente decisione del loro patriarca Theodoros II di Alessandria di riconoscere la "Chiesa ortodossa dell'Ucraina" scismatica e di commemorare il suo primate, Epifanij Dumenko, nei servizi divini.

I sacerdoti osservano che mentre la maggioranza del clero e dei laici del patriarcato è costituita da africani, la loro opinione in merito non è mai stata richiesta e quindi non è stata presa in considerazione.

La lettera è firmata da 27 sacerdoti del Kenya, della Tanzania, dell'Uganda e dello Zambia, che sono rattristati dalla decisione del loro patriarca e che pregano che venga riconsiderata.

OrthoChristian ha ricevuto la lettera aperta via e-mail, con il messaggio "Cari fratelli e sorelle in Cristo, con rispetto e umiltà, siamo molto felici di scrivervi per spiegare la nostra opinione e la nostra decisione come Chiesa canonica e sacerdoti in Africa".

Ecco la lettera per intero:

Una lettera aperta di sacerdoti africani ortodossi

È stato con grande sorpresa e imbarazzo che noi, sacerdoti ortodossi africani, siamo venuti a conoscenza della decisione del patriarca Theodoros II di Alessandria di riconoscere la cosiddetta "Chiesa ortodossa dell'Ucraina".

Questa decisione improvvisa è l'opposto della posizione precedentemente tenuta dal nostro patriarca e mette a repentaglio i buoni rapporti della nostra Chiesa con la Chiesa ortodossa russa che si sono sviluppati negli ultimi decenni. Inoltre, il riconoscimento degli scismatici ucraini di ieri è criticato in molte Chiese locali e significa una rottura con la Chiesa ortodossa ucraina canonica, alla quale appartiene la maggior parte degli ucraini ortodossi.

Per quanto ne sappiamo, una tale decisione è stata presa senza chiedere l'opinione del clero africano, sebbene siano gli africani a costituire la maggioranza di clero e parrocchiani del Patriarcato di Alessandria.

Vorremmo esprimere la nostra opinione e dire che non siamo d'accordo con la decisione di cui sopra. Rispettiamo il nostro patriarca e obbediamo ai nostri vescovi, ma, proprio come molti sacerdoti e persino vescovi nella Chiesa di Grecia hanno espresso il loro disaccordo per una decisione analoga sul riconoscimento degli scismatici ucraini, crediamo di non avere un minore diritto di esprimere la nostra opinione.

Ci rammarichiamo per l'inattesa decisione del patriarca di Alessandria e vorremmo che fosse riveduta.

Rev. p. Agapios Omukuba, Kenya

Rev. p. Ambrose Chawala, Tanzania

Rev. p. Anastasios Andrea, Tanzania

Rev. p. Antipas Odhiam, Kenya

Rev. p. Athanasios Oruk, Uganda

Rev. p. Athanasios Rukamunuga, Tanzania

Rev. p. Augustinus Batalingaya, Tanzania

Rev. p. Barnabas Woasim, Zambia

Rev. p. Barnabas Kalumuna, Tanzania

Rev. p. Bartholomew Mapalala, Tanzania

Rev. p. Charalambos Ocen, Uganda

Rev. p. Chrysostomos Sospeter, Tanzania

Rev. p. Constantine Shoki, Tanzania

Rev. p. David Lakwo, Uganda

Rev. p. Eleftherios Nchunguye, Tanzania

Rev. p. Eliakim Kulali, Kenya

Rev. p. Johannes Asonga, Kenya

Rev. p. John Jacob, Tanzania

Rev. p. Laurent Sakwa, Tanzania

Rev. p. Marcos Rugemalira, Tanzania

Rev. p. Paul Kagoma, Tanzania

Rev. p. ieromonaco Philaretos (Kimaro), Tanzania

Rev. p. Petros Theophanos, Tanzania

Rev. p. Polycarpos Uchenja, Tanzania

Rev. p. Stephen Rushenya, Tanzania

Rev. p. Theodoros Mutabazi, Tanzania

Rev. p. archimandrita Zacharias (Enock), Tanzania

 
Dopo che la guerra della NATO sarà finita

Non inganniamoci: la tragica guerra che si sta svolgendo attualmente sui campi di battaglia ucraini non è tra la Federazione Russa e l'Ucraina, ma tra la Federazione Russa e la NATO controllata dagli Stati Uniti. Questi ultimi, chiamati anche "l'Occidente collettivo", promuove un'ideologia aggressiva della violenza organizzata, una dottrina politicamente, economicamente e militarmente applicata eufemisticamente nota come "globalismo". Questo significa egemonia da parte del mondo occidentale, che arrogantemente si definisce 'la comunità internazionale', sull'intero pianeta. La NATO sta perdendo la guerra, in cui usa gli ucraini che ha addestrato come carne da cannone per procura, e la sta perdendo in tre sfere, politica, economica e militare.

In primo luogo, politicamente, l'Occidente ha finalmente capito che non può provocare un cambio di regime a Mosca. Il suo sogno irrealizzabile di sostituire il popolarissimo presidente Putin con il fantoccio della CIA Navalny non accadrà. Quanto al presidente fantoccio dell'Occidente a Kiev, è solo una creatura di Washington e dei suoi oligarchi. Attore professionista, non è in grado di parlare da solo, ma è un portavoce della NATO che ama.

In secondo luogo, economicamente, l'Occidente deve affrontare una seria resistenza alle 6.000 sanzioni imposte alla Russia e ai russi. Quelle sanzioni gli si sono ritorte contro. In Occidente, possiamo testimoniarlo ogni volta che acquistiamo carburante o cibo. La combinazione di alta inflazione (10% e oltre) e prezzi ancora più elevati dell'energia, causati quasi esclusivamente da queste sanzioni illegali anti-russe, stanno minacciando il collasso delle economie occidentali, molto più che minacciare la Russia o la Cina. Come risultato di questo effetto inverso delle sanzioni contro la Russia, il rublo è al suo massimo da tre anni, attestandosi a circa 64 per dollaro USA ed è in rialzo, anche se subito dopo le sanzioni era sceso brevemente a 150 per dollaro.

Dopo aver strenuamente negato che l'avrebbero fatto, già la maggior parte dei paesi europei (almeno 17 per ora), comprese la Germania e l'Italia, hanno accettato di aprire conti su Gazprombank, come la Russia ha consigliato loro di fare, e di pagare petrolio e gas in rubli. E questo numero cresce di settimana in settimana. I problemi saranno ancora maggiori con la carenza di cibo, poiché la catena alimentare mondiale è altamente integrata e la produzione agricola della Russia e dell'Ucraina (ora controllata dalla Russia) rappresenta almeno il 40% della produzione mondiale di cereali. Pochi giorni fa è stato annunciato che la Russia prevede una produzione record di grano quest'anno (130 milioni di tonnellate). La Russia potrebbe ancora chiedere un pagamento in rubli anche per tutto questo.

Le sanzioni contro la Russia hanno diviso l'Europa e minacciano di dividere la NATO. Il presidente turco Erdoğan, membro della NATO, ha annunciato che porrà il veto all'ingresso di Finlandia e Svezia nella NATO. Allo stesso tempo, la Russia ha annunciato che interromperà l'approvvigionamento di gas naturale della Finlandia. I leader svedesi stanno ripensando al loro ingresso nella NATO.

In terzo luogo, militarmente, è chiaro che l'Ucraina, con un gran numero di diserzioni e rese, non ha alcuna possibilità di vincere la guerra contro la Russia. La maggior parte del suo equipaggiamento militare è già stata spazzata via e l'equipaggiamento occidentale appena consegnato e spesso antiquato farà poca differenza, se non sarà distrutto dai missili russi non appena raggiunge l'Ucraina. Il conflitto potrebbe ora finire in poche settimane, anziché in mesi. Il "segretario alla Difesa" (= ministro dell'offesa) statunitense, Lloyd Austin, ha disperatamente invitato il ministro della Difesa russo Sergej Shojgu a chiedere un cessate il fuoco. Voi accettereste un cessate il fuoco, quando in meno di tre mesi e con solo il 10% delle vostre forze militari avete già occupato un'area più grande dell'Inghilterra all'interno dell'Ucraina, un'area che produce il 75% del PIL ucraino?

Il panico di un disastro finanziario in Occidente ha cominciato a diffondersi. Di conseguenza, il presidente francese Macron ha detto al presidente Zelenskij (cioè ha detto a Washington) di rinunciare a parte della sovranità dell'Ucraina e di avviare finalmente seri negoziati con la Russia. Macron sta anche cercando di liberare i mercenari francesi dall'Azovstal a Mariupol', ma il problema è molto più grande di questo, poiché l'intera Europa sta affrontando un tracollo economico. E il presidente del Consiglio italiano, Mario Draghi, ha chiesto al presidente Biden di contattare il presidente Putin e 'dare una possibilità alla pace'. Si noti che Mario Draghi è un ex presidente della Banca centrale europea e un burattino di Goldman Sachs, proprio come Macron è un burattino dei Rothschild.

Ci sono sempre stati imperi e invasioni nel corso della storia. Tuttavia, sono sempre stati locali e non sono stati giustificati come l'unica ideologia globale possibile, un "Nuovo Ordine Mondiale", da imporre con la violenza in tutto il pianeta. Dopo che la guerra della NATO sarà finita, persa dall'"Occidente collettivo", il centralismo della NATO, l'ideologia di un "mondo unipolare", controllato da Washington, dovrà finire. Tuttavia, il centralismo deve finire anche altrove, come nella Mosca del periodo sovietico. [1]

Tuttavia, anche il nazionalismo deve finire. Qui dovremmo ricordare che la stessa parola 'nazismo' deriva dalle parole tedesche per 'nazionalsocialismo'. (Il nazionalismo implica l'odio per gli altri, mentre il patriottismo significa la capacità non solo di amare il proprio paese, ma anche di amare i paesi degli altri, non di odiare i loro paesi). E l'Ucraina ha una storia di nazismo, che risale a oltre ottant'anni fa. Inoltre, i principali soldati di Kiev di oggi sono nazionalisti/nazisti e rappresentano il tribalismo tipico dell'Europa occidentale, responsabile nel ventesimo secolo di due grandi guerre da esso diffuse in tutto il mondo. Le grida naziste ucraine di "Gloria all'Ucraina" e il loro slogan "L'Ucraina al di sopra di ogni cosa" sono slogan del nazismo.

Spostiamoci in un mondo multipolare e multicentrico, che ha unità nella diversità e diversità nell'unità. Se non ci muoviamo verso questo, probabilmente saremo persi. Un mondo multipolare, multicivile e multiculturale, un mondo di sette miliardi di esseri umani, è l'unico mondo civile, l'unica vera comunità internazionale.

Nota

[1] Qui gli antisemiti vi diranno che il centralismo della Mosca del periodo sovietico fu fondato dai bolscevichi, di cui oltre l'80% erano ebrei. In primo luogo, va sottolineato che erano ebrei atei, internazionalisti come Bronstein/Trotskij, che sostenevano la "Terza Internazionale". In altre parole, erano sionisti politici (non sionisti religiosi, anzi, erano antireligiosi). E ricordiamo che un gran numero di ebrei erano e sono antisionisti e un gran numero di sionisti non erano e non sono affatto ebrei. Questo è il motivo per cui Saker usa giustamente il termine "anglo-sionismo" per questi centralizzatori unipolari.

 
Andrej Zubov: la caduta di una stella della politologia russa

Andrej Borisovich Zubov, storico della Russia del XX secolo e uno dei massimi esperti mondiali sul Daghestan e l'area nord-caucasica, è da anni un attento osservatore dei rapporti tra Chiesa e società russa. Quest'anno, in un suo articolo del 1 marzo su Vedomosti.ru, intitolato Это уже было ("È già accaduto"), ha paragonato la situazione attuale della Crimea all'annessione (Anschluss) dell'Austria e dei Sudeti da parte di Hitler. L'articolo ha creato un'enorme onda di indignazione e di riprovazione tra molti dei suoi stessi studenti, tra i quali anche membri del clero ortodosso.

La cosa ci dispiace personalmente, perché da anni consideriamo Andrej Borisovich un amico della nostra parrocchia, e perché queste sue analisi politiche, che NON condividiamo, esprimono per lo meno un desiderio di fondo di difesa della pace. Ci associamo tuttavia a quanti rimproverano al professor Zubov di aver usato un pessimo paragone storico, che si allinea alla campagna di demonizzazione mediatica contro la Russia, mettendo Putin e Hitler sullo stesso livello proprio quando l'Ucraina è governata dopo il recente colpo di stato dall'unico governo apertamente neonazista d'Europa.

Per rimanere nei toni di un confronto civile, riportiamo l'analisi odierna di Andrew Korybko su The voice of Russia, I fatti per cui la reincorporazione della Crimea non è un tipo di Anschluss, nella nostra traduzione italiana, nella sezione "Geopolitica ortodossa" dei documenti.

 
Il metropolita ucraino Luka di Zaporozh'e si rivolge all'arcivescovo Chrysostomos di Cipro

foto: spzh.news

In una recente intervista, l'arcivescovo Chrysostomos di Cipro ha espresso alcune dure critiche nei confronti della persona e delle azioni del patriarca Kirill di Mosca nel contesto dell'attuale crisi ucraina.

A suo avviso, il primate russo è un uomo egocentrico che desidera essere il primo tra uguali nella Chiesa ortodossa, ma che sta guidando la Chiesa verso uno scisma non commemorando i patriarchi Bartolomeo e Theodoros e l'arcivescovo Hieronymos nei servizi divini perché sono entrati in comunione eucaristica con gli scismatici ucraini.

Il primate cipriota ha anche rimproverato tre dei suoi stessi metropoliti per aver organizzato una conferenza monastica con la Chiesa russa ed espresso le proprie opinioni sulle azioni del Patriarcato di Costantinopoli.

I tre vescovi, il metropolita Athanasios di Limassol, il metropolita Isaias di Tamassos e il metropolita Nikephoros di Kykkos, hanno risposto all'arcivescovo Chrysostomos in una dichiarazione congiunta.

Avendo appreso delle dichiarazioni dell'arcivescovo Chrysostomos, il metropolita Luka di Zaporozh'e della Chiesa ortodossa ucraina canonica, si è rivolto anche lui anche al primate cipriota in una dichiarazione pubblicata sul suo canale Telegram.

La dichiarazione è scritta nello stile caratteristico del metropolita Luka, e va dritta al punto. Mentre le opinioni che esprime sono spesso più rigorose delle posizioni ufficiali delle Chiese ucraina e russa, come vescovo della Chiesa ortodossa, il metropolita Luka gode della libertà di avere ed esprimere le proprie opinioni.

Ecco la dichiarazione per intero:

L'arcivescovo Chrysostomos II di Cipro, come abbiamo appreso dalla notizia, ha criticato le azioni del patriarca Kirill, nonché di quei vescovi che sostengono la Chiesa ortodossa ucraina [canonica, ndc]. I suoi argomenti sono semplici. I patriarchi che hanno riconosciuto la "Chiesa ortodossa dell'Ucraina" [scismatica, ndc] non sono eretici, e la comunione eucaristica con loro non si sarebbe dovuta spezzare. Pertanto, la rottura dell'unità eucaristica con loro è un peccato di scisma, commesso dalla Chiesa ortodossa russa.

Risponderemo in ordine a queste accuse. Innanzitutto, i Patriarchi e il loro Sinodo che hanno riconosciuto la "Chiesa ortodossa dell'Ucraina" sono eretici che sono andati contro i dogmi della Chiesa, in particolare contro il nono articolo del Credo di Nicea. Hanno permesso l'esistenza di un "clero" che potrebbe anche non avere la successione apostolica di ordinazione. La necessità di questa successione non è mai stata in dubbio nella Chiesa ortodossa fino a quando il patriarca di Costantinopoli non ha introdotto questa eresia nella sua nuova teologia eretica. Inoltre, accusiamo il patriarca Bartolomeo di diverse altre trasgressioni, non meno gravi, in particolare delle eresie di etnofletismo e papismo.

L'arcivescovo di Cipro accusa il patriarca Kirill di voler essere il primo, senza notare che non è il patriarca di Mosca, ma quello di Costantinopoli che rivendica il ruolo del papa pan-ortodosso.

Secondo, era necessario interrompere la comunione eucaristica con gli eretici?

Eccome, era necessario!

Immaginate di essere seduti a tavola con un gruppo di persone, e state versando vino da una brocca al centro del tavolo. Uno dei presenti apertamente, senza nascondersi, prende del veleno e lo versa nella brocca. La festa continua e tutti sono invitati a bere questo vino avvelenato. Cosa dovrebbe fare un uomo prudente per sopravvivere? Deve inequivocabilmente rifiutarsi di bere il vino avvelenato.

La cessazione della comunione eucaristica con gli eretici non è un capriccio della Chiesa ortodossa russa, ma una misura di autoconservazione. Sappiamo che secondo i canoni della Chiesa, ogni vescovo che serve con un eretico e rimane in comunione con lui, diventa egli stesso un eretico e si esclude dalla comunione della Chiesa.

Pertanto, almeno nella Chiesa ucraina in unità di preghiera con la Chiesa russa, dobbiamo chiaramente indicare le premesse eretiche nelle azioni del vescovo di Istanbul. L'eresia da lui introdotta nella Chiesa si estende a tutti coloro che sono d'accordo con essa. Non ci sono altre opzioni.

L'idea dell'arcivescovo di Cipro sulla possibile neutralità della sua Chiesa è insensata come l'idea che si possa rimanere indefinitamente sott'acqua senza respirare e tuttavia rimanere in vita. Per salvarsi la vita, si deve emergere, oppure annegare e morire. Stare seduti per giorni o mesi sott'acqua senza respirare non funzionerà.

Gli argomenti che l'arcivescovo di Cipro espone nella sua intervista lasciano due possibili spiegazioni per tale posizione. O, a causa dell'ignoranza, in realtà non capisce cosa sta accadendo nel mondo ortodosso e non si rende conto della gravità degli errori commessi da Costantinopoli, oppure è disonesto, e cerca di compiacere sia Dio che il diavolo. Noi pensiamo che la seconda ipotesi sia la più probabile.

 
"Odio vaticano" e russofobia

"L'odio vaticano" non è una citazione da una pubblicazione sul genocidio croato contro i serbi tra il 1941 e il 1945. È una frase usata da Thornton Wilder, tre volte vincitore del premio Pulitzer, nel suo romanzo "The Bridge of San Luis Rey", per descrivere un odio forte, profondo, persistente e crudele.

Naturalmente, non tutti in Vaticano odiano, né tutti coloro che odiano sono cattolici. Tuttavia, le nazioni appartenenti al dominio culturale della cristianità orientale sono talvolta genuinamente stupite dalla profondità e dall'intensità dell'odio che emana da influenti ideologi occidentali, da alcune potenti istituzioni e da numerosi "esecutori volontari" di vari progetti di sterminio. Formalmente sono anch'essi europei e cristiani, ma appartengono a una tradizione e cultura leggermente diversa.

I serbi ne hanno avuto un assaggio più volte nel XX secolo. Lo affrontano anche oggi. Un esempio è la vincitrice del premio Nobel Herta Miller, scrittrice romeno-tedesca, che ha detto pubblicamente ciò che la maggior parte dei tedeschi pensa dei serbi quando ha appoggiato il bombardamento NATO della Jugoslavia nel 1999. E si diceva che la Germania, almeno mentre l'attuale presidente della Serbia era primo ministro, fosse il nostro principale amico occidentale. Come sono allora i nostri nemici?

I serbi, almeno per quanto riguarda l'Europa orientale, non sono l'unico bersaglio dell'odio occidentale. Ci sono, ovviamente, anche i russi. Come ha giustamente osservato una donna americana di origine serba mentre guardava la TV locale, "i nemici del mondo occidentale sono rimasti stabili e immutati per 30 anni: Serbia e Russia. Terribili serbi ortodossi che, nel terrore, hanno massacrato un numero enorme di pacifici musulmani democratici e non meno terribili comunisti russi che hanno distrutto la democrazia e la libertà in Cecenia".

Sono state scritte intere monografie accademiche sull'odio dell'Occidente nei confronti della Russia e tre di esse sono state tradotte nel nostro paese: "Russofobia: due sentieri verso lo stesso abisso" (tradotto nel 1993) di Igor Šafarević; "Russofobia" (tradotto entro il 2016) di Giulietto Chiesa; e "La Russia e l'Occidente – Mille anni di guerra: la russofobia da Carlo Magno alla crisi ucraina" (tradotto nel 2017) di Guy Mettan.

La parola "russofobia" è nel titolo di tutti e tre i libri. Quella parola può essere fuorviante. Le fobie sono paure irrazionali e ingiustificate, come avere paura di un topo quando salta su un tavolo (musofobia), anche se è una creatura che non ci mangia e non ci morde una gamba. Tuttavia, nel caso della Russia, non si tratta di fobia, ma di odio profondo e costante – un buon esempio è stato recentemente dato da James Jatras:

"Mosca potrebbe restituire la Crimea all'Ucraina, scortare le truppe di Kiev nel Donbass su un tappeto rosso e appendere Bashar Assad a un pennone a Damasco. Le sanzioni imposte da Washington a Mosca rimarrebbero, e si intensificherebbero persino gradualmente. Guardate quanto tempo ci è voluto per sbarazzarci della legge Jackson-Venik (una legge che limitava le relazioni commerciali con l'URSS, approvata nel 1974 e abrogata solo nel 2012). L'impulso russofobo che controlla la politica americana non viene da ciò che fanno i russi, ma da chi sono: Russia delenda est!"

Ora, in Serbia, abbiamo un libro appena pubblicato che parla dell'odio per la Russia nel nostro paese. Si tratta di "Russofobia tra i serbi 1878−2017", di Dejan Mirović. Da dove l'hanno presa i serbi, dato che i russi ci hanno aiutato a sbarazzarci dei turchi e a ricostruire uno stato, che per causa nostra nel 1914 sono entrati in guerra con l'Austria-Ungheria (e la Germania), che nel 1944 ci hanno aiutato a sbarazzarci del nazismo tedesco, e che oggi difendono la nostra pretesa sul Kosovo, a volte meglio della Belgrado ufficiale?

La prima fonte di russofobia in Serbia, negli ultimi due secoli, è certamente il riflusso dell'antirussismo dall'Occidente. La Serbia è percepita in Occidente come una piccola Russia balcanica", una tradizionale roccaforte russa nei Balcani. Questo è il motivo per cui tutti i progetti strategici anti-russi stanziano fondi significativi per sopprimere la popolarità della Russia in Serbia, principalmente attraverso un'aperta propaganda anti-russa.

Un'altra fonte di antirussismo è l'ideologia dell'élite locale, che vuole "modernizzare" la Serbia, ma occidentalizzandola. Quell'élite, che esisteva nel XIX e XX secolo, proprio come esiste oggi, vuole che la Serbia si impossessi non solo della tecnologia occidentale, ma anche delle istituzioni occidentali, della cultura occidentale e persino dello stato d'animo occidentale ("spirito protestante"). Dal momento che il modello a cui la Serbia dovrebbe tendere non può che essere l'Occidente – Francia o Gran Bretagna nel XIX secolo, e l'Unione Europea oggi – la Russia deve essere ritratta nella luce peggiore, perché non potrebbe essere un modello per nulla – nemmeno nell'arte, nella cultura o nella religione.

La terza fonte di antirussismo nel nostro paese, negli ultimi due secoli, sono stati i diversi interessi politici e i diversi interessi particolari delle élite dominanti della Serbia (Jugoslavia) e della Russia (URSS). Per esempio, nel XIX secolo, la Russia voleva prendere Costantinopoli. Ecco perché i bulgari che abitano i Balcani orientali – che potrebbero essere considerati le porte di Istanbul – erano per lei più importanti dei serbi, che erano geograficamente più lontani, a ovest. I russi, quindi, all'epoca preferivano i bulgari, sostenendo una Grande Bulgaria piuttosto che una Grande Serbia. Pertanto, hanno messo in pericolo gli interessi serbi non solo in Macedonia, ma anche nella Serbia sudorientale.

Un altro esempio di interessi divergenti è certamente il periodo titoista, 1948-1989. Tito e i suoi collaboratori, dopo il 1948, temendo per la sopravvivenza del loro regime, perseguitarono crudelmente non solo i sovietofili ma anche i russofili. Una studentessa di 20 anni, Vera Cenić, fu torturata per due anni (1950-1951) nel campo di concentramento di Goli Otok solo perché frequentava il Centro culturale sovietico per guardare film russi, amava la letteratura russa e teneva un diario in cui esprimeva le sue intime riserve sulla politica ufficiale di tenersi a distanza dalla Russia.

Radivoj Berbakov fu condannato nel 1980 a due anni e mezzo di carcere, che scontò nella prigione di Sremska Mitrovica, per "propaganda nemica". Ciò consisteva, tra l'altro, nell'essere "prevenuto a favore dell'arte e della letteratura russa, nel senso di esagerare i meriti dell'arte e della letteratura in URSS", cosa che si adattava alla sua affermazione che "ama i russi e che nessuno gli può proibire di amarli".

Naturalmente, la nomenclatura titoista sapeva che uno sconvolgimento politico in Jugoslavia avrebbe portato i titoisti a perdere non solo il potere ma anche la loro libertà personale. Questo è il motivo per cui, a quel tempo, come ci mostra Mirović nel suo libro, una parte significativa del pubblico in Serbia era intrisa non solo di propaganda e ideologia antisovietica, ma anche apertamente antirussa.

Quando si parla dell'odierno antirussismo in Serbia, la sua fonte fondamentale è una combinazione del primo e del secondo fattore. Di conseguenza, le manifestazioni anti-russe contemporanee qui vanno dall'assorbimento inconscio dei cliché ideologici e propagandistici occidentali, all'odio imperturbabile per la Russia articolato dai serbi filo-atlantisti che odiano pure se stessi.

Per esempio, un "odio vaticano" veramente oscuro, minaccioso e pericoloso, del tipo a cui alludeva Thornton Wilder, erompe regolarmente nei testi di alcuni editorialisti del quotidiano di Belgrado "Danas", finanziato dall'Occidente. Lì possiamo leggere che "la Russia imperiale ha trascinato la Serbia nella prima guerra mondiale", e anche che i "russi" hanno preso parte all'assassinio nel 2003 dell'allora primo ministro Zoran Djindjic, sulla falsa premessa che "l'assassinio del primo ministro è stato il primo passo per riportare la Serbia nell'orbita sovietica".

In Serbia, secondo questo punto di vista, c'è un "atteggiamento da quisling verso la Russia", cioè nel nostro Paese c'è una "rete russa" con "gruppi estremisti sotto l'evidente controllo dei servizi di sicurezza serbi e russi". La linea proposta da questi circoli è che "la Russia di Putin ci sta derubando dei resti della sovranità e dell'identità europea, del potenziale economico e del buon senso", avvertendo che in Serbia è in corso una "evoluzione dallo sciovinismo serbo al putinismo da quisling".

Le loro parole d'ordine sono che "il regime di Putin riconosce gli uomini come oligarchi e le donne come puttane o come nonne", che "il boss di Mosca sta facendo pressioni sulla Serbia affinché si discosti dall'ordine democratico internazionale" e che per la Serbia "l'integrazione nell'Unione Europea è una priorità".

C'è anche in Serbia "propaganda di incitamento anti-russo", con accuse assurde che "la metà dei ministri sembra essere stata introdotta di nascosto dalla Repubblica di Donetsk". Il presunto concetto di "Grande Serbia" era inizialmente oggetto del loro disprezzo. Ora hanno avuto l'idea che la Serbia "rischia di diventare una provincia russa". Ai serbi viene detto che la dipendenza dalla Russia "distrugge le nostre istituzioni democratiche e ci introduce a sporche fonti di capitale finanziario", portando infine i serbi a una "sovietofilia patologica" e consentendo anche "una condotta sleale da parte degli organi di governo, e persino di circoli all'interno della Chiesa ortodossa serba".

Naturalmente, nessun altro progetto di privatizzazione in Serbia oltre a quello della NIS è stato denunciato come discutibile per quegli ideologi. L'unico problema che vedono nell'area della privatizzazione è la vendita dell'ex impresa petrolifera statale, la NIS, agli interessi russi. E c'è anche il presunto "centro di spionaggio di Putin", un avamposto russo in situazioni di emergenza situato nella città di Niš, accusato di "nutrire tradizioni criminali e distruggere le democrazie fragili nella regione".

La lobby russofoba sostiene che in Serbia "dal 2004 i media sotto la supervisione di ogni governo stanno preparando l'opinione pubblica non solo per nuovi conflitti con i vicini, ma anche per la terza guerra mondiale, che combatteremo al fianco di Russia, Cina, Corea del Nord, Cuba e Venezuela". L'autore di questa particolare diatriba continua chiedendosi "come Vučić possa posizionare la Serbia nel campo vittorioso nell'emergente conflitto internazionale".

Russia e Cina sono, secondo questa lobby, "fattori di disordine mondiale" perché, come sostengono assurdamente, "il totale annuo delle vittime del terrore di stato/partito in Russia e in Cina è quasi uguale alle vittime di Mauthausen". Quindi, se Belgrado – che secondo loro è una "fogna puzzolente" sceglie di schierarsi con la Russia, "la Serbia rimarrà come la Germania Est dei Balcani".

Non sentite un odio terribile e profondo in queste parole, non solo verso la Russia ma anche verso la Serbia, solo perché la Serbia è anche slava, nazionalista, ortodossa e si sforza di marciare secondo il proprio passo?

Quell'odio si scatena principalmente per trasformare i serbi in qualcun altro: "protestanti" e "cittadini" occidentali, più precisamente una folla consumista che vive in un territorio, non in un paese, e che domani potrà essere sostituita da qualcun altro, una popolazione più "moderna" e "politicamente corretta".

Eruzioni di tale odio sono necessarie per plasmare il "serbo-europeo", il cui cervello viene schiacciato e il terribile "piccolo russo" dentro di lui viene strappato via. Non c'è dubbio che questo sia l'obiettivo ultimo della politica atlantista nei Balcani. Ma ciò non può accadere senza l'intronizzazione nella società serba dell'equivalente dell' "odio vaticano" – profondo, sistematico e crudele.

È importante essere in grado di riconoscere quest'odio. È contrario non solo ai nostri interessi essenziali, ma anche alla nostra identità di civiltà che ci rende speciali come popolo e come cultura. Il grande pubblico lo rifiuta intuitivamente. Ma nel contesto dell'annunciato "conflitto internazionale" – che presumibilmente alla fine "separerà il grano dalla stoppia" – serve come un primo annuncio di repressione totalitaria contro chiunque tra noi ama il suo Paese e pensa con la propria testa.

Quindi ognuno di noi deve correre il rischio di cadere vittima dell' "odio vaticano". Anche tu che stai leggendo questo testo, caro lettore.

 
Inizia la ricostruzione (1914-2014)

Ripassando la tragica storia dell’ultimo secolo, padre Andrew Phillips ci invita a cercare i segni di un disegno divino attraverso gli episodi di ricostruzione di un mondo ortodosso che sembrava svanito per sempre. La riflessione è stimolante... la presentiamo nella sezione “Geopolitica ortodossa” dei documenti.

 
Il giubileo della "Chiesa ortodossa dell'Ucraina": un anno di illusione e di inganno

un anno dopo la creazione della "Chiesa ortodossa dell'Ucraina": inganno, intrigo e scisma. Foto: Unione dei giornalisti ortodossi

È passato un anno da quando è stata creata la "Chiesa ortodossa dell'Ucraina". Perché non c'è unità e perché i fondatori della nuova struttura continuano a ingannare gli ucraini?

Il 15 dicembre 2018 si è tenuto a Kiev il cosiddetto "Concilio d'unificazione", che doveva dimostrare la prontezza dei "tre rami dell'Ortodossia ucraina" a ricevere l'autocefalia dal Patriarcato di Costantinopoli. I rappresentanti degli scismatici del "patriarcato di Kiev" della "Chiesa ortodossa autocefala ucraina", così come due vescovi della Chiesa ortodossa ucraina canonica, sotto inimmaginabili pressioni del governo, sono stati in grado di raggiungere un accordo visibile, e nel giro di tre settimane il patriarca Bartolomeo ha consegnato il Tomos dell'autocefalia alla Chiesa "unita" dell'Ucraina... un trionfo? In quel momento, sembrava di sì.

Il rappresentante del Patriarcato di Costantinopoli, l'arcivescovo Daniil (Zelinskij) di Pamphylon promise che nel giro di pochi mesi altre Chiese locali avrebbero riconosciuto la "Chiesa ortodossa dell'Ucraina".

A sua volta, il capo del Patriarcato di Kiev, Filaret Denisenko, a cui piaceva sostenere le affermazioni della sua struttura per l'autocefalia da vari sondaggi sociologici, assicurò che il popolo ortodosso ucraino sarebbe passato alla nuova "Chiesa ortodossa dell'Ucraina" non come comunità separate ma come intere comunità diocesane. Quasi la stessa cosa fu detta dal capo del ministero della Cultura per gli affari religiosi, Andrej Jurash.

Prima del "Concilio d'unificazione", Denisenko avrebbe detto che nella Chiesa ortodossa ucraina c'erano almeno 10 vescovi (o addirittura 15) che avevano delegato l'autorità al metropolita Simeon (Shostatskij) e che si sarebbero trasferiti alla "Chiesa locale unica" alla prima occasione conveniente.

Queste transizioni dovevano essere facilitate dall'atmosfera sapientemente pompata di isteria attorno al Tomos e dal supporto senza precedenti della nuova "Chiesa" da parte dello stato. Il Tomos e la "Chiesa ortodossa dell'Ucraina" erano sostenuti non solo a livello di informazione ma anche con forza. Le pressioni, le intimidazioni, l'uso della forza fisica e il pieno potere della macchina statale (basta ricordare le convocazioni di sacerdoti e vescovi presso la SBU, le indagini, i processi, ecc.) dovevano favorire la rapida crescita della "Chiesa ortodossa dell'Ucraina" e distruggere la Chiesa ortodossa ucraina .

Tuttavia, tutto è andato storto e in contrasto con le aspettative dei fondatori della "Chiesa ortodossa dell'Ucraina", e oggi è ovvio: questo progetto elettorale personalizzato di Poroshenko è crollato. Perché?

"Unità"

Nel video registrato da Dumenko alla vigilia del "Concilio", si dice che "il 15 dicembre è accaduto un evento veramente storico per tutti: tutti insieme siamo stati in grado di testimoniare il fatto dell'unità dei tre rami dell'Ortodossia ucraina".

Osservando l'attuale situazione ecclesiastica, possiamo affermare con sicurezza che queste parole sono una bugia.

In primo luogo, perché sotto il riparo della "Chiesa ortodossa dell'Ucraina", solo il "patriarcato di Kiev" e la "Chiesa ortodossa autocefala ucraina" sono stati in grado di unirsi (e anche allora, solo relativamente). Nessuno ha rappresentato la Chiesa ortodossa ucraina canonica al "Concilio d'unificazione" nel 2018, perché il metropolita Aleksandr (Drabinko) e Simeon (Shostatskij) erano già stati ammessi nel clero del Patriarcato di Costantinopoli. Inoltre, il Sinodo della Chiesa ortodossa ucraina ha chiaramente espresso il suo atteggiamento nei confronti di questo incontro e non ha benedetto nessuno a prenderne parte.

La Chiesa ortodossa ucraina non ha stretto un'alleanza con gli scismatici del "patriarcato di Kiev" e della "Chiesa ortodossa autocefala ucraina" nonostante l'enorme pressione.

In secondo luogo, anche l'apparente unità della "Chiesa ortodossa dell'Ucraina" nel gennaio 2018 si è presto spezzata: il principale combattente per l'indipendenza della chiesa dell'Ucraina, Filaret Denisenko, si è separato dal parto della sua mente.

Di conseguenza, anche al suo interno, la "Chiesa ortodossa dell'Ucraina" non è stata in grado di raggiungere un accordo. La lotta per il potere tra l'anziano "patriarca" e il suo giovane protetto, a cui abbiamo assistito negli ultimi mesi, si è conclusa con una divisione nella divisione e con il ripristino del "patriarcato di Kiev".

Pertanto, le parole che Dumenko ha scritto sulla sua pagina Facebook sembrano particolarmente ciniche: "Il compito principale che mi sono posto dopo le elezioni è stato il seguente: rafforzare le fondamenta della Chiesa ortodossa ucraina e mantenere l'unità interna. È passato un anno. Sono all'altezza della sfida? Credo di sì".

Ma il rilancio del "patriarcato di Kiev" e la sua crescita quantitativa (ad oggi, insieme a Filaret Denisenko, ci sono già sei "vescovi") indicano il contrario.

In un rapporto al "Concilio" del 14 dicembre 2019, Dumenko ha invitato i "vescovi" a prestare la dovuta attenzione alla "ri-registrazione degli statuti" di comunità, monasteri e altre unità strutturali del "patriarcato di Kiev" a favore della "Chiesa ortodossa dell'Ucraina". Significa che finora, per tutto l'anno e con il pieno sostegno delle autorità, all'interno della nuova organizzazione religiosa ci sono ancora quelli che non hanno fretta di lasciare le fila del "patriarcato di Kiev". Almeno de jure. Ciò può implicare solo una cosa: esiste davvero una scissione nei ranghi della "Chiesa ortodossa dell'Ucraina" nel primo anno della sua esistenza, e quindi non si può parlare di alcun tipo di "unità dell'ortodossia ucraina" sotto l'ala di Sergej Dumenko.

"Riconoscimento"

Dumenko sottolinea che la sua organizzazione locale è già stata riconosciuta da due Chiese locali, con diverse Chiese che sono "in corso". Ma, ancora una volta, questo può essere considerato un risultato, tanto meno una vittoria? No.

Se la "Chiesa ortodossa dell'Ucraina" fosse apparsa in piena conformità con i canoni della Chiesa, non ci sarebbe stato semplicemente un "processo" di riconoscimento da parte di altre Chiese locali: l'avrebbero riconosciuta e basta. Immediatamente, non molti mesi dopo. Il fatto che durante tutto l'anno solo due Chiese abbiano sostenuto la "Chiesa ortodossa dell'Ucraina" ha maggiori probabilità di parlare contro questa struttura che a suo favore.

Inoltre, ci si potrebbe convincere che di propria spontanea volontà, senza pressioni esterne, nessuno della famiglia delle Chiese ortodosse ha avuto fretta di entrare in comunione con Epifanij Dumenko durante l'anno. Il Primate della Chiesa di Grecia ha deciso di aggiungere il nome del capo della "Chiesa ortodossa dell'Ucraina" ai suoi dittici solo dopo che i rappresentanti del Dipartimento di Stato americano lo avevano visitato diverse volte.

Solo cinque mesi fa, in occasione dell'onomastico di sua Beatitudine Onufrij il patriarca Theodoros di Alessandria ha inviato a Kiev il metropolita Meletios di Cartagine, che ha dichiarato : "Il nostro soggiorno qui è un'occasione per testimoniare la nostra unità liturgica con la Chiesa ortodossa ucraina ed esprimere sostegno per la canonica Chiesa ortodossa ucraina ".

Lo stesso patriarca a Odessa nel settembre 2018 aveva sollecitato con veemenza i fedeli a essere fedeli alla Chiesa ortodossa ucraina e a sua Beatitudine Onufrij, ma più recentemente ha cambiato bruscamente la sua opinione nel contrario. Non dobbiamo fare grandi sforzi per indovinare le ragioni di questa metamorfosi – ricordate solo che la decisione di riconoscere Dumenko come "primate canonico" è stata annunciata dal patriarca Theodoros alla presenza dell'ambasciatore greco.

Il riconoscimento della "Chiesa ortodossa dell'Ucraina" da parte della Chiesa di Grecia non può accrescere la stima della "Chiesa ortodossa dell'Ucraina", poiché al Concilio dei vescovi non vi è stata alcuna decisione conciliare, e alcuni vescovi considerano ancora Dumenko e i suoi colleghi come laici.

Pertanto, quando Epifanij afferma che "se non avessimo mantenuto l'unità all'interno della nostra Chiesa, oggi non avremmo avuto alcun successo, in particolare, il processo di riconoscimento della nostra autocefalia da parte di altre Chiese ortodosse locali non sarebbe iniziato", è disonesto, mente e distorce la realtà. E non solo perché il "riconoscimento" della "Chiesa ortodossa dell'Ucraina" non ha nulla a che fare con la sua "unità" (che non esiste), ma anche perché la sua prima visita ufficiale a coloro che stanno lavorando al "processo di riconoscimento" è stata negli Stati Uniti.

"Crescita"

Secondo le cifre che Dumenko ha espresso al "Concilio", la "Chiesa ortodossa dell'Ucraina" comprende "oltre 7000 parrocchie, 77 monasteri e conventi, 4.500 chierici e 62 vescovi". Ha dichiarato che il 50% degli ucraini sostiene questa organizzazione. "La nostra Chiesa locale è la più grande organizzazione religiosa in termini di numero e supporto", ha detto, "e sotto tutti gli aspetti è una delle più grandi Chiese ortodosse locali".

Tuttavia, in questo caso, Dumenko dice una vera bugia.

Secondo il Ministero della cultura , il "patriarcato di Kiev" e la "Chiesa ortodossa autocefala ucraina" al momento della fusione avevano 5.363 e 1.171 parrocchie, per un totale, rispettivamente, di 6.534. Dumenko ha affermato che nel 2019 la "Chiesa ortodossa dell'Ucraina" ha aperto ("consacrato", il che significa che le chiese non sono state sequestrate) 23 nuove chiese. Altre 68 si sono trasferite volontariamente dalla Chiesa ortodossa ucraina, il che porta a 6.625. Da dove viene la cifra di oltre 7000 parrocchie?

È semplice: Dumenko attribuisce alla "Chiesa ortodossa dell'Ucraina" centinaia di parrocchie della Chiesa ortodossa ucraina, che sono state sequestrate illegalmente o contro la volontà della parrocchia, sono state trasferite alla "Chiesa ortodossa dell'Ucraina" e ora sono sigillate in attesa di decisioni giudiziarie.

Tuttavia, questo non è tutto. Secondo Dumenko, ci sono solo 4.500 "sacerdoti" che servono in più di 7000 parrocchie della "Chiesa ortodossa dell'Ucraina". La logica elementare suggerisce che ciò non è semplicemente possibile, dal momento che una comunità non può esistere senza un pastore. E anche se ci sono davvero casi in villaggi remoti in cui un sacerdote svolge contemporaneamente il ministero in due parrocchie, è necessario ricordare che nelle chiese cittadine è più spesso il contrario – in una parrocchia ci sono due, tre o più sacerdoti.

Cosa significa questo? Significa che quasi la metà delle parrocchie della "Chiesa ortodossa dell'Ucraina" esiste solo sulla carta, cosa con la quale, tra l'altro, Dumenko è d'accordo. Al "Concilio" ha affermato che "formalmente possono esserci molte comunità registrate, ma tale cifra riflette solo il numero di statuti registrati e non la reale situazione di un'associazione religiosa nella società e tra le altre associazioni religiose". Ecco perché non vale la pena parlare delle 7000 parrocchie della "Chiesa ortodossa dell'Ucraina" – le stime reali sono più vicine al numero reale di "sacerdoti".

Allo stesso tempo, secondo il rapporto del cancelliere della Chiesa ortodossa ucraina, il metropolita Antonij (Pakanich), la Chiesa ortodossa ucraina conta oggi 12.338 parrocchie, quasi il doppio della "Chiesa ortodossa dell'Ucraina". Nel corso di un anno, il numero di templi nella Chiesa è cresciuto di 240. 12.411 sacerdoti svolgono servizio pastorale presso la Chiesa ortodossa ucraina. Pertanto, le parole di Dumenko secondo cui "la nostra Chiesa locale è la più grande organizzazione religiosa in termini di numero e sostegno" sono una vera e propria menzogna.

C'è un altro punto interessante. Dopo aver espresso il numero di monasteri della "Chiesa ortodossa dell'Ucraina", Dumenko non ha parlato del numero di monaci. Perché? Perché in quei luoghi non ci sono quasi monaci.

Secondo il Ministero della Cultura, dal 1 gennaio 2019, il "patriarcato di Kiev" e la "Chiesa ortodossa autocefala ucraina" (poi la "Chiesa ortodossa dell'Ucraina") avevano solo 248 "monaci" in 77 monasteri, ovvero una media di 3,22 "monaci". Per confronto: nella Chiesa ortodossa ucraina ci sono 248 monasteri e 4.609 monaci.

Alla luce di quanto precede, le parole di Dumenko secondo cui la "Chiesa ortodossa dell'Ucraina" è la più grande organizzazione religiosa sembrano estremamente implausibili.

Si possono tacitare anche i dati dei "sondaggi di opinione", secondo cui la metà degli ucraini ortodossi sosterrebbe la "Chiesa ortodossa dell'Ucraina".

La pratica mostra che tutti i sostenitori delle fedi "patriottiche" hanno sempre usato i dati dell'indagine del Centro Razumkov, che sono sempre stati lontani dalla realtà. Ma anche secondo questi studi dubbi, nel 2019, non apparteneva alla "Chiesa ortodossa dell'Ucraina" la metà dei credenti ortodossi (come afferma Epifanij) ma solo il 20% (per confronto, il "patriarcato di Kiev" di Filaret ne avrebbe il 12%, e la "Chiesa ortodossa autocefala ucraina" il 16%).

Potere

Le seguenti parole del patriarca Bartolomeo testimoniano in modo più esplicito la natura politica della "Chiesa ortodossa dell'Ucraina": "Poroshenko non ha fatto sforzi per creare la Chiesa da solo. Lo ha fatto in modo che in Ucraina ci fosse una sola Chiesa unita". Scartiamo le parole patetiche su "una sola Chiesa", il cui inganno abbiamo già esaminato. Cosa rimane? Il riconoscimento che la "Chiesa ortodossa dell'Ucraina" è stata creata da Poroshenko. Ed è davvero difficile dubitarne.

Non è un segreto che le decisioni sulla transizione dei luoghi di culto della Chiesa ortodossa ucraina alla "Chiesa ortodossa dell'Ucraina" sotto la presidenza di Poroshenko sono state prese spesso non dalle comunità religiose ma da quelle territoriali, e per di più con un forte sostegno da parte delle autorità. Nell'ultimo anno abbiamo assistito a dozzine, se non a centinaia, di casi in cui agenti statali sono intervenuti negli affari della Chiesa, violando sfacciatamente la Costituzione (che afferma chiaramente che la Chiesa è separata dallo stato).

In effetti, la "Chiesa ortodossa dell'Ucraina" è emersa solo perché le autorità statali l'hanno voluta nella persona dell'allora presidente. Le ragioni per cui costui ha aderito così energicamente a questo progetto e poi pubblicizzato non meno energicamente sono chiare: la campagna elettorale.

"Esercito. Lingua. Fede" – con questo slogan Poroshenko ha pianificato di diventare presidente per il secondo mandato. Naturalmente, con la parola "fede" intendeva le strutture religiose che sostenevano la sua candidatura – la "Chiesa ortodossa dell'Ucraina" e la Chiesa greco-cattolica ucraina. Come parte delle sue elezioni Poroshenko ha organizzato il cosiddetto "Tomos tour", durante il quale Filaret Denisenko o Epifanij Dumenko portavano il Tomos nelle regioni ucraine nella speranza di ottenere il sostegno dell'elettorato di mentalità nazionalista, ma hanno perso in quasi tutte le regioni. Poroshenko si è assicurato la vittoria su Vladimir Zelenskij solo nella regione di Leopoli dalla popolazione prevalentemente uniate. dopo le elezioni Poroshenko ha perso il suo entusiasmo per il Tomos della "Chiesa ortodossa dell'Ucraina" ed è passato quasi completamente alla cooperazione con la Chiesa greco-cattolica ucraina.

Pertanto, quando Dumenko dichiara che la sua organizzazione non può essere definita "statale", è di nuovo disonesto. Infatti, essendo nata con l'aiuto dello stato, la "Chiesa ortodossa dell'Ucraina" può esistere solo con l'aiuto dello stato.

La mancanza di supporto per Poroshenko da parte del nuovo governo è molto allarmante per Dumenko. Nella stessa relazione, afferma: "Sfortunatamente, recentemente sotto l'influenza dei nostri oppositori, singoli rappresentanti statali nel centro e nelle località, inclusi giudici e forze dell'ordine, hanno apertamente fatto ricorso a pressioni sulle comunità, a fabbricare casi contro dipendenti in buona fede solo perché hanno registrato cambiamenti negli statuti parrocchiali, adottati in conformità alla legge. Usando l'autorità e la posizione, avendo una certa motivazione, tali agenti statali autonomi minano l'autorità dello stato, e provocano l'approfondimento delle incomprensioni interconfessionali".

Tuttavia, questa è ancora una volta menzogna e una manipolazione.

In primo luogo, perché gli statuti della Chiesa ortodossa ucraina sono stati ri-registrati a favore della "Chiesa ortodossa dell'Ucraina" in contrasto con la legislazione dell'Ucraina, sulla base di incontri illegali di comunità territoriali sotto le spoglie di comunità religiose. Membri di tutte le fedi – protestanti, cattolici, uniati e atei – votavano in tali incontri. Ed è proprio a causa di tali ri-registrazioni illegali che sono pendenti cause contro "funzionari obiettori di coscienza".

In secondo luogo, perché finora la "Chiesa ortodossa dell'Ucraina" ha perso la stragrande maggioranza delle controversie. E continua a perderle, in quanto gli scismatici ucraini agiscono in violazione della legge. Questo lo capisce stesso Dumenko. Recentemente ha affermato che "in molte regioni dell'Ucraina, le formalità documentarie delle transizioni delle comunità religiose sono state sospese a causa dell'aspettativa della fine dei processi giudiziari a Vinnitsa". Si scopre che i funzionari hanno paura di violare apertamente la legge dell'Ucraina, ri-registrando le comunità della Chiesa ortodossa ucraina, e quindi stanno aspettando l'esito del caso a Vinnitsa, non è vero?

Ansioso di risolvere rapidamente il problema a suo vantaggio, Dumenko ricorre al suo metodo preferito: chiede "protezione" e sostegno da parte dello stato: "Esortiamo lo stato a rispondere a tali violazioni e consegnare i responsabili alla giustizia al fine di mettere fine a tali manifestazioni. "

* * *

L'anno passato per la "Chiesa ortodossa dell'Ucraina" può essere definito un successo solo per il fatto che hanno ricevuto il sostegno esplicito del Fanar e di potenti forze politiche. Non sono state soddisfatte le aspettative di un riconoscimento precoce da parte di tutte le Chiese ortodosse locali. Inoltre, i vescovi di altre Chiese chiedono sempre più che la "questione ucraina" sia affrontata collettivamente.

Molte Chiese hanno chiarito in modo inequivocabile che non riconosceranno la "Chiesa ortodossa dell'Ucraina". Per quanto riguarda le Chiese che sono entrate in comunione con Epifanij Dumenko, queste hanno gravi divergenze che potrebbero portare a divisioni interne. Alla fine, il Tomos non ha risolto il problema della divisione ucraina, ma l'ha solo esacerbato. Inoltre, si è spostato oltre l'Ucraina causando una scissione tra le Chiese ortodosse locali.

Allo stesso modo, le speranze che i credenti della Chiesa ortodossa ucraina si precipitassero a capofitto tra le braccia degli scismatici ucraini non appena questi ultimi avessero ricevuto il Tomos d'autocefalia dal patriarca Bartolomeo non erano giustificate. Al contrario, nel corso dell'ultimo anno, la Chiesa ortodossa ucraina ha dimostrato non solo la sua fermezza nel sostenere i principi canonici dell'Ortodossia, ma anche la sua vitalità. In effetti, esistendp in condizioni sfavorevoli, in una situazione in cui la Chiesa canonica viene stigmatizzata artificialmente come nemica, continua solo a crescere.

Molti cristiani ortodossi, nel tentativo di essere nel seno della Chiesa ortodossa ucraina canonica, difendono i loro luoghi di culto per molti mesi, costruiscono nuove chiese al posto di quelle sequestrate. Avendo perso il supporto frenetico delle autorità statali, la "Chiesa ortodossa dell'Ucraina" ha fortemente rallentato la sua "crescita" – i sequestri di chiese ora, se si verificano, sono sporadici piuttosto che di massa. Continuano le controversie in merito a quelle comunità che sono state registrate nuovamente in violazione della legge; in alcuni casi anche le organizzazioni internazionali hanno dovuto intercedere per i luoghi di culto della Chiesa ortodossa ucraina (in particolare, le Nazioni Unite hanno bloccato la decisione di sfrattare la congregazione della Chiesa ortodossa ucraina dalla loro chiesa di Ivano-Frankovsk).

