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I luterani scrivono al patriarca: come si arrivò a un passo dall'avere una “Chiesa ortodossa tedesca”

La storia dei confronti tra ortodossi e protestanti nasce con la prima generazione dei riformatori: Filippo Melantone, uno dei collaboratori di Lutero, fu il primo a tentare un approccio dottrinale all’Ortodossia spiegando le idee dei riformatori al patriarca di Costantinopoli. In un saggio di Gabe Martini, che presentiamo nella sezione “Confronti” dei documenti, si ripercorrono le tappe dello sfortunato e fallimentare dialogo tra i teologi luterani di Tubinga e la sede ortodossa di Costantinopoli. È degno di nota il successivo sviluppo storico del protestantesimo, che, mentre riuscì a strappare diversi popoli all’obbedienza romana, non ebbe alcuna vera influenza laddove incontrò ben radicato il cristianesimo ortodosso, proprio come se queste due fedi si escludessero a vicenda.

 
Solo il pentimento per la "Chiesa ortodossa dell'Ucraina" riporterà la pace nella Chiesa

il metropolita Panteleimon (Lampadarios) di Antinois. Foto: screenshot del canale YouTube Παντελεήμων Λαμπαδάριος

Un vescovo in pensione del Patriarcato di Alessandria, il metropolita Panteleimon di Antinois, ha delineato l'unico modo per affrontare il conflitto nell'Ortodossia a causa della decisione non canonica del Fanar di riconoscere la "Chiesa ortodossa dell'Ucraina".

Solo il vero pentimento dei capi delle Chiese che hanno riconosciuto la "Chiesa ortodossa dell'Ucraina" aiuterà a ripristinare la pace e l'unità nell'Ortodossia. Il metropolita Panteleimon (Lampadarios) di Antinois, vescovo in pensione della Chiesa ortodossa di Alessandria, ne ha parlato al centro di ricerca "Chrisma".

Commentando le attuali avversità nel mondo ortodosso, causate dall'intervento del Fanar in Ucraina, il metropolita ha sottolineato che "la decisione dei Patriarcati ecumenico e alessandrino in merito al riconoscimento dell'autocefalia della "Chiesa ortodossa dell'Ucraina" non è canonica e contraddice i santi canoni della Chiesa ortodossa".

"Purtroppo, questa decisione ha creato ulteriori problemi non solo in Ucraina, ma in tutto il mondo ortodosso, soprattutto in Africa", ha osservato il vescovo. <...> L'unico modo per superare questo conflitto è il vero pentimento dei patriarchi Bartolomeo e Theodoros e dell'arcivescovo Hieronymos di Atene. Devono ritirare le loro decisioni non canoniche e ristabilire la pace e l'unità della Chiesa. In caso contrario, affronteranno il terribile giudizio del nostro Signore e Salvatore Gesù Cristo, poiché il loro operato è diventato una tentazione per i fedeli".

Il metropolita Panteleimon (Lampadarios) di Antinois è nato nel 1955 sull'isola di Kalymnos (Grecia). Per molti anni ha servito come missionario in Sud Africa, nel 1999 è stato ordinato vescovo di Gania e ha guidato il gregge di dieci paesi dell'Africa occidentale. È noto per i suoi discorsi in difesa della Tradizione patristica e dell'ordine canonico. Il metropolita Panteleimon si è ritirato con il titolo di metropolita di Antinois nel 2006.

In precedenza, l'Unione dei giornalisti ortodossi ha scritto che decine di sacerdoti della Chiesa alessandrina, che non erano d'accordo con il riconoscimento della "Chiesa ortodossa dell'Ucraina", hanno chiesto di essere ammessi nella Chiesa ortodossa russa.

 
Il collasso dell’economia ucraina

L'Ucraina è morta – questo lo si era capito da tempo – ma continua ad avere una certa attività, come ogni morto vivente che si rispetti. Il collasso economico incipiente del paese è oggetto di un'analisi dettagliata da parte di un professionista che vive a Kiev, e osserva ogni tentativo di mantenere una facciata di sviluppo, o anche solo di continuità, di fronte al disastro. Presentiamo l'analisi nella sezione "Geopolitica ortodossa" dei documenti. 

 
Il patriarca Kirill incontrerà di nuovo papa Francesco?

cosa possono aspettarsi gli ortodossi da un nuovo incontro tra il patriarca della Chiesa ortodossa russa e il papa? Foto: Unione dei giornalisti ortodossi

Pochi giorni fa è giunta la notizia che i capi della Chiesa ortodossa russa e del Vaticano potrebbero tenere un altro incontro. Cosa significa e quali sono le conseguenze?

Il 4 ottobre 2021, il capo del Dipartimento per le relazioni ecclesiastiche esterne del Patriarcato di Mosca, il metropolita Ilarion (Alfeev) di Volokolamsk, ha preso parte a una riunione di rappresentanti delle religioni mondiali, scienziati ed esperti sul tema "Fede e scienza: verso il COP 26" in Vaticano, dove ha espresso la posizione della Chiesa ortodossa russa sulle questioni ambientali.

Allo stesso evento ha preso parte anche il patriarca Bartolomeo, cosa che di per sé provoca una certa confusione negli animi dei credenti. Spiegando questa circostanza, il metropolita Ilarion ha detto: "Hanno preso parte all'incontro trentaquattro leader religiosi, di cui solo due rappresentavano le Chiese ortodosse – il patriarca Bartolomeo ed io. Se non fosse stato per me, lui sarebbe stato l'unico rappresentante del mondo ortodosso". Cioè, si è preso il merito del fatto che il patriarca Bartolomeo sia stato privato dell'opportunità di essere l'unico partecipante a questo evento proveniente dall'Ortodossia. Ma d'altra parte, la domanda è abbastanza pertinente: perché altre Chiese ortodosse locali hanno scelto di non inviare i loro rappresentanti in Vaticano? Forse sono solo più attenti nell'affrontare il tema della partecipazione a eventi globalisti congiunti, in particolare quelli organizzati dal Vaticano?

Il 6 ottobre 2021, papa Francesco ha dato udienza al metropolita Ilarion in Vaticano, e il fulcro è stato, come si è scoperto, l'organizzazione di un nuovo incontro tra il patriarca Kirill e papa Francesco. Durante l'udienza, il metropolita, secondo Vatican News, "ha notato che dall'incontro all'Avana dei capi delle due più grandi Chiese cristiane del mondo, la loro cooperazione bilaterale è fiorente. L'attiva collaborazione consente di realizzare un numero considerevole di progetti comuni riguardanti l'aiuto ai cristiani perseguitati, la difesa dei valori tradizionali, il servizio sociale nei settori dell'educazione e della cultura".

Subito dopo, il 7 ottobre, l'edizione italiana del Corriere della Sera ha pubblicato un'intervista al metropolita Ilarion, nella quale dichiarava che il risultato delle sue trattative con papa Francesco era un accordo per avere un altro incontro del pontefice con il patriarca Kirill, da qualche parte in territorio neutrale. Allo stesso tempo, il metropolita ha affermato che i preparativi per questo incontro si stavano svolgendo nello stesso regime di segretezza del primo incontro. "Penso che questo incontro avrà luogo, ma lo annunceremo solo un mese o diversi mesi prima dell'evento. Dopotutto, la cosa più importante non è un incontro in sé, ma i suoi risultati. La precedente ha dato buoni frutti", ha detto il metropolita Ilarion, aggiungendo che il pubblico ha appreso della riunione dell'Avana solo una settimana prima che si tenesse. Pertanto, il metropolita ha spiegato tale segretezza con la sua preoccupazione per l'esito della riunione.

Nella stessa intervista, il metropolita Ilarion ha affermato che al primo incontro all'Avana, il patriarca e il papa si sono opposti all'uniatismo come modalità di integrazione delle confessioni, suscitando sorpresa e indignazione tra i greco-cattolici ucraini: "E non è un caso che i greco- cattolici ucraini siano stati molto scontenti dell'incontro del papa e del patriarca e di quelle parole che risuonavano dalle loro labbra". Sembra una scusa per il primo incontro, presentato come una vittoria diplomatica per il Patriarcato di Mosca. Ricordiamo che la dichiarazione congiunta a seguito dei risultati dell'incontro dell'Avana recita a proposito degli uniati: "Speriamo che il nostro incontro contribuisca alla riconciliazione dove ci sono attriti tra greco-cattolici e cristiani ortodossi. Oggi è evidente che il metodo "uniatismo" dei secoli precedenti, che presuppone di riunire una comunità con un'altra separandola dalla sua Chiesa, non è la via per ristabilire l'unità. Allo stesso tempo, le comunità ecclesiali che sono emerse a seguito di circostanze storiche hanno il diritto di esistere e di fare tutto ciò che è necessario per soddisfare i bisogni spirituali dei loro fedeli, sforzandosi di trovare pace con i loro vicini. Ortodossi e greco-cattolici hanno bisogno di riconciliazione e di trovare forme di convivenza reciprocamente accettabili".

Il metodo "uniatismo" implica che la comunità ecclesiale, passando ad un'altra confessione, adottando una diversa dottrina e altre regole di pratica spirituale, mantenga le forme esteriori della religiosità: architettura, paramenti, regolamenti liturgici, ecc. Se si medita sulle parole della dichiarazione congiunta, diventa chiaro che "l'uniatismo" viene rifiutato come un modo per "ristabilire l'unità", ma non si rifiuta il desiderio stesso di unità. In questa frase, si può persino raccogliere il desiderio di cercare altre strade.

Questa comprensione è confermata dal messaggio di saluto di papa Francesco in occasione del 30° anniversario dell'istituzione delle Amministrazioni apostoliche per i cattolici di rito latino in Russia, che hanno celebrato il 10 ottobre. Sul desiderio di giungere all'unità, il papa ha scritto quanto segue: "Nel vostro spazio della tradizione cristiana orientale, è importante continuare a camminare insieme a tutti i fratelli e sorelle cristiani, chiedendo con insistenza al Signore l'aiuto per approfondire la conoscenza reciproca e per arrivare passo dopo passo più vicini all'unità".

Risultati dell'incontro all'Avana

L'incontro dei capi della Chiesa ortodossa russa e del Vaticano all'Avana si è svolto il 12 febbraio 2016 a Cuba, nell'edificio dell'aeroporto internazionale dell'Avana, ed è diventato il primo nella storia della Chiesa ortodossa russa e del Vaticano. A seguito dei colloqui, è stata adottata una dichiarazione congiunta, in cui il patriarca e il pontefice hanno chiesto la pace in tutto il mondo e specialmente in Medio Oriente e la fine della persecuzione dei cristiani. Hanno anche espresso preoccupazione per lo sviluppo della biotecnologia, si sono pronunciati a favore del rafforzamento della famiglia e così via.

È vero, come una vittoria diplomatica, il Dipartimento per le relazioni ecclesiastiche esterne del Patriarcato di Mosca può prendersi il merito di quanto segue:

  • la già citata dichiarazione sugli uniati;

  • un riferimento al conflitto nel Donbass, senza menzionare parti specifiche, con un appello ai credenti a non parteciparvi;

  • effettivo non riconoscimento degli scismatici ucraini del "patriarcato di Kiev" e della "Chiesa ortodossa autocefala ucraina" da parte dei cattolici.

Ma se si pone la domanda se a queste parole siano seguite azioni concrete da parte dei cattolici, allora la risposta sarà negativa.

In primo luogo, gli uniati continuarono a impadronirsi di luoghi di culto della Chiesa ortodossa ucraina. Certo, non c'è più la scala che abbiamo visto negli anni '90, ma continuano le singole incursioni. Basti ricordare l'impudente razzia a Kolomyja.

In secondo luogo, gli uniati non hanno fermato la loro strisciante espansione attraverso il territorio dell'Ucraina. La loro infiltrazione nelle autorità di vari livelli è cresciuta. Hanno ampliato la loro cooperazione nel campo della cura spirituale per il personale militare, nel campo dell'istruzione secondaria e superiore e altri. Inoltre, il capo dei greco-cattolici, Svjatoslav Shevchuk, ha affermato che il Pontificio Consiglio era incompetente in materia di politica internazionale e "questioni delicate dell'aggressione russa in Ucraina".

In terzo luogo, dall'incontro all'Avana non è cambiato nulla del conflitto nel Donbass. I cattolici ucraini di rito ortodosso, e personalmente Svjatoslav Shevchuk, continuano la loro narrazione che non abbiamo bisogno della pace a ogni costo, chiedendo anzi la continuazione della guerra. Basti ricordare l'affermazione di Shevchuk secondo cui coloro che sono stanchi della guerra pensano solo a come salvarsi la pelle. Il conflitto nel Donbass si è intensificato o è diminuito quando ne hanno avuto bisogno i poteri costituiti, che non potevano preoccuparsi di meno della dichiarazione del patriarca e del papa.

In quarto luogo, lo scisma in Ucraina non solo non è stato risolto secondo i canoni, ma è stato completamente legalizzato dal patriarca Bartolomeo. La "Chiesa ortodossa dell'Ucraina" è stata creata a partire dal "patriarcato di Kiev" e dalla "Chiesa ortodossa autocefala ucraina", e Svjatoslav Shevchuk ha espresso grande gioia in tale occasione, ha incontrato ripetutamente il suo capo Sergej (Epifanij) Dumenko, ha dichiarato cooperazione e ha espresso speranza per una futura unificazione. I sostenitori della "Chiesa ortodossa dell'Ucraina" si sono impegnati nel sequestro dei luoghi di culto della Chiesa ortodossa ucraina, nel pestaggio di fedeli e sacerdoti e in altri atti illeciti, che non hanno provocato una sola nota di condanna con i greco-cattolici. Nel 2016, all'Avana, il patriarca e il papa hanno detto: "Esprimiamo la speranza che la divisione tra i credenti ortodossi in Ucraina venga superata sulla base delle norme canoniche esistenti, che tutti i cristiani ortodossi in Ucraina vivano in pace e armonia". Oggi queste parole suonano come una presa in giro.

In realtà, l'incontro dell'Avana non ha portato alcun risultato in tutti gli altri aspetti: la guerra in Medio Oriente non si è fermata, i cristiani vengono ancora uccisi ed espulsi dalle loro case, le biotecnologie hanno continuato a svilupparsi, le famiglie non hanno cessato di essere distrutte, e così via. Nel febbraio 2021, in un'intervista al canale televisivo Rossija 24, il metropolita Ilarion, riassumendo i risultati quinquennali dell'incontro dell'Avana, ha dichiarato che erano zero. Ecco una citazione testuale: "Questo incontro si è svolto all'Avana, e la conversazione non è stata di natura teologica, ma si è dedicata principalmente alla situazione dei cristiani in Medio Oriente. Sono passati cinque anni da allora. Non si può dire che la posizione dei cristiani in Medio Oriente sia cambiata in meglio, con la possibile eccezione della Siria, dove, grazie alle azioni dell'esercito russo, è stato possibile espellere i terroristi dal territorio principale del paese. Insieme alla parte cattolica, stiamo sviluppando progetti nel campo della carità, del servizio sociale, della sfera culturale..." Di conseguenza, non ci sono risultati anche in queste aree dai nomi amorfi, i progetti sono ancora in cantiere. E questo in cinque anni!

Pericolo – ecumenismo!

L'assenza dei risultati dell'incontro dell'Avana sui temi per i quali si è svolto (almeno così è stato dichiarato), ha esposto il patriarca Kirill a critiche da parte ortodossa e all'accusa di ecumenismo. Queste accuse sono state piuttosto dure nella forma e talvolta persino rudi, talvolta di natura distruttiva chiaramente pronunciata, ma comunque non erano del tutto infondate. Così, nel primo paragrafo della dichiarazione congiunta si dice: "Ci siamo incontrati con gioia come fratelli nella fede cristiana..." La questione della "fratellanza" tra cattolici e ortodossi è controversa, in particolare "secondo la fede cristiana" Dopo tutto, la dottrina cattolica contiene una serie di affermazioni eretiche e il santo apostolo Paolo comanda: "Dopo una o due ammonizioni sta' lontano da chi è fazioso, ben sapendo che è gente ormai fuori strada e che continua a peccare condannandosi da se stessa" (Tt 3:10-11). San Basilio il Grande dice nella sua interpretazione di queste parole che bisogna "trattarli come un pagano o un pubblicano" (Mt 18:17), anche se, d'altra parte, si può sempre dire che gli eretici sono nostri fratelli, solo fratelli persi.

Nel paragrafo 5, il patriarca e il papa così parlano della separazione: "Nonostante la comune tradizione dei primi dieci secoli, cristiani cattolici e ortodossi sono stati privati della reciproca comunione eucaristica per quasi mille anni. Siamo separati dalle ferite inferte nei conflitti del passato remoto e recente, separati dalle differenze ereditate dai nostri predecessori nel comprendere ed esprimere la nostra fede in Dio, Uno in Tre Persone: il Padre, il Figlio e il santo Spirito. Siamo addolorati per la perdita dell'unità, che è stata il risultato della debolezza umana e del peccato..."

C'è fastidio per questa eredità "scomoda", che si riduce a "differenze nella comprensione e nella spiegazione" della dottrina della santissima Trinità. Tuttavia, l'Ortodossia ha sempre considerato la dottrina cattolica della processione dello Spirito Santo dal Padre e dal Figlio (filioque) non una "differenza di comprensione", ma un'eresia perniciosa, e l'ha denunciata in termini piuttosto duri. Per esempio: "Chi, essendo figlio battezzato nella Chiesa ortodossa orientale, non confessa nel cuore e nella bocca che lo Spirito Santo procede dal solo Padre, essenzialmente e ipostaticamente, come dice Cristo nel Vangelo; ma col tempo dal Padre e dal Figlio, costoro saranno scomunicati dalla nostra Chiesa e anatematizzati" (Concilio locale della Chiesa di Costantinopoli, 1583)."La principale eresia dei latini è la processione dello Spirito Santo dal Padre e dal Figlio" (Grande Concilio di Mosca del 1666-1667, con la partecipazione dei patriarchi di Alessandria e di Antiochia). Opinioni simili si possono trovare anche tra molti santi Padri.

Tuttavia, le divisioni tra ortodossi e cattolici non si limitano solo all'eresia del filioque, ma riguardano anche i dogmi cattolici del "purgatorio", l'Immacolata concezione della santissima Theotokos, la dottrina della teoria giuridica della salvezza e i super-erogatori dei santi. Le discrepanze sono molto significative nell'insegnamento della pratica della preghiera, delle delusioni causate dall'estremo orgoglio, della santità e così via. Il patriarca Kirill e papa Francesco hanno diplomaticamente taciuto su tutto questo, ma intanto tutte queste innovazioni e delusioni cattoliche sono l'enorme retaggio che i cattolici devono abbandonare per tornare alla fede che era comune a loro e agli ortodossi nel primo millennio. Sono pronti a rinunciarvi? La domanda è piuttosto retorica.

Al paragrafo 6 della dichiarazione congiunta, il patriarca e il pontefice dichiarano: "Consapevoli dei numerosi ostacoli da superare, speriamo che il nostro incontro contribuisca alla realizzazione dell'unità comandata da Dio per la quale Cristo ha pregato. Possa il nostro incontro ispirare i cristiani di tutto il mondo a invocare il Signore con rinnovato zelo, pregando per l'unità completa di tutti i suoi discepoli". Ma dopo tutto, questa unità comandata da Dio non viene raggiunta durante riunioni in cui ciascuno degli interlocutori è sicuro di essere nel giusto, ma si raggiunge in modo naturale quando coloro che sono caduti nello scisma si pentono delle delusioni e delle eresie.

Dalla citazione di cui sopra, possiamo concludere che l'incontro tra il patriarca di Mosca e il papa di Roma è visto da entrambi come un contributo al processo di unificazione ecumenica. Ma allora anche il prossimo incontro annunciato dal metropolita Ilarion dovrà diventare un contributo a questo processo? Inoltre, se ricordiamo le proteste di alcuni vescovi e della comunità ecclesiale riguardo al primo incontro con i suoi risultati zero e le sue dichiarazioni ecumeniche, allora non è coerente ritenere che la risposta a questo secondo incontro possa essere anche più negativa di al primo? Perché il patriarca Kirill è disposto a correre un tale rischio?

Il fattore del Patriarcato di Costantinopoli

L'incontro programmato tra il Patriarca e il Papa lascia ancora più perplessi in vista del cosiddetto "fattore Fanar". Questo fattore è che il Patriarcato di Costantinopoli è attualmente impegnato a risolvere due compiti: promuovere il suo progetto ucraino della "Chiesa ortodossa dell'Ucraina" e unirsi al Vaticano. Il progetto della "Chiesa ortodossa dell'Ucraina" è stato creato dal Fanar su iniziativa e con il sostegno attivo del Dipartimento di Stato americano, violando sia i canoni della Chiesa che il buon senso elementare del Fanar. L'attuazione di questo progetto ha portato sofferenza ai credenti della Chiesa ortodossa ucraina e una vera spaccatura nell'Ortodossia. Giustamente e giustamente, la Chiesa ortodossa russa e la Chiesa ortodossa ucraina hanno interrotto la comunione eucaristica con il Patriarcato di Costantinopoli. Ma allo stesso tempo, i fanarioti continuano a promuovere attivamente l'unione con il Vaticano.

In questo contesto, per la Chiesa ortodossa russa impegnarsi nell'ecumenismo con il Vaticano, anche se non sulla scala del Fanar, significa sostenere il corso di sviluppo seguito dal Patriarcato di Costantinopoli, versando acqua al mulino del patriarca Bartolomeo. Perché si stia facendo così, non è ancora del tutto chiaro.

Conclusioni

Innanzitutto, rispondendo alla domanda nel titolo dell'articolo, possiamo dire che poiché l'incontro tra il patriarca Kirill e papa Francesco è stato annunciato a un livello tanto alto come quello del capo del Dipartimento per le relazioni ecclesiastiche esterne del Patriarcato di Mosca, è probabile che questo incontro abbia luogo.

In secondo luogo, all'interno della Chiesa ortodossa russa, questo incontro provocherà un contraccolpo e lo stesso patriarca Kirill, per non parlare del metropolita Ilarion, sarà ancora una volta accusato di ecumenismo. Inoltre, se il testo del futuro comunicato congiunto parla ancora dell'unità desiderata, di fratelli nella fede o di "Chiese sorelle", allora questa risposta negativa può assumere forme piuttosto dure.

In terzo luogo, nella Chiesa ortodossa russa, il nuovo incontro tra il papa e il patriarca Kirill sarà molto probabilmente percepito con stupore. Le ragioni sono le stesse: la precedente non ha portato alcun successo nel "pacificare" i nostri uniati, anzi il contrario. Inoltre, anche le numerose dichiarazioni pubbliche del papa e di Bartolomeo sul desiderio di unità difficilmente contribuiranno alla comprensione della stretta relazione tra il primate della Chiesa ortodossa russa e il capo della Chiesa cattolica romana tra i credenti ucraini e nella gerarchia.

In quarto luogo, come il precedente incontro dell'Avana, questo sarà molto probabilmente infruttuoso nel proteggere i cristiani in tutto il mondo, prevenire i conflitti, stabilire la pace nelle sfere culturali, sociali e di altro tipo. Un'altra dichiarazione congiunta con belle formulazioni sarà adottata su tutte le questioni di cui sopra, ma è improbabile che ciò porti qualcos'altro.

Naturalmente, nella diplomazia ecclesiale (così come nella diplomazia laica), molto è nascosto agli occhi della gente comune e non tutto può essere portato sul piano pubblico. Tuttavia, questa diplomazia dovrebbe produrre risultati. Da cinque anni non vediamo quale sia stata l'utilità dell'incontro all'Avana, e per questo il nuovo incontro solleva molte domande. Soprattutto se ci ricordiamo che per noi la cosa principale in ogni circostanza ed evento è preservare fermamente la fede ortodossa, la sua purezza e integrità contro ogni sorta di falsi insegnamenti.

 
Popoli dell'Occidente, svegliatevi!

Padre Andrew Phillips pubblica sul suo blog quello che può sembrare un cri de coeur profetico, più che un’analisi obiettiva della situazione dell’Occidente contemporaneo, anche se gli elementi oggettivi sono precisi e ben presentati. Possiamo non essere d’accordo con la conclusione di padre Andrew, che vede la Russia ortodossa come ultimo baluardo del cristianesimo e ultima speranza per i cristiani in Occidente... purtroppo, il guaio con le visioni profetiche è che non si possono avere certezze sulla loro solidità finché non si realizzano o sono provate false. Anzi, prima che si realizzino, sono di solito considerate sciocchezze, e dopo che si sono realizzate, di solito si razionalizza dicendo che non si potevano capire con certezza. In attesa di vedere l’esito delle previsioni di padre Andrew, pubblichiamo il suo testo in russo e in traduzione italiana nella sezione “Geopolitica ortodossa” dei documenti.

 
Metropolia del Pireo: il sinodo di Creta e l'autocefalia ucraina sono i precursori di una falsa unione

foto: vimaorthodoxias.gr

Il Sinodo di Creta con le sue controverse dichiarazioni ecumeniche e la concessione dell'autocefalia da parte del Patriarcato di Costantinopoli agli scismatici privi di grazia della "Chiesa ortodossa dell'Ucraina" sono entrambi precursori di una falsa unione pianificata tra ortodossi e cattolici, ritiene la metropolia del Pireo della Chiesa di Grecia.

Rappresentanti della Chiesa cattolica e del Patriarcato di Costantinopoli parlano spesso di unità, con un occhio al previsto concilio d'unione in onore del 1.700° anniversario del primo Concilio ecumenico nel 2025, ricorda l'Ufficio contro le eresie e le sette della metropolia, in una pubblicazione su Vima Orthodoxias.

L'obiettivo immediato è "l'unione delle Chiese", a cui seguirà l'unione dell'umanità con la creazione della “terribile pan-religione”, scrive l'Ufficio. Naturalmente, per gli ecumenisti, l'unione non si basa sul fatto che i non ortodossi ritrattino le loro eresie, lamenta la metropolia.

Ci sono stati due tentativi d'unificazione di questo tipo in passato, ricorda l'Ufficio, a Lione nel 1274 e a Ferrara-Firenze nel 1438-1439.

Inoltre, con la caduta nell'eresia dell'antico Patriarcato di Roma e la conquista islamica dei patriarcati di Alessandria, Antiochia e Gerusalemme, c'è stata una corruzione del sistema primordiale di amministrazione della Chiesa, che ha portato il Patriarcato di Costantinopoli a iniziare "a svolgere un 'ruolo primario' nella regolamentazione delle questioni ecclesiastiche" in epoca ottomana con l'appoggio dei sultani.

Il patriarca Bartolomeo ha esplicitamente affermato che l'anniversario del 2025 sarà per le Chiese l'occasione di intraprendere un percorso ecumenico più definito, osserva l'Ufficio contro le eresie e le sette.

Anche il metropolita Job (Getcha) di Telmessos ha dichiarato che gli ortodossi non hanno problemi a riconoscere il primato di Roma, riferisce l'Ufficio.

E il Sinodo di Creta del 2016 e la falsa autocefalia ucraina fungono da "pre-celebrazioni" di questa futura unione ecumenista, afferma la metropolia del Pireo.

Come è noto, scrive l'Ufficio, il problema di Creta è che, invece di denunciare le organizzazioni cristiane eretiche e invitarle al pentimento, le ha chiamate "chiese", in documenti che Costantinopoli ritiene siano dichiarazioni dogmatiche vincolanti. Tuttavia, Creta "non è una continuazione organica degli antichi grandi Concili ecumenici", sostiene il documento dell'Ufficio contro le eresie.

Inoltre, quattro Chiese locali non hanno partecipato a Creta a causa della mancanza di unanimità tra le Chiese, che era stata posta come condizione necessaria per la convocazione del concilio.

L'Ufficio fa anche riferimento a un articolo greco che sostiene che il Patriarcato di Mosca non ha partecipato a Creta perché "l'ecumenismo, coltivato attraverso un predeterminato dialogo interreligioso e intercristiano, ha contribuito agli obiettivi del deep state americano", cosa che era chiara dal fatto che la CIA lavorava per la sicurezza al concilio.

Infatti, "il 'Sinodo' di Creta era sotto il completo controllo americano", sostiene l'Ufficio.

Alcuni dicono che le quattro Chiese hanno sbagliato a non partecipare, perché la loro assenza ha portato "alla prima grande spaccatura nell'unità dell'Ortodossia mondiale", mentre altri dicono che la loro assenza è stata provvidenziale, perché con essa il concilio ha perso ogni prestigio panortodosso, cosa che "ha fatto infuriare il Fanar".

E la "autocefalia" della "Chiesa ortodossa dell'Ucraina" è il secondo punto del piano americano per la divisione dell'Ortodossia, continua la dichiarazione. L'Ufficio, che si è già occupato più volte della questione, ricorda che l'autocefalia non è stata data alla Chiesa canonica ucraina, ma a gruppi scismatici minoritari.

Sfortunatamente, questo atto di Costantinopoli ha portato direttamente alla più grande divisione nella storia ortodossa dal 1054, polarizzando le Chiese slava e greca, lamenta la metropolia, "un altro grande successo della diplomazia americana".

Così, le cose sono molto più facili per "l'unione delle Chiese", alla quale i cinque patriarcati anziani (Roma, Costantinopoli, Alessandria, Antiochia e Gerusalemme) potrebbero partecipare senza gli slavi "scismatici", prevede l'Ufficio.

La domanda è: quanti vescovi accetteranno l'unione e quali saranno le conseguenze, scrive la metropolia. Molto probabilmente, coloro che si oppongono alla falsa unione saranno deposti e allontanati dalle loro diocesi.

Sfortunatamente, la maggior parte del clero probabilmente andrà d'accordo con "l'unione". Ci sarà una reazione imprevedibile da parte dei monaci, dato che c'è stato "un significativo degrado nella mentalità confessionale" tra i monaci, come per esempio sul Monte Athos, scrive l'Ufficio. Molte persone saranno indifferenti o approveranno "l'unione" per ragioni secolari.

In conclusione, l'Ufficio scrive: "Esprimiamo le nostre preoccupazioni su ciò che viene messo in atto. Non sono frutto della nostra immaginazione, ma riguardano il lancio di eventi reali, le confessioni dirette di agenti ecclesiastici di alto rango e interpretazioni sobrie di ciò che sta accadendo". Tuttavia, non dobbiamo mai disperare, perché la Chiesa è indistruttibile.

 
Visita al monastero di Musadino

Oggi ci siamo presi un momento di riposo anche dai lavori del sito, e siamo andati a visitare il monastero ortodosso che il nostro padre Dimitri e i suoi collaboratori stanno costruendo con pazienza e con amore a Musadino, in provincia di Varese. Vi lasciamo con alcune foto della cappella del monastero:

 
Il patriarca Bartolomeo non crede nel dialogo, causerà ulteriori problemi

foto: orthodoxianewsagency.gr

La Chiesa ortodossa russa sta attualmente organizzando vicino a Mosca il suo nono Festival internazionale della fede e della parola, che si conclude oggi. Il principale evento internazionale, una tavola rotonda su "Le azioni del Fanar in Ucraina: riflessione nello spazio dei media", si è tenuto mercoledì.

Tra i numerosi partecipanti c'era la giornalista Peggy Doku di Rodi, in Grecia, che ha commentato il trattamento riservato dai media greci al patriarca Bartolomeo e il carattere dello stesso patriarca, come riferisce il Dipartimento sinodale della Chiesa russa per l'interazione con la società e i media.

Secondo Doku, la maggior parte dei media in Grecia prende semplicemente le parti del patriarca Bartolomeo, senza alcun interesse a capire cosa stia realmente accadendo in Ucraina.

Come nota Doku, originaria di Rodi, che è sotto la giurisdizione di Costantinopoli, il patriarca Bartolomeo non cambierà la sua decisione sull'Ucraina e non è nemmeno disposto a discuterne:

Non crede nel dialogo; tutti dovrebbero capirlo. Dobbiamo essere preparati al fatto che creerà molti nuovi problemi. Non vuole accettare il fatto di commettere errori. E la Chiesa russa dovrebbe, prima di tutto, influenzare l'opinione pubblica su questo tema, poiché lo scisma da lui avviato ha creato problemi anche tra Russia e Grecia in molte questioni.

È noto che l'intero mondo ortodosso ha chiesto un concilio per affrontare la questione ucraina, ma solo il patriarca Bartolomeo si rifiuta di incontrare i suoi fratelli vescovi, come hanno sottolineato sua Eminenza il metropolita Nektarios di Corfù della Chiesa di Grecia e altri.

Commentando le parole della giornalista greca, sua Grazia il vescovo Viktor di Baryshevka della Chiesa ortodossa ucraina sottolinea che il patriarca Bartolomeo è più interessato a dialogare con i cattolici che con gli altri vescovi ortodossi.

Per il patriarca di Costantinopoli, "Nella sua comprensione, 'unità' significa solo una cosa: accordo incondizionato con le sue decisioni", osserva giustamente il vescovo ucraino.

 
Chiese gotiche e celebrazioni ortodosse

Partendo dai numerosi e contrastanti commenti di una recente discussione sul blog Parlons d'Orthodoxie, analizziamo i pro e i contro delle celebrazioni ortodosse in chiese di architettura gotica. Il tema non è forse tanto acuto in Italia quanto in altri paesi dell’Europa nord-occidentale, dove le chiese gotiche sono più numerose e ce ne sono di più a rischio di chiusura, “salvate” in occasione delle richieste di locali di culto per comunità ortodosse. Presentiamo la nostra analisi nella sezione “Confronti” dei documenti.

 
Cosa sono le Chiese sorelle?

per preservare la purezza della fede ortodossa, è importante abbandonare la politica dell'ecumenismo e la teoria delle "chiese sorelle". Foto: Unione dei giornalisti ortodossi

L'ecumenismo sta avanzando così vigorosamente che alcune Chiese ora usano il termine "chiesa sorella" per riferirsi ad altre fedi. Scopriamo di cosa si tratta.

Il 10 ottobre 2021, in un incontro con il capo della Chiesa d'Inghilterra, l'arcivescovo Justin Welby di Canterbury, il patriarca Theodoros d'Alessandria ha affermato che gli ortodossi e gli anglicani sono chiese sorelle. Ora è diventato così di moda usare collocazioni come "chiesa madre", "chiesa figlia", "chiesa sorella" che il significato originale di questi termini sembra essersi perso.

Il significato originale dei termini

Per coloro che desiderano approfondire questo tema, consigliamo il saggio di Emmanuel Lanne, "Église-sœur et Église-mère dans le vocabulaire de l’Église ancienne".

Se consideriamo l'epoca dei primi tre, o anche più, secoli del cristianesimo, vedremo che il termine "Chiesa madre" indicava esclusivamente la prima comunità apostolica cristiana a Gerusalemme. Ci sono molte prove a riguardo. Per esempio, sant'Ireneo di Lione nel suo libro "Contro le eresie" dice quanto segue sulla Chiesa di Gerusalemme: "Tali sono le voci della Chiesa, da cui ha avuto origine ogni Chiesa; tali sono le voci delle metropolie dei cittadini del Nuovo Testamento; tali sono le voci degli apostoli; tali sono le voci dei discepoli del Signore".

È interessante notare che stiamo parlando specificamente della comunità di Gerusalemme, piuttosto che della Chiesa locale di Gerusalemme nella nostra attuale comprensione. Nei primi secoli ogni comunità cristiana era una Chiesa locale (per maggiori dettagli sulla struttura della Chiesa antica si veda l'articolo "Sulle origini del Patriarcato di Costantinopoli" ). Va anche notato che la Chiesa madre di Gerusalemme era una comunità dei primi decenni del cristianesimo, e non è durata un tempo più lungo. Dopo la distruzione di Gerusalemme nel 70, i cristiani locali si ritirarono dalla città, e quando la comunità tornò a Gerusalemme qualche decennio dopo, era già diversa sia nella sua composizione etnica che nel suo significato nel mondo cristiano.

I testi liturgici restringono ulteriormente il termine "Chiesa madre", riducendolo alla camera del monte Sion in cui avvenne la discesa dello Spirito Santo sugli apostoli. "Rallegrati, Sion santa, madre delle Chiese, dimora di Dio, tu che per prima hai ricevuto la remissione dei peccati mediante la Risurrezione" (Stichiro, tono 8).

Di conseguenza, tutte le altre comunità cristiane sorte a seguito della predicazione apostolica si trattarono reciprocamente come "chiese sorelle". Indicazioni in tal senso si trovano nel Nuovo Testamento; per esempio, l'apostolo Giovanni il Teologo si esprime così riguardo a due comunità cristiane: "I figli di tua sorella, che è stata scelta da Dio, mandano i loro saluti. Amen"(2 Gv 13). Nei secoli successivi, con la diffusione della Chiesa nel mondo, con l'emergere di distretti episcopali, di metropolie e successivamente di patriarcati, il significato originario di questi termini fu soggetto a modifiche. La comunità cristiana di una città più grande, che era impegnata nell'opera missionaria nei villaggi vicini e vi fondava comunità, diveniva nei loro confronti come una chiesa madre, e queste ultime come chiese sorelle tra di loro. L'espressione "come chiese sorelle" è usata qui per un motivo, perché nella mente dei cristiani di quel tempo, tutte queste relazioni intercomunitarie, "chiesa madre, sorella, figlia", e così via, non avevano molta importanza, ma erano più importanti altri fattori.

L'incarnazione dell'unità e il criterio della verità

Se si pone la domanda su chi o quale fosse la più grande autorità nella Chiesa antica, il criterio della fede adeguata e il giudice ultimo, allora si può rispondere così: è lo Spirito Santo disceso nel cenacolo di Sion. Né la comunità di Gerusalemme né alcuno degli apostoli individualmente, né la Chiesa romana né alcuna altra chiesa locale erano il metro delle cose, ma solo lo Spirito Santo che agiva nei cristiani. Non importava affatto da chi esattamente le comunità nelle diverse città avessero ricevuto il Vangelo, quale apostolo o altro predicatore avesse fondato la comunità, ecc. Se lo Spirito Santo scendeva sui cristiani appena convertiti, essi diventavano una comunità non inferiore a qualunque altra.

Il santo apostolo Paolo ne parla con tutta chiarezza: "Ma che cosa è mai Apollo? Che cosa è Paolo? Servitori, attraverso i quali siete venuti alla fede, e ciascuno come il Signore gli ha concesso. Io ho piantato, Apollo ha irrigato, ma era Dio che faceva crescere. Sicché, né chi pianta né chi irriga vale qualcosa, ma solo Dio, che fa crescere" (1 Cor 3:5-7). L'apostolo dice di se stesso che dopo la sua conversione, non chiese agli apostoli di insegnargli la fede cristiana o di autorizzarlo a predicare: iniziò subito a predicare Cristo. "Ma quando colui che mi scelse fin dal seno di mia madre e mi chiamò con la sua grazia si compiacque di rivelare a me suo Figlio perché lo annunziassi in mezzo ai pagani, subito, senza consultare nessun uomo, senza andare a Gerusalemme da coloro che erano apostoli prima di me, mi recai in Arabia e poi ritornai a Damasco" (Gal 1:15-17).

Inoltre, quando il santo apostolo Pietro commise qualcosa di deplorevole (dal punto di vista dell'apostolo Paolo), l'apostolo Paolo non esitò a criticarlo. "Quando Cefa venne ad Antiochia, mi opposi a lui a viso aperto perché evidentemente aveva torto. Infatti, prima che giungessero alcuni da parte di Giacomo, egli prendeva cibo insieme ai pagani; ma dopo la loro venuta, cominciò a evitarli e a tenersi in disparte, per timore dei circoncisi. E anche gli altri giudei lo imitarono nella simulazione, al punto che anche Barnaba si lasciò attirare nella loro ipocrisia. Ora quando vidi che non si comportavano rettamente secondo la verità del vangelo, dissi a Cefa in presenza di tutti: Se tu, che sei giudeo, vivi come i pagani e non alla maniera dei giudei, come puoi costringere i pagani a vivere alla maniera dei giudei? (Gal 2:11-14).

Allo stesso modo, l'apostolo Paolo dice di sé che non è lui che ha autorità, ma lo Spirito Santo che vive in lui. "Per grazia di Dio però sono quello che sono, e la sua grazia in me non è stata vana; anzi ho faticato più di tutti loro, non io però, ma la grazia di Dio che è con me" (1 Cor 15:10).

I successivi monumenti ecclesiastici confermano questo atteggiamento nei confronti della questione di chi sia il criterio di verità. È lo Spirito Santo, che si è manifestato nella confessione di un'unica vera fede in Cristo da parte delle persone. Tutte le comunità che aderivano a questa fede erano apostoliche, indipendentemente da chi le aveva fondate in senso storico. Per esempio, l'antico scrittore cristiano Tertulliano dice che quando qualcuno non può "attribuire la sua fondazione a qualche apostolo o personaggio apostolico, ma è sorto molto più tardi, come quelli che sorgono quotidianamente, (diciamo) che tutti avanzano in una fede comune e per consanguineità sono considerati apostolici".

Il fatto che il Signore Gesù Cristo abbia organizzato la sua Chiesa senza la presenza di alcuna autorità visibile o di un corpo con la più alta autorità è la prova di una circostanza interessante a cui non molte persone prestano attenzione. Prima di spiegarlo, torniamo a una nota leggenda athonita sugli "anziani invisibili". La leggenda narra che sul Monte Athos vivano 12 monaci, che pregano incessantemente la preghiera del cuore, che è il loro unico cibo. Questi monaci sono i guardiani del Monte Athos e gli asceti più abili. Quando uno di loro muore, uno degli abitanti della Montagna Santa prende il suo posto, e così il numero 12 rimane invariato.

L'idea di costruire una Chiesa con un corpo autorevole visibile sarebbe suggerita, per esempio, dall'elezione di un altro apostolo per sostituire ciascuno dei 12 defunti. Inoltre, quest'idea haa un precedente: Mattia fu scelto a sorte per sostituire Giuda. Tuttavia, Dio ha organizzato la Chiesa in modo diverso. Il protopresbitero John Meyendorff scrive: "Come 'gruppo', i Dodici storicamente cessano di esistere dopo la morte di Giacomo, e presto scompariranno anche tutti i suoi membri. Compito della comunità sarà poi quello di conservare la testimonianza apostolica nella sua purezza originaria e di continuare – senza apostoli viventi – il loro ministero missionario e pastorale".

Nella Chiesa antica dominava l'idea che ogni comunità, ogni vescovo, ogni Chiesa locale (successiva) non potesse semplicemente ereditare i doni spirituali dei predecessori, ma dovesse fondare la propria autorità sulla propria fede e vita ascetica, anche se molto presto si manifestano coloro che vogliono affermare la loro superiorità per origine apostolica o per il significato amministrativo della città stessa. Questo approccio si manifestò in modo più evidente tra i vescovi romani, che molto presto iniziarono a parlare dei loro privilegi esclusivi, basando le loro pretese sull'origine della Chiesa romana dall'apostolo Pietro.

Senza entrare nei dettagli, diciamo che, in primo luogo, l'apostolo Pietro non ha mai avuto poteri speciali tra gli altri apostoli, in secondo luogo, non era un vescovo di Roma, e in terzo luogo, storicamente, è più probabile che la comunità cristiana romana sia stata fondata dall'apostolo Paolo. Ma (cosa importante) anche se accettiamo i presupposti di cui sopra, tuttavia, i successivi vescovi romani non ereditarono automaticamente né l'autorità dell'apostolo né i suoi doni spirituali. Tertulliano scrisse a riguardo nel III secolo: "Riguardo alla tua sentenza, mi chiedo dove hai questo diritto nel decidere gli affari ecclesiastici? Chi sei tu per sovvertire e cambiare l'evidente intento del Signore che lo ha comunicato personalmente a Pietro? Su di te, ha detto, edificherò la mia Chiesa, e darò a te, non alla Chiesa, le chiavi, e tu scioglierai o legherai, piuttosto che essa sciolga o leghi". Lo storico della chiesa V. V. Bolotov commenta queste parole come segue: "Così, anche supponendo che l'apostolo Pietro occupasse un posto di eminenza tra gli apostoli, è impossibile dedurne i vantaggi della Chiesa romana, poiché con la morte di Pietro questi vantaggi, come pensa Tertulliano, sono cessati". Pensieri simili si possono trovare tra molti vescovi orientali, che protestarono immediatamente contro le pretese del vescovo romano alla guida della Chiesa.

È facile vedere che qualcosa di simile sta accadendo oggi. Il patriarca Bartolomeo di Costantinopoli e molti (se non tutti) i vescovi di Costantinopoli confermano l'adeguatezza delle loro azioni, nonché le loro pretese di un ruolo esclusivo nella Chiesa in generale, dal fatto che la Chiesa di Costantinopoli fu fondata dall'apostolo Andrea il Primo Chiamato (affermazione che compare solo nel IV secolo e che deve ancora essere storicamente provata) e che è la "chiesa madre" per tutti gli altri. Allo stesso tempo, secondo la logica dei fanarioti, fattori come l'adesione ai canoni della Chiesa, la fermezza nella confessione di fede, la pietà personale e l'adesione ai principi sono secondari.

Uso del termine "chiese sorelle" oggi

Va notato che anche alla fine del primo millennio i termini "chiesa madre" e "chiesa sorella" erano usati nelle polemiche tra il vescovo romano e i patriarchi orientali. La disputa si riduceva alla posizione della Chiesa romana nei confronti delle altre Chiese locali: è la loro "madre" o "sorella"? Questa disputa continuò per inerzia per diversi secoli dopo la caduta ufficiale della Chiesa romana nel 1054. A quel tempo, l'idea che la scissione fosse definitiva doveva ancora essere portata nella mente dei cristiani. La maggior parte dei vescovi orientali credeva che fosse possibile sanare questo scisma e tornare all'unità precedente. Solo dopo il brutale sequestro e distruzione di Costantinopoli da parte dei crociati nel 1204 e l'istituzione di uno stato latino con una gerarchia ecclesiastica latina a Bisanzio, divenne evidente che tra cattolici e ortodossi c'era un abisso. Da quel momento fino al XX secolo, era difficile imbattersi nel termine "chiese sorelle" da parte di teologi ortodossi o cattolici, in un modo che implicasse l'ortodossia e il cattolicesimo.

Nel XX secolo, il termine "chiese sorelle" fu usato per la prima volta dal famoso ecumenista e protetto del presidente americano Henry Truman, il patriarca Atenagora di Costantinopoli, nella sua lettera al cardinale Agostino Bea nel 1962. Anche le risposte di Papa Giovanni XXIII contenevano questo termine. Questa corrispondenza fu presto pubblicata dal Fanar. La pubblicazione si intitolava "Due sorelle". Due anni dopo, nel 1964, si svolse il Concilio Vaticano II, nel quale fu approvata la politica di apertura e di adattamento del cattolicesimo alle attuali condizioni di vita. In questo concilio vinse il partito dei liberali, che spalancò le porte alla riforma del culto cattolico, dell'insegnamento morale e di altri ambiti della vita ecclesiale, nonché dell'ecumenismo, prima di tutto con l'Ortodossia e poi con altre confessioni cristiane e non solo. Così, nel decreto di questo Concilio "Unitatis redintegratio", ..."tra le Chiese orientali prevaleva e continua a prevalere l'ardente desiderio di conservare per sempre la comunità di fede e di carità, che è caratteristica delle Chiese locali come sorelle".

Da allora in poi, il termine "chiese sorelle" cominciò ad essere menzionato regolarmente sia dal Patriarcato di Costantinopoli che dal Vaticano come parte degli sforzi ecumenici di entrambe le parti. L'enciclica papale "Ut unum sint" (1995) afferma che questo termine serve alla causa dell'ecumenismo: "Più recentemente, la Commissione internazionale ha compiuto un importante passo avanti in merito a quale debba essere il metodo utilizzato per ristabilire la piena comunione tra Chiese cattoliche e ortodosse. La Commissione ha posto le basi per una soluzione positiva di questo problema con la dottrina delle Chiese sorelle".

Tuttavia, nel 2000, un gruppo di cardinali vaticani, sostenitori del punto di vista conservatore, ha tentato di difendere l'originario auto-posizionamento cattolico come l'unica "chiesa madre" per tutti gli altri cristiani, non importa a quali confessioni appartengano. Nel giugno 2000, la Congregazione per la Dottrina della Fede, sotto la guida del cardinale Joseph Ratzinger (futuro papa Benedetto XVI), preparò una Nota sull'espressione delle Chiese sorelle, che fornisce un'approfondita analisi storica e teologica del termine "chiese sorelle" e offre una conclusione che l'uso di questo termine dovrebbe essere ridotto al minimo, ed è meglio smettere del tutto di usarlo, poiché il Vaticano non è una "sorella", ma una "madre" per tutti gli altri.

