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Cosa succederebbe se la Verkhovna Rada mettesse al bando la Chiesa ortodossa ucraina?

foto: Unione dei giornalisti ortodossi

Mentre è sospeso il disegno di legge n. 8371, che potrebbe scadere da un momento all'altro. Come potrebbero svolgersi gli eventi se fosse ancora passato? Discutiamone.

Nell'articolo "Perché le autorità non hanno ancora bandito la Chiesa ortodossa ucraina?" , abbiamo analizzato le difficoltà che il governo sta affrontando nel tentativo di approvare la legge n. 8371 sul divieto della Chiesa ortodossa ucraina, nonché cosa sta facendo per superare questi ostacoli. Per comprendere la logica di questi sviluppi, dovremmo rispondere alla domanda: perché le autorità hanno bisogno di vietare la Chiesa ortodossa ucraina?

Perché vietare la Chiesa ortodossa ucraina?

L'incoerenza delle narrazioni ufficiali secondo cui la Chiesa ortodossa ucraina è subordinata alla Chiesa ortodossa russa e costituisce una quinta colonna è ormai evidente. Anche coloro che invocano con fervore la lotta contro i "preti di Mosca" comprendono che i fatti contraddicono questa narrazione. I "sacerdoti di Mosca" non possono pregare per la preservazione della sovranità e dell'integrità territoriale dell'Ucraina, non possono benedire i credenti affinché si uniscano ai ranghi delle Forze Armate ucraine, non possono raccogliere fondi per automobili, munizioni e altre necessità per i nostri soldati in prima linea.

La Chiesa ortodossa ucraina non è governata da Mosca e adotta documenti ufficiali che contraddicono direttamente le posizioni della Chiesa ortodossa russa. Pertanto, la tesi secondo cui la Chiesa ortodossa ucraina dovrebbe essere bandita per eliminare l'influenza di Mosca non è corretta.

Quando nel 2018 Petro Poroshenko avviò la creazione della "Chiesa ortodossa dell'Ucraina", coloro che erano al potere erano fiduciosi che sarebbero riusciti in una "guerra lampo" e che con azioni rozze ma decisive avrebbero costretto tutte le denominazioni ucraine che si definivano ortodosse a unirsi in un'unica struttura, controllata dallo Stato e pronta a soddisfare la volontà delle autorità. Ma non ha funzionato. Per oltre cinque anni, nonostante tutte le privazioni, le pressioni delle autorità e degli attivisti, la violenza, le minacce e la diffamazione nei media, la Chiesa ortodossa ucraina è stata ostinatamente riluttante ad aderire alla "Chiesa ortodossa dell'Ucraina".

Le argomentazioni della Chiesa ortodossa ucraina, secondo cui la Chiesa non può unirsi agli scismatici semplicemente per il capriccio di chi detiene il potere, e i vescovi ordinati canonicamente non possono unirsi agli impostori anatematizzati, sono incomprensibili per le autorità. Queste considerano la Chiesa come un'organizzazione sociale. Ma è già chiaro ai funzionari statali che non sarà possibile unificare la Chiesa ortodossa ucraina e la "Chiesa ortodossa dell'Ucraina". Tutto è andato troppo oltre. Oltre alle discussioni sull'insolvenza canonica della "Chiesa ortodossa dell'Ucraina", ci sono molte ferite, insulti, sequestri di templi e altre azioni sgradevoli da parte di questa organizzazione.

Una grande quantità di odio e malizia è stata riversata sui credenti della Chiesa ortodossa ucraina. La "Chiesa ortodossa dell'Ucraina" ha rivelato molto chiaramente la sua essenza. Pertanto, anche la tesi di bandire la Chiesa ortodossa ucraina per unirla finalmente alla "Chiesa ortodossa dell'Ucraina" è sbagliata.

Non è corretta la tesi, che segue logicamente dalle precedenti, secondo cui il divieto della Chiesa ortodossa ucraina è necessario per consolidare la società ucraina. Negli ultimi anni è diventato chiaro che la persecuzione contro la Chiesa ortodossa ucraina non unisce ma divide la società.

Cosa resta allora? Perché le autorità si sforzano ancora di vietare la Chiesa ortodossa ucraina?

In primo luogo, c'è l'inerzia delle decisioni statali e la riluttanza o incapacità delle autorità ad ammettere i propri errori. Forse, se nel 2018 le autorità avessero saputo che non ci sarebbe stata alcuna "guerra lampo" per unire le confessioni, che ciò avrebbe portato a ciò a cui stiamo assistendo ora e, soprattutto, che Poroshenko non sarebbe stato in grado di vincere le elezioni cavalcando la questione della chiesa, non avrebbero giocato questa carta. Ma avendo detto "a", è molto difficile non dire "b". Non è consuetudine ammettere i propri errori politici; l'eredità dell'Unione Sovietica non è stata ancora sradicata. Lo Stato continua a premere sulla Chiesa, nonostante l'inutilità di questi sforzi. Ma questa non è la cosa principale.

In secondo luogo, le autorità non hanno bisogno del risultato, ma del processo. Un processo che può essere attivato o rallentato. La lotta contro la più grande denominazione del Paese è un'occasione di informazione capace di mettere in ombra altre notizie, reindirizzando l'attenzione della società da altri problemi alla lotta contro i "preti di Mosca".

Da un lato, la Chiesa è sufficientemente indifesa (almeno questo è quello che pensano le autorità) per opporre una forte resistenza, il che significa che può essere combattuta impunemente. D'altra parte, è abbastanza numeroso e influente da farlo sembrare davvero su larga scala.

Pertanto, le autorità inaspriranno la questione della Chiesa per nascondere dietro questo evento mediatico i propri fallimenti nell'economia, nella politica interna o al fronte.

Una probabile ragione per un altro attacco alla Chiesa è una possibile tregua nella guerra, alla quale l'Ucraina viene spinta da forze influenti in Occidente, e con la quale una parte della società ucraina, quella più attiva, è categoricamente in disaccordo. Se le autorità negoziano un cessate il fuoco, dovranno distogliere l'attenzione dell'opinione pubblica e reindirizzare il suo malcontento in un'altra direzione. La Chiesa è perfetta per questo scopo.

In ogni caso, le autorità dimostrano un atteggiamento consumistico nei confronti della Chiesa, credendo di poter risolvere i propri problemi a sue spese. Ma la Chiesa nel suo insieme e ogni credente individualmente devono mantenere una visione diversa della Chiesa: è il Corpo di Cristo, unendosi al quale si può raggiungere con Dio l'eterno Regno dei Cieli.

Consideriamo ora i possibili ulteriori sviluppi della situazione se le autorità decidessero ancora di approvare la legge n. 8371 che vieta la Chiesa ortodossa ucraina. Inizieremo con gli scenari meno probabili.

Scenario n. 1: la Chiesa ortodossa ucraina sarà portata fuori dalla linea di tiro

Nel disegno di legge n. 8371 non si fa menzione della Chiesa ortodossa ucraina. Lo schema del suo divieto ai sensi di questo disegno di legge è descritto in dettaglio nell'articolo "Il disegno di legge Shmyhal: come vietare la Chiesa ortodossa ucraina in 4 mosse" . In breve, il piano si riduce prima a vietare in Ucraina le attività delle organizzazioni religiose governate dalla Federazione Russa e poi a riconoscere la Chiesa ortodossa ucraina come organizzazione di questo genere.

Le autorità potrebbero decidere di fare la prima e non la seconda, almeno per ora. Non ha importanza il fatto che già un esperto religioso del DESS del Ministero della Cultura abbia riconosciuto la Chiesa ortodossa ucraina come parte della struttura della Chiesa ortodossa russa, poiché ciò è stato fatto prima dell'adozione della legge n. 8371.

La nuova perizia potrebbe avere all'incirca la seguente formulazione: "Al momento non è stato trovato alcun fatto che confermi che la Chiesa ortodossa ucraina abbia un centro di governo in Russia". Cioè, la Chiesa ortodossa ucraina non è vietata in Ucraina.

In uno scenario del genere potrebbero esserci diversi momenti favorevoli per le autorità. In primo luogo, la tensione nella società si allenta. In secondo luogo, vengono rimosse le accuse di violazione della libertà di religione fatte dai partner occidentali. In terzo luogo, ciò non significa la fine delle persecuzioni e delle pressioni sulla Chiesa. Dopotutto, "i fatti che confermano che la Chiesa ortodossa ucraina ha un centro di governo nella Federazione Russa" possono essere rivelati in qualsiasi momento opportuno.

Inoltre, potrebbero continuare tutte le azioni degli attivisti riguardanti i sequestri di chiese, la violenza fisica impunita e i trasferimenti illegali di templi alla "Chiesa ortodossa dell'Ucraina", così come la "liberazione" della Lavra delle Grotte di Kiev e la campagna per screditare la Chiesa ortodossa ucraina nei media.

La ragione per considerare questo scenario improbabile ma possibile è data dalle parole di V. Elenskij, capo della DESS, il quale ha affermato che lo Stato non richiede alla Chiesa ortodossa ucraina "né un cambiamento di calendario né di lingua liturgica, né l'adesione a un'altra Chiesa, né una dichiarazione di autocefalia. L'unica condizione è rompere i legami con il Patriarcato di Mosca".

Tale rottura, vale a dire la rottura dei legami amministrativi, pur preservando l'unità eucaristica, ha avuto luogo il 27 maggio 2022 al Concilio della Chiesa ortodossa ucraina a Feofanija. Le autorità potrebbero considerarla una base sufficiente per riconoscere l'indipendenza della Chiesa ortodossa ucraina, magari con alcune riserve proprie.

Scenario n. 2: Unione con un'altra Chiesa locale

In caso di divieto, la Chiesa ortodossa ucraina può convocare un altro Concilio e decidere di sottoporsi all'omoforio di qualche altra Chiesa locale, come quella polacca, romena o bulgara. Tale decisione può essere accompagnata da formulazioni come "temporaneamente", "in base alle circostanze" e così via. In teoria, ciò dovrebbe alleviare le accuse delle autorità contro la Chiesa ortodossa ucraina riguardo ai legami con la Chiesa ortodossa russa, ma è già stato detto che queste affermazioni non sono la vera ragione della persecuzione.

Anche questo scenario è improbabile, come il precedente. In primo luogo, potrebbe causare una confusione canonica ancora maggiore. La Chiesa ortodossa russa certamente non acconsentirà a tale opzione, il che significa che la Chiesa locale che accetta la Chiesa ortodossa ucraina sotto il suo omoforio potrebbe trovarsi ad affrontare una rottura della comunione eucaristica e altre spiacevoli conseguenze. Alcune Chiese locali potrebbero riconoscere il passo, mentre altre no.

In secondo luogo, di conseguenza, ciò ostacolerà il dialogo pan-ortodosso complessivo, che il Patriarcato di Gerusalemme e autorevoli vescovi di altre Chiese locali stanno cercando di stabilire (finora senza successo).

In terzo luogo, potrebbe introdurre divisioni all'interno della stessa Chiesa ortodossa ucraina. Alcuni potrebbero essere d'accordo con tale transizione, mentre altri no.

In quarto luogo, le eparchie della Chiesa ortodossa ucraina in alcune regioni potrebbero sentire di "passare alla Chiesa sbagliata". Per esempio, se ci si unisce alla Chiesa polacca, le comunità romene nell'eparchia di Chernovtsy-Bucovina possono dichiarare di voler aderire alla Chiesa romena.

Tuttavia, se la Chiesa ortodossa ucraina si trova di fronte all'alternativa tra un divieto totale, l'espulsione da tutte le chiese e i monasteri, la privazione delle proprietà e il passaggio a una posizione illegale con la minaccia di procedimenti penali, oppure sotto l'omoforio di una Chiesa locale con tutti i rischi sopra descritti, allora uno scenario del genere potrebbe benissimo essere implementato.

Scenario n.3: Resistenza continua = Confessione

Se ricordiamo i primi secoli del cristianesimo, durante i periodi di persecuzione, la Chiesa non aveva la possibilità di rifugiarsi sotto l'omoforio di qualcuno o di dimostrare, nell'ambito di una competenza religiosa, di non rappresentare una minaccia per la sicurezza nazionale dell'Impero Romano di quel tempo. La Chiesa aveva una sola scelta: cessare di esistere o continuare a vivere, affidandosi alla volontà di Dio.

La Chiesa non ha ideato strategie per uscire dalla situazione, non si è impegnata in una pianificazione a lungo termine; ha semplicemente vissuto giorno per giorno.

Ogni giorno soffriva di stenti, alcuni credenti erano sequestrati e gettati in prigione, altri erano torturati a morte, altri erano privati delle loro proprietà, e così via. Ma il resto dei cristiani viveva, credendo in Gesù Cristo, si riuniva per il culto e seguiva i comandamenti di Dio. E venne il giorno in cui la persecuzione cessò.

Oggi, uno scenario del genere sembra il più probabile. Il divieto della Chiesa ortodossa ucraina è un processo molto lungo composto da molte fasi. In primo luogo, è necessario approvare la legge n. 8371, poi condurre una perizia religiosa e dichiarare che la Chiesa ortodossa ucraina è governata da Mosca, quindi chiedere alla Chiesa ortodossa ucraina di eliminare tutti i legami con la Chiesa ortodossa russa, quindi portare il caso in tribunale e così via. Ciò, inoltre, deve essere fatto nei confronti di ogni comunità ecclesiale, di ogni monastero e di ogni istituzione educativa. In ogni fase ci saranno ricorsi, controversie legali, ricorsi ai tribunali e alle forze dell'ordine. Per ogni tentativo di impadronirsi di una chiesa, ci sarà un tentativo da parte dei credenti di difenderla.

Tutto ciò sarà accompagnato da appelli alle organizzazioni internazionali per i diritti umani e dal tentativo di dimostrare alla società che la Chiesa non minaccia la sicurezza nazionale ma anzi la rafforza. La Chiesa vivrà e resisterà alle azioni illegali e ingiuste contro se stessa nel quadro della legge ma con tutti i mezzi disponibili.

Durante le persecuzioni nell'antichità, nonostante l'atteggiamento parziale della società dell'epoca, sia tra la gente comune che tra le élite, la Chiesa ha costantemente cercato di dimostrare la propria innocenza. Gli apologeti della Chiesa scrissero trattati filosofici, lettere all'imperatore, in cui spiegavano la loro fede e il loro diritto di professarla. Sul piano interpersonale, i pagani videro la vita pia dei cristiani e gradualmente abbandonarono i loro pregiudizi.

Anche sul piano giuridico i cristiani tentarono di fare appello al sistema giudiziario e amministrativo dello Stato romano.

Un sostegno significativo nella difesa dei propri diritti fu, tra l'altro, la posizione della legislazione romana, secondo la quale un accusatore, se non era in grado di provare la propria accusa, riceveva la stessa punizione prevista per le accuse mosse.

Se solo ora, per l'incapacità di provare le accuse di collaborazione contro la Chiesa ortodossa ucraina con l'FSB, gli accusatori ricevessero una condanna ai sensi dell'articolo di "tradimento": tali accuse sarebbero immediatamente nulle.

La Chiesa agirà in modo simile oggi. L'apostolo Pietro diede queste istruzioni ai cristiani che erano ingiustamente perseguitati: "Chi vi farà del male, se siete desiderosi di fare il bene? Ma anche se soffriste per ciò che è giusto, siete beati. Non temete le loro minacce; non temete né abbiate paura. Ma nel vostro cuore venerate Cristo come Signore. Siate sempre pronti a dare una risposta a chiunque vi chieda ragione della speranza che avete. Ma fatelo con dolcezza e rispetto, mantenendo la coscienza pulita, affinché coloro che parlano con malizia contro la vostra buona condotta in Cristo, si vergognino delle loro calunnie, perché è meglio, se questa è la volontà di Dio, soffrire facendo il bene che facendo il male..." (1 Pt 3:13-17) .

Vale la pena prestare particolare attenzione alle parole sul rispondere con gentilezza a tutti coloro che chiedono conto a noi (cristiani). Questo si dice non tanto di coloro che si interessano al cristianesimo, ma di coloro che avanzano pretese contro la Chiesa, cioè contro i suoi nemici. L'apostolo Pietro dice che anche noi dobbiamo spiegare loro, con calma e saggezza, in cosa consiste la nostra fede e perché ci comportiamo in questo modo e non in altro modo. La posizione "è inutile dir loro nulla e dimostrare nulla" è comprensibile dal punto di vista umano, ma non è condivisa né dalla Sacra Scrittura né dall'esperienza della Chiesa antica. Siamo quindi destinati a rispondere agli attacchi malevoli con una spiegazione calma della nostra posizione e a rispondere al male con gentilezza e preghiera.

La nostra forza principale risiede nella fedeltà a Dio e nell'unità della Chiesa. Finché saremo uniti, finché i nostri nemici non riusciranno a dividerci in parti in guerra, finché ci realizzeremo come la vera Chiesa ortodossa locale ucraina, non potremo essere sconfitti.

 
Cronache da un nuovo fronte: la guerra ai giornalisti

Si stanno moltiplicando dal fronte ucraino le storie di giornalisti arrestati, sequestrati, imprigionati illegalmente, rilasciati dietro riscatto, e anche vittime di guerra (di questo ci si è resi conto in Italia solo perché tra le vittime ci sono un reporter italiano e un suo traduttore russo con cittadinanza italiana), uccise nelle pretese operazioni anti-terrorismo nelle quali si bombardano obiettivi civili.

Ma la vita di un giornalista non muore solo sulle barricate... per avere osato pubblicare un reportage da Slavjansk non "politicamente allineato", perfino la direttrice del New York Times Jill Abramson è stata licenziata.

A queste persecuzioni dirette possiamo aggiungere anche l’immensa opera preventiva di un’informazione libera: ne sono testimoni i numerosi giornalisti respinti alle frontiere ucraine, non solo per la loro intenzione di coprire gli eventi nelle regioni orientali, ma anche le elezioni presidenziali ucraine. Quanta differenza tra le elezioni avvenute in Crimea sotto il pettine di ogni sorta di osservatori, e di quelle più recenti nel Donbass, in cui la popolazione locale ha espresso chiaramente la sua volontà di autodeterminazione pur sotto minaccia armata...

In una nazione presunta civile, ci si aspetterebbe che un giornalista abbia il diritto a commentare la “miracolosa” apparizione in una cassetta elettorale trasparente di un bel blocco di schede nettamente impilate l’una sull’altra:

“Questo non è un miracolo – queste sono le elezioni nell’Ucraina”

In una nazione presunta civile, un’immagine come questa circolerebbe apertamente e farebbe gridare fino al cielo a brogli elettorali su vasta scala. Ma in una nazione presunta civile, ci si aspetterebbe anche che ai giornalisti venga permesso di fare liberamente il proprio lavoro.

Un altro esempio di totale sterminio di libertà giornalistica: chi ha notizie dalla Rus’ Carpatica? Proprio in questi giorni, stanno sfuggendo alla censura poche notizie di inizi di insurrezione locale (e per portare i russini alla resistenza armata, come sa chi li conosce, sono necessarie misure persecutorie di un livello estremo). Purtroppo, dal giornalismo di oggi non abbiamo nessuna notizia fondata da comunicarvi. Ci limitiamo a offrirvi un pezzo del giornalismo di ieri, il documentario Я русин был, есмь и буду... Неудобная правда о Подкарпатской Руси (Io ero, sono e sarò russino... La scomoda verità della Rus' Subcarpatica), tra i cui protagonisti figura padre Dimitri Sidor (di cui abbiamo chiesto e non cessiamo di chiedere il rilascio), e che illustra chiaramente quanto ci sia di “europeista” in questo estremo lembo occidentale dell’Ucraina.

La libertà dei giornalisti è anche un indicatore della nostra libertà... se si impedisce di raccontare le sofferenze subite da una o più persone, questo equivale a mantenere tali persone in stato di schiavitù. Ricordiamocene!

 
Il primate russo è sicuro che il Fanar abbia riconosciuto la "Chiesa ortodossa dell'Ucraina" sotto pressione esterna

il patriarca Kirill di Mosca e di tutta la Rus'. Foto: Ria News

Il Fanar in Ucraina ha commesso un crimine, non un errore, ha sottolineato il patriarca Kirill.

Il primate della Chiesa ortodossa russa, sua Santità il patriarca Kirill di Mosca e di tutta la Rus', è convinto che il patriarca di Costantinopoli abbia riconosciuto la "Chiesa ortodossa dell'Ucraina" sotto la pressione di potenti forze politiche dall'esterno. Lo ha detto in una tradizionale intervista natalizia, il cui testo è stato pubblicato sul sito Patriarchia.ru il 7 gennaio 2021.

"Il Fanar non ha commesso un errore ma ha commesso un crimine, lo dico con amarezza", ha detto il patriarca Kirill. "Andando dietro ai pensieri di qualcun altro e alle parole di qualcun altro, il patriarca di Costantinopoli ha fatto quello che ha fatto. Non è un caso che sottolinei 'di qualcun altro', perché ho informazioni che il patriarca Bartolomeo era sotto la pressione di una potente forza politica associata a uno dei superpoteri".

Ha ricordato che la posizione del Fanar in Turchia è "difficile, molto difficile".

"Noi preghiamo sempre per il patriarca di Costantinopoli, rendendoci conto che non è facile per lui svolgere il suo ministero patriarcale", ha aggiunto il primate della Chiesa ortodossa russa. "Ma, comunque, a un certo punto - non voglio insegnare niente al mio confratello - forse, a un certo punto, bisogna avere forza d'animo di dire di no anche alle forze più potenti. Penso che il patriarca Bartolomeo non ci sia riuscito e sia stato coinvolto nel conflitto".

La logica di coloro che stanno dietro il capo del Fanar e hanno istigato il conflitto tra le Chiese ortodosse è, secondo il patriarca Kirill, quella di "strappare la Russia ortodossa dai fratelli e dalle sorelle ortodossi del Mediterraneo e del Medio Oriente".

"Secondo l'opinione di questi strateghi, infatti, l'Ortodossia ha giocato e sta giocando un ruolo troppo importante nella formazione di una comunità spirituale e culturale, quindi senza rompere i legami ortodossi era impossibile distruggere questa comunità spirituale per mezzo di alcuni fattori esterni. Pertanto, il piano è semplice: strappare la Chiesa russa agli ortodossi in Grecia, nel mondo arabo e in Medio Oriente, in modo che l'Ortodossia si indebolisca", ha spiegato il primate della Chiesa ortodossa russa, aggiungendo che tentativi di questo tipo continueranno in futuro.

In precedenza, l'Unione dei giornalisti ortodossi ha scritto che il patriarca Kirill ha invitato il primate della Chiesa di Cipro a riconsiderare il riconoscimento della "Chiesa ortodossa dell'Ucraina".

 
Perché l'ossessione dello Stato di sicurezza nazionale degli Stati Uniti per i cristiani ortodossi?

La Russia non è solo un nemico dell'Occidente. La Russia e la sua Chiesa ortodossa sono il nemico dell'Occidente... La Russia, sotto il suo squilibrato dittatore Vladimir Putin, è decisa a distruggere tutto ciò che rappresenta l'Occidente. La guerra in Ucraina, a meno che le infuriate orde mongole non vengano fermate, è solo un preludio all'invasione dell'Europa. Solo la potenza e le risorse finanziarie della NATO, guidata dagli Stati Uniti, possono salvare il mondo!

Così era all'inizio. Così è ora. E così sarà sempre. Almeno fino a quando la Russia non verrà sconfitta, smembrata e ridotta a pezzi di ricambio.

Ma perché? Analisti indipendenti, politici, leader mondiali e pensatori di ogni genere dubitano moltissimo della verità di questa narrativa. Come ha chiesto il presidente Trump, durante la stagione elettorale del 2016, "Perché non possiamo andare d'accordo con la Russia?" Anche l'amministrazione Obama a un certo punto aveva cercato di migliorare i rapporti con la Russia, proponendo il famoso "reset". Ora non più. Dopo quasi due mandati presidenziali interi da quando Trump ha posto quella domanda pertinente, l'allarme ufficiale nei confronti della Russia è più alto che mai.

Perché?

Denaro, potere e controllo. La Russia è l'unica giustificazione lontanamente credibile per il nostro sistema di "sicurezza nazionale" da trilioni di dollari: un sistema che possiede e gestisce completamente l'America. Negli ultimi 20 anni, gli Stati Uniti hanno speso 14.000 miliardi di dollari in interventi esteri. Il nostro budget militare, tutto compreso, supera i mille miliardi di dollari all'anno. Il totale per l'Ucraina ha superato i 100 miliardi di dollari solo negli ultimi due anni. C'è così tanto denaro in giro che il Pentagono annuncia regolarmente di aver "perso le tracce" di miliardi di dollari. Nessuno batte ciglio. Continuano ad essere assegnate sempre più risorse.

Essere anche lontanamente legati alla "sicurezza nazionale" significa non essere mai responsabili di nulla.

Gli americani sanno che i soldi delle nostre tasse sono convertiti in navi, missili, carri armati, artiglieria, aerei, satelliti, reti di spionaggio, droni, ecc. Ma questa è solo la punta dell'iceberg. C'è molto di più di cui gli americani non hanno idea. Per esempio, gli Stati Uniti hanno un enorme programma segreto sulle armi biologiche, le cui dimensioni e i cui finanziamenti negli ultimi due decenni sono esplosi. Secondo la ricerca di RFK Jr., sono attualmente impiegati 13.000 scienziati in tutto il mondo, finanziati con miliardi (trilioni?) di dollari di provenienza sconosciuta, che lavorano in circa 400 laboratori. A cosa stanno lavorando? Al santo Graal della guerra: armi biologiche che possono decimare il nemico mentre si sviluppano nuovi vaccini per proteggere la nostra popolazione da tali armi.

L'influenza di questo enorme apparato di armi biologiche è stata mostrata durante il COVID. Le nostre risposte al COVID sono state etichettate come "contromisure" e sono state ordinate dal Dipartimento della Difesa degli Stati Uniti (DOD) in collaborazione con il Dipartimento della salute e dei servizi umani (HHS). Di per sé, l'HHS non aveva l'autorità per firmare contratti per centinaia di milioni di nuovi prodotti medici. Il Government Accountability Office (GAO) ha osservato nel suo rapporto del luglio 2021 sui "Contratti Covid-19": l'HHS ha "collaborato" con il DoD per "sfruttare le altre autorità di transazione (OTA) del DoD... cosa che mancava all'HHS". (pag. 24)

Agendo come agenzie federali separate entro i limiti delle loro autorità, né l'HHS né il DOD sarebbero stati in grado di ordinare 100 milioni di dosi di "vaccino" non approvato e non testato. Quindi hanno "collaborato" per rompere i vincoli delle loro autorità.

Il governo del popolo, da parte del popolo e per il popolo, non è forse una cosa meravigliosa? Come avrebbe reagito il pubblico statunitense se più persone si fossero rese conto che era il Dipartimento della Difesa a supervisionare lo sviluppo, la produzione e la distribuzione delle contromisure COVID e non l'establishment della "salute pubblica"?

Sfortunatamente, la maggior parte degli americani non ne ha ancora la minima idea. La censura è stata semplicemente troppo estesa. Mike Benz, il direttore esecutivo della Foundation for Freedom Online, ha rivelato queste verità in un agghiacciante podcast con Tucker Carlson:

  • "Quello che sto essenzialmente descrivendo è un governo militare. Ciò che è successo con l'ascesa dell'industria della censura è un'inversione totale dell'idea stessa di democrazia".

  • "La democrazia sta portando le ONG ad essere d'accordo con Blackrock, con il Wall Street Journal, con la comunità e i gruppi di attivisti che sono coinvolti rispetto a una particolare iniziativa".

  • "La natura fondamentale della guerra è cambiata [con l'annessione della Crimea]. E la NATO, a quel punto, ha dichiarato quella che inizialmente chiamava dottrina Gerasimov... Tutto quello che devi fare è controllare i media e l'ecosistema dei social media, perché è quello che controlla le elezioni".

  • "Google è iniziato come una borsa di studio DARPA (Defense Advanced Research Projects Agency) di Larry Page e Sergej Brin quando erano dottorandi a Stanford... e poi è diventato un appaltatore militare."

  • "La NATO ha pubblicato libri bianchi che affermano che la più grande minaccia che la NATO deve affrontare non è in realtà un'invasione militare da parte della Russia. Sta perdendo le elezioni nazionali in tutta Europa a favore di tutti questi gruppi populisti di destra". (Per ulteriori informazioni su questo, guardate quanto segue).

Perché la CIA sta cercando di chiudere un sito web conservatore di notizie finanziarie?

Lo speaker Johnson crede così fortemente nel governo limitato che sostiene che l'FBI possa infrangere la legge. Perché le politiche non cambiano mai, indipendentemente da chi è ufficialmente "responsabile"?

Con il pretesto di proteggere l'Occidente dalla "minaccia russa", lo Stato di sicurezza nazionale può esercitare una censura estrema, acquistare accessi giornalistici, spiare chiunque, pubblicare palesi bugie, manipolare le elezioni, impostare schemi di ricatto e poi semplicemente insabbiare tutto. I politici, ovviamente, entrano in azione. Hai perso un'elezione? Dev'essere un'interferenza russa. Sono state trovate prove incriminanti? Dev'essere un'operazione dell'intelligence russa. Finché ci sarà una patina di "democrazia" dietro la quale nascondersi, chi ne saprà mai qualcosa?

Anche quando le persone vengono esposte alla verità, spesso ignorano ciò che accade direttamente davanti ai loro occhi. Come potrebbe essere vero tutto ciò? Come potrebbero "loro" farla franca con tutto questo?

Soldi. Grandi, enormi mucchi di soldi sporchi. Lo Stato di sicurezza nazionale degli Stati Uniti è così generosamente finanziato che ha inghiottito quasi tutta la società (media, industria farmaceutica, produzione, tecnologia, ONG, fondazioni, istruzione, ricerca, sviluppo, organizzazioni religiose, organizzazioni no-profit, think tank). Molti analisti si riferiscono apertamente a questo sistema di controllo interconnesso con il termine blob.

Controllo illimitato. Budget illimitati. Dimenticatevi i re, questo è potere a un livello divino.

Un potere che si basa sul fatto che gli americani, e gli occidentali in generale, accettino che la Russia sia una minaccia esistenziale a tal punto che dobbiamo credere, finanziare e seguire coloro che ci stanno "proteggendo" dalla malvagia Orda Mongola.

Il che ci porta a un problema davvero grosso per lo Stato di sicurezza nazionale e per tutti i maiali che si nutrono di quella vasca apparentemente senza fondo di dolce, dolce denaro dei contribuenti. Molti occidentali, in particolare gli americani della classe media e operaia, non si sentono più minacciati dalla Russia.

Si scopre che il blob è davvero pessimo nel gestire le cose. Se ciò sia dovuto al caso o alla progettazione, questo è discutibile. Ciò che non è discutibile è che molti americani normali sono stufi di guerre, inflazione, debito, mancanza di posti di lavoro ben pagati, scarsa assistenza sanitaria, cibo avvelenato, infrastrutture al collasso, migrazione incontrollata, criminalità, morale al collasso, costante propaganda LGBTQ, transgenderismo diffuso, cattive scuole, censura e perdita di privacy. Soprattutto, siamo stufi di avere la sensazione che il nostro governo ci odi e ci voglia morti.

Molti americani non credono più che l'Occidente stia diffondendo la bontà e la verità nel mondo. Noi non siamo i buoni. Tutte le nostre guerre finiscono per essere perse, combattute per ragioni prive di senso e con conseguenze orribili. Il significato stesso di essere un americano patriottico è stato ribaltato.

I cittadini dei paesi occidentali sanno che le cose sono pericolosamente fuori controllo, ma non hanno idea di cosa fare al riguardo. In verità, i cittadini occidentali sono così abbattuti e demoralizzati che non riescono più nemmeno a immaginare un mondo migliore. Un mondo in cui le loro società vengono costruite, invece che demolite. Un mondo in cui i loro leader si prendono cura di loro.

Ma poi c'è la Russia, che sembra un faro di sanità mentale in un mondo folle. Non solo molti occidentali stanno perdendo la paura della Russia, ma la vedono anche come un possibile modello per rivitalizzare le proprie civiltà in declino!

Il blob ha notato che anche ex sostenitori accaniti dello Stato di sicurezza nazionale, come gli evangelici americani, stanno ponendo domande scomode mentre rifiutano la "narrativa" sulla sicurezza nazionale. Riconoscendo una minaccia al suo potere quando ne vede una, il blob sta schierando giornalisti per scrivere sugli americani che hanno la totale sfrontatezza di ammirare apertamente una nazione che è stato loro esplicitamente comandato di temere e diffamare.

Uno di questi sforzi si chiama "Crisi di mascolinità: la bromance della destra americana con Vladimir Putin" di Cristina Maza, corrispondente per la sicurezza nazionale del National Journal:

Tuttavia, un numero crescente di americani di destra vedono Putin come un leader attraente e un simbolo di purezza morale. E alcuni si stanno addirittura convertendo alla Chiesa ortodossa russa fuori dalla Russia, conosciuta come ROCOR. Questo fenomeno è stato evidente quando il popolare personaggio mediatico di destra Tucker Carlson si è recato in Russia a febbraio per condurre un'intervista servile con Putin, permettendo al leader russo di pontificare per ore sulle ambizioni imperiali di Mosca. L'intervista di Carlson potrebbe essere l'esempio più eclatante dell'adorazione della destra per Putin. Ma un crescente numero di ricerche suggerisce che l'ammirazione per il nazionalismo cristiano autoritario del leader russo sta proliferando tra la destra americana.

"La Chiesa russa è diventata uno strumento di soft power per la Russia in tutto il mondo. Ha davvero cercato di posizionarsi come leader morale globale", ha affermato Katherine Kelaidis, ricercatrice presso l'Istituto di studi cristiani ortodossi di Cambridge che si concentra sugli approcci occidentali al cristianesimo orientale. "È intesa come uno strumento per portare dalla parte russa i conservatori e i tradizionalisti, in particolare sui temi del genere e della sessualità, nel Nord America e nell'Europa occidentale. Ed è stato super efficace.

"Sono scioccata, quando ascolto Fox News o parlo alla radio, dalla misura di solidarietà riflessa per la Russia che non credo si sarebbe vista nemmeno cinque anni fa", ha aggiunto Kelaidis. "Anche la quantità di chiacchiere che si possono vedere online sulla diffamazione dell'Ucraina tra i conservatori americani è affascinante".

Nel suo recente libro "Santa Russia? Guerra santa? Perché la Chiesa russa sostiene Putin contro l'Ucraina", Kelaidis sostiene che il tipo di nazionalismo religioso di Putin è sempre più attraente per quelli della destra americana, che temono e risentono il cosiddetta "ordine del giorno woke" della sinistra liberale.

Mentre gli Stati Uniti hanno legalizzato il matrimonio tra persone dello stesso sesso, la Russia ha etichettato il movimento LGBTQ come un gruppo estremista e ha vietato qualsiasi menzione dei diritti dei gay in pubblico. Tali mosse sembrano ambiziose a segmenti della destra negli Stati Uniti.

Ricercatori come Kelaidis sostengono che il numero di convertiti all'Ortodossia russa negli Stati Uniti è piccolo rispetto al numero crescente di nazionalisti cristiani che condividono un'ammirazione generale per Putin e la sua politica iper-maschile e autoritaria. Personaggi come Putin e Orbán attraggono anche l'estrema destra perché dimostrano un'alternativa alla democrazia liberale.

"È una crisi di mascolinità", ha detto Kelaidis. "Putin e la Chiesa ortodossa russa si definiscono con molta consapevolezza come questo cristianesimo molto vigoroso e mascolino. Ma penso che alla base di tutto ciò ci sia una disaffezione più profonda nei confronti del rapporto della civiltà occidentale con se stessa. ...Sono insoddisfatti di ciò che il liberalismo ha prodotto, filosoficamente parlando".

Chiaramente l'autrice, una giornalista apparentemente "seria", non sta cercando di presentare in modo equo ciò che sta accadendo né all'interno dell'Ortodossia americana, né tra gli evangelici "di destra" (il problema più grande) che ammirano alcuni aspetti della Russia. Sebbene ci siano molti errori fattuali in questo articolo, non è proprio il nostro obiettivo qui sfatare questo o qualsiasi altro "pezzo di successo". Non possiamo rinunciare, tuttavia, a sottolineare che la scrittrice ha subito un lavaggio del cervello troppo intenso per rendersi conto che in realtà esiste davvero una crisi di mascolinità in Occidente.

Piuttosto, il nostro obiettivo, dopo aver esaminato un paio di altri esempi di pezzi di successo, è quello di affrontare la domanda più importante di tutte: perché adesso si scrivono così tanti di questi pezzi?

Un altro pezzo di successo è stato realizzato da Meagan Clark Saliashvili su Texas Monthly. Ecco come il sacerdote ortodosso padre John Whiteford, il brav'uomo al centro di questa atrocità "giornalistica", ha descritto la sua esperienza con lei:

"L'anno scorso, Meagan Clark Saliashvili mi ha contattato per chiedermi se avrei accettato di essere intervistato per un articolo che stava scrivendo per Texas Monthly sulla crescita dell'Ortodossia in Texas. Meagan è una giornalista indipendente convertita all'Ortodossia, sposata con un georgiano e laureata alla Harvard Divinity School. Non ignoravo l'inclinazione liberale dei suoi articoli passati, ma speravo, dato che si era convertita di recente, che sarebbe stata onesta e sincera, anche se avevo ragioni di dubitare che lo sarebbe stata. Tuttavia, ho pensato che se avesse scritto un pezzo di successo, probabilmente non avrebbe avuto importanza se avessi parlato o meno con lei, e parlare con lei avrebbe potuto aiutare.

Come si è scoperto, l'articolo non riguardava affatto la crescita dell'Ortodossia in Texas, ma era in realtà un tentativo estremamente parziale di dipingere me, la mia parrocchia e altri cristiani ortodossi come razzisti, teorici della cospirazione e seguaci dell'autoritarismo. Tuttavia, il fatto che le abbia parlato e le abbia permesso di visitare la mia parrocchia l'ha portata a inserire molti dettagli che contraddicevano gran parte di ciò che stava cercando di realizzare. Non sono sicuro che queste cose fossero incluse nella versione originale della storia o meno, ma sono stato contattato da un fact checker del Texas Monthly (il primo fact checker di qualsiasi organo di stampa con cui abbia mai interagito) e gli ho indicato un numero di fatti rilevanti che effettivamente apparivano nell'articolo così come pubblicato. D'altra parte, non avevo previsto l'impatto negativo che ciò avrebbe avuto su alcune persone nella parrocchia, e questo è il mio più grande rammarico nell'aver accettato una cosa del genere".

Saliashvili ha una formazione della Ivy League con un master presso la Harvard Divinity School. È una libera professionista, avendo perso il lavoro presso Religion Unplugged nel 2023. È riuscita a guadagnarsi la fiducia di un buon prete come convertita ortodossa, solo per poi infarcire il suo articolo con lo stesso tipo di presunti collegamenti ortodossi con il razzismo, l'estremismo e l'autoritarismo religioso, proprio come nel pezzo di Maza citato sopra.

Una delle pioniere dei pezzi di successo anti-ortodossi è Sarah Riccardi-Swartz, una "studiosa" dell'Ortodossia negli Stati Uniti e autrice del libro Between Heaven and Russia. Presumibilmente lei stessa cristiana ortodossa, ha fatto carriera attaccando i "confratelli" ortodossi definendoli estremisti "di destra" schiavi di Vladimir Putin:

"Poiché l'Ortodossia è piccola (negli Stati Uniti), pensano che queste cifre ortodosse online siano utili perché stiamo ottenendo più convertiti", ha detto. "Pensano che stiamo costruendo l'Ortodossia americana. No, non lo siamo. Stiamo creando un'ortodossia americana che non è in linea con il Vangelo ma piuttosto con l'estremismo di destra".

Queste tensioni – sul gender, sul nazionalismo e sugli impatti della guerra Russia-Ucraina – riflettono le battaglie d'identità che frammentano l'Ortodossia in tutto il mondo.

Indipendentemente dall'autore o dalla pubblicazione, ci si deve chiedere: da dove vengono i soldi usati per finanziare tale "giornalismo"? E, cosa ancora più importante, perché si scrivono questi pezzi?

Per diffondere la paura e stabilire un concetto di un'Ortodossia "buona" contro una "cattiva".

Collegare gli obiettivi di questi articoli (convertiti ortodossi tradizionalisti, altri cristiani che ammirano il rinnovamento culturale russo) all'estremismo, al razzismo e al (possibile) tradimento è tutto un tentativo di diffondere paura. La paura degli ortodossi "fin dalla culla" che la loro amata Chiesa venga dirottata da un pericoloso movimento politico. La paura dei potenziali convertiti ortodossi che, mentre cercano un autentico incontro con Dio nella Chiesa fondata da Gesù Cristo, potrebbero davvero unirsi a qualche tipo di setta radicale. Paura anche solo di essere visti a visitare una chiesa ortodossa, perché ora si potrebbe essere associati a "quelle persone". Paura dei cristiani ortodossi tradizionali che andare in chiesa possa essere pericoloso, perché Antifa e altri estremisti violenti potrebbero stare a guardare. Paura che i datori di lavoro possano scoprire online la tua affiliazione ortodossa e licenziarti con la scusa che la tua Chiesa sia un'organizzazione estremista. Paura che l'FBI e altre agenzie con sigle di tre lettere abbiano ora la copertura di cui hanno bisogno per indagare, molestare, spiare e censurare i cristiani ortodossi e altri conservatori come minacce alla sicurezza nazionale. Paura che alcuni dei vescovi ortodossi più "liberali" in Occidente possano sentirsi obbligati/autorizzati ad agire contro preti e parrocchie tradizionali.

Paura che questa attenzione indesiderata sia solo l'inizio.

Il blob trae il suo potere dalla paura. Paura della Russia e paura delle conseguenze del non seguire la narrazione ufficiale del blob.

Pezzi di successo come questi avranno un impatto, ma inferiore a quello che gli autori e i loro gestori vorrebbero. La Chiesa ortodossa non è un'organizzazione politica. Gli insegnamenti morali della Chiesa ortodossa non sono mai stati intesi come parte dei processi politici di uno stato oligarchico malfunzionante. La Chiesa ortodossa è qui per portare l'umanità faccia a faccia con il Dio vivente, non per vincere le elezioni. La Chiesa costruisce santi, non attivisti, e i santi ortodossi non sono noti per arrendersi alla paura.

Dal lato politico di tutto questo, tuttavia, l'ossessione per "l'estremismo di destra" tradisce il fatto che la "destra" populista (come notato sopra nell'elenco di Benz) spaventa la massa in modi in cui non la spaventa la "sinistra". La sinistra è composta da persone che il blob può facilmente controllare. La loro lista di preoccupazioni è piuttosto piccola e facile da soddisfare per il blob: diritti LGBTQ, cambiamento climatico, aborto su richiesta e la lotta senza fine contro il "razzismo sistemico". Queste persone sono facili da corrompere. Facili da manipolare. Facili da distrarre. Non fanno analisi approfondite. Non richiedono cambiamenti strutturali per affrontare problemi economici profondamente radicati. Odiano appassionatamente la Russia e sono diventati estremamente, pericolosamente "patriottici" grazie all'agenda WOKE del governo statunitense. Anche quando si ribellano, si scatenano solo in attacchi di rabbia distruttiva. Non c'è mai alcun pericolo che possano, o che vogliano, effettivamente affrontare il blob. Sono le perfette ancelle della tirannia.

Anche la "sinistra" è facile da terrorizzare. Basta sottolineare che la Russia, e l'attuale Ortodossia, si oppongono ai loro moderni "diritti", come l'aborto e il "matrimonio tra persone dello stesso sesso", è sufficiente per mandarli in crisi isterica. Sta arrivando l'uomo cattivo che vuole che l'America assomigli di più alla Russia, in modi che in realtà assomigliano molto alla New York City del 1961 circa.

La vera "destra", tuttavia, è una vera minaccia per il blob. L'autentica "destra" si concentra sull'autonomia locale, sulla riduzione del governo federale, sul ritiro dalla NATO, sul pareggio dei bilanci con massicce riduzioni della spesa, sulla reale risoluzione dei problemi economici (aumento della crescita dell'occupazione, controllo dell'inflazione, riduzione del costo della vita), su una politica estera a favore della pace. politica, una società civile ordinata, controlli alle frontiere, riduzione della criminalità, protezione dei bambini dalla sessualizzazione, istruzione di qualità e diritti dei genitori. Questo è un programma capace di uccidere il blob. Cosa ancor più spaventosa per il blob, la "destra" ha dimostrato la sua capacità di far scendere centinaia di migliaia di persone comuni e incazzate per le strade di Washington, semplicemente chiedendo loro di venire a manifestare. Per il blob tutto questo è assolutamente inaccettabile. Chiaramente, tutto ciò che sostiene la "destra" deve essere screditato, o almeno cooptato.

Non è ciò che è realmente accaduto il 6 gennaio che li tiene svegli la notte

Un altro scopo di tutti questi pezzi di successo è quello di stabilire la narrativa ufficiale di un'Ortodossia "buona" (modernizzata, spesso etnica) gestita da Costantinopoli contro un'Ortodossia "cattiva" (tradizionale, spesso convertita) gestita da una Mosca nazionalista, malvagia e meschina. Questo è il motivo per cui pezzi di successo come questi di solito elogiano alcuni vescovi e accademici, mentre ne definiscono altri "cattivi". Il modo in cui ciò si svilupperà in futuro potrebbe rivelarsi molto pericoloso per gli ortodossi tradizionali. Il blob, come vedremo più approfonditamente in seguito, non ha evitato di mettere le Chiese ortodosse al bando e di fondare "nuovi" organismi ortodossi per sostituirle. Nessun individuo riflessivo dovrebbe credere che ciò che il blob è disposto a fare agli ucraini, non sarebbe disposto a farlo agli americani. Molte persone attualmente in carcere credevano erroneamente che la Costituzione valesse la carta su cui è stampata.

Tuttavia, è improbabile che gli articoli di successo che insultano i cristiani ortodossi tradizionali facciano abbastanza per impedire agli americani di scoprire la vera Chiesa fondata da Cristo attraverso i suoi apostoli. Né le semplici parole possono scoraggiare un numero sufficiente di conservatori non ortodossi dal notare che, moralmente ed economicamente, la Russia si sta muovendo nella direzione opposta di quella dell'Occidente.

È necessaria più "azione diretta". Cosa che, ovviamente, il blob sta già perseguendo.

Isolare e neutralizzare quanto più possibile la Chiesa ortodossa russa

L'attuale Chiesa russa sul suolo russo è fuori dalla portata del blob. Protetta da un formidabile apparato militare e di sicurezza russo, armato anche di armi nucleari, la Chiesa russa, nel peggiore dei casi, subisce punture di zanzara da parte del blob.

Tuttavia, la Chiesa ortodossa russa opera anche in territori stranieri dove è molto più vulnerabile. La Chiesa ortodossa ucraina, sebbene per decenni prima della guerra avesse avuto un governo autonomo, era considerata parte del territorio canonico di Mosca. Dal 2022, la Chiesa ortodossa ucraina subisce una terribile persecuzione da parte del governo di Kiev. Il suo avvocato, Robert Amsterdam, ha rivelato nel febbraio 2024 che la sua squadra aveva appreso dal sottosegretario di Stato sotto il presidente Trump che la distruzione della Chiesa ortodossa ucraina era un obiettivo primario della politica statunitense. La Chiesa ortodossa ucraina si era rifiutata di rompere completamente con Mosca (prima della guerra: una rottura formale si è poi verificata nel maggio 2022 a seguito dei combattimenti), aveva rifiutato di essere un'organizzazione di propaganda nazionalista e si era rifiutata di abbracciare il moderno ordine del giorno "democratico" americano. (LGBTQ, legalizzazione della droga, cambiamento climatico, estremismo anti-russo, aborto). Per reprimere questa "disobbedienza" ai dettami dello Stato di sicurezza nazionale, è stato ordito un complotto che ha coinvolto l'ex presidente ucraino Poroshenko, il patriarca Bartolomeo di Costantinopoli e il governo degli Stati Uniti per creare un sostituto compiacente della Chiesa ortodossa ucraina (la cosiddetta "Chiesa ortodossa dell'Ucraina") e poi distruggere la Chiesa canonica.

Secondo Amsterdam, grazie al traditore patriarca Bartolomeo, la Chiesa ortodossa ucraina è diventata "il bersaglio di una feroce e illimitata campagna di intimidazione, perpetrata dalle autorità ucraine". Terze parti indipendenti, come le Nazioni Unite, hanno riferito di violenze e persecuzioni contro la Chiesa ortodossa ucraina. La stragrande maggioranza dei cristiani ortodossi canonici nel mondo ha continuato a sostenere la Chiesa ortodossa ucraina.

Omelia pasquale del metropolita Onufrij nel 2023 alla Chiesa ortodossa ucraina sofferente

Naturalmente, gli Stati Uniti giustificano tutto ciò con il pretesto di combattere il "soft power" (una frase ripetuta fino alla nausea nei pezzi di successo anti-ortodossi) che la Chiesa ortodossa russa rappresenta per il nefasto regime di Putin. Naturalmente, se l'intero governo del blob non fosse basato sullo sfruttamento economico e sulla distruzione immorale della società civile, forse questo "soft power" rappresenterebbe una minaccia minore? Oppure, forse, se i leader eletti "democraticamente" rappresentassero meglio le preoccupazioni della maggioranza dei loro elettori, piuttosto che quelle delle minoranze sessuali e di altro tipo, tale "soft power" rappresenterebbe anch'esso una minaccia minore? Nessuno esplora davvero tali domande, poiché le risposte minaccerebbero il potere del blob. Meglio invece provare a "cancellare" la Chiesa ortodossa.

L'Ucraina è stata solo l'inizio. L'ingerenza del governo negli affari delle Chiese ortodosse locali si è ora diffusa in Estonia, dove vivono centinaia di migliaia di russi etnici che sono anch'essi canonicamente ortodossi. L'Estonia, membro della NATO, sta cercando di rompere i legami tra la Chiesa ortodossa locale e la Chiesa russa:

La Chiesa ortodossa estone del Patriarcato di Mosca (MPEÕK) non può continuare le sue attività sotto la giurisdizione del capo della Chiesa ortodossa russa, il patriarca Kirill, che ha minacciato i paesi occidentali, tra cui l'Estonia, e ha chiesto l'uccisione degli ucraini, ha affermato il ministro degli Interni Lauri Läänemets (SDE).

"Guardando quello che ha detto, quello che ha detto il loro capo (MPEÕK – ndr), che differenza resta tra un leader religioso musulmano che suggerisce che tutti in Occidente devono essere massacrati e il patriarca di Mosca Kirill che dice che ogni ucraino deve essere ucciso e che sono in guerra santa contro tutte le altre religioni", ha detto Läänemets all'ERR venerdì.

Läänemets ha affermato che, sebbene la posizione del sinodo sia accettabile e costituisca un movimento nella giusta direzione, "il problema rimane. Ciò non risolve il problema perché il capo della Chiesa di Mosca, nella cui giurisdizione rimane, è ancora il patriarca Kirill", ha aggiunto.

"Il problema sarà risolto una volta che questa subordinazione non ci sarà più. Come lo faranno, se la decisione verrà presa a Mosca o in Estonia, non posso dirlo", ha detto il ministro. "Le parole devono essere seguite dai fatti. Non possiamo essere completamente sicuri che siano sinceri finché ciò non accadrà", ha osservato Läänemets.

Tanti saluti alla libertà di religione e alla libera associazione. O anche alla semplice onestà, poiché il patriarca di Mosca Kirill non ha mai detto che ogni ucraino debba essere ucciso. In effetti, i vescovi ortodossi non chiedono mai che qualcuno sia ucciso. Per quanto riguarda la guerra santa russo-ortodossa, questa non è contro gli ucraini. È contro lo stesso blob.

Il blob, ovviamente, farà in modo che la Chiesa ortodossa estone si separi volontariamente da Mosca. O così, o sarà sostituita come in Ucraina. E dopo che i cristiani ortodossi in Estonia saranno isolati, arriveranno loro le richieste di "modernizzarsi". Proprio come in Ucraina, dove anche i notiziari ufficiali del blob ammettono che la persecuzione della Chiesa ortodossa ucraina non riguarda in realtà un legame non più esistente con la Chiesa russa, ma riguarda in realtà l'accettazione del sesso gay:

Uno dei più grandi media americani, NBC News, afferma di aver scoperto il motivo della persecuzione della Chiesa ortodossa ucraina. Secondo i giornalisti, credenti e preti sono oppressi e screditati perché sono i più ardenti oppositori delle persone LGBT.

Il materiale dice che Kiev accusa i preti ortodossi di spionaggio a favore di Mosca, ma negano tali accuse.

I giornalisti citano anche le parole dell'attivista LGBT Maxim Mishkin, che ha definito i credenti e i sacerdoti della Chiesa ortodossa ucraina "le persone più anti-gay in Ucraina".

Prima sono venuti per la Chiesa ortodossa ucraina, poi verranno per gli estoni. Dovremmo aspettarci che il blob arrivi per tutti i cristiani ortodossi ovunque li possa raggiungere. Come ha avvertito il protopresbitero greco Theodoros Zisis, questa sembra una campagna globale contro tutta l'Ortodossia:

Lo scopo dell'Occidente eretico, aizzato dal Diavolo, è quello di smantellare, col tempo, la Chiesa Ortodossa, cioè la Chiesa Una, Santa, Cattolica e Apostolica, e di scristianizzare l'Oriente Ortodosso, come ha già scristianizzato se stesso.

La semplice rottura dei legami tra Mosca e le Chiese ortodosse storicamente legate non è sufficiente. Questo è solo un modo di rosicchiare i margini, non importa quanto successo abbiano gli sforzi per costringere i cristiani ortodossi appena isolati ad abbracciare la "modernità" sanzionata dagli Stati Uniti.

Il blob ha bisogno di screditare completamente la Chiesa ortodossa russa.

A tal fine, gli accademici, i giornalisti e i chierici ortodossi occidentali retribuiti e mantenuti sono molto utili. Ciò include i membri del Centro di studi cristiani ortodossi dell'Università di Fordham. Attualmente stanno lanciando una petizione per chiedere ai leader religiosi di denunciare la Chiesa ortodossa russa:

Queste questioni urgenti sono amplificate nel contesto della guerra di aggressione russa in Ucraina. Fin dall'inizio, questo conflitto ha assunto un carattere distintivo, in cui la Russia, una nazione che si identifica principalmente come cristiana ortodossa, ha invaso l'Ucraina, un'altra nazione prevalentemente cristiana, senza alcuna provocazione immediata da parte di quest'ultima. Ironicamente, fino a poco tempo fa i cittadini di entrambi i paesi erano affiliati alla stessa Chiesa ortodossa.

È della massima importanza sottolineare che il presidente della Federazione Russa Vladimir Putin, insieme ai politici e ai soldati russi, non ha solo violato i loro obblighi internazionali. Più profondamente, ha commesso una bestemmia contro Dio. Ciò riguarda individui che si identificano come cristiani e che spesso criticano l'Occidente per essersi discostato dai valori cristiani. Nonostante siano impegnati nella costruzione di nuove chiese e monasteri, nell'accendere candele, nella fervente preghiera, nella partecipazione ai sacramenti e nel ricevere la santa Comunione, questi individui paradossalmente aggravano i loro peccati emettendo ordini di omicidio, commettendo personalmente crimini di guerra e giustificando pubblicamente azioni che vanno contro l'umanità e il Creatore.

Il sostegno a questa "guerra ibrida" di aggressione non provocata, la giustificazione della sua violenza e la persecuzione di ogni sacerdote e credente che dice la verità contro la guerra: tutti questi atti commessi dimostrano una posizione consapevole e deliberatamente argomentata. Tutto ciò testimonia quanto la Chiesa ortodossa russa si sia allontanata dal Vangelo e predica qualcosa di alternativo alla Parola di Dio. Tutti i cristiani devono chiedersi in modo critico se l'insegnamento predicato pubblicamente e sfacciatamente dai rappresentanti della Chiesa ortodossa russa sia davvero il vero messaggio dell'evento di Cristo.

Vi supplichiamo di impegnarvi attivamente e immediatamente con le istituzioni internazionali appropriate per facilitare la creazione di una task force internazionale dedicata a ritenere responsabili, attraverso un'analisi sincera e imparziale, quei vescovi, sacerdoti e laici all'interno della Chiesa ortodossa russa le cui dichiarazioni, testimonianze, sermoni, comunicazioni e invenzioni hanno sancito e conferito l'approvazione divina alla violenza, alla guerra e all'aggressione contro il popolo ucraino.

Numerose pubblicazioni hanno analizzato minuziosamente questi fatti dolorosi, sottolineando l'urgenza di un'iniziativa formalizzata che attiri l'attenzione delle Chiese e non possa essere ignorata. Il vostro impegno attivo nella creazione di tale entità costituirà un passo significativo verso la risoluzione di queste questioni cruciali a livello istituzionale.

Una Chiesa che rimane "cristiana" solo esteriormente, ma ha perso il suo spirito evangelico, non può essere sorella di quelle Chiese e comunità che seguono il Vangelo di nostro Signore Gesù Cristo.

Gli sforzi sopra descritti trascendono un mero conflitto con la Chiesa ortodossa russa. Piuttosto, incarnano un impegno dedicato in suo favore: per la Chiesa, per la comunità di credenti guidati dallo Spirito Santo e dal Vangelo, liberati dalla teologia politica ingannevole e dall'ideologia religiosa dannosa. Procedere risolutamente verso una pace autentica richiede l'intrepida proclamazione della verità, indipendentemente dalle sfide intrinseche che può porre.

Siete chiamati a denunciare le ingiustizie, a sostenere il pentimento e l'espiazione e a cercare attivamente un cambiamento trasformativo nel regno temporale. Chiediamo a voi, nostri pastori, di proclamare con coraggio la verità scomoda ma profonda.

Secondo la narrativa ufficiale, la Chiesa ortodossa russa non è realmente una "chiesa", quanto piuttosto un complotto, sostenuto dallo Stato, per un'aggressione russa non provocata. La Chiesa russa ha tradito il Vangelo ed è degna solo di odio e condanna, proprio come il governo russo che la controlla. (Che gli ortodossi tradizionali "tradiscano" il moderno Vangelo dell'inclusione è un'accusa rivolta a tutti noi, non solo alla Chiesa russa.) Inoltre, la Chiesa russa esteriormente sembra "ortodossa", ma in realtà è stata infestata dal male.

Quindi niente da ammirare qui, voi occidentali fuorviati. Sono tutti quanti bugiardi, truffatori e assassini. Basta che voi andiate avanti, abbracciate l'ordine del giorno WOKE e siate gli schiavi demoralizzati che il blob ha bisogno che voi siate. Slava Ukraini!

Che nulla di tutto ciò sia vero è del tutto irrilevante per coloro la cui ultima fonte di finanziamento, e ultimo oggetto di lealtà, è il blob. Che la guerra in Ucraina sia stata deliberatamente provocata dall'Occidente, che il governo di Kiev perseguiti i cristiani e che la Chiesa ortodossa russa non abbia assolutamente approvato né commesso crimini di guerra sono tutte verità che la "quinta colonna ortodossa" non ammetterà mai. Invece, continueranno a diffondere questa falsa narrativa finché il blob si sentirà minacciato dalla statura morale della Chiesa ortodossa russa.

Rovinate tutto ciò su cui potete mettere le mani

Mentre il nucleo della Chiesa ortodossa russa è fuori dalla portata del blob, il Patriarcato di Costantinopoli è saldamente sotto il suo controllo. Per noi occidentali questa è la fonte del pericolo più grande. Se il blob non riesce a impedire agli occidentali dalla mentalità tradizionale di cercare ispirazione nell'Ortodossia, allora forse può rovinarla in modo che nessuno se ne preoccupi più. In questa spinta a distruggere la fede ortodossa in Occidente, il blob può contare su un bel numero di collaborazionisti ortodossi.

Per rovinare l'Ortodossia, ci devono essere cambiamenti sostanziali nell'insegnamento e nella pratica che renderanno la chiesa dall'aspetto "ufficiale" non più la chiesa vera e propria. Prima di considerare alcuni di questi cambiamenti necessari, riconosciamo che se il Patriarcato di Costantinopoli facesse unilateralmente le cose riportate qui di seguito, probabilmente la cosa si tradurrebbe in uno scisma globale.

Se si sta cercando di distruggere l'Ortodossia come visione del mondo concorrente, tuttavia, rompere l'unità della Chiesa è sicuramente un vantaggio.

Con questo in mente, ecco alcune delle caratteristiche distintive della Chiesa ortodossa di cui il blob sta cercando di sbarazzarsi.

La Chiesa Ortodossa è la Chiesa Una, Santa, Cattolica e Apostolica

C'è un solo vero cammino verso Dio, ed è attraverso la Chiesa fondata da suo Figlio e nostro Signore Gesù Cristo. Inoltre, la Chiesa ortodossa insegna che l'Israele di Dio è lei stessa – non un paese secolarizzato del Medio Oriente che attualmente commette crimini indicibili. Questa calma certezza di una verità immutabile attrae gli occidentali, assediati come sono da ogni parte dall'incertezza e dal dubbio.

Quindi questo deve sparire, e il veicolo per sbarazzarsene è il movimento ecumenico , in particolare attraverso l'impegno con l'ebraismo rabbinico e la Chiesa cattolica romana. Attraverso questo movimento di "dialogo" e "cooperazione", si possono apportare cambiamenti alla fede ortodossa e alle sue affermazioni su se stessa. Cambiamenti che rendono l'Ortodossia proprio come tutte le altre "religioni" fallite dell'Occidente, e quindi rimuovono la minaccia che l'Ortodossia rappresenta per il blob.

Per cominciare, la visione che la Chiesa ha di se stessa come continuazione di Israele, e quindi la sua ostilità sia verso il Talmud che verso il sionismo, deve scomparire! Ma non preoccupatevi, il blob ha persone che ci stanno lavorando proprio adesso. Uno di loro è Eugen J. Pentiuc , professore e autore di L'Antico Testamento nella tradizione ortodossa orientale. Pentiuc è il decano (sotto Costantinopoli) del Holy Cross Seminary e un'influenza modernizzante per eccellenza. Le informazioni seguenti sono tratte da una recensione del suo libro, con le seguenti schermate delle sue parole effettive:

Esorta sia i gerarchi ortodossi che i fedeli di base a prendere posizione contro "questi insegnamenti pericolosi", cominciando con un appello a rivedere le dichiarazioni antigiudaiche negli inni e nella liturgia, in particolare quelli del Venerdì Santo. Si riferisce favorevolmente ai cambiamenti che papa Giovanni XXIII ha avviato nella Chiesa cattolica romana quando ha interrotto la liturgia del Venerdì Santo del 1959 per chiedere che l'aggettivo "perfido" fosse rimosso dalla preghiera per gli ebrei (39–40). Questa sezione esemplifica due aspetti notevoli dei tanti che rendono il libro di Pentiuc così prezioso: riconosce il trattamento sgradevole che gli ebrei e le loro scritture hanno subito per mano dei cristiani, e mette l'Ortodossia in dialogo con la Chiesa occidentale in un modo piacevolmente ottimista. Allo stesso tempo, Pentiuc suggerisce che un lieve supersessionismo cristiano potrebbe essere inevitabile se la Chiesa ortodossa vuole rimanere coerente con la sua ermeneutica storica, cosa che sicuramente farà. Il trionfalismo cristiano, d'altra parte, viene "facilmente scartato" e l'autore sottolinea il suo punto con un cenno a Efrem il Siro: "L'umiltà è così potente che persino il Dio che tutto vince non vincerebbe senza di essa". Pentiuc sostiene che il colpo più forte contro il supersessionismo è proprio la complementarità dei due testamenti biblici. Come scrisse Origene, esiste un solo Dio, i cui attributi principali sono l'amore e la giustizia, ed entrambi gli attributi sono presenti in entrambi i Testamenti (59). Pentiuc permette con garbo ai suoi lettori di tracciare da soli il collegamento tra il detto di Origene e l'icona del Monte Sinai che ha introdotto il libro.

I passi appena mostrati indicano la strada verso quella che viene chiamata teologia della "doppia alleanza" (gli ebrei vengono salvati essendo ebrei, i cristiani attraverso Cristo). Si tratta di una innovazione radicale nell'insegnamento della Chiesa. Il libro di Pentiuc sostiene anche seri cambiamenti liturgici, postula che gli ebrei rabbinici comprendano l'Antico Testamento meglio della Chiesa ortodossa e chiede di sradicare l'antisemitismo, anche quando ciò significa censurare/sopprimere scritti storici come quelli di san Giovanni Crisostomo. La Chiesa deve cambiare, dice Pentiuc, per essere più accettabile per gli ebrei rabbinici. Quest'uomo è il preside di un seminario ortodosso, non solo un accademico a caso.

Come notato da Pentiuc nel suo libro, nella Chiesa cattolica romana sono già avvenute riforme liturgiche e di altro tipo per creare un corpo cristiano più accettabile per gli ebrei rabbinici:

È noto che storicamente la Chiesa cattolica ha posto molte restrizioni al potere e all'influenza degli ebrei, come ad esempio escludendoli totalmente da posizioni di potere durante il Concilio Lateranense IV. Questa preoccupazione ebraica nei confronti dell'antisemitismo cristiano ha portato l'Anti-Defamation League (ADL) a interessarsi in modo significativo anche a questioni oscure della Chiesa, come l'uso della Messa in latino. Dopo che le restrizioni sulla Messa in latino furono revocate da papa Benedetto XVI, l'ADL ha rilasciato una lunga denuncia, compresi riferimenti alla "storia bimillenaria di antisemitismo" della Chiesa e alla "grande sofferenza e dolore imposti agli ebrei dalla Chiesa nel corso dei secoli", infine riassunti con questa affermazione: "L'uso più ampio della Messa in latino rende più difficile l'attuazione delle dottrine del Vaticano II e di papa Giovanni Paolo II, e potrebbe anche mettere in moto forze retrograde all'interno della Chiesa riguardo agli ebrei, nessuna delle quali è nell'interesse né della Chiesa né del popolo ebraico".

I sostenitori della Messa in latino si rendono conto che i gruppi ebraici sono, almeno in parte, responsabili non solo delle riforme liturgiche del Vaticano II, ma anche della continua soppressione della Messa tridentina? Come sta andando tutto questo per i cattolici romani? Qualcuno pensa che funzionerà meglio per gli ortodossi, e che dovremmo seguire questa strada? Il tentativo di Costantinopoli di farlo da soli porterà senza dubbio a un grave scisma. Ma forse non è proprio questo il punto per il blob?

Pentiuc non è il solo a desiderare di trasformare la Chiesa ortodossa in un'istituzione più favorevole agli ebrei. Anche l'arcivescovo Elpidophoros dell'arcidiocesi greca è preoccupato per l'aumento dell'antisemitismo:

"Sono preoccupato per la diffusione dell'antisemitismo a livello internazionale", ha detto in un pubblico a Salonicco, la seconda città più grande della Grecia, l'arcivescovo Elpidophoros d'America, leader spirituale dei fedeli greco-ortodossi del Nord e del Sud America.

Ha aggiunto di essere particolarmente preoccupato che "l'unguento della Chiesa non guarisce le ferite, ma diffonde il fuoco" dell'antisemitismo, senza però fornire esempi concreti.

"Il male ha un nome, un'identità e una storia, e si chiama fascismo e nazismo. ...Non ha alcuna relazione con la teologia cristiana, nonostante gli sforzi di alcuni di rivestire la loro ideologia di estrema destra con il mantello del cristianesimo", ha detto Elpidophoros.

Abbiamo aggiunto il grassetto per assicurarci che il lettore individui le stesse idee della scrittura di Pentiuc. Sua Eminenza l'Arcivescovo Elpidophoros d'America è il Presidente del Consiglio di Amministrazione di Holy Cross. Lo stesso consiglio che ha nominato Pentiuc nella sua attuale posizione. L'arcivescovo e l'accademico sono ovviamente sulla stessa lunghezza d'onda quando si tratta di modificare la fede ortodossa rispetto ai suoi insegnamenti tradizionali sull'ebraismo rabbinico.

L'arcivescovo Epidophoros ed Eugen Pentiuc

Una curiosità interessante riguardante Pentiuc è che parte del suo lavoro a Holy Cross è stato finanziato da una sovvenzione della Lilly Endowment:

Holy Cross ha recentemente ricevuto una sovvenzione di 1.125.995 dollari dalla Lilly Endowment Inc. attraverso la sua Compelling Preaching Initiative per aiutare a fondare The Scriptorium: Preaching and Teaching the Word of God in a Digital Age, la cui proposta è stata progettata e scritta da padre Pentiuc in consultazione con il dr. James C. Skedros, decano ad interim uscente di Holy Cross, e il diacono Gary Alexander, vicepresidente dell'HCHC per l'amministrazione e le finanze. Lo scopo dell'iniziativa è promuovere e sostenere la predicazione che ispira, incoraggia e guida le persone a conoscere e amare Dio e a vivere più pienamente la propria fede cristiana.

L'uso del denaro della fondazione per "comprare" i risultati degli accademici è qualcosa che il sito Orthodox Reflections ha già esplorato in precedenza.

Come ultimo esempio del movimento anti-"antisemitismo" all'interno delle Chiese affiliate al Patriarcato di Costantinopoli, si prega di consultare l'annuncio che segue:

Il Santo Sinodo è stato informato che il 27 febbraio a Nicosia è stato firmato il documento tra la Chiesa ortodossa di Grecia, la Chiesa ortodossa di Cipro, i Ministeri dell'Istruzione di Grecia e Cipro, il Consiglio centrale delle comunità ebraiche in Grecia (KIS) e il Museo Ebraico della Grecia (JMG). Il documento prevede l'attuazione di azioni volte a preservare la memoria della Shoah e a contrastare l'antisemitismo e ogni forma di razzismo.

Inoltre, il Santo Sinodo è stato informato che il Centro interortodosso della Chiesa di Grecia è stato invitato specificamente come unico rappresentante della Grecia a partecipare alla Rete europea di professionisti contro l'antisemitismo (EPNA), che comprende organizzazioni dell'intera Unione Europea.

Tutta questa attenzione alla lotta contro "l'antisemitismo" nella Chiesa ortodossa è davvero sorprendente data la situazione a Gaza e in Cisgiordania. La maggior parte dei cristiani palestinesi sono ortodossi. Centinaia di loro si trovano a Gaza, dove una storica chiesa ortodossa è stata bombardata dalle forze armate israeliane con gravi perdite di vite umane. Migliaia di cristiani ortodossi palestinesi soffrono l'oppressione sotto la brutale occupazione israeliana in Cisgiordania. I patriarchi di Gerusalemme e Antiochia si esprimono quotidianamente contro queste atrocità. D'altro canto, il Patriarcato di Costantinopoli e le Chiese ad esso collegate sentono il bisogno di concentrarsi sulla "lotta all'antisemitismo", che evidentemente è altrettanto grave quanto lo sterminio di massa.

Grazie a Dio il blob sembra avere meno controllo su Tucker Carlson che sul Patriarcato di Costantinopoli. (Cliccate qui per lo show di Carlson sulla persecuzione dei cristiani in Israele).

Il movimento ecumenico all'interno della Chiesa ortodossa non è solo fissato nel cambiare le nostre affermazioni di verità associate al giudaismo rabbinico. Ci stiamo anche dirigendo verso legami sempre più stretti con la Chiesa cattolica romana. Naturalmente, papa Francesco e il patriarca Bartolomeo hanno pubblicato insieme un libro sull'ambientalismo.

La rivista Atlantic, uno dei portavoce più ufficiali del blob, ha appena fatto un brillante paragone tra la "modernizzazione" di papa Francesco e del patriarca Bartolomeo rispetto al "bastione della militanza" che si trova a Mosca sotto il patriarca Kirill:

Da un lato, Bartolomeo ha trascorso tre decenni cercando di rendere l'Ortodossia più compatibile con il mondo liberale moderno. Esorta apertamente i fedeli ad accettare l'evoluzione e altri principi scientifici. È stato un appassionato sostenitore della tutela dell'ambiente. E, come papa Francesco, ha silenziosamente promosso un atteggiamento di maggiore accettazione nei confronti dell'omosessualità. Ma il potere di Bartolomeo è più limitato di quello del papa. Ci sono altri otto patriarchi ortodossi, ciascuno dei quali presiede una Chiesa nazionale o regionale, e il ruolo di Bartolomeo è quello di "primo tra pari".

Kirill, che guida di gran lunga la più grande Chiesa nazionale, ne ha fatto un bastione della militanza. Ha dato il suo pieno sostegno alla guerra contro l'Ucraina, e alcuni dei suoi preti vanno oltre, predicando la gloria di lanciare razzi Grad e di morire in battaglia per la Russia. Le noiose invettive manichee di Kirill – sulla santa Russia che difende i "valori tradizionali" contro le parate del gay pride dell'Occidente decadente – sono molto più che una giustificazione per l'autocrazia di Putin. La sua ideologia antimoderna è diventata uno strumento di soft power che viene consumato con entusiasmo dai conservatori di tutto il mondo ortodosso così come dalle figure di destra in Europa (come l'ungherese Viktor Orbán). Ha conquistato adepti anche negli Stati Uniti, dove alcuni evangelici e cattolici di destra cercano di avere un ruolo più forte nelle guerre culturali.

Quando tutti, anche uno che scrive per Atlantic, si rendono conto che il patriarca Bartolomeo è più vicino a papa Francesco che a un altro patriarca ortodosso, questo è un segno premonitore. Il divario è reale, e il blob è fermamente intenzionato a continuare ad allontanare ulteriormente i patriarcati ortodossi e ad avvicinare Costantinopoli a Roma. Recentemente, il patriarca di Costantinopoli ha espresso il desiderio che i cristiani in Oriente e in Occidente inizino a celebrare la Pasqua in una "data unificata" piuttosto che aderire a calendari quaresimali separati:

"È uno scandalo celebrare separatamente l'evento unico dell'unica risurrezione dell'unico Signore", ha detto in una recente omelia, secondo Orthodox Times, il patriarca Bartolomeo I, che detiene il titolo di "primo tra uguali" nell'Ortodossia orientale .

Lo ha affermato il patriarca ecumenico nel corso dell'omelia del 31 marzo, che segnava la Pasqua nel calendario occidentale e la seconda domenica di Quaresima nel calendario orientale.

"Rivolgiamo un cordiale saluto di amore a tutti i cristiani del mondo che celebrano oggi la santa Pasqua", ha detto Bartolomeo durante l'omelia. "Imploriamo il Signore della Gloria che la prossima celebrazione della Pasqua del prossimo anno non sia semplicemente un evento fortuito, ma piuttosto l'inizio di una data unificata per la sua osservanza da parte sia del cristianesimo orientale che di quello occidentale".

Cambiare l'insegnamento ortodosso sulla Chiesa come nuovo Israele, purgare le nostre liturgie dai riferimenti "antisemiti", sopprimere gli scritti "antisemiti" dei nostri santi e allineare i calendari porterà Costantinopoli più vicino alla Chiesa cattolica romana, mentre quasi sicuramente reciderà completamente ogni legame rimanente con Mosca, e anche con gran parte del resto del mondo ortodosso.

Ben fatto, blob. Ben fatto.

Potremmo elencare molte, molte altre ragioni di preoccupazione per i crescenti legami tra il Patriarcato di Costantinopoli e il cattolicesimo romano (incoraggiati e finanziati dal blob, ovviamente), ma siamo già troppo lunghi con questo articolo così com'è.

È ora di dare il benvenuto alla comunità LGBTQ e al Dio della democrazia!

Le questioni LGBTQ sembrerebbero essere risolte nella Chiesa ortodossa. Il matrimonio è tra un uomo e una donna. Il sesso fuori dal matrimonio è un peccato. Il caso sembra piuttosto ermetico. Infatti, quando la Grecia è diventata il primo paese a maggioranza cristiana ortodossa a legalizzare il "matrimonio tra persone dello stesso sesso", la reazione della Chiesa è stata rapida e forte. Il metropolita Seraphim del Pireo è stato proprio uno dei vescovi che hanno scomunicato pubblicamente i parlamentari greci che avevano votato per il matrimonio tra persone dello stesso sesso: "No, no, no, non accetteremo chi fa questo. Allontanarsi dalla fede cristiana è tradire Cristo. E purtroppo sarebbe stato meglio se non fossero nati". Sua Eminenza, inoltre, "ha sollevato la questione del ribaltamento dell'ontologia e della fisiologia umana attuando l'ordine del giorno woke, che mira a decostruire la dottrina, l'etica e la cultura cristiana".

Ma per il blob il sesso gay è un sacramento. Non si può permettere che resti in piedi il rifiuto della Chiesa di normalizzarlo e benedirlo. Fortunatamente, il blob ha alleati all'interno dell'Ortodossia per i quali il sesso gay, l'ordinazione delle donne e il transgenderismo sono questioni aperte che necessitano di dialogo e "coinvolgimento". La descrizione che segue è tratta da un video prodotto dal Centro di studi cristiani ortodossi dell'Università di Fordham:

I cristiani ortodossi sono chiamati, innanzitutto, ad amare tutti, perché "Dio è amore". Ma la realtà per molti cristiani ortodossi lesbiche, gay, bisessuali, transgender e queer oggi è che il loro rapporto con la Chiesa è definito non dall'amore ma dall'apatia, dall'esclusione e dalla condanna. Come fede, dobbiamo invece scegliere l'amore e la compassione – "amare il proprio prossimo". Ciò non richiede un cambiamento di fede, ma una comprensione più piena e compassionevole di ciò che la nostra fede nell'amare Dio richiede veramente da noi.

Siamo lieti di presentare questa conversazione sul ministero verso i cristiani LGBTQ+. La Dott. Christina Traina della Fordham University e Ashley Purpura della Purdue University discutono delle opportunità, delle sfide e delle risorse per il ministero tra i fedeli LGBTQ+. "Non possiamo dire che amiamo Dio ed essere crudeli con le persone che incontriamo nella nostra vita. Se tu non lasci che quell'amore trasformi te stesso e le tue relazioni, allora io non so cosa sia l'Ortodossia".

Qui c'è il video. Dall'appoggio a selvaggi "matrimoni omosessuali" fai-da-te e ordinazioni femminili tra gli ortodossi, alla speculazione sui santi transgender, alla denigrazione del celibato di monaci e monache, alla speculazione sul futuro del poliamorismo all'interno dell'Ortodossia – confezionare così tanta blasfemia in un unico video è davvero un tour de force satanico.

La probabile chiave per cambiare, alla fine, così tanto insegnamento ortodosso in Occidente, potrebbe essere riassunta in una parola (una delle preferite del blob): democrazia! Molti vescovi, chierici e accademici "ortodossi" parlano entusiasticamente della democrazia liberale che annuncia l'alba di un'età dell'oro di diversità, equità e inclusione. Una volta che le persone manipolate e controllate dal blob hanno parlato attraverso il loro Dio democratico, allora noi semplici mortali non abbiamo altra scelta che obbedire. Un esempio dell'ossequiosità di alcuni vescovi "ortodossi" nei confronti della democrazia e dell'ordine politico degli Stati Uniti sono le osservazioni dell'arcivescovo Elpidophoros alla cerimonia alla Casa Bianca in onore dell'indipendenza greca nel 2024:

Oltre a questi ideali democratici, che purtroppo vengono sminuiti in tutto il mondo, siamo qui per acclamare e ricordare coloro il cui impegno per la causa della libertà e della democrazia è costato loro il prezzo più caro di tutti: la vita: gli eroi immortali del 1821, che come quelli del 1776 e quelli di ogni generazione che sono stati disposti a deporre "un sacrificio così costoso sull'altare della Libertà". Diciamo "Memoria eterna" a tutti i nostri coraggiosi guerrieri per la pace e la giustizia.

Signor Presidente, lei è da tempo un amico intimo e fidato della famiglia greco-americana e noi la consideriamo uno di noi, fin dai primi giorni a Wilmington. Ma lei è molto più che un nostro amato amico.

Come presidente del nostro grande paese, lei ha guidato il mondo nella difesa della libertà e della sovranità delle nazioni. Continui a essere il principale sostenitore della causa dei nostri fratelli e sorelle ucraini, che due anni dopo stanno ancora combattendo per la propria vita contro l'ingiusta e disumana invasione della loro terra. Continui a stare al fianco dell'Ucraina, le siamo davvero molto grati per il suo indistruttibile e incrollabile sostegno.

Inoltre, come figli e figlie della Chiesa Madre di Costantinopoli, il cui leader più longevo nella storia, sua Santità il patriarca Ecumenico Bartolomeo, considera lei, signor presidente, un amato amico – la ringraziamo per il suo incrollabile sostegno alla missione puramente spirituale del nostro Patriarcato Ecumenico.

Signor Presidente, la ringraziamo per il suo impegno nei confronti della Grecia e di Cipro, e per una soluzione giusta e pacifica per questa nazione insulare, che è stata segnata da una violenta invasione e da una divisione forzata per mezzo secolo, una soluzione che rispetterà il diritto internazionale e un ordine internazionale basato su regole. Siamo dalla sua parte, signor Presidente, così come lei è dalla parte della democrazia e della libertà.

Possa Dio benedirla, signor Presidente, insieme alla First Lady, alla sua famiglia e alle forze armate della nostra Nazione, con salute, lunga vita, la sua grazia costante e la sua forza invincibile.

Come può un vescovo ortodosso discutere apertamente di un "altare della libertà"? I templi ortodossi hanno altari. Non sono dedicati alla libertà umana, ma a Dio. Questa frase non ha senso, se non come sentimento nazionalista in cui non adoriamo Dio, ma una sorta di manifestazione dell'ordine mondiale liberale del blob. Data la nostra storia nell'Ortodossia dei santi reali, questa frase non potrebbe essere più fuori luogo. L'Ortodossia può funzionare all'interno di quasi tutti i sistemi di governo, ma c'è ben poco nella storia della democrazia liberale che possa lodarla in qualche modo come spiritualmente superiore. Nel discorso vediamo anche la sua adulazione nei confronti di Biden. L'arcivescovo Elpidophoros è estremamente incline a leccare gli uomini potenti, siano essi presidenti, operatori politici o magnati degli affari. Punti extra se hanno origini greche!

Il breve discorso era come una carta del "bingo delle parole d'ordine" dello Stato di Sicurezza Nazionale. Elogio degli "ideali democratici"? Controllo! Elogi per gli Stati Uniti? Controllo! Elogi per il presidente Biden personalmente? Controllo! Coprire la persecuzione ucraina della Chiesa ortodossa? Controllo! Attribuzione della guerra in Ucraina esclusivamente ai russi? Controllo! Parole entusiastiche sull'ordine internazionale basato sulle regole? Controllo! Libertà e democrazia? Controllo! Elogi per le forze armate degli Stati Uniti? Controllo!

C'è qualche persona che pensa razionalmente e che crede che l'arcivescovo Elpidophoros riuscirebbe mai a resistere a qualunque dettame del blob che serve con così tanto entusiasmo? Ovviamente no. Qualunque cosa imponga la volontà "democratica" del popolo, costui la seguirà. "Dobbiamo sposare coppie dello stesso sesso, ordinare donne, opporci a qualsiasi forma di patriottismo o controllo delle frontiere, sostenere la disponibilità dell'aborto ed essere sempre continuamente aperti a cambiare qualsiasi cosa riguardo alla nostra fede ortodossa! Altrimenti saremo colpevoli di discriminazione ai sensi delle leggi emanate democraticamente! Siamo una Chiesa che predica il Vangelo dell'amore o un'organizzazione estremista di destra?"

 
Un altro pastore luterano entra nella Chiesa ortodossa

Il nostro sito ha già trattato il fenomeno dell’aumento delle conversioni dal luteranesimo alla Chiesa ortodossa in un articolo di due mesi fa. Oggi presentiamo nella sezione “Figure dell’Ortodossia contemporanea” dei documenti il resoconto tratto dal blog theorthodoxchurch.info sulla conversione all'Ortodossia di un pastore del Sinodo del Missouri (una delle denominazioni luterane più conservatrici) assieme alla sua famiglia.

 
Che cosa ha scritto Cristo sulla sabbia?

L’unica testimonianza che abbiamo dai Vangeli che Cristo abbia scritto qualcosa è un episodio insolito, e avvolto da un certo mistero: si tratta di ciò che ha scritto (e il testo del Vangelo di Giovanni non dice cosa abbia scritto di specifico) nella sabbia, mentre gli anziani degli ebrei gli portavano la donna adultera che volevano lapidare.

Che cosa a scritto il Signore in quel momento? La domanda è lecita e la risposta patristica ortodossa, commentata nel blog di padre John Whiteford, merita attenzione. La presentiamo in traduzione italiana nella sezione “Domande e risposte” dei documenti.

 
Il manifesto di Drabinko: cosa sono realmente la Chiesa ortodossa ucraina e la "Chiesa ortodossa dell'Ucraina"

Drabinko ha ironicamente definito i credenti della Chiesa ortodossa ucraina "cittadini del paradiso" Foto: Unione dei giornalisti ortodossi

Il "metropolita" della "Chiesa ortodossa dell'Ucraina" Aleksandr (Drabinko) definisce ironicamente il primate della Chiesa ortodossa ucraina un cittadino del paradiso, che vede tutto attraverso il prisma del Vangelo. Ma questo sarebbe un male?

Il 6 gennaio 2021, l'ex metropolita della Chiesa ortodossa ucraina Aleksandr (Drabinko) ha rilasciato un'intervista a Ostap Drozdov, il cui tema principale era "sui nemici del Patriarcato di Mosca". L'ex metropolita non si è opposto a tale impostazione della questione, sebbene come uomo con un'istruzione teologica (un diploma, per lo meno) avrebbe dovuto conoscere perfettamente chi è definito nemico nella dottrina della Chiesa – "La nostra battaglia infatti non è contro creature fatte di sangue e di carne, ma contro i principati e le potestà, contro i dominatori di questo mondo di tenebra, contro gli spiriti del male che abitano nelle regioni celesti" (Ef 6:12). Ma questo non è il punto principale dell'intervista. Senza nemmeno saperlo, Drabinko ha pubblicato un intero manifesto su ciò che sono veramente la Chiesa ortodossa ucraina e la "Chiesa ortodossa dell'Ucraina". Ora che ha aperto bocca, diamo un'occhiata a cosa ne è uscito.

Screenshot dal canale youtube Drozdov

Ostap Drozdov, al quale il "metropolita" della "Chiesa ortodossa dell'Ucraina" ha accettato di rilasciare un'intervista, è un critico di lunga data e molto aggressivo della Chiesa ortodossa ucraina, che si posiziona sempre "sull'orlo del punto di rottura", e in molti casi – oltre l'orlo. Anche i titoli delle sue precedenti trasmissioni, come "fuori il Patriarcato di Mosca", parlano da soli. Il suo compito principale è usare falsi e manipolazioni per infiammare l'ostilità e l'odio contro la Chiesa. Quindi solo il fatto che Drabinko abbia incontrato un giornalista del genere è di per sé molto rivelatore.

Nonostante il fatto che l'intervista si sia tenuta prima del Natale, la discussione non riguardava Cristo, la sua venuta nel mondo, e nemmeno la "Chiesa ortodossa dell'Ucraina", che è stata menzionata solo di sfuggita. Riguardava la Chiesa ortodossa ucraina e perseguiva un unico obiettivo: metterla nella luce più negativa possibile, cosa in cui sia Drozdov che Drabinko sono veri professionisti. Ed è stato in tono negativo che l'ex metropolita Aleksandr ha parlato del primate della Chiesa ortodossa ucraina, sua Beatitudine il metropolita Onufrij. Tuttavia, ecco una cosa interessante: cercando di lanciare fango addosso a sua Beatitudine, Drabinko ha ottenuto esattamente il risultato opposto. Come è successo? Cerchiamo di analizzarlo.

Ecco le parole di Drabinko: "Educato alla Lavra della Trinità e di san Sergio, il metropolita Onufrij proveniva dalla Bucovina. La Bucovina si è unita all'Ucraina sovietica dopo che la Romania era stata in guerra contro l'Unione Sovietica. Non va dimenticato che queste persone non hanno radici ucraine particolari. Dopo la guerra è entrato al seminario della Lavra della Trinità e di san Sergio, poi alla sua accademia. La Lavra della Trinità e di san Sergio implica un'educazione... che non direi che possa essere filoucraina. È un uomo del mondo, direi. Vede tutto attraverso il prisma delle Sacre Scritture, forse gli manca una coscienza nazionale. Ha un passaporto, ma non ne ha bisogno: "Siamo cittadini del cielo". Dico questo nel contesto di chiarire chi ci guida. Non avremo un'idea di come siamo guidati fino a quando non avremo un'idea di chi ci guida".

Faremmo meglio a non focalizzare la nostra attenzione sulla facilità con cui Aleksandr (Drabinko) ha definito gli abitanti della Bucovina come degli "ucraini inferiori", persone senza "radici ucraine". Non soffermiamoci neanche troppo sul lapsus freudiano che Drabinko ha fatto quando ha detto che il metropolita Onufrij "ci guida".

È meglio che prestiamo attenzione al ritratto di sua Beatitudine Onufrij.

Primo, il metropolita Onufrij vede tutto "attraverso il prisma della Sacre Scritture". Secondo, non ha una coscienza nazionale. E terzo, è un "cittadino del cielo". A questo proposito sorge immediatamente la domanda: tutto questo non è un segno di un vero pastore del gregge di Cristo? Non è quello che dovrebbe essere un vescovo della Chiesa di Dio e ogni genuino cristiano in generale?

È interessante notare che, sotto questa notizia sul sito dell'Unione dei giornalisti ortodossi, i lettori hanno preso le parole di Drabinko esattamente in questo senso. Uno dei commentatori ha scritto: "Argomentazione di un uomo senza dio! Senza nemmeno saperlo, ha dato un'eccellente caratterizzazione del metropolita Onufrij".

Il commentatore Aleksandr scrive: "Tutte le altre affermazioni citate sono sciocchezze, ma le parole 'Non filoucraino'... 'Solo le Sacre Scritture'... 'Siamo cittadini del paradiso' – questo è al contrario buono e necessario !!!! " E il commentatore con il soprannome di "mistermatros" riassume: "Grazie a Dio abbiamo un simile primate! Grazie a Dio!"

È difficile non essere d'accordo con questi commenti. Dopo tutto, la Sacra Scrittura, che per qualche ragione dà ad Aleksandr (Drabinko) motivo di ironia, afferma in modo assolutamente inequivocabile: i cristiani sono cittadini del cielo.

Nostro Signore Gesù Cristo, rispondendo alla domanda di Ponzio Pilato se fosse un re, rispose: "Il mio regno non è di questo mondo..." (Gv 18:36). Come Cristo, i santi apostoli chiamano i cristiani a lottare per il paradiso, al punto da dimenticare la loro patria terrena. "La nostra patria invece è nei cieli e di là aspettiamo come salvatore il Signore Gesù Cristo..." (Fil 3:20); "Non abbiamo quaggiù una città stabile, ma andiamo in cerca di quella futura" (Eb 13:14) e così via. I tropari di molti santi si riferiscono a loro come angeli terreni e uomini celesti. Per esempio, il tropario a san Sisoe il Grande: "Hai mortificato le passioni della carne attraverso la temperanza, ti sei crocifisso per il mondo, e nel deserto sei stato un angelo della terra e un uomo del cielo, avendo tagliato fuori tutte le concupiscenze...".

Ucraina o Gerusalemme celeste: quale cittadinanza è più importante per un cristiano?

Vorrei soffermarmi più in dettaglio su uno dei brani evangelici. Il capitolo 8 del Vangelo di Giovanni, dove si riporta la conversazione del Signore con gli ebrei e i farisei, che erano molto preoccupati per la loro "idea nazionale", cioè la vittoria sui romani e il ripristino di uno stato ebraico terreno, si legge: "Gesù allora disse a quei Giudei che avevano creduto in lui: Se rimanete fedeli alla mia parola, sarete davvero miei discepoli; conoscerete la verità e la verità vi farà liberi. Gli risposero: Noi siamo discendenza di Abramo e non siamo mai stati schiavi di nessuno. Come puoi tu dire: Diventerete liberi?. Gesù rispose: In verità, in verità vi dico: chiunque commette il peccato è schiavo del peccato" (Gv 8: 31-34).

Come vediamo, il segno di un vero discepolo di Cristo è il fatto che dimora nella parola di Dio o, come dice Drabinko, che vede ogni cosa attraverso il prisma della Scrittura. E chi non rimane nella parola di Dio, di conseguenza, commette il peccato e diventa schiavo del peccato. Ma poi il Signore parla agli ebrei con parole ancora più dure. Si noti che il santo apostolo Giovanni parla di questi uomini come "credenti", cioè credevano in Cristo ma non erano in grado di mettere le sue parole al di sopra della loro "coscienza nazionale". Il fatto che fossero guidati dalla loro coscienza nazionale è indicato dalle loro parole: noi siamo una discendenza, discendenti di Abramo, e così il Signore dice loro quanto segue: "Perché non comprendete il mio linguaggio? Perché non potete dare ascolto alle mie parole, voi che avete per padre il diavolo, e volete compiere i desideri del padre vostro. Egli è stato omicida fin da principio e non ha perseverato nella verità, perché non vi è verità in lui. Quando dice il falso, parla del suo, perché è menzognero e padre della menzogna" (Gv 8: 43-44). In altre parole, il fatto che le persone non ascoltano la parola di Dio, non volendo e non potendo ascoltarla, li rende in definitiva figli del diavolo.

Pertanto, l'ex metropolita della Chiesa ortodossa ucraina Aleksandr (Drabinko), inconsapevolmente, ha dato si sua Beatitudine Onufrij una valutazione precisa e vivida come vero discepolo di Cristo, che rimane nella parola di Dio e ha la cittadinanza celeste. Ancora una volta, secondo Drabinko, questa caratterizzazione si applica all'intera Chiesa ortodossa ucraina.

È un vero peccato che la caratterizzazione che l'ex metropolita fa dell'attuale capo della "Chiesa ortodossa dell'Ucraina", Sergej (Epifanij) Dumenko, sia stata molto scarsa. Domanda di Ostap Drozdov: "Riguardo al metropolita Epifanja, fino a che punto gestisce questa fase iniziale del lancio della Chiesa ortodossa dell'Ucraina?" Si noti come è formulata la domanda stessa: "la fase iniziale del lancio della Chiesa ortodossa dell'Ucraina". In primo luogo, si può parlare in questo modo di qualsiasi progetto: commerciale, sociale o politico, ma non di un'organizzazione che pretende di essere chiamata Chiesa. In secondo luogo, il fatto che la "Chiesa ortodossa dell'Ucraina" sia nella "sua fase iniziale" mostra che è iniziata con il cosiddetto "Concilio d'unificazione" nel 2018 e non con il Battesimo della Rus' avvenuto più di mille anni fa, e certamente non con la discesa dello Spirito Santo sugli apostoli nel giorno di Pentecoste. Ovviamente, Ostap Drozdov può essere scusato per questi errori, ma l'ex metropolita Aleksandr non ha problemi con il modo in cui gli viene posta la domanda. Alla domanda se Epifanij gestisce la fase di partenza, risponde con nonchalance: "In modo abbastanza qualitativo, senza intoppi e con sicurezza".

Aleksandr Drabinko non ci ha detto attraverso quale prisma il capo della "Chiesa ortodossa dell'Ucraina" vede tutto e se ha una coscienza nazionale. Ma un'idea di questo può essere fatta sulla base delle dichiarazioni e delle affermazioni di Sergej Dumenko, che dedica la parte del leone allo Stato ucraino, all'idea nazionale, alla lotta ad oltranza con i nemici e così via. Non forniremo le rilevanti citazioni, che possono essere trovate in abbondanza su Internet. Tuttavia, per confrontare la coscienza di Sergej Dumenko e di sua Beatitudine il metropolita Onufrij, quest'anno presentiamo i loro auguri di Natale. Li diamo di seguito per intero.

Che cosa è importante del Natale per Sergej Dumenko e per sua Beatitudine Onufrij?

screenshot della pagina Facebook di Sergej Dumenko

Sergej Dumenko: "Celebrare quest'anno gli eventi della nascita del Salvatore ci unisce in modo speciale nella speranza. Dopo aver vissuto un anno di prove pandemiche e un altro anno di lotta per l'integrità territoriale del nostro paese, speriamo che con l'aiuto di Dio supereremo queste difficoltà. Possa la gioia del Natale entrare nei vostri cuori e nelle vostre case e possa il Salvatore che è nato donare a voi, alla vostra famiglia e ai vostri amici buona salute, pace, armonia e felicità. Nella preghiera che sgorga da ogni tempio della Chiesa ortodossa locale unita dell'Ucraina, ringraziamo il Signore per i suoi doni. Possa l'Onnipotente Dio concedere al nostro stato la vittoria e la giusta pace, benedire il nostro paese e tutto il nostro popolo e lasciare che la luce della stella di Betlemme risplenda su ciascuno di noi, affinché nella fede e nell'amore possiamo annunciare: Cristo è nato - glorifichiamolo".

È facile vedere che Sergei Dumenko non dice nulla sulla nascita di Cristo, sul perché il Figlio di Dio è diventato il Figlio dell'uomo, sul perché è venuto al mondo. Non ci sono parole sulla salvezza, la redenzione dal peccato e così via. Ma Dumenko si concentra su due questioni: la pandemia e la lotta per l'integrità territoriale. Spera che con l'aiuto di Dio questi due problemi vengano risolti. Non si preoccupa della schiavitù del peccato e della morte o dell'eterna distruzione dell'anima umana, ma si concentra strettamente sul coronavirus e sul territorio dello stato. Si dovrebbe quindi concludere che questo è ciò per cui Dio è venuto nel mondo? No, Dumenko aggiunge anche qualcos'altro: che il Salvatore dia "buona salute, pace, armonia e felicità". È anche auspicabile, secondo Dumenko, che il Signore dia qualcosa anche allo Stato, vale a dire "la vittoria e la giusta pace" .

Il messaggio di Natale di Sergej Dumenko è intrinsecamente un messaggio di un personaggio pubblico o anche di uno statista, preoccupato per i problemi dello stato, nonché per i problemi personali e per la salute dei cittadini, ma non per il loro stato spirituale o  la loro aspirazione al regno dei cieli.

Di seguito è riportato un  messaggio di Natale della persona che vede tutto "attraverso il prisma della Sacra Scrittura", sua Beatitudine il metropolita Onufrij.

screenshot dal canale youtube della Chiesa ortodossa ucraina

"Mi congratulo sinceramente con tutti voi: arcipastori e pastori amati da Dio, pii monaci e monache, cari fratelli e sorelle, per la grande festa, portatrice di salvezza al mondo, della Natività nella carne del nostro Signore Dio e Salvatore Gesù Cristo.

Oggi la santa Chiesa ortodossa celebra devotamente e glorifica il grande mistero della pietà: l'apparizione di Dio nella carne (1 Tim 3:16). Il mistero della venuta di Cristo il Messia nel mondo ha origine dal paradiso, da quel tragico evento in cui i nostri progenitori Adamo ed Eva violarono il comandamento dell'amore divino. Non desiderando pentirsi, Adamo ed Eva si allontanarono da Dio e, grazie alla loro auto-giustificazione, divennero anche oppositori di Dio. Per non violare la libertà degli antenati e per non costringerli a vivere assieme a colui contro il quale si erano ribellati, il Signore li condusse dal paradiso in un mondo di dolore e devastazione, dove avrebbero comprenso il loro vuoto spirituale personale. Lo avrebbero capito, ma troppo tardi: prima del ripristino del loro vuoto interiore, hanno dovuto bere fino in fondo il calice del dolore. E lo bevvero con gratitudine e pentimento. Per tutta la vita Adamo alzò gli occhi verso il paradiso, gridò e disse le parole: "Il mio paradiso, il paradiso, il mio dolcissimo paradiso!" Adamo e i suoi discendenti piansero, si addolorarono e aspettarono pazientemente quel giorno benedetto in cui, secondo la parola di Dio, il seme della donna avrebbe schiacciato la testa del serpente (Gen 3:15), il diavolo, quando il Redentore sarebbe venuto sulla terra a risuscitare, a ripristinare le anime umane devastate. E quel momento è arrivato. Il Figlio di Dio è venuto nel mondo. [...]

In questi giorni santi, ricordando devotamente e glorificando il mistero della Natività del nostro Salvatore e Dio, ci uniamo alla celebrazione mondiale e, insieme a tutti i cristiani ortodossi, adoriamo il nostro Salvatore e lo ringraziamo umilmente per il suo amore per noi peccatori. Preghiamo umilmente che il Figlio di Dio, "che per noi uomini e per la nostra salvezza discese dai cieli e si incarnò dallo Spirito Santo e da Maria Vergine" (Credo), scenda verso le nostre infermità, perdoni i nostri peccati, la nostra aberrazione, per la quale oggi approviamo e accettiamo leggi innaturali che ci distruggono. Preghiamo che il Signore illumini la nostra cecità spirituale, in modo da vedere e amare non la nostra verità, ma la verità di Dio, che è perfetta, eterna e l'unica utile per noi.

In questo luminoso giorno, quando ricordiamo la venuta nel mondo di Dio, secondo la parola di san Gregorio il Teologo, rallegriamoci con trepidazione e gioia: con trepidazione – a causa dei nostri peccati, ma con gioia – a causa della speranza (san Gregorio il Teologo. Vol. 1, Discorso 38, Pag. 522, San Pietroburgo 1912), la speranza nella misericordia, nella forza e nella filantropia di Dio.

Ancora una volta, mi congratulo sinceramente con tutti voi, cari fratelli e sorelle, per la festa della Natività di Cristo. Auguro a tutti voi salute, salvezza e benedizioni di Dio. Possano la pace e la grazia di Dio, annunciate dagli angeli alla vigilia di Natale, riempire i nostri cuori, le nostre famiglie, la nostra terra ucraina e il mondo intero. Amen."

Il contenuto di questo messaggio riguarda Cristo, gli eventi e il significato del Natale. Sua Beatitudine Onufrij non dice che Dio deve aiutarci ad affrontare una pandemia o difendere l'integrità territoriale, ma che "per noi uomini e per la nostra salvezza discese dai cieli e si incarnò dallo Spirito Santo e da Maria Vergine". Ringraziamo Dio che "è venuto sulla terra, che ci ha redenti, che ci ha innalzati al cielo", non per la benedizione della buona salute e così via. Preghiamo Dio che "ci rafforzi e ci dia la forza di sopportare con dignità le prove e le malattie", non che conceda al nostro stato la vittoria e la giusta pace.

Come i pastori, tale il gregge?

Per riassumere, ripetiamo le parole dell'ex metropolita Aleksandr (Drabinko): "Dico questo nel contesto di chiarire chi ci guida. Non avremo un'idea di come siamo guidati fino a quando non avremo un'idea di chi ci guida". Bene, ora abbiamo un'idea di chi ci guida. Di conseguenza, possiamo concludere che cosa siano effettivamente la Chiesa ortodossa ucraina e la "Chiesa ortodossa dell'Ucraina". E questa conclusione è inequivocabile:

La Chiesa ortodossa ucraina è la Chiesa di Cristo, che unisce le persone a Dio e le conduce al regno dei cieli.

La "Chiesa ortodossa dell'Ucraina" è una struttura che cerca di diventare un pilastro della statualità ucraina, per risolvere i problemi terreni nella creazione di un regno terreno all'interno del nostro paese. È una cosa molto buona di per sé, ma non ha nulla a che fare con la causa del nostro Signore Gesù Cristo.

Questo è il manifesto dell'ex metropolita e, naturalmente, ognuno decide per sé con chi e dove vorrà andare – "Perché là dov'è il tuo tesoro, sarà anche il tuo cuore" (Mt 6:21).

 
Gli scismatici hanno sequestrato 1.500 chiese canoniche in Ucraina

foto: rubaltic.ru

Ad oggi, gli scismatici della "Chiesa ortodossa dell'Ucraina", che godono del sostegno del patriarca Bartolomeo di Costantinopoli, hanno sequestrato oltre 1.000 chiese ortodosse in tutta l'Ucraina.

Il Santo Sinodo della Chiesa ortodossa canonica ucraina si è riunito a Kiev il 10 aprile, sotto la presidenza di sua Beatitudine il metropolita Onufrij di Kiev e di tutta l'Ucraina. Tra le loro decisioni, i vescovi hanno deciso di rivolgersi formalmente alle altre Chiese locali e alle organizzazioni internazionali per i diritti umani sulla persecuzione che sta affrontando la Chiesa ortodossa ucraina. Hanno anche rilasciato una dichiarazione in cui invitano il Parlamento a non approvare il disegno di legge che mira esclusivamente a vietare la santa Ortodossia in Ucraina.

E in un video-dichiarazione che riassume i lavori del Sinodo, sua Eminenza il metropolita Anthony di Borispol' e Brovary, cancelliere della Chiesa ortodossa ucraina, ha affermato che fino a oggi sono state sequestrate circa 1.500 chiese, sia con la violenza sia attraverso i tribunali.

Il Sinodo ha osservato che "vescovi, sacerdoti e laici della Chiesa ortodossa ucraina vengono perseguiti per ragioni inverosimili. Le chiese e altre proprietà vengono portate via e le comunità religiose vengono illegalmente registrate nuovamente a favore della nuova "Chiesa ortodossa dell'Ucraina"," ha affermato il cancelliere.

"Ad oggi, circa 1.500 chiese sono già state sequestrate".

Tuttavia, la Chiesa ortodossa canonica rimane la più grande organizzazione religiosa in Ucraina, focalizzata sulla predicazione della santa Ortodossia.

 
Rivela i tuoi santi e rivelerai la tua Chiesa

Sulla scia delle impressioni lasciate dall’incontro a Gerusalemme tra il patriarca ecumenico e il papa di Roma, Gabe Martini cerca nel suo blog On Behalf of All di presentare un campo diverso di confronto tra cattolici e ortodossi: le figure dei santi canonizzati dalle rispettive Chiese. La sua opinone, mediata dalle osservazioni del professor Aleksej Osipov di Mosca, è che nel canonizzare un santo una Chiesa non parla tanto del santo in questione, quanto piuttosto del modo che ha di vedere se stessa. La tesi ci trova del tutto concordi, al punto da permetterci di suonare una nota d’allarme quando vediamo canonizzazioni ortodosse (per fortuna rare) condotte con metodologie cattolico-romane. Presentiamo il saggio di Gabe Martini nella sezione “Confronti” dei documenti.

 
La Chiesa romena non ha cambiato posizione sull'Ucraina, afferma il consigliere patriarcale, nonostante l'affermazione di Dumenko

foto: basilica.ro

Secondo un recente rapporto del quotidiano filo-costantinopolitano Orthodox Times, il "metropolita" Epifanij Dumenko della "Chiesa ortodossa dell'Ucraina" scismatica ha recentemente affermato alla televisione ucraina che diverse Chiese locali stanno per riconoscere la sua struttura.

Si riferiva principalmente alla Chiesa georgiana, dove, secondo lui, la maggioranza dei vescovi è favorevole al riconoscimento degli scismatici, ma ha anche menzionato le Chiese di Gerusalemme, Romania, Bulgaria e Albania, indicando che potevano seguire l'esempio della Chiesa cipriota, dove il primate ha dichiarato unilateralmente il riconoscimento e il Sinodo ha scelto di accettare passivamente la sua decisione.

Vale la pena notare che, secondo Dumenko, solo due o tre vescovi ciprioti sono stati in disaccordo con la decisione del primate, sebbene, in realtà, 7 membri del Sinodo, compresi i più autorevoli vescovi della Chiesa cipriota, si siano opposti, mentre 9 hanno votato a favore, senza protestare contro la decisione dell'arcivescovo.

E, almeno nel caso della Chiesa rumena, l'affermazione del "metropolita" sembra essere infondata.

OrthoChristian ha contattato padre Michael Tiţa, consigliere personale di sua Beatitudine il patriarca Daniel di Romania, sui rapporti con l'estero e tra le Chiese, per indagare sulla dichiarazione di Dumenko e sull'attuale posizione della Chiesa romena nei confronti della "Chiesa ortodossa dell'Ucraina".

Padre Michael ha risposto:

Non so su quali fatti il ​​metropolita Epifaniy basa la sua affermazione riguardo alle sue future relazioni con la Chiesa ortodossa romena. La posizione della nostra Chiesa è, fino ad ora, per quanto ne so, quella espressa nella sua precedente decisione.

Il link fornito da padre Michael fa riferimento alla decisione del Sinodo del 25 ottobre 2018 , dove "ribadisce la sua raccomandazione del 24 maggio 2018 affinché il Patriarcato ecumenico e il Patriarcato di Mosca arrivino insieme a una soluzione, preservando l'unità di fede e la libertà amministrativo-pastorale, che rappresenta una caratteristica dell'Ortodossia".

I vescovi hanno proseguito: "Il Santo Sinodo sottolinea anche il fatto che l'unità è preservata attraverso la corresponsabilità e la cooperazione tra le Chiese ortodosse locali, coltivando il dialogo e la sinodalità a livello panortodosso, essendo questa una necessità permanente nella vita del Chiesa. L'unità della Chiesa è un santo dono di Dio, ma anche una grande responsabilità dei vescovi, del clero e dei fedeli credenti".

OrthoChristian ha contattato padre Michael anche l'anno scorso, quando si vociferava che il patriarca Daniel stesse già commemorando Epifanij Dumenko alla Liturgia. Il consigliere patriarcale ha risposto in quel momento:

Una decisione riguardo a questa nuova chiesa nel mondo ortodosso e a tutte le sue implicazioni dovrà essere presa dall'intero Santo Sinodo della Chiesa ortodossa romena, e non da una sola persona, anche se quella persona fosse il primate della Chiesa ortodossa romena.

Sfortunatamente, da allora, il patriarca d'Alessandria e l'arcivescovo di Cipro hanno stabilito il disastroso precedente di prendere una decisione del genere da soli, senza l'assenso dei loro sinodi.

OrthoChristian è in attesa di una risposta sulla questione anche dal Dipartimento per gli affari esteri del Patriarcato georgiano e da un membro del Santo Sinodo bulgaro.

 
Museo ucraino raccoglie fondi per smantellare una chiesa che definisce "spazzatura"

foto: spzh.media

Il Museo di storia nazionale dell'Ucraina sta raccogliendo fondi per demolire la chiesa delle Decime dei santi Vladimir e Olga, che appartiene alla Chiesa ortodossa ucraina canonica.

I nazionalisti e le autorità dell'Ucraina hanno cercato di smantellare la chiesa almeno dal 2018, durante il periodo del presidente Petro Poroshenko, sostenendo che era stata costruita illegalmente sul territorio del Museo di storia nazionale.

La chiesa è stata costruita dai residenti di Kiev nel 2006 con la benedizione di sua Beatitudine il metropolita Vladimir di Kiev e di tutta l'Ucraina sul sito della chiesa delle Decime, la prima cattedrale della Rus' di Kiev, fatta saltare in aria nel 1936.

La nuova chiesa è stata vandalizzata e data alle fiamme il 25 gennaio 2018. Il 3 febbraio circa 200 radicali hanno organizzato una protesta nei pressi del monastero, chiedendone lo smantellamento. Lo stesso giorno più di 3.000 persone si mobilitarono per difendere il monastero. L'ex abate del monastero delle Decime, sua Eccellenza il vescovo Gideon di Makarov, è stato temporaneamente privato della cittadinanza ucraina nel 2019-2020 dopo aver parlato della persecuzione della Chiesa.

Nel febbraio 2023, il Tribunale economico di Kiev ha deciso di smantellare la chiesa, decisione poi confermata da altre sentenze del tribunale.

Per rispettare le sentenze del tribunale, il museo ha annunciato una raccolta fondi, con l'obiettivo di raccogliere 772.000 grivnie (18.300 euro) per "lo smantellamento e la rimozione della spazzatura".

Secondo il museo, in tempo di guerra non può fare affidamento sui finanziamenti statali.

E il museo spera di demolire la chiesa in tempo per Pasqua.

"Sarebbe molto simbolico completare questa rimozione della spazzatura per Pasqua! Chiediamo quindi a tutti i cittadini interessati di sostenere la raccolta. Proteggiamo insieme la nostra storia e cultura!" sollecita lo staff del museo.

 
Adresarea Întâistătătorului Bisericii Ruse către Președintele ales al Ucrainei P.A. Poroșenko

27 mai 2014, Patriarhul Moscovei și al Întregii Rusii, Kirill a trimis o scrisoare presedintelui-ales al Ucrainei P.A. Poroșenko.

Către președintele ales al Ucrainei P.A. Poroșenko.

Stimate Piotr Alexeeveci!

Aflând despre alegerea făcută de majoritatea poporului ucrainean la 25 mai, aş dori să vă felicit și să vă adresez un cuvânt pastoral, împărtășindu-vă gândurile și speranțele mele.

Noutățile despre evenimentele din Ucraina ne aduc în fiecare zi o durere nouă, pentru că mor și suferă oamenii în continuare. Țară este scufundată într-un abis de confruntări. Patriarhului Moscovei și al Întregii Rusii, Domnul i-a fost încredințată grija păstoriei spirituale a mai multor popoare.  Îmi sunt fel de importante problemele și aspirațiile tuturor celor care alcătuiesc comunitatea Bisericii Ortodoxe Ruse, indiferent de locul lor de trai. Și mă rog cu osârdie pentru ca sperantele poporului ortodox al Ucrainei să nu fie zădarnice.

Împreună cu mulți alţi oameni sper ca prerogativele de putere, care astăzi nimeresc în mâinile Dvs vor sluji în binele și estului, și vestului, și nordului, și sudului Ucrainei. Sper că pentru totdeauna se va opri vărsarea de sânge , că nimeni nu va mai fi asuprit sau umilit, că se vor realiza alegerile ideologice și culturale făcute de fiecare grup al populației, că viața religioasă va continua fără nici un fel de impunere din partea statului, iar deciziile necesare pentru normalizarea , îmbunătățirea și dezvoltarea acestei vieți vor fi luate în mod liber și neîngrădit , într- un spirit de loialitate față de ordinea canonică .

Vă veţi confrunta cu o sarcină dificilă și foarte importantă — să găsiţi o cale de reconciliere, să faceţi tot posibilul pentru a restabili pacea civilă. În situația actuală, este necesar să se mențină un dialog deschis cu oamenii și liderii comunității, pentru a asculta punctele de vedere ale tuturor locuitorilor ţării.

Cu şase luni în urmă, flăcările ostilităţii au izbucnit la Kiev, iar acum ele fac ravagii în sud — estul țării, necruţând nici femeile, nici copiii şi nici bătrânii. Astăzi Ucraina are nevoie în primul rând de pace și stabilitate, adevăr și dreptate. Și să devină un garant al unei asemenea vieţi poate fi doar o persoană care-şi cunoaște și iubește poporul, care se ridică hotărât în apărarea valorilor morale, vede sprijinul vieții personale şi a poporului său într-o familie puternică, primind înțelepciune de la adevăratele surse spirituale.

Vă doresc călăuzirea lui Dumnezeu în toate lucrările viitoare și deciziile importante. Dumnezeu să binecuvânteze cu pace și prosperitate dragul inimii mele, poporul Ucrainei.

Cu respect

 + Kiril, Patriarhul Moscovei și al Întregii Rusii

 
Il riconoscimento dei diritti LGBT: "amore" per le persone o rinuncia alla fede?

la Chiesa cattolica romana sta attivamente facendo pressioni per la "tolleranza" per l'ideologia LGBT. Foto: Unione dei giornalisti ortodossi

Sempre più forti nel mondo sono le voci che invitano a riconsiderare l'atteggiamento della Chiesa nei confronti dell'ideologia LGBT, rendendo necessario il trattamento dei sodomiti "con amore".

Il capo dei vescovi tedeschi della Chiesa cattolica romana, Georg Betzing, ha dichiarato la necessità di cambiare l'atteggiamento della Chiesa nei confronti dei matrimoni sodomiti, oltre a riconoscere il diritto delle donne a diventare "preti". Le parole di Betzing sono lungi dall'essere le prime e non sono le uniche. Non molto tempo fa, il mondo è rimasto scioccato dalla dichiarazione di papa Francesco, in cui ha parlato positivamente dei sodomiti e ha chiesto di legalizzare le loro "unioni".

Ora Joe Biden, noto per la sua attiva promozione dell'ideologia LGBT, è salito al potere negli Stati Uniti, lo stato più potente del mondo. Non c'è dubbio che in un futuro molto prossimo la questione dell'accettazione di quest'ideologia sarà sollevata con rinnovato vigore dinanzi alle organizzazioni religiose del mondo. E, di sicuro, la parola numero uno nella promozione delle persone LGBT sarà "amore". Dopotutto, anche papa Francesco la pensa in modo simile: dicono, se Dio ama tutte le persone, allora farebbe davvero un'eccezione per i sodomiti? Inoltre, molti omosessuali formano coppie basate "sull'amore". Perché allora la Chiesa li discrimina?