Inoltre, la "Chiesa ortodossa dell'Ucraina" si sta allontanando sempre più dall'Ortodossia, tradizionale per l'Ucraina, con l'obiettivo di riformare il culto, il calendario e le pie abitudini del nostro popolo...

Allo stesso tempo, la Chiesa ortodossa ucraina, creata dallo Spirito Santo, continua la sua missione salvifica. Il suo compito principale non è essere più grande degli altri, non è essere più vicina al potere, ma stare con Cristo. Questa è la cosa principale. E noi preghiamo per questo.

 
Quo Vadis, signor Johnson?

Io... credo che... i nostri figli (saranno) un giorno cittadini dello stesso paese mondiale sotto una bandiera che avrà nei suoi quarti la Union Jack e il drappo a stelle e strisce'.

Sir Arthur Conan Doyle, Il nobile scapolo, 1887

Alexander Johnson, o per dargli il suo nome completo, Alexander Boris de Pfeffel Johnson, è nato da ricchi genitori britannici a New York nel giugno 1964, cinquant'anni dopo l'assassinio di Sarajevo nel giugno 1914. Dal 2019 Johnson è primo ministro del Regno Unito. Dando l'impressione di un aristocratico elitario e snob e lontanamente imparentato con la regina Elisabetta II, ha lavorato come giornalista di destra ma è soprattutto un noto opportunista politico. Di certo, non è un uomo del popolo. Come tanti altri politici, crede davvero in qualcosa, a parte se stesso?

Johnson è un biografo del suo idolo, il mezzo americano Winston Churchill, che sembra imitare nella sua andatura. Il suo servile libro The Churchill Factor indica chiaramente chi è il suo modello. Ha cinque o sei o sette figli (lui stesso non sembra essere troppo sicuro di quanti ne abbia generati da varie madri) e tra un lockdown e un altro si diverte a fare feste da ubriaco a Downing Street. Una figura altamente divisiva e controversa all'interno del Regno Unito, amato da pochi e odiato dalla maggior parte, su di lui si fa la seguente battuta:

Qual è la differenza tra Zelenskij e Johnson?

Zelenskij è un buffone che è diventato un politico, mentre Johnson è un politico che è diventato un buffone.

I commentatori più seri pongono la domanda: Johnson è un buffone naturale o finge semplicemente di essere un buffone? O, forse molto probabilmente, è un buffone naturale che finge di essere un buffone ancora più grande?

Naturalmente, la maggior parte delle persone ammetterà che Zelenskij non è mai diventato un politico, ma è rimasto un buffone. Ma questa è un'altra storia.

Nonostante il suo secondo nome di Boris, [1] Johnson è un russofobo fino in fondo, prevenuto come lo era Sir Arthur Conan Doyle (che si guadagnò il suo titolo difendendo l'indifendibile guerra boera – vedi sopra) o qualsiasi altro vecchio imperialista. Come altri rappresentanti con il paraocchi dell'establishment normanno-britannico, Johnson rigurgita i vecchi miti anti-russi vittoriani [2] del "grande gioco", così come quelli nuovi.

Questi ultimi miti includono l'avvelenamento nel 2006 della spia e traditore Aleksandr Litvinenko (chiaramente non un atto dei servizi segreti russi, che avrebbero agito in modo da non essere identificati) e gli avvelenamenti della famiglia Skripal del 2018 nel centro militare dell'establishment britannico a Salisbury (e la successiva censura del caso e i rapimenti del padre e della figlia effettuati dall'MI5). Questi avvelenamenti erano dovuti a un'orrenda sostanza che si trovava, forse unicamente sulla terra, nell'impianto altamente segreto di armi chimiche di Porton Down, a sole sei miglia da Salisbury. Che l'MI5 e il suo braccio assassino del SIS (100 omicidi in media all'anno) con i suoi numerosi mercenari sudafricani ne potessero essere i responsabili non sarebbe mai stato ammesso dalla piccola mente di Johnson.

Johnson non sa che l'MI5 e l'MI6 sono noti per le loro risorse (...o pesi morti?) sottopagati e non troppo brillanti, con i loro secondi lavori come corrispondenti della BBC. Sono perfettamente in grado di fare fiasco con qualsiasi operazione di insabbiamento, imbiancatura o false flag, come la recente farsa britannico-ucraina a Bucha (un luogo scelto solo perché suona molto simile alla parola inglese 'butcher', ovvero macellaio). Lì un cadavere si è miracolosamente alzato e se ne è andato non appena ha pensato che la telecamera fosse passata. Solo che non era così.

Tuttavia, Johnson è probabilmente meglio conosciuto per la Brexit. Dal momento che i grandi del partito Tory, sostenuti da avidi industriali e mercenari dei media, avevano costretto in modo antidemocratico il Regno Unito alla camicia di forza della Comunità Economica Europea nel 1973, presumibilmente era giusto che fossero loro a liberarne il Regno Unito nel 2020. L'Unione Europea è comunque un'organizzazione fallimentare. Ma dove va il Regno Unito dopo l'Unione Europea? Tutti ricordano le sinistre parole di Dean Acheson nel 1962 secondo cui "La Gran Bretagna ha perso un impero e non ha ancora trovato un ruolo". Sessant'anni dopo, nel 2022, la risposta iniziale e molto tardiva di Johnson dopo il divorzio disfunzionale tra Regno Unito e Unione Europea è stata la "Global Britain". Dopo la sua recente umiliazione in tentativi di trattative commerciali nell'India (che, cosa non sorprendente, è anti-colonialista e, altra cosa non sorprendente, è filo-russa), forse anche lui si è finalmente reso conto che la "Gran Bretagna Globale", meglio conosciuta nella storia come "Impero Britannico", è finita... e, tra l'altro, neppure quella aveva funzionato...

Così, reduce dal suo fiasco indiano, Johnson ha annunciato la sua ultima fantasia, segnalata in Italia il 27 maggio, che è un'alternativa all'UE. (Non ha mai sentito parlare dell'alternativa britannica al Mercato Comune di sessant'anni fa – l'EFTA? Anche quella era stata un fallimento). Ad ogni modo, il suo ultimo piano stravagante è un'alleanza militare e commerciale, guidata ovviamente dal Regno Unito, con l'Ucraina, la Polonia, i Paesi baltici e "forse più tardi la Turchia". Come la maggior parte dei concetti di Johnson, il concetto è ridicolo. (Forse è stata quell'altro famoso genio, Liz Truss, che vuole che l'Organizzazione del Trattato del Nord Atlantico venga estesa al Pacifico – un oceano è molto simile a un altro, dopotutto – ad aiutarlo a tirar fuori quest'idea?).

Qualcuno dovrebbe dire a Johnson che l'Ucraina è in bancarotta e non esiste più in quanto tale e che la popolazione complessiva dei Paesi baltici è solo di quattro milioni. Questo perché la maggior parte dei lettoni e lituani sotto i 40 anni è stata obbligata a emigrare nell'Unione Europea per lavorare come schiavi retribuiti per sopravvivere, dopo che la Germania aveva comprato per quattro soldi e poi chiuso le loro industrie. (A proposito, dal momento che i tre Paesi baltici non hanno aerei da combattimento, la NATO vi staziona un numero tra i quattro e gli otto caccia ma, cosa più terrificante di tutte, la Gran Bretagna ora ha 1.700 soldati e non meno di 18 carri armati per proteggere l'Estonia; chiaramente una minaccia enorme all'esercito russo forte di un milione di effettivi, di due milioni di riservisti e di 15.398 carri armati). Per quanto riguarda i polacchi, che ricordano sempre come la Gran Bretagna svendette la Cecoslovacchia nel 1938, e poi ha declinato galantemente di inviare le sue forze armate per proteggerli dalle orde naziste nel 1939, questi hanno comunque già fatto del polacco la seconda lingua parlata nella Gran Bretagna. [3] Cosa c'è ancora da guadagnare lì? Per quanto riguarda il 'forse più tardi la Turchia', il sultano ottomano Erdoğan ha idee diverse...

Johnson è nella migliore delle ipotesi un buffone impacciato e balbettante in uno spettacolo comico interpretato da un primo ministro temporaneo di quello che nella migliore delle ipotesi può essere chiamato DK, o il Regno Disunito. Disunito perché la trentennale guerra coloniale contro l'unità nell'Irlanda del Nord, con i suoi 3.500 morti, si è conclusa quasi 25 anni fa, perché chiaramente ci sarà finalmente un ritorno a lungo ritardato all'Irlanda Unita e alla giustizia. E la Scozia tornerà ad essere un paese indipendente, come lo era prima che la sua élite dominante fosse corrotta dalla City di Londra per unirsi all'Inghilterra e al Galles nel 1707. Il Galles potrebbe quindi seguire la stessa strada della Scozia.

Da qui in poi, il governo interno e quindi la libertà per i tanto provati 56 milioni di persone dell'Inghilterra, che vedranno la tanto attesa fine dell'establishment britannico imposto dal 1066, con la sua millenaria perfidia normanna e, finalmente, un Parlamento nazionale inglese democratico. Allora un'Inghilterra sovrana potrebbe finalmente prendere il suo posto come un'altra delle 200 nazioni abbastanza ordinarie del mondo, e tutte le pretese imperiali britanniche del tutto superflue potrebbero essere rimesse al loro posto, nella pattumiera della storia.

Nei panni del barboncino biondo, spettinato e sovrappeso di Washington, Johnson, nato a Manhattan, abbaia a favore degli Stati Uniti, che lo tengono debitamente impegnato lanciandogli dei bastoncini dietro a cui correre, cosa che è felice di fare. Ma niente di nuovo qui, i primi ministri del Regno Unito hanno corso con entusiasmo, ansimando, scodinzolando e riportando bastoncini ricoperti di saliva ai loro padroni statunitensi. È stato così da quando ebbe inizio l'occupazione statunitense del Regno Unito, sette settimane dopo Pearl Harbor (potrebbe essere un indizio sul perché ciò sia davvero successo?), ottant'anni fa, nel gennaio 1942, con il primo di due milioni di truppe statunitensi di occupazione. Subito dopo, molti britannici furono manipolati per comportarsi come cowboy, guardare film americani, masticare gomme, bere coca-cola, mangiare cibo spazzatura, indossare jeans, ballare e cantare canzoni con accenti americani. Era chiaramente l'inizio della fine, se possiamo contraddire l'osservazione di Churchill del novembre 1942.

Ma non abbiamo ancora risposto alla nostra domanda: dove sta andando, signor Johnson?

Con il Regno Unito che crolla (non una questione di se, ma di quando), con l'Unione Europea che crolla (non una questione di se, ma di quando), con gli USA che crollano (non una questione di se, ma di quando), tra le doglie del parto nuovo mondo multipolare, creato dall'Occidente attraverso il suo tragico zampino di gatta dell'Ucraina che crolla, ci chiediamo: Quo vadis, mondo occidentale?

Quali che siano le sue spacconate, signor Johnson, il fatto è che ci stiamo dirigendo tutti verso un Nuovo Ordine Mondiale, e non è quello che lei e la sua élite avete sognato. È quello che era nei suoi incubi, quelli in cui lei non è più un barboncino, ma dove il barboncino è il suo padrone. E quanto a lei, forse ha più cose in comune con Zelenskij di quanto pensasse: un invito all'esilio in una gabbia dorata per buffoni in Florida. Yankees e risorse della CIA, tornatevene a casa. E prendetevi con voi tutti gli aspiranti yankees, i traditori e le armi nucleari, non vogliamo che sporchino e inquinino le nostre coste.

Oh, e non si preoccupi di lasciarci il suo numero. L'Europa appena liberata, dall'Atlantico agli Urali, non la chiamerà. Saremo impegnati in un caffè a Vienna a pianificare la nostra futura casa europea comune, il commercio e la sicurezza nella nuova Confederazione dell'Europa Sovrana, Mosca, San Pietroburgo, Helsinki, Stoccolma, Varsavia, Praga, Vienna, Budapest, Bucarest, Atene, Berlino, Parigi, Londra, Madrid e Roma, quell'Europa che abbiamo perso nel 1914, ricorda? Addio per sempre, signor Johnson. Si goda i gangster di Miami.

Note

[1] A Johnson è stato dato il secondo nome di Boris a causa di un amico di famiglia, un emigrato russo.

[2] C'è una curiosa connessione di denominazione russa tra Alexander Boris Johnson e la regina Vittoria. Il nome di battesimo della regina Vittoria era in realtà Alexandrina, così chiamata in onore del suo padrino, il vincitore di Napoleone, lo tsar Alessandro I di Russia. Tuttavia, a causa della sua acuta russofobia, preferì usare il suo secondo nome, Victoria. Pertanto, l'età vittoriana avrebbe dovuto essere chiamata l'età alessandrina, dal nome dello tsar russo. Inoltre, per una curiosa svolta del destino, anche la nipote prediletta di Vittoria si chiamava Aleksandra. Fu la tsaritsa Aleksandra, l'ultima imperatrice di Russia, uccisa dopo che "andò storto" lo spettacolo orchestrato dagli inglesi, la rivolta di palazzo del febbraio 1917 a San Pietroburgo, e dopo che marxisti sionisti come Lenin e Trotskij furono inviati dal mondo occidentale e subentrarono agli aristocratici russi pasticcioni e anglofili. Grazie ancora all'MI6 per la sua brillante ingerenza, pianificazione e lungimiranza.

[3] https://www.ukpopulation.org/england-population/. A proposito, la seconda lingua dell'Ucraina è l'ucraino.

 
Superati gli 80.000 visitatori del sito

L'arrivo della primavera ci ha portato oltre il traguardo degli 80.000 accessi unici al nostro sito, che prevedevamo di raggiungere allo scadere dei due anni dal rinnovo del sito (22 maggio), quindi con circa due mesi di anticipo. Il numero quotidiano di visitatori è in lento e costante aumento, e la cosa ci incoraggia a continuare a presentare materiale utile ad approfondire la conoscenza della Chiesa ortodossa. A tutti quelli che hanno contribuito e che contribuiscono a questo cammino, sia con segnalazioni sia usufruendo di ciò che mettiamo a disposizione, un grazie di cuore.

 
La missione ortodossa giamaicana lascia Costantinopoli per la ROCOR

foto: Facebook

Le parrocchie della missione ortodossa giamaicana hanno votato per unirsi alla Chiesa ortodossa russa fuori dalla Russia e stanno per essere ricevute.

La missione è iniziata il 24 aprile 2015, come Sacra arcidiocesi ortodossa in Giamaica, un vicariato della metropolia greco-ortodossa del Messico, nel Patriarcato di Costantinopoli. La missione è stata istituita in risposta agli sforzi di un giovane giamaicano, Moses Myers, ex membro di una denominazione pentecostale che si è convertito all'Ortodossia nel marzo 2014.

Come Myers ha detto a OrthoChristian.com, la Missione giamaicana è composta da due parrocchie missionarie di cui 15 fedeli ortodossi battezzati e cresimati, 7 catecumeni e oltre 30 interessati. La missione sta attualmente lavorando per stabilire altre comunità in tutta l'isola.

Sabato 1 giugno, il gruppo principale dei parrocchiani di entrambe le parrocchie si è riunito per discutere dello stato attuale della missione. Discussioni precedenti si stavano svolgendo da gennaio. Alcune delle preoccupazioni sollevate includevano fattori interni ed esterni che avevano influenzato negativamente la missione per un lungo periodo di tempo, uno dei quali era la necessità di un sacerdote a tempo pieno.

Altre preoccupazioni derivavano dal fatto che al di fuori di Kingston non vi era alcun lavoro per fondare un'altra parrocchia nel nord. C'erano anche preoccupazioni riguardo alle attuali tensioni che si stanno formando nel mondo ortodosso, specialmente all'interno del Patriarcato di Costantinopoli.

Domenica 8 dicembre si è tenuta una riunione congiunta di entrambe le parrocchie per discutere delle preoccupazioni sul sacerdote che prestava servizio in quel momento. Inoltre, sono state nuovamente sollevate preoccupazioni in merito alla missione stessa, poiché si riteneva che, nonostante gli sforzi compiuti da alcuni individui per mantenere la missione a galla, la missione fosse stata trascurata nel corso degli anni dalla metropolia del Messico. Pertanto, la raccomandazione di trasferire la missione in un'altra giurisdizione è stata ripresa e si è deciso che la questione sarebbe stata attentamente esaminata da tutti, in attesa di una decisione finale.

Il 15 dicembre, entrambe le comunità del nord e del sud hanno concordato all'unanimità il trasferimento della missione alla ROCOR.

Il metropolita Hilarion ha incaricato vladyka Luke di Syracuse, vicario della diocesi dell'America orientale, di ricevere la missione nella ROCOR, e il processo è già iniziato, come ha spiegato Myers.

Numerosi sacerdoti della ROCOR hanno già indicato la volontà di visitare e assistere la Missione e la Chiesa sta lavorando per trovare un sacerdote permanente. La ROCOR ha assistito la missione sin dall'inizio, inviando libri, CD e altro materiale.

La missione è stata servita da numerosi sacerdoti in visita sin dalla sua fondazione.

 
Le pressioni sulla Chiesa ortodossa ucraina continueranno dopo il Concilio?

i nemici della Chiesa la lasceranno in pace dopo il Concilio? Foto: Unione dei giornalisti ortodossi

Il Concilio della Chiesa ortodossa ucraina ha dichiarato la sua piena autonomia e indipendenza. Come hanno reagito a questo i nemici della Chiesa, e cosa aspettarsi in seguito?

Dopo il Concilio della Chiesa ortodossa ucraina, è già passato abbastanza tempo per capire la reazione alle sue decisioni di coloro che cercano di bandire e distruggere la Chiesa canonica. A sua volta, l'analisi di questa risposta consente di concludere se l'effettiva persecuzione della Chiesa proseguirà nel prossimo futuro o se gradualmente verrà meno.

La risposta della "Chiesa ortodossa dell'Ucraina" al Concilio

Com'era prevedibile, è stata negativa.

Il 31 maggio 2022 Dumenko ha convocato un intero "Sinodo" per criticare il Concilio della Chiesa ortodossa ucraina. A loro avviso, il Concilio non ha condannato abbastanza fermamente la posizione del patriarca Kirill sulla guerra in Ucraina e non "gli ha avanzato richieste di cambiare tale posizione". Non c'è dubbio che se i partecipanti al Concilio avessero commentato ancora più duramente la posizione del primate della Chiesa ortodossa russa, la "Chiesa ortodossa dell'Ucraina" sarebbe rimasta ancora insoddisfatta.

Dumenko si è pronunciato anche sul dialogo con la Chiesa ortodossa ucraina: "Da parte nostra, riaffermiamo che tale dialogo dovrebbe iniziare senza precondizioni o ultimatum. Ci aspettiamo proposte concrete dall'altra parte riguardo ai primi passi del dialogo e alla nomina dei responsabili del dialogo".

Ricordiamo che al Concilio della Chiesa ortodossa ucraina sono state espresse proprio queste "proposte concrete": un dialogo è possibile a condizione che i luoghi di culto della Chiesa ortodossa ucraina non siano più sequestrati e che i "vescovi" della "Chiesa ortodossa dell'Ucraina" siano riordinati da ierarchi legittimi. Tuttavia, Dumenko considera ovviamente tali proposte inaccettabili. In altre parole, la "Chiesa ortodossa dell'Ucraina" non ha intenzione di ritirare i suoi predoni, tanto meno di riordinare i suoi laici in vesti episcopali.

Inoltre, i "sinodali" hanno espresso rammarico per il fatto che lo Statuto modificato della Chiesa ortodossa ucraina, che rifletterebbe i cambiamenti che confermano la sua indipendenza dalla Chiesa ortodossa russa, non sia stato ancora pubblicato. Per questo motivo, dicono, il nuovo status della Chiesa ortodossa ucraina non è per loro ovvio.

Inoltre, l'ultima tesi ha causato solo sconcerto: perché allora si è riunito il "Sinodo" della "Chiesa ortodossa dell'Ucraina"? Per affermare che il nuovo Statuto non è stato ancora pubblicato? Non sarebbe più facile esprimere giudizi una volta pubblicato il documento?

In generale, possiamo dire con certezza: il Concilio della Chiesa ortodossa ucraina è un duro colpo per la struttura di Dumenko. Ora non avranno argomenti per criticare la Chiesa canonica e per organizzare "transizioni" verso la loro struttura.

La risposta dei nemici della Chiesa ortodossa ucraina negli uffici governativi

Ancora più negativa è stata la reazione dei funzionari statali che hanno avviato il divieto della Chiesa ortodossa ucraina sia a livello di governo locale che a livello nazionale. Facciamo due esempi.

Oksana Savchuk, membro del partito Svoboda e autrice dell'odioso disegno di legge 7204, che prevede una versione dura del divieto della Chiesa ortodossa ucraina e della confisca di tutti i beni ecclesiastici, ha risposto al Concilio della Chiesa ortodossa ucraina nel modo seguente: "Le manovre della Chiesa di Mosca in Ucraina non funzioneranno. Gli agenti dell'FSB in tonaca stanno cercando di creare una 'cortina fumogena'. Ma non funzionerà!"

screenshot della pagina Facebook di Oksana Savchuk

Inoltre, pochi giorni dopo il Concilio della Chiesa ortodossa ucraina, ha chiesto alla Rada di prendere in considerazione il suo disegno di legge. Secondo Savchuk, il capo del Comitato della Verkhovna Rada per la politica umanitaria e dell'informazione N. Poturaev le ha promesso di farlo.

Ha anche annunciato un accordo per creare una "Commissione parlamentare investigativa temporanea per indagare sui fatti di cooperazione tra uomini di chiesa e invasori russi. Le forze dell'ordine devono essere più attive nell'assicurare alla giustizia i collaborazionisti in tonaca. Ci sono stati molti casi negli ultimi tre mesi, ma pochi procedimenti penali".

Con queste parole Savchuk ha denunciato se stessa, perché se ci fossero stati casi del genere durante i tre mesi di guerra, allora ci sarebbero molti procedimenti penali, ma non ce n'è nessuno, almeno, nessuno ha mai menzionato tali precedenti.

Savchuk conclude questo post con il seguente appello: "Non abbiamo tempo per cercare a lungo una soluzione su come neutralizzare l'influenza del Patriarcato di Mosca. Dobbiamo farlo il più rapidamente e legalmente possibile".

In primo luogo, ciò in linea di principio non può essere fatto "legalmente", poiché la messa al bando della Chiesa ortodossa ucraina costituirebbe una violazione del principio costituzionale di separazione della Chiesa dallo Stato, nonché una violazione del diritto costituzionale alla libertà di coscienza. Qualsiasi tribunale europeo (se l'Ucraina vuole entrare nell'Unione Europea, giusto?) lo chiarirà abbondantemente a Oksana Savchuk.

In secondo luogo, il fatto che Savchuk metta fretta a tutti per adottare una legge che mette al bando la Chiesa ortodossa ucraina mostra chiaramente che le decisioni del Concilio della Chiesa ortodossa ucraina del 27 maggio 2022 tolgono il terreno sotto i piedi dei nemici della Chiesa ortodossa ucraina che vogliono distruggere la Chiesa canonica. Del resto, sia dal punto di vista fattuale che giuridico, non vi sono motivi per vietare le attività della Chiesa. Ora non è affatto in relazione con la Chiesa ortodossa russa, se non per l'unità eucaristica, di cui si è già parlato sopra. Tuttavia, questo settore non è affatto di competenza degli organi statali.

Per mostrare la reazione delle autorità locali, citiamo le dichiarazioni del capo del Concilio regionale di Rovno, Sergej Kondrachuk, che ha "guadagnato notorietà" ai tempi del "tomos", quando si impadroniva dei luoghi di culto della Chiesa ortodossa ucraina con le sue mani.

Poco dopo il Concilio, Kondrachuk si è indignato per la formulazione "sbagliata", dal suo punto di vista, della condanna della guerra e della posizione del patriarca Kirill, e ha concluso con le parole: "Questa struttura in Ucraina deve essere liquidata".

Pochi giorni dopo, Kondrachuk ha pubblicato il testo del suo discorso in un'audizione al Comitato per la politica umanitaria e dell'informazione della Verkhovna Rada. Lì ha chiesto l'adozione di una legge che vieti la Chiesa ortodossa ucraina in tutta l'Ucraina e ha chiesto all'amministrazione militare regionale di Rovno di annullare "secondo la procedura stabilita dalla legge, gli statuti e la registrazione statale delle comunità religiose della Chiesa ortodossa ucraina (PM) sul territorio della regione di Rovno".

È molto triste che un funzionario statale di questo livello non conosca le disposizioni della legge "Sulla libertà di coscienza e le organizzazioni religiose", che prevedono solo due modi per porre fine alle attività delle comunità:

  • sulla base di una propria decisione o di una decisione del tribunale;

  • in caso di attività illegali.

Cioè, bandire le chiese non rientra nelle competenze dell'amministrazione militare, così come di altri organi statali. Solo un tribunale può farlo. A proposito, Vasilij Dorosh, capo del Dipartimento per le religioni e le nazionalità del Dipartimento per la cultura, le nazionalità e le religioni dell'amministrazione militare regionale di Leopoli, ha affermato che le comunità locali non hanno l'autorità per vietare le attività delle organizzazioni religiose.

Inoltre, proprio come Savchuk, il capo del Concilio regionale di Rovno si è dimenticato dei casi penali: "Nel 2019 sono stato testimone di procedimenti penali contro i leader del Patriarcato di Mosca nella regione di Rovno. Un procedimento penale contro di loro è stato avviato in base a diversi articoli, uno dei quali riguarda l'alto tradimento. <...> Purtroppo, dopo le elezioni presidenziali del 2019, non so quale sia la sorte di questi casi penali. <...> Concludo che il caso non si è concluso con vere e proprie condanne".

Per questo, possiamo dire che se ci fosse stata una vera base di prove in questi casi, allora sarebbero finiti in tribunale molto tempo fa e il tribunale avrebbe emesso i verdetti appropriati. Ma il fatto che tali sentenze non esistano dimostra ancora una volta che questi casi non avevano prospettive di contenzioso.

Il 30 maggio 2022, Kondrachuk ha pubblicato un post molto rivelatore secondo cui i deputati di Eurosolidarietà, Svoboda, il partito di Ljashko e altri avrebbero chiesto una sessione per vietare le attività della Chiesa ortodossa ucraina, il cui centro si trova nella capitale del paese occupante.

screenshot della pagina Facebook di Sergej Kondrachuk

Cioè, dopo che il Concilio della Chiesa ortodossa ucraina ha rimosso tutti i riferimenti alla Chiesa ortodossa russa dal suo Statuto, i deputati di Rovno si sono riuniti per bandire un'organizzazione religiosa, "il cui centro di governo si trova nella capitale del paese occupante". Mi chiedo che tipo di organizzazione religiosa avessero in mente?

Degna di nota è anche la composizione delle forze politiche che hanno avviato l'incontro sulla questione del bando della Chiesa ortodossa ucraina. In primo luogo c'è Eurosolidarietà, ma non ci sono rappresentanti del partito filo-governativo Servo del Popolo. Ciò conferma l'ipotesi fatta nell'articolo "Chi si profila dietro i divieti locali della Chiesa ortodossa ucraina?", secondo cui potrebbe esserci una lotta politica tra i partiti dietro la campagna per vietare la Chiesa ortodossa ucraina a livello di amministrazioni locali, in cui alcuni partiti danneggiano deliberatamente la situazione politica interna del Paese.

Sequestri di chiese: c'è stata una svolta?

Dopo il Concilio, si fomentano ancora conflitti attorno ai luoghi di culto della Chiesa ortodossa ucraina, che le autorità stanno cercando di trasferire nella struttura del Dumenko, ma è più probabile che ciò avvenga per inerzia.

Il 29 maggio 2022, nel villaggio di Glinsk, durante una processione con l'icona miracolosa di san Spiridione di Trimitunte, i sostenitori della "Chiesa ortodossa dell'Ucraina" hanno inscenato una provocazione gridando "vergogna!" ai credenti della Chiesa ortodossa ucraina!

Lo stesso giorno, nel villaggio di Popel'nja, nella regione di Zhitomir, i fedeli della chiesa di san Nicola hanno dovuto difenderla dai predoni dopo molte ore di veglia di preghiera.

veglia di preghiera della Chiesa ortodossa ucraina a Popel'nja. Foto: zhytomyr-eparchy.org

Sempre il 29 maggio 2022, durante la Liturgia, i sostenitori della "Chiesa ortodossa dell'Ucraina" hanno fatto irruzione nella chiesa di san Michele nella città di Rozhishche (diocesi della Volinia) e hanno chiesto che la chiesa fosse trasferita alla "Chiesa ortodossa dell'Ucraina".

D'altra parte, ora ci sono altri messaggi. A Ivanychi in Volinia, l'incontro di "transizione", previsto per il 29 maggio, non ha avuto luogo. Ci sono anche casi in cui dei sacerdoti, che prima sono caduti in scisma, tornano alla Chiesa ortodossa ucraina con le loro parrocchie.

Conclusioni

Le decisioni del Concilio della Chiesa ortodossa ucraina sono un duro colpo per le posizioni sia della "Chiesa ortodossa dell'Ucraina" che dei politici anti-ecclesiali. I dumenkoviti non hanno più argomenti per organizzare "transizioni" di luoghi di culto della Chiesa canonica. Lo stesso vale per i politici: ora non ci sono motivi per cui progetti di legge e decisioni parlamentari (illegali di per sé) mettano al bando la Chiesa ortodossa ucraina.

Questo significa che queste persone rinunceranno ai loro tentativi? Certamente no, continueranno a combattere la Chiesa ortodossa ucraina per distruggerla del tutto. Nessuno stato, nessuna giurisdizione ha nulla a che fare con questo. Bisogna capire che ci saranno sempre coloro per i quali l'esistenza della Chiesa di Cristo è un dito in un occhio. Quindi sfrutteranno ogni opportunità per affrontarla.

Tuttavia, le decisioni del Concilio della Chiesa ortodossa ucraina non lasciano argomenti a coloro che stanno cercando di distruggerla. Se le autorità non agiranno in modo arbitrario e contro la legge, creando nuovi conflitti artificiali all'interno del Paese, l'attuale persecuzione della Chiesa ortodossa ucraina si svuoterà gradualmente, anche se durerà per qualche tempo per inerzia.

Oggi si ritiene che l'oscillazione della situazione all'interno della Chiesa ortodossa ucraina sia il pericolo principale. Ora sono aumentati notevolmente i blogger e i fecdeli "pii", che incitano all'inimicizia e all'odio nei confronti dei partecipanti al Concilio, insultano il primate della Chiesa ortodossa ucraina e così via. È del tutto possibile che siano spinti da zelo e buone intenzioni, ma dobbiamo ricordare che il nostro compito principale non è cercare di salvare la Chiesa, ma di fare ogni sforzo per essere salvati nella Chiesa, di rimanerle fedeli e di non tradirla nei tempi difficili.

 
Perché non dovreste convertirvi all'Ortodossia

Con tanti discorsi sul fenomeno delle conversioni all’Ortodossia, forse un testo dedicato al perché NON convertirsi può far alzare qualche sopracciglio: eppure, bisogna ammettere che esistono motivi sbagliati per le conversioni, così come esistono motivi sbagliati per fare pressoché qualsiasi cosa (giusta o sbagliata che sia) nel mondo.

Analizziamo perciò queste ragioni sbagliate nel testo preparato da Gabe Martini sul suo blog On Behalf of All, e che presentiamo in traduzione italiana nella sezione “Pastorale” dei documenti.

 
Ai cattolici tradizionalisti

Fatemi riassumere... perché la Chiesa sia valida, avete bisogno di un capo supremo che chiamate il papa, perché tutti sanno che bisogna avere un'autorità finale a cui fare riferimento. Tuttavia, voi dite che il papa, l'autorità finale e il vicario di Cristo, sta facendo a pezzi la Chiesa e la sta rovinando, così ritenete accettabile insultarlo personalmente perché non governa nel modo che voi ritenete accettabile.

E poi chiamate noi ortodossi confusi...

Ora, questo è interessante. Perché dovrebbe essere considerato 'ecclesiologia cattolica romana' l'impulso a diventare un sedevacantista, piuttosto che riconoscere che i problemi del papato cattolico romano sono endemici nell'ufficio come tradizionalmente concepito (che in questo contesto suppongo significhi pre-Vaticano II, non pre-scisma)? Voi non vi permettete di rimuovere i papi che insegnano eresie, perché a partire dall'innovazione dell'infallibilità tale rimozione è stata resa impossibile. Quindi quando arriva qualcuno che impone una nuova dottrina o una nuova idea sulla vostra comunione, la vostra reazione non è: "convochiamo un concilio per deporre questo tizio per aver introdotto novità contro la fede", ma invece dite che il "vero" papa deve essere altrove. Certo, per noi lo è (ne abbiamo uno ad Alessandria), ma mi sembra strano. Voi peggiorate le cose, perché preservate un'ecclesiologia che genera ulteriori scismi piuttosto che approfittare della vostra situazione per considerare come essa potrebbe rimodellare il vostro modo di relazionarvi con la Chiesa, quindi rimanete bloccati a giocare alla "roulette russa dei papi" (forse ne avrete uno buono, forse ne avrete uno cattivo... basta tirare il grilletto per scoprirlo, e se finisce per farvi esplodere le cervella, potete semplicemente correre verso la sicurezza della SSPX o cose simili), anche se pensate di esservi liberati schierandovi con altre persone a cui non piace papa Francesco.

C'è stato un tempo in cui i nuovi dogmi generalmente accettati dai tradizionalisti erano essi stessi le proverbiali gocce che facevano traboccare il vaso per quanto riguarda la nascita di altri scismi (per esempio, i "vecchi cattolici" che si sono formati in opposizione all'infallibilità papale). Suppongo che se papa Francesco riuscirà a ricreare la Chiesa cattolica romana, ci sarà un momento nel futuro in cui tutti coloro che sono rimasti nella maggioranza della Chiesa cattolica romana ci diranno, come fanno i tradizionalisti di oggi riguardo alle innovazioni da loro accettate come vera dottrina, che il nuovo dogma un tempo controverso è ciò in cui hanno sempre creduto, e le prove di ciò che è accaduto prima saranno messe da parte, nascoste, ecc. Certo, è triste, ma d'altra parte da una prospettiva ortodossa io non posso fare a meno di chiedermi perché venga incolpato papa Francesco per aver rovinato la Chiesa cattolica romana, e non i molti, molti, molti altri papi che hanno anch'essi dichiarato ai loro tempi ciò che ritenevano opportuno. È essenzialmente all'opera lo stesso fenomeno, e tutto si riassume in così tanto potere concentrato in un solo uomo e nelle mitologie che circondano una specie di ufficio "petrino" che rende tale uomo indiscutibile... fino a quando fa o dice qualcosa che non mi piace.

Strano. Avrei pensato che se fosse sbagliato per papa Francesco esagerare nel suo tentativo di rifare la Chiesa a sua immagine, sarebbe altrettanto sbagliato che lo avessero fatto i suoi predecessori, nel 1054 o in qualunque anno è successo qualcosa che non piace a noi. Mah, suppongo che Roma e la coerenza non vadano d'accordo, a meno che non si tratti della coerenza nell'indistruttibile convinzione dell'ecclesiologia romana che in qualche modo permette a un uomo di distruggere la Chiesa, ma non le credenze sul suo ufficio, che permettono a quell'uomo di distruggere la Chiesa. Hmmm... Grazie a Dio per l'Ortodossia.

 
L'operazione molto speciale

L'operazione speciale in Ucraina ha portato al culmine lo scontro tra la Russia e i paesi occidentali, guidati dagli Stati Uniti. Le battaglie sono in corso non solo nei vasti spazi dell'Ucraina, ma anche nella sfera economica, politica e culturale. Lo stile degli anglosassoni non è cambiato da secoli. E così oggi continuano a dettare le loro condizioni al mondo, calpestando rozzamente i diritti sovrani degli Stati.

Nikolaj Patrushev, segretario del Consiglio di Sicurezza della Federazione Russa, 3 giugno 2022

Quello che la crisi ucraina ci ha mostrato è che…. l'Occidente è isolato dal resto del mondo e questo è un campanello d'allarme per il presente e soprattutto per il futuro.

Silvio Berlusconi, Il Giornale, 4 giugno 2022

Introduzione

Come sacerdote ortodosso russo e come storico della cultura, che ha vissuto in diversi paesi dell'Europa occidentale e orientale, tra cui Russia e Ucraina, non posso non provare un grande dolore per gli eventi che si svolgono oggi. Ma sento anche una grande speranza. Il processo di barbara ingiustizia che è iniziato nel 1914 e che ha posto fine alla vecchia Europa e ha attraversato ogni sorta di date fatali, 1917, 1929, 1939, 1945, 1968, 1989, 1991, 2014, per citarne solo alcune, ora si sta ulteriormente dispiegando nel raggiungere un crescendo globale. Come ha affermato Nikolaj Patrushev, l'operazione speciale non è solo un evento militare, è qualcosa di molto, molto più profondo, è militare, politico, economico e culturale. Ecco perché c'è voluto così tanto tempo, otto anni, per portare a termine gli accurati preparativi necessari per l'operazione, vista l'elevata probabilità che l'Occidente si rifiuti di scendere dal trono della sua arroganza e sia disposto a negoziare come fanno le persone ragionevoli.

Autodistruzione militare

Dal momento che l'Occidente si è rifiutato di negoziare, il campo di battaglia è per ora l'ultra-militarizzata Ucraina orientale. Tuttavia, la guerra non è tra fratelli ucraini e fratelli russi, ma tra Washington con i suoi vassalli della NATO e dell'Unione Europea e Mosca con i suoi alleati del Donbass. Non c'è dubbio che la Russia vincerà in Ucraina, poiché ha una completa superiorità aerea e navale. L'est e il sud dell'Ucraina, di lingua russa, la Novorossija, parte della Russia fino al 1922, viene liberato da un piccolo corpo di spedizione dell'esercito russo insieme alle truppe locali. Tuttavia, l'operazione non era mai stata programmata per essere breve, la maggior parte sapeva che ci sarebbero voluti mesi e forse, a causa di una possibile ingerenza della NATO, un anno o più.

La guerra è più lunga perché l'esercito di Kiev si è preparato per otto lunghi anni. Ha costruito trincee e fortificazioni, armandosi con un'enorme quantità di materiali e armi della NATO, che le forze armate russe sono costrette a distruggere, insieme ai nazisti ucraini, ai mercenari occidentali e agli istruttori della NATO. Da questo conflitto nascerà una nuova Ucraina. Forse si chiamerà ancora una volta Malorossija ['Piccola Russia', ndt] o forse manterrà il suo nome di 'Terra di confine' ["u-kraina" = "sul-confine', ndt]. In ogni caso sarà un paese piccolo, con una popolazione di circa 15 milioni di abitanti, incentrato su Kiev. Qualunque sia il suo nome, sarà effettivamente il Protettorato di Kiev, parte di uno Stato dell'Unione con la Federazione Russa, la Bielorussia e probabilmente altri paesi.

Morte politica

Si sono rivelati coloro che si oppongono all'operazione speciale e alle sue conseguenze. I russi e altri traditori in mezzo a noi, di cui abbiamo continuamente avvertito e non siamo stati ascoltati, si sono mostrati. Molti, anche se non tutti (anche se qui non faremo i nomi), sono scappati dalla Russia e altrove sono stati allontanati. Non hanno capito le parole che la lotta in Ucraina è 'metafisica'. Gli oligarchi e tutti coloro che apprezzano soprattutto i dollari e l'approvazione delle istituzioni occidentali non lo capiranno mai: che abbiamo valori che sono più alti dell'oro. Oggi i sette miliardi di abitanti del mondo non occidentale si confrontano con il miliardo d'abitanti del mondo occidentale. Tutte le fondazioni internazionali, l'ONU, il FMI, l'OMS ecc., saranno ricostituite. Perché almeno alcune di loro non dovrebbero avere il quartier generale in Russia? O a San Pietroburgo, o a Ekaterinburg, o in Crimea?

L'ONU, forse da ribattezzare 'Unione dei Popoli' o qualcosa di simile, dovrebbe essere sostenuta dalle più grandi nazioni di tutti i continenti e civiltà: Cina, India, Indonesia, Pakistan, Brasile, Nigeria, Bangladesh, Russia, Messico, Giappone, Etiopia, Filippine, Egitto e Vietnam. Forse ci sarebbero altre nazioni che devono ancora essere riformate dalle reliquie del presente. Per esempio, alla conclusione finale di questa operazione speciale, non vi è alcun motivo per cui gli USA o l'Unione Europea debbano continuare a esistere. Una volta che saranno crollati, saranno stati denazificati e riformati, allora una nuova nazione o gruppo del Nord America e dell'Europa occidentale, per esempio una Confederazione nordamericana o una Federazione delle Nazioni Sovrane d'Europa in stile gollista, potrebbe essere autorizzata a unirsi e prendere parte alla nuova sinfonia mondiale delle nazioni. Il suo inno potrebbe forse essere preso in modo appropriato dal Nuovo Mondo, la Nona Sinfonia di Dvorak.

Suicidio economico

A parte l'estrazione di materie prime, le società tecnologiche, le industrie di armi e vasti settori dei servizi (servizi di assistenza), il mondo occidentale fa affidamento sui "soldi finti" per sopravvivere. In altre parole, vive di macchine da stampa che stampano banconote. Ciò crea debiti impagabili e inflazione sistemica. Per decenni il mondo occidentale ha vissuto in un paradiso fasullo di debiti. Tuttavia, ora sta raggiungendo un punto in cui non può più nemmeno pagare gli interessi su quei debiti. Il fallimento è alle porte.

D'altra parte, il mondo reale non si basa sulla speculazione su "derivati" e "futures", ma su cose solide, materie prime, cibo da mangiare (grano, mais e i fertilizzanti per coltivarli), petrolio e gas per alimentare le macchine e per riscaldare, materie prime e minerali con cui produrre. In altre parole, da diversi decenni il mondo occidentale vive in una bolla. Quella bolla ora sta scoppiando: i nodi stanno venendo al pettine, forse già quest'inverno, se non prima. Aspettatevi proteste diffuse in tutto il mondo occidentale e contro il mondo occidentale.

Nichilismo culturale

Da diversi decenni, soprattutto a partire dagli anni '60, il mondo occidentale sembra aver abbandonato le sue basi culturali e i suoi sistemi educativi. I segni allora erano orde di ragazze urlanti che parlavano dei loro ormoni, mentre ascoltavano le tracce musicali di giovanotti dai capelli lunghi. Tuttavia, i primi segni di questo nichilismo culturale erano già apparsi molto prima, nel 1914, in vari 'ismi' artistici e letterari, ma erano esoterici, di dimensioni molto limitate e molto derisi dal grande pubblico. Eppure ancora nel 1949 un famoso artista inglese, Sir Alfred Munnings, poté rimproverare i membri della British Royal Academy per la loro accettazione dell'arte moderna, definendo Picasso e Matisse "sciocchi imbrattatele".

L'infantilizzazione del sistema educativo occidentale – la scuola elementare che è diventata asilo nido, la secondaria che è diventata elementare e la terziaria (università) che è diventata secondaria – rivela questo abbandono. Un dottorato ora non ha davvero più molto significato, perché ai bambini viene detto che sono dei geni solo perché sono in grado di riconoscere le lettere dell'alfabeto latino. Questa degenerazione ha prodotto una società infantilizzata, come è chiaramente visibile a livello di politici e giornalisti in particolare, ma è ovunque visibile nell'analfabetismo e nell'incapacità di far di conto delle società occidentali contemporanee. Non c'è da stupirsi se siamo arrivati al nazismo di "cancellare la Russia", che significa cancellare Pushkin, cancellare Dostoevskij, cancellare Chajkovskij, cioè cancellare la cultura.

Conclusione

Siamo ora a un punto di svolta, non solo nella storia europea, ma nella storia mondiale. Le profezie dei santi si stanno realizzando. Per esempio, il russo sant'Aristocleo l'Athonita, parlando nel 1917, predisse: 'La fine avrà luogo attraverso la Cina. Ci sarà un'esplosione insolita e avverrà un miracolo divino'. Solo pochi anni fa tale profezia sembrava priva di significato. Ora possiamo cominciare a pensare che forse si riferisse al coronavirus, oppure forse al prossimo ritorno di Taiwan in Cina? O forse qualcos'altro, che non abbiamo affatto previsto. Il tempo ce lo mostrerà, ma qui ci sono curiose possibilità.

Siamo onesti. O la Russia sarà vittoriosa in questa operazione molto speciale oppure entreremo in un'era oscura, dalla quale non ci sarà uscita, perché sarà un governo mondiale orwelliano. Tale dittatura mondiale non tollererà alcuna opposizione, tutti coloro che la sfideranno saranno repressi. Questa è la nostra ultima possibilità di resistere e contrattaccare contro l'aggressione iniziata nel 1914, un'aggressione militare, politica, economica e culturale, un'aggressione totalitaria che porta alla morte totale, alla morte del corpo e dell'anima. Ma secondo tutti i rapporti militari, per non parlare delle profezie, la Russia vincerà.

6 giugno 2022, 78° anniversario del D-Day

 
Benvenuto in Italia a padre Oleg Vascautan

Il blog della parrocchia della Natività della Madre di Dio a Padova annuncia l’inizio di regolari celebrazioni il sabato e la domenica a Ferrara, Rovigo ed Este: ce ne rallegriamo per i fedeli, e siamo ancor di più contenti che il prete assegnato a questo compito sia padre Oleg Vascautan, amico della nostra parrocchia di Torino. Non solo conosciamo e apprezziamo padre Oleg, ma lo consideriamo un buon modello di capacità di integrazione e di obbedienza ecclesiale (doti nelle quali purtroppo non si sono distinti alcuni dei suoi confratelli). Auguriamo a padre Oleg e alla sua famiglia successo nel ministero pastorale, e non faremo mancare loro il nostro sostegno.

Divina Liturgia a Rovigo il 15 marzo 2014...

...e un ricordo della visita di padre Oleg e della sua famiglia a Torino, dove sono sempre i benvenuti

 
L'autocefalia polacca: l'interferenza di Costantinopoli negli affari interni della Chiesa ortodossa russa

Dionisij riceve il presidente della Polonia e un vescovo del Patriarcato di Costantinopoli alla Lavra di Pochaev. Foto: rocorstudies.org

Il seguente articolo è stato pubblicato in russo sulla Rivista del Patriarcato di Mosca, n. 8, agosto 1950, due anni dopo la gioiosa occasione della concessione dell'autocefalia alla Chiesa ortodossa polacca da parte della sua Chiesa madre del Patriarcato di Mosca.

L'articolo racconta il deplorevole ventennio precedente in cui la Chiesa polacca si trovò in uno stato di autocefalia non canonica grazie all'interferenza del Patriarcato di Costantinopoli, che riconobbe nel 1924 l'autocefalia autoproclamata della Chiesa polacca, sebbene quest’ultima fosse sotto la giurisdizione di la Chiesa ortodossa russa in quel momento.

Lo scisma tra le chiese russa e polacca continuò per ventiquattro anni, terminando quando la Chiesa polacca offrì il suo pentimento alla Chiesa russa e cercò di guarire la ferita esistente, sebbene il Patriarcato di Costantinopoli continuasse nei suoi errori.

* * *

Alla luce della valutazione evangelica degli eventi del mondo contemporaneo, è assolutamente inconcepibile immaginare qualsiasi discrepanza tra le Chiese ortodosse locali che potrebbe essere causata da motivi estranei all'unità dello Spirito nel vincolo della pace (Ef 4:3). È anche impossibile che questa o quella questione, che sorge tra le Chiese, si trasformi in incomprensioni a lungo termine, capaci di offuscare le relazioni delle parti, chiamate a preservare l'unità nell'amore e a dare l'esempio dell'unanimità evangelica a tutti i cristiani.

Ma la storia testimonia che i malintesi inter-ecclesiali non sono rari, specialmente laddove lo spirito dell'amore cede posto al desiderio di preminenza e gli interessi ecclesiastici servono da copertura per interessi personali o calcoli politici. In tutti questi casi, le basi canoniche della vita della Chiesa sono soggette a distorsione.

Uno di questi equivoci si è verificato non molto tempo fa tra le chiese russa e costantinopolitana sulla questione dell'autocefalia della chiesa ortodossa in Polonia. L'essenza della questione era che nel 1924 il Patriarcato di Costantinopoli confermò l'autocefalia autoproclamata della Chiesa ortodossa polacca, che, insieme ad altre diocesi, faceva parte della Chiesa russa.

Lasciando da parte per ora le motivazioni con cui l'introduzione degli autocefalia era giustificata dai suoi promotori, rimane ancora poco chiaro "sulla base di quale regole canoniche una parte della Chiesa ortodossa tutta russa poteva diventare indipendente senza l'accordo di un Concilio locale e la benedizione del suo primate, e da quali regole canoniche era guidato sua Santità Meletios IV, l'ex patriarca di Costantinopoli, nel considerarsi in diritto di estendere il suo potere a parte del Patriarcato della Russia?" [1]

A quel tempo, il patriarca Tikhon , che aveva posto questa domanda in una lettera al metropolita Dionisij di Varsavia e di tutta la Polonia, ovviamente, non sapeva che il patriarca Meletios IV, già cacciato da Costantinopoli dalle autorità turche, "era principalmente un politico che sacrificava gli interessi della Chiesa a interessi personali e politici e che la sua esuberante attività, spesso divergente dai principi ortodossi, arrecava danni alla Chiesa ortodossa". [2]

Secondo le condizioni dell'epoca, il capo della Chiesa russa non avrebbe potuto essere pienamente consapevole del fatto che fu proprio Meletios IV a inventare e a dare vita alla teoria della subordinazione dell'intera diaspora o "dispersione" ortodossa al Patriarcato di Costantinopoli, con la quale "i greci", come spiega il prof. S. V. Troitskij, "hanno iniziato a inglobare gli ortodossi di tutte le nazionalità, compresi i russi, che vivono al di fuori dei confini delle Chiese autocefale". [3]

Praticamente, questa teoria di Meletios IV si è manifestata per la prima volta nell'illegale estensione della giurisdizione del Patriarcato di Costantinopoli alla diocesi della Chiesa russa in Polonia, e poi nell'affermazione da parte del Patriarcato di Costantinopoli dell'autocefalia auto-proclamata della Chiesa ortodossa polacca [4] a favore dell'allora governo russofobo di Piłsudski. Considerando la questione della canonicità di questo atto, il prof. S. V. Troitskij scrisse nel 1949: "Proclamando l'autocefalia di una parte della Chiesa russa contro la volontà dell'autorità suprema della Chiesa russa, il Patriarcato di Costantinopoli ha violato i canoni che proibiscono ai vescovi di una Chiesa di interferire negli affari interni di un'altra, e quindi ha commesso un grave crimine canonico". [5]

L'essenza di questo crimine può essere definita come una violazione dell'unità della vita della Chiesa, in quanto introduce – in questo caso – lo spirito di inimicizia nella famiglia finora unisona dei fedeli della Chiesa russa a favore delle politiche anti-russe del governo polacco dell'epoca.

Non è necessario soffermarsi su questa politica ora, perché la nostra generazione se la ricorda molto bene e i riferimenti sulla vera fonte dell'auto-dichiarazione di autocefalia della Chiesa polacca sono contenuti nella lettera di risposta del Concilio episcopale della metropolia ortodossa in Polonia al patriarca Tikhon del 16 agosto 1924. Qui si afferma che dopo la concessione dell'autonomia alla Chiesa ortodossa in Polonia, [6] questa iniziò la sua missione. Il primo Concilio episcopale si tenne nel gennaio del 1922, il secondo a maggio e il terzo a metà giugno. "Questo Concilio", come dice la lettera, "è stato aperto da un discorso del Ministro-Presidente della Polonia, che ha espresso il desiderio del governo per la necessità di una struttura gerarchica della Chiesa ortodossa in Polonia e l'adozione immediata, in vista dell'eliminazione dell'autorità canonica della Chiesa ortodossa di Mosca, di una decisione sull'indipendenza della Chiesa ortodossa in Polonia sulla base dell'autocefalia". [7]

Pertanto, non vi è più alcun motivo di dubitare che l'autocefalia della Chiesa ortodossa polacca fosse sorta nel 1924 sotto l'esplicita pressione del governo Piłsudski, e che questa pressione potesse essere dettata solo dagli obiettivi della polonizzazione della popolazione ortodossa russa della Polonia e della schiavitù della Chiesa ortodossa al Vaticano attraverso l'Unia. Ora è chiaro che il patriarca Meletios IV di Costantinopoli, per alcuni scopi politici di un tipo o dell'altro, cercò di soddisfare queste intenzioni del governo polacco, confermando l'autocefalia della Chiesa ortodossa polacca senza la Chiesa madre russa, che da sola aveva questo diritto secondo i canoni.

