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La guarigione dello scisma macedone e la situazione ucraina

sotto la guida del patriarca Porfirije, è stato sanato lo scisma macedone. Foto: Unione dei giornalisti ortodossi

Il tema del riconoscimento della Chiesa macedone da parte del Fanar ha ricevuto una sua inaspettata continuazione: la Chiesa ortodossa serba ha annunciato la guarigione dello scisma.

Il 16 maggio 2022 il Santo Sinodo del Patriarcato serbo ha annunciato la guarigione dello scisma macedone e il ripristino dell'unità con la Chiesa macedone.

screenshot del sito ufficiale della Chiesa ortodossa serba

I punti chiave del comunicato sono i seguenti:

  1. La Chiesa macedone torna all'interno del Patriarcato serbo al suo status di autonomia, che le era stato concesso nel 1959.

  2. La piena comunione canonica ed eucaristica è ripristinata tra la Chiesa serba e quella macedone.

  3. Lo status di autonomia è solo una tappa sulla strada verso lo status di autocefalia completa, che è "non solo possibile, ma anche utile, legittima e realistica".

La futura autocefalia della Chiesa macedone sembra essere una questione risolta, poiché il Comunicato contiene l'espressione "nuova Chiesa sorella", che viene utilizzata nel contesto della futura Chiesa ortodossa macedone. La tesi dello status autonomo di per sé si articola in più sottoparagrafi:

In primo luogo, si proclama che la Chiesa sarà guidata solo dalle proprie considerazioni ecclesiastiche, piuttosto che da esigenze geopolitiche. Letteralmente, suona così: "La Chiesa ortodossa serba sarà guidata solo ed esclusivamente da principi, criteri e norme ecclesiastico-canoniche ed ecclesiastico-pastorali, senza preoccuparsi di 'realpolitik', di 'geopolitica', di 'politica ecclesiastica' e di altri considerazioni e non consentirà l'influenza o la pressione di qualcun altro".

Cosa nascondono queste considerazioni? È ovvio che le considerazioni di "realpolitik" e di "geopolitica" non sono altro che la posizione delle autorità della Macedonia del Nord e gli intrighi di Fanar, mentre la "politica ecclesiastica" sono le pretese del Patriarcato di Costantinopoli al primato nell'Ortodossia. In questo caso, le pretese si esprimono nell'affermazione che solo il Fanar e nessun altro può concedere l'autocefalia.

In secondo luogo, la Chiesa ortodossa macedone autocefala (in futuro) non sarà limitata né nelle sue attività all'interno della Macedonia del Nord né nel servire le parrocchie macedoni all'estero. Ciò contrasta nettamente con la "autocefalia" proposta dal Fanar: tutte le parrocchie e i monasteri stranieri passano alla giurisdizione dei fanarioti e all'interno dello stato macedone si può formare una sorta di stavropegia, direttamente subordinata al Fanar.

In terzo luogo, la Chiesa macedone deve risolvere da sola la questione del suo nome con la Chiesa greca e altre Chiese locali. Ricordiamo che i greci reagiscono con molto zelo a qualsiasi menzione della parola "Macedonia", sia nel nome dello Stato limitrofo che nel nome della Chiesa. Alcuni anni fa, la Macedonia ha dovuto cambiare nome in Macedonia del Nord sotto la pressione della Grecia. Nella citata decisione del Sinodo della Chiesa di Costantinopoli, la Chiesa ortodossa macedone è stata riconosciuta con il nome di "Chiesa di Ohrid". Il Patriarcato serbo ha chiarito che avrebbe accettato qualsiasi nome adottato dalla Chiesa ortodossa macedone a seguito dei propri negoziati con tutte le parti interessate. A proposito, sul suo sito web ufficiale, la Chiesa ortodossa macedone si autodefinisce "Chiesa ortodossa macedone – Arcidiocesi di Ohrid".

Lotta per lo status di "Chiesa madre"

La guarigione dello scisma macedone è stata preceduta da alcuni eventi in cui tutto si è sviluppato alla velocità della luce.

Il 9 maggio 2022 il Sinodo del Patriarcato di Costantinopoli ha riconosciuto la Chiesa macedone, affermando di aver "curato la ferita dello scisma" e ha invitato la Chiesa serba a risolvere alcune "questioni amministrative" con i macedoni. Pochi giorni prima, il 6 maggio 2022, il vescovo Fotije di Zvornic e Tuzla (Chiesa ortodossa serba) aveva riferito che all'inizio di maggio i rappresentanti delle Chiese serba e macedone hanno tenuto negoziati a Niš e vi ha partecipato il patriarca Porfirije. Queste sono state le prime trattative dopo una lunga pausa. Tale attività non era allora del tutto chiara: o il Fanar ha deciso di giocare d'anticipo, oppure, al contrario, i vescovi serbi hanno deciso di fare concessioni ai macedoni, non volendo ripetere lo scenario del tipo "Chiesa ortodossa dell'Ucraina", che i fanarioti avevano già inventato.

Ora la situazione è completamente chiara. Àil Fanar è stato informato dell'imminente guarigione dello scisma macedone all'interno della Chiesa ortodossa serba e ha deciso di prendere l'iniziativa all'ultimo momento, garantendo la pseudo-autocefalia della Chiesa macedone dalle proprie mani. In particolare, sia detto a merito dei macedoni, questi non hanno ceduto alla provocazione e hanno continuato i negoziati con la Chiesa ortodossa serba, che si sono conclusi con il Sinodo della Chiesa ortodossa macedone che ha inviato un atto alla Chiesa serba, per cui la Chiesa ortodossa macedone ritorna nel Patriarcato serbo nello stato della più ampia autonomia possibile.

In generale, gli eventi intorno alla guarigione dello scisma macedone, e in particolare le azioni del Fanar, indicano che c'è una seria lotta nell'Ortodossia sulla questione della concessione dell'autocefalia a quelle strutture ecclesiastiche che desiderano ricevere tale status. Il buon senso suggerisce che l'autocefalia sia concessa dalla Chiesa locale, che incorpora una struttura ecclesiastica (una Chiesa autonoma, un distretto metropolitano o semplicemente un insieme di diocesi) che cercano l'autocefalia. Tuttavia, il Patriarcato di Costantinopoli si oppone fermamente a questo ordine, perché mette in discussione il concetto della posizione esclusiva del Fanar nell'Ortodossia, che i fanarioti spingono avanti ormai da cento anni.

Ricordiamo che il corpus esistente delle norme canoniche della Chiesa non contiene norme che regolano la procedura per la concessione dell'autocefalia. Discutendo questa procedura in preparazione al Concilio di Creta del 2016, tutte le Chiese locali sono giunte alla conclusione che l'autocefalia dovrebbe essere concessa con il consenso della Chiesa, inclusa la struttura che desidera ricevere l'autocefalia. Inoltre, questo atto dovrebbe essere riconosciuto da tutte le altre Chiese. Tuttavia, questo problema si è bloccato a causa delle controversie riguardanti le firme nel Tomos d'autocefalia e alla fine il tema è stato rimosso dall'ordine del giorno del Concilio di Creta.

Secondo il concetto fanariota di "primo senza eguali", la concessione dell'autocefalia dovrebbe includere i seguenti elementi.

In primo luogo, solo il Patriarcato di Costantinopoli può essere la "Chiesa madre", cioè concedere l'autocefalia a qualsiasi struttura, indipendentemente dalla Chiesa locale di appartenenza. Chiunque può avviare l'autocefalia, ma l'atto costitutivo, che, di fatto, è alla base dello status di autocefalia, può essere emesso solo dal Fanar.

In secondo luogo, tutte le Chiese locali, ad eccezione del Patriarcato di Costantinopoli, possono svolgere la loro attività rigorosamente entro i confini statali dei paesi in cui sono ubicate. Tutte le diaspore straniere di qualsiasi origine dovrebbero essere subordinate solo al Fanar. Per esempio, nel Tomos della "Chiesa ortodossa dell'Ucraina", è scritto nero su bianco che tutte le parrocchie ucraine in tutti i paesi, con l'eccezione dell'Ucraina, devono passare sotto la giurisdizione di Costantinopoli. Il Fanar ha cercato di imporre lo stesso ordine alla Chiesa macedone. Dopotutto, i macedoni hanno circa 800 parrocchie nella loro diaspora, che è un numero molto elevato!

In terzo luogo, il Fanar considera tutte le autocefalie di nuova creazione come autocefalie di seconda classe e dipendenti da esso. Considera se stesso come "il primo senza eguali" e le Chiese di Gerusalemme, Alessandria e Antiochia come autocefalie di prima classe dato che un tempo facevano parte del sistema della Pentarchia. L'esclusività del Fanar si manifesta nel diritto di convocare riunioni panortodosse, nel diritto a un processo finale, nel diritto di interferire negli affari interni di altre Chiese locali, e così via. Inoltre, le Chiese autocefale di nuova creazione, secondo il Fanar, dovrebbero commemorare il Patriarca di Costantinopoli come loro capo e ricorrere a lui su questioni importanti.

Macedonia e situazione ucraina: un esempio da seguire?

Il precedente di sanare lo scisma macedone solleva una domanda naturale: è possibile risolvere lo scisma ecclesiastico in Ucraina secondo questo schema? Per rispondere a questa domanda, è necessario prestare attenzione alla differenza tra queste situazioni.

La differenza più significativa è che quasi l'intero "episcopato" della "Chiesa ortodossa dell'Ucraina" è costituito da persone che sono state ordinate da persone senza alcun grado episcopale. Epifanij Dumenko, Evstratij Zorja, Mikhail Zinkevich e molti altri sono stati "ordinati" da Mikhail Antonovich Denisenko (Filaret), l'ex metropolita di Kiev. Ma al tempo di queste "consacrazioni", Filaret non solo non era un vescovo, ma non era nemmeno un membro della Chiesa ortodossa, poiché era sotto anatema. Il suo status di anatemizzato era stato riconosciuto da tutte le Chiese locali, compreso il Patriarcato di Costantinopoli. L'ex capo della "Chiesa ortodossa autocefala ucraina" Makarij Maletich non è mai stato nemmeno vescovo: ha lasciato la Chiesa canonica nella condizione di sacerdote.

Pertanto, l'effettiva assenza di consacrazioni nell'"episcopato" della "Chiesa ortodossa dell'Ucraina" è il principale ostacolo non solo all'unificazione con questa struttura, ma anche al suo riconoscimento da parte delle Chiese ortodosse locali, come hanno più volte affermato i loro primati.

A differenza della "Chiesa ortodossa dell'Ucraina", nella Chiesa macedone c'è la successione apostolica; la sua intera gerarchia è legittima, sebbene in isolamento canonico. Il Concilio della Chiesa serba nel 1967 ha affermato che la gerarchia della Chiesa ortodossa macedone "si era separata arbitrariamente e non canonicamente dalla sua Chiesa madre per stabilire un'organizzazione scismatica", motivo per cui la Chiesa ortodossa serba ha deciso di rompere la comunione canonica con la gerarchia macedone. L'anno successivo, nel 1968, il Sinodo della Chiesa ortodossa serba ha portato i vescovi macedoni davanti a un tribunale ecclesiastico, ma il procedimento è stato sospeso nel 1970 e, secondo quanto riferito, non è stato ripreso. Durante tutti i negoziati tra Chiesa ortodossa serba e Chiesa ortodossa macedone, la questione della non canonicità delle consacrazioni dei vescovi macedoni non è mai stata sollevata.

Presumibilmente, la Chiesa ortodossa ucraina potrebbe accettare negoziati di unificazione con la "Chiesa ortodossa dell'Ucraina", subordinati alla ri-ordinazione del suo "clero" da parte di vescovi canonici. Tuttavia, in primo luogo, questo è improbabile e, in secondo luogo, è inopportuno.

È improbabile perché né la "Chiesa ortodossa dell'Ucraina" né il Patriarcato di Costantinopoli saranno d'accordo su questo, e qualunque cosa si possa dire, il Patriarcato di Costantinopoli è la massima autorità per la "Chiesa ortodossa dell'Ucraina". In caso di riordinazione, i "vescovi" della "Chiesa ortodossa dell'Ucraina" dovranno ammettere davanti ai loro credenti di aver offerto loro sacramenti invalidi per tutto questo tempo, mentre i Fanarioti dovranno rendere conto di come hanno potuto concelebrare la Divina Liturgia con la persone che non hanno alcuna ordinazione valida.

Tuttavia, è molto più importante che i vertici della "Chiesa ortodossa dell'Ucraina" dichiarino la volontà di unirsi ai cattolici ucraini di rito ortodosso, cioè di andare effettivamente verso un'unia. Per esempio, l'autorevole "vescovo" della "Chiesa ortodossa dell'Ucraina", il "metropolita" Mikhail Zinkevich di Lutsk e Volinian, ha affermato nell'ottobre 2021: "Vogliamo vedere una Chiesa unita, dove non ci sarà né il Patriarcato di Mosca, né i greco-cattolici , e non ci sarà la "Chiesa ortodossa dell'Ucraina", ma ci sarà una grande Chiesa ucraina". Nel marzo 2022, ha confermato il suo desiderio di unirsi ai greco-cattolici, dicendo che era stato anticipato dalla "Chiesa ortodossa dell'Ucraina" un altro Tomos per un'unica "chiesa" che includesse tutte le denominazioni ortodosse e uniate. Il capo della "Chiesa ortodossa dell'Ucraina", Sergej (Epifanij) Dumenko, ha dichiarato nel 2019 che la chiave per unire la "Chiesa ortodossa dell'Ucraina" e la Chiesa greco-cattolica ucraina non risiede a Kiev, ma a Roma e a Costantinopoli.

Nello stesso 2019, in un'intervista alla BBC dell'11 gennaio, l'arcivescovo del Fanar Daniil (Zelinskij) ha detto: "la creazione della Chiesa ortodossa dell'Ucraina è un certo prerequisito per il dialogo tra la Chiesa ortodossa e la Chiesa greco-cattolica e la ricerca di strade per comprendersi". Inoltre, in risposta a una domanda chiarificatrice di un corrispondente della BBC sulla possibilità di unire la "Chiesa ortodossa dell'Ucraina" agli uniati, Zelinskij ha detto direttamente e senza mezzi termini: "Sono sicuro che questo sia del tutto possibile".

Anche gli uniati si tengono al passo con tale retorica. Ad esempio, il metropolita uniate Boris Gudzjak ha affermato: "In pratica, dobbiamo muoverci verso questa unità (tra "Chiesa ortodossa dell'Ucraina" e Chiesa greco-cattolica ucraina, ndc). Questa è la cosa reale, non teorie altissime. Sua Beatitudine Svjatoslav si è espresso in modo molto chiaro e gioioso con il suo sostegno, dicendo che stiamo tendendo una mano fraterna per camminare insieme verso questa unità". Ivan Datsko, presidente dell'Istituto di studi ecumenici dell'Università cattolica ucraina, ha anche ha precisato i tempi di tale unione: "Vorrei che potessimo ripristinare la piena comunione tra la Chiesa cattolica e quella ortodossa al 25° anno. Questo è il nostro obiettivo principale", e ha aggiunto che dovrebbe essere attuato in Ucraina. Si può leggere di più sui passi verso l'unificazione nell'articolo "Chiesa ortodossa dell'Ucraina" e Chiesa greco-cattolica ucraina: 7 passi verso una nuova unia.

Pertanto, quando si discute di una possibile fusione con la "Chiesa ortodossa dell'Ucraina", bisogna porsi la domanda: perché? Unirsi per tradire l'Ortodossia insieme alla "Chiesa ortodossa dell'Ucraina" e poi procedere a un'unia? O, in caso di tale più che probabile unia, essere nuovamente divisi?

* * *

Dovremmo rallegrarci per i nostri fratelli serbi e macedoni che sono riusciti a sanare lo scisma. Tuttavia, non è appropriato tracciare un parallelo con la situazione ucraina: qui è tutto molto più complicato. Inoltre, dal punto di vista della logica umana, la situazione dell'unificazione degli ortodossi ucraini è quasi senza speranza. Tuttavia, come disse Cristo agli apostoli: "Ciò che è impossibile all'uomo, è possibile a Dio" (Lc 18:27).

 
Arcivescovo Mark (Arndt): sul monachesimo contemporaneo

Kristina Poljakova ha intervistato per Pravoslavie.ru, l’arcivescovo Mark (Arndt) di Berlino, Germania e Gran Bretagna, su vari temi della vita monastica. Vladyka Mark, che ha vissuto in monasteri in Serbia e sul Monte Athos, ha la cura dei monasteri della ROCOR a Gerusalemme ed è egli stesso abate di un monastero in Germania, è molto competente a rispondere alle domande sulle particolarità della vita monastica in diversi paesi, e sulle difficoltà odierne d intraprendere il cammino monastico. Presentiamo l’intervista nell’originale russo e in traduzione italiana nella sezione “Figure dell’Ortodossia contemporanea” dei documenti.

 
Chiesa ortodossa ucraina e autocefalia: ne abbiamo bisogno o no?

la Chiesa ortodossa ucraina sta attendendo un incontro di vescovi, sacerdoti e laici. Foto: Unione dei giornalisti ortodossi

L'incontro dei vescovi, sacerdoti e laici della Chiesa ortodossa ucraina discuterà dello stato futuro della Chiesa. Presentiamo le posizioni dei sostenitori e degli oppositori dell'autocefalia.

Il 12 maggio 2022 il Santo Sinodo della Chiesa ortodossa ucraina nel suo comunicato ha annunciato la convocazione di una riunione di vescovi, sacerdoti e laici. Gli ambienti ecclesiastici hanno immediatamente affermato che vi sarà considerata la questione dello status di autocefalia della Chiesa ortodossa ucraina. Presto scopriremo se è vero o no. Ma ora vorremmo discutere le posizioni e le argomentazioni dei sostenitori e degli oppositori dell'autocefalia. Oggi possiamo vedere che i sostenitori sono i più attivi e che i loro avversari sono per lo più silenziosi. Ma questo significa che non hanno niente da dire? Cerchiamo di capire il problema e soppesare i pro e i contro.

Pro e contro: chi ha ragione?

Oggi il tema dell'autocefalia o della piena indipendenza della Chiesa ortodossa ucraina è ciò a cui si riducono la maggior parte delle conversazioni nella Chiesa, sulla Chiesa e al di fuori della Chiesa. L'autocefalia è considerata l'unica via d'uscita dalla situazione in cui si è trovata la Chiesa canonica dopo l'inizio della guerra della Federazione Russa contro l'Ucraina.

Le argomentazioni dei sostenitori dell'autocefalia della Chiesa ortodossa ucraina sono note e, in linea di principio, del tutto giustificate: il divieto dell'attività della nostra Chiesa in molte regioni del Paese, l'opera di distruzione delle nostre diocesi nell'ovest dell'Ucraina, il diffuso sequestro di chiese da parte della "Chiesa ortodossa dell'Ucraina", la minaccia di un bando totale da parte delle autorità e, soprattutto, l'atteggiamento negativo generale nei confronti della nostra Chiesa nella società. Possiamo vedere che tutti questi fenomeni stanno solo guadagnando terreno ed è ovvio che vi dobbiamo rispondere.

Ma la posizione dei sostenitori dell'attuale stato della Chiesa ortodossa ucraina resta molto convincente (per quelli che frequentano le chiese): i credenti non vogliono esperimenti. Devono essere sicuri che nella chiesa dove si recano per il culto, i sacramenti ecclesiali rimarranno sacramenti ecclesiali: confessione, comunione, battesimo, ecc.

L'autocefalia è concessa dalla Chiesa madre; nel caso della Chiesa ortodossa ucraina, questa è la Chiesa russa. È positivo che tale consenso venga ricevuto. E se no?

Sì, molti "autocefalisti" portano esempi di quando le Chiese locali, annunciando un'autocefalia auto-proclamata, sono rimaste per qualche tempo in isolamento, e poi sono state comunque riconosciute. L'esempio più recente è quello della Chiesa macedone. Ma quanti di noi sono disposti a rimanere in questo stato per mezzo secolo (come i macedoni, per esempio) solo perché l'attuale situazione politica lo richiede?

Immaginiamo che non siano in molti. Ecco perché la Chiesa ortodossa ucraina si trova ora ad affrontare un compito molto difficile: preservare il suo status canonico (canonico, nel senso più letterale) e allo stesso tempo fermare (o ridurre al minimo) l'effettiva persecuzione, che sta peggiorando sempre più.

Nessuno probabilmente conosce la ricetta esatta per raggiungere questo obiettivo.

Ora la Chiesa ortodossa ucraina, infatti, può essere minacciata da uno scisma in due sensi:

  • un'uscita dal campo canonico dell'Ortodossia;

  • una rottura della sua unità strutturale e territoriale.

Pertanto, nella prossima riunione dell'episcopato, del clero e dei laici (che nella sua composizione è più simile a un Concilio locale), occorre considerare attentamente ogni decisione e certamente ascoltare ogni punto di vista.

Pro e contro: chi è più forte, chi è più numeroso?

La Chiesa è un territorio di libertà. In generale, tutto il mondo creato da Dio è nato perché Dio è amore, e l'amore senza libertà è impossibile. Per questo la Chiesa deve essere estranea a tutti gli strumenti e gli elementi di coercizione. Noi, come figli della Chiesa, possiamo e dobbiamo discutere varie questioni che ci causano apprensione, perplessità o incomprensione. L'apostolo Paolo dice: "Senza dubbio ci devono essere differenze tra voi per mostrare chi di voi ha l'approvazione di Dio" (1 Cor 11:19), ma purtroppo molto spesso i cristiani ortodossi non sentono queste parole. Soprattutto quando le emozioni prevalgono sulla ragione.

Al giorno d'oggi sentiamo in modo molto forte le voci dei sostenitori dell'autocefalia. Questi scrivono messaggi agli "antichi patriarcati" chiedendo un processo al patriarca Kirill, votano in modo anonimo a favore dell'autocefalia, dicendo costantemente che è necessaria e chiedendo letteralmente che il clero risolva immediatamente la questione.

Naturalmente, queste persone hanno diritto alla loro opinione, possono e devono esprimerla. Ma coloro che non sono d'accordo con loro hanno esattamente lo stesso diritto. Possono alzare la voce a sostegno dello status che la Chiesa ortodossa ucraina ha ora? È molto difficile per loro farlo. Qualsiasi tentativo di spiegare la loro posizione sarà inevitabilmente accolto con accuse di simpatia per il "mondo russo", per la Federazione Russa, per Putin personalmente, ecc. Ecco perché ora per lo più tacciono. Significa che non ci sono persone del genere nella Chiesa ortodossa ucraina? No, non è così.

Sì, gli "autocefalisti" regnano sui social network, in tutti i tipi di appelli e interviste, ora formano l'ordine del giorno dei media. Ma non si può essere guidati da questo nelle decisioni della Chiesa. Ed è del tutto possibile che gli oppositori dell'autocefalia saranno la "voce della maggioranza silenziosa" nella Chiesa ortodossa ucraina.

Acquisisci lo Spirito di pace...

Sfortunatamente, il modo in cui agiscono gli "autocefalisti" solleva molte questioni. In parole povere, questo non è proprio ciò che ci si aspetta dai credenti ortodossi. Molto spesso queste persone (compresi i sacerdoti) sono semplicemente scioccanti con la loro aggressività e maleducazione nel promuovere il proprio punto di vista. Più di una volta, ho assistito a come una conversazione sull'autocefalia tra sacerdoti della Chiesa ortodossa ucraina si sia ridotta a insulti e regolamenti di conti personali. Non guardano le loro parole o l'emozione delle loro affermazioni.

Le cose possono essere piuttosto tristi sui social network. Per esempio, ci sono pastori che si permettono di pubblicare caricature disgustose del patriarca Kirill e lo insultano con parole oscene. Si fanno beffe anche del vicario della Lavra delle Grotte di Kiev e chiedono letteralmente ai vescovi di "decidere se stanno con l'Ucraina o con Putin" (e se stanno con Cristo?, ndc). Spesso le loro affermazioni sono molto difficili da distinguere dall'odiosa retorica dei nemici della Chiesa.

Negli incontri e nelle conversazioni faccia a faccia, gli "autocefalisti" spesso non hanno alcun controllo sulle parolacce rivolte alla Chiesa ortodossa russa, alla gerarchia della Chiesa ortodossa ucraina o ai loro fratelli di fede che hanno un'opinione diversa. Emozioni, aggressività, accensioni di futili litigi : ecco l'atmosfera in cui si "discutono" ora le questioni pressanti dell'esistenza della Chiesa.

E qui dobbiamo ricordare a questi pastori che i cristiani sono persone di pace. Sì, ora c'è la guerra. Ma i sacerdoti non devono difendere la verità o la propria rettitudine gridando, aggredendo e imprecando. E tutto ciò che sta succedendo oggi tra molti "autocefalisti" (almeno quelli che sono "in vista"), purtroppo, è caratterizzato da una mancanza di pace. Ma Serafino di Sarov non ha detto per niente la frase: "Acquisisci lo Spirito di pace e mille anime intorno a te saranno salvate". Uno spirito pacifico per un sacerdote non è nemmeno un desiderio, è un suo dovere professionale, altrimenti non potrebbe guidare il suo gregge nella giusta direzione.

Sulla responsabilità per la Chiesa

È difficile non notare che molti sostenitori dell'autocefalia della Chiesa ortodossa ucraina pressano letteralmente il primate e i vescovi con richieste di una rottura immediata con la Chiesa ortodossa russa, l'annuncio dell'autocefalia, ecc. Le loro argomentazioni di solito si riducono al seguente: "Dobbiamo andarcene subito via e poi vedremo". E se da ora in poi non vedremo niente di buono, che succederò allora? Dopotutto, la responsabilità del destino della Chiesa spetta a tutto il clero, non ai blogger del clero. Ed è di vitale importanza preservare l'unità della nostra Chiesa, di tutti i suoi fedeli – sia "filo-ucraini" che "filo-russi".

Dobbiamo essere tutti "filo-cristiani" in primo luogo. Abbiamo affrontato insieme molte prove e abbiamo ripetutamente dimostrato la nostra fedeltà a Cristo e alla Chiesa. Ora riceviamo la comunione dallo stesso calice. Possiamo diventare persone che si guardano l'un l'altro attraverso l'oscurità dell'inimicizia piuttosto che attraverso la luce dell'eucaristia? Queste sono le domande che tutti dobbiamo affrontare. Dobbiamo sentirci tutti responsabili della Chiesa perché l'autocefalia non è un "proviamo", è per sempre.

Territori occupati e minacce di occupazione della Lavra

C'è un altro problema nell'acquisizione dell'autocefalia (a parte i problemi canonici e molti altri) – la reazione verso di essa dei fedeli dei territori occupati. Per esempio, le diocesi della Crimea fanno ancora parte della Chiesa ortodossa ucraina. Di fatto, la Chiesa ortodossa ucraina è l'unica struttura in Crimea interamente subordinata all'Ucraina. Queste diocesi rimarranno parte della Chiesa ortodossa ucraina in caso di rottura totale con la Chiesa russa? E anche in tal caso, le autorità russe approveranno questo passo? Lo stesso vale per le repubbliche popolari di Donetsk e Lugansk, e per i territori attualmente occupati: parti del Donbass, Kherson, Melitopol, ecc. I sacerdoti locali saranno autorizzati a decidere liberamente o suggeriranno che devono agire secondo la "linea di partito"?

E in questo senso occorre tornare sul problema della scissione della Chiesa ortodossa ucraina come struttura territoriale unica. Le diocesi orientali volontariamente o per forza (non dimentichiamo il problema dell'occupazione) possono semplicemente aderire direttamente alla Chiesa ortodossa russa. Si possono avere opinioni diverse su questo, ma i fedeli di queste regioni rimarranno comunque nella Chiesa canonica.

Ma nell'ovest e nel centro, le comunità sono trasferite in massa alla "Chiesa ortodossa dell'Ucraina". Le nuvole si stanno accumulando anche sulle Lavre delle Grotte di Kiev e di Pochaev. Il 23 maggio, la struttura sinodale di Sergej Dumenko ha deciso "per superare le conseguenze della subordinazione non canonica di questo monastero alle autorità del Patriarcato di Mosca, di formare all'interno della Chiesa ortodossa dell'Ucraina un'organizzazione religiosa chiamata Lavra della santa Dormizione delle Grotte di Kiev (monastero maschile)" . La "Chiesa ortodossa dell'Ucraina" ha anche chiesto alle autorità di dare loro una delle chiese della Lavra superiore. Ciò significa che è già iniziato un attacco al santuario principale dell'Ortodossia ucraina. Non c'è dubbio che lo stesso destino attende la Lavra di Pochaev.

Pertanto, la Chiesa ortodossa ucraina deve affrontare sfide molto difficili. Come risolverle?

* * *

"Ciò che è impossibile all'uomo, è possibile a Dio" (Lc 18:27) – quante volte ciascuno di noi ha letto queste parole di Cristo? E quante volte abbiamo pensato al loro significato? Probabilmente, non molto spesso. Oggi abbiamo esattamente la situazione in cui queste parole acquisiscono il loro vero significato.

Le decisioni dei concili ecclesiastici sono sempre state prese dalla guida dello Spirito Santo. Ora è il tempo della Provvidenza di Dio per la sua Chiesa in Ucraina.

Questa Provvidenza si manifesta nel fatto che il Signore ha messo alla guida della Chiesa un vero pastore: sua Santità il metropolita Onufrij, che per tutta la vita ha avuto cura della salvezza della sua anima e del gregge a lui affidato. Ci sono molti esempi che dicono che la cura principale di sua Beatitudine è la fedeltà ai santi canoni della Chiesa. Crediamo che ora il metropolita risolverà tutti i nostri dubbi a beneficio della Chiesa ortodossa ucraina e dei suoi fedeli.

 
Жители Славянска исчезли, город заселяется выходцами из западной Украины
antifashist.com, 7 Август 2014 г.
Жители Славянска исчезли, город заселяется выходцами из западной Украины 
В занятом украинскими войсками Славянске практически исчезли местные жители, город заполнен приезжими людьми, которые говорят на чужом наречии и занимают жилье эвакуировавшихся от украинских бомбардировок. Об этом сообщает один из немногочисленных славянцев, который, вняв украинской пропаганде, вернулся в родной город.
Картина, которая предстала перед его глазами, ужаснула мужчину. Он осознал, что информация о том, что жители Славянска вернулись в родные дома, оказалась гнусной ложью.
«Пожалуйста, услышьте нас! В Славянске пропали люди!
Я коренной житель Славянска, живу в нем уже 27 лет. Точнее жил, я уехал из него 3 месяца назад, уже тогда в городе стало опасно. Все это время я жил у родственников в Одессе. Вернуться домой я решил, когда во всех укроСМИ стали говорить о том, что в Славянске все спокойно и уже вернулось 60% населения.
За три месяца моего отсутствия моя квартира осталась нетронутой снарядами от обстрелов хунты и её мародерами. Я уже начал распаковывать вещи как услышал, что кто-то открывает дверь моего соседа по лестничной площадке, думал, что это мой сосед, Сергей Иванович, но дверь открывал какой-то молодой парень. Я спросил у него кто он, а он мне ответил, что сын Сергей Ивановича.
Вот только сын моего соседа погиб 3 года назад в аварии, я с ним с детства дружил. Я решил пройтись по соседям и узнать, кто он на самом деле, может и вправду его сын, о котором я не знал. Большинство квартир пустовали, но не все, в них обитали незнакомые мне люди. Они представлялись мне новыми жильцами или родственниками моих соседей.
Я в подъезде знал всех, но всех этих людей я видел впервые. Пройдясь по другим домам, в которых жили мои знакомые, которые решили остаться в осаждённом городе, я не обнаружил ни этих людей, ни тех, кого хоть раз в жизни видел. Я пытался найти старых друзей, пробовал звонить тем, чей номер телефона я знал и там никто не ответил. Где все мои друзья, хунта? Как оказалось после общения с другими, такая ситуация у многих людей кто вернулся в город после его оккупации киевскими войсками.
На улицах города людей практически нет, а те, кто по ним ходят, явно не из Славянска. Городят они на украинском, а если по-русски, то с западным акцентом. Возможно, мы сошли с ума, но не одному мне кажется, что население в Славянске заменили актерами хунты, специально чтобы скрыть факт его истребления или перемещения куда либо.
Распространяйте это сообщение, чтобы все знали, что происходит с городом после «освобождения» его войсками хунты», - пишет житель Славянска.
 
Il Concilio dichiara la piena indipendenza della Chiesa ortodossa ucraina

il Concilio della Chiesa ortodossa ucraina il 27 maggio 2022. Foto: news.church.ua

Il Concilio della Chiesa ortodossa ucraina ha modificato il suo statuto il 27 maggio 2022.

Il Concilio della Chiesa ortodossa ucraina, tenutosi a Feofanija il 27 maggio 2022, ha preso in considerazione le questioni della vita ecclesiale, sorte a seguito dell'aggressione militare della Federazione Russa contro l'Ucraina, come riferisce il Dipartimento informativo-educativo della Chiesa ortodossa ucraina.

A seguito dei lavori, il Concilio ha approvato quanto segue:

  • Il Concilio condanna la guerra come una violazione del comandamento di Dio "Non uccidere!" (Es. 20,13) ed esprime il proprio cordoglio a tutti coloro che hanno sofferto nella guerra.

  • Il Concilio fa appello alle autorità dell'Ucraina e alle autorità della Federazione Russa affinché proseguano il processo negoziale e la ricerca di una parola forte e ragionevole che possa fermare lo spargimento di sangue.

  • La Chiesa ortodossa ucraina esprime il suo disaccordo con la posizione del patriarca Kirill di Mosca e di tutta la Rus' sulla guerra in Ucraina.

  • Il Concilio ha adottato pertinenti aggiunte ed emendamenti allo Statuto di governo della Chiesa ortodossa ucraina, indicando la piena indipendenza e autonomia della Chiesa ortodossa ucraina.

  • Il Concilio ha anche approvato le risoluzioni dei Concili dei vescovi le decisioni dei Santi Sinodi della Chiesa ortodossa ucraina, che hanno avuto luogo dall'ultimo Concilio della Chiesa ortodossa ucraina (8 luglio 2011).

  • Il Concilio approva le attività dell'amministrazione e degli uffici sinodali della Chiesa ortodossa ucraina.

  • Il Concilio ha riflettuto sul rinnovamento del crisma nella Chiesa ortodossa ucraina.

  • Per il periodo della legge marziale, quando i rapporti tra le eparchie e il centro di governo della Chiesa sono complicati o assenti, il Concilio ritiene opportuno conferire ai vescovi diocesani il potere di prendere decisioni autonome su diverse questioni della vita diocesana, che rientrano nella competenza del Santo Sinodo o del primate della Chiesa ortodossa ucraina, informandone il clero, se possibile.

  • Di recente, la Chiesa ortodossa ucraina ha dovuto affrontare una nuova sfida pastorale. Durante i tre mesi di guerra, oltre 6 milioni di cittadini ucraini sono stati costretti a lasciare il paese. Si tratta principalmente di ucraini delle regioni meridionali, orientali e centrali dell'Ucraina. Sono in gran numero fedeli della Chiesa ortodossa ucraina. Pertanto, la metropolia di Kiev della Chiesa ortodossa ucraina sta ricevendo da vari paesi richieste di aprire parrocchie ortodosse ucraine. Ovviamente molti dei nostri compatrioti torneranno in patria, ma molti rimarranno in residenza permanente all'estero. A questo proposito, il Concilio esprime la sua profonda convinzione che la Chiesa ortodossa ucraina non può lasciare i suoi fedeli senza cure spirituali, e che deve stare al loro fianco nelle loro prove e fondare comunità ecclesiali nella diaspora.

  • Consapevole della sua speciale responsabilità dinanzi a Dio, il Concilio si rammarica profondamente per la mancanza d'unità nell'Ortodossia ucraina. L'esistenza dello scisma è vista dal Concilio come una ferita profonda e dolorosa nel corpo della Chiesa. È particolarmente deplorevole che le recenti azioni del patriarca di Costantinopoli in Ucraina, che hanno portato alla formazione della "Chiesa ortodossa dell'Ucraina", abbiano solo approfondito l'equivoco e portato allo scontro fisico. Ma anche in tali circostanze di crisi, il Concilio non perde la speranza di riprendere il dialogo. Affinché il dialogo abbia luogo, i rappresentanti della "Chiesa ortodossa dell'Ucraina" devono:

  1. Fermare il sequestro di chiese e il trasferimento forzato delle parrocchie della Chiesa ortodossa ucraina.

  2. Rendersi conto che il loro status canonico, come sancito dallo "Statuto della Chiesa ortodossa in Ucraina", è in realtà non autocefalo e di gran lunga inferiore alle libertà e alle opportunità per le attività ecclesiastiche previste dallo Statuto di governo della Chiesa ortodossa ucraina.

  3. Risolvere la questione della canonicità della gerarchia della "Chiesa ortodossa dell'Ucraina", perché per la Chiesa ortodossa ucraina, così come per la maggior parte delle Chiese ortodosse locali, è abbastanza chiaro che per il riconoscimento della canonicità della gerarchia della "Chiesa ortodossa dell'Ucraina" è necessario ripristinare la successione apostolica dei suoi vescovi.

  • Il Concilio esprime la sua profonda convinzione che la chiave del successo del dialogo deve essere non solo il desiderio di restaurare l'unità ecclesiale, ma anche una sincera aspirazione a costruire la propria vita sulla base della coscienza cristiana e della purezza morale.

Riassumendo il lavoro svolto, il Concilio offre una preghiera di ringraziamento al Signore misericordioso per la possibilità della comunione fraterna ed esprime l'auspicio per la fine della guerra e la riconciliazione delle parti belligeranti. Nelle parole del santo apostolo ed evangelista Giovanni il Teologo, "grazia, misericordia e pace da Dio Padre e dal Signore Gesù Cristo, Figlio del Padre, nella verità e nella carità" (2 Giovanni 1:3) siano con tutti noi, specialmente con i fratelli e le sorelle in Cristo risorto.

Come riportato, il primate della Chiesa ortodossa ucraina ha parlato dell'entità delle perdite che la Chiesa subisce a causa della guerra.

 
Minacce a preti e distruzione di chiese: gli ortodossi in Ucraina a un passo dal martirio

Abbiamo avuto notizie di chiese bombardate e distrutte dall'artiglieria ucraina in Novorossija, di sacerdoti picchiati, incarcerati e uccisi. “Ragioni di guerra”, ci dirà chi vuole credere a tutti i costi che tutto scorre tranquillo lungo il placido Dniepr.

Ma queste atrocità si stanno diffondendo a macchia d’olio, e non nel Donbass... queste sono le novità della notte del 15 agosto a Nikolaev (a 450 chilometri da Donetsk), alle foci del placido Bug:

Le chiese di san Simeone e di san Sergio di Radonezh (nella foto) sono state colpite da bottiglie molotov e distrutte dal fuoco.

Dalla regione di Kiev (a circa 550 chilometri da Donetsk) ci giunge invece questa notizia riportata da RT: il 14 agosto (giorno della processione della Croce e dei martiri Maccabei, una festa molto sentita in Ucraina), una banda di nazisti con simboli del partito "Svoboda" e del Partito Radicale di Oleg Ljashko ha fatto irruzione in una chiesa del Patriarcato di Mosca e ha interrotto il culto, dissacrando l’altare, cospargendo il prete di succo di pomodoro e insultandolo in ogni modo possibile:

Se ve la sentite di vedere il filmato su YouTube, potrete osservare tutta la squallida sequenza, nella quale la singola cosa degna di ammirazione è il comportamento composto del prete e dei fedeli insultati.

Che differenza vi sembra che ci sia tra le squadracce naziste che andavano a terrorizzare gli ebrei in Germania negli anni ’30, e a dissacrare sinagoghe, e queste squadracce naziste di cui vedete apertamente il comportamento?

 
Il patriarca Kirill commenta la situazione nella Chiesa ortodossa ucraina

il patriarca Kirill. Foto: screenshot di Youtube

Il patriarca Kirill si è detto solidale con le decisioni del metropolita Onufrij e dell'episcopato della Chiesa ortodossa ucraina.

Il 29 maggio 2022 il patriarca Kirill di Mosca e di tutta la Rus', dopo la Liturgia nella cattedrale di Cristo Salvatore, ha commentato per la prima volta i risultati del Concilio della Chiesa ortodossa ucraina, che si è tenuto il 27 maggio 2022 a Feofanija, come riporta il canale televisivo "Sojuz".

"Noi comprendiamo appieno come sta soffrendo oggi la Chiesa ortodossa ucraina. Comprendiamo che sua Beatitudine il metropolita Onufrij e l'episcopato devono agire oggi il più saggiamente possibile per non complicare la vita dei propri credenti", ha affermato il primate della Chiesa ortodossa russa.

Il patriarca Kirill ha detto che stava pregando "affinché nessun muro di divisione esterno temporaneo possa mai distruggere l'unità spirituale del nostro popolo e affinché che quei valori spirituali, che il nostro pio popolo ha formato sotto gli auspici dell'unica Chiesa ortodossa russa, siano radicati nei cuori e anime dei fedeli, per portare oggi frutto a favore dell'unità della Chiesa e della verità di Dio".

"Oggi non possiamo che addolorarci per ciò che sta accadendo nella fraterna Ucraina. Indubbiamente, gli stessi spiriti del male sotto il cielo si sono rivolti contro la nostra Chiesa, cercando non solo di dividere il popolo ortodosso di Russia e Ucraina, ma di creare un abisso tra di noi. Sono profondamente convinto che, poiché tutti questi sforzi non provengono da Dio e non hanno la benedizione di Dio, il loro obiettivo non sarà mai raggiunto", ha affermato il patriarca Kirill.

"La Chiesa dell'unico popolo uscito dal fonte battesimale di Kiev, così come la nazione stessa, conserverà senza dubbio nel suo cuore, nella sua memoria, nelle sue pie usanze questa grande eredità dei suoi antenati, che va dal principe Vladimir fino a oggi", ha aggiunto il primate della Chiesa ortodossa russa.

Come riportato in precedenza, sua Beatitudine ha commemorato il capo della Chiesa ortodossa russa alla Liturgia, tra gli altri primati.

 
Le chiacchiere durante la Divina Liturgia

Il culto ortodosso, per quanto complesso ed elaborato, è molto più libero e meno “irregimentato” dei culti cristiani prevalenti in Occidente. Purtroppo, quando qualcuno si serve di questa maggiore libertà non per sentirsi più a suo agio con Dio, ma per intavolare discussioni con gli altri partecipanti alle funzioni, le chiacchiere hanno un immediato effetto distruttivo, sia sulla sacralità delle funzioni, sia sulla vita spirituale dei fedeli. Presentiamo nella sezione “Ortoprassi” dei documenti i commenti di padre Thaddaeus Hardenbrook, che ci parla degli effetti negativi delle chiacchiere nel corso della Divina Liturgia, 

 
Il Sinodo della della Chiesa ortodossa russa ha rilasciato una dichiarazione a proposito del Concilio della Chiesa ortodossa ucraina

riunione del Santo Sinodo della Chiesa ortodossa russa. Foto: foto.patriarchia.ru

I membri del Sinodo della Chiesa ortodossa russa hanno espresso il loro pieno sostegno alla Chiesa ortodossa ucraina, che è sottoposta a pressioni senza precedenti.

Il 29 maggio 2022 si è tenuta una riunione del Santo Sinodo della Chiesa ortodossa russa sotto la presidenza del patriarca Kirill presso la cattedrale di Cristo Salvatore a Mosca. Il Sinodo ha espresso la sua posizione riguardo al Concilio della Chiesa ortodossa ucraina, che si è tenuto a Kiev il 27 maggio 2022, come riporta patriarchia.ru.

Il Santo Sinodo della Chiesa ortodossa russa ha deciso di:

1. Esprimere tutto il possibile sostegno e comprensione agli arcipastori, ai pastori, ai monaci e ai laici della Chiesa ortodossa ucraina, che subisce pressioni senza precedenti da parte di rappresentanti delle strutture scismatiche, delle autorità locali, dei media, delle organizzazioni estremiste e del pubblico di mentalità nazionalista.

2. Invitare il pleroma della Chiesa ortodossa russa a ferventi preghiere per rafforzare i nostri fratelli in Ucraina, per concedere loro il coraggio e l'aiuto di Dio nell'impresa quotidiana della testimonianza cristiana.

3. Affermare che lo status della Chiesa ortodossa ucraina è determinato dalla Lettera di sua Santità il patriarca Alessio II di Mosca e di tutta la Rus' del 27 ottobre 1990.

4. Notare che le integrazioni e gli emendamenti allo Statuto della Chiesa ortodossa ucraina, adottati dal Concilio della Chiesa ortodossa ucraina, devono essere studiati nel modo prescritto in termini di rispetto della predetta Lettera e dello Statuto della Chiesa ortodossa russa, in base al quale tali aggiunte e modifiche devono essere sottoposte all'approvazione del patriarca di Mosca e di tutta la Rus'.

5. Sottolineare che il patriarca Kirill di Mosca e di tutta la Rus', in profonda empatia con tutti coloro che sono stati colpiti dal disastro, ha ripetutamente chiesto di fare tutto il possibile per evitare vittime tra i civili e che tutti i membri della Chiesa ortodossa russa preghino specificamente per la ripristino immediato della pace, fornendo tutta l'assistenza possibile a tutte le persone colpite, compresi i rifugiati e le persone rimaste senza riparo e mezzi di sussistenza.

6. Esprimere rammarico per il fatto che alcune diocesi della Chiesa ortodossa ucraina abbiano interrotto la commemorazione del patriarca di Mosca e di tutta la Rus', il che ha portato ora a divisioni all'interno della Chiesa ortodossa ucraina e che contraddice il canone 15 del Concilio Primo-Secondo dell'861.

7. Testimoniare che il pleroma della Chiesa ortodossa russa prega per la conservazione dell'unità della Chiesa e per porre fine allo spargimento di sangue.

Come riportato in precedenza dall'Unione dei giornalisti ortodossi, il patriarca Kirill ha commentato la situazione nella Chiesa ortodossa ucraina.

 
Note sulle previsioni di collassi futuri

In uno dei suoi punti sulla situazione odierna, Saker ha analizzato due linee di previsioni, una possibile ma del tutto improbabile, e l’altra tanto verosimile da essere solo questione di prevederne i dettagli più minuti. La prima delle previsioni, ovviamente carpita al volo dalla stampa russofoba affamata, è che anche in Russia si starebbe preparando un Maidan nazionalista. Tutti quelli che conoscono lo status attuale della Russia e delle sue opposizioni sanno bene quanto sia vicina allo zero la probabilità che una simile manifestazione in Russia possa davvero cambiare qualcosa. Viceversa, la decomposizione dell’Ucraina (ben delineata dall’immagine di Josetxo Ezcurra qui a fianco: Viaggio verso gli abissi) è una cronaca di collasso ormai prevedibile su tutte le possibili linee, e di fatto molte delle misure economiche, politiche e militari che si vedono prendere oggi nel paese sembrano pura follia se non sono viste nell’ottica di misure volte a contenere o a ritardare l’inevitabile collasso. Presentiamo le note di Saker nella sezione “Geopolitica ortodossa” dei documenti.

 
Diverse diocesi ucraine non sono d'accordo con le modifiche agli statuti della Chiesa ortodossa ucraina

il simbolo della diocesi di Simferopoli. Foto: YouTube

Dopo il Concilio della Chiesa ortodossa ucraina tenuto venerdì scorso a Kiev, diverse diocesi della Chiesa ortodossa ucraina hanno affermato che, in realtà, nulla è cambiato per loro.

Il Concilio ha dichiarato la completa indipendenza e autonomia della Chiesa ortodossa ucraina nella sua amministrazione e ha deciso di modificare gli statuti della Chiesa per riflettere questo status.

Secondo l'arciprete Nikolaj Danilevich, vicepresidente del Dipartimento per le relazioni ecclesiastiche esterne della Chiesa ortodossa ucraina, e altre fonti, questi cambiamenti includono la rimozione di ogni riferimento a qualsiasi collegamento con la Chiesa ortodossa russa. Sebbene gli statuti aggiornati debbano ancora essere pubblicati, ciò sembrerebbe confermato dal fatto che sua Beatitudine il metropolita Onufrij di Kiev e di tutta l'Ucraina ha commemorato sua Santità il patriarca Kirill non come il suo primate, ma come uno dei tanti primati le cui Chiese sono in comunione con la Chiesa ortodossa ucraina.

Subito dopo la conclusione del Concilio, sono apparse online alcune segnalazioni dei partecipanti al Concilio, che differivano nella valutazione del procedimento e nel grado di accordo effettivo sulle delibere e sulle modifiche statutarie.

Venerdì sera, a poche ore dal Concilio, la diocesi di Donetsk ha affermato che la sua vita ecclesiale non cambierà in alcun modo. Il servizio stampa diocesano riporta:

Va precisato che, secondo la decisione del Concilio della Chiesa ortodossa ucraina, le modifiche agli Statuti non riguarderanno alcune diocesi, inclusa la diocesi di Donetsk. Cioè, la vita della Chiesa nella diocesi di Donetsk non subirà alcun cambiamento.

La diocesi fa riferimento alla risoluzione 7 del Concilio di venerdì scorso:

Durante il periodo della legge marziale, quando i rapporti tra le diocesi e la direzione centrale della Chiesa sono complicati o assenti, il Concilio ritiene opportuno concedere ai vescovi diocesani il diritto di decidere autonomamente su alcune questioni della vita diocesana che rientrano nella competenza del Santo Sinodo o del primate della Chiesa ortodossa ucraina, con una successiva comunicazione alla gerarchia, quando l'occasione sarà ripristinata.

Mentre la diocesi di Donetsk presenta la sua posizione in conformità con le risoluzioni del Concilio, le diocesi di Simferopoli e Teodosia, entrambe in Crimea, esprimono una più forte opposizione.

Entrambe le diocesi riferiscono che i loro vescovi hanno detto al Concilio che lo status di autonomia della Chiesa ortodossa ucraina all'interno del Patriarcato di Mosca è l'ideale, che le loro delegazioni hanno votato all'unanimità contro le modifiche agli statuti della Chiesa ortodossa ucraina e che "rimangono sotto l'omoforio di sua Santità il patriarca di Mosca e tutta la Rus'."

E sebbene non abbia rilasciato alcuna dichiarazione dal Concilio, la diocesi di Zaporozh'e, guidata dallo schietto metropolita Luka, aveva già pubblicato le osservazioni di sua Eminenza alla riunione del clero tenutasi il 23 maggio, in cui si argomentava con forza contro l'autocefalia della Chiesa ortodossa ucraina:

L'Ortodossia, per quanto i suoi rappresentanti ci provino, semplicemente non ha posto nel sistema di coordinate dell'ideologia prevalente nel mondo, finalizzata alla sua distruzione. I governanti laici dell'Ucraina non lasceranno mai vivere in pace la Chiesa ortodossa. Anche se diventerà tre volte autocefala e "giallo-blu", la considereranno comunque una quinta colonna e dichiareranno che la sua autocefalia è "un trucco del Cremlino e dell'FSB per mantenere i propri agenti in Ucraina".

Pertanto, a nostro avviso, l'acquisizione dell'autocefalia in qualsiasi forma sta solo ottenendo una piccola tregua prima che venga lanciato un attacco ancora più grande alla Chiesa. La pressione sarà mirata a portarla verso una nuova unia. Dopo l'adozione dell'autocefalia, seguirà ancora una fusione forzata con la "Chiesa ortodossa dell'Ucraina", i cui vertici parlano senza esitazione di creare una roadmap per l'unificazione con gli uniati. Strategicamente, questo porterà alla cattolicizzazione del nostro Paese con l'ulteriore creazione di una religione sincretista, che è ciò che cercano gli apologeti dell'ecumenismo, guidati dai papi d'Occidente e d'Oriente. Sono strumenti nelle mani del diavolo, che realizzano l'obiettivo posto loro davanti: la distruzione dell'Ortodossia. La nostra Chiesa è stata scelta come luogo sperimentale.

Non voglio essere un profeta, ma ci attende la distruzione totale se perdiamo l'unità all'interno della Chiesa...

 
Crimea: La storia non raccontata

Una preziosa fonte di informazioni sulla crisi ucraina è il blog The Unwashed Brain (letteralmente, “Il cervello non lavato”), che per vivere all’altezza del suo titolo, fornisce analisi estremamente attente e dettagliate di vari aspetti poco noti, o malamente noti. Il primo articolo che abbiamo tradotto da questo blog, e che presentiamo nella sezione “Geopolitica ortodossa” dei documenti, è un colpo d’occhio generale sulla Crimea, con aspetti storici, sociologici, religiosi, militari e politici, e una cronistoria degli eventi rilevanti e della loro ricezione (o falsificazione) mediatica. Anche chi si è tenuto informato in questi mesi vi leggerà cose che i media NON gli hanno voluto far sapere.

 
La Chiesa macedone riceve il tomos d'autocefalia dalla Chiesa serba

spc.rs

Un momento gioioso nella vita della Chiesa ortodossa si è verificato oggi, poiché la Chiesa ortodossa macedone ha ricevuto il suo tomos di autocefalia dalla Chiesa ortodossa serba.

Sua santità il patriarca di Serbia Porfirije e Sua eminenza l'arcivescovo Stefan di Ohrid e Macedonia hanno concelebrato oggi, insieme ad alcuni altri vescovi serbi e macedoni, nella cattedrale dell'arcangelo Michele a Belgrado.

Dopo l'omelia patriarcale, il segretario del Sinodo dei vescovi serbi ha letto ad alta voce il tomos dell'autocefalia, garantendo la completa indipendenza alla Chiesa macedone-Arcivescovado di Ohrid, come riferisce il canale della Chiesa serba tvhram.rs.

"Oggi, per grazia di Dio, abbiamo l'opportunità di ratificare ciò che già esiste tra noi, questa unità che un tempo è stata turbata", ha sottolineato il patriarca Porfirije.

In precedenza la Chiesa macedone era stata in scisma dal Patriarcato serbo e dal resto della Chiesa ortodossa per un arco di 55 anni. A partire dal 2017, ha avviato uno sforzo concertato per risolvere il suo status. Infine, il mese scorso, il Consiglio episcopale serbo ha annunciato che la Chiesa macedone è stata accolta nuovamente nella Chiesa serba con lo status di ampia autonomia.

I vescovi serbi e macedoni hanno concelebrato a Belgrado, e di nuovo a Skopje, nella Macedonia del Nord, pochi giorni dopo. Durante la liturgia a Skopje, il patriarca Porfirije ha annunciato che il Concilio dei vescovi serbi aveva deciso di concedere la piena autocefalia alla Chiesa macedone.

L'intero processo si è concluso oggi con la concessione formale del tomos d'autocefalia.

Sua Santità ha predicato sull'indivisibilità della Chiesa ortodossa:

Quando la Chiesa si moltiplica, dobbiamo sapere che è nello spirito del Vangelo di Cristo e della sua Parola, che non si divide, ma si moltiplica e cresce nell'amore. La Chiesa non si divide secondo le sue parti costitutive nell'unità generale della Chiesa di Cristo e dei comandamenti di Cristo, chiudendosi su se stessa, per coltivare mete puramente terrene, ma si moltiplica ed è organizzata in modo tale che ciò che è terreno , ciò che è dono di Dio si moltiplica e cresce nel miglior modo possibile. Grazie a questa crescita, relativamente parlando, ogni parte della Chiesa può sacrificarsi ad altre parti, ad altri membri della Chiesa, e che tutti noi cresciamo insieme nell'amore e nell'unità della fede, e questa è la lezione e il messaggio della festa odierna dei Padri del primo Concilio ecumenico.

Anche l'arcivescovo Stefan di Ohrid si è rivolto ai fedeli riuniti.

 
La crisi ucraina nella profezia di Solzhenitsyn

In questo articolo della Rossiyskaya Gazeta in italiano, possiamo leggere un brano tratto da “Arcipelago Gulag”, in cui Aleksandr Solzhenitsyn aveva già previsto le linee generali della crisi ucraina già nel 1968: la sopravvivenza del nazionalismo al regime sovietico, i legami prevalenti con la Russia di parte dell'Ucraina, l'arbitrarietà della consegna della Crimea all'Ucraina nel 1954, e perfino il ruolo del tutto speciale della Rus' Carpatica ("mentre chiederanno giustizia per se stessi, come potranno gli ucraini essere giusti con i carpato-russi?"): una lettura sorprendentemente attuale dopo quasi mezzo secolo!

 
Il Sinodo della Grecia si oppone al nome e al territorio della Chiesa ortodossa macedone

romfea.gr

Il Santo Sinodo permanente della Chiesa di Grecia accoglie con favore la decisione del Patriarcato di Costantinopoli di riconoscere come canonica la Chiesa ortodossa macedone-Arcivescovado di Ohrid, ma ha "serie obiezioni e riserve" sulla decisione della Chiesa serba di concederle l'autocefalia.

Come riporta Romfea, il Sinodo greco contesta la Chiesa serba su tre punti:

1. Il nome dato alla Chiesa neo-autocefala: "Chiesa ortodossa macedone-Arcivescovado di Ohrid"

Questo problema è stato a lungo un punto dolente nel mondo greco e la Grecia ha a lungo contestato il nome della vicina Repubblica di Macedonia, sostenendo che la Macedonia è storicamente greca e che la Repubblica di Macedonia quindi non ha il diritto di scegliere il proprio nome. Il 12 giugno 2018 è stato firmato il Trattato di Prespa tra Grecia e Macedonia, con quest'ultima che ha ufficialmente cambiato nome in Repubblica della Macedonia del Nord.

Tuttavia, rimane un problema anche all'interno del mondo ecclesiastico. Per esempio, nell'autunno del 2020, il metropolita Theoklitos di Florina, Prespa ed Eordaia ha espresso l'opinione che la Chiesa ortodossa macedone non dovrebbe ricevere l'autocefalia a causa del suo nome, dicendo: "Dato che non riconosciamo il paese vicino come Macedonia del Nord, come vi aspettate che riconosciamo l'autocefalia 'macedone'?... Secondo la mia personale opinione, il patriarca Bartolomeo non dovrebbe concedere loro l'autocefalia".

Nel settembre 2018, lo stesso patriarca Bartolomeo ha annunciato che non avrebbe mai riconosciuto la Chiesa ortodossa macedone fintanto che avessero usato il termine "macedone" nel loro titolo. Dopo che è diventato pubblicamente noto all'inizio di maggio di quest'anno che le Chiese serba e macedone erano impegnate in fruttuosi negoziati per sanare lo scisma durato 55 anni, Costantinopoli ha deciso rapidamente di riconoscere la canonicità della Chiesa ortodossa macedone solo pochi giorni dopo.

Nella sua decisione di entrare in comunione con la Chiesa macedone il 9 maggio , il Sinodo di Costantinopoli ha dettato che essa fosse chiamata semplicemente "Arcivescovado di Ohrid".

Al contrario, nella sua stessa decisione di accogliere nuovamente la Chiesa ortodossa macedone in comunione come Chiesa autonoma, il Concilio episcopale serbo non ha posto alcuna restrizione al nome della Chiesa, ma ha solo raccomandato di risolvere la questione in consultazione con le Chiese di lingua greca. Lo stesso è scritto nel tomos d'autocefalia consegnato alla Chiesa ortodossa macedone il 5 giugno .

Nel frattempo, ci sono figure all'interno della Chiesa ortodossa bulgara che, d'altra parte, rifiutano non il termine "macedone", ma il termine "arcivescovado di Ohrid", poiché la Chiesa bulgara si considera il successore dell'antico arcivescovado di Ohrid.

2. Il permesso alla Chiesa ortodossa macedone di mantenere le sue diocesi della diaspora

Nella sua decisione, il Sinodo di Costantinopoli ha stabilito che la Chiesa ortodossa macedone avesse giurisdizione canonica solo all'interno della Repubblica di Macedonia, il che la priverebbe delle sue quattro diocesi della diaspora in Europa, Nord America, Australia e Nuova Zelanda.

La decisione non dice esplicitamente cosa accadrebbe a quelle diocesi. Più recentemente, quando Costantinopoli ha dato un tomos di autocefalia alla "Chiesa ortodossa dell'Ucraina" scismatica, ha dettato che le parrocchie della diaspora delle giurisdizioni che si sono unite per formare la "Chiesa ortodossa dell'Ucraina" fossero cedute a Costantinopoli.

Ancora una volta, la Chiesa serba non ha posto tali restrizioni alla Chiesa ortodossa macedone.

I diversi atteggiamenti delle Chiese serba e di Costantinopoli sono stati sottolineati dalla diocesi australiano-neozelandese della Chiesa ortodossa macedone quando ha pubblicato il testo integrale del tomos dell'autocefalia concesso dalla Chiesa serba in un articolo intitolato: "la Chiesa ortodossa serba ha riconosciuto ufficialmente la piena autocefalia della Chiesa ortodossa macedone-Arcivescovado di Ohrid con un tomos, e in contrasto con il Patriarcato di Costantinopoli, senza clausole condizionali che ne limitano l'autocefalia e la struttura in termini di nome, la portata della sua giurisdizione nel paese di origine e la cura pastorale per i fedeli macedoni della diaspora".

Al contrario, il Sinodo della Grecia afferma che la decisione di Costantinopoli di limitare il nome e il territorio della Chiesa ortodossa macedone porta conforto al clero e al popolo greco.

La stessa Chiesa di Grecia aveva parrocchie nella diaspora fino al 1922, quando il patriarca Meletios Metaxakis di Costantinopoli dichiarò il diritto di Costantinopoli a tutte le parrocchie ortodosse al di fuori dei confini delle Chiese ortodosse locali. La Chiesa di Grecia inizialmente resistette a questa mossa, ma il governo salito al potere in seguito a un colpo di stato militare costrinse la Chiesa a riconoscere Metaxakis come patriarca nel settembre 1922, incluso il suo trasferimento delle parrocchie della diaspora greca al proprio omoforio.

3. La Chiesa serba non dovrebbe concedere l'autocefalia, perché questa è prerogativa esclusiva del Patriarcato di Costantinopoli

In questo, il Sinodo greco fa eco all'ecclesiologia proposta dal Patriarcato di Costantinopoli, che è oggetto di serio dibattito nel mondo ortodosso. Altre Chiese locali sostengono che una Chiesa madre ha il diritto di concedere l'autocefalia agli organi della Chiesa al suo interno, in questo caso la Chiesa serba che concede l'autocefalia alla Chiesa macedone, che era una Chiesa autonoma del Patriarcato serbo.

Nel XX secolo, i Patriarcati di Mosca e Costantinopoli hanno emesso tomoi in competizione alle Chiese di Polonia, Georgia, Terre Ceche e Slovacchia, e Mosca ha anche concesso un tomos di autocefalia alla Chiesa ortodossa in America nel 1970, che Costantinopoli e diverse altre Chiese si sono rifiutate di riconoscere, sebbene essa fosse stata precedentemente riconosciuta dalle Chiese di Polonia, Bulgaria, Terre Ceche e Slovacchia, oltre alla Russia.

Gran parte della controversia che circonda la "Chiesa ortodossa dell'Ucraina" scismatica è incentrata sul fatto che Costantinopoli ha concesso un tomos a persone su cui non aveva giurisdizione canonica (ha fatto lo stesso con la Chiesa di Polonia nel 1924, che allora faceva parte della Chiesa russa).

Sembra che anche la leadership della Chiesa macedone stia seguendo Costantinopoli su questo tema. Sua Eminenza l'arcivescovo Stefan ha detto che attende un tomos di autocefalia universalmente riconosciuto da Costantinopoli, anche se non è chiaro se la Chiesa ortodossa macedone acconsentirà alla privazione del suo nome e delle diocesi della diaspora.

Nel frattempo, il Sinodo greco ha deferito la questione ai suoi Comitati sinodali sulle questioni dottrinali e canoniche e sulle relazioni inter-ortodosse e intercristiane per esaminare la questione e formulare ulteriori raccomandazioni per il Sinodo.

 
Le pretese di Bruxelles su Argentina e America Latina

Peter Koenig (nella foto), economista ed ex impiegato della Banca Mondiale, è un contributore regolare di analisi economiche per La voce della Russia. Oggi, quando le complesse conseguenze delle sanzioni iniziano a intaccare i mercati di tutto il mondo, ha contribuito personalmente un articolo al blog del nostro amico Saker (che scrive dal punto di vista di un analista militare, ma che evidentemente anche gli esperti di economia e politica internazionale giudicano competente e affidabile). In questo articolo si parla dell’Argentina, umiliata da una gogna economico-legale di origine americana, a cui l’Unione Europea ha la sfacciataggine di imporre di non commerciare con la Russia. presentiamo le considerazioni di Peter Koenig nella sezione “Geopolitica ortodossa” dei documenti.

 
Chiesa ortodossa ucraina e "Chiesa ortodossa dell'Ucraina": è possibile un'unione?

la decisione del Concilio della Chiesa ortodossa ucraina sulla "Chiesa ortodossa dell'Ucraina" è la prova del rifiuto di unirsi. Foto: Unione dei giornalisti ortodossi

I critici del Concilio di Feofanija affermano che ora la Chiesa ortodossa ucraina si fonderà definitivamente con la "Chiesa ortodossa dell'Ucraina". Analizziamo se è così e facciamo alcune previsioni.

A seguito del Concilio della Chiesa ortodossa ucraina a Feofanija, sulla Chiesa sono piovute accuse di vari "difetti". Alcune di queste accuse sono piuttosto esplicite. Alcune risorse e blogger "profetizzano" l'inevitabile unificazione della Chiesa ortodossa ucraina con la "Chiesa ortodossa dell'Ucraina" e poi con gli uniati. Ora ci proponiamo di analizzare la situazione e di scoprire se ci sono almeno dei presupposti per tali previsioni. Prima di qualsiasi argomento e analisi, è necessario capire chiaramente da dove provengono le denominazioni ortodosse ucraine.

Chi è chi nell'Ortodossia ucraina

La Chiesa ortodossa ucraina risale al 988, quando la metropolia di Kiev del Patriarcato di Costantinopoli fu creata sotto il grande principe Vladimir, pari agli apostoli. È vero però, c'è un'opinione che fino al 1037 la metropolia di Kiev fosse subordinata all'arcidiocesi autocefala di Ohrid, ma in questo caso non fa alcuna differenza. Nei secoli successivi, la metropolia di Kiev fu divisa e riunificata più volte. Nella seconda metà del XV secolo, questa divisione si consolidò definitivamente, la parte nord-orientale della metropolia divenne di fatto una Chiesa russa autocefala, mentre la sua parte sud-occidentale rimase parte del Patriarcato di Costantinopoli. Nel 1686 fu trasferita alla Chiesa russa, che a quel tempo aveva ricevuto il riconoscimento di patriarcato. Nel 1990, le diocesi che si trovavano sul territorio dell'Ucraina (allora la Repubblica socialista sovietica ucraina) furono trasformate da esarcato in Chiesa ortodossa ucraina, che ottenne l'indipendenza e la sovranità, confermata ancora una volta e persino in qualche modo ampliata dal Concilio della Chiesa ortodossa ucraina il 27 maggio 2022.

Senza eccezione, tutti i vescovi della Chiesa ortodossa ucraina sono vescovi della Chiesa di Cristo e sono riconosciuti come tali da tutte le Chiese locali senza eccezione.

La "Chiesa ortodossa autocefala ucraina" fu fondata nel 1921 per decisione del cosiddetto primo Concilio della Chiesa ortodossa pan-ucraina. Questo evento non fu un Concilio ecclesiale, poiché non c'era un solo vescovo tra i suoi partecipanti. Vi parteciparono 472 delegati, di cui 64 sacerdoti e 17 diaconi. Il governo sovietico, sotto il quale tutto ciò ebbe luogo, approvò l'evento e non interferì con il suo corso. Il congresso proclamò l'autocefalia, ma non fu possibile trovare un solo vescovo in quel momento (né attivo né in pensione, e nemmeno sotto sospensione) che ordinasse dei vescovi per l'organizzazione religiosa creata.

Quindi i partecipanti al congresso, sacerdoti e laici, decisero di nominarsi un "vescovo", Vasilij Lipkovskij. L'ovvia assurdità di una tale decisione si spiega con il livello estremamente basso di autocoscienza ecclesiale della maggioranza dei partecipanti. Uno dei leader della "Chiesa ortodossa autocefala ucraina", Vasilij Potienko, ha poi ricordato: "Non c'è posto per nascondere la verità: i partecipanti al concilio erano per lo più persone che avevano poca familiarità con i canoni ecclesiali e con ogni sorta di intricate questioni missionarie". Si può solo immaginare il livello ecclesiale dei partecipanti a quell'evento, perché ogni persona, anche minimamente familiare con l'Ortodossia, sa che è impossibile compiere qualsiasi consacrazione senza un vescovo, e ancor di più una consacrazione episcopale. In connessione con una nascita così creativa della "gerarchia" della "Chiesa ortodossa autocefala ucraina", è rimasto saldamente assegnato a loro il nome di "auto-consacrati".

Successivamente, la "Chiesa ortodossa autocefala ucraina" fu sottoposta a repressioni nel territorio dell'URSS e sopravvisse solo nella diaspora. Con l'inizio della perestrojka, è stata legalizzata in Ucraina ed è durata fino al 2018, quando è entrata a far parte della "Chiesa ortodossa dell'Ucraina".

La "Chiesa ortodossa ucraina del patriarcato di Kiev" fu fondata dal cosiddetto Concilio d'unificazione pan-ucraino della "Chiesa ortodossa autocefala ucraina" e della "Chiesa ortodossa ucraina" il 25-26 giugno 1992. Inoltre, quella "Chiesa ortodossa ucraina" era rappresentata da persone che a quel tempo non appartenevano più alla Chiesa ortodossa ucraina: Filaret Denisenko e Jakov Panchuk, entrambi a quel tempo già deposti e privati di tutti i gradi del sacerdozio. Oltre a loro, c'erano altri due "vescovi" con lo stato di "deposti", "ordinati" da Filaret e Jakov. A questo evento, fu annunciata la fusione della "Chiesa ortodossa autocefala ucraina" e della "Chiesa ortodossa ucraina" nonostante il fatto che colui che a quel tempo era a capo della "Chiesa ortodossa autocefala ucraina", il "patriarca" Mstislav Skrypnik, che viveva negli Stati Uniti, non fosse stato affatto informato di questo "Concilio". Quando lo scoprì, dichiarò il suo categorico disaccordo e invitò tutti i suoi sostenitori a non riconoscere l'unificazione in un'unica struttura, il "patriarcato di Kiev". Ben presto la "Chiesa ortodossa autocefala ucraina", appena entrata nell'associazione, se ne ritirò, mentre il "patriarcato di Kiev" rimase e iniziò a svilupparsi come organizzazione religiosa indipendente. L'intera "gerarchia" del "patriarcato di Kiev" proveniva da Filaret Denisenko e da Jakov Panchuk, che erano stati deposti, così come da Andrij Gorak, l'ex vescovo di Leopoli e Drohobych, che si unì a loro poco dopo, essendo già stato deposto.

Pertanto, né la "Chiesa ortodossa autocefala ucraina" né il "patriarcato di Kiev" avevano un episcopato legittimo, riconosciuto da tutte le Chiese ortodosse locali. Il 15 dicembre 2018 da queste due organizzazioni è stata creata la "Chiesa ortodossa dell'Ucraina", preceduta dalla decisione del Patriarcato di Costantinopoli di "riunire alla Chiesa" Filaret Denisenko e il capo della "Chiesa ortodossa autocefala ucraina" Makarij Maletich, insieme a tutti i loro seguaci. Oltre al fatto che questa stessa decisione è illegale, il Fanar non ha fatto nulla per risolvere il problema della mancanza di un episcopato canonico nella "Chiesa ortodossa dell'Ucraina". Non hanno né segretamente né esplicitamente "ri-ordinato" i vescovi della "Chiesa ortodossa dell'Ucraina", il che significa che la "Chiesa ortodossa dell'Ucraina" non ha alcun episcopato valido, per la ragione che non ne aveva assolutamente uno da cui provenisse.

Presupposti per le trattative

Affinché la Chiesa ortodossa ucraina possa impegnarsi in una sorta di negoziato con la "Chiesa ortodossa dell'Ucraina", quest'ultima deve avere vescovi ordinati da vescovi canonici. Altrimenti, ci saranno negoziati tra vescovi e laici, e il tema di questi negoziati può essere qualsiasi cosa: la politica, il calcio, ma non l'unificazione delle chiese.

Pertanto, il Concilio della Chiesa ortodossa ucraina del 27 maggio 2022 ha proposto alla "Chiesa ortodossa dell'Ucraina" tre requisiti per la negoziazione:

  • fermare i sequestri delle chiese e i trasferimenti forzati delle parrocchie della Chiesa ortodossa ucraina;

  • rendersi conto che il loro status canonico, così come sancito dallo "Statuto della Chiesa ortodossa ucraina", è in realtà non autocefalo e significativamente inferiore alle libertà e alle opportunità nell'attuazione delle attività ecclesiastiche, previste dallo Statuto della Chiesa ortodossa ucraina;

  • risolvere la questione della canonicità dell'episcopato della "Chiesa ortodossa dell'Ucraina", perché per la Chiesa ortodossa ucraina, così come per la maggior parte delle Chiese ortodosse locali, è abbastanza ovvio che per riconoscere la canonicità dell'episcopato della "Chiesa ortodossa dell'Ucraina", è necessario ripristinare la successione apostolica dei suoi vescovi”.

I primi due requisiti possono essere semplicemente ignorati dalla "Chiesa ortodossa dell'Ucraina". Per quanto riguarda i sequestri delle chiese, possono fingere che alcune terze persone siano coinvolte in tali sequestri, di propria iniziativa. L'appello a rendersi conto dell'inferiorità dello status della "Chiesa ortodossa dell'Ucraina" non è tanto un requisito quanto un accenno al fatto che il Tomos della "Chiesa ortodossa dell'Ucraina" non ha portato una vera autocefalia.

La condizione fondamentale più importante è la terza: "risolvere la questione della canonicità dell'episcopato della "Chiesa ortodossa dell'Ucraina"." Tuttavia, non si dice come questo problema possa essere risolto in modo specifico. C'è semplicemente un'affermazione del fatto che la "Chiesa ortodossa dell'Ucraina" non ha una tale gerarchia, ma dovrebbe essere così che hanno luogo i negoziati . Per quanto si può capire, la Chiesa ortodossa ucraina permette anche la "ri-ordinazione" per i "vescovi" della "Chiesa ortodossa dell'Ucraina" da parte del Patriarcato di Costantinopoli o di un'altra Chiesa locale. Questo, ovviamente, non sarà canonicamente perfetto, ma consentirà comunque alla "Chiesa ortodossa dell'Ucraina" di risolvere la questione del "ripristino della successione apostolica dei suoi vescovi".

La risposta della "Chiesa ortodossa dell'Ucraina"

Immediatamente dopo le decisioni del Consiglio della Chiesa ortodossa ucraina, la "Chiesa ortodossa dell'Ucraina" ha convocato un "sinodo", che ha affermato di aspettarsi dettagli dalla Chiesa ortodossa ucraina.

Ecco una citazione dal sito pomisna.info: "Da parte nostra, riaffermiamo che tale dialogo dovrebbe iniziare senza precondizioni o ultimatum. Ci aspettiamo proposte concrete dall'altra parte riguardo ai primi passi del dialogo e alla nomina dei responsabili del dialogo".

Si può quindi concludere che le decisioni del Concilio della Chiesa ortodossa ucraina sono considerate da Dumenko come "ultimatum". Ma cosa si intende per "primi passi" e "nomina dei responsabili"? Sembra che questa non sia altro che una proposta per riprendere il dialogo tra Chiesa ortodossa ucraina e "patriarcato di Kiev", che si stava preparando nel 2009, ma che in realtà non è stato avviato. È molto utile fare riferimento a quegli eventi per capire cosa sta succedendo oggi.

Il 9 settembre 2009 il Santo Sinodo della Chiesa ortodossa ucraina ha deciso di creare un gruppo di lavoro per preparare un dialogo con il "patriarcato di Kiev" e il 14 settembre un gruppo simile è stato creato dal "Sinodo" del "patriarcato di Kiev". Il 4 ottobre 2009 si è svolto un incontro di questi due gruppi nella Lavra delle Grotte di Kiev. A proposito, il principale organizzatore dell'incontro era l'ormai odioso archimandrita Kirill Govorun, che a quel tempo era il capo del Dipartimento delle relazioni ecclesiastiche esterne della Chiesa ortodossa ucraina. Durante l'incontro è stato firmato un protocollo congiunto in cui si affermava: "Si considera positivo e si incoraggia il fatto della creazione di gruppi di lavoro per preparare il dialogo. <...> I partecipanti ai gruppi di lavoro auspicano che un tale dialogo possa essere avviato come risultato delle loro attività".

Inoltre, i rappresentanti della Chiesa ortodossa ucraina e del "patriarcato di Kiev" hanno sviluppato una serie di proposte per preparare un dialogo, in particolare:

  • tenere tavole rotonde, conferenze, incontri, in cui sono coinvolti rappresentanti di entrambe le parti;

  • stabilire la cooperazione nelle questioni dell'unificazione della terminologia teologica e liturgica ucraina;

  • tenere riunioni congiunte dei gruppi di lavoro alternativamente per ciascuna delle parti, con il compito di determinare le date e gli ordini del giorno di tali riunioni ai capi dei gruppi.

Come potete vedere, il dialogo è stato preparato in modo molto specifico e non prevedeva precondizioni. Cioè, la Chiesa ortodossa ucraina e il "patriarcato di Kiev" erano allora molto più vicini all'unificazione di quanto non lo siano ora, ma nessuno nella Chiesa ortodossa ucraina era particolarmente preoccupato per la "zrada" (tradimento, in ucraino – ndt) e non ha accusato la gerarchia della loro desiderio di unirsi allo scisma. È vero, la questione si è quindi limitata a un incontro, Kirill Govorun è partito per Mosca il 9 ottobre 2009 e ha continuato le sue attività ecclesiastiche con lo status di sacerdote della diocesi di Mosca. Per quanto si sa da fonti aperte, ha ancora lo stesso status.

Nel 2013, il "patriarcato di Kiev" ha tenuto il suo "Concilio locale", in cui ha invitato la Chiesa ortodossa ucraina a riprendere i preparativi per il dialogo, iniziato nel 2009. Questo invito è rimasto senza risposta, ma due anni dopo, la stessa Chiesa ortodossa ucraina ha avviato contatti con la "Chiesa ortodossa autocefala ucraina". Il 24 giugno 2015 il Sinodo della Chiesa ortodossa ucraina ha deciso di avviare un dialogo tra Chiesa ortodossa ucraina e "Chiesa ortodossa autocefala ucraina" e di istituire una commissione ad hoc.

Tuttavia, tutto è finito di nuovo nel nulla. Il perché, nessuno può dirlo con certezza. Presumibilmente, nel trattare con i rappresentanti del "patriarcato di Kiev" e della "Chiesa ortodossa autocefala ucraina", la Chiesa ortodossa ucraina ha evidenziato la necessità dell'ordinazione canonica dei loro "vescovi", che è stata rifiutata da questi. In ogni modo, sia nel 2009 che nel 2015, la Chiesa ortodossa ucraina era molto più vicino al dialogo con queste altre confessioni di quanto non lo sia ora, ma nessuno aveva accusato la sua gerarchia di essere pronta a unirsi agli scismatici. Quindi, il fatto che queste accuse si riversino in questo momento mostra che i "pubblici accusatori" hanno motivazioni completamente diverse da quelle che dichiarano.

Il "concilio d'unificazione" della "Chiesa ortodossa dell'Ucraina" come rifiuto della Chiesa ortodossa ucraina a unirsi

Nella storia recente della Chiesa ucraina, c'è stato un momento in cui la Chiesa ortodossa ucraina ha potuto unirsi agli scismatici "senza chiasso né confusione". Basti ricordare gli eventi del 2018 che hanno preceduto il Tomos. Quindi il capo del Fanar ha dichiarato che l'intero episcopato della Chiesa ortodossa ucraina era composto da vescovi della Chiesa di Costantinopoli e ha inviato loro inviti al "concilio d'unificazione" insieme ai membri del "patriarcato di Kiev" e della "Chiesa ortodossa autocefala ucraina".

Non è difficile prevedere cosa sarebbe potuto succedere se il primate e i vescovi avessero accettato questi inviti e fossero venuti al "concilio" a Santa Sofia di Kiev. Ci sarebbe stato un completo assorbimento da parte della Chiesa ortodossa ucraina delle strutture del "patriarcato di Kiev" e della "Chiesa ortodossa autocefala ucraina". Il metropolita Onufrij sarebbe stato eletto capo della "Chiesa ortodossa dell'Ucraina", semplicemente perché il numero dei vescovi della Chiesa ortodossa ucraina è il doppio di quello dei '"vescovi" del "patriarcato di Kiev" e della "Chiesa ortodossa autocefala ucraina". Oggi non ci sarebbero quindi problemi con le autorità, nessun sequestro di chiese, nessun divieto alla Chiesa ortodossa ucraina, nessuna invasione della Lavra...

Ma, come ricordiamo, sua Beatitudine Onufrij ha rimandato il suo invito al Fanar senza aprirlo. Lo stesso hanno fatto gli altri vescovi. E dobbiamo ricordare un altro punto importante. A quel tempo, Poroshenko perseguitava letteralmente i vescovi per mano del Servizio di sicurezza dell'Ucraina. Quasi tutti i vescovi diocesani sono stati convocati per "colloqui" con le strutture locali di sicurezza dello Stato e costretti a presentarsi al "concilio d'unificazione". Il risultato è stato quasi zero: nessuno è andato alla "Chiesa ortodossa dell'Ucraina" (con l'eccezione di due "volontari"). La conclusione da tutto questo è semplice: se la Chiesa ortodossa ucraina avesse davvero voluto unirsi alla "Chiesa ortodossa dell'Ucraina", l'avrebbe fatto molto prima, a condizioni molto più favorevoli per se stessa.

La situazione reale e le previsioni per il futuro

È importante proporre i requisiti per un dialogo con la "Chiesa ortodossa dell'Ucraina". Tuttavia, molto più importante è il fatto che questi termini sono sanciti nelle decisioni della massima autorità della Chiesa ortodossa ucraina: il suo Concilio. Ora né il Santo Sinodo, né nemmeno il Concilio dei Vescovi della Chiesa ortodossa ucraina potranno avviare un dialogo con la "Chiesa ortodossa dell'Ucraina" senza adempiere a questi termini, poiché le decisioni del Concilio non possono essere modificate da organi inferiori. Si può dire che il Concilio della Chiesa ortodossa ucraina ha proibito sia al Sinodo che al Concilio dei Vescovi e, in sostanza, a chiunque di condurre un dialogo con la "Chiesa ortodossa dell'Ucraina" fino a quando Dumenko non avrà adempiuto a questi termini.

In un certo senso, sarebbe più corretto definire la decisione del Concilio della Chiesa ortodossa ucraina del 27 maggio 2022 non come un invito alla "Chiesa ortodossa dell'Ucraina" al dialogo, ma, al contrario, come una decisione sull'impossibilità di tale dialogo . È esattamente così che l'ha capito Sergej Petrovich (Epifanij) Dumenko, che l'11 giugno 2022, in un'intervista a nv.ua, ha affermato che la "Chiesa ortodossa dell'Ucraina" non avrebbe mai accettato un dialogo secondo i termini della Chiesa ortodossa ucraina. Citazione: "Alla vigilia del loro Concilio (il Concilio della Chiesa ortodossa ucraina del 27 maggio 2022, ndc), noi stessi abbiamo preso l'iniziativa di avviare un dialogo, ma senza alcun prerequisito, tanto meno un ultimatum. Sembra che abbiano risposto, ma ci hanno dato un ultimatum, che noi non accetteremo mai, perché noi siamo la Chiesa ortodossa locale riconosciuta dell'Ucraina".

Questa è tutta la storia: la "Chiesa ortodossa dell'Ucraina" non soddisferà mai i requisiti della Chiesa ortodossa ucraina e, per rimuovere tali requisiti, deve essere convocato un nuovo Concilio della Chiesa ortodossa ucraina. Ora, se le autorità, gli oligarchi o chiunque altro fanno pressioni sulla Chiesa ortodossa ucraina, sua Beatitudine Onufrij o qualsiasi altro vescovo possono motivare il loro rifiuto di unirsi alla Chiesa ortodossa ucraina proprio con questo: "Non posso violare le decisioni del Concilio della Chiesa ortodossa ucraina".

Tuttavia, è possibile che la Chiesa ortodossa ucraina si aspetti ancora che la "Chiesa ortodossa dell'Ucraina" accetti la "ri-ordinazione", anche se con un grado di probabilità scarso. Inoltre, non si può prescindere dal fatto che singoli "vescovi" o "sacerdoti" della "Chiesa ortodossa dell'Ucraina" possano avviare un dialogo, ovviamente, avendo soddisfatto l'esigenza preliminare di "ristabilire la successione apostolica".

Infine, una previsione. Considerando tutto quanto sopra, possiamo presumere che non ci sarà alcuna unificazione o addirittura alcun negoziato su questo argomento. la Chiesa ortodossa ucraina e la "Chiesa ortodossa dell'Ucraina" seguiranno percorsi completamente diversi. Molto probabilmente la Chiesa ortodossa ucraina seguirà la via dei confessori, rimanendo fedele alla fede ortodossa e sopportando pazientemente gli attacchi di vari nemici.

la "Chiesa ortodossa dell'Ucraina", invece, rischia di seguire la strada della conciliazione con la politica statale in materia di LGBT, gender e altri pseudo-valori, come si addice a una struttura che pretende di essere la "chiesa di stato". Si può anche presumere che la "Chiesa ortodossa dell'Ucraina" si unirà ai greco-cattolici ucraini, come dichiarano esplicitamente i suoi rappresentanti. Ad esempio, il "metropolita" Mikhail Zinkevich, che ha affermato di anticipare un nuovo tomos congiunto per una "chiesa" assieme agli uniati. Molto probabilmente, questa unificazione avverrà non a livello organizzativo, ma a livello di servizi divini congiunti e dichiarazioni sulla "unità eucaristica", cosa che non cambia la sostanza.

Così, ci saranno di nuovo due organizzazioni religiose in Ucraina, come nel XVII secolo: quella uniate, rappresentata dalla Chiesa greco-cattolica ucraina e dalla "Chiesa ortodossa dell'Ucraina", e quella ortodossa, rappresentata dalla Chiesa ortodossa ucraina. Ognuno sceglierà da sé a quale essere leale.

 
Mosè fu davvero l'autore del Pentateuco?

La pagina Facebook della nostra parrocchia ha segnalato un interessante articolo di esegesi, che tenta una risposta ortodossa alla discussione sui veri autori dei libri dell’Antico Testamento, e sottolinea come non ci sono problemi di attribuzione di un libro a un autore o ad altri, quando si parte dal presupposto che è la Scrittura a nascere dalla Tradizione. Presentiamo l’articolo di Andrej Desnitskij nella sezione “Confronti” dei documenti.

 
La cattedrale di Immerath: un esempio della distruzione delle radici cristiane in Europa occidentale

La cittadina di Immerath si trovava nella regione tedesca della Renania Settentrionale-Vestfalia, vicino alla parte meridionale dei Paesi Bassi.

Immerath è uno dei centri abitati che sono stati distrutti per lasciare spazio alla miniera di lignite a cielo aperto di Garzweiler, nonostante fosse la sede di un monumento di eredità storica: la cattedrale cattolica neo-romanica di san Lamberto di Maastricht.

La chiesa, agli inizi del XXI secolo, era un edificio neo-romanico costruito tra il 1888 e il 1891. Le origini di una chiesa sul luogo risalivano almeno al XII secolo, e nei secoli successivi aveva avuto successivi ampliamenti in stile gotico e barocco.

Ecco alcune foto dell'interno della chiesa, oltre a uno dei più notevoli tra i particolari scultorei, il bassorilievo del Cristo Pantocratore sulle porte d'ingresso:

Nel 1985 la chiesa era stata inserita nella lista dei monumenti della città di Erkelenz, per il suo particolare valore architettonico e come simbolo dell'impegno dei cittadini di Immerath. Tuttavia, l'ampliamento della miniera di Garzweiler minacciava tutta la zona, che attorno al 2010 già appariva al bordo di un baratro, come si può vedere da questa foto aerea:

Il fattore determinante del rifiuto di salvare la chiesa fu economico: la parrocchia si era ridotta a meno di 60 fedeli attivi, e il mantenimento risultava impossibile. Per questo, i cittadini di Immerath decisero di accettare la proposta della compagnia mineraria di ricostruire l'abitato in un luogo fuori dall'area degli scavi, ribattezzato Immerath-Neu. La proposta comprendeva anche l'esumazione e il trasporto dei resti umani del cimitero locale, e la costruzione di una chiesa più piccola nel nuovo borgo.

L'ultima Messa fu celebrata il 13 ottobre del 2013, dopo di che la chiesa fu sconsacrata, e abbattuta nel gennaio del 2018:

La triste storia della chiesa di Immerath non sarebbe completa senza uno sguardo alla chiesa nella nuova sede di Immerath-Neu. Lasciamo che le immagini parlino da sole, a paragone di quelle della chiesa precedente.

 
Russini e ungheresi: ultimatum a Kiev

In un filmato, due portavoce dei russini e degli ungheresi della Rus’ Carpatica annunciano quello che ha tutta l’impressione di essere un ultimatum alla giunta di Kiev: concessione immediata alla regione dell’autonomia negata da oltre vent’anni, o secessione immediata. Non può mancare un ricordo del sostegno dell’Ungheria, che rischia di trascinare l’Ucraina in una guerra con un paese della NATO. Tanto per far capire come funzionano le regole di un’alleanza militare, se l’Ucraina osasse attaccare l’Ungheria, tutti i paesi della NATO (Italia compresa) sarebbero costretti a dichiarare guerra all’Ucraina...

 
Un'analisi ortodossa del culto del "sacro cuore"

Introduzione

La devozione cattolica romana del culto del sacro cuore, resa popolare nel XVII secolo, è diventata una delle devozioni più popolari in occidente. Oggi esistono documenti del Vaticano che descrivono la teologia alla base del culto del sacro cuore, come l'enciclica Haurietis Aquas, ma non hanno ricevuto gran parte di una critica ortodossa che è accessibile oggi, a parte i commenti estemporanei di padre Mikhail Pomazanskij, e non si è parlato molto dell'adorazione del sacro cuore. Questo articolo prende in esame la devozione al sacro cuore partendo da un paradigma cirilliano-calcedoniano che distingue tra l'oggetto dell'adorazione, che è proprio dell'ipostasi, e ciò che appartiene all'adorazione, che è proprio della natura. In quanto tale, il cuore umano di Cristo viene trattato come un'ipostasi; inoltre, le implicazioni della devozione del sacro cuore sono che si adora Cristo doppiamente secondo la sua natura, che è la posizione non solo di Nestorio ma anche di Diodoro di Tarso. La condanna cirilliana di due culti nel suo ottavo anatema viene valutata insieme alla sua risposta che dice che adoriamo l'ipostasi di Cristo, non la natura di Cristo.

Quando si tratta di devozione religiosa e teologia, la maggior parte separa i due concetti l'uno dall'altro e presuppone che la ragione riguardi argomenti metafisici e simili, mentre la preghiera e il culto devozionale sono relegati al più emotivo e al non razionale. Questo a sua volta programma l'uomo a non mettere in discussione le pratiche devozionali e a trattarle nella categoria della fede cieca, ma le devozioni cristiane hanno una logica e una ragione dietro di esse: per esempio, il battesimo non è semplicemente essere lavati con acqua e farsi recitare alcune preghiere personali; è un ingresso nella Chiesa, nella vita in Cristo, che si rinnova nello spirito, si spoglia del vecchio e getta su di noi il mantello di Cristo. Essendo battezzati e cresimati, entriamo in una vita simile a quella Cristo in cui lo Spirito discende nelle nostre anime. Possiamo quindi vedere che le devozioni, sebbene ci siano rivelate, non sono contrarie alla ragione ma hanno dietro di loro una logica, che deve essere coerente con la fede. Per esempio, un cristiano che afferma che il sacrificio di Cristo sulla croce è completo non può fare sacrifici, poiché il punto centrale dei sacrifici animali era di indicare Cristo, e Cristo si caricò del peccato nella sua umanità e distrusse la morte sulla croce.

Questo ci permette poi di entrare in un certo modo di pensare e di valutare alcune pratiche cristiane. Con buone o cattive intenzioni finiamo per offrire al Signore un fuoco illegittimo? [1] Cristo ci dice che dobbiamo adorare Dio in spirito e verità, il che significa che le devozioni a lui devono essere nella verità, e quindi devozioni che finiscono per creare un diverso tipo di Cristo, o affermare un'eresia che è stata condannata dalla Chiesa, si può ritenere che siano un'offerta di un fuoco illegittimo al Signore, e la pena di questo è la morte; questa pena a volte è la morte corporea, ma spesso è la morte spirituale che ci allontana da Cristo, che è l'opposto di ciò che una devozione religiosa intende compiere.

Poche parole sono state dette sulla devozione al Sacro Cuore, in particolare da padre Mikhail Pomazanskij; questo articolo fornirà un riassunto abbreviato della devozione al sacro cuore, e quindi un'analisi molto più approfondita, in particolare cristologica, della devozione al sacro cuore. C'è molto altro da dire sul sacro cuore oltre al semplice "non abbiamo questa devozione" poiché, come la maggior parte delle devozioni, ha caricati in essa alcuni presupposti teologici. Questo articolo mira a illustrare che quando i suoi principi della devozione al sacro cuore sono portati alle logiche conclusioni, si traducono nel migliore dei casi in alcune stranezze cristologiche e nel peggiore nel nestorianesimo.

Storia del sacro cuore

Secondo Jean Bainvel, la devozione del sacro cuore non si trova nei primi 10 secoli della Chiesa. [2] Lo ammette anche papa Pio XII che, dopo aver citato brani di santi come Agostino, Basilio, Giovanni Crisostomo e Girolamo, dice quanto segue.

Tuttavia, va notato che, sebbene questi brani scelti della Scrittura e dei Padri e molti altri simili che non abbiamo citato, testimoniano chiaramente che Gesù Cristo fu dotato di affetti e percezioni sensoriali, e quindi che assunse la natura umana per operare per la nostra salvezza eterna, tuttavia non riferiscono mai quegli affetti al suo cuore fisico in modo tale da indicarlo chiaramente come il simbolo del suo amore infinito. [3]

Questo punto di vista non è controverso e, a causa della comprensione dello sviluppo della dottrina postulata dal cardinale Newman, non è un problema per la maggior parte dei cattolici romani ammettere che si tratta principalmente, se non totalmente, di una devozione che ha origine dopo lo scisma tra est e ovest. Il primo inno conosciuto al sacro cuore è intitolato "Cuore di Cristo, mio re, ti saluto". [4] Un esempio di preghiera del sacro cuore a scopo illustrativo è il seguente:

O Cuore santissimo di Gesù, fonte di ogni benedizione, ti adoro, ti amo, e con vivo dolore per i miei peccati, ti offro questo mio povero cuore. Rendimi umile, paziente, puro e tutto obbediente alla tua volontà. Concedi, buon Gesù, che io viva in te e per te. Proteggimi in mezzo al pericolo; confortami nelle mie afflizioni. Dammi salute del corpo, assistenza nei miei bisogni temporali, la tua benedizione su tutto ciò che faccio e la grazia di una santa morte. Amen.