"In realtà, nel vero senso della parola, 'Chiese sorelle' sono solo le Chiese locali (o gruppi di Chiese locali, come esemplificato dai patriarcati o dalle metropolie) tra loro. Se l'espressione 'Chiese sorelle' è usata in questo vero senso, allora sarà sempre chiaro che la Santa Chiesa cattolica apostolica non è una sorella, ma la madre di tutte le Chiese locali", afferma il documento. La "Nota" era originariamente destinata esclusivamente all'uso interno e non è stata pubblicata ufficialmente, ma nel tempo è diventata disponibile per la revisione.

Come sapete, il papa conservatore Benedetto XVI fu costretto ad abdicare e al suo posto fu messo il liberale Francesco, sotto il cui primato la causa dell'unificazione del Vaticano con il Fanar fu accelerata a passi da gigante.

Comprensione ortodossa della situazione

Nel 2008 il Concilio dei vescovi della Chiesa ortodossa russa ha adottato il documento "Principi fondamentali dell'atteggiamento della Chiesa ortodossa russa nei confronti dei non ortodossi" , in cui è stata respinta la teoria ecumenica delle "chiese sorelle" e l'identità tra la Chiesa di Cristo e la Chiesa ortodossa è stata riaffermata.

La Chiesa ortodossa è la vera Chiesa di Cristo, fondata dal nostro Signore e Salvatore stesso, la Chiesa confermata e sostenuta dallo Spirito Santo, la Chiesa di cui lo stesso Salvatore ha detto Edificherò la mia Chiesa e le porte degli inferi non prevarranno contro di essa (Mt 16:18). Questa è la Chiesa una, santa, cattolica (sobornaja) e apostolica, depositaria e dispensatrice dei santi misteri in tutto il mondo, colonna e fondamento della verità (1Tm 3,15) (Par 1.1)

Tutte le altre confessioni cristiane sono sorte come risultato della caduta dalla Chiesa ortodossa: "Nel corso della storia cristiana, dalla comunione con la Chiesa Ortodossa si separarono non solo singoli cristiani, ma anche intere comunità cristiane. Alcune di esse scomparvero nel corso della storia, altre invece si sono conservate lungo i secoli. Le divisioni più rilevanti che si verificarono nel primo millennio, e che si sono mantenute fino ai nostri giorni, ebbero luogo dopo il rifiuto, da parte di alcune comunità, di accettare le deliberazioni dei concili ecumenici III e IV. Tali contrasti ebbero come risultato la costituzione in forma autonoma di Chiese esistenti fino a oggi: la Chiesa assira dell'Est e le Chiese non calcedonesi, le Chiese copta, armena, siro-giacobita, etiopica e malabarese. Nel II millennio, dopo la separazione della Chiesa di Roma avvennero divisioni interne nel cristianesimo occidentale, connesse con la Riforma, e che portarono all'incessante processo di costituzione di una moltitudine di confessioni cristiane che non erano in comunione con la sede di Roma. Sorsero pure divisioni dalla comunione con le Chiese ortodosse locali, inclusa la Chiesa russa". (Par 1.13).

Le ragioni di questi scismi sono eresie e delusioni: "Errori ed eresie sono la conseguenza dell'autoaffermazione egoistica e dell'isolamento. Ogni divisione o scisma provoca in qualche misura la corruzione dell'integrità ecclesiale. La separazione, anche se avviene per ragioni di natura non religiosa, rappresenta una violazione della dottrina ortodossa sulla Chiesa e in ultima analisi porta a un deterioramento nella fede." (Par 1.14).

Dicendo che la Chiesa ortodossa deve fare di tutto per ripristinare l'unità di tutte le confessioni che si definiscono cristiane, il documento della Chiesa ortodossa russa rifiuta ogni compromesso: "Tuttavia, riconoscendo la necessità di ricostituire la nostra unità cristiana infranta, la Chiesa Ortodossa afferma che una comunione autentica è possibile solo in seno alla Chiesa una, santa, cattolica e apostolica. Tutti gli altri 'modelli' di comunione sono inaccettabili" (Par 2.3). Inoltre, nella sezione appropriata, viene fornita una descrizione di questi modelli e viene ribadita l'idea che la Chiesa ortodossa li rigetta.

E, cosa molto importante, il documento parla dell'esclusività della Chiesa ortodossa come arca di salvezza: "La Chiesa ortodossa per bocca dei santi padri afferma che la salvezza si può trovare solo nella Chiesa di Cristo" (Par 1.15).

Tuttavia, se ci rivolgiamo a un documento simile del Concilio di Creta del 2016, che è stato organizzato dal Patriarcato di Costantinopoli e non ha acquisito lo status di pan-ortodosso a causa del fatto che quattro Chiese locali più numerose non vi hanno partecipato, vedremo che non c'è tanta chiarezza e univocità nella definizione della Chiesa, ma ci sono i presupposti per ulteriori progressi sulla via dell'ecumenismo, in primis con il cattolicesimo. Questo documento si chiama: "Rapporti della Chiesa ortodossa con il resto del mondo cristiano" e il suo primo paragrafo afferma: "La Chiesa ortodossa, essendo la Chiesa una, santa, cattolica e apostolica, crede fermamente nella profonda coscienza ecclesiastica che occupa al centro della promozione dell'unità dei cristiani nel mondo moderno". Inoltre, quasi ogni paragrafo dice che è necessario lottare con tutte le sue forze per l'unità e che la Chiesa ortodossa sta conducendo "moderni dialoghi teologici bilaterali" su questa materia e non solo bilaterali. Il documento del Concilio di Creta non afferma mai che solo la Chiesa ortodossa è la Chiesa di Cristo, non si fa menzione del fatto che tutte le parti che si sono staccate da lei devono ritornare attraverso il pentimento per le loro delusioni, e non c'è rifiuto di quei "modelli" di unità dettati da compromessi che sono stati ripudiati nel suddetto documento della Chiesa ortodossa russa.

Tuttavia, c'è un'indicazione nel documento del Concilio di Creta che non solo l'Ortodossia, ma anche altre confessioni cristiane possono essere chiamate "chiese". Così, al paragrafo 6 del documento cretese si legge: "L'unità che la Chiesa possiede per sua natura ontologica non può essere violata. Tuttavia, la Chiesa ortodossa riconosce il nome storico di altre chiese e confessioni cristiane non ortodosse che non sono in comunione con lei, e allo stesso tempo ritiene che il suo rapporto con esse dovrebbe essere basato sul primo e più oggettivo apprendimento da parte loro di tutte le questioni ecclesiologiche, in particolare nel campo della dottrina dei sacramenti, della grazia, del sacerdozio e della successione apostolica in genere". Tuttavia, c'è una grande differenza tra "apprendimento della materia" e "pentimento".

Anche nella fase della sua preparazione, vescovi di spicco, compresi quelli delle Chiese greche, hanno protestato contro questa disposizione, nonché contro l'intera ideologia ecumenica del documento cretese. Così, il famoso predicatore e missionario, il metropolita Athanasios di Limassol, ha indirizzato una lettera al Santo Sinodo della Chiesa cipriota, nella quale affermava: "Credo che applicare il nome 'Chiesa' alle comunità eretiche o scismatiche sia assolutamente sbagliato sia teologicamente che dogmaticamente e canonicamente, perché c'è un'unica Chiesa di Cristo". Ha anche affermato che "il testo non menziona affatto che l'unica via che conduce all'unità con la Chiesa è la via del ritorno degli eretici e degli scismatici mediante il pentimento in seno alla Chiesa una, santa, cattolica e apostolica, che, come si nota paragrafo 1, è la nostra Chiesa ortodossa".

Vladyka non si è limitato a criticare il documento in preparazione, ma ha suggerito le proprie versioni di alcune formulazioni: "Riguardo al paragrafo 4, faccio la seguente osservazione: credo che "la Chiesa ortodossa, che prega incessantemente 'per l'unione di tutti'," significhi il ritorno e la nostra unità con tutti coloro che si sono separati e si sono allontanati da essa – eretici e scismatici, che la lasciano e ritornano attraverso il pentimento. La Chiesa ortodossa di Cristo non ha mai distrutto "l'unione della fede e la comunione dello Spirito Santo" e non accetta la teoria del ripristino dell'unità di "coloro che credono in Cristo", poiché ritiene che l'unità dei credenti in Cristo esista già nell'unità di tutti i suoi figli battezzati tra loro e con Cristo nella nostra vera fede, che eretici e scismatici non hanno. E così la Chiesa prega per il pentimento e per il loro ritorno all'Ortodossia".

Tuttavia, il Concilio di Creta non ha ritenuto necessario accogliere le proposte del metropolita Athanasios, cosa che testimonia il suo vettore ecumenico complessivo, l'esatto obiettivo del suo organizzatore, il Patriarcato di Costantinopoli.

Conclusioni

In primo luogo, per preservare la purezza della fede ortodossa, è di vitale importanza abbandonare la politica dell'ecumenismo e, di conseguenza, la teoria ecumenica delle "chiese sorelle" in relazione alle varie confessioni cristiane. Forse è lecito usare questo termine a proposito delle Chiese ortodosse locali nei loro rapporti reciproci, ma è meglio non usarlo del tutto, poiché ha una spiccata connotazione ecumenista.

In secondo luogo, il chiarimento delle relazioni tra le Chiese ortodosse locali e ancor più tra le confessioni eterodosse, che tenta di designare queste relazioni con i termini "madre", "sorella" e così via è un percorso senza uscita. È molto più opportuno sia per ogni Chiesa locale che per ogni comunità cristiana (per inciso, anche per ogni cristiano) avvicinarsi a Dio attraverso la fedeltà ai dogmi ortodossi, l'adempimento dei comandamenti di Dio e il lavoro spirituale comandato dai santi padri. Se così sarà, le relazioni armoniose tra le Chiese locali cominceranno a migliorare da sole e le comunità eterodosse arriveranno inevitabilmente all'idea della necessità del pentimento e del ritorno in seno alla Chiesa.

 
Un combattente afghano per la libertà in Donbass

Presentiamo nella sezione “Geopolitica ortodossa” dei documenti la trascrizione italiana di un video di YouTube: l’intervista a un afghano che, dopo aver studiato in Unione Sovietica, viene a difendere gli abitanti del Donbass. Rifutando di essere pagato (cosa che l’esercito ucraino gli ha offerto) mostra che gli abitanti delle zone musulmane, buddhiste e perfino pagane del vecchio impero russo sanno accorrere in difesa dei loro compagni cristiani quando la vita, la lingua, la cultura e la fede di questi ultimi sono minacciate. Una cosa che dovrebbe far riempire di vergogna molti sedicenti cristiani in Occidente.

 
Sulle origini del Patriarcato di Costantinopoli

le pretese di Costantinopoli al primato non hanno alcun fondamento. Foto: Unione dei giornalisti ortodossi

In questo saggio, cercheremo di capire se ci siano reali presupposti storici per riconoscere il ruolo esclusivo del Patriarcato di Costantinopoli.

La linea di apertura de "La Cronaca degli anni passati" (o "La Cronaca primaria") del monaco Nestor il Cronista: "dell'origine della terra russa ..." apre una narrazione storica sulla provenienza della Rus'. In analogia con ciò, è interessante scoprire l'origine del Patriarcato di Costantinopoli e le ragioni che lo hanno portato alla sua posizione attuale nel mondo ortodosso. Dopotutto, se leggiamo attentamente il Nuovo Testamento, e in particolare il libro degli Atti degli Apostoli, che descrive la Chiesa nella sua struttura originaria, non vi troveremo alcun motivo serio non solo per l'esistenza del Patriarcato di Costantinopoli, ma anche dei patriarcati in quanto tali, nonché di metropolie, esarcati, autonomie e autocefalie, in una parola, dell'intera struttura amministrativa della Chiesa che vediamo ora. In che modo, sotto l'influenza di quali fattori, la Chiesa ha raggiunto la sua struttura moderna? L'esistenza di esattamente cinque patriarcati è così incrollabile come sostiene il Fanar? E cosa ha permesso a Costantinopoli in passato di occupare una posizione dominante nel mondo ortodosso? Capire tutto questo sarà sia interessante che utile da un punto di vista pratico.

L'organizzazione della Chiesa nei primi 200 anni

La Chiesa di Cristo nacque il giorno di Pentecoste quando lo Spirito Santo discese sugli apostoli. E l'inizio della sua diffusione nel mondo è descritto nell'ultimo capitolo del Vangelo di Marco: "Disse loro: 'Andate in tutto il mondo e predicate il vangelo ad ogni creatura. Chi crederà e sarà battezzato sarà salvo, ma chi non crederà sarà condannato'. <...> Il Signore Gesù, dopo aver parlato con loro, fu assunto in cielo e sedette alla destra di Dio. Allora essi partirono e predicarono dappertutto, mentre il Signore operava con loro e confermava la parola con i segni che l'accompagnavano" (Mc 16:15-20).

Gli apostoli di Cristo, sia tra i dodici che tra i settanta, andarono in città e villaggi, predicarono la parola di Dio e fondarono comunità cristiane. Queste comunità, alla loro stessa fondazione, acquisirono una forma organizzativa molto specifica, con una propria gerarchia interna e una divisione delle responsabilità. Gli apostoli di Cristo nominavano vescovi (che erano i cosiddetti presbiteri/anziani) e diaconi nelle comunità da loro fondate. Per esempio, il libro degli Atti ci parla dell'apostolo Paolo e dei suoi compagni: "Dopo aver predicato il vangelo in quella città e fatto un numero considerevole di discepoli, ritornarono a Listra, Icònio e Antiochia, rianimando i discepoli ed esortandoli a restare saldi nella fede poiché, dicevano, è necessario attraversare molte tribolazioni per entrare nel regno di Dio. Costituirono quindi per loro in ogni comunità alcuni anziani e dopo avere pregato e digiunato li affidarono al Signore, nel quale avevano creduto" (Atti 14:21-23). Anziani qui ovviamente significa vescovi.

Si scopre che i tre gradi di clero che esistono ancora oggi furono ordinati in ogni particolare comunità nei primi secoli del cristianesimo, e i loro poteri erano limitati a quella comunità. Compivano i servizi divini, si prendevano cura della moralità, stanziavano beni materiali, amministravano il giudizio, ma a quanto pare non si dedicavano all'insegnamento, o almeno non era obbligatorio per loro. I vescovi non si dedicavano all'opera missionaria e non predicavano Cristo né in altre città e paesi né, molto probabilmente, nella propria stessa città. Ciò era fatto da altre persone che, nei libri del Nuovo Testamento e in altri monumenti paleocristiani, erano chiamate apostoli, profeti e maestri.

L'apostolo Paolo scrive ai Corinzi: "Alcuni Dio li ha posti nella Chiesa in primo luogo come apostoli, in secondo luogo come profeti, in terzo luogo come maestri..." (1 Cor 12:28). Qui, per apostoli, si intende non i dodici e i settanta (o meglio non solo loro), ma una posizione ecclesiastica ben definita e comprensibile per la gente di quel tempo, che esisteva, come le posizioni dei profeti e dei maestri (didaskaloi) fino alla fine del II secolo. Tutte e tre queste posizioni erano carismatiche quando lo Spirito Santo comandava loro di andare a predicare il vangelo. Il libro degli Atti descrive come ciò è stato fatto in pratica: "C'erano nella comunità di Antiochia profeti e dottori: Barnaba, Simeone soprannominato Niger, Lucio di Cirène, Manaèn, compagno d'infanzia di Erode tetrarca, e Saulo" (At 13:1).

Gli apostoli erano esclusivamente predicatori itineranti, e predicavano solo i fondamenti stessi del cristianesimo, fondando una comunità e andando subito avanti. La Didaché o gli Insegnamenti dei dodici apostoli (fine del I secolo – inizi del II secolo) dice: "Ogni apostolo che viene a voi sia accolto come il Signore. Rimarrà un giorno e, se sarà necessario, un secondo". Questo requisito si applica ai casi in cui l'apostolo è entrato in una comunità cristiana già esistente. Allo stesso tempo, la Didaché richiede che, quando parte, l'apostolo prenda solo il cibo necessario per l'ulteriore viaggio, e avverte che se l'apostolo chiede denaro, è un falso apostolo.

I profeti erano missionari già più solidi, nel senso che predicavano in comunità già stabilite, potevano rimanervi per un tempo più lungo, e talvolta per sempre, insegnavano ai credenti non solo le basi del cristianesimo, ma spiegavano loro anche l'insegnamento in modo più dettagliato e eseguivano i servizi divini. Ricevevano dalla comunità una buona indennità monetaria e materiale, ma allo stesso tempo non svolgevano alcuna funzione amministrativa.

Gli insegnanti o didaskaloi erano quasi come i profeti, ma il loro ministero basato sulla loro decisione di diventare insegnanti era meno carismatico e l'insegnamento stesso veniva tramandato da loro piuttosto sotto forma di conoscenza intellettuale piuttosto che di rivelazione carismatica.

Apostoli, profeti e didaskaloi godevano di maggior rispetto e autorità nella Chiesa rispetto ai vescovi. Ciò è dimostrato dai monumenti paleocristiani. Per esempio, la Didaché, esortando i credenti a rispettare i vescovi, li identifica con profeti e didaskaloi, il che suggerisce che questi ultimi godessero di un'autorità indiscutibile e che i vescovi dovessero essere chiamati al rispetto. “Non mostrare disprezzo per i vescovi, dovrebbero essere onorati da te insieme ai profeti e ai didaskaloi; poiché fanno per voi il ministero dei profeti e didaskaloi". Contiene anche l'indicazione che le funzioni dei profeti, didaskaloi e degli apostoli nel tempo cominciarono a essere trasferite ai vescovi. Questi tre ministeri carismatici scompaiono nella Chiesa sul soglia del III sec.

Il ministero degli apostoli, dei profeti e dei didaskaloi, guidati dallo Spirito Santo, univa l'intera Chiesa. Le comunità da loro fondate in diverse città e paesi adottvano lo stesso insegnamento e ricevevano la stessa direzione di sviluppo. Queste comunità professavano la stessa fede anche se a quel tempo non esistevano ancora né i canoni dei libri del Nuovo Testamento né regole scritte per la vita della Chiesa, né chiare formulazioni dottrinali. Le attività di questi servitori di Dio rendevano anche superflua la forma conciliare di risoluzione dei problemi ecclesiali e dei disaccordi sorti tra le diverse comunità.

L'ascesa delle metropolie e dei patriarcati

Il numero dei vescovi nell'antichità era molto grande; praticamente ogni comunità cristiana aveva il suo vescovo. Il testo del documento dei secoli II-III noto nella scienza come Сanoni ecclesiastici (da non confondere con i Canoni apostolici) suggerisce che una comunità composta da soli 12 fedeli può eleggersi un vescovo e prevede addirittura un meccanismo per eleggere un vescovo in comunità con meno di 12 cristiani.

C'erano molti vescovi, i loro poteri non andavano oltre la comunità, ed erano tutti uguali. Tuttavia, man mano che le attività degli apostoli, dei profeti e dei didaskaloi si esaurirono gradualmente, sorse la necessità di una forma di governo ecclesiale come i concili. Allo stesso tempo, la funzione missionaria fu trasferita ai vescovi delle comunità cristiane. Si manifestava principalmente nel fatto che i vescovi delle città iniziavano a stabilire comunità cristiane nei villaggi vicini, a capo delle quali ponevano presbiteri (già nella nostra moderna concezione di questa posizione) o diaconi.

Spesso tali comunità, soprattutto nei villaggi più grandi, erano guidate anch'esse da vescovi subordinati al vescovo della città. Tali vescovi erano chiamati corepiscopi. E se all'inizio della nascita di questa istituzione, i corepiscopi erano uguali o quasi uguali ai vescovi, nel tempo i loro poteri furono ristretti e ridistribuiti a favore del vescovo della città da cui dipendevano.

Man mano che nelle campagne si moltiplicano le comunità cristiane, aumenta anche il numero dei corepiscopi. Per esempio, san Gregorio il Teologo nei suoi scritti indica che c'erano 50 corepiscopi nel distretto episcopale di san Basilio il Grande. Essi naturalmente costituivano un concilio sotto il vescovo per trattare questioni importanti. La riduzione dei poteri dei corepiscopi alla fine li equiparò ai presbiteri/anziani; e alla fine del IV secolo questa istituzione scomparve del tutto.

Inoltre, i distretti episcopali situati nelle vicinanze iniziarono a gravitare l'uno verso l'altro nel tempo, formando quindi un distretto metropolitano guidato dal "primo vescovo" o metropolita. Il termine stesso "metropolita" si riscontra per la prima volta nei canoni del primo Concilio ecumenico (325), ma questa stessa istituzione è apparsa in un periodo che va dalla fine del II secolo all'inizio del III secolo.

Il canone 34 dei santi Apostoli recita: "I vescovi di ogni nazione devono riconoscere colui che è il primo tra loro e considerarlo come loro capo e non fare nulla di conseguenza senza il suo consenso; ma ciascuno può fare solo quelle cose che riguardano la propria parrocchia e le campagne che le appartengono. Ma neppure colui (che è il primo) faccia nulla senza il consenso di tutti; poiché così ci sarà l'unanimità, e Dio sarà glorificato per mezzo del Signore nello Spirito Santo". Qui vediamo che con l'uguaglianza di tutti i vescovi nel rito e nell'insegnamento, appare già una certa subordinazione nell'attuazione della funzione amministrativa.

Naturalmente le città grandi e importanti dell'Impero Romano, Roma, Alessandria, Antiochia, ecc, divennero i centri dei distretti metropolitani. Di norma, le comunità cristiane in queste città erano state fondate da qualcuno dei dodici apostoli, e questo fatto conferiva loro un'autorità ancora maggiore. Man mano che il cristianesimo in queste città si rafforzava e il numero dei credenti si moltiplicava, si diffondeva nelle città vicine e meno significative, dove le comunità cristiane consideravano la comunità della città principale della loro provincia come la loro "Chiesa madre". Oggi questo termine, grazie alle pretese di supremazia del patriarca Bartolomeo, è stato screditato, ma esiste ancora.

I vescovi di tali città minori consideravano i vescovi delle metropolie come i loro fratelli maggiori e più autorevoli. Dagli inizi del III secolo, appare una forma conciliare di governo della Chiesa, da allora sono stati regolarmente convocati Concili locali, che sono costituiti principalmente dai vescovi di un distretto metropolitano. Questo, per ovvie ragioni, eleva ulteriormente il vescovo della metropolia. Questi ha più occasioni per avvisare tutti i vescovi della convocazione di un concilio, in una città più grande e comoda c'è più possibilità di ricevere e accogliere ospiti. Lì, di regola, ci sono chiese o altri locali che possono ospitare un gran numero di partecipanti. Infine, è più conveniente per il vescovo di una grande città informare la gente sulle decisioni di un concilio e metterle in atto.

Va anche aggiunto che nelle grandi città c'era una vita economica più attiva, che portava a opportunità finanziarie più significative per le comunità di tali città. L'istruzione e la scienza fiorirono, dando alle comunità chierici e parrocchiani più istruiti.

La fondazione di una comunità cristiana da parte di uno dei dodici apostoli non faceva successivamente di tale comunità una metropolia. Per esempio, gli apostoli fondarono comunità in città come Troade, Listra e altre, che però non ebbero mai alcun vantaggio. Gerusalemme, che in alcuni scritti è chiamata "sede di Gesù Cristo stesso", fu subordinata al vescovo di Cesarea di Palestina nei secoli II-III. Il più importante fattore decisivo nell'elevazione di una città al rango di metropolia era il suo significato politico e amministrativo, e non l'antichità della sede, l'origine apostolica o altre ragioni puramente religiose.

I processi di accentramento che furono caratteristici della Chiesa nei secoli II-III e portarono alla nascita delle metropolie sfociarono poi nella nascita dei patriarcati. Nel III secolo, in ogni principale città provinciale dell'Impero Romano, in ogni metropolia civile, si formò una sede metropolitana della chiesa, e poiché c'erano molte di queste metropolie civili, il numero di metropoliti era corrispondente.

Gradualmente, cominciano a crescere di rango i metropoliti delle città più grandi e importanti, che alla fine acquisirono lo status di patriarchi. Pertanto, l'emergere dei patriarcati è una logica continuazione dello sviluppo del sistema delle metropolie e dei distretti metropolitani. Il rapporto dei patriarchi con i metropoliti, le loro funzioni e poteri sono gli stessi dei metropoliti stessi nei confronti dei vescovi ad essi subordinati, come il diritto di giudizio e di appello, la vigilanza sull'elezione dei vescovi e sulla loro consacrazione, la convocazione e la direzione dei concili.

La nascita del Patriarcato di Costantinopoli

Dei cinque patriarcati sorti nel primo millennio della storia cristiana, solo tre si sono formati nel modo naturale sopra descritto: i patriarcati di Roma, Alessandria e Antiochia. Quanto agli altre due, Gerusalemme e Costantinopoli, la loro formazione è stata alquanto diversa. Per quanto riguarda il Patriarcato di Gerusalemme, possiamo solo dire che dopo la distruzione di Gerusalemme e la formazione al suo posto della città di Aelia Capitolina con una popolazione prevalentemente pagana, la comunità cristiana di questa città perse il suo antico significato e alla fine fu subordinata al metropolita di Cesarea di Palestina, e quest'ultimo, a sua volta, al patriarca di Antiochia. La sua elevazione al rango di patriarcato avviene dopo il regno dell'imperatore Costantino il Grande, in cui fu aperto il Santo Sepolcro, fu ritrovato il prezioso legno della Croce, e furono costruite chiese cristiane. Per quanto riguarda il Patriarcato di Costantinopoli, la sua ascesa va di pari passo con l'istituzione di Costantinopoli come nuova capitale dell'impero.

La prima menzione dei diritti dei patriarchi, che non erano ancora così chiamati, è contenuta nel Canone 6 del I Concilio Ecumenico (325), si legge: "Prevalgano le antiche usanze in Egitto, Libia e Pentapoli: che il vescovo di Alessandria abbia giurisdizione su tutte queste, poiché la stessa cosa è consuetudine anche per il vescovo di Roma. Allo stesso modo, ad Antiochia e nelle altre province, le Chiese mantengano i loro privilegi".

Come si vede, non si parla del Patriarcato di Costantinopoli ma di alcune "altre province", i cui vescovi avevano diritti di patriarchi. Ciò che queste province è spiegato nel canone 2 del II Concilio Ecumenico (381), che ripete e dettaglia il canone 6 del II Concilio: "I vescovi non devono andare oltre le loro diocesi verso chiese che si trovano al di fuori dei loro confini, né creare confusione tra le chiese; ma il vescovo di Alessandria, secondo i canoni, amministri da solo le questioni dell'Egitto; e che i vescovi dell'Oriente gestiscano solo l'Oriente, conservando i privilegi della Chiesa di Antiochia, che sono menzionati nei canoni di Nicea; e che i vescovi della diocesi dell'Asia amministrino solo le questioni dell'Asia; e i vescovi del Ponto solo le questioni del Ponto; e i vescovi della Tracia solo le questioni della Tracia".

Cioè, secondo questo canone, alla fine del IV secolo non c'erano cinque, ma sei patriarcati: Roma, Alessandria, Antiochia, Efeso (Asia), Cesarea di Cappadocia (Ponto) ed Eraclio (Tracia).

A quel tempo, Costantinopoli era già la capitale dell'impero e il II Concilio ecumenico, che si tenne anche a Costantinopoli, decise di concedere al vescovo di questa città alcuni diritti onorifici. Ciò è affermato nel Canone 3 di questo concilio: "Il vescovo di Costantinopoli, tuttavia, avrà la prerogativa d'onore dopo il vescovo di Roma, perché Costantinopoli è la Nuova Roma".

Qui non si dice assolutamente nulla dei diritti del vescovo di Costantinopoli, perché questi non differivano in alcun modo dai diritti dei vescovi ordinari subordinati ai metropoliti. Se il Canone 2 parla di quali province sono subordinate ai vescovi (o patriarchi) di Alessandria, Antiochia, Efeso, ecc, allora il Canone 3 parla solo della prerogativa d'onore del vescovo di Costantinopoli come vescovo della città, non della provincia. La sua giurisdizione si estendeva solo a Costantinopoli, e amministrativamente (formalmente) era subordinata al vescovo di Eraclio. È molto buffo notare che la situazione è all'incirca la stessa che i fanarioti hanno cercato di organizzare all'inizio nella "Chiesa ortodossa dell'Ucraina" per placare Filaret Denisenko: il patriarca onorario era subordinato al metropolita.

Ma nel tempo, questo "patriarcato onorario" di Costantinopoli diventa un patriarcato di fatto, che gli viene infine assegnato legalmente dal IV Concilio ecumenico (451), il cui Canone 28 recita così: "anche noi emaniamo e decretiamo le stesse cose riguardanti i privilegi della santissima Chiesa di Costantinopoli, che è la nuova Roma. I padri giustamente concessero privilegi al trono della vecchia Roma, perché essa era la città imperiale. E i 150 piissimi vescovi, mossi dalla stessa considerazione, diedero pari privilegi al santissimo trono della Nuova Roma, giudicando giustamente che quella città che è onorata dalla sovranità e dal Senato, e gode di uguali privilegi della vecchia Roma imperiale, dovrebbe anche in materia ecclesiastica essere come lei magnificata, ed essere in rango accanto a lei; affinché nelle diocesi del Ponto, dell'Asia e della Tracia, i metropoliti e anche i vescovi delle diocesi di cui sopra che sono tra i barbari, debbano essere ordinati dal suddetto santissimo trono della santissima Chiesa di Costantinopoli; ogni metropolita delle suddette diocesi, insieme ai vescovi della sua provincia, ordina i suoi vescovi provinciali, come è stato dichiarato dai canoni divini; ma come è stato detto, i metropoliti delle suddette diocesi dovrebbero essere ordinati dall'arcivescovo di Costantinopoli, dopo che le elezioni appropriate sono state tenute secondo consuetudine e sono state a lui segnalate".

Come si vede, il Canone 28, in contrasto con il Canone 3 del II Concilio ecumenico, a cui si riferisce, non parla di prerogativa d'onore ma di specifici diritti patriarcali. Allo stesso tempo, il IV Concilio ecumenico elenca esattamente quali province sono soggette all'autorità del vescovo di Costantinopoli, non permettendogli di estendere la sua autorità oltre i loro confini. E queste province, come è facile intuire, sono proprio tre patriarcati passati alla storia: Efeso, Cesarea di Cappadocia ed Eraclio. Cioè, questi patriarcati, a causa dello status di capitale di Costantinopoli e della vicinanza territoriale ad essa, furono aboliti e subordinati al Patriarcato di Costantinopoli. Per inciso, i legati del papa protestarono contro questo canone, e il papa stesso non lo riconobbe per secoli.

Tuttavia tale subordinazione avvenne naturalmente nel IV-V secolo e il IV Concilio ecumenico la documentò solo legalmente. Per vari motivi, nella capitale dell'impero venivano spesso vescovi di altre città, e tutti erano ospiti del vescovo di Costantinopoli. Spesso, approfittando della loro presenza, si formava con loro un concilio presieduto dallo stesso vescovo di Costantinopoli per risolvere varie questioni ecclesiali. Come vescovo della capitale, questi poteva intercedere per altri vescovi davanti all'imperatore e risolvere anche altre questioni. Tutto ciò contribuì al fatto che era il vescovo di Costantinopoli a godere degli effettivi diritti patriarcali piuttosto che i vescovi delle tre province sopra citate.

Per esempio, lo storico della chiesa Teodoreto scrive dell'arcivescovo di Costantinopoli Giovanni Crisostomo (347-407): "Giovanni aveva cura non solo della sua città, ma anche dell'intera Tracia, persino dell'Asia intera, e governava l'intera provincia del Ponto". Successivamente, quando san Giovanni Crisostomo fu rimosso dalla sede, questa ingerenza non canonica a quel tempo negli affari di altre Chiese gli sarebbe stata imputata insieme ad altre accuse.

Conclusioni

Le conclusioni di questo breve saggio storico possono essere le seguenti:

In primo luogo, l'intero sistema amministrativo della Chiesa con patriarcati, distretti metropolitani, e successivamente esarcati, autonomie, ecc. non ha alcun significato sacro né origine apostolica. È sorto a causa delle specifiche condizioni politiche e di altro tipo prevalenti in quel momento. A un certo punto, la Chiesa, con il suo spirito conciliare, ha ritenuto che proprio tali forme di struttura amministrativa sarebbero state le più efficaci.

In secondo luogo, nel tempo e con il mutare delle condizioni storiche, queste forme si sono sviluppate e sono mutate. I successivi Concili ecumenici già regolavano alcuni rapporti tra le Chiese locali in modo diverso rispetto ai Concili precedenti. Ne consegue che la Chiesa in quanto organismo vivente ha il diritto di modificare queste forme di governo in relazione alle nuove condizioni storiche perché esse, lo ripetiamo, non costituiscono il soggetto della fede cristiana. In realtà, questo è ciò che osserviamo. Per esempio, qualche centinaio di anni fa non esistevano Chiese autonome.

In terzo luogo, l'affermazione che la Chiesa può esistere solo ed esclusivamente sotto forma di cinque patriarcati (abbastanza popolare nel Medioevo) non ha basi storiche o ancor più dogmatiche. Come già accennato, il secondo Concilio ecumenico cita sei patriarcati, tra i quali non esiste quello di Costantinopoli.

In quarto luogo, la Chiesa di Costantinopoli deve la sua elevazione e i suoi diritti patriarcali unicamente al fatto che Costantinopoli era la capitale dell'Impero. Il canone 28 del quarto Concilio ecumenico ne parla molto chiaramente: "perché era la città imperiale <...> la città che è onorata dal potere imperiale e dal senato". Ne consegue che se le condizioni su cui si basava questo canone sono scomparse, allora esso stesso, quanto meno, perde il suo significato.

Cioè, possiamo tranquillamente affermare che gli attuali tentativi dei vescovi di Costantinopoli di sostanziare i loro diritti esclusivi con riferimenti ai Concili ecumenici non sono giustificati né storicamente né canonicamente.

 
Inno Acatisto al santo imperatore Nicola II

In occasione del giorno della festa dei martiri della famiglia imperiale russa, presentiamo nei “Testi delle funzioni” il testo bilingue slavonico / italiano dell’Inno Acatisto al santo imperatore Nicola II (come tutti i testi delle funzioni, si può anche aprire in formato PDF, più comodo da salvare in memoria e da stampare). Il testo slavonico è opera di Daniel Stolypin, un pronipote del famoso ministro Pjotr Stolypin, e la prima traduzione in lingua inglese (mancante di alcune parti, mentre la nostra versione italiana è ora completa) è stata pubblicata dall’archimandrita Nektarios (Serfes) nella sua pagina memoriale dei martiri imperiali.

 
Dichiarazione del metropolita Jean di Dubna

A seguito dei drammatici eventi di ieri, sua Eminenza il metropolita Jean di Dubna ha specificamente benedetto la pubblicazione del seguente testo su tutti i media al fine di contrastare ogni sorta di falsità che è circolata su Internet negli ultimi due mesi. Lo pubblichiamo quindi anche qui.

Sulla ricezione dei chierici della Chiesa ortodossa russa fuori dalla Russia da parte dell'Arcidiocesi del Patriarcato di Mosca delle Chiese ortodosse di tradizione russa in Europa occidentale

1. Il 23 agosto 2021, un gruppo di tredici chierici ortodossi russi nel Regno Unito (di seguito denominati "chierici") si è trasferito dalla diocesi della ROCOR dell'Europa occidentale (di seguito "la diocesi della ROCOR") all'arcidiocesi del Patriarcato di Mosca delle Chiese ortodosse di Tradizione russa nell'Europa occidentale (di seguito "l'arcidiocesi del Patriarcato di Mosca"). Questo trasferimento è stato formalmente annunciato dall'arcidiocesi del Patriarcato di Mosca nel suo Comunicato del 3 settembre 2021:

Suite à leur demande instante et répétée ainsi qu’à leur Pétition, par économie canonique pour qu’ils puissent vivre en plénitude la grâce de l’Église orthodoxe, les 21 et 23 août dernier ont été reçus au sein de l’Archevêché des églises orthodoxes de tradition russe en Europe occidentale les communautés et les clercs du Royaume-Uni ci-dessous mentionnés: ... [Seguono i nomi dei chierici maggiori che si sono trasferiti dalla ROCOR all'arcidiocesi del Patriarcato di Mosca]

2. Questo trasferimento è stato motivato da due fattori principali. In primo luogo, i chierici hanno cercato di sfuggire alla situazione di scisma in cui erano stati posti dal vescovo ordinario della diocesi della ROCOR, il vescovo Irenei Steenberg. In secondo luogo, i chierici non potevano conciliarsi né con l'attacco del vescovo Irenei alla tradizione ortodossa russa, né con le azioni anticanoniche del vescovo Irenei, azioni che superano di gran lunga i limiti della propria giurisdizione canonica all'interno della Chiesa.

3. I chierici avevano sperato che il loro trasferimento avvenisse in silenzio e senza polemiche. Sfortunatamente, a causa delle successive azioni del vescovo Irenei Steenberg e di un piccolo numero di chierici all'interno della diocesi della ROCOR, ciò non è stato possibile. Diverse false dichiarazioni di questo trasferimento sono state circolate, online e per corrispondenza, in particolare la falsa affermazione secondo cui questo trasferimento non è avvenuto in modo canonico. In seguito al loro trasferimento, lo stesso vescovo Irenei, in violazione sia dei santi Canoni della Chiesa Ortodossa che delle procedure stesse della ROCOR, ha emesso a molti membri dei chierici avvisi di sospensione e convocazione a comparire davanti al suo tribunale diocesano. Ancora oggi, queste azioni recriminatorie sono in corso.

4. Di conseguenza, si è reso necessario redigere la seguente dichiarazione. Questa dichiarazione avrà quattro componenti. (1) Presenterà le ragioni del trasferimento dei chierici dalla diocesi della ROCOR all'arcidiocesi del Patriarcato di Mosca nell'agosto 2021. (2) Correggerà l'errata affermazione secondo cui il trasferimento dei chierici non è avvenuto in modo canonico. (3) Evidenzierà le violazioni dei santi Canoni, delle procedure proprie della ROCOR e del diritto naturale da parte del vescovo Irenei Steenberg e del suo tribunale diocesano nelle azioni recriminatorie del vescovo Irenei contro i chierici. (4) Tenterà di delineare ciò che è necessario per porre fine all'attuale scisma in cui è stata collocata la diocesi della ROCOR dal vescovo Irenei e ciò che è necessario per un cammino costruttivo.

I. Le ragioni del trasferimento.

5. Il trasferimento dei chierici dalla diocesi della ROCOR all'arcidiocesi del Patriarcato di Mosca è stato provocato da tre questioni: (i) la violazione della comunione sacramentale e dell'unità canonica della ROCOR con l'arcidiocesi del Patriarcato di Mosca nel Regno Unito nel gennaio 2021; (ii) l'azione non canonica del Vescovo della ROCOR dell'Europa occidentale nel giudicare pubblicamente i chierici al di fuori della sua giurisdizione nel febbraio 2021; e (iii) la dichiarazione di intenzione di cessare la comunione sacramentale della ROCOR con la diocesi di Sourozh, nell'aprile 2021.

(i) Lo scisma della ROCOR dall'arcidiocesi del Patriarcato di Mosca nel Regno Unito.

6. Il 17 dicembre 2020, il metropolita Jean di Dubna, metropolita ordinario dell'arcidiocesi del Patriarcato di Mosca, ha ricevuto un sacerdote greco-cattolico, padre Jacob Siemens, tra le file del suo clero nella cattedrale di sant'Alessandro Nevsky a Parigi. Nel ricevere padre Jacob, il metropolita Jean non ha eseguito una riordinazione, ma ha ricevuto padre Jacob mediante vestizione e concelebrazione.

7. Dopo aver appreso di questo evento, il vescovo ordinario della diocesi della ROCOR, il vescovo Irenei Steenberg, ha respinto l'accoglienza di P. Jacob Siemens mediante vestizione e concelebrazione. Nella sua Direttiva № 359/E, datata 23 gennaio 2021, il vescovo Irenei ha affermato che è assolutamente impossibile per un sacerdote cattolico essere accolto nella Chiesa ortodossa come sacerdote mediante vestizione e concelebrazione:

...la 'ricezione' il 4/17 dicembre 2020 da parte dell'Arcidiocesi di un individuo eterodosso di nome James [sic] Siemens, residente nei dintorni di Cardiff, Galles, presumibilmente nei ranghi del santo clero ortodosso, ma in un modo che ci sembra violare i santi Canoni ortodossi e le ferme pratiche della Chiesa ortodossa russa nel suo insieme: vale a dire che questo individuo, che era un sacerdote uniate cattolico ucraino, è stato "ricevuto" nell'Ortodossia a prescindere dalle misure sacramentali del battesimo o della cresima, e inoltre, è stato successivamente riconosciuto come sacerdote ortodosso, senza avere un'ordinazione ortodossa. Mentre la prima situazione (l'accoglienza nell'Ortodossia 'per confessione') è canonicamente altamente irregolare, ma non un'applicazione erronea del tutto senza precedenti da parte dell'economia delle misure canoniche destinate ad applicarsi a chi ha un battesimo/cresima ortodosso e ritorna dallo scisma (in questo caso, applicandolo impropriamente a un uomo che non ha mai avuto né l'uno né l'altro), quest'ultima questione, ovvero il "riconoscere" un'ordinazione eterodossa come se costituisse l'istituzione di un uomo come sacerdote ortodosso, è del tutto non canonica e va contro i fondamenti più basilari del santa Chiesa ortodossa, alla cui vera natura siamo chiamati a essere obbedienti e, quando è messa in questione, a difenderla, per il bene dei fedeli.

8. Nella stessa Direttiva № 359/E, del 23 gennaio 2021, il vescovo Irenei Steenberg ha risposto all'accoglienza nell'arcidiocesi del Patriarcato di Mosca di padre Jacob Siemens rivolgendosi formalmente al suo clero (in grassetto), come segue:

Non potete né concelebrare né partecipare liturgicamente, o in qualsiasi misura ecclesiastica, con il suddetto James Siemens, né con alcun chierico o istituzione locale dell'Arcidiocesi/Esarcato nelle Isole Britanniche. Inoltre, se avete figli spirituali o parrocchiani che a volte hanno frequentato parrocchie dell'Esarcato nel Regno Unito per motivi di vicinanza, ecc., dovete informarli che fino a quando la questione non sarà risolta, non potranno ricevere i sacramenti in nessuna parrocchia dell'Esarcato nelle Isole Britanniche. [1]

9. Con questa direttiva il vescovo Irenei Steenberg ha rotto l'unità della Chiesa ortodossa russa nelle Isole Britanniche. Da un lato, dal momento che non ci può essere la comunione sacramentale senza la concelebrazione e la partecipazione liturgica, la direttiva del vescovo Irenei, che proibisce la concelebrazione e la partecipazione liturgica della ROCOR con l'arcidiocesi del Patriarcato di Mosca nelle Isole Britanniche, ammonta ipso facto a una rottura della comunione sacramentale della ROCOR con l'arcidiocesi del Patriarcato di Mosca nelle Isole Britanniche. D'altra parte, poiché l'unità canonica si realizza proprio attraverso reciproche misure ecclesiastiche, non può esserci unità canonica tra due diocesi o Chiese senza che entrambe partecipino a tali misure ecclesiastiche comuni. In quanto tale, la Direttiva del vescovo Irenei di vietare a tutta la ROCOR la partecipazione a qualsiasi misura ecclesiastica con l'arcidiocesi del Patriarcato di Mosca porta ipso facto ad una rottura dell'unità canonica della ROCOR con l'arcidiocesi del Patriarcato di Mosca nelle Isole Britanniche. E poiché una rottura della comunione sacramentale e dell'unità canonica è uno scisma, la direttiva del vescovo Irenei che compie una rottura della comunione sacramentale e dell'unità canonica della ROCOR con l'arcidiocesi del Patriarcato di Mosca nel Regno Unito equivale all'inizio di uno scisma della ROCOR dall'arcidiocesi del Patriarcato di Mosca nelle Isole Britanniche.

10. La decisione del vescovo Irenei Steenberg di iniziare uno scisma con l'arcidiocesi del Patriarcato di Mosca su questa base non poteva essere accettata dai chierici.

10.1. In linea di principio, come cristiani ortodossi russi, i chierici non potevano accettare l'assoluta negazione dogmatica del vescovo Irenei Steenberg dell'accoglienza dei preti cattolici nella Chiesa ortodossa russa mediante vestizione e concelebrazione. L'accoglienza dei sacerdoti cattolici in questo modo è una pratica del tutto standard nella Chiesa ortodossa russa. Indicativamente:

  • L'arcidiocesi del Patriarcato di Mosca riceve i chierici cattolici mediante vestizione e concelebrazione, come testimonia per esempio l'accoglienza di padre Jacob Siemens da parte del metropolita Jean di Dubna.

  • Il Patriarcato di Mosca riceve i chierici cattolici mediante vestizione e concelebrazione, come è avvenuto per esempio con l'accoglienza dello ieromonaco Gabriel Bunge da parte del metropolita Hilarion (Alfeev) di Volokolamsk.

  • Vescovi dell'emigrazione russa, come san Tikhon di Mosca, il metopolita Evlogij (Georgievskij) e l'arcivescovo Georges (Wagner) hanno tutti ricevevano sacerdoti cattolici mediante vestizione e concelebrazione.

  • Fu mediante vestizione e concelebrazione che sant'Alessio (Toth) di Wilkes-Barre, e i molti sacerdoti cattolici che lo seguirono, furono ricevuti dal cattolicesimo nella Chiesa ortodossa russa.

  • Rifiutando in modo assoluto l'accoglienza dei sacerdoti cattolici nella Chiesa ortodossa attraverso la vestizione e la concelebrazione, il vescovo Irenei stava di fatto rifiutando la pratica ortodossa russa e la testimonianza dei santi ortodossi russi canonizzati. Come cristiani ortodossi russi, i chierici non potevano accettare un tale rifiuto della pratica e della testimonianza dei santi canonizzati della Chiesa ortodossa russa.

10.2. Nonostante le affermazioni di lealtà del vescovo Irenei Steenberg alle "solide pratiche della Chiesa ortodossa russa nel suo insieme", il suo scisma era in realtà basato, non sulla fedeltà all'Ortodossia russa, ma piuttosto sul rifiuto delle tradizioni e dei santi della Chiesa ortodossa russa. E, come cristiani ortodossi russi, non era possibile per i chierici seguire il vescovo Irenei in uno scisma basato sul rifiuto della tradizione ortodossa russa e sulla testimonianza dei santi ortodossi russi canonizzati.

(i) Il giudizio pubblico sommario del vescovo Irenei su chierici al di fuori della sua giurisdizione.

11. Dopo aver avviato uno scisma con l'arcidiocesi del Patriarcato di Mosca nelle Isole Britanniche, il vescovo Irenei Steenberg ha proceduto alla pubblicazione della sua Comunicazione № 390/E, datata 26 febbraio 2021 – una comunicazione che è stata, per sua istruzione, letta pubblicamente dall'ambone della parrocchia della ROCOR a Cardiff:

Nel dicembre dello scorso anno, l'arcidiocesi, con sede a Parigi, avrebbe ricevuto un certo dottor James [sic] Siemens nella santa Ortodossia, sebbene senza Battesimo o Cresima, e ora lo promuove come 'sacerdote', sebbene questo individuo non abbia un'ordinazione ortodossa – in diretta violazione dei santi Canoni della Chiesa. … Il dottor Siemens è, secondo i santi Canoni della Chiesa ortodossa, non un sacerdote ma un laico, e quindi non ha ricevuto la grazia dell'ordinazione per compiere alcun rito o sacramento della Chiesa ortodossa. Un 'battesimo' compiuto da un non sacerdote non è un battesimo; una 'confessione' compiuta da un non sacerdote non è una confessione sacramentale; la 'liturgia' celebrata da un non sacerdote non è la Divina Liturgia e coloro che si accostano a un calice ivi offerto non ricevono il prezioso corpo o il sangue di Cristo, qualunque cosa dica chi lo offre o chi ha autorità su di lui. Questo è solo un inganno spirituale, e rischia di condurre i fedeli inconsapevoli nella trappola dei falsi sacramenti e della falsa fede.

12. Con questa comunicazione, il vescovo Irenei Steenberg ha formalmente e pubblicamente emesso un giudizio sommario su padre Jacob Siemens, non solo sollevando una questione sull'ordinazione di padre Jacob, ma affermando categoricamente che padre Jacob non era stato ordinato, che non era un sacerdote ortodosso e che era, piuttosto, un "non-prete". Inoltre, con questo avviso, il vescovo Irenei ha emesso un giudizio sommario sottilmente velato sul metropolita Jean di Dubna, affermando che un vescovo che ha riconosciuto padre Jacob come sacerdote ortodosso era in realtà colpevole di "inganno spirituale".