Tuttavia, la questione del riconoscimento dei diritti LGBT da parte delle organizzazioni religiose non è così semplice come potrebbe sembrare a prima vista.

Perché i cristiani si rifiutavano di offrire sacrifici pagani?

L'ingresso di una persona nella Chiesa di Cristo si realizza attraverso il sacramento del battesimo, così come l'ulteriore vita nella Chiesa è sostenuta attraverso i sacramenti. Allo stesso tempo, una persona può non rendersi conto o addirittura non conoscere la pienezza della dottrina della Chiesa o dei suoi precetti morali. Tuttavia, l'atto stesso del battesimo è il confine che determina se una persona è nell'ovile della Chiesa o meno. A tal proposito, è utile ricordare la storia del battesimo dell'eunuco da parte dell'apostolo Filippo:

"Un angelo del Signore parlò intanto a Filippo: Alzati, e va' verso il mezzogiorno, sulla strada che discende da Gerusalemme a Gaza; essa è deserta. Egli si alzò e si mise in cammino, quand'ecco un etiope, un eunuco, funzionario di Candàce, regina di Etiopia, sovrintendente a tutti i suoi tesori, venuto per il culto a Gerusalemme, se ne ritornava, seduto sul suo carro da viaggio, leggendo il profeta Isaia. Disse allora lo Spirito a Filippo: Va' avanti, e raggiungi quel carro. Filippo corse innanzi e, udito che leggeva il profeta Isaia, gli disse: Capisci quello che stai leggendo? Quegli rispose: E come lo potrei, se nessuno mi istruisce? E invitò Filippo a salire e a sedere accanto a lui. Il passo della Scrittura che stava leggendo era questo: Come una pecora fu condotto al macello, e come un agnello senza voce innanzi a chi lo tosa, così egli non apre la sua bocca. Nella sua umiliazione il giudizio gli è stato negato, ma la sua posterità chi potrà mai descriverla? Poiché è stata recisa dalla terra la sua vita. E rivoltosi a Filippo l'eunuco disse: Ti prego, di quale persona il profeta dice questo? Di se stesso o di qualcun altro? Filippo, prendendo a parlare e partendo da quel passo della Scrittura, gli annunziò la buona novella di Gesù. Proseguendo lungo la strada, giunsero a un luogo dove c'era acqua e l'eunuco disse: Ecco qui c'è acqua; che cosa mi impedisce di essere battezzato? Filippo gli disse: Se credi con tutto il tuo cuore, puoi. Egli rispose e disse: Credo che Gesù Cristo è il Figlio di Dio. Fece fermare il carro e discesero tutti e due nell'acqua, Filippo e l'eunuco, ed egli lo battezzò. Quando furono usciti dall'acqua, lo Spirito del Signore rapì Filippo e l'eunuco non lo vide più e proseguì pieno di gioia il suo cammino" (At 8:26-39).

La confessione di fede dell'eunuco era molto semplice: "Credo che Gesù Cristo è il Figlio di Dio", ma questa confessione contiene in sé tutta la fede della Chiesa e tutte le leggi morali.

Si può citare un esempio opposto, quando l'apostolo Pietro pronunciò parole di rinuncia a Cristo, senza alcuna intenzione di rinunciare a lui:

"Pietro intanto se ne stava seduto fuori, nel cortile. Una serva gli si avvicinò e disse: Anche tu eri con Gesù, il Galileo! Ed egli negò davanti a tutti: «Non capisco che cosa tu voglia dire. Mentre usciva verso l'atrio, lo vide un'altra serva e disse ai presenti: Costui era con Gesù, il Nazareno. Ma egli negò di nuovo giurando: Non conosco quell'uomo. Dopo un poco, i presenti gli si accostarono e dissero a Pietro: Certo anche tu sei di quelli; la tua parlata ti tradisce! Allora egli cominciò a imprecare e a giurare: Non conosco quell'uomo! E subito un gallo cantò. E Pietro si ricordò delle parole dette da Gesù: Prima che il gallo canti, mi rinnegherai tre volte. E uscito all'aperto, pianse amaramente" (Mt 26:69-75).

Nell'era del cristianesimo primitivo, la negazione di Cristo avveniva anche nel linguaggio simbolico dei sacrifici. Poche persone credevano negli idoli a quel tempo nell'Impero Romano, per non parlare dei funzionari statali, che erano persone relativamente più istruite. I romani, di regola, non costringevano i popoli vinti ad abbandonare le loro credenze e le loro divinità. L'accusa principale, ma non l'unica, contro i cristiani era la loro inaffidabilità politica. Era possibile credere in chiunque e adorare chiunque, incluso Gesù Cristo, ma allo stesso tempo era necessario partecipare a qualche culto comune, poiché questo era un simbolo di lealtà al potere supremo dell'Impero Romano.

In alcuni periodi della storia romana, la partecipazione al culto dell'imperatore, considerato una divinità e chiamato ufficialmente "Dominus et deus noster" ("Nostro Signore e Dio"), era obbligatoria. La partecipazione a questi culti non implicava la fede in essi; bisognava solo fare il sacrificio necessario e poi continuare a credere come pareva a ciascuno. Quasi tutti questi sacrifici erano considerati una mera formalità, che, tuttavia, era obbligatoria. E solo cristiani ed ebrei si rifiutavano di farlo, sostenendo che non si possono adorare gli idoli nemmeno formalmente, che questa è una rinuncia all'unico Dio, il solo che deve essere adorato. I cristiani si rifiutavano di gettare un pezzo di incenso "privo di senso" sull'altare dell'idolo o addirittura, anziché di gettarlo, di acquistare il relativo certificato (si faceva anche questo) e allo stesso tempo di rimanere cristiani. Qualsiasi partecipazione a quel sacrificio, formale o meno, era una negazione di Cristo. I cristiani avrebbero preferito accettare una tortura e una morte crudele piuttosto che rinunciare al proprio Signore.

Nel nostro tempo, un tale simbolo di rinuncia a Cristo, molto probabilmente, è il riconoscimento dei diritti dei sodomiti. Per capirlo, si dovrebbe prestare attenzione a come l'omosessualità è vista dalla scienza moderna e dall'opinione pubblica.

LGBT e società: da "impensabile" a "norma attuale"

Fino al 17 maggio 1990, secondo la classificazione internazionale delle malattie dell'Organizzazione Mondiale della Sanità, l'omosessualità era riconosciuta come una malattia psicosessuale e aveva il numero 302.0. Poi è stata esclusa dall'elenco delle malattie dell'OMS. Nel 1994 l'omosessualità non è stata più considerata una malattia in Gran Bretagna, nel 1995 in Giappone, nel 1999 in Russia, nel 2001 in Cina, ecc. Ma la cosiddetta depatologizzazione dell'omosessualità era iniziata molto prima. Mentre un sondaggio dell'American Psychiatric Association del 1978 rilevava che il 68% degli psichiatri considerava l'omosessualità una patologia, un sondaggio simile condotto a metà degli anni '90 ha mostrato che solo tre intervistati su 198 consideravano l'omosessualità una malattia. Il più famoso sessuologo sovietico e russo Igor Kon ha scritto nel suo articolo "Sulla normalizzazione dell'omosessualità":

"Oggi, la medicina ufficiale considera l'omosessualità del tutto normale e a essere riconosciuta come patologia non è l'omosessualità ma il disagio psicologico che un gay può provare. Con poche eccezioni, gli scienziati concordano sul fatto che l'omosessualità è del tutto normale, inoltre, può essere congenita o causata da caratteristiche ormonali e di altro tipo del corpo umano. Sin dagli anni '80 circa, gli scienziati hanno cercato attivamente il "gene gay" e molto probabilmente lo "troveranno", perché le persone che finanziano tali studi non vedono l'ora di farlo. Uno degli argomenti principali per riconoscere la "normalità" della sodomia è il fatto che il comportamento omosessuale è comune a circa 500 specie del mondo animale".

Anche l'opinione pubblica è cambiata di 180 gradi. Se prima l'omosessualità era un fenomeno vergognoso e condannato, ora non solo è riconosciuta come normale e persino di moda, ma viene imposto anche un complesso di colpa alle persone di orientamento tradizionale nei confronti delle persone LGBT per le umiliazioni subite in passato.

Allo stesso tempo, nessuno negherà che le Sacre Scritture hanno un atteggiamento estremamente negativo nei confronti della sodomia. Ecco solo alcune citazioni: "Non avrai con maschio relazioni come si hanno con donna: è abominio" (Lev 18:22) ; "Se un uomo ha rapporti con un uomo come con una donna, tutti e due hanno commesso un abominio; dovranno essere messi a morte; il loro sangue ricadrà su di loro" (Lev 20:13). "Perciò Dio li ha abbandonati all'impurità secondo i desideri del loro cuore, sì da disonorare fra di loro i propri corpi, poiché essi hanno cambiato la verità di Dio con la menzogna e hanno venerato e adorato la creatura al posto del creatore, che è benedetto nei secoli. Amen. Per questo Dio li ha abbandonati a passioni infami; le loro donne hanno cambiato i rapporti naturali in rapporti contro natura. Egualmente anche gli uomini, lasciando il rapporto naturale con la donna, si sono accesi di passione gli uni per gli altri, commettendo atti ignominiosi uomini con uomini, ricevendo così in se stessi la punizione che s'addiceva al loro traviamento" (Rm 1:24-27). In accordo con le Sacre Scritture, anche la Chiesa riconosce la sodomia come un peccato mortale.

La sodomia è un peccato per la Chiesa e una norma per la società

Nasce così una dicotomia: da un lato, la Chiesa condanna la sodomia come peccato, ma dall'altra si fa credere alla società che i sodomiti non siano da biasimare per essere tali. Sono da biasimare i geni, gli ormoni, l'ipotalamo (la parte del cervello responsabile del comportamento sessuale) e così via. Alla fine, tutto questo ragionamento porta al fatto che è Dio ad aver presumibilmente creato i sodomiti in quel modo. Allora perché Dio li condanna severamente nelle Sacre Scritture: "O non sapete che gli ingiusti non erediteranno il regno di Dio? Non illudetevi: né immorali, né idolàtri, né adùlteri, né effeminati, né sodomiti, né ladri, né avari, né ubriaconi, né maldicenti, né rapaci erediteranno il regno di Dio" (1 Cor 6:9-10).

Ci sono due vie d'uscita da questa dicotomia: o riconoscere come crudele e spietato Dio, che crea persone per poi inviarle al tormento eterno, o ammettere che le Sacre Scritture non sono così sacre e devono essere riviste tenendo conto dei "risultati" della scienza moderna. Questa è la trappola tesa ai cristiani. In un certo senso, questo è simile alla domanda che fu posta al Signore Gesù Cristo:

"Postisi in osservazione, mandarono informatori, che si fingessero persone oneste, per coglierlo in fallo nelle sue parole e poi consegnarlo all'autorità e al potere del governatore. Costoro lo interrogarono: Maestro, sappiamo che parli e insegni con rettitudine e non guardi in faccia a nessuno, ma insegni secondo verità la via di Dio. È lecito che noi paghiamo il tributo a Cesare?. Conoscendo la loro malizia, disse: Mostratemi un denaro: di chi è l'immagine e l'iscrizione?. Risposero: Di Cesare. Ed egli disse: Rendete dunque a Cesare ciò che è di Cesare e a Dio ciò che è di Dio. Così non poterono coglierlo in fallo davanti al popolo e, meravigliati della sua risposta, tacquero" (Lc 20:20-26).

La dicotomia di cui sopra è risolta in questo modo: viviamo in un mondo decaduto in cui il peccato ha pervertito sia la nostra natura umana che la natura in generale, e questo, tra l'altro, spiega anche l'omosessualità degli animali. "Quindi, come a causa di un solo uomo il peccato è entrato nel mondo e con il peccato la morte, così anche la morte ha raggiunto tutti gli uomini, perché tutti hanno peccato" (Rm 5:12). L'uomo è generalmente diventato "a suo agio con il peccato". Ma Dio non ha affatto privato l'uomo del suo libero arbitrio. Una persona può sottomettersi al peccato o dominarlo: "Se agisci bene, non dovrai forse tenerlo alto? Ma se non agisci bene, il peccato è accovacciato alla tua porta; verso di te è il suo istinto, ma tu dòminalo" (Gen 4:7), disse il Signore a Caino quando questi intendeva solo uccidere suo fratello.

Per esempio, gli scienziati sottolineano fino a 29 geni responsabili dello sviluppo dell'alcolismo. Ma questo non significa affatto che i portatori di questi geni diventeranno necessariamente alcolisti. Svetlana Borinskaja, ricercatrice presso l'Istituto di genetica generale dell'Accademia delle scienze russa, ha dichiarato in una delle sue interviste: "Ora sappiamo già che una persona può ottenere dai propri genitori dei geni responsabili dello sviluppo dell'alcolismo, ma la probabilità di diventare un alcolista è del 50%. Dobbiamo ricordare che la natura ci dà libertà di scelta". Dio lascia sempre che l'uomo si senta libero di scegliere tra peccato e comandamenti. Se una persona ha una predisposizione genetica o di altro tipo a qualsiasi peccato, ciò non significa che non abbia il libero arbitrio. Significa che avrà bisogno di più aiuto da Dio nella lotta contro questo peccato, ma potrà ricevere una ricompensa maggiore in cielo per una tale vittoria.

Nel mondo moderno, tuttavia, non è consuetudine parlare della peccaminosità della natura umana. Al contrario, l'uomo nel suo attuale stato decaduto è riconosciuto come il metro di ogni cosa. "Una persona, la sua vita e salute, onore e dignità, inviolabilità e sicurezza sono riconosciuti in Ucraina come il più alto valore sociale" (Articolo 3 della Costituzione dell'Ucraina). E se la peccaminosità di una persona viene tolta dalle parentesi, e tale persona è riconosciuta come "il valore più alto", allora ci troviamo nella morsa della dicotomia di cui sopra.

I protestanti hanno da tempo riconosciuto i diritti delle persone LGBT, e ora i cattolici si sono incamminati su questa strada. Ma né i primi né i secondi sono pronti a riconoscere Dio come crudele e spietato. Ciò significa che resta solo la seconda opzione, cioè correggere la Bibbia. Ma questo comporta conseguenze semplicemente disastrose per il cristianesimo.

Conseguenze di un "adattamento" della Bibbia alle aspettative della società

Primo, se la Bibbia "si sbaglia" nella sua condanna dell'omosessualità, allora potrebbe sbagliarsi anche in altre questioni. Di conseguenza, è distrutta l'autorità della Scrittura come rivelazione di Dio alle persone. Avendo "corretto" la Bibbia una volta, le persone la correggeranno ancora e ancora, adattandola ai loro peccati. La Bibbia come Logos scomparirà. Ci sarà una situazione sulla quale Amos profetizzò: "Ecco, verranno giorni, - dice il Signore Dio - in cui manderò la fame nel paese, non fame di pane, né sete di acqua, ma d'ascoltare la parola del Signore. Allora andranno errando da un mare all'altro e vagheranno da settentrione a oriente, per cercare la parola del Signore, ma non la troveranno" (Am 8:11-12).

In secondo luogo, la Sacra Scrittura è scritta dai profeti (Antico Testamento) e dagli apostoli (Nuovo Testamento). E il Credo contiene le seguenti parole: "Credo <...> nello Spirito Santo <...> che ha parlato per mezzo dei profeti". Cioè, noi confessiamo che lo Spirito Santo ha parlato tramite i profeti e poi tramite gli apostoli. Riconoscendo la "fallibilità" della Scrittura, neghiamo in tal modo l'opera dello Spirito Santo nella Chiesa, sia dell'Antico Testamento che del Nuovo Testamento. E se lo Spirito Santo non è nella Chiesa, chi opera i sacramenti, chi perdona i peccati, chi ci rende partecipi del corpo e del sangue di Cristo? Se lo Spirito Santo non è nella Chiesa, allora "la nostra fede è vana":  "Ma se Cristo non è risuscitato, allora è vana la nostra predicazione ed è vana anche la vostra fede" (1 Cor 15:14).

Pertanto, il riconoscimento dei diritti delle persone LGBT non è una sorta di "condiscendenza" o "amore" per i sodomiti – è un'effettiva rinuncia al cristianesimo, è il pezzo di incenso che siamo chiamati, anche in un qualsiasi modo formale, a gettare sull'altare dell'idolo, cosa che in nessun caso dovrebbe essere fatta. Poiché, che ne siamo consapevoli o meno, che siamo internamente d'accordo o meno, compiremo in tal modo un atto di rinnegamento.

 
"Fate donazioni per demolire una chiesa", ovvero cosa attende una nazione demolitrice

in Ucraina si raccolgono soldi per la demolizione di una chiesa. Cosa c'è di sbagliato in noi? Foto: Unione dei giornalisti ortodossi

Una chiesa è un luogo speciale dove Dio è presente. Ma nel nostro paese si è deciso di demolire una chiesa ed è stata annunciata una raccolta fondi per la demolizione.

Il 9 aprile si è saputo che il Museo nazionale di storia ucraina aveva aperto una raccolta fondi per demolire la chiesa delle Decime (Desjatinnaja tserkov') a Kiev, situata nell'area del museo. La decisione sulla demolizione è stata presa il 15 febbraio 2023 dal Tribunale economico di Kiev.

Secondo il tribunale la collocazione della chiesa sul terreno del museo contraddice la sua destinazione d'uso. L'allora ministro della cultura, Oleksandr Tkachenko, che abbiamo già dimenticato, definì il monastero delle Decime un "chiosco" che non rientra nel "complesso archeologico storico della Chiesa delle Decime".

Per più di un anno le autorità ucraine non hanno attuato questa decisione completamente folle del tribunale, e il 9 aprile 2024 il Museo nazionale di storia ucraina ha annunciato una raccolta fondi per la demolizione della chiesa delle Decime della Chiesa ortodossa ucraina.

Nel loro sacrilegio, i rappresentanti del museo sono andati oltre Tkachenko, definendo la chiesa come "spazzatura". "Sarà molto simbolico ripulire la spazzatura entro Pasqua!" hanno scritto in un annuncio della raccolta fondi.

In meno di 24 ore, i cittadini ucraini "preoccupati" hanno raccolto i fondi necessari per la demolizione del tempio della Chiesa ortodossa ucraina, cosa che è stata riferita con gioia dai rappresentanti del Museo nazionale: "Amici, siete incredibili, avete raccolto la somma necessaria in meno di 24 ore! Siamo molto grati per il vostro coinvolgimento e interrompiamo la raccolta fondi!" .

Questa situazione appare non solo sacrilega ma terrificante per un credente perché le persone raccolgono fondi non per costruire, ma per distruggere una casa di Dio. Cosa attende queste persone alla fine? Per rispondere a questa domanda rivolgiamoci alla storia biblica e civile.

La Bibbia e il tempio di Dio

Il significato del tempio di Dio nella Bibbia è davvero immenso. Quando il Signore raccomanda a Mosè di costruire un tempio, dice quanto segue: "Ed essi mi costruiranno un santuario, e io abiterò in mezzo a loro" (Eso 25:8). Cioè in questo testo della Sacra Scrittura vediamo che il tempio è presentato come la dimora di Dio. Nel capitolo 40 dello stesso libro dell'Esodo si dice che "

Allora la nube coprì la tenda del convegno e la Gloria del Signore riempì il tabernacol. Mosè non poté entrare nella tenda del convegno, perché la nube dimorava su di essa e la Gloria del Signore riempiva il tabernacol" (Eso 40:34-35).

Gli Israeliti capivano chiaramente che il benessere materiale e la prosperità dell'intera nazione dipendono direttamente dal loro rapporto con Dio. La Bibbia dice: "Adorerai il Signore tuo Dio e la sua benedizione sarà sul tuo cibo e sulla tua acqua. Io eliminerò le malattie da te" (Eso 23:25). E il luogo in cui doveva essere svolto questo servizio era il tempio.

Il re Salomone, che costruì un tempio di pietra a Dio al posto del tabernacolo di Mosè, si rese conto che non solo il raccolto o la salute delle persone dipendevano dalle loro preghiere, ma anche la loro libertà dipendeva direttamente dal favore di Dio. E in questo caso il tempio occupa un posto speciale. Ecco le parole di Salomone: "Quando il tuo popolo Israele sarà sconfitto davanti a un nemico perché ha peccato contro di te, e tornerà a te e confesserà il tuo nome, pregando e supplicandoti in questo tempio, allora tu ascolti dal cielo e perdoni il peccato del tuo popolo Israele. Possa tu restituirlo alla terra che hai dato ai loro padri..."

Lo stesso vale per la pioggia (o per la sua mancanza), la carestia, la pestilenza, il vento ardente, le locuste, i vermi, i nemici e le malattie – "allora possa qualunque preghiera o petizione il tuo popolo Israele faccia, ciascuno conoscendo le proprie afflizioni e stendendo le mani verso questo tempio, sii ascoltato da te dal cielo, tua dimora, e perdona e agisci e ripaghi ciascuno secondo tutte le sue vie", dice Salomone.

Leggete tutto il capitolo 8 del Terzo Libro dei Re [2 Re nelle Bibbie cattoliche e protestanti, ndt] e capirete che il tempio è un luogo molto speciale dove è presente il Signore, e va trattato di conseguenza. Pertanto, la distruzione di un tempio è una sfida diretta a Dio, e questa sfida non è di buon auspicio per il popolo.

Cosa dice la storia sulla distruzione dei templi di Dio?

La Bibbia dice che "non c'è autorità se non quella che Dio ha stabilito" (Rm 13:1). Ciò significa, dice san Giovanni Crisostomo, che la fonte di ogni autorità è Dio. È in suo potere conferire questa autorità, ma può anche toglierla. Pertanto, chiunque abbia potere dovrebbe usarlo a beneficio del prossimo e in conformità con i comandamenti di Dio, e non viceversa.

L'antico teologo e biblista Origene avvertiva chi detiene il potere che "il giudizio di Dio sarà giusto contro coloro che usano il potere ricevuto per le loro azioni malvagie e non in conformità con le leggi divine" . Naturalmente, nel contesto della nostra conversazione, la distruzione del tempio può portare alle conseguenze più deplorevoli. A cosa, ce lo dice esattamente la storia.

Per esempio, il tempio costruito da Salomone durò poco più di 300 anni e fu distrutto durante la campagna di conquista del re Nabucodonosor di Babilonia nel 586 a.C. La maggior parte degli abitanti di Gerusalemme fu uccisa, il resto fu fatto prigioniero e portato in schiavitù a Babilonia (la cattività babilonese). L'Arca dell'Alleanza andò perduta nel processo. Cosa accadde infine all'Impero babilonese?

Dopo la morte di Nabucodonosor, quel potente impero visse per molti anni una grave crisi politica. I suoi governanti cambiarono sul trono con velocità caleidoscopica, ci furono continui colpi di stato di palazzo, finché nel 539 Babilonia non fu catturata dai persiani, con la distruzione completa del suo stato. La distruzione del Tempio di Gerusalemme si trasformò così in una tragedia nazionale per i babilonesi.

Nell'anno 70 d.C., l'esercito dell'imperatore romano Vespasiano distrusse il secondo Tempio e annientò completamente Gerusalemme, uccidendo i suoi abitanti. Tuttavia, poco dopo, l'Impero Romano iniziò a conoscere una serie di gravi crisi che lo portarono più volte sull'orlo dell'estinzione.

In sostanza, dal regno dell'imperatore Commodo (98 d.C.) iniziò il declino dell'impero più potente della storia umana. Sì, continuò a esistere per quasi altri 200 anni, durante i quali combatté contro il cristianesimo fino a scomparire del tutto, aprendo la strada a un impero fondato dai cristiani...

I mongoli, i bolscevichi e la chiesa delle Decime

Il dominio sovietico durato 70 anni nel nostro paese occupa un posto speciale nella lotta delle autorità contro Dio. All'inizio degli anni '30 i bolscevichi decisero di combattere le "vestigia imperiali". La Chiesa ortodossa fu dichiarata il principale nemico del Partito Comunista. Preti, vescovi e laici furono giustiziati o inviati al GULAG. Chiese e monasteri furono distrutti.

Per esempio, nella sola Kiev, durante la "ricostruzione bolscevica di Kiev", furono distrutte 145 chiese e monumenti architettonici. Tra questi edifici c'era il Monastero delle Decime con la sua chiesa.

Situato nel cuore di Kiev, questo monastero era uno dei principali siti storici e religiosi dell'Ucraina. La sua storia risale al X secolo, periodo in cui Kiev era la capitale dell'antica Rus', un potente stato che ebbe un'influenza significativa sullo sviluppo dell'Europa orientale.

L'originale chiesa delle Decime fu costruita dal santo principe Vladimir e divenne il primo tempio in pietra a Kiev, servendo essenzialmente come centro del cristianesimo in questo giovane stato. Il suo nome deriva dalla "decima" (un decimo), che il gran principe stanziava delle sue entrate per sostenere i bisogni della Chiesa.

La chiesa delle Decime, costruita dal principe pari agli Apostoli, fu distrutta durante l'invasione mongola nel XIII secolo ma fu restaurata nel XIX secolo. In epoca sovietica fu utilizzata come magazzino e museo dell'ateismo, con la conseguente perdita di molte delle sue reliquie e monumenti storici. E nel 1928 il tempio fu completamente distrutto.

Nel 1991, dopo che l'Ucraina ottenne l'indipendenza, il monastero delle Decime fu restituito alla Chiesa ortodossa ucraina. Sul suo sito fu costruito un piccolo tempio, dove ora è conservata l'icona della Madre di Dio della "di Vladimir delle Decime". Questo è il tempio che le moderne autorità ucraine vogliono demolire. Se lo faranno, entreranno nella storia insieme ai mongoli e ai bolscevichi che hanno già distrutto la chiesa delle Decime. Ma la cosa più terribile non è questa, ma cosa accadrà al paese e al popolo, le cui autorità combattono contro Dio, distruggendo i templi?

Se si legge attentamente tutto quanto scritto sopra, solo una persona cieca e stolta non capirà che la distruzione del tempio di Dio è una sfida al Creatore, una sfida alla sua autorità, che ha sempre le conseguenze più terribili. Una nazione non può essere felice se si rallegra della distruzione di un tempio.

Il tempio è un santuario dove i credenti si riuniscono per la preghiera, il culto e la comunione con Dio. La demolizione di un tempio è la distruzione di ciò che rende umana una persona. È chiaro che distruggendo un tempio le autorità non otterranno alcun risultato positivo per se stesse, soprattutto in termini politici. Questo perché nessun credente sosterrà i nemici della Chiesa. Non ci si può aspettare sostegno da coloro di cui stai distruggendo i sentimenti e i valori.

Ma oltre a tutto questo, dobbiamo ricordare che c'è una guerra in corso. Considerato tutto ciò che sta accadendo, comprendiamo che possiamo preservare il nostro paese solo con l'aiuto di Dio. Non c'è nessun altro modo.

Ma Dio aiuterà coloro che distruggono i suoi templi?

 
Peccato e controllo: sull'Ortodossia e i disordini alimentari

Dopo la festa dell’Ascensione, riprendono nella vita dei cristiani ortodossi i giorni di digiuno: in questi momenti di contrasto tra feste e astinenza alimentare, non è male sottolineare anche gli atteggiamenti verso i disordini alimentari, tanto comuni nella parte più benestante nella nostra società, e le risposte non sempre univoche date dalla chiesa e dai terapeuti. Presentiamo nella sezione “Ortoprassi” dei documenti la riflessione di Sarah Sparks sull’Ortodossia e i disordini alimentari, a partire dai concetti di peccato e di controllo.

 
Come la Chiesa ortodossa russa avrebbe fatto intrusione in America: la quarta risposta all'arcivescovo Chrysostomos

Parte I

la Chiesa ortodossa russa ha davvero fondato illegalmente la Chiesa in America? Foto: Unione dei giornalisti ortodossi

Analizziamo l'ultima tesi del capo della Chiesa di Cipro, dove accusa la Chiesa ortodossa russa di "fondazione illegale" della Chiesa ortodossa in America.

Nel novembre del 2020, l'arcivescovo Chrysostomos II di Cipro ha riconosciuto lo scisma ucraino chiamato "Chiesa ortodossa dell'Ucraina", che ha ricevuto un tomos di autocefalia dal Patriarcato di Costantinopoli. L'improvvisa metamorfosi della posizione dell'arcivescovo Chrysostomos, che nel 2019 aveva riconosciuto l'assenza di successione apostolica degli scismatici ucraini, ha causato divisioni e profondi conflitti nella Chiesa di Cipro. Entrando in accese polemiche, compresi insulti e minacce, con alcuni suoi confratelli vescovi ciprioti, l'arcivescovo Chrysostomos è andato anche oltre, scegliendo per sé il ruolo di "killer informativo" della Chiesa di Costantinopoli. Dopo aver attaccato la Chiesa russa con numerose accuse molto strane, si è rivelato essere il primo dei moderni vescovi sostenitori del patriarca Bartolomeo a esprimere pubblicamente ciò di cui i fanarioti hanno accusato la Chiesa ortodossa russa da dietro le quinte per lungo tempo.

Abbiamo cercato di considerare attentamente le accuse. Ecco una citazione con le accuse dell'arcivescovo Chrysostomos:

"...So che oggi (il Patriarcato di Mosca, ndc) ha preso il controllo di due diocesi dalla Georgia, due diocesi dall'Ucraina, ha ricevuto più della metà dei cristiani dalla Polonia, ha preso diocesi dalla Romania. Chi ha dato loro il diritto di fondare una Chiesa autocefala in America? Questa interferenza di altri nelle giurisdizioni ha causato sconvolgimenti in tutta l'Ortodossia".

In precedenza, abbiamo già risposto alle accuse sulla presunta alienazione di territori dalla Chiesa georgiana, dalla Chiesa polacca e dalla Chiesa romena.

Per quanto riguarda la concessione dell'autocefalia alla Chiesa ortodossa in America da parte della Chiesa ortodossa russa, abbiamo dovuto affrontare una vasta gamma di domande che richiedono una risposta:

  • Quale territorio canonico storicamente si estendeva sul Nord America?
  • Il Patriarcato di Costantinopoli ha un primato di potere nel mondo ortodosso?
  • Il Patriarcato di Costantinopoli ha privilegi di tribunale ecclesiastico di ulrima istanza nella Chiesa ortodossa?
  • In che modo il primato canonico d'onore del Patriarcato di Costantinopoli differisce dai privilegi politici del patriarcato della capitale nell'Impero romano e nell'Impero Ottomano?
  • L'America è una "terra barbara" dal punto di vista del diritto canonico?
  • Il Patriarcato di Costantinopoli ha il monopolio sulla cura delle "terre barbare"?
  • Quando e sotto l'influenza di quali circostanze storiche sono apparse le suddette affermazioni del Fanar?
  • Chi era il patriarca Meletios di Costantinopoli e qual è il suo ruolo nella storia della Chiesa?
  • Cosa significano effettivamente i riferimenti a certi canoni, citati dai fanarioti a sostegno delle loro affermazioni?
  • Chi ha il diritto di concedere l'autocefalia?
  • In che modo esattamente la Chiesa ortodossa in America ha ottenuto l'autocefalia e qual è il ruolo del Fanar in questo processo?
  • Che cosa e a favore di chi ha testimoniato il patriarca Atenagora di Costantinopoli nella sua polemica con la Chiesa russa?

Esaminiamo questi punti.

"Chi ha dato loro il diritto di fondare una Chiesa autocefala in America?"

Secondo la versione convenzionale nella Chiesa di Costantinopoli, l'America è il suo territorio canonico. Tuttavia, questo è ben lontano dal punto di vista generalmente accettato nel mondo ortodosso. Inoltre, la stessa Chiesa di Costantinopoli non l'ha sempre pensata così.

Questa rivendicazione del Patriarcato di Costantinopoli sull'America, a quasi cento anni dalla sua comparsa, non è ancora riconosciuta dalle Chiese antiochena, georgiana, russa, serba, romena, bulgara e polacca. È stata riconosciuta solo dalle Chiese greche. Inoltre, questo processo è stato difficile anche nelle Chiese greche: in precedenza esse avevano le loro parrocchie nella diaspora e non avevano alcuna fretta di consegnarle a Costantinopoli, che non le rivendicò fino al 1923. Come sappiamo, prima del genocidio dei greci in Turchia e della loro espulsione, la Chiesa di Costantinopoli aveva abbastanza da fare con i suoi fedeli. E il destino di greci, serbi, georgiani, bulgari, romeni e altri cristiani ortodossi che si trovavano in Europa occidentale o in America non infastidiva particolarmente i fanarioti.

Questi ultimi li hanno ricordati solo quando il numero dei cristiani ortodossi nella stessa Turchia è stato drasticamente ridotto a causa del genocidio e del reinsediamento, e le diocesi ortodosse al di fuori dei suoi confini, negli ex possedimenti ottomani, hanno ricevuto l'autocefalia o l'hanno proclamata da se stesse. Per esempio, il Patriarcato di Gerusalemme ha accettato di trasferire a Costantinopoli le parrocchie del suo vicariato delle comunità palestinesi-giordane negli Stati Uniti solo nel 2008. Anche la diaspora albanese in America non ha riconosciuto i diritti di Costantinopoli, preferendo prima la giurisdizione della Chiesa russa, e infine quella della Chiesa ortodossa autocefala in America (non riconosciuta da Costantinopoli). La Chiesa di Antiochia mantiene la sua giurisdizione in America fino a oggi, come fanno molte altre Chiese ortodosse.

Inoltre, possiamo affermare con sicurezza che anche l'autore di questi "antichi diritti", il patriarca Meletios di Costantinopoli, li ha riconosciuti solo quando gli è stato utile, negandoli in altri casi, anche dopo la loro dichiarazione...

Molte Chiese ora hanno le loro diocesi e parrocchie in America, alcune delle Chiese hanno riconosciuto l'autocefalia della Chiesa ortodossa in America, nonostante la posizione di Costantinopoli.

Se valutiamo la consistenza pratica, allora possiamo dire che in un centinaio di anni dal momento delle sue rivendicazioni sull'America, il Fanar è riuscito a raggiungere una reale solidarietà di sole quattro delle quattordici Chiese locali. Cinque Chiese (insieme alla Chiesa ortodossa russa) riconoscono l'autocefalia della Chiesa ortodossa in America. E altre quattro, sebbene considerino la Chiesa ortodossa in America parte della Chiesa ortodossa russa, non ne riconoscono l'autocefalia, ma allo stesso tempo non riconoscono i diritti speciali della Chiesa di Costantinopoli "alla cura della diaspora nelle terre barbare", avendo le proprie parrocchie in America, o trasferendole alla stessa Chiesa ortodossa in America, non a Costantinopoli. Cioè, l'opinione di Costantinopoli non è accettata dalla pienezza ecumenica della Chiesa Ortodossa, indipendentemente da ciò che dice il Fanar.

Allo stesso tempo, riferendosi alla Chiesa ortodossa in America, è importante sottolineare che se una parte significativa delle Chiese non ha riconosciuto la sua autocefalia, tuttavia, qualsiasi analogia tra la Chiesa ortodossa in America e lo scisma ucraino è inappropriata. Nel caso della Chiesa ortodossa in America, tutte le Chiese ortodosse (senza eccezioni), compresa Costantinopoli, ne riconoscono i sacramenti, l'episcopato e il sacerdozio, hanno con essa comunione eucaristica e concelebrazione congiunta. Allo stesso tempo, alcune considerano la Chiesa ortodossa in America come autocefala, mentre altre la considerano una parte della Chiesa ortodossa russa. Nel caso degli scismatici ucraini, u loro "ordini" e "sacramenti" insieme ai loro "vescovi" e "sacerdoti" sono respinti da dieci Chiese, e anche nelle Chiese che li hanno riconosciuti sotto pressione, molti vescovi e sacerdoti si rifiutano categoricamente di servire con loro, considerandoli auto-ordinati.

La scoperta ortodossa dell'America

Come si sa, lo sviluppo dell'America da parte degli europei è avanzato da due lati: dalla costa orientale il continente è stato esplorato dagli spagnoli, dai portoghesi, dagli olandesi, dai francesi e dagli inglesi, e dal nord-ovest dai russi che erano arrivati dalla Siberia. Lo sviluppo russo dell'America è iniziato con le Isole Aleutine e l'Alaska ed è continuato in California. L'Alaska fu scoperta dalla spedizione russa di Semjon Dezhnev nel 1648.

Il primo insediamento di coloni russi apparve sulle Isole Aleutine nel 1784. Nel 1794 vi fu fondata la prima missione ortodossa nel continente. Consisteva di 8 monaci e ieromonaci inviati dai monasteri russi: 6 dal monastero della santa Trasfigurazione di Valaam e 2 dal monastero della Natività della Madre di Dio di Konevets. La missione era guidata dall'archimandrita Ioasaf (Bolotov) (il futuro vescovo di Kodiak).

Tutti i chierici, così come i nuovi territori, furono assegnati alla diocesi di Irkutsk della Chiesa russa, che allora era responsabile di tutta la Siberia centrale e orientale. La prima chiesa fu costruita sull'isola di Kodiak e iniziò la predicazione tra la popolazione locale delle Isole Aleutine. Durante il primo anno e mezzo della sua esistenza, la missione celebrò 6.740 battesimi e 1.573 matrimoni. Inoltre, 2472 persone furono battezzate su venticinque isole con un massimo di 50 insediamenti. Alla fine del 1796, il numero di cristiani ortodossi battezzati in America aveva raggiunto i 12.000. Nel 1796, l'Ortodossia in Alaska ebbe il suo primo martire: lo ieromonaco Juvenalij fu ucciso vicino al lago Iliamna (Alaska continentale) da pagani. In seguito fu glorificato come santo martire. Nel 1799, i russi fondarono la città di Novo-Arkhangelsk (ora Sitka) in Alaska, dove fu costruita anche una chiesa. La città fu bruciata dagli indiani nel 1802 e ricostruita nel 1804, diventando la capitale dell'America russa dal 1808. Nel 1848 vi fu costruita la prima grande cattedrale ortodossa dedicata a san Michele.

Nel 1812 fu fondato un insediamento russo in California, noto come Fort Ross. Si trovava a 80 chilometri a nord di San Francisco, su un terreno acquistato dagli indiani locali. L'ubicazione dei possedimenti russi lì fu oggetto di continue controversie, prima con gli spagnoli, poi con i messicani. Dal 1830, i russi esplorarono attivamente i dintorni, creandovi fattorie agricole. Fort Ross aveva una chiesa, che teneva funzioni e svolgeva un'attiva opera missionaria. Nel 1841, Fort Ross fu venduto, ma nonostante ciò, è ancora un sito di visite di massa da parte dei russi americani.

Nel 1840, una diocesi indipendente di Kamchatka, Kurili e Aleutine fu separata dalla diocesi di Irkutsk: la sede fu posta in Alaska, a Novo-Arkhangelsk, e la sua giurisdizione si estendeva a tutti i domini russi americani, oltre alla Kamchatka e alle Isole Kurili... con la vendita dell'Alaska agli USA, per le parrocchie di questo territorio si decise nel 1869 di creare una diocesi separata dalla diocesi della Kamchatka.

Nell'accordo per la vendita dell'Alaska era inclusa una clausola speciale, secondo la quale tutte le chiese e gli appezzamenti di terreno appartenenti alla Chiesa ortodossa russa in America dovevano rimanere di proprietà della Chiesa russa, alla quale era assicurata una completa libertà di attività.

Nel 1872, a causa dell'aumento del numero delle parrocchie ortodosse negli stati occidentali, il centro diocesano fu trasferito a San Francisco. Dal 1905, il centro diocesano della diocesi aleutina e nordamericana (questo nome fu dato alla diocesi nel 1900) ebbe sede a New York. Nel 1907, sotto la presidenza dell'arcivescovo Tikhon, futuro patriarca della Chiesa ortodossa russa, si tenne il primo Concilio ecclesiastico della diocesi, che decise di definire la diocesi in America con il mome "Chiesa greco-cattolica russa ortodossa in Nord America sotto la giurisdizione della gerarchia della Chiesa russa".

All'inizio del secolo, oltre ai convertiti nativi americani all'Ortodossia, il numero dei parrocchiani fu aumentato dall'emigrazione di massa dei contadini ucraini negli Stati Uniti e in particolare in Canada, dove si formarono numerose comunità. La prima Divina Liturgia in Canada fu celebrata nel 1897 nel villaggio di Vostok (provincia dell'Alberta), a casa di uno dei coloni ucraini.

Anche la migrazione dei carpato-russi dall'Austria-Ungheria fu massiccia. Nel periodo dal 1891 alla prima guerra mondiale, circa 120 parrocchie degli uniati dei Carpazi furono riunite alla Chiesa ortodossa russa in America.

Nel 1918, la diocesi americana, che a quel tempo aveva unito fino a 300.000 credenti, aveva quattro vicariati (Alaska, Brooklyn, Pittsburgh e Canada), tre missioni (albanese, siriana, serba), 271 chiese, 51 cappelle, 31 decanati, 257 chierici, circa 60 confraternite, il monastero di san Tikhon a South Canaan in Pennsylvania, un orfanotrofio nel monastero, un seminario teologico, scuole ecclesiastiche, e proprie edizioni a stampa.

Questi dati sono importanti per il confronto storico poiché prima del 1918 non c'erano affatto strutture diocesane greche in America.

La diffusione dell'Ortodossia in America e la diaspora greca

Non ci sono mai state colonie greche in America a causa di circostanze storiche ben note. Ma gli stessi greci, ovviamente, migrarono attivamente in America subito dopo l'inizio della sua colonizzazione. Nel 1750, apparve la prima cappella greca nella città di St. Augustine in Florida. La prima significativa comunità greca si era formata in Louisiana alla metà del XIX secolo e nel 1866 aveva già una propria chiesa a New Orleans.

Confrontiamo i dati: nel 1850, la diocesi aleutina e nordamericana della Chiesa russa aveva 9 chiese, 37 luoghi di preghiera, 9 sacerdoti, 2 diaconi e uno staff completo di chierici, il gregge contava 15.000 fedeli. Nel 1844 fu aperta a Sitka una scuola teologica, che fu poi trasformata in seminario e ricevette lo statuto delle Scuole teologiche russe, che prevedeva le specificità del ministero in questa regione. Il curriculum del nuovo seminario fu sviluppato da sant'Innocenzo e approvato dal Santo Sinodo.

Nel 1867, a San Francisco, gli industriali russi costruirono una parrocchia ortodossa, che univa russi, greci, serbi e siriani. Nel 1870, fu aperta a New York City una parrocchia della Chiesa russa, che univa greci, serbi e arabi siriani. Padre Nikolai Bjerring, professore di filosofia e storia, che iniziava a pubblicare la rivista "Eastern Church Journal", ne divenne il rettore. "Se nel 1899 c'erano 29 parrocchie nella diocesi, nel 1905 ce n'erano già 60. Il numero dei parrocchiani durante questo periodo passò da 30.000 a 55.000" (“Patriarca Tikhon e ortodossia russa negli USA”).

Nel 1890, prima dell'inizio della migrazione di massa dei greci negli Stati Uniti, la comunità greca contava già circa 15.000 parrocchiani. Alcuni di loro erano serviti dalle parrocchie della Chiesa russa, e altri dalle proprie chiese, in cui servivano preti disorganizzati provenienti dalla Grecia o dalla Turchia, che non avevano una struttura diocesana. Anche se un tale ministero violava l'ordine canonico della struttura della Chiesa, ebbe una certa diffusione.

L'emigrazione intensiva (compresa la manodopera) dei greci negli Stati Uniti iniziò dopo il 1890 quando gli immigrati dalla Grecia e dalla Turchia iniziarono ad arrivare in America.

Che cosa stiamo confrontando?

I critici dei diritti della Chiesa russa in America si basano sulla tesi della superiorità etnica dei greci sui russi emersa negli Stati Uniti alla fine del XIX secolo.

Ma da quando le giurisdizioni e i confini delle Chiese locali sono stati determinati dal numero di queste o quelle diaspore di emigranti? Il fatto che a un certo punto (all'inizio del XX secolo) ci fossero più greci che russi negli Stati Uniti dovrebbe indicare i diritti dei greci negli Stati Uniti? Per esempio, prima dell'emigrazione di massa dei greci, in America c'erano più russi. E attualmente (dati del 2008-2010), negli Stati Uniti vivono 3.129.738 russi e 1.316.074 greci. Ciò significa che ora i diritti speciali stanno tornando ai russi? La logica di tali discussioni è deliberatamente viziosa e non ha nulla a che fare con il cristianesimo ortodosso: "Qui non c'è più greco o giudeo, circoncisione o incirconcisione, barbaro o scita, schiavo o libero, ma Cristo è tutto in tutti" (Col 3:11).

Inoltre, vale la pena sottolineare che per decreto del Concilio di Costantinopoli del 1872, che si tenne con la partecipazione di una parte dei patriarchi orientali sotto la presidenza del patriarca Anthimos VI di Costantinopoli, la formazione delle strutture ecclesiastiche per natura etnica fu riconosciuta come eresia:

"Abbiamo visto, confrontando l'inizio della divisione tribale con l'insegnamento del Vangelo e con la modalità costante dell'azione della Chiesa, che tale divisione non è solo estranea a loro, ma anche completamente opposta... Abbiamo decretato nello Spirito Santo quanto segue:

1. Respingiamo e condanniamo le divisioni tribali, cioè le differenze tribali, i conflitti pubblici e i disaccordi nella Chiesa di Cristo, in quanto contrarie all'insegnamento del Vangelo e alle sacre leggi dei nostri beati padri, sui quali è fondata la santa Chiesa e che, offrendo decoro alla società umana, conducono alla pietà divina.

2. Coloro che accettano tali divisioni per tribù e osano fondare su di esse riunioni tribali finora senza precedenti, li proclamiamo, secondo i sacri canoni, alieni all'unica santa Chiesa cattolica e apostolica e veri scismatici".

Cosa stanno effettivamente confrontando i sostenitori dei diritti delle Chiese russa e greca? Tra i primi, vediamo lo sviluppo sistematico dell'organizzazione ecclesiale: la presenza di una diocesi istituita da una Chiesa locale, con il suo arcivescovo ordinario, due seminari, una composizione multinazionale di parrocchiani (russi, aleutini, indiani, greci, romeni, serbi, siriani, bulgari), le loro pubblicazioni e attività missionarie...

Tra i secondi si osserva l'auto-organizzazione spontanea di una parte della diaspora greca, che non ha voluto entrare nella giurisdizione diocesana già esistente né ha ricevuto una propria struttura diocesana. Cioè, di fatto, è entrata in conflitto con l'intero ordine canonico esistente nella Chiesa ortodossa.

Non si deve dimenticare che tale sviluppo ecclesiastico in "terre barbare" non avveniva per la prima volta nella storia della Chiesa. Fu in modo simile, storicamente, che la Chiesa si diffuse nell'Impero Romano. Spesso gli ebrei furono i primi ad adottare il cristianesimo, a volte lo fecero i pagani. Ma nessuno formò gerarchie etniche. E le regole canoniche della Chiesa, a partire dalle regole apostoliche, sono state sviluppate proprio per determinare la corretta procedura per la risoluzione di eventuali controversie.

I canoni della chiesa

Quindi, sul territorio degli Stati Uniti e del Canada, era già in vigore la giurisdizione della Chiesa russa, e dal 1840 c'era la sua sede episcopale. Inoltre, questa diocesi non era etnicamente russa. Alla fine del XIX secolo, erano attive parrocchie greche e carpato-russe, parrocchie costituite dalla popolazione indigena d'America, nonché missioni albanesi, siriane e serbe. Tra i parrocchiani c'erano anche romeni, bulgari, rappresentanti degli anglosassoni e altri gruppi di migrati convertiti all'Ortodossia.

Le azioni sul territorio di altre Chiese locali, senza il loro consenso, sono state considerate riprovevoli sin dai tempi degli apostoli. Così, l'apostolo Paolo scrive: "mi sono fatto un punto di onore di non annunziare il vangelo se non dove ancora non era giunto il nome di Cristo, per non costruire su un fondamento altrui" (Rm 15:20).

Tuttavia, né le istruzioni apostoliche né i canoni della Chiesa hanno fermato l'espansione nel territorio di un'altra Chiesa da parte di Costantinopoli.

C'erano motivi canonici per l'emergere di giurisdizioni parallele sul territorio della Chiesa in America? Costantinopoli dice che si tratta dello status delle "terre barbare". Ma la Siberia, letteralmente per un paio di secoli, è stata anch'essa una "terra barbara" abitata da pagani, ma nessuno contesta il suo status fino a oggi... Così come lo status di tutte le giurisdizioni ortodosse, poiché tutte sono state create su terre una volta pagane (eccetto la chiesa di Gerusalemme) dove i cristiani erano in minoranza.

Se consideriamo il Canone 2 del secondo Concilio ecumenico, vedremo in esso la divisione dei territori delle Chiese locali e il divieto di violazione dei loro confini, nonché la "confusione sulle Chiese". Vediamo la stessa cosa in molti altri canoni.

Lo stesso dice il Canone 8 del terzo Concilio ecumenico: i padri del terzo Concilio, dopo aver esaminato il caso dell'intervento della Chiesa di Antiochia negli affari della Chiesa di Cipro, ne stabilirono l'inammissibilità sia per una specifica situazione che in senso generale.

Lo testimoniano il Canone 22 del Concilio di Antiochia, il Canone 15 del Concilio di Sardica, ecc.

Particolare attenzione dovrebbe essere prestata alla formulazione del citato Canone 2 del secondo Concilio ecumenico: "Ma le Chiese di Dio nelle nazioni pagane devono essere governate secondo l'usanza che ha prevalso dai tempi dei Padri". Il canonico Ioannis Zonaras (XII secolo) spiega questa norma nel modo seguente: "Il santo Concilio ha permesso di agire secondo l'usanza che era stata stabilita fino a quel momento". L'usanza qui è più che chiara: per circa cento anni in America c'è stata una sola diocesi ortodossa. E questa era la diocesi della Chiesa russa. E nessun'altra Chiesa ha sollevato le proprie rivendicazioni su queste terre durante il XIX secolo.

Le norme canoniche della Chiesa parlano non meno chiaramente per quanto riguarda i greci e gli altri sacerdoti che svolgevano la loro attività in America, sul territorio della diocesi nordamericana, senza la benedizione del vescovo ordinario e senza partecipazione ad alcuna struttura diocesana di qualsiasi Chiesa locale.

Canone 39 dei santi Apostoli: "I presbiteri oi diaconi non facciano nulla senza l'approvazione del vescovo; poiché è a lui che è affidato il popolo del Signore, e a lui sarà chiesto conto delle loro anime". Lo stesso principio è confermato dal Canone 31 dei santi Apostoli, dal Canone 8 del quarto Concilio ecumenico, dal Canone 5 del Concilio di Antiochia, ecc.

Il tomos della diaspora

Nel 1908, il numero di emigranti dalla Grecia verso gli Stati Uniti aveva raggiunto un numero impressionante. La questione della loro cura spirituale avrebbe potuto essere facilmente risolta attraverso negoziati tra rappresentanti delle Chiese e la creazione di uno speciale vicariato greco o qualche altra suddivisione all'interno della Chiesa in America. Invece, Costantinopoli ha preferito semplicemente non accorgersi dell'esistenza della Chiesa russa negli Stati Uniti.

L'8 marzo 1908, il patriarca Ioakim III di Costantinopoli emise un tomos che trasferiva temporaneamente le chiese greche in America dalla sua giurisdizione alla giurisdizione della Chiesa di Grecia:

"Poiché è ovvio che né la santa Chiesa di Grecia, a cui è stato concesso dal nostro Patriarcato lo status di autocefalia entro confini giurisdizionali strettamente definiti, né qualsiasi altra Chiesa o Patriarcato, potrebbe estendere canonicamente la sua autorità oltre i confini della sua giurisdizione definita tranne il nostro Trono ecumenico apostolico e patriarcale; ciò sia in virtù del privilegio che le è accordato di ordinare vescovi nelle terre barbare che sono oltre i limiti definiti delle giurisdizioni ecclesiastiche, sia in virtù della sua anzianità di estendere la sua protezione ultima a dette Chiese in territori stranieri".

Così, per la prima volta in America, ci si appella "al privilegio di ordinare vescovi nelle terre barbare". Non è chiaro quale sia il motivo di tali rivendicazioni di Costantinopoli, così come non è chiaro perché il territorio degli Stati Uniti, su cui all'epoca la Chiesa russa operava da più di cento anni, fosse considerato un territorio "oltre i limiti definiti delle giurisdizioni ecclesiastiche".

Ma in ogni caso, le affermazioni fatte erano chiaramente diverse da quelle emerse più tardi nel 1922 e da quelle che esistono ora. Nel 1908, Costantinopoli non rivendicava ancora né il diritto di rivedere i confini esistenti delle Chiese né il monopolio di guidare la diaspora ortodossa di tutti i popoli. Sosteneva solo di risolvere la questione dei propri compatrioti greci nella diaspora.

Osiamo presumere che il patriarca Ioakim semplicemente non sapesse che era possibile agire come avrebbero fatto in seguito i suoi successori Meletios e Bartolomeo...

Tuttavia, il fatto della "delegazione" alla Chiesa di Grecia della cura sulla diaspora greca suggerisce che nel 1908 il Fanar avesse altre preoccupazioni: il patriarca di Costantinopoli era ancora un etnarca nell'Impero ottomano, a cui tutta la sua popolazione ortodossa era politicamente subordinata; aveva nella propria giurisdizione ecclesiastica molti fedeli e chiese; nulla ancora prefigurava il restringimento del patriarcato, orgogliosamente autoproclamato Ecumenico, alle dimensioni di un piccolo decanato...

Quanto alla Chiesa di Grecia, che ricevette nuovi poteri, non si curò particolarmente delle parrocchie americane ormai affidatele per altri dieci anni, fino al 1918, e forse non sarebbe successo altro se non fosse stato per il bizzarro corso degli eventi storici.

La figura del patriarca Meletios

Al centro delle rivendicazioni, prima delle chiese greche e poi di Costantinopoli, alle parrocchie in America, c'è senza dubbio la personalità del primo metropolita greco e poi patriarca di Costantinopoli, Meletios. È la sua straordinaria personalità storica che è giustamente considerata il fondatore della dottrina del diritto esclusivo del patriarcato di Costantinopoli alla cura della diaspora ortodossa.

Servì in sei Chiese locali, fu espulso da tre di esse, fu metropolita a Cipro, primate della Chiesa ortodossa di Grecia, patriarca di Costantinopoli, patriarca d'Alessandria, e divenne il primo patriarca massone nella storia dell'Ortodossia...

Legato da vincoli familiari al primo ministro greco Venizelos, che lo aiutò a guidare la Chiesa di Grecia nel 1918, Meletios assunse l'espansione della giurisdizione ecclesiastica. Come la storia ha dimostrato, questo aspetto contraddistinse il suo governo in tutte e tre le Chiese, dove fu il primate. Così, il 4 agosto 1918, il Sinodo della Chiesa di Grecia decise di organizzare una diocesi negli Stati Uniti. Il metropolita Meletios nominò suo rappresentante negli Stati Uniti il vescovo Alexandros (Demoglou) di Rodostolou e trascorse tre mesi con lui negli Stati Uniti, riunendo le parrocchie greche che non erano subordinate a nessuno e negoziando con quelle che erano sotto la giurisdizione del Chiesa russa. Ciò fu fatto, naturalmente, senza alcun coordinamento e accordo con la diocesi nordamericana della Chiesa russa. La stessa Chiesa russa stava attraversando momenti difficili in questo momento: c'era una rivoluzione in Russia, la Chiesa era oggetto di persecuzioni, il rapporto e l'interazione della diocesi nordamericana con il patriarcato a Mosca era stata interrotta dagli eventi in corso. La Chiesa russa era semplicemente incapace in questo momento di resistere con decisione alla violazione dei suoi confini canonici.

Nel 1920, per decisione delle autorità greche e del Sinodo della Chiesa di Grecia, Meletios fu espulso "per atti non canonici" dal suo incarico di metropolita d'Atene e mandato in prigione in un monastero su una delle isole greche, mentre il vescovo Alexandros fu richiamato in Grecia.

Ma all'inizio del 1921, Meletios fuggì dalla prigionia e si recò in America, dove si presentò come il metropolita di Atene, cosa che in realtà non era più vera. In questa veste, iniziò la formazione dell'arcidiocesi greca delle Americhe con il sostegno finanziario dell'ex primo ministro greco Venizelos e di altri massoni.

Il 29 dicembre 1921, il Santo Sinodo della Chiesa di Grecia decise di deporre Meletios per aver violato una serie di canoni, per aver concelebrato con gli anglicani e perpetrato uno scisma. Anche il vescovo Alexandros (Demoglou) fu dichiarato scismatico, e tutti i loro seguaci ricevettero un avvertimento.

Tuttavia, mentre il Sinodo preparava questa decisione, Meletios, con l'aiuto degli inglesi, riuscì a impadronirsi del trono di patriarca di Costantinopoli, in una città occupata dall'Intesa.

La sua elezione fu invalidata dalla maggioranza dei vescovi del Patriarcato di Costantinopoli (7 membri del Santo Sinodo e circa 60 vescovi), riuniti a Salonicco. I patriarchi di Antiochia, Alessandria e Gerusalemme sostennero la decisione dell'episcopato di Costantinopoli. Ma nonostante questo, Meletios fu proclamato comunque patriarca, essendo stato deposto dal sacerdozio (!). Successivamente, la sua deposizione fu ribaltata sotto pressione politica.

Nel febbraio 1922, Meletios cancellò il "Tomos della diaspora del 1908", annunciando il ritorno delle parrocchie greche americane alla giurisdizione del Fanar dall'11 maggio. La Chiesa di Grecia non riconobbe questa decisione di Meletios, che era stato deposto, e nominò un altro vescovo alla cura delle comunità americane. Di conseguenza, un doppio potere nell'arcidiocesi greca negli Stati Uniti continuò fino al 1931.

Nel marzo 1922, Meletios emise un tomos sul diritto di Costantinopoli alla "supervisione e gestione diretta di tutte le parrocchie ortodosse senza eccezioni che si trovano al di fuori delle Chiese ortodosse locali, in Europa, America e altri luoghi", confermandolo con i Canoni 9, 17 e 28 del quarto Concilio ecumenico, che analizzeremo più oltre.

Le altre Chiese ortodosse, comprese quelle greche, non riconobbero le affermazioni di Meletios sulla diaspora ortodossa. Il Fanar doveva ancora estorcere il loro consenso, una per una.

Durante il suo regno, Meletios riuscì a sostenere i rinnovazionisti sovietici, che lo dichiararono loro capo. Subordinò a se stesso le diocesi ortodosse in Finlandia ed Estonia. In generale, riuscì a invadere quattro volte il territorio canonico della Chiesa russa, portandone via diverse parti. Meletios creò l'arcidiocesi di Cirillo e Metodio in Cecoslovacchia, sul territorio della Chiesa serba, calpestandone i confini. Successivamente, questa invasione divenne per il Patriarcato di Costantinopoli la base per non riconoscere l'autocefalia della Chiesa ortodossa delle Terre Ceche e della Slovacchia, che il Fanar aveva dichiarato come proprio territorio... Meletios creò anche le diocesi del Patriarcato di Costantinopoli nell'Europa occidentale e in Australia.

Espulso da Costantinopoli, Meletios, con l'aiuto degli inglesi, divenne patriarca d'Alessandria. In questo incarico, contrariamente alle sue stesse decisioni come patriarca di Costantinopoli, estese arbitrariamente i confini del Patriarcato d'Alessandria a tutta l'Africa, creando nuove diocesi a Johannesburg, a Bengasi, in Tunisia, in Sudan e in Etiopia. Sebbene queste fossero chiaramente "terre barbare", non delegò la decisione del loro destino a Costantinopoli, ma le rivendicò egli stesso. Questo ci prova che l'iniziatore delle rivendicazioni del Patriarcato di Costantinopoli sulle "terre barbare" non le percepiva come una sorta di verità canonica, ma solo come uno strumento per espandere il proprio potere.

I motivi canonici delle azioni di Meletios

Come abbiamo promesso, prenderemo in considerazione i fondamenti canonici, in base ai quali Meletios dichiarò le sue rivendicazioni al territorio del Nord America. Ricordiamo che questi erano i canoni del quarto Concilio ecumenico, vale a dire il 9, il 17 e il 28. Partiamo dal Canone 28, poiché è logico considerare insieme i canoni 9 e 17. In precedenza li abbiamo esaminati nell'articolo "Come la Chiesa ortodossa russa ha portato via metà della Chiesa polacca: la seconda risposta all'arcivescovo Chrysostomos", ma ora li esamineremo in modo più completo.

Consideriamo quindi il Canone 28 del quarto Concilio ecumenico.

Il Fanar interpreta questo canone come un'indicazione della presenza di un certo primato di potere nell'Ortodossia universale, e anche come diritto esclusivo di prendersi cura delle diocesi "straniere". Tuttavia, se guardiamo da vicino il testo di questo canone, vedremo quanto segue:

In primo luogo, i padri conciliari fanno riferimento al Canone 3 del secondo Concilio ecumenico: " Il vescovo di Costantinopoli, però, abbia priorità d'onore dopo il vescovo di Roma, perché essa è la Nuova Roma". Come possiamo vedere, parlano chiaramente di un primato d'onore, ma non di un primato di potere. Se improvvisamente, contrariamente al testo del canone, ammettiamo che per qualche motivo stiamo parlando di un primato di potere, allora dovremo ammettere che lo possedeva il vescovo di Roma, e quindi le pretese dei papi di Roma al primato di potere era giustificato, mentre furono rifiutate dalla Chiesa, compresa Costantinopoli.

In secondo luogo, i padri di entrambi i concili definiscono chiaramente il motivo di questo primato d'onore: "perché questa città è la Nuova Roma" , "perché è la città imperiale" , "e la città ha ricevuto l'onore di essere la città dell'imperatore e del senato". Cioè, viene data una ragione politica abbastanza chiara per quel tempo: il trasferimento della capitale dell'Impero da Roma a Costantinopoli, che fa della sede del vescovo di Costantinopoli la sede della capitale. Ricordiamo che durante i tempi sia del secondo che del quarto Concilio ecumenico, tutte le Chiese autocefale erano situate nei territori ed entro i confini dell'Impero bizantino. Ma nel 1922 l'Impero bizantino non esisteva più. Costantinopoli non era più la città "dell'imperatore e del senato". Inoltre, non era più nemmeno la capitale della Turchia, e nel 1930 Costantinopoli scomparve del tutto, ribattezzandosi Istanbul.

In terzo luogo, se si parte dal punto di vista del Fanar e si considera che questo canone è immutato nella sua rilevanza indipendentemente dal contesto storico, allora questa valutazione dovrà essere applicata all'intero testo del canone. Proprio all'intero testo, e non solo a quella parte di esso che garba ai patriarchi di Costantinopoli. Ma nel testo del canone, vediamo la definizione dei confini del Patriarcato di Costantinopoli, che non includono molte di quelle aree che esso già riuscito a includere nel suo dominio. Inoltre, se consideriamo incrollabile questo canone, vedremo che in questo caso i confini delle Chiese sono determinati non dal Sinodo del Patriarcato di Costantinopoli (come sta accadendo ora), ma dai Concili ecumenici. Avendo adottato questo punto di vista, dovremo riportare tutte le Chiese locali ai confini del V secolo, poiché in nessuno dei canoni dei Concili ecumenici si può trovare una menzione della "delega" del loro potere al vescovo di Costantinopoli, come afferma attualmente il Fanar.

Avendo compreso il significato del contesto storico del canone e delle decisioni prese sulla sua base, dovremo ammettere che esso ha perso la sua rilevanza. E fino ad oggi, il primato d'onore conferito al vescovo di Nuova Roma in base a questo canone non è altro che un tributo alla memoria storica della Chiesa. Inoltre, la stessa Chiesa ecumenica ha respinto qualsiasi dottrina sul primato di potere conferito a chiunque non sia il Signore Gesù Cristo.

In quarto luogo, nel 1848, l'Enciclica della Chiesa una, santa, cattolica e apostolica a tutti i cristiani ortodossi fu accettata dai patriarchi e dai sinodi delle Chiese di Costantinopoli, Alessandria, Antiochia e Gerusalemme. Sebbene il suo tema principale sia il papismo romano, i principi del rapporto tra le Chiese in generale e la Chiesa di Costantinopoli tra di loro sono abbastanza chiaramente indicati. Il testo rifiuta chiaramente sia il primato di potere di qualsiasi Chiesa sia il diritto al potere giudiziario supremo nella Chiesa, che sarà discusso in seguito. Il valore di questa definizione sta proprio nel fatto che esprime l'opinione conciliare di tutta la Chiesa, compresa Costantinopoli. E oggi, quando il trono di Costantinopoli rivendica i privilegi di Roma ("da quando Roma si è staccata dalla Chiesa"), è particolarmente importante scoprire la posizione ecclesiastica su questo tema. A causa del volume considerevole, non lo citiamo per intero, ma offriremo un collegamento a questo importante documento ecclesiale, che afferma che né il trono romano né quello di Costantinopoli hanno un "primato di potere":

Come possiamo vedere, la Chiesa cattolica (ecumenica) non solo rifiuta la supremazia di qualsiasi patriarcato, ma fornisce anche una comprensione completamente chiara e corretta del significato del suddetto canone del quarto Concilio ecumenico, con le regole che accompagnano.

In quinto luogo, il canonista bizantino del XII secolo Ioannis Zonaras dà la sua interpretazione di questo canone: "I padri giustamente concessero privilegi al trono della vecchia Roma, perché essa era la città imperiale. E i 150 piissimi vescovi, mossi dalla stessa considerazione, diedero pari privilegi (ἴσα πρεσβεῖα) al santissimo trono della Nuova Roma, giudicando giustamente che quella città che è onorata dalla sovranità e dal Senato, e gode di uguali privilegi della vecchia Roma imperiale, dovrebbe anche in materia ecclesiastica essere come lei magnificata, ed essere in rango accanto a lei; affinché nelle diocesi del Ponto, dell'Asia e della Tracia, i metropoliti e anche i vescovi delle diocesi di cui sopra che sono tra i barbari, debbano essere ordinati dal suddetto santissimo trono della santissima Chiesa di Costantinopoli; ogni metropolita delle suddette diocesi, insieme ai vescovi della sua provincia, ordina i suoi vescovi provinciali, come è stato dichiarato dai canoni divini; ma come è stato detto, i metropoliti delle suddette diocesi dovrebbero essere ordinati dall'arcivescovo di Costantinopoli, dopo che le elezioni appropriate sono state tenute secondo consuetudine e sono state a lui segnalate". Cioè, stiamo parlando dei vantaggi d'onore dovuti allo status della capitale, e non dei poteri espansi associati a una sorta di supremazia. Inoltre, la stessa regola limita il diritto del trono di Costantinopoli anche nelle regioni ad esso subordinate, così che nessuno dei vescovi di Costantinopoli si appropri dell'ordinazione dei vescovi; perché ogni metropolita ha diritto a queste ordinazioni.

In sesto luogo, riguardo al diritto esclusivo del patriarca di Costantinopoli di ordinare vescovi "barbari", il testo del canone ci mostra molto chiaramente il suo significato stesso:

"...affinché nelle diocesi del Ponto, dell'Asia e della Tracia, i metropoliti e anche i vescovi delle diocesi di cui sopra che sono tra i barbari, debbano essere ordinati dal suddetto santissimo trono della santissima Chiesa di Costantinopoli..."

In settimo luogo, il canonista bizantino del XII secolo Theodoros Balsamon (poi patriarca di Antiochia) ci dice la stessa cosa: "I vescovadi barbari sono intesi come gli alani, i rossi e altri; gli alani appartengono alla regione del Ponto, mentre i rossi alla Tracia. Per quanto riguarda i legati del papa, si dirà dopo il messaggio di benvenuto del Concilio di Trullo chi sono costoro e come è stato concesso al papa il diritto di avere i nostri metropoliti come suoi legati". Come si vede, non si tratta di tutti i "barbari", ma solo di coloro che sono "assegnati" alle regioni sotto il trono di Costantinopoli nel V secolo.

In ottavo luogo, prima ancora di Balsamon, l'autorevole Ioannis Zonaras espone più chiaramente il significato del canone: "Il canone impone al vescovo di Costantinopoli l'ordinazione di vescovi per i popoli stranieri residenti nelle zone indicate, ovvero gli alani e i rossi; i primi appartengono alla diocesi del Ponto, mentre i rossi alla Tracia. Ma nessuno dovrebbe pensare che questi santi padri conferiscano al vescovo di Costantinopoli piena autorità in termini d'ordinazione, in modo che abbia il potere di fare ciò che vuole; hanno aggiunto che il vescovo di Costantinopoli non dovrebbe nominare quei metropoliti che lui stesso vuole ma ordinare chi è stato concordato dall'elettorato durante le elezioni, eseguite dal sinodo sotto la sua autorità con la presentazione dei risultati delle elezioni al vescovo".

Alla luce di quanto sopra, il canone 28 non solo non conferisce al patriarca di Costantinopoli i diritti "sull'intera diaspora", ma, al contrario, ne limita il potere a precisi confini.

Consideriamo ora il Canone 9 e il Canone 17 del quarto Concilio ecumenico.

Questi due canoni non sono stati scelti a caso da Costantinopoli: entrambi contengono una menzione del tribunale ecclesiastico presso il trono di Costantinopoli come la più alta forma di potere giudiziario ecclesiastico. E, sulla base di questa norma, i fanarioti negli ultimi cento anni hanno preso una serie di decisioni che hanno influenzato i loro interessi tramite sentenze date, ovviamente, a loro favore. Consideriamo la validità dell'interpretazione specifica di queste regole:

In primo luogo, nei canoni possiamo vedere la procedura giudiziaria proprio come un modo per risolvere una contraddizione. Non c'è stato niente di simile a questo negli eventi intorno alla decisione del destino della giurisdizione ecclesiastica in America o in materia di decisione del destino delle diocesi e delle parrocchie della diaspora (così come in generale nella maggior parte delle questioni interconfessionali risolte al Fanar). La Chiesa russa non ha partecipato alla discussione di tale decisione né come giusta né come sbagliata o semplicemente come parte autorizzata a esprimere la propria opinione. La decisione è stata presa in contumacia e senza tener conto della sua esistenza in generale. Inoltre, non vi è stata questione della mutua elezione dei giudici, come previsto nel Canone 9.

In secondo luogo, il Canone 9 prevede chiaramente la condizione della corte di Costantinopoli: "al trono imperiale di Costantinopoli". Nel 1453 a Costantinopoli terminò il regno degli imperatori bizantini. Nel 1922 terminò il regno dei sultani, e la città stessa cessò di essere la capitale della repubblica nel 1923.

In terzo luogo, entrambi i canoni prevedono una giurisdizione graduale. Questo significa che prima che un caso sia considerato a Costantinopoli, deve passare attraverso le istanze inferiori a tutti i livelli della gerarchia. E solo allora può essere considerato al tribunale di massima istanza. È stato questo il caso dell'America? Sfortunatamente no. Né lo è stato in molte altre storie.

In quarto luogo, il Canone 17 definisce chiaramente l'affiliazione delle parrocchie alla diocesi a cui sono appartenute negli ultimi 30 anni. 30 anni è il periodo oltre il quale i diritti non sono più contestabili. Quando il metropolita Meletios apparve in America nel 1918, la Chiesa russa era presente in America da 124 anni. E all'epoca della dichiarazione delle rivendicazioni sulle stesse terre da parte dello stesso Meletios, ma come patriarca di Costantinopoli, la presenza della Chiesa russa in America aveva già 128 anni. La diocesi della Chiesa ortodossa russa in America esisteva già da 82 anni. Da 50 anni il suo centro non era più in Alaska ma in California, mentre le sue attività si estendevano a New York. L'applicazione del Canone 17 a questa situazione da parte del patriarca Meletios richiama involontariamente alla mente le parole del Vangelo:"poiché in base alle tue parole sarai giustificato e in base alle tue parole sarai condannato" (Mt 12:37). In realtà, questa citazione si applica alla maggior parte degli altri argomenti del Fanar.

Anche il canonista bizantino Alexios Aristen parla del termine di 30 anni nelle sue interpretazioni del Canone 17: "E se una chiesa ha una disputa con un'altra chiesa, allora entrambe hanno uguali diritti; e se non ha avviato una controversia per trent'anni, ma è rimasta in silenzio e dopo di ciò ha avviato una controversia, allora perde il suo diritto per prescrizione". Lo scrive anche il canonista Balsamon.

In quinto luogo, non è assolutamente chiaro su quali basi l'America fosse classificata come terra "straniera" o "barbara". Da più di cento anni esisteva una giurisdizione ortodossa di una delle Chiese locali. Non è questo un indicatore che tale definizione non è accettabile per essa? Quale criterio, secondo i fanarioti, distingue le "terre barbare" da quelle "non barbare"? Il loro essere greche o non greche? Se è così, questo significa che Costantinopoli ha il diritto di creare ora le sue giurisdizioni in Serbia, Albania, Bulgaria, Romania, Russia, Polonia? O forse in Siria? Dopo tutto, la Chiesa di Antiochia è greca solo per nome, ma la sua gerarchia è stata a lungo composta principalmente da rappresentanti di altre nazionalità.

O, forse, il criterio della "barbarie" è quando la maggioranza della popolazione non professa l'Ortodossia? Quindi le Chiese di Antiochia, Alessandria, Gerusalemme, Albania, Polonia, Terre Ceche e Slovacchia ora rientrano in questa definizione (il Patriarcato di Costantinopoli ha cercato di classificare queste ultime due come "terre barbare", successivamente, quando sosteneva le sue affermazioni per determinare il loro destino). Inoltre, e purtroppo, le terre canoniche della Chiesa di Costantinopoli sono attualmente abitate anch'esse, per lo più, da non ortodossi.

In sesto luogo, poiché il Concilio ecumenico si è tenuto sul territorio della Chiesa di Costantinopoli e una parte significativa dei suoi partecipanti erano membri di questa Chiesa, a volte il Concilio ha determinato questioni di natura non solo ecumenica, ma anche locale. Pertanto, la designazione della sede di Costantinopoli come la più alta istanza giudiziaria implica principalmente la stessa Chiesa di Costantinopoli, piuttosto che altre Chiese locali. Ne parlano diversi canonisti bizantini, di cui prenderemo in considerazione le interpretazioni di seguito. Tuttavia, i casi in cui il Patriarcato di Costantinopoli prende decisioni giudiziarie al di fuori del suo territorio canonico sono collegati esclusivamente alla scelta volontaria delle parti in controversia come arbitro fraterno, o ai privilegi politici del patriarcato della capitale, ma non hanno motivi ecclesiastici.

In settimo luogo, anche i sostenitori dei privilegi giudiziari di Costantinopoli ammettono che questi privilegi erano dovuti esclusivamente al suo status di capitale. Così, difendendo i privilegi del Patriarcato di Costantinopoli, lo storico A.V. Kartashov (che divenne un attivista e apologeta del Patriarcato di Costantinopoli in esilio) scrive nel suo articolo in difesa della più alta legge giudiziaria di Costantinopoli ("La pratica della legge d'appello ai patriarchi di Costantinopoli"): "I chierici di tutto l'Oriente si sono rivolti agli imperatori con lamentele e petizioni. E gli imperatori rimisero queste cose al giudizio dei vescovi metropolitani, attorno ai quali sorsero conferenze episcopali sotto forma di σύνοδοι ἐνδημοῦσαι. Così, prima di tutto, sorsero il potere e la pratica giudiziaria di appello al vescovo di Costantinopoli, e dietro di esso il potere amministrativo era più ampio degli stretti limiti di Costantinopoli, estendendo sull'area di altre diocesi il potere della natura "pan-imperiale-ecumenica". A quali imperatori (o sultani) ora, dopo il 1922, i chierici di altre Chiese locali possono rivolgersi perché i loro casi siano sottoposti all'esame del Patriarcato di Costantinopoli?

In effetti, negli imperi scomparsi, il patriarca di Costantinopoli aveva grandi poteri. Inoltre, la sua autorità nell'Impero ottomano era persino maggiore che in quello bizantino.

Per i sultani, il sistema delle decisioni conciliari delle Chiese indipendenti era troppo complicato e incontrollabile, quindi l'etnarca, dotato dagli ottomani dell'autorità appropriata, era responsabile di tutte le Chiese davanti al sultano. Gli ottomani formarono il Rum-millet (autonomia per motivi religiosi) dalle loro nuove entità cristiane, che includevano tutti i popoli ortodossi dell'impero. Il capo del Rum-millet, l'etnarca, era il patriarca di Costantinopoli. Lo status di sede imperiale fu mantenuto da Costantinopoli. È importante considerare che durante il periodo di massimo splendore dell'Impero Ottomano, sotto il suo dominio (o sotto il dominio dei suoi vassalli) c'erano territori canonici di tutte le Chiese ortodosse locali, con l'eccezione della Chiesa russa e in parte di quella georgiana. Le Chiese serba e bulgara facevano parte del Patriarcato di Costantinopoli. Le Chiese di Cipro, Antiochia, Gerusalemme e Alessandria erano politicamente sotto l'autorità dell'etnarca, sebbene formalmente e canonicamente non fossero subordinate a lui.

Nonostante la posizione umiliante dei cristiani nell'Impero ottomano, l'etnarca aveva in esso enormi diritti. Il Patriarcato di Costantinopoli ricevette una serie di vantaggi dagli ottomani. Aveva il diritto di disporre della proprietà sia della propria che di altre Chiese. Il tribunale patriarcale risolveva tutti i casi ortodossi: matrimoni, divorzi, tutela di minori, testamenti ed eredità. Si occupava anche di tutte le controversie finanziarie tra gli ortodossi, che non potevano fare citazioni in giudizio in un tribunale ottomano. Solo il tribunale patriarcale aveva diritti nei confronti del clero. Ciò vale anche per i reati. Un chierico sospettato era imprigionato nella prigione patriarcale e lì processato. Le autorità turche richiedevano il permesso del patriarca anche per arrestare un vescovo (in pratica, solo il sultano poteva violare questa regola).

Dati tali enormi poteri, è abbastanza facile trovare nella storia esempi di un Patriarcato di Costantinopoli che utilizza i suoi privilegi. Ma il punto è che questi esempi testimoniano la pratica politica e giuridica dell'Impero ottomano (e prima di esso, dell'Impero dei romei), piuttosto che la tradizione canonica-ecclesiastica.

In ottavo luogo, dovremmo considerare la testimonianza della maggior parte dei canonisti. I rarissimi tra loro che affermano diritti speciali del Patriarcato di Costantinopoli, implicano solo la pratica imperiale a Bisanzio. È ciò di cui scrive Alexios Aristen nella sua interpretazione del Canone 9 del quarto Concilio ecumenico: "Questo vantaggio, cioè che il metropolita, che è sotto il governo di un patriarca, è giudicato da un altro, non è dato né dai canoni né dalle leggi a uno qualsiasi degli altri patriarchi eccetto quello di Costantinopoli" ...

Nella sua interpretazione dello stesso canone, Ioannis Zonaras fa riferimento al Canone 17 dello stesso concilio e nella sua interpretazione scrive quanto segue: "Ma il patriarca di Costantinopoli è nominato giudice non di tutti i metropoliti, nessuno escluso, ma solo di quelli sotto di lui. Perché non può portare a giudizio i metropoliti della Siria, o della Palestina e della Fenicia, o dell'Egitto contro la loro volontà; ma i metropoliti di Siria sono giudicati dal patriarca di Antiochia, e i palestinesi sono giudicati dal patriarca di Gerusalemme, e gli egiziani devono essere giudicati dal patriarca di Alessandria, dal quale ricevono l'ordinazione e al quale sono subordinati..." L'evidente contraddizione non è più una contraddizione, se riconosciamo che Aristen parla di sistema giuridico politico, mentre Zonara di quello ecclesiastico.

Il canonista del XVIII secolo, il monaco Nicodemo del Monte Santo, scrive: "Costantinopoli non ha il potere di agire nelle diocesi e nei confini degli altri patriarchi, e il presente canone non gli conferisce il diritto di ultima corte d'appello in tutta la Chiesa... Costantinopoli è l'unico primo e ultimo giudice per i metropoliti a sé subordinati, ma non per quelli subordinati ad altri patriarchi, perché l'ultimo e universale giudice di tutti i patriarchi è solo il Concilio ecumenico, e nessun altro".

In nono luogo, vale la pena prestare attenzione alla sfumatura dell'interpretazione di Zonaras, ovvero le parole "contro la loro volontà". Cioè, dando l'interpretazione ecclesiastica del canone, Zonaras nega al Patriarcato di Costantinopoli il diritto di giudicare gli altri patriarcati, se ciò avviene "contro la loro volontà". Altrimenti, se essi lo desiderano, il Patriarcato di Costantinopoli può essere scelto come arbitro fraterno in una controversia di comune accordo tra le parti. Questo è esattamente ciò di cui ci parla l'Enciclica della Chiesa una, santa, cattolica e apostolica a tutti i cristiani ortodossi (1848).

In decimo luogo, è l'Enciclica della Chiesa una, santa, cattolica e apostolica a tutti i cristiani ortodossi del 1848 che merita un'attenzione speciale. Poiché è stata citata sopra nell'interpretazione del Canone 28 del quarto Concilio Ecumenico, non dovrebbe essere citata nuovamente, ma può essere ricontrollata. Non solo conferma le nostre conclusioni dichiarate in precedenza, ma le formalizza. A differenza dell'opinione dei canonisti, che sono solo testimoni autorevoli della loro epoca, questo è un documento ufficiale che espone le posizioni degli antichi Patriarcati, compreso lo stesso Patriarcato di Costantinopoli. Senza alcuna ambiguità, l'Enciclica indica che la funzione giudiziaria del Patriarcato di Costantinopoli è possibile solo su base fraterna, con il consenso del resto delle Chiese,

Conclusioni

Le azioni della sede di Costantinopoli in relazione all'America non solo non possono essere giustificate dai Canoni 9, 17 e 28 del quarto Concilio Ecumenico, ma le contraddicono anche direttamente.

Nei canoni non troviamo alcun motivo per riconoscere un primato du potere dei patriarchi di Costantinopoli sulle altre Chiese, se consideriamo la questione al di fuori del contesto dei rapporti tra la capitale e le province imperiali, al di fuori della pratica giuridica romana e ottomana.

Non ci sono privilegi in relazione alla diaspora ortodossa o alle terre barbare, salvo per alcune diocesi nel testo del Canone 28 del quarto Concilio ecumenico. È vero, però, che a queste aree ci si può riferire solo nel quadro delle realtà dell'era storica in cui questo canone è stato adottato.

Lo stato americano nel 1918-23 non rientra nella definizione di "terre straniere (barbare)".

Il principio di riconoscere il trono di Costantinopoli come la massima autorità giudiziaria nel mondo ortodosso, così come è stato applicato in relazione alla questione della diaspora ortodossa, è in realtà un papismo mascherato. Il Fanar non cerca nemmeno di osservare principi di imparzialità o di equidistanza dalle parti in causa, come si conviene a un vero giudice. Dichiarandosi giudice, decide senza mezzi termini a proprio favore, in modo sconsiderato, senza tener conto delle opinioni delle parti, essendo esso stesso parte in causa. Questa pratica consente al Patriarcato di Costantinopoli di intraprendere qualsiasi azione nella capacità della Chiesa e di riconoscerne la legittimità, agendo nel ruolo di giudice supremo. Ciò contraddice la dottrina ecclesiastica, i canoni della Chiesa e il principio della conciliarità ecclesiastica.

Costantinopoli può essere un arbitro nelle controversie inter-ecclesiali se la controversia non è risolta dalle Chiese da sole, se il suo arbitrato è accettato volontariamente e se lo stesso Patriarcato di Costantinopoli non è parte della controversia. I canoni prevedono tale opportunità di arbitrato, ma essa non è obbligatoria.

Le norme canoniche, che prescrivono un periodo di prescrizione di 30 anni per qualsiasi disputa territoriale tra le Chiese, sono state gravemente violate nella storia americana.

Con l'aiuto di un'interpretazione tesa ed estremamente dubbia degli antichi canoni, c'è stata un'effettiva invasione da parte di una Chiesa del territorio di un'altra Chiesa.

Parte II

la Chiesa autocefala in America è stata creata legalmente. Foto: Unione dei giornalisti ortodossi

Continuiamo la nostra analisi dell'ultima tesi del capo della Chiesa cipriota, dove accusa la Chiesa ortodossa russa di aver "fondato illegalmente" la Chiesa ortodossa in America.

L'eresia del filetismo

Le azioni di Meletios nel 1918-21 per creare l'Arcidiocesi greco-ortodossa d'America, che violavano il Canone 2 del secondo Concilio ecumenico, così come molte regole parallele, portarono alla confusione delle Chiese in America, una violazione dell'ordine canonico del sistema ecclesiastico. Le conseguenze di ciò furono numerosi shock e divisioni delle comunità ortodosse.

Le Chiese locali, comprese alcune delle Chiese greche, non riconobbero le novità di Meletios in termini di monopolio del Fanar sulla diaspora ortodossa, il che di per sé testimonia che questa decisione era proprio una novità, non caratteristica della tradizione ecclesiastica.

Anche la stessa Chiesa di Grecia non riconobbe la decisione di Meletios di ri-subordinare l'Arcidiocesi d'America al Fanar. Il Sinodo della Chiesa greco-ortodossa nominò un arcivescovo supplente e la scissione nella struttura appena creata durò fino al 1931.

Ma il fatto stesso della creazione di strutture ecclesiastiche parallele per i greci in America, basate su un principio etnico, divenne per molte Chiese una tentazione al filetismo, precedentemente condannato come eresia. Del resto, il "tomos della diaspora" di Costantinopoli, su cui si basavano inizialmente le azioni di Meletios, era già un atto che presupponeva proprio la formazione etnica delle comunità.

Vale la pena sottolineare che tale principio stesso era stato precedentemente condannato dalla Chiesa di Costantinopoli. Inoltre, nel 1872 fu dichiarato eresia.

La prima sede patriarcale per onore ha dato un esempio di disprezzo per i canoni e di applicazione del filetismo, da essa condannato, all'intero mondo ortodosso, innescando così un "effetto domino".

Effetto domino nella confusione delle Chiese

L'effetto domino lanciato da Costantinopoli in violazione dell'ordine canonico in America seguì non molto tempo dopo.

Nel 1918, al seguito di Meletios, arrivò in America il vescovo della Chiesa antiochena Germanos (Shehadi). A questo punto, nella metropolia nordamericana della Chiesa ortodossa russa, esisteva già un vicariato per gli arabi ortodossi guidato dal vescovo Raphael (Hawaweeny). Il vescovo Germanos riuscì a persuadere alcune comunità arabe a passare sotto la giurisdizione della Chiesa di Antiochia, creando così la sua giurisdizione negli Stati Uniti. Alcune parrocchie arabe rimasero nella Chiesa ortodossa russa. Questa divisione continuò fino al 1975. Come risultato di sentimenti etnofiletisti, sorse gradualmente la divisione dell'ortodossia araba in America.

Come altro risultato del genere, fu costituita la "Chiesa cattolica ortodossa americana" (AOCC). Nel 1933, con l'assistenza della suddetta AOCC, fu creato il cosiddetto "Esarcato della Chiesa alessandrina in America", il cui riconoscimento da parte della stessa Chiesa di Alessandria è altamente dubbio, almeno fino al 1947, quando, secondo alcune fonti, ricevette il riconoscimento e il nome di "Chiesa greco-ortodossa alessandrina negli Stati Uniti". Dopo il 1950, si è diviso e ha perso una delle sue parti del collegamento con il trono alessandrino. Nel 1986 ha proclamato la sua autocefalia come la "Chiesa greco-ortodossa autocefala d'America e del Canada", che non è riconosciuta dal mondo ortodosso, e lo status e la posizione stessa di questa giurisdizione è altamente discutibile.

Negli anni '20, apparvero negli Stati Uniti parrocchie della Chiesa di Gerusalemme, unite nell'Epitropia del Santo Sepolcro in America, riorganizzate nel 2002 nel vicariato delle comunità palestinesi-giordane negli Stati Uniti. Nel 2008, Costantinopoli è riuscita a garantire il trasferimento di questo vicariato alla sua arcidiocesi greca d'America.

Nel 1921, il Concilio della Chiesa serba decise di creare una diocesi americana e canadese con sede a Chicago e chiese il trasferimento delle parrocchie alla metropoli nordamericana. Il suo primo vescovo fu san Nikolaj Velimirović. Forse è stato il fattore personale del suo primo vescovo ordinario a salvare la diocesi serba in America da scismi successivi che sono così caratteristici di altre giurisdizioni in questo continente.

Nel 1922 una parte delle parrocchie romene fu separata dalla metropolia nordamericana. Nel 1923, uno dei sacerdoti romeni (Victor Mureşan) fu nominato decano delle parrocchie romene americane. Nel 1930, la Chiesa romena decise di fondare una propria diocesi in America. Nel 1934, questa decisione fu appoggiata dalle autorità romene. Nel 1939, il vescovo ordinario di questa diocesi, Policarp (Moruşca), si recò in Romania per poi non tornare a causa dello scoppio della seconda guerra mondiale. Il vescovo che lo sostituì rifiutò di accettare il clero della diocesi. Di conseguenza, nel 1948 avvenne l'effettiva separazione delle parrocchie romene dalla Chiesa romena. Una parte del clero, in disaccordo con questa decisione, creò nel 1950 "un vescovato romeno ortodosso autonomo delle Americhe", che ricevette un vescovo romeno. La parte delle parrocchie romene che si staccò dalla Chiesa ortodossa romena elesse il proprio "vescovo", che ricevette la sua "consacrazione" dagli scismatici ucraini. Dopo dieci anni di scisma, nel 1960, questo gruppo chiese alla metropolia nordamericana di accettarlo tra i suoi membri attraverso il pentimento e una nuova ordinazione. Da allora, il vescovato romeno è esistito come parte della prima metropolia nordamericana e dal 1970 – come parte della Chiesa ortodossa autocefala in America.

Nel 1938, la Chiesa bulgara stabilì la sua diocesi in America. Questa si basava anche su parrocchie che provenivano dalla metropolia nordamericana, dove esisteva una missione bulgara dal 1909. Nel 1948, per motivi politici, lasciò la subordinazione alla Chiesa bulgara, che durò fino al 1963. Ma alcuni dei suoi chierici e parrocchiani, non volendo tornare alla Chiesa ortodossa bulgara, si unirono alla ROCOR, dove crearono la loro diocesi ortodossa bulgara. Questa rimase nella ROCOR fino al 1976, dopodiché si fuse con Chiesa ortodossa autocefala in America.

Nel 2009, la Chiesa ortodossa georgiana ha ufficializzato le sue parrocchie in Nord America, che nel 2014 sono state organizzate nella diocesi nordamericana della Chiesa ortodossa georgiana.

Come si può vedere, non solo la Chiesa russa ma anche le Chiese antiochena, serba, bulgara, georgiana (e per un certo tempo anche quelle di Grecia, Alessandria e Gerusalemme) non hanno riconosciuto con le loro azioni alcun "privilegio esclusivo del Patriarcato di Costantinopoli a fornire assistenza pastorale alla diaspora ortodossa" né nel mondo in generale né in America in particolare.

Nel 1990, con azioni concrete, anche la Chiesa polacca ha respinto questa rivendicazione di Costantinopoli, accettando parrocchie brasiliane e creando una propria diocesi in Brasile nel 1991.

Nel 1918, la metropolia nordamericana creò la missione ortodossa albanese, che divenne una diocesi nel 1919 ed esiste ancora oggi come arcidiocesi albanese nella Chiesa ortodossa d'America. Nel 1949 una parte delle sue parrocchie fu trasferita all'arcidiocesi greca, grazie alla quale ora ci sono due diocesi albanesi in America, all'interno del Patriarcato di Costantinopoli e della Chiesa ortodossa in America.

La metropolia nordamericana dopo la rivoluzione russa

La guerra civile in Russia, che si trasformò nella persecuzione bolscevica della Chiesa, non poteva non influenzare la situazione nella metropolia nordamericana. Il primo problema significativo fu l'impossibilità di prendere decisioni sul personale e sull'organizzazione. La comunicazione con il patriarca di Mosca Tikhon era a volte difficile e spesso semplicemente impossibile a causa dell'arresto del patriarca.

Un'altra difficoltà era il rapporto con le altre Chiese locali, che, una dopo l'altra, aprivano le loro parrocchie e diocesi sul territorio della Metropolia.

La situazione non fu semplificata dalla divisione nella stessa Chiesa russa, per opera dei vescovi e sacerdoti emigrati da cui si era formata la Chiesa ortodossa russa fuori dalla Russia (ROCOR), che presto interruppe i legami amministrativi con il Patriarcato di Mosca. La ROCOR cercò di prendere le redini del governo nella metropolia nordamericana, il che portò a disaccordi fondamentali. Rilasciato dalla prigione, il patriarca Tikhon, sotto la pressione dei bolscevichi, fu costretto a chiedere che la leadership della metropolia nordamericana rinunciasse alle critiche al regime sovietico, poiché ciò metteva la Chiesa ortodossa russa sotto pressioni ancora maggiori. I vescovi e sacerdoti dell'URSS, che avevano deciso di non abbandonare il loro gregge, non potevano permettersi la libertà di parola e di azione che avevano i loro omologhi stranieri.

Di conseguenza, nel marzo 1924, il Concilio di Detroit proclamò un "autogoverno temporaneo" della Metropolia fino alla normalizzazione dei suoi rapporti con la Chiesa madre e alla convocazione di un nuovo Concilio della Chiesa ortodossa russa. Questo status quo rimase fino all'arrivo negli Stati Uniti nel 1933 del rappresentante, l'arcivescovo Veniamin (Fedchenkov), il cui compito era quello di ottenere impegni dal capo della Metropolia, il metropolita Platon, che impedissero future dichiarazioni antisovietiche da parte del clero. Le forti dichiarazioni del clero americano contro il regime sovietico servivano da pretesto per nuove persecuzioni contro la Chiesa ortodossa russa in URSS. A sua volta, il clero americano riteneva che fosse una questione di coscienza testimoniare al mondo della terribile persecuzione della Chiesa in Unione Sovietica. Questa richiesta portò inevitabilmente a un punto morto nelle trattative tra Metropolia e Patriarcato. Di conseguenza, l'arcivescovo Veniamin dovette tornare a Mosca senza gli impegni del metropolita Platon, avendo ricevuto il suo inequivocabile rifiuto.

Il Patriarcato di Mosca si trovava in una situazione difficile, in tanto l'inazione, quanto la cooperazione con la metropolia nordamericana, poteva portare a nuovi arresti ed esecuzioni del clero e dell'episcopato.

Di conseguenza, il 16 agosto 1933, il metropolita Sergio, vicario del locum tenens patriarcale, e il Sinodo provvisorio della Chiesa ortodossa russa decisero di portare il metropolita Platon al tribunale dei vescovi con una sospensione dal sacerdozio fino al pentimento o fino a una decisione del tribunale ecclesiastico su di lui. Allo stesso tempo, le parrocchie che avevano accettato le regole della riunificazione del Patriarcato furono annesse ad esso come Esarcato.

In considerazione di queste circostanze, nel 1935 il nuovo capo della metropolia nordamericana, il metropolita Theophilus (Pashkovsky), acconsentì a sottostare all'autorità del Sinodo dei vescovi della ROCOR, pur mantenendo l'autonomia interna. Alla fine degli anni Trenta, la metropolia nordamericana contava 8 diocesi, 330 parrocchie e circa 400.000 fedeli.

Questa divisione con la Chiesa ortodossa russa non aveva cattive intenzioni, come testimoniato da molte prove storiche, ma era causata solo dalle realtà politiche di quel tempo. In particolare, nel 1946, il VII Concilio ecclesiastico pan-americano a Cleveland decise di ritirarsi dalla ROCOR e chiese al patriarca di Mosca di accettare di nuovo la Metropolia in seno alla Chiesa ortodossa russa. Ma questa iniziativa non fu mai attuata.

Nel 1947, il Sinodo della Chiesa ortodossa russa fu costretto a imporre una censura sull'intera gerarchia della Metropolia. Questo divieto non era associato ad alcuna reale violazione canonica o dogmatica, ma era chiaramente di natura politica.

Così, nel 1970 in Nord America c'era un Esarcato del Patriarcato di Mosca, composto dalle parrocchie che accettavano le condizioni di Mosca, la Chiesa ortodossa russa fuori dalla Russia e la Metropolia nordamericana, che ormai rimaneva sempre più russa solo nel nome.

L'americanizzazione della Chiesa

Fin dai loro primi passi alla fine del XVIII secolo nel continente americano, i missionari russi operarono attivamente tra la popolazione locale. Fin dall'inizio della sua esistenza, la futura Chiesa americana non era stata concepita dai suoi fondatori come Chiesa "della diaspora" o "nazionale". La sua opera fu svolta attivamente anche nei secoli XIX-XX tra americani di varia origine. Di conseguenza, verso la metà del XX secolo, la Metropolia nordamericana era composta quasi interamente da "cittadini americani che parlavano e pregavano in inglese, e la stragrande maggioranza dei suoi membri non aveva alcun legame umano con la Russia". La lingua slavonica ecclesiastica era usata sempre di meno nella vita liturgica della metropolia. Nel 90% delle parrocchie, la liturgia era servita in inglese.

L'autorità della Metropolia era alta anche tra le Chiese presenti in America. Ecco solo un episodio:

"Grande Quaresima, 1964. Un solenne servizio divino per tutti i perseguitati per l'Ortodossia si è appena concluso nella cattedrale greca di New York. Alla fine del servizio, il metropolita Leontius si avvicina all'arcivescovo Iakovos per ringraziarlo a nome della metropolia. Succede qualcosa di insolito: l'arcivescovo greco in tutta la sua maestà si inchina al vecchio vestito di bianco, gli bacia la mano e dice: "Hai una grande anima"."

Desiderio generale di autocefalia

La situazione nell'Ortodossia americana dopo il 1918 si allontanava sempre di più dall'ordine canonico della Chiesa. Contrariamente al principio "non ci siano due vescovi nella stessa ​​città", indicato nel canone 8 del primo Concilio ecumenico, ai principi del Canone 8 del terzo Concilio ecumenico e a molti altri canoni sopra citati, la situazione opposta si sviluppava in America. Il professor Alexander Schmemann, chierico della Metropolia dal 1951, scrisse:

"Nel 1970, l'Ortodossia in America esisteva sotto forma di una giurisdizione greca, tre russe, due serba, due antiochene, due romene, due bulgare, due albanesi, tre ucraine, una carpato-russa e alcuni gruppi più piccoli che non segnaliamo qui per semplicità. All'interno di ogni divisione nazionale, ogni gruppo afferma di essere l'unico "canonico" e nega il riconoscimento agli altri ... Questa situazione unica e completamente senza precedenti è durata per molti decenni".

Questo stato di cose preoccupava il clero di tutte le principali giurisdizioni ortodosse, riunite nella "Conferenza permanente dei vescovi ortodossi in America" ​​(SCOBA), in particolare i capi della Metropolia nordamericana, il metropolita Leontius, l'arcivescovo Iakovos dell'Arcidiocesi greca e il metropolita Anthony della Chiesa di Antiochia in America.

C'era un chiaro impegno per l'unità canonica in Nord America nell'ordine del giorno della SCOBA, e tutti e tre i vescovi si pronunciavano ripetutamente su questo argomento. L'arcivescovo Iakovos, nel suo discorso di apertura all'incontro della SCOBA del gennaio 1965, elogiò i metropoliti Leontius e Anthony per la loro visione e sottolineò che la Conferenza permanente avrebbe dovuto acquisire lo status canonico regolare come Sinodo provinciale della Chiesa americana, secondo i canoni e con il benedizione della Chiesa madre.

Per "Chiesa madre", l'arcivescovo Iakovos intendeva, ovviamente, la Chiesa di Costantinopoli. In primo luogo, era la Chiesa madre dell'Arcidiocesi da lui presieduta. In secondo luogo, l'arcivescovo Iakovos (come molti altri sostenitori dell'istituzione di un'Ortodossia canonica in America) era un sostenitore dell'idea di privilegi speciali del Patriarcato di Costantinopoli. Questi punti di vista godevano di popolarità nella metropolia nordamericana. In terzo luogo, praticamente nessun'altra alternativa era visibile in quel momento poiché la metropolia nordamericana era stata privata delle opportunità pratiche per risolvere eventuali problemi nella Chiesa ortodossa russa.

Ecco perché il percorso per risolvere i problemi americani ebbe inizio proprio con i negoziati a Costantinopoli.

La ricerca di un modo per risolvere i problemi della non canonicità americana a Costantinopoli

Successivamente, quando nel 1970 la Metropolia nordamericana ricevette la sua autocefalia dalla Chiesa ortodossa russa, dovette affrontare numerose accuse ingiuste da diverse parti. La stessa Metropolia fu accusata di ignorare l'opinione di Costantinopoli. La Chiesa ortodossa russa fu accusata di aver concesso l'autocefalia "per impedire il riavvicinamento della Metropolia a Costantinopoli". Di fatto, storicamente entrambe le accuse erano completamente infondate. A causa della rottura storica con Mosca e degli antagonismi con il sistema politico sovietico, la simpatia per Costantinopoli era dominante nella Metropolia nordamericana.

Nella loro ricerca di una soluzione canonica alla situazione, invece, i rappresentanti della metropolia mostrarono un'evidente umiltà cristiana: invece di insistere sui loro diritti canonici negli Stati Uniti, invece di opporsi alla presenza di Costantinopoli sul loro territorio, "si riconobbero come ultimi" (Mc 9:35), rivolgendosi proprio a Costantinopoli.

Nel 1963, un altro tentativo di risolvere le contraddizioni tra la Chiesa ortodossa russa e la Metropolia nordamericana si concluse nel nulla: la persecuzione di Khrushchev contro la Chiesa infuriava in Unione Sovietica. Il Patriarcato di Mosca non poteva permettersi un rischio come la responsabilità della Metropolia nordamericana, che non controllava, e a causa della posizione della Metropolia sulla questione delle persecuzioni comuniste, queste stesse persecuzioni avrebbero potuto diventare ancora più dure. A sua volta, la Metropolia nordamericana temeva l'interferenza nei suoi affari da parte delle autorità atee sovietiche attraverso il Patriarcato se non le fosse stata concessa un'autonomia sufficiente. Ma anche se si fosse trovato un compromesso, non avrebbe risolto il problema della confusione delle Chiese in America.

La Metropolia nordamericana si rivoltse al Patriarcato ecumenico per risolvere questo problema.

A tal fine, nel maggio 1966, a nome del Santo Sinodo della Metropolia, padre Alexander Schmemann si recò a Istanbul per visitare il patriarca Athenagoras. Schmemann fu accolto molto bene e gli fu persino consegnata una croce pettorale, ma quando sollevò il "problema americano", il patriarca gli rispose: "Voi siete russi, andate dalla vostra Chiesa madre perché nessuno può risolvere il vostro problema tranne la Chiesa russa".

Nel dicembre 1966, il neoeletto metropolita Irenaeus inviò un messaggio natalizio a tutti i patriarchi. In esso delineò le basi storiche dell'Ortodossia russa nel suo continente fino al momento presente, con una specifica richiesta ai patriarchi di studiare questo problema e cercare di risolvere il caos canonico. Fatta eccezione per l'arcivescovo di Finlandia, non si ebbe alcuna risposta a questo messaggio.

L'anno successivo, il 1967, il metropolita Irenaeus tentò ancora una volta di sollevare la questione del chiarimento dello status della metropoli durante la sua visita a Costantinopoli, ma all'ultimo momento gli fu semplicemente negata un'udienza con il patriarca ecumenico.

Perché il Fanar non ha aiutato l'Ortodossia americana

È opportuno ricordare la cronologia di questi eventi ora, quando il patriarca Bartolomeo parla di "intervento salvifico" negli affari dell'Ortodossia ucraina, presumibilmente per "la pace e il superamento dello scisma" che si è trascinato "a causa dell'inazione di Mosca". Per cento anni davanti agli occhi del trono di Costantinopoli c'è stato il problema dell'Ortodossia americana, che ha avuto inizio proprio con l'intrusione di Costantinopoli in queste terre. A Costantinopoli è stato chiesto di partecipare alla risoluzione di questo problema prima che la Chiesa ortodossa d'America ricevesse l'autocefalia dalla Chiesa ortodossa russa nel 1970, e dopo ciò fino a oggi – di ripristinare l'ordine canonico in America.

Ma Costantinopoli rimane sorda a tutte queste richieste, poiché in precedenza era sorda alla Metropolia nordamericana, che soffriva di uno status instabile. Dopotutto, il suo clero era soggetto a una censura, la cui natura politica formale era compresa da entrambe le parti: sia la Metropolia sia il Patriarcato di Mosca, che fu costretto a imporla. Ma allo stesso tempo nella Metropolia nordamericana c'era una successione apostolica indiscutibile, il suo clero non era stato né deposto né anatemizzato, concelebrava praticamente con i vescovi di tutte le Chiese locali canoniche rappresentate in America. Eppure, poiché la concessione dell'autocefalia alla Chiesa americana avrebbe potuto comportare la perdita delle parrocchie americane per il Fanar, nessuno a Costantinopoli ha dato una mano. Il caso ucraino è completamente diverso: il Fanar ha avuto l'opportunità di creare un proprio esarcato e di ricevere il controllo di un territorio ecclesiastico precedentemente non controllato grazie alla dipendenza enunciata nel tomos.

Ma una nuova autocefalia in America poteva essere creata non solo sulla base della Metropolia nordamericana della Chiesa ortodossa russa, ma anche sulla base dell'Arcidiocesi greca. Non è un caso che la richiesta del metropolita Irenaeus al patriarca Athenagoras di accoglierlo su questo tema sia stata appoggiata dal suo capo, l'arcivescovo Iakovos. È probabile che questo potrebbe essere il motivo del rifiuto del patriarca Athenagoras di discutere la questione.

Parlando dell'America, il Fanar ha dichiarato che solo i Concili ecumenici concedono l'autocefalia

Un'altra accusa infondata contro la Chiesa ortodossa in America è che presumibilmente la SCOBA ("Conferenza permanente dei vescovi ortodossi in America") aveva pianificato di organizzare azioni congiunte per ottenere l'autocefalia, e le azioni unilaterali della Metropolia nordamericana hanno interrotto questo processo. Di fatto, la Metropolia nordamericana, seguendo le perentorie raccomandazioni di Costantinopoli, riprese i negoziati con la Chiesa ortodossa russa, facilitati da un cambio di leadership in URSS e dalla fine delle persecuzioni di Khrushchev. Questi negoziati furono ripristinati nel 1967 e furono trasparenti al resto delle Chiese, i cui vescovi erano membri della SCOBA.

Il protopresbitero John Meyendorff, un partecipante attivo agli eventi di quegli anni, ha ricordato :

"Né Istanbul né altre "Chiese madri" aspiravano all'unità ortodossa in America... L'argomento principale di Costantinopoli era che le chiese autocefale dovrebbero essere stabilite dai Concili ecumenici. Questo argomento è abbastanza sorprendente per chiunque conosca la storia della Chiesa ortodossa dall'ultimo Concilio ecumenico del 787. Ma eccolo qui, proposto dal primo trono dell'Ortodossia..."

In effetti, l'argomento sui Concili ecumenici è stato utilizzato più di una volta dal patriarca Athenagoras e dai suoi successori, il che è molto strano: quando ha concesso l'autocefalia alle Chiese greca, serba, romena, albanese, bulgara, Costantinopoli non ha affatto richiesto Concili ecumenici. Riconoscendo per secoli l'autocefalia della Chiesa georgiana, che l'aveva ricevuta dal Patriarcato di Antiochia, Costantinopoli non ha richiesto Concili ecumenici. Così come ha fatto nel 1990, quando ne ha riconosciuto la restaurazione. Né ha richiesto Concili ecumenici nel 1924, separando la Chiesa autonoma polacca dalla Chiesa ortodossa russa e concedendole l'autocefalia. I fanarioti non hanno richiesto Concili ecumenici nemmeno in seguito: non nel 1998, riconoscendo (o nell'interpretazione dei fanarioti – concedendo) l'autocefalia alla Chiesa ortodossa delle Terre Ceche e della Slovacchia (che di fatto aveva ricevuto l'autocefalia dalla Chiesa ortodossa russa già nel 1951) o fornendo nel 2019 un tomos d'autocefalia agli scismatici ucraini.

"Vostra Beatitudine sa anche molto bene che le Chiese ortodosse non sono d'accordo su un'unica procedura per stabilire l'autocefalia. Fino ad ora, la Chiesa di Grecia ha assunto una posizione saggia e imparziale su questo tema. Per esempio, vostra Beatitudine e il Santo Sinodo avete recentemente salutato il metropolita di Praga e tutta la Cecoslovacchia, capo della Chiesa autocefala, anch'essa privata del riconoscimento ufficiale da parte del Patriarcato ecumenico. Vorrei proporre che un simile atteggiamento di fratellanza e di cameratismo costruttivo sia applicato alla situazione americana...", scrisse Meyendorff in una lettera personale all'arcivescovo Hieronymos di Atene il 5 aprile 1971.

Il Fanar non solo ha rifiutato di partecipare alla risoluzione del problema americano, ma ha anche spinto la Metropolia nordamericana a risolvere questo problema a Mosca, non solo con un consiglio ma anche con un isolamento pratico. Da un lato, né la Chiesa ortodossa russa né il Patriarcato di Costantinopoli avevano mai messo in dubbio la regolarità dei sacramenti della Metropolia (a differenza della situazione con gli scismatici ucraini nel 2018-2019). D'altra parte, è stato il Patriarcato di Costantinopoli che ha cercato di isolare la Metropolia. Questo è ciò che ricorda al riguardo il metropolita Theodosius (Lazor), primate della Chiesa ortodossa in America dal 1977 al 2002:

"L'accusa, espressa all'inizio degli anni '70, che l'autocefalia sia stata organizzata frettolosamente o sia stata fatta a porte chiuse, senza avvisare gli interessati, a mio parere, semplicemente non corrisponde alla realtà. Ci sono state conversazioni e dialoghi con altre Chiese ortodosse in America.

Il vescovo Silas, un rappresentante dell'arcivescovo Jakovos, e il vescovo Mark (Lipa) della diocesi albanese hanno preso parte alla mia consacrazione – entrambi i vescovi erano sotto l'omoforio del Patriarcato ecumenico".

Indubbiamente, procedendo dalle basi canoniche di cui sopra, la stessa Chiesa russa aveva il diritto di concedere l'autocefalia alla propria parte (che, sebbene nominalmente, era la Metropolia nordamericana) sul suo territorio canonico, proprio come in altre parti del mondo, lo hanno fatto la Chiesa di Antiochia e la Chiesa di Costantinopoli. Come si vede, non esiste una procedura chiara per la concessione dell'autocefalia nel diritto canonico. Ma d'altra parte, ci sono alcune regole canoniche che vietano ad alcune Chiese di interferire negli affari di altre e viceversa, consentendo ai vescovi di ciascuna Chiesa di prendere tutte le decisioni necessarie riguardo alle loro diocesi.

Tuttavia, in un primo momento, la violazione della struttura canonica della Chiesa in America da parte di Costantinopoli e, dopo di essa, altre Chiese, e poi eventi e disaccordi politici hanno complicato la situazione, rendendo, a quanto pareva, impossibile risolvere la questione tra la Chiesa madre russa e la Metropolia nordamericana.

E se il Signore avesse permesso alla Metropolia nordamericana di ricevere un'autocefalia dal Patriarcato di Costantinopoli, allora questo potrebbe essere contestato dal punto di vista della violazione dei canoni che proibiscono l'interferenza negli affari di un'altra Chiesa (che, tuttavia, raramente ha fermato Costantinopoli in altre situazioni nel XX secolo).

Ma il Signore ha indurito il cuore del patriarca Athenagorsa (Es 9:12), che non voleva lasciare andare le parrocchie americane. E lo stesso Fanar ha costretto la Metropolia a cercare una soluzione in seno alla Chiesa madre, a cui il Signore concesse la fine delle persecuzioni di Khrushchev e l'opportunità di accettare una decisione che fosse matura e l'unica possibile in quel momento.

Autocefalia dalla Chiesa ortodossa russa. Cronologia degli eventi

I contatti del metropolita nordamericano con la Chiesa ortodossa russa furono rinnovati nel novembre 1967, quando il metropolita Nikodim (Rotov) era a New York.

Il successivo grande passo fu compiuto nell'agosto 1968 a Uppsala, in Svezia. Tre rappresentanti della Metropolia – l'arcivescovo John di San Francisco, padre John Meyendorff e il professor Sergiy Verkhovskoy incontrarono il metropolita Nikodim. Per la prima volta fu possibile prendere in considerazione il termine "autocefalia". Indubbiamente, questo fu un grande passo avanti da parte della Chiesa russa dopo le difficoltà del passato. Successivamente, il Sinodo della Metropolia creò un comitato per i negoziati con la Chiesa ortodossa russa.

Il primo incontro ufficiale con il metropolita Nikodim ebbe luogo il 21 gennaio 1969 a New York, presso il New Yorker Hotel dove risiedeva. Questo incontro si tenne per preparare un ordine del giorno per i futuri negoziati. L'incontro principale ebbe luogo due settimane dopo, il 3 febbraio 1969. Il comitato speciale di negoziazione della Metropolia si incontrò con la delegazione russa presso la residenza del metropolita a Syosset... fu sviluppato per la prima volta in questo incontro un documento, che stabilìva le condizioni generali dell'accordo sull'autocefalia.

Dopo l'approvazione dell'accordo di base da parte di entrambe le Chiese, le due delegazioni si incontrarono il 24-25 agosto 1969 a Ginevra, in Svizzera. In questo incontro, fu concordata una serie di basi canoniche per la futura autocefalia: il principio canonico dell'unità territoriale e giurisdizionale della Chiesa; il riconoscimento del fatto che fino al 1922 l'unità territoriale e giurisdizionale della Chiesa ortodossa in America apparteneva alla Chiesa russa; il riconoscimento che il pluralismo giurisdizionale contraddice chiaramente le norme canoniche; il riconoscimento che la proclamazione dell'autocefalia appartiene alla Chiesa madre e a lei sola; il riconoscimento che la crescita della Chiesa in America per diventare una Chiesa originale richiede la sua proclamazione come Chiesa autocefala; il riconoscimento del fatto che la Metropolia, in virtù della sua continuità storica con le radici russe dell'Ortodossia in America, è un centro evidente della Chiesa autocefala americana.

Solo due questioni rimasero irrisolte: lo status della Chiesa ortodossa giapponese (che dopo il 1946 fu temporaneamente subordinata alla Metropolia nordamericana) e lo status di alcuni sacerdoti e laici dell'Esarcato, che potevano avere obiezioni personali all'adesione alla Metropolia.

Il 19 settembre 1969, il Concilio dei vescovi della Metropolia adottò e approvò all'unanimità l'accordo di Ginevra.

Il 26-27 novembre 1969 ebbe luogo un nuovo incontro, questa volta a Tokyo. Fu deciso che la Chiesa giapponese diventasse autonoma all'interno della Chiesa russa e che le parrocchie patriarcali in America, che non erano disposte a unirsi alla nuova Chiesa autocefala, potevano temporaneamente mantenere il loro status quo.

 

Allo stesso tempo, il Patriarcato di Mosca si impegnò attivamente nel tentativo di ottenere il consenso delle autorità sovietiche alla concessione dell'autocefalia alla metropoli nordamericana in ogni modo possibile. Il metropolita Nikodim e altri rappresentanti del patriarcato spaventarono i funzionari comunisti con la presunta minaccia del trasferimento della Metropolia nordamericana alla sfera di influenza del Patriarcato di Costantinopoli (come sapete, il patriarca Athenagoras era un protetto delle strutture statali americane), minaccia che poteva essere prevenuta solo con l'aiuto dell'autocefalia. Il ragionamento non era obiettivo, ma i funzionari sovietici non capivano molto del processo in corso. Un argomento pesante erano gli alti costi di mantenimento delle parrocchie nordamericane (dati che, tuttavia, corrispondevano in parte alla realtà). Di conseguenza, fu ottenuto il consenso delle autorità sovietiche.

Il 10 aprile 1970, la Chiesa ortodossa russa concesse l'autocefalia alla Chiesa ortodossa in America.

Costantinopoli rispose a questa notizia in modo estremamente negativo. La ragione principale di ciò fu la percezione dell'emergere della Chiesa autocefala come una pretesa di rilevare le diocesi e le parrocchie di altre Chiese autocefale che operano in America.