Fino al XVII secolo, il culto del sacro cuore non era così popolare come lo è oggi, e ciò è dovuto a Margherita Maria Alacoque, che affermò di aver ricevuto alcune visioni e apparizioni da Cristo, che diedero il via all'adozione universale del culto del sacro cuore nella Chiesa cattolica romana. Due passi della sua vita mostrano in particolare lo spirito di questa devozione:

Lei stessa scrisse la donazione, e firmò questa umile formula: "Suor Peronne-Rosalie Greyfie, attualmente superiora, e per la quale suor Margherita Maria chiede quotidianamente la conversione con la grazia della penitenza finale". Fatto ciò, suor Margherita Maria implorò madre Greyfie di permetterle, a sua volta, di firmare, ma con il suo sangue. Avendo la madre acconsentito, suor Margherita Maria andò nella sua cella, si scoprì il seno e, imitando la sua illustre e santa fondatrice, tagliò con un coltello il nome di Gesù sopra il suo cuore. Dal sangue che sgorgava dalla ferita firmò l'atto con queste parole: 'Suor Margherita Maria, Discepola del Divin Cuore dell'Adorabile Gesù' [5]

E poi in infermeria:

Tuttavia, in mezzo alla pace e alla gioia che le aveva procurato questo grande atto, la generosa e fervente Margherita Maria provò un rammarico, e cioè che le lettere del santo nome di Gesù, che aveva inciso nel suo cuore e che lei desiderava durare come il suo amore, cominciò, dopo qualche tempo, a svenire e a scomparire. Basandosi sul permesso che aveva ricevuto, tentò una o due volte di rinnovarli aprendo le linee con un coltello; ma non riuscendo a suo piacimento, decise di applicare il fuoco. Lo fece, ma così incautamente che presto ebbe motivo di temere di aver superato i limiti dell'obbedienza. Tremante e umiliata, andò a riconoscere la sua colpa. Madre Greyfie, fedele alla sua abitudine, apparentemente prestava poca attenzione a ciò che diceva Margherita, ma le ordinò con poche parole asciutte di andare in infermeria e mostrare la sua ferita a suor Augustine Marest, che l'avrebbe medicata. [6]

Encicliche papali sul Sacro Cuore

Deve essere affrontata una questione molto importante riguardo al sacro cuore prima di poter andare avanti: quando i cattolici romani pregano il cuore di Cristo, adorano il cuore letterale di Cristo o il cuore di Cristo è un simbolo del suo amore verso di noi? Fortunatamente la risposta a questa domanda può essere trovata in varie Encicliche papali, in particolare Auctorem Fidei e Haurietis Aquas. Pertanto, non esamineremo ciò che dicono online gli apologeti papali, poiché non hanno idea di quali siano le loro devozioni, ma esamineremo ciò che i documenti autorevoli della Chiesa cattolica romana hanno da dire al riguardo, dal momento che molti apologeti cattolici romani online stanno ridicolizzando l'idea che il culto del sacro cuore sia l'adorazione del muscolo cardiaco di Cristo, al contrario, Auctorem Fidei condanna la loro stessa posizione:

Similmente nel fatto che redarguisce gli adoratori del Cuore di Gesù, per il motivo che non riflettano non potersi adorare con culto di latria la santissima Carne di Cristo, o porzione di questa, o anche tutta l’Umanità separata o recisa dalla Divinità;

Come se i fedeli adorassero il Cuore di Gesù separato o reciso dalla Divinità, mentre lo adorano come Cuore di Gesù, cioè Cuore della Persona del Verbo, al quale è inseparabilmente unito come l’esangue Corpo di Cristo fu adorabile nel sepolcro durante il triduo della morte senza separazione o recisione;

CAPZIOSA, INGIURIOSA DEI FEDELI ADORATORI DEL CUORE DI CRISTO. [7]

Ma l'enciclica più completa sul sacro cuore è certamente Haurietis Aquas di Papa Pio XII, che è una specifica descrizione e difesa del culto del sacro cuore. Pio XI afferma che la totalità della fede cristiana può essere riassunta nella devozione del sacro cuore, [8] e Pio XII amplia questo ragionamento spiegando gli aspetti simbolici di questa devozione, che il cuore è "l'indice naturale, ovvero il simbolo della sua immensa carità per il genere umano". [9] Dice anche che per queste ragioni, "il Cuore del Verbo Incarnato è considerato come il principale simbolo di quel triplice amore, col quale il Divino Redentore ha amato e continuamente ama l'Eterno Padre e l'umanità", [10] perché possiamo comprendere che il cuore umano di Cristo manifesta umanamente l'amore divino e trino della Trinità. [11] Alcuni potrebbero presumere che, poiché la devozione è basata sul simbolismo, l'adorazione del sacro cuore di Cristo è un semplice simbolo; questo è illustrato da alcuni apologeti cattolici romani online che affermano che è ridicolo suggerire che la devozione del sacro cuore sia veramente un'adorazione del cuore umano di Cristo:

Al contrario, Pio XII dice:

Se vogliamo in primo luogo ben comprendere il valore racchiuso in alcuni testi dell'Antico e del Nuovo Testamento in ordine a questo culto, occorre tener ben presente il motivo del culto di latria che la Chiesa tributa al Cuore del Redentore divino. Orbene, come voi ben sapete, Venerabili Fratelli, tale motivo è duplice. L'uno, cioè, che è comune anche alle altre sacrosante membra del corpo di Gesù Cristo, è costituito dal fatto che il suo Cuore, essendo una parte nobilissima dell’umana natura, è unito ipostaticamente alla Persona del Verbo di Dio; pertanto, esso è meritevole dell'unico e identico culto di adorazione con cui la Chiesa onora la Persona dello stesso Figlio di Dio Incarnato. Si tratta di una verità di fede cattolica, essendo stata solennemente definita nei Concili Ecumenici di Efeso e II di Costantinopoli. [12]

Comprendiamo quindi diverse cose da questo paragrafo secondo Pio XII:

  1. Il cuore umano di Cristo, cioè i muscoli del cuore, riceve l'adorazione, [13] lo stesso tipo di adorazione data alla persona di Cristo stesso.

  2. Il cuore umano di Cristo è adorato perché è unito ipostaticamente a Cristo.

  3. Il terzo e il quinto Concilio ecumenico sono usati come giustificazione.

Sebbene il punto 2 sia corretto e ortodosso, esso contraddice il punto 1, e ciò che è ulteriormente interessante è l'affermazione di Pio XII, "pertanto, esso è meritevole dell'unico e identico culto di adorazione con cui la Chiesa onora la Persona dello stesso Figlio di Dio Incarnato". [14] Diodoro di Tarso dice qualcosa di molto simile a quanto dice Pio XII:

Ma come si introduce un culto? riguarda l'anima e il corpo dei re? poiché l'anima non regna da sé e il corpo non regna da sé, ma Dio, il Verbo, era Re prima della carne; non dunque come all'anima e al corpo, così a Dio il Verbo e alla carne [è tributato il culto]. [15]

Vediamo quindi che quando si tratta di adorazione, la posizione di Pio XII sul fatto che possiamo adorare la natura umana di Cristo in quanto natura umana non è diversa da quella di Diodoro.

Interessante anche la tecnica quasi gnostica presente nella posizione di Pio XII. Ammette prontamente che la devozione non è presente da nessuna parte nelle scritture o nella tradizione, [16] ma afferma che possiamo anticipare dall'Antico Testamento che Dio assumerà la natura umana e ci amerà in modo divino-umano. [17] L'argomento dell'immaginario, del simbolismo e della tipologia non è gnostico in sé, piuttosto è gnostico ridefinire i vecchi termini e i linguaggi biblici per adattarli al nuovo paradigma filosofico, ecco perché Pio XII crede che "...queste immagini furono presentate nelle Sacre Scritture che predicevano la venuta del Figlio di Dio fatto uomo, possono essere considerate come pegno del più nobile simbolo e testimonianza di quell'amore divino, cioè del Cuore santissimo e adorabile del divino Redentore". Così l'amore di Dio prefigura ora l'adorazione del suo cuore umano, e il luogo del culto si è spostato da Dio che ama all'amore di Dio, così Dio viene apprezzato non come persona, ma come suoi attributi. È così sorprendente che altre devozioni come il santo nome di Gesù, il santo volto di Gesù, e la devozione delle cinque sante piaghe siano nate con questo tipo di ragionamento? Naturalmente, le ferite di Cristo, il suo nome e la sua umanità sono divine e dovrebbero essere venerate, ma il fulcro di queste cose è la persona di Cristo.

Una sintesi degli argomenti di Pio XII e delle loro logiche conseguenze è la seguente:

  1. Il cuore di Cristo è il simbolo dell'amore di Dio manifestato in forma umana, per la connessione tra simbolismo e realtà nel pensiero di Pio XII. [18]

  2. Il cuore fisico di Cristo è oggetto di culto insieme alla persona di Cristo. Poiché il cuore di Cristo fa parte della natura umana di Cristo, possiamo concludere che è logicamente possibile adorare interamente la natura umana di Cristo.

  3. L'unica base scritturale e patristica per il sacro cuore è un'allusione all'amore di Dio e al modo in cui comprendiamo che l'amore si manifesta attraverso il cuore. Tuttavia, la Scrittura parla di molti antropomorfismi legati alle funzioni del corpo umano, come gli "Occhi del Signore" [19] in riferimento all'onniscienza di Dio. Pertanto, il riferimento principale alla devozione del sacro cuore non è la Scrittura né la tradizione, ma piuttosto le visioni mistiche di santi latini post-scisma come Margherita Maria Alacoque.

Si può provare a sostenere che l'esicasmo può essere criticato poiché si basa sulla teologia mistica e sull'esperienza di san Gregorio Palamas, ma non sarebbe un buon confronto, poiché gli argomenti di san Gregorio Palamas dipendono fortemente dalla fonte del suo esicasmo, i Padri e lo stesso san Paolo, [20] anche la teologia dell'esicasmo, come la distinzione tra l'essenza e le energie di Dio trova radici paoline. [21] [22]

A parte questa significativa differenza nella nostra comprensione delle devozioni e del loro posto nella fede e nella sua storia, procederò ora ad analizzare l'aspetto teologico della devozione al sacro cuore e le sue radici nestoriane.

Analisi teologica del sacro cuore e del terzo Concilio ecumenico

Se qualcuno oserà dire che l'uomo assunto deve essere adorato insieme a Dio Verbo, e glorificato insieme a lui, e riconosciuto insieme a lui come Dio, e tuttavia come due cose diverse, l'una con l'altra (per questo "Insieme a" è aggiunto [cioè, dai nestoriani] per trasmettere questo significato); e non adorerà piuttosto con una sola adorazione l'Emmanuele e gli renderà una glorificazione, poiché [sta scritto] "Il Verbo si è fatto carne": sia anatema". [23] – san Cirillo d'Alessandria

Quando San Cirillo di Alessandria condannò Nestorio nella sua terza Lettera a lui indirizzata, gli diede un elenco di 12 proposizioni con cui Nestorio doveva essere d'accordo per essere ortodosso, queste proposizioni sono state indicate come i "12 anatemi" e sono state accettate dal terzo Concilio ecumenico. Il fulcro degli anatemi di san Cirillo è costringere Nestorio ad ammettere che Cristo è una persona e, per stabilirlo, deve allo stesso modo accettare visioni come quella che Maria è la "Madre di Dio" [24] e che il Figlio è ipostaticamente unito alla sua natura umana in opposizione all'unione prosopica di Nestorio. [25] Ciò dimostra che quando san Cirillo condanna i "due culti" di Nestorio, non si limita a ripetere che Nestorio ha bisogno di accettare che Cristo è uno, poiché questo è il punto centrale dei 12 anatemi, ma piuttosto gli anatemi offrono a Nestorio un percorso netto per dimostrare se è ortodosso o meno: o Cristo è adorato come uno poiché egli è un'ipostasi, oppure è adorato come due a causa delle sue due nature. Per comprendere l'ottavo anatema in un contesto più ampio, è necessario guardare il Libro 2 di san Cirillo contro Nestorio: la seconda metà del libro tratta principalmente la questione dei due culti.

poiché se tu dici che la natura umana è stata unita personalmente al Verbo che è scaturito da Dio, perché – dimmi – insulti la carne divina? Sebbene tu rifiuti di non adorarla, mentre il dovere di essere adorata appartiene solo alla natura divina e ineffabile: ma se non pensi che sia avvenuta una vera unione, ma chiami piuttosto. con il nome di connessione, il rango che consiste in identità di nome e in mera e unica uguaglianza di stile, perché cianci in linguaggio solenne, dicendo che colui che è nato dalla donna è stato "precisamente adattato all'esatto legame", cioè con la Parola? [26]

Questo rende chiaro che per san Cirillo il culto è proprio della natura divina, e questa idea è affermata anche nel settimo Concilio ecumenico [27] eppure Nestorio sta adorando la natura umana di Cristo, ciò che rende la cosa ancor più sconcertante è che san Cirillo poi afferma che noi adoriamo l'umanità di Cristo: "Noi infatti diciamo che il Figlio essendo per natura Dio, cioè il Verbo da Dio Padre, discese allo svuotamento volontario, risalì anche con la carne alla dignità degna di Dio della sua intrinseca eccellenza: perché egli è adorato anche con la carne, come oggetto di culto anche prima di essa". [28] Anche san Giovanni Damasco dice qualcosa di molto simile a questo, [29] quindi come può il culto essere proprio della natura divina mentre è adorata anche la natura umana di Cristo? Parte della risposta di san Giovanni afferma che la natura umana è "aggiunta" all'ipostasi di Cristo, il che ci dà un indizio molto forte che la distinzione tra ipostasi e natura sarà molto utile per rispondere a questa domanda. Quando san Diodoro rifiuta un culto e insiste nell'adorare le due nature di Cristo mediante l'uso dell'analogia corpo-anima, [30] san Cirillo gli risponde così:

Di vario genere dunque è il culto, e quindi non è un singolo culto da parte nostra (poiché questo è ciò che ci ordina la tua parola): ma dove una differenza di adorazione e di onore è attribuita alle cose nominate, e a ciascuna è esattamente dato ciò che a essa s'addice, ne segue sicuramente la piena disuguaglianza di potere: ma la disuguaglianza e la differenza di potere, riguardo al minore e al maggiore, arriva a due ipostasi e persone. Perciò l'unione sfugge, la profondità del mistero si riduce al nulla, perché non è giusto, dice, che si faccia il culto dell'anima e del corpo dei re, ma come non sarebbe meglio che sia così? Poiché siccome un uomo e composto dall'anima e dal corpo, sebbene le proprietà di ciascuno abbiano una grande diversità l'una dall'altra, voglio dire quanto al loro modo di essere (poiché l'anima è diversa dal corpo): così comprenderai anche per Cristo, Salvatore di tutti noi. Perché il Verbo che si è fatto carne, cioè è stato visto a somiglianza umana, è Dio: affinché si confessi e sia in verità Dio e uomo, un solo Figlio in tutto perfetto. Ma egli sta dicendo non so cosa, con immaginazioni insignificanti e infantili che osano ostentare se stesso contro la verità. [31]

San Cirillo poi confuta con forza l'analogia di Diodoro di usare il corpo e l'anima come due nature per sostenere due culti dicendo che sebbene il corpo e l'anima siano due nature, esistono insieme e formano l'uomo, e l'uomo esiste come uno, non come due. La differenza tra san Cirillo e Diodoro su questo argomento non è semplicemente che la cristologia di Diodoro si traduce in due persone, è piuttosto che trattando le nature come oggetto di culto, le nature sono trattate come ipostasi. L'affermazione di san Cirillo "Egli è adorato anche con la carne, come oggetto di culto anche prima di essa" [32] e di san Giovanni Damasceno "adorando anche la sua carne immacolata e non ritenendo che la carne sia inadatta al culto: poiché infatti è adorato nell'unica sussistenza del Verbo, che in verità divenne per essa sussistenza". [33]

Poi diventa molto più chiaro: sebbene solo la natura divina sia atta a essere adorata, la natura umana è adorata nell'ipostasi di Cristo. Quindi, la domanda su cosa sia giusto adorare è una questione di natura, cioè "che cosa sto adorando?", mentre l'oggetto dell'adorazione invece riguarda "chi è che adoro?" quindi Cristo è adorato perché è divino, e l'essere divino che adoriamo è la persona di Cristo. Quindi adoriamo un solo Dio, a causa di una natura, ma l'oggetto del nostro culto è una trinità: adorare il Padre per mezzo del Figlio nello Spirito Santo.

I dibattiti di san Teodoro contro gli iconoclasti rendono molto chiare le basi patristiche di questa distinzione. Per san Teodoro, Dio non può essere raffigurato perché la sua natura divina non è circoscritta, mentre Cristo si è incarnato e ha assunto una natura umana circoscrivibile, e può essere raffigurato. L'obiezione iconoclasta a questo, riassunta da Tollefsen, è la seguente:

Gli iconofili affermano che si può dipingere un'icona del Dio incarnato. Se è così, devono inoltre affermare che la divinità invisibile di vede nel Signore incarnato, ma ciò implica che la divinità non circoscritta è circoscritta secondo la carne, poiché secondo il principio dell'unione ipostatica non può esserci separazione tra le nature. Di conseguenza, la posizione iconofila implica la visione eretica secondo cui la divinità in quanto tale è circoscritta al corpo se deve essere vista. Ma ciò equivale a una sorta di confusione delle nature che di fatto implica un cambiamento da un tipo di essere in un altro tipo di essere e trasforma il Dio incarnato in un Cristo ariano. [La "logica calcedoniana" sembra qui essere applicata per accusare gli iconofili di essere ariani.] Se l'iconofilo vuole evitare tale conclusione, gli resta la strategia di dividere le nature e affermare che si dipinge solo l'umanità di Cristo, cosa che sarebbe ugualmente eretica. [34]

Così l'iconoclasta cade nello stesso problema di Nestorio, il che è ironico dato che furono gli iconoclasti ad accusare gli iconofili di essere nestoriani; a causa della loro confusione tra natura e persona l'iconoclasta pensa che ammettendo che Cristo è raffigurato perché è uomo significhi che raffigurare Cristo implica che sia un'ipostasi umana, san Teodoro Studita invece risponde a questo dicendo: "Quando qualcuno è ritratto, non è la natura, ma l'ipostasi che è raffigurata. Perché come si potrebbe ritrarre una natura se non contemplata in un'ipostasi?" [35] Sicché gli argomenti contro il nestorianesimo si ripetono negli argomenti di san Teodoro contro gli iconoclasti: Cristo può essere raffigurato perché la sua umanità è circoscritta, ma è l'ipostasi di Cristo che viene raffigurata. Allo stesso modo, quando rappresentiamo san Paolo o qualsiasi altra ipostasi umana, descriviamo le caratteristiche di san Paolo, per esempio poiché è l'autore di 13 epistole nella Bibbia, di solito è raffigurato mentre tiene più epistole per differenziarlo da altre persone. Allo stesso modo, Cristo si differenzia dagli altri, per esempio, poiché è Dio, è raffigurato con un'aureola cruciforme, che mostra che sebbene l'alone che simboleggia la grazia divina sia anche in Cristo, poiché è Dio per natura, la grazia che ha è per natura, a differenza delle persone umane.

Cosa significa tutto questo per il sacro cuore? Per spiegarlo in parole povere, il culto del sacro cuore trasforma il sacro cuore in un oggetto di culto, e così diventa qualcosa di adorato accanto a Cristo, come ci avverte san Cirillo: "Poiché ciò che è co-adorato con altro è del tutto diverso da quello con cui è co-adorato. Ma noi siamo abituati ad adorare l'Emmanuele con una sola adorazione, non separando dal Verbo il corpo che era personalmente unito a lui". [36]

Se le preghiere devozionali sono dirette al sacro cuore, allora quelle preghiere trattano il cuore, che fa parte della natura umana di Cristo, come un'ipostasi, quindi c'è confusione tra l'oggetto del culto che è proprio dell'ipostasi e ciò che è proprio dell'ipostasi e ciò che atto a essere adorato che è proprio della natura. San Cirillo d'Alessandria inchioda continuamente Nestorio su questo punto, poiché trattando le nature di Cristo come oggetti di culto finisce per sostenere che ci sono due Cristi: "e dividendoli in due li adori, anzi li co-adori, e pensi che stai liberando la Chiesa dall'accusa di creare dio, deificando tu stesso un uomo e non dicendo che si tratta di un solo Figlio, anche se non è concepito separatamente dalla sua stessa carne: poiché allora lo adoreresti senza colpa e saprai dov'eri, come è scritto, allontanandoti dalle dottrine della verità". [37]

Per non parlare del fatto che il sacro cuore è distinto dalla persona di Cristo ed è una parte della natura umana, significa che si può senza dubbio adorare altre parti del corpo di Cristo: dopo tutto, perché fermarsi al cuore? Ciò significa che la natura umana nel suo insieme può logicamente essere adorata nel sistema cattolico romano, l'adorazione eucaristica ne è un esempio, ma è proprio ciò che san Cirillo di Alessandria e il quinto Concilio ecumenico cercano di evitare come padre Mikhail Pomazanskij, che secondo padre Seraphim Rose è "forse il più grande teologo vivente della Chiesa ortodossa", [38] mostra di seguito:

Al Signore Gesù Cristo come a una sola persona, quale Dio-Uomo, conviene dare un culto unico e inscindibile, sia secondo la divinità che secondo l'umanità, proprio perché in lui le due nature sono inseparabilmente unite. Il decreto dei Padri del quinto Concilio ecumenico (il Canone 9 contro gli eretici) recita: "Se qualcuno accetta l'espressione, bisogna adorare Cristo nelle sue due nature, nel senso che vuole introdurre così due adorazioni, l'una in relazione speciale a Dio Verbo e l'altra come appartenente all'uomo... e non venera, con una sola adorazione, Dio Verbo fatto uomo, insieme alla sua carne, come la santa Chiesa ha insegnato fin dal principio: sia anatema". [39] [40]

L'ironia qui è che Pio XII sostiene che il quinto Concilio può essere utilizzato per difendere il culto del sacro cuore quando in realtà include principi teologici che si oppongono fondamentalmente a tale idea. Padre Mikhail poi parla direttamente del sacro cuore e tocca brevemente i motivi per cui noi ortodossi non possiamo accettare una tale devozione:

In connessione con questo decreto del Concilio si può vedere come non sia in armonia con lo spirito e la pratica della Chiesa il culto del "Sacro Cuore di Gesù" che è stato introdotto nella Chiesa cattolica romana. Sebbene il citato decreto del quinto Concilio Ecumenico tocchi solo il culto separato della divinità e l'umanità del Salvatore, ci dice ancora indirettamente che in generale la venerazione e il culto di Cristo dovrebbero essere rivolti a lui nel suo insieme e non a parti del suo essere; deve essere uno. Anche se per "cuore" dovremmo intendere lo stesso amore del Salvatore, tuttavia né nell'Antico Testamento né nel Nuovo c'è mai stata l'usanza di adorare separatamente l'amore di Dio, o la sua sapienza, o la sua potenza creatrice o provvidenziale, o la sua santità. Tanto più si deve dire questo riguardo alle parti della sua natura corporea. C'è qualcosa di innaturale nella separazione del cuore dalla natura corporea generale del Signore ai fini della preghiera, della contrizione e dell'adorazione davanti a lui. Anche nelle normali relazioni della vita, per quanto un uomo possa essere attaccato a un altro — per esempio, una madre a un bambino — non riferirebbe mai il suo attaccamento al cuore della persona amata, ma lo riferirà alla persona nel suo insieme.[41]

La sua analisi è un ottimo riassunto del motivo per cui per il cristianesimo ortodosso, il culto del sacro cuore è teologicamente inaccettabile e condannato dall'ottavo anatema di san Cirillo d'Alessandria contro Nestorio. È anche interessante notare che la Chiesa cattolica romana si è discostata da san Cirillo e dal settimo Concilio ecumenico sulla questione del culto proprio della sola natura divina poiché la posizione cattolica romana è che "latria assoluta, è data solo a Dio, come Trinità, o una delle Persone divine, Cristo come Dio e come uomo, il Sacro Cuore di Gesù e la Santa Eucaristia". [42]

Detto questo, iniziano a sorgere alcune domande curiose sull'eucaristia, cosa ne pensiamo allora dell'eucaristia nella Chiesa ortodossa? La sua adorazione è la stessa dell'adorazione eucaristica cattolica romana? In primo luogo, adoriamo anche noi l'eucaristia? Anche queste domande che di solito sono sollevate contro gli ortodossi che criticano il sacro cuore avranno una risposta.

Adorazione eucaristica

Per mettere a fuoco la nozione ortodossa di culto basata sulla distinzione tra natura e ipostasi, l'adorazione eucaristica si comprende in modo appropriato nella divina liturgia ortodossa. La Chiesa Cattolica Romana ha ragione nel dire che adoriamo l'eucaristia poiché l'eucaristia è il corpo, il sangue, l'anima e la divinità di Gesù Cristo. Tuttavia, un'interessante preghiera, che è letta sottovoce dal sacerdote prima dell'elevazione alla divina liturgia di san Giovanni Crisostomo, verifica gli stessi principi che vengono difesi in questo articolo.

Ti rendiamo grazie, Re invisibile, che nell'immensa tua potenza hai creato tutto e nella profusione della tua misericordia hai tratto tutto dal non essere all'essere. Tu stesso, Sovrano, guarda dal cielo su quelli che ti hanno inchinato il capo, poiché non lo hanno inchinato a chi è di carne e sangue, ma a te, Dio tremendo. Tu dunque, Sovrano, estendi a noi tutti i doni qui presenti per il bene, secondo il bisogno di ciascuno: naviga con i naviganti, viaggia con i viandanti, guarisci i malati, o medico delle anime e dei corpi.

Ciò risponde decisamente che, secondo la tradizione liturgica orientale, l'adorazione data all'eucaristia ancora una volta non è mera "carne e sangue" ma la carne e il sangue di Cristo, e quindi quando adoriamo l'eucaristia adoriamo come al solito l'ipostasi di Cristo, poiché il suo corpo e il suo sangue che ci viene offerto sono uniti ipostaticamente a lui. Altre domande riguardanti la specifica tradizione cattolica romana di adorare l'eucaristia dopo la liturgia esulano dallo scopo di questo articolo, ma mostrano ancora che il centro del culto divino è la persona di Cristo non solo nel culto trino, poiché il Figlio è l'immagine espressa dell'ipostasi del Padre, [43] ma anche quando adoriamo Dio che ha assunto la natura umana per noi.

Note

[1] Levitico 10:1 – Ora Nadab e Abiu, figli di Aronne, presero ciascuno un braciere, vi misero dentro il fuoco e il profumo e offrirono davanti al Signore un fuoco illegittimo, che il Signore non aveva loro ordinato.

[2] Bainvel, J. (1910). Devotion to the Sacred Heart of Jesus. In The Catholic Encyclopedia. New York: Robert Appleton Company. Estratto il 31 maggio 2022 da New Advent: http://www.newadvent.org/cathen/07163a.htm

[3] Papa Pio XII, Haurietis Aquas: Sulla devozione al Sacro Cuore, 15 maggio 1956, paragrafo 53.

[4] https://hymnary.org/hymn/CS1869/410

[5] Monsignor Bougaud (1890). Revelations of the Sacred Heart of Jesus to Blessed Margaret Mary and the History of Her Life. New York: fratelli Benziger. pp. 209, 210. Da archive.org: https://archive.org/details/revelationsofthe00bouguoft/page/n5/mode/2up?view=theater&q=knife

[6] Ibid.

[7] Autorem Fidei, paragrafo 63.

[8] Papa Pio XII, Haurietis Aquas: Sulla devozione al Sacro Cuore, 15 maggio 1956, paragrafo 15

[9] Ibid., paragrafo 22.

[10] Ibid., paragrafo 54.

[11] Ibid., paragrafo 55.

[12] Ibid., paragrafo 21.

[13] Ciò che in greco è chiamato "latria".

[14] Ibid.

[15] Citazione di san Cirillo di Alessandria, Contro Diodoro di Tarso e Teodoro di Mopsuestia (frammenti del libro 1), LFC 47 (1881) pp. 320-336.

[16] Papa Pio XII, Haurietis Aquas: Sulla devozione al Sacro Cuore, 15 maggio 1956, paragrafi 23, 53.

[17] Ibid., paragrafo 23

[18] Questo è un aspetto del documento di Pio XII che posso valutare positivamente poiché il simbolismo e la realtà non sono intrinsecamente opposti l'uno all'altro ma spesso si rendono necessari l'un l'altro.

[19] Per alcuni esempi, v. Proverbi 15:3; 2 Cronache 16:9; 1 Pietro 3:12.

[20] V. p. Maximos Constas, "Paul the Hesychast: Gregory Palamas and the Pauline Foundations of Hesychast Theology and Spirituality"

[21] V. dr. David Bradshaw, "The Divine Energies in the New Testament"

[22] V. il mio "Essence Energies Distinction in the Bible" https://youtu.be/xJvlo7X603w

[23] Lettera 17, Anatema 8

[24] Anatema 1: Se qualcuno non confessa che l'Emmanuele è proprio Dio, e che quindi la santa Vergine è Madre di Dio, poiché nella carne ha partorito il Verbo di Dio fatto carne [come sta scritto: "Il Verbo si fece carne"], sia anatema.

[25] Anatema 2: Se qualcuno non confessa che il Verbo di Dio Padre è unito ipostaticamente alla carne, e che con quella sua propria carne, egli è un solo Cristo Dio e uomo allo stesso tempo, sia anatema.

[26] San Cirillo di Alessandria, Contro Nestorio, Libro 2

[27] The Seven Ecumenical Councils of the Undivided Church, tr. H. R. Percival, in Nicene and Post-Nicene Fathers of the Christian Church, seconda serie, ed. P. Schaff e H. Wace (New York, 1890; ristampa, Grand Rapids, MI, 1955), XIV, p. 550: "il vero culto della fede (latreia) che appartiene solo alla natura divina".

[28] Ibid.

[29] San Giovanni Damasceno, Esposizione della Fede Ortodossa, Libro 3, Capitolo 8: Cristo, quindi, è uno, Dio perfetto e uomo perfetto: e lo adoriamo insieme al Padre e allo Spirito, con un unico omaggio, adorando anche la sua immacolata carne e non riteniamo che la carne non sia degna di adorazione: infatti essa è adorata nell'unica sussistenza del Verbo, che anzi diviene per essa sussistenza. Ma in questo non rendiamo omaggio a ciò che è creato. Perché lo adoriamo non come semplice carne, ma come carne unita alla divinità, e perché le sue due nature sono ricondotte sotto l'unica persona e l'unica sussistenza di Dio, il Verbo. Ho paura di toccare il carbone a causa del fuoco legato alla legna. Adoro la duplice natura di Cristo per la divinità che è in lui legata alla carne. Perché non introduco una quarta persona nella Trinità. Dio non voglia! Ma io confesso una persona di Dio Verbo e della sua carne, e la Trinità rimane Trinità, anche dopo l'incarnazione del Verbo.

[30] V. nota 17: "Ma come introduci un culto? riguarda l'anima e il corpo dei re? poiché l'anima non regna da sé e il corpo non regna da sé, ma Dio, il Verbo, era Re prima della carne; non dunque come all'anima e al corpo, così a Dio il Verbo e alla carne [è attribuito il culto]".

[31] San Cirillo di Alessandria, Contro Diodoro di Tarso e Teodoro di Mopsuestia (frammenti del libro 1), LFC 47 (1881) pp. 320-336.

[32] San Cirillo di Alessandria, Contro Nestorio, Libro 2

[33] San Giovanni Damasceno, Esposizione della Fede Ortodossa, Libro 3, Capitolo 8

[34] Torstein Theodor Tollefsen, St. Theodore the Studite’s Defence of the Icons, p. 70

[35] Ibid., 96

[37] San Cirillo di Alessandria, Contro Nestorio, Libro 2

[38] Ibid.

[39] Padre Seraphim Rose, L'anima dopo la morte

[40] Seven Ecumenical Councils, NPNF, p.314

[41] Fr. Michael Pomazansky, Orthodox Dogmatic Theology

[42] https://www.catholicculture.org/culture/library/dictionary/index.cfm?id=34505

[43] Ebrei 1:3

 
Un segno di speranza tra gli orrori del Donbass

Tra tante distruzioni e dissacrazioni di chiese, un tentativo fallito ci fa riflettere... Negli ultimi due giorni, i siti ortodossi russi e greci hanno riportato una notizia corredata di fotografie, di un missile che è entrato da una finestra nella chiesa di un villaggio del Donbass, e che non solo non è esploso, ma si è conficcato innocuamente nel suolo di fronte all’icona del Cristo Pantocratore, senza neppure rompere il vaso di fiori che ha rovesciato nell’impatto. Come tutti i segni divini, questo evento rafforza nella fede i credenti, porta speranza agli sfiduciati, e ammonisce i peccatori: osserviamolo con i nostri occhi nella sezione “Testimoni dell’Ortodossia” dei documenti.

 
Le giurisdizioni si uniscono contro i piani di fare di un archimandrita deposto un vescovo dell'Arcidiocesi greca

I vescovi avvertono che lasceranno l'Assemblea dei vescovi canonici se Belya ne diventa un membro

da destra a sinistra: l'arcivescovo Elpidophoros, il patriarca Bartolomeo, Alexander Belya. Foto: slavonic.org

Alcuni primi ierarchi delle giurisdizioni dell'Assemblea dei vescovi ortodossi canonici degli Stati Uniti d'America si sono uniti per protestare contro la prevista consacrazione all'episcopato dell'Arcidiocesi greca di un ex archimandrita deposto.

L'Arcidiocesi greco-ortodossa d'America, una giurisdizione del Patriarcato di Costantinopoli, ha annunciato all'inizio di questo mese che il Sinodo di Costantinopoli ha eletto Alexander Belya come vescovo ausiliare dell'Arcidiocesi greca per il suo vicariato slavo, con la sua consacrazione prevista per il 30 luglio.

Tuttavia, Belya è, in effetti, un ex archimandrita deposto dalla Chiesa ortodossa russa fuori dalla Russia.

In una lettera indirizzata all'arcivescovo Elpidophoros dell'Arcidiocesi greca, i gerarchi firmatari, sua Eminenza il metropolita Joseph (Arcidiocesi cristiana ortodossa antiochena del Nord America), sua grazia il vescovo Longin (Chiesa ortodossa serba nel Nord, Centro e Sud America), sua Eminenza il metropolita Nicolae (Metropolia ortodossa romena delle Americhe), sua Eminenza il metropolita Iosif (Diocesi ortodossa bulgara degli Stati Uniti, Canada e Australia) e sua Beatitudine il metropolita Tikhon (Chiesa ortodossa in America), avvertono che la consacrazione di Belya rappresenta una grande minaccia all'unità ortodossa in America.

Infatti, se Belya viene nominato vescovo e quindi diventa membro dell'Assemblea dei vescovi, i vescovi avvertono che saranno costretti a dimettersi dall'Assemblea, poiché riconoscono la canonicità della sua destituzione da parte della ROCOR nel 2020.

Oltre all'arcivescovo Elpidophoros, la lettera è stata inviata anche al patriarca Bartolomeo e a tutti i membri dell'Assemblea dei vescovi.

"Oltre alle nostre preoccupazioni canoniche, abbiamo seri interrogativi sul suo carattere basati su interazioni passate dirette e indirette con lui e la sua famiglia", scrivono i vescovi all'arcivescovo Elpidophoros.

"Con dolore nel cuore e grande sgomento abbiamo appreso da vostra Eminenza la decisione di procedere con la consacrazione episcopale di Alexander Belya... Ci sentiamo in dovere, come vostri fratelli e concelebranti presso il santo sltare, di supplicare voi e il vostro Patriarcato di riconsiderare questa decisione per il bene della nostra comune devozione all'unità ortodossa e all'ordine canonico", implorano.

Data la situazione delle giurisdizioni sovrapposte in America, le azioni di una influiscono necessariamente sulle altre, ricordano i vescovi all'arcivescovo greco. Una tale decisione minaccia anche di "erodere ulteriormente la nostra Assemblea dei vescovi... dovete sentire il peso e la gravità di questa minaccia nel modo più acuto".

I vescovi sono già preoccupati per la rottura della comunione tra il patriarcato di Mosca e quello di Costantinopoli, e i vescovi dell'Assemblea non dovrebbero fare nulla per impedire ulteriormente l'eventuale ritorno dei vescovi russi ai lavori dell'Assemblea, come scrivono i vescovi dell'OCA, antiocheni, bulgari, romeni e serbi.

Ricordano anche che molti vescovi dell'Assemblea hanno protestato contro la creazione stessa del Vicariato slavo dell'Arcidiocesi greca, che è in gran parte composto da clero spretato, sospeso e scismatico, proprio a causa dello status canonico di Belya.

E sottolineando la gravità delle loro preoccupazioni, i vescovi avvertono che saranno costretti a lasciare l'Assemblea ed eventualmente a sospendere le concelebrazioni con l'arcivescovo Elpidophoros se Belya sarà consacrato:

Naturalmente, quindi, non si potrà continuare a partecipare all'Assemblea stessa se quest'uomo sarà elevato all'episcopato e diventerà così membro dell'Assemblea. Con grande dolore, dobbiamo mettere in discussione la nostra capacità di continuare i nostri incontri di persona e le nostre preziose concelebrazioni.

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Come chierico della Chiesa ortodossa russa al di fuori della Russia, Belya era noto per aver saltato i pagamenti delle quote diocesane e per aver portato chierici in America senza i dovuti documenti. Anche suo fratello è stato implicato in gravi crimini, compreso il traffico di donne.

Nell'estate del 2019 , Belya ha falsificato una lettera scritta a nome di sua Eminenza il metropolita Hilarion (Kapral), allora primo ierarca della ROCOR, al Santo Sinodo del Patriarcato di Mosca, dove si chiedeva l'assenso alla consacrazione episcopale di Belya. Tuttavia, il Sinodo della ROCOR non aveva effettivamente nominato Belya, che in seguito è stato sospeso dalle funzioni sacerdotali.

Rifiutandosi di rispettare la sua sospensione, è invece fuggito nell'Arcidiocesi greca senza il congedo canonico della ROCOR. È stato deposto dalla ROCOR nel febbraio 2020 e quindi canonicamente è solo un monaco semplice.

Belya ha persino citato in giudizio in tribunali secolari il metropolita Hilarion e un certo numero di altri vescovi e chierici della ROCOR. Il processso è in corso.

* * *

Ecco il testo integrale della lettera all'arcivescovo Elpidophoros:

Eminenza, amato fratello in Cristo,

La salutiamo con le nostre preghiere e i migliori auguri in attesa della festa dei santi corifei degli Apostoli, Pietro e Paolo.

Noi, primi ierarchi delle giurisdizioni che fanno parte della nostra Assemblea dei vescovi ortodossi canonici negli Stati Uniti d'America, le scriviamo, in qualità di presidente dell'Assemblea, per esprimere la nostra grave preoccupazione per la preziosa unità della santa Chiesa ortodossa in questa terra. È stato con dolore e grande sgomento che abbiamo appreso da vostra Eminenza la decisione di procedere con la consacrazione episcopale di Alexander Belya, un ex chierico della Chiesa ortodossa russa fuori dalla Russia, la cui censura canonica e la cui ultima deposizione è accettata e riconosciuta come azione canonica da parte di tutti noi. Oltre alle nostre preoccupazioni canoniche, abbiamo serie domande sul suo personaggio basate su interazioni passate dirette e indirette con lui e la sua famiglia.

Mentre rispettiamo e sosteniamo con tutto il cuore il diritto di vostra Eminenza, in qualità di arcivescovo dell'Arcidiocesi greca, di prendere decisioni sull'ordine interno della sua giurisdizione, e apprezziamo pienamente il ruolo del Santo Sinodo del Patriarcato Ecumenico nella scelta dei candidati che ritengono appropriati per l'episcopato, chiediamo a vostra Eminenza di considerare l'effetto più ampio che questa azione avrà sul resto dell'Ortodossia negli Stati Uniti. La realtà delle nostre giurisdizioni sovrapposte (che è solo esacerbata dalla proliferazione dei vicariati etnici nella vostra Arcidiocesi) significa necessariamente che viviamo tutti nello stesso proverbiale stagno, e quando prendiamo decisioni come queste, ci sono effetti a catena che vanno ben oltre i nostri confini percepiti. Inoltre, questa azione minaccia di erodere ulteriormente la nostra Assemblea dei vescovi e la sua benedetta missione "di salvaguardare e contribuire all'unità della Chiesa ortodossa" in questa terra, come espresso nell'articolo 5.1a delle Regole delle Assemblee episcopali nella diaspora ortodossa. In quanto persona con la responsabilità unica di riunire questo organismo e facilitare la sua missione, devi sentire il peso e la gravità di questa minaccia nel modo più acuto.

Tutti noi siamo preoccupati per il deterioramento delle relazioni tra i santi Patriarcati di Costantinopoli e Mosca che ha portato alla rottura della comunione canonica e alla sospensione della partecipazione delle parrocchie patriarcali di Mosca e della Chiesa ortodossa russa fuori dalla Russia ai lavori dell'Assemblea. Dobbiamo astenerci dal creare impedimenti ancora maggiori al ritorno dei nostri fratelli russi all'Assemblea. Inoltre, dobbiamo fuggire da qualsiasi azione che rischi la più ampia unità pan-ortodossa che esiste tra tutti noi. Come è noto a vostra Eminenza, molti di noi hanno ufficialmente protestato contro la creazione del cosiddetto vicariato slavo proprio per le sue conseguenze sulla nostra unità ortodossa e per le questioni sollevate sullo status canonico di Alexander Belya. C'è tra noi chi le ha spiegato che ci è impossibile concelebrare con lui e con il vicariato. Naturalmente, quindi, non si potrà continuare a partecipare all'Assemblea stessa se quest'uomo sarà elevato all'episcopato e diventerà così membro dell'Assemblea. Con grande dolore, dobbiamo mettere in discussione la nostra capacità di continuare i nostri incontri di persona e le preziose concelebrazioni.

Eminenza, amato fratello in Cristo, abbiamo lavorato così duramente per aumentare la nostra testimonianza unita durante i giorni della pandemia e, poiché non vogliamo fare un passo indietro, siamo costretti a esprimere la nostra unanime preoccupazione riguardo a questa prevista consacrazione. Mentre ci avviciniamo alla festa dei canti Apostoli, dopo aver celebrato il conferimento dello Spirito Santo, il Paraclito che ci chiama all'unità, supplichiamo rispettosamente voi e il Patriarcato ecumenico di riconsiderare questa decisione, che mette in pericolo l'unità alla quale aneliamo.

Chiedendo le vostre preghiere per noi, rimaniamo con stima e amore,

I vostri fratelli e concelebranti,

Metropolita Joseph, vicepresidente dell'arcidiocesi cristiana ortodossa antiochena del Nord America

Vescovo Longin, Chiesa ortodossa serba nel Nord, Centro e Sud America

Metropolita Nicolae, Metropolia ortodossa romena delle Americhe

Metropolita Iosif, Diocesi ortodossa bulgara di Stati Uniti, Canada e Australia

Metropolita Tikhon, Chiesa ortodossa in America

CC: a sua Santità il patriarca ecumenico Bartolomeo

ai membri dell'Assemblea dei vescovi ortodossi canonici negli USA

 
La civiltà ortodossa e l'Iran

Presentiamo nella sezione “Geopolitica ortodossa” dei documenti un’intervista risalente al 1995, ma di straordinaria attualità. L'ex ambasciatore iraniano presso la Santa Sede, Muhammad Masjid Jamei, intervistato dalla rivista russa Elementy, offre il suo punto di vista sulla crisi jugoslava (che potrebbe essere oggi ripetuto verbatim nel caso della crisi ucraina), e parla della comprensione della Chiesa ortodossa da parte dell’Iran.

 
La disunione e l'Ucraina

La notizia che l'Arcidiocesi greco-ortodossa d'America, giurisdizione locale del Patriarcato di Costantinopoli, intende consacrare Alexander Belya come vescovo ausiliare per il suo 'Vicariato slavo', ha portato ancora più disunione nel paese.

In una lettera indirizzata all'arcivescovo Elpidophoros dell'Arcidiocesi greca, i primi ierarchi delle altre cinque più grandi diocesi ortodosse del Nord America, avvertono che la consacrazione di Belya rappresenta una grande minaccia per l'unità ortodossa in America. Infatti, se viene nominato vescovo e quindi diventa membro dell'Assemblea dei vescovi, i vescovi avvertono che saranno costretti a lasciare l'Assemblea, poiché riconoscono come canonica la sua destituzione nel 2020 per opera della ROCOR, che negli ultimi trent'anni ha ricevuto molti ecclesiastici strani dall'Ucraina, che hanno sempre causato profonde divisioni e angoscia.

I vescovi sono già preoccupati per la rottura della comunione tra il Patriarcato di Mosca e quello di Costantinopoli, a seguito dell'istituzione da parte di quest'ultimo della "Chiesa" di Epifanij in Ucraina nel 2019. I vescovi dell'Assemblea non dovrebbero fare nulla per ostacolare ulteriormente l'eventuale ritorno dei vescovi russi ai lavori dell'Assemblea, scrivono i vescovi dell'OCA, di Antiochia, della Bulgaria, della Romania e della Serbia. Inoltre, abbiamo sentito che alla decisione dell'arcivescovo Elpidophoros, una figura politica molto controversa, è contraria la maggior parte dei suoi stessi vescovi greci negli Stati Uniti.

Ancora una volta, vediamo come l'Ucraina si trovi al centro della disunione all'interno del mondo ortodosso. In primo luogo, c'erano le "Chiese" non canoniche di Filaret ed Epifanij. Poi c'è la Chiesa sotto il metropolita Onufrij, che, secondo alcuni critici, ha praticamente dichiarato la propria autocefalia in chiave sergianista, e che è stata costretta a subire le pressioni dello Stato e il furto/chiusura di 250 sue chiese negli ultimi quattro mesi. Infine, c'è la quarta Chiesa ucraina, composta da quelli che continuano a commemorare il patriarca Kirill. Quindi, abbiamo effettivamente quattro gruppi sullo stesso territorio, tutti che usano più o meno la stessa lingua e lo stesso rito. Sono divisi dal nazionalismo, non dalla dottrina.

Io ho visitato l'Ucraina cinque volte tra il 2016 e il 2021, come rappresentante missionario per l'Europa, nominato dal defunto metropolita Hilarion (Kapral), l'ultimo tra i primi ierarchi della ROCOR. Posso confermare che le relazioni inter-ortodosse in tutta la Chiesa ortodossa sono in uno stato di paralisi e rimarranno tali fino alla fine del conflitto in Ucraina. Quanto tempo ci vorrà?

Secondo i dati occidentali rivelati al recente incontro della NATO a Bruxelles, le perdite militari ucraine ammontano ora a circa 200.000 soldati uccisi (tra cui circa 2.000 mercenari, 102 dei quali britannici), con la distruzione di quasi tre quarti del loro equipaggiamento militare e delle loro munizioni. In soli quattro mesi. Questo è catastrofico. Come affermano i servizi segreti occidentali, l'MI6 e il Bundesnachrichtendienst, e i servizi segreti della Polonia, c'è poco futuro o speranza per l'attuale governo di Kiev. Possiamo solo aspettarci il collasso militare e la formazione di un nuovo governo. Allora la situazione della Chiesa sarà trasformata. Ma esattamente come, nessuno lo sa.

Vediamo l'ennesima conferma che tutte le divisioni nella Chiesa sono causate dalla politica.

 
Sergej Glaz'ev: "La cosa principale da fare è liberarsi dalla dipendenza dall'estero"

Il team russo del blog di Saker (blog che sta espandendosi in diversi paesi e diverse lingue) ha preparato la versione multilingue di un’eccellente video-intervista a Sergej Glaz’ev. Anche se avevamo già ospitato un’intervista a Glaz’ev sul nostro sito, riteniamo altrettanto importante questa nuova video-intervista, perché spazia dalla crisi ucraina ai giochi di potere internazionali, alla situazione economica della Russia, con la chiarezza di chi conosce davvero le poste in gioco. Concordiamo con Saker nella sua conclusione che Glaz’ev sembra dire ciò che Putin non dice, ma sui cui pare basarsi nelle proprie azioni. Tanto più importante sentire cos’ha da dire Glaz’ev, in un’Italia infestata da ipotesi su Putin che paiono autentiche idiozie ideologiche. Presentiamo la nostra traduzione italiana dell’intervista, assieme all’introduzione di Saker e al video, nella sezione “Geopolitica ortodossa” dei documenti.

 
Una critica ortodossa dell'esperienza carismatica moderna

In che modo una persona acquisisce lo Spirito Santo? La Chiesa ortodossa crede nei doni dello Spirito? Come operano questi doni nella vita di un credente? Ora che sono un cristiano ortodosso, come posso elaborare le esperienze che ho avuto in precedenza mentre facevo parte di gruppi evangelici carismatici?

Queste sono solo alcune delle domande che mi sono posto e mi sono state poste dopo sedici anni nella Chiesa ortodossa, di cui otto trascorsi come sacerdote. Ho avuto conversazioni molto produttive con alcuni dei miei parrocchiani su argomenti "carismatici", relativi a cose sia all'interno che al di fuori della Chiesa ortodossa. Queste conversazioni sono diventate l'impulso finale per farmi affrontare l'argomento per iscritto.

Io sono un ex evangelico carismatico. Sono cresciuto nella Vineyard Christian Fellowship, dove mio padre è stato ministro per un certo periodo. Da ragazzo, ricordo di aver frequentato gli uffici dell'Anaheim Vineyard. Ricordo di aver scherzato con John Wimber (fondatore di Vineyard). Sono cresciuto in un ambiente "profetico, carismatico", intorno a Lonnie Frisbee, Bob Jones, Paul Cain e altri (tutti cosiddetti "profeti"). Alcuni di loro li conoscevo abbastanza bene per via della posizione di mio padre come ministro (tenete presente che questo era il periodo della mia infanzia e adolescenza). Se questi nomi non significano nulla per voi, non preoccupatevi. Vi basti sapere, lettori, che un tempo questi erano grandi nomi nelle loro cerchie. Alla mia generazione è stato costantemente detto che avremmo cambiato il mondo per Gesù.

Sembrava tutto piuttosto eccitante in quel momento. Ho trascorso tre anni sul campo di missione, a Kharkov, in Ucraina (dove ho conosciuto mia moglie). Da lì sono andato alla Brownsville Revival School of Ministry (BRSM), situata in una chiesa delle Assemblee di Dio a Brownsville, in Florida. Facevo parte della "classe dei pionieri". La scuola era incentrata su quello che veniva chiamato "The Brownsville Revival". Manifestazioni? Presenti! Parlare in "lingue?" Presente! "Uccisi nello Spirito?" Presenti! Parole "profetiche"? Presenti! Sogni? Presenti! Visioni? Presenti! Comunque, avrete capito. La mia fede era molto "pentecostale" e "carismatica" (per ora uso queste parole in modo generale). Poco dopo essermi laureato alla BRSM, e mentre stavo compiendo il ministero protestante, la scoperta della Chiesa ortodossa mi ha deliziosamente sviato.

Sono passato da un ambiente che valorizzava la "spontaneità nello Spirito" al culto liturgico e alla tradizione. Sembravano due mondi diversi. Avevo molto da elaborare. Il mio obiettivo al momento è quello di offrire alcune delle indagini e delle conclusioni che ho compiuto e a cui sono arrivato, nella speranza che alcuni possano trarne beneficio.

Mi concentrerò principalmente sulla storia, sul metodo e sul significato che ne sta alla base. Cercherò di evitare le polemiche, ma in un simile sforzo sarà difficile evitarle del tutto. Consentitemi di affermare dall'inizio: il mio obiettivo è parlare dei sistemi. Lascio tutte le persone al giudizio di Dio. Tuttavia, siamo chiamati a provare, discernere e giudicare, come dice San Giovanni: Non credete a ogni spirito, ma provate gli spiriti per vedere se sono da Dio (1 Gv 4:1). E i sistemi coinvolgono inevitabilmente le persone. Inoltre, esistono norme cristiane concrete in base alle quali formulare tali giudizi. Pertanto, è fondamentale comprendere, identificare e valutare le origini e le radici del movimento carismatico moderno.

Verso una comprensione del movimento pentecostale/carismatico

Il movimento pentecostale/carismatico è penetrato in quasi tutti i settori della cristianità moderna. Dai battisti ai cattolici romani. Solo nella Chiesa ortodossa non ha trovato un luogo adatto per crescere, anche se ha cercato di trovare qualche punto d'appoggio. Christianity Today afferma: "Uno studio del Pew Forum del 2011 ha mostrato che quasi 305 milioni di persone in tutto il mondo... fanno parte del movimento carismatico". La mentalità che abbraccia il movimento ha influenzato gran parte della mente protestante moderna. Di seguito, analizzerò brevemente le radici storiche del movimento pentecostale/carismatico (da qui in poi indicato come movimento p/c per brevità). Ah, la storia – a molti oggi non sembra troppo importante. Tuttavia, siamo arrivati dove siamo oggi attraverso percorsi ben distinti. Per cominciare a comprendere la moderna esperienza "pentecostale", dobbiamo esaminarne le radici.

E ancor prima di addentrarci nella storia, dobbiamo capire un principio particolare che guida gran parte del protestantesimo moderno, soprattutto quei settori formati dal movimento p/c. Ultimamente questa mente è stata chiamata "Chiesa emergente" (ha anche altri nomi come Restaurazionismo, Teologia del Regno e Terza ondata – sebbene possano esistere differenze superficiali, l'essenza sottostante e il fondamento di queste filosofie sono le stesse). Ho ancora appunti dei miei giorni alla BRSM (sono una di quelle persone che conservano appunti scolastici), che presentano uno schizzo di base della filosofia della Chiesa emergente.

Il loro approccio alla storia è più o meno questo:

  • 311-1300 d.C. – Oscurità: La Chiesa entra in un periodo di prigionia e tenebre.

  • 1300-1500 d.C. – Inizio del refrigerio: durante questo periodo figure come John Huss, John Wycliffe e altri sono considerati i pionieri del refrigerio.

  • 1500-1700 d.C. – Grazia: La Riforma Protestante

  • 1700-1800 d.C. – Santità personale e conversione

  • 1800-1900 d.C. – Preghiera ed evangelizzazione

  • 1900-1950 d.C. – Battesimo dello Spirito Santo

  • 1950- Carismatici

  • Fine del XX secolo – Tutto si combina!

Nei miei vecchi appunti di classe, una nota sotto il diagramma recita: "Dio sta costruendo, aggiungendo e aggiungendo, Dio sta restaurando la Sua Chiesa!" E con una nota di sorpresa e delizia, commenta: "Nel 1950 e dopo, i doni carismatici iniziano a fluire anche nelle chiese tradizionali".

Come si può già percepire, la chiara conclusione era che la Chiesa (usando quella parola in modo molto approssimativo) era precedentemente persa nelle tenebre, ma Dio intervenne e rovesciò le "tradizioni degli uomini" per ristabilire la cua opera. La chiara implicazione era che la maggior parte dell'opera della Chiesa tra il 300 e il 1500 d.C. circa non era opera di Dio.

Ricordo che questo era spiegato attraverso l'analogia di un puzzle: i pezzi erano persi e sparsi, ma vengono lentamente riuniti e il risultato sarà il ripristino del quadro completo. Questa filosofia di base si trova in forme diverse nei molti gruppi protestanti che esistono oggi, che condividono tutti questo presupposto di base: "La Chiesa si è smarrita e ha avuto bisogno di essere restaurata, ravvivata". Questo, ovviamente, è un nuovo insegnamento inaudito nel vero cristianesimo.

Presumibilmente, non solo il quadro completo sarà restaurato, ma potrebbe anche superare l'originale (cioè quello del libro degli Atti). Le note recitano: "Possiamo aspettarci che un'ultima ondata sia parallela alla prima (o che addirittura la superi)". Chiaramente, non c'è un valore sostanziale per la tradizione in questa mentalità. La tradizione, per parere comune di un tale paradigma, era stata la morte della Chiesa primitiva. La tradizione divenne, come sostiene una tale mentalità, il supplemento umano al potere e alla libertà originari nello "Spirito" che era originariamente all'opera nella Chiesa primitiva ma successivamente si era perduto.

Il problema di tale insegnamento è che: A) Non si trova nelle Scritture, né era stato insegnato dai primi cristiani. Lo sosterrò più avanti. B) È un tipo di evoluzione spirituale "cristiana". È, oserei dire, influenzato più dalla filosofia del "progresso" dell'Europa occidentale, sviluppata durante "l'illuminismo", che da qualsiasi altra cosa. Quasi tutto ciò che è vecchio è cattivo o non è aggiornato. Il nuovo, un ubermensch cristianizzato, è ciò di cui abbiamo bisogno! I fedeli, la chiesa, stanno progredendo verso il "superuomo" spirituale. A questo punto non mi dilungherò nelle Scritture che gli aderenti alla Chiesa emergente usano per corroborare le loro affermazioni. Potrei affrontare questo tema in seguito. L'obiettivo è la formazione storica.

Il movimento p/c potrebbe certamente essere fatto risalire ai movimenti del tipo "Revival Holiness" del 1800 in America. Non seguirò questa corrente al momento, ma mi concentrerò sulla nascita visibile del movimento all'inizio del XX secolo. Saranno prese in esame due figure chiave: Charles Parham, che è chiamato "il padre della Pentecoste", e William Seymour, che è considerato il catalizzatore della Pentecoste. Chiaramente, numerosi altri soggetti furono coinvolti nel movimento, ma per convenienza ho ristretto il campo a due.

Charles Parham

Il signor Parham iniziò il suo ministero nei "risvegli" curativi della fine del 1800. Come molti ai suoi tempi, professava di avere una profonda fame di Dio e un profondo desiderio di vedere la potenza di Dio. Come altre figure di quel periodo, rimase deluso dal "denominazionalismo". (È interessante notare che sentimenti simili furono espressi sia da Joseph Smith, il fondatore del mormonismo, sia da Charles Taze Russell, il fondatore dei testimoni di Geova. Questo non significa equiparare direttamente questi tre uomini: chiaramente il signor Parham non negò mai la divinità di Cristo, come fecero gli altri due. Ma il lettore dovrebbe notare che esisteva uno spirito di malcontento nei confronti del "denominazionalismo" nel 1800, e molte figure sorsero affermando di restaurare il "vero" cristianesimo.

Il signor Parham afferma: "Sentendo la ristrettezza del chiesismo settario, ero spesso in conflitto con le autorità superiori, il che alla fine ha portato a una rottura aperta; e ho lasciato per sempre il confessionalismo, pur dovendo subire un'aspra persecuzione per mano della chiesa... Oh, la ristrettezza di molti che si dicono propri del Signore!". (Robert Liardon, God's Generals, Albury Publishing, 1996. p. 115.) Attraverso esperienze successive, si convinse che "c'era ancora una grande effusione di potenza per i cristiani che devono chiudere questa epoca" (Ibid, p. 117).

Alla fine Parham aprì la sua scuola biblica a Topeka, nel Kansas, e poi un'altra a Houston, in Texas. A un certo punto diede ai suoi studenti l'incarico di studiare diligentemente le Scritture (con particolare attenzione al libro degli Atti) per la prova del battesimo dello Spirito Santo. Dopo tre giorni, si racconta, tutti gli studenti (quaranta in tutto) giunsero alla stessa conclusione: la manifestazione comune del battesimo nello Spirito Santo è "parlare in lingue". Fissati su questa manifestazione, decisero di pregare finché non avessero ricevuto il dono delle lingue. Secondo quanto riferito, una studentessa di nome Agnes Ozman fu la prima a ricevere il dono. I resoconti dicono che parlava in cinese. Nei primissimi documenti del movimento p/c le lingue sono identificate con qualche lingua terrena conosciuta. Il signor Parham dice di aver ricevuto in dono la lingua svedese. Non affronterò qui il dono delle lingue e la sua comprensione ortodossa, ma va tenuto conto del fatto che il primissimo movimento p/c non pretendeva di parlare in balbettii incomprensibili. Ma come vedremo, presto si è trasformato proprio in tal modo.

Un altro punto sorprendente è che questa "effusione" è avvenuta proprio all'inizio del XX secolo, che si è rivelato un secolo di cambiamenti senza precedenti e sconvolgimenti mondiali. (La profezia di san Giovanni di Kronstadt aiuta i cristiani ortodossi a comprendere molti di questi eventi nel XX e XXI secolo). Parham iniziò quindi a predicare "il battesimo dello Spirito Santo e l'evidenza delle lingue". Il suo insegnamento è il fondamento della dottrina pentecostale delle lingue come segno iniziale della presenza dello Spirito Santo. Una tale dottrina era sconosciuta nel cristianesimo prima di questo tempo. Sebbene casi isolati di "parlare in lingue" siano stati registrati all'interno del protestantesimo prima del movimento di Parham, il suo movimento è responsabile della sua crescita e persino della sua esplosione nel mondo protestante.

Molte storie e resoconti fenomenali circondano la vita del signor Parham. Si considerava sinceramente un restauratore della fede apostolica: "Ora che sono generalmente accettati [i dettami della fede apostolica], prendo semplicemente il mio posto tra i fratelli" (Ibid. 128). Come molti altri leader protestanti prima di lui, era sicuro che Dio gli avesse scelto e affidato un compito unico. Era disposto a liquidare i suoi oppositori come meschini e contrari alla volontà di Dio (così come egli la proclamava). Per ironia della sorte, nel suo dichiarato desiderio di sfuggire ai confini del "denominazionalismo", creò una nuova denominazione, il pentecostalismo, perpetuando così la stessa frattura che avrebbe voluto sanare.

Il signor Parham affermava che la sua autorità derivava dalla Bibbia e dal potere dello Spirito Santo. Come la maggior parte dei protestanti, si basò sulla "sola scriptura" (l'insegnamento che la sola Bibbia è necessaria per stabilire la fede cristiana). Ma, come mostra la maggior parte della storia protestante, c'era un significativo disaccordo su ciò che la Bibbia avrebbe proclamato semplicemente e chiaramente. Dopo tutto, non era tutto così chiaro e semplice. Il pentecostalismo ebbe un corpo in continua evoluzione di vari insegnamenti, molte volte in contraddizione tra loro. Accuse di immoralità sessuale afflissero la fine del ministero del signor Parham.

William J. Seymour

Il signor Seymour era un ministro battista afroamericano che divenne un "predicatore della santità" e che professava anche lui un'insoddisfazione per il cristianesimo del suo tempo e cercava una "esperienza più profonda". Aveva vagato per alcune denominazioni prima di imbattersi negli incontri del signor Parham a Houston, in Texas. Frequentò la scuola di Parham a Houston. A causa del segregazionismo dei tempi, il signor Seymour non poteva sedere nella classe; invece, ascoltava le lezioni dal corridoio. Uno scrittore afferma: "Sebbene Seymour non avesse abbracciato tutte le dottrine insegnate da Parham, abbracciò la verità della dottrina di Parham sulla Pentecoste. Da questa presto sviluppò la sua teologia" (Ibid. p. 143).

Nel 1906, Seymour si recò a Los Angeles, in California, dove accettò un lavoro di pastore. Cominciò immediatamente a predicare la sua nuova dottrina del parlare in lingue. Come con il gruppo a Topeka, Seymour e compagnia trascorrevano ore a cercare il "battesimo dello Spirito Santo". Ad un certo punto, un certo signor Lee iniziò a parlare in lingue, seguito da altri. Alcuni sostenevano di profetizzare e predicare; altri sostenevano di compiere guarigioni miracolose.

Il gruppo alla fine trovò un edificio al 312 di Azusa Street, e quindi fino a oggi il fenomeno è spesso chiamato "Azusa Street Revival". Gli incontri sono descritti come "unici": i posti a sedere erano disposti in modo che i partecipanti si fronteggiassero. La musica era improvvisata, non venivano usati libri di inni e gli incontri non avevano un programma, lasciando tutto alla "direzione dello Spirito". Quando il gruppo pensava che qualcuno non stesse parlando a partire dallo "Spirito", iniziava a gemere e singhiozzare. In una pubblicazione intitolata The Apostolic Faith, "Seymour annunciò la sua intenzione di restaurare 'la fede una volta consegnata'..." (Ibid. p. 154). Come per Parham, l'implicazione è ovvia: la Fede apostolica era andata perduta e questi uomini furono scelti per restaurarla.

In Azusa Street le presunte manifestazioni dello "Spirito" iniziarono presto ad assumere sintomi innaturali: le lingue divennero balbettii incomprensibili, chiamati "linguaggio di preghiera". I partecipanti inoltre ululavano, si contorcevano, tremavano, si lamentavano, erano presi da attacchi e spasmi, e così via. Asuza Street è la fonte della maggior parte delle manifestazioni che sono comuni oggi nel movimento p/c, e quasi tutte le denominazioni pentecostali, direttamente o indirettamente, possono far risalire la loro fondazione ai partecipanti di Azusa (Ibid. p. 163).

Ben presto l'azione dello "Spirito" che doveva unire tutti i veri credenti iniziò a frammentarli in fazioni rivali. Ad un certo punto, il signor Parham si recò alla missione di Azusa Street e raccontò con orrore ciò che vi aveva trovato:

"Mi sono precipitato a Los Angeles, e con mia totale sorpresa e stupore ho trovato condizioni anche peggiori di quanto mi aspettassi... manifestazioni della carne, controlli spiritisti, ho visto persone praticare l'ipnotismo all'altare su candidati che chiedevano il battesimo, sebbene molti stessero ricevendo il vero battesimo... Ho trovato influenze ipnotiche, influenze di spiriti familiari, influenze spiritiste, influenze mesmeriste e tutti i tipi di incantesimi, spasmi, cadute in trance, ecc." (Ibid. 157,158).

Rimproverò anche il fenomeno chiamandolo "potere spirituale prostituito". Almeno il signor Parham aveva il buon senso di capire: "Lo Spirito Santo non fa nulla che sia innaturale o sconveniente, e qualsiasi esercizio forzato del corpo, della mente o della voce non è opera dello Spirito Santo, ma di qualche spirito familiare, o di altro genere. Lo Spirito Santo non ci conduce mai oltre il punto dell'autocontrollo o del controllo degli altri, mentre gli spiriti familiari del fanatismo ci portano sia al di là dell'autocontrollo che del potere di aiutare gli altri" (Ibid. p. 158). Così, lo stesso "padre del parlare in lingue" denunciò l'opera ad Azusa.

Si potrebbe pensare che questo sia stato un duro colpo per Seymour e i suoi seguaci, ma non lo fu. Seymour si limitò semplicemente a bandire Parham dagli incontri affermando: "Il signor Parham... non è il leader di questo movimento della Azusa Mission. Abbiamo pensato di averlo come nostro leader e così abbiamo affermato nel nostro giornale (The Apostolic Faith), prima di aspettare l'intervento del Signore. Possiamo essere piuttosto frettolosi, soprattutto quando siamo molto giovani nella potenza dello Spirito Santo". Apparentemente, Seymour implicava di avere ora superato Parham nella comprensione della "potenza dello Spirito".

La missione di Azusa Street ignorò le critiche di Parham e affermò di aver superato i pensieri immaturi di quest'ultimo. Come per i gruppi successivi, si consideravano molto più illuminati e pieni di "Spirito Santo" e quindi non avevano alcun obbligo di obbedire agli "uomini". Una tale pretesa, ovviamente, diventa solo una comoda copertura per l'orgoglio e l'arroganza, che sono sempre presenti in tali "mosse dello Spirito Santo". Qualsiasi leader è più in sintonia con lo "Spirito" rispetto al suo predecessore. Nell'Ortodossia, questo atteggiamento è chiamato prelest.

Per la maggior parte, i ministri evangelici più stabili e classici dell'epoca denunciarono il movimento: "G. Campbell Morgan, un predicatore evangelico molto rispettato, definì il movimento pentecostale "l'ultimo vomito di Satana", mentre R. A. Torrey affermò che "non era enfaticamente di Dio e [fu] fondato da un sodomita". Nel suo libro Holiness, the False and the True, Harry Ironside nel 1912 denunciò il movimento come "disgustosi... deliri e pazzie" e accusò i loro incontri di causare "un pesante tributo di follia e infedeltà".

Queste esperienze soggettive ferocemente denunciate sono il fondamento centrale della "teologia" per il movimento p/c. Esso non si basa sulla Scrittura, come afferma, ma piuttosto su esperienze individuali altamente idiosincratiche. L'esperienza soggettiva individuale dello "Spirito Santo" è tutt'oggi il fattore guida di tutte le moderne esperienze carismatiche.

L'esperienza "pentecostale" iniziò in un modo che sarebbe stato in qualche modo accettabile per alcuni protestanti, ma una volta che si fece strada rivelò rapidamente la sua vera natura: quella che fu svelata ad Azusa. Imprescindibilità, manifestazioni bizzarre e cose del genere hanno trovato tutte una casa con la scusa che "lo Spirito mi sta guidando". Tale "libertà" è irresistibile per l'uomo caduto.

La missione di Azusa Street decadde rapidamente nel dissenso. I vari "discepoli" di Seymour si ribellarono per rivendicare una più profonda "esperienza dello Spirito", proprio come Seymour aveva fatto con Parham. Seymour concluse i suoi giorni con un piccolo resto del suo movimento e, dopo divisioni e fratture consecutive, solo una ventina di persone rimasero con lui nell'originale missione di Azusa Street.

Il movimento carismatico moderno

Il movimento carismatico segna approssimativamente il punto in cui la filosofia e lo stile "pentecostali" iniziarono a emergere e ad essere accettati nelle denominazioni "principali". Prima del movimento carismatico i "pentecostali" erano considerati "gruppi marginali" da molte denominazioni protestanti. La maggior parte delle fonti considera il signor Dennis Bennett l'avanguardia del movimento carismatico. Era un ministro episcopaliano a Van Nuys, in California. Nel 1960 affermò di aver sperimentato il "battesimo dello Spirito Santo". A causa del conflitto che questo creò nella sua congregazione, si dimise e si stabilì in un'altra chiesa episcopaliana a Seattle, in Washington, chiamata St. Luke's. Questa comunità divenne un punto centrale nel primo movimento carismatico. In un certo senso, il pentecostalismo stava entrando nel cristianesimo mainline (nella Chiesa episcopaliana, nientemeno) e questa era una novità.

Ciò diede inizio al mainstreaming di pratiche (come il parlare in lingue, le preghiere per la guarigione, ecc.) che si trovavano principalmente nelle chiese pentecostali che, fino ad allora, erano spesso ai margini del protestantesimo. A causa di questo movimento, il pentecostalismo rapidamente si diffuse attraverso il protestantesimo "mainline", e non si fermò qui. Si fece strada anche nella Chiesa cattolica romana. Sebbene gran parte della fede e della pratica del movimento carismatico provenisse direttamente dai pentecostali che esistevano da quasi sessant'anni, le chiese principali che abbracciarono tale credenza evitarono l'etichetta di "pentecostali" per ragioni sia culturali che teologiche.

Questo nuovo movimento 'carismatico' si diffuse rapidamente in altre denominazioni principali e, verso la metà degli anni '60... La visibilità e le reti del movimento furono ulteriormente rafforzate dal successo del movimento "Jesus People" di stampo pentecostale tra i giovani americani di fine anni '60 e '70. Negli anni '80 emerse una rete vigorosa e indipendente di chiese e organizzazioni carismatiche (a volte descritte come la "Terza ondata"), comprese chiese come la Vineyard Christian Fellowship.

Pertanto, i movimenti carismatici e pentecostali sono davvero un singolo movimento generale. Questi movimenti nuovi e marginali sono diventati, attraverso vari mezzi, una delle mentalità più influenti nel protestantesimo moderno. È probabilmente uno dei movimenti più influenti del secolo scorso all'interno del mondo generalmente cristiano e i suoi presupposti definiscono molte delle moderne mentalità protestanti e persino quelle della Roma moderna.

Per proseguire, una domanda importante da porsi è: la Chiesa antica e primitiva (Ortodossia) ha affrontato qualche fenomeno simile al movimento p/c? La risposta è si. Daremo un'occhiata a questa storia in un prossimo articolo.

 
Un romano a Novgorod

Sant'Antonio il Romano (1067-1147), padre del monachesimo a Novgorod, è una figura che tutti gli ortodossi italiani dovrebbero conoscere, e di cui possono andare fieri.

Leggete la sua vita in brevi cenni su questo post, e diffondete la conoscenza di questo santo.

I santi come Antonio il Romano sono i più autentici garanti di un vero scambio di civiltà nella verità della fede.

 
I vescovi implorano ancora Elpidophoros: non fare di Belya un vescovo, la nostra cultura spezzata ha bisogno di una Chiesa unita

slavonic.org

I vescovi ordinari delle giurisdizioni ortodosse dell'Assemblea dei vescovi ortodossi canonici degli Stati Uniti d'America chiedono nuovamente al capo dell'Arcidiocesi greco-ortodossa di riconsiderare la decisione di consacrare all'episcopato un ex sacerdote deposto.

"La nostra cultura spezzata ha bisogno della fede ortodossa, non di una Chiesa ortodossa spezzata in questa terra", scrivono i vescovi, ribadendo l'avvertimento della loro prima lettera che saranno costretti a lasciare l'Assemblea se Alexander Belya diventerà un vescovo e quindi un membro dell'assemblea.

"Questo momento richiede da noi vescovi più che una semplice riaffermazione dei nostri diritti giurisdizionali, soprattutto quando ciò danneggia la nostra testimonianza unita in una terra assetata della fede vivificante 'una volta per tutte consegnata ai santi'", scrivono i vescovi in risposta aalla lettera che l'arcivescovo Elpidophoros ha indirizzato a loro il 29 giugno.

Come il primo, questo secondo appello al capo dell'Arcidiocesi greca è firmato da sua Eminenza il metropolita Joseph (Arcidiocesi cristiana ortodossa antiochena del Nord America), sua Grazia il Vescovo Longin (Chiesa ortodossa serba del Nord, Centro e Sud America), sua Eminenza il metropolita Nicolae (Metropolia ortodossa romena delle Americhe), sua Eminenza il metropolita Iosif (Diocesi ortodossa bulgara di Stati Uniti, Canada e Australia) e sua Beatitudine il metropolita Tikhon (Chiesa ortodossa in America).

La lettera è stata consegnata a tutti i vescovi membri dell'Assemblea.

Dato che la risposta dell'arcivescovo Elpidophoros ha ignorato e ha tentato di spostare l'attenzione dai punti sollevati dai vescovi interessati, questa seconda lettera ribadisce in gran parte e invita l'arcivescovo greco a concentrarsi più da vicino sui punti originali.

I vescovi sono piuttosto delusi dal fatto che l'arcivescovo greco abbia semplicemente ignorato il pericolo che i suoi piani rappresentano per l'unità ortodossa in America, ed è per questo motivo che hanno scelto di rivolgersi a lui in modo corporativo, su carta intestata dell'Assemblea.

Per quanto riguarda il Vicariato slavo dell'Arcidiocesi greca come organismo, i vescovi identificano che il suo "unico intento [è] il bracconaggio di persone insoddisfatte di un'altra giurisdizione canonica", che "non ha precedenti e potrebbe rivelarsi distruttivo e minare il nostro obiettivo dichiarato di unità".

I vescovi sono "con dolore consapevoli" che l'arcivescovo Elpidophoros ha anche tentato di recente di istituire un vicariato romeno, nonostante esistano già due giurisdizioni romene in America. I vescovi sono grati che questo piano non sia stato realizzato.

Dato che l'arcivescovo Elpidophoros ha semplicemente respinto le preoccupazioni dei vescovi su Belya come dicerie, questa seconda lettera entra più nel dettaglio. In primo luogo, i vescovi osservano che Belya è stato ricevuto nell'Arcidiocesi greca dopo che era già stato sospeso dalla sua precedente giurisdizione, la Chiesa ortodossa russa fuori dalla Russia.

Mentre la Chiesa russa ha rotto la comunione con Costantinopoli per la sua invasione anti-canonica del territorio della Chiesa ucraina, Costantinopoli sottolinea ripetutamente che questa decisione è stata unilaterale, e quindi, "come spiega la ricezione di un chierico da una Chiesa con la quale si dichiara in comunione senza prima risolvere con quella Chiesa la questione della sua disciplina canonica?" chiedono i vescovi.

In secondo luogo, Belya ha intentato una causa civile contro la Chiesa ortodossa russa fuori dalla Russia, che è una violazione diretta della Scrittura e dei sacri canoni. "Questo fatto da solo dovrebbe impedirgli di diventare vescovo... Non capiamo come si possa avallare la consacrazione episcopale proprio dell'uomo che sta portando avanti un'azione così anti-episcopale contro un confratello di giurisdizione ortodossa", scrivono i gerarchi.

In conclusione, i vescovi ribadiscono la loro posizione, che lasceranno l'Assemblea se Belya diventa un membro, e rinnovano le loro preghiere "per un rinnovamento dello spirito conciliare manifestato quando si sono incontrati a Gerusalemme e hanno dichiarato: È parso bene allo Spirito Santo e a noi".

* * *

Come chierico della Chiesa ortodossa russa al di fuori della Russia, Belya era noto per non aver pagato le quote diocesane e per aver portato chierici in America senza i dovuti documenti. Anche suo fratello è stato implicato in gravi crimini, compreso il traffico di donne.

Nell'estate del 2019, Belya ha falsificato una lettera attribuita a sua Eminenza il metropolita Hilarion (Kapral), allora primo ierarca della ROCOR, al Santo Sinodo del Patriarcato di Mosca, che chiedeva che Belya fosse confermato per diventare vescovo. Tuttavia, il Sinodo della ROCOR non aveva effettivamente nominato Belya, che fu successivamente sospeso dalle funzioni sacerdotali.

Rifiutandosi di rispettare la sua sospensione, è invece fuggito nell'Arcidiocesi greca senza un congedo canonico dalla ROCOR. È stato deposto dalla ROCOR nel febbraio 2020 e quindi canonicamente è solo un monaco semplice.

* * *

Ecco qui il testo completo della lettera:

Eminenza, amato fratello in Cristo,

saluti nel nome del nostro Signore e Salvatore, Gesù Cristo!

Abbiamo ricevuto le sue lettere individuali in risposta alla nostra comune richiesta di riconsiderare la prevista consacrazione di Alexander Belya. Abbiamo tardato a risponderle perché non volevamo sminuire la gioia provata da tutti i cristiani ortodossi in questa terra per la consacrazione del santuario e della chiesa greco-ortodossa di san Nicola presso il World Trade Center e per la celebrazione del centenario dell'Arcidiocesi greca durante il vostro recente Congresso di clero e laici. Speriamo, nonostante questa difficile situazione che affrontiamo, che tali occasioni siano state piene di benedizioni per voi e per tutti i vescovi, il clero e i fedeli della vostra arcidiocesi.

Poiché vostra Eminenza ha espresso spesso preoccupazione per il fatto che la nostra testimonianza ortodossa è ostacolata dall'agire come una confederazione di Chiese piuttosto che come un unico Corpo di Cristo, siamo rimasti delusi dal fatto che ci abbia risposto non come presidente unificante ai partner dell'Assemblea, ma semplicemente come capo di una giurisdizione ai singoli vescovi presidenti di altre giurisdizioni. Questa delusione è aggravata dalla scelta di Vostra Eminenza di ignorare l'impatto che questa proposta consacrazione episcopale avrà su tutti noi, non solo sull'Arcidiocesi greco-ortodossa d'America.

Amato fratello in Cristo, la nostra lettera ha riconosciuto il diritto della sua Chiesa madre di eleggere Alexander Belya ma, allo stesso tempo, le ha chiesto amorevolmente di riconsiderare questa decisione alla luce delle conseguenze per l'unità ortodossa. Curiosamente, le sue lettere a noi hanno semplicemente ribadito questo diritto (che non abbiamo mai contestato) ignorando completamente le nostre preoccupazioni. Nelle parole del santo apostolo Paolo: "Tutto mi è lecito, ma non tutto è utile; tutte le cose sono lecite, ma non tutte le cose edificano. Nessuno cerchi il benessere proprio, ma quello dell'altro" (1 Cor 10:23-24).

La nostra lettera chiedeva a vostra Eminenza di ricordare, in qualità di presidente dell'Assemblea, che le sue azioni hanno un impatto su tutte le nostre giurisdizioni. Sorprendentemente, le sue lettere di risposta ci hanno rimproverato per la nostra scelta della carta intestata. Eppure è proprio perché desideriamo mantenere la nostra unità nell'Assemblea che esprimiamo le nostre preoccupazioni in questo modo. Come maggioranza del Comitato esecutivo, ci rivolgiamo al nostro presidente per evitare danni all'Assemblea. Questa è una questione di vitale importanza per questo organismo, e dovrebbe effettivamente essere affrontata in questo modo – a livello comune e in un contesto ufficiale – indipendentemente dalle sciocchezze procedurali.

La nostra precedente lettera esprimeva la preoccupazione che la creazione di organismi ecclesiali ancora più nazionalistici confondesse ulteriormente i fedeli e la nostra situazione canonica in questa terra. La sua risposta a noi, a sua volta, ha fatto un riferimento fugace a giurisdizioni etniche preesistenti che si sono unite all'OCA durante l'era caotica della guerra fredda (non dissimili dalle giurisdizioni etniche albanese, carpato-russa e ucraina in America che esistono all'interno del suo patriarcato). La sua giustificazione per creare i suoi nuovi vicariati etnici: se l'OCA ha qualcosa di simile, perché non possiamo averli anche noi? – non è una logica pastorale sana e ignora il contesto storico che ha dato origine a quelle realtà.

Allo stesso modo, l'istituzione di un vicariato all'interno di una giurisdizione etnica esistente con l'unico intento di fare bracconaggio di persone insoddisfatte di un'altra giurisdizione canonica non ha precedenti e potrebbe rivelarsi distruttivo e minare il nostro obiettivo dichiarato d'unità. In questo caso particolare, il cosiddetto Vicariato slavo sta sollecitando attivamente chiese e sacerdoti di altre giurisdizioni canoniche ad aderirvi (si veda vedi la sua pagina web, www.slavonic.org/en/requirements). Questo non è canonico e, francamente, è offensivo per tutti noi. Inutile dire che vostra Eminenza non apprezzerebbe che una delle nostre giurisdizioni crei un vicariato greco o cipriota per sfruttare la discordia tra i membri della sua stessa comunità. Siamo con dolore consapevoli del suo recentissimo tentativo di ottenere una benedizione dal suo patriarcato per creare un vicariato moldavo/romeno sotto la sua arcidiocesi, con sede a Chicago, nonostante l'esistenza di due giurisdizioni ortodosse romene in America. Siamo grati al Santo Sinodo del Patriarcato ecumenico per la sua saggezza nel rifiutarsi di benedire la sua proposta.

La nostra lettera chiedeva a vostra Eminenza di riconsiderare una decisione che avrebbe ulteriormente complicato il ritorno dei nostri fratelli russi all'Assemblea. Invece di affrontare questa preoccupazione, le sue lettere hanno deviato e cambiato argomento sul fatto che le singole giurisdizioni abbiano condannato o meno l'invasione dell'Ucraina con sufficiente forza. Concentriamoci, tuttavia, sul tema in questione.

La nostra lettera si è astenuta caritatevolmente dal dettagliare le nostre preoccupazioni su Alexander Belya. Le sue risposte sembrano scartare tutte le nostre preoccupazioni come semplici dicerie, quindi siamo obbligati a specificare i due esempi più eclatanti, mettendo da parte alcuni di quelli più personali. In primo luogo, lei ha ricevuto Belya nell'ottobre 2019, dopo che è stato canonicamente sospeso dalla sua autorità ecclesiastica competente il 3 settembre 2019. Qualsiasi precedente lettera di congedo "generale" (che di per sé non è canonicamente normativa) presumibilmente firmata da sua Eminenza il metropolita Hilarion, nostro fratello di beata memoria, significherebbe quindi poco o nulla dal punto di vista canonico, anche se fosse autentica. Il fatto della sospensione di Belya è fuori discussione e (a nostra conoscenza) egli non ha nemmeno impugnato il giudizio canonico previsto dai canoni. Lei spesso fa notare che, mentre la Chiesa russa ha rotto la comunione con il Patriarcato ecumenico, il Patriarcato ecumenico non ha ricambiato questa azione e quindi rimane in comunione con la Chiesa ortodossa russa. Se è così, come spiega la ricezione di un chierico da una Chiesa con la quale si dichiara in comunione senza prima risolvere con quella Chiesa la questione della sua disciplina canonica? Ha affermato che il metropolita Hilarion (e la ROCOR, più in generale) non l'ha mai contattato, ma si è preso la briga di fare loro domande alla luce di questa strana lettera di congedo e sapendo che l'ex archimandrita era sospeso e indagato per gravi accuse canoniche ed etiche?

In secondo luogo, Belya ha intentato una causa civile contro la Chiesa ortodossa russa al di fuori della Russia in violazione diretta sia della Sacra Scrittura (1 Corinzi 6:1-8) che dei Sacri Canoni (Canone 9 del Concilio di Calcedonia e Canone 6 del primo Concilio di Costantinopoli). Questo fatto da solo dovrebbe impedirgli di diventare vescovo. Non possiamo ricordare un altro caso in cui un uomo è stato proposto per la consacrazione all'episcopato in America e, per estensione, l'appartenenza alla nostra Assemblea dei Vescovi, mentre portava avanti una così chiara e pubblica violazione dei canoni. Oltre ad essere palesemente non canonica, questa causa minaccia gli interessi legali di tutte le nostre giurisdizioni e, in effetti, di tutte le Chiese gerarchiche negli Stati Uniti. La Chiesa cattolica romana ha persino offerto i propri servizi legali alla ROCOR perché si rende conto delle devastanti conseguenze di una causa come questa, che viene attivamente perseguita da un chierico presumibilmente sotto il tuo omoforio. Non capiamo come si possa avallare la consacrazione episcopale dell'uomo stesso che sta portando avanti un'azione così anti-episcopale contro una giurisdizione ortodossa, che potrebbe essere dannosa per tutti noi, in primis per l'Arcidiocesi greco-ortodossa d'America !

Eminenza, amato fratello in Cristo, la questione che vi abbiamo portato è semplice: funzioneremo semplicemente come una confederazione di giurisdizioni o come il corpo di Cristo in America? Siamo chiamati ad affrontare le sfide di questo momento storico pieno di discordie civili, rifiuto dei comandamenti evangelici, carestie, pestilenze e guerre. La nostra cultura spezzata ha bisogno della Fede ortodossa, non di una Chiesa ortodossa distrutta in questa terra. Questo momento richiede da noi vescovi più che una semplice riaffermazione dei nostri diritti giurisdizionali, soprattutto quando ciò danneggia la nostra testimonianza unita a una terra assetata della fede vivificante "una volta per tutte consegnata ai santi".

Chiediamo ancora una volta a vostra Eminenza e al Patriarcato ecumenico di mostrare un esempio di amore e di servizio, per il bene di tutti i cristiani ortodossi di questa terra, e di sostenere l'ordine canonico lasciatoci in eredità dai santi Padri, in particolare quando arriva a una responsabilità così temibile come quella di scegliere uomini per il sacro episcopato. Ribadiamo la nostra posizione, che non può essere compromessa, che non possiamo e non vogliamo concelebrare con Alexander Belya o con il suo vicariato, e non possiamo continuare a partecipare all'Assemblea se quest'uomo viene elevato all'episcopato e quindi, secondo le regole di Chambésy, entra a far parte dell'Assemblea come membro. Naturalmente lei è libero di consacrarlo; noi, a nostra volta, siamo liberi di evitare qualsiasi rapporto con lui.

Rivolgiamo la nostra fervente preghiera ai santi Apostoli per un rinnovamento dello spirito conciliare manifestato quando essi si sono incontrati a Gerusalemme e hanno dichiarato: "È parso bene allo Spirito Santo e a noi". Chiediamo a vostra Eminenza di unirsi a noi in questo spirito di conciliarità e di lavorare insieme in un modo che trascende gli interessi ristretti delle nostre giurisdizioni separate.

Con amore e grande stima in Cristo nostro Signore, rimaniamo,

I vostri fratelli e concelebranti,

Metropolita Joseph, vicepresidente dell'arcidiocesi cristiana ortodossa antiochena del Nord America

Vescovo Longin, Chiesa ortodossa serba nel Nord, Centro e Sud America

Metropolita Nicolae, Metropolia ortodossa romena delle Americhe

Metropolita Iosif, Diocesi ortodossa bulgara di Stati Uniti, Canada e Australia

Metropolita Tikhon, Chiesa ortodossa in America

CC: a sua Santità il patriarca ecumenico Bartolomeo

ai membri dell'Assemblea dei vescovi ortodossi canonici negli USA

 
Messaggio di sua Santità il patriarca Kirill ai primati delle Chiese ortodosse locali in connessione con la situazione in Ucraina

Rivolgendosi ai primati delle Chiese ortodosse autocefale, e in particolare al patriarca Bartolomeo di Costantinopoli, il patriarca Kirill ha scritto il 14 agosto un documento che è al tempo stesso un appello e una seria e circostanziata denuncia delle atrocità in corso in Novorossija. Riportiamo l’originale russo, la versione romena e la nostra traduzione italiana del messaggio patriarcale nella sezione “Confronti” dei documenti.

 
Cosa implica per l'Ortodossia il battesimo dei bambini di una "famiglia" sodomita?

il Fanar sta facendo un passo verso la legalizzazione dei matrimoni LGBT? Foto: Unione dei giornalisti ortodossi

Il capo dell'Arcidiocesi del Fanar negli USA ha battezzato i bambini di una "famiglia" gay. Cosa può implicare questo evento per l'Ortodossia in generale e per l'Ucraina in particolare?

Il 9 luglio 2022, il capo dell'Arcidiocesi del Patriarcato di Costantinopoli negli USA, l'arcivescovo Elpidophoros (colui che ha articolato la teoria del "primo senza eguali"), ha battezzato i figli di una coppia omosessuale nel nella chiesa della Panagia Phaneromena alla periferia di Atene. I bambini, nati da madri surrogate, si chiamavano Alexios ed Eleni. I "genitori" LGBT sono celebrità di origine greco-americana. Peter Dundas è un famoso stilista di moda, che ha lavorato con celebrità come Roberto Cavalli, Jean Paul Gaultier ed Emilio Gucci. Nel 2017 ha vestito la famosa cantante Beyoncé alla cerimonia dei Grammy Awards. È anche il fondatore del marchio Dundas.

Evanggelos Bousis proviene da una famiglia greca estremamente benestante e influente che possiede una catena di negozi di alimentari con il marchio Germak Fresh Market in Illinois e in Wisconsin. Alcuni anni fa, l'arcivescovo Elpidophoros ha nominato la madre di Evanggelos Bousis, Elena Bousis, membro del Consiglio dell'arcidiocesi americana del Fanar, e le ha affidato anche un importante organo amministrativo dell'arcidiocesi. Sia gli stessi sodomiti che le loro famiglie sono riconosciuti come vecchi amici dell'arcivescovo Elpidophoros.

Anche i padrini si inseriscono nel quadro: le famose modelle Bianca Brandolini ed Evghenia Niarchos. Quest'ultima è figlia di Philip Niarchos e nipote di Stavros Niarchos, noto miliardario e armatore americano, donnaiolo e filantropo, fondatore dell'organizzazione di beneficenza internazionale Stavros Niarchos Foundation, che ha assegnato sovvenzioni per un totale di oltre 1,57 miliardi di dollari in 111 paesi del mondo.

Nonostante il fatto che sia l'arcivescovo Elpidiphoros che la coppia gay da lui benedetta vivano in America, hanno deciso di tenere la cerimonia in Grecia. I mass media riferiscono che Elpidophoros non ha informato né il Patriarcato di Costantinopoli né il Sinodo negli Stati Uniti delle sue intenzioni. Per celebrare il battesimo in una diocesi straniera, il vescovo del Fanar ha inviatoò una lettera al vescovo locale, il metropolita Antonios di Glyfada, chiedendogli il permesso di celebrare il sacramento. Il metropolita Antonios ha dato tale permesso, ma quando il caso è stato reso pubblico, ha scritto una lettera esplicativa al Santo Sinodo della Chiesa di Grecia e all'arcivescovo Hieronymos, in cui ha affermato di non essere stato a conoscenza dei dettagli "omosessuali" del battesimo. "L'arcivescovo d'America mi ha chiesto il permesso di battezzare due figli di una donna che veniva da Chicago", ha scritto il metropolita Antonios, aggiungendo che Elpidophoros "ha agito in modo arbitrario e illegale all'interno della mia diocesi".

Pertanto, il vescovo ordinario, nella cui diocesi è stato celebrato il battesimo, ha reagito negativamente a questo fatto. Anche il metropolita Seraphim del Pireo, uno dei più autorevoli vescovi della Grecia, che, tra l'altro, si oppone anche al riconoscimento della "Chiesa ortodossa dell'Ucraina", ha reagito contro di essa. Ha chiesto di portare Elpidophoros al tribunale ecclesiastico e lo ha accusato di promuovere la sodomia.

"L'effettiva approvazione dei sodomiti impenitenti e la loro promozione all'interno della Chiesa come presunti 'timorati di Dio' che battezzano i loro figli nella tradizione ortodossa, e la successiva amnistia del peccato mortale della sodomia, offende direttamente l'antropologia e la soteriologia della Chiesa una, santa, cattolica e apostolica. <...> Lo invito pubblicamente a riparare al danno spirituale causato, chiedendo perdono al Signore e alla sua Chiesa", ha affermato il metropolita Seraphim.

Ci sono stati anche commenti negativi sui social network in merito al battesimo dei figli della coppia gay.

Tuttavia, il capo del Fanar, il patriarca Bartolomeo, tace, così come fanno gli altri rappresentanti del Patriarcato di Costantinopoli.

Sullo sfondo di questo silenzio, alcuni mass media si chiedono se il battesimo dei figli dei sodomiti significhi un riconoscimento ufficioso del matrimonio gay da parte del Patriarcato di Costantinopoli. Del resto Elpidophoros è la seconda figura più importante del Patriarcato di Costantinopoli. Inoltre, può anche rivendicarne la leadership, dato il numero e il livello delle sue connessioni con importanti figure finanziarie.

foto: screenshot dal sito web helleniscope.com

Alcuni mass media esprimono la versione che tutto quello che è successo è stata un'iniziativa personale dell'arcivescovo Elpidophoros, che l'ha nascosta a tutti, e se non fosse stato per le pubblicazioni sui social dei gioiosi partecipanti all'evento, allora forse nessuno ne avrebbe sentito parlare. Per esempio, Nick Stamatakis scrive nel suo articolo su helleniscope.com: "Questa iniziativa dell'arcivescovo è qualcosa che non sarebbe mai dovuto accadere nell'Ortodossia, dove tutte queste decisioni così serie vengono prese democraticamente, in modo sinodale. Eppure, ancora una volta, l'arcivescovo Elpidophoros sceglie di ficcarci in gola qualunque novità piaccia ai suoi padroni globalisti...

Nick Stamatakis suggerisce anche che questo tipo di battesimo sia stato compiuto da Elpidophoros non per la prima volta e non gratuitamente: "L'altra domanda è: quanto è stato pagato Elpidophoros per compiere una tale cerimonia contraria alle regole e alle tradizioni della Chiesa? Stiamo ricevendo alcune informazioni che questo non è stato il primo caso di un arcivescovo che ha fatto simili cerimonie eretiche".

Tuttavia, in realtà, il problema è molto più grande e profondo. Forse l'arcivescovo Elpidophoros presumeva che le informazioni sul battesimo avrebbero ricevuto ampia pubblicità e ci contava persino. Del resto i partecipanti all'evento sono persone molto pubbliche del mondo del glamour e dello spettacolo, che presentano sui social network ogni loro passo. Inoltre, dopo il battesimo, si è svolta una festa al Four Seasons Hotel sulla riviera ateniese, dove la famosa pop star greca Anna Vyssi ha eseguito i suoi migliori successi.

L'entità dell'evento, la risonanza che ha creato, la fama e le capacità finanziarie dei partecipanti, nonché il grado del loro coinvolgimento negli affari dell'Arcidiocesi americana suggeriscono che tutto questo potrebbe essere una sorta di coming out, l'apertura di una finestra di Overton sulla legalizzazione del matrimonio gay nell'Ortodossia.

Questa è solo un'ipotesi, ma quanto segue dimostra questa versione:

In primo luogo, sia l'arcivescovo Elpidophoros che il Patriarcato di Costantinopoli hanno i più stretti legami con il Partito democratico degli Stati Uniti, che è la principale forza che promuove l'ideologia LGBT e di gender in tutto il mondo. Oggi i democratici americani sono in una posizione poco invidiabile. Il livello di sostegno a Joe Biden è minimo, il Partito democratico rischia di perdere il controllo sul parlamento americano e su entrambe le camere contemporaneamente a causa delle imminenti elezioni autunnali. Inoltre, la democrazia e l'ideologia liberale in generale negli Stati Uniti hanno subito un duro colpo quando la Corte Suprema ha annullato il diritto all'aborto negli Stati Uniti e, in seguito a questa decisione, molti stati hanno iniziato ad approvare leggi che vietano l'aborto, cosa che ha sconvolto molto Joe Biden. Di conseguenza, i democratici hanno un disperato bisogno di sostegno per il loro programma liberale prima delle elezioni, e la potente diaspora greca negli Stati Uniti può fornire tale sostegno.

In secondo luogo, anche il cattolicesimo sostiene processi simili per la legalizzazione della sodomia. Là, sono stati fatti passi avanti, molto più che all'interno del Patriarcato di Costantinopoli. Per esempio, le strutture cattoliche in Germania, a livello di decisioni conciliari, chiedono apertamente al Vaticano di riconoscere i matrimoni gay, nonché di introdurre il "sacerdozio" femminile e altre innovazioni liberali.

Se si guarda a questi sviluppi attraverso il prisma dell'annunciata unione Fanar-Vaticano, allora lo scandaloso battesimo dei figli dei sodomiti sembra del tutto logico. Ci sono gruppi di liberali e di conservatori sia in Vaticano sia nel Patriarcato di Costantinopoli. È facile intuire che i conservatori, a differenza dei liberali, non si riconoscano come sostenitori dell'unione del Fanar e del Vaticano, difendendo ciascuno il proprio punto di vista sui dogmi della fede, formatosi nel corso dei secoli. Tuttavia, i liberali hanno una posizione completamente diversa. Per loro, alcuni concetti astratti, "amore", tolleranza e apertura mentale sono molto più preziosi dei postulati della fede e della moralità tradizionale. I liberali ecclesiastici si affidano ai liberali politici e viceversa. Pertanto, il fatto che i democratici possano perdere il potere legislativo negli Stati Uniti questo autunno costringe i liberali ecclesiastici a promuovere ll loro programma con più vigore.

Ora la parola passa ufficialmente al Fanar e personalmente al patriarca Bartolomeo. Quest'ultimo ha due scelte: o condannerà l'arcivescovo Elpidophoros, lo rimuoverà dall'attuale incarico di capo dell'Arcidiocesi americana, o tacerà. E questo silenzio suonerà più forte di qualsiasi parola, perché significherà il consenso a compiere ulteriori passi nell'avanzamento del programma liberale.

Tutto questo ha a che fare con la situazione in Ucraina? Assolutamente sì.

Durante la guerra, il governo ucraino si trova in uno stato estremamente vulnerabile di fronte a tutte le "volontà" occidentali nel campo della promozione dei valori ideologici "europei". Di recente, l'Ucraina ha ratificato la Convenzione di Istanbul. Ora Zelenskij ha sul tavolo una petizione sulla legalizzazione delle unioni omosessuali in Ucraina, che difficilmente rifiuterà: il paese ora dipende in modo vitale dal sostegno finanziario e militare occidentale.