13. Tuttavia, queste azioni del vescovo Irenei non potevano essere accettate dai chierici.

13.1. I chierici non potevano accettare il giudizio su padre Jacob Siemens come "non-prete", per ragioni che conseguono da quelle sopra esposte (paragrafo 10.1). Proprio come padre Jacob era un sacerdote cattolico ricevuto nel sacerdozio ortodosso attraverso la vestizione e la concelebrazione, così anche sant'Alessio di Wilkes-Barre era un sacerdote cattolico ricevuto nel sacerdozio ortodosso attraverso la vestizione e la concelebrazione. Secondo la logica del giudizio del vescovo Irenei Steenberg, se, per il suo modo di ricevere, padre Jacob non fosse un prete ma un "non-prete" che esercita un ministero sacramentalmente fittizio, allora anche sant'Alessio di Wilkes-Barre sarebbe stato un "non-prete" che ha trascorso l'intero servizio clericale ortodosso – un servizio per il quale la Chiesa ortodossa russa lo riconosce come santo – esercitando un ministero sacramentalmente fittizio. Tale posizione, tuttavia, è inaccettabile, poiché è un rifiuto diretto dell'autenticità del ministero di un santo ortodosso russo canonizzato. In quanto cristiani ortodossi russi, i chierici non potevano accettare alcun giudizio che comportasse una tale conseguenza, e come tali non potevano accettare il contenuto del giudizio del vescovo Irenei su padre Jacob Siemens.

13.2. I chierici non potevano accettare neppure il giudizio del vescovo Irenei Steenberg – per quanto dichiarato esplicitamente o implicitamente – che i vescovi della Chiesa ortodossa russa, come il metropolita Jean di Dubna, sono colpevoli di "inganno spirituale" quando riconoscono il sacerdozio dei sacerdoti ortodossi russi ricevuti dal cattolicesimo per vestizione e concelebrazione. Infatti, se il metropolita Jean di Dubna fosse colpevole su questa base di "inganno spirituale", lo sarebbero anche (alla luce del paragrafo 10.1, sopra) san Tikhon di Mosca, il metropolita Evlogij (Georgievskij), l'arcivescovo Georges (Wagner), il metropolita Ilarion di Volokolamsk e molti altri vescovi ortodossi russi – poiché anch'essi riconoscono come sacerdoti ortodossi dei sacerdoti che sono stati ricevuti dal cattolicesimo mediante la vestizione e la concelebrazione. Ma un tale giudizio – che giudica colpevoli di "inganno spirituale" anche i santi ortodossi russi canonizzati – non solo è incompatibile con la tradizione ortodossa russa, bensì è un attacco diretto alla tradizione ortodossa russa. Come cristiani ortodossi russi, i chierici non potevano accettare alcun giudizio che comportasse una tale conseguenza, e come tale non potevano accettare il contenuto del giudizio del vescovo Irenei Steenberg sul metropolita Jean di Dubna come colpevole di "inganno spirituale".

13.3. Inoltre, così come i chierici non potevano accettare il contenuto dei giudizi pubblici del vescovo Irenei Steenberg su padre Jacob Siemens e sul metropolita Jean di Dubna, non potevano nemmeno accettare il fatto che il vescovo Irenei avesse emesso tali giudizi in forma pubblica. Poiché, come attestano, indicativamente, il Canone 14 del Concilio Protodeutero, il Canone 2 del secondo Concilio ecumenico e il Canone 13 del Concilio di Antiochia, è principio generale dell'ordine canonico nella Chiesa ortodossa che ogni vescovo rispetti i limiti della propria giurisdizione:

Ciascun [vescovo] ha bisogno di conoscere i propri debiti limiti... [2]

I vescovi non devono andare oltre la loro giurisdizione verso Chiese che si trovano al di fuori dei limiti di tale giurisdizione, in modo che non vi sia confusione tra le Chiese... [3]

Nessun vescovo osi andare da un'eparchia all'altra... a meno che, chiamato a farlo, non arrivi con lettere del metropolita e dei vescovi nel cui territorio si reca. Se, senza essere chiamato da nessuno, un vescovo si allontana in modo irregolare per... ingerirsi in cose ecclesiastiche che non lo riguardano, allora gli atti da lui fatti saranno nulli; e, per la sua irregolarità, sarà soggetto a punizione per la sua azione irragionevole, essendo immediatamente deposto dal Santo Sinodo. [4]

Tuttavia, né padre Jacob Siemens né il metropolita Jean di Dubna sono chierici sotto la giurisdizione del vescovo Irenei Steenberg. Infatti, non solo non sobo chierici all'interno della diocesi della ROCOR retta dal vescovo Irenei, ma nemmeno chierici all'interno della ROCOR. E come tale, il vescovo Irenei non aveva alcuna giurisdizione canonica per emettere un giudizio sommario pubblico su nessuno dei due. Piuttosto, qualsiasi preoccupazione che il vescovo Irenei avesse su padre Jacob Siemens o sul metropolita Jean di Dubna avrebbe dovuto essere da lui riferita all'organismo appropriato che possiede la giurisdizione canonica per giudicare la questione. Nel caso di padre Jacob, ciò significherebbe riferire la preoccupazione al vescovo diocesano di padre Jacob; mentre nel caso del metropolita Jean significherebbe riferire la preoccupazione al Sinodo o al Concilio dei vescovi del Patriarcato di Mosca. Poi, in ogni caso, deferita la questione, Il vescovo Irenei avrebbe dovuto lasciare all'ente in questione il compito di indagare e giudicare (o meglio, di decidere se giudicare o meno del tutto). Tuttavia, non riuscendo a seguire la via canonica, ma scegliendo invece di esprimere un giudizio sommario su padre Jacob e sul metropolita Jean, il vescovo Irenei ha agito ultra vires, assumendosi la giurisdizione che spetta (in un caso) al metropolita del Patriarcato di Mosca, e (nell'altro) al Sinodo o al Concilio dei vescovi del Patriarcato di Mosca. E, come cristiani ortodossi russi, fedeli alla struttura canonica della Chiesa ortodossa russa, i chierici non potevano accettare tale azione anti-canonica da parte del vescovo Irenei – azione la cui natura anti-canonica è di tale gravità che il canone 13 del Concilio di Antiochia (citato sopra) richiede la punizione per mezzo della deposizione.

(iii) L'intenzione di cessare la Comunione della ROCOR con la diocesi di Sourozh.

14. A seguito degli eventi di cui sopra, il 25 aprile 2021, il vescovo Irenei Steenberg ha dichiarato verbalmente all'arciprete Andrew Phillips che intendeva interrompere la comunione sacramentale della diocesi della ROCOR con la diocesi di Sourozh – la diocesi del Regno Unito dell'esarcato patriarcale del Patriarcato di Mosca in Europa occidentale – se quest'ultima non seguiva il vescovo Irenei nella rottura della comunione sacramentale con l'arcidiocesi del Patriarcato di Mosca del Regno Unito. Con questa dichiarazione, il vescovo Irenei ha chiarito che era disposto e che stava attivamente pianificando di estendere lo scisma della diocesi della ROCOR, oltre il semplice scisma con l'arcidiocesi del Patriarcato di Mosca nel Regno Unito, a uno scisma con l'intero Patriarcato di Mosca nelle isole Britanniche.

15. I chierici hanno compreso che la diocesi di Sourozh non avrebbe accettato il rifiuto del vescovo Irenei Steenberg della pratica standard ortodossa russa di ricevere preti cattolici mediante vestizione e concelebrazione, e che in quanto tale la diocesi di Sourozh non avrebbe seguito il vescovo Irenei in uno scisma con l'arcidiocesi del Patriarcato di Mosca su tale base. E i chierici non potevano accettare il progetto del vescovo Irenei di estendere lo scisma della diocesi della ROCOR a uno scisma con l'intero Patriarcato di Mosca nelle Isole Britanniche. I chierici erano, e sono, impegnati per l'unità della Chiesa ortodossa russa, sia nell'Atto di comunione canonica del 2007 tra la ROCOR e il Patriarcato di Mosca, sia nella Gramota patriarcale del 2019 che ha unito l'arcidiocesi del Patriarcato di Mosca al Patriarcato di Mosca. In quanto tale, nel contesto delle Isole Britanniche, i chierici non potevano seguire un piano che li spingesse ulteriormente in una situazione di divisione involontaria dal resto della Chiesa ortodossa russa – e soprattutto non un piano basato su una posizione che era essa stessa un rifiuto della tradizione e della santità ortodossa russa.

(iv) La decisione di trasferirsi all'arcidiocesi del Patriarcato di Mosca.

16. I chierici hanno tentato di portare la situazione della diocesi della ROCOR nelle Isole Britanniche all'attenzione del Sinodo della ROCOR a New York. Tuttavia, questo tentativo non ha avuto successo e i chierici sono giunti a capire che lo scisma della diocesi della ROCOR nelle Isole Britanniche non sarebbe stato risolto dal Sinodo.

17. In questa situazione estremamente difficile, i chierici hanno riconosciuto che non esisteva alcun canone che stabilisse in modo preciso ed esplicito quale azione dovessero assumere i chierici nel caso in cui, appartenendo a una fra tre giurisdizioni territorialmente sovrapposte di un unico patriarcato, fossero spinti in un situazione di scisma dalle altre due giurisdizioni sovrapposte, per ragioni che erano esse stesse un rifiuto delle pratiche e della tradizione di santità dello stesso patriarcato. Qui i chierici hanno guardato al principio generale sotteso al canone 14 del Sinodo di Sardica, che, in un contesto correlato, dirige i chierici la cui comunione con la propria Chiesa è messa a repentaglio dal proprio vescovo diocesano, ma che si trovano in una situazione in cui non hanno accesso al proprio metropolita, a procedere invece ad accostarsi al metropolita di una vicina eparchia:

... il presbitero o diacono abbia facoltà di rifugiarsi [καταφυγεῖν] presso il metropolita della sua eparchia – oppure, se il metropolita è assente, abbia facoltà di correre [κατατρέχειν] presso il metropolita di una vicina eparchia... [5]

Qui, i chierici erano consapevoli che, appartenendo a una tradizione europea della ROCOR il cui particolare contesto di fondatzione era quello dell'emigrazione russa nell'Europa occidentale, avevano una particolare affinità con l'arcidiocesi del Patriarcato di Mosca, la cui storia e le cui tradizioni di emigrati si sovrapponevano sostanzialmente alle proprie. Pertanto, dopo molte deliberazioni, i chierici hanno preso la decisione di rivolgersi al metropolita Jean di Dubna, ordinario dell'arcidiocesi del Patriarcato di Mosca, cercando rifugio dallo scisma della diocesi della ROCOR attraverso un trasferimento di giurisdizione all'arcidiocesi del Patriarcato di Mosca.

18. Se il vescovo Irenei Steenberg non avesse istituito uno scisma basato su ragioni profondamente opposte alla tradizione ortodossa russa; se il vescovo Irenei non avesse agito ultra vires in modo da disprezzare l'ordine canonico della Chiesa; e se il vescovo Irenei non li avesse costretti a una posizione di isolamento effettivamente settario dal resto della Chiesa ortodossa russa nel Regno Unito, questi chierici non avrebbero cercato un trasferimento di giurisdizione. Piuttosto, la loro decisione di trasferirsi è stata una decisione presa dalla necessità di uscire dalla posizione scismatica in cui erano stati posti dal vescovo ordinario della diocesi della ROCOR e di tornare alla comunione sacramentale e all'unità canonica con la pienezza del Patriarcato.

II. Confutazione delle false affermazioni sul trasferimento dei chierici all'arcidiocesi del Patriarcato di Mosca.

19. In linea con la sua Direttiva № 359/E del 23 gennaio 2021 – con la quale ha posto fine alla partecipazione della ROCOR a tutti i contatti ecclesiastici con l'arcidiocesi del Patriarcato di Mosca – il vescovo Irenei Steenberg ha scelto di non seguire la prassi ecclesiastica standard di emettere lettere dimissoriali per il trasferimento dei chierici. Sosteneva invece che, poiché aveva scelto di non emettere tali lettere liberatorie, i chierici o non potevano essere ricevuti canonicamente, o non potevano essere ricevuti affatto, dall'arcidiocesi del Patriarcato di Mosca, e che quindi rimanevano sotto la sua esclusiva giurisdizione canonica.

Per esempio, nel suo Decreto № 24E/2021 del 26 agosto 2021, inviato a diversi chierici che si erano trasferiti, il vescovo Irenei affermava:

Le affermazioni secondo cui ora appartenete alla giurisdizione di un altro vescovo o un'altra diocesi sono canonicamente impossibili e infondate, e con la presente vi ricordiamo che rimanete sotto l'unica autorità canonica della Chiesa ortodossa russa fuori dalla Russia...

Allo stesso modo, nella sua Comunicazione Internet del 2 settembre 2021, pubblicata sul sito web della diocesi della ROCOR, il vescovo Irenei ha scritto:

Nonostante qualsiasi pretesa possa essere avanzata da questi individui o da qualsiasi chierico di qualsiasi altra giurisdizione, inclusi i rappresentanti dell'arcidiocesi di Parigi nel Regno Unito o altrove, questi chierici non sono stati rilasciati dalla Chiesa all'estero e quindi non sono stati, e non possono essere, ricevuti canonicamente da chiunque altro; e allo stesso modo, nessuna parrocchia è stata rilasciata all'arcidiocesi di Parigi, né è stata da essa ricevuta canonicamente, qualunque pretesa possa essere erroneamente fatta... i chierici e la parrocchia coinvolti rimangono sotto la giurisdizione canonica esclusiva della Chiesa ortodossa russa fuori dalla Russia...

E in una lettera del 12 ottobre 2021, inviata al metropolita Jean di Dubna dal Sinodo dei Vescovi della ROCOR, ma apparentemente scritta dal vescovo Irenei, si affermava che:

Riguardo alla situazione dei nostri sacerdoti nel Regno Unito, ...vostra Eminenza, le è stato detto direttamente per iscritto... che non sono stati rilasciati e quindi non possono essere ricevuti da lei...

Chiediamo pertanto che l'Arcidiocesi chiarisca formalmente la realtà, vale a dire che i chierici che sarebbero stati "ricevuti" dalla nostra diocesi occidentale e dal nostro vicariato di rito occidentale non potevano, in effetti, essere ricevuti, poiché non sono stati rilasciati, e che riconosca giustamente il fatto che rimangono sotto la sola autorità canonica della Chiesa all'estero.

Questi testi fanno tre affermazioni collegate, ma distinte: (i) che in linea di principio i chierici non possono essere ricevuti da un'altra diocesi o Chiesa senza lettere liberatorie; (ii) che i chierici non sono stati di fatto ricevuti dall'arcidiocesi del Patriarcato di Mosca; e (iii) che ii chierici non sono stati ricevuti canonicamente dall'arcidiocesi del Patriarcato di Mosca. Ognuna di queste affermazioni è falsa.

(i) La possibilità di trasferimento di giurisdizione senza lettere liberatorie.

20. Non è vero che in linea di principio i chierici non possano essere ricevuti da un'altra diocesi o Chiesa senza lettere liberatorie.

21. Certamente si deve riconoscere che ci sono canoni che stabiliscono che un vescovo può ricevere solo un chierico che abbia una lettera dimissoriale dal suo vescovo precedente. Per esempio, il canone 17 del Quinisesto afferma che:

nessun chierico, indipendentemente dal rango che gli capita di avere, ha il permesso, senza una dimissoriale scritta dal proprio vescovo, di essere incardinato in una Chiesa diversa... [6]

Tuttavia, si deve anche riconoscere che un canone non è né un dogma né una legge universale, assolutamente vincolante per ogni caso concreto. Anzi, come ha affermato lo stesso vescovo Irenei Steenberg:

...i canoni [sono] non tanto... un codice di diritto canonico che stabilisce parametri legali per l'azione, ma... linee guida che stabiliscono lo standard per una sana vita della Chiesa... [7]

Vale a dire, come linee guida, i canoni non sono necessariamente applicati con esattezza (κατ' ἀκρίβειαν) in ogni situazione. Piuttosto, in determinate circostanze, i canoni particolari sono, per il principio di economia (κατ' οἰκονομίαν), solo parzialmente applicati o non applicati affatto. Ciò vale per i canoni che richiedono che i chierici siano ricevuti con lettere liberatorie, così come vale per altri canoni.

22. Questo principio di economia non è solo generalmente riconosciuto dalla ROCOR (ad es. nell'articolo 2 dell'addendum all'atto di comunione canonica), ma si riconosce applicarsi anche ai canoni specifici relativi alle lettere liberatorie. Per esempio, tra il 28 ottobre 2018 e il 25 gennaio 2019, Mons. Irenei Steenberg ha ricevuto tre i suoi chierici l'arciprete Georgiy Blatinsky, il sacerdote Oleg Turcan e il sacerdote Denis Baykov dalle parrocchie russe di Firenze e Sanremo, nella diocesi della ROCOR dell'Europa occidentale, senza richiedere o ricevere lettere liberatorie dal loro precedente vescovo. Nella lettera del 12 ottobre, inviata dal Sinodo della ROCOR al metropolita Jean di Dubna, si spiega che in tali casi le lettere liberatorie non sono richieste dalla ROCOR, in quanto la diocesi o la Chiesa da cui si ricevono i chierici in questione non è in uno stato di unità canonica con la ROCOR:

Le parrocchie di Firenze e Sanremo [erano] direttamente sotto l'omoforio della gerarchia di Costantinopoli, il cui attuale status canonico non era e non è riconosciuto dalla Chiesa ortodossa russa. Quando le parrocchie in questione si sono rivolte alla nostra Chiesa all'estero per essere sottratte al loro status non canonico sotto Costantinopoli, il nostro Sinodo ha accettato di salvarle dal loro status non canonico all'inizio del 2019, ... in conformità con le norme canoniche di ricevere parrocchie da ambienti non canonici. ...erano sacerdoti sotto Costantinopoli, il cui status non canonico significava che le lettere di dimissione canonica non potevano essere richieste dalla loro gerarchia locale.

In quanto tale, secondo la concezione della ROCOR dell'ordine canonico della Chiesa, i canoni che vietano l'accoglienza di un chierico senza una lettera di liberazione dal suo precedente vescovo non si applicano in ogni circostanza. Proprio per la stessa ROCOR questi canoni non si applicano in una situazione in cui vi sia una mancanza di unità canonica tra la diocesi o Chiesa da cui parte il chierico in questione e la diocesi o Chiesa in cui quel chierico viene accolto. In tali situazioni, la ROCOR ritiene che tale chierico debba essere ricevuto, κατ' οἰκονομίαν, senza la ricezione di una lettera dimissoriale.

23. Inoltre, da nessuna parte i documenti costitutivi dell'arcidiocesi del Patriarcato di Mosca affermano che l'arcidiocesi non possa ricevere un chierico κατ' οἰκονομίαν , senza una lettera liberatoria del vescovo della precedente diocesi di quel chierico. Piuttosto, l'articolo 4 degli Statuti dell'Arcidiocesi specifica che ogni richiesta di adesione all'arcidiocesi deve essere accettata o respinta definitivamente con decisione dell'arcivescovo, senza riferimento a lettere liberatorie. In quanto tale, l'arcidiocesi del Patriarcato di Mosca, per propria costituzione, ha diritto a ricevere ii chierici κατ' οἰκονομίαν, senza lettere liberatorie dei precedenti vescovi.

24. Non esiste, infatti, alcuna possibilità costituzionale di imporre all'arcidiocesi del Patriarcato di Mosca un'interpretazione dei Canoni che, in contrasto con l'articolo 4 degli Statuti dell'arcidiocesi, insiste sul fatto che le lettere liberatorie devono essere richieste, senza eccezioni, in ogni caso concreto di l'accoglienza di un chierico di un'altra diocesi o Chiesa. In particolare, l'articolo 3 della Gramota patriarcale al l'arcidiocesi del Patriarcato di Mosca ordina che l'arcidiocesi sia amministrata secondo i propri statuti. E l'articolo 1 degli Statuti dell'arcidiocesi afferma che gli stessi Statuti dell'arcidiocesi indicano come vengono applicati i santi Canoni della Chiesa all'interno dell'arcidiocesi del Patriarcato di Mosca. In quanto tale, l'articolo 4 degli Statuti dell'arcidiocesi – che specifica che ogni richiesta di adesione all'arcidiocesi deve essere accolta o respinta in via definitiva su decisione dell'arcivescovo, senza riferimento a lettere di liberatoria – è proprio la linea guida che indica come i canoni relativi per accoglienza dei chierici sono da intendersi all'interno dell'arcidiocesi. Pertanto, qualsiasi tentativo di imporre all'arcidiocesi del Patriarcato di Mosca un'interpretazione dei canoni in contrasto con l'articolo 4 degli Statuti dell'arcidiocesi sarebbe di per sé una violazione sia dell'Articolo 1 degli Statuti dell'arcidiocesi del Patriarcato di Mosca sia dell'Articolo 3 della Gramota Patriarcale all'arcidiocesi del Patriarcato di Mosca.

25. Di conseguenza, non solo la natura dei santi Canoni in quanto canoni, ma anche le azioni pratiche e le dichiarazioni della ROCOR, così come la costituzione stessa dell'arcidiocesi del Patriarcato di Mosca, mostrano che non c'è verità nell'affermazione del vescovo Irenei Steenberg che in principio un trasferimento dei chierici da una diocesi o Chiesa a un'altra è impossibile senza lettere liberatorie.

(ii) La realtà del trasferimento dalla diocesi della ROCOR all'arcidiocesi di MP.

26. Non è vero che i chierici trasferiti all'arcidiocesi del Patriarcato di Mosca non siano stati di fatto ricevuti dall'arcidiocesi del Patriarcato di Mosca.

27. In sostanza, l'affermazione secondo cui i chierici non sono stati di fatto ricevuti dall'arcidiocesi del Patriarcato di Mosca è contraddetta dal fatto più elementare di questo caso – vale a dire che, come annunciato formalmente nel Comunicato dell'arcidiocesi del Patriarcato di Mosca del 3 settembre 2021, l'arcidiocesi del Patriarcato di Mosca ha di fatto ricevuto i chierici, il 23 agosto 2021 (cfr. paragrafo 1, supra).

28. Inoltre, lo stesso vescovo Irenei Steenberg ha riconosciuto la realtà del trasferimento dei chierici all'arcidiocesi del Patriarcato di Mosca. Così, in diverse lettere (purtroppo prive di data) che, tramite la sua cancelleria diocesana, inviava ai chierici, accusandoli di delitti canonici e convocandoli davanti al suo tribunale ecclesiastico, il vescovo Irenei accusava ciascun chierico, con identiche dichiarazioni, come segue:

Accusa: ricerca di incardinazione nella giurisdizione di un altro vescovo senza liberatoria canonica.

Vale a dire, che "[Nome] ha cercato di essere incardinato nella giurisdizione di un altro vescovo senza chiedere o ottenere la liberatoria canonica dal proprio vescovo; inoltre, che egli, non avendo ottenuto detta liberatoria, è comunque passato sotto la giurisdizione di un altro vescovo e così facendo ha fuggito l'autorità canonica della propria Chiesa e della sua gerarchia".

Nonostante qualsiasi altra cosa si possa dire su questa accusa, l'affermazione del vescovo Irenei secondo cui i chierici "sono comunque passati sotto la giurisdizione di un altro vescovo" è un riconoscimento che di fatto è avvenuto il trasferimento dei chierici dalla ROCOR all'arcidiocesi del Patriarcato di Mosca. Anche un riconoscimento della cessione fatta suo malgrado, secondo il principio Quae non fieri debent, facta valent, è comunque un riconoscimento della realtà della cessione.

29. Di conseguenza, non è legittima l'affermazione del vescovo Irenei Steenberg secondo cui il trasferimento dei chierici non è avvenuto di fatto. Questa affermazione non solo nega i fatti più elementari del caso, ma è contraddetta dal riconoscimento stesso da parte del vescovo Irenei, in più documenti formali, della realtà di questo trasferimento.

(iii) La natura canonica del trasferimento dalla ROCOR all'arcidiocesi del Patriarcato di Mosca.

30. Non è vero che i chierici trasferiti all'arcidiocesi del Patriarcato di Mosca non siano stati ricevuti canonicamente dall'arcidiocesi del Patriarcato di Mosca. In particolare, la scelta del vescovo Irenei Steenberg di agire in linea con la sua Direttiva № 359/E del 23 gennaio 2021, e di non seguire la consueta prassi ecclesiastica di emettere lettere liberatorie per i chierici in trasferimento, non ostacola in alcun modo modo la natura canonica del trasferimento dei chierici dalla diocesi della ROCOR all'arcidiocesi del Patriarcato di Mosca.

31. In sostanza, l'emissione di lettere liberatorie è una normale procedura amministrativa tra diocesi e Chiese canonicamente unite. In una normale situazione canonica, le lettere dimissoriali sarebbero trattenute solo se ci fosse qualche problema disciplinare significativo (per esempio una sospensione o una deposizione). Tuttavia, nel caso del trasferimento dei chierici dalla ROCOR all'arcidiocesi del Patriarcato di Mosca, non c'erano tali problemi disciplinari, e quindi non c'era motivo per rifiutare le lettere dimissoriali. Né il vescovo Irenei Steenberg ha sostenuto diversamente.

32. Al di là di ciò, l'emissione di lettere liberatorie – proprio come un normale iter amministrativo tra diocesi e Chiese canonicamente unite – è un iter amministrativo che si richiede solo nella situazione di trasferimento clericale tra diocesi e Chiese che condividono l'unità canonica reciproca. I canoni, come quelli relativi alle lettere liberatorie, che descrivono le normali relazioni tra Chiese che condividono l'unità canonica reciproca, non valgono per le relazioni tra Chiese divise dallo scisma – cosa che la stessa ROCOR riconosce (vedi paragrafo 22, sopra). Pertanto, rompendo l'unità canonica della diocesi della ROCOR e dell'arcidiocesi del Patriarcato di Mosca attraverso la sua Direttiva № 359/E del 23 gennaio 2021 (vedere paragrafi 8-9, sopra), il vescovo Irenei Steenberg ha così rimosso dall'arcidiocesi del Patriarcato di Mosca ogni obbligo di relazionarsi con la Diocesi della ROCOR nel modo che i Santi Canoni richiedono a quelle Diocesi e Chiese che condividono l'unità canonica reciproca. In quanto tale, il vescovo Irenei, avviando uno scisma della Diocesi della ROCOR dall'arcidiocesi del Patriarcato di Mosca, ha così rimosso dall'arcidiocesi del Patriarcato di Mosca qualsiasi requisito canonico di ricevere lettere liberatorie dal vescovo Irenei per il trasferimento dei chierici dalla diocesi della ROCOR all'arcidiocesi del Patriarcato di Mosca. E poiché non vi era, in quanto tale, alcun requisito canonico per l'arcidiocesi del Patriarcato di Mosca di ricevere i chierici dalla diocesi della ROCOR solo con lettere liberatorie, la natura canonica del trasferimento dei chierici dalla diocesi della ROCOR all'arcidiocesi del Patriarcato di Mosca non è stata in alcun modo ostacolato dalla scelta del vescovo Irenei di non fornire tali lettere.

33. Di conseguenza, non c'è alcuna legittimità nell'affermazione del vescovo Irenei Steenberg secondo cui i chierici non potrebbero trasferirsi canonicamente dalla diocesi della ROCOR all'arcidiocesi del Patriarcato di Mosca senza l'emissione di lettere liberatorie. Piuttosto, in virtù della rottura da parte del vescovo Irenei dell'unità canonica della diocesi della ROCOR con l'arcidiocesi del Patriarcato di Mosca, il metropolita Jean di Dubna era canonicamente del tutto giustificato nel ricevere i chierici dalla diocesi della ROCOR, κατ' οἰκονομίαν, senza lettere dimissoriali da parte del vescovo Irenei. il vescovo Irenei non può istituire uno scisma con un'altra diocesi o Chiesa e quindi esigere legittimamente che quella diocesi o Chiesa agisca nei suoi confronti come se si trovassero ancora in una situazione di piena unità canonica, senza alcuno scisma.

III. Ulteriori violazioni canoniche e procedurali del vescovo Irenei Steenberg.

34. In seguito al trasferimento canonico dei chierici dalla diocesi della ROCOR all'arcidiocesi del Patriarcato di Mosca, il vescovo Irenei Steenberg ha avviato un'azione recriminatoria contro i chierici, assegnando loro l'accusa di crimini ecclesiastici, da giudicare in una sessione del tribunale diocesano del vescovo Irenei. Le azioni del vescovo Irenei e della suo tribunale diocesano sono state abusive, condotte in violazione dei santi Canoni, delle procedure proprie della ROCOR e del diritto naturale. In quanto tali, non solo non hanno alcuna validità, ma costituiscono un ulteriore esempio del vescovo Irenei che agisce ultra vires, in opposizione all'ordine canonico della Chiesa.

(i) il vescovo Irenei Steenberg non ha giurisdizione sui chierici accusati.

35. Come vescovo diocesano della diocesi della ROCOR dell'Europa occidentale, la giurisdizione canonica del vescovo Irenei Steenberg è limitata a quella diocesi, e non ha giurisdizione canonica su chierici che siano membri di una diocesi diversa (cfr. paragrafo 13.3, sopra).

Tuttavia, nel momento in cui il vescovo Irenei ha rivolto ai chierici queste accuse di crimini ecclesiastici, essi erano già stati trasferiti all'arcidiocesi del Patriarcato di Mosca, e quindi non erano più nella giurisdizione canonica del vescovo Irenei. In quanto tale, il vescovo Irenei non possedeva più alcuna giurisdizione che lo autorizzasse ad accusarli di delitti ecclesiastici e a farli giudicare in una sessione del suo tribunale diocesano. Anzi, così facendo, il vescovo Irenei ha agito ancora una volta ultra vires, violando i limiti canonici della sua giurisdizione, e assumendosi la giurisdizione che spetta canonicamente al vescovo ordinario dell'arcidiocesi del Patriarcato di Mosca. Poiché il vescovo Irenei non ha giurisdizione per incriminare i chierici, le accuse da lui emesse non sono valide, e poiché il suo tribunale diocesano non ha giurisdizione per giudicare i chierici, qualsiasi giudizio che possa fare riguardo a queste accuse è nullo.

(ii) L'accusatore non può essere giudice del proprio caso.

36. Il Tribunale diocesano del vescovo Irenei Steenberg è stato organizzato in modo tale che non vi sia una netta distinzione tra giudice e accusatore. Pertanto, ciascuna delle notificazioni di accuse ecclesiastiche ricevute dai chierici inizia con il seguente paragrafo con la stessa formulazione:

Con questa lettera, il Tribunale ecclesiastico diocesano informa lei, [Nome], chierico della Diocesi della Gran Bretagna e dell'Europa occidentale della Chiesa ortodossa russa fuori dalla Russia e sotto la sua unica autorità canonica, di un'udienza canonica che si terrà MERCOLEDI', 7/20 OTTOBRE 2021, in occasione della quale verranno esaminate le seguenti accuse a suo carico; vale a dire che lei è accusato dalla Corte di: [Segue quindi l'elenco delle accuse.]

Le parole "Lei è accusato dal tribunale di di …," esplicitano che la Corte riunita per giudicare le accuse mosse contro ogni chierico è anche l'accusatore che fa queste accuse.

Tuttavia, condurre un processo in cui l'accusatore è anche giudice è una violazione fondamentale della giustizia naturale – nemo judex in causa sua – e nessun processo in cui l'accusatore è anche giudice può mai essere considerato un processo equo. Pertanto, poiché i procedimenti giudiziari diocesani organizzati dal vescovo Irenei contro i chierici stabiliscono l'accusatore quale giudice della causa, tali procedimenti giudiziari sono illegittimi e le sentenze che possono emettere sono nulle.

(iii) L'imputato deve essere informato dell'ora e del luogo in cui si riunirà il tribunale.

37. Il tribunale diocesano del vescovo Irenei Steenberg non ha informato esattamente i chierici accusati di dove e quando il suo tribunale diocesano si sarebbe riunito per giudicare queste accuse. Piuttosto, ai chierici veniva comunicata solo una data, ma non il luogo e l'ora del giorno in cui il tribunale diocesano si sarebbe riunito per giudicare le accuse mosse contro di loro.

 

Tuttavia, è una violazione fondamentale della giustizia naturale per un tribunale giudicare un caso senza informare l'imputato di dove e quando si riunirà per giudicare il loro caso. Nessuno può difendersi in un processo, se non sa dove e quando avverrà.

Inoltre, il Tribunale diocesano del vescovo Irenei è qui in diretta violazione dell'articolo 53 del documento procedurale della ROCOR, il Regolamento del Tribunale ecclesiastico, secondo il quale:

L'ora e il luogo dell'udienza devono essere resi noti alle parti, agli accusatori e agli imputati, nonché ai testimoni che ne daranno preventivamente notizia alla Corte, mediante apposito avviso.

Nessun tribunale che viola così fondamentalmente la giustizia naturale, e nessun tribunale della ROCOR che viola così direttamente i regolamenti della ROCOR sul tribunale ecclesiastico può essere considerato legittimo. Piuttosto, i procedimenti del tribunale diocesano del vescovo Irenei contro ii chierici sono, anche su questa base, evidentemente illegittimi, e le eventuali sentenze da essi emesse sono nulle.

(iv) L'imputato deve ricevere una chiara dichiarazione delle accuse mosse contro di lui.

38. Il tribunale diocesano del vescovo Irenei Steenberg non ha fornito a ciascuno dei chierici accusati dichiarazioni chiare delle accuse mosse contro di loro, formulate con precisione.

Tuttavia, è una violazione fondamentale del diritto naturale per un tribunale giudicare un caso senza informare l'accusato di di cosa è esattamente accusato. Nessuno può preparare adeguatamente una difesa, se non conosce la natura precisa e la causa delle accuse mosse contro di lui.

Inoltre, il tribunale diocesano del vescovo Irenei è qui in diretta violazione dell'articolo 54 del Regolamento della ROCOR sul tribunale ecclesiastico:

L'imputato o convenuto deve essere accusato con tempestiva comunicazione scritta dall'autorità giudiziaria diocesana sulla base del materiale probatorio acquisito, descrivendo con precisione le accuse (точно формулированные обвинения), alle quali ha diritto di replica in sua difesa in forma scritta prima della riunione del tribunale, e di rispondere oralmente durante l'udienza.

Tuttavia, nessun tribunale che viola in modo così fondamentalmente il diritto naturale, e nessun tribunale della ROCOR che viola così direttamente i regolamenti della ROCOR sul tribunale ecclesiastico, può essere considerato legittimo. Piuttosto, i procedimenti del tribunale diocesano del vescovo Irenei contro i chierici sono, anche su questa base, evidentemente illegittimi, e le eventuali sentenze da essi emesse sono nulle.

39. A titolo esemplificativo, per chiarire l'incapacità del tribunale diocesano del vescovo Irenei Steenberg di fornire ai chierici accusati dichiarazioni formulate con precisione delle accuse mosse nei loro confronti, si può considerare, a titolo indicativo, la seguente accusa, rivolta a un chierico del grado di lettore, qui citata in extenso :

Accusa 5: servizio sotto sospensione.

Vale a dire che "Il lettore [Nome] ha commesso il reato canonico di prestare servizio mentre sotto sospensione canonica, e quindi ha compiuto atti liturgici/amministrativi che gli erano proibiti, contrariamente alle istruzioni delle autorità ecclesiastiche". (Cfr. Canone 4 di Antiochia, Canone 13 di Sardica.)

Il formato dell'accusa è del tutto tipico delle accuse ricevute dai chierici da parte del vescovo Irenei: un'accusa in grassetto, seguita da una frase vaga, e poi integrata con l'invito a "confrontare" alcuni canoni.

Qui, in primo luogo, l'imprecisione di tale accusa risulta evidente dalla mancata precisazione di quali atti particolari il lettore sia accusato di compiere. L'accusa non nomina alcuna singola azione; non dice quando o dove si presume siano avvenuti gli atti di cui è accusato il lettore. L'accusa è vaga anche riguardo al fatto che gli atti in questione siano liturgici, amministrativi o entrambi. Tale mancanza di chiarezza impedisce all'imputato di sapere esattamente di cosa è accusato di aver fatto, e quindi gli rende impossibile difendersi adeguatamente.

In secondo luogo, l'imprecisione di tale accusa risulta evidente dall'omissione di citare quale canone o regolamento disciplinante l'accusatore avrebbe violato. Un invito a "confrontare" alcuni canoni non è un'affermazione che l'imputato è accusato di aver violato questi canoni.

Inoltre, che questi canoni non sono alla base dell'accusa è evidente dal fatto che nessuno dei due è rilevante per l'imputato:

  • Il Canone 4 del Concilio di Antiochia riguarda un vescovo, presbitero o diacono che, dopo essere stato deposto (καθαιρεθείς), in qualche modo liturgizza. Tuttavia, l'imputato non è né un vescovo, né un presbitero, né un diacono. Né l'imputato è stato deposto. Quindi questo canone è irrilevante per l'accusa che viene fatta, e non avrebbe mai potuto essere la sua vera base.

  • Il Canone 13 del Concilio di Sardica riguarda un chierico scomunicato (τις τῶν κληρικῶν ἀκοινώντηος) che tenta di ricevere la santa comunione dal vescovo di un'altra diocesi. Tuttavia, il lettore destinatario di tale accusa non è stato scomunicato. Quindi anche questo canone è irrilevante per l'accusa che viene fatta, e non avrebbe mai potuto essere la sua vera base.

In questa situazione, sorge inevitabilmente il sospetto che si sia fatto riferimento a questi canoni per dare prima facie un'apparenza di legittimità ad un'accusa il cui fondamento reale risiede altrove, ma che il tribunale diocesano del vescovo Irenei non vuole mettere sulla carta. Detto questo, la situazione di fondo è chiara: al lettore accusato non è stato detto realmente cosa è accusato di aver fatto, e non è stato veramente detto quale canone o regolamento è accusato di aver violato.

40. Complessivamente, organizzando il suo tribunale diocesano per esaminare casi sui quali non ha giurisdizione; istituendo il suo tribunale diocesano in modo da identificare l'accusatore come giudice; non comunicando all'imputato quando e dove si riunirà il tribunale; e non riuscendo a dire agli accusati esattamente di cosa sono accusati, le azioni del vescovo Irenei sono state una profonda violazione dell'ordine canonico, dei regolamenti della ROCOR e del diritto naturale. Tale violazione non solo rende illegittimo il procedimento del suo tribunale diocesano, ma dà l'impressione di un abuso di potere, in cui il vescovo Irenei si serve del tribunale diocesano per condurre un processo farsa.

IV. Suggerimenti per proseguire.

41. La situazione di scisma e recriminazione all'interno della quale il vescovo Irenei Steenberg ha collocato la diocesi della ROCOR nelle Isole Britanniche è profondamente dannosa per la Chiesa ortodossa russa. Sia per il bene della ROCOR che per il bene dell'Ortodossia russa più in generale, questo scisma deve essere sanato. La guarigione di questo scisma richiede: (i) la fine dello scisma stesso; (ii) una riconciliazione sulle questioni che hanno formato le cause prossime dello scisma; e (iii) ulteriore discussione e dialogo sulle questioni di fondo che hanno portato a questo scisma. Rispetto a questi obiettivi, vengono qui proposti i seguenti due gruppi di suggerimenti.

(i) Ciò che è necessario per porre fine allo scisma stesso.

42. Per quanto riguarda lo scisma stesso, si deve riconoscere che né l'arcidiocesi del Patriarcato di Mosca né la diocesi di Sourozh hanno reciso la comunione o l'unità canonica con la ROCOR, e che solo la ROCOR ha istituito questo scisma. Pertanto, la responsabilità di porre fine allo scisma della diocesi della ROCOR ricade principalmente sulla stessa ROCOR. Qui sono necessarie due azioni primarie:

In primo luogo, e più fondamentalmente, la ROCOR deve abrogare la Direttiva del vescovo Irenei Steenberg № 359/E del 23 gennaio 2021, che vieta la partecipazione ecclesiastica, la partecipazione liturgica e la concelebrazione della ROCOR nelle Isole Britanniche con l'arcidiocesi del Patriarcato di Mosca. Senza questa azione, lo scisma non può finire, e questa è un'azione che solo la ROCOR può compiere. Se (come sembra chiaro) il vescovo Irenei non è disposto a farla da solo, allora il Sinodo dei vescovi della ROCOR deve prendere in mano la questione.

In secondo luogo, e in aggiunta, la ROCOR dovrebbe sconfessare le azioni non canoniche del vescovo Irenei compiute durante il periodo dello scisma Nello specifico:

  • La ROCOR dovrebbe dissociarsi dalle affermazioni della Notifica del vescovo Irenei № 390/E del 26 febbraio 2021, chiarendo sia che riconosce il sacerdozio di padre Jacob Siemens, sia che sconfessa qualsiasi accusa al metropolita Jean di Dubna di essere in qualche modo colpevole di "inganno spirituale".

  • La ROCOR dovrebbe riconoscere che, a causa dello scisma avviato dal vescovo Irenei, non esisteva un'unità canonica regolare tra la Diocesi della ROCOR e l'arcidiocesi del Patriarcato di Mosca durante l'agosto 2021, così che, di conseguenza, il trasferimento dei chierici dalla ROCOR all'arcidiocesi del Patriarcato di Mosca durante quel mese non richiedeva la trasmissione di lettere di liberatoria, ma anzi è del tutto canonica, κατ' οἰκονομίαν.

  • La ROCOR dovrebbe dichiarare nulle tutte le azioni recriminatorie intraprese dal vescovo Irenei contro i chierici che si sono trasferiti nell'arcidiocesi del Patriarcato di Mosca per sfuggire al suo scisma.

(ii) Ciò che è necessario per la riconciliazione sui problemi prossimi che hanno portato allo scisma.

43. Per quanto riguarda le questioni prossime che hanno portato allo scisma della diocesi della ROCOR dall'arcidiocesi del Patriarcato di Mosca, anche qui la responsabilità principale è della ROCOR. Questo scisma è sorto attraverso il rifiuto del vescovo Irenei della pratica ortodossa russa di ricevere sacerdoti cattolici nella Chiesa ortodossa mediante vestizione e concelebrazione – una pratica attestata da più santi ortodossi russi canonizzati. Qui, la ROCOR deve chiarire che, come Chiesa, riconosce la legittimità di questa pratica ortodossa russa, e come tale riconosce la realtà che un sacerdote cattolico ricevuto mediante vestizione e concelebrazione è con ciò costituito come sacerdote ortodosso. Questo, ovviamente, non significa che non ci sia spazio per continui disaccordi o differenze di valutazione riguardo, per esempio, a ciò che deve essere considerato come una buona pratica, o addirittura come una pratica normale, nell'accoglienza dei sacerdoti cattolici nella Chiesa ortodossa. Ciò che richiede è il riconoscimento che un sacerdote ortodosso che è stato così ricevuto non è un "non sacerdote", privo della grazia dell'ordinazione.

(iii) La necessità di una discussione più approfondita.

44. Per quanto riguarda l'ulteriore discussione e dialogo sulle questioni di fondo che hanno portato a questo scisma, le cose sono più complicate.

45. C'è bisogno di una discussione e di un dialogo franco riguardo al continuo impegno della ROCOR per l'Atto di Comunione Canonica del 2007. Lo scisma dovrebbe essere assolutamente l'ultima risorsa, non qualcosa a cui un vescovo fa ricorso in un periodo di poco più di quattro settimane. Ma la velocità, se non l'entusiasmo, con cui il vescovo Irenei Steenberg, come vescovo della ROCOR, ha istituito uno scisma con un'altra diocesi del Patriarcato di Mosca, e quindi ha messo a repentaglio l'unità della Chiesa ortodossa russa più in generale, suggerisce che una tale linea d'azione gode di un più ampio sostegno all'interno della ROCOR. E l'Atto di Comunione Canonica non rimarrà praticabile se i vescovi della ROCOR sono così pronti a ricorrere allo scisma ogni volta che una diocesi del Patriarcato di Mosca non si adegua alle loro critiche. In quanto tale, gli eventi dello scisma del vescovo Irenei richiedono che la ROCOR renda chiaro il suo continuo impegno per l'Atto di comunione canonica, e quindi il suo impegno per la comunione sacramentale e l'unità canonica con la più ampia Chiesa ortodossa russa, le cui pratiche interne e la cui teologia non sono sempre uguali a quelle della ROCOR.

46. C'è anche chiaramente la necessità di una discussione seria e di un dialogo tra la ROCOR e il Patriarcato di Mosca (compresa l'arcidiocesi del Patriarcato di Mosca) sulla questione dell'accoglienza degli eterodossi, una questione sulla quale la ROCOR, in particolare in Nord America, è arrivata a differire notevolmente dal Patriarcato di Mosca. Ma un tale dialogo non può essere semplicemente una critica a senso unico, in cui solo i partecipanti nordamericani della ROCOR esaminano la storia della pratica del Patriarcato di Mosca, facendo critiche su punti in cui tale pratica differisce dalle proprie. Piuttosto, ciò che è particolarmente necessario a questo punto è considerare come la teologia e la pratica sacramentali della ROCOR siano arrivate a divergere così tanto dalla pratica del Patriarcato di Mosca che un Vescovo della ROCOR potrebbe condurre la sua diocesi allo scisma da un'altra diocesi del Patriarcato di Mosca, apparentemente per "proteggere" la sua diocesi dalla pratica standard della stessa Chiesa ortodossa russa. Qui, in particolare, è necessaria una seria considerazione della trasformazione della teologia sacramentale della ROCOR nordamericana a partire dalla fine degli anni '60 circa, in particolare sotto l'influenza del pensiero vecchio-calendarista greco. Una discussione sulla questione dell'accoglienza con riferimento alla ROCOR può essere fruttuosa solo se si comprende come i vecchi calendaristi greci siano stati in grado di condurre elementi sostanziali della ROCOR a rifiutare le tradizioni sacramentali consolidate della Chiesa ortodossa russa – la stessa Chiesa le cui tradizioni la ROCOR era stata fondata per preservare – a favore di posizioni estreme di origine greca moderna che divergono così tanto dalla tradizione ortodossa russa. C'è da augurarsi che – attraverso una tale considerazione, in cui non solo i partecipanti della ROCOR criticano le particolarità storiche del Patriarcato di Mosca, ma in cui i partecipanti del Patriarcato di Mosca criticano queste trasformazioni storiche nella ROCOR – si ottenga una nuova chiarezza, in tutta la Chiesa ortodossa russa, della necessità di attenersi alle pratiche ortodosse russe standard in materia di accoglienza, come queste sono espresse non solo nei libri liturgici del Patriarcato di Mosca, ma soprattutto nella testimonianza viva dei santi ortodossi russi come san Tikhon di Mosca e Sant'Alessio di Wilkes-Barre.

Festa di San Michele, primo metropolita di Kiev.

30 settembre / 13 ottobre 2021.

Note

[1] NB Nella Direttiva № 359/E e altrove, il vescovo Irenei fonde i termini "Arcidiocesi" ed "Esarcato", in un modo che può indurre in errore. Per essere chiari, nel brano citato, il vescovo Irenei parla unicamente dell'arcidiocesi del Patriarcato di Mosca (che non è un Esarcato), e non dell'Esarcato Patriarcale dell'Europa occidentale, che è in realtà un organismo ecclesiastico diverso dall'arcidiocesi del Patriarcato di Mosca.

[2] Πρωτοδευτέρας ιδʹ: «Δεῖ γὰρ ἕκαστον τὰ οἰκεῖα μέτρα γινώσκειν …»

[3] Βʹ Οἰκουμενικῆς Συνόδου βʹ: «Τοὺς ὑπὲρ διοίκησιν Ἐπισκόπους ταῖς ὑπερορίοις Ἐκκλησίαις μὴ ἐπιέναι, μηδὲ συγχέειν τὰς Ἐκκλησίας …»

[4] Ἐν Ἀντιοχείᾳ ιγʹ: «Μηδένα Ἐπίσκοπον τολμᾷν ἀφ' ἑτέρας ἐπαρχίας εἰς ἑτέραν μεταβαίνειν … εἰ μὴ παρακληθεὶς ἀφίκοιτο διὰ γραμμάτων τοῦ τε Μητρα οο α οο Εἰ δὲ μηδενὸς καλοῦντος ἀπέλθοι ἀτάκτως ἐπὶ ... καταστάσει τῶν ἐκκλησιαστικῶν πραγμάτων, μὴ προσηκόντων αὐτῷ, ἄκυρα μὲν τὰ ὑπ' αὐτοῦ πραττόμενα τυγχάνειν, καὶ αὐτὸν δὲ ὑπέχειν τῆς ἀταξίας αὐτοῦ, καὶ τῆς παραλόγου ἐπιχειρήσεως τὴν προσήκουσαν δίκην, καθῃρημένον ἐντεῦθεν ἤδη ὑπὸ τῆς Ἁγίας Συνόδου. »

[5] Ἐν Σαρδικῇ ιδʹ: «[Ὁ Πρεσβύτερος ἢ Διάκονος] ἐχέτω ἐξουσίαν ἐπὶ τὸν Ἐπίσκοπον τῆς Μητροπόλεως τῆς αὐτῆς Ἐπαρχίας καταφυγεῖν· εἰ δὲ ὁ τῆς Μητροπόλεως ἄπεστιν, ἐπὶ τὸν πλησιόχωρον α

[6] Πενθέκτης ιζʹ:«… μηδένα τῶν ἁπάντων κληρικῶν, κἂν ἐν οἱῳδήποτε τυγχάνῃ βαθμῷ, ἄδειαν ἔχειν, ἐκτὸς τῆς τοῦ οἰκείου Ἐπισκόπου ἐγγράφου ἀπολυτικῆς, ἐν ἑτέρᾳ κατατάττεσθαι Ἐκκλησίᾳ …»

[7] Vescovo Irenei (Steenberg) [MC Steenberg], "On the Canonical Situation of Russian Orthodoxy in Britain", 1.