Allo stesso tempo, lo stesso Patriarcato di Costantinopoli aveva rivendicazioni per tale acquisizione dal 1923, che sotto il patriarca Meletios dichiarò le sue rivendicazioni sul diritto esclusivo di fornire una guida spirituale alla diaspora ortodossa ("terre barbare"), inclusa l'America. L'emergere della Chiesa autocefala aveva reso questi piani irrealizzabili. Il Fanar vedeva la Chiesa ortodossa in America come sua concorrente.

"La concessione dell'autocefalia non ha avuto nessuna di queste ramificazioni per Mosca. L'autocefalia era un semplice riconoscimento de jure del fatto che la sua ex diocesi americana, fondata nel 1794, era divenuta una Chiesa matura e indipendente nel 1970. In altre parole, Mosca vedeva l'autocefalia come un affare interno della Chiesa ortodossa russa", afferma il metropolita Theodosius .

Pertanto, Mosca ha risolto la questione della sua metropolitana in conformità con i suoi diritti canonici e sul suo territorio. Riconoscendo l'unità giurisdizionale e territoriale della nuova Chiesa autocefala, la Chiesa ortodossa russa non è intervenuta negli affari di altre Chiese operanti in America, ma ha rinunciato solo al suo diritto alla giurisdizione parallela – con l'eccezione di un piccolo numero di parrocchie che sono rimaste temporaneamente sotto la sua giurisdizione, e per le quali non poteva creare diocesi o aumentare il loro numero. Questa eccezione si è verificata a causa del loro disaccordo sull'adesione alla Chiesa ortodossa in America.

L'autocefalia della Chiesa ortodossa in America è stata riconosciuta dalle Chiese georgiana, bulgara, polacca e dalla Chiesa ortodossa delle Terre Ceche e della Slovacchia. Sul sito web della Chiesa romena, la Chiesa ortodossa in America è elencata tra le Chiese sorelle senza specificarne lo status. La sua grazia non è contestata da nessuna delle Chiese ortodosse (a differenza di quella della "Chiesa ortodossa dell'Ucraina"); è solo che alcuni di loro la considerano una parte della Chiesa ortodossa russa e alcuni come una Chiesa autocefala. Il motivo principale del suo mancato riconoscimento da parte di alcune Chiese è o la pressione di Costantinopoli o il timore di perdere le loro diocesi o parrocchie in America. Ma allo stesso tempo, tutte le Chiese rimangono in comunione eucaristica con la Chiesa ortodossa in America.

Uno dei suoi architetti, il protopresbitero John Meyendorff, ha scritto:

"Prima dell'autocefalia, la posizione di tutte le Chiese (negli USA, ndc) era non canonica, poiché i canoni escludono formalmente l'esistenza di più giurisdizioni in un territorio. Oggi la porta è aperta per il restauro della canonicità. Se il patriarca ecumenico vuole assumere il ruolo che dovrebbe spettargli, sia esso organizzatore, arbitro, centro di conciliarità, che svolga questo ruolo piuttosto che appellarsi a diritti inesistenti!"

Come si può vedere dai fatti, la Chiesa ortodossa in America ha ripetutamente teso una mano a Costantinopoli e ha persino incrociato le mani in una richiesta di benedizioni. Ma il Fanar si è rifiutato di ricevere quella mano ogni volta che era tesa dalla Chiesa ortodossa in America...

La storia ci mostra che un'autocefalia dichiarata dalla Chiesa ortodossa russa è stata spesso oggetto di non riconoscimento da parte del Patriarcato di Costantinopoli. E ogni volta ciò è stato a causa delle sue rivendicazioni monopolistiche in questo senso. È stato il caso dell'autocefalia della Chiesa georgiana (1943), della Chiesa polacca (1948), della Chiesa ortodossa delle Terre Ceche e della Slovacchia (1951). In seguito, tutti questi problemi sono stati risolti in una forma o nell'altra. Nel caso della Chiesa georgiana, Costantinopoli l'ha riconosciuta solo nel 1990, ma ha fatto finta che questo riconoscimento fosse una presunta concessione d'autocefalia. Nel caso della Chiesa polacca, il Fanar ha scelto di non notare il pentimento dei vescovi polacchi per l'autocefalia non canonica del 1924 e neppure la concessione di una nuova autocefalia da parte della Chiesa ortodossa russa nel 1948. Hanno chiuso un occhio su questi fatti fino a questo giorno.

Come possiamo vedere dalla storia, quando lo desidera, il Fanar ha trovato soluzioni per riconoscere l'autocefalia salvando la propria faccia. Ma nel caso della Chiesa ortodossa in America, questa soluzione non è stata ancora trovata nonostante la sua disponibilità al compromesso. Inoltre, pur concedendo l'autocefalia in diverse parti del mondo, il Fanar categoricamente non vuole fare lo stesso con le sue parrocchie negli Stati Uniti. Per esempio, riguardo all'arcivescovo Iakovos, capo dell'Arcidiocesi greca, si afferma che le sue dimissioni nel 1996 avevano a che fare, tra l'altro, con il conflitto tra lui e il patriarca Bartolomeo sulla questione dell'autocefalia americana. Dopo le sue dimissioni, l'Arcidiocesi è stata scomposta per ridurre i rischi della sua svolta verso l'unificazione con la Chiesa ortodossa in America. I suoi diritti sono stati ulteriormente ridotti nel 2020.

Il diritto di concedere l'autocefalia

Se la domanda "chi ha il diritto di concedere l'autocefalia" avesse una chiara definizione nel diritto canonico, allora non avrebbe causato tanti dubbi e controversie. Ma i santi canoni non regolano questo problema. Nell'impero bizantino dei secoli III-VIII, questa questione non era un tema scottante. Fu risolto con successo dai Concili ecumenici secondo necessità.

Indubbiamente, in materia non regolata dai canoni, la Tradizione della Chiesa – esperienza ecclesiale – è decisiva per le Chiese ortodosse. Ed è qui che si verificano discrepanze tra Costantinopoli e altre Chiese.

I fanarioti fanno appello alla pratica dei Concili ecumenici. Ma dopo l'ultimo di questi Concili, nove (!) autocefalie di nuove Chiese sono state concesse o riconosciute dal Patriarcato di Costantinopoli. E solo il Patriarcato della Chiesa russa fu concesso dal Concilio di Costantinopoli nel 1590, in un atto al quale parteciparono rappresentanti degli altri Patriarcati orientali. Cioè, esso portava i segni della conciliarità ecumenica.

Nel 1850, oltre ai vescovi di Costantinopoli, solo il patriarca di Gerusalemme firmò il Tomos d'Autocefalia per la Chiesa di Grecia. Cioè, non c'è più conciliarità ecumenica. Nelle successive decisioni sulla questione dell'autocefalia di altre nuove Chiese, non ci sono segni di decisioni diverse da parte della Chiesa di Costantinopoli. Così, la tesi sul diritto esclusivo dei Concili ecumenici di concedere l'autocefalia viene distrutta dalla stessa storia e pratica della Chiesa di Costantinopoli.

I fanarioti avanzano la seguente tesi: laddove non esistono Concili ecumenici, i loro diritti sono delegati al Patriarcato di Costantinopoli.

Perché dovrebbe essere così? Non una singola disposizione dei Concili ecumenici suggerisce tale interpretazione.

Allo stesso tempo, i Concili spesso discutevano e risolvevano questioni molto meno importanti. In effetti, se fosse stata presa una simile decisione, NON sarebbe stata manifestata chiaramente nei canoni?

Ma non accorgendosi di questa sciocchezza, il Fanar cerca una tale soluzione in un'interpretazione molto tesa e libera del Canone 3 del secondo Concilio ecumenico e dei canoni 9, 17 e 28 del quarto Concilio Ecumenico. Abbiamo analizzato questi canoni e le loro interpretazioni più sopra. Essi non danno nemmeno al Patriarcato di Costantinopoli il diritto di essere il giudice supremo delle Chiese, al di fuori della loro volontà. E ancora di più, non danno il diritto al "primato di potere" tanto rivendicato dai fanarioti, per non parlare del diritto di sostituire i Concili ecumenici.

Ma anche se non contestiamo i privilegi giudiziari di Costantinopoli, il punto della nostra considerazione non è il contenzioso. Esso riguarda il diritto di concedere l'autocefalia.

Su quali basi i presunti privilegi giudiziari del Patriarcato di Costantinopoli privano le altre Chiese locali del diritto di concedere l'autocefalia alle loro unità? I fanarioti fanno riferimento al fatto che tutti i casi di autocefalia nella storia sono stati concessi o dai Concili ecumenici o dal loro Patriarcato. E se è così, allora solo il Patriarcato di Costantinopoli ha il diritto di farlo. Ma questo non è vero sia sul piano della fornitura che in quello dell'accettazione dell'autocefalia.

Sì, infatti, Costantinopoli ha dato l'autocefalia alla Chiesa russa (in modo conciliare), alla Chiesa di Grecia (questa volta solo con la partecipazione del Patriarca di Gerusalemme) e individualmente alle Chiese serba, romena, albanese e bulgara. Ma tutte queste Chiese erano canonicamente subordinate al Patriarcato di Costantinopoli e la concessione della loro autocefalia da parte della Chiesa madre era assolutamente logica.

Ma più avanti, nel XX secolo, sono sorte contraddizioni. Il Fanar afferma di aver concesso l'autocefalia anche alle Chiese polacca, georgiana, cecoslovacca...

Proprio come alcuni bambini, oltre ai veri amici, si inventano amici immaginari, così il Patriarcato di Costantinopoli si trova in mezzo a Chiese, alcune delle quali hanno davvero ricevuto l'autocefalia da esso, mentre per alcune Chiese si tratta solo di fantasia o di un pio desiderio. Quest'ultimo viene fatto solo per sostenere le rivendicazioni di Costantinopoli sui diritti di monopolio in questa materia. Non c'è altra ragione per questo.

Non solo i fatti della proclamazione dell'autocefalia separata da Costantinopoli, ma anche i fatti del loro riconoscimento da parte di altre Chiese testimoniano l'erroneità delle pretese di monopolio del Fanar in questa materia. I fanarioti si sbagliano nella loro premessa iniziale: non sono stati solo loro a dare l'autocefalia, e questo fino al XX secolo.

Tutte le Chiese locali possono concedere l'autocefalia?

Se tutti i tre esempi precedenti si riferiscono alla disputa tra Costantinopoli e Mosca, allora c'è un altro esempio che distrugge le rivendicazioni del Fanar.

Di seguito è riportata una citazione diretta del Tomos rilasciato dal Patriarcato di Costantinopoli alla Chiesa georgiana nel 1990:

"Per decisione del Sinodo e illuminati dallo Spirito Santo, riconosciamo la Santa Chiesa della Georgia come la stessa struttura e organizzazione che è stata per molto tempo, come evidenziato da Balsamon, che scrive: 'Dicono che durante il periodo di sua Santità il patriarca Pietro della divina Città della Grande Antiochia, fu presa una decisione conciliare sulla libertà e l'autocefalia della Chiesa dell'Iberia' (Γ.Α. Ράλλη, Μ. Πότλη, σύνταγμα τῶν θειών και ἱέρων κανόνω. Ἀθ., 1852, τομ Β, σελ. 172)."

Si tratta del Concilio della Chiesa di Antiochia, convocato dal Patriarca Pietro III nel 1053, in cui fu presa una decisione sull'autocefalia della Chiesa georgiana, che in precedenza apparteneva al Patriarcato di Antiochia.

Questo esempio, riconosciuto da Costantinopoli e da altre Chiese, attesta in modo eloquente il diritto delle Chiese locali di concedere l'autocefalia da sole, sia senza Concili ecumenici che senza trasferire questo ruolo a Costantinopoli, cosa che confuta l'interpretazione del Patriarcato di Costantinopoli. Così appare la vera Tradizione della Chiesa.

Se i canoni non definiscono chiaramente la procedura per la concessione dell'autocefalia, definiscono comunque in modo abbastanza chiaro il diritto dei Concili di ciascuna Chiesa di prendere decisioni riguardo alla sua struttura. E proibiscono l'ingerenza nei suoi affari delle altre Chiese, così come proibiscono le loro attività nel suo territorio. Lo abbiamo esaminato in dettaglio sopra nelle sezioni pertinenti.

Fu sui relativi canoni che si basò la risposta del patriarca Aleksej I di Mosca alle affermazioni del patriarca Athenagoras di Costantinopoli riguardo alla concessione dell'autocefalia alla Chiesa ortodossa in America nel Messaggio del 16 marzo 1970: "Secondo il diritto canonico ed ecclesiastico, la legittima autocefalia può essere ottenuta solo dalla legittima autorità. Per la Chiesa greco-cattolica russa ortodossa d'America, come viene chiamata la metropolia russa americana, e per l'Ortodossia in America nel suo insieme, tale autorità è la Chiesa ortodossa russa. Nessuno può contestare il fatto che ogni Chiesa autocefala abbia il potere di concedere l'autocefalia a una parte della sua Chiesa".

Controargomentazioni di Costantinopoli

L'intera argomentazione dei fanarioti contro l'autocefalia della Chiesa ortodossa in America è stata esposta nelle lettere del patriarca Athenagoras del 7 gennaio 1970 al patriarca Aleksej I di Mosca e dirette il 24 giugno 1970 al locum tenens del trono patriarcale di Mosca, il metropolita Pimen. Poiché la seconda lettera include l'argomentazione della prima, proveremo a considerarla brevemente:

Il patriarca Athenagoras ha espresso nella sua lettera una serie di rivendicazioni contro la Chiesa russa, inclusa una parte delle tesi utilizzate ora dal Fanar e che nel 2020 sono state direttamente citate dall'arcivescovo Chrysostomos. Questi includono affermazioni sui confini della Chiesa polacca (abbiamo precedentemente considerato questo problema in dettaglio) e sulla concessione dell'autocefalia alla Chiesa ortodossa delle Terre Ceche e della Slovacchia.

Tuttavia, in un testo piuttosto ampio, il patriarca Athenagoras ammette: "Non si possono trovare canoni specifici che caratterizzano accuratamente l'autocefalia nel diritto ecclesiastico". Quindi cerca di costruire la sua logica sui falsi messaggi della storia della Chiesa, che abbiamo esaminato nella sezione precedente.

Il patriarca Athenagoras scrive:

"Per quanto riguarda il suo presunto diritto (della Chiesa ortodossa russa), come il diritto di qualsiasi altra Chiesa ortodossa autocefala, di concedere lo status di autocefalia a un'altra Chiesa, tale diritto non corrisponde né ai requisiti canonici né alle pratiche esistenti all'interno della Chiesa".

Siamo solo parzialmente d'accordo con questa affermazione: non corrisponde se parliamo del territorio di qualcun altro o di una parte di un'altra Chiesa. Se stiamo parlando di una parte della nostra Chiesa, allora è pienamente coerente, il che ci è dimostrato dalla storia del Patriarcato di Costantinopoli, dalla storia della Chiesa ortodossa russa e dalla storia della Chiesa georgiana che ha ricevuto l'autocefalia dalla Chiesa di Antiochia .

Inoltre, nel paragrafo 5, segue una dichiarazione molto importante del patriarca Athenagoras: "Dal significato stesso dell'autocefalia come atto ecclesiastico, da cui conseguono alcuni cambiamenti riguardanti i confini ecclesiastici e l'emergere di nuovi poteri giurisdizionali e amministrativi che portano a un nuovo ordine nella Chiesa ortodossa nel suo insieme, si può concludere che la concessione dell'autocefalia è un diritto fondamentale della Chiesa, ma che non può essere affatto considerato il diritto di "ogni Chiesa autocefala", come dice la lettera del patriarca Aleksej di beata memoria".

Quanto vorrei essere d'accordo con queste parole di sua Santità, quanta pace porterebbero alla Chiesa di Cristo! Soprattutto ora nelle terre ucraine!

Ma per qualche ragione i suoi predecessori sul trono di Costantinopoli non fecero ricorso a questa regola, sia nel dare l'autocefalia a parti della loro Chiesa, sia strappando parti dalla Chiesa russa. Allo stesso modo, i successori del patriarca Athenagoras, compreso l'attuale patriarca Bartolomeo, hanno trascurato questa posizione, sia risolvendo la questione della Chiesa ceca nel 1998 sia concedendo l'autocefalia agli scismatici ucraini nel 2019.

Inoltre, nel paragrafo 7 della sua Epistola, il patriarca Athenagoras cita uno schema interessante: "La necessità di una decisione generale sull'autocefalia è confermata dalla storia, che mostra che le Chiese autocefale che non hanno ricevuto riconoscimenti e benedizioni ecumeniche, come la Chiesa di Cartagine, la Chiesa di Mediolanum (Milano), la Chiesa di Lione, la Chiesa di Iustiniana Prima, la Chiesa di Ohrid, la Chiesa di Tarnovo, la Chiesa di Ipek e la Chiesa di Iberia, così come alcune altre di questa categoria, hanno perso la loro autocefalia nel tempo. D'altra parte, quelle Chiese che hanno ricevuto il riconoscimento ecumenico della loro autocefalia, sebbene abbiano attraversato molte prove e siano quasi crollate, sono rimaste Chiese autocefale e hanno avuto una nuova vita, come le Chiese di Cipro, Gerusalemme, Antiochia e Alessandria. Anche le nuove Chiese autocefale hanno bisogno di questo sigillo di validità da parte del Concilio ecumenico per la loro ultima e continua esistenza autocefala a causa delle circostanze sfavorevoli in cui talvolta possono trovarsi. Queste includono le Chiese alle quali la santa Sede ecumenica apostolica e patriarcale ha dato il sigillo dell'autocefalia con l'approvazione di altre Chiese ortodosse".

Quindi, l'autocefalia che non è approvata dal Concilio ecumenico, secondo il patriarca Athenagoras, è temporanea. Lo sanno, le cosiddette "Nuove Chiese"? Il patriarca Bartolomeo ha avvertito i destinatari del suo tomos d'autocefalia alla cosiddetta "Chiesa ortodossa dell'Ucraina" che la sua natura à temporanea? In che modo questa posizione coincide con l'intera storia del Patriarcato di Costantinopoli nei secoli XIX-XXI, quando il Fanar emise i tomoi d'autocefalia non avendo una discussione e un riconoscimento universale su di essi?

Tutte le Chiese autocefale citate dal patriarca Athenagoras persero la loro autocefalia proprio a causa dell'arbitrio imperiale: venendo assorbite dalla Chiesa romana, che si dichiarò "la prima senza eguali", o da Costantinopoli. La Chiesa georgiana ha temporaneamente perso la sua autocefalia per decisione delle autorità imperiali russe, quando la Chiesa russa è stata privata dalle stesse autorità dell'opportunità di esprimere il proprio parere conciliare su questo tema. È corretto poi citare esempi simili da parte Costantinopoli?

Inoltre, il Patriarcato di Tarnovo è stato ristabilito nella persona della Chiesa bulgara, mentre la Chiesa di Iberia oggi è la Chiesa ortodossa georgiana.

Per di più, le antiche Chiese di Gerusalemme, Antiochia, Alessandria, fondate dagli apostoli, non hanno ricevuto la loro autocefalia ai Concili ecumenici. Hanno ricevuto il loro status d'autocefalia prima dell'era dei Concili ecumenici, il che testimonia anche il fatto che l'autocefalia è una questione di decisione delle Chiese stesse all'interno del loro territorio. Solo la Chiesa di Cipro e la Chiesa di Costantinopoli hanno ricevuto la loro autocefalia durante l'era dei Concili ecumenici, cosa sulla quale il patriarca Athenagoras ha preferito tacere.

Ancora più importante è il fatto stesso dell'esistenza nella storia delle Chiese locali nominate dal patriarca Athenagoras, poiché questo dimostra ovviamente che anche se solo due di queste Chiese sono sopravvissute fino ad oggi (perdendo l'autocefalia e ripristinandola), esse sono esistite. E questa pratica era generalmente accettata poiché erano universalmente riconosciute. Tuttavia, non hanno acquisito la loro autocefalia nel modo che è stato affermato dal patriarca Athenagoras come l'unico possibile.

Nei paragrafi 15-16, ignorando le reali circostanze storiche, il patriarca Athenagoras nega i diritti della Chiesa russa in America a causa della vendita dell'Alaska. Sta cercando di ridurre il ruolo della Chiesa ortodossa russa all'Alaska, anche se, come ricordiamo, dal 1872 il centro diocesano della Chiesa ortodossa russa in America è stato San Francisco, e dal 1905 – New York. Costantinopoli dichiarò per la prima volta i suoi diritti ai greci americani nel 1908, la diocesi greca iniziò a essere creata lì nel 1918 e il Patriarcato di Costantinopoli iniziò a rivendicare l'intera America nel 1923.

Il patriarca Athenagoras esprime anche la sua indignazione per la violazione da parte della Chiesa ortodossa russa degli interessi di altre giurisdizioni ortodosse negli Stati Uniti, il che non gli impedisce di sottolineare i "diritti speciali" del Patriarcato di Costantinopoli nel fornire assistenza pastorale alla diaspora ortodossa. Ma questi "diritti esclusivi" sono la negazione generale dei diritti delle altre Chiese ortodosse alle parrocchie nella diaspora.

Il ruolo storico della Chiesa ortodossa russa in America è ridotto da Athenagoras solo alla cura pastorale della diaspora russa, il che non è assolutamente vero. E anche se lo fosse, non cancella ancora il divieto canonico sulla confusione delle Chiese. Tuttavia, ricordiamo che le parrocchie della Metropolia nordamericana a metà del XX secolo erano al 90% di lingua inglese, in nessun modo collegate con la Russia e non c'erano in esse più rappresentanti della diaspora russa che delle diaspore di altri paesi.

Secondo Athenagoras, la questione delle giurisdizioni ortodosse in America avrebbe dovuto essere risolta in un Concilio panortodosso. Ricordiamo che in precedenza il patriarca Athenagoras si rifiutò di sollevare la questione anche per una discussione preliminare in una riunione interconfessionale a Chambésy...

Nel paragrafo 19, il patriarca Athenagoras chiede persino alla Chiesa russa di osservare i confini che "non possono essere ampliati oltre quanto le è stato dato dalla crisobolla del patriarca ecumenico Jeremias II nel 1591. La Chiesa ortodossa russa deve la sua esistenza indipendente a questo documento, nonché al più recente tomos del febbraio 1593, emesso dallo stesso patriarca ecumenico Jeremias II. Questo nuovo tomos informa i russi delle decisioni riguardanti il ​​Patriarcato di Mosca di recente istituzione, prese al Grande Concilio di Costantinopoli, a cui parteciparono il patriarca Meletios d'Alessandria, che rappresentava anche l'assente patriarca Joakim di Antiochia, nonché il patriarca Sophronios di Gerusalemme e 76 altri vescovi".Quindi, se dal punto di vista del patriarca Athenagoras, i confini della Chiesa ortodossa russa non possono essere ampliati rispetto al 1593, vuol dire che l'Asia centrale, la Siberia e altri territori della Chiesa ortodossa russa non ne fanno parte affatto?

Quindi, partendo dal principio di continuità storica, ci si dovrebbe far guidare dallo stesso principio in termini di determinazione dei confini delle altre Chiese:

I confini della Chiesa di Costantinopoli dovrebbero essere determinati in virtù del Canone 28 del quarto Concilio ecumenico: "...affinché nelle diocesi del Ponto, dell'Asia e della Tracia, i metropoliti e anche i vescovi delle diocesi di cui sopra che sono tra i barbari, debbano essere ordinati dal suddetto santissimo trono della santissima Chiesa di Costantinopoli; ogni metropolita delle suddette diocesi, insieme ai vescovi della sua provincia, ordina i suoi vescovi provinciali, come è stato dichiarato dai canoni divini", piuttosto che in virtù della regola" dovunque io voglia, perché io sono il supremo tribunale ecclesiastico", che il Patriarcato di Costantinopoli ha applicato negli ultimi 100 anni.

Vale la pena ricordare inoltre il Canone 2 del secpndo Concilio Ecumenico, che afferma quanto segue:

"I vescovi non devono andare oltre le loro diocesi verso chiese che si trovano al di fuori dei loro confini, né creare confusione nelle chiese; ma che il vescovo di Alessandria, secondo i canoni, amministri solo gli affari dell'Egitto; e che i vescovi d'Oriente gestiscano solo l'Oriente, conservando i privilegi della Chiesa di Antiochia, menzionati nei canoni di Nicea; e che i vescovi della diocesi asiatica amministrino solo gli affari asiatici; e i vescovi del Ponto solo questioni pontiche; e i vescovi traci solo affari traci. E che i vescovi non vadano oltre le loro diocesi per ordinazioni o per qualsiasi altro ministero ecclesiastico, a meno che non siano invitati..."

Ovviamente, non tutta l'Africa faceva parte della Chiesa alessandrina, come l'ha rivista il patriarca Meletios, come descritto in precedenza.

Applicando regole e requisiti assurdi ad altre Chiese, il Patriarcato di Costantinopoli ovviamente "dimentica" di applicarli a se stesso.

Sommario:

Come possiamo vedere, fino al 1970 il Nord America è stato territorio canonico della Chiesa ortodossa russa per circa 170 anni. L'invasione di questo territorio della Chiesa ortodossa russa fu organizzata solo nel 1918 dal metropolita Meletios, che violò tutte le norme canoniche accettate. Le rivendicazioni del Patriarcato di Costantinopoli su questi territori non hanno basi canoniche o storiche. Queste affermazioni furono un'innovazione da parte di Meletios, che divenne patriarca di Costantinopoli, innovazione che non era stata precedentemente praticata dal Patriarcato di Costantinopoli. Meletios ha violato gli stessi diritti di Costantinopoli da lui dichiarati quando era diventato patriarca d'Alessandria, tuttavia, la maggior parte delle Chiese locali non ha riconosciuto e non riconosce queste affermazioni.

Altre Chiese ortodosse hanno iniziato a creare le loro giurisdizioni negli Stati Uniti e in Canada dopo l'invasione di Meletios. Nonostante il disordine canonico, la Metropolia nordamericana si è comportata verso il loro emergere come ha fatto in relazione all'arcidiocesi greca – con condiscendenza, in spirito d'amore e buona volontà.

Il Fanar, a sua volta, si è ritirato dal decidere il destino della Metropolia nordamericana e dal discutere la possibilità dell'autocefalia americana nonostante le ripetute petizioni per la sua concessione, temendo per la sorte delle proprie parrocchie americane e dei proventi che ne derivano. Il Patriarcato di Costantinopoli continua ancora oggi a ostacolare la creazione di un'unica Chiesa locale negli Stati Uniti e in Canada, nonostante il fatto che la Chiesa ortodossa in America gli abbia offerto la leadership in questo processo.

Dopo aver analizzato i fatti della storia della chiesa, della tradizione ortodossa e dei sacri canoni, non abbiamo trovato il minimo motivo effettivo per le affermazioni del Patriarcato di Costantinopoli di essere il "primo in potere" (non solo il "primo in onore") nella Chiesa, a meno che non ci si basi sulle norme legali secolari che erano comuni esclusivamente a Bisanzio e poi all'Impero Ottomano. Non abbiamo trovato alcuna giustificazione canonica e storica per il diritto del Patriarcato di Costantinopoli di essere la più alta corte d'appello della chiesa a meno che non lo desiderino le parti in causa, per il diritto di monopolio nel fornire assistenza pastorale alla diaspora ortodossa, per il diritto di monopolio nell'emettere un'autocefalia. Invece, abbiamo trovato una serie di contraddizioni e confutazioni di queste affermazioni.

Non abbiamo trovato alcuna prova del motivo per cui la questione dell'autocefalia della Chiesa ortodossa in America sia generalmente considerata nel contesto delle cosiddette "terre barbare".

Ma abbiamo trovato nel Patriarcato di Costantinopoli molti esempi non solo dell'uso di doppi standard, ma anche d'ipocrisia nel sostenere le proprie affermazioni. Siamo ora convinti che stabilire la verità e cercare decisioni canoniche corrette non sia stato un motivo per le azioni dei patriarchi di Costantinopoli – Meletios, Athenagoras, Bartolomeo, e che tutte le loro argomentazioni, purtroppo, siano costruite selettivamente per un solo scopo: trovare scuse per le loro ambizioni imperiali e le loro arbitrarietà.

L'autore ringrazia il professor Aleksandr Dvorkin, uno studente del protopresbitero John Meyendorff, uno dei principali fondatori dell'autocefalia della Chiesa Ortodossa in America, per il suo aiuto nella ricerca delle fonti, nonché gli autori del canale Telegram "Labarum. Sim pobedishi" per il loro aiuto nella preparazione della pubblicazione.

 
Alla fine cade la maschera

Dall'angolo di George...

Alla fine cade la maschera

A quale maschera mi riferisco?

A questo: il sospetto che tutti abbiamo da molto tempo ormai su quanto sia compromessa l'Arcidiocesi greco-ortodossa d'America.

Come potete leggere voi stessi qui, Stephanos Kasselakis, il leader greco del partito d'opposizione SYRIZA è stato invitato a leggere il Credo nella cattedrale dell'Arcidiocesi greca a New York.

Secondo l'utente di Twitter che ha pubblicato questo post, si tratta niente di meno che di una mossa per "insultare pubblicamente la Chiesa di Grecia". È senza dubbio così, almeno a un certo livello. Sono sicuro che questo sia il modo in cui l'arcivescovo Elpidophoros si ribella al Santo Sinodo della Chiesa di Grecia per la sua posizione coraggiosa (e unanime) contro il matrimonio omosessuale.

È anche un modo per segnalare a tutti i liberali in Grecia che Kasselakis ha l'imprimatur dell'Arcidiocesi greca. In altre parole, Elpidophoros si intromette nella politica interna della Grecia.

Capisco tutto questo. Tuttavia, credo che qui ci sia dell'altro.

Personalmente credo che ciò sia fatto con la benedizione del patriarca Bartolomeo. Non c'è dubbio che il governo greco voglia che Elpidophoros sia sostituito da qualcuno con meno legami con l'intelligence turca. Se è così, questo potrebbe essere il modo di Elpidophoros di sfidare l'establishment greco, dicendogli sostanzialmente che non andrà da nessuna parte.

A me, da parte mia, non interessa più la situazione politica greca. Per quanto mi riguarda, l'attuale governo "conservatore" della Grecia è marcio fino al midollo. Ho pubblicamente definito l'attuale primo ministro un traditore in tutto tranne che nel nome. È un sicofante della peggior specie verso l'élite globalista, e svende la Grecia senza ottenere nulla in cambio.

Kasselakis non sarà peggio (beh, sì, lo è, ma stiamo comunque parlando del settimo girone dell'inferno rispetto al sesto), quindi alla fine la Grecia sarà fatta a pezzetti dai turchi e da chiunque altro la NATO decida che debba avere una fetta della torta. E chiunque sarà al posto di patriarca di Costantinopoli, se ne starà seduto a benedire l'intero procedimento (e recupererà tutte quelle diocesi nel nord della Grecia).

Sarò piuttosto schietto: a meno che non sia restaurata la monarchia, la Grecia è irrecuperabile, quindi non posso sprecare energie emotive per la situazione politica del paese.

Ciò che mi preoccupa è l'America o, più specificamente, la Chiesa ortodossa americana. l'Arcidiocesi greca è stata a lungo una palla al piede dell'Ortodossia americana. Nell'era dopo l'incontro di Ligonier (dal 1994 ad oggi) e al di fuori dei monasteri athoniti, ha rappresentato un ostacolo all'unità e all'autentica testimonianza cristiana. Anche l'ex primate, il santo arcivescovo Demetrios, non ha potuto resistere ai venti del liberalismo che hanno agitato le acque della cultura americana.

Con l'attuale arcivescovo si va "a tutto vapore!" verso il globalismo e l'apostasia. Non dovremmo esserne sorpresi ormai, poiché ci ha costantemente mostrato la sua mano globalista. Prima con le sciocchezze covidiane, poi l'abbraccio aperto a Black Lives Matter, la faccenda del Grosso Grasso Battesimo Gay, il discorso di apertura alla comunità dei servizi segreti americani, ecc. (Riuscite a immaginare un vescovo ortodosso russo che avesse tenuto un discorso al KGB?)

Questa è solo la punta dell'iceberg. Ricordate come si è espresso a favore dell'aborto alla Marcia nazionale per il diritto alla vita?

Seriamente, a parte un discorso del Gran Mago del Ku Klux Klan al congresso della National Association for the Advancement of Colored People, cosa potrebbe superare questo livello?

Ebbene, con l'invito di Kasselakis a "leggere" il Credo, potrebbe averlo superato. E quanto è artificiosa questa bravata? Per quanto ne so, nessuno viene scelto per "leggere il Credo" durante la Liturgia. In effetti, oltre al Padre Nostro, questa è una delle preghiere più comuni pronunciate da tutti i fedeli. Ma l'Arcidiocesi greca sta ritagliando un'eccezione per Kasselakis.

Quindi non è necessario essere uno scienziato missilistico per capire da che parte soffia il vento. Soffia nella direzione fordhamita. E non vi ingannate, anche se questo può far rabbrividire la maggior parte dei laici dell'Arcidiocesi greca (o almeno lo spero), è piuttosto tardi per quanto riguarda la cultura americana. Il colosso LGBTQI++ ha completamente travolto la nostra nazione, anche il Partito Repubblicano è impotente a fermarlo.

Io ho lasciato l'Arcidiocesi greca 24 anni fa per contribuire ad avviare una missione nella Chiesa Ortodossa in America. È una delle migliori decisioni che abbia mai preso. Non riesco a immaginare quanto mi sentirei a disagio in questo momento sapendo che, nonostante tutte le risorse di cui dispone l'Arcidiocesi greca, è totalmente d'accordo con tutte le cose orribili che attualmente affliggono la nostra cultura. Io sono quanto più greco possibile, e se io posso entrare in una giurisdizione che ha radici russe, potete farlo anche voi. Se per voi è troppo, andate in uno dei monasteri, e se il più vicino di loro è troppo lontano, passate a una parrocchia antiochena, o serba, o altro. A meno che non siate disposti a opporvi a queste sciocchezze e a riprendervi in mano le vostre parrocchie dell'Arcidiocesi greca.

Ma non pensavo che i bravi laici l'Arcidiocesi greca fossero rimasti tanto supini quanto l'élite WASP di fronte a questo assalto. Ancora non lo capisco. Forse sono ingenuo ma mi piace pensare che la brava gente di questa cattedrale lo farà uscire dalla porta, quando quel piccolo sodomita (o si dice sodomista?) si ripresenterà per perpetrare questa bravata. E se è accompagnato dall'arcivescovo Elpidophoros, anche lui dovrebbe essere accompagnato alla porta.

Quando sarà abbastanza? Mettiamo le carte in tavola, gente: ora è il momento di reagire al massimo come Braveheart contro questi buffoni.

 
L'ultimo baluardo dell'Ortodossia

In un breve resoconto degli attacchi anti-cristiani nel corso della storia, padre Andrew Phillips nota come la russofobia non sia solo una normale cattiva abitudine umana, ma l’epitome di una serie di assalti contro l’Ortodossia, che non solo non vogliono vedere la rinascita di un potente stato ortodosso, ma neppure vogliono che questo stato possa aiutare gli ortodossi indeboliti in molti altri paesi. Presentiamo la traduzione italiana del saggio di padre Andrew nella sezione “Geopolitica ortodossa” dei documenti.

 
Ruanda e Ucraina

In questo giorno della Passione del Signore, ricordiamo anche quei cristiani che hanno sofferto e sono perseguitati da uomini che hanno ceduto alle forze del male.

foto: imghub.ru

Cristo è in mezzo a noi, miei cari lettori!

In questi giorni la comunità mondiale esprime la propria solidarietà al popolo ruandese in occasione del trentesimo anniversario del genocidio, nel quale morirono non meno di 800.000 persone. Sono sicuro che prima o poi la verità si fa sempre strada.

Diversi decenni fa, giornalisti e conduttori della Radio delle Mille Colline fomentarono l'odio e la rabbia di alcuni cittadini del paese contro altri, per far sì che tutto finisse in un terribile e sanguinoso massacro. Durante quei terribili eventi, anche i servi di Dio che predicano il Vangelo dal pulpito hanno contaminato le loro anime con terribili peccati. Il sacerdote cattolico Athanase Seromba è stato riconosciuto colpevole della morte di duemila rifugiati tutsi. Sono morti sotto le macerie della chiesa dove cercavano di nascondersi dagli assassini. Il sacerdote ha ordinato la distruzione della chiesa con un bulldozer. Né una tonaca né una croce sul petto proteggeranno una persona dal satanismo. Cosa può essere cambiato adesso? Niente. Vergogna eterna (che parola terribile!) e giudizio eterno per gli assassini. Ma coloro che guidano tutto questo riceveranno da Dio la sentenza più terribile.

foto: pikabu.ru

Il male è sempre male e la bontà è sempre bontà. Le persone possono inventare qualsiasi cosa, possono calunniare, mentire e giustificare i loro peccati, ma verrà il momento in cui il Signore mostrerà tutto per quello che è. La cosa più triste è che poi non si potrà cambiare nulla. Ma prima, quando gli eventi accadevano, un cambiamento era possibile.

Adesso è un momento simile. Anche oggi persone che si definiscono giornalisti, con l'aiuto dei media chiamano bianco il nero, chiedono la distruzione della Chiesa ortodossa ucraina, la diffamano e fanno tutto il possibile per suscitare odio e rabbia verso gli stessi cittadini ucraini i cui figli combattono per loro al fronte, che si preoccupano anch'essi della propria patria e soffrono la guerra.

Non dubito che la verità alla fine prevarrà. Gli assassini, i calunniatori e gli organizzatori di persecuzioni contro la nostra Madre Chiesa saranno puniti da Dio, trovando la loro dimora eterna nello stesso luogo dei conduttori della Radio delle Mille Colline.

La differenza tra i nostri persecutori e coloro che hanno perpetrato il genocidio in Ruanda è che i nostri hanno ancora tempo per cambiare la loro sorte eterna. Tutto ciò che serve per questo è smettere di servire il male e rivolgersi alla verità e al bene. Non è troppo tardi! Ma se queste persone mi ascolteranno, non lo so. Probabilmente no. E le compatisco sinceramente.

Dal canale Telegram del metropolita Luka (Kovalenko) di Zaporozh'e e Melitopol'

 
Il patto rotto

Il blog Monomakhos ha ricevuto questo messaggio da un gruppo di sacerdoti anonimi della Chiesa ortodossa in America, e afferma di aver sentito preoccupazioni simili provenienti da altre giurisdizioni.

Abitualmente, un messaggio anonimo sarebbe da cestinare subito, ma questo anonimato si può giustificare con il timore di sanzioni sui sacerdoti da parte dei loro vescovi, soprattutto alla luce delle accuse circostanziate qui sotto.

* * *

Nella Chiesa abbiamo un contratto. Il contratto è tra il vescovo e i sacerdoti che servono il santo popolo di Dio.

Ogni sacerdote è obbligato a svolgere determinati compiti e a soddisfare determinate aspettative. Gli è anche richiesto di vivere entro parametri stabiliti per garantire che ognuno di noi viva in servizio reciproco, in modo che possa essere mantenuto il necessario ordine della Chiesa.

Lo Spirito Santo istruisce la santa Chiesa. I protocolli, il contratto e le esperienze condivise sono la continua rivelazione da parte dello Spirito Santo del desiderio di Dio di salvare l'umanità.

Questo contratto ci è pervenuto tramite i canoni, i concili ecumenici e la giurisprudenza ecclesiastica. È confermato attraverso il culto liturgico e le preghiere della Chiesa. È tramandato dai testimoni della Chiesa, soprattutto attraverso le vite dei confessori e dei martiri. Questa esperienza condivisa forma le norme della Chiesa, che sono diventate la nostra Santa Tradizione.

Per noi, la santa Tradizione è incrollabile e notevolmente conservatrice.

La Chiesa deve essere una costante. Durante le guerre e i rumori di guerre... la santa Chiesa rimane salda. Durante carestie, pandemie e disgrazie personali... la santa Chiesa rimane immutata. Gli sconvolgimenti nella vita quotidiana non riguardano la Chiesa. La Chiesa opera così da più di 2000 anni.

Tuttavia, tutto ciò è cambiato nell'anno 2020.

 

Nell'anno 2020, ai vescovi di tutte le giurisdizioni è stato ordinato di chiudere le loro parrocchie. Ai sacerdoti è stato detto che non potevano più amministrare il corpo e il sangue di Cristo in comunione con i suoi membri, quali corpo di Cristo. Alla fine della Liturgia, dopo la lettura del Vangelo, non è stata offerta l'eucaristia. Questa ha dovuto essere programmata per un'altra volta. La convinzione era che fosse meglio morire fuori che rischiare di esporsi all'interno. Il corpo di Cristo è stato paralizzato dalla paura e dall'ansia, come risultato di questi cambiamenti. La paura della morte ha occupato ogni pensiero, mentre i media presentavano schema dopo schema del numero previsto di morti. Ospedali e centri di pronto soccorso hanno ceduto sotto la pressione. I pazienti si sono allineati nei corridoi degli ospedali e dei centri di pronto soccorso. I trattamenti contro il cancro, gli interventi chirurgici, le procedure ambulatoriali e gli appuntamenti con i medici sono stati tutti sospesi per soddisfare i bisogni dei malati e dei morenti. Le famiglie sono state separate dai propri cari. I suicidi e gli abusi domestici hanno raggiunto il massimo storico. I genitori hanno lavorato a casa, mentre istruivano i figli. I negozi sono stati svuotati e i ristoranti chiusi. Se mai c'è stato un momento in cui la Chiesa era necessaria, era questo, ma gli stessi vescovi che andavano a cena dai governatori nei loro rispettivi stati non sono riusciti a convincerli che la Chiesa era essenziale per vivere una pandemia. Invece, i negozi di liquori e i dispensari di marijuana hanno dovuto rimanere aperti per soddisfare i nostri bisogni.      

I sacerdoti sono stati istruiti a non visitare i loro parrocchiani perché avrebbero potuto inavvertitamente diffondere malattie. Le funzioni sono state trasmesse in live streaming su TV a schermo piatto. "Venite e vedrete" è diventato "non venite". La venerazione delle icone è stata vietata senza eccezioni, e in alcuni casi le icone hanno dovuto essere rimosse per ordine del vescovo. Le settimane sante e le pasque degli anni passati sono sparite. Battesimi, cresime e matrimoni sono sospesi sospesi. I funerali hanno potuto essere celebrati solo se non restava il sacerdote a confortare una famiglia in lutto.      

Senza i timoni e gli ormeggi sacramentali della Chiesa, i vescovi della Chiesa ortodossa in America sono stati gettati alla deriva, mentre cercavano di navigare nel panorama politico. Hanno apparentemente chiuso le loro menti alla ragione, poiché hanno chiuso le porte della Chiesa e non hanno voluto suggerimenti dai sacerdoti, temendo che questi minassero il loro punto di vista.

Quindi, nella Chiesa ortodossa in America, ci è stato ordinato di essere obbedienti e di non mettere in discussione la saggezza dei nostri vescovi. Le tradizioni della Chiesa sono divenute secondarie rispetto alla protezione della salute dei suoi membri. I vescovi passavano il lunedì mattina alla ricerca di violazioni dei loro messaggi via zoom e il pomeriggio a minacciare i sacerdoti per le loro infrazioni. I preti e le loro mogli erano terrorizzati dal fatto che queste minacce si sarebbero concretizzate, aggiungendosi all'enorme stress a cui i preti erano già sottoposti. Un prete, un marito e un padre potevano perdere il lavoro per aver servito una liturgia con troppe persone e tuttavia sempre più persone si presentavano alla porta. Alcuni avevano perso membri della famiglia a causa del virus. Altri erano semplicemente spaventati. Tutti volevano stare in chiesa per aiutare a gestire il loro dolore e placare le loro ansie. I sacerdoti hanno fatto sforzi per soddisfare i bisogni di queste famiglie senza far arrabbiare i loro vescovi

La Chiesa ha subito molteplici focolai di vari agenti patogeni durante i suoi due millenni e non ha mai chiuso i battenti. È una panacea per la guarigione, non un luogo in cui concentrarsi sulla morte e sulla malattia. La salute eterna e la guarigione dell'anima, da sempre l'obiettivo della Chiesa, sono state improvvisamente sostituite dalla meticolosità di una buona igiene.

Ai sacerdoti è stato insegnato dal seminario che devono essere martiri nelle loro comunità parrocchiali. Devono testimoniare la fede ed essere icone di Cristo, anche se questo significa rinunciare alla propria vita. Tuttavia, ora, oltre a dispensare i santi misteri, avevano bisogno di una formazione in epidemiologia.

I vescovi, d'altra parte, occupano il loro tempo a criticare i loro sacerdoti, mentre girano avanti e indietro tra i notiziari televisivi per ricevere le ultime notizie. Si sono occupati di scrivere encicliche per spiegare l'inspiegabile, come come sia possibile essere un cristiano ortodosso e votare per una piattaforma che promuove l'aborto, ben sapendo che in due stati uccidono i bambini al termine della gravidanza. Questa è diventata la loro testimonianza a Dio e alla Chiesa durante l'anno più difficile della storia recente.

In un caso notevole, un arcivescovo, sostenendo di guidare la maggioranza ortodossa in America, ha marciato con folle di persone in segno di protesta, dimenticando di aver raccomandato ad altri vescovi di chiudere le chiese per limitare il contatto fisico tra le persone.

Isolati, i vescovi apparentemente si preoccupano più dei punti di vista che della realtà.  

L'altro grande influencer nel 2020 è stato il consiglio di un avvocato. Non un consigliere della Chiesa, ma un consulente legale. E non è solo questione di avvocati, ma anche di assicurazioni. La Chiesa ortodossa in America è stata ripetutamente colpita e costretta dai tribunali a pagare ingenti somme di denaro, perché non ha seguito le procedure e le norme stabilite dalla santa Tradizione.

I vescovi, in molti casi, hanno ignorato la santa Tradizione, soprattutto per quanto riguarda la cattiva condotta sessuale da parte dei sacerdoti e persino dei vescovi stessi. Non solo lo hanno permesso, ma continuano a permetterlo. Minacciano vittime innocenti. Pagano le persone perché tacciano e perché nascondano la verità. Di conseguenza, istituzioni come l'università di Fordham non riescono a capire o a credere che la Chiesa abbia una santa Tradizione ben formata riguardo alla sessualità umana.

I tribunali hanno ragione quando si tratta della Chiesa ortodossa in America. Sono costantemente in disaccordo con il Sinodo e hanno ordinato che le nostre compagnie di assicurazione paghino. La loro unica risorsa è stata quella di istituire una politica sugli abusi sessuali che trasferisse completamente la questione dalle mani del vescovo. La santa Tradizione era semplicemente troppa responsabilità per loro.

Infine, il grande influencer delle nuove pratiche della Chiesa è stato il governo degli Stati Uniti. "Non riporre la tua fiducia nei principi né nei figli degli uomini", dicono. Tuttavia, quando i governatori, i Centri per la prevenzione e il controllo delle malattie o un medico ci dicono di smetterla di agire come Chiesa, noi obbediamo. Non è quello che la Chiesa ha fatto quando Cesare, i turchi e Stalin volevano che la santa Chiesa cessasse e desistesse? Non ci siamo forse allineati, con risultati disastrosi? Siamo condannati a ripetere gli stessi errori?

L'elevazione di un virus a proporzioni epiche, la minaccia di azioni legali e la forza del governo hanno lasciato la Chiesa completamente esaurita e ridefinita. I vescovi si sono piegati. La Chiesa ha smesso di comportarsi come la Chiesa storica che era. Non ha avuto la forza di prendere posizione in quello che avrebbe potuto essere il momento più bello della Chiesa nella storia americana, un'opportunità per mostrare a tutta l'America chi è la Chiesa e quanto è di vitale importanza in tempi straordinari. Purtroppo, è diventata quella candela che fa una fioca luce sotto un secchio. La Chiesa potrebbe non avere mai più un'altra opportunità in questo paese per dimostrare di essere l'unica speranza e stabilità per l'umanità.

Purtroppo, i nostri vescovi non sono riusciti a sostenere nella pubblica piazza che noi eravamo un servizio vitale. Su questo sono rimasti in silenzio.

Ecco il problema. Il clero della Chiesa ortodossa in America ha giurato di obbedire a due cose: alla santa Tradizione e al vescovo. Ma cosa succede se un vescovo ordina a un prete di fare qualcosa al di fuori o contrario alla santa Tradizione? Un vescovo ha un'autorità maggiore degli insegnamenti della Chiesa, della Sacra Scrittura e della santa Tradizione?

Così hanno fatto nel 2020.

Il clero deve osservare rigorosamente gli insegnamenti della Chiesa riguardo a Cristo, le Sacre Scritture e la santa Tradizione (Efeso, Canoni 6, 7; Trullo, Canone 1; Cartagine, Canone 2).

Il clero è sotto la completa autorità del vescovo diocesano, senza la cui benedizione non può agire e al quale deve mostrare il dovuto rispetto (Laodicea, Canone 57; santi Apostoli, Canoni 31, 39, 55; Cartagine, Canone 10) .

Il diritto canonico nella Chiesa è usato come giurisprudenza. Il diritto canonico afferma chiaramente che se un sacerdote rifiuta di celebrare la Santa Liturgia deve essere escluso dal sacerdozio. Nel 2020, tuttavia, i sacerdoti sono stati ripetutamente minacciati di sospensione se celebravano la Santa Liturgia anche durante la Settimana Santa.

Il diritto canonico espelle anche vescovi e sacerdoti dai loro uffici per aver scomunicato i loro fedeli per qualsiasi cosa tranne che per un insieme limitato di comportamenti relativi alla guarigione dell'anima. L'anno scorso, ai sacerdoti è stato ordinato di scomunicare i loro fedeli perché potrebbero contrarre un virus e se lo facessero, potrebbero morire.

I vescovi hanno ordinato che nessuno potesse venire in chiesa. Alcuni dei sacerdoti che tenevano aperte le loro parrocchie e davano i misteri sono stati chiamati apostati. Davvero, sono stati chiamati apostati! Ai sacerdoti che tenevano aperte le porte della chiesa e continuavano a celebrare la Liturgia è stato detto che non si curavano del loro popolo. È stato detto loro che erano colpevoli di tentato omicidio! A questi sacerdoti è stato detto che sarebbero stati processati e il vescovo avrebbe garantito la loro condanna nei tribunali ecclesiastici per un'accusa di omicidio se qualcuno nella parrocchia fosse morto di covid! Questo non è solo immorale; è da pazzi! Questi sacerdoti si sono resi colpevoli di disobbedienza al loro vescovo, che era disobbediente ai canoni e alla storia della Chiesa.

I sacerdoti sono stati costretti a dire alla loro gente che le icone non potevano più essere venerate. Aspetta, che mi dice del settimo Concilio ecumenico, vostra Grazia? Delle persone sono morte per poter venerare queste icone! Zitto, non pensare, obbedisci e basta. Quindi al sacerdote è stato dato l'ordine di far rispettare questo nuovo comandamento. I sacerdoti dovevano punire la loro gente per aver venerato le icone e aver disobbedito al nuovo comandamento. Se un sacerdote non avesse impedito la venerazione delle icone, sarebbe stato deposto. Se i fedeli non avessero obbedito e le avessero venerate comunque, ai sacerdoti era detto di scomunicarli. Il vescovo si è mai fermato a chiedersi cosa stesse facendo al rapporto permanente del Sinodo con i propri sacerdoti e le loro parrocchie? Chiedete al vostro vescovo se lo ha fatto e mettetelo a verbale.

La nuova saggezza dei vescovi diceva alla gente di isolarsi in casa; di essere solitari in preghiera. Questa è stata la peggiore delle pratiche scorrette dei vescovi nel 2020. Solo i monaci più austeri ricevono da un anziano spirituale la benedizione per essere solitari e vivere lontano dalla comunità del monastero. Questa è un'obbedienza data a pochissimi e per un periodo di tempo limitato. Per una buona ragione. La maggior parte delle persone è distrutta dal diavolo nell'isolamento. Questo consiglio è stato uno dei peggiori che si possano dare e stiamo appena iniziando a vederne gli effetti. La nuova conoscenza si manifesta come ignoranza dell'anima. Questa obbedienza ignorava l'esperienza e la saggezza della Chiesa.  

Con il passare del tempo, le persone in isolamento si sentono circondate da un caos demoniaco e hanno bisogno della Chiesa. Questa non c'era. La Chiesa ortodossa in America non si è manifestata come la roccia di Cristo, ma è andata alla deriva come sabbia secolare. I vescovi dovrebbero cadere in ginocchio davanti a Dio e al loro popolo e pentirsi. Hanno danneggiato il rapporto con i loro confratelli sacerdoti e hanno diviso le parrocchie. Sembrano decisi a fare la guerra alla santa Tradizione. Non si pentiranno. L'ultimo vescovo che si sia pentito era un vescovo nuovo di zecca, non ancora colpevole di nessuno dei crimini e insabbiamenti della Chiesa ortodossa in America. Lo hanno mandato davanti all'Assemblea pan-americana a parlare a nome de i codardi dietro le quinte. Abbiamo sentito da quel vescovo quello che desideravamo sentire e quello che sapevamo tutti. C'erano infedeltà e laicità all'interno del Sinodo. Quel nuovo vescovo è divenuto metropolita a causa del suo pentimento.

Il nostro popolo fedele dovrebbe sapere che molti dei suoi sacerdoti si sono opposti al loro vescovo. I sacerdoti hanno fatto del loro meglio per prendersi cura delle vostre anime. Sono stati tacitati e minacciati nei modi più crudeli. Molti sacerdoti hanno tenuto segretamente le funzioni della Settimana Santa e hanno celebrato la Liturgia, distribuendo i santi misteri a tutti quelli che venivano. Molti sacerdoti, con il sostegno della loro comunità parrocchiale, non hanno rimosso le icone. Questi sacerdoti non hanno sgridato nessuno quando la loro gente ha continuato a baciare icone, calici e gli uni gli altri. Non hanno costretto le persone ad alcun comportamento iconoclasta. Molti dei nostri sacerdoti sono andati a casa dei malati di Covid e li hanno unti. Abbiamo sentito di un prete che di notte le infermiere intrufolavano in una casa di cura da un ingresso sul retro perché si prendesse cura dei malati. Alcuni sacerdoti hanno chiuso le porte della Chiesa e spento lo streaming su zoom nel tentativo di essere fedeli alla santa Tradizione della Chiesa. Questi preti avevano paura del Covid proprio come voi. Ma amavano Dio e i fedeli più di quanto temessero il loro vescovo e la malattia.

Ma questo "andarsene furtivamente in giro" di un prete non doveva essere permesso. I vescovi hanno permesso che la cosa arrivasse a un nuovo livello. La nuova conoscenza dei vescovi insisteva sull'assoluta obbedienza. Se un sacerdote e il suo popolo non imponevano rigorosamente queste nuove obbedienze, gli altri sacerdoti erano incoraggiati a denunciarli. I parrocchiani hanno cominciato a denunciare i propri sacerdoti.

Poiché c'era un tentativo di aprire un po' le chiese, ha cominciato a manifestarsi un nuovo problema nelle parrocchie. I sacerdoti stavano cercando di mantenere l'unità della fede, mentre cominciavano a sorgere varie fazioni. Queste fazioni erano basate su realtà politiche e sanitarie temporali e fugaci. Le parrocchie hanno iniziato a sperimentare le fazioni del cucchiaio singolo e le fazioni del cucchiaio multiplo. Uno rivendica la posizione storica della Chiesa e l'altro rivendica la scienza e il nuovo ordine del vescovo. Il vescovo dice che non puoi prenderti la malattia dal calice! Tuttavia, l'ordine del vescovo di usare cucchiai separati è perché conosce la scienza! Ora abbiamo i credenti nella maschera e i negatori della maschera. I dubbiosi sui vaccini e i credenti nei vaccini. Ciascun gruppo accusa l'altro o di non essere scientifico o di non fidarsi di Dio. Che piano ben congegnato! Sarà il prete che rimarrà a ripulire il pasticcio fatto dal vescovo. Ci vorranno anni per risolverlo e alcuni dei nostri non torneranno mai alla confusione che offre loro la nostra nuova Chiesa progressista. Molti sono già andati alla ROCOR. Altri alla disperazione.

Quando i sacerdoti obiettavano, uno per uno, è stato detto loro che erano l'unico sacerdote ad avere quel problema. Ad alcuni preti che si sono opposti è stato detto che potrebbero aver bisogno di un esame psicologico. Dopotutto, se a un prete non importa se le persone muoiono, e continua le pratiche che portano alla morte ed è quindi colpevole d'omicidio, quel prete deve essere pazzo! Rinchiudetelo, per il suo bene!

Abbiamo sentito parlare dell'obbedienza personale al vescovo. Siamo sacerdoti e siamo sempre stati servitori di Cristo e della Chiesa. Adesso siamo servitori dei vescovi? Ai sacerdoti è stato detto che non dovevano pensare, solo obbedire. L'implicazione è che il vescovo penserà per il sacerdote. In  ogni Liturgia preghiamo in quanto dotati della grazia del sacerdozio. Chiediamo a Dio di purificare la nostra anima da una cattiva coscienza. La pura testimonianza della nostra coscienza sacerdotale è stata sostituita dalla sola coscienza del vescovo. Il libero arbitrio è sostituito dalla tirannia di un magistero temporale che può cambiare di giorno in giorno. Questa è la definizione di una setta e non della santa Chiesa. Non abbiamo per nulla giurato obbedienza a un vescovo al di fuori della santa Tradizione. Il vescovo non ha autorità nella parrocchia o nella vita di un sacerdote quando egli stesso si allontana dalla Tradizione. I sacerdoti ora hanno il consiglio del proprio consulente legale di registrare e documentare le conversazioni tra un sacerdote, il suo decano e il vescovo. Le minacce al proprio status e al proprio impiego sono documentate. I vescovi hanno idea di cosa stanno facendo al corpo di Cristo? Le vostre decisioni miopi e temporali hanno eroso ogni fiducia.

Per statuto, il vescovo mantiene con il suo sacerdote un rapporto " insieme gerarchico e conciliare, improntato all'obbedienza e alla collaborazione". Il modo in cui questo può essere facilmente spiegato è che il sacerdote deve ricordarsi che il vescovo è il suo capo, ma allo stesso tempo e con uguale misura il vescovo deve ricordarsi che questi è un fratello sacerdote uguale a lui. I problemi si verificano sempre e la divisione avviene nella Chiesa se il sacerdote dimentica che il vescovo è il suo capo, o il vescovo ignora la sua uguaglianza con i sacerdoti.

Il 2020 non ha visto nessuno sforzo di collaborazione e di conciliarità. Senza dubbio, il parroco, indicato anche come rettore o sacerdote incaricato, in virtù della sua ordinazione e nomina canonica, funge da padre spirituale e da maestro di quella porzione del gregge di Cristo che gli è stata affidata, il primo tra il clero parrocchiale, che presiede il culto liturgico secondo la Tradizione e le norme della Chiesa. Il sacerdote deve provvedere all'amministrazione dei sacramenti e alla celebrazione di tutti i servizi liturgici.

È allarmante che sacerdoti che hanno servito fedelmente per anni siano improvvisamente etichettati come infedeli perché presiedono al culto liturgico "secondo la Tradizione e le norme della Chiesa". Salvare le persone dalla morte temporale non è il nostro compito! Tutti nella storia del mondo sono morti finora. La Chiesa ha un compito e uno solo! E cioè offrire l'antidoto alla morte affidato agli apostoli. Lo stesso compito è dato a ogni sacerdote, così come al vescovo. L'antidoto non è un vaccino. È Cristo.

La Chiesa ha un solo compito. Il contratto che lega insieme il vescovo, il sacerdote e il popolo è stato rotto nella Chiesa ortodossa in America. Siamo stati costretti a vivere in una setta di obbedienza personale ai vescovi che vivono essi stessi al di fuori delle norme della Chiesa.

La questione ora è cosa fare al riguardo.

 
Un'ottima lezione di ortoprassi

Il blog Fos Ilaron ci presenta la traduzione italiana di un articolo da Pravmir, in cui lo ieromonaco Makarij (nella foto) commenta la tendenza a dipendere da una serie di regole e istruzioni spirituali personalizzate. Per chi soffre di questa tendenza allo scrupolo, è forse meglio partire da una singola istruzione spirituale, senza le quale le altre non hanno senso... leggete l'articolo per scoprire di quale istruzione si parla!

 
Il metropolita Luka di Zaporozh'e è stato messo agli arresti domiciliari notturni

foto: spzh.live

Le autorità ucraine stanno nuovamente perseguendo sua Eminenza il metropolita Luka di Zaporozh'e.

Ad agosto è stato aperto un procedimento penale contro di lui per "incitamento all'inimicizia religiosa", che è la stessa accusa che lo stato muove contro qualsiasi vescovo preso di mira per non essersi unito alla "Chiesa ortodossa dell'Ucraina" scismatica. E prima ancora, nel dicembre 2022, è stato sottoposto a sanzioni dal suo stesso stato.

Ma questa volta le autorità stanno imponendo una misura di restrizione nei confronti del metropolita Luka, uno dei vescovi più rispettati della Chiesa ortodossa ucraina canonica.

Il 1 maggio, Mercoledì Santo, rappresentanti del servizio di sicurezza ucraino (la SBU) hanno effettuato perquisizioni presso la residenza del metropolita e l'amministrazione diocesana, nonché le residenze di numerosi chierici, come ha scritto il segretario diocesano, l'arciprete Gennadij Elin.

A seguito delle perquisizioni, la SBU ha informato ufficialmente il metropolita Luka che è sospettato di aver "provocato e incitato all'odio religioso in Ucraina" attraverso le sue omelie e i suoi messaggi su Telegram. Il servizio di sicurezza deve ancora avanzare tali accuse contro i rappresentanti della "Chiesa ortodossa dell'Ucraina" che organizzano violenti sequestri di chiese.

In un'omelia dopo la perquisizione, il metropolita Luka ha detto che quando ha aperto la porta, ha asperso i rappresentanti della SBU con acqua santa, facendo urlare uno di loro: "Vai via da qui con il tuo satanismo!"

Lo hanno anche interrogato sul motivo per cui non ha obbedito al patriarca Bartolomeo e non si è unito alla "Chiesa ortodossa dell'Ucraina", e il metropolita Luka ha risposto che non poteva condurre il suo gregge nell'abisso.

Lui ha sottolineato che viene attaccato per una posizione ecclesiastica e non politica, mentre prega per l'Ucraina, le sue autorità e il suo esercito a ogni funzione.

Il 7 maggio, Martedì Luminoso, un tribunale ha ordinato al metropolita Luke di indossare una cavigliera elettronica e lo ha messo agli arresti domiciliari notturni per due mesi.

Sabato 11 maggio sua Eminenza ha riferito di essere stato obbligato, per decisione del tribunale, a interrompere la pubblicazione di post sul suo canale Telegram lekar.zp. Il metropolita scrive:

La mia coscienza è pulita davanti a Dio e davanti a voi, non mi vergogno di guardare ciascuno di voi negli occhi, e quanto si dice e si scrive di me, ne risponda chi lo fa, e non davanti a chi si fida delle loro informazioni, ma prima di tutto, davanti alla propria coscienza e a Dio. Ricordate una cosa: l'inferno regna, ma non dura in eterno!...

Dato che sono possibili provocazioni contro di me, dichiaro ufficialmente che qualsiasi informazione che apparirà su questo canale dopo questa pubblicazione e prima della decisione finale del tribunale non avrà nulla a che fare con me!

Invece, il metropolita Luka condividerà i suoi "pensieri sulla vita della Chiesa, sulla vita in questo mondo impantanato nel male e su come distinguere i peccatori dai giusti, per salvare anime inestimabili e immortali" su un nuovo canale, su https://t.me/lekarzpmluka.

 
Diversi scismatici si sono pentiti dei sequestri di chiese a Rovno

scena del sequestro di una chiesa. Foto: news.church.ua

Diversi scismatici coinvolti nel violento sequestro di una chiesa nella provincia di Rovno in Ucraina si sono pentiti delle loro azioni contro la Chiesa dopo aver visto i fedeli della Chiesa ucraina canonica costruire pacificamente una nuova chiesa per se stessi.

Sua Eminenza il metropolita Antonij di Borispol e Brovary, cancelliere della Chiesa ucraina, ha raccontato la commovente vicenda in un recente episodio di Ранок з Інтером (Mattino con Inter), come riferisce l'Unione dei giornalisti ortodossi.

Come ha ricordato il metropolita, molti di coloro che erano coinvolti nella sottrazione di una chiesa parrocchiale ai fedeli canonici a Rovno hanno poi partecipato alla consacrazione del nuovo locale di culto della Chiesa ortodossa ucraina un anno dopo. "E stavano piangendo per quello che avevano fatto. Mi hanno detto: 'Perdonateci, non capivamo cosa stavamo facendo in quel momento',” ha detto il metropolita Antonij.

Anche diversi sacerdoti si sono pentiti del peccato di scisma e sono tornati alla Chiesa canonica.

Anche un altro vescovo della Chiesa ortodossa ucraina canonica, sua Eminenza il metropolita Kliment di Irpin, capo del Dipartimento per l'informazione e l'educazione della Chiesa ortodossa ucraina, ha recentemente parlato di sequestri di chiese, sottolineando che se gli scismatici costruissero le proprie chiese invece di rubarle alla Chiesa ortodossa ucraina, non ci sarebbero conflitti.

Ricordiamo che il "metropolita" Epifanij Dumenko della "Chiesa ortodossa dell'Ucraina" scismatica ha predetto una seconda ondata di sequestri di chiese, che lui chiama "transizioni". Nel frattempo, la Chiesa ortodossa ucraina si sta preparando in preghiera, prevedendo l'aumento di tali pressioni e persecuzioni nei mesi che precedono la visita del patriarca Bartolomeo in Ucraina in estate.

 
Dal nostro corrispondente a San Pietroburgo: la scuola di iconografia

Buona festa dell'Ascensione del Signore!

Questa sera sono stato ospite della Scuola di iconografia della nostra Accademia e ho pensato che i lettori del sito avrebbero gradito qualche foto. Il piano di studi prevede quattro corsi annuali a cui sono iscritti una decina di studenti per classe. Un'allieva, sapendo delle mie origini italiane, con entusiasmo mi ha mostrato il programma di esami dove un considerevole spazio è dedicato all'iconografia ortodossa italiana.

I russi sono un popolo meraviglioso, ogniqualvolta sentono pronunciare "Italia" e "italiano" sorridono estasiati ripetendo nomi di artisti, registi, piatti tipici e città della nostra terra. I russi amano l'Italia e gli italiani, peccato che molti dei nostri disinformati connazionali lo ignorino.

Diacono Eugenio

 

 
Gli Stati Uniti sono cristiani o ebrei?

Sta diventando sempre più difficile dirlo. Ogni giorno il sostegno dei conservatori di tipo MAGA ("Make America Great Again") delle contee e degli stati "rossi" (repubblicani) agli ebrei e allo stato-nazione di Israele continua a diventare sempre più fanatico e irrazionale:

Trump promette dure punizioni per gli antisemiti

I senatori americani minacciano di sanzioni la Corte Internazionale di Giustizia se i suoi membri tentassero di arrestare Netanyahu

Un membro della Camera degli Stati Uniti prepara articoli di impeachment per il presidente Biden per aver rifiutato armi all'esercito israeliano

Ma c'è qualcosa di strano in tutto questo. C'è un'attenzione eccessiva agli ebrei e al loro benessere da parte dell'America "cristiana", eppure non c'è mai stata una paragonabile manifestazione di preoccupazione per l'orribile persecuzione dei cristiani in tutto il mondo. Ecco un riepilogo per il 2023:

  • Più di 365 milioni di cristiani (uno su sette) affrontano alti livelli di persecuzione per la loro fede – e la persecuzione sta diventando pericolosamente violenta nei paesi presenti nella World Watch List.

  • Gli attacchi alle chiese e alle proprietà cristiane sono saliti alle stelle nel 2023, poiché un numero di cristiani mai registrato ha subito attacchi violenti.

  • L'instabilità politica, la guerra e l'estremismo hanno creato una situazione pericolosa per i cristiani nell'Africa sub-sahariana.

  • In mezzo all'illegalità, hanno prosperato gruppi jihadisti come al-Qaeda e Boko Haram. I governi deboli non riescono a fermarli. E i militanti attaccano impunemente le comunità e le chiese cristiane.

  • I cristiani assassinati per la loro fede nel 2023 sono stati uccisi per la maggior parte nell'Africa sub-sahariana. In Nigeria nove omicidi su dieci sono causati da motivi religiosi. Sono stati uccisi dei cristiani anche in Congo (RDC), Burkina Faso, Camerun e Repubblica Centrafricana (RCA).

  • Anche molti altri cristiani sono stati costretti a lasciare le loro case. Dei 34,5 milioni di sfollati nell'Africa sub-sahariana, circa 16,2 milioni sono cristiani.

  • Nel 2023 sono state prese di mira più di 14.700 chiese o proprietà cristiane, come scuole e ospedali. Si tratta di un aumento di sei volte rispetto agli attacchi registrati l'anno precedente.

  • ...4.998 cristiani assassinati

  • Nel 2023, in media, tredici cristiani al giorno sono stati uccisi per la loro fede. La Nigeria rimane il luogo più mortale per seguire Gesù...

I cristiani nigeriani hanno sofferto più di ogni altro nel 2023. Ma la violenza in Nigeria contro i cristiani è stata la norma per decenni, con poco più di uno sbadiglio da parte della maggior parte dei conservatori se confrontata con l'attenzione prestata a Israele:

Dal 2000, 62.000 cristiani in Nigeria sono stati assassinati nel genocidio perpetrato da gruppi jihadisti islamici tra cui Boko Haram, Islamic State West Africa Province (ISWAP) e milizie Fulani. Il Comitato internazionale per la Nigeria si riferisce a questo genocidio come al "massacro silenzioso".

Nel giugno 2022, più di 50 parrocchiani della chiesa di San Francesco Saverio a Owo sono stati massacrati. Il governo nigeriano ha attribuito il massacro all'ISWAP, mentre testimoni oculari locali hanno attribuito il massacro alle milizie Fulani.

Aiuto alla Chiesa che Soffre riferisce che nel 2022 quattro preti cattolici sono stati assassinati in Nigeria. 23 sacerdoti e un seminarista sono stati rapiti e tenuti prigionieri nel 2022.

Nell'aprile 2023, la Società internazionale per le libertà civili e lo stato di diritto (Intersociety) ha riferito che 18.000 chiese cristiane e 2.200 scuole cristiane sono state deliberatamente date alle fiamme. Anche 34.000 musulmani moderati sono stati assassinati dagli jihadisti islamici.

Leah Sharibu, una delle 110 studentesse rapite dai terroristi dell'ISWAP nel 2018, è ancora prigioniera perché rifiuta di rinunciare alla sua fede cattolica.

Nel Natale del dicembre 2023, almeno 140 cristiani nigeriani sono stati massacrati in attacchi vicino a Jos. Le milizie jihadiste Fulani hanno preso di mira le comunità agricole cristiane in 26 villaggi nello stato di Plateau. I media locali riferiscono di un bilancio delle vittime di 200 persone. Numerosi abitanti del villaggio hanno cercato rifugio nella boscaglia per sfuggire agli assalitori. Molti ne mancano ancora.

Tuttavia, non solo abbiamo l'immagine sconveniente dei cristiani statunitensi che ignorano la persecuzione cristiana in tutto il mondo, ma a ciò aggiungiamo anche il loro grottesco sostegno alla brutale guerra israeliana a Gaza che ha ucciso decine di migliaia di persone (molte delle quali donne innocenti e bambini) e ha distrutto case, chiese e infrastrutture critiche. Qui, ad esempio, il senatore americano Mitch McConnell giustifica la continua fornitura di armi statunitensi per la guerra di Israele contro gli abitanti di Gaza:

McConnell ha riconosciuto che "la guerra è un inferno" e che "gli innocenti non combattenti soffrono", ma tuttavia "le nazioni civilizzate si attengono agli standard più elevati e si prendono cura deliberatamente di ridurre al minimo i danni ai civili".

Israele, ha aggiunto, fa "grandi sforzi" per evitare vittime civili, compresa l'accettazione di "grandi rischi" per i suoi soldati per evitare di mettere in pericolo civili innocenti.

Il senatore McConnell, come la maggior parte dei cristiani americani, ignora ciò che i leader ebrei hanno detto sui palestinesi nel corso degli anni? Oppure sta semplicemente facendo ciò che oggi è naturale per i politici di quasi tutti gli Stati: mentire? Ecco un esempio di ciò che hanno detto i leader ebrei, che non concorda del tutto con la dichiarazione del senatore McConnell:

"Cercheremo di spingere la popolazione squattrinata (palestinese) oltre confine... negandole qualsiasi impiego nel nostro paese... l'esproprio e l'allontanamento dei poveri devono essere effettuati con discrezione e circospezione". – Theodor Herzl, padre fondatore del sionismo, 1895

"Sono favorevole al trasferimento forzato. Non ci vedo nulla di immorale" (1938). "Ora dovrà essere effettuato un trasferimento di portata completamente diversa. In molte parti del paese non sarà possibile un nuovo insediamento senza il trasferimento dei Fellahin arabi (contadini palestinesi) ...Il potere ebraico [in Palestina], che cresce costantemente, aumenterà anche le nostre possibilità di effettuare questo trasferimento su larga scala ". – David Ben-Gurion, primo dei primi ministri israeliani, 1948

Scrivendo nel suo diario nel 1940 Yosef Weitz, un alto funzionario del Fondo Nazionale Ebraico che presiedette l'influente Comitato di Trasferimento prima e durante la Nakba ("Catastrofe"), e divenne noto come "l'Architetto del Trasferimento" (l'espulsione di massa della popolazione palestinese), così formulata: "L'unica soluzione è una Terra di Israele priva di arabi. Qui non c'è spazio per il compromesso. Devono essere spostati tutti. Non può rimanere un solo villaggio, nessuna tribù. Solo attraverso questo trasferimento degli arabi che vivono in Terra d'Israele arriverà la redenzione".

Il rabbino Ovadia Yosef, capo del potente partito politico israeliano Shas e rabbino capo del giudaismo israeliano sefardita, insegnò che il popolo arabo dovrebbe essere sterminato: "Possa il Santo Nome punire i capi arabi e causare la perdita del loro seme, e annientarli. È vietato avere compassione di loro. Dobbiamo dare loro dei missili con gusto, annientarli come malvagi, come dannati. – Sermone della Pasqua ebraica 2001. Cfr. Haaretz, 12 aprile 2001. 700.000 israeliani hanno partecipato al funerale di Ovadia. Nel suo necrologio, il New York Times lo ha elogiato e ha omesso ogni riferimento ai suoi appelli allo sterminio degli arabi.

"La Striscia di Gaza dovrebbe essere rasa al suolo, e per tutti loro (palestinesi) c'è una sola condanna, ed è la morte... Gaza deve essere cancellata dalla mappa, per inviare un messaggio a tutti i nostri nemici e a coloro che cercano farci del male... A Gaza, dobbiamo essere chiari, non ci sono [civili] innocenti. Non esistono persone "non coinvolte". " – Yitzhak Kroizer, membro del parlamento israeliano ("Knesset"), 5 novembre 2023.

" Il nord della Striscia di Gaza: più bello che mai. Far esplodere e appiattire tutto, semplicemente una delizia per gli occhi." – Amichai Eliyahu, Ministro israeliano del Patrimonio, 1 novembre 2023.

"Spendete le vostre energie su una cosa; cancellare Gaza dalla faccia della terra. Lasciate che i mostri di Gaza volino verso la recinzione meridionale e fuggano in territorio egiziano. Oppure fateli morire. E fateli morire in modo orribile. Gaza deve essere spazzata via... Abbiamo bisogno di un IDF (esercito israeliano) vendicativo e crudele. Qualunque cosa di meno è immorale. Semplicemente immorale". – Galit Distel-Atbaryan, membro della Knesset, 1 novembre 2023.

Altrettanto grottesca è l'ideologia che sta alla base e motiva queste azioni e dichiarazioni:

"I non ebrei sono privi di compassione per natura e gli attacchi contro di loro frenano la loro inclinazione al male". – Torat Ha-Melekh (a volte scritto Torat Hamelech, 2009). Torat Ha-Melekh è un libro rabbinico israeliano basato sul Talmud che è stato ampiamente distribuito al personale militare israeliano.

Torat Ha-Melekh insegna che è un dovere religioso uccidere i bambini non ebrei della parte nemica durante la guerra, "se c'è una buona possibilità che diventino malvagi come i loro genitori". Altre ragioni fornite dagli autori israeliani per il permesso di uccidere bambini non ebrei includono se "bloccano il salvataggio degli ebrei... I bambini piccoli si trovano spesso in queste circostanze... è consentito ucciderli perché la loro stessa presenza facilita l'uccisione (di ebrei )..." (pag. 215). "È anche consentito uccidere i figli del leader (del nemico) per fare pressione su di lui..." (p. 215).

"Viene insegnata questa legge: nel caso di Israele, quest'anima della kelipah deriva da kelipat nogah, che contiene il bene... Le anime dei gentili, tuttavia, emanano dalle altre kelipot impure che non contengono alcun bene." – Shneur Zalman di Lyady, "l'Alter Rebbe". Likkutei Amarim, capitolo 1. Questo testo sacro è più comunemente conosciuto con la sua prima parola ebraica "Tanya". Zalman è il fondatore di Chabad Lubavitch. Tanya è il suo testo venerato.

"Secondo questo insegnamento chassidico radicale, la divinità dimora nel nucleo interiore di ogni essere umano ebreo. Coloro che non sono giudaici non hanno umanità, nessun nucleo interiore in cui il divino possa risiedere. Quegli esseri che non sono giudaici sono subumani: delle kelipot vuote ('gusci' corporei) che costituiscono vasi rotti.

"In questa teologia i non ebrei sono gusci rotti che adottano l'apparenza di una forma umana che nasconde la loro essenza demoniaca. Coloro che non sono ebrei sono la personificazione della materialità puramente malvagia. La teologia cabalistica postula una dicotomia cosmica in cui il gentile rappresenta il male irredimibile e biologicamente determinato..." – Michael Hoffman

"Le differenze tra ebrei e gentili non sono religiose, storiche, culturali o politiche. Sono, piuttosto, razziali, genetiche e scientificamente inalterabili. Il primo gruppo è alla radice e per costituzione naturale "totalmente malvagio", mentre l'altro è "totalmente buono". I successi degli ebrei nel mondo dipendono completamente dal fallimento di tutti gli altri popoli. Solo quando i gentili affrontano la catastrofe totale gli ebrei sperimentano la buona fortuna". – Rabbi Saadya Grama, Romemut Yisrael Ufarashat Hagalut ("Superiorità ebraica e questione dell'esilio", 2003). Grama è un alunno di Beth Medrash Govoha, una rinomata yeshivah a Lakewood, nel New Jersey.

C'è qualcosa di infinitamente più santo e unico nella vita ebraica rispetto alla vita non ebraica". – Yitzhak Ginsburg, cabbalista talmudico, Jewish Week (NY), 26 agosto 1996

"La differenza tra l'anima ebraica, in tutta la sua indipendenza, desideri interiori, aspirazioni, carattere e posizione rispetto all'anima di tutti i gentili – a tutti i loro livelli – è più grande e più profonda della differenza tra l'anima di un uomo e l'anima di un animale, poiché nel secondo caso la differenza è di quantità, mentre nel primo caso è di qualità essenziale". – Abraham Isaac Kook, rabbino capo della Palestina, 1921-1935, il "padre del sionismo talmudico ". [Fonte: David Dishon, "La bellezza di Yefet nelle tende di Shem – Gentili ed ebrei nel pensiero di Rav Kook", in Havruta: A Journal of Jewish Conversation; Istituto Shalom Hartman. 1 (2): 80–89.]

"Ovunque vi sia responsabilità per la pena capitale, per quanto riguarda lo spargimento di sangue, se un gentile uccide un altro gentile, o un gentile uccide un ebreo, è responsabile. Se un ebreo uccide un gentile, ne è esente. " – Talmud babilonese, Sanhedrin 57a

Lo stesso Talmud che dirige gran parte del pensiero e dell'azione ebraico/israeliana ha anche alcune cose apertamente blasfeme da dire sul Signore Gesù Cristo (presumibilmente il Salvatore per molti conservatori del tipo MAGA) e sulla sua purissima Madre:

Gli "evangelici" conservatori spesso si riferiscono all'America sotto Joe Biden come a un manicomio. Forse dovrebbero prima rivolgersi al proprio reparto psichiatrico.

Lì scopriranno i sussidi dei contribuenti sostenuti dalla stragrande maggioranza dei legislatori repubblicani per l'omicidio di massa di bambini e delle loro madri in Palestina, e un Talmud recentemente riabilitato per la prossima generazione di cristiani: volumi che insegnano che il Figlio di Dio sta bruciando per sempre nell'inferno, "bollito negli escrementi", seguito da un testo talmudico (Nizzahon Vetus), che identifica la madre di Gesù, Maria, come sinonimo di escrementi e trasmette la convinzione che Gesù sia nato negli escrementi.

Cosa pensare di tutto questo? Solo quello che abbiamo detto in passato: per la maggior parte, i cristiani MAGA degli stati rossi si trovano in un doloroso stato di delusione spirituale e per questo stanno aiutando lo spirito dell'Anticristo a diffondersi in tutto il mondo e a diventare piuttosto forte. La loro esaltazione del popolo ebraico non è dissimile da quella di Napoleone, descritta da San Seraphim Rose nella Lezione 6 del suo Corso di sopravvivenza ortodossa ("La Rivoluzione francese"):

E un terzo aspetto è il suo atteggiamento nei confronti degli ebrei. L'epoca della rivoluzione fu immediatamente preceduta da molte agitazioni a favore degli ebrei, soprattutto da parte di filosofi ebrei molto illuministi come Moses Mendelssohn e degli ebrei radicali liberali che volevano abolire i ghetti separati e così via. In effetti la rivoluzione ha dato molta della cosiddetta "libertà" agli ebrei, ovunque la rivoluzione è solitamente accompagnata dall'emancipazione degli ebrei. Torneremo più avanti su questo aspetto.

La cosa più interessante di Napoleone e degli ebrei è che dopo essersi proclamato imperatore, convocò da tutto il mondo il Sinedrio, che era l'alta corte ebraica che condannò a morte Cristo e che non esisteva dai tempi della caduta di Gerusalemme dopo la morte di Cristo. Richiamò all'esistenza questa organizzazione per uno scopo: affinché il popolo ebraico lo proclamasse imperatore...

...Il solo pensiero che avrebbe potuto essere proclamato dio dopo aver conquistato il mondo, che sarebbe stato il conquistatore del mondo, un sovrano mondiale, che sarebbe stato l'imperatore romano e che gli ebrei lo avrebbero proclamato imperatore, cioè quasi il messia, dimostra che egli fu sicuramente, più di chiunque altro prima di lui nei tempi moderni, un precursore dell'Anticristo.

Se nel XIX secolo Napoleone era il principale servitore dell'Anticristo nel mondo, quel manto è ora caduto sugli Stati Uniti sionisti nei secoli XX e XXI. Che si tratti di lanciare armi nucleari sui cattolici romani giapponesi durante la seconda guerra mondiale, di decimare le popolazioni cristiane dell'Iraq dal 2003 in poi, o di indebolire la Chiesa ortodossa canonica in Ucraina oggi, la politica estera degli Stati Uniti di solito si rivela mortale per i cristiani. Allo stesso tempo, gli Stati Uniti cercano costantemente di stringere legami sempre più forti con il popolo ebraico, al quale, secondo quanto sopra, viene insegnato a considerare i cristiani e gli altri non ebrei come meno che umani. Nessuna quantità di chiacchiere ipocrite da parte di Tony Perkins o Tom Cotton salverà gli Stati dalla catastrofe che li attende se non si pentiranno e non si uniranno alla Chiesa ortodossa.

Si prospettano tempi difficili. Ci aspettano grandi prove. I cristiani soffriranno grandi persecuzioni. Intanto è evidente che gli uomini non capiscono che siamo sull'orlo della fine dei tempi, che il sigillo dell'Anticristo sta diventando realtà. Come se non stesse succedendo nulla. Ecco perché la Sacra Scrittura dice che anche gli eletti saranno ingannati.

I sionisti vogliono governare la terra. Per raggiungere i loro scopi usano la magia nera e il satanismo. Considerano l'adorazione di Satana come un mezzo per ottenere la forza di cui hanno bisogno per realizzare i loro piani. Vogliono governare la terra usando il potere satanico. Dio non è qualcosa di cui tengono conto... – San Paisio del Monte Athos (+1994)

Dopo ciò, vidi un altro angelo discendere dal cielo con grande potere e la terra fu illuminata dal suo splendore. Gridò a gran voce: "È caduta, è caduta Babilonia la grande ed è diventata covo di demòni, carcere di ogni spirito immondo, carcere d'ogni uccello impuro e aborrito e carcere di ogni bestia immonda e aborrita. Perché tutte le nazioni hanno bevuto del vino della sua sfrenata prostituzione, i re della terra si sono prostituiti con essa e i mercanti della terra si sono arricchiti del suo lusso sfrenato". Poi udii un'altra voce dal cielo: "Uscite, popolo mio, da Babilonia per non associarvi ai suoi peccati e non ricevere parte dei suoi flagelli. Perché i suoi peccati si sono accumulati fino al cielo e Dio si è ricordato delle sue iniquità. Pagatela con la sua stessa moneta, retribuitele il doppio dei suoi misfatti. Versatele doppia misura nella coppa con cui mesceva. Tutto ciò che ha speso per la sua gloria e il suo lusso, restituiteglielo in tanto tormento e afflizione. Poiché diceva in cuor suo: Io seggo regina, vedova non sono e lutto non vedrò; per questo, in un solo giorno, verranno su di lei questi flagelli: morte, lutto e fame; sarà bruciata dal fuoco, poiché potente Signore è Dio che l'ha condannata".

Walt Garlington è un cristiano ortodosso che vive a Dixieland. I suoi scritti sono apparsi su diversi siti web e lui mantiene un sito tutto suo, Confiteri: A Southern Perspective.

Nota dello staff di Orthodox Reflections:

Come cristiani ortodossi, è importante rendersi conto che un'ossessione per l'antisemitismo, che esclude la preoccupazione per la persecuzione dei cristiani, è presente anche in alcuni ambienti della Chiesa ortodossa. Abbiamo già parlaato di questo argomento. (Leggete qui una discussione sull'antisemitismo nella Chiesa ortodossa come parte del movimento ecumenico.) La citazione che segue è tratta da un'intervista con l'arcivescovo Elpidophoros dell'arcidiocesi greca d'America, in cui continua a concentrarsi sulle sue preoccupazioni sulla crescita "antisemitismo", ignorando completamente la persecuzione dei cristiani e il massacro operato da Israele a Gaza. In questo estratto (leggete qui l'intervista completa) potete anche leggere come collega direttamente l'antisemitismo all'opposizione all'omosessualità:

Guardate, ascolto attentamente tutte le persone che chiedono il mio consiglio. Tuttavia non sono né uno psicologo né uno psichiatra. Pertanto uscire in pubblico e stigmatizzare qualcuno non vi nascondo che lo considero fascista. E per qualche motivo gli atteggiamenti di parte si basano sulla colpa dei nostri concittadini. Lo abbiamo visto accadere storicamente, per esempio con i nazisti. Questa è una mentalità estremamente pericolosa, che si manifesta in vari aspetti. Guardate cosa sta succedendo con la crescente tendenza all'antisemitismo. È possibile, allora, dare l'impressione che la Chiesa benedica o nasconda o tolleri con il suo silenzio tali atteggiamenti? Questa è una malattia terminale, un carcinoma che si diffonderà ad altre parti del corpo. Oggi saranno gli ebrei, domani gli omosessuali, dopodomani bruni, biondi e ad un certo punto il fascismo busserà alla nostra porta e sentiremo il freddo metallo tagliarci il collo. In particolare, il grado di antisemitismo di una società dimostra quanto essa sia sana. Queste sono ideologie che hanno dissanguato l'Europa e il mondo e non possono avere nulla a che fare con la teologia cristiana, non importa quanto alcuni cerchino di rivestire le loro fantasie ideologiche estreme con un mantello cristiano.

 
L'Ucraina torna al tempo della persecuzione della Chiesa

l'arcidiacono Andrej Palchuk. Foto: seraphim.com.ua

Il diacono Andrej Palchuk ha commentato la dichiarazione del "sinodo" della "Chiesa ortodossa dell'Ucraina" con attacchi aggressivi contro la Chiesa ortodossa ucraina.

Un chierico dell'oparchia di Odessa, l'arcidiacono Andrej Palchuk, ha condiviso i suoi pensieri sulla situazione della Chiesa ortodossa ucraina. In particolare ha notato sul canale Youtube dell'Eparchia di Odessa che l'Ucraina è sull'orlo di seri cambiamenti nella vita sociale e ecclesiastica.

Secondo Palchuk, il paese sta gradualmente tornando alla situazione di due anni fa, durante il periodo della persecuzione della Chiesa, anche se recentemente è sembrato che quei tempi fossero finiti per sempre.

"Nei media, suona come motivo conduttore un terribile presupposto: possiamo tornare al 2019 quando ci sono stati violenti sequestri di chiese e luoghi di culto, quando persone armate e sconosciute hanno portato via le chiese dalle comunità ortodosse, quando è stato versato sangue di martiri, quando hanno deriso il nostro clero, quando siamo stati definiti una chiesa di aggressori", ha osservato.

Secondo l'arcidiacono Andrej Palchuk, il documento adottato il 2 febbraio dal "sinodo" della "Chiesa ortodossa dell'Ucraina", in cui si afferma che lo stato non sta compiendo sforzi adeguati per rinominare la Chiesa ortodossa ucraina, è una demagogia politica, e mostra ancora una volta che la "Chiesa ortodossa dell'Ucraina" è un'organizzazione politica che ha poco in comune con la religiosità e la spiritualità.

"Questo documento non contiene ciò che dovrebbe essere un appello dei sacerdoti ai credenti, non c'è un richiamo a fare il bene, a pregare, a compiere i comandamenti. Se la Chiesa ortodossa ucraina iniziasse a interferire negli affari di stato, come fa la "Chiesa ortodossa dell'Ucraina", la notizia sarebbe gonfiata su tutti i media. E se l'ultimo "sinodo" della "Chiesa ortodossa dell'Ucraina" prevede la chiusura del canale Youtube e delle pagine Facebook e Instagram dell'eparchia di Odessa con le parole: 'Quanto tempo si può tollerare la chiesa degli aggressori', cosa dovremmo fare? Tutto questo assomiglia alla retorica fascista", ha aggiunto.

L'arcidiacono ha osservato che sebbene la discriminazione contro i milioni di fedeli della Chiesa ortodossa ucraina stia guadagnando nuovo slancio, i credenti della Chiesa ortodossa ucraina non seguiranno mai il percorso dei loro avversari, ma continueranno a pregare e a fare buone azioni.

"Ci sono più di 50 chiese a Odessa, sono affollate al massimo, e ci sono diverse chiese appartenenti ad altre strutture, frequentate pochissime persone. Stanno dicendo che dovremmo essere tutti deportati? Il nostro metropolita, sua Beatitudine Onufrij, è un sant'uomo, e se fosse come i nostri avversari e dicesse che dobbiamo rispondere, sarebbe una follia, ma noi non saremo mai d'accordo su questo", ha detto l'arcidiacono.

"Nella storia dell'umanità c'è stato Diocleziano, il potere sovietico pensava di distruggere la Chiesa in 70 anni, ma noi siamo qui perché Dio ha creato la Chiesa, guidata dal Signore Gesù Cristo, che ha conquistato le porte dell'inferno. Pertanto, non chiediamo a nessuno di andare alle manifestazioni e di opporsi fisicamente a queste cose, chiediamo di rimanere cristiani, di pregare. Crediamo che il Signore impartirà saggezza ai nostri avversari e addolcirà i loro cuori", ha aggiunto il chierico.

Come riportato in precedenza, l'ambasciatore in Israele ha nuovamente tentato di discutere con il patriarca Theophilos "lo sviluppo della Chiesa ortodossa dell'Ucraina".

 
Corrispondenza di padre Andrew Phillips del maggio 2004

Abbiamo ora aggiunto la traduzione russa del saggio di padre Andrew Phillips, “L'ultimo baluardo dell'Ortodossia”, che abbiamo presentato ieri sul nostro sito. La versione russa viene dal portale di informazione e analisi Russkaja Narodnaja Linija, che segue da diversi anni il sito Orthodox England.

Oggi presentiamo anche, nella sezione “Domande e Risposte” dei documenti la versione italiana dell'ultimo testo sul blog di padre Andrew: le domande e risposte dalla corrispondenza del maggio 2014, che trattano di una varietà di argomenti su temi principalmente geopolitici (il conflitto in Ucraina, le sue ragioni e le ripercussioni in Russia e nel mondo, le aperture all'Ortodossia in Asia orientale, la russofobia nel mondo ortodosso greco, il nazionalismo russo, i diversi tipi di imperialismo, il futuro dell’Occidente e la riunificazione della Chiesa russa).

 
Il crollo del mondo occidentale e l'ascesa dell'Africa

Una breve sintesi per i giovani, Kinshasa, 15 maggio 2049

Capitolo 1: Quando iniziò e finì la dominazione occidentale del mondo

Il presente e-book è inteso come lettura di base per gli studenti delle scuole secondarie come parte del sito web del programma Free Africa Studies. Viene pubblicata nel venticinquesimo anniversario della fine della millenaria dominazione del mondo da parte del mondo occidentale, durata dal 1014 d.C. al 2014 d.C. Il rovesciamento dell'Occidente che ha intrapreso il suo percorso finale di arroganza a Kiev nel 2014 ha portato finalmente alla nostra libertà dal colonialismo economico e finanziario e all'attuale prosperità della nostra Africa.

Questa dominazione millenaria può essere fatta risalire all'espansione imperialista interna all'Europa occidentale sotto il cosiddetto "imperatore" franco Carlo l'Alto ("Carlo Magno", +814). Questo fu il primo e fallito esperimento di ciò che finalmente e con successo salì al potere 200 anni dopo. Questo movimento si diffuse dal suo cuore franco tra i fiumi Loira e Reno in tutte le direzioni della bussola. Come un ascesso che scoppia, la sua barbarie da saccheggiatori si diffuse in Moravia, Polonia, Slovacchia, Ungheria, Croazia, Sicilia, Italia, Spagna, Inghilterra, Galles, Scozia, Irlanda e Scandinavia, soprattutto a partire dal 1014. Fu allora che l'imperatore tedesco Enrico II insistette affinché il suo credo eretico fosse cantato a Roma e così si allontanò dalla Chiesa.

Questa conquista dell'Europa occidentale culminò nella "crociata" della fine dell'XI secolo, cioè nell'assalto violento e organizzato dell'Europa nordoccidentale contro l'Asia occidentale e il Nord Africa. Nel 1204 ciò portò al saccheggio della capitale cristiana nella Nuova Roma (Costantinopoli), e poi al tentativo di conquistare l'Europa orientale, in quella che più tardi divenne l'Ucraina occidentale e la Russia nord-occidentale. L'Europa occidentale semplicemente non poteva tollerare l'esistenza di un'altra civiltà accanto ad essa, come sappiamo fin troppo bene noi africani da lungo tempo schiavizzati.

Circa 400 anni dopo, l'espansionismo fuori dall'Europa ricevette un grande impulso grazie agli sviluppi tecnologici. A partire dagli ultimi anni del XV secolo, questi sviluppi permisero ad esploratori transoceanici come Colombo (+1506), Magellano (+1521), da Gama (+1524) e Cortes (+1547) di navigare oltremare. Qui iniziarono a soggiogare, colonizzare e sfruttare spietatamente quelli che per loro erano i "Nuovi Mondi": le Americhe, l'Africa, l'India e l'Asia orientale, schiavizzando così i nostri popoli.

Dopo secoli di ulteriori lotte e guerre, il culmine arrivò altri 400 anni dopo. Infatti, dopo aver esteso il proprio dominio all'Africa, all'Asia e ai Nuovi Mondi delle Americhe, all'Australia e al Pacifico, al Giappone e alla Cina, nel 1914 le élite dell'Europa occidentale si ripiegarono nuovamente su se stesse. Vollero fare anche ai nativi europei ciò che avevano già fatto ai popoli nativi delle loro colonie d'oltremare, riducendoli in schiavitù, mutilandoli e massacrandoli.

Il primo atto della Grande Guerra Europea suicida scoppiò nel 1914, il secondo atto scoppiò una generazione dopo nel 1939 e il terzo atto scoppiò esattamente quattro generazioni, 100 anni dopo il primo, nel 2014. Ogni scoppio era collegato a una città ai confini dell'Europa occidentale, che si spostavano successivamente più a est, da Sarajevo a Varsavia e infine a Kiev. Le guerre scoppiarono in aree note per aver commesso ingiustizie: l'Austria-Ungheria per il maltrattamento degli slavi; il Belgio per il maltrattamento del Congo; la Polonia per il maltrattamento dei non polacchi; Kiev per il maltrattamento dei non ucraini. Tuttavia, nessuna delle persone coinvolte era innocente.

La guerra europea del 1914 portò al dominio anglo-americano, o meglio, americano-inglese, dell'Europa, dopo che Londra e New York avevano tramato per abbattere l'impero russo nel 1917 e assassinare in modo fratricida il suo tsar; la guerra europea del 1939 portò alla bancarotta di Londra e all'occupazione dell'Europa occidentale da parte degli Stati Uniti dal 1945 in poi e alla sostituzione dell'Impero britannico con l'Impero americano; la guerra europea del 2014, inizialmente nascosta, ma diventata evidente a tutti nel 2022, combattuta dagli Stati Uniti e dai suoi vassalli della NATO dell'Europa occidentale contro l'Ucraina e la Russia, ha portato alla caduta degli Stati Uniti.

Come risultato di questo terzo e ultimo atto della Grande Guerra Europea, la Russia vittoriosa divenne libera e finalmente si liberò del giogo occidentale che durava da 300 anni. Questo era composto dal triplice giogo della servitù feudale, dello sfruttamento capitalista e della tirannia marxista. Così, la Russia ha finalmente restaurato il suo tsar, di cui era stata privata. Allo stesso tempo, le altre civiltà del mondo non occidentale si allearono e presero il posto che spetta loro nell'odierno, allora nuovo mondo multipolare.

Dopo che l'Europa occidentale era stata cooptata nella schiavitù del progetto statunitense, che consisteva nell'auto-illusione immaginaria e nel pio desiderio delle "narrative" del mondo virtuale occidentale. Una volta abbandonata dagli Stati Uniti in bancarotta, è stata costretta a ritornare alle sue radici e alla sua identità del primo millennio. Questo atto di catarsi significava abbandonare la sua arroganza, perversione e dissolutezza, i suoi cosiddetti "valori europei" del secondo millennio, che assomigliavano sempre più al satanismo, come si era visto all'Eurovision Song Contest del 2024.

Nel giro di due anni dalla fine della guerra anti-russa nella Russia sud-occidentale e in Ucraina, la NATO, disarmata dalla Russia, si sciolse. I primi a partire furono gli Stati Uniti. Senza di loro la NATO non avrebbe più avuto alcuna direzione. Altri paesi si ritirarono, prima Ungheria e Slovacchia, poi Turchia, Slovenia, Croazia, Romania, Bulgaria, Grecia e Cipro. Altri seguirono. Successivamente crollò l'Unione Europea, con l'Ungheria, la Slovacchia e l'Austria che si unirono ai BRICS, insieme alla Serbia che non ne faceva parte e ai protettorati della NATO attorno ad essa, alla Bosnia-Erzegovina, alla Macedonia, al Montenegro e all'Albania. Poi vennero la Polonia, la Finlandia e infine la Germania. Game Over.

Nel frattempo, gli Stati Uniti erano crollati nella bancarotta, nel disordine e nella guerra civile. Questi sono gli argomenti del capitolo 2, "La deoccidentalizzazione dell'Europa", e del capitolo 3, "Il crollo degli Stati Uniti", di questo e-book, che trattano del crollo della NATO e dell'Unione Europea. I capitoli successivi trattano gli effetti del collasso dell'Occidente in molti paesi dell'Africa e il risveglio dei valori africani.

 
Un'azione per intimidire i giudici, o perché la "Chiesa ortodossa dell'Ucraina" sogna di essere rinominata Chiesa ortodossa ucraina

la "Chiesa ortodossa dell'Ucraina" si oppone all'abrogazione della legge sulla ridenominazione forzata della Chiesa ortodossa ucraina. Foto: Unione dei giornalisti ortodossi

La Corte costituzionale dell'Ucraina esaminerà il caso sulla ridenominazione forzata della Chiesa ortodossa ucraina. Il "sinodo" della "Chiesa ortodossa dell'Ucraina" pensa che la corte non debba schierarsi dalla parte della Chiesa ortodossa ucraina. Perché?

Negli ultimi giorni, abbiamo visto ancora una volta come i radicali hanno un "incubo dell'ingiustizia" verso gli ucraini, questa volta nei confronti dei giornalisti dei canali d'opposizione. E prima abbiamo potuto vedere molte volte come attivisti patriottici professionisti terrorizzassero varie persone come da "ordini". Fanno irruzione negli appartamenti e negli uffici, insultano, organizzano attacchi fisici e generalmente organizzano "diversivi". Allo stesso tempo, le forze dell'ordine non interferiscono e i giudici tacciono. Perché capiscono che possono diventare le prossime vittime dei "patrioti".

Questo schema è solitamente preceduto da un "fuoco d'artiglieria" nei media e nei social network, quando le future vittime sono accusate di vari peccati, per i quali dovrebbero essere "giustamente punite".

Il 2 febbraio 2021, alla vigilia dei disordini, il "sinodo" della "Chiesa ortodossa dell'Ucraina" ha espresso "seria preoccupazione" per la possibile abolizione della legge anti-chiesa sulla ridenominazione della Chiesa ortodossa ucraina. I "vescovi" dichiarano che se i giudici riconoscono incostituzionale la legge sulla ridenominazione della Chiesa ortodossa ucraina, significa che sono stati corrotti dall'aggressore, significa che stanno distruggendo l'indipendenza dell'Ucraina, significa che i "partner internazionali" dovrebbero punire questi giudici. Tale retorica ricorda molto un'intimidazione perché i giudici prendano una decisione "corretta". L'addestramento di solito è svolto da attivisti con tutti i relativi attributi: insulti, minacce, intimidazioni e altre attrattive della cultura dei briganti da strada.

Chi ha inventato la legge sulla ridenominazione forzata e perché?

Ci riferiamo alla legge n. 2662-VIII "sugli emendamenti all'articolo 12 della legge ucraina "sulla libertà di coscienza e le organizzazioni religiose", che Poroshenko ha firmato il 20 dicembre 2018. Dice che alle organizzazioni religiose che fanno parte di un'organizzazione religiosa, il cui centro di governo si trova in un paese riconosciuto dall'Ucraina come paese aggressore, è ordinato di cambiare il proprio nome.

La data del 20 dicembre 2018 è molto importante qui. Ricordiamo che solo pochi giorni prima (15 dicembre 2018) si è svolto il cosiddetto "concilio d'unificazione", in cui è stata creata la "Chiesa ortodossa dell'Ucraina". E la legge sulla ridenominazione è stata un passo logico nel piano globale di distruzione della Chiesa ortodossa ucraina - dopo tutto, durante la guerra "Ucraina-Russia", portare il nome della Chiesa ortodossa russa è come essere uno straccio rosso davanti a un toro. Pertanto, il calcolo era che dopo la ridenominazione la maggior parte delle parrocchie della Chiesa ortodossa ucraina non avrebbe voluto essere un tale straccio e si sarebbe unita alla nuova struttura.

È interessante notare che il principale iniziatore di questa legge, insieme a Poroshenko, fu Filaret, che fece appello alla Verkhovna Rada "affinché adottasse una legge secondo cui esiste una Chiesa ortodossa ucraina in Ucraina, e la seconda Chiesa ortodossa dovrebbe essere chiamata Chiesa russa".

Quasi due settimane dopo l'arrivo del Tomos, Denisenko ha letteralmente chiesto ai suoi assistenti di "sradicare il nome di Chiesa ortodossa dell'Ucraina", perché "questo non è il nostro nome": "Noi siamo la Chiesa ortodossa ucraina. Come le altre: la Chiesa ortodossa bulgara, russa, serba, ecc. "Chiesa Ortodossa dell'Ucraina" significa che questa non è la Chiesa al potere, ma solo una delle Chiese in Ucraina... Tuttavia, noi siamo la Chiesa al potere in Ucraina".

Un altro motivo per la lotta per il nome di "Chiesa ortodossa ucraina" è la proprietà, vale a dire i monasteri e le chiese, che appartengono alla Chiesa ortodossa ucraina. La denominazione "corretta" della struttura scismatica non solo semplificherebbe il sequestro delle chiese, ma consentirebbe anche agli scismatici di disporre della proprietà "rimovibile" della "Chiesa ortodossa ucraina come "legittimo proprietario". Ecco perché nel 2019 Filaret, nella speranza del suo status "patriarcale" nella nuova "chiesa", ha suggerito di registrare la sua organizzazione presso le autorità ucraine come "Chiesa ortodossa ucraina (Chiesa ortodossa dell'Ucraina)" (sullo schema inventato da Filaret e sostenuto oggi da Dumenko parleremo di seguito).

Denisenko sperava che con l'aiuto del governo, fedele alla nuova struttura, sarebbe stato possibile prendere il nome della Chiesa ortodossa ucraina, e quindi, con l'aiuto di una semplice manipolazione, rimuovere le parole "Chiesa ortodossa dell'Ucraina" dalla sua struttura e trasformarle in "Chiesa ortodossa ucraina". A tal fine è stata proposta l'adozione di una legge sulla ridenominazione forzata delle strutture religiose, i cui centri di governo si trovano nel territorio di paesi riconosciuti dal governo come "aggressori" nei confronti dell'Ucraina.

Ridenominazione della legge e della costituzione dell'Ucraina

Il 20 dicembre 2018, la Verkhovna Rada, nonostante disposizioni chiaramente anticostituzionali, ha adottato la legge n. 2662-VIII, in base alla quale le autorità hanno iniziato a fare pressioni sulla Chiesa ortodossa ucraina e a chiedere che cambiasse nome.

Già il 30 gennaio 2019, la "Metropolia di Kiev della Chiesa ortodossa ucraina (Chiesa ortodossa dell'Ucraina)" è apparsa nel Registro statale unificato delle persone giuridiche, degli imprenditori individuali e delle organizzazioni pubbliche dell'Ucraina. Il nome è in realtà identico a quello che appartiene alla Chiesa ortodossa ucraina canonica. Questo è il motivo per cui il Dipartimento legale della Chiesa ortodossa ucraina ha ritenuto che la struttura di nuova creazione non avesse motivi legali per registrarsi con questo nome. "La cosiddetta "Chiesa ortodossa dell'Ucraina" di recente formazione non ha motivo di essere chiamata Metropolia di Kiev della Chiesa ortodossa ucraina, non solo perché già esiste un centro religioso con un nome simile dal 1991, ma anche perché deve rispettare il documento principale intitolato "Tomos", che le assegna loro nomi: "Chiesa ortodossa dell'Ucraina" e "Santa Chiesa dell'Ucraina",", ha detto l'arciprete Aleksandr Bakhov, capo del Dipartimento legale della Chiesa ortodossa ucraina.

A questo proposito, la Chiesa ortodossa ucraina ha intentato una causa contro il Ministero della Cultura dell'Ucraina e il Cancelliere di Stato del "Centro per l'assistenza e la registrazione legale del Patriarcato di Kiev" sul carattere illegale della registrazione statale del centro religioso della "Chiesa ortodossa dell'Ucraina".

Allo stesso tempo, le autorità e i tribunali ucraini erano ben consapevoli che le leggi anti-ecclesiastiche non rispettano né la Costituzione dell'Ucraina né i trattati internazionali nel campo dei diritti umani e violano direttamente l'articolo 35 della Costituzione dell'Ucraina, l'articolo 9 della Convenzione per la salvaguardia dei diritti dell'uomo e delle libertà fondamentali, l'articolo 18 del Patto internazionale sui diritti civili e politici del 1966 e l'articolo 18 della Dichiarazione universale dei diritti dell'uomo del 1948.

Il disegno di legge sulla modifica del nome ha richiesto molto tempo per essere sviluppato. Ma nel 2017, il principale ufficio scientifico ed esperto del parlamento ucraino ha sottolineato che, in conformità con l'art. 8 della legge "Sulla libertà di coscienza e le organizzazioni religiose", un'organizzazione religiosa può cambiare liberamente il proprio centro di governo e allo stesso tempo non notificarlo agli organi statali. Inoltre, potrebbe non essere affatto registrata in Ucraina e le sue attività saranno legali fintanto che saranno condotte nel quadro della legislazione attuale.

Pertanto, non sorprende che nell'aprile 2019 il Tribunale amministrativo distrettuale di Kiev abbia interrotto  il processo di ridenominazione forzata della Chiesa ortodossa ucraina e nel dicembre di quest'anno la Corte suprema dell'Ucraina ha permesso alla Chiesa ortodossa ucraina di mantenere il suo nome. L'11 febbraio 2020, la Grande Camera della Corte costituzionale dell'Ucraina, nella parte aperta della sessione plenaria, ha iniziato a esaminare il caso sulla conformità della legge sulla ridenominazione delle organizzazioni religiose alla Costituzione dell'Ucraina. E così il "Santo Sinodo" della "Chiesa ortodossa dell'Ucraina" si è espresso contro la possibile abolizione di questa legge anti-ecclesiale.

Perché la "Chiesa ortodossa dell'Ucraina" desidera così tanto essere chiamata " Chiesa ortodossa ucraina"?

Abbiamo parlato più sopra del primo motivo: le proprietà della Chiesa ortodossa ucraina.

Sappiamo che dopo aver ricevuto il Tomos, i funzionari hanno effettuato nuove registrazioni illegali di comunità della Chiesa ortodossa ucraina a favore della "Chiesa ortodossa dell'Ucraina", hanno privato le parrocchie della Chiesa ortodossa ucraina delle proprietà, hanno espulso i credenti dalle loro chiese o li hanno molestati in ogni modo possibile. Per rendere tutto questo più facile, hanno bisogno di una legge sulla ridenominazione.

Lo schema qui assomiglia a quelli che erano già utilizzati nei primi anni '90 . Per appropriarsi di qualche azienda (stabilimento, fabbrica, banca, ecc.), si registra una falsa organizzazione con lo stesso nome, e sotto questo nome i truffatori si appropriano delle proprietà di altre persone. La "Chiesa ortodossa dell'Ucraina" intende quindi agire in modo simile: togliere il nome alla Chiesa ortodossa ucraina che possiede quasi 12.500 parrocchie e trasformarsi in una persona giuridica, chiamata dai suoi statuti "Chiesa ortodossa ucraina".

Ovviamente, possono obiettare che se la Chiesa ortodossa ucraina viene rinominata, anche le comunità verranno rinominate. Ma, in primo luogo, per mezzo della pressione amministrativa saranno "persuasi" a non farlo, e in secondo luogo, la reimmatricolazione stessa può trascinarsi per anni (ci sono dei precedenti). Mentre questi statuti vengono ri-registrati, la leadership della nuova Chiesa ortodossa ucraina, cioè la "Chiesa ortodossa dell'Ucraina", si occuperà legalmente delle comunità della Chiesa canonica. È semplice.

La seconda ragione sono i patrioti.

La leadership della "Chiesa ortodossa dell'Ucraina" ha ripetutamente sottolineato che è proprio la loro struttura a essere ucraina e patriottica, mentre i membri della Chiesa ortodossa ucraina sono traditori, separatisti, collaboratori, ecc. Ciò significa che la Chiesa ortodossa ucraina sotto l'omoforio del metropolita Onufrij non dovrebbe esistere – deve essere trasformata in "Chiesa ortodossa russa in Ucraina".

Se il tribunale riconosce la ridenominazione della Chiesa ortodossa ucraina come legale, allora una tale decisione stimolerà sicuramente una nuova ondata di "transizioni" (già espresse sia da Zorja che da Dumenko), che sono in realtà sequestri di chiese da parte di predoni, e darà ai "patrioti" armi aggiuntive nella lotta contro la Chiesa ortodossa ucraina. Dopotutto, è chiaro che sarà molto più facile per un normale cittadino ucraino simpatizzare con una "Chiesa ortodossa ucraina" che, per esempio, con una "Chiesa ortodossa russa in Ucraina".

Il "sinodo" della "Chiesa ortodossa dell'Ucraina" esercita pressioni sulla Corte costituzionale?

I "vescovi" della "Chiesa ortodossa dell'Ucraina" dichiarano che "siamo di fronte a corruzione diretta o altra influenza corrotta" sul tribunale da parte di "politici di direzione filo-russa, sostenitori del Patriarcato di Mosca". Sergej Dumenko e il suo "sinodo" ritengono che "l'aggressore ibrido" presumibilmente "utilizzi un'influenza diretta o indiretta su singoli giudici per prendere decisioni che distruggono l'indipendenza statale dell'Ucraina".

Naturalmente non hanno prove. Queste sono semplicemente accuse infondate del tipo "provami che non sei un cammello".

Inoltre, sulla base di tali accuse infondate, la struttura di Dumenko ha invitato "lo Stato e i partner internazionali dell'Ucraina a prestare attenzione alle potenziali minacce indicate e a prevenirne l'attuazione".

Anche l'analisi più superficiale della dichiarazione dell'Ucraina ci consente di concludere che il "sinodo" di Dumenko ​​sta semplicemente esercitando aperte pressioni sulla Corte costituzionale dell'Ucraina per ottenere il risultato desiderato. E l'essenza della retorica della "Chiesa ortodossa dell'Ucraina" è chiara: avvertire i giudici che è necessario decidere "correttamente", altrimenti ... Cosa sia questo "altrimenti" – noi, purtroppo, lo abbiamo visto troppo spesso nella storia moderna dell'Ucraina. E si tratta non solo di possibili azioni dei radicali vicino all'edificio della Corte costituzionale, ma anche di possibili ritorsioni, anche fisiche, su quei giudici che verranno definiti " “funzionari corrotti dall'aggressore".

Inoltre, sottolineiamo che nella dichiarazione della "Chiesa ortodossa dell'Ucraina" c'è un indizio molto chiaro che una decisione non a favore di questa struttura causerà malcontento da parte dei "partner internazionali" che dovrebbero "prestare attenzione alle potenziali minacce indicate e impedire la loro attuazione. " Essendo consapevoli della politica di dipendenza delle autorità ucraine, possiamo affermare con fiducia che la speranza della "Chiesa ortodossa dell'Ucraina" per il sostegno esterno non è solo un atto di parole. Basti pensare alle visite di Dumenko negli Stati Uniti, a quelle di Pompeo a Kiev e alle numerose dichiarazioni dell'Ambasciata degli Stati Uniti e del Dipartimento di Stato sul sostegno a Dumenko e alla "Chiesa ortodossa dell'Ucraina".

Si può dire che un appello alla "comunità internazionale" è una chiara istruzione alla Corte costituzionale dell'Ucraina che suggerisce in quale direzione questa dovrebbe agire per non litigare con i "partner" d'oltremare. E quale dei funzionari del nostro paese vorrebbe litigare con loro?

Un eccellente esempio di incitamento all'odio, d'inimicizia, di manipolazione e di minacce

Vediamo quali sono le espressioni che i "vescovi" della struttura guidata da Dumenko si sentono liberi di dire: “la Metropolia del Patriarcato di Mosca in Ucraina è ostinata a sfidare questa legge ... un'associazione religiosa chiamata 'Chiesa ortodossa ucraina' non ha soddisfatto i requisiti della legislazione ucraina da due anni ". Voglio solo fare una domanda: il "sinodo" della della "Chiesa ortodossa dell'Ucraina"  è un organo giudiziario con la competenza adeguata per tali conclusioni?

Notiamo in particolare che questo documento è stato adottato al livello del più alto organo di governo della "Chiesa ortodossa dell'Ucraina", e quindi è di grande importanza per i membri di questa struttura religiosa, e forma direttamente il loro atteggiamento nei confronti della Chiesa ortodossa ucraina. E quale atteggiamento può avere la moderna struttura religiosa nei confronti della Chiesa associata allo "Stato aggressore"? Estremamente negativo. Ancora di più: esplicitamente aggressivo.

Un esempio: "Tutti coloro che vivono in Ucraina e non la amano farebbero meglio ad attaccarsi un numero di plastica alle orecchie, come si fa con i cani randagi, in modo che gli ucraini possano vedere con chi hanno a che fare". Si dovrebbe convenire che l'idea di "contrassegnare" i cittadini ucraini con "numeri" ha troppi paralleli con le strisce a forma di stella di David sulla manica, che i nazisti attaccavano su chi viveva nei ghetti ebraici. La cosa più strana e terribile è che tale "etichettatura" non è offerta da un giovane che ha letto il "Mein Kampf" e immagina di essere un "rappresentante della razza più elevata", ma un "vescovo" della "Chiesa ortodossa dell'Ucraina", Adrian Kulik. E se un "vescovo" di questa struttura non ha scrupoli nel fare tali affermazioni, allora possiamo solo immaginare fino a che punto arriverà la base dei suoi membri...