L'incomprensione che ne derivò fu aggravata dal fatto che il Patriarcato di Costantinopoli rimase come distaccato dal conflitto, e il metropolita Dionisij si assunse il compito ingrato di giustificare l'autocefalia autoproclamata della Chiesa polacca da lui guidata con le difficoltà nei rapporti con Mosca e con altri motivi incompatibili con l'obbedienza canonica alla Chiesa madre.

Ma, trattando questi motivi, la pressione del governo e il desiderio di indipendenza della Chiesa da esso facilitato, egli era consapevole dell'illegittimità del suo rapporto con la Chiesa madre e nell'ulteriore corrispondenza, prima con il locum tenens patriarcale, e poi con il suo vicario il metropolita Sergij, a volte ricordava il suo dovere nei confronti della Chiesa madre, [8] promettendo alla prima occasione di ottenere la loro benedizione per l'esistenza indipendente della Chiesa ortodossa polacca, già confermata nell'autocefalia, a suo avviso, dalle altre Chiese ortodosse.

A giudicare dalle lettere, i rimorsi di coscienza del metropolita Dionisij furono sostituiti dalla consapevolezza del fatto compiuto, con la quale cercò di difendersi dalle accuse canoniche rivolte dal metropolita Sergij. Ma i tentativi di questa difesa furono estremamente deboli e crollarono al primo contatto con gli argomenti schiaccianti del metropolita Sergij. Questi scrisse al metropolita Dionisij che l'autonomia temporanea concessa dal patriarca Tikhon a tutte le associazioni della Chiesa [9] "ha dato alla Chiesa polacca una via completamente indolore per qualsiasi difficoltà" e che "non era necessario rivolgersi a un patriarca straniero per la conferma del metropolita, in violazione dei canoni". [10]

In risposta a questi argomenti, il metropolita Dionisij scrisse: "I contenuti della sua ultima lettera sono tali che non vedo la possibilità di rispondere ufficialmente. Dopotutto, la nostra autocefalia è già stata proclamata, e questo deve essere considerato". [11]

il metropolita Dionisij.  Foto: fotopaterik.org

Ma il fatto era che non esisteva un'autocefalia canonica e che il metropolita Dionisij stava difendendo uno scisma auto-dichiarato, che il gregge ortodosso della Polonia non voleva affatto. Il vicario del locum tenens patriarcale, il metropolita Sergij, gli dimostrò pazientemente e lo persuase fraternamente ad abbandonare questa impresa, distruttiva per la Chiesa, e a non strappare artificialmente e forzatamente il gregge ortodosso in Polonia dalla sua antica unione con la Chiesa russa e quindi non esporlo alle miserie dell'anarchia ecclesiastica interna. Egli scrisse al metropolita Dionisij: "Lasciate che il vostro prossimo concilio discuta la questione dell'autocefalia, anche se giunge a una conclusione sui diritti all'autocefalia e sull'opportunità di introdurre quest'ultima, ma lasciate che solennemente e coraggiosamente rinunci all'autocefalia illegale." [12]

Da queste esortazioni del metropolita Sergij, è chiaro che non era necessario nulla di impossibile o che potesse superare la misura del dovere e del coraggio arcipastorali del metropolita Dionisij, che il vicecapo della Chiesa russa non si lamentò del sequestro della provincia della Chiesa, ma della "distruzione arbitraria di unità della Chiesa". Ammise anche la possibilità dell'autocefalia per la Chiesa polacca, ma sollecitò il metropolita Dionisij sulla necessità di un percorso legittimo attraverso la decisione conciliare della Chiesa madre.

L'ulteriore corso della questione mostrò che il metropolita Dionisij preferiva ricevere l'autocefalia illegale e per questo rimase in disunione con la Chiesa Madre fino alla fine della seconda guerra mondiale. Durante questo periodo, l'atteggiamento del metropolita Dionisij non cambiò affatto. Ma i cambiamenti politici verificatisi in Polonia dopo la sua liberazione dagli invasori fascisti chiarirono la coscienza canonica della Chiesa polacca, e le ricordarono la necessità di riprendere i rapporti con la Chiesa madre della Russia.

Ma questa volta il gregge era d'accordo con il pastore e il Consiglio per la gestione degli affari della Chiesa ortodossa polacca autorizzò una delegazione speciale ad andare a Mosca, da sua Santità il patriarca Aleksij [I], per chiedere la sua benedizione per l'esistenza autocefala della Chiesa ortodossa in Polonia. La delegazione dichiarò che la Chiesa polacca riconosceva l'autocefalia data dal Patriarcato di Costantinopoli nel 1924 come non canonica e non valida, e chiedeva alla Chiesa russa di concederle l'autocefalia canonica.

Data la grande popolazione ortodossa in Polonia e la lealtà del suo gregge all'Ortodossia, sua Santità il patriarca e il Santo Sinodo della Chiesa ortodossa russa accolsero la richiesta della Chiesa polacca e le concessero il diritto all'autocefalia in una riunione congiunta del 22 giugno 1948.

Questa decisione fu preceduta dal seguente appello della delegazione a sua Santità il patriarca Aleksij [I] e al Santo Sinodo sotto di lui:

"1. La Chiesa autonoma polacca riconosce l'autocefalia della Chiesa polacca proclamata dal Tomos del patriarca Gregorios VII di Costantinopoli del 13 novembre 1924 (n. 4588), come non canonica e non valida e chiede la benedizione della Chiesa russa madre per un'autocefalia canonica.

2. In considerazione del fatto che il metropolita Dionisij della Chiesa polacca si è separato dalla Chiesa madre ortodossa russa e ha ripetutamente dichiarato in lettere al patriarca di Mosca che la Chiesa polacca ha ricevuto l'autocefalia canonica dalla Chiesa di Costantinopoli, la Chiesa polacca non può continuare la comunione di preghiera e liturgica con lui e d'ora in poi non eleverà il suo nome durante i servizi divini come nome del suo primate.

3. Allo stesso modo, la Chiesa polacca cessa la comunione di preghiera con tutti i sacerdoti e laici della Chiesa polacca che partecipano al citato errore del metropolita Dionisij, da ora in poi fino al loro pentimento".

In risposta a questo appello, seguì il seguente decreto di sua Santità il patriarca e del Santo Sinodo:

"1. Tenendo conto della rinuncia della Chiesa polacca alla sua autocefalia non canonica, sua Santità il patriarca e il Santo Sinodo ora restaurano la comunione canonica di preghiera e liturgica con essa e le danno il diritto a una piena autonomia e indipendenza.

2. Secondo l'approvazione dell'autocefalia della Chiesa polacca da parte del Concilio episcopale della Chiesa ortodossa russa, la Chiesa polacca elegge il capo della propria chiesa. La Chiesa polacca riceve quindi l'accordo richiesto dai canoni per l'autocefalia". [13]

Con questo atto, presto confermato dal consenso di tutti i vescovi ordinari della Chiesa ortodossa russa, [14] la storia del malinteso canonico tra il Patriarcato russo e quello di Costantinopoli da un lato, e tra la Chiesa russa e quella polacca dall'altro, arrivò a una fine. L'errore commesso venticinque anni prima dal metropolita Dionisij fu corretto nel 1948 nel Patriarcato di Mosca. L'interferenza del patriarca di Costantinopoli negli affari interni della Chiesa russa si rivelò non necessaria e la pazienza della Chiesa russa fu premiata dalla nascita della Chiesa ortodossa autocefala polacca, ora indipendente nel risolvere i propri affari interni, in particolare, quello di eleggere il suo primate.

Come previsto, il gregge ortodosso in Polonia ricevette con soddisfazione e sollievo la notizia dell'approvazione canonica dell'autocefalia della Chiesa polacca, e il suo vice-primate ad interim, l'arcivescovo Timofej di Białystok e Velsk, espresse profonda gratitudine a sua Santità il patriarca Aleksij [I] e all'intero Concilio episcopale a nome di tutta la Chiesa. "Credo", scrisse l'arcivescovo Timofej il 4 dicembre 1918, "che la giovane Chiesa ortodossa autocefala polacca, in stretta comunione di preghiera con la sorella maggiore russa e rafforzata dalle sue sante preghiere, supererà tutte le prove e le difficoltà e migliorerà la sua vita interiore e il suo forte contributo all'opera salvifica di stabilire pace, bontà e giustizia sulla terra".

Così la Chiesa ortodossa polacca fu pacificata, ma il suo ex primate il metropolita Dionisij apparentemente perseverò nel suo errore, trovandosi separato dalla vita della Chiesa, che, con l'aiuto della Chiesa madre, entrò nel normale corso dell'autocefalia canonica. Ritrovandosi nella posizione di un pastore abbandonato dalle sue pecore, inviò a sua Santità il patriarca Aleksij [I] la seguente lettera, datata 22 agosto 1948:

"Vostra Santità, vladyka patriarca Aleksij! Al Signore nostro Dio appartengono misericordia e perdono – con queste parole del santo profeta dell'Antico Testamento, piene di umiliazione, dolori e contrizione per i peccati, faccio appello a vostra Santità e vi chiedo di essere il mio primate e intercessore davanti alla grande Chiesa madre.

La mia anima non può sopportare il rimprovero che mi è stato mosso da vostra Santità insieme al Santo Sinodo, ed è mio dovere di coscienza supplicarvi di accettare il mio sincero, anche se in ritardo, pentimento per tutte le trasgressioni contro la Chiesa madre.

Consapevole della temporalità e dell'incompletezza canonica dell'autocefalia concessa da sua Santità il patriarca di Costantinopoli nel 1924, riconosco e confesso la santa necessità della benedizione della grande Chiesa madre russa all'esistenza autocefala della sua giovane figlia – la Chiesa ortodossa polacca.

Invito filialmente vostra Santità a non privarmi della futura comunione liturgica e canonica con la grande Chiesa madre russa, che mi ha allevato e sollevato fino all'apice dell'episcopato, né con la sua figlia fedele polacca, alla quale sono legato da una campagna di venticinque anni di ministero e lavoro gerarchici.

Per bocca del salmista, mi appello a vostra Santità: ascolta le mie parole, o Signore. Ascolta la voce del mio grido. Perché c'è perdono in te, affinché tu possa essere temuto!

Gli stessi pensieri e sentimenti riempiono me peccatore in questo momento, e sono crudelmente tormentato e soffro. Nondimeno, non perdo la speranza e spero fermamente e credo nell'amore e nel perdono di vostra Santità e della grande Chiesa madre: attendo il Signore, la mia anima attende, e nella sua parola spero (Ps 129:5).

L'ultimo novizio di vostra Santità, il metropolita Dionisij

(Lettera del metropolita Dionisij del 22 agosto 1948)"

Sua Santità il patriarca e il Santo Sinodo, dopo aver ascoltato il "sincero pentimento in tutte le trasgressioni commesse contro la Chiesa Madre" nella lettera dell'ex metropolita Dionisij di Varsavia al patriarca, e la sua sincera petizione per la rimozione della censura della Chiesa madre posta su di lui e per la sua accettazione nella comunione canonica, risolse di:

"1. Accettare la petizione del metropolita Dionisij e, a causa del suo sincero pentimento, considerare restaurata la sua comunione canonica con la Chiesa madre russa.

2. Considerare possibile, considerando i suoi trentacinque anni di servizio nella dignità episcopale, lasciarlo nel rango di metropolita, ma senza il titolo di "sua Beatitudine" assegnatogli durante il periodo della sua uscita dalla giurisdizione del Patriarcato di Mosca.

3. Informare sua Eminenza il metropolita Dionisij della risoluzione del patriarca di Mosca e dell'episcopato della Chiesa ortodossa russa del 22 giugno 1948 sulla concessione del diritto all'autocefalia alla Chiesa ortodossa in Polonia". [15]

Come si evince dalla risoluzione, sua Santità il patriarca Aleksij [I] e il Santo Sinodo accolsero il metropolita Dionisij come un vescovo penitente, in quanto aveva riconosciuto, nella sua lettera del 22 agosto, che era gravato dal rimprovero della Chiesa Madre per le trasgressioni che aveva commesso contro di essa. Il tono sincero di questa confessione, che era al di là di ogni dubbio, fece accogliere il pentimento del metropolita Dionisij con piena comprensione della sua "situazione triste e dolorosa" e lo fece riportare in comunione con la Chiesa madre russa.

Riconoscendo nella sua lettera "la temporalità e l'incompletezza canonica dell'autocefalia concessa da sua Santità il patriarca di Costantinopoli nel 1924" e confessando "la santa necessità della benedizione della grande Chiesa madre russa all'esistenza autocefala della sua giovane figlia – la Chiesa ortodossa polacca", il metropolita Dionisij rinunciò al riconoscimento dell'autocefalia non canonica data dal patriarca Gregorios VII e a ciò che aveva ricevuto dal patriarca in relazione all'autocefalia, in particolare il titolo di "sua Beatitudine". Pertanto, lasciando sua Eminenza Dionisij nella posizione di metropolita in considerazione del suo ministero di trentacinque anni da vescovo, il Santo Sinodo non gli riconobbe il titolo di "sua Beatitudine", datogli in relazione all'autocefalia non canonica.

Inoltre, il Sinodo non riconobbe il metropolita Dionisij come capo della Chiesa polacca, dal momento che aveva goduto di questo status in modo non canonico, senza la benedizione della Chiesa madre. Inoltre, la riunificazione del metropolita Dionisij con la Chiesa russa avvenne dopo che la Chiesa polacca ebbe ricevuto una legittima autocefalia, in virtù della quale l'elezione del suo capo divenne un affare interno.

Sembrerebbe che la storia dell'incomprensione causata dall'interferenza del Patriarcato di Costantinopoli negli affari interni della Chiesa russa possa essere considerata terminata, perché la Chiesa ortodossa in Polonia ha rinunciato all'autocefalia auto-proclamata del 1924 e ha ricevuto l'autocefalia canonica dalla Madre Chiesa nel 1948. Vorrei anche pensare che, in connessione con un risultato della faccenda così istruttivo, la coscienza canonica della Chiesa di Costantinopoli dovrebbe chiarirsi nella misura necessaria per una sana valutazione della lezione ricevuta.

Ma in realtà si è scoperto che l'incomprensione non è terminata, sebbene abbia cessato di essere un fatto della vita della Chiesa. Nel febbraio di quest'anno, il patriarca Athenagoras di Costantinopoli si è rivolto al patriarca Aleksij [I] di Mosca e di tutta la Rus' con un'epistola da cui si può concludere che il Trono patriarcale della Seconda Roma non ha appreso la lezione insegnata nel fallimento canonico del Tomos di Gregorios VII ed è rimasto convinto che "con il riconoscimento da parte della Chiesa russa del bisogno dell'autocefalia della Chiesa polacca, la partecipazione canonica di tutte le Chiese locali è pienamente realizzata". [16]

Secondo l'opinione del patriarca Athenagoras, la Chiesa russa non avrebbe fatto altro che unirsi al riconoscimento dell'autocefalia della Chiesa polacca concessa dal patriarca di Costantinopoli nel 1924, approvando così il suo intervento nei suoi affari e riconoscendo l'autocefalia auto-proclamata della Chiesa polacca come canonica e salvifica, nonostante le sue stesse proteste provenienti dal patriarca Tikhon e dai suoi successori a capo della Chiesa russa. Ma queste proteste non solo erano, ma continuano ad essere espressione della coscienza canonica della Chiesa russa, e alla luce degli eventi del 1948, rimangono una testimonianza della correttezza della sua posizione canonica nella questione in esame.

Le Chiese locali ora concordano con questa posizione della Chiesa ortodossa russa, nella misura in cui, compresa Costantinopoli, hanno riconosciuto l'esistenza autocefala della Chiesa polacca concessa dalla Chiesa madre russa. Per quanto riguarda la "partecipazione canonica di tutte le Chiese locali" al riconoscimento dell'autocefalia non canonica del 1924, questa partecipazione semplicemente non è esistita. Nel 1949, il prof. S. V. Troitsky scrisse di questo: "Nonostante il fatto che il governo polacco organizzò un viaggio speciale del metropolita Dionisij in Oriente per convincere le altre Chiese autocefale a riconoscere l'autocefalia polacca, questo tentativo fallì. Alcune Chiese risposero in modo evasivo, e altre, per esempio quelle serba e bulgara, rifiutarono categoricamente di riconoscere l'autocefalia non canonica della Chiesa polacca, e il patriarca Gregorios d'Antiochia scrisse per due volte al metropolita Antonij che tale interferenza, in aggiunta alla richiesta e contraria al desiderio e alla volontà della legittima autorità ecclesiale del patriarca di Tutta la Rus', è inaccettabile" (Rivista del Patriarcato di Mosca, 1949, n. 12, pag. 52).

L'assenza di partecipazione unanime delle Chiese locali nel riconoscere tale autocefalia non poteva essere compensata dal coinvolgimento della Chiesa di Costantinopoli, che non ha in alcun modo il diritto di proclamare l'autocefalia al di fuori della sua giurisdizione. Ciò risulta chiaramente dal Canone 8 del terzo Concilio ecumenico, dal Canone 39 del sesto Concilio ecumenico e dal Canone 24 (17) del Concilio di Cartagine.

Se una parte della Chiesa russa in Polonia si sentì autorizzata a rivolgersi alla Sede di Costantinopoli per la conferma della sua autocefalia, non avrebbe dovuto essere incoraggiata da quest'ultima, ma ammonita. In ogni caso, il Patriarcato di Costantinopoli avrebbe dovuto accertare esattamente cosa provava la Chiesa madre russa riguardo alle intenzioni della sua figlia la Chiesa polacca, soprattutto perché questo atteggiamento era stato espresso molte volte.

Ma la Chiesa di Costantinopoli ha agito in contrasto con la verità canonica delle relazioni inter-ecclesiali e ha dato una nuova ragione per essere accusata di imitare la prima Roma.

E il dovere di aiutare le altre Chiese che si trovano in circostanze difficili non la protegge da questa accusa. Ma proprio questo motivo è espresso nell'ultima epistola del patriarca Athenagoras, che scrive che la sede di Costantinopoli, "a causa dell'obbligo di aiutare le regioni della Chiesa che si trovano in difficoltà, ha benedetto l'autocefalia della Chiesa ortodossa polacca nel novembre 1924" presumibilmente "soddisfacendo tutte le condizioni previste per esso dai santi canoni".

Ricordando la nota posizione secondo cui "la conseguenza dell'aiuto non può essere quella di limitare i diritti di chi viene aiutato", vale a dire in questo caso i diritti della Chiesa russa, dobbiamo nuovamente indicare l'auto-dichiarazione dell'allora capo della Chiesa polacca, il metropolita Dionisij, che a quel tempo agiva contro la volontà della maggioranza dei vescovi e dei laici e contrariamente alle istruzioni del capo della Chiesa russa, violando in entrambi i casi i canoni della Chiesa.

Pertanto, ora che esiste una confessione documentata del metropolita Dionisij delle trasgressioni commesse contro la Chiesa madre, dove egli stesso condannava l'autocefalia auto-proclamata del 1924 e ha riconosceva l'autocefalia legittima del 1948, la lettera del patriarca Atenagora di Costantinopoli deve essere letta con stupore, dove scrive che "sua Beatitudine l'arcivescovo di Varsavia e di tutta la Polonia e amato fratello in Cristo Dionisij era già stato riconosciuto venticinque anni fa da tutte le Chiese sorelle patriarcali e autocefale come capo canonico della Chiesa ortodossa polacca" e che pertanto il patriarca Aleksij [I] di Mosca e di tutta la Rus' deve fare "ogni sforzo per permettere a sua Beatitudine di continuare il suo fecondo ministero nella santissima Chiesa sorella polacca"...

Quando leggi queste righe, sembra che non ci sia mai stata alcuna interferenza da parte della Sede di Costantinopoli in altre sfere, nessuna autocefalia auto-proclamata approvata da loro, nessuna rinuncia ad essa da parte della Chiesa polacca, nessun atto di sua riunione e riconoscimento da parte della Chiesa russa; sembra che il metropolita Dionisij non si sia assolutamente pentito, e che il patriarca di Mosca non gli abbia tolto la sanzione canonica. L'intercessione del patriarca Athenagoras diventa una sorta di nuovo e incomprensibile malinteso.

Ma nella sua lettera di risposta, sua Santità il patriarca Aleksij [I] osserva con calma che "i recenti eventi nella Chiesa ortodossa polacca" sono "completamente sconosciuti" al patriarca Athenagoras, e sottolinea ulteriormente i cambiamenti verificatisi nella situazione nella Chiesa polacca in connessione con la sua rinuncia all'autocefalia non canonica del 1924. Fondamentalmente, questi cambiamenti dipendono dal fatto che la Chiesa ortodossa russa, in base ai suoi diritti di Chiesa Madre, concesse l'autocefalia della Chiesa ortodossa polacca, in virtù della quale l'intero ordine interno e l'elezione del primate sono ora suoi affari interni.

Dalla Rivista del Patriarcato di Mosca, n. 8, agosto 1950

Note

[1] Dalla lettera del patriarca Tikhon al metropolita Dionisij, il 23 maggio 1924.

[2] Prof. S. V. Troitskij, "Combattiamo il pericolo insieme", Rivista del Patriarcato di Mosca, n. 2, 1950, p. 37.

[3] Ibidem.

[4] Il Tomos di autocefalia della Chiesa ortodossa polacca fu rilasciato dal patriarca Gregorios VII di Costantinopoli il 13 novembre 1924.

[5] Troitskij, "Sulla difesa senza successo di una falsa teoria", Rivista del Patriarcato di Mosca, n. 12, 1949, pag. 49.

[6] Lettera del Patriarca Tikhon, 14/27 settembre 1921.

[7] Lettera del Concilio episcopale della metropolia ortodossa in Polonia a sua Santità il patriarca Tikhon di Mosca e di tutta la Rus' del 16 agosto 1924, Bollettino della Metropolia ortodossa in Polonia, 30 novembre 1924, n. 35, p. 3.

[8]  Lettera del metropolita Dionisij al metropolita Sergij, 29 novembre 1927.

[9] Ukaz del novembre 1920.

[10] Lettera del vicario del locum tenens, il metropolita Sergiij, 4 gennaio 1928.

[11] Lettera del metropolita Dionisij, 26 marzo 1928.

[12] Lettera del metropolita Sergij, 26 giugno 1930.

[13] Legge del 22 giugno 1948 sulla riunione della Chiesa ortodossa polacca con la Chiesa ortodossa russa e sulla concessione ad essa dell'autocefalia.

[14] Telegrammi dei vescovi ordinari della Chiesa ortodossa russa che confermano la legge del 22 giugno 1948 sulla riunificazione della Chiesa ortodossa polacca e sulla concessione ad essa dell'autocefalia.

[15] Risoluzione di sua Santità il patriarca e del Santo Sinodo, 9 novembre 1948.

[16] Rivista del Patriarcato di Mosca,  n. 8, 1950, pag. 8.

 
Come mai incolpare Putin sta aiutando Putin

La crisi sistemica a cui stiamo assistendo attualmente in Occidente (e in altre parti del mondo troppo strettamente interconnesse con l'Occidente per evitarne l'esperienza) è oggettivamente causata dall'Occidente stesso. Ma gli occidentali, non essendo abituati a riconoscere i loro errori (essendo tutti superiori, indispensabili e infallibili nelle loro stesse menti confuse), sono costretti a ricorrere a una spiegazione dei loro epici fallimenti praticamente in ogni sfera, dando la colpa a Putin. Cioè, non incolpano nemmeno la Russia in generale, ma incolpano Putin personalmente; dopo tutto, la Russia può essere a volte buona e gradevole (come lo era sotto Gorbaciov e Eltsin), ma Putin si comporta male. Ecco perché deve essere tutta colpa di Putin.

Ecco di cosa si tratta: un presidente degli Stati Uniti (o chiunque gestisca il suo teleprompter), che, nel corso della sua campagna elettorale, ha giurato in lungo e in largo che si assumerà la responsabilità di qualunque cosa accada sotto il suo comando, ora incolpa "l'aumento dei prezzi di Putin" in modo così regolare e monotono che la frase è diventata un meme.

Ormai la narrativa di "è tutta colpa di Putin" si è diffusa fino a comprendere tutti i problemi più delicati: inflazione, prezzi del carburante, aumento dei prezzi dei generi alimentari e persino... carenza di latte artificiale! Si scopre che le carenze non sono causate dalla scoperta di batteri pericolosi nei prodotti di un produttore monopolista, ma dalla carenza di olio di girasole importato... dall'Ucraina. Questo secondo il Wall Street Journal, nientemeno! I passaggi logici necessari per rendere tutto colpa di Putin sono quindi evidenti: le carenze sono dovute alla guerra e la guerra è colpa di Putin.

Questa meravigliosa strategia funziona bene a breve termine, ma ha una grande vulnerabilità a lungo termine a causa di un certo meccanismo della psicologia di massa. In apparenza è semplice e apparentemente a prova di proiettile: Putin è irrazionale; ha ambizioni imperialiste, soffre di paranoia, manie di grandezza, è ossessionato dalla restaurazione dell'URSS... Poiché le sue motivazioni sono irrazionali, non possono essere affrontate con mezzi razionali come negoziazione, diplomazia, compromesso e così via. Putin è un dittatore pazzo con molti missili nucleari e quindi tutto ciò che possiamo fare è soffrire. Questo costrutto sembra abbastanza buono per la maggior parte degli scopi, come spiegare i problemi sociali, le questioni economiche e i fallimenti della leadership. Ma solo a breve termine.

Se l'ondata di sanzioni senza precedenti che l'Occidente ha imposto alla Russia avesse prodotto una sorta di effetto tangibile durante i primi due o tre mesi dell'operazione speciale della Russia in Ucraina, allora questa strategia sarebbe stata sufficiente ad alleviare le sofferenze delle masse occidentali attraverso lo shock della crisi in corso (per quanto la crisi avrebbe continuato a svilupparsi anche se l'economia russa fosse crollata). Ma a lungo termine questa strategia smette di funzionare. In primo luogo, la narrativa del "è colpa di Putin" è piuttosto monotona e invecchia rapidamente. In secondo luogo, e molto più importante, a livello di subconscio di massa, crea l'impressione che Putin sia una divinità: super potente, super influente e in grado di influenzare processi sia globali che locali attraverso mezzi sottili e invisibili. Inoltre, Putin come divinità è simile a Zeus e ha a sua disposizione potenti fulmini atomici, che aggiungono un fascino terrificante alla sua già spaventosa immagine.

Prima o poi il subconscio di massa occidentale formerà un pensiero semplice e perfettamente logico: se Putin è onnipotente e superinfluente, e se noi con le nostre deboli "sanzioni dall'inferno" non possiamo fare nulla per indebolirlo o sloggiarlo in tre, né in cinque, e neppure in sette mesi, allora, ovviamente, dovremo fare i conti con lui e accettare le sue richieste prima che le cose peggiorino per noi! E mentre sarebbe umiliante per il subconscio di massa occidentale negoziare con un tiranno meschino o con un despota pazzo, negoziare con un semidio onnipotente che ha nelle sue mani il destino dell'umanità non è affatto vergognoso, ma necessario, inevitabile, un'eminente misura ragionevole. Inoltre, dovrebbe essere possibile rappresentare un tale compromesso in termini lusinghieri: come un magnanimo dono della comunità delle nazioni civili offerto in buona fede per salvare il mondo dall'armageddon nucleare che sta per essere scatenato da un semidio arrabbiato e onnipotente.

A loro volta, se i politici occidentali sono, come ci si potrebbe aspettare, riluttanti a negoziare con Putin e a scendere a compromessi, le masse occidentali sofferenti li biasimeranno per qualsiasi ritardo. Se Putin è onnipotente e super-influente, allora perché non stanno negoziando e non cercano un compromesso? Cosa stanno aspettando? Cos'hanno che non va? L'elemento più informato tra le masse occidentali potrebbe anche essere in grado di indovinare vagamente un fatto raramente discusso ma piuttosto ovvio: ciò che Putin vuole non è affatto irragionevole. Vuole solo un po' dell'Ucraina (nemmeno necessariamente tutta – solo le parti entusiasticamente, patriotticamente russe) e vuole anche che la NATO stia lontana dai confini della Russia. "Per cosa vogliamo quest'Ucraina comunque?", potrebbe chiedersi quest'elemento illuminato. Dopotutto, la maggior parte degli abitanti dell'Occidente ha vissuto molti anni felici senza sapere nemmeno che l'Ucraina esistesse. Inoltre, la loro recente scoperta della sua esistenza ha coinciso con l'inizio di una brutta crisi e ancora oggi non riescono a trovare quel dannato posto su una mappa! E ora devono soffrire con i prezzi del gas alle stelle, il cibo inaccessibile, l'inflazione galoppante, la carenza di latte artificiale, e tutto perché alcuni politici idioti si rifiutano di dare a Putin questa fottuta Ucraina che nessun altro vuole comunque? (Beh, la Polonia la vorrebbe, ma chi diavolo è la Polonia?) Andiamo! Siate ragionevoli! Sbarazzatevi di questo stupido parco giochi di Hunter Biden e andiamo avanti!

Questa è la nuova narrativa che si sta inevitabilmente formando nel subconscio di massa dell'Occidente, e con il passare del tempo i prezzi dell'energia continuano ad aumentare, la carenza di ogni genere di cose arriva all'ordine del giorno... e nel frattempo il rublo si rafforza e la Russia diventa sempre più ricca nonostante le "sanzioni infernali", spostando senza fretta il suo leggendario muro di fuoco d'artiglieria verso ovest attraverso il paesaggio ucraino: questa narrazione diventerà sempre più forte e alla fine diventerà dominante. A quel punto, qualsiasi tentativo di "incolpare Putin" sarà accolto con fischi, sibili e una raffica di verdure marce. Cosa dobbiamo aspettarci che facciano i politici occidentali in tali circostanze? Non dovremmo aspettarci sorprese; faranno quello che hanno sempre fatto: cercheranno di sopprimere la nuova narrativa in competizione con la loro. "Cancelleranno" chiunque tenti di articolarla all'interno dello spazio mediatico. (Attenzione, Tucker Carlson!)

In tal modo, l'Occidente farà eco a ciò che è accaduto all'interno della stessa Ucraina, un sintomo di una strisciante ucrainizzazione dell'Occidente. In Ucraina, per ogni singolo disastroso e catastrofico fallimento verificatosi nel 2014 e nel 2015, il regime di Kiev ha dato la colpa a Putin personalmente. Nel corso del tempo è riuscita a formare una sorta di quasi-culto di Putin come una divinità malvagia onnipotente decisa a distruggere la povera, piccola coccolosa Ucraina. Di conseguenza, entro il 2018 tra un anno e l'altro, nel subconscio di massa ucraino si è formata una nuova narrativa: "Che bisogno abbiamo di questa Crimea infestata dalla Russia o di questo squallido Donbass? Perché non possiamo semplicemente darli a Putin, in modo che ci lasci in pace e ci permetta di svilupparci come paese a orientamento europeo?

Che cosa ha fatto il regime di Kiev riguardo a questa nuova narrativa? Ha fatto tutto il possibile per sopprimerla. Questa non era una sorta di iniziativa indipendente da parte sua; dopotutto è un'amministrazione coloniale gestita da Washington. E poiché Washington era impegnata a progettare una guerra ucraina contro la Russia, qualsiasi narrativa che implicasse la pace con la Russia semplicemente non era consentita. Ecco perché tutti i partiti politici dell'opposizione ucraina sono stati banditi, tutti i canali televisivi non controllati dal governo sono stati chiusi e chiunque si azzardasse a intuire che dare a territori de facto indipendenti la possibilità di decidere il proprio destino potesse essere una buona idea è stato accusato di separatismo e imprigionato o ucciso. Di conseguenza, l'Occidente ha ottenuto ciò che voleva: una guerra ucraina con la Russia.

Ma poi qualcosa è andato terribilmente storto. Putin ha anticipato l'attacco ucraino e ha acceso un ritorno di fiamma inviando colonne di carri armati nel territorio precedentemente controllato dal regime di Kiev, rimescolando la sua logistica e gettando i suoi piani di battaglia in uno spaventoso disordine. Poi ha iniziato a far esplodere metodicamente la capacità bellica dell'Ucraina usando armi di stallo. Secondo il programma, sarà tutto sparito entro la fine del mese, nonostante gli aiuti militari occidentali. E poi si è scoperto che la Russia era pronta per le "sanzioni infernali", dopo aver trascorso otto anni a prepararsi per esse, ed è stata in grado di sostenere il colpo, che poi è rimbalzato sull'Occidente e ha iniziato a farlo a pezzi. L'Occidente ha continuato di riflesso a seguire il modello ucraino e ha incolpato Putin.

Il già citato Tucker Carlson è una di queste voci, e la sua influenza sul suo vasto pubblico dà il tono a una fetta significativa dell'elettorato negli Stati Uniti (non che il loro voto conti molto). Molto più sorprendentemente, la stessa opinione è stata espressa a Davos nientemeno che da quel fossile parlante di Henry Kissinger! In risposta, gli ucraini hanno aggiunto Kissinger al loro... database dei terroristi. Vari portavoce del regime di Kiev sono decisamente soffocati dalla furia. Come potrebbe? Non sa che negoziare con Putin è rigorosamente verboten? Quella narrativa deve essere soppressa, in Ucraina e in Occidente!

La strategia di incolpare Putin per tutto si è ritorta grandiosamente contro i suoi autori sia in Ucraina sia in Occidente e continuerà a ritorcersi contro, divorando il tessuto sociale e demoralizzando la popolazione. Ma non è tutto! Questa strategia è anche immensamente utile alla Russia. Ignorando l'ovvio pensiero che tutto ciò che è dannoso per l'Occidente è automaticamente vantaggioso per la Russia, c'è un altro, molto più significativo vantaggio che questa strategia fornisce direttamente alla Russia: funziona per aumentare il prestigio della Russia e di Putin nel resto del mondo, che è già molto più importante per la Russia del prestigio che l'Occidente potrà mai avere.

Ormai, il mondo è abbastanza unificato in termini di accesso alle informazioni. Le élite di quasi tutti i paesi hanno accesso a Internet e possono leggere l'inglese o possono aggirarlo tramite Google Translate e ottenerne l'essenza. E quello che leggono è che in Occidente, che sta entrando in una grave crisi, danno tutta la colpa a Putin. Pertanto, Putin è onnipotente e super influente. Inoltre, queste élite possono osservare che Putin non ha paura dell'Occidente ed è disposto a entrare in conflitto con esso: un conflitto armato, per distruggere il più grande esercito dell'Europa, addestrato e comandato da specialisti occidentali, in un periodo di tre mesi, utilizzando solo una piccola parte del proprio esercito e con perdite minime. Vedono Putin consegnare ai libri di storia il tradizionale dogma militare in base al quale gli attaccanti devono superare in numero i difensori con un buon margine. Questo li porta a raggiungere una conclusione ovvia: Putin è sicuramente qualcuno che dovrebbero trattare con grande cautela e rispetto; l'Occidente, non ne merita più troppo. Più a lungo la narrativa "è tutta colpa di Putin" continuerà a essere usata, più aumenterà l'influenza e il prestigio già molto significativi di Putin sulla scena mondiale, e questo, a sua volta, migliorerà le possibilità della Russia di raggiungere accordi favorevoli in quasi tutte le trattative internazionali.

Ma questo vantaggio si estende ben oltre le relazioni bilaterali della Russia. Per la prima volta da quando la Russia faceva parte dell'Impero Mongolo, la Russia ha una reale possibilità di affrontare l'Occidente non da sola, ma come parte di una potente coalizione internazionale.

• Dov'erano i grandi paesi non occidentali quando la Russia stava affrontando l'Occidente collettivo nel XVII secolo, con la Polonia a capo della carica? India, Persia e Cina stavano tutte cuocendo nel loro brodo, mentre l'Impero Ottomano era, come al solito, ostile alla Russia. L'Africa, il Sud America, il Sud-ovest asiatico erano colonie occidentali.

• Dov'erano questi paesi nel XVIII secolo, quando la Russia era attaccata dagli svedesi, che avevano alle spalle il resto dell'Occidente? La situazione era appena diversa, tranne che il conflitto con gli ottomani era ancora più caldo.

• Dov'erano nel XIX secolo, quando la Russia fu assalita dai francesi, con il resto d'Europa che combatteva dalla parte della Francia? Di nuovo la stessa cosa.

• Dov'erano nel XX secolo, quando la Russia ha combattuto contro la Germania (per due volte!), con il resto dell'Occidente che armava e finanziava i tedeschi? Durante la prima metà del secolo erano ancora tutte colonie o semicolonie, mentre durante la seconda stavano ancora trovando la propria strada e avevano poco da offrire militarmente, economicamente o politicamente.

Dai tempi dell'Impero del cielo blu di Gengis Khan, che a un certo punto comprendeva Russia, Cina, Corea, India e Persia (e presentava i familiari temi russi della sicurezza collettiva e del mutuo soccorso obbligatorio) e fino ad oggi la Russia è rimasta sola nel suo perenne conflitto con l'Occidente. Ma ora Putin, da solo, ha la possibilità di cementare una gigantesca alleanza internazionale di nazioni non occidentali, che comprende la stragrande maggioranza della popolazione mondiale, una base di risorse indipendente e abbondante e oltre la metà di tutto il potere economico. Nessun altro ha neanche lontanamente questo livello di sostegno alle pubbliche relazioni occidentali, grazie alla campagna "è colpa di Putin". L'unico rivale di Putin nella corsa per la posizione di un nuovo Gengis Khan è Xi Jinping, che vorrebbe davvero entrare a far parte della coalizione come una figura pari a Putin. Ma la Cina ha una prova da superare prima che questo sogno possa realizzarsi: deve riconquistare Taiwan. Vendicare l'umiliazione subita per mano dei giapponesi sarebbe un bel fiore all'occhiello. Una volta che la Russia espellerà gli Stati Uniti dall'Ucraina e la Cina espellerà gli Stati Uniti da Taiwan, il percorso verso l'unificazione eurasiatica sarà chiaro.

E cosa dovrebbe fare l'Occidente al riguardo? Ma naturale, incolpare Putin per tutto, ovviamente!

 
Gli Stati Uniti superano di 10 volte le spese militari della Russia, ma alla fine sono uguali. Come mai?

cala il sipario su un paese in grave difficoltà

Nell'aria aleggia un vento di terza guerra mondiale. Negli Stati Uniti è in corso la Guerra Fredda 2.0 e la retorica anti-russa emanata dalla campagna di Clinton, ripresa dai mass media, richiama il maccartismo e la paura dei rossi. In risposta, molte persone stanno iniziando a pensare che l'Armageddon potrebbe essere vicino: una ritorsione nucleare totale, seguita dall'inverno nucleare e dall'estinzione umana. Sembra che a molte persone negli Stati Uniti piaccia pensare in questo modo. Santo cielo!

Ma sapete, questo non è certo irragionevole da parte loro. Gli Stati Uniti stanno precipitando verso il collasso finanziario, economico e politico, perdendo la loro posizione nel mondo e trasformandosi in un ghetto delle dimensioni di un continente pieno di abuso di droghe, violenza e infrastrutture in decomposizione, la loro popolazione è tormentata da vizi, avvelenata con cibo geneticamente modificato, morbosamente obesa, sfruttata da dipartimenti di polizia e municipi predatori, oltre a un vasto assortimento di racket, dalla medicina all'istruzione al settore immobiliare... Questo lo sappiamo.

Sappiamo anche quanto sia doloroso rendersi conto che gli Stati Uniti sono danneggiati irreparabilmente, oppure accettare il fatto che per la maggior parte si tratta di un danno auto-inflitto: le guerre infinite e inutili, la corruzione illimitata della politica monetaria, la cultura tossica e le guerre del gender, l'arroganza imperiale e l'ignoranza volontaria che sta alla base di tutto ciò... Questo livello di disconnessione tra futuro e presente fa certamente male, ma il dolore può essere evitato, per un certo periodo, attraverso l'illusione di massa.

Questa sorta di spirale discendente non equivale automaticamente a una "apocalisse", ma i dettagli del culto statale degli Stati Uniti – una religiosità d'altri tempi sovrapposta alla religione secolare del progresso – sono tali che non possono esserci altre opzioni: o iniziamo a costruire colonie su Marte, o moriremo in una palla di fuoco. Dal momento che l'umiliazione di dover chiedere ai russi il permesso di portare la Sojuz alla Stazione spaziale internazionale fa sembrare dubbia la prospettiva di colonie spaziali americane, non resta che il Piano B: ecco che arrivano le palle di fuoco!

E così, la maggior parte della recente attitudine guerrafondaia americana nei confronti della Russia può essere spiegata dal desiderio di trovare chiunque altro da incolpare per la propria scomparsa. Questa è una mossa psicologica ben nota – proiettare l'ombra – in cui uno prende tutto ciò che odia ma che non può ammettere in se stesso e lo proietta su un altro. A livello inconscio (e, nel caso di alcune persone molto stupide, anche cosciente) gli americani vorrebbero bombardare la Russia fino a farla brillare, ma non possono farlo perché la Russia replicherebbe subito. Ma gli americani possono proiettare lo stesso desiderio sulla Russia, e poiché devono credere di essere buoni mentre la Russia è malvagia, questo fa apparire molto più probabile lo scenario dell'Armageddon.

Ma questo modo di pensare implica una rottura con la realtà. C'è esattamente una singola nazione al mondo che bombarda altri paesi, e questa nazione sono gli Stati Uniti. Hanno bombardato gratuitamente il Giappone, che era comunque pronto ad arrendersi, solo perché potevano farlo. Si sono preparati a bombardare la Russia all'inizio della guerra fredda, ma all'epoca non potevano farlo a causa della mancanza di un numero sufficientemente elevato di bombe nucleari. E hanno tentato di rendere la Russia indifesa contro un attacco nucleare, abbandonando il Trattato sui missili anti-balistici nel 2002, ma le nuove armi russe hanno impedito loro di farlo. Queste armi includono, tra l'altro, missili da crociera supersonici a lungo raggio (Kalibr) e missili intercontinentali suborbitali che trasportano carichi nucleari multipli e sono in grado di fare manovre evasive mentre si avvicinano ai loro obiettivi (Sarmat). Tutte queste nuove armi sono impossibili da intercettare usando qualsiasi tecnologia difensiva immaginabile. Allo stesso tempo, la Russia ha anche sviluppato le proprie capacità difensive e il suo ultimo sistema S-500 sigillerà efficacemente lo spazio aereo russo, essendo in grado di intercettare obiettivi sia vicini al suolo che in orbita terrestre bassa.

Nel frattempo, gli Stati Uniti hanno sperperato una fantastica somma di denaro ingrassando il loro sistema di difesa notoriamente corrotto con varie versioni di "Guerre stellari", ma nessuno di quei soldi è stato speso particolarmente bene. Le due installazioni in Europa di Aegis Ashore (completate in Romania, pianificate in Polonia) non aiuteranno contro i missili Kalibr lanciati da sottomarini o piccole navi nel Pacifico o nell'Atlantico, vicino alle coste statunitensi, o contro i missili intercontinentali che possono volare attorno a loro. Anche l'installazione del THAAD attualmente in corso in Corea del Sud (contro cui la gente del posto sta attualmente protestando radendosi la testa) non cambierà il quadro.

C'è esattamente una singola nazione aggressore nucleare sul pianeta, e non è la Russia. Ma questo non dovrebbe importare. Nonostante gli sforzi americani per indebolirla, la logica della Mutual Assured Destruction (MAD, o Distruzione mutua assicurata) rimane in vigore. La probabilità di una ritorsione nucleare non è determinata dalla politica di nessuno, ma dalla probabilità che avvenga per caso. Dal momento che non esiste una strategia vincente in una guerra nucleare, nessuno ha motivo di provare a iniziarne una. In nessun caso gli Stati Uniti potranno mai dettare i propri termini alla Russia minacciandola di annientamento nucleare.

Se una guerra nucleare non è in programma, che ne dite di una guerra convenzionale? Gli Stati Uniti hanno suonato le trombe posizionando truppe e svolgendo esercitazioni nei Paesi baltici, proprio al confine occidentale della Russia, installando sistemi ABM in Romania, Polonia e Corea del Sud, sostenendo i nazisti ucraini anti-russi, ecc. Tutto questo sembra piuttosto provocatorio; può sfociare in una guerra? E come sarebbe tale guerra?

Qui, dobbiamo guardare come la Russia ha risposto alle provocazioni precedenti. Questi sono tutti i fatti che conosciamo e che possiamo usare per prevedere cosa accadrà, al contrario di affermazioni puramente fittizie e congetturali non correlate a fatti noti.

Quando gli Stati Uniti o i loro delegati attaccano un'enclave di cittadini russi al di fuori dei confini della Russia, ecco i tipi di risposte che siamo stati in grado di osservare finora:

1. L'esempio della Georgia. Durante le Olimpiadi estive di Pechino (un tradizionale periodo di pace), l'esercito georgiano, armato e addestrato da Stati Uniti e Israele, ha invaso l'Ossezia del Sud. Questa regione faceva parte della Georgia solo di nome, essendo abitata principalmente da persone di lingua russa titolari di passaporto russo. Le truppe georgiane hanno iniziato a bombardare la sua capitale, Tskhinvali, uccidendo alcuni soldati russi di contenimento di stanza nella regione e provocando vittime civili. In risposta, le truppe russe sono arrivate in Georgia, eliminando completamente in poche ore la capacità bellica della Georgia. Hanno annunciato che l'Ossezia del Sud di fatto non faceva più parte della Georgia, aggiungendo per buona misura l'Abkhazia (un'altra enclave russa contesa) e si sono ritirate. Il presidente guerrafondaio della Georgia Saakashvili è stato dichiarato "cadavere politico" e lasciato a marcire sul posto. Alla fine è stato costretto a fuggire dalla Georgia, dove è stato dichiarato latitante dalla giustizia. Il Dipartimento di Stato americano gli ha quindi assegnato un nuovo lavoro come governatore di Odessa in Ucraina. Di recente, le relazioni russo-georgiane sono in via di guarigione.

2. L'esempio della Crimea. Durante le Olimpiadi invernali di Sochi in Russia (un tradizionale periodo di pace), si è verificato un rovesciamento illegale e violento del governo democraticamente eletto dell'Ucraina, seguito dall'installazione di un'amministrazione fantoccio scelta dagli Stati Uniti. In risposta, la popolazione a stragrande maggioranza russa della regione autonoma della Crimea ha tenuto un referendum. Circa il 95% degli abitanti ha votato per la secessione dall'Ucraina e per tornare a far parte della Russia, come era stata per secoli e fino a tempi molto recenti. I russi hanno quindi utilizzato le loro truppe già di stanza nella regione in base a un accordo internazionale per assicurarsi che i risultati del referendum fossero debitamente emanati. Non un solo colpo è stato sparato durante questo esercizio perfettamente pacifico di democrazia diretta.

3. Ancora l'esempio della Crimea. Durante le Olimpiadi estive di Rio (un tradizionale periodo di pace), alcuni agenti ucraini hanno preso d'assalto il confine con la Crimea e sono stati rapidamente catturati dal Servizio di sicurezza federale russo, insieme a un deposito di armi ed esplosivi. Alcuni di loro sono stati uccisi nel processo, insieme a due russi. I sopravvissuti hanno subito confessato di aver pianificato di organizzare attentati terroristici al terminal dei traghetti che collega la Crimea con la terraferma russa e in una stazione ferroviaria. Il capobanda del gruppo ha confessato che gli era stata promessa la somma principesca di 140 dollari al compimento di questi attacchi. Tutti aspettavano con impazienza un letto caldo e asciutto e tre pasti al giorno, a spese del governo russo, cosa che deve sembrare un angolo di paradiso rispetto alla violenza, al caos, miseria e desolazione che caratterizzano la vita nell'attuale Ucraina. In risposta, il governo di Kiev ha protestato contro la "provocazione russa" e ha messo in allerta le sue truppe per prepararsi contro "l'invasione russa". Forse la prossima spedizione di aiuti statunitensi all'Ucraina dovrebbe includere una fornitura di torazina o qualche altro farmaco antipsicotico ad alta potenza.

Notate il ritornello costante di "durante le Olimpiadi". Non è un caso, ma è indicativo di un certo modus operandi americano. Sì, fare la guerra durante un tradizionale periodo di pace è sia cinico che stupido. Ma il motto americano sembra essere "Se proviamo qualcosa ripetutamente e comunque non funziona, allora non ci stiamo impegnando abbastanza". Nella mente di coloro che pianificano questi eventi, il motivo per cui non funzionano mai bene non può avere nulla a che fare con l'essere stupidi. Questo è noto come "stupidità di terzo livello": una stupidità così profonda da non essere in grado di comprendere la propria stupidità.

4. L'esempio del Donbass. Dopo gli eventi descritti al punto 2 sopra, questa popolosa regione industrializzata, che ha fatto parte della Russia fino a buona parte del XX secolo ed è linguisticamente e culturalmente russa, è andata in subbuglio politico, perché la maggior parte della gente del posto non voleva avere niente a che fare con il governo che era stato installato a Kiev, che consideravano illegittimo. Il governo di Kiev ha continuato a peggiorare le cose, prima promulgando leggi che violano i diritti dei russofoni, poi attaccando effettivamente la regione con l'esercito, cosa che continuano a fare fino ad oggi, con tre invasioni senza successo e continui bombardamenti di entrambi zone residenziali e industriali, nel corso delle quali oltre diecimila civili sono stati uccisi e molti altri feriti. In risposta, La Russia ha aiutato a stabilire un movimento di resistenza locale supportato da un contingente militare capace formato da volontari locali. Ciò è stato fatto da volontari russi, che hanno agito in veste non ufficiale, e da privati cittadini russi che hanno donato denaro alla causa. Nonostante l'isteria occidentale su "invasione russa" e "aggressione russa", non ne esiste alcuna prova. Invece, il governo russo ha fatto solo tre cose: si è rifiutato di interferire con le iniziative dei suoi cittadini che vengono in aiuto del Donbass; ha perseguito una strategia diplomatica per risolvere il conflitto; e ha fornito numerosi convogli di aiuti umanitari ai residenti del Donbass. L'iniziativa diplomatica russa ha portato a due accordi internazionali – Minsk I e Minsk II – che hanno costretto sia Kiev che il Donbass a perseguire una strategia di risoluzione politica del conflitto attraverso la cessazione delle ostilità e la concessione al Donbass della piena autonomia. Kiev ha fermamente rifiutato di adempiere ai propri obblighi ai sensi di questi accordi. Il conflitto si è quindi congelato, ma continua a sanguinare a causa dei bombardamenti ucraini, in attesa del crollo del governo fantoccio ucraino.

Per completare il quadro, includiamo la recente azione militare della Russia in Siria, dove è arrivata in difesa del governo siriano assediato e ha demolito rapidamente gran parte dell'ISIS/ISIL/Daesh/califfato islamico, insieme a varie altre organizzazioni terroristiche attive nella regione. La logica di questa azione è che la Russia ha visto un nido di terroristi finanziato dall'estero in Siria come una minaccia diretta alla sicurezza della Russia. Altri due fatti degni di nota qui sono che la Russia ha agito in conformità con il diritto internazionale, essendo stata invitata dal legittimo governo siriano riconosciuto a livello internazionale e che l'azione militare è stata ridimensionata non appena è sembrato possibile per tutte le parti legittime (non terroristiche) passando dal conflitto al tavolo delle trattative. Questi tre elementi – l'uso della forza militare come misura di sicurezza reattiva, la scrupolosa adesione al diritto internazionale e la considerazione dell'azione militare al servizio della diplomazia – sono molto importanti per comprendere i metodi e le ambizioni della Russia.

Passando ora alle avventure militari/diplomatiche statunitensi, vediamo una situazione completamente diversa. La spesa militare statunitense è responsabile di oltre la metà di tutta la spesa discrezionale federale, e fa impallidire la maggior parte degli altri settori di vitale importanza, come le infrastrutture, la medicina pubblica e l'istruzione pubblica. Serve diversi obiettivi. Soprattutto, è un programma di lavoro pubblico: un modo per assumere persone che non sono occupabili in alcuna capacità effettivamente produttiva a causa della mancanza di intelligenza, istruzione e formazione. In secondo luogo, è un modo per i politici e gli appaltatori della difesa di arricchire sinergicamente se stessi e gli altri a spese del pubblico. Terzo, è un programma pubblicitario per la vendita di armi, essendo gli Stati Uniti il principale fornitore di tecnologia letale al mondo. Infine, è un modo per proiettare forza nel mondo, bombardando fino alla sottomissione qualsiasi paese che osi opporsi alle ambizioni egemoniche globali di Washington, spesso in totale disprezzo del diritto internazionale. Da nessuna parte in questa lista c'è il vero obiettivo di difendere gli Stati Uniti.