 
"Presule" o "signore"? Note di traduzione dei testi liturgici

Uno dei nostri lettori ci ha segnalato una nota di un blog il cui autore ridicolizza una scelta redazionale dei nostri testi delle funzioni. L’autore del blog non si prende nemmeno la briga di citarci per nome quando ci accusa; evidentemente, ritiene questa una scelta etica. Noi non condividiamo pratiche di anonimato del genere (le riteniamo l’equivalente del ritirare la mano dopo aver tirato una pietra), ma se costui preferisce non identificare le sue accuse con il suo nome (e neppure con il nostro), non vediamo la necessità di tirarlo fuori noi dal suo anonimato. Tuttavia, se invece di farsi beffe di noi in pubblico, si fosse degnato di chiederci la ragione delle nostre scelte, glie l’avremmo potuta spiegare con dovizia di particolari. A beneficio nei nostri altri lettori che possono incappare in queste frecciate veramente gratuite, spieghiamo in dettaglio, nella sezione “Domande e risposte” dei documenti, le ragioni della nostra scelta di un certo termine nella Liturgia.

 
Sull'aspetto canonico dell'ammissione del clero africano in seno alla Chiesa ortodossa russa

la chiesa cattedrale dell'Annunciazione della Vergine in Piazza Tahrir nella città di Alessandria d'Egitto

Nell'ultimo Sinodo della Chiesa ortodossa russa, tenutosi dal 23 al 24 settembre 2021, si è discusso "sulle conseguenze della concelebrazione del primate del Patriarcato di Alessandria con il capo della struttura scismatica operante in Ucraina" (verbale n. 61). Le decisioni prese sono state interpretate da molti in modo tale che la nostra Chiesa avrebbe presto accettato nella sua giurisdizione quei sacerdoti africani del Patriarcato di Alessandria che chiedevano il trasferimento sotto l'omoforio del patriarca di Mosca, dopo che il patriarca Theodoros di Alessandria aveva riconosciuto la struttura scismatica della "Chiesa ortodossa dell'Ucraina" l'8 novembre 2019.

È già emerso un movimento fiducioso verso una soluzione positiva alla questione dell'accettazione dei chierici africani nella giurisdizione della Chiesa ortodossa russa.

E sebbene la decisione finale, ovviamente, verrà presa solo alla prossima riunione del Sinodo, si può già dire che c'è stato un movimento fiducioso verso una soluzione positiva alla questione dell'accettazione del clero africano.

Molti di noi sono stati contenti di questa notizia, ma c'è chi ne è stato preoccupato. In particolare, hanno sollevato interrogativi su come ciò corrisponderebbe ai canoni e se si rivelerebbe un'invasione ingiustificata del territorio canonico di un'altra Chiesa locale. Vorrei rispondere a tale preoccupazione in questo articolo.

In realtà, ci sono in realtà due domande qui:

  • Può la Chiesa ortodossa russa stabilire la sua giurisdizione in Africa quando il patriarca di Alessandria considera l'Africa suo territorio canonico?

  • Può la Chiesa ortodossa russa nelle attuali circostanze storiche ricevere chierici del Patriarcato di Alessandria senza lettere dimissoriali da parte dei suoi vescovi?

Devo dire subito che personalmente rispondo positivamente a entrambe le domande, e qui fornirò le ragioni che vedo per tale risposta.

Cominciamo con la prima domanda. Fino all'inizio del XX secolo, il titolo del patriarca di Alessandria suonava così: "papa e patriarca della grande città di Alessandria, di Libia, Pentapoli, Etiopia e di tutto l'Egitto". Questo è il territorio canonico tradizionale e generalmente accettato del Patriarcato di Alessandria nell'Ortodossia. Egitto, Libia, Etiopia, tutto qui. E secondo il sesto Canone del primo Concilio ecumenico e il secondo Canone del secondo Concilio ecumenico, la potestà del vescovo di Alessandria si estendeva solo "a tutto l'Egitto". Ciò è dovuto al fatto che storicamente nel continente africano coesistevano diverse Chiese locali: Alessandria, Cartagine ed Etiopia. E solo dopo che la Chiesa etiope cadde nel monofisismo e la Chiesa cartaginese scomparve sotto i colpi degli arabi, la Chiesa di Alessandrina rimase l'unica Chiesa ortodossa in Africa, tuttavia, rivendicando solo alcune delle sue regioni settentrionali come territorio canonico.

Solo il famigerato Meletios (Metaxakis), che occupò la cattedra di Alessandria dal 1926 al 1935, aggiunse al suo titolo le parole "e di tutta l'Africa". Una così seria estensione della giurisdizione del Patriarcato di Alessandria non fu il risultato di discussioni panortodosse e di qualsiasi decisione conciliare, ma solo l'unica decisione di un controverso personaggio storico. Inoltre, per lungo tempo questa affermazione rimase sulla carta, e solo pochi decenni dopo, già nella seconda metà del XX secolo, i greci iniziarono a condurre una missione tra la popolazione nera di alcuni paesi africani (in alcuni paesi del continente nero non esiste ancora una sola parrocchia della Chiesa di Aalessandria).

È chiaro che, alla luce degli eventi molto drammatici del XX secolo, altre Chiese locali non hanno avuto il tempo di discutere di giurisdizione sull'Africa, e ancor più di discuterne. Tuttavia, ho sentito dire che il patriarca di Costantinopoli ha riconosciuto la giurisdizione del patriarca di Alessandria su tutta l'Africa solo negli anni '70, in cambio del trasferimento dell'esarcato americano della Chiesa di Alessandria alla giurisdizione di Costantinopoli.

Tutto quanto sopra, ovviamente, non sono stati i motivi che hanno spinto la Chiesa ortodossa russa ad aprire la sua giurisdizione in Africa, questa è solo una piccola escursione storica. È opportuno ricordarlo, poiché ora alcuni vescovi greci del Patriarcato di Alessandria dichiarano al loro clero che l'Africa sarebbe sempre appartenuta alla Chiesa alessandrina e che solo quest'ultima può farvi qualcosa. Questo semplicemente non è vero.

E il motivo delle azioni della Chiesa ortodossa russa è stato il suddetto riconoscimento da parte del patriarca di Alessandria degli scismatici della "Chiesa ortodossa dell'Ucraina" l'8 novembre 2019. Qui vale la pena considerare il fatto che c'erano già parrocchie russe in alcuni paesi africani. I loro parrocchiani erano principalmente persone provenienti dai paesi di responsabilità canonica della Chiesa ortodossa russa, alcune chiese sono state costruite da russi e vi servivano sacerdoti russi, ma durante la liturgia commemoravano il patriarca di Alessandria e i vescovi greci locali, essendo nella loro giurisdizione.

L'atto traditore del patriarca Theodoros, che in precedenza aveva sostenuto la Chiesa ortodossa ucraina canonica, ha messo la Chiesa russa in una posizione difficile. Essa aveva messo ripetutamente i suoi figli in guardia contro la comunione con lo scisma, ma poi si sarebbe scoperto che i laici da lei battezzati e i sacerdoti da lei inviati in Africa sarebbero entrati contro la loro volontà in comunione con lo scisma attraverso la preghiera e la comunione eucaristica con il patriarca di Alessandria, che ha riconosciuto in questo scisma una presunta Chiesa. E questo non è un problema effimero: conosco personalmente cristiani ortodossi russi residenti in Africa che, dopo il già citato atto del patriarca Theodoros, si sono rifiutati di frequentare le parrocchie della Chiesa di Alessandria.

E così, per salvare questi loro figli dalla comunione con gli scismatici, il Sinodo della Chiesa ortodossa russa del 26 dicembre 2019, riconoscendo l'impossibilità di commemorare il patriarca Theodoros di Alessandria nei dittici, nonché di continuare la comunione di preghiera ed eucaristica con lui, decretò anche di "trasformare la rappresentanza del patriarca di Mosca e di tutta la Rus' presso il patriarca di Alessandria in una parrocchia della Chiesa ortodossa russa al Cairo; ritirare dalla giurisdizione del Patriarcato di Alessandria le parrocchie della Chiesa ortodossa russa situate nel continente africano, conferendo loro lo status di stavropegie" (verbale n. 151).

Questa è stata l'apertura ufficiale della giurisdizione della Chiesa ortodossa russa in Africa. Di diritto e di fatto, essa esiste da quasi due anni. È interessante notare che a quel tempo ciò non sollevava le domande sconcertanti che sono sorte ora. Quasi tutti abbiamo dato per scontata questa decisione.

Tuttavia, hanno iniziato ad arrivare a sua Santità il patriarca di Mosca decine di petizioni di chierici del Patriarcato di Alessandria, che volevano anch'essi proteggere se stessi e i propri parrocchiani dalla comunione con gli scismatici. E qui sorge la domanda: se lo abbiamo fatto per i russi che vivono in Africa, allora su quali basi dovremmo rispondere con un rifiuto a simili richieste degli africani? Basandosi solo sul colore della pelle? Questo sarebbe razzismo, e la Chiesa russa è fondamentalmente estranea al razzismo.

Non ci sono ostacoli per l'ammissione dei laici africani nella Chiesa ortodossa russa. Ma quando si tratta di chierici può sorgere un problema, poiché secondo i canoni il chierico dipende dal suo vescovo ordinario. E in una situazione ordinaria, senza una lettera dimissoriale del suo vescovo, non può andare da nessuna parte.

E se il vescovo entrasse in comunione con gli scismatici? Questa situazione è insolita, ma è esattamente quello che è successo in Africa. Permettetemi di ricordarvi che i santi Padri insegnano all'unanimità l'impossibilità della salvezza nello scisma e che lo scisma è un allontanamento dalla Chiesa e un cammino verso la distruzione.

"Non illudetevi, fratelli miei! Chi segue colui che introduce lo scisma non erediterà il Regno di Dio", scriveva il santo martire Ignazio il Teoforo. [1]

E il beato Agostino disse:

"Noi crediamo nella santa Chiesa cattolica. Tuttavia, eretici e scismatici si riferiscono anch'essi alle loro comunità come chiese. Ma gli eretici, pensando falsamente a Dio, distorcono la fede stessa e gli scismatici con divisioni illegittime si allontanano dall'amore fraterno, sebbene credano nelle stesse cose in cui crediamo noi. Pertanto, né gli eretici appartengono alla Chiesa universale, che ama Dio, né le appartengono gli scismatici". [2]

E lo ieromartire Ilarion (Trojtskij) scrisse:

"Sappiamo e siamo convinti che la caduta dalla Chiesa nello scisma, nell'eresia o nel settarismo è distruzione completa e morte spirituale. Se Cristo ha creato la Chiesa e la Chiesa è il suo corpo, allora staccarsi dal suo corpo significa morire". [3]

Quindi lo scisma non è affatto una cosa da poco e non è solo una disputa amministrativa, come sta cercando di presentare ora il patriarca Theodoros nelle comunicazioni con i religiosi africani. Lo scisma è una via diretta per l'inferno. E se andiamo ai canoni della Chiesa, allora il secondo Canone del Concilio di Antiochia recita:

"Non sia permesso avere comunione con coloro che sono stati scomunicati, né andare nelle case e pregare con coloro che sono fuori della comunione della Chiesa: non accettate coloro che sono fuori della comunione di una chiesa in un'altra chiesa. Se qualche vescovo, o presbitero, o diacono, o qualcuno del clero, risulta comunicare con gli scomunicati dalla comunione, sia egli stesso fuori della comunione della Chiesa".

Evstratij Zorja e il patriarca Theodoros. Foto: romfea

Secondo questo canone, entrare in comunione con gli scismatici espone la persona che ha agito in tal modo alla scomunica dalla comunione ecclesiale, cioè si trova nella stessa posizione nei confronti della Chiesa dello scismatico con cui è entrato in comunione. Non si tratta, sottolineo, di alcuna violazione canonica, ma di qualcosa che porta una persona fuori dalla Chiesa e la priva della speranza di salvezza – e questo vale solo per l'eresia e lo scisma.

Secondo coloro che pongono le questioni qui discusse, un chierico può lasciare il suo vescovo solo per eresia. Anche in caso di minaccia di scisma, presumibilmente non dovrebbe lasciarlo. Tuttavia, sarebbe difficile per me definire tale posizione un'ecclesiologia ortodossa appropriata. Dopotutto, poi, si scopre che i laici, secondo l'insegnamento patristico, non dovrebbero seguire il sacerdote che entra nello scisma, mentre i sacerdoti dovrebbero seguire il vescovo nello scisma? Una comprensione così chiaramente assurda non può essere definita un "approccio canonico". Permettetemi di ricordarvi che, secondo san Giovanni Crisostomo, "creare divisioni nella Chiesa non è meno male che cadere nell'eresia... il peccato di scisma non è lavato nemmeno dal sangue del martirio". [4]

Il sesto Canone del secondo Concilio ecumenico dice:

"Noi chiamiamo eretici sia coloro che sono stati a lungo dichiarati estranei alla Chiesa, sia coloro che... sebbene pretendano di professare in modo sano la nostra fede, si sono separati e organizzano riunioni contro i nostri vescovi correttamente nominati".

La comprensione che un chierico debba presumibilmente seguire il suo vescovo nello scisma contraddice il suddetto secondo Canone del Concilio di Antiochia. In adempimento di questo canone, la nostra Chiesa ha interrotto la comunione eucaristica con il patriarca di Alessandria. Dopotutto, non si tratta di una violazione privata o di un peccato di un singolo vescovo, ma della posizione ufficiale del primate della Chiesa. Il patriarca Theodoros ha proclamato il riconoscimento della struttura scismatica ed è entrato apertamente in comunione e concelebrazione con gli scismatici.

Il Sinodo della Chiesa ortodossa russa del 24 settembre 2021 ha stabilito che con queste azioni "si approfondisce ulteriormente la divisione tra le nostre Chiese". Permettetemi di ricordarvi che il Sinodo, per il suo statuto, è un piccolo concilio di vescovi. Cioè, è stato testimoniato in un concilio che c'è uno scisma tra la nostra Chiesa e la Chiesa di Alessandria. E se noi lo abbiamo ammesso, allora su quale base possiamo respingere le petizioni del clero che vuole proteggersi dallo scisma?

Stando a quanto afferma il secondo canone del Concilio di Antiochia, il clero del patriarca Theodoros dovrebbe essere fuori comunione con un tale primate. Tuttavia, secondo i canoni, un sacerdote non può servire senza un vescovo. Se ci fosse nella Chiesa di Alessandria un vescovo che si opponesse alle azioni del patriarca entrato in comunione con gli scismatici, allora questi chierici dovrebbero rivolgersi a tale vescovo.

Ma, come osserva il nostro Sinodo nella sua risoluzione, "finora, nessuno dei vescovi della Chiesa ortodossa di Alessandria ha espresso disaccordo con le azioni del patriarca Theodoros a sostegno dello scisma in Ucraina". Dopo la decisione del Sinodo, il metropolita Panteleimon (Lampadarios) di Antinois ha espresso la sua posizione:

"La decisione dei Patriarcati ecumenico e di Alessandria in merito al riconoscimento dell'autocefalia della "Chiesa ortodossa dell'Ucraina" non è canonica e contraddice i santi Canoni della Chiesa ortodossa. Purtroppo, questa decisione ha creato ulteriori problemi non solo in Ucraina, ma in tutto il mondo ortodosso, soprattutto in Africa... Quanto ai sacerdoti della Tanzania che vogliono entrare a far parte della Chiesa ortodossa russa, questa è una questione che devono risolvere da soli. L'unico modo per superare questo conflitto è il vero pentimento dei patriarchi Bartolomeo e Theodoros e dell'arcivescovo Hieronymos di Atene. Devono ritirare le loro decisioni non canoniche e ristabilire la pace e l'unità della Chiesa. In caso contrario, affronteranno il terribile giudizio del nostro Signore e Salvatore Gesù Cristo, poiché il loro operato è diventato una tentazione per i fedeli"... [5]

Una dichiarazione così audace di un vescovo della Chiesa ortodossa di Alessandria suscita rispetto, ma vladyka Panteleimon è a riposo e non è un vescovo ordinario. Inoltre non ha intrapreso alcuna azione per raccogliere intorno a sé i sacerdoti africani che non sono d'accordo con la decisione del Patriarca Theodoros. Se parliamo dei vescovi ordinari, nessuno di loro ha fatto apertamente tali dichiarazioni, anche se, per esempio, quando ho incontrato all'inizio del 2020 il recentemente scomparso metropolita dell'Uganda, Jonah (Luanga), questi in una conversazione personale mi ha confessato la sua categorica disapprovazione per le azioni del patriarca Theodoros nei confronti dell'Ucraina. Ma non ha espresso pubblicamente questa posizione, e lo stesso hanno fatto alcuni altri vescovi della Chiesa di Alessandria, che temono di perdere gli aiuti finanziari dalla Grecia a causa del loro disaccordo, [6] e hanno anche iniziato la persecuzione e l'oppressione dei loro chierici che avevano firmato la "Lettera aperta dei sacerdoti del Patriarcato di Alessandria". [7] . Padre David Lakwo è stato licenziato sia dalla carica di rettore che dalla carica di direttore di una scuola ortodossa; è stato espulso in disgrazia e lasciato senza mezzi di sussistenza. Il metropolita greco ha "messo al tappeto" padre Ambrose Chavala e un certo numero di sacerdoti tanzaniani chiedendo loro di firmare un documento che approvasse le azioni del patriarca Theodoros nel riconoscere la "Chiesa ortodossa dell'Ucraina". E quando si sono rifiutati, li ha scacciati dalle loro chiese e li ha rimossi dai loro posti. Allo stesso tempo, si sono ascoltate minacce di ulteriori persecuzioni, compresa la violenza fisica.

Non dovremmo sostenere e accettare anche questi poveri padri africani che hanno sofferto per aver parlato a sostegno della nostra Chiesa?

Scrivo tutto questo non per condannare i vescovi della Chiesa di Alessandria, ma solo per delineare la situazione in cui si trovano ora i sacerdoti africani. Certo, non tutti sono a conoscenza dei tragici incidenti nella società ortodossa ucraina, l'Ucraina è molto lontana dall'Africa e non tutti i sacerdoti locali hanno accesso a Internet. Tuttavia, ci sono molti padri che sanno cosa sta succedendo e vogliono proteggere se stessi e il loro gregge dalla comunione con lo scisma.

Cosa dovrebbero fare?

Poiché non si è trovato nella Chiesa di Alessandria un singolo vescovo ordinario che abbia rifiutato categoricamente la via dello scisma, l'unica opportunità per i chierici citati è di appellarsi al vescovo di un'altra Chiesa canonica, che si sia salvata dall'entrare in uno scisma.

Pertanto, alla luce dell'insegnamento ortodosso sul peccato dello scisma e del secondo Canone del Concilio di Antiochia (nonché dei Canoni apostolici 10,11 e 12), nella situazione attuale l'accettazione del clero africano nella Chiesa russa (o in qualsiasi altra che non sia in comunione con gli scismatici) è qualcosa di possibile e di corretto. Forse come misura temporanea, fino a quando la Chiesa di Alessandria non sarà liberata dalla comunione con gli scismatici. O forse come permanente, nel quadro della giurisdizione della Chiesa ortodossa russa in Africa stabilita da due anni a questa parte. Questo sarà presto considerato e deciso dal Sinodo, e poi dal Concilio dei Vescovi.

Ma, ripeto, l'idea che, secondo i canoni, un chierico debba seguire il primate nello scisma suona tanto folle quanto l'idea che si debba seguire l'eresia "per obbedienza".

E sebbene ora molti oratori greci associati alla Chiesa di Alessandria stiano scoppiando in filippiche arrabbiate contro la Chiesa russa, cercando di presentarla come un aggressore, è quest'ultima, così come l'intera unità dell'Ortodossia, che in questo caso è vittima dell'avventura del patriarca Bartolomeo di Costantinopoli e dei primati che hanno sostenuto le sue azioni illegali in quasi tutte le Chiese greche. Nessuno può incolpare la Chiesa ortodossa russa di mancanza di pazienza e di tentativi di dialogo. Ma questa pazienza e umiltà cristiana, artefici dell'attuale fermento, sono state prese come segni di debolezza e la cosa ha continuato ad aggravare lo scisma. L'unica cosa rimasta alla Chiesa russa è proteggere i suoi figli dall'infezione mortale dello scisma e dare una mano a coloro che vogliono proteggere se stessi e i loro parrocchiani.

Ora è il turno dell'Africa.

I suddetti autori di torbidi ecclesiastici dovrebbero incolpare solo se stessi per questo. Allo stesso tempo, la base ideologica per le azioni scismatiche del Patriarcato di Costantinopoli è l'eresia del nuovo papismo da questo percepito, [8] e i presupposti per l'attuale movimento dei sacerdoti africani sono state anche alcune azioni dei vescovi greci in Africa, [9] ma ho già trattato questi argomenti in altri luoghi.

Per quanto riguarda le domande poste all'inizio di questo articolo, spero di essere riuscito a spiegare perché personalmente rispondo positivamente.

Note

[1] Ieromartire Ignazio il Teoforo, Lettera ai Filadelfi // https://azbyka.ru/otechnik/Ignatij_Antiohijskij/poslanie-k-filadelfijtsam/

[2] Beato Agostino, Sul Simbolo della fede // https://azbyka.ru/otechnik/Avrelij_Avgustin/o-simvole-very/

[3] Ieromartire Ilarion (Trojtskij), Sulla vita nella Chiesa e sulla vita della Chiesa // https://azbyka.ru/otechnik/Ilarion_Troitskij/o-zhizni-v-tserkvi-io-zhizni-tserkovnoj/

[4] San Giovanni Crisostomo, Interpretazione della Lettera agli Efesini // https://bible-teka.com/zlatoust/56/

[5] https://www.ortodossiatorino.net/DocumentiSezDoc.php?cat_id=32&id=9527

[6] https://www.ng.ru/ng_religii/2019-10-01/11_473_ukraina.html

[7] https://www.ortodossiatorino.net/DocumentiSezDoc.php?cat_id=32&id=7956

[8] Sacerdote Georgij Maksimov. L'eresia del papismo di Costantinopoli // https://www.ortodossiatorino.net/DocumentiSezDoc.php?cat_id=32&id=7064

[9] https://www.youtube.com/watch?v=9F1OklhFs-o

 
L'orso della Rus' Carpatica non dorme

Ricordate Pjotr Getsko, il leader politico dei carpato-russi perseguitati dal regine di Kiev? Abbiamo parlato di lui alcuni mesi fa e per un po’ non abbiamo sentito parlare di lui, ma vediamo che non è rimasto inattivo.

Le ultime notizie su Facebook lo mostrano a Yalta (luogo estremamente simbolico, quando si parla di ridisegnare la mappa di un paese), mentre si incontra con i rappresentanti del movimento della Novorossija a firmare accordi sulle rivendicazioni dei rispettivi popoli:

L'orso (simbolo della Rus' nel suo complesso, e della Rus' Carpatica in particolare) non è normalmente aggressivo, ma se provocato può reagire piuttosto duramente. Finora, i russini si sono limitati a rivendicazioni pacifiche di autonomia locale, ma grazie alla politica insensata di soppressione delle minoranze dettata dal nazionalismo (=razzismo) ucraino, un giorno lo scenario dell'estremo ovest dell'Ucraina potrebbe anche essere questo:

Intanto noi continuiamo a far sentire la nostra voce a favore del popolo carpato-russo, chiedendo il rilascio di padre Dimitrij Sidor, detenuto illegalmente da agenti della giunta di Kiev.

 
Infelice celebrazione del 30° anniversario del patriarcato del patriarca Bartolomeo

il patriarca Bartolomeo ha celebrato il 30° anniversario della sua ascesa al trono ecumenico. Foto: Unione dei giornalisti ortodossi

Bartolomeo ha celebrato il 30° anniversario della sua elezione a patriarca ecumenico. Offriamo una breve analisi dei risultati del suo ministero patriarcale.

Il 22 ottobre 2021, "sua Tutta Santità" (titolo ufficiale del capo del Fanar) il patriarca Bartolomeo di Costantinopoli ha celebrato il 30° anniversario della sua ascesa al trono patriarcale. In questo giorno al Fanar è stata celebrata la Divina Liturgia, durante la quale gli ospiti si sono congratulati con il patriarca Bartolomeo per questo rispettabile anniversario. Ma c'erano solo alcuni ospiti: il metropolita Gheorghios della Guinea (Patriarcato di Alessandria), il metropolita Chrysostomos di Kyrenia (Chiesa di Cipro), il metropolita Nifon di Târgoviște (Chiesa di Romania) e "l'arcivescovo" Nestor (Pysyk) di Ternopil e Kremenets dalla "Chiesa ortodossa dell'Ucraina". Il resto dei presenti erano i vescovi del Patriarcato di Costantinopoli, il suo clero e i laici.

Nestor Pysyk (a sinistra) e il metropolita Nifon (a destra). Foto: facebook.com / Patriarcato ecumenico

Non è difficile vedere come, tranne il metropolita Nifon, tutti i pochi ospiti sono rappresentanti di quelle Chiese ortodosse locali che, sotto la pressione del Fanar e dei diplomatici americani, hanno riconosciuto la "Chiesa ortodossa dell'Ucraina". La loro presenza alle celebrazioni non è sorprendente. Quanto al metropolita Nifon, il suo arrivo al Fanar desta qualche perplessità.

La biografia del metropolita Nifon di Târgoviște è piuttosto notevole. Oltre al Seminario teologico di Bucarest e all'Istituto teologico dell'Università di Bucarest, ha studiato presso l'Università di Oxford, l'Anglican College di Gerusalemme (Israele), l'Università di Ginevra (Svizzera) e l'Università cattolica di san Nicola a Ottawa (Canada). È un sostenitore del movimento ecumenico e un partecipante attivo a molti eventi ecumenici, principalmente come capo della delegazione della Chiesa ortodossa romena. Vladyka Nifon è stato nominato alla cattedra di Târgoviște quasi 22 anni fa.

È interessante che questo vescovo abbia rappresentato la Chiesa romena all'incontro di Amman. Inoltre, dopo Amman, ha indetto i preparativi per l'incontro panortodosso. Ricordiamo che l'incontro dei primati e delle delegazioni delle Chiese ortodosse locali, avviato dal patriarca Teofilo III di Gerusalemme, si è svolto nella capitale della Giordania, Amman, il 26 febbraio 2020. All'incontro hanno partecipato il patriarca Kirill di Mosca e di tutta la Rus', il patriarca Irinej di Serbia, il metropolita Rastislav delle Terre Ceche e della Slovacchia, nonché una delegazione della Chiesa ortodossa romena guidata dal metropolita Nifon di Târgoviște e una delegazione della Chiesa ortodossa polacca guidata dall'arcivescovo Abel di Lublino e Chełm. L'incontro ha discusso la ricerca di modi per superare la crisi dell'Ortodossia causata dall'intervento del patriarca Bartolomeo negli affari ecclesiali in Ucraina. Poiché il capo del Fanar era nettamente contrario a tenere un tale incontro, tutti coloro che vi hanno partecipato, incluso il metropolita Nifon, potevano essere considerati da lui oppositori alla politica del Fanar. Non si sa ancora perché in questa situazione lui, unico vescovo di tutte quelle Chiese locali, sia andato a salutare il patriarca Bartolomeo.

In ogni caso, è abbastanza indicativo che siano venuti rappresentanti di pochissime Chiese locali a congratularsi con il capo del Fanar per un evento così significativo come il 30° anniversario del suo patriarcato. Non un solo primate ha visitato il patriarca Bartolomeo, che sostiene di essere il leader di tutta l'Ortodossia. Oltre ai suddetti ospiti che sono venuti personalmente al Fanar, è stata inviata una lettera di congratulazioni dall'arcivescovo Anastasios di Tirana e di tutta l'Albania.

Ma l'anniversario è un'ottima occasione per organizzare magnifiche celebrazioni, per invitare delegazioni rappresentative della maggior parte delle Chiese locali e dimostrare così che il patriarca di Costantinopoli è il capo del mondo ortodosso, il suo ierarca più autorevole. Non c'è dubbio che sarebbe così se l'autorità del patriarca Bartolomeo fosse davvero alta tra le Chiese locali. Ma non se ne parla più. Il patriarca Bartolomeo parla molto dell'isolamento della Chiesa ortodossa russa, ma la celebrazione del 30° anniversario del ministero patriarcale parla molto dell'isolamento dello stesso patriarca Bartolomeo.

Per capire perché questo stia accadendo, è necessario guardare i risultati delle attività del patriarca Bartolomeo come primate della Chiesa di Costantinopoli. Bisogna ammettere che non ci sono risultati significativi di questa attività. Il principale evento simbolico del patriarcato di Bartolomeo è la trasformazione della chiesa di Hagia Sophia in una moschea attiva nel 2020, contro la quale "sua Tutta Santità" non ha nemmeno osato protestare. Questo silenzio è stato molto eloquente, perché in quel momento gli Stati Uniti, l'Unione Europea, la Francia e altri stati, così come molte Chiese locali (in primis la Chiesa ortodossa russa), hanno protestato. Tutti hanno aspettato almeno una qualche reazione da parte del patriarca Bartolomeo, ma questi è rimasto in silenzio. Poco prima dell'evento, ha detto di essere "scioccato".

Se parliamo del patriarcato di Bartolomeo in generale, le sue caratteristiche principali sono le seguenti.

In primo luogo, l'ingerenza negli affari di altre Chiese locali. Nel 2008, l'influente quotidiano turco "Cumhuriyet" ha pubblicato un articolo che criticava aspramente il patriarca Bartolomeo per aver interferito negli affari interni di altri paesi – "da Cipro all'Estonia, da Gerusalemme all'Ucraina". L'articolo sosteneva che ciò crea problemi di politica estera per lo stato turco, poiché "lo stato della Turchia non interferisce negli affari interni di altri paesi. Si scopre che il patriarca Bartolomeo ha una posizione, e lo stato della Turchia ne ha un'altra". Questa situazione è infatti molto controversa, dal momento che, secondo la legge turca, il patriarca di Costantinopoli ha il grado di funzionario. L'apogeo della politica di ingerenza del capo del Fanar negli affari delle altre Chiese è la sua decisione sull'Ucraina, nella quale ha legalizzato gli scismatici, e, al contrario, ha considerato come inesistente la Chiesa ortodossa ucraina canonica.

In secondo luogo, nel senso pieno della parola, un ecumenismo rabbioso. Il patriarca Bartolomeo non è solo un partecipante attivo del movimento ecumenico in generale, ma cerca anche di unirsi ai cattolici in un futuro molto prossimo, come ha più volte affermato. Inoltre, il principale ostacolo a tale unione dal punto di vista del capo del Fanar non sono tanto le differenze dogmatiche tra Ortodossia e cattolicesimo, quanto la questione del cosiddetto "primato". È questo problema che occupa il posto più significativo nel processo di negoziazione. La quintessenza delle aspirazioni ecumeniche del patriarca Bartolomeo si può vedere nelle sue parole pronunciate nel giorno della commemorazione del santo apostolo Andrea il Primo Chiamato nel 2020. Nella sua predica, ha detto che l'unificazione dei cristiani ortodossi con i cattolici avverrà "nonostante le obiezioni di chi o sminuisce il valore della teologia o considera l'ecumenismo un'utopia".

In terzo luogo, l'avanzamento della teoria, o per meglio dire l'eresia, del "papismo di Costantinopoli", secondo cui il patriarca di Costantinopoli è il vero e proprio capo della Chiesa, il primo senza eguali, dotato di prerogative speciali ed esclusive.

In quarto luogo, il rafforzamento del proprio potere personale all'interno del Patriarcato di Costantinopoli. Dal 2008 al 2011, all'incirca, il patriarca Bartolomeo ha fatto una vera e propria rivoluzione del personale nel Patriarcato di Costantinopoli, costringendo a dimettersi dai loro incarichi tutti i vescovi e i rappresentanti del clero che potevano almeno in qualche modo far notare al patriarca che si sbagliava. Al loro posto sono state nominate persone giovani, ambiziose e personalmente devote al patriarca Ecumenico. Una delle carriere più vertiginose in questo periodo è stata quella dell'attuale capo dell'arcidiocesi americana, Elpidophoros (Lambriniadis), autore della frase "il primo senza eguali" e attivo lobbista per l'ascesa del Patriarcato di Costantinopoli.

In quinto luogo, una dipendenza chiara, del tutto palese, dall'establishment americano, un'adesione all'intero corso politico dell'amministrazione statunitense. Tutte le decisioni e i passi importanti del patriarca di Costantinopoli sono stati avviati dai rappresentanti delle autorità americane o sono stati concordati con loro. Le più importanti sono le decisioni sull'Ucraina e sull'unificazione con i cattolici. Non è un segreto che le azioni del patriarca Bartolomeo in Ucraina siano state interamente avviate, controllate e sostenute dal rappresentante ufficiale degli Stati Uniti per la libertà religiosa Sam Brownback e da altri funzionari del Dipartimento di Stato degli Stati Uniti. Per assicurarsi di ciò, è sufficiente confrontare il programma degli incontri di queste persone con i partecipanti al progetto ucraino del Fanar e le date delle decisioni e degli eventi nell'ambito di questo progetto.

uno screenshot della pubblicazione dell'Ambasciata degli Stati Uniti in Ucraina su Twitter

Il messaggio afferma direttamente che l'argomento dei negoziati era l'autocefalia. Allo stesso tempo, due cosiddetti esarchi del Fanar operavano a Kiev, preparando anche loro l'autocefalia, e l'11 ottobre 2018 il Patriarcato di Costantinopoli ha adottato le decisioni criminali di legalizzare gli scismatici e di concedere loro "l'autocefalia".

Dopo l'incontro del patriarca Bartolomeo con l'allora vicepresidente degli Stati Uniti Joe Biden nel 2014, in cui si è discusso del dialogo Fanar-Vaticano, il capo del Fanar ha firmato una Dichiarazione congiunta con papa Francesco, che ha dichiarato la ferma intenzione del Fanar e del Vaticano di andare fino in fondo nel cammino dell'unificazione: "Esprimiamo la nostra sincera e stabile intenzione, obbedendo alla volontà del nostro Signore Gesù Cristo, di intensificare i nostri sforzi per raggiungere la completa unità di tutti i cristiani, e soprattutto tra cattolici e ortodossi". Tuttavia, per quanto riguarda la sua effettiva subordinazione all'establishment americano, il patriarca Bartolomeo non fa che continuare la linea dei suoi predecessori, e in particolare del patriarca Atenagora (Spyrou), il quale aveva esplicitamente affermato che "la pietra angolare della sua attività di patriarca è la promozione degli ideali americani" (dal rapporto del console generale USA a Istanbul Makati al Dipartimento di Stato).

Dopo questa conoscenza molto superficiale dei "successi" del patriarca Bartolomeo nel suo incarico, possiamo fare una domanda retorica: per cosa, di fatto, dovremmo congratularci con lui per il 30° anniversario dell'elezione a patriarca? Poco dopo aver celebrato il suo anniversario, il capo del Fanar ha compiuto una visita di 12 giorni negli Stati Uniti, durante la quale ha incontrato un ardente sostenitore di LGBT e aborto, il presidente degli Stati Uniti Joe Biden. E questo incontro testimonia che la pratica di compiere la volontà degli Stati Uniti anche a discapito dei suoi interessi religiosi (per non parlare dell'osservanza dei canoni della Chiesa) continua e si sta facendo strada. Il fatto che dopo le trattative con il patriarca Bartolomeo, siano già state annunciate trattative tra il presidente americano e papa Francesco, afferma che la causa dell'unione del Fanar e del Vaticano sotto il patrocinio dei politici americani si sta attivamente muovendo verso il suo apogeo. In queste condizioni, è del tutto possibile che la questione della scelta sia la seguente: o rimanere ortodossi o seguire il patriarca Bartolomeo nell'unione con i cattolici.

Questo non è certo ciò che vogliono le Chiese ortodosse locali, almeno il clero e i credenti ordinari. Così, il patriarca Bartolomeo deve celebrare l'anniversario del suo patriarcato con un solo vescovo della Chiesa rumena e con Nestor Pysyk, "ordinato" come "vescovo" dallo scomunicato Filaret Denisenko. Il fatto che Denisenko il giorno successivo, cioè il 23 ottobre 2021, abbia accettato sotto il suo omoforio un gruppo di vecchi calendaristi greci, che lo stesso Bartolomeo considera scismatici, aggiunge a tutto questo un cupo umorismo.

È tempo di ricordare le parole dell'apostolo Paolo: "Non vi fate illusioni; non ci si può prendere gioco di Dio. Ciascuno raccoglierà quello che avrà seminato..." (Gal 6,7). Tuttavia, mentre una persona è viva sulla terra, le sono aperte le porte del pentimento.

 
Le rivendicazioni degli ortodossi arabi nel patriarcato di Gerusalemme

Nel patriarcato ortodosso di Gerusalemme, la vessazione dei cristiani di lingua araba da parte della piccola e potente confraternita (greca) della Custodia del Sepolcro non è un fenomeno nuovo. Le occasionali assegnazioni di abati arabi, e di recente anche dell’arcivescovo Teodosio (Atallah Hanna, nella foto) a ricoprire le “quote minoritarie” per dare un impressione di pluralismo, non riescono a nascondere il fatto che la base dei fedeli non è rappresentata, e non riceve un’adeguata cura pastorale. Per di più, la recente crisi con il patriarcato di Antiochia in seguito all’ostinato mantenimento di un arcivescovo (greco) nel Qatar (rivendicato come territorio canonico dagli antiocheni) ha esacerbato la popolazione ortodossa araba, che ha deciso di ricorrere alle maniere forti in un modo che non avevamo ancora visto negli anni recenti. Presentiamo nella sezione “Geopolitica ortodossa” dei documenti un paio di testi di rivendicazioni: il primo copre le sette richieste del clero di lingua araba, presentate in giugno e sottoscritte da 6000 fedeli. Il secondo, scritto pochi giorni fa dall’archimandrita Touma (Bitar) e appropriatamente intitolato La sottomissione che uccide, è un impietoso exposé degli abusi anticristiani perpetrati per mantenere una élite al potere.

 
Chiesa greco-cattolica ucraina + "Chiesa ortodossa dell'Ucraina" = "una chiesa"?

i contorni dell'unificazione della Chiesa greco-cattolica ucraina e della "Chiesa ortodossa dell'Ucraina" stanno diventando più chiari. Foto: Unione dei giornalisti ortodossi

A Kiev si è tenuta una conferenza della Chiesa greco-cattolica ucraina e della "Chiesa ortodossa dell'Ucraina", che potrebbe essere l'inizio dell'unificazione di queste organizzazioni religiose. Analizziamo i discorsi e traiamo le conclusioni.

Il 26 ottobre 2021, i rappresentanti della Chiesa greco-cattolica ucraina, del Fanar e della "Chiesa ortodossa dell'Ucraina" hanno tenuto una conferenza ecumenica internazionale a Kiev "I documenti cattolico-ortodossi e la loro ricezione in Ucraina". La traduzione ucraina dei documenti del dialogo ortodosso-cattolico degli ultimi 40 anni vi è stata presentata insieme a grandi pronunciamenti – così grandi che si ha l'impressione che l'intera conferenza fosse per dar loro voce, piuttosto che per presentare un sottile opuscolo sul dialogo tra ortodossi e cattolici. Questo significa che il rodaggio del progetto di unificazione del Vaticano e del Fanar in Ucraina è entrato nella sua fase pratica? Cerchiamo di capirlo.

conferenza della Chiesa greco-cattolica ucraina, del Fanar e della "Chiesa ortodossa dell'Ucraina" sulla ricerca dell'unità. Foto: screenshot della trasmissione Zhyve.tv

Conferenza: chi era presente e chi era assente

Prima di esaminare la composizione personale dei partecipanti, va notato che gli iniziatori della conferenza sono infatti il Vaticano (come organo di governo dell'intera Chiesa cattolica) e il Fanar (come organo di governo del Patriarcato di Costantinopoli), che hanno anche strutture religiose a loro subordinate in molti paesi. In Ucraina c'è la Chiesa greco-cattolica ucraina, subordinata al Vaticano, e la la "Chiesa ortodossa dell'Ucraina", subordinata (anche se non così ovviamente) al Fanar. Pertanto, affinché questa conferenza si svolgesse a un livello serio, vi erano rappresentate sia la "Chiesa ortodossa dell'Ucraina" che la Chiesa greco-cattolica ucraina, nonché le loro strutture principali: il Vaticano e il Fanar.

Il Fanar era rappresentato dall'esarca di Costantinopoli in Ucraina, il vescovo Mikhail (Anishchenko). È vescovo titolare di Comana (cioè vescovo di una diocesi inesistente), capo della stavropegia del Patriarcato di Costantinopoli e rettore della chiesa di sant'Andrea a Kiev. L'arcivescovo Job (Getcha) ha preso parte alla conferenza in absentia e il suo messaggio è stato letto durante l'incontro.

Il Vaticano era rappresentato dal nunzio apostolico in Ucraina, che dal giugno 2021 è monsignor Visvaldas Kulbokas, arcivescovo titolare di Martana. È vero però che monsignor Kulbokas era rappresentato in absentia, e a suo nome il saluto di benvenuto è stato letto dal capo della Commissione della Chiesa greco-cattolica ucraina per la promozione dell'unità dei cristiani, Igor Shaban.

la Chiesa greco-cattolica ucraina era rappresentata ampiamente e al più alto livello. Vi hanno partecipato il capo dei cattolici ucraini di rito ortodosso, Svjatoslav Shevchuk, accompagnato da Ivan Datsko, presidente dell'Istituto di studi ecumenici dell'Università cattolica ucraina, dal già citato Igor Shaban, dal rettore del seminario di Kiev Petro Zhuk e da altri.

Ma la "Chiesa ortodossa dell'Ucraina" era rappresentata solo da Georgij Kovalenko, ex arciprete della Chiesa ortodossa ucraina, bandito dal ministero, che è anche capo della "Università ortodossa aperta di santa Sofia la Sapienza". Questa università ha all'incirca lo stesso carattere titolare della diocesi di Comana, e l'aggettivo "ortodossa" nel suo nome è difficilmente giustificato, poiché ha un pronunciato carattere ecumenico. In realtà, questa non è affatto un'università, ma "...un'associazione non governativa e apolitica di credenti di diverse religioni e confessioni..." come si legge sul suo sito web.

Da segnalare anche la presenza al convegno di Kirill Govorun, chierico freelance della diocesi di Mosca della Chiesa ortodossa russa, che aveva partecipato direttamente ai lavori della Commissione mista sul dialogo ortodosso-cattolico.

L'unica figura importante assente alla conferenza è stata il capo della "Chiesa ortodossa dell'Ucraina", Sergej (Epifanij) Dumenko. Questo è molto sorprendente, perché l'idea è di unire la Chiesa greco-cattolica ucraina e la "Chiesa ortodossa dell'Ucraina". E poiché era presente il capo della prima organizzazione, allora, secondo tutte le regole diplomatiche, avrebbe dovuto essere presente anche il capo della seconda. Tuttavia, Sergej Dumenko ha ignorato l'evento e non ha mandato nemmeno uno dei suoi "vescovi". Inoltre, quel giorno non aveva impegni seri. Secondo il sito web della "Chiesa ortodossa dell'Ucraina", Sergej Dumenko ha incontrato Svetlana Kagamlyk, ricercatrice senior presso la Facoltà di filosofia T. Shevchenko dell'Università di Kiev, nonché il presidente ad interim dell'Accademia Kyiv-Mohyla Aleksandra Gumenna. Questi incontri non erano più importanti della questione dell'unificazione con la Chiesa greco-cattolica ucraina. Perché è successo tutto questo?

Il fatto è che Sergej Dumenko non può non capire che l'unificazione della sua struttura con la Chiesa greco-cattolica ucraina non sarà alla pari. Ciò significherà in realtà l'assorbimento della "Chiesa ortodossa dell'Ucraina" da parte dei cattolici ucraini di rito ortodosso, e il posto di Sergej Dumenko in questa struttura unita non sarà il primo.

Tuttavia, va detto che letteralmente alla vigilia della conferenza, Mikhail Zinkevich, uno dei "vescovi" più rispettati della "Chiesa ortodossa dell'Ucraina", che avrebbe dovuto guidare questa struttura (se non fosse stato per l'iniziativa di Filaret al "Concilio d'unificazione"), ha sostenuto l'unificazione con gli uniati.

"Vogliamo vedere una chiesa unita, dove non ci sarà nessun Patriarcato di Mosca, nessun greco-cattolico, nessun "Chiesa ortodossa dell'Ucraina", ma ci sarà invece una grande chiesa ucraina. Senza tutti questi nomi. Dovrebbe essere chiamata la Chiesa ortodossa ucraina. Nessuna aggiunta, nessuna modifica, nessun formato: solo la chiesa del popolo ucraino, e basta", ha detto Zinkevich il 23 ottobre.

Cosa è stato presentato al convegno

È stato presentato un opuscoletto. Si veda sotto.

foto: Servizio stampa della Chiesa greco-cattolica ucraina

Il fatto che questo incontro sia solo una scusa per fare grandi pronunciamenti sull'unificazione è evidenziato dal fatto che questo "dialogo cattolico-ortodosso" è in realtà un retaggio dell'era sovietica, e un progetto piuttosto fallito.

I preparativi per l'inizio del dialogo ortodosso-cattolico iniziarono nel 1961. A seguito di diverse conferenze pan-ortodosse, si decise di proporre alla Chiesa cattolica romana di avviare "un dialogo tra le due Chiese in condizioni di parità". Più tardi, nel 1967, il patriarca di Costantinopoli Atenagora (Spyrou) e papa Paolo VI annunciarono che le due Chiese intendevano condurre un "dialogo dell'amore" e un "dialogo della verità" che lo completi. Non molto tempo prima, avevano "sollevato" gli anatemi reciproci imposti nel 1054. Va detto che la Chiesa ortodossa russa ha partecipato piuttosto attivamente a questo dialogo ortodosso-cattolico, ma non spontaneamente. Il fatto è che l'inizio di questo dialogo è coinciso con una persecuzione su vasta scala della Chiesa sotto Nikita Khrushchev, che aveva promesso di mostrare l'ultimo sacerdote in TV entro 20 anni. La persecuzione fu piuttosto grave, come scrive lo storico Vladimir Stepanov: "La totalità della persecuzione avrebbe dovuto creare un'atmosfera di rifiuto, d'isolamento culturale per i credenti, in mezzo al quale si sarebbero sentiti cittadini di seconda classe, emarginati sociali indegni di entrare in un luminoso futuro insieme alle altre persone". Se fosse giustificato o meno scendere a compromessi in materia di fede in quelle condizioni è soggetto a un'ulteriore considerazione, ma con la sua attività in ambito internazionale la Chiesa ortodossa russa in quegli anni stava semplicemente cercando di sopravvivere.

Nel 1979 fu istituita la Commissione internazionale congiunta per il dialogo teologico tra la Chiesa ortodossa e la Chiesa cattolica romana. Ciò era stato preceduto da diversi incontri della Commissione teologica interortodossa, che aveva adottato una serie di documenti controversi. Per esempio, nel 1978 a Chambésy fu adottato un documento in cui l'obiettivo del dialogo ortodosso-cattolico era formulato come "l'instaurazione della piena comunione tra le due Chiese <...>, che, sulla base dell'unità della fede, della vita comune e della comune tradizione della Chiesa antica, troverà la sua espressione nella celebrazione congiunta dell'Eucaristia". Formalmente ciò significava un ritorno alla fede e alla tradizione comuni del primo millennio, ma in realtà significava una politica di compromesso e di conciliazione.

Dal 1980, la Commissione mista internazionale ha tenuto 14 incontri, durante i quali sono stati adottati documenti su vari aspetti del dialogo ortodosso-cattolico. Questi documenti non furono accettati come vincolanti né dalla Chiesa cattolica né dalle Chiese ortodosse locali; rimasero documenti della Commissione mista. Alcuni di essi, come la Dichiarazione di Balamand del 1997 o il Documento rabbinico del 2007, hanno provocato contraccolpi nella maggior parte delle Chiese locali. Tutti questi documenti, tradotti in ucraino, sono diventati sostanzialmente il contenuto del suddetto opuscolo.