La situazione sul "fronte" religioso non è meno complicata. Nonostante la dichiarazione del suo status autocefalo, la "Chiesa ortodossa dell'Ucraina", secondo le prescrizioni del Tomos, è di fatto una struttura religiosa subordinata al Fanar. Pertanto, se il Fanar sceglie la strada del riconoscimento dell'LGBT e del gender, ciò si rifletterà nella politica della "Chiesa ortodossa dell'Ucraina".

Come dovrebbero prendere tutto questo i credenti della Chiesa ortodossa ucraina? Indubbiamente, le azioni del capo dell'Arcidiocesi di Fanar negli Stati Uniti sono una chiara prova che rompere la comunione eucaristica con il Patriarcato di Costantinopoli è stata la decisione giusta. Una struttura che va contro i canoni della Chiesa fa ora un passo evidente contro il suo stesso insegnamento. Questo sembra ancora più assurdo nel contesto del desiderio persistente del Fanar di essere l'unico leader e capo dell'Ortodossia.

Sfortunatamente, vediamo che i singoli rappresentanti dell'Ortodossia agiscono sempre più secondo le leggi del mondo secolare esterno a scapito delle Sacre Scritture. È necessario capirlo e dare una valutazione adeguata a tali tentativi. C'è anche un'alta probabilità che la Chiesa ortodossa ucraina dovrà imparare a convivere con tale legislazione statale, che contraddice direttamente la Bibbia e i dogmi della Chiesa. Ciò significa che è necessario sviluppare una posizione ufficiale chiara e inequivocabile su questi temi, nonché metodi per proteggere i credenti, le loro famiglie e soprattutto i bambini dall'impatto negativo di tale ideologia non cristiana. In generale, la lotta dei cristiani per il diritto a rimanere cristiani sta raggiungendo un nuovo livello sia in Ucraina che nel mondo.

 
Arcivescovo Mitrofan di Gorlovka e Slavjansk: il bene è sempre più forte del male

Il sito dell’eparchia di Gorlovka e Slavjansk, una delle diocesi più colpite dal genocidio in atto nel Donbass, pubblica un estratto di una straordinaria omelia dell’arcivescovo Mitrofan tenuta nella cattedrale di Gorlovka in occasione della recente festa della Trasfigurazione del Signore. Forse non sarebbe male ricordare alcuni passi di questa omelia anche nelle nostre chiese, nella domenica che viene (è ancora la post-festa della Trasfigurazione, e le parole di vladyka Mitrofan ci coinvolgono tutti): presentiamo l’originale russo e la traduzione italiana dell’articolo da Gorlovka nella sezione “Omiletica” dei documenti.

 
L'eretico patriarca Bartolomeo impone il silenzio sulle trasgressioni dell'arcivescovo Elpidophoros: entrambi devono dimettersi!

Questa non è la prima volta in cui chiediamo le dimissioni di Bartolomeo e di Elpidophoros. Tuttavia, ora è più chiaro che mai che entrambi sono stati catastrofici per l'Arcidiocesi greca d'America e per l'Ortodossia: dalle ripetute scelte sbagliate su gravi questioni di fede e tradizione, dal loro coinvolgimento nella geopolitica che si è costantemente dimostrato catastrofico per l'Ortodossia e l'ellenismo in tutto il mondo, non importa come finirà il loro mandato, passeranno alla storia come i leader più eretici, corrotti, arroganti e incompetenti che abbiamo mai avuto! ANAXIOI!

Dopo una settimana di turbolenze, l'Arcidiocesi greca d'America e il Patriarcato si trovano in una posizione molto peggiore rispetto a quando è scoppiato lo scandalo del battesimo. L'annuncio del Patriarcato ecumenico sul Sinodo svoltosi al Fanar è assordante nel suo silenzio (si veda alla fine di questo post) – non una parola sullo scandalo creato dall'arcivescovo Elpidophoros intorno al battesimo dei figli di una coppia omosessuale in Grecia!! Di seguito ho messo insieme alcune delle informazioni che riguardano questi eventi.

  • Il patriarca Bartolomeo era ben informato del battesimo a Vouliagmeni, in Grecia. Forse non riusciva a immaginare i dettagli più appariscenti, ma sapeva in anticipo esattamente cosa sarebbe successo – E L'HA APPROVATO. Come mai? Due spiegazioni per questa domanda: in primo luogo, l'ordine del giorno globalista (spregevole per i leader ortodossi) che lui ed Elpidophoros seguono. In secondo luogo, i soldi, e stiamo parlando di una possibile montagna di denaro, probabilmente molti milioni di dollari.

  • Invece di mostrare le qualità di un leader ortodosso degno dei nostri santi Padri, Bartolomeo sta cercando di fingere (ancora una volta nei suoi 30 anni di mandato tragicamente fallito) che non sia successo nulla: "Andate pure avanti, non c'è niente da vedere!!" La stessa ricetta fallita che aveva praticato catastroficamente tante volte prima! Ha permesso alcune lievi critiche da parte di molti vescovi durante l'incontro ma nessun annuncio!! Bene, questa è la Turchia per voi! Il Sultano decide, e la pecora lo segue ciecamente!!

  • Ovviamente, dopo la riunione del Santo Sinodo della Chiesa di Grecia, il Patriarcato e l'arcivescovo sono in gravi condizioni. Abbiamo informazioni credibili che la lettera inviata dal Sinodo di Atene al Patriarcato di Costantinopoli e a Elpidophoros fosse molto più dura dello spirito dell'annuncio ufficiale. Inoltre, abbiamo appreso che diversi metropoliti della Grecia hanno fatto sapere che l'arcivescovo Elpidoktonos [1] NON sarebbe stato autorizzato a celebrare alcun sacramento o rito nelle loro giurisdizioni! Questo fatto da solo rende difficile il proseguimento del mandato dell'arcivescovo, visti gli stretti legami tra le due Chiese e i frequenti viaggi in Grecia: non potrebbe visitare nessun luogo in Grecia senza che vengano sollevate domande insieme a proteste.

  • Poiché il Patriarcato ha un'influenza spirituale e amministrativa su molte metropolie della Grecia settentrionale e delle isole orientali (le "Terre Nuove"), questo silenzio susciterà l'inferno per il Patriarcato non solo in America ma in tutta la Grecia!!

  • L'arcivescovo è stato questa settimana a Orlando per partecipare alla convention annuale dell'AHEPA (American Hellenic Educational Progressive Association) e fingere di essere "apprezzato e accettato dalla comunità"... Il suo comportamento è un monumento di negazione, eresia, disgrazia e follia. Si comporta come se guidasse un branco di idioti analfabeti così affascinati dalla sua presenza da dimenticare le sue innumerevoli eresie! Crede che posare nelle foto con il suo falso sorriso eliminerà il suo comportamento infedele! C'è solo un modo per eliminare tale comportamento, e si chiama pentimento: solo che l'arrogante fanariota, pieno di "complessi" psicologici com'è, non ha posto per il rimorso nella sua anima vuota!

  • Cosa ci aspettavamo? Abbiamo ricevuto numerose segnalazioni da persone che hanno avuto incontri personali con lui negli ultimi tre anni, che ha fatto promesse e ha chiesto "perdono", cosa priva di un vero significato, poiché ha ripetuto lo stesso comportamento!

  • Durante la scorsa settimana è corso in giro pieno di sé come sempre e ha pronunciato in tutte le direzioni: "Nessuno può toccarmi! Ho tutti i soldi! Ho così tanti soldi che mi sostengono che non possono fare nulla contro di me! Se osano toccarmi, solleverò l'inferno!!" In altre parole, Elpidophoros sta ricattando il patriarca e tutto il clero e i laici, TUTTI NOI!! Nel suo piccolo mondo, tutto ciò che conta sono le poche persone ricche di soldi che lo sostengono!... Quanto potrebbe essere più sciocco di così? Tra gli innumerevoli riferimenti al potere del denaro nella Bibbia, quale scegliereste? Io scelgo Matteo 6:24: "Nessuno può servire due padroni, perché o odierà l'uno e amerà l'altro, o sarà devoto all'uno e disprezzerà l'altro. Non potete servire Dio e il denaro"...

  • Ma Elpidoktonos si riferisce giustamente al potere del denaro perché questa è la valuta del Patriarcato – nient'altro conta!... Durante i suoi 30 anni di mandato, il criterio di Bartolomeo per far avanzare qualcuno nella gerarchia è sempre stato il denaro. Non l'istruzione, non la capacità, non la fede, non il carisma, non il ministero, non la grazia di Dio – ma il denaro e solo il denaro. Posso descrivere una solitaria eccezione: l'avanzamento di Anastasios ad arcivescovo d'Albania (e ora che ci penso, non sono sicuro che non sia stato fatto per mandare Anastasios in esilio per sempre assegnandogli il ministero più difficile della Terra!! Bartolomeo è pieno di gelosia per altri vescovi affermati e soprattutto per l'arcivescovo Iakovos – anche dopo la sua morte!!…)

  • Cosa sarebbe uscito a dire Bartolomeo? Che condanna Elpidophoros e la sua promozione pubblica dell'omosessualità? Come può dirlo, quando dirige un Sinodo di vescovi prevalentemente omosessuali, da lui posti consapevolmente a capo di importanti giurisdizioni? I nomi e le azioni sono ben noti: Emmanuel (ex di Francia), Athenagoras (di Panama e ora del Centro America) e un sacco di altri – la stragrande maggioranza. Emmanuel è stato sorpreso a invitare (insieme a Maximos) escort bulgari nell'edificio della metropolia di Parigi, e invece di essere punito, è stato promosso!! Athenagoras del Messico ha "pescato compagnia maschile" nel quartiere a luci rosse di Atene!! Altri sarebbero stati accusati dello stesso e di peggio!!

  • Alcuni anni fa, potevamo trovare online dei video in cui il patriarca condannava l'omosessualità – ora, non più!!

  • Anche papa Francesco si è recentemente espresso contro i vescovi cattolici tedeschi per "aver alterato gli insegnamenti della fede sull'omosessualità"… E perché non il Patriarcato? Non dovremmo noi ortodossi essere i custodi della Fede e della tradizione?

  • Se vogliono veramente "novità" nel Patriarcato, perché non cercano di permettere dei vescovi sposati? Per favore illuminatemi dove si dice nella Bibbia che un Vescovo dovrebbe essere single? O meglio, perché non tornano all'elezione della gerarchia sia da parte del clero che dei laici, invece del sistema odierno dove, come il metropolita Evangelos (ex del New Jersey) ha dimostrato che mezzo milione di dollari al Patriarca ti compra una ricca metropolia… Perché abbiamo dimenticato il vero significato dei proclami "AXIOS" e "ANAXIOS" – cioè la partecipazione dei fedeli all'elezione dei loro capi?

  • Il Santo Sinodo dell'OCA è uscito ieri con dichiarazioni chiare "rifiutando categoricamente le unioni omosessuali e l'identità personale omosessuale", come recita il titolo. Dato che il resto delle denominazioni ortodosse d'America, presenti nell'Assemblea dei Vescovi, si è già unito contro l'Arcidiocesi greca d'America per la questione della consacrazione del deposto Alexander Belya, suona quasi certo che presto avverrà lo stesso nei confronti delle "unioni omosessuali e identità omosessuali”. l'Arcidiocesi greca d'America e il Patriarcato hanno fatto marcia indietro sulla prima questione e sicuramente si tireranno indietro sulla seconda. Sarebbe impossibile per Elpidophoros fungere da arcivescovo in America con tutti gli altri ortodossi contro di lui su una questione di fede così importante!

Dopo il silenzio del Patriarcato, la palla passa nel nostro campo

In primo luogo, il Sinodo eparchiale, che ha già affrontato Elpidophoros accusandolo di aver modificato i verbali di una recente riunione, deve affrontare questa monumentale questione di fede. Di recente è diventato chiaro che la coppia gay Bousis ha tentato di battezzare i bambini nella cattedrale di santa Sofia a Los Angeles. Il sacerdote, padre Bikas, nega che gli sia mai stato chiesto, ma abbiamo verificato da più fonti che è stato fatto un tentativo e che è stato loro negato, probabilmente con l'intervento del metropolita Gerasimos! Tutti i metropoliti del Sinodo Eparchiale devono prendere posizione!!

Gli arconti, le parrocchie e tutte le nostre organizzazioni devono prendere posizione e usare ogni potere che hanno per bloccare o astenersi da qualsiasi cooperazione con l'arcivescovo eretico. Pensano che invitare un arcivescovo infedele aiuterà le loro cause? Qual è il valore per le cause elleniche e di altro tipo di un arcivescovo che ha tradito la nostra Fede? Il suo valore è un grande "zero" e la fede viene sempre prima! Senza fede, nient'altro conta!

Molti dei nostri sacerdoti hanno già preso posizione (qui il link), e ci hanno invitato tutti all'azione con questi passi: 1) Mettere in discussione la linea di partito. 2) Fare apparizioni di protesta contro l'arcivescovo Elpidophoros e i suoi rappresentanti. 3) Sostenersi a vicenda. 4) Pregare.

Elpidophoros non era presente al Sinodo del Fanar, come aveva detto in precedenza che sarebbe stato. Inoltre, abbiamo sentito alcune voci secondo cui Elpidophoros si prenderà una lunga vacanza fino a metà settembre, sperando che questo problema venga dimenticato!! Se le voci sono vere, speriamo che non torni mai più. Helleniscope farà in modo che la sua eresia venga ricordata quotidianamente ai fedeli!! La dimostrazione proposta avrà sicuramente luogo!! Per favore continuate a inviarci e-mail (all'indirizzo n.stamatakis@aol.com ) il vostro impegno a partecipare quando ciò accadrà !! Abbiamo sicuramente bisogno che le nostre associazioni e organizzazioni si facciano avanti!!

PS. Per favore, non lasciate che nessuno di quegli idioti "woke", i teologi di Fordham, semplifichi la nostra posizione sull'omosessualità! Il più grande poeta della Grecia moderna, Konstantinos Kavafis, un famoso omosessuale, ha scritto la più grande poesia sull'eroica resistenza maschile alle Termopili! Il più grande compositore della Grecia moderna, Manos Hadjidakis, e il più grande pittore della Grecia moderna, Yiannis Tsarouhis, anch'essi noti omosessuali, sono stati celebrati per la loro posizione schietta su tutto ciò che noi greci consideriamo sacro e santo!! Tutti e tre sapevano che la loro "peculiarità" personale doveva essere tenuta privata! Tutti e tre hanno rispettato se stessi PRIMA DI TUTTO – e tutti i loro concittadini li hanno ricambiati con rispetto e amore indicibili! Tutti e tre erano fedeli ortodossi e sono stati sepolti nella Chiesa ortodossa!! Non avrebbero mai perseguito l'imposizione della loro "peculiarità" sulla società, facendola passare per mainstream!!

Nota

[1] Un gioco di parole oggi comune nel mondo ortodosso greco: invece di Elpidophoros ("portatore di speranza"), l'arcivescovo è chiamato sarcasticamente Elpidoktonos ("uccisore di speranza")

 
La guerra di Kiev contro i video

Dopo il magistrale resoconto sulla Crimea, torniamo a ospitare sul nostro sito un articolo del blog The Unwashed Brain, che parla del fenomeno – pericolosissimo per la giunta di Kiev – dei video che documentano le atrocità della guerra in Donbass. Il lavoro di disinformazione è accanito, come dimostra l’autore del blog esaminando i video che avrebbero potuto da soli, in circostanze normali, mettere fine a questo genocidio con un’azione di riprovazione internazionale. Ma questa stessa guerra contro l’informazione dimostra il potere liberatorio della verità, e invoglia a non abbassare la guardia: presentiamo l’articolo sulla guerra contro i video nella sezione “Geopolitica ortodossa” dei documenti.

 
Clero conservatore contro clero liberale?

Un noto e stimato sacerdote americano è recentemente intervenuto sul tema dell'uso di una terminologia appropriata per descrivere il clero ortodosso, sia i sacerdoti che i vescovi. Dal momento che molte questioni della società secolare si presentano nella vita della Chiesa, è anche diventato comune usare etichette secolari (fin troppo familiari nel discorso politico) per descrivere le opinioni espresse dal clero. Questo sacerdote stava sottolineando, molto saggiamente, che mentre è certamente appropriato e necessario che la Chiesa e il suo clero parlino di molte questioni politiche che devono affrontare i fedeli ortodossi, le etichette politiche di "conservatore" e "liberale" in realtà non hanno nessun significato nella Chiesa ortodossa.

Ecco il motivo:

Qualsiasi sacerdote o vescovo che esprima l'insegnamento della Chiesa, come è delineato nelle Scritture, nei Canoni, nei Padri della Chiesa e in tutta la santa Tradizione, non è "conservatore", è semplicemente ortodosso, e segue le tradizioni della Chiesa .

Qualsiasi sacerdote o vescovo che fa diversamente non è ortodosso.

Qualsiasi sacerdote o vescovo che insegna che "Dio li ha creati maschio e femmina" (Genesi 5:2), che il generre e il sesso del corpo corrispondono a quelli dell'anima non è "conservatore", è semplicemente ortodosso.

Qualsiasi prete o vescovo che scriva articoli o parli a conferenze sostenendo vari aspetti dell'ordine del giorno LGBT non è "liberale", semplicemente non è ortodosso.    

Qualsiasi sacerdote o vescovo che affermi l'unità di tutte le razze attraverso il corpo e il sangue di Cristo nella Chiesa, che esiste un'unica Chiesa ortodossa indipendentemente dalla nazione, in cui tutti condividono la comunione all'interno dell'ordine canonico non è "conservatore": è semplicemente ortodosso.

Qualsiasi prete o vescovo che mette una nazione contro un'altra, che sostiene politiche razziste o che avanza l'idea che il concetto di razza è fondamentale per l'identità umana non è un "liberale", semplicemente non è ortodosso.

Qualsiasi sacerdote o vescovo che sostenga che la vita umana inizia al concepimento, che esorta i suoi fedeli a lavorare per preservare la vita nel grembo materno, a donare il loro tempo e il loro denaro per aiutare le madri e i loro figli a rischio di aborto e a votare i candidati che si oppongono alle leggi abortiste non è un "conservatore", è semplicemente ortodosso.

Qualsiasi sacerdote o vescovo che sostiene l'uccisione di bambini non ancora nati nel grembo materno, apertamente o con termini velati, o che lancia un assalto all'immagine di Dio con un linguaggio ingannevole sul "rispetto dell'autonomia delle donne", che confonde i fedeli e consente agli innocenti del Signore di inciampare inconsapevolmente in peccati gravi – questi non sono chierici o vescovi "liberali" – semplicemente non sono ortodossi.

Qualsiasi sacerdote o vescovo che affermi e insegni che tutti i peccati sessuali, inclusa l'attrazione per lo stesso sesso, sono nati dalla caduta e richiedono lotta e pentimento non è "conservatore", è semplicemente ortodosso.

Qualsiasi prete o vescovo che si prenda la briga di viaggiare per centinaia o migliaia di miglia per partecipare a una conferenza per raccogliere idee sui modi in cui la Chiesa ortodossa potrebbe essere "illuminata" dalla "nuova psicologia" della sessualità contemporanea non è "liberale" - è semplicemente non ortodosso.

Qualsiasi sacerdote o vescovo che tragga il suo insegnamento per le decisioni morali, mediche, psicologiche e familiari rigorosamente dalla santa Tradizione della Chiesa – le Scritture e i santi Padri – non è "conservatore": è semplicemente ortodosso.

Qualsiasi sacerdote o vescovo che attribuisca peso nell'insegnamento su queste aree agli insegnamenti "illuminati" dell'intelletto umano, credendoli molto più avanzati della santa Tradizione, delle Scritture e dei Padri della Chiesa non è "liberale", è semplicemente non ortodosso. 

Il saggio sacerdote che ha fatto questa importante distinzione ha reso un grande servizio a tutto il nostro clero e ai nostri fedeli. Potremmo usare questi termini - "liberale" e "conservatore" - nelle nostre conversazioni informali, ma questo padre ha ragione: non ci sono "partiti" all'interno della Chiesa, solo coloro che sostengono la mente della Chiesa, la mente dei Padri, e coloro che la attaccano e cercano di ridefinirla, perché ne sono al di fuori.

Inevitabilmente, ogni cristiano ortodosso incontrerà queste persone. Alcuni di loro indosseranno anche delle tonache. Se e quando lo farete, la strategia migliore potrebbe essere quella di voltarsi e scappare dalle loro chiese e dalle loro scuole, e avvertire gli altri di fare lo stesso.

 
Sul battesimo dei bambini

La recente decisione dell'arcivescovo Elpidophoros di battezzare i figli surrogati di una coppia dichiaratamente gay in Grecia è solo l'ultima istanza di una serie di azioni che hanno cresto scompiglio tra gli ortodossi, venendo proprio sulla scia della sua decisione di consacrare vescovo un archimandrita deposto dalla Chiesa ortodossa russa fuori dalla Russia, e dopo la sua osservazione a favore dell'aborto alla Marcia per la vita, quando ha sostenuto che le donne hanno autonomia sul proprio corpo. Battezzare quei bambini era inteso come una dimostrazione di quanto sia "progressista" l'arcivescovo, che ha effettivamente raccolto tali elogi dalle prevedibili fonti pro-gay. È una continuazione della sua osservazione a favore dell'aborto alla Marcia per la vita, e avvalora l'accusa che la Chiesa greca in America sia semplicemente una Chiesa episcopaliana protestante in abiti bizantini. Ma qui vorrei esaminare non il comportamento e i valori dell'arcivescovo, ma la questione più fondamentale delle condizioni che devono essere adempiute prima che un bambino possa essere battezzato (spoiler: queste condizioni non sono state adempiute dalla coppia gay che ha chiesto il battesimo in Grecia).

Cominciamo osservando il legame indissolubile tra battesimo e fede. Il collegamento è antico quanto Mc 16:15-16, che dice: "Andate in tutto il mondo e predicate il vangelo a tutta la creazione. Chi ha creduto ed è stato battezzato sarà salvato". Notate che il credere è accoppiato con il battesimo come una delle sue condizioni. Ecco perché in ogni rito battesimale è richiesta al candidato una professione di fede. Cioè, al candidato vengono poste una serie di domande in una sorta di questionario liturgico, e il candidato deve rispondere in un certo modo prima che si possa procedere al battesimo.

Così leggiamo quanto segue nella Tradizione apostolica, documento che esprime la pratica liturgica di Roma all'inizio del III secolo. "Colui che battezza dirà: 'Credi in Cristo Gesù, Figlio di Dio, che nacque dallo Spirito Santo e dalla Vergine Maria, fu crocifisso sotto Ponzio Pilato e morì, risorse il terzo giorno, vivo dai morti, e ascese al cielo, e siede alla destra del Padre, e verrà a giudicare i vivi e i morti?' E quando avrà detto: 'Credo', sarà battezzato di nuovo" (la seconda di tre immersioni).

La Chiesa prima interrogava il candidato per accertare se il candidato avesse una fede, e non una fede qualsiasi, ma la fede della Chiesa. Ecco perché le domande erano così dettagliate, perché c'erano altri gruppi rivali con altre fedi, gruppi come gli gnostici docetisti, che non credevano che Cristo fosse nato da Maria o fosse stato crocifisso. Le domande erano dettagliate in quanto servivano allo scopo di escludere i candidati che avevano tali opinioni gnostiche. È chiaro che la Chiesa primitiva non considerava alcuna "inclusività" (una parola magica moderna) come se fosse una cosa necessariamente buona o virtuosa di per sé.

Lo vediamo anche nel nostro odierno rito battesimale bizantino. Al candidato battesimale viene chiesto (per tre volte, non una di meno!) se rinuncia a Satana e a tutte le sue opere. Poi, dopo aver rinunciato tre volte a Satana, gli viene chiesto di nuovo per tre volte se ha rinunciato a Satana. Segue un'analoga serie di domande ripetute che chiedono se il candidato si unisce a Cristo e se crede in lui. Questa confessione di Cristo include la recita del Credo di Nicea da parte del candidato, seguita da un'altra triplice serie di domande che chiedono se ora si è unito a Cristo.

Qui c'è un questionario piuttosto lungo, ed è fatto come espressione dell'assoluta necessità di esprimere il rifiuto di Satana e l'accettazione di Cristo mediante la fede. Notate la necessità di rinunciare a Satana così come quella di accettare Cristo. Torneremo su questo più tardi.

Successivamente notiamo che credere in Cristo includeva un cambiamento di comportamento da parte dei candidati. A Gerusalemme alla fine del IV secolo, ad esempio, i candidati dovevano fornire la prova di un cambiamento di vita cambiata prima che si potesse procedere al battesimo. Il vescovo si sedeva in chiesa circondato dai suoi preti. "Poi, uno per uno, gli erano condotti quelli che chiedevano il battesimo, gli uomini con i loro padrini e le donne con le loro madrine. Mentre entravano uno per uno, il vescovo poneva ai loro vicini domande su di loro: 'Questa persona conduce una vita buona? È un ubriacone o un vanaglorioso?' Chiedeva di tutti i gravi vizi umani. Se le sue indagini gli mostravano che qualcuno non aveva commesso nessuno di questi misfatti, egli stesso accettava il suo nome; ma se qualcuno era colpevole gli si diceva di andarsene, e il vescovo gli diceva che doveva modificare il suo modo di vivere prima di potersi accostare al fonte" (dal diario di Egeria, cap. 45).

Qui vediamo ciò che era espresso nelle domande battesimali, vale a dire che la fede in Cristo implica necessariamente il rifiuto di Satana, e che il rifiuto di Satana si esprime in una vita di rettitudine, in conformità con l'insegnamento di Cristo e della Sua Chiesa. La Chiesa quindi richiede non solo il consenso intellettuale a certi dogmi, ma l'impegno per una vita morale come definita dal suo insegnamento. Se manca questa componente morale, non si può procedere al battesimo; il candidato deve "andare via" e "modificare il suo modo di vivere prima di potersi accostare al fonte".

Successivamente notiamo che non si deroga da queste condizioni nel caso dei neonati. Invece, si presuppone che quelli che allevano i bambini lo facciano in modo tale che i bambini stessi arrivino ad attenersi alla fede e a vivere la vita che tale fede richiede. Ecco perché la Chiesa accoglie le parole dei padrini come un sostituto accettabile del bambino che risponde lui stesso alle domande. Per citare ancora una volta la Tradizione apostolica: "Facciano così tutti quelli che possono parlare per se stessi. Quanto a quelli che non possono parlare per se stessi, i loro genitori o qualcuno della loro famiglia parleranno per loro". Perché i genitori o qualcuno della famiglia sono indicati come interlocutori sostitutivi? — Perché queste sono le persone che alleveranno un bambino affinché abbia la fede e la rettitudine richieste.

Infine, possiamo unire i punti. Se per il battesimo è necessaria un'accettazione sincera e fervente della fede e della moralità della Chiesa, e se quelli che portano i bambini al battesimo promettono di allevare i bambini in quella fede e moralità, allora solo quelli che hanno quella fede e quella moralità possono portare tali bambini al battesimo. Se un genitore non condivide la fede della Chiesa o se rifiuta la moralità della Chiesa, allora quel genitore non è in grado di portare il figlio al battesimo. È così semplice. Nessuno è "titolato" al battesimo; il candidato deve adempiere determinate condizioni.

Si possono aggiungere alcune osservazioni ulteriori. Il grido spesso sentito di "Lasciate che i bambini vengano a me" (da Mc 10:14) è del tutto irrilevante per tale questione, non solo perché i bambini nel testo di Marco non erano condotti al battesimo, ma anche perché le loro madri evidentemente avevano una fede fervente. Le parole non possono essere disgiunte dal loro contesto e usate come randello morale per rovesciare la disciplina battesimale della Chiesa, coerente fin dall'inizio, che poneva le esigenze dei candidati in termini di fede e di conformità alla sua prassi morale. A meno che i genitori che ora portano i figli al battesimo non abbiano lo stesso fervore di fede e di morale delle madri che portano i loro figli a Gesù, questo testo non ha alcuna rilevanza per la discussione.

Non si tratta, come si dice a volte, di "incolpare i figli per l'incredulità dei genitori", ma semplicemente di riconoscere che i genitori non sono competenti a portare i figli al battesimo. Battezzare questi bambini non condurrebbe i bambini a diventare cristiani devoti, ma piuttosto cristiani apostati, poiché i bambini non sarebbero educati per essere cristiani veri, ma semplicemente nominali. I sacramenti non sono espedienti magici, motivo per cui la fede è sempre richiesta a chi viene al fonte. E probabilmente è meglio essere un pagano onesto che un cristiano apostata, perché un pagano può sempre pentirsi e diventare un vero cristiano, mentre un cristiano puramente nominale potrebbe immaginare di essere un vero cristiano quando in realtà non lo è.

Quando tutto è stato detto e fatto, quindi, il vero problema è questo: cosa è richiesto a chi viene al battesimo? Cosa costituisce la fede cristiana? La risposta: la fede cristiana consiste nel rinunciare a tutto ciò che si ha in totale obbedienza d'amore a Gesù (cfr Lc 14:33). Il semplice assenso intellettuale a certe proposizioni incarnate nel Credo non è vera fede, e non è sufficiente per salvare. Ecco perché la Chiesa pone tutte quelle domande da questionario liturgico prima del battesimo.

Confondere il consenso intellettuale e la rispettabilità esteriore con la verità, la fede e la rettitudine morale è disastroso, poiché dà un falso senso di sicurezza spirituale. Le chiese di stato (come quelle in Inghilterra e in Grecia) di solito battezzano ogni bambino portato al fonte partendo dal presupposto che i genitori abbiano la vera fede. La falsità del presupposto è provata dal numero di persone che effettivamente frequentano la Chiesa ogni domenica. Ancora più importante, questo falso presupposto è pericoloso, perché incoraggia le persone a immaginarsi cristiane, quando in realtà non lo sono. Non basta che offrano un cenno intellettuale ai dogmi della Chiesa; hanno bisogno di pentirsi e donare la loro intera vita a Cristo. Altrimenti hanno il nome di cristiano, ma non la realtà della salvezza. Battezzando indiscriminatamente, la Chiesa distorce e diluisce inconsapevolmente il Vangelo, senza insistere perché si adempiano le vere condizioni necessarie per il battesimo.

Il recente battesimo dei figli surrogati di una coppia dichiaratamente omosessuale da parte dell'arcivescovo Elpidophoros è un esempio spettacolare di questa distorsione e diluizione. Non basta essere una celebrità greca o un amico di lunga data dell'arcivescovo. Prima di poter portare un bambino al battesimo, bisogna pentirsi e vivere secondo il Vangelo.

 
Nei negozi di Kiev è apparso il pane per i poveri

Il nome ufficiale non è, naturalmente, "pane per i poveri", ma "хлеб по упрощенной рецептуре" ("pane da ricetta semplificata"). Leggiamo di cosa si tratta nell'articolo in russo e in traduzione italiana che presentiamo, con immensa desolazione, nella sezione "Geopolitica ortodossa" dei documenti. Da un paese che sta chiamando un genocidio "operazione anti-terrorismo", possiamo aspettarci una certa delicatezza nelle terminologie, ma a conti fatti l’apparizione di questo pane è un indizio che l'Ucraina sta andando verso la fame. Di fronte a una giunta che incassa miliardi da Stati Uniti e Unione Europea, ma che ha dimezzato le pensioni, vediamo come si può sfamare oggi un cittadino ucraino. La pensione media in Ucraina è stimata attorno a 500 grivne (28 euro!), un salario medio circa il doppio. Comprare ogni giorno una pagnotta di "pane da ricetta semplificata" (poco più di 3 grivne) costa una media di 90 grivne al mese: un lavoratore medio deve spendere il 9% dei suoi introiti, e un pensionato il 18%... PER IL SOLO PANE! Non male, per un paese avviato alla "integrazione europea", eh?

 
Riconoscimento del mondo LGBT o scisma: cosa sceglieranno le confessioni cristiane?

l'ideologia LGBT viene imposta con sempre maggior forza sul cristianesimo. Foto: Unione dei giornalisti ortodossi

Il tema del riconoscimento del mondo LGBT è stato fortemente sollevato nell'ordine del giorno delle confessioni cristiane: il Vaticano, il Fanar, gli anglicani... a cosa può portare questo?

Il tema dell'espansione dei diritti LGBT viene spinto con sempre maggior insistenza sulla società, sia in Occidente che in Ucraina. Di conseguenza, ci sono anche tentativi attivi di introdurlo nel cristianesimo. In questo articolo, proviamo a dare una panoramica di come vengono trattati i sodomiti nel cattolicesimo, nell'anglicanesimo e... nell'Ortodossia.

Fanar

Fino a poco tempo, si pensava che nella Chiesa ortodossa una discussione sul riconoscimento dei diritti LGBT fosse in linea di principio impossibile, poiché la Sacra Scrittura e la santa Tradizione esprimono una posizione molto chiara sulla questione. La sodomia è sempre stata riconosciuta come un peccato e cambiare l'insegnamento della Chiesa era fuori questione. Ma di recente, per essere più precisi, dopo il battesimo dei figli di una coppia gay da parte dell'arcivescovo Elpidophoros, capo dell'Arcidiocesi greco-ortodossa d'America, la questione dell'atteggiamento nei confronti delle persone LGBT è stata attivamente discussa nell'Ortodossia a diversi livelli.

L'arcivescovo Elpidophoros potrebbe benissimo aver celebrato il battesimo senza la pubblicità che è stata data all'evento. Soprattutto da quando il giornalista greco Nikos Stamatakis ha fatto sapere che questa non è la prima volta che un vescovo battezza bambini che sono legati alla comunità gay ed è generalmente in rapporti amichevoli con le persone LGBT. Si può leggere di più sulle circostanze del battesimo nell'articolo "Cosa significa per l'Ortodossia il battesimo dei bambini di una 'famiglia' sodomita?" In seguito, un teologo fanariota, l'arcidiacono John Chryssavgis, ha pubblicato un articolo: "Una tempesta su un battesimo in Grecia solleva interrogativi su ciò che stiamo cercando di proteggere", in cui in realtà ha chiesto una revisione dell'insegnamento della Chiesa sulla sodomia e un riconoscimento dei diritti LGBT. L'articolo è stato pubblicato su "Religion News Service", una delle più popolari testate giornalistiche americane, ed è stato subito ripubblicato da Fos Fanariou, una delle voci del Patriarcato di Costantinopoli. Inoltre, il titolo dell'articolo è stato modificato in modo tale da dimostrare che il Fanar sostiene il suo messaggio principale, ovvero: "L'arcivescovo Elpidophoros risponde alla Chiesa greca".

E il 21 e 22 luglio 2022, in una riunione del Santo Sinodo del Patriarcato di Costantinopoli, il patriarca Bartolomeo ha effettivamente sostenuto l'arcivescovo Elpidophoros, nonostante le aspre critiche di quasi tutti i membri del Santo Sinodo.

È giusto dire che il tema del riconoscimento dei diritti LGBT è promosso prevalentemente all'interno di una delle Chiese locali, la Chiesa di Costantinopoli. Il fatto che il battesimo dei figli di una coppia gay da parte dell'arcivescovo Elpidophoros sia avvenuto in Grecia ha coinvolto la Chiesa greca nel dibattito, ma i suoi vescovi e teologi hanno generalmente reagito negativamente. L'articolo "La reazione del Fanar al battesimo dei figli dei sodomiti" suggerisce che esista una lobby gay all'interno del Patriarcato di Costantinopoli che ha deciso che ora è il momento giusto per cercare di legalizzare le persone LGBT nell'Ortodossia. Pertanto, sia il battesimo dei bambini dei sodomiti che l'articolo di John Chryssavgis che chiede una revisione degli insegnamenti morali della Chiesa sono una sorta di uscita da tale lobby, cioè,

Quindi sia il battesimo dei bambini sodomiti che l'articolo di John Chryssavgis che chiede una revisione degli insegnamenti morali della Chiesa sono una sorta di coming out di tale lobby, cioè una divulgazione pubblica di idee e sentimenti che sono esistiti in precedenza all'interno del Fanar in una forma latente, nascosta.

Tuttavia, per gli stessi fanarioti, così come per altre persone iniziate a loro mondo, l'esistenza nel Patriarcato di Costantinopoli dell'idea di legalizzare le persone LGBT non era un segreto. A tal proposito, un colloquio tra il capo della "Chiesa ortodossa dell'Ucraina" (la struttura che, secondo il Tomos, dipende dal Fanar), Sergej (Epifanij) Dumenko e i burloni che lo chiamarono nel dicembre 2018 per conto del membro della Commissione europea David McAllister è davvero notevole. Alla richiesta di ammorbidire la posizione della chiesa sulla comunità LGBT e di sostenere i gay in Ucraina, Dumenko ha risposto: "Questa è una questione difficile che non dovremmo sollevare all'inizio del nostro viaggio, perché sapete come la società ucraina percepisce questo problema. Ora dobbiamo lavorare su questo tema in modo che la società ucraina lo percepisca diversamente. È una lunga strada. Certamente, cercheremo risposte a domande difficili". In altre parole, Sergej Dumenko era già, come si suol dire, parte del coro.

Comunione anglicana

Mentre nell'Ortodossia (dove l'atteggiamento nei confronti della sodomia come peccato è dominante) ci sono tentativi di legalizzare proprio questa sodomia, nella Chiesa anglicana sta accadendo il contrario. Lì, i sostenitori della moralità tradizionale stanno tentando di ripristinare la comprensione biblica sullo sfondo del riconoscimento LGBT, che ha dominato per lungo tempo l'anglicanesimo.

La Comunione anglicana è una sorta di confederazione di Chiese anglicane con sedi in diversi paesi e con ampia autonomia. Il capo simbolico della Comunionr è l'arcivescovo di Canterbury, che attualmente è Justin Welby. La Chiesa anglicana conta circa 85 milioni di membri ed è la terza denominazione cristiana dopo il cattolicesimo e l'Ortodossia.

Gli anglicani riconoscono pienamente i diritti LGBT e ordinano vescovi apertamente gay, lesbiche, transgender, ecc. La risoluzione della Chiesa episcopaliana degli Stati Uniti del 23 giugno 2005 afferma: "I membri della Chiesa episcopale hanno riconosciuto la santità nelle relazioni omosessuali e sono venuti a sostenere la benedizione di tali unioni e l'ordinazione o la consacrazione di persone a queste unioni. < ...> La loro santità è in netto contrasto con molti modelli peccaminosi della sessualità nel mondo..." c'è da chiedersi cosa siano allora questi "modelli peccaminosi della sessualità"?

Dal 26 luglio all'8 agosto 2022, per la prima volta dal 2008, si svolge la cosiddetta Conferenza di Lambeth, alla quale partecipano oltre 650 vescovi di tutto il mondo. Le bozze dei documenti presentati alla conferenza contengono atteggiamenti negativi nei confronti del matrimonio tra persone dello stesso sesso. Per esempio, il documento intitolato "Lambeth Calls" dice: "È nella mente della Comunione anglicana nel suo insieme che il matrimonio tra persone dello stesso sesso non è consentito". I documenti affermavano anche che "legittimare o benedire le unioni omosessuali non può essere consigliato" . Naturalmente, questo ha fatto arrabbiare i partecipanti liberali della conferenza.

Di conseguenza, il documento è stato rivisto e presentato alla Conferenza di Lambeth con la seguente dicitura: "Molte Province (Chiese anglicane locali, ndc) continuano ad affermare che il matrimonio tra persone dello stesso sesso non è consentito. Altre Province hanno benedetto e accolto le unioni/matrimoni omosessuali dopo un'attenta riflessione teologica e un processo di accettazione. Come vescovi, rimaniamo impegnati ad ascoltare e camminare insieme al massimo grado possibile, nonostante il nostro profondo disaccordo su questi temi".

Le tensioni sono state alte. Per esempio, il vescovo pro-LGBT John Harvey Taylor di Los Angeles la mette così: "È divisivo, offensivo, accusatorio e negazionista". Un altro rappresentante dell'ala LGBTQ nella Chiesa d'Inghilterra, Jayne Ozanne, ha chiesto scuse e una spiegazione del "perché è successo e come è successo" . Al contrario, i vescovi africani, sostenitori della morale tradizionale, hanno annunciato che rifiuteranno la comunione con i vescovi che hanno partner omosessuali e rifiuteranno anche la comunione con coloro che sostengono il matrimonio tra persone dello stesso sesso.

Da ciò possiamo concludere che nella Chiesa anglicana, nonostante tutto il suo liberalismo e le ordinazioni abbastanza frequenti di sodomiti a vescovi, ci sono ancora alcuni sostenitori della morale tradizionale e un atteggiamento biblico nei confronti della sodomia. C'è un'opposizione tra loro, che, tuttavia, non ha ancora portato a uno scisma nella stessa Comunione anglicana.

Vaticano

Si è già scritto molto sulla simpatia di papa Francesco per gay e lesbiche. Molto è stato scritto anche sulla parte più progressista della Chiesa cattolica in questo senso, la Chiesa in Germania, dove il cosiddetto "cammino sinodale" suggerisce di riconoscere i matrimoni tra persone dello stesso sesso, di consentire gli aborti, di abolire il celibato e di introdurre un "sacerdozio" femminile. Per saperne di più, si veda l'articolo "Riusciranno i cattolici a preservare la loro Chiesa? Lezioni per gli ortodossi". Si presume che le riforme liberali proposte al Vaticano dai cattolici tedeschi minaccino di dividere il cattolicesimo. Papa Francesco ora ha riconosciuto anche questa minaccia. Il 21 luglio 2022 ha rivolto un messaggio alla leadership della Chiesa cattolica, mettendo in guardia contro i cambiamenti unilaterali nell'insegnamento morale e nell'ordine canonico e riconoscendo che ciò potrebbe portare alla divisione della Chiesa cattolica. Il Papa ha affermato che i cambiamenti promossi dal cardinale tedesco Reinhard Marx e da altri gerarchi liberali avrebbero un impatto negativo sui cattolici.

"Per tutelare la libertà del popolo di Dio e l'esercizio del ministero episcopale, sembra necessario chiarire che il 'Cammino sinodale' in Germania non ha il potere di costringere i vescovi e i fedeli ad adottare nuove modalità di servizio e nuove approcci all'insegnamento e alla moralità", ha affermato il capo della Chiesa cattolica romana.

Tuttavia, il pontefice non ha smesso di esprimere le sue simpatie per i sodomiti. Il 20 luglio 2022 ha scritto alla testata LGBT cattolica "Outreach", sottolineando che cattolici e omosessuali "ortodossi" hanno più cose in comune di quelle che li dividono. Nella lettera, papa Francesco ha esortato i cattolici LGBT a lavorare "sulla cultura della comunicazione che riduce le distanze e ci arricchisce nelle differenze, come ha fatto Gesù, che si è fatto più vicino a tutti" .

Si è tentati di chiedersi: da che parte sta papa Francesco? Da un lato, avverte che i tentativi di cambiare l'insegnamento della Chiesa e di riconoscere come accettabile la sodomia minacciano di dividere il cattolicesimo e, dall'altro, con i suoi flirt con le persone LGBT fa di tutto per assicurarsi che l'insegnamento della Chiesa sia cambiato.

Se guardiamo alla situazione LGBT in generale, possiamo dire che se nell'Ortodossia è stata lanciata solo la prima pietra di discussone, nel cattolicesimo la situazione è sull'orlo di cambiare l'insegnamento morale, mentre nell'anglicanesimo la svolta è già stata fatta, e i diritti LGBT (come altre innovazioni liberali) sono stati ampiamente riconosciuti, ma la parte conservatrice della denominazione non tralascia alcun tentativo di tornare alla comprensione biblica della questione. Non stiamo parlando delle altre denominazioni protestanti perché tutto lì è chiaro da tempo: tutto è riconosciuto, tutto è accettabile e non c'è discussione significativa.

Legislazione secolare

I processi e le discussioni sulla sodomia in corso all'interno delle denominazioni cristiane esistono sullo sfondo del fatto che la legislazione secolare nei paesi in cui queste denominazioni sono prevalentemente rappresentate sta cambiando sempre più a favore delle persone LGBT.

Non forniremo un'analisi paese per paese della legge sui diritti LGBT. In generale, l'Unione Europea sostiene molto le persone LGBT. In molti paesi i diritti dei cittadini LGBT sono protetti anche meglio di quelli dei cittadini di orientamento tradizionale. In quanto paese candidato all'adesione all'Unione Europea, l'Ucraina è destinata a seguire queste tendenze.

Va notato che ci sono eccezioni tra i paesi dell'Unione Europea. Per esempio, la Polonia è riuscita a resistere alle tendenze paneuropee nel campo dei diritti LGBT. L'articolo 18 della Costituzione polacca afferma che "il matrimonio è l'unione di un uomo e una donna che è posta sotto la protezione e la cura della Repubblica di Polonia". Le coppie dello stesso sesso non possono adottare bambini. La Polonia non solo non riconosce i matrimoni gay, ma neanche le unioni civili tra persone dello stesso sesso, sebbene la questione sia in discussione. La società polacca è per lo più negativa riguardo al riconoscimento dei diritti LGBT. Più di cento comuni, che coprono circa un terzo del territorio della Polonia, si sono dichiarati ufficiosamente "zone libere dall'LGBT" e hanno persino affisso della segnaletica stradale in tal senso. Tuttavia, a quanto pare, l'Ucraina non seguirà l'esempio della Polonia in questo senso. Ciò è evidente dalla facilità con cui la Verkhovna Rada ha ratificato la scandalosa Convenzione di Istanbul alla vigilia dell'ottenimento dello status di candidato all'Unione Europea.

In risposta a una petizione per legalizzare il matrimonio gay in Ucraina, il 2 agosto 2022 il presidente Vladimir Zelenskij ha affermato che il matrimonio è un'unione familiare tra una donna e un uomo ai sensi della Costituzione e che la Costituzione non può essere modificata in base alla legge marziale. Questo significa che la questione sarà messa all'ordine del giorno dopo la guerra? È difficile dirlo finora. Tuttavia, per quanto riguarda le unioni tra persone dello stesso sesso, il presidente ha dato il via libera: "Allo stesso tempo, il governo ha sviluppato opzioni per quanto riguarda la legalizzazione delle unioni civili registrate in Ucraina nell'ambito del lavoro per stabilire e garantire i diritti umani e le libertà". Zelenskij ha anche incaricato il primo ministro Denis Shmyhal di esaminare la questione sollevata nella petizione e di riferire i risultati. Osiamo dire che la risoluzione di questa questione dipenderà, come per la ratifica della Convenzione di Istanbul, dalla perseveranza dei nostri partner europei e americani.

Conclusioni

In primo luogo, il tema del riconoscimento della sodomia minaccia davvero di dividere il cattolicesimo ora e l'Ortodossia nel lontano (o forse anche nel prossimo) futuro. Gli anglicani hanno infatti introdotto l'ideologia LGBT e la parte conservatrice di questa denominazione non ha abbastanza forza e influenza per invertire il processo.

In secondo luogo, il cattolicesimo si trova in una situazione molto più minacciata rispetto all'Ortodossia. La sua lobby gay è molto più numerosa e potente. Inoltre, è molto meglio organizzata. Nella Chiesa cattolica romana, dove tradizionalmente non sono consentiti disaccordi su questioni significative di dogma o moralità, la versione anglicana in cui la sodomia è considerata un peccato da alcune comunità e una norma da altre non funzionerà. O c'è o non c'è per tutti. E finché le parti sono inconciliabili su questo tema, la divisione appare molto probabile. Sembra che papa Francesco, che di recente ha parlato delle sue dimissioni per motivi di salute, sia stato guidato non solo dalle sue condizioni fisiche, ma anche dalla sua riluttanza a vedere lo scisma e tutto ciò che ad esso sarebbe stato connesso durante il suo pontificato.

In terzo luogo, le Chiese ortodosse locali non accetteranno cambiamenti nell'insegnamento morale. Al massimo, ciò che è possibile in questa direzione è la proclamazione da parte dei singoli teologi (e forse dei vescovi) della loro posizione "omofila", una "benedizione" dimostrativa delle coppie omosessuali, ma niente di più. Se questi processi sono visti nel contesto delle tendenze ecumeniche tra le parti condizionalmente liberali dell'Ortodossia e del cattolicesimo, si può presumere che i sostenitori LGBT di entrambe le fedi troveranno un modo per unirsi in una forma o nell'altra.

In quarto luogo, la "Chiesa ortodossa dell'Ucraina", in quanto struttura dipendente dal Patriarcato di Costantinopoli, prenderà su questo tema la posizione indicata dalla "Chiesa madre".

In quinto luogo, sebbene la legge ucraina non sia stata ancora modificata per sancire i diritti LGBT, non è troppo tardi per prendere l'iniziativa per garantire i diritti dei credenti e di tutte le persone che aderiscono alle opinioni tradizionali su matrimonio e famiglia. Ciò sembra molto rilevante poiché la tendenza in Europa è quella di passare dall'uguaglianza dei diritti alla persecuzione delle persone che definiscono la sodomia un peccato e quindi "offendono i sentimenti" dei sodomiti. Un recente caso in Svizzera, dove il 29 luglio 2022 un tribunale ha condannato e multato un anziano per aver citato la Bibbia e denunciato la sodomia come atto non gradito a Dio, dimostra chiaramente il pericolo per i cristiani da parte della legislazione.

Salvo qualche miracolo, i matrimoni gay o le unioni gay saranno legalizzati in Ucraina in una forma o nell'altra. Ma la Chiesa ortodossa ucraina può difendere il suo diritto di esprimere e predicare liberamente la comprensione biblica del matrimonio e della famiglia, di proteggere i suoi figli dalla promozione della sodomia (soprattutto nelle scuole e in altre istituzioni educative) e il diritto di rifiutarsi di assumere, di provvedere servizi o compiere altri atti civili non tradizionali. Tutto questo fa parte del diritto alla libertà di coscienza e dovrebbe essere garantito dallo Stato.

 
Sergej Chapnin: "L'ideologia ortodossa è un'Ortodossia senza Cristo"

Sergej Chapnin, il direttore esecutivo della “Rivista del Patriarcato di Mosca” (Журнал Московской Патриархии) è stato uno dei primi nostri corrispondenti da Mosca, vent’anni or sono. Nel nostro sito lo abbiamo già presentato come intervistatore e giornalista, ora lo vediamo dall’altra parte, intervistato dalla rivista Neskuchnyj Sad sul tema dell’ideologia nella Chiesa. Chapnin ha vissuto tutte le fasi del risveglio della Chiesa ortodossa in Russia nei decenni passati, ed è un esperto molto competente di come l’ideologia sovietica può trasformarsi suo malgrado in un’ideologia ortodossa, che mantiene alcuni elementi di cultura ecclesiale lasciando fuori il nucleo del messaggio evangelico. Presentiamo l’intervista a Sergej Chapnin nell’originale russo e in traduzione italiana nella sezione “Figure dell’Ortodossia contemporanea” dei documenti.

 
Epifanij Dumenko e il suo gruppo sono "ministri di forze politiche ostili"

foto: mospat.ru

Il 4 agosto, sua Eminenza l'arcivescovo Theodosios (Hanna) di Sebastia del Patriarcato di Gerusalemme ha rilasciato una dichiarazione personale in cui ha condiviso i suoi pensieri sul vero significato e sulla portata della lettera del "metropolita" Epifanij Dumenko della "Chiesa ortodossa dell'Ucraina" scismatica, dove invitava il patriarca Bartolomeo di Costantinopoli a condannare e detronizzare il patriarca Kirill di Mosca.

La sua dichiarazione è pubblicata dal Dipartimento per le relazioni ecclesiastiche esterne della Chiesa russa.

L'arcivescovo Theodosios crede che la lettera di Dumenko contenga false accuse contro il patriarca Kirill, e presenta diverse tesi sull'argomento, accusando la "Chiesa ortodossa dell'Ucraina" di essere una struttura politica.

Dumenko non ha menzionato che "il problema principale è lui stesso, assieme agli scismatici sotto la sua guida", scrive l'arcivescovo. Questi sono la causa dello scisma nella Chiesa e non hanno l'autorità per avviarne la risoluzione.

I primati delle Chiese locali dovrebbero notare che questa lettera "velenosa" è volta solo ad approfondire la crisi attuale, poiché "la risoluzione della crisi può essere raggiunta solo attraverso il dialogo", anche con il patriarca di Mosca, afferma l'arcivescovo Theodosios.

"La lettera di Epifanij è di natura molto sospetta. Molto probabilmente, dietro di essa ci sono forze ostili alla Chiesa ortodossa, che resistono alla guarigione dello scisma della Chiesa, e vogliono solo aggravarlo", ritiene l'arcivescovo di Gerusalemme.

Invita Bartolomeo e tutti i primati ad avviare discussioni canoniche per sanare la crisi attuale. Chi ignora e attacca la Chiesa russa mostra solo di non desiderare una soluzione al conflitto, scrive l'arcivescovo Theodosios.

La rottura della comunione causata dallo scisma ucraino è molto sconvolgente e "deve essere sanata con amore, saggezza, perdono reciproco, comprensione reciproca e un dialogo comune con l'aiuto dei canoni della Chiesa".

"Offriamo preghiere per la fine della guerra in Ucraina. Non siamo sostenitori della guerra, della violenza e dell'omicidio, ma promuoviamo l'amore fraterno e la pace", continua sua Eminenza. Possano i conflitti politici essere risolti attraverso mezzi pacifici, dialogo e fiducia reciproca, aggiunge.

Tutta la fiducia è nel Signore: possa egli sanare lo scisma e ristabilire la comunione tra tutte le Chiese locali, auspica l'arcivescovo.

Gli ortodossi "nella Città santa" sperano in una soluzione alla questione della Chiesa ucraina, attraverso negoziati pacifici. "Per fare questo, è necessario resistere fermamente alla pressione politica esercitata da forze ostili che perseguono l'obiettivo di aggravare le divisioni all'interno del corpo unito della Chiesa di Cristo".

"Non disperiamo, ma speriamo nel Signore e lo preghiamo affinché rafforzi i primati della nostra Chiesa ortodossa” per portare guarigione allo scisma.

In conclusione, l'arcivescovo Theodosios scrive: "Non fate caso agli attacchi di Epifanij e dei suoi sostenitori, che di per sé sono un problema, non la sua soluzione. Sono tutti ministri di forze politiche ostili alla nostra Chiesa, che hanno scatenato la crisi attuale, cosa che richiede una pronta risoluzione".

L'arcivescovo Theodosios si è anche pronunciato contro le sanzioni al patriarca Kirill, definendole una provocazione contro l'intera Chiesa ortodossa.

 
Il convoglio degli aiuti umanitari russi a Lugansk e il suo significato

Di fronte all’indifferenza delle istituzioni internazionali ostaggio della politica americana, la Russia ha preparato un convoglio di 287 camion di aiuti umanitari per la popolazione della Novorossija oggetto di genocidio. Abbiamo ascoltato tutte le possibili reazioni ipocrite, comprese le accuse di fornire un aiuto militare segreto da parte di quelle potenze che stanno offrendo aiuti militari palesi per massacrare i civili. Dopo una serie di ritardi imposti dal governo ucraino, inclusa l’intimazione di non procedere perché nella zona degli aiuti umanitari sono in corso nuovi bombardamenti (leggi: sterminio di civili), anche l’orso ha perso la pazienza, e il convoglio è passato per la zona tenuta dagli insorti e ha finalmente raggiunto Lugansk nel pomeriggio di venerdì 23 agosto (avrebbe potuto raggiungerla una settimana prima, ma chi non è morto nel frattempo sotto le bombe è comunque contento di avere qualcosa da mangiare, un po’ di acqua potabile, medicine e un minimo di energia elettrica).

Presentiamo nella sezione “Geopolitica ortodossa” dei documenti il video e il testo russo con la traduzione italiana della dichiarazione del ministero degli esteri russo riguardo all’avvio della consegna degli aiuti, e per capire il significato di tutta questa iniziativa, continuiamo nella stessa sezione con un brillante commento di Saker che spiega quanto questi aiuti umanitari sono importanti e perché sono stati insensatamente osteggiati.

Arrivo del convoglio a Lugansk (foto: Spiegel Online)

 
Dumenko è un laico? Cattivi segnali per la "Chiesa ortodossa dell'Ucraina" da Polonia, Grecia e Gerusalemme

Sergej Dumenko è considerato un laico e uno scismatico. Foto: Unione dei giornalisti ortodossi

Il clero greco, gerosolimitano e polacco ha dichiarato che il capo della "Chiesa ortodossa dell'Ucraina", Sergej (Epifanij) Dumenko, è un falso vescovo, uno scismatico e un laico. Scopriamo cosa significa.

Dallo scoppio della guerra, la "Chiesa ortodossa dell'Ucraina" è stata impegnata in un vero e proprio banditismo, sequestrando da decine a centinaia di luoghi di culto della Chiesa ortodossa ucraina. Allo stesso tempo, i dumenkoviti si definiscono pateticamente "la Chiesa ucraina riconosciuta". Nel frattempo, ci sono problemi tangibili con questo riconoscimento. Tutte le Chiese (tranne il Fanar) evitano accuratamente la concelebrazione con Dumenko e con i suoi "vescovi". Inoltre, nei giorni scorsi, tre Chiese locali hanno rilasciato dichiarazioni simultanee sullo stato della "Chiesa ortodossa dell'Ucraina", del suo "episcopato" e personalmente di Sergej Dumenko. Inoltre, queste affermazioni sono piuttosto dure.

Credenti della Grecia: Dumenko è un falso vescovo e un laico in tonaca

Il 4 agosto 2022 è stata annunciata una prossima visita del patriarca Bartolomeo, dell'arcivescovo Hieronymos e di Epifanij Dumenko in una conferenza stampa, tenutasi nella sala degli eventi ufficiali della metropolia di Filippi, Neapolis e Thassos della Chiesa greca.

Il metropolita Stefanos, il capo della metropolia, ha affermato che questa "visita di pellegrinaggio" dovrebbe aver luogo dal 3 al 6 settembre 2022 in occasione della prima celebrazione ufficiale dei Santi di Thassos e includerà "eventi ecclesiali e culturali a Thassos, Crisopoli e Kavala". Tra questi eventi c'è la Liturgia comune.

Due giorni dopo, i media della Chiesa greca hanno pubblicato una lettera aperta di diverse centinaia di laici greci al metropolita Stefanos, al patriarca Bartolomeo, all'arcivescovo Hieronymos e al Sinodo della Chiesa greca.

Nella lettera, i credenti scrivono di essere stati felici di sapere della visita e delle celebrazioni della Sinassi dei santi dell'isola di Thassos da parte di illustri ospiti come il patriarca Bartolomeo e il Primate della Chiesa greca. Tuttavia, non hanno espresso alcuna gioia in relazione a Sergej Dumenko.

"Il nostro giubilo, tuttavia, si è trasformato in dolore, quando sono emerse notizie secondo cui durante questa festa avrebbe partecipato il falso vescovo scismatico di Kiev, Epifanij, che è un laico in paramenti", hanno scritto i credenti e hanno aggiunto che "la cosiddetta Chiesa autocefala ucraina non è stata riconosciuta da 10 Chiese ortodosse su 14 che non hanno comunione con il metropolita scismatico Epifanij e i suoi associati, i cosiddetti chierici".

La lettera dice anche che concelebrare con "laici d'origine" è un insulto al sommo sacerdozio, conferito da Dio.

C'erano 407 firme di laici al momento della pubblicazione e, secondo la lettera, i laici continueranno a raccogliere firme fino a quando non si assicureranno che l'invito a Dumenko sia stato ritirato.

È interessante notare che questa metropolia non appartiene a quelle (come il Pireo o Kerkyra) che nel 2019 hanno protestato contro la decisione della Chiesa greca di riconoscere la "Chiesa ortodossa dell'Ucraina". Inoltre, fa parte delle cosiddette "nuove terre", che hanno una doppia subordinazione – sia alla Chiesa di Grecia che al Fanar.

Pertanto, i laici che hanno firmato il documento sono fedeli nominali del Patriarcato di Costantinopoli e personalmente del patriarca Bartolomeo. Inoltre, sono trascorsi 4 anni e mezzo da quando il Tomos d'autocefalia è stato concesso a Sergej Dumenko. Durante questo periodo, i fedeli hanno potuto riflettere sulle argomentazioni del Fanar sulla legalizzazione degli scismatici ucraini e giungere a una conclusione. Questa conclusione è categorica: Sergej Dumenko e il suo "episcopato" non hanno nulla a che fare con la Chiesa, sono solo dei laici che indossano paramenti ecclesiastici.

Primate polacco: Epifanij è un laico senza ordinazione

Il 9 agosto 2022, il primate della Chiesa polacca, il metropolita Sawa, in un'intervista a Polityka, ha affermato ancora una volta che sia Dumenko che tutta la sua "chiesa" sono dei laici senza consacrazioni canoniche.

"Filaret è stato deposto e non aveva il diritto di compiere ulteriori ordinazioni. Intendiamo l'ordinazione non canonica di Epifanij, il capo di questa nuova chiesa ucraina... Epifanij è stato "ordinato" dall'ex metropolita Filaret, che è stato privato della sua consacrazione episcopale, il che significa che è formalmente un laico", ha detto il metropolita.

Ha sottolineato che la Chiesa polacca non riconosce le "ordinazioni" di Filaret e ha ricordato che il patriarca Bartolomeo aveva sostenuto la stessa posizione non molto tempo fa: "Per 22 anni, il patriarca Bartolomeo di Costantinopoli ha riconosciuto la decisione del Patriarcato di Mosca di destituire il metropolita Filaret e deporlo allo stato di laico come scismatico della Chiesa. Ma sono intervenute varie forze: qualcuno ha cercato di convincere il patriarca Bartolomeo a concedere l'autocefalia alla Chiesa ucraina sotto la guida di Epifanij".

Ebbene, è stato a lungo ovvio per tutti: "Tutte le Chiese ortodosse, compresa la nostra, riconoscono che Filaret è stato deposto e non ha il diritto di ordinarne altri".

A differenza del patriarca Bartolomeo o del patriarca Theodoros (capo della Chiesa d'Alessandria), il primo ierarca polacco non ha l'abitudine di dire una cosa oggi e un'altra domani. Ha detto assolutamente la stessa cosa nel 2018: "Questo giovane laico (Dumenko, ndc) ha subito gravi danni quando è stato nominato metropolita. Alla luce del diritto canonico, non è un sacerdote. Non è ordinato nella Chiesa canonica".

Vescovo di Gerusalemme: Epifanij è uno scismatico al servizio delle forze anti-ecclesiali

Il 4 agosto 2022 l'arcivescovo Theodosios di Sebastia (Patriarcato di Gerusalemme) ha rilasciato una dichiarazione. L'argomento principale della sua dichiarazione è stato un commento sull'appello di Sergej Dumenko a spogliare il primate della Chiesa ortodossa russa del suo titolo di patriarca. Tuttavia, presteremo attenzione a come il vescovo di Gerusalemme caratterizza lo stesso Dumenko.

"Lui (Dumenko, ndc) e gli scismatici sotto la sua guida sono il problema principale, sono diventati la ragione di ciò a cui siamo arrivati tutti: uno scisma ecclesiastico e la cessazione della comunione eucaristica con alcune Chiese ortodosse locali. Lo scismatico Epifanij non ha l'autorità per diventare un iniziatore della risoluzione della crisi della Chiesa, perché lui stesso ne è a capo, ne è parte integrante e causa di molti problemi all'interno della Chiesa ortodossa".

L'arcivescovo ritiene inoltre che Dumenko e i suoi sostenitori siano "servitori di forze politiche ostili alla nostra Chiesa, che hanno scatenato l'attuale crisi che richiede una pronta risoluzione".

Qual è la via d'uscita dalla situazione?

Mentre in Ucraina Sergej Dumenko e il suo seguito continuano a strombazzare presentandosi come "il primate della Chiesa autocefala ucraina unita", all'estero si crede diversamente. La guerra ha fermato e congelato il conflitto pan-ortodosso causato dal riconoscimento della "Chiesa ortodossa dell'Ucraina" da parte del Fanar, ma non lo ha risolto.

Sì, Dumenko sta ora cercando di massimizzare le "operazioni di combattimento" contro la Chiesa ortodossa ucraina per distruggerla completamente. L'adesione assoluta della "Chiesa ortodossa dell'Ucraina" in Ucraina sarebbe un'opzione ideale sia per Dumenko che per il patriarca Bartolomeo, poiché "risolverebbe" tutti i problemi. Tuttavia, ora è chiaro che questo obiettivo è irraggiungibile. Nonostante l'ondata globale di incursioni, la Chiesa ortodossa ucraina mantiene lo status di più grande denominazione del paese. Ecco perché la "questione ucraina" rimane pendente davanti all'Ortodossia come in tutti gli ultimi anni. Come affrontarlo?

Il Concilio della Chiesa ortodossa ucraina a Feofanija lo ha articolato in modo abbastanza chiaro: per poter condurre una sorta di negoziato con la "Chiesa ortodossa dell'Ucraina" su un piano di parità, si deve risolvere il problema della mancanza di consacrazioni canoniche. Dumenko definì con arroganza queste parole "precondizioni e ultimatum". Ma, come si vede, il mondo la pensa diversamente. Dumenko è un "falso vescovo", uno "scismatico", un "laico in tonaca". In ogni modo, non stiamo affatto cercando di offendere il capo della "Chiesa ortodossa dell'Ucraina". La mancanza di consacrazioni è un vero problema che non può essere evitato o passato "sotto silenzio". Ne hanno parlato sia i primati che i sinodi di altre Chiese, come quella albanese e quella romena.

Ci sono due modi per affrontare questo problema: o il pentimento e la riordinazione (che significa riconoscimento del proprio status laicale), o il pentimento e il riconoscimento da parte dell'Ortodossia degli attuali ranghi per economia. Sì, ora sembra fantastico, ma non c'è un altro modo.

In ogni caso, l'Ortodossia deve risolvere la questione ucraina in modo conciliare.

Il metropolita Sawa ha detto senza mezzi termini al patriarca Bartolomeo, "che invece di aiutare l'Ucraina, questo cosiddetto tomos l'ha divisa". Interrogato dal capo del Fanar sul da farsi, ha risposto: "Dobbiamo convocare i primati delle Chiese locali, decidere cosa fare di Epifanij, uscire così da questa situazione precaria".

È vero, ora c'è una guerra in Ucraina, la gente sta morendo e il tempo per riunioni e concili sembra quanto mai inadatto. Tuttavia, la guerra finirà, ma il problema rimarrà. E prima o poi dovrà essere risolto.

 
La Moldova è preparata attivamente per una guerra contro la Russia

Il team del blog di Saker offre sul suo canale YouTube un video davvero importante, con sottotitoli per una diffusione più ampia, sul coinvolgimento della Moldova in operazioni militari anti-russe. Ascoltiamo nella sezione "Geopolitica ortodossa" dei documenti il video di denuncia di Victor Şelin (nella foto), leader del partito socialdemocratico moldavo, con la nostra trascrizione italiana.

 
La "Chiesa ortodossa dell'Ucraina" e Cipro: cosa è cambiato dopo la visita del metropolita Isaias al Fanar?

il metropolita Isaias cambierà la sua posizione sulla "Chiesa ortodossa dell'Ucraina"? Foto: Unione dei giornalisti ortodossi

Un vescovo cipriota che non ha riconosciuto la "Chiesa ortodossa dell'Ucraina" ha detto dopo la sua visita al Fanar di aver deciso di fare pace con il patriarca Bartolomeo. Questo significa il riconoscimento della "Chiesa ortodossa dell'Ucraina"?

Il 25 luglio 2022, il metropolita Isaias di Tamassos e Orinis della Chiesa di Cipro ha visitato il patriarca Bartolomeo al Fanar. Può sembrare che questa visita sia ordinaria e non porti nulla di speciale. Tuttavia, le cose sono un po' più complicate di quanto sembri. Finora, il metropolita Isaias ha assunto una delle posizioni più dure e intransigenti nei confronti della "Chiesa ortodossa dell'Ucraina" tra i vescovi "greci", criticando le azioni del patriarca Bartolomeo sulla legalizzazione degli scismatici ucraini. Adesso è davvero cambiato qualcosa?

Alcune risorse pro-Fanar hanno immediatamente affermato che, venendo al Fanar, il vescovo ha mostrato "pentimento" per la sua retorica sulla "Chiesa ortodossa dell'Ucraina", nonché per la sua critica pubblica all'insegnamento del Fanar sul primato del patriarca di Costantinopoli.

Di fatto, a giudicare dalle foto pubblicate, la comunicazione tra il vescovo Isaias e il patriarca Bartolomeo è avvenuta in un'atmosfera molto calorosa e sembrava che avessero risolto tutti i problemi di natura personale. Rimane aperta la questione se il problema del riconoscimento della "Chiesa ortodossa dell'Ucraina" sia stato risolto, poiché il contenuto della conversazione tra il capo del Fanar e il metropolita di Tamassos è rimasto a lungo sconosciuto, fino all'ultima intervista del vescovo Isaias, da lui rilasciata a Philenews dopo il suo ritorno da Istanbul.

E qui dobbiamo ammettere che ci aspettavano contemporaneamente diverse spiacevoli sorprese, che indicano indirettamente che la posizione del metropolita cipriota sulla "Chiesa ortodossa dell'Ucraina", se non capovolta, ha subito un'evoluzione. Per vedere questi cambiamenti, analizziamo le parole del metropolita Isaias prima e dopo la sua visita al Fanar.

Canoni e posizione

Prima della sua visita al Fanar, il metropolita Isaias ha affermato che l'atto del patriarca Bartolomeo di concedere una "autocefalia" alle strutture scismatiche ucraine era "un'azione arbitraria, anticanonica e anti-ecclesiale", che la decisione di concedere l'autocefalia alla "Chiesa ortodossa dell'Ucraina" era stata presa contro le regole sacre e l'ordine ecclesiale esistente, e che "un incontro di primati dovrebbe essere convocato urgentemente" per risolvere lo scisma che ne è risultato nell'Ortodossia mondiale.

Il metropolita ha spiegato la sua posizione con il fatto che il suo rifiuto di riconoscere la "Chiesa ortodossa dell'Ucraina" e il suo "primate" Epifanij era basato sull'insegnamento, la fede, la tradizione canonica ed ecclesiastica della Chiesa ortodossa, cioè "non si tratta di disaccordo su mere questioni amministrative o minori, ma essenzialmente di ecclesiologia ortodossa e dell'insegnamento della nostra Chiesa sui santi misteri e sulla successione apostolica, questioni riguardanti la nostra salvezza".

Tuttavia, dopo la sua visita al patriarca Bartolomeo, il metropolita Isaias ha affermato che "le Chiese ortodosse, non devono essere rinchiuse in ristrette regole canoniche" e che "a seconda dei fatti del momento, dobbiamo adeguarci agli sviluppi". Ha osservato che la posizione di neutralità della Chiesa cipriota sulla questione ucraina era "in quel momento particolare, era il risultato del nostro atteggiamento sincero e della preoccupazione per la prevalenza della pace in seno all'Ortodossia", ma nel tempo questa posizione "potrebbe ricevere interpretazioni e commenti differenti". Ci sono alcuni cambiamenti evidenti.

La mancanza di successione apostolica della "Chiesa ortodossa dell'Ucraina" e "un brillante studio scientifico"

Prima della sua visita al Fanar, il metropolita Isaias ha ripetutamente sottolineato che Dumenko non ha un'ordinazione canonica perché "proviene da gruppi scismatici della Chiesa ucraina ".

Inoltre, ha affermato che non c'è successione apostolica nell'episcopato della "Chiesa ortodossa dell'Ucraina", il che significa che non può "accettare la validità dell'ordinazione e dei sacramenti amministrati da quell'episcopato". Secondo lui, "l'unico primate canonico della Chiesa ortodossa ucraina è il metropolita Onufrij di Kiev" e non si può "riconoscere un altro 'primate', soprattutto quando di fatto non ha un'ordinazione canonica né valida".

In altre parole, per il metropolita Isaias, Epifanij Dumenko non è né un primate né un sacerdote, ma un laico.

Tuttavia, dopo un colloquio con il patriarca Bartolomeo, il metropolita Isaias ha affermato : "... un brillante studio scientifico sull'origine canonica delle consacrazioni dei vescovi ucraini, riconosciuti dal Patriarcato ecumenico, è stato preparato dal segretario capo del Santo Sinodo del Trono ecumenico, l'archimandrita Grigorios Fragakis". Il metropolita Isaias ritiene che "questo fatto chiarirà e farà molta luce su questa spinosa questione, che è stata anche la causa principale delle nostre riserve, così come quella di molti altri vescovi nell'Ortodossia".

Il vescovo ha anche affermato di aver incontrato al Fanar gli "esperti collaboratori del Patriarca Bartolomeo ci hanno spiegato nel dettaglio le posizioni del Patriarcato su tutta la questione" che gli hanno dato "più risposte, attraverso tesi legali e storiche" sul problema della "Chiesa ortodossa dell'Ucraina".

Questo significa che il metropolita Isaias può cambiare idea sulle "consacrazioni" dei membri della "Chiesa ortodossa dell'Ucraina" dopo aver "studiato a fondo" i materiali forniti? Allora perché nel novembre 2020, quando l'arcivescovo Chrysostomos ha fornito ai membri del Santo Sinodo della Chiesa di Cipro 11 documenti legali e storici che aveva ricevuto al Fanar, l'arcivescovo di Tamassos li ha ignorati? Dopotutto, non sono affatto diversi da quelli dati ora al metropolita Isaias.

Canoni ecclesiali oppure obbedienza al Sinodo?

Prima della sua visita al Fanar, il metropolita Isaias ha sottolineato che la decisione dell'arcivescovo Chrysostomos di riconoscere la "Chiesa ortodossa dell'Ucraina" è una "catastrofe" poiché provoca uno scisma e abolisce l'antica istituzione della sinodalità. "Il sinodo non può essere convocato in modo da ricattare un'azione illegale della Chiesa che è già stata commessa e imposta", ha affermato. Secondo il metropolita, "l'obbedienza del vescovo non deve essere alle persone ma alla Chiesa, il cui capo è Gesù Cristo", e tutti i vescovi e i sacerdoti devono "seguire la loro coscienza gerarchica", che poggia sulla "verità delle dottrine e delle regole".

Ha affermato che "un vescovo non può essere soggetto ad autorità o persone che, a suo avviso, violano la santa tradizione della Chiesa".

A questo proposito, il metropolita Isaias ha rifiutato di concelebrare con l'arcivescovo Chrysostomos perché, ha detto, "non può concelebrare con chi commemora Epifanij, poiché ciò significherebbe riconoscere qualcuno che non è stato debitamente ordinato" e "questa non è una manifestazione di capriccio o egoismo ma riluttanza a entrare in conflitto con la sua coscienza episcopale". Il vescovo ha anche sottolineato che i metropoliti della Chiesa cipriota non commemorano Dumenko durante la liturgia perché la decisione del Sinodo "riguardava solo l'arcivescovo Chrysostomos, non noi".

Tuttavia, dopo il suo arrivo dal Fanar, il capo della diocesi di Tamassos ha cambiato significativamente la sua retorica. Secondo lui, l'obbedienza alle decisioni della Chiesa cipriota sulla questione ucraina è "un impegno per ogni membro del nostro Santo Sinodo, che rispetta il nostro Sistema sinodale", ha sottolineato. "Non posso darvi una risposta più chiara, per obbedienza al Santo Sinodo", ha sottolineato.

Il vescovo cipriota ha anche affermato che le ragioni per cui si è astenuto dal partecipare alle riunioni del Santo Sinodo hanno a che fare con il modo in cui sono state prese le decisioni e le procedure sul riconoscimento della "Chiesa ortodossa dell'Ucraina". "Ho chiarito questa questione con sua Santità (il patriarca Bartolomeo, ndc), e, ora, con i dati che abbiamo oggi, considero questa questione per me chiusa", ha detto il vescovo.

Come si vede, se in precedenza il metropolita Isaias affermava di non poter essere d'accordo con il riconoscimento della "Chiesa ortodossa dell'Ucraina" perché contrario ai canoni della Chiesa e alla sua coscienza gerarchica, ora il vescovo affermava di opporsi solo per inosservanza con la procedura per il riconoscimento della "Chiesa ortodossa dell'Ucraina". Se un anno fa il metropolita affermava di non essere obbligato a obbedire al Sinodo, che prende decisioni anti-canoniche, ora vi ha dichiarato obbedienza incondizionata. Cosa è successo al metropolita Isaias, e cambierà la sua posizione sulla questione della "Chiesa ortodossa dell'Ucraina"?

La visita al Fanar e l'elezione del primate: cosa hanno in comune?

Per rispondere alla domanda di cui sopra, devono essere presi in considerazione alcuni punti molto importanti.

Il fatto è che i preparativi per l'elezione di un nuovo primate sono in pieno svolgimento nella Chiesa cipriota. L'arcivescovo Chrysostomos è malato. Infatti non è più in grado di svolgere le sue funzioni, quindi la questione del suo successore è più pressante che mai.

Ci sono diversi vescovi in corsa per la carica di primate della Chiesa cipriota. Questi sono il metropolita Athanasios di Limassol, il metropolita Neophytos di Morphou e il metropolita Isaias di Tamassos.

Per qualche ragione, si ritiene che il metropolita di Morphou non abbia praticamente alcuna possibilità. Forse un tale atteggiamento nei suoi confronti è dettato dalla sua posizione intransigente e inflessibile su più questioni contemporaneamente: COVID e vaccinazione, rifiuto delle minoranze sessuali (il metropolita è già stato citato in giudizio su questo tema), nonché il problema del riconoscimento degli scismatici ucraini. Su tutti questi argomenti, il metropolita Neophytos si è espresso in modo molto forte, ed è quindi un candidato indesiderabile per la carica di primate, sia per le autorità cipriote che per molti confratelli vescovi. Di conseguenza, la maggior parte delle preferenze è diretta ai metropoliti Athanasios e Isaias.

Qui dobbiamo ricordare che l'elezione del primate della Chiesa cipriota presenta alcune peculiarità che incidono significativamente sul processo elettorale. Per esempio, più di mezzo milione di ciprioti ortodossi ha il diritto di partecipare all'elezione dell'arcivescovo. L'elezione stessa si svolge in tre fasi: prima i cittadini con diritto di voto approvano 1.400 rappresentanti speciali che, a loro volta, eleggono tra di loro 100 elettori. Sono questi ultimi che compongono il concilio che vota i candidati al trono arcivescovile, insieme ai rappresentanti della stessa Chiesa ortodossa cipriota. Cioè, non solo la posizione dei vescovi, ma anche il sostegno del popolo è di grande importanza.

Ed ecco il punto più interessante.

Il metropolita Athanasios gode di grande autorità tra i fedeli. I suoi scritti spirituali, sermoni e discorsi sono tradotti in molte lingue straniere e la reputazione di un discepolo di asceti del Monte Athos influisce in modo significativo sull'atteggiamento della gente comune nei suoi confronti. Inoltre, il metropolita Athanasios avrebbe potuto dirigere il Santo Sinodo nell'elezione del 2006 del nuovo primate della Chiesa di Cipro, se il metropolita Nikiphoros di Kykkos (che è il confessore del metropolita Isaias, tra l'altro) non avesse ritirato la sua candidatura a favore dell'attuale capo della Chiesa cipriota, l'arcivescovo Chrysostomos. Il gruppo di vescovi che sostiene il metropolita Isaias comprende e sa molto bene che sarà molto difficile competere con il metropolita Athanasios alle prossime elezioni. Ecco perché si può presumere che abbiano deciso di ottenere il sostegno del patriarca Bartolomeo, che sia i greci che i ciprioti percepiscono come il "padre della nazione", e di cui molti ascoltano le opinioni.

Un'allusione indiretta a questa ipotesi è stata data anche dallo stesso metropolita Isaias, il quale ha affermato che il suo viaggio al Fanar si è svolto con l'approvazione e la benedizione del "geronda" (anziano) metropolita Nikiphoros di Kykkos.

Quindi, la "riconciliazione" con il patriarca Bartolomeo, molto probabilmente, è avvenuta nell'ambito della campagna elettorale, e il "baciare le mani" al patriarca è stato dettato dal desiderio del metropolita Isaias di dimostrare che il suo atteggiamento nei confronti del Patriarcato di Costantinopoli è quanto mai leale. Ciò è particolarmente importante alla luce delle accuse di russofilia mosse contro di lui non molto tempo fa.

Qual è il prezzo di un possibile primato?

Ogni ucraino è preoccupato per la domanda: il metropolita di Tamassos cambierà la sua posizione sulla "Chiesa ortodossa dell'Ucraina" se sarà eletto arcivescovo di Cipro? Siamo più propensi a pensare che non lo farà. Come mai?

In primo luogo, lo stesso metropolita Isaias si è ripetutamente espresso contro la "Chiesa ortodossa dell'Ucraina".

In secondo luogo, nonostante tutte le sue dichiarazioni nell'ultima intervista, nonostante abbia notevolmente ammorbidito la sua posizione su molte questioni, il metropolita non ha mai affermato di riconoscere Dumenko e la sua struttura.

In terzo luogo, il suo anziano, il metropolita Nikiphoros, ha scritto un ottimo libro sulla "questione ucraina", dove ha analizzato tutte le argomentazioni del Fanar ed è giunto alla conclusione che la "Chiesa ortodossa dell'Ucraina" non può essere riconosciuta come Chiesa, né da un punto di vista canonico né da un punto di vista storico.

Pertanto, osiamo suggerire che tutte le parole e le dichiarazioni del metropolita di Tamassos, da lui fatte dopo la sua visita dal Fanar, sono il consueto tributo greco agli anziani e un esempio di retorica bizantina volta a sostenere la sua candidatura da parte del patriarca Bartolomeo.

Tuttavia, la Sacra Scrittura ci insegna a non sperare nei "figli degli uomini". Non molto tempo fa, tutti sono rimasti scioccati dall'atto del patriarca di Alessandria, che ha cambiato di 180 gradi la sua posizione sulla situazione ucraina.

Qualsiasi decisione di un cristiano, sia esso un vescovo o un laico, è una questione della sua coscienza cristiana. Ma noi crediamo che l'esempio del patriarca Theodoros sia una triste eccezione.

 
Contributi per capire la situazione del Donbass

Chi sopravvivrà ancora una generazione, troverà difficile spiegare ai bambini di domani le ragioni dell’indifferenza del mondo alla tragedia dell’Ucraina orientale nel 2014.

Una delle regioni per cui è necessario un aiuto umanitario (ma anche una chiara presa di posizione politica) è che in Donbass è in corso, che lo si voglia ammettere o no, un genocidio. Chi ancora non ci crede, o non vuole crederci, può vedersi questo filmato (lungo, ma non più di uno dei tanti film per cui passiamo volentieri un’ora o più davanti a uno schermo... e se è pieno di immagini raccapriccianti, è proprio perché è la documentazione di un genocidio):

(Video non più disponibile... chiedetevi perché)

Le domande si affollano nella mentre di chiunque si sente (a buon diritto) turbato da ciò che vede. Il fatto di essere stati nutriti per mesi di mezze verità propagandistiche (o di assordanti silenzi stampa) fa sentire indignati. E tra i più indignati sembrano essere gli stessi ucraini a cui sono state fatte promesse vuote e che ora piangono anch’essi i loro morti; potete sentire un po’ di sincere proteste in questo video, girato a Novgorod Volinskij, nell’Ucraina del nord-ovest, dove sono ritornati 83 soldati di una brigata meccanizzata composta da 4700 uomini, per chiedere ai loro capi perché sono stati inviati “a morte certa”:

Ascoltate tutto, ma soprattutto dal minuto 5:00 del video, la madre che non si fa problemi a dire che cosa ne pensa di questa Ucraina.

Gli interventi e le testimonianze utili per capire la situazione sono davvero più di quanto possiamo mettere a disposizione dei nostri lettori. Messi a confronto del poco tempo e del molto materiale, abbiamo scelto di tradurre due testi che riteniamo molto significativi, e che presentiamo nella sezione “Geopolitica ortodossa” dei documenti. Il primo è un’intervista a un miliziano di Donetsk, realizzata da Ilja Degtjarov per la versione tedesca del blog Slavyangrad, che dà un’idea della determinazione degli abitanti della Novorossija. Il secondo documento è una delle analisi di Saker, che risponde a chi gli chiede perché non si vede una reazione più evidente a questo genocidio, sia nel resto dell’Ucraina, sia sotto forma di una contro-offensiva da parte della Resistenza del Donbass.

 
Arciprete Aleksandr Il'jashenko: abbiamo bisogno di imparare dai musulmani la fedeltà alla tradizione

In questo momento in cui scoppiano paure di un islamismo militante (paure ipocrite, perché generate dagli stessi paesi che hanno aiutato le insurrezioni dei peggiori estremismi dei paesi islamici) vale la pena ricordare che la Russia è uno dei paesi in cui c’è maggior rispetto reciproco tra cristiani e musulmani. Vediamo come un esempio dalla Russia può aiutarci a ragionare.

Partendo dalla coincidenza nel 2014 di due feste religiose (per i cristiani ortodossi, la festa di san Vladimir e del Battesimo della Rus’, e per i musulmani la festa di ʻĪd al-Fiṭr, che chiude il mese di Ramadan), l’Arciprete Aleksandr Il'jashenko offre un pensiero di dialogo sull’esempio della fedeltà alla tradizione, che presentiamo nell’originale russo e in traduzione italiana nella sezione “Confronti” dei documenti.

 
Una chiesa in Austria passa da Costantinopoli alla ROCOR

padre Slađan (a destra) con il metropolita Mark di Berlino della ROCOR (a sinistra). Foto: Facebook

Un'altra chiesa ha lasciato la giurisdizione del Patriarcato di Costantinopoli e si è unita alla Chiesa ortodossa russa fuori dalla Russia a causa delle azioni del patriarca Bartolomeo in Ucraina.

Diverse chiese in Europa e altrove hanno fatto lo stesso dalla creazione della scismatica "Chiesa ortodossa dell'Ucraina" alla fine del 2018. Al contrario, una chiesa ad Amsterdam e un'altra a Udine, in Italia , si sono trasferite dalla Chiesa russa a Costantinopoli dall'inizio della guerra in Ucraina.

L'arciprete Slađan Vasić ha riferito domenica che lui e la sua chiesa di san Nicola a Mödling, in Austria, sono, dal 18 agosto, sotto l'omoforio di sua Eminenza il metropolita Mark di Berlino.

Secondo il sacerdote, la parrocchia ha preso la decisione in risposta a Costantinopoli che ha dato un tomos agli "scismatici impenitenti" che perseguitano la Chiesa ortodossa ucraina canonica sotto sua Beatitudine il metropolita Onufrij di Kiev e di tutta l'Ucraina.

La parrocchia sta quindi con la maggioranza delle Chiese locali autocefale, sottolinea padre Slađan.

la chiesa di san Nicola. Foto: Facebook

"Non eravamo d'accordo con le pretese ovviamente non canoniche del Fanar, che minacciano l'unità ecumenica della Chiesa ortodossa. Non volevamo entrare in una situazione in cui avremmo dovuto servire con scismatici impenitenti e tutti all'unanimità abbiamo deciso di andare sotto l'omoforio del metropolita Mark [di Berlino, ndc], anche a costo della persecuzione, a cui sono personalmente sottoposto quotidianamente”, scrive padre Slađan.

"Che diritto ha il metropolita greco Arsenios di dichiarare guerra a me e alla mia parrocchia (come ha detto letteralmente!!!)? Solo perché non siamo d'accordo con le azioni non canoniche del patriarca Bartolomeo?", chiede il sacerdote, notando che non ha commesso atti moralmente riprovevoli, diffuso eresie o servito con scismatici, come fa Costantinopoli.

"A tutti è noto come il Fanar abbia vissuto a lungo in un mondo irreale", ha detto padre Slađan. "Sono stati i primi a calpestare la tradizione canonica, e poi si sono messi a dare lezioni agli altri. È una tragicommedia", scrive, aggiungendo che il metropolita Arsenios cerca di imporsi come capo di tutti i cristiani ortodossi in Austria, "anche se lì ci sono molte altre giurisdizioni".

Nota anche che dall'inizio della guerra i rifugiati hanno trovato assistenza spirituale nella sua parrocchia e, insieme a questi ucraini, pregano tutti per l'unità della Chiesa, ma non per l'unità con gli "impenitenti scismatici di Dumenko".

 
Intervista a Maria Reshetnikova sul ruolo delle donne nella Chiesa russa all’estero

Maria Reshetnikova, una giornalista televisiva russa che abita nello stato di New York, ha realizzato alcuni video sulla Chiesa Russa in Occidente (tra cui il video “L’uomo di Dio” sulla vita di san Giovanni di Shanghai e San Francisco, che abbiamo presentato sul nostro sito lo scorso dicembre). In un’intervista con il diacono Andrej Psarjov di ROCOR Studies, ci parla del ruolo delle donne e della comunicazione tra clero e laici nelle nostre chiese ortodosse. Le sue considerazioni sono serie e meritano attenzione, oltre a offrire diversi spunti positivi. Presentiamo il video con il testo russo e la traduzione italiana dell’intervista nella sezione “Pastorale” dei documenti.

 
Neopaganesimo dalla "Chiesa ortodossa dell'Ucraina", o come diventare un membro della "Ucraina celeste"

Afanasij Shkurupij ha presentato la sua teologia. Foto: Unione dei giornalisti ortodossi

Un "vescovo della Chiesa ortodossa dell'Ucraina" ha formato una nuova teologia in cui la preghiera della Chiesa ortodossa ucraina è dannosa; nel regno dei cieli c'è "l'Ucraina spirituale" i cui soldati stanno combattendo la "Federazione russa spirituale".

All'inizio di settembre, "l'arcivescovo" Afanasij Shkurupij di Kharkov e Poltava ha scritto sulla sua pagina Facebook di una visione da lui avuta con la sua "vista spirituale" e dettata su un dittafono. Shkurupij ha visto molti "morti in vesti bianche", tutti coloro che finora hanno vissuto e combattuto per l'Ucraina sin dai tempi dei principi. Il "vescovo della Chiesa ortodossa dell'Ucraina" si è reso conto che tutte queste persone ora vivono nello "stato celeste dell'Ucraina" e stanno combattendo "la Russia celeste". Dio è dalla parte dell'Ucraina e il diavolo sta dietro la "Russia celeste".

Cos'è questa: un'intuizione spirituale o qualcos'altro?

Naturalmente, simili visioni da parte di un uomo "ordinario" sono la sfera di interesse professionale di uno psichiatra. Ma se si tratta di uno che è considerato vescovo in alcune Chiese locali, l'analisi dei suoi testi ha un indubbio interesse teologico. Questo interesse è ulteriormente accresciuto dal fatto della totale assenza di qualsiasi reazione da parte dei rappresentanti e della dirigenza della "Chiesa ortodossa dell'Ucraina". Ma, come sappiamo, il silenzio è un segno d'assenso. Pertanto, abbiamo il diritto di considerare la pubblicazione di Afanasij Shkurupij non solo come un'opinione personale ma come un concetto teologico, contro il quale non vi sono obiezioni da parte dei suoi colleghi della "Chiesa ortodossa dell'Ucraina". Diciamo di più: dovrebbe essere accettato nelle Chiese di Costantinopoli, Grecia, Alessandria e Cipro. Pertanto, proponiamo di analizzarlo in dettaglio e scoprire se ha qualcosa in comune con il cristianesimo.

Un nuovo "catechismo" dalla "Chiesa ortodossa dell'Ucraina"

Non ha senso analizzare ogni frase del testo di Shkurupij, poiché spesso divaga e si ripete andando in cerca delle parole necessarie. Evidenziamo quindi le tesi principali:

  1. In cielo, in una certa realtà spirituale, c'è lo Stato ucraino, che comprende anche alcuni territori delle moderne Bielorussia, Moldova e Federazione Russa: "Là, in cielo, si è formato lo Stato ucraino in tutte le sue terre etniche".

  2. Sopra l'Ucraina Dio "estende le mani e la mantiene". L'Ucraina è custodita anche da Cristo e dalla Madre di Dio.

  3. Questa Ucraina "celeste" o "spirituale" è composta esclusivamente da coloro che hanno combattuto per l'Ucraina terrena. Secondo Shkurupij si tratta di "Khmelnitskij, Vyhovskij, Sahaidachnij, Doroshenko, soldati sovietici con stelle, 150.000 guerrieri dell'UPA, tartari e krymchak che hanno combattuto dalla parte di Khmelnitskij".

  4. Tutti loro "stanno ora combattendo per l'Ucraina nel mondo spirituale" (compresi i krymchak giudei e i tartari musulmani). Grazie alla loro protezione spirituale, gli ucraini sono riusciti a "vincere il Majdan e il primo intervento militare nel Donbass".

  5. "L'Ucraina spirituale" è dalla parte della luce, sostenuta da Dio. Lì, in Paradiso, si oppone alle "forze nere chiamate russe, anch'esse spirituali", guidate da Satana.

  6. Per entrare in contatto con "l'Ucraina spirituale", gli ucraini terreni devono pregare. Ma non tutte le preghiere andranno bene. La preghiera dei credenti della Chiesa ortodossa ucraina, secondo Shkurupij, è paragonabile ad azioni sovversive e "fa un grande danno a tutti noi".

  7. Per sconfiggere questa preghiera dannosa dei credenti della Chiesa ortodossa ucraina, è necessario che "il numero di preghiere degli ucraini della Chiesa ortodossa dell'Ucraina e di ucraini consapevoli di altre fedi" diventi uguale, e anche migliore, più del numero di preghiere della Chiesa ortodossa ucraina.

Cosa dice la Chiesa sul destino postumo dell'uomo?

Quindi, secondo l'insegnamento di Shkurupij, nel regno dei cieli c'è una succursale dell'Ucraina terrestre abitata da eroi caduti. Quanto corrisponde tutto ciò alla dottrina della Chiesa sull'aldilà?

L'insegnamento del cristianesimo sul destino postumo dell'uomo è ben definito. Dai numerosi resoconti dei Padri della Chiesa e dalla vita dei santi consegue che dopo la morte una persona passa attraverso prove aeree, cioè un giudizio privato, che determina se l'anima è degna di vivere in Cielo. Seraphim Rose, nel suo libro "L'anima dopo la morte", afferma che "le anime accusate di peccati impenitenti vengono gettate all'inferno dagli spiriti caduti, mentre coloro che hanno superato con successo le prove del calvario ascendono liberamente al cielo, guidati dagli angeli". Entrambi sono in attesa del Giudizio Universale.

San Marco di Efeso ci racconta come e dove avviene questa attesa: "I primi sono in perfetta pace e liberi in cielo con gli angeli e davanti a Dio stesso, e già come nel paradiso da cui cadde Adamo; i secondi, a loro volta, essendo all'inferno, sono nel pozzo senza fondo, nelle tenebre, nell'abisso (Sal 87:7), come dicono Davide e Giobbe.

I primi dimorano in ogni gioia e letizia, aspettando senza avere ancora nelle loro mani il regno promesso loro e benedizioni inesprimibili; e i secondi, al contrario, dimorano in ogni oppressione e inconsolabile sofferenza, come condannati che aspettano la sentenza del giudice e anticipano il loro tormento.

I primi non hanno ancora ricevuto l'eredità del Regno e i suoi benefici, ciò che nessun occhio ha visto, Quelle cose che occhio non vide, né orecchio udì, né mai entrarono in cuore di uomo (1 Cor 2:9), e i secondi non sono ancora consegnati al tormento eterno e ardente nel fuoco inestinguibile. E questa dottrina l'abbiamo tramandata dai nostri Padri fin dall'antichità e la possiamo facilmente immaginare dalle divine Scritture".

In altre parole, le persone in attesa del Giudizio Universale possono trovarsi solo in due posti, in Paradiso o all'Inferno.

E di certo nessuno dei santi Padri dice che oltre al paradiso e all'inferno possono esistere degli "stati spirituali", che ricalcano formazioni politico-territoriali terrene. Lo disse chiaramente l'apostolo Paolo nel suo famoso appello a spogliarsi del vecchio sé e rivestire il nuovo sé, "che si rinnova, per una piena conoscenza, a immagine del suo Creatore. Qui non c'è più greco o giudeo, circoncisione o incirconcisione, barbaro o scita, schiavo o libero, ma Cristo è tutto in tutti" (Col 3:10-11).

Se adattiamo queste parole alla visione di Shkurupij, possiamo dire che nel regno dei cieli non c'è e non può essere né un ucraino, né un tartaro, né un russo, né un guerriero dell'UPA, né un soldato sovietico. Tutto questo è rimasto nel "vecchio sé", nel nuovo sé è possibile una sola divisione: o sei con Cristo o non lo sei.

La "Ucraina celeste" è il nostro Valhalla?

Come possiamo vedere, l'esistenza di stati politici terreni in Cielo contraddice sia la Sacra Scrittura che i fondamenti stessi del cristianesimo. Ma cos'è allora questa "Ucraina celeste", i cui abitanti stanno conducendo una "battaglia spirituale" per gli interessi dell'Ucraina terrena?

Nella mitologia norrena c'è una credenza nel Valhalla, un regno celeste dove dopo la morte vanno i guerrieri caduti in battaglia, che vi continuano la vita eroica del loro passato. Il Valhalla è governato dal dio Odino. I guerrieri che vivono nel Valhalla sono chiamati einherjar. Ogni giorno al mattino indossano la loro armatura e combattono fino alla morte, a mezzogiorno le loro ferite sono guarite e i morti sono riportati in vita. Per le loro imprese, sono onorati dalla dea Freyja e da belle fanciulle. La credenza nel Valhalla è ancora oggi molto popolare, soprattutto in alcuni circoli di destra. In effetti, lo slogan "Gli eroi non muoiono" ha le sue radici in questa ideologia.

Non si può non notare che la teologia di Schkurupiy ricorda molto questa mitologia. Sia il Valhalla che la "Ucraina spirituale" sono abitate da guerrieri morti sulla terra. In entrambi gli "stati", continuano le loro gesta d'armi. Inoltre, è facile vedere che né il Valhalla né la "Ucraina spirituale" rientrano nella struttura cristiana.