Quindi va detto che nel testo del "santo sinodo" della "Chiesa ortodossa dell'Ucraina" non c'è nulla di ortodosso ed ecclesiastico. Questo è un documento politico, il cui scopo è ovvio: fare pressione sulla Corte costituzionale dell'Ucraina. Funzionerà?

Fino a poco tempo, avremmo detto che era difficile. Ma recentemente, la politica dello stato sulle questioni ecclesiastiche è cambiata in modo così drammatico che non siamo più tanto fiduciosi.

 
Requiem per l’Ucraina

 

Меня убили под Славянском

При миномётном артобстреле,

Убили брата в Краматорске -

Сожгли «гвардейцы» в горотделе,

Убили дядю в Одессы нацисты

В доме профсоюзов,

Убит племянник в Волновахе –

Мальчишка стал «двухсотым» грузом,

Сестра убита в Лисичанске –

На блокпосту из автомата,

Убили деда под Луганском –

Воронка там, где била хата,

Жена застрелена в Донецке,

Из СВД стреляли в спину.

Нас всех убили за «Едину

Та незаложену Украина».

Mi hanno ucciso a Slavjansk,

mi ha centrato un colpo di mortaio. [1]

Hanno ucciso mio fratello a Kramatorsk ...

la "guardia" lo ha bruciato al distretto.

I nazisti hanno ucciso mio zio a Odessa,

era una delle vittime della casa dei sindacati.

Hanno ucciso mio nipote a Volnovakha...

una delle 200 vittime del giorno.

Hanno ucciso mia sorella a Lisichansk,

le hanno sparato con un mitra a un checkpoint.

Hanno ucciso mio nonno a Lugansk...

Ora c'è un cratere dov'era la sua casa.

Hanno sparato a mia moglie a Donetsk ...

i cecchini l'hanno presa alla schiena.

Hanno ucciso tutti noi per

"un'Ucraina unita e libera".

[1] Il fuoco di artiglieria sulle aree di abitazione civile è stato uno dei crimini di guerra che hanno condotto alla convenzione di Ginevra.

 
Con il favore delle tenebre, l'Ucraina distrugge la chiesa delle Decime, costruita sul sito della prima cattedrale di Kiev

il luogo dove fino a stamattina sorgeva la chiesa delle Decime. Foto: Telegramma

Il Museo di storia nazionale dell'Ucraina e i nazionalisti anti-ortodossi hanno finalmente realizzato il loro sogno di smantellare e distruggere una chiesa che, fino a questa mattina, sorgeva sul sito della prima cattedrale della Rus' di Kiev.

L'antica cattedrale fu fatta saltare in aria dalle autorità senza Dio nel 1936, ma nel 2006 una nuova chiesa, appartenente al monastero delle Decime, fu costruita dai residenti di Kiev con la benedizione dell'allora primate, il metropolita Vladimir di Kiev e di tutta l'Ucraina.

L'elemento anti-ortodosso in Ucraina ha cercato di smantellare la chiesa almeno dal 2018, durante il periodo del presidente Petro Poroshenko, sostenendo che era stata costruita illegalmente sul territorio del Museo di storia nazionale.

La chiesa è stata vandalizzata e data alle fiamme il 25 gennaio 2018. Il 3 febbraio dello stesso anno, circa 200 radicali hanno organizzato una protesta nei pressi del monastero, chiedendone lo smantellamento. Lo stesso giorno più di 3.000 persone si sono mobilitate per difendere il monastero. L'ex abate del monastero delle Decime, sua Eccellenza il vescovo Gedeon di Makarov, è stato temporaneamente privato della cittadinanza ucraina nel 2019-2020 dopo aver parlato della persecuzione della Chiesa.

la chiesa in primo piano è stata demolita ieri sera. Foto: spzh.live

Nel febbraio 2023, il tribunale economico di Kiev ha deciso di smantellare la chiesa, decisione poi confermata da altre sentenze del tribunale.

Il mese scorso, il museo ha annunciato una raccolta fondi per la demolizione della chiesa, definendola un pezzo di "spazzatura".

E ieri sera il monastero delle Decime e altre fonti hanno cominciato a riferire della demolizione della chiesa.

"Al momento, la chiesa è circondata da polizia e personale militare, con molti autobus che trasportano soldati", ha scritto il monastero alle 22:34. Il messaggio successivo richiedeva preghiere e aiuto fisico da chiunque potesse.

Alle 10:49 , il monastero ha riferito che la polizia stava cercando di trattenere i fratelli del monastero. Successivamente è stato riferito che erano presenti più di 100 agenti di polizia armati.

Alle 11:40 : "Sul posto sono stati attivati i disturbatori per la comunicazione mobile e internet, e l'intero perimetro della montagna è transennato dalla polizia. Si sente il rumore dei bulldozer".

la chiesa demolita è stata portata via mediante autocarri con cassone ribaltabile. Foto: screenshot da Telegram

Alle 12:18, il monastero ha pubblicato il video di enormi autocarri con cassone ribaltabile che trasportavano detriti. "Icone... croci... l'altare..." ha scritto il monastero.

"La chiesa che fu consacrata da sua Beatitudine il metropolita Vladimir e da sua Beatitudine il metropolita Onufrij non esiste più...", ha scritto il monastero alle 12:20.

 
Perché la modifica del nome della Chiesa ortodossa ucraina non può essere accettata

potrebbe iniziare un nuovo periodo di persecuzione per la Chiesa ortodossa ucraina. Foto: Unione dei giornalisti ortodossi

La legge di Poroshenko sulla ridenominazione della Chiesa ortodossa ucraina in Chiesa ortodossa russa in Ucraina è il sogno degli scismatici. Ma perché questa legge è del tutto inaccettabile per la Chiesa? Lo analizziamo nell'articolo.

Nel prossimo futuro, la Corte costituzionale dell'Ucraina dovrebbe esaminare il caso sulla conformità alla Costituzione della legge sulla ridenominazione forzata della Chiesa ortodossa ucraina. L'Unione dei giornalisti ortodossi ha già più volte considerato questo problema e analizzato chi e perché vuole rinominare la Chiesa ortodossa ucraina, come viene esercitata la pressione sui giudici e sull'opinione pubblica, chi ne trarrà vantaggio e cosa potrebbe portare alla fine. Il fatto che la legge sulla ridenominazione sia in contrasto con la Costituzione e le leggi è chiaro a qualsiasi persona imparziale. Tuttavia, oggi tutto è possibile nel nostro paese. Un esempio è la recente chiusura di tre importanti canali televisivi con sanzioni imposte a loro e ai loro proprietari.

Qualsiasi avvocato dirà che lo Stato per definizione non può imporre sanzioni contro persone giuridiche e cittadini ucraini. Può portarli a responsabilità penale, amministrativa o di altro tipo in caso di violazione della legislazione dell'Ucraina. Le sanzioni possono essere applicate esclusivamente contro altri Stati, i loro cittadini o le loro persone giuridiche. Pertanto, naturalmente, speriamo che prevalgano la legittimità e il buon senso e che la Corte costituzionale riconosca la legge sulla ridenominazione come incompatibile con la Costituzione, ma la probabilità che prevalga l'illegalità è molto alta. A tal proposito può sorgere il pensiero: perché non acconsentire alla ridenominazione? Ebbene, possiamo continuare a pregare, andare in chiesa, partecipare ai sacramenti. Tutto rimane lo stesso, solo sotto un nome diverso. Perché non possiamo essere d'accordo su questo? Scopriamolo.

Ricordiamo la breve trama del caso: la legge sulla ridenominazione deriva dal fatto che il centro dirigente della Chiesa ortodossa ucraina si trova presumibilmente in un altro stato, cioè in uno "stato aggressore". Pertanto, la Chiesa ortodossa ucraina non può essere chiamata Chiesa ucraina, ma dovrebbe avere un nome diverso, come per esempio "Chiesa ortodossa russa in Ucraina".

Primo argomento: violazione del comandamento di Dio

Uno dei comandamenti di Dio, dato all'umanità nell'Antico Testamento, dice – non mentire, o secondo la lettera dei libri dell'Esodo e del Deuteronomio – non portare falsa testimonianza contro il tuo prossimo. L'equivalenza di questi concetti è evidenziata dai santi padri, Per esempio, "Non dare falsa testimonianza, che include qualsiasi menzogna" (Beato Agostino).

L'affermazione che la Chiesa ortodossa ucraina ha organi di governo all'estero è contraria alla verità. Ciò contraddice i documenti statutari sia della Chiesa ortodossa ucraina che della Chiesa ortodossa russa.

Statuto della Chiesa ortodossa ucraina: "1. La Chiesa ortodossa ucraina è indipendente e si autogoverna nella sua amministrazione e struttura. 2. I più alti organi dell'autorità ecclesiastica e dell'amministrazione della Chiesa ortodossa ucraina sono il Concilio della Chiesa ortodossa ucraina, il Concilio dei vescovi della Chiesa ortodossa ucraina e il Santo Sinodo della Chiesa ortodossa ucraina, guidato dal metropolita di Kiev e Tutta l'Ucraina".

Come potete vedere, qui non sono indicati organi di governo stranieri. Nello Statuto della Chiesa ortodossa russa, le norme relative alla Chiesa ortodossa ucraina sono collocate nel capitolo X, chiamato "La Chiesa ortodossa ucraina". Il paragrafo 4 di questo capitolo recita: "Gli organi del potere ecclesiastico e dell'amministrazione della Chiesa ortodossa ucraina sono il Concilio e il Sinodo, guidati dal suo primate, che ha il titolo di "sua Beatitudine il metropolita di Kiev e di tutta l'Ucraina". Il centro di governo della Chiesa ortodossa ucraina si trova nella città di Kiev ".

Il rapporto tra la Chiesa ortodossa ucraina e la Chiesa ortodossa russa nello Statuto della Chiesa ortodossa ucraina è definito dalle seguenti parole: "La Chiesa ortodossa ucraina è unita alle Chiese ortodosse locali attraverso la Chiesa ortodossa russa" (paragrafo 3), e anche "La Chiesa ortodossa ucraina < ...> è una parte autonoma della Chiesa ortodossa russa" (paragrafo 5).

La natura specifica di questa interazione è la seguente:

  • Il primate della Chiesa ortodossa ucraina, eletto dall'episcopato ucraino, è benedetto dal patriarca di Mosca.
  • La Chiesa ortodossa ucraina riceve il santo miro dal patriarca di Mosca.
  • Lo statuto sull'amministrazione della Chiesa ortodossa ucraina è adottato dal suo Concilio e approvato dal patriarca di Mosca.
  • Il Concilio dei vescovi della Chiesa ortodossa russa ha il diritto di esaminare i ricorsi dei vescovi ucraini contro i quali sono state emesse sentenze ecclesiastiche nella Chiesa ortodossa ucraina.

Tutti questi punti non riguardano affatto questioni amministrative e non si trovano sul piano giuridico; sono norme ecclesiastiche che hanno a che fare con la vita religiosa. Potrebbe sorgere una questione a parte riguardo al paragrafo10 del capitolo X dello Statuto della Chiesa ortodossa russa: "Le decisioni del Concilio locale e del Concilio episcopale sono vincolanti per la Chiesa ortodossa ucraina".Tuttavia, anche questo non riguarda il governo interno della Chiesa. Le norme contenute in altri paragrafi dello Statuto, così come altri documenti statutari, e ancor più la direzione generale di queste norme, indicano inequivocabilmente che la Chiesa ortodossa ucraina è completamente indipendente nella risoluzione di questioni amministrative, patrimoniali, di personale e di altro tipo. La natura vincolante delle decisioni del Concilio Locale e del Concilio dei vescovi della Chiesa ortodossa russa si applica solo alla sfera religiosa e non riguarda le questioni amministrative. Inoltre, questi organi includono l'episcopato della Chiesa ortodossa ucraina e possiamo proprio dire che la Chiesa ortodossa ucraina partecipa al governo della Chiesa ortodossa russa, ma non viceversa.

Pertanto, il riconoscimento che la Chiesa ortodossa ucraina ha organi di governo all'estero sarà una menzogna e, se acconsentiamo a rinominare la nostra Chiesa, saremo colpevoli di violare il comandamento di Dio. Se non vogliamo peccare su questo argomento, dovremo cambiare non solo i documenti statutari della Chiesa ortodossa ucraina e della Chiesa ortodossa russa, ma anche cambiare l'intera procedura amministrativa della Chiesa ortodossa ucraina. In altre parole, abbandonare il suo status autonomo e restituirle lo status di esarcato, che aveva durante l'era sovietica.

Secondo argomento: violazione dell'ecclesiologia

Riconoscere l'esistenza degli organi direttivi della Chiesa ortodossa ucraina in Russia e, di conseguenza, rinominare la Chiesa ortodossa ucraina in Chiesa ortodossa russa in Ucraina significa violare l'ecclesiologia ortodossa. Per essere più precisi, significa accettare la comprensione della Chiesa imposta come entità legale di diritto secolare. È vero, comunque, che la Chiesa vive nello stato ed è governata dallo stato di diritto. In particolare, ha lo status di persona giuridica, ha diritti e obblighi. Ma la Chiesa di Cristo non è di questo mondo. Agisce nel mondo, ma non appartiene a questo mondo. E la parte principale delle relazioni che si sviluppano all'interno della Chiesa riguarda il celeste, non il terreno. Queste relazioni sono governate dal Vangelo e dalla legge dell'amore, non dalla legge dello Stato. Per esempio, come si può regolare per legge la sincerità della confessione o stabilire se una persona riceve i Santi Doni "per la remissione dei peccati e per la vita eterna" o per la propria condanna? Allo stesso modo, non si può considerare le Chiese ucraina e russa come organizzazioni figlia e madre con regole di subordinazione appropriate. Questo non vuol dire che una sia controllata dall'altra, o viceversa. Questi approcci funzionano per le imprese o le organizzazioni comunitarie, ma non per la Chiesa. Nella Chiesa, in generale, tutto è diverso. Nella Chiesa, per esempio, è generalmente impossibile affermare che il vescovo è subordinato al suo patriarca, nel senso che la visione secolare del mondo dà al termine "subordinazione".

Come si dovrebbe, per esempio, tradurre nella lingua della legge secolare il Canone 34 dei santi apostoli: "I vescovi di ogni nazione devono riconoscere colui che è il primo tra loro e considerarlo come loro capo, e non fare nulla di importante senza il suo consenso; ma ciascuno può fare solo le cose che riguardano la propria parrocchia e le campagne che le appartengono. Ma nemmeno il primo faccia nulla senza il consenso di tutti; poiché così ci sarà l'unanimità, e Dio sarà glorificato mediante il Signore nello Spirito Santo"?

Ancora meno possono essere espressi nel linguaggio del diritto secolare i rapporti tra la Chiesa ortodossa russa e la Chiesa ortodossa ucraina, la loro mutua connessione e mutua dipendenza. Riconoscere i requisiti della legge sulla ridenominazione significa restringere la mente della Chiesa al livello di un'organizzazione pubblica o di un'impresa commerciale, quando si può dire che l'una è incorporata nell'altra, o qualcosa è subordinato a qualcos'altro. In effetti, questo è ciò che ha cercato di fare l'imperatore Pietro I (Romanov). Seguendo l'esempio della Germania, dei Paesi Bassi e di altri paesi protestanti, ha considerato la Chiesa come un'organizzazione secolare, una sorta di dipartimento per gli "affari spirituali".

Terzo argomento: l'ideologia

Per coloro che sono cresciuti nell'URSS, la divisione in nazionalità nel paese era piuttosto arbitraria. "Il mio indirizzo non è una casa o una strada, il mio indirizzo è l'Unione Sovietica", diceva una canzone popolare. Naturalmente, ogni repubblica aveva le sue caratteristiche ideologiche e il suo carattere nazionale. Ma oggi si poteva vivere in Lettonia e domani in Kazakistan, per esempio, senza provare molto disagio. Ancor di più, pochissimi ucraini si sentivano estranei in Russia e viceversa.

Sono passati 30 anni dal crollo dell'URSS. È cresciuta un'intera generazione di ucraini, per i quali la Russia è uno stato completamente alieno come, per esempio, la Polonia o l'Australia, con l'eccezione, forse, della lingua, che è ancora parlata dalla maggior parte dei cittadini ucraini. Queste persone non sono mai state in Russia, non hanno mai visitato i santuari della Chiesa ortodossa russa, non si considerano fedeli della Chiesa russa. Sì, alla fine della liturgia, pregano per "il santissimo patriarca Kirill di Mosca", pregano i santi della Chiesa russa, ma si considerano comunque parte della Chiesa ortodossa ucraina. Non hanno il diritto di farlo? Perché queste persone dovrebbero essere trasferite con la forza a un'altra chiesa?

Naturalmente, ora i "patrioti" con gli occhi lampeggianti si alzeranno inciampando l'uno sull'altro – ecco la salvezza – la "Chiesa ortodossa dell'Ucraina", la vera chiesa ucraina. Ma cosa succede se una persona non vuole unirsi alla "Chiesa ortodossa dell'Ucraina", se non considera questa struttura come una Chiesa? Finiremo davvero per far decidere allo Stato a quali organizzazioni religiose devono aderire o meno i suoi cittadini? Ricordiamo la Costituzione ucraina – un atto giuridico della massima forza giuridica, che afferma che "tutti hanno diritto alla libertà di religione e di credo". E "l'esercizio di questo diritto può essere limitato dalla legge solo nell'interesse della protezione dell'ordine pubblico, della salute e della morale della popolazione o della protezione dei diritti e delle libertà di altre persone". I credenti che si associano alla Chiesa ortodossa ucraina (e non alla Chiesa ortodossa russa in Ucraina) violano in qualche modo "l'ordine pubblico, la salute e la moralità, i diritti e la libertà delle altre persone"? No! Come promemoria, non ci possono essere leggi al di sopra della Costituzione in Ucraina. Pertanto, coloro che non si considerano membri della Chiesa ortodossa russa non vi possono essere trasferiti con la forza.

Quarto argomento: spezzare l'unità

Nella Chiesa ortodossa ucraina, il principio dell'unità della Chiesa di Cristo è sorprendentemente vividamente attualizzato nella seguente epistola: "Qui non c'è più greco o giudeo, circoncisione o incirconcisione, barbaro o scita, schiavo o libero, ma Cristo è tutto in tutti" (Col 3:11). La Chiesa ortodossa ucraina unisce in Cristo rappresentanti di diverse nazionalità, diverse convinzioni politiche, diversi strati sociali e così via. I fedeli figli della Chiesa ortodossa ucraina possono essere sostenitori dell'integrazione europea oppure assolutamente contrari. La Chiesa ortodossa ucraina riunisce i residenti dell'Ucraina occidentale e delle autoproclamate Repubbliche popolari di Donetsk e Lugansk, così come della Crimea. Tutta la nostra visione del mondo e le differenze politiche sono superabili in Cristo.

Cosa succede in caso di rinominazione della Chiesa? Non è difficile intuire che una parte significativa dei fedeli e anche del clero non accetterà di rimanere nella "Chiesa russa in Ucraina". Ci sarà insoddisfazione, sorgeranno conflitti. Qualcuno accetterà il nuovo nome, qualcuno sarà categoricamente contrario, perché penserà di non avere nulla a che fare con la Chiesa ortodossa russa.

Inoltre, questa rottura avverrà non solo e non tanto su base territoriale. Colpirà sostanzialmente diocesi, monasteri e parrocchie. Sorgeranno inimicizia e sfiducia reciproca, l'armonia e l'amore tra le persone saranno spezzati. A questo proposito, si può ricordare l'esperienza della Dichiarazione del 1927 del metropolita Sergij (Stragorodskij), futuro patriarca, sulla lealtà al potere sovietico. Questa Dichiarazione non conteneva alcuna deviazione canonica o ancor più dogmatica dall'Ortodossia, ma nondimeno ha portato confusione e divisione a lungo termine nella Chiesa.

In ogni caso, se la ridenominazione viene approvata, questa comporterà la distruzione della Chiesa ortodossa ucraina nella forma in cui esiste oggi.

Quinto argomento: alla Chiesa ortodossa ucraina rimarranno le proprietà che le appartengono per diritto, ma neppure questo è chiaro

Come risultato della ridenominazione, non solo le Lavre delle Grotte di Kiev e di Pochaev saranno sequestrate dalla Chiesa ortodossa ucraina, ma in generale anche tutti i monasteri e le chiese che sono stati trasferiti alla Chiesa ortodossa ucraina per affitto a lungo termine o per uso gratuito. La Chiesa ortodossa ucraina può possedere edifici di proprietà statale, ma la "Chiesa russa in Ucraina" non può farlo per definizione. C'è una probabilità del 100% che una legge corrispondente venga adottata a questo proposito. Migliaia di comunità ortodosse verranno letteralmente gettate nelle strade. Al massimo la Chiesa ortodossa ucraina potrà conservare gli edifici ecclesiastici costruiti ex novo, e per i quali ha titoli di proprietà. Ma anche allora, in molti casi, tali edifici si trovano su appezzamenti di terreno che sono affittati o presi in uso dalle comunità locali.

* * *

Riassumendo, possiamo dire che l'accordo per rinominare è l'accordo per la distruzione della Chiesa ortodossa ucraina e quindi è impossibile. Non possiamo essere d'accordo con le bugie dei nemici della Chiesa, né possiamo essere d'accordo con la distruzione della nostra comprensione della Chiesa e della sua unità in Cristo. Possa Dio aiutarci a rimanergli fedeli e a resistere a qualsiasi tentazione.

 
L’Ucraina, la Russia e il mondo – come NON li vedrete dai media

Il blog The Vineyard of the Saker, che continua a monitorare la crisi ucraina dal punto di vista di un osservatore ortodosso, segnala due importanti testi di riferimento, che presentiamo anche ai nostri lettori nella sezione “Geopolitica ortodossa” dei documenti. Il primo è un magistrale lavoro di analisi politico-economica (qui nell’originale russo e in traduzione italiana) che cerca di rispondere alla domanda che molti si chiedono (anche dolorosamente), “perché la Russia non interviene a mano armata di fronte alle sofferenze delle popolazioni del Donbass?”

Il secondo articolo, proposto da Gennadij Volkov su Facebook (qui nell’originale russo e in traduzione italiana), ci porta dietro le linee del “fronte orientale” a vedere le condizioni disastrose dell’Ucraina e della sua popolazione, costretta a combattere una guerra in cui nessuno crede davvero, ma che senza dubbio arricchisce alcuni. Ci siamo permessi di censurare in entrambe le versioni le parole più offensive usate nell’articolo originale, ma possiamo ben capire le ragioni che hanno portato simili espressioni nella mente dell’autore.

L’importanza di questi due testi è che offrono una visione interna di un fenomeno del quale la macchina mediatica NON ci lascia analizzare le cause, e pertanto ci permettono una valutazione al di sopra di quella indotta dalla propaganda dominante.

 
La prima chiesa distrutta sotto Zelenskij

foto: Unione dei giornalisti ortodossi

Nella notte del 17 maggio 2024 le autorità ucraine hanno distrutto la loro prima chiesa.

Sì, prima di questo, un luogo di culto della Chiesa ortodossa ucraina è stato demolito a Leopoli. Ma si trattava di un'iniziativa personale di Sadovij, mentre a Kiev un atto del genere non avrebbe potuto verificarsi senza l'autorizzazione dell'Ufficio della presidenza. Ecco perché un giorno gli storici definiranno la distruzione della chiesa delle Decime come un evento fondamentale nella nostra storia.

Accade spesso nella storia che nemmeno l'evento più significativo diventi simbolo di grandi cambiamenti, e che segni un intero periodo storico. La squadra di Zelenskij ha distrutto la loro prima chiesa. Si può dire quanto si vuole che non si trattava di una struttura non-capitale, che era una piccola forma architettonica, nella terminologia legale. Si può dire che non tutti i numerosi documenti burocratici sono stati completati durante la sua costruzione, che esiste una decisione del tribunale che ne ordina la demolizione, e così via. Ma riflettiamoci: se la costruzione della chiesa era davvero illegale, se la sua demolizione era lecita, se la società (come sostengono le autorità) era contraria a questa chiesa, allora perché la chiesa è stata demolita di notte? Perché la demolizione ha avuto luogoo durante il coprifuoco, quando ai cittadini rispettosi della legge è vietato circolare per le strade? Perché sono stati coinvolti numerosi agenti di polizia armati di tutto punto? Perché sono state chiamate persone in uniforme militare per demolire la chiesa? Perché la comunicazione mobile nell'area della chiesa è stata bloccata? Perché è stato impedito alle persone di filmare ciò che stava accadendo? Perché ai fratelli del monastero non è stato permesso conservare gli oggetti sacri che stavano all'interno della chiesa? Che senso aveva tutto questo se le autorità assicuravano che la demolizione della chiesa era del tutto legale?

Il punto è che le autorità sapevano esattamente cosa stavano facendo, motivo per cui lo hanno fatto di notte. Ecco perché hanno introdotto le forze dell'ordine armate, ed è per questo che l'hanno organizzata come un'operazione militare in piena regola. Le autorità sapevano perfettamente che stavano commettendo un atto illegale, ma lo hanno fatto comunque. Il fatto che la chiesa fosse priva di documentazione adeguata, che la sua costruzione fosse illegale e che la sua demolizione sia stata eseguita per ordine del tribunale non è altro che una foglia di fico progettata per coprire la vergogna delle autorità ucraine.

In primo luogo, a Kiev ci sono centinaia, se non migliaia, di edifici costruiti illegalmente. E questi non sono solo punti commerciali vicino alle linee della metropolitana o nella zona protetta del Dnepr. Interi complessi residenziali sono stati costruiti illegalmente. Una ricerca su Google per "costruzioni illegali a Kiev" ha rivelato, per esempio, che nel solo distretto di Holosiivskyi sono stati costruiti illegalmente: il complesso residenziale "Tikhoretskij" in via Tikhoretska 30/7, il complesso residenziale "Panoramne Mistechko" in via Raketna 24, il complesso residenziale in viale Motornij 9-9A, il complesso residenziale in via Vasilkivska 34, il complesso residenziale "Teremok" in via Williams 2-D, il complesso residenziale "G-House" in via Hvardiiska 74, il complesso residenziale "Simfonija" in viale Nauki 66-70, il complesso residenziale "Mozaika" al 53 dell'autostrada Strategichne, il complesso residenziale "Mrija" in viale Nauki 42-A. E qui si parla solo di un quartiere della capitale! Qualcuno ha intenzione di demolirli?

In secondo luogo, la chiesa distrutta delle Decime è stata costruita nel 2006. Ciò significa che è rimasta in piedi per quasi 20 anni, sopravvivendo a tre presidenti, con il quarto che ha deciso di demolirla. Ciò non vuol dire che durante questo periodo non ci siano state discussioni sull'opportunità di costruire questa chiesa e di ottenere per essa tutti i permessi necessari. Eppure nessuno l'ha demolita. E ora, quando il paese è in guerra, quando il consolidamento della società è una condizione necessaria per la vittoria in questa guerra, le autorità demoliscono una chiesa, semplicemente dividendo a metà il popolo ucraino.

In terzo luogo, quando i bolscevichi demolivano le chiese, lo facevano anche loro legalmente. Inoltre avevano tutto adeguatamente documentato nel pieno rispetto della legislazione dell'epoca. E non furono demolite legalmente solo le chiese. Anche l'esportazione di grano dall'Ucraina nel 1932-33 avvenne legalmente. Eppure ora in Ucraina le autorità sovietiche sono state maledette, le strade hanno cambiato nome, gli scrittori sono stati banditi e la gente pensa che questo elimini lo spirito bolscevico dalla coscienza nazionale ucraina.

No, il bolscevismo è qualcosa di completamente diverso. Il bolscevismo è quando l'opportunità politica prevale sui diritti umani, quando coloro che denunciano l'illegalità vengono imprigionati invece di coloro che si impadroniscono delle proprietà altrui, quando il governo non si cura del suo popolo, instaura un regime autocratico, costringe la popolazione a sacrificare tutto e sottrae indebitamente miliardi al budget statale. E questo bolscevismo, come vediamo, si è profondamente infiltrato nella carne e nel sangue dei nostri attuali governanti. Non può essere sradicato semplicemente rinominando le strade.

Chiudiamo gli occhi e rispondiamo ad alcune domande. In quale paese si imprigionano i vescovi perché predicano? In quale paese si incarcerano i giornalisti perché dicono la verità? In quale paese vengono chiusi i monasteri e espulsi i monaci? In quale paese le autorità distruggono le chiese cristiane? In quale paese le autorità sostengono una chiesa da loro creata e reprimono chiunque non sia d'accordo con essa? Se teniamo gli occhi chiusi potremmo dire che tutto questo è avvenuto in URSS, e avremmo ragione. Ma quando apriamo gli occhi, vediamo che oggi in Ucraina il metropolita Arsenij di Svjatogorsk è stato arrestato per aver tenuto un sermone, e i giornalisti V. Stupnitskij, A. Ovcharenko e V. Bobechko sono stato incarcerati per aver detto la verità. Le autorità hanno chiuso la Lavra delle grotte di Kiev e stanno espellendo i monaci. La chiesa delle Decime è stata distrutta. Mentre la "Chiesa ortodossa dell'Ucraina" creata dalle autorità è dichiarata attributo statale, contrario alla Costituzione, e ogni critica nei suoi confronti è ora considerata tradimento. Quindi, in quale paese viviamo: in un'Ucraina democratica, legale e libera o in un'URSS totalitaria?

Tutte le circostanze relative alla demolizione della chiesa delle Decime indicano che le autorità sapevano esattamente cosa stavano facendo e che le rivendicazioni sulla legalità della costruzione del tempio non erano decisive. Le autorità hanno semplicemente deciso di spezzare il proprio popolo, o almeno una parte di esso, con la forza. Ci vengono presentati diversi sondaggi sociali secondo i quali la maggioranza delle persone non sostiene la Chiesa. Ma prima di tutto, conosciamo tutti la natura manipolativa di questi sondaggi. In secondo luogo, sono il risultato di una diffusa campagna sui media e sui social media per diffamare la Chiesa con accuse infondate. E in terzo luogo, non importa come lo guardi, sia i sondaggi che le dichiarazioni dei funzionari indicano che ci sono circa 6 milioni di credenti nella Chiesa ortodossa ucraina. Esiste qualche altro paese nel mondo civilizzato in cui le autorità violerebbero palesemente i diritti di un segmento così ampio della società? E come vedrà questa parte della società le autorità dopo che avranno portato via la cosa più sacra: le loro chiese?

Quanti credenti della Chiesa ortodossa ucraina sono attualmente al fronte, quanti stanno versando il loro sangue, rischiando la vita per difendere il nostro paese? Si può tranquillamente affermare che siano decine di migliaia, se non centinaia di migliaia, perché, come afferma la saggezza popolare, al fronte non ci sono atei. Possiamo proiettare il numero di 6 milioni di credenti su 30 milioni di cittadini che si trovano, nella migliore delle ipotesi, nel paese, sul numero approssimativo delle forze armate ucraine. Cosa penseranno questi guerrieri delle autorità ucraine quando sentiranno che tali autorità distruggono le loro chiese? E quanti credenti della Chiesa ortodossa ucraina, spesso donando i loro ultimi risparmi, fanno donazioni alle forze armate, raccolgono fondi per droni, veicoli e dispositivi di protezione individuale e inviano tutto questo al fronte? Continueranno a farlo dopo che le autorità avranno calpestato crudelmente i loro sentimenti religiosi?

Tutti sanno che in guerra la motivazione e lo spirito combattivo giocano un ruolo enorme, se non decisivo, consentendo alle persone di compiere miracoli e ottenere la vittoria dove sembra impossibile. Quale spirito combattivo avranno i nostri soldati dopo che le autorità avranno demolito una chiesa ortodossa nel centro di Kiev? Non si chiederanno: per cosa stiamo combattendo, dopotutto? In modo che le autorità possano continuare a distruggere le chiese, a perseguitare i credenti e a imprigionare coloro che osano dissentire?

La chiesa delle Decime è stata distrutta due volte in passato: la prima dalle orde di Batu Khan nel 1240 e la seconda volta dai bolscevichi nel 1928. A chi somigliano le autorità ucraine di oggi? Batu andava e veniva, ma i bolscevichi governarono l'Ucraina per più di mezzo secolo dopo la distruzione della chiesa delle Decime. Questo è probabilmente ciò su cui conta Zelenskij. La sua squadra parla instancabilmente della necessità che tutti i cittadini ucraini si uniscano, si mobilitino e aiutino il fronte in ogni modo possibile. Chi può vada a combattere, chi non può lavori sul fronte interno e sostenga i nostri guerrieri. Tutto questo è giusto, ma le parole della squadra non corrispondono alle loro azioni. Non parleremo nemmeno della spaventosa corruzione negli appalti militari, dell'incompetenza dei funzionari e dell'illegalità e dell'irresponsabilità a tutti i livelli dell'amministrazione statale. Concentriamoci solo su ciò che riguarda direttamente la Chiesa.

Come sappiamo, Zelenskij è salito al potere criticando il precedente presidente, Poroshenko. Un punto di questa critica era la politica della chiesa. Zelenskij ha criticato, anche nelle parodie di Kvartal 95, l'ingerenza di Poroshenko negli affari ecclesiastici, la creazione di sua mano della "Chiesa ortodossa dell'Ucraina", i suoi viaggi a Istanbul per elemosinare il Tomos, e così via. Come candidato, Zelenskij ha promesso che, se eletto presidente, lo stato avrebbe trattato tutti allo stesso modo e avrebbe agito nel rispetto della legge. Ha criticato le precedenti autorità per aver diviso il popolo ucraino, creando artificialmente tensioni nella società. Ecco una citazione dal suo programma elettorale del 2019: "Per 28 anni ci è stata promessa una società di pari opportunità, ma ogni volta siamo stati divisi da criteri diversi. In realtà la divisione è una sola: noi e loro. Noi siamo il popolo ucraino. Sono i 'pensionati politici' che 'migrano' dal potere all'opposizione, da un partito all'altro, e si creano costantemente posizioni vantaggiose, nascondendosi dietro l'immunità". Ora Zelenskij ha superato di gran lunga il suo predecessore. Non solo interferisce negli affari ecclesiastici come Poroshenko, ma imprigiona anche i vescovi, favorisce il sequestro delle chiese, perseguita i giornalisti ecclesiastici e ora addirittura distrugge le chiese. Facendo tutto questo, divide il popolo ucraino, divide la nostra società e dichiara di fatto milioni di persone cittadini di seconda classe. E allo stesso tempo chiede alla società di sostenere le autorità.

A chi servono in definitiva le attuali autorità ucraine che dividono la società ucraina? E cosa preannuncia per tutti noi questo segno così inquietante – la distruzione di una chiesa? Perché ora, quando la situazione al fronte è catastrofica, come dicono molti militari, quando gli aiuti occidentali sono altamente incerti, quando la mobilitazione è condotta in un modo che probabilmente fallirà, perché la squadra di Zelenskij decide adesso di sferrare un colpo del genere alla società? È stupidità o un atto deliberato per aiutare il nemico?

Per il secondo anno le autorità hanno perseguitato la Chiesa e la distruzione della chiesa delle Decime significa che sono già andati troppo oltre e non si fermeranno davanti a nulla. Cosa seguirà dopo? Quanti altri templi verranno distrutti, confiscati alla Chiesa, trasformati in musei e istituzioni culturali? Quanti altri credenti e chierici finiranno in prigione? E cosa accadrà al nostro paese e al nostro popolo se le nostre autorità oseranno sfidare Dio distruggendo una sua chiesa? Ricordiamo che "Dio non si prende in giro. Perché tutto ciò che l'uomo semina, quello raccoglierà..." (Gal 6:7).

Vorremmo concludere con una nota di speranza, con le parole della Sacra Scrittura:

Giona cominciò a percorrere la città, per un giorno di cammino e predicava: "Ancora quaranta giorni e Ninive sarà distrutta". I cittadini di Ninive credettero a Dio e bandirono un digiuno, vestirono il sacco, dal più grande al più piccolo. Giunta la notizia fino al re di Ninive, egli si alzò dal trono, si tolse il manto, si coprì di sacco e si mise a sedere sulla cenere. Poi fu proclamato in Ninive questo decreto, per ordine del re e dei suoi grandi: "Uomini e animali, grandi e piccoli, non gustino nulla, non pascolino, non bevano acqua. Uomini e bestie si coprano di sacco e si invochi Dio con tutte le forze; ognuno si converta dalla sua condotta malvagia e dalla violenza che è nelle sue mani. Chi sa che Dio non cambi, si impietosisca, deponga il suo ardente sdegno sì che noi non moriamo?". Dio vide le loro opere, che cioè si erano convertiti dalla loro condotta malvagia, e Dio si impietosì riguardo al male che aveva minacciato di fare loro e non lo fece. (Giona 3:4-10).

L'ira di Dio può essere scongiurata, ma solo in questo modo.

 
In che modo il suo "difensore in prima linea" protegge l'Ortodossia?

l'arcivescovo Elpidophoros si è tragicamente sbagliato nella sua valutazione del patriarca Bartolomeo. Foto: Unione dei giornalisti ortodossi

Il capo dell'arcidiocesi del Fanar negli Stati Uniti, Elpidophoros, ha definito il patriarca Bartolomeo "il difensore in prima linea dell'Ortodossia". L'articolo analizza se sia davvero così.

Il 5 febbraio 2021, il capo dell'arcidiocesi del Patriarcato di Costantinopoli negli Stati Uniti, l'arcivescovo Elpidophoros, ha definito il patriarca Bartolomeo "il difensore in prima linea dell'Ortodossia".

Siamo d'accordo sul fatto che la frase "il difensore in prima linea dell'Ortodossia" suona forte, il che significa che deve essere confermata dai fatti. L'arcivescovo Elpidophoros non ha fornito alcun fatto, quindi dobbiamo cercarli da soli.

L'Ortodossia può e deve essere protetta in almeno quattro direzioni: dalle eresie, dagli scismi, dai non cristiani e dall'influenza dannosa del peccato sui cristiani. Quindi, vediamo come agisce esattamente il capo del Fanar in ciascuna di queste direzioni.

Protezione dalle eresie

Negli ultimi anni il Patriarcato di Costantinopoli ha intensificato gli sforzi per unirsi ai cattolici. Durante i frequenti incontri con i rappresentanti della Chiesa cattolica romana, il Fanar ha più volte sottolineato la necessità di "superare lo scisma millenario" e di entrare in comunione eucaristica. Allo stesso tempo, i fanarioti sembrano non vedere alcun serio ostacolo teologico a una liturgia congiunta con i cattolici. Per esempio, durante la sua ultima visita al Monte Athos, il capo del Fanar ha dichiarato che ci sono solo differenze storiche, piuttosto che dogmatiche, tra cristiani ortodossi e cattolici. Questa posizione gli consente con tranquillità di compiere preghiere congiunte con rappresentanti della gerarchia cattolica e di tacere su questioni di natura dogmatica durante numerosi discorsi in vari incontri ecumenici.

Allo stesso tempo, il 29 giugno 1995, nella cattedrale di san Pietro Apostolo, alla presenza del patriarca Bartolomeo I, papa Giovanni Paolo II nella sua predica aveva espresso l'auspicio che la "dottrina tradizionale del Filioque" fosse chiarita. Ecco, sembrerebbe che questa fosse una grande opportunità per il patriarca Bartolomeo per offriren una tale spiegazione proprio in quel momento! Inoltre, una valutazione ortodossa della tema controverso del Filioque era stata fornita, in particolare, in un documento intitolato: "Epistola dei patriarchi orientali sulla Fede ortodossa" del 1848, in cui si afferma che "La Chiesa una, santa, cattolica e apostolica, seguendo i santi padri ... proclama conciliarmente che questa nuova opinione che lo Spirito Santo proceda dal Padre e dal Figlio è pura eresia, e i suoi seguaci, chiunque essi siano, sono eretici... le società che ne fanno parte sono società eretiche, e qualsiasi comunione spirituale con loro dei figli ortodossi della Chiesa cattolica è illegale".

Il Patriarca Bartolomeo conosce l'esistenza di questo documento? Senza dubbio. Sa che è stata la clausola del Filioque a causare lo scisma tra ortodossi e cattolici? Certamente.

Uno dei più zelanti sostenitori del Fanar, il metropolita Hierotheos (Vlachos), un uomo che sta attualmente sviluppando attivamente la dottrina del "primo senza eguali", sottolinea che nei tempi antichi "tutti i tentativi di unire le "Chiese" dopo lo scisma del 1054 aveva come questione centrale l'eresia del Filioque, e tutte le aspirazioni degli ortodossi di avvicinare i latini alla fede ortodossa incapparono nel loro insegnamento dogmatico sul Filioque... Lo scisma tra le due Chiese fu dovuto all'eresia del Filioque... e i Padri della Chiesa sostengono che è impossibile restituire il papismo alla Chiesa ortodossa da cui è caduto se esso non si allontana dall'eresia del Filioque".

Perché, allora, né nel 1995 né successivamente il patriarca Bartolomeo ha cercato di esprimere l'insegnamento ortodosso sulla processione dello Spirito Santo in alcuna sua parola?

Probabilmente, perché ha già risolto questo problema (del Filioque) da solo. Così, nel 2007, commentando il documento finale della X riunione plenaria a Ravenna della Commissione teologica mista ortodosso-cattolica, il capo del Fanar ha sottolineato il principale ostacolo al dialogo con i cattolici. E questo non è affatto il Filioque: "Se, con l'aiuto di Dio, giungiamo a un accordo con la Chiesa cattolica sul significato del termine 'primato' com'era nel primo millennio, allora il patriarca ecumenico non avrà difficoltà a riconoscere il primato della sede romana e a prendere il secondo posto – quello che aveva prima dello scisma".

Papa Francesco concorda anche con il capo del Fanar, che nel settembre 2019 ha affermato che "il dialogo teologico di oggi tra la Chiesa cattolica e la Chiesa ortodossa, al servizio dell'unità della Chiesa di Cristo, sta cercando di trovare una comprensione comune del primato di il vescovo di Roma e della sinodalità". Il Papa ha sottolineato che i membri della Società per il diritto canonico orientale, di cui il patriarca Bartolomeo è vicepresidente, "in ascolto reciproco, confrontano tradizioni ed esperienze per trovare le vie della piena unità". Superiorità, tradizioni ed esperienza sono ciò che, a parere sia del papa che del capo del Fanar, separa cattolici e ortodossi. Né dogmi, né insegnamenti eretici sulla processione dello Spirito Santo dal Padre e dal Figlio, ma "tradizioni".

Pertanto, sulla base di questi fatti, possiamo concludere che è impossibile chiamare il patriarca Bartolomeo difensore dell'Ortodossia di fronte alle eresie.

Protezione dallo scisma

Anche l'apostolo Paolo ammonì i cristiani: "Mi raccomando poi, fratelli, di ben guardarvi da coloro che provocano divisioni e ostacoli contro la dottrina che avete appreso: tenetevi lontani da loro. Costoro, infatti, non servono Cristo nostro Signore, ma il proprio ventre e con un parlare solenne e lusinghiero ingannano il cuore dei semplici." (Rom 16:17-18).

Secondo il parere di San Giovanni Crisostomo, "Creare divisioni nella Chiesa non un male minore che cadere nell'eresia... il peccato di scisma non viene lavato via nemmeno dal sangue del martirio" (Interpretazione della Lettera agli Efesini) . Da queste parole possiamo capire che lo scisma è un grande male per la Chiesa, e il compito di ogni cristiano, per non parlare di un vescovo o di un patriarca, è quello di salvare la Chiesa da questo male.

Tuttavia, concedendo il Tomos agli scismatici ucraini, il patriarca Bartolomeo ha già provocato uno scisma sia nell'Ortodossia mondiale in generale che nelle singole Chiese locali in particolare. Allo stesso tempo, lo stesso capo del Fanar è ben consapevole che diventare l'iniziatore di uno scisma nell'Ortodossia non è qualcosa con cui vorrebbe entrare nella storia della Chiesa. Per questo preferisce non notare la rottura dell'unità eucaristica con la Chiesa ortodossa russa, non ascolta l'opinione di altre Chiese sulla "questione ucraina", ma afferma che "non c'è scisma" nell'Ortodossia.

Tuttavia, i vescovi e persino i primati di altre Chiese locali (e non solo della Chiesa ortodossa russa) sono categoricamente in disaccordo con questo e credono che siano state le azioni del patriarca Bartolomeo a portare l'Ortodossia mondiale in uno stato di effettiva divisione. Così, il patriarca Irinej di Serbia aveva chiesto al capo del Patriarcato di Costantinopoli di non interferire negli affari ecclesiastici dell'Ucraina, avvertendolo delle conseguenze. Il vescovo Jovan (Mladenović), capo dell'arcidiocesi di Belgrado-Karlovac della Chiesa ortodossa serba, ha affermato che "quando il patriarca in un incontro personale ha implorato il patriarca ecumenico di non interferire in Ucraina, di non provocare uno scisma, Bartolomeo non ha voluto ascoltarlo. Il Patriarca serbo gli ha allora detto: "Si assumerà la piena responsabilità di ciò che è successo. E temo che non sarà lasciato solo sul Bosforo"."

L'opinione che il patriarca Bartolomeo abbia causato uno scisma è sostenuta anche da vescovi della Chiesa ortodossa di Grecia. Così scrive il metropolita Seraphim del Pireo: "Il Patriarcato ecumenico ha cercato, con l'aiuto dell'autocefalia ucraina, di condurre (presumibilmente) una manciata di persone, una minoranza insignificante del popolo ucraino, sulla 'via della salvezza'. E cosa ha ottenuto alla fine? Non è riuscito a metterli sulla 'via della salvezza', ma allo stesso tempo ha creato uno scisma pan-ortodosso. È stata una 'conquista' del Patriarcato ecumenico? È questo essere sulla 'via della salvezza'?"

Quindi, il patriarca Bartolomeo protegge la Chiesa ortodossa dallo scisma? No, non lo fa. Crea lo scisma.

Protezione dai non cristiani

Notiamo solo due fatti:

  • Il tacito accordo sulla trasformazione in moschea del principale santuario di Costantinopoli, Hagia Sophia, da parte delle autorità turche.
  • La mancanza di predicazione evangelica sul territorio della Turchia da parte del Patriarcato di Costantinopoli e, di conseguenza, la graduale scomparsa dei cristiani ortodossi nel paese.

Sì, il patriarca Bartolomeo non ha condannato duramente la trasformazione della basilica di Santa Sofia in moschea. In effetti, non è seguita nessuna processione della croce, nessun servizio di preghiera o anche una sola protesta del patriarca Bartolomeo. Per tutto questo tempo, il capo del Fanar è rimato in completo silenzio. E solo due settimane prima del cambiamento dello status di Sophia, il patriarca ha notato timidamente che l'evento imminente lo aveva sconvolto. E una settimana dopo ha detto che Hagia Sophia è un luogo di incontro e solidarietà tra cristianesimo e islam. Più che strana posizione, per un patriarca che viene privato del santuario principale della sua Chiesa.

E il punto non è nemmeno che il patriarca Bartolomeo temeva per la sua vita e quindi taceva. No, ora il patriarca di Costantinopoli non è minacciato da questo, tutto è più semplice. Aveva paura di essere deportato dalla Turchia e, insieme a Santa Sofia, avrebbe perso il poco che aveva: la sua residenza al Fanar e il "diritto"di essere chiamato "patriarca di Costantinopoli". È stato questo "diritto" simbolico che si è rivelato per lui più importante di Hagia Sophia.

A questo proposito, vale la pena interrogarsi sull'effettiva scomparsa dell'Ortodossia in Turchia? Per esempio, all'inizio del XX secolo, la popolazione ortodossa del paese era del 45% (cioè quasi la metà di tutti i residenti) e il 38% della popolazione era greco-ortodossa. Nel 1923, secondo i termini dello scambio greco-turco, i greci ortodossi dovettero lasciare la Turchia, e i turchi musulmani la Grecia. Ora il numero di cristiani ortodossi in Turchia è sceso allo 0,008% della popolazione totale di questo paese, e attualmente conta circa 5.800 persone. Qualcuno potrebbe obiettare, come dicono, che il numero dei cristiani ortodossi in Turchia è diminuito non a causa dei patriarchi di Costantinopoli, ma per ragioni politiche.

E oggettivamente è così. Ma non dimentichiamo che oltre ai greci in Turchia 100 anni fa, c'era ancora il 7% della popolazione ortodossa di altre nazionalità. Se lo si proietta sulla situazione attuale, si tratta di circa 6 milioni di persone, e non dei 6mila di oggi. Dove sono scomparsi? La risposta è semplice: sono diventati musulmani o atei.

La maggior parte delle diocesi ortodosse del Patriarcato di Costantinopoli esiste solo nominalmente, senza chiese e parrocchiani. Perché il Vangelo non viene predicato tra i musulmani? Per paura della morte? È improbabile che oggi i predicatori di Cristo in Turchia vengano uccisi. Nel peggiore dei casi, affrontano la prigione. Ma anche se rischiasse la morte, non dovrebbe "il successore dell'apostolo Andrea il Primo Chiamato" (il patriarca Bartolomeo parla spesso della connessione tra il Fanar e questo discepolo di Cristo), nonostante le minacce, parlare ai musulmani della risurrezione del Salvatore? Dopotutto, se gli apostoli avessero agito come fa ora il patriarca Bartolomeo in Turchia, nessuno avrebbe sentito parlare della Buona Novella fino ad ora.

Va detto che il Fanar non svolge affatto un'opera educativa ed evangelica tra i musulmani. Inoltre, il "successore dei santi apostoli", "il difensore in prima linea dell'Ortodossia" ...interrompe la lettura della preghiera durante la consacrazione delle acque alla Teofania (secondo il calendario giuliano) a Bursa, a causa della lettura del namaz in una moschea turca. Di che tipo di "protezione" dell'Ortodossia possiamo parlare in questo caso? Non ci sembra il caso.

Protezione dal peccato

Vediamo se il patriarca Bartolomeo può essere definito difensore dell'Ortodossia di fronte al mondo secolare e al peccato sempre crescente.

Ricordiamo il saluto del patriarca al neoeletto presidente degli Stati Uniti, Joe Biden. Nel suo messaggio di congratulazioni, il capo del Fanar scrive: "Poiché è ben consapevole dei miei sentimenti per lei durante gli anni della nostra amicizia, può solo immaginare la mia grande gioia e il mio orgoglio per il successo nella sua elezione come 46° presidente della sua eminente nazione, gli Stati Uniti d'America". Secondo il patriarca Bartolomeo, il successo elettorale di Biden è accolto favorevolmente da "cittadini dell'intero mondo libero, ai quali ora offri speranza ... per un futuro migliore, dove prevalgano i valori eterni e gli ideali di un'umanità civilizzata".

Quali sono questi "ideali" e "valori" si può vedere durante i primi giorni del governo di Biden. Per esempio, il Senato degli Stati Uniti per la prima volta nella storia ha approvato la candidatura a ministro di un gay dichiarato, lo stesso Biden ha deciso di nominare una persona transgender al posto di segretario assistente alla salute degli Stati Uniti, ha permesso alle persone transgender di prestare servizio nell'esercito, ha nominato un sostenitore del movimento LGBT come capo della sua amministrazione, ha detto che gli Stati Uniti avrebbero promosso i diritti LGBT in tutto il mondo... Forse Biden era completamente diverso, e per il patriarca Bartolomeo tali azioni del presidente sono diventate una spiacevole sorpresa? Niente affatto. Per molti anni Biden ha costantemente promosso l'aborto e le persone LGBT. Ha anche celebrato "matrimoni omosessuali" a casa sua. Di quali "valori eterni e ideali di un'umanità civilizzata" sta parlando il patriarca?

Dopotutto, una posizione così chiara e anticristiana di Biden non ha lasciato indifferenti nemmeno i vescovi cattolici e i protestanti. Per esempio, Joseph F. Naumann, arcivescovo cattolico romano a Kansas City, ritiene che il clero cattolico "dovrebbe continuare a parlare con il presidente Biden di cosa sia l'aborto. L'aborto non è assistenza sanitaria. È l'omicidio intenzionale di un bambino. Partecipare all'aborto o promuovere l'aborto è un male grave".

Allo stesso tempo, il capo del seminario battista di Louisville, Kentucky, Albert Mohler, ritiene che le politiche del presidente Biden e la selezione del personale stiano "normalizzando" il transgenderismo per gli americani, e Biden sta guidando una "rivoluzione transgender" che è "in collisione diretta" con la "libertà religiosa" e la "libertà di coscienza" dei credenti americani.

Siamo d'accordo sul fatto che queste sono dichiarazioni audaci che criticano la posizione di Biden sulla questione LGBT e sull'aborto. Dichiarazioni del genere avremmo dovuto ascoltarle, prima di tutto, dal "difensore dell'Ortodossia". Ma non abbiamo sentito una sola parola di critica dal patriarca Bartolomeo. E il silenzio, come sappiamo, è un segno di consenso.

* * *

Pertanto, dopo aver analizzato le attività del patriarca Bartolomeo come capo del Fanar, possiamo affermare che è impossibile definirlo “il difensore dell'Ortodossia”. Un difensore dell'ortodossia può essere una persona che cerca la verità di Dio e non il guadagno personale, che si preoccupa della predicazione del Vangelo e non di affermare le proprie ambizioni e che teme Dio e non le persone.

Pertanto, dobbiamo affermare che l'arcivescovo Elpidophoros si è tragicamente sbagliato nella sua valutazione del patriarca Bartolomeo.

 
Il potere della tonaca

La presbitera Krista West, specializzata in sartoria ecclesiastica, tiene una rubrica di trasmissioni alla radio ortodossa Ancient Faith Radio. Abbiamo tradotto in italiano un suo articolo sul significato e sulla dignità della tonaca, che presentiamo nella sezione “Ortoprassi” dei documenti.

 
La Georgia dice agli Stati Uniti: smettetela di attaccare la Chiesa ortodossa e di fomentare la rivoluzione se volete che abbandoniamo la legge sugli "agenti stranieri"

i leader del partito Sogno Georgiano. Foto: tabula.ge

Ci sono diverse cose che gli Stati Uniti devono fare se vogliono che la Georgia non approvi la cosiddetta legge sugli "agenti stranieri", recentemente approvata, o la legge sulla "trasparenza delle ONG", come la chiama il partito al potere, Sogno Georgiano.

Tra le aspettative, il Consiglio politico del partito scrive che gli Stati Uniti devono smettere di usare le ONG per fomentare la rivoluzione in Georgia e smettere di attaccare la Chiesa ortodossa, che rappresenta circa l'85% della popolazione georgiana.

Il partito Sogno Georgiano ha rilasciato ieri una dichiarazione in risposta al disegno di legge "MEGOBARI" (Mobilizing and Enhancing Georgia's Options for Building Accountability, Resilience, and Independence Act) preparato dal deputato repubblicano della Carolina del Sud Joe Wilson, che offre vantaggi finanziari, una liberalizzazione dei diritti il regime dei visti per i cittadini georgiani che visitano gli Stati Uniti e un pacchetto di sostegno militare se la Georgia mostrerà "progressi significativi e sostenuti nel rinvigorire la sua democrazia", inclusa l'abolizione della legge sugli "agenti stranieri" che cerca di fornire trasparenza sulle potenze straniere che finanziano le ONG che operano in Georgia.

Al contrario, il disegno di legge di Wilson prevede sanzioni contro i politici georgiani se il disegno di legge dovesse diventare legge.

Tuttavia, i politici americani sbagliano nel "parlare alla Georgia con il linguaggio del ricatto", si legge nella dichiarazione di Sogno Georgiano, secondo tabula.ge.

Secondo la dichiarazione, gli Stati Uniti si aspettano che la Georgia, oltre ad abrogare la suddetta legge, non approvi una legge sulla propaganda LGBT, "conduca buone elezioni" e si astenga da una retorica negativa contro l'America.

Tuttavia, "prima di tutto, va notato che sia l'adozione della legge sulla trasparenza delle ONG che le critiche dei funzionari americani hanno le loro ragioni oggettive", afferma Sogno Georgiano. "Per molti anni la Georgia ha dovuto vivere in un cosiddetto regime di polarizzazione, in cui le ONG finanziate dall'esterno svolgono un ruolo chiave".

La dichiarazione continua:

Inoltre, dal novembre 2020, le ONG hanno tentato due volte di organizzare una rivoluzione in Georgia. Inoltre, il nostro Paese è stato costantemente bersaglio di attacchi da parte di numerosi politici e funzionari americani, dai quali il governo georgiano ha dovuto difendersi con un'adeguata retorica...

Sfortunatamente, un certo numero di politici e funzionari americani stanno commettendo un errore dopo l'altro e continuano a parlare alla Georgia con il linguaggio del ricatto...

Un atteggiamento rispettoso nei confronti della Georgia dovrebbe essere espresso in un modo completamente diverso. In tali condizioni:

  • Gli Stati Uniti dimostrerebbero con i fatti di essere un partner strategico della Georgia, in particolare concedendo la liberalizzazione dei visti ai cittadini georgiani e concludendo un accordo di libero scambio senza alcuna condizione. Come rivela il disegno di legge, gli Stati Uniti avrebbero potuto farlo prima, ma hanno mostrato indifferenza nei confronti della Georgia e del popolo georgiano;

  • Gli Stati Uniti investirebbero nell'economia georgiana, come fecero l'ultima volta nel 2009-2011, quando il regime di Saakashvili fu salvato dal collasso economico;

  • Gli Stati Uniti assicurerebbero un cambiamento nel comportamento delle ONG, in particolare ponendo fine alla loro politica di non riconoscimento del governo della Georgia e mettendo da parte i piani rivoluzionari;

  • L'uso del tema dell'Unione Europea come strumento costante di ricatto contro la Georgia cesserebbe e i negoziati con la Georgia si aprirebbero entro la fine dell'anno, ripristinando l'equità rispetto a Ucraina, Moldova e Bosnia-Erzegovina.

Successivamente, la Georgia invita le ONG a cessare di attaccare la Chiesa ortodossa e di sostenere l'estremismo religioso e vari peccati gravi:

Se faranno tutto questo, non sarà necessaria né la legge sulla trasparenza delle ONG, né dovremo rispondere a dichiarazioni ingiuste. Tuttavia, se le ONG non abbandonano i tentativi di organizzare una rivoluzione, di attaccare la Chiesa ortodossa, di sostenere l'estremismo religioso, di incoraggiare l'intervento politico sotto il pretesto della religione, di condurre propaganda LGBT, di promuovere la droga, di tentare di indebolire le istituzioni statali e di creare ostacoli per progetti economici, e se alcuni politici e funzionari americani continueranno ad attaccare la Georgia, allora avremo bisogno sia della legge sulla trasparenza che di respingere gli attacchi. Pertanto, oggi, non esiste alternativa all'adozione della legge sulla trasparenza delle ONG.

I nostri partner possono ristrutturare qualitativamente le relazioni in un massimo di un anno. Se se ne rendessero conto, le relazioni migliorerebbero molto rapidamente, ma se continueranno ad agire con lo stesso approccio nei confronti della Georgia, danneggeranno sia gli interessi della Georgia che quelli dell'America.

Come già accennato, tutto è nelle mani dei nostri partner e la Georgia, essendo un piccolo paese, non può cambiare nulla in modo unilaterale. Pertanto, dobbiamo sperare che il pensiero razionale prevalga in America, a vantaggio di entrambi i paesi.

 
L'ordinazione non canonica di un diacono georgiano da parte del patriarca Bartolomeo danneggia i rapporti con la Chiesa georgiana

il patriarca Bartolomeo ha ordinato un diacono georgiano che non ha mai avuto un congedo canonico dalla Chiesa georgiana. Foto: orthdoxtimes.com

Le relazioni tra le Chiese di Georgia e Costantinopoli sono tese da quando lo scorso anno il patriarca Bartolomeo ha ordinato al sacerdozio in modo non canonico un diacono della Chiesa georgiana senza la necessaria conoscenza e benedizione della Chiesa georgiana.

La questione è stata sollevata durante la sessione del Santo Sinodo georgiano la scorsa settimana ed è stato deciso che una commissione sinodale studierà la questione più a fondo.

Il 13 luglio, il quotidiano filo-costantinopolitano Orthodox Times ha riferito che il giorno prima il patriarca Bartolomeo "ha ordinato al presbiterato lo ierodiacono padre Irakli Jinjolava, di origine georgiana, dandogli il nome di Elia, in onore del patriarca Ilia II di Georgia". È stato poi nominato rettore della parrocchia georgiana a Costantinopoli.

Tuttavia, a quanto pare, lo ierodiacono Irakli non era semplicemente un chierico "di origine georgiana", ma un chierico della Chiesa georgiana. Nella sessione del Santo Sinodo georgiano giovedì scorso, i vescovi hanno esaminato la "procedura per il trasferimento dello ierodiacono Irakli (Jinjolava) alla giurisdizione del Patriarcato ecumenico nel 2020, effettuata senza il consenso del catholicos-patriarca di tutta la Georgia".

Non sorprende che lo ierodiacono Irakli sia un forte sostenitore della "Chiesa ortodossa dell'Ucraina" scismatica e abbia criticato la Chiesa georgiana per non averla riconosciuta. Ha anche criticato la Chiesa georgiana per aver mantenuto le chiese aperte ai fedeli durante la pandemia.

Pochi giorni dopo che il Santo Sinodo si è riunito e ha sollevato la questione dell'ordinazione non canonica, il quotidiano georgiano Notizie ecclesiastiche dal mondo ha deciso di riferire di una lettera che l'arcivescovo Zenon di Dmanisi e Agarak-Tashiri, Gran Bretagna e Irlanda ha inviato al patriarca georgiano a luglio. Nella lettera accusa la Chiesa georgiana di aver dichiarato "guerra segreta" al Patriarcato di Costantinopoli vietando ai diplomatici georgiani in Turchia di partecipare alle liturgie celebrate dal patriarca Bartolomeo o agli incontri con lui.

La storia è stata poi ripresa da Orthodox Times. Tuttavia, nessuno dei due canali fa menzione del motivo per cui il Patriarcato potrebbe aver compiuto un simile passo. Nessuno dei due fa alcuna menzione dell'ordinazione non canonica dello ierodiacono Irakli al sacerdozio.

Secondo Notizie ecclesiastiche dal mondo, alcuni teologi georgiani hanno tipicamente attribuito l'intera vicenda alla nefasta influenza russa.

Tuttavia, come riporta Orthodox Times, Giorgi Janjgava, ambasciatore georgiano in Turchia, ha smentito la lettera dell'arcivescovo, affermando su Facebook: "Non so chi avesse bisogno di diffondere questa menzogna. Ho avuto, ho e avrò un rapporto con il Patriarcato ecumenico e con sua santità il patriarca ecumenico Bartolomeo di Costantinopoli".

Presumibilmente, il Santo Sinodo georgiano prenderà una decisione finale nel caso dello ierodiacono Irakli in una sessione successiva.

 
Gli angeli della notte che aiutano i poveri e i malati di Mosca

Ripresentiamo sul nostro sito, nella sezione “Figure dell’Ortodossia contemporanea”, l’eccellente fotoreportage di Elena Pochetova da Russia Beyond the Headlines riguardo all’Autobus della Misericordia (Miloserdie), una delle molte mani tese dalla Chiesa ortodossa ai poveri e ai senza tetto di Mosca.

 
Fede superficiale: l'epidemia di cristiani infedeli in Russia

I "valori tradizionali" sono un luogo comune nella retorica conservatrice dominante nel discorso politico e sociale russo, fin dal ritorno di Putin alla presidenza nel 2012. La Chiesa ortodossa russa è stata una delle principali fonti di questa "svolta conservatrice": il patriarca Kirill ha sostenuto la necessità di un ritorno ai "valori tradizionali" fin dai primi anni 2000, molto prima che il Cremlino iniziasse a promuovere lo stesso programma. Considerando le questioni morali ed etiche come una sua competenza speciale, la Chiesa ortodossa russa ha cercato, nei rapporti con la società russa (e con il mondo in generale), di agire come promotrice dello sviluppo e della promozione delle norme morali, assumendo il ruolo di "imprenditore di norme morali".

La maggior parte delle analisi della crociata conservatrice della Chiesa ortodossa russa si sono concentrate su ciò che la Chiesa vuole ottenere riguardo al riarmo morale russo. Ma la Chiesa ortodossa russa è riuscita davvero a influenzare la bussola morale dei russi comuni? Le persone abbracciano e interiorizzano i "valori tradizionali" della Chiesa? Nel maggio 2021, nell'ambito di un progetto sulla legittimazione del regime basato sui valori in Russia, abbiamo condotto un sondaggio su 1.500 intervistati in un campione rappresentativo nazionale. Volevamo tra l'altro sapere se i russi vedono nella Chiesa ortodossa russa un'autorità nelle questioni etiche e morali e se sono d'accordo con l'insegnamento della Chiesa su questioni specifiche come l'aborto, i rapporti prematrimoniali e il divorzio.

I russi si rivolgono alla Chiesa ortodossa russa per avere una guida morale?

È opinione diffusa che circa il 65-70% della popolazione si identifichi come ortodossa. Per molte persone, tuttavia, "ortodosso" è fondamentalmente un'etichetta di identificazione culturale e non implica necessariamente l'adesione a specifiche dottrine religiose: un sondaggio del centro Levada ha rilevato che il 30% di coloro che si consideravano "ortodossi" non credeva nemmeno all'esistenza di Dio. Per distinguere i credenti dagli "ortodossi culturali", abbiamo iniziato chiedendo se gli intervistati si considerassero appartenenti a qualche religione. Poco più della metà, il 55%, ha risposto affermativamente. Di questi, l'81% indicava l'Ortodossia russa. Ciò significa che complessivamente il 45 per cento degli intervistati si considerava credente ortodosso.

Abbiamo poi chiesto come classificherebbero la Chiesa ortodossa russa come autorità morale. Mentre i sondaggisti pongono regolarmente domande sulla fiducia generalizzata nelle varie istituzioni e individui, noi abbiamo evidenziato in particolare l'aspetto dell'autorità morale ed etica. Le due istituzioni "più fidate" si sono rivelate le stesse che solitamente compaiono in primo piano anche in questioni di fiducia generalizzata: le forze armate e la presidenza. Circa un terzo dei nostri intervistati ha espresso piena fiducia nell'autorità morale ed etica di queste due istituzioni.

Tabella 1. Organizzazioni e individui: credibilità in questioni di moralità ed etica

Forze armate

Completa fiducia 34%

Una certa fiducia 38%

Una certa sfiducia 16%

Completa sfiducia 9%

Nessuna risposta 2%

Presidenza

Completa fiducia 34%

Una certa fiducia 32%

Una certa sfiducia 15%

Completa sfiducia 15%

Nessuna risposta 4%

Chiesa ortodossa russa

Completa fiducia 21%

Una certa fiducia 40%

Una certa sfiducia 21%

Completa sfiducia 17%

Nessuna risposta 2%

Organizzazioni che difendono i diritti delle donne

Completa fiducia 19%

Una certa fiducia 44%

Una certa sfiducia 17%

Completa sfiducia 6%

Nessuna risposta 14%

Responsabili regionali

Completa fiducia 15%

Una certa fiducia 34%

Una certa sfiducia 26%

Completa sfiducia 18%

Nessuna risposta 8%

Polizia stradale

Completa fiducia 7%

Una certa fiducia 32%

Una certa sfiducia 37%

Completa sfiducia 22%

Nessuna risposta 1%

Sistema giudiziario

Completa fiducia 7%

Una certa fiducia 32%

Una certa sfiducia 35%

Completa sfiducia 23%

Nessuna risposta 3%

Media

Completa fiducia 7%

Una certa fiducia 21%

Una certa sfiducia 39%

Completa sfiducia 29%

Nessuna risposta 4%

Aleksej Navalnij

Completa fiducia 4%

Una certa fiducia 13%

Una certa sfiducia 19%

Completa sfiducia 52%

Nessuna risposta 11%

Data la nostra esplicita enfasi sulla morale e sull'etica, ci si poteva aspettare che la Chiesa ottenesse un punteggio elevato, ma solo circa un quinto dei nostri intervistati (21%) ha affermato di avere piena fiducia nella Chiesa ortodossa come autorità su tali questioni. Se aggiungiamo coloro che hanno "una certa fiducia" in una determinata istituzione, la Chiesa ortodossa russa si colloca al quarto posto, dopo le organizzazioni che difendono i diritti delle donne (63%, contro il 61% della Chiesa ortodossa russa). Questo risultato chiaramente non riflette l'ambizione della Chiesa di fungere da faro morale. Per tutte le altre istituzioni/organizzazioni/individui elencati, più intervistati hanno espresso sfiducia che fiducia nella propria autorità morale: complessivamente, il 58% ha espresso sfiducia nel sistema giudiziario, il 59% nella polizia, il 68% nei media e il 71% in Aleksej Navalnij.

La Chiesa ortodossa russa non cerca di predicare solo ai credenti dichiarati, ma di influenzare gli atteggiamenti morali nella società russa in generale. Tuttavia, ci si potrebbe aspettare che i credenti ortodossi aderiscano più strettamente ai principi morali ortodossi rispetto ai non ortodossi o ai non credenti. Questa ipotesi è stata confermata: quasi il doppio dei credenti rispetto ai non ortodossi o ai non credenti ha dichiarato di avere fiducia totale o parziale nella Chiesa ortodossa russa (82% contro 43%).

Inoltre, i fedeli più attivi hanno dimostrato il massimo livello di fiducia. Tra coloro che frequentano le funzioni religiose almeno una volta al mese, il 92% ha dichiarato di fidarsi completamente o parzialmente della Chiesa ortodossa russa come autorità morale, mentre tra coloro che frequentano le funzioni religiose solo una volta all'anno o meno, questa percentuale scende al 76%. Ciò significa anche che tra coloro che si identificano come credenti ortodossi e frequentano le funzioni religiose, c'è una consistente minoranza (15%) che non è d'accordo con l'idea della Chiesa ortodossa come autorità morale.

Aborto, sesso prematrimoniale, divorzio

In che misura le persone sono influenzate dalla teologia morale della Chiesa quando formano la loro opinione su questioni etiche? Per valutarlo, abbiamo identificato alcune questioni in cui gli insegnamenti ortodossi non coincidono con il messaggio proveniente dallo Stato russo. Per esempio, non avrebbe molto senso chiedere agli intervistati se pensano che il matrimonio dovrebbe essere un'unione solo tra un uomo e una donna. Questo è ciò che insegna la Chiesa, ma è anche la linea ufficiale delle autorità laiche russe ed è stata iscritta l'anno scorso nelle modifiche alla Costituzione.

Ci siamo invece concentrati su questioni in cui la Chiesa ortodossa russa promulga posizioni più "tradizionaliste" di quelle che le autorità secolari sono state disposte ad adottare. L'aborto è una di queste questioni controverse. Nel non ancora lontano passato sovietico, l'aborto era l'unico metodo di pianificazione familiare ampiamente disponibile, con un numero di aborti costantemente superiore a quello delle nascite. Negli ultimi anni, tuttavia, nel contesto di una crisi demografica incombente, le autorità russe hanno alzato il livello in cui l'aborto è consentito. Tuttavia, l'attuale politica statale rimane ben lontana da ciò che la Chiesa vorrebbe vedere.

Nella teologia morale ortodossa – come espresso, per esempio, negli autorevoli Fondamenti della concezione sociale dell'Ortodossia russa, compilati alla fine degli anni '90 sotto gli auspici del futuro patriarca Kirill – l'aborto è considerato "omicidio" e "un peccato grave" (Cap. XII.2). Molti vescovi di spicco hanno ripetutamente e pubblicamente denunciato l'aborto senza mezzi termini. Nel 2016, per esempio, il metropolita Ilarion, capo del Dipartimento per le relazioni ecclesiastiche esterne della Chiesa ortodossa russa, ha deplorato il modo in cui alcuni medici cercano di "fare pressione" sulle donne affinché abortiscano e ha definito questo un "atteggiamento criminale nei confronti della vita umana", che dovrebbe essere "punito severamente". Il patriarca Kirill, tra gli altri, ha sostenuto che l'aborto dovrebbe essere rimosso dalla gamma dei servizi sanitari che lo Stato fornisce gratuitamente, sostenendo che la gravidanza non è una "malattia". L'arciprete Dmitrij Smirnov, capo della Commissione patriarcale per le questioni familiari, la protezione della maternità e dell'infanzia, morto l'anno scorso, si era espresso in modo ancor più schietto: "Perché lo Stato dovrebbe pagare per l'omicidio dei suoi stessi cittadini?"

Il numero degli aborti è diminuito in modo spettacolare nella Russia post-sovietica: tra il 1988 e il 2014 è sceso da 4,6 milioni a 800.000. Nel 2015 Rosstat ha cambiato i suoi metodi di calcolo degli aborti e i dati attuali non sono direttamente comparabili. Tuttavia, la tendenza al ribasso è chiara: nel 2020 le autorità hanno registrato circa 450.000 aborti.

I russi comuni, tuttavia, non sembrano prendere spunto dalla Chiesa ortodossa russa per quanto riguarda la proibizione degli aborti. Alla domanda se l'aborto potesse essere giustificato, gli intervistati del nostro sondaggio erano divisi: il 46% ha risposto "sì", il 47% "no". Inoltre, controllando le differenze tra i credenti ortodossi autoproclamati e il resto del campione, abbiamo scoperto che i cristiani ortodossi, nonostante la forte posizione della Chiesa ortodossa sugli aborti, erano solo marginalmente più contrari (48%) rispetto ai non ortodossi e ai non credenti (46 per cento).

Tabella 2. Questo comportamento può essere giustificato o no?

Aborto

Sì 46%

No 47%

Nessuna risposta 7%

Numero 1500

tra i credenti ortodossi autoproclamati

Sì 44%

No 48%

Nessuna risposta 8%

Numero 678

tra i non ortodossi/non credenti

Sì 49%

No 46%

Nessuna risposta 5%

Numero 814

Sesso prematrimoniale

Sì 56%

No 37%

Nessuna risposta 8%

Numero 1500

tra i credenti ortodossi autoproclamati

Sì 55%

No 37%

Nessuna risposta 8%

Numero 678

tra i non ortodossi/non credenti

Sì 57%

No 36%

Nessuna risposta 7%

Numero 814

Divorzio

Sì 69%

No 26%

Nessuna risposta 5%

Numero 1500

tra i credenti ortodossi autoproclamati

Sì 67%

No 26%

Nessuna risposta 6%

Numero 679

tra i non ortodossi/non credenti

Sì 69%

No 27%

Nessuna risposta 4%

Numero 815

Un'altra questione su cui la Chiesa sembra essere in contrasto con il sentimento dominante nella società russa è la sua visione dei rapporti sessuali prematrimoniali e della convivenza delle coppie non sposate. Si è creato un piccolo scandalo quando il già citato arciprete Dmitrij Smirnov ha definito le donne che vivono in tale convivenza come "prostitute non pagate". Non solo i liberali si sono offesi: anche il Cremlino ha cercato di prendere le distanze da questa dichiarazione. Di conseguenza, alcuni confratelli dell'arciprete si sono sentiti in dovere di sottolineare che, sebbene egli fosse a capo della Commissione patriarcale per le questioni familiari, la protezione della maternità e dell'infanzia, non parlava a nome della Chiesa come istituzione. Tuttavia, ciò che contestavano era il suo linguaggio duro e poco caritatevole, non il contenuto del suo messaggio. La posizione della Chiesa ortodossa russa sui rapporti prematrimoniali è chiara: è un peccato.

Tra gli intervistati, tuttavia, la netta maggioranza era favorevole ai rapporti sessuali prima del matrimonio: il 55% contro il 37%. Ancora una volta, la differenza tra i credenti ortodossi e il resto della popolazione era praticamente nulla: i credenti ortodossi sembrano essere altrettanto propensi a condonare il sesso prematrimoniale quanto il resto della popolazione.

Infine, abbiamo chiesto del divorzio. Anche in questo caso la Chiesa ortodossa russa ha assunto una posizione inequivocabile. Mentre a volte si sostiene che l'Ortodossia abbia una posizione un po' più indulgente sulla questione del divorzio rispetto al cattolicesimo romano, la Chiesa russa insiste anch'essa sulla fedeltà permanente dei coniugi e "sull'indissolubilità del matrimonio ortodosso". Il matrimonio è visto come un santo sacramento e il divorzio è condannato dalla Chiesa come un peccato.

Mentre, come notato, la tendenza a lungo termine per quanto riguarda gli aborti rivela un calo costante – uno sviluppo che può essere interpretato come la posizione della Chiesa che guadagna terreno – le statistiche sui divorzi dipingono un quadro diverso. Dopo il minimo registrato all'inizio degli anni 2010, quando il numero dei divorzi rappresentava circa la metà del numero dei nuovi matrimoni, la tendenza è cambiata: nel 2020, con il 73%, la quota relativa dei divorzi è tornata allo stesso livello di inizio anno. millennio (in aumento rispetto al 65% nel 2019). Anche tra gli intervistati si riscontra un atteggiamento liberale nei confronti del divorzio: più di due terzi (69%) concordano sul rischio di scioglimento del matrimonio. I cristiani ortodossi non fanno eccezione: il 67% accetterebbe il divorzio come giustificato.

Conclusione: un gregge fuori sincronia

La Chiesa ha sperimentato un notevole risveglio nella Russia di oggi. È percepita come un alleato chiave del Cremlino nel sposare la nuova strategia di legittimazione basata sui valori che le autorità perseguono dal 2012, e la leadership della Chiesa parla con una voce autorevole. Tuttavia, i tentativi di posizionare la Chiesa ortodossa russa come leader morale hanno avuto fortune alterne.

Secondo il nostro sondaggio, non solo una considerevole minoranza di credenti ortodossi professanti rifiuta l'idea della Chiesa ortodossa come autorità morale, cosa ancora più importante quando viene loro chiesto quale sia la loro posizione su specifiche questioni etiche in cui la Chiesa ortodossa ha condotto veementi campagne per un "ritorno" ai valori tradizionali, la maggioranza dei credenti non è necessariamente d'accordo con la Chiesa. A quanto pare, molti credenti ortodossi autoproclamati scelgono di organizzare la propria vita come meglio credono, senza prestare troppa attenzione a ciò che insegna la Chiesa. La religiosità dichiarata sembra avere un effetto minimo sulle loro scelte morali. Nel complesso, la distribuzione delle preferenze tra ortodossi e non ortodossi o non credenti è quasi identica.

La Chiesa ortodossa russa sembra in parte fuori sintonia con il proprio gregge, così come con la "maggioranza silenziosa" che il Cremlino ha cercato di mobilitare attraverso la sua svolta conservatrice. I tentativi di cambiare pratiche sociali profondamente radicate come la diffusa accettazione dell'aborto, del sesso prematrimoniale e del divorzio si sono rivelati in gran parte inutili. Dato che l'opinione pubblica resta riluttante ad abbracciare il programma social-conservatore della Chiesa ortodossa russa, la Chiesa finora non è riuscita a trasformarsi in un imprenditore dominante di norme morali.

 
I falsi pastori e il Vangelo: si possono raccogliere fichi dai rovi?

dove conducono il loro gregge i pastori della "Chiesa ortodossa dell'Ucraina"? Foto: Unione dei giornalisti ortodossi

Analizziamo gli ultimi esempi di "attività pastorale" del clero della "Chiesa ortodossa dell'Ucraina" e confrontiamo ciò che i Padri della Chiesa hanno detto su casi simili.

Diversi anni fa, ben prima della creazione della "Chiesa ortodossa dell'Ucraina", ho avuto la possibilità di ascoltare una storia. Un amico mi ha detto che voleva invitare un prete a servire un officio di commemorazione al cimitero. Il chierico aveva risposto al telefono: se hai intenzione di pregare, allora io verrò, ma se vuoi solo organizzare una commemorazione sulla tomba con bevande e snack – cercati qualcun altro. Quel "padre" era del "patriarcato di Kiev"...

E dopo un po' ci fu la notizia di un "sacerdote" che ritornava dal "patriarcato di Kiev" alla Chiesa di Cristo nell'eparchia di Ovruch.

il metropolita Vissarion e il chierico pentito del "patriarcato di Kiev" Anatolij Vasilenko. Foto: sito web dell'eparchia di Ovruch

"Io, Anatolij Stanislavovich Vasilenko, ho realizzato il mio grave peccato di scisma, essendo un 'sacerdote' nella cosiddetta chiesa del 'patriarcato di Kiev'," aveva scritto in una lettera di pentimento indirizzata al metropolita Vissarion di Ovruch e Korosten. "Chiedo a vostra Eminenza di accettare il mio sincero pentimento per questo. Voglio essere un umile servitore nella santa Chiesa di Dio".

Non ci sono dati precisi che il protagonista di queste due storie lo stesso, ma lo stato spirituale del primo porta inevitabilmente all'atto del secondo.

Se una persona sta cercando Cristo, allora deve necessariamente pensare se è sulla strada giusta. Se una persona conduce una vita spirituale, deve certamente porsi la domanda: è una vita corretta? Se una persona ha esperienze mistiche, certamente dubita: non è in preda all'illusione? "Siamo tutti delusi. Sappiate che questa è la più grande protezione contro l'illusione. La più grande delusione è ammettere di essere liberi dall'illusione" (sant'Ignazio Brjanchaninov).

Quelli che hanno seguito falsi pastori saranno giustificati?

Quando si studiano varie religioni e denominazioni religiose, si può notare una cosa interessante: la dottrina olistica dell'illusione è contenuta solo nell'Ortodossia. Inoltre, la pratica della corretta cura spirituale, in una forma o nell'altra, si insegna sin dall'inizio a chi desidera la salvezza dell'anima. E questo è abbastanza comprensibile, "...anche Satana si traveste da angelo di luce..." (2 Cor 11:14). Una volta intrapresa una strada sbagliata, è molto difficile uscirne.

Proprio come un credente dovrebbe pensare se sta andando nella direzione giusta nella sua vita spirituale, dovrebbe anche porsi la domanda se lui e altri sono guidati nella giusta direzione dai loro pastori. Il nostro Signore Gesù Cristo ha avvertito i suoi seguaci che i pastori possono essere falsi pastori: "Guardatevi dai falsi profeti che vengono a voi in veste di pecore, ma dentro son lupi rapaci" (Mt 7:15). Una persona che segue tali falsi pastori non sarà in grado di giustificarsi per il fatto si essere andata dove è stata condotta e, di conseguenza, tutta la colpa per il fatto che una persona sia arrivata nel posto sbagliato è di tali falsi profeti. Dopo tutto, il Signore ci ha anche dato segni di come possiamo distinguere un vero pastore da uno falso: "Dai loro frutti li riconoscerete. Si raccoglie forse uva dalle spine, o fichi dai rovi? Così ogni albero buono produce frutti buoni e ogni albero cattivo produce frutti cattivi; un albero buono non può produrre frutti cattivi, né un albero cattivo produrre frutti buoni" (Mt 7:16-18).

Ecco alcuni esempi recenti. Ecco il frutto della vita spirituale del "vescovo" della "Chiesa ortodossa dell'Ucraina", Adrian Kulik : "È consigliabile per tutti coloro che vivono in Ucraina e non la amano attaccarsi un numero di plastica all'orecchio, come si fa con i cani randagi. Così gli ucraini vedranno chi c'è davanti a loro" (da un commento su Facebook).

E ora chiediamo agli ucraini: chi c'è davanti a loro in questa foto? Chi è quest'uomo che posa con una maglietta, senza croce (!)? E non solo posa, ma carica questa foto in rete alla vigilia della Quaresima come sfida dimagrante (!). Si tratta di un "vescovo" della "Chiesa ortodossa dell'Ucraina", Adrian Kulik. Per lui, il significato del periodo quaresimale è diventare più leggero e più snello.

Adrian Kulik. Foto: pagina Facebook di Kulik

Tuttavia, torniamo alle sue parole sui "cani randagi". Come risposta a loro, si può citare un estratto dagli insegnamenti di Abba Dorotheos: "L'umiliazione è quando una persona non solo condanna un altro ma lo disprezza, cioè disdegna il suo prossimo e si allontana da lui come da qualche abominio: questo è peggio della condanna e molto più dannoso. Chi vuole essere salvato non presta attenzione alle mancanze del prossimo ma guarda sempre alle proprie e ha successo".

Ed ecco il frutto della vita spirituale di uno dei più famosi "sacerdoti" della "Chiesa ortodossa dell'Ucraina", Aleksandr Dedjukhin.

il "sacerdote" della "Chiesa ortodossa dell'Ucraina" e deputato del partito "Solidarietà europea" Aleksandr Dedjukhin

Nel settembre 2020, costui ha chiamato "rifiuti organici" i rappresentanti delle repubbliche non riconosciute di Donetsk e di Lugansk, che, insieme alla commissione OSCE, avrebbero dovuto visitare le postazioni delle forze armate ucraine a Shumy: "Ho letto dell'ispezione delle postazioni ucraine da parte di rifiuti organici. È pazzesco". Aleksandr Dedjukhin è "divenuto famoso" per le sue altre dichiarazioni: sui vantaggi della prostituzione legale o sul fatto che non si dovrebbe cercare la salvezza nella Chiesa. A proposito, le attività di Dedjukhin sono state molto apprezzate dal Patriarcato di Costantinopoli: nel 2018 ha ricevuto una croce pettorale dalle mani del patriarca Bartolomeo.

Questa non è più nemmeno umiliazione delle persone. È un rifiuto di riconoscere una persona come persona. Questa è l'opinione di Dediukhin, ma ecco l'opinione del monaco Macario il Grande: "L'uomo è più prezioso di tutte le creature, anche, oserei dire, non solo delle creature visibili ma anche di quelle invisibili, cioè gli spiriti ministranti. Dio infatti non ha detto degli arcangeli Michele e Gabriele: facciamoli a nostra immagine e somiglianza (Gen 1:26), ma lo ha detto riguardo a un essere umano intelligente, il che significa un'anima immortale".

Un altro esempio del frutto della vita spirituale. Alla vigilia delle elezioni presidenziali del 2019, il "sacerdote" della "Chiesa ortodossa dell'Ucraina" Petro Zinich ha detto che coloro che voteranno per Vladimir Zelenskij alle elezioni presidenziali bruceranno all'inferno.

uno screenshot del post di Facebook di Jurij Doroshenko con il commento di Zinich

Secondo il Vangelo, non è un peccato votare per Zelenskij. Allo stesso modo, una persona che si definisce vescovo non dovrebbe determinare chi ama l'Ucraina e chi no, e quest'ultimo non dovrebbe essere marchiato come i cani. Mandando gli altri "all'inferno", una persona si compiace di ciò che appartiene solo a Dio. "Quando il Figlio dell'uomo verrà nella sua gloria con tutti i suoi angeli, si siederà sul trono della sua gloria. E saranno riunite davanti a lui tutte le genti, ed egli separerà gli uni dagli altri, come il pastore separa le pecore dai capri, e porrà le pecore alla sua destra e i capri alla sinistra" (Mt 25:31-33).

Abbiamo anche letto da Abba Doroteo un caso tratto dal suo insegnamento sul non giudicare il prossimo: "Perché ci allietiamo del giudizio di Dio? Cosa vogliamo dalla sua creazione? Non dovremmo tremare quando sentiamo cosa è successo a questo grande anziano, il quale, avendo saputo di un certo fratello che era caduto in fornicazione, ha detto: 'Oh, ha fatto qualcosa di male!' O non sai quale terribile evento si racconta di lui nel Patericon? L'angelo santo gli portò l'anima di colui che aveva peccato e gli disse: "Guarda, quello che hai condannato è morto; dove comanderai di metterlo, nel regno o nei tormenti? ' C'è qualcosa di peggio di questo fardello? Perché qual è il significato delle parole dell'angelo all'anziano, se non questo: poiché sei il giudice dei giusti e dei peccatori, allora dimmi cosa comanderai riguardo a quest'anima umile? Ne avrai compassione o lo abbandonerai al tormento? Il santo anziano, sbalordito da ciò, trascorse il resto della sua vita tra gemiti, lacrime e immense fatiche, pregando Dio che gli perdonasse quel peccato".

San Doroteo dice che questo anziano si pentì del peccato di condanna per il resto della sua vita. Dai suddetti "pastori" della "Chiesa ortodossa dell'Ucraina", non abbiamo sentito pentimento nelle loro parole, ma neanche un accenno al fatto che si pentano di ciò che è stato detto. Non c'è stata nemmeno condanna di queste affermazioni, chiaramente contrarie al Vangelo, da parte dei vertici della "Chiesa ortodossa dell'Ucraina". Né il capo della "Chiesa ortodossa dell'Ucraina", Sergej (Epifanij) Dumenko, né il portavoce Ivan (Evstratij) Zorja hanno rimproverato i loro chierici, né hanno detto che la loro organizzazione religiosa non sosteneva tali dichiarazioni. In altre parole, hanno espresso il loro tacito sostegno.

Non daremo altri esempi di frutti simili, non parleremo di come sia Zorja che Dumenko insultano il loro padre e mentore Filaret Denisenko, non parleremo del comportamento di "vescovi" della "Chiesa ortodossa dell'Ucraina" come Vladislav (Antonij) Makhota o Timofej (Mikhail) Zinkevich. Non menzioneremo nemmeno il recente scandalo rivelato dal blogger Anatolij Sharij sugli atti vergognosi di Aleksandr (Drabinko). Ci sono molti esempi simili.

Quali sono i buoni frutti nella "Chiesa ortodossa dell'Ucraina"?

Ci sono frutti nella vita della "Chiesa ortodossa dell'Ucraina", almeno esternamente buoni? Probabilmente sì. Il feed di notizie del sito ufficiale della "Chiesa ortodossa dell'Ucraina" contiene, oltre alla notizia che Sergej (Epifanij) Dumenko ha incontrato uno dei politici (ucraini o stranieri) e ha espresso ancora una volta la sua speranza nel riconoscimento della sua organizzazione, la notizia che celebra "funzioni" o premia qualcuno. Ma tutto questo va valutato secondo le parole dell'apostolo Paolo: "Il frutto dello spirito: amore, gioia, pace, pazienza, bontà, misericordia, fede, mitezza, astinenza ..."(Gal 5: 22,23). L'attività della "Chiesa ortodossa dell'Ucraina" soddisfa questo criterio? Il sequestro delle chiese, l'umiliazione e gli insulti dei credenti, le percosse, la promessa di marcare le persone come cani randagi parlano da soli. Anche la questione della presenza di monaci nella "Chiesa ortodossa dell'Ucraina" è molto indicativa. Probabilmente ne esistono, ma ce ne sono così pochi che la "Chiesa ortodossa dell'Ucraina" ha persino paura di dare voce a questa cifra. Ricordiamo la ben nota citazione patristica: i monaci sono la luce degli uomini sono e gli angeli sono la luce dei monaci. Quale "luce" risplende nella "Chiesa ortodossa dell'Ucraina"?

Un argomento a parte sui frutti con cui si possono distinguere i lupi travestiti da pecore dai veri pastori è il sequestro dei templi della Chiesa ortodossa ucraina. Può una persona che cerca la salvezza della sua anima irrompere nelle chiese, spaccare serrature, picchiare altre persone e persino sacerdoti? Può un vero pastore incoraggiare e persino invocare tali azioni, come fa, per esempio, il "vescovo" di Chernovtsy della "Chiesa ortodossa dell'Ucraina"? La risposta è ovvia.

Cosa indicano questi frutti e cose simili? Non riconosciamo da loro esattamente quei falsi profeti di cui parla la Scrittura? Queste persone non dovrebbero guardarsi allo specchio del Vangelo e trarre una conclusione sulla loro condizione spirituale estremamente pericolosa? Si può certamente ignorare e dire che l'intera organizzazione religiosa può essere giudicata da singole persone e che ci sono pastori indegni ovunque.

Ma se si guarda la situazione con una mente aperta, si può vedere che:

  • in primo luogo, il numero di tali scandali nella "Chiesa ortodossa dell'Ucraina" è molto ampio, più precisamente enorme. Non esiste una cosa del genere nella Chiesa ortodossa ucraina;
  • in secondo luogo, sia la dirigenza della "Chiesa ortodossa dell'Ucraina" che i membri ordinari non esprimono il loro disaccordo con le dichiarazioni di cui sopra, non le criticano, tanto meno impongono alcuna sanzione canonica;
  • in terzo luogo, la franchezza con cui il "clero" della "Chiesa ortodossa dell'Ucraina" trasmette messaggi chiaramente anticristiani può indicare che non nascondono il fatto che non stanno guidando il loro gregge verso Cristo.

Indubbiamente, Dedjukhin, Kulik, Drabinko e molti altri troveranno sostenitori che vorranno seguirli. Ma ci sono anche persone che vogliono seguire Cristo. Per loro la scelta resta aperta.

La Chiesa ortodossa ucraina viene spesso rimproverata di non voler scendere a compromessi, di non voler cercare un terreno comune con gli scismatici e, in definitiva, di non voler unire tutte le confessioni ortodosse ucraine. Ma come ci si può unire a chi considera le persone come rifiuti organici, le invita a farsi marchiare come i cani randagi, o manda all'inferno chi vota per un altro candidato alle elezioni presidenziali? L'apostolo Paolo ha chiesto nella lettera ai Corinzi: "Non lasciatevi legare al giogo estraneo degli infedeli. Quale rapporto infatti ci può essere tra la giustizia e l'iniquità, o quale unione tra la luce e le tenebre? Quale intesa tra Cristo e Beliar, o quale collaborazione tra un fedele e un infedele? Quale accordo tra il tempio di Dio e gli idoli?" (2 Cor 6:14-16).

Credenti della "Chiesa ortodossa dell'Ucraina", dove vi stanno conducendo i vostri pastori?

Non può esserci comunicazione, non può esserci unione o compromesso. Ma può esserci pentimento, in greco – metanoia, un cambiamento di opinione. E il ricongiungimento con la Chiesa. Il pentimento può fare miracoli con una persona. L'apostolo Paolo da crudele persecutore della Chiesa si trasformò nel suo apostolo. Il santo principe Vladimir il Grande si trasformò da despota depravato in un umile e casto sovrano della Rus'. San Mosè l'Etiope era un ladro sanguinario, santa Maria d'Egitto era una meretrice, il santo martire Cipriano era uno stregone e così via. Cosa diventeranno Kulik, Dediukhin, Drabinko e altri? La storia della Chiesa mostra che le persone che sono a capo di eresie o scismi sono le meno inclini al pentimento. Ma anche per loro le porte del pentimento sono aperte.

Per quanto riguarda il gregge della "Chiesa ortodossa dell'Ucraina", quelli di loro che vogliono veramente raggiungere il Regno dei Cieli e non stabilire l'indipendenza dell'Ucraina, l'identità nazionale, ecc., dovrebbero pensare alla domanda: dove li stanno conducendo i loro pastori? Questo percorso è in linea con il Vangelo? Non c'è nulla di riprovevole in un simile dubbio. Come già accennato, tutti i credenti dovrebbero riflettere su tali domande. Ciò è pienamente coerente sia con le istruzioni apostoliche: "Carissimi, non prestate fede a ogni ispirazione, ma mettete alla prova le ispirazioni, per saggiare se provengono veramente da Dio, perché molti falsi profeti sono comparsi nel mondo" (1 Gv 4:1), sia con gli insegnamenti patristici.

Vorrei concludere queste considerazioni con le parole di sant'Atanasio il Grande:

"Il Signore ha detto: Guardatevi dai falsi profeti che vengono a voi in veste di pecore, ma dentro son lupi rapaci. Dai loro frutti li riconoscerete. Se vedi, fratello, qualcuno che ha un aspetto decente, non guardare se è vestito con abiti da pecora, se porta il nome di prete, vescovo, diacono o asceta, ma cerca di scoprire le sue azioni, se è casto, se è ospitale, misericordioso, amorevole, persistente nella preghiera, paziente. Se fa del suo grembo un dio, della sua gola un inferno, se è avido di denaro e commercia nella pietà, lascialo: non è un saggio pastore, ma un lupo rapace. Se sai riconoscere gli alberi dai loro frutti - di che tipo, gusto e qualità sono - tanto più devi conoscere quelli che offrono Cristo dalle loro azioni, e vedere se sotto le spoglie della riverenza hanno un'anima diabolica. Non raccogli uva dalle spine o fichi dai rovi, e allora perché pensi di poter sentire qualcosa di buono dai criminali o imparare qualcosa di utile dai traditori? Quindi, evitali come i lupi d'Arabia, come le spine della disobbedienza, i cardi dell'ingiustizia e l'albero del male".

 
Mostra per i 30 anni della parrocchia ortodossa di Modena

Per festeggiare i suoi 30 anni di attività e apostolato, la parrocchia ortodossa dedicata a Tutti i Santi a Modena inaugura una mostra di oggetti liturgici, paramenti ecclesiastici, libri e altre testimonianze di vita ortodossa presso la chiesa di San Giovanni, detta "la Rotonda", a 200 metri dal duomo di Modena.

La mostra sarà inaugurata sabato 7 giugno 2014 alle ore 19, e resterà aperta tutti i giorni fino a domenica 22 giugno, con orario pomeridiano dalle 15 alle 19.

Nel corso dei giorni della mostra, ci sarà anche la celebrazione della Liturgia del trentennale, alla mattina della Domenica di Tutti i Santi (22 giugno, presso la chiesa in piazza Liberazione, Modena Est). La Liturgia sarà presieduta dal nostro arcivescovo Mark di Egor'evsk, con la presenza di clero e delegazioni di altre parrocchie ortodosse.

Per informazioni sulla mostra e sulle festività del trentesimo anniversario della chiesa, chiamate il parroco, padre Giorgio Arletti, al numero 328.1718863.

In questa pagina potete vedere un reportage fotografico con alcune immagini della chiesa.

 
Simboli statali contro la Croce del Signore: cosa c'è che non va nei nostri "patrioti"?

foto: Unione dei giornalisti ortodossi

Cosa può esserci di più alto della Croce del Signore?

Ontologicamente nulla, ma ognuno può creare la propria gerarchia di valori e porre sopra la Croce ciò che ritiene necessario. A volte questo si evolve nell'ideologia della società e dello stato.

Sulla Croce si è compiuta la salvezza dell'umanità. Ciò che l'intera razza umana stava aspettando dai tempi di Adamo ed Eva. È sulla Croce che il nostro Salvatore ha detto la parola che ha segnato il momento della nostra redenzione: "Tutto è compiuto!" La Croce è stata necessaria non solo per liberare l'umanità dalla schiavitù del peccato e della morte, ma anche per unire tutta la creazione, terrena e celeste, al Creatore. Scrive l'apostolo Paolo: "Dio infatti ha voluto che abitasse in lui tutta la sua pienezza e che per mezzo di lui riconciliasse con sé tutte le cose, sia quelle della terra sia quelle del cielo, operando la pace mediante il suo sangue versato sulla croce". (Col 1:19-20)

Sono state pronunciate molte parole, composti numerosi inni liturgici e pronunciate numerose prediche in lode della Croce del Signore. Tutto si ri riduce al fatto che la Croce di Cristo è l'apice dell'universo, l'apice della teologia, lo stendardo della nostra vittoria e della vita eterna con Dio. "La Croce è la salvezza della Chiesa. La Croce è la nostra liberazione dai mali che ci possedevano e l'inizio delle benedizioni a noi concesse, la Croce è la riconciliazione dei nemici di Dio con lui e la conversione dei peccatori a Cristo... Noi sono stati liberati dalla tirannia del diavolo mediante la Croce e liberati dalla morte e dalla distruzione mediante la Croce. La Croce ha unito gli uomini alla schiera degli angeli, rendendo la loro natura estranea ad ogni opera corruttibile e consentendo loro di condurre una vita imperitura. Davanti alla Croce eravamo estranei al paradiso, ma con l'apparizione della Croce al ladrone è stato subito concesso il paradiso" (san Giovanni Crisostomo). Rispetto alla Croce tutto il resto passa in secondo piano: i valori nazionali, statali e perfino familiari. Non perché non siano importanti, ma perché senza la Croce non hanno senso. A cosa servono la gloria e la ricchezza di un individuo o di un intero stato se, senza la Croce, tutto si trasforma in un inferno di fuoco? Le porte del paradiso sono aperte dalla Croce e senza di essa tutto è vano. La politica, l'economia, la rinascita nazionale, la scienza e tutto il resto non avranno importanza nel Giorno del Giudizio. L'unica cosa che conta è il sacrificio del Salvatore sulla Croce e se abbiamo preso parte a Cristo oppure no.

Fin dall'inizio la Chiesa ha venerato l'immagine della Croce. "Portiamo come corona la Croce di Cristo. Tutto ciò che ci riguarda si compie mediante la Croce: se abbiamo bisogno di rinascere appare la Croce; se abbiamo bisogno di nutrirci di quel cibo Misterioso o di essere ordinati ad un certo rango, o fare qualsiasi altra cosa, ovunque – il simbolo della nostra vittoria! Pertanto, lo inscriviamo attentamente sulle nostre case, sui muri, sulle porte, sulla nostra fronte e nella nostra mente. È il segno della nostra salvezza e della libertà universale..." (san Giovanni Crisostomo).

La vetta del Monte Athos è coronata dalla Croce.

Le cupole delle chiese ortodosse sono coronate dalla Croce.

Solo il cielo è più alto della Croce, e questo è molto simbolico. Perché il Signore ha sopportato la Croce ed è asceso al cielo presso Dio Padre. Questa è la nostra fede, la nostra visione del mondo, l'aspirazione della nostra autocoscienza cristiana.

Ma che tipo di visione del mondo, che tipo di fede può avere una persona che mette una bandiera nazionale sopra la Croce? Chi pone un simbolo nazionale e statale tra la Croce e il Cielo?

Il 21 maggio 2024, su un canale Telegram di Kamenets-Podolskij è apparsa una foto che mostrava una croce sormontata dalla bandiera ucraina. La bandiera è un simbolo dello stato e dovrebbe essere trattata con il dovuto rispetto, ma una bandiera in cima alla croce è un'affermazione simbolica di una certa visione del mondo. In questa visione del mondo, la Croce non è più la cosa più alta e più importante; invece lo è lo stato.

Quindi, per la persona che ha installato questa bandiera, lo stato dell'Ucraina è più importante della vittoria sul peccato, più importante della vittoria sulla morte, più importante dell'eterno Regno dei Cieli. Il temporaneo è più importante dell'eterno. E questa è già una rinuncia al cristianesimo e la sua sostituzione con un'altra religione, una religione di statualità e nazionalismo, essenzialmente di natura pagana. E non è solo una sostituzione. La bandiera in cima alla croce simboleggia la vittoria di questa religione sul cristianesimo. Viviamo in tempi di guerra e sappiamo bene che ogni vittoria di un esercito su un altro è accompagnata dall'apposizione della propria bandiera sul luogo della vittoria. Quindi, colui che ha montato la bandiera sulla Croce ha dichiarato al mondo intero di aver sconfitto la Croce di Cristo. Lo ha sconfitto principalmente nella sua coscienza, ma non solo. Tutti coloro che approvano tale impostazione della bandiera sulla Croce condividono anche questa visione del mondo non cristiana. Dato che in questo momento in Ucraina è in corso una persecuzione contro la Chiesa di Cristo, questa immagine assume un significato ancora più simbolico: dichiara che le autorità statali stanno sconfiggendo il cristianesimo.

Ecco alcuni dettagli in più sulla Croce a Kamenets-Podolskij e sul luogo in cui è stata installata. La Croce è di ferro, è alta 14 metri e pesa 8 tonnellate. Si trova su uno dei punti più alti, il monte Tatarvytsa, ed è visibile da molte parti della città. Accanto alla Croce si trova la cosiddetta "tavola del consenso" o "monumento alle sette culture". Questo luogo è stato favorito dai neopagani moderni che vengono da tutta l'Ucraina per eseguire i loro rituali. Un tempo, la comunità ortodossa della Chiesa dell'Esaltazione della Croce della città decise di erigere la Croce di Cristo su questo luogo come segno della vittoria del Salvatore sulle forze del male. E ora è diventato possibile "incoronare" la Croce con una bandiera. Cos'è questo? Un simbolo di quale vittoria su cosa?

Ci teniamo a sottolineare che la bandiera in sé non è qualcosa di anticristiano, ma innalzata sopra la Croce simboleggia la vittoria del neopaganesimo sul cristianesimo. Il paganesimo è quando qualcos'altro è posto al di sopra di Dio, al di sopra di Cristo. Questo idolo può essere un simbolo di stato, una creatura mitologica, un'idea politica, sociale o scientifica o una sorta di desiderio appassionato. L'apostolo Paolo scrive agli Efesini: "Nessun fornicatore, impuro o avido – tale persona è idolatra – ha alcuna eredità nel Regno di Cristo e di Dio". (Efesini 5:5).

Questo desiderio di mettere qualcosa al di sopra o al posto di Cristo è caratteristico di tutti i regimi senza Dio. Ricordiamo il periodo sovietico quando il Paese era ufficialmente ateo, ma ogni classe o istituzione statale aveva un ritratto del "capo di tutti i popoli", e il 1° maggio le strade si riempivano di manifestazioni con ritratti e bandiere, dove letteralmente si copiavano le processioni religiose.

Il paganesimo può anche mascherarsi da cristianesimo. "E non c'è da meravigliarsi, perché anche Satana si è trasformato in angelo di luce. Non è dunque gran cosa se anche i suoi ministri si trasformano in ministri di giustizia; la loro fine sarà secondo le loro opere" (2 Cor. 11: 14-15). I pagani possono dirsi cristiani, indossare abiti sacerdotali e citare il Vangelo e i santi Padri, ma restano pur sempre veri pagani perché il posto di Cristo nella loro coscienza e religione è occupato dalle idee e dai "loro dei": nazionalità, "patriottismo" sbagliato o "Ucraina al di sopra di tutto".

Per esempio, di recente, uno degli ex sacerdoti della Chiesa ortodossa ucraina che ha tradito per passare alla "Chiesa ortodossa dell'Ucraina", Vasyl Kovtash, ha affermato che il motivo della sua decisione era il suo desiderio di "pregare il suo dio ucraino". Chi può essere questo "dio ucraino" a cui pregano invece di Cristo?

La seconda ragione del suo trasferimento alla "Chiesa ortodossa dell'Ucraina", secondo Vasyl Kovtash, è stata che ha salutato i fedeli con "Gloria all'Ucraina!" e questi non hanno capito. Ancora una volta, questo saluto di per sé non ha un significato religioso, ma nella bocca di un prete suona molto diverso. Nessun Vangelo, nessuna lettera apostolica inizia con parole di lode per lo Stato. Per esempio: "Paolo, apostolo di Cristo Gesù per volontà di Dio, e il fratello Timoteo, alla chiesa di Dio che è in Corinto, insieme a tutto il suo popolo santo in tutta l'Acaia: grazia a voi e pace da Dio nostro Padre e dagli Signore Gesù Cristo" (2 Cor 1:1-2).

Ma mentre Kovtash finora si è limitato alle parole, i suoi colleghi sono andati ben oltre. Qui, per esempio, c'è un "sacerdote" della "Chiesa ortodossa dell'Ucraina", che ha un tridente sulla sua skufia (copricapo).

Quando un militare indossa l'emblema dello stato sul berretto, significa che serve il proprio paese. Ma un prete serve Dio. Se sul suo copricapo c'è l'emblema dello stato, ciò dimostra chi serve veramente prima di tutto.

Inoltre, questo "prete" rurale con un tridente in testa aveva qualcuno da seguire. Il "rettore" di una delle chiese di Kiev della "Chiesa ortodossa dell'Ucraina" non solo indossava una skufia simile, ma incrociava anche le dita a forma di tridente. Questo invece di mettere le dita nella simbolica abbreviazione "Gesù Cristo".

Chi serve questa persona: Cristo o l'idea nazionale ucraina? Non è difficile da determinare. E non si tratta di casi isolati o di sfortunate improvvisazioni di singoli sacerdoti. Sin dai tempi del "patriarca" anatemizzato Filaret Denisenko, il "patriarcato di Kiev" (e ora la "Chiesa ortodossa dell'Ucraina") ha raffigurato tridenti nei luoghi dove avrebbe dovuto trovarsi la Croce di Cristo.

Ecco ad esempio l'iconostasi di una chiesa del "patriarcato di Kiev" negli Stati Uniti.

Ed ecco un'iconostasi simile, ma in Ucraina, in una chiesa della "Chiesa ortodossa dell'Ucraina" di Odessa.

Le porte regali nel simbolismo della chiesa rappresentano l'ingresso al Regno dei Cieli. Ma se sono interamente realizzate a forma di tridente, allora sorge la domanda: di quale regno queste porte simboleggiano l'ingresso?

I greco-cattolici ucraini sono andati ancora oltre. A Chortkiv hanno costruito un'intera chiesa a forma di tridente.

Recentemente sono apparse online sempre più foto di "paramenti clericali patriottici", non solo in giallo e blu ma anche con una mappa dell'Ucraina sul retro.

Cosa vedete davanti a voi: una veste sacerdotale o una bandiera di stato? Probabilmente quest'ultima, giusto? Quindi, cosa dichiara questa persona, chi serve veramente?

Quando, per esempio, un atleta ucraino si avvolge nella bandiera nazionale dopo una vittoria, il gesto è visto come una glorificazione dell'Ucraina, un segno di rispetto e onore per il proprio paese. Questo è perfettamente normale perché lo sport appartiene al regno del mondano, del terreno, del temporaneo.

Ma un sacerdote che celebra riti sacri, che entra nella sfera del Divino, dovrebbe essere vestito con abiti che simboleggiano il celeste, non il terreno. Se così non è, siamo di fronte a una terribile sostituzione di concetti. Invece di Cristo, invece del suo Regno eterno, il "sacerdote" offre alle persone altri ideali e aspirazioni, terreni e transitori. Di conseguenza, Cristo scompare dalla coscienza dell'uomo, sostituito dallo Stato o da un'idea nazionale. Pertanto, il cristianesimo è soppiantato dalle tradizioni e dai costumi locali, degenerando gradualmente in un vero e proprio paganesimo.

Per esempio, ecco un'immagine da video in cui un "prete" balla con i parrocchiani, cantando una canzone su una "strega malvagia".

In un procedimento penale contro uno dei giornalisti dell'Unione dei giornalisti ortodossi, gli ufficiali della SBU affermano che la "Chiesa ortodossa dell'Ucraina" non è altro che un attributo dello stato dell'Ucraina, e quindi qualsiasi critica nei suoi confronti è considerata tradimento dello stato. E in questo caso, non significa tanto che ciò contraddica sia la Costituzione dell'Ucraina che il buon senso, ma indica in modo molto chiaro e distinto l'essenza della "Chiesa ortodossa dell'Ucraina" e il suo scopo. Se la Chiesa è il Corpo di Cristo, allora la "Chiesa ortodossa dell'Ucraina" è un attributo dello stato, e questo dice tutto. Ora spetta a ciascuno scegliere la propria strada.

Sembra che ci siano già abbastanza esempi. In conclusione, vorremmo dire in cosa consistono il vero patriottismo e il vero rispetto per i simboli dello Stato. Intendono seguire le parole di Cristo: "Rendete dunque a Cesare quello che è di Cesare, e a Dio quello che è di Dio" (Mt 22:21). La storia della Chiesa mostra che i cristiani erano i cittadini più rispettosi della legge dei loro paesi perché adempivano ai loro doveri civici non per paura ma per coscienza. Seguivano tutte le direttive delle autorità statali, purché non contraddicessero la loro fede cristiana. I cristiani hanno servito il loro popolo e il loro Stato, ma non hanno mai posto questi valori al di sopra della loro fede. Se i governanti hanno invaso la loro fede, cercando di far sì che i cristiani onorassero qualcosa al di sopra della Croce del Signore, i cristiani hanno affrontato il martirio e la confessione, dimostrando con il proprio sangue che Cristo è soprattutto per loro. "Per me infatti vivere è Cristo e morire un guadagno" (Fil 1:21), come scrive l'apostolo Paolo.

Solo onorando Cristo, rivolgendo verso di lui tutti i nostri pensieri e desideri e cercando innanzitutto il Regno dei Cieli, possiamo difendere l'Ucraina e renderla libera e prospera. Se rendiamo a Cesare ciò che è di Dio, onorando i simboli dello Stato sopra la Croce di Cristo, non solo distruggeremo il nostro Stato ucraino, ma sradicheremo anche il nostro codice genetico secolare, instillato in noi sin dai tempi del santo principe Vladimir.

 
"Smettetela di provocarci!" – Costantinopoli impone alla Chiesa cecoslovacca di rinunciare all'autocefalia data nel 1951 da Mosca

l'arcivescovo Mikhail di Praga ha ricevuto una lettera arrabbiata dal patriarca Bartolomeo. Foto: Wikipedia

Sua Eminenza l'arcivescovo Mikhail di Praga, della Chiesa delle Terre Ceche e della Slovacchia, si trova di nuovo nelle cattive grazie del patriarca Bartolomeo di Costantinopoli.

Il 1 febbraio, il patriarca ha inviato all'arcivescovo una lettera che esprime il suo estremo dispiacere per il fatto che quest'ultimo avesse fatto riferimento nella sua epistola di Capodanno 2021 al 70° anniversario della concessione dell'autocefalia alla Chiesa cecoslovacca da parte della Chiesa ortodossa russa nel 1951.

La Cecoslovacchia era territorio canonico della Chiesa ortodossa russa quando la sua Chiesa ricevette l'autocefalia nel 1951, sebbene questo atto non sia mai riconosciuto da Costantinopoli, che le concesse un secondo tomos d'autocefalia più restrittivo nel 1998. La celebrazione del tomos russo ha già fatto arrabbiare il patriarca Bartolomeo, fino al punto di minacciare di revocare l'autocefalia della Chiesa cecoslovacca.

La storia recente con Costantinopoli

L'arcivescovo Mikhail ha ricevuto anche l'anno scorso una lettera di tono simile dal metropolita Apostolos di Derki, scritta a nome dal patriarca Bartolomeo, che lo accusa di "attività non canoniche" e di "danno irreparabile alle anime" dei fedeli cecoslovacchi, minacciandolo di un "intervento severo" se non avesse cessato di protestare contro l'istituzione di un monastero-associazione da parte di Costantinopoli nella Repubblica Ceca.

Mentre Costantinopoli afferma di avere compiuto questo passo con la benedizione del Santo Sinodo locale, infatti, i vescovi non erano a conoscenza delle sue intenzioni in anticipo e la questione non è mai stata discussa dal Santo Sinodo, come ha spiegato nei commenti a OrthoChristian sua Eminenza l'arcivescovo Juraj di Michalovce e Košice.

L'arcivescovo Mikhail ha anche sfidato il Patriarcato di Costantinopoli nel 2019 quando ha emesso un decreto che vieta categoricamente al suo clero di concelebrare con il "clero" della "Chiesa ortodossa dell'Ucraina" scismatica.

Indipendenza dalla Chiesa russa, dipendenza sotto Costantinopoli

La nuova lettera del patriarca Bartolomeo è pubblicata in traduzione russa sul sito Credo Press. L'autenticità della lettera è stata confermata a OrthoChristian da un membro del Santo Sinodo della Chiesa delle Terre Ceche e della Slovacchia.

Dopo aver salutato l'arcivescovo, il patriarca procede a riferirsi con condiscendenza all'autocefalia "immaginaria" della Chiesa russa di cui la Chiesa cecoslovacca ha goduto per quasi 50 anni prima che le fosse imposto da Costantinopoli il nuovo tomos d'autocefalia nel 1998.

Il tomos della Chiesa russa garantiva la completa e totale indipendenza sotto tutti gli aspetti, e quando dopo la caduta del regime comunista nel 1989 la Chiesa cecoslovacca iniziò a cercare di ricucire i rapporti con Costantinopoli, aveva sperato in un documento di amore fraterno che essenzialmente ratificasse la situazione che esisteva già da decenni. Tuttavia, il tomos concesso da Costantinopoli, infatti, ha fortemente ridotto la libertà della Chiesa, rendendola una "schiava" di Costantinopoli, nelle parole di un vescovo della Chiesa cecoslovacca a OrthoChristian.

Come scrive il dottore in teologia e membro del Consiglio diocesano di Praga Jakub Jiří Jukl: "In linea di principio, il tomos dà l'indipendenza alla Chiesa ortodossa delle Terre Ceche e della Slovacchia, ma allo stesso tempo, nei casi giudiziari sui vescovi e in genere nelle questioni ecclesiastiche la pone in completa dipendenza dal Patriarcato ecumenico".

Si veda il suo articolo, "Il ruolo del Patriarcato ecumenico nel periodo di crisi della Chiesa ortodossa nelle Terre Ceche e in Slovacchia", per maggiori dettagli sul tomos concesso da Costantinopoli.