In questa fase, il dialogo ortodosso-cattolico è oggetto di serie critiche. I cattolici esprimono l'opinione che il principio della supremazia del romano pontefice non sia sufficientemente difeso in esso, gli ortodossi rifiutano l'ecumenismo eccessivo, ma gli uniati sono i più insoddisfatti, e non solo gli ucraini. Approfondiamo la questione qui di seguito.

Dichiarazioni roboanti

Allora, cosa hanno detto i principali partecipanti alla conferenza?

Il capo della Chiesa greco-cattolica ucraina, Svjatoslav Shevchuk, ha ripetuto le disposizioni del documento del 1979 della Commissione mista sullo scopo del dialogo ortodosso-cattolico: "Penso che qui si dica tutto. L'obiettivo del dialogo ecumenico non è solo cooperare, ma ripristinare la comunione. Dobbiamo dire ad alta voce oggi che cristiani ortodossi e cattolici e greco-cattolici non si maledicono più a vicenda, ci consideriamo fratelli e sorelle in Cristo e stiamo cercando modi per ripristinare l'unità perduta tra i cristiani". È interessante notare che molto spesso il concetto di anatema (almeno quello ortodosso) viene utilizzato manipolandolo. L'anatema non è una maledizione nel senso che qualcuno che ci cade dovrebbe bruciare all'inferno o avere momenti difficili nella sua vita. È un'affermazione del fatto che una persona o una comunità ecclesiale, con il loro pensiero sbagliato, eresia o qualcosa di simile, si è posta al di fuori della Chiesa di Cristo, l'unica nave della salvezza. Pertanto, la Chiesa ortodossa non ha mai maledetto i cattolici, ma ha testimoniato che i loro errori sono incompatibili con il loro essere nella Chiesa.

Svjatoslav Shevchuk ha anche dichiarato che la Chiesa greco-cattolica ucraina incarnerà tutti i risultati del dialogo ecumenico tra la Chiesa cattolica romana e l'Ortodossia. " Vogliamo applicare a livello locale in Ucraina tutto ciò che è stato realizzato nel dialogo ortodosso-cattolico a livello universale", ha affermato il capo degli uniati ucraini.

Questa affermazione è piuttosto ambigua, poiché nei relativi documenti della Commissione mista l'uniatismo è riconosciuto come un errore storico. La stessa Dichiarazione di Balamand afferma che le parti rifiutano l'uniatismo come metodo di ricerca dell'unità, poiché esso "contraddice la comune tradizione delle Chiese" e che "l'uniatismo non può servire da modello per l'unità delle Chiese né nel presente né nel futuro."

Il Nunzio Apostolico in Ucraina Visvaldas Kulbokas ha esortato a passare dalle speculazioni teoriche ai passi pratici: "Considerando il successo di questo dialogo, diventa evidente che il percorso che abbiamo seguito è stato corretto. Ma devono essere fatti sforzi per attuare la propria rappresentazione pratica e concreta a livello locale, in modo che non rimanga solo intrattenimento teorico". Si tratta di una bella espressione o di un suggerimento che questi passi molto pratici seguiranno nel prossimo futuro? La situazione complessiva della sfera religiosa sia in Ucraina che a livello mondiale suggerisce che se il Vaticano e il Fanar decidessero davvero di unirsi, allora nel nostro paese si scatenerà un banco di prova di tale unificazione.

Il fatto che sia più conveniente attuarlo in Ucraina è testimoniato anche dalle parole dell'esarca di Costantinopoli, il vescovo Mikhail (Anishchenko), il quale ha affermato che "in Ucraina si è creata una situazione unica, poiché diverse tradizioni e giurisdizioni cristiane sono fortemente rappresentate nello stesso luogo". È vero, gli ortodossi dovranno ripensare la loro teologia per questo. "Il dialogo ortodosso-cattolico ravviva il pensiero teologico intra-ortodosso, poiché rende necessario cercare risposte ad acuti problemi teologici e riesaminare a fondo la propria storia e il proprio patrimonio teologico", ha affermato l'esarca del Patriarcato di Costantinopoli. Infatti, per continuare il dialogo ortodosso-cattolico, i cristiani ortodossi devono"ripensare a fondo" la loro teologia, poiché questa non consente di unirsi agli eretici se essi continuano ad aderire alle loro delusioni. Forse, grazie a questi "attenti studi", i sostenitori di questo approccio potranno trovare singole citazioni che parlano a loro favore, ma nel complesso, la dottrina ortodossa testimonia inequivocabilmente: "Dopo una o due ammonizioni sta' lontano da chi è fazioso, ben sapendo che è gente ormai fuori strada e che continua a peccare condannandosi da se stessa." (Tt 3,10). Per quanto riguarda l'approccio per il quale il vescovo Mikhail (Anishchenko) si erge, san Gregorio di Nissa ha detto meglio: "Come un creatore di veleni rende un veleno commestibile per una persona da avvelenare, addolcendolo con miele, e non fa altro che amministrare il veleno, ma poi il veleno, mescolato nelle viscere, produce distruzione senza alcuna partecipazione del creatore del veleno; qualcosa di simile <...> fanno gli eretici. Con raziocinio raffinato, come con un veleno, addolciscono <...> dottrine mortali..."

Inoltre, il capo della stavropegia ha affermato che "il dialogo ortodosso-cattolico e la ricerca di modi per ripristinare l'unità sono rilevanti anche per la conservazione dell'unità nella stessa Chiesa ortodossa". Queste parole diventano chiare se ricordiamo che l'unità della Chiesa è intesa dai vescovi fanarioti come un'unità sotto la guida del patriarca di Costantinopoli. Lo ha affermato personalmente il patriarca Bartolomeo durante una visita negli Stati Uniti: "Siamo obbligati a guidare le Chiese autocefale locali come fratello maggiore di una famiglia".

In ogni modo, la confessione più rivelatrice è stata fatta dal vescovo Mikhail (Anishchenko) quando ha pronunciato le seguenti parole: "La questione più urgente sia per i cristiani ortodossi che per i cattolici oggi è la questione dell'attuazione del primato nella Chiesa ecumenica". Cioè, non l'eresia del filioque, né i dogmi inventati dai cattolici sul purgatorio, l'Immacolata Concezione della santissima Theotokos, né la teoria giuridica della salvezza, né la pratica della preghiera, che, dal punto di vista dei santi Padri ortodossi, sono questioni fondamentali – niente di tutto questo impedisce il riavvicinamento. Le discussioni sono condotte solo su chi sarà il "primo" e su come questo "primato" sarà implementato nonostante il fatto che questo problema sia stato chiuso da Gesù Cristo. "Giunsero intanto a Cafarnao. E quando fu in casa, chiese loro: Di che cosa stavate discutendo lungo la via? Ed essi tacevano. Per la via infatti avevano discusso tra loro chi fosse il più grande. Allora, sedutosi, chiamò i dodici e disse loro: Se uno vuol essere il primo, sia l'ultimo di tutti e il servo di tutti". (Mc 9,33-35)

Fanar e Chiesa cattolica romana si uniranno a Kiev?

Il suddetto Mikhail (Anishchenko) ha detto francamente sull'obiettivo finale del dialogo tra Chiesa cattolica romana e Fanar: "Questo (l'opuscolo sul dialogo, ndc) è più di una meravigliosa pubblicazione, ma è solo uno strumento al servizio dell'obiettivo finale, l'obiettivo è la ricerca dell'unità. Restaurazione dell'unità, per favore, non ricerca".

Ivan Datsko, presidente dell'Istituto di studi ecumenici dell'Università cattolica ucraina, ha specificato il periodo di tempo per il raggiungimento di questo obiettivo: "Vorrei ripristinare la piena comunione tra le Chiese cattolica e ortodossa entro il 2025. Questo è il nostro obiettivo principale". Ha anche detto che un tale obiettivo dovrebbe essere realizzato proprio qui, in Ucraina: "Da due anni si sono accumulati tanti cambiamenti positivi nella Chiesa ortodossa ucraina, e io dico – nella Chiesa ortodossa ucraina, nell'Ortodossia ucraina, che se noi cristiani ucraini perdiamo questa opportunità, allora commetteremo un grande peccato contro la nostra chiesa e il nostro popolo". Ha spiegato che sotto papa Francesco e il patriarca Bartolomeo di Costantinopoli, "ci siamo avvicinati così tanto che se non si farà ora, allora – non voglio dirlo – non si farà mai. Perderemo una grande opportunità".

Datsko ha anche messo all'ordine del giorno la questione dell'elezione di un solo patriarca per la Chiesa greco-cattolica ucraina-"Chiesa ortodossa dell'Ucraina" unita. "Sono convinto che il futuro patriarca ucraino debba essere eletto sia dagli ortodossi che dai cattolici. Uno, non abbiamo bisogno di 5-10 patriarcati a Kiev, uno e tutti. Ma dobbiamo fare uno sforzo comune per ricevere insieme l'Eucaristia dell'amore, e poi eleggerlo", ha detto.

Il presidente dell'Istituto di studi ecumenici dell'Università cattolica ucraina ha brevemente delineato le tesi del programma per l'unificazione.

  • Preghiera comune.

  • Battesimo comune.

  • Traduzione unificata della liturgia e del Vangelo.

  • Desiderio di riconciliazione reciproca e di perdono.

  • Evitare rivendicazioni storiche l'uno verso l'altro.

Ci si potrebbe chiedere: che dire dei dogmi che dividono gli ortodossi dai cattolici?

Esponendo le sue tesi, Datsko ha detto in una delle clausole: "Stiamo studiando le posizioni delle Chiese ortodossa e cattolica sulla questione del primato del vescovo di Roma, perché questo è molto divisivo". Come lo studio delle posizioni (che sono già state studiate da quasi 1000 anni) aiuterà a risolvere questo problema – non lo ha detto alla conferenza. Sembra che nessuno consideri questo problema un problema. I partecipanti all'incontro chiamano "stereotipi" i dogmi divisori. Lo stesso Datsko, riferendosi al filioque (eresia dei cattolici sul dogma della Trinità), disse: "Con o senza filioque, rilassatevi".

Ma non è tutto. I partecipanti alla conferenza, a cominciare da Svjatoslav Shevchuk, hanno usato la parola "ecumenismo" in senso esclusivamente positivo come fattore che unisce i cristiani. Tuttavia, durante l'incontro c'è stato un episodio che indica che "l'unificazione dei cristiani” non è l'ultima tappa di questo percorso.

Come punto cruciale, si può citare la narrazione di Ljudmila Filipovich, studiosa di religione, professoressa, capo del Dipartimento di filosofia e storia della religione presso l'Istituto di filosofia Hryhoriy Skovoroda dell'Accademia nazionale delle scienze dell'Ucraina. Parlando del Seminario teologico della Trinità della Chiesa greco-cattolica ucraina, ha affermato che i futuri sacerdoti uniati sono cresciuti lì "nello spirito di comprensione interreligiosa". "Questa è l'unica istituzione di educazione spirituale in Ucraina dove viene insegnato un corso di studi religiosi pratici, nell'ambito del quale andiamo ogni anno con i seminaristi a incontrare non solo altre confessioni cristiane, ma anche ebrei, musulmani, sahaji yogi, bahá'í e così via in generale", ha detto L. Filipovich. Bene, questo è abbastanza coerente con le opinioni moderne di papa Francesco, che permette di adorare l'idolo pagano della Pachamama e di leggerle preghiere pagane.

Conclusioni

In primo luogo, i risultati di questa conferenza dovrebbero essere trattati allo stesso modo dei risultati della Commissione mista sul dialogo teologico, i cui documenti sono stati presentati alla conferenza. Sia questi che gli altri risultati non sono vincolanti per nessuno e non richiedono ulteriori eventi. Tuttavia, possono diventare uno sfondo favorevole per qualche azione pratica per unire la Chiesa greco-cattolica ucraina e la "Chiesa ortodossa dell'Ucraina", se tale decisione viene adottata ufficialmente dal Vaticano e dal Fanar.

In secondo luogo, l'unificazione della Chiesa greco-cattolica ucraina e della "Chiesa ortodossa dell'Ucraina" serve principalmente gli interessi degli uniati, poiché ogni unione è un'unione a favore del cattolicesimo, come dimostra la storia di tutti gli uniatismi.

In terzo luogo, gli eventi nel mondo si stanno sviluppando molto rapidamente in tutti gli ambiti, compreso quello religioso. Pertanto, se verrà attuato un tentativo di unire la Chiesa greco-cattolica ucraina e la "Chiesa ortodossa dell'Ucraina", lo scopriremo molto presto.

In quarto luogo, se gli eventi si sviluppano esattamente secondo questo scenario, possiamo tranquillamente affermare che le autorità ucraine non si faranno da parte e faranno tutto il possibile affinché tale unione diventi non solo possibile, ma che assorba anche molte comunità della Chiesa ortodossa ucraina, quante più possibile. Ora sembra troppo fantastico, ma gli eventi che hanno preceduto la creazione della "Chiesa ortodossa dell'Ucraina" mostrano che è del tutto possibile. Allora Petro Poroshenko, utilizzando la risorsa amministrativa e, soprattutto, le forze dell'ordine, con le buone o con le cattive aveva cercato di far entrare nella "Chiesa ortodossa dell'Ucraina" il maggior numero possibile di vescovi della Chiesa ortodossa ucraina. Dopo la creazione della "Chiesa ortodossa dell'Ucraina", hanno cercato di coinvolgere il maggior numero possibile di comunità della Chiesa ortodossa ucraina. La probabilità che ciò accada di nuovo e raggiunga un livello più violento è molto alta. Se viene creata una Chiesa greco-cattolica ucraina-"Chiesa ortodossa dell'Ucraina" unita, il suo sostegno da parte dello Stato raggiungerà un livello qualitativamente nuovo, poiché raggiungerà un nuovo livello e pressione sulla Chiesa ortodossa ucraina. Per esempio, sarà molto difficile mantenere le Lavre delle Grotte di Kiev e di Pochaev.

Quinto, tutti coloro che decidono di unirsi a questa Chiesa greco-cattolica ucraina-"Chiesa ortodossa dell'Ucraina" unita devono essere consapevoli del fatto che l'ecumenismo li attende in futuro non solo con i cattolici, ma anche, in senso figurato, con la Pachamama.

Comunque, sia come sia, alla fine l'attuale unione si rivelerà disastrosa come tutte quelle precedenti. Ciò è evidenziato sia dalla storia della Chiesa sia dalle parole del Signore Gesù Cristo: "Edificherò la mia chiesa e le porte degli inferi non prevarranno contro di essa..." (Mt 16:18).

 
Testo della ricezione per mezzo della Cresima

Aggiungiamo alla nostra raccolta dei testi delle funzioni il rito per la ricezione nella Chiesa ortodossa per mezzo della Cresima, secondo l’Ordine composto dal santo metropolita Filarete di Mosca e autorizzato dal santo patriarca Tikhon nel 1921. Nella Chiesa russa, questo rito si usa per le persone il cui battesimo eterodosso non viene ripetuto all’atto dell’ingresso della Chiesa, ma che non hanno ancora ricevuto sotto alcuna forma l’unzione con il santo crisma. Tipicamente, in Italia, lo si vede utilizzare nel caso di famiglie miste che, dopo un battesimo cattolico, preferiscono far crescere ulteriormente i loro bambini nella Chiesa ortodossa. Domenica scorsa, tuttavia, abbiamo avuto l’occasione di ricevere nella Chiesa ortodossa una candidata adulta, e questa è stata l’occasione per rivedere il testo del rito, sistemarlo in forma elettronica e metterlo a disposizione di tutti gli interessati.

 
La "Chiesa abkhaza" dichiara il restauro dell'antico catholicosato, rifiuta il dialogo con la Chiesa georgiana

foto: rferl.org

Il Patriarcato georgiano non ha autorità canonica in Abkhazia, secondo la sedicente "Chiesa ortodossa abkhaza", che quindi ha proclamato la restaurazione dell'antico catholicosato abkhazo.

Secondo il Concilio ecclesiastico della "Chiesa abkhaza", guidato da padre Vissarion Apliaa, la restaurazione del catholicosato, che è esistito in forma separata dalla Chiesa georgiana dal 1470 al 1814, mira a "correggere gli errori commessi riguardo allo status canonico della Chiesa abkhaza".

Il Concilio della Chiesa abkhaza ha dichiarato le sue intenzioni in un recente discorso a sua Santità il patriarca Ilia della Georgia e a sua Santità il patriarca Kirill di Mosca.

"La Chiesa ortodossa abkhaza dichiara di non voler avere un legame spirituale fraterno con coloro che, contrariamente alla verità evangelica, considerano l'Abkhazia territorio canonico della Chiesa ortodossa georgiana", dichiara il Concilio, invitando tutte le Chiese locali a "indagare lo status canonico della Chiesa ortodossa abkhaza con l'aiuto del diritto canonico della Chiesa ortodossa".

In risposta , pur "categoricamente in disaccordo con il contenuto e lo spirito del discorso", il Patriarcato georgiano ha invitato padre Vissarion a Tbilisi per "l'inizio di un dialogo".

A febbraio, la "Chiesa abkhaza" ha sospeso tutti i servizi nel tentativo di imporre una risoluzione al suo status. In risposta, il Patriarcato georgiano ha ricordato che Apliia è stato, di fatto, ordinato dal patriarca Ilia, e che l'Abkhazia è universalmente riconosciuta come territorio canonico della Chiesa georgiana, e quindi lo status canonico locale è una questione che deve risolvere la Chiesa georgiana.

Apliia e il suo gruppo hanno chiesto più volte di essere accolti nella Chiesa russa, ma la Chiesa russa ha sempre sostenuto che l'Abkhazia, e anche l'Ossezia del Sud, sono territorio canonico della Chiesa ortodossa georgiana.

E nonostante l'invito della Chiesa georgiana, continua a sostenere che "la questione non si decide a Tbilisi", ma piuttosto a Mosca, come ha recentemente affermato su Abkhaz TV. A suo avviso, l'invito è solo un altro "inganno" della Chiesa georgiana.

* * *

Il catholicosato abkhazo è esistito dal primo millennio, e come struttura indipendente dal 1470, fino al 1814, quando, in seguito alla conquista di Imereti da parte della Russia imperiale, il catholicosato è stato inserito nell'esarcato georgiano della Chiesa russa.

Dopo il ripristino dell'autocefalia nel 1917, la Chiesa georgiana ha istituito la diocesi di Tskhum-Abkhazia, e dal 1921 al 1993 questa diocesi è sempre stata sotto la giurisdizione della Chiesa ortodossa georgiana. Il Santo Sinodo russo ha riconosciuto la diocesi di Tskhum-Abkhazia come parte integrante della Chiesa georgiana quando ha riconosciuto la sua autocefalia restaurata nel 1943.

Padre Vissarion Apliaa è stato eletto amministratore ad interim della diocesi di Sukhumi e Abkhazia della Chiesa ortodossa georgiana dopo la guerra georgiano-abkhaza del 1992-1993 che ha provocato l'espulsione della maggior parte del clero georgiano per motivi politici. Dopo gli eventi del 2008, il clero georgiano è stato finalmente espulso dall'Abkhazia.

Padre Vissarion ha poi registrato una nuova struttura ecclesiastica nel 2009 - la "Chiesa ortodossa abkhaza", con uno status autonomo non regolamentato e autoproclamato, separato dalla Chiesa georgiana - uno scisma de facto. Tuttavia, la Chiesa georgiana non ha imposto sanzioni canoniche a padre Vissarion e agli altri chierici per non privare i fedeli abkhazi dei santi misteri.

Sia la Chiesa georgiana che quella russa considerano formalmente padre Visarion ancora come un membro della Chiesa georgiana.

 
Aggiornamento della Guida del sito

Abbiamo aggiornato la Guida del sito con i contributi generali degli ultimi due mesi. Per i numerosi testi in cui abbiamo cercato di coprire vari aspetti della crisi ucraina del 2014, prevediamo di creare al termine dei conflitti (...per cui, speriamo, presto!) una sezione separata, ma per il momento non li abbiamo ancora sistematizzati. Ci auguriamo, comunque, che la guida del sito possa rimanere comunque un utile strumento di navigazione tra i vari aspetti dell'Ortodossia che cerchiamo passo dopo passo di presentare ai lettori.

 
Come i greci non condividono le diocesi: il Fanar litigherà con la Grecia?

ci sono disaccordi tra la Grecia e il Fanar. Foto: Unione dei giornalisti ortodossi

Un nuovo metropolita greco è stato nominato per una sede formalmente subordinata al Fanar. C'è già stata una rottura tra la Grecia e il Fanar per questo. Cosa accadrà ora?

Il 21 novembre 2021, il capo del Fanar, il patriarca Bartolomeo, ha celebrato il 30° anniversario della sua ascesa al trono del Patriarcato di Costantinopoli ad Atene, insieme al primate della Chiesa di Grecia, l'arcivescovo Hieronymos. Questa visita potrebbe essere trascurabile, se non per le circostanze che indicano che l'unità greca è in pericolo. Si tratta di uno scontro tra il Fanar e la Grecia. Cosa ci permette di avanzare una simile ipotesi? Una serie di fatti, di cui parleremo in quest'articolo.

"Nuove Terre" – vecchi problemi

I rapporti tra il patriarca Bartolomeo e l'arcivescovo Hieronymos sono al momento piuttosto complicati. Sono aggravati dall'insoddisfazione di molti metropoliti della Chiesa di Grecia per le azioni del Fanar in relazione a una serie di questioni. Al primo posto c'è la disputa sulle diocesi, che formalmente fanno parte della Chiesa ortodossa di Grecia ma sono anche legate al Fanar. Si tratta delle cosiddette diocesi delle "Nuove Terre".

Il problema è sorto dopo che una parte della Grecia ottenne l'indipendenza e la Chiesa di Grecia fu costituita nel 1850. Fu a questa Chiesa, nel sud della Grecia moderna, che si unirono le diocesi del Patriarcato di Costantinopoli nei territori settientrionali. Questi sono i territori dell'Epiro, della Macedonia, della Tracia e delle isole nella parte settentrionale del Mar Egeo. In effetti, queste diocesi hanno una doppia subordinazione: al Patriarcato di Costantinopoli e alla Chiesa di Grecia. Questa subordinazione è regolata da alcuni accordi raggiunti tra le Chiese nel 1928, secondo i quali i vescovi partecipano ai lavori del Santo Sinodo della Chiesa ortodossa di Grecia.

Nello Statuto della Chiesa di Grecia del 1969 è stata esclusa la disposizione sulla subordinazione di queste diocesi al patriarca di Costantinopoli, cosa che ha suscitato critiche da parte del Fanar, che da allora ha preso provvedimenti per restaurare e stabilire la propria autorità su di esse. I fanarioti sono particolarmente scontenti del fatto che i vescovi delle "Nuove Terre" siano eletti e ordinati dal Sinodo e, di conseguenza, dai vescovi della Chiesa di Grecia.

Il Fanar ritiene che nessuna riassegnazione del clero appartenente alle diocesi indicate sia possibile senza il consenso del patriarca Bartolomeo. Al contrario, la Chiesa di Grecia sostiene che sia così per le assegnazioni interne nelle "Nuove Terre", ma in nessun modo per le riassegnazioni in generale. Per esempio, se il metropolita di Adrianopoli è nominato alla sede di Greven, è richiesto il consenso del patriarca Bartolomeo, ma se viene trasferito alla sede di Serres, è sufficiente la decisione del Sinodo della Chiesa ortodossa di Grecia. Qualunque cosa sia, il problema del rapporto tra il Patriarcato di Costantinopoli e la Chiesa di Grecia rimane in una fase piuttosto turbolenta e ciò può portare a diverse conseguenze.

Per esempio, il 30 aprile 2004, il patriarca Bartolomeo, sulla base della decisione del Sinodo della Chiesa di Costantinopoli, ha interrotto la comunione eucaristica e ha smesso di menzionare l'arcivescovo Christodoulos di Atene e di tutta la Grecia (il predecessore dell'arcivescovo Hieronymos). Secondo il metropolita Nikiphoros di Kykkos , la rottura dei rapporti è avvenuta "per un solo motivo: il sempre memorabile arcivescovo ha osato convocare un Concilio dei vescovi della Chiesa di Grecia, in cui sono stati eletti tre nuovi metropoliti nella diocesi delle cosiddette" Nuove Terre" senza l'approvazione del patriarca".

Inoltre, cosa già caratteristica del Fanar, tra le accuse del patriarca contro l'arcivescovo Christodoulos c'erano i rimproveri della sua "cospirazione" con i russi per indebolire l'influenza del Fanar. Poi, nel 2004, un mese dopo, la situazione è stata risolta: è stato raggiunto un accordo tra il Patriarcato di Costantinopoli e la Chiesa ortodossa di Grecia con l'accettazione dei termini del Fanar.

Il 29 agosto 2015 la situazione si è nuovamente aggravata: i vescovi delle "Nuove Terre" hanno partecipato alla Sinassi dei vescovi del Patriarcato di Costantinopoli, cosa che ha provocato una protesta da parte della Chiesa greca, seguita dal rifiuto di partecipare all'incontro dei primati delle Chiese locali a Chambésy. E ora – un nuovo turno di confronto.

Dove finisce la Grecia e dove inizia il Fanar?

Tutto è iniziato nel marzo dello scorso anno, quando il patriarca Bartolomeo, in una lettera all'arcivescovo Hieronymos, ha sollevato la questione degli accordi del 1928, che, nell'interpretazione del Fanar, si riducono al fatto che le "Nuove Terre" sono un possesso del Patriarcato di Costantinopoli.

Il 26 marzo 2020 (subito dopo aver ricevuto una lettera dal patriarca Bartolomeo) l' arcivescovo Hieronymos ha incontrato il primo ministro greco Kyriakos Mitsotakis. L'incontro è stato così frettoloso che è stato riferito che "l'obiettivo dell'arcivescovo era quello di informare il primo ministro di ciò che stava per accadere", cioè di problemi imminenti nei rapporti con il Fanar.

È molto probabile che l'arcivescovo Hieronymos abbia cercato di ottenere il sostegno di Mitsotakis nel suo confronto con il patriarca Bartolomeo. Ricordiamo che i rapporti tra il Patriarcato di Costantinopoli e la Chiesa di Grecia sono prescritti dalle leggi della Grecia, quindi la posizione delle autorità sulla questione del "conflitto d'interessi" è estremamente importante. È possibile che in cambio del sostegno delle autorità, l'arcivescovo Hieronymos abbia promesso di sostenere tutte le iniziative statali, come la chiusura delle chiese per Pasqua, la promozione di misure di quarantena e vaccinazioni, ecc. Alla fine, ha ricevuto il sostegno, come vedremo più avanti.

La lettera del patriarca è stata letta ai membri del Sinodo della Chiesa ortodossa di Grecia nella sua ultima riunione nell'agosto 2020, mentre sono state discusse le azioni del rappresentante del Fanar, il metropolita Emmanuel di Calcedonia. E c'era qualcosa su cui discutere.

Così, il 20 agosto, durante un servizio divino al monastero di san Nicola nella diocesi di Greven (inclusa nelle "Nuove Terre"), il metropolita Emmanuel ha dichiarato che questo monastero, come l'intero insediamento sul cui territorio si trova, è direttamente connesso con il patriarcato poiché è "una continuazione del metochio del Fanar e della Chiesa patriarcale". Allo stesso tempo, Emmanuel ha affermato che né il metropolita locale né nessun altro "ha la minima giurisdizione sul monastero, ad eccezione dello stesso patriarca ecumenico".

Naturalmente, questa posizione dei fanarioti ha causato indignazione nella gerarchia greca. Il fatto è che le parole del metropolita di Calcedonia contraddicono completamente ciò che riconosce la Chiesa di Grecia. Quest'ultima ritiene che l'amministrazione dei singoli monasteri non differisca dall'amministrazione del resto dei monasteri operanti sul suo territorio.

Secondo i resoconti dei media, molti vescovi greci sono convinti che se le parole del metropolita Emmanuel non saranno trattate con serietà, allora le "Nuove Terre" diventeranno la seconda Creta, cioè saranno completamente controllate dal Fanar, cosa che creerà ulteriori problemi per la Chiesa ortodossa di Grecia.

Per esempio, nel novembre 2019, il Sinodo del Patriarcato di Costantinopoli ha eletto vescovi di due metochia patriarcali a Creta. Si tratta di Eirenaios (Vericaxis), che è divenuto vescovo di Eumenia, e Damaskinos (Leonakis), che è divenuto Vescovo di Dorileo. Entrambi sono vicari del patriarca Bartolomeo, entrambi non sono stati inseriti nel clero della Chiesa di Creta, ma in quanto rettori di stavropigie ricadono sotto la giurisdizione del Fanar. Di conseguenza, nella città di Chania, per esempio, ci sono tre vescovi: tutti canonici, tutti greci e tutti appartengono a giurisdizioni diverse. Per la Chiesa di Grecia una situazione del genere non ha senso. Tuttavia, il Fanar vuole riprodurla per altre diocesi che formalmente fanno parte del Patriarcato di Costantinopoli. Ecco perché i padri sinodali greci chiedono che l'arcivescovo Hieronymos prenda provvedimenti decisivi per risolvere in qualche modo la situazione attuale. Uno di questi passaggi avrebbe dovuto essere il trasferimento di un metropolita dalle "Nuove Terre" alla sede di Peristeri, cosa che confermerebbe i diritti della Chiesa di Grecia su queste diocesi. E questa decisione era in contrasto con la quinta clausola dell'accordo del 1928, che specifica come sono organizzate le metropolie delle Nuove Terre. In particolare, si afferma che "è vietato effettuare trasferimenti gerarchici da una diocesi a un'altra diocesi".

Il primo turno del confronto

Per consolidare questa decisione e spingere l'arcivescovo Hieronymos a intraprendere azioni più decisive, i padri sinodali hanno compiuto un passo disperato: hanno invitato il patriarca Bartolomeo in Grecia. Potreste chiedere perché è un passo disperato? Il fatto è che hanno invitato il capo del Fanar in un certo giorno.

In particolare, il 10 settembre 2021, il Santo Sinodo della Chiesa ortodossa di Grecia, in uno dei suoi ultimi incontri, ha deciso di tenere celebrazioni in Grecia il 22 ottobre 2021, in occasione del 30° anniversario dell'ascensione del capo del Fanar al trono patriarcale. I sinodali hanno invitato a questi eventi "l'eroe dell'occasione". E questo invito sarebbe stato rispettoso nei confronti del primate della Chiesa madre (così i greci considerano il Patriarcato di Costantinopoli), se non per un "ma" – il 22 ottobre il patriarca Bartolomeo aveva programmato una visita negli Stati Uniti (che si è svolta il 23 ottobre), e che era stata annunciata molto prima che si svolgesse il Sinodo della Chiesa ortodossa di Grecia. È abbastanza comprensibile che il patriarca Bartolomeo abbia rifiutato gli eventi di Atene. In altre parole, i padri sinodali della Chiesa ortodossa di Grecia hanno invitato Bartolomeo in Grecia quando questi non poteva assolutamente venire. Non è né più né meno che un'illustrazione della favola di Esopo "La volpe e la cicogna".

A sua volta, anche l'arcivescovo Hieronymos ha preso alcune misure per mettere "a posto" i fanarioti. Oltre all'accordo con le autorità, che sono considerate garanti dell'accordo del 1928, ha cacciato dalla sede di Atene un suo predicatore, l'archimandrita Chrysostomos (Koulouriotis), che aveva concelebrato nel monastero di san Nicola con il metropolita Emmanuel, e non ha reagito in alcun modo alle affermazioni di quest'ultimo che il monastero appartiene al Fanar.

Lo stesso archimandrita Chrysostomos è anche abate del monastero di santa Parasceva a Megara (42 km. da Atene), il cui status è ancora controverso perché non è chiaro a chi appartenga – al patriarca Bartolomeo o all'arcivescovo di Atene. Pertanto, l'espulsione dell'archimandrita dalla cattedrale di Atene avrebbe dovuto essere un segnale per il Fanar che il capo della Chiesa ortodossa di Grecia è risoluto.

Mettiamo quindi assieme i dati disponibili.

Il patriarca Bartolomeo scrive una lettera in cui afferma che le "Nuove Terre" sono il suo territorio. L'arcivescovo Hieronymos visita Mitsotakis con questa lettera per ottenere sostegno in caso di scontro con il Fanar. Il metropolita Emmanuel, durante un servizio divino in uno dei monasteri situati nelle "Nuove Terre", dichiara che questa è una stavropigia del patriarca e appartiene esclusivamente a lui. In risposta, l'arcivescovo Hieronymos legge la lettera del patriarca Bartolomeo ai membri sinodali. Questi, a loro volta, chiedono all'arcivescovo di confermare la propria autorità in relazione alle "Nuove Terre", in particolare, attraverso il trasferimento di uno dei metropoliti di queste diocesi alla sede di Peristeri (un comune suburbano nella parte nord-occidentale del'area urbana di Atene, con una popolazione di 140.000 persone). I padri sinodali esprimono la loro insoddisfazione per le mosse dei fanarioti invitando il patriarca Bartolomeo in Grecia proprio nel momento in cui dovrebbe essere negli Stati Uniti. Allo stesso tempo, l'arcivescovo Hieronymos espelle da Atene il suo predicatore, l'archimandrita Chrysostomos, che ha concelebrato con il metropolita Emmanuel. E sembrava che il prossimo passo logico da parte della Chiesa greca avrebbe dovuto essere la nomina di uno dei vescovi subordinati al Fanar alla sede di Peristeri. Ma... l'arcivescovo Hieronymos non ha osato fare questo passo all'ultimo momento e ha proposto alla carica il suo associato archimandrita Grigorios (Papatoma). Il motivo è chiaro: pressioni da parte del Patriarcato di Costantinopoli e dei suoi "amici". Ma il problema non è risolto. Toccherà risolverlo al patriarca Bartolomeo ad Atene il 21 novembre, quando arriverà comunque in Grecia (dopo un mese!) per celebrare il suo 30° anniversario di ministero patriarcale.

Cosa possiamo aspettarci in questo caso?

Chi avrà la meglio: il Fanar o la Chiesa ortodossa di Grecia?

Naturalmente, lo scenario più realistico è che molto probabilmente all'arcivescovo Hieronymos mancherà la determinazione di "andare fino in fondo". E anche il serio sostegno del governo può non essere decisivo. E non c'è dubbio che tale supporto esiste.

Per esempio, il ministro dell'Istruzione e delle religioni Niki Kerameгs, il viceministro degli Esteri Miltiadis Varvitsiotis e il sindaco di Peristeri Andreas Pahaturidis hanno partecipato alla consacrazione del nuovo metropolita di Peristeri nella cattedrale di Atene. È chiaro che la presenza di tali alti funzionari all'ordinazione del metropolita di un sobborgo di Atene (pur con una popolazione di 140.000 abitanti) la dice lunga. Per lo meno, serve come segnale al Fanar che lo stato è pronto per i negoziati. Ma come saranno, questo dipende dall'arcivescovo Hieronymos e dal patriarca Bartolomeo.

Pertanto, si può tranquillamente presumere che il capo del Fanar arriverà ad Atene per tentare di risolvere il nuovo/vecchio problema "sul posto". Ci sono diverse opzioni per questa soluzione.

In primo luogo, il patriarca può ottenere l'appoggio del Dipartimento di Stato americano (può essere uno dei motivi, tra l'altro, per la visita negli Usa?) per far cedere i greci e ottenere il controllo completo delle "Nuove Terre".

In secondo luogo, se i greci resistono ancora, il capo del Fanar potrebbe minacciare di rompere la comunione eucaristica. Un precedente si è già verificato.

In terzo luogo, possono accordarsi con l'arcivescovo Hieronymos su termini "reciprocamente vantaggiosi" sull'affiliazione delle "Nuove Terre".

Quali possano essere questi termini, non lo sappiamo. Ma è del tutto possibile che il patriarca Bartolomeo accetti alcune concessioni riguardanti le "Nuove Terre" in cambio di una posizione più attiva della Chiesa greca nei confronti della "Chiesa ortodossa dell'Ucraina".

Non è un segreto che di recente questo progetto sia stato apertamente bloccato e, in larga misura, a causa della posizione "pigra" della Chiesa di Grecia.

Per esempio, nel 1033° anniversario del Battesimo della Rus' celebrato a Kiev, il capo della "Chiesa ortodossa dell'Ucraina", Epifanij Dumenko, ha ricevuto le congratulazioni dai primati delle Chiese di Costantinopoli, Alessandria e Cipro, ma non dal primate della Chiesa di Grecia. Inoltre, fino ad ora, nessuno dei vescovi della Chiesa ortodossa di Grecia (tranne il metropolita Giovanni di Lagkadas, morto di coronavirus) ha concelebrato con gli scismatici ucraini. Ma sono passati due anni dal riconoscimento. Se a ciò aggiungiamo che all'interno della gerarchia della Chiesa di Grecia c'è un'opposizione piuttosto dura al riconoscimento degli scismatici ucraini, e che anche il popolo greco vi si oppone, allora la situazione è molto difficile per il Fanar a questo proposito. Così, c'è un'opportunità per il patriarca Bartolomeo di cercare di risolverla attraverso il problema delle "Nuove Terre".

Tuttavia, se non riuscirà a trovare un accordo con i greci, non sarà tanto per la perdita della stavropigia, ma per la perdita di autorità e rispetto da parte degli scismatici. I rappresentanti della "Chiesa ortodossa dell'Ucraina" capiranno molto presto che si può usare con il Fanar il linguaggio degli ultimatum, e inizieranno a presentargli le loro richieste. Per esempio, di ridare loro la diaspora, che il patriarca Bartolomeo ha "privatizzato" con una sola riga del Tomos. Ecco perché, nella sua ultima intervista all'edizione cipriota 'Politis', il patriarca Bartolomeo parla tanto della difesa dei "diritti" e dei "privilegi" del Fanar. Perché sa che la sua posizione diventa ogni giorno più precaria.

 
MH17: Perché chiudo il discorso
di Marcel Sardo
dal blog Slavyangrad, 18 luglio 2014
 
"Se possono farti fare le domande sbagliate, non devono preoccuparsi delle risposte". 
Thomas Pynchon, L'arcobaleno della gravità 
 
Per quanto tragico sia l'abbattimento dell'aereo di linea MH17 della Malesia, ho deciso di rimuovermi dal dibattito in corso e dalla ricerca di "ciò che è accaduto veramente".
Per la maggior parte sarete d'accordo con me: tutta la storia puzza. E per la maggior parte sarete d'accordo, che, poiché l'aereo di linea si è fatalmente schiantato sulle pianure dell'Ucraina orientale, tutte le dita puntate - fin dai primi momenti - sono state dirette contro la Russia, anche se gli unici che beneficiano di questa tragedia sono Kiev, e i sostenitori della giunta criminale e illegittima, che stanno conducendo la guerra contro il proprio popolo. 
Ci sono ora troppe informazioni su quell'aereo, troppe controinformazioni, disinformazioni, mezze informazioni e dati che contraddicono tutte le informazioni appena citate. 
In altre parole: 
Ci stanno distraendo dal vero problema: la lotta per la libertà del popolo in Novorossija e il fatto che si stanno facendo i preparativi per una guerra contro la Russia. 
Se pensate che io stia esagerando, allora non avete fatto attenzione - e di sicuro non avete seguito l'assemblea odierna del Consiglio di sicurezza dell'ONU su questo tema. 
Ora la narrazione è in libera uscita e chi è a conoscenza dei media maggioritari occidentali sa bene che non si può tornare indietro. La bestia vuole essere nutrita. 
Non abbiamo i mezzi per determinare chi ha abbattuto quell'aeroplano e perché. Potrebbe essere stata la milizia della Novorossija, deliberatamente o meno. Potrebbe essere stata la giunta di Kiev, deliberatamente o meno. 
Di sicuro non è stata la Russia, perché la Russia non avrebbe guadagnato assolutamente nulla da tale atto - ma questa sembra essere una logica troppo complicata da afferrare per coloro che si definiscono i nostri "leader". 
Quindi non restano che due possibilità: la giunta di Kiev ha abbattuto l'MH17 per dare la colpa alla Russia; o la milizia della Novorossija lo ha abbattuto scambiandolo per un aereo militare. 
Oppure - e nessuno parla di questa opzione - è stato un tragico "ordinario" incidente aereo che si è verificato in un posto strano in un momento strano - cattiva fortuna, cattivo tempismo. 
Speriamo che il tempo ci dirà la verità, un giorno, anche se io non ci scommetterei un soldo. 
Tuttavia, alla fine, questo evento è una distrazione per gli attivisti e per quelli come me, che vengono deviati dalla causa principale per cui operiamo: la liberazione dell'Ucraina occidentale dal fascismo e la lotta contro la minaccia di guerra contro la Russia intrapresa dalle forze del Nuovo Ordine Mondiale.
Perciò ho deciso di considerare la caduta dell'MH17 come un evento triste, una tragica e insensata perdita di vite preziose - e chiudere qui il discorso. 
Non mi occuperò più della questione MH17, a meno che e fino a quando qualcuno passerà davanti a una telecamera confessando o presentando qualcosa, insieme ad alcune prove solide. 
Fino ad allora: "Quel che accade, accade".
 
Colpi di anatema: cosa implica l'alleanza di Filaret con i vecchi calendaristi greci

Filaret "canonico" ha aperto il vaso di Pandora per la legalizzazione degli scismatici. Cosa dirà il Fanar? Foto: Unione dei giornalisti ortodossi

Una "diocesi" scismatica greca è entrata nel "patriarcato di Kiev". I vecchi calendaristi della Grecia possono essere considerati canonici ora che Filaret è un vescovo canonico per il Fanar?

Il 23 ottobre 2021, il "concilio episcopale" del "patriarcato di Kiev", presieduto da Filaret Denisenko , ha incorporato nella sua giurisdizione il "metropolita" Auxentios di Egina e Poros insieme alla sua diocesi della Chiesa greca del Vecchio Calendario. La decisione "sinodale" del "patriarcato di Kiev" afferma che "questa diocesi non appartiene alla Chiesa greco-ortodossa ma è una "Chiesa del Vecchio Calendario" separata e ha 70 sacerdoti e 50 monaci che operano in 10 monasteri". Il "metropolita" Auxentios ha ricevuto il titolo di Chersoneso ed Egina, e il giorno successivo "concelebrava" con Filaret e con il suo "episcopato" del "patriarcato di Kiev" nel suo nuovo status.

Questa notizia ha causato enormi riverberi. Per noi ortodossi, tutto è chiaro su questo argomento: gli scismatici ucraini hanno abbracciato le loro controparti greche. Tuttavia, non è così chiaro per i fanarioti, dal momento che Filaret Denisenko dal punto di vista del Fanar è un membro della "Chiesa ortodossa dell'Ucraina" e un "vescovo canonico". Ciò significa che la sua decisione, in varia misura, influenzerà senza ambiguità il destino sia del Fanar che dell'intera Chiesa, non solo il destino delle varie strutture scismatiche. Come mai? Scopriamolo.

Divisione al quadrato

Allora, chi sono i vecchi calendaristi greci, ammessi nel "patriarcato di Kiev" da Filaret Denisenko?

Il 10 marzo 1924, l'arcivescovo Chrysostomos I (Papadopoulos) di Atene introdusse nella Chiesa di Grecia il nuovo calendario giuliano o il cosiddetto "nuovo stile". Questa decisione fu respinta da un numero abbastanza elevato di vescovi, sacerdoti e laici greci. Alcuni di loro (i più radicali) credevano che i "nuovi calendarsti" fossero caduti in una scissione. Altri ipotizzavano che il "nuovo stile" fosse una violazione dei canoni della Chiesa. Entrambe le parti si fusero nella "vera Chiesa ortodossa", solo per dividersi di nuovo in due rami nel 1937: i floriniti (dal nome del fondatore del ramo, il metropolita Chrysostomos Kavouridis di Florina) e i matteiti (dal nome del fondatore del ramo, l'arcivescovo Matthaios Karpafakis di Atene).

I floriniti non dicevano che i "nuovi calendaristi" non avevano la grazia, ma i matteiti non riconoscevano alcun sacramento della Chiesa ortodossa di Grecia, e consideravano tutti i suoi vescovi come caduti dall'Ortodossia.

Più tardi, come è comune tra gli scismatici, i floriniti si divisero in diverse nuove strutture.

In particolare, il 22 ottobre 1985, dal "sinodo" florinita nacque il cosiddetto "Sinodo di Auxentios" a causa della scomunica del "vescovo" Auxentios Pastras, e poiché Auxentios era stato ordinato dai vescovi della ROCOR, molto presto parrocchie di espatriati russi iniziarono a trasferirsi sotto di lui. Per esempio, nel 1986, 30 parrocchie e monasteri negli Stati Uniti e in Francia passarono dalla giurisdizione della ROCOR sotto Auxentios.

Il Sinodo di Auxentios fu scosso da faide interne per diversi decenni. In particolare, negli anni '90 del secolo scorso, ha affrontato il problema acuto della mancanza di "vescovi". Tuttavia, non c'era nessuno a "ordinarli", poiché i "vescovi" del "Sinodo di Auxentios", che non vivevano in Grecia, si rifiutarono di approvare e "consacrare" i candidati proposti dal loro "arcivescovo" Maximos (Vallianatos, allora a capo della struttura).

Quindi Maximos risolse il problema senza il loro aiuto, vale a dire, ricevette un certo Demetrios, che si autodefiniva "vescovo" del Patriarcato di Alessandria, insieme al quale "consacrò" 10 nuovi "vescovi" per la Grecia. Questos Demetrio è morto in circostanze oscure (proprio su una strada), e ciò che è strano è che ciò è successo quasi il giorno successivo all'ultima delle suddette "consacrazioni".

I "vescovi" occidentali non riconobbero queste "consacrazioni", quindi si separarono da Maximos e crearono la propria "chiesa", mentre Maximos aumentò il numero dei suoi "vescovi" a 16 per creare il più grande sinodo in Grecia in quel momento. È vero però che, a parte i "vescovi", non aveva un solo "sacerdote" e quasi nessun "laico". La situazione si è stabilizzata solo all'inizio degli anni 2000, quando ogni "vescovo" del "Sinodo di Auxentios" aveva diverse parrocchie nella propria diocesi.

Il 6 dicembre 2002, dopo la morte dell' "arcivescovo" Maximos Vallianatos, il "metropolita" Auxentios Martinis di Egina divenne il capo di questa struttura scismatica (presidente del suo sinodo). Dopo 8 anni è stato elevato al rango di arcivescovo di Atene e di tutta la Grecia, e più tardi, pochi mesi dopo, Auxentios ha presentato una petizione per il pensionamento, che è stata approvata dal suo "sinodo". È questo "ierarca" che Filaret Denisenko ha accettato nella sua struttura il 23 ottobre 2021.

Cos'è Filaret per la "Chiesa ortodossa dell'Ucraina" e per il Fanar?

Questo salto indietro nella storia è stato necessario per farci capire che Auxentios non ha nulla a che fare con la Chiesa canonica. È uno scismatico della prima acqua, alla cui "consacrazione", tra l'altro, hanno partecipato il suddetto Maximos e altri "vescovi" con una dubbia biografia canonica.

Fino a poco tempo, Filaret Denisenko era nella stessa situazione da scismatico agli occhi dell'intero mondo ortodosso. Dopo aver lasciato la Chiesa ortodossa ucraina, ha organizzato la Chiesa ortodossa ucraina del Patriarcato di Kiev ("patriarcato di Kiev") e nel 1997 è stato anatemizzato dalla Chiesa russa, decisione riconosciuta da tutte le Chiese locali, Fanar compreso. Tuttavia, nel 2018, il patriarca Bartolomeo ha "cancellato" unilateralmente questo anatema e Filaret è entrato a far parte della neonata "Chiesa ortodossa dell'Ucraina" con l'assurdo titolo di "patriarca onorario" (titolo che, tra l'altro, rifiuta). In altre parole, agli occhi del Fanar e di quelle Chiese che sono entrate in comunione con la "Chiesa ortodossa dell'Ucraina", Denisenko è un vescovo canonico. E anche le sue azioni successive (la ri-creazione dello scismatico "patriarcato di Kiev") non hanno scosso questa relazione. Nessuna censura è stata imposta a Filaret,

Per esempio, dopo che Filaret ha organizzato un'iniziativa contro la "Chiesa ortodossa dell'Ucraina" e ha dichiarato di non essere più un "vescovo" di questa struttura, Dumenko lo ha ancora definito membro della sua organizzazione. A dire il vero, però, ha tetto che si trova in uno stato di "autoisolamento", poiché "non c'è bisogno di parlare dell'esistenza di una struttura separata del Patriarcato di Kiev, perché questa chiesa non esiste più, né de jurede facto, ma ha formato il base dell'unica Chiesa ortodossa riconosciuta". Così Sergej Dumenko ha spiegato la situazione.