E qui va sottolineato un punto importante. Nel "cielo ucraino" non ci sono solo cristiani ma anche musulmani ed ebrei (tartari e krymchak). Cioè, per il "vescovo della Chiesa ortodossa dell'Ucraina", la religione degli "ucraini celesti" non gioca alcun ruolo. L'unico criterio di santità non è una confessione di Cristo, non una vita retta, ma la morte per gli interessi dello Stato. E tale posizione non è nuova in teologia. A dire il vero, è una posizione islamica, non cristiana.

Nell'Islam, ad esempio, c'è il concetto di shahid, applicato ai credenti che muoiono in guerra contro i loro nemici, combattendo nel nome di Allah e difendendo la loro fede e la loro patria.

Se la preghiera della Chiesa ortodossa ucraina è "dannosa", allora con chi è Dio?

Probabilmente, la parte centrale della teologia di Shkurupij è il suo atteggiamento nei confronti della preghiera, in particolare la tesi sulla "nocività" della preghiera della Chiesa ortodossa ucraina: "La preghiera dei credenti della Chiesa ortodossa ucraina – rappresentanti della Chiesa ortodossa russa in Ucraina – equivale a squadre di sabotaggio o unità militari nelle retrovie, all'interno dell'Ucraina nel mondo spirituale, che causano gravissimi danni a tutti noi".

Cosa si può dire di questo?

La Chiesa ortodossa ucraina fa parte della Chiesa ecumenica di Cristo, nei cui templi lo Spirito Santo discende sul pane e sul vino nell'eucaristia, dove i peccati sono perdonati nella confessione, dove si celebrano i sacramenti del matrimonio, dell'unzione, ecc. Il Vangelo dice: "noi sappiamo che Dio non ascolta i peccatori, ma se uno è timorato di Dio e fa la sua volontà, egli lo ascolta" (Gv 9:31). I cristiani sanno che il nostro mondo è ancora in piedi solo grazie alla preghiera dei giusti. Compresi i giusti della Chiesa ortodossa ucraina. Pertanto, dire che la preghiera nella Chiesa ortodossa ucraina è "dannosa" è un segno di una grave malattia spirituale.

E l'affermazione che per uno scudo spirituale sull'Ucraina la preghiera della Chiesa ortodossa ucraina dovrebbe essere contrastata dalla "preghiera congiunta" della "Chiesa ortodossa dell'Ucraina" e degli "ucraini consapevoli" di altre fedi (ovviamente, cattolici, uniati e musulmani), non è nemmeno una malattia, è qualcosa che non ha nulla a che fare con il cristianesimo.

Predicando la "guerra delle preghiere", Shkurupij, infatti, esprime l'ideologia pagana, secondo la quale gli dei combattono e vince il popolo il cui dio è più forte. Basandosi su questa visione del mondo, i pagani adottarono una fede che era loro estranea e si sottomisero all'autorità di quelle nazioni che avevano "il dio più forte". Avevano la loro logica pagana. Ma cosa c'entra questa logica con Cristo, il Vangelo e la Chiesa? Assolutamente niente.

"Chi non ha la Chiesa per madre, non ha Dio per padre".

L'apparizione della "Ucraina celeste" nel pensiero teologico della "Chiesa ortodossa dell'Ucraina" non è una sorpresa. La sacralizzazione dell'Ucraina, dei suoi simboli e dei suoi eroi ha luogo in questa organizzazione da molto tempo e Shkurupij ha semplicemente innalzato questa tendenza a valori assoluti.

La frase di Cipriano di Cartagine, "chi non ha la Chiesa per madre, non ha Dio per padre" qui non è popolare. Semplicemente perché sia la madre che il padre hanno un aspetto diverso qui.

Il "vescovo della Chiesa ortodossa dell'Ucraina" Matfej Shevchuk ha dichiarato nel 2016: "La nostra terra è la nostra madre". Nel 2021, chierici e "vescovi" della "Chiesa ortodossa dell'Ucraina" hanno cantato ripetutamente ed entusiasticamente "Bandera è nostro padre, l'Ucraina è nostra madre". I chierici della "Chiesa ortodossa dell'Ucraina" "celebrano" con i paramenti dei colori della bandiera ucraina e con una mappa dell'Ucraina, e davanti alla chiesa attaccano pennoni con una bandiera ucraina a una croce con un crocifisso.

il "sacerdote" della "Chiesa ortodossa dell'Ucraina" Serhiy Tkachuk davanti alla sua chiesa a Kiev

Questi esempi non sono in alcun modo un tentativo di "fare le pulci" ai sodali di Dumenko. Questo è lo stato d'animo interiore di molti chierici e credenti di tale struttura.

Conclusioni

Cristo ci ha detto: "Il mio regno non è di questo mondo... il mio regno non è di quaggiù" (Gv 18:36). La teologia di Shkurupij afferma il contrario: lo stato ucraino di questo mondo terreno esiste anche nel regno dei cieli. E gli abitanti di questo "regno ucraino" non sono persone giuste che piacquero a Dio, ma soldati che morirono per la gloria dell'Ucraina terrena. Dio, il suo amore e il suo sacrificio per i peccati del mondo intero non contano perché c'è un territorio "oscuro" nel mondo dove non si vede nemmeno un barlume di luce. Ciò significa che la salvezza non è il risultato della fede in Cristo, dell'appartenenza alla sua Chiesa e del vivere una vita pia, ma il risultato dell'essere nati in un determinato territorio o della lotta per la sua indipendenza.

È difficile persino dire cosa sia più visibile in questo miscuglio: paganesimo, cristianesimo, nazionalismo o rozzo materialismo. E alla fin fine poco importa.

Molti in Ucraina affermano che non c'è differenza tra la "Chiesa ortodossa dell'Ucraina" e Chiesa ortodossa ucraina, che i seguaci di Dumenko, dopo essere stati riconosciuti dal Fanar, sono parte della stessa Chiesa di Cristo. Tuttavia, di tanto in tanto, riceviamo dalla "Chiesa ortodossa dell'Ucraina" fatti scioccanti che dimostrano che nulla di tutto ciò è vero.

San Giovanni Crisostomo afferma che prima o poi ogni scisma si trasforma in eresia. E la teologia di Afanasij Shkurupij conferma brillantemente questa idea del santo.

E quei fedeli della "Chiesa ortodossa dell'Ucraina", per i quali la fede in Cristo resta ancora più cara della fede nella nazione, dovrebbero pensarci molto seriamente.

 
Due pesi, due misure

Chi cresce in una politica di doppiopesismo si abitua alla menzogna. Chi è stato abituato a chiamare le guerre “operazioni di pace”, i combattenti per i diritti del loro popolo “terroristi”, e al contempo i veri terroristi “combattenti per la libertà”, potrà essere in grado di rispondere “se sì, si, se no, no”, o piuttosto si accontenterà del di più che viene dal maligno (Mt 5:37)? Padre Andrew Phillips ci invita a tenere in considerazione, al di là dei fatti storici e di cronaca da lui analizzati, il pericolo spirituale dei “doppi standard”, in un articolo del suo blog che abbiamo tradotto nella sezione “Geopolitica ortodossa” dei documenti.

 
Concelebrazioni dei macedoni con le Chiese di Gerusalemme, Romania, Bulgaria, Russia, Serbia, Grecia, Ucraina in Terra Santa (+VIDEO)

foto: bigorski.org.mk

La Chiesa ortodossa macedone-Arcivescovado di Ohrid continua il suo viaggio verso la piena accettazione nel mondo ortodosso dopo aver recentemente ricevuto un tomos di autocefalia dalla Chiesa ortodossa serba.

È stata formalmente riconosciuta come canonica dalle Chiese di Costantinopoli, Bulgaria e Grecia ed esplicitamente come autocefala dalla Chiesa della Rus'.

Nell'ultima settimana, un vescovo macedone e diversi chierici hanno anche concelebrato con vescovi e chierici di diverse altre Chiese ortodosse locali, stabilendo così implicitamente la loro comunione anche con loro.

In primo luogo, il famoso monastero Bigorski nella Macedonia del Nord è stato visitato da un vescovo della Chiesa ortodossa albanese.

foto: bigorski.org.mk

Sua Eminenza il metropolita Nikolla di Apollonia e Fier e i suoi compagni di viaggio sono stati calorosamente ricevuti nel monastero dall'abate, sua grazia il vescovo Partenij di Atanije, e dalla confraternita lunedì scorso. Agli ospiti è stato offerto un tour della chiesa e dei terreni del monastero e hanno avuto l'opportunità di discutere di argomenti di attualità nell'Ortodossia, come riferisce il monastero.

Il metropolita Nikolla ha scritto nel libro degli ospiti del monastero: "Possa lo Spirito Santo, che illumina ogni persona che viene in questo mondo, illuminare e dare forza ai fratelli che pregano e lottano in questo santo monastero. Con benedizioni e amore in Cristo, il metropolita Nikolla di Apollonia e Fier".

Con il vescovo albanese non c'è stata concelebrazione liturgica, e dalla Chiesa albanese non c'è stato alcun annuncio sul riconoscimento della Chiesa macedone, ma alcuni giornali scrivono che la visita è almeno un primo passo sulla via del ripristino dei rapporti.

foto: bigorski.org.mk

Il vescovo Partenij e molti dei fratelli di Bigorski sono poi partiti per un pellegrinaggio in Terra Santa, dove giovedì hanno avuto la benedizione di incontrare sua Beatitudine il patriarca Teofilo, che li ha benedetti per celebrare i servizi divini nei luoghi santi di Gerusalemme.

Il patriarca ha espresso la sua gioia per il fatto che la Chiesa macedone sia ora in unità canonica e liturgica con la Chiesa ortodossa a seguito delle recenti decisioni del Patriarcato di Costantinopoli e della Chiesa ortodossa serba, a significare così la comunione del suo Patriarcato con la Chiesa macedone.

foto: bigorski.org.mk

Con la benedizione del patriarca, il vescovo Partenij e gli ieromonaci di Bigorski hanno celebrato la Veglia notturna e la Divina Liturgia nella cappella del Golgota nella chiesa del Santo Sepolcro insieme a sua Eminenza l'arcivescovo Aristobulous di Madaba del Patriarcato di Gerusalemme e a molti altri chierici di Gerusalemme, Grecia e Romania.

La concelebrazione dei chierici romeni è significativa come prima indicazione della loro comunione liturgica con la Chiesa macedone.

foto: bigorski.org.mk

La delegazione macedone è stata quindi invitata a celebrare la Liturgia presso la tomba della santissima Madre di Dio nel Getsemani con un vescovo di Gerusalemme, sua Eminenza il metropolita Ioakim di Hellenopolis e un certo numero di chierici locali di Gerusalemme e di chierici serbi in visita.

foto: bigorski.org.mk

E ieri il vescovo Partenij e la delegazione macedone hanno avuto il grande onore di servire la Veglia notturna e la Divina Liturgia nella chiesa principale del Santo Sepolcro, concelebrando con sua Eminenza il metropolita Isidoros di Hierapolis del Patriarcato di Gerusalemme, sua Eminenza il metropolita Seraphim di Nevrokop della Chiesa bulgara, e sua Grazia il vescovo Mitrofan di Serobsk della Chiesa russa, oltre a sacerdoti di diverse Chiese ortodosse locali.

Questa è la prima volta che un vescovo macedone ha concelebrato con vescovi bulgari e russi dopo le decisioni delle rispettive Chiese.

Secondo l'outlet macedone religija.mk, con la delegazione macedone hanno concelebrato anche sacerdoti ortodossi ucraini.

 
La visione da una sala operatoria: parla un chirurgo di Slavjansk

Nel nostro post del 19 giugno, abbiamo presentato la fotografia qui a fianco, carica di un immenso e tragico dolore. Il blog Slavyangrad identifica il protagonista della foto come il dottor Mikhail Kovalev, noto anche con lo pseudonimo di “Anderer”, uno dei pochi chirurghi rimasti nell’ospedale centrale di Slavjansk durante tutti i tragici giorni di bombardamento e di distruzione della città. Il dottor Kovalev ha lasciato Slavjansk dopo la sua “liberazione” da parte dell’esercito ucraino e l’inizio delle purghe, e ora vive in Russia. Ha partecipato comunque a un’intervista on line con una serie di domande dei lettori, in cui offre una preziosa testimonianza della vita di una città martire. Presentiamo l’intervista a Mikhail Kovalev nella sezione “Geopolitica ortodossa” dei documenti.

 
Ideologia dei sequestri: parallelismi tra oggi e il passato recente

Filaret si è evoluto da un accusatore dei sequestri a un loro ideologo. Foto: Unione dei giornalisti ortodossi

Un tempo Filaret era il legittimo primate della Chiesa ortodossa ucraina, che subiva sequestri da parte degli uniati. Alcune cose sono cambiate da allora, ma non i comandamenti di Dio.

Oggi la Chiesa ortodossa ucraina subisce sequestri di chiese e violenze da parte dei "chierici" e dei sostenitori della "Chiesa ortodossa dell'Ucraina". Ma questo fenomeno non è apparso oggi, l'ideologia del sequestro è stata coltivata da Filaret Denisenko dal momento in cui è caduto per la prima volta nello scisma. Molto prima della creazione della "Chiesa ortodossa dell'Ucraina", il "patriarcato di Kiev" ha "acquisito" i luoghi di culto della Chiesa ortodossa ucraina in questo modo. I "principianti" di Filaret sono cresciuti su questa ideologia, portandola a un nuovo livello dopo che Filaret aveva litigato con loro e se n'era andato per ripristinare la sua idea, il "patriarcato di Kiev".

Tuttavia, c'è stato un tempo in cui lo stesso Filaret Denisenko non era dalla parte degli aggressori ma da quella delle vittime. Era il tempo in cui Filaret era il primate della Chiesa ortodossa ucraina, le cui chiese furono massicciamente occupate dai greco-cattolici. Allora la sua retorica era completamente diversa. Proponiamo alla vostra attenzione una rassegna analitica dell'intervista a Filaret Denisenko, pubblicata sulla rivista "Messaggero ortodosso" nel 1991, n. 7. Contiene informazioni che interessano non solo dal punto di vista storico, ma ci aiutano a guardare gli eventi di oggi da una prospettiva leggermente diversa.

una foto del "Messaggero ortodosso" del 1991, n. 7

L'intervista inizia con Filaret Denisenko che cita le statistiche sulle comunità religiose nell'Ucraina occidentale. Dice che secondo gli studi sociologici dell'Accademia delle scienze dell'URSS (sì, a quel tempo l'URSS esisteva ancora, sebbene mancassero solo pochi mesi al crollo), nell'Ucraina occidentale c'erano solo il 23% di uniati e il 45 % di ortodossi. Il resto erano battisti, giudei, cattolici romani, ecc. Quanto erano vere queste statistiche? Gli eventi successivi hanno dimostrato che non lo erano molto. Ma può anche servire a illustrare che la minoranza attiva impone quasi sempre la sua volontà alla maggioranza passiva.

I sequestri di chiese da parte degli uniati iniziarono alla fine degli anni '80. Secondo i greco-cattolici, si trattava della restituzione dei beni che erano stati loro sottratti durante il regime sovietico, cosa che, ovviamente, avvenne. Tuttavia, se si considera la questione dell'origine delle proprietà, si può giungere a una conclusione spiacevole per gli uniati: queste erano fondamentalmente le proprietà che essi stessi avevano sottratto agli ortodossi durante l'imposizione forzata dell'unia nei secoli XVII-XIX. Si scopre che prima alcuni avevano portato via con la forza certi beni agli altri, poi questi altri li hanno ripresi con la forza, e poi i primi se li sono ripresi con la forza, ma già sotto lo slogan del ripristino della giustizia. Come spezzare questo circolo vizioso? Nel 1990, un tale tentativo è stato fatto.

Ecco una citazione del metropolita Filaret: "Nel gennaio 1990 si sono svolti a Mosca colloqui tra la Santa Sede e le delegazioni del Patriarcato di Mosca. Durante l'incontro si è discusso della situazione nell'Ucraina occidentale e delle prospettive di una sua normalizzazione. Rappresentanti degli ortodossi e degli uniati hanno avuto l'opportunità di esprimere la loro comprensione della situazione, di conseguenza sono state adottate "Raccomandazioni sulla normalizzazione dei rapporti tra ortodossi e cattolici di rito orientale nell'Ucraina occidentale", approvate da papa Giovanni Paolo II e dal Concilio dei vescovi del Patriarcato di Mosca, cioè le massime autorità di entrambe le parti, ed è stata costituita una commissione quadripartita”.

Questa commissione quadripartita era composta da rappresentanti del Patriarcato di Mosca, del Vaticano, della Chiesa ortodossa ucraina (che a quel tempo era ancora allo stato di esarcato) e della Chiesa greco-cattolica ucraina. La commissione aveva elaborato un principio piuttosto interessante per risolvere i conflitti intorno alla chiesa e alle proprietà della chiesa in ogni località particolare: la chiesa va alla comunità più ampia, ortodossa o uniate. Ma la congregazione "vittoriosa" aiuta la restante comunità minoritaria a costruire una nuova chiesa o ad affittare altri locali per il culto.

Considerato sobriamente, questo principio è tanto bello e giusto quanto irrealistico da mettere in pratica. È semplicemente impossibile immaginare che in Ucraina, dove la popolazione era impoverita a causa della perestrojka ed era sull'orlo di un impoverimento ancora maggiore, i credenti di un villaggio potessero costruire una chiesa con i propri soldi, e nemmeno per se stessi ma per membri di altra denominazione. Anche se l'opera di questa commissione fosse stata accolta a livello del Vaticano e del Patriarcato di Mosca, essa sarebbe comunque nata morta, anche se anche in questo caso sarebbe servita come una sorta di rimprovero alla comunità religiosa (di fatto, quella degli uniati), che si rifiutò di aiutare gli ortodossi a costruire e attrezzare chiese. Pertanto, il rappresentante dei greco-cattolici ucraini, l'arcivescovo Volodymyr Sternjuk, si è semplicemente limitato a ritirarsi inaspettatamente (anche per i rappresentanti vaticani) dalla commissione. Perché fosse necessaria una tale iniziativa è facile intuirlo.

Una citazione del metropolita Filaret: "È assolutamente chiaro: coloro che stanno dietro agli uniati non si accontentano di una soluzione pacifica della questione – hanno bisogno di sconvolgimenti... È stato dopo che l'arcivescovo Volodymyr Sternjuk ha lasciato la commissione che i sequestri di chiese degli ortodossi si sono fatti più frequenti".

Questa situazione ha una proiezione diretta sul presente. Gli stessi fedeli, sia ortodossi che greco-cattolici, potrebbero di fatto raggiungere un accordo amichevole e condividere chiese e proprietà ecclesiastiche. Allo stesso modo, oggi, i rappresentanti della Chiesa ortodossa ucraina, che intendono veramente pregare e svolgere funzioni, possono ragionevolmente e amichevolmente concordare con i credenti della "Chiesa ortodossa dell'Ucraina" sulla proprietà della chiesa e dei beni ecclesiastici, sulla divisione pacifica e così via. Ma l'intero problema è che la "Chiesa ortodossa dell'Ucraina", di regola, è sostenuta da alcuni circoli radicali che hanno bisogno di dimostrare la loro forza e potere, non di pregare nella chiesa catturata. Lo dimostrano molti esempi moderni: le chiese sequestrate sono praticamente vuote, sebbene siano state occupate da grandi folle. Le seguenti parole di Filaret Denisenko sembrano pronunciate in questi giorni.

Terrore contro la Chiesa ortodossa ucraina

Una citazione del metropolita Filaret: "Così, le autorità locali, contrariamente alla legge e alle decisioni delle autorità superiori, hanno sostenuto atti di violenza e illegalità. Sentendosi sostenuti, gli uniati hanno iniziato a dire che non avevano affatto bisogno di negoziati con gli ortodossi perché dopo i negoziati avrebbero ricevuto solo poche chiese, ma con la forza, tutte. Così, hanno iniziato ad agire. L'ondata di violenza ha iniziato a intensificarsi. Sono iniziate le minacce alla vita di sacerdoti e parrocchiani. Nella regione di Leopoli, hanno sparato a un nostro sacerdote e hanno dato fuoco a diverse chiese. Nella regione di Ternopol', un cattolico ha ucciso un laico ortodosso, Mokritskij. Un vero terrore si è scatenato contro gli ortodossi".

Oggi osserviamo un quadro simile. A livello centrale, le autorità affermano che la società non deve essere divisa per religioni e che il diritto dei cittadini ucraini alla libertà di coscienza deve essere garantito senza distinzione di appartenenza confessionale. A livello locale vediamo "divieti" alla Chiesa ortodossa ucraina, il trasferimento di comunità alla "Chiesa ortodossa dell'Ucraina" in violazione della legge, l'indulgenza nei sequestri forzati dei luoghi di culto e così via.

L'escalation del conflitto religioso da parte degli uniati ha costretto la parte ortodossa ad avviare una commissione quadripartita a Mosca nel giugno 1990. E poi il Vaticano ha agito nella migliore tradizione del gesuitismo dicendo che i suoi rappresentanti non sarebbero potuti venire prima di settembre. E questo nonostante il fatto che quasi ogni giorno le chiese ortodosse venissero sequestrate e quando il Vaticano avesse partecipato all'incontro, ai credenti ortodossi avrebbe potuto non essere rimasto alcun tempio. Quando l'incontro ebbe luogo, gli uniati avanzarono richieste che suonarono come un ultimatum.

Una citazione del metropolita Filaret: "La parte cattolica ha avanzato richieste chiaramente inaccettabili durante l'incontro, dimostrando così il suo totale disinteresse per una soluzione pacifica della questione. Hanno chiesto di condannare il Concilio di Leopoli del 1946. Ma come possiamo farlo quando questo non era un Concilio della Chiesa ortodossa russa ma della Chiesa greco-cattolica? Non possiamo ribaltare le sue decisioni. Hanno anche chiesto di riconoscere le chiese sequestrate come proprietà della Chiesa uniate ucraina, cosa vietata dalla legge. E, infine, hanno chiesto che si riconoscesse la Chiesa greco-cattolica come istituzione, come struttura, liquidata al Concilio di Leopoli nel 1946. <...> Con nostro grande rammarico, la dura posizione degli uniati e il loro rifiuto scendere a compromessi hanno reso privi di senso tutti gli accordi raggiunti".

Qui vediamo il desiderio degli uniati di affidare la responsabilità del Concilio di Leopoli del 1946 alla Chiesa ortodossa ucraina, mentre se qualcuno dovesse assumersi questa responsabilità, doveva essere il governo sovietico piuttosto che la Chiesa ortodossa ucraina. Tuttavia, lo stesso Concilio di Leopoli nel 1946 è un argomento molto controverso e sfaccettato. In effetti, le autorità sovietiche erano chiaramente favorevoli al Concilio e alle sue decisioni di sciogliere la Chiesa uniate, ma allo stesso tempo, all'interno degli stessi uniati, c'era un forte movimento verso un ritorno all'Ortodossia. Questi problemi sono discussi in modo più dettagliato nell'articolo del professore dell'Accademia teologica di Kiev, l'arciprete Aleksij Dobosh, "Il Concilio di Leopoli: ritorno degli uniati alla Chiesa o distruzione della Chiesa greco-cattolica ucraina da parte di Stalin?"

Quando il metropolita Filaret rivolge un anatema a Filaret

Così, le speranze degli ortodossi di risolvere il conflitto con i greco-cattolici sono venute meno. Cosa resta agli ortodossi? Quali argomenti possono usare nelle polemiche con i sequestratori di chiese? Anche l'ex metropolita Filaret dà una risposta a questa domanda.

Una citazione del metropolita Filaret: "Ci appelliamo al buon senso, alla coscienza cristiana, perché se i cristiani, che dovrebbero portare alla gente le idee di spiritualità, bontà e filantropia, non aderiscono ai principi dell'amore fraterno e dei comuni sentimenti umani, allora essi sono cattivi predicatori del Vangelo e della loro fede e non possono essere né 'la luce del mondo' né 'il sale della terra' (Mt 5:13-14) né rimproverare agli altri l'immoralità".

Infatti, chi viola i comandamenti del Vangelo non può essere un predicatore di Cristo, perché il Vangelo è predicato prima dalla vita e poi dalla parola. Ma ora rivolgiamo le parole di Filaret Denisenko contro lui stesso, perché è stato lui non solo a favorire direttamente i sequestri di chiese prima e dopo la formazione della "Chiesa ortodossa dell'Ucraina", ma ha anche istruito un'intera galassia di suoi seguaci, che hanno portato il sequestro dei templi a un nuovo livello qualitativo. Pertanto, Filaret ha creato un'intera ideologia dei sequestri all'interno del "patriarcato di Kiev", e successivamente della "Chiesa ortodossa dell'Ucraina", ideologia che viene implementata oggi. E ora vediamo il Filaret di oggi rimproverato dal Filaret di trent'anni fa, come se quest'ultimo gli dicesse dal passato:"Se i cristiani <...> non aderiscono ai principi dell'amore fraterno e dei comuni sentimenti umani, allora sono cattivi predicatori del Vangelo". Non c'è molto da commentare qui, si possono solo ricordare le parole di Cristo: "...dalle tue parole sarai giustificato e dalle tue parole sarai condannato" (Mt 12:37).

* * *

Infine, vorremmo tornare sull'interessante principio di risoluzione dei conflitti religiosi sviluppato dalla già citata commissione quadripartita di Chiesa ortodossa russa, Chiesa ortodossa ucraina, Chiesa greco-cattolica ucraina e Vaticano: la comunità religiosa che si impossessa della Chiesa per la sua superiorità numerica aiuta finanziariamente la minoranza a costruire un nuovo luogo di culto. Questo principio ha subito oggi un'interessante modifica. Sì, se parliamo di una comunità territoriale in un villaggio dell'Ucraina occidentale, di fatto, i sostenitori della Chiesa ortodossa saranno probabilmente la maggioranza lì. Ma se prendiamo la comunità religiosa, cioè quelle persone che regolarmente vanno in chiesa e ricevono i sacramenti, ci sono molti più sostenitori della Chiesa ortodossa ucraina. Questo può essere visto chiaramente nel numero di persone che pregano nei luoghi di culto della Chiesa ortodossa ucraina e della "Chiesa ortodossa dell'Ucraina" se essi si trovano nella stessa località.

E poi la parrocchia più piccola della "Chiesa ortodossa dell'Ucraina", in termini di numero dei suoi membri, rileva il tempio della Chiesa ortodossa ucraina mentre la comunità della Chiesa ortodossa ucraina spesso costruisce un nuovo tempio non con l'aiuto dei membri della "Chiesa ortodossa dell'Ucraina" ma con i propri sforzi e il sostegno di altri credenti da tutta l'Ucraina. Si scopre che la comunità della "Chiesa ortodossa dell'Ucraina" riceve un doppio dono dai fedeli della Chiesa ortodossa ucraina: primo, lo stesso luogo di culto, che i sostenitori della Chiesa ortodossa ucraina non possono portare via con la forza perché non vogliono peccare; e in secondo luogo, nessun supporto materiale richiesto loro dalla comunità della Chiesa ortodossa ucraina. Da qui le domande retoriche: non è così che dovrebbero agire i veri cristiani? Non è un tale atteggiamento un segno del vero spirito cristiano?

 
Le chiese sequestrate dagli scismatici sono chiuse, i loro cortili ricoperti di alberi

il metropolita Varsonofij di Vinnitsa e Bar. Foto: eparhia.vn.ua

Il metropolita Varsonofij ritiene che la regione di Vinnitsa avrebbe dovuto diventare un "campo di prova" per praticare il sequestro delle parrocchie della Chiesa ortodossa ucraina.

La regione di Vinnytsia doveva diventare un "banco di prova" per mettere in pratica schemi di sequestro delle parrocchie della Chiesa ortodossa ucraina a favore della "Chiesa ortodossa dell'Ucraina" dopo il "concilio d'unificazione" nel 2018, ha affermato il metropolita Varsonofij di Vinnitsa e Bar.

"Il 2019 e il 2020 sono stati anni difficili perché i funzionari hanno interferito e costretto i responsabili a livello locale a influenzare la vita religiosa dei villaggi o delle comunità (vale a dire a risolvere il caso dei trasferimenti di chiese alla "Chiesa ortodossa dell'Ucraina"). La pressione è stata pesante. Inoltre, la Vinnitschina, in quanto piccola patria di Poroshenko, era sotto il suo controllo speciale", ha commentato vladyka Varsonofij.

I "trasferimenti" sono illegali poiché non sono effettuati da comunità religiose ma da quelle territoriali guidate dai capi villaggio o dalle amministrazioni distrettuali.

"L'eparchia di Vinnitsa ha sofferto di più per le azioni di vari funzionari, che hanno persino intimidito le persone. Ci sono stati momenti in cui ai nostri credenti non è stato permesso di partecipare alle riunioni delle comunità territoriali, dove votavano per il trasferimento della comunità", ha affermato il metropolita di Vinnitsa.

I piani dei funzionari di "trasferire" fino al 70% delle parrocchie di Vinnytsia dalla Chiesa ortodossa ucraina alla "Chiesa ortodossa dell'Ucraina" non si sono avverati nello spazio di un anno. Tuttavia, ancora oggi, usando lo stereotipo secondo cui la Chiesa ortodossa ucraina dipende da Mosca, i predoni stanno cercando di impossessarsi delle chiese nella regione.

"Per favore, costruitevi le vostre chiese! Ma dovreste impegnarvi molto in questo, ed è molto più facile portare via quelle che già esistono. Soprattutto se si può camminare per un villaggio distribuendo 100 grivne a ciascuno per convincere le persone a votare per il "trasferimento'," dice il metropolita Varsonfij.

Molte chiese nell'eparchia sono state portate via con la forza. "Ma ora sono chiuse e i loro cortili si ricoprono semplicemente di alberi", ha concluso il metropolita Varsonfij di Vinnitsia e Bar.

 
Il primo capitolo della Genesi spiegato in una frase

dal blog Bio-Orthodoxy, 21 agosto 2014

Nella sua Esposizione della fede ortodossa (libro 2, cap. 6), san Giovanni Damasceno elenca le varie possibili teorie che circolano ai suoi tempi circa la natura dei cieli, o l'universo, e senza escludere a priori nessuna di queste teorie ci dà l'insegnamento essenziale dietro il primo capitolo della Genesi, che non deve essere contraddetto, rivelando così i confini tra scienza e teologia nell'interpretare Genesi 1:

"sia in un modo sia in un altro, tutte le cose sono nate e sono state fissate per ordine di Dio, e hanno come fondamento incrollabile la volontà e il consiglio divini".

 
Il primate della Chiesa greca afferma che i russi sono "un popolo travagliato"

l'arcivescovo Hieronymos di Atene e di tutta la Grecia e il patriarca Kirill. Foto: patriarchia.ru

L'arcivescovo Hieronymos di Atene e di tutta la Grecia ha osservato che i russi non hanno mai vissuto in una democrazia, cosa sfruttata dal patriarca Kirill.

Il primate della Chiesa greca, l'arcivescovo Hieronymos di Atene, rispondendo a una domanda di Kathimerini sulla guerra russo-ucraina e sulle sue sfumature religiose, ha affermato che la Russia non è mai vissuta in una democrazia.

"È una nazione travagliata, e il governo e il patriarca Kirill se ne stanno probabilmente approfittando", ha aggiunto l'arcivescovo.

Alv'ian Tkhelidze, sacerdote della Chiesa ortodossa russa, ha richiamato l'attenzione su questa affermazione.

"Che tipo di persona è lei, vostra Beatitudine? Quando nel 2012 la Chiesa greca nel suo insieme è venuta a mendicare, cantava canzoni molto diverse. All'epoca, la Chiesa ortodossa russa ha donato più di 500.000 euro alla Chiesa greca. La Grecia stava attraversando la più profonda crisi finanziaria", ha scritto il sacerdote sul suo canale Telegram.

Padre Alv'ian ha ricordato che allora arcivescovo Hieronymos parlava della Chiesa russa come gloriosa e longanime e si dichiarava felice di "calpestare la terra del martirio e della benedizione".

"In breve, chi paga l'arcivescovo lo fa anche danzare come vuole. Che bassezza", ha aggiunto il sacerdote della Chiesa ortodossa russa.

Come riportato, l'arcivescovo Hieronymos di Atene e di tutta la Grecia ha parlato dei suoi incontri con gli ambasciatori degli Stati Uniti e della Russia prima del riconoscimento della "Chiesa ortodossa dell'Ucraina".

 
Niente di nuovo sul fronte occidentale?

Mentre l’attenzione di tutto il mondo viene (faticosamente) convogliata sul Donbass, è opportuno far sapere che anche nel resto dell’Ucraina non tutto scorre tranquillo. Saker ci presenta sul suo blog un’interessante analisi, fatta da un suo collaboratore, di quel che accade in Ucraina occidentale, con particolare attenzione alla Transcarpazia, e, appena oltre la frontiera, alla Transnistria. Presentiamo l’analisi nella nostra traduzione italiana nella sezione “Geopolitica ortodossa” dei documenti.

In realtà, dobbiamo anche fare le nostre scuse, perché un articolo vecchio di due giorni può essere già diventato storia antica quando lo si traduce. Nell’articolo ci si chiede se la recente offensiva delle forze armate della Novorossija verso Mariupol può aprire un nuovo fronte… ebbene, il fronte è già aperto, e i filmati degli oligarchi e dei loro sostenitori che corrono a fare benzina e si affrettano a lasciare Mariupol in preda al panico confermano che siamo già in una fase che precede qualche grande rovesciamento.

 
Ortodossi e copti: non possiamo andare tutti d'accordo?

L'approccio di Rodney King, can't we all just get along? ("non possiamo semplicemente andare tutti d'accordo?"), è allettante per molti cristiani ortodossi e copti. Così si suggerisce che una divisione durata 1500 anni sia stata causata da un semplice malinteso.

Purtroppo, una tale visione presuppone che i nostri padri ortodossi, ignari della verità, abbiano "diviso" la Chiesa sulla semantica e sui giochi di parole...

il papa copto ortodosso Tawadros II

Abbiamo ricevuto da una persona a New York una lettera, in cui si suggerisce che i copti sono ortodossi e che lo scisma di oltre 1500 anni è stato semplicemente una sorta di malinteso. Ecco il testo della lettera:

Un sacerdote che conosco dice che i copti sono ortodossi, che sono stati vittime di un malinteso teologico da parte della Chiesa ortodossa e che hanno un sacerdozio valido. Li comunica e dice che fanno parte della nostra Fede... Mi sembra che lei la pensi diversamente. Può spiegarmi la sua posizione, che secondo questo sacerdote è vecchia e superata? Mi ha dato un articolo del vescovo Maximos di Pittsburgh dell'arcidiocesi greca. Dice che il vescovo Maximos è un grande studioso patristico e che la sua parola, che sostiene i copti come ortodossi, è definitiva. (M.K., NY)

Una risposta ortodossa:

I copti sono monofisiti e quindi eretici. I loro misteri non sono validi e, se si uniscono alla Chiesa ortodossa, devono essere ricevuti come non ortodossi. In effetti, ora che la maggior parte dei copti ha respinto gli errori dell'eresia monofisita, questo è il momento per il loro ricongiungimento con l'Ortodossia. Qui c'è un posto per il vero ecumenismo. Ma nonostante il fatto che i tempi sembrino maturi, dobbiamo ancora appoggiarci sulla Provvidenza di Dio e riportare i copti all'Ortodossia in modo adeguato. Non si può dire che sia ortodosso semplicemente chi crede correttamente e recita il Credo. Deve essere ricevuto nella Chiesa mediante la cresima o il battesimo. Il fatto che i copti una volta fossero ortodossi, si siano allontanati e ora siano giunti alla giusta credenza non ha alcuna importanza. La grazia non resiste a generazioni di eresia e di separazione dalla Chiesa.

Chiunque creda che i Padri ortodossi abbiano sbagliato a condannare i monofisiti, e che i copti siano sempre stati ortodossi, è colpevole di blasfemia contro i Padri della Chiesa e contro il Concilio ecumenico di Calcedonia, che ha condannato l'eresia monofisita. È anche colpevole di eresia, in quanto tale proposizione presuppone non solo che i Padri della Chiesa siano stati in errore e che questo errore sia entrato nella coscienza della Chiesa, ma che la Chiesa ortodossa sia stata per secoli "divisa" tra due "famiglie" di ortodossi di retta fede e di copti "presumibilmente di retta fede". Inoltre, tale visione presuppone che i nostri padri ortodossi, ignoranti della verità, abbiano "diviso" la Chiesa sulla semantica e sui giochi di parole.

Ci sono anche alcuni ortodossi conservatori, che non hanno sufficiente familiarità con i materiali storici primari e che seguono le visioni storiografiche occidentali degli eventi che circondano il Concilio di Calcedonia (visioni che hanno spesso mostrato, come osservava padre Florovsky, simpatie sia per il monofisismo che per l'eresia nestoriana che lo aveva provocato), che immaginano che l'errata interpretazione, l'incomprensione e l'intransigenza siano le fonti dello scisma di Calcedonia.

Questa imitazione del mondo accademico occidentale, per quanto popolare, genera un approccio non ortodosso al dibattito cristologico tra i partiti ortodossi ed eterodossi. Il partito ortodosso difendeva fermamente la verità, il partito non ortodosso difendeva fermamente una falsa visione di Cristo. Mentre gli storici "obiettivi" possono quindi attribuire "intransigenza" alle due parti in questo dibattito, ovviamente non è coerente con la pietà ortodossa accusare di intransigenza chi difende la verità. È un'eresia, una resistenza alla verità, che in realtà ha le sue radici nell'intransigenza e che è definita dall'intransigenza.

Cosa possiamo dire anche dei chierici e dei teologi monofisiti che hanno condannato i nostri padri ortodossi come eretici e che oggi sono venerati dai copti? Dobbiamo lodarli e onorarli insieme ai "santi" monofisiti di cui i copti invocano l'intercessione? Dobbiamo commemorare insieme le memorie di chierici che erano diametralmente opposti l'uno all'altro e pretendere che tali commemorazioni siano coerenti con la "mente unica" della Chiesa apostolica? E dobbiamo ora respingere il consiglio del grande abba Eutimio, che mise in guardia san Gerasimo del Giordano contro l'eresia monofisita, portando quest'ultimo a lacrime amare per i suoi precedenti errori?

I teologi e i chierici che non leggono i Padri, che non conducono una vita spirituale e che vedono l'unione degli uomini come qualcosa di più importante della nostra unione con Dio nell'unità della fede, non hanno alcun compito di condurre dialoghi tra ortodossi e copti. Non agiscono in modo spirituale e i risultati che ottengono non saranno spirituali. Sono troppo deboli per dire la verità e per ricondurre i copti, come devono essere ricondotti, alla Chiesa in umile sottomissione.

Rispettiamo e ammiriamo profondamente la pietà copta. Molti copti superano di gran lunga gli ortodossi nella loro dedizione a Dio e nella fedeltà alla loro fede. Ma il nostro rispetto non deve impedirci di dire loro la verità, di portarli correttamente nella Chiesa e di offrire loro il pane, piuttosto che la pietra della politica ecumenista a buon mercato. Gli uomini spirituali bramano l'unità nella verità. I politici ecumenisti cercano di esaltarsi con grandi imprese di valore umano. Quegli uomini spirituali che sono stati fuorviati dal loro comprensibile entusiasmo per l'unità della Chiesa dovrebbero riflettere seriamente su chi li sta conducendo a questa falsa unità e quali sono le loro motivazioni. Quando anche i copti rifletteranno su questo, vedremo senza dubbio un raffreddamento in quello che ora è un entusiasmo infondato. E man mano che i copti crescono nel loro desiderio di tornare all'Ortodossia, essi stessi desidereranno farlo in modo ordinato e non attraverso la porta sul retro che è stata loro aperta da politici ecumenisti e da chierici spiritualmente irresponsabili.

L'articolo del vescovo Maximos sui monofisiti (The Illuminator, Vol. XII, n. 86) si basa interamente sull'opinione teologica di Jean Lebon, sacerdote e studioso cattolico romano, che scrisse un'interessante tesi su una figura monofisita. Sua Grazia suggerisce che tutti i "seri studiosi e patrologi" seguano gli scritti di questo "grande professore e studioso del nostro secolo" e non trovino differenze in definitiva essenziali, tranne quelle terminologiche, tra l'Ortodossia e il Monofisismo. "Sono solo le persone ignoranti e [...] ristrette[...], irresponsabili che possono opporsi all'opera dello Spirito Santo di Dio" e tali opinioni, sostiene. Dubito, dato l'odio prevalente per i tradizionalisti nella sua giurisdizione, che sua Grazia si scuserebbe con me e altri vecchi calendaristi sotto questo ombrello di condanna, ma certamente deve delle scuse ad altri teologi che la pensano come noi: il compianto protopresbitero Georges Florovsky, il beato archimandrita Justin (Popovich), il professor P. Trembelas e altri.

Quanto al suggerimento del vescovo Maximos che i "politici ecclesiastici" e gli "amministratori" risolvano questa questione, res ipsa loquitur. Ogni volta che è violata la coscienza della Chiesa, ci guardiamo ai politici e agli amministratori ecclesiastici, fonte e prodotto del modernismo e dell'innovazione. Quando invece quella coscienza è difesa, guardiamo ai Padri, ai Concili ecumenici e alla Tradizione della Chiesa. E questi hanno già parlato, come abbiamo notato.

Siamo stupiti e profondamente rattristati dalle parole sconsiderate del vescovo Maximos.

Da Orthodox Tradition, Vol. IX, NO. 1, pp. 8-10.

* * *

Estratto da una lettera del vescovo Auxentios in merito alla mia domanda sui copti e sulla loro pretesa di essere ortodossi:

La risposta breve, Patrick, è: cosa ti aspetti davvero che proclamino, che sono eretici? Scusa il mio tono in questo, ma devi fare un passo indietro e guardare oltre i particolari, che sono stati complicati da secoli di autogiustificazione da parte dei vari gruppi monofisiti. Le domande di base sono davvero molto semplici (anche se gli ecumenisti professionisti pensano che noi siamo "semplicisti" per il fatto di vedere le cose in questo modo): Crediamo nella teoria dei rami della Chiesa oppure no?

Lo Sposo divino della Chiesa, che ci assicura che neppure un passero cade a terra senza la volontà del nostro Padre celeste, è incapace di mantenere l'integrità del suo corpo, o lo lascia spezzare, perché le varie componenti si anatematizzino l'una con l'altra, e tuttavia che tutte le parti (o i rami) mantengano la loro unità con lui (e la separazione l'una dall'altra) nel corso dei secoli?

In un modo o nell'altro, i copti presumono proprio questo nella loro contemporanea argomentazione a favore della "ortodossia" della loro confessione. Per quanto strano possa sembrare, se avessero una mentalità veramente ortodossa, discuterebbero della nostra eterodossia (basata sui secoli della nostra separazione da loro), piuttosto che cercare di dimostrare che siamo tutti la stessa cosa.

Se i discendenti storici dell'eresia monofisita hanno chiuso il cerchio e rifiutato le componenti eretiche delle loro antiche confessioni, sta a loro provarlo e correggersi con spirito contrito. C'è un disprezzo blasfemo per la politica conciliare divinamente ispirata della Chiesa e per le ben note conseguenze dello scisma nascoste nelle loro argomentazioni. Per il credente ortodosso ragionevole, questa è una prova sufficiente che hanno perso la pienezza della grazia e che, come ha saggiamente osservato padre Florovsky:

"la storia delle divisioni cristiane non può essere dedotta o costruita sulla base del principio dell'intolleranza, né dei principi dell'orgoglio, della brama di potere, della concupiscenza o della meschinità [e si possono certamente aggiungere le idiosincrasie 'culturali e 'linguistiche' a questo elenco]. Naturalmente, la passione umana in tutta la sua potenza è "scoperta" ed esposta nelle divisioni del cristianesimo. Ma la fonte iniziale di questi scismi cristiani non era la depravazione morale o la debolezza umana, ma l'illusione".

...L'insistenza fondamentalista del monofisita su una formula ["una sola natura del Verbo incarnato"] con l'esclusione di un'altra formula che persino san Cirillo era arrivato a intendere come sinonimo [la doppia consustanzialità] riflette una visione non ortodossa del dogma. Quelli di spirito ortodosso sanno che il dogma è fatto di simboli imperfetti che descrivono la Rivelazione, ma non è la Rivelazione stessa. Ciò che è fondamentale per gli ortodossi è l'integrità di tale Rivelazione, non la rigidità terminologica. (Fonte)

 
Conferenza stampa: La formazione di uno Stato

Presentiamo nella sezione "Geopolitica ortodossa" dei documenti il video e la traduzione italiana di una conferenza stampa che il nostro amico Saker definisce uno spartiacque, la cui importanza non può essere esagerata:

Questa è la prima volta in cui sentiamo che cosa hanno da dire i nuovi comandanti - dopo Strelkov. Questa è la prima volta che la Novorossija sta andando all'offensiva. E questa è la prima volta in cui si arriva a sentire le opinioni, i valori e le idee delle persone che lottano contro la giunta nazista. Questo è veramente un momento di svolta.

Abbiamo fornito noi la versione italiana, che Saker ha cortesemente messo a disposizione dei suoi lettori in tutto il mondo. Grazie di cuore al team di Saker per avere aiutato il mondo occidentale a sentire un'altra campana.

 
"Le sorelle vogliono che lei scacci da me lo spirito dell'Ortodossia"

Durante la Grande Quaresima di quest'anno sorella Melania, ex badessa cattolica e assistente della badessa di un convento carmelitano, ha pronunciato i voti monastici in uno dei conventi ortodossi della Polonia orientale. Il suo percorso verso l'Ortodossia non è stato facile ed è stato pieno di svolte inaspettate. Ha accettato di condividere con i nostri lettori la sua storia complessa e sorprendente.

I miei antenati paterni provenivano dalla Polonia occidentale ed erano cattolici. I genitori di mia madre, membri della nobiltà polacca, possedevano terreni sul fiume Neman; oggi è sul territorio della Bielorussia. Tutti i miei parenti che ora vivono a Minsk sono ortodossi e sono molto contenta che non ci siano solo cristiani cattolici, ma anche cristiani ortodossi nella mia famiglia!

Ogni volta che i nostri nonni volevano nascondere l'argomento di una conversazione ai loro nipoti, passavano al russo. La nostra era una buona famiglia. Eravamo cattolici praticanti e andavamo in chiesa, ma non avrei mai pensato che sarei diventata una suora. Amavo moltissimo il Signore, ma non potevo immaginare che avrebbe voluto portare una peccatrice come me in un convento! Avevo vent'anni quando un prete che conoscevamo, un biblista, che stava andando a una conferenza accademica, mi invitò ad andare con lui. Avrei avuto l'opportunità di trascorrere due o tre giorni in un convento, pregare e poi tornare a casa. Ho acconsentito. Questa è stata la mia prima visita in un convento. Le suore mi hanno fatto domande molto serie, ma ho pensato che fosse lo stesso per tutte. Il terzo giorno avevo un appuntamento con la badessa. Mi ha fatto la domanda: "Quando ti trasferirai da noi?" Non mi ha chiesto se volevo unirmi a loro, mi ha chiesto quando! E ho deciso che il Signore mi aveva mostrato la sua volontà in questo modo. Tuttavia dissi che stavo studiando lingue e letteratura all'università e che i miei studi non erano ancora finiti, ma mi dissero che avrei dovuto lasciare l'università e che se necessario mi avrebbero mandato a studiare altrove. Tutto questo suonava molto serio, e quindi ho risposto: "Verrò tra un mese".

A casa, i miei genitori erano sgomenti per la notizia che avevo portato. Tuttavia, un mese dopo andai in convento e vi trascorsi due anni. Le suore erano profondamente coinvolte nell'opera di beneficenza: aiutavano negli ospedali, nelle scuole, viaggiavano in Africa per sfamare le persone affamate... Alla fine del mio secondo anno, il padre spirituale del convento mi benedisse per trasferirmi in un altro convento con una comunità di clausura. Secondo lui, mi sarebbe stato utile vivere in isolamento. Quando l'ho detto alla badessa, ha sospirato: "Avevo paura di questa conversazione... sentivo che saresti stata mandata via". Così, per obbedienza, sono finita in una comunità di suore carmelitane dove ho preso i voti monastici. Col tempo fui elevata al grado di badessa. Al convento divenni assistente della badessa, e istruivo le giovani suore.

Una volta un ecclesiastico polacco di alto rango venne nel nostro convento e suggerì di fondare una comunità di monache carmelitane a Usolje [molto probabilmente la città di Usol'e-Sibirskoe, ndt] nella regione di Irkutsk. Un tempo viveva lì una grande diaspora polacca: sia i polacchi defunti che quelli viventi avevano bisogno delle preghiere dei loro correligionari. Nessuno voleva andarci perché le monache di questo ordine trascorrono tutta la vita (salvo rare eccezioni) tra le mura del loro convento, non escono nemmeno. Andare in Siberia significava non tornare mai più in Polonia. Non c'è da stupirsi che nessuna delle sorelle volesse così tanto per se stessa. E ho pensato che, a quanto pareva, dovevo andarci io. Si deve conoscere la terra in cui si vivrà, quindi, dopo aver ricevuto una benedizione, ho iniziato a studiare la storia russa e a leggere dell'Ortodossia. La Russia ha molti santi propri; così ho deciso che potevo pregarli e chiedere il loro aiuto.

Mi è stata consigliata la casa editrice ortodossa polacca Bratczyk. Abbiamo iniziato a corrispondere e mi hanno aiutato molto: ho ricevuto molta letteratura e icone ortodosse. Qualunque domanda avessi, mi hanno sempre inviato un libro o un opuscolo sull'argomento. Ciò che mi ha stupito è che tutto in questi libri era scritto in modo semplice e non sofisticato. All'inizio questo mi ha confuso. E quando mi alzavo per pregare, tutte le delizie intellettuali scomparivano dalla mia mente: rimanevano solo questi semplici testi. Amavo la lettura filosofica: leggevo sia Dostoevskij che Florenskij in traduzione e la letteratura complessa mi dava piacere. Ma i libri semplici ti rendono diverso: soffia in loro il vento dello Spirito Santo.

L'editore di Bratczyk, Marek Yakimyuk, ha portato dei russi nel nostro convento. Una volta l'archimandrita Amvrosij (Jurasov) venne con lui dalla città russa di Ivanovo con le sorelle di un convento ortodosso. Abbiamo parlato attraverso le sbarre. Padre Amvrosij ci ha chiesto: "Sorelle, vi arrabbiate mai l'una con l'altra?" E per molto tempo abbiamo discusso della passione della rabbia. Utilizzando semplici esempi, l'anziano ci ha spiegato come affrontare le tentazioni e come amare il prossimo. Le sue parole sono arrivate dritte nei nostri cuori. Le nostre sorelle erano sedute in lacrime: lo Spirito Santo era così forte nei suoi discorsi. Erano di una bellezza ultraterrena! Fui felice di vedere le lacrime negli occhi delle sorelle.

Mentre leggevo la letteratura ortodossa, mi sono posta una domanda a cui volevo davvero trovare una risposta. Ho scritto una lettera a Marek: "Sto leggendo anziani antichi e allo stesso tempo l'anziano nostro contemporaneo, Paisios l'Agiorita. Sono separati da secoli di storia, ma non sento alcuna differenza tra loro! Perché?" La risposta di Marek è stata per me il primo passo verso l'Ortodossia. Ha scritto: "La Chiesa ortodossa è la continuazione delle tradizioni patristiche. Tutti sono vivi nella Chiesa ortodossa!" Poi ho chiesto al mio padre confessore cattolico: "Cosa ci succede? Perché per noi gli antichi anziani sono la storia e non la realtà?" Rispose che noi vivevamo in un mondo nuovo. "Ma ascolti! Il Vangelo è stato scritto 2000 anni fa, significa forse che non è aggiornato?" Ho chiesto. Nessuno sapeva come rispondermi. Allora molte persone che mi erano vicine si sono allontanate da me e ho perso molti amici. È stato doloroso.

In quel periodo, padre Amvrosij sorella Maria di Gerusalemme mi hanno sostenuto. Una volta la cantante folk ortodossa russa Zhanna Bichevskaja venne in Polonia per dei concerti; il suo tour era stato organizzato da Marek Yakimyuk. Conoscevo e amavo le sue canzoni, quindi ho chiesto a Marek di salutarla. Per qualche ragione, mi ha frainteso e ha pensato che stessi invitando Zhanna da noi; dopo un po' ho ricevuto una chiamata dal suo manager. Non potevo immaginare che una tale cantante sarebbe venuta nel nostro convento! Per noi polacchi, Bichevskaya, Vladimir Vysotskij e Bulat Okudzhava sono la Russia incarnata nelle canzoni. Si è scoperto che il manager di Zhanna andava a scuola con mia madre e mia madre lo aiutava con il suo fratello malato. Ho detto che mia madre era morta, e il manager ne è rimasto molto turbato. "Verremo al vostro convento", decise.

Zhanna e io siamo diventate subito buone amiche e lo siamo state fino a oggi. I russi sono così gentili! Li sento intensamente, come una famiglia. Le canzoni di Zhanna sono piene di un tale sentimento, un tale amore per la Russia! Zhanna non è una cantante secolarizzata, è una persona molto religiosa: per me le sue canzoni brillavano di Ortodossia. Gli incontri con diversi russi mi hanno influenzato molto: mi sono stati dati questi doni di Dio.

L'ultimo anno al convento carmelitano è stato molto duro per me. Potevo capire le sorelle: non volevano vedermi distrutta. Naturalmente, sembrava loro strano che una badessa polacca volesse convertirsi all'Ortodossia e partire per la Russia (nella nostra mente, l'Ortodossia è uguale alla Russia). Nel luglio 2010 c'era una situazione difficile in convento tra la badessa e le suore, e sono arrivate anche le autorità ecclesiastiche. Li ho aiutati a risolvere il problema, tutto è finito bene e la madre superiora ha voluto che mi concedessi una tregua. Nonostante il fatto che le suore carmelitane non possano mai uscire dai loro conventi, mi è stato permesso di andare per un giorno in un altro convento e venerarne le reliquie. Ho deciso che sarei andata in un convento ortodosso: volevo davvero partecipare a una liturgia ortodossa per la prima volta nella mia vita! Non l'ho rivelato alla badessa: avevo paura che me lo vietasse e io non avrei potuto disobbedire. "Le dirò dove sono stata quando torno," dissi evasivamente. Lei capì dove stavo andando, ma rimase in silenzio.

Marek Yakimyuk accettò di incontrarmi alla stazione e di portarmi alla chiesa di san Nicola a Bialystok. Una volta entrata in chiesa, iniziarono a sgorgare lacrime dai miei occhi. In quel momento, è diventato completamente chiaro che l'Ortodossia era la mia strada. Dopo Bialystok, ci siamo recati al Convento della Natività della Madre di Dio a Zwierki. Era il 12 luglio, festa dei santi Pietro e Paolo. Molti anni dopo ho appreso che san Paisios l'Agiorita, il mio santo ortodosso preferito, viene commemorato lo stesso giorno! Ho letto tutti i suoi libri che sono riuscita a trovare, e in fondo lo consideravo come un mio padre confessore. Abbiamo parlato con la badessa e prima che me ne andassi lei mi ha chiesto: "Quando verrà di nuovo da noi?" Era come fosse risuonata se la voce di Dio. Una volta nella mia giovinezza in un convento cattolico mi avevano chiesto allo stesso modo: "Quando verrai da noi?" Così ora il Signore aveva rivelato la sua volontà. Sapevo che non avevo bisogno di cercare un convento, il Signore me lo aveva già dato.

Dopo il mio ritorno al convento carmelitano, le suore mi trattarono con antagonismo: la madre superiora non poté fare a meno di dire loro dove ero andata. Sono stata rinchiusa in una cella per diversi mesi... Solo alcune giovani sorelle, che avevo precedentemente istruito, sono state la mia consolazione. A dicembre sono stata mandata nella clinica psichiatrica della comunità cattolica: le suore carmelitane si aspettavano che là avrebbero testimoniato la mia incapacità mentale. Gli esami durarono quattro mesi, e fui condotta da un prete autorevole che eseguiva esorcismi e liberava gli indemoniati. Quando fummo soli nel suo ufficio, il prete mi chiese:

"Perché è venuta da me, sorella mia?"

"Sono stata portata da lei in modo che possa liberarmi dalla possessione demoniaca."

"Sorella, io sto pregando per lei, ma lei non è posseduta da uno spirito malvagio. Cos'altro vuole, sorella?"

Sono scoppiata in lacrime e ho confessato:

"Vogliono che lei scacci da me lo spirito dell'Ortodossia".

Il sacerdote taceva, recitava solo il rosario. Dopo qualche tempo disse:

"Sorella, lei è arrivata nel posto sbagliato. Io ho completato la mia tesi di dottorato sulla preghiera di Gesù; nella mia cella sto finendo di dipingere un'icona del Salvatore 'non manufatta'; e andrò alla Lavra di Pochaev per studiare l'esperienza dei monaci ortodossi nell'esorcismo".

La nostra conversazione si è conclusa con la benedizione di quel sacerdote per abbracciare l'Ortodossia. Ho preso questo evento come un miracolo di Dio.

Sono diventata amica del personale dell'ospedale cattolico e abbiamo imparato a volerci bene. Hanno informato le suore carmelitane che ero sana di mente e che non c'era motivo di trattenermi nella clinica psichiatrica; che avevo passato tutti gli esami possibili e che dichiararmi pazza sarebbe stata una bugia, e che non si sarebbero caricati di un tale peccato sulle loro anime. Sia le suore carmelitane che dei sacerdoti sono venuti in ospedale e hanno cercato di persuadermi a cambiare idea e a non convertirmi all'Ortodossia. Ogni giorno c'erano incontri e conversazioni, ma ripetevo che non sarei tornata in convento. È stata molto dura, ma ho chiesto al Signore di darmi forza per un'ora, per un minuto... E il Signore mi ha aiutato a tener duro. Alla fine, mio padre e mio fratello vennero a portarmi a casa.

Dopo una settimana di riposo a casa, il 4 maggio sono partita per il convento di Zwierki. Sapevo che Zhanna Bichevskaja, a cui volevo bene, venerava molto lo tsar-martire Nicola II. All'inizio ho avuto un atteggiamento complesso nei suoi confronti e ho pregato lo tsar di aiutarmi. Il 16 luglio ho abbracciato l'Ortodossia e la mia prima comunione è stata il 17 luglio, che era la festa dei martiri imperiali! Quando ho saputo di questo, sono rimasta sbalordito. Per diversi anni sono stata novizia in un convento, poi monaca rassofora, e poi durante la Grande Quaresima del 2022 sono stata tonsurata monaca. Il mio percorso è stato spinoso e difficile, ma sono sicura che Dio stesso mi ha guidata. Oggi prego per l'amore tra Russia e Polonia. Il diavolo sta seminando inimicizia tra noi, ma credo che il Signore ci aiuterà a superarla!

 
Еще одна церковь разрушена

Сводки от ополчения Новороссии, 24.08.2014

   

Фото сделано 23 августа. Украинские каратели артеллеристским огнем во время субботнего богослужения уничтожили храм Иоанна Кронштадтского в городе Кировское (ДНР), уцелела лишь эта икона.

 
La morte dell'arcivescovo Chrysostomos e lo scisma ucraino

la posizione della Chiesa cipriota sulla "Chiesa ortodossa dell'Ucraina" cambierà dopo la morte dell'arcivescovo Chrysostomos? Foto: Unione dei giornalisti ortodossi

Il 7 novembre 2022 è morto l'arcivescovo Chrysostomos, primate della Chiesa di Cipro. Il Paese ha dichiarato sei giorni di lutto. Le Chiese locali inviano condoglianze a Cipro. Ebbene, la morte del primate di una Chiesa è sempre un evento significativo. Tanto più in questo caso è significativo dato che l'arcivescovo cipriota è uno dei capi delle quattro Chiese "greche" ad aver riconosciuto la "Chiesa ortodossa dell'Ucraina". A questo fatto pongono un'enfasi speciale in Ucraina e al Fanar. Il capo dell'arcidiocesi negli Stati Uniti, Elpidophoros, ha affermato che l'arcivescovo Chrysostomos era "un audace difensore dell'unità ortodossa e un convinto difensore della Chiesa ortodossa dell'Ucraina". Difficilmente è possibile essere d'accordo con la prima parte di questa affermazione: il primate cipriota ha piuttosto difeso gli interessi dell'unità "greca" nell'Ortodossia. Lo stesso vale per la sua "difesa" della "Chiesa ortodossa dell'Ucraina". Non è un segreto che il defunto arcivescovo abbia sostenuto Dumenko a causa delle insistenti richieste del patriarca Bartolomeo. E ora tutti hanno solo una domanda da porre: come sarà trattata ora la "Chiesa ortodossa dell'Ucraina" dalla Chiesa cipriota?

Come tutto è cominciato

Il riconoscimento da parte del Patriarcato di Costantinopoli di Filaret Denisenko e Makarij Maletich, insieme ai loro seguaci (ovvero il "patriarcato di Kiev" e la "Chiesa ortodossa autocefala ucraina"), ha fatto precipitare l'intero mondo ortodosso senza eccezioni in uno stato di shock. Infatti, fino a tempi recenti, il patriarca Bartolomeo di Costantinopoli, e così pure i primati di tutte le altre Chiese locali, si erano in ogni modo dissociati dagli scismatici ucraini e ne avevano dichiarato la mancanza di grazia. Ma improvvisamente, senza alcun pentimento, e anche senza un processo d'appello (di cui si parla nella corrispondente decisione del Fanar), gli scismatici sono stati accettati in comunione con il Patriarcato di Costantinopoli.

In un primo momento, la posizione dell'arcivescovo Chrysostomos sulla questione del riconoscimento della "Chiesa ortodossa dell'Ucraina" era chiaramente negativa. Immediatamente dopo la concessione del Tomos, il ministero degli Esteri ucraino ha annunciato che il primate cipriota sarebbe stato pronto a sostenere la "Chiesa ortodossa dell'Ucraina" e a riconoscerne il capo, Epifanij Dumenko. L'arcivescovo Chrysostomos ha dovuto confutare due volte le parole dei diplomatici ucraini. Ha dichiarato che gli era stato effettivamente offerto di ricevere Sergej Dumenko a Cipro, ma che aveva rifiutato questa offerta, dicendo: "Non ho commemorato Epifanij alla Divina Liturgia e non lo commemorerò".

Il 18 febbraio 2019, sotto la presidenza dell'arcivescovo Chrysostomos, si è tenuta una riunione del Sinodo della Chiesa cipriota, che ha adottato la seguente dichiarazione: "L'esperienza bimillenaria della Chiesa cipriota e dell'intera Chiesa ortodossa nel complesso ci dà motivo di dubitare della possibilità di legittimare 'con il senno di poi' le consacrazioni commesse da vescovi deposti, scomunicati e anatemizzati. La deposizione, la scomunica e l'anatema delle persone che hanno dato inizio alla crisi ucraina sono stati riconosciuti da tutti gli ortodossi". Di conseguenza, a quel tempo, l'arcivescovo Chrysostomos non considerava categoricamente Sergej Dumenko un vescovo.

Nell'aprile 2019, l'arcivescovo Chrysostomos ha cercato di avviare una missione di mantenimento della pace e di intraprendere un'iniziativa per riconciliare le Chiese locali che avevano rotto la comunione dopo la creazione della "Chiesa ortodossa dell'Ucraina". Per fare ciò, ha incontrato i capi delle Chiese di Alessandria, Antiochia e Gerusalemme. Dopo l'incontro, è stata adottata una dichiarazione in cui i primati hanno invitato le parti in Ucraina a impegnarsi a "proteggere i credenti, così come le chiese e i santi monasteri, dai sequestri e da qualsiasi azione violenta". Queste parole sono state pronunciate in un momento in cui gli scismatici in Ucraina avevano già sequestrato centinaia di luoghi di culto della Chiesa ortodossa ucraina, cosa che in molti casi è stata accompagnata dalla violenza.

Nel maggio 2019, l'arcivescovo Chrysostomos ha tenuto un incontro simile con i primati delle Chiese serba, bulgara e greca, dopo di che ha dichiarato di non accettare né la posizione del Fanar (cioè di non riconoscere la "Chiesa ortodossa dell'Ucraina") né della Chiesa ortodossa russa e ha aggiunto che se si prende le parti della Chiesa ortodossa russa o del Fanar, allora "ci sarà con precisione matematica una divisione nell'Ortodossia".

Già nel settembre 2019 l'arcivescovo Chrysostomos ha rilasciato una dichiarazione alquanto ambigua: "Come Chiesa di Cipro, non pretendiamo di riconoscere la Chiesa ortodossa dell'Ucraina, ma non diciamo nemmeno di non riconoscerla. Vogliamo avere buoni rapporti con tutti". Qualcuno può vedere in questo un accenno di possibilità di riconoscimento della "Chiesa ortodossa dell'Ucraina", e qualcuno, al contrario, un rifiuto di riconoscerla. Ma il mese successivo, nell'ottobre 2019, durante un incontro con il presidente della Società imperiale ortodossa russa di Palestina, Sergej Stepashin, il capo della Chiesa cipriota ha parlato del riconoscimento della "Chiesa ortodossa dell'Ucraina": "Non cambio posizione"e ha aggiunto di essere stato messo sotto pressione in merito al riconoscimento della "Chiesa ortodossa dell'Ucraina". Ben presto, tuttavia, il cambiamento nella retorica dell'arcivescovo Chrysostomos testimonia un graduale inizio a soccombere a questa pressione.

Già nel dicembre 2019 il primate cipriota si è allontanato dalla posizione di "avere buoni rapporti con tutti" e ha dichiarato di condannare la posizione del primate della Chiesa ortodossa russa, accusandolo di cercare di prendere il primo posto nell'Ortodossia: "Gli ho detto che non sarebbe stato il primo: 'Diciassette secoli passati hanno assicurato il primo posto nel mondo ortodosso a Costantinopoli. Fine della storia. Non si faccia ingannare. Lo capisca'". Ben presto il capo della Chiesa cipriota ha ignorato l'invito del patriarca Theophilos di Gerusalemme a un incontro di primati e vescovi delle Chiese ad Amman, dedicato alla questione ucraina, per il quale ha ricevuto un ringraziamento personale dal capo del Fanar. Pochi mesi dopo, precisamente nel marzo 2020, l'arcivescovo Chrysostomos ha partecipato a una riunione del Sinodo della Chiesa di Costantinopoli e ha affermato che "non era un problema" per lui riconoscere Epifanij. Citazione: "Il problema dell'Ortodossia per me personalmente e credo anche per il patriarca Bartolomeo non è se riconosco il primate della Chiesa ucraina. Non ha alcun senso per me. Avrei potuto riconoscerlo ieri, oggi e domani. Non ci sono problemi per me in questo senso".

Il riconoscimento della "Chiesa ortodossa dell'Ucraina"

La pressione del Fanar sulle Chiese locali sulla questione del riconoscimento della "Chiesa ortodossa dell'Ucraina" è continuata e nell'autunno del 2020 non è stato più possibile per l'arcivescovo Chrysostomos assumere una posizione incerta. In una riunione del Santo Sinodo della Chiesa cipriota il 9 settembre 2020, ha sollevato la questione della commemorazione di Sergei Dumenko. Quasi tutti i vescovi si sono espressi contro, e l'arcivescovo Chrysostomos ha promesso che non avrebbe commemorato S. Dumenko, poiché il Santo Sinodo non lo sostiene. Tuttavia, ha fatto esattamente il contrario. Il 24 ottobre 2020 ha commemorato per la prima volta il nome del capo della "Chiesa ortodossa dell'Ucraina" durante una funzione.

Ciò ha provocato immediatamente uno scandalo all'interno della Chiesa cipriota. Il metropolita Athanasios di Limassol, che era presente, ha poi detto all'agenzia di stampa Romfea di "non aver creduto alle sue orecchie" quando ha sentito il nome del capo degli scismatici ucraini. Dopodiché ha subito lasciato la chiesa, senza attendere la fine della funzione, "in segno di protesta contro la decisione unilaterale"dell'arcivescovo Chrysostomos. Lo stesso giorno, 24 ottobre 2020, quattro vescovi della Chiesa cipriota, vale a dire: il metropolita Nikiforos di Kykkos, il metropolita Athanasios di Limassol, il metropolita Isaias di Tamassos e il metropolita Nikolaos di Amafunda si sono appellati all'arcivescovo Chrysostomos chiedendogli di annullare immediatamente la decisione anti-canonica e invalida di inserire il nome di Sergej (Epifanij) Dumenko nel Dittico dei primati delle Chiese ortodosse locali. Hanno affermato di insistere sulla loro posizione originaria, secondo la quale "la decisione del patriarca ecumenico di concedere una 'autocefalia' alle strutture scismatiche della Chiesa ucraina è arbitraria, anticanonica e antiecclesiastica".

Il 10 novembre 2020, la risorsa greca Philenews ha diffuso una dichiarazione del metropolita Isaias di Tamassos e Orinia, in cui annunciava che i membri del Santo Sinodo della Chiesa cipriota avevano sospeso le loro concelebrazioni con l'arcivescovo Chrysostomos di Cipro e non si sarebbero incontrati con lui fino a quando il Sinodo non avesse preso una decisione sul riconoscimento della questione della "Chiesa ortodossa dell'Ucraina". "Neppure io posso concelebrare con Epifanij o con i suoi accompagnatori né permettere loro di amministrare i santi misteri ai fedeli. Non posso permettere che entrino nella mia metropolia", ha detto il metropolita Isaias.

Pertanto, la Chiesa cipriota è stata sull'orlo di un vero scisma. In una certa misura, questo è stato evitato adottando una decisione del Santo Sinodo con una formulazione davvero notevole. Il 25 novembre 2020, i membri del Santo Sinodo della Chiesa ortodossa cipriota "hanno discusso in dettaglio la questione ecclesiastica ucraina e il problema sorto a causa della commemorazione da parte dell'arcivescovo Chrysostomos di Epifanij come primate della Chiesa ucraina". Con 10 voti contro 7, il Sinodo ha deciso che "non si oppone alla decisione di sua beatitudine l'arcivescovo Chrysostomos".

In altre parole, il Sinodo non ha deciso di riconoscere la "Chiesa ortodossa dell'Ucraina" (questa questione non è stata affatto sollevata), ma ha semplicemente convenuto che l'arcivescovo Chrysostomos commemorasse Sergej Dumenko. Allo stesso tempo, l'arcivescovo Chrysostomos si è assicurato un voto al Sinodo a sostegno della sua decisione proprio il giorno in cui ha commemorato Dumenko per la prima volta, consacrando un altro vescovo: il vescovo Pankratios di Arsinois. Una sfumatura storica interessante: la diocesi di Arsinois è inattiva dal 1260, cioè in realtà non esisteva. Nel 1996 l'arcivescovo Chrysostomos, allora metropolita di Paphos, riuscì a ristabilire tale sede. L'obiettivo è aumentare il numero dei vescovi ciprioti in modo che la Chiesa cipriota abbia un sinodo a tutti gli effetti (almeno 13 vescovi).

Prospettive per i rapporti tra Chiesa cipriota e Chiesa ortodossa ucraina

Il primate della Chiesa ortodossa ucraina, sua Beatitudine Onufrij, ha espresso le sue condoglianzeai membri del Santo Sinodo della Chiesa cipriota, al clero e ai credenti in relazione alla morte dell'arcivescovo. Questo è proprio un passo cristiano, più che politico, poiché i ciprioti hanno subito una perdita e hanno bisogno di consolazione. Le condoglianze sono arrivate anche da altre Chiese. Tuttavia, il lutto passerà e la Chiesa dovrà scegliere un nuovo primate. Nel contesto della "questione ucraina", è molto importante quale dei vescovi assumerà questo incarico. Come accennato in precedenza, non c'è una decisione conciliare della Chiesa cipriota di riconoscere la "Chiesa ortodossa dell'Ucraina"; c'è solo accordo con la commemorazione dell'Epifaniy Dumenko dall'arcivescovo Chrysostomos, ora deceduto. Circa la metà dei vescovi non è pronta a riconoscerlo come persona con ordini sacri e a servire con lui. Forse, con la dipartita dell'arcivescovo Chrysostomos, la Chiesa cipriota tornerà alla sua posizione di neutralità, cioè il rifiuto sia del riconoscimento della "Chiesa ortodossa dell'Ucraina" che della decisione opposta.

Ovviamente la Chiesa ortodossa russa conta su questo e non esclude una "rottura del ghiaccio" nei rapporti con la Chiesa cipriota (ora la comunione eucaristica tra di loro è rotta). L'arciprete Nikolaj Balashov, consigliere del patriarca (e in precedenza vice capo del Dipartimento per le relazioni ecclesiastiche esterne), ha affermato che "la nuova situazione nei rapporti tra la Chiesa cipriota e il Patriarcato di Mosca potrebbe concretizzarsi a seguito delle imminenti elezioni di un nuovo primate". Il candidato più probabile alla presidenza è il metropolita Isaias di Tamassos, che fino a poco tempo fa ha difeso le posizioni della Chiesa canonica in Ucraina e non ha riconosciuto la "dignità episcopale" di Sergej Dumenko e dei suoi subordinati. Le sue opinioni sono ancora le stesse?

Nell'agosto 2022 il metropolita ha visitato il patriarca Bartolomeo al Fanar, dove, secondo lui, gli è stato fornito "un brillante studio scientifico sull'origine canonica dei vescovi ucraini, che sono stati riconosciuti dal Patriarcato ecumenico". Ecco un'altra citazione sulle sue impressioni sul viaggio al Fanar: "Siamo rimasti davvero colpiti dal suo cuore aperto e dalla sua gentilezza [del patriarca Bartolomeo, ndc] .Con grande pazienza, sia lui che i suoi assistenti, esperti in materia, ci hanno spiegato in dettaglio la posizione del Patriarcato di Costantinopoli su questo tema. Ci hanno dato diverse risposte, attraverso trattati giuridici e storici, che studieremo con molta attenzione. <...> Crediamo che questo studio chiarirà e farà molta luce su questa spinosa questione, che è stata la ragione principale delle nostre riserve, così come delle riserve di molti altri vescovi nell'Ortodossia".

Queste frasi significano un cambiamento nella posizione del metropolita Isaias, o è un esempio della famosa diplomazia ecclesastica greca? Per ora, questa domanda rimane aperta.

Tuttavia, sia che il nuovo primate sia il metropolita di Tamassos o un altro vescovo, i disaccordi nella Chiesa cipriota per quanto riguarda il riconoscimento della "Chiesa ortodossa dell'Ucraina" persisteranno. E non si tratta solo dei "dumenkoviti".

Tutti capiscono perfettamente che la decisione sulla "Chiesa ortodossa dell'Ucraina" è stata presa dai ciprioti per il desiderio di compiacere il patriarca Bartolomeo e sostenere lo "spirito ellenico" nell'Ortodossia. Tuttavia, avendo presentato al Fanar un riconoscimento così palesemente non canonico delle "consacrazioni" episcopali, si dovrà sottostare anche ad altre questioni. In effetti, la fusione del Fanar e del Vaticano si profila all'orizzonte. Entrambe le parti ne parlano apertamente e la data più probabile per l'instaurazione della comunione è fissata per il 2025, il 1700° anniversario del primo Concilio ecumenico. Sorge allora una domanda che dividerà più di una Chiesa locale: entrare in comunione con i cattolici con tutte le loro eresie o rifiutare l'obbedienza al Fanar. E per i vescovi ciprioti, che ora hanno riconosciuto la "Chiesa ortodossa dell'Ucraina", sarà molto più difficile rifiutare la questione del legame con il Vaticano. Lo capiscono? Probabilmente sì, o meglio, il tempo lo dirà.

Presumibilmente, la questione del riconoscimento dei cattolici sarà la principale causa di divisione dell'Ortodossia, mentre il riconoscimento della "Chiesa ortodossa dell'Ucraina" è solo una pietra miliare.

* * *

La morte di ogni persona è un evento di grande importanza, perché segna un limite alla sua vita e presenta questa vita al giudizio di Dio. Tanto più significativa è la morte di persone come vescovi e primati delle Chiese locali, che sono un modello per il loro gregge. Le loro azioni inevitabilmente influenzano il destino di altre persone e la loro visione del mondo. Scrive l'apostolo Giacomo: "Non molti di voi dovrebbero diventare maestri, miei compagni di fede, perché sapete che noi che insegniamo saremo giudicati più severamente". (Gc 3:1) Solo Dio pronuncerà il giudizio finale sull'arcivescovo Chrysostomos appena scomparso, così come su ciascuno di noi. La nostra preoccupazione è pregare per il riposo della sua anima, per il perdono di tutti i suoi peccati e per la sua dimora tra dei giusti. Il fatto che abbia contribuito all'oppressione della Chiesa ortodossa ucraina non fa che rendere le nostre preghiere più intelligibili al Cielo.

 
La lettera di una madre: "Chi ha dato l'ordine di uccidere le mie bambine?"

Ultimamente si sono moltiplicati sul nostro sito gli articoli che hanno cercato di dare un quadro generale della catastrofe ucraina: analisi, monitorizzazioni, filmati e documentari... non possiamo comunque dimenticare le grida di dolore delle singole vittime. Vorremmo portarvele tutte a conoscenza, ma Dio ci ha fatto solo due braccia e due gambe (quando qualcuna di queste non ci viene strappata per cortesia dell’esercito ucraino) e ci ha dato giorni di appena 24 ore, per cui, con le risorse a nostra disposizione, dobbiamo giocoforza fare certe scelte. Vi presentiamo solo una delle tragiche storie della popolazione del Donbass: quella raccontata da Natalia, una mamma e nonna di Gorlovka, che ha perso in un solo istante, una domenica pomeriggio, una delle due figlie e la nipotina che aveva appena iniziato a camminare. Con tutta la forza della sua disperazione, Natalia non si arrende, e vuol far avere la sua lettera di protesta alla moglie stessa di Poroshenko. Leggiamo la sua storia nell’originale russo e in traduzione italiana nella sezione “Geopolitica ortodossa” dei documenti.

 
La Chiesa albanese mantiene una posizione di principio contro il riconoscimento degli scismatici ucraini

foto: www.romfea.gr

La Chiesa ortodossa d'Albania ha nuovamente condannato le azioni del patriarca Bartolomeo in Ucraina, dove è entrato in comunione con scismatici non ordinati e li ha dichiarati unilateralmente Chiesa autocefala.

Questa volta, la dichiarazione della Chiesa arriva in risposta all'opera post-laurea dell'archimandrita Gregorios Fragakis, segretario capo del Patriarcato di Costantinopoli, " Sulla guarigione della questione ecclesiastica in Ucraina da parte della Chiesa madre di Costantinopoli (La questione delle ordinazioni)", che è stato pubblicato online e che parla della concessione dell'autocefalia alla Chiesa d'Albania nel 1937.

"Quanto riportato è inesatto e indirettamente fuorviante", si legge nel rapporto dell'Ufficio del Santo Sinodo della Chiesa albanese.

A differenza dei vescovi della Chiesa albanese citati nella tesi di padre Gregorios, il "metropolita" Epifanij Dumenko della "Chiesa ortodossa dell'Ucraina" è stata ordinata da un "vescovo deposto, scomunicato e anatemizzato".

Inoltre, "in Albania nessun gruppo è stato ignorato, come si è fatto nel caso del metropolita Onufrij insieme a 90 o più vescovi".

È anche degno di nota, osserva la Chiesa, che nel tomos dell'autocefalia della Chiesa albanese, tutte le Chiese locali sono indicate come Chiese "sorelle", non Chiese "figlie", come sono chiamate nel tomos della "Chiesa ortodossa dell'Ucraina".

"La cosa più importante, tuttavia, è che la pace e l'unità sono state portate in Albania, a differenza di quanto è accaduto in Ucraina, e che ha avuto conseguenze negative per tutta l'Ortodossia".

Inoltre, il tomos dato alla "Chiesa ortodossa dell'Ucraina" afferma che il Patriarcato di Costantinopoli è il capo di tutte le Chiese locali, mentre tale affermazione non si trova nel tomos della Chiesa albanese.

Secondo la dichiarazione albanese, i numerosi esempi di scismi citati nel documento non sono, infatti, analoghi alla situazione ucraina. Il caso dell'Ucraina è molto simile allo scisma meleziano del IV secolo, dove la guarigione dello scisma e l'integrazione nella Chiesa di vescovi e chierici invalidamente ordinati avvennero attraverso il pentimento, l'imposizione delle mani da parte di un vescovo canonico e il conseguimento della pace attraverso la decisione di un concilio pan-ortodosso.

Semplici decisioni amministrative non fanno esistere all'improvviso ciò che non è mai esistito, afferma la Chiesa albanese, ed "è proprio da qui che viene la preoccupazione per la validità dell'ordinazione di Epifanij da parte di Filaret".

Certamente la Chiesa può agire per economia, prosegue il comunicato, ma i casi in cui sussistono seri dubbi devono essere affrontati da un concilio panortodosso.

In conclusione, la Chiesa albanese chiarisce di "non adottare il punto di vista russo", perché riconosce in linea di principio il diritto di Costantinopoli di concedere l'autocefalia all'Ucraina, e condanna la decisione del Sinodo russo di rompere la comunione con il Patriarcato di Costantinopoli.

Sulle precedenti dichiarazioni dell'arcivescovo Anastasios e della Chiesa albanese sull'Ucraina

Sua Beatitudine l'arcivescovo Anastasios d'Albania e il Sinodo albanese stanno ripetendo molte delle stesse argomentazioni ormai da diversi anni.

In un'intervista di fine dicembre 2020, l'arcivescovo Anastasios ha sottolineato dolorosamente che le azioni di Costantinopoli in Ucraina non hanno portato la guarigione desiderata e che è ormai tempo che la Chiesa affronti la questione in modo conciliare. Altrimenti, la Chiesa affronta il pericolo di una divisione etnico-razziale tra slavi e greci, ha avvertito.

Già nel novembre 2019 aveva avvertito che "nella maggior parte delle Chiese ortodosse regna un preoccupante silenzio".

E sua Beatitudine ha, infatti, lanciato l'allarme quasi dall'inizio della crisi nel 2018. In ottobre e novembre 2018, ha scritto a sua Santità il patriarca Kirill di Mosca sulla questione ucraina, notando di aver avvertito personalmente il patriarca Bartolomeo che i suoi piani in Ucraina si sarebbero rivelati disastrosi. Allo stesso tempo, il primate albanese è anche fortemente in disaccordo con la decisione della Chiesa russa di rompere la comunione con Costantinopoli.

Il 4 gennaio 2019, il Santo Sinodo della Chiesa albanese ha espresso la sua opinione secondo cui le ordinazioni dei vescovi e del clero della "Chiesa ortodossa dell'Ucraina" sono prive di grazia e non possono essere semplicemente realizzate retroattivamente per decisione di Costantinopoli. La posizione del Sinodo è stata espressa al patriarca Bartolomeo personalmente in una lettera, presto seguita da un'altra dell'arcivescovo Anastasios, che smaschera facilmente gli argomenti auto-giustificanti di Costantinopoli e che chiede nuovamente un concilio pan-ortodosso per gestire la questione. (L'arcivescovo Anastasios ha persino ricevuto lettere offensive dai vescovi di Costantinopoli per la sua posizione di principio).

Nel dicembre 2019, sua Beatitudine ha nuovamente sottolineato che la conciliarità è il principio necessario per l'unità ortodossa e che la creazione della "Chiesa ortodossa dell'Ucraina" ha portato solo "turbolenza e divisioni". "In tutti i precedenti casi di concessione dell'autocefalia – e naturalmente quello della Chiesa d'Albania – l'autocefalia è stata concessa alle metropolie canoniche di ciascun paese e non a piccole sezioni di esse composte da scismatici imperfettamente reintegrati", ha scritto.

Nel gennaio 2020, l'arcivescovo ha detto a una delegazione ucraina canonica in visita che è molto interessato a tutto ciò che sta accadendo in Ucraina e che sa che sua Beatitudine il metropolita Onufrij di Kiev e di tutta l'Ucraina è un uomo pacifico di profonda preghiera.

Nel gennaio 2021, l'ufficio dell'arcivescovo Anastasios ha dichiarato che, contrariamente alla dichiarazione di Epifanij Dumenko all'epoca, la Chiesa albanese non aveva affatto cambiato idea e non era vicina al riconoscimento dell'autocefalia della "Chiesa ortodossa dell'Ucraina".

 
Il mistero degli aiuti militari al Donbass

Solo una settimana fa, chi cercava notizie sull'Ucraina dai media “allineati” dell’Occidente sentiva di continuo che i ‘ribelli’ stavano per cadere. Oggi, alcuni tra i più tonti tra quei media non hanno ancora avuto la circolare con gli aggiornamenti (o non l'hanno capita), ma la maggior parte della macchina mediatica ha registrato che il vento è cambiato, e ha adottato una nuova strategia di menzogne.

Ora lo specchietto per le allodole non è più il ‘terrorismo’ dei cattivi separatisti... oggi i titoli che “vendono” sono quelli che dichiarano che il “magico” cambiamento del fronte è dovuto a Putin che ha mandato truppe russe nell’est dell'Ucraina.

Per curiosa che sia (e per alcuni, desiderabile... certo, farebbe vendere nel mondo molto spumante), la notizia è – come molte che ci hanno propinato in questi mesi – falsa. Lo ha spiegato nel modo più eloquente il primo ministro di Donetsk Aleksandr Zakharchenko nella video-conferenza che abbiamo tradotto e presentato ieri: “Se la Russia stesse inviando le sue truppe regolari, qui non staremmo parlando della battaglia di Elenovka. Staremmo parlando della battaglia di Kiev, o magari della cattura di Leopoli”.

Posto che non c’è stata alcuna invasione militare russa, passerà ancora molto tempo nel quale sentiremo ripetere il mantra degli aiuti militari russi... non sarà male dare un occhiata a un rilevante articolo del blog Colonel Cassad, molto attento al lato militare della crisi ucraina. Premettendo, in modo sfacciatamente sincero, che gli aiuti militari coperti sono una caratteristica di qualsiasi guerra (e quindi, in questa guerra, ce ne sono stati di russi e ANCHE di americani, che devono essere entrambi deprecati oppure entrambi accettati come inevitabili), l’articolo che presentiamo nell’originale russo e in traduzione italiana nella sezione “Geopolitica ortodossa” dei documenti, ci aiuterà ad avere elementi per sopravvivere alla prossima tempesta di balle mediatiche. E non sarà cosa da poco.

 
Una semplice risposta all'arcivescovo Elpidophoros

L'arcivescovo greco-ortodosso Elpidophoros del Nord America, parlando a una conferenza politica sulla religione finanziata dagli americani il 16 luglio 2021, ha detto:

"Quando elevi una religione al di sopra di tutte le altre, è come se decidessi che esiste un solo sentiero che porta alla cima della montagna. Ma la verità è che semplicemente non riesci a vedere le miriadi di sentieri che conducono alla stessa destinazione perché sei circondato da macigni di pregiudizio che oscurano la tua vista".

Siamo tutti d'accordo su tre cose:

Dio è in cima alla montagna.

Noi siamo tutti in fondo.

Ci sono molti sentieri che partono dal basso che sembrano andare verso l'alto.

Poiché il punto di vista dell'oratore era circondato da macigni di pregiudizio, per esempio, che tutte le religioni sono uguali o che solo i greci finanziati dalla CIA sono veri ortodossi, tutti possiamo porre tre domande su questi sentieri:

Tutti i sentieri che partono dal basso portano dritti fino alla vetta?

Tutti i sentieri che partono dal basso arrivano davvero fino alla vetta?

Esistono sentieri che iniziano in basso e girano intorno alla montagna e non portano da nessuna parte o addirittura tornano indietro?

Infine, possiamo trarre una conclusione:

L'unico sentiero che parte dal basso e conduce dritto fino alla vetta è il sentiero dell'umiltà.

Qualcuno mi ha chiesto: "Come si ottiene l'umiltà?" Tutto quello che posso rispondere è che non troverete la risposta a questa domanda alle conferenze sulla religione finanziate dalla CIA. La risposta si trova nella vita e nella fede.

 
Ancora un’altra chiesa distrutta

No, purtroppo non si tratta della chiesa di san Giovanni di Kronstadt a Kirovskoe (cittadina sul confine della Repubblica di Lugansk), di cui abbiamo dato ieri la notizia della distruzione. E non solo distruzione architettonica, ma ben di più... la chiesa era stata bombardata sabato 23 agosto durante la funzione della Veglia: il bombardamento ha causato tre morti, e diversi feriti tra cui il parroco, l’arciprete Sergij. Il patriarca Kirill, nella sua lettera di condoglianze all’arcivescovo Mitrofan, sottolinea “l’abissale anormalità e peccaminosità” (глубочайшую ненормальность и греховность) di quel che sta succedendo nella zona.

Ma le disgrazie non vengono mai sole... un’altra chiesa dedicata a san Giovanni di Kronstadt (l’accanimento sulle chiese dedicate ai santi della Russia del nord sarà una mera coincidenza?) è stata bombardata e distrutta dal fuoco lunedì 25 agosto a Trudovskie, un sobborgo di Donetsk abitato dalle famiglie dei minatori. Grazie a Dio, qui non ci sono morti o feriti, ma quanto dovremo ancora aspettare prima che si realizzi che la Chiesa ortodossa è una delle prime vittime di questo conflitto?

 

 
Le decisioni del Sinodo d'Alessandria: una nuova fase nello scisma dell'Ortodossia mondiale

l'Ortodossia riconosce la deposizione del metropolita Leonid da parte della Chiesa d'Alessandria? Foto: Unione dei giornalisti ortodossi

Il Sinodo della Chiesa d'Alessandria ha deciso di interrompere la commemorazione del patriarca Kirill e di deporre il metropolita Leonid. Cosa implica questo per la Chiesa ortodossa?

Il 22 novembre 2022, il Santo Sinodo del Patriarcato d'Alessandria ha deciso di sospendere la commemorazione del nome del patriarca Kirill ai servizi divini, nonché di deporre dal sacerdozio il capo dell'Esarcato della Chiesa ortodossa russa in Africa, il metropolita Leonid di Klin. Queste decisioni sono state dettate dal desiderio di "resistere all'intrusione illegale della Chiesa ortodossa russa" nella giurisdizione della Chiesa ortodossa d'Alessandria. Al momento possiamo dire che hanno inasprito la persistente crisi tra le due Chiese locali. Ma influenzano anche l'Ortodossia mondiale?

Contesto del problema

Nel 2018 il Patriarcato di Costantinopoli, senza accordo con altre Chiese locali, ha legittimato gli scismatici ucraini creando la "Chiesa ortodossa dell'Ucraina". Questo passo del Fanar è stato percepito dalla gerarchia della Chiesa ortodossa russa come un atto di intrusione nel territorio canonico della Chiesa russa. A questo proposito, il Sinodo della Chiesa ortodossa russa ha annunciato la rottura della comunione eucaristica con il Patriarcato di Costantinopoli. È diventato ovvio che il Tomos della "Chiesa ortodossa dell'Ucraina" ha portato a una grave crisi nell'Ortodossia mondiale, e la decisione del Fanar è stata criticata da quasi tutti i primati delle altre Chiese ortodosse.

Nel contesto del nostro articolo, va ricordato che il patriarca Theodoros d'Alessandria in un primo momento aveva espresso sostegno alla Chiesa ortodossa ucraina e al suo primate canonico, sua Beatitudine il metropolita Onufrij.

Tuttavia, dopo un po', il capo della Chiesa alessandrina ha fatto una menzione liturgica di Epifanij Dumenko durante il servizio, che è stato visto come un tradimento, sia dai credenti che dalla gerarchia della Chiesa ortodossa ucraina, così come dalla Chiesa ortodossa russa. Il Sinodo della Chiesa russa ha annunciato la rottura della comunione eucaristica con il patriarca Theodoros e ha deciso una "risposta simmetrica" creando l'Esarcato della Chiesa ortodossa russa in Africa.

Questa struttura è stata guidata dal metropolita Leonid (Gorbachev) di Klin, e i sacerdoti Georgij Maksimov e Andrej Novikov ne sono divenuti i principali rappresentanti nel continente africano.

In un periodo abbastanza breve, un gran numero di sacerdoti del Patriarcato d'Alessandria si è trasferito nell'Esarcato, il che ha costretto il Sinodo di questa Chiesa a prima deporre Maksimov e Novikov dal sacerdozio, e ora a rompere la comunione eucaristica con la Chiesa ortodossa russa, contemporaneamente "spretando" il metropolita Leonid. In generale, dal riconoscimento della "Chiesa ortodossa dell'Ucraina", la Chiesa d'Alessandria è diventata la prima Chiesa che, in risposta alla rottura della comunione eucaristica da parte della Chiesa ortodossa russa, ha fatto lo stesso. Cosa significa questo?

"Autorizzazione" divisa

È già stato detto molte volte che la creazione della "Chiesa ortodossa dell'Ucraina" ha provocato almeno una grave crisi nell'ortodossia mondiale. Inoltre, molti vescovi e primati delle Chiese credevano e continuano a credere che la concessione della "autocefalia ucraina" e la successiva reazione della Chiesa ortodossa russa portassero a un effettivo scisma dell'Ortodossia. Sono state anche espresse opinioni secondo cui, a causa della "Chiesa ortodossa dell'Ucraina", la Chiesa era divisa in due campi convenzionali: "greco" e "slavo". Allo stesso tempo, anche nelle Chiese di lingua greca, non tutti hanno sostenuto la decisione del Fanar (per esempio, la Chiesa albanese, i Patriarcati di Gerusalemme e Antiochia). A sua volta, il patriarca Bartolomeo nega ostinatamente l'esistenza dello scisma nell'Ortodossia mondiale, riferendosi al fatto che la Chiesa russa ha unilateralmente interrotto la comunione con le altre Chiese. Ovvero, "Anche se il patriarca Kirill non ci commemora, noi lo commemoriamo, il che significa che non c'è scisma".

Tuttavia, la decisione della Chiesa d'Alessandria di sospendere la commemorazione del primate della Chiesa ortodossa russa nei dittici durante i servizi divini dice chiaramente e inequivocabilmente che lo scisma è ormai diventato una realtà da non ignorare. Come minimo, lo scisma tra la Chiesa russa e quella d'Alessandria è stato formalizzato e documentato. Un'altra domanda è come ciò influenzerà l'Ortodossia mondiale?

Qui non c'è dubbio che la decisione del Sinodo d'Alessandria sarà sostenuta dal Fanar. Inoltre, è del tutto possibile che saranno espresse parole di sostegno da parte delle Chiese greca e cipriota, che hanno già riconosciuto la "Chiesa ortodossa dell'Ucraina". Tuttavia, si limiterà tutto a sole parole o prenderanno una decisione simile, interrompendo la loro comunione con la Chiesa ortodossa russa? È difficile che sia così. Ma potrebbero benissimo accettare di discutere le azioni del patriarca Kirill.

Il fatto è che il patriarca Theodoros aveva precedentemente parlato di avviare una "riunione della pentarchia" per il processo al capo della Chiesa ortodossa russa a causa dell'istituzione di un esarcato in Africa da parte di Mosca. Tuttavia, un anno fa questa "riunione" è stata addirittura boicottata dai patriarchi di Antiochia e di Gerusalemme. Ora, dopo l'invasione russa dell'Ucraina, la situazione è diversa. Presumibilmente, il patriarca Theodoros si rivolgerà al patriarca Bartolomeo con la richiesta di convocare un Concilio per valutare le attività della Chiesa russa in generale e del patriarca Kirill in particolare. Inoltre, i presupposti per un tale Concilio sono incorporati nella decisione del Sinodo della Chiesa d'Alessandria, che parla di condannare le teorie politiche ed ecclesiologiche del "mondo russo" su "motivi etnofiletisti".

Se ci saranno "processi" contro il patriarca Kirill, questa è una questione aperta, ma che la rottura dell'unità ortodossa sia stata formalizzata sembra un fatto compiuto. Una delle manifestazioni di tale rottura è la decisione degli alessandrini di deporre il metropolita Leonid.

La deposizione e le sue implicazioni

La Risoluzione del Sinodo afferma che la Chiesa d'Alessandria "καθαίρεση από του υψηλού υπουργήματος της Αρχιερωσύνης του τέτος της Αρχιερωσύνης του τέως", il che può essere tradotto come "ha deciso di privare l'ex metropolita Leonid della più alta dignità episcopale". In altre parole, il metropolita Leonid non è più vescovo per la Chiesa d'Alessandria.

L'esarca per l'Africa ha commentato personalmente questa decisione nel suo caratteristico stile poco diplomatico, definendo uno "scismatico" il patriarca Theodoros, che, "dopo aver letto il fascicolo delle sue malefatte, gentilmente fornito dalla liaison SBU-CIA, ha improvvisamente dichiarato il suo sostegno all'ufficiale turco Bartolomeo, giustificando così il genocidio della popolazione del Donbass, decine di migliaia di vittime, donne, bambini, anziani e mordendo la mano di Mosca".

Da questo discorso emotivo possiamo concludere che il metropolita Leonid non riconosce la privazione della sua dignità episcopale. Ma in che modo l'Ortodossia mondiale si accosterà a questa decisione e, in generale, una Chiesa locale ha il diritto di deporre un vescovo di un'altra Chiesa locale?