Il patriarca Bartolomeo presenta gli eventi del 1998 come il ripudio da parte della Chiesa del suo tomos del 1951, quando, in realtà, essa ha cercato semplicemente di ricucire i rapporti, non di farsi imporre un nuovo ordine.

L'interferenza di Costantinopoli nelle elezioni del primate della Chiesa cecoslovacca nel 2013

Il patriarca poi accusa l'arcivescovo Mikhail e la Chiesa cecoslovacca di non conformare il proprio statuto al tomos del 1998. Tra i punti controversi c'è il fatto che lo statuto della Chiesa consente di eleggere al primato della Chiesa o l'arcivescovo di Praga o l'arcivescovo di Prešov, mentre Costantinopoli ritiene che solo l'arcivescovo di Praga possa salire al trono primaziale.

Così, Costantinopoli ha iniziato a interferire attivamente nelle elezioni per un nuovo arcivescovo di Praga e nuovo primate della Chiesa cecoslovacca dopo il ritiro di sua Beatitudine il metropolita Kryštof nel 2013. Costantinopoli ha rifiutato di riconoscere il metropolita canonicamente eletto, Rastislav, che era arcivescovo di Prešov, fino a quando questi non è stato costretto a riconciliarsi con la Chiesa nel 2016 per poter partecipare al Concilio di Creta di quell'estate.

Di nuovo, si veda l'articolo del dr. Jukl per maggiori dettagli.

Minacce di revoca dell'autocefalia

Il patriarca Bartolomeo offre quindi un argomento effettivamente errato, dicendo all'arcivescovo Mikhail che la Chiesa cecoslovacca non aveva avuto alcun interesse a celebrare il 50° anniversario del tomos russo nel 2001, ma per qualche motivo ha scelto di celebrare con aria di sfida il 60° anniversario nel 2011.

Di fatto, il 50° anniversario è stato celebrato a Praga nel 2001, così come il 55° nel 2006 e il 60° nel 2011 , dimostrando così che la Chiesa non ha mai ripudiato il suo tomos di autocefalia del 1951 dalla Chiesa russa.

Il patriarca Bartolomeo aveva espresso la sua rabbia anche in seguito alle celebrazioni del 60° anniversario. In una lettera all'allora primate metropolita Kryštof, aveva minacciato di revocare l'autocefalia della Chiesa cecoslovacca se mai questa avesse celebrato di nuovo il tomos d'autocefalia russo.

Il patriarca scrisse in quel momento:

Pertanto, con decisione unanime del nostro Santo Sinodo, protestiamo ancora una volta contro questa azione anti-canonica della vostra santa Chiesa e vi informiamo fortemente che in caso di ripetizione di eventi simili per celebrare l'autocefalia imposta dal Patriarcato di Mosca alla Chiesa delle Terre Ceche e della Slovacchia, che è stata considerata inesistente e riconosciuta invalida sin dall'inizio, il Patriarcato ecumenico dovrà purtroppo abolire l'autocefalia canonica concessa alla vostra Chiesa 14 anni fa, far tornare la Chiesa delle Terre Ceche e della Slovacchia allo status di Chiesa autonoma che esisteva prima di questo atto canonico, rimuoverla dai sacri dittici delle Chiese ortodosse autocefale, dove occupa il 14° posto, e informare tutte le Chiese ortodosse sorelle di questo atto.

Mentre il patriarca Bartolomeo non scrive una minaccia così diretta nella sua nuova lettera, sottolinea che se Costantinopoli esprime il suo dispiacere, "allora chiunque può considerare la vostra Chiesa non stabilita e anti-canonica".

Il patriarca informa quindi l'arcivescovo Mikhail che il tomos d'autocefalia del 1951 è un evento negativo e insignificante nella vita della Chiesa cecoslovacca e lo avverte di smetterla di provocare Costantinopoli:

Imparate, infine, la storia e il diritto canonico della nostra santa Chiesa ortodossa e non provocateci!

Il primate di Costantinopoli chiude augurando all'arcivescovo "grazia e illuminazione".

* * *

Ecco la lettera completa del patriarca Bartolomeo:

1 febbraio 2021

n. 124

Vostra Eminenza metropolita Mikhail di Praga, amato fratello nello Spirito Santo e concelebrante della nostra mediocrità, che la grazia e la pace di Dio siano con vostra Eminenza.

È con rammarico che abbiamo appreso che nell'epistola per il nuovo anno, vostra Eminenza si riferiva al 70° anniversario della concessione dello status di immaginaria autocefalia alla vostra Chiesa locale da parte della santa Chiesa russa (1951). Diciamo "immaginaria" perché questa Chiesa sorella non ne ha mai avuto e non ne ha il diritto canonico, poiché essa stessa ha ricevuto la propria autocefalia nel XVI secolo dal Patriarcato ecumenico, unico che può concedere l'autocefalia, come ha fatto per tutte le altre nuove Chiese autocefale successive.

Se l'autocefalia della vostra Chiesa era canonica e valida, perché il vostro arcivescovo Dorofej ha sentito il bisogno alla fine del secolo scorso di richiedere l'autocefalia canonica alla nostra Chiesa madre di Costantinopoli per la gerarchia, il clero e il popolo della Chiesa della Repubblica Ceca e della Slovacchia?

E allora la Chiesa madre ha risposto amorevolmente, e così siete entrati in comunione con le Chiese ortodosse autocefale canoniche, riconosciute da tutti, e avete ricevuto l'onore di partecipare al Santo e Grande Concilio della Chiesa Ortodossa a Creta. La vostra Chiesa, contrariamente ai nostri accordi, continua ancora oggi, con vari pretesti, a erigere impedimenti e a non rispondere alla richiesta naturale del Patriarcato ecumenico di adeguare lo statuto della Chiesa ortodossa della Repubblica Ceca e della Slovacchia alle condizioni del tomos canonico d'autocefalia, cosa che non può restare senza spiacevoli conseguenze.

Fratello nelle cose sacre,

Vi offriamo tempestivamente un promemoria che 20 anni fa la vostra Chiesa non ha desiderato celebrare il 50° anniversario della vostra "autocefalia" non canonica, ma 10 anni fa la vostra Chiesa ha cercato di celebrare il 60° anniversario della vostra autocefalia immaginaria, come abbiamo testimoniato per iscritto al vostro primate, sua Beatitudine Kryštof, e a sua Eminenza l'arcivescovo Nikolaj.

Ci siamo quindi scambiati lettere, inviate in copia a vostra Eminenza, ma se esprimiamo l'insoddisfazione e il rimprovero del Patriarcato ecumenico in relazione all'intenzione inspiegabile e inaccettabile di celebrare il 70° anniversario dell'autocefalia immaginaria, allora chiunque può considerare la vostra Chiesa non stabilita e anti-canonica, essendo subordinata alla santa Chiesa di Russia. Il vostro desiderio di celebrare regolarmente questo evento negativo, ovviamente non canonico, insignificante per la vostra santa Chiesa della Repubblica Ceca e Slovacchia, solleva dubbi sulla vostra onestà e sincerità, almeno in relazione alla Chiesa madre di Costantinopoli.

Imparate, infine, la storia e il diritto canonico della nostra santa Chiesa ortodossa e non provocateci!

Che la grazia e l'illuminazione del nostro Signore, che si è manifestato al mondo per la sua salvezza, siano con vostra Eminenza.

+ Con amore in Cristo, vostro fratello

Bartolomeo di Costantinopoli

 
Duro monito del metropolita Ilarion sugli uniati

Al Forum europeo ortodosso-cattolico che si sta tenendo in questi giorni a Minsk, il metropolita Ilarion (Alfeev) di Volokolamsk ha esordito con una denuncia di grande durezza e chiarezza sulle azioni degli uniati, che, nelle parole del presidente del Dipartimento per le relazioni ecclesiastiche esterne del Patriarcato di Mosca, “hanno inflitto un enorme danno non solo all'Ucraina e ai suoi cittadini, ma anche al dialogo ortodosso-cattolico”. Esaminiano con attenzione le parole di vladyka Ilarion nel testo originale russo e in traduzione italiana nella sezione “Confronti” dei documenti.

 
Georgia: proposto in parlamento il divieto della propaganda LGBT e dei matrimoni tra persone dello stesso sesso

foto: lovepmr.ru

Il parlamento georgiano prenderà in considerazione un pacchetto di leggi che include il divieto dei matrimoni tra persone dello stesso sesso, gli interventi chirurgici per la riassegnazione del gender e la propaganda LGBT. In precedenza è stata approvata una legge sugli agenti stranieri, come riporta il sito di notizie russo RBK, citando Georgia Online.

Il 4 giugno verrà presentato al parlamento georgiano il pacchetto di leggi intitolato "Sulla protezione dei valori della famiglia e dei minori", ha dichiarato Shalva Papuashvili, presidente dell'organo legislativo. Il pacchetto comprende il disegno di legge principale e 18 emendamenti alle leggi georgiane esistenti, comprese quelle sul lavoro e sull'istruzione, ha precisato Papuashvili.

Secondo Georgia Online, questa iniziativa propone tra l'altro:

  • Il divieto di registrazione dei matrimoni tra persone dello stesso sesso;

  • Il divieto di adozione di bambini da parte di individui che hanno cambiato sesso o hanno un orientamento non tradizionale;

  • Il divieto di indicare nei documenti un genere diverso da quello biologico;

  • Il divieto di interventi chirurgici di cambio di genere e di altre procedure mediche correlate;

  • Il divieto della "propaganda LGBT" nelle istituzioni educative, nella pubblicità e nei media;

  • Il divieto di "raduni e manifestazioni pubbliche volte a promuovere l'identificazione con un genere diverso, le relazioni omosessuali o l'incesto";

  • L'invalidazione delle norme in tutte le istituzioni statali o private che "mirano a negare il genere biologico di una persona". Ad esempio, i divieti sull’uso dei termini "padre" e "madre".

Il pacchetto di leggi sarà esaminato in prima lettura nella sessione primaverile del parlamento e sarà adottato definitivamente in autunno, ha osservato Papuashvili. Ha inoltre invitato tutti gli interessati a partecipare alla discussione di questa iniziativa.

* * *

Il 28 maggio il parlamento georgiano ha approvato la legge sugli agenti stranieri. Gli autori dell'iniziativa hanno notato che essa prende di mira "organizzazioni che operano nell'interesse di uno Stato straniero". Ciò include anche le organizzazioni senza scopo di lucro e i media se più del 20% dei loro finanziamenti proviene dall’estero. Come ha scritto l'autrice Helen Andrews su American Conservative, "Secondo Almut Rochowanski e Sopiko Japaridze, ci sono oggi 25.000 ONG registrate in Georgia e 'la stragrande maggioranza delle ONG georgiane non ha alcun finanziamento locale'. Invece, i loro fondi provengono dalla Banca Mondiale, dall’Agenzia degli Stati Uniti per lo sviluppo internazionale o dalla Open Society Foundations di George Soros.

"Queste ONG non si limitano al lavoro umanitario. Molte di loro si impegnano liberamente in attività partigiane e si oppongono apertamente al partito al potere.

"Il disegno di legge non impedirebbe alle ONG finanziate dall'estero di curare i bambini malati o di gestire rifugi per donne maltrattate. Richiederebbe semplicemente ai gruppi di rivelare i finanziamenti esteri in modo che le loro iniziative nella politica interna possano essere viste nella giusta luce".

Sebbene gli oppositori occidentali del disegno di legge abbiano definito la legge georgiana sugli agenti stranieri una "legge russa", il partito politico georgiano Sogno Georgiano ha affermato con fermezza che la legislazione si basa sul Foreign Agents Registration Act (FARA), approvato nel 1938 negli Stati Uniti. La differenza più significativa tra la legge georgiana sugli agenti stranieri e la FARA riguarda le sanzioni. In Georgia, la mancata registrazione nell'apposito registro comporterà multe che vanno da 10.000 a 25.000 lari (da 3.700 a 9.400 dollari). Negli Stati Uniti, il mancato rispetto della FARA può comportare multe fino a 10.000 dollari per ogni violazione. Il mancato rispetto volontario della FARA può portare ad accuse penali, che sono considerate crimini. Oltre ad essere multati, i trasgressori rischiano anche pene detentive fino a cinque anni.

OrthoChristian ha precedentemente riferito che il partito Sogno Georgiano ha chiesto agli Stati Uniti di smettere di usare le ONG per attaccare la Chiesa ortodossa e fomentare la rivoluzione.

 
Lo spettro della terza unione con i cattolici non è più uno spettro

l'unione del Fanar con Roma potrebbe avvenire già nel 2025. Foto: Unione dei giornalisti ortodossi

Il patriarca Bartolomeo ha rilasciato un'intervista, dove ha confermato il percorso dell'unità con i cattolici da compiere nel 2025, nel 1700° anniversario del primo Concilio di Nicea.

Molti lettori sono già stanchi delle abbondanti notizie sul patriarca Bartolomeo per quanto riguarda il suo ambiguo resoconto di ciò che sta accadendo nella Chiesa e per le foto congiunte con papa Francesco. Si potrebbe rinunciare a seguire la sua retorica e le sue azioni, se questa persona non si posizionasse come il primo senza eguali, il "capo" dell'Ortodossia, che la Chiesa e i credenti sono obbligati ad ascoltare e a obbedire. E se si lascia tutto al caso, a un certo punto potrebbe risultare che proprio questo "capo" dell'Ortodossia condurrà la Chiesa alla destinazione sbagliata. Tali piani vengono discussi ancora più frequentemente e pubblicamente. Tuttavia, andiamo per ordine.

Il 13 febbraio 2021, il patriarca Bartolomeo di Costantinopoli ha rilasciato un'altra intervista, nella quale ha confermato che le sue attività nel prossimo futuro sono finalizzate all'unione con Roma. Inoltre, nell'intervista ci sono molte rivelazioni ugualmente importanti, che indicano che l'Ortodossia sta affrontando tempi difficili.

screenshot del sito avvenire.it

Prima di procedere all'analisi dell'intervista, occorre prestare attenzione al fatto che è avvenuta in vista del 30° anniversario del patriarcato di Bartolomeo, che sarà celebrato il 2 novembre 2021. Di questo si parla a parte nel testo. Ciò significa che l'intervista in sé non è una procedura dettagliata, ma in una certa misura riassume questi 30 anni. In questi casi, sia le domande che le risposte nell'intervista sono pensate e concordate in anticipo. Di conseguenza, non abbiamo solo una conversazione con un giornalista, ma un certo messaggio significativo che il patriarca Bartolomeo vuole trasmettere a un determinato pubblico. In questo caso, si può presumere che un tale pubblico sia composto principalmente dai circoli politici liberali e dagli strati della popolazione che simpatizzano con loro, così come con i cattolici e con papa Francesco personalmente. I messaggi espressi dal Patriarca Bartolomeo sono indirizzati principalmente a loro e consistono nel confermare la fedeltà al cosiddetto ordine del giorno liberale e l'invariabilità del percorso verso l'adesione al Vaticano. Infatti, il preambolo dell'intervista sul sito avvenire.it dice onestamente che l'intervista è stata preparata da alcune testate protestanti europee.

Nell'intervista, il patriarca Bartolomeo ha risposto alle domande sull'unificazione con Roma, sulle sue attività in Ucraina, sul conflitto nell'Ortodossia causato da questa attività, sulla trasformazione di santa Sofia in una moschea e così via. Tuttavia, questo non è il messaggio più significativo. La cosa più importante che segue dall'intervista è l'identità ecclesiastica del patriarca Bartolomeo e, indirettamente, dell'intero Patriarcato di Costantinopoli.

Sull'identità della Chiesa

Alla fine dell'intervista, il giornalista di Avvenire ha posto la domanda: "Secondo lei, da cosa dipende oggi l'autorità delle religioni?" La domanda è posta in uno stile secolare, ma significa quanto segue: qual è l'essenza della religione, cosa dovrebbe mostrare la religione al mondo? E poiché la domanda è stata posta al primate di una delle Chiese ortodosse, la risposta doveva essere data a nome della Chiesa ortodossa.

Prima di citare la risposta del patriarca Bartolomeo, rivolgiamoci ai santi padri e vediamo come potrebbero rispondere a questa domanda. Per esempio, il monaco Efrem il Siro direbbe che il valore della Chiesa sta nel fatto che Dio vi abita: "Benedetta sei tu, Chiesa dei fedeli, perché il Re dei re ha stabilito in te la sua dimora. Le tue fondamenta non saranno mai scosse, perché il Signore è il tuo guardiano, e le porte dell'inferno non prevarranno contro di te, e i lupi predatori non possono schiacciare o indebolire la tua fortezza. Oh, quanto sei grande, casa di Dio! Quanto sei bella!"

San Teodoreto di Ciro dice lo stesso: "Cristo Signore prende il posto del capo, e quelli che credono in lui prendono il posto del corpo".

San Cipriano di Cartagine direbbe che il valore della Chiesa sta nella salvezza delle persone: "Non c'è vita al di fuori della Chiesa: la casa di Dio è una, e nessuno può essere salvato da nessuna parte se non nella Chiesa".

San Cirillo di Gerusalemme sottolinea che la Chiesa rivela la Verità alle persone: "La Chiesa insegna senza alcun danno tutti i dogmi che le persone devono conoscere".

Allo stesso modo, san Teofilo di Antiochia: "Per i marinai, Dio ha inteso le isole come un rifugio, e per un mondo sopraffatto dal peccato, ha concesso chiese sante che seguono l'insegnamento della verità".

Senza eccezioni, tutti i santi Padri affermano che il valore (autorità, nella terminologia secolare) della Chiesa di Cristo (che è la stessa cosa della religione cristiana) sta nel fatto che in questa Chiesa una persona si unisce a Dio e salva la sua anima per la vita eterna... Qui di seguito la risposta del patriarca Bartolomeo: "Oggi, l'autorità delle religioni è ampiamente valutata dal loro contributo alla lotta per la pace. È inaccettabile che le religioni, forze di pace e riconciliazione, siano fanatiche e divisive. Né il progresso scientifico, né lo sviluppo economico, né la comunicazione via Internet sono sufficienti per raggiungere la pace. Noi cristiani, mentre serviamo la causa della pace e nella lotta per la giustizia, abbiamo il dovere più alto: mostrare l'unità indissolubile dell'amore per Dio e dell'amore per il prossimo".

Quanto sopra significa che anche i comandamenti dell'amore per Dio e per il prossimo, secondo il patriarca Bartolomeo, dovrebbero servire alla causa della lotta per la pace e la giustizia. Non una parola su Cristo, non una parola sulla salvezza dell'anima, non una parola sul regno dei cieli, non una parola sul pentimento! Tuttavia, la predicazione sia di Cristo che di san Giovanni il Precursore e dei santi apostoli iniziò con nient'altro che "Pentitevi, poiché il regno dei cieli è vicino" (Mt 4:17).

Sulla missione della Chiesa

Definendo la missione della Chiesa, il patriarca Bartolomeo inizia con parole apparentemente corrette: "La missione della Chiesa è la testimonianza del Vangelo e la trasformazione del mondo in Cristo, cosa che, ovviamente, non si ottiene con l'indifferenza nei suoi confronti o con il suo rifiuto". Ma poi, rivelando il loro significato, mostra che queste non sono altro che belle parole: "Come patriarca, ho lottato per la stabilità e l'unità dell'Ortodossia, per il dialogo interculturale, interreligioso, intercristiano, e ho preso molte iniziative per proteggere l'ambiente, mantenere la pace e la solidarietà, il rispetto dei diritti umani, primo dei quali è la libertà di religione, che si fonda sempre sulla fonte inesauribile della tradizione ortodossa. E la promozione dell'unità dei cristiani è un fatto che ho considerato molto importante per tutta la mia vita". Cioè, in realtà, il patriarca Bartolomeo è impegnato in tre cose:

  • ecumenismo;
  • protezione del mondo e della natura;
  • stabilità e unità dell'Ortodossia.

Inoltre, tutte le azioni non solo del patriarca Bartolomeo, ma anche dei suoi predecessori negli ultimi cento anni, testimoniano ciò che il Fanar intende per stabilità e unità dell'Ortodossia: mettere il Patriarcato di Costantinopoli a capo dell'intera Chiesa interferendo negli affari delle Chiese locali. In materia di protezione della pace e della natura, il Fanar offre prestazioni scadenti. Ma questo non è fatto per il risultato, ma per l'immagine. Comunque, vorrei soffermarmi più in dettaglio sull'ecumenismo.

Sull'ecumenismo

All'inizio dell'intervista, il patriarca Bartolomeo elenca tutti i meriti della sua Chiesa in collaborazione con gli eretici: "Il Patriarcato ecumenico non si limita alla partecipazione a eventi ecumenici, ma è uno dei fondatori e sponsor centrale del CEC (Consiglio Ecumenico delle Chiese, ndc). Nel 500° anniversario dell'inizio della Riforma luterana, il Patriarcato ecumenico ha preso parte a vari eventi. Di particolare significato simbolico è il fatto che nel 1981, 400 anni dopo la fine dei contatti teologici per corrispondenza tra Tubinga e il patriarca ecumenico Jeremias II (Tranos), è iniziato un dialogo teologico ufficiale tra la Federazione Luterana Mondiale e l'intera Chiesa ortodossa".

Ma che dire di chi crede che i cattolici, i luterani, i protestanti e così via non siano Chiese con le quali "dobbiamo condurre un dialogo teologico", ma comunità che si sono allontanate dalla Chiesa, con cui l'unico dialogo può essere condotto solo in termini di modi per tornare all'Ortodossia? Di loro il patriarca ha detto quanto segue: "Nel mondo ortodosso di oggi ci sono vari gruppi che esprimono un estremo spirito antiecumenico e caratterizzano l'ecumenismo come 'eresia'. Il Santo e Grande Concilio della Chiesa ortodossa, tenutosi a Creta nel 2016, ha condannato tutti coloro che "con il pretesto di difendere la vera ortodossia" violano l'unità della Chiesa".

Cioè, quelli che considerano le strutture religiose non ortodosse come eretiche, secondo il patriarca Bartolomeo, violano l'unità della Chiesa. Tra questi, per esempio, il metropolita Athanasios di Limassol, che ha rifiutato di firmare i documenti del Concilio di Creta, spiegando che " non ci sono chiese e confessioni, ci sono solo coloro che hanno lasciato la Chiesa, e dovrebbero essere chiamati eretici e scismatici".

Il metropolita Athanasios di Limassol è unico nella storia dell'Ortodossia? Niente affatto. Tutti i santi Padri appartengono a tali "violatori dell'unità della Chiesa". La quintessenza di questa opinione è la frase di san Cipriano di Cartagine: "Chi è fuori dalla Chiesa potrebbe essere salvato solo se chi era fuori dall'arca di Noè poteva essere salvato". Qualsiasi sforzo per trovare un santo (antico o vicino a noi in termini di tempo), che parli positivamente di ecumenismo, non sarà coronato da successo. La storia dell'ecumenismo nella forma in cui esiste oggi ha circa cento anni e questa storia testimonia inequivocabilmente che l'ecumenismo non ha quasi nulla a che fare con la testimonianza di Cristo, come la intendevano gli apostoli e tutti i loro seguaci.

Anche sant'Ignazio (Brjanchaninov) ha scritto che non è possibile alcun dialogo teologico con coloro che si sono discostati dalla fede ortodossa: "Gli eretici sono cristiani? Dove l'avete sentito? Numerose schiere di santi subirono il martirio, preferirono il tormento più feroce e prolungato, la prigione, l'esilio, piuttosto che accettare di aver parte con gli eretici al loro insegnamento blasfemo. La Chiesa ecumenica ha sempre riconosciuto l'eresia come peccato mortale, ha sempre riconosciuto che una persona infettata dalla terribile malattia dell'eresia è morta nell'anima, estranea alla grazia e alla salvezza, essendo in comunione con il diavolo e la sua distruzione..."

Sulla connessione con il Vaticano

In un'intervista, il patriarca Bartolomeo ha parlato molto calorosamente di papa Francesco, ha detto di averlo incontrato una decina di volte e che i loro sforzi erano finalizzati all'unificazione: "Certo, resta la questione del cammino verso l'unità e il progresso del dialogo teologico, di fondamentale importanza nelle nostre relazioni".

Diversi mesi fa, in un sermone in occasione della festa del santo apostolo Andrea il Primo Chiamato, il patriarca Bartolomeo ha affermato che il dialogo tra cattolici e ortodossi porta alla completa unità. Allo stesso tempo, ha affermato che tale unità arriverà "nonostante le obiezioni di coloro che sottovalutano il valore della teologia o considerano l'ecumenismo un'utopia". Ora il capo del Fanar ha delineato contorni più specifici di tale unità. Ha affermato che il movimento verso l'unità può essere notevolmente avanzato in connessione con l'imminente anniversario del primo Concilio ecumenico a Nicea nel 2025: "Indubbiamente, il 1700° anniversario del primo Concilio ecumenico di Nicea nel 2025 può servire come un'opportunità per le Chiese cristiane di riflettere sul proprio percorso, sugli errori del passato e del presente, nonché di compiere passi più seri".

Anche lo stesso patriarca Bartolomeo probabilmente non sa cosa si intenda con questi "passi più seri". Mancano ancora quattro anni alla data del centenario, durante il quale molte cose possono succedere nel mondo. Pertanto, si può presumere qualsiasi cosa, da un semplice incontro a un'associazione a tutti gli effetti. Una cosa è certa: sia papa Francesco che il patriarca Bartolomeo cercheranno di sfruttare al meglio l'anniversario del Concilio di Nicea in vista della piena unificazione tra il Vaticano e il Fanar, assieme a coloro che obbediscono alle pretese di primato del patriarca Bartolomeo nell'Ortodossia.

Il patriarca Bartolomeo ha anche rivelato alcuni contorni di una possibile unificazione : "Il primo Concilio ecumenico di Nicea è un simbolo, una stazione, una svolta nella storia della cristianità, non solo perché ha formulato il Credo, ma anche perché ha emanato 20 canoni. Nicea, quindi, offre un'opportunità unica per un apprezzamento della nostra comune eredità canonica del primo millennio e per un esame dell'importanza del diritto canonico come strumento per la promozione del dialogo ecumenico". Analizzando le dichiarazioni del Patriarca Bartolomeo nel periodo recente, si può vedere come egli letteralmente assolutizzi e dogmatizzi le regole canoniche dei Concili ecumenici. Perché lo fa?

La risposta è: perché vuole convincere tutti che i canoni cementano per sempre le circostanze politiche che esistevano nel primo millennio. Ciò significa che l'Impero Romano (Bizantino) esiste ancora, Costantinopoli è ancora la città imperiale e il patriarca di Costantinopoli è ancora a capo della più numerosa Chiesa locale. Il patriarca Bartolomeo e i sostenitori del "papismo ortodosso" stanno anche cercando di dedurre il primato del potere del capo del Fanar dai canoni, ma non ci soffermeremo ora su questo tema. In relazione all'idea di unificazione con i cattolici, l'assolutezza dei canoni porta ad affermare che poiché i canoni dei Concili ecumenici parlano della Chiesa romana come una delle Chiese locali e, allo stesso tempo, quella preminente, allora è ancora così nonostante il fatto che il Vaticano abbia introdotto nuovi dogmi e abbia distorto l'insegnamento della Chiesa.

Quindi, è abbastanza chiaro che il patriarca Bartolomeo sta guidando i suoi sostenitori alla terza unione (dopo quelle di Lione nel 1274 e di Firenze nel 1439) con il Vaticano, e il 2025 è una pietra miliare per inaugurare questa unione o per fare un grande passo verso di essa.

Nella sua intervista, il patriarca Bartolomeo ha parlato anche delle sue azioni in Ucraina, dello scisma tra le Chiese locali, sulla questione del suo primato, della trasformazione di Santa Sofia in moschea e di altri temi. Non affronteremo queste sue dichiarazioni ora (poiché non è stato detto nulla di nuovo), ma guarderemo invece come l'ambizione del Fanar di unirsi al Vaticano possa influenzare la Chiesa ortodossa.

Come possono svilupparsi gli eventi

Oggi le Chiese ortodosse locali sono divise; non c'è comunione eucaristica tra la Chiesa russa e la Chiesa di Costantinopoli e in parte le Chiese di Grecia, Alessandria e Cipro. La Chiesa ortodossa russa mantiene contatti solo con quei vescovi delle Chiese sopra citate che hanno dichiarato di non riconoscere la "Chiesa ortodossa dell'Ucraina". Questo riconoscimento o non riconoscimento è, a quanto pare, il criterio per questa "demarcazione". Tuttavia, in realtà, tutto è molto più serio. La creazione della "Chiesa ortodossa dell'Ucraina" da parte del Fanar e la concessione ad essa del convenzionale Tomos d'autocefalia è solo una manifestazione visibile delle rivendicazioni del Fanar al dominio nell'Ortodossia.

Per molti decenni il Patriarcato di Costantinopoli ha promosso l'idea del proprio primato nell'Ortodossia, dicendo che l'Ortodossia semplicemente non può esistere senza questo primato. La quintessenza di questa ideologia è stato l'articolo dell'attuale capo dell'arcidiocesi americana del Patriarcato di Costantinopoli, l'arcivescovo Elpidophoros (Lambriniadis) "Il primo senza uguali". È stato proprio adempiendo a questo concetto, secondo il quale il patriarca di Costantinopoli ha il potere di interferire negli affari di qualsiasi Chiesa locale per fare ciò che ritiene opportuno, che il patriarca Bartolomeo ha intrapreso le sue ben note azioni in Ucraina. Le Chiese locali hanno affrontato un dilemma: essere d'accordo con questo o no? Pertanto, la questione del riconoscimento della "Chiesa ortodossa dell'Ucraina" è divenuta una questione di riconoscimento della supremazia di Fanar nell'Ortodossia. Le Chiese d'Alessandria, di Grecia e di Cipro hanno accettato di riconoscerla, sebbene non in tutta la loro pienezza. È meglio non parlare ora della pressione su queste Chiese da parte del Dipartimento di Stato americano. Può anche accadere che anche altre Chiese locali riconoscano la "Chiesa ortodossa dell'Ucraina".

Ma una cosa è riconoscere la "Chiesa ortodossa dell'Ucraina" e anche essere d'accordo con la dirigenza del Fanar e un'altra è prendere parte all'unione con i cattolici. La situazione si sta evolvendo in una direzione tale che la prima comporterà la seconda. A questo punto, quando i vescovi di varie Chiese locali si renderanno conto che il riconoscimento della "Chiesa ortodossa dell'Ucraina" non è la fine della storia, e saranno costretti a seguire il Fanar nell'unione, può sorgere uno scenario completamente diverso. Come mostra la triste esperienza delle unioni di Lione e di Firenze, i fedeli della chiesa e il clero ordinario si accostano alle idee di unificazione con i cattolici in modo estremamente negativo. Questo rifiuto può anche spingere i vescovi esitanti a rimanere fedeli all'Ortodossia. Chi è Sergej (Epifanij) Dumenko e perché non ha una consacrazione canonica è sconosciuto a molti, ma chi sono i cattolici e perché l'unificazione con loro è una deviazione dall'Ortodossia è compreso da un numero molto più grande di persone.

Pertanto, si può presumere che con l'avvicinarsi del 2025 e le prospettive di unione con il Vaticano diventeranno più chiare, ci saranno sempre meno persone disposte a seguire il Fanar. Vorrei che fosse così. Forse vedremo le Chiese che hanno riconosciuto la "Chiesa ortodossa dell'Ucraina"  ritirarsi dal loro riconoscimento. Forse questo accadrà dopo il cambio di leadership di queste Chiese. Ma chi deciderà comunque di seguire la scia del Patriarcato di Costantinopoli, come si dice, attraverserà il Rubicone e così la divisione oggi esistente tra le Chiese locali si trasformerà in un vero e proprio scisma.

In ogni caso, la Chiesa ortodossa dovrà affrontare tempi difficili in cui dovrà difendere la sua lealtà a Cristo e dimostrare il suo diritto di credere e vivere come i santi Padri hanno comandato.

 
La Russia accoglie i soldati della Berkut

In questo servizio fotografico di The Voice of Russia possiamo vedere la cerimonia di giuramento di fedeltà di 10 nuovi membri della polizia speciale antiterrorismo (OMON) della Federazione Russa.

La caratteristica insolita di queste nuove "reclute" è che sono tutti ex membri della polizia antisommossa di Kiev, la Berkut, disciolta da uno dei primi atti della giunta golpista il 25 febbraio (atto che ha praticamente consegnato la sicurezza di Kiev nelle mani di bande paramilitari). Circa un centinaio dei membri della Berkut è ora in corso di integrazione nelle unità di polizia antisommossa in Russia, e altri hanno deciso di entrare in altre forze dell'ordine della Federazione Russa. A tutti è concesso ciò che il governo fantoccio dell'Ucraina ha voluto loro negare: non solo l'onore militare, ma la pensione, le cure mediche (vi siete chiesti chi paga per i poliziotti che abbiamo visto bruciare vivi a Kiev nei giorni delle sommosse?), oltre naturalmente a un programma di integrazione e protezione dei familiari.

Questi soldati non sono comunque che una piccola parte di questo corpo speciale altamente addestrato (e la cui resistenza è stata messa a dura prova nei giorni del golpe): si sa che alcuni di loro sono profughi in Crimea, e molti altri stanno ora continuando a fare il loro dovere proteggendo la popolazione civile del Donbass dalla stessa teppaglia che dava loro addosso a Kiev. Il comportamento dei veri militari, che sentono un dovere di proteggere il loro popolo, si vede da questi esempi.

 
La verità in gabbia: processi ingiusti per i giornalisti ortodossi

il giornalista ortodosso Valerij Stupnitskij dietro le sbarre. Foto: Unione dei giornalisti ortodossi

Tre giornalisti ortodossi e un sacerdote si trovano in carcere da tre mesi. Come ci si sente a essere intrappolati dal sistema giudiziario ucraino? C'è qualche speranza di un processo equo?

La redazione del nostro sito web ha ricevuto una lettera tramite un avvocato da Valerij Stupnitskij, un giornalista ortodosso, che è attualmente in custodia cautelare. Pubblichiamo il testo scritto dal nostro collega integralmente, senza tagli e con le parole dell'autore.

Dietro le quinte del sistema giudiziario

Una persona comune può vedere i tribunali solo nei notiziari televisivi o su Internet. Alcuni criminali si siedono in una cabina di vetro e giudici equi emettono loro verdetti equi. Ma pochi immaginano cosa succede "dall'interno".

La notte prima del processo, a tarda sera, un "longitudinale" entra nella cella e annuncia il nome della persona che il giorno dopo avrà l'udienza. La mattina presto devi essere pronto. Ti fanno uscire dalla cella e ti conducono alle "scatole" – una stanza senza finestre, circa 3 metri quadrati, una sorta di stanza di detenzione dove vengono radunati i detenuti prima di essere trasportati nei tribunali. Dopo aver aspettato da mezz'ora a un'ora, sei perquisito e poi portato fuori dal centro di custodia cautelare, dove ti aspetta una scorta che conduce un'altra perquisizione. In caso di "nemici del popolo", la scorta è condotta dall'SBU (Servizio di sicurezza dell'Ucraina), e per i casi "non politici", dalla polizia. Ti caricano su un "minibus" con minuscole cabine chiuse.

All'arrivo in tribunale ti ammanettano e ti portano in una gabbia dove rimani trattenuto fino all'inizio dell'udienza. Se l'udienza è prevista per le 16 o le 17, l'attesa durerà 6-7 ore. Durante le pause e dopo la fine del processo ti rimettono in manette, dove aspetti ancora diverse ore prima di essere ricondotto "a casa". Se hai bisogno di usare il bagno – ancora una volta le familiari manette dietro la schiena e la mano "premurosa" dell'accompagnatore sul tuo gomito. Dopo essere tornati al centro di custodia cautelare, ti ritrovi di nuovo nelle "scatole" per un'ora o due. E solo dopo ritorni nella tua cella. In media, circa 8-9 ore di stress continuo.

Le condizioni di reclusione (o meglio, la loro assenza)

Il 4 giugno si sarebbe dovuta tenere un'udienza in tribunale per estendere di altri tre mesi l'indagine per noi giornalisti dell'Unione dei giornalisti ortodossi e per padre Sergij Chertylin. Nel tribunale Solomjanskij, le celle di attesa dei detenuti, situate lungo il muro, assomigliano a bare verticali, non più grandi di una cuccia per cani – circa 50x50 cm. Ti ci puoi sedere o stare in piedi.

Non c'era spazio per alcun movimento. Sono stato sopraffatto da un'ondata di claustrofobia: mi sono reso conto che fisicamente non potevo restare qui e ne è seguito un attacco di panico. Ho chiesto alla scorta se potevo girare per la stanza in manette, ma mi è stato negato. Dato che stavo per perdere conoscenza, la scorta mi ha spostato nella cella vicina, che era più lunga, dove potevo fare un paio di passi. Ho fatto un giro, sentendomi un po' meglio.

Dopo 6 ore di attesa siamo stati portati in aula. Lì, i nostri avvocati hanno ragionevolmente chiesto al giudice e al pubblico ministero di ricusarsi. All'ingresso della sala, la mia amata moglie mi ha "teso un'imboscata" ed è riuscita a baciarmi. Mentre stavamo uscendo dalla sala, l'accompagnatore l'ha spinta via brutalmente. Tuttavia questa piccola gioia che ho ricevuto da lei è stata molto confortante. La moglie di Vladimir Bobechko ha cercato di stringergli la mano, ma la guardia l'ha rimproverata bruscamente. A quanto pare, credeva che il tocco di sua moglie rappresentasse una seria minaccia alla sicurezza nazionale.

Violazione del diritto a un giusto processo

Il giorno successivo, 5 giugno, avrei dovuto tenere un'udienza alla corte d'appello riguardo alle misure di detenzione. Ho preparato le argomentazioni sperando di convincere il giudice a rilasciarmi agli arresti domiciliari. Immaginate la mia sorpresa quando la scorta mi ha portato non alla corte d'appello, ma allo stesso tribunale Solomjanskij che avrebbe dovuto prendere in considerazione la proroga delle indagini per altri 3 mesi. Come si è scoperto in seguito, questa era una direttiva personale dell'investigatore.

Il giudice della corte d'appello ha detto a mia moglie che l'investigatore aveva proibito di portarmi lì. Inoltre non siamo stati nemmeno portati ad alcuna udienza. Dopo aver trascorso diverse ore nelle celle simili a bare, siamo stati riportati al centro di custodia cautelare, dove tradizionalmente abbiamo trascorso due ore nelle "scatole".

Ma gli eventi più "interessanti" si sono verificati il 6 giugno. La nostra "giornata lavorativa" è durata più di 13 ore. Il giorno prima non siamo stati avvisati dell'udienza in tribunale e siamo stati portati via senza nemmeno il permesso di fare colazione. Senza cibo, senza acqua né possibilità di muoverci: prima in attesa nelle "scatole" del centro di custodia cautelare, poi seduti nelle celle del tribunale e infine dentro "l'acquario" durante l'udienza fino alle 22.

Ma ciò che più colpisce è stato l'atteggiamento delle "forze dell'ordine": i giudici, il pubblico ministero e la scorta. Nonostante il fatto che noi giornalisti dell'Unione dei giornalisti ortodossi e padre Sergij, insieme ai nostri avvocati, abbiamo ragionevolmente chiesto al giudice e al pubblico ministero di ricusarsi, queste persone hanno continuato a giudicarci.

Durante tutte le 6 ore dell'udienza, l'investigatore e i suoi assistenti sono rimasti di guardia vicino all'edificio, sbirciando con ansia attraverso la finestra, assicurandosi che tutto andasse secondo i piani. E il piano prevedeva di soddisfare con ogni mezzo i capricci dell'accusa, soprattutto quel giorno. Dopotutto, altrimenti, forse non ci sarebbe stato il tempo di condurre le prossime udienze, dove avrebbero dovuto decidere se tenerci dietro le sbarre.

La scorta si è rifiutata di darci l'acqua da parte dei nostri parenti. Il giudice ha interrotto gli avvocati e non ci ha permesso di parlare quando lo avevamo richiesto. E questo nonostante il fatto che sia noi che i nostri avvocati abbiamo completamente distrutto tutte le accuse del pubblico ministero, riducendole a nulla.

Il culmine dell'assurdità giudiziaria

Si è arrivati al punto di totale assurdità: alle ore 20:00, dopo la seconda pausa (quando la giornata lavorativa era finita), gli avvocati di padre Sergij hanno lasciato l'aula e la continuazione del processo è diventata impossibile. Quando il sacerdote ha chiesto di fornirgli un avvocato d'ufficio o di rinviare il processo, il giudice gli ha suggerito di lasciare anche lui l'udienza (cioè di sedersi nella sala d'attesa della "bara").

Quando Andrej Ovcharenko (che fisicamente non può stare seduto a lungo a causa di un'ernia del disco) ha detto di avere un forte mal di schiena, il giudice gli ha suggerito di continuare l'udienza sdraiato sulla panchina (!). Io stesso mi sentivo già debole e stordito.

Allo stesso tempo nel nostro "acquario" c'era un poster con una dichiarazione del difensore civico dei diritti umani Lubenets, secondo cui nessuno dovrebbe essere sottoposto a tortura o trattamenti disumani che umiliano la sua dignità. Ho citato le parole di Lubenets al giudice, sottolineando che la nostra detenzione per ore in celle senza cibo né acqua, prolungando il processo fino al calar della notte, si adatta perfettamente alla definizione del difensore civico. A sua volta, il giudice si è limitato a fare un sorrisetto.

E quel sorrisetto mi ha portato a pensare che questa presa in giro della giustizia sia un'allusione a ciò che attende ognuno di noi, nessuno escluso, dopo la morte. Tribolazioni eteree.

Il tribunale ucraino come analogia alle tribolazioni eteree

Anche allora ogni anima cadrà nelle mani di esseri che vi augureranno solo una punizione "eterna" e cercheranno di trascinarvi negli inferi. Allora l'anima, come noi qui, sarà in potere della "scorta" e nonostante tutti i desideri, non potrà raggiungere la libertà. Lì, come qui, puoi solo pregare. Non potrai fare nient'altro.

In questa vita, siamo circondati ovunque da segni e riflessi dell'esistenza di un altro mondo, un mondo nel quale prima o poi entreremo. Devi solo vedere questi segnali e capire cosa vogliono dirti. Quindi questo falso processo è uno di quei segnali.

Naturalmente si può essere indignati dalle azioni di tutte queste persone: sono davvero ciniche e senza legge. Ma se scavi un po' più a fondo, ci stanno facendo un favore. Memento mori. E se mi sento così male adesso, come starò lì, nelle mani di esseri molto più potenti di tutti questi giudici e pubblici ministeri?

Qui e lì, la speranza è la stessa: Cristo, la Madre di Dio, e i santi. Non abbiamo altro aiuto, non abbiamo altra speranza...

 
L'ellenismo nel contesto della storia cristiana

Nikolaos Ferekidis (1862-1929) e G.W. (monogramma), L'ingresso del re Ottone di Grecia ad Atene, copia dell'opera di Peter von Hess (1839), 1901, olio su tela, 200x340 cm. Banca nazionale greca. Foto: GreeceIs.com

La parola "ellenismo" trasmette concetti diversi in tempi diversi nel corso della storia cristiana. Nel primo millennio significava costantemente "paganesimo". San Basilio usa la parola "ellenico" per significare "idolatra". Questo era un periodo in cui l'identità era basata principalmente sulla fede. Quando l'Impero Romano d'Oriente si disintegrò, gli ultimi imperatori aggiunsero al loro titolo la frase "degli elleni", oltre alla frase "dei romani". Gemisto Pletone, un filosofo tardo bizantino (pagano) che morì intorno al 1453, fu tra i primi a "ravvivare" l'idea di un gruppo nazionale/culturale greco moderno come oggi noi intendiamo i greci. Tuttavia, egli rifiutò il cristianesimo adottando un'identità neo-pagana; prima di questo, essere greco (come noi intendiamo l'identità ellenica) significava essere: un cittadino romano, un cristiano ortodosso e uno che parlava greco, oltre alla propria lingua madre (armeno, turco, bulgaro, ecc.).

Con l'avvento dell'Impero Ottomano, i cui imperatori mantennero nel loro titolo la frase "dei romani", fu stabilito il sistema del "millet" – la classificazione della società in vari gruppi religiosi che costituivano il pilastro della loro identità. Nella parte cristiana ortodossa del millet "romano" c'erano greci, serbi, bulgari ecc., E parlavano di se stessi come "romani" e venivano a loro volta chiamati "romani" dai turchi. La conversione dal cristianesimo ortodosso all'islam significava l'adozione di un'identità turca e, per i nostri intenti e scopi moderni, la fusione nella nazione turca. Questo è esattamente il motivo per cui oggi, nella Turchia occidentale, la maggior parte dei turchi appare (e si comporta) alla maniera europea, cioè greca, poiché discende dai greci che in varie fasi storiche adottarono l'islam. C'erano anche gruppi "intermedi", come i "cripto-cristiani", che esternamente praticavano l'islam pur mantenendo un cristianesimo ortodosso "sotterraneo" in chiese segrete con clero segreto. Altre forme di "millet" erano quello ebraico e quello armeno, per i cristiani monofisiti armeni.

La lingua, in questo contesto religioso, era secondaria. Sono esistiti fino al XX secolo villaggi greco-ortodossi di lingua turca in Anatolia, in cui il turco era scritto in caratteri greci e le letture dalle Sacre Scritture erano lette alle funzioni nel loro dialetto turco, o Karamalídika. E più tardi, sono esistiti musulmani di lingua greca in luoghi come la Tracia e Creta. Questi erano precedentemente cristiani greco-ortodossi che avevano abbracciato l'islam per lo status, la ricchezza e l'influenza che derivavano dalla conversione. Il fatto che la lingua non si sia tradotta immediatamente in identità nazionale non è un fenomeno orientale: i francesi della Lorena parlavano tedesco e gli irlandesi ancora oggi parlano inglese. In Asia, il giapponese è scritto in caratteri cinesi. Torneremo di seguito sulla questione del linguaggio come una delle principali fonti di identità (l'altra è la fede).

Durante i movimenti nazionalisti iniziati dal XVIII secolo, i vari gruppi etnici balcanici cospirarono contro l'Impero Ottomano. Rivoluzionari come Rigas Ferraios immaginavano una "rinascita" dell'Impero Romano: una Federazione cristiana ortodossa che si estendeva dalla Moldova attraverso la costa dalmata e giù per la penisola balcanica fino alla Grecia e a est fino all'Anatolia, inclusi Siria, Egitto e Terra Santa - la cui capitale sarebbe stata Costantinopoli. Questo sarebbe stato un impero "multiculturale" e "multietnico" in cui molti popoli sarebbero coesistiti come a Bisanzio, con i fattori comuni di fede, cittadinanza e lingua.

Si erano verificate varie rivolte contro i turchi, come la rivolta di Orlov e la prima rivolta serba. Il successo arrivò quando le tendenze nazionalistiche furono lasciate da parte. Sebbene quella che oggi definiamo la "Rivoluzione greca del 1821" ebbe inizio a Iași, in Romania, come "scintilla" di una rivolta pan-balcanica, il risultato finale fu che si ribellarono solo coloro che vivevano in quella che divenne la Grecia moderna. Ripiegando sulle loro tendenze insulari, sulla gelosia, gli intrighi e l'egoismo, i greci si divisero rapidamente in fazioni e procedettero a una serie di guerre civili che furono combattute consecutivamente nel decennio successivo alla rivoluzione del 1821 e prima che la Grecia diventasse un'entità sovrana nel 1831. Di conseguenza, solo l'intervento delle grandi potenze, alla fine, permise l'istituzione di un regno greco, e la sua libertà e protezione contro l'Impero Ottomano furono garantite. Garantite da chi? Dalle grandi monarchie cristiane dell'epoca: Russia, Regno Unito, Austria e Francia.

Non tutti i rivoluzionari greci parlavano greco; molti parlavano arvanítika [albanese, ndt] - come Markos Botsaris – o vlach [valacco=romeno, ndt], o anche turco. La conoscenza del greco o la sua mancanza non implicava la non inclusione nel corpo di coloro che oggi conosciamo come greci. Il governo greco all'inizio del XX secolo si impegnò in una massiccia campagna di "rieducazione" che portò alla quasi estinzione dell'arvanítika in luoghi come Kranidi (dove io sono stato ordinato), Idra, Egina e Tebe.

Il risultato finale di questa campagna, tuttavia, è stata un'uniformità in termini di identità secondo il modello nazionalista europeo, che dice: Essere X significa parlare X. Questo concetto che l'identità derivi esclusivamente dal linguaggio, naturalmente, è estraneo al concetto di identità romano orientale (e successivamente ottomano) in cui l'identità si basa principalmente sulla fede comune. Aléxandros Papadiamántis, "il santo della lettatura greca", nei suoi racconti, registra le ultime vestigia di una tale società. La prova di ciò è, nel contesto prevalentemente greco, l'apparizione di arvaniti o turchi o slavi convertiti, che con i loro dialetti, detti e costumi arricchiscono il mondo ellenico. Tale influenza, che funziona in più modi, è vista in persone come il dottore bavarese filelleno Vilhem Vild († 1899), che "adottò" le "strane maniere dei greci", vivendo tra loro a Skiathos per oltre cinquant'anni, giunto dal Regno di Baviera in Grecia da giovane per combattere nella fase successiva della guerra rivoluzionaria.

Il concetto di identità dei Romani d'Oriente passò bene ai russi che, durante il periodo dell'Impero Russo, convertirono e amalgamarono molte tribù e popoli - finnici, turchi e altri - nell'Impero Russo attraverso l'attività missionaria. Oltre all'adozione e al mantenimento dei simboli di stato bizantini (aquila bicipite) e dei titoli (tsar), questo sforzo per unire un impero sulla base della fede è l'eredità romana d'Oriente che visse all'interno dell'Impero Russo. È per questo motivo che il patriarca Nikon di Mosca disse: "Sebbene io sia russo e figlio di un russo, la mia fede e la mia religione sono greche".

L'ellenismo è ecumenicità, nel senso che molti popoli possono essere innestati su un singolo corpo. Questa è l'identità romana, l'identità ortodossa, che troviamo viva ed esemplificata in autori come il già citato Papadiamántis. Eppure Papadiamántis è saldamente all'interno di quella che può essere definita la "tradizione cristiana europea" insieme ad altri scrittori come Cekhov, Dickens, Dostoevskij e Chesterton. Nella sua originalità, quindi, l'ellenismo non è isolato, è estroverso e fiducioso nel suo contatto con altre culture e civiltà. Eppure, conserva e mantiene la Tradizione così come è stata tramandata di generazione in generazione.

Tuttavia, concludiamo le nostre attuali riflessioni davanti a una serie di domande che inevitabilmente sorgono: in quali condizioni si trova l'ellenismo oggi? Cosa fa il presunto "guardiano" dell'identità cristiana ellenica (cioè la Chiesa greco-ortodossa, il Patriarcato di Costantinopoli) per preservare e trasmettere l'eredità romana d'Oriente? Ed è il veicolo appropriato per condurre questa trasmissione? Cosa ha veramente dato ai greci negli ultimi cento anni? A queste domande verrà data risposta a breve...

 
Ieromonaco Giovanni (Guaita): speriamo che la dichiarazione tra il Papa e il Patriarca non rimanga un insieme di parole vuote

Il nostro confratello ieromonaco Giovanni (Guaita) è uno dei collaboratori del Dipartimento delle relazioni ecclesiastiche esterne del Patriarcato di Mosca: lo abbiamo già presentato sul nostro sito il 27 novembre 2012. In questi giorni il portale Pravmir ha chiesto a padre Giovanni alcune osservazioni sul recente incontro ecumenico di Gerusalemme: le presentiamo nell’originale russo e in traduzione italiana nella sezione “Confronti” dei documenti.

 
Sulla vita in gabbia, la perizia giudiziaria e la tempestività della SBU: come processano il personale dell'Unione dei giornalisti ortodossi

il giornalista ortodosso Andrej Ovcharenko in tribunale. Foto: Unione dei giornalisti ortodossi

Il dipendente dell'Unione dei giornalisti ortodossi Andrej Ovcharenko, detenuto per tre mesi, ha parlato di ciò che deve sopportare una persona caduta nelle mani del sistema giudiziario ucraino.

Il membro dello staff dell'Unione dei giornalisti ortodossi Andrej Ovcharenko ha condiviso i dettagli dell'ultima sessione del processo ai giornalisti ortodossi.

Andrej ha scritto il testo mentre si trovava nel centro di detenzione di Lukjanivka e lo ha trasmesso all'Unione dei giornalisti ortodossi tramite il suo avvocato.

Sulla preparazione al processo

Un imputato deve avvicinarsi all'udienza del tribunale preparato sia mentalmente che fisicamente. A questo lavorano l'amministrazione del centro di custodia cautelare e il sistema logistico dei convogli – sia la polizia che, nel nostro caso, la SBU.

Nel centro di detenzione sei avvisato dell'udienza in tribunale la sera prima, a volte a tarda notte. Intorno alle 8 o alle 9 ti viene comunicato: "Ovcharenko, in tribunale, 10 minuti". Ciò significa che sarai prelevato tra circa 30 minuti. O 40. O 50.

Innanzitutto si finisce nelle "scatole", piccole stanze di circa 1,5-2 x 2,5 metri, fortemente profumate dall'odore di tabacco, dove hai la possibilità di chiacchierare con altri detenuti per circa un'ora o un'ora e mezza.

Quindi sarai stipato ergonomicamente in un furgone della prigione. Di solito ci sono alcuni stand singoli e uno per tre persone, dove spesso ce ne sono quattro. Quindi sei trasportato in tribunale.

i giornalisti dell'Unione dei giornalisti ortodossi e l'arciprete Sergej Chertylin in tribunale

Una volta, io e altri detenuti siamo stati portati al tribunale distrettuale Shevchenkivskij di Kiev invece che al tribunale Solomjanskij, dove si sta esaminando il nostro caso. Si è scoperto che questo era solo una parte della logistica: dovevamo aspettare lì prima di essere portati a Solomjanskij.

Sono rimasto seduto nei palchi con i miei compagni di Lukjanivka per 6 ore. Gli altri sono stati sfortunati: la loro udienza è stata rinviata. Io sono stato più fortunato: la mia seduta ha avuto luogo. Ma per assistervi dovevo prima tornare al centro di detenzione, dove venivano riportati gli sfortunati, poi a Solomjanskij, e poi sedermi lì nelle scatole, anche se non per molto, al massimo un'ora.

Quando mi è stato chiesto perché non potevo essere prelevato dal centro di detenzione dopo il ritorno dei detenuti del "Shevchenkivskij", la scorta ha sorriso in modo disarmante: "Come facevamo a saperlo?!"

Questa volta sono stato ancora più fortunato: siamo stati portati direttamente al tribunale Solomjanskij situato in via Shutova. Inoltre, io e i miei "complici" abbiamo avuto anche il tempo di parlare, rinchiusi in una scatola per sei ore prima dell'udienza.

A proposito, non tutte le scatole sono uguali. In via Shutova sono piccole celle di meno di un metro per metro, dove ci si può sedere su una piccola panchina o stare in piedi, preferibilmente senza muoversi, per evitare lesioni. Per esempio, in un altro edificio del tribunale Solomjanskij situato in via Kryvonosa, i palchi sono spaziosi, con più posti e con ampie panche. Col tempo, inizi a capire e puoi unirti in modo più esperto alla conversazione nel centro di detenzione: "Oh, quindi andrai a Kryvonosa? Bene, stai vivendo alla grande, congratulazioni!"

Andrej Ovcharenko in tribunale

Quel giorno siamo stati sfortunati solo in una cosa: al termine della sessione, siamo stati riportati al centro di detenzione dopo le 22, quando molti membri del personale erano già tornati a casa. Pertanto siamo stati portati quasi immediatamente nelle nostre celle. Di solito, al ritorno, i detenuti hanno l'opportunità di sedersi nei palchi locali e condividere le proprie impressioni per un'ora, due o anche tre.

Sulla perizia giudiziaria

Se non fosse per la mia ferma convinzione nell'infallibilità del sistema giudiziario ucraino, sospetterei che la decisione sul nostro caso fosse già stata presa dalla sede della SBU. E tutto ciò che accade in aula è solo una mera formalità.

Ciò nonostante, tutto era molto fastidioso per il giudice Dmitrij Kratko. Per lui la seduta diveniva quasi "particolarmente grave", come le accuse mosse contro di noi. Ogni movimento, ogni affermazione della difesa lo colpiva in modo devastante. Dopotutto, ciascuno di essi era sostenuto da una norma specifica del Codice di procedura penale, dalla Costituzione e dalla prassi della Corte europea dei diritti dell'uomo.

Ma per sua fortuna il giudice disponeva di uno scudo potente che ha usato abilmente: secondo lui è lui stesso l'autorità principale della seduta. Ciò significa che sa interpretare al meglio qualsiasi circostanza dell'udienza. Se al processo non sono presenti tutti gli imputati o i loro difensori, la colpa è loro. Se un imputato rimane senza avvocato, si difenda da solo. Se un imputato non si sente bene dopo dieci ore in gabbia, può andare a riposare, nessuno lo trattiene, prenderemo una decisione senza di lui.

E tutte queste norme e leggi sono solo un fastidioso rumore bianco. Guardate, il procuratore Igor' Rula se la cava senza di loro, dice solo una parola e tu gli credi subito, senza alcun codice di procedura penale.

Sulle richieste all'Universo

Ci sono stati, infatti, momenti difficili per Kratko quando la difesa ha astutamente creato un'intera rete di norme legislative per intrappolare il giudice. Poi prendeva il suo smartphone e toccava febbrilmente lo schermo, come se inviasse una richiesta all'Universo. Allo stesso tempo, anche il rappresentante della SBU, che invariabilmente era presente a ogni sessione, sembrava risolvere il problema, approfondendo i suoi messaggi telefonici. L'Universo rispondeva immancabilmente: entro mezzo minuto, il giudice, con il volto illuminato, respingeva un'altra argomentazione della difesa.

Ha anche respinto le mozioni di ricusazione del pubblico ministero ed è riuscito a respingere diverse mozioni di ricusazione se stesso. "La difesa sta abusando dello strumento delle mozioni", ha spiegato.

Il'ja Serafimov, avvocato di Andrej Ovcharenko

Su cosa serve per la difesa

Una volta terminati i dibattiti principali, Kratko ha avviato una conversazione quasi accorata con gli imputati.

"Quali azioni investigative le mancano per dimostrare la sua innocenza?", ha chiesto.

"Innanzitutto, almeno alcuni interrogatori", ho risposto. "Siamo dietro le sbarre da tre mesi e non siamo stati nemmeno interrogati. In secondo luogo, qui non c'è assolutamente nulla da dimostrare. Tutto ciò di cui abbiamo bisogno è un giudice adeguato che presti almeno un'attenzione minima al testo del sospetto emerso dalle indagini. Se un qualsiasi avvocato o semplicemente una persona ragionevole (e supponiamo che non nominino degli sciocchi come giudici) leggesse semplicemente questo sospetto e qualsiasi testo citato dell'Unione dei giornalisti ortodossi, vedrebbe che non c'è nemmeno un accenno di crimine. Non c'è una sola parola su come io o gli altri sospettati collaboriamo con la Russia, il Cremlino o Putin; niente screenshot o stampe di conversazioni con un tenente, colonnello o generale dell'FSB. Ma come può un giudice, durante una breve udienza in tribunale o 20 minuti nell'aula delle deliberazioni, studiare anche solo parzialmente quelle oltre 700 e più pagine scarabocchiate nel sospetto? Soprattutto quando un investigatore della SBU entra nella stanza dopo di lui!?"

A queste parole il giudice ha sussultato leggermente, ma ciò non ha rovinato il momento commovente generale. Né lo hanno rovinato i membri della squadra dell'investigatore della SBU Oleg Savenko, che hanno fumato per ore sotto le finestre, aspettando proprio come noi la decisione del tribunale.

l'investigatore della SBU Oleg Savenko

Sulle abilità sovrumane della SBU

La mattina dopo hanno dimostrato una prontezza fenomenale. Non appena il giudice ha annunciato la decisione e ha lasciato l'aula, Savenko e i suoi colleghi sono entrati, portando voluminose cartelle piene di documenti.

Si è scoperto che si trattava di copie di una nuova mozione per estendere la nostra detenzione. Per archiviare la cosa si è dovuto attendere la decisione di estendere gli atti investigativi.

Dopo aver ascoltato la decisione di Kratko, sono riusciti a studiarla immediatamente, a redigere la loro nuova mozione basata su di essa, a stampare più di 700 pagine per ciascun sospettato e al suo avvocato difensore e a farla firmare dall'investigatore e dal pubblico ministero. Tutto questo nel giro di un minuto, se così fosse.

Con tali capacità, qualsiasi cinico crederebbe che le fondamenta della sicurezza nazionale dell'Ucraina, che noi siamo sospettati di indebolire, siano in mani affidabili.

 
Portavoce della Chiesa ortodossa ucraina – sui chierici della "Chiesa ortodossa dell'Ucraina" dopo il loro ritorno alla Chiesa canonica

l'arciprete Nikolaj Danilevich, vicedirettore del Dipartimento per le relazioni ecclesiastiche esterne della Chiesa ortodossa ucraina. Foto: screenshot del video del canale YouTube "Primo cosacco"

L'arciprete Nikolaj Danilevich ritiene che il clero che è partito per la "Chiesa ortodossa dell'Ucraina" possa tornare alla Chiesa ortodossa ucraina per fornire assistenza pastorale al gregge di lingua ucraina orientato verso l'Occidente.

Il vicedirettore del Dipartimento per le relazioni ecclesiastiche esterne della Chiesa ortodossa ucraina, l'arciprete Nikolaj Danilevich, nel programma "Diritto alla fede" sul canale YouTube "Primo cosacco", ha detto che ritiene possibile che il clero partito per la "Chiesa ortodossa dell'Ucraina" torni alla Chiesa canonica, nella quale potevano continuare a fornire una guida spirituale al loro gregge di lingua ucraina orientato all'occidente.

Il sacerdote ritiene che la Chiesa in Ucraina non abbia ancora superato la prova dell'universalismo, dopo la quale il gregge non si sarebbe diviso per questioni linguistiche o politiche. "Loro (i sacerdoti caduti nello scisma, ndc) devono far parte della nostra Chiesa, perché facevano parte della nostra Chiesa ma si sono allontanati da noi. Loro, nel quadro di un'unica Chiesa, sarebbero impegnati nella cura pastorale della parte della popolazione di orientamento filo-occidentale, per  così dire", ha osservato padre Nikolaj. "Devono tornare nella nostra Chiesa per salvarne almeno alcuni".

Il portavoce della Chiesa ortodossa ucraina ritiene che forti centri geopolitici al di fuori dell'Ucraina stiano facendo a pezzi il paese e questo può continuare fino a quando non salirà al potere una forte élite politica, che difenderà gli interessi del popolo e dell'Ortodossia canonica.

Come ha riferito l'Unione dei giornalisti ortodossi, secondo il suo portavoce, la Chiesa ortodossa ucraina unisce il Paese grazie alla sua posizione centrista.

 
Il Donbass al centro di un conflitto di civiltà... e di fede

Mentre le guardie di frontiera di Lugansk abbandonano i loro posti e si parla di 150 chilometri di confine aperto tra Ucraina e Russia, attraverso i quali poter portare a termine operazioni umanitarie, come l'evacuazione dei bambini di Slavjansk, vediamo il primo "successo" militare dell'Ucraina indipendente: la prima cattura di una cittadina di meno di 30.000 abitanti, Krasnij Liman. Risultato: esecuzione immediata sul posto di 37 tra combattenti feriti e civili ricoverati nell'ospedale ferroviario locale, oltre ad almeno una persona del personale ospedaliero. La democrazia e l'integrazione europea avanzano di pari passo con il nobile concetto di tutela dell'integrità territoriale, di fronte ai quali evidentemente anche crimini di guerra di questa portata sono poca cosa. Cosa succederà alle altre città se faranno la stessa fine? A Krasnij Liman si sono già visti: irruzioni in case civili, confische di beni privati, uccisioni e stupri a caso,  deportazione di tutti gli uomini in età militare... la strada verso la "democrazia" non si cura di simili ostacoli.

Forse la notizia più sconvolgente (e che per questo NON vi sarà data dai media asserviti) è che è finita anche la pazienza dei minatori del Donbass. La marcia di 3000 manifestanti a Donetsk mercoledì 4 giugno segna la fine della neutralità dei lavoratori del bacino minerario, che fino a questo punto avevano scelto di non partecipare ad azioni antigovernative.

Ma la cosa che meglio sottolinea la portata epocale di questo conflitto di civiltà è il suo carattere di guerra di religione, o forse meglio, di guerra alla religione (e ovviamente, scordatevi pure un cenno a questa notizia sui media dell'Occidente libero...). Il ministro degli esteri russo Sergej Lavrov (nella foto) ha accennato in un articolo di Sedmitza.ru che la Russia sta tornando ai valori spirituali tradizionali, radicati nell'Ortodossia, e questo è uno dei motivi per cui l'Occidente si sta allontanando da lei, e cerca di imporre una scala occidentale di valori, sempre più distaccata dalle proprie radici cristiane e sempre meno sensibile ai sentimenti religiosi delle persone di altre fedi.

 
I sospetti in Ucraina: il carcere o un viaggio a Copenaghen

foto: Unione dei giornalisti ortodossi

I giornalisti ortodossi finiscono in carcere nonostante le ridicole prove contro di loro. Che tipo di crimine bisogna commettere per ottenere gli arresti domiciliari o addirittura partire per Copenaghen?

Nell'articolo "Tre mesi di assurdità e tortura dei giornalisti dell'Unione dei giornalisti ortodossi: per cosa?" abbiamo analizzato a fondo le prove contro padre Sergej Chertylin e i giornalisti ortodossi Valerij Stupnitskij, Andrej Ovcharenko e Vladimir Bobechko. Sono accusati di partecipazione a un'organizzazione criminale, di giustificazione e negazione dell'aggressione armata russa e di tradimento. La pena massima per queste accuse è l'ergastolo. Per inciso, la minaccia dell'ergastolo per i giornalisti è stata esplicitamente menzionata nella dichiarazione della SBU del 12 marzo 2024, quando sono stati arrestati. Le "prove" dei loro "crimini" consistono principalmente in notizie sul sito web dell'Unione dei giornalisti ortodossi. Nei fascicoli non ci sono né contatti con "curatori russi", né trasferimenti di denaro, né ricezione di ordini o cose del genere. I giornalisti sono accusati di riferire su sequestri di chiese, dichiarazioni pubbliche o altri eventi in campo religioso. Tutto ciò è classificato come incitamento all'odio religioso e al tradimento.

Tuttavia, in Ucraina, ci sono persone che, durante le indagini, sono state poste agli arresti domiciliari (di notte o 24 ore su 24), rilasciate su cauzione o a cui sono state inflitte altre misure restrittive non detentive per la durata delle indagini. Diamo un'occhiata e vediamo per quali reati i tribunali prevedono tali misure. Di seguito sono riportati solo alcuni esempi; in realtà di casi del genere ce ne sono decine, se non di più.

Furto di cibo delle Forze armate ucraine

Padre Sergej Chertylin rimane in un centro di custodia cautelare senza diritto alla cauzione. La corte ha ripetutamente respinto le istanze dei suoi avvocati e lo ha tenuto dietro le sbarre. È stato arrestato mentre trasportava denaro per pagare un veicolo per le Forze armate ucraine. Di contro, c'è una persona sospettata di appropriazione indebita di denaro delle Forze armate ucraine. Non un veicolo, nemmeno due veicoli, ma 58 milioni di grivnie.

Questa persona è il colonnello Aleksandr Kozlovskij, ex capo del dipartimento centrale di approvvigionamento alimentare del comando logistico delle Forze armate ucraine. Durante i due anni di guerra su vasta scala con la Russia, ha acquistato più di 50 terreni, un'auto d'élite e un appartamento nella capitale. A differenza di quelli che raccolgono donazioni dai parrocchiani poveri per le Forze armate ucraine, questo avviene su una scala molto più ampia. Secondo la pubblicazione "I nostri soldi", i diritti di proprietà sulla maggior parte dei terreni sono intestati alla suocera e al suocero di Kozlovskij, l'auto è intestata a sua figlia, una studentessa dell'Istituto militare Shevchenko. Nel marzo 2023 è stato acquistato un appartamento di 158 metri quadrati a Kiev, dove ora risiede Kozlovskij. È stato riferito che il piano di appropriazione indebita di fondi è stato istituito anche prima dell'invasione su vasta scala da parte della Russia. Dopo l'invasione, nel giro di poco più di un anno, il Ministero della difesa ha trasferito 171 milioni di grivnie alle società controllate da Kozlovskij. Di questo importo, la società della moglie di Kozlovskij "Eco Trade Ukraine" ha ricevuto 113 milioni di grivnie e le società dei suoceri hanno ricevuto 58 milioni di grivnie.

Considerando le somme di denaro in gioco così ingenti, il sospettato può esercitare pressioni su testimoni, investigatori o addirittura scomparire? Questa è una domanda retorica. Tuttavia, l'Ufficio investigativo statale (SBI) non richiede nemmeno la sua detenzione senza possibilità di cauzione. Invece, fissa la cauzione a 60 milioni di grivnie. Il tribunale più giusto del mondo, durante la sessione del 25 marzo 2024, ha rimandato Aleksandr Kozlovskij a casa nel suo appartamento di 158 metri quadrati dietro una cauzione di soli 6 milioni di grivnie. Questo è per una persona sospettata di appropriazione indebita di 58 milioni di grivnie! Una persona sospettata di privare i soldati del cibo! Cosa potrebbe esserci di più cinico? Vale la pena notare che durante le udienze in tribunale sull'allentamento delle misure preventive per i giornalisti ortodossi non è stato loro permesso nemmeno di ricevere una bottiglia d'acqua.

Furto di munizioni delle Forze armate ucraine

Il 27 gennaio 2024 sul canale Telegram della SBU è apparso un messaggio: "Il servizio di sicurezza dell'Ucraina, con l'assistenza del Ministero della difesa, ha smascherato funzionari del Dipartimento della difesa e dirigenti dell'Arsenale di Leopoli che hanno rubato quasi 1,5 miliardi di grivnie sull'acquisto di munizioni".

Consideriamo attentamente questa cifra: 1,5 miliardi di grivnie! Non si tratta solo di 58 milioni, come nell'esempio precedente. La SBU fornisce anche alcuni dettagli del progetto: "...nell'agosto 2022, i funzionari hanno firmato un contratto per l'acquisto di un lotto all'ingrosso di proiettili di artiglieria con il fornitore di armi 'Arsenale di Leopoli'. Quindi il Ministero della Difesa ha trasferito l'intero importo previsto nel documento firmato sui conti della società. Dopo aver ricevuto i fondi, la direzione della società ha trasferito parte del denaro sul conto di un'entità commerciale straniera, che avrebbe dovuto consegnare le munizioni ordinate all'Ucraina è stato inviato nel nostro paese, e il denaro ricevuto è stato incanalato nell'ombra, trasferito sui conti di un'altra struttura affiliata nei Balcani." Proprio così!

Se ai soldati in prima linea viene rubato il cibo, vuol dire che vanno a comprarlo con i propri soldi nei paesi vicini. Ma se le loro munizioni venissero rubate? Inoltre, munizioni per un valore di 1,5 miliardi di grivnie! Ciò significa che rimangono indifesi contro il nemico! Ciò significa che molti di loro sono morti semplicemente perché aspettavano bombe che non sono mai arrivate. Questo è un vero crimine! È qui che sta il vero tradimento!

E quale misura preventiva credete che la corte abbia scelto per i dirigenti dell'Arsenale di Leopoli? Per il direttore Jurij Zbitnev, l'Alta Corte anticorruzione ha scelto gli arresti domiciliari, e nemmeno 24 ore su 24, ma solo dalle 24:00 alle 8:00. E per la persona coinvolta in questo caso, del Ministero della Difesa, l'ex capo del Dipartimento degli armamenti e dell'equipaggiamento militare Oleksandr Liev, la corte non ha scelto alcuna misura preventiva.

Stupro di gruppo

L'Ucraina sta indagando su decine di importanti scandali di corruzione che coinvolgono somme multimilionarie, in cui i sospettati vengono mandati agli arresti domiciliari o rilasciati su cauzione. E gli importi della cauzione sono spesso molto inferiori al denaro di cui gli imputati sono sospettati di appropriazione indebita. Ma ecco un esempio di un caso diverso.

Il 6 maggio 2023, a Cherkassy, tre uomini, due dei quali erano agenti di polizia, hanno violentato una minorenne. A proposito, perché l'intera polizia ucraina non viene accusata di pedofilia su questa base? Perché non approvano leggi anti-polizia? Bene, continuiamo. I sospettati sono stati arrestati, portati in tribunale per scegliere una misura di restrizione e il tribunale ha mandato tutti e tre agli arresti domiciliari. Ciò nonostante il fatto che la parte 3 dell'articolo 152 del codice penale ucraino reciti: "Stupro di un minore commesso da un gruppo di persone" prevede fino a 12 anni di reclusione. Ciò nonostante il fatto che, in base alla pratica dei casi di stupro, molto spesso gli indagati esercitano pressioni sulla vittima, e talvolta la minacciano specificamente, chiedendole di dichiarare che tutto era consensuale.

Ma questa è un'altra questione rispetto al giornalismo e al fare notizia!

Copenhagen invece del carcere

E infine, la storia promessa su Copenaghen. Il 1 febbraio 2023, è stato arrestato un ex dipendente del Dipartimento di politica agraria della RMA di Odessa, Sergej Chukhriy. È stato colto in flagrante mentre riceveva una tangente di 40.000 dollari USA. In totale, secondo l'indagine, il funzionario ha chiesto all'impresa "AP Trading Ukraine" 60.000 dollari per una decisione positiva sulla questione dell'affitto di terreni di 4 ettari e 1 ettaro sulla costa del Danubio nella città di Reni, nella regione di Odessa.

Recentemente, Sergej Chukhriy ha pubblicato un post in cui si vanta che andrà a Copenaghen per assistere ad un concerto dei Metallica.

Nel frattempo, sullo sfondo dell'intensificata mobilitazione in Ucraina, l'ex funzionario scrive sarcasticamente: "Farò il renitente alla leva..." Non sappiamo quale misura preventiva, se ce n'è stata, la corte abbia scelto per lui, e certamente non sappiamo come sia finito all'estero. Ma resta il fatto: una persona colta in flagrante con una tangente di 40.000 dollari va a Copenaghen per un concerto, mentre i giornalisti ortodossi, il cui unico crimine è stato quello di riferire fatti realmente accaduti, sono dietro le sbarre da oltre tre mesi.

Dov'è la giustizia per tutti? Perché alcuni sono incarcerati mentre altri finiscono a Copenaghen? La colpa dei giornalisti ortodossi è maggiore di quella di Sergej Chukhriy, Aleksandr Kozlovskij, Jurij Zbitnev e tanti altri sospettati?

Conclusioni

Lasciamo che ognuno tragga le proprie conclusioni da quanto sopra. Sarebbe ancora meglio se investigatori, pubblici ministeri e giudici si vergognassero di questa spaventosa ingiustizia, di cui abbiamo presentato alcuni esempi, e rilasciassero gli innocenti permettendo loro di tornare a casa.

 
Lo scopo della creazione della "Chiesa ortodossa dell'Ucraina" è la distruzione dell'Ortodossia

il vice capo del Dipartimento per le relazioni ecclesiastiche esterne del Patriarcato di Mosca, l'arcivescovo Leonid di Vladikavkaz e dell'Alania. Foto: mospat.ru

Il progetto politico della "Chiesa ortodossa dell'Ucraina" mira non solo ad indebolire la Chiesa ortodossa russa, ma anche alla divisione dell'intero mondo ortodosso, ha detto l'arcivescovo Leonid (Gorbachev).

La creazione della "Chiesa ortodossa dell'Ucraina" è l'inizio di un progetto politico, il cui obiettivo a lungo termine è la distruzione dell'Ortodossia, ha affermato in un rapporto il vice capo del Dipartimento per le relazioni ecclesiastiche esterne del Patriarcato di Mosca, l'arcivescovo Leonid di Vladikavkaz e dell'Alania. Il rapporto è pubblicato sul sito del Dipartimento.

L'arcivescovo ha sottolineato che nella creazione della "Chiesa ortodossa dell'Ucraina" come progetto politico, il capo del Fanar "ha fatto affidamento sulle strutture del potere statale americano". I funzionari americani non hanno nascosto la loro partecipazione al progetto e hanno dichiarato pubblicamente il loro sostegno.

"Pertanto, considerare che si tratta di una questione puramente ecclesiastica significa chiudere gli occhi su una realtà del tutto ovvia", ha osservato l'arcivescovo Leonid.

Secondo il vice capo del Dipartimento per le relazioni ecclesiastiche esterne del Patriarcato di Mosca, il riconoscimento della "Chiesa ortodossa dell'Ucraina" da parte dell'una o dell'altra Chiesa locale è solo un obiettivo tattico per i curatori del progetto.

"Tuttavia, a lungo termine, l'obiettivo del progetto è distruggere l'Ortodossia", ha sottolineato. "Le vittorie, che ora possono essere percepite come tali, saranno ottenute a un prezzo esorbitante. E le amare conseguenze dello scisma in atto ora influenzeranno la vita dell'intera Chiesa ortodossa per molti anni, forse per decenni, a venire".

Una di queste conseguenze e frutto della politica miope del Fanar è la trasformazione della basilica di Santa Sofia in una moschea, ha osservato l'arcivescovo.

"Esprimo la mia ferma speranza che lo scisma nell'Ortodossia mondiale, avviato da forze politiche esterne ostili alla Chiesa di Cristo, non durerà a lungo", ha riassunto il gerarca. "Oggi dobbiamo tutti fermarci, pensare seriamente a ciò che sta accadendo e agire non per volere di funzionari secolari d'oltremare, ma come ci suggeriscono lo Spirito Santo, la nostra coscienza cristiana e i sacri canoni della madre Chiesa".

Come riportato, la "Chiesa ortodossa dell'Ucraina" ha invitato i partner internazionali a impedire la cancellazione della ridenominazione della Chiesa ortodossa ucraina.

 
Raccolta fondi per le vittime delle ostilità nel Donbass

L'arciprete Alexey Yastrebov (nella foto), parroco della chiesa delle Sante Donne Mirofore a Venezia, ha organizzato una raccolta di fondi per le vittime delle azioni militari nel sud-est dell'Ucraina, soprattutto nel Donbass. Padre Alexey si sta adoperando per far arrivare gli aiuti nel modo più possiibile mirato, attraverso il fondo internazionale «Справедливая Помощь» ("Giusto aiuto", www.doctorliza.ru/) diretto dalla dott. Elizaveta Glinka. Questo canale permette la sicurezza che tutti gli aiuti inviati saranno utilizzati solo per scopi umanitari.

Gli aiuti possono essere inviati direttamente al fondo internazionale (tramite il link sopra indicato), oppure al conto intestato alla Parrocchia delle Sante Donne Mirofore:

Conto Corrente: 462991/39

COORD IBAN: IT82I0533602006000046299139

Banca: «Banca Popolare Friuladria»

Filiale: 0328 - Mestre - Via Piave

ABI: 05336

CAB: 02006

Codice SWIFT (BIC) BPPNIT2P328

 
L'arcivescovo Elpidophoros contro i santi Padri sull'americanismo

L'arcivescovo Elpidophoros dell'Arcidiocesi greca d'America è il campione indiscusso di azioni autolesioniste. La sua enciclica del 2024 per il 4 luglio è l'ultima di una lunga serie di tali azioni. Ci sono punti notevoli in cui è in contrasto sia con la storia che con il giudizio dei santi della Chiesa ortodossa.

'Il 4 luglio è il nostro compleanno nazionale...'

Falso. Come abbiamo già sottolineato in precedenza, la separazione dall'Impero Britannico ha prodotto tredici nuove nazioni, non una. Ora ci sono 50 nazioni, invece di 13.

'...per celebrare la Dichiarazione d'Indipendenza, un documento davvero straordinario che ogni americano dovrebbe leggere ogni anno in questa data'.

In realtà siamo d'accordo con sua Eminenza su questo punto. La Dichiarazione è "davvero notevole", ma non in senso positivo. Il santo Padre sant'Atanasio Parios (+1813) demolisce i concetti osannati in quel trattato politico macchiato dall'Illuminismo, come la libertà individuale e l'uguaglianza.

Della libertà, dice,

...Non accetto che le persone nascano libere (indipendenti) nel mondo. Al contrario, sostengo e dimostrerò che non esiste tale libertà nel mondo: le persone nascono e vivono nel mondo come "schiave" (dipendenti) in molti modi.

– Le persone sono "schiave" di Dio, proprio come il resto della creazione. Che le persone siano "schiave" è così vero, che quando sono ignoranti del loro Creatore e non eseguono i suoi comandamenti, vengono punite anche per l'eternità. Infatti, questa punizione non si applica a nessun'altra creatura tangibile, perché solo le persone si distinguono da tutte le altre, poiché hanno la ragione e sono state adornate con il dono dell'autonomia, quindi diventano volontariamente servi malvagi e senza valore e disobbedienti agli ordini del loro padrone.

– Perciò, coloro che proclamano con le parole e decidono in conformità alla legge che gli uomini nascono liberi sono ignoranti e stolti. Coloro che la pensano così sono tra la mandria dei seguaci di Epicuro. Sono atei e credono che l'anima sia mortale. Sono apostati delle rivelazioni divine, ribelli alla grandezza di Dio stesso, meritevoli di odio e disprezzo da parte di tutta la creazione, come nemici di Dio, Creatore e Signore di tutto. Quindi qui abbiamo una via di "schiavitù" (dipendenza) che è necessaria e inevitabile, perché è impossibile per la creatura rinnegare il proprio Creatore, per il formato il proprio Artefice, per il causato la propria Causa. Dopo tutto, chi è così ignorante da non sapere che le parti costitutive dell'uomo sono due, cioè il corpo e l'anima? E che l'anima razionale è quella che governa il corpo, cioè la parte irrazionale, e lo fa muovere dove e come vuole? Quindi c'è qualcuno che non sa e non accetta questa verità, che è nota anche ai gentili? Basta una piccola osservazione perché tutti possano localizzarla nella propria coscienza.

... – Quando ci imbattiamo in un altro tipo di "schiavitù", la dipendenza dal corpo, che è del tutto naturale e necessaria, come possono varie persone vanitose dire e scrivere che le persone nascono libere? Dopo tutto, non nasce ognuno di noi sotto l'autorità dei genitori? I genitori non hanno naturalmente il potere assoluto su di noi di trattarci nel modo in cui vogliono che viviamo quando non viviamo correttamente o non obbediamo ai loro suggerimenti? Non ci puniscono? Non ci rinnegano e non ci privano della nostra eredità paterna?

– Ma ogni capofamiglia non è forse una specie di monarca a casa? Non ha persone diverse sul posto di lavoro e dice a qualcuno "vieni" e loro vengono, e a qualcun altro "fai questo" e loro lo fanno? E cosa succede a ogni apprendista e studente di ogni specialità? Non sono soggetti all'autorità dei loro insegnanti, come se questi ultimi fossero maestri? Chi può negare che obbediscono con rispetto e che eseguono sicuramente gli ordini e che vengono severamente puniti quando non obbediscono alle regole dell'apprendistato in modo accurato?

– Quando vediamo le persone sottomesse in così tanti modi e forse anche di più, dov'è la loro libertà naturale? Anche se consideriamo che possono essere liberate dalle dipendenze genitoriali e dottrinali, come possiamo ignorare il predominio dell'anima innata e quello della Causa prima e suprema, cioè del Creatore e Dio di tutto?

– Nella misura in cui è impossibile che il Creatore e Fattore non sia il Signore e il Padrone degli uomini, e nella misura in cui è impossibile che l'anima, in quanto natura razionale e intangibile, non sia la parte egemone della composizione umana, è altrettanto impossibile che le persone siano libere, indipendenti.

...E, se è vera (e deve essere vera) quella saggia opinione che dice "è più gravoso essere schiavi delle proprie passioni che dei tiranni esterni", sono assolutamente schiavi delle passioni, e questa schiavitù è molto più gravosa, peggiore e più povera della schiavitù di persone tiranniche. Perché il corpo è per natura soggetto ai comandi dell'anima dominante, e per questo motivo non è paradossale sottomettersi a qualche potere esterno e svolgere servizi e lavori corporei. Tuttavia, è del tutto inaudito e paradossale che l'anima dominante cada dal suo ordine elevato, quello completamente libero, e si sottometta con la propria volontà alle passioni irrazionali e sporche del corpo.

Dell'uguaglianza, dice quanto segue:

– Ma alle loro dichiarazioni di libertà, collegano anche la dichiarazione di uguaglianza. E in alto sulle loro bandiere scrivono "Libertà-Uguaglianza". E la folla sconsiderata e implacabile, cos'altro di più attraente e motivante per le rivolte contro i superiori si aspetterebbe di sentire oltre a queste dichiarazioni? Con la proclamazione di Libertà, si immagina libero da ogni potere umano esterno, che chiama indiscriminatamente tirannia, anche se non lo è. Con le dichiarazioni di Uguaglianza, il portatore d'acqua e colui che pulisce le feci, si immagina come il più nobile e importante.

Gente stupida e vanitosa! Se, come dice Gregorio il Teologo, la scimmia immagina di essere un leone, a cosa gli servirà una tale immaginazione? Uguale! Dimmi, dov'è questa uguaglianza? Lui vive in palazzi di lusso e torreggianti, e tu, sfortunato, hai una misera capanna, appena sufficiente a ospitare il tuo corpo malato e stanco. Lui riposa in un letto d'oro e avorio e su materassi morbidi, e tu sei forzato su una stuoia di legno, per adagiare il tuo corpo tormentato. Non c'è molto spazio rimasto sulla sua tavola a causa dell'abbondanza di cibo e vino, e tu hai solo un po' di pane e un po' di formaggio di scarsa qualità per ingannare la tua fame!

Ma perché dilungarsi sulla questione? Come possono due persone essere definite uguali quando una è molto ricca e l'altra è affamata e costretta a rubare a causa della sua povertà? Queste dichiarazioni sono un'invenzione di persone astute e insidiose, che, volendo soddisfare le proprie passioni e realizzare i propri desideri malvagi, hanno instillato nelle menti della gente comune questo vento sfrenato di uguaglianza, per aiutarli a raggiungere il loro scopo. Può mai esserci uguaglianza in società dominate dall'avidità, dominate dalle passioni, dove nessun'altra espressione si sente più spesso di "mio" e "tuo"?

Sant'Atanasio indica dove si può trovare la vera uguaglianza, e non nella "democrazia americana" o nel capitalismo , ma nella vita della Chiesa ortodossa:

L'uguaglianza, sì, esisteva una volta! Ma dove? Nella Chiesa appena formata di quei buoni cristiani, semplici e pii! Lì, come la descrive san Luca (Atti 4:32), nessuno aveva nulla di proprio, ma era tutto comune: denaro, vestiti e cibo. Ma perché era tutto comune? Perché, dice, i cuori e le anime dei fedeli erano uno! Ognuno aveva un'opinione e una volontà su Dio ed erano tutti collegati dall'amore fraterno, così vicini che, sebbene fossero tante persone e di età diverse, uomini e donne, vecchi e giovani, sembravano un corpo solo mosso da un'anima sola.

La stessa uguaglianza e solidarietà è esistita per molti secoli nei cenobi dei venerabili Padri di un tempo, Pacomio, Saba, Eutimio, Teodosio e molti altri, perché in essi si conservavano l'amore fraterno e la solidarietà. Questa, in effetti, era la vera uguaglianza!

Se le idee dell'arcivescovo su libertà e uguaglianza suonano più massoniche che cristiane, è perché lo sono davvero. Sant'Atanasio spiega:

E chi sono coloro che sono caduti in questa schiavitù malvagia, sporca e viziosa? Gli illuminati! Cioè, gli illuministi. Da dove sono stati illuminati? Dalla filosofia, come loro stessi si vantano. E naturalmente, nessun altro paese e nessun'altra nazione è stata abbastanza fortunata da essere così ricca di scuole accademiche e di ogni genere di scienza come il Regno di Francia. E tuttavia, "Dichiarandosi sapienti, sono diventati stolti" (Rom 1:22), secondo il santo Apostolo.

Tornando all'enciclica dell'arcivescovo, egli continua a dilungarsi sulla democrazia filosofica/degli illuministi:

'Perché la "democrazia", il nobile esperimento concepito dalla mente ellenica oltre 2.500 anni fa, non è mai stata statica.'

La democrazia è davvero così nobile? Uno dei più venerati padri ellenici e ortodossi della Chiesa, san Gregorio il Teologo (+ c. 390), non immaginava che lo fosse:

Le tre opinioni più antiche riguardanti Dio sono anarchia, poliarchia e monarchia. Le prime due sono lo scherzo dei figli dell'Ellade, e possano continuare a esserlo. Perché l'anarchia è una cosa senza ordine; e il governo di molti è fazioso, e quindi anarchico, e quindi disordinato. Perché entrambi tendono alla stessa cosa, vale a dire il disordine; e questo alla dissoluzione, perché il disordine è il primo passo verso la dissoluzione. Ma la monarchia è ciò che noi teniamo in onore.

E ricordando quanto siano onorati gli ucraini presso il Patriarcato di Costantinopoli in questo momento, sicuramente l'arcivescovo Elpidophoros non ha dimenticato le parole benedette e preziose di un martire di Kiev?

Un prete che non è monarchico non è degno di stare alla tavola dell'altare. Il prete che è repubblicano è sempre un uomo di scarsa fede. Dio stesso unge il monarca per essere capo del regno, mentre il presidente è eletto dall'orgoglio del popolo. Il re rimane al potere implementando i comandamenti di Dio, mentre il presidente lo fa compiacendo quelli che governano. Il re porta i suoi sudditi fedeli a Dio, mentre il presidente li allontana da Dio. - Metropolita e neo-martire san Vladimiro di Kiev (+1918)

(Entrambe le citazioni sulla monarchia provengono da questo saggio).

'Infatti, con il solo linguaggio, essa [la Dichiarazione d'Indipendenza, nda] ha rinnovato una visione positiva della polis umana, che ha resistito alla prova del tempo...'

Molte persone possono vedere con i propri occhi che la "democrazia" americana non offre una "visione positiva". Rod Dreher, per esempio, sottolinea in modo particolarmente efficace che se Trump e Biden sono il meglio che il sistema politico statunitense può produrre, tale sistema ha fallito completamente:

Joe Biden è l'incarnazione vivente dell'esausto establishment americano. Sempre più persone hanno semplicemente perso la fiducia nella nostra classe dirigente. Non si potrebbe avere un simbolo più potente della sua impotenza. Biden rappresenta una forma di declino americano.

Donald Trump rappresenta una versione diversa, più vigorosa, della stessa cosa. Non è una persona seria. È l'idea di un leader forte da bar, tutto un modo egocentrico di fare il bullo. È impossibile credere che abbia delle convinzioni, un fondamento morale e intellettuale e un piano per fare ciò che le democrazie hanno bisogno che il loro capo esecutivo faccia...

Questo, credo, è ciò che il prof. Lancellotti intende quando dice che la crisi americana è un punto di svolta culturale e storico. Se la democrazia liberale americana ci ha portato al dibattito di ieri sera, tra due candidati di quel calibro, allora la gente non ha torto a chiedersi se il sistema sia ancora adatto allo scopo.

Nonostante tutto questo, sua Eminenza vorrebbe farci credere che la fede in una fragile "Provvidenza" sia sufficiente a far sì che tutto vada per il meglio nella terra dell'eccezionalismo:

'Contempliamo come "una ferma fiducia nella protezione della Provvidenza divina" sia la garanzia delle nostre libertà. Su tale base, senza esclusivismi, possiamo "impegnare a vicenda le nostre vite, le nostre fortune e il nostro sacro onore". La fede in uno scopo più alto della nostra libertà è in definitiva il principio unificante mediante il quale possiamo legarci come concittadini... può fasciare e guarire qualsiasi ferita nella nostra coscienza nazionale, affinché non si inasprisca e infetti la nostra tranquillità e prosperità domestica'.

È impossibile che sia così. L'ossessione appassionata dell'arcivescovo per "ogni genere di minoranze, razziali, etniche e altro" lo garantisce. Se si rifiuta l'esclusivismo e si insiste sulla cacofonia di voci di minoranze offese, comprese quelle contrarie agli insegnamenti ortodossi dei Padri su cose come LGBT e aborto, è scontato che ci saranno molti che non accetteranno alcuna nozione di "Provvidenza" o "uno scopo superiore per la nostra libertà". Insistere sul fatto che queste minoranze limitino la loro libertà per obbedire a idee che negano esplicitamente violerebbe sia il loro percepito senso di identità e "ricerca della felicità" (un'altra parte della "notevole" Dichiarazione) sia il sostegno dell'arcivescovo Elpidophoros ai diritti delle minoranze.

'La Costituzione della nostra nazione, ratificata quattordici anni dopo la Dichiarazione d'Indipendenza, prevedeva con lungimiranza che gli Stati Uniti d'America sarebbero sempre stati in procinto di "formare un'Unione più perfetta".'

Questo può suonare piacevole ad alcune orecchie, ma ancora una volta la storia mina questa visione semplicistica di costituzione e nazione. La stessa costituzione di Philadelphia del 1787 è nata in circostanze dubbie. Approfittando di una rivolta chiamata la ribellione di Shays nel Massachusetts occidentale, l'élite politica dei primi Stati Uniti ha spinto senza sosta una propaganda di paura sui cittadini degli Stati finché questi non hanno acconsentito a dare all'élite il governo più potente e centralizzato, da essa voluto per sostituire i più deboli e decentralizzati Articoli della Confederazione:

"Non lasciare mai che una buona crisi vada sprecata" non è solo un'invenzione moderna di persone che vogliono espandere il potere del governo. Sembra essere un approccio utilizzato per convincere le persone della necessità di sostituire gli Articoli della Confederazione con una nuova Costituzione nel 1787.

Anche James Madison lo ammise molto più tardi nella sua vita.

La ribellione di Shays fu una delle ragioni più importanti addotte per un sistema di governo più "energico" di quello formato sotto gli Articoli. I federalisti, che per anni non erano riusciti a espandere il potere del Congresso sotto gli Articoli, citarono ripetutamente la crisi di Shays come un esempio lampante della debolezza e dell'insufficienza del sistema, e una ragione per uno nuovo.

Per esempio, in una lettera del 1787 a William Carmichael, John Jay affermò che la ribellione e l'incapacità del governo federale di finanziare le truppe per sedare la rivolta resero "sempre più evidente l'inefficienza del governo federale".

In una lettera del 1786 a Henry Lee, George Washington descrisse la ribellione come "nuvole che si sono diffuse sulla mattina più luminosa che sia mai sorta su qualsiasi Paese".

"Voi parlate, mio caro signore, di impiegare l'influenza per placare gli attuali tumulti nel Massachusetts. Non so dove si trovi quell'influenza; e se fosse possibile, sarebbe un rimedio appropriato per i disordini. L'influenza non è un governo. Facciamone uno con cui le nostre vite, libertà e proprietà saranno garantite; o vedremo subito il peggio".

Tuttavia, come hanno avvertito alcuni importanti antifederalisti, ci sono prove che i sostenitori di un governo centralizzato forte stavano semplicemente usando e persino enfatizzando la ribellione di Shays per raggiungere i loro obiettivi di un potere più centralizzato.

...Nel 1821, James Madison arrivò al punto di ammettere che la ribellione di Shays era esagerata e aveva portato alla creazione di un governo più potente di quanto fosse "giustificato".

In una lettera a John G. Jackson, Madison scrisse: "la maggior parte di noi portò alla Convenzione profonde impressioni, prodotte dall'inadeguatezza sperimentata della vecchia Confederazione e dagli esempi monito di tutte quelle simili, antiche e moderne, circa la necessità di legare insieme gli Stati tramite una Costituzione forte".

Madison menzionò specificamente la "allarmante insurrezione" guidata da Shays, scrivendo che ebbe "un'influenza molto sensata sulla mente pubblica".

"Tale era infatti l'aspetto delle cose, che agli occhi dei migliori amici della libertà, era giunta una crisi."

Ma Madison continuò ad ammettere che "Questa visione della crisi rese naturale per molti nella Convenzione propendere per un sistema più rigoroso di quanto forse fosse rigorosamente garantito da una corretta distinzione tra cause temporanee, come alcune di esse senza dubbio erano, e cause permanentemente inerenti a strutture di governo popolari". [enfasi aggiunta]

Questo non significa certo creare "un'unione più perfetta" (e ricorda con tratti inquietanti il modo in cui la nostra attuale élite ha sfruttato il Covid per cercare di concentrare ancora più potere nelle proprie mani).

"L'intero scopo della politica pratica è di mantenere la popolazione in allarme (e pertanto vogliosa di essere portata in salvo) minacciandola con una serie senza fine di babau, tutti immaginari" (H. L. Mencken)

Inoltre, la portata dell'unione costituzionale è dannosa per la diversità amata dall'arcivescovo. Durante i dibattiti di ratifica della costituzione di Philadelphia, quando l'unione proposta era limitata a 13 nazioni sulla costa orientale del Nord America (in contrapposizione alla federazione transcontinentale di oggi), gli oppositori di quel documento espressero i loro timori per la distruzione della diversità culturale:

Con il drammatico aumento di scala rappresentato da una repubblica continentale, gli antifederalisti come George Mason temevano che:

Essendo il Governo generale preminente e sotto ogni aspetto più potente dei governi statali, quest'ultimi devono cedere il passo al primo. Si deve supporre che un Governo nazionale si adatti a un paese così esteso, che abbraccia così tanti climi e contiene abitanti così diversi per modi, abitudini e costumi? È accertato dalla storia che non c'è mai stato un Governo, su un paese molto esteso, senza distruggere le libertà del popolo.

In altre parole, i grandi poteri della Costituzione su un territorio vasto quanto gli Stati Uniti minacciavano di consolidare gli stati in un governo nazionale. Il consolidamento cancellò le varie circostanze di popolazione, costumi, economie e geografia che caratterizzavano la diversità degli stati, sostituendola con ciò che il Federal Farmer descrisse come un "sistema uniforme di leggi" che era in conflitto con e si dimostrava dannoso per le "diverse leggi, costumi e opinioni" dei singoli stati.

...La scala di questa repubblica continentale minacciava non solo la libertà repubblicana, ma anche l'omogeneità necessaria per l'autogoverno. Come spiegò Brutus:

Le diverse parti dell'unione sono varie, e il loro interesse, di conseguenza, diverso. I loro modi e abitudini differiscono tanto quanto i loro climi e le loro produzioni; e i loro sentimenti non sono affatto coincidenti. Le leggi e i costumi dei vari stati sono, per molti aspetti, molto diversi, e per alcuni opposti; ognuno sarebbe a favore dei propri interessi e costumi, e di conseguenza, una legislatura... sarebbe composta da principi così eterogenei e discordanti, che sarebbero costantemente in conflitto tra loro.

Così, mentre l'omogeneità cedeva il passo all'eterogeneità, culture diverse e potenzialmente in conflitto si scontravano. Se una di loro avesse ottenuto le leve del potere, niente avrebbe potuto impedirle di realizzare la propria volontà.

Ancora una volta, è piuttosto ovvio che l'attuale costituzione, nel distruggere la buona e benefica diversità dei vari Stati e nel sostituirla con il culto aggressivo della consapevolezza (o qualunque cosa sia stata, sia ora o sarà) dall'alto verso il basso tramite direttive federali, per il bene di una grande unione, non ci sta portando verso la "perfezione".

Ciò che gli antifederalisti avevano previsto si è avverato:

Così, mentre l'omogeneità [del singolo Stato o della cultura regionale condivisa che coinvolge un certo numero di Stati, nda] cedeva il passo all'eterogeneità [di un'unione di Stati e culture troppo grande per il suo bene, nda], culture diverse e potenzialmente in conflitto si scontravano. Se una conquistava le leve del potere, niente poteva impedirle di realizzare la propria volontà.

Gli Yankees del New England, che avevano ottenuto il controllo del governo federale con l'elezione di Lincoln, fecero della loro volontà sezionale la cosa più importante e procedettero a invadere gli Stati di Dixie per creare un'unione omogenea da un'eterogeneità di Stati molto diversi. È abbastanza comico come quei sudisti, così spesso demonizzati da persone yankee come l'arcivescovo Elpidophoros, avessero una comprensione molto più salda di cosa fosse la costituzione federale e di come avrebbe dovuto funzionare. Uno di questi uomini esecrabili (secondo loro) è Jefferson Davis, il presidente degli Stati Confederati d'America, un tempo universalmente stimato dai sudisti prima che un'altra forte spinta propagandistica da parte dell'élite facesse vergognare il Sud persino di pronunciare il suo nome. In pochi paragrafi, questi demolisce la nozione dell'Unione eterna di Stati ordinata divinamente sotto il governo della costituzione federale a Washington, DC:

Il 6 novembre 1860, la legislatura della Carolina del Sud si riunì e diede il voto dello Stato per gli elettori di un presidente degli Stati Uniti. Il giorno dopo fu approvata una legge che convocava una Convenzione di Stato per 17 dicembre, per determinare la questione del ritiro dello Stato dagli Stati Uniti. I candidati per l'adesione furono immediatamente nominati. Tutti erano a favore della secessione. La Convenzione si riunì il 17 dicembre e il 20 approvò "un'ordinanza per sciogliere l'unione tra lo Stato della Carolina del Sud e altri Stati uniti a esso sotto il patto intitolato 'La Costituzione degli Stati Uniti d'America'". L'ordinanza iniziava con queste parole: "Noi, il popolo dello Stato della Carolina del Sud, riuniti in convenzione, dichiariamo e ordiniamo", ecc. Le autorità dello Stato si conformarono immediatamente a questa azione della Convenzione e le leggi e l'autorità degli Stati Uniti cessarono di essere obbedite entro i limiti dello Stato...

Lo Stato della Carolina del Sud è designato nella proclamazione come una combinazione troppo potente per essere soppressa dal normale corso delle procedure giudiziarie o dai poteri conferiti ai marescialli dalla legge. Questa designazione non riconosce lo Stato, né manifesta alcuna consapevolezza della sua esistenza, mentre la Carolina del Sud era una delle colonie che avevano dichiarato la propria indipendenza e, dopo una lunga e sanguinosa guerra, era stata riconosciuta come Stato sovrano dalla Gran Bretagna, l'unica potenza a cui avesse mai dovuto fedeltà. Il fatto che fosse stata una delle colonie nel Congresso originale, fosse stata un membro della Confederazione e successivamente dell'Unione, rafforza, ma sicuramente non può compromettere, la sua pretesa di essere uno Stato. Sebbene il presidente Lincoln la designasse come una "combinazione", ciò non la rendeva una combinazione. Sebbene si rifiutasse di riconoscerla come Stato, ciò non la rendeva meno Stato. Con l'affermazione, tentò di annientare sette Stati; e la guerra che seguì aveva lo scopo di far rispettare l'editto rivoluzionario e di stabilire la supremazia del Governo generale sulle rovine dell'indipendenza degli Stati conquistata con il sangue.

...Nella natura delle cose, nessuna unione può essere formata se non da parti separate, indipendenti e distinte. Qualsiasi altra combinazione non è un'unione; e, alla distruzione di uno qualsiasi di questi elementi nelle parti, l'unione cessa ipso facto. Se il Governo è il risultato di un'unione di Stati, allora questi Stati devono essere separati, sovrani e distinti, per poter formare un'unione, che è interamente un atto della loro volontà. Un governo come il nostro non aveva il potere di mantenere la sua esistenza più a lungo di quanto le parti contraenti desiderassero aderire, perché era fondato sul grande principio della federazione volontaria, e organizzato "per stabilire la giustizia e assicurare la tranquillità interna". Ogni allontanamento da questo principio da parte del Governo generale non solo perverte e distrugge la sua natura, ma fornisce una giusta causa allo Stato danneggiato per ritirarsi dall'unione. Una nuova unione potrebbe essere successivamente formata, ma quella originale non potrebbe mai essere ripristinata con la coercizione. Ogni sforzo da parte degli altri per costringere lo Stato secessionista ad acconsentire a tornare è un tentativo di sottomissione. È un torto che nessun lasso di tempo o combinazione di circostanze potrà mai rendere giusto. Un'unione forzata è un'assurdità politica...

Gli uomini non combattono per creare un'unione fraterna, né lo fanno le nazioni. Questi preparativi militari del governo degli Stati Uniti non significavano niente di meno che la sottomissione degli stati del sud, così che, con un colpo devastante, il nord potesse afferrare per sempre quella supremazia che aveva così a lungo bramato.

L'unione attuale è quindi ingiusta e imperfetta, e nessuna quantità di gioco antistorico di parole da parte dell'arcivescovo Elpidophoros, di Prager U, di Fox News, o di qualsiasi altra organizzazione di sinistra o di destra può cambiare questo.

Ancora una volta, supplichiamo sua Eminenza e tutto il clero ortodosso nei 50 Stati di respingere la finzione che "l'America" sia una nazione. Ciò non farà altro che ostacolare le missioni ortodosse verso i veri gruppi culturali affini che esistono tra di loro. La Ludwell Orthodox Fellowship sta facendo un buon lavoro a Dixieland; incoraggiamo tutto il clero negli Stati del Sud a partecipare alla conferenza che hanno pianificato per settembre in Texas. Allo stesso modo, il New England ha caratteristiche uniche che devono essere prese in considerazione quando si presenta loro l'Ortodossia. E così via per tutti i gruppi culturali.

Celebrare il 4 luglio come "compleanno nazionale" per gli Stati Uniti è terribilmente fuorviante. Le unioni forzate hanno la strana abitudine di sgretolarsi, non importa quanto repressivi diventino i regimi creati per tenerle insieme, dall'impero di Carlo Magno nell'VIII - IX secolo all'impero sovietico nel XX, fino all'attuale poco congeniale Unione Europea e agli Stati Uniti. Se l'arcivescovo Elpidophoros e il resto dell'élite non lo riconosceranno volentieri, potrebbero scoprire che la "divina Provvidenza" ha dei modi per costringere le persone ad accettare la realtà, e per i duri di cuore e i testardi, spesso non sono modi molto piacevoli da sperimentare.

Walt Garlington è un cristiano ortodosso che vive a Dixieland. I suoi scritti sono apparsi su diversi siti web e gestisce un sito tutto suo, Confiteri: A Southern Perspective.

 
Cristo ha comandato l'unità universale?

gli ortodossi hanno bisogno di unità con altri cristiani, o questi dovrebbero tornare all'Ortodossia? Foto: Unione dei giornalisti ortodossi

C'è un crescente bisogno di unità di tutti i cristiani. Allo stesso tempo, parlare degli errori di cattolici e protestanti è considerato uno sfoggio di cattive maniere. E gli ortodossi?

Negli ultimi anni e persino mesi, abbiamo visto sempre più fatti di contatti interconfessionali. I cattolici danno l'eucaristia ai protestanti, tengono servizi congiunti, mentre il papa e il patriarca Bartolomeo fanno regolarmente dichiarazioni sulla futura unificazione. In Ucraina, vediamp spesso funzioni congiunte tra uniati e membri della "Chiesa ortodossa dell'Ucraina".

A difesa della loro opinione, i sostenitori dell'ecumenismo citano le parole di Gesù Cristo sull'unità dei suoi seguaci come argomento teologico indiscutibile. Poiché è molto probabile che sarà l'Ucraina ad ospitare il "rodaggio" dell'unità degli ortodossi con i cattolici, è molto cruciale per noi chiarire la domanda: cosa ha detto effettivamente Cristo? Ha davvero comandato l'unità? Cosa intendevano i santi Padri con questa unità?

Principali tendenze in ambito religioso

Gli sviluppi in ambito religioso consentono di individuare due tendenze in cui sono coinvolte, in un modo o nell'altro, le principali confessioni cristiane, o meglio, che sono costrette a seguire, con diversi gradi di successo, da parte dei poteri costituiti. Si tratta dei cambiamenti negli atteggiamenti nei confronti delle persone LGBT e dell'ecumenismo. Inoltre, a difesa di queste tendenze, sono spesso citate le parole del Vangelo, a dimostrazione che è qualcosa di pienamente coerente con ciò che nostro Signore Gesù Cristo ha insegnato ai suoi seguaci. Abbiamo analizzato il cambiamento nella visione ecclesiastica delle persone LGBT come una svolta drammatica dal cristianesimo nell'articolo "Il riconoscimento dei diritti LGBT: 'amore' per le persone o rinuncia alla fede?"; qui cercheremo di approfondire la visione patristica dell'unità dei credenti in Cristo e di scoprire se l'ecumenismo moderno corrisponde a questa comprensione dell'unità.

Oggettivamente, nel suo complesso il movimento ecumenico non si colloca affatto nel contesto del Vangelo, ma nel contesto del processo globale, comunemente chiamato globalizzazione. La globalizzazione ha le sue manifestazioni in diverse sfere della vita umana: in politica – l'emergere di istituzioni internazionali universali e il loro progressivo potenziamento, nell'economia – la creazione di corporazioni transnazionali, nel campo della finanza – la libertà del flusso di capitali e le stesse strutture bancarie transnazionali, e così via. In ciascuna di queste aree, la globalizzazione avanza sulla base di prerequisiti e aspirazioni interne. In politica è una risoluzione efficace delle contraddizioni, in economia e finanza massimizza il profitto, cioè ovunque i sostenitori della globalizzazione trovano punti di "fulcro". Di solito non viene discussa la questione se la globalizzazione significhi veramente un aiuto a raggiungere gli obiettivi che esistono in ciascuna area menzionata. Per quanto riguarda la sfera religiosa, un tale punto è la naturale tensione dei cristiani verso l'unità, e come motto dell'ecumenismo si considerano le parole del Signore dal Vangelo di Giovanni: "perché tutti siano una sola cosa" (Gv 17:21). Queste parole sono percepite come una sorta di comandamento di Gesù Cristo ai suoi seguaci, che deve essere adempiuto o almeno perseguito.

Per esempio, il documento della Chiesa ortodossa russa "Principi di base dell'attitudine della Chiesa Ortodossa Russa verso le altre confessioni cristiane", adottato dal Consiglio dei vescovi nel 2008 (in generale, un documento piuttosto conservatore) definisce la ricostituzione dell'unità "voluta da Dio (Gv 17:21), e che rientra nel suo disegno; essa appartiene all'essenza stessa del cristianesimo. Questo obiettivo è di primaria importanza per la Chiesa Ortodossa a tutti i livelli della sua vita". E poi segue un severo avvertimento a tutti coloro che osano non essere d'accordo con questa interpretazione: "L'indifferenza per questo obiettivo o la sua negazione sono un peccato contro il comandamento di Dio che vuole l'unità".

Di che tipo di unità ha parlato il Signore?

Le parole di Cristo sull'unità sono parole tratte dalla preghiera di Gesù Cristo a Dio Padre, che in teologia è chiamata grande preghiera sacerdotale: "Non prego solo per questi, ma anche per quelli che per la loro parola crederanno in me; perché tutti siano una sola cosa. Come tu, Padre, sei in me e io in te, siano anch'essi in noi una cosa sola, perché il mondo creda che tu mi hai mandato" (Gv 17:20-21).

Innanzitutto, il fatto che queste parole siano rivolte a Dio Padre, piuttosto che ai discepoli, fa meravigliare: è corretto definirle un comandamento dato ai cristiani, o è pur sempre una preghiera?

Abbiamo un comandamento o una petizione per l'unità espressa dal santo apostolo Paolo nella Lettera agli Efesini: "Vi esorto dunque io, il prigioniero nel Signore, a comportarvi in maniera degna della vocazione che avete ricevuto, con ogni umiltà, mansuetudine e pazienza, sopportandovi a vicenda con amore, cercando di conservare l'unità dello spirito per mezzo del vincolo della pace" (Ef 4:1-3). Dice lo stesso in altre lettere: "Vi esorto pertanto, fratelli, per il nome del Signore nostro Gesù Cristo, ad essere tutti unanimi nel parlare, perché non vi siano divisioni tra voi, ma siate in perfetta unione di pensiero e d'intenti" (1 Cor 1:10), e "il Dio della perseveranza e della consolazione vi conceda di avere gli uni verso gli altri gli stessi sentimenti ad esempio di Cristo Gesù, perché con un solo animo e una voce sola rendiate gloria a Dio, Padre del Signore nostro Gesù Cristo" (Rm 15:5-6).

In secondo luogo, il Signore intendeva l'unità promossa nel modo perseguito dagli ecumenisti moderni? Vediamo come i santi Padri hanno interpretato questo passo della Sacra Scrittura.

Sant'Atanasio il Grande: "Dicendo questo, non ha fatto niente di meno che quanto segue: con la nostra unità, lascia che 'loro' diventino uno con l'altro, così come siamo uno nella natura e nella realtà, altrimenti non diventeranno uno a meno che non imparino l'unità 'in noi' <...> l'unità del Figlio e del Padre per tutti serve come modello e lezione da cui, guardando l'unità naturale del Padre e del Figlio, le persone possono imparare come dovrebbero diventare uno con l'altro nel modo di pensare".

Inoltre, il santo sostiene che "senza Dio è impossibile diventare 'uno', in modo che attraverso di lui lo Spirito possa essere dato ai credenti". Ma sant'Atanasio non accenna nemmeno a una sorta di unità di confessioni con fedi diverse Inoltre, il fatto che questa interpretazione sia contenuta nel suo Terzo discorso contro gli ariani suggerisce generalmente che non può esserci unità con differenza di fede.

San Giovanni Crisostomo, commentando questo brano, parla già di divisioni nella fede, che si contrappongono all'unità: "E cosa significa: 'in noi'? Significa 'avendo fede in noi'. Dal momento che nulla tenta tutti quanto la lite, cerca di renderli uno. Che ne dite, ha ottenuto questo? Sì, l'ha ottenuto in modo considerevole, perché tutti coloro che hanno creduto tramite gli apostoli sono uno, anche se alcuni di loro si sono separati. Tuttavia, questa (separazione) non gli fu nascosta; al contrario, la predisse e dimostrò che deriva dall'incuria umana. "Anche qui non troveremo alcun richiamo a unirci agli scismatici.

Dall'interpretazione del beato Teofilatto di Bulgaria, segue che parlando di unità, Cristo ha assunto l'unità nella fede, piuttosto che l'unità con la conservazione di una differenza nella fede: "Il modo in cui li ha affidati al Padre in modo da santificarli per fede e ha fatto per loro un santo sacrificio per amore della verità, parla di nuovo di una mentalità simile, e da dove ha cominciato, cioè parlando dell'amore, finisce anche il suo discorso e dice: 'perché tutti siano una sola cosa', cioè lascia che abbiano pace e mentalità simile, e in noi, cioè per fede in noi, possano mantenere il loro pieno accordo".

Altri santi padri prestano attenzione a certi significati delle parole di Cristo tratte dalla grande preghiera sacerdotale, ma nessuno li interpreta nel senso dell'ecumenismo moderno. L'unità menzionata nella Sacra Scrittura è l'unità nella fede vera, cioè quella ortodossa, che l'ecumenismo moderno non vede né prevede.

Lo ieromartire Cipriano di Cartagine sull'unità

Uno dei trattati più significativi sull'unità della Chiesa, sia tra i primi Padri cristiani che tra i Padri della Chiesa in generale, è il trattato "Sull'unità della Chiesa (De unitate)" dello ieromartire Cipriano di Cartagine, che visse nel III secolo. Il punto principale del trattato è che la Chiesa di Cristo è una e sola, tutti coloro che si sono separati da lei sono fuori dall'unità. La quintessenza di questa creazione di san Cipriano di Cartagine si riflette nel seguente passaggio:

"La sposa di Cristo non può essere sviata: è pura e incorrotta, conosce una sola casa e conserva castamente la santità di un solo letto. Veglia su di noi per Dio, ci prepara per il regno di coloro che sono nati da lei. Chi si separa dalla Chiesa si unisce alla moglie adultera e diventa estraneo alle promesse della Chiesa; chi lascia la Chiesa di Cristo si priva delle ricompense predeterminate da Cristo: le è estraneo, osceno, è il suo nemico. Non può avere Dio come Padre chi non ha la Chiesa come madre".

In base a questo punto di vista, tutti coloro che non hanno la Chiesa per madre non possono chiamare Dio come Padre. Su quali basi, allora, è possibile tendere all'unità nel quadro del movimento ecumenico moderno? In questo caso, semplicemente non si trovano punti di contatto nella dimensione religiosa per l'unità. In effetti, ci sono molti di questi punti nella dimensione umana quotidiana e universale. Ma allora tali forme di comunicazione come preghiere comuni o altre azioni sacre, così come dichiarazioni sul desiderio di comunione eucaristica, dovrebbero essere completamente escluse dalla cooperazione ecumenica. Tuttavia, queste forme sono presenti e fiorenti.