Poco dopo, Dumenko ha confermato che Denisenko "è un vescovo della Chiesa ortodossa dell'Ucraina" e "tutte le condizioni necessarie per la sua ulteriore esistenza come vescovo sono state create per lui". Allo stesso tempo, Dumenko ha affermato che la "Chiesa ortodossa dell'Ucraina" non presta attenzione a "quelle azioni anticanoniche e insignificanti" eseguite dal "patriarca onorario" Filaret. Vuol dire che non prestano attenzione a tutta la serie di "ordinazioni" che a quel tempo erano già state eseguite da Denisenko per il "patriarcato di Kiev" da lui reincarnato. A loro non interessa perché per loro è un "vescovo" della "Chiesa ortodossa dell'Ucraina", mentre il "patriarcato di Kiev" non esiste. Il fatto che Filaret sia un vescovo della "Chiesa ortodossa dell'Ucraina" dal punto di vista di quest'ultima è confermato anche sul sito ufficiale degli adepti di Dumenko, dove la foto del leader della "Chiesa ortodossa dell'Ucraina" è seguita dalla fotografia di Denisenko con la didascalia "patriarca onorario".

Inoltre, non solo la "Chiesa ortodossa dell'Ucraina", ma anche il Fanar lo tratta come un vescovo legittimo. Per esempio, durante un incontro con l'ex esarca del Patriarcato di Costantinopoli, il metropolita Emmanuel di Gallia, Filaret Denisenko è stato rispettosamente chiamato "ierarca della Chiesa dell'Ucraina" (Ιεράρχης της Εκκλησίας Ουκρανίας) ed "ex metropolita di Kiev".

il metropolita Emmanuel e Filaret. Foto: Romfea

In altre parole, Filaret è il "patriarca onorario" della "Chiesa ortodossa dell'Ucraina" per Dumenko e i suoi associati. Per il Fanar è in tutto e per tutto un "vescovo canonico". Per loro il "patriarcato di Kiev" non esiste affatto.

Quindi sorge la domanda: a chi il "patriarca onorario" ed "ex metropolita di Kiev" Filaret avrebbe annessa l'intera diocesi scismatica della Chiesa greca del Vecchio Calendario?

Come gli scismatici greci sono diventati membri "canonici" della "Chiesa ortodossa dell'Ucraina"

Logicamente, se Filaret è un vescovo canonico, allora non abbiamo motivo di considerare non canonici coloro che egli ha accolto nella "comunione eucaristica". Cioè, d'ora in poi i fanarioti e l'arcivescovo Hieronymos di Grecia sono semplicemente obbligati a considerare canonico e in comunione con la Chiesa almeno un gruppo di scismatici dalla Grecia.

Infatti, dal punto di vista del diritto canonico pervertito dal Fanar, le azioni di Filaret sono praticamente impossibili da contestare. Per il Patriarcato di Costantinopoli, la "Chiesa ortodossa dell'Ucraina", parti delle Chiese ellenica, cipriota e alessandrina, Denisenko non è né deposto né anatemizzato. Allora su quale base canonica i fanarioti e gli altri come loro possono considerare "non valida" la sua concelebrazione con Auxentios? Nessuna.

Chi sarà responsabile di Filaret?

Se Filaret, come sostiene Epifanij, è un membro della "Chiesa ortodossa dell'Ucraina", allora chi dovrebbe essere responsabile delle sue azioni? Logicamente, dovrebbe esserlo Dumenko. Prima di tutto, costui deve spiegare al primate della Chiesa di Grecia, l'arcivescovo Hieronymos, come è avvenuto che degli scismatici dalla Grecia concelebrassero con un vescovo della sua struttura. A questo proposito ci sono precedenti di spiegazioni.

Per esempio, quando "l'archimandrita" Bojan Bojovic della cosiddetta Chiesa montenegrina ha preso parte al "servizio divino" della "Chiesa ortodossa dell'Ucraina" il 26 maggio 2019 presso la cattedrale di san Michele dalle cupole dorate, Epifanij si è scusato personalmente con la Chiesa serba per aver concelebrato con uno scismatico. Poi, due anni fa, ha mandato in Montenegro il suo più stretto collaboratore Evstratij Zorja con una lettera al metropolita Anfilochio. Tutto è stato fatto in modo che le scuse apparissero sincere e non formali. Inoltre, anche i fanarioti hanno scritto scuse per la concelebrazione con uno scismatico (c'era anche Emmanuel di Gallia), e la lettera "penitenziale" di Dumenko alla Chiesa serba è stata scritta su istruzioni dirette del Fanar. Questa "danza delle scuse" si spiega con il fatto che i fanarioti non avevano ancora pero le speranze per il riconoscimento della "Chiesa ortodossa dell'Ucraina" da parte della Chiesa serba.

Perché Dumenko tace ora, quando un suo "vescovo" concelebra con degli scismatici dalla Grecia? Perché non corre dall'arcivescovo Hieronymos con spiegazioni e scuse? Perché la questione del riconoscimento è stata "risolta" con i greci, e non c'è bisogno di preoccuparsi di "alcuni" canoni o tradizioni ecclesiastiche, così possono evitarsi lo sforzo.

Cosa accadrà in seguito?

Ora è il momento di porre la domanda più importante: e dopo? Infatti, se né la "Chiesa ortodossa dell'Ucraina" né il Fanar reagiscono in alcun modo alle azioni di Filaret, facendo finta che "non sia successo nulla", difficilmente le altre Chiese chiuderanno gli occhi su questa storia.

Molto probabilmente, Denisenko non si fermerà e continuerà ad "accogliere" vari scismatici che sono presenti a vari livelli in quasi tutte le Chiese. Può succedere che tutti questi gruppi, attraverso Filaret, cerchino di ottenere almeno una sorta di "status canonico". Ciò significa che nella Chiesa comincerà un vero caos canonico, perché i confini della falsità e della verità saranno semplicemente distrutti. Dopotutto, qualsiasi impostore che abbia addosso una veste e una panaghia e abbia concelebrato con Filaret, richiederà il riconoscimento canonico e la comunione eucaristica.

Oltre all'integrità ecclesiologica, non ci sarà più bisogno di pentimento per gli scismatici che desiderano tornare alla Chiesa. Perché dovrebbero pentirsi ora se c'è Fanaret, pardon, Filaret? Se è così, allora gli scismatici, anche nel tentativo di rientrare nella Chiesa, continueranno a dividersi, ma ora non si tormenteranno più l'un l'altro: ora tormenteranno il corpo di Cristo. La cosa peggiore è che non ci saranno più barriere e restrizioni che possano fermarli. Dopotutto, se non c'è diritto canonico, non ci sono nemmeno regole.

Infatti, dopo aver tolto l'anatema a Denisenko, il patriarca Bartolomeo ha aperto un "vaso di Pandora" e ha diffuso un virus che mina le fondamenta dell'ecclesilità in generale. L'unico modo per uscire da questa situazione per il Fanar è anatemizzare Filaret. Ma il Patriarcato di Costantinopoli farà questo passo? Difficilmente.

Primo, perché il Fanar non è abituato ad ammettere e a correggere i propri errori. Se Denisenko viene anatemizzato, i fanarioti riconosceranno la rettitudine della Chiesa ortodossa russa. Dovranno riconoscere che l'anatema a Mikhail Antonovich è stato pronunciato non per ragioni politiche, ma per violazioni canoniche ed ecclesiologiche. Ciò significa che l'ex metropolita di Kiev potrebbe tornare alla Chiesa solo tramite mezzi canonici, vale a dire il pentimento, piuttosto che con un tratto di penna. Ma se non esiste un percorso canonico, allora ciò che il Fanar ha compiuto non è canonico.

In secondo luogo, anatemizzando Denisenko, il Fanar metterà in discussione l'intero progetto della "Chiesa ortodossa dell'Ucraina". Si scoprirà infatti che il principale ideologo e iniziatore del Tomos è uno scismatico professionista, che cerca un solo obiettivo: il potere illimitato. Risulterà che è stato accettato in comunione con il Patriarcato di Costantinopoli non sulla base dei canoni, ma per ragioni completamente diverse. Ciò significa che la "Chiesa ortodossa dell'Ucraina" è una formazione non canonica, perché ha iniziato la sua esistenza con una decisione non canonica: la revoca dell'anatema contro Denisenko.

In terzo luogo, se l'anatema contro Denisenko è stato revocato illegalmente, allora cosa sono Sergej Dumenko, Ivan Zorja e gli altri ragazzi che indossano una panaghia, e che sono stati "ordinati" da una persona scomunicata dalla Chiesa?

In una parola, non importa quale sia ora la situazione, non può essere favorevole né per il Fanar né per la "Chiesa ortodossa dell'Ucraina". Ci sono troppe domande, ma non ci sono ancora risposte. Eppure, ce ne sarebbe una, ma Istanbul è sorda e insensibile al riguardo. Questa risposta sono i canoni della Chiesa. Gli stessi canoni che sono stati calpestati sia da Filaret che dal Fanar. Se non vi ricorrono, disdegnando il loro orgoglio e i loro "privilegi", allora è inevitabile il rischio di scivolare nell'anarchia e nel caos, cosa che porterà non solo alla distruzione del diritto canonico, ma anche all'erosione dei confini della Chiesa.

Tutto ciò può diventare molto sgradevole, in prima istanza per il Patriarcato di Costantinopoli.

 
La madre di un soldato

Il blog Slavyangrad riporta la trascrizione di un video di YouTube con una testimonianza di una madre di un coscritto durante una protesta, avvenuta un mese or sono, presso il villaggio di Mahala in Bucovina. Riportiamo la trascrizione italiana del video nella sezione “Geopolitica ortodossa” dei documenti. La testimonianza è già di per sé dolorosa, per me è particolarmente straziante: 14 anni fa, proprio in questi giorni estivi, io sono stato a Mahala, ho conosciuto il clero e i parrocchiani, ho parlato con i lavoratori, con le donne che sognavano di venire in Italia a fare le badanti... vedere la loro angoscia di oggi mi spezza il cuore. Mahala è un borgo romeno, o se si vuole, moldavo (il suo nome significa “sobborgo” in lingua romena): nella Bucovina pulita di vladyka Onufrij, non ci si formalizzava sull’etichetta etnica, come afferma la nonna in quest’intervista. Oggi, semplicemente definire la propria identità, in quest’Ucraina “integrata nei valori della civiltà europea”, è una dichiarazione dal valore politico, e l’identità sbagliata può metterti seriamente nei guai.

La politica del solve et coagula non si limita a frammentare le identità esistenti, ma vuole costruire nuove identità dal conflitto. Come espresso in modo semplice ma efficace dalla nonna di Mahala, non sappiamo se essere più inquieti per la distruzione dell’Ucraina oggi in corso, oppure per la realizzazione della “nuova Ucraina” che stanno cercando di imporre a un popolo in maggioranza riluttante.

 
Sullo scisma africano

Un ringraziamento al nostro vecchio amico, padre Georgij Maksimov

Quasi due anni dopo che il Patriarcato di Alessandria è stato intimidito e corrotto affinché riconoscesse il gruppo scismatico di Epifanij Dumenko in Ucraina, sponsorizzato dai fanarioti, a settembre il Sinodo della Chiesa ortodossa russa ha deciso di agire. Esaminerà la possibilità di aprire un esarcato per l'Africa.

Questa decisione è arrivata, non perché la Chiesa russa avesse mai cercato giurisdizione in Africa, ma perché aveva ricevuto decine di richieste da chierici africani, desiderosi di lasciare il patriarcato scismatico di Alessandria. Alcuni sono ancora sorpresi da questo e dubitano che la Chiesa russa abbia il diritto di aprire un esarcato africano. Sicuramente, dicono, l'Africa è il territorio canonico del Patriarcato di Alessandria? In ogni caso, obiettano, come può la Chiesa russa accettare chierici africani senza lettere dimissoriali dei loro vescovi?

Innanzitutto, secondo il Canone 6 del primo Concilio ecumenico e il Canone 2 del secondo Concilio ecumenico, Alessandria ha giurisdizione solo su Egitto, Etiopia e Libia. E in effetti, tale giiurisdizione è rimasta così fino al 1926, quando il deplorevole massone, il patriarca Meletios (Metaxakis), cacciato da Costantinopoli, ha cambiato il titolo del suo patriarcato e ha rivendicato per esso "tutta l'Africa". Questo fatto è evidente dalla storia, poiché sappiamo che esistevano altre Chiese locali in Africa, in particolare la Chiesa di lingua latina a Cartagine e nell'Africa nord-occidentale (san Cipriano e il beato Agostino il berbero). La decisione unilaterale del 1926 non fu mai ratificata da nessun'altra Chiesa ortodossa in maniera conciliare, e anzi fu accettata da Costantinopoli solo negli anni '70 in un compromesso diplomatico.

Già il 26 dicembre 2019, in vista dello scisma alessandrino, la Chiesa ortodossa russa aveva deciso di sottrarre alla giurisdizione di Alessandria tutte le parrocchie russe "del continente africano", compresa quella del Cairo, in Egitto, e trasformarle in stavropigie sotto la Chiesa russa. Pertanto, si può anche dire che due anni fa la Chiesa russa ha aperto parrocchie in Africa. Quindi, quando decine di preti e parrocchie di africani neri, e non russi, hanno chiesto di aderirvi, sottraendosi così allo scisma, perché la Chiesa russa li ha rifiutati per due lunghi anni? Perché è razzista? Ovviamente no. Tuttavia, c'era esitazione sulla questione delle lettere dimissoriali. Come tutti sanno, i chierici non possono unirsi a un'altra Chiesa locale senza tali lettere.

Qui naturalmente, come sappiamo molto bene oggi in Inghilterra, c'è la questione di uno scisma episcopale. I Padri della Chiesa affermano che la salvezza è impossibile in una situazione di scisma. Anche nel XX secolo, sant'Ilarione (Trojtskij) ha scritto che cadere in scisma, eresia o una setta è la morte spirituale. [1] Come ben sappiamo oggi nella nostra piccola isola. E il Canone 2 del Concilio di Antiochia afferma che non dobbiamo avere concorso con chi è in scisma e che se lo facciamo, noi stessi saremo contaminati dal loro scisma. Come dice san Giovanni Crisostomo con le sue note parole: "Creare una divisione nella Chiesa non è un male minore che cadere nell'eresia: il peccato dello scisma non è lavato nemmeno dal sangue del martirio". [2]

Infatti, il Canone 6 del secondo Concilio ecumenico traccia un parallelo tra eretici e scismatici. In questa situazione, come può la Chiesa russa abbandonare chi non vuole rimanere nello scisma? Sì, la diplomazia esiste, ma c'è anche la questione di principio della verità canonica, dogmatica e pastorale. E poiché nessun vescovo del Patriarcato di Alessandria ha avuto il coraggio di opporsi al patriarca Theodoros e di pentirsi, cos'altro può fare la Chiesa russa se non ricevere questi poveri sacerdoti e fedeli nella sua giurisdizione?

Note

[1] Sant'Ilarione (Trojtskij), https://azbyka.ru/otechnik/Ilarion_Troitskij/o-zhizni-v-tserkvi-io-zhizni-tserkovnoj/

[2] San Giovanni Crisostomo, https://bible-teka.com/zlatoust/56/

 
Un momento decisivo nella storia

Riflettendo su alcune visioni profetiche del pensatore monarchico russo Ivan Il'in (nell'immagine), padre Andrew Phillips nota come ancora una volta l'Occidente invade la Rus' senza capire il suo popolo e il suo orientamento cristiano. Vedendo come le profezie prendono corpo sotto i nostri stessi occhi, padre Andrew ci esorta a non dimenticare che l'Ortodossia non è solo un dono, ma anche una croce, e che il tempo che ci è dato è uno spazio di pentimento da non sprecare. Riportiamo il saggio di padre Andrew nella sezione “Geopolitica ortodossa” dei documenti.

 
Riflessioni su uno scandalo internazionale

Quando mercoledì 27 ottobre il vescovo Irenei (Steenberg) ha lanciato le sue minacce di deporre i 16 chierici che avevano abbandonato lo scisma e si erano rifugiati in una diocesi canonica del Patriarcato di Mosca, siamo stati costretti a rispondere, dopo due mesi di silenzio auto-imposto e di calunnie. Non avremmo mai voluto che il problema diventasse di pubblico dominio, ma altri lo hanno fatto, costringendoci così a rispondere pubblicamente. Così, con la specifica benedizione del metropolita Jean di Dubna, giovedì 28 ottobre abbiamo diffuso la nostra Dichiarazione collettiva. Questa ha trasformato la disinformazione e le incomprensioni che avevano prevalso tra coloro che non conoscevano la verità. Un noto sacerdote russo ortodosso nell'Europa continentale occidentale ha definito la Dichiarazione "una pietra miliare del pensiero ortodosso contemporaneo".

Da allora un noto metropolita della diaspora e anche un amico (non il metropolita Jean) ha letto l'articolo. Ha scritto che 'Una mentalità settaria è, purtroppo, ancora presente in alcune parti della ROCOR ed è un vero problema. Non so quanto i vescovi riconoscano il pericolo per quello che è. Credo anche che possa distruggere la ROCOR se non viene affrontato...'

Riguardo a questo articolo successivo, ha aggiunto: 'Penso che il vostro articolo sia valido e capisco esattamente da dove venite. Parti della ROCOR sono divise non solo da fanatici dalla mentalità settaria, ma anche da etnofiletisti. La nostra portata missionaria è ostacolata dagli etnofiletisti e la nostra testimonianza dell'Ortodossia è distorta dal fanatismo e da un esclusivismo estraneo alla tradizione cattolica della Chiesa ortodossa. La missione della Chiesa è abbracciare tutte le persone e portarle alla conoscenza della Verità: il Dio-uomo Gesù Cristo'.

Ora, mercoledì 3 novembre, pubblichiamo questo:

Riflessioni su uno scandalo internazionale

Beati voi quando vi insulteranno, vi perseguiteranno e, mentendo, diranno ogni sorta di male contro di voi per causa mia. Rallegratevi ed esultate, perché grande è la vostra ricompensa nei cieli. Così infatti hanno perseguitato i profeti prima di voi.

Mt 5:11-12

Non crediate che io sia venuto a portare pace sulla terra; non sono venuto a portare pace, ma una spada.

Mt 10:34

La nostra battaglia infatti non è contro creature fatte di sangue e di carne, ma contro i principati e le potestà, contro i dominatori di questo mondo di tenebra, contro gli spiriti del male che abitano nelle regioni celesti.

Ef 6:12

Nel pomeriggio del 23 agosto 2021 si è tenuto a Ginevra un tanto atteso e disperato incontro della durata di due ore per la riconciliazione inter-ortodossa, previsto dal marzo 2021. Hanno partecipato il metropolita Antonij, capo dell'Esarcato patriarcale dell'Europa occidentale e rappresentante di sua Santità il satriarca Kirill, il metropolita Jean di Dubna dell'arcidiocesi delle Chiese di tradizione russa in Europa occidentale e due vescovi della ROCOR, il metropolita Mark di Berlino e il vescovo Irenei di Londra. L'argomento era lo scisma della ROCOR, iniziato in Gran Bretagna all'inizio del 2021. Con nostro grande rammarico, non è stato raggiunto alcun accordo e l'incontro è stato "molto difficile".

Così, la sera del 23 agosto 2021, quasi 5.000 ortodossi provenienti da nove parrocchie della ROCOR, serviti da sedici chierici della ROCOR in Gran Bretagna, poco più di un quarto della diocesi dell'Europa occidentale della ROCOR e metà della ROCOR in Inghilterra, in incrollabile lealtà e obbedienza alla tradizione ortodossa russa, si sono rifiutati di rimanere nello scisma di Irenei. Pertanto ci siamo trasferiti al decanato locale dell'Arcidiocesi delle chiese di tradizione russa in Europa Occidentale, guidata dal metropolita Jean di Dubna all'interno del Patriarcato di Mosca. Di fronte alla scelta di rimanere nello scisma rimanendo fedeli a pochi convertiti recenti e non istruiti, che non avevano mai vissuto nella ROCOR prima e durante gli eventi del 2006 e 2007, per non parlare dei decenni precedenti, oppure di essere fedeli a sua Santità il patriarca Kirill e ai suoi 400 vescovi, abbiamo scelto quest'ultimo corso.

Quo vadis, ROCOR?

Dal 2007, la ROCOR è in crisi. La crisi è stata una crisi di identità. La domanda era: cosa rende la ROCOR diversa, ora che è parte integrante della Chiesa ortodossa russa? Perché se non c'è più alcuna differenza, la ROCOR può anche abolirsi da sola. La mia risposta molto chiara, e questo fin dall'inizio, era che la ROCOR, con le sue tradizioni liturgiche e monastiche e la conoscenza locale, era ora chiamata ad essere ciò che avevano detto i suoi migliori rappresentanti, come san Giovanni di Shanghai o il metropolita Anastasij. Doveva offrire il contributo, forse in alcuni casi il contributo principale, alla fondazione di nuove Chiese locali, in Nord America, Sud America, Oceania ed Europa occidentale. Altri hanno dato altre risposte, orgogliose e perfino settarie, e certamente ideologiche, e dichiaravano, per esempio, che il clero della Chiesa patriarcale nell'odierna Russia e nelle terre circostanti, 'non sa celebrare la Liturgia e solo noi lo sappiamo, poiché solo noi deteniamo la Tradizione'. Gli eventi recenti suggeriscono che la nostra risposta è stata quella giusta, che dobbiamo sempre scegliere correttamente tra la Chiesa e una setta, per quanto isolata la Chiesa possa sembrare a prima vista e qualunque sia l'opposizione. I principi cristiani sono più grandi della codardia umana e noi non rispettiamo Ponzio Pilato.

1. Il trasferimento delle parrocchie e dei chierici

Le nove parrocchie trasferite includono due parrocchie che sono diventate proprietarie delle proprie chiese nonostante la storica opposizione all'opera missionaria fuori Londra, e sette parrocchie che affittano proprietà. Tra queste nove chiese c'è la più grande chiesa ortodossa russa nelle Isole Britanniche e in Irlanda, forse nell'Europa occidentale. Queste parrocchie sono frequentate da quasi 5.000 ortodossi di 24 diverse nazionalità e realizzano quasi 200 battesimi all'anno. I sedici chierici trasferiti, tre dei quali erano di rito occidentale e sotto una persecuzione non canonica (san Giovanni introdusse il rito occidentale), erano giunti esattamente alle stesse conclusioni in tre gruppi separati in tre momenti separati, del tutto indipendentemente l'uno dall'altro, ed erano costituiti da sette sacerdoti, due diaconi e sette lettori.

Il gruppo dei chierici è multinazionale, con sacerdoti di cinque nazionalità diverse e diaconi e lettori di sei nazionalità diverse. Cinque dei sacerdoti sono istruiti in seminario. I due sacerdoti moldavi del gruppo dei sette si erano rifiutati di unirsi alla ROCOR e così si erano uniti a noi cinque, poiché erano e sono in pieno accordo con la nostra visione teologica e missionaria della Chiesa. Un diacono e un lettore attendono l'ordinazione sacerdotale, mentre un altro lettore attende l'ordinazione diaconale. Questo creerà un gruppo di nove sacerdoti, tre diaconi e quattro lettori, con diversi altri candidati in attesa di diventare lettori e suddiaconi. Ci siamo uniti a un gruppo già esistente di sette parrocchie, dieci sacerdoti e tre diaconi nelle Isole Britanniche. Tutti fanno parte del decanato locale dell'Arcidiocesi delle chiese di tradizione russa nell'Europa occidentale sotto il metropolita di Parigi Jean di Dubna e i suoi due vescovi-vicari, per un totale di 29 sacerdoti. Ci è stato chiesto perché ci siamo trasferiti nell'arcidiocesi.

2. Il quadro della ROCOR: la necessità di passare dalla comunione canonica alla piena unità.

Il quadro di questo trasferimento risiede nella contrazione globale della ROCOR negli ultimi 50 anni dei suoi 100 anni di storia e nella recente riunificazione dell'Ortodossia russa nell'Europa occidentale.

La significativa contrazione ebbe inizio quando la generazione più anziana si estinse senza trasmettere la fede ai propri discendenti ormai assimilati, e con il fallimento pastorale delle parrocchie nell'usare le lingue locali. È stata aggravata dalla perdita di parrocchie in Africa a causa della decolonizzazione, e poi a causa degli scismi dei vecchi calendaristi donatisti (nelle parole del non mondano e santo metropolita Filaret di New York) negli Stati Uniti nel 1986 e successivamente in Francia. Poi c'è stata la spaccatura politica di estrema destra del 2000-2001 in Europa occidentale con il vescovo Varnava e altri. Il 2007 ha visto molteplici scismi dalla ROCOR di quasi tutte le parrocchie in Sud America, del convento di Lesna in Francia, del monastero di Brookwood e del convento dell'Annunciazione in Inghilterra, e anche del vescovo Agafangel e delle sue cappelle domestiche in Ucraina. Tutti questi formarono o si unirono a sette ultraconservatrici non canoniche.

Tuttavia, la contrazione è proseguita in modo positivo più di recente. Così, nel novembre 2019 la ROCOR ha ceduto volontariamente le sue parrocchie in Indonesia all'Esarcato del Sud-Est asiatico della Chiesa ortodossa russa. Ora, nel 2021, le parrocchie della ROCOR in Inghilterra si sono avvicinate all'Esarcato dell'Europa occidentale della Chiesa ortodossa russa unendosi all'Arcidiocesi ortodossa russa dell'Europa occidentale. Se un giorno ci sarà un Esarcato indipendente per l'Oceania sotto la Chiesa ortodossa russa, come ha suggerito sua Santità alcuni anni fa, questo lascerà la ROCOR come un organismo nordamericano, come è già da molto tempo. (Come esempio di questo spirito, il Fondo di assistenza alla ROCOR ha dichiarato apertamente il 30 luglio 2021 che 'i vostri doni sono necessari per mantenere il Fondo di assistenza alla ROCOR come risorsa vitale da cui dipende la comunità ortodossa russa negli Stati Uniti'; sembra che l'Europa occidentale non faccia più parte della ROCOR).

La ROCOR dovrà quindi sicuramente negoziare in uno spirito di umiltà con l'OCA e le parrocchie patriarcali in Nord America per riunirsi e finalmente formare insieme un'unica Chiesa ortodossa autocefala nordamericana, sia veramente ortodossa, sia veramente locale. Se tutti i gruppi possono superare gli estremi polarizzanti, politici, settari e secolari, sia quelli neo-calendaristi che quelli vecchio-calendaristi, questa formerebbe l'unica organizzazione che potrebbe resistere al Fanar e ai suoi piani per la creazione di una Chiesa ortodossa americana "autocefala" semi-ortodossa.

Dopo la firma dell'Atto di comunione canonica nel 2007, di cui uno di noi è stato testimone oculare e per cui ha lottato a lungo contro ogni previsione, qui in Europa occidentale ci siamo resi conto tutti chiaramente che la ROCOR a livello locale era una piccola minoranza e poteva sopravvivere solo creando una Metropolia missionaria ad ampio raggio nell'Europa occidentale, un concetto che uno di noi stava promuovendo già dal 1988. Tuttavia, il suggerimento patriarcale che la ROCOR facesse una cosa del genere è stato respinto e, invece, nel dicembre 2018 Mosca è stata costretta a istituire in Europa occidentale un esarcato senza la ROCOR. Nel 2019 questo Esarcato, il 60% della presenza ortodossa russa nell'Europa occidentale, se includiamo la Germania, ovvero 300 parrocchie, è stato rafforzato dalla multinazionale Arcidiocesi dell'Europa occidentale, con ormai quasi 100 parrocchie.

Infatti, il 58% del vecchio Esarcato liberale e modernista aveva lasciato due anni fa Costantinopoli, con i suoi errori ecumenisti e modernisti, ed era tornato purificato alla Chiesa madre, ribattezzandosi Arcidiocesi. Questa è stata una svolta e una vittoria tanto attesa per noi, poiché abbiamo combattuto senza sosta per questo momento per 30 anni. Sì, in effetti, eravamo stati molto critici nei confronti del vecchio esarcato fanariota modernista, ma eravamo completamente devoti all'arcidiocesi ortodossa russa, due organizzazioni chiaramente separate e diverse. L'unità con la Chiesa madre era divenuta possibile grazie al coraggio del suo arcipastore, il metropolita Jean (Renneteau), che era stato un umile parroco per 37 anni prima di essere nominato vescovo. Ci siamo congratulati calorosamente con lui nel dicembre 2019 in diversi articoli di quel tempo.

Così, oltre l'80% dei vescovi, del clero e delle parrocchie degli ortodossi russi di tutte le nazionalità nell'Europa occidentale (che geograficamente include ovviamente la Germania) ora lavorano a stretto contatto con sua Santità nella grande opera di gettare le basi per una futura Chiesa locale dell'Europa occidentale, come proposto da sua Santità il Patriarca Alessio II nel 2003. 'B дальнейшем структура митрополичьего округа могла бы стать хорошим основанием для образования в Западной Европе своей Поместной Церкви ( https://www.sedmitza.ru/text/444993.html ). ("In futuro, la struttura di un distretto metropolitano potrebbe diventare una buona base per la formazione nell'Europa occidentale della sua Chiesa locale").

L'attuale patriarca, allora metropolita, aggiunse: 'Надеемся, что самоуправляемый Митрополичий округ, объединяющий всех верных русской православной традиции в странах Западной Европы , в угодное Богу время послужит основанием грядущего канонического устроения многонациональной Поместной Православной Церкви в Западной Европе , созидающейся в духе соборности всеми православными верующими, пребывающими в этих странах. ( http://www.patriarchia.ru/db/text/423147.html ). ("Ci auguriamo che un Distretto metropolitano autonomo, che riunisca tutti i fedeli di tradizione ortodossa russa nei paesi dell'Europa occidentale, in un tempo gradito a Dio, serva come base per la futura istituzione canonica di una Chiesa ortodossa locale multinazionale in Europa occidentale, creata nello spirito di conciliarità da tutti i credenti ortodossi residenti in questi paesi").

Insieme, l'Esarcato patriarcale dell'Europa occidentale e l'Arcidiocesi dell'Europa occidentale godono delle strette relazioni necessarie per promuovere la realizzazione della visione del patriarca Aleksij e del patriarca Kirill (e nostra) di una Chiesa ortodossa locale dell'Europa occidentale. Del restante 20% dei vescovi, del clero e delle parrocchie ortodossi russi nell'Europa occidentale, circa il 5% appartiene alla diocesi dell'Europa occidentale della ROCOR e circa il 15% alla diocesi tedesca della ROCOR. Queste due diocesi sono diventate sempre più isolate dall'unità ortodossa russa tradizionale e dalle tradizioni passate della ROCOR, con nostra grande angoscia. Ancora di più sembrano esserci elementi di russofobia tra i loro dirigenti.

La ROCOR è stata molto indebolita in Europa occidentale dai recenti scismi (non riportate negli Stati Uniti) e da quelle che sono state percepite dai parrocchiani di base, spesso pilastri della Chiesa, come ingiustizie terribili e irrisolte nelle parrocchie di Londra e Ginevra. Quest'ultima situazione ha portato a continue cause giudiziarie e ad un breve arresto. Nel dicembre 2018 la ROCOR ha categoricamente rifiutato una via d'uscita da tutto questo sotto forma di un'offerta di sua Santità il patriarca Kirill. Si trattava dell'offerta di scambiare le parrocchie patriarcali in Nord America con le parrocchie della ROCOR in Europa occidentale, un'offerta che è stata rinnovata da un inviato a New York nel luglio 2021. Questa offerta era sembrata eminentemente logica e desiderabile a tutti noi e siamo rimasti molto delusi dal fatto che era stata rifiutata.

Del resto, il vescovo patriarcale responsabile delle parrocchie patriarcali in Nord America era un cittadino britannico di origine russa residente a Londra e con esperienza in Italia, che conosceva molto bene le diverse mentalità europee. D'altra parte, il vescovo della ROCOR per l'Europa occidentale era un cittadino statunitense che viveva a Londra, uno che, sebbene possedesse chiaramente qualità adatte a trattare con studenti universitari americani che si convertivano da un ambiente di protestanti bianchi degli Stati Uniti politicamente altamente conservatori, non era ben disposto a impegnarsi con persone locali britanniche o europee, specialmente di estrazione sociale non accademica. Le loro varie mentalità inglesi o europee e russe sono generalmente radicalmente diverse dagli approcci americani. Abbiamo certamente bisogno di un vescovo che comprenda le culture locali e le popolazioni locali, e non uno di un altro continente, con poca conoscenza dei modi in cui le geografie, le storie e le mentalità dei popoli non accademici e non protestanti che lo circondano sono molto diverse dal proprio.

Pertanto, in contrasto con la contrazione globale della ROCOR, gli ultimi anni hanno visto una sostanziale unificazione dell'Ortodossia russa nell'Europa occidentale. Come abbiamo detto sopra, nel 2003 il patriarca Alessio II di Mosca aveva indicato la necessità di istituire una Chiesa locale dell'Europa occidentale, libera dalle aberrazioni canoniche di diocesi e giurisdizioni sovrapposte sullo stesso territorio. Nel 2018, il Patriarcato di Mosca ha iniziato a unificare le sue diocesi e parrocchie nell'Europa occidentale integrandole nel nuovo Esarcato russo per l'Europa occidentale, con sede a Parigi. E poi nel 2019 a questo si è aggiunta l'arcidiocesi dell'Europa occidentale, direttamente sotto il Sinodo di Mosca, non nella lontana New York.

Tenuto contro sia della contrazione globale della ROCOR in Nord America, sia della sostanziale unità dell'Ortodossia russa dell'Europa occidentale all'interno del Patriarcato di Mosca, il percorso naturale e inevitabile per tutte le diocesi e parrocchie della ROCOR nelle terre dell'Europa occidentale è quello dell'unificazione con il corpo principale della Chiesa ortodossa russa sotto sua Santità. La separazione anacronistica e la differenziazione artificiale da essa attraverso l'imposizione di una teologia sacramentale nuova e aliena, che non fa parte della tradizione ortodossa russa, è chiaramente inutile. Inoltre, è contraria allo spirito e alla sostanza dell'Atto di comunione canonica del 2007. La necessità di un fronte comune unito sotto sua Santità è diventata tanto più vitale da quando i fanarioti sostenuti dagli Stati Uniti hanno iniziato le loro politiche aggressive, non canoniche, scismatiche e moderniste in Ucraina nel 2019 e altrove.

3. La nuova teologia della ROCOR e la teologia ortodossa russa tradizionale

A Cardiff, nel dicembre 2020, l'arcidiocesi delle Chiese di tradizione russa nell'Europa occidentale ha ricevuto nell'Ortodossia un ex prete greco-cattolico, padre Jacob (James) Siemens. In linea con la prassi e con la benedizione della Chiesa ortodossa russa, padre Jacob è stato ricevuto nei suoi ordini per concelebrazione. In risposta a questa ricezione, il 23 gennaio 2021, il vescovo della Diocesi dell'Europa occidentale della ROCOR ha pubblicato la sua comunicazione № 359/E, in cui ha decretato che a tutti i membri della ROCOR – sia chierici che laici – è "vietato avvicinarsi o partecipare a qualsiasi rito o presunto "sacramento" eseguito dal Dr [sic] Siemens... o da chiunque possa concelebrare con il medesimo". Poiché padre Jacob Siemens concelebra chiaramente con il proprio vescovo, il metropolita Jean di Dubna, capo dell'Arcidiocesi delle Chiese di tradizione russa nell'Europa occidentale, questo decreto ha effettivamente creato uno scisma permanente in cui il clero e i fedeli della ROCOR nell'Europa occidentale non sono più de facto in comunione sacramentale con l'Arcidiocesi ortodossa russa dell'Europa occidentale.

Un mese dopo, il 23 febbraio 2021, con la sua comunicazione n. 390/E il vescovo della ROCOR ha insinuato che i vescovi della Chiesa ortodossa russa sono colpevoli di "inganno spirituale", scrivendo che: "Il 'battesimo' eseguito da un non sacerdote non è un battesimo; la 'confessione' compiuta da un non sacerdote non è una confessione sacramentale; la 'liturgia' celebrata da un non sacerdote non è la Divina Liturgia e coloro che si accostano a un calice ivi offerto non ricevono il prezioso corpo o sangue di Cristo, qualunque cosa possa dire chi lo offre o chi ha autorità su di lui. Questo non è che inganno spirituale..." Le implicazioni di queste parole sono state di vasta portata e molto, molto gravi, poiché riguardano l'intera Chiesa ortodossa russa da cima a fondo. E non solo perché l'ingerenza negli affari di un'altra diocesi viola i più elementari Canoni apostolici, ma perché all'ingerenza si aggiungeva l'altro torto, quello di creare uno scisma, e, come sappiamo, due torti non fanno una ragione.

Il divieto includeva qualsiasi concelebrazione o comunione per i laici con l'intera Arcidiocesi nelle Isole Britanniche. Chiaramente, il clero e i membri della ROCOR nell'Europa occidentale hanno dovuto decidere se cadere in una separazione fondamentalmente settaria dalla Chiesa ortodossa russa, o se rifiutare tale separazione e cercare l'unità nella Chiesa ortodossa russa nell'Europa occidentale. Tutto ciò che avevamo combattuto per la maggior parte della nostra vita, la reintegrazione della ROCOR nella Chiesa madre, una volta liberata dal bolscevismo, era stata distrutta in un atto di quello che in realtà è uno scisma. Questo è stato un punto di svolta per tutti noi. Non possiamo svolgere un'opera missionaria quando siamo in uno scisma settario. Perché nessuno tranne dei settari si unirà a una setta. E tutto questo non tiene nemmeno conto che tutta questa faccenda è stata una grossolana ingerenza negli affari di un'altra diocesi, nonostante quel che indicano i Canoni apostolici.

Nel marzo scorso abbiamo quindi informato il responsabile, che sembrava del tutto ignaro – o aveva deciso di ignorare la realtà – dei fatti storici, che l'accoglienza dei sacerdoti greco-cattolici nei loro ordini era stata la Tradizione della Chiesa russa molto prima della rivoluzione, come testimoniato dal grande Sinodo di Mosca nel 1666-1667. Ciò risale al canone 95 in Trullo, che afferma che ariani e altri eretici potevano essere ricevuti per cresima: non che questo significhi un riconoscimento dei loro sacramenti, ma il desiderio di facilitare il loro ritorno alla Chiesa. Come disse il futuro patriarca Sergio, allora discepolo del grande teologo e canonista metropolita Antonij (Khrapovitskij):

"Если во втором чиноприеме инославный принимается чрез миропомазание, это отнюдь не значит, чтобы крещение, полученное им в инославии, признавалось действительным, а только то, что, не повторяя формы крещения из снисхождения, Церковь преподает принимаемому благодать крещения вместе с миропомазанием и под его формою. Точно так же если, например, латинский или армянский священник принимается третьим чином, чрез покаяние, в сущем сане, то это значит, что под формой покаяния ему преподаются сразу все нужные Таинства: и крещение, и миропомазание, и хиротония". ( https://www.portal-slovo.ru/theology/38937.php ). "Se un eterodosso è accolto mediante la cresima con il secondo rito, ciò non significa che il battesimo da lui ricevuto nell'eterodossia sia riconosciuto valido, ma solo che, senza ripetere per condiscendenza le forme battesimali, la Chiesa presenta a colui che è stata accolta la grazia del battesimo insieme alla cresima e sotto la sua forma. Allo stesso modo, se, per esempio, un sacerdote latino o armeno è accettato con il terzo rito, per pentimento, nel suo rango attuale, ciò significa che sotto la forma della penitenza gli vengono concessi in una volta tutti i sacramenti necessari: il battesimo, la cresima e l'ordinazione".

Così anche nella prima sessione del settimo Concilio ecumenico si decise di accogliere i vescovi iconoclasti nei loro ordini su insistenza di san Tarasio, patriarca di Costantinopoli. Come ha commentato il metropolita Antonij (Khrapovitskij): "Il patriarca Tarasio ci ha insegnato con il suo esempio quanto dobbiamo essere attaccati alla pace della Chiesa. La prima celebrazione con un vescovo ortodosso vale infatti come ordinazione valida per colui che era fuori dalla Chiesa". (Письма Блаженнѣйшаго Митрополита Антонiя (Храповицкаго) Jordanville 1988, p. 202).

Il futuro san Tikhon ricevette così i sacerdoti carpato-russi in Nord America. Il suo predecessore ricevette sant'Alessio (Toth) (Американский период жизни и деятельности святителя Тихона Московского 1898-1907 гг. (azbyka.ru)) ibn questo modo, proprio come san Giovanni di Kronstadt ricevette la futura imperatrice-martire Aleksandra mediante la cresima. Coloro che affermano il contrario e osano persino chiamarlo "un modo canonicamente dubbio", stanno negando i sacramenti dell'odierna OCA. Questa è la pratica normale della Chiesa ortodossa russa oggi (lo ieroschimonaco Gabriel (Bunge) è stato accolto così nell'Europa occidentale) e in Ucraina, così come è stata anche la pratica costante della gerarchia di quella che oggi è l'Arcidiocesi dell'Europa occidentale (il metropolita Evlogij a Nantes negli anni '30, l'arcivescovo Georges (Wagner) a Parigi negli anni '80). Si veda anche: HTC: The Reception of Heretic Laity and Clergy Into the Orthodox Church (holy-trinity.org).

Lo abbiamo informato anche che, come il resto della Chiesa ortodossa russa, il sempre memorabile arcivescovo Antonio di Ginevra della vecchia e tradizionale diocesi dell'Europa occidentale ROCOR riceveva mediante la cresima i protestanti battezzati mediante la confessione i cattolici confermati, e che le pratiche vecchio-calendariste dagli Stati Uniti non fanno parte della nostra tradizione ortodossa russa. Tuttavia, noi gente del posto, che conoscevamo i fatti, alcuni di noi attraverso quasi cinque decenni di esperienza pastorale, non siamo stati creduti. Tuttavia, la generazione più anziana è stata ritirata e messa da parte. Sappiamo troppo: solo la nuova mentalità da convertiti settari era accettabile.

Detto questo, abbiamo deciso di portare questo argomento e altri problemi pastorali e missionari in sospeso all'attenzione degli altri nel Sinodo della ROCOR nel maggio 2021. Non volevamo che ci dicessero che non avevamo avvertito il Sinodo dello scisma che aveva avuto luogo e del nostro bisogno di appartenere alla corrente ortodossa russa. Preoccupati di possibili dure punizioni per aver fatto notare la realtà e per aver chiesto di prosciugare la palude, così di recente importata dagli USA, abbiamo quindi nascosto l'identità di tutti tranne che di uno di noi, che ha deciso di sacrificarsi come più anziano, che aveva il minimo da perdere. Questi ha riferito al Sinodo esattamente ciò che stava succedendo e anche i dettagli esatti di quanti erano pronti a lasciare la ROCOR. Purtroppo, ogni dialogo sulle nostre gravissime preoccupazioni è stato proibito e a noi, chierici volontari non retribuiti che abbiamo sacrificato la nostra vita per servire la Chiesa, è stato detto che se avessimo parlato di nuovo di questi argomenti, saremmo stati sospesi. Abbiamo anche ricevuto una punizione quadrupla. Così sono stati commessi due torti. In un caso questo è avvenuto dopo quasi 37 anni di fedele servizio all'altare e di lavoro missionario in tutta l'Europa occidentale, per mano di sua Eminenza il metropolita Hilarion di New York, allora non ancora gravemente malato e fisicamente ancora in grado di firmare documenti, come rappresentante del Dicastero missionario della ROCOR per l'Europa occidentale. Così sia i chierici che i fedeli della ROCOR erano stati ostracizzati. Cosa dovevamo fare?

4. La nostra missione nell'unità e nella corrente principale della tradizione e della teologia ortodossa russa

Siamo sempre stati missionari nello spirito dell'opera missionaria storica svolta dalla Chiesa ortodossa russa. Sapevamo che la ROCOR tradizionale era stata missionaria. Come ha affermato il Sinodo della Chiesa ortodossa russa fuori dalla Russia nella sua Lettera dell'ottobre 1953, gli ortodossi sono stati dispersi in tutto il mondo con il permesso di Dio, in modo che possano "annunciare a tutti i popoli la vera fede ortodossa e preparare il mondo per la seconda venuta di Cristo". Avevamo pensato che ci fosse una comprensione della gente del posto, che sarebbe stata autorizzata a usare la propria lingua madre e non sarebbe stata costretta a usare una fraseologia aliena e un idioma straniero. Né pensavamo di dover affrontare continue richieste, accompagnate da insinuazioni e calunnie del tutto false e molto spiacevoli.

Dopotutto, il grande missionario san Giovanni di Shanghai è sempre stato il nostro patrono, il patrono dei fedeli locali. Tuttavia, fino a oggi uno di noi si è trovato interdetto dal compiere altro lavoro missionario (tre chiese e cinque comunità fondate finora in due paesi, ma ogni ulteriore attività missionaria vietata) e anche interdetto dal fare lavoro missionario presentando la Chiesa ortodossa russa e i suoi valori a tutti su un noto sito web, che centinaia di persone hanno visualizzato ogni giorno negli ultimi vent'anni.

Chiaramente, questi divieti dopo decenni sarebbero diventati noti a tutti e avrebbero causato scandalo.

Peggio ancora, c'era tutta una serie di problemi pastorali irrisolti, con diverse nuove comunità bandite, sacerdoti perseguitati, bambini non battezzati, persone non confessate, oltre a una chiesa nuova di zecca, acquistata e convertita con grande sacrificio personale, rimasta vuota, nonostante il Canone 4 del secondo Concilio di Nicea.

Non siamo sicuri se la ROCOR si riprenderà mai, con la sua reputazione missionaria come Chiesa per tutti gli ortodossi così seriamente offuscata e minata.

Con la nostra richiesta di comprensione punita e ogni dialogo vietato nonostante il Canone 14 di Sardica, a maggio abbiamo scritto al metropolita Antonij, esarca patriarcale a Parigi. Poi, sempre a maggio, un gruppo di noi ha incontrato il vescovo Matfej della diocesi di Sourozh per chiedere il suo parere. Poi ci siamo consultati con una rete di amici, sacerdoti anziani russi ortodossi e insegnanti di diritto canonico a Mosca, in Moldova, in Romania, in Europa occidentale e a livello locale. La risposta scioccata dei nostri amici è stata cristallina e unanime: c'era solo una soluzione: lasciare la nuova setta americana della ROCOR e unirsi al metropolita Jean (Renneteau) dell'arcidiocesi delle Chiese di tradizione russa nell'Europa occidentale, rimanendo così fedeli e molto più strettamente sotto sua Santità il patriarca Kyrill. Questa mossa avrebbe espresso la nostra obbedienza alla Chiesa e alla tradizione ortodossa russa, e non a un individuo con alcune idee insolite e davvero non canoniche. Noi obbediamo a Dio, non agli uomini.

Noi conosciamo personalmente il metropolita Jean dagli anni '70. Come noi, crede nella fedeltà alla tradizione ortodossa russa, ma anche nella futura Chiesa locale dell'Europa occidentale, per la quale alcuni di noi si battono da quasi cinquant'anni. Nessuna nuova Chiesa locale può essere fondata su decreti arbitrari, valori settari, azioni scismatiche, minacce, aggressioni, controversie, intimidazioni, negatività, maleducazione spettacolare, rabbia e mancanza di rispetto verso altre persone che hanno tra loro quasi 100 anni di esperienza pastorale. Non siamo nuovi nella Chiesa, ma eravamo ortodossi prima che ne nascessero molti altri, per non parlare dell'adesione alla Chiesa ortodossa, per non parlare della ROCOR. Non vogliamo essere trattati come i nativi americani dai coloni puritani.

Oggi rimaniamo missionari per i popoli nativi delle Isole Britanniche e per tutti i popoli dell'Europa occidentale. Tuttavia, siamo soprattutto missionari per la stragrande maggioranza degli ortodossi locali che sono nati nell'ex Unione Sovietica e ora vivono qui con i loro figli nati in loco. I genitori non hanno alcuna intenzione di tornare nei paesi in cui sono nati e hanno poca nostalgia per loro, a differenza degli emigrati russi pre-1917, che abbiamo conosciuto così bene nel secolo scorso. La maggior parte dei nostri parrocchiani e spesso molti dei nostri sacerdoti provengono dall'ex Unione Sovietica. Gli emigrati originali della ROCOR si sono estinti decenni fa e gli ultimi figli di quegli emigrati della ROCOR a Londra se ne sono andati nello scisma di Brookwood del 2007.