La storia conosce casi simili. Il più indicativo è l'esempio di san Giovanni Crisostomo, che Teofilo, primo ierarca d'Alessandria, dichiarò deposto, fissando questa decisione nel "concilio dei briganti sotto la quercia". Inoltre, possiamo ricordare che il patriarca Nestorio fu deposto e anatemizzato su iniziativa di san Cirillo d'Alessandria. Quindi, l'attuale Sinodo della Chiesa d'Alessandria non ha escogitato nulla di nuovo, soprattutto considerando che il patriarca d'Alessandria porta ancora il titolo di "giudice dell'ecumene".

Un'altra domanda è come reagiranno le Chiese locali alla decisione riguardante il metropolita Leonid di Klin? Dopotutto, il Canone apostolico 11 dice che "Se qualcuno pregherà, anche in una casa privata, con una persona scomunicata, sia anch'egli scomunicato". Ciò significa che i rappresentanti di alcune Chiese locali possono rifiutarsi di concelebrare con il metropolita Leonid. Non stiamo parlando delle Chiese greca, cipriota o di Costantinopoli (vladyka Leonid comunque non concelebra con loro), ma delle altre Chiese "greche" – Gerusalemme, Antiochia, Albania. Inoltre, con un alto grado di probabilità, romeni e georgiani difficilmente concelebreranno con il metropolita Leonid.

D'altra parte, commemorando il laico Sergej Dumenko, lo stesso patriarca Theodoros rientra pienamente in questo canone, per non parlare della concelebrazione del capo del Fanar e del primate ellenico con il leader degli scismatici ucraini. Pertanto, l'attuale situazione canonica nella Chiesa è estremamente confusa.

* * *

Cosa avverrà ora? Le decisioni del Sinodo della Chiesa d'Alessandria hanno consolidato lo scisma nell'Ortodossia mondiale e creato ulteriori problemi per soluzioni di compromesso per risolvere l'attuale crisi. Quest'ultima è stata innescata e aggravata principalmente dal tomos della "Chiesa ortodossa dell'Ucraina" fornito dal Fanar, e tutto il resto è solo una conseguenza. Non è difficile intuire che la situazione peggiorerà e si radicalizzerà ogni giorno, il che potrebbe portare alla divisione definitiva e irrevocabile della Chiesa ortodossa in due campi, ognuno dei quali si considererà canonico e vero, mentre i suoi oppositori saranno scismatici privi di grazia. Da questa situazione può esserci una sola via d'uscita: sedersi al tavolo delle trattative e cercare di risolvere il problema non in campo geopolitico, ma ecclesiologico e canonico. Tuttavia, dobbiamo affermare che, purtroppo, non ci sono finora le premesse per tali negoziati.

 
Nasce a Lugansk il battaglione dei russini

antimaydan.info, 24.08.2014

Il 23 agosto, nella Repubblica Popolare di Lugansk è stata creata la prima unità etnica della milizia - il battaglione dei russini, dedicato a Ivan Georgievich Kundrja (archimandrita Iov di Ugol') - noto missionario ortodosso carpato-russo e veterano della Seconda Guerra Mondiale. Fanno parte del battaglione volontari russini dalla Rus' Carpatica, dalla Prjashevshchina (Slovacchia), dalla Lemkovina (Polonia) e dall'Ungheria. 387 persone, comandate da Jurij A. Jantso.

Пудкарпатьска Русь i Новорусько - навхтема врокаши! / Подкарпатская Русь и Новороссия навсегда вместе! / Rus' Carpatica e Novorossija per sempre insieme!!

* * *

Suona un po' noioso ripetere "noi ve l'avevamo detto", ma come avevamo evidenziato, i russini sono già in prima linea a difendere l'indipendenza dei loro fratelli in Novorossija. Quanto ci vorrà perché difendano l'indipendenza di casa loro?

Facciamo notare che la scelta del nome del battaglione russino (niente meno che un santo ortodosso contemporaneo) è un'esplicita dichiarazione di fede: l'archimandrita Iov di Ugol' è uno degli eroi spirituali dei carpato-russi, canonizzato nel 2008. Ci auguriamo quanto prima di poter tradurre una vita di questo santo davvero interessante, continuando a sostenere la lotta del popolo carpato-russo alla propria auto-determinazione a lungo negata.

 
Una analisi di René Guénon e del guenonismo

René Guénon nel 1925

Da molto tempo desideravo scrivere qualche considerazione su René Guénon, e finalmente ho avuto il tempo di raggruppare delle idee e degli appunti in qualcosa di più organico.

Certi saggisti, filosofi e teologi contemporanei sono perseguitati da un fantasma pseudo-spirituale: il guenonismo, una sorta di sincretismo alessandrino che cerca di ridurre l'intera storia delle religioni a un'ingenua visione indocentrica. Questa corrente di pensiero, chiamata anche "scuola tradizionalista", è stata sviluppata da René Guénon, filosofo esoterico francese della prima metà del XX secolo. Questa scuola esoterica comprende anche Julius Evola, Ananda Coomaraswamy (più un collega generazionale che un discepolo di Guénon), Frithjof Schuon, Titus Burckhardt e altri. Guénon era un cantastorie, romanticamente affascinato dalle tradizioni orientali, che ingenuamente riduceva a una.

Allo stesso tempo, disprezzava la tradizione europea moderna [1] altrettanto ingenuamente, partendo da posizioni fondamentaliste (nel senso di attitudini, non di idee esplicite). La sua teoria sulla "tradizione primordiale" o sulla "dottrina perenne" non può essere dimostrata, è solo una proiezione romantica, ed è insostenibile ridurre l'intera storia dell'umanità al quadro semplicistico del passaggio dalla qualità alla quantità. È vero, c'è un'involuzione spirituale nella storia dell'umanità, come mostra Mircea Eliade nel Trattato di storia delle religioni [2], involuzione basata sulla degradazione delle ierofanie e sull'esperienza del sacro in generale, ma la venuta di Cristo o le riforme spirituali (Zarathustra, Buddha, Mahavira, Lao Tze, Confucio, ecc.), la scoperta dell'intelligibile logico-matematico da parte dei greci (la cui posta e significato non sono affatto compresi da Guénon, che li identifica con il degrado quantitativo) e anche l'emergere di religioni misteriche sono momenti di progresso che contraddicono la visione dell'involuzione assoluta. Guénon non comprendeva seriamente la tradizione cristiana, forse sgradevolmente colpito dal fatto che contenesse troppa teoria e troppo poca pratica di ginnastica filosofica. Come molti intellettuali romantici, potrebbe essere stato più appassionato della dimensione tecnico-agonistica della religione e meno della sua coerenza teorica e contemplativa. Non capendo come dovrebbe essere il cristianesimo, aderì all'islam, religione con un modello ontologico meno integrale e integrativo di quello del cristianesimo, affascinato dal sufismo di origine neoplatonica. Il neoplatonismo aveva molte cose in comune con l'Oriente. Il fascino per l'esotismo mistico dell'Oriente ha avuto la precedenza sullo sviluppo delle competenze fondamentali della teologia cristiana (arida a suo dire, ovvero integrale, antiagonistica e quindi poco spettacolare). Molti guenoniani hanno un atteggiamento filo-islamico, seguendo le orme del loro maestro.

Grazie al sincretismo alessandrino che si muove orizzontalmente, assimilando indistintamente o costringendo alla somiglianza per apparenze o strutture simili, si arriva alla scomparsa delle differenze qualitative e di profondità rappresentate dalla specificità spirituale di ogni tradizione religiosa e all'annullamento della gerarchia e delle differenze di coerenza di queste tradizioni. Guénon afferma che tutte le tradizioni dicono la stessa cosa e che i loro percorsi spirituali hanno la stessa destinazione; quindi, l'originalità del cristianesimo o di altre tradizioni sarebbe inesistente. Uno studio serio della storia delle religioni mostra che non è così. Nei guenoniani c'è l'incapacità di discernere le differenze e la diversità dei tipi di spiritualità. Si concentrano ingenuamente sulle somiglianze, globalizzando l'ermeneutica indocentrica di Guénon su tutta la storia umana. Il fatto che il trascendente sia uno non implica necessariamente che tutte le grandi tradizioni si riferiscano ad esso allo stesso modo, che presuppongano cammini spirituali che avrebbero la stessa destinazione. Una delle esagerazioni da loro sostenute è che l'ebraismo e il cristianesimo mancano di originalità, perché l'induismo "c'era già". Si identifica erroneamente il concetto di avatar indù con la venuta di Cristo, non capendo che le differenze sono significative. Il concepimento dell'avatar implica un evento multiplo, sceso più volte nel cosmo per rivelare la sacra conoscenza; Cristo è venuto una sola volta, il che implica irreversibilità e unicità; Cristo è il Figlio di Dio, l'avatar è solo un'ipostasi secondaria di un dio; l'originalità del cristianesimo implica un nuovo percorso, una diversa destinazione raggiunta da quel percorso e un rapporto totalmente diverso con il sacro/trascendente.

La prospettiva della "dottrina perenne" dice che tutta la Verità è stata data pienamente all'inizio, il che è seriamente insostenibile, è solo una speculazione romantica che non può essere provata. Guénon non comprende il significato delle religioni storiche abramitiche e il significato della Verità in esse manifestata, che è totalmente diversa da quella indù. La prospettiva guenoniana presuppone che la storia e il cosmo siano sigillati ermeticamente e che la spiritualità possa ricevere rivelazione solo nel momento primordiale. Gli avatar della tradizione indiana realizzerebbero questa Verità data all'inizio solo come renovatio e non porterebbero nulla di nuovo. Il cristianesimo implica la rottura della storia in due con la venuta di Cristo, che ha ontologicamente modificato l'intera realtà e le ha dato un altro significato, e nell'Eschaton l'essenza dell'uomo e del cosmo sarà trasfigurata. Questa prospettiva è incompatibile con le tradizioni orientali e la teoria della tradizione primordiale di Guénon. L'originalità della rivelazione dei profeti ebrei e poi del cristianesimo è evidente a chi ha una seria conoscenza della teologia e della storia delle religioni, cioè a chi ha la capacità di analisi e discriminazione che lo rende immune ai sincretismi alessandrini. Questi sincretismi possono essere un'anticamera del New Age, perché è perfettamente similare la nebulosa di questa mistura che manca di rigore nel discorso e nell'analisi.

Ogni religione ha una teoria, un modello ontologico espresso in un linguaggio simbolico o concettuale. L'ingenua obiezione che la teoria non conta, solo la pratica, può essere risolta in un solo modo: non c'è pratica o misticismo senza teoria, ogni percorso spirituale deve essere guidato da una teoria, ogni esperienza mistica ha un significato dato da una teoria. Vittime del guenonismo sono, spesso, coloro che non hanno una formazione rigorosa in filosofia, teologia e storia delle religioni e cadono nella trappola delle misture, non potendo elaborare serie distinzioni analitiche, essendo più impressionabili a livello immaginario-emotivo.

René Guénon e Frithjof Schuon al Cairo nel 1938

Il filosofo esoterico trascorse la sua giovinezza frequentando organizzazioni occulte di orientamento cristiano-esoterico (un ibrido spiritualmente sterile), di moda a quel tempo in Francia. Quando critica gli pseudo-iniziati, cita solo i teosofi di Helena Petrovna Blavatsky, gli spiritisti di Allan Kardec e pochi altri occultisti dello stesso calibro. L'occultismo come movimento generale di spiritualità kitsch, sviluppatosi in Occidente nei secoli XVIII-XIX tra intellettuali religiosamente ignoranti e desiderosi di sport spirituali estremi, gli sembra una ricerca valida e autentica della vera "saggezza perduta". Guénon rimase per sei anni, tra il 1906 e il 1912, membro dell'Ordine dei Martinisti, fondato e guidato da un certo Papus, un truffatore occulto e uno dei precursori del movimento New Age. Parallelamente fece anche parte di una "Chiesa gnostica". Il fatto che gli ci siano voluti sei anni per comprendere la superficialità dell'Ordine Martinista e la spiritualità kitsch chiamata Cristianesimo Esoterico la dice lunga sul discernimento spirituale di Guénon. Nel 1910, due anni prima di lasciare l'Ordine Martinista, fu iniziato al sufismo. La miscela a livello di pratiche presunte ha influenzato le miscele a livello di pensiero teorico sviluppate nel suo lavoro. La verità è che dai suoi testi maturi non possiamo avere la certezza della sua realizzazione spirituale o almeno del suo speciale discernimento, sebbene egli voglia darci quell'impressione e dobbiamo credergli sulla parola. L'idea che Guénon sia un grande iniziato, tipica soprattutto dei suoi seguaci moderni, è una credenza pseudo-religiosa dei suoi simpatizzanti, che non si può discutere, sia che ci si creda o meno. Per esempio, Mircea Eliade considerava Guénon ed Evola dilettanti.

D'altra parte, Guénon ha un interesse esagerato per le pratiche iniziatiche in generale e per il fatto di "raggiungere" un'iniziazione in un modo o nell'altro intraprendendo una ginnastica filosofica o pratiche ascetiche che porterebbero al di fuori della "normalità profana" – o "essoterica", come a lui definisce la normale attività di culto. Interessarsi alle tradizioni iniziatiche di diverse religioni per vedere qual è la migliore (approccio "tecnico" al posto di una vera conversione), invece di lasciarsi penetrare dalla profondità di una sola di loro, mostra una certa superficialità e una concentrazione piuttosto sul formalismo funzionale-agonistico della realizzazione spirituale e dimensione pratico-agonistica della "iniziazione". Il problema della legittimazione di una tradizione dal punto di vista guenonista è piuttosto vago e pieno di interpretazioni forzate dovute all'approccio indocentrico. Alcuni teologi cristiani sentono di poter essere sia guenonisti che cristiani. Questo è difficile da sostenere, perché il pensiero di Guénon è incompatibile con la dogmatica e la teologia cristiana (soprattutto ortodossa o cattolica). Il guenonismo sarebbe considerato un'eresia gnostica secondo i principi dogmatici. Anche nell'ambito della storia delle religioni o degli studi comparati delle religioni, il metodo di Guénon sarebbe considerato esagerato. Riduce tutte le religioni a un approccio specifico all'induismo, ma anche a religioni orientali acosmiche, anticosmiche, gnostiche e che presuppongono un'iniziazione basata principalmente su pratiche di ginnastica filosofica. Nella tradizione occidentale o europea in genere (o mediterranea, per allargare ancora di più il quadro), la tradizione più vicina alla prospettiva guenonista è il neoplatonismo, ma anche le eresie gnostiche. La tradizione neoplatonica ha sviluppato la teoria emanazionista che è compatibile con le pratiche orientali di ginnastica fisiologica, e la visione gnostica di un cosmo intrinsecamente malvagio è compatibile con la visione pessimistica indù di un cosmo illusorio che decade fino alla dissoluzione finale dopo il Kali Yuga. L'interpretazione indocentrica del cristianesimo e delle altre religioni annulla la loro specificità, che non può essere integrata in questa prospettiva. Comunque, la conoscenza di Guénon della tradizione cristiana (mistica e teologica) era anemica, e per quanto riguarda la tradizione ortodossa era quasi del tutto assente.

I modelli ontologici delle grandi religioni sono diversi, come diversi sono i percorsi spirituali seguiti, ma anche la destinazione e la condizione ontologica della persona che è giunta a destinazione (illuminata/salvata), e implicitamente è diverso il rapporto con l'Assoluto. Si può parlare di un linguaggio simbolico universale rivelato da Eliade a partire dall'analisi rigorosa dei fatti, non da speculazioni romantiche su qualche tradizione primordiale o una filiazione di una tradizione iniziatica unitaria dell'umanità trasmessa esotericamente. Le grandi tradizioni si esprimono in un linguaggio simbolico universale, accompagnato o meno da uno sviluppo teologico concettuale. L'esistenza di pratiche iniziatiche nel passato presupponeva alcuni modelli socio-culturali e storici, ma anche una certa specificità dell'orientamento esoterico di alcune religioni, un modello che non può essere generalizzato. Secondo la dogmatica cristiana, il cosmo e l'uomo, con la sua individualità personale, sono realtà cadute, dal momento della caduta di Adamo. L'individualità dell'uomo (l'ipostasi umana) ha realtà ontologica ed esiste eternamente, non è un'illusione senza un fondamento ontologico (Maya nel Vedanta) o una materia inferiore (Prakriti) che ha incatenato il principio trascendente (Purusha nel Samkhya). I cristiani aspettano la seconda venuta di Cristo nell'Eschaton alla fine della storia. Gli indù (così come i guenonisti) attendono lo scioglimento definitivo alla fine del Kali Yuga. L'unica salvezza per loro è l'illuminazione raggiunta al termine di un'ardua serie di pratiche ginniche fisiologiche. Nel cristianesimo non c'è bisogno di realizzare alcuna condizione fisiologica concreta per l'illuminazione, perché la salvezza viene dall'alto, e il criterio della vera tradizione non è il primordiale, ma la rivelazione di Cristo che arriva nella storia tarda dell'umanità. Esistono anche alcune pratiche ascetiche nel cristianesimo, ma sono legate alla vita liturgica e alla comunione mistica con Cristo. Penso che le differenze di incompatibilità siano abbastanza evidenti ed è chiaro che se sei un cristiano, non puoi essere né un guenonista, né uno yogi o un qualsiasi altro tipo di esoterista, occultista o "iniziato".

L'obiezione alla questione dell'iniziazione è facilmente smantellata dalla comprensione della teoria errata di Guénon dello scopo delle organizzazioni iniziatiche nella storia. Guénon negava l'esistenza di facoltà universali dello spirito umano contenenti principi archetipici che coinvolgono il pensiero simbolico universale (come vediamo nel Trattato di Eliade). L'iniziazione avrebbe significato la comunicazione contingente di simboli particolari e la comprensione del loro significato solo da parte del futuro iniziato, in assenza di una funzione universale del pensiero simbolico. Cioè la trasmissione da persona a persona di qualcosa da imparare, memorizzare e vivere. Né Guénon né Schuon erano mistici o visionari che penetrarono in regni del pensiero o dell'esperienza spirituale a cui altri europei non avevano accesso. Non sono entrati in nessun territorio estraneo a Eliade, per esempio. La differenza tra loro e i loro discepoli, da un lato, e altri pensatori e storici delle religioni, dall'altro, è l'arroganza dell'iniziazione di cui si occupano i primi e il fascino diffuso che hanno dovuto all'assunzione di una prospettiva esoterica sulla realtà che coinvolge il miracoloso. Guénon è molto affascinante nel modo in cui scrive, quando entri nel suo mondo arrivi a relazionarti con la presenza di forze soprannaturali nella storia e in aree geografiche marginali. La sete del miracoloso e del fantastico è soddisfatta dalle teorie sue e dei suoi discepoli sulle tradizioni primordiali (dei celti, degli atlantidei, dei daci, degli indiani, ecc.) o sull'esistenza di iniziati nascosti nel sottosuolo. Così tutto diventa più interessante, ti senti testimone di uno scenario misterioso e di una grandiosa scenografia di storia e natura, e sopporti più facilmente la banalità del mondo secolare in cui vivi, mentre la hybris iniziatica ti dà un senso di ineffabile unicità. Avendo una prospettiva miracolosa della storia, è facile finire per mitizzare la propria vita, ponendosi come seguace di una linea di iniziati che si perde nel remoto nascosto dalla nebbia dei primordiali, diverso dai "comuni" non iniziati.

Non approfondiremo la sua teoria su Atlantide ne gli altri miti di cui Guénon si nutre per fomentare la sua presupposta ascensione spirituale. A suo dire (confrontate pure il suo Trattato sulla Matematica), tutto ciò che è oggettivo sul piano spirituale è ricevuto attraverso l'influenza storica o l'ispirazione metafisica degli iniziati. Quindi non ci sarebbe un pensiero oggettivo dell'umanità indipendente da questa ispirazione del trascendente. Abbiamo solo la natura trascendente ed empirica, manca l'intelligibile. In questo contesto, tutta la logica, la matematica e ogni tipo di pensiero con una pretesa universale e necessaria (dalla filosofia alle scienze esatte) non possono essere fondati e sostenuti. Nell'immanenza abbiamo quindi solo il caos della soggettività e della contingenza effimera. A causa del suo passato occulto, il pensatore francese era ancora ricettivo alle fantasie prive di realtà di alcuni scrittori occultisti della fine del XIX e dell'inizio del XX secolo, precursori del movimento di spiritualità kitsch New Age. Si tratta in particolare di Alexandre Saint-Yves d'Alveydre (1842-1909) e Gérard Encausse alias Papus (1865-1916), leader dell'ordine occulto dei Martinisti (un kitsch pseudo-spirituale che promuoveva il "cristianesimo esoterico"). Saint-Yves scrisse un libro Mission de l'Inde, pubblicato nel 1910 da Papus, che lancia la leggenda del regno sotterraneo di Agarttha, un centro iniziatico governato da un Re del Mondo.

Guénon prende sul serio i libri di Saint-Yves e di Ossendowski, considerando il secondo non un plagio del primo, ma la descrizione autentica di una leggenda che avrebbe un corrispondente nella realtà. La leggenda narra che esiste un mondo sotterraneo che ha ramificazioni sotto tutti i continenti e gli oceani e comunica con tutte le regioni del mondo. Guénon porta anche come argomento il fatto che leggende simili esistono ancora in Asia centrale, ma senza menzionare alcuna fonte esatta su queste leggende. Il re del mondo rappresenterebbe un Principio, un'intelligenza cosmica che riflette la Luce spirituale e formula la legge corrispondente all'attuale ciclo della storia. Le fantasie non si fermano qui. Più avanti nel libro, Guénon ci dice che i tre Magi orientali della Bibbia sono in realtà i tre capi di Agarttha. Poi ci dice che gli iniziati scesero ad Agarttha 6000 anni fa all'inizio del Kali Yuga, e in futuro torneranno sulla superficie della terra. Porta come testimone anche un altro visionario, Emanuel Swedenborg, il quale sosteneva che il mondo perduto doveva essere cercato in Tibet. Viene poi citata la leggenda della ritirata dei Rosacroce dall'Europa all'Asia dopo la Guerra dei 30 anni, che compare in vari "autori". E il nome persiano Paradesha (Terra Suprema) sarebbe l'antico nome di Agarttha, come nome simbolico del centro spirituale del mondo.

Nel capitolo 10 del libro improvvisa un'etimologia fantasmagorica, considerando che Tula sarebbe un nome più antico di Paradesha, e il greco Thule sarebbe una modifica del nome originale. Crede, allo stesso tempo, che la città di Tula (Tōllān), capitale dei Toltechi in America Centrale, conserverebbe la forma originaria del nome. I Toltechi sarebbero venuti da Aztlán, che sarebbe l'antica Atlantide, di cui parla Platone nel Timeo e nel Crizia e che sarebbe stato un antico centro spirituale. Il nome Tula, nel nahuatl parlato dagli aztechi (Tōllān in tolteco), è ulteriormente paragonato al sanscrito Tula. Cito un ultimo parallelo che si basa sull'interpretazione letterale e storica di alcuni miti e allegorie simboliche. Si tratta di formulare una connessione storica tra la scomparsa di Atlantide sotto le acque e il diluvio biblico.

Il riflesso guenonista è quello di fondare storicamente tutte le allegorie, i miti e le leggende, non capendo la differenza tra una leggenda che si riferisce a un evento recente e una narrazione simbolica che non va interpretata alla lettera, perché il pensiero simbolico ha una sua logica diversa da quella del discorso cronico narrativo o della storia che memorizza dati storici e fisici. Ovviamente i due tipi di discorso sono reciprocamente intrecciati nei testi premoderni, da qui il peso della loro interpretazione e il valore talvolta discutibile delle cronache storiche che fanno riferimento a un lontano passato o a viaggi in terre lontane. Ciò che è sconosciuto o misterioso per la sua lontananza (temporale o spaziale) incoraggia la proiezione simbolica e fantastica, che porta a fornire alla realtà fisica realtà soprannaturali o miracolose.

Il re del mondo è un libro pubblicato in età adulta: Guénon aveva 41 anni nell'anno della sua pubblicazione, il 1927. Nel contesto di quanto sopra, pongo ora una domanda: un uomo che prende sul serio tali storie e interpreta tutti i tipi delle leggende letterarie, poiché non comprende il significato analogico del pensiero simbolico, può essere una grande autorità spirituale e iniziato alle grandi tradizioni religiose? Penso che la risposta sia ovvia.

Se purtroppo non fosse preso sul serio, Guénon sarebbe un fantastico collega di Tolkien.

Nei primi due capitoli della sua opera matura, Il regno della quantità e i segni dei tempi (1946), Guénon riprende alcuni concetti aristotelici senza circoscriverne rigorosamente la portata semantica. Questi sono usati per tradurre, piuttosto goffamente, i due principi fondamentali (Purusha e Prakriti) nella teologia della dottrina indù Samkhya e le relazioni tra loro. Il principio attivo o superiore (Purusha) è chiamato essenza e il principio passivo o inferiore (Prakriti) è chiamato sostanza. I due concetti essenza e sostanza sono posti in un rapporto antagonistico da un punto di vista ontologico e valoriale, estraneo alla prospettiva aristotelica. Guénon scelse questa opzione, ritenendo che l'uso della parola sostanza per il termine greco ousìa creerebbe confusione. Sfortunatamente, il modo in cui usa questi termini crea la vera confusione. La coppia di concetti forma (morphé/eidos) e materia (hyle) sarebbe forse più adatta per un'analogia (parziale) con i principi della teologia indù, ma il pensatore francese riteneva che la loro portata semantica fosse stata irreversibilmente viziata dal pensiero moderno.

Il problema è che nel pensiero di Aristotele essenza e sostanza hanno un rapporto diverso, il termine greco ousia ha tre significati concettuali: essenza, sostanza ed essere. Quindi l'essenza è allo stesso tempo sostanza. L'omonimia del concetto di sostanza ha cinque significati. Il primo è quello del substrato materiale della natura (hypokeimenon) ed è potenza pura e indeterminata. Questo è l'unico significato della sostanza accettato da Guénon. Il secondo significato è quello di sostanza grezza (prote ousia) e si riferisce al composto tra forma (eidos) e materia (hyle). Poi viene la seconda sostanza (deutera ousia) che è la forma (eidos) dal composto, detto anche specie eidetica. Questa forma rappresenta l'universale concreto (in re, cioè in essere). Questi primi tre significati di sostanza si riferiscono alla natura sublunare, corruttibile e soggetta al divenire. Il quarto senso è rappresentato dagli esseri eterici sopralunari, che sono incorruttibili. Infine, il quinto senso si riferisce al Primo Motore trascendente. Il significato di essenza del termine ousia si sovrappone in gran parte a quello di sostanza, ma non tutti i significati dell'omonimia di sostanza sono espressi dal termine ousia. La materia come substrato non ha essenza, essendo pura potenza.

Allo stesso tempo è forzato il tentativo di avvicinare le idee platoniche alle forme eidetiche aristoteliche, visto che i due filosofi greci non stanno parlando della stessa cosa. Le idee platoniche sono paradigmi intesi come gli universali ante rem (prima della cosa) che esistono nell'intelligibile, e le forme eidetiche aristoteliche sono gli universali concreti che esistono in re (nella cosa). In Aristotele non abbiamo universali ante rem perché la natura esiste dall'eternità, quindi gli universali sono sempre esistiti in re e mai ante rem. Anche l'identificazione delle Idee platoniche con i numeri pitagorici non è corretta, perché i Paradigmi platonici presuppongono un intelligibile archetipico diverso da quello matematico, considerato da Platone inferiore. Allo stesso tempo, per i pitagorici solo il matematicamente intelligibile è l'essenza della realtà.

Il pensatore francese sovrappone ai principi indù altre due coppie di concetti aristotelici: atto-potenza e qualità-quantità. L'uso della seconda coppia non è molto convincente, considerando che la potenza pura non ha quantità, essendo pura indeterminazione, e qualsiasi quantità implica determinazioni di grandezza. Guénon lo intuisce in parte quando dice, nel capitolo III, che la pura potenza non può essere misurata.

Entra in scena il problema dell'intelletto contemplativo (noetico e sopralogico), diverso dal logico-discorsivo (dianoetico). Questo è uno dei problemi più difficili da comprendere nella storia della filosofia. Guénon l'ha interpretata in modo vago e grossolano, senza chiarirne adeguatamente la sfera ideativa. Qui nasce una delle fondamentali goffaggini del pensiero guenonista che ne mostra la generale mancanza di rigore. L'inadeguata comprensione di cosa sia la facoltà dell'intelletto noetico colpisce tutta l'opera dell'esoterista francese ed è una delle cause del divario artificiale tra religione e misticismo (tradizione essoterica) e metafisica (tradizione esoterica). La metafisica sarebbe rivelata e ispirata all'intelletto contemplativo, e il misticismo apparterrebbe a strutture essoteriche, sullo stesso piano delle esperienze emotive devozionali teistiche. Naturalmente, anche questa distinzione forzata tra religione essoterica e metafisica esoterica ha origine nel tentativo di far convivere la tradizione orientale con quella europea e mediterranea. La visione indocentrica richiedeva l'assunzione della tradizione indiana come superiore alle religioni abramitiche. Ciò ha comportato la postulazione di una conoscenza superiore a quella mistica noetica e quindi la valorizzazione di tradizioni con una componente esoterica che comporta pratiche elaborate di ginnastica fisiologica, iniziazioni e conoscenze di tipo gnostico che presuppongono l'identificazione o la dissoluzione ontologica nell'Assoluto. Infatti, in questa distinzione guenonista va collocata la distinzione tra l'esperienza religiosa teistica personalistica, che sarebbe exoterica della religiosità comune ("scienza inferiore") e l'esperienza mistica delle élite religiose (mistici, santi, teologi, visionari), che sarebbe il piano esoterico ("scienza superiore") che coinvolge la contemplazione intellettuale e soprattutto la contemplazione mistica noetica.

Guénon inverte la gerarchia della conoscenza suprema, ponendo il misticismo con contemplazione noetica sovrarazionale al di sotto della contemplazione intellettuale, credendo che il misticismo possa essere ridotto a un'esperienza emotiva individuale specifica per le facoltà finite della coscienza e il piano spirituale essoterico. Così finisce per parlare di una "élite intellettuale" (custode della Tradizione Perenne) invece che di una mistica.

Il pensiero sistematico lo percepisce come relativo e chiuso in particolari prospettive: "per la pura metafisica qualsiasi sistematizzazione è assolutamente impossibile" afferma Guénon. Questa affermazione è stata fatta senza sapere che la Dogmatica di Giovanni Damasceno è un'opera sistematica, così come tutti i trattati fondamentali di teologia medievale, come la Summa Theologica di Tommaso d'Aquino. Quindi il pensiero sistematico non è solo una prerogativa moderna, e nella modernità il rappresentante più significativo dell'approccio sistematico è l'idealismo tedesco, che Guénon non comprende affatto. Si fonda su principi trascendentali e non su "costrutti illusori della mente umana individuale". Prosegue dicendo: "La metafisica è essenzialmente la conoscenza dell'Universale, e tale conoscenza non si lascerà confinare in formule". [3] Il pensiero sistematico richiederebbe formule che racchiudano la realtà in particolare e contingente.

L'antagonismo tra scienza sacra e scienze profane nasce anche dall'equivoco del pensiero simbolico e della sua realtà funzionale autonoma in relazione sia all'intelletto contemplativo (nous) della metafisica sia all'intelletto logico-discorsivo (dianoia) che appartiene alla scienza. Prima che Eliade e Jung sviluppassero il loro lavoro, anche Schelling (Filosofia della mitologia e Filosofia della rivelazione) e Hegel (Lezioni sulla filosofia della religione), filosofi che Guénon non aveva letto, scrissero del pensiero simbolico.

Si nota nell'esoterista francese una confusione che si ritrova anche negli odierni bigotti anti-intellettuali, secondo i quali il pensiero filosofico è solo una forma di sofisma, perché attraverso di esso si potrebbe argomentare qualsiasi opinione. Questa posizione nega l'oggettività della logica e implicitamente l'esistenza del pensiero stesso. Il riduzionismo guenonista sostituisce la gerarchia di valori della conoscenza umana e delle attività culturali e intellettuali con l'esclusione di tutto ciò che è inferiore alla "scienza sacra" in quanto totalmente privo di valore.

L'essere mistico o santo è qualcosa legato a una vocazione interiore e a una vocazione che trascende il semplice volontarismo della necessità di "realizzare spiritualmente" e "iniziare" ad ogni costo. C'è nello spirito di Guénon un volontarismo del bisogno di essere iniziato, di essere illuminato. Questo volontarismo è specificamente moderno e può anche essere legato a un orgoglio spirituale difficile da controllare. Si nota nei suoi discepoli un atteggiamento settario di immaginata superiorità verso la cultura secolare e verso le religioni istituzionalizzate, l'origine di questo atteggiamento è da ricercarsi nella hybris iniziatica che li circonda, affascinati in modo nebuloso dalla loro condizione di "élite intellettuali di iniziati".

Negli anni '20-'30 del 1900, la posizione di Guénon suscitò un certo interesse per il fatto di essere stato tra i primi ad avvicinarsi a un discorso metafisico nel campo delle religioni, in contraddizione con i pregiudizi positivisti e psicologici dell'epoca, ma con il passare del tempo e lo sviluppo degli studi religiosi e la riforma del campo da parte di Eliade e di altri, l'opera di Guénon è sempre meno rilevante. Rimane un tentativo dilettantesco e nuovo, guastato da lapsus occulti e fantastici, di superare i pregiudizi riduzionisti di un'epoca religiosamente e filosoficamente ottusa.

NOTE

[1] René Guénon, La crisi del mondo moderno, Ed. Mediterranee, 2015.

[2] Mircea Eliade, Trattato di storia delle religioni, Ed. Humanitas, Bucarest, 2013.

Per chi fosse interessato alla simbolistica spirituale, M. Eliade, Immagini e simboli. Saggio sul simbolismo magico-religioso, Ed. Humanitas, 1994.

[3] René Guénon, Mistica d'Oriente e Mistica d'Occidente, Ed. Luni, 2014.

 
Vita del santo Iov di Ugol'

Come abbiamo promesso ieri parlando della dedicazione del battaglione russino a Lugansk, ecco a voi, nella sezione “Santi” dei documenti, la versione russa e la traduzione italiana della vita del santo Iov di Ugol’ (al secolo Ivan Georgievich Kundrja, 1902-1985), che incarna le migliori qualità della fede e dello spirito del popolo carpato-russo nella figura di uno starets contemporaneo.

Le lezioni della vita dell'anziano Iov di Ugol' non sono solo un monito per i fedeli della Rus' Carpatica, ma per i cristiani ortodossi di tutto il mondo, in preda alla perdita di valori morali che egli stesso ha profetizzato.

 
Gli "ortodossi" ecumenisti (La nascita di una nuova religione, parte 4)

Per la Parte 1 si veda: Gli "ortodossi" pro-aborto (La nascita di una nuova religione, parte 1)

Per la parte 2 si veda: Gli "ortodossi" pro-LGBTQP (La nascita di una nuova religione, parte 2)

Per la parte 3 si veda: Gli "ortodossi" rinnovazionisti (La nascita di una nuova religione, parte 3)

L'uso della parola "ecumenico" in riferimento alla Chiesa è stato distorto per significare qualcosa di completamente diverso da quello che ha significato storicamente. La parola stessa significa letteralmente "universale", ma nel contesto della Chiesa era usata per riferirsi ai concili universali della Chiesa una, santa, cattolica e apostolica. Questi concili non furono convocati per consentire ai vescovi ortodossi di intrattenersi con gli eretici o per nascondere le loro divergenze sotto il tappeto. Al contrario, questi concili furono convocati per cacciare dalla Chiesa le eresie e gli eretici impenitenti.

Il termine "ecumenico" è stato però preso in ostaggio dal movimento ecumenico, che ha avuto origine tra i protestanti. Durante il XIX secolo, l'attività missionaria protestante in tutto il mondo si era espansa in modo esponenziale, ma poiché i protestanti hanno credenze fortemente diverse, il problema delle diverse sette protestanti che competono per gli stessi convertiti sul campo di missione divenne presto evidente. Il desiderio di non avere missionari protestanti che lavorassero con scopi contrastanti portò alla prima Conferenza missionaria mondiale, che si tenne a Edimburgo, in Scozia, nel 1910. Ciò avvenne anche in un momento in cui era in aumento il liberalismo protestante, che minava la certezza dottrinale che le varie sette protestanti avevano precedentemente mantenuto per quanto riguarda le proprie convinzioni. Così, nascendo dal movimento missionario protestante, iniziò a prendere piede. il movimento ecumenico Il movimento ecumenico aveva come obiettivo l'unità di tutti i cristiani, il che non sarebbe affatto un cattivo obiettivo, se l'obiettivo finale fosse l'unità nella Verità, ma quando i protestanti liberali iniziarono ad abbandonare ogni convinzione che esistesse una cosa come la verità, questo movimento non fu più gravato da convinzioni contrastanti su ciò che è vero, e si concentrò invece sull'unità per amore dell'unità stessa. Il Movimento ecumenico è andato ben oltre la ricerca dell'unità di tutti i cristiani, per cercare l'unità di tutte le religioni.

Il coinvolgimento degli ortodossi nel movimento ecumenico ha una storia lunga e complicata. In breve, alcuni vi hanno partecipato allo scopo di testimoniare la fede ortodossa, o per facilitare la cooperazione su questioni di reciproco interesse. Ma altri vi hanno partecipato perché hanno accettato l'idea che la Chiesa è divisa in vari rami, con la Chiesa ortodossa che è solo uno dei tanti rami. Tali persone hanno accettato questa idea per la stessa ragione per cui l'hanno fatto i protestanti liberali: non credono più veramente a ciò che la Chiesa ortodossa ha sempre insegnato, e quindi non sono più oppressi dalla questione della verità.

C'è molto altro da dire sul Movimento ecumenico, e sul perché le sue motivazioni sono eretiche (di fatto si tratta di una pan-eresia, che cerca di incorporare tutte le eresie nella Chiesa), ma rimanderò invece il lettore ai voluminosi articoli sull'ecumenismo sul sito web Orthodoxinfo.com.

Voglio tuttavia attirare l'attenzione su come l'ecumenismo tra coloro che sono apparentemente ortodossi stia lavorando per fondere rinnovazionismo, modernismo, attivismo LGBTQP e attivismo per l'aborto in quella che probabilmente diventerà la chiesa dell'Anticristo. Per avere una prova di ciò, non c'è bisogno di guardare oltre l'arcivescovo Elpidophoros.

L'11 giugno 2021, l'arcivescovo Elpidophoros ha servito la liturgia per la festa dell'apostolo Bartolomeo secondo il nuovo calendario presso la chiesa episcopaliana di Manhattan, che casualmente è dedicata a san Bartolomeo. Ha prestato servizio lì, non perché non ci fossero chiese ortodosse nella zona che gli avrebbero permesso di servire la liturgia quel giorno, ma come dimostrazione di unità con una chiesa che ha vescovi e clero omosessuali e transgender, e che abbraccia l'aborto e accoglie coloro che negano la divinità di Cristo e la realtà della Resurrezione (per esempio, il "vescovo" John Shelby Spong). Lo ha fatto mentre le bandiere del gay pride sventolavano sull'ingresso di questa chiesa.

la cattedrale di "St. Bart" a Manhattan

Il 15 luglio 2021, l'arcivescovo Elpidophoros ha tenuto un discorso al Vertice internazionale sulla libertà religiosa, intitolato "The Rising Tide of Religious Nationalism", in cui ha affermato:

"Quando elevi una religione al di sopra di tutte le altre, è come se decidessi che esiste solo un sentiero che porta alla cima della montagna. Ma la verità è che semplicemente non puoi vedere le miriadi di sentieri che portano alla stessa destinazione, perché tu sei circondato da macigni di pregiudizi che oscurano la tua visuale."

Quindi non solo gli ecumenisti non credono più che la Chiesa ortodossa sia la Chiesa una, santa, cattolica e apostolica, come ha sempre insegnato e creduto, ma che Cristo non sia l'unica via di salvezza, contrariamente alle parole di Cristo stesso: "Io sono la via, la verità e la vita: nessuno viene al Padre se non per mezzo di me" (Gv 14:6).

Oltre a tutto ciò, il patriarca ecumenico promuove da tempo l'idea dell'unione con Roma, che è una Chiesa molto più avanti nel cammino del "dialogo interreligioso". Anche Roma sta rapidamente percorrendo la strada della resa all'ideologia LGBTQP. I vescovi tedeschi stanno già consentendo funzioni di riconoscimento di matrimoni gay e, sebbene papa Francesco possa sentirsi a disagio per la rapidità con cui si stanno muovendo, non mostra alcun segno di voler effettivamente fermarli.

Il patriarca ecumenico, insieme a papa Francesco, ha invitato congiuntamente tutti i cristiani a partecipare al 1700° anniversario del Concilio di Nicea. Tra le questioni che devono essere affrontate in questo evento c'è la scelta di una data comune per la celebrazione della Pasqua, che è un prerequisito per la falsa unione che si sta promuovendo. Ci sono buone ragioni per credere che questo è il momento in cui suggelleranno una sorta di unione.

Ciò che sta accadendo in Ucraina (molto prima del 2022) illustra come queste varie eresie stiano convergendo insieme. Consentitemi di citare ciò che ho detto in un discorso che ho tenuto a Mosca nel febbraio 2019 sulle azioni del patriarca ecumenico in Ucraina e su dove sembrano andare le cose:

Negli Stati Uniti e in generale nel mondo ortodosso di lingua inglese, sentiamo molte voci all'interno del Patriarcato di Costantinopoli che sostengono apertamente l'omosessualità. Gli arconti hanno contribuito a finanziare un istituto ortodosso alla Fordham University. I responsabili di questo istituto hanno utilizzato questa piattaforma per lanciare un sito web chiamato "Public Orthodoxy" che promuove regolarmente l'omosessualità e altre forme di devianza. E non è abbastanza negativo che pubblichino questo materiale in inglese, ma ora traducono i loro articoli in russo, greco e serbo. E lo fanno senza il minimo cenno di alcun rimprovero da parte dell'Arcidiocesi greca d'America. Infatti, ogni volta che tengono un grande evento, l'arcivescovo Demetrios di New York è di solito presente, aggiungendo a quell'evento la sua autorità.

Per esempio, uno dei capi di questo istituto, Aristotele Papanikolaou, in un articolo di un altro giornale pro-omosessuale, The Wheel, ha scritto che aspettarsi che le persone che soffrono dell'attrazione per persone dello stesso sesso restino celibi è "non realistico" e malsano, e tali desideri dovrebbero essere meglio espressi nel contesto di "relazioni o matrimoni con impegni a lungo termine" (The Wheel 13/14, primavera/estate 2018, pag. 97). [Si vedano anche "La Chiesa Vivente 2.0" e "L'America ortodossa ha un problema di marxismo culturale"].

L'arcidiacono del patriarca Bartolomeo, padre John Chryssavgis, ha fatto una serie di dichiarazioni omosessuali. Per esempio, ha scritto una recensione di un libro che era semplicemente propaganda omosessuale scritta da un prete episcopaliano omosessuale, e ha esaltato con enfasi quale grande contributo questo libro fosse all'importante "dialogo" sull'omosessualità. L'unica leggera critica che ha fatto di questo libro è stata quella di dire che è rimasto "non convinto" da alcuni degli argomenti del libro secondo cui le Scritture sostengono l'omosessualità. Questo viene da un uomo che non ha difficoltà a esprimere il suo disaccordo, in termini eloquenti e sorprendenti... quando lo desidera.

Molti di voi sono a conoscenza della telefonata che è stata fatta al "metropolita" Epifanij da un burlone russo, che finge di essere un diplomatico occidentale, e si congratula con lui per la "autocefalia" della Chiesa in Ucraina, ma esprime la speranza che Epifanij prenda una posizione diversa sull'omosessualità rispetto a quella conservatrice della Chiesa russa. Epifanij gli ha assicurato che non avrebbe preso una posizione così conservatrice contro l'omosessualità.

E ciò che ho notato, almeno nel mondo ortodosso di lingua inglese, è che coloro che promuovono l'accettazione dell'omosessualità nella Chiesa ortodossa si sono tutti allineati dietro le azioni del Patriarcato ecumenico in Ucraina.

Un altro punto all'ordine del giorno che ritengo sia chiaramente alla base delle azioni del Patriarcato ecumenico in Ucraina è l'obiettivo dell'unione con Roma. Vediamo già gli scismatici in Ucraina che concelebrano con gli uniati con crescente frequenza. Una cosa che è certa è che le azioni del patriarca Bartolomeo in Ucraina non hanno senso, se intende rimanere nella Chiesa ortodossa.

Inoltre, vi sono forti indicazioni del fatto che il Dipartimento di Stato degli Stati Uniti abbia avuto un ruolo nel promuovere queste azioni, ma in quale misura, o in quale forma questa pressione sia stata applicata, non lo sappiamo ancora.

Sulla stessa linea, rimanderei il lettore a "La guerra in Ucraina come strumento per una rivoluzione progressista contro l'Ortodossia".

Possiamo ovviamente sperare che il Patriarcato ecumenico inverta la rotta e che le cose non si svolgano come sto ipotizzando, ma sarà molto più probabile che ciò accada se più persone saranno consapevoli di dove si stanno dirigendo e cominceranno a richiamare questi "ortodossi" erranti a ritornare all'ovile.

Non puoi essere a favore dell'aborto ed essere un cristiano ortodosso. Non puoi sostenere l'ideologia LGBTQP ed essere un cristiano ortodosso. Non puoi essere un rinnovazionista ed essere un cristiano ortodosso. Non puoi abbracciare l'ecumenismo, negando ciò che la Chiesa ortodossa ha sempre insegnato su se stessa, ed essere un cristiano ortodosso. Queste persone possono essere formalmente membri della Chiesa, ma spiritualmente si sono separate sia da Cristo che dalla Chiesa. Coloro che sono effettivamente ortodossi devono parlare chiaramente su questi temi, in modo che coloro che vogliono rimanere, o diventare, cristiani ortodossi, non siano confusi dai loro errori.

 
“Manifesto” di Andrej Avramenko

Da parte di un blogger di Kharkov è arrivato un interessante documento: un “manifesto” di presa di coscienza dell’unità spirituale dei popoli della Rus’. Lo presentiamo volentieri nell’originale russo (distribuito dal sito bugaro pogled.info) e in traduzione italiana nella sezione “Geopolitica ortodossa” dei documenti. Le parole di Andrej Avramenko oggi sono di assoluto buon senso, ma ieri sarebbero state profetiche. Avramenko non incita ad alcun cambiamento politico, né ad alcuna rivoluzione, ma semplicemente alla realizzazione di quanto abbiamo cercato di ripetere in questi mesi anche sul nostro sito: ovvero, che gli ucraini sono russi, sia che lo riconoscano o no. Se lo avessero riconosciuto, tutta questa crisi e i massacri di innocenti che abbiamo visto quest’anno sarebbero stati evitati.

 
Lo sviluppo del "fondamentalismo conciliare" e l'opposizione di Anastasio il Bibliotecario

Quando padre Richard Price ha coniato il termine "fondamentalismo conciliare", ciò che intendeva trasmettere era che la Chiesa primitiva comprendeva i verbali dei concili ecumenici come autorità: anche i canoni e i decreti emanati alla fine degli stessi concili erano autorità. Su Internet, l'immaginazione popolare è impazzita, e non ha davvero compreso il punto di vista di Price, che personalmente non approva quell'idea. Piuttosto, si limita a riconoscere che l'idea era pervasiva.

In opposizione al "fondamentalismo conciliare", alcuni si chiedono come i concili citino gli eretici (come Nestorio o Dioscoro) se l'idea precedente è vera. Questa non è un'obiezione seria, considerando che le Scritture stesse citano il Diavolo. Basti dire che nessuno pensava che assolutamente che ogni parola registrata nei verbali dei concili fosse vera. Piuttosto, i verbali, presi nel loro insieme letterario, rivelavano la mente del concilio. Per citare Ferrando di Cartagine, un diacono del VI secolo strettamente legato a san Fulgenzio:

Se c'è disapprovazione di una qualsiasi parte del Concilio di Calcedonia, l'approvazione dell'insieme rischia di diventare disapprovazione... Ma dell'intero Concilio di Calcedonia, poiché tutto è il Concilio di Calcedonia, è vero; nessuna parte di esso è suscettibile di critica. Tutto ciò che sappiamo essere stato pronunciato, discusso, decretato e confermato lì è stato operato dall'ineffabile e segreto potere dello Spirito Santo. (Price, Constantinople II, Vol. 1, p. 98)

La logica è semplice. Per un concilio sbagliare in qualcosa che è stato concordato, anche se non era un punto specifico di un decreto conciliare o di un canone, chiama in causa il decreto e i canoni dello stesso. Dopotutto, come potrebbe lo Spirito Santo essere all'opera nel sovrintendere a tutto ciò che il concilio ha decretato, ma sbagliarsi nel dirigere le altre decisioni del concilio che erano presumibilmente informate dalle stesse dottrine che esponeva?

In questo articolo sarà delineato lo sviluppo del "fondamentalismo conciliare". In seguito sarà coperta la prima opposizione registrata all'idea. Si vedrà che sia il momento che il luogo in cui l'idea di "fondamentalismo conciliare" fu messa in discussione per la prima volta rivela precisamente come siano sorti i diversi presupposti epistemologici che dividono il cristianesimo orientale e occidentale.

La formulazione del "fondamentalismo conciliare"

Nel IV secolo, il "concilio ecumenico" era qualcosa di cui si capiva subito l'autorità. Ciò è sorprendente dato che non ce n'era stato nessuno prima di Nicea. Non sarebbe esagerato affermare che quando una pletora di vescovi si è riunita e c'è stato un pieno accordo, è stato subito riconosciuto che questo consenso era una dimostrazione dell'opera dello Spirito Santo.

San Costantino il Grande afferma senza ambiguità quanto precede riguardo al Concilio di Nicea nella speranza che il sinodo di Alessandria accolga il concilio:

Questa deliberazione, presa dal giudizio collegiale di trecento vescovi, non può essere altro che dottrina di Dio, specialmente là dove lo Spirito Santo ha illuminato la volontà divina ponendola nelle menti di tante persone degne. (Costantino alla Chiesa di Alessandria, 1-2, 8)

Un suo contemporaneo, Eusebio di Cesarea, concordò esprimendo esattamente la stessa logica:

[Quando] furono tutti riuniti [a Nicea], apparve evidente che il procedimento era opera di Dio in quanto uomini che erano stati molto separati, non solo nel sentimento ma anche personalmente, e per differenza di paese, luogo, e nazione, furono qui riuniti e racchiusi entro le mura di un'unica città. (Vita di Costantino, Libro 3, Cap 6)

Perché ci si aspettava che queste affermazioni risuonassero tra i loro ascoltatori in modo da non essere contestate o derise? La spiegazione più probabile è che la Chiesa abbia sempre funzionato in base al principio del consenso e questo consenso era inteso come prova dell'opera dello Spirito.

Il consenso fu una motivazione trainante dietro la risoluzione di diverse controversie nel secondo e terzo secolo. Si svolsero sinodi in tutto il mondo per determinare il giorno in cui celebrare la Pasqua, la posizione della chiesa di Efeso nei confronti della chiesa romana, chi fosse il vero vescovo di Roma durante la controversia novaziana, il modo corretto di accogliere nella Chiesa i battezzati di altri gruppi cristiani, e la deposizione di Paolo di Samosata ad Antiochia. Molto prima che la Chiesa diventasse "un'istituzione imperiale", anche senza i mezzi logistici e legali per riunire tutti in una stanza a risolvere un problema, la Chiesa ha sempre cercato di stabilire un consenso universale sulle questioni controverse. La spinta a creare consenso senza alcuna motivazione imperiale era così forte che con grandi spese e rischi si sarebbero tenuti sinodi su tali questioni, anche in mezzo a persecuzioni.

La motivazione potrebbe essere stata familiare. La Chiesa è nata come una "grande famiglia" in epoca apostolica. Le famiglie litigano, ma ci si aspetta che risolvano i loro problemi. Non c'era altro esempio da seguire. La famiglia, per così dire, non aveva un decisore solitario e quindi tutti dovevano essere d'accordo con la decisione. Forse gli ecclesiastici avevano in mente Atti 15:28. Il Concilio di Gerusalemme dopo aver raggiunto il consenso di tutti i presenti ha dichiarato nel proprio decreto, "è parso bene allo Spirito Santo, e a noi". Quando la Chiesa era d'accordo su qualcosa, essi parlavano, ma Dio parlava con loro. L'intera impresa di stabilire il consenso era teoricamente piena di grazia, sulle orme degli Apostoli.

A prima vista non è chiaro cosa "intendesse" uno come Costantino quando fece una simile affermazione sul Concilio di Nicea. Dopotutto, lui e suo figlio alla fine avrebbero dato sostegno ai detrattori del concilio, il cui credo fu contestato per gran parte del secolo. In ogni caso, mentresi depositava la polvere, divenne chiaro che la Chiesa con indubbia convinzione teneva il Concilio di Nicea in stretta considerazione scritturale. Sant'Atanasio (che frequentò Nicea) affermò che chi ascolta "i procedimenti dei Padri" a Nicea "non può non farsi rammentare da loro della religione di Cristo annunciata nella divina Scrittura". (De Synodis, Par 6) Il suo contemporaneo, san Basilio il Grande, scrisse in modo pratico: "i trecentodiciotto che si riunirono senza contesa [a Nicea] non parlarono senza l'operazione dello Spirito Santo". (Lettera 114 ) A Basilio, il consenso di tutti gli interessati aveva chiaramente rivelato l'opera dello Spirito Santo nel Concilio.

Decenni dopo, il Concilio di Efeso operò in base al principio che Nicea era opera di Dio. Decretarono (in quello che fu codificato come "Canone 7") che "è illegale per chiunque portare avanti, scrivere o comporre una Fede diversa da quella stabilita dai santi Padri riuniti con lo Spirito Santo a Nicea”. Efeso non stava semplicemente usando la sua autorità per dichiarare una visione "fondamentalista conciliare" di Nicea. Piuttosto, si limitava a riconoscere ciò che era già dato per scontato.

Questa non era una sorta di idea particolare che girava nel Mediterraneo orientale. Meno di due decenni dopo Efeso, il santo papa Leone il Grande parlò del Concilio di Nicea come "incorniciato dallo Spirito di Dio e santificato dal rispetto del mondo intero". (Lettera 14, Cap 3). Tuttavia, Leone non è stato originale nell'esporre il "fondamentalismo conciliare" in Occidente. Sant'Agostino ha applicato l'idea al consenso di tutta la Chiesa come superiore ai concili locali:

la strada sicura per noi è di non avanzare con alcuna avventatezza di giudizio nell'esporre una visione che non sia stata avviata in alcun concilio regionale della Chiesa cattolica stabilita in uno plenario; ma di affermare, con tutta la fiducia di una voce inoppugnabile, ciò che è stato confermato dal consenso della Chiesa universale, sotto la direzione del nostro Signore, Dio e Salvatore Gesù Cristo. (Sul battesimo, contro i donatisti, Libro 7, par. 102)

Il Concilio di Cartagine nel 424 ironizzò nel suo Canone 138 tenendo presente quanto precede:

chi si ritiene offeso da qualche giudizio può appellarsi al concilio della sua provincia, o anche a un concilio generale, a meno che non si immagini che Dio possa ispirare giustizia a un solo individuo [cioè al papa], e rifiutarla a una moltitudine innumerevole di vescovi riuniti in concilio.

Il controverso Concilio di Efeso ricevette una lettera da Capreolo di Cartagine che affermava che "l'operazione dello Spirito Santo...crediamo sarà presente nei vostri cuori durante il procedimento" e che "[le eresie nel passato] furono sconfitte dall'autorità della sede apostolica e di un voto sacerdotale unanime". (Sessione del 22 giugno in Price, Ephesus, p. 279) Capreolo presumeva che il consenso/unanimità rivelasse l'opera dello Spirito. Vale anche la pena notare che l'ipotesi di Capreolo era che lo Spirito fosse coinvolto in tutta l'opera del concilio. Non vi è alcun accenno che l'emanazione di un decreto o di un canone fosse l'unico evento in cui l'opera dello Spirito era evidente.

Quanto precede rivela non solo la credenza universale nella mentalità "fondamentalista conciliare" così come era riconosciuta concretamente in un concilio ecumenico, ma anche che la mentalità era flessibile. Il "consenso" ispirato da Dio può avere "pochi" detrattori (i concili regionali, il papa, Nestorio e tutto il Patriarcato di Antiochia, per citarne alcuni). Alcune minoranze, come i donatisti, rivendicavano persino i propri "Consigli plenari" in opposizione alla Chiesa, avevano una "voce infallibile". (Lettera 51.2; cfr Sul Battesimo, Libro 2, par 4; Risposta a Petiliano il donatista, Libro 1, Par 11) Quale consenso contava? Era necessario un metodo per discernere tra affermazioni vere e false sull'inerranza derivata dallo Spirito.

San Vincenzo di Lérins nel Commonitorium fu il primo a delineare esplicitamente l'epistemologia del consenso e la sua applicabilità alle decisioni in materia dottrinale:

Seguiremo l'universalità se confesseremo che è vera quell'unica fede, che tutta la Chiesa confessa in tutto il mondo; l'antichità, se non ci allontaniamo in alcun modo da quelle interpretazioni che è manifesto erano notoriamente sostenute dai nostri santi antenati e padri; il consenso, allo stesso modo, se nell'antichità stessa aderiamo alle definizioni e determinazioni consenzienti di tutti, o almeno di quasi tutti i sacerdoti e dottori. (Paragrafo 6)

Il (quasi) consenso dei santi era per san Vincenzo l'illuminazione dello Spirito Santo:

Grande dunque è l'esempio di questi stessi beati, esempio chiaramente divino, e degno di essere ricordato e meditato continuamente da ogni vero cattolico, i quali, come il candelabro a sette braccia, risplendente della settuplice luce del Santo Spirito, mostrò ai posteri come... [l'eresia] potesse essere schiacciata dall'autorità della sacra antichità. (Commonitorium, par. 15)

Quanto precede si applicava non solo al consenso "dei santi Padri". L'epistemologia del consenso guidato dallo Spirito è stata applicata esplicitamente al funzionamento dei concili ecumenici:

l'intero sacerdozio della Chiesa Cattolica, con l'autorità di un concilio generale... secondo il cui consenziente e unanime giudizio, furono sia esposti i sacri preliminari della procedura giudiziaria, sia stabilita la regola della verità divina. (Commonitorium, par. 77-78)

Sulla base precedente, Vincenzo ha concluso che Nestorio e i suoi partigiani erano al di fuori del consenso e quindi privi di Spirito e scorretti. Ciò ha identificato il Concilio di Efeso, che aveva un consenso geografico e storico, come fondamentalmente corretto. (Commonitorium, Par 79-83)

Non dovrebbe sorprendere che il "fondamentalismo conciliare" sia stato presunto in tutti i successivi concili ecumenici. A Calcedonia, un concilio che ebbe una partecipazione significativa in tutto il mondo, con l'eccezione di Roma (che inviò solo pochi legati), si votò deliberatamente votato secondo il principio del consenso. Nessuno dissentì: semplicemente, chi era in disavvordo si asteneva o si assentava. Price osserva in "Presidency and Procedure at the Early Ecumenical Councils" che questa procedura manca nella procedura senatoriale secolare. Non azzarda una ragione sul perché i concili operassero in questo modo, ma nota semplicemente che lo facevano. La risposta però è chiara: se il presupposto stesso dell'opera del concilio era il consenso (e non il voto popolare), allora perché il concilio sia legittimato, deve trasmettere consenso. Questo deve essere vero anche quando probabilmente il consenso non è stato ancora effettivamente ottenuto. Questo è il motivo per cui i concili richiedevano la ricezione sinodica dopo che si erano svolti, in quanto ciò assicurava che ci fosse un effettivo consenso (forse di natura retroattiva).

I successivi concili ecumenici hanno rivelato la stessa mentalità all'opera in ancora più modi. Costantinopoli II, nei minimi dettagli, cercò di assolvere Calcedonia dall'accusa di essere stato un concilio nestoriano, perché nelle sue sessioni ecclesiastiche il concilio aveva permesso agli ex simpatizzanti nestoriani di pentirsi. È sconvolgente pensare che, se gli atti di un concilio ecumenico fossero irrilevanti, sarebbe stata necessaria l'opera di tutto un altro concilio ecumenico, o che papa Vigilio avrebbe dovuto scrivere documenti così dettagliati su ciò che era accaduto in queste sessioni come la sua Seconda Costituzione. Se i padri di Costantinopoli II e Vigilio avessero avuto una visione moderna dell'ecumenicità, avrebbero semplicemente affermato che il concilio aveva sbagliato a mettere in pratica le loro visioni dottrinali o, più semplicemente, avrebbero affermato la moderna fandonia: "i concili ecumenici sono infallibili solo nei loro canoni e decreti in materia di fede o di morale". Tuttavia, non hanno detto nessuna di queste cose. Presumevano chiaramente che lo stesso Spirito Santo dirigesse sia il lavoro disciplinare che quello dottrinale in un concilio, quindi l'autorità del decreto e dei canoni dipendeva esplicitamente dal fatto che il resto del concilio non commettesse errori dottrinali nello svolgimento delle sue altre attività.

Ironia della sorte, Costantinopoli III (definito dal dr. Ryan Strickler "il concilio degli archivisti") aveva intere sessioni dedicate alla "analisi testuale approfondita" dei manoscritti di Costantinopoli II. I punti in questione erano dichiarazioni passeggere che non si trovano nel decreto nei canoni. Infatti uno dei documenti contestati, la Lettera di san Mina, fu semplicemente allegato al verbale del concilio come documento preconciliare (qualcosa che era comune alle raccolte "ufficiali" degli atti conciliari). Quindi, l'alta considerazione dei partecipanti a un concilio graziato dall'inerranza fu applicata anche a coloro che pubblicarono i verbali stessi! Anche i documenti preconciliari erano trattati con pari autorità dei documenti conciliari. Se l'integrità dell'insegnamento di un concilio dipendeva da ciò che veniva pubblicato, allora tale scrupolosità ha senso.

Quanto precede non ha quasi alcun senso per i moderni e contraddice assolutamente l'idea che i padri avessero qualcosa di diverso da una mentalità "fondamentalista conciliare". Altrimenti, perché non dire semplicemente che i passi discutibili non erano in un decreto/canone o addirittura nel concilio stesso? Ciò tradisce, come accennato in precedenza, che la nozione di "fondamentalismo" era più ampia nella sua applicazione rispetto al solo concilio ecumenico. In generale, la mente bizantina aveva semplicemente una visione molto alta dell'autorità dei santi, e concedeva loro un'autorità al limite di quella scritturale. Padre Maximos Constas ha osservato che san Massimo considerava la "parola di Gregorio [Nazianzeno]" con "un carattere sacro, anzi ispirato, non dissimile dalle parole della Scrittura". (Ambigua, p. xiii) Yonatan Moss osservò che durante Calcedonia:

l'autorità patristica condivideva una base con l'autorità biblica. Come non si poteva mai dire che gli autori biblici, intesi come guidati dallo Spirito Santo, si fossero "sviati", così anche i padri ora erano ritenuti divinamente ispirati e quindi corretti e incrollabili in tutto ciò che scrivevano. (Incorruptible Bodies, p. 107-108)

Anche dopo Calcedonia:

La generazione di scrittori neo-calcedoniani immediatamente successiva a Severo (Efrem di Antiochia, Leonzio di Gerusalemme, [san] Giustiniano et al.) si oppose fermamente all'idea che ci fossero contraddizioni o cambiamenti storici nei padri, e sviluppò l'ermeneutica di scoprire "l'intenzione" (ἔννοια) dell'autore in ogni dato passo come la chiave per risolvere le contraddizioni. (Ibid, p. 214)

Nonostante la pletora di ovvi problemi che ciò crea nell'interpretazione dei documenti patristici, il fatto è che diversi studiosi riconoscono che i Padri della Chiesa hanno operato "stranamente" secondo tali presunzioni "fondamentaliste". Queste presunzioni non si estinsero nel primo millennio. Costantinopoli (1351) anatemizza letteralmente coloro "che non abbracciarono gli Atti dei concili ecumenici" di fronte alla "sola definizione". (Par 12) Questo phronema persiste ancora oggi tra gli ortodossi nonostante il numero di accademici che mettono in dubbio l'utilità di operare in questo modo. La vasta preponderanza del clero è inflessibile nel ripetere il mantra che "la Chiesa non è mai cambiata" e che i santi hanno mantenuto la coerenza.

Anche se le persone discutono sui dettagli, la mentalità generale è ancora un altro anello nella catena della mentalità fondamentalista del consenso della Chiesa primitiva. È una manifestazione dell'epistemologia consensuale evidente fin dall'inizio della Chiesa ed esplicitamente delineata da san Vincenzo. Alla luce di quanto precede, la domanda diventa: quando le persone hanno iniziato a pensare in modo diverso a questo? Perché coloro che ricevono un'istruzione di orientamento occidentale trovano bizzarra la mentalità "fondamentalista"?

La visione innovativa dell'ecumenicità di Anastasio il Bibliotecario

Anastasio il Bibliotecario (il ghostwriter dei papi Nicola, Adriano II e Giovanni VIII) fu la mente dietro:

  • Il mainstreaming delle decretali pseudo-isidoriane .

  • La (potenziale) falsificazione dei verbali di Nicea II per inserire prerogative papali non riscontrabili nel greco.

  • Le modifiche alla Formula di Adriano II in latino con le stesse prerogative papali.

  • La negazione della piena autorità dei canoni di Trullo per motivi diversi dall'economia .

  • L'infallibilità papale (presumendo che la lettera del papa sant'Agatone a Costantinopoli III non insegnasse questa idea).

In effetti, si può giustamente chiamare Anastasio "l'inventore del papalismo". Stabilì quasi tutte le posizioni necessarie affinché avessero un senso anche le riforme ildebrandiane, e quindi il moderno papato. L'unica eccezione è che non ha inventato la giurisdizione diretta (cosa che è stata ideata per necessità durante le Crociate).

Oltre ai precedenti, Anastasio è il primo ad opporsi al "fondamentalismo conciliare" in quanto ha inventato la (moderna) visione occidentale dell'ecumenicità (cioè solo i canoni/decreti sono infallibili in materia di fede e di morale). Forse nessun uomo nella storia della religione occidentale fino a Martin Lutero è singolarmente importante e creativo come Anastasio. Ironia della sorte, è un nome di cui quasi nessuno ha mai sentito parlare.

Anastasio affrontò l'enigma di trattare con i critici che si opponevano alla sua vigorosa trasformazione del papato nel papalismo. Questi critici hanno citato il fatto che un concilio ecumenico (la più alta autorità conosciuta del suo tempo) aveva anatemizzato papa Onorio come eretico. Il problema con questo sembra non tanto che l'infallibilità papale fosse una dottrina cara a chiunque a Roma tranne che ad Anastasio, ma piuttosto che il papa fosse passibile di giudizio da parte di estranei (soggiogandolo così al consenso della Chiesa, cosa che presumeva il Concilio di Cartagine [424]).

Questo era un "pretesto politico" ai suoi tempi perché avrebbe concesso a can Fozio e al Concilio panortodosso di Costantinopoli (867) di deporre validamente papa Nicola. Per coloro che comprendono l'ecclesiologia della Chiesa primitiva, tale deposizione era certamente valida, poiché il consenso dei patriarchi e dei loro sinodi era tutto ciò che era necessario per deporre un patriarca – anche il papa di Roma, come era avvenuto a Costantinopoli II. Questa deposizione canonica esigeva una risposta da Roma, che assolutamente non vi acconsentiva.

Papa Adriano II, succeduto a Nicola, respinse il concilio dell'867 proprio perché "aveva emesso un giudizio" su Nicola. Questo era qualcosa che presumibilmente nessuna autorità può fare con un papa, una posizione prima pienamente espressa dai falsi pseudo-simmachei ma per il resto non affermata seriamente fino a questo punto (alla luce delle precedenti deposizioni papali). (Price e Montinaro, Constantinople 869-870, p. 314) Nell'esprimere la sua frustrazione nei confronti di Fozio, papa Adriano II ammise prontamente che:

anche se Onorio fu anatemizzato dopo questa [sic, "la sua"] morte dagli orientali, si dovrebbe sapere che era stato accusato di eresia, che è l'unico reato per cui gli inferiori hanno il diritto di resistere alle iniziative dei loro superiori o sono liberi di respingere le loro false opinioni, sebbene anche in questo caso nessun patriarca o altro vescovo abbia il diritto di emettere alcun giudizio su di lui, a meno che il consenso del pontefice della stessa prima sede non lo abbia autorizzato. (Ibid.)

L'infallibilità papale chiaramente non era preoccupava papa Adriano II. Probabilmente non ne concepiva nemmeno l'idea. Il suo punto nondimeno si adattava ai suoi scopi immediati. Costantinopoli III non contraddiceva le sue prerogative papali, perché la sua anatemizzazione di Onorio era proceduralmente corretta e acconsentita dal papato. La deposizione di Nicola da parte di Costantinopoli (867) era quindi illegittima per due motivi distinti: non giudicarono Nicola colpevole di eresia né avevano il consenso di Roma.

Anastasio, invece di usare l'anatematizzazione di Onorio da parte di Costantinopoli III come prova dell'autorità papale, adottò una tattica diverso. Avendo in quel frangente tradotto di recente le opere polemiche di san Massimo (e della sua cerchia), aveva sicuramente notato la provocatoria ecclesiologia filoromana di Massimo. Massimo nutriva chiaramente l'idea dell'indefettibilità romana ("tutte le Chiese cristiane ovunque hanno tenuto e tengono lì la grande Chiesa come loro unica base e fondamento, perché, secondo le stesse promesse del Signore, le porte dell'inferno non hanno mai prevalso su di lei", PG 91:137-40 citato in Butler e Collorafi, Keys, 2004, p. 352-353) Si può azzardare che leggendo Massimo e la Formula di Adriano II così come si trova (o probabilmente così come è interpolata dallo stesso Anastasio) nei verbali latini di Costantinopoli (869) (che essenzialmente seguivano la Formula latina di Ormisda), Anastasio raccolse l'infallibilità papale. È plausibile, sebbene non scontato, che il punto di vista di Massimo sull'indefettibilità del Sinodo romano fosse del tutto coerente con il punto di vista di Anastasio sull'infallibilità della persona del papa. Eppure, Adriano II non intendeva certo la lettura delle parole a lui attribuite nella sua Formula in senso tale da contraddire la propria valutazione (e il personale anatema, come facevano allora tutti i papi nelle loro encicliche di consacrazione) di Onorio. (si veda Papadakis, The Rise of the Papacy, p. 162)

Nell'elaborare la dottrina dell'infallibilità papale, Anastasio decise di delegittimare del tutto il giudizio contro Onorio. Nella sua Lettera a Giovanni diacono di Roma sosteneva che "nemmeno per mezzo di Onorio è stata trovata alcuna traccia del serpente". (Brownen, Seventh Century Saints, p. 157) Poco prima di affermare che papa Anastasio II scrisse "con il forte peso dell'autorità della Sacra Scrittura", un riferimento non alla citazione delle Scritture ma alla natura della sua stessa scrittura. Per sostenere questa visione dell'infallibilità papale, escogitò più di alcune ragioni per cui Onorio fu erroneamente anatemizzato da Costantinopoli III (Ibid., P. 151, 153):

  • L'apologia di papa Giovanni IV identificava correttamente che Onorio non intendeva qualcosa di eretico.

  • Papa Onorio non era un eretico in piena regola perché non era "argomentativamente ostinato".

  • Non ha davvero scritto la lettera.

  • Ha scritto la lettera, ma il suo scrivano lo odiava e ha aggiunto la dichiarazione eretica .

  • Ha scritto la lettera, ma il suo scrivano non ha interrogato abbastanza Onorio, con il risultato che il criterio di "ostinazione argomentativa" non è stato soddisfatto.

  • Non è giusto giudicare le persone (cfr Lc 6:37) e a papa Onorio dovrebbe essere "concesso il beneficio del dubbio".

Apparentemente inconsapevole del fatto che l'ideazione di sei scuse separate sottolinea semplicemente quanto fosse tenue una difesa di Onorio, il nocciolo della questione è che questo metteva direttamente in discussione la mentalità "fondamentalista conciliare" di Costantinopoli III. Dopo tutto, come poteva il concilio sbagliare su un dettaglio così significativo? Anastasio propone quella che inquadra come una visione storica dell'ecumenicità contraria al "fondamentalismo":

per timore che sembriamo muovere un'accusa contro un concilio così santo e venerabile, o criticarlo con noncuranza, riteniamo opportuno considerarlo nel modo in cui sappiamo che i nostri santi padri consideravano il grande concilio di Calcedonia. Uno di loro, cioè il santo papa Gregorio, indicò che ciò doveva essere accettato solo "fino all'emanazione dei canoni". (Ibid., p. 155)

Come si vede Anastasio dà una visione ristretta della "autorità" corrispondente ai concili ecumenici, citando san Gregorio Magno come suo precedente. Infatti, Anastasio sorprendentemente non avalla esplicitamente i decreti dei concili ecumenici, dato che parla solo di accettarli "fino all'emanazione dei canoni" senza menzionare i loro decreti. Ciò era forse intenzionale, poiché papa Onorio fu condannato in entrambi i decreti di Costantinopoli III e Nicea II. Tuttavia, i canoni tendevano ad essere emanati assieme al decreto conciliare, e sarebbe bizzarro affermare che si accettava un concilio sulle questioni disciplinari, ma non riguardo al suo insegnamento sulla fede. La posizione generale di Anastasio era che i concili fossero accettati fino al punto in cui Roma li accettava, poiché cita il Trattato 4 di papa Gelasio su questo punto. (Ibid., p. 155) Egli attribuisce a Gelasio l'idea che i concili ecumenici (presumibilmente la dottrina formulata nei loro decreti) sono accettati solo su questioni di fede/morale ("per la comunione della fede e della verità cattolica e apostolica, (Ibid., p. 157). La visione dell'autorità del papa era forse in contraddizione con il "fondamentalismo conciliare" come sostiene Anastasio?

La citazione di Gregorio è identificata in una nota a piè di pagina da "Registrum IX, 148, 702.95-97". Si tratta infatti del Libro 9, Lettera 52 , PL 77 986-987, qualcosa che ho verificato abbinando il testo latino alla Patrologia Latina usando Googlebooks. Con l'aiuto di John Collorafi, sono stato in grado di apprendere che il contesto di ciò che Gregorio affermava è (non sorprendentemente) incoerente con il punto generale di Anastasio. Gregorio non si opponeva al "fondamentalismo conciliare". Piuttosto, ne esponeva la nozione.

Gregorio sta rispondendo alle accuse mosse da coloro che si opposero a Costantinopoli II sulla base del fatto che esso contraddiceva Calcedonia. Nel brano che Anastasio cita, Gregorio afferma che "il santo sinodo di Calcedonia parlò di cause generali [cioè le sessioni ecclesiastiche ] fino alla definizione della fede [cioè al decreto] e alla promulgazione dei canoni". Come si può vedere, sta semplicemente affermando che Calcedonia ha condotto affari ecclesiastici oltre a emanare un decreto e dei canoni. Sembra che Anastasio abbia eliminato di proposito la parte della citazione relativa al decreto, o che volesse intendere "decreto e canoni". Anastasio a parte, Gregorio non comunica esplicitamente alcuna forma di accettazione ristretta di Calcedonia.

In effetti, egli va avanti e difende i dettagli che circondano le "cause generali". Critica il negazionista di Costantinopoli II: "tu riconosci che la lettera [a Mara] in cui il reverendissimo Iba nega [il concilio] è sua". Sostiene quindi che Calcedonia non ha mai accettato questa lettera (concordando con Costantinopoli II), perché la lettera ovviamente condannava Cirillo e difendeva Nestorio. Questo era qualcosa che "contraddice lo stesso sinodo" poiché Iba anatemizza Nestorio "come eretico e venera il beato Cirillo". In difesa dell'analisi della questione della Lettera a Mara da parte di Costantinopoli II, Gregorio afferma che non è possibile che il concilio l'abbia accettata in quanto "senza dubbio [essa] si è dimostrata contraria alla definizione del santo sinodo".

Pertanto, san Gregorio non utilizza la nuova epistemologia dell'ecumenicità che gli attribuisce Anastasio. Piuttosto, il primo sta impiegando quella che Moss chiama "l'ermeneutica dell'...intenzione" nel difendere l'integrità dell'insieme dei verbali di Calcedonia: sia le "cause generali" che il decreto/i canoni. Sta sostenendo che sono tutti fondamentalmente coerenti e che Calcedonia non potrebbe voler concludere una questione ecclesiastica, o approvare un documento conclusivo, in un modo dottrinalmente incoerente con la sua stessa definizione. Questo è letteralmente l'opposto di ciò che Anastasio gli stava attribuendo. Se questo è stato il miglior "testo di prova" che è riuscito a trovare, si tratta in effetti di una concessione al consenso "fondamentalista conciliare".

Il Trattato 4 di papa Gelasio (Thiel, Epistolae Papae Gelasii, Tractatus 4.1, 558) difende l'intero concilio di Calcedonia in modo diverso. Gelasio sostiene che:

poiché o [Calcedonia] deve essere ammesso nella sua interezza, o se è riscattabile solo parzialmente, non è più possibile che si mantenga saldo nella sua interezza: lo sappiano dunque secondo le Sacre Scritture e la tradizione degli antichi, come così come i canoni e le regole della Chiesa, per la fede, la comunione e la verità cattolica e apostolica, per la quale questa è delegata dalla sede apostolica e confermata dai fatti, ammessi senza dubbio da tutta la Chiesa.

Gelasio prosegue poi lamentandosi del Canone 28:

Ma c'è un'altra [presunta parte di Calcedonia, cioè il canone 28] che, per incompetente presunzione, vi viene portata avanti, o meglio allargata, che la sede apostolica è pienamente delegata a svolgere, che è stata manifestamente contraddetta dai vicari della sede apostolica.

La lettera di Gelasio fu scritta durante lo scisma acaciano in cui l'integrità di Calcedonia era sotto attacco. Il suo punto è che tutto Calcedonia "deve essere ammesso nella sua interezza" come le Scritture e i santi, altrimenti non sarebbe affatto un concilio ecumenico. In difesa dell'integrità di Calcedonia contro una critica secondo cui il disaccordo sul canone 28 avrebbe compromesso l'integrità dell'intero concilio, Gelasio sostiene che questo canone mancava di consenso, in particolare dell'approvazione di Roma. Ciò è stato registrato nei verbali di Calcedonia stessa nella 16a sessione (a cui allude), quindi ciò non sarebbe affatto incoerente con l'accettazione della "totalità" del suddetto concilio.

Come la citazione di Gregorio, le citazioni di Gelasio in realtà difendono il "fondamentalismo conciliare". Inoltre, danneggiano l'intero punto di Anastasio poiché Gelasio sta semplicemente spiegando che il consenso determina ciò che è precisamente autorevole all'interno della "totalità" di un concilio ecumenico. Il fatto che Roma abbia effettivamente acconsentito alla condanna di papa Onorio come eretico in due concili ecumenici è sicuramente controproducente per Anastasio se la sua base per contestare queste sezioni dei concili è il criterio di Gelasio sul consenso romano. Infine, l'inserimento da parte di Anastasio di "per la comunione della fede e della verità cattolica e apostolica", ovvero l'idea che la parte del concilio accettata da Roma sia autorevole in quanto tocca questioni di fede, sta citando questo passo fuori contesto . In effetti, Gelasio equipara Calcedonia alle Scritture e alla patristica come qualcosa che deve essere sostenuto nella propria interezza in quanto tutto costituisce la base della "verità cattolica e apostolica".

Conclusione

Il pedigree patristico del "fondamentalismo conciliare" è innegabile e per questo motivo diversi studiosi riconoscono che questo phronema bizantino è alla base della loro epistemologia dell'ecumenismo e dell'ermeneutica patristica. La restrittiva presunzione occidentale che solo il decreto e i canoni dei concili ecumenici (relativi alla fede e alla morale) siano infallibili, e non i verbali, è un'idea non solo priva di merito patristico, ma il suo ideatore può effettivamente essere chiamato per nome: Anastasio il Bibliotecario. Anastasio, proprio come ha inventato tante altre idee di sana pianta basate su falsi o interpretazioni fuori contesto della patristica, allo stesso modo ha inventato quello che era l'antecedente della moderna visione occidentale dell'ecumenicità. Non a caso, la sua visione riveduta dell'ecumenicità fu inventata per rafforzare le sue innovative affermazioni papali, proprio come lo erano tutte le altre sue innovazioni. Per questo motivo, il rifiuto del "fondamentalismo conciliare" è stato uno dei cambiamenti in Occidente che avrebbe avuto un ruolo nella creazione dei molto disparati presupposti epistemologici che da allora hanno alienato il cristianesimo occidentale dal consenso patristico ortodosso.

 
Appello alle madri dell'Ucraina

Una delle reazioni più imprevedibili della crisi ucraina è stata la rivolta delle madri, di cui abbiamo parlato in alcune occasioni, a partire dalle proteste delle madri dei coscritti in Bucovina fino a quelle delle madri delle vittime del Donbass. Oggi, la reazione delle madri in tutta l’Ucraina potrebbe proprio essere il fattore decisivo per la cessazione delle ostilità militari. Per questo, sta ora circolando un appello internazionale, scritto da donne della diaspora russa e diffuso dal blog di Saker, di cui presentiamo il testo russo e la traduzione italiana nella sezione “Geopolitica ortodossa” dei documenti. Questo documento arriva insieme all’invito della sua diffusione più capillare possibile, in modo da poter moltiplicare le voci delle madri che possono mettere un freno all’insensata distruzione di vite umane.

 
Rapporto sulla situazione ucraina (29 agosto 2014)

In un modo molto chiaro, Saker ha riassunto nel suo blog tutti i dati del sorprendente cambio di fronte degli ultimi giorni in Novorossija, e delle conseguenze che questo ha avuto in tutta l’Ucraina e nel mondo. Essendo sicuri che queste informazioni NON saranno date dai nostri media, tutti occupati a farci bere le stupidaggini dell’intervento militare russo, riportiamo volentieri la traduzione del rapporto di Saker nella sezione “Geopolitica ortodossa” dei documenti.

 
Divorzio e nuovo matrimonio nell'Occidente latino: una storia dimenticata

Il matrimonio di Artù e Ginevra – XV secolo

Parte I (Una storia dimenticata)

17 settembre 2016

Negli ultimi anni sono stati pubblicati numerosi articoli su Internet che parlano delle differenze tra l'Occidente latino e l'Oriente greco sulla questione dell'indissolubilità del matrimonio, del divorzio e delle seconde nozze. I cattolici hanno spesso visto l'Oriente greco deviare dal corretto insegnamento in materia. E sia gli ortodossi che i cattolici hanno spesso visto l'Occidente latino come un monolite riguardo alla sua posizione sul divorzio e sulle seconde nozze. La verità della questione, tuttavia, è molto più complessa. L'Occidente latino ha avuto per molto tempo una ricca tradizione di consenso al divorzio e al nuovo matrimonio in una varietà di circostanze e in una serie di condizioni. Il mio scopo qui è di illustrare tali punti e di dimostrare che questa tradizione non era affatto minore, ma molto popolare per molti secoli nell'Occidente latino. Per molti versi, questa tradizione era analoga alla tradizione greca in Oriente.

Prima di iniziare questo elenco, lasciatemi fare la seguente dichiarazione. C'è molto da dire sulla parola greca o clausola della porneia in Matteo 19:9. Per una breve introduzione alla grande discussione al riguardo, si veda il seguente post sul blog Shameless Popery. Io non conosco il greco, quindi non cercherò di offrire la mia interpretazione del testo greco originale né citerò fonti secondarie a mio favore poiché non posso valutare criticamente la loro comprensione del greco. Tuttavia, sono piuttosto contento di lavorare con la Vulgata e la vasta letteratura latina sull'argomento. Inoltre, credo sia importante sottolineare che per molti secoli la clausola porneia o in latino la clausola fornicationem (cfr Vulgata, Mt 19:9) era intesa come una clausola di eccezione. Spesso questa tradizione è spazzata via come qualcosa di minore. Se si guarda solo ai Padri della Chiesa, allora forse hanno ragione. Tuttavia va tenuto presente che anche il gruppo di Padri della Chiesa che sosteneva l'opinione maggioritaria del divieto di un secondo matrimonio è ulteriormente suddiviso in varie opinioni di gruppo più piccole. Per esempio, Basilio e Tertulliano disapprovavano fortemente i secondi matrimoni, anche dopo la morte del coniuge. Una volta vista in questa luce, si comincia a comprendere che la questione delle seconde nozze nel suo insieme, così come delle seconde nozze dopo il divorzio, è un tema straordinariamente complesso nel primo millennio della Chiesa sia nell'Occidente latino che nell'Oriente greco.

A proposito dell'Oriente greco e delle sue tradizioni, c'è un blog cattolico che già se ne serve per argomentare l'indissolubilità del matrimonio. In effetti, ecco un post e poi un altro del famoso apologeta Dave Armstrong. Non entrerò nei dettagli su come si sbagliano con la loro affermazione che la Chiesa ortodossa ha ignorato il consenso dei Padri orientali della Chiesa sul fatto che il matrimonio è indissolubile. Farò solo il breve commento che molti di questi Padri della Chiesa stanno parlando nel contesto del genere parenetico. Inoltre, citerò brevemente un eccellente articolo sull'argomento:

L'idea per cui il vincolo matrimoniale sussisteva nonostante il divorzio giustificato, fondato cioè sulla clausola di eccezione di Matteo, è formalmente contraddittoria con la posizione generale dei Padri orientali. Sarebbe noioso citare tutte le testimonianze esplicite in tal senso. Basti citare san Giovanni Crisostomo, il quale conferma che con l'adulterio il matrimonio si scioglie e che dopo la fornicazione il marito cessa di essere marito. Quanto a san Cirillo di Alessandria, afferma espressamente: "Non è un atto di divorzio che scioglie il matrimonio davanti a Dio, ma le azioni cattive".

Vescovo Peter L'Huillier, "L'indissolubilità del matrimonio nella legge e nella pratica ortodossa", St. Vladimir's Theological Quarterly 32 (1988): 206.

Se si desidera leggere di più sulla questione specifica dei Padri orientali della Chiesa, allora vi incoraggio a leggere il seguente articolo sopra citato, che tocca anche i Padri latini della Chiesa:

Vescovo Peter L'Huillier, "L'indissolubilità del matrimonio nella legge e nella pratica ortodossa", St. Vladimir's Theological Quarterly 32 (1988): 199-221.

Allo stesso tempo, vorrei anche suggerire di leggere il meraviglioso articolo sul trattamento del matrimonio da parte dell'Occidente latino, che ho anche utilizzato in larga misura per attingervi le mie fonti primarie:

Jo-Ann McNamara e Suzanne F. Wemple, "Marriage and Divorce in the Frankish Kingdom," in Women in Medieval Society, a cura di Susan Mosher Stuard (Philadelphia: University of Pennsylvania Press, 1976), 95-124.

Ora, senza ulteriori indugi, diamo un'occhiata alla lista! Lo scopo di questo elenco non è necessariamente quello di provare qualcosa contro l'attuale posizione latina, in particolare quella sostenuta dalla Chiesa cattolica (sebbene sia sostenuta anche da alcuni protestanti), sull'indissolubilità del matrimonio. Piuttosto il mio scopo qui è quello di evidenziare una tradizione di concili, di due Padri della Chiesa latina e dei penitenziali altomedievali usati dai sacerdoti che chiaramente consentono il divorzio e il nuovo matrimonio in una varietà di circostanze. Questa tradizione nell'Occidente latino risale almeno all'inizio del IV secolo.

Concili latini della Chiesa

Concilio di Arles, 314 d.C.:

De his qui coniuges suas in adulterio depraehendunt, et idem sunt adulescentes fideles et prohibentur nubere, placuit ut, quantum possit, consilium eis detur ne alias uxores, viventibus etiam uxoribus suis licet adulteris, accipiant.

Riguardo a questi [uomini] che trovano le loro mogli in adulterio – e [che] sono giovani cristiani, e [a cui] è proibito sposarsi – è stato deciso che, per quanto possibile, anche se la loro moglie adultera è viva, si dia loro il consiglio di non sposare un'altra donna.

Concilium Arelatense, canone 10, Mansi 2: 472

Concilium Arelatense, canone 10, in Conciliae Galliae A. 314-A.506, a cura di C. Munier, CCSL tomo 148 (Turnholt, 1963), pag. 11

Ora, per il Concilio di Arles, il mio lettore potrebbe essere confuso se avesse letto questo blog cattolico in cui l'autore fraintende il canone come sostegno all'indissolubilità del matrimonio. Il problema con la traduzione è che traduce male la frase chiave, "quantum possit" con "per quanto può essere". Ho evidenziato in grassetto la mia traduzione della frase. "Possit" è la forma presente del congiuntivo del verbo "possum", che significa "essere in grado", non "essere". Il latino corretto per la traduzione inglese dell'autore cattolico sarebbe il seguente: "quantum sit", che in realtà non avrebbe nemmeno senso in questo contesto. L'implicazione di questa frase è che l'uomo può sposare un'altra donna mentre la sua prima moglie è ancora viva, se si trova incapace di astenersi dal sesso. Idealmente, si astiene. Tuttavia, se non può, dovrebbe risposarsi per evitare la fornicazione. Questo canone è ben lontano dal sostenere il principio dell'indissolubilità del matrimonio, poiché sancisce il nuovo matrimonio dopo il divorzio.

Concilio di Vannes, 465 d.C.:

Eos quoque, qui relictis uxoribus suis, sicut in evangelio dicitur excepta causa fornicationis, sine adulterii probatione alias duxerint, statuimus a communion similiter arcendos, ne per indulgentiam nostrum praetermissa peccata alios ad licentiam erroris invitent.

Inoltre, a coloro che hanno abbandonato le loro mogli, proprio come è detto nel Vangelo, eccetto che per causa di fornicazione, che hanno sposato un'altra senza prova di adulterio, vietiamo parimenti la comunione, affinché non per nostra indulgenza invitino più i peccati permessi alla licenza dell'errore.

Concilium Veneticum, canone 2, Mansi 7: 953

Concilium Veneticum, canone 2, CCSL, 148: Pag. 152

Concilio di Soissons, 744 d.C.

Similiter constituimus, ut nullus laicus homo Deo sacratam feminam ad mulierem non habeat nec sua parentem; nec maritus vivente sua muliere aliam non accipiat, nec mulier vivente suo viro alium accipiat, quia maritus mulierem suam non debet dimittere, excepta causa fornicationis deprehensa.

Allo stesso modo stabiliamo che nessun laico può avere come moglie una propria parente o una donna con sacrata a Dio. Né il marito può sposare un altro mentre sua moglie vive, né la moglie può sposare un altro mentre suo marito vive, perché il marito non deve licenziare sua moglie, a meno che non sia stato scoperto un caso di adulterio.

Concilium Suessionense, canone 9, MGH, Concilium 2.1: 35

Ho incluso solo questo canone del Concilio di Soissons (744) perché originariamente lo includevo come prova certa della mia argomentazione. Tuttavia, come ha sostenuto il mio commentatore PatriciusPulcher, la mia interpretazione era fin troppo certa. Tuttavia, poiché questa è una modifica che esce quasi due anni e mezzo dopo la mia pubblicazione originale, mi sento obbligato citare qui sotto la mia argomentazione originale per il bene dei posteri.

Ora alcuni potrebbero obiettare al suddetto canone in quanto sostiene il nuovo matrimonio sulla base del fatto che esclude il nuovo matrimonio sulla base del fatto che il coniuge è ancora in vita. Potrebbero quindi sostenere inoltre che il divorzio è in realtà solo una separazione in caso di adulterio. Questa interpretazione è semplicemente impossibile. Il termine "quia" o "perché" indica che un marito non deve divorziare dalla moglie e sposarne un'altra mentre sua moglie vive, tranne in caso di adulterio. Il "perché" deve necessariamente valere per tutto il senso della frase. Inoltre, "perché" o "quia" implica un motivo determinante. Le circostanze del canone qui parlano di divorzi già avvenuti. Pertanto, non avrebbe senso dare la clausola di eccezione per il fatto della separazione, che non li riguarda.

Nota: questa è l'argomentazione originale e alquanto imbarazzante che avevo originariamente fatto. È vergognoso che ci abbia messo così tanto a correggerla dopo aver ammesso il mio errore. Le mie più sentite scuse.

Quanto a quale sia la mia attuale argomentazione a favore del Concilio di Soissons (744), credo che le possibilità che esso sostenga la mia argomentazione – che il divorzio e il nuovo matrimonio erano consentiti abbastanza ampiamente nell'Occidente latino durante la tarda antichità e l'alto medioevo – siano circa il 50%. Il canone stesso non dice esplicitamente che il nuovo matrimonio è consentito dopo il divorzio. Spiega solo che può avvenire un divorzio. Se la formulazione implica che un nuovo matrimonio è possibile nei casi di adulterio, beh, il canone può essere letto in entrambi i modi. Si può leggere che il nuovo matrimonio in tali casi può avvenire solo dopo la morte della prima moglie o che può avvenire a prescindere. Questo canone ricorre in prossimità del Concilio di Compiègne (757) e del Concilio di Verberie (?758-768?), i cui due canoni sono molto più chiari sull'ammissibilità del divorzio e del nuovo matrimonio. Come ho suggerito nella mia risposta a PatriciusPulcher, Compiègne e Verberie potrebbero essere letti come chiarimenti di Soissons. Ma questa linea di argomentazione non è infallibile, poiché presuppone la coerenza tra tutti e tre i concili, quando l'incoerenza avrebbe potuto benissimo essere la realtà storica. Quindi lascio Soissons qui come il mio esempio più ambiguo su cui non posso giungere a conclusioni definitive.

Concilio di Compiègne, 757 d.C.:

Si quis homo habet mulierem legittimam, et frater eius adulteravit cum ea, ille frater vel illa femina qui adulterium perpetraverunt, interim quo vivunt, numquam habeant coniugium. Ille cuius uxor fuit, si vult, potestatem habet accipere aliam.

Se un uomo ha una moglie legittima e suo fratello ha commesso adulterio con lei, quel fratello e quella donna che ha commesso adulterio non possono mai sposarsi tra loro durante la vita. Quell'uomo che era suo sposo, se lo desidera, ha il potere di sposare un'altra.

Capitularia regum francorum, can. 11, MGH 1: 38

Concilio di Verberie, AD ?758-768?:

Si qua mulier mortem viri sui cum aliis hominibus consiliavit, et ipse vir ipsius hominem se defendo occiderit et hoc probare potest, ille vir potest ipsam uxorem dimittere et, si voluerit, aliam accipiat.

Se una moglie ha cospirato per l'omicidio del marito con un altro uomo, e l'uomo stesso [N.B.: il marito] uccide l'altro uomo per legittima difesa ed è in grado di provarlo, quell'uomo è in grado di divorziare dalla moglie, e se desidera, sposare un'altra.

Capitularia regum francorum, can. 5, MGH 1: 40

Sinodo di Roma, 826 d.C., presieduto da papa Eugenio II:

De his, qui adhibitam sibi uxorem reliquerunt et aliam sociaverunt. Nulli liceat, excepta causa fornicationis, adhibitam uxorem relinquere et deinde aliam copulare; alioquin transgressorem priori convenit sociari coniugio. Sin autem vir et uxor divertere pro sola religiosa inter se consenserint vita, nullatenus sine conscientia episcopi fiat, ut ab eo singulariter proviso constituantur loco. Nam uxore nolente aut altero eorum etiam pro tali re matrimonium non solvatur.

Forma minor: Nullus excepta causa fornicationis uxorem suam dimittat. Si vero vir et uxor pro religion dividi voluerint, cum consensus episcopi hic faciant. Nam si unus voluerit et alius noluerit, etiam pro tali re matrimonium non solvatur.

Riguardo a quegli uomini che hanno divorziato dalle [loro] mogli sposate e ne sposano un'altra. Nessuno, tranne che per causa di fornicazione, divorzi dalla moglie sposata e poi ne sposi un'altra. Per il resto è conveniente che il trasgressore sia sposato con il primo coniuge. Se però un marito e una moglie acconsentono al divorzio tra loro per amore della vita monastica, ciò non avverrà in alcun modo senza la comune conoscenza del vescovo, in modo che possano essere posti da lui in un luogo adatto a ciascuno. Infatti, a causa di una moglie o di un marito riluttante, non si sciolga il matrimonio.

Forma breve: Nessuno divorzi dalla moglie se non per causa di fornicazione. Se invero un marito e una moglie desiderano separarsi per [perseguire] la vita monastica, lo facciano con il consenso del vescovo. Infatti, se uno lo vuole e l'altro no, il matrimonio non si sciolga.

Concilia Romanum, can. 36, MGH, Concilia aevi Karolini, 2.1: 582

Come si può facilmente vedere, la tradizione canonica per le seconde nozze dopo il divorzio nell'Occidente latino era forte nel primo millennio.

Padri della Chiesa: Girolamo e Ambrosiaster

Esaminiamo ora due dei Padri della Chiesa latina.