Nessuna di queste giustificazioni funziona nei confronti della Russia. In termini di dollari, gli Stati Uniti spendono a man bassa più della Russia per la difesa. Tuttavia, in termini di parità di acquisto, la Russia riesce ad acquistare fino a dieci volte più capacità difensive per unità di ricchezza nazionale rispetto agli Stati Uniti, annullando in gran parte questo vantaggio. Inoltre, ciò che gli Stati Uniti ottengono per i loro soldi è inferiore: l'esercito russo ottiene le armi che vuole; l'esercito americano ottiene ciò che vogliono per arricchirsi l'establishment politico corrotto e i loro complici nel complesso militare-industriale. In termini di campagna pubblicitaria per la vendita di armi, quando si vedono le armi russe in azione in Siria spazzare via di fatto i terroristi in breve tempo attraverso un'implacabile campagna di bombardamenti utilizzando scarse risorse, e quando poi si vedono le armi statunitensi usate dai sauditi nello Yemen, con molto supporto e consigli dagli Stati Uniti, continuamente sconfitte da ribelli leggermente armati, è improbabile che si generino troppe vendite aggiuntive. Infine, anche il progetto di mantenere l'egemonia globale degli Stati Uniti sembra essere in bilico. Russia e Cina sono ora in un'unione militare de facto. Le armi superiori della Russia, insieme alla fanteria quasi infinitamente enorme della Cina, ne fanno una combinazione imbattibile. La Russia ora ha una base aerea permanente in Siria, ha stretto un accordo con l'Iran per utilizzare basi militari iraniane e sta facendo leva per far allontanare la Turchia dalla NATO. Poiché l'esercito americano, con le sue numerose basi inutili in tutto il mondo e le pile di gadget inutili, si trasforma in un imbarazzo internazionale, rimane, per il momento, un programma di lavoro pubblico per l'assunzione di incompetenti e una ricca fonte di guadagni.

In tutto, è importante capire quanto siano effettivamente circoscritte le capacità militari americane. Gli Stati Uniti sono molto bravi ad attaccare avversari di gran lunga inferiori. L'azione contro la Germania nazista ha avuto successo solo perché a quel punto la Germania era stata effettivamente sconfitta dall'Armata Rossa, in tutto tranne che per il rastrellamento finale, quando gli Stati Uniti sono usciti dal loro timido isolamento e si sono uniti alla mischia. Anche la Corea del Nord e il Vietnam si sono rivelati troppo duri per questo, e anche lì le scarse prestazioni americane sarebbero state molto peggiori se non fosse stato per la coscrizione, che ha avuto l'effetto di aggiungere persone non incompetenti ai ranghi, ma ha prodotto lo spiacevole effetto collaterale di coscritti che sparano ai loro ufficiali incompetenti, un capitolo molto sottostimato della storia militare americana. E ora, con l'aggiunta delle persone LGBTQ ai ranghi, l'esercito americano sta per diventare uno zimbello internazionale. In precedenza, termini come "frocio" e "fighetta" erano ampiamente utilizzati nell'addestramento di base dell'esercito americano. I sergenti addestratori usavano tale terminologia per esortare i "senza palle" posti sotto la loro carica a iniziare a comportarsi come uomini. Mi chiedo quali parole usino i sergenti addestratori, ora che sono stati incaricati di addestrare proprio quelli a cui in precedenza si riferivano quando parlavano di "froci" e "fighette"? Il potenziale comico di questa sfumatura non è sfuggito ai militari russi.

Questa commedia può continuare finché l'esercito americano continua a evitare di attaccare un qualsiasi avversario serio, perché se lo facesse, la commedia si trasformerebbe piuttosto rapidamente in tragedia.

  • Se, per esempio, le forze statunitensi tentassero di attaccare il territorio russo lanciando missili attraverso il confine, sarebbero neutralizzate in una rappresaglia istantanea dall'artiglieria di gran lunga superiore della Russia.

  • Se gli americani o i loro delegati provocassero i russi che vivono fuori dalla Russia (e ce ne sono milioni) al punto di una ribellione aperta, i volontari russi, agendo in veste non ufficiale e utilizzando fondi privati, li addestrerebbero, li equipaggerebbero e li armerebbero rapidamente, creando un'insurrezione popolare che continuerebbe per anni, se necessario, fino alla capitolazione degli americani e dei loro delegati.

  • Se gli americani facessero la sciocchezza ultima e invadessero il territorio russo, verrebbero scacciati e annientati, come è successo ripetutamente alle forze ucraine nel Donbass.

  • Qualsiasi tentativo di attaccare la Russia utilizzando la flotta di portaerei statunitensi risulterebbe nel suo affondamento istantaneo con l'uso di una tra numerose armi: missili balistici antinave, siluri super-cavitanti o missili da crociera supersonici.

  • Bombardieri strategici, missili da crociera e missili balistici sarebbero eliminati dai nuovi avanzati sistemi di difesa aerea russi.

Questo per quanto riguarda l'attacco; ma per quanto riguarda la difesa? Bene, si scopre che c'è un'intera dimensione separata nel coinvolgere militarmente la Russia. Vedete, la Russia ha perso un numero enorme di vite civili mentre combatteva contro la Germania nazista. Molte persone, compresi anziani, donne e bambini, morirono di fame e malattie, o per i bombardamenti tedeschi, o per gli abusi subiti per mano dei soldati tedeschi. D'altra parte, le perdite militari sovietiche furono alla pari con quelle dei tedeschi. Questa incredibile calamità colpì la Russia perché era stata invasa e da allora ha condizionato il pensiero militare russo. La prossima guerra su larga scala, se mai ce ne sarà una, sarà combattuta in territorio nemico. Pertanto, se gli Stati Uniti attaccheranno la Russia, la Russia contrattaccherà invadendo gli Stati Uniti continentali. Tenendo presente che gli Stati Uniti non combattono una guerra sul proprio territorio da oltre 150 anni, questo sarebbe un vero shock.

Naturalmente, ciò avverrebbe in modi coerenti con il pensiero militare russo. Soprattutto, l'attacco deve essere tale da ridurre al minimo la possibilità di innescare uno scambio nucleare. In secondo luogo, l'uso della forza sarebbe ridotto al minimo necessario per garantire la cessazione delle ostilità e un ritorno al tavolo dei negoziati a condizioni favorevoli alla Russia. Terzo, verrebbe fatto ogni sforzo per fare buon uso delle rivolte popolari interne per creare insurrezioni di lunga durata, lasciando che i volontari forniscano le armi e la formazione necessarie. Infine, vincere la pace è importante quanto vincere la guerra, e ogni sforzo sarebbe fatto per informare il pubblico americano che ciò che stanno vivendo è solo una punizione per determinati atti illegali. Dal punto di vista diplomatico, sarebbe molto più ordinato trattare il problema dei criminali di guerra che governano gli Stati Uniti come un problema politico interno americano, che deve essere risolto dagli stessi americani, con un minimo assoluto di aiuto esterno. Ciò si realizzerebbe meglio attraverso un po' di condivisione di intelligence amichevole e di vicinato, facendo sapere a tutte le parti interessate negli Stati Uniti chi dovrebbe essere esattamente ritenuto responsabile di questi crimini di guerra, che aspetto hanno loro e i loro familiari e dove vivono.

La domanda allora è: qual è il minimo assoluto di azione militare – ciò che chiamo "mille palle di fuoco", dal nome dei "mille punti di luce" di George Bush Senior – per riportare la pace a condizioni favorevoli alla Russia? Mi sembra che mille "palle di fuoco" siano quasi il numero giusto. Sarebbero esplosioni insignificanti, sufficienti a demolire un edificio o un'installazione industriale, quasi senza vittime. Quest'ultimo punto è estremamente importante, perché l'obiettivo è distruggere il sistema senza ferire direttamente nessuna delle persone. Non sarebbe colpa di nessun altro se le persone negli Stati Uniti soffrissero perché si rifiutano di fare ciò che la loro stessa FEMA (Agenzia di gestione d'emergenza federale) chiede loro di fare: accumulare cibo e acqua per un mese e mettere insieme un piano di evacuazione di emergenza. Inoltre, data la direzione in cui si stanno dirigendo gli Stati Uniti, ottenere un secondo passaporto, spedire all'estero i propri risparmi e fare un po' di addestramento d'armi da fuoco nel caso in cui si finisca per restare sono tutte buone idee.

Il motivo per cui è molto importante che quest'azione militare non uccida nessuno è questo: ci sono circa tre milioni di russi che attualmente risiedono negli Stati Uniti, e uccidere qualcuno di loro non è sicuramente una buona strategia. C'è un numero ancora maggiore di persone provenienti da paesi popolosi amici della Russia, come Cina e India, e anch'essi dovrebbero rimanere illesi. Pertanto, una strategia che si tradurrebbe in una massiccia perdita di vite umane semplicemente non sarebbe accettabile. Uno scenario molto migliore comporterebbe la produzione di una crisi che convincerebbe rapidamente i russi che vivono negli Stati Uniti (insieme a tutti gli altri cittadini stranieri e gli immigrati di prima generazione, e anche un buon numero di immigrati di seconda generazione) che gli Stati Uniti non sono più un buon posto dove vivere. Quindi tutte queste persone potrebbero essere rimpatriate, un processo che senza dubbio richiederebbe alcuni anni. Attualmente, La Russia è la terza destinazione al mondo per le persone che cercano un posto migliore in cui vivere, dopo Stati Uniti e Germania. La Germania è ora sull'orlo di una rivolta aperta contro le folli politiche pro-immigrazione di Angela Merkel. Gli Stati Uniti non sono da meno e non rimarranno una destinazione attraente ancora a lungo. E questo lascia la Russia come il posto numero uno in tutto il pianeta. C'è molta pressione, anche per un paese che è largo 11 fusi orari e che ha tutto tranne la frutta tropicale e un gran numero di abitanti.

Dobbiamo anche tenere a mente che Israele – che è, ammettiamolo, un protettorato statunitense temporaneamente parcheggiato in terra palestinese – non durerebbe a lungo senza il massiccio sostegno degli Stati Uniti. Un terzo della popolazione israeliana sembra essere russo. Nel momento in cui Project Israel inizierà a sembrare defunto, la maggior parte di questi ebrei russi, da persone intelligenti quale sono, deciderà senza dubbio di organizzare un esodo e tornare in Russia, come è proprio diritto. Questo creerà un bel mal di testa per il Servizio Federale per la Migrazione della Russia, perché dovrà setacciarli tutti, facendo entrare tutti i normali ebrei russi e tenendo fuori i fanatici sionisti, i criminali di guerra e i pazzi ultra-religiosi. Anche questo richiederà molto tempo.

Ma anche le azioni che rischiano una grave perdita di vite umane si rivelano del tutto inutili, perché è disponibile un'efficace strategia alternativa: distruggere i pezzi chiave delle infrastrutture governative e aziendali, quindi incrociare le braccia e attendere che l'altra parte torni al tavolo delle trattative agitando uno straccio bianco. Vedete, ci sono solo alcuni ingredienti magici che consentono agli Stati Uniti di continuare a esistere come un paese stabile e sviluppato in grado di proiettare forza militare all'estero. Sono: la rete elettrica; il sistema finanziario; il sistema autostradale interstatale; le merci ferroviarie e marittime; le compagnie aeree; gli oleodotti e i gasdotti. Disabilitate tutto quanto sopra e il gioco è praticamente finito. Quante "palle di fuoco" ci vorrebbero? Probabilmente ben meno di mille.

Disabilitare la rete elettrica è quasi ridicolmente facile, perché il sistema è altamente integrato e interdipendente, composto da sole tre sotto-reti, chiamate "interconnessioni": occidentale, orientale e del Texas. Le parti più vulnerabili del sistema sono i grandi trasformatori di potenza (LPT) che aumentano le tensioni a milioni di volt per la trasmissione e le riducono nuovamente per la distribuzione. Queste unità sono grandi come case, costruite su misura, costano milioni di dollari e alcuni anni per essere sostituite e sono per lo più prodotte al di fuori degli Stati Uniti. Inoltre, insieme al resto delle infrastrutture negli Stati Uniti, la maggior parte di esse è piuttosto vecchia e soggetta a guasti. Esistono diverse migliaia di queste apparecchiature chiave, ma poiché la rete elettrica negli Stati Uniti sta funzionando quasi al limite della sua capacità, con diversi punti di strozzatura critici, sarebbe completamente disabilitata se anche una manciata di TPL particolarmente strategici fosse distrutta. Negli Stati Uniti, qualsiasi interruzione di corrente prolungata in uno qualsiasi dei centri urbani più grandi innesca automaticamente saccheggi e caos su larga scala. Alcuni stimano che solo un'interruzione di due settimane porterebbe la situazione a un punto di non ritorno, in cui il danno diventerebbe troppo esteso per essere mai riparato.

Allo stesso modo, disabilitare il sistema finanziario è relativamente banale. Ci sono solo alcuni punti di strozzatura, tra cui la Federal Reserve, alcune grandi banche, centri dati di società di carte di debito e di credito, ecc. Possono essere disabilitati utilizzando una varietà di metodi, come un attacco missilistico da crociera, un attacco informatico, alimentazione elettrica disordini o anche disordini civili. Vale la pena notare che il sistema finanziario negli Stati Uniti è truccato per esplodere anche senza l'intervento straniero. La combinazione di debito in fuga, una gigantesca bolla obbligazionaria, la Federal Reserve intrappolata in tassi di interesse sempre più bassi, pensioni sottofinanziate e altri obblighi, immobili estremamente costosi e un mercato azionario ridicolmente schiumoso finiranno per far esplodere il sistema dall'interno.

Alcuni scioperi chirurgici in più possono distruggere oleodotti e gasdotti, terminal di importazione, ponti e tunnel autostradali, ferrovie e compagnie aeree. Pochi mesi senza accesso a denaro e servizi finanziari, elettricità, benzina, diesel, gas naturale, trasporto aereo o pezzi di ricambio importati necessari per riparare i danni dovrebbero essere sufficienti per costringere gli Stati Uniti alla capitolazione. Se si compie qualsiasi sforzo per ripristinare uno di questi servizi, un ulteriore sciopero o due li annullerebbe rapidamente.

Il numero di "palle di fuoco" può essere ottimizzato sfruttando sinergie distruttive: un jammer GPS schierato vicino al luogo di un attacco può impedire ai soccorritori di raggiungerlo; l'eliminazione di un deposito di forniture insieme alla struttura che serve, insieme a interruzioni del sistema di trasporto, può ritardare le riparazioni di molti mesi; una semplice minaccia di bomba può immobilizzare un hub di trasporti, rendendolo un'anatra zoppa invece di andare dietro a un gran numero di bersagli mobili; eccetera.

Si potrebbe pensare che l'esecuzione di un attacco così calibrato richieda una grande quantità di informazioni, che sarebbe difficile da raccogliere, ma non è così. Innanzitutto, una grande quantità di informazioni tatticamente utili viene costantemente trapelata dagli addetti ai lavori, che spesso si considerano "patrioti". In secondo luogo, ciò che non è trapelato può essere violato, a causa dello stato pietoso della sicurezza informatica negli Stati Uniti. Ricordtea, la Russia è il luogo in cui viene prodotto il software antivirus e anche alcuni dei virus. La National Security Agency è stata recentemente violata e i suoi "gioielli della corona" sono stati rubati; se questa può essere hackerata, che dire di tutti coloro la cui sicurezza presumibilmente protegge?

Si potrebbe anche pensare che gli Stati Uniti, se attaccati in questo modo, potrebbero effettivamente reagire in natura, ma questo scenario è piuttosto difficile da immaginare. Molti russi non trovano l'inglese troppo difficile, generalmente hanno familiarità con gli Stati Uniti grazie all'esposizione ai media statunitensi e gli specialisti tra loro, in particolare quelli che hanno studiato o insegnato nelle università degli Stati Uniti, possono esplorare il loro campo di competenza negli Stati Uniti quasi facilmente come in Russia. La maggior parte degli americani, d'altra parte, riesce a malapena a trovare la Russia su una mappa, non riesce a superare l'alfabeto cirillico e trova il russo assolutamente incomprensibile.

Considerate anche che l'establishment della difesa della Russia è principalmente focalizzato sulla... difesa. Offendere le persone in paesi stranieri non è generalmente considerato strategicamente importante. "Cento amici è meglio di cento rubli" è un detto popolare. E così la Russia riesce ad essere allo stesso tempo amica dell'India e del Pakistan, della Cina e del Vietnam. In Medio Oriente mantiene rapporti cordiali con Turchia, Siria, Israele, Arabia Saudita, Yemen, Egitto e Iran, anche con tutti contemporaneamente. I diplomatici russi sono tenuti a mantenere sempre aperti i canali di comunicazione con amici e avversari. Sì, essere inspiegabilmente antagonisti nei confronti della Russia può essere terribilmente doloroso, ma lo si può far smettere in qualsiasi momento! Basta una telefonata.

Aggiungete a questo il fatto che le vicissitudini della storia russa hanno condizionato la popolazione russa ad aspettarsi il peggio e ad affrontarlo in modo semplice. "Non possono ucciderci tutti!" è un altro detto preferito. Se gli americani riuscissero a farlo soffrire, il popolo russo troverebbe senza dubbio grande conforto nel fatto che sta facendo soffrire ancora peggio gli americani, e molti di loro penserebbero che questo risultato, di per sé, è già una vittoria. Né rimarranno senza aiuto; non è un caso che il ministro della Difesa russo, Sergej Shojgu, in precedenza dirigesse il ministero delle Emergenze, e la sua prestazione nel suo lavoro gli è valsa molte lodi. In breve, se attaccati, i russi incasseranno semplicemente i loro colpi – come hanno sempre fatto – e poi continueranno a conquistare e vincere, come hanno sempre fatto.

Non aiuta il fatto che la maggior parte di ciò che ai piccoli americani è stato detto sulla Russia dai loro leader politici e dai mass media è quasi del tutto sbagliato. Continuano a sentire parlare di Putin e di un "orso russo", e quindi probabilmente immaginano che la Russia sia una vasta terra desolata in cui Vladimir Putin fa compagnia a un orso plurilaureato, fisico nucleare, scienziato nucleare e missilistico, giocatore di scacchi, hacker di server di Internet, creatore di vaccini per Ebola e poliglotta. Gli orsi sono meravigliosi, i russi adorano gli orsi, ma non esageriamo. Sì, gli orsi russi possono andare in bicicletta e a volte sono anche bravi con i bambini, ma restano ancora solo animali selvatici e/o domestici (molti russi non riescono a fare questa distinzione). E così, quando gli americani ringhiano verso "l'orso russo", i russi si chiedono, ma quale?

In breve, la Russia è per la maggior parte degli americani un mistero avvolto in un enigma, e semplicemente non c'è un pool abbastanza grande di americani intelligenti con una buona conoscenza della Russia a cui attingere, mentre per molti russi gli Stati Uniti sono un libro aperto. Per quanto riguarda gli attuali servizi di "intelligence" e di "sicurezza" americani, sono tutti rigonfiamenti burocratici impantanati nell'opportunismo politico e nel pensiero di gruppo che eccellono solo in due cose: seguire indiscutibilmente procedure idiote e adattare creativamente i fatti alla politica del giorno. "Dimostrare" che l'Iraq ha "armi di distruzione di massa" – nessun problema! Distinguere i terroristi dalle anziane nonne del Midwest a un posto di blocco di sicurezza dell'aeroporto: impossibile!

La Russia non ricorrerà a misure militari contro gli Stati Uniti a meno che non sia gravemente provocata. Il tempo e la pazienza sono dalla parte della Russia. Ogni anno che passa, gli Stati Uniti si indeboliscono e perdono amici e alleati, mentre la Russia diventa più forte e guadagna amici e alleati. Gli Stati Uniti, con le loro disfunzioni politiche, il debito incontrollato, le infrastrutture in decadimento e la diffusione di disordini civili, sono una nazione morta che cammina. Ci vorrà del tempo prima che ciascuno degli Stati Uniti si demolisca ordinatamente fino alle fondamenta, come hanno fatto quei tre grattacieli di New York l'11 settembre (i numeri 1, 2 e 7 del World Trade Center), ma la Russia è molto paziente. La Russia è pronta a rispondere a qualsiasi provocazione, ma l'ultima cosa che i russi vogliono è un'altra guerra. E questa, se vi piacciono le buone notizie, è la migliore che ascolterete. Ma se pensate ancora che ci sarà una guerra con la Russia, non pensate a un "Armageddon"; pensate a "mille palle di fuoco" e poi... silenzio!

 
Lo yoga e altre pratiche orientali

In una seria comparazione tra vie mistiche cristiane e indo-buddhiste, Valerij Dukhanin analizza per Pravoslavie.ru una serie di aspetti dello yoga e delle pratiche collegate ad aspetti religiosi non cristiani (anche laddove queste pratiche sono disassociate dal loro contesto religioso), spiegando come l’integrazione indiscriminata di elementi dipendenti da altre religioni può causare caos nella vita del cristiano ortodosso. Se è vero che una persona cresciuta nel mondo indiano può capire questi pericoli ed esercitare un certo grado di discernimento automatico (si veda l’articolo da noi pubblicato lo scorso giugno, a proposito di yoga e fede cristiana), è vero che la maggior parte degli abitanti di paesi di tradizione cristiana NON ha questi mezzi di autodifesa, anche (e soprattutto!) se si interessa alla pratica dello yoga. Troviamo perciò molto utile partire dagli avvertimenti dell’articolo di Valerij Dukhanin, che presentiamo in traduzione italiana nella sezione “Confronti” dei documenti.

 
I vescovi greci di Alessandria puniscono i preti africani che obiettano al riconoscimento degli scismatici ucraini

i metropoliti Makarios del Kenya, Agathonikos di Arusha e della Tanzania centrale, e Dimitrios di Irinoupolis

La scorsa settimana è stata pubblicata una lettera aperta di 27 sacerdoti ortodossi africani provenienti da Kenya, Tanzania, Uganda e Zambia in cui i firmatari esprimono il loro disaccordo con la decisione del loro patriarca di riconoscere la "Chiesa ortodossa dell'Ucraina" scismatica e di commemorare il suo primate, Epifanij Dumenko.

I sacerdoti notano anche che la decisione di riconoscere gli scismatici è stata presa senza consultare i chierici e i laici africani, sebbene questi costituiscano la maggioranza della Chiesa.

I chierici scrivono con rispetto e moderazione: "Vorremmo esprimere la nostra opinione e dire che non siamo d'accordo con la decisione di cui sopra. Rispettiamo il nostro patriarca e obbediamo ai nostri vescovi, ma, proprio come molti sacerdoti e persino vescovi nella Chiesa di Grecia hanno espresso il loro disaccordo per una decisione analoga sul riconoscimento degli scismatici ucraini, crediamo di non avere un minore diritto di esprimere la nostra opinione".

Il giorno successivo alla pubblicazione della lettera, OrthoChristian è stato informato da padre Georgij Maksimov, un sacerdote missionario che è in contatto con diversi sacerdoti africani, che i sacerdoti stavano già affrontando minacce di sanzioni dai loro vescovi, incluso il taglio dei loro stipendi, la sospensione nei loro ministeri sacerdotali e la scomunica.

Pochi giorni dopo, OrthoChristian è stato informato da uno dei firmatari che essi erano già stati sospesi dal servizio. Tuttavia, questo sacerdote, e altri sui social media, hanno dichiarato che continueranno a stare a fianco della Chiesa canonica in Ucraina nonostante qualsiasi minaccia o punizione.

In un video pubblicato martedì 24 dicembre, padre Georgij specifica che i metropoliti greci Makarios del Kenya, Dimitrios di Irinoupolis (Tanzania) e Agathonikos di Arusha e della Tanzania centrale hanno immediatamente iniziato ad agire contro i loro sacerdoti che hanno firmato la lettera aperta, imponendo loro di firmare una dichiarazione a sostegno della "Chiesa ortodossa dell'Ucraina".

"Quando si sono rifiutati, sono stati sospesi dal servizio e minacciati di deposizione", riferisce padre Georgij.

Padre Georgij nota anche che, proprio l'estate scorsa, il metropolita Dimitrios di Irinoupolis si è recato a Kiev in onore del 1.030° anniversario del Battesimo della Rus', dove ha espresso il suo sostegno alla Chiesa ucraina canonica e al suo primate, sua Beatitudine il Metropolita Onufrij di Kiev e di Tutta l'Ucraina. Lo scorso anno il patriarca Theodoros di Alessandria aveva espresso il suo forte sostegno alla Chiesa ucraina canonica.

Inoltre, padre Georgij afferma che, per quanto ne sa, non ci sono state sanzioni o minacce da parte di sua Eminenza l'arcivescovo Jonah di Kampala (Uganda), uno dei pochi vescovi africani del Patriarcato d'Alessandria, contro i suoi sacerdoti che hanno firmato la lettera aperta.

In un post di Telegram del 19 dicembre, padre Georgij ha osservato che molti sacerdoti nella Chiesa ortodossa di Grecia hanno espresso disaccordi e critiche molto più forti sul riconoscimento degli scismatici ucraini, ma non hanno subito sanzioni.

Egli afferma:

E il fatto che i sacerdoti africani vengano espulsi dalla Chiesa per una lettera molto delicata e garbata mostra davvero i doppi standard dei vescovi greci, che trattano i loro chierici africani come persone di seconda classe. Naturalmente, queste deposizioni non sono canoniche, perché questi padri con la loro lettera non hanno fatto nulla per cui dovrebbero essere deposti. Non hanno smesso di commemorare il patriarca Theodoros, non si sono rifiutati di obbedire ai loro vescovi; si sono appena limitati a esprimere la loro opinione personale. Ma, secondo i vescovi greci, gli africani non hanno nemmeno il diritto di fare questo.

 
La setta dei pacifisti dalla parte dei nazisti

Questo articolo aiuterà sicuramente i perduti, rallegrerà gli stanchi, motiverà gli esitanti e i dubbiosi e sicuramente deprimerà i membri giurati della setta pacifista...

"Un cittadino magrolino del regno della terra è inaffidabile per il Regno dei Cieli" (San Filaret di Mosca).

Come le persone servili verso l'Occidente allo stesso tempo "odiavano saggiamente il proprio popolo"

Con l'inizio di un'operazione speciale per proteggere il popolo del Donbass e liberare l'Ucraina dal regime nazista, è sembrato che la società russa sia stata illuminata da una radiografia.

La stragrande maggioranza della nostra popolazione ha sostenuto il proprio esercito. La gente ha sentito nei propri cuori che siamo dalla parte della verità, e che liberando l'Ucraina, i nostri combattenti stanno difendendo non solo il Donbass dai punitori nazisti, ma stanno anche difendendo l'intera nostra Patria in quella guerra di annientamento totale che l'Occidente ha scatenato contro la Russia.

Pertanto, la dichiarazione di Medinskij sui negoziati a Istanbul con i cosiddettoi "partner" ha causato un'ondata di rabbia e indignazione in tutta la Russia. La reazione del nostro popolo all'idea stessa che sia possibile un qualche tipo di accordo con la marmaglia nazista, il regime criminale di Kiev, mostra chiaramente che la stragrande maggioranza dei connazionali capisce per cosa e per chi stiamo combattendo in Ucraina.

Ma, penso, nessuno è rimasto sorpreso dal fatto che i rappresentanti della quinta colonna, il collettivo liberale "smerdjakov", si siano opposti all'unanimità al loro stato e alla maggioranza del loro popolo. O meglio, del popolo in mezzo al quale essi, poveri e sfortunati, devono vivere. Imprecando davanti ai loro sponsor e padroni occidentali, questi "smerdjakov" si sono affrettati a dichiarare che si vergognavano di essere russi. Al che hanno subito ricevuto una risposta dal popolo: "Non preoccupatevi, non siete russi".

Perché gli "smerdjakov" non hanno notato come i punitori ucraini hanno ucciso metodicamente gli abitanti del Donbass? Questo è molto facile da spiegare. Dopotutto, i nazisti hanno ucciso il popolo russo nel Donbass per ordine dei paesi civili dell'Occidente. E il liberale russo combatte sempre dalla parte dell'Occidente.

Fjodor Mikhailovich Dostoevskij scrisse nel XIX secolo che un liberale russo differisce dai liberali in Europa per un odio senza precedenti per il proprio paese. Fjodor Mikhailovich ha scritto che il liberalismo russo non attacca l'ordine esistente nel paese, ma la Russia stessa: "Il mio liberale è arrivato al punto di negare la Russia stessa, cioè odia e picchia sua madre".

Fu proprio per queste persone che Aleksandr S. Pushkin scrisse: "Tu hai amato teneramente gli altri popoli e hai odiato saggiamente il tuo".

Fjodor M. Dostoevskij ha scritto molto accuratamente sulla natura servile dei liberali russi, natura che Vladimir Putin ha recentemente ricordato: "Il nostro liberale è prima di tutto un lacchè che cerca solo di pulire gli stivali di qualcuno".

Nell'immagine di Smerdjakov, il geniale Dostoevskij incarnava l'ideologia di tutto questo pubblico, che alla maniera di un lacchè, si inchina pedissequamente all'Occidente e odia il proprio paese. Il collettivo "smerdjakov" nella guerra russo-giapponese, dopo la tragedia per ogni russo morto del Secondo squadrone a Tsushima, ha inviato telegrammi di congratulazioni al Mikado. Gli "smerdjakov" ancora oggi, nel XXI secolo, sognano che "una nazione intelligente conquisterà una nazione stupida". Pertanto, il liberale moderno doveva semplicemente condannare la Russia e schierarsi dalla parte dei suoi padroni occidentali.

Una parte degli "smerdjakov" si è affrettata non solo a testimoniare la propria lealtà alla "nazione intelligente", ma ha anche cercato di lasciare l'odiata Russia, andando nell'Europa "civilizzata". Sebbene Fjodor Ivanovich Tjutchev abbia avvertito questo pubblico:

Non importa come vi pieghiate davanti a lei, signori,

non otterrete il riconoscimento dall'Europa:

ai suoi occhi sarete sempre

non servitori dell'illuminazione, ma servi della gleba.

E qualunque cosa accada nel mondo, la Russia per loro è sempre un "paese barbaro aggressivo", che è sempre colpevole di tutto. Colpevole per il fatto stesso della sua esistenza. Questo è il modo in cui trattavano il proprio paese e le persone sia nell'Impero Russo sia nell'Unione Sovietica. È così che trattano la Russia oggi: strisciano davanti all'Occidente "civilizzato" e disprezzano sinceramente il proprio paese e il nostro popolo.

"Veri cristiani", o seguaci settari del "grande scrittore della terra russa"?

Con l'inizio dell'operazione speciale, abbiamo visto come ha cominciato subito a ribollire la "mente indignata" di coloro che si considerano veri cristiani, lontani da un "fatto sporco e vile" come la politica.

Per qualche ragione, loro, come i liberali, non hanno visto da vicino le uccisioni dei russi nel Donbass, non hanno notato i crimini dei punitori ucraini, le vittime, il dolore e la sofferenza degli abitanti del Donbass. Ma si sono subito indignati e arrabbiati quando la Russia ha difeso il Donbass. Si scopre che il loro senso morale non poteva sopportare un simile atto di violenza da parte dello stato russo!

Questi "veri cristiani", in sorprendente unanimità con i liberali, hanno attaccato non solo lo Stato russo e Vladimir Putin, ma anche la Chiesa ortodossa russa con il suo primate, il patriarca Kirill.

Ricordiamo come alla fine degli anni '80 e '90 siano apparse in Russia dozzine di varie sette. Allora sono emersi anche i "tolstojani". Ovviamente, sembravano più decenti a paragone di Aum Shinrikyo o della Fratellanza Bianca. Erano persone intelligenti, seguaci del grande scrittore russo, il conte Lev Nikolaevich Tolstoj, e non grossolani geovisti. Inoltre, c'erano pochissimi tolstojani.

Ricordiamo che Lev Nikolaevich fu scomunicato dalla Chiesa per i suoi scritti blasfemi. Tolstoj non solo bestemmiò i sacramenti della Chiesa, ma riuscì persino a scrivere il Vangelo stesso. "Grande scrittore della terra russa" – così i rappresentanti della "intellighentsia progressista" all'inizio del XXI secolo definivano Lev Tolstoj con gioia e con respiro affannoso.

Non invano Lenin definì Tolstoj "lo specchio della rivoluzione russa". Molti russi, dopo aver letto le sue innovazioni blasfeme, hanno perso la fede e hanno lasciato la Chiesa. Il tolstoismo è condannato dalla Chiesa ortodossa come dottrina apertamente settaria. Il giusto san Giovanni di Kronstadt, gli anziani e molti pastori spirituali misero in guardia contro questo pericolo. Pertanto, lo confesso, io non potrei nemmeno pensare che oggi tra i cristiani ortodossi nella nostra società ci siano così tanti seguaci delle idee di Lev Nikolaevich!

Ricordiamo che una delle idee degli insegnamenti di Tolstoj era la cosiddetta non resistenza al male. Con l'inizio dell'operazione speciale in Ucraina, i "veri cristiani" moderni, in piena sintonia con gli insegnamenti del "grande scrittore della terra russa", ardenti di giusta rabbia, denunciano furiosamente la Chiesa ufficiale. Molti di loro non si rendono nemmeno conto che stanno predicando la "non resistenza" di Tolstoj, ben lontana dagli insegnamenti della Chiesa ortodossa, e si considerano autorizzati a insegnare alla Chiesa e tutti coloro che non condividono le loro opinioni "la corretta adesione allo spirito del Vangelo", accusando con rabbia chiunque non sia d'accordo con loro. Questi "veri cristiani" sono fermamente convinti di aver già acquisito il dono dell'amore e quindi devono ammaestrare gli altri, e a quanto pare prendono la propria stessa rabbia come giusta indignazione.

"Il sentiero del tradimento dei deboli e della complicità con i malvagi"

I pacifisti moderni, che denunciano la Chiesa ortodossa russa per "non aver fermato la guerra in Ucraina", sono per qualche ragione fermamente convinti di essere quelli che meglio di tutti hanno assimilato lo spirito del Vangelo.

Molti dei pacifisti di oggi, che sinceramente si considerano veri portatori dell'amore cristiano, saranno certamente altrettanto sinceramente indignati, assicurandoci di non avere nulla a che fare con gli insegnamenti di Tolstoj. Un sentimento morale eccezionalmente alto presumibilmente li costringe a parlare contro la guerra. E tutti coloro che non sono d'accordo con loro e sostengono la liberazione dell'Ucraina dal nazismo semplicemente non seguono lo spirito del Vangelo e sono persone immorali e dal cuore duro.

In altre parole, la maggioranza del nostro popolo non conosce lo spirito del Vangelo e i comandamenti di Cristo, e sono loro, gli umanisti pacifisti, che stanno dalla parte della Verità di Dio.

Vorrei chiedervi, signori generosi e portatori di spirito, "veri umanisti cristiani", perché il vostro senso morale non ha risposto quando i punitori ucraini hanno metodicamente bombardato le città del Donbass, uccidendo donne, bambini e anziani? Perché non avete fatto sfilate con manifesti "No alla guerra!", chiedendo di fermare quella guerra? Dopotutto, non in continenti lontani, ma accanto a voi, signori umanisti, hanno brutalmente ucciso e bruciato russi pacifici, i vostri fratelli di sangue e di fede. Dov'era il vostro cuore misericordioso e compassionevole, colmo dello spirito del Vangelo?

Ivan Aleksandrovich Il'in nella sua opera "Sulla resistenza al male" riflette sulle origini spirituali del male e sull'atteggiamento cristiano nei confronti della guerra. Il noto pensatore russo scrive: "Finché il male vive nell'anima umana, sarà necessaria una spada per fermare la sua azione esterna, una spada che sia forte sia nel non essere estratta, sia nel suo colpo repressivo.

Ma la spada non sarà mai creativa, né l'ultima, né la più profonda manifestazione della lotta. La spada serve alla lotta esterna, ma in nome dello spirito; e quindi, finché la spiritualità è viva in una persona, la chiamata della spada sarà che la sua lotta sia religiosamente significativa e spiritualmente pura".

Nel capitolo "Sulla forza, la spada e la giustizia", Il'in ha scritto sullo pseudoumanesimo dei sostenitori della non resistenza al male con la forza: "Sì, il sentiero della forza e della spada non è un sentiero retto, ma c'è qualche altro sentiero giusto? Non si cadrebbe nello stesso percorso di resistenza sentimentale, di cui si è già detto sopra, il percorso di tradimento del debole, complicità con il cattivo, correità con il soppressore e, per finire, innocente compiacimento ipocrita?

Certo, questo percorso ha un aspetto esteriore più "calmo" e più "decente", meno sanguinoso, ma solo la frivolezza e la malvagia stupidità non possono percepire a quale prezzo si pagano questa calma e questa decenza.

E oggi lo pseudoumanesimo e il pacifismo, lo stato di compiacimento sentimentale, innocente e ipocrita, si pagano a costo della vita di chi lotta per fermare il male e l'odio dei punitori, che continuano a uccidere il popolo del Donbass con particolare furia e malizia.

Il vostro cammino, signori "veri cristiani", è "il sentiero del tradimento dei deboli e della complicità con i malvagi". Voi, signori pacifisti, affermate di essere contrari alla guerra? Pensate alle parole di Ivan Il'in: "Può una persona che lotta per la perfezione morale resistere al male con la forza e la spada? Può una persona che accetta religiosamente Dio, il suo universo e il suo posto nel mondo, non resistere al male con la spada e la forza? La risposta che abbiamo ottenuto suona innegabile e definitiva: la contenzione fisica e la coercizione possono essere un dovere religioso e patriottico diretto di una persona, e quindi non abbiamo il diritto di eluderle".

È proprio a voi che si applicano le parole di Ivan Il'in: "Si può facilmente capire e spiegare che una persona debole avrà paura di questo percorso, avrà paura della responsabilità e non accetterà di fare sforzi eroici. Ma sarebbe del tutto infondato e frivolo concludere da ciò che il cammino di questa persona terrorizzata, debole, che elude la conquista e il peso del mondo, è, solo per questo motivo, più perfetto, spiritualmente più fedele e moralmente meno colpevole".

A tali pseudoumanisti sono rivolte le parole del pensatore russo su un debole che si esalta su chi si assume la responsabilità di combattere il male, proteggendo i deboli dai cattivi. Lo pseudoumanista "si assume anche la colpa del malvagio (poiché lo asseconda e partecipa passivamente alle sue atrocità), e l'ingiustizia del soppressore (poiché inevitabilmente gode dei frutti e delle benedizioni delle sue imprese), e se corona tutto questo con compiacimento farisaico e condanna, orgoglioso della sua rettitudine immaginaria e sopravvalutando la sua virtù, allora l'altezza del suo carattere morale si rivela del tutto dubbia".

Il'in dice che la resistenza al male è un dovere patriottico e insieme religioso di un credente.

Ma di che cosa parlo, di quale patriottismo, dimenticavo completamente che i "veri cristiani" non si interessano mai di cose terrene, e ancor più di politica, perché si definiscono cittadini della Patria celeste. E tutto ciò che accade nel mondo, così come tutto ciò che accade nella loro Patria terrena, non fa che distoglierli dalla contemplazione di Dio e dal rimanere incessantemente in preghiera. Come ha affermato uno degli apologeti di questo "vero cristianesimo": "Dio è con lei, con la Russia. Alla fine non mi importa molto di lei (come, del resto, di tutti gli altri paesi) – dopotutto, da cristiano, ho un permesso di soggiorno nel Regno dei Cieli.

È incredibile come un dotto monaco possa essere così sicuro di aver già ricevuto un permesso di soggiorno nel regno dei cieli? Forse pensa di aver ricevuto questo permesso di soggiorno all'ordinazione? Tuttavia, a volte bisogna guardare in chiesa le icone del Giudizio Universale o della Scala di san Giovanni, dove viene mostrato a tutti che non solo la tonaca, ma anche le mitre vescovili non garantiscono l'ingresso nel Regno dei Cieli.

Qualsiasi persona normale, e lo è senza dubbio la maggioranza della nostra gente, capisce che ogni guerra è male, morte di persone, enorme sofferenza. E per ciascuno di noi, quello che sta accadendo oggi in Ucraina è, senza alcuna esagerazione, un'enorme tragedia. Inoltre, molti sono legati da legami di sangue e familiari. Non importa quel che dicono i politici, non importa quanto siano confusi, zombificati alcuni degli abitanti dell'Ucraina durante la guerra psicologica dell'informazione, siamo un unico popolo ortodosso che ha vissuto in un unico stato per tre secoli, ha vissuto insieme tutti i dolori e le gioie, realizzato grandi imprese. Non molto tempo fa, una guerra tra noi poteva sembrare un terribile incubo.

Forse i nostri "veri cristiani" che si oppongono alla guerra credono che l'attuale Stato ucraino non possa essere considerato il male che, come sosteneva Ivan Il'in, un cristiano deve fermare con la forza?

Di recente, un pubblicista ortodosso ha scritto che "apparteniamo al prossimo Regno di amore e pace". E ciò che sta accadendo oggi in Ucraina, l'autore lo paragona ai combattimenti dei gladiatori, dove ci si riuniva per vedere come le persone si uccidono a vicenda. Sottolineando che i cristiani hanno sempre detestato tali spettacoli sanguinosi, l'autore confronta ancora una volta l'operazione speciale con le competizioni sanguinose e cerca di convincerci ad allontanarci dal terribile spettacolo, perché questa non è una sanguinosa partita di calcio, e non abbiamo il diritto di tifare per nessuna squadra.

Innanzitutto, il paragone di quanto sta accadendo in Ucraina con i combattimenti dei gladiatori, a mio avviso, è blasfemo. I nostri ragazzi stanno combattendo lì e stanno dando la vita non per il divertimento del pubblico, assetato di spettacoli sanguinosi. Combattono contro il nazismo, prendendo le armi per proteggere la loro patria e il loro popolo dalla peste bruna. Notate che proteggono anche coloro che per qualche ragione sono sicuri di appartenere già al regno dell'amore e della pace.

E in secondo luogo, a chi verrebbe in mente di paragonare la guerra a una "sanguinosa partita di calcio"? La guerra non è un gioco, qui o sei con la tua Patria e il tuo popolo, o sei un traditore. E l'indifferenza in questo caso non indica l'incessante permanenza della tua mente nel regno dell'amore e della pace.

Per quei "veri cristiani" che ancora non credono che lo stato banderista ucraino non sia un male che minaccia la nostra Patria, lasciate che vi ricordi gli appelli a distruggere la "maledetta Moscovia", che abbiamo sentito regolarmente da politici ucraini di vari livelli. E questa non è una sciocchezza di individui emarginati. L'odio per la Russia e per i russi era la base della politica statale del "nezalezhnoj", metodicamente preparata per la guerra con la Russia. Ci si sono preparati non per gli ultimi otto anni, ma per tutti e tre i decenni, a partire dal 1991. Per questo, l'Occidente ha compiuto un colpo di stato a Kiev nel 2014. Ricordate come sul Majdan, infuriati, saltellavano gridando "Moskaljaku na giljaku! Moscoviti sui coltelli!" Questi erano gli slogan della cosiddetta "rivoluzione della dignità". Si può immaginare in qualche altro paese, durante una rivoluzione o un colpo di stato, un appello a uccidere e a fare a pezzi gli abitanti di uno stato vicino? Ma a quel tempo non solo non c'era un'operazione speciale, ma la Crimea apparteneva all'Ucraina.

Faccio una domanda a coloro che dichiarano di non essere interessati a un "affare sporco" come la politica. Davvero non capite che l'attuale stato ucraino è stato creato come anti-russo e ha dichiarato la distruzione della Russia come suo obiettivo e compito principale? Davvero non avete sentito le dichiarazioni dei politici di Kiev secondo cui l'Ucraina può esistere e raggiungere la prosperità solo dopo che "l'Impero moscovita" che opprime da secoli la "libera sovranità europea" sarà stato distrutto?

Bene, diciamo, prima dell'inizio dell'operazione speciale, non ne sapevano davvero nulla, poiché le loro menti erano nelle sfere celesti. Ma oggi, chiedendo la pace, non possiamo anche chiederci se il regime neonazista di Kiev non sia forse il male che deve essere fermato?

Gli eredi di Eichmann sognano di sterminare i bambini russi

Oggi sentiamo richieste dall'Ucraina di uccidere tutti i russi, compresi donne e bambini. E non da alcuni veri e propri nazisti, che, come eravamo convinti, non ci sono, ma anche da alti funzionari, da giornalisti e persino dai blogger mondani.

Citando l'organizzatore dello sterminio di massa degli ebrei durante la seconda guerra mondiale, Adolf Eichmann, un fanatico giornalista ucraino ha detto che avrebbe fatto lo stesso. Ascoltate cosa dice questo non umano, che appare su uno schermo che ha sullo sfondo un ritratto del carnefice nazista Eichmann: "Mi permetterò di citare Adolf Eichmann: "Per distruggere una nazione, devi prima uccidere i suoi figli. Perché uccidendo i loro padri, otterrai solo che i figli crescano e si vendichino, e se si uccidono i bambini, non cresceranno mai e la nazione scomparirà". Le forze armate dell'Ucraina non possono distruggere i bambini russi, perché ciò è vietato dalle regole di guerra, dalle convenzioni, come quelle di Ginevra. Ma io non sono nelle forze armate. Se avrò la possibilità di far fuori i russi, lo farò sicuramente. Aderirò alla dottrina di Eichmann e farò di tutto affinché né voi né i vostri figli viviate mai su questa terra... Abbiamo bisogno di una vittoria. E se questo significa massacrare tutte le vostre famiglie, sarò uno dei primi a farlo. Gloria alla nazione! Speriamo che una nazione come la Russia e i russi non rimangano mai più su questa terra".

E questo viene mostrato tranquillamente dalla televisione ufficiale ucraina, in onda sul canale di informazione "Ucraina 24". E nessuno a Kiev si è indignato. Inoltre, ll conduttore del programma, Evgenij Kiselev (ricordate la NTV degli anni '90? Negli ultimi anni, questo personaggio e Savik Shuster, popolare negli stessi anni '90, erano star della televisione ucraina) annuiva con il capo in modo comprensivo e solidale, ascoltando questo fanatico mondano.

E se ci fosse solo un singolo giornalista mondano, malato di mente, che sogna di uccidere bambini russi. Ha fatto presto seguito la dichiarazione del capo del servizio di frontiera dell'Ucraina Deineko. Un militare ucraino di alto rango, rivolgendosi all'esercito russo, promette di uccidere le loro mogli e i loro figli: "Ora dedicherò il resto della mia vita a vendicarmi. Prometto: tutti coloro che hanno preso parte a questo saranno uccisi. Le loro mogli, figli, genitori, fratelli, sorelle saranno uccisi. Tutti! Uccideremo tutti. Tutta la vostra stirpe. Non lasceremo nemmeno una menzione del fatto che un tempo vivevano tali orchi. Il conto alla rovescia è iniziato. Aspettate, veniamo a prendervi".

Il capo del progetto neonazista "Ospedale militare mobile" Gennadij Druzenko, in televisione, ha invitato i medici ucraini dei centri medici mobili a sfigurare, mutilare e torturare feriti e prigionieri russi. E con un sorriso ha detto che aveva già dato un tale ordine ai medici a lui subordinati. Anche Natal'ja Mosijchuk, nota conduttrice televisiva del canale televisivo 1+1 in Ucraina, ha minacciato di violenza anche le donne russe, "soprattutto le mogli dei piloti e le ragazze che hanno sposato piloti": "Dovete avere paura e capire: prima o poi la nostra vendetta ucraina vi troverà, anche nei resort in Egitto e in Turchia".

E dopotutto, queste sono convinzioni abbastanza sincere della marmaglia cannibale nazista, e non una sorta di esaurimento emotivo. E nessuno dei funzionari di Kiev ha negato tali dichiarazioni.

E di recente, il governo banderista e lo stesso Zelenskij hanno annunciato che in relazione ai prigionieri di guerra non avrebbero aderito alla Convenzione di Ginevra, non avrebbero fornito loro cure mediche ai prigionieri e non li avrebbero nutriti. Ma comunque questo è stato proibito ai loro militari... pensate di torturare e uccidere prigionieri? No, pubblicate questi video su Internet.

Scusatemi se ho distratto i "veri cristiani" dal pensiero di Dio menzionando la "sporca politica". E davvero vi avrò distratti, per farvi sapere che gli ucro-nazisti hanno colpito il centro di Donetsk con un razzo Tochka-U con munizioni a grappolo e quanti civili sono morti lì. Conoscendo in anticipo il previsto sciopero della città, le "madri del Donbass" attraverso il loro sito web, creato in Ucraina, hanno esortato le donne di Donetsk, le mogli e le madri della milizia a recarsi in quel momento presso l'amministrazione cittadina, dove presumibilmente avrebbero conosciuto il destino dei loro cari, e dove stavano combattendo. Questo è stato fatto perché più persone possibile si radunassero sulla piazza durante l'attacco missilistico. Fortunatamente, i residenti di Donetsk non si sono innamorati di questa propaganda, e nessuno è venuto. E il missile stesso è stato abbattuto in avvicinamento, quindi solo una parte delle munizioni ha funzionato. Ma comunque sono morti 26 civili e quasi lo stesso numero è rimasto gravemente ferito. L'intenzione dei puintori ucraini era chiara: uccidere il numero più alto possibile di mogli e madri dei difensori del Donbass.

Forse non c'è bisogno di farvi sapere della sanguinosa provocazione a Bucha, dell'attacco Tochka-U a Kramatorsk, dove i civili si sono radunati nella piazza della stazione, presumibilmente per l'evacuazione. Questo può disturbare e confondere la vostra pace.

Oggi, la natura terroristica dello stato nazista creato in Ucraina è ovvia per qualsiasi persona normale. Le forze armate ucraine stanno prendendo in ostaggio la popolazione civile delle città ucraine, nascondendosi dietro le spalle di donne, bambini e anziani. Posizionano i loro lanciarazzi multipli, artiglieria e carri armati vicino a asili e ospedali, tra edifici residenziali.

Non l'avete visto, signori pacifisti, o semplicemente non volete vederlo?

Io avrei portato tutti questi pseudo-umanisti nel Vicolo degli Angeli a Donetsk, obbligandoli a essere presenti all'apertura delle fosse comuni dei civili del Donbass, uccisi dai punitori ucraini. Li avrei fatti girare nel territorio liberato dai nazisti attraverso tutti i sotterranei delle carceri dei Battaglioni Nazionali con il sangue secco sul pavimento e sui muri. Li avrei costretti a guardare i video dai telefoni degli ucro-nazisti catturati, sui quali, accompagnati da risate demoniache, i fanatici hanno filmato scene di tortura e omicidio. Vorrei costringere voi pacifisti umanisti a guardare i filmati delle atrocità ucro-naziste contro i prigionieri di guerra. I social network ucraini sono pieni di commenti entusiastici sotto queste testimonianze di crimini militari. La televisione russa non trasmetterà mai queste immagini per non ferire il pubblico. Ma io costringerei gli umanisti pacifisti a guardarle.

Conoscete, signori pseudo-umanisti, il destino di migliaia di sostenitori dell'unità con la Russia, scomparsi dopo che i nazisti sono saliti al potere in Ucraina? A Kharkov, Dnepropetrovsk e Odessa, gli "squadroni della morte" hanno praticamente operato nell'ufficialità, reprimendo gli oppositori del regime di Kiev. Chiedete a coloro che sono riusciti a sopravvivere dopo essere stati nei sotterranei della SBU che cosa è successo lì. Avete dimenticato gli abitanti di Odessa che sono stati bruciati il 2 maggio del 2014? O forse la vostra coscienza non si è ribellata, perché questa è politica, e il mondo è immerso nel male, vero?

Oggi le nostre truppe liberano Mariupol' e abbiamo assistito a una terribile tragedia. I nazisti del battaglione Azov e tutti i cosiddetti "difensori" della città delle Forze armate ucraine non solo si nascondono dietro scudi umani, trasformando in ostaggi centinaia di migliaia di abitanti della città, ma sparano anche a coloro che tentano di fuggire lungo i corridoi umanitari organizzati dalle truppe russe.

Queste storie sono agghiaccianti. Intere famiglie che hanno cercato di lasciare la città sono state fucilate, e non sono stati risparmiati nemmeno i bambini. E non ci sono centinaia, ma migliaia di tali prove delle atrocità dei punitori ucraini.

E come si può fermare questo male che si è impossessato degli sfortunati cresciuti nell'odio per la Russia? Con un'esortazione a seguire i comandamenti del Vangelo? A questo vi risponderanno gridando: "L'Ucraina al di sopra di tutto!", "Il nostro padre è Bandera! Morte ai nemici, moscoviti sui coltelli! O questo male può essere fermato solo dalle vostre preghiere, "veri cristiani" pacifisti-umanisti?