Oggi il nostro popolo e in effetti molti dei nostri sacerdoti sono identici a quelli dell'Esarcato patriarcale dell'Europa Occidentale e dell'Arcidiocesi delle chiese di tradizione russa nell'Europa Occidentale. Abbiamo lo stesso gregge. Solo pochissimi della nostra gente e persino del nostro clero hanno un concetto della ROCOR e degli eventi di oltre 100 anni fa. Oggi gli ortodossi russi frequentano semplicemente la parrocchia a loro più vicina, la cui etichetta giurisdizionale è irrilevante e spesso passa inosservata. Le vecchie giurisdizioni si stanno estinguendo per volontà popolare, tutto ciò che la gente vuole è una chiesa che sia autenticamente ortodossa, canonica e che accolga loro e i loro figli, indipendentemente dalla loro nazionalità e politica. Mantenere amministrazioni separate e stare in disparte, o sentire il suggerimento di uno che non è mai stato formato in un seminario ortodosso che afferma il clero dell'ex Unione Sovietica (anche sua Santità quindi tra loro?) 'non sappia celebrare' semplicemente non è valido. Formati in seminario e teologicamente, sappiamo meglio del clero della ROCOR non addestrato come celebrare.

5. Verso una Chiesa locale dell'Europa occidentale sotto sua Santità

Qualcuno potrebbe chiedere: perché allora siete entrati a far parte dell'Arcidiocesi delle Chiese di tradizione russa nell'Europa occidentale? Risposta: Semplicemente perché l'Arcidiocesi lavora a stretto contatto con l'Esarcato patriarcale dell'Europa Occidentale, ma come braccio multinazionale e missionario dell'Esarcato. E noi nasciamo missionari, come vi diranno i nostri parrocchiani che ci amano. La nostra missione oggi è rivolta a coloro che sono nati in Unione Sovietica e nell'Europa dell'Est e ai loro figli nati in Inghilterra, come del resto a tutti coloro che sono nati qui. I parrocchiani non hanno tempo né comprensione per argomenti che risalgono a 100 anni fa e che in ogni caso sono diventati irrilevanti nel 2007. Guardiamo tutti al futuro unito e non al passato diviso e non accettiamo l'imposizione aliena di un futuro diviso artificialmente e settario che esiste solo per giustificare una separazione e una divisione che si auto-alimentano.

L'arcidiocesi comprende le esigenze locali, la lingua locale e la popolazione locale. C'è un dialogo aperto tra il suo metropolita, il suo clero e il suo popolo, non un divieto di dialogo, non una governance dall'alto verso il basso, ma una comprensione della base e una ricerca di consigli sul terreno locale, piuttosto che un disprezzo del terreno locale. Tale consultazione, per esempio, avrebbe evitato l'imbarazzo di sbagliare sul titolo stesso di un vescovo inviato qui dagli USA e poi di doverlo modificare.

Siamo profondamente dispiaciuti che la visione missionaria della vecchia ROCOR dell'Europa occidentale, una Chiesa di giusti confessori, sembri essere stata sostituita da una nuova ROCOR. Non apparteniamo all'oscurità senza speranza del fariseismo, ma agli altipiani illuminati dal sole dell'autentica Ortodossia. Una mentalità protestante settaria fondamentalmente di destra e il suo linguaggio ci sono estranei. Infatti la Chiesa è cattolica quando è locale.

Seguiamo le orme di san Giovanni di Shanghai, che trascorse tredici anni come vescovo ordinario nell'Europa occidentale e fondando gruppi missionari olandesi e francesi, prima di recarsi nel suo Golgota di quattro anni negli Stati Uniti. Seguiamo le orme del suo successore, il nostro amato abba, il sempre memorabile arcivescovo Antonij di Ginevra, che, proprio come san Giovanni, ha sofferto anche lui per le tendenze politiche e settarie degli Stati Uniti. E così via. San Giovanni ha dato le sue scarpe ai poveri che erano scalzi perché gli facevano pena, non "perché gli facevano male i piedi" (sic). Questo principe della Chiesa era veramente un servitore della Chiesa nella sua umiltà e così è chiamato Saint Jean Nu-Pieds, o san Giovanni lo Scalzo. Non ha fatto richieste di dollari, né accuse false, e ha amato tutti come pastore universale e quindi è il nostro modello.

Dato il grandissimo numero di candidati multinazionali in attesa d'ordinazione tra noi, il nostro Decanato delle Isole Britanniche (non della Gran Bretagna) può finalmente andare avanti, molto presto con oltre venti sacerdoti. Così, saremo in grado di aiutare nel servizio pastorale e missionario ortodosso multinazionale, così urgentemente necessario per le decine di migliaia di immigrati ortodossi (non per gli oligarchi) che vivono qui, la maggior parte in circostanze molto modeste come i poveri della Kronstadt pre-rivoluzionaria, serviti sul posto dal loro pastore, san Giovanni di tutta la Rus', e tra gli ortodossi nati nelle Isole Britanniche.

Dato il rifiuto di ascoltare le nostre preoccupazioni e la realtà locale, e credendo fermamente, come sempre, in una futura Chiesa locale dell'Europa occidentale, che segue fedelmente la tradizione ortodossa russa, dove siamo in piena comunione gli uni con gli altri e facendo la volontà di sua Santità il patriarca Kirill, siamo rimasti senza altra linea d'azione dopo ripetuti tentativi di proteggere i fedeli. Questa linea doveva chiedere e ricevere la protezione canonica della giurisdizione del metropolita Jean dell'arcidiocesi dell'Europa occidentale.

Così siamo stati ricevuti il 23 agosto 2021, nonostante il misterioso rifiuto del nostro ex vescovo di emettere le lettere dimissoriali richieste, senza alcuna motivazione (sebbene egli stesso abbia preso nella sua giurisdizione sei sacerdoti senza nemmeno chiedere lettere di liberazione dai loro vescovi). Come padre Seraphim Rose, che aveva combattuto contro la "super-correttezza" donatista, ho combattuto per quasi mezzo secolo per l'unità della Chiesa russa, scontrandomi con tutti gli estremisti di entrambe le frange affinché si formi una nuova e autentica Chiesa locale, ecco perché credo fermamente che il nostro futuro sia nella Chiesa ortodossa russa patriarcale riunita nell'Europa occidentale, e non nello scisma. Qualcuno doveva avere il coraggio di resistere a quest'ultimo.

Pertanto, tutte le azioni e le bizze prese contro il nostro esodo dopo che esso si era verificato erano canonicamente nulle, come concordano i canonisti. Ci sono stati quasi due anni di dialogo prima del nostro esodo, durante i quali ogni discussione era stata vietata. Poi sono stati tentati tutti gli altri canali di dialogo con altri vescovi interessati. Per quanto riguarda le menzogne auto-giustificative straordinariamente anticristiane, diffamatorie e non canoniche pubblicate contro tutti noi su Internet, come per esempio che questa grave questione ecclesiologica e pastorale sia semplicemente una "questione di personalità" o un "atto personale di ribellione" (sic!), e non una questione di principio teologico, canonico, dogmatico, ecclesiologico e pastorale per un gruppo molto ampio di persone, queste sono state oggetto di ulteriori azioni e riportate integralmente alle autorità ecclesiastiche. Se sedici membri del clero hanno "problemi di personalità" o sono "ribelli", allora questo suggerirebbe che il problema non sia personale, ma teologico, come di fatto è. San Nicola non schiaffeggiò Ario per un 'problema di personalità' o per un 'atto personale di ribellione'. Ovviamente, nessuno che sia rimasto fedele alla ROCOR per 32 anni nella buona e nella cattiva sorte è un ribelle.

Quanto al mettere il clero in un'altra diocesi (!) "sotto processo" (!) con "accuse criminali" (!), questo è un suicidio spirituale per il giudice, la giuria e il boia autoproclamatisi. Le accuse mosse sono le stesse rivolte a san Giovanni di Shanghai, quando lasciò l'Europa per gli Stati Uniti e fu chiamato pazzo, calunniato, processato e brevemente privato della sua sede, morendo prematuramente. Quindi non siamo affatto sorpresi. Condividiamo le sue sofferenze proprio perché siamo suoi figli fedeli. Questa volta è stato un momento di rivelazione, quando tutti hanno mostrato il loro vero sé. Ma i fedeli sono con noi.

Siamo stati accusati da alcuni sacerdoti della ROCOR recentemente convertiti di essere "pazzi" (!) e di "aver bisogno di uno psichiatra" (!) o di essere "prede di fantasie", proprio come san Giovanni. Abbiamo visto il Golgota, i tirapiedi, gli schernitori e i separatori. E tutti questi si definivano cristiani ortodossi. Ma pregano il re sbagliato; il nostro re non è Cesare. Si riunisca qualsiasi Sinedrio, giudicheranno solo se stessi. Il giudizio di Dio è l'unico che dovrebbero temere. Ci siamo rifiutati di entrare a far parte di una setta. Dio non può essere preso in giro.

Condividiamo pienamente le opinioni della Chiesa ortodossa russa, in contrapposizione sia ai fanarioti modernisti che ai pseudo-tradizionalisti fanatici. La strada da percorrere è nella corrente principale della Chiesa ortodossa russa, come abbiamo sempre sostenuto. Non è mai stato nostro scopo o intenzione separarci dalla vera ROCOR, anzi vogliamo rafforzare i nostri legami con ciò che resta della vera ROCOR, come con ciò che resta della vecchia diocesi dell'Europa occidentale della ROCOR sotto san Giovanni di Shanghai e il suo successore il sempre memorabile arcivescovo Antonij di Ginevra, così come abbiamo sempre mantenuto i nostri legami con l'autentica arcidiocesi con sede a Parigi. Perché le parti autentiche fanno parte della corrente principale ortodossa russa e lo sono sempre state. Non sono delle frange. Tuttavia, è un fatto triste nel nostro mondo decaduto che sebbene l'intelligenza sia limitata, la stupidità rimane illimitata.

Conclusione

A malincuore, siamo stati costretti a parlare dell'elefante nella stanza. Abbiamo dovuto mettere il dito sulla singola questione che nessuno voleva affrontare, vale a dire lo scontro tra le tradizioni russe (intrinsecamente moderate, sensate) e le tradizioni del vecchio calendarismo greco (intrinsecamente estremiste, settarie), che sono diventate così popolari tra alcuni negli Stati Uniti e in altri due o tre luoghi. E poiché siamo stati costretti a prendere una posizione così forte, abbiamo finito per essere i primi a dichiarare apertamente le nostre intenzioni.

Questo è un momento importante. Stiamo assistendo alla fine ora delle vecchie divisioni del XX secolo tra l'ormai estinto Esarcato liberale e la vecchia ROCOR conservatrice ecc. Ora si tratta di articolare positivamente e vivere la tradizione russa moderata e sensata distinguendola sia dai liberali fondamentalmente secolarizzati sia dai fanatici fondamentalmente scismatici, entrambi gruppi composti principalmente da convertiti recenti. Perché ora deve essere chiaro a tutti, da questi recenti eventi, che il tradizionalismo scismatico non ha nulla di intrinsecamente fedele o spirituale. È piuttosto un'ideologia settaria e scismatica, se non una patologia.

Quindi questa per noi è davvero la fine del (lungo) XX secolo e l'inizio del XXI secolo. Questo sarà il momento in cui avremo l'opportunità storica di costruire la Chiesa, non come gli ultimi rappresentanti di un secolo terminato decenni fa, ma come persone che sono all'inizio di un nuovo periodo storico. Questo tipo di opportunità non capita molto spesso. La posizione che abbiamo adottato, o meglio siamo stati costretti ad adottare, è l'inizio del futuro, non una reliquia del passato.

Possa tutto essere fatto secondo la Volontà di Dio, mentre tutti continuiamo a pregare:

'Per la pace del mondo intero, per la prosperità delle sante Chiese di Dio e per l'unione di tutto preghiamo il Signore'.

arciprete Andrew Phillips

chiesa di san Giovanni di Shanghai, Colchester, Essex

dal 3 maggio al 3 novembre 2021

 
La Chiesa russa sta reclutando missionari per le Filippine

Bangkok: la rappresentanza della Chiesa ortodossa russa a Taiwan sta reclutando giovani che desiderano portare l'annuncio di Cristo nelle Filippine. Il servizio stampa della rappresentanza ha dichiarato:

'Il Signore ha ora creato condizioni estremamente favorevoli per una tale testimonianza nelle Filippine, dove migliaia di persone desiderano unirsi alla Chiesa ortodossa'. 'I giovani di entrambi i sessi che vogliono fare opera missionaria nelle Filippine devono essere pronti a servire la Chiesa con zelo e abnegazione, devono avere una fede profonda, essere fedeli alle tradizioni della Chiesa ortodossa russa ed essere in possesso di elevate qualità morali'. 'Il missionario deve essere pronto a passare due mesi o più sul posto. La conoscenza della lingua inglese e l'esperienza nel lavoro missionario sono gradite, ma non sono essenziali. È fondamentale avere la raccomandazione del vostro confessore, parroco o vescovo diocesano'.

Se volete vedere un esempio di un viaggio missionario nelle Filippine, con la collaborazione delle Chiese russa e antiochena, guardate questa pagina

 
Sette Chiese locali parteciperanno a una conferenza sulla conciliarità a Kiev

annuncio della conferenza. Foto: sito web dell'Accademia teologica di Kiev

Rappresentanti di sette Chiese locali discuteranno a Kiev le questioni del primato e della conciliarità nell'Ortodossia.

L'11 novembre la Lavra delle Grotte di Kiev ospiterà la conferenza internazionale "Conciliarità della Chiesa: dimensioni teologiche, canoniche e storiche", alla quale parteciperanno teologi di sette Chiese ortodosse locali, secondo il sito web dell'Accademia teologica di Kiev.

Al convegno parteciperanno teologi e studiosi della Chiesa ortodossa ucraina, nonché delle Chiese antiochena, russa, serba, bulgara, polacca, della Chiesa ortodossa delle terre ceche e della Slovacchia e della Chiesa ortodossa in America.

Il forum teologico affronterà le questioni del primato e della conciliarità nella Chiesa ortodossa. In pratica, i resoconti della conferenza affrontano la crisi causata nell'Ortodossia dalle azioni del Fanar in Ucraina e dalla sua nuova dottrina ecclesiologica, secondo la quale il patriarca di Costantinopoli è dotato di poteri e autorità speciali.

La conferenza è stata organizzata dall'Accademia teologica di Kiev in ottemperanza alla decisione del Santo Sinodo della Chiesa ortodossa ucraina del 12 maggio 2021.

La conferenza inizia alle 10:00 nell'aula magna della Lavra delle Grotte di Kiev. Un elenco dettagliato dei partecipanti e degli argomenti delle relazioni è disponibile a questo link.

Come riportato dall'Unione dei giornalisti ortodossi, si è tenuto a Mosca il convegno "Ortodossia mondiale: primato e conciliarità alla luce della dottrina ortodossa" .

 
Metropolita Hilarion (Kapral): dobbiamo seguire l'esempio dei santi antichi

Dopo l’annuncio che abbiamo postato ieri, sull’invito a giovani ortodossi a fare opera di missione nelle Filippine, ci sembra cosa assai appropriata sentire che cosa ha da dire uno dei principali protagonisti della missione ortodossa nel Sud-Est asiatico, il metropolita Hilarion (Kapral), primo ierarca della ROCOR. L’intervista di Tatiana Veselkina, che riportiamo nella sezione “Pastorale” dei documenti, è ormai datata (risale alla primavera del 2013, ma offre una marea di spunti interessanti per capire sia le difficoltà obiettive sia le vere potenzialità dell’opera missionaria ortodossa.

 
Un verdetto offre una chiesa di Atene all'Arcidiocesi di Atene, facendo arrabbiare il patriarca Bartolomeo che rivendica la chiesa

La Chiesa di Grecia e il Patriarcato di Costantinopoli sono impegnati da diversi anni in una disputa legale sulla chiesa di san Giorgio nella tenuta di Probona ad Atene.

Lunedì il Consiglio municipale di Atene si è pronunciato a favore dell'arcidiocesi di Atene, concedendole l'uso gratuito della chiesa per 50 anni, come riferiscono Ekathemerini e Romfea.

Il Patriarcato ha tentato di impedire al Consiglio di discutere la questione, ma i suoi sforzi si sono rivelati infruttuosi. E il patriarca Bartolomeo non ha perso tempo nell'esprimere il suo disappunto dopo aver appreso della decisione, inviando il metropolita Emmanuel di Calcedonia a fare una spiacevole visita all'arcivescovo Hieronymos di Atene.

A sua volta, l'arcivescovo ha risposto che non poteva accettare le mosse del Patriarcato per prendere possesso della chiesa, mosse che sembrano a una rapina.

La disputa sulla chiesa, che Costantinopoli vuole trasformare nella sua rappresentanza ad Atene, o addirittura in un esarcato, senza la benedizione dell'arcivescovo Hieronymos o del Sinodo greco, è stato uno dei motivi per cui l'arcivescovo di Atene non aveva partecipato alla Sinassi dei primati che era stata convocata all'inizio del 2016 per preparare il concilio di Creta di quell'estate.

Le relazioni sono parse migliorare dopo che il patriarca ha visitato Atene nel 2019 e dopo che l'arcivescovo Hieronymos ha acconsentito alle pressioni di Costantinopoli ed è entrato in comunione con gli scismatici privi di grazia della "Chiesa ortodossa dell'Ucraina". Tuttavia, si è riproposta la stessa questione spinosa.

Secondo le fonti attendibili di Ekathemerini, il patriarca Bartolomeo potrebbe persino cancellare il suo viaggio programmato ad Atene alla fine di questo mese in onore del suo trentesimo anniversario come patriarca.

Oltre alla sua invasione anticanonica dell'Ucraina, Costantinopoli ha anche registrato legalmente il proprio monastero/associazione nella Repubblica Ceca nel 2019 senza la conoscenza o la benedizione del Santo Sinodo ceco-slovacco. Il Patriarcato ha minacciato sua Eminenza l'arcivescovo Michal di Praga per aver resistito a questa invasione.

 
Come spingere l'Ucraina sull'orlo dell'abisso

Che molte guerre siano combattute per biechi interessi economici, questo lo ammettono più o meno tutti; gli eventi dell’Irak da vent’anni a questa parte ne sono una continua conferma. Ma pochi hanno capito i pesanti risvolti economici dell’attuale disastro in Ucraina, che se volessimo riassumere in una singola parola, potremmo definire con il termine “gasdotti”.

Forse ancor meno persone sanno che la stessa tecnica per creare una guerra inutile e devastante è stata seguita in Afghanistan, e anche qui per la prosaica ragione dell’assicurarsi il corridoio del gasdotto che dal Turkmenistan porta all’India. Questo significa che anche l’Ucraina è destinata a diventare un deserto spartito da signori della guerra, come Afghanistan e Somalia? Che cosa si può fare per scongiurare questo pericolo nel cuore dell’antica Rus’? Scopriamolo nell’articolo di Mike Whitney, che abbiamo tradotto in italiano nella sezione “Geopolitica ortodossa” dei documenti.

 
Il patriarca Bartolomeo e tre segni del suo orgoglio

perché il patriarca Bartolomeo "se ne frega" dell'unità della Chiesa? Foto: Unione dei giornalisti ortodossi

Il capo del Fanar ha detto che "se ne frega" della comunione recisa con la Chiesa ortodossa russa. Perché uno dei vescovi più stimati della Chiesa ha parlato così, e cosa significa?

Parlando con illustri membri della diaspora greca negli Stati Uniti, il patriarca Bartolomeo ha affermato che "se ne frega" del fatto che il suo nome sia stato escluso dai dittici della Chiesa ortodossa russa.

La frase usata dal patriarca della Grande Chiesa di Costantinopoli è piuttosto volgare. Secondo i greci, le parole del patriarca Bartolomeo "σκασίλα μου" sono vicine alla maleducazione, e la loro traduzione come "non mi interessa" è piuttosto tenue. Anche la pausa teatrale del capo del Fanar in quel momento e le risate del pubblico greco sono molto rivelatrici.

Il patriarca Bartolomeo sembra essersi letteralmente fermato a un passo dall'usare un linguaggio osceno. È possibile che lungo la strada dirà qualcosa di peggio, senza ritegno. Perché la pensiamo così? Perché dobbiamo affermare con grande rammarico che un tempo uno dei più autorevoli patriarchi del mondo, da vescovo della Chiesa di Cristo, sta gradualmente diventando una persona che si allontana sempre più dal Vangelo e dagli insegnamenti di Cristo. Ciò può essere evidenziato non solo dalla sua risposta "me ne frego" alla questione dell'unità della Chiesa, ma anche da molti altri esempi, di cui parleremo più avanti. Perché sta succedendo questo e cosa ha causato tale totale degrado spirituale ?

La "testardaggine della volontà" e il riconoscimento degli errori

Uno dei Padri della Chiesa ha detto che "l'eresia non è un'illusione della mente, ma un'ostinazione della volontà". In effetti, molti eretici erano persone istruite e non potevano fare a meno di capire che i loro insegnamenti andavano contro gli insegnamenti di Cristo e della Chiesa, ma hanno aderito comunque alle loro eresie. Come mai? Per testardaggine della volontà, cioè per superbia.

In altre parole, ammettere il proprio errore richiede di abbandonare l'orgoglio, una soluzione che è sempre stata dolorosa per gli eretici, come testimonia la storia della Chiesa. Dopotutto, essi credevano di essere migliori degli altri, più intelligenti, più istruiti e quindi nessuno osava istruirli o correggerli. Di conseguenza, Ario, Nestorio e Macedonio denigrarono i loro stessi nomi ed entrarono nella storia della Chiesa come eresiarchi. Sembra che lo stesso problema riguardi il patriarca Bartolomeo.

Concedendo il Tomos alla "Chiesa ortodossa dell'Ucraina", costui ha commesso un crimine canonico deliberato. Il capo del Fanar ha spiegato la sua azione con il "bisogno" e il "beneficio" per la Chiesa. Cioè, secondo lui, "l'autocefalia" della "Chiesa ortodossa dell'Ucraina" doveva superare lo scisma in Ucraina, unire i "tre rami dell'Ortodossia ucraina" e portare milioni di ucraini alla Chiesa di Cristo (non menzioneremo gli interessi personali di Patriarcato di Costantinopoli). Tuttavia, non è successo niente del genere. Ed è impossibile non vederlo.

Non è avvenuta nemmeno una cosa elementare: una vera unificazione degli scismatici ucraini tra di loro.

Come è noto, uno dei principi cardine dell'esistenza della Chiesa come istituzione è il principio "una città – un vescovo", formulato nel primo Concilio ecumenico. Secondo la logica del diritto canonico, con la formazione della "Chiesa ortodossa dell'Ucraina", le diocesi del "patriarcato di Kiev" e della "Chiesa ortodossa autocefala ucraina" in un territorio avrebbero dovuto unirsi tra loro, mentre uno dei "vescovi ordinari" avrebbe dovuto cedere e far posto all'altro. Ma non è successo niente del genere. Ci sono ancora due diocesi e due 'vescovi' in ogni centro regionale. Inoltre, a Vinnitsa, dove dopo lo scisma del metropolita Simeon (Shostatskij), ex vescovo ordinario della diocesi di Vinnitsa della Chiesa ortodossa ucraina, ci sono tre diocesi nella struttura della "Chiesa ortodossa dell'Ucraina": Vinnitsa-Bar, Vinnitsa-Bratslav e Vinnitsa-Tulchin. Nonostante la differenza di nomi, tutte e tre le strutture hanno la loro sede a Vinnitsa, dove sono basati anche i loro "vescovi ordinari".

In altre parole, l'autocefalia della "Chiesa ortodossa dell'Ucraina" non ha adempiuto alla missione per la quale è stata concessa dal Fanar. Inoltre, ha spaccato il mondo ortodosso, poiché alcune Chiese e vescovi ne riconoscono la legittimità, altre no. Il patriarca Bartolomeo vede queste cose? Sì. Capisce cosa sta succedendo? Certo. Allora perché non annulla la sua decisione del Tomos della "Chiesa ortodossa dell'Ucraina" come, per esempio, ha abolito l'autonomia dell'Arcidiocesi delle parrocchie russe in Europa occidentale? Ribadiamo quanto abbiamo detto prima: "ostinazione della volontà piuttosto che illusione della mente". Significa che l'orgoglio non consente al capo del Fanar di prendere l'unica decisione giusta in questa situazione. Cosa ci dà il diritto di fare questa affermazione? Confrontiamo le azioni del Patriarca Bartolomeo con ciò che i santi Padri dicono sull'orgoglio.

Il primo segno dell'orgoglio: l'esaltazione

L'orgoglio è un peccato mortale e una passione, che ha un carattere progressivo, come ogni passione, e colpisce necessariamente tutti gli aspetti della vita spirituale di una persona. San Giovanni Crisostomo scriveva che "l'orgoglio è l'inizio del peccato", perché "ogni peccato inizia con esso ed è radicato in esso".

Abba Giovanni Cassiano il Romano così parla dell'orgoglio: "Questa passione, benché ultima nella lotta contro i vizi e nell'ordine del calcolo, è la prima per importanza e per tempo di origine: questa bestia è la più feroce, più feroce di tutte le precedenti, e tenta coloro che sono particolarmente perfetti e coloro che hanno quasi raggiunto il culmine della virtù a distruggerli con crudele rimorso. L'orgoglio è un male così grande che non merita di avere come avversario né l'Angelo né altre forze opposte, ma Dio stesso". Gli fa eco il venerabile Antonio il Grande: "Tutti i peccati sono abominevoli davanti a Dio, ma il più abominevole di tutti è l'orgoglio del cuore".

In ogni modo, come riconoscere una persona orgogliosa, quali segni indicano che una persona ha ceduto a questa passione? Ascoltiamo san Basilio il Grande: "L'inizio dell'orgoglio è di solito il disprezzo. Chi disprezza e considera gli altri come delle nullità, alcuni poveri, altri di basso rango, altri ignoranti, per effetto di tale disprezzo arriva al punto di considerarsi saggio, prudente, ricco, nobile e forte".

E ora confrontiamo le parole del grande santo con alcune dichiarazioni del patriarca Bartolomeo. Per esempio, commentando il disaccordo della Chiesa russa con il riconoscimento della "Chiesa ortodossa dell'Ucraina", il capo del Fanar ha affermato che si è trattato di "una campagna diffamatoria contro la responsabilità storica del Patriarcato di Costantinopoli, che ha portato loro il cristianesimo e li ha resi persone civili".

Queste parole hanno il sapore dell'esaltazione indicata da san Basilio. La conferma viene non solo da patriarca Bartolomeo, ma anche dai suoi più stretti collaboratori. Per esempio, uno dei più anziani vescovi del Patriarcato di Costantinopoli, il metropolita Apostolos (Dannilidis) di Derkoi, ha detto letteralmente quanto segue:

"Ho letto con disgusto sui media le dichiarazioni anti-ecclesiali e anti-greche dei rappresentanti della presenza russa in Ucraina e con santa indignazione rispondo: giù le mani e la bocca dal successore di coloro che vi hanno fatto cristiani! Dovete tutto ciò che siete a ciò che chiamate così sprezzantemente: Istanbul! Per noi è l'unica Città che sta qui da secoli e giova solo a tutti voi che festeggiate i mille, mille e trentatré anni del vostro cristianesimo, senza menzionare da nessuna parte chi è stato a battezzarvi e a darvi quello che vi vantate di avere. Vi abbiamo dato la luce, ci restituite tenebre! Vi abbiamo dato la grazia, ci date ingratitudine! Vi abbiamo portato la cultura, voi ci insultate!"

Possiamo citare altre dichiarazioni del patriarca Bartolomeo e di altri rappresentanti del Fanar, che si appellano costantemente al loro ruolo nella storia della Chiesa russa e di altre Chiese. I fanarioti credono che il fatto stesso di ricevere la fede di Cristo dalle mani dei greci sia già una ragione sufficiente perché essi occupino una posizione speciale nella Chiesa. Ma l'essenziale nella Chiesa non è l'origine etnica, l'essenziale non è essere eredi di una particolare nazione o civiltà, ma essere simili ai santi, essere dell'origine di Cristo. Dopo tutto, gli ebrei non hanno forse detto a Cristo "noi siamo figli di Abramo"? E ricordate cosa ha risposto loro Cristo?

Il secondo segno dell'orgoglio: la brama di onori

San Basilio il Grande indica un altro segno di un uomo orgoglioso: "Come si riconosce un uomo orgoglioso? È noto dal fatto che cerca le preferenze".

Pertanto, oltre all'esaltazione, il secondo segno di orgoglio è il desiderio di onori e preferenze. Citiamo le parole del patriarca Bartolomeo: "Abbiamo la responsabilità di guidare le Chiese autocefale locali come fratello maggiore di una famiglia". Oppure "Coloro che mettono in discussione i diritti e le responsabilità del Patriarcato ecumenico, di fatto, mettono in dubbio la loro stessa esistenza e identità, la stessa struttura dell'Ortodossia".

Altrove, il capo del Fanar parla del posto che pensa di dover occupare nella Chiesa: "Voglio chiedere: non c'è un primo in ogni diocesi? Non c'è una primo in ogni parrocchia? Allora perché non dovrebbe esserci (un primo, ndc) nelle Chiese locali? Poiché c'è un primo a partire dalla struttura più piccola, che è una parrocchia, alla Chiesa locale nel suo insieme, come è possibile che le Chiese locali non abbiano il loro primo?"

Ecco le parole del metropolita Amfilochios di Adrianopoli: "C'è un'opinione secondo cui la Chiesa è guidata da Cristo. Ma in realtà la Chiesa è guidata dal Patriarca ecumenico".

Tuttavia, nella Chiesa il Primo, cioè il suo Capo, è sempre stato, è e sarà il Signore Gesù Cristo. Il disaccordo del Fanar con questa verità maiuscola indica solo la malattia che ha afflitto questa Chiesa un tempo grande.

Il terzo segno dell'orgoglio: il risentimento

All'esaltazione e al desiderio di onori, san Giovanni Crisostomo aggiunge un terzo segno dell'orgoglio – il risentimento: "L'orgoglioso è disposto a vendicarsi delle offese. L'orgoglioso non può tollerare indifferentemente gli insulti né dal superiore né dall'inferiore; e chi non tollera con calma il risentimento non può sopportare la sventura".

Ancora, in un'intervista al quotidiano greco Politis, il patriarca Bartolomeo ha affermato letteralmente quanto segue: "Siamo decisamente sconvolti dall'iniziativa di tenere un 'incontro fraterno' ad Amman". Perché un patriarca ortodosso sarebbe sconvolto per un incontro di primati delle Chiese locali? Perché non sono d'accordo con la sua decisione di riconoscere la "Chiesa ortodossa dell'Ucraina", perché non li ha radunati lui, perché alcuni di loro si sono rifiutati di partecipare al Concilio di Creta, organizzato dal Fanar.

In generale, il patriarca Bartolomeo ha più volte lasciato intendere che la decisione di riconoscere la "Chiesa ortodossa dell'Ucraina" sia stata motivata dal rifiuto della Chiesa russa di partecipare al Concilio di Creta. Ecco solo una di queste affermazioni : "Adesso chiedono un Sinodo (per valutare la decisione di riconoscere la "Chiesa ortodossa dell'Ucraina", ndc)! Avrebbero dovuto riconoscere il Concilio panortodosso di Creta e sarebbero dovuti venire anche lì... Ma non l'hanno fatto!

Come non ricordare il ragionamento sull'orgoglio del venerabile Giovanni Cassiano il Romano: "L'orgoglio è caratterizzato dai seguenti segni: all'inizio è rumoroso nella conversazione, infastidito nel silenzio, scoppia a ridere in allegria, si arrabbia irragionevolmente nel momento del dolore, ostinato nella risposta, frivolo nel parlare; le parole sono espresse senza alcun coinvolgimento del cuore, avventatamente. L'orgoglio non ha pazienza, è estraneo all'amore, insulta arditamente ma non sopporta di essere insultato. Non è incline a obbedire se qualcosa contraddice il suo desiderio e volontà. È irremovibile nell'accettare gli ammonimenti, debole nel rinunciare la sua volontà, molto restio ad obbedire agli altri, cerca sempre di insistere sulla propria opinione ed è contrario ad altre opinioni; perciò, divenuto incapace di accogliere consigli salvifici, si affida più alla propria opinione che al giudizio degli anziani o dei padri spirituali".

L'orgoglio come malattia spirituale

Gli ortodossi si stanno ora abituando al fatto che ci sia una dichiarazione scioccante del patriarca Bartolomeo ogni mese o due. Probabilmente non vale la pena citare tutti i momenti in cui il patriarca Bartolomeo ha fatto ricorso a insulti arditi, è stato riluttante ad accettare ammonimenti, ha cercato di insistere sulla sua opinione e ha fatto affidamento sul proprio giudizio più che su quello degli anziani o dei padri spirituali. Tutte queste dichiarazioni sono state discusse con vigore nella comunità ortodossa.

È evidente che lo stato spirituale del capo della Chiesa di Costantinopoli è molto simile a quello descritto dal venerabile Giovanni Cassiano il Romano. Ma potrebbe essere diversamente? Dopotutto, avendo deciso di consegnare il Tomos agli scismatici ucraini impenitenti e poi di avere comunione con loro, il patriarca semplicemente non poteva evitare di essere infettato dalla malattia spirituale di cui soffrono tutti gli scismatici: l'orgoglio. È questa passione che impedisce a una persona di dire una semplice parola, "perdonami", è questa passione che non gli permette di ammettere i suoi errori e gli impedisce di intraprendere la via della correzione.

Se questo è vero quando si parla di un cristiano comune, allora per quanto riguarda il patriarca Bartolomeo il problema della dipendenza spirituale dall'orgoglio è solo molte volte esacerbato. Scriveva san Giovanni Cassiano che "l'orgoglio abbatte le alte mura della santità al livello dei vizi e non lascia libertà all'anima vinta. Inoltre, quanto più l'anima catturata è ricca, tanto più severamente è sottoposta al giogo della schiavitù e alla fine è completamente esposta all'orgoglio, essendo stata crudelmente saccheggiata tutta la proprietà delle sue virtù".

Osiamo dire che il patriarca Bartolomeo è un uomo preso dalla passione e, secondo san Basilio il Grande, "non può essere guarito da questa passione se non rinuncia a ogni pensiero sulla sua preferenza", soprattutto perché è un monaco, ed è sempre salvifico per un monaco e un cristiano lottare contro l'esaltazione e l'orgoglio.

Perché, come disse san Giovanni Crisostomo, "non c'è male uguale all'orgoglio", perché "trasforma un uomo in un demone, uno sfacciato, blasfemo violatore di giuramenti". Aggiungiamo: e in uno che "se ne frega" dell'unità della Chiesa di Cristo.

 
Processione dei fedeli con il patriarca Kirill a Sergiev Posad

Il 16 luglio, le celebrazioni per i 700 anni dalla nascita di san Sergio di Radonezh (il patrono della Russia), sono state aperte da una processione di migliaia di fedeli guidata dal patriarca Kirill, dal monastero di Khotkovo (un sobborgo di Mosca, dove sono conservate le reliquie dei santi Cirillo e Maria, genitori di san Sergio) al campo dell'Annunciazione a Sergiev Posad. La processione di 17 chilometri, nelle parole del patriarca, è stata un'occasione di preghiera continua e di sforzo ascetico (podvig), e ha idealmente riunito tutta la Rus' sofferente alla supplica elevata a Dio dai suoi intercessori celesti.

 
La Chiesa o una setta?

Introduzione: Etimologie

La parola 'chiesa' nelle lingue latine (ecclesia, eglise, igreja ecc. e, in inglese il toponimo Eccles) deriva dalla parola greca 'ekklisia'. Questo è semplicemente perché i latini sono stati convertiti all'Ortodossia dai greci – la lingua degli ortodossi nella Roma pagana fu il greco fino alla fine del secondo secolo. Pertanto, parole inglesi come chiesa, cattolico, laico, diacono, prete, vescovo e papa provengono tutte dal greco attraverso il latino. 'Ekklisia' significa l'assemblesa di tutti quelli che sono chiamati (dal mondo) e quindi si riuniscono. È interessante notare che anche la parola per "chiesa" in tutte le lingue germaniche e slave deriva dal greco. Così, church, kirk, kirche, tserkov provengono tutti dall'originale greco 'kyriakon', che significa 'la casa del Signore', o Kyrios. Anche la parola romena per "chiesa", "biserica", è greca, ed è solo una variante di "basilica".

La parola 'setta' deriva dalla parola latina per 'tagliare'. In altre parole, una setta è un gruppo di persone "tagliate fuori" dagli altri. Nelle parole dei settari contemporanei, si sono "recintati con mura". Non desiderano essere in comunione con gli altri e non lo sono. La parola "cult", usata in inglese per indicare le sette deriva dalla parola latina per coltivare, che è anche l'origine del termine culto per indicare la preghiera pubblica. In molte lingue la parola culto non significa una setta, mentre in inglese "cult" indica specificamente una setta guidata da un leader, un guru che esige obbedienza totale a se stesso, qualunque siano le circostanze. Questi tipi di sette sono sempre autoritari/totalitari ("carismatici" per l'ingenuo convertito) con un loro linguaggio esotico "per convertiti", un codice esoterico di parole e nomi specifici, richiesto ai neofiti per essere ammessi come membri. Per esempio, si può insistere sull'uso di "tempio" invece di "chiesa",

La differenza

La Chiesa e una setta sono esattamente opposti. Le quattro parole che definiscono la Chiesa, 'una, santa, cattolica e apostolica' non possono in alcun modo essere applicate a una setta.

Così, la Chiesa è definita 'una', mentre una setta è per definizione tagliata fuori, 'murata' nel loro gergo, dagli altri, e quindi è piccola. Inevitabilmente, c'è sempre un gran numero di sette, tanto più perché i leader autoritari richiedono una devozione esclusiva a se stessi. Divisiva per definizione, una setta non è mai 'una', a differenza della Chiesa, che è un raduno. Lo possiamo vedere con varie sette russe come i "vecchi ritualisti", che costantemente si combattono e si condannano a vicenda. La stessa lotta interna settaria può essere vista tra i gruppi greci dei "vecchi calendaristi" e dei "catacombali" russi. Sono tutti piccoli gruppi e non sono in comunione con nessuno tranne che con la loro stessa setta. Questo è chiaramente il motivo per cui negli USA di mentalità protestante, per esempio, i protestanti più estremi che sono attratti dall'idea del cristianesimo ortodosso finiscono per aderire non alla Chiesa ortodossa, ma a sette vecchio-calendariste guidate dall'ideologia. Una mentalità settaria cerca una mentalità settaria e la capacità, come i farisei, di condannare gli altri. Tali gruppi sono noti per le loro ideologie della "unica vera chiesa". I membri vogliono appartenere a un gruppo esclusivo che alimenta il loro orgoglio e si nutre del loro orgoglio. L'umiltà non è una realtà viva tra loro: lo è la condanna degli altri.

La Chiesa è 'santa' nel senso che predica la santità e quindi produce santi. Le sette non producono mai santi, anche se amano parole come "santo" e "santità". In effetti, molti dei loro leader sono mostruosi egocentrici, pedofili, pervertiti, maniaci del controllo e avidi di denaro. Il loro segno è un prepotente amore per il potere e un avido amore per il denaro, non l'umiltà che è il segno della santità.

La Chiesa è 'cattolica', cioè 'secondo il tutto', in altre parole, la Chiesa ha la stessa Fede in ogni tempo e luogo. Questo non è lo stesso di essere internazionale. Per esempio, la setta non cristiana dei testimoni di Geova (ariani) è internazionale, ma i suoi membri sono gli stessi neofiti con la stessa psicologia insicura, qualunque lingua parlino. Non c'è diversità tra loro, piuttosto un unionismo o un'identità imposta artificialmente. Probabilmente sono anche nati come un culto personale: il loro nome precedente era "russeliti", poiché furono fondati nel XIX secolo da un certo Charles Russell. Anche qui possiamo vedere che non sono 'cattolici', poiché non esistono dal tempo di Cristo (cattolico = 'in ogni luogo e in ogni tempo'), ma sono un'invenzione del secolo XIX. Chiaramente, lo stesso vale per i mormoni (inventati da Joseph Smith) e gli scientologi (inventati da L. Ron Hubbard), anch'essi sette/culti. Lo stesso vale in ultima analisi per molti gruppi protestanti, che prendono il nome dai loro fondatori e sono quindi chiamati "luterani" e "calvinisti".

La Chiesa è 'apostolica', nel senso semplicemente che risale agli apostoli, che erano gli inviati (in greco 'apostoloi') di Cristo. La Chiesa non è stata fondata da una persona, 'Apollo, Cefa' o altri, ma da Cristo attraverso gli apostoli. La Chiesa non solo è apostolica, ma vive anche nello spirito degli apostoli. Chi è più recente e nega il passato non è apostolico. Ciò include coloro che sono bloccati in un'epoca e in un luogo precedenti, la Russia prima del 1917, l'Inghilterra del XVI secolo, Costantinopoli del XV secolo, l'Europa occidentale dell'XI secolo, l'Egitto del V secolo (miafisiti) ecc.: questi non sono apostolici. Appartengono a un'organizzazione, non alla Chiesa. La Chiesa è più grande di ognuno di noi e di intere generazioni di noi. La Chiesa era prima di noi, è ora e sarà dopo di noi. La Chiesa appartiene a Cristo, non ad alcuno di noi, laici, preti, vescovi o patriarchi. Siamo tutti solo servitori della Chiesa, del corpo di Cristo.

Conclusione

Noi apparteniamo alla Chiesa, non a una setta, e siamo in comunione con tutti quelli che confessano la Fede conciliare, come definita dai santi nei Concili ecclesiali dal IV secolo e come è espressa nel Credo immutato delle quindici Chiese ortodosse locali.

 
Il Concilio di Gerusalemme sul sangue degli animali

Il primo Concilio della Chiesa, descritto nel capitolo 15 degli Atti degli Apostoli, pur accogliendo come rivelazione divina il comandamento di non considerare alcun cibo come impuro, nondimeno chiede ai cristiani di ogni provenienza, sia dal giudaismo che dal paganesimo, di continuare ad astenersi dal sangue (anche quello presente in corpi di animali non dissanguati) come alimento. Padre John Whiteford, in un articolo del suo blog che riportiamo nella sezione “Domande e risposte” dei documenti, fa notare come la proibizione del consumo di sangue non è solo contenuta nel libro degli Atti degli Apostoli, ma si snoda lungo tutto il percorso dei canoni e delle interpretazioni canoniche della Chiesa. Il rispetto di questa norma, che non è più osservata nella Chiesa cattolica, rimane tuttora un’evidente differenza tra Ortodossia e Cattolicesimo romano.

 
Il Fanar inizia un dialogo con l'islam e il giudaismo: di che tipo?

il Fanar e il Vaticano sono sempre più impegnati nel dialogo con le religioni monoteiste. Foto: Unione dei giornalisti ortodossi

Il Fanar inizia un dialogo con ebrei e musulmani, i cattolici sono impegnati in tale dialogo da molto tempo. A cosa può portare e cosa dovremmo sapere al riguardo?

Il 1 novembre 2021, il patriarca Bartolomeo, durante una visita negli Stati Uniti, ha annunciato l'inizio di un dialogo con ebrei e musulmani. "La Chiesa di Costantinopoli, parallelamente alla sua partecipazione di primo piano al movimento ecumenico, ha avviato anche un dialogo ufficiale con altre tradizioni religiose, in particolare con altre due religioni monoteiste, il giudaismo e l'islam", ha affermato il capo del Fanar. Il Vaticano conduce un dialogo simile da molto tempo e i suoi risultati sono molto interessanti. Analizziamo in cosa tutto questo potrebbe essere interessante per noi.

Come prologo

Prima di iniziare ad analizzare il dialogo che il Vaticano sta intraprendendo con l'islam e il giudaismo, è opportuno guardare a cosa sia l'ideologia BLM (Black Lives Matter). Il lettore capirà dal testo che segue perché tracciamo tali paralleli. Nel frattempo, ci limitiamo ad affermare che, secondo questa ideologia, i discendenti dei bianchi, che per secoli hanno oppresso e inflitto immense sofferenze ai neri (i neri si sono procurati non meno sofferenza a vicenda, ma non è accettabile concentrarsi su questo ora), oggi devono pagare e pentirsi davanti ai discendenti dei neri. Dovrebbero piangere, inginocchiarsi davanti a loro e baciare loro i piedi. A proposito, papa Francesco fa proprio questo, anche se nominalmente per un motivo diverso.

papa Francesco bacia i piedi ai migranti. Foto: REUTERS

I bianchi dovrebbero pagare loro dei sussidi, concedere loro maggiori diritti, chiudere un occhio sui loro crimini di oggi, ecc. E i neri dovrebbero accettare tutto questo con condiscendenza e costringere i bianchi a pentirsi e a pagare ancora di più.

Dialogo giudeo-cattolico

Nella maggior parte delle pubblicazioni, questo dialogo è chiamato giudeo-cristiano, ma è più corretto chiamarlo giudeo-cattolico poiché è il Vaticano che lo conduce, e le conseguenze di questo dialogo si estendono finora solo al cattolicesimo.

Il dialogo stesso nella sua forma attuale è iniziato dopo la seconda guerra mondiale e lo sterminio di massa degli ebrei chiamato Olocausto. A seguito di questi eventi, negli studi teologici cattolici è sorta la cosiddetta "teologia cristiana dopo Auschwitz". In modo molto semplificato, si riduce al fatto che l'Olocausto è diventato l'apice della sofferenza del popolo ebraico, sofferenza a cui è stato sottoposto dai cristiani per duemila anni. La responsabilità di tutto questo è dei cristiani, che devono "pagare e pentirsi" e cambiare le proprie convinzioni in modo da non ferire i sentimenti degli ebrei. Uno dei ricercatori di questo argomento, S. Lezov, scrive:

"Nella teologia cristiana di oggi <...> non è soprattutto la responsabilità morale e politica dei cristiani per il genocidio degli ebrei che si discute: ormai la colpa diretta dei cristiani è fuori dubbio, inoltre, il suo riconoscimento pubblico sta diventando sempre più un elemento di buona forma". Il rabbino ortodosso Solomon Norman del Center for Jewish Studies di Oxford ha scritto che Hitler ha ereditato il suo atteggiamento nei confronti degli ebrei dal cristianesimo: "In sostanza, l'atteggiamento di Hitler nei confronti degli ebrei non è diverso da quello del cristianesimo; la differenza sta solo nei metodi che ha usato". Heinz-Peter Katlewski, nel suo articolo "Theology after Auschwitz", pubblicato nel 2005 dalla Deutsche Welle, afferma: "La precondizione per l'Olocausto è stata la persecuzione a cui i cristiani hanno sottoposto gli ebrei per 2000 anni".

La "teologia dopo Auschwitz" da parte cattolica si è sviluppata come "teologia della riconciliazione", cioè del riconoscimento da parte dei cattolici della loro responsabilità o almeno della loro corresponsabilità per l'Olocausto e, di conseguenza, dell'espiazione. Ma dal lato ebraico le cose erano diverse. Il fondamento ideologico del dialogo giudeo-cattolico è stato posto dallo storico e scrittore ebreo Jules Isaac (1877-1963), vissuto in Francia. Nei suoi libri "Gesù e Israele" (1946) e "La genesi dell'antisemitismo" (1956), il rapporto del cristianesimo con l'ebraismo è visto come "l'insegnamento del disprezzo". Gli apostoli, gli evangelisti, i santi Padri della Chiesa sono da lui caratterizzati come coerenti antisemiti che odiavano il popolo ebraico. Secondo Jules Isaac, dovrebbero anche condividere la responsabilità morale verso gli ebrei per Auschwitz e l'Olocausto. Questo "insegnamento del disprezzo" deve essere sostituito da un "insegnamento della purificazione", all'interno del quale i cristiani dovrebbero fare quanto segue:

  • escludere dai loro testi liturgici, specialmente quelli letti il Venerdì Santo, ogni menzione dei crimini degli ebrei;

  • dichiarare che gli ebrei non sono responsabili della morte di Cristo, se non insieme al resto dell'umanità;

  • escludere dai testi evangelici riferimenti alle azioni dei Giudei contro Cristo, e specialmente il seguente brano del Vangelo di Matteo: "E tutto il popolo, rispondendo, diceva: Il suo sangue ricada sopra di noi e sopra i nostri figli" (Mt 27:25);

  • riconoscere che la Chiesa da due millenni ha incitato all'inimicizia e all'odio verso gli ebrei;

  • mostrare pentimento agli ebrei per questo e fare tutti gli sforzi necessari per eliminare il male che hanno inflitto loro.

Dopo che l'insegnamento cristiano è stato "ripulito", deve essere trasformato in una "dottrina di rispetto", cioè riconoscere il giudaismo come proprio fratello maggiore e non cercare di convincere gli ebrei della necessità di credere in Cristo come Figlio di Dio. "Voi siete i nostri fratelli maggiori", ha detto ai rabbini papa Giovanni Paolo II quando ha visitato la sinagoga romana nel 1986.