San Girolamo su Matteo 19:9, AD 398:

La fornicazione sconfigge l'affetto per la propria moglie. Infatti, "l'unica carne" che ha con sua moglie, la condivide con un'altra donna. Con la fornicazione ella si separa dal marito. Non dovrebbe essere trattenuta, per non causare la maledizione anche di suo marito, poiché la Scrittura dice: "Chi tiene un'adultera è stolto ed empio (Proverbi 18:22)". Pertanto, ogni volta che c'è fornicazione e sospetto di fornicazione, una moglie è liberamente divorziata. E poiché può accadere che qualcuno denunci falsamente un innocente e, a causa della seconda unione matrimoniale, accusi la prima moglie, è comandato di ripudiare la prima moglie in modo che non abbia seconda moglie mentre la prima è in vita. Infatti dice quanto segue: Se divorzi da tua moglie non per lussuria, ma per un'ingiuria, perché dopo l'esperienza del primo matrimonio infelice ti offri al pericolo di un nuovo matrimonio? E inoltre, poteva accadere che, secondo la stessa legge, anche la moglie avrebbe dato al marito un atto di ripudio. E così, con la stessa precauzione, è comandato che non riceva un secondo marito. E poiché una prostituta e colei che un tempo era stata un'adultera non temevano il rimprovero, al secondo marito viene comandato che se sposa una tale donna, sarà accusato di adulterio.

Girolamo, Commentario su Matteo, Patrologia Latina 26: 0135A – 0135B

Girolamo, Commentario su Matteo 19:9, Trad. di Thomas P. Scheck, Commentario su Matteo (Washington DC: Catholic University of America Press, 2008): 216-217

Questo passo del commento di Girolamo è spesso frainteso nel senso che qui sostiene l'indissolubilità del matrimonio. Semplicemente non è così. Girolamo è particolarmente preoccupato per la prospettiva che un marito o una moglie divorzino dal proprio coniuge per motivi ingiustificati o per motivi pretestuosi. Se ciò accade e poi si sposano, allora sia la parte ignara che quella più colpevole sono colpevoli di adulterio. Pertanto, Girolamo mette in dubbio le motivazioni di chi divorzia e poi sposa qualcun altro. Insinua che la parte offesa di un primo matrimonio dovrebbe essere così ferita emotivamente da non volersi risposare. In caso contrario, potrebbe benissimo essere che le accuse contro il coniuge di motivare il divorzio siano state inventate. Girolamo proibisce o almeno mette in guardia dal risposarsi per questi motivi. Mentre mi rendo conto che la posizione di Girolamo nella sua lettera 77 è diversa, penso che sia importante notare qualsiasi fluidità o cambiamento nella sua posizione.

L'anonimo Ambrosiaster (?366-384?):

Il consiglio dell'apostolo è il seguente: Se una donna ha lasciato il marito a causa del cattivo comportamento di questi, dovrebbe rimanere nubile o riconciliarsi con lui. Se non riesce a controllarsi, perché non vuole lottare contro la carne, allora lascia che si riconcili con suo marito. Una donna non può sposarsi se ha lasciato il marito a causa della sua fornicazione o apostasia, o perché, spinto dalla lussuria, desidera avere rapporti sessuali con lei in modo illecito. Questo perché la parte inferiore non ha gli stessi diritti previsti dalla legge di quella più forte. Ma se il marito si allontana dalla fede o desidera avere rapporti sessuali perversi, la moglie non può né sposare un altro né tornare da lui. Il marito non dovrebbe divorziare dalla moglie, anche se si dovrebbe aggiungere la clausola "tranne che per fornicazione". Il motivo per cui Paolo non aggiunge, come fa nel caso della donna, "ma se lei se ne va, dovrebbe rimanere com'è" è perché un uomo può risposarsi se ha divorziato da una moglie peccatrice. Il marito non è limitato dalla legge come lo è una donna, perché il capo della donna è suo marito.

Ambrosiaster, Commentario a 1 Corinzi 7:11, Patrologia Latina 17: 0230A – 0230B

Ambrosiaster, Commentario a 1 Corinzi 7:11: 11 Trad. di Gerald L. Bray, Commentari su Romani e 1-2 Corinzi (InterVarsity Press, 2009): 150-151

Mentre lo sfacciato sessismo dell'Ambrosiaster è indubbiamente (e giustamente) inquietante per noi oggi, è chiaro che comprendeva alcuni motivi legittimi per il divorzio e il nuovo matrimonio. Qualsiasi affermazione secondo cui pensa che i matrimoni siano indissolubili contraddice la sua sanzione di risposarsi per gli uomini divorziati.

Libri penitenziali latini

Occupiamoci infine dei libri penitenziali usati dai confessori. I primi due esempi provengono dalla sezione nota come Gli estratti (Excerptiones), vale a dire che le seguenti linee guida per la penitenza sono tratte da vari canoni di vari concili e Padri della Chiesa. Secondo Mansi, questi furono composti intorno all'anno 748, ma tale data è da prendere con una certa cautela poiché il sistema di datazione di Mansi è vecchio di secoli:

Si mulier discesserit a viro suo, despiciens eum, nolens revertere et reconciliari viro post quinque vel septem annos, cum consensus episcopi, ipse aliam accipiat uxorem, si continens esse non poterit, et poeniteat tres annos, vel etiam quamdiu vixerit, quia juxta sententiam Domini moechus comprobatur.

Se una donna si separa dal marito, disprezzandolo, non volendo tornare e riconciliarsi con l'uomo, [allora] dopo cinque o sette anni, con il consenso del vescovo, egli stesso può prendere un'altra moglie se non può essere continente. E che si penta per tre anni, o anche per quanto tempo vive, a causa della dichiarazione del Signore che stabilisce [i criteri] per un adultero.

Pseudo-Egoberto, Penitentiale Egberti, 122, Mansi 12: 424

Altro:

Si cujus uxor in captivitatem ducta fuerit, et ea redimi non poterit, post annum septimum alteram accipiat: et si postea propria, id est prior mulier, de captivitate reversa fuerit, accipiat eam, posterioremque dimittat. Similiter autem et illa, sicut superius diximus, si viro talia contigerint, faciat.

Se una moglie viene condotta in cattività e lui non è in grado di riscattarla, dopo sette anni può sposarne un'altra. E soprattutto se la prima donna ri torna dalla prigionia, egli la accolga e congedi la seconda moglie. E allo stesso modo, proprio come abbiamo detto sopra, può fare la donna se tali [eventi] sono accaduti al suo uomo.

Pseudo-Egoberto, Penitentiale Egberti, 123, Mansi 12: 424

Altro:

Si uxor viri cujusdam adulteretur, maritus eam potest deserere, et aliam ducere, si ea prima fuerit uxor; si autem secunda vel tertia fuerit, non potest aliam ducere: si uxor flagitia sua comittere velit intra quinque annos, alii viro nubere debet. Si mortuus maritus sit, uxor intra annum alium sumere potest. Quicumque maritus uxorem suam deseruerit, et ie injusto matrimonio (alii) adjungat, jejunet septem hyemes severum jejunium, vel quindecim leviora. Quicumque multa mala perpetraverit in homicidium, et occisionem hominis, et injustum concubitum cum bestiis, et cum mulieribus, eat ad monasterium, et semper jejunet usque ad finem vitae, si valde multa miserit.

Se la moglie dello stesso uomo ha commesso adulterio, il marito può divorziare da lei e sposarne un'altra [solo] se lei [l'adultera] è stata la prima moglie. Ma se era la seconda o la terza, non può sposarsi [di nuovo]. Se la moglie desidera compiere il suo atto vergognoso durante lo spazio di cinque anni, [allora] dovrebbe sposare un altro uomo. Se il marito è morto, la moglie può sposarsi nel giro di un anno. Ogni marito che divorzia dalla moglie e ne sposa un'altra in un matrimonio ingiusto, digiuni per sette inverni di duro digiuno o quindici inverni di digiuno leggero. Chi commette molti mali come l'uccisione di un uomo, i rapporti sessuali ingiusti con bestie e con donne, vada in monastero e digiuni in continuazione fino alla fine della sua vita, se veramente rinuncia ai molti [mali].

Pseudo-Egoberto, Penitentiale Egberti, 19, Mansi 12: 436

Questa prescrizione di cui sopra è particolarmente degna di nota perché la sua posizione sul nuovo matrimonio è molto vicina all'attuale pratica ortodossa.

E il penitenziale finale:

Si maritus cum propria sua uxore coeat, lavet se antequam ad ecclesiam abeat; si mulier maritum suum a se rejiciat, et dein nolit resipiscere, et cum eo in quinque annis pacem inire, maritus cum consensus episcopi, aliam uxorem ducere potest. Si maritus uxoris in captivitatem ducatur, expectet cum sex annos, et ita vir uxori faciat, si ei captivitas accidat; si maritus aliam uxorem ducat, et captiva post quinque annos redeat, deserat posteriorem, et captivam sumat, quam antea eodem modo duxerat. Cum vir in adulterio conjunctus sit uxori suae familiae, post uxoris suae mortem, legitimo jure uxori illi conjungatur.

Se un marito si accoppia con sua moglie, che si lavi prima di andare in chiesa. Se la donna respinge da sé il marito, e poi non vuole ravvedersi, ed egli passa con lei cinque anni tranquilli, il marito con il consenso del vescovo può sposare un'altra. Se il marito è condotto in cattività, che la moglie aspetti sei anni, e così faccia faccia con la moglie, se è condotta in cattività. Se il marito sposa un'altra moglie e la moglie catturata ritorna entro cinque anni, abbandoni quest'ultima moglie e riprenda la moglie [precedentemente] catturata, poiché era stato sposato con lei prima. Quando si scopre che un uomo ha commesso adulterio con una donna della famiglia di sua moglie, dopo la morte di sua moglie, può legittimamente sposaesi con quell'[altra] donna.

Pseudo-Egoberto, Penitentiale Egberti, 26, Mansi 12: 438

Queste esegesi di due Padri della Chiesa latina, i canoni di sei concili della Chiesa latina (uno dei quali ebbe luogo a Roma e fu presieduto da un papa), e varie dichiarazioni e prescrizioni date nei libri penitenziali servono tutti a chiarire che l'Occidente latino per la maggior parte del primo millennio era lungi dall'aver raggiunto un consenso sulla questione del divorzio e delle seconde nozze, così come sulla questione dell'indissolubilità. Se qualcuno vuole sapere cosa alla fine iniziò ad accadere a questa tradizione a partire dal IX secolo, suggerisco con tutto il cuore di leggere l'articolo di McNamara e Wemple che ho elencato sopra. Tutto quello che dirò sull'argomento è che Carlo Magno ebbe un grande impatto sul processo storico.

Parte II (un'aggiunta)

9 maggio 2017

matrimonio medievale

Molti mesi fa, ho pubblicato un post sulla storia del divorzio e del nuovo matrimonio nell'Occidente latino durante il primo millennio. In questo post ho presentato due Padri della Chiesa, sei concili ecclesiastici e quattro prescrizioni penitenziali che consentono il divorzio e il nuovo matrimonio in una varietà di circostanze. Ho ricevuto alcuni feedback da varie persone e volevo dedicare del tempo sia per chiarire alcuni punti, sia per aggiungere ulteriori prove dei permessi latini per il divorzio e il nuovo matrimonio. In particolare, vorrei chiarire l'attuale valutazione accademica del Canone 36 del Sinodo di Roma (826), aggiungere sia il Concilio di Elvira (c. 300) che il Concilio di Agde (506) come favorevoli al divorzio e alle nuove nozze, aggiungere altri canoni del Concilio di Compiègne (757), i canoni del Libro penitenziale dello pseudo-Teodoro, oltre alle sentenze di due papi: papa Innocenzo I e papa Leone I. Insomma, sto semplicemente aggiungendo MOLTE altre prove all'affermazione che il divorzio e il nuovo matrimonio nell'Occidente latino erano comuni nella Chiesa del primo millennio. Ci sono un'infinità di articoli cattolici là fuori che affermano sia il contrario, sia che la Chiesa ortodossa ha deviato dalla sacra tradizione su questo tema. Qui spero di far sparire completamente entrambe queste nozioni.

Prima di iniziare, vorrei solo riconoscere che le seguenti fonti secondarie si sono dimostrate preziose per me per scrivere questo post. Consiglio vivamente ai miei lettori di osservarle:

Jo-Ann McNamara e Suzanne F. Wemple, "Marriage and Divorce in the Frankish Kingdom," in Women in Medieval Society, a cura di Susan Mosher Stuard (Philadelphia: University of Pennsylvania Press, 1976), 95-124.

Rachel Stone, Morality and Masculinity in the Carolingian Empire (New York: Cambridge University Press, 2012), 268-274.

Philip Lyndon Reynolds, Marriage in the Western Church: The Christianization of Marriage During the Patristic and Early Medieval Periods (New York: EJ Brill, 1994), 173-226.

Nota: ho usato altre pagine dal libro sopra citato di Reynolds, ma le pagine elencate sono le più pertinenti.

Il Sinodo di Roma (826 d.C.) riconsiderato

Per prima cosa, consideriamo il Sinodo di Roma, dell'anno 826 d.C., che dice quanto segue:

De his, qui adhibitam sibi uxorem reliquerunt et aliam sociaverunt. Nulli liceat, excepta causa fornicationis, adhibitam uxorem relinquere et deinde aliam copulare; alioquin transgressorem priori convenit sociari coniugio. Sin autem vir et uxor divertere pro sola religiosa inter se consenserint vita, nullatenus sine conscientia episcopi fiat, ut ab eo singulariter proviso constituantur loco. Nam uxore nolente aut altero eorum etiam pro tali re matrimonium non solvatur.

Forma minor: Nullus excepta causa fornicationis uxorem suam dimittat. Si vero vir et uxor pro religion dividi voluerint, cum consensus episcopi hic faciant. Nam si unus voluerit et alius noluerit, etiam pro tali re matrimonium non solvatur.

Riguardo a quegli uomini che hanno divorziato dalle [loro] mogli sposate e ne sposano un'altra. Nessuno, tranne che per causa di fornicazione, divorzi dalla moglie sposata e poi ne sposi un'altra. Per il resto è conveniente che il trasgressore sia sposato con il primo coniuge. Se però un marito e una moglie acconsentono al divorzio tra loro per amore della vita monastica, ciò non avverrà in alcun modo senza la comune conoscenza del vescovo, in modo che possano essere posti da lui in un luogo adatto a ciascuno. Infatti, a causa di una moglie o di un marito riluttante, non si sciolga il matrimonio.

Forma breve: Nessuno divorzi dalla moglie se non per causa di fornicazione. Se invero un marito e una moglie desiderano separarsi per [perseguire] la vita monastica, lo facciano con il consenso del vescovo. Infatti, se uno lo vuole e l'altro no, il matrimonio non si sciolga.

Concilia Romanum, can. 36, MGH, Concilia aevi Karolini, 2.1: 582

In primo luogo, diverse persone hanno affermato che questo canone consente il divorzio solo a causa della fornicazione. Una simile interpretazione non è semplicemente plausibile. Ogni opera accademica che ho consultato su questo argomento sostiene che questo canone consente esplicitamente il risposarsi dopo il divorzio in caso di adulterio. Le seguenti citazioni per questo sono:

Jo-Ann McNamara e Suzanne F. Wemple, "Marriage and Divorce in the Frankish Kingdom," in Women in Medieval Society, a cura di Susan Mosher Stuard (Philadelphia: University of Pennsylvania Press, 1976), 103.

Rachel Stone, Morality and Masculinity in the Carolingian Empire (New York: Cambridge University Press, 2012), 272.

Philip Lyndon Reynolds, Marriage in the Western Church: The Christianization of Marriage During the Patristic and Early Medieval Periods (New York: EJ Brill, 1994), 187.

In breve, non c'è motivo di intendere questo canone nel senso che consente solo il divorzio e non sia il divorzio che il nuovo matrimonio. Il verbo principale "licet" si applica ugualmente ai verbi all'infinito "divorziare" (relinquere) e "sposarsi" (copulare). Per dimostrare ulteriormente il mio punto, diamo un'occhiata a un canone della Chiesa che vieta chiaramente il divorzio e il nuovo matrimonio (Concilio di Parigi nell'829 d.C.):

…ut Dominus ait, non sit uxor dimittenda, sed potius sustinenda, et quod hi, qui causa fornicationis dimissis uxoribus suis alias ducunt, Domini sententia adulteri esse notentur,…

Come dice il Signore, non si dovrebbe divorziare dalla moglie, ma piuttosto sostenerla. E inoltre, coloro che, avendo licenziato la moglie per causa di fornicazione [e] ne sposano un'altra, sono indicati dalla sentenza del Signore come adulteri.

Concilium Parisiense, can. 69, MGH, Concilium 2.2: 671.

Come si può vedere, in questo canone, è chiarito attraverso una precisa prosa latina che il nuovo matrimonio dopo il divorzio era srettamente proibito. Quindi sostenere che il Sinodo di Roma (826) proibisca effettivamente il nuovo matrimonio dopo il divorzio è solo una pura assurdità. E ancora, nessuno storico accademico ha mai inteso che questo canone significhi proprio questo.

Concilio di Elvira (300 d.C. circa)

Affermare che il Concilio di Elvira ha consentito il divorzio e il nuovo matrimonio potrebbe sembrare molto strano ad alcuni. Del resto, è comunemente usato nell'apologetica cattolica per affermare l'indissolubilità del matrimonio. Ho incontrato per la prima volta l'argomento secondo cui Elvira era modesta nell'articolo di McNamara & Wemple (McNamara & Wemple, 97-98). Non pensavo fosse modesto, quindi inizialmente non l'ho inserito tra le mie prove. Tuttavia, in seguito ho incontrato un'argomentazione più interessante avanzata da Reynolds, il quale afferma che Elvira accettava il divorzio e il nuovo matrimonio, ma solo per gli uomini che potevano provare l'infedeltà della moglie. In breve, proibisce solo il divorzio e il nuovo matrimonio per le donne (Reynolds, 181). Per noi persone moderne, questo doppio standard suona assolutamente ridicolo (e giustamente). Chiedo ai miei lettori di ricordare il mio post precedente, dove l'Ambrosiaster promuove esplicitamente questo doppio standard. Inoltre, la maggior parte dei canoni che ho presentato nel mio post precedente presupponeva che solo gli uomini potessero iniziare il divorzio. Tuttavia, una prova a sostegno del divorzio e del nuovo matrimonio è comunque una prova, indipendentemente dalle sue imperfezioni sessiste. Ora diamo un'occhiata alla serie di canoni:

VIII: Item feminae, quae nulla praecedente causa, relinquerint viros suos, & se copulaverint alteris, nec in fine accipiant comunionem.

IX: Item femina fidelis, quae adulterum maritum reliquerit fidelem & alterum ducit, prohibeatur ne ducat; si duxerit, non prius accipiat comunionem, nisi quem reliquerit, prius de saeculo exierit; nisi forte necessitas infirmitatis osare compulerit.

X: Si ea, quam catechumenus reliquit, duxerit maritum, potest ad fontem lavacri ammetteti. Hoc & circa feminas catechumenas erit observandum. Quod si fuerit fidelis, quae ducitur, ab eo qui uxorem inculpatam reliquit, & cum scierit illum habere uxorem, quam sine causa reliquit; placuit, huic nec in finem dandam esse comunionem.

8: Ancora, le donne che, senza causa precedente, lasciano il marito e ne sposano un altro, non riceveranno la comunione fino alla morte.

9: Ancora una volta, una donna cristiana, che ripudia il [suo] marito cristiano adultero e ne sposa un altro, è proibito [dal farlo] per timore che si sposi. Se si sposa, non può ricevere la comunione come prima, a meno che colui da cui divorzia non sia partito da [questo] mondo; o a meno che forse una forza di debolezza non costringa [uno] a dare [la sua comunione].

10. Se una donna, ripudiata da un catecumeno maschio, prende marito, può essere ammessa alla fonte del battesimo. E questa [regola] deve essere osservata riguardo alle donne catecumeni. Ma se c'è una donna cristiana, che è sposata da un uomo che ha divorziato da una donna innocente e sa che aveva una tale moglie da cui ha divorziato senza motivo, allora è conveniente che non riceva la comunione fino alla morte.

Concilium Eliberitanum, canoni 8-10, Mansi 2: 7.

LXV: Si cujus clerici uxor fuerit moechata, & scierit eam maritus suus moechari, & non eam statim projecerit, nec in fine accipiat comunioneem: ne ab his, qui exemplum bonae conversazioniis esse debent, ab eis videantur scelerum magisteria procedere.

65: Se la moglie di un chierico ha commesso adulterio, ed egli sa che sua moglie ha commesso adulterio, e non la respinge immediatamente, non riceva la comunione fino alla morte: affinché da queste cose, quegli uomini che dovrebbero essere un esempio di buona associazione, non siano visti da alcuni come parte di un magistero malvagio.

Concilium Elberitanum, can. 65, Mansi 2: 16

LXIX: Si quis forte habens uxorem semel fuerit lapsus, placuit, eum quinquennium agere de ea re poenitentiam; & sic riconciliari; nisi necessitas infirmitatis coegerit ante tempus dare comunioneem. Hoc & circa feminas observandum.

LXX: Si cum conscientia mariti uxor fuerit moechata, placuit, nec in fine dandam esse comunionem; si vero eam reliquerit, post decem annos accipiat comunionem.

69: Se un uomo che ha una moglie è caduto una volta [in adulterio], allora è opportuno che compia una penitenza di cinque anni al riguardo e quindi si riconcili; a meno che [ovviamente] la necessità dell'infermità non costringa a dargli la comunione prima del tempo [della penitenza]. Questo dovrebbe essere osservato anche dalle donne.

70: Se con la conoscenza congiunta la moglie del marito commette adulterio, è conveniente che al marito non sia data la comunione fino alla morte. Ma se divorzia da lei, può ricevere la comunione dopo dieci anni.

Concilium Elberitanum, canoni 69-70, Mansi 2: 17

Vediamo ora tutto in dettaglio. Innanzitutto, voglio portare l'attenzione su alcuni dettagli sorprendenti presenti in molti di questi canoni riguardanti il sesso. I canoni 10 e 69 hanno entrambi l'aggiunta esplicita che le loro prescrizioni si applicano a uomini e donne. Nel frattempo, gli altri canoni non hanno questa qualificazione. Pertanto, nessuno degli altri canoni dovrebbe essere interpretato come applicabile a entrambi i sessi a meno che non lo dicano esplicitamente.

Il canone 8 penalizza solo le donne che lasciano il marito e ne sposano un altro senza motivo. Il canone 9 parla ulteriormente delle donne affermando che nessuna donna cristiana può divorziare dal marito cristiano e sposarne un altro, anche in caso di adulterio. Se si sposa, le viene impedita la comunione fino alla morte del primo marito o se si avvicina al letto di morte. Si noti il fatto che questo canone NON prescrive che la donna lasci il suo secondo marito, lasciando così una certa dose di ambiguità.

Il canone 10 dice che se un catecumeno cristiano maschio lascia la coniuge non cristiana e sposa un'altra donna, non deve essere penalizzato. Infatti, deve ancora essere accolto nel battesimo. Quindi afferma esplicitamente che questa parte del canone si applica ugualmente sia agli uomini che alle donne (Hoc & circa feminas catechumenas erit observandum). Ma il canone continua con un'ulteriore clausola che si applica SOLO alle donne. Continua dicendo che una donna cristiana, e solo una donna cristiana, dovrebbe essere punita per aver sposato un uomo che ha mandato via la sua prima moglie senza motivo. La fede dell'uomo in questo caso, non ha importanza. Qui è dove le cose si fanno interessanti. Il canone 8 ha specificato che nessuna donna può lasciare il proprio marito senza un precedente motivo. Il canone 9 poi restringe ancor di più il campo in quanto una donna non può nemmeno risposarsi, anche se il marito cristiano ha commesso adulterio. Ma ancora una volta, niente di ciò si applica agli uomini. Quindi se un uomo, indipendentemente dalla fede, manda via la sua prima moglie con giusta causa, allora la donna cristiana NON è colpevole di adulterio. In breve, gli uomini possono divorziare e risposarsi in alcune circostanze, ma le donne no. Adesso, alcuni cattolici e protestanti cercheranno di dire che questa questione si applica solo perché il matrimonio tra un individuo non battezzato e un individuo cristiano non è un matrimonio sacramentale. Sebbene questa idea potrebbe benissimo essere alla base di parte del ragionamento di questi canoni, non spiega ancora il divario che è rimasto per gli uomini. Un uomo può ancora divorziare e risposarsi, anche se lui e la sua prima moglie hanno avuto un matrimonio cristiano.

Il canone 70 rafforza l'interpretazione di cui sopra. Si afferma che se un uomo sa che sua moglie ha commesso adulterio e continua a tollerarlo, deve essere escluso dalla comunione fino alla fine della sua vita. Se però lo tollera solo per poco tempo e poi divorzia da lei, deve essere escluso dalla comunione solo per dieci anni. I requisiti sono molto più severi per i sacerdoti sposati nel Canone 65. Se la moglie di un sacerdote commette adulterio anche solo una volta, il sacerdote è tenuto a divorziare immediatamente da lei. Non può in nessun caso tentare di risolvere le cose con lei, perché dovrebbe evitare anche la semplice apparenza di scandalo. Nel frattempo per il resto della popolazione, se l'adulterio di un coniuge non si verifica regolarmente, ma solo una volta, allora secondo il canone 69, al colpevole è consentito cercare di risolvere le cose con il coniuge a cui ha fatto del male. Il colpevole è anche interdetto dalla comunione per cinque anni. Tuttavia, va notato che né il colpevole né la vittima hanno l'obbligo di cercare di risolvere le cose, poiché non è richiesto, ma piuttosto è solo gradito o conveniente (placuit) che lo facciano. La vittima può avviare un divorzio. Tuttavia, come già stipulato, se la parte lesa è il marito, allora può risposarsi poiché ha una giusta causa.

Insomma, quello che ho dimostrato finora sul Concilio di Elvira (ca. 300 dC) è che esso non sostiene in alcun modo l'indissolubilità del matrimonio, sacramentale o no. Piuttosto limita solo le circostanze in cui si verificano il divorzio e il nuovo matrimonio. Le donne possono risposarsi solo se il loro primo marito è morto o se non era cristiano quando ha divorziato da lui con l'ulteriore disposizione che il suo secondo marito non è un divorziato, che ha licenziato la sua prima moglie per motivi illegittimi. Nel frattempo, un uomo cristiano può divorziare da una donna cristiana e poi sposare un'altra donna cristiana, purché abbia un motivo precedente per divorziare dalla sua prima moglie. Certo, questo concilio è sessista, ma stabilisce anche che un matrimonio sacramentale non è indissolubile.

Concilio di Agde (506 d.C.)

Il Concilio di Agde fu un concilio visigoto che ebbe luogo nel sud della Francia il 10 settembre 506 d.C. e fu supervisionato da san Cesario di Arles, un Padre della Chiesa. Stabilì quanto segue:

XXV: Hi vero saeculares, qui coniugale consortium culpa graviore dimittunt vel etiam dimiserunt et nullas causas discidii probabiliter proponentes, propterea sua matrimonia dimittunt, ut aut illicita aut aliena praesumant, si antequam apud episcopos comprovinciales discidii causas dixerint et prius uxores quam iudicio damnenter abiecerint, a comunione ecclesiae et sancto populi coetu, pro eo quod fidem et coniugia maculant, excludantur.

25: Ma questi laici, che interrompono il loro matrimonio per colpa grave o anche se hanno già divorziato e non offrono alcuna probabile causa di discordia per porre fine al loro matrimonio in modo che si possa presumere che contrarranno un matrimonio illecito o un altro matrimonio, siano esclusi dalla comunione della Chiesa e dalla santa compagnia del popolo perché contaminano la fede e il matrimonio; [ma solo] se hanno divorziato dalle loro ex mogli prima di aver dato la loro causa di discordia in un tribunale con i vescovi provinciali.

Concilium Agathense, canone 25, Mansi 8: 329

Concilium Agathense, canone 25, CCSL 148: 204

Questo canone è relativamente semplice. Se un uomo desidera divorziare dalla moglie a causa di qualche colpa grave non specificata, allora deve portare la causa davanti a un tribunale ecclesiastico e presentare la sua causa. Se non segue questa procedura, allora deve essere scomunicato. È implicito che all'uomo sia permesso risposarsi se è in grado di dimostrare la sua tesi. Inoltre, come sottolinea Reynolds, il canone vieta il divorzio se l'iniziato lo fa per contrarre un nuovo matrimonio (Reynolds, 184-185). Vale a dire, è il fine del divorzio a essere impuro, piuttosto che la causa per una colpa veramente grave.

Concilio di Compiègne rivisitato (757 d.C.)

Nel mio post precedente, ho offerto come prova il canone 11 di questo concilio che stabiliva che se la moglie di un uomo commette adulterio con suo cognato, allora il marito è libero di divorziare da lei e sposarne un'altra. L'adultera e il cognato, invece, non possono sposarsi. Ora vorrei introdurre altri canoni di questo concilio, in particolare i canoni 16 e 19.

XVI: Si quis vir dimiserit uxorem suam et dederit comiatum pro religionis causa infra monasterium Deo servire aut foras monasterium dederit licentiam velare, sicut diximus propter Deum, vir illius accipiat mulierem legittimam. Similiter et mulier faciat. Georgius consensit.

16: Se un uomo ha divorziato dalla moglie e le ha dato il permesso di servire Dio in un monastero per amore della religione o le ha dato la licenza di velarsi fuori dal monastero, [allora] proprio come abbiamo detto secondo Dio, l'uomo può ricevere [un'altra] moglie legale. E allo stesso modo, sia così per una donna [nelle circostanze inverse]. Giorgio ha acconsentito [a questa clausola].

Capitularia regum francorum, can. 16, MGH 1: 38

XIX: Si quis leprosus mulierem habeat sanam, si vult ei donare comiatum ut accipiat virum, ipsa femina, si vult, accipiat. Similitro et vir.

19: Se un lebbroso ha una moglie sana, [e] se desidera darle il permesso in modo che possa sposare [un altro] molti, quella donna, se lo desidera, può sposare [un altro uomo]. E allo stesso modo, [sia così] per un uomo [nelle circostanze inverse].

Capitularia regum francorum, can. 19, MGH 1: 39

Questi canoni sono piuttosto sbalorditivi. In nessuno di questi casi nessuna delle parti nel matrimonio ha commesso un errore. In entrambi i canoni, la coppia può sciogliere il matrimonio di comune accordo. La natura egualitaria di questi canoni è rara nell'Occidente latino, a differenza dell'Oriente greco, dove era più comune (Reynolds, 176). Ma qui il divorzio e il nuovo matrimonio sono consentiti solo per il caso dell'estrema malattia della lebbra o per entrare in un monastero. Nel caso del Canone 19, si deve capire che le persone medievali pensavano che la lebbra fosse altamente contagiosa (cosa che non è vera) e che non vi fossero mezzi per un trattamento adeguato. Il canone sottolinea la buona salute del coniuge non infetto. Insomma, il principio sotteso al canone era la preoccupazione che anche il coniuge sano si ammalasse di lebbra. Come mezzo per evitarlo, hanno concesso alla coppia la possibilità di rescindere il matrimonio e al coniuge sano di sposarne un altro, se entrambe le parti erano d'accordo. Ciò che è ulteriormente implicito è che se entrambe le parti sono lebbrose, allora non possono divorziare e risposarsi. Nel caso del canone 16, si presume che il coniuge che entra in monastero voglia effettivamente entrare in monastero. In breve, un membro del matrimonio non può costringere il coniuge a entrare in monastero e poi presumere di contrarre un altro matrimonio. Il loro deve essere un chiaro desiderio religioso. È anche ragionevole presumere che i partecipanti al concilio considerassero l'attività sessuale una parte molto importante non solo per la consumazione del matrimonio, ma durante tutto il matrimonio. Questa ipotesi è rafforzata dal fatto che il divorzio e il nuovo matrimonio sono consentiti se il coniuge fa semplicemente voto di castità (assume il velo) ma non entra in monastero.

Penitenziale dello pseudo-Teodoro di Canterbury (820/2 - 847 d.C.)

Per prima cosa, la paternità e la datazione di questo penitenziale è stata oggetto di un dibattito significativo negli ultimi 150 anni. Il consenso degli studiosi è ora che questo penitenziale non è opera di Teodoro di Canterbury (altrimenti noto come Teodoro di Tarso), sebbene faccia uso del vero penitenziale di Teodoro. Inoltre, non è di origine anglosassone. Piuttosto, questo penitenziale è sicuramente di origine franca, datato dall'820/2 all'847 d.C. Per le argomentazioni dettagliate su questo argomento, si veda l'introduzione alla seguente edizione critica moderna del testo:

Pseudo-Teodoro, Paenitentiale pseudo-Theodori, a cura di Carine van Rhijn, CCSL 156B (Turnhout, Belgio: Brepols, 2009)

Ora, diamo un'occhiata ad alcuni dei canoni dello pseudo-Teodoro. Ho elencato prima i capitoli e i numeri di canone per l'edizione CCSL e tra parentesi ho fornito i numeri di canone per l'edizione di Wasserschleben, che è disponibile su Google Books:

XIII.7 (6): Qui dimiserit uxorem propriam alienamque in coniugio duxerit, non tamen uxorem alterius sed vacantem quempiam vel virginem, vii annos peniteat.

XIII.13 (12): Si quis legitimam uxorem habens dimiserit et aliam duxerit, vii annos peniteat. Illa vero quam duxit non est illius, ideo non manducet, neque bibat, neque omnino in sermone sit cum illa quam male accepit, neque cum parentibus illius. Ipsi tamen, si consenserint, sint scomunicati. Illa vero excommunicatio talis fiat, ut neque manducent neque bibant cum aliis christianis, neque in sacra oblatione participes existant et a mensa Domini separentur quousque fructum penitentie dignum per confessionem et lacrimas ostendant.

XIII.19 (18): Mulier si adulterata est et vir eius non vult habitare cum ea, dimittere eam potest iuxta sententiam Domini, et aliam ducere. Illa vero, si vult in monasterio intrare, quartam partem suae hereditatis obtineat. Si non vult, nihil habeat.

XIII.24 (23): Si mulier discesserit a vira suo, dispiciens eum, nolens revertere et reconciliari viro, post v annos cum consensu episcopi aliam accipiat uxorem si continens esse non poterit et iii annos peniteat quia iuxta sententiam Domini moechus comprobatur.

XIII.25 (24): Si cuius uxor in captivitatem per vim ducta fuerit et eam redimi non potuerit, post annum potest alteram accipere. Item si in captivitate ducta fuerit et sperans quod debet revertere vir eius, v annos expectet. Similiter autem et mulier si viro talia contingerint. Si igitur vir interim alteram duxit uxorem et prior iterum mulier de captivitate reversa fuerit, eam accipiat posterioremque dimittat. Similiter autem et illa, sicut superius diximus, si viro talia contingerint, faciat.

13.7 (6): Colui che manda via sua moglie e ne sposa un'altra in unione, [vale a dire] non la moglie di un altro, ma una qualsiasi fanciulla, faccia penitenza per sette anni.

13.13 (12): Se un uomo vivente che ha una moglie legittima divorzia da lei e ne sposa un'altra, faccia penitenza per sette anni. Ma quella [prima] donna che ha sposato non è più sua, quindi non mangi, non beva, né intrattenga conversazioni con quella [seconda] donna che ha sposato ingiustamente né con i suoi genitori. E quei genitori, se acconsentono [al fatto che egli stia con l'ex moglie], siano scomunicati. Ma quella scomunica sarà così grande, che non mangeranno né berranno con nessun altro cristiano, né parteciperanno alla santa oblazione e saranno separati dalla mensa del Signore fino a quando non porteranno frutti degni con la penitenza attraverso la confessione e le lacrime.

13:19 (18): Se una donna è adultera, e suo marito non desidera vivere con lei, può divorziare da lei secondo la prescrizione del Signore e sposarne un'altra. Ma se quella donna vuole entrare in un monastero, le conservi un quarto della sua dote. Se non desidera [farlo], che non ne abbia parte.

13.24 (23): Se una donna ha divorziato dal marito, disprezzandolo, non volendo tornare e riconciliarsi con il marito, dopo cinque anni con il consenso del vescovo, questi può sposare un'altra moglie se non può essere continente. E faccia penitenza per tre anni perché, secondo la prescrizione del Signore, è conosciuto come adultero.

13.25 (24): Se la moglie di un uomo è stata condotta in cattività con la forza ed egli non è stato in grado di riscattarla, dopo un anno egli può sposarne un'altra. Inoltre, se una donna viene condotta in cattività e suo marito spera che lei passa tornare, allora dovrebbe aspettare cinque anni. E similmente per una donna se le hanno sequestrato il marito. Se dunque un uomo ha sposato un'altra moglie e la prima moglie è tornata dalla prigionia, l'accolga e ripudi la seconda. E allo stesso modo, proprio come abbiamo detto sopra, nel caso in cui un marito venga preso e poi ritorni, la moglie faccia altrettanto.

"Poenitentiale pseudo-Theodori," in Die Bussordnungen der abendländischen Kirche, a cura di FWH Wasserschleben (Halle, Germania: Graeger, 1851), 581-583 (canoni 6, 12, 18, 23-24)

Poenitentiale pseudo-Theodori, Capitolo 13 De adulterio, CCSL 156B, 26-29 (cann. 7, 13, 19, 24-25)

Il Canone 7 (sto usando i numeri CCSL qui) dice che un uomo che divorzia dalla moglie e ne sposa un'altra deve fare penitenza per sette anni. Dato che la penitenza non dura per tutta la vita fino a quando non divorzia dalla seconda moglie o viene abbreviata se divorzia dalla seconda moglie, è chiaro che il nuovo matrimonio è consentito. È sorprendente, tuttavia, che non vengano delineate circostanze che limitino le ragioni del divorzio. Nel frattempo, il Canone 13 ripete questa ingiunzione sull'uomo, ma poi si occupa del comportamento della prima moglie. Le è esplicitamente vietato stare vicino alla seconda moglie o ai suoi ex suoceri. Se i suoceri permettono alla loro amata ex nuora di rimanere con loro, quei genitori vengono scomunicati. Il canone 13 sembra voler rendere la vita del secondo matrimonio il meno imbarazzante possibile costringendo l'ex moglie a uscire completamente dal quadro. In altre parole, anche se l'uomo è disapprovato per il divorzio e il secondo matrimonio, quest'ultimo è considerato del tutto legittimo e degno della protezione della chiesa e della comunità.

Il canone 19 è abbastanza diretto nel permettere il divorzio e il nuovo matrimonio del marito, se sua moglie ha commesso adulterio. Emette anche clausole per la divisione della sua dote. Se la moglie sceglie di fare penitenza entrando in un monastero, allora può tenere un quarto della sua dote, presumibilmente da offrire al suo monastero quando vi entrerà. Ma se sceglie di non fare questa penitenza e invece non fa penitenza o la penitenza di sette anni delineata nel Canone 18 (17), che non ho tradotto qui, allora non deve tenere nulla della sua dote. La perdita di una dote per una donna medievale dopo il divorzio era una sentenza incredibilmente dura.

Il Canone 24 somiglia molto al Canone 122 del penitenziale dello pseudo-Egberto, che ho offerto nel mio post precedente, ma limita la penitenza a soli tre anni. L'ambiguità della penitenza permanente, delineata nello pseudo-Egberto, viene rimossa. Rimane però la condanna del marito per non essere rimasto idealmente celibe. Allo stesso modo il Canone 25 è simile anche al Canone 123 nello pseudo-Egberto precedentemente discusso. Tuttavia, i tempi di attesa differiscono drasticamente. Nello pseudo-Teodoro, se il marito è chiaramente incapace di riscattare la moglie, deve solo aspettare un solo anno prima di risposarsi. Se, tuttavia, aspetta, presumibilmente attraverso accordi precedenti, che lei venga restituita, allora deve aspettare almeno cinque anni. Se lei non è tornata dopo cinque anni, allora può risposarsi. Lo pseudo-Egberto non fornisce questa sfumatura. Piuttosto si dice che indipendentemente dal fatto che il marito si aspetti di riavere sua moglie dopo aver provato a farlo, deve aspettare sette anni interi prima di risposarsi. Tuttavia, entrambi i penitenziali concordano sul fatto che queste clausole si applicano allo stesso modo sia agli uomini che alle donne. Pertanto, una donna potrebbe risposarsi se non è in grado di riscattare il marito catturato. Inoltre, se il coniuge catturato in qualche modo ritorna dopo che l'altro si è già risposato, la parte risposata deve divorziare dal secondo coniuge e tornare dal primo. Non sembra che i desideri di una delle parti contino in tali circostanze. Devono tornare al primo matrimonio a prescindere.

Papa Innocenzo I: Il caso di Fortunio e Ursa (410 d.C.)

Il seguente contesto storico per questo caso è dettagliato nell'opera di Reynolds, ma Migne presenta anche alcune note nella Patrologia Latina (Reynolds, 131-134). Questo caso particolare si presentò davanti a papa Innocenzo I nel 410 d.C., portatogli da una donna di nome Ursa. Conosciamo questo caso attraverso una lettera di Innocenzo indirizzata a un funzionario civile romano di nome Probo. Le circostanze di Ursa furono che fu catturata dai Visigoti che saccheggiarono Roma nel 410. Alla fine, tuttavia, poté tornare a Roma e da suo marito. Tuttavia, suo marito, Fortunio, si era già risposato con un'altra donna di nome Restituta (Reynolds, 132). Secondo il diritto romano secolare, se qualcuno era catturato da un nemico straniero e portato in un territorio al di fuori del controllo romano, la sua cittadinanza era sospesa e il suo patrimonio poteva essere assunto da un altro. Inoltre, il suo matrimonio era automaticamente sciolto (Reynolds, 131). Vale a dire, anche se si voleva attendere il ritorno del coniuge, secondo il diritto romano, il matrimonio era già stato sciolto automaticamente. Di seguito la lettera di Innocenzo, che contiene i particolari di questo caso:

Epistola XXXVI. Si maritus cujus uxor in captivitatem fuerat abducta, alteram acceperit, revertente prima, secunda mulier debet excludi.

Innocentius Probo

[Col.0602B] Conturbatio procellae barbaricae facultati legum intulit casum. Nam bene constituto matrimonio inter Fortunium et Ursam captivitatis incursus fecerat naevum, nisi sancta religionis statuta providerent. Cum enim in captivitate praedicta Ursa mulier teneretur; aliud conjugium cum Restituta Fortunius memoratus inisse cognoscitur (34, q. 1 et 2, c. 2; Ivo p. 8, c. 245) . Sed favore Domini reversa Ursa nos adiit, et nullo diffitente, uxorem se memorati perdocuit. Quare, domine fili merito illustris, statuimus, fide catholica suffragante, illud esse conjugium, quod erat primitus gratia divina fundatum; [Col.0603A] conventumque secundae mulieris, priore superstite, nec divortio ejecta, nullo pacto posse esse legitimum.

Lettera 36. Se un marito la cui moglie è stata condotta in cattività e che ha sposato un'altra donna debba, tornata la prima moglie, divorziare dalla seconda moglie.

Innocenzo a Probo

La confusione del barbaro violento ha portato una causa legale davanti a me. Il loro attacco ha infatti rovinato il buon matrimonio tra Fortunio e la prigioniera Ursa, a meno che non abbiano fornito un sacro statuto di religione. Infatti, la donna Ursa fu presa nella suddetta prigionia, e si sa che Fortunio contrasse un altro matrimonio con Restituta. Ma con il favore del Signore, Ursa ritornò da noi e, senza negare, proclamò in modo convincente di essere la moglie dei tempi passati. In tal modo, o giovane illustre signore di merito, abbiamo stabilito, secondo la fede universale, che [il primo] matrimonio sia valido, perché fondato in precedenza con la grazia divina, e che il legame con la seconda donna, finché la prima la moglie vive o non è divorziata, non può per nessun accordo essere legittimo.

Papa Innocenzo I a Probo, Epistula 36, Patrologia Latina 20: 602A – 603A

C'è molto da dire qui. Com'è giusto, un precedente studioso di nome G.H. Joyce ha affermato che questo caso era un caso legale, non un caso ecclesiastico, il che significa che Innocenzo operava come giudice legale laico ed era vincolato dalla legge secolare. Questo argomento può essere visto in Christian Marriage: An Historical and Doctrinal Study stampato nel 1933. Reynolds, tuttavia, confuta questa posizione insistendo sul fatto che il caso è passato a un tribunale ecclesiastico. La ragione di ciò è che l'imperatore Onorio aveva stabilito nel 399 d.C. che i vescovi potevano ascoltare solo casi religiosi e che i casi civili dovevano essere tenuti davanti a tribunali civili. Inoltre, secondo il diritto civile, Ursa avrebbe sicuramente perso la causa contro Fortunio, perché il diritto romano scioglieva automaticamente il loro matrimonio se era catturata e portata in territorio straniero (Reynolds, 133). Questo argomento è ulteriormente rafforzato dal fatto che Innocenzo fa menzione di statuti religiosi (sancta religionis statuta) e del favore della fede universale (fide catholica suffragante) (Reynolds, 133). Questi statuti non avrebbero valore in questo caso se si trattasse di un caso legale secolare. In breve, questo era sicuramente un caso religioso giudicato da papa Innocenzo I.

Ora, è degno di nota che papa Innocenzo solleva il punto interessante di alcune eccezioni nei casi di divorzio e nuovo matrimonio. Se la prima moglie moriva, ovviamente Fortunio poteva risposarsi. Inoltre, se Fortunio avesse divorziato dalla moglie in un tribunale ecclesiastico, allora avrebbe potuto risposarsi. In breve, Innocenzo qui sta dicendo che permette il divorzio e il nuovo matrimonio. Sorge rapidamente la domanda su quali circostanze Innocenzo avrebbe concesso un divorzio ecclesiastico. Su questo punto tornerò in seguito.

Ora alcuni lettori obietteranno a questa interpretazione basata sulla lettera di Innocenzo al vescovo Victricio di Rouen nel 408 d.C. In esso, proibisce a una donna adultera di risposarsi mentre suo marito è ancora in vita. Catholic Answers pubblica con orgoglio questa citazione sul proprio sito web riguardante la questione del matrimonio. Tuttavia, va notato che questa donna è chiaramente la parte colpevole del matrimonio. Inoltre, la lettera non dice nulla sul divieto a quel marito di risposarsi. Tuttavia, Innocenzo proibisce il risposarsi dopo il divorzio, anche in caso di adulterio, per entrambe le parti nella Lettera 6, Capitolo 6 (PL 20: 0500B – 0501A) risalente al 405 d.C. Quindi, o Innocenzo cambiò posizione cinque anni dopo nel caso di Ursa, oppure fu sempre straordinariamente severo nel concedere l'autorizzazione al divorzio ecclesiastico. Reynolds ipotizza che le circostanze straordinarie potrebbero essere state correlate a molti anni di prigionia (Reynolds, 134). Ancora una volta, non possiamo conoscere i dettagli. Ciò che è certo, tuttavia, è che papa Innocenzo credeva che il divorzio e il nuovo matrimonio fossero possibili, ma su quali basi rimane incerto.

Papa Leone I: Sul ritorno dei coniugi prigionieri (458 d.C.)

Quasi quattro decenni dopo, Papa Leone I, così come Innocenzo, affrontò la sfida spaventosa degli invasori barbari, questa volta gli unni sotto il comando di Attila. Intorno al 452 d.C., gli Unni avevano invaso l'Italia settentrionale e avevano fatto molti prigionieri. Le restanti donne i cui mariti erano stati presi in cattività alla fine si risposarono. Tuttavia, molti degli uomini riuscirono a tornare alcuni anni dopo. Il vescovo Niceta di Aquileia è incerto su cosa fare in questi casi difficili. Pertanto, chiede a Leone la sua opinione in merito. Di seguito è elencata una parte della risposta di Leone in un rescritto (Reynolds, 134-135). È importante notare che i rescritti non erano giudizi vincolanti: Niceta non aveva l'obbligo di ascoltare i consigli di Leone.

Epistola CLIX. Ad Nicetam episcopum Aquileiensem

Caput I. De feminis quae occasione captivitatis virorum suorum, aliis nupserunt.

Cum ergo per bellicam cladem et per gravissimos hostilitatis incursus, ita quaedam dicatis divisa esse conjugia, ut abductis in [Col.1136B] captivitatem viris feminae eorum remanserint destitutae, quae cum viros proprios aut interemptos putarent, aut numquam a dominatione credent liberandos, ad aliorum conjugium, solitudine cogente, transierint. Cumque nunc statu rerum, auxiliante Domino, in meliora converso, nonnulli eorum qui putabantur periisse, remeaverint, merito charitas tua videtur ambigere quid de mulieribus, quae aliis junctae sunt viris, a nobis debeat ordinari. Sed quia novimus scriptum, quod a Deo jungitur mulier viro (Prov. XIX, 14), et iterum praeceptum agnovimus ut quod Deus junxit homo non separet (Mt. XIX, 6), necesse est ut legitimarum foedera nuptiarum redintegranda credamus, et remotis malis quae hostilitas intulit, unicuique hoc quod legitime habuit reformetur, [Col.1136C] omnique studio procurandum est ut recipiat unusquisque quod proprium est.

Caput II. An culpabilis sit qui locum captivi mariti assumpsit.

Nec tamen culpabilis judicetur, et tamquam alieni juris pervasor habeatur, qui personam ejus mariti, qui jam non esse existimabatur, assumpsit. [Col.1137A] Sic enim multa quae ad eos qui in captivitatem ducti sunt pertinebant in jus alienum transire potuerunt, et tamen plenum justitiae est ut eisdem reversis propria reformentur. Quod si in mancipiis vel in agris, aut etiam in domibus ac possessionibus rite servatur, quanto magis in conjugiorum redintegratione faciendum est, ut quod bellica necessitate turbatum est pacis remedio reformetur?

Caput III. Restituendam esse uxorem primo marito.

Et ideo, si viri post longam captivitatem reversi ita in dilectione suarum conjugum perseverant, ut eas cupiant in suum redire consortium, omittendum est et inculpabile judicandum quod necessitas intulit, et restituendum quod fides poscit.

Lettera 159. Al Vescovo Niceta di Aquileia.

Capitolo 1. Riguardo alle donne che in occasione della cattura dei loro mariti hanno sposato un altro uomo.

Pertanto, quando per la distruzione della guerra e per l'inizio delle più gravi ostilità, come dici tu, alcuni matrimoni vengono sciolti, così che le donne, i cui mariti sono stati condotti in cattività, rimangono indigenti e pensano che i loro mariti siano stati uccisi o credono che non saranno mai liberati dalla prigionia, quindi a causa dell'essere state spinte alla solitudine contraggono un altro matrimonio. Ora, ogni volta che lo stato delle cose, con l'aiuto del Signore, cambia in meglio, e alcuni, che si credevano periti, sono tornati, la tua carità vede con meritata ambiguità le donne che si uniscono a un altro uomo. Lascia che [questo caso] sia governato da noi. Poiché abbiamo conosciuto le Scritture, che [dicono] che "una donna è unita a un uomo da Dio" (Proverbi 19:14),

Capitolo 2. Se vi sia colpevolezza per colui che presumeva che il [primo] marito fosse stato catturato.

Tuttavia, l'uomo che ha preso il posto del marito, ritenendo che quest'ultimo non esistesse più, non dovrebbe essere giudicato colpevole o invasore del diritto altrui. Infatti, in questo modo molte cose che appartenevano a coloro che erano stati presi in cattività possono essere passate nei diritti di altri. Ma è del tutto giusto che, quando tornano, i loro beni siano loro restituiti. Ora, se questo è giustamente osservato in materia di schiavi o di terra, o anche di case e possedimenti, quanto più si dovrebbe fare questo quando si tratta di ristabilire un matrimonio, in modo che ciò che le avversità della guerra hanno interrotto dovrebbe essere ripristinato dal rimedio della pace.

Capitolo 3 Se la moglie debba essere restituita al suo primo marito.

E quindi, se gli uomini che sono tornati dopo una lunga prigionia, perseverano nell'amore delle loro mogli tanto da desiderare di tornare alla loro unione, allora ciò che ha causato la sventura dovrebbe essere messo da parte e ciò che la fedeltà richiede dovrebbe essere restituito.

Nota: le traduzioni dei capitoli 2 e 3 si trovano in Reynolds, Marriage in the Western Church, 135-137.

Papa Leone I al vescovo Niceta di Aquileia, Epistula 159, Patrologia Latina 54: 1136A – 1137A

Qui papa Leone consiglia che, se il primo marito ritorna dalla prigionia E desidera che ricongiungersi con sua moglie, che da allora ha sposato un altro uomo, allora la moglie lasci il suo secondo marito e ritorni al suo primo marito. Inoltre, nessuna delle parti è ritenuta responsabile per questa situazione. Infatti, il secondo marito è esplicitamente esonerato. È anche degno di nota il fatto che se il marito ritorna E NON desidera reclamare sua moglie, allora la moglie NON ha alcun obbligo di lasciare il suo secondo marito. Un'ultima cosa che vale la pena sottolineare qui è che Leone credeva che il secondo matrimonio della donna andasse bene sulla base di due qualifiche: il caso della cattura e della riduzione in schiavitù del suo primo marito. Queste due qualifiche erano o che la moglie credeva che il suo primo marito fosse morto OPPURE che credeva che, sebbene fosse ancora vivo, non sarebbe più riuscito a tornare. Pertanto, è abbondantemente chiaro che papa Leone I non riteneva indissolubile il matrimonio, come fanno oggi molti cattolici e alcuni protestanti.

Conclusione

Quest'aggiunta si è rivelata molto più lunga del post originale che ho pubblicato a settembre. Eppure penso che sia sufficiente mostrare che la tradizione del divorzio e del nuovo matrimonio nell'Occidente latino era forte e vibrante durante il primo millennio. Il Concilio di Roma (826) consentì sicuramente sia il divorzio che il nuovo matrimonio sotto la guida di papa Eugenio II. Inoltre, il Concilio di Elvira (c. 300) consentiva il nuovo matrimonio solo per i mariti. Le donne, tuttavia, si trovavano di fronte a un doppio standard sessista, cosa non insolita per i permessi di risposarsi nell'Occidente latino. L'uguaglianza per il divorzio e il nuovo matrimonio era molto più comune nell'Oriente greco. Quest'uguaglianza è meglio dimostrata nell'Occidente latino nel penitenziale dello pseudo-Teodoro e nei canoni aggiuntivi del Concilio di Compiègne (757). Ho anche fornito prove di altri due papi, Innocenzo I e Leone I (un padre della Chiesa), che hanno permesso esplicitamente il divorzio e il nuovo matrimonio. Ho anche mostrato che san Cesario di Arles, un altro Padre della Chiesa, sovrintese a un concilio che decretò il divorzio e il nuovo matrimonio come ammissibili. Per riassumere la totalità di questi ultimi due post sulla tradizione dell'Occidente latino: quattro Padri della Chiesa, tre papi, otto concili e due penitenziali hanno tutti sanzionato il divorzio e il nuovo matrimonio in una varietà di circostanze. Il divorzio e il nuovo matrimonio nell'Occidente latino facevano sicuramente parte della tradizione sacra.

 
Una mappa più seria delle lingue parlate in Ucraina

Questa che vi presentiamo è una mappa delle lingue parlate a casa in Ucraina. È stata realizzata nel 2009 dall’Università Nazionale Linguistica di Kiev, ed è una delle meno diffuse in rete. Probabilmente, è tra le meno diffuse perché è una delle più accurate, e distrugge alla radice tutte le fandonie dell’ucrainismo contemporaneo.

È ben lontana dall’essere una mappa perfetta (per non citare che due casi, ha trascurato l’esistenza di una consistente minoranza di lingua bulgara nella zona costiera di Zaporozh’e, e dà per scontato che in Transcarpazia tutti quelli che non sono ungheresi o romeni parlino russino a casa, mentre esiste certamente un fenomeno di commistione tra russino e ucraino analogo al surzhik), e inoltre è approssimata sull’uso delle “chiazze” per indicare la presenza di fenomeni minoritari. Tuttavia, aiuta il lettore attento a porsi tutte quelle domande che purtroppo non ci si è posti in questi ultimi vent’anni (e si è visto che disastro ne è seguito). Ecco alcune conseguenze della comprensione di questa mappa:

- L’ucraino “puro” è una lingua minoritaria regionale. Dire che è la lingua nazionale equivarrebbe a dire che in Italia si parla veneto.

- Molto di ciò che è spacciato per ucraino è in realtà surzhik, un mix linguistico di ucraino e russo a diverse gradazioni e impossibile da catalogare come ucraino: equivarrebbe a dire che il piemontese è francese, perché presenta un mix di vocaboli e di espressioni italo-francesi. Ci sono diverse teorie tra gli specialisti sull’effettiva portata del surzhik, ma proprio perché ci sono diverse teorie, non siamo obbligati a digerire quella ufficiale, che naturalmente del surzhik non fa nemmeno un cenno.

- La lingua più parlata dagli ucraini è il russo. Ne abbiamo sentito esempi quando abbiamo ascoltato le registrazioni militari di questo conflitto, in cui con l’eccezione di alcuni reparti regionali e/o ideologizzati, i soldati dell’esercito ucraino comunicano tra loro in russo. Non crediamo che ci sia bisogno di ulteriori commenti.

- La più consistente minoranza linguistica è il russino, lingua non riconosciuta e attivamente osteggiata da Kiev: non parliamo di professori di linguistica, parliamo di servizi segreti.

- Alcune minoranze linguistiche sono semplicemente ignorate (chi ha sentito parlare della minoranza che parla trasianka nell’oblast di Chernigov, può per cortesia alzare la mano?) dalla propaganda nazionalista.

- La presenza di antichissime minoranze linguistiche come il greco del Ponto (sicuramente rafforzato dalle recenti immigrazioni dall’Asia Minore, ma si tratta della stessa lingua che ha creato i toponimi ancora esistenti delle città della Crimea) testimonia un’attitudine non repressiva nei secoli verso le lingue straniere. Ricordiamocene, e ricordiamoci che nel suo primo giorno al potere, l'attuale giunta di Kiev ha presentato un disegno di legge per la soppressione dello status di lingue minoritarie e/o regionali per TUTTE le lingue che non siano l’ucraino.

 
Kirill è un "pan-slavista"? No. Altre domande ridicole?

Nella sfera politica, uno dei segni di una campagna elettorale persa è quando il candidato inizia ad agitarsi. Può farlo fisicamente (dimenando le braccia) o può farlo retoricamente, con argomenti ridicoli.

Sappiamo da anni che il patriarca Bartolomeo nutre una costante animosità nei confronti della Chiesa ortodossa russa e del suo patriarca, Kirill. In passato ha anche detto cose ridicole e/o bigotte sugli slavi in generale e sulla Chiesa russa in particolare. Non le riporterò qui perché non sono minimamente edificanti.

Recentemente, però, ha superato se stesso e ha fatto vedere che gli manca tutta la sensibilità pastorale necessaria per essere un arcipastore (per usare un eufemismo). Come si può leggere dal Greek Reporter, Bartolomeo non ha il senso della storia, della prospettiva o anche della conoscenza comune e quotidiana del mondo, in particolare della storia russa.

Se non la sapessi più lunga, direi che è con le spalle al muro. Mi azzarderei anche a supporre che i suoi manovratori al Dipartimento di Stato siano turbati dal fatto che non abbia "consegnato la merce" per quanto riguarda la sua parte dell'accordo. In ogni caso, criticare apertamente una Chiesa sorella davanti a persone che non sono ortodosse (o cristiane) è estremamente goffo. Anche gli indemoniati che gestiscono la Chiesa episcopaliana stanno attenti a non condannare i loro fratelli più ortodossi della Comunione anglicana in Africa in un contesto pubblico.

Sua Santità ha detto alcune cose ridicole in questa narrativa. La cosa più ridicola, tuttavia, è che il patriarca Kirill sia un "pan-slavista".

Ora chiunque sappia qualcosa sulla Russia sa che abbraccia undici fusi orari. E in ognuno di questi fusi orari ci sono decine di razze ed etnie non russe – e quindi non slave – ognuna con la propria lingua, cultura e costumi. Molti sono ortodossi e appartengono al Patriarcato di Mosca.

Ed ecco il colpo di scena: ogni domenica celebrano la Divina Liturgia nella loro lingua madre! Se Kirill è un "pan-slavista", ha fallito miseramente. Allo stesso modo avrebbe fallito, del resto, ogni altro primate russo che lo ha preceduto.

Dire che questa fosse la politica del governo imperiale russo è, come tante altre cose che credono i fanarioti, semplicemente astorico. Per esempio, quando gli otto monaci di Valaam giunsero in Alaska, evangelizzarono gli indigeni anche se i governatori russi glielo avevano vietato espressamente. E senza spezzare il loro spirito nel processo, potrei aggiungere, permettendo loro di essere quello che sono mentre imparavano gradualmente l'Ortodossia.

Onestamente non posso dirvi se Bartolomeo sia a conoscenza di questi fatti. È possibile che non lo sia. Dopotutto, ha vissuto tutta la sua vita in una fantasia simile all'Isola che non c'è, chiamata "la Nuova Roma".

D'altra parte, forse è davvero consapevole delle ristrette circostanze geografiche ed evangelistiche della propria Chiesa. Soprattutto in confronto ai risultati della Chiesa ortodossa russa. Se è così, allora deve vergognarsi profondamente della scarsità dei risultati di Costantinopoli a questo riguardo. Quante tribù indigene ha convertito Costantinopoli nell'ultimo millennio? Al di fuori del greco ecclesiastico (con solo un'infarinatura intermittente di vernacoli locali), quanti servizi liturgici vengono celebrati nelle lingue native? So per certo che parla un turco impeccabile. Perché non ha tradotto i servizi in quella lingua? Perché lui (o qualcuno dei suoi predecessori) non si è impegnato in un programma di evangelizzazione dell'Anatolia ove possibile? I russi lo hanno fatto, specialmente durante l'era in cui si supponeva che il "pan-slavismo" fosse all'ordine del giorno.

Non ignora del tutto la propria colpevolezza, ma invece si limita a deviarla, incolpando gli altri per le conseguenze delle sue stesse azioni. Secondo il Greek Reporter: Bartolomeo ha ammesso che l'autocefalia della Chiesa ortodossa ucraina concessa nel 2019 dal Patriarcato ecumenico ha peggiorato i rapporti con la Chiesa russa. Ha anche affermato che l'invasione dell'Ucraina ha spinto la polarizzazione "a un livello febbrile".

Questo è un sottile esempio della classica non scusa del "mi dispiace che tu ti sia offeso per quello che ho detto (anche se è vero)".

Ed ecco un altro colpo di scena. A differenza dei protestanti americani che tentarono di anglicizzare le culture amerindie, la Chiesa russa non slavizzò i nativi! Invece, al Vangelo è stato permesso di impiantarsi profondamente nella psiche delle diverse comunità indigene.

La mia domanda in merito al fatto che Bartolomeo sia consapevole o meno dell'assurdità della sua argomentazione è probabilmente discutibile. Dopotutto, non è uno stupido. Piuttosto il contrario. Tuttavia, è un globalista. Ecco perché è attratto da forum internazionali come quello di Abu Dhabi, poiché non ha una propria diocesi organica.

Sulla scena mondiale la sua arcidiocesi (così com'è) ha qualche utilità. Agli occhi dei globalisti e del Dipartimento di Stato; doveva essere il suo trampolino di lancio verso la rilevanza internazionale. Il patriarca Bartolomeo aveva un compito, e un solo compito, ed era quello di abbattere il Patriarcato di Mosca.

La guerra contro la Russia doveva essere su due fronti: uno fisico, l'altro spirituale.

Bartolomeo doveva ammorbidire il terreno creando una finta chiesa a Kiev per delegittimare la Chiesa ortodossa ucraina. Invece, Zelenskij ha dovuto intervenire e bandire la Chiesa ortodossa ucraina tentativo di allentarne la presa; una mossa che sembra essere controproducente.

Per quanto riguarda l'altro aspetto saliente, il regime di Kiev doveva servire come lancia militare usata dall'Occidente nella sua crociata demoniaca contro la Santa Rus'. Invece, l'Ucraina viene presa a pugni dall'esercito russo; un'incudine per così dire mentre il corpo di spedizione russo è il martello (che sta forgiando una nuova Ucraina non occidentale e più ortodossa).

In altre parole, entrambi gli attacchi sono falliti o sono in procinto di fallire.

E così, Bartolomeo si agita, fa affermazioni diffamatorie – e ridicole – sul patriarca Kirill e mostra a tutto il mondo la sua mancanza di serietà sulla scena mondiale. Anche molti nella classe dirigente del mondo greco riconoscono il suo fallimento intellettuale. In effetti, il fallimento dell'intera assurdità della "Nuova Roma" che è stata spacciata fin dalla sua ascesa al trono di Costantinopoli.

È diventato un patetico spettacolo di un uomo vicino alla fine del suo arcipastorato, alla disperata ricerca di una carta che spera possa salvare la sua eredità. Sospetto che la sua ultima carta sarà quella di stringere un'unia con Roma. L'Ucraina doveva essere quella testa di ponte che gli avrebbe permesso di attraversare il Tevere.

Per attraversarlo, probabilmente lo attraverserà; semplicemente non sarà come aveva immaginato. Neanche alla lontana.

 
Rapporto sulla situazione ucraina (30 agosto 2014)

Continuano gli ottimi punti della situazione ucraina fatti dal nostro amico Saker. Valutando gli eventi del 30 agosto, ci offre alcuni spunti ironici sul panico dell’Occidente quando vede sgretolare quello stato ucraino che ha presentato con tutta una retorica di cui ora si vedono chiaramente le menzogne. Un punto estremamente importante (e che giustifica pienamente la presenza di questi rapporti su un sito parrocchiale ortodosso) è che i russi non vogliono aiutare la de-nazificazione dell’Ucraina (per indispensabile che sia questo processo) con la loro imposizione di forza, ma il processo di liberazione nazionale deve essere opera degli ucraini stessi, con tutto l’aiuto e il sostegno che potranno avere da tutto il mondo, come scelta spirituale di civiltà.

Presentiamo il rapporto di Saker nella sezione “Geopolitica ortodossa” dei documenti.

 
Vescovi russi e macedoni concelebrano per la prima volta dall'autocefalia della Chiesa ortodossa macedone

il metropolita Ilarion (Chiesa ortodossa macedone, a sinistra), l'arcivescovo Stefan (Chiesa ortodossa macedone, al centro), il metropolita Antonij (Chiesa ortodossa russa, a destra). Foto: mospat.ru

I vescovi della Chiesa ortodossa russa e della Chiesa ortodossa macedone-Arcivescovado di Ohrid hanno celebrato la scorsa settimana la Divina Liturgia nella Macedonia del Nord, segnando la prima concelebrazione tra i vescovi delle due Chiese da quando la Chiesa ortodossa macedone ha ricevuto a giugno l'autocefalia, che è stata formalmente riconosciuta dal Santo Sinodo russo ad agosto.

Il 12 gennaio, sua Eminenza il metropolita Antonij di Volokolamsk, capo del Dipartimento per le relazioni ecclesiastiche esterne della Chiesa ortodossa russa, ha visitato il famoso monastero di Lesnovo nella Macedonia del Nord per la festa di san Gabriele del Monte Athos, vescovo di Velić, molto venerato al monastero.

foto: mospat.ru

La funzione è stata presieduta dal primate della Chiesa ortodossa macedone, sua Eminenza l'arcivescovo Stefan di Ohrid, con sua Eminenza il metropolita Ilarion di Bregalinca, affiancato dal metropolita Antonij e dalla delegazione russa, da chierici della Chiesa ortodossa romena e dal clero macedone locale, come riferisce il Dipartimento.

Nel suo sermone, l'arcivescovo Stefan ha sottolineato che questa è stata la prima concelebrazione tra vescovi russi e macedoni dal 1962, quando sua Santità il patriarca Alessio I di Mosca, sua Santità il patriarca German di Serbia e sua Eminenza l'arcivescovo Dositej di Macedonia avevano concelebrato a Ohrid.

L'arcivescovo Stefan ha dato il benvenuto al metropolita Antonij e alla delegazione russa nel paese da cui la scrittura slava è stata trasferita in Russia più di 1100 anni fa, nel paese delle chiese, dei monasteri, delle croci, nel paese in cui sono arrivati e hanno trovato rifugio numerosi monaci russi più di 100 anni fa, in fuga dalla persecuzione bolscevica, nel paese in cui visse il grande santo ierarca russo e pan-ortodosso, san Giovanni di Shanghai, un paese piccolo per territorio ma grande per storia, un paese a cui è stata appena riconcessa l'autocefalia ecclesiastica, ma la cui storia ecclesiastica è antica.

Dopo la funzione, i vescovi e i chierici hanno venerato le reliquie di san Gabriele, che riposano nella chiesa dell'arcangelo Michele al monastero di Lesnovo.

foto: mospat.ru

Durante la permanenza nella Macedonia del Nord, la delegazione della Chiesa ortodossa russa ha avuto la possibilità di visitare le chiese e i monasteri di Skopje.

L'arcivescovo Stefan di Ohrid ha avuto pure una conversazione telefonica con il patriarca Kirill il 12 gennaio, e ha espresso la sua gratitudine per il riconoscimento dell'autocefalia della Chiesa macedone da parte della Chiesa russa e per la visita della delegazione russa.

A sua volta il patriarca Kirill ha parlato dell'amore che tradizionalmente la Chiesa ortodossa russa prova per i suoi fratelli ortodossi nella Macedonia del Nord e ha chiesto al primate macedone di pregare per la Chiesa ortodossa russa in questi tempi difficili.

 
200 battesimi ortodossi in Ruanda

Un piccolo momento di sollievo dalle tragedie del genocidio in Ucraina, con una notizia veramente positiva da un paese a sua volta vittima di un genocidio recente.

Un post del blog Mystagogy del 19 agosto riporta la notizia di 200 persone battezzate nel fiume Nyamazi in Ruanda (distretto di Kirehe, nella provincia orientale del paese) per mano di sua Grazia il vescovo Innocenzo (Byakatonda). Dopo i battesimi, il vescovo ha celebrato la Divina Liturgia nella valle del fiume Nyamazi di fronte a 800 fedeli.

Nella comunità di Kaziba, oltre 2000 persone desiderano essere battezzate, secondo il vescovo Innocenzo, che si sta occupando del catechismo, di costruire una chiesa e di far aver loro un prete: domenica 14 settembre, il diacono Maximos sarà ordinato prete per la comunità.

 
La chiave della vita conservata dai cristiani ortodossi è stata persa dai cristiani occidentali

"l'Occidente ha visto il cristianesimo più come un insieme di credenze che sono in un certo senso analoghe a una teoria cognitiva del mondo. Quindi devi affermare che credi a un insieme di proposizioni su Cristo...

Gli ortodossi direbbero, per quanto ne so, che dovresti prendere la tua dannata croce e salire inciampando su per la collina: questo è il tuo compito"

cliccate sulla foto per ascoltare il video originale (in inglese)

Jordan Peterson, psicologo, professore, autore e guru, è adorato dai conservatori per il modo impenitente e intelligente con cui espone la demagogia del liberalismo sociale e dei "valori" occidentali prevalenti.

La sua capacità di guardare al nocciolo delle cose e identificare gli errori che orientano la moderna società occidentale verso il degrado è sempre scioccante, spiritosa e rinfrescante. Qui Peterson, che parla liberamente dell'importanza della spiritualità per l'essere umano, cita regolarmente narrazioni bibliche e interviste ai cristiani, suggerisce che i cristiani occidentali hanno perso di vista un aspetto cruciale della loro fede, che invece il cristianesimo ortodosso pone come centrale.

* * *

Qual è il suo pensiero attuale sul cristianesimo ortodosso?

Io piaccio ai cristiani ortodossi. Non so perché, ma penso di avere qualche idea in proposito. Ho ricevuto molte lettere da persone religiose, da musulmani, da ebrei, in particolare da ebrei ortodossi, abbastanza stranamente, da monaci cristiani, ma moltissime dai cristiani ortodossi, e penso che la ragione di ciò, per quanto ne so, sia che gli ortodossi guardano al cristianesimo da una prospettiva leggermente diversa rispetto ai protestanti e ai cattolici. E non sto criticando protestanti e cattolici, che hanno una prospettiva, una ragione per il loro punto di vista.

Ma quello che è successo in Occidente, credo (e questa è una semplificazione terribilmente eccessiva, quindi perdonatemi), è che l'Occidente ha visto il cristianesimo più come un insieme di credenze che sono in un certo senso analoghe a una teoria cognitiva del mondo.

Quindi, per essere un cristiano in Occidente, devi accettare che Cristo è morto per i tuoi peccati e che tu sei redento. Quindi devi accettare Cristo come tuo Redentore, e questo in realtà significa affermare che credi in una serie di proposizioni su Cristo. Che egli era il Figlio di Dio, che la sua morte e risurrezione, il suo sacrificio, ha redento l'umanità e che tu prendi parte a tale redenzione esponendo quella conformità con una serie di fatti, diciamo.

Capisco perché è andata così, ma penso che ci sia un grosso rischio in questo e non credo che gli ortodossi ci siano caduti nella stessa misura.

La loro idea – e questo c'è anche nel protestantesimo e nel cattolicesimo, ma con un'enfasi più secondaria, più implicita e penso che questo sia un problema, specialmente nel mondo moderno – gli ortodossi direbbero, per quanto ne so, che dovresti prendere la tua dannata croce e salire inciampando su per la collina: questo è il tuo compito.

E la croce è il punto in cui si trovano tutti. Sei proprio al centro della realtà; stai soffrendo e morendo e rinascendo continuamente al centro della realtà mentre ti trasformi. E devi accettarlo ed entrare a farne parte.

E questa è una cosa molto molto difficile da fare perché significa abbracciare tutti i tuoi difetti e i difetti della realtà e la tragedia dell'esistenza e la tua morte e la somma totale del male umano; tutto questo. Requisito incredibilmente impegnativo, ma devi fare il possibile per farlo.

E non solo prendi la tua croce, per così dire, ma inciampi nella salita verso la città di Dio, inciampi sul cammino verso ciò che è buono. E questo è il tuo destino, ed è lì che deve esserci un significato.

Gli ortodossi lo spiegano abbastanza bene: questo è il tuo obiettivo, è l'imitazione di Cristo, e il fatto che Cristo è il Logos è la storia cristiana. Cristo è il Logos che Dio usa all'inizio dei tempi per trasformare il caos pre-cosmogonico in un ordine abitabile, un discorso veritiero.

Quindi questo è il punto: il fatto che tu sia in grado di pronunciare parole veritiere è un'indicazione che ti sei caricato sulle spalle la tua croce e stai inciampando mentre sali.

La teoria è molto coerente e gli ortodossi, credo, hanno fatto un ottimo lavoro nel mantenere quell'idea in prima linea nel loro credo. E quindi questo è quello che penso del cristianesimo ortodosso.

 
Ricordiamo le vittime di Beslan a 10 anni dalla strage

Una delle più tristi conseguenze dell’attuale genocidio nel Donbass è che fa passare totalmente in secondo piano il decimo anniversario della tragedia di Beslan, che solo poche eroiche persone come il nostro amico Ennio Bordato ricordano in Italia con una serie di iniziative memoriali.

Non aspettatevi tanto interesse dei media per questa tragedia... come si potrebbe avere il coraggio di presentare ora la Russia di Putin come una vittima del terrorismo? E non solo le comprensibili (per quanto schifose) ragioni di stato concorrono a zittire la memoria di Beslan... oggi qualcuno potrebbe spingersi addirittura a fare dei paragoni, e a porsi delle domande molto attuali! Chi è stato negli ultimi mesi a bombardare scuole e asili? Chi ha fatto saltare le connessioni idriche a intere città? Chi ha costretto migliaia di famiglie di civili a vivere chiuse nelle cantine sotto la minaccia di morte? In pratica, chi merita oggi di essere definito terrorista?

 
Sta covando uno scisma a Cipro?

Sembrerebbe di sì.

Come predetto dal sottoscritto, la decisione di "riconoscere" la setta scismatica in Ucraina non sarebbe stata l'ultima parola. Finora solo tre Chiese locali, Atene, Alessandria e Cipro, hanno scelto di farlo. Il processo che hanno intrapreso è stato tutt'altro che elegante, o canonico, se per questo.

Non sono state effettuate votazioni formali. Invece, i sinodi hanno giocato in modo infantile a "passarsi la patata bollente", con i primati che chiedevano ai rispettivi sinodi di votare per il riconoscimento del ciarlatano in tonaca Dumenko e del suo gruppo non canonico. I sinodi hanno poi rimesso la decisione ai primati.

È stato tutto così goffo.

Nel caso di Alessandria, però, ha dovuto intervenire il governo greco, torcendo il braccio a uomini compromessi; è stata più un'orchestrazione artificiosa, che una decisione della Chiesa.

Alla fine, i sinodi più o meno, così così, in qualche modo, hanno concordato di riconoscere la sconveniente diavoleria del patriarca Bartolomeo a Kiev come Chiesa "autocefala" dell'Ucraina. Bartolomeo l'ha presa come una vittoria. Col tempo, pensava che le altre Chiese sarebbero salite a bordo del suo carrozzone (o autocefalificio) e avrebbero legittimato le sue azioni.

Finora non è successo.

Anche Gerusalemme e l'Albania, che fanno capo a primati greci, così come la Romania, tutt'altro che filorussa, hanno esitato ad accettare questa farsa. Anche la Georgia, che ha avuto i suoi disaccordi militari con la Russia, si è rifiutata di farlo.

Il continuo non riconoscimento di Dumenko, che va avanti ormai da 4 anni, è un motivo di completo imbarazzo.

Ad Antiochia, Belgrado e Sofia non hanno dimenticato le numerose offese ricevute da Bartolomeo sin dalla sua ascesa al trono ecumenico. Anche l'OCA, che in passato desiderava disperatamente il riconoscimento del Fanar, non ha intenzione di riconoscere la setta fasulla a Kiev e continua a onorare il metropolita Onufrij come legittimo primate della Chiesa ortodossa ucraina.

E ora il metropolita Neophytos di Morphou ha boicottato l'intronizzazione formale di Georgios di Paphos, il neoeletto arcivescovo di Cipro, minando la decisione del sinodo di sostenere all'unanimità la "Chiesa ortodossa dell'Ucraina".

In breve, la decisione dei ciprioti di sostenere il Patriarcato ecumenico è tutt'altro che cosa fatta.

Questo è stato uno straordinario rimprovero all'arcivescovo Georgios – e per estensione, a Bartolomeo – e crea discordia all'interno della Chiesa cipriota. Nessuno sa come risolvere questo problema in futuro.

Sospetto che assisteremo a rotture simili nella Chiesa di Grecia. Lo stiamo già vedendo svolgersi in Africa, dove il contingente nativo di cristiani ortodossi ha di fatto tagliato ogni legame con la gerarchia greca ad Alessandria. Ora fanno parte dell'Esarcato russo.

Il patriarca Bartolomeo non solo ha operato uno scisma tra le Chiese locali, ma ne ha provocato uno anche all'interno delle Chiese locali. La cosa ironica è che questa potrebbe essere l'ultima cosa che Bartolomeo voleva. O magari sì? A un certo punto ha affermato con sicurezza che tutti (si legga: gli slavi) alla fine sarebbero "saliti a bordo". Non l'hanno fatto. Non potevano, data la direzione dell'Ucraina e il fatto che nessuno può essere in comunione con scismatici che non saranno in comunione con lui. La "Chiesa ortodossa dell'Ucraina" odia così tanto la Russia da non voler accettare una ri-ordinazione dei suoi chierici, perché questa li legherebbe ecclesiasticamente alla Russia, che rappresenta oltre un terzo della Chiesa.

C'è da chiedersi dove risiedano le simpatie di Bartolomeo. Con la Chiesa o con i globalisti, poiché questi sfortunati eventi sono esattamente ciò che voleva il Dipartimento di Stato americano.

Chissà? Smascherare la mancanza di forza di Bartolomeo nel mantenere l'unità ortodossa può essere per lui una delusione, poiché infanga il suo posto nella storia e offusca l'intera Chiesa. Naturalmente, questo non significa niente per i globalisti. Per loro è "scisma, ecchissenefrega".

Cosa ci si aspetta da persone che non credono in Dio? Buon ordine nella Chiesa? Vale la pena chiedersi, Bartolomeo è una di queste persone? Le sue aspirazioni globaliste lo hanno portato fuori dalla Chiesa? Questo è qualcosa che i vescovi devono affrontare, e devono farlo rapidamente, poiché questo ridefinisce completamente la Chiesa.

Questo è un problema serio che richiede un'ulteriore discussione da parte della Chiesa. È importante riconoscere che questo problema è specifico del Fanar, e non degli ortodossi greci. L'intera Chiesa è stata compromessa dalle sue decisioni. Se continuiamo a non agire, la Chiesa sarà divisa per sempre in due parti, che cresceranno come pilastri separati, come hanno fatto i cattolici romani e gli ortodossi a partire dal 1054.

 
Test in 10 segni rivelatori: Come potete sapere se la Russia ha invaso l'Ucraina?

Ecco a voi nella sezione “Geopolitica ortodossa” dei documenti un provvidenziale antidoto alla campagna di fandonie mediatiche sull’invasione dell’Ucraina da parte della Russia. Il blogger Dmitry Orlov (non è un omonimo dell’autore del famoso libro sulle catastrofi sociali, The Five Stages of Collapse: è proprio lui!) ci offre uno spassoso test in 10 segni per poter determinare da noi stessi se la Russia ha invaso l’Ucraina. Un vero e proprio piccolo capolavoro, da inviare a tutti i vostri cari spaventati dalle “guerre e rumori di guerre” (Mt 24:6), e per richiedere a gran voce che i nostri media, se proprio non riescono a smettere di sparare balle, ci facciano sapere ANCHE la verità.

 
La Chiesa russa risponde alle accuse del patriarca Bartolomeo in un discorso di dicembre

foto: spzh.news

Il 9 dicembre, il patriarca Bartolomeo di Costantinopoli è intervenuto alla Conferenza politica mondiale "Per un mondo ragionevolmente aperto" ad Abu Dhabi.

Secondo il Dipartimento per le relazioni ecclesiastiche esterne della Chiesa ortodossa russa, il patriarca Bartolomeo "ha lanciato una serie di accuse errate, infondate e apertamente calunniose alla Chiesa ortodossa russa", in un discorso che è stato "dedicato quasi completamente non tanto al tema della conferenza, ma alla critica dell'Ortodossia russa".

Il Dipartimento ha pubblicato una risposta venerdì 3 febbraio.

Potete leggere qui sotto il discorso del patriarca e la risposta del Dipartimento.

Il discorso del patriarca Bartolomeo

Signore e signori,

Cari amici,

Vorremmo ringraziare calorosamente gli organizzatori di questo nuovo simposio della Conferenza politica mondiale "Per un mondo ragionevolmente aperto", per averci invitato ancora una volta a partecipare a questo lavoro molto interessante.

La guerra ucraina, provocata dall'ingiusta aggressione della Russia nel febbraio 2022, costituisce la peggiore crisi geopolitica e umanitaria europea dalla fine della seconda guerra mondiale. È accompagnata dal sacrificio di un gran numero di ucraini, russi e altri, nonché dalla distruzione di un intero paese. C'era da aspettarsi un simile disastro?

Gli specialisti in relazioni internazionali cercano di spiegare questa situazione facendo riferimento alle condizioni della fine della guerra fredda. L'Occidente ha sbagliato ad approfittare dell'implosione dell'Unione Sovietica per stabilire la sua influenza in Oriente? Il mutamento dei grandi equilibri in Europa ha risvegliato vecchi timori di un possibile accerchiamento della Russia? D'altra parte, come non prendere in considerazione il desiderio di indipendenza dei popoli vissuti sotto l'oppressione sovietica? Come non rispondere con atti di solidarietà al colpevole abbandono dell'Est Europa al dominio di Mosca in nome del sistema di zone di influenza stabilito dagli accordi di Yalta?

Questo dibattito è senza dubbio valido. Tuttavia, la visione della nostra Chiesa va oltre queste prospettive attuali. Il suo sguardo è più radicato nella storia in generale e nella storia ecclesiastica in particolare. Riteniamo che la fonte delle nostre disgrazie sia la conseguenza di errori di giudizio in materia di fede. È per questo che ci identifichiamo con il termine "ortodossia", una fede giusta e retta.

La Chiesa ortodossa ha avuto un ruolo fondamentale nell'emergere di queste due realtà, separate e intrecciate, che sono la Russia e l'Ucraina. Il luogo del dramma è all'intersezione di un doppio incrocio, Europa e Asia; innanzitutto l'istmo tra il Mar Baltico e il Mar Nero, asse essenziale per gli scambi tra il Nord Europa e il Mediterraneo orientale. Perpendicolarmente a questo corridoio, nella parte meridionale dell'attuale Ucraina, si forma un corridoio aperto alla circolazione dei popoli, attraverso il quale sono passate diverse successive invasioni. La funzione commerciale ha permesso la strutturazione dei poteri e l'apertura alla civiltà e al mondo esterno. Le ondate di invasioni e la cupidigia dei poteri circostanti hanno, invece, spesso disfatto le strutture politiche e sottoposto le popolazioni a enormi sofferenze. È questa dialettica tra costruzione e distruzione che spiega l'emergere di un'identità ucraina.

La mappa politica spaziale dell'attuale Ucraina ha cambiato forma molte volte nel corso dei secoli, dalla Rus' kievana nel IX secolo a Caterina II nel XVIII secolo, quando la maggior parte dell'Ucraina si trovò integrata nell'Impero Russo. Nel corso dei secoli, le popolazioni dell'Ucraina hanno subito successive dominazioni straniere: russa, polacca, mongola, lituana o austriaca. Il XX secolo è stato particolarmente duro per gli ucraini. Hanno sopportato la grande carestia dell'era di Stalin, l'Holodomor, e si sono trovati nel bel mezzo di uno scontro armato tra l'Unione Sovietica e la Germania nazista durante la seconda guerra mondiale.

Questa storia spiega il desiderio di differenziarsi dall'insieme russo e di connettersi con l'Europa e con i suoi valori. Queste condizioni permettono anche di comprendere l'importanza della religione, elemento fondante e insieme liberatore della coscienza ucraina. Da Costantinopoli, il Patriarcato ecumenico introdusse il cristianesimo e la civiltà bizantina già nel IX secolo ai popoli di questa regione. Abbiamo avuto un ruolo fondamentale nell'organizzazione delle comunità religiose che si sono formate intorno alla Metropolia di Kiev, e poi attorno al Patriarcato di Mosca.

Tuttavia, i suoi insegnamenti sulle regole di organizzazione e di funzionamento ecclesiastico, ereditati dalla lunga storia del cristianesimo e che riflettono tutta la sapienza amministrativa e filosofica del mondo del Mediterraneo orientale, non sempre sono stati rispettati da Mosca. Il potere imperiale voleva sottomettere la Chiesa alla sua volontà nel suo sforzo di strumentalizzare il sentimento religioso per i suoi fini politici e militari. Così, dalla presa di Costantinopoli da parte degli ottomani nel 1453, Mosca aspirava a sostituire il Patriarcato ecumenico proclamando che Mosca rappresentava "la terza Roma". Questa lunga politica di Mosca costituisce un fondamentale fattore di divisione del mondo ortodosso.

A partire dal XIX secolo, la strumentalizzazione della religione da parte di Mosca si è combinata con le idee innovative del nazionalismo tedesco. Ispirata dal pangermanesimo, la nuova ideologia del panslavismo, organo della politica estera russa, acquisì una componente religiosa. Questa è l'idea che le Chiese dovrebbero organizzarsi secondo il principio dell'etnia, il cui indicatore centrale sarebbe la lingua. È questo approccio che il Patriarcato ecumenico di Costantinopoli ha denunciato nel 1872 come eresia (l'eresia dell'etnofiletismo, una forma di razzismo ecclesiale). È in flagrante contraddizione con l'universalismo del messaggio evangelico, così come con il principio di governo del territorio che definisce l'organizzazione della nostra Chiesa.

Questa eresia era però utile agli obiettivi di Mosca poiché allontanava i credenti di lingua slava dall'influenza del Patriarcato ecumenico. Lo scopo di questa strategia era quello di creare, all'interno dell'Impero Ottomano, e successivamente sotto forma di stato indipendente, una forza politica separata, al servizio della spinta russa verso i mari caldi. È responsabile degli odi tra i cristiani balcanici che hanno portato alle guerre balcaniche e alle atrocità dell'inizio del XX secolo.

Durante l'Unione Sovietica, la religione era emarginata e oppressa. L'ideologia comunista aveva occupato il terreno attribuito allo schermo a una religione sfruttata dall'Impero Russo. Dopo la sua caduta, la fede è stata nuovamente utilizzata per scopi ideologici. La Chiesa ortodossa russa si è schierata con il regime del presidente Vladimir Putin, soprattutto dopo l'elezione di sua Beatitudine il patriarca Kirill nel 2009. Partecipa attivamente alla promozione dell'ideologia del Russkii Mir, del mondo russo, secondo la quale lingua e religione permettono di definire un insieme coerente che comprenda Russia, Ucraina, Bielorussia così come gli altri territori dell'ex Unione Sovietica e della diaspora. Mosca (potere politico e potere religioso) costituirebbe il centro di questo mondo, la cui missione sarebbe quella di combattere i valori decadenti dell'Occidente. Questa ideologia costituisce uno strumento di legittimazione dell'espansionismo russo e la base della sua strategia eurasiatica. Il legame con il passato dell'etnofiletismo e il presente del mondo russo è evidente. La fede diventa così la spina dorsale dell'ideologia del regime di Putin.

L'autocefalia della Chiesa ortodossa ucraina concessa nel 2019 dal Patriarcato ecumenico ha peggiorato i rapporti con la Chiesa russa. Qui troviamo tensioni già espresse, quando il Patriarcato di Mosca decise di non partecipare al Santo e Grande Concilio della Chiesa ortodossa riunitosi a Creta nel 2016.

L'invasione dell'Ucraina il 24 febbraio ha portato la polarizzazione al culmine. La posizione ambigua del patriarca Kirill sulla guerra e il sostegno alle politiche del presidente Putin hanno provocato forti critiche all'interno del mondo ortodosso e non solo. Disapprovazione anche per gli ortodossi dell'Ucraina, che avevano scelto di rimanere sotto la tutela della Chiesa russa.

Pertanto, la divisione del mondo ortodosso si approfondisce e si espande. Alcune Chiese sono d'accordo con il Patriarcato ecumenico; altri, i cui paesi sono troppo dipendenti dalla Russia, sostengono ciecamente il Patriarcato di Mosca; altri ancora preferiscono mantenere un complice silenzio. Nel frattempo, la Chiesa russa usa i mezzi dello Stato per stabilire la sua influenza sul territorio canonico di altre Chiese, nonostante le regole più elementari dell'organizzazione ecclesiastica dell'Ortodossia. Le sue ingerenze in Africa sono presentate come azioni punitive contro il Patriarcato di Alessandria per il riconoscimento dell'autocefalia della Chiesa ortodossa dell'Ucraina. È evidente che in queste condizioni il ruolo pacificatore della Chiesa diventa molto difficile.

Cosa significa questo per i dibattiti al di fuori dei circoli ecclesiastici? Mostra ancora una volta il ruolo crescente del fattore religioso nelle grandi questioni globali. Le ideologie si stanno indebolendo una dopo l'altra. La fine del comunismo ha lasciato un grande vuoto in tutta una parte del mondo che viveva sotto il suo dominio e in altri popoli che in esso avevano riposto le proprie speranze. La crisi della globalizzazione e del liberalismo sta creando anche profonde frustrazioni e pericolosi risentimenti. In questo panorama di ideologie materialiste al collasso, lo spirituale sta tornando con forza. Tuttavia, questo ritorno può costituire un pericolo, se non si esprime secondo approcci che integrino la sapienza delle tradizioni religiose attinte dall'eredità delle grandi civiltà del passato.

Gli errori di discernimento, le eresie, non sono fenomeni trascurabili che interessano solo pochi chierici e pochi studiosi. Al contrario, hanno gravissime conseguenze per la vita spirituale e per la vita materiale. La fonte dei problemi è la strumentalizzazione della religione da parte di attori che spesso non hanno una vera fede.

Gli ortodossi russi costituiscono una grande ricchezza per l'Ortodossia e per il mondo intero. L'Ortodossia russa ha offerto un enorme contributo intellettuale, spirituale e artistico. Purtroppo è stata vittima dell'interferenza del potere politico russo. L'oppressione sovietica ha provocato il caos, privando intere generazioni delle benedizioni della fede e della saggezza della Chiesa. Il regime neoimperiale, nella sua necessità di rafforzarsi, ha attinto a quello che gli sembrava un prezioso capitale politico: il rinnovato sentimento religioso del popolo russo. Purtroppo è riuscioto a guidare su questa strada parte del clero ortodosso. Soprattutto ha ripreso e rafforzato gli approcci eretici del regime zarista in un contesto di scarsa conoscenza delle regole ecclesiastiche, dovuto anche al decadimento spirituale del periodo sovietico.

Le conseguenze sono molto gravi. Il fanatismo etnico-religioso inculcato nella gioventù russa soffoca le prospettive di pace e di riconciliazione. Il mondo ortodosso è diviso e questa frammentazione si proietta sui paesi poveri, i cui popoli speravano di trovare sollievo nella fede. Soprattutto danneggia la Chiesa russa poiché prima o poi il popolo si accorgerà degli eccessi di una Chiesa soggetta a obiettivi che nulla hanno a che vedere con la sua missione originaria.

Signore e signori, cari amici,

gli specialisti in relazioni internazionali a volte tendono a ignorare o a marginalizzare il ruolo e il significato del fattore religioso, autentico o manipolato. Siamo però entrati in un periodo in cui questo fattore sta diventando sempre più importante. I teologi e gli altri specialisti in questioni che hanno a che fare con il funzionamento delle Chiese devono senza dubbio aprirsi ad altre prospettive e sviluppare il dialogo con altre discipline scientifiche. È anche importante che gli specialisti delle scienze sociali, delle scienze politiche e delle relazioni internazionali superino una certa esitazione ad approfondire le questioni religiose. La comprensione di un mondo nuovo che si va formando davanti ai nostri occhi non può prescindere dal fatto religioso. Grazie per l'attenzione!

La risposta del Dipartimento per le relazioni ecclesiastiche esterne della Chiesa russa

Il 9 dicembre, durante la conferenza politica mondiale "Per un mondo ragionevolmente aperto", il patriarca Bartolomeo ha lanciato una serie di accuse errate, infondate e apertamente calunniose alla Chiesa ortodossa russa. Nel suo intervento, dedicato quasi completamente non tanto al tema del convegno quanto alla critica all'Ortodossia russa, ha dato un'interpretazione parziale e distorta della storia della nostra Chiesa e dei popoli che essa unisce e ha alluso a una presunta deviazione della Chiesa ortodossa russa dalla dottrina e dai canoni ortodossi.

Indipendentemente dalle valutazioni assolutamente discutibili, incompetenti e politicizzate del patriarca Bartolomeo su una serie di eventi storici nella storia della Russia e dell'Europa orientale, dobbiamo affermare quanto segue.

Il cristianesimo ortodosso è stato davvero alla base dell'identità politica e culturale della Rus' di Kiev e per molti versi ha formato l'identità nazionale dei popoli che fanno risalire la loro storia al fonte battesimale di Kiev. Nonostante periodi di frammentazione e sconvolgimenti, questi popoli si sono sempre percepiti come un'unica comunità ecclesiale.

Kiev, chiamata nelle nostre cronache più antiche 'la madre delle città russe', è stata storicamente la culla dell'ortodossia russa e la prima sede della Chiesa russa. Come l'antica Antiochia è stata per l'Oriente ortodosso, Mtskheta per la Georgia, il Patriarcato di Peć per la Serbia, così per i nostri popoli Kiev è rimasta fino ad oggi il luogo santo comune venerato in tutta la Chiesa russa.

L'emergere dell'identità ucraina non è legato alla 'dialettica tra creazione e distruzione', come ha vagamente formulato il primate della Chiesa di Costantinopoli, ma piuttosto alle conseguenze della storia della Rus' del sud-ovest in una situazione di secolare lotta dei cristiani ortodossi per la conservazione della loro fede, cultura e tradizioni nella situazione di un'aggressiva espansione non ortodossa sia dall'est che dall'ovest. In questa lotta, i nostri antenati fecero affidamento sul sostegno dei loro fratelli della stessa fede nel nord, e il risultato fu l'unificazione di Mosca e Kiev nel XVII secolo, unificazione sia politica che ecclesiale, che ha soddisfatto le aspettative secolari dei nostri antenati e la sua natura volontaria e nazionale è stata sigillata nei documenti e questa unificazione non può in alcun modo essere chiamata "dominio straniero russo" perché i partecipanti a questa unificazione da entrambe le parti si sentivano, pensavano e si definivano russi a quel tempo.

In seguito, i nostri popoli hanno sopportato insieme momenti gloriosi e momenti tragici nella loro storia comune. Il XX secolo, di cui il patriarca di Costantinopoli ha fatto una menzione speciale, è stato "particolarmente crudele" non solo per il popolo ucraino ma anche per quello russo. Abbiamo sopportato insieme le difficoltà e le perdite della prima guerra mondiale (1914-1918), la devastazione portata dalla guerra civile (1918-1923), la carestia di massa nell'URSS (1932-1933), che comprendeva terre non solo nell'odierna Ucraina ma anche nella regione del Volga, negli Urali, nella Chernozemje centrale, nel Caucaso settentrionale e infine l'intervento degli invasori fascisti tedeschi nel 1941.

Dire che il popolo ucraino si è appena trovato "nel mezzo di uno scontro armato tra l'Unione Sovietica e la Germania nazista", presentarlo come una vittima apatica e volitiva del conflitto globale significa sottovalutare e sminuire l'impresa degli ucraini durante la seconda guerra mondiale . Dal 1941 al 1945, le nazioni russa e ucraina resistettero spalla a spalla contro l'Europa riunita dal fascismo. Oltre cinque milioni di soldati russi e circa un milione e mezzo di ucraini hanno dato la vita per la vittoria sul nazismo tedesco. Fu per i loro diritti di vincitori nella seconda guerra mondiale che sia la nazione russa che quella ucraina furono incluse nel numero dei fondatori dell'Organizzazione delle Nazioni Unite. È triste che il primate di Costantinopoli non sia a conoscenza dei servizi delle nostre nazioni alla storia del mondo, e che non abbia empatia per i loro sacrifici, che sia pronto a insultare la memoria dei caduti per amore della momentanea retorica politica e dello stato attuale delle cose.