Tolstojani contro la Chiesa ortodossa

Perché voi umanisti pacifisti credete di comprendere il Vangelo meglio del santo principe di retta fede Aleksandr Nevskij, di san Sergio di Radonezh, che benedisse il principe Dmitrij Donskoj e degli schemamonaci Aleksandr Peresvet e Andrej Osljabja? O siete migliori del santo ammiraglio Fjodor Ushakov e del sommo stratega russo Aleksandr Suvorov? Migliori dei patriarchi Sergio e Alessio Simanskij, che benedissero il popolo per la guerra santa contro il fascismo, meglio del patriarca Pimen, che dopo la sua permanenza nei campi di prigionia, da giovane ieromonaco, andò al fronte, difendendo la Patria con le armi in mano? Comprendete meglio lo spirito del Vangelo rispetto al confessore di tre patriarchi e difensore di Stalingrado, l'archimandrita Kirill Pavlov?

Non citerò tutte le parole dei santi padri della Chiesa sulla necessità di una guerra santa e giusta, quando i cristiani sono costretti a resistere al male, sono costretti a difendere i santuari della Patria e il loro popolo dalla furia dei nemici.

Durante la Grande Guerra Patriottica, i nostri anziani pregarono per la Russia, pregarono per la vittoria sul nemico. Il monaco Serafino di Vyritsa pregò su una pietra per mille notti, chiedendo la vittoria per l'esercito russo. La santa beata Matrona chiese che le fossero portati dei bastoncini, con i quali pregava per i nostri soldati. E la Chiesa ortodossa russa, tutti i credenti in Russia hanno raccolto denaro per l'equipaggiamento militare per il nostro esercito, che ha combattuto contro i nazisti.

Pregavano anche coloro che erano nei campi di prigionia, gli ortodossi che avevano più motivi per odiare il regime sovietico. Tutti hanno pregato per la vittoria del nostro esercito nella lotta contro la peste nazista.

Il santo ierarca Atanasio (Sakharov) compose un servizio di preghiera per la Patria, e san Luca, il taumaturgo di Crimea, ne parlò nei suoi sermoni: "Solo coloro che sono estranei a tutto ciò che è vero, onesto, virtuoso e lodevole, solo i nemici dell'umanità possono pensare con simpatia al fascismo e aspettarsi da Hitler la libertà della Chiesa".

L'atteggiamento della Chiesa russa nei confronti della Grande Guerra Patriottica si riflette molto bene nel sermone di san Luca (Vojno-Jasenetskij): "I cuori dei nazisti e dei loro scagnozzi puzzano davanti a lui (=al Signore) di diabolica malizia e misantropia, e dai cuori ardenti dei soldati dell'Armata Rossa sale l'incenso dell'amore disinteressato per la Patria e la compassione per i fratelli, le sorelle e i bambini torturati dai tedeschi.

E quelli che sono stati torturati nelle segrete di "Azov" e della SBU, che sono morti sotto i bombardamenti, non sono nostri fratelli e sorelle?

A tutti quelli che affermano che questa è "politica" e sono sicuri di essere già nella Patria celeste, permettetemi di ricordarvi ciò che disse il santo giusto Giovanni di Kronstadt: "Ricordate che la Patria terrena con la sua Chiesa è la soglia della Patria celeste, perciò amatela con fervore e siate pronti a dare la vostra vita per lei".

Sfortunatamente, molti di coloro che sono sicuri di aver già ricevuto un permesso di soggiorno nel Regno dei Cieli credono che non ci siano obblighi patriottici nei confronti dello stato russo. Siete davvero sicuri che il mondo si basi solo sulle vostre preghiere e sulla vostra rettitudine, e che la guerra, le armi, l'esercito, lo stato non solo non corrispondano alla tua comprensione del Vangelo, ma siano ostili al "vero amore cristiano"?

"Beate le mani che impugnano le armi per la difesa degli altri"

Conosciamo l'atto di preghiera dei sacerdoti ortodossi, che avevano risposto con tutto il cuore alla chiamata del locum tenens, l'allora futuro patriarca Sergio. Migliaia di sacerdoti e chierici durante la Grande Guerra Patriottica, così come nel corso dei secoli, hanno pregato giorno e notte per la vittoria dell'esercito russo. Ma molti di loro hanno in seguito sofferto durante gli anni della persecuzione della Chiesa, sono passati per prigioni, esilio, campi di lavoro.

Ma pochi sanno che i sacerdoti russi in quegli anni difendevano la loro Patria non solo con la preghiera, ma prendendo le armi. "Non è proibito a un sacerdote prendere le armi?", ci chiederanno i fanatici della stretta osservanza di tutti i canoni. A tutti coloro che ci rimproverano di aver dimenticato il comandamento "Non uccidere", ricordiamo come san Sergio non solo benedisse il principe Dmitrij a difendere la terra russa da Mamai, ma rivestì anche i monaci Aleksandr Peresvet e Andrej Osljabja del grande schema e benedisse i due monaci del suo monastero ad andare al campo di Kulikovo insieme all'esercito del principe Dmitrij e a combattere il nemico.

Con questa benedizione, l'abate della terra russa dimostrò che l'impresa militare dei due monaci del monastero della Santissima Trinità, che erano cavalieri esperti e gloriosi prima della tonsura, è equiparata alla pura impresa di preghiera compiuta dai monaci vestiti nel grande schema.

Il giovane ieromonaco Pimen Izvekov, che era stato nei campi di prigionia prima della guerra, ha combattuto al fronte durante la Grande Guerra Patriottica come ufficiale del nostro esercito. Nel prendere le armi quando si decideva il destino della Patria, il destino del popolo russo, il futuro patriarca Pimen, come i santi Aleksandr Peresvet e Andrej Osljabja, condivideva il destino della sua generazione che difendeva la terra russa dall'invasione di un nemico crudele e spietato: qui vediamo un profondo significato spirituale.

Ma sappiamo che centinaia di sacerdoti, compresi quelli che riuscirono a tornare alla libertà nel 1941 dopo aver scontato la pena nei campi, nelle prigioni e nell'esilio, furono arruolati nei ranghi dell'esercito.

Insieme a tutto il popolo, sacerdoti e monaci hanno servito Dio e la Patria durante gli anni della guerra, sia di fronte all'altare di Dio sia in uniformi da soldato, difendendo la Patria con le armi in mano.

Non ci fu solo lo ieromonaco Pimen Izvekov, futuro patriarca di Mosca e di tutta la Rus', che aveva combattuto al fronte.

Anche l'archimandrita e futuro arcivescovo Leonid Lobachev, arruolato nell'esercito, combatté contro il nemico: dal 1942 partecipò alle battaglie come un normale artigliere. Il caposquadra delle guardie Lobachev per abilità militare ha ricevuto l'Ordine della Stella Rossa, le medaglie "Per il coraggio", "Per il merito militare", "Per la difesa di Mosca", "Per la difesa di Stalingrado", "Per la cattura di Budapest" , "Per la cattura di Vienna", "Per la vittoria sulla Germania". Quei premi militari testimoniano il coraggio del sacerdote che difese Mosca, combatté a Stalingrado e fu presente alla cattura di Budapest e Vienna!

Anche il futuro metropolita Aleksij Konoplev aveva combattuto coraggiosamente al fronte. Non era ancora un chierico in quel momento. Viktor Aleksandrovich Konoplev era un salmista presso la Chiesa dell'Intercessione nella città di Pavlovsk, nella regione di Voronezh. Ha combattuto coraggiosamente ed è stato ferito e premiato con molti riconoscimenti militari.

Ufficiale di combattimento al fronte dell'Armata Rossa fu l'arcivescovo di Kazan e Mari Mikhail Voskresenskij, che era stato ufficiale dell'esercito imperiale nella prima guerra mondiale.

E quanti soldati di prima linea ricevettero gli ordini sacri e cominciarono a servire all'altare di Dio! Ce ne sono migliaia.

Penso ai due grandi santi della fede, soldati di prima linea che hanno difeso coraggiosamente la Patria negli anni della Grande Guerra Patriottica, l'archimandrita Alipij Voronov e il confessore di tre patriarchi e di tutta la Rus', il grande anziano Kirill Pavlov, difensore di Stalingrado, noto a tutti gli ortodossi in Russia.

L'arciprete Nikolaj Kravchenko racconta come il grande anziano, l'archimandrita Kirill Pavlov, fosse legato al servizio militare.

Il maggiore delle guardie Kravchenko aveva passato la prima guerra cecena come cecchino della compagnia di ricognizione delle forze aviotrasportate. Prima della sua ordinazione, padre Nikolaj Kravchenko era un famoso cecchino con l'identificativo di chiamata "Sniper-Chukcha", la cui abilità di combattimento e il cui coraggio hanno salvato la vita a molti, molti giovani che hanno combattuto il terrorismo internazionale nel Caucaso, salvando la Russia dalla disintegrazione e dallo smembramento. Padre Nikolaj racconta come nella Lavra della Trinità e di san Sergio, da ufficiale attivo, incontrò l'anziano Kirill:

Improvvisamente mi chiede:

- Sei un militare? Hai armi?

- No.

- Bene, grazie a Dio, vieni con me.

Lo seguo.

Arriviamo alla chiesa della Trinità.

- Se ci fosse un'arma adesso, la benedirei, leggerei una preghiera sull'arma. E se no, allora dammi le mani.

Gli do le mie mani. Mi unge le mani e dice:

- Beate le mani che impugnano le armi per la difesa degli altri. Osserva ciò che dice il Vangelo: "Non offendere nessuno, accontentati del tuo stipendio".

"Grazie a Dio", rispondo.

Padre Nikolaj Kravchenko racconta come l'anziano lo persuase a diventare sacerdote: "L'anziano Kirill mi invitato al sacerdozio. All'inizio ho resistito. Non mi consideravo affatto degno di essere sacerdote! E padre Kirill mi ha detto: "Sai quanti di noi sono venuti alla Lavra nel 1946 dalla guerra? Circa duemila! Perché eravamo tutti così peccatori, o cos'altro, che non saremmo dovuti venire qui? La guerra, quando difendi la Patria, è un'impresa sacrificale. Dopotutto, metà dei nostri santi è composta da militari".

Ma un ufficiale dei corpi speciali non si è presentato al sacerdote. Padre Kirill una volta gli disse: "Pensaci! Ricordi i ragazzi che sono morti?" "Certo, ricordo il volto di tutti. Non li dimentico". "Ora dimmi: chi pregherà per loro? Bene, i parenti – per uno, per due. E per tutti? E per la salute, perché gli altri non muoiano, chi pregherà? Allora diventa tu sacerdote e prega!".

La Chiesa ortodossa russa nel corso della storia del nostro paese ha benedetto i soldati che si sono offerti per difendere la Patria. Il 22 giugno 1941, il locum tenens del trono patriarcale, Sergij (Stragorodskij), fece un appello: "Ai pastori e alle greggi della Chiesa ortodossa di Cristo".

Per bocca del futuro patriarca Sergio, la Chiesa russa si è rivolta ai cristiani ortodossi: "La nostra Chiesa ortodossa ha sempre condiviso il destino del popolo. Insieme a lui, ha sofferto prove e si è consolata con i suoi successi. Non lascerà la sua gente nemmeno adesso. Benedice con una benedizione celeste l'imminente impresa nazionale...

... Se qualcuno deve ricordare il comandamento di Cristo, questi siamo noi: 'Nessuno ha un amore più grande di chi dà la vita per i suoi amici' ... La Chiesa di Cristo benedice tutti gli ortodossi a proteggere i sacri confini della nostra patria. Il Signore ci darà la vittoria".

Oggi i pacifisti sono dalla parte dei nazisti

Ma si tratta davvero di difendere la Patria oggi, chiedono i pacifisti-pseudo-umanisti? Nelle vostre dichiarazioni secondo cui la Russia ha scatenato la guerra, o c'è una franca riluttanza a capire cosa sta succedendo in Ucraina e nel mondo, o c'è l'odio dei liberali russi per il proprio paese e il proprio popolo.

Dall'Ucraina, hanno creato un punto d'appoggio della NATO per la guerra contro la Russia. Sono state costruite basi navali statunitensi a Ochakovo e basi britanniche a Berdjansk. E l'infrastruttura militare della NATO in Ucraina è come un'arma da fuoco portata in chiesa in Russia. O forse i missili della NATO vicino a Kharkov non rappresentavano una minaccia per l'esistenza della Russia?

Nei biolaboratori in Ucraina, sotto la guida del Pentagono, è stata sviluppata un'arma genetica biologica per distruggere i russi. A differenza dei "veri cristiani che non sono interessati alla politica sporca", molti di noi sono consapevoli da più di un anno di questa terribile minaccia, e di come l'FSB abbia impedito la raccolta di materiale genetico da parte di varie aziende occidentali in Russia.

Capite, signori pacifisti, che anche senza l'ammissione dell'Ucraina alla NATO, paesi terzi, per esempio la Gran Bretagna, potrebbero concordare con Kiev il dispiegamento delle loro armi nucleari in Ucraina? Capite cosa significano le dichiarazioni dei funzionari del regime nazista di Kiev secondo cui vengono sviluppati sistemi missilistici d'attacco a medio raggio per colpire Mosca? E che dire della dichiarazione ufficiale di Zelenskij secondo cui l'Ucraina riguadagnerà lo status di potenza nucleare? O dubitate ancora che il regime semi-pazzo di Kiev sia in grado di usare quest'arma?

Oggi, in ritirata sotto l'assalto degli eserciti delle repubbliche popolari del Donbass, i punitori ucraini, questi "difensori", stanno cercando di distruggere tutto ciò che possono raggiungere. La Wehrmacht si è comportata esattamente allo stesso modo su questa terra quando li abbiamo cacciati dall'Ucraina. Ma per i tedeschi questa era una terra straniera. Apparentemente, anche l'Ucraina è estranea per gli ucro-nazisti, e quelli che non glorificano Bandera, secondo loro, non meritano di vivere su questa terra. Riuscite a immaginare cosa farebbero sulla nostra terra, se si desse loro libero sfogo?

Chi può nemmeno immaginare il livello di responsabilità delle autorità statali della Russia e di Vladimir Putin personalmente per le possibili conseguenze per il nostro paese e il popolo delle azioni della giunta di Kiev, sconvolta dall'odio per la Russia, e dei loro padroni occidentali, che hanno dichiarato contro la Russia una guerra totale?

E se questo non lo capite, signori pacifisti, che diritto avete di parlare delle decisioni del potere statale e di gridare "niente guerra"? Da dove viene tale orgoglio e tale innocente autocompiacimento ipocrita, signori, che, con il pretesto del pacifismo, siete diventati difensori dei punitori ucraini?

Oggi, il vostro appello a "fermare la guerra" significa fermare l'operazione speciale di smilitarizzazione, ovvero di distruzione la minaccia militare proveniente dall'Ucraina e, quindi, voi chiedete la vittoria della giunta nazista. Fermare l'operazione speciale senza finire la feccia nazista e senza strappare i denti militari al regime di Kiev significa non porre fine alla guerra con il Quarto Reich. Solo che la prossima, inevitabile e molto imminente guerra su larga scala con l'Occidente collettivo sul territorio dell'Ucraina sarà condotta in condizioni molto più difficili per la Russia e il sangue sarà versato decine, centinaia di volte di più. Pretendendo di fermare l'operazione speciale, i pacifisti sono finiti effettivamente dalla parte dei nazisti.

I fanatici paralizzano le anime dei bambini con il veleno dell'odio

L'Ucraina banderista è uno stato creato sull'ideologia cannibalistica dei carnefici fanatici dell'UPA-OUN. Questa è un'ideologia di odio per i vicini, "ebrei, moscoviti, polacchi", che devono essere uccisi, perché l'Ucraina sarà felice solo quando "scompariranno i nemici".

Uno stato in cui, dall'asilo, agli sfortunati bambini viene instillato l'odio per la Russia e i russi, spiegando che la loro natia Ucraina diventerà un paese felice e prospero quando distruggerà la dannata Moscovia, dove i genitori si rallegrano, filmando come la loro figlia, una bambina in età prescolare, brandendo un coltello grida "tagliate a pezzi i rusnja". "Veri cristiani", capite come l'odio paralizza le anime di questi bambini fin dall'infanzia? E l'educazione alla rabbia e all'odio per la Russia e i russi compiuta su quelli che sono, per la maggior parte, bambini russi come noi e voi? Siamo davvero un popolo solo, solo 30 anni fa nei campi dei pionieri dell'Unione Sovietica, ragazzi e ragazze di Kiev e di Mosca, degli Urali e della Siberia, di Poltava e di Chernigov giocavano insieme, praticavano sport, cantavano le stesse canzoni. E poi si scrivevano, mantenendo spesso le amicizie dell'infanzia.

E oggi genitori sconvolti, spinti dalla selvaggia ideologia banderista, insegnano ai loro figli a odiare i "maledetti moscoviti", i loro stessi fratelli.

Capite che un bambino cresciuto con l'odio per i "rusnja", che saltella al grido di "moskaljaku na giljaku, moscoviti sui coltelli", è già una persona anormale, con una psiche paralizzata dell'odio?

La guerra è una cosa spaventosa. Ma tutti i santi hanno detto che il Signore permette le guerre quando vari peccati, principalmente odio e rabbia, riempiono il cuore delle persone.

Il filosofo russo Nikolaj Aleksandrovich Berdjaev, riflettendo sulla guerra all'inizio del XX secolo, offre pensieri e argomentazioni interessanti: "Il Vangelo dice che si dovrebbe avere più paura di coloro che uccidono l'anima che di coloro che uccidono il corpo. La morte fisica non è meno terribile della morte spirituale. E prima della guerra, in una vita pacifica, le anime umane sono state uccise, lo spirito umano si è estinto e la cosa è divenuta così familiare che hanno persino smesso di notare l'orrore di questo omicidio".

Liberando l'Ucraina dalla peste nazista, i nostri ragazzi stanno anche combattendo per le anime di quei bambini che sono finiti sotto il dominio dei predicatori della religione satanica dell'odio.

"La battaglia è santa e giusta, la battaglia non è per amore della gloria, per amore della vita sulla terra"

Capite, signori pacifisti ortodossi, che voi avete l'opportunità di andare in chiesa e di pregare solo perché i ragazzi che stanno difendendo la Russia sono quelli che sanno che "esiste una tale professione: difendere la Patria"?

Chiedete ai serbi ortodossi del destino dei più antichi santuari cristiani d'Europa in Kosovo. La NATO ha bombardato la Serbia per 78 giorni per dare questa terra sacra del Kosovo e Metohija ai terroristi albanesi e alla mafia della droga albanese.

Chiedere come le monachee potessero pregare in un antico monastero a Ma'alula in Siria sotto il governo dei terroristi dell'ISIS, banditi in Russia. Interrogatevi sulla sorte dei vescovi rapiti in Siria dai terroristi. Forse verrete a conoscenza delle selvagge esecuzioni da parte dell'ISIS di cristiani siriani e di musulmani che non condividevano le opinioni di questi selvaggi?

Chi e in che modo può fermare questo male sfuggito all'inferno?

Noi capiamo non meno dei "veri cristiani" pacifisti che la guerra è un male terribile. E l'intera Russia ha il cuore spezzato per i nostri ragazzi che muoiono in battaglia, per il grande dolore dei loro parenti, che solo il Signore e la sua purissima Madre possono consolare, per la sofferenza e la morte dei civili.

La verità della fede e dell'amore è confermata non da discorsi devoti, ma dalla capacità di una persona di sacrificarsi per amore di Cristo, per la Patria, per il bene delle persone. Tutto il resto potrebbe rivelarsi solo una pretesa a una sorta di spiritualità.

E la prova più grave avviene in guerra, durante le ostilità. In guerra si manifestano tutte le vere qualità di una persona. I nostri ragazzi, che oggi stanno combattendo i nazisti in Ucraina, stanno adempiendo il comandamento principale dell'amore, di cui non c'è niente di più grande: dare "la propria vita per i propri amici".

"Non c'è niente di più prezioso della vita umana", sentiamo spesso dire da pseudo-umanisti. Ma dal Vangelo sappiamo che l'anima immortale è più preziosa. Ci sono valori più alti per i quali si offre la vita. E difendendo questi valori più alti, donando le loro anime, si passa alla vita eterna.

I nostri ragazzi, nipoti e pronipoti dei soldati che hanno sconfitto la peste bruna nel 1945, stanno ora combattendo per il futuro dei bambini che vivono in Ucraina, per garantire che la feccia nazista non paralizzi con l'odio le anime di questi piccoli. Questa è una continuazione della guerra santa contro il nazismo. E oggi abbiamo il diritto di ripetere le parole della grande canzone "Guerra santa":

Come due poli opposti,

siamo ostili in tutto:

noi lottiamo per la luce e la pace,

e loro per il regno delle tenebre.

Parleremo sicuramente dei nostri grandi santi della fede, dei soldati che hanno difeso al fronte la Patria durante la Grande Guerra Patriottica, dell'archimandrita Alipij Voronov e del confessore pan-russo di tre patriarchi, il grande anziano Kirill Pavlov, difensore di Stalingrado.

Essi combattono il male insieme ai nostri soldati, stanno presso il Trono di Dio e pregano il Signore e la Regina del Cielo per la loro amata Patria terrena e per i suoi nativi. Rivolgiamoci anche ai nostri santi: "Consesso dei santi russi, schiera divina, presso il Signore per la tua patria terrena e per quelli che ti onorano con amore".

 
Il discorso di Putin che i nostri politici non faranno mai

Il discorso di Vladimir Putin al Forum di Valdai il 19 settembre 2013 aveva un filo conduttore molto semplice, e un avvertimento molto serio: l’Occidente sta negando le proprie radici e i propri valori morali. Le accuse che seguono da questo avvertimento non sono altro che l’osservazione delle conseguenze di questo atteggiamento denunciato da Putin senza mezzi termini. Ora che la demonizzazione di Putin nei nostri paesi sembra non essere mai stata così intensa (come, di converso, la sua popolarità non è mai stata così alta), non è fuori luogo segnalare il discorso del 2014.

 
Il Sinodo russo rimuove le parrocchie russe in Africa dalla giurisdizione del patriarcato d'Alessandria

foto: patriarchia.ru

Il Santo Sinodo della Chiesa ortodossa russa si è riunito oggi a Mosca sotto la presidenza di sua Santità il patriarca Kirill di Mosca e di Tutta la Rus'.

I vescovi hanno considerato e risposto alla decisione del patriarca Theodoros d'Alessandria di riconoscere gli scismatici ucraini, esprimendo il loro profondo dolore per la sua decisione che rende impossibile mantenere la comunione eucaristica con lui.

Il Sinodo ha anche preso decisioni riguardo alla chiesa di rappresentanza del Patriarcato d'Alessandria a Mosca e alla rappresentanza e alle parrocchie russe in Africa.

Secondo Vladimir Legojda, il segretario stampa patriarcale, il Sinodo ha risolto di:

1. Esprimere profondo dolore in relazione alle azioni anti-canoniche del patriarca Theodoros d'Alessandria, entrato in comunione con gli scismatici.

2. Sottolineare che la decisione del patriarca Theodoros d'Alessandria di riconoscere gli scismatici ucraini contraddice le ripetute dichiarazioni di sua Beatitudine a sostegno della Chiesa ortodossa ucraina canonica e del suo primate il metropolita Onufrij di Kiev e di Tutta l'Ucraina, inclusa la dichiarazione resa durante la sua ultima visita alla Chiesa ortodossa ucraina dal 27 settembre al 1 ottobre 2018, tre settimane dopo l'invasione dell'Ucraina da parte del Patriarcato di Costantinopoli con la nomina di "esarchi" a Kiev.

3. Notare che la decisione di riconoscere la struttura scismatica in Ucraina non è stata presa durante la sessione del Santo Sinodo del Patriarcato d'Alessandria, che si è tenuta dal 7 al 9 ottobre, che non è stata posta ai voti dei suoi vescovi, e, di conseguenza, non ha un carattere conciliare, ma è stata formulata unilateralmente dal primate di questa Chiesa.

4. Confermare l'impossibilità di commemorare il nome del patriarca Theodoros d'Alessandria nei dittici, così come la comunione di preghiera ed eucaristica con lui.

5. Mantenere la comunione ecclesiale con i vescovi della Chiesa ortodossa d'Alessandria, ad eccezione di coloro che hanno sostenuto o sosterranno in futuro la legalizzazione dello scisma ucraino.

6. Sospendere l'attività della rappresentanza (podvor'e) del Patriarcato d'Alessandria presso la sede patriarcale di Mosca.

7. Convertire la rappresentanza del patriarca di Mosca e di Tutta la Rus' presso il patriarca d'Alessandria in una parrocchia della Chiesa ortodossa russa al Cairo.

8. Ritirare le parrocchie della Chiesa ortodossa russa situate nel continente africano dalla giurisdizione del Patriarcato d'Alessandria, conferendo loro uno status di stavropegie.

La decisione di trasferire le parrocchie alla giurisdizione del Patriarcato di Mosca attirerà sicuramente serie critiche daa parte dei vescovi del Patriarcato di Alessandria e aumenterà le tensioni inter-ecclesiali nell'Ortodossia mondiale.

In precedenza, il metropolita Ilarion di Volokolamsk, presidente del Dipartimento sinodale per le relazioni ecclesiastiche esterne, ha dichiarato: "Non voglio prevedere come si svilupperanno gli eventi, ma se il Patriarcato d'Alessandria è dalla parte dello scisma, allora, di certo, dovremo probabilmente creare parrocchie per i nostri credenti, perché non saranno in grado di ricevere la comunione nelle chiese del Patriarcato d'Alessandria".

Il metropolita Ilarion ha osservato anche che fu solo nel XX secolo che il Patriarcato di Alessandria ampliò la sua giurisdizione oltre il Nord Africa, cosa che fece con il sostegno russo. In particolare, quando la Chiesa russa costruì parrocchie in Africa, lo fece con l'accordo del Patriarcato di Alessandria, le chiese furono poste sotto la giurisdizione d'Alessandria e i sacerdoti che venivano dalla Russia divennero chierici del Patriarcato d'Alessandria su base temporanea.

 
Testimonianze oculari: l'eremo di Svjatogorsk è stato distrutto dall'artiglieria ucraina

Rappresentanti ufficiali e testimoni oculari affermano che l'esercito russo non ha danneggiato la Lavra di Svjatogorsk in Ucraina, come riferisce Interfax Religion.

L'esercito russo, nonostante i combattimenti, non ha consentito alcun danno sul territorio della Riserva storica e architettonica di Svjatogorsk, ha affermato il rappresentante ufficiale del Ministero della Difesa della Federazione Russa Igor Konashenkov.

"Nonostante i combattimenti che hanno avuto luogo a Svjatogorsk, nessun danno ai monumenti storici e ortodossi sul territorio della Lavra della santa Dormizione a Sviatogorsk è stato consentito dai militari russi", ha detto Konashenkov ai giornalisti lo scorso martedì.

A riprova, il Ministero della Difesa della Federazione Russa ha mostrato filmati ripresi da un drone sullo stato attuale della Lavra di Svjatogorsk.

Purtroppo quattro monaci sono morti durante i feroci combattimenti avvenuti nei pressi del monastero.

Konashenkov ha sottolineato che le forze armate russe hanno l'ordine di prevenire bombardamenti o possibili danni a oggetti del patrimonio storico e culturale.

Secondo lui, le testimonianze di monaci e residenti di Svjatogorsk confermano che l'incendio doloso dell'eremo ligneo di Tutti i Santi della terra della Rus', avvenuto il 5 giugno, è stato commesso dall'esercito ucraino.

Testimoni oculari affermano che i militari delle forze armate ucraine sono arrivati sul territorio della riserva il 2 giugno per posizionarvi postazioni d'artiglieria per sparare contro le truppe della Federazione Russa che si trovavano dall'altra parte del fiume. Tuttavia, entro il 4 giugno, il gruppo delle truppe ucraine aveva perso il controllo della maggior parte di Svjatogorsk, quindi ha proceduto ad appiccare il fuoco a un eremo di legno con munizioni incendiarie sparate da una mitragliatrice di grosso calibro montata su un'auto blindata, ha detto Konashenkov. L'incendio, secondo lui, è stata una provocazione. Si può supporre che l'incendio doloso sia stato un atto di vendetta, considerando che l'eremo era dedicato a Tutti i Santi della Terra della Rus' e costruito nello stile storico russo dell'architettura in legno.

* * *

L'eremo di Tutti i Santi della Terra della Rus' si trovava nel territorio della Lavra della santa Dormizione di Svjatogorsk, vicino alla città di Svjatogorsk nella regione del Donbass. Era stato costruito dalla Lavra secondo i progetti architettonici elaborati dai fratelli della Lavra, con l'intento di far rivivere la tradizione delle chiese in legno che un tempo abbellivano abbondantemente la regione nei secoli XV-XVII.

 
Perché i luterani si stanno convertendo all'Ortodossia?

Il viaggio verso l’Ortodossia di diversi luterani, soprattutto di area conservatrice, ha spinto il blogger luterano Jordan Cooper a tenere una conferenza online sulle ragioni di queste conversioni. Giudicando questa conferenza in parte viziata da pregiudizi, Gabe Martini cerca di spiegare la corretta attitudine ortodossa verso le verità dogmatiche e la discussione teologica, sottolineando come molte di quelle che sono considerate in modo assiomatico come “verità di fede ortodossa” sono in realtà opinioni legittime, anche diffuse o maggioritarie, ma non necessariamente da sottoscrivere come l’unica spiegazione ortodossa di molti punti del pensiero teologico. Presentiamo la traduzione italiana del saggio di Gabe Martini nella sezione “Confronti” dei documenti.

 
Tomos, scisma e fede rafforzata: gli 8 eventi di punta del 2019

il 2019 non è stato un anno facile per l'Ortodossia in Ucraina e nel mondo. Foto: Unione dei giornalisti ortodossi

Ciò che ha maggiormente colpito la vita ortodossa dell'Ucraina nell'ultimo anno e continuerà a influenzarla nel prossimo anno.

L'Unione dei giornalisti ortodossi riassume l'anno trascorso e offre una selezione di eventi che, a nostro avviso, sono stati i più importanti per la Chiesa – in positivo e in negativo. Li elencheremo in ordine cronologico e quindi metteremo in evidenza ciò che avrà il maggiore impatto sugli ulteriori sviluppi.

1. Il Tomos e il Tomos-Tour

Il tanto atteso Tomos sulla "costituzione" (come dicono i suoi sostenitori) della "Santa Chiesa dell'Ucraina" o della "Chiesa ortodossa dell'Ucraina" è stato firmato il 5 gennaio 2019 e consegnato il 6 gennaio. Entrambi i nomi della nuova struttura sono presenti nel Tomos.

Il documento su una fine pergamena è stato presentato al capo della "Chiesa ortodossa dell'Ucraina", Epifanij Dumenko, e all'allora presidente dell'Ucraina, Petro Poroshenko, a Istanbul, nella cattedrale di san Giorgio. Poroshenko era citato personalmente nel Tomos come suo diretto destinatario.

il patriarca Bartolomeo presenta il Tomos al capo della "Chiesa ortodossa dell'Ucraina", Epifanij Dumenko. Foto: 24tv.ua

L'arrivo del Tomos è stato presentato come una pietra miliare storica per l'Ucraina; tuttavia, secondo il sondaggio di opinione condotto dal gruppo Rating e pubblicato il 23 dicembre 2019, non è stato affatto incluso tra i principali eventi dell'anno.

Immediatamente dopo le vacanze di Natale, il Tomos è stato portato nelle città più popolate dell'Ucraina come dimostrazione del principale successo di Poroshenko come presidente.

il Tomos-tour di Petro Poroshenko a Vinnitsa. Foto: unpp.com.ua

Il viaggio di campagna elettorale, che la gente ha chiamato Tomos Tour, avrebbe dovuto aiutare Poroshenko a essere rieletto per un secondo mandato presidenziale, ma non ha aiutato.

2. L'elezione di Vladimir Zelenskij a presidente

Il 21 aprile 2019, si è svolto il secondo turno delle elezioni presidenziali, in cui Vladimir Zelenskij ha vinto una vittoria schiacciante su Petro Poroshenko.

insediamento di Vladimir Zelenskij. Foto: UNIAN

Per la prima volta nella storia dell'Ucraina, un candidato alla presidenza ha vinto con un margine di quasi il 50% dei voti. Il 73,22% degli elettori ha votato per Zelenskij, il 24,45% per Poroshenko.

Questa disastrosa sconfitta, inflitta a Petro Poroshenko nemmeno da un politico ma da un comico professionista, non significa nient'altro che un netto rifiuto da parte dei cittadini ucraini di tutte le politiche perseguite dall'ex presidente.

I sondaggi di opinione hanno mostrato che il popolo ucraino ha percepito il Tomos Tour come un tentativo imbarazzante di coprire i fallimenti di Poroshenko in tutti i settori della politica interna ed estera.

Con la presidenza di Zelenskj, la Chiesa ortodossa ucraina associa la speranza al ripristino della legalità nella sfera religiosa e alla cessazione dell'interferenza dei funzionari negli affari interni delle organizzazioni religiose. Se queste speranze si avvereranno o no – il tempo lo dirà, ma per ora lo stato invia segnali molto controversi in questo senso.

3. Il ritiro di Filaret Denisenko dalla "Chiesa ortodossa dell'Ucraina"

I creatori della "Chiesa ortodossa dell'Ucraina" inizialmente avevano contraddizioni inconciliabili. Tuttavia, c'è stato un accordo di non rivelarle pubblicamente fino alle elezioni presidenziali. Le elezioni si sono svolte, l'inaugurazione del nuovo presidente ha avuto luogo e l'11 giugno 2019 Filaret Denisenko ha annunciato l'intenzione di convocare un "Concilio locale" per il ripristino del del "patriarcato di Kiev" a una riunione dell'intellighenzia da lui organizzata.

Il 20 giugno 2019 si è tenuto questo "Concilio"; tuttavia, è stato estremamente piccolo. Nonostante ciò, Filaret ha annunciato il suo ritiro dalla "Chiesa ortodossa dell'Ucraina" e la restaurazione del "patriarcato di Kiev". Lo ha dimostrato con il fatto che la "Chiesa ortodossa dell'Ucraina" non è affatto una chiesa autocefala ma una struttura subordinata al Patriarcato di Costantinopoli .

il capo del "patriarcato di Kiev" Filaret Denisenko. Foto: bbc.com

Il 25 giugno 2019, Filaret ha dichiarato: "Ci stiamo dissociando da questa cosiddetta "Chiesa ortodossa dell'Ucraina. <...> I loro decreti non ci riguardano".

Filaret ha avuto un bel po' di sostenitori, ma un simile smarcamento ha causato un grande scandalo sia in Ucraina che all'estero.

4. L'onomastico di sua Beatitudine Onufrij

Il 25 giugno a Kiev si sono celebrati i festeggiamenti in onore del santo monaco Onofrio il Grande, il patrono celeste del primate della Chiesa ortodossa ucraina, sua Beatitudine il metropolita Onufrij.

sua Beatitudine il metropolita Onufrij. Foto: news.church.ua

In condizioni in cui i rappresentanti del Patriarcato di Costantinopoli e del Dipartimento di Stato degli Stati Uniti esercitavano pressioni senza precedenti sulle Chiese ortodosse locali perché riconoscessero la "Chiesa ortodossa dell'Ucraina", i rappresentanti di 11 Chiese sono venuti a congratularsi con sua Beatitudine Onufrij. Non solo parole di sostegno alla Chiesa ortodossa ucraina e al suo Primate sono state pronunciate nelle loro dichiarazioni, ma anche il fatto della persecuzione della Chiesa ortodossa ucraina da parte dello stato e dei radicali nazionali.

5. La grande processione della Croce

Tradizionalmente, durante la celebrazione della memoria del santo principe Vladimir pari agli apostoli e dell'anniversario del Battesimo della Rus', sia la Chiesa ortodossa ucraina che le organizzazioni scismatiche hanno tenuto processioni religiose.

Per la "Chiesa ortodossa dell'Ucraina", questa è stata la prima processione religiosa dopo la concessione del Tomos, che doveva mostrare a tutti quanto successo avesse avuto Costantinopoli nell'unificazione dell'Ortodossia ucraina, cosa dichiarata come scopo finale di tutti gli sforzi del Fanar. Il risultato è stato un fallimento, persino più grande dell'esito della campagna presidenziale di Poroshenko.

La "Chiesa ortodossa dell'Ucraina" ha stimato il numero di partecipanti alla sua processione religiosa a 20.000. A giudicare dalle foto, la cifra è chiaramente sopravvalutata.

processione religiosa della "Chiesa ortodossa dell'Ucraina". Foto: pomisna.info

La grande processione della Croce della Chiesa ortodossa ucraina dalla collina di san Vladimir alla Lavra delle Grotte di Kiev ha riunito fino a 300.000 credenti. Si tratta di oltre dieci volte di più delle stime più sopravvalutate del numero di partecipanti all'evento organizzato dalla "Chiesa ortodossa dell'Ucraina".

grande processione della Croce della Chiesa ortodossa ucraina del 2019. Foto: hronika.info

Questa processione religiosa ha chiaramente dimostrato che gli ortodossi ucraini non soccombono né alla pressione statale né alle astute fabbricazioni dei fanarioti. La persecuzione lanciata contro la Chiesa l'ha fatta consolidare ancora di più attorno al suo primate, sua Beatitudine il metropolita Onufrij. Per tutti gli anni della grande processione della Croce, sempre più persone si sono unite a essa.

6. Il riconoscimento della "Chiesa ortodossa dell'Ucraina" da parte delle Chiese greca e alessandrina

Il 12 ottobre, il Concilio dei vescovi della Chiesa ortodossa di Grecia ha riconosciuto la "Chiesa ortodossa dell'Ucraina". Tuttavia, questo riconoscimento è parso piuttosto un'astuzia. I vescovi non hanno riconosciuto direttamente la "Chiesa ortodossa dell'Ucraina", ma hanno riconosciuto il diritto del patriarca Bartolomeo di Costantinopoli di concederle l'autocefalia e il diritto del primate della Chiesa di Grecia, l'arcivescovo Hieronymos II, di riconoscere la "Chiesa ortodossa dell'Ucraina". Questo implicava che ogni responsabilità in caso di emergenza potesse essere trasferita personalmente all'arcivescovo Hieronymos.

Nella chiesa di Alessandria, il riconoscimento è stato ancora più scortese e cinico. L'8 novembre, il patriarca di Alessandria e di Tutta l'Africa, Theodoros II, ha commemorato Epifanij Dumenko senza alcuna decisione conciliare dell'episcopato su questo tema.

Di particolare cinismo nell'atto del patriarca Teodoro II è il fatto che questi era uno dei sostenitori più zelanti della Chiesa ortodossa ucraina e che aveva espresso un sostegno attivo al metropolita Onuphry.

Nell'ottobre 2018, nel mezzo degli sforzi anti-canonici del Fanar per creare una Chiesa locale, è venuto a Odessa e ha detto: "Stiamo insieme alla Chiesa ortodossa ucraina canonica, con coloro che vogliono l'unità ortodossa, <...> rimanete fedeli alla Chiesa canonica".

Non sorprende che il riconoscimento della "Chiesa ortodossa dell'Ucraina" da parte del patriarca di Alessandria sia stato considerato da molti credenti e vescovi come il più autentico tradimento affine al bacio di Giuda .

il patriarca Theodoros e il metropolita Onufrij. Foto: Unione dei giornalisti ortodossi

Il riconoscimento della "Chiesa ortodossa dell'Ucraina" da parte di due Chiese ortodosse locali ha portato a termine una divisione nell'Ortodossia. Le Chiese hanno iniziato a dividersi in quelle che riconoscono il primato di Costantinopoli e, di conseguenza, il suo diritto di agire in contrasto con i canoni, e quelle che lo respingono. Per curare questa scissione, non è più sufficiente che il Fanar si limiti ad ammettere il suo errore di aver interferito negli affari ecclesiali in Ucraina. Si rende già necessario ripensare l'intero concetto del rapporto delle Chiese locali tra loro.

7. L'invito al Concilio dei primati delle Chiese ortodosse locali

Il 21 novembre, il primate della Chiesa ortodossa di Gerusalemme, il patriarca Theophilos III, ha annunciato che avrebbe convocato i primati delle Chiese ortodosse locali per incontrarsi in Giordania al fine di risolvere il problema di come mantenere l'unità della Chiesa ortodossa sottoposta a tensioni.

il patriarca Theophilos III. Foto: moseparh.ru

Molti vescovi hanno ripetutamente invitato il patriarca Bartolomeo di Costantinopoli a convocare un tale incontro, ma sono rimasti a mani vuote. Nonostante il fatto che i canoni ecclesiastici non specifichino la procedura per convocare tali incontri pan-ortodossi, alcuni primati hanno iniziato a sostenere che solo il patriarca di Costantinopoli può presumibilmente convocare una simile sinassi.

Il tempo dirà se le Chiese ortodosse locali risponderanno alla chiamata del patriarca Theophilos III di Gerusalemme. Finora, solo la Chiesa di Grecia ha dichiarato che non sarà in grado di partecipare, dal momento che non è il patriarca di Costantinopoli a convocare la riunione.

Secondo i rappresentanti del Patriarcato di Mosca, nel febbraio 2020 potrebbe aver luogo una sinassi dei primati in Giordania .

8. Il coinvolgimento delle Nazioni Unite nella difesa della comunità della Chiesa ortodossa ucraina a Ivano-Frankivsk

Il 22 novembre, il Comitato delle Nazioni Unite per i diritti umani ha ordinato all'Ucraina di non sfrattare la comunità della Chiesa ortodossa ucraina dal proprio edificio a Ivano-Frankivsk, ai numeri 6 e 6B di via Chornovola. Questa è la prima decisione di alto livello a favore dei credenti della Chiesa ortodossa ucraina, i cui diritti sono violati dallo stato. La decisione prescrive espressamente alle autorità statali ucraine di interrompere il processo di sfratto.

chiesa della Trasfigurazione del Salvatore della Chiesa ortodossa ucraina a Ivano-Frankivsk. Foto: galka.if.ua

Il contenzioso per questo tempio è in corso da molti anni. Le decisioni su questi casi sono state prese a favore dell'una o dell'altra. Il 15 ottobre 2019, la Corte d'appello tributaria di Leopoli ha ordinato ai credenti di lasciare i locali in affitto. Tuttavia, l'organizzazione per i diritti umani dell'ONG Public Advocacy ha fatto appello al Comitato per i diritti umani delle Nazioni Unite, che ha adottato la risoluzione pertinente.

Le Nazioni Unite raramente prendono decisioni su conflitti specifici. Ma se lo fanno, la decisione rimane in tutti i database, nei sistemi analitici, e tutte le strutture che conducono un monitoraggio sui diritti umani nel paese si baseranno di questa risoluzione. L'Ucraina non sarà in grado di ignorare questa decisione senza corrispondenti conseguenze a livello internazionale.

* * *

Tutti questi eventi influenzeranno il modo in cui la situazione nella sfera religiosa dell'Ucraina si evolverà in futuro.

Ma la cosa più importante dell'anno scorso è stata che la Chiesa ortodossa ucraina è stata in grado di sopravvivere come tale e continuare la sua missione di salvezza sulla terra ucraina.

Contrariamente alle ipotesi sia del Fanar sia delle autorità statali, contrariamente alle notizie di vittoria di Epifanij Dumenko e dei suoi sostenitori, nonostante le pressioni e le minacce, nel 2019 non un singolo vescovo ha lasciato la Chiesa ortodossa ucraina, e ci sono state solo 84 transizioni di comunità verso la "Chiesa ortodossa dell'Ucraina". Di queste, 28 comunità si sono unite alla "Chiesa ortodossa dell'Ucraina" senza un rettore e 56 lo hanno fatto con un rettore, mentre altri 122 chiese sono state oggetto di sequestro da parte di agenti della "Chiesa ortodossa dell'Ucraina". Inoltre, 220 comunità sono state nuovamente registrate in modo illegale dalle autorità locali a favore della "Chiesa ortodossa dell'Ucraina". Questi dati sono stati resi noti dal cancelliere della Chiesa ortodossa ucraina, il metropolita Antonij (Pakanich) di Borispol e Brovary. Questo chiaramente non è quello che gli adepti del progetto della "Chiesa ortodossa dell'Ucraina" si aspettavano all'avvio della sua attuazione.

Cosa impedisce all'episcopato, al clero e ai credenti di tentare di passare alla "Chiesa ortodossa dell'Ucraina"? Sembra che sia la consapevolezza del fatto che la verità è dalla nostra parte, che la Chiesa di Cristo è la Chiesa ortodossa ucraina e tradirla significa lasciare volontariamente la nave della salvezza, che è l'unico mezzo possibile sul via per la salvezza per l'eternità.

La quintessenza di questa coscienza è stata espressa da sua Beatitudine Onufrij il 23 dicembre 2019, durante l'incontro diocesano annuale dell'eparchia di Kiev della Chiesa ortodossa ucraina: "Benemati in Cristo, vescovi, padri, matushki, fratelli e sorelle! Non abbiate paura, perché siamo nella vera fede, siamo nella Chiesa fondata da Cristo, non dalle persone".

Questo è precisamente ciò che determinerà il corso generale degli eventi futuri sia in Ucraina che nell'intera Ortodossia.

 
La Chiesa ortodossa ucraina e la domanda "dove siete stati per otto anni?"

la Chiesa ortodossa ucraina ha davvero benedetto l'operazione anti-terrorismo? Foto: Unione dei giornalisti ortodossi

Con lo scoppio della guerra in Ucraina, è di moda accusare la Chiesa ortodossa ucraina e il suo primate di tacita approvazione dell'operazione anti-terrorismo nel Donbass. Sono vere queste accuse?

Dopo lo scoppio della guerra in Ucraina e in particolare dopo il Concilio a Feofanija, la Chiesa ortodossa ucraina e il suo primate metropolita Onufrij sono stati improvvisamente accusati di non aver mai protestato contro la guerra nel Donbass e di averla quasi benedetta.

Queste accuse possono essere viste come un contraccolpo all'ondata di "non commemorazione" del patriarca Kirill, che la Chiesa ortodossa ucraina ha avviato poco dopo l'invasione russa. Dopotutto, i "non commemoratori" hanno ampiamente giustificato le loro azioni in disaccordo con la posizione del patriarca, che, mettiamola così, non si è pubblicamente risentito per l'operazione militare speciale della Federazione Russa.

Ora viene insistentemente promossa la tesi che sua Beatitudine Onufrij non abbia protestato contro la guerra nel Donbass, che dura dal 2014, e quindi gli ucraini dovrebbero tracciare parallelismi e "calmarsi".

Per esempio, in uno dei suoi video, il sacerdote e blogger di Mosca Georgij Maksimov ha affermato di non conoscere le parole con cui il metropolita Onufrij ha chiesto la pace e la fine della guerra nel Donbass, che sua Beatitudine era rimasto in silenzio, anche quando i luoghi di culto della Chiesa ortodossa ucraina erano sequestrati e distrutti. Di conseguenza, poiché il metropolita Onufrij allora taceva, significa che ora gli ucraini non possono avere alcuna pretesa contro il patriarca della Chiesa ortodossa russa.

Noi non giustifichiamo in alcun modo i "non commemoratori" e, inoltre, non critichiamo il patriarca Kirill, che ha il diritto di agire come ritiene giusto per la Chiesa. Occorre però chiarire la tesi sul silenzio dal 2014 della Chiesa ortodossa ucraina e di sua Beatitudine Onufrij.

Dopotutto, Maksimov non è solo. Ora, tra i politici, gli opinion leader e i blogger che approvano l'operazione militare speciale, ce ne sono molti che hanno inveito la stessa frase nei confronti della Chiesa ortodossa ucraina – "Dove siete stati per otto anni?". La sua essenza si riduce a una serie di domande-obiezioni standard con cui una certa parte della gente sta cercando di giustificare la guerra in Ucraina: perché la Chiesa ortodossa ucraina è rimasta in silenzio per tutti questi anni? Perché sua Beatitudine il metropolita Onufrij ha taciuto? Cosa ha fatto la Chiesa ortodossa ucraina per fermare l'operazione anti-terrorismo? Come e in che modo la Chiesa ha aiutato i residenti del Donbass? Cercheremo di rispondere a tutte queste domande.

Perché la Chiesa ortodossa ucraina ha taciuto durante gli otto anni di guerra nel Donbass?

In qualche modo è persino sorprendente che dobbiamo ricordare che i fatti erano evidenti solo ieri che è stato proprio a causa della posizione sulla questione del Donbass che tutti i suoi nemici al potere e i cosiddetti "patrioti" hanno bestemmiato e continuano a bestemmiare la Chiesa ortodossa ucraina.

Fin dall'inizio del conflitto nel Donbass, la nostra Chiesa ha dichiarato che i suoi credenti sono da entrambe le parti del fronte e che la guerra stessa è di natura fratricida. È stata la posizione della Chiesa ortodossa ucraina che ha permesso a un numero enorme di persone che vivono nella zona di conflitto di non perdere la fede in Dio, di non perdere la propria umanità e di rimanere con la Chiesa canonica. Inoltre, sono stati in grado di assicurarsi che la Chiesa ortodossa ucraina sia l'unica forza in grado di "ricucire insieme" l'Ucraina dilaniata dalla guerra.

L'atteggiamento della Chiesa nei confronti del conflitto è perfettamente dimostrato nel discorso dell'episcopato della Chiesa ortodossa ucraina in occasione del 1030° anniversario del Battesimo della Rus': "Le nostre parole speciali oggi sono rivolte a quei figli della Chiesa ortodossa ucraina che vivono nel Donbass e soffrono le ostilità: fratelli e sorelle! Non siete soli nelle vostre prove. Tutta la nostra Chiesa ora prega, sostiene, aiuta e continuerà a pregare, sostenere e aiutarvi. Le vostre afflizioni e il vostro dolore risuonano con il dolore nei nostri cuori. Secondo l'apostolo Paolo, "se una parte soffre, ogni parte soffre con essa..." (1 Cor 12:26), cioè dentro il corpo della Chiesa di Cristo. Esprimiamo gratitudine agli arcipastori, ai pastori, ai monaci e a tutti i laici di quella parte del Donbass, dove divampano le fiamme della guerra, per il vostro coraggio, perché state con il vostro gregge, perché sopportate pazientemente le prove che vi sono capitate.

Beh, non sono solo parole. Perché durante gli 8 anni di conflitto, la Chiesa ha inviato migliaia di tonnellate di aiuti umanitari nel Donbass, ha invitato costantemente le parti in conflitto a negoziare e ha partecipato attivamente alla liberazione dei prigionieri. A quel tempo, anche le autorità, disposte negativamente nei confronti della Chiesa, erano ben consapevoli che senza la mediazione della Chiesa ortodossa ucraina non sarebbe stato possibile rilasciare i prigionieri, poiché solo la nostra Chiesa ha autorità morale su entrambi i lati del fronte. E conosciamo i risultati. Centinaia di prigionieri sono stati rilasciati, il che ha costretto anche un nemico della Chiesa come Poroshenko a ringraziare la Chiesa ortodossa ucraina per la sua vigorosa partecipazione a questo processo.

Allo stesso tempo, la Chiesa ortodossa ucraina ha ribadito che la sua missione è "riconciliare le parti in mezzo a conflitti e guerre". Inoltre, il metropolita Antonij (Pakanich) ha osservato che "se la Chiesa nelle condizioni attuali cerca di stare con il popolo, con i cittadini ucraini, in prima linea da entrambe le parti, indipendentemente dalle loro opinioni politiche o ideologiche, se la Chiesa mantiene opportunità di dialogo che rendono possibile questo scambio di prigionieri, allora questo va apprezzato". Nessuno l'ha apprezzato, certo. Né allora, né adesso.

Per molti anni, alla Chiesa ortodossa ucraina è stato chiesto di condannare la Federazione Russa, di definire la Russia un aggressore e prendere solo una parte "giusta" nel conflitto nel Donbass, a cui la Chiesa invariabilmente ha risposto che non era sua funzione dare valutazioni politiche di gli sviluppi. Una tale posizione ha permesso, secondo il patriarca Kirill, "di non trascinare la Chiesa nel conflitto da nessuna delle parti". Inoltre, ha sottolineato che "l'impresa di mantenimento della pace della Chiesa ortodossa ucraina manifesta il suo amore per l'Ucraina, il suo vero patriottismo" e "gli eventi degli ultimi anni confermano che la Chiesa ortodossa ucraina rimane l'unica forza in grado di unire la società ucraina".