L'arciprete Georgij Florovskij sulla ricerca dell'unità

Uno dei teologi più famosi del XX secolo, l'arciprete Georgij Florovskij, ha scritto molto sull'ecumenismo e ha approfondito questo tema. Le sue opinioni sulla Chiesa sono espresse nelle seguenti parole:

"Come membro e ministro della Chiesa ortodossa, credo che la Chiesa in cui sono stato battezzato e cresciuto sia veramente la Chiesa, cioè la vera e l'unica Chiesa. Ci credo per molte ragioni: per convinzione personale, e per la testimonianza interiore dello Spirito che riposa nei misteri della Chiesa, e per tutto ciò che ho potuto imparare dalla Scrittura e dalla tradizione ecclesiastica universale. Pertanto, non posso non considerare tutte le altre chiese cristiane inadeguate e in molti casi posso identificare queste carenze in modo abbastanza accurato. Pertanto, per me, la riunificazione cristiana è semplicemente una conversione generale all'Ortodossia. Sono privo di lealtà confessionale; la mia lealtà appartiene esclusivamente alla Una Sancta".

In questo caso, ci interessa la questione della natura del movimento ecumenico moderno. In questa occasione, padre Georgij scrive: “La questione ecumenica è una questione dolorosa per i teologi ortodossi. Per essere onesti, questo non è un loro problema. È sorto su una base teologica diversa, in un contesto storico e clima diverso. Nella sua forma e contenuto attuali e nella sua realtà immediata, il problema ecumenico è un problema del mondo protestante. <…> In questa situazione, la questione principale è il "denominazionalismo". E il "denominazionalismo" in quanto tale e il "denominazionalismo" come prova e difficoltà sono ovviamente il prodotto, o forse un sottoprodotto indesiderato della Riforma storica. Questo è, in sostanza, un fenomeno protestante".

Di conseguenza, le origini del problema dell'ecumenismo risiedono nel fatto che il protestantesimo, che iniziò 500 anni fa con la separazione di Lutero e dei suoi seguaci dal cattolicesimo con successive scissioni in migliaia di denominazioni dissenzienti, alla fine arrivò alla necessità di tornare in qualche modo all'unità. O alla sua parvenza... È abbastanza ovvio che l'Ortodossia non può partecipare a questo movimento ecumenico essenzialmente protestante semplicemente perché l'Ortodossia non ha i problemi che esistono nel protestantesimo né gli argomenti con cui i protestanti stanno cercando di risolvere questi problemi. È come provare a giocare a un gioco le cui regole non ti sono familiari o sono incomprensibili. In questo caso, la probabilità di perdere è del cento per cento.

Ecumenismo vaticano-fanariota

Questo tipo di ecumenismo fa parte del movimento ecumenico generale, la cui essenza è descritta sopra, ma ha le sue caratteristiche uniche.

Primo, si tratta in realtà di discussioni su una sola questione: il primato nella Chiesa. Dichiarazioni ripetute sia dal Vaticano che dai vescovi fanarioti testimoniano che una delle principali questioni discusse sulla via dell'unificazione è la questione del primato nella futura unificazione. Entrambe le parti hanno affermato che questo problema può essere risolto. I suoi schemi sono i seguenti: il papa vaticano ha il primato del potere nell'occidente convenzionale, mentre il papa fanariota, rispettivamente, nell'oriente. Ma come questi papi condivideranno il loro lavoro è oggetto di discussione.

In secondo luogo, tutte le altre differenze tra ortodossi e cattolici sono messe fuori parentesi e sembrano essere tali da non interferire con la comunione eucaristica. Tuttavia, queste discrepanze sono molto, molto significative. Potere conoscerle in dettaglio nell'articolo "Cosa c'è che non va nei cattolici". In questo articolo elenchiamo solo i principali:

  • la questione dell'origine dello Spirito Santo (dal Padre oppure dal Padre e dal Figlio);
  • la questione del primato visibile nella Chiesa (Cristo o il papa);
  • la questione della comprensione dell'essenza della salvezza (guarigione dell'anima oppure "ottieni ciò che guadagni");
  • la questione dell'Immacolata Concezione della Santissima Theotokos (se la Beata Vergine avesse bisogno o meno di un Salvatore);
  • la questione del purgatorio (sì o no);
  • la questione del metodo di preghiera (spirituale o esaltato);
  • la questione dell'illusione spirituale (i padri ortodossi insegnano a non cadere nell'illusione, i cattolici la esaltano come verità);
  • la questione dell'evoluzione dogmatica (negata dalla negazione ortodossa, approvata dai cattolici).

L'opinione che stanno ora cercando di imporre ai credenti è che l'unione sia possibile "nel nome dell'amore" con tutte le discrepanze di cui sopra. Menzionare o concentrarsi su di esse tra i sostenitori dell'ecumenismo è ormai considerato cattiva educazione. Anche se possono essere menzionate, si cerca di sminuire il loro significato in ogni modo possibile.

Finora solo il Vaticano e il Fanar partecipano a questo tipo di ecumenismo, ma molto presto anche altre Chiese ortodosse locali si troveranno davanti a una scelta difficile: accettare o rinunciare. Questa scelta sarà particolarmente difficile per quei vescovi delle Chiese alessandrina, greca e cipriota che hanno riconosciuto la "Chiesa ortodossa dell'Ucraina" e quindi hanno mostrato la loro lealtà al Patriarcato di Costantinopoli. Come sai, se hai detto "A", allora è molto difficile non dire "B". È molto più facile non dire "A" fin dal primo momento.

Conclusioni

In primo luogo, è del tutto inappropriato basare l'ecumenismo moderno sulle parole del Signore dal Vangelo di Giovanni: "perché tutti siano una sola cosa" (Gv 17:21), così come su parole simili della Sacra Scrittura. Ciò significa distorcere il loro significato, ignorando completamente la comprensione di queste parole da parte dei santi Padri.

In secondo luogo, il nostro Signore Gesù Cristo ha veramente comandato ai suoi discepoli di avere unità attraverso le Sacre Scritture e le opere dei santi Padri, ma questa unità è fondamentalmente diversa da quella a cui conduce l'ecumenismo moderno.

In terzo luogo, esiste una Chiesa, è la Chiesa ortodossa. Pertanto, l'impegno per l'unità deve essere l'impegno per la riunificazione in questa Chiesa.

Quarto, la comunione, e ancor di più la comunione eucaristica con gli eretici che continuano ad aderire alle loro eresie, non è il ripristino dell'unità, ma qualcosa di completamente opposto.

 
Elezioni presidenziali 2014 a confronto

SIRIA

Affluenza alle urne: 73,42%

Percentuale del vincitore (Bashar Assad): 88.7%

Mancano i voti di alcune aree in cui i ribelli islamisti (che combattono il presidente eletto) sparano sui civili

UCRAINA

Affluenza alle urne: 45%

Percentuale del vincitore (Petro Poroshenko): 55%

Mancano i voti di alcune aree in cui la guardia nazionale (comandata dal presidente eletto) spara sui civili

 
Il capo del Fanar trova scuse per il suo crimine ecclesiale?

il capo del Fanar durante una riunione con i parlamentari ucraini. Foto: pagina Facebook di Yevheniya Kravchuk

Secondo padre Nikolaj Danilevich, i discorsi del patriarca Bartolomeo sulla questione ucraina sembrano dei tentativi di dimostrare a se stesso e al mondo di aver fatto la cosa giusta.

Sembra che il capo del Fanar si renda conto del crimine commesso in chiesa in Ucraina, ma non può ammetterlo e quindi si giustifica costantemente. Lo ha scritto il vicecapo del Dipartimento per le relazioni ecclesiastiche esterne della Chiesa ortodossa ucraina, l'arciprete Nikolaj Danilevich, nel suo canale Telegram, commentando l'incontro del patriarca Bartolomeo di Costantinopoli con deputati ucraini, avvenuto il giorno prima a Istanbul.

"Sto leggendo notizie sul patriarca Bartolomeo che ha ricevuto una delegazione del partito Servo del Popolo al Fanar e su cosa ha detto loro", ha scritto il portavoce della Chiesa ortodossa ucraina. "In generale, quando il patriarca Bartolomeo parla della questione ucraina a diversi tipi di pubblico, si ha l'impressione che in realtà si stia convincendo che questo passo sbagliato sia giusto. Si giustifica costantemente, e cerca costantemente di dimostrare, prima di tutto a se stesso e poi a tutti gli altri, di aver fatto la cosa giusta".

In realtà non è così, ha affermato il sacerdote, "dopotutto, se fosse così, non dovrebbe parlarne costantemente e trovare scuse".

"Probabilmente, da qualche parte nel profondo della sua anima, capisce di aver commesso un enorme crimine ecclesiale, ma non vuole riconoscerlo. Pertanto, sta cercando scuse. Lo si può leggere tra le righe dei suoi discorsi", ha riassunto l'arciprete Nikolaj Danilevich.

Ricordiamo che, in un incontro con una delegazione dei "Servi del Popolo" a Istanbul, il capo del Fanar ha confermato che sarebbe venuto in Ucraina per celebrare il Giorno dell'Indipendenza nell'agosto di quest'anno.

L'Unione dei giornalisti ortodossi ha anche scritto che il parlamentare Jaremenko [coinvolto in scandali per la sua corrispondenza con una prostituta durante una sessione della Verkhovna Rada dell'Ucraina, ndc] ha consegnato le lettere di Zelenskij e di Epifanij al patriarca Bartolomeo e ha presentato in dono un'icona dipinta con i colori della bandiera nazionale ucraina.

 
Sull'uso del velo da parte delle donne ortodosse

Il nostro confratello ieromonaco Petru (Pruteanu) ci aiuta a capire le radici bibliche e teologiche della tradizione ortodossa dell’uso del velo da parte delle donne. Poiché la questione è profondamente radicata in diverse sensibilità locali, ed è spesso affrontata in modo piuttosto estremista, giudichiamo molto positivo l’approccio rispettoso di padre Petru all’argomento. Possiamo leggere le sue considerazioni nell’originale romeno e in traduzione italiana nella sezione “Domande e risposte” dei documenti.

 
"Duecento anni dopo la rivoluzione greca": arriviamo al tema dell'ellenismo oggi

"Duecento anni dopo la rivoluzione greca": arriviamo al tema dell'ellenismo oggi, dell'ellenismo nel mondo moderno e in particolare dell'ellenismo al di fuori del moderno stato-nazione della Grecia. qual è lo stato dell'ellenismo e dell'Ortodossia nell'ellenismo della diaspora?

Durante l'oppressione turca durata quattrocento anni, la Chiesa è stata la custode di quella che potrebbe essere definita "la cosciente identità romana d'Oriente" dei greci. Successivamente, dopo la rivoluzione del 1821, lo Stato partecipò naturalmente a questo sforzo di coesione etnica. I greci sono stati viaggiatori ed esploratori dai tempi degli antichi alla nostra epoca. L'impulso di andare avanti ed esplorare, colonizzare e creare nuovi mondi è cantato e lodato nella letteratura greca dall'Erotokritos del XVI secolo alle opere di Papadiamántis nel XIX secolo alle canzoni del nostro moderno Savvópoulos. Esilio. Colonizzazione. Queste sono tra le caratteristiche che definiscono l'essenza dell'ellenismo. Fino al tempo di Nasser e dei nazionalisti in Egitto, Alessandria ha avuto una fiorente comunità greca. Il mio trisnonno ha fatto fortuna come posatore di marmo ad Alessandria. Uno dei miei lontani antenati, Fozio, all'inizio del XX secolo divenne patriarca di Alessandria (dove, tra l'altro, si oppose all'introduzione del nuovo calendario). Fino al 1955, forse un cittadino di Costantinopoli su quattro era greco.

Segmenti di greci iniziarono a immigrare all'estero – dapprima nella lontana America, in Australia e a Panama (per costruire il canale) – ma anche in luoghi dell'Africa come l'Etiopia e l'Eritrea italiane, l'Uganda e il Congo all'inizio del XX secolo . Durante questi decenni, una famiglia greca aveva in media un quarto dei suoi parenti all'estero. Dopo la seconda guerra mondiale, i greci emigrarono in Europa occidentale – principalmente in Germania, i ciprioti nel Regno Unito – e in Canada e (ancora una volta) negli Stati Uniti e in altri luoghi ancor più lontani. Dopo la crisi economica degli anni 2000, un'ondata inaspettata di immigrazione, aiutata dalla comune cittadinanza dell'Unione Europea, si è fatta strada in luoghi – alcuni dei quali abbastanza inaspettati – come Ungheria, Repubblica Ceca e Polonia – paesi i cui stessi cittadini, durante l'era comunista, erano emigrati in Grecia come trampolino di lancio verso le nazioni europee più ricche. Ora i ruoli si sono invertiti e, ancora una volta, la Germania e l'Austria hanno visto un afflusso di nuovi greci.

La direzione presa dalle autorità ecclesiastiche greche – i custodi dell'identità ellenica nelle terre straniere tra la diaspora – storicamente, nel nuovo mondo, ha cercato il mantenimento di un ghetto etnico. Non c'è nulla di intrinsecamente negativo nell'autoconservazione... tranne che che, storicamente, l'ellenismo ha cercato di "conquistare per influenza". Il contatto con altre civiltà è ricercato e lo scambio è incoraggiato. L'ellenismo cerca di "innestare" gli altri nel suo mondo mediante la conversione all'Ortodossia e l'adozione delle sue abitudini, del suo pensiero e della sua visione del mondo da parte di altre civiltà.

Eppure la conservazione della nostra fede e della nostra cultura, pur influenzando la cultura circostante, non sono mai state le caratteristiche della politica costantinopolitana. I risultati finali della politica promossa dalle autorità ecclesiastiche greche sotto Costantinopoli sono: decenni di festival gastronomici e associazioni di danza, che hanno promosso quello che può essere definito un ellenismo "distorto". Questi hanno quasi assicurato l'estinzione dell'ellenismo vero e proprio nel Nuovo Mondo. La focalizzazione sul cristianesimo ortodosso era assente; La chiave in un simile contesto era la parola "americanizzazione". Come possiamo apparire e agire in modo più "normale"? Come possiamo liberare la nostra chiesa da cose come musica bizantina, veglie, monachesimo e preti in tonaca, e riempirci di cori in stile europeo con organi, preti senza barba in giacca e cravatta, banchi e inni? E oggi, esattamente come si fa a diventare più "woke" ("svegli") per non offendere la sinistra militante? Come si promuovono l'inclusività morale e i movimenti neo-marxisti? Come si diluisce tutto ciò che è sacro nel nostro culto, anche le antiche pratiche riguardanti i santi misteri? Certo, alcuni elementi del tradizionalismo, come il clero che indossa la tonaca e la barba, sono ritornati in auge. Ma questi non possono salvare il danno irreparabile che è stato fatto. Questi sono solo musicisti che suonano mentre il Titanic affonda.

Indubbiamente, la colpa è anche dei nostri genitori e nonni, molti dei quali hanno silenziosamente permesso che si verificasse questa corruzione, e altri che addirittura l'hanno affermata e promossa per il proprio guadagno e per i propri scopi (posizioni "di rispetto" nei consigli parrocchiali, ecc. ). Quando crescevo, per esempio, i tradizionali canti natalizi greci erano ignorati; invece, si cantavano canti natalizi tradotti in greco dall'inglese (per la maggior parte originariamente tedeschi). Non c'è niente di intrinsecamente sbagliato nei canti cristiani occidentali. Ma i messaggi e i valori occidentali hanno permeato la mia gioventù, non i messaggi e le verità eterne della nostra Ortodossia annunciati negli eterni canti bizantini dei greci. La domanda divenne: perché questa mania di abbandonare tutto ciò che sembra bizantino? Papadiamantis, Seferis, Elitis – forse gli autori greci più profondi degli ultimi cento anni – non ci sono mai stati menzionati quando eravamo bambini. Nessuno ci ha mai parlato di Erotokritos o Diogenis Akritas.

Da bambino avevo una domanda che mi tormentava internamente: ogni sabato ero trascinato dalla mia benedetta madre alla scuola greca dove mi era assolutamente vietato parlare inglese in classe. Eppure, domenica, forse metà della liturgia era celebrata in inglese. Il nostro prete era vestito in clergyman come un cattolico romano. Ogni senso di tradizionalismo veniva deriso. La mia giovane mente non comprendeva la contraddizione e, forse senza la giusta articolazione a livello interno o esterno, mi ponevo una domanda fondamentale: "Perché la nostra Chiesa greco-ortodossa non è realmente greca e non è realmente ortodossa?" Man mano che maggiori informazioni sull'Ortodossia nelle nazioni ortodosse tradizionali sono diventate prontamente disponibili con l'avvento di Internet nella mia prima adolescenza, questa domanda si è solo approfondita. Questa domanda mi avrebbe portato, a circa quindici anni o età, al rispettato e sempre memorabile padre Mikhail Lubochinsky, un uomo che divenne un padre formativo in Cristo. Mi ha fatto conoscere l'autentica Ortodossia. Più avanti nella mia vita, mentre leggevo e traducevo Papadiamántis molti anni dopo l'inaspettato riposo di padre Mikhail nel 2014, ho iniziato a vedere in questo semplice prete russo vissuto nel Canada del XX secolo un esempio di sacerdote greco del XIX secolo.

Cosa significa questo? Elegante e tuttavia semplice, caritatevole e sacrificale verso tutti i suoi parrocchiani, fedele nella sua celebrazione dei servizi divini e della Santa Liturgia, con uno scopo incrollabile e ultraterreno, il sempre memorabile padre Mikhail cercava di iniziare i suoi figli spirituali nell'intimo mistero che è la vera vita cristiana. Indipendentemente dalla loro particolare origine o identità etnica, tutti – polacchi, georgiani, greci e canadesi allo stesso modo – erano fatti sentire come bambini uguali sotto la sua cura pastorale, senza distinzioni, senza eccezioni. I nostri antenati avrebbero considerato un uomo simile come non greco? Padre Georges Florovsky, l'eminente teologo (e per coincidenza padrino del già citato padre Mikhail, che mi narrava le storie poco conosciute dell'ascetismo e del digiuno di padre Georges) ha detto: "Se un teologo inizia a pensare che 'le categorie greche' sono arcaiche, perderà automaticamente il ritmo della cattolicità. [1] Dobbiamo essere più greci per essere veramente cattolici, per essere veramente ortodossi ". In generale, il "greco" a cui fa riferimento p. Georges è definito come l'ellenismo nato dai primi Padri della Chiesa, come i Padri cappadoci, che riconciliavano la filosofia dell'antica Grecia con il cristianesimo. Questo non ha nulla a che fare con la genetica e il DNA e con chi discende da chi – queste categorie sono assolutamente irrilevanti. Come un fiore, si potrebbe dire, o come un organismo, l'ellenismo è sbocciato allora e continua a crescere.

I nostri antenati avrebbero considerato i vescovi greci moderni come veri greci? La domanda "Cosa direbbero gli antenati?" è la domanda fondamentale. Recentemente, il metropolita Sotirios di Toronto ha affermato: "Lavoriamo insieme per la gloria di Dio e per la nostra santa fede ortodossa in Cristo! Solo allora vivremo in pace, unità e amore. In tal modo, i greci in Canada realizzeranno cose ancora più grandi! Questo è ciò che ci meritiamo! Questo è ciò di cui abbiamo bisogno. Avanziamo tutti insieme. Che nessuno rimanga indietro o dimenticato". Eppure, la politica di assimilazione all'interno dell'Occidente promossa dalla Chiesa greco-ortodossa ufficiale negli ultimi cinquant'anni ha deluso i greci. Questa politica ha assicurato che decine di migliaia di greci siano diventati totalmente anglicizzati e, infine, stranieri alla Chiesa ortodossa.

Chi ha una coscienza sa e comprende che la Chiesa greco-ortodossa ufficiale non ha assolutamente nulla da offrire loro. È priva di spiritualità, autenticità, di ogni accenno di originalità. È diventata una parodia in cui una volta all'anno si svolge un festival gastronomico, l'obiettivo e la focalizzazione principale è la raccolta di fondi, senza alcun obiettivo esistenziale assoluto, senza scopo finale o un altro fine oltre lo scambio di fondi, numeri senz'anima all'interno di un sistema. Potremmo dire che si è trasformato in una banca con le sembianze della fede. E leggendo queste parole, i greci sanno che questo messaggio è vero quando vedono i loro figli apostatare dall'Ortodossia e non parlare greco, senza sentire alcun particolare "legame" con la loro patria ancestrale – la stessa patria a cui il metropolita Sotirios si appella per fornire all'ellenismo un "supporto etico". Ciò non dice nulla dei legami che i greci non hanno più con i loro antenati bizantini e con l'eredità romana orientale di Bisanzio sostenuta da padre Georges Florovsky!

Ecco un fatto con cui tutti dobbiamo fare i conti: il fatto che per il novanta per cento coloro che si identificano come greco-americani non sono cristiani ortodossi, un fatto che l'arcidiocesi greca d'America ignora. È tempo che troviamo una nuova modalità di esistenza ecclesiale per preservare la nostra fede e identità di greci.

L'adesione al Patriarcato di Costantinopoli nel Nuovo Mondo ha visto un'apostasia del novanta per cento. [2] Chiedo: perché i greci dovrebbero continuare ad aderire a Costantinopoli? Da quando l'adesione all'arcidiocesi greca d'America o a Costantinopoli è stata la caratteristica distintiva dell'ellenismo?I greci che aderiscono ad altri patriarcati, come Alessandria o Gerusalemme, sono meno greci? Gli antiocheni, che ancora definiscono se stessi e il loro patriarcato come "greco-ortodossi", sebbene oggi siano tutti di lingua araba, sono meno greci? Se è così, allora non è greco neppure Kottas Hrístou che è morto per la Grecia urlando "Lunga vita alla Grecia!" in bulgaro quando è stato impiccato dalle autorità ottomane. Quando gli immigrati slavi ortodossi del XIX nel nuovo mondo chiamavano le loro parrocchie "greco-cattoliche", a cosa si riferivano? All'Unia? Ovviamente no.

Facevano riferimento all'ellenismo ecumenico di cui abbiamo parlato, alla distinta combinazione di Ortodossia ed ellenismo su cui i nostri antenati comuni, i romani orientali, avevano costruito un potente impero. Che siamo greci o serbi o romeni o russi, questa eredità è la nostra eredità. Siamo tutti co-eredi di questa eredità. Condividiamo tutti il ​​comune dovere di preservarla e influenzare con essa la cultura moderna. In questi tempi incerti in cui viviamo, in questa epoca della storia veramente "nuova" che è spuntata, nella società occidentale è rimasta poca stabilità. Dobbiamo guardare al passato, alla Fede dei nostri antenati che intercedono in nostro favore, e dobbiamo cercare nuove destinazioni storiche (anche se non fisiche) e soluzioni ai problemi apparentemente insolubili che affrontiamo. Nonostante la caduta degli uomini e delle donne di Bisanzio, quella era una società in cui il cristianesimo e Cristo venivano prima. Questo è ciò che dovrebbe essere l'obiettivo comune: che il Regno di Dio si rifletta nel nostro regno terreno. Tutti gli uomini e le donne non condividono forse questo obiettivo come comuni figli del Padre? Il nostro cristianesimo ortodosso orientale non è forse la base dell'unità per tutti?

Qui in Occidente, dal momento che la Chiesa russa ci ha dato l'opportunità di vivere la Fede in modo puro, non c'è "perdita dell'ellenismo" nel farlo dall'interno della Chiesa russa. Dopo tutto, qual è la differenza tra essere greco sotto la Chiesa russa o greco sotto il Patriarcato di Gerusalemme? In che modo una giurisdizione ortodossa – un rappresentante della Chiesa romana orientale – "prova" il suo ellenismo? I vescovi greci che hanno servito storicamente la Chiesa russa, Evgenios Voulgaris e Nikiphoros Theotokis, erano entrambi di Kerkyra: non erano greci? Qui, nel Nuovo Mondo, per noi greci, la conservazione della nostra lingua, dei nostri costumi e delle nostre tradizioni – ma principalmente il nostro cristianesimo ortodosso – può avvenire solo sotto la libertà fornita dalla Chiesa ortodossa russa, poiché l'arcidiocesi greca da tempo ha rifiutato la propria vera vocazione. L'arcidiocesi greca ha affermato che i russi possono vivere la loro fede al suo interno nel cosiddetto vicariato "slavo", composto da chierici russi deposti e privati della grazia per essere stati figli infedeli. La storia dimostrerà che io e quelli che seguono questo esempio siamo i figli fedeli dell'eredità romana d'Oriente. Invitiamo chi hanno a cuore la conservazione dell'Ortodossia e dell'ellenismo, assicurando la loro trasmissione ai popoli di questa terra, a venire a lavorare con noi.

Note

[1] Nel senso di "universalità".

[2] Si veda questo articolo.

 
Vescovo ceco allineato con Costantinopoli e gli scismatici espelle uno stimato sacerdote, provocando uno scandalo in tutta la Chiesa

nel novembre 2019, il vescovo Isaias (a destra) ha concelebrato con Epifanij Dumenko (a sinistra) e altri scismatici ucraini

Sfortunatamente, nella Chiesa delle Terre ceche e della Slovacchia è scoppiato un altro scandalo, sempre incentrato sul vescovo Isaias (Slaninka) di Šumperk, noto per promuovere le politiche del Patriarcato di Costantinopoli contro quelle della stessa Chiesa ceco-slovacca.

L'intera comunità parrocchiale della Chiesa di san Venceslao a Brno è in subbuglio dopo che il vescovo Isaias ha rimosso improvvisamente il loro amato rettore di lunga data.

Il vescovo Isaias è un problema per la Chiesa da diversi anni. È stato consacrato nel 2015 per decisione dei metropoliti di Costantinopoli Emmanuele di Gallia e Arsenios d'Austria senza la benedizione o il riconoscimento di sua Beatitudine il metropolita Rastislav o del Santo Sinodo ceco-slovacco, al fine di creare un "sinodo alternativo" nella Chiesa.

Costantinopoli è intervenuta anche nelle elezioni che hanno visto il metropolita Rastislav salire al trono primaziale nel 2014 e ha rifiutato di riconoscerlo come primate canonico fino a quando il Patriarcato non è stato costretto a riconciliarsi con la Chiesa ceco-slovacca per assicurare che questa potesse partecipare al Concilio di Creta del 2016. È allora che il vescovo Isaias è stato accettato come vescovo della Chiesa, come parte della riconciliazione.

Il vescovo Isaias ha causato molteplici controversie alla fine del 2019. A novembre ha concelebrato con gli scismatici ucraini a Kiev, a dispetto della posizione del Santo Sinodo e dell'avvertimento del suo primate, il metropolita Rastislav. Nello stesso mese, è stato riferito che il vescovo Isaias stava collaborando con Costantinopoli per stabilire un monastero e un'associazione legale nella Repubblica Ceca senza la benedizione o addirittura la conoscenza del Santo Sinodo ceco-slovacco, che in seguito ha condannato fermamente questa invasione da parte di Costantinopoli.

padre Jozef Fejsak. Foto: pravoslavbrno.cz

Poi, alla fine dell'anno scorso, il vescovo Isaias, vicario dell'arcivescovo Simeon di Brno e Olomouc, ha rimosso improvvisamente l'arciprete Jozef Fejsak dalla sua posizione di rettore e amministratore parrocchiale della chiesa di san Venceslao a Brno, Repubblica Ceca. Il vescovo lo ha ridotto al grado di "sacerdote ausiliario" e si è nominato capo della parrocchia, suscitando l'ira della comunità parrocchiale, che ama molto padre Jozef, che li ha serviti per anni.

La mossa è stata fatta senza la conoscenza o il consenso del consiglio parrocchiale, che ha promesso di utilizzare tutti i mezzi legali per difendere padre Jozef, come riportato sul sito della parrocchia.

Il consiglio parrocchiale si riunisce regolarmente per lavorare alla reintegrazione del rettore e pastore spirituale. L'arcivescovo Simeon conferma che p. Jozef è ancora l'amministratore legale e ha chiamato il vescovo Isaias per correggere la situazione. Il vescovo vicario ha invece licenziato anche il sacerdote di un'altra parrocchia dove da due anni lavora come missionario.

L'8 febbraio, il decano locale, l'arciprete Konstantin Ryška, ha visitato e ispezionato la chiesa e i suoi libri, concludendo che si tratta di una comunità ecclesiale viva e adeguatamente gestita. La parrocchia attendeva che il vescovo Isaias venisse con lui, e molte persone si sono prese un giorno di ferie per aprirgli il loro cuore riguardo al conflitto causato dal suo atteggiamento di potere. Tuttavia, il vescovo "non ha trovato il coraggio di venire".

La controversia che circonda il vescovo Isaias e la sua ultima decisione si è diffusa in tutta la Chiesa delle Terre ceche e della Slovacchia e oltre. La parrocchia ha fatto appello al primate, il metropolita Rastislav, notando che l'arcivescovo Simeon è d'accordo con il consiglio parrocchiale, contro la decisione del vescovo Isaias. L'arcivescovo ha chiesto al Sinodo di studiare la situazione e contribuire a portare la pace nella diocesi.

È stata lanciata anche una petizione in difesa di p. Jozef, che ha più di 1.500 firme tra la versione elettronica e quella cartacea.

I fedeli serbi residenti a Brno hanno scritto una dichiarazione all'arcivescovo Simeon in difesa di padre Jozef, così come hanno fatto i greci locali.

Fedeli provenienti da tutta la Repubblica Ceca si sono rivolti anche ai loro vescovi: "È molto inquietante osservare gli eventi che si stanno verificando in relazione alla parrocchia di Brno, poiché non ci sono ragioni note o prove di alcun reato o intento doloso per il licenziamento dell'amministratore spirituale di Brno".

Padre Jozef è un sacerdote esemplare, che porta tutti alle virtù cristiane, scrivono, mentre il vescovo Isaias minaccia la vita della Chiesa e getta un'ombra sull'intera Chiesa ceco-slovacca.

La parrocchia ha anche raccolto e pubblicato molte altre dichiarazioni di sostegno, che sottolineano che padre Jozef è un pastore meraviglioso, mentre i modi autoritari del vescovo Isaias rivelano tristi intrighi dietro le quinte che nemmeno la Chiesa ortodossa può evitare.

La questione è persino diventata motivo di preoccupazione nella vicina Chiesa ortodossa polacca. Sua Eminenza l'arcivescovo Abel di Lublino e Chełm si è rivolto sia al metropolita Rastislav sia all'arcivescovo Simeon, senza interferire come vescovo negli affari di un'altra Chiesa locale, ma dando testimonianza come uomo che ha conosciuto padre Jozef per diversi decenni.

L'arcivescovo ha anche visitato più volte la parrocchia di Brno e conosce padre Jozef come un prete zelante. La sua rimozione è una politica astuta e ingannevole da parte del vescovo Isaias, scrive l'arcivescovo polacco, che non si aspettava che il vescovo Isaias fosse così ingannevole e svendesse la Chiesa in questo modo.

Leggete di più sulla Chiesa delle Terre ceche e della Slovacchia e sul suo rapporto travagliato con il Patriarcato di Costantinopoli nell'articolo "Il ruolo del Patriarcato ecumenico nel periodo di crisi della Chiesa ortodossa nelle Terre ceche e in Slovacchia".

 
I padri Daniil Sysoev e Andrew Phillips a confronto sulla pastorale

Uno dei grandi vantaggi di condividere i propri programmi pastorali in Internet è che si può imparare facilmente dall’esperienza di altre chiese, liberando enormi quantità di risorse per dirigerle verso scopi più sensati e produttivi. D’altra parte, le esperienze pastorali di ogni chiesa dipendono in larga parte dalla società in cui la chiesa si trova a operare, e quel che porta buoni frutti da una parte può essere inefficace (o perfino controproducente) in un altro contesto. Presentiamo un paragone tra due esperienze parrocchiali di spicco e – per quanto umanamente si possa dire, parlando di chiese – di notevole successo degli inizi del XXI secolo: la parrocchia missionaria di san Tommaso Apostolo a Mosca, retta da padre Daniil Sysoev, e la parrocchia di san Giovanni di Shanghai e San Francisco a Colchester (Inghilterra), retta da padre Andrew Phillips. Da questo confronto pastorale, che è stato presentato nel 2010 dal portale Pravmir e che riportiamo nella sezione “Pastorale” dei documenti, possiamo ammirare un caso “da manuale” di ottima evangelizzazione in Russia, e al tempo stesso capire perché le stesse tecniche pastorali possono non funzionare nelle nostre parrocchie ortodosse in Occidente.

 
Perché alcuni alimentano l'odio, mentre altri sono presi di mira in casi penali?

le forze dell'ordine sono cieche all'incitamento contro la Chiesa ortodossa ucraina. Foto: Unione dei giornalisti ortodossi

La polizia ha aperto un caso contro un fedele della Chiesa ortodossa ucraina per le sue critiche ragionate nei confronti della "Chiesa ortodossa dell'Ucraina", ma allo stesso tempo è sorda a insulti evidenti nei confronti della Chiesa. Perché è così?

La polizia di Ternopil ha aperto un procedimento penale contro un credente della Chiesa ortodossa ucraina, Nikolaj Bodasjuk, per presunta istigazione alla discordia religiosa per mezzo di critiche alla "Chiesa ortodossa dell'Ucraina" e al Patriarcato di Costantinopoli. Allo stesso tempo, le forze dell'ordine rimangono sorde e in silenzio di fronte alle dichiarazioni di una serie di individui che insultano direttamente i cittadini ucraini che si associano alla Chiesa ortodossa ucraina. Perché sta succedendo questo?

Un caso penale

La risorsa "Klymenko Time" ha riferito che sono stati avviati procedimenti penali contro il credente della Chiesa ortodossa ucraina. Afferma che i dipendenti del dipartimento della SBU nella regione di Ternopil hanno letto la pagina Facebook di Nikolaj Bodasjuk e hanno scoperto che l'autore critica la "Chiesa ortodossa dell'Ucraina" e il Patriarcato di Costantinopoli. Hanno considerato questa critica come un incitamento all'odio religioso e hanno inviato materiale per posta alla polizia nella città di Zbarazh, nella regione di Ternopil. Di conseguenza, è stato avviato un procedimento penale ai sensi della Parte 1, articolo 161, del codice penale dell'Ucraina, che recita: "Violazione dell'uguaglianza dei cittadini basata sulla loro razza, nazionalità o preferenze religiose".

Il testo di questo articolo recita: "Le azioni volontarie che incitano all'inimicizia e all'odio nazionali, razziali o religiosi, l'umiliazione dell'onore e della dignità nazionale, o l'insulto dei sentimenti dei cittadini rispetto alle loro convinzioni religiose, e anche qualsiasi restrizione diretta o indiretta dei diritti, o la concessione di privilegi diretti o indiretti ai cittadini basati su razza, colore della pelle, convinzioni politiche, religiose e di altro tipo, sesso, origine etnica e sociale, stato di proprietà, luogo di residenza, caratteristiche linguistiche o di altro tipo,– sono punibili con una multa da 200 a 500 redditi minimi esentasse o con la limitazione della libertà per un periodo fino a cinque anni, con o senza la privazione del diritto di occupare determinate posizioni o svolgere determinate attività per un periodo fino a tre anni".

Di conseguenza, Nikolaj Bodasjuk può andare in prigione per tre anni per le sue pubblicazioni. Scopriamo se queste pubblicazioni meritano una punizione così severa. Tra tutti, selezioneremo la più offensiva.

Cosa ha scritto Nikolaj Bodasjuk?

Abbiamo contattato Nikolaj e abbiamo ricevuto un suo commento. Prima di citare le sue pubblicazioni, diamo la sua posizione in relazione alla "Chiesa ortodossa dell'Ucraina" e ai suoi sostenitori.

Bodasjuk non crede che i suoi post sui social network abbiano lo scopo di offendere qualcuno, e ancor di più, che mirino a "insultare i sentimenti dei cittadini in base alle loro convinzioni religiose". Il suo obiettivo è "che i seguaci della "Chiesa ortodossa dell'Ucraina" imparino la verità su cosa sia, perché ci sono molti dei miei amici e parenti tra loro". Non si considera colpevole ed è fiducioso che "con l'aiuto di Dio e il sostegno dei fedeli, la giustizia prevarrà".

Ora vediamo cosa ha scritto Nikolaj.

Ecco una citazione da una pubblicazione datata 20 gennaio 2021: "Il diavolo è la scimmia di Dio. L'Anticristo, che deve apparire prima della fine del mondo, è chiamato la scimmia di Cristo. Allo stesso modo, il falso metropolita di Kiev auto-consacrato è la scimmia del metropolita canonico di Kiev. A differenza dei precedenti leader dei gruppi auto-ordinati, il primate dell'auto-consacrata "Chiesa ortodossa dell'Ucraina", il falso metropolita Epifanij (Dumenko), in precedenza non aveva alcun grado sacro nella Chiesa ortodossa. Un fatto terribile è che l'auto-consacrato Epifanij in tutte le fasi del suo ministero presso il "patriarcato di Kiev" – diacono, sacerdote e vescovo – è stato ordinato da una persona scomunicata e anatemizzata – il falso patriarca Filaret (Denisenko). Quindi, non può esserci opzione peggiore per il posto di capo della falsa chiesa, la "Chiesa ortodossa dell'Ucraina", durante la sua formazione. <...> La falsificazione chiamata "Chiesa ortodossa dell'Ucraina" a un certo punto dovrà scoppiare come una bolla di sapone".

Può questo testo offendere i sentimenti religiosi dei sostenitori o dei membri della "Chiesa ortodossa dell'Ucraina"? Probabilmente sì. A nessuno piacerà se l'organizzazione religiosa a cui appartengono viene chiamata "auto-consacrata" e il suo capo "falso metropolita". Ma il fatto è che le riflessioni di Nikolaj Bodasjuk non provengono da alcune delle sue congetture, ma dai fatti che cita nella sua pubblicazione, vale a dire, "l'auto-consacrato Epifanij in tutte le fasi del suo ministero presso il "patriarcato di Kiev" – diacono, sacerdote e vescovo – è stato ordinato da una persona scomunicata e anatemizzata – il falso patriarca Filaret (Denisenko) ".

Neanche Filaret Denisenko nega di essere stato anatemizzato nel 1997 dal Concilio dei vescovi della Chiesa ortodossa russa. È vero, però, che tratta questo anatema con disprezzo, affermando che "non ne è toccato". Anche il fatto che Sergej (Epifanij) Dumenko sia stato "ordinato" a tutti i gradi di "sacerdozio" da una persona scomunicata dalla Chiesa è un fatto. E se uno che non è stato correttamente ordinato al sacerdozio nella Chiesa si definisce un "sacerdote", allora il termine auto-consacrato è applicabile a lui; allo stesso modo, se tale persona si definisce metropolita, allora dal punto di vista della Chiesa è un falso metropolita.

A proposito, la stessa posizione è condivisa dalla maggior parte delle Chiese locali riguardo alla "consacrazione" di Dumenko. Per esempio, il primate della Chiesa polacca, il metropolita Sawa, ha detto letteralmente quanto segue: "Questo giovane laico (Sergej Dumenko, ndc) ha subito gravi danni quando è stato nominato metropolita", ha risposto il primate alla domanda di un giornalista. "Alla luce del diritto canonico, non è un sacerdote. Non è ordinato nella Chiesa canonica ".

Allora qual è la colpa di Nikolaj Bodasjuk? Forse la polizia ucraina avvierà anche una causa contro il primate della Chiesa polacca?

Ecco una pubblicazione di Bodasjuk del 3 marzo 2021: "La differenza tra la Chiesa ortodossa ucraina canonica e il gruppo auto-consacrato chiamato 'Chiesa ortodossa dell'Ucraina' è la seguente. La vera Chiesa, che sul territorio dell'Ucraina è guidata da sua Beatitudine il metropolita Onufrij, la Chiesa ortodossa ucraina canonica, è stata creata dal Signore Gesù Cristo stesso ed è nata alla discesa dello Spirito Santo sugli apostoli il giorno di Pentecoste".

Si noti che questa affermazione sulla Chiesa ortodossa ucraina non è generalmente confutata da nessuno. Nessuno, compresi Sergej Dumenko, Filaret Denisenko, il patriarca Bartolomeo e così via, ha mai dichiarato che la Chiesa ortodossa ucraina non sia la Chiesa di Cristo o che i suoi vescovi non sbbiano successione apostolica nell'ordinazione. Inoltre, Nikolaj Bodasjuk fornisce una breve storia della creazione dei progenitori della "Chiesa ortodossa dell'Ucraina" – il "patriarcato di Kiev" e la "Chiesa ortodossa autocefala ucraina", che può essere trovata su Wikipedia, e in conclusione fornisce un'illustrazione che mostra la processione della Chiesa ortodossa ucraina contro quella della "Chiesa ortodossa autocefala ucraina" e del "patriarcato di Kiev" nella festa del Battesimo della Rus' nel 2018.

screenshot della pagina Facebook di Nikolaj Bodasjuk

Ancora una volta, piacerà ai sostenitori della "Chiesa ortodossa dell'Ucraina" se la loro organizzazione religiosa viene chiamata "etno-setta"? Naturalmente non piacerà. Ma i fatti sono evidenti: i fedeli della Chiesa ortodossa ucraina tengono in mano le icone, mentre i progenitori della "Chiesa ortodossa dell'Ucraina" hanno in mano le bandiere dell'Ucraina. Non ci sono affatto icone in questa processione "religiosa"! Solo i paramenti episcopali di Filaret Denisenko e Makarij Maletich, molto probabilmente realizzati presso l'impresa Sofrino della Chiesa ortodossa russa vicino a Mosca, indicano che appartengono a un'organizzazione religiosa.

Allora cosa aveva detto di tanto sbagliato Nikolaj Bodasjuk?

In effetti, la questione della "offesa" non è così semplice. A prima vista, se una persona si sente insultata e allo stesso tempo una tale reazione è sicuramente nota in anticipo, allora tutto è chiaro: l'insulto è reale. Ma cosa succede se "l'insulto" si basa su fatti indiscutibili in relazione a tale "offesa"? Se le parole considerate un insulto sono vere, allora come devono essere considerate in questo caso?

Se nelle suddette pubblicazioni Sergej (Epifanij) Dumenko è chiamato un falso metropolita, allora di chi è la colpa – di Filaret Denisenko, che, essendo scomunicato dalla Chiesa, lo ha elevato a questo "rango" o Nikolaj Bodasjuk, che ne ha parlato?

Chi ha impedito ai rappresentanti del "patriarcato di Kiev" e della "Chiesa ortodossa autocefala ucraina" nel 2018 di prendere icone e stendardi religiosi e camminare con loro in una processione religiosa in occasione del Battesimo della Rus'? In effetti, essi hanno preferito le bandiere nazionali alle icone e Nikolaj Bodasjuk ha semplicemente attirato l'attenzione su questo. La verità è molto spesso imparziale, ma ciò non la rende meno vera.

Ora parliamo dell'obiettivo che Nikolaj Bodasjuk probabilmente perseguiva. Il commento degli esperti del codice penale nella spiegazione all'articolo 161 dice: "Il lato soggettivo del crimine è caratterizzato dall'intento (diretto), poiché il soggetto agisce con lo scopo di provocare inimicizia e odio nazionale, razziale o religioso".

Abbiamo già citato il commento di Nikolaj, in cui afferma che ci sono molti dei suoi amici e parenti tra i seguaci della "Chiesa ortodossa dell'Ucraina", e con le sue pubblicazioni vuole farli riflettere sulla natura della "chiesa" in cui si trovano.

In generale, le pubblicazioni non solo di Nikolaj Bodasjuk, ma in generale di tutti i sostenitori della Chiesa ortodossa ucraina, così come le dichiarazioni e le prediche del suo episcopato e del clero su tali argomenti, hanno due obiettivi:

  • mostrare alla gente che la "Chiesa ortodossa dell'Ucraina" non è la Chiesa di Cristo;
  • portare all'idea che per salvare le loro anime, i suoi sostenitori devono pentirsi del peccato di scisma.

Qui non c'è odio. Sia il nostro Signore Gesù Cristo che i suoi apostoli a volte dicevano cose molto poco lusinghiere alle persone, le denunciavano per peccati e vizi. Ma cercavano di fomentare conflitti religiosi? Certamente no. Tutte queste accuse avevano lo scopo di richiamare i perduti al pentimento.

Inoltre, il già citato commento afferma: "L'articolo 161 del codice penale dell'Ucraina protegge l'uguaglianza dei cittadini, che è sancito dalla Costituzione dell'Ucraina". Quali diritti dei sostenitori della "Chiesa ortodossa dell'Ucraina" sono stati violati nelle pubblicazioni di Nikolaj Bodasjuk? A prima vista, può sembrare che questo sia un diritto all'onore e alla dignità. Ma ancora: chi è la colpa del fatto che Sergej Petrovich Dumenko sia stato ordinato da una persona scomunicata dalla Chiesa? È davvero colpa di Nikolaj Bodasjuk?

Pubblicazioni di sostenitori e membri della "Chiesa ortodossa dell'Ucraina"
Ora qualche parola su altre pubblicazioni sulle quali le forze dell'ordine tacciono.

Ecco le parole del  "vescovo della Chiesa ortodossa dell'Ucraina" Adrian Kulik: "Chiunque viva in Ucraina e non la ama farebbe meglio ad attaccare un numero di plastica alle orecchie, come si fa con i cani randagi, in modo che gli ucraini possano vedere con chi hanno a che fare". Kulik e altri come lui sono pronti a iscrivere milioni di cittadini ucraini che non sono d'accordo con loro nella categoria di quegli ucraini "che non amano". E, inoltre, appenderebbero numeri alle loro orecchie.

Una dichiarazione del  "sacerdote della Chiesa ortodossa dell'Ucraina" Aleksandr Dedjukhin dice che i rappresentanti delle repubbliche popolari non riconosciute di Donetsk e Lugansk, cittadini ucraini, sono "rifiuti organici": "Ho letto dell'ispezione di rifiuti organici alle posizioni ucraine. Santo cielo!"

Lo stesso Dedyukhin nel 2016 ha definito la Processione pan-ucraina della Croce della Chiesa ortodossa ucraina: "la campagna dei vampiri di Mosca" .

Possiamo anche ricordare i giornalisti. Per esempio, un impiegato del Canale 5 di Poroshenko, Roman Chajka, ha detto un anno fa: "Il santuario ucraino catturato, la Lavra della Grotte di Kiev occupato dagli oscurantisti satanisti-ucrainofobi di Mosca, ha raggiunto la cifra di quasi 100 infetti. E non è ancora finita".

Inoltre, il vicedirettore generale del primo canale televisivo tartaro di Crimea "ATR" Ayder Muzhdabaev ha detto che la Chiesa ortodossa ucraina è una Chiesa malvagia, il cui gregge è costituito da vere pecore. A proposito, le forze dell'ordine non hanno visto alcun segno di incitamento all'inimicizia e all'odio religioso nelle dichiarazioni di Muzhdabaev, e si sono rifiutati di sottoporre tale caso al Registro unificato delle indagini preliminari.

Ecco una pubblicazione molto recente della propagandista di lunga data Jaroslava Mishchenko, in cui si racconta che i partecipanti al Congresso delle comunità perseguitate della Chiesa ortodossa ucraina, svoltosi il 22 febbraio, erano stati corrotti dal noto benefattore, deputato e diacono della Chiesa ortodossa ucraina Vadim Novinskij, perché partecipassero a questo evento.

screenshot del post di Facebook di Jaroslava Mishchenko

Quest'ultima pubblicazione è sorprendentemente cinica. Dei credenti che hanno subito percosse, insulti e minacce, che hanno perso le loro chiese e proprietà, che sono stati esposti a umiliazioni e ingiustizie, si sono riuniti alla Lavra delle Grotte di Kiev. I loro diritti legali non sono stati protetti dallo Stato. Queste persone sono quindi venute a Kiev per condividere la loro disgrazia con tutti coloro che non sono indifferenti, ma invece sono stati ridicolizzati fino a questo punto.

Abbiamo fornito solo alcuni esempi di incitamento diretto contro la Chiesa ortodossa ucraina. La dimensione di un articolo non è sufficiente per inserire tutte le citazioni di incitamento all'odio, poiché ce ne sono decine, centinaia. Ma se confrontiamo le pubblicazioni di cui sopra con ciò che scrive Nikolaj Bodasjuk, possiamo vedere quanto segue:

In primo luogo, le pubblicazioni dei sostenitori della "Chiesa ortodossa dell'Ucraina" sono solo insulti, dichiarazioni non ben motivate. Le persone sono chiamate "rifiuti organici", satanisti e ucrainofobi, equiparati a cani randagi, accusati di corruzione e così via. È solo sporcizia che si riversa sulle teste di cittadini ucraini.

In secondo luogo, queste pubblicazioni non sono basate su fatti verificati. Mentre Nikolaj Bodasjuk cita alcuni eventi storici, fatti, li valuta e arriva a determinate conclusioni, le pubblicazioni dei sostenitori della "Chiesa ortodossa dell'Ucraina" rivelano bugie o prese in giro malvagie, o entrambe le cose.

Terzo, lo scopo delle pubblicazioni non è cercare di capire quale sia la Chiesa vera e quella falsa, non scoprire quale Chiesa offre la salvezza o la morte eterna dell'anima che vive nello scisma; né lo scopo è una chiamata al pentimento. Come scrive il citato commento del codice penale: "Il lato soggettivo del crimine è caratterizzato dall'intento (diretto), poiché il soggetto agisce con lo scopo di provocare inimicizia e odio nazionale, razziale o religioso".

Tuttavia, le suddette pubblicazioni e molte altre che effettivamente incitano all'odio religioso non vengono prese in considerazione dalle forze dell'ordine.

Perché l'atteggiamento è così diverso?

Secondo la Costituzione dell'Ucraina, tutti i cittadini, indipendentemente da qualsiasi fattore, sono uguali davanti alla legge. Pertanto, se si avvia un procedimento penale contro Nikolaj Bodasjuk per incitamento all'odio religioso, allora casi simili dovrebbero essere aperti contro i suddetti sostenitori della "Chiesa ortodossa dell'Ucraina" e molti altri che si sentono liberi di umiliare e insultare i sentimenti religiosi dei credenti della Chiesa ortodossa ucraina. Se non si aprono quei casi, allora Bodasjuk dovrebbe essere scagionato. Tuttavia, tutto accade in modo diverso. Perché?

Per rispondere a questa domanda, si dovrebbe guardare alla storia, in particolare al momento in cui i bolscevichi che salirono al potere nel 1917 presentarono il proprio approccio ai diritti umani e allo Stato di diritto in generale. Si chiamava allora il principio dell'opportunità rivoluzionaria e, secondo esso, solo quelle leggi che servivano al bene della rivoluzione erano messe in pratica, mentre quelle che non contribuivano a questo principio venivano scartate.

Per esempio, l'uguaglianza davanti alla legge era considerata impraticabile, poiché interi strati della popolazione (nobili, mercanti, proprietari terrieri e altri) erano riconosciuti come nemici e, di conseguenza, non potevano contare sulla parità di diritti con il proletariato. Oggi in Ucraina, nonostante il governo sovietico sia dichiarato malvagio e soggetto a ogni tipo di censura, vengono usati assolutamente gli stessi metodi bolscevichi. Al posto della legge, opera il principio dell'opportunità politica (chiamiamolo così). Allo stesso modo, interi strati della popolazione, vale a dire i credenti della Chiesa ortodossa ucraina, sono considerati senza fondamento come almeno inaffidabili o insufficientemente patriottici, e la loro uguaglianza davanti alla legge non funziona. Possono essere insultati, le loro chiese possono essere portate via, possono essere umiliati e accusati di "invadere la stabilità e la sicurezza dello Stato" dell'Ucraina, come ha detto il deputato del Partito di solidarietà europea Rostislav Pavlenko, e questo rimane impunito.

Tuttavia, la storia mostra che uno stato veramente stabile applica il principio di giustizia e uguaglianza per tutti i cittadini, indipendentemente dalle loro convinzioni o altre identità, piuttosto che il principio di opportunità rivoluzionaria o politica. Il ritorno dei metodi e dei principi bolscevichi non può portare a nulla di buono, come è stato dimostrato dalla nostra storia.

 
Perché tutto quello che credevate di sapere sui colori è sbagliato

La presbitera Krista West, di cui la scorsa settimana abbiamo presentato un saggio sull’abbigliamento clericale, ci offre la sua competenza di sarta ecclesiastica parlandoci dei colori dei paramenti, in un testo che presentiamo nella sezione “Ortoprassi” dei documenti. Dalle sue parole scopriamo come alcune delle idee che diamo per scontate riguardo ai colori liturgici in realtà sono un po’ più complicate di quanto sembrano, e che un tuffo nella storia dei colori liturgici ci riserva alcune sorprese.

 
Gli atti di violenza da parte della "Chiesa ortodossa dell'Ucraina" sono abominevoli per il mondo

il metropolita Timotheos (Margaritis) di Vostra. Foto: Romfea

Le azioni vergognose della cosiddetta "Chiesa ortodossa dell'Ucraina" servono gli interessi dei nemici della Chiesa ortodossa e approfondiscono lo scisma, ha affermato il metropolita Timotheos (Margaritis) di Vostra.

Gli atti di violenza e intolleranza provocano disgusto e condanna in tutto il mondo, ed è ancora più vergognoso quando sono commessi dai membri della cosiddetta "Chiesa ortodossa dell'Ucraina". Lo ha detto il vescovo della Chiesa ortodossa di Gerusalemme, esarca del Santo Sepolcro a Cipro, il metropolita Timotheos (Margaritis) di Vostra dopo aver visto il film "I fedeli: inno d'amore", che racconta il destino dei credenti nei villaggi di Butyn e Kinakhivtsy.

"È con dolore che ho visto l'altro giorno un documentario sulla persecuzione in Ucraina di sacerdoti e credenti appartenenti alla Chiesa ortodossa ucraina, sui quali ho anche una mia visione personale", ha detto il metropolita in un commento pubblicato domenica 14 marzo dal Dipartimento per le relazioni ecclesiastiche esterne del Patriarcato di Mosca. "È terribile immaginare che persone che affermano di essere ortodosse siano così sommerse dall'odio da usare violenza per impadronirsi di chiese, abbattere porte, perseguitare i loro compatrioti spiritualmente e fisicamente e dividere la Chiesa".

Il metropolita ha osservato che gli atti di violenza e intolleranza, da qualsiasi parte provengano, provocano disgusto e condanna nel mondo intero.

"Questo dimostra solo che coloro che sono coinvolti in queste azioni sono lontani dallo spirito e dalla dottrina cristiana, che è caratterizzata dall'amore e dalla misericordia anche verso i nemici. È ancora più vergognoso quando questo viene fatto da membri della cosiddetta "Chiesa ortodossa dell'Ucraina" o per suo conto e con la partecipazione delle autorità locali, nonostante il fatto che queste azioni siano criminali, incitando all'odio verso i credenti della stessa nazione ucraina", ha sottolineato.

Infatti, ha aggiunto il metropolita Timotheos, tali azioni "servono gli interessi dei nemici della Chiesa ortodossa, approfondiscono lo scisma, distruggono i ponti per la riconciliazione e lo sviluppo spirituale dei credenti ortodossi in Ucraina, dove la Chiesa ortodossa ucraina svolge la sua missione salvifica sotto la guida spirituale del metropolita Onuphry, riconosciuto dalla maggior parte delle Chiese ortodosse".

"Ogni persona veramente credente condanna indubbiamente tali azioni che sono estranee allo spirito cristiano", ha riassunto il metropolita della Chiesa ortodossa di Gerusalemme.

Vi ricordiamo che in precedenza il metropolita Timotheos di Vostra ha sottolineato che l'intero mondo cristiano ama e rispetta il primate della Chiesa ortodossa ucraina, sua Beatitudine il metropolita Onufrij.

 
40 giorni dalla strage di Odessa

Il metropolita Agafangel (Savvin) di Odessa e Izmail invita tutte le chiese della sua diocesi a pregare per le anime delle vittime della strage del 2 giugno nella casa dei sindacati, in occasione del memoriale del quarantesimo giorno dalla loro morte.

Ci uniamo anche noi alla preghiera per i defunti: никто не забыт и ничто не забыто ("nessuno è dimenticato e nulla è dimenticato"). Ricordiamo le vittime della barbarie anti-ortodossa, perché quello che si è visto a Odessa non si ripeta più.

 
Metropolita Ilarion di Volokolamsk: nella società moderna la voce della Chiesa è molto spesso una voce nel deserto

Presentiamo nella sezione “Confronti” dei documenti il testo russo e la traduzione italiana dell’intervista rilasciata dal metropolita Ilarion (Alfeev) di Volokolamnsk prima dell’inizio del Forum europeo ortodosso-cattolico a Minsk. Oltre a ribadire la necessità di far sentire liberamente la voce della Chiesa anche quando questa è in contrasto con la mentalità anti-cristiana del mondo contemporaneo, vladyka Ilarion offre anche la sua “voce nel deserto” sulla minaccia rappresentata dall’uniatismo e dalla sua accettazione unilaterale del regime golpista ucraino: una forza sufficiente ad annientare ogni possibile progresso di riavvicinamento tra cattolici romani e ortodossi.

 
Il patriarca Atenagora ha servito come rabbino ebreo mentre era già vescovo, secondo un nuovo rapporto

foto: 1.bp.blogspot.com

Un nuovo rapporto di Orthodoxy and World Religions, un sito gemello del famoso blog di Mystagogy di John Sanidopoulos, rivela che il famigerato patriarca Atenagora di Costantinopoli era solito servire come rabbino per gli amici ebrei nello stesso periodo in cui era metropolita ortodosso.

Inoltre, lo stesso patriarca ricorda come nella sua infanzia si confessasse da un derviscio musulmano, perché non si fidava del prete locale.

"Molte cose sono state scritte sull'ex patriarca ecumenico Atenagora e sulle sue attività ecumeniche, alcune delle quali possono essere viste come passi positivi, ma ci sono anche cose tanto terribili che non si può credere che siano vere senza prima vedere le prove. Una di queste cose è l'affermazione che una volta aveva servito come rabbino per gli ebrei nello stesso periodo in cui era metropolita per i cristiani ortodossi": così Sanidopoulos inizia il suo rapporto.

Come ricorda, gli fu detto che la prova di questa affermazione si poteva trovare nell'articolo del New York Times, "Gli ebrei greci di qui pregano per la vittoria", del 25 novembre 1940, quando Atenagora era arcivescovo della Chiesa greco-ortodossa del Nord e del Sud America.

In un ricevimento in suo onore dopo un servizio di preghiera in una sinagoga di New York, l'arcivescovo Atenagora "disse di aver 'apprezzato molto le cerimonie" e di essere stato "particolarmente contento perché la maggior parte di questa congregazione di ebrei greci proviene dalla mia città di Iannina".

"Siamo della stessa città e sono molto orgoglioso di loro", aggiunse." E confessò: "A Corfù, dove un tempo vivevo, ho agito molte volte come rabbino per i miei amici ebrei".

Come ricorda Sanidopoulos, Atenagora era un giovane diacono quando fu eletto metropolita di Corfù nel 1923, dove rimase fino a quando si trasferì per servire in America nel 1930. Così, per sua stessa ammissione, l'allora metropolita Atenagora prestò servizio come rabbino ebreo "molte volte", nello stesso tempo in cui era un vescovo della Chiesa ortodossa.

Sanidopoulos commenta: "Sebbene ciò sia vero, non sorprende affatto. Atenagora è noto come estremista per quanto riguarda l'ecumenismo e molti fedeli ortodossi lo hanno condannato per questo. Dopotutto, in una lettera a papa Paolo VI nel 1968, non solo lodò il papa come più grande dell'apostolo Paolo, ma gli disse anche che commemorava il suo nome a ogni Divina Liturgia, poiché secondo Atenagora il Grande Scisma era finito nel 1965".

Fu lo stesso patriarca Atenagora a sollevare l'anatema dell'XI secolo contro il papa di Roma e a dichiarare unilateralmente la fine dello scisma tra la Chiesa ortodossa e la Chiesa cattolica.

Il canone 64 dei Santi Apostoli afferma: "Se un sacerdote o un laico entra in una sinagoga di ebrei o eretici per pregare, il primo sia deposto e il secondo sia scomunicato".

foto: 1.bp.blogspot.com

Inoltre, Sanidopoulos scrive che il predecessore del patriarca Atenagora, il patriarca Maximos V, disse di aver visto Atenagora pregare nelle moschee sia a Costantinopoli che a Gerusalemme, e che Atenagora gli aveva detto: "Nel nostro villaggio avevamo nella nostra casa paterna due persone, un sacerdote e un derviscio di nome Kamil. Noi ci confessavamo e raccontavamo i nostri segreti al derviscio Kamil, perché non avevamo fiducia nel nostro sacerdote".

E Sanidopoulos conclude: "Pertanto, da bambino Atenagora fu allevato a trattare un derviscio islamico come suo padre spirituale al di sopra del sacerdote ortodosso del suo villaggio. Non c'è da meravigliarsi che il suo ecumenismo abbia raggiunto tali estremi, estremi che si sarebbero rivelati disastrosamente dannosi per l'unità del mondo ortodosso".

 
Lasciare la Chiesa ortodossa

Padre Richard Rene è un prete della Chiesa Ortodossa in America, autore di libri di narrativa e poesie e di un blog intitolato Mysterion. Uno dei recenti articoli del blog, riportato da Pravmir, parla del valore positivo e negativo dell’individualismo moderno rispetto alle conversioni all’Ortodossia. Liberando il  processo della conversione dall’identificazione tribale dell’Ortodossia come religione etnica di determinati popoli, il mondo moderno ha permesso una enorme quantità di conversioni (tra cui quella dello stesso padre Richard, originario delle isole Seychelles). Allo stesso tempo, però, disancorando la scelta della fede ortodossa dai percorsi “tribali”, ha reso i convertiti più deboli e più a rischio di considerare la scelta dell’Ortodossia come una mera “tappa” di un cammino spirituale assolutamente individuale (considerazione che porta all’immediata perdita della fede ortodossa). Leggiamo con attenzione le parole di padre Richard, che presentiamo nella sezione “Pastorale” dei documenti, e teniamo conto di queste considerazioni nel valutare il cammino personale di chi desidera sntrare nella Chiesa ortodossa.

 
Una risposta a un articolo di Maurizio Blondet

Premessa

Leggiamo sul blog Blondet & Friends un articolo dal titolo Sulle sofferenze riparatrici, in cui Maurizio Blondet commenta con elogi ma anche con riserve il testo del nostro parrocchiano Mario Marchisio, Ricerca di Dio e labirinto del mondo, un testo che riporta una versione ampliata del libro Ricerca di Dio e retta Fede, già recensito sul nostro blog parrocchiale.

Vi invitiamo a leggere l’articolo Sulle sofferenze riparatrici prima di procedere alla lettura della nostra risposta, per farvi un’idea delle affermazioni che ci hanno spinto ad aggiungere i nostri commenti.

* * *

Caro Blondet,

mi fa piacere leggere un suo articolo nel quale si vuole confrontare con i cristiani ortodossi. A maggior ragione, sono lusingato di questa sua attenzione, in qualità di curatore dell’unico sito della Chiesa ortodossa che lei riporta da anni tra i suoi preferiti (e di questa attenzione molti dei nostri le sono grati).

Al di là dell’assoluto rispetto per le scelte personali, che rende piuttosto superflue le spiegazioni del perché non possiamo essere questo o diventare quell’altro, o del perché stiamo bene così come siamo (nonostante una marea di difficoltà con le nostre stesse tradizioni), è bene chiarificare almeno quel che ci dice la nostra fede, così possiamo sforzarci di apprezzare quella degli altri.

Su un punto, uno solo, mi permetto di obiettare alla presentazione che lei stesso fa della sua tradizione cattolica. La morte (= “Dormizione”) e la sepoltura della Madre di Dio sarebbero cose “che nessun cattolico nega”? La invito alla lettura de La mort et l'assomption de la Vierge Marie, di padre Martin Jugie, un libro che mette proprio in dubbio la morte della Santa Vergine. Fisime di un teologo solitario? Tutt’altro: si tratta niente di meno che dell’opera preparatoria del dogma cattolico dell’Assunzione. E proprio su queste basi, il dogma cattolico romano non definisce la morte della Madre di Dio. Con tanti saluti allo “sviluppo dogmatico” decantato dai sostenitori della maggior “completezza” della teologia cattolica.

Se mi passa un commento di parte ortodossa, la fissazione sull’Assunzione che fa “evaporare” la morte e la sepoltura della Santa Vergine ci sembra un parallelo, su piccola scala, della fissazione musulmana sull’Ascensione, che trascura particolari “bagatellari” come la morte e la risurrezione di Cristo...

La sensibilità ortodossa non è un “tenersi indietro” rispetto a quei particolari che a lei dicono qualcosa, è un desiderio di pienezza di fede. Quando percepiamo che un messaggio non è completo, non diamo contro al messaggio per quel che dice, piuttosto sottolineiamo ciò che il messaggio ignora, trascura o distorce rispetto al messaggio cristiano integrale. Nell’Immacolata Concezione, il maggior problema non è la storpiatura di un’antica festa cristiana (la Concezione di Sant’Anna) che dice tutt’altro, né il legittimo desiderio di non rendere partecipe la Beata Vergine delle logiche conseguenze della teoria agostiniana del peccato originale (teoria non condivisa dagli altri Padri della Chiesa), è il fatto che questa “toppa peggiore del buco” giunge a sminuire la Madre di Dio nel suo rapporto con l’umanità, facendone una “prescelta suo malgrado” rinchiusa in una natura diversa dalla nostra.

Anche le sofferenze riparatrici non le neghiamo in quanto tali, ma per il valore salvifico oggettivo, e quasi esclusivo, che si vuole attribuire loro. Intendiamoci, che certe sofferenze siano riparatrici non c’era neppure bisogno che venisse a dircelo Gesù Cristo... bastava il Codice di Hammurabi! L’intero corpus giuridico dell’umanità è ripieno di esempi di come certe colpe si possano cancellare con certe sofferenze (anche patite da altri). Non mancano, nella storia cristiana antica come in quella ortodossa odierna, casi di cristiani che si accollano particolari sofferenze come forma di espiazione di peccati (vivere in cima a colonne o portare nascoste sul corpo pesanti catene non sono certo forme di ascesi raccomandate a tutti), quella che manca è la presunzione che tali sofferenze siano necessarie per la redenzione degli altri. Dato che ha citato una visione a Serafino di Sarov, non sarà infruttuoso ricordare ciò che proprio per San Serafino era tanto importante: l’acquisizione dello Spirito Santo, per la quale un singolo fedele può portare la salvezza a migliaia attorno a sé. Un testo fondamentale per approfondire questo concetto è il dialogo con Motovilov, che sul nostro sito abbiamo presentato per la prima volta in forma integrale in lingua italiana.

In questa visione, l’acquisizione dello Spirito Santo non è né legata né slegata dal tema delle sofferenze. C’è chi dedica le proprie sofferenze a Dio, chi si fa carico di sofferenze speciali, chi si prodiga per alleviare quelle altrui, o chi cerca Dio senza curarsi particolarmente delle sofferenze: nessuna di queste forme dovrebbe essere vista come esclusiva, perché il fine ultimo della nostra vita dovrebbe essere la comunione con Dio, non il tipo di cammino che abbiamo fatto per arrivarci.

Questo è lo spirito che vorremmo apportare... se comunque intende farci degli appunti o segnalazioni, siamo sempre pronti ad ascoltarla con attenzione e con affetto fraterno.

Suo in Cristo,

igumeno Ambrogio

Torino, 6 aprile 2021

 
Un prete cattolico del Pontificio Istituto Orientale accolto nell’Ortodossia

Il 7 giugno 2014 l'arcivescovo Amvrosij (Ermakov) di Peterhof ha officiato il rito dell'ammissione al sacerdozio ortodosso di un prete cattolico orientale: padre Constantin Simon, americano di origini ucraino-ungheresi, vice-rettore del Pontificio Istituto Orientale e autore di numerosi libri e studi sui rapporti tra ortodossi e cattolici. Di lui non si può certo dire che non abbia le idee chiare sulla Chiesa russa, né che la sua scelta sia stata improvvisa e poco ponderata.

 
Ne resterà soltanto uno: perché i "vescovi della Chiesa ortodossa dell'Ucraina" si prendono le chiese gli uni dagli altri?

i "vescovi della Chiesa ortodossa dell'Ucraina" si prendono le chiese gli uni dagli altri. Foto: Unione dei giornalisti ortodossi

Nella "Chiesa ortodossa dell'Ucraina", il "vescovo" di Kharkov-Poltava ha accusato il "vescovo" di Kharkov di irruzione nelle chiese. Analizziamo perché i "vescovi" della "Chiesa ortodossa dell'Ucraina" stanno affrontando una lotta tra esemplari della stessa specie.

Possiamo immaginare nella Chiesa ortodossa ucraina una situazione in cui i rappresentanti di un vescovo ordinario sequestrano le parrocchie di un altro? O una situazione simile nella Chiesa serba, bulgara, polacca o in qualche altra Chiesa canonica? Dovremmo ammettere che sia difficilmente credibile, o piuttosto che sia una situazione fantastica, assolutamente impossibile. Ma nella “Chiesa ortodossa dell'Ucraina”, che, secondo la posizione del Fanar, occupa il quindicesimo posto dei Dittici delle Chiese locali, questo è comune e normale.

Il 4 aprile, il "vescovo ordinario" della diocesi di Kharkov-Poltava della "Chiesa ortodossa dell'Ucraina", Afanasij Shkurupij, ha rilasciato sulla sua pagina Facebook una dichiarazione esplosiva, in cui accusava il "vescovo ordinario" della diocesi di Kharkov della "Chiesa ortodossa dell'Ucraina" Mitrofan Butinskij di sequestro in stile da predoni delle parrocchie del decanato di Kharkov.

"Amici, pregate! Oggi, nella settimana della Croce, davanti alla santa Croce, il diavolo ha organizzato un sabba nelle parrocchie di Sokoliv e Tsirkuniv nella regione di Kharkov e per mano dei loro rettori, padre Stanislav Ashtrafyan e padre Oleg Kozub, che ho temporaneamente rimosso dal loro incarico, ha organizzato una ribellione con l'obiettivo di trasferire le parrocchie in un'altra diocesi", ha scritto Shkurupiij. "Questo processo è guidato da un regista esperto, il vescovo Mitrofan. Si sente minacciare che anche altre parrocchie della diocesi di Kharkov-Poltava saranno prese di mira per cacciare l'arcivescovo Afanasij dalla regione di Kharkov. Eccoci qui. È doloroso e offensivo che lo sviluppo della Chiesa ortodossa dell'Ucraina inizi con questo. Ebbene, siamo esplodendo sui nostri stessi petardi!"

Il conflitto tra i "vescovi ordinari" è una cosa troppo grave per essere portata sul piano pubblico. Inoltre, molto indica che questa pubblicazione non è solo un caso fortuito; questo problema è endemico nella "Chiesa ortodossa dell'Ucraina".

"Ne resterà soltanto uno"

screenshot del film "Highlander"

Non molto tempo fa il film "Highlander" è stato molto popolare nel mondo. Racconta di una certa comunità di immortali che sono in guerra tra loro da tempo immemorabile. Sebbene alcuni siano presentati come "buoni" e altri come "cattivi", in realtà i loro obiettivi sono identici: gli immortali si uccidono a vicenda con spade per ottenere la vitalità e l'energia del loro concorrente. Il loro motto era: "Ne resterà soltanto uno". In che modo questa storia è collegata ai "vescovi" della "Chiesa ortodossa dell'Ucraina"? In modo diretto.

Come sappiamo, la "Chiesa ortodossa dell'Ucraina" è stata formata al "concilio d'unificazione" del 15 dicembre 2018 da una fusione meccanica di "patriarcato di Kiev" e "Chiesa ortodossa autocefala ucraina". Esteriormente, tutto sembrava bello e persino toccante. I propagandisti hanno parlato dell'unificazione di tutti i cristiani ortodossi in un'unica struttura. La realtà era completamente diversa. Togliamo l'ovvio fatto che non è avvenuta l'unificazione annunciata con la Chiesa ortodossa ucraina – dalla quale praticamente nessuno si è trasferito alla nuova struttura scismatica. La realtà riguarda la relazione tra gli scismatici.

Il patriarca Bartolomeo, i suoi propagandisti e gli stessi membri della "Chiesa ortodossa dell'Ucraina" assicurano ardentemente che non ci sono più scismatici in Ucraina. Tutti loro, con il riconoscimento dell'invalidità dell'anatema di Filaret (e il conferimento dello status episcopale a Makarij, che non era mai stato vescovo nella Chiesa canonica), sono divenuti improvvisamente "canonici e buoni". Non discutiamo ora di questa logica perversa. Riflettiamo su qualcos'altro: come i membri della "Chiesa ortodossa dell'Ucraina" hanno iniziato a osservare le regole elementari con cui la Chiesa canonica ha vissuto per secoli e millenni.

Sappiamo che già nei primi tempi cristiani, gli apostoli evitavano di entrare in aree dove altri apostoli predicavano il Vangelo, "in modo che io non costruisca sulle fondamenta di qualcun altro" (Romani 15:20). Questo principio è stato sancito nel primo Concilio ecumenico, al Canone 8, che ha decretato che "non possono esserci due vescovi nella città". In altre parole, un certo territorio è assegnato a un solo vescovo. I canoni apostolici e altre ordinanze della Chiesa indicano l'inammissibilità della violazione dei confini delle aree ecclesiastiche (diocesi) da parte dei vescovi o del loro clero.

Fino al 2018, gli scismatici ucraini avevano due strutture parallele: il "patriarcato di Kiev" e la "Chiesa ortodossa autocefala ucraina". Di conseguenza, ognuna di loro aveva il proprio "vescovo" nello stesso territorio, che aveva il nome territoriale corrispondente nel titolo: vescovo di Leopoli, Ternopol, Kharkov, ecc. Nessuno si preoccupava del fatto che la massima "una città – un vescovo fosse stata violata poiché la Chiesa di Cristo è una, quindi non possono essercene parecchie in parallelo.

Alla vigilia del "concilio d'unificazione", il Fanar ha dichiarato come propri vescovi titolari tutti i  "vescovi" del "patriarcato di Kiev" e della "Chiesa ortodossa autocefala ucraina", considerandoli uguali tra loro. Di conseguenza, non ci sono più "vescovi" di Lviv, Ternopil, Kharkov, ecc. Con la formazione di una nuova "Chiesa", un nuovo "vescovo" ordinario doveva essere eletto per ciascuna sede dall'intero "episcopato": uno dei due a Leopoli, uno dei due a Ternopol, uno dei due a Kharkov, ecc. È mai stato fatto? Ovviamente no.

Dopo il "concilio d'unificazione", ogni "vescovo ordinario" dell'ex "patriarcato di Kiev" e dell'ex "Chiesa ortodossa autocefala ucraina" è tornato al proprio ministero e ha continuato a gestire la propria struttura come se nulla fosse accaduto. Così, in ogni grande città della "Chiesa ortodossa dell'Ucraina" ci sono attualmente due "vescovi", mentre a Vinnitsa, dove Simeon (Shostatskij) è passato alla "Chiesa ortodossa dell'Ucraina", ce ne sono addirittura tre.

Sullo sfondo della totale illegalità canonica che ha accompagnato tutta la farsa della creazione della "Chiesa ortodossa dell'Ucraina", il fatto della duplicazione dei "vescovi ordinari" non ha infastidito nessuno. Poi, con il sostegno del governo di Poroshenko, i luoghi di culto della Chiesa ortodossa ucraina sono stati sequestrati con la forza, e i "vescovi" della "Chiesa ortodossa dell'Ucraina" non hanno avuto il tempo di litigare tra loro – hanno dovuto "inglobare" le parrocchie della Chiesa canonica. Non c'era nessuno che vi potesse servire, le chiese sequestrate erano vuote e i "vescovi" hanno dovuto persino mettere pubblicità per reclutare in villaggi lontani uomini accettassero di fare i sacerdoti con una formazione professionale successiva.

Ma anche allora, si sono verificati nello stesso territorio conflitti tra i "vescovi ordinari" della "Chiesa ortodossa dell'Ucraina", come per esempio in Volinia, dove il luogo di culto della Chiesa ortodossa ucraina ad Antonivka, che era stato "trasferito" alla "Chiesa ortodossa dell'Ucraina" sotto l'ala di Gavriil Krizina (già della "Chiesa ortodossa autocefala ucraina"), è stato nuovamente registrato per entrare a far parte della struttura di Mikhail Zinkevich.

Nel giugno 2019, Filaret, che ha deciso di far rivivere il suo Patriarcato di Kiev, ha denunciato il sequestro di chiese del "patriarcato di Kiev" da parte di rappresentanti della "Chiesa ortodossa dell'Ucraina". Ha fatto seguito una serie di scaramucce tra i "rettori" che hanno deciso di stare con Dumenko e quelli che si sono schierati con Filaret. Per esempio, mentre il chierico del "patriarcato di Kiev" a Rovno, Vitalij Druzjuk, stava partecipando al "concilio locale" a Kiev, la sua chiesa è stata sequestrata dai sostenitori di Epifanij con l'aiuto del "Settore destro".

Cosa dicono tutti questi fatti? L'essenza dello scisma è la stessa ovunque: aggressiva, razzista e per niente ecclesiastica. Non appena avranno finito con le "prede facili", cioè i casi in cui le autorità assistono al sequestro dei luoghi di culto della Chiesa canonica, queste persone inizieranno a divorarsi a vicenda finché rimarrà in un territorio solo il più forte, che si impossesserà di tutte le proprietà da concorrenti più deboli. Tutto si sta sviluppando come nel film "Highlander": "Ne resterà soltanto uno".

I pulcini di Filaret mangiano i pulcini di Makarij

Di solito a nessuno piace "lavare i panni sporchi in pubblico", tutti cercano di risolvere i problemi in silenzio e pacificamente, per non rovinare la propria reputazione, cosa molto, molto sfavorevole nella "Chiesa ortodossa dell'Ucraina". Anche prima del 2018, Filaret ha cercato di "fagocitare" la "Chiesa ortodossa autocefala ucraina", cioè di annetterla alla sua struttura. Nel 2015 si sono svolti i negoziati sull'unificazione, a cui, tra l'altro, hanno partecipato rappresentanti del Patriarcato di Costantinopoli. Le trattative si sono concluse nel nulla. La ragione principale del fallimento era l'atteggiamento sdegnoso degli adepti di Filaret nei confronti della loro controparte.

E ora, quando i membri del "patriarcato di Kiev" e della "Chiesa ortodossa autocefala ucraina" sono nella stessa struttura da 2 anni e mezzo, queste contraddizioni non sono svanite da nessuna parte. I gruppi dell'ex "patriarcato di Kiev" e dell'ex "Chiesa ortodossa autocefala ucraina" esistono separatamente. Gli autocefalisti sono considerati un "anello debole" ed esposti ai loro "fratelli" che ne "fagocitano" un pezzo alla prima occasione.

La scandalosa pubblicazione di Shkurupiy ha rivelato tali contraddizioni, che per il momento hanno cercato di nascondere sotto il tappeto.

I rappresentanti della fazione del "patriarcato di Kiev" nella "Chiesa ortodossa dell'Ucraina" rimproverano a Shkurupij di aver mandato in onda i suoi panni sporchi in pubblico e di aver usato la "retorica dell'Unione dei giornalisti ortodossi", alla quale il "vescovo" risponde che la situazione è andata così lontano che non può più tacere, da allora i predoni minacciano di prendere altre parrocchie.

Apparentemente, non è solo Shkurupij che non può rimanere in silenzio. I rappresentanti della "Chiesa ortodossa autocefala ucraina" si stanno massicciamente lamentando dell'oppressione del loro gruppo da parte del "patriarcato di Kiev".

"L'archimandrita" Nikanor da Dnipro (che usa il nickname Mykola Dnipro, ndc) scrive: "La nostra diocesi di Dnipropetrovsk-Zaporizhia della Chiesa ortodossa autocefala ucraina non è stata invitata al concilio d'unificazione, non c'era lì un solo rappresentante... Stiamo scrivendo lettere a Epifanij da 3 anni e stanno tornando indietro! Stanno facendo tutto per farci rilevare dalla locale ex diocesi del patriarcato di Kiev! Dove sono le regole? Dov'è il primate? È stato fatto TUTTO per distruggere gli autocefalisti!"

Il "sacerdote" Igor Gerij scrive lo stesso:  "Avremo la stessa storia nella regione di Khmelnytskyi, vogliono prendere tutto e unirsi all'ex diocesi del Patriarcato di Kiev, guidata dall'ormai defunto vescovo Antonij Makhota. Perché sua Beatitudine Epifanij tace? Gli ex membri del patriarcato di Kiev stanno distruggendo quelle parrocchie che erano nella Chiesa ortodossa autocefala ucraina, e ora vogliono prendere tutto per se stessi".

Roman Nakonechnij riassume riferendosi a Shkurupij: "Questo è ciò di cui avevamo paura: l'acquisizione, non sta a me dirvelo, la senti sulla tua stessa pelle. È difficile vederla".

Quali sono le conclusioni?

  1. L'attesa e pubblicizzata "unificazione dell'Ortodossia ucraina" sotto le spoglie della "Chiesa ortodossa dell'Ucraina" non ha mai avuto luogo nemmeno tra gli scismatici ucraini. In realtà, questi sono divisi in gruppi che competono e persino combattono tra loro. Inoltre, dopo la scissione perpetrata da Filaret, le tendenze centrifughe all'interno della "Chiesa ortodossa dell'Ucraina" stanno solo crescendo.
  2. La struttura, che il Fanar chiamava "la Chiesa locale", non è in grado di rispettare nemmeno i principi basilari ed evidenti dell'esistenza di una Chiesa canonica. Sarebbe stato molto più facile per i "vescovi" che stanno nello stesso territorio riunirsi e scegliere un vescovo ordinario in modo da rispettare le regole canoniche almeno nominalmente, invece di diventare oggetto di derisione.
  3. Soprattutto, la designazione meccanica degli scismatici come Chiesa non ha portato alcun risultato per la loro autocoscienza cristiana. Pensano ancora in termini di affari e politica: "tutti i mezzi sono buoni in guerra" e "il più adatto sopravvive". Quando si impossessano delle chiese dei credenti della Chiesa ortodossa ucraina, che considerano i loro nemici giurati (non ricorderemo qui i comandamenti), questo è più o meno chiaro, ma come si adatti nella loro visione del mondo l'irruzione nelle proprietà di un loro "compagno patriota", è più difficile da afferrare. Se la "Chiesa ortodossa dell'Ucraina" continuerà ad esistere per un po' di tempo, molto probabilmente alla fine rispetterà la regola canonica "una città - un vescovo", ma questo avverrà solo perché i forti avranno "divorato" i deboli.

Purtroppo dobbiamo ribadirlo ancora una volta: la parola "pentimento" per i membri della "Chiesa ortodossa dell'Ucraina" rimane una frase vuota come lo è sempre stata – una favola inventata dai preti di Mosca per umiliare i "veri patrioti". Questo avviene anche con i parrocchiani ordinari della "Chiesa ortodossa dell'Ucraina". Tuttavia, le parole con le quali Cristo iniziò il suo ministero furono: "Pentitevi, perché il Regno dei cieli è vicino!" (Mt 4:17). Quindi, la Chiesa si aspetta dagli scismatici la stessa cosa che si aspetta Cristo. Lo capiranno?

 
Israel Shamir sulla Russia, l'Ucraina e gli ebrei

A quanto pare, ogni analisi della crisi ucraina sembra chiamare prima o poi in causa gli ebrei, spesso visti da entrambe le parti con una serie di dietrologie tanto complicate da apparire insolubili. È sempre stato facile gridare al complotto ebraico, e c’è chi lo fa oggi anche in Italia riguardo alle radici del conflitto ucraino. Per cercare di capire qualcosa, è necessario avere il punto di vista di un insider che sia cosciente di tutte le sfumature di una complicatissima partita internazionale. Qui è davvero provvidenziale un articolo di Israel Shamir, buon conoscitore dall’interno del mondo ebraico e convinto cristiano ortodosso nella Chiesa russa. Abbiamo tradotto in italiano, e lo presentiamo nella sezione “Geopolitica ortodossa” dei documenti, il suo articolo Il triangolo fatidico: la Russia, l'Ucraina e gli ebrei, apparso sul blog The Vineyard of the Saker, che offre una disamina attenta delle reazioni quanto mai variegate alla crisi ucraina tra gli ebrei in Israele, Russia, Ucraina, Stati Uniti ed Europa occidentale, e delle possibili conseguenze di tali reazioni.

 
La lettera del "patriarcato di Kiev" e degli autocefalisti ucraini al Fanar nel 2008: c'è stato pentimento?

i membri della "Chiesa ortodossa dell'Ucraina" si sono pentiti del peccato di scisma? Foto: Unione dei giornalisti ortodossi

I rappresentanti della "Chiesa ortodossa dell'Ucraina" hanno affermato che nel 2008 il patriarca Bartolomeo ha ricevuto una lettera di pentimento dagli scismatici. Scopriamo se è davvero così.

Alla fine di marzo di quest'anno, un rappresentante della "Chiesa ortodossa dell'Ucraina", il "metropolita" Aleksandr (Drabinko) e un sostenitore di questa struttura, l'archimandrita Kirill (Govorun) della Chiesa ortodossa russa (!), hanno pubblicato quasi contemporaneamente una lettera dei "vescovi" del "patriarcato di Kiev" e della "Chiesa ortodossa autocefala ucraina", scritte nel 2008 al patriarca Bartolomeo. Alcune tesi di questo testo hanno permesso a Drabinko e Govorun di affermare che gli scismatici ucraini hanno mostrato pentimento e, di conseguenza, sono stati accettati legalmente nel 2018 in comunione eucaristica con il Patriarcato di Costantinopoli. L'affermazione è piuttosto pesante. Filaret e soci hanno davvero mostrato pentimento di fronte alla Chiesa? Serviva una base per la loro accettazione in comunione con il Fanar? Affrontiamo questi problemi nell'articolo.

Di cosa parla la lettera?

la prima pagina della lettera dei "vescovi" della "Chiesa ortodossa autocefala ucraina" al patriarca Bartolomeo, 2008. Foto: pagina Facebook di Drabinko

Innanzitutto, notiamo che questo documento è stato pubblicato solo ora, non se ne è parlato prima, quindi non c'è certezza sulla sua autenticità. Tuttavia, vorremmo credere che sia Drabinko che Govorun non rischierebbero quanto resta della loro reputazione promuovendo un falso, quindi analizzeremo la lettera come se fosse un documento storico valido. Ecco le caratteristiche più interessanti, a nostro avviso, della lettera.

  • La data sul documento non è indicata, tuttavia, il testo menziona l'imminente visita del patriarca Bartolomeo a Kiev nel giorno della cristianizzazione della Rus', quindi si può presumere che sia stata scritta poco prima dell'arrivo del capo del Fanar nel 2008.
  • La lettera menziona la corrispondenza attiva tra il patriarca Bartolomeo e il presidente Viktor Jushchenko e indica che il patriarca ha preso "parte attiva nella risoluzione dei problemi di divisione della chiesa in Ucraina" 10 anni prima della creazione dell'Unione Sovietica.
  • I "vescovi" dichiarano che "la tragica divisione che ha colpito oggi la comunità ortodossa dell'Ucraina è causata da una serie di fattori, il principale dei quali, a nostro avviso, non è la peccaminosa sete di potere dei singoli vescovi, la mancanza di rispetto per l'ordine canonico ecclesiale, l'etnofletismo o altre carenze della coscienza ecclesiale, ma i cambiamenti storici oggettivi nello spazio post-sovietico".
  • I "vescovi" si lamentano del fatto che "siamo ancora fuori dalla comunione visibile con l'Ortodossia mondiale, e ci sforziamo sinceramente di unirci a quei tesori spirituali che sono dati dal cambiamento di mente (metanoia) pieno di grazia, che si verifica nel sacramento della penitenza. La mancanza di comunione ecclesiale tormenta i nostri cuori".
  • I "vescovi" definiscono "le nuove condizioni socio-politiche che si sono formate nel nostro Paese" come la ragione del cambiamento nello status delle loro strutture e della futura autocefalia.
  • I "vescovi" chiedono al capo del Fanar di accoglierli "in comunione con il Trono ecumenico nelle condizioni di una metropolia con diritti d'ampia autonomia".
  • I "vescovi" chiedono al capo del Fanar di considerare non autorizzata la deposizione di Filaret da parte della Chiesa russa e di ripristinare tutti i "vescovi" e "sacerdoti" nella "dignità esistente".
  • I "vescovi" ritengono che la decisione di aderire al Fanar "sia pienamente giustificata dal punto di vista ecclesiologico poiché fornirebbe a noi e a molti altri cristiani ortodossi una reale opportunità di ricevere oggi l'unità salvifica con l'Ortodossia ecumenica, che corrisponderebbe al principio di oikonomia...".
  • I "vescovi" assicurano al Fanar che "quando la vostra misericordia e l'omoforio del primo ierarca avranno coperto le nostre infermità, il primate e il Concilio dei vescovi della nostra Chiesa prenderanno una posizione di principio di profonda fedeltà al Trono ecumenico, garantendo la stretta osservanza dei sacri canoni e il pieno coordinamento di tutte le nostre azioni con la massima autorità ecclesiastica – il Patriarcato ecumenico ".
  • I "vescovi" assicurano al Fanar che la loro struttura "eviterà contatti con gruppi ecclesiali non canonici in Ucraina e sul territorio di altri paesi".
  • I "vescovi" garantiscono al Fanar che "dopo l'istituzione della piena comunione con la Chiesa madre... costruiremo le nostre relazioni con tutti i vescovi canonici ortodossi che svolgono il loro ministero sul territorio dell'Ucraina sulla base del profondo rispetto per il loro servizio ecclesiastico". E anche che la nuova struttura "non diventerà una base seria e a lungo termine per il deterioramento dei rapporti tra il Patriarcato ecumenico e quello di Mosca" .

I "vescovi" del "patriarcato di Kiev" e della "Chiesa ortodossa autocefala ucraina" si sono pentiti?

Già il primo paragrafo del documento dice che lo scisma in Ucraina è una conseguenza di "cambiamenti storici" piuttosto che di orgoglio o di ambizione. E la ragione principale addotta è "non la peccaminosa sete di potere dei singoli vescovi, la mancanza di rispetto per l'ordine canonico ecclesiale, l'etnofletismo o altre carenze della coscienza ecclesiale, ma i cambiamenti storici oggettivi nello spazio post-sovietico".

Cioè, se non c'è stata una "peccaminosa sete di potere" ma solo una "realtà storica oggettiva", allora, in senso stretto, non c'è nulla di cui pentirsi. Tuttavia, le affermazioni sulla mancanza di "sete di potere" tra gli scismatici sono vere? In particolare, con Filaret? Dopotutto, non tanto un fatto esterno quanto lui stesso parla delle sue ambizioni. Così, il metropolita Ionafan (Jeletskikh) di Tulchin e Bratslav ricorda che dopo che il Concilio dei vescovi della Chiesa ortodossa russa nel 1990 aveva eletto il metropolita Aleksij II (Ridiger) come nuovo patriarca, Filaret disse le seguenti parole: "Guarda, vladyka, l'ultimo patriarca della Chiesa russa unita. Hanno commesso un errore".

Cioè, se Filaret fosse diventato il patriarca della Chiesa ortodossa russa, allora non esisterebbe un "patriarcato di Kiev". In tutti gli anni seguenti, Denisenko ha costantemente riaffermato le sue ambizioni, per esempio nel 2018, quando ha affermato che "è stato un patriarca e lo sarà" e sarà sicuramente a capo della "Chiesa ortodossa dell'Ucraina".

I sostenitori della "Chiesa ortodossa dell'Ucraina" pongono un accento speciale sul paragrafo 3 della lettera del 2008, che parla del desiderio "di unirsi ai tesori spirituali che sono dati dal "cambiamento di mente (metanoia) pieno di grazia, che si verifica nel sacramento della penitenza".

Questa frase può essere interpretata come "essere pentiti"? Ovviamente no.

Primo, tutti i cristiani vogliono "ricevere tesori spirituali" dati tramite il sacramento del penitenza. In secondo luogo, volere non è fare. Ci sono molte persone che vorrebbero andare in chiesa ma non lo fanno, vorrebbero pentirsi ma non si pentono, vorrebbero ricevere la comunione ma non si comunicano. A questo proposito, ricordo una conversazione tra due amici, uno dei quali dice che "vuole tornare a Parigi". "Ci sei già stato?" chiede l'altro. "No. Ho voluto esserci". Così anche Filaret – in una lettera al capo del Fanar e in una lettera al Concilio della Chiesa ortodossa russa del 2017 – ha voluto pentirsi. Ma non l'ha mai fatto.

Ecco perché i "vescovi" nel paragrafo 4 della loro lettera al capo del Fanar elencano le condizioni che, a loro avviso, dovrebbero portare all'autocefalia canonica. Sono "le nuove condizioni sociali e politiche" e "il desiderio del clero e dei laici". In altre parole, "la situazione si è sviluppata in modo tale che le autorità ucraine favoriscono l'autocefalia e anche noi la vogliamo". Ma dov'è qui anche un accenno di pentimento o almeno di alcune ragioni canoniche ecclesiali? C'è il desiderio di trarre vantaggio dalla situazione politica piuttosto che dalla profonda trasformazione dell'anima che la Chiesa richiede da un cristiano pentito.

Inoltre, appena sotto (punto 6), i "vescovi" del "patriarcato di Kiev" nella loro lettera chiedono di annullare la deposizione di Filaret, e di accettare tutti gli altri nella loro dignità esistente. Il motivo è indicato nel paragrafo 7: "oikonomia", indulgenza. Ma l'oikonomia, in primo luogo, si applica ai figli della Chiesa, non agli scismatici anatemizzati; in secondo luogo, l'oikonomia presuppone comunque il pentimento. In altre parole, oikonomia non è "accettarci come siamo, senza pentimento" ma minor severità nei confronti di un peccatore pentito. E nel caso degli scismatici ucraini, non c'è stato pentimento, come abbiamo visto. Questo, tra l'altro, è indicato anche dalla frase "quando l'omoforio del primo ierarca avrà coperto le nostre infermità". Quali "infermità"? Lo scisma è una "infermità"? È l'orgoglio che ha portato allo scisma, questo deve essere considerato un'infermità, ma è proprio di questo che i filaretisti non si sono pentiti. Ciò significa che le parole sulle "infermità" sono solo una frase verbale, senza un contenuto specifico.

Allo stesso tempo, gli scismatici ucraini hanno capito che entrando in comunione con il Fanar in termini anti-canonici, avrebbero provocato una reazione negativa delle Chiese ortodosse locali. Ecco perché i membri del "patriarcato di Kiev" e della "Chiesa ortodossa autocefala ucraina" hanno chiesto al patriarca Bartolomeo di accettarli come una metropolia del Patriarcato di Costantinopoli, nel cui status erano pronti a rimanere fino a quando le Chiese locali non sarebbero state d'accordo con la sua esistenza e fino all'unione della "Ortodossia ucraina" (punto 5). Tutto ciò avrebbe potuto essere evitato con il pentimento, perché allora le Chiese locali avrebbero acconsentito, e l'Ortodossia ucraina sarebbe stata una di queste Chiese. Ma i chierici del "patriarcato di Kiev" non volevano pentirsi. La lettera è stata scritta per un motivo completamente diverso.

Tentativi di legalizzare lo scisma del 2008 e del 2018: tratti comuni

Nel 2008, il patriarca Bartolomeo è arrivato in visita in Ucraina. C'era un accordo tra lui e l'allora presidente del paese, Viktor Jushchenko, per creare un analogo dell'attuale "Chiesa ortodossa dell'Ucraina". In effetti, il testo della lettera del 2008, scritta dagli scismatici ucraini al Fanar, era un elemento necessario di questo accordo – con una descrizione dettagliata del posto della nuova "Chiesa" nella struttura del Patriarcato di Costantinopoli.

La menzione della corrispondenza attiva tra il capo del Fanar e Viktor Jushchenko è una prova eloquente che già allora il patriarca Bartolomeo intendeva "rilevare" le strutture degli scismatici ucraini. Solo, allora le sue intenzioni erano ancora più trasparenti e non erano coperte ad alta voce dalla parola "Tomos". E che dire di Filaret?

Nel 2008, Filaret ha inizialmente concordato che il "patriarcato di Kiev" sarebbe stato accettato in comunione con il Fanar come metropolia, ha accettato di ricevere il miro dalle mani del patriarca di Costantinopoli e ha riconosciuto la "guida spirituale" incondizionata del Trono ecumenico. Filaret Denisenko e il suo "sinodo" sono stati persuasi a mettere le loro firme su un documento non molto diverso da quello firmato 10 anni dopo.

E ora, quando tutte le formalità sembrerebbero risolte, e solo l'assenza della firma su un documento finalizzato lo separava dall'emergere di una nuova "Chiesa", Filaret ha rifiutato. Più tardi, ha spiegato le sue parole come segue: "Che differenza fa per noi obbedire a Mosca o obbedire a Costantinopoli? Nessuna differenza. Una Chiesa indipendente da una qualsiasi delle capitali. Abbiamo bisogno di una Chiesa indipendente, che non dipenda da nessun centro ecclesiale, ma che sia essa stessa il centro della sua Chiesa. Questo è ciò di cui abbiamo bisogno. E stiamo lottando per questo, e lo realizzeremo".

L'allora capo della "Chiesa ortodossa autocefala ucraina", il "metropolita" Mefodij, aveva delineato la sua visione della situazione del 2008 e della rottura dei negoziati con il Fanar. Secondo lui, Denisenko "era pronto per una versione di compromesso della struttura canonica temporanea della Chiesa ucraina", e l'unica cosa che lo interessava veramente era "la garanzia di mantenere la carica di primate della Chiesa ucraina".

Ha poi sottolineato che il Fanar aveva posto come condizione principale il consenso della "parte ucraina" che "il primate della Chiesa ucraina come parte del Patriarcato ecumenico fosse eletto dal Patriarcato ecumenico fra tre candidati proposti dall'episcopato ucraino".

Ed è stata proprio questa condizione, ha detto Mefodij, che ha portato al fatto che Filaret Denisenko abbia effettivamente interrotto i negoziati nel 2008, perché aveva capito che la sua candidatura non sarebbe stata approvata. Quali altre prove si possono fornire per dimostrare l'assenza di pentimento? Quella persona ha rifiutato "di unirsi ai tesori spirituali che sono dati dal cambiamento di mente (metanoia) pieno di grazia" per rimanere al potere.

Jushchenko non era un politico così "lungimirante" come Poroshenko e non poteva prevedere il desiderio di Filaret di rimanere al potere. Pertanto, aveva perso. Ma nel 2018, sia i fanarioti che il presidente dell'Ucraina Petro Poroshenko non solo hanno tenuto conto degli errori del passato (in particolare, rifiutandosi di accettare gli scismatici nello status di metropolia), ma sono stati anche in grado di ingannare Denisenko promettendogli potere nella nuova struttura.

Quindi, secondo il "patriarca" Filaret, "Poroshenko mi ha detto: sarai tu a guidare la Chiesa ortodossa dell'Ucraina". Successivamente, la tesi di Denisenko secondo cui c'erano alcuni accordi tra lui e il presidente dell'Ucraina è stata confermata anche dall'ex metropolita Aleksandr Drabinko: "Per essere onesti, secondo me, a lui (Filaret) era stato promesso che avrebbe effettivamente guidato la chiesa, e vladyka Epifanij sarebbe stato come una "regina d'Inghilterra" che avrebbe svolto solo funzioni di rappresentanza all'estero". Secondo Drabinko, se queste promesse non fossero state fatte, Filaret non sarebbe affatto andato al "concilio d'unificazione".

Un altro fatto è che le frasi della lettera sul dolore a causa della "mancanza di comunione ecclesiale" non sono altro che frasi ipocrite. Negli anni successivi, Filaret ha ripetutamente affermato che non gli importava affatto della canonicità del "patriarcato di Kiev". Per esempio, nel 2014: "Non vogliamo prestare attenzione a questa distinzione tra canonico o non canonico. La questione del riconoscimento è secondaria perché questa Chiesa (il "patriarcato di Kiev", ndc) può esistere senza riconoscimento".

Filaret si è pentito del peccato di scisma?

La conferma del fatto che la lettera del 2008 non era una lettera di pentimento è l'ulteriore attività del "patriarca" Filaret Denisenko.

Nel 1992, il metropolita Filaret (Denisenko) è stato deposto dal sacerdozio per aver perpetrato uno scisma nella Chiesa ortodossa russa ed è stato ridotto a semplice monaco. 5 anni dopo, nel 1997, il monaco Filaret, che "non ha ascoltato la chiamata al pentimento a lui rivolta a nome della Chiesa madre e ha continuato l'attività scismatica nel periodo interconciliare, e ...ha continuato a svolgere servizi divini sacrileghi, comprese false ordinanze blasfeme" sulla base del Canone Apostolico 28

è stato anatemizzato dal Concilio dei Vescovi della Chiesa ortodossa russa.

L'unica condizione per il ritorno e il ricongiungimento con la Chiesa degli scismatici ucraini era il pentimento, cioè il "cambiamento di mente" e l'avversione al vecchio peccato. San Giovanni Crisostomo, parlando del tema del pentimento, scrive: "Lasciamo che il nostro pentimento non si limiti alle sole parole, poiché sarebbe assurdo se fosse solo con le parole e la Chiesa del nostro Signore Gesù Cristo non fosse edificata attraverso i fatti". Un altro santo della nostra Chiesa, Basilio il Grande, continua: "Per coloro che si pentono, non basta prendere le distanze dai peccati per la salvezza, ma hanno anche bisogno di degni frutti di pentimento".

Da queste parole, diventa ovvio che Filaret (ora Mikhail) Denisenko avrebbe dovuto non solo ammettere di essere colpevole dello scisma, ma abbandonarlo completamente. Anche il Fanar lo capisce.

Così, l'autore dell'opuscolo in difesa della "Chiesa ortodossa dell'Ucraina", il monaco Nikitas di Pantokrator, ritiene che "l'azione che ha indicato la sincerità del suo pentimento (di Filaret Denisenko, ndc) sia stata la decisione di sciogliere il Patriarcato di Kiev, in cui aveva prestato servizio per 27 anni. Se non si fosse pentito, non avrebbe firmato la decisione sul suo scioglimento" (p. 6).

In primo luogo, Filaret ha accettato di sciogliere il "patriarcato di Kiev" e di trasformarlo in un'altra struttura, di cui sarebbe diventato il capo. In secondo luogo, quando si è reso conto di essere stato ingannato, ha iniziato di nuovo uno scisma (questa volta nella "Chiesa ortodossa dell'Ucraina"), ripristinando il "patriarcato di Kiev" che era stato "disciolto". Quindi, le azioni di Denisenko sono molto chiare: non si è parlato di pentimento da parte sua, né nel 2008 né nel 2018.

Il metropolita Seraphim del Pireo arriva a questa conclusione nel suo eccellente articolo: "Filaret e Makarij hanno sciolto le associazioni scismatiche che avevano creato, ma non sono tornati alla struttura della chiesa da cui si erano staccati, cioè alla Chiesa canonica ucraina guidata dal metropolita Onufrij. E in assenza di un simile ritorno, allora non possiamo parlare di vero pentimento, perché... la comunione con tutta la Chiesa si effettua attraverso la Chiesa locale, e la decisione accusatoria sui crimini ecclesiastici di una Chiesa locale è valida in tutto l'ecumene della Chiesa (Canoni apostolici 12 e 32, Canone 6 di Antiochia e Canone 9 di Cartagine)".

Il Fanar aveva il diritto di accettare il "pentimento" degli scismatici ucraini?

Anche se ammettiamo per un momento che Filaret si è pentito nel 2008, questo significa che il Patriarcato di Costantinopoli avrebbe potuto, con un colpo di penna, accoglierlo in comunione con la Chiesa nel 2018? Dopo tutto, infatti, Filaret è stato scomunicato non dal Sinodo del Fanar, ma dal Concilio episcopale della Chiesa ortodossa russa, che ha informato di questo atto tutte le Chiese locali, compreso il Fanar, che non ha sollevato obiezioni. Quindi, il Patriarcato di Costantinopoli, dopo 20 (!) anni, potrebbe riconsiderare unilateralmente questa decisione? No, non potrebbe.

Il metropolita Seraphim del Pireo ha affermato che, secondo la prassi canonica della Chiesa, "la restaurazione degli scismatici avviene sempre o tramite la Chiesa locale, dalla quale si sono staccati, o tramite unl Concilio ecumenico (per esempio, lo scisma meleziano è stato sanato al primo Concilio ecumenico). Mai una Chiesa locale ha restaurato un gruppo scismatico staccato da un'altra giurisdizione ecclesiastica. Qualcosa del genere significherebbe 'confusione nell'ordine ecclesiale' (Canone 2 del Concilio di Antiochia)".

Il metropolita Seraphim sottolinea che "il Patriarcato ecumenico non ha alcun diritto canonico di interferire con la giurisdizione di un'altra Chiesa locale (in questo caso, la Chiesa russa), e, quindi, ha commesso un grave crimine canonico, ovvero l'invasione, condannata da molti sacri canoni (Canone 2 del secondo Concilio ecumenico, Canone 2 del terzo Concilio ecumenico, Canone 39 dei Concili ecumenici V-VI, Canoni 13 e 22 del Concilio di Antiochia, Canone 3 del Concilio di Sardica, ecc.) e dall'intera Tradizione della Chiesa".

Cioè, Filaret avrebbe dovuto pentirsi davanti alla Chiesa ortodossa russa per aver fatto uno scisma, e non cavarsela con frasi generali in una lettera al patriarca Bartolomeo. Questo fatto era stato perfettamente compreso dallo stesso Filaret.

Ecco perché nel novembre 2017 Filaret ha scritto un appello al Concilio episcopale della Chiesa ortodossa russa.

Nella lettera, il capo del "patriarcato di Kiev" ha chiesto il ripristino della comunione eucaristica e di preghiera con la Chiesa ortodossa ucraina e l'abolizione di "tutte le decisioni, compresi le censure e le scomuniche... per il bene del raggiungimento della pace comandata da Dio tra cristiani ortodossi della stessa fede e della riconciliazione tra le nazioni". La lettera termina con le parole: "Chiedo perdono per tutto ciò in cui ho peccato con le parole, le azioni e tutti i miei sentimenti, e di cuore perdono sinceramente tutti".

Tuttavia, già il 30 novembre in una conferenza stampa, il capo del "patriarcato di Kiev" Filaret (Denisenko) ha affermato che nella sua lettera indirizzata a sua Santità il patriarca Kirill di Mosca e di tutta la Rus' e all'episcopato della Chiesa ortodossa russa, non si è pentito dello scisma, e la sua non era una lettera di pentimento. "Non c'è mai stato alcun pentimento, e non ci sarà mai!" Ha detto allora. Inoltre, ha sottolineato che "il Patriarcato di Kiev non tornerà mai al Patriarcato di Mosca perché abbiamo un nostro stato indipendente. Pertanto, non ci sarà mai un ritorno".

D'altra parte, la persona principale coinvolta nell'attuale "Chiesa ortodossa dell'Ucraina", Sergej (Epifanij) Dumenko, e una parte significativa dei "vescovi" di questa struttura non hanno assolutamente nulla a che fare con la lettera del 2008. Per esempio, né Dumenko né Zorja erano nemmeno "vescovi" a quel tempo. In altre parole, anche se interpretiamo le suddette frasi della lettera come accenni al desiderio di "pentirsi", la maggior parte di coloro che compongono la "Chiesa ortodossa dell'Ucraina" oggi non si è nemmeno formalmente pentita di nulla, il che significa che il Fanar non aveva diritto di accettarli in comunione.

Perché i "vescovi" della "Chiesa ortodossa dell'Ucraina" hanno bisogno di pentimento?

Perché il testo di questo documento appare sul Web solo ora?

Ci sono due ragioni per questo. Il primo di questi è l'attivazione del Patriarcato di Gerusalemme e della Chiesa ortodossa russa nei negoziati sul "formato di Amman".

Infatti, come afferma il metropolita Antonij, cancelliere della Chiesa ortodossa ucraina, "un incontro a livello pan-ortodosso è una reale opportunità per risolvere il problema della Chiesa in Ucraina". Questa iniziativa, ovviamente, non può piacere al Fanar. Ecco perché la pubblicazione della lettera di "pentimento" dovrebbe dimostrare al mondo ortodosso che i fanarioti avrebbero agito secondo i canoni della Chiesa.

D'altra parte, il Patriarcato di Costantinopoli comprende che la creazione della "Chiesa ortodossa dell'Ucraina" non solo ha aggravato lo scisma nell'Ortodossia ucraina, non solo ha portato l'Ortodossia mondiale sull'orlo di uno scisma globale, ma ha anche creato una situazione senza uscita, per cui, nella comprensione del Fanar, non è prevista una soluzione.

Il fatto è che tra tutte le Chiese ortodosse locali, la "Chiesa ortodossa dell'Ucraina" è stata riconosciuta solo dai satelliti del Patriarcato di Costantinopoli. La stragrande maggioranza delle Chiese non l'ha riconosciuta e non la riconoscerà di propria spontanea volontà. Ma anche all'interno di quelle Chiese i cui capi hanno formalmente riconosciuto Epifanij, cresce il malcontento. Qui si può ricordare la forte opposizione alla "Chiesa ortodossa dell'Ucraina"da parte di autorevoli vescovi ciprioti, il disaccordo con il riconoscimento dello scisma da parte di autorevoli vescovi greci, la riluttanza del clero e dei laici delle Chiese greca e cipriota a concelebrare e a comunicarsi con quei vescovi che si sono macchiati di comunione con gli scismatici ucraini. Si sentono costantemente voci che i "vescovi" della "Chiesa ortodossa dell'Ucraina" sono dei laici, impenitenti e auto-ordinati, e che il loro riconoscimento è un tradimento della Chiesa.

Pertanto, i fanarioti stanno cercando urgentemente qualsiasi strumento che possa in qualche modo resistere all'incontro di Amman e giustificare la loro illegalità canonica. La lettera della "gerarchia" del "patriarcato di Kiev" datata 2008 è un tentativo di creare un tale strumento. E potete stare certi che non sarà l'ultima.

 
Bombardata una chiesa a Slavjansk durante la Liturgia di Pentecoste

Proprio durante la Liturgia di domenica 8 giugno (la festa di Pentecoste) una chiesa del centro di Slavjansk è stata colpita da un mortaio, con il bilancio di un morto e molti feriti. Abbiamo avuto la notizia nel pomeriggio stesso di domenica, ma abbiamo dovuto aspettare alcuni giorni per la conferma ufficiale definitiva.

Sembra che i maidanisti abbiano un loro concetto tutto speciale di "fuoco che scende dal cielo a Pentecoste"... ma la cosa non ci sorprende. Non hanno rispettato l'Epifania (giorno in cui sono scoppiati i tumulti che hanno portato al colpo di stato a Kiev); non hanno rispettato la Pasqua (le prime uccisioni a Slavjansk si sono registrate, guarda caso, durante la notte di Pasqua); non hanno rispettato il diritto ancestrale di seppellire i morti (all'aeroporto di Donetsk, la guardia nazionale ha fatto fuoco sulle persone che cercavano di ricuperare i cadaveri)... nulla ci faceva presagire che avrebbero rispettato la Pentecoste.

Nemmeno i ribelli jihadisti in Siria si sono spinti fino a tal punto. Ora, invitiamo chiunque sia ancora convinto che il conflitto ucraino NON sia una guerra di religione, a immaginare un altro paese (magari il proprio, per i non ucraini) dove le autorità militari governative facciano le stesse cose... su una chiesa cattolica o protestante locale, durante le funzioni della domenica.

 
Il Sinodo russo parla della partecipazione di un "vescovo" scismatico a una consacrazione episcopale a Costantinopoli

lo scismatico privo di grazia Evstratij Zorja è il terzo da sinistra. Foto: romfea.gr

Il Santo Sinodo della Chiesa ortodossa russa si è riunito ieri presso la residenza patriarcale e sinodale al monastero Danilov di Mosca sotto la presidenza di sua Santità il patriarca Kirill di Mosca e di tutta la Rus' per la sua prima sessione del 2021.

I vescovi hanno affrontato una serie di questioni, tra cui lo sfortunato approfondimento dello scisma che riguarda l'invasione anti-canonica del territorio della Chiesa ortodossa ucraina da parte del Patriarcato di Costantinopoli.

Nello specifico, il Sinodo ha affrontato la recente consacrazione episcopale a Istanbul a cui ha partecipato un "vescovo" della "Chiesa ortodossa dell'Ucraina" scismatica. Anche se lo scisma tra i patriarcati di Mosca e Costantinopoli sarà superato, questa consacrazione sarà comunque inaccettabile, affermano i vescovi.

Il Rapporto sinodale recita:

Si è saputo dai resoconti dei media che il 21 marzo 2021, durante la Divina Liturgia nella cattedrale di san Giorgio a Istanbul, il patriarca Bartolomeo di Costantinopoli, con la concelebrazione di vescovi dei Patriarcati di Costantinopoli e Alessandria, e anche un rappresentante di una delle comunità scismatiche in Ucraina che non hanno l'ordinazione canonica, ha presieduto la consacrazione del metropolita Andreas di Saranta Ekklisies, confermata dalla pubblicazione di foto pertinenti.

Il "vescovo" scismatico in questione è "l'arcivescovo" Evstratij Zorja di Chernigov, un tempo fedele compagno del "patriarca" Filaret Denisenko e ora uno dei principali propagandisti della "Chiesa ortodossa dell'Ucraina" scismatica.

Pertanto, il Sinodo ha deliberato:

  1. Di esprimere rammarico che una persona che non ha un'ordinazione canonica abbia partecipato a una consacrazione episcopale nel Patriarcato di Costantinopoli.
  2. Di notare che questo evento approfondisce lo scisma nel mondo ortodosso, causato dalle azioni del patriarca Bartolomeo di Costantinopoli.
  3. Considerando la difettosità canonica della consacrazione del metropolita Andreas di Saranta Ekklisies, di affermare con rammarico che sarà impossibile concelebrare con lui se, con l'aiuto di Dio, sarà ripristinata la comunione eucaristica con il Patriarcato di Costantinopoli. Lo stesso vale per il clero che detto metropolita potrà eventualmente ordinare.

Zorja ha risposto immediatamente su Facebook, scrivendo che il Sinodo russo "pensa di poter controllare lo Spirito Santo e la grazia divina e il Regno dei Cieli e l'inferno con i propri documenti".

Ricordiamo che la Chiesa, di fatto, ha una sua tradizione canonica che governa la materia delle consacrazioni episcopali.

 
Il mistero dell'arcivescovo Averky

Sul blog del sito Orthodox England, padre Andrew Phillips ci racconta di una figura significativa ma poco conosciuta dell’Ortodossia del XX secolo: l’arcivescovo Averky (Taushev), un russo immigrato in America attraverso Bulgaria, Rus’ Carpatica e Serbia, che fu professore di teologia e scrittore di testi esegetici e di omelie, oltre che abate del monastero della Santa Trinità a Jordanville. Attento conoscitore dei testi apocalittici (è suo uno dei migliori commenti ortodossi all’Apocalisse), l’arcivescovo Averky era altrettanto attento a scrutare i segni dei tempi in un periodo non facile della storia mondiale. La sua lezione, che presentiamo nella sezione “Testimoni dell’Ortodossia”, è ancora valida oggi.

 
Perché vescovi e sacerdoti della Chiesa ortodossa ucraina passano alla "Chiesa ortodossa dell'Ucraina"

chi tradisce la sua Chiesa e perché? Foto: Unione dei giornalisti ortodossi

A metà marzo, un monaco della Lavra delle grotte di Kiev è passato alla "Chiesa ortodossa dell'Ucraina". Quali motivi hanno spinto lui e quelli che se ne erano andati prima, Drabinko, Shostatskij e Krizina?

Alla fine di marzo 2021, si è saputo che l'ex assistente del capo del dipartimento di informazione e pubbliche relazioni della Lavra della santa Dormizione delle Grotte di Kiev, lo ieromonaco Innokentij (Pidtoptanyj), è passato alla "Chiesa ortodossa dell'Ucraina", o meglio, alla diocesi dell'ex metropolita della Chiesa ortodossa ucraina Aleksandr (Drabinko).