Tra le prove subite dalle nostre nazioni nel XX secolo vanno annoverate anche le persecuzioni ateiste sotto il regime comunista, che il patriarca Bartolomeo menziona solo di sfuggita. Queste persecuzioni religiose, tra le più brutali nella storia del cristianesimo, sono costate la vita a molte migliaia di membri del clero della Chiesa ortodossa russa e a centinaia di migliaia di laici. Negli anni '20, le autorità comuniste crearono artificialmente uno scisma rinnovazionista nella Chiesa russa e Costantinopoli lo sostenne apertamente.

Le accuse del patriarca di Costantinopoli contro la Chiesa russa appaiono ingrate e ingiuste quando sostiene che dopo la caduta di Costantinopoli nel 1453 'Mosca ha rivendicato il suo diritto di sostituire il Patriarcato ecumenico'. Anche negli anni più infami per la Chiesa di Costantinopoli, quando ha deviato nell'unia (1439) e ha legittimato lo scisma ecclesiastico ucraino (2018), la Chiesa ortodossa russa si è limitata solo a una rottura di comunione con coloro che si scomunicavano dalla dottrina e dall'unità canonica della Chiesa ortodossa. Ma non ha mai rivendicato il posto del Patriarcato di Costantinopoli nella famiglia delle Chiese ortodosse locali.

Dopo la caduta dell'Impero bizantino, il principato di Mosca e il suo regno successivo rimasero di fatto per molti anni l'unico stato ortodosso indipendente in grado di sostenere i cristiani ortodossi in Oriente. È per questo motivo che il patriarca Geremia di Costantinopoli, nella sua Lettera legislativa del 1589 sull'istituzione del patriarcato in Rus', si rivolse allo zar Feodor Ivanovich, dicendo: 'O tsar devoto, il tuo grande tsar russo, la terza Roma, ha superato tutti nella pietà, e tutti i tuoi pii tsar sono stati riuniti, e solo tu sotto il cielo cristiano sei chiamato tsar nell'intero universo, per tutti i cristiani.

Tuttavia, dai tempi del patriarca Geremia e fino ad oggi, in nessuno dei documenti ufficiali e delle dichiarazioni della Chiesa russa è mai stato applicato il concetto politico di "Terza Roma". Nel XX secolo, le idee menzionate dal patriarca Bartolomeo sono diventate principalmente lo strumento dell'ideologia e della propaganda del Fanar. Durante la "guerra fredda" condotta dalla famigerata "Terza Roma" e il "panslavismo" erano tradizionalmente usati per intimidire i nostri fratelli greci nella fede e nella comunità occidentale. Come dimostrano i documenti recentemente pubblicati dalla CIA sulla cooperazione del patriarca Atenagora con l'intelligence statunitense, il mitico argomento della "Terza Roma" è stato utilizzato attivamente dal Fanar, principalmente per promuovere il fattore religioso nella politica internazionale e coinvolgere il sostegno delle forze della politica mondiale.

È triste che l'aiuto dato alle nazioni della stessa fede nei Balcani, compreso il popolo greco fraterno, nel liberarle dal giogo ottomano, sia definito dal patriarca Bartolomeo una "politica di lunga data di Mosca" per dividere la comunità del mondo ortodosso. È evidente che per forza d'abitudine il irimate di Costantinopoli vede il mondo dell'Ortodossia limitato ai confini dell'Impero Ottomano dei secoli XVIII – XIX. La sua macchina di sostegno e di esecuzione amministrativa fu utilizzata a quel tempo dai fanarioti per sradicare senza pietà la cultura distintiva delle nazioni balcaniche, le loro tradizioni liturgiche, il canto e persino la lingua, sostituendoli con il greco. Così il Fanar comprendeva allora "l'universalità del messaggio evangelico" e ogni opposizione a questa espansione aggressiva da parte di bulgari, serbi e romeni fu etichettata come "etnofiletismo" e fu condannata come eresia. Allo stesso tempo, l'idea del diritto esclusivo di Costantinopoli è stata inventata per richiamare unilateralmente l'autocefalia delle Chiese locali ad essa obbedienti, che si basava non sulla Tradizione millenaria della Chiesa ma piuttosto sui poteri amministrativi del millet-bashi concesso dalle autorità turche.

Avendo inventato la nozione di etnofiletismo e avendola condannata al Concilio di Costantinopoli del 1872, il Fanar ha condannato in realtà la sua stessa politica di lunga data di soggezione culturale delle nazioni ortodosse. Le accuse della Chiesa ortodossa russa di "etnofiletismo" o, ancor più, di "razzismo ecclesiale" suonano assurde e volgari; è infatti una Chiesa che unisce milioni di fedeli e centinaia di nazioni e ogni giorno predica, prega e celebra servizi divini in dozzine di lingue di popoli nel mondo.

Il territorio canonico della Chiesa ortodossa russa comprende 17 stati e in ognuno di essi la nostra Chiesa sostiene la sovranità del paese, promuove il miglioramento spirituale della società, favorisce l'accordo pubblico, dà il suo contributo al rafforzamento dei valori morali tradizionali e dell'istituto della famiglia.

In questo contesto, gli sforzi della Chiesa di Costantinopoli per rafforzare i valori tradizionali e familiari appaiono tutt'altro che adeguati mentre la sua posizione appare estremamente ambigua. L'aperto sostegno dato da alcuni vescovi del Fanar al movimento LGTB, agli aborti e al programma di pianificazione familiare, nonché il permesso ufficiale del secondo matrimonio per il clero, schiacciano i millenari principi canonici dell'Ortodossia, creano discordia con i documenti ortodossi universali adottati in precedenza e provocano grandi tentazioni nell'Ortodossia mondiale, anche tra il clero e i fedeli della stessa Chiesa di Costantinopoli.

La predicazione di "un mondo nuovo" non impedisce al patriarca di Costantinopoli di accusare di eresia i suoi oppositori. Gli appelli alle "regole fondamentali dell'ordine ecclesiale dell'Ortodossia" non hanno ostacolato il suo riconoscimento dei "vescovi" dello scisma ucraino che non hanno successione apostolica. E la promozione dei 'valori occidentali' menzionati nel discorso, compresa la peculiare interpretazione del tema dei diritti umani, non impedisce al primate della Chiesa di Costantinopoli di chiudere un occhio sulle clamorose violazioni dei diritti e delle libertà fondamentali di chierici e fedeli in Ucraina.

Nei giorni in cui è stato redatto il discorso del patriarca Bartolomeo ad Abu-Dhabi, si sono svolte perquisizioni e interrogatori di massa nei monasteri e nelle chiese della Chiesa ortodossa ucraina; sono stati avviati procedimenti penali contro i suoi vescovi e chierici sulla base di accuse artificiose o calunniose, sono continuati i sequestri forzati delle sue chiese e gli assalti ai chierici; i suoi arcipastori e pastori sono stati privati dei loro diritti costituzionali e di una piena opportunità di vivere nel proprio paese. Nessuna parola al riguardo è stata pronunciata nel discorso di gala del Primate di Costantinopoli. Nel frattempo, politici e funzionari ucraini fanno riferimento direttamente al Tomos del patriarca di Costantinopoli come base per la persecuzione e il divieto assoluto delle attività della Chiesa ortodossa ucraina. Inoltre, i vescovi del Fanar sostengono pubblicamente le persecuzioni in Ucraina, definendole ipocritamente "la purificazione e il rinnovamento dell'ortodossia ucraina".

Nel suo discorso, il patriarca Bartolomeo ha accusato infondatamente la Chiesa russa di 'usare risorse pubbliche' per raggiungere i suoi scopi. Difficile fornire un esempio più evidente di utilizzo di risorse statali con finalità ecclesiali, di quanto sia stato il processo di legalizzazione di uno scisma ecclesiastico intrapreso da Costantinopoli in Ucraina e del suo riconoscimento da parte dei primati di alcune Chiese ortodosse locali. Secondo testimoni oculari, nel 2018 il presidente dell'Ucraina si è seduto nel presidium del cosiddetto 'concilio' degli scismatici, ha fatto pressioni sui 'vescovi' scismatici e persino sul rappresentante di Costantinopoli, l'attuale metropolita Emmanuel di Calcedonia.

Proprio questa brutale pressione delle forze politiche mondiali sulla Chiesa ortodossa in tutto il mondo e il desiderio del Fanar di agire in Ucraina unilateralmente, contrariamente alla volontà e alle proteste di altre Chiese locali, ha portato a quella profonda divisione nella comunità mondiale ortodossa che il patriarca Bartolomeo ha ricordato nel suo discorso.

Con profondo rammarico dobbiamo affermare che anche adesso il primate di Costantinopoli non fa altro che sostenere e approfondire questa divisione. Egli non solo tenta di accusare indirettamente la Chiesa ortodossa russa di alcuni 'errori', 'eresie', deviazioni dai canoni e dai dogmi, ma anche in tono offensivo commenta la presa di posizione di tutte le Chiese ortodosse locali che non si sono schierate con il Fanar nella questione ecclesiale ucraina.

Proprio questa mancanza di rispetto del patriarca di Costantinopoli per i suoi fratelli in altre Chiese locali è diventata la causa principale dei fallimenti vissuti dal Concilio di Creta del 2016. Durante i decenni di preparazione del Concilio, i rappresentanti di Costantinopoli avevano continuato a sopprimere le discussioni per loro indesiderabili bloccando le questioni più acute delle relazioni inter-ortodosse e escludendole dall'ordine del giorno. Naturalmente, ciò ha comportato un rallentamento del processo di preparazione e, successivamente, un vero e proprio fallimento del Concilio. Con il suo scandaloso discorso ad Abu Dhabi il primate di Costantinopoli non fa che ribadire la sua effettiva perdita del diritto morale e della capacità di essere il coordinatore delle relazioni inter-ortodosse.

Vorremmo sperare che la posizione della Chiesa ortodossa di Costantinopoli non si estenda ai punti di vista e alle opinioni personali del suo primate e che tale Chiesa abbia ancora forze sane che ricordano le parole del Salvatore: "Chiunque sarà grande tra voi, sia il vostro ministro; e chiunque vorrà essere capo tra voi, sia vostro servitore; proprio come il Figlio dell'uomo non è venuto per essere servito, ma per servire e dare la sua vita in riscatto per molti" (Mt 20:26-28).

 
Tre interventi di analisi geopolitica di Saker

Durante tutto il corso della crisi ucraina, il nostro amico Saker ha dimostrato di essere uno dei migliori conoscitori (se non IL migliore, per lo meno per il pubblico di lingua inglese) della situazione, e una voce ben difficile da confutare. Da ex analista militare, esperto della situazione dell’Europa e (cosa non meno importante) serio cristiano ortodosso, ha una visione d’insieme della crisi che supera quella di molti cosiddetti “esperti”. Presentiamo oggi nella sezione “Geopolitica ortodossa” la traduzione italiana di ben tre dei suoi interventi.

Il titolo del primo intervento sembra dire tutto: Il patetico asilo infantile dei pagliacci diversamente intelligenti dell'Unione Europea. Oltre che a lamentarsi della conduzione di un’Europa in cui non vive più da una dozzina d’anni, Saker ha modo di spiegarci un carattere tipico dei russi: la capacità di apprezzare i lati positivi anche dei peggiori nemici. Ma la leadership non eletta dell’Unione Europea, purtroppo, lascia ben poco da apprezzare.

Il secondo intervento, intitolato Bis-plus-super-bispensiero ucraino, sarà chiaro a chi ha letto 1984 di George Orwell... e chi non lo ha letto corra a farlo, perché ormai la società distopica descritta da Orwell in quel libro è presente tra noi in modo preoccupante: leggetelo, prima che il Ministero della Verità riesca a convincervi che siamo sempre stati in guerra con l’Eurasia!

Il terzo intervento è un po’ più datato (risale allo scorso aprile) e viene dal secondo blog del nostro autore, The Saker’s Fallout Shelter (“il rifugio antiatomico di Saker”). Oltre a scoprire che Saker ha anche un blog di riserva, leggendo Un appello ai miei lettori non religiosi scopriremo che Saker ha dovuto più volte difendere la sua posizione di commentatore cristiano ortodosso di fronte a persone schifate da una prospettiva religiosa: le sue parole di condivisione del dolore degli occidentali, che hanno visto finora tristi caricature del cristianesimo ortodosso ma non lo hanno mai sperimentato così com’è, sono parole sacrosante che ogni apologeta ortodosso in Occidente dovrebbe imparare a fare proprie. Buona lettura!

 
La Chiesa romena riconosce l'autocefalia macedone

il patriarca Daniel Daniel di Romania (a sinistra), l'arcivescovo Stefan di Ohrid (a destra)

La canonicità e l'autocefalia della Chiesa ortodossa macedone-Arcivescovado di Ohrid è stata ufficialmente riconosciuta dal Santo Sinodo di un'altra Chiesa ortodossa locale.

Riunitosi ieri a Bucarest sotto la presidenza di sua Beatitudine il patriarca Daniel, il Santo Sinodo della Chiesa ortodossa romena ha deliberato di:

Approvare il riconoscimento dell'autocefalia concesso alla Chiesa nella Repubblica di Macedonia del Nord con il nome di "Arcidiocesi di Ohrid e Macedonia del Nord, con sede a Skopje" dal Patriarcato di Serbia dal suo Tomos sinodale emesso il 5 giugno 2022. Il suo primate sarà commemorato con il titolo "sua Beatitudine l'arcivescovo Stefano di Ohrid, Skopje e Macedonia del Nord".

I vescovi macedoni e romeni avevano già concelebrato in Svezia nel mese di ottobre.

L'autocefalia della Chiesa macedone è ora riconosciuta dalle Chiese di Russia, Polonia, Ucraina, Bulgaria e Romania, oltre che dalla Chiesa serba.

Al contrario, la Chiesa di Grecia rifiuta esplicitamente l'autocefalia della Chiesa ortodossa macedone sulla base del fatto che solo Costantinopoli può concedere l'autocefalia, sebbene accetti comunque la Chiesa ortodossa macedone come canonica, a seguito della precedente decisione di Costantinopoli.

Anche il Patriarcato di Antiochia ha accettato la canonicità della Chiesa ortodossa macedone ed è entrato in comunione con essa, pur con "l'aspirazione che si raggiunga quanto prima il consenso ortodosso generale sul nome e sullo status giuridico di questa Chiesa".

I vescovi e chierici della Chiesa ortodossa macedone hanno concelebrato anche con i vescovi e chierici delle Chiese di Gerusalemme, delle Terre Ceche e della Slovacchia e della Chiesa ortodossa in America, sebbene i loro sinodi non abbiano affrontato formalmente la questione. [Aggiornamento: la Chiesa delle Terre Ceche e della Slovacchia, alla riunione del proprio Santo Sinodo del 7 febbraio 2023 a Prešov in Slovacchia, ha riconosciuto formalmente l'autocefalia della Chiesa macedone]

Finora non ci sono state decisioni sinodali o concelebrazioni con vescovi o clero delle Chiese di Alessandria, Georgia, Cipro e Albania.

 
Lezioni di umanità dal Donbass

Per ricostituire un quadro veritiero della crisi ucraina, dobbiamo ribaltare completamente la nozione di “terrorismo” che vi è stata applicata follemente, in un vero esercizio di neolingua orwelliana. In questo sforzo, è certamente utile mostrare come la campagna militare denominata “operazione anti-terrorismo” sia stata in realtà una guerra genocida portata avanti con metodi terroristi (repressioni, intimidazioni, massacri di civili, deportazioni, delazioni, progetti di “campi di filtraggio”, ecc.), ma questa è solo metà dell’opera. Siamo moralmente tenuti a mostrare che cosa ha fatto invece la controparte, proprio quella accusata di essere composta da “terroristi”. Abbiamo avuto modo di presentarvi nelle scorse settimane alcuni punti di vista dei miliziani, sia in forma di interviste trascritte, sia in forma di video-interviste. Vi abbiamo presentato anche gruppi di miliziani (notate come questi “terroristi” non hanno timore di farsi vedere in faccia, mentre i volontari dei corpi punitivi si facevano regolarmente riprendere con i volti coperti da passamontagna: un altro indizio di chi ha qualcosa da temere di fronte a un’inchiesta). Finora però non vi abbiamo presentato figure di leader della Resistenza, nemmeno le interessanti interviste allo stesso Strelkov. Oggi, per il suo valore di riflessione sul futuro della Novorossija e sul carattere di chi la guiderà, presentiamo l’originale russo e la traduzione italiana dell’intervista a una delle figure chiave della Resistenza, Alexej Mozgovoj, comandante del battaglione Prizrak (“fantasma”), che dopo averci raccontato molti dettagli finora censurati dai media, ci spiega la scelta di coscienza e libertà che ha guidato la Milizia della Novorossija fin dal primo giorno. Il secondo articolo che vi presentiamo, come il precedente, nella sezione “Geopolitica ortodossa” dei documenti, è il testo russo con la traduzione italiana dell’intervista ai prigionieri ucraini delle recenti incursioni intorno a Donetsk. Vi preghiamo di osservare attentamente quale trattamento è riservato ai prigionieri di guerra che hanno contribuito a massacri di civili, e vi invitiamo, come sempre, a trarre le conclusioni sull’uso del termine “terroristi” in questo disgraziato e folle conflitto. 

 
La Chiesa greco-cattolica ucraina e la "Chiesa ortodossa dell'Ucraina" stanno passando al nuovo calendario. E noi?

un nuovo meta-progetto religioso sta prendendo forma in Ucraina sotto i nostri occhi. Foto: Unione dei giornalisti ortodossi

Sostenuti dalle autorità, gli uniati e la "Chiesa ortodossa dell'Ucraina" hanno annunciato contemporaneamente il passaggio al nuovo calendario. Cosa significa questo e come influisce sugli ortodossi?

Nel dicembre 2022, il capo della Chiesa greco-cattolica ucraina, Svjatoslav Shevchuk, e il capo della "Chiesa ortodossa dell'Ucraina", Sergij (Epifanij) Dumenko, hanno "armonizzato le posizioni" sulla riforma del calendario ecclesiastico e hanno creato un gruppo di lavoro congiunto che dovrebbe sviluppare proposte specifiche.

Già il 6 febbraio 2023, Svjatoslav Shevchuk ha annunciato che dal 1 settembre 2023 la Chiesa greco-cattolica ucraina in Ucraina passerà completamente al nuovo calendario. "Tutti devono capire che benediremo l'acqua nella festa dell'Epifania il 6 gennaio, la festa della santa Protezione sarà celebrata il 1 ottobre, la festa dell'Esaltazione della santa e vivificante Croce il 14 settembre, ecc.", ha detto il leader uniate. Il portavoce della "Chiesa ortodossa dell'Ucraina" Ivan (Evstratij) Zorja ha immediatamente reagito a questo: "In vista della decisione della Chiesa greco-cattolica ucraina sul calendario, devo ricordare che il Sinodo della Chiesa ortodossa dell'Ucraina ha già deciso che le comunità che desiderano passare al nuovo stile possono farlo nell'ambito della procedura appropriata. Anche la questione di una riforma complessiva del calendario è stata sottoposta all'esame del Concilio dei vescovi, la cui riunione è prevista per maggio. C'è ancora tempo fino al 1 settembre, quando inizia il nuovo anno liturgico".

Possiamo affermare con sicurezza che a maggio la "Chiesa ortodossa dell'Ucraina" deciderà sulla transizione al nuovo stile e che questa transizione sarà sincronizzata con la Chiesa greco-cattolica ucraina, ovvero avverrà il 1 settembre 2023.

Il portavoce della "Chiesa ortodossa dell'Ucraina" contro il nuovo stile

Tuttavia, di recente, lo stesso Ivan Zorja si era opposto decisamente alla transizione e aveva avanzato serie argomentazioni. Per esempio, il 7 dicembre 2016, sulla sua pagina Facebook, le aveva enunciate nella forma tesi-antitesi:

"Dobbiamo passare dal calendario di Mosca a quello europeo".

Zorja ha detto giustamente che era impossibile rinunciare alle proprie tradizioni "per fare dispetto a Mosca": "Sembra come se proponessimo di rimuovere il monumento a san Vladimiro perché a Mosca ce n'è uno simile. Allora cosa dovremmo fare: scarteremo l'alfabeto cirillico, perché è usato a Mosca? E infine rifiuteremo l'Ortodossia, perché esiste una Chiesa di Mosca?

Zorja riassume con un argomento del tutto logico: la riforma del calendario è "la via per creare un conflitto nella società e una divisione nella Chiesa".

"Se tutti festeggiano il 25 dicembre secondo il nuovo stile, questo unirà i cristiani/l'Ucraina".

Zorja osserva che non c'è unità da nessuna parte nelle comunità religiose in cui sono passati al nuovo stile: "Chiedetevi come mai nelle comunità della Chiesa greco-cattolica ucraina in Occidente ora alcuni seguono il calendario tradizionale, altri seguono quello nuovo e tutti hanno una ferma convinzione di mantenere la loro posizione e presentano argomenti per questa. Tra loro la discussione va avanti da più di mezzo secolo. I greci hanno introdotto il nuovo stile negli anni '30 e ora hanno tre quarti di nuovi calendaristi e un quarto di vecchi calendaristi".

Ancora una conclusione molto logica: "L'esperienza della storia mostra che la probabilità di separazione dovuta alla riforma del calendario è di un ordine di grandezza superiore al possibile potenziale unificante. Non ci sono davvero abbastanza linee di frattura e scontri nella nostra società per aggiungervi la questione del calendario, soprattutto adesso?"

Di particolare rilievo è il suo commento sulla Chiesa di Gerusalemme, che "sebbene greca nella sua tradizione, aderisce al calendario tradizionale". Sarà interessante farvi riferimento lungo il nostro percorso.

"È scomodo che il capodanno cada nel digiuno della Natività".

Giustamente Zorja scrive che "è improbabile che coloro per i quali il capodanno è la festa più importante digiunino. E le persone che digiunano sono perfettamente in grado di celebrare il nuovo anno senza interrompere il digiuno. Ancora una volta, Zorja conclude questo paragrafo con lo stesso pensiero: "Il più delle volte, le riforme del calendario non hanno portato a una maggiore comprensione reciproca, ma a una maggiore separazione. E le attuali discussioni sulla riforma non fanno che aumentare la convinzione che il suo momento non sia ancora arrivato, almeno in Ucraina".

Il 23 dicembre 2019, Zorja ha fatto un'altra argomentazione:

"Una frettolosa riforma del calendario (e persino tentativi mal concepiti ora di pubblicizzarla con proposte di 'doppie celebrazioni') potenzialmente 'metterà in naftalina' migliaia di comunità con milioni di credenti nel Patriarcato di Mosca e porterà confusione all'Ortodossia ucraina per un decennio a venire".

Le conclusioni del portavoce della "Chiesa ortodossa dell'Ucraina" sono chiare e inequivocabili: "Pertanto, i rischi legati alla riforma sono ora evidenti e reali, in contrasto con i benefici per i credenti della Chiesa".

Il portavoce della "Chiesa ortodossa dell'Ucraina" per il nuovo stile

Ora tutti questi argomenti sono stati archiviati come superflui e all'ordine del giorno c'è una frettolosa transizione verso il nuovo stile. A sua volta, dopo aver prontamente voltato gabbana, Zorja nel suo canale Telegram sta già argomentando con tutte le sue forze a favore di una tale transizione. In breve, le argomentazioni si riducono a tre punti e si riferiscono tutte alla Chiesa di Gerusalemme, che, come sapete, aderisce al calendario giuliano:

  • La Chiesa di Gerusalemme non vuole passare al nuovo stile per considerazioni mercantili: "Se (quando) il Patriarcato di Gerusalemme adotterà il nuovo calendario giuliano, come hanno fatto tutte le Chiese vicine e tutte le Chiese di tradizione greca, ci sarà un problema di cambiamento dello status quo, in cui bisognerà stabilire ex novo quando e come utilizzare i luoghi santi nelle feste che cadono contemporaneamente. Cambiare lo status quo è una rivoluzione. Nessuno vuole una rivoluzione. Pertanto, il calendario rimane invariato".

  • Il Fuoco santo che discende sul Santo Sepolcro al Grande Sabato di Pasqua, nei cicli pasquali basati sul calendario giuliano, non è affatto un miracolo che conferma la correttezza dei cicli pasquali, ma semplicemente un simbolo della luce. Inoltre, il miracolo del Fuoco santo è un elemento della mitologia di Mosca. Ebbene, la "Chiesa ortodossa dell'Ucraina" passerà al nuovo calendario giuliano mantenendo i vecchi cicli pasquali giuliani.

  • Il miracolo della convergenza della nuvola sul Tabor nel giorno della Trasfigurazione e il miracolo sul Giordano, quando la corrente torna indietro, non sono affatto miracoli, ma eventi del tutto ordinari che "di tanto in tanto sono possibili ovunque". E se la "Chiesa ortodossa dell'Ucraina" sposta queste date indietro di 13 giorni, allora Dio sposterà anche questi miracoli (o non miracoli).

Il primo argomento di Zorja è aria fritta, quindi lo salteremo semplicemente. Il miracolo del Fuoco santo non è un dogma della Chiesa, e non è affatto necessario crederci, così come comprovarlo, ma resta il fatto: succede! Per secoli nessuno è stato ancora in grado di confutarlo e, come tutti comprendiamo, nella nostra epoca di alta tecnologia non sarebbe difficile farlo.

Ma l'affermazione di Zorja, secondo cui gli antichi cicli pasquali giuliani saranno preservati quando si passerà al nuovo calendario giuliano, solleva interrogativi.

Il portavoce della "Chiesa ortodossa dell'Ucraina", probabilmente, non ha ascoltato molto attentamente il capo della Chiesa greco-cattolica ucraina, Svjatoslav Shevchuk, il quale ha affermato chiaramente che il rinvio delle festività fisse, ovvero il passaggio al calendario gregoriano, è solo la prima tappa della riforma, seguita da un cambiamento dei cicli pasquali.

"I cicli pasquali, secondo i quali vivono le Chiese bizantine, hanno i loro pro e contro, e vanno riformati. Ma anche i cicli pasquali, secondo i quali vive la Chiesa cattolica romana – i cicli pasquali gregoriani – sono imperfetti. E in vista dell'anniversario del Concilio di Nicea, nel dialogo tra Roma e Costantinopoli, la Sede apostolica e il Patriarcato ecumenico, si compiono enormi sforzi per una rinnovata Pasqua congiunta affinché i cristiani di tutto il mondo possano celebrare la Pasqua nello stesso giorno", ha detto Shevchuk. Quindi la "Chiesa ortodossa dell'Ucraina" dovrà fare qualcosa con il miracolo "scomodo" del Fuoco santo.

In ogni modo, vorrei soffermarmi più in dettaglio su un argomento di Zorja. Questa è un'affermazione che quando ci si sposta in altre date, Dio trasferirà anche i miracoli. In effetti, questa affermazione è corretta. Questo è già avvenuto nella storia della Chiesa. Per esempio, è noto che la festa della Trasfigurazione del Signore era originariamente celebrata prima della Settimana Santa, cosa che corrisponde alla cronologia evangelica. Ora la festeggiamo in agosto – e la nuvola sul Tabor scende regolarmente in questo periodo ogni anno, ma non per caso, come crede Zorja. Questo può essere visto come l'adempimento delle parole del Signore: "In verità vi dico, tutto ciò che legherete sulla terra sarà legato nei cieli, e tutto ciò che scioglierete sulla terra sarà sciolto nei cieli" (Mt 18:18). Tuttavia, ciò non riguarda la "Chiesa ortodossa dell'Ucraina",né i suoi rapporti con la Chiesa greco-cattolica ucraina, e nemmeno quelli del Fanar con il Vaticano, ma tutta la Chiesa. Oggi stanno cercando di spingerci verso questa sostituzione.

Citiamo ancora Svjatoslav Shevchuk: "Oggi, tra Roma e Costantinopoli, sono in corso lavori per una rinnovata Pasqua congiunta in modo che i cristiani di tutto il mondo possano celebrare la Pasqua nello stesso giorno". Cioè, stanno cercando di presentare la questione in modo tale che il Vaticano rappresenti i cristiani occidentali, cioè i cattolici, mentre il Fanar – quelli orientali, cioè gli ortodossi. E se decidono qualcosa insieme, allora sarà "legato nei cieli". E chi non è d'accordo con questo è uno scismatico, un dissidente, un marginale, un oscurantista e, in generale, un ammiratore del "Patriarcato di Mosca".

Attività statali

Anche lo stato ucraino si è unito inaspettatamente e molto attivamente alla campagna per il passaggio al nuovo stile. Una cosa inaudita: nella data di Natale è stato lanciato un sondaggio su larga scala sulla piattaforma elettronica DIYA, che in realtà è destinata all'automazione dei servizi pubblici. E, naturalmente, i risultati si sono rivelati esattamente quelli richiesti: la maggioranza ha votato a favore del 25 dicembre, cioè il nuovo stile. Inoltre, il Ministro della Cultura e della Politica dell'Informazione Oleksandr Tkachenko ha affermato nel suo canale Telegram di accogliere con favore la decisione della Chiesa greco-cattolica ucraina di passare al calendario gregoriano e che "la riforma del calendario liturgico è già in ritardo, e oggi è il momento di introdurre cambiamenti radicali".

Per quanto riguarda il calendario giuliano, ritiene che "per l'Ucraina, il calendario giuliano sia un'eredità dell'Impero Russo". Ovviamente si tratta di un chiaro intervento dello Stato in ambito religioso, che viola il principio di separazione della Chiesa dallo Stato, sancito dalla Costituzione.

Cosa significa questo?

Pertanto, possiamo vedere una campagna attiva e mirata per il passaggio al nuovo stile, a cui partecipano la "Chiesa ortodossa dell'Ucraina", la Chiesa greco-cattolica ucraina e lo stato ucraino. La composizione dei partecipanti indica che hanno affrontato a fondo la questione e intendono portarla a termine.

Tuttavia, il passaggio al nuovo stile è solo la prima fase di un processo molto più ampio. Questo non è altro che l'unificazione degli ortodossi con i cattolici.

Ci sono stati due di questi tentativi nella storia: l'Unione di Lione nel 1274 e l'Unione di Ferrara-Firenze del 1438-1445. L'Unione di Brest del 1596, come la serie di iniziative simili, è un'unione di importanza locale che non ha influenzato tutta l'Ortodossia. Anche Lione e Firenze non hanno influenzato tutta l'Ortodossia, ma almeno erano state concepite come tali. Entrambe queste unioni non hanno avuto successo, ma oggi assistiamo al terzo tentativo e l'Ucraina ha uno dei ruoli principali in questo processo. È nel nostro paese che testeranno il modello di tale associazione, poiché ci sono due strutture ecclesiastiche a portata di mano subordinate al Fanar e al Vaticano: la "Chiesa ortodossa dell'Ucraina" e la Chiesa greco-cattolica ucraina.

Il 5 febbraio 2023, il sito web ufficiale della Chiesa greco-cattolica ucraina ha pubblicato una dichiarazione di Svjatoslav Shevchuk: "Vogliamo introdurre i frutti della ricerca dell'unità universale nel contesto della Chiesa cristiana dell'Ucraina". Notiamo che il capo della Chiesa greco-cattolica ucraina non sta parlando di cercare o provare, ma dei frutti. Da ciò possiamo concludere che il Vaticano e il Fanar hanno già un piano chiaro su come, quando e a quali condizioni dovrebbe avvenire l'unificazione.

Come possono svilupparsi ulteriormente gli eventi?

Non c'è praticamente alcun dubbio che lo stato, la "Chiesa ortodossa dell'Ucraina" e la Chiesa greco-cattolica ucraina completeranno il progetto di transizione al nuovo stile. Il 25 dicembre sarà dichiarato il giorno di festa "principale", e per i credenti più "irresponsabili" delle suddette denominazioni, secondo la famigerata "oikonomia", sarà consentito celebrare le festività alla vecchia maniera ancora per un po'. Non c'è dubbio che tra qualche tempo (breve) il giorno di festa al 7 gennaio sarà abolito.

I sostenitori del vecchio calendario giuliano (cioè l'intera Chiesa ortodossa ucraina) saranno dichiarati "adepti del mondo russo", "servitori di Mosca" e, in generale, oppositori di tutto ciò che è buono e progressista. Saranno sotto pressione con rinnovato vigore. La Chiesa ortodossa ucraina sarà additata come un piccolo gruppo marginale; ogni sorta di sporcizia verrà riversata su di essa nei media e così via. Nello stesso contesto, probabilmente continueranno i tentativi di mettere fuori legge la Chiesa ortodossa ucraina, toglierne il nome, impossessarsi della Lavra e così via.

Il prossimo passo, per ragioni logiche, dovrebbe essere l'unificazione tra la "Chiesa ortodossa dell'Ucraina" e la Chiesa greco-cattolica ucraina in una sorta di singola "Chiesa di Kiev" locale, alla quale lo stato fornirà un sostegno molto potente.

È improbabile che questa associazione sia di natura amministrativa, anche se dovrà comunque essere designato qualche capo onorario o nominale. Molto probabilmente, verrà annunciata l'unità "eucaristica", si terranno servizi congiunti e altre cose del genere.

Intanto il Fanar e il Vaticano osserveranno la reazione degli ortodossi nei diversi Paesi, tutti quelli che sono favorevoli e quelli contrari. E poi il lavoro di unificazione andrà avanti. Sembra che i cattolici inizialmente saranno "a favore", poiché tutte le precedenti unioni erano da loro intese non come un'associazione di soggetti uguali, ma come il ritorno dei "fuorviati" (cioè gli ortodossi) dallo scisma. Gli ortodossi rischiano di essere divisi: la maggioranza sarà contraria all'unificazione, come nei precedenti tentativi di unione, ma ci sarà chi parteciperà.

Cosa devono sapere i fedeli della Chiesa ortodossa ucraina?

Il calendario giuliano non è affatto un "retaggio dell'Impero Russo", ma un'eredità dell'intera Chiesa ortodossa. In un certo senso, il calendario giuliano fu approvato al primo Concilio ecumenico di Nicea nel 325, poiché il Concilio approvò la necessità di celebrare la Pasqua per tutti nello stesso giorno e incaricò il vescovo di Alessandria di determinare proprio questo giorno ogni anno. Furono così approvati i cicli pasquali alessandrini, basati sul calendario giuliano. Un cambiamento nel calendario porta invariabilmente a un cambiamento nei cicli pasquali, come dimostrato dalla riforma del calendario di papa Gregorio XIII. Di conseguenza, la questione del calendario è stata decisa da un Concilio ecumenico, e solo un Concilio Ecumenico può cambiare questa decisione.

In risposta alla proposta di papa Gregorio XIII al Patriarca di postantinopoli Geremia II Tranos, quest'ultimo convocò nel 1583 a Costantinopoli un Concilio che anatemizzò tutti i sostenitori del calendario gregoriano come violatori dei decreti del Concilio di Nicea e del Canone apostolico 7. Successivamente, questa decisione fu confermata dal messaggio distrettuale del patriarca Cirillo V di Costantinopoli nel 1756 e dal messaggio distrettuale dei patriarchi di Costantinopoli, Alessandria, Antiochia e Gerusalemme nel 1848. Il nuovo calendario giuliano non rientra formalmente in questo anatema, sebbene sia in pratica lo stesso calendario gregoriano, con cui divergerà solo nel 2800. Fu inventato infatti per togliere dall'anatema quelle Chiese locali che volevano passare al nuovo stile. Ma il mutamento nei cicli pasquali, come Svjatoslav Shevchuk ha dichiarato chiaramente, è soggetto ad anatema. Tutti coloro che vogliono "partecipare al processo" devono sapere questo fatto.

È molto positivo che la "Chiesa ortodossa dell'Ucraina" non cerchi più di assomigliare a persone fedeli alla tradizione e ai canoni ortodossi (basta confrontare le precedenti dichiarazioni di Ivan Zorja di allora e di adesso). I tentativi di presentare il calendario giuliano come eredità dell'Impero Russo sono piuttosto pietosi, poiché chiunque può scoprire in due clic che oltre alla Chiesa ortodossa russa e alla Chiesa ortodossa ucraina, al calendario giuliano aderiscono anche le Chiese di Gerusalemme, Georgia, Serbia, Polonia e il Monte Athos. Soprattutto, i cicli pasquali si basano su questo calendario, a cui si attengono tutte le Chiese ortodosse locali (con l'eccezione della Chiesa finlandese autonoma all'interno del Patriarcato di Costantinopoli). I rappresentanti della "Chiesa ortodossa dell'Ucraina" hanno già delineato abbastanza chiaramente il loro vettore di sviluppo: il passaggio al nuovo stile e l'unificazione con gli uniati, cioè con i cattolici.

I santi Padri della Chiesa ortodossa non hanno permesso sotto alcun pretesto di unirsi a coloro che professavano insegnamenti eretici. E poiché i cattolici non rinunceranno alle loro delusioni, allora l'unione con loro, in qualsiasi forma, è impossibile.

Così, il criterio di selezione diventa sempre più chiaro: chi vuole rimanere fedele all'Ortodossia, al retaggio dei santi Padri, ma allo stesso tempo essere un emarginato nella società delle confessioni "corrette", deve rimanere fedele alla Chiesa ortodossa ucraina. Chiunque creda che un comodo nuovo stile di calendario, o l'imminente unificazione con i cattolici, o l'obbediente adesione ai requisiti dello stato che interferisce nella sfera religiosa non sia un grosso problema, dovrebbe unirsi alla "Chiesa ortodossa dell'Ucraina" e "partecipare al processo".

La scelta spetta a ciascuno di noi.

 
L'integrazione europea ha portato sviluppo e benessere

Agli insegnanti di Leopoli che non hanno bambini a casa è stato sospeso lo stipendio, perché il Ministero dell'Istruzione non ha di che pagare le scuole. Il Ministero dell'Energia ha deciso di bloccare l'erogazione dell'energia elettrica alla sera per risparmiare carburante. Queste misure sono in aggiunta al taglio dell'acqua calda, già in vigore dal 4 agosto, in "certe zone" di Kiev e altre città (in termini comprensibili, "certe zone" significa "quartieri poveri"), e all'arrivo di pane di infima qualità nei negozi.

Oggi è facile prendere per i fondelli i disgraziati sostenitori dell'integrazione europea dell'Ucraina. Se QUESTI sono i provvedimenti dell'inizio di settembre, c'è da tremare al pensiero di cosa proporrà la giunta per far fronte ai veri rigori dell'inverno. La Schadenfreude (gioia per le disgrazie altrui) sembra evidente in satire come quella nell'immagine qui sopra, dove alla bandiera ucraina è sovrimpressa la scritta "Presto sarà inverno - la-la-la-la-la-la-la-la" (anche se tutti in Ucraina - e purtroppo anche in Russia - sanno bene a che cosa fa il verso questa scritta); ma per la verità nessuno gioisce delle miserie del popolo ucraino (in primis il popolo russo, che ricorda analoghe sofferenze negli anni non distanti dei suoi oligarchi sfrenati). Il punto è piuttosto chiedersi DOVE sono finiti i milioni di dollari che l'Unione Europea ha versato così generosamente a Kiev, lasciando il loro utilizzo alla discrezione della giunta. Se questi soldi non sono stati spesi per gli stipendi dei docenti, per l'erogazione di elettricità e acqua calda, e per un pane decente, ma per massacrare i civili nel Donbass, allora c'è ragione di essere VERAMENTE indignati.

 
Gli scismatici ucraini si stabiliscono sul Monte Athos

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Il monastero Pantokrator, il primo dei 20 monasteri del Monte Athos ad aprire le sue porte agli scismatici della "Chiesa ortodossa dell'Ucraina", ha ora dato loro una cella fatiscente per uso personale.

Appena un mese dopo che il patriarca Bartolomeo aveva consegnato agli scismatici un tomos di autocefalia nel gennaio 2019, questi si sono recati in pellegrinaggio al Monte Athos, dove il "vescovo" Pavel di Odessa della "Chiesa ortodossa dell'Ucraina" ha celebrato la Divina Liturgia a Pantokrator.

Nel 2020, un monaco di Pantokrator ha scritto un opuscolo che è stato ampiamente distribuito, e che accusa la Chiesa russa di aver provocato uno scisma nel 1992, quando Filaret Denisenko aveva scelto di lasciare il Patriarcato di Mosca per protestare contro il fatto di non essere stato scelto come patriarca di Mosca.

E ora, secondo Vasil Rudnitskij, l'addetto stampa della diocesi di Rivne della "Chiesa ortodossa dell'Ucraina", Pantokrator ha donato la cella abbandonata dei santi Arcangeli alla "Chiesa ortodossa dell'Ucraina", e lo "ieroschimonaco" Paisij Kril è stato nominato abate.

"In tempi così difficili, il Signore dà agli ucraini la forza per iniziare una grande buona azione: sviluppare una casa ucraina sul santo Monte Athos", scrive l'addetto stampa.

La "Chiesa ortodossa dell'Ucraina" intende restaurare la cella, dopodiché inizierà a ricevere i pellegrini.

"Cittadini ucraini, soldati ucraini, volontari e pellegrini provenienti da tutto il mondo verranno in questa cella per la purificazione e la restaurazione spirituale", scrive Rudnitskij.

Nel febbraio 2019, la Sacra Comunità del Monte Athos ha stabilito che ogni monastero può decidere autonomamente se riconoscere o meno gli scismatici. Gli scismatici hanno ora prestato servizio in diversi monasteri, sebbene molti altri continuino a mantenere l'ecclesiologia ortodossa.

 
Le opzioni per la Novorossija

Oggi sembra consolidarsi abbastanza bene una capacità di autodeterminazione delle Repubbliche di Donetsk e Lugansk, mentre nel resto dell’Ucraina assistiamo al caos totale. Ciò non significa che le opzioni per la Novorossija siano chiare in modo univoco, perché molto dipenderà dai negoziati e dalle volontà dei rispettivi partecipanti. La storia ci ha insegnato che le repubbliche popolari nate dalla dissoluzione di un paese più grande hanno avuto al più una vita transitoria, e molti si chiedono quale possa essere il futuro assetto di questa parte innegabilmente ricca e – come si è visto – risoluta del territorio dell’ex Ucraina. Affidiamoci per un quadro generale a un’analisi di Saker che presentiamo nella sezione “Geopolitica ortodossa” dei documenti, e che centra in pieno i veri obiettivi del conflitto geopolitico mondiale, di fronte ai quali le sorti della Novorossija, o della stessa Ucraina, sono di scarsa importanza.

 
La Chiesa ortodossa russa rompe i rapporti con le denominazioni occidentali che riconoscono i matrimoni LGBT

lo ieromonaco Stefan (Igumnov). Foto: ria.ru

Il segretario del Dipartimento per le relazioni ecclesiastiche esterne del Patriarcato di Mosca ha osservato che si tratta delle Chiese luterane di Svezia e Norvegia, nonché della Chiesa episcopale negli Stati Uniti.

Lo ieromonaco Stefan (Igumnov), segretario per le relazioni intercristiane del Dipartimento per le relazioni ecclesiastiche esterne del Patriarcato di Mosca, ha affermato che la Chiesa ortodossa russa ha interrotto i contatti con le comunità cristiane occidentali che hanno riconosciuto il matrimonio tra persone dello stesso sesso, come riporta ria.ru.

"I cristiani in Europa oggi affrontano un'enorme sfida per resistere alla pressione dell'ideologia liberalista e ai tentativi di portare nella vita ecclesiale un'ordine del giorno liberalista. Ciò è particolarmente vero per le Chiese che sono in un modo o nell'altro storicamente affiliate allo stato. Un certo numero di congregazioni protestanti in Occidente non ha resistito a questa prova, allontanandosi dai fondamentali principi morali cristiani e legittimando i fenomeni più liberali riguardanti la completa distorsione della comprensione tradizionale del matrimonio e della famiglia. La Chiesa ortodossa russa ha reciso categoricamente ogni contatto con tali comunità. La vita ha dimostrato che tali comunità non sono più in grado di tornare alle pratiche tradizionali per quanto riguarda la famiglia e il matrimonio", ha detto lo ieromonaco Stefan.

Il segretario del Dipartimento ha osservato che esempi di tali comunità includono le Chiese luterane di Svezia e Norvegia, nonché la Chiesa episcopale negli Stati Uniti, che appartiene alla famiglia delle Chiese anglicane.

Come riportato in precedenza, la Chiesa d'Uganda sta per rompere i rapporti con la comunione anglicana sula questione dei matrimoni LGBT.

 
Chi coopera, e chi no?
Chi comunica, e chi no?

Vi preghiamo di osservare attentamente, anche se non sapete l'inglese, questo piccolo gioiello di video:
 
 
Russia Today offre un dialogo - Ukraine Today sbatte la porta
(Se il video non si apre - chiedetevi perché... - provate a cambiare i vostri parametri di localizzazione con un VPN)
 
L'evento, in breve: Anissa Naouai, corrispondente politica senior del canale in lingua inglese Russia Today, chiama Tetiana Pushnova, la direttrice esecutiva dell'analogo canale televisivo in lingua inglese Ukraine Today, con la quale ha programmato un momento di dialogo tra i punti di vista dei rispettivi paesi; Pushnova risponde di non voler comunicare con la propaganda russa, e chiude la comunicazione chiedendo ai colleghi internazionali di boicottare Russia Today. Rimasta sola, Anissa Naouai cerca di spiegare lo sforzo di presentare diversi punti di vista, mandando in onda anche un messaggio promozionale di Ukraine Today; al termine, spiega come la collega ucraina avesse accettato il confronto televisivo una settimana prima, con una serie di domande concordate... e Russia Today è stata di nuovo vittima dei troll.
 
Questo filmato è da ricordare, per diversi motivi:
 
1) i russi, sul loro canale in lingua inglese hanno una corrispondente politica arabo-americana (il meglio che si può desiderare, in queste circostanze). Gli ucraini, dal loro canale in lingua inglese, nonostante il mega-supporto degli Stati Uniti, non riescono a trovare che un'ucraina che non sa parlare decentemente l'inglese ("Russia Today, who financed by Kremlin...").
 
2) il linguaggio del corpo continua a parlare meglio di mille parole. Vi abbiamo menzionato più volte la "zombificazione" dell'Ucraina contemporanea. Credete che sia solo un modo di dire? Ebbene, ora potete vederlo con i vostri stessi occhi:
 
 
3) "I don't want to communicate wiz you": detto da una dirigente dell'industria delle comunicazioni, è un autogol clamoroso. Nell'arte della vera comunicazione, chi chiude il dialogo senza essere stato insultato o minacciato personalmente è generalmente chi ha qualche magagna da nascondere.
 
4) Va dato un tributo ad Anissa Naouai: non solo è riuscita a mantenere un sangue freddo da vera professionista, ma ha combinato in modo impeccabile il fermo immagine di Ukraine Today ("stop alle bugie di Russia Today"), facendo vedere su Russia Today... il promo di Ukraine Today! Questo, in termini di giornalismo televisivo e di immagini nella memoria, è un capolavoro.
 
5) Ricordiamo come Saker aveva detto, in un testo da noi recentemente tradotto:
È molto caratteristico il fatto che, mentre la blogosfera (e i media) in Ucraina sono pieni zeppi di rabbioso razzismo anti-russo, il RuNet (Internet russo) è completamente vuoto di tale odio. Al contrario, la sensazione prevalente sul RuNet è un mix di sgomento per gli orrori in Ucraina e di compassione per il popolo ucraino.
Se qualcuno aveva ragione di dubitare di Saker, il video gli ha dato ragione in pieno. Come lui stesso commenta, QED (Quod erat demonstrandum).
 
Unia 2.0: la Chiesa greco-cattolica ucraina e la "Chiesa ortodossa dell'Ucraina" sono diretti verso una "nuova unità"

Svjatoslav Shevchuk ritiene che l'Unia abbia unito l'Ucraina. Foto: Unione dei giornalisti ortodossi

Shevchuk ha deciso di riscrivere la storia dell'Ucraina, affermando che la Chiesa cattolica ha sempre cercato di unire la nazione. Perché lo dice, e cosa sta realmente accadendo?

Il capo della Chiesa greco-cattolica ucraina Svjatoslav Shevchuk ha detto per diversi giorni di fila nei suoi discorsi al suo gregge cose che ci permettono di concludere che il processo di creazione di una nuova unione tra cattolici e ortodossi si sta avvicinando alla sua logica conclusione. Se riassumiamo tutto ciò che Shevchuk ha detto nel primo, secondo e terzo video, la sua posizione sembra essere questa:

  • Il metropolita Isidoro di Kiev, che ha tradito l'Ortodossia al Concilio di Firenze e ha posto fine alla sua vita da cardinale cattolico, è per Shevchuk l'uomo che ha fatto di tutto per "unire la Chiesa di Kiev con il Patriarcato ecumenico e la Chiesa di rito latino".

  • L'Unia di Brest non è un progetto politico del papa e della Rzeczpospolita [la Confederazione placco-lituana, ndt] per cattolicizzare gli ortodossi, ma una "conquista storica dell'unità".

  • La restaurazione della gerarchia ortodossa, distrutta dai cattolici, a Kiev nel 1620 da parte del patriarca Teofane di Gerusalemme, è "la creazione di una gerarchia parallela", che è stata una "ferita e una spaccatura speciale della Chiesa di Kiev".

  • Petr Mogila, nella nuova versione della storia di Shevchuk, risulta "aver sognato di unirsi a Roma nel Patriarcato di Kiev".

Shevchuk conclude che i cristiani ucraini devono andare verso la piena apparente "unità", e il territorio del nostro Paese sarà lo spazio in cui questa "unità" si realizzerà.

Si scopre che l'unione è una buona cosa per l'Ucraina, mentre la fedeltà all'Ortodossia è un male e una "ferita" sul corpo del popolo ucraino. Per comprendere la falsità di una tale posizione e, cosa più importante, perché Shevchuk dice queste cose, bisogna almeno analizzare brevemente ciascuna delle sue tesi.

Il metropolita Isidoro: "unificatore" o traditore?

Il metropolita Isidoro di Kiev e di tutta la Rus', locum tenens apostolico del patriarca di Antiochia, fu uno dei più attivi sostenitori dell'unione con i cattolici al Concilio di Firenze.

Lui, come molti vescovi greci (Isidoro era nato a Monemvasia, in Grecia) sperava che se gli ortodossi avessero riconosciuto il primato di papa Eugenio e firmato un'unione con Roma, lo stato bizantino avrebbe ricevuto aiuti militari dall'Europa contro i turchi. La sua firma sull'accordo con il papato viene subito dopo quella dell'autocrate dei romani, Giovanni Paleologo, e di due rappresentanti del patriarcato di Antiochia.

Tuttavia, l'Unia non fu accettata dalla gente comune e dal clero, e tutte le idee "unificanti" andarono in cenere. Il 6 settembre 1440 il metropolita Isidoro lasciò Firenze e in quindici giorni fu nominato legato pontificio in Polonia, Lituania e Livonia. Il 18 dicembre divenne cardinale cattolico. Il 19 marzo 1441 arrivò a Mosca, dove si trovava la residenza del metropolita di Kiev (Isidoro non fu mai a Kiev).

A Mosca, Isidoro consegnò al granduca Vasilj un messaggio di papa Eugenio con la richiesta di aiutare il cardinale a unire la Chiesa russa e Roma.

Durante una funzione archieratica nella cattedrale della Dormizione, Isidoro commemorò il papa e lesse dall'ambone i decreti del "Concilio" fiorentino. Tre giorni dopo il cardinale fu preso in custodia e imprigionato nel monastero di Chudov. In un Concilio del clero russo, Isidoro dichiarò che non avrebbe rinunciato all'Unia. Più tardi, probabilmente con la connivenza del granduca Vasilij, fuggì. Isidoro morì a Roma e fu sepolto nella basilica di san Pietro in Vaticano. Le sue attività furono tra l'altro l'occasione per la proclamazione de facto dell'autocefalia da parte della Chiesa russa.

Naturalmente, la Chiesa greco-cattolica ucraina può chiamarlo come vuole, ma possiamo vedere che la storia del metropolita/cardinale Isidoro è il tipico destino di un traditore.

L'Unia di Brest: buona o cattiva?

Nel 1596, diversi vescovi della metropolia di Kiev, guidati da Mikhail Rogoza, decisero di unirsi all'unione (Unia) con Roma. Per Shevchuk, questa decisione è inequivocabilmente "buona", perché ha contribuito all '"unificazione" del popolo ucraino. Ma è così?

L'Unia è un progetto religioso e politico per la cattolicizzazione forzata del popolo ucraino. In generale, è un momento critico nella storia della Chiesa ortodossa in questo territorio, perché è stata l'Unia ad avviare il processo che alla fine ha portato alla frammentazione e alla divisione della Chiesa ortodossa ucraina.

Uno dei motivi principali della cattolicizzazione dell'Ucraina è stato il desiderio della nobiltà polacca e della Chiesa cattolica di estendere il proprio controllo sul territorio del nostro Paese. La nobiltà polacca vedeva la Chiesa cattolica come uno strumento utile nei loro sforzi per controllare la popolazione ucraina e promuoveva il cattolicesimo come religione dominante nella regione con il fuoco e la spada.

Roma, da parte sua, vedeva l'Ucraina come uno strumento per estendere la propria influenza nell'Europa orientale e nello stato russo.

Inoltre, è stata la cattolicizzazione polacca dell'Ucraina il fattore quasi principale nello sradicamento dell'identità ucraina. Con l'avvento dell'Unia, tutto ciò che era ucraino era chiamato "cattivo". Da quel momento, essere ortodossi significava essere estranei alla cultura cattolica "alta", ecc. Di conseguenza, molte delle tradizioni del nostro popolo e il fondamento culturale e ortodosso, in cui erano cresciuti, furono distrutti.

Pertanto, la cattolicizzazione dell'Ucraina è stata un momento critico nella storia della Chiesa ortodossa e del nostro popolo, poiché ha avviato un processo che alla fine ha portato alla frammentazione e alla divisione dell'Ucraina. Questo è il motivo per cui tutti i racconti di Shevchuk su alcuni "buoni" per la nostra gente sembrano estremamente strani e non provocano altro che stupore.

Basta ricordare le parole del grande kobzar [menestrello, ndt] Taras Shevchenko secondo cui "i sacerdoti cattolici sono venuti e hanno dato fuoco al nostro tranquillo paradiso, e hanno versato un vasto mare di lacrime e sangue" per capire quanto siano lontane dalla verità le parole del cardinale Shevchuk.

Il patriarca Teofane e il ripristino della gerarchia in Ucraina

Un'altra tesi estremamente controversa di Shevchuk afferma che la restaurazione della gerarchia ortodossa distrutta dai cattolici, per opera del patriarca Teofane di Gerusalemme nel 1620 è "la creazione di una gerarchia parallela" e "una ferita e una spaccatura speciale della Chiesa di Kiev".

Non entreremo nei dettagli canonici dell'affermazione del tutto assurda di Shevchuk sulla "gerarchia parallela", ma semplicemente ci chiederemo: il popolo fedele dell'Ucraina non voleva davvero essere ortodosso e percepiva il clero cattolico in Ucraina come una garanzia di "unità" nazionale ? No, non si comportava così.

Per esempio, Mykhailo Hrushevsky scrive che una delegazione di cosacchi si recò nella capitale del Granducato di Mosca nel 1620 per negoziare con il patriarca Teofane di Gerusalemme (dove si trovava allora) l'insediamento di vescovi e sacerdoti ortodossi in Ucraina, dove la gerarchia era stata quasi completamente distrutta dai cattolici.

Un altro ricercatore, il polacco M. Drozdowskij, afferma che l'atamano Sagaidachny fornì al patriarca Teofane un esercito cosacco di 1.500 uomini per proteggerlo durante il suo soggiorno in Ucraina. Secondo Drozdowski, il sostegno dell'esercito cosacco fu uno dei fattori più importanti che permise al patriarca Teofane di ripristinare la gerarchia ortodossa nella Confederazione polacco-lituana. La partecipazione dei cosacchi alla missione del patriarca di Gerusalemme impedì contromisure radicali da parte del governo della Rzeczpospolita contro il patriarca Teofane e la gerarchia appena nominata.

Come si può vedere, il popolo ucraino e il governo ucraino, rappresentato dall'atamano Sagaidachny, hanno sostenuto il ripristino dell'Ortodossia nella regione. In effetti, le attività del patriarca Teofane hanno contribuito a risolvere il problema delle relazioni interreligiose in uno stato multietnico e multiconfessionale come la Confederazione polacco-lituana. In altre parole, il risultato degli sforzi del patriarca di Gerusalemme è stato il raggiungimento di un'unità almeno visibile del popolo ucraino. Lo testimonia la legalizzazione della gerarchia ortodossa da parte del re Vladislav IV nel 1633. Vladislav IV, infatti, continuò l'opera del patriarca Teofane nelle nuove condizioni a livello legislativo.

Pertanto, la Chiesa ortodossa ha cercato proprio di porre fine al terribile confronto all'interno del popolo ucraino istigato dai cattolici e non viceversa, come afferma Shevchuk.

Petr Mogila e il cattolicesimo

Bisogna avere una ricca immaginazione per chiamare san Pietro Mohyla un sostenitore dell'Unia. Le affermazioni secondo cui sognava l'unione con Roma non solo non sono supportate da prove storiche, ma sono anche false.

Per esempio, in una lettera al re Ladislao IV di Polonia, il santo scriveva: "Non vogliamo essere sotto la giurisdizione del papa o di alcun altro re, ma solo sotto la giurisdizione di Cristo".

Ci sono anche molte informazioni secondo cui il santo si oppose attivamente ai tentativi di Roma di convertire in Ucraina i cristiani ortodossi al cattolicesimo. Secondo resoconti storici, era noto per la sua strenua difesa della fede ortodossa e per gli sforzi per proteggere i diritti dei cristiani ortodossi. Pertanto, affermare che era un sostenitore dell'unificazione con la Chiesa cattolica non è altro che un tentativo di riscrivere la storia nel proprio interesse.

Chi in Ucraina pensa a una "unità" di cattolici e ortodossi?

Solo con l'ultima tesi di Shevchuk possiamo concordare in una certa misura. Infatti, ci sono cristiani ortodossi (la "Chiesa ortodossa dell'Ucraina") in Ucraina che stanno riflettendo su come procedere verso una "unità" pienamente visibile con i cattolici.

Sia Shevchuk che altri vescovi della Chiesa greco-cattolica ucraina hanno ripetutamente affermato che il territorio del nostro Paese sarà lo spazio in cui avrà luogo l'"unità" di ortodossi e cattolici. Inoltre, alcuni vescovi ortodossi ed esperti religiosi hanno espresso l'opinione che la "Chiesa ortodossa dell'Ucraina" sia stata creata come "piattaforma" per l'approvazione di una nuova unione tra il Fanar e Roma. E le recenti dichiarazioni di Shevchuk mostrano chiaramente che il processo di unificazione della "Chiesa ortodossa dell'Ucraina" e della Chiesa greco-cattolica ucraina è in pieno svolgimento.

Forse, per questo, durante la sua visita a Roma, Epifanij Dumenko ha avuto un incontro separato con il cardinale Kurt Koch, che si occupa direttamente dei temi dell'unità tra cattolici e cristiani ortodossi.

Questo probabilmente spiega perché la "Chiesa ortodossa dell'Ucraina" abbia intrapreso con energia una riforma del calendario che consenta di eliminare le divergenze con i cattolici nella celebrazione delle principali date cristiane. Inoltre, abbiamo ripetutamente visto la "Chiesa ortodossa dell'Ucraina" tenere "servizi" congiunti con gli uniati. Anche se questa non è ancora una liturgia, non si può non vedere un movimento in questa direzione.

Ci sono diversi fattori che indicano che la "Chiesa ortodossa dell'Ucraina" è un partner ideale per l'unificazione con i cattolici.

In primo luogo, la "Chiesa ortodossa dell'Ucraina" è geograficamente situata nel cuore dell'Europa orientale, il che le consente di fungere da ponte tra la Chiesa cattolica e quella ortodossa. Come prima, anche la cattolicizzazione dell'Ucraina può essere vista come un punto di partenza per l'ulteriore avanzamento del cattolicesimo in Oriente.

In secondo luogo, all'interno della "Chiesa ortodossa dell'Ucraina", la fusione con i cattolici non provoca alcuna protesta interna.

In terzo luogo, in condizioni di guerra "formalità" come le differenze dogmatiche e dottrinali tra cattolici e ortodossi possono essere facilmente sostituite da "opportunità politica" e dal desiderio di "unire" il popolo ucraino.

Per inciso, la distruzione della Chiesa ortodossa ucraina si inserisce proprio in questo quadro poiché consente di eliminare la Chiesa che si oppone al livellamento della dottrina ortodossa. In effetti, i nobili cattolici nei secoli XVI e XVII seguirono lo stesso schema.

In altre parole, gli ultimi discorsi di Shevchuk ci dicono che i processi di fusione tra cattolici e ortodossi sono in pieno svolgimento e che gli uniati vogliono assumere un ruolo di primo piano in questi processi. Shevchuk sta semplicemente preparando le basi ideologiche per la futura unione e sta facendo di tutto per far sembrare la sua Chiesa greco-cattolica ucraina un elemento "unificatore" del popolo ucraino piuttosto che una struttura che qui distruggerà l'Ortodossia.

 
Indagine sulla crocifissione di Slavjansk

Presentiamo nella sezione “Geopolitica Ortodossa” dei documenti la traduzione italiana di quello che è sicuramente il più lungo e complesso articolo del blog The Unwashed Brain, dedicato a far chiarezza sui miti propagandistici del conflitto ucraino. Agli inizi di luglio, con la città di Slavjansk ormai abbandonata dalla milizia e ri-occupata dall’esercito ucraino, la testimonianza di una donna locale profuga in Russia ha realmente rischiato di diventare un caso internazionale di accusa di atrocità: niente meno che la storia di un bambino crocifisso dai militanti della Guardia Nazionale. Il caso ha fatto paura, ed è stato confutato in tutti i modi possibili, ed effettivamente “disinnescato” presentandolo come un falso. L’autore del blog, dotato – come dice lo stesso titolo – di un “cervello non lavato”, ha iniziato, con la sua abituale correttezza e perseveranza, a trovare tutti i “buchi” nelle confutazioni, facendo apparire la storia della crocifissione di Slaviansk molto più credibile di quanto lo fosse a prima vista. E senza pronunciare giudizi definitivi, il blogger chiede che questi elementi di riflessioni portino all’apertura di un’inchiesta penale. È prevedibile, da come stanno andando le operazioni sul fronte, che Slavjansk venga presto ripresa dalle forze della Novorossija, e certamente il materiale accumulato finora potrà avere delle verifiche più precise.

Ci si potrà obiettare che entrambe le parti, in  una guerra, sfruttano casi come questi ai fini di propaganda. Ma qui, come in TANTI altri aspetti di questa guerra, vediamo una differenza fondamentale. Da una parte si vede una “propaganda” che vuole che un delitto sia INDAGATO, a fronte di casi simili in cui si è vista una totale impunità (la strage di Odessa del 2 maggio 2014). Dall’altra, invece, vediamo una “propaganda” interessata soprattutto a che il delitto sia INSABBIATO, e screditato PRIMA di poter essere indagato. Dato che come cristiani ci restano ancora dei principi di verità e giustizia, non abbiamo dubbi sulla parte che preferiamo.

 
La Chiesa romena, il Fanar e la questione dell'autocefalia

la Chiesa romena ha suggerito al Fanar di rinunciare ad alcuni dei suoi privilegi? Foto: Unione dei giornalisti ortodossi

Il Sinodo romeno ha affermato che una nuova autocefalia deve essere approvata da tutte le Chiese, il che contraddice i "privilegi" del Fanar. Come verrà risolto l'ovvio conflitto?

Nel 2022 la Chiesa serba ha concesso l'autocefalia alla Chiesa macedone. E oggi la Chiesa romena ha messo all'ordine del giorno dell'intera Ortodossia la questione della procedura per la concessione dell'autocefalia. Formalmente, si parla della situazione macedone, ma di fatto, i romeni hanno affermato che qualsiasi autocefalia deve essere confermata da tutte le Chiese locali.

Il 13 febbraio 2023, il Santo Sinodo della Chiesa ortodossa romena ha rilasciato una dichiarazione in cui invitava il Patriarcato di Costantinopoli ad avviare consultazioni in merito al conferimento di un Tomos di autocefalia "definitivo" alla Chiesa macedone.

Dal punto di vista della stessa Chiesa macedone, la "questione macedone" fa risalire la sua storia al famoso arcivescovado di Ohrid, che è esistito dall'XI al XVIII secolo. Dal 1913 l'episcopato di Ohrid è appartenuto alla Chiesa ortodossa serba e nel 1915 è passato alla Chiesa ortodossa bulgara. Dal 1915 al 1919 ha fatto parte della Chiesa ortodossa bulgara, poi di nuovo della Chiesa ortodossa serba, dal 1941 al 1945 è passato di nuovo alla Chiesa ortodossa bulgara e dal 1945 fino all'ottenimento dell'autocefalia ha fatto parte della Chiesa ortodossa serba. Nel 1967, la Chiesa ortodossa della Repubblica di Macedonia ha proclamato unilateralmente l'autocefalia, che non è stata riconosciuta da nessuna Chiesa locale. Così ha avuto inizio lo scisma macedone. La sua differenza fondamentale dallo scisma ucraino è che i vescovi macedoni avevano ordinazioni canoniche.

Quasi contemporaneamente all'ex presidente ucraino Poroshenko, anche i rappresentanti della Macedonia settentrionale hanno compiuto negoziati con il Fanar per il riconoscimento dello scisma macedone. I fanarioti hanno fatto dichiarazioni generalmente favorevoli ai macedoni, ma senza andare oltre. Il 16 maggio 2022, il Santo Sinodo del Patriarcato serbo ha dichiarato risolto lo scisma macedone e ha ripristinato l'unità con la Chiesa macedone. Allo stesso tempo, la Chiesa serba ha dichiarato la concessione dell'autocefalia ai macedoni in un futuro molto prossimo. Si può leggere di più su questo tema negli articoli: "Il Fanar ha intrapreso la strada del riconoscimento degli scismatici macedoni?" e "La guarigione dello scisma macedone e la situazione ucraina" .

Il 5 giugno 2022, il Santo Sinodo della Chiesa serba ha approvato il Tomos di autocefalia della Chiesa macedone, e nel giorno della festa dei santi Cirillo e Metodio il primate della Chiesa serba, il patriarca Porfirije, ha proclamato solennemente l'autocefalia presso la chiesa di san Clemente di Ohrid a Skopje.

Questo evento è stato seguito da una serie di riconoscimenti della Chiesa macedone da parte delle Chiese locali:

  • Il 25 agosto 2022 la "Chiesa ortodossa macedone – Arcidiocesi di Ohrid" è stata riconosciuta dalla Chiesa russa;

  • 18 ottobre 2022 – Chiesa di Antiochia;

  • 25 ottobre 2022 – Chiesa polacca;

  • 23 novembre 2022 – Chiesa ucraina;

  • 13 dicembre 2022 – Chiesa bulgara;

  • 7 febbraio 2023 – Chiesa delle Terre Ceche e Slovacchia;

  • 9 febbraio 2023 – Chiesa romena;

  • 14 febbraio 2023 – Chiesa georgiana.

Va detto che non tutte le Chiese locali hanno riconosciuto esattamente l'autocefalia, alcune hanno riconosciuto la Chiesa macedone come parte dell'Ortodossia, ma hanno aggirato il tema dell'autocefalia passandolo sotto silenzio.

E il Patriarcato di Costantinopoli e il resto delle cosiddette Chiese greche? Qui c'è una sfumatura interessante. Nel maggio 2022, quando i rappresentanti delle Chiese serba e macedone erano già giunti al traguardo in materia di risanamento dello scisma macedone, il Fanar ha deciso di essere propositivo e il 9 maggio ha annunciato di aver "ricevuto la gerarchia, il clero e i laici sotto l'arcivescovo Stefano di questa Chiesa nella comunione eucaristica, sanando così la ferita dello scisma e versando “olio e vino” sulle prove dei nostri fratelli ortodossi nel Paese”.

Allo stesso tempo, il Fanar ha proibito alla Chiesa macedone di chiamarsi macedone (ammettendo solo il nome di Ohrid) e di avere parrocchie al di fuori della Macedonia settentrionale e ha "ceduto" alla Chiesa serba il diritto di risolvere "questioni amministrative" con la Chiesa macedone. Il Fanar sembrava aver preso l'iniziativa, riconoscendo in realtà l'autocefalia, e ora i macedoni non avevano più bisogno di chiedere l'autocefalia ai serbi. Ma non è stato così. Il giorno successivo, il 10 maggio 2022, il Sinodo della Chiesa macedone ha dichiarato la ripresa del dialogo con la Chiesa serba, che ha portato all'autocefalia secondo il seguente schema: prima i macedoni sono tornati alla Chiesa serba e poi hanno ricevuto l'autocefalia dal patriarca serbo.

È vero che proprio il giorno, 5 giugno 2022, in cui il Sinodo della Chiesa serba ha deciso sull'autocefalia, il primate della Chiesa macedone, il metropolita Stefan (Veljanovski), ha rilasciato un'intervista in cui ha detto: "La tradizione fissata dai canoni, per i quali solo il Patriarcato ecumenico emette il Tomos d'autocefalia, rimane in vigore, e le altre Chiese la accettano con rispetto". Cos'è questo: una posizione ufficiale di riconoscimento della supremazia del Fanar nell'intera Ortodossia, o un inchino diplomatico progettato per placare i fanarioti?

Quanto alla Chiesa greca, l'8 giugno 2022 ha annunciato il ripristino della comunione liturgica ma ha espresso "gravi obiezioni e riserve" sull'autocefalia. Le ragioni addotte sono state: disaccordo con il nome "Chiesa ortodossa macedone", l'esistenza di diocesi al di fuori della Macedonia settentrionale e il diritto della Chiesa ortodossa serba di concedere l'autocefalia.

La posizione della Chiesa romena

Alla fine, il 13 febbraio 2023, la Chiesa romena ha deciso di sollevare la questione del Tomos di autocefalia "definitivo" della Chiesa macedone davanti alla Chiesa di Costantinopoli. Ma questo significa che i romeni considerano insufficiente il Tomos della Chiesa serba e ritengono che quello "vero" dovrebbe essere concesso dal Patriarcato di Costantinopoli? La dichiarazione del Santo Sinodo della Chiesa romena non dà motivo di pensarlo. Il testo recita quanto segue:

Il punto di vista della Chiesa ortodossa romena sull'autocefalia, che è stato presentato anche all'incontro del Comitato preparatorio del Santo e Grande Concilio a Chambésy (2011), è il seguente:

'Il Santo Sinodo della Chiesa madre è l'autorità canonica che può concedere l'autocefalia a una Chiesa figlia attraverso un tomos sinodale firmato dal primate della Chiesa madre insieme a tutti i vescovi di quel Santo Sinodo. Il riconoscimento della nuova autocefalia spetta a tutta la Chiesa ortodossa, raggiunto attraverso un tomos di riconoscimento dell'autocefalia firmato, senza alcuna distinzione, da tutti i primati delle Chiese ortodosse autocefale, nell'ordine dei pittici, all'interno della Sinassi dei primati delle Chiese ortodosse'.

Date queste informazioni, il Santo Sinodo della Chiesa ortodossa romena ha rispettato le decisioni del Patriarcato ecumenico di accogliere nella comunione eucaristica i vescovi, i chierici, i monaci e i fedeli guidati dall'arcivescovo Stefan e di lasciare al Patriarcato di Serbia la regolazione degli aspetti amministrativi tra le due Chiese.

Dopo aver riconosciuto l'iniziale Tomos sinodale emesso il 5 giugno 2022 dal Patriarcato di Serbia che concede l'autocefalia alla Chiesa ortodossa nella Repubblica della Macedonia del Nord, il Santo Sinodo della Chiesa ortodossa romena si aspetta che il Patriarcato ecumenico avvii consultazioni e rilasci un Tomos d'autocefalia finale per esprimere un consenso pan-ortodosso su questo argomento del riconoscimento dell'autocefalia.

Cioè, secondo i romeni, il meccanismo per concedere l'autocefalia in generale e la Chiesa macedone in particolare dovrebbe essere il seguente:

  1. La Chiesa, che include l'entità che desidera l'autocefalia, (la Chiesa madre) decide di concederle l'autocefalia (Tomos).

  2. Il patriarca di Costantinopoli avvia e organizza il processo di riconoscimento dell'autocefalia da parte delle Chiese locali.

  3. I primati delle Chiese locali firmano il Tomos "definitivo", "senza alcuna distinzione" tra loro per esprimere un consenso panortodosso su questo tema del riconoscimento dell'autocefalia.

Questo algoritmo mostra che il documento costitutivo è la decisione sull'autocefalia presa dalla Chiesa madre e non dal Patriarcato di Costantinopoli, che è solo l'organizzatore del processo di riconoscimento dell'autocefalia.

Questo schema avrebbe dovuto essere adottato come vincolante al Concilio di Creta del 2016, che doveva essere pan-ortodosso ma di fatto non lo è diventato. Tuttavia, la questione non è stata messa in discussione a causa della posizione del Fanar, che ha insistito sul suo diritto esclusivo di concedere l'autocefalia a chiunque, e che il suo Tomos è il documento costitutivo della nuova Chiesa locale.

Pertanto, la Chiesa romena invita il Fanar a concordare lo schema preparato per il Concilio di Creta e a creare un precedente, che potrebbe diventare una regola vincolante per la successiva autocefalia in futuro.

Domande e possibili risposte

Il Fanar sarà d'accordo? Probabilmente no, perché questo darebbe un duro colpo alla sua ambizione di diventare il capo riconosciuto del mondo ortodosso e all'affermazione che il patriarca di Costantinopoli è il "primo senza eguali" e ha autorità esclusiva nell'Ortodossia.

E qui dovremmo prestare attenzione a un punto: dallo schema dei tre passi per concedere l'autocefalia, che è proposto dalla Chiesa romena, il secondo passo, cioè l'avvio e l'organizzazione del processo di riconoscimento dell'autocefalia da parte del Fanar, può essere rimosso senza intaccare l'intero schema.

Il processo di riconoscimento dell'autocefalia della Chiesa macedone, che le è stata concessa dalla Chiesa serba, è già in corso senza alcun intervento del Fanar.

Le Chiese locali decidono sul riconoscimento. Questo sarà infatti il Tomos "definitivo", anche se non sotto forma di documento formale con le firme dei primati. Pertanto, il Fanar, rifiutando la proposta romena, rischia semplicemente di perdere il treno in partenza. L'autocefalia sarà proclamata, concessa e riconosciuta senza il suo coinvolgimento, e non c'è nulla che i fanarioti possano fare al riguardo.

E la "Chiesa ortodossa dell'Ucraina"?

Lo schema proposto dai romeni può essere applicato alla questione della Chiesa ucraina? Assolutamente no, perché nel caso dello scisma macedone, la gerarchia della Chiesa macedone aveva ordinazioni canoniche. Nel caso della "Chiesa ortodossa dell'Ucraina", quasi tutti i loro "vescovi" sono stati "ordinati" dallo scomunicato Filaret Denisenko, la cui scomunica è stata riconosciuta da tutte le Chiese locali senza eccezioni. Pertanto, per avvicinarsi almeno a una soluzione alla questione della Chiesa ucraina, è necessario "riordinare" i "vescovi" della "Chiesa ortodossa dell'Ucraina", cosa che sia questi che il Fanar si rifiutano di fare.

Dovremmo ora cercare opzioni per risolvere la crisi in cui si trova l'Ortodossia?

La proposta della Chiesa romena sembra proprio un tentativo del genere. Il riconoscimento dell'autocefalia della Chiesa macedone potrebbe diventare la questione su cui le Chiese locali potranno mettersi d'accordo, e questo significa che altre questioni controverse saranno più facili da risolvere.

La questione dell'autocefalia non è la questione principale in questo momento?

Al momento, la sfida più importante per l'Ortodossia non è il disaccordo su chi dovrebbe suonare il primo violino nella procedura dell'autocefalia, né la rottura della comunione eucaristica tra le singole Chiese locali a causa del riconoscimento della "Chiesa ortodossa dell'Ucraina" da parte del Fanar, e nemmeno la concelebrazione dei fanarioti e dei loro sostenitori di altre Chiese con persone non ordinate, cioè con i "vescovi" della "Chiesa ortodossa dell'Ucraina".

La sfida principale, a nostro avviso, è la prospettiva dell'unificazione con i cattolici, già annunciata in modo chiaro e inequivocabile dai rappresentanti del Vaticano e del Fanar e prevista per il 2025, 1700° anniversario del primo Concilio ecumenico. A nostro avviso, è necessario ora concentrarsi non sulla ricerca di compromessi in nome dell'unità della Chiesa, ma sul mantenimento della fedeltà all'Ortodossia stessa, alla nostra dottrina, ai nostri dogmi e ai comandamenti dei santi Padri. Dobbiamo aspettare fino al 2025 e vedere in che forma sarà allora la Chiesa ortodossa: chi seguirà il Fanar e accetterà l'unione con Roma, e chi la considererà impossibile per se stesso e rimarrà fedele all'Ortodossia, quali relazioni si svilupperanno tra queste due parti dell'attuale Chiesa ortodossa. Senza questo, non sono possibili decisioni sulla procedura dell'autocefalia, sulla guarigione degli scismi e così via. Il compromesso trovato oggi sarà irrilevante il giorno dopo (alla luce della nuova unione).

Ancora, in termini schematici, i passi per superare la crisi per le Chiese locali sembrano essere i seguenti:

  • Essere chiari sui pericoli dell'unificazione con i cattolici.

  • Decidere da soli se accettare o meno l'unificazione.

  • Uscire dalla crisi assieme a quelli che rimarranno fedeli all'Ortodossia.

Possiamo tranquillamente affermare che le Chiese che rimarranno fedeli all'Ortodossia di fronte alla nuova unione risolveranno tutte le controversie tra loro molto rapidamente.

 
Inno Acatisto a san Giovanni (Maximovich) il Taumaturgo

Ringraziamo il blog Cristianità Ortodossa per averci proposto una traduzione italiana dell’Inno Acatisto a san Giovanni di Shanghai e San Francisco, che ci è stato più volte richiesto in questi anni. Accanto a questa versione, tradotta dal testo inglese, proponiamo nella sezione "Testi delle funzioni" una nostra versione trilingue, con la traduzione italiana basata sul testo slavonico originariamente composto da padre Seraphim (Rose) di Platina, e sulla versione romena già presente in rete da anni.

 
La Chiesa macedone/di Ohrid rilascia una dichiarazione sul suo nome e sulla sua autocefalia

foto: mpc-spe.mk

Il Santo Sinodo della Chiesa ortodossa macedone-Arcivescovado di Ohrid ha tutta l'intenzione di salvaguardare e mantenere sia il suo nome che il suo status autocefalo.

I vescovi del Sinodo si sono riuniti in seduta ordinaria ieri, 21 febbraio. Tra i temi discussi anche i rapporti della Chiesa con le altre Chiese locali.

I vescovi "hanno accolto con favore le decisioni di coloro che hanno riconosciuto la Chiesa ortodossa macedone-Arcivescovado di Ohrid come Chiesa autocefala o l'hanno accolta nella comunione eucaristica e canonica", si legge nel rapporto sinodale.

La maggior parte delle Chiese locali è entrata formalmente in comunione con la Chiesa macedone da quando le è stata concessa l'autocefalia dalla Chiesa ortodossa serba lo scorso giugno, anche se non tutte ne hanno riconosciuto lo status di Chiesa autocefala.

Più di recente, le Chiese di Romania e delle Terre Ceche e della Slovacchia hanno riconosciuto esplicitamente l'autocefalia macedone, mentre il Santo Sinodo della Chiesa georgiana ha scelto di entrare semplicemente in comunione con essa, senza riconoscerne esplicitamente l'autocefalia.

Inoltre, il nome della Chiesa macedone rimane una questione controversa, ma il suo Santo Sinodo afferma chiaramente:

La Chiesa ortodossa macedone-Arcivescovado di Ohrid è custode dell'ordine statutario e delle norme che fanno riferimento al suo nome statutario di Chiesa ortodossa macedone-Arcivescovado di Ohrid e al suo status autocefalo, ed è guidata dai sacri canoni, dai dogmi, dalle Sacre Scritture e dalla Sacra Tradizione. Il primate e i vescovi, i membri del Sinodo della santa Chiesa ortodossa macedone, li mantengono categoricamente, li mantengono e non vi rinunciano.

In generale, le Chiese ellenofone respingono l'uso da parte della Chiesa macedone del titolo "Macedonia", poiché questo è anche il nome della regione confinante in Grecia, mentre la Chiesa bulgara si oppone all'uso del titolo "di Ohrid", in quanto intende se stessa come la continuazione storica dell'antico Arcivescovado di Ohrid.

Il tomos d'autocefalia concesso dalla Chiesa serba fa esplicito riferimento alla "Chiesa ortodossa macedone-Arcivescovado delle orchidee", mentre invita la Chiesa ortodossa macedone a definire il suo nome in un dialogo fraterno.

Nel frattempo, il Patriarcato di Costantinopoli ha annunciato a maggio che accetta la Chiesa macedone in comunione solo con il nome di "Ohrid" – la parola "Macedonia" o qualsiasi sua variazione non può essere usata nel nome della Chiesa secondo Costantinopoli. Allo stesso modo, la Chiesa di Grecia accetta nella comunione la Chiesa macedone, pur rifiutando la sua autocefalia e il suo nome.

In uno spirito di compromesso e riconciliazione, il primate macedone, sua Eminenza l'arcivescovo Stefan di Ohrid, ha affermato in un'intervista a luglio che le Chiese di lingua greca sono benvenute a chiamarle Chiesa di Ohrid, ma da parte loro continueranno a fare riferimento a stessi come macedoni.

La Chiesa bulgara ha accettato la Chiesa ortodossa macedone come canonica già a giugno, e ha compiuto un passo ulteriore accettando la sua autocefalia a dicembre, pur stabilendo che il suo primate sarà commemorato come "sua Beatitudine Stefan, arcivescovo della Macedonia del Nord", fino a quando potrà essere raggiunto un consenso pan-ortodosso sul suo nome.

Allo stesso modo, il Patriarcato di Antiochia è entrato in comunione con la Chiesa ortodossa macedone, sebbene con "l'aspirazione che il consenso ortodosso generale sul nome e sullo status giuridico di questa Chiesa sia raggiunto il prima possibile".

Gli annunci della Chiesa di Polonia, della Chiesa delle Terre Ceche e della Slovacchia e della Chiesa georgiana si riferiscono tutti solo alla "Chiesa ortodossa nella Macedonia del Nord", anche se non specificano come l'arcivescovo Stefan sarà commemorato nei servizi divini.

La Chiesa romena accetta l'autocefalia della Chiesa ortodossa macedone sotto il nome di "Arcidiocesi di Ohrid e Macedonia del Nord, con sede a Skopje".

Nel suo annuncio la Chiesa russa fa esplicito riferimento alla Chiesa ortodossa macedone come "Chiesa ortodossa macedone-Arcivescovado di Ohrid", mentre l' annuncio della Chiesa ucraina fa riferimento alla "Chiesa ortodossa macedone" e specifica che il suo primate sarà commemorato come "sua Beatitudine l'arcivescovo Stefan di Ohrid e Macedonia".

Il Sinodo macedone conclude il suo annuncio con un breve messaggio sull'imminente digiuno:

All'inizio della Grande Quaresima, il Santo Sinodo della Chiesa ortodossa macedone-Arcivescovado di Ohrid chiama i suoi figli fedeli al perdono reciproco e benedice il loro digiuno, affinché noi possiamo accogliere degnamente la luminosa risurrezione di Cristo.

 
I nazisti circondati a Mariupol derubano i cittadini e stuprano le donne

Ancora una storia dalla Novorossija, molto negativa: la città portuale di Mariupol, ora assediata dalle forze armate della Repubblica di Donetsk, vive momenti drammatici a causa dei suoi “difensori” della Guardia Nazionale, che sembrano arrogarsi ogni diritto sui beni e anche sui corpi dei loro “protetti”. Immaginiamo a quale Ucraina vorrà appartenere una città come questa (che ha più abitanti di Bari o di Bologna) dopo il ricordo di una simile protezione. Potete trovare il testo russo e la traduzione italiana nella sezione “Geopolitica ortodossa” dei documenti.

 
La "Chiesa ortodossa dell'Ucraina" e il Vaticano stanno sviluppando relazioni: perché?

il Vaticano è sempre più vicino alla "Chiesa ortodossa dell'Ucraina". Foto: Unione dei giornalisti ortodossi

Fino a ieri i cattolici avevano evitato la "Chiesa ortodossa dell'Ucraina", ignorandola. Ma recentemente la situazione è cambiata. Si tengono riunioni e si rilasciano dichiarazioni. Dove si sta andando?

Per anni, dopo la creazione della "Chiesa ortodossa dell'Ucraina", i rappresentanti della Chiesa cattolica romana hanno delicatamente evitato questa organizzazione. Non ci sono stati commenti negativi su Dumenko, ma non ci sono stati nemmeno contatti ufficiali. Gli esperti hanno associato questa posizione alla riluttanza di Roma a peggiorare i rapporti con la Chiesa russa. Ma dopo l'invasione russa dell'Ucraina, questa posizione è gradualmente cambiata. Ciò è diventato particolarmente evidente all'inizio del 2023.

Sergej Dumenko a Roma e al Fanar

Il 25 gennaio 2023, il capo della "Chiesa ortodossa dell'Ucraina", Sergej (Epifanij) Dumenko, ha incontrato a Roma il prefetto del Dicastero per la promozione dell'unità dei cristiani, il cardinale Kurt Koch.

Dumenko e il cardinale Kurt Koch. Foto: www.pomisna.info

Dumenko ha condiviso con Koch la sua visione della vita religiosa dell'Ucraina, lo ha ringraziato "per l'attenzione alla Chiesa locale dell'Ucraina" e ha affermato che la sua struttura è pronta per un dialogo con la Chiesa cattolica romana. Le strutture religiose conducono comunque un dialogo diplomatico tra di loro, quindi non è necessario dichiarare la disponibilità a questo fine. È probabile che si tratti di qualcosa di più grande: il riavvicinamento al cattolicesimo, il cui tono è stato dato dal Vaticano e dal Fanar con tutta una serie di dichiarazioni ed eventi congiunti che indicano che intendono seriamente unirsi tra loro.

In risposta, il cardinale Koch ha affermato: "Stiamo seguendo da vicino gli eventi. Durante i nostri incontri, sia il patriarca Bartolomeo che il metropolita Emmanuel, che, come so, ha fatto molto anche per la Chiesa ucraina (la "Chiesa ortodossa dell'Ucraina", ndc), ci hanno parlato di loro". Cioè, il Vaticano preferisce ricevere informazioni sulla vita religiosa in Ucraina solo da una parte, anche se potrebbe incontrare i rappresentanti del Dipartimento per le relazioni ecclesiastiche esterne della Chiesa ortodossa ucraina e avere un quadro completo di ciò che sta accadendo. Ma il Vaticano non lo fa e preferisce affidarsi proprio alla "Chiesa ortodossa dell'Ucraina". Koch ha anche osservato che il Vaticano è "contento della visita in corso" di Dumenko e spera che "con l'aiuto di Dio, finiscano le controversie che esistono tra gli ortodossi in Ucraina".

Lo stesso giorno, papa Francesco ha tenuto un'udienza con i delegati del Consiglio pan-ucraino delle chiese e delle organizzazioni religiose (AUCCRO) e con i membri della Società biblica interconfessionale ucraina.

Dopo il Vaticano, il 26 gennaio 2023, il capo della "Chiesa ortodossa dell'Ucraina" Sergej Dumenko si è recato al Fanar.

il patriarca Bartolomeo e Dumenko. Foto: orthodoxtimes.com

Il patriarca Bartolomeo lo ha ricevuto molto gentilmente e ha espresso la speranza che Papa Francesco si sia avvicinato alla "Chiesa ortodossa dell'Ucraina" e all'Ucraina: "Questa volta è venuto da noi dall'Antica Roma, qui alla Nuova Roma. Siamo lieti che abbia avuto l'opportunità di informare papa Francesco di prima mano su ciò che sta accadendo in Ucraina". Notate come il capo del Fanar parla di Istanbul. È stata una città musulmana turca per molti secoli. Tuttavia, il patriarca Bartolomeo usa il nome "Nuova Roma". Non è difficile capire che si tratta di una narrativa puramente imperiale, che intende sostenere ideologicamente le rivendicazioni del Fanar al primato nell'Ortodossia e la superiorità dell'ellenismo sulle altre tradizioni, come ripetono costantemente i suoi rappresentanti. A proposito, il concetto di "Mosca Terza Roma" è solo un'interpretazione del concetto imperiale di Costantinopoli alla maniera russa.

L'atteggiamento del Vaticano nei confronti della repressione della Chiesa ortodossa ucraina: dalla non accettazione all'approvazione

Una delle dichiarazioni del pontefice durante l'incontro con l'AUCCRO è molto indicativa: "Sono con voi nella difesa dei diritti dei credenti di tutte le comunità religiose, specialmente di quelli che subiscono offese e persecuzioni... nel rispetto dei principi e delle norme del diritto internazionale e dei diritti umani fondamentali".

Le delegazioni più rappresentative all'incontro sono state la Chiesa greco-cattolica ucraina e la "Chiesa ortodossa dell'Ucraina". Possiamo dire che queste "subiscono offese e persecuzioni"? I loro "diritti umani fondamentali" sono violati? Ben difficilmente. Eppure il papa è sicuramente ben informato sulla situazione che si è venuta a creare intorno alla Chiesa ortodossa ucraina. Il vice capo del Dipartimento per le relazioni ecclesiastiche esterne della Chiesa ortodossa ucraina, l'arciprete Nikolaj Danilevich, presente all'incontro, ha affermato che i rappresentanti della Chiesa cattolica romana "hanno espresso preoccupazione per la possibilità di applicare punizioni collettive a un'intera denominazione per singole violazioni della legge da parte di alcuni chierici". Ma le azioni dei rappresentanti ufficiali parlano di qualcosa di completamente diverso.

Il 21 febbraio 2023, Sergej Dumenko ha visitato il nunzio apostolico in Ucraina, l'arcivescovo Visvaldas Kulbokas. I partecipanti all'incontro hanno anche discusso dell'interdizione della Chiesa ortodossa ucraina in Ucraina. In particolare, Dumenko ha affermato: "Sosteniamo la volontà dello Stato ucraino di proteggere i nostri concittadini e la libertà di religione dall'influenza ibrida della propaganda russa, il cui strumento, purtroppo, è diventata la Chiesa russa. Non stiamo parlando di vietare la religione, ma di vietare ai centri religiosi russi controllati dall'amministrazione Putin di avere un'influenza sulle organizzazioni religiose in Ucraina".

È chiaro a tutti che dietro queste frasi diplomatiche c'è una campagna per interdire la Chiesa ortodossa ucraina, che si sta svolgendo sotto i nostri occhi e si sta svolgendo a tutti i livelli: legislazione, forze dell'ordine, governo locale, media e così via. Sappiamo solo dalle parole di Dumenko che il nunzio e il capo della "Chiesa ortodossa dell'Ucraina" hanno discusso dell'interdizione della Chiesa ortodossa ucraina. Ma poiché Kulbokas non l'ha negato, significa che questo è vero.

Dumenko e Kulbokas. Foto: www.pomisna.info

E solo un anno fa, i cattolici avevano una posizione completamente diversa. L'11 aprile 2022 l'Ambasciata vaticana in Ucraina aveva rilasciato un comunicato in cui esprimeva "opposizione a qualsiasi azione restrittiva nei confronti di Chiese e organizzazioni religiose". Il comunicato era apparso in risposta ai primi progetti di legge contro la Chiesa ortodossa ucraina. Da allora, la valanga di repressioni contro la Chiesa ortodossa ucraina è cresciuta in progressione geometrica. Ma la posizione dei cattolici si è trasformata dal rifiuto di queste repressioni al loro effettivo sostegno.

Il 26 febbraio 2022, il giorno dopo l'incontro con Kulbokas, una delegazione della Conferenza episcopale cattolica belga ha visitato la residenza di Dumenko.

rappresentanti del Vaticano in visita a Dumenko. Foto: www.pomisna.info

La delegazione era molto rappresentativa: il vescovo ausiliare di Bruxelles, Jean Kockerols, il vescovo di Gand, Lode Van Hecke, il vescovo di Bruges, Lodewijk Aerts, e il vescovo di Anversa, Johann Bonny. Hanno partecipato anche rappresentanti di strutture estere della Chiesa greco-cattolica ucraina: l'amministratore apostolico dell'eparchia di Parigi della Chiesa greco-cattolica ucraina, mons. Hlib Lonchyna, e il vicario Episcopale della Chiesa greco-cattolica ucraina in Belgio, Ivan Dantchevsky. L'incontro ha anche discusso del "mondo russo" e dei modi per contrastarlo.

Ancora una volta, sottolineiamo che il "mondo russo" porta davvero distruzione e rovina, che l'intero popolo ucraino sta vivendo, compresi i molti milioni di fedeli della Chiesa ortodossa ucraina. Ma i nemici della Chiesa ortodossa ucraina la etichettano ingiustamente come "mondo russo" per giustificare ideologicamente la loro lotta contro la Chiesa. Oggi, quando la Federazione Russa semina morte e distruzione in Ucraina, è molto conveniente occuparsi degli indesiderati e privarli dei loro diritti costituzionali semplicemente chiamandoli "mondo russo". E molti cittadini ucraini saranno d'accordo con tale repressione senza preoccuparsi di chiedersi: queste accuse contro la Chiesa ortodossa ucraina sono giustificate?

Conclusioni

In primo luogo, tutti questi eventi mostrano che il Vaticano ha recentemente iniziato a considerare la "Chiesa ortodossa dell'Ucraina" come una parte con cui può e deve comunicare ufficialmente.

In secondo luogo, questi contatti e dichiarazioni si inseriscono nel contesto dell'imminente unificazione della Chiesa greco-cattolica ucraina e della "Chiesa ortodossa dell'Ucraina", e quindi del Patriarcato ecumenico di Costantinopoli e del Vaticano.

Prima della sua visita a Roma, il capo della Chiesa greco-cattolica ucraina, Svjatoslav Shevchuk, ha rilasciato una dichiarazione eloquente. "A Dio piacendo, un giorno saremo tutti uniti. Cioè, tutte le divisioni che esistono oggi tra il mondo ortodosso e il mondo cattolico, penso, passo dopo passo saranno superate", ha detto il leader della Chiesa cattolica orientale e ha aggiunto che la cattedrale di santa Sofia a Kiev è la chiesa madre della Chiesa greco-cattolica ucraina e simboleggia l'unità nazionale. Sulla stessa linea si è espresso anche Dumenko, che ha detto che si recherà in Vaticano per "rafforzare la collaborazione".

Gli incontri e negoziati con il capo della "Chiesa ortodossa dell'Ucraina", Epifanij Dumenko, anche con papa Francesco e i suoi stretti cardinali, dimostrano che il Vaticano ha posizionato la "Chiesa ortodossa dell'Ucraina" non solo come una delle denominazioni ucraine, ma anche come una "Chiesa locale" in Ucraina. Questo non è affatto casuale. La "Chiesa ortodossa dell'Ucraina" è necessaria al Vaticano come partner nei negoziati sull'unificazione in tale status.

Si può notare che, a parte il Patriarcato ecumenico di Costantinopoli, nessun'altra Chiesa ortodossa locale ha ancora annunciato l'intenzione di partecipare a tale processo di unificazione. Sembra che le Chiese locali stiano assistendo al processo di riavvicinamento tra Patriarcato ecumenico e Vaticano e semplicemente non sappiano come reagire. Non lo sanno perché ancora oggi è impossibile dire con certezza fino a che punto arriverà questa unificazione e in che forma avverrà. La reazione dipenderà da questo. Ma già ora il Vaticano deve dimostrare che il processo di unificazione è sostenuto non solo dal Patriarcato ecumenico, ma che vi partecipano anche altre "Chiese locali".

Dal punto di vista interno ucraino, la possibile unificazione della "Chiesa ortodossa dell'Ucraina" e della Chiesa greco-cattolica ucraina sarà presentata nello spazio informativo come la "riunificazione delle Chiese del battesimo di Vladimir". Qui, la "Chiesa ortodossa dell'Ucraina" si presenta come una Chiesa ortodossa locale che si sta "riunendo" a una simile Chiesa cattolica locale, o come amano dire di sé i cattolici orientali, una Chiesa ortodossa locale in comunione con il trono romano. I partecipanti al processo di unificazione preferiscono non discutere il fatto che la dottrina cattolica, la morale cattolica, le pratiche di preghiera e gli ideali di santità differiscono fondamentalmente da quelli della fede ortodossa. Oggi questi "dettagli" interessano a pochi.

Pertanto, la Chiesa greco-cattolica ucraina e la "Chiesa ortodossa dell'Ucraina" si stanno muovendo verso la loro unificazione, che è più sostanziale che amministrativa, e si posizioneranno come l'unica Chiesa nazionale dell'Ucraina.