In effetti, la Chiesa ha davvero cercato di unire questa società, per esempio, attraverso la processione religiosa pan-ucraina nel 2016. Allora, due enormi colonne di pellegrini sono uscite dalle Lavre di Svjatogorsk e di Pochaev e, passando per 12 diocesi della Chiesa ortodossa ucraina, si sono incontrate a Kiev per dimostrare l'unità ecclesiastica dell'Ucraina. Tuttavia, quella processione ha causato una vera isteria tra i politici militanti, i "patrioti" e i media. I pellegrini della processione non hanno potuto entrare nelle città, le strade sono state "minate" e sono state organizzate aggressioni fisiche, tutto perché la processione con la croce era contro la guerra nel Donbass e per la pace nel paese.

Da tutti questi esempi selettivi, diventa chiaro che la Chiesa non solo non è rimasta in silenzio, ma ha fatto tutto il possibile per fermare il conflitto. Ma per qualche ragione, coloro che sostengono l'attuale guerra in Ucraina lo hanno dimenticato. Hanno anche dimenticato cosa ha fatto sua Beatitudine il metropolita Onufrij per 8 anni per assicurare la pace nel Donbass.

Il primate della Chiesa ortodossa ucraina ha taciuto?

Fin dai primi giorni dello scontro armato in Oriente, il primate della Chiesa ortodossa ucraina ha benedetto un'intensa preghiera per la pace in Ucraina in ogni tempio della nostra Chiesa. Durante tutta la Grande Quaresima che si è svolta in questi anni, la preghiera per la pace è stata arricchita dalla lettura del Salterio, dal Vangelo e dall'ascesi personale. Un credente comprende che la preghiera non è una formalità, ma l'arma principale di un cristiano, la sua attività principale e il mezzo più potente per raggiungere la pace.

Ci sono stati anche appelli diretti del metropolita ai politici, inclusi Poroshenko e Putin. Per esempio, nel 2017 sua Beatitudine ha chiesto "di influenzare la situazione che si è sviluppata oggi nella terra del Donbass e di fare di tutto per interrompere le ostilità a Pasqua e nella successiva Settimana Luminosa. Inoltre, ha esortato a realizzare l'azione spirituale pasquale 'Apri la porta a un sacerdote' per tutti i prigionieri".

Il primate della Chiesa ortodossa ucraina ha chiaramente dimostrato che nella guerra nel Donbass aderisce a una posizione di pace e di giustizia, anche se questa posizione ha causato raffiche di negatività da parte delle autorità e della società.

"Questa guerra (nel Donbass – ndc) è una guerra civile. Lo so dai vescovi che servono lì. Il padre è nella guardia nazionale, il figlio è nell'esercito ribelle. Un fratello è da una parte, un altro fratello è dall'altra. Questa è una guerra fratricida. Ma la Chiesa, sia dopo la rivoluzione del 1917 che nel 2013-2014, ha sempre chiamato le persone a riconciliarsi, a perdonarsi. Nulla di buono può essere costruito sulla base della guerra e del sangue", ha affermato il metropolita Onufrij nel 2015, al culmine delle ostilità, quando qualsiasi negazione di un'aggressione russa poeva costare molto caro a una persona.

Il metropolita Onufrij è ancora ricordato per la sua "seduta" nella Verkhovna Rada il 28 maggio 2015, quando non si è alzato in piedi con tutti gli altri mentre i soldati morti nell'operazione anti-terrorismo sono stati ricordati e hanno ricevuto il titolo di "eroi dell'Ucraina". Più tardi, sua Beatitudine ha dichiarato di aver compiuto questo atto come protesta contro la guerra "come fenomeno" e ha aggiunto che la Chiesa ortodossa ucraina vuole che questa si fermi: "Noi non ci siamo alzati, perché era la nostra protesta contro la guerra come fenomeno. Non vogliamo che la guerra continui sulla nostra terra. Non vogliamo che le persone si uccidano a vicenda. Vogliamo la pace e la benedizione di Dio sulla nostra terra".

Sfortunatamente, in quel momento furono incarcerate persone che avevano chiesto la pace, come è successo con il giornalista Ruslan Kotsaba.

Raggiungere la pace in Ucraina è sempre stato il più grande desiderio del metropolita Onufrij. A voler essere onesti fino in fondo, nessuno in Ucraina ha fatto più di sua Beatitudine per alleviare le sofferenze delle persone che si trovano nella zona del conflitto. Assistenza materiale, medicine, vestiti, cibo: tonnellate di ogni tipo di aiuto erano regolarmente inviate in Oriente dai credenti della Chiesa ortodossa ucraina con la benedizione del loro primate, che ha sempre sottolineato che la guerra nel Donbass è "il nostro dolore". Per questo, per chiedere ora al metropolita Onufrij dove si trovava durante gli 8 anni di guerra nell'est dell'Ucraina, bisogna essere o privi di coscienza o soffrire di completa amnesia.

* * *

Per la nostra Chiesa la guerra in Ucraina non è iniziata il 24 febbraio 2022, ma nel lontano 2014, quando si sono verificate le prime esplosioni nelle regioni di Donetsk e Lugansk. In tutti questi anni, la Chiesa ha simpatizzato con tutte le madri, sia con coloro che hanno perso i loro figli a Donetsk e Lugansk, sia con coloro i cui figli sono stati mandati lì a combattere. In tutti questi anni la Chiesa ha fatto di tutto per raggiungere la pace in questi territori. Non ha cambiato la sua posizione nemmeno adesso, quando la guerra ha inghiottito la maggior parte dell'Ucraina. Non l'ha cambiata perché Cristo ha detto: "Beati gli operatori di pace, perché saranno chiamati figli di Dio" (Mt 5:9).

 
I ruteni si appellano a Putin chiedendo un intervento di pace

La natura banditesca della giunta al potere a Kiev sta divenendo sempre più chiara con il moltiplicarsi degli appelli da parte della popolazione vessata in varie parti dell’Ucraina. La lettera spedita a Putin da Pjotr Getsko, coordinatore della rete dei ruteni e leader popolare della Rus’ Carpatica, evidenzia dove sta la vera popolazione che compie proteste pacifiche, e dove stanno invece i criminali che dovrebbero essere colpiti dalla riprovazione di tutto il mondo. Riportiamo l’originale russo e la traduzione italiana della lettera di Pjotr Getsko nella sezione “Geopolitica Ortodossa” dei documenti.

Pjotr Getsko, leader legittimo e pacifico dei carpato-russi, i veri discriminati in Ucraina

 
Il primate greco aveva accusato il patriarca Bartolomeo di usurpazione di potere

l'arcivescovo Christodoulos di Atene (1998-2008). Foto: Newsbomb

Il primate della Chiesa ortodossa di Grecia (1998-2008), l'arcivescovo Christodoulos, aveva accusato il capo del Fanar di aver cercato di trasformare il primato d'onore nel primato di potere.

Il primate della Chiesa Chiesa ortodossa di Grecia, l'arcivescovo Christodoulos di Atene (1998-2008), aveva accusato il patriarca Bartolomeo di Costantinopoli di manipolazioni e tentativi di impadronirsi del potere nel mondo ortodosso, come ricorda il blogger Aleksandr Voznesenskij, che ha pubblicato su Facebook un frammento di fotocopia di una lettera del primate della Chiesa greca riguardante le azioni aggressive del capo del Fanar nel 2004.

"Il riferimento a canoni irrilevanti dei santi apostoli e a decreti conciliari e fatti che fanno affidamento su di essi, ma che non sono soggetti alla loro azione, crea la convinzione che il Patriarcato ecumenico con questo atto stia mirando a trasformare lo status del primato d'onore in primato di potere con conseguenze imprevedibili per l'intero mondo ortodosso", si legge nel documento.

Voznesenskij ha sottolineato che anche allora il primate della Chiesa di Grecia lanciava un allarme sulle conseguenze imprevedibili dei processi distruttivi avviati dal patriarca Bartolomeo, nel suo tentativo di manipolare gli insegnamenti della Chiesa.

"Non la Chiesa ortodossa russa, come piace dichiarare a Bartolomeo [il patriarca Bartolomeo di Costantinopoli, ndc], ma il capo della Chiesa di Grecia aveva sollevato già da tempo la questione che il patriarca Bartolomeo stesse cercando di cambiare l'insegnamento ortodosso; e invece del primato d'onore, sta cercando di appropriarsi del primato di potere sulla Chiesa ortodossa!", ha detto il blogger.

Ora, persino il capo del "patriarcato di Kiev" Filaret Denisenko ha iniziato a parlare delle ambizioni papali del capo del Fanar. Filaret ha spiegato che le Chiese locali, con le eccezioni della Grecia e di Alessandria, "non riconoscono questo Tomos non perché è stato fornito alla Chiesa ortodossa dell'Ucraina, ma perché si basa sulle ambizioni papali del patriarca ecumenico".

 
La patologia delle sanzioni

La parola 'sanzionare' ha una storia curiosa. Originariamente deriva da una parola latina che significa 'santificare', e che era usata nei decreti della Chiesa. Tuttavia, dopo la riforma protestante, nel 1560, il termine era arrivato a significare semplicemente decretare o ratificare. Successivamente ottenne il significato di "approvare" ("È stato sanzionato l'uso della forza"). Solo a partire dal 1630 ottenne il significato moderno comune di 'penalizzare per imporre l'obbedienza'. La parola è quindi strettamente associata al moralismo protestante e oggi post-protestante, e ai tentativi di imporre il conformismo in assenza di qualsiasi tipo di spiritualità.

Per esempio, oggi il mondo occidentale post-protestante impone delle "sanzioni" a chiunque disobbedisca alla sua volontà. L'Occidente controllato dagli USA sanziona Russia, Venezuela, Iran, Cuba, chiunque voglia. In effetti, gli Stati Uniti minacciano di sanzionare i paesi dell'Unione Europea o addirittura qualsiasi paese del mondo che si discosta dalla linea. 'Non sei d'accordo con me? Allora ti metto al bando/ ti cancello/ ti sospendo'. 'Non sei d'accordo con me? Tu non esisti più'. "Annullate la Russia". Cancellate chi non è d'accordo. È una mentalità condivisa da molti americani negli affari o in altri campi in cui viene loro data, o in cui si arrogano, autorità tirannica.

Sembrano pensare di avere un diritto dato da Dio di mettere al bando chiunque. Questo è patologico. Nessuna persona normale si comporta in questo modo. La sua origine si ritrova certamente nella mentalità settaria puritana. Questo ci ricorda che alcuni dei primi coloni ad arrivare in Nord America erano puritani asociali che erano così intolleranti da non poter più vivere in Inghilterra fianco a fianco con altri che avevano opinioni diverse. Successivamente hanno dimostrato la loro intolleranza impegnandosi nella caccia alle streghe e bruciando donne innocenti. Tali puritani presero anche parte al genocidio dei nativi a cui avevano rubato la terra e che avevano ridotto in schiavitù.

È questa intolleranza che i loro discendenti manifestano ancora oggi sui loro Facebook, Twitter e Instagram. Infatti, dopo la fine della guerra fredda, gli Stati Uniti puritani si sono proclamati messaggeri di Dio sulla Terra. Negli anni '90 i moralisti laici sfacciati del mondo post-protestante giustificavano ogni sorta di imperialismo con il termine "interventismo umanitario", che dava loro il diritto, dato da Dio, di bombardare chiunque volessero. Per esempio, George Bush ha proclamato che Dio gli aveva detto di invadere l'Iraq. Come resistiamo, quando siamo sanzionati o minacciati di essere sanzionati?

Nella mia esperienza, dobbiamo separarci da tali atteggiamenti, coltivando la nostra indipendenza. I mezzi indipendenti o il sostegno degli altri sono spesso sufficienti. Questa separazione deve essere spirituale, morale, sociale e finanziaria. Dobbiamo essere indipendenti. La nostra cultura e storia amante della libertà deve essere difesa da ciò che è patologico e settario. Rimarremo difesi da alti principi spirituali e morali. Lasciamo che Dio si occupi di queste persone. Infatti le sanzioni si ritorcono sempre contro chi le fa e diventano imprese suicide. Questo è esattamente ciò che è successo oggi con le sanzioni anti-russe, per le quali l'Occidente sta soffrendo così terribilmente.

 
San Gregorio Palamas, Agostino e i "centocinquanta capitoli"

Il trattato intitolato “centocinquanta capitoli”, attribuito a san Gegorio Palamas, occupa un posto importante nella Filocalia, ed è pertanto tra i principali testi di riferimento di chi vuole approfondire la dottrina ortodossa della preghiera. Proprio in quest’opera si trovano alcuni passi che fanno pensare a un’influenza diretta del pensiero agostiniano. Dobbiamo forse pensare che Gregorio Palamas, apologeta del pensiero ortodosso contro le visioni neoplatoniche agostiniane e tomiste, usasse le stesse fonti dei suoi avversari? Oppure qualcun altro può aver interpolato un suo testo con citazioni dirette dalle opere di sant’Agostino, che san Gregorio verosimilmente non conosceva? O magari siamo in presenza di un’opera di un altro autore, successivo al periodo della controversia sull’esicasmo, che scrisse un trattato (certamente ortodosso) con citazioni agostiniane, opera che fu poi attribuita a san Gregorio Palamas? Il metropolita Hierotheos di Nafpaktos ci aiuta a comprendere le ipotesi sulla generazione di questo importante libro, in un saggio che presentiamo in traduzione italiana nella sezione “Confronti” dei documenti.

 
Gli antiocheni non deludono: il caso di padre Aaron Warwick

il metropolita Joseph (Al-Zehlaoui)

Qualunque cosa si possa dire degli antiocheni, non si può dire che siano fragili nei confronti dei promotori dell'ideologia LGBTQP+. Ecco perché è stata in qualche modo una sorpresa vedere che un sacerdote antiocheno, padre Aaron Warwick, aveva scritto un articolo pro-omosessuale e lo aveva pubblicato tramite il sito web notoriamente pro-omosessuale "Orthodoxy in Dialogue". Quando l'ho visto per la prima volta, ho inviato un messaggio a un caro amico sacerdote antiocheno per chiedere se padre Aaron era davvero un sacerdote antiocheno, e mi è stato detto che in effetti lo era.

Mi aspettavo di vedere conseguenze concrete che passassero troppi giorni e non sono rimasto deluso. Padre Aaron ha postato scuse e ritrattazioni (in un certo senso), e poi è stato annunciato che la sua imminente elevazione al grado di arciprete è stata rinviata a tempo indeterminato.

L'articolo originale

L'articolo di padre Aaron contiene una serie di errori che meritano di essere evidenziati:

"Discuterò in seguito di come la Chiesa affronta queste mancanze per le coppie eterosessuali. Sarà evidente che il nostro approccio alla gestione dei peccati eterosessuali nella Chiesa è abbastanza diverso dal nostro approccio ai peccati omosessuali. Di fronte alla classe dei peccati eterosessuali, stiamo disposti al perdono, alla comprensione e alla cura pastorale. Dopo questa discussione, illustrerò come trattiamo generalmente i peccati omosessuali nella Chiesa, che non è principalmente in un modo di cura pastorale".

Non sono sicuro che tipo di applicazioni pastorali pratiche abbia visto padre Aaron, che lo portino a questa conclusione, ma non conosco sacerdoti che non trattano coloro che lottano con l'omosessualità con comprensione pastorale. Ho avuto parrocchiani che sono caduti nella fornicazione eterosessuale, e altri che sono caduti nella fornicazione omosessuale, e tratto i peccati in sé allo stesso modo, sebbene il modo di trattare un determinato caso dipenda da più fattori oltre alla natura del peccato. E ho una grande compassione per chiunque stia lottando sinceramente per superare un peccato su cui sia difficile trionfare, e la maggior parte dei peccati sessuali rientra in tale categoria.

"Non sono a conoscenza di alcun prete ortodosso che abbia mai informato un eterosessuale che questi ha un'unica opzione: il celibato per tutta la vita. Tuttavia, questo è esattamente ciò che hanno udito molti omosessuali. Comincerò con questo doppio standard. Possiamo noi pastori immaginare gli sguardi che otterremmo – le lamentele della difficoltà, della solitudine, ecc. – dagli eterosessuali se li informassimo che questa è la loro unica strada per la salvezza?"

Ma naturalmente, il celibato permanente non è l'unica opzione per coloro che lottano contro l'omosessualità: possono sposare qualcuno del sesso opposto. Se non desiderano farlo, ciò non rende il celibato permanente la loro unica opzione – lo rende l'unica opzione rimanente se scelgono di non prendere l'altra opzione. E ci sono eterosessuali che non hanno altra scelta cristiana che il celibato per periodi molto lunghi, per qualsiasi numero di ragioni. La madrina di mia moglie proveniva dall'Unione Sovietica e lei e i suoi tre figli finirono in un campo profughi in Germania alla fine della seconda guerra mondiale. Suo marito era stato arruolato dai sovietici e non aveva mai più avuto sue notizie. Di conseguenza è rimasta in uno stato di celibato per il resto della sua vita. Avrebbe potuto chiedere alla Chiesa di dichiarare morto suo marito dopo sette anni, ma ciò avrebbe richiesto almeno sette anni di celibato. Anche in tempi di pace ci sono situazioni in cui i coniugi sono separati per periodi di tempo molto lunghi, eppure la Chiesa non suggerisce che forse sarebbe giusto diventare promiscui perché il celibato è troppo difficile. E naturalmente ci sono molti cristiani ortodossi singoli che non sono sposati e potrebbero dover aspettare molti anni prima di poter sposarsi, eppure la Chiesa non suggerisce che fare sesso al di fuori del matrimonio vada bene, perché il celibato è difficile.

"Di fatto, nella mia esperienza, la persona che non ha alcun contatto sessuale con nessuno per tutta la vita oltre al proprio coniuge (e solo dopo il matrimonio) è di gran lunga in minoranza. E con ciò non intendo dire che il rapporto sia di 51 a 49, o anche di 75 a 25 o di 90 a 10, ma piuttosto di 99 a 1, come per dire che per ogni persona che è all'altezza di questo ideale, 99 non sono all'altezza".

Mentre questo può essere generalmente vero ai nostri tempi, ciò non rende poca cosa il fallimento nell'attenersi agli insegnamenti della Chiesa. Forse i numeri sarebbero meno impari se avessimo fatto uno sforzo maggiore per insegnare ai nostri figli a non conformarsi al mondo. La soluzione a questo problema è ovviamente non dire che è accettabile conformarsi al mondo.

"Non riteniamo necessario rilasciare dichiarazioni che ripetono il fatto che noi come Chiesa siamo contrari alla masturbazione, alla fornicazione, all'adulterio e al divorzio. Tuttavia, troviamo necessario ripetere continuamente che pensiamo che l'omosessualità sia un peccato e che noi siamo opposti al matrimonio gay. E poi ci chiediamo perché abbiamo così pochi omosessuali nei nostri banchi o perché i nostri bambini piccoli (che notano l'ipocrisia) finiscono per lasciare le nostre chiese e/o lamentarsi della nostra mancanza di accettazione degli omosessuali".

Il motivo per cui è così, è perché nessuno nella Chiesa sta cercando di sostenere che la masturbazione, la fornicazione, l'adulterio e il divorzio non siano davvero dei peccati. Troviamo invece persone che sostengono che l'omosessualità non sia un peccato, e quindi dobbiamo inviare le nostre forze laddove la guerra viene realmente combattuta, non laddove la guerra non c'è. Anche se, parlando per me, io ho predicato molte volte anche su questi temi, e certamente li affronto regolarmente nel contesto della confessione.

E se volete vedere chiese con più della loro buona dose di banchi vuoti, date un'occhiata a quelle chiese protestanti che hanno alzato bandiera bianca su questo tema. Quelle chiese si sono svuotate a ritmi sbalorditivi. Si scopre che le Chiese che non credono a nulla hanno difficoltà a convincere i fedeli ad alzarsi la domenica mattina e a venire in Chiesa.

"In questa auto-giustificazione, ignoriamo completamente il fatto che non esiste alcun movimento per promuovere la masturbazione, la fornicazione, l'adulterio o il divorzio perché questi peccati sono completamente normalizzati non solo nella nostra cultura, ma nelle nostre chiese. Se imponessimo agli eterosessuali lo stesso standard che imponiamo agli omosessuali, la fila di persone alla comunione da me sarebbe molto breve la domenica".

Se qualcuno commette fornicazione o adulterio oppure è la parte colpevole in un divorzio, di solito gli verrà negata la comunione per un certo periodo di tempo. E in generale, penso che la maggior parte dei sacerdoti tratterà qualcuno che cade in quei peccati più o meno allo stesso modo in cui tratterebbe qualcuno che cade nella fornicazione omosessuale.

"... gli atti omosessuali sono uno dei peccati sessuali meno penalizzati nei canoni della nostra Chiesa. I peccati della fornicazione e dell'adulterio sono trattati molto più duramente e le ragioni di questo sono ovvie" [enfasi aggiunta].

Mi è capitato di parlare di recente a un esperto di diritto canonico e di aver menzionato questa assurda affermazione, e lui ha riso ad alta voce in risposta. Non esiste infatti alcuna base per questa affermazione.

Qui è probabilmente il canone che ha ispirato l'incomprensione di padre Aaron:

"Quanto ai rapporti sessuali tra uomini, come praticare la doppia masturbazione, questi ricevono la penitenza menzionata, fino a ottanta giorni" (canone 9 di san Giovanni il Digiunatore).

Questo canone fa riferimento al canone precedente, che afferma:

"Chiunque abbia commesso atti di masturbazione ha una penitenza di quaranta giorni, durante i quali deve sostenersi con la xerofagia e deve fare cento metanie (prosternazioni) ogni giorno".

Va notato che il canone per la doppia masturbazione è precisamente il doppio della penitenza prescritta per la masturbazione singola perché, come nota san Nicodemo l'Agiorita: "ciascuno di questi offensori non sta solo facendo del male a se stesso, ma sta anche facendo del male a suo fratello, e questo rende il peccato un doppio peccato "(Pedalion, p. 938 dell'edizione inglese).

Ma san Giovanni il Digiunatore ha altro da dire sul sesso omosessuale. Se si continua a leggere i suoi canoni fino ad arrivare al canone 18, afferma:

"È sembrato consigliabile escludere dalla Comunione per tre anni qualsiasi uomo che sia stato così pazzo da copulare con un altro uomo: un periodo di pianto e di digiuno, e alla sera limitato alla xerofagia, e a duecento metanie quotidiane. Ma uno che preferisce prendersela con comodo, lasciate che compia i quindici anni".

Quindi sta dicendo che per economia, a un uomo che si accoppia di fatto con un altro uomo potrebbe essere concesso di ritornare alla comunione dopo soli 3 anni di pianto, di digiuno, mangiando cibo vegetale secco (senza vino o olio) e facendo 200 prosternazioni al giorno, ma se non lo fa, dovrebbe soddisfare i 15 rigorosi anni di scomunica. La penitenza per l'adulterio nel canone 20 del Concilio di Ancira è di 7 anni, sebbene san Basilio decretasse 15 anni. Uno dei principi di applicazione dei canoni è che non si desidera che la medicina (la penitenza) uccida il paziente, e quindi ai nostri tempi, non imporremmo una penitenza che fosse anche vicina alle penitenze più leggere di quei tempi, ma il punto qui è che i canoni non trattano il sesso omosessuale con minore gravità di quanto non trattino la fornicazione o l'adulterio. È considerato uguale all'adulterio, in termini di penitenza,

"Se un parrocchiano omosessuale lotta per rimanere casto sessualmente, non dovremmo trattarlo in modo diverso dal modo in cui trattiamo il fornicatore eterosessuale. Non è necessario coprirli di vergogna e di sensi di colpa; dovremmo invece sforzarci di allinearli meglio all'ideale della Chiesa. Dovremmo dare loro molte opportunità di pentirsi e di fare sforzi sinceri per rimanere casti sessualmente. In definitiva, se un parrocchiano omosessuale trova troppo solitario e troppo pesante non avere un compagno significativo, non c'è davvero motivo per cui non possiamo trattarlo come trattiamo i non sposati eterosessuali. In particolare, dovremmo incoraggiarlo ad astenersi da atti sessuali con quel compagno significativo, mentre ci rendiamo conto che potrebbero benissimo non raggiungere tale obiettivo, così come fa il 99% dei nostri parrocchiani eterosessuali più devoti e pii".

Ci sono sacerdoti nella Chiesa ortodossa che incoraggiano i laici eterosessuali non sposati, che trovano troppo difficile il celibato, a trovare un "compagno significativo" e poi a convivere insieme? Se è così, io non ne ho incontrati.

"In realtà, credo che dovremmo anche accettare che, come la maggior parte degli eterosessuali, la maggior parte degli omosessuali non troverà praticabile l'astinenza per tutta la vita. In tali casi, sono fermamente convinto che dovremmo incoraggiare gli omosessuali a trovare un partner per tutta la vita. Anche se comprendo che questo offende la sensibilità di molti cristiani ortodossi, sottolineo di nuovo come la nostra Chiesa affronta il peccato del divorzio e del secondo matrimonio. Vale a dire, noi non applichiamo le rigide ingiunzioni giuridiche e scritturali della nostra Chiesa; piuttosto, agiamo in modo pastorale, offrendo alle persone l'opportunità di continuare a operare per la loro salvezza all'interno della Chiesa. Noi non chiediamo mai a un individuo risposato di lasciare un giorno il proprio nuovo coniuge, così che il loro peccato non persista. Riconosciamo semplicemente che questa persona ha bisogno di compassione e di una possibilità di vivere nel miglior modo possibile. Inoltre, ci rendiamo conto che il modo migliore per incoraggiarlo è che un individuo appartenga a una qualche forma di comunità che richiede sottomissione reciproca e la restrizione della propria vita sessuale per concentrarsi su non più di una persona" [enfasi aggiunta].

L'equazione del sesso omosessuale con i divorziati risposati è falsa. La Chiesa riconosce due ragioni bibliche per il divorzio, e quindi ne fa alcune estrapolazioni – Cristo ha dichiarato che si potrebbe divorziare a causa della fornicazione (cioè un coniuge infedele), e san Paolo aggiunge anche che se si ha un coniuge non credente che ci abbandona, anche questa è una giustificazione per il divorzio. La Chiesa compie alcune estrapolazioni basate su questi due motivi, e quindi, per esempio, se un coniuge picchia il proprio coniuge e si rifiuta di smettere di farlo, il coniuge violento è considerato uno che abbandona il tetto coniugale, e si può legittimamente divorziare da lui. Il divorzio è sempre un peccato da parte di almeno un coniuge, e spesso da parte di entrambi. Un secondo matrimonio per qualsiasi motivo è inferiore all'ideale cristiano. Tuttavia, la Chiesa non considera un divorziato (in un divorzio riconosciuto dalla Chiesa) e che si è risposato in chiesa, come uno che vive in un peccato perpetuo. Ci sono stati certamente dei peccati commessi che li hanno portati nella loro situazione attuale, ma dopo un periodo di penitenza, c'è il ripristino della comunione (si vedano I fondamenti della concezione sociale della Chiesa ortodossa russa, Sezione X.3).

Il sesso omosessuale, tuttavia, è intrinsecamente peccaminoso e non vi è alcuna situazione in cui cessi di essere peccaminoso. San Paolo afferma che coloro che praticano il sesso omosessuale non erediteranno il Regno di Dio (1 Corinzi 6: 9-11). Dice anche che questo è vero per coloro che continuano ad impegnarsi in adulterio, fornicazione, idolatria, furto, ubriachezza, bramosia, insulti ed estorsione – ma non ereditare il Regno di Dio è un grosso problema, ed è un grave peccato per qualsiasi prete dare ai suoi parrocchiani l'impressione che alla fin fine, forse, non sia un grosso problema. Questa è di fatto una cattiva pratica pastorale.

Le scuse senza scuse

Come avevo sperato, a padre Aaron è stato chiaramente detto di scrivere una ritrattazione e di chiedere che il suo articolo fosse ritirato (richiesta che "Orthodoxy in Dialogue" ha scelto di non rispettare). L'aspetto sfortunato della sua lettera di ritrattazione è che in realtà non ha ritrattato nulla di ciò che ha detto. Si è limitato a esprimere tristezza per il fatto che alcune persone siano state confuse e abbiano frainteso ciò che aveva effettivamente detto. Il problema non è che siano state persone che non hanno capito quello che ha detto – il problema è che quello che ha detto è sbagliato. Ma sono contento che i suoi vescovi non lo abbiano semplicemente ignorato, ma abbiano agito rapidamente.

Inoltre, padre Aaron era stato proposto per l'elevazione al grado di arciprete il 19 gennaio. La funzione per fare un arciprete chiede che Dio possa "adornarlo [il sacerdote che viene elevato] con la virtù di stare a capo dei presbiteri del tuo popolo e renderlo degno di essere un buon esempio per quelli che sono con lui..." (The Order of the Office for the Making of a Protopresbyter (Archpriest), vol 1, Book of Needs, South Canaan, Pennsylvania: St. Tikhon Seminary Press, 1998, p. 258). Questo è un onore dato ai sacerdoti dopo molti anni di servizio e suggerisce che sono stati un buon esempio e che dovrebbero essere i leader tra i loro fratelli sacerdoti. Se l'arcidiocesi antiochena fosse andata avanti e lo avesse fatto arciprete dopo questo articolo scandaloso, avrebbe aggiunto la beffa al danno. Fortunatamente, hanno deciso di rimandare a tempo indeterminato la sua elevazione.

Non mi fa alcun piacere l'angoscia personale che questa storia ha indubbiamente causato a padre Aaron e alla sua famiglia, ma il vescovo Basil e il metropolita Joseph non avevano altra scelta qui, e hanno fatto l'unica cosa che avrebbero potuto fare senza che il gregge fosse danneggiato più di quanto non lo sia già stato.

È certamente una cosa buona e necessaria che il clero si interroghi sul modo migliore di trattare pastoralmente con coloro che lottano contro l'omosessualità o contro qualsiasi altro peccato sessuale. Suggerire che dopo tutto continuare in quel peccato potrebbe non essere poi così male, tuttavia, non è la risposta.

il vescovo Basil (Essey) di Wichita

Diversi anni fa, un sacerdote della OCA ha pubblicato una lettera in qualche modo simile a questa, e l'Associazione del clero ortodosso di Houston e del Texas sud-orientale ha scritto una risposta a quella lettera. Ricordo bene il vescovo Basil, quando visitò Houston dopo l'accaduto, ringraziando pubblicamente la nostra associazione del clero per avere agito in tal modo. Sono felice di vedere che rimane forte nella Fede ed è disposto a prendere decisioni difficili per difendere tale Fede. Auguri di molti anni al vescovo Basil, e molti anni al metropolita Joseph! Spero solo che altri vescovi prendano nota e seguano il loro esempio. L'unico modo per impedire che un numero sempre crescente di dichiarazioni così scandalose sia fatto in futuro è quello di agire rapidamente e con sicurezza nei confronti degli autori di queste dichiarazioni.

 
I miti dal passato e la terza incarnazione della Russia dal 1721

La prima e la seconda incarnazione della Russia

Le terre russe sono esistite per oltre mille anni prima del 2022 e hanno assunto molte forme politiche e geografiche altamente significative. Tali forme potrebbero essere descritte in un altro momento; qui non abbiamo spazio. Tuttavia, negli ultimi 300 anni, tra il 1721 e il 24 febbraio 2022, conosciamo solo due incarnazioni: l'Impero Russo (1721-1917) e l'Unione Sovietica con la Federazione Russa post-sovietica (1917-2022). L'URSS e le sue colpe totalitarie sono abbastanza note in Occidente, ma anche qui l'Occidente si rifiuta ancora di credere alle molte virtù sociali "sovietiche", alla sua medicina gratuita, all'istruzione e alla cultura, che furono tutte ereditate dall'Impero. L'Occidente si è accecato con la sua stessa propaganda anti-russa (travestita da anti-comunista). La continuazione di un'URSS indebolita nella Federazione post-sovietica fu inizialmente amata dall'Occidente, come fosse una sua stessa creazione. In effetti, per molti aspetti la Federazione post-sovietica sembrava aver adottato il peggio dell'Occidente e rifiutato il meglio dell'Unione Sovietica. Per reazione, alcuni hanno suggerito che la Federazione dovrebbe tornare all'URSS. Questo non è mai stato all'ordine del giorno: era un esperimento fallito. D'altra parte, l'idea che la Federazione sarebbe diventata solo un altro scimpanzé dell'Occidente come il Giappone non si è mai verificata. Le terre russe hanno la loro identità, la loro civiltà.

D'altra parte, l'Impero Russo è praticamente sconosciuto in Occidente, poiché l'Occidente crede ancora alla propria ignoranza e mente al riguardo. Del resto fu l'Occidente a distruggerlo, con l'aiuto di traditori interni e aristocratici decadenti, che sfruttarono crudelmente i poveri e garantirono così la caduta dell'Impero. Non sorprende che molti di questi traditori emigrarono subito dopo in Occidente, dato il disastro che avevano creato in Russia con l'appoggio occidentale. Trascorreremo quindi un po' di tempo nel disilluso coloro che ancora credono negli stereotipi razzisti della propaganda occidentale/sovietica di "autocrazia tirannica asiatica", "oscurantismo arretrato", che manteneva il suo popolo in uno stato di povertà e ignoranza. L'Occidente condiscendente ha detto: "Se solo fossero stati come noi occidentali intelligenti, tutto sarebbe andato bene". Analizzeremo queste realtà [1] in primo luogo perché sono così poco conosciute e molti credono ancora nei miti, e in secondo luogo perché gli aspetti positivi dell'Impero pre-rivoluzionario sono al centro dell'URSS e lo saranno anche cuore della terza incarnazione di oggi (vedi oltre). Qui di seguito osserviamo il vero Impero Russo.

L'economia

Nei 20 anni prima del 1917 la popolazione dell'Impero aumentò di 62 milioni, circa del 50%. Era un'epoca in cui l'industrializzazione e la modernizzazione acceleravano notevolmente. Il reddito nazionale e la produttività aumentarono a un ritmo senza rivali in nessun'altra parte del mondo e il budget triplicò. La tassazione personale nell'Impero Russo era la metà di quella di Francia e Germania e un quarto di quella della Gran Bretagna.

I guadagni medi erano superiori a quelli di qualsiasi paese dell'Europa occidentale, inferiori solo a quelli degli Stati Uniti. I prezzi erano tra i più bassi del mondo e l'inflazione e la disoccupazione erano praticamente inesistenti. Grazie alla riforma monetaria che lo tsar insistette personalmente a realizzare nel 1897, il rublo era garantito dall'oro. L'Impero possedeva le più grandi riserve auree del mondo e il rublo d'oro russo rimaneva uno degli investimenti più sicuri al mondo.

Tra il 1890 e il 1913 il PIL quadruplicò. L'estrazione del carbone e la produzione di ghisa quadruplicarono e quella del rame quintuplicò. Tra il 1911 e il 1914 gli investimenti in ingegneria aumentarono dell'80% e in molte città iniziò l'elettrificazione. Nel 1901 gli USA estrassero 9,9 milioni di tonnellate di petrolio, la Russia 12,1 milioni di tonnellate. Tra il 1908 e il 1913 la produttività superò quella di USA, Gran Bretagna e Germania. L'Impero era il più grande esportatore di tessuti e uno dei più grandi di metalli e ingegneria. La Russia era sul punto di diventare la prima economia mondiale nel 1950, superando sia l'Europa sia gli Stati Uniti.

Infrastrutture e agricoltura

La ferrovia transiberiana fu completata su insistenza dell'ultimo tsar, nonostante l'opposizione. In 20 anni la lunghezza delle ferrovie e delle reti telegrafiche raddoppiò: di fatto, il tasso di costruzione delle ferrovie era uno dei più alti al mondo, il successivo tasso sovietico ne fu solo una frazione. Le sue locomotive erano tra le migliori al mondo. Questo è il motivo per cui i treni blindati sono apparsi in Russia. La più grande flotta di navi fluviali del mondo raddoppiò di tonnellaggio durante quel periodo. L'industria degli aerei era alla pari con quella americana.

L'industria automobilistica si trovava in una situazione simile a quella tedesca. Auto russe vinsero le gare ai rally di Monte Carlo e di San Sebastian. Infatti, i motori Mercedes e Daimler sono stati inventati dall'ingegnere russo Boris Lutskoj. La Russia pre-rivoluzionaria ha anche inventato: il telegrafo senza fili, l'elicottero, la televisione, il cinegiornale, il tram, le centrali idroelettriche, l'aratro elettrico, il sottomarino, il paracadute, la radio, il microscopio elettronico, l'estintore a polvere, l'orologio astronomico, il sismografo, l'omnibus elettrico, l'idrovolante, il rompighiaccio, la motocicletta, il dirigibile e le carrozze ferroviarie a due piani.

Grazie alla riforma agraria, nel 1914 il 100% della terra utilizzabile nella Russia asiatica e il 90% nella Russia europea apparteneva al popolo. L'Impero era il più grande esportatore mondiale di cereali, lino, uova, latte, burro, carne e zucchero. Il raccolto di grano era un terzo più grande di quello di USA, Canada e Argentina messi insieme. La produzione di cereali raddoppiò durante il regno e il numero di bovini aumentò del 60%. L'Impero era anche primo al mondo per numero di cavalli, mucche e pecore e uno dei maggiori per numero di maiali e capre.

Giustizia sociale, salute e istruzione

Dal giugno 1903 tutti i datori di lavoro dell'Impero Russo furono obbligati a pagare sussidi e pensioni a tutti i dipendenti e alle loro famiglie che avevano subito un incidente. L'ammontare era tra il 50% e il 66% del loro stipendio. Nel 1906 furono costituiti i sindacati e dal giugno 1912 fu introdotta l'assicurazione sanitaria obbligatoria sul lavoro a copertura di malattia o infortunio. La legislazione sulle assicurazioni sociali fu introdotta prima che negli altri paesi europei e hegli Stati Uniti. Il presidente degli Stati Uniti William Taft dichiarò: "Il vostro imperatore ha creato una legislazione del lavoro così perfetta che nessuno stato democratico ne può vantare una simile".

Nel 1898 l'Impero introdusse un sistema di assistenza sanitaria universale che costava la piccola somma di un rublo all'anno. L'igienista svizzero Friedrich Erismann elogiò questo sistema come "il più grande successo al mondo nel campo della medicina sociale". La Russia era la terza al mondo per numero di medici. Lo tsar insistette personalmente per l'introduzione di riforme economiche e misure contro l'abuso di alcol, spesso nonostante la Duma. Il consumo di alcol pro capite era uno dei più bassi al mondo e il più basso in Europa al di fuori della Norvegia. Nel 1913 il numero di malati di mente era 187 su 100.000, rispetto a 5.598 su 100.000 nella Federazione Russa nel 2013. Il numero di suicidi nell'Impero era di 4,4 su 100.000. Nella Federazione Russa nel 2012 era 19,5 e 12,1 negli Stati Uniti.

L'istruzione primaria obbligatoria fu introdotta nel 1908, una generazione dopo che in Occidente. Tuttavia, nel 1916 l'alfabetizzazione nell'Impero aveva già raggiunto l'85%. Nel 1914 c'erano 150.000 studenti che studiavano nelle istituzioni universitarie. In termini di numero di studenti, l'Impero Russo era terzo nel mondo insieme alla Gran Bretagna. Altri 300 milioni di rubli furono spesi nel 1913 per le scuole di campagna, un budget superiore ai 70 milioni del 1894. In meno di 20 anni il budget per l'istruzione aumentò del 628%. Nel 1913 c'erano 130.000 scuole nell'Impero con 6 milioni di alunni. Tutta l'istruzione, primaria, secondaria e terziaria, era gratuita.

La situazione interna

I pogrom della fine del XIX secolo e dell'inizio del XX secolo, fondamentalmente rivolte razziali, portarono alla morte di quasi 3.000 persone, di cui circa la metà non ebrei e circa la metà ebrei. In modo simile alle rivolte razziali tra cattolici e protestanti nell'Irlanda del Nord alla fine del XX secolo, alcuni pogrom furono iniziati da una parte, altri dall'altra. Non ci sono casi registrati in cui siano stati incoraggiati dallo Stato, che aveva costruito molte grandi sinagoghe per la popolazione ebraica. Nessuno dei pogrom si verificò in Russia, ma solo in quei paesi che oggi sono Lituania, Polonia, Ucraina occidentale e Moldova. Molti ebrei vivevano in questi paesi perché secoli prima erano stati cacciati dall'Europa occidentale dall'antisemitismo. Purtroppo, la propaganda occidentale su questo argomento è ancora ampiamente creduta in Occidente. È da notare che i luoghi in cui svolsero i disordini razziali erano gli stessi luoghi in cui i nazisti ricevettero aiuto dalla popolazione locale alla loro invasione dal 1941 in poi.

Un altro pezzo della mitologia occidentale/sovietica è la marcia della "domenica di sangue" nel 1905. In questo evento furono i rivoluzionari ad aprire il fuoco e le truppe si difesero. Ci furono 130 vittime, non 5.000, come inventato dalla propaganda occidentale. Tutte le vittime ricevettero cure mediche immediate. Lo tsar non era nemmeno in città in quel momento. Quando lo seppe, inorridito, licenziò i funzionari che avrebbero dovuto essere in carica e diede subito a ciascuna famiglia che aveva sofferto l'enorme somma di 50.000 rubli dal suo denaro personale.

La criminalità era inferiore a quella dell'Europa occidentale e degli Stati Uniti. Nel 1908 furono imprigionate 56 persone ogni 100.000. In Unione Sovietica nel 1949 la cifra era di 1.537 per 100.000 e nella Federazione Russa nel 2011, 555, con 724 per 100.000 negli Stati Uniti nello stesso anno. C'era libertà di stampa e libertà di parola, a differenza dell'Occidente dove venivano perseguite rigide "politiche editoriali" (= censura). Lo tsar non respinse mai una sola richiesta di grazia. Meno condanne a morte furono eseguite durante tutto il suo regno che in un singolo giorno nell'Unione Sovietica fino alla morte di Stalin.

Relazioni internazionali

Il Tribunale internazionale di giustizia dell'Aia, suggerito nel 1898 per prevenire le guerre, ma deriso da altri leader europei, è stato un'idea personale dello tsar Nicola. Se fosse stato attuato come aveva voluto, non ci sarebbe mai stata la prima guerra mondiale, per non parlare delle guerre successive. Pertanto, coloro che lo avevano deriso, in particolare britannici e tedeschi, firmarono le proprie condanne a morte.

Quando nel febbraio 1904 il Giappone, sollecitato, finanziato e armato fino ai denti dagli imperialisti geopolitici di Gran Bretagna e Stati Uniti, attaccò a tradimento la piccola e poco armata marina russa senza prima dichiarare guerra (come fece poi a Pearl Harbor), ci vollero solo diciotto mesi all'Impero Russo non militarista per riprendersi. Tuttavia, invece di continuare la guerra e schiacciare militarmente il Giappone ormai in bancarotta, la Russia avviò negoziati di pace, ma impose condizioni tali ai colloqui negli Stati Uniti che il Giappone, costretto ad accettarli, entrò in lutto.

Durante la Grande Guerra Patriottica (come allora era chiamata la Prima Guerra Mondiale) lo tsar visitò costantemente il Fronte. Dopo meno di un anno, nel 1915, vista l'incompetenza dell'ex comandante supremo, il suo zio arrogante e sboccato, assunse il comando supremo, contro il parere di tutti, dimostrando la sua forza di volontà. La Russia iniziò a vincere le più grandi vittorie della guerra, avanzando su enormi distanze e catturando un numero enorme di prigionieri, come nell'offensiva dello tsar Nicola, eufemisticamente conosciuta in Occidente come "l'offensiva di Brusilov". Questo non era immaginabile per i gelosi alleati occidentali, che erano impantanati in una guerra di trincea immobile e sanguinosa, dove milioni di persone stavano morendo. Sul fronte russo, di fronte a molte più truppe nemiche, i morti ammontarono a meno di 700.000.

Le Forze Armate

Nel 1914 l'Impero Russo fu in grado di inviare 2.000 ingegneri per aiutare gli Stati Uniti, su loro richiesta, a creare un'industria di armamenti pesanti. L'aviazione russa, fondata nel 1910, era nel 1917 la più grande del mondo, con 700 aerei e nel 1917 la marina russa, riformata e modernizzata dopo le vittorie del Giappone armato di corazzate, era una delle più forti al mondo. Se non fosse stato per il tradimento degli alleati, della maggior parte dell'aristocrazia e di molti membri della classe media, gli storici ritengono che la Russia avrebbe occupato Vienna e Berlino nel 1917, ponendo così fine alla guerra omicida con almeno un anno di anticipo e salvando milioni di vite. Oltre il 95% dei 2.417.000 soldati nemici catturati tornò a casa sano e salvo dopo la guerra.

Solo il 39% dei maschi di età compresa tra i 15 e i 49 anni fu mobilitato nell'Impero Russo, contro l'81% in Germania, il 79% in Francia, il 74% in Austro-Ungheria, il 72% in Italia e il 50% in Gran Bretagna. Per ogni 100.000 abitanti, l'Impero perse 11 persone, contro 34 in Francia, 31 in Germania, 18 in Austria e 16 in Gran Bretagna. (Le perdite russe molto elevate che furono riportate sono miti di propaganda dell'Occidente anti-russo). La riforma militare stava creando uno degli eserciti più forti e meglio equipaggiati del mondo, che sarebbe stato il migliore entro il 1917 se la Germania non avesse iniziato la prima guerra mondiale. Furono gli ufficiali addestrati nell'esercito imperiale e che avevano tra i quaranta e i cinquant'anni che vinsero la seconda guerra mondiale.

Affari ecclesiastici e cultura

Nel 1913 la Chiesa ortodossa russa aveva 67.000 chiese e 1.000 monasteri. Aveva una grande influenza in Terra Santa, in Asia e nell'Europa occidentale erano state costruite diciassette chiese russe. Lo tsar pagò personalmente la costruzione della cattedrale di san Nicola a New York e fece in modo che il numero dei vescovi in Nord America passasse da uno a tre. Nel 1916 c'erano piani per assicurarsi che ogni capitale occidentale avesse una chiesa e che i libri di servizio della Chiesa fossero tradotti in tutte le principali lingue occidentali.

La cultura russa attraversò un periodo noto come l'età dell'argento, con sviluppi nella scienza, nella filosofia, nell'arte, nell'architettura, nella musica e nella letteratura. Lo scrittore francese Paul Valery ha affermato che la cultura russa all'inizio del XX secolo era "una delle meraviglie del mondo". Due dei cinque fondatori di Hollywood provenivano dalla Russia. Chanel n. 5 è stato inventato dall'emigrante russo Verigin.

La terza incarnazione

Questo per quanto riguarda il passato poco conosciuto. Naturalmente, c'erano molte iniquità nell'Impero Russo. Altrimenti non sarebbe caduto. La corruzione della classe aristocratica parassitaria (oligarchi) e la mancanza di cura per i lavoratori poveri erano troppo grandi. Il divario era troppo ampio e il passaggio dello tsar alla giustizia sociale non fu abbastanza veloce per tenere il passo con le sfide della rapida industrializzazione. Tuttavia, gli aspetti positivi dell'Impero e dei suoi enormi progressi e industrializzazione furono mantenuti dall'Unione Sovietica. Nonostante l'enorme passo indietro operato dalla guerra civile, dalla persecuzione bolscevica e dalle carestie artificiali, nel 1930 l'URSS era tornata al punto in cui era stata la Russia nel 1916. Solo nell'ultima generazione dalla caduta dell'Unione Sovietica questi aspetti positivi sono stati minacciati. Tuttavia, non parleremo più del passato, ma del futuro, della terza incarnazione della Russia, della Russia post-24 febbraio 2022, la Nuova Russia. Questa incarnazione ha capito che deve conservare il meglio di tutte le precedenti incarnazioni per sopravvivere e andare avanti.

Possiamo parlarne ora solo da quando il 24 febbraio è iniziata la campagna di liberazione dell'Ucraina. Inizialmente, è stata lanciata per liberare il solo Donbass e prevenire il previsto attacco sponsorizzato dalla NATO contro di esso, previsto per l'inizio di marzo 2022. Questa campagna di liberazione ha avuto un tale successo che è stato necessario estenderla. Sembra ormai certo che tutta la Novorossija (l'est e il sud dell'Ucraina) sarà liberata, consentendo alla Transnistria di entrare a far parte della Federazione Russa. Tuttavia, data la continua aggressione del resto dell'Ucraina e le minacce della NATO provenienti da altre parti, potrebbe essere necessario estendere il successo militare russo.

Fino a quando l'intera Ucraina non sarà smilitarizzata e finché sarà continuamente ri-militarizzata dall'Occidente, la liberazione non può fermarsi. Inoltre, con potenziali minacce provenienti dalla Polonia e dalla Lituania armate dalla NATO verso Kaliningrad e dalla Romania verso la Moldova, da spedizioni di armi dalla Bulgaria, Slovacchia, Cechia e Stati baltici, in particolare dal governo fantoccio statunitense in Lituania, con minacce dalla Svezia e la Finlandia per entrare a far parte della NATO, dove si fermerà? L'Occidente deve essere liberato dal nazismo/liberalismo woke (che è la stessa cosa. Come si suol dire: non c'è niente di così intollerante come il liberalismo). È vero che Germania, Francia e Italia, con le loro economie paralizzate dalle sanzioni anti-russe imposte dagli Stati Uniti, si stanno dimostrando ragionevoli. Questo è diverso dal ridicolo spaccone Johnson proveniente dal regime militarmente debole nel Regno Unito, che potrebbe essere rovesciato dal malcontento interno popolare e da un'ondata di scioperi.

Le implicazioni globali della terza incarnazione della Russia

Tuttavia, è l'aspetto economico della terza incarnazione della Russia, con la sua de-dollarizzazione internazionale, che sta veramente cambiando il mondo. Alla luce del discorso di Vladimir Putin al Forum economico di San Pietroburgo del giugno 2022, possiamo dire che la Russia sta tornando sul suo percorso storico. Vuole mettere da parte gli errori del passato, ridiventare una nazione sovrana e non essere più una colonia occidentale. Questo è diverso dall'Unione Europea, che è chiaramente solo un vassallo degli Stati Uniti, sia economicamente che politicamente. Il futuro ordine mondiale sarà formato solo da stati sovrani forti, indipendenti dal dollaro e dagli enormi debiti dei paesi occidentali. Questi sono stati causati dalla loro stampa inflazionistica di denaro che non si basa su merci reali come cereali, petrolio, gas, minerali, metalli, elementi rari, fertilizzanti, legname, beni di manifattura e oro.

La rottura con l'Occidente e le sue "obsolete illusioni geopolitiche" del complesso di superiorità della sua élite, essenzialmente una forma di nazismo, è irreversibile. La Russia investirà nello sviluppo economico interno in termini microeconomici e macroeconomici, garantendo la "sovranità tecnologica" (il che significa, per esempio, che la Russia dispone già di missili ipersonici unici), incoraggiando la libera impresa contro la burocrazia, migliorando le infrastrutture, ma anche assicurando la giustizia sociale, lottando contro la povertà e sostenendo la famiglia, incoraggiando molte più "famiglie ad avere due, tre o più figli". L'ideale del conservatorismo sociale insieme alla giustizia sociale è ciò che si intende. La Russia aiuterà anche le nazioni dell'Africa e del Medio Oriente a evitare la carestia imposta dall'Occidente. È vero, questo è un programma ambizioso per il futuro, ma questa terza incarnazione della Russia sta iniziando ora.

Nota

[1] Come fonte statistica definitiva, compilata dal mio amico A. A. Borisjuk, vedere La storia della Russia che hanno ordinato di dimenticare, Veche, 2018. Quest'opera (in russo) per la prima volta raccoglie convenientemente tutte le statistiche pre-rivoluzionarie, sovietiche e dell'emigrazione.

 
Ministero degli Esteri russo: Mosca sconcertata per le reazioni a una rapina a cittadini russi su un treno in Ucraina

Persone in divisa dell'esercito insurrezionale ucraino durante un controllo sul treno Mosca-Chişinău hanno costretto i passeggeri con passaporto russo a consegnare soldi e gioielli

La Voce della Russia, 24 marzo 2014

"Sembra che in Ucraina si stia ritornando all'anarchia dell'inizio del XX secolo. Con sgomento dei passeggeri del treno 965 Mosca-Chişinău, che il 21 marzo ha fatto una sosta presso la stazione ferroviaria della città di Vinnitsa, sulle autovetture sono salite persone in divisa dell'esercito insurrezionale ucraino e si sono messe a fare un "controllo dei documenti". Ai passeggeri che presentavano passaporti russi, questi li costringevano a consegnare denaro e gioielli. I rapinatori si giustificavano con "ragioni politiche". È sconcertante che i tentativi di presentare una denuncia per rapina alla polizia locale siano stati inutili. La polizia si è rifiutata di accettare tali denunce. Ecco che razza di "stato di diritto" si sta formando oggi in Ucraina - ha detto in un comunicato il ministero degli Esteri.