Questo atto non è passato inosservato sui media ucraini e dall'inizio di aprile diverse fonti hanno pubblicato interviste allo ieromonaco Innokentij, tutte accomunate da un fatto: l'antipatia (per usare un eufemismo) verso la Chiesa ortodossa ucraina. In queste pubblicazioni, l'ex monaco della Lavra delle grotte di Kiev è chiamato "pubblicista della chiesa", "teologo" e "patriota". Il motivo delle lodi rivolte a padre Innokentij è chiaro: non era solo una persona normale che si è trasferita alla "Chiesa ortodossa dell'Ucraina", ma una figura di spicco della Chiesa. Ecco cosa hanno detto a riguardo in una delle interviste sul Quinto canale: "Innokentij Pidtoptanyj alla Lavra non era un semplice monaco, ma un assistente del capo del dipartimento informazioni. È un pubblicista della chiesa e un teologo. Ha benemerenze ecclesiastiche. Il ritiro di un monaco istruito dalla Chiesa russa ha causato scalpore nella Chiesa ortodossa russa in Ucraina".

Ci sono alcune cose da segnalare qui. In primo luogo, lo ieromonaco Innokentij non vive alla Lavra delle Grotte di Kiev dal novembre 2020. Secondo lui, ha preso un "congedo a tempo indeterminato" per aiutare i suoi genitori. Che cosa significa un tale "permesso" per un monaco che "è morto al mondo" è un'altra questione. Inoltre, su Internet non si trovano così tante opere teologiche di padre Innokentij - solo pochi articoli. Inoltre, non ha ricevuto la più importante "benemerenza ecclesiastica" nella Chiesa ortodossa ucraina - la panaghia da vescovo, per cui si era dato così tanto da fare. Inoltre, in linea di massima, sia nella Chiesa ortodossa russa, sia in Ucraina, la sua defezione ha causato pochissime ripercussioni. Piuttosto, ancora una volta ha parlato ai credenti di una questione di tradimento, per essere più precisi, dei suoi motivi e della sua forza trainante.

Perché i disertori della Chiesa ortodossa ucraina tradiscono la Chiesa?

Padre Innokentij afferma che la ragione del suo trasferimento alla "Chiesa ortodossa dell'Ucraina" è il "patriottismo", che non ha trovato comprensione tra i fratelli della Lavra e nella gerarchia della chiesa. Allo stesso tempo, secondo lui, aveva appeso la bandiera ucraina nella sua cella, cosa che non ha causato molta irritazione o disaccordo da parte dei monaci. Inoltre, ha detto che "la maggior parte dei fratelli vive fondamentalmente una vita monastica ecclesiastica e cerca semplicemente di non interferire negli affari politici, geopolitici e politico-religiosi". In altre parole, nessuno nella Lavra gli ha impedito di essere un patriota. Ciò significa che le ragioni del tradimento erano diverse. Quali sono?

Nella stessa intervista che abbiamo citato sopra, lo ieromonaco Innokentij dice di aver chiesto un permesso per trasferirsi alla diocesi di Nikolaev, e "se fossi stato accettato lì, esiterei ancora se unirmi o meno [alla "Chiesa ortodossa dell'Ucraina", ndc], ma c'è stato il silenzio dalla parte del metropolita, e per tre mesi sono stato da solo, a casa con mia madre". Alla fine, all'inizio della Grande Quaresima, lo ieromonaco Innokentij ha deciso di passare alla "Chiesa ortodossa dell'Ucraina" - non perché avesse qualche alta motivazione, ma perché "da qualche parte si deve pur stare".

Di conseguenza, nessuna "transizione" sarebbe avvenuta se Pitirim, metropolita di Nikolaev e Ochakov, avesse ammesso lo ieromonaco Innokentij (Pidtoptanyj) nella sua diocesi. Tuttavia, per qualche motivo, vladyka non lo ha voluto. Per di più, considerando che padre Innokentij è un "teologo" e un "pubblicista della chiesa", il motivo deve essere molto serio. Cosa è successo?

Il metropolita Pvel, abate della Lavra delle Grotte di Kiev, ha fatto luce sulla situazione. Secondo lui, lo ieromonaco Innokentij (Pidtoptanyj) è "una persona orgogliosa, arrogante e assetata di potere, una persona che si considera un grande teologo. Pertanto, si è offeso perché per tre anni non è stato apprezzato come avrebbe voluto e non è stato elevato al grado di archimandrita e vescovo. Voleva diventare vescovo per placare il suo orgoglio, la sua passione di possedere le anime di qualcuno. Questo è il motivo per cui ha lasciato il monastero per cercare di diventare vescovo vicario di vladyka Pitirim, ma ha fallito", poiché come vescovo vicario della diocesi di Nikolaev è stato eletto l'archimandrita Varnava (Gladun).

Si scopre che lo ieromonaco Innokentij è andato in "vacanza" nella sua diocesi natale di Nikolaev per assicurarsi lì l'episcopato, poiché credeva che non ci sarebbe riuscito nella Lavra delle grotte di Kiev. Ma il metropolita Pitirim, proprio come il metropolita Pavel, ha visto l'orgoglio e la brama di potere del giovane chierico e non ha soddisfatto il suo desiderio di diventare un vescovo, cosa che alla fine è servita da impulso al tradimento di quest'ultimo.

È interessante notare che, parlando del motivo per cui ha scelto la diocesi di Perejaslav-Vishneve e il ministero con l'ex metropolita della Chiesa ortodossa ucraina Aleksandr (Drabinko), piuttosto che i monasteri di san Michele o di san Teodosio della "Chiesa ortodossa dell'Ucraina", come si converrebbe per un monaco, padre Innokentij ha sottolineato di averlo fatto perché "si sarebbero sparse voci che sono venuto a fare carriera ecclesiastica, perché sono arrivato proprio al centro". Cioè, l'ex ieromonaco della Lavra capisce molto bene che anche nella "Chiesa ortodossa dell'Ucraina", la sua "transizione" è vista esclusivamente come un desiderio di "fare carriera" - di ricevere la panaghia da vescovo. Inoltre, queste "voci" hanno tutte le ragioni, perché coloro che avevano lasciato la Chiesa ortodossa ucraina per la "Chiesa ortodossa dell'Ucraina" in precedenza lo hanno fatto per fini di carriera.

Per esempio, vladyka Pavel ha detto che Pidtoptanyj "ha sempre trattato Drabinko, Simeon (Shostatskij) e persino il patriarca Bartolomeo con disprezzo. Lo so per certo, dal momento che ha lavorato sotto la mia guida, ha lavorato al calendario della chiesa, al sito web, agli aggiornamenti delle novità. Non aveva opinioni favorevoli alla "Chiesa ortodossa dell'Ucraina". Inoltre, nella comunicazione ha mostrato sentimenti esplicitamente filo-russi. Pertanto, personalmente non capisco dove il punto di vista di padre Innokentij abbia subito una svolta. Tuttavia, questo vale per tutti loro", ha aggiunto il metropolita Pavel, parlando di coloro che hanno lasciato la Chiesa ortodossa ucraina.

In effetti, è difficile non essere d'accordo con le parole di vladyka. Per esempio, il metropolita Simeon (Shostatskij) è passato alla "Chiesa ortodossa dell'Ucraina" perché l'ex presidente dell'Ucraina Petro Poroshenko lo ha voluto come capo della futura struttura religiosa. Il metropolita Aleksandr (Drabinko) progettava di far transitare una vera diocesi nella "Chiesa ortodossa dell'Ucraina" e, inoltre, contava su una posizione speciale nella struttura, poiché, secondo le sue stesse parole, aveva "una dignità canonica impeccabile" e il "concilio non avrebbe avuto luogo senza di lui", il che significa che non ci sarebbe nemmeno la "Chiesa ortodossa dell'Ucraina". L'archimandrita Gavriil (Krizina) è passato alla "Chiesa ortodossa autocefala ucraina" solo per ricevere una panaghia, così come ha fatto Viktor Bed'.

Tutte queste persone erano motivate non dal desiderio di avvicinarsi a Cristo, non dal desiderio di esprimere liberamente le loro opinioni "patriottiche" (che la Chiesa ortodossa Ucraina non aveva mai negato loro), non dal loro amore speciale per l'Ucraina, ma solo dall'ambizione e dall'opportunismo. Per esserne convinti, è sufficiente analizzare le opinioni e le dichiarazioni di queste persone prima di passare alla "Chiesa ortodossa dell'Ucraina" e dopo.

Quand'è che i traditori dicono la verità?

La retorica dei disertori è un dato incostante, perché all'indomani del loro tradimento, iniziano quasi sempre a gettare fango sulla Chiesa da cui sono usciti, e a pensare a un passato che non hanno mai avuto.

Ecco cosa scrisse lo stesso ieromonaco Innokentij (Pidtoptanyj) quando era ancora nella Chiesa ortodossa ucraina: "È molto facile essere un credente quando la Chiesa vive in una relativa calma. È molto più difficile sostenere la fede quando la Chiesa è calunniata, quando i monaci sono insultati e sacerdoti e vescovi sono accusati di ciò di cui non sono colpevoli. Ma camminando lungo la Lavra, in cui le preghiere sono offerte ventiquattro ore al giorno, il cuore stesso sente la verità, sente questa preghiera e capisce che è dove dovrebbe essere, è dove il Signore e la santissima Theotokos riempiono l'anima di grazia".

Ecco un altro esempio. Lo ieromonaco Innokentij intervista vladyka Pavel, che afferma: "Il fatto che la nostra parte della popolazione sotto l'egida del nazionalismo sia fuori dall'unità con la Chiesa ortodossa a causa di ambizioni personali, ignoranza e confusione mentale è un problema. Ma esiste solo una soluzione: il pentimento di coloro che sono caduti nello scisma... La neonata "Chiesa ortodossa dell'Ucraina" non è in unità con la Chiesa ortodossa..." Siamo nel febbraio 2019, il momento in cui, come assicura ora Pidtoptanyj, simpatizzava con la nuova struttura con tutte le sue forze. Si opponeva al metropolita Pavel o almeno cercava di ammorbidire in qualche modo le sue parole piuttosto dure? Niente affatto. Subito dopo il commento espresso dal metropolita, padre Innokentij rispondeva: "Grazie, Eminenza, per questa conversazione dettagliata!" Inoltre, durante l'intervista, definisce "cosiddetti" la "Chiesa ortodossa dell'Ucraina", il "concilio d'unificazione", il "patriarcato di Kiev" e la "Chiesa ortodossa autocefala ucraina" e cita invariabilmente tra virgolette la parola "vescovo" quando questa è applicata agli scismatici.

Ecco la domanda espressa dallo stesso padre Innokentij 4 mesi dopo - nel giugno 2019: "Alla luce degli ultimi eventi della vita religiosa in Ucraina, il comportamento più doloroso per molti cristiani ortodossi è il comportamento dei monasteri athoniti, dato che alcuni di loro hanno consentito la concelebrazione con "sacerdoti" e "vescovi" della cosiddetta "Chiesa ortodossa dell'Ucraina". Come dovremmo ora comportarci nei confronti della Montagna Santa? Io posso andarci? Questi viaggi non sono forse un rischio per la vita spirituale dei credenti, dal momento che l'Athos è entrato in comunione diretta con persone che, di fatto, non hanno un'ordinazione legittima?"

È evidente dalle sue parole che a quel tempo non credeva che la "gerarchia" della "Chiesa ortodossa dell'Ucraina" avesse un'ordinazione legittima e si lamenta che l'Athos sia entrato in comunione diretta con loro. Ma ci vuole solo un anno per padre Innokentij per dire qualcosa di radicalmente opposto - La "grazia" appare nella "Chiesa ortodossa dell'Ucraina", e "i chierici e i laici più conservatori del Patriarcato di Mosca in Ucraina" devono capire "che tutti abbiamo bisogno di unirci e andare oltre lungo il percorso per stabilire sia la Chiesa ucraina che lo Stato ucraino". Ebbene, ci sono fatti nuovi sulla legalità delle "ordinazioni" della "Chiesa ortodossa dell'Ucraina"? No, lo stesso padre Innokentij è apparso nella "Chiesa ortodossa dell'Ucraina", e, inoltre, è apparso dove c'è una "indubbia reputazione canonica" - con Drabinko. Allora quando è che padre Innokentij è stato onesto - quando era sotto il metropolita Pavel e parlava con disprezzo dell'ex metropolita Aleksandr (Drabinko) o quando si è unito a quest'ultimo, perché "lo conosceva da 14 anni"?

Si può anche ricordare l'evoluzione delle prospettive dell'ex metropolita Aleksandr. Per esempio, prima di cadere nello scisma, aveva detto che "la nostra presunta completa subordinazione al Patriarcato di Mosca è un mito fabbricato per screditare la nostra Chiesa". Ecco le parole dello stesso uomo, pronunciate dopo il tradimento: “Purtroppo la Chiesa ortodossa ucraina non è mai stata autonoma e non è autonoma oggi... La Chiesa ortodossa ucraina è un aggregato di diocesi della Chiesa russa nel territorio dello Stato dell'Ucraina". Ebbene, quando avrebbe detto la verità - quando ha affermato la completa indipendenza della Chiesa ortodossa ucraina o quando ha detto che non era mai stata indipendente?

L'ex metropolita della Chiesa ortodossa ucraina, Simeon (Shostatskij), è sulla stessa lunghezza d'onda dell'ex metropolita Aleksandr. Per esempio, di recente ha affermato di essere sempre stato affascinato dall'idea dell'autocefalia della Chiesa ucraina e, pur essendo ancora membro della Chiesa ortodossa ucraina, ne ha ripetutamente parlato ovunque, anche ai concili a Mosca. "Ho scritto al patriarca, ho parlato costantemente di autocefalia sia a Mosca che a Kiev", ha detto Shostatskij. "Sono andato [al "concilio d'unificazione", ndc] per convinzione ideologica, anche se mi è stato anche rimproverato che prima non parlavo e non agivo per l'autocefalia. La mia risposta è che ci sono rapporti testuali sui concili (specialmente ai Concili di Mosca, dove sono registrati tutti i discorsi), quindi ascoltateli e diventerà chiaro che ne ho parlato anche lì".

Ebbene, li abbiamo ascoltati. Su richiesta dell'Unione dei giornalisti ortodossi di confermare le parole dell'ex metropolita della Chiesa ortodossa ucraina, il Patriarcato di Mosca ha riferito di aver controllato tutti gli archivi disponibili, ma non sono riusciti a trovare alcuna dichiarazione di Shostatskij sul tema dell'autocefalia. "Secondo i protocolli disponibili, il metropolita Simeon (Shostatskij) è intervenuto al Concilio dei vescovi nel 2013 'Sulla posizione della Chiesa alla luce dello sviluppo delle tecnologie per la registrazione e il trattamento dei dati personali'; era assente dal Concilio nel 2016; e al Concilio nel 2017 è intervenuto più volte su temi legati al diritto matrimoniale".

Il comportamento dell'ex archimandrita della Chiesa ortodossa ucraina Gavriil (Krizina) non ha fatto eccezione. Per esempio, pochi mesi prima della sua partenza per la "Chiesa ortodossa autocefala ucraina", commentando l'arresto di "attivisti" che avevano cercato di appiccare il fuoco a un monastero della Chiesa ortodossa ucraina, dice che "sono in guerra con Dio". Ha chiamato i "patrioti" di Leopoli che hanno chiesto di demolire il luogo di culto della Chiesa ortodossa ucraina a Leopoli "seguaci di Lenin, che si rallegra all'inferno". L'archimandrita Gavriil considerava il giornalista scismatico Ilja Bey una "prostituta spirituale" perché "era un membro della Chiesa ortodossa ucraina, poi è passato al "patriarcato di Kiev", e poi è tornato di nuovo alla Chiesa ortodossa ucraina".

Tuttavia, non appena l'archimandrita Gavriil ha seguito il percorso di Bey e si è trasferito dalla Chiesa ortodossa ucraina alla "Chiesa ortodossa autocefala ucraina" e poi si è unito alla "Chiesa ortodossa dell'Ucraina", la sua retorica è cambiata. Così, chiama "azione stupida" l'anatema contro Epifanij Dumenko proclamato a Zaporozh'e, pubblica con piacere un messaggio dal servizio stampa della "Chiesa ortodossa dell'Ucraina" sulla presunta legittimità delle "transizioni" delle comunità dalla Chiesa ortodossa ucraina alla "Chiesa ortodossa dell'Ucraina" e definisce la Chiesa ortodossa ucraina come "Chiesa ortodossa russa in Ucraina".

Lealtà, infedeltà e tradimento

La lealtà è considerata una delle qualità più preziose sempre e ovunque, in ogni momento e tra tutti i popoli. La storia conosce molti casi in cui i conquistatori rilasciarono e persino ricompensarono soldati e servi per la loro lealtà a un sovrano sconfitto. Allo stesso tempo, il tradimento per amore di interessi "egoistici" ha sempre suscitato disprezzo e disgusto.

Cristo mette la parola "infedele" alla pari con la parola "perverso": "Oh generazione infedele e perversa, quanto tempo starò con voi? Quanto tempo dovrò sopportarvi?" (Mt 17:17). Altrove dice: "Chi è fedele nel poco è fedele anche nel molto; e chi è ingiusto nel poco è ingiusto anche nel molto"  (Lc 16:10). La "Chiesa ortodossa dell'Ucraina" non è "un'altra confessione canonica in Ucraina", come piace rappresentarla agli studiosi religiosi liberali, è una struttura che toglie luoghi di culto alla Chiesa ortodossa ucraina, che umilia, insulta e perseguita i suoi credenti. Una persona che lascia la Chiesa per interesse personale verso i suoi persecutori non può che evocare un'analogia con una persona che ha lasciato Cristo per unirsi ai suoi persecutori.

Quando, esattamente, Giuda ha tradito Cristo? È stato quando ha rubato i soldi dalla cassetta delle offerte o quando ha baciato il suo maestro nel giardino del Getsemani? Il tradimento inizia molto prima dell'ultimo "bacio di Giuda". Questo è un passaggio finale, una specie di punto. Inoltre, le ragioni del tradimento sono quasi sempre le stesse: orgoglio, comodità e potere. In effetti, questi tre peccati sono armi delle mani di Satana. Qualcuno può resistere, qualcuno fallisce.

Cristo ha mostrato che solo una persona che è completamente e interamente devota a Dio può resistere alle tentazioni: una persona che non cerca la propria volontà ma cerca solo la volontà di Dio e non fa affidamento sulle proprie forze, ma su Dio. Sfortunatamente, i protagonisti della nostra storia non sono stati in grado di farlo o non lo hanno voluto: il desiderio di trasformare le pietre in pane, saltare dalla cima del tempio e conquistare il mondo si è rivelato più forte. È vero però che, alla fine, invece di tutto questo, hanno ricevuto alcuni spiccioli dalla cassa che apparteneva a Cristo e ai suoi discepoli e 30 monete d'argento dalle mani del suo nemico.

Finché una persona è viva, ha l'opportunità di correggere tutto e di trasfigurarsi. Quelli citati nella pubblicazione ne sono certamente consapevoli. La domanda è: saranno in grado di farlo?

 
Il libro "Santi quotidiani" tradotto in cinese

Come annunciato il 12 giugno dal portale Pravoslavie.ru, la facoltà di Lingua e Letteratura russa all'Università di Shanghai ha avviato la traduzione cinese del libro dell'archimandrita Tikhon (Shevkunov) "Несвятые святые" и другие рассказы ("Santi quotidiani" e altri racconti).

Con l'edizione cinese si estenderà la diffusione di questo grande successo editoriale, che conta già traduzioni in inglese, greco, francese, tedesco, romeno, polacco, bulgaro, spagnolo e serbo. Purtroppo, a questa notevole lista di lingue manca l’italiano. Un vero peccato, sia per l’assenza di accessibilità di numerose fonti spirituali contemporanee, sia per il mancato impatto di una forte ondata di interesse per l’autentica Ortodossia. 

 
"Meglio con il diavolo che con i serbi e la loro chiesa"

la cattedrale di santa Sofia a Ohrid, appartenente alla chiesa macedone scismatica, è utilizzata principalmente come sala da concerti

Quando siamo stati derubati una volta a Skopje, la capitale della Macedonia del Nord, abbiamo stupidamente deciso di rivolgerci alla polizia. Devo dire subito che è stato inutile nel senso di risolvere il crimine, catturare i colpevoli, risarcire i danni e così via. Ma abbiamo comunque avuto una lezione, e non da poco, durante quelle tre indimenticabili ore trascorse in questura: una lezione di odio e stupidità. Il fatto è che quasi tutta la nostra conversazione con l'ufficiale di polizia macedone è passata non a chiarire le circostanze dell'incidente (a cui non era chiaramente interessato), ma... a sentire le sue lamentele per il mancato riconoscimento della "Chiesa ortodossa macedone" scismatica da parte del resto del mondo ortodosso.

"Voi russi, siete fratelli dei serbi, vero? E perché non riconoscete la nostra Chiesa ?! Perché i serbi non la riconoscono, giusto?"

Siamo rimasti un po' sorpresi da queste accuse e abbiamo detto che in realtà in Macedonia c'è l'Arcidiocesi di Ohrid, che tutti riconoscono amichevolmente e con cui pregano.

"Ma non è la chiesa giusta!", ha detto l'ufficiale con una smorfia. "Non difende l'indipendenza della Macedonia!"

Abbiamo sempre pensato che la Chiesa e la politica fossero cose leggermente diverse, ed è quello che gli abbiamo detto.

Le risposte dell'agente non sono state registrate nel verbale, ovviamente. Tanta cattiveria, tanto stupido risentimento contro chissà chi... che non ci aspettavamo di sentire.

"Preferirei essere derubato di nuovo piuttosto che ascoltare tutte queste sciocchezze", mi ha detto il mio amico mentre uscivamo dalla stazione.

"Taci!", gli ho detto. "Potrebbero farlo davvero".

E abbiamo riso tristemente.

Gli scherzi sono scherzi, ma la rabbia e l'odio causati dalla divisione e dalla disunione sono deprimenti, e ancor di più nella Chiesa. Se hanno persino inflitto ferite e violenze a titani dello spirito come il defunto patriarca Pavle di Serbia, cosa si può dire di noi?

Ecco cosa dice l'archimandrita Jovan (Radosavlević), un caro amico e collaboratore del defunto patriarca Pavle, sullo scisma della Chiesa in Macedonia nelle sue memorie:

Lo scisma della Chiesa in Macedonia dura ormai da molto tempo e ha inflitto molte ferite alla Serbia, alla Macedonia e all'intera Chiesa ortodossa. Questo scisma è stato causato, e persino creato con la partecipazione attiva del Partito comunista della Macedonia con il sostegno del Comitato centrale del Partito comunista guidato da Tito a Belgrado nel 1967. Tito ha premiato l'allora "metropolita" Dositej per "aver ottenuto una vittoria e organizzato una chiesa macedone indipendente". Così è stato completato il processo dell'autocefalia autoproclamata della chiesa macedone - con la "benedizione" dei comunisti, e non con la benedizione della Chiesa madre - il Concilio dei Vescovi della Chiesa ortodossa serba. Quell'anno ero uno studente a Belgrado e ho appreso molti dei fatti sgradevoli di questo scisma.

Con questo atto illegale e non canonico, la Chiesa macedone si trasformò in un'organizzazione scismatica che non poteva più essere in comunione canonica né con la Chiesa serba né con qualsiasi altra Chiesa ortodossa. Ma i vescovi scismatici macedoni, come abbiamo scoperto, si sono rivolti con richieste di aiuto e sostegno... al Vaticano. Fin dall'inizio dello scisma, la Chiesa serba ha cercato di superarlo, di risolvere molti problemi, ma i suoi tentativi non hanno avuto successo...

Nel 2005 è stato emanato un Tomos d'autonomia ecclesiastica, che affermava, tra le altre cose: "Quando la Chiesa madre riconosce che le diocesi sui suoi territori che erano precedentemente sotto la sua giurisdizione canonica sono spiritualmente mature e in grado di gestire in modo indipendente gli affari ecclesiastici e amministrativi, concede loro un Tomos e la Chiesa su questo territorio è dichiarata autonoma o autocefala. Il Tomos è dato al primo ierarca di tale Chiesa dalla Chiesa madre".

Ecco cosa è stato fatto: a Niš, il Concilio dei vescovi della Chiesa ortodossa serba ha eletto il metropolita Jovan come primate del Santo Sinodo dell'Arcidiocesi autonoma di Ohrid.

Vladyka Jovan sapeva cosa lo aspettava. Ben presto fu gettato in prigione dagli scismatici.

Vladyka Jovan ha detto allora: "Nella Chiesa, tutto deve passare attraverso la croce e la sofferenza, poi si trasforma in risurrezione". Senza dubbio sapeva che lo aspettavano sofferenze. Il "metropolita" scismatico Timotej e altri suoi "vescovi" e "sacerdoti" non sono stati d'accordo con le decisioni prese a Niš: non solo non hanno riconosciuto l'arcivescovo Jovan appena insediato, ma questi è stato sequestrato sotto la minaccia delle armi e gettato in prigione. Anche la chiesa da lui costruita è stata distrutta e la casa dei suoi genitori nella città di Veles è stata bruciata. I preti, i monaci e le monache che sono rimasti fedeli alla Chiesa ortodossa serba sono stati derisi e tormentati: tutto questo è stato fatto dallo scismatico "metropolita" Petar, dal "clero" e dalla polizia. Così, il metropolita Jovan è divenuto un portatore di passione, grazie agli scismatici.

Il patriarca Pavle ci ha trasmesso le parole di uno dei leader degli scismatici, il "metropolita" Timotej: "Lavoreremmo anche con il diavolo pur di non lavorare con voi serbi e la vostra chiesa serba!" Il patriarca rispose: "Se per voi è così, allora andate da lui, lavorate con il diavolo e fate il vostro lavoro. Cosa volete di più da noi? Non abbiamo niente in comune". Queste furono probabilmente le ultime parole del patriarca Pavle agli scismatici macedoni. Vladyka ce ne ha parlato al monastero dell'Annunciazione.

Quando il patriarca Pavle si è addormentato nel Signore, il metropolita Jovan era al suo funerale a Belgrado. Ha servito la liturgia e il funerale con tutto il popolo. Ai "metropoliti" scismatici che si sono presentati è stato proibito di avvicinarsi alla bara del patriarca. Questo scisma è rimasto una ferita profonda nel cuore del patriarca, che è morto con tale ferita, piangendo di fronte al Signore per coloro che credono che sia "meglio stare con satana che con la Chiesa serba".

 
Nuova farsa dell'Ucraina "indipendente": la costruzione della Cortina di Lardo nel mezzo della Rus'

Dall'amministrazione regionale di Dnepropetrovsk (il feudo dell'oligarca Igor' Kolomoiskij) arriva la notizia del progetto di una nuova follia, riportata dall'edizione inglese de La Voce della Russia, per creare lavoro all'interno dell'Ucraina al collasso: un muro lungo tutto il confine russo-ucraino (1920 km), con recinzione metallica elettrificata, fossati, filo spinato, checkpoint...

Il progetto della "Cortina di Lardo" (come stanno già chiamando l'idea, in omaggio al salo, il lardo salato tipico della cucina locale) potrebbe essere semplicemente ignorato o seppellito di risate, ma purtroppo ha un precedente storico abbastanza significativo: l'innerdeutsche Grenze, il confine fortificato creato per separare la Germania Est e per prevenire il flusso di profughi verso l'Occidente. In uno dei paradossi di cui abbiamo visto fin troppi esempi negli ultimi mesi, il governo "europeista" ucraino, pronto a combattere ogni traccia del suo passato comunista fino al punto di vietare la celebrazione del Giorno della Vittoria sul nazismo, si appropria ora di una delle peggiori eredità storiche del blocco sovietico, nata per dividere in due parti il territorio abitato da uno stesso popolo.

Il muro tra Ucraina e Russia, quanto a fattibilità, è una pura farsa (il suo mantenimento richiederebbe un numero di guardie di frontiera superiori al totale complessivo dell'attuale esercito ucraino, per non parlare della sua inevitabile estensione al confine con la Belarus'...), ma indica chiaramente, a chi ha occhi per vedere, dove sta oggi il rispetto della libertà dei popoli, della loro autodeterminazione, della democrazia.

 
Con dolore per l'Athos e il Patriarcato di Costantinopoli

il metropolita Seraphim (Mentzelopoulos) del Pireo. Foto: Unione dei giornalisti ortodossi

Il Fanar non può più fermarsi sulla via dell'ecumenismo e della violazione dei canoni, e l'Athos non può più restare saldo nella fede ortodossa, conclude il metropolita Seraphim del Pireo.

Alcuni mesi fa, l'opuscolo "Il Fanar non aveva il diritto di interferire negli affari di un'altra Chiesa locale" è stato pubblicato da un vescovo della Chiesa di Grecia, il metropolita Seraphim del Pireo. In esso, tratta le deviazioni dalla fede del Patriarcato di Costantinopoli e la debolezza di molti monasteri atoniti, se non la maggior parte di loro, che tacitamente, e talvolta apertamente, esprimono il loro accordo con tali azioni del Fanar. L'opinione del metropolita Seraphim, a volte espressa con parole piuttosto dure, merita di essere letta e ascoltata.

il frontespizio del libro del metropolita Seraphim

Chi è il metropolita Seraphim del Pireo?

Il metropolita Seraphim (Mentzelopoulos) è nato nel 1956. Nel 1980 è entrato nel monastero della Dormizione della santissima Theotokos a Pentelis. Si è laureato presso il Dipartimento di teologia dell'Università di Atene. Nel 2001 è stato ordinato vescovo di Adelaide, vicario dell'Arcidiocesi australiana del Patriarcato di Costantinopoli, e nel 2006 è stato nominato alla sede del Pireo. Quando è stato elevato all'episcopato, ha rifiutato in modo molto eloquente di accettare i doni che, secondo una tradizione di lunga data, sono presentati al vescovo che entra nell'amministrazione diocesana. Spiegando la sua azione, ha detto che non cercava fama e piaceri terreni, non voleva né oro né argento e avrebbe lavorato disinteressatamente per la salvezza del suo gregge.

il metropolita Seraphim (Mentzelopoulos) del Pireo

Come metropolita, è stato coinvolto molto attivamente nella vita pubblica e ha reagito con forza agli eventi che, a suo avviso, richiedono una valutazione morale da parte della gerarchia ecclesiastica. Ha chiesto il boicottaggio del film "Il codice da Vinci" e del libro omonimo di Dan Brown, definendoli "antistorici, assolutamente falsi e ridicoli", ha protestato contro la visita di papa Benedetto XVI a Cipro, si è lamentato con la regina Elisabetta II di Gran Bretagna sul cantante Elton John per le sue parole blasfeme su Cristo, ha criticato la gerarchia della Chiesa serba per aver rimosso il vescovo Artemije (Radosavljević) di Raška-Prizren dall'amministrazione della diocesi.

Inoltre, ha criticato aspramente il patriarca di Costantinopoli per l'ecumenismo, nonché le autorità greche per il riconoscimento dei diritti delle persone LGBT e la promozione dell'ideologia di genere. E, naturalmente, il metropolita Seraphim ha rifiutato di riconoscere la "Chiesa ortodossa dell'Ucraina", nonostante l'opinione di altri vescovi della Chiesa greca, affermando che si oppone "all'attività dannosa di laici scismatici scomunicati e non ordinati, che il Santo e il Sacro Sinodo del venerabile Patriarcato ecumenico ha erroneamente restaurato senza la procedura canonica prescritta dai sacri canoni".

L'Athos non è più lo stesso di prima

Secondo il metropolita Seraphim, il riconoscimento della "Chiesa ortodossa dell'Ucraina" da parte di alcuni monasteri athoniti non ha fatto altro che rivelare il degrado già esistente della vita spirituale e della fermezza nella fede sull'Athos.

"Il grave degrado spirituale dell'attuale Montagna Santa è già un fatto triste, che è stato affermato da molti chierici e personalità di spicco che seguono gli eventi sull'Athos, e in effetti si vede nella realtà ecclesiastica moderna", scrive il vescovo. E infatti, se prima gli athoniti preferivano ogni sorta di disagio e persino la morte piuttosto che deviare dalla fede, ora stiamo vedendo come le preoccupazioni mondane e la preoccupazione per il benessere materiale dei monasteri costringano alcuni abati a obbedire alle esigenze del patriarca Bartolomeo e dei diplomatici americani nel riconoscere la "Chiesa ortodossa dell'Ucraina", ammettendo alle funzioni nei loro monasteri persone che non hanno non solo l'ordinazione canonica al sacerdozio, ma neanche il battesimo canonico. Inoltre, gli athoniti stessi, di regola, lo capiscono perfettamente ma si nascondono dietro una scusa: dicono, poiché "lo stesso" patriarca di Costantinopoli li ha riconosciuti, allora chi siamo noi per contraddirlo? Ai vecchi tempi, gli abitanti della Montagna Santa assumevano posizioni completamente diverse. Per loro, la cosa più importante era la purezza della Fede ortodossa, piuttosto che le opinioni dei poteri costituiti.

"Con angoscia, siamo convinti che il moderno Monte Athos, che un tempo era una roccaforte dell'Ortodossia, una diga contro la quale si infrangevano le eresie, la montagna che mostrava tutta una schiera di monaci e martiri, asceti e confessori della fede, non abbia, purtroppo, niente a che vedere con quel Monte Santo che abbiamo conosciuto nella nostra giovinezza circa trentacinque anni fa ".

Molti cristiani ortodossi in molti paesi sono abituati a vedere l'Athos come un faro spirituale nel mare in tempesta della vita. L'opinione del Monte Santo era venerata come testimonianza della verità di severi asceti, uomini di preghiera, devoti della pietà, che disprezzano fattori come la ricchezza, il favore delle autorità e l'opinione del mondo in generale. Persone che potevano dire insieme all'apostolo Giovanni: "Noi sappiamo che siamo da Dio, mentre tutto il mondo giace sotto il potere del maligno" (1 Gv 5:19).

Ma ora, secondo il metropolita Seraphim, la situazione è cambiata radicalmente: "Ma oggi guardiamo al santo Monte Athos e non ne riconosciamo l'aspetto spirituale; è spaventato e reso schiavo dalla sua autorità ecclesiastica superiore, disposta a obbedire alla direzione del Fanar, anche quando quest'ultimo sta agendo in modo sbagliato in molti campi. L'Athos manca di polso, è privo di vivacità, spirito di ascesi e confessione. L'Athos in molte questioni e soprattutto in materia di fede, eresie e scismi sembra approvare, allinearsi e collaborare strettamente con l'eresia e lo scisma. L'Athos oscilla tra l'eresia e l'Ortodossia, non potendo dare una risposta teologica, per resistere in tutta la sua altezza e denunciare l'eresia e coloro che la promuovono, chiunque essi siano".

In generale, la caduta di autorità spirituali incrollabili, come sembrava fino a poco tempo fa, ci fa pensare a dove possono fare riferimento i cristiani ortodossi, di chi fidarsi e chi seguire. Il santo salmista Davide dice che in tali situazioni si dovrebbe aspettare l'aiuto e la salvezza direttamente da Dio, che non esiterà a rivelarlo: "Poiché ecco, i malvagi hanno teso i loro archi; hanno messo le loro frecce contro le corde per colpire dall'ombra i retti di cuore. Quando le fondamenta sono distrutte, cosa possono fare i giusti?" (Salmo 11:2,3).

Alcuni interpreti della Scrittura richiamano l'attenzione sul fatto che il profeta Davide non dice che la verità è scomparsa del tutto, ma che è "sminuita", cioè è diventata piccola e impercettibile. Ma esiste ancora. Quindi, sull'Athos di oggi, ci sono monasteri e ci sono monaci che non seguono la via dell'alienazione dalla fede e dalla pietà, ma restano fermamente nell'Ortodossia, qualunque cosa accada. "Naturalmente, queste conclusioni non si applicano a tutti i monasteri athoniti e a tutti i padri athoniti. Grazie a Dio ci sono monasteri, pochi, ovviamente, si contano sulle dita di una mano (Grigoriou, Karakallou, Konstamonitou e Philotheou), così come molti monaci negli eremi e nelle celle, che continuano a resistere a tutta l'eresia dell'ecumenismo e all'arbitrio del Fanar", scrive il metropolita Seraphim.

La creazione della "Chiesa ortodossa dell'Ucraina" è l'evento più tragico degli ultimi decenni

"L'autocefalia ucraina <...> è diventata il più tragico 'evento ecclesiastico degli ultimi decenni' perché ha causato uno scisma mondiale su scala pan-ortodossa", scrive il metropolita Seraphim.

Come sapete, il patriarca Bartolomeo e i suoi sostenitori negano ostinatamente l'esistenza di uno scisma nell'Ortodossia a seguito delle sue azioni anti-canoniche nella creazione della "Chiesa ortodossa dell'Ucraina". Lo stato di assenza di comunione eucaristica tra la Chiesa ortodossa russa e il Fanar, così come il fatto che dieci su quattordici Chiese ortodosse locali generalmente riconosciute non riconoscono la "Chiesa ortodossa dell'Ucraina", è chiamato da loro una sorta di equivoco temporaneo, che presumibilmente sarà risolto non appena la Chiesa ortodossa russa vedrà che la creazione della "Chiesa ortodossa dell'Ucraina" è un fatto compiuto.

Il metropolita Seraphim si concentra non solo sul fatto che dieci Chiese locali non riconoscono la "Chiesa ortodossa dell'Ucraina", ma anche sul fatto che il riconoscimento di questa struttura nelle Chiese alessandrina, greca e cipriota è avvenuto con evidenti violazioni e non è un vero riconoscimento a tutti gli effetti.

"Il patriarca d'Alessandria ha riconosciuto l'autocefalia ucraina come un fatto compiuto e ha commemorato il falso metropolita Epifanij, senza prima convocare un Concilio che alla fine si pronunciasse a favore o contro il riconoscimento dell'autocefalia ucraina. A quanto pare, sapendo che se fosse stato convocato il Concilio, la maggioranza dell'episcopato si sarebbe opposta e lui non avrebbe raggiunto il suo obiettivo, il patriarca ha preso una decisione esclusivo sul riconoscimento, calpestando la conciliarità e agendo come un piccolo papa".

"Il Concilio dei vescovi della Chiesa di Grecia ha discusso dell'autocefalia ucraina, ma non c'è stato un voto nominale (come avrebbe dovuto esserci su una questione così scottante) perché i vescovi potessero esprimere la loro opinione attraverso il voto. Così, alla fine (in modo inaccettabile e anticonciliare), ha prevalso il parere del suo presidente, l'arcivescovo Hieronymos".

Aggiungiamo che la Chiesa di Cipro non ha preso alcuna decisione sul riconoscimento della "Chiesa ortodossa dell'Ucraina", ma ha accettato di non opporsi alla commemorazione di Sergej Petrovich (Epifanij) Dumenko da parte del primate della Chiesa di Cipro, l'arcivescovo Chrysostomos. Anche per pura logica, per non parlare della tradizione storica dei riconoscimenti, il testo del documento corrispondente del Sinodo della Chiesa cipriota non è un riconoscimento della "Chiesa ortodossa dell'Ucraina".

Il Fanar ha invaso il territorio canonico di altri

Affermando il fatto che per più di tre secoli l'intera pienezza della Chiesa ortodossa, compreso il Patriarcato di Costantinopoli, ha riconosciuto che la giurisdizione della Chiesa russa si estende al territorio dell'Ucraina, il metropolita Seraphim fa riferimento alla recente ricerca del protopresbitero Anastasios Gotsopoulos.

"Come ha dimostrato il protopresbitero Anastasios Gotsopoulos nella sua recente opera, secondo dati ufficiali, documenti e pubblicazioni anche dello stesso Patriarcato ecumenico, che è uscito dalla propria 'Stamperia patriarcale' di Costantinopoli, in accordo con le ricerche dei leader e dei dipendenti del Patriarcato Ecumenico (archivista del Trono Ecumenico K. Dellikanis, Protopresbitero Th. Zisis, V. Stavridis, Vl. Fidas, Gr. Larendzakis), nonché dalla posizione ufficialmente dichiarata dello stesso patriarca ecumenico Bartolomeo (lettere, discorsi), ne consegue che la stessa coscienza ecclesiastica e canonica del Trono ecumenico degli ultimi tre secoli e mezzo fino agli anni 2018 non ha considerato l'Ucraina come suo territorio canonico, ma nel modo più ufficiale e chiaro ha riconosciuto che essa appartiene alla giurisdizione canonica del Patriarcato di Mosca", scrive vladyka Seraphim.

È il dato di fatto è ciò che sia la Chiesa ortodossa ucraina che la Chiesa ortodossa russa hanno detto fin dall'inizio: il Patriarcato di Costantinopoli non può interferire nella questione della Chiesa ucraina perché non ha motivo di farlo. Separatamente, il metropolita Seraphim si concentra sul fatto che in Ucraina c'è la Chiesa ortodossa ucraina canonica e il metropolita di Kiev canonico: "Tutte le Chiese, senza una sola eccezione, riconoscono il metropolita Onufrij come unico metropolita canonico di Kiev. Solo con lui e con il suo Sinodo tutte le Chiese ortodosse hanno avuto la comunione nelle concelebrazioni interortodosse e pan-ortodosse e nell'ambito del lavoro delle commissioni. Questa unanimità esprime la coscienza ecclesiastica pan-ortodossa e universale dell'Ortodossia, che nessuno ha il diritto di trascurare senza gravi conseguenze".

Il Patriarcato di Costantinopoli ha trascurato questa unanimità e le tragiche conseguenze non si sono fatte attendere: si sono manifestate nella formazione di uno scisma nell'Ortodossia. Va notato che il metropolita Seraphim non solo afferma il fatto dell'invasione del Fanar del territorio canonico di un altro, ma elenca anche i sacri canoni che sono stati così violati: "Il Patriarcato ecumenico non ha il diritto canonico di interferire con la giurisdizione di un'altra Chiesa locale (in questo caso, la Chiesa russa), e, quindi, ha commesso un grave crimine canonico, vale a dire l'invasione, condannata da molti sacri canoni (Canone 2 del II, 2 del III, 39 del V-VI Concilio ecumenico, 13 e 22 del Concilio di Antiochia, 3 del Concilio di Sardica, ecc.) e dall'intera Tradizione della Chiesa".

Gli scismatici non hanno mostrato pentimento

Nella sua pubblicazione il metropolita Seraphim risponde a questa domanda, perché c'è l'opinione tra coloro che sostengono le azioni del patriarca Bartolomeo che l'ex capo del "patriarcato di Kiev" Filaret Denisenko e l'ex capo della "Chiesa ortodossa autocefala ucraina" Makarij Maletich hanno mostrato "pentimento", espresso nel fatto che hanno sciolto le organizzazioni religiose da loro guidate al "concilio d'unificazione" nel dicembre 2018.

Vladyka Seraphim sottolinea che questa azione non può in alcun modo essere considerata pentimento. Ricorda che Filaret Denisenko era in precedenza un vescovo della Chiesa ortodossa russa, poi è stato deposto e scomunicato dalla Chiesa, e Makarij Maletich era un sacerdote della Chiesa ortodossa russa e divenne un "vescovo" mentre era già fuori dalla Chiesa di Cristo.

"Per rispondere alla domanda se ci fosse pentimento da parte degli scismatici, dobbiamo capire se sono tornati alla comunione ecclesiale con la Chiesa locale da cui si erano staccati. Dopotutto, questo è precisamente ciò che significa pentimento: dissolvo l'organizzazione della chiesa che ho creato e ritorno senza fallo alla struttura ecclesiale da cui mi sono separato. Sì, Filaret e Makarij hanno sciolto le associazioni scismatiche che avevano creato, ma non sono tornati alla struttura ecclesiale da cui si erano staccati, cioè alla Chiesa canonica ucraina guidata dal metropolita Onufrij".

Un ulteriore (e molto convincente) argomento secondo cui non c'è stato pentimento è il fatto che nel 2019 Filaret Denisenko ha lasciato la "Chiesa ortodossa dell'Ucraina" e ha annunciato di essere di nuovo il capo del "patriarcato di Kiev".

Il patriarca di Costantinopoli non è la più alta corte d'appello

Come sapete, il patriarca Bartolomeo e i suoi sostenitori affermano che il capo del Fanar ha il diritto di ricevere appelli da chierici che non sono d'accordo con le decisioni dei loro vescovi o concili di tutte le Chiese locali. Risulta che la questione di un appello supremo era già stata sollevata nel IV-V secolo ed è stata risolta dalla Chiesa a livello dei Concili ecumenici. Per la verità, a quei tempi, le pretese di essere la più alta corte d'appello erano espresse non dal vescovo di Costantinopoli ma dal vescovo di Roma.

"Quindi, dal punto di vista dei canoni in relazione al tema in esame, sorge la domanda più importante: le decisioni del Sinodo integrale presieduto dal patriarca, che è il Sinodo del Patriarcato di Mosca, sono inappellabili, o possono ancora essere soggette ad appello presso un altro Sinodo patriarcale? Questo argomento ha occupato la Chiesa ecumenica dopo il Concilio di Sardica con i suoi  Canoni 3, 4 e 5".

Nel 419 si tenne il Concilio locale di Cartagine. Vi parteciparono 217 vescovi, compresi i legati del papa: il vescovo Faustino di Potentia, della provincia italiana del Piceno, e i presbiteri Filippo e Asello. La questione principale all'ordine del giorno era la seguente: il papa aveva il diritto di ricevere ricorsi contro le decisioni dei concili della Chiesa di Cartagine? La risposta fu inequivocabile – non lo aveva, e la formulazione di questa risposta fu piuttosto dura: "Era anche sembrato bene che presbiteri, diaconi e altri del clero inferiore nelle cause che avevano, se erano insoddisfatti dei giudizi dei loro vescovi, li comunicassero ai vescovi vicini con il consenso del proprio vescovo, e che i vescovi fossero chiamati a giudicare tra di loro: ma se pensano di avere motivo di appello da questi, non portino istanze oltre il mare, bensì ai primati delle loro province, oppure a un concilio universale, come è stato decretato anche riguardo ai vescovi. Ma chiunque penserà bene di portare un appello oltre il mare non sarà accolto alla comunione da nessuno entro i confini dell'Africa". Cioè, la richiesta da parte del clero di un appello al vescovo di Roma era generalmente riconosciuta come base per la scomunica dalla comunione ecclesiale.

Poiché i canoni del Concilio di Cartagine (419 d.C.) furono approvati dal Canone 2 del Concilio ecumenico quinisesto, così come dal Canone 1 del quarto Concilio ecumenico e dal Canone 1 del settimo Concilio ecumenico, questa decisione è confermata dall'autorità dei Concili ecumenici ed è generalmente vincolante. Il metropolita Seraphim scrive: "Di conseguenza, la Chiesa antica accettò ciò che stabilivano i Canoni 3, 4 e 5 in merito a privilegi speciali che erano conferiti all'allora vescovo ortodosso dell'antica Roma in relazione ai vescovi a lui subordinati e solo a loro, ma senza concedergli la più alta giurisdizione ecclesiastica".Tutti i noti interpreti delle norme canoniche affermano questo principio: gli appelli del clero sono considerati dalla gerarchia di quella Chiesa locale dove questi chierici svolgono o hanno svolto il loro ministero.

Gli scismatici non hanno dignità sacerdotale

Quando la creazione della "Chiesa ortodossa dell'Ucraina" era ancora in fase di sviluppo, molti vescovi e teologi, sia simpatizzanti per il Fanar che non solidali, si scervellarono sulla domanda: come risolverà il Fanar il problema della mancanza di ordinazioni canoniche tra gli scismatici? Dopotutto, tutti sanno che quasi tutti i "vescovi" della "Chiesa ortodossa dell'Ucraina" sono stati "ordinati" in un momento in cui l'intero mondo ortodosso li riconosceva come scomunicati dalla Chiesa. La speculazione che si udiva più frequentemente era che i fanarioti avrebbero segretamente o esplicitamente "riordinato l'episcopato" della "Chiesa ortodossa dell'Ucraina". Nessuno potrebbe nemmeno pensare di riconoscere retroattivamente queste "ordinazioni". Ma il Fanar fece proprio questo, stabilendo così una nuova visione del sacramento del sacerdozio. Secondo questa nuova visione, la grazia dello Spirito Santo discende sull'ordinato in virtù del riconoscimento di questo da parte del patriarca di Costantinopoli. Tuttavia, questo testimonia solo quanto perversamente il Fanar comprenda questo sacramento.

Va notato che il metropolita Seraphim non è così categorico sulla questione del non riconoscimento delle "ordinazioni" degli scismatici, come lo è in molte altre questioni. Non sta dicendo che l'apparenza retroattiva della grazia del sacerdozio sia impossibile in linea di principio. Scrive che la questione non è di competenza del Fanar, ma della Chiesa ortodossa russa: "L'unico potere ecclesiastico che ha l'autorità di prendere decisioni sulla reintegrazione degli scismatici nel loro rango è la Chiesa russa, a condizione, ovviamente, che gli scismatici mostrino un sincero pentimento, che, come osserva giustamente il professor Tselengidis, è conditio sine qua non per il ritorno degli scismatici alla sfera canonica. E fino a oggi, ovviamente, gli scismatici non hanno mostrato tale pentimento". Qui si può non essere d'accordo con l'opinione del metropolita Seraphim. Parla del "ripristino della dignità degli scismatici" a condizione del loro pentimento, ma dopo tutto è impossibile "reintegrare" una persona in ciò che non aveva. Se ammettiamo che le "ordinazioni" dei "vescovi" della "Chiesa ortodossa dell'Ucraina" sono nulle, che non sono altro che una finzione, allora come possono essere ripristinate nella loro dignità anche sotto condizione di oikonomia?

Ma comunque sia, il metropolita Seraphim non riconosce inequivocabilmente la presenza della grazia del sacerdozio nella "Chiesa ortodossa dell'Ucraina".

Sull'autocefalia ucraina

Il metropolita Seraphim scrive che l'autocefalia, presumibilmente concessa dal Fanar alla "Chiesa ortodossa dell'Ucraina", non poteva essere concessa per due motivi: in primo luogo, Costantinopoli non aveva il diritto di concederla unilateralmente, e in secondo luogo, l'autocefalia può essere concessa solo a una struttura ecclesiale canonicamente riconosciuta, che chiede tale autocefalia.

Facciamo subito una riserva: il metropolita Seraphim ha lasciato da parte l'argomento più importante per l'impossibilità di concedere l'autocefalia alla "Chiesa ortodossa dell'Ucraina". E questo argomento è menzionato sopra: è impossibile chiamare Chiesa autocefala una comunità di laici senza dignità sacerdotale. Tutti gli altri argomenti forniti dal vescovo greco sono certamente convincenti, ma solo in teoria, senza alcun collegamento con la legalizzazione degli scismatici ucraini.

Nell'Ortodossia, non esiste una procedura, sancita nei canoni, per la concessione dell'autocefalia. I Concili ecumenici non ce ne hanno lasciata una. Storicamente, l'autocefalia è stata concessa dal Patriarcato di Costantinopoli e dalla Chiesa russa. Costantinopoli ha concesso l'autocefalia alle Chiese serba, bulgara, romena e altre, e la Chiesa ortodossa russa l'ha concessa alla Chiesa polacca, alla Chiesa delle Terre Ceche e della Slovacchia, nonché alla Chiesa ortodossa in America (riconosciuta dalle Chiese russa, georgiana, bulgara, polacca e Cecoslovacca: le altre la considerano parte della Chiesa ortodossa russa). Tuttavia, l'autocefalia concessa dalla Chiesa ortodossa russa è avvenuta diversi decenni fa ed è contestata dal Patriarcato di Costantinopoli. Il Fanar afferma che il diritto di concedere l'autocefalia a chiunque appartiene solo ad esso.

I precedenti storici che non sono custoditi nel corpus del diritto canonico rimangono precedenti storici. Per colmare questa lacuna nel diritto canonico, durante la preparazione del Concilio di Creta, che ha avuto luogo nel 2016, è stato elaborato un documento sulla procedura per la concessione dell'autocefalia, che non è stato sottoposto alla discussione dal Concilio di Creta, e lo stesso Concilio di Creta non è divenuto pan-ortodosso, come originariamente previsto, a causa dell'assenza di rappresentanti delle Chiese antiochena, georgiana, bulgara e russa. Tuttavia, il metropolita Seraphim si riferisce comunque al documento sviluppato sull'ordine dell'autocefalia e indica il suo principio di base: il consenso di tutte le Chiese locali.

"Il Tomos, proclamando l'autocefalia, come condizione necessaria, tra le altre cose, prevedeva il consenso di tutte le Chiese locali: 'Poiché il patriarca ecumenico assicura il consenso delle Chiese ortodosse locali autocefale ottenendo da loro il consenso scritto, può firmare da solo il Tomos patriarcale... ". Da quanto sopra, diventa chiaro che senza il consenso di tutte le Chiese locali, cioè senza osservare le condizioni, il patriarca ecumenico non può né concedere l'autocefalia, né accettare ricorsi, né essere "amministratore degli affari della chiesa", scrive il metropolita.

La seconda ragione per negare l'autocefalia della "Chiesa ortodossa dell'Ucraina" è che la Chiesa ortodossa ucraina canonica non ha chiesto alcuna autocefalia: "Un altro aspetto molto importante di questo argomento è che la Chiesa locale dell'Ucraina, guidata dal metropolita Onufrij, ufficialmente riconosciuta da tutte le Chiese locali, non ha chiesto e non ha cercato di acquisire lo status dell'autocefalia, a differenza, ovviamente, di altre autocefalie concesse dal Patriarcato ecumenico (ellenica, serba, bulgara, romena, polacca, albanese, ceca e slovacca) quando le Chiese locali hanno presentato una richiesta corrispondente. <...> Non c'è paragone tra l'autocefalia concessa agli scismatici e ai membri della parasinagoga ucraina e l'onesta concessione canonica dello status di autocefalia da parte del Patriarcato ecumenico alle Chiese canoniche di Grecia, Serbia, Bulgaria, Romania, Polonia, Albania e Repubblica Ceca e Slovacchia".

Il metropolita Seraphim sostiene anche che la teoria del "primo senza eguali", sviluppata dal metropolita Ioannis (Zizioulas) di Pergamo e dall'arcivescovo Elpidophoros (Lambriniadis) d'America, mira a promuovere le aspirazioni ecumeniche del Fanar. Ma vladyka Seraphim non ha considerato questo problema in dettaglio in questa pubblicazione: piuttosto, ha indirizzato gli interessati alle sue prime pubblicazioni. E la tesi finale del metropolita è che non si dovrebbe sperare che l'attuale divisione nell'Ortodossia si risolva in qualche modo da sola nel tempo.

In questo, il metropolita Seraphim ha assolutamente ragione: per risolvere il problema della divisione esistente, in primo luogo, è necessario cercare una soluzione comune a tutte le Chiese locali, e in secondo luogo, questa decisione dovrebbe essere basata sui sacri canoni della Chiesa, e non sulle ambizioni dei singoli vescovi.

 
Mentre la “democrazia” avanza in Ucraina, ecco qualche parola di buon senso di Nikolaj Starikov

Arrivano a Semenovka le armi chimiche dell’esercito ucraino: di tratta di bombe incendiarie al fosforo bianco, regolarmente filmate e descritte dagli specialisti, e regolarmente vietate dalle convenzioni internazionali. Ricordiamo che qualcuno sbraitava, non più di una decina di mesi or sono, sull’atrocità dell’uso governativo di armi chimiche in aree abitate da civili in Siria (e non era neppure vero che le usava il governo, ma la macchina della disinformazione non può perdere tempo con simili quisquilie...). Il piano della “pacificazione” dell’Ucraina passa ora per il progetto dei “campi di filtraggio”, dove la popolazione civile del Donbass potrà passare periodi di vacanze a spese del governo, in attesa che i suoi elementi russofili siano “filtrati” e destinati alla deportazione (o peggio). Insomma, siamo tornati ai campi di concentramento, ma che cosa non si fa per esportare la libertà...

Intanto, per non farci mancare nulla, l’Ucraina “democratica” ci fa vedere il rispetto della sovranità internazionale con le ultime gloriose manifestazioni dei propri diritti statali davanti all’ambasciata russa di Kiev.

In un'intervista recente sul suo video blog, Nikolaj Starikov (nella foto), giornalista e attivista politico e sociale russo di vedute conservatrici, spiega i motivi del mancato intervento russo a favore della popolazione del Donbass (a cui abbiamo già dedicato un articolo di approfondimento), e sottolinea alcuni elementi che dovremmo cercare di non ignorare e di non far ignorare:

1 – Le repubbliche popolari di Donetsk e Lugansk non sono ribellioni contro uno stato legittimo, ma contro un governo illegittimo creato con un colpo di stato. Queste entità dovrebbero trattate viste dalla comunità internazionale almeno con lo stesso livello di riconoscimento accordato alla giunta di Kiev.

2 – L'arma principale in una guerra civile è la persuasione. In una lotta per la conquista delle menti e dei cuori, non ci si deve arrendere nel presentare fatti e opinioni (e in questo, purtroppo, la popolazione del Donbass è seriamente svantaggiata, nonostante la recente comparsa di un proprio canale televisivo In Internet, "Новости-Новостей")

3 – Aspettiamoci altre “maidanizzazioni” a catena, se questo deplorevole andazzo di destabilizzazione non sarà fermato. Come Starikov fa notare con cinismo ma anche con assoluto realismo, gettare un paese come l’Ucraina nel caos "costa poco ed è divertente": quale sarà il prossimo governo che gli Stati Uniti cercheranno di far saltare?

Presentiamo una traduzione italiana parziale dell'intervista a Nikolaj Starikov nella sezione “Geopolitica ortodossa” dei documenti.

 
I monaci athoniti chiariscono la posizione della Montagna Santa nei confronti degli scismatici ucraini

un gruppo di scismatici ha visitato l'Athos nel 2019, facendo arrabbiare i monaci con le proprie sfacciate manifestazioni di nazionalismo

Dato il grande interesse tra i fedeli ortodossi per la posizione dei monasteri athoniti verso l'interferenza del patriarca Bartolomeo nella questione della Chiesa ucraina e la creazione della "Chiesa ortodossa dell'Ucraina" scismatica, un gruppo di monaci athoniti ha fornito risposte alle domande, rivelando l'atteggiamento fondamentalmente negativo della Montagna Santa nei confronti della "Chiesa ortodossa dell'Ucraina" e della tensione creata da Costantinopoli tra i monasteri athoniti.

D'altra parte, sua Beatitudine il metropolita Onufrij di Kiev e di tutta l'Ucraina, primate canonico della Chiesa ortodossa ucraina, è molto amato sul Monte Santo.

La serie di domande e risposte è stata pubblicata da Афонский Хронографъ (Cronografo Athonita) e dal Dipartimento per l'informazione e l'educazione della Chiesa ortodossa ucraina.

In primo luogo, gli athoniti chiariscono che è errato dire che il Monte Athos "è tacitamente concorde con la politica criminale del Fanar sul riconoscimento degli scismatici ucraini", ma piuttosto è opportuno parlare solo della posizione di specifici monasteri.

Non c'è stata ancora una posizione chiara da parte del Monte Santo, perché solo la Sacra Comunità, composta da un rappresentante di ciascuno dei 20 monasteri principali, può parlare ufficialmente per tutto il Monte Athos, e attualmente non esiste alcun consenso sulla questione. Quando la discussione si è bloccata, è stato deciso che ogni monastero avrebbe proceduto come riteneva opportuno.

Tuttavia, i monaci ricordano che la Sacra Comunità ha respinto la richiesta del patriarca Bartolomeo di inviare una delegazione all'intronizzazione di Epifanij Dumenko come "metropolita" di Kiev nel febbraio 2019. Iviron, Stavronikita, Pantokrator, Xenophontos e Nuova Esphigmenou erano favorevoli all'invio di una delegazione, la Grande Lavra e Koutloumousiou si sono astenuti dall'esprimere qualsiasi opinione, e gli altri 13 monasteri erano inequivocabilmente contrari all'invio di monaci.

"Tutto questo mostra chiaramente che la maggioranza dell'Athos ha la propria posizione e la esprime in decisioni e azioni specifiche, e non segue l'esempio di nessuno", sottolineano i monaci.

Rispondendo al fatto che Simonopetra e Vatopedi hanno ricevuto in seguito anche una delegazione scismatica in visita al Santo Monte, i monaci rispondono: "In effetti, in seguito questi monasteri non si sono espressi nel migliore dei modi", quando li ha visitati il "vescovo" Pavlo Juristij, che ingenuamente e ridicolmente si definisce 'di Odessa'.

Quanto all'abate Ephraim di Vatopedi, "tutte le sue azioni sono molto probabilmente spiegate da forti pressioni politiche dall'esterno e dalla situazione non facile in cui si è trovato, vista la causa penale in cui era stato precedentemente accusato". Tuttavia, le aperture dell'abate al patriarca Bartolomeo durante la sua più recente visita al Monte Athos sono difficili da spiegare o giustificare, affermano i monaci.

Per quanto riguarda Simonopetra, le sue azioni sono principalmente "forzate e dettate principalmente dalla riluttanza ad avere un conflitto con il Patriarcato di Costantinopoli". Inoltre, il monastero ha legami di lunga data con il birraio Andrej Matsola, uno dei principali sponsor della "Chiesa ortodossa dell'Ucraina" scismatica. Fu Matsola ad avviare e sponsorizzare la visita di alcuni monaci athoniti che visitarono Kiev e presero parte all'intronizzazione di Dumenko, sebbene non come rappresentanti ufficiali della Montagna Santa.

Riguardo alla visita di due vescovi scismatici nel 2019, i monaci affermano con enfasi che non è vero che sono stati accettati dalla Sacra Comunità come vescovi legittimi. Nel febbraio 2019, la Sacra Epistasia, l'organo esecutivo della Sacra Comunità, ha rifiutato di incontrare e farsi fotografare con il già citato "vescovo" Pavlo. Il "metropolita" Mikhail Zinkevich è stato successivamente ricevuto dalla Sacra Comunità, anche se "non cordialmente". È stato severamente rimproverato dal rappresentante del monastero Aghiou Pavlou e gli altri rappresentanti gli hanno chiesto che cosa stavano facendo lui e gli scismatici sul Monte Athos.

È importante sottolineare che a nessuno dei due vescovi è stato dato un documento dall'Epistasia che consentisse loro di servire come vescovi, nonostante all'epoca i media avessero riportato erroneamente il contrario. La Grande Lavra, Koutloumousioiu, Nuova Esphigmenou e Iviron hanno espresso pubblicamente l'opinione che tale documento avrebbe dovuto essere fornito automaticamente sulla base di una lettera di presentazione da Costantinopoli, per timore di offendere il patriarca Bartolomeo, ma l'Epistasia non è stata d'accordo.

L'Epistasia ha anche dovuto lamentarsi con il ministero degli Esteri greco per le sfacciate dimostrazioni di nazionalismo di Zinkevich, "una cosa proibita dallo statuto della Montagna Santa".

"Tutte queste azioni della Sacra Comunità e dell'Epistasia illustrano perfettamente l'atteggiamento verso gli scismatici e parlano di una posizione ben definita dell'Athos. Quanto ai singoli monasteri, ciò riflette la loro posizione privata e dipende interamente dalla loro coscienza", sottolineano i monaci.

I monasteri greci di Iviron, Koutloumousiou, Grande Lavra e Nuova Esphigmenou hanno espresso pubblicamente la loro ferma posizione contro il monastero russo athonita di San Panteleimon, sebbene il monastero greco di Xiropotamou abbia inviato una dichiarazione a tutti i monasteri respingendo fermamente le accuse dei quattro monasteri come eccessivamente politiche e prive di sottigliezza spirituale. La dichiarazione di Xiropotamou è stata poi sostenuta da altri monasteri.

E riguardo alla visita del patriarca Bartolomeo al Monte Athos dal 19 al 22 ottobre 2019, i monaci chiariscono che inizialmente intendeva celebrare nel Protaton, la chiesa centrale del Monte Athos. Tuttavia, quando il patriarca è stato informato dei sentimenti ambigui dei monaci nei confronti di quella celebrazione, ha cambiato i suoi piani e ha celebrato invece a Xenophontos, poiché c'era la minaccia di molti abati e ieromonaci che si rifiutavano di servire con lui nel Protaton.

Alla fine, solo 6 o 7 abati hanno assistito comunque al servizio nel monastero di Xenophontos. "La maggior parte degli abati della Montagna Sacra ha semplicemente ignorato questo evento e non ha nemmeno inviato i propri rappresentanti", chiariscono i monaci.

"Quindi, si può ritenere che rifiutando di concelebrare con il patriarca Bartolomeo a Xenophontos, la comunità athonita nella sua maggioranza abbia espresso la propria posizione nei suoi confronti", concludono i monaci.

D'altra parte, è noto che sua Beatitudine il metropolita Onufrij di Kiev e di tutta l'Ucraina gode di una grande autorità spirituale sul Monte Athos.

Sua Eminenza l'arcivescovo Iona di Obukhov della Chiesa ortodossa ucraina canonica ha riferito ieri di aver ricevuto una chiamata da uno degli abati athoniti, che chiedeva il parere del metropolita Onufrij su una certa questione.

"Alla fine della conversazione, si è commosso e ha detto che sulla Montagna Santa considerano il metropolita Onufrij la persona più spiritualmente esperta e prudente di tutta l'Ortodossia", scrive l'arcivescovo Iona.

 
Il racconto della preghiera e del volpacchiotto

Dopo avere segnalato che il libro Santi Quotidiani di padre Tikhon (Shevkunov) è ora disponibile o in corso di traduzione in molte lingue, incluso il cinese, ma non l’italiano, ci mettiamo noi stessi all’opera per rendere disponibili almeno alcune parti del libro già presenti in rete. Presentiamo nella sezione “Testimoni dell’Ortodossia” dei documenti una toccante storia presa dalle narrazioni del Prologo, con cui padre Tikhon vuole sottolineare la santità ingenua ma sincera da lui sperimentata in molti luoghi della Russia in cui la fede ortodossa è in rinascita.

Ultima ora: Proprio questa sera abbiamo avuto notizia che al monastero Sretenskij stanno effettivamente pensando a una traduzione italiana dell’opera. Grazie di cuore a tutti quelli che si stanno adoperando per questo compito davvero importante.

 
Scisma, vicolo cieco e un tragico errore: un punto di vista dalla Chiesa di Cipro sul Tomos della "Chiesa ortodossa dell'Ucraina"

il metropolita Nikiforos di Kykkos. Foto: Unione dei giornalisti ortodossi

Nikiforos di Kykkos ha scritto un libro sulla "questione ucraina", in cui conclude che il Tomos della "Chiesa ortodossa dell'Ucraina" non può essere riconosciuto. C'è una via d'uscita da tale situazione?

Alla fine del 2020, il metropolita Nikiforos di Kykkos e Tillyria della Chiesa ortodossa cipriota ha scritto il libro "La questione ucraina contemporanea e la sua risoluzione secondo i divini e sacri Canoni", dedicato ad un'analisi dettagliata delle condizioni storiche e canoniche per la concessione del Tomos d'autocefalia da parte del Patriarcato di Costantinopoli agli scismatici ucraini riuniti. In effetti, la sua posizione sulla "questione ucraina" è la posizione di quei credenti ciprioti che nella loro vita spirituale sono guidati dal Vangelo e dalla Tradizione della Chiesa, e non da altri principi.

Chi è il metropolita Nikiforos?

Il metropolita Nikiforos è nato il 2 maggio 1947 nel villaggio di Kritou Marottou del distretto di Paphos a Cipro. Dopo aver completato la sua educazione nella scuola elementare locale, Nikiforos è entrato nel monastero di Kykkos per sei anni come novizio durante i quali ha frequentato la scuola ellenica nel monastero per tre anni. Nel 1969 è stato ordinato diacono ed è entrato a far parte della confraternita del Monastero di Kykkos, ricevendo il nome di Nikiforos. Si è laureato presso la Facoltà di giurisprudenza dell'Università Aristotele di Salonicco e la Facoltà teologica dell'Università di Atene.

Nel 1979, l'arcivescovo Chrysostomos I di Cipro ha ordinato come sacerdote lo ierodiacono Nikiforos, e poco dopo come archimandrita.

Dopo la sua elevazione nel 1979, l'archimandrita Nikiforos ha prestato servizio in diversi incarichi ecclesiastici negli anni successivi. È stato per sei anni insegnante presso il Seminario dell'apostolo Barnaba. Ha servito per cinque anni come presidente del tribunale ecclesiastico della Chiesa di Cipro e come segretario del Santo Sinodo della Chiesa di Cipro. Durante questo periodo l'archimandrita Nikiforos è stato anche membro del Consiglio dell'abate del monastero di Kykkos.

Nel 1983 la confraternita del monastero lo ha eletto alla carica di abate del monastero di Kykkos. Nel gennaio 1984, l'abate eletto Nikiforos è stato intronizzato nel monastero dall'arcivescovo Chrysostomos I.

Ordinato nel 2002 vescovo di Kykkos, nel 2007 il vescovo Nikiforos è stato eletto metropolita della diocesi recentemente istituita di Kykkos e Tillyria.

Vladyka è dottore onorario dell'Università Aristotele di Salonicco e della Facoltà di teologia dell'Università di Atene.

È interessante notare che alle elezioni del nuovo primate della Chiesa di Cipro nel 2006, il metropolita Nikiforos di Kykkos è stato uno dei leader ma ha ritirato la sua candidatura a favore dell'attuale capo della Chiesa di Cipro, Chrysostomos II, cosa che indica una completa mancanza di ambizioni di potere e di desiderio di governare. In altre parole, si preoccupa del benessere della Chiesa di Cristo piuttosto che degli interessi personali.

Ecco perché, nel 2020, il metropolita Nikiforos, insieme al metropolita Isaias di Tamassos e al metropolita Athanasios di Limassol, si è apertamente opposto alla posizione dell'arcivescovo Chrysostomos di Cipro sul riconoscimento della "Chiesa ortodossa dell'Ucraina" e di Epifanij Dumenko.

Per il metropolita Nikiforos, il capo della "Chiesa ortodossa dell'Ucraina" è uno scismatico che non può essere definito "primate" della Chiesa in Ucraina, e le azioni del patriarca Bartolomeo per legittimare gli scismatici ucraini non sono solo non canoniche, ma portano anche a uno scisma nell'Ortodossia mondiale . In realtà, per confermare la sua posizione, ha scritto il libro "La questione ucraina contemporanea e la sua risoluzione secondo i divini e sacri Canoni". Lo stesso metropolita Nikiforos afferma di non avere altro scopo nello scrivere l'opera, se non quello di "fornire ai credenti ortodossi, che vivono nella paura e nell'ombra di uno scisma catastrofico per l'Ortodossia, le informazioni necessarie sulla questione, senza nascondere nulla".

Il libro si compone (tranne che per l'introduzione, la prefazione, la conclusione e l'apparato scientifico) di sette capitoli, ognuno dei quali confuta metodicamente tutti gli argomenti del Fanar a favore della concessione dell'autocefalia alla "Chiesa ortodossa dell'Ucraina".

Il primo di questi capitoli è dedicato a rispondere alla domanda su quale patriarcato abbia giurisdizione sul territorio dell'Ucraina.

A quale giurisdizione ecclesiastica appartiene l'Ucraina?

Vladyka ricorda che nel 1686 la metropolia di Kiev fu riunita alla Chiesa russa, e da allora "gli antichi Patriarcati di Alessandria, Antiochia, Gerusalemme e quindi il resto delle Chiese ortodosse autocefale hanno sempre considerato la Chiesa ucraina parte integrante del Patriarcato di Mosca, rispettando il suo diritto che l'intero territorio dell'Ucraina fosse sotto la sua giurisdizione ecclesiastica".

Tuttavia, oggi, dopo più di 300 anni, i fanarioti non sono d'accordo con questo stato di cose. Secondo le loro dichiarazioni (che sono attualmente sostenute attivamente dagli scismatici ucraini), la metropolia di Kiev è sempre stata sotto la giurisdizione del Fanar poiché l'Epistola patriarcale e sinodale del 1686 afferma come condizione che la metropolia di Kiev debba prima commemorare il nome del patriarca di Costantinopoli durante la Divina Liturgia, e solo dopo, il nome del patriarca di Mosca. I sostenitori di questa affermazione sottolineano che la metropolia di Kiev non è mai stata trasferita definitivamente e irrevocabilmente al Patriarcato di Mosca e la Lettera patriarcale del 1686 era solo temporanea.

Contestando questa posizione, il metropolita Nikiforos ricorda che il desiderio espresso nella Lettera di commemorare prima il nome di del patriarca Costantinopoli e poi il nome del patriarca di Mosca "non ha nulla a che fare con i poteri amministrativi" poiché "non è la commemorazione di un certo primate, ma solo il diritto di ordinare vescovi e il diritto di giudicare vescovi determinano la sottomissione di una Chiesa alla giurisdizione di un'altra".

A riprova di questa tesi, il metropolita Nikiforos porta una citazione di “uno stretto collaboratore e consigliere del Patriarcato ecumenico, Vlasios Fidas", che ha scritto anche prima della "crisi ucraina" e in un'occasione completamente diversa che l'affiliazione canonica "è indissolubilmente legata al consolidamento canonico del diritto all'ordinazione e al giudizio".

Il metropolita Nikiforos considera le cosiddette "Sintagmata" l'argomento principale a sostegno del fatto che il Fanar ha sempre riconosciuto il trasferimento della metropolia di Kiev alla giurisdizione del patriarca di Mosca.

"Sintagmata" indica un elenco di metropolie, arcidiocesi e vescovi e il loro ordine di priorità all'interno della giurisdizione ecclesiastica dei Patriarcati e delle Chiese ortodosse locali. Ai nostri giorni vengono pubblicati con i nomi di "Calendari", "Dittici", "Annuari", "Disposizioni ufficiali" e "la documentazione in essi contenuta è una prova indiscutibile dell'affiliazione giurisdizionale della metropolia". Quindi, il metropolita Nikiforos afferma che "dal 1686 al 2018, tutti i Tipici, Calendari, Dittici e Annuari di tutte le Chiese autocefale ortodosse locali (compreso il Patriarcato di Costantinopoli) hanno considerato l'Ucraina una parte della Chiesa russa".

Inoltre, il metropolita Nikiforos ha ricordato che il patriarca Bartolomeo, nel suo discorso al popolo ucraino del 26 luglio 2008, ha detto letteralmente quanto segue: "Il patriarca ecumenico Dionysios IV, dopo l'adesione dell'Ucraina alla Russia e sotto la pressione di Pietro il Grande, ha considerato necessario in quelle circostanze la subordinazione ecclesiastica [dell'Ucraina, ndc] alla Chiesa russa".

Inoltre, nelle sue lettere al patriarca di Mosca, il patriarca Bartolomeo riconosce che la Chiesa russa nei confronti dell'Ucraina ha "due diritti fondamentali di subordinazione ecclesiastica: il diritto di ordinare e il diritto di giudicare i vescovi".

Inoltre, il metropolita Nikiforos cita le testimonianze di diversi autorevoli storici e teologi del Patriarcato di Costantinopoli sull'affiliazione della metropoli di Kiev alla Chiesa russa. Incontriamo i nomi dell'archimandrita Kallinikos (Delikanis), "un eccellente conoscitore dei documenti patriarcali", di padre Theodoros Zisis, professore dell'Università di Atene, dell'archimandrita Vasilios Stephanidi, del metropolita Varnavas di Citera.

Ma di particolare interesse è il riferimento al lavoro del "professore onorario di storia della Chiesa e uno dei dipendenti chiave del Patriarcato ecumenico", Vlasios Fidas, "che per lungo tempo ha servito come decano presso l'Istituto di educazione post-laurea di teologia ortodossa presso il Centro ortodosso del Patriarcato ecumenico a Ginevra e ha ricevuto il titolo di "arconte e didascalo della Chiesa" dal patriarca ecumenico. Secondo lui, "il patriarca Dionysios di Costantinopoli ha trasferito la metropolia di Kiev alla giurisdizione canonica del Patriarcato di Mosca (1687) "e il metropolita di Kiev (insieme a quelli di Mosca e San Pietroburgo) "partecipa al Sinodo della Chiesa russa come uno dei suoi tre membri permanenti".

Inoltre, a questo proposito, il metropolita Nikiforos cita un famoso teologo ortodosso, il metropolita Kallistos (Ware), che ha affermato: "Sebbene io sia un metropolita del Patriarcato ecumenico, non sono assolutamente soddisfatto della posizione del patriarca Bartolomeo. Con tutto il rispetto per il mio patriarca, devo dire che sono d'accordo con l'opinione del Patriarcato di Mosca sull'appartenenza dell'Ucraina alla Chiesa russa".

Allo stesso tempo, afferma il metropolita Nikiforos, anche se il trasferimento della metropolia di Kiev fosse stato temporaneo, comunque "nella tradizione canonica della Chiesa ortodossa ci sono periodi chiaramente definiti durante i quali è consentita una dichiarazione di protesta sulla violazione dei diritti giurisdizionali", e "Scaduti questi periodi, la Chiesa i cui diritti giurisdizionali sono stati violati non può fare appello alle autorità ecclesiastiche competenti per risolvere la controversia e ripristinare i suoi diritti".

Stiamo parlando del Canone 17 del quarto Concilio ecumenico e del Canone 25 del sesto Concilio ecumenico. Secondo loro, "per le controversie giurisdizionali, si applica un termine di prescrizione di trent'anni". Ma non di 330 anni!

Sulla base di tutto quanto sopra, Il metropolita Nikiforos giunge alla conclusione che "l'appropriazione non canonica da parte del Patriarcato di Costantinopoli dei diritti giurisdizionali sul territorio dell'Ucraina, così come la concessione di una "autocefalia" all'Ucraina, costituisce un atto di invasione di un altro territorio canonico ed è in piena contraddizione con i sacri canoni della Chiesa ortodossa, che non ammettono violazioni dei confini giurisdizionali e la convivenza in uno spazio di più giurisdizioni".

Chi ha il diritto di concedere l'autocefalia e a quali condizioni?

Il capitolo successivo è dedicato a rispondere alla domanda sul diritto e sul meccanismo di concessione dell'autocefalia. Il metropolita Nikiforos sostiene che questo diritto appartiene esclusivamente alla pienezza della Chiesa ortodossa.

In precedenza, dice, il patriarca Bartolomeo aveva lo stesso incarico: nel 2001 in un'intervista al quotidiano greco Nea Hellas disse: "L'autocefalia o autonomia è concessa da tutta la Chiesa per decisione del Concilio ecumenico. Nei casi in cui, per vari motivi, è impossibile convocare un Concilio ecumenico, il Patriarcato ecumenico, come coordinatore di tutte le Chiese ortodosse, concede l'autocefalia o l'autonomia, previo il loro consenso (di tutte le altre Chiese ortodosse)".

Il metropolita Nikiforos sottolinea che uno dei principali simpatizzanti del Fanar, il metropolita John (Zizioulas) di Pergamo, che nel dicembre 2009 ha sottolineato che "se il patriarca ecumenico ottiene il consenso delle Chiese ortodosse autocefale locali, avendolo ricevuto per iscritto, lui stesso può firmare un Tomos patriarcale".

Il suddetto "arconte" e "didascalo" [insegnante, ndc] di storia della Chiesa Vlasios Fidas ha scritto che "il Concilio Ecumenico o il consenso unanime di tutti i troni patriarcali è lo strumento canonico per proclamare l'autocefalia o l'autonomia di una Chiesa", e "qualsiasi altra procedura non è canonica e non solo non serve all'unità ma, al contrario, viola la tradizione canonica, corrode e distrugge l'unità della Chiesa nella retta fede e amore".

 

Il metropolita Nikiforos ha anche ricordato che nelle riunioni pre-conciliari di preparazione del Concilio di Creta sono state documentate disposizioni su "autocefalia e metodo della sua proclamazione", che sono state "firmate dai rappresentanti di tutte le Chiese ortodosse". Secondo questo documento, la procedura per la concessione dell'autocefalia dovrebbe includere "una richiesta da parte di un ente ecclesiastico di concedere l'autocefalia, il consenso della Chiesa madre, da cui dipende la diocesi ecclesiastica che richiede l'autocefalia, e l'approvazione del resto del Chiese ortodosse autocefale".

Ciò significa, afferma vladyka, che "il patriarca ecumenico potrebbe accettare in considerazione una petizione per l'autocefalia solo da una struttura ecclesiale di un paese che soddisfi i termini canonici", ma "l'unica struttura della chiesa canonica dell'Ucraina (la Chiesa ortodossa ucraina guidata dal metropolita Onufrij) non ha chiesto l'autocefalia a nessuno e non ha mai accettato un'autocefalia concessa da nessuno".

Il metropolita Nikiforos sottolinea che "l'autocefalia della Chiesa ortodossa ucraina è stata cercata, richiesta e ricevuta da due strutture scismatiche": il "patriarcato di Kiev" guidato dall'ex metropolita di Kiev, deposto e anatematizzato, Filaret Denisenko", e la "Chiesa ortodossa autocefala ucraina" guidata dal non ordinato Makarij Maletich, un ex sacerdote deposto della Chiesa ortodossa russa, "ordinato" come pseudo-vescovo dal diacono della Chiesa russa Vikentij (Viktor) Chekalin, una figura tragica con una "ricca storia" che è riuscita a essere uno pseudo-vescovo "ortodosso", un uniate, un pastore protestante, è stato condannato da un tribunale per pedofilia e riceve una pensione d'invalidità psichiatrica in Australia".

In generale, secondo il metropolita Nikiforos, la "Chiesa ortodossa dell'Ucraina" è "un'accolita di scismatici espulsi, anatemizzati, auto-ordinati e impenitenti" che hanno ricevuto lo status di "autocefalia", "e tutto questo – alla presenza della Chiesa ortodossa canonica guidata dal metropolita Onufrij di Kiev e di tutta l'Ucraina, che unisce la stragrande maggioranza dei cristiani ortodossi in Ucraina e che ora è attaccata e perseguitata".

"In effetti, è possibile tacere di fronte a tutti questi eventi ecclesiologicamente inaccettabili e anti-canonici che si sono recentemente verificati nella Chiesa ortodossa ucraina?" chiede il metropolita della Chiesa di Cipro.

Sul diritto di appello al Fanar

I difensori della posizione del Fanar sostengono che in base al Canone 28 del quarto Concilio ecumenico, nonché dei Canoni 3, 4 e 5 del Concilio di Sardica, il Patriarcato di Costantinopoli ha il diritto canonico di ricevere appelli dal clero al di fuori dei confini della sua giurisdizione, il che significa che revocare l'anatema a Denisenko e ripristinarlo "nella dignità esistente" è del tutto legittimo.

Tuttavia, il metropolita Nikiforos sottolinea che, a parere della Chiesa, le disposizioni dei canoni 3, 4 e 5 del Concilio di Sardica si riferiscono ai privilegi concessi al vescovo di Roma (e ora al patriarca di Costantinopoli) "solo nei confronti dei vescovi e degli altri sacerdoti a lui subordinati, e non per suprema giurisdizione ecclesiastica". In altre parole, il capo del Fanar "ha il privilegio speciale di accettare gli appelli, ma solo dei vescovi e degli altri chierici delle Chiese a lui subordinate, che sono le Chiese di Tracia, Ponto e Asia".

A loro volta, i fanarioti fanno riferimento anche ai Canoni 9 e 17 del quarto Concilio ecumenico di Calcedonia, sostenendo che avrebbero delegato al patriarca di Costantinopoli l'autorità di ricevere appelli da chierici non solo dalle Chiese a lui subordinate ma anche da altri troni patriarcali e Chiese autocefale locali che non sono soggette alla sua giurisdizione ecclesiastica. Tuttavia, dice il metropolita Nikiforos, secondo san Nicodemo l'Agiorita, "il primate di Costantinopoli non ha il potere di agire nelle diocesi e nelle regioni di altri patriarchi", e secondo il famoso canonista ortodosso Zonaras, "il patriarca di Costantinopoli non è nominato giudice su tutti i metropoliti in genere, ma solo su quelli a lui subordinati".

Così, il metropolita cipriota conclude che "il patriarca di Costantinopoli non ha il privilegio della massima giurisdizione ecclesiastica", e "la decisione giudiziaria di qualsiasi santo concilio patriarcale (come nel caso della decisione sull'anatema di Denisenko imposta dal Concilio della Chiesa ortodossa russa, ndc) è irreversibile e può essere impugnata solo attraverso il Concilio ecumenico".

Il metropolita Nikiforos ritiene che per reintegrare gli scismatici ucraini, così come per riceverli nella comunione della Chiesa, sono necessari il pentimento e "la volontà di tornare alla comunione con la Chiesa da cui si sono staccati perché il ripristino della comunione con tutta l'Ortodossia avviene attraverso la loro Chiesa locale ".

Inoltre, il metropolita Nikiforos è sicuro che "Makarij e i suoi associati devono essere ordinati di nuovo", perché la comunione con loro "non è una questione di purezza morale di alcune persone, ma di assenza ontologica del nucleo interno della gerarchia" poiché "non si tratta di "profanazione" morale ma ontologica dell'episcopato a livello pan-ortodosso".

La Chiesa ortodossa russa aveva il diritto di interrompere la comunione eucaristica con il Fanar?

Alcuni sostenitori delle azioni del patriarca di Costantinopoli hanno ripetutamente affermato che la Chiesa russa non aveva il diritto di interrompere la comunione eucaristica con il Fanar – ciò, dicono, viola la legge dell'unità e dell'amore. Ma, rispondendo a questi "tardivi accusatori" della Chiesa ortodossa russa, il metropolita Nikiforos sottolinea che "il primo insegnante in questa materia è lo stesso patriarca Bartolomeo, che ha interrotto la comunione nei sacramenti con il memorabile arcivescovo Christodoulos di Atene perché sua Beatitudine l'Arcivescovo di Grecia aveva osato eleggere senza il consenso patriarcale tre nuovi metropoliti nella diocesi delle cosiddette Terre Nuove". Cioè la comunione è stata interrotta non per motivi dogmatici, dice Vladyka, ma solo per ragioni amministrative.

Sulla conciliarità della Chiesa e sulle pretese "papali" del Fanar

"Sullo sfondo di tutti questi eventi intorno alla questione ucraina, è emersa un'altra nuova affermazione non canonica secondo cui per l'Ortodossia mondiale l'arcivescovo di Costantinopoli e patriarca ecumenico non è "un primo tra pari", ma "il primo senza uguali". Con questo fatto, il "primato del servizio" è sostituito dal "primato del potere", cosa che porta a una violazione del principio di conciliarità, che è stato in vigore nella Chiesa ortodossa da tempo immemorabile", scrive il metropolita Nikiforos.

Secondo il ,etropolita, il testo del Tomos ucraino, in cui il "metropolita di Kiev" riconosce come capo il patriarca di Costantinopoli, con un poscritto che afferma che gli altri patriarcati fanno lo stesso, non ha basi storiche, dogmatiche e canoniche.

Il metropolita Nikiforos, citando numerose citazioni dei santi Padri e della Sacra Scrittura, conclude che "il 'primato' non esiste a livello mondiale, tranne che per la presidenza nei concili" e "nessuno dei primati, patriarchi o presidenti delle Chiese autocefale può sostituire l'unico eterno capo della Chiesa, il nostro Signore Gesù Cristo ".

Ricorda che anche il Patriarcato di Costantinopoli era d'accordo con questa tesi. Ad esempio, l'Epistola patriarcale distrettuale del 1895, firmata dal patriarca Anthimos e dai membri del Sinodo del Fanar, dice che "l'unica eterna guida e capo immortale della Chiesa è il nostro Signore Gesù Cristo..."

Ecco perché, con la decisione unilaterale del patriarca Bartolomeo sul riconoscimento della "Chiesa ortodossa dell'Ucraina", "il principio di conciliarità, che è fondamentale nel governo della Chiesa ortodossa, ha lasciato il posto al principio del potere non autorizzato e dispotico di un singolo – il patriarca ecumenico Bartolomeo".

Il metropolita Nikiforos sottolinea che "nella Chiesa ortodossa non esiste un sistema papale, secondo il quale il Papa decide (definimus), e gli altri obbediscono". Tutte le decisioni nella Chiesa ortodossa sono prese esclusivamente in modo conciliare, e poiché la questione della concessione del Tomos alla "Chiesa ortodossa dell'Ucraina" è stata decisa esclusivamente dal patriarca Bartolomeo, "non un singolo primate di un'altra Chiesa ortodossa autocefala o il suo rappresentante era presente" alla "intronizzazione" di Dumenko. Vladyka sottolinea che è senza precedenti nella storia della Chiesa che per un anno intero non una sola Chiesa ortodossa abbia riconosciuto la "pseudo-autocefalia" della "Chiesa ortodossa dell'Ucraina", "che in maniera anticanonica è stata data a un gruppo marginale di scismatici".

Quale via d'uscita dalla situazione suggerisce il metropolita Nikiforos?

"L'unico modo canonico per ripristinare l'unità interna del corpo ecclesiale della Chiesa ortodossa ucraina, ora diviso, che sta attraversando dure prove, è quello di rispettare il principio di conciliarità e convocare urgentemente un concilio pan-ortodosso", ritiene il metropolita cipriota.

Il secondo scenario è "l'incontro dei primati delle Chiese ortodosse", durante il quale, "non soccombendo all'influenza delle forze politiche straniere e all'interferenza degli interessi geostrategici e geopolitici", i vescovi ortodossi devono "dimostrare la loro saggezza gerarchica, superare l'egoismo , brama di potere e vanità, e nello spirito di amore sacrificale, senza controversie e conflitti, lavorando alla soluzione della questione della Chiesa ucraina in conformità con i sacri canoni e la secolare pratica della Chiesa".

Ebbene, "come terza opzione, vediamo un tentativo di rinnovare la discussione tra i rappresentanti delle Chiese ortodosse sulla questione dell'autocefalia, cioè in relazione a come dovrebbe essere concessa l'autocefalia e come dovrebbe essere firmato il Tomos dell'autocefalia" . Quando questi sforzi saranno coronati dal successo, allora dovrebbe essere convocato il "Concilio pan-ortodosso per l'approvazione finale della soluzione concordata e irrevocabile della questione della Chiesa ucraina, sulla base di nuovi dati e sempre in conformità con i sacri canoni e la secolare pratica della Chiesa".

Il metropolita Nikiforos ritiene che la via d'uscita dal "vicolo cieco", dove si trova la Chiesa a causa delle azioni non autorizzate del patriarca Bartolomeo, può essere realizzata solo dopo decisioni conciliari e il dialogo che le precede. "Il dialogo è l'unico antidoto alla vanità assurda ed egoistica che mina l'unità dell'Ortodossia. Solo attraverso il dialogo, le ossessioni egoistiche possono essere soppresse e possono essere raggiunte l'unità della Chiesa e la pace", crede Vladyka.

In questo senso gli sembra molto strana la posizione del patriarca Bartolomeo, che senza dubbio dialoga con cattolici e rappresentanti di altre religioni ma rifiuta categoricamente di dialogare con i primati ortodossi. "Invece, purtroppo, a margine del Patriarcato ecumenico, si sta sviluppando una teoria secondo cui il Patriarcato ecumenico ha fatto il primo passo, il percorso è chiaramente definito e alla fine porterà al riconoscimento della "Chiesa ortodossa dell'Ucraina" e la crisi attuale è paragonabile a "una nuvola di polvere sollevata, e passerà".

Tuttavia, vladyka ritiene che "i problemi non possono essere risolti senza il dialogo; al contrario, crescono e minacciano di strangolarci", e "un doloroso scisma colpirà per sempre la Chiesa cattolica ortodossa".

Conclusione

In conclusione, vladyka scrive che la Chiesa ortodossa si basa sulla conciliarità, e non su un primato separato e assoluto, "che rivela ai nostri occhi la nuova tentazione del papismo".

Di fronte a questo pericolo, dice, "la mia coscienza gerarchica non mi permette di accettare silenziosamente le tragiche ossessioni e gli errori catastrofici che alla fine divideranno il mondo ortodosso". Vladyka assicura che "senza essere vincolato dalle catene del nazionalismo", "predicherà la verità ovunque e sempre, senza timore delle conseguenze delle autorità del nostro tempo, religiose e politiche". Ha ricordato le parole del poeta Dionysios Solomos, secondo cui "Dobbiamo considerare ciò che è vero come nazionale".

"Per me", scrive vladyka, "la posizione più vicina è che i cristiani dovrebbero mettere la nostra Patria celeste e la sua manifestazione terrena al di sopra della loro patria terrena - la Chiesa, di cui siamo tutti membri e cittadini, indipendentemente dalla razza e dall'origine etnica: greci, russi, serbi, bulgari, georgiani, romeni, arabi. Siamo tutti membri dello stesso corpo di Cristo, che è la Chiesa, e in Cristo "Non c'è né ebreo né gentile, né schiavo né libero, né maschio e femmina, perché siete tutti uno in Cristo Gesù" (Gal 3:28).

 
Déjà Vu

In uno degli ultimi articoli del suo blog, che abbiamo tradotto nella sezione “Geopolitica ortodossa” dei documenti, Padre Andrew Phillips richiama la nostra attenzione sulla lista di paesi che hanno subito un tentativo di rovesciamento “democratico” dei loro governi, e sugli esiti disastrosi di queste moderne rivoluzioni. Laddove i paesi non sono caduti nel caos totale e nella distruzione armata, padre Andrew fa notare una presenza ricorrente della devozione alla Madre di Dio. Auguriamoci che la stessa devozione, profondamente sentita in Ucraina, sia la chiave della liberazione del popolo ucraino dal regime dei suoi malaugurati “liberatori” imposti dall’estero.

 
La "Chiesa ortodossa dell'Ucraina" e la Chiesa greco-cattolica ucraina chiedono la pace nel Donbass: cambio di tattica o mantenimento della pace?

Dumenko e Shevchuk chiedono la pace nel Donbass. Foto: Unione dei giornalisti ortodossi

Alcuni uniati e scismatici che chiedevano la vittoria sull'aggressore, improvvisamente hanno parlato di pace con la Russia. Si tratta solo di pace o solo di un cambiamento di tattica?

Uno degli argomenti più "spinosi" che lacerano la società ucraina è la natura del conflitto nel Donbass. La Chiesa ortodossa ucraina ha sempre visto questo conflitto come una guerra fratricida, invitando costantemente le parti alla pace, mentre la "Chiesa ortodossa dell'Ucraina" e la Chiesa greco-cattolica ucraina l'hanno visto come una guerra della Russia contro l'Ucraina, invitando gli ucraini a combattere fino alla fine vittoriosa. Questo fine implica l'espulsione dell'aggressore russo dal territorio dell'Ucraina (le Repubbliche Popolari di Donetsk e Lugansk) e la ripresa di queste terre sotto il controllo delle forse armate ucraine.

Ora, quando la concentrazione di truppe vicino ai confini di Russia e Ucraina ha raggiunto il suo apogeo e solo i più pigri non parlano dell'inizio della guerra, anche i leader delle denominazioni "patriottiche" della "Chiesa ortodossa dell'Ucraina" e della Chiesa greco-cattolica ucraina si sono espressi sull'argomento "militare". Oggi considereremo queste dichiarazioni e le confronteremo con la posizione della Chiesa ortodossa ucraina.

"Chiesa ortodossa dell'Ucraina": la Federazione Russa è un aggressore che intende solo attaccare

Il 19 aprile 2021, la dichiarazione del Sinodo di questa organizzazione "sull'escalation dell'aggressione russa contro l'Ucraina" è stata pubblicata sul sito web della "Chiesa ortodossa dell'Ucraina".

Prima di analizzare questo documento, ha senso ricordare la definizione del fenomeno psicologico detto dissonanza cognitiva. Il fondatore della teoria omonima, lo psicologo americano Leon Festinger, la formulò come segue: "La dissonanza cognitiva è uno stato di disagio mentale di un individuo causato da una collisione nella sua mente di idee contrastanti: idee, credenze, valori o reazioni emotive".

Quindi, il Sinodo della "Chiesa ortodossa dell'Ucraina" afferma nel titolo della sua dichiarazione che l'aggressione russa esiste già e al momento si sta intensificando. Ma il primo paragrafo del documento contiene l'affermazione opposta: non c'è aggressività; c'è solo un gruppo di truppe che non hanno ancora attraversato i confini dell'Ucraina.

Leggiamo: "Numerosi rapporti affidabili confermano la più grande concentrazione di truppe russe vicino ai nostri confini dall'inizio della guerra non dichiarata della Russia contro l'Ucraina nel 2014. Il primo e ovvio obiettivo di un tale accumulo è l'intimidazione della società ucraina da parte del Cremlino, per fare pressione sul nostro stato e sugli alleati dell'Ucraina nel mondo libero al fine di raggiungere i propri interessi".

Inoltre, non c'è una sola parola in tutta la dichiarazione della "Chiesa ortodossa dell'Ucraina" sul fatto che le truppe russe siano già in territorio ucraino, come i suoi stessi "vescovi" e i politici ucraini di vari gradi continuano a inveire. I sinodali della "Chiesa ortodossa dell'Ucraina" parlano solo delle intenzioni della parte russa.

"Non abbiamo paura! La nostra risposta a un'altra intenzione aggressiva delle autorità russe".

"...costretti a ricordare ancora: le vostre intenzioni criminali sono note a Dio..."

Nel frattempo, ciò contraddice la Legge adottata dall'Ucraina nel 2018: "Sulle peculiarità della politica statale per garantire la sovranità statale dell'Ucraina nei territori temporaneamente occupati delle regioni di Donetsk e Luhansk", il cui preambolo recita: "La Federazione Russa compie un crimine di aggressione contro l'Ucraina e svolge un'occupazione temporanea di una parte del suo territorio".

Pertanto, secondo la legge, le truppe russe sono di fatto sul territorio dell'Ucraina e stanno già portando avanti l'occupazione, mentre il Sinodo della "Chiesa ortodossa dell'Ucraina" ritiene ancora che queste siano solo intenzioni intimidatorie. Penso che sia necessario invitare il Sinodo della "Chiesa ortodossa dell'Ucraina" a dare una risposta inequivocabile: ci sono truppe russe in Ucraina oppure no?

La successiva dichiarazione dei sinodali della "Chiesa ortodossa dell'Ucraina" è un esempio ancora più inquietante di dissonanza cognitiva. Si tratta di anime umane. Citazione: "Daremo la nostra anima e il nostro corpo per la nostra libertà: non sono solo le parole dell'inno nazionale dell'Ucraina. Questa convinzione è una delle caratteristiche chiave della nazione politica ucraina..."  Cioè, queste parole sono approvate dall'autorità del Sinodo della "Chiesa ortodossa dell'Ucraina". Ma l'inno dell'Ucraina riguarda la libertà politica, per il bene della quale i" vescovi " "della "Chiesa ortodossa dell'Ucraina" chiedono alle persone di dare le loro anime immortali. Cristo una volta parlò con i farisei della differenza tra la vera libertà e la libertà politica. Gli ebrei dissero a Cristo della libertà politica e della vera libertà: "E conoscerete la verità, e la verità vi farà liberi". Gli risposero: "Noi siamo discendenti di Abramo e non siamo mai stati schiavi di nessuno. Come puoi dire: Sarete liberi?" Gesù rispose loro: "In verità, in verità vi dico che chiunque commette il peccato è schiavo del peccato" (Gv 8:32-34).

Altrove, Cristo rende chiaro quanto sia inutile per l'uomo indulgere in questioni terrene: "Perché a che gioverà un uomo se guadagna il mondo intero e perde la propria anima?" (Mc 8:36).

Sia le Sacre Scritture che i santi Padri ci dicono che l'anima umana ha il valore più grande. "L'anima è il nucleo, il significato e lo scopo della creazione visibile. <…> Non c'è niente di più prezioso dell'anima ... <…> Niente può essere paragonato all'anima, nemmeno il mondo intero ”(San Giovanni Crisostomo). Quando politici o nazionalisti affermano che l'anima può essere data per la libertà politica, ciò è comprensibile e perdonabile, ma quando la stressa cosa è dichiarata da persone che si definiscono pastori di cristiani, ciò è direttamente contrario agli insegnamenti di Gesù Cristo e alla sua intera missione sulla terra. Il Signore non è venuto per dare alle persone la libertà politica, ma per salvarle dalla schiavitù del peccato e della morte.

Inoltre, c'è un'altra "rivelazione" del "Sinodo della Chiesa ortodossa dell'Ucraina": "Il popolo ucraino vuole vivere in pace e armonia con tutti, soprattutto con i nostri vicini storici". È impossibile credere che la leadership della "Chiesa ortodossa dell'Ucraina" non riconosca la Russia come un nemico e di fatto chieda la pace con il suo vicino settentrionale. Era davvero espresso dopo tutti gli appelli alla lotta, tutte le narrazioni che quando si parla di pace, deve essere "giusto", cioè alle nostre condizioni. Dichiarazioni simili da parte della "Chiesa ortodossa dell'Ucraina" sono innumerevoli. Ricordiamo, ad esempio, cosa ha dichiarato Sergej Dumenko nel settembre 2019: "Presto celebreremo insieme il giorno in cui il nostro aggressore, il nostro vicino del nord, che sta cercando di schiavizzarci fisicamente, sarà sconfitto... Migliaia di vite umane dei migliori figli e figlie sono già state deposte sull'altare dell'indipendenza del nostro popolo. Pertanto, possa il Signore aiutarci ad andare avanti sulla via della verità che ci condurrà alla completa vittoria".

Nell'agosto 2020, Dumenko ha ribadito che gli ucraini "dovrebbero, prima di tutto, pensare a vincere una guerra non dichiarata", una "pace equa", ecc. Inoltre, Epifanij ha affermato che grazie a coloro che sono stati uccisi nella guerra con l'aggressore, la "Chiesa ortodossa dell'Ucraina" si è sviluppata: "Migliaia dei nostri gloriosi eroi hanno deposto la loro vita sull'altare dell'indipendenza statale. E grazie al loro sacrificio, abbiamo ricevuto lo status di autocefalo e il riconoscimento della nostra Chiesa ortodossa ucraina".

Tuttavia, ora il Sinodo della "Chiesa ortodossa dell'Ucraina" dichiara che è necessario vivere in pace e armonia con la Russia. Niente di meno che una "quinta colonna"?

"No alla guerra!" da chi ha dichiarato: "Non abbiamo bisogno di pace a tutti i costi!"

Il colloquio del capo della Chiesa greco-cattolica ucraina Svjatoslav Shevchuk all'agenzia Exaudi è ricco di dichiarazioni non meno sorprendenti. Il leader dei cattolici ucraini di rito ortodosso si presenta come una colomba della pace: "Siamo convinti che  non ci sia una soluzione militare alla questione dell'Ucraina orientale. C'è solo una soluzione diplomatica. Solo il dialogo può portare alla riconciliazione, ma per iniziare questo dialogo è necessaria un'autentica ricerca della pace. Ecco perché cerchiamo di risvegliare questo desiderio, di nutrirlo, di realizzarlo, e vogliamo che la comunità internazionale sia informata del nostro impegno per la pace. No guerra! Mettete giù le armi! Come ha detto il Santo Padre Francesco, nulla si può ottenere con la guerra, ma tutto si può perdere. Che la ragione, il dialogo e anche la diplomazia prevalgano sulla tentazione di usare le armi per risolvere qualsiasi problema di politica internazionale".

Come può non esserci una soluzione militare? Cosa significa deporre le armi? E cosa significano le parole di Shevchuk, che ha detto il 20 novembre 2019 in un'intervista a Rive Gauche: "È molto pericoloso quando in tali circostanze qualcuno parlerà della necessità di porre fine alla guerra ad ogni costo, trascurando la verità e la giustizia." <...> soccombere all'aggressore per la cosiddetta pace, cioè alzare le mani. <…> Se ci arrendiamo all'aggressore, permetteremo questa aggressione a tutti i livelli della società ucraina, e questo metterà in discussione l'esistenza stessa dello Stato ucraino e del nostro popolo. Non credo che nessuno voglia la pace a un tale prezzo oggi ".

Cosa significano le sue parole dal sermone di domenica 29 settembre 2019 , in cui affermava che "sono stanchi della guerra solo quelli che si preoccupano costantemente di come salvare la propria pelle"?

Cosa intendeva nel giugno 2019  quando diceva che "senza dubbio, la guerra non può finire in una pace a ogni costo", che "se ora la parola "pace" significa una pace a ogni costo – accettando le condizioni dell'aggressore – allora l'idea stessa della pace in quanto tale è falsa"?

Sullo sfondo di tutte quelle narrazioni bellicose, "non può esserci soluzione militare" adesso? Ma a chi sono rivolte le parole "No alla guerra! Mettete giù le armi!" – a tutte le parti in conflitto, o solo ai rappresentanti delle Repubbliche Popolari non riconosciute di Donetsk e Lugansk?

C'è anche dissonanza cognitiva nel punto dell'intervista, in cui Svjatoslav Shevchuk afferma: "A causa dell'altissima concentrazione di unità russe sul confine ucraino, si teme un'invasione diretta di queste truppe nel territorio dell'Ucraina".

Quindi le truppe russe si stanno concentrando solo sul confine o hanno già invaso l'Ucraina? Un punto interessante: c'è una disputa sulla presenza di truppe russe nel Donbass, la Russia la nega ostinatamente e chiede prove, ma non c'è nessuna disputa sulle truppe russe in Crimea. La Russia considera la Crimea come suo territorio e vi mantiene apertamente le sue forze di terra e di mare. Ma per Svjatoslav Shevchuk e Sergej (Epifanij) Dumenko la Crimea, in teoria, dovrebbe essere territorio ucraino. Perché chiamano le truppe laggiù "unità sul confine ucraino"? Qual è questo confine, dato che dovrebbe essere un territorio dell'Ucraina?

Perché i falchi della guerra sono diventati colombe della pace?

Ci si potrebbe porre la domanda: cosa ha spinto i leader della "Chiesa ortodossa dell'Ucraina" e della Chiesa greco-cattolica ucraina a cambiare opinione in modo così drastico e passare da una retorica belligerante a un appello alla pace?

Forse Svjatoslav Shevchuk è rimasto così colpito dalle parole di papa Francesco, che ha detto nel suo messaggio pasquale: "Seguo con preoccupazione gli eventi in alcuni territori dell'Ucraina orientale, dove negli ultimi mesi è aumentato il numero delle violazioni del cessate il fuoco, e guardo con ansia alla crescita dell'attività militare. <...> "Vi esorto a prevenire l'escalation delle tensioni, in modo che, al contrario, si possano compiere gesti che possano mantenere la fiducia reciproca e promuovere la riconciliazione e la pace, che sono molto necessarie e molto desiderabili"?

Forse le truppe russe hanno impressionato così tanto i membri del Sinodo della "Chiesa ortodossa dell'Ucraina" che questi hanno improvvisamente dichiarato il loro desiderio di "vivere in pace e armonia con tutti, prima di tutto, con i nostri vicini storici".

O forse si tratta solo della convinzione che le organizzazioni religiose debbano soddisfare le esigenze della società? Le richieste sono cambiate – e anche l'opinione? O questo riguarda solo il pubblico? Per il destinatario interno, che è principalmente un radicale nazionale ucraino, i leader della "Chiesa ortodossa dell'Ucraina" e della Chiesa greco-cattolica ucraina sono falchi che incitano sentimenti "patriottici", che in realtà significano odio per il Donbass e per i suoi abitanti. Ma per il destinatario esterno, sono colombe della pace, che invocano amore e armonia.

In effetti, la risposta a questa domanda non è così importante. C'è un'altra cosa importante: mentre i politici possono cambiare posizione ogni volta che le circostanze cambiano, questo "spostamento del terreno" per i leader religiosi è fuori luogo. Se una persona che si definisce pastore dice una cosa oggi e un'altra domani, come ci si può fidare di lui? È "un uomo che ha l'animo oscillante e instabile in tutte le sue azioni" (Gc 1:8).

Sulla posizione della Chiesa ortodossa ucraina sul conflitto in Donbass

E ora ricordiamo le dichiarazioni del primate della Chiesa ortodossa ucraina, il metropolita Onufrij, e di altri suoi vescovi sul conflitto nell'Ucraina orientale. Nessuno ha mai sentito discorsi di incitamento all'odio da parte loro, dal momento che non hanno mai rilasciato dichiarazioni bellicose. Fin dall'inizio del conflitto, hanno esortato alla pace e alla fine delle ostilità. Ricordiamo come sua Beatitudine Onufrij e altri rappresentanti della Chiesa ortodossa ucraina non si siano alzati dai loro seggi alla Verkhovna Rada, alla seduta dell'8 maggio 2015, quando il presidente Poroshenko lesse i nomi dei militari che avevano ricevuto il titolo di Eroi dell'Ucraina durante le ostilità nel Donbass. Poi una raffica di indignazione cadde sulla testa del primate della Chiesa ortodossa ucraina, che dichiarò a tale proposito: "Non ci siamo alzati in piedi, perché era il nostro segno di protesta contro la guerra come fenomeno. Non vogliamo che la guerra continui sulla nostra terra. Non vogliamo che le persone si uccidano a vicenda. Vogliamo la pace e la benedizione di Dio sulla nostra terra".

Ricordiamo come il vescovo Viktor (Kotsaba), che allora era un archimandrita, disse nel 2015 che la Chiesa è sempre al di sopra delle convinzioni ideologiche e politiche, che il suo compito è la preghiera, un appello all'amore e al consenso: "La Chiesa non può schierarsi con nessuna parte della società, perché in quel caso cessa di essere la Chiesa. Deve fare di tutto per far riconciliare le persone che hanno litigato. Questo è il compito principale della Chiesa". Ricordiamo come, divenuto vescovo e capo della Rappresentanza della Chiesa ortodossa ucraina presso le Organizzazioni internazionali europee, ha ripetutamente chiesto la pace e ha chiesto aiuto alle organizzazioni internazionali lungo la strada.

"L'Ucraina ha bisogno di pace – questo è ciò per cui dobbiamo lottare insieme. Lo scontro armato ha già causato migliaia di vite, e qualsiasi morte nella guerra in Donbass è il dolore e le lacrime di madri, mogli e bambini. La missione della Chiesa in un simile situazione è chiedere la pace e la fine della guerra".

Ecco le parole del metropolita Antonij (Pakanich), Cancelliere della Chiesa ortodossa ucraina, da lui pronunciate durante la Grande Quaresima 2015: "Quest'anno la Quaresima è speciale per noi. Dopotutto, abbiamo attraversato un anno molto difficile. Il confronto politico è sfociato in uno spargimento di sangue. E ora, grazie a Dio, ci sono fragili speranze di pace. Come credenti, dobbiamo pentirci, superare lo spirito di aggressività e fanatismo. Allora, forse, Dio ci aiuterà a raggiungere la pace".

Ecco le sue parole, pronunciate pochi giorni fa: "La Quaresima è un tempo di prova della forza e della volontà spirituali. È anche un periodo per ripensare le nostre vite, perdonarci a vicenda, realizzare la carità e cercare di aggiustare ciò che da tempo ha lacerato i nostri cuori. L'aumento dei bombardamenti e, di conseguenza, il numero di vittime umane, numerose violazioni del cessate il fuoco, le afflizioni dei civili – tutto ciò causa un grande dolore e un grande desiderio che la pace si stabilisca finalmente in questa terra a lungo sofferente".

Un argomento a parte sono gli sforzi della Chiesa ortodossa ucraina per liberare i prigionieri di guerra. Grazie a questi sforzi, alla fine del 2017, più di 300 persone da entrambe le parti del conflitto hanno potuto tornare a casa dai loro vicini. Tutti loro (!) sono cittadini ucraini con passaporti ucraini. Ecco cosa disse all'epoca sua Beatitudine il metropolita Onufrij: "Lo scambio di prigionieri è il primo passo verso la fine della guerra in Donbass... La Chiesa opera solo nella sfera della misericordia; se non c'è compassione, non avremo alcun successo. Dobbiamo perdonarci a vicenda, e questo garantirà il rilascio dei prigionieri e il ritorno alle loro famiglie e l'arrivo della pace nel nostro stato..."

Ecco le parole pronunciate da sua Beatitudine nel 2019: "La nostra Chiesa si occupa da diversi anni della questione del rilascio dei prigionieri di guerra... Non entriamo in questioni legali su chi è colpevole e su chi non lo è, diciamo così: viviamo tutti davanti a Dio, e tutti sono colpevoli davanti a Dio – non c'è persona che non sia colpevole davanti a Dio. Il Signore ci perdona? Sì. Quindi perdonatevi a vicenda, come Dio perdona noi. Questo è il nostro principio, secondo il quale cerchiamo la liberazione dei nostri prigionieri di guerra".

Si dice che il lettore ricordi meglio l'ultima tesi letta. Pertanto, soffermiamoci su questo appello del Primate della Chiesa ortodossa ucraina: "Perdonatevi a vicenda, come Dio ci perdona". Questo appello è costantemente lanciato da sua Beatitudine Onufrij, e non è soggetto a ripensamenti o tradimenti. Questo perché il Vangelo è immutabile e chiunque predica veramente Cristo non può cambiare le sue convinzioni.

 
L'Ucraina spara sui suoi bambini, ma strilla per il "crimine" della morte in guerra dei suoi soldati

Giovedì 12 giugno due autobus che evacuavano i bambini da Slavjansk sono finiti sotto il fuoco dei posti di blocco della città, nonostante la scritta "bambini", ben visibile sui lati dei veicoli (foto Andrej Stenin, RIA Novosti), e bandiere bianche esposte ai loro lati. Bilancio: almeno tre feriti tra i passeggeri, e uno degli autobus distrutto.

Mercenari stranieri che non sanno leggere i caratteri cirillici? In tal caso, dovrebbero conoscere il significato di una bandiera bianca. Coscritti ignoranti che non sanno cosa sia una bandiera bianca? In tal caso, dovrebbero saper leggere la parola "дети" (almeno questo lo si deve concedere, al retaggio dell'istruzione sovietica).

Sparare coscientemente sui bambini è un gesto che non ammette alcuna giustificazione, ed era necessario che i "mezzi di distrazione di massa" trovassero un diversivo per nascondere la vigliaccata. Sono riusciti a trovarlo, camuffando abilmente come crimine un atto di guerra.

Nella notte tra il 13 e il 14 giugno la milizia della Repubblica di Lugansk ha abbattuto un aereo militare ucraino che portava un commando di 40 paracadutisti e 9 membri dell'equipaggio all'aeroporto di Lugansk in mani governative (i teppisti della "Guardia nazionale" si sono impadroniti degli aeroporti delle capitali del Donbass, solo perché sono luoghi deserti e fuori città: non sono riusciti a occupare, in due mesi di operazioni militari, altro che una singola cittadina di meno di 30.000 abitanti). Bilancio: aereo distrutto, nessun sopravvissuto.

Quale delle due notizie credete che abbia occupato le prime pagine di tutto il mondo "democratico"? Quale dei due "crimini" pensate che sia stato esecrato dal presidente delle Nazioni Unite? Per quale dei due eventi ritenete che la Procura Generale di Kiev (quella da cui Natalia Poklonskaja era riuscita a fuggire all'ultimo momento) abbia aperto un'indagine penale? Prego, signore e signori, la disinformazione è servita.

 
Un vescovo serbo spiega come risolvere il problema dello scisma nell'Ortodossia

il vescovo Irinej (Bulović) di Bačka. Foto: Pravlife

Il vescovo Irinej di Bačka ha spiegato la sua idea di un nuovo incontro nel "formato di Amman" e perché il capo del Fanar si rifiuta di convocare un incontro pan-ortodosso.

Il vescovo Irinej (Bulović) di Bačka della Chiesa ortodossa serba ha spiegato, in un'intervista all'edizione di "Politika" di Belgrado, come risolvere il problema dello scisma nell'Ortodossia.

"È necessario parlare di come superare questo problema", ha detto il vescovo, commentando i recenti appelli delle Chiese russa e di Gerusalemme a tenere un nuovo incontro nel "formato di Amman". "Dovrebbero essere tenuti incontri in diversi formati, bilaterali e multilaterali, e il più opportuno e fruttuoso sarebbe un formato conciliare, pan-ortodosso".

Tuttavia, come affermato dal vescovo Irinej, il patriarca di Costantinopoli si rifiuta di convocare una conferenza pan-ortodossa per un periodo indefinito.

Secondo il vescovo, ciò è dovuto alla convinzione del capo del Fanar che lui "in ogni caso è il primo vescovo della Chiesa ortodossa in rango e ha il diritto di agire in modo indipendente in materia di giurisdizione e autocefalia delle Chiese locali, senza tenere conto della loro opinione, anche se questa è l'opinione della maggioranza o generalmente l'opinione universale".

Purtroppo, ha aggiunto il vescovo della Chiesa ortodossa serba, "questa retorica delle rive del Bosforo è troppo simile alla retorica delle rive del Tevere in Italia".

"La 'Nuova Roma', Costantinopoli, Tsargrad, oggi Istanbul, sembra, voglia diventare in senso ecclesiastico una copia esatta della 'vecchia Roma', peraltro una copia della sua versione papale del secondo millennio dell'era cristiana, versione che la Chiesa ortodossa guidata proprio dal Patriarcato di Costantinopoli, giustamente chiamata la "Grande Chiesa di Cristo", non ha mai accettato prima e, ne sono convinto, non sarà d'accordo in futuro ", ha detto il vescovo Irinej di Bačka.