La Chiesa ortodossa ucraina, che si rifiuta di partecipare a questo processo, sarà dichiarata un gruppo marginale che si troverà nello stato di una "Cenerentola" appena tollerata per misericordia. Da un lato saremo privati dello splendore esteriore e del riconoscimento da parte del mondo, ma dall'altro questo apre meravigliose opportunità per concentrare tutte le nostre forze spirituali nel seguire il Vangelo e i comandamenti di Cristo.

 
Roma, Costantinopoli, Kiev e l'Unione dell'Uomo

"Proprio come lo sconvolgimento della guerra può creare nuove circostanze favorevoli alla pace... così anche i conflitti ecclesiali possono creare nuove circostanze per l'unità. Alla fine del 2022, le divisioni nell'Ortodossia globale raramente sono state così profonde. Ciò offre paradossalmente nuove possibilità per il progresso ecumenico", [1] proclama un'importante pubblicazione cattolica romana, il National Catholic Register.

Naturalmente, le "possibilità" a cui si fa riferimento sono la cosiddetta comunione e unione tra l'Ortodossia e Roma.

Le "divisioni" nell'Ortodossia globale ruotano pesantemente intorno agli eventi ecclesiali in Ucraina dove, in modo brusco e unilaterale, il patriarca di Istanbul, Bartolomeo, ha riconosciuto un conglomerato di gruppi pseudo-ortodossi ritenendoli, a suo avviso, la legittima "Chiesa ortodossa" in Ucraina. Lo ha fatto indipendentemente dal fatto che l'Ucraina avesse una Chiesa ortodossa stabilita e canonica, la Chiesa ortodossa ucraina, il cui primo ierarca è il metropolita Onufrij. (Per ulteriori informazioni su questo argomento, cliccate qui per leggere un altro mio articolo che fornisce maggiori dettagli su questo argomento).

Le azioni del patriarca di Istanbul (noto anche come patriarca ecumenico) in Ucraina sono state divisive all'estremo e sono una delle cause principali delle "divisioni nell'Ortodossia globale" sopra citate. È una grande tragedia e dolore che un proclamato patriarca ortodosso sia disposto a intraprendere azioni che facilitino le "divisioni". Divisioni che aiutano solo i nemici della Chiesa ortodossa. L'intero mondo ortodosso sta soffrendo a causa di queste azioni. Dobbiamo ricordare che in verità la Chiesa è indivisibile, o rimarremo con lei o lasceremo lei e Cristo, suo unico e vero condottiero e capo, per essere uniti a qualcosa d'altro o a qualcun altro. Le azioni divisive del patriarca di Istanbul in Ucraina, ora sembra chiaro, hanno uno scopo e un obiettivo, ed evidentemente non operano per la vera unità dell'Ortodossia. Quindi, ci si deve porre la domanda: quale unità si cerca?

È significativo che le fonti papali siano entusiaste delle attuali "divisioni nell'Ortodossia globale". Perché? Perché contribuiscono all'obiettivo di una più grande Unia. Nella prima parte di questa serie ho delineato, in breve, la storia del gruppo uniate all'interno del sistema pontificio. L'ho fatto perché "l'Unione di Brest", che ha costruito il prototipo dell'Unia, è chiaramente indicata da una grande figura papale, Giovanni Paolo II, come modello ed esempio estremamente vitale e rilevante per "l'ecumenismo" e soprattutto per lo sforzo di "unità" tra Roma e l'Ortodossia.

Nella sua "Lettera apostolica per il quarto centenario dell'Unione di Brest", si afferma: Nel ricordare l'Unione di Brest dobbiamo chiederci cosa significhi oggi questo evento. Si trattava di un'unione che riguardava solo una particolare area geografica, ma è rilevante per l'intero campo dell'ecumenismo. Le Chiese cattoliche orientali possono dare un contributo molto importante all'ecumenismo. Il Decreto conciliare Orientalium Ecclesiarum ci ricorda che "le Chiese orientali in comunione con la Sede Apostolica di Roma hanno un ruolo speciale da svolgere nel promuovere l'unità di tutti i cristiani, in particolare degli orientali, secondo i principi di questo sacro Decreto sinodale sull'ecumenismo: primo di tutti con la preghiera, poi con l'esempio della loro vita, con la fedeltà religiosa alle antiche tradizioni orientali, con una maggiore conoscenza reciproca, con la collaborazione e con un fraterno rispetto per oggetti e atteggiamenti". [2] L'Unia, afferma, è vitale per "l'intero campo dell'ecumenismo" e ha "un ruolo speciale da svolgere nella promozione dell'unità"; non dimentichiamo la frase essenziale, "in comunione con la … Sede di Roma".

Giovanni Paolo vede anche il legame molto evidente tra "l'Unione di Brest" e il più attuale "dialogo" tra Roma e "Costantinopoli" (cioè Istanbul, sede del patriarca ecumenico). Nella stessa lettera sopra citata, egli elabora, "Papa Giovanni XXIII amava ripetere: Ciò che ci unisce è molto più grande di ciò che ci divide. Sono convinto che questo atteggiamento possa essere di grande beneficio per tutte le Chiese. Sono passati più di 30 anni da quando il papa ha fatto questa affermazione. In questo periodo di tempo ci sono stati molti indizi che ci suggeriscono che i cristiani hanno fatto progressi in questa direzione. Segni eloquenti di questo cammino sono stati gli incontri fraterni tra Papa Paolo VI e il Patriarca ecumenico Atenagora I, e quelli che io stesso ho avuto con i Patriarchi ecumenici Dimitrios e, più recentemente, Bartholomaios, e con altri venerati Patriarchi delle Chiese dell'Est. Tutto questo, insieme alle tante iniziative di incontro e di dialogo che si stanno promuovendo ovunque nella Chiesa, ci incoraggia ad avere speranza: lo Spirito Santo,lo Spirito di unità, non cessa di operare tra i cristiani ancora separati gli uni dagli altri". [3]

Non a torto papa Giovanni Paolo II vede nelle ambizioni ecumeniche di alcuni patriarchi di Istanbul, di concerto con i papi di Roma, l'evidente continuazione dello spirito uniate. Ciò è molto evidente dal fatto che entrambe le citazioni di cui sopra provengono dallo stesso documento sul IV centenario dell'Unione di Brest. L'attuale ecumenismo è una continuazione vitale dell "Unione di Brest". (Purtroppo, ci sono stati numerosi vescovi ortodossi di numerose chiese locali che si sono impegnati in uno spirito simile: io mi sto concentrando sul patriarca ecumenico a causa del suo status di avanguardia nel "dialogo" con Roma e con altri).

La dichiarazione comune di papa Benedetto XVI e del patriarca Bartolomeo I, realizzata alla fine del 2006, conferma l'interpretazione di Giovanni Paolo II sopra delineata. In essa si afferma: "Per quanto riguarda i rapporti tra la Chiesa di Roma e la Chiesa di Costantinopoli, non possiamo non ricordare il solenne atto ecclesiale che ha cancellato la memoria degli antichi anatemi che per secoli hanno influito negativamente sui rapporti tra le nostre Chiese. Non abbiamo ancora tratto da questo atto tutte le conseguenze positive che ne possono derivare nel nostro cammino verso la piena unità, alla quale la Commissione mista è chiamata a dare un importante contributo. Esortiamo i nostri fedeli a prendere parte attiva a questo processo, attraverso la preghiera e attraverso gesti significativi". [4] La formulazione indica chiaramente e sfacciatamente che l'obiettivo e il desiderio sono quelli di una "piena unità". Naturalmente, questa unità non sarà fondata sulla fede ortodossa, no, perché Roma, sembra chiaro, non si pentirà mai dei suoi insegnamenti eretici. L'unità proposta sarà fondata sul compromesso della Verità. Pertanto, l'unità sospirata non è realmente fondata sul principio di verità unificante, cioè la rivelazione di Gesù Cristo, ma sarà piuttosto un "nuovo" agglomerato, o "diversità" di confessioni. Questo vi fa solo sentire a disagio e confusi, vero?

Nel 2014 il patriarca Bartolomeo ha rilasciato un'altra "dichiarazione comune", questa volta con papa Francesco. Questa dichiarazione ribadisce l'obiettivo di "unità". Professa: "Il nostro incontro fraterno oggi è un passo nuovo e necessario nel cammino verso l'unità alla quale solo lo Spirito Santo può condurci, quella della comunione nella legittima diversità... Pur consapevoli di non aver raggiunto la meta della piena comunione, oggi confermiamo il nostro impegno a continuare a camminare insieme verso l'unità per la quale Cristo nostro Signore ha pregato il Padre perché "tutti siano una cosa sola"." (Gv 17:21) [5] Le parole chiave sono "meta della piena comunione" e "impegno per continuare a camminare insieme verso l'unità". Pertanto, l'obiettivo chiaro e dichiarato da numerosi papi e patriarchi moderni di Istanbul è quello di entrare in un'Unia. Hanno sfacciatamente confermato il loro impegno. Queste dichiarazioni congiunte mettono in luce lo spirito dell'ecumenismo; la forza motrice dietro questa spinta senza spina dorsale per "l'unità" è lo spirito del relativismo, dell'umanesimo e dell'ecclesioclastia.

Ma chi non desidererebbe la vera unità? Eppure, la vera unità può fondarsi solo sulla vera confessione e sulla vera vita in Cristo, come il cristianesimo ha sempre insegnato. Il prezzo della suddetta "unione" proposta sarà l'abbandono della Verità della Fede apostolica, poiché questo era lo stesso prezzo pagato alla "Unia di Brest". Una "unione" può essere raggiunta, ma non sarà il cristianesimo ortodosso, sarà una "nuova" fede, conserverà le vestigia esteriori dell'Ortodossia mentre ne distruggerà la vita interiore e il cuore.

"Devi anche sapere che negli ultimi tempi verranno momenti difficili. Gli uomini saranno egoisti... attaccati ai piaceri più che a Dio, con la parvenza della pietà, mentre ne hanno rinnegata la forza interiore". (2 Tim 3:1-5)

Devo ricordare al lettore che l'ufficio del papato post-1054 d.C., con tutte le sue ideologie adiacenti, è considerato intriso di eresia dai santi della Chiesa ortodossa. Ciò non è cambiato, nonostante i numerosi proclami di alcuni vescovi. (Cliccate qui per leggere il mio articolo di "interludio" composto principalmente dagli scritti di san Giustino Popovich sull'argomento) Riassumendo la voce dei santi, san Giustino Popovich insegna che tutti gli spiriti dell'umanesimo "convergono nel dogma dell'infallibilità del papa". [6] Egli ricorda con sobrietà ai cristiani ortodossi che "tra un mondo", in cui include la confessione papale, "che volontariamente 'giace nella malvagità' e il seguace del Dio-Uomo non c'è compromesso. Un seguace del Dio-Uomo non può scendere a compromessi, a scapito della verità evangelica, con l'uomo umanista che giustifica e dogmatizza tutte queste cose". [7]

Al centro dell'Unia in corso c'è proprio il compromesso della verità evangelica. Questo compromesso è tanto più insidioso perché si ammanta di un linguaggio fiorito basato sul cristianesimo. Sfruttano i costrutti della Verità non per il Regno dei Cieli, ma per poter costruire il proprio regno e signoreggiare sulle persone, e trascinarle nella schiavitù a se stesse. Tale fondamento costruito sulla sabbia è destinato alla distruzione.

Procedendo su questo cammino di Unia, l'orizzonte desiderato si manifesta in un modo un po' più chiaro. Sappiamo già che gli architetti hanno un obiettivo chiaramente dichiarato di far avanzare l'Unia, e inoltre viene ora presentato l'obiettivo di una "data comune" per celebrare la Pasqua. Il patriarca Bartolomeo, accanito promotore dell'Unia, ha chiarito che sosterrà attivamente la creazione di una "data comune" per la Pasqua celebrata da Roma e dai presunti ortodossi. In preparazione al 1700° anniversario del primo Concilio ecumenico (nel 2025), sia il patriarca Bartolomeo sia il papa Francesco stanno preparando la strada per un'ulteriore "unità" attraverso un "ciclo pasquale comune". Il lettore può leggere due ottimi articoli dell'Unione dei giornalisti ortodossi su questo argomento, qui e qui. Per riferimento, ecco una fonte papale che parla sullo stesso argomento. Ed ecco una fonte dall'Ucraina.

E questo ci riporta all'Ucraina. Uno degli obiettivi del gruppo creato in Ucraina dal patriarca di Istanbul, che si atteggia a ortodosso, è quello di facilitare la decostruzione dell'Ortodossia e di promuovere un tentativo di ulteriore applicazione dell'Unia. Ricordate che la falsa "chiesa" in Ucraina si autodefinisce "Chiesa ortodossa dell'Ucraina".

Il leader della chiesa uniate in Ucraina (nota anche come "Chiesa greco-cattolica ucraina"), Shevchuk, comprende chiaramente il significato delle azioni di Bartolomeo in Ucraina attraverso l'istituzione della "Chiesa ortodossa dell'Ucraina". Vede in essa la speranza di stabilire "una" chiesa in Ucraina, una comune "metropolia di Kiev", composta sia da "ortodossi" che da "greco-cattolici". Molto giustamente, in questo contesto, afferma: Stiamo cercando modi per ripristinare l'unità all'interno della Chiesa di Kyiv ora divisa, che un tempo nacque nelle acque battesimali del fiume Dnipro. Ciò rientra interamente nel contesto del moderno movimento ecumenico volto al ripristino dell'unità dell'intera Chiesa di Cristo, alla convergenza dell'Ortodossia e della Chiesa cattolica". [8] Sì, un tale obiettivo rientra davvero interamente nel contesto dell'attuale "dialogo ecumenico" tra il patriarca ecumenico e Roma. Continua a elaborare la traiettoria della proposta ideologia della "unità", "Siamo consapevoli che questo tipo di unità sarà possibile quando il processo ecumenico sarà coronato a livello universale dal ripristino della comunione eucaristica tra Roma e Costantinopoli... Questo non è un pensiero utopico, come lo chiamano alcuni. Questo è l'obiettivo del movimento ecumenico. Questo è l'adempimento del comandamento di Cristo, 'che tutti siano uno'". [9] Ha ancora una volta ragione: l'obiettivo di tutte le fatiche "ecumeniche" è "il ripristino della comunione eucaristica". Questo è ciò per cui Bartolomeo sta lavorando. E questo è ciò per cui stanno chiaramente lavorando i suoi scagnozzi in Ucraina e altrove. Questa è "l'unità" perseguita.

Questo è anche l'obiettivo di ogni organizzazione "ecumenica", come il "Consiglio ecumenico delle Chiese", il "Consiglio nazionale delle Chiese" e molti altri gruppi simili. L'obiettivo è una fusione del cristianesimo non nel riconoscimento di alcuna delle sue verità evangeliche, ma con l'estrazione da questo miscuglio di una "nuova" fede.

Shevchuk fa semplicemente eco alle parole di Bartolomeo e Francesco che hanno proclamato insieme: "Ben consapevoli che l'unità si manifesta nell'amore di Dio e nell'amore del prossimo, attendiamo con impazienza il giorno in cui parteciperemo finalmente insieme al banchetto eucaristico... Raggiungendo questo obiettivo sperato, manifesteremo al mondo l'amore di Dio che ci riconosce come veri discepoli di Gesù Cristo (cfr Gv 13:35)". [10]

Bartolomeo avrebbe il compito di ri-orientare l'Ortodossia dalla direzione dell'Oriente – la ferma ricerca del Sole di Giustizia, dell'Alba Eterna e del Fulmine che lampeggia da Oriente – alla direzione dell'uomo dell'Occidente, dove la luce sta svanendo e l'oscurità della notte sta solo crescendo.

Ancora, affermano i nostri testimoni pontifici: "Nel 2023, i vari patriarchi potrebbero essere invitati a visitare Roma. Forse la delegazione annuale da Costantinopoli per la festa dei santi Pietro e Paolo a giugno potrebbero essere ampliati per includere rappresentanti di altri patriarcati. In un momento di sconvolgimento, le relazioni cattolico-ortodosse possono essere migliorate. C'è un grande premio ecumenico che potrebbe essere a portata di mano: una data comune per la celebrazione della Pasqua, culmine dell'anno liturgico. Negli ultimi anni sono state espresse voci favorevoli su questa possibilità da parte di funzionari sia vaticani che ortodossi. In particolare, lo stesso Bartolomeo ha indicato la possibilità a novembre, forse in tempo per il 1700° anniversario del Concilio di Nicea nel 2025". [11] Ah! Una data comune per la Pasqua, il grande "premio ecumenico!" Sapendo quanti sedicenti cristiani amino i premi terreni, sono sicuro che tale premio continuerà a essere ricercato con entusiasmo.

Comincia ad emergere un quadro chiaro, per il "premio" dell'unione con Roma, il patriarca e altri sono disposti a seminare divisione e discordia nell'Ortodossia. Questa non è una novità da parte del patriarca ecumenico, che ha utilizzato la stessa tattica nell'istituzione del "Nuovo" calendario sotto Meletios Metaxakis. In un obiettivo dichiarato di avvicinarsi ai "cristiani occidentali", è stata perpetrata una frattura tra gli ortodossi con l'inserimento del "nuovo" calendario (non è mio obiettivo approfondire questo punto in dettaglio qui). Potremmo assistere allo sfruttamento di questa tattica ancora una volta in Ucraina mentre la "Chiesa ortodossa dell'Ucraina" creata dal patriarca di Istanbul si sta spostando attivamente verso il "nuovo" calendario. Sta quindi usando il calendario come un'arma da brandire contro la vera Chiesa ortodossa ucraina. È possibile che il passaggio al "nuovo" calendario sia stato un passo calcolato nell'obiettivo a lungo termine di ottenere il "premio" di una Pasqua comune? E quindi l'Unia con Roma? Noi come ortodossi non abbiamo bisogno di una "data comune" per la Pasqua, abbiamo il metodo per calcolare la santa Pasqua come ci è stato dato dalla santa Chiesa ortodossa. Ma i costruttori della nuova religione hanno bisogno di dare alle persone una "nuova" data per la "celebrazione" di una nuova Pasqua.

Forse, tutto il popolo ortodosso dovrebbe piuttosto tornare al "vecchio" calendario come un'azione attiva che cercherebbe di sanare la rottura dell'unità liturgica che inevitabilmente ha contribuito ad alimentare l'attuale conflitto in mezzo ai popoli ortodossi. [12] Potremmo tutti noi nel "nuovo" calendario seguire l'insegnamento cristiano dell'umiltà e tornare umilmente al "vecchio" calendario per amore del vero amore e dell'unità? Penso che sarebbe importante. Dopotutto, è il "nuovo" calendario che è stato introdotto con mezzi nuovi e discordanti e presenta una serie di difetti nel suo meccanismo interno.

Siamo manifestamente testimoni che lo scopo della "Chiesa ortodossa dell'Ucraina" è principalmente per il progresso dell'Unia. Dal momento che è priva dell'ethos ortodosso, sta già servendo funzioni congiunte con i luterani, rallegrandosi per il suo "nuovo Natale europeo". Sta attivamente concelebrando con Roma, al punto da far servire un prete latino al proprio "altare" durante la propria presunta "liturgia". Questo è uniatismo al suo meglio. Tutto supportato dal patriarca Bartolomeo. Tutto confermato con un "tomos". Perché? Perché questo è l'obiettivo. Ci hanno detto molto chiaramente che questo è l'obiettivo. Il problema è che alcuni ortodossi ancora non ci credono, o, cosa ancor più terribile, alcuni desiderano attivamente una tale Unia.

Questo tema non mi è nuovo, ho cercato anni fa di lanciare un allarme su questo argomento. E questo non perché io sia tanto intelligente, non lo sono davvero, ma perché non ci vuole molta intelligenza per comprendere che le azioni del patriarca ecumenico in Ucraina attaccano e feriscono solo una cosa: la Chiesa ortodossa. Ne ho parlato in articoli precedenti, qui, qui e qui, per esempio.

La disarmonia tra alcune persone ortodosse è davvero deplorevole e triste. È poiché io sono ancora schiavo delle passioni, prima di tutto devo guardare nel mio cuore. Tuttavia, noi ortodossi non possiamo mai sacrificare la santa Fede per ottenere false unioni con gruppi che non hanno una chiara intenzione di offrire pentimento per le eresie distruttive che hanno promosso e continuano a promuovere. L'eresia è morte. Non possiamo essere uniti alla morte, non importa quanto sia imbiancata; non importa quanto sia bello il linguaggio che viene usato. Se ciò accade, allora tutti questi partecipanti all'unione saranno comunicanti alla morte, e quindi non saranno più partecipanti alla Vita.

Credo che ciò a cui stiamo assistendo sia un assalto demoniaco su vasta scala alla santa Ortodossia. Questo non dovrebbe sorprenderci. Piuttosto dovremmo essere fiduciosi che la vera Chiesa è per sempre in Cristo Gesù che è l'unica verità e rimaniamo umilmente e fermamente nella sua santa fede. Dobbiamo fondarci su questa verità incrollabile proclamata da nostro Signore Gesù: "Se hanno perseguitato me, perseguiteranno anche voi" (Gv 15:20). Il Corpo di Cristo viene assalito perché Cristo Gesù è il suo Signore, Sposo e Capo.

Questo assalto non è tanto un'oppressione quanto piuttosto una tentazione sottile: conservate le vostre vestigia esteriori dell'Ortodossia ma ricevete un nuovo cuore, una nuova fede, un nuovo regno. Come sta chiarendo l'attuale persecuzione contro l'Ortodossia in Ucraina, o si accetta la "nuova" fede o si subiscono discriminazioni e persecuzioni da parte dei poteri di questo mondo. I poteri di questo mondo odiano il vero cristianesimo ortodosso. Ma se accettate la nuova religione, allora vi verranno concessi tutti i privilegi e i vantaggi offerti dal regno dell'uomo.

Possiamo pregare per i nostri veri fratelli ortodossi in Ucraina affinché resistano alla grave persecuzione che stanno subendo, e sì, Bartolomeo sa che sono perseguitati. E non ha detto una parola contro di essa.

Dovremmo piangere e lamentarci che alcuni ortodossi stiano lavorando attivamente e aiutando i poteri di questo mondo, che "giace sotto il potere del maligno" (cfr 1 Gv 5:19), con l'obiettivo di creare un'Unia dell'uomo per il regno dell'uomo; e che stiano attivamente facilitando la persecuzione della Chiesa ortodossa.

Ma dobbiamo prepararci, fratelli miei, nella nostra persona interiore, a "uscire dall'accampamento [quello di questo mondo] e portare il suo obbrobrio [quello di Cristo], perché non abbiamo quaggiù una città stabile, ma cerchiamo quella futura". (Eb 13:13-14)

Ci offrono da mangiare un frutto seducente: unitevi all'Unia emergente e rimanete in tutti i privilegi dell'"accampamento".

Possa Dio rafforzare la nostra determinazione a lasciare quell'accampamento e unirci a lui come i respinti dal sistema di questo regno dell'uomo caduto.

Note

[1] Ncregister.com

[2] Vatican.va

[3] Ibid.

[4] Vatican.va

[5] Vatican.va

[6] La Chiesa ortodossa e l'ecumenismo, p. 143

[7] Op. cit, pag. 144

[8] Aleteia.org

[9] Ibid.

[10] Vatican.va

[11] Ncregister.com

[12] Io celebro attualmente con il "nuovo" calendario. Non credo che sia "privo di grazia", come affermano alcuni. Penso che il suo problema risieda nell'effettiva disunione che ha introdotto nella vita liturgica comune degli ortodossi. La Pasqua è l'archetipo, è molto chiaro che tutti gli ortodossi devono celebrare la Pasqua nello stesso giorno, e credo che questo principio dovrebbe essere applicato su tutta la linea per ogni giorno di festa. C'è una grande importanza per tutte le azioni ortodosse di culto nello stesso giorno. Il mio pensiero è che la "divisione" seminata nel culto si stia ora manifestando in altri ambiti. Che Dio ci aiuti.

 
Gli adolescenti di Lugansk: diciassettenni per sempre

Ancora una storia dalla Novorossija, molto positiva: la cittadina di Lisichansk, a nord-ovest di Lugansk, è stata una delle poche città insorte a essere catturata dall’esercito ucraino (veramente catturata, e non solo occupata dopo il ritiro dei miliziani). La cosa che si è saputa più tardi è che la difesa della città è stata opera di un gruppo di 72 ragazzi e ragazze locali di 16 e 17 anni, a cui non era stato concesso di arruolarsi nella milizia perché troppo giovani, ma che hanno voluto lottare per due giorni (24-25 luglio), e purtroppo con molte perdite, per non cedere la loro città nelle mani della famigerata Guardia Nazionale. Una notizia che dovrebbe suscitare un profondo rispetto, e dovrebbe far riflettere chi si chiede se gli adolescenti credono ancora in qualcosa. Potete trovare il testo russo e la traduzione italiana nella sezione “Geopolitica ortodossa” dei documenti.

 
La taroccata di Bartolomeo

Bartolomeo sapeva che c'era animosità da parte degli autoproclamati nazisti in Ucraina contro la legittima Chiesa ortodossa, e ha sfruttato tale animosità. I monaci sofferenti della Lavra delle Grotte ne sono il risultato.

Nessuno è d'accordo con questo. Nessuno.

C'è una ragione per cui ci deve essere una sola Chiesa in una data regione. È proprio per evitare queste cose. Ma a Bartolomeo non importa. Prende ciò che vuole, accontentandosi sempre di una "taroccata". Mai della cosa autentica, perché Dio non gliela darà.

Perché questo NON mette in imbarazzo i greci? Perché non fanno qualcosa? C'è qualcosa di sconveniente nel fatto che Elpidophoros si metta a ridere entusiasticamente alla Casa Bianca quando le vite stesse dei monaci sono in bilico.

Bartolomeo ha creato una situazione in cui ci sono due metropoliti, con lo stesso titolo, entrambi primati: uno non ordinato e scismatico; l'altro, a detta di tutti, è un santo. Un santo che ha presieduto il Santo Sinodo della Chiesa ortodossa ucraina, eletto a scrutinio segreto alla sede metropolitana di Kiev, come metropolita di Kiev e di tutta l'Ucraina, primate della Chiesa ortodossa ucraina...

Nel 2014.

Lasciate che questo dato si sedimenti: Bartolomeo ha dato a uno scismatico non ordinato il titolo che giustamente appartiene a un primate di vita santa, esistente, canonicamente eletto e universalmente riconosciuto.

Perché lo avrebbe fatto, se non per minare il metropolita Onufrij e la Chiesa canonica? Ha messo la Chiesa ortodossa ucraina sul sentiero di guerra di nazisti che si riconoscono come tali. Letteralmente. Il Quarto Reich in Ucraina, di cui si scrive molto.

E lo ha fatto per indebolire la Chiesa ortodossa russa. Il suo vetriolo contro la Chiesa russa è decisamente palpabile. Mi fa venire voglia di rabbrividire. Crede di persuadere la gente, ma il gregge riconosce la voce di un pastore, e non è quella di uno che parla così della Chiesa canonica.

Anche lui adesso è uno scismatico, e a un certo punto qualcuno lo dirà ufficialmente: Bartolomeo ha causato un grande scisma e se farà quello che ha già annunciato che farà nel 2025, causerà il PIÙ GRANDE SCISMA della storia della Chiesa.

Invece di unire i due e sanare il Grande Scisma del 1054, getterà sia lui che Francesco, e tutti coloro che li seguono, fuori dalla Chiesa, e quella porta potrebbe non aprirsi più un'altra volta. Non può fare ciò che vuole, o che significhi qualcosa, senza il sostegno dei suoi fratelli vescovi.

Qui gli ortodossi dovranno discernere chi sta dicendo la verità e chi no, perché su Google non troveranno più nulla che assomigli lontanamente alla realtà. La storia della Chiesa ortodossa russa in Ucraina è ormai quasi cancellata.

È stato Bartolomeo a dire a Epifanij che il metropolita Onufrij era fuori e che lui era dentro.

Ma ci sono due problemi con questo: (1) la Chiesa nel mondo riconosce solo il metropolita Onufrij, non Epifanij, e (2) la "Chiesa ortodossa dell'Ucraina" non ha mai ricevuto una vera autocefalia. La "Chiesa ortodossa dell'Ucraina" non può muovere un passo senza Bartolomeo secondo il proprio stesso tomos. Epifanij non è a capo di niente, non importa come sembrino le cose, e senza dubbio si sta sentendo alle strette. È la chiesa fasulla di Bartolomeo.

L'incursione di Bartolomeo nel territorio di un altro vescovo ha alimentato una situazione già tesa contrapponendo una chiesa con "approvazione di Stato" alla Chiesa canonica. Ecco perché è impossibile per la Chiesa ortodossa ucraina prendere (abbastanza) le distanze dai russi in modo da compiacere Zelenskij, ed ecco perché le vite dei poveri monaci alla Lavra delle Grotte sono in pericolo.

Se Bartolomeo non fosse intervenuto, la Chiesa ortodossa ucraina canonica, riconosciuta a buon diritto da tutta la Chiesa, non sarebbe in pericolo più di quanto lo sia la Chiesa cattolica.

Bartolomeo poteva richiamare i cani; dire una sola parola a nome dei monaci. Ma non muoverebbe un dito per aiutare la Chiesa canonica.

Chiedetevi: quale vescovo ferisce così tanto la Chiesa canonica e poi ignora il dolore che egli stesso ha causato?

La risposta corretta: un vescovo che presto sarà deposto.

 
Due importanti anniversari di santi

Sabato 6 settembre coincidono i festeggiamenti in onore di due importanti santi ortodossi del ventesimo secolo:

- san Maksim Sandovich (1886-1914), e ieromartire a Gorlice in Polonia, di cui abbiamo pubblicato una biografia sul nostro sito e di cui oggi ricorre il centenario del martirio.

- sant'Aleksej Medvekov (1867-1934), parroco di Ugine in Francia (di cui speriamo di pubblicare presto una biografia), ricordato nell’occasione dell’ottantesimo anniversario del trapasso, proprio nella chiesa di Ugine dove aveva servito in vita, con una concelebrazione episcopale tra l’arcivescovo Job di Telmessos, il vescovo Nestor di Chersoneso e il vescovo Mikhail di Ginevra. Tra i partecipanti, anche lo ieromonaco Siluan da Milano, che ha già accompagnato pellegrinaggi a Ugine, combinandoli anche con visite alla nostra parrocchia.

 
I fedeli della diocesi di Zaporozh'e al patriarca Bartolomeo: "Lei non è un buon pastore"

foto: hramzp.ua

Il clero e i fedeli della diocesi di Zaporozh'e della Chiesa ortodossa ucraina hanno alcune parole speciali per il patriarca Bartolomeo di Costantinopoli.

Dopo essersi riuniti ieri per i sacramenti della confessione, comunione e unzione, i fedeli hanno avuto l'opportunità di discutere di ciò che sta accadendo nel loro Paese: "abbiamo deciso di fare un appello aperto al creatore degli attuali problemi della nostra Chiesa madre ortodossa ucraina", scrive sua Eminenza il metropolita Luka di Zaporozh'e, introducendo l'appello sul suo canale Telegram.

Anche sua Santità il catholicos-patriarca Ilia di Georgia si è rivolto al patriarca Bartolomeo, invitandolo a intercedere per la Chiesa ortodossa ucraina perseguitata.

Tuttavia, a differenza del patriarca Ilia, i fedeli di Zaporozh'e non chiedono né si aspettano alcun aiuto dal patriarca Bartolomeo, ma si limitano a esprimere la loro opinione su di lui.

Il loro metropolita Luka è noto come forse il più schietto vescovo della Chiesa ortodossa ucraina. Nel 2018 aveva scritto al patriarca Bartolomeo sulla creazione della "Chiesa ortodossa dell'Ucraina" scismatica, rivolgendosi a lui come "Caro suddito leale della Repubblica turca, signor Bartolomeo".

L'appello dei fedeli di Zaporozh'e recita integralmente:

Appello aperto dei fedeli della diocesi di Zaporozh'e della Chiesa ortodossa ucraina al patriarca Bartolomeo di Costantinopoli

La nostra Chiesa è stata apertamente perseguitata negli ultimi anni. Centinaia di chiese sono state sequestrate, a decine di migliaia i loro parrocchiani sono stati privati della normale vita ecclesiale. Molti di loro sono stati picchiati a sangue dagli incursori, e alcuni sono rimasti feriti fisicamente, al punto che tra loro c'è anche chi è diventato invalido, perché durante i sequestri ha subito danni irreparabili alla salute. Ce ne sono anche alcuni, come padre Leonid Delikatny, rettore della chiesa dell'arcangelo Michele nel villaggio di Zadubrovka, nella regione di Chernovtsy, che sono morti difendendo la propria chiesa. Questi radicali non esitano a profanare le nostre chiese e cercano di dar loro fuoco.

Lei, come patriarca di Costantinopoli, è direttamente responsabile di tutto questo! Dopotutto, è stato secondo la sua decisione che è stata creata a partire da varie strutture non canoniche la "Santa Chiesa dell'Ucraina", che ora si fa chiamare "Chiesa ortodossa dell'Ucraina", i cui chierici e sostenitori sono coinvolti negli oltraggi e nel banditismo.

La morte di un prete e il sangue e le lacrime dei nostri credenti espulsi dalle chiese dove pregavano i loro nonni e bisnonni è sulle sue mani!

Le piace tanto parlare delle cure paterne per il "suo" gregge in Ucraina. E come si manifestano queste cure? Con il supporto della politica da razziatori nella struttura a lei convenzionata? Questa non è cura, ma è la più autentica ipocrisia e viltà, non solo davanti agli uomini, ma anche davanti a Dio.

Sfortunatamente, lei non è stato informato di ciò che hanno fatto i rappresentanti della struttura che sovrintende durante il recente sequestro della chiesa della Natività di Cristo a Ivano-Frankovsk. Non sa che i suoi sostenitori hanno usato gas nervino contro i parrocchiani di questa chiesa! Tuttavia, nemmeno questo è scioccante. Nella chiesa catturata, i suoi fedeli sudditi, ipocritamente in tonaca, davanti alla telecamera, hanno inscenato una preghiera, consentendo allo stesso tempo alle donne di entrare liberamente nell'altare e a militanti mascherati di gridare slogan offensivi contro la nostra Chiesa Madre Ortodossa Ucraina. Tutto sembrava una manifestazione di vero satanismo!

Dal 2018, non si è mai pronunciato contro tali illegalità. Così come non ha invitato i suoi figli a fermare il sequestro delle chiese e gli altri crimini contro i figli fedeli della Chiesa ortodossa ucraina.

Rimane in silenzio anche adesso, quando le autorità stanno cercando di portare via il luogo più sacro della nostra Chiesa, la Lavra delle Grotte di Kiev, e di dissacrare le reliquie dei venerabili padri delle Grotte di Kiev, trasformandole in "reperti da museo". Con tali azioni si condanna da solo! Con il suo silenzio sulla Lavra, sostiene coloro che affermano che le autorità turche avevano tutto il diritto di fare una moschea di Hagia Sophia, il centro spirituale dell'intero mondo ortodosso.

Tuttavia, la sua posizione è chiara: non importa quanto lei cerchi di nascondere questo obiettivo, sta facendo di tutto per distruggere definitivamente l'Ortodossia canonica in Ucraina, cercando di rimuovere l'unico serio ostacolo sulla via della creazione di una nuova unia nella nostra terra, tra i suoi sostenitori e i greco-cattolici ucraini – e questo ostacolo siamo noi, i figli fedeli della Chiesa ortodossa ucraina.

A questo proposito, non ci rivolgiamo a lei e non le chiediamo nulla, ma esprimiamo il nostro atteggiamento nei confronti della sua posizione, sforzandoci di sensibilizzare i fedeli delle altre Chiese locali.

La nostra voce è la voce della gente comune, non dei funzionari governativi di alto livello, dalle cui labbra lei riceve informazioni piacevoli e separate dalla realtà della vita della Chiesa. La nostra voce è la voce di un popolo profondamente credente, saldamente radicato su una base canonica, il che significa che è la voce della verità, che purtroppo è estremamente spiacevole per lei.

Lei non è un buon pastore. Le pecore del nostro gregge hanno infatti sofferto e stanno soffrendo per le conseguenze delle sue decisioni sull'Ucraina, mentre ignora e persino incita alle atrocità i suoi aderenti.

Secondo i canoni della Chiesa nell'interpretazione generalmente accettata, lei non aveva e non ha il diritto di interferire negli affari della Chiesa in Ucraina.

Siamo fermamente convinti che la radice dei problemi della nostra Chiesa risieda nel suo desiderio di diventare un papa per il mondo ortodosso.

Sappiamo dalle Sacre Scritture che né il potere, né la fiducia nei principi degli uomini, né una grande presunzione possono mai mettere una persona al di sopra di Dio. Dopotutto, i nostri destini e il nostro futuro sono solo nelle mani di Dio.

Ci auguriamo che lei ricordi le parole del Vangelo: guai all'uomo per colpa del quale avviene lo scandalo! (M. 18:7), così come il fatto che la punizione di Dio è inevitabile.

Pertanto, confidando nella misericordia di Dio, attendiamo il giorno in cui un Concilio panortodosso condannerà sia il concetto del "primo senza eguali" (papa d'Oriente), sia lo scisma che lei ha creato nella Chiesa ortodossa.

 
Rapporto sulla situazione ucraina (4 settembre 2014, 23:53)

L’analisi di Saker fatta all’alba degli accordi di Minsk ci offre molti spunti per comprendere i retroscena di quanto sta accadendo: la difficilissima situazione della giunta ucraina, i pericolosi equilibri di forze all’interno del paese, l’interazione di mentalità con i paesi occidentali, e la portata degli eventi sul piano mondiale. Come sempre, leggiamo il rapporto di Saker nella sezione “Geopolitica ortodossa” dei documenti.

 
Lo scetticismo e il Fuoco Sacro

foto: jerusalem-patriarchate.info

Un uomo saggio una volta disse: "Ciò in cui crediamo rimane sempre intellettualmente possibile; non diventa mai intellettualmente compulsivo. Ho idea che quando questo cesserà di essere così, il mondo finirà". Cioè, in quest'epoca camminiamo per fede, non per visione. Per disegno e provvidenza di Dio, il mondo non contiene alcuna prova che possa costringere a credere con la forza, nulla che possa "provare" la verità del cristianesimo in modo che la fede non sia più necessaria per il discepolato. I fatti scientifici possono essere provati in laboratorio: per esempio, se aggiungi fuoco alla polvere da sparo, questa produce un'esplosione. Questa non è un'ipotesi o una teoria; può essere considerata un dato di fatto. Non è richiesta la fede nel risultato esplosivo della combinazione di fuoco e polvere da sparo. Tutto ciò che serve è guardare di persona cosa succede (presumibilmente a distanza di sicurezza). La verità del cristianesimo non è un fatto come questo. La fede è ancora e sarà sempre richiesta. Questo è uno dei motivi per cui la fede sarà ricompensata nell'Ultimo Giorno.

Detto questo, il miracolo annuale del Fuoco Sacro a Gerusalemme si avvicina piuttosto alla prova. Per circa 1200 anni (da quando Gerusalemme è caduta sotto l'islam, e lì i cristiani avevano bisogno di qualche incoraggiamento divino) ogni anno alla vigilia di Pasqua un fuoco si accende in modo soprannaturale nella chiesa del Santo Sepolcro. Il patriarca entra nell'edicola, la tomba di Cristo, con un mazzo di candele spente, si inginocchia, dice una preghiera, e poi le candele si accendono in modo soprannaturale. Il patriarca esce dalla tomba e condivide la luce con gli altri. In quel momento, alcuni ceri tenuti dai fedeli in tutta la chiesa si accendono spontaneamente davanti ai loro occhi, prima ancora che li raggiunga il fuoco del Sepolcro. Questo è chiamato "il Fuoco Sacro" e si verifica fedelmente da secoli.

I non ortodossi sono stati (per così dire) un po' più scettici sull'origine soprannaturale del fuoco. Per loro il fuoco non è affatto soprannaturale, ma viene acceso ogni anno dal patriarca dietro le porte chiuse, presumibilmente dopo aver introdotto di nascosto un accendino nella tomba senza essere scoperto.

Nel corso degli anni ha regnato lo scetticismo, soprattutto in alcuni ambienti protestanti. Un visitatore inglese a Gerusalemme, John Kelman, scrisse intorno al 1912 che nella chiesa del Santo Sepolcro, "alla vigilia di Pasqua, il finto miracolo del 'fuoco sacro' è stato celebrato ogni anno per almeno mille anni". Per lui era un simbolo della luce di Cristo, non un miracolo. Più tardi, un altro inglese, H.V. Morton, scrisse la stessa cosa, solo in modo più divertente: "Alle folle è stato ripetutamente detto che il Fuoco Sacro è un simbolo, ma nulla potrà scuotere la loro convinzione che in questo giorno il fuoco discenda da cielo nella tomba di Cristo... Ho pensato che cosa straordinaria fosse che una cerimonia frenetica che avrebbe potuto svolgersi in un boschetto di Adone avesse luogo presso la tomba di Cristo" (dal suo In the Steps of the Master, 1934). Ancora un po' più tardi, un altro inglese, il cappellano militare metodista Leslie Farmer, scrisse dopo averlo visto che "i superstiziosi credono che l'apparizione di questo fuoco sia un miracolo annuale dal cielo. C'è stato un miracolo. È stato che non è stata causata alcuna conflagrazione. Rimasi nel mio angolo riparato e guardai con timore la scena, aspettandomi la catastrofe da un momento all'altro" (dal suo We Saw the Holy City, 1944).

Ciò che è strano è che sia Morton che Farmer hanno ammesso di aver visto persone passare il fuoco appena acceso sui loro volti, barbe e vestiti senza essere bruciati, ma non hanno offerto alcuna spiegazione del motivo. Una cosa del genere non richiederebbe qualche commento? Infatti il fuoco non era passato così velocemente da non bruciare, ma veniva tenuto in posizione abbastanza a lungo da dare fuoco a capelli e vestiti, se si fosse trattato di un fuoco ordinario. Il filmato di questo fenomeno può essere visto qui.

Notiamo anche che, nonostante tutto Morton abbia detto che alle folle era ripetutamente detto che si trattava solo di un simbolismo liturgico e non di un miracolo, un recente patriarca ha detto esattamente il contrario. Cioè, insiste sul fatto che sperimenta un miracolo ogni anno e che non è lui ad accendere il fuoco.

Una persona ha chiesto al patriarca cosa è realmente accaduto nella tomba. Il patriarca ha risposto: "Mi faccio strada attraverso l'oscurità verso la camera interna in cui cado in ginocchio. Qui dico alcune preghiere che ci sono state tramandate attraverso i secoli, e dopo averle dette, aspetto. A volte posso aspettare qualche minuto, ma normalmente il miracolo avviene subito dopo che ho detto le preghiere. Dal cuore stesso della pietra su cui Gesù giaceva scaturisce una luce indefinibile. Di solito ha una sfumatura blu, ma il colore può cambiare e assumere molte tonalità diverse. Non può essere descritto in termini umani. La luce sorge dalla pietra come la nebbia può sorgere da un lago; sembra quasi che la pietra sia coperta da una nuvola umida, ma luminosa. Questa luce ogni anno si comporta in modo diverso. A volte copre solo la pietra, mentre altre volte dà luce a tutto il sepolcro in modo che le persone che stanno fuori dal sepolcro e guardano dentro lo vedano pieno di luce. La luce non brucia. Non mi sono mai bruciato la barba in tutti i sedici anni in cui sono stato patriarca a Gerusalemme e ho ricevuto il Fuoco Sacro. La luce è di consistenza diversa da un normale fuoco che arde in una lampada a olio. A un certo punto la luce si alza e forma una colonna in cui il fuoco è di altra natura, così che posso accendere le mie candele da esso. Quando ho così ricevuto la fiamma sulle mie candele, esco e do il fuoco prima al patriarca armeno e poi al copto. Poi do la fiamma a tutte le persone presenti in chiesa".

In altre parole, gli scettici ci chiedono di credere che il patriarca sia un bugiardo, come lo sono stati tutti i suoi predecessori in quella carica negli ultimi 1200 anni. Questo sarebbe un miracolo più difficile da credere di quello del Fuoco Sacro stesso. Sicuramente in tutto questo tempo qualcuno avrebbe sfatato e svelato il segreto della bufala? (Ci si chiede anche come i suoi predecessori ci siano riusciti centinaia di anni fa senza l'aiuto degli accendini).

Nonostante tutto ciò, ovviamente camminiamo ancora per fede, e il Fuoco Sacro è dato per confortare e incoraggiare i credenti, non per convertire gli scettici. Abbiamo la testimonianza del nostro Signore che nessun miracolo potrebbe riuscirci, nemmeno il miracolo di qualcuno che risorge dai morti (Lc 16:31). Ma vorrei lasciare al lettore due domande. Perché le altre religioni non possono offrire nulla di così avvincente come il Fuoco Sacro, e invece questo si trova solo nel cristianesimo? E perché il Fuoco Sacro si verifica solo nella Chiesa ortodossa?

 
Visita episcopale alla nostra chiesa

Giovedì sera abbiamo avuto una sorpresa davvero gradita alla nostra abituale celebrazione dell'inno Acatisto a san Nicola. L'archimandrita Amvrosij (Makar) di Milano, giunto a Torino per un pellegrinaggio alla santa Sindone e alle reliquie dei santi presso la basilica di Maria Ausiliatrice, ci ha portato in visita alla chiesa ben due vescovi (nella foto):

- l'arcivescovo Ilarij (Shishkovskij) di Makarov, vicario della metropolia di Kiev, che negli ultimi anni è venuto più volte in visita in Italia.

- il vescovo Kliment (Rodajkin) di Krasnoslobodsk in Mordovia, che è stato compagno di corsi teologici del nostro padre Victor.

Assieme ai vescovi, a padre Amvrosij e ad altri sacerdoti monaci dalla Lavra delle Grotte di Kiev e dalla Lavra della Trinità e di San Sergio, abbiamo celebrato l'inno Acatisto a san Nicola in tre lingue, in modo davvero solenne, partendo da un invito del tutto improvvisato ai nostri visitatori di trattenersi un poco con noi a pregare. Particolarmente importante e incoraggiante è stato vedere due vescovi, che consideriamo anche cari amici, dall'Ucraina e dalla Russia, che hanno presieduto insieme la preghiera e hanno tenuto insieme un momento di esortazione spirituale.

Non abbiamo ancora a disposizione fotografie di questo momento di preghiera; se ce le faranno avere, le condivideremo volentieri con tutti i nostri lettori.

Per molti anni!

 
Perché un catecumenato?

Il periodo di catecumenato nella Chiesa ortodossa è quanto mai elastico, perché dipende da diversi fattori concomitanti, quali la serietà del richiedente, il suo precedente bagaglio di studi e di pratica religiosa, la sua reazione all’impegno e molte altre cause di disparità di trattamento. Fino a qui si accetta che non esiste un periodo fisso e standardizzato per tutti. Alcuni, tuttavia, mettono in discussione l’idea stessa del catecumenato e la ritengono una pratica senza fondamento biblico. Alla domanda che vuole accertare se il catecumenato abbia dei legami con la pratica apostolica, risponde un articolo di padre John Whiteford, che abbiamo tradotto in italiano nella sezione “Domande e risposte” dei documenti

 
L'eresia dei bogomili

Quello che segue è uno dei frammenti di un nuovo libro dello storico della chiesa e canonista, l'arciprete Vladislav Tsypin, "La storia dell'Europa precristiana e cristiana".

lapidi dei bogomili

Nella vita religiosa della Bulgaria, durante il regno dello tsar Pietro, si verificarono processi dolorosi associati all'emergere e alla diffusione dell'eresia dei bogomili. Questa deve il suo nome a uno degli eresiarchi, il sacerdote Bogomil, o Bohumil. È possibile che questo non sia il suo vero nome, ma una traduzione dal nome greco Theophilos. L'eresia si diffuse tra il clero rurale, i monaci erranti e i contadini, in altre parole negli strati inferiori del popolo bulgaro. Uno dei nomi popolari degli eretici era kudugery – una pronuncia distorta della parola "kaluger", presa in prestito dalla lingua greca con il significato di "monaco" o "anziano". In Serbia, dove penetrò questa eresia, i suoi aderenti furono chiamati bogomili, così come "babun" dal monte Babunu, sulle pendici del quale fu notata la presenza dei bogomili. La prima menzione scritta dell'eresia è contenuta nell'Epistola del patriarca Teofilatto di Costantinopoli allo tsar Pietro di Bulgaria. Le informazioni più dettagliate sulla sua origine e sulla sua dottrina sono contenute in un testo accusatorio, la "Conversazione sulla nuova eresia dei bogomili", scritta da Cosma il Presbitero nella seconda metà del X secolo. A proposito dell'eresiarca Bohumil, Kozma scrive sarcasticamente che "il suo nome letteralmente significa: nessuna misericordia per Dio", [1] e stigmatizza la stessa eresia con la caratteristica di "empia". Un'altra fonte che fa luce sugli insegnamenti e le pratiche dei bogomili è il trattato bizantino, "Contro i bogomili", di Efthymios Zygaben.

L'eresia sorse sotto l'evidente influenza del paulicianesimo. Le autorità imperiali reinsediarono siriani sospettati di adesione al paulicianesimo e, più spesso, armeni dalle province e dai temi asiatici in Europa, nei Balcani, in Macedonia e Tracia. I pauliciani che vivevano tra gli slavi, comunicando nella loro nuova patria con i loro vicini e impegnandosi con loro in conversazioni su argomenti religiosi, furono in grado di affascinare e sedurre un numero considerevole di loro con le loro convinzioni, la cui essenza era associata a una totale negazione della presenza della verità di Dio nel mondo. In altre parole, l'eresia era alimentata dal rifiuto della struttura esistente della società, che era percepita come mostruosamente ingiusta, e quindi, probabilmente, l'eresia si diffuse e attecchì principalmente ai piani inferiori della piramide sociale.

Il bizantinologo britannico D. Obolensky si è concentrato sul pathos di protesta dell'eresia dei bogomili, che

"... doveva il proprio successo... al fatto che i suoi leader non cercarono di ripristinare il vecchio stile di vita pagano, come fecero i boiardi bulgari nel IX secolo, e la loro lotta contro il dominio straniero non fu portata avanti con i metodi violenti che furono usati durante le rivolte antimperialiste in Bulgaria nei secoli XI-XII. I bogomili combatterono contro il cristianesimo bizantino sul proprio 'territorio' e con le proprie armi, tratte dall'arsenale morale del Vangelo: la sete di giustizia personale, il desiderio di giustizia sociale e la compassione per la sofferenza degli innocenti". [2]

Una tale valutazione dell'eresia sembra eccessivamente lusinghiera, da un lato, ed esagera il suo successo, dall'altro. Alla fine, su scala storica, la vittoria rimase ai bizantini: in questo contesto, all'opposizione ortodossa all'eresia.

Legato per le sue origini al paulicianesimo, l'insegnamento dei bogomili differiva tuttavia dall'autentico paulicianesmo, in cui il dualismo manicheo era presente in modo quasi palese. In modo non proprio genetico, ma tipologico, si possono trovare parallelismi nel bogomilismo anche con le antiche sette gnostiche, in particolare con gli insegnamenti di Marcione, che rifiutava l'ispirazione delle Scritture dell'Antico Testamento.

Una sorta di "sacra scrittura" dei bogomili era considerata il "Vangelo di Giovanni, o libro segreto", costituito da conversazioni apocrife di Gesù con il suo amato discepolo Giovanni. Questo libro non è stato conservato nell'originale slavo, ma è noto nella traduzione latina, e delinea la dottrina mitologica dell'eresia. Secondo gli insegnamenti dei bogomili, Dio creò un universo invisibile, e lo aiutò a gestirlo il suo figlio primogenito di nome Satanael. Spinto dall'orgoglio, costui si ribellò al suo Creatore, decidendo di liberarsi dal suo potere e di porsi un trono nel settimo cielo invisibile. Una schiera di angeli si unì alla ribellione da lui iniziata, ma Dio distrusse questa idea e scacciò dal cielo Satanael e gli angeli ribelli. Tuttavia, il dono creativo di cui Dio lo aveva precedentemente dotato non fu tolto a Satanael, ed egli creò il mondo visibile dal caos:

"... secondo la volontà del diavolo, tutto esiste: il cielo, il sole, l'aria, la terra, la persona, le chiese, le croci. E tutte le cose di Dio sono consegnate al diavolo, e proprio tutto ciò che si muove sulla terra". [3]

Satanael ha creato il cosmo, le piante, gli animali e, infine, i corpi umani – Adamo ed Eva, ma non ha potuto soffiare in loro le anime e ha chiesto le anime a Dio, contro cui si era ribellato. E il buon Dio, per compassione verso Adamo ed Eva senz'anima, soffiò in loro le anime e così diede loro la vita. Allo stesso tempo, fece in modo che essi insieme ai loro discendenti sostituissero gli angeli caduti. Secondo gli insegnamenti dei bogomili, l'uomo ha una duplice natura: il corpo è stato creato dal Satanael caduto e l'anima è stata creata da Dio. Satanael regnò sulla terra, e la gente iniziò a venerarlo come Dio. Fu lui che, sotto forma di serpente, tentò gli antenati nell'Eden. Sotto forma di Caino, uccise il giusto Abele. I bogomili chiamavano il profeta Mosè servitore di Satanael, e rifiutavano l'Antica Legge e tutte le Scritture dell'Antico Testamento in generale, compilate, secondo il loro insegnamento, su suggerimento di Satanael.

Il Dio misericordioso, per liberare il genere umano dal dominio di Satanael, generò da sé il suo figlio minore Gesù, e venne al mondo in un corpo etereo, che si limitava a somigliare ai corpi dei discendenti di Adamo. La sua morte in croce è stata illusoria. Tre giorni dopo la crocifissione, Gesù incatenò Satanael, al cui nome tolse l'ultima sillaba "el", che significa Dio, completando così la sua "deificazione". Dopodiché, Gesù ascese al cielo, vi prese posto accanto al Padre e iniziò a governare il mondo angelico. Allora Dio Padre produsse da sé lo Spirito Santo, agendo sulle anime umane. Sentendo in se stessi il soffio dello Spirito, i bogomili, morendo in modo visibile, si spostano effettivamente verso un paradiso invisibile. Il regno di Satana sulla terra durerà fino alla seconda venuta di Gesù, quando Satana e i suoi servitori, compresi i peccatori, saranno gettati nell'inferno. Questa leggenda cosmogonica e soteriologica è simile alla rivisitazione dei libri biblici nel linguaggio di un uomo analfabeta, ma mezzo matto, posseduto da fantasie violente.

I bogomili rifiutavano la Chiesa con i suoi sacramenti e riti, con i suoi servi e i templi; non veneravano, come gli estremisti protestanti di un'epoca successiva, né la Madre di Dio, né i santi, né le icone, né le reliquie; non credevano nei miracoli. Riconoscendo l'autorità delle Scritture del Nuovo Testamento, ne interpretavano il contenuto secondo la loro dottrina originaria, rifiutavano la santa Tradizione, i Concili ecumenici con i loro decreti dogmatici e le opere dei Padri della Chiesa. Delle preghiere in uso, ne avevano solo una: il "Padre nostro".

Invadendo la sfera politica e sociale, i bogomili rifiutarono il potere regale e qualsiasi potere statale in generale, denunciarono i ricchi e il desiderio dei poveri di arricchirsi:

"... insegnano ai loro a disobbedire ai loro governanti, bestemmiano i ricchi, odiano il re, imprecano contro gli anziani, rimproverano i boiardi, pensano che il re in carica sia abominevole per Dio e ordinano a ogni schiavo di non lavorare per il suo maestro". [4]

I predicatori del bogomilismo vedevano la disuguaglianza sociale come un male, e sotto questo aspetto hanno preceduto le idee comuniste e anarchiche dei tempi moderni, compreso il tolstoismo. Gli stessi bogomili credevano di far rivivere l'etica sociale della prima comunità apostolica cristiana.

Nella vita di tutti i giorni cercavano l'astinenza, il matrimonio era consentito agli imperfetti, non mangiavano carne, non bevevano vino, si vestivano modestamente, evitavano i prestiti di denaro e idealizzavano la povertà. È vero, negli scritti accusatori da parte ortodossa, questo loro ascetismo è presentato come ostentato e farisaico. Nelle parole di Koz'ma,

"... Esteriormente, gli eretici sono come agnelli, sono modesti, sobri e silenziosi e pallidi per un digiuno ipocrita. Non parlano in modo vano, non ridono ad alta voce, non si danno un'aria importante. Si tengono lontani dalle opinioni della gente e non fanno pubblicamente nulla che li distingua dai cristiani ortodossi ... Vedendo la loro maggiore umiltà, le persone pensano che siano ortodossi, e che siano in grado di mostrare loro la via per la salvezza. Si avvicinano e chiedono loro come salvare l'anima. Come un lupo che sta per afferrare un agnello, questi prima abbassano gli occhi a terra, sospirano e rispondono umilmente... Ovunque incontrino una persona semplice o incolta, seminano in lui la zizzania del loro insegnamento, diffamando le tradizioni e i canoni della Chiesa". [5]

Probabilmente, il rovescio dell'ascetismo dei bogomili era costituito dagli eccessi di licenziosità morale che avvenivano tra loro, il che potrebbe essere giustificato facendo riferimento al fatto che la vita mondana in tutte le sue manifestazioni è subordinata al nemico di Dio, Satana, e non c'è scampo da questa prigionia del male. Una curiosa prova indiretta della fondatezza delle accuse di bogomilismo da parte dei polemisti ortodossi si può trovare nel significato peculiare della parola francese bougre, che nel Medioevo serviva come uno dei nomi dell'eresia dei catari, o albigesi. In considerazione del fatto che questa eresia, che scosse la vita ecclesiastica e politica dell'Europa occidentale, aveva una ben nota origine dai bogomili bulgari, fu quindi designata come bulgara (bougre); e nel tempo questa parola è diventata una parola volgare per indicare i sodomiti. Il bogomilismo divenne particolarmente diffuso e attecchì diversi secoli dopo in Bosnia, mentre in Occidente la promiscuità sessuale iniziò ad essere chiamata "usanza bosniaca".

Due secoli dopo la comparsa dell'eresia, Anna Comnena, figlia dell'imperatore Alessio, descrisse così l'origine del bogomilismo:

"Due insegnamenti malvagi e abominevoli da tempo conosciuti si sono uniti tra loro: la malvagità dei manichei... che abbiamo anche chiamato eresia pauliciana, e la sfacciataggine dei messaliani. Questo era l'insegnamento dei bogomili... Esisteva anche prima dell'ascesa al trono di mio padre, ma non si è rivelato – dopotutto, la tribù dei bogomili è molto abilmente in grado di rivestirsi delle sembianze della virtù. Tra i bogomili non puoi vedere un uomo con un'acconciatura secolare: il male è nascosto sotto un mantello e un cappuccio. I bogomili hanno uno sguardo cupo, il viso chiuso, camminano con la testa china e sussurrano a bassa voce. Ma in fondo sono lupi rabbiosi".

Il ritratto dei bogomili disegnato da Anna Comnena ricorda i nostri khlisty [la setta russa dei flagellanti, ndt] con i loro fazzoletti bianchi, e tale analogia può chiarire il riferimento di Anna nelle sue parole sulla genesi del bogomilismo nell'eresia messaliana, che non è visibile nella dottrina dei bogomili, ma la cui influenza indiretta è presente nel khlystismo russo.

Non ci sono informazioni sulla struttura dell'originaria comunità dei bogomili; in modo indiretto se ne può avere un'idea dalle comunità dei bogomili della Bosnia di epoca successiva. La comunità comprendeva persone di tre ranghi: i "contadini", che significava "cristiani", o "perfetti", i "credenti" e gli "ascoltatori" – o catecumeni. I "contadini", per i quali il celibato era un dovere – probabilmente, spesso divenivano tali i monaci letterati che si erano allontanati dalla Chiesa – servivano come predicatori ed esecutori di cerimonie per i fedeli. Gli "ascoltatori" erano presenti alla predica e alla lettura del Padre Nostro, la loro ammissione all'assemblea dei "credenti" avveniva ponendo sul capo l'apocrifo "Vangelo di Giovanni", leggendo il Padre Nostro e invocando lo Spirito Santo su chi era accolto come "credente". La comunità era diretta da un "nonno".

Sembra che il santo tsar Pietro abbia appreso dell'esistenza di questa eresia e della sua non piccola pericolosità dal messaggio indirizzato a lui, "imperatore di Bulgaria", dal patriarca Teofilatto di Costantinopoli. A giudicare da tutto ciò che si sa di questo ierarca, che era il giovane figlio dell'imperatore Romano Lecapeno, il messaggio non era stato composto da lui, ma da un funzionario del patriarcato. Nell'epistola, il bogomilismo è designato molto approssimativamente come una mescolanza di antico manicheismo con paulicianesimo – un'abitudine caratteristica dei romani di designare nuovi fenomeni con parole tratte dagli annali. Il Patriarcato di Costantinopoli esortava l'imperatore bulgaro a identificare gli eretici, a cercare con tutte le sue forze di convincerli e indirizzarli sulla vera strada, e in caso di maliziosa testardaggine, a giustiziarli con la morte per fermare la diffusione dell'eresia. Un'altra epistola fu inviata a Pietro dal Patriarcato di Costantinopoli su questo argomento. Sembra che il sovrano della Bulgaria abbia ascoltato il consiglio che gli è stato dato, ma senza mostrare zelo in termini di esecuzioni.

Note

[1] Cit. da: P. I. Zhavoronkov, A. A. Turilov. Bogomilstvo, in Enciclopedia ortodossa, 1997. p. 471.

[2] Dimitry Obolensky. Il Commonwealth bizantino. Sei ritratti bizantini. 1998. p. 132–133.

[3] Dimitry Obolensky, op. cit., p. 133.

[4] Dimitry Obolensky, op. cit., p. 136.

[5] Dimitry Obolensky, op. cit., p. 135.

[6] Anna Comnena, Alessiade, 2010, pp. 371–372.

 
Un commento illuminante di Guareschi

Per quelli che in questi mesi si sono chiesti perché il nostro blog ha privilegiato così tanto la copertura della situazione ucraina, e in particolare la copertura di quanto NON è stato coperto dai media del nostro paese, possiamo solo rispondere che in questi mesi abbiamo visto quello che ci è sembrato il più virulento attacco alla Chiesa ortodossa (camuffato da ragion di stato) dai tempi della rivoluzione bolscevica. Ma preferiamo spiegarlo nei dettagli con le parole davvero illuminanti scritte 67 anni fa da Giovannino Guareschi, autore dell’indimenticabile Don Camillo:

"Credevo proprio che il vostro fosse un giornale obiettivo e invece da alcune settimane..." Quante volte abbiamo ricevuto lettere di questo genere? Evidentemente l’obiettività ha, per gli italiani, un significato del tutto particolare: obiettivo è il giornale che la pensa come noi. Quando un giornale non la pensa più come noi, diventa, da obiettivo, fazioso. La faccenda, per esempio, che noi a un dato punto, costretti dalla evidenza dei fatti, abbiamo esercitato la nostra satira contro Giannini ci ha procurato attacchi violenti da parte di giornali qualunquisti, e una caterva di lettere colme di improperi. Diamo questo esempio perché molta gente, e per molto tempo, ci classificava tra i qualunquisti. Noi non apparteniamo a nessun "ismo". Abbiamo un'idea, sì, ma non finisce in "ismo". La cosa è molto semplice: per noi esistono al mondo due idee in lotta, l'idea cristiana e l'idea anticristiana. Noi siamo per l'idea cristiana e siamo perciò con tutti quelli che la perseguono e soltanto fino a quando la perseguono. Quando, a nostro modesto avviso, qualcuno si distacca da questo principio, chiunque sia (fosse anche il nostro parroco) noi diventiamo automaticamente suoi avversari. Siamo contro ogni forma di violenza, e perciò non possiamo ammettere nessuna guerra santa. Per noi la guerra è sempre un delitto da qualunque parte venga dichiarata. La nostra strada è diritta e su di essa camminiamo tranquilli. Alla fine, magari, ci troveremo con sei lettori in tutto.

G. Guareschi, da "Candido", 49, 7 dicembre 1947

 
Una retrospettiva sull'incoronazione

la sedia di sant'Edoardo, con sotto la pietra di Scone

Ora che è passata un'intera settimana da quando il re Carlo III si è sottoposto al rito dell'incoronazione, ho avuto il tempo di pensarci meglio. Pertanto, vorrei offrire alcuni pensieri aggiuntivi.

In poche parole, è stato un evento piuttosto privo di sostanza. Purtroppo, avrebbe potuto essere molto di più. È stata una liturgia, su questo non c'è dubbio, anche se disseccata. Cerchiamo di non essere duri, però: cosa ci si può aspettare, dopo mezzo millennio di protestantesimo?

Prima i punti positivi: la pompa e le circostanze sono state eseguite splendidamente. Le fanfare di tromba sono state brillanti, così come "Zadok the Priest" di Händel. Il canto bizantino fornito da Capella Romana è stato adorabile, molto appropriato e, nelle nostre speranze, ci fa presagire un futuro migliore, parlando dal punto di vista rituale. E naturalmente il crisma usato per l'olio dell'unzione, preparato dal patriarca di Gerusalemme, è stato un tocco sorprendente.

I difetti purtroppo superano i pregi. Mi dispiace, ma non riesco proprio a prendere sul serio le donne vescovi. È già abbastanza grave che una non entità come Justin Welby sia arcivescovo di Canterbury, ma perché dobbiamo sopportare ordinandi donne con la testa rasata? (Almeno penso che fosse una donna.) Per quanto riguarda gli oggetti cerimoniali di stato, avrebbero dovuto essere maneggiati da militari vestiti a festa, non da donne anziane le cui uniche qualifiche per questo evento erano i risultati positivi alla lista di controllo delle relazioni umane di una società americana.

In conclusione: l'incoronazione ha offerto un po' di balsamo agli anglicani e protestanti di chiesa alta, che hanno visto portar via la solennità dalle loro vite. Purtroppo, i suoi espedienti modernisti hanno solidificato, nelle menti dei protestanti di chiesa bassa, il motivo per cui il bambino sacramentale era stato buttato via con l'acqua sporca cattolica in primo luogo.

Potrei andare avanti all'infinito. Ma oggi nel mondo c'è uno sconforto più che sufficiente, quindi non voglio infierire. Invece, vorrei parlare di ciò che credo sia di buon auspicio per il futuro o, per lo meno, offra un barlume di speranza.

Come ho detto sopra, il canto bizantino era più che un bel tocco, penso che aggiungesse un tono sacro che non si vedeva in un'incoronazione occidentale forse dall'Alto Medioevo. Non fraintendetemi, Händel è glorioso, ma il canto cristiano è eterno. Combinando le due cose credo che l'incoronazione di Carlo possa – sottolineo la parola possa – aver messo in moto una via d'uscita sacrale dall'orrendo pantano demoniaco che attualmente inghiotte l'Occidente.

Per quanto riguarda il santo crisma, questa è stata la prima volta nella storia che un re britannico è stato unto con un olio valido. [1] Questa è stata anche la prima incoronazione nella storia britannica in cui la croce processionale conteneva frammenti della Vera Croce. Tutto questo su insistenza dello stesso Carlo.

Ci sono altri frammenti di speranza. Secondo una voce che circola, il principe Filippo era tornato discretamente alla Chiesa ortodossa nel 1992 per una serie di motivi, uno dei quali era una protesta contro l'ordinazione delle donne al sacerdozio nella Chiesa d'Inghilterra. Quanto a Carlo, questi rifiutò di entrare a far parte di una loggia massonica, diventando così il primo re in oltre un secolo a non essere Gran Maestro onorario della massoneria in Gran Bretagna. Di per sé, questi non sono fenomeni insignificanti.

Mi rendo conto naturalmente che molti nella nostra Chiesa potrebbero obiettare a tutto questo fumo senza arrosto, poiché re Carlo è protestante. Né dovremmo dimenticare che è sotto il controllo dei globalisti tanto quanto qualsiasi altro capo di stato moderno. Il suo potere esecutivo è quanto meno attenuato. Indipendentemente da quanto possa essere d'accordo con le élite bancarie internazionali è al loro piano globalista, è comunque tenuto al guinzaglio come qualsiasi altro capo dell'esecutivo.

Alcuni di noi vivono nell'illusione che il nuovo re si sia convertito in segreto all'Ortodossia. Dubito di questo. Questa è una voce insistente, tenuta viva dalla sua ammirazione per la Chiesa ortodossa (che è esemplificata dai suoi frequenti pellegrinaggi al Monte Athos). Chi lo sa? Nella traiettoria attuale della Chiesa d'Inghilterra, l'apatia spirituale che affligge il popolo inglese potrebbe consentire a Carlo – o a un suo successore – di abbracciare apertamente l'Ortodossia in futuro. Voglio dire, perché no?

Conclusioni? Per coloro i cui appetiti sono stati stuzzicati da ciò che hanno visto, temo che dovranno guardare altrove per sperimentare la grazia che viene con autentiche liturgie. Odio dirlo, ma non potranno rivendicare ciò che è sacrale nelle varie denominazioni protestanti. Troppa acqua è passata sotto quel ponte. Sì, questo significa che starà a noi – nonostante tutti i nostri deficit – gettare l'unica ancora di salvezza possibile a questo punto.

Nota

[1] Per quanto riguarda i re pre-normanni, anglosassoni (che erano ortodossi), non posso dire con certezza se ricevessero un'unzione durante le loro incoronazioni. A quanto ho capito, il rito dell'unzione di un monarca con il crisma apparve per la prima volta a Costantinopoli nel XII secolo.

 
Domande e risposte sul cessate il fuoco in Ucraina

Per rispondere alle molte domande e richieste di prospettive sul recente piano di cessazione delle ostilità militari in Ucraina, Saker ha deciso di presentare una delle sue analisi sotto forma di una serie di domande e risposte: un utile artificio comunicativo, soprattutto quando c’è una pluralità di argomenti e di curiosità correlate. Presentiamo pertanto la traduzione italiana delle domande e risposte di Saker, non tanto nell’omonima sezione dei documenti, quanto nella sezione “Geopolitica ortodossa”, alla quale i temi delle domande sono più strettamente correlati.

 
La condanna degli insegnanti ortodossi non autorizzati nella Grecia del XIX secolo

La storia dell'Ortodossia nella Grecia del XIX secolo è straordinariamente complicata. A partire dalla rivoluzione greca nel 1821, la Chiesa di Grecia iniziò a distaccarsi dal Patriarcato ecumenico, dichiarandosi autocefala nel 1833, uno status che non fu riconosciuto dal Patriarcato ecumenico fino al 1850. Questa Chiesa appena indipendente affrontò molte sfide, tra le quali l'emergere di insegnanti non autorizzati. Alcuni di questi erano missionari protestanti che aprirono bottega e cercarono di convertire i fedeli ortodossi del paese (di questi parlerò in futuro). Ma altre minacce provenivano dall'interno. I due più importanti di questi insegnanti furono Theophilos Kairis e Apostolos Makrakis, entrambi alla fine condannati dal Santo Sinodo della Grecia. Oggi passerò brevemente in rassegna le loro storie.

Theophilos Kairis

Theophilos Kairis era stato un leader nella guerra d'indipendenza greca e in seguito aveva fondato una rinomata scuola sull'isola di Andros, attirando studenti da tutta la Grecia e oltre, inclusi futuri vescovi, leader politici e professori. Kairis, che era stato educato in Occidente, aveva assorbito gli insegnamenti dell'illuminismo e considerava la dottrina ortodossa arretrata. Rifiutò apertamente le dottrine della santa Trinità e dell'Incarnazione di Cristo, insegnando invece che Cristo era "un semplice maestro di etica tra gli ebrei". Kairis abbracciò l'ellenismo ma rifiutò l'Ortodossia, arrivando al punto di dare ai suoi studenti nuovi nomi greci pagani per sostituire i loro nomi cristiani. Accettava l'esistenza di un Dio trascendente e l'immortalità dell'anima umana, e costruì un intero sistema filosofico-religioso: fondamentalmente, una nuova religione costruita attorno alle sue opinioni, e soprannominata "teosebismo" ("rispetto per Dio").

Kairis era un uomo ambiguo; quando uno studente gli chiese perché fosse diventato prete nonostante chiaramente non credesse negli insegnamenti della Chiesa, spiegò che voleva la credibilità del sacerdozio tra i suoi connazionali greci: "Ritenevo che altri avessero avuto simili dubbi riguardo al cristianesimo e che non osassero aprire il proprio cuore a un chierico di rango inferiore”.

L'aperta eresia di Kairis portò alla sua condanna da parte del Santo Sinodo greco nel 1839 come "negazionista della nostra irreprensibile fede e ribelle contro la santa Chiesa di Cristo". Fu esiliato in un monastero e successivamente in Europa occidentale. Lo stesso anno, il patriarca ecumenico Gregorio VI pubblicò una sua enciclica contro Kairis e i suoi insegnamenti. Alla fine, l'impenitente Kairis fu scomunicato. A causa del suo sostegno a Kairis, padre Theoklitos Pharmakides, segretario del Santo Sinodo di Grecia, fu estromesso dal suo incarico.

Apostolos Makrakis

Quattro decenni dopo, il 18 dicembre 1878, il Santo Sinodo di Grecia condannò come eretico il popolare intellettuale religioso Apostolos Makrakis. Makrakis era un po' l'opposto di Kairis: era il leader di un "movimento di risveglio" in Grecia, che predicava contro l'illuminismo e le strutture ecclesiastiche e statali radicate nel paese. È stato descritto come un "poliedrico onnivoro" che aveva imparato da solo molte lingue e aveva scritto lunghi commentari biblici. Più che parlare apertamente, Makrakis aveva formato vere e proprie organizzazioni per spingere per la riforma, inclusa una scuola privata istituita per competere con l'Università di Atene e, infine, una sua congregazione in stile protestante. La condanna di Makrakis da parte del Santo Sinodo si è basata sui suoi insegnamenti antropologici: sposava l'idea che gli esseri umani sono composti da corpi "carnali", "psichici" e "spirituali", e che l'obiettivo della vita umana è quello di evolvere dal corpo fisico al corpo spirituale. Il Santo Sinodo vedeva questo come un modo di pensare fondamentalmente gnostico, un richiamo ad antiche idee platoniche e manichee, incompatibili con la comprensione ortodossa della persona umana.

Dopo che Makrakis fu condannato dal Santo Sinodo, il governo greco chiuse la sua organizzazione e la sua scuola ed lo condannò a due anni di prigione per eresia. Makrakis aveva solo 47 anni quando fu dichiarato eretico, e visse fino a oltre i settant'anni, morendo nell'oscurità nel 1905.

 
L’Ortodossia in Gran Bretagna e in Irlanda oggi

Presentiamo nella sezione “Pastorale” dei documenti la traduzione di un articolo di padre Andrew Phillips sulla situazione delle giurisdizioni ortodosse in Gran Bretagna e in Irlanda, con un’analisi più dettagliata delle quattro più cosmopolite di queste chiese (le diocesi di Thyateira, della ROCOR, di Surozh e quella antiochena), con un resoconto dei loro punti di forza e di debolezza, e una riflessione sulle occasioni perdute di avanzamento di un’Ortodossia locale.

 
La "galleria dei furfanti" di accademici, vescovi e fondazioni che lavorano per sovvertire la fede cristiana ortodossa

Questo articolo è parte di una ricerca apparsa su Global Orthodox, legata a un video di denuncia. Il sito Orthodox Reflections tratta ormai da anni l'argomento della "Ortodossia" progressista, ed è stato molto contento di vedere che qualcuno si è preso lo sforzo di raccogliere tutti questi dati. Mentre guardate il video, ricordate che si tratta di un programma di rivoluzione dall'interno. Gli accademici più intelligenti, come quelli di Fordham, fingono di essere sostenitori della fede ortodossa tradizionale. Affermano di sostenere il "dogma" ortodosso, definendolo in modo molto restrittivo allo scopo di tralasciare la morale ortodossa. Sosterranno la musica bizantina, i sacramenti, il monachesimo, le pratiche liturgiche tradizionali, ecc. Sono abbastanza intelligenti da lasciare stare gli aspetti esteriori della fede, trasformando la natura della fede dietro le quinte attraverso il processo senza fine del "dialogo" . Per favore, ricordate che anche l'Anticristo sarà visto come un "uomo di Dio" quando apparirà per la prima volta. Non difenderà l'ateismo, ci dicono molti insegnanti ortodossi, ma piuttosto una forma contraffatta di cristianesimo.

Tutto ciò che questo gruppo interconnesso, ben finanziato e altamente accreditato dice sull'Ortodossia, le relazioni internazionali, la politica, l'ambientalismo, l'economia o qualsiasi altro argomento dovrebbe essere trattato come altamente sospetto.

Lo staff di Orthodox Reflections

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Dalla descrizione del film:

Una cricca di studiosi altamente organizzati ha lanciato un attacco su più fronti all'insegnamento morale e al dogma della Chiesa ortodossa.

Questo gruppo è ben finanziato e ben addestrato, riceve sostegno da potenti ONG, da università e persino da governi occidentali (che hanno interessi nazionali nel separare l'Ortodossia dalla Russia).

Questo è un assalto sofisticato e coordinato. In primo luogo, sono riusciti a installare i loro lacchè all'interno della Chiesa per sabotarci dall'interno. In secondo luogo, hanno contemporaneamente creato un'anti-Chiesa parallela attraverso una rete diversificata di organizzazioni pseudo-ortodosse indipendenti.

Questa anti-Chiesa parallela funge da incubatore di idee eretiche che vengono iniettate nella Chiesa tramite questi lacchè compromessi, che si uniscono all'anti-Chiesa e lavorano all'unisono per avvelenare lentamente l'Ortodossia americana.

Di seguito è riportato un elenco di 16 delle personalità che compaiono nel film con una breve descrizione delle loro attività:

1. Nik Jovčić-Sas – Residente nel Regno Unito, Nik afferma di essere un cristiano ortodosso mentre pratica apertamente l'omosessualità e sostiene con forza l'accettazione mondiale di questo peccato. Il suo canale YouTube raggiunge decine di migliaia di giovani impressionabili cristiani ortodossi.

È apparso diverse volte sulla televisione britannica tradizionale e ha tenuto conferenze in alcune delle migliori università, convegni e vari altri forum ortodossi; insegnando a migliaia come distorcere il dogma ortodosso per includere la perversione. Ha anche sfilato alla parata del Pride di Belgrado con un'immagine profanata della Madre di Dio con la "bandiera del Pride" come aureola.

2. Gregory Tucker – Stretto collaboratore di Jovčić-Sas e omosessuale praticante, Tucker è il redattore di due importanti pubblicazioni "ortodosse" americane; The Wheel e Public Orthodoxy. Ha tenuto conferenze insieme a molti dei personaggi di questo elenco in numerosi convegni "ortodossi", anche a livello internazionale. Attualmente vive negli Stati Uniti, si è laureato al St. Vladimir's Seminary (OCA), sta lavorando per conseguire un dottorato di ricerca presso la Jesuit Fordham University, è legalmente sposato con l'ex ieromonaco Kilian (Christopher) Sprecher, ed è ancora autorizzato a essere un membro attivo di una parrocchia dell'OCA (Chiesa ortodossa in America).

Tucker con il "marito" Christopher Sprecher, un ex ieromonaco

3. Brandon Gallaher – Laureato al St. Vladimir's Seminary (OCA), Gallaher è un forte sostenitore del fatto che la Chiesa ortodossa diventi "più inclusiva nei confronti dei membri della comunità LGBTQ+". Ha opinioni molto negative sulla Chiesa ortodossa russa a causa del suo sostegno alla moralità tradizionale e per questo motivo l'ha paragonata ai collaborazionisti dei nazisti.

4. Suor Vassa Larin – Sebbene non sia elencata specificatamente nel video, è onnipresente insieme alle altre figure elencate qui ed è chiaramente molto vicina a loro. Larin è una controversa suora della ROCOR (Chiesa ortodossa russa fuori dalla Russia – una delle denominazioni ortodosse più conservatrici al di fuori della Russia) che insegna liturgia in un'università cattolica di Vienna, in Austria.

È anche la presentatrice di uno spettacolo di interviste su YouTube farcito di scandali, in cui promuove la teologia della sinistra radicale. Nel 2017 il sinodo della ROCOR ha rilasciato una dichiarazione pubblica che la critica per aver insegnato che l'omosessualità non è un peccato grave. Nel marzo di quest'anno ha firmato una dichiarazione in cui affermava che l'operazione militare della Russia in Ucraina è "malvagia", che la colpa è solo di Putin e che il iatriarca e la Chiesa russa sono "eretici" per non averla denunciata. Ha poi rilasciato ampie interviste, anche ai media cattolici, promuovendo queste opinioni.

È la figlia di padre George Larin, un anziano sacerdote della ROCOR a Nyack, NY, USA, noto per le sue opinioni conservatrici; un suo cognato è l'ex tesoriere della ROCOR, padre Peter Holodny.

5. George Demacopoulos – In qualità di professore di teologia, Demacopoulos ha co-fondato ed è co-direttore della pubblicazione di successo Public Orthodoxy, dell'Associazione teologica ortodossa internazionale (IOTA) e del Centro di studi cristiani ortodossi (OCSC) presso la Fordham University dei gesuiti. È fortemente contrario a qualsiasi valore familiare tradizionale, si è espresso contro il nucleo familiare come fondamento per una sana vita cristiana e ha condannato pubblicamente chiunque creda che l'eucaristia non trasmetta malattie. un insegnamento che fa parte della fede ortodossa sin dal suo inizio.

6. Aristotle Papanikolaou – Uno stretto collega di Demacopoulos, Papanikolaou è l'altro co-fondatore e co-direttore di Public Orthodoxy, IOTA e OCSC presso la Fordham University. Ha sostenuto l'introduzione della teologia della liberazione, del relativismo morale e del marxismo culturale nella teologia ortodossa.

è bello avere amici potenti

È fortemente a favore del movimento femminista per installare nella Chiesa ortodossa le diaconesse e, infine, le donne preti. E crede che la comunità LGBTQ+ abbia un posto nella teologia ortodossa.

7. Bryan Massingale – Uno dei professori di teologia alla Fordham University, è un prete cattolico nero e gesuita, che ostenta con orgoglio la sua omosessualità. Non è elencato nel video, ma vi fa apparizioni colorate. Ha costruito una carriera denunciando il privilegio dei bianchi, la supremazia dei bianchi e il razzismo contro i neri.

8. Carrie Frost – Co-presidente del gruppo di IOTA Women in the Orthodox Church, Frost è una delle principali attiviste per le diaconesse e infine per le donne preti. Ha scritto numerosi libri e ha tenuto conferenze in varie conferenze in tutta la nazione.

9. Padre Cyril Hovorun – Stretto collaboratore di Gallaher, Hovorun è un sacerdote ucraino, membro attivo di IOTA (si veda il punto 5 sopra) e un rispettato studioso a livello internazionale. È il più grande sostenitore dell'idea che l'eucaristia possa trasmettere malattie, è stato coinvolto in numerose organizzazioni ecumeniste e ha forti legami con diverse università gesuite.

10. Padre Nicholas Denysenko – Anche lui laureato al St. Vladimir's Seminary e sacerdote della OCA con radici ucraine, e stretto collaboratore di Gallaher, Denysenko ha un dottorato in studi liturgici e in teologia sacramentale. Ha tenuto conferenze in numerosi convegni e ha scritto articoli per l'ortodossia pubblica.

Ha affermato che la Chiesa ucraina sotto il Patriarcato di Mosca non è mai stata canonica. Ha fortemente sostenuto l'inclusione degli omosessuali e delle diaconesse. E ha anche promosso l'idea che l'eucaristia possa trasmettere malattie.

11. Padre Juvenaly Repass – Un archimandrita nella OCA, padre Juvenaly gestisce un gruppo Facebook ortodosso di successo in cui ha apertamente sostenuto la sessualizzazione e l'adescamento dei bambini, l'aborto e le chierichette. Ha anche calunniato apertamente l'abate Tryphon. Eppure, rimane un membro attivo nella sua diocesi.

12. Inga Leonova – Come scrittrice, architetto e professoressa, Inga ha molta influenza nel plasmare le opinioni dei nuovi cristiani ortodossi, è anche la fondatrice di The Wheel; una pubblicazione ortodossa che in pratica cerca di decostruire l'insegnamento morale e il dogma ortodosso. Oltre a scrivere articoli e documenti accademici sull'argomento, si è espressa in conferenze contro la Chiesa ortodossa russa per i suoi valori tradizionali e la sua posizione contro l'aborto, paragonando la Chiesa ortodossa russa a "nazionalisti bianchi", omicidi di massa, terroristi e fascisti.

13. Katherine Kelaidis – Membro della Chiesa greco-ortodossa in America e studiosa residente presso il National Hellenic Museum, Kelaidis è molto esplicita sulla sua opinione sulla Chiesa ortodossa russa. Ha pubblicato articoli accademici che confrontano gli ortodossi russi con fanatici, omofobi e nazionalisti bianchi. Ha scritto numerosi articoli che svergognano le donne che indossano il velo, sostenendo che così facendo stanno facendo regredire la società umana a un'epoca in cui le donne erano oppresse.

14. Sarah Riccardi-Swartz – Un altro membro dell'OCA, Riccardi-Swartz è un membro della Fordham Fellowship e una giornalista che si è unita a una comunità ortodossa russa rurale per raccogliere dati per il suo progetto sul motivo per cui le persone si stavano convertendo alla Chiesa ortodossa russa. Ha poi lasciato la comunità per scrivere un pezzo di successo della NPR, in cui ritraeva la Chiesa ortodossa russa come antipatriottica, nazionalista bianca ed estremista pericolosa.

15. Padre John Chryssavgis – padre John è un membro della Chiesa greco-ortodossa, ha un dottorato di ricerca in patristica presso l'Università di Oxford ed è considerato un eminente studioso ortodosso. Ha scritto articoli in cui sostiene che l'idea della famiglia tradizionale non è biblica e che la Chiesa ortodossa è antidemocratica, anti-libertaria e "dalla parte sbagliata della storia". Ha anche fortemente sostenuto il battesimo dei bambini nati da una madre surrogata per una "coppia" omosessuale.

16. Arcivescovo Elpidophoros – Come capo della Chiesa greco-ortodossa in America, l'arcivescovo Elpidophoros ha un'enorme influenza e autorità nella società ortodossa in America. Ha usato la sua posizione per promuovere il movimento Black Lives Matter, per sostenere chierici russi deposti e sospesi, per incoraggiare conversazioni ecumeniche, per confondere i fedeli sulla questione dell'aborto e per battezzare i figli di una "coppia omosessuale". Vorremmo che fosse un valore anomalo, un punto di riferimento ribelle, nel cristianesimo ortodosso in America. Sfortunatamente, è semplicemente il culmine di un movimento in continua crescita nell'Ortodossia in America verso il liberalismo, l'immoralità e, in definitiva, l'eresia.

 
Il sequestratore di Bojarka appare amico dei primati greci: cosa significa?

uno dei sequestratori di Bojarka è a stretto contatto con primati e vescovi delle Chiese che hanno riconosciuto la "Chiesa ortodossa dell'Ucraina". Foto: Unione dei giornalisti ortodossi

Durante il raid a Bojarka, abbiamo visto smerigliatrici, piedi di porco, gas lacrimogeni, violenze. L'organizzatore di questo atto di banditismo è un chierico che è in rapporti amichevoli con i primati greci.

Il 6 maggio 2023, a Bojarka vicino a Kiev, i sostenitori della "Chiesa ortodossa dell'Ucraina" hanno preso con la forza la chiesa di san Michele della Chiesa ortodossa ucraina. Ancora una volta sono stati usati gas lacrimogeni, i laici e il prete sono stati picchiati e la moglie del prete è rimasta gravemente ferita. Questo banditismo era guidato dal "sacerdote" Vasyl Lilo, ben noto nei circoli ristretti della "Chiesa ortodossa dell'Ucraina". Bojarka è nella regione di Kiev, cioè nella zona d'azione del "metropolita di Kiev" Epifanij Dumenko. L'incursione di Lilo è stata quindi concordata con lui.

A proposito di finestre rotte e della "Chiesa ortodossa dell'Ucraina"

Probabilmente ognuno di noi ha familiarità con "l'effetto della finestra rotta": se una finestra viene rotta in una casa e non viene riparata immediatamente, l'intera casa verrà rotta e distrutta molto presto. Questo effetto si manifesta non solo in relazione al vetro e alla casa, ma anche in un senso più ampio: se il male non viene fermato subito, crescerà all'infinito. Osserviamo qualcosa di simile in relazione alla "Chiesa ortodossa dell'Ucraina". La malizia dei rappresentanti di questa struttura cresce in proporzione diretta all'ambiente di permissivismo in cui avvengono le irruzioni nei luoghi di culto della Chiesa ortodossa ucraina.

Al momento, si può affermare con rammarico che la violenza e l'odio stanno diventando un segno distintivo e una caratteristica della "Chiesa ortodossa dell'Ucraina". E se i suoi sostenitori non vengono fermati in tempo, allora, come nel caso di una finestra rotta, l'intera casa potrebbe essere distrutta. Nel nostro caso, l'intera società ucraina. Tuttavia, le autorità ucraine ovviamente non intendono fermarle, il che significa che la violenza contro la Chiesa ortodossa ucraina non farà che aumentare.

Sorprese a portata di mano?

In precedenza, all'alba dell'emergere del "patriarcato di Kiev", la notizia del sequestro forzato dei luoghi di culto della Chiesa ortodossa ucraina, in particolare con l'uso di una smerigliatrice, non causava sorpresa, ma shock. Oggi non siamo più sorpresi quando i rappresentanti della "Chiesa ortodossa dell'Ucraina" vengono nelle chiese ortodosse con piedi di porco, mazze, arieti e smerigliatrici. I cristiani ortodossi dell'Ucraina sono purtroppo abituati a questa routine. Per fortuna non sono ancora abituati ai gas lacrimogeni e ai severi pestaggi dei laici e del clero. Tuttavia, i sequestri della cattedrale di Ivano-Frankivsk e del luogo di culto della Chiesa ortodossa ucraina a Bojarka mostrano che i sostenitori di Dumenko hanno lacrimogeni o bombolette di gas nervino come parte degli strumenti standard da sequestratori di chiese.

Inoltre, il popolo ucraino si sta gradualmente abituando al fatto che la violenza può essere usata contro i credenti e i chierici della Chiesa ortodossa ucraina. Il pestaggio del vescovo Nikita a Chernovtsy e il pestaggio di un prete e di sua moglie a Bojarka ne sono una vivida prova.

Un'altra cosa è in qualche modo sorprendente: le azioni dei predoni a Bojarka sono state guidate dal "sacerdote" Vasyl Lilo della "Chiesa ortodossa dell'Ucraina". Dimmi, perché stupirsi se i suoi colleghi partecipano attivamente alle manifestazioni vicino alla Lavra o si dedicano a saccheggi di chiese nell'Ucraina occidentale? Ma il fatto è che Lilo non è un membro ordinario della "Chiesa ortodossa dell'Ucraina", bensì uno dei suoi eminenti funzionari.

È un caro amico del "protodiacono" Vasyl Didora e del "vescovo" Evstratij Zorja. Mentre era ancora nel "patriarcato di Kiev", Lilo ha viaggiato all'estero con loro, per esempio in Australia.

Poi, quando i suoi amici hanno tradito Denisenko, Lilo ha disertato Dumenko insieme ai suoi "compagni di viaggio" e ha continuato a viaggiare all'estero come parte di delegazioni internazionali ufficiali. Ecco una foto di Vasyl Lilo con il patriarca Bartolomeo al Fanar.

Ecco una foto di Vasyl Lilo con il capo dell'arcidiocesi del Fanar negli Stati Uniti, Elpidophoros.

Lilo, come parte della delegazione ufficiale della "Chiesa ortodossa dell'Ucraina", dialoga con il capo della Chiesa cipriota, l'arcivescovo Georgios.

Ecco lincontro di Lilo con il patriarca alessandrino Theodoros.

Qui Vasyl Lilo serve insieme al primate della Chiesa greca, l'arcivescovo Hyeronimos.

Spesso "concelebra" con Dumenko, partecipa a una sorta di comitati e riunioni "sinodali". E subito prima del sequestro del tempio di Bojarka da parte dei predoni, Lilo ha visitato il Monte Athos, dove ha avuto una conversazione molto piacevole con gli abati di quei monasteri che non considerano Dumenko un laico. Cosa significa? Almeno tre cose:

  1. Lilo non agisce da solo. Essendo una persona particolarmente vicina ai vertici della "Chiesa ortodossa dell'Ucraina", certamente coordina le sue azioni con Epifanij.

  2. Lilo è sicuro dell'impunità. È sicuro che Dumenko sia dietro di lui, il che significa potere. Pertanto, non ci sono e non ci saranno per lui conseguenze legali.

  3. Ma soprattutto, tutti quei vescovi del Fanar, della Grecia, di Cipro e d'Alessandria che servono con lui, si comunicano con lui e lo ritengono un prete, piuttosto che come un predone e un ladro di chiese, sono moralmente responsabili dell'incursione di Lilo.

In effetti, se Lilo fosse giunto all'Athos o a Istanbul, e là gli avessero indicato la porta, dicendo che non volevano avere comunione con i persecutori della Chiesa (dopotutto, per coloro che riconoscono la "Chiesa ortodossa dell'Ucraina", il metropolita Onufrij e la Chiesa ortodossa ucraina non cessano di esistere), allora si potrebbe dire che alcuni athoniti e fanarioti non supportano le azioni degli scismatici ucraini. Ma nessuno fa niente del genere. Invece, si abbracciano, concelebrano e scattano foto con lui, mostrando così sostegno a tutte le sue azioni.

Lilo e tutti gli altri

Il fatto è che la violenza, l'arroganza e la dipendenza sono state coltivate nella "Chiesa ortodossa dell'Ucraina" per molto tempo, e Lilo ha avuto qualcuno come "modello".

Per esempio, nel 2017, il "sacerdote" dell'allora "patriarcato di Kiev", Alexander Dediukhin, disse che "dopo la nostra preghiera per la pace a San Pietroburgo, la metropolitana è esplosa". Secondo lui, "perdonare l'aggressore significa inviare 12 grammi di amore ai suoi organi vitali". Ha chiamato i credenti della Chiesa ortodossa ucraina "spettri di Mosca", ed è stato questo "sacerdote" a ricevere una croce pettorale dal capo del Fanar, dopodiché, tornato in Ucraina, il "portatore di croce" ha raccontato una battuta cinica sulla preghiera del Padre Nostro.

Si potrebbe dire che Dediukhin è un voltagabbana e che il suo comportamento non dice nulla sulla posizione della leadership della "Chiesa ortodossa dell'Ucraina". Tuttavia, non è così.

Per esempio, l'ex metropolita della Chiesa ortodossa ucraina, Aleksandr Drabinko, ha avviato, organizzato e diretto personalmente le "transizioni" delle chiese della Chiesa ortodossa ucraina alla "Chiesa ortodossa dell'Ucraina" nella regione di Kiev. Inoltre, gli "attivisti" di Drabinko sono venuti dai credenti con armi da fuoco, non solo con smerigliatrici.

Ma Drabinko non è il capo della "Chiesa ortodossa dell'Ucraina", è solo uno dei funzionari di medio livello di questa struttura. Ed Epifanij Dumenko?

Un esempio "pastorale".

Come "pastore" del suo gregge, Dumenko dà un ottimo esempio. Invece di fermare l'aggressione dei suoi reparti, li incoraggia in ogni modo possibile. Epifanij chiama i credenti della Chiesa ortodossa ucraina "parassiti" e collaboratori . Ma la cosa più importante non sono nemmeno le parole. Con le sue azioni, chiarisce ai membri della sua struttura che sostiene pienamente le loro energiche azioni contro i credenti della Chiesa ortodossa ucraina.

Per esempio, ha premiato il sindaco della città di Ivano-Frankovsk, Ruslan Martsynkiv, con una medaglia "per il sacrificio e l'amore per l'Ucraina". Ricordiamo che Martsynkiv ha supervisionato direttamente il sequestro forzato della cattedrale della Chiesa ortodossa ucraina di Ivano-Frankovsk , durante il quale è stato utilizzato gas nervino. Ciò significa che la medaglia è un'affermazione chiara e inequivocabile del tipo "ragazzi, siete sulla strada giusta, continuate a fare un 'buon' lavoro".

* * *

Riassumendo, possiamo dire che le azioni di Vasyl Lilo a Bojarka non sono un'eccezione, ma un comportamento che è già diventato comune nella "Chiesa ortodossa dell'Ucraina". Lilo è solo la punta dell'iceberg, la maggior parte del quale è nascosta nelle menti e nelle teste di coloro che guidano la "Chiesa ortodossa dell'Ucraina".

Allo stesso tempo, la responsabilità non è solo di Dumenko, Zorja, Drabinko e altri, ma anche di tutti coloro che li sostengono e li riconoscono come vescovi legittimi. Sulla coscienza del Fanar e degli athoniti, greci, ciprioti e alessandrini ci sono le lacrime e le prove di quei credenti che hanno perso le loro chiese e che devono pregare all'aperto o in strutture private. Il solito silenzio sulla situazione in cui è finita la Chiesa ortodossa ucraina è criminale e gli incontri gioiosi con coloro che creano questa situazione sono un crimine.

Certo, voglio credere che la coscienza dei fanarioti e dei loro "seguaci" si risveglierà, che alzeranno la voce e diranno a Epifanij Dumenko che non può impadronirsi delle chiese e mutilarle. Tuttavia, dato "l'effetto della finestra rotta", mi vengono in mente più spesso le parole "abbandonate la speranza voi tutti che entrate" in risposta ai numerosi appelli dei fedeli della Chiesa ortodossa ucraina contro i loro aggressori.

 
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