 
Il vescovo di Pinerolo omette il Credo alla Messa dell'Epifania: un parere di parte ortodossa

La notizia che vorrei commentare, riportata in questi giorni da fonti di stampa cattolica tradizionalista, è questa:

Il vescovo di Pinerolo, mons. Derio Olivero, ha omesso la recitazione del Credo alla Messa pomeridiana del 6 gennaio 2020, funzione da lui definita "Messa dei popoli", a cui erano state invitate autorità civili e rappresentanti di altre confessioni. La richiesta di recitare il Credo in silenzio è stata spiegata con la presenza alla Messa di non cattolici, con un accenno specifico a valdesi e ortodossi.

Il fatto, com'era prevedibile, ha suscitato un notevole dibattito, che lascio per la maggior parte a quei cattolici che a vario titolo si sono sentiti offesi o traditi da parte di uno dei loro vescovi.

L'unico aspetto che mi spinge a offrire un parere è la menzione della presenza di ortodossi come causa di questo gesto.

Come parroco ortodosso, sono stato invitato innumerevoli volte a Messe cattoliche (come, penso, la maggior parte dei chierici ortodossi che vivono in Italia), e ogni volta che ho accettato questo invito (in cui è sempre presunta la buona fede e il desiderio di dialogo e di fraternità), non mi è mai passato per la mente di chiedere, e neppure di desiderare, l'omissione del Credo.

In un punto specifico mons. Olivero ha sacrosantamente ragione: il Credo della Chiesa ortodossa è diverso da quello che lui stesso recita. Lasciando da parte tutte le questioni di finezza di traduzione (sulle quali si potranno scannare a vicenda linguisti ed esegeti, ma che non sono vincolanti a livello ecclesiale), il Credo ortodosso ha effettivamente due diversità, una marginale e relativamente trascurabile, e una davvero seria ed essenziale, tanto da essere stata una delle ragioni dello scisma tra Oriente e Occidente.

- La diversità minore è l'espressione iniziale "Dio da Dio", che compare nel credo del Concilio di Nicea (A.D. 325), ma che è omessa dal Concilio di Costantinopoli (A.D. 381), che lascia solo le espressioni "luce da luce, Dio vero da Dio vero". Ovviamente, si tratta di una mera ripetizione, e non c'è nulla di dogmatico nell'ometterla o nel reintrodurla... salvo il fatto che a reintrodurla non si può più affermare che si sta recitando il Credo "niceno-costantinopolitano" (forse lo si dovrebbe definire il Credo "niceno-costantinopolitano-re-nicenizzato").

- La diversità maggiore (e l'unica che possa davvero creare difficoltà) è il Filioque, sul quale non voglio soffermarmi, postulando come assioma che chiunque lavori nel dialogo tra cattolici e ortodossi senza conoscere il tema del Filioque dovrebbe impararlo al più presto o cambiare mestiere. La particolarità interessante è che la Chiesa cattolica permette a una sua minoranza, i cattolici orientali, la recita del Credo senza Filioque, e anche questo fatto andrebbe tenuto in considerazione.

Ora, da un punto di vista ortodosso (visto che gli ortodossi sono stati chiamati in causa), ecco il modo con cui il vescovo di Pinerolo avrebbe potuto affrontare il tema spinoso del Credo in modo da offrire davvero una mano tesa al dialogo, senza alcun compromesso:

1) Avrebbe potuto annunciare che ci sono cristiani che recitano il Credo in modo diverso, e pur riconoscendo la presenza di questi cristiani, far recitare ai fedeli il Credo a cui sono abituati "perché è quello che è stato loro tramandato". Nessun bisogno di cambiamenti insoliti, massimo rispetto, e anzi un notevole guadagno di stima da parte degli ortodossi, che sono tutt'altro che insensibili a espressioni come "fare ciò che è stato tramandato".

2) Se proprio si doveva fare un cambiamento, il vescovo poteva annunciare una recitazione del Credo senza il Filioque "così come fanno i cattolici orientali" (che, giova ricordarlo, sono presenti con loro funzioni anche nella diocesi di Pinerolo). Di nuovo, massimo rispetto da parte degli ortodossi, e anche se non posso pronunciarmi sulla parte valdese, credo che a loro non dispiacerebbe che un vescovo cattolico riconosca pubblicamente l'esistenza di una minoranza...

Il vescovo Olivero è il responsabile della Commissione ecumenica del Piemonte, e come tale saremmo felici di consultarci con lui PRIMA che decida di prendere iniziative come questa, che rischiano di nuocere al dialogo ecumenico creando un inutile sconforto in tanti fedeli cattolici. Così come io, dal modesto ambito di una parrocchia ortodossa, ho potuto offrire ben due proposte alternative al gesto del 6 gennaio, sono più che convinto che una previa consultazione potrebbe servire a disinnescare altre mine vaganti nel futuro del nostro viaggio di dialogo e di ricerca di comunione reciproca.

igumeno Ambrogio

Torino

 
Per le autorità locali ucraine, bandire la Chiesa ortodossa ucraina è diventato "l'obiettivo numero uno"

un sostenitore della "Chiesa ortodossa dell'Ucraina" attacca una credente della Chiesa ortodossa ucraina durante il sequestro della chiesa

250 chiese della Chiesa ortodossa ucraina canonica negli ultimi tre mesi sono state sequestrate da sostenitori della "Chiesa ortodossa dell'Ucraina" scismatica con il sostegno o il tacito consenso dei funzionari.

Ogni giorno aumenta l'elenco delle regioni ucraine dove funzionari e deputati decidono di vietare le attività della Chiesa ortodossa ucraina. Nel frattempo, rappresentanti della "Chiesa ortodossa dell'Ucraina", sostenuti dalle autorità, sequestrano l'ennesima chiesa, commettono provocazioni o intimidiscono sacerdoti e parrocchiani della Chiesa canonica. Tuttavia, l'autrice del disegno di legge che vieta la Chiesa ortodossa ucraina nel Paese, Inna Sovsun, continua a esprimere insoddisfazione per il fatto che il Gabinetto dei ministri non abbia ancora adottato questa legge; inoltre, "non vede basi legali per sottrarre le Lavre alla Chiesa".

Così, dal 20 al 21 giugno 2022, il metropolita Antonij di Borispol' e Brovary, cancelliere della Chiesa ortodossa ucraina, ha inviato lettere ai primati e ai vescovi di alcune Chiese ortodosse locali, informandoli sulle azioni eclatanti delle autorità nel diocesi di Borispol' e in Ucraina nel suo insieme.

nel villaggio di Petropavlovsk, nel distretto di Borispol', i sostenitori della "Chiesa ortodossa dell'Ucraina" sono venuti dal sacerdote della Chiesa ortodossa ucraina con le armi

Il metropolita Antonij ha affermato che nella sua diocesi, "con decisione di cinque consigli comunali e di villaggio, sotto la pressione della dirigenza locale e ignorando le opinioni dei veri parrocchiani, sono state prese decisioni populiste e illegali di vietare o interrompere le attività della Chiesa ortodossa ucraina sul territorio di queste comunità". In generale, ci sono 36 casi di questo tipo in Ucraina.

Inoltre, i dirigenti della Chiesa ortodossa ucraina nella sua lettera hanno richiamato l'attenzione sul fatto che in tutto il paese ci sono azioni di sequestro forzato delle chiese della Chiesa ortodossa ucraina da parte di sostenitori della "Chiesa ortodossa dell'Ucraina" scismatica.

"In totale sono state sequestrate 250 chiese e si contano solo 53 casi di trasferimenti. I tentativi di "trasferire" questa o quella parrocchia alla denominazione menzionata non sono altro che aperte razzie di chiese, e questo viene fatto apertamente a favore della "Chiesa ortodossa dell'Ucraina". Nonostante le presunte dichiarazioni di quest'ultimo sulla disponibilità al dialogo, le suddette azioni ostili continuano nella vita reale, il che rende impossibile l'inizio di qualsiasi dialogo", ha osservato il metropolita Antonij.

La lettera sottolinea che i sacerdoti e i credenti della Chiesa ortodossa ucraina in molti villaggi e piccole città sono costretti ad attrezzare locali temporanei per il culto e a intentare azioni legali nei tribunali, mentre un piccolo numero di persone assiste ai servizi di culto in chiese selezionate. Tutte queste decisioni di vietare la Chiesa ortodossa ucraina e il sequestro di chiese da parte dei sostenitori della "Chiesa ortodossa dell'Ucraina" stanno avvenendo al fine di seminare divisione e ostilità tra gli ucraini sul campo e di provocare violenti conflitti, minando così l'integrità del paese dal dentro.

Si segnala che il 13 giugno i deputati del consiglio comunale di Borispol' in seduta straordinaria hanno deciso di "sospendere le attività della Chiesa ortodossa ucraina-Patriarcato di Mosca". La domanda è stata sottoposta all'esame del sindaco della città Vladimir Borisenko. Inoltre, il consiglio comunale ha preso tale decisione senza ulteriori discussioni.

I deputati hanno immediatamente fatto appello al capo dell'amministrazione militare del distretto di Borispil' per emettere un ordine corrispondente.

Il 23 giugno, i deputati del consiglio comunale di Cherkassy hanno sostenuto una petizione per vietare la Chiesa ortodossa ucraina, come riportato da i-ua.

30 deputati del consiglio comunale di Cherkassy hanno sostenuto la decisione di vietare la Chiesa ortodossa ucraina, ma diverse persone hanno affermato che i governi locali non hanno l'autorità per vietare le attività della Chiesa. C'è stata anche una proposta di fare appello ai parrocchiani della Chiesa ortodossa ucraina, "affinché non portino lì i loro fondi".

Il 17 giugno, il consiglio comunale di Borshchev della regione di Ternopol' ha chiesto che la comunità della Chiesa ortodossa ucraina e il rettore della chiesa di san Nicola si trasferissero alla "Chiesa ortodossa dell'Ucraina".

L'appello è pubblicato sulla pagina web del consiglio comunale di Borshchev. In particolare, si afferma che la Chiesa ortodossa ucraina funge da strumento di propaganda per il cosiddetto "mondo russo".

Anche il sindaco di Chortkov, nella regione di Ternopol', V. Shmatko, si è rivolto in un video ai parrocchiani della Chiesa ortodossa ucraina con un appello urgente in cui ha annunciato il suo ritiro da questa giurisdizione.

Il sindaco ha fatto notare che sarebbe meglio se i parrocchiani lo facessero pubblicamente, ma non insiste, per lui è importante che nessuno vada alla chiesa della Chiesa ortodossa ucraina. In caso contrario, il funzionario promette che chiederà l'aiuto dei cittadini affinché il sacerdote della Chiesa ortodossa ucraina non svolga più servizi divini nella "cosiddetta chiesa".

Allo stesso tempo, i rappresentanti di Svoboda nella regione di Ternopol' hanno già iniziato a raccogliere firme a sostegno del disegno di legge n. 7204 "Sulla proibizione del Patriarcato di Mosca sul territorio dell'Ucraina".

E nel villaggio di Kolodnoe, distretto di Zbarazhskij, regione di Ternopol', "sacerdoti" e sostenitori della "Chiesa ortodossa dell'Ucraina" hanno cercato di sequestrare la chiesa di san Nicola Taumaturgo della Chiesa ortodossa ucraina.

Il video è stato pubblicato sulla sua pagina dall'avvocato e attivista per i diritti umani Viktoria Kohanovskaja. Il video mostra come i "credenti" trascinano i parrocchiani lontano dalla chiesa e li gettano a terra, oltre a picchiare uomini che cercano di proteggere i loro luoghi santi.

La Chiesa è stata difesa, ma il presidente dell'ente territoriale ha stabilito il compito di "trasferire alla "Chiesa ortodossa dell'Ucraina" tutti i luoghi di culto della Chiesa ortodossa ucraina nel distretto di Zbarazhskij". Delle 12 chiesa, solo due non sono state ancora toccate.

Il 14 giugno, in una riunione regolare del consiglio regionale di Leopoli, i deputati hanno adottato una dichiarazione che invita lo Stato a vietare legalmente le attività della Chiesa ortodossa ucraina sul territorio dell'Ucraina. Il comunicato è pubblicato sul sito ufficiale del consiglio regionale.

"Noi, deputati del consiglio regionale di Leopoli, rendendoci conto della nostra responsabilità nei confronti degli elettori della regione di Leopoli, consideriamo inaccettabile la continua esistenza e attività della Chiesa ortodossa ucraina in Ucraina in generale e nella regione di Leopoli in particolare. Guidati dalle disposizioni della Costituzione dell'Ucraina, dalle leggi dell'Ucraina <...>, chiediamo allo Stato di vietare legalmente le attività della Chiesa ortodossa ucraina", si legge nella nota.

E pochi giorni dopo, il 19 giugno, nel distretto di Sykhov di Lvov, la chiesa del santo principe Vladimir pari agli apostoli è stata nuovamente attaccata da vandali. Lo ha riferito portal.lviv con riferimento al servizio statale di emergenza della regione di Leopoli.

Secondo i parrocchiani della chiesa, l'incendio è scoppiato alle 22:45, 15 minuti prima del coprifuoco. Testimoni oculari riferiscono di aver sentito suoni d'esplosione prima dell'incendio.

gli oppositori della Chiesa ortodossa ucraina hanno dato fuoco alla chiesa di Vladimir a Leopoli

Sul luogo dell'incendio sono stati trovati un secchio di liquido, un bastoncino con un panno, un accendino, una giacca e un berretto. La polizia ha sequestrato le prove.

Ricordiamo che la chiesa di san Vladimir è stata a lungo un bersaglio di vandali locali: il 25 aprile un uomo con un'arma da fuoco ha minacciato la demolizione dell'edificio ecclesiastico, il 1 maggio i radicali hanno cercato di interrompere il servizio, l'8 maggio i vandali hanno riempito le porte d'ingresso del tempio con schiuma e hanno profanato le pareti con scritte, il 15 maggio ignoti hanno tentato di appiccare il fuoco, strappando le croci e lasciando scritte che dicevano "vietato entrare". Anche il 25 e il 28 maggio le pareti della chiesa sono state profanate con scritte.

Il 16 giugno, i deputati del consiglio comunale di Belotserkov della regione di Kiev, su suggerimento di un rappresentante del partito Solidarietà Europea, hanno adottato un appello ufficiale al presidente Zelenskij e alla Verkhovna Rada con la richiesta di bandire la Chiesa ortodossa ucraina.

A loro volta, il 18 giugno, il clero e i credenti della diocesi di Belotserkov hanno tenuto una preghiera vicino alla cattedrale locale della Trasfigurazione, secondo il servizio stampa della diocesi.

sacerdoti e credenti della Belotserkov dopo il divieto della Chiesa ortodossa ucraina da parte dei deputati si sono recati a un chiosco per la preghiera

I credenti si sono riuniti in preghiera presso un chiosco per esprimere il loro rifiuto dei tentativi di incitare all'ostilità su basi religiose, che vengono intrapresi dagli scismatici della "Chiesa ortodossa dell'Ucraina" con il sostegno delle autorità locali.

Il 19 giugno, chierici e credenti della Chiesa ortodossa ucraina provenienti da tutti gli angoli della regione di Khmelnitskij, da cui i predoni della "Chiesa ortodossa dell'Ucraina" hanno portato via le chiese, hanno tenuto un servizio di preghiera davanti all'edificio dell'amministrazione regionale di Khmelnitskij.

preghiera davanti al consiglio regionale a Khmelnitskjj

Questo è stato riportato sulla pagina web dell'avvocato e attivista per i diritti umani Viktoria Kohanovskaja, che ha osservato: "Siamo vissuti per vedere il giorno in cui dobbiamo pregare davanti all'amministrazione regionale affinché nelle sedi dello stato empio si rendano conto della verità".

Nel villaggio di Chernizh, nella regione della Volinia, la comunità della chiesa di san Michele resiste da più di due settimane ai predoni della "Chiesa ortodossa dell'Ucraina", come riportato da bug.org.ua.

I residenti della comunità locale hanno deciso in una riunione illegale di trasferire la chiesa di san Michele della Chiesa ortodossa ucraina alla proprietà della "Chiesa ortodossa dell'Ucraina". Al Sabato della Trinità, in occasione della commemorazione dei defunti, i sostenitori della "Chiesa ortodossa dell'Ucraina" con il loro "sacerdote" si sono recati in chiesa con l'intenzione di iniziare una provocazione.

i parrocchiani della Chiesa ortodossa ucraina del villaggio di Chernizh in Volinia sostengono il diritto di pregare nella propria chiesa

I sostenitori della "Chiesa ortodossa dell'Ucraina" hanno spiegato ai parrocchiani che c'era bisogno di una "Chiesa ucraina", e hanno ricevuto la risposta che la loro chiesa di san Michele è la Chiesa ortodossa ucraina. I credenti della Chiesa ortodossa ucraina hanno affermato che la loro resistenza continuerà fino a quando "il loro problema non sarà risolto".

 
L'Occidente si isola ulteriormente: la Russia affronta il suo destino orientale

In una valutazione geopolitica ad ampio raggio, padre Andrew Phillips evidenzia i risultati di uno spostamento dell’asse dell’interesse russo all’India e alla Cina, mentre l’Unione Europea sarà lasciata indietro come pedina sacrificabile, e quanto meno vedrà i risultati di questo cambiamento di paradigma come una corrispondente perdita. Presentiamo il saggio di padre Andrew nella sezione “Geopolitica ortodossa” dei documenti.

 
La risposta del patriarca Bartolomeo al patriarca Theophilos

Offriamo qui di seguito una traduzione inglese della risposta del patriarca Bartolomeo alla lettera del patriarca Theophilos che lo invita a una sinassi di primati in Giordania il mese prossimo. In modo scoraggiante essa si adatta al modello delle risposte sprezzanti del primo agli altri primati che hanno tentato di prendere l'iniziativa per trovare una soluzione conciliare per preservare l'unità ortodossa di fronte alle sue azioni in Ucraina. Si vedano, per esempio, le sue risposte al patriarca di Antiochia e agli arcivescovi di Cipro e Albania. Quindi, mentre né il tono né il contenuto di questa lettera sono del tutto sorprendenti, due aspetti allarmanti di questa lettera dovrebbero essere evidenziati: la sua ipocrisia e il suo evidente sciovinismo etnofiletistico.

È sbalorditivo che il patriarca Bartolomeo possa scrivere le parole: "E che significato avrebbe una sinassi dei primati, se nel suo corso non fosse possibile la celebrazione congiunta della Divina Liturgia..." quando egli stesso si era rifiutato di prendere qualsiasi iniziativa per riparare la rottura nella comunione tra Antiochia e Gerusalemme prima del Concilio di Creta, insistendo sul fatto che il ripristino della comunione potesse essere rinviato fino a dopo il concilio e incolpando Antiochia di agire secondo lo stesso principio che ora lui cita!

È altrettanto sorprendente, data la lunga e dolorosa storia della dominazione clericale greca sui nativi palestinesi ortodossi, che il patriarca Bartolomeo possa lamentarsi dell'uso dell'inglese da parte del patriarca Theophilos, il cui gregge non ha quasi nessun greco, per non parlare della cura dei luoghi santi "affidati" alla razza greca! Sfortunatamente, questo fa parte di uno schema più ampio da parte del patriarca Bartolomeo di esprimere preoccupazione per gli interessi etnofletistici ellenici apparentemente prima di tutto il resto nella Chiesa.

L'originale greco si può trovare qui.

Vostra Beatitudine, santissimo patriarca di Gerusalemme e di tutta la Palestina, amato fratello in Cristo Dio e concelebrante della nostra mediocrità, Theophilos, abbracciando fraternamente la vostra onorevole Beatitudine in Cristo, ci rivolgiamo a lei con grande gioia.

Abbiamo ricevuto e letto con non poca sorpresa la lettera di vostra Beatitudine dell'11 dicembre 2019, in cui invita la nostra Mediocrità a un incontro dei primati ortodossi in una località della sua giurisdizione per una consultazione "per la conservazione della nostra unità nella comunione eucaristica". La nostra sorpresa, per non dire costernazione, alla lettera di vostra Beatitudine è provocata dalle seguenti osservazioni:

Innanzi tutto, siamo spiacevolmente sorpresi dal fatto che per la prima volta nella lunga storia dei nostri due patriarcati, il giustamente chiamato "Patriarcato greco-ortodosso di Gerusalemme" corrisponda con il patriarca ecumenico in una lingua estranea alla nostra madre[lingua], come se avesse improvvisamente smesso di sentire lo stesso sangue e condividere con noi la stessa Razza [Γένος] storica e martirica, a cui naturalmente la Divina Provvidenza ha affidato da secoli la protezione dei luoghi sacri di pellegrinaggio in Terra Santa attraverso la Confraternita del Santo Sepolcro.

Tale atteggiamento e attività da parte sua è molto sorprendente per tutti coloro che conoscono i travagli dei celebri predecessori di vostra Beatitudine, che si sono fortemente opposti a quei tentativi, ben noti dalla storia, di infiltrarsi nei luoghi santi con poteri esterni alla nostra Razza [Γένος]. Cosa, mi chiedo, ha portato vostra Beatitudine a inviare questa lettera enciclica, disonorante per noi, in inglese invece che nell'antica e consolidata modalità di corrispondenza tra le nostre Chiese?

In secondo luogo, abbiamo difficoltà a capire perché lei prende l'iniziativa, senza precedenti nella storia della Chiesa ortodossa, di convocare una sinassi pan-ortodossa. Non è necessario ricordarle la posizione che il suo Patriarcato ricopre nell'ordine dei Dittici della santissima Chiesa ortodossa, nonché il fatto che, secondo l'ordine canonico, che è stato sempre e fino a poco tempo fa rispettato da tutte le Chiese ortodosse, le sinassi pan-ortodosse dei primati sono sempre convocate dal patriarca ecumenico, che le presiede.

Quale tipo di unità ricerca la sua iniziativa se il primo nell'ordine tra i primati ortodossi è assente dalla sinassi da lei proposta? E che significato avrebbe una sinassi dei primati, se nel suo corso non fosse possibile la celebrazione congiunta della Divina Liturgia perché uno di loro ha rotto la comunione eucaristica con alcuni di loro?

Qualsiasi implementazione di questa sua iniziativa mostrerebbe a tutti, amici e nemici, che la nostra Chiesa ortodossa non è costituita da un'unità organica ed è caduta nello stato di federazione o, peggio ancora, in una confederazione di Chiese di tipo protestante. La responsabilità che vostra Beatitudine si assume attraverso questa iniziativa senza precedenti è enorme di fronte alla storia e siamo onestamente incapaci di capire come lei abbia deciso di affrontarla, in particolare durante questi periodi critici.

In terzo luogo, l'appello ci lascia perplessi, poiché lo scopo della sinassi da lei proposta è la "conservazione della comunione eucaristica nella Chiesa ortodossa". Ma la comunione eucaristica nella Chiesa ortodossa non è mai stata spezzata, tranne che da un'unica Chiesa ortodossa e per di più unilateralmente, con tutte le altre Chiese ortodosse che mantengono la comunione eucaristica con essa e tra di loro. È quindi a quella Chiesa che qualsiasi tentativo di ristabilire la comunione eucaristica dovrebbe essere diretto e non al resto delle Chiese.

Inoltre, ci si chiede quale esito positivo possa avere una riunione dei primati senza preparazione. Mai, nemmeno tra persaone secolari, è mai stata organizzata una riunione di leader senza preparazione, in modo che non si traduca in un fallimento dannoso per l'obiettivo perseguito.

Pertanto, il Patriarcato ecumenico, in conformità con la sua responsabilità, come Prima Sede nella Chiesa ortodossa, per la conservazione dell'ordine canonico, nonché le gravi conseguenze che ci sarebbero per l'unità della Chiesa se, contrariamente a quell'ordine canonico e alla tradizione, l'incontro dei primati proposto da vostra Beatitudine fosse realizzato, la invita fraternamente a non persistere in questa sua iniziativa, che serve, forse inconsapevolmente, antichi obiettivi stranieri che minano la sacra Sede ecumenica e comportano una tanto enorme responsabilità storica per le conseguenze che questa attività avrebbe per la Chiesa e la Razza [Γένος].

Ancora una volta abbracciando fraternamente vostra Beatitudine con un santo bacio, rimaniamo con amore nel Signore e particolare rispetto,

L'amato fratello in Cristo della vostra venerabile Beatitudine.

26 dicembre 2019

 
Perché il cosmo africano non sostiene l'Occidente nella sua guerra di sanzioni contro la Russia?

La risposta potrebbe non essere semplice. Ma il ricordo della colonizzazione europea in Africa, e i suoi effetti nocivi, sono ancora visibili nonostante l'indipendenza dei suoi Stati, e questo può essere un modo ragionevole di capirne le ragioni. Un adagio africano insegna che "non bisogna mai dimenticare le lezioni apprese nei tempi di dolore", che sembra essere la fonte di ispirazione per il cosmo africano – l'insieme di entità che formalmente e materialmente detengono le relazioni di potere in Africa – per non dimenticare le tragiche conseguenze della colonizzazione europea, per tutelare la propria indipendenza e non ripetere gli errori del passato. Senza essere semplicistica o troppo complessa, la risposta alla domanda in questione può avere diversi motivi:

1. Memoria storica della colonizzazione e della lotta per la liberazione nazionale: la Russia, erede dell'ex URSS, ha sostenuto ideologicamente, politicamente, economicamente e militarmente le lotte di liberazione nazionale di diversi paesi africani, che dopo il raggiungimento dell'indipendenza hanno seguito il modello comunista come base della loro costruzione politica, sociale ed economica. Anche se in seguito hanno adottato il capitalismo occidentale, la mentalità del cosmo africano è ancora di influenza sovietica, perché è stato in URSS che la maggior parte di loro ha svolto la propria formazione militare e politica e ha ricevuto sostegno economico per finanziare le guerre di liberazione per porre fine alla colonizzazione occidentale, con l'aiuto diretto e indiretto di Cuba come intermediario in alcuni casi. La guerra fredda tra USA e NATO contro l'URSS ha portato a guerre civili nei paesi africani per conquistare spazi di influenza. Dopo la caduta del muro di Berlino e la rinascita della Russia, gli occidentali hanno visto la situazione come una vittoria assoluta. Nonostante ciò, il cosmo africano non ha dimenticato la colonizzazione, l'ingerenza dei paesi occidentali nei loro affari interni e i processi truccati di massiccio indebitamento delle loro economie come mezzo per controllare le loro risorse naturali strategiche.

2. Memoria recente delle guerre all'inizio del XXI secolo: al di là delle questioni coloniali, il cosmo africano segue dal 2001 il comportamento dell'Occidente (USA, NATO e UE) nelle guerre in Iraq, Afghanistan, Libia, Siria, addolcite dalle primavere arabe, i tentati colpi di stato in Turchia, Kazakistan, Pakistan, Tunisia, Egitto, ecc., senza dimenticare il massacro in Ruanda e la guerra in Somalia e Yemen. Queste guerre e questi colpi di stato hanno distrutto migliaia di vite umane, infrastrutture sociali, posti di lavoro, ecc. È stata una catastrofe per l'intero continente e i territori vicini come il sud-est asiatico. Le guerre in atto in Somalia, Yemen, Nigeria, Mali, Mozambico, Repubblica Democratica del Congo, Etiopia, ecc., consentono al cosmo africano, anche a quei paesi con forti legami con l'Occidente come il Marocco, per esempio, di non agire frontalmente contro la Russia, un fatto verificato nelle recenti votazioni dell'Assemblea Generale delle Nazioni Unite e del Consiglio per i diritti umani che l'hanno sospesa. L'espulsione delle forze francesi da parte della giunta militare in Mali e la loro sostituzione da parte dei russi attraverso il gruppo Wagner, come la costruzione di un porto per la marina russa sulla costa sudanese del Mar Rosso, potrebbero essere un sintomo rivelatore.

3. Memoria dannosa dell'unipolarità occidentale e possibilità di un potere alternativo multipolare globale: Per Alfredo Jalife-Rahme, la guerra ucraina è una guerra civile all'interno della civiltà slava, attraverso diverse guerre al suo interno: economico-finanziarie, propagandistiche, culturali, guerra biologica, radiologica e militare. È una guerra ibrida che si è conclusa con la globalizzazione, come conferma Larry Fink, CEO di BlackRock. Per Alfredo Jalife-Rahme non si tratta di deglobalizzazione totale, ma di deglobalizzazione economico-finanziaria, cibernetico-digitale, energetica e commerciale. L'Occidente non era più interessato alla globalizzazione economico-finanziaria perché ha perso la battaglia contro la Cina e la globalizzazione cibernetico-digitale (software, ecc.) è stata vinta dagli indiani. Questa bipolarità comporta anche la divisione del Consiglio di sicurezza dell'ONU in due blocchi: il primo composto da USA, Regno Unito, Francia (G7/NATO), il secondo da Russia e Cina (Gruppo di Shanghai e BRICS). Questa situazione ha portato a una disfunzione operativa dell'OMC e ha portato alle dimissioni del suo precedente direttore generale, Roberto Azevedo. In questo senso, Jalife-Rahme cita l'articolo di Philipe Stephens, "Il mondo si sta allontanando dalla globalizzazione", che afferma che "gli Stati Uniti non vedono un interesse nazionale vitale nel mantenere un ordine che trasferisca il potere ai rivali". Così, secondo Alfredo Jalife-Rahme, "tutto ciò che non è globalizzato diventa balcanizzato". Quindi, la fine della globalizzazione, soprattutto economico-finanziaria, come dettata da Larry Fink, comporterà inevitabilmente la sua balcanizzazione, attraverso due blocchi regionali, ovvero la deglobalizzazione e la trans-metaregionalizzazione bipolare, da una parte il G7/NATO e l'Unione Europea, e dall'altra parte il BRICS/Gruppo di Shanghai e l'Unione Eurasiatica

La de-globalizzazione definita da Larry Fink è una "de-globalizzazione neoliberista", che avviene attraverso la paralisi graduale delle filiere globali, che si fondano sulla riduzione dei costi operativi attraverso l'esternalizzazione (delocalizzazione delle aziende) e il downsizing (abbassamento del costo del lavoro per aumentare i profitti degli azionisti e quotare le società nei mercati dei capitali), secondo Alfredo Jalife-Rahme. Il cosmo africano crede che se la Russia, paese continentale di tradizione eurasiatica, che fornisce quasi il 40% delle risorse energetiche e di altre materie prime strategiche all'Occidente, e che ha anche armi nucleari, viene trattata in questo modo, cosa ne sarà dei paesi africani, che sono visibilmente più deboli in termini militari? La distruzione della Libia per aver tentato di vendere petrolio in euro e aver rifiutato il dollaro potrebbe essere una prova indiscutibile.

L'ingerenza dell'Occidente in Africa, al di là della colonizzazione, non ha bisogno di presentazioni. Le guerre e i colpi di stato in Guinea, Mali, Burkina Faso, Sudan, Repubblica Centrafricana, la guerra civile in Angola e altri conflitti sono fatti che rimangono nella memoria collettiva del cosmo africano. Se la memoria coloniale è stata tragica, l'ingerenza espressiva e aggressiva dell'Occidente nel cosmo africano sta spezzando ogni residuo di fiducia, per ragioni storiche (oltre 400 anni di colonizzazione), per la concorrenza sleale nello sfruttamento delle risorse naturali, per la massiccia ingerenza nella affari interni del FMI nel finanziamento delle infrastrutture stradali e abitative, ecc., e per il tentativo di incorporare in modo aggressivo i valori occidentali attraverso sanzioni e ricatti,

4. Cina e Russia come alternativa finanziaria e militare per la sopravvivenza esistenziale dei paesi africani in un mondo multipolare a medio e lungo termine: il cosmo africano osserva con preoccupazione e cautela tutto ciò che i leader occidentali fanno contro la Russia a causa dell'operazione militare in Ucraina, indipendentemente dalle cause, che secondo il buon senso sono percepite nel 2014. La ragione di questa preoccupazione risiede nel fatto che ogni volta che l'Occidente si trova in crisi o alle strette politicamente, geostrategicamente ed economicamente, utilizza guerre interne o esterne come via d'uscita, come si può vedere nelle guerre romane, nella colonizzazione dell'Africa, dell'Asia e dell'America Latina, nelle guerre napoleoniche, nella prima e nella seconda guerra mondiale. Di fronte alle circostanze, il cosmo africano mostra resistenza alle sanzioni contro la Russia, si astiene dai voti all'ONU e da pronunciamenti ufficiali, cioè mantiene una certa neutralità strategica, nonostante la gigantesca pressione occidentale, che costringe i paesi africani a schierarsi come se fossero ancora vassalli o colonie. Non è che il cosmo africano sia pienamente d'accordo con l'operazione tecnico-militare russa in Ucraina, in quanto esiste una storia di invasioni in Africa compiute da occidentali, arabi, persiani e ottomani. La principale preoccupazione è la necessità di un'alternativa economico-finanziaria e militare all'Occidente per la propria sopravvivenza esistenziale, e per proteggersi da possibili ingerenze aggressive a lungo termine, quando le riserve strategiche di materie prime occidentali raggiungeranno il limite. Il modo in cui l'Occidente si è comportato durante la pandemia di Covid19 nel contesto delle politiche di distribuzione dei vaccini, comprando in anticipo quasi l'80% di tutti i vaccini in produzione nel mondo, lasciando i paesi poveri senza vaccini anche per un lungo periodo, e cambiando posizione solo quando si sono resi conto che la distribuzione non globale dei vaccini ha prolungato la pandemia, ha portato alla creazione del sistema COVAX da parte dell'OMS, dopo le aspre critiche di Tedros Adhanom Ghebreyesus, Direttore Generale dell'OMS, che ha affermato che "il divario crescente tra il numero di vaccini offerti nei paesi ricchi e quelli somministrati tramite COVAX è diventato più grottesco di giorno in giorno". E come si poteva prevedere, il gesto di Russia e Cina nella rapida distribuzione di vaccini e forniture mediche protettive è stato preso in considerazione dal cosmo africano al momento del processo decisionale. Come è noto, la presenza economica della Cina e militare della Russia in Africa è vista come una garanzia alternativa a ciò che offre l'Occidente. Dal 2002, mentre l'Occidente era distratto dalle sue eterne guerre in Iraq, Afghanistan, Primavere arabe, Siria, Libia, ecc., la Cina è entrata in Africa in silenzio, finanziando massicciamente progetti di infrastrutture stradali ecc., senza interferenze negli affari interni, attraverso l'adozione della strategia "Win-Win".

La Russia, d'altra parte, è diventata la principale alternativa militare, rappresentando il 49% delle esportazioni totali di armi in Africa entro il 2020, secondo il database dell'Istituto internazionale di ricerca sulla pace di Stoccolma (SIPRI), per evitare conflitti interni e proteggersi dalle interferenze esterne. Paul Stronski conferma che "I governanti di molti paesi africani guardano a Mosca a partire dai legami dell'era sovietica, e Mosca ne approfitta e riesce a mantenere la sua influenza. Nel caso dell'Algeria [e dell'Angola], ciò avviene cancellando vecchi debiti. A volte la Russia fa anche promesse generose, assicurando che costruirà officine o strutture per la produzione o la manutenzione".

Il cosmo africano comprende serenamente che una sconfitta della Russia in Ucraina porterà il mondo a un'unipolarizzazione occidentale più aggressiva, egocentrica e militarizzata e che i paesi più deboli non avranno alternative per la sopravvivenza e la resistenza esistenziale. La paura di perire e tornare a essere uno spazio coloniale sembra essere più importante per gli strateghi del cosmo africano dei valori occidentali di democrazia, neoliberismo, capitalismo, ecc. Per il cosmo africano, il suo corso e il suo futuro dipendono dalla copertura economico-finanziaria della Cina e dalla copertura militare della Russia, in modo che ci sia un certo equilibrio nelle sue relazioni con l'Occidente.

Il cosmo africano considera la situazione di Russia e Ucraina come una questione interna tra fratelli della stessa patria legati storicamente, culturalmente, linguisticamente e religiosamente. Ma ciò non significa la voglia di un cambiamento radicale nelle sue relazioni strategiche con l'Occidente. È solo una misura preventiva della sopravvivenza esistenziale.

Non è stato dimenticato il modo in cui l'Occidente tratta i profughi ucraini rispetto a quanto fatto con i profughi africani arrivati dal Mediterraneo e dalle Isole Canarie via Atlantico, così come le guerre puniche tra Roma e Cartagine e la distruzione della Libia. Questi eventi storici possono giustificare la paura del cosmo africano nel resistere alle pressioni occidentali affinché rinuncino alle sue relazioni strategiche con Russia e Cina.

Questa neutralità e ambiguità strategica servono a prevenire un rischio geostrategico ed esistenziale per i paesi sovrani e indipendenti nel medio e lungo termine. Secondo un adagio africano, "quando due elefanti combattono, è l'erba che soffre". Così, il cosmo africano si rende conto di essere erba in questa guerra di titani e vede l'Ucraina solo come singolarità geostrategica, geopolitica, geoeconomica e geofinanziaria della lotta di potere egemonica tra l'Eurasia e l'Occidente. Quindi potrebbe essere stato questo il motivo per cui i paesi africani si sono astenuti dalla guerra delle sanzioni contro la Russia, per le lezioni apprese dalle loro tragiche esperienze, antiche e recenti, delle loro relazioni con l'Occidente.

Il cosmo africano fa di tutto per evitare di essere l'erba del conflitto in corso, promosso dall'Occidente dal 2014, attraverso il colpo di stato contro Viktor Janukovich, e la mancata attuazione degli accordi di Minsk I e II. Ben presto, sembra che il cosmo africano usi la filosofia proverbiale dei suoi antenati per evitare di entrare in una guerra altrui, anche se sta già risentendo degli effetti collaterali dell'aumento dei prezzi del grano, dei fertilizzanti, del petrolio, del gas, ecc., e il rischio di probabili ritorsioni, per disobbedienza agli indirizzi politici, da parte dell'Occidente.

L'affermazione di Macky Sall, presidente del Senegal e presidente in carica dell'Unione Africana nella sua recente visita in Russia, di chiedere all'Occidente di rimuovere le sanzioni che colpiscono la sicurezza alimentare dell'Africa è, senza dubbio, una chiara e inequivocabile dimostrazione di questa posizione.

 
La venerazione della Croce

Padre John Whiteford risponde alla consueta obiezione protestante se la venerazione della Croce compiuta nella Chiesa ortodossa (e che è al centro del nostro culto nella domenica appena passata e in tutto il corso di questa settimana) si possa interpretare come idolatria. Riportiamo le considerazioni di padre John nella sezione “Domande e risposte” dei documenti.

 
Perché il patriarca Bartolomeo incita all'odio etnico

il patriarca Bartolomeo. Foto: Unione dei giornalisti ortodossi

Su come i fanarioti presentano uno scisma nell'Ortodossia come la lotta tra greci e russi.

Una delle principali narrazioni ideologiche del Fanar è un'interpretazione dello scisma secondo cui i nobili greci si oppongono in una lotta impari ai tentativi dei barbari russi di prendere il potere nella Chiesa ortodossa. Il Fanar segue la linea di tattiche ben note: la miglior difesa è l'attacco. Dopo tutto, sono i greci che non esitano a sostenere la loro superiorità nell'Ortodossia. Vediamo come lo fanno e proviamo a capire perché ne hanno bisogno.

Ancor prima delle scandalose decisioni dell'11 ottobre 2018, quando il Fanar ha riconosciuto Filaret Denisenko e Makarij Maletich come "riunificati" con la Chiesa, e tutte le fedi ortodosse in Ucraina sarebbero "ritornate" alla giurisdizione del Fanar, i vescovi di Costantinopoli hanno iniziato a lanciare attivamente nel campo delle informazioni dichiarazioni ambigue sul presunto desiderio della Chiesa ortodossa russa di soggiogare tutto e tutti a se stessa. Oggi è già chiaro che lo scopo di queste affermazioni era di lacerare la finestra di Overton nella storia dello scisma ucraino e di presentare Filaret Denisenko non come il creatore dello scisma, ma come un patriota e una vittima innocente del "dispotismo" della leadership della Chiesa ortodossa russa.

Per esempio, il 1 settembre 2018, alla Sinassi della Chiesa di Costantinopoli, il patriarca Bartolomeo ha accusato Mosca di una serie di "interventi non canonici" negli affari della metropolia di Kiev dal XIV secolo in poi e ha dichiarato che la sede di Kiev fu trasferita a Mosca "senza il permesso canonico della Chiesa Madre".

Questa affermazione è assurda. L'Unione dei giornalisti ortodossi ha citato documenti storici che testimoniano inequivocabilmente che nel 1686 il Patriarcato di Costantinopoli trasferì la metropolia di Kiev alla giurisdizione del Patriarcato di Mosca in modo completamente canonico.

Inoltre, il patriarca Bartolomeo ha accusato la Chiesa ortodossa russa di non essere riuscita a guarire lo scisma in Ucraina per molti anni: "Poiché la Russia, responsabile dell'attuale dolorosa situazione in Ucraina, non è in grado di risolvere il problema, il Patriarcato ecumenico ha preso l'iniziativa di risolvere il problema in conformità con l'autorità concessagli dai sacri canoni e con la responsabilità giurisdizionale sulla diocesi di Kiev, dopo aver ricevuto una richiesta da parte dell'onorevole governo ucraino, nonché ripetute richieste del "patriarca" Filaret di Kiev di appellarsi alla nostra considerazione".

Secondo il patriarca Bartolomeo, la responsabilità del fatto che una persona non si pente non è di tale persona, ma di chi lo chiama per il pentimento. Ricordiamo le parole dell'Apocalisse: "Ecco, io sto alla porta e busso: se qualcuno ascolta la mia voce e apre la porta, io verrò da lui e cenerò con lui, e lui con me" (Ap 3:20). Se la porta non si apre, allora di chi è la colpa in questo caso? La risposta sembra inequivocabile, ma il patriarca Bartolomeo la pensa diversamente. Il capo del Fanar incolpa la Chiesa ortodossa russa per il fatto che Denisenko, insieme ai suoi sostenitori, non si pente dello scisma.

Secondo lui, lo scisma di Denisenko non è uno scisma ma un desiderio di libertà dal "giogo russo": "Già dall'inizio del XIV secolo, quando la metropolia di Kiev passò (fu data) senza il permesso canonico della Chiesa Madre a Mosca, i nostri fratelli di Kiev non hanno abbandonato i tentativi di ottenere l'indipendenza dal controllo ecclesiale da parte del centro di Mosca".

Anche questa è una vera bugia, dal momento che non ci sono stati tentativi del genere. Ci sono stati intrighi di principi galiziani che hanno cercato (a volte senza successo) di dividere la singola metropolia di Kiev in due parti per avere un proprio metropolita sotto il loro controllo. E nel 1918 vi furono intrighi di singoli politici ucraini che cercarono di creare una propria Chiesa nazionale, dando vita alla Chiesa ortodossa autocefala ucraina autoconsacrata. Ma i "fratelli di Kiev" non hanno tentato di ottenere "l'indipendenza dal controllo ecclesiale".

Insieme alle accuse contro la Chiesa ortodossa russa nella stessa sinassi, il patriarca Bartolomeo ha fatto una serie di dichiarazioni molto franche sulle sue pretese di primato in tutto il mondo ortodosso:

  • "Per l'Ortodossia, il Patriarcato ecumenico funge da lievito, che" fermenta tutto l'impasto" (Gal 5:9) della Chiesa e della storia".
  • "A volte ci troviamo di fronte a prove e tentazioni proprio perché alcune persone credono erroneamente di poter amare la Chiesa ortodossa e non il Patriarcato ecumenico, dimenticando che esso incarna il vero ethos dell'Ortodossia".
  • "Il Patriarcato ecumenico è responsabile di stabilire l'ordine ecclesiastico e canonico in quanto solo esso ne ha il privilegio canonico".
  • "Il principio della Chiesa ortodossa è il Patriarcato ecumenico, "in esso è la vita, e questa vita è la luce delle Chiese"."
  • "L'Ortodossia non può esistere senza il Patriarcato ecumenico".
  • "Il patriarca ecumenico, come capo del corpo ortodosso ..."
  • "Se il Patriarcato ecumenico <...> lascia la scena interortodossa, le Chiese locali diventeranno "come pecore senza pastore" (Mt 9:36)".

Le stesse idee sono sviluppate da altri vescovi e teologi di Costantinopoli:

  • Metropolita Anfilochios di Adrianopoli: "Cosa sarebbe la Chiesa ortodossa senza il Patriarcato ecumenico? Una specie di protestantesimo. <...> È inconcepibile che alcune Chiese locali abbiano interrotto la comunione [con il Patriarcato ecumenico] poiché da esso deriva la canonicità del suo essere".
  • Protopresbitero Gheorghios Tsetsis: "Il patriarca di Costantinopoli, che piaccia o no a qualcuno, è il primate dell'Ortodossia, il segno visibile della sua unità e il garante del normale funzionamento dell'istituzione, che chiamiamo Chiesa ortodossa".
  • Alla sinassi, l'arcivescovo Makarios di Christoupolis ha letto un rapporto sulla storia della metropolia di Kiev, in cui, al fine di giustificare Filaret Denisenko e quindi spostare la responsabilità dello scisma sulla Chiesa ortodossa russa, ha osato rendersi uno zimbello. Esattamente uno zimbello, perché non c'è altro modo di definire la situazione in cui una persona rivestita della veste episcopale dichiara seriamente che nel 1990 Filaret Denisenko non è diventato patriarca di Mosca a causa delle sue "origini ucraine". Quindi, i russi sono di nuovo responsabili di tutto.

Ma dopotutto, chiunque voglia studiare l'elezione del patriarca di Mosca nel 1990 troverà facilmente informazioni che Denisenko presiedeva quel Concilio locale con i poteri di locum tenens patriarcale. Nel primo turno delle elezioni, ottenne 66 voti, perdendo contro il metropolita Vladimir (Sabodan) di Rostov e Novocherkassk, anch'egli un ucraino etnico che proveniva dall'Ucraina occidentale, che ottenne 107 voti, e contro il metropolita Aleksij (Ridiger) di Leningrado e Novgorod, un tedesco dell'Estonia, che vinse con 139 voti e fu eletto patriarca nel secondo turno di votazioni. Quindi, l'origine e la nazionalità di Filaret Denisenko non hanno assolutamente nulla a che fare con questa storia.

Ma torniamo alle dichiarazioni russofobe del patriarca Bartolomeo. Nell'autunno del 2018, dichiarò di fronte alla diaspora greca: "È dal nostro patriarcato ecumenico che provengono gli ideali, i valori della nostra nazione, la gloria della nostra nazione, la passione e il martirio della nostra nazione, la loro fonte è qui. <...> Al momento, il nostro patriarcato sta cercando di risolvere il problema ecclesiastico ucraino e mostra i suoi privilegi e diritti in conformità con le regole dei Concili ecumenici, e queste regole, in particolare del IV Concilio ecumenico di Calcedonia, che dà specifici privilegi di appello al Patriarcato ecumenico, queste regole sono obbligatorie per l'intera Ortodossia, che piaccia o no ai nostri fratelli russi, prima o poi seguiranno la decisione che offrirà il Patriarcato ecumenico perché non hanno altra scelta. <...> Quindi, i nostri fratelli slavi non tollerano il primato del Patriarcato ecumenico e, quindi, della nostra nazione nell'Ortodossia mondiale".

Le parole chiave di questo discorso, ripetute più volte, sono: "la nostra nazione". Si potrebbe pensare che non sia un patriarca ortodosso a parlare, ma una specie di nazionalista fanatico. Il capo del Fanar ha dimenticato che nella Chiesa "non c'è né greco né ebreo, né circoncisione né incirconcisione, né barbaro né scita, né schiavo né libero: ma Cristo è tutto, e in tutto" (Col 3:11). E su quali basi dichiara che i "fratelli russi" non tollerano la "loro nazione"?

Dal battesimo della Rus? nel 988 cino al 1917, quando iniziarono nella Chiesa russa persecuzioni senza precedenti nella storia del cristianesimo, sia la Chiesa russa che lo stato russo per un millennio hanno assistito il Patriarcato di Costantinopoli e altre Chiese orientali su vasta scala in campo materiale finanziario, politico e talvolta militare.

La stessa liberazione dello stato greco dal giogo ottomano avvenne in gran parte grazie alla Russia. Nel 1821, la rivolta greca fu guidata da un generale russo di origine greca, Alexander Ypsilanti. E l'impero ottomano riconobbe l'autonomia dello stato greco nel 1829 come parte del trattato di pace di Adrianopoli tra Turchia e Russia dopo che la Russia vinse la guerra russo-turca del 1828-1829, provocata casualmente dall'insurrezione greca. Difficilmente ciò può essere qualificato con le parole "i russi non tollerano la nostra nazione".

Al contrario, i russi hanno sempre rispettato i greci e sono stati loro grati per l'Ortodossia come un inestimabile dono spirituale. Ecco le parole del patriarca Alessio II di Mosca, nel luglio 1993, durante la visita del patriarca Bartolomeo I in Russia: "A Tsargrad, come un tempo i russi chiamavano Costantinopoli con amore, la santa principessa Olga ricevette la grazia del battesimo; suo nipote, il santo principe Vladimir pari agli apostoli, in cerca della fede, vi inviò i suoi ambasciatori. Non ci sono parole che possano esprimere sentimenti di gratitudine provati dal nostro popolo credente alla santa Chiesa di Costantinopoli, che ha portato in Russia una fede ortodossa salvifica che ha determinato tutte le sfere dell'esistenza della Rus'." Dov'è qui il disprezzo per la Chiesa di Costantinopoli?

E nelle parole del capo del Fanar è stata espressa un'altra bugia. Si tratta dell'affermazione secondo cui il primato di Costantinopoli è precisato nei canoni. L'Unione dei giornalisti ortodossi ha scritto che nessun canone della chiesa concede al patriarca di Costantinopoli diritti esclusivi o supremazia nel mondo ortodosso.

Infine, nel dicembre 2019, il patriarca Bartolomeo in un'intervista all'edizione online di Kurir.rs è arrivato al punto di accusare direttamente i russi dello scisma: "La parte russa non ha fatto nulla in 30 anni per guarire questo scisma in Ucraina. E dov'è l'amore per gli scismatici? Non ce n'è. Sono stati i russi a creare lo scisma, e non il patriarcato ecumenico o gli ucraini, come si dice ora. Quindi, i russi hanno creato lo scisma e per 30 anni non hanno preso provvedimenti per guarirlo".

Il patriarca dovrebbe ricordare che, secondo il suo ordine, le forze speciali della polizia greca hanno ripetutamente assaltato il monastero di Esphigmenou al Monte Athos. I monaci avevano cessato di commemorare il patriarca di Costantinopoli a causa dei suoi contatti ecumenici con il Vaticano; e per questo, egli li ha dichiarati scismatici. Dov'è l'amore del patriarca Bartolomeo per gli scismatici?

Secondo il capo del Fanar, Denisenko fu deposto dall'ufficio perché aveva richiesto l'autocefalia. Ricordiamo ciò per cui è stato effettivamente deposto: "atteggiamento crudele e arrogante verso il clero sotto la sua giurisdizione, diktat e ricatti (Tit 1:7-8; Canone apostolico 27); induzione in tentazione della comunità dei fedeli per il suo comportamento e vita privata (Mt 18:7; primo Concilio ecumenico, Canone 3, sesto Concilio ecumenico, Canone 5); spergiuro (Canone apostolico 25); calunnia pubblica e blasfemia contro un Concilio episcopale (secondo Concilio ecumenico, Canone 6); celebrazione di offici divini, comprese le ordinazioni, in stato di sospensione (Canone apostolico 28); provocazione di uno scisma nella Chiesa (Concilio primo-secondo, Canone 15)". (dalla risoluzione del Concilio episcopale della Chiesa ortodossa russa dell'11 giugno 1992).

Ma l'affermazione più incredibile del patriarca Bartolomeo è che ha essenzialmente chiamato russi i figli fedeli della Chiesa ortodossa ucraina e li ha accusati di scisma: "Sono stati i russi a commettere lo scisma, non il patriarcato ecumenico o gli ucraini, come si dice ora. <...> Come Chiesa Madre abbiamo dovuto prenderci cura dell'unità canonica di milioni di ucraini che non volevano essere nella stessa Chiesa con i russi".

Inutile dire che l'episcopato, il clero e milioni di laici della Chiesa ortodossa ucraina sono cittadini ucraini, non ipotetici "russi che hanno commesso lo scisma"? Inutile dire che questi milioni di ucraini, milioni di figli fedeli della Chiesa ortodossa ucraina, vogliono essere nella stessa chiesa non solo con i russi ma anche con i bulgari, i serbi e gli stessi greci?