Un impulso molto potente nello sviluppo del dialogo giudeo-cattolico fu il Concilio Vaticano II (1965) e la "Dichiarazione sui rapporti della Chiesa con le religioni non cristiane" (Nostra Aetate) ivi adottata, alla quale fu dedicata una parte significativa al giudaismo. Il documento conteneva diverse affermazioni che cambiano radicalmente l'atteggiamento del cattolicesimo sia nei confronti del giudaismo che degli eventi evangelici.

In primo luogo, questo documento non fa distinzioni tra il giudaismo dell'Antico Testamento e il cosiddetto giudaismo dopo il Tempio, sorto dopo la distruzione del secondo Tempio da parte dei romani nel 70 d.C. In secondo luogo, il Geova (vocalizzazione deliberatamente scorretta del Nome di Dio) non triipostatico, adorato dagli ebrei moderni, è riconosciuto come il vero Dio. In terzo luogo, il popolo ebraico è riconosciuto innocente della crocifissione del Salvatore: "Sebbene le autorità ebraiche e i loro seguaci abbiano insistito sulla morte di Cristo, tuttavia, ciò che è stato fatto durante la sua passione non può essere imputato indiscriminatamente alla colpa di tutti gli ebrei ebrei viventi allora o di quelli moderni". Qui è già molto chiaro che la colpa degli ebrei, che gridavano: "Crocifiggilo, crocifiggilo!" non è imputata a nessun altro se non a loro stessi, mentre la colpa dei nazisti tedeschi che hanno ucciso gli ebrei ad Auschwitz ricade su tutti i cristiani in genere. E in quarto luogo, è praticamente riconosciuto che gli ebrei non hanno bisogno di Cristo per la salvezza, ma restano comunque il popolo eletto di Dio: "Gli ebrei, per la maggior parte, non accettarono il Vangelo, e molti di loro addirittura si opposero alla sua propagazione. Tuttavia, secondo l'Apostolo, per amore dei loro padri, i giudei sono ancora cari a Dio, i cui doni e vocazione sono immutabili".

Le disposizioni della Dichiarazione Nostra Aetate, e ancor più gli ulteriori documenti adottati dai cattolici sulla base di essa, non sono altro che l'attuazione del programma di Jules Isaac per il passaggio del cristianesimo (cattolicesimo) da un "insegnamento del disprezzo" a un "insegnamento del rispetto". Così veniva percepito nella comunità ebraica. Il membro del Congresso ebraico mondiale Jean Halperin ha scritto sulla dichiarazione Nostra Aetate che "ha davvero aperto la strada a un dialogo completamente nuovo e ha avviato una nuova visione della Chiesa cattolica sugli ebrei e l'ebraismo, dimostrando la sua volontà di sostituire l'insegnamento del disprezzo con l'insegnamento del rispetto".

Nel 1973, in ossequio alle disposizioni della Nostra Aetate, la Conferenza dei vescovi cattolici della Francia ha adottato la "Dichiarazione sui rapporti dei cristiani con l'ebraismo", che, tra l'altro, affermava di "condannare categoricamente l'accusa di deicidio contro gli ebrei" . Cioè, i vescovi cattolici hanno riconosciuto che gli ebrei, che hanno ucciso il Gesù Cristo storico per mano dei soldati romani, non hanno ucciso Dio. È così che lo intendono gli ebrei stessi.

La studiosa ebrea Helen Fry, commentando la dichiarazione Nostra Aetate nel libro "Christian-Jewish Dialogue", scrisse: "Nel 1965 la Chiesa cattolica fece cadere l'accusa di 'deicidio' contro gli ebrei: in precedenza si credeva che commettendo l'omicidio di Gesù, gli ebrei avessero ucciso Dio stesso". È facile vedere che questa affermazione equivale a negare la divino-umanità di Gesù Cristo, negare il Simbolo della fede, che dice: "Credo nell'unico Signore Gesù Cristo, il Figlio di Dio, l'unigenito, generato dal Padre prima di tutti i secoli, Luce da Luce, Dio vero da Dio vero < ...> crocifisso per noi sotto Ponzio Pilato..." È molto significativo che nel 1986, quando papa Giovanni Paolo II visitò la sinagoga principale di Roma, tenne un discorso in cui Gesù Cristo fu menzionato una sola volta e fu nominato "il figlio del vostro popolo (ebraico, ndc)" e non fu chiamato Figlio di Dio.

I cattolici oggi credono che il giudaismo moderno e il cristianesimo siano due strade che conducono allo stesso obiettivo. Nel 2018, l'edizione mensile cattolica tedesca "Herder Korrespondenz" ha pubblicato una lettera del papa emerito Benedetto XVI, in cui affermava che giudaismo e cristianesimo sono due forme di interpretazione della Sacra Scrittura e che gli ebrei non hanno bisogno di predicare Cristo. "L'opera missionaria tra gli ebrei non è né prevista né necessaria. Cristo ha inviato i suoi discepoli ad annunciare la Buona Novella a tutte le nazioni e culture. Pertanto, la commissione missionaria è universale, ma con un'eccezione: tra gli ebrei non è né prevista né necessaria, perché solo loro tra tutte le altre nazioni conoscevano il 'Dio sconosciuto'." Per Benedetto XVI, nel dialogo con gli ebrei, è necessario parlare di "comprendere la personalità di Gesù di Nazaret".

Tutte queste deviazioni dei cattolici dall'essenza stessa del cristianesimo possono essere commentate con le parole del santo apostolo Giovanni il Teologo: "Così potete riconoscere lo Spirito di Dio: ogni spirito che riconosce che Gesù Cristo è venuto nella carne è da Dio, ma ogni spirito che non riconosce Gesù non è da Dio. Questo è lo spirito dell'anticristo, che avete udito venire ed è già nel mondo" (1 Gv 4:2-3).

Come vedete, i cattolici hanno soddisfatto pienamente i desideri della parte opposta nel dialogo giudeo-cattolico, e cosa hanno ottenuto in cambio? In generale, solo che gli ebrei hanno accettato di riconoscere i meriti di Gesù Cristo nel divulgare l'ebraismo tra i non ebrei, e anche questo con la condizione che essi stessi non hanno bisogno di lui. Helen Fry, già citata sopra, attiva partecipante al dialogo giudeo-cattolico, ne scrive così: "Il giudaismo può benissimo fare a meno di Gesù: esiste una ricca tradizione rabbinica ebraica che si è sviluppata parallelamente al cristianesimo e testimonia la possibilità di un uso diverso, non cristiano, dell'eredità biblica... Ma allo stesso tempo, gli ebrei possono accettare e accettare Gesù come la persona attraverso la quale i pagani hanno riconosciuto il Dio di Israele".

Dialogo cristiano-islamico

È molto più difficile caratterizzare il dialogo tra cristiani e musulmani perché i cristiani comunicano molto di più con i musulmani che con gli ebrei a livello sociale e quotidiano. In molti paesi sono strettamente adiacenti l'uno all'altro e sono semplicemente costretti a dialogare tra loro. Le difficoltà di un tale dialogo includono la mancanza di un governo centralizzato nell'islam. Se il cattolicesimo è un'unica struttura amministrativa con il suo centro in Vaticano, l'islam è rappresentato da tanti movimenti indipendenti, ognuno dei quali può avere una propria visione sia del cristianesimo che del dialogo con esso.

Tuttavia, per quanto riguarda il dialogo teologico, esso, come il dialogo giudaico-cristiano, è condotto principalmente tra musulmani e cattolici. E nell'ambito di questo dialogo, i documenti fondanti sono sia la dichiarazione Nostra Aetate adottata al Concilio Vaticano II (1965) sia la dichiarazione Lumen Gentium adottata nello stesso concilio, il cui paragrafo 16 dice: "Ma anche il piano di salvezza include coloro che riconoscono il Creatore. In primo luogo tra questi ci sono i musulmani, che, professando di detenere la fede di Abramo, adorano insieme a noi il Dio uno e misericordioso, che nell'ultimo giorno giudicherà l'umanità". Possiamo dire che per quanto riguarda l'islam, il Concilio Vaticano II ha cambiato radicalmente la sua tradizione medievale, secondo la quale l'islam era riconosciuto come eresia, e il fondatore della religione musulmana, Maometto, era un falso profeta e persino l'anticristo. Ora, come disse papa Giovanni Paolo II nel 1985, rivolgendosi ai musulmani: "Il nostro Dio e il vostro sono uno e lo stesso, e noi siamo fratelli e sorelle nella fede di Abramo".

Tuttavia, questo cambiamento si applica non solo all'islam, ma anche a tutte le religioni non cristiane in generale. Se prima del Concilio Vaticano II la Chiesa cattolica riconosceva tutti coloro che non ne facevano parte come eredi dell'inferno, ora questo atteggiamento è completamente diverso. Il paragrafo 2 della Nostra Aetate dice: "La Chiesa cattolica non rigetta nulla di ciò che è vero e santo in queste religioni. Essa considera con sincera reverenza quei modi di condotta e di vita, quei precetti e quegli insegnamenti che, pur differendo in molti aspetti da quelli che sostiene ed espone, tuttavia spesso riflettono un raggio di quella Verità che illumina tutti gli uomini".

Nel 2019, durante una visita negli Emirati Arabi Uniti, papa Francesco e l'imam supremo di Al-Azhar, lo sheikh Ahmed El-Tayeb, hanno firmato un "Documento sulla fratellanza umana per la pace nel mondo e la convivenza", il cui messaggio principale era quello di stabilire la tolleranza interreligiosa e la convivenza pacifica. Uno dei paragrafi di questo documento recita: "Chiediamo a intellettuali, filosofi, religiosi, artisti, professionisti dei media e uomini e donne di cultura in ogni parte del mondo, di riscoprire i valori di pace, giustizia, bontà, bellezza, fratellanza e convivenza umana per confermare l'importanza di questi valori come ancore di salvezza per tutti e di promuoverli ovunque". Cioè il romano pontefice, ponendosi come vicario di Cristo in terra, sottoscriveva con le parole che "l'ancora di salvezza" è tutt'altro che il Signore Gesù Cristo.

Subito dopo il viaggio di papa Francesco negli Emirati Arabi Uniti, è stato presentato un progetto per costruire un complesso di templi per tre religioni abramitiche: cristianesimo, giudaismo e islam.

il complesso, chiamato Abrahamic Family House, sarà situato sull'isola di Saadiyat nella capitale degli Emirati Arabi Uniti e l'apertura è prevista nel 2022

Va detto che nel dialogo con i musulmani, il Vaticano non ha permesso deviazioni dalla propria fede come quelle del dialogo con gli ebrei. Ma ciò è dovuto al fatto che l'islam è sorto all'inizio del VII secolo quando la dottrina cristiana era già ampiamente formata. Inoltre, i musulmani fin dall'inizio hanno riconosciuto Gesù Cristo come un profeta e hanno dato a lui, così come alla sua purissima Madre, un'adeguata venerazione. I conflitti tra i musulmani con il mondo cristiano non erano principalmente teologici ma politico-militari e si manifestavano sotto forma di conquiste o colonizzazioni. Pertanto, il dialogo cattolico-musulmano si concentra principalmente sulla convivenza pacifica e sulla prevenzione delle guerre e del terrorismo.

Conclusioni

In primo luogo, le parole del patriarca Bartolomeo che "la Chiesa di Costantinopoli <...> ha avviato un dialogo ufficiale <...> con altre due religioni monoteiste, l'ebraismo e l'islam" testimoniano l'intenzione del Fanar di entrare in questo dialogo qualitativamente di nuovo livello, con nuovi scopi e obiettivi; del resto, questi stessi dialoghi vanno avanti da parecchio tempo e nell'ambito del lavoro di varie strutture ecumeniche.

In secondo luogo, poiché l'ingresso del Fanar nel dialogo avviene contemporaneamente all'intensificarsi del processo di unificazione con il Vaticano, ciò significa l'adesione del Fanar al dialogo che il Vaticano conduce da diversi decenni.

In terzo luogo, l'esperienza dei cattolici testimonia che, nell'ambito di tale dialogo, il Vaticano si discosta dalla sua dottrina per compiacere i suoi interlocutori. Ciò è particolarmente vero per il dialogo giudeo-cattolico. Tuttavia, non ci sono praticamente movimenti reciproci.

In quarto luogo, non c'è motivo di credere che il Fanar, nel quadro di questo dialogo, non seguirà la via dell'apostasia e che rimarrà fedele all'insegnamento ortodosso primordiale.

E in quinto luogo, oggi non ci sono più dubbi su quale strada stia andando il Patriarcato di Costantinopoli. Seguirlo o rimanere fedeli all'Ortodossia: questa è la domanda che ora deve affrontare ogni Chiesa ortodossa locale. E ogni Chiesa deve rispondere da sé.

 
Metropolita Ilarion: l'Ortodossia nelle Isole britanniche
In occasione dell'anno degli scambi culturali russo-britannici, il canale televisivo russo "Kultura" ha messo in onda il 18 giugno 2014 un documentario sulla situazione dell'Ortodossia nel Regno Unito, con un autore d'eccezione, il metropolita Ilarion (Alfeev) di Volokolamsk.
Possiamo vedere il documentario nella sezione "Pastorale" dei documenti.
 
Conferenza a Kiev: un passo per condannare l'eresia del "papismo di Costantinopoli"

alla conferenza il principio di cattolicità della Chiesa è stato confrotnato con il "papismo di Costantinopoli"

La conferenza ha affrontato l'eresia del papismo del patriarca Bartolomeo, che afferma di essere il "primo senza eguali", e l'ha contrapposta al principio di cattolicità.

L'11 novembre 2021, presso la Lavra della santa Dormizione delle Grotte di Kiev, si è svolta la conferenza internazionale "Cattolicità della Chiesa: dimensioni teologiche, canoniche e storiche". Questo evento va considerato nel contesto di altri eventi, il cui vettore generale può essere descritto come il processo di riconoscimento del "papismo di Costantinopoli" come eresia a livello panecclesiastico.

Se ricordiamo la risposta del mondo ortodosso alla legalizzazione degli scismatici ucraini da parte del Patriarcato di Costantinopoli, possiamo vedere che si trattava di una protesta contro specifiche azioni anticanoniche del Patriarcato di Costantinopoli: "ripristino" di Filaret e di vescovi senza una legittima ordinazione, "annessione" dell'Ucraina tolta al Patriarcato di Mosca, ecc. Ma nessuno ha notato che tali azioni sono diventate possibili a causa dell'emergere della nuova dottrina del Fanar, che presuppone l'esistenza di poteri speciali ed esclusivi del patriarca di Costantinopoli nel governo della Chiesa. Infatti, è stato "grazie" a questa nuova ecclesiologia che sono state attuate le decisioni anticanoniche del Patriarcato di Costantinopoli sull'Ucraina. Per esempio, la dichiarazione del Santo Sinodo della Chiesa ortodossa russa, in cui la Chiesa ortodossa russa ha cessato la comunione eucaristica con il Patriarcato di Costantinopoli, non dice nulla sull'ideologia del "primo senza eguali", che è stata la ragione di queste azioni. Lo stesso si può dire delle decisioni del Concilio dei vescovi della Chiesa ortodossa ucraina del 13 novembre 2018.

Per qualche tempo, dopo la formazione della "Chiesa ortodossa dell'Ucraina", si è ritenuto possibile curare lo scisma che ha colpito l'Ortodossia con una soluzione conciliare alla "questione ucraina". Costantinopoli ha avuto la possibilità di rinnegare in qualche modo le sue decisioni, di fare determinati compromessi e di ripristinare lo status quo che esisteva prima delle sue azioni anticanoniche. Tuttavia, il Fanar ha scelto di non cogliere questa opportunità, ma al contrario ha iniziato a spingersi ancora di più in una situazione di stallo, spingendo le sue decisioni con la forza.

Il 26 febbraio 2020, su iniziativa del patriarca Teofilo di Gerusalemme, si è tenuto nella capitale giordana Amman un Concilio (Sinassi) di primati e rappresentanti delle Chiese ortodosse locali. L'incontro ha anche discusso dei modi per curare la situazione della chiesa in Ucraina, Montenegro e Macedonia del Nord. Sebbene le affermazioni del Fanar sulla supremazia nell'Ortodossia siano state criticate durante la discussione, il documento finale non ha detto una parola al riguardo. In linea di massima, questo primo incontro di Amman non ha prodotto risultati significativi se non un appello generale al dialogo. Il patriarca Bartolomeo ha criticato duramente l'incontro, sostenendo che solo lui ha il diritto di convocare tali incontri.

Da allora, le azioni e la retorica del capo del Fanar e di altri vescovi del Patriarcato di Costantinopoli hanno ulteriormente aggravato la situazione e testimoniato la perseveranza nel promuovere la nuova ecclesiologia fanariota, che viene sempre più chiamata "papismo di Costantinopoli". Il patriarca Bartolomeo non si preoccupa di fare alcunché per superare lo scisma che è sorto nell'Ortodossia. Secondo il quotidiano greco Makeleio, parlando a New York il 29 ottobre 2021, ha generalmente affermato che "non glie ne frega nulla" dell'esclusione del suo nome dai dittici della Chiesa ortodossa russa.

Allo stesso tempo, il Fanar sta promuovendo sempre più l'unificazione con il Vaticano nel prossimo futuro. Allo stesso tempo, i fanarioti affermano apertamente che la principale questione controversa sulla via dell'unificazione non sono le discrepanze dogmatiche e le diverse interpretazioni di cosa sia la salvezza e come si ottiene, ma la questione della supremazia nella futura struttura religiosa unita.

Tutto ciò ha portato al fatto che la maggior parte delle Chiese ortodosse locali si sono rese conto che la radice dei problemi odierni della Chiesa è l'eresia del "papismo di Costantinopoli", che finché questa falsa dottrina non sia stata superata, sarà impossibile risolvere qualsiasi problema relativo alla chiesa in Ucraina, in Montenegro o in altri paesi.

Pertanto, le Chiese locali stanno diventando sempre più consapevoli che il tema più importante non è tanto quello di trovare modi per risolvere la questione ucraina o altri conflitti ecclesiastici, ma quello di esporre la nuova ecclesiologia fanariota.

Nel settembre 2021, Mosca ha ospitato una conferenza "Ortodossia mondiale: primato e cconciliarità alla luce della dottrina ortodossa", alla quale hanno partecipato rappresentanti di Gerusalemme, Cipro, Russia, Ucraina, Georgia, Serbia e della Chiesa delle Terre Ceche e della Slovacchia. Aprendo la conferenza, Sua Santità il Patriarca Kirill ha affermato: "Rivendicazioni di diritti e privilegi speciali sono state avanzate prima dai vescovi e dai teologi di Costantinopoli, ma non sono mai state espresse con un tono così duro e in un'interpretazione così radicale come oggi. Arrivò al punto che il Patriarca di Costantinopoli fu chiamato non il primo tra uguali, ma "il primo senza eguali". Questa nuova ecclesiologia non ha alcun fondamento né nei sacri canoni né nell'intera Tradizione della Chiesa". Il patriarca Kirill ha anche affermato che il Concilio dei vescovi della Chiesa ortodossa russa nella sua riunione del novembre 2021 avrebbe dovuto dare una valutazione canonica delle azioni del Patriarcato di Costantinopoli a nome dell'intera Chiesa ortodossa russa. Sfortunatamente, il Concilio dei vescovi è stato rinviato al 2022 a causa della pandemia di coronavirus.

Pochi giorni dopo questa conferenza, il Santo Sinodo della Chiesa ortodossa russa ha valutato la visita del patriarca Bartolomeo a Kiev nell'agosto 2021. In particolare, è stato detto: "Sostenendo lo scisma in Ucraina, il patriarca Bartolomeo ha perso la fiducia di milioni di credenti < …> La responsabilità di minare l'unità della Chiesa ortodossa è interamente del patriarca Bartolomeo a causa delle sue azioni anticanoniche".

L'attuale conferenza a Kiev, "Cattolicità della Chiesa: dimensioni teologiche, canoniche e storiche", è la continuazione di un processo che chiarisce e articola il dogma originale della Chiesa su se stessa ed espone l'incompatibilità delle odierne azioni del Fanar. Alla conferenza a Kiev hanno preso parte anche rappresentanti delle Chiese ortodosse locali di Antiochia, Russia, Serbia, Bulgaria, Polonia, della Chiesa ortodossa delle Terre Ceche e della Slovacchia, nonché della Chiesa ortodossa in America. Quest'ultima è riconosciuta come autocefala da cinque Chiese locali, mentre le altre la considerano parte della Chiesa ortodossa russa.

Ecco una piccola analisi delle principali, a nostro avviso, dichiarazioni rese al convegno.

Sua Beatitudine il metropolita Onufrij

Nel suo discorso di benvenuto ai partecipanti alla conferenza, il primate della Chiesa ortodossa ucraina, sua Beatitudine il metropolita Onufrij, come sempre, ha descritto con chiarezza e capacità la situazione attuale e ha posto l'accento sui punti principali.

In primo luogo, ha definito la cattolicità come la base della struttura della Chiesa: "La struttura cattolica della Chiesa è uno dei fondamenti dell'ecclesiologia ortodossa. Sin dai tempi apostolici, tutte le controversie e i disordini nella Chiesa sono stati risolti in modo conciliare".

In secondo luogo, ha sottolineato che coloro "che hanno combattuto contro la Chiesa o hanno voluto sottometterla con il loro potere, hanno cercato anzitutto di restringerne la libertà nel convocare e tenere concili <…> Ciò non è casuale. Perché il concilio è un'espressione speciale della forza interiore della Chiesa, della sua libertà nello Spirito Santo".

In terzo luogo, il metropolita Onufrij ha definito il papismo una delle principali minacce alla Chiesa: "Una delle principali minacce che quasi sempre perseguitava la struttura conciliare della Chiesa erano i tentativi di elevare l'autorità dei singoli vescovi sull'autorità dei concili, e questo è il percorso intrapreso dal cattolicesimo, vale a dire, stabilire la supremazia papale nella Chiesa ecumenica. Tuttavia, in Oriente non hanno mai accettato di riconoscere il primato di alcun vescovo sui concili ecclesiali, e la priorità di questi ultimi è sempre stata indiscutibile per la teologia orientale".

In quarto luogo, ha affermato che ora Costantinopoli è infettata proprio da questo papismo, e che minaccia l'intera Ortodossia: "Purtroppo, oggi vediamo che nella Chiesa ortodossa la sua struttura conciliare è minacciata. Il Patriarcato di Costantinopoli parla sempre più a voce alta dei suoi diritti speciali e cerca di risolvere da solo le questioni ecclesiastiche più importanti. È l'idea della Chiesa di Costantinopoli circa il suo status speciale che è la causa principale della grave crisi che l'intera Ortodossia mondiale sta incontrando oggi".

Infine, Sua Beatitudine Onufrij ha detto da dove cominciare per superare la crisi odierna nell'Ortodossia: "Dobbiamo approfondire ancora e ancora lo studio dell'eredità patriarcale per valutare correttamente le sfide che la Chiesa deve affrontare ora".

È questo studio profondo e completo della sacra Tradizione della Chiesa su questo tema che è il compito principale per combattere l'eresia del "papismo di Costantinopoli" in questa fase. Il programma della conferenza risponde pienamente a questo compito. Secondo il comunicato stampa dell'Accademia teologica di Kiev, è il seguente:

  • La cattolicità della Chiesa come categoria teologica e canonica;

  • Il Concilio apostolico a Gerusalemme come fondamento della cattolicità della Chiesa;

  • I Concili ecumenici: circostanze storiche della loro convocazione e principi del loro lavoro;

  • Il problema del primato nella Chiesa ecumenica nell'era dei Concili ecumenici;

  • Il Canone 28 del IV Concilio Ecumenico: aspetti teologici, canonici e storici;

  • Il problema dei ricorsi contro la decisione dei tribunali ecclesiastici nei canoni dei Concili ecumenici;

  • Discussioni sul primato della Chiesa ecumenica nella moderna teologia ortodossa;

  • La crisi dell'Ortodossia mondiale causata dalle azioni del Patriarcato di Costantinopoli in Ucraina.

Come si vede, le azioni del Fanar in Ucraina, che hanno causato la crisi odierna, sono solo uno degli otto problemi, e anche l'ultimo, perché, come è già stato detto, questa è solo una conseguenza e non la causa principale.

Metropolita Antonij di Borispol e Brovary

"La dottrina della supremazia nella Chiesa ecumenica <...> è una seria minaccia per l'unità dell'Ortodossia mondiale. Oggi dovremmo tornare alla comprensione apostolica dei Concili della Chiesa come mezzo speciale per conoscere la Verità divina. Dobbiamo ricordare che è nei Concili che la grazia dello Spirito Santo operi in modo speciale, guidando la Chiesa nella verità".

Queste parole del metropolita Antonij significano verità più profonde della semplice affermazione che la Chiesa è caratterizzata da una forma di governo conciliare, piuttosto che da una forma unitaria. Il fatto è che la cattolicità è spesso confusa con la democrazia, in cui l'opinione della maggioranza è considerata corretta. La cattolicità della Chiesa è completamente diversa. Non si tratta di una gara tra punti di vista diversi, né di un voto di maggioranza e nemmeno di un modo per trovare un consenso "uniforme". Nei concili l'azione dello Spirito Santo si manifesta in modo mirabile e incomprensibile. Al primo Concilio apostolico, descritto nel libro degli Atti, gli apostoli presero una decisione con la frase: "È piaciuto allo Spirito Santo e a noi" (At 15:28). E questa era esattamente una descrizione di ciò che stava realmente accadendo al Concilio, non solo una bella metafora. Di conseguenza, l'invasione del modo conciliare di governare la Chiesa è un'invasione dell'azione dello Spirito Santo in questo mondo.

Vescovo Viktor di Barishevka

"Secondo la tradizione ortodossa esistente, né la cattolicità può essere compresa senza approfondire il concetto di primato né può esistere il primato senza cattolicità a tutti i livelli, a cui sono praticamente interconnessi, perché cattolicità e primato si completano e dipendono l'una dall'altra".

Gli storici della Chiesa affermano che i concili come forma di governo della Chiesa iniziarono la loro vigorosa attività nella seconda metà del II secolo. Da un punto di vista puramente pratico, era necessario che qualcuno convocasse un concilio, ne organizzasse il corso, presiede le sue riunioni, e poi controllasse l'attuazione delle decisioni del concilio. Nasce così storicamente la nozione di primato nella Chiesa. Conciliarità e primato non solo si completano e dipendono l'una dall'altra, ma si stipulano anche a vicenda. Come scrive lo storico ecclesiastico A. Lebedev: "Se si chiudessero i concili, non si rivelerebbe più il potere metropolitano (il primato, ndc); se si eliminasse l'istituzione metropolitana, non ci sarebbero concili".

Sulla base della precedente comprensione di primato e cattolicità, il patriarca Bartolomeo non avrebbe dovuto risolvere la questione ucraina da solo o con l'aiuto di vescovi obbedienti al Fanar, ma avrebbe dovuto convocare un vero e proprio concilio con la partecipazione di tutti gli interessati in un modo o nell'altro. Tuttavia, il patriarca Bartolomeo ha agito diversamente, avendo così stravolto il concetto di primato a cui la Chiesa ha aderito nel corso della sua storia.

Patriarca Porfirije di Serbia

Nel discorso di benvenuto ai partecipanti alla conferenza, il primate della Chiesa serba ha confermato ancora una volta di riconoscere in Ucraina la giurisdizione esclusiva della Chiesa ortodossa ucraina canonica sotto sua Beatitudine Onufrij: "La Chiesa di san Sava ha sempre riconosciuto una sola Chiesa canonica in Ucraina – la Chiesa ortodossa ucraina sotto l'omoforio di sua Beatitudine il metropolita Onufrij. Condividendo la nostra comunione da un unico calice, preghiamo per la fine dei disordini nella terra ucraina".

Eppure, il nucleo del messaggio del patriarca è lo stesso di quello degli altri vescovi – la Chiesa sta vivendo una crisi di cattolicità: "Il Signore ha giudicato che dovessimo vivere vivere in un'epoca in cui l'amore dei più si raffredderà a causa dell'aumento della malvagità (Mt 24:12) e di un impoverito senso di cattolicità nel mondo ortodosso. La conseguenza di questa crisi sono state le difficoltà che hanno colpito la Chiesa ortodossa ucraina canonica. Le prove che colpiscono il popolo ortodosso dell'Ucraina non sono facili. Secondo la legge della vita ecclesiale, l'unità e la cattolicità, siamo solidali con i nostri fratelli. Quando nel recente passato le chiese serbe sono state trasformate in rovine e migliaia di serbi sono diventati rifugiati, la Chiesa ortodossa ucraina era con noi spiritualmente e abbiamo sempre sentito il sostegno di preghiera di Kiev".

Vescovo Antonije di Moravici, vicario di sua Santità il patriarca Porfirije di Serbia

"Il patriarca Bartolomeo non si è consultato con nessuna delle Chiese ortodosse locali. Ciò offende altri primati delle Chiese locali, che credono che Bartolomeo sia il primo tra uguali in onore, ma non un primo come il papa. Non ha tale autorità. I Concili ecumenici e i Padri della Chiesa affermano che il patriarca di Costantinopoli non può essere colui che prende da solo decisioni come concedere l'autocefalia a una delle strutture delle Chiese locali".

Questa posizione è stata riaffermata nelle relazioni del Vescovo Viktor di Barishevka e di molti altri partecipanti alla conferenza. Se ricordiamo gli eventi che hanno preceduto il riconoscimento da parte del Fanar degli scismatici ucraini e l'istituzione della "Chiesa ortodossa dell'Ucraina", vedremo che prima di prendere le sue decisioni anticanoniche, la delegazione del Patriarcato di Costantinopoli ha visitato alcune Chiese locali. Allo stesso tempo, i vescovi del Fanar hanno sottolineato che non si sono consultati con le Chiese locali né hanno indagato sulla loro posizione, ma hanno semplicemente notificato loro le decisioni effettivamente prese.

Il vescovo Antonije ha anche affermato che la Chiesa serba potrebbe recidere la comunione eucaristica con il Fanar se quest'ultimo riconoscesse gli scismatici in Montenegro o nella Macedonia settentrionale.

Metropolita Sawa di Varsavia e di tutta la Polonia

Nel suo discorso di benvenuto agli organizzatori e ai partecipanti alla Conferenza Internazionale, letto dall'arcivescovo Jerzy di Wroclaw e Szczecin, il primate della Chiesa polacca ha detto:

"Il fatto dell'emergere della cosiddetta 'Chiesa ortodossa dell'Ucraina', invece di sanare i sentimenti religiosi in Ucraina, li ha aggravati e complicati. Invece dell'unità della società, si è verificata una divisione che è andata oltre il quadro del cosiddetto "scisma ucraino" e ha colpito l'intera Ortodossia mondiale. Pertanto, dobbiamo ricordare costantemente che la caratteristica principale della cattolicità della santa Chiesa ortodossa è la sua unità, che vive di fedeltà all'insegnamento dogmatico della santa Chiesa; non c'è spazio in essa per un compromesso ecclesiologico".

Due punti di queste parole saltano all'occhio. Innanzitutto, è una dichiarazione del fatto che la "questione ucraina" è andata oltre l'Ucraina e ha colpito l'intero mondo ortodosso. La soluzione ora richiede la partecipazione di tutte le Chiese locali. E in secondo luogo, il primate della Chiesa polacca afferma che non può esserci alcun compromesso sul dogma della Chiesa, il che suggerisce che le pretese di supremazia del patriarca Bartolomeo nella Chiesa saranno adeguatamente valutate comne una deviazione dal dogma della Chiesa, o in altre parole – un'eresia.

Conclusioni

Il formato di questo articolo non consente un'analisi completa e neppure uno spaccato di una parte significativa dei discorsi dei partecipanti alla conferenza, ma le precedenti affermazioni sono sufficienti per trarre le seguenti conclusioni:

In primo luogo, il fatto stesso che la conferenza "Cattolicità della Chiesa: dimensioni teologiche, canoniche e storiche" sia stata tenuta testimonia che la Chiesa diagnostica l'eresia del "papismo di Costantinopoli" come una minaccia significativa per l'Ortodossia.

In secondo luogo, la partecipazione alla conferenza dei rappresentanti di altre Chiese locali mostra che questo problema è percepito come un problema dell'intera Chiesa, piuttosto che come un semplice conflitto tra i patriarcati di Costantinopoli e Mosca.

Terzo, la lotta contro l'eresia del "papismo di Costantinopoli" si svolge a diversi livelli:

  • teologico. come comprensione della dottrina ortodossa originale della Chiesa e di come la Chiesa è governata nella sua esistenza terrena;

  • convenzionalmente politico, come contrapposizione delle Chiese locali alla politica aggressiva del patriarca Bartolomeo.

In quarto luogo, la Chiesa non solo rifiuta il "papismo di Costantinopoli", ma lo contrappone al principio di cattolicità. Le Chiese locali, in cooperazione tra loro sui principi dell'amore cristiano e del rispetto reciproco, cercano meccanismi concreti di attuazione del principio di cattolicità nelle condizioni storiche odierne.

Il modo in cui gli eventi si svilupperanno ulteriormente sarà noto abbastanza presto, ma possiamo supporre quanto segue finora:

  • Il Fanar continuerà a perseverare nell'avanzare la teoria del "primo senza eguali".

  • Un numero crescente di Chiese locali, così come i vescovi di quelle Chiese che ancora riconoscono la supremazia del Fanar, si renderanno conto della necessità di denunciare il "papismo di Costantinopoli" come un'eresia. Ciò accadrà, in parte, perché la comprensione teologica di questo problema alle conferenze di Kiev e Mosca è così profonda e completa che semplicemente non c'è nulla che vi si opponga.

  • Si prevede che si terranno diverse altre conferenze simili, possibilmente in altri paesi.

  • Il Concilio dei vescovi della Chiesa ortodossa russa, che si terrà nel 2022, darà una valutazione chiara e fondata della "eresia del papismo di Costantinopoli". Questa valutazione servirà da guida per gli sforzi congiunti delle Chiese locali per combattere la nuova eresia ecclesiologica.

  • Nel prossimo futuro dovrebbe tenersi un altro incontro dei capi e dei rappresentanti delle Chiese locali nel cosiddetto formato di Amman. Questo incontro promette di essere molto più produttivo del precedente.

Certo, prima o poi l'eresia del "papismo di Costantinopoli" svanirà come qualsiasi eresia, mentre il vero insegnamento ortodosso durerà per sempre. L'intera storia della Chiesa di Cristo è un buon esempio in questo senso.

 
Costruzione di una cappella russa in Norvegia

da Pravoslavie.ru: Oslo, 22 luglio 2014

Il 16 luglio 2014 i lavori per la costruzione di una cappella ortodossa in onore del santo re Olaf di Norvegia (c. 995-1030, festa: 29 luglio / 11 agosto) a Stiklestad (100 km da Trondheim) hanno avuto inizio con la posa di la fondazione, come riporta il sito web del Dipartimento delle relazioni estere. La cappella è stata costruita sul luogo del martirio, nel 1030, del "re eterno" e santo patrono della Norvegia.

La prima pietra e un appezzamento di terreno nel territorio del Centro Culturale Nazionale di Stiklestad sono stati benedetti dall'arcivescovo Mark di Egor'evsk, capo dell'amministrazione per le istituzioni estere del Patriarcato di Mosca, il 28 luglio 2013 - in occasione della festa del Battesimo della Rus' e il giorno della vigilia della festa del santo re Olaf il sofferente della Passione. Nel 2003 la chiesa principale era consacrata a Folldal dall'allora vescovo Ilarion (Alfeyev) - ora metropolita di Volokolamsk e capo del Dipartimento delle relazioni ecclesiastiche esterne del Patriarcato di Mosca.

I lavori per la costruzione della cappella saranno completati entro la fine di agosto di quest'anno - l'anno giubilare in cui si celebra il 1000° anniversario del battesimo del santo re Olaf a Rouen (Francia). In relazione a questa data memoriale, una Divina Liturgia e un servizio di intercessione (Moleben) saranno celebrati il 16 ottobre presso la cappella ortodossa di Stiklestad da parte di un'assemblea del clero ortodosso.

 
Alla ricerca del successore: la visita del patriarca Bartolomeo negli USA e il suo esito

resta aperta la questione del successore del patriarca Bartolomeo. Foto: Unione dei giornalisti ortodossi

Il Fanar sta già discutendo le candidature episcopali per sostituire il patriarca Bartolomeo, che potrebbe essere andato negli USA per risolvere la questione.

Il fatto che il patriarca Bartolomeo sia malato è noto da tempo. Tuttavia, solo di recente dal Fanar, così come sulla stampa in lingua greca, sono circolate voci insistenti secondo cui il patriarca Bartolomeo havrebbe in programma di dimettersi nel prossimo futuro.

L'impulso per queste voci è stato l'improvviso ricovero in ospedale del capo del Fanar durante la sua ultima visita negli Stati Uniti. Non avendo tempo per volare in America, il 23 ottobre il patriarca di Costantinopoli si è recato all'ospedale di Washington. Come motivo ufficiale del ricovero è stata addotta la stanchezza dopo un lungo volo, ma quanto spesso i passeggeri di un aereo vanno in ospedale dopo un volo? Tuttavia, il 25 ottobre, il patriarca Bartolomeo ha lasciato l'ospedale e ha tenuto una serie di incontri con alti funzionari statunitensi, tra cui il presidente Joe Biden e il segretario del Dipartimento di Stato Antony Blinken. Tuttavia, il 3 novembre, è stato ricoverato in ospedale. Questa volta con un motivo più specifico: un intervento chirurgico al cuore. Il patriarca è stato sottoposto a stenting e presto è tornato a Istanbul.

È interessante notare che in America il patriarca Bartolomeo ha affermato almeno due volte di "tenere sempre a mente una sua possibile dimissione". Dopo tutto quello che gli è successo, tali affermazioni non sono sorprendenti. Sono state proprio queste dichiarazioni, oltre a veri problemi di salute, a far tacere le voci di un imminente cambio sul trono della Chiesa di Costantinopoli.

Tuttavia, il 12 novembre, dopo essere tornato dagli Stati Uniti, il patriarca, secondo il sito ufficiale del Fanar, "ha smentito le voci sulle sue dimissioni per motivi di salute". Il capo dell'arcidiocesi d'America del Fanar ha agitato le acque, dicendo che Dio ha portato Bartolomeo negli Stati Uniti per farlo governare per altri 30 anni. Di solito, tali frasi "confortanti" vengono dette a coloro la cui salute o la cui vita sta per scadere perché tutti capiscono che Bartolomeo, che ha già 81 anni, difficilmente vivrà fino a vederne 111. Secondo l'arcivescovo Elpidophoros, "si è scoperto che il patriarca non stava bene, e lui, ovviamente, non lo sapeva. L'abbiamo saputo qui e abbiamo mobilitato tutte le nostre forze, non solo americane ma anche greche".

Analizzando le dichiarazioni dell'arcivescovo Elpidophoros, si ha l'impressione che cerchi di giustificarsi, di sottrarsi alla responsabilità dei due ricoveri del patriarca. Dopotutto, i greci che vivono negli Stati Uniti hanno accusato l'arcivescovo Elpidophoros del secondo ricovero. Diciamo, ha fatto per un patriarca di 81 anni un programma troppo intenso, che avrebbe potuto avere conseguenze terribili. Tuttavia, il capo del Fanar è tornato sano e salvo in Turchia, e ora la questione è discussa nell'ambiente di lingua greca: la visita negli Stati Uniti è stata solo pastorale o ha perseguito altri obiettivi?

Forse, il patriarca Bartolomeo, avendo problemi di salute, ha visitato gli Stati Uniti per vedere personalmente i risultati delle attività dell'arcivescovo Elpidophoros e prendere una decisione da solo.

Elpidophoros ed Emmanuel

Ci sono due riserve qui.

In primo luogo, nei circoli vicini al Fanar, si crede che il patriarca Bartolomeo sia pronto a rinunciare al potere. Ma poiché la situazione di un cambio di patriarca è (a dir poco) straordinaria nell'Ortodossia, allora si risolverà in modo non banale. Il patriarca Bartolomeo avrà diritto di scegliere il proprio successore, che sarà poi approvato solo con decisione sinodale. Ecco perché la scelta del patriarca Bartolomeo è di così grande importanza.

In secondo luogo, due persone sono nominate tra i principali candidati: il già citato arcivescovo Elpidophoros (Lambriniadis) d'America e il metropolita Emmanuel (Adamakis) di Calcedonia. Sia il primo che il secondo candidato hanno carte vincenti piuttosto serie, che in qualsiasi momento possono apparire dalla manica sia del patriarca stesso che di altri "giocatori".

Adamakis è uno dei preferiti di lunga data del capo del Fanar. È lui che è stato nominato dal Sinodo della Chiesa di Costantinopoli alla seconda sede più importante del patriarcato – Calcedonia, attribuendogli il titolo di "geronda metropolita". Adamakis è sostenuto dai vescovi del Patriarcato di Costantinopoli che vivono in Europa. È considerato una persona mite e docile, un vero diplomatico filo-europeo, ed è chiamato il "ministro degli esteri" del Fanar. Adamakis è un greco, nato a Creta (a differenza di Lambriniadis, di etnia curda), sacerdote dal 1985 e vescovo dal 1996. È in gran parte grazie ai suoi sforzi che è stato scritto il Tomos della "Chiesa ortodossa dell'Ucrana", e che è sata distrutte di fatto l'arcidiocesi dell'Europa occidentale del Patriarcato di Costantinopoli, contribuendo alla sua completa dipendenza dal Fanar. Però è cittadino turco solo dal 2015. Certo, ci sono stati casi nella storia in cui i candidati al trono patriarcale hanno ricevuto la cittadinanza turca poche ore dopo una chiamata da Washington, ma questa è un'altra storia.

Il fatto è che la Casa Bianca è dalla parte di Elpidophoros (Lambriniadis). Abbiamo già detto che questo vescovo ha un collegamento diretto con gli strati superiori del governo americano. Grazie ai suoi legami, Lambriniadis ha contribuito a organizzare gli incontri del presidente della Grecia e del patriarca Bartolomeo con il presidente degli Stati Uniti. Inoltre, da tempo circolano voci secondo cui il governo degli Stati Uniti sta usando Elpidophoros per negoziare con Erdoğan. Lo stesso arcivescovo degli USA non è contrario a incontrare ancora una volta il presidente della Turchia, né a partecipare a eventi importanti.

Così, più recentemente, Lambriniadis, insieme a Erdoğan e a Ersin Tatar, capo della Repubblica turca di Cipro del Nord (non riconosciuta da nessuno se non dalla Turchia), ha tagliato il nastro rosso all'inaugurazione della "Casa turca" a New York. Questa mossa ha causato una vera tempesta di indignazione sia da parte dei greci che da parte dei ciprioti, e ha portato alla cancellazione degli incontri del presidente della Grecia Kyriakos Mitsotakis e del presidente di Cipro Nikos Anastasiadis con l'arcivescovo Elpidophoros (tuttavia, in seguito gli incontri hanno avuto luogo). E anche i tentativi di Elpidophoros di spiegare la sua presenza a un evento congiunto con il leader turco e con il capo di uno pseudo-stato nella posizione "speciale" del Fanar, che lo hanno costretto a equilibrismi tra turchi e greci, non hanno salvato la situazione. I greci, sia negli Stati Uniti che in Grecia, ritengono che questo "status speciale" non possa essere utilizzato per coprire tali azioni, mai intraprese dal predecessore di Elpidophoros, l'arcivescovo Jakovos (che ha guidato l'arcidiocesi per quasi 37 anni – dal 14 febbraio 1959 al 29 luglio 1996).

Inoltre, in ambienti vicini all'Arcidiocesi greco-ortodossa d'America, si sostiene che la decisione di accettare l'invito di Erdoğan sia stata presa da Elpidophoros senza consultarsi con il patriarca Bartolomeo. Il motivo è semplice: l'arcivescovo americano ha bisogno del sostegno delle autorità turche, "quando e se sarà aperta la questione della successione del patriarca ecumenico". Tuttavia, rivendicando l'appoggio della Turchia e della Casa Bianca, l'arcivescovo d'America sta progressivamente perdendo influenza negli ambienti di lingua greca degli Stati Uniti, convinti che "nessun servizio debba essere fornito alla Turchia", e che considerano problematica la presenza di Elpidophoros come capo dell'arcidiocesi americana. Gli ricordano la sua scandalosa intronizzazione e l'invio in pensione di due metropoliti di Boston e del New Jersey (il metropolita di Boston, però, è tornato al suo posto in cambio di una tangente di 500.000 dollari – ma questa è un'altra storia).

Una scelta tra l'uno e l'altro?

La situazione è ulteriormente complicata dal fatto che tra il metropolita Emmanuel e l'arcivescovo Elpidophoros c'è, se non un'inimicizia personale, almeno un serio confronto di ambizioni. Per esempio, il 24 ottobre, quando il patriarca Bartolomeo era in ospedale, è arrivato negli Stati Uniti il metropolita Emmanuel per guidare il servizio divino nella cattedrale di Santa Sofia.

la "gioia" dell'arcivescovo Elpidophoros dal servizio divino congiunto con il metropolita Emmanuel è evidente. Foto: GOA / D. Panagos

Tutte le fotografie di questo servizio ritraggono l'arcivescovo Elpidophoros cupo e scontento. I presenti alle celebrazioni affermano che sebbene entrambi i vescovi abbiano dichiarato "unità" di fronte all'improvvisa malattia del patriarca Bartolomeo, in realtà l'arcivescovo Elpidophoros "teme" il metropolita Emmanuel. Coloro che lo hanno incontrato dopo il servizio al Mayflower Hotel di Washington, DC, hanno affermato che "sembrava un animale in gabbia".

Inoltre, persone vicine al patriarca Bartolomeo credono che il metropolita Emmanuel sia una persona "che risolve i problemi", e che l'arcivescovo Elpidophoros sia una persona "che li crea". Pertanto, la questione della preferenza per il patriarca Bartolomeo sarebbe risolta. Inoltre, durante la sua visita negli Stati Uniti, il capo del Fanar ha notato più volte che l'arcidiocesi americana è una delle diocesi più grandi e importanti della Chiesa di Costantinopoli chiamando l'arcivescovo Elpidophoros esarca.

Allo stesso tempo, il Fanar deve ammettere che in poco tempo Elpidophoros è quasi riuscito a risolvere tre problemi principali nell'arcidiocesi d'America: la costruzione della chiesa di san Nicola, la scuola teologica di Boston e il fondo pensione del clero.

Allo stesso tempo, menzionano casualmente e con riluttanza che Lambriniadis ha risolto anche un altro "problema" – la situazione finanziaria del patriarca Bartolomeo. Secondo solo stime approssimative, l'attivo della "Fondazione patriarca Bartolomeo", recentemente aperta dall'arcivescovo Elpidophoros, ammonta attualmente a circa 30 milioni di dollari, che non solo garantiranno una comoda esistenza all'attuale capo del Fanar, ma gli consentiranno anche di "impegnarsi nella carità" per passare alla storia.

Forse è per questo che durante il suo viaggio in America, il patriarca Bartolomeo ha parlato più volte in modo piuttosto lusinghiero dei "doni amministrativi e spirituali" di Elpidophoros, sottolineando che "ha imparato molto da me".

Allo stesso tempo, il patriarca Bartolomeo si è costantemente concentrato sul fatto che ha bisogno della "stabilità" del Patriarcato di Costantinopoli negli Stati Uniti. Dopotutto, i sentimenti autocefalisti e il desiderio di una parte influente e attiva della diaspora greca di ottenere l'indipendenza dal "Patriarcato di Istanbul" non sono scomparsi. I greci americani spesso, e ultimamente troppo spesso, fanno la stessa domanda: perché dovremmo pagare ingenti somme al tesoro del Fanar? Per esempio, solo gli arconti del Patriarcato di Costantinopoli pagano al Fanar circa 3 milioni di dollari l'anno, e l'arcidiocesi del Fanar negli USA paga 1,5 milioni di dollari l'anno. E questo solo se parliamo degli importi ufficiali. In questa situazione, rimuovere Elpidophoros dall'arcidiocesi d'America significa, con un'alta probabilità, perderla. La soluzione? Trasferire il trono patriarcale negli Stati Uniti o eleggere un altro candidato.

Molti problemi, nessuna soluzione?

Il patriarca Bartolomeo, quando sceglierà un successore, dovrà tenere presente non solo l'America; il suo problema più grande ora è altrove. Il problema più grande è la Chiesa ortodossa russa e il riconoscimento della "Chiesa ortodossa dell'Ucraina" da parte di altre Chiese locali. Il secondo problema è la Chiesa di Creta, in cui non è stata ancora risolta la questione della successione del primate. E il terzo problema è la Chiesa di Grecia, che con tutte le sue azioni mostra di avere un grande desiderio di ottenere finalmente l'indipendenza completa, ancora non dichiarata dal Fanar. Sono queste le sfide che dovrà affrontare il nuovo patriarca di Costantinopoli. L'arcivescovo