In precedenza, l'Unione dei giornalisti ortodossi ha scritto che il vescovo Irinej ha definito le condizioni in base alle quali il capo del Fanar può riguadagnare la reputazione e la fiducia perse dopo aver interferito nella situazione della chiesa in Ucraina.

 
Storia e santità della Rus’ Carpatica

Parlare della Rus’ Carpatica è sempre importante per gli ortodossi: terra ancestrale dei popoli della Rus’, sottoposta attraverso tutte le epoche storiche (anche quella presente) a ogni sorta di persecuzione e vessazione, eppure in grado di risorgere continuamente nella continua tradizione della vera fede in Cristo risorto. L’articolo che padre Andrew Phillips ha preparato sul sito Orthodox England, e che presentiamo in traduzione italiana nella sezione “Geopolitica ortodossa” dei documenti, è un saggio ormai vecchio di anni, ma che potrebbe essere stato scritto ieri (e che spiega, tra l’altro, molte cose sulla crisi ucraina oggi in corso). Soprattutto, è un tributo a un santo straordinario, l’archimandrita Aleksij (Kabaljuk), apostolo del popolo russino, e a diversi altri confessori della fede ortodossa che in questa terra si è mantenuta con un vigore straordinario, e offre speranze agli ortodossi isolati e perseguitati in tutto il mondo.

 
Il patriarca Theophilos risponde alla richiesta di celebrare la Pasqua con i cattolici

sua Beatitudine il patriarca Theophilos III. Foto: ippo.ru

Il patriarca Theophilos III ha notato l'importanza dell'unità dei cristiani, ma ha sottolineato che esiste già una risposta chiara riguardo alla definizione dei Paschalia congiunti.

Sua Beatitudine il patriarca Theophilos III, in un'intervista all'Osservatore Romano, ha commentato gli appelli a una celebrazione congiunta della Pasqua con altre confessioni cristiane.

Il patriarca di Gerusalemme ha sottolineato l'importanza del "calice comune" per tutti i seguaci di Cristo, ma ha sottolineato che esiste già una risposta chiara riguardo alla definizione dei Paschalia congiunti.

"Ripristiniamo la nostra unità sul fondamento che è stato posto per la fede con il riconoscimento e l'accettazione dei Concili ecumenici da parte delle Chiese. Fu il Concilio di Nicea nel 325 a stabilire il calcolo della data della Pasqua che seguiamo fino a oggi", ha detto il patriarca. "Quindi, ovviamente, noi vogliamo una data comune, ma dobbiamo tenere in seria considerazione il fatto che la Bibbia è composta sia dalla Legge mosaica che dalla Nuova Alleanza. Dobbiamo tenere a mente che c'è un processo che conduce dalla Legge mosaica ai comandamenti di Cristo. Non abbiamo il diritto di cambiare o confondere il corso della storia sacra, il che significa che la Pasqua cristiana deve cadere dopo la Pasqua ebraica. Con queste considerazioni in mente, saremmo lieti di avere una data comune per la Pasqua".

In precedenza, la Chiesa ortodossa russa ha commentato la dichiarazione del rappresentante del Fanar sulla loro disponibilità a portare avanti una riforma e stabilire un'unica data per celebrare la Pasqua con altre denominazioni cristiane.

Come riportato dall'Unione dei giornalisti ortodossi, il Fanar si è espresso a favore della riforma del calendario e della celebrazione congiunta della Pasqua con la Chiesa cattolica romana.

 
Riflessione per il Digiuno degli Apostoli
chiesa di san Serafino di Sarov a Cherevkovka, 17 giugno 2014
 
Questo non è il Kosovo...
non è la Siria...
...è il bacino del Don!
 
Chi è il colpevole della distruzione della cappella?
Un nazionalista assatanato che fa a pezzi il suo stesso paese?
Forse...
...o forse anche tu, che stai a guardare e non fai niente.
 
Come hai detto: "...tu preghi per la pace"?
Torna a dirlo quando a forza di preghiere 
avrai il volto rigato di lacrime e le ginocchia sbucciate
(non temere, starai sempre meglio degli ortodossi del Donbass);
forse sarai più credibile.
 
Il patriarca Bartolomeo afferma ancora una volta i privilegi speciali del Fanar

il patriarca Bartolomeo di Costantinopoli. Foto: screenshot del video Formula News / YouTube

In onda su una TV georgiana, il capo del Fanar ha detto che il Patriarcato di Costantinopoli è la "Chiesa madre" e il centro di coordinamento dell'Ortodossia.

Il patriarca Bartolomeo ha nuovamente affermato i privilegi speciali del Fanar, dichiarando in onda su TV Formula, il canale televisivo dell'opposizione georgiana, che il Patriarcato di Costantinopoli è la "Chiesa madre" e il centro di coordinamento di tutta l'Ortodossia.

Ha accusato la Chiesa ortodossa russa di un desiderio anti-canonico di interferire negli affari di altre Chiese ortodosse, compresa quella georgiana, per diventare la "Terza Roma". Il capo del Fanar ritiene che l'interferenza negli affari di altre Chiese violi il sistema canonico dell'Ortodossia e che il Patriarcato di Costantinopoli come "Chiesa madre" sia il centro di coordinamento.

"La Chiesa ortodossa ha un proprio sistema canonico. La Chiesa madre come centro di coordinamento dell'Ortodossia cerca l'unità. Vogliamo amare i nostri fratelli e le nostre Chiese, ma vogliamo anche osservare i sacri canoni", ha detto il patriarca Bartolomeo.

Alla domanda se il riconoscimento dell'autocefalia della "Chiesa ortodossa dell'Ucraina" da parte del Patriarcato georgiano possa portare il Patriarcato di Mosca a concedere l'autocefalia alla Chiesa in Abkhazia, il capo del Fanar ha detto che la Chiesa ortodossa russa non ha il diritto di concedere l'autocefalia non solo all'Abkhazia ma a chiunque, generalmente. "Esso (il Patriarcato di Mosca, ndc) non ha tale diritto. Questa è la prerogativa esclusiva di Costantinopoli", ha detto il patriarca Bartolomeo.

Secondo il capo del Fanar, la concessione dell'autocefalia alla Chiesa ortodossa in America nel 1970 da parte della Chiesa ortodossa russa è illegale. "Così, Mosca è diventata la più ricca comunità ortodossa d'America. Tuttavia, questa Chiesa pseudo-autocefala non è stata ancora riconosciuta da nessuno. [*] Eppure si definisce la Chiesa ortodossa d'America", ha detto il Patriarca Bartolomeo.

Come ha riferito l'Unione dei giornalisti ortodossi, il capo del Fanar ha ricordato l'incidente di Chernobyl per spiegare chi è la Chiesa madre di chi.

Nota

[*] Questa menzogna è stata ripetuta così spesso da essere citata da diverse fonti prive di senso critico, incluse purtroppo alcune in Italia. In realtà, l'autocefalia della Chiesa ortodossa in America è stata riconosciuta, oltre che da Mosca, dalle Chiese serba, bulgara, georgiana, polacca e cecoslovacca. Non si tratta certamente della maggioranza delle Chiese autocefale nel mondo, ma altrettanto certamente è qualcosa di più di "nessuno". (ndt)

 
Una vacanza… dall'Ortodossia?

In un articolo su Pravmir, che presentiamo nell’originale russo e in traduzione italiana nella sezione “Ortoprassi” dei documenti, padre Mikhail Samokhin offre alcuni spunti interessanti per coniugare Ortodossia e vacanze, compito che alcuni possono trovare difficile per il rilassamento generale delle abitudini e per la possibilità di cadere in diverse tentazioni. Possiamo scoprire che andare in vacanza può essere un modo per tenere in attività parti della nostra attenzione spirituale che non hanno veramente bisogno di prendersi molto riposo, e il cui esercizio non nuoce affatto al riposo generale dell’organismo.

 
Il fuoco sacro e la tragedia di Odessa

l'incendio nella Casa dei sindacati a Odessa e fuoco sacro nelle mani di Dumenko. Foto: Unione dei giornalisti ortodossi

La "Chiesa ortodossa dell'Ucraina" non crede che il fuoco sacro sia miracoloso ma lo consegna alle sue chiese, mentre i "patrioti" chiamano la tragedia di Odessa "discesa del fuoco sacro".

I rappresentanti della "Chiesa ortodossa dell'Ucraina" non credono alla grazia del fuoco sacro che scende al Sabato Santo a Gerusalemme, ma per qualche motivo lo consegnano alle loro chiese. I sostenitori della "Chiesa ortodossa dell'Ucraina" definiscono in modo blasfemo il rogo di persone viventi a Odessa nel 2014 come "discesa del fuoco sacro", ma per qualche motivo continuano a chiamarsi cristiani. Quindi a chi, dopo tutto, si offre venerazione nella "Chiesa ortodossa dell'Ucraina"?

Il giorno della luminosa Risurrezione di Cristo, il canale Youtube di Canale 5 ha pubblicato un'intervista con il capo della "Chiesa ortodossa dell'Ucraina", Sergej (Epifanij) Dumenko. Il titolo di quest'intervista parla da solo: "Sul sesso senza amore, sulla guerra nel Donbass, sulla bottega del barbiere e su Filaret: Epifanij all'appuntamento con Janina Sokolova".

screenshot del canale YouTube "Canale 5"

La "Chiesa ortodossa dell'Ucraina" e il fuoco sacro

Soffermiamoci su una dichiarazione indicativa del capo della "Chiesa ortodossa dell'Ucraina" in questa intervista. Si tratta del miracolo della discesa del fuoco sacro al Sabato Santo nella chiesa del Santo Sepolcro a Gerusalemme. Sergej Dumenko ha detto quanto segue: "Qualcuno crede che (la discesa del fuoco sacro, ndc) avvenga in modo miracoloso, ma in misura maggiore è un ricordo di un miracolo che è avvenuto a un certo punto". È abbastanza ovvio che il capo della "Chiesa ortodossa dell'Ucraina" non si classifica come un "qualcuno" di questi ingenui. Sergej Dumenko spiega la discesa del fuoco sacro come segue: "È un gesto simbolico, come quando, per esempio, consacriamo l'acqua del Giordano: c'è una sostanza, l'acqua, che non appare da sola, non avviene un miracolo. Voglio dire che il sacerdote non crea l'acqua in quanto tale, semplicemente la santifica e le dona un potere di grazia. Allo stesso modo, il fuoco sacro viene semplicemente portato fuori dal Santo Sepolcro come segno della luce che è apparsa durante la Risurrezione del Signore. "Per quanto la giornalista abbia cercato di costringere Sergej Dumenko a spiegare da dove proviene il fuoco nell'edicola, egli non è nemmeno riuscito a capire questo problema.

L'origine del fuoco sacro è stata spiegata sulla sua pagina Facebook da uno dei subordinati di Sergej Dumenko, il "sacerdote" Aleksandr Dedjukhin, 4 anni fa. Si tratta esattamente del "sacerdote" che il patriarca Bartolomeo ha premiato con una croce nel 2018.

il patriarca Bartolomeo e Aleksandr Dedjukhin

Nel 2017, quando sia Dumenko che Dedjukhin erano membri della "Chiesa ortodossa ucraina del patriarcato di Kiev", quest'ultimo aveva spiegato la discesa del fuoco sacro con un ordine a pagamento del canale televisivo russo NTV: "Negli ultimi anni, il 'fuoco sacro' SCENDE SEMPRE tra le 14:03 e le 14:16. Dal 2002 il fuoco è sceso solo entro la fascia oraria sopra menzionata. Il fatto è che le 14:03 sono l'ora di Gerusalemme del primo notiziario delle 15:00 (ora di Mosca) del canale NTV, mentre le 14:16 sono l'ora dell'ultimo notiziario alla fine del telegiornale. Il fatto è che nel 2002 il canale NTV è diventato la prima compagnia televisiva al mondo ad acquistare i diritti per la trasmissione in diretta dalla chiesa del Santo Sepolcro, e da allora il "fuoco sacro" è sempre stato trasmesso in diretta su NTV", ha scritto Dedjukhin. Secondo lui, il fuoco sacro arde costantemente sul Santo Sepolcro e il patriarca di Gerusalemme accende semplicemente le sue candele da questa lampada accesa.

Il quoziente d'intelligenza di Dedjukhin o, forse, la sua conoscenza della storia della Chiesa non gli hanno permesso di pensare che le prime testimonianze del fuoco sacro a noi giunte hanno più di mille anni, e che il canale televisivo russo non ha nulla a che fare con esse.

Un altro rappresentante della "Chiesa ortodossa dell'Ucraina", "l'arcivescovo" Ivan (Evstratij) Zorja, ha paragonato le odierne forme di venerazione del fuoco sacro con la "religione degli adoratori del fuoco". "Inoltre, c'è qualcosa di blasfemo nei tentativi di associare il riconoscimento o la negazione dell'azione della grazia di Dio nella Chiesa con la santa luce, come se l'Ortodossia fosse una 'religione degli adoratori del fuoco'," ha scritto Ivan Zorja sulla sua pagina Facebook il Sabato Santo del 2021. È vero, ha espresso una specie di riserva: "Noi veneriamo la santa luce (o fuoco sacro) come segno visibile di benedizione dal Santo Sepolcro".

La logica delle speculazioni di Ivan Zorja si può comunque comprendere: i rappresentanti della "Chiesa ortodossa dell'Ucraina" non sono ammessi al Santo Sepolcro il Sabato Santo a causa del fatto che il Patriarcato di Gerusalemme non riconosce la "Chiesa ortodossa dell'Ucraina". Devono entrare con l'inganno, usando inviti diplomatici, o portare questo fuoco fuori dalla chiesa del Santo Sepolcro a Gerusalemme. Pertanto, la "Chiesa ortodossa dell'Ucraina" sta cercando in ogni modo possibile di sminuire il suo significato, di dubitare della verità del fuoco sacro, o persino di spiegare la sua apparizione come una richiesta a pagamento da parte del canale televisivo russo sopra menzionato.

Tuttavia, è impossibile comprendere la logica del capo della "Chiesa ortodossa dell'Ucraina" Sergej Dumenko e di altri rappresentanti di questa organizzazione religiosa: come possono deridere il fuoco sacro o addirittura bestemmiarlo e allo stesso tempo distribuirlo tra le loro chiese?! Ovviamente stanno cercando di conciliare l'inconciliabile: da un lato, gli scismatici devono screditare il miracolo del fuoco sacro, poiché non sono in alcun modo coinvolti in questo miracolo. D'altra parte, devono dimostrare di venerarlo, poiché esso è venerato da tutte le Chiese locali e poiché la maggior parte delle Chiese offre questo fuoco ai propri credenti. Ogni anno, il fuoco sacro è consegnato in decine di paesi con voli speciali e in molti di essi viene ricevuto con onore non solo dai vescovi della chiesa, ma anche dai leader statali. In altre parole, la "Chiesa ortodossa dell'Ucraina" considera il fuoco sacro una finzione, ma lo usa per rafforzare la propria autorità.

Dopo aver citato il racconto sul fuoco sacro dei rappresentanti della "Chiesa ortodossa dell'Ucraina", pieno di incredulità e bestemmia, non si può non dire che il miracolo del fuoco sacro è stato venerato nella cristianità da tempo immemorabile, e ci sono molte testimonianze della sua origine soprannaturale. Citiamo qui solo la prima e una delle più recenti testimonianze superstiti.

"Il Sabato Santo, alla vigilia della Pasqua, durante la funzione religiosa mattutina nella Chiesa del Santo Sepolcro, dopo aver cantato 'Kyrie, eleison' (Signore, abbi misericordia!), un angelo scende e accende le lampade sospese sul Santo Sepolcro. Il patriarca consegna questo fuoco al vescovo e infine a tutto il popolo, affinché tutti possano accendere questo fuoco nella loro casa. L'attuale patriarca si chiama Teodosio (863-879), chiamato a questa carica per la sua pietà" (Bernardo il Monaco, Itinerarium Bernardi, monachi franci, 867).

"Il fuoco divino scende ogni anno alla vigilia della Pasqua ortodossa al Grande Sabato. <...> Quanto ai dubbi, possono solo provocare un sorriso. <...> Molti hanno voluto sfatare il "mito". Ma per centinaia di anni ancora nessuno c'è riuscito. Il terreno su cui si trova il tempio appartiene a una famiglia turca, il sacrestano del tempio è musulmano. La processione di Pasqua intorno alla cappella sul Santo Sepolcro è accompagnata dai Kawas turchi. Le vesti sacerdotali sono tolte al patriarca e soggette a esame da parte del rappresentante della Chiesa armena. Inoltre, la cappella è accuratamente perquisita dalla polizia israeliana e dai musulmani in cerca di una fonte incendiaria. Inoltre, il rappresentante armeno controlla tutte le azioni ed è sempre pronto a intervenire" (patriarca Theophilos di Gerusalemme, 2008)

il miracolo della discesa del fuoco sacro

Il patriarca Theophilos dice correttamente che nessuno è mai riuscito a provare la falsità del miracolo della discesa del fuoco sacro al Sabato Santo. Ma se solo le delusioni dei sostenitori della "Chiesa ortodossa dell'Ucraina" consistessero solo nel dubitare di questo miracolo! Sfortunatamente, non si vergognano di chiamare la tragedia di Odessa il 2 maggio 2014, durante la quale decine di persone sono state bruciate a morte come "fuoco sacro".

Sulla tragedia di Odessa e sulle battute blasfeme

la tragedia a Odessa il 2 maggio 2014

7 anni fa i sostenitori dell'Euromajdan hanno lanciato bottiglie incendiarie nella Casa dei Sindacati, bruciando di fatto i loro oppositori politici. Secondo i dati ufficiali, 42 persone sono morte nell'incendio. La morte di persone nel fuoco, anche di oppositori politici, è una terribile tragedia degna di lamento e dolore non solo per un cristiano, ma anche per chiunque non abbia rinunciato alla propria umanità. Noi piangiamo i nostri compatrioti, residenti di molti villaggi e città ucraine e non solo ucraine, che i nazisti rastrellarono in fienili e capannoni e bruciarono vivi durante la Grande Guerra Patriottica. Piangiamo coloro che sono morti sul Majdan a Kiev, piangiamo anche coloro che sono morti a Odessa.

Ma negli incontri "patriottici" non è consuetudine piangere coloro che sono morti a Odessa. Sfoggiano questo omicidio e deridono la memoria delle loro vittime in ogni modo possibile. Il 2 maggio, a Odessa, i "patrioti" posano invariabilmente vicino al luogo delle persone in fiamme con spiedini da barbecue in mano. E quest'anno sono andati anche oltre: gli spiedini sono stati sostituiti da "barzellette" blasfeme.

Per esempio, il parlamentare ucraino dell'VIII distretto Andriy Denisenko ha pubblicato su Facebook "congratulazioni per la Pasqua", in cui affermava che "7 anni fa il fuoco sacro è disceso su Odessa".

screenshot della pubblicazione di Denisenko

Nel 2011, Andriy Denisenko è diventato membro dell'Associazione pan-ucraina "Svoboda", nella quale si è candidato alla Verkhovna Rada, e nel 2014 è stato a capo dell'organizzazione regionale "Settore destro" . Non c'è bisogno di ricordare che il Settore destro è guidato "spiritualmente" dalla "Chiesa ortodossa dell'Ucraina" e dalla Chiesa greco-cattolica ucraina ed è irrimediabilmente ostile alla Chiesa ortodossa ucraina. Le forze del Settore destro effettuano molti sequestri di luoghi di culto della Chiesa ortodossa ucraina e commettono molte azioni illegali contro i suoi fedeli. Già nel 2017 è stato concluso un accordo tra il Settore destro e il "patriarcato di Kiev", volto a sostenere con forza la creazione di una "chiesa unica locale", che presto si è incarnata nella "Chiesa ortodossa dell'Ucraina".

Di seguito è riportato un post simile di un altro nazionalista, un membro del "Settore destro" e sostenitore della "Chiesa ortodossa dell'Ucraina", Aleksej Tsymbaljuk.

screenshot di Aleksej Tsymbaljuk su Facebook

O meglio, difficilmente solo un sostenitore. Fino al 2018, Tsymbaljuk era un chierico del "patriarcato di Kiev", e poiché tutti i membri di questa struttura dopo il "consiglio di unificazione" sono migrati automaticamente nella "Chiesa ortodossa dell'Ucraina", ci sono tutte le ragioni per credere che Tsymbaljuk sia un "sacerdote" di questa struttura.

Caduta nell'abisso: il percorso da monaco della Chiesa ortodossa ucraina a radicale e bestemmiatore

Mentre l'ex deputato Andriy Denisenko è stato un patriota radicale (con relative opinioni) per lungo tempo, Aleksej Tsymbaljuk, per diventare come Denisenko, ha intrapreso un lungo percorso interiore. Il fatto è che quest'uomo aveva preso i voti monastici nella Chiesa canonica.

Ecco come il sito web di "ritorno alla vita" savelife.in.ua, a cui Tsymbaljuk ha rilasciato un'intervista nel 2019, ha brevemente descritto la sua vita: "Molto prima dello scoppio della guerra in Ucraina, ha preso i voti monastici ed è stato ordinato ierodiacono. I combattimenti nell'est del paese hanno spinto l'uomo a unirsi all'esercito e a combattere il nemico. Secondo le specificità delle sue attività, il nemico si è rivelato essere non solo i collaborazionisti e i russi. Questo ha influenzato Aleksej, che ha lasciato l'esercito e ha iniziato ad aiutare i bambini nelle città in prima linea e i volontari. E ora Aleksej Tsymbaljuk con il nome da battaglia di Aristarkh si diverte a fare grappe artigianali e bevande al vino".

Aleksej Tsymbaljuk è entrato in monastero nel 2004. Prima ha prestato servizio nel monastero di san Panteleimone a Odessa e poi nel monastero di Iviron a Odessa, della Chiesa ortodossa ucraina, nel 2006 ha preso i voti monastici con il nome di Aristarkh, poi è stato ordinato ierodiacono . Dopo l'Euromajdan, è entrato a far parte del "patriarcato di Kiev", poi della "Chiesa ortodossa dell'Ucraina".

Aleksej Tsymbaljuk nel 2015

Dopo lo scoppio del conflitto nel Donbass, si è unito ai ranghi del "Settore destro" e ha iniziato a dichiarare che uccidere i separatisti è un atto di misericordia.

Aleksej Tsymbaljuk nel 2017

Quest'uomo ha partecipato alle azioni più brutali dei nazionalisti radicali. Ma ha ottenuto la massima fama nel 2019 in relazione all'omicidio del giornalista russo Arkadij Babchenko inscenato da parte della SBU. Aleksej Tsymbaljuk era il vero "killer" che avrebbe accettato l'ordine e commesso l'omicidio di Arkadij Babchenko.

Allo stesso tempo, Aleksej Tsymbaljuk non nasconde la sua simpatia per il fascismo. Qui sta mostrando un gallone fascista sulla manica.

Aleksej Tsymbaljuk con un gallone fascista

Qui fa il saluto nazista...

Aleksej Tsymbaljuk sta salutando Hitler

Quale percorso interiore deve percorrere una persona che ha preso i voti monastici davanti a Dio per finire a fare pubblicazioni blasfeme sul Web, a simpatizzare con i nazisti e a trattare con il massimo disprezzo le persone che si avvicinano a Dio e alla Chiesa? Cosa sarà accaduto nella sua anima per farlo passare dall'amore cristiano all'odio? Cosa sarà accaduto per fargli acclamare all'odio come a una "virtù"? Ne parla lo stesso Tsymbaljuk.

"Dal 2014 è stato terribilmente difficile per me vivere una vita cristiana. E non sto parlando di andare in chiesa la domenica. Non si tratta di seguire i digiuni della chiesa e altre regole. Parlo dell'Amore, che è alla base della vita dei seguaci di Cristo, sì, proprio dei seguaci, poiché il cristianesimo è imitazione di Cristo.

Quindi, all'inizio è stato molto difficile per me non solo amare veramente, ma almeno non odiare i russi. Ma in linea di principio, non è difficile: perché odiare le persone più pietose e sfortunate? È facile amarle, la cosa più facile è amarle a gruppi di duecento (il codice 200 è la designazione dei morti - ndr). <...> Ma non riesco ancora a pensare a come smettere di odiare le mie forze dell'ordine e il loro ufficiale in capo. Eppure non voglio vivere nell'odio. L'odio distrugge la mia vita, non la loro. L'odio paralizza la mia anima, non la loro. Dovremo equiparare le forze dell'ordine e i russi. Allora tutto andrà a posto e ci sarà pace nella mia anima..." ha scritto Aleksej Tsymbaljuk.

Vediamo che nonostante tutta la sua ostentata prodezza e spavalderia, questa persona soffre internamente, perché comprende quanto egli sia distante dalla vita cristiana che aveva una volta e che ora ha perso. "Il segno dell'uguaglianza tra le forze dell'ordine e i russi" gli restituirà l'amore cristiano? No, non lo farà. Perché questa non è la via a Cristo, ma a qualcun altro. Allo stesso modo, l'appello di Dedjukhin a "perdonare l'aggressore mandandogli da 6 a 12 grammi di amore in qualche organo vitale" non ha nulla a che fare con il cristianesimo. Dello stesso genere sono le intenzioni di Epifanij Dumenko di rinviare il sequestro delle Lavre ucraine e "l'apertura del fronte religioso" solo "perché ora non è il momento".

Sì, la "Chiesa ortodossa dell'Ucraina" non definisce direttamente santo l'incendio che ha ucciso dei residenti di Odessa nel 2014, ma i suoi membri sostengono pienamente il discorso "patriottico" che giustifica la distruzione degli ucraini "sbagliati" da parte degli ucraini "giusti", un discorso che semina rabbia e odio nell'anima invece che amore. Ovviamente noi sappiamo a chi appartiene questo spirito...

 
Aggiornamenti sulla "guerra tiepida" in Novorossija e nel mondo

Il dovere più importante di chi può dare uno sguardo al mondo attraverso Internet è quello di informare correttamente, soprattutto in questi tempi di conflitto globale legato a una pressione enorme di disinformazione di massa. Saker (“il falco sacro”), il blogger ortodosso attento a monitorare gli attacchi contemporanei alla Russia, di cui abbiamo già parlato sul nostro sito, in questi giorni ha preparato alcuni studi e commenti che giudichiamo molto importanti per capire la condizione attuale della Novorossija. Riuniamo in un solo articolo ben tre di questi testi recenti dal blog The Vineyard of the Saker e li presentiamo nella sezione “Geopolitica ortoodossa” dei documenti. Il primo è un’analisi attenta degli obiettivi della presente “guerra tiepida” tra USA e Russia (non russo-ucraina, non ucraino-americana, ma proprio russo-americana) a livello strategico e tattico. Nel secondo testo, sentiamo parlare un soldato della Forza di Difesa della Novorossija, “Juan,” che spiega le difficoltà e le speranze della popolazione del Donbass (qualcosa che MAI in questi giorni la stampa generalista ci farebbe sapere). Nel terzo documento, Saker analizza i tentativi disperati della giunta di Kiev (che sente arrivare la sua fine) di trascinare la Russia in un conflitto facile dal punto di vista militare, ma rovinoso sotto il profilo politico.

 
Vescovo serbo ai macedoni: non capite cosa perderete rivolgendovi a Costantinopoli?

il vescovo Irinej di Bačka. Foto: tribune.gr

Sua Grazia il vescovo Irinej di Bačka, uno dei più autorevoli vescovi della Chiesa ortodossa serba di oggi, sta incoraggiando i vescovi della "Chiesa ortodossa macedone" non riconosciuta a entrare in dialogo con la Chiesa ortodossa serba per guarire lo scima pluridecennale.

Inoltre, avverte la "Chiesa ortodossa macedone" che perderà molto se tenterà di ricevere l'autocefalia attraverso il Patriarcato di Costantinopoli, come è avvenuto con "l'autocefalia" della "Chiesa ortodossa dell'Ucraina" scismatica.

Rispondendo a una domanda del quotidiano serbo Politika sulla possibilità di sanare lo scisma macedone sotto il nuovo patriarca Porfirije, sua Grazia sottolinea che il dialogo è un metodo veramente evangelico, l'unico modo per superare la frattura.

Secondo il vescovo Irinej, la parte serba è sempre stata aperta al dialogo, anche se è difficile quando il punto di partenza della parte macedone è pretendere l'autocefalia. Una situazione del genere è paragonabile a quella del governo del Kosovo, che pretende il riconoscimento della sua statualità e indipendenza.

L'unica condizione della Chiesa serba, dice, è che il dialogo non avvenga finché sua Eminenza l'arcivescovo Jovan e gli altri membri della Chiesa canonica in Macedonia saranno perseguitati. L'arcivescovo, l'unico vescovo della "Chiesa ortodossa macedone" ad aver accettato l'accordo di Niš del 2002, che offriva piena autonomia alla "Chiesa ortodossa macedone", è stato incarcerato più volte nel corso di diversi anni dalle autorità macedoni dopo essere entrato a far parte della Chiesa canonica serba.

Ma una volta terminata la persecuzione, la "Chiesa ortodossa macedone" si è rivolta, invece che alla Chiesa serba, alla Chiesa bulgara e poi al Patriarcato di Costantinopoli, che hanno entrambi risposto con cautela alle suppliche della "Chiesa ortodossa macedone".

In ogni caso, trattare con Costantinopoli si rivelerebbe deleterio per la "Chiesa ortodossa macedone", ritiene il vescovo Irinej:

"In questo contesto, vorrei – onestamente, veramente, fraternamente – porre una domanda alla gerarchia dello scisma di Skopje: avete imparato qualcosa dalla situazione della Chiesa in Ucraina? Capite cosa ha dato il Patriarcato di Mosca alla sua Chiesa in Ucraina, e cosa il Patriarcato di Costantinopoli ha dato – e che cosa ha portato via?!"

Il vescovo Irinej si riferisce ai diversi gradi di indipendenza concessi alla Chiesa ortodossa ucraina canonica e alla "Chiesa ortodossa dell'Ucraina" scismatica. La Chiesa ortodossa ucraina gode di una completa autonomia all'interno del Patriarcato di Mosca, libera di prendere tutte le proprie decisioni per sé senza dover chiedere l'approvazione del parlamentare. D'altra parte, la "Chiesa ortodossa dell'Ucraina", sebbene ufficialmente autocefala, gode di minore libertà, poiché Costantinopoli si è concessa i diritti di intervenire negli affari della "Chiesa ortodossa dell'Ucraina" nel tomos concesso nel 2019.

Il vescovo Irinej continua:

Capite cosa vi ha dato la Chiesa serba con l'accordo di Niš e cosa vi offrirà il Patriarcato di Costantinopoli? Capite che dovrete consegnare alcuni luoghi sacri a Costantinopoli come stavropegia, perché in realtà sono santuari greci, bizantini, come il Monastero di Nerezi vicino a Skopje, così come altri, tra cui Nemanjić, sono siti serbi? Vi rendete conto che, alla fine, dovrete cedere tutte le vostre diocesi e comunità ecclesiali della diaspora a Costantinopoli? (Vi rammento che l'accordo di Niš, che rivela l'amore e la comprensione della Chiesa serba, riconosce la vostra giurisdizione nella diaspora).

Affinché la "Chiesa ortodossa dell'Ucraina" ricevesse l'autocefalia, l'Ucraina ha dovuto consegnare la storica cattedrale di Sant'Andrea a Kiev a Costantinopoli, che ne ha fatto la base del suo esarcato in Ucraina, guidato dal vescovo Mikhail (Anischenko). L'ex presidente Poroshenko ha anche promesso diversi altri siti a Costantinopoli, sebbene non sia stato in grado di mantenere questa promessa prima di perdere la presidenza contro Vladimir Zelenskij. Inoltre, il tomos della "Chiesa ortodossa dell'Ucraina" impone che tutte le parrocchie all'estero si trasferiscano sotto la giurisdizione di Costantinopoli, una clausola che si è rivelata piuttosto controversa tra queste comunità.

Oltre al dialogo, continua il vescovo Irinej, l'altra parte deve essere libera da pressioni e istruzioni secolari, e deve essere pronta ad accettare una soluzione che rispetti la tradizione canonica della Chiesa, non necessariamente la soluzione che si vuole.

Il Sinodo della "Chiesa ortodossa macedone", tuttavia, ha già reso abbastanza chiare le sue intenzioni. A dicembre, un vescovo della "Chiesa ortodossa macedone" ha dichiarato pubblicamente che è necessaria una soluzione conciliare per risolvere il suo status canonico. Il Sinodo ha risposto prendendo le distanze dalla dichiarazione del vescovo, ribadendo la sua intenzione di ricevere l'autocefalia da Costantinopoli.

E tornando al problema in Ucraina, il vescovo Irinej afferma che, ancora una volta, è necessario il dialogo per risolvere la situazione. I colloqui nel formato del raduno di Amman devono continuare, anche se il patriarca Bartolomeo di Costantinopoli rifiuta di avviare una tale riunione o di parteciparvi, considerandosi l'unico che può convocare un concilio. Tuttavia, questa posizione è troppo simile alle pretese papali di Roma e non ha alcun fondamento nella teologia o nella storia della Chiesa, afferma il vescovo serbo.

Il vero primato, dice, non deve prevalere sulla conciliarità.

Tuttavia, nonostante le azioni anti-canoniche di Costantinopoli in Ucraina, questa non ha perso il suo status di prima tra pari, crede il vescovo Irinej. Tuttavia, ha perso la sua reputazione e la sua fiducia in tutto il mondo ortodosso. Ma il patriarca Bartolomeo potrebbe riscattarsi "in un batter d'occhio", ritiene il vescovo Irinej, se dovesse ammettere il suo errore in Ucraina – di essere stato vittima di una disinformazione scismatica – e revocare il tomos d'autocefalia della "Chiesa ortodossa dell'Ucraina".

"Un suo gesto del genere mostrerebbe a tutti nel mondo qual è il significato del primato secondo la concezione ortodossa: è un servizio senza compromessi all'unità della Chiesa, per cui la Chiesa del primo Trono ha il ruolo di ispiratrice, mediatrice e coordinatrice, non di unico comandante", ha affermato sua Grazia.

 
Appello di sua Santità il patriarca Kirill al pleroma della Chiesa ortodossa russa

patriarchia.ru, 17 giugno 2014

Sua Santità Kirill, patriarca di Mosca e di tutta la Rus', si appella al pleroma della Chiesa ortodossa russa.

Cari fratelli e sorelle, oggi mi rivolgo alla pienezza della nostra Chiesa, a tutti i popoli della Rus' storica.

Non ci può essere per noi oggi nulla di più importante che il fratricidio che continua, infiammando il territorio dell'Ucraina, distruggendo sempre più vite.

Oggi la parte meridionale della Rus' storica è in fiamme per lotte intestine.

I risultati di questo conflitto sanguinoso sono spaventosi. Non si parla più di un centinaio di vittime, come quest'inverno a Kiev, ma di molte, molte centinaia di morti, migliaia di feriti e senzatetto. Solo il diavolo può festeggiare quando i fratelli combattono, si distruggono a vicenda, provocano lesioni, indebolendo le forze vitali del popolo.

E, naturalmente, la Chiesa ortodossa russa, la Chiesa della Rus' spiritualmente indivisa, non può dividere il popolo di Dio secondo principi politici, nazionali, sociali o di qualsiasi altro tipo. La Chiesa compie la missione affidatale dal Signore Gesù Cristo, e non agisce a comando o su richiesta di varie forze politiche. Questo è ciò che la distingue da alcune organizzazioni, religiose di nome, ma in realtà essenzialmente secolari.

Ci sono state più volte guerre intestine nella nostra storia. Sono queste che hanno portato all'indebolimento della Rus' di Kiev e alla caduta dei principati separati e sotto l'orda di Batu, al terribile Tempo dei Torbidi nello stato russo nel XVII secolo, al mostruoso spargimento di sangue e all'instaurazione per molti anni di un regime senza Dio nel ventesimo secolo.

Le lezioni della storia mostra anche che lo lotte intestine generano sempre minacce di assoggettamento della Patria a forze esterne. Come ai vecchi tempi, così oggi ci troviamo di fronte al rischio di perdere la vera sovranità del popolo. Una sovranità, che si esprime nella possibilità e nella capacità di organizzare la propria vita sulla base dei valori morali, spirituali e culturali che per grazia divina abbiamo ricevuto dai nostri antenati al battistero della Rus' di Kiev, coltivati e assimilati nel corso di una storia plurisecolare.

Faccio appello a tutti coloro che prendono decisioni: interrompete immediatamente lo spargimento di sangue, iniziate reali negoziati per la pace e la giustizia. Non c'è nulla da vincere in una guerra civile, non ci possono essere guadagni politici che valgano più delle vite delle persone.

Per quanto riguarda la Chiesa, le sue braccia e il suo scudo sono la preghiera e la Parola di Dio, che è "viva, efficace e più tagliente di ogni spada a doppio taglio" (Ebrei 4:12).

Invito tutti i figli della Chiesa ortodossa russa a una maggiore preghiera, a mantenre rigorosamente il digiuno dei Santi Apostoli, appena iniziato. In modo speciale mi appello alle comunità monastiche: pregate ora il Signore, come sapevano pregare i nostri pii antenati nei tempi terribili degli sconvolgimenti; come in tempi di guerra fratricida pregarono il Padre celeste per la sua cessazione gli iniziatori del monachesimo russo, Antonio e Teodosio delle grotte di Kiev, come pregò per la cessazione dell'odiosa discordia di questo mondo l'intercessore delle terre russe, il venerabile Sergio di Radonezh, come gridarono al Signore nei giorni di caos sanguinoso e di guerra civile il santissimo Tichon, patriarca di tutte le Russie, e il santo ieromartire Vladimir, metropolita di Kiev.

In tutti i luoghi di culto della nostra Chiesa sia ora letta in permanenza la speciale preghiera, di cui oggi ho approvato il testo, per la pace e per il superamento della guerra fratricida.

"Che il Dio della pace vi santifichi interamente, e il vostro spirito, anima e corpo si conservino intramente irreprensibili" (1 Tess 5:23).

Dall'ufficio stampa del patriarca di Mosca e di tutta la Rus'

Preghiera per la fine della guerra fratricida, da leggere nel corso dell'ectenia di supplica intensa alla Divina Liturgia

In un appello a tutta la Chiesa ortodossa russa, il patriarca Kirill di Mosca e tutta la Rus' ha benedetto che in tutte le chiese si compia una speciale preghiera per la pace e per il superamento la guerra fratricida in Ucraina.

Signore Gesù Cristo, nostro Dio, guarda con il tuo occhio misericordioso alla sofferenza e al grande grido di lamento dei tuoi figli nella terra ucraina.

Libera il tuo popolo dalla guerra fratricida, fai cessare lo spargimento di sangue, arresta il corso dei pericoli imminenti. Non lasciare senza rifugio chi è scacciato dalla sua casa, nutri gli affamati, consola chi piange, riunisci chi è stato separato.

Non lasciar diminuire il tuo gregge amareggiato dai propri vicini, ma nella tua generosità dona una rapida riconciliazione. Addolcisci i cuori di chi si è indurito e riportali alla tua conoscenza. Dona la pace alla tua Chiesa e ai suoi figli fedeli, affinché con un solo cuore e una sola bocca glorifichino te, nostro Signore e Salvatore, nei secoli dei secoli. Amen.

 
La coscienza canonica del Fanar sta subendo un degrado

l'arciprete Andrej Novikov. Foto: mk.ru

Padre Andrej Novikov ritiene che l'interpretazione errata dei canoni del IV Concilio ecumenico amplia i presunti diritti del patriarca di Costantinopoli.

Il 14 maggio 2021, l'arciprete Andrej Novikov, membro della Commissione sinodale biblica e teologica della Chiesa ortodossa russa, ha affermato che la "coscienza canonica" del Patriarcato di Costantinopoli "è in fase di degrado".

Il sito ufficiale della Chiesa ortodossa russa ha pubblicato il lavoro dell'arciprete Andrej Novikov "Il quarto Concilio ecumenico e la teoria del 'papismo orientale'," in cui l'autore osserva che "la coscienza dogmatica e canonica danneggiata della teologia fanariota sta subendo una certa evoluzione, o, per meglio dire, un degrado, ampliando i presunti diritti del patriarca non solo in termini di gestione dei ricorsi legali, ma in generale dei passaggi di eventuali decisioni giudiziarie in relazione all'episcopato e al clero ordinario di tutte le Chiese ortodosse ".

Il sacerdote sottolinea che le affermazioni del Fanar si basano sulla lettura errata degli atti del IV Concilio ecumenico, di Calcedonia (451), ed è per questo che “diventa necessario soffermarsi più scrupolosamente e approfonditamente sull'analisi di quegli atti e decisioni del IV Concilio ecumenico, che sono utilizzati per giustificare la dottrina del papato orientale".

L'autore sottolinea che "alcuni dei canoni di Calcedonia e delle situazioni controverse presentate al Concilio furono successivamente utilizzati dal Fanar come argomenti a sostegno dell'autorità del patriarca di Costantinopoli nella Chiesa ecumenica".

In precedenza, l'Unione dei giornalisti ortodossi ha scritto che il patriarca Bartolomeo ha nuovamente asserito privilegi speciali del Fanar.

 
La Chiesa ortodossa russa non avanza pretese di leadership nell'Ortodossia mondiale

il metropolita Ilarion (Alfeev) di Volokolamsk. Foto: black-n-white.press

Il metropolita Ilarion ha respinto le accuse del primate di Costantinopoli secondo cui la Chiesa russa aspira al primato nel mondo ortodosso.

Il capo del Dipartimento per le relazioni ecclesiastiche esterne del Patriarcato di Mosca, il metropolita Ilarion (Alfeev) di Volokolamsk, ha definito "pura mitologia" la dichiarazione del patriarca Bartolomeo a uno dei canali televisivi georgiani che, secondo l'ideologia della Terza Roma, la Chiesa ortodossa russa desidera ardentemente la leadership nell'Ortodossia.

"Siamo abbastanza soddisfatti del nostro posto nei dittici", ha detto vladyka nel corso di un'intervista a RIA Novosti.

Il metropolita Ilarion ha osservato che, nei suoi discorsi e dichiarazioni ufficiali, il patriarca Kirill non ha mai definito Mosca la Terza Roma.

Dichiarare che la Chiesa russa nelle sue azioni è guidata dall'ideologia della 'Terza Roma' è come dire che il Patriarcato di Costantinopoli si batte per l'attuazione della cosiddetta 'Grande Idea', che si riferisce alla restaurazione dello Stato greco all'interno degli ex confini dell'Impero bizantino, ha detto il metropolita della Chiesa ortodossa russa.

"L'unica differenza è che tra i patriarchi di Costantinopoli nel XX secolo c'erano davvero aderenti alla 'Grande Idea' - primo fra tutti il ​​patriarca Meletios (Metaxakis). Ma tra i patriarchi di Mosca non c'era nemmeno uno che esprimesse il proprio sostegno all'idea della 'Terza Roma', " ha aggiunto.

La 'Terza Roma' è un'idea religiosa e politica arrivata in Russia da Bisanzio nel XVI secolo. Nel 1589, il patriarca Geremia II di Costantinopoli, nella Legge per l'istituzione di un patriarcato in Russia, chiamò il regno russo "la Terza Roma, che supera tutti in pietà". Ma la Chiesa russa non ha mai accettato questo concetto come ufficiale.

In precedenza, il metropolita Ilarion di Volokolamsk ha definito le azioni del primate di Costantinopoli per creare uno scisma nell'Ortodossia ucraina "un grosso errore che non vuole ammettere".

 
La volontà di pace non significa indifferenza
La Chiesa (quella vera... diffidate delle imitazioni "locali" ucraine, per quanti copricapi patriarcali possano sfoggiare) continua a invocare pace e soprattutto a PREGARE. Ricordiamo a tutti di non confondere il desiderio e l'invocazione della pace con il neutralismo che si disinteressa della giustizia. Noi preghiamo perché le ostilità cessino dappertutto, ma non possiamo e non potremo mai mettere sullo stesso piano le persone che oggi combattono per proteggere e per permettere di evacuare questi civili (ai quali l'Alto Commissariato per i Profughi delle Nazioni Unite sta rifiutando di concedere lo status di rifugiati):
 
 
e le persone che invece oggi usano questi stessi civili per giocare al tiro a segno! Se quest'ultima vi sembra un'affermazione esagerata, leggetevi il rapporto dalla città di Schast'e (cittadina della regione di Lugansk, il cui nome per amara ironia significa "felicità"), dove la Guardia Nazionale ucraina sta organizzando (tenetevi forte...) un "safari dei civili". Quando arrivano i negoziatori per chiedere di seppellire i morti, sparano ai negoziatori. E ora pensate che questi "cacciatori" si candidano a diventare cittadini dell'Unione Europea...
 
Patriarca di Serbia: non abbiamo scelto la "parte" di Mosca o del Fanar

il patriarca serbo Porfirije. Foto: balkans.aljazeera.net

Il patriarca Porfirije ha ricordato che la Chiesa non è un'organizzazione umana ordinaria guidata da interessi diversi, ma una realtà una, santa, cattolica e apostolica.

Il patriarca Porfirije  di Serbia ha affermato che nella questione della crisi pan-ortodossa, la Chiesa ortodossa serba non sceglie la "parte" di Mosca o di Costantinopoli, ma sceglie l'ordine canonico della Chiesa, secondo il sito web  della metropolia del Montenegro e del Litorale della Chiesa ortodossa serba.

Interrogato da un giornalista se nell'Ortodossia sia possibile un ritorno allo stato di cose precedente (prima della crisi provocata dalla concessione del Tomos alla "Chiesa ortodossa dell'Ucraina" da parte del Patriarcato di Costantinopoli, ndc), il patriarca ha risposto che nella Chiesa non esiste alcun luogo da cui un ritorno è impossibile.

"La mia opinione è che la convinzione dell'esistenza di un punto da cui è impossibile tornare alla normale vita ecclesiale nasce dal fatto che la Chiesa non è un'organizzazione umana ordinaria, governata da interessi diversi e influenzata da un fattore prevalentemente umano, ma è una realtà una, santa, cattolica e apostolica", ha detto il primate della Chiesa serba.

Allo stesso tempo, rispondendo alla domanda se la posizione dell'Unione dei giornalisti ortodossi, espressa dalla frase "né Costantinopoli, né Mosca, ma l'ordine canonico", sarà sostenibile sullo sfondo della "intersezione di potere e influenza" della Chiesa ortodossa russa e del Fanar, il patriarca Porfirije ha sottolineato che "per la vita della Chiesa è estremamente importante preservare il suo ordine canonico, il modo in cui la Chiesa vive e opera nel mondo".

"Mantenendo questa idea nei nostri cuori, la nostra Chiesa non ha scelto la "parte" di Mosca o di Costantinopoli, o di qualsiasi altro, ma è sempre rimasta fedele all'ordine canonico e pienamente determinata a rispettarlo e a testimoniarlo", ha detto il patriarca serbo.

Ha anche osservato che "con fede in Dio, non rimpiangeremo i tentativi, per quanti ne possiamo vedere, di ripristinare l'ordine canonico alterato, così come i tentativi di ripristinare l'unità eucaristica dei due grandi e importanti patriarcati: Costantinopoli e Mosca".

In precedenza, l'Unione dei giornalisti ortodossi aveva scritto che, secondo l'opinione del Patriarca Porfirije di Serbia, gli sconvolgimenti causati dalle azioni del Fanar in Ucraina nei rapporti tra le Chiese locali dovrebbero diventare una lezione "per far smaltire la sbornia a tutti".

 
Perché abbiamo bisogno dei santi e li onoriamo

Dopo la domenica dedicata a tutti i santi, il portale pravoslavie.ru ci ricorda l’importanza della loro venerazione riportando un saggio di Gabe Martini, che presentiamo in traduzione italiana nella sezione “Santi” dei documenti. Rivolgendosi in particolare ai protestanti e utilizzando una prospettiva biblica e i vivi ricordi – dal suo passato di giovane battista – della venerazione di figure di cristiani vivi, Gabe Martini spiega come i migliori esempi per i giovani cristiani sono quegli stessi cristiani che, avendo “combattuto la buona battaglia” fino alla fine della loro vita, non offrono alcun rischio di scandalo a chi vuole affidarsi al loro modello.

 
L'abate della Lavra di Pochaev denuncia la menzogna nazionalista dello scismatico Dumenko

foto: wp.com

L'affermazione del "metropolita" Epifanij Dumenko, capo della "Chiesa ortodossa dell'Ucraina" scismatica fondata da Costantinopoli, secondo cui la maggior parte dei monaci della Lavra della santa Dormizione a Pochaev non sono ucraini, è una palese menzogna, afferma l'abate del santo monastero.

Venerdì, incontrando i giovani ucraini a Ternopil, Dumenko ha colto l'occasione per dichiarare che la Lavra di Pochaev è "sotto occupazione", poiché la maggior parte dei suoi monaci presumibilmente non sono ucraini, ma sono "importati da altri paesi".

Sfortunatamente, un tale spirito di divisione è al centro della "Chiesa ortodossa dell'Ucraina" di Dumenko, che rifiuta di riconoscere come veri ucraini i milioni di vescovi, chierici, monaci e fedeli ucraini che compongono la Chiesa ortodossa ucraina canonica, perché mantengono la comunione canonica con la Chiesa ortodossa come organo autonomo all'interno del Patriarcato di Mosca.

A differenza della Chiesa ortodossa ucraina canonica, la "Chiesa ortodossa dell'Ucraina" è stata creata dall'ex presidente Petro Poroshenko, insieme al patriarca Bartolomeo di Costantinopoli, allo scopo di separarsi e opporsi alla Chiesa ortodossa russa, che Poroshenko ha descritto come piena di "demoni di Mosca". La Chiesa ortodossa ucraina canonica non ha nulla a che fare con l'Ucraina, crede Poroshenko.

Dumenko ha incoraggiato i giovani ad avere un po' di pazienza fino a quando non sarà il momento giusto per le grandi Lavre di passare alla "vera Chiesa ucraina".

Tuttavia, sua Eminenza il metropolita Vladimir di Pochaev, abate della Lavra di Pochaev, ha respinto la dichiarazione di Dumenko come una vera e propria menzogna.

In effetti, tutti i monaci della Lavra sono cittadini ucraini e provengono dall'Ucraina, ha detto all'Unione dei giornalisti ortodossi.

"Sono menzogne", ha detto l'abate. "È chiaro che [la "Chiesa ortodossa dell'Ucraina"] ha una tendenza a dire bugie".

“Se qualcuno vuole davvero controllare, può andare all'ufficio passaporti e vedere che tutti i monaci della Lavra di Pochaev sono ucraini. Hanno tutti un passaporto ucraino".

Il metropolita Vladimir ha anche aggiunto che attualmente ci sono più di 150 monaci nella Lavra e che i servizi speciali ucraini sono ben consapevoli della loro cittadinanza e origine.

La dichiarazione di Dumenko è molto probabilmente rivolta a coloro che vogliono credere che la Chiesa canonica ucraina sia "non ucraina", ha concluso il metropolita Vladimir.

 
Metropolita Onufrij: le regole del nuovo mondo europeo per noi sono inaccettabili

pravoslavie.ru

Kiev, 19 giugno 2014

Il locum tenens della cattedra metropolitana di Kiev, il metropolita Onufrij di Chernovtsy e della Bucovina, in un'intervista a "Interfax-Religion" si è soffermatro tra le altre cose sulle cause spirituali dei tragici eventi che si svolgono oggi in Ucraina.

"Vediamo un conflitto di interessi economici, politici, e se volete, spirituali tre Oriente e Occidente, e questa crepa si è estesa in Ucraina. Questa è la nostra tragedia" - in particolare, ha detto il presule.

"L'Oriente ha i suoi valori, l'Occidente i propri, noi siamo una zona cuscinetto tra Oriente e Occidente", così ha detto, soffermandosi sulla differenza di questi valori:

"Un quarto di secolo dopo la persecuzione atea, cerchiamo con i poveri e i bisognosi nella nostra terra di rivivere la fede in Cristo e rafforzare la sua Chiesa, e l'Europa ci mostra già un esempio specifico di una vita senza Cristo, in cui non si presta attenzione ai comandamenti del Signore, ai suoi divieti. Al contrario, si incoraggia sempre di più il permissivismo, secondo il quale la vita non è santificata dalla legge di Dio, ma dai desideri umani. "

"Oggi tutto il mondo è come diviso in due campi: un campo sono quelle persone che vogliono mantenere in vigore ed efficaci le leggi morali date da Dio all'uomo per il suo beneficio. E la seconda metà viola queste leggi. Per esempio, il matrimonio. Dio ha benedetto il matrimonio dell'uomo e della donna, di Adamo ed Eva. Non di due Adami, non di due Eve. Ma ad Adamo ed Eva ha detto: "Siate fecondi e moltiplicatevi". E ora introducono leggi che Dio condanna, come il matrimonio gay "

"Un altro esempio. Cristo vieta all'uomo di disporre della sua vita - ne dispone Dio. E ora vogliono introdurre una legge sull'eutanasia, di fatto, legalizzare il peccato del suicidio".

"Oggi, nel nostro tempo, l'aborto legalizzato quando erano al potere i senza Dio, è difeso da persone che si ritengono credenti, che posano la mano sulla Bibbia e giurano su di essa".

"Perciò, quelle leggi che oggi ci offre il nuovo mondo europeo sono per noi inaccettabili. Non possiamo contribuire e partecipare a questo mondo. Abbiamo bisogno di mantenere l'unità con le persone che custodiscono la legge di Dio.

Il fatto è che se non ci sono sulla terra persone che mantengono l'ordine della vita di Dio, la vita dell'umanità è destinata all'auto-distruzione", - ha concluso il presule.

Potete leggere qui la versione completa dell'intervista.

 
Il conflitto arabo-israeliano e le profezie sul "terzo tempio"

la costruzione del "terzo tempio" a Gerusalemme sarà un segno dell'avvicinarsi della fine del mondo? Foto: Unione dei giornalisti ortodossi

Un altro conflitto tra palestinesi ed ebrei richiama involontariamente alla mente le profezie sulla restaurazione del "terzo tempio" e sulla fine dei tempi di questo mondo.

Un altro conflitto militare tra ebrei e palestinesi è in corso in Israele. Ci sono anche scontri tra rappresentanti delle parti in conflitto, nei luoghi del mondo in cui vivono i loro sostenitori. Ognuna delle parti mostra le proprie ragioni. Ma noi siamo principalmente interessati alle conseguenze che questo conflitto può avere per i cristiani, e se ha qualcosa a che fare con le profezie sulla fine del mondo.

Cronologia del conflitto attuale

Una nuova esacerbazione dello scontro israelo-palestinese è iniziata all'inizio di maggio 2021 durante la discussione da parte della Corte suprema israeliana sull'approvazione della decisione del tribunale di grado inferiore di sfratti a famiglie palestinesi dalle loro case nella Città Vecchia di Gerusalemme. I media riportano il caso parlando dei palestinesi semplicemente sfrattati dalle loro case, che vengono trasferite agli ebrei, ma non è così. Il fatto è che gli ebrei accettano di pagare molto, molto denaro ai palestinesi per case nella Città Vecchia e nei suoi dintorni. Ma tra i palestinesi c'è il divieto di vendere case agli ebrei. Gli islamisti radicali possono persino punire con la morte chi ha violato questo divieto. Tuttavia, i soldi sono molti e non tutti riescono a resistere alla tentazione.

Inoltre, spesso compaiono per primi degli acquirenti arabi, e poi si scopre che i proprietari finali sono comunque ebrei. Allora i palestinesi che hanno venduto negano l'accordo e si rifiutano di lasciare le case. Inizia il contenzioso, che si conclude con uno sgombero forzato. In assenza di prove, non si può affermare che abbia avuto luogo una tale situazione in questi casi, ma molti segni lo indicano. Comunque sia, gli arabi hanno organizzato proteste sul Monte del Tempio contro gli sgomberi forzati e l'8 maggio 2021 si sono verificati scontri con la polizia vicino alla moschea di Al-Aqsa, a seguito dei quali più di 200 palestinesi sono rimasti feriti.

Il movimento islamico Hamas ha emesso un ultimatum alle autorità israeliane, chiedendo il ritiro della polizia dal Monte del Tempio e, non avendo ricevuto una risposta positiva, ha iniziato a bombardare Israele con razzi artigianali, la maggior parte dei quali non ha raggiunto aree popolate, essendo stati abbattuti dal sistema di difesa aerea israeliano "Iron Dome".

attacco missilistico su Ashkelon. Foto: REUTERS

La tattica di utilizzare tali missili si basa su quanto segue: in primo luogo, la loro efficienza estremamente bassa è compensata dal fatto che il costo di un tale proiettile è decine, se non centinaia di volte inferiore al costo dei missili di difesa aerea con cui sono abbattuti. Di conseguenza, i palestinesi potrebbero creare molti più missili rispetto agli israeliani. In secondo luogo, il sistema di difesa aerea Iron Dome non è ancora in grado di abbattere il 100% dei proiettili che hanno raggiunto le città israeliane. E quando il numero di missili lanciati dal territorio palestinese si conta il migliaia, il danno alle città ebraiche si rivela non così significativo ma comunque inaccettabile per le autorità e il popolo di Israele.

L'inammissibilità del danno sollecita una risposta molto dura da parte degli israeliani. Per esempio, se un attentatore suicida arabo si fa esplodere in una città israeliana, i soldati ebrei vanno alla casa in cui vive la sua famiglia, cacciano tutti in strada e demoliscono la casa. In risposta agli attacchi missilistici dal territorio palestinese, gli aerei israeliani distruggono edifici a più piani dove, secondo i servizi segreti, si trovano le strutture di Hamas, senza preoccuparsi del possibile bilancio delle vittime tra i civili, compresi i bambini. Considerando tutto ciò, Hamas e altre organizzazioni palestinesi nella maggior parte dei casi cercano di non oltrepassare il limite e si limitano a scioperi che non possono influenzare in modo significativo Israele. Tuttavia, a volte tutto va troppo oltre e inizia una vera guerra, in cui le parti non fanno più i conti con possibili perdite e vittime.

conseguenze di un attacco israeliano a Gaza, 12 maggio 2021. Foto: REUTERS

In dieci giorni di ostilità attive, circa 4.000 razzi sono stati lanciati da Gaza contro Israele. La parte israeliana ha riferito di 11 morti e più di 500 feriti a causa di questi attacchi. A loro volta, le misure di ritorsione delle forze armate israeliane hanno provocato la morte di oltre 230 palestinesi (di cui circa 40 bambini) e molti edifici utilizzati dal gruppo di Hamas sono stati distrutti. Le forze armate israeliane hanno anche riferito della distruzione di diversi leader di questo gruppo e di oltre 100 chilometri di tunnel sotterranei, utilizzati da Hamas nelle sue attività militari.

Le principali potenze mondiali, così come le organizzazioni internazionali, hanno invitato le parti a un cessate il fuoco. L'Egitto e la Russia hanno offerto le loro capitali come luogo di negoziazione per Israele e Palestina.

Allo stesso tempo, l'opinione della comunità mondiale è divisa. Nonostante le dure azioni delle forze armate israeliane e le incomparabili perdite della controparte, alcuni paesi europei hanno dichiarato il diritto di Israele all'autodifesa. Gli Stati Uniti non hanno fatto tali dichiarazioni, ma hanno approvato la vendita di armi di alta precisione a Israele al prezzo di 735 milioni di dollari e hanno chiesto un rapido completamento dell'operazione a Gaza. In altre parole, anch'essi si sono schierati con Israele. La posizione opposta è stata espressa dal leader turco Recep Erdoğan, che ha definito le azioni di Israele "terrorismo", ha esortato tutta l'umanità a unirsi contro Israele e ha persino maledetto il governo austriaco per aver issato le bandiere di Israele su alcuni edifici statali del paese. La Cina, in una forma molto più mite, ha espresso anch'essa la sua intenzione di sostenere la Palestina nel conflitto in corso.

A cosa può portare l'esacerbazione?

Per rispondere a questa domanda, è necessario guardare a cosa hanno portato tutti i precedenti conflitti arabo-israeliani, o meglio, le periodiche esacerbazioni di un grande conflitto tra Israele e l'intero mondo musulmano dal 1948, quando la decisione delle Nazioni Unite in Palestina doveva ricreare lo stato ebraico, che aveva concluso la sua esistenza quasi 2000 anni fa.

Poco dopo la decisione delle Nazioni Unite, il mondo musulmano ha dichiarato guerra a Israele. Questa mappa mostra i paesi che hanno preso parte a questa guerra in un modo o nell'altro. Sono contrassegnati in verde e verde chiaro, mentre la Striscia di Gaza e i territori palestinesi sono in rosso. E guardando da vicino si può vedere Israele, segnato in blu.

confronto tra le forze di Israele e del mondo musulmano

Era impossibile vincere in un confronto del genere, ma alla fine Israele ha vinto.

Gli storici contano sei esacerbazioni del conflitto arabo-israeliano, che sono designate con il termine "guerra", e molte altre con il termine "operazione militare". In tutte, Israele è stato osteggiato da oppositori che erano molte volte superiori allo Stato ebraico in termini di risorse umane e attrezzature militari. Ma in tutte Israele è emerso vittorioso, espandendo di volta in volta il suo territorio di influenza e rafforzando la sua posizione sia in Medio Oriente sia nel mondo nel suo insieme.

In generale, è impossibile spiegare questo con qualcosa di diverso dalla provvidenza di Dio nonostante i ripetuti tentativi di farlo. Ma non dimentichiamo che la provvidenza di Dio può manifestarsi sia nella volontà di Dio sia nel suo permesso che accada qualcosa di brutto.

Anche l'attuale aggravamento del conflitto tra Israele e Palestina non è in grado di portare i palestinesi a difendere i loro interessi. Molto probabilmente, le forse armate israeliane infliggeranno tali danni a Hamas e ai palestinesi nel loro insieme da costringerli ad abbandonare per un po' le azioni ostili contro Israele, e Israele, a sua volta, garantirà lo sfratto dei palestinesi dalle loro case nella Città Vecchia di Gerusalemme per continuare la sua espansione.

Il "terzo tempio"

Il conflitto arabo-israeliano sarebbe stato risolto molto tempo fa con la completa soddisfazione reciproca di tutte le parti, se queste parti fossero state guidate solo da interessi politici, economici, finanziari o altri interessi quotidiani. Ma l'interesse principale delle parti in questo conflitto è religioso. Gli ebrei vogliono costruire il "terzo tempio" nel punto in cui sono stati costruiti il ​​primo e il secondo tempio, di cui è rimasto solo il Muro del Pianto. Ma gli arabi non possono permettere loro di farlo, poiché oggi il terzo santuario più grande del mondo musulmano: la moschea Al-Aqsa, assieme alla Masjid Qubbat al-Sahra (Cupola della Roccia), si trova su questo sito. La Cupola della Roccia è un santuario musulmano costruito sulla Pietra di fondazione, il sito in cui si trovava il sancta sanctorum del Tempio di Gerusalemme.

rappresentazione schematica dei principali santuari della cristianità, del giudaismo e dell'islam e del Monte del Tempio a Gerusalemme

È per questi santuari che si svolge la guerra tra ebrei e musulmani, che non può essere fermata da nessun negoziato o sforzo diplomatico. Può essere completata solo dalla vittoria militare finale di una delle parti.

Sebbene lo stato israeliano a livello ufficiale non sollevi la questione della costruzione del "terzo tempio", questo argomento è attivamente promosso a livello di organizzazioni pubbliche, come "Naamaney har ha-bayt" (Zeloti del Monte del Tempio), o "Movimento per la costruzione del tempio". C'è anche il Mahon HaMikdash (Istituto del tempio), il cui personale sta lavorando per ricreare gli utensili e gli indumenti dei sacerdoti necessari per il servizio del tempio. Stanno anche cercando discendenti degli antichi cohanim (sacerdoti) e dei leviti, che potrebbero in futuro servire nel terzo tempio, se fosse costruito.

Molti rabbini (sia antichi che moderni) credono che nulla possa liberare il popolo ebraico dalla responsabilità di costruire il tempio. Le opinioni sono divise solo nei dettagli: gli ebrei dovrebbero costruire il terzo tempio prima della venuta del "Mashiach" (il Messia atteso dagli ebrei, l'Anticristo per i cristiani), oppure questo Mashiach stesso costruirà il tempio quando verrà sulla terra? I sostenitori di quest'ultimo punto di vista affermano che la costruzione del tempio da parte del Mashiach sarà la prova della sua messianicità.

In ogni caso, a ogni nuovo aggravarsi del conflitto arabo-israeliano, riprendono con rinnovato vigore i colloqui sulle prospettive per la costruzione del terzo tempio. Tutti i tipi di analisti devono formulare ipotesi sul fatto che sia costruito o meno e, in caso affermativo, quando.

Nel 2000, il noto diplomatico sovietico e russo Vjacheslav Matuzov, presidente della Società per l'amicizia e la cooperazione commerciale con i paesi arabi, ha affermato che ai colloqui tra il presidente degli Stati Uniti Bill Clinton, il primo ministro israeliano Ehud Barak e il leader dell'Autorità palestinese Yasser Arafat a Camp David, ad Arafat è stato chiesto di decidere in ultima analisi la questione palestinese nel modo più vantaggioso per i palestinesi. In cambio, ad Arafat era richiesto solo di accettare le seguenti azioni: portare una potente fondazione in cemento armato sotto i santuari musulmani sul Monte del Tempio e sollevarli a una certa altezza da terra. Ciò renderebbe possibile la costruzione del "terzo tempio" senza distruggere la Moschea Al-Aqsa e la Cupola della Roccia. Arafat ha risposto con un rifiuto categorico, al termine del quale è iniziata la cosiddetta "seconda intifada palestinese".

In quale tempio regnerà l'Anticristo?

È opinione diffusa nel cristianesimo che il restauro del tempio di Gerusalemme sia uno dei segni della venuta dell'Anticristo, poiché è in questo tempio che deve regnare. I sostenitori di questa opinione credono che ciò sia indicato dalle parole dell'apostolo Paolo: "Nessuno vi inganni in alcun modo! Prima infatti dovrà avvenire l'apostasia e dovrà esser rivelato l'uomo iniquo, il figlio della perdizione, colui che si contrappone e s'innalza sopra ogni essere che viene detto Dio o è oggetto di culto, fino a sedere nel tempio di Dio, additando se stesso come Dio" (2 Ts 2:3-4).

Queste parole implicano il tempio di Gerusalemme o qualcos'altro?

Molti santi Padri credono che il santo apostolo Paolo avesse in mente proprio il tempio di Gerusalemme.

"Nella chiesa di Dio – non la nostra, ma quella antica, quella ebraica" (san Giovanni Damasceno).

"È destinato a sedere nella chiesa di Dio. Quale chiesa? Nel tempio in rovina degli ebrei, piuttosto che in quello in cui ci troviamo ora. Perché diciamo questo? Che nessuno pensi che ci stiamo adulando. Se viene tra gli ebrei sotto il nome di Cristo e vuole che gli ebrei lo adorino, allora, per ingannarli di più, si prenderà cura in modo speciale del tempio, mostrando loro che lui, essendo della dinastia di Davide, vuole ricreare il tempio costruito da Salomone" (san Cirillo di Gerusalemme).

Ma questo non è l'unico punto di vista. Per esempio, il venerabile Efrem il Siro dice che qui si intende la Chiesa di Cristo, cioè la Chiesa ortodossa: "In questo modo apparirà e salirà nel tempio di Dio per sedersi all'interno della Chiesa di Dio. Disprezzerà e rifiuterà tutti i culti (falsi) per affascinare la Chiesa. Questo è il motivo per cui salirà nel tempio stesso di Dio per sedersi e mostrarsi come se fosse Dio. Come dimostrerà di essere un vero Dio? Oltre alla gloria e all'onore di cui sarà rivestito, lo dimostrerà ancora di più attraverso l'inimicizia contro le sette eretiche. Dal momento che non sarà incline a nessuna eresia, quindi, grazie al suo (finto) amore per i figli della Chiesa, farà loro pensare che li ama come veri (figli della Chiesa), e verrà al loro tempio e vi si insedierà, come nel tempio della verità, per mostrare che egli è Dio".

Il beato Agostino generalmente ammetteva che non c'è modo di determinare quale tempio sarà la sede dell'Anticristo: "Ma non si sa in quale tempio di Dio siederà: sulle rovine del tempio che fu costruito dal re Salomone (si veda 1 Re 6:1-38) o in una chiesa. L'apostolo non chiamerebbe tempio di Dio il tempio di qualche idolo o demone".

La maggior parte dei santi Padri ammise che l'Anticristo poteva sedere sia nel tempio di Gerusalemme che nelle chiese cristiane.

"Egli non condurrà all'idolatria, ma sarà un antagonista, rifiuterà tutti gli dei e comanderà a tutti di adorare se stesso invece di Dio. E siederà nel tempio di Dio – non solo a Gerusalemme, ma ovunque nelle chiese" (san Giovanni Crisostomo).

"Non è detto: nel tempio di Gerusalemme vero e proprio, ma semplicemente: nel tempio, in ogni tempio di Dio" (beato Teofilatto di Bulgaria).

San Teofane il Recluso, riassumendo le opinioni dei santi Padri, scrisse: "Ci sarà da qualche parte il luogo centrale dell'attività dell'Anticristo, e naturalmente ci sarà un certo momento in cui si manifesterà come tale. L'Apostolo si riferisce al tempio principale di quel luogo. In questo tempio siederà come un dio; e poi siederà in tale condizione anche in qualsiasi altro tempio che incontrerà di persona. O, forse, siederà personalmente in una chiesa, mentre in altre attesterà la sua seduta in qualche altro modo".

In considerazione dell'attuale aggravamento del conflitto arabo-israeliano, l'agenzia di stampa greca Vima orthodoxias ha pubblicato sul proprio sito web una citazione del venerabile Paissio del Monte Santo, recentemente canonizzato: "La distruzione della Moschea di Omar a Gerusalemme sarà un segno che l'adempimento delle profezie si avvicina. Sarà distrutta per ricostruire il tempio di Salomone, che si dice sia stato al suo posto. Nel tempio ricostruito, i sionisti alla fine proclameranno l'Anticristo come il Messia. Ho sentito che gli ebrei si stanno già preparando per la ricostruzione del tempio di Salomone ".

Queste parole sono confermate dall'intero corso degli sviluppi in Medio Oriente, a partire dalla restaurazione di Israele come stato nel 1948. In effetti, tutto si sta lentamente ma inesorabilmente muovendo verso il fatto che il "terzo tempio" sarà comunque costruito nonostante la resistenza dell'intero mondo musulmano. Tuttavia, dato che i santi Padri non sono pienamente d'accordo su questo argomento, non si può fare totale affidamento sul punto di vista del monaco Paisios e di altri padri che hanno espresso un'opinione simile, poiché questo può celare un grave pericolo. Consiste nel fatto che mentre aspettiamo la restaurazione del tempio di Gerusalemme e crediamo che senza questo l'Anticristo non verrà sulla terra, questi potrebbe benissimo venire e sedersi in un luogo completamente diverso. In altre parole, possiamo semplicemente "mancare il bersaglio".

Pertanto, è necessario prestare attenzione non solo al tempio in cui siederà l'Anticristo, ma anche all'intero complesso di profezie associate alla venuta della fine dei tempi. E, cosa più importante, va ricordato che l'apostolo Paolo, che scrisse ai tessalonicesi che l'Anticristo "siederà nel tempio di Dio come Dio", scrisse anche che ogni cristiano è il tempio di Dio: "O non sapete che il vostro corpo è tempio dello Spirito Santo che è in voi e che avete da Dio, e che non appartenete a voi stessi? " (1 Cor 6:19). E far entrare o meno l'Anticristo in questo tempio dipende solo da ciascuno di noi.

 
Chiese ortodosse: bombardamenti nel Donbass e minacce in Ucraina

A Slavjansk si moltiplicano i bambardamenti di chiese: l'altro ieri vi abbiamo presentato le rovine della cappella accanto alla chiesa di san Serafino di Sarov nel sobborgo di Cherevkovka. Ora a Slavjansk hanno bombardato la cattedrale di Sant'Aleksandr Nevskij (che potete vedere qui sotto in un'immagine prima della guerra) e la chiesa della Risurrezione. Purtroppo nel bombardamento di quest'ultima chiesa è morto il custode (pregate per il riposo dell'anima del servo di Dio Aleksandr).

Le notizie delle chiese attaccate a Slavjansk ci arrivano perché nella Repubblica di Donetsk la stampa è libera. Non osiamo pensare a cosa stia succedendo nell'Ucraina occidentale, dove giungono voci, che per ora non è possibile confermare (...censura dei media?), di preti ortodossi ucraini del Patriarcato di Mosca costretti a fuggire in Russia mentre uniati e scismatici - inclusi i leader del loro clero - li minacciano apertamente di morte, e le loro chiese di distruzione.

 
La visita del capo del Fanar è come un arrivo del papa dopo l'Unia di Brest

l'arciprete Nikolaj Danilevich. Foto: Unione dei giornalisti ortodossi

L'arciprete Nikolaj Danilevich considera irragionevole la visita in Ucraina del patriarca Bartolomeo, che è stato la causa di conflitti e di sequestri di chiese.

L'arciprete Nikolaj Danilevich, vice capo del Dipartimento per le relazioni ecclesiali esterne della Chiesa ortodossa ucraina, ha affermato sul suo canale Telegram che la prossima visita del patriarca Bartolomeo in Ucraina è come un arrivo del Papa dopo l'Unia di Brest e ha definito questa idea "irragionevole e inopportuna".

"Immaginate se il papa fosse venuto in Ucraina (l'allora Confederazione polacco-lituana) due anni dopo l'Unia di Brest (1596), o se Martin Lutero (il fondatore del protestantesimo) fosse venuto a Roma due anni dopo l'inizio della Riforma (1517)", ha detto il portavoce della Chiesa ortodossa ucraina.

"Dopo che il patriarca Bartolomeo ha sconvolto l'ambiente ecclesiale dell'Ucraina con il suo intervento e il suo tomos e, di conseguenza, è diventato causa di conflitti, violenze e sequestri di chiese, è irragionevole e inopportuno venire qui 2 anni dopo quegli eventi turbolenti, le cui conseguenze sono ancora in corso", ha aggiunto.

Come riportato, un metropolita del Fanar è arrivato a Kiev per prepare la visita del patriarca Bartolomeo.

 
Che cosa significa fidarsi del vescovo?

Riflettendo sulla difficoltà di conoscere bene il proprio vescovo, difficoltà che i cristiani sperimentano soprattutto nelle parrocchie più remote, padre John Whiteford risponde alla domanda che molti si fanno quando si parla del dover dare fiducia ai vescovi della Chiesa. Riportiamo la traduzione italiana della spiegazione tra le “Domande e Risposte” dei documenti del sito.

 
In cerca di riconoscimento per la "Chiesa ortodossa dell'Ucraina", il Fanar allontana tutti noi

il metropolita Hilarion dell'America orientale e di New York. Foto: religions.unian.net

Il metropolita Hilarion (Kapral) dell'America orientale e di New York ha parlato del suo atteggiamento nei confronti delle azioni del Patriarcato di Costantinopoli in Ucraina.

Avendo legalizzato gli scismatici ucraini e cercando il loro riconoscimento dalle Chiese locali, il capo del Fanar allontana non solo coloro che sono fedeli alla santa Ortodossia in Ucraina, ma tutti noi. Lo ha affermato il primate della Chiesa ortodossa russa fuori dalla Russia (ROCOR), il metropolita Hilarion (Kapral), in un'intervista al portale "Vita ortodossa".

Il primo ierarca della ROCOR ha notato che ha osservato con grande dolore e smarrimento le azioni del Patriarcato di Costantinopoli, in cui, a suo avviso, "si sente l'influenza dei potenti di questo mondo e un atteggiamento sprezzante nei confronti della verità sull'Ortodossia nella terra ucraina per noi sacra".

"È anche sorprendente che a Costantinopoli manchi un approccio pastorale alla Chiesa ortodossa ucraina, guidata da sua Beatitudine il metropolita Onufrij di Kiev e di tutta l'Ucraina", ha affermato il metropolita Hilarion. "Dopo tutto, dopo aver 'legalizzato' gli scismatici e cercando in ogni modo possibile il loro riconoscimento dalle Chiese ortodosse locali, il patriarca Bartolomeo in realtà allontana non solo la stragrande maggioranza dei nostri compagni arcipastori, chierici, monaci e credenti dell'Ucraina, fedeli alla Santa Ortodossia, ma tutti noi".

Secondo lui, non è chiaro perché il Fanar si sia affrettato nella sua peculiare decisione, adottata senza consultare le altre Chiese ortodosse locali, e "la decisione di abolire un documento vecchio di trecento anni, assieme ai tentativi di giustificare la sua invasione del territorio della Chiesa ortodossa ucraina, sembra quanto meno ridicolo e irresponsabile".

"Tuttavia, stiamo cercando di pregare per lui e la sua cerchia affinché il Signore ragioni con loro, illumini e abbia misericordia di loro, mentre chiediamo aiuto celeste a Sua Beatitudine il metropolita Onufrij e a tutta la Chiesa ortodossa ucraina, l'unica Chiesa canonica di Cristo sul territorio dell'Ucraina", ha sottolineato il primate della ROCOR.

In conclusione, il metropolita Hilarion ha augurato ai fedeli della Chiesa ortodossa ucraina "un superamento di tutte le crisi, che li elevi spiritualmente, rinnovi tutte le forze del Popolo di Dio e apra gli occhi degli altri alla Verità di Dio".

Come riportato, la ROCOR pubblicherà un libro sull'interferenza del Fanar negli affari dell'Ortodossia ucraina.

 
Nichilismo nazionale

Il blog The Vineyard of the Saker, da cui abbiamo tradotto (con la conoscenza e l’incoraggiamento dell’autore, un serio cristiano ortodosso) molte buone spiegazioni del momento di crisi che oggi colpisce l’Ortodossia e il mondo russo, ci ha presentato un altro blog di analoghe vedute, gestito da due americani esperti di storia e spiritualità russa. Il blog si chiama The Soul of the East (l’anima dell’Oriente), di cui varrà la pena tradurre in futuro alcuni dei materiali in italiano. Presentiamo come primo esempio nella sezione “Geopolitica ortodossa” dei documenti la traduzione italiana dell’ultimo articolo apparso nel blog, intitolato Nichilismo nazionale, una buona messa a punto sulla crisi ucraina che tende a spiegare le radici del conflitto nella disgraziata politica (ancora in corso dopo secoli) di assalto alla Russia attraverso le scissioni dei suoi popoli. 

 
Il mio prete ha ragione nel rifiutare lo yoga?

foto: weekswell.com

Io non mi sono mai interessato molto allo yoga. Questo spiega perché non ho mai messo in dubbio nemmeno il rifiuto inequivocabile di questa pratica da parte del mio sacerdote. Ma dato che molti altri cristiani ortodossi sembrano essere aperti o coinvolti in questa pratica, o sono almeno incerti sulla sua compatibilità con la fede cristiana, ignorare questo problema implica probabilmente una risposta negativa alla domanda: "Sono forse il custode di mio fratello?" (Gen 4:9). Preferirei di gran lunga imitare san Paolo, la cui sollecitudine per i suoi fratelli raggiunse un tale livello che era disposto a essere maledetto da Cristo per amor loro (Rm 9:3). Pertanto, per persuadere più efficacemente gli altri dell'uno o dell'altro punto di vista, nessuno dei quali avevo sostenuto con molta fiducia, né lo potevo difendere senza appellarmi a persone più sante, ho deciso di dare a questo problema un'attenzione molto più seria.

Un'analisi ortodossa dei costi e dei benefici dello yoga

Quando il Santo Sinodo della Chiesa di Grecia ha dichiarato lo scorso anno che lo yoga è "assolutamente incompatibile" con la fede cristiana, non tutti i cristiani ortodossi hanno celebrato questa dichiarazione. Il professore della Fordham University, Aristotele Papanikolaou, ha condannato la dichiarazione come "sconsiderata", "irresponsabile" e "pericolosa". Secondo Papanikolaou, egli stesso praticante di yoga, la condanna totale della pratica trascura il suo potenziale scientificamente stabilito di "migliorare i problemi di rabbia, depressione e ansia", così come di "influenzare positivamente problemi medici di vasta portata come l'ipertensione, l'elevata secrezione di ormoni che portano a stress, asma e lombalgia”.

Il fatto che lo yoga abbia radici nella religione indù non è una ragione sufficiente per condannare questa pratica, sostiene Papanikolaou. Dopo tutto, "i cristiani hanno storicamente riconosciuto le cose buone nel mondo che li circondava e hanno assimilato tali pratiche e forme di pensiero nel quadro della loro fede cristiana". Questo è certamente corretto; dopo tutto non siamo testimoni di Geova, che condannano tutto ciò che credono essere di origine pagana.

Tuttavia, padre Seraphim Rose di beata memoria non sarebbe stato d'accordo sul fatto che la pratica dello "yoga secolare" [1] non sia altro che una manifestazione moderna della tradizione ortodossa di appropriarsi di elementi positivi da altre tradizioni. L'essenza della religione indù, secondo lui, è inerente alla pratica stessa dello yoga, nel qual caso il termine "yoga secolare" è un ossimoro [2]: "La persona che usa lo yoga solo per il benessere fisico si sta già predisponendo a certi atteggiamenti spirituali e anche a esperienze di cui è senza dubbio a conoscenza" (L'Ortodossia e la religione del futuro, ed. V, p. 39). [3] Egli prosegue spiegando che "anche gli aspetti puramente fisici delle discipline psichiche come lo yoga sono pericolosi, perché derivano e predispongono verso gli atteggiamenti e le esperienze psichiche che sono lo scopo originario della pratica dello yoga" (p. 69).

Oggi gli psicologi riconoscono il nesso fisico-spirituale di cui padre Seraphim ci ha avvertiti decenni fa. Secondo una psicologa della Duke University, Patty Van Cappelen, le religioni non scelgono posture e gesti fisici a casaccio, ma piuttosto lo fanno "al fine di promuovere i tipi di sentimenti e atteggiamenti individuali e collettivi che le religioni apprezzano". La ricerca empirica suggerisce che queste misure fisiche, in effetti, suscitano tali cambiamenti nelle persone. Per citare solo un esempio, uno studio del 2015 ha scoperto che la semplice alterazione della propria posizione da una postura del corpo più bassa e contratta a una più alta ed espansiva può influire sul livello di accordo con le credenze religiose convenzionali. Non solo "le posture del nostro corpo esercitano una grande influenza su come ci sentiamo e persino su come pensiamo", ma spesso lo fanno, scrive la psicologa dell'Università di Yale Emma Seppälä, "senza la nostra consapevolezza".

Sono portato, quindi, a porre le seguenti domande ai praticanti ortodossi dello "yoga secolare": siete sicuri che i sentimenti e i pensieri generati dallo yoga siano compatibili con il cristianesimo? Se sì, su quali basi ne siete sicuri? Non ha più senso peccare di un eccesso di cautela spirituale evitando questa pratica? Se decidete di scommettere sulla speranza che lo yoga non influisca sulla vostra vita spirituale, ciò non implicherebbe che, nel vostro ordine di priorità, gli obiettivi terreni in definitiva, prevalgono su quelli spirituali? E, se subordinate quest'ultima priorità alla prima, allora non state disprezzando l'insegnamento del nostro Signore che "chiunque ama la propria vita la perderà, mentre chi odia la propria vita in questo mondo la conserverà per la vita eterna" (Gv 12:25)?

Non solo ci sono rischi spirituali che accompagnano la pratica dello yoga, ma ci sono anche potenziali rischi per la salute mentale che Papanikolaou trascura. Gli autori di uno studio del 2016 citano prove che "la meditazione può... portare alla psicosi o peggiorarla in alcuni casi". Inoltre, in un sondaggio del 2017 sui professionisti di "interventi basati sulla meditazione e sulla consapevolezza", i ricercatori hanno scoperto fino a un professionista su quattro che ha avuto "esperienze indesiderate". La cultura popolare è in gran parte ignara di questi rischi; al posto di un'analisi di costi e benefici, la tendenza è di pubblicizzare solo un lato dell'equazione.

Infine, non dobbiamo presumere che i benefici propagandati dallo yoga siano peculiari di questa pratica. Mentre, a suo merito, Papanikolaou allude alle "pratiche spirituali ortodosse" come possibile alternativa allo yoga, non si preoccupa di citare una ricerca scientifica che sostenga questa alternativa. A dire il vero, i benefici dello yoga sono stati studiati più ampiamente. Tuttavia, ci sono ampie prove scientifiche che questi benefici non siano affatto esclusivi dello yoga. Come notano gli psichiatri Richard Brown e Patricia Gerbarg, le tecniche di respirazione di un certo numero di tradizioni religiose, inclusa quella del cristianesimo ortodosso, "hanno dimostrato scientificamente di essere efficaci nell'alleviare stress specifici e problemi di umore come ansia, insonnia, disturbo da stress traumatico e molti altri". Per quanto riguarda l'uso della preghiera del cuore, si è scoperto che la pratica era collegata alla riduzione della tensione, della fatica, dell'ansia fobica e del disagio sociale tra un gruppo di cattolici non convenzionali. L'anno successivo, uno studio randomizzato e controllato ha riportato una "significativa diminuzione dello stress percepito" tra gli studenti universitari dopo l'uso della preghiera. In breve, nessun cristiano ortodosso dovrebbe esaltare i benefici scientificamente supportati dello yoga senza indicare anche ciò che Vazquez e Jensen descrivono come "il fiorente supporto empirico che circonda la contemplazione cristiana e la stessa preghiera del cuore".

Inoltre, esiste un sostegno accademico ai benefici per la salute fisica e mentale delle pratiche del digiuno ortodosso. Secondo uno studio del 2019 su monaci e laici, la disciplina del digiuno ortodosso è associata a una maggiore salute fisica e a maggior benessere. Un altro studio, pubblicato quest'anno, ha collegato il digiuno ortodosso a livelli più bassi di depressione e ansia, nonché a un miglioramento della cognizione negli individui di mezza età e degli anziani. Per farla breve, la scienza conferma ciò che i Padri hanno sempre saputo per esperienza personale.

"Yoga Secolare" e amicizie extraconiugali

La nostra fede è stata paragonata a una relazione coniugale (per esempio in Ap 19:7). È quindi appropriato paragonare lo "yoga secolare" a una relazione extraconiugale "strettamente platonica". Dio – che è descritto antropomorficamente come un "Dio geloso" (Es 20:5) – accetterà lo "yoga secolare" più di quanto una moglie approvi la relazione "strettamente platonica" del proprio marito con un'altra donna?

Ora voi potreste avere una mente più "progressista" – almeno affermando che non avreste obiezioni al fatto che il vostro coniuge stringa una stretta amicizia con qualcuno del sesso opposto – nel qual caso la mia analogia non riuscirà a dimostrare l'improprietà della pratica dello "yoga secolare". Ma se siete persone di scienza (e sospetto che ci sia una forte correlazione tra avere una visione così "progressista" sulle amicizie extraconiugali e il desiderio di essere visti come persone che seguono "la scienza") allora forse dovreste rivalutare la vostra posizione. [4]

Se non siete convinti che lo "yoga secolare" e le amicizie extraconiugali siano cose inappropriate, considerate almeno la possibilità che siano superflue. Se i benefici che cercate da una relazione extraconiugale possono essere ottenuti da un matrimonio sano, allora perché dovreste esporvi a tanti rischi da guardare oltre il vostro matrimonio per perseguire tali benefici? Allo stesso modo, se i benefici reali o presunti dello "yoga secolare" possono essere ottenuti attraverso l'immersione nella vita spirituale ortodossa, allora perché azzardarsi a guardare oltre la santa Ortodossia per ottenerli?

A quanto pare, il mio prete aveva ragione ad aver denunciato lo yoga. Sono arrivato a credere che il cristiano ortodosso che pratica lo "yoga secolare" sia come un contadino che possiede un terreno ampio e fertile, ma ha stupidamente scelto di piantare i suoi semi nel terreno sconosciuto di un campo lontano. Guardiamo al nostro suolo, ricco com'è di preghiere, sacramenti, insegnamenti ascetici, funzioni di culto e altre risorse, mentre cerchiamo di coltivare le nostre menti, i nostri corpi e le nostre anime.

Note

[1] Con questo mi riferisco allo yoga che si intende praticare solo come forma di esercizio fisico, senza motivazioni religiose.

[2] Questo spiega il mio desiderio forse fastidioso di mantenere questo concetto tra virgolette.

[3] Cita un monaco benedettino e praticante di yoga il quale spiega che "la pratica dello yoga aumenta l'elasticità e la ricettività, e quindi l'apertura a quegli scambi personali tra Dio e l'anima che segnano il cammino della vita mistica" (p. 40). Il suo riferimento alla "ricettività" è particolarmente preoccupante, poiché trascura la natura di ciò a cui si diventa ricettivi. In effetti, ciò che rende la spiritualità "New Age" così pericolosa è l'assunto subconscio che nel mondo spirituale esistano solo forze benigne, o che esse siano altrimenti distinguibili dalle forze malevole per il fatto che le nostre esperienze spirituali conferiscono sentimenti positivi come pace e gioia. Notate, tuttavia, che san Paolo insegna che il diavolo "si trasforma in un angelo di luce" (2 Cor 11:14) e non esiterà a sviarci con tali esperienze.

[4] In un articolo di Scientific American giustamente intitolato "Uomini e donne non possono essere 'solo amici'," l'autore riassume la ricerca scientifica concludendo che "uomini e donne hanno punti di vista molto diversi su cosa significhi essere 'solo amici' – e questi punti di vista diversi possono potenzialmente portare a problemi".

 
Il Sinodo della Chiesa ortodossa ucraina ha degradato il principale portavoce antirusso nella Rus' Carpatica

Mosca. 20 giugno. Interfax - Il Santo Sinodo della Chiesa ortodossa ucraina, ha rimosso l'archimandrita Viktor (Bedja) dalla carica di commissario per l'istruzione superiore e la scienza, abolendo nello stesso tempo tale carica.

Inoltre, il sacerdote è stato rimosso dalla carica di rettore dell'accademia teologica ucraina dei Santi Cirillo e Metodio a Uzhgorod, e inviato nel clero della diocesi di Mukachevo, annuncia il servizio stampa della Chiesa ortodossa ucraina.

"Padre Victor era il portavoce principale del movimento anti-russo in Transcarpazia, ha espresso simpatia per i banderovtsy, sostenendo l'istituzione di una Chiesa locale in Ucraina," - ha detto venerdì al corrispondente di "Interfax-Religion" Kirill Frolov, capo del Dipartimento per le relazioni con la Chiesa ortodossa russa e la comunità ortodossa nei paesi della CSI.

Inoltre, a causa di inconvenienti, giovedì il Sinodo ha deliberato l'abolizione del Dipartimento onorario guidato dal segretario della Chiesa ortodossa ucraina, il metropolita Aleksandr (Drabinko).

NB. Chi ha bisogno di un commento per capire questa notizia, la legga così: il metropolita Onufrij e il Santo Sinodo hanno iniziato a fare pulizia in casa. Anche ad alti livelli, uno ha la libertà di sbraitare quanto vuole contro la Russia, senza nemmeno temere di essere deposto dal clero (dopo tutto, questa libertà conferma che ci troviamo nella Chiesa di Cristo, non in una conventicola uniata o scismatica), ma non può servirsi di una posizione di prestigio per fare accordi personali separati con i nemici della Chiesa.

 
Il cancelliere della Chiesa ortodossa ucraina incontra il patriarca Ilia della Georgia

delegazione della Chiesa ortodossa ucraina all'incontro con il patriarca Ilia della Georgia a Tbilisi. Foto: vzcz.church.ua

Il metropolita Antonij ha informato il primate della Chiesa ortodossa georgiana sulla reale situazione dell'Ortodossia ucraina.

Il 7 giugno 2021, con la benedizione del primate della Chiesa ortodossa ucraina, sua Beatitudine il metropolita Onufrij di Kiev e di tutta l'Ucraina, il Metropolita Antonij (Pakanich) di Boryspil e Brovary, cancelliere della Chiesa ortodossa ucraina, ha incontrato a Tbilisi sua Santità il patriarca Ilia II di Georgia. Lo riferisce il Dipartimento per le relazioni ecclesiastiche esterne della Chiesa ortodossa ucraina.

Il metropolita Antonij era accompagnato dal vice capo del Dipartimento per le relazioni ecclesiastiche esterne della Chiesa ortodossa ucraina, l'arciprete Nikolaj Danilevich. All'incontro hanno partecipato anche due chierici della Chiesa ortodossa ucraina, il protodiacono Vadim Novinskij e il protodiacono Alexej Pertin.

Da parte georgiana, all'incontro hanno partecipato il metropolita Shio (Mudjiri), locum tenens del trono patriarcale, il metropolita Gerasim (Sharashenidze) di Zugdidi e Tsaish, il metropolita Andrej (Gvazava) di Gori e Aten, Il metropolita Feodot (Chuadze) di Akhaltsikhe e Tao-Klarzeoria, nonché dipendenti del Patriarcato della Georgia.

"Durante l'incontro, che si è svolto in un'atmosfera fraterna e calorosa, il metropolita Antonij ha informato il patriarca della Georgia sulla reale situazione dell'Ortodossia ucraina. Sono state discusse modalità di ulteriore cooperazione tra le Chiese ortodosse ucraina e georgiana", ha riferito il Dipartimento per le relazioni ecclesiastiche esterne della Chiesa ortodossa ucraina.

Inoltre, dopo l'incontro con il patriarca Ilia, il cancelliere della Chiesa ortodossa ucraina ha incontrato separatamente il locum tenens del trono patriarcale, il metropolita Shio.

Vi ricordiamo che in precedenza il primo ministro dell'Ucraina Denis Shmygal ha incontrato il patriarca della Georgia Ilia. Secondo il ministro della cultura e delle politiche dell'informazione dell'Ucraina, Aleksandr Tkachenko, questo incontro è cruciale per il riconoscimento della "Chiesa ortodossa dell'Ucraina" da parte della Chiesa georgiana. Il vescovo Viktor (Kotsaba), capo della Rappresentanza della Chiesa ortodossa ucraina presso le organizzazioni internazionali europee, ha ricordato ai funzionari che secondo la Costituzione, la Chiesa in Ucraina è separata dallo Stato, "il che significa che il governo ucraino non dovrebbe interferire negli affari della Chiesa, non importa quanto gli sembrino importanti".

 
Ninive è caduta

Padre Andrew Phillips ricorda che l’odierna città di Mosul (da cui i cristiani stanno fuggendo) corrisponde alla città biblica di Ninive, protagonista della storia profetica di condanna e pentimento del libro di Giona. Ci sono elementi profetici e speranze di pentimento (che però non sembrano tradursi in realtà) anche nella storia della devastazione odierna dell’Iraq, da parte di paesi che si illudono di esportare democrazia, progresso e pluralismo, e invece seminano anarchia, miseria e fondamentalismo. Presentiamo la traduzione italiana di quest’analisi nella sezione “Geopolitica ortodossa” dei documenti.

 
Il Cattolicesimo subirà uno scisma nel 2023?

la Chiesa cattolica è sull'orlo di uno scisma. Foto: Unione dei giornalisti ortodossi

Il conflitto tra liberali e conservatori ha condotto la Chiesa cattolica romana a uno scisma che potrebbe verificarsi già nel 2023. Perché si tratta di una cosa reale, e in che modo influenzerà l'Ortodossia?

Il cosiddetto "percorso sinodale" della Chiesa cattolica romana, la cui prossima tappa sarà completata nel 2023, può creare uno scisma nel cattolicesimo. Cos'è questo "percorso" e perché minaccia l'unità dei latini? E, soprattutto, come può questo influenzare l' Ortodossia ?

Cos'è il Sinodo dei Vescovi per i cattolici?

Il Sinodo dei Vescovi è stato istituito da papa Paolo VI il 15 settembre 1965, secondo il decreto Christus Dominus del Concilio Vaticano II sul ministero dei vescovi. Qui si dovrebbe notare quanto segue:

In primo luogo, il Concilio Vaticano II ha proclamato la politica dell'aggiornamento (rinnovamento, adattamento alla realtà), con la quale il Cattolicesimo è entrato in un'epoca di riforma e di apertura al mondo esterno. Tra l'altro, questo Concilio ha aperto le porte al cammino dell'ecumenismo vaticano con l'Ortodossia, il Protestantesimo e le altre religioni.

In secondo luogo, papa Paolo VI fu un attivo sostenitore dell'ecumenismo. Fu lui a introdurre in circolazione l'unità fraseologica "chiesa sorella" (forse, da qui deriva l'unità fraseologica "chiesa madre", che il Fanar sta ora attivamente sfruttando). Nel 1964 Paolo VI, insieme all'altrettanto attivo ecumenista di parte ortodossa, il patriarca Atenagora di Costantinopoli, tolse gli anatemi reciproci del 1054, un punto che storicamente segna la caduta del Cattolicesimo dalla Chiesa.

Pertanto, l'istituzione del Sinodo dei Vescovi nel Cattolicesimo, oltre a risolvere i propri problemi interni, è servita anche ad avvicinare il Cattolicesimo e l'Ortodossia, poiché assomigliava, almeno esteriormente, alla conciliarità nell'Ortodossia. Certo, il Sinodo dei Vescovi nel Cattolicesimo non è come un Concilio dei Vescovi nelle Chiese ortodosse. Svolge solo un ruolo consultivo sotto il pontefice romano. Ma, come qualsiasi altro organo consultivo, può modellare o formulare l'opinione pubblica e influenzare il processo decisionale. C'è una normale procedura speciale o d'urgenza per la convocazione di un Sinodo. Come di consueto, il Sinodo dei Vescovi si riunisce una volta ogni tre anni. Il papa lo presiede, ne determina l'ordine del giorno, lo convoca e lo scioglie, e anche approva (o non approva) le sue decisioni.

La particolarità del Sinodo come organo direttivo della Chiesa cattolica è che è direttamente subordinato al papa, e non è soggetto all'influenza della Curia romana con tutte le sue congregazioni.

Cosa c'è di così insolito nel Sinodo previsto per il 2023?

È insolito perché per la prima volta il Sinodo si svolgerà in tre fasi o a tre livelli: locale, continentale (regionale) e centrale. Secondo il sito ufficiale del Vaticano , tale "decentramento" rifletterà il desiderio di papa Francesco per un "percorso sinodale" che sia un cammino comune di "laici, pastori e del vescovo di Roma". Il Vaticano chiama le tappe del "percorso sinodale": "diocesano, continentale ed ecumenico". Lo afferma il documento della Segreteria generale del Sinodo: "Il processo conciliare integrale sarà attuato in modo genuino solo se le Chiese locali vi saranno coinvolte. La vera partecipazione delle Chiese locali può realizzarsi solo se sono coinvolti anche organismi intermedi di conciliazione, cioè sinodi delle Chiese orientali cattoliche, concili e assemblee delle Chiese sui iuris e Conferenze episcopali a livello di Paesi, regioni e continenti». È interessante notare che il concetto di Chiesa "locale" nel Cattolicesimo differisce in modo significativo da quello simile nell'Ortodossia. Nel cattolicesimo, non si tratta di una Chiesa autocefala (autogovernata), ma di una struttura che opera nel territorio di un determinato paese o gruppo di paesi, che non ha l'indipendenza che hanno le Chiese locali ortodosse.

La prima fase diocesana dovrebbe iniziare nell'ottobre 2021. In questa fase, la Segreteria generale del Sinodo invierà una sorta di questionario guida con proposte a ciascuna diocesi della Chiesa cattolica, nonché ai "dipartimenti della Curia romana, alle unioni di rettori e rettori capi, unioni o federazioni di vita consacrata, a movimenti laicali internazionali, università o facoltà teologiche". Le diocesi e tutte le strutture designate dovranno articolare le loro proposte e trasmetterle ai loro vescovi o altri responsabili. I vescovi dovranno riassumere tutte queste proposte, redigere un certo documento finale e inviarlo alla Segreteria generale del Sinodo. La Segreteria, a sua volta, redigerà il suo documento finale, il cosiddetto primo, lo pubblicherà nel settembre 2022 e lo invierà alle Chiese locali.

La seconda tappa continentale durerà dal settembre 2022 al marzo 2023 e consisterà nel discutere il "primo Instrumentum laboris" a livello delle Chiese locali e sviluppare la posizione di una particolare Chiesa locale nei suoi confronti, nonché commenti, cambiamenti e aggiunte. Tutto questo in forma documentale dovrà essere inviato entro marzo 2023 alla Segreteria generale che, sulla base dei documenti ricevuti, dovrà redigere un "secondo Instrumentum laboris" e pubblicarlo nel giugno 2023.

La terza tappa, "ecumenica" consisterà nello svolgere il Sinodo dei Vescovi della Chiesa cattolica romana nell'ottobre 2023 a Roma e prendere le decisioni appropriate, soggette all'approvazione del pontefice.

Perché c'è la minaccia di uno scisma?

Il rischio è che diverse parti della comunità cattolica (chiamiamola così) si avvicinino al prossimo Sinodo dei vescovi con posizioni diametralmente opposte su una questione che non ammette compromessi o mezzi toni. Per esempio la questione del riconoscimento LGBT. Ci sono, ovviamente, disaccordi anche su altre questioni: il sacerdozio femminile, l'abolizione del celibato e così via. Tuttavia, il riconoscimento delle persone LGBT e la "benedizione" delle unioni gay è un problema che sta già dividendo la Chiesa cattolica in due campi in guerra. Solo la questione della legalizzazione dell'aborto può competere con il riconoscimento delle persone LGBT, ma non è ancora così popolare nell'opinione pubblica da minacciarla potenzialmente con conseguenze così disastrose.

I più ardenti e coerenti sostenitori del riconoscimento dei sodomiti sono i vescovi della Germania, ma, ovviamente, non sono i soli.

Per esempio, l'ex capo della Conferenza episcopale tedesca, l'arcivescovo Reinhard Marks, ha ripetutamente affermato che il Vaticano dovrebbe cambiare il suo atteggiamento nei confronti del matrimonio gay e nel 2018 ha annunciato che i sacerdoti cattolici dovrebbero dare "benedizioni" alle coppie dello stesso sesso. La sua politica è stata trasmessa dall'attuale capo della Conferenza episcopale tedesca, Georg Bötzing. "Molti soffrono per il fatto che la loro relazione non è pienamente riconosciuta dalla Chiesa, per esempio, perché potrebbero divorziare di nuovo o vivere una relazione omosessuale", ha detto Betzing nel maggio 2020, aggiungendo che nel "percorso sinodale" è inclusa la questione del riconoscimento dei sodomiti. "Noi vescovi abbiamo scelto il percorso sinodale e lo stiamo seguendo", ha affermato.

Ecco una dichiarazione molto caratteristica sul tema LGBT del capo della diocesi cattolica di Dresda-Meissen, il vescovo Heinrich Timmerevers, nel marzo 2020: "Diversi mesi fa ho incontrato gay e lesbiche a Dresda. Era una tavola rotonda. E ho sentito da loro come essi, cristiani, facciano fatica a lottare per il riconoscimento dei loro diritti nella società. Molti di loro hanno una situazione di vita difficile, ma stanno cercando di migliorarla. Ho visto e ascoltato testimonianze di fede molto forti e ho appreso non solo l'onesta lotta interiore di alcuni di loro con se stessi, ma anche le loro aspirazioni a migliorare la posizione delle persone omosessuali e transgender nella nostra società e nelle nostre comunità religiose cristiane. Sono rimasto molto commosso da quello che ho sentito e visto lì. E, soprattutto, ho sentito e capito che queste persone sono molto devote al cristianesimo".

Lo stesso papa Francesco è un simpatizzante LGBT di lunga data. Già nel 2013, subito dopo l'ascesa al trono, disse: "Se questa (l'omosessualità, ndc) è una condizione umana, ma chi la vive ha buona volontà e cerca Dio – chi siamo noi per giudicare?" E nel 2018 il papa ha ricevuto in Vaticano il dichiaratamente omosessuale Juan Carlos Cruz e, secondo la CNN, gli ha parlato del suo orientamento sessuale: "Sai, Juan Carlos, non importa. Dio ti ha fatto così, Dio ti ama così. Papà ti ama così, e tu devi amare te stesso e non prestare attenzione a quello che dice la gente".

Nell'ottobre 2020, il papa ha chiesto apertamente la legalizzazione delle unioni omosessuali nel quadro giuridico degli Stati.

Ma il 15 marzo 2021, la Congregazione vaticana per la Dottrina della Fede ha deciso che non è consentito benedire "relazioni o anche unioni stabili che implicano pratiche sessuali al di fuori del matrimonio" tra un uomo e una donna. I matrimoni gay non possono "diventare oggetto di benedizione ecclesiastica" perché non sono in accordo con il piano del Creatore. Nonostante questa decisione fosse firmata anche da papa Francesco, si è sparsa la voce insistente che su questo tema la Congregazione per la Dottrina della Fede fosse contraria al parere del pontefice.

La reazione a questa decisione ha rivelato chiaramente la polarità delle posizioni del cattolicesimo sulla questione LGBT. I liberali cattolici l'hanno respinta con decisione e con aria di sfida. In Austria, l'Iniziativa dei pastori cattolici, che conta 350 membri, ha proclamato la cosiddetta Chiamata alla disobbedienza 2.0, in cui dichiarava categoricamente: "Continueremo a benedire le coppie dello stesso sesso!" In Germania, più di 2.600 sacerdoti e parrocchiani hanno firmato per benedire i matrimoni gay e il capo della Conferenza episcopale, Georg Betzing, ha affermato che il Vaticano si sta "chiudendo al progresso" e che le "pratiche pastorali" ignoreranno il divieto di benedire le unioni LGBT. Il vescovo di Essen Franz-Josef Overbeck ha affermato che "continuerà a prestare attenzione a tutte le persone della sua cura pastorale, se lo chiederanno, indipendentemente dalla situazione della vita". Ulrich von Plettenberg, vicario della diocesi di Treviri, ha definito la decisione della Congregazione "confusa e persino orribile" e ha affermato che "i danni causati da questo nuovo intervento romano sono enormi".

Negli Stati Uniti, l'adesione alla dichiarazione di sostegno alle persone LGBT sta guadagnando slancio. Già più di 14 vescovi cattolici in America, tra cui un cardinale, oltre a più di 150 organizzazioni religiose, scuole e parrocchie hanno aderito a questa dichiarazione. La dichiarazione recita in parte: 'Cogliamo l'occasione per dire ai nostri amici LGBT, in particolare ai giovani, che vi sosteniamo e ci opponiamo a qualsiasi forma di violenza, intimidazione o molestia diretta contro di voi. Prima di tutto, sappiate che Dio vi ha creati, Dio vi ama e Dio è dalla vostra parte".

Allo stesso tempo, non tutti i cattolici sono d'accordo con questa posizione. Anche quando papa Francesco si è espresso a favore della legalizzazione del matrimonio gay, l'autore dell'edizione cattolica americana del National Catholic Register, Edward Pentin, ha scritto che "questa potrebbe essere l'ultima goccia per quei cattolici che erano sempre più insoddisfatti della posizione del papa, che può essere interpretata in modi diversi. Coloro che vanno in chiesa e prendono sul serio la loro fede sono indignati da queste parole. Trovano difficile credere che il papa stia esprimendo parole che minano direttamente l'insegnamento della Chiesa".

In Germania, in risposta alle dichiarazioni di Georg Betzing e di altri vescovi a sostegno delle persone LGBT, i rappresentanti della pubblicazione per i sacerdoti parrocchiali cattolici CommunioVeritatis.de hanno pubblicato un appello il 13 maggio 2021, in cui accusavano Betzing e vescovi affini di eresia. Hanno espresso la loro opposizione alla legalizzazione della sodomia, che viene promossa nell'ambito del Percorso sinodale, e hanno affermato che i vescovi LGBT stanno "conducendo la Chiesa all'inferno". "State facendo l'opera dei lupi. State lacerando il corpo di Cristo, trascurando la Parola di Dio e falsificando l'insegnamento della sua Chiesa", hanno affermato.

L'organizzazione cattolica Christen AfD-Nord ha chiesto al vescovo Felix Genn di Münster di fermare la propaganda LGBT presso la scuola cattolica privata Ludgerus. In una dichiarazione corrispondente, si diceva: "Studenti e genitori sono fuorviati dal corpo docente, che afferma che il gender e la relativa ideologia LGBT sono compatibili con l'immagine cristiana di una persona e con la fede della Chiesa". I rappresentanti di Christen AfD-Nord hanno chiesto " per il bene dei nostri figli di tornare indietro e lasciare il sentiero della distruzione, <...> ed espellere la 'pedagogia della diversità sessuale' pedofila dalle scuole cattoliche".

Si può anche ricordare come alcune organizzazioni cattoliche in Italia, Francia e Stati Uniti, così come i vescovi, abbiano protestato quando le autorità laiche di questi paesi hanno approvato leggi per legalizzare il matrimonio gay.

Va notato qui che le voci dei sostenitori del tradizionale punto di vista cattolico sulla sodomia sono molto più silenziose di quelle dei sostenitori della riforma dottrinale su questo tema. Ciò si spiega non con il fatto che i conservatori sono in inferiorità numerica rispetto ai liberali, ma con il fatto che i liberali sono molto più "stridenti", e anche che i media sono molto più favorevoli ai sostenitori LGBT e comunicano più attivamente la loro posizione ai masse.

Perché il 2023?

Va tenuto presente che l'ordine del giorno delle riunioni del Sinodo è stilato dal pontefice, ed è tutt'altro che certo che papa Francesco porti proprio al Sinodo del 2023 la questione dell'atteggiamento del Cattolicesimo nei confronti delle persone LGBT può essere sollevata in una riunione speciale del Sinodo poco prima o poco dopo il 2023 o può non essere sollevata affatto. Ma da un lato, il Sinodo del 2023 è molto conveniente per esaudire il desiderio del capo del Vaticano di fare qualcosa di significativo per migliorare la vita dei sodomiti. Il fatto che tale desiderio esista è testimoniato dalle ripetute dichiarazioni e azioni di papa Francesco.

Ma allo stesso tempo, il papa non può non fare i conti con la posizione dei sostenitori dei valori tradizionali nella Chiesa cattolica e, in particolare, nella Congregazione per la Dottrina della Fede. Ci sono ancora abbastanza sostenitori di questi valori e occupano molti posti di responsabilità nella struttura amministrativa del Vaticano nonostante il fatto che papa Francesco stia perseguendo una politica coerente di sostituzione con persone del campo liberale a lui fedeli. Inoltre, è necessario ricordare che il Sinodo dei Vescovi non obbedisce in alcun modo alla Curia romana con le sue congregazioni, e il papa può utilizzare questo organismo per portare avanti i suoi piani. Inoltre, l'innovazione nella preparazione del Sinodo, ovvero l'aumento del ruolo delle cosiddette Chiese cattoliche locali, consente al papa e agli altri sostenitori LGBT di sperare che l'opinione dei sostenitori LGBT al Sinodo sia maggiore, o che la loro voce risuoni più forte.

D'altra parte, l'intransigenza con cui si oppongono sostenitori e oppositori del riconoscimento LGBT da parte del Vaticano, fa temere che il loro scontro al Sinodo del 2023 o qualche altro possa portare a un vero scisma tra i cattolici. E la Chiesa cattolica ha una ricca esperienza storica di scismi. Gli storici contano più di 40 antipapi solo nel Medioevo. Questi antipapi a volte rappresentavano parti molto significative della Chiesa romana e si consideravano veri papi, e trattavano i loro avversari, di conseguenza, con il prefisso "anti". Chi di loro fosse riconosciuto dalla storia come papa e chi fosse un antipapa fu deciso alla fine dalla vittoria (a volte anche militare) di uno di loro, piuttosto che dai canoni ecclesiastici, dalla legge della giustizia o dalla santità personale. Per esempio, il santo ieromartire Ippolito di Roma, autore dei famosi trattati "Su Cristo e l'Anticristo", "Confutazione di tutte le eresie" e altri, è considerato uno dei primi antipapi.

Nel solo ventesimo secolo, abbiamo visto ben sette antipapi, che, ovviamente, erano lontani dall'avere un'influenza simile a quella degli antipapi medievali.

Pertanto, per quanto improbabile possa sembrare a qualcuno lo scenario di uno scisma della Chiesa cattolica sulla questione delle persone LGBT, tale possibilità esiste davvero, e il 2023 deve essere riconosciuto proprio come il momento più "favorevole" per questo.

Cosa c'entra l'Ortodossia con questo?

Un possibile scisma del cattolicesimo avrà l'impatto più diretto sulla Chiesa ortodossa. Sfortunatamente, c'è già uno scisma nell'Ortodossia o, per dirla in modo più diplomatico, una divisione. Le Chiese locali sono divise sulla questione del riconoscere o non riconoscere la "Chiesa ortodossa dell'Ucraina", e se si guarda ancora più a fondo, allora sulla questione del riconoscere o non riconoscere la supremazia del Patriarcato di Costantinopoli su tutta l'Ortodossia. In alcune Chiese locali che hanno riconosciuto la "Chiesa ortodossa dell'Ucraina", ci sono vescovi che sono fermamente contrari, cioè si può parlare anche di uno scisma all'interno di queste Chiese. Certo, c'è speranza che lo scisma esistente venga sanato in modo sicuro, ma c'è anche motivo di credere che tutto sarà esattamente l'opposto: il Fanar non rinuncerà più alle sue delusioni, e la maggioranza delle Chiese locali non accetterà di avallare queste illusioni. Alla fine, la questione – chi è il capo diretto della Chiesa, il Signore Gesù Cristo o il Patriarca di Costantinopoli – non può essere compromessa allo stesso modo della questione della "benedizione" ecclesiastica al "matrimonio" dei sodomiti.

Tuttavia, la lealtà al Patriarcato di Costantinopoli e il riconoscimento della sua supremazia si estendono non solo alla questione ucraina, ma in generale a tutte le azioni e all'intera politica del Fanar, che include anche un potente desiderio di unirsi alla Chiesa cattolica romana. E quelle Chiese locali o vescovi che non accettano di cambiare l'insegnamento ortodosso sulla Chiesa né di riconoscere i poteri esclusivi del Fanar, per la maggior parte, risultano essere i principali oppositori dell'ecumenismo e del riavvicinamento con i latini.

Pertanto, gli scismi (sia reali nell'Ortodossia che potenziali nel cattolicesimo) contribuiscono all'emergere di gruppi ortodossi e cattolici che non avranno più oppositori interni sulla questione dell'unificazione. Questi avversari rimarranno dall'altra parte dello scisma. In altre parole, i simpatizzanti LGBT nel Cattolicesimo e i simpatizzanti del Fanar nell'Ortodossia saranno in grado di unirsi in un'unica organizzazione religiosa e proclamarsi "la vera Chiesa".

C'è ancora una domanda che deve essere chiarita: come Chiese locali quali la Grecia, Cipro, Alessandria, che nel recente passato avevano una reputazione di pilastri dell'Ortodossia, accetteranno di unirsi a quella parte della Chiesa cattolica romana che riconosce i sodomiti e "benedice" i loro "matrimoni"? Qui si dovrebbe tenere conto di quanto segue: sia l'ideologia del riconoscimento LGBT che l'ideologia del riconoscimento della supremazia del Fanar (nella forma del riconoscimento della "Chiesa ortodossa dell'Ucraina") sono ideologie che non sono nate dalle profondità della vita stessa della Chiesa, ma vi sono state portate dal mondo della grande politica. In altre parole, i potenti di questo mondo hanno avviato sia il sostegno alle persone LGBT da parte di una parte significativa del clero cattolico, sia il sostegno al progetto della "Chiesa ortodossa dell'Ucraina" tra le Chiese ortodosse. Ricordiamo che l'ex segretario di Stato americano Mike Pompeo lo ha affermato direttamente nel suo account Twitter: "Mi sono assicurato che gli Stati Uniti appoggiassero il riconoscimento internazionale della Chiesa ortodossa dell'Ucraina..."

Epilogo

Riflettendo sulle prospettive piuttosto fosche descritte sopra, vorrei solo esclamare: "Che non sia mai così! Che tutto rimanga lo stesso, che l'Ortodossia diventi di nuovo una cosa sola, e che il Cattolicesimo viva la sua vita e stia lontano da noi" Forse sarà così, ma potremmo dover passare attraverso una robusta prova della nostra stessa fede, della nostra stessa lealtà. al Vangelo. Dopotutto, gli insegnamenti di Gesù Cristo contraddicono molto chiaramente il mainstream moderno con il suo riconoscimento delle persone LGBT, l'ideologia del gender e così via. Dietro questo mainstream ci sono potere e denaro, opinione pubblica e leggi statali. In questo caso, è utile ricordare come il Signore Gesù Cristo, ferito, umiliato e rifiutato dal popolo, fu condotto a una vergognosa esecuzione. Tutto era anche allora contro di lui: forza, potere, denaro, opinione pubblica... Eppure lui è l'unico esempio da seguire.

 
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