Perché il patriarca Bartolomeo fomenta così attivamente la frenesia della russofobia e incolpa i russi di ciò di cui lui stesso è colpevole, cioè il desiderio di dominio nella Chiesa?

La risposta è la seguente:

Il Fanar sta cercando di promuovere il suo papato greco (bizantino-costantinopolitano). Vuole unire le Chiese convenzionalmente greche (di lingua greca) attorno a sé per contrastare presumibilmente queste mitiche affermazioni della Chiesa russa su un suo ruolo speciale nell'Ortodossia. Consapevolmente (e completamente irragionevolmente) modellano sulla Chiesa ortodossa russa l'immagine del nemico da contrastare. Ed è possibile contrastarlo solo sotto la guida del Patriarcato di Costantinopoli.

Il nostro Signore Gesù Cristo disse: "Beati gli operatori di pace, perché saranno chiamati figli di Dio" (Mt 5:9). Ma che dire di quelli che non si preoccupano della pace ma incitano all'odio etnico e dividono l'Ortodossia in greca e slava?

 
L'arte di mentire

Non viviamo di bugie

Solzhenitsyn

Introduzione

Prima dicevano "bugie". Poi è diventata 'propaganda'. Poi è diventato 'controllo editoriale'. Ma noi non camuffiamo il termine: chiamiamole bugie. Milioni di persone in tutto il mondo sono impiegate nell'industria della menzogna, cioè nei media occidentali, e centinaia di milioni di persone ci credono. Un tempo l'Unione Sovietica era esperta di bugie. Ricordo l'Unione Sovietica, dove ho vissuto, e ricordo uno dei due principali giornali, che si chiamava 'Pravda', che significa 'La verità'. Alcune persone la leggevano perché si sapeva che la verità era l'opposto di ciò che scriveva. Quindi leggevano semplicemente tutto ribaltandolo al contrario per cercare di trovare la verità. In effetti, leggere tra le righe, o tra le bugie, è diventato un buon modo per scoprire la verità.

Dalla caduta dell'URSS, i giornali russi ora generalmente dicono la verità. Tuttavia, il ruolo della "Pravda" è stato assunto dai portavoce degli stati occidentali, cioè dai giornali occidentali e dai loro media in generale. Questi sono fondamentalmente controllati in tutto il mondo occidentalizzato, dal Canada alla Nuova Zelanda, dal Giappone alla Polonia, da sei organizzazioni commerciali che hanno tutte la stessa ideologia fascista e lo stesso interesse a ripetere a pappagallo le stesse bugie. È vero, i media occidentali sono sempre stati inclini a queste cose, ma oggi le loro bugie sono state sviluppate sistematicamente e sono ancora più ridicole di prima. I pochi ultimi giornalisti onesti sembrano scomparsi dalla faccia della terra. Diamo un'occhiata a specifici tipi occidentali di menzogna nel contesto della liberazione dal nazismo in corso in Ucraina.

1. L'arte di riportare il contrario della verità

"I russi hanno subito enormi perdite". "I russi hanno bombardato un ospedale di maternità/una scuola/dei civili". "I russi usano i civili ucraini come scudi umani". "Le truppe russe violentano le donne". "I russi commettono atrocità". "I media statali russi sono in difficoltà". "Venti generali russi sono stati uccisi". "La Russia è fallita". In generale, con questa tecnica puramente sovietica, tutto ciò che di deve fare è cambiare le parole "russi" in "ucraini", "Russia" in "Ucraina" e viceversa. Allora si può scoprire la verità.

2. L'arte della distrazione o del non denunciare nulla di sfavorevole all'Occidente

Solo molto raramente si sentirà parlare di vittorie russe e di sconfitte ucraine nei media occidentali. Preferiscono invece segnalare qualche scandalo irrilevante e assurdo relativo a qualche celebrità. Questa distrazione, l'assenza di vero giornalismo, è in realtà una forma di censura. Tuttavia, se segnalano un piccolo successo russo, lo qualificheranno sempre con le parole: "non è stato verificato in modo indipendente". Questo è un tentativo di screditare l'affermazione indipendentemente dalla verità, perché la verità è sfavorevole all'Occidente.

3. L'arte di diffamare i tuoi nemici

"Putin sta morendo di cancro". 'È malato di mente, è 'pazzo''. Queste affermazioni ci fanno ridere. Chiaramente, in realtà non si riferiscono al presidente russo, ma a vari leader occidentali, Biden, Johnson ecc. Putin sarà lì molto tempo dopo che questi pagliacci saranno stati costretti a dimettersi o saranno scomparsi.

4. L'arte della traduzione o del parlare in codice

I media occidentali parlano in codice per nascondere la verità. Sfortunatamente, molti non sono in grado di tradurre quel codice. Ecco alcuni esempi:

'La comunità internazionale' (ex 'mondo libero') = il blocco fascista occidentale, che pretende di rappresentare (solo che non rappresenta realmente) un ottavo della popolazione mondiale.

L'ordine internazionale basato sulle regole = le regole neonaziste imposte dalle minacce occidentali alla stragrande maggioranza del mondo.

La Banca mondiale = la Banca gestita dagli Stati Uniti.

FMI [Fondo monetario internazionale] = International Mammon Fund [Fondo internazionale di mammona].

WEF [Forum economico mondiale] = World Economic Fascism [Fascismo economico mondiale]

ONU = Ordine nazista gestito dagli USA.

NATO = North American Terrorist Organisation [Organizzazione terroristica nordamericana].

NGO [ONG] = Nazi – GO..

Il governo ucraino = il regime terrorista di Kiev installato dagli Stati Uniti / la giunta fascista.

L'annessione della Crimea = Il ritorno della Crimea alla Russia con uno schiacciante voto a favore in un referendum democratico.

SBU = Servizi brutali dell'Ucraina (la polizia segreta di Kiev, ex KGB, ora un ramo secondario della CIA).

L'esercito ucraino = terroristi separatisti sostenuti dagli Stati Uniti.

Separatisti appoggiati dalla Russia = combattenti ucraini per la libertà.

I russi hanno invaso l'Ucraina = I russi stanno liberando l'Ucraina su richiesta degli ucraini oppressi.

L'Ucraina ha perso Lisichansk = la Russia ha liberato Lisichansk.

Le forze ucraine hanno effettuato un ritiro tattico = le forze ucraine sono state sconfitte e stanno fuggendo per salvarsi la vita.

Le forze ucraine stanno contrattaccando = le forze ucraine sconfitte sognano di contrattaccare.

Armi occidentali che ribalteranno la guerra = armi occidentali già distrutte.

Conclusione

Sopra abbiamo definito come "arte" i tipi di media occidentali. Tuttavia, in verità, forse avremmo dovuto chiamarle "scienza", poiché le tecniche di queste bugie sono ora così poco creative ma così sviluppate che su di esse potrebbe essere scritto un libro di testo scientifico. Senza dubbio i lettori possono aggiungere per illustrare questo punto molti, molti altri esempi all'elenco qui sopra. Insieme forse potremmo anche stabilire un dizionario delle bugie. Questo sarebbe un manuale utile per chi ama la verità.

A questo punto dobbiamo ricordare che il vecchio giornale sovietico 'Pravda' era un giornale molto popolare. Non perché la gente lo leggeva, ma perché in URSS non si poteva comprare la carta igienica. Il prezzo della carta sale in Europa e ora scarseggia: una delle principali fonti di carta è la Russia, e l'offerta è stata limitata dalle sanzioni anti-russe. Ora sembra che anche i giornali occidentali diventeranno molto popolari.

 
NATO: Nations Against The Orthodox

Dal blog di padre John Whiteford, 24 marzo 2014

15 anni fa, il 24 marzo 1999, la NATO ha cominciato a bombardare la Serbia, e, infine, ha consegnato il Kosovo, il cuore storico della Serbia, a terroristi islamici. Prima di questo, la NATO si è schierata con i croati contro i serbi, con i musulmani bosniaci contro i serbi, e in Egitto si è schierata con i fratelli musulmani contro i copti e i cristiani ortodossi, e in Siria, si è schierata con i jihadisti contro i cristiani ortodossi siriani. Ora si sta schierando con gli uniati e gli scismatici contro gli ortodossi in Ucraina. È un peccato che un'organizzazione sorta per frenare l'espansione comunista sia diventata così chiaramente anti-cristiana ortodossa in ogni occasione.

 
La nazione eletta dell'Ortodossia

La lettera di risposta inviata dal patriarca Bartolomeo al patriarca Theophilos III di Gerusalemme, in cui lo esorta a non insistere nel suo invito a tenere una sinassi dei primati delle Chiese ortodosse in Giordania, contiene un linguaggio sorprendente sul patriarcato di Gerusalemme.

All'inizio della lettera, il patriarca Bartolomeo rimprovera duramente il patriarca di Gerusalemme per aver usato per la prima volta nella storia la lingua inglese e non quella greca nel rivolgersi al Fanar. Implica che ciò sia qualcosa di simile al tradimento contro la nazione greca quando gli chiede se ha "improvvisamente smesso di sentire lo stesso sangue e condividere con noi la stessa Razza storica e martirica, a cui naturalmente la Divina Provvidenza ha affidato da secoli la protezione dei luoghi sacri di pellegrinaggio in Terra Santa attraverso la Confraternita del Santo Sepolcro"e se ha abbandonato la politica dei suoi predecessori che hanno combattuto per impedire "tentativi, ben noti dalla storia, di infiltrarsi nei luoghi santi con poteri esterni alla nostra Razza".

Certo, nessuno nel mondo ortodosso ignora il fatto che il mondo greco ha a lungo considerato i patriarcati dell'est come un'estensione di se stesso e che ha cercato a lungo di dominarli attraverso l'imposizione di clero greco su di loro e il divieto alla loro popolazione di gestire gli affari delle loro chiese. Queste parole del patriarca Bartolomeo, tuttavia, non confermano meramente ciò che è già noto, ma costituiscono in realtà un insulto ai figli nativi del Patriarcato di Gerusalemme, che hanno a lungo cercato di essere liberati da questo dominio sulla loro Chiesa e ai quali nel corso dei secoli è stato impedito loro stessi di gestire i propri affari.

Inoltre, questo discorso razzista e sciovinista è un insulto a tutti gli ortodossi nel mondo, che il patriarca considera "potenze esterne" alla nazione greca, che devono essere direttamente combattute per impedire loro di avere una presenza in Terra Santa. Egli conferisce un carattere divino al predominio greco nella Confraternita del Santo Sepolcro, la cui appartenenza è limitata ai membri della razza greca che Dio ha scelto e selezionato tra le nazioni ortodosse per proteggere i luoghi santi!

Non vi è dubbio che le parole del patriarca Bartolomeo, che di recente non ha esitato a usare un discorso razzista e a dividere il mondo ortodosso in greci e stranieri, mirano a mobilitare l'opinione pubblica greca contro il patriarca di Gerusalemme e a caratterizzarlo come un traditore della nazione greca che sta cercando di indebolire il suo leader, che risiede nel Fanar, osando chiedere una sinassi ortodossa, ma allo stesso tempo le parole del patriarca non si adeguano alla misura degli insegnamenti del Vangelo, "dove non c'è né greco né ebreo, né circonciso né incirconciso, né barbaro né  scita, né schiavo né libero, ma Cristo è tutto e in tutti" (Col 3:11) e che egli cade nell'eresia dell'etnofletismo che è stata condannata dal Concilio di Costantinopoli del 1872.

La cosa più strana di questo discorso potrebbe essere che esso provenga da un patriarca che sta combattendo la Chiesa russa perché la accusa di espansionismo e imperialismo mentre lui stesso non esita a fare la stessa identica cosa con il suo sforzo di consacrare l'egemonia della razza greca su patriarcati che non hanno membri di questa razza eletta tra i loro abitanti nativi, semplicemente sulla base di considerazioni storiche obsolete. Ciò che è lecito per la razza e la nazione del patriarca è inammissibile agli altri di razze e nazioni diverse? Non è permesso agli arabi, ai russi, ai serbi, ai romeni, ai georgiani e ad altri di prendersi cura della questione della conservazione dei luoghi santi ortodossi che sono ancora venduti e sperperati dai loro guardiani, per non essere considerati nemici della nazione ortodossa eletta?!

 
Cultura cristiana: la giovane Russia a paragone dei giovani Stati Uniti

Si sostiene spesso che gli Stati Uniti siano un paese cristiano (il paese più cristiano, secondo alcuni), ma lo sviluppo della cultura cristiana all'interno di quell'unione di stati è in netto contrasto con quanto si trova nella storia dei paesi ortodossi.

Questa distinzione appare con notevole chiarezza nella vita del santo principe Andrej Bogoljubskij ("amante di Dio") di Vladimir (+1174). Nella sua vita si vede uno sforzo cosciente e lungo tutta la sua vita a beneficio sia fisico che spirituale del suo popolo:

"Le cronache sottolineano anche l'attività pacificatrice di sant'Andrea, caratteristica rara tra i principi e i comandanti militari di quei tempi duri. L'unione del valore militare con l'amore per la pace e la misericordia, di grande umiltà e di indomito zelo per la Chiesa erano presenti nel principe Andrej nel più alto grado. Padrone responsabile della terra e collaboratore costante di Jurij Dolgorukij nell'attività di costruzione di città e chiese, costruì con suo padre: Mosca (1147), Jurjev-Polsk (1152), Dmitrov (1154), e adornò anche le città di Rostov, Suzdal' e Vladimir con le chiese. Nel 1162 sant'Andrea poté dire con soddisfazione: "Ho edificato la Rus' bianca con città e insediamenti, e l'ho resa molto popolosa". (...)

'Trenta chiese furono costruite dal principe Andrej durante gli anni del suo governo. La più bella è la cattedrale della Dormizione. La ricchezza e lo splendore delle chiese contribuirono a diffondere l'Ortodossia tra i popoli circostanti e i mercanti stranieri. Sant'Andrea aveva ordinato che tutti i viaggiatori, sia latini che pagani, fossero condotti nelle chiese da lui costruite e che fosse loro indicato il "vero cristianesimo". Il cronista scrive: "Sia bulgari, sia ebrei, e ogni sorta di persona comune, vedendo la gloria di Dio e il decoro della chiesa, vennero per essere battezzati". (...)

«L'attività liturgica di sant'Andrea fu variegata e fruttuosa. Nel 1162 il Signore concesse al santo principe un grande conforto: a Rostov furono scoperte le reliquie dei santi di Rostov: i santi vescovi Isaia e Leonzio. La glorificazione di questi santi di Rostov in tutta la Chiesa avvenne un po' più tardi, ma sant'Andrea iniziò la loro venerazione nazionale. Nel 1164 le forze militari di sant'Andrea schiacciarono il loro nemico di lunga data, i bulgari del Volga. Le vittorie della nazione ortodossa sono state contrassegnate da una fioritura di creatività liturgica all'interno della Chiesa russa.

'In questo stesso anno 1164, su iniziativa di sant'Andrea, la Chiesa istituì la festa del misericordioso Salvatore e della santissima Theotokos il 1 agosto (festa definita dal popolo russo come "Salvatore del primo miele"), in memoria del Battesimo della Rus' da parte del santo pari agli apostoli Vladimir e in memoria della vittoria sui bulgari nel 1164. La festa della Protezione della Madre di Dio il 1 ottobre incarnava nelle forme liturgiche la fede del santo principe e di tutta la nazione ortodossa nell'accettazione da parte della Madre di Dio della santa Rus' sotto il suo omoforio. La santa Protezione della Theotokos divenne una delle feste più amate della Chiesa russa. La santa Protezione è una festa nazionale russa, sconosciuta all'Occidente latino.

'La prima chiesa consacrata alla nuova festa fu la chiesa della santa Protezione di Nerla (1165), notevole monumento dell'architettura ecclesiastica russa, fatta costruire dai maestri artigiani di sant'Andrea alle sorgenti del fiume Nerla, affinché il principe la potesse sempre vedere da una finestra della sua torre di Bogoljubov...'

Questi successi di sant'Andrea (non tutti sono nominati) si sono verificati in Russia meno di 200 anni dopo il suo battesimo sotto il santo grande principe Vladimir nel 988. È uno sviluppo notevole, dalla violenza e dissipazione di un popolo pagano alla pacifica costruttività della cultura ortodossa.

Che ne è, allora, degli Stati Uniti nei primi 186 anni dopo la loro indipendenza dalla Gran Bretagna? Gli anni 1776-1962 hanno portato con sé grandi sviluppi nell'architettura cristiana, sviluppi liturgici, giorni festivi, scoperte di santi e simili?

La risposta è un no enfatico, cosa abbastanza ironica considerando che gli Stati Uniti, come la Russia, non hanno iniziato la loro vita come una nazione non cristiane. Tutti affermavano in qualche modo di essere cristiani in un modo o nell'altro. Ci si aspetterebbe che, data la loro lunga esperienza con il cristianesimo, la loro incarnazione di una vibrante cultura cristiana nei loro primi due secoli di esistenza avrebbe messo in ombra ciò che la Russia era stata in grado di realizzare in un arco di tempo simile.

Ma è successo il contrario. Il cristianesimo e le sue manifestazioni pubbliche e comunitarie sono notevolmente diminuite. Le prime belle cattedrali hanno lasciato il posto a un orribile modernismo (si veda la Wayfarers Chapel di Rancho Palos Verdes in California, di Lloyd Wright); e anche la cattedrale nazionale di Washington, meglio progettata, è rovinata da una scultura di Darth Vader. La bella architettura ecclesiastica negli Stati Uniti è così scarsa che una cattedrale della Chiesa ortodossa, una fede relativamente nuova negli Stati Uniti, a Cleveland, Ohio, è entrata nella lista delle prime 9 chiese più belle degli Stati Uniti:

Quanto agli sviluppi liturgici, questi sono stati deludenti quanto quelli in architettura. Ci sono solo due feste dedicate a santi (san Valentino e san Patrizio) e solo due feste principali (Natale e Pasqua). Il resto è stato sostituito da nuove celebrità e riti non cristiani: campagne elettorali, votazioni, pellegrinaggi a stadi sportivi, venerazione dei documenti politici come reliquie sacre (Dichiarazione di Indipendenza del 1776 e costituzione federale del 1787) e di eroi: politici, atleti, scienziati, ecc.

I giorni di digiuno ricevono poca attenzione, tranne che da parte di un occasionale guru della salute; l'obesità è purtroppo la norma.

Le città stesse illustrano come una visione del mondo cristiana sia stata sostituita in modo schiacciante da un'etica di adorazione dell'uomo (grattacieli che torreggiano e inghiottono per così dire antiche chiese, statue e simili), qualcosa che il dottor Mario Baghos mostra straordinariamente bene in un saggio in due parti (Parte I; Parte II).

La Russia, attraverso molti alti e bassi, è rimasta fedele alla cultura ortodossa dei suoi primi anni, e quindi continua a dare vita a notevoli chiese, santi e così via. Gli Stati Uniti continuano a tendere verso la direzione opposta, con meno credenti cristiani e più atei e fenomeni simili, che a loro volta danno vita a eventi liturgici debosciati come il mese del Pride. La Russia offre ancora una volta un contrappunto culturale con una nuova festa nazionale in onore della tradizionale famiglia cristiana.

Quanto sopra ci permette di raggiungere una conclusione generale: che i popoli dei 50 Stati non adorano la santissima Trinità della Chiesa ortodossa, ma adorano se stessi; adorare l'auto-divinizzazione dell'uomo e tutto ciò che può desiderare; adorare la libertà da ogni autorità (la critica di san Giustino Popovich all'uomo occidentale moderno è essenziale su questo punto). Quest'ideologia idolatra dell'americanismo tollererà le varie forme di cristianesimo negli Stati Uniti, e persino si alleerà con loro, purché non interferiscano con l'autonomia individuale. Quando interferiscono, tuttavia, le disprezza. Lo conferma una nuova ricerca che mostra che per ogni nuova congregazione formata negli USA si chiude più di una chiesa (3.000 aperture contro 4.500 chiusure nel 2019). La Russia, ancora una volta, mostra una traiettoria contraria, con la costruzione e l'apertura di 29.000 chiese in un arco di 28 anni.

Il quadro è deprimente per gli Stati Uniti, ma non è del tutto disperato. Ora gli USA sono un vasto campo di missione senza chiesa, in attesa di ricevere la gioiosa notizia del vero cristianesimo, la fede ortodossa, proprio come fece un ex protestante spiritualmente affamato, san Seraphim Rose di Platina, in California, non molti anni fa. La fede ortodossa, insieme alle autentiche culture regionali presenti nell'attuale unione, hanno il potenziale per creare la bellezza che sant'Andrea, santo Stefano il Grande e altri hanno creato in Russia, in Romania e in altre parti del mondo ortodosso. Ci è stato dato un assaggio di ciò nell'architettura più antica e meno moderna degli Stati Uniti: le missioni spagnole della California, l'architettura coloniale francese e spagnola del Texas, della Louisiana e della Florida, le case delle piantagioni d'anteguerra degli Stati Uniti meridionali e così via.

Ma quella che viene chiamata "cultura americana" non ha tale potenziale, essendo un binomio contraddittorio di parole; è nichilista e distruttiva, ed è in guerra contro lo spirito ortodosso (vale a dire, contro lo Spirito Santo).

Fino a quando, se Dio vuole, la Chiesa ortodossa non avrà un'influenza molto più ampia negli Stati Uniti, i paesi di mentalità tradizionale in tutto il mondo – India e Iran, Pakistan, Mongolia, molti paesi dell'Africa e così via – faranno meglio a mantenere le distanze dagli Stati Uniti e collaborare invece con paesi come la Russia, o rischieranno di essere contaminati dalle malattie spirituali che devastano gli Stati Uniti e tutti gli altri paesi del loro "ordine mondiale liberale".

 
Il sovraccarico delle informazioni: dall'invenzione della stampa ai Social Network

Recentemente il nostro sito ha avuto valutazioni al tempo stesso dolci e amare. Da una parte, ci è stato detto che la quantità di informazioni sulla Chiesa ortodossa che stiamo rendendo disponibili da ormai due anni è tale da qualificarsi praticamente come un'enciclopedia dell'Ortodossia in italiano. Questo ci gratifica di tante notti insonni passate a cercare, analizzare, comparare e tradurre informazioni.

Ci è stato anche detto che questa quantità di informazioni genera sgomento tra i lettori, e porta loro più confusione che comprensione sulla vita della Chiesa. Sarà vero? Premesso che ci sono aree della vita della Chiesa che nessun flusso di informazioni esterne potrà mai svelare, perché vanno sperimentate in altro modo, ci siamo davvero preoccupati dell'eventualità di fare un disservizio, piuttosto che un servizio, alla Chiesa.

Ci siamo un tantino rassicurati leggendo un articolo che ci segnala il nostro amico John Sanidopoulos nel suo blog Honey and Hemlock, ricordando come le stesse preoccupazioni sui moderni flussi di informazione via Internet fossero già state sollevate nel XVI secolo dallo scienziato ginevrino Conrad Gessner a proposito dei... libri stampati. Offriamo la traduzione italiana di questo articolo, come nostro contributo alla discussione sull'etica dell’informazione, nella sezione "Etica" dei documenti.

 
Due scismi: perché in Bulgaria sono riusciti a fare quel che in Ucraina non hanno potuto fare?

i "patriarchi" Pimen Enev e Filaret Denisenko. Foto: Unione dei giornalisti ortodossi

In che modo un Concilio pan-ortodosso ha contribuito a superare lo scisma in Bulgaria che è sorto contemporaneamente allo scisma iniziato da Filaret.

Nel 1992, quasi contemporaneamente al nostro cosiddetto "scisma di Filaret", ci fu uno scisma in Bulgaria. Nel 1998 fu guarito. Perché ci sono riusciti in Bulgaria ma non da noi? Quale ruolo ha avuto il Patriarcato di Costantinopoli nel primo e nel secondo caso? Ed è possibile attingere all'esperienza bulgara per risolvere il problema della Chiesa ucraina?

In breve, la storia dello scisma bulgaro è la seguente.

Alla fine degli anni '80, quando il cosiddetto mondo socialista si era già disintegrato e l'Unione Sovietica era sull'orlo del collasso, il vento del cambiamento soffiava anche in Bulgaria. Questo vento portava la convinzione che tutto ciò che era occidentale e capitalista era buono, e tutto ciò che era sovietico e comunista era cattivo. Inoltre, si doveva rompere immediatamente e con decisione con questo odiato passato.

Non valuteremo quanto sia giustificato questo approccio nel campo della politica o dell'economia, ma diciamo che nelle questioni relative alla Chiesa è fondamentalmente inappropriato. Tuttavia, sfortunatamente, uno spirito ribelle come questo penetra facilmente nella Chiesa. E nella Chiesa ci sono persone, di solito giovani e ambiziose, che esortano a distruggere tutto "fino alle fondamenta, e poi...", come recita la canzone internazionale.

Nel 1989, venne alla ribalta in Bulgaria lo ieromonaco Kristofor (Sybev), il quale dichiarò che la Chiesa aveva bisogno di un "nuovo Sinodo democratico" invece di quello vecchio, che presumibilmente era screditato dai suoi rapporti con il regime comunista. Contrariamente all'opinione dell'episcopato, egli fondò un comitato per la protezione dei diritti religiosi, che avrebbe dovuto contribuire alla "democratizzazione" del governo della Chiesa.

E nel 1990, il sacerdote e professore di diritto canonico Radko Poptodorov pubblicò un articolo in cui accusava direttamente il Sinodo della Chiesa ortodossa bulgara di collaborazione con il governo comunista e criticava l'elezione del patriarca bulgaro Maksim nel 1971.

Nel 1991, il partito dell'Unione delle forze democratiche vinse le successive elezioni in Bulgaria, e la sua ideologia era una rottura radicale con il passato "odiato" e un'inversione di marcia verso l'Occidente. Lo ieromonaco Kristofor (Sybev) non solo diventò un membro del parlamento per questa forza politica, ma fu pure messo a capo della Commissione parlamentare per gli affari religiosi.

Nel 1992, questa commissione sollevò la questione dell'illegalità dell'elezione del patriarca Maksim nel 1971. Ciò fu sostenuto dalla Direzione religiosa al Consiglio dei Ministri della Bulgaria, che con la sua decisione dichiarò illegale l'elezione del patriarca Maksim nel 1971, e il patriarca stesso deposto.

Le autorità bulgare di quel tempo dimostrarono una comprensione molto peculiare del principio democratico di separazione della Chiesa dallo stato. In questo modo furono anche in grado di sostenere le autorità ucraine, che non riconobbero come legittimo il Concilio di Kharkov nel 1992 e la rimozione di Filaret Denisenko dall'amministrazione della Chiesa ortodossa ucraina.

Ecco la prima differenza tra lo scisma bulgaro e lo scisma guidato da Filaret. Mentre nel primo caso le autorità hanno intentato causa contro il patriarca Maxim per aver presumibilmente collaborato con il KGB, in Ucraina le autorità hanno sostenuto calorosamente Denisenko, che era semplicemente l'incarnazione di tale cooperazione nella sua forma più immediata.

Quasi contemporaneamente alla decisione della Direzione religiosa, l'illegalità dell'elezione del patriarca Maksim fu annunciata anche da un gruppo di sei vescovi. A proposito, letteralmente pochi giorni dopo questo gruppo aumentò a sette, poiché fu "ordinato vescovo" lo ieromonaco Kristofor (Sybev).

A questo proposito possiamo evidenziare la seguente differenza: in Bulgaria, cadde nello scisma un gruppo limitato ma significativo di vescovi, che erano membri del clero canonico al momento dello scisma. In Ucraina, un solo vescovo vicario, il vescovo Jakov (Panchuk) di Pochaev, precedentemente espulso dai fratelli del monastero di Pochaev, seguì Filaret.

I vescovi bulgari ribelli chiesero di rimuovere il patriarca Maksim e di convocare nuove elezioni. Tuttavia, la maggior parte dei vescovi e del clero rimase fedele al patriarca e al Sinodo. Quindi i ribelli organizzarono un "Sinodo alternativo", a capo del quale nominarono il metropolita Pimen (Enev), il più anziano per ordinazione e, basandosi sul sostegno delle autorità, iniziarono a sequestrare i luoghi di culto della Chiesa canonica.

Essi "ordinarono vescovi alternativi", sequestrarono la Camera sinodale di Sofia, che ospitava l'Amministrazione suprema della Chiesa ortodossa bulgara, nonché il Seminario e l'Accademia di teologia di Sofia, che divennero successivamente noti come Dipartimento teologico dell'Università di san Clemente di Ocrida a Sofia. A proposito, il professor Radko Poptodorov, autore del primo articolo che aveva attaccato il patriarca Maksim, fu nominato nuovo rettore dell'Accademia.

Le autorità bulgare riconobbero il "Sinodo alternativo" come unico organo di governo legittimo della Chiesa ortodossa bulgara e trasferirono tutte le proprietà ecclesiastiche a sua disposizione.

Nel 1996, il metropolita Pimen di Nevrokop fu elevato al rango di "patriarca". Alla sua intronizzazione prese direttamente parte Filaret Denisenko, che a quel tempo era già diventato il "patriarca" di Kiev, in sostituzione di Vladimir Romanjuk, morto in circostanze oscure.

A quel tempo, sia Filaret che i suoi colleghi scismatici stranieri promossero attivamente la teoria di una "famiglia alternativa" autosufficiente delle Chiese ortodosse e quindi entrarono in comunione con tutti gli imbroglioni religiosi che in diversi paesi accettarono questo stato di cose.

Nello stesso anno 1996 si tenne un Concilio episcopale bulgaro che decise di rimanere fedele al patriarca Maksim. Questo scomunicò Pimen dalla Chiesa e privò tutti i vescovi "ordinati" nello scisma della loro dignità.

Dal 1992, quando nacque lo scisma bulgaro, insieme ala creazione delle "gerarchie alternative" e al sequestro delle proprietà della chiesa, avvenne il processo inverso: alcuni vescovi e chierici espressero pentimento e tornarono all'ovile della Chiesa ortodossa bulgara canonica.

Una caratteristica comune degli scismi bulgaro e ucraino è che tutte le Chiese locali si sono dissociate da qualsiasi sostegno agli scismatici solo fino al 2018, quando il Patriarcato di Costantinopoli è entrato in comunione con i gruppi scismatici ucraini.

Si ritiene che lo scisma bulgaro sia stato guarito nel 1998. Quell'anno, dal 30 settembre al 1 ottobre, si tenne nella cattedrale di sant'Aleksander Nevskij un Concilio pan-ortodosso, con i rappresentanti di quasi tutte le Chiese ortodosse locali, con l'eccezione di quella georgiana e di quella americana (che tuttavia alcune Chiese locali non riconoscono come autocefala). Sette Chiese locali erano rappresentate dai loro primati. Erano presenti anche il patriarca Bartolomeo di Costantinopoli e il patriarca Alessio II di Mosca.

Vi sono altre due differenze significative negli scismi bulgaro e ucraino.

In primo luogo, il Patriarcato di Costantinopoli è rimasto costantemente dalla parte della Chiesa ortodossa ucraina canonica guidata dal patriarca Maksim e non ha cambiato posizione, come nel caso della scissione ucraina.

In secondo luogo, il patriarca Bartolomeo non ha affatto respinto la possibilità di una soluzione conciliare alla questione bulgara da parte di tutte le Chiese locali. Non ha cercato di risolvere questo problema da solo, come in Ucraina, sebbene la Chiesa bulgara avesse fatto parte del Patriarcato di Costantinopoli molto più a lungo della metropolia di Kiev, e in questo caso il Patriarca Bartolomeo aveva più motivi per dire che avrebbe potuto risolvere personalmente il conflitto della Chiesa bulgara.

Il Concilio pan-ortodosso sostenne il patriarca Maksim di Bulgaria e il suo Santo Sinodo, condannò le azioni degli scismatici e li chiamò al pentimento. In effetti, la maggior parte dei "vescovi" e dei "chierici" che erano caduti nello scisma mostrò pentimento proprio al Concilio e si riunì alla Chiesa.

Ma ci furono quelli che rimasero nella divisione, scegliendo un nuovo leader, il "metropolita" Inokentij (Petrov) di Sofia, e continuando la loro attività scismatica. Lo scisma bulgaro ha finalmente cessato di esistere nel 2012, quando Inokentij (Petrov) ha inviato una lettera di pentimento al Sinodo della Chiesa ortodossa bulgara ed è stato riunito alla Chiesa.

Pertanto, gli scismi bulgaro e ucraino hanno sia caratteristiche comuni che differenze significative.

Caratteristiche comuni:

  • Entrambe le divisioni sono emerse per motivi politici.
  • Entrambe le divisioni sono state supportate dallo stato.
  • In entrambi i casi, gli scismatici hanno iniziato rapidamente a "ordinare vescovi alternativi".
  • In entrambi i casi, la maggior parte dei vescovi, del clero e dei fedeli è rimasta fedele alla Chiesa canonica.

differenze:

  • In Bulgaria lo scisma è stato diretto contro il patriarca, accusato di relazioni con il regime comunista. In Ucraina, la divisione è stata guidata dalla persona che incarnava la cooperazione con il regime comunista.
  • In Bulgaria lo scisma è stato inizialmente supportato da un numero vescovi canonici significativamente maggiore di quello in Ucraina.
  • In Bulgaria, il problema dello scisma è stato risolto collettivamente da tutte le Chiese locali, mentre in Ucraina il Patriarcato di Costantinopoli ha tentato senza successo di risolverlo da solo.
  • In Bulgaria, tutte le Chiese locali sono state dalla parte della Chiesa ortodossa bulgara canonica e non hanno cambiato posizione. In Ucraina, dopo molti anni di costante sostegno alla Chiesa ortodossa ucraina canonica, il Patriarcato di Costantinopoli si è schierato dalla parte degli scismatici, seguito dalle Chiese d'Alessandria e di Grecia.

Nonostante le caratteristiche comuni molto significative, si deve riconoscere che la differenza cardine tra gli scismi ucraini e bulgari è che in Ucraina è stata violata l'unità monolitica nella posizione delle Chiese ortodosse locali, che non è stata violata nel caso della Bulgaria. Pertanto, è abbastanza difficile apprendere lezioni dall'esperienza di guarigione dello scisma bulgaro e applicarle all'Ucraina. Ma ci sono alcune idee da attingere dall'esperienza bulgara.

In primo luogo, si può affermare che le decisioni adottate nel 1998 dal Concilio pan-ortodosso di Sofia fanno parte del corpus del diritto canonico della Chiesa. E queste decisioni indicano che lo scisma può essere guarito solo dal pentimento e da nient'altro. Inoltre, vi è anche una firma del patriarca Bartolomeo in queste decisioni.

In secondo luogo, un Concilio pan-ortodosso può essere avviato per curare lo scisma esattamente laddove esiste, cioè a Kiev.

Naturalmente, nel contesto dell'opposizione del Patriarcato di Costantinopoli a qualsiasi tentativo di trovare una soluzione collettiva alla "questione ucraina", sarebbe difficile organizzare un simile Concilio.

Tuttavia, se una sinassi pan-ortodossa dei primati delle Chiese locali si svolge in Giordania su invito del patriarca Teofilo III di Gerusalemme, questo può diventare un banco di prova per un simile Concilio pan-ortodosso a Kiev.

In effetti, in una riunione in Giordania, ci si propone di discutere solo il problema dell'unità pan-ortodossa, che è stata violata dal patriarca Bartolomeo. Ma sarebbe opportuno risolvere la "questione ucraina" proprio a Kiev – almeno un'idea del genere potrebbe essere espressa in Giordania.

Infine e, soprattutto, cosa si può imparare dal caso bulgaro? La divisione lì non sarebbe stata guarita nemmeno dal Concilio pan-ortodosso se l'episcopato, il clero e i credenti non si fossero radunati attorno al loro patriarca canonico Maksim. In Ucraina, quest'unità di tutti i membri della Chiesa attorno a sua Beatitudine il metropolita Onufrij esiste ed è persino più potente che in Bulgaria. Pertanto, c'è speranza che un giorno lo scisma ucraino diventerà una pagina chiusa nella storia.

 
Il gioco "sottile" del Vaticano: politica e religione

papa Francesco intende visitare Mosca e Kiev. Foto: Unione dei giornalisti ortodossi

Il papa ha annunciato la sua volontà di visitare Kiev e Mosca. Nel frattempo, ci sono alcune affermazioni contraddittorie provenienti dal Vaticano. A che gioco sta giocando il Vaticano?

Il 4 luglio 2022 l'agenzia REUTERS ha pubblicato un'intervista a papa Francesco, in cui, tra le altre questioni, egli ha toccato il tema del suo viaggio a Kiev e a Mosca. L'argomento è emerso a metà marzo 2022, cioè circa tre settimane dopo l'inizio della guerra. In quel momento, il papa ha incaricato il cardinale Pietro Parolin di organizzare un viaggio a Mosca. "Ho chiesto al cardinale Parolin, dopo venti giorni di guerra, di mandare un messaggio a Putin per dire che ero disposto ad andare a Mosca", ha detto il pontefice in un'intervista al "Corriere della Sera". Quanto al viaggio a Kiev, ha poi detto:"Per ora non vado a Kiev. Ho mandato il cardinale Michael Czerny e il cardinale Konrad Krajewski, che ci sono andati per la quarta volta. Sento che non devo andare. Prima devo andare a Mosca. Prima devo incontrare Putin".

Perché il papa vuole visitare l'Ucraina?

Nell'articolo "La NATO che abbaia e le critiche al patriarca Kirill: a cosa sta giocando il papa in Ucraina?" abbiamo già analizzato che i possibili motivi di tale comportamento potrebbero essere, in primo luogo, lo sfruttamento dell'isolamento della Russia da parte dei paesi occidentali al fine di fare la prima visita in assoluto di un papa a Mosca e, in secondo luogo, il desiderio di venire a Kiev come pacificatore, cioè in modo che i successi militari e/o diplomatici dell'Ucraina siano associati al pontefice romano.

Di conseguenza, questa visita in Ucraina dovrebbe aver luogo esattamente quando si verificheranno tali successi. E ora il papa dice che potrebbe andare a Kiev dopo la sua visita in Canada a fine luglio 2022. "E ora, forse dopo il rientro dal Canada, forse potrò andare in Ucraina", ha detto in un'intervista a REUTERS. Il pontefice ritiene però che, nonostante l'atteggiamento negativo di Mosca nei confronti dell'idea della sua visita, riuscirà comunque ad andare: "La prima cosa da fare è andare in Russia per cercare di aiutare in qualche modo, ma mi piacerebbe visitare entrambe le capitali. <...> Vorrei andare (in Ucraina, ndc), e prima vorrei andare a Mosca, ci siamo scambiati messaggi su questo perché pensavo che il presidente russo mi desse una piccola finestra per servire la causa della pace..."

Il Ministero degli esteri ucraino ha già espresso la propria disponibilità a ricevere il pontefice a Kiev. "Riteniamo che questa visita rafforzerà il ruolo del pontefice nel ristabilire la pace nella terra ucraina e sosterrà lo spirito degli ucraini che stanno soffrendo indicibilmente a causa dell'aggressione russa", ha affermato il portavoce del ministero degli Esteri Oleg Nikolenko.

In che modo la visita del Vaticano in Ucraina aiuterà "a riportare la pace nella terra ucraina"? E cosa si intende con questo ripristino della pace? Per ora le autorità ucraine esprimono uno scenario di ripristino della pace, secondo il quale il nostro Paese riprende il controllo del territorio ucraino con modalità militari a partire dal 24 febbraio 2022, e poi con modalità diplomatiche – entro i confini del 1991. Ma papa Francesco non ci porterà di sicuro una tale pace. Tutto il resto è nel migliore dei casi una tregua, non una pace, e nel peggiore un "tradimento". Allora perché le nostre autorità vorrebbero che il papa venisse in Ucraina? Tanto più che l'atteggiamento nei confronti del papa è cambiato in peggio all'interno del nostro Paese dopo le dichiarazioni del pontefice, che in qualche misura giustificano l'invasione russa dell'Ucraina. Per esempio, uno dei vescovi cattolici in Ucraina, Vitalij Krivitskij, ha affermato che la visita del papa era difficilmente possibile a causa di alcune dichiarazioni del pontefice. "Rispetto all'inizio del conflitto, una parte della popolazione non ha accolto con favore alcune delle parole del papa, che sono state ritenute scorrette", ha detto Krivitskij.

Ricordiamo che la dichiarazione ufficiale del Vaticano del 24 febbraio 2022 non ha condannato l'aggressione militare russa in Ucraina e non ne ha chiesto la fine. E in un'intervista al "Corriere della Sera", il papa ha detto che la guerra potrebbe essere stata provocata "dalla Nato che abbaia alla porta della Russia".

E ora papa Francesco visiterà l'Ucraina ad agosto anche se probabilmente non potrà visitare Mosca prima. Abbiamo già detto che il pontefice verrà in Ucraina quando ci sarà una situazione sul campo di battaglia che costringerà le parti a sedersi al tavolo delle trattative e lo stesso papa potrà sembrare un pacificatore. Ed è ad agosto che i contorni di una tale situazione possono cominciare a delinearsi. Il 24 giugno 2022, Kirill Budanov, il capo del Servizio di sicurezza dello Stato ucraino, ha dichiarato in un'intervista a ITV News: "A partire da agosto, accadranno alcuni eventi che dimostreranno al mondo che sta iniziando una svolta".

Questo punto di vista è condiviso dai massimi esperti militari, sia ucraini che occidentali. Se ciò accadrà ad agosto, la Russia sarà seriamente interessata ai negoziati. Ed è qui che papa Francesco può provare a fare ciò che i principali politici europei non sono riusciti a fare: mediare tra Ucraina e Russia in possibili negoziati. Da qui, le sue dichiarazioni contraddittorie: a volte a sostegno dell'Ucraina, a volte sulle presunte azioni forzate e comprensibili della Russia.

Così papa Francesco vuole acquisire l'immagine di un pacificatore. Inoltre, la capacità del pontefice di influenzare questioni specifiche, come l'esportazione di grano ucraino verso i mercati esteri, non può essere scontata. Il solo successo in questa materia rafforzerebbe notevolmente la posizione di papa Francesco perché la mancanza di tali esportazioni minaccia molti paesi di carestia.

Anche le autorità ucraine trarranno beneficio della visita del pontefice in Ucraina. La visita stessa, a prescindere dal suo esito, sta già creando un clima favorevole in politica estera. Il Vaticano gode di autorità nel mondo e qualsiasi contatto con esso accresce il prestigio dello Stato. Questo non va dimenticato ora, durante la guerra, e in futuro, quando la restaurazione dell'Ucraina dipenderà fortemente dalla generosità dei paesi occidentali e degli investitori privati. Tuttavia, in tutte queste azioni di papa Francesco, non c'è solo una componente politica, ma anche religiosa.

La componente religiosa

Non dimentichiamo che papa Francesco non è solo una figura politica influente ma anche il capo della Chiesa cattolica. Recentemente, il punto principale dei suoi sforzi nella sfera religiosa è stato il suo desiderio di unire in qualche forma ortodossi e cattolici. Il 30 giugno 2022, in un incontro con una delegazione del Fanar in Vaticano, il Papa ha ribadito che il Patriarcato di Costantinopoli e il Vaticano sono "impegnati in un dialogo fraterno e fruttuoso e sono impegnati con convinzione e irreversibilità per il ripristino della piena comunione". Allo stesso tempo, ha espresso l'auspicio che si sviluppi il "dialogo teologico" tra il Vaticano e il Fanar. Nel giugno 2021, Il metropolita Polykarpos (Stavropoulos) d'Italia ed esarca dell'Europa meridionale del Patriarcato di Costantinopoli ha affermato che il movimento di cattolici e ortodossi verso la piena comunione è prossimo al completamento. Queste e molte altre dichiarazioni del papa e del patriarca Bartolomeo, così come di altri rappresentanti del Vaticano e del Fanar, mostrano che i leader di queste denominazioni vorrebbero attuare l'unificazione nel corso della loro vita. È stato detto più volte che la data più conveniente per questo è il 2025, che è il 1700° anniversario del primo Concilio ecumenico.

Il Vaticano e il Fanar, così come i loro satelliti ucraini, la Chiesa greco-cattolica ucraina e la "Chiesa ortodossa dell'Ucraina", hanno espresso l'intenzione di testare l'unificazione di ortodossi e cattolici in Ucraina. La visita di papa Francesco in Ucraina e i suoi tentativi di agire da pacificatore (anche qui, indipendentemente dall'esito) potrebbero far avanzare la questione dell'unificazione. Allo stesso tempo, la "Chiesa ortodossa dell'Ucraina" è un partner relativamente giovane in una possibile unificazione, in relazione alla Chiesa greco-cattolica ucraina. E più il papa presta attenzione all'Ucraina, più diseguale sarà questa partnership o unione.

Tuttavia, l'unificazione con il Fanar è cosa ben diversa dall'unificazione con tutta l'Ortodossia. Forse il Vaticano crede che gran parte delle Chiese locali greche sarà costretta a seguire il Patriarcato di Costantinopoli in una nuova unione, ma per quanto riguarda le altre? E sono proprio queste altre che costituiscono la maggioranza degli ortodossi nel mondo.

Ecco perché indurre la Chiesa ortodossa russa a collaborare con il Vaticano è una priorità assoluta. Sì, finora sembra irrealistico, ma la Chiesa ortodossa russa si sta muovendo costantemente verso l'obiettivo. Nel 2016 papa Francesco ha dovuto fare importanti concessioni al patriarca Kirill durante il loro incontro all'Avana. Ricordiamo che all'epoca papa Francesco in realtà condannò l'uniatismo come metodo di unificazione, cosa che provocò una tempesta di indignazione tra i greco-cattolici ucraini. Ma d'altra parte, la Dichiarazione dell'Avana ha registrato il desiderio di unità tra il Vaticano e la Chiesa ortodossa russa. Saranno intrapresi nuovi passi? La Chiesa ortodossa russa sembra non avere fretta di realizzarli.

In una situazione del genere, il Vaticano usa il vecchio metodo collaudato della carota e del bastone. Da un lato, papa Francesco fa la riverenza al patriarca Kirill. Per esempio, il 24 maggio 2022 il papa si è congratulato con lui nel suo onomastico, e il 14 giugno 2022 il pontefice ha detto che sperava di incontrare il patriarca in Kazakistan e "parlargli come pastore". Questo doveva essere lo stesso incontro previsto per il 14 giugno 2022 a Gerusalemme, ma è stato posticipato a data da destinarsi. Cioè, il papa offre al primate della Chiesa ortodossa russa di sbarazzarsi dello status di persona non grata, che quest'ultimo ha acquisito nel mondo occidentale grazie alla sua mancata condanna della "operazione militare speciale".

Tuttavia, d'altra parte, il Vaticano ha accusato il patriarca Kirill di nient'altro che d'eresia. Lo afferma il cardinale Kurt Koch, presidente del Pontificio consiglio per la promozione dell'unità dei cristiani. Certo, sentire tali accuse contro il primate ortodosso da eretici (e i cattolici sono eretici per gli ortodossi) è assurdo, ma il fatto stesso di tali accuse non può che allarmare. Dopotutto, suona all'unisono con l'accusa di "eresia del mondo russo", formulata in primavera da alcuni teologi filo-fanarioti e pubblicata sotto forma di Dichiarazione sul sito web dell'Accademia di studi teologici di Volos (Grecia).

Così, papa Francesco sta ora comunicando con il patriarca Kirill da una posizione di soft power: o collabora fruttuosamente con il Vaticano, o il Vaticano può aiutare a lanciare una nuova ondata di accuse contro di lui.

Avvicendamento nella Chiesa ortodossa russa

Più di recente, è stato sostituito il capo del Dipartimento per le relazioni ecclesiastiche esterne della Chiesa ortodossa russa. Il metropolita Ilarion (Alfeev), ex capo del Dipartimento, è stato messo a capo della diocesi di Budapest e dell'Ungheria. Il decreto di licenziamento non conteneva la frase "con gratitudine per il suo lavoro", che è appropriata in questi casi, ma la diocesi di Budapest dell'Ungheria sembra essenzialmente un esilio. Il suo successore, il metropolita Antonij (Sevrjuk), che ha solo 37 anni, è considerato uno dei più vicini al patriarca Kirill. Nel 2007 ha iniziato a lavorare nel Dipartimento per le relazioni ecclesiastiche esterne come assistente del capo del dipartimento, che a quel tempo era il metropolita Kirill di Smolensk e Kaliningrad, e dopo il 2009 è diventato segretario personale del patriarca Kirill.

Il metropolita Ilarion è noto per i suoi sentimenti ecumenici. Molti nella Chiesa russa sperano che il corso del Dipartimento rinnovato diventi molto più conservatore. Sarà chiaro se accadrà davvero, tra l'altro, dalla comunicazione tra la Chiesa ortodossa russa e il Vaticano, in particolare riguardo a una possibile visita del papa a Mosca.

Conclusione

In mezzo a tutte queste perturbazioni politiche e religiose, la posizione della Chiesa ortodossa ucraina si distingue. Non c'è dubbio che in caso di visita del papa a Kiev non ci saranno contatti tra lui e il metropolita Onufrij. Sua Beatitudine non sostiene la comunione ecumenica né conduce negoziati "reciprocamente vantaggiosi" né cerca benefici in battaglie diplomatiche dietro le quinte. La sua posizione è semplice: la Chiesa ortodossa ucraina non fa giochi politici e non soddisfa i capricci del governo. Svolge il ministero della Chiesa di Cristo sulla terra e rimane fedele all'Ortodossia.

 
Nella Chiesa Russa criticano gli uniati per la connivenza nelle ingerenze occidentali negli affari dell'Ucraina

dal blog Parlons d'orthodoxie

Mosca. 26 marzo. Interfax 

Nel Patriarcato di Mosca sono state mosse critiche agli ucraini greco-cattolici per le intromissioni nella politica.

"Nella persona del suo arcivescovo supremo Svyatoslav Shevchuk, così come già l'ex arcivescovo Lyubomyr Husar, che ora è a riposo, hanno preso una posizione molto chiara fin dall'inizio del dissenso civile, che in seguito si è sviluppato, purtroppo, in un conflitto armato sanguinoso", ha detto il capo del Dipartimento sinodale per le relazioni ecclesiastiche esterne, il metropolita Hilarion di Volokolamsk, nel programma "La Chiesa e il mondo" sul canale televisivo "Russia-24".

Nelle sue parole, gli uniati non hanno solo sostenuto la cosiddetta integrazione europeam "ma hanno anche chiesto ai paesi occidentali in intromettersi più attivamente nella situazione in Ucraina".

"L'arcivescovo Svyatoslav Shevchuk non ha esitato ad andare negli Stati Uniti con il falso patriarca Filarete (Denisenko), si è recato negli uffici del Dipartimento di Stato e ha chiesto l'ingerenza degli Stati Uniti negli affari ucraini", ha detto il metropolita.

Nello stesso tempo la Chiesa ortodossa ucraina, ha proseguito, ha preso la posizione che la Chiesa dovrebbe essere un luogo per persone di diverse convinzioni politiche, tranne quelle apertamente estremiste e ultra-nazionaliste.

La Chiesa ortodossa canonica ha posto per tutti. Non sta da una sola parte della barricata. Unisce tutti, e, quando è necessario, si frappone tra i rivali come hanno fatto i monaci che sono usciti all'aperto e si sono frapposti tra le parti, rischiando la loro vita e la loro salute, per evitare spargimenti di sangue tra due parti in conflitto", ha ricordato il metropolita.

Ha anche detto che l'uniatismo come "progetto speciale della Chiesa cattolica è stato sempre percepito dagli ortodossi in modo estremamente negativo perché, in realtà, gli uniati sono persone vestite da ortodossi, che osservano riti ortodossi, ma sono cattolici".

Secondo lui, questo stato sui generis dà un certo margine di manovra sia agli stessi greco-cattolici sia al Vaticano.

"Per esempio, ho avuto occasione di parlare  della posizione dei greco-cattolici agli alti funzionari del Vaticano, ai quali ho chiesto: Come è possibile che la Chiesa greco-cattolica sia a tal punto solidale con gli scismatici da realizzare congiuntamente con loro dimostrazioni, preghiere e visite? A questo mi hanno risposto, sono autonomi, noi in Vaticano non li controlliamo", ha detto il metropolita, aggiungendo che, allo stesso tempo, il Vaticano non ritiene possibile dissociarsi dalle azioni degli uniati.

Parlando dell'inizio di un dialogo tra la Chiesa canonica e le entità non canoniche in Ucraina, ha espresso il parere che questo dialogo abbia prospettive.

 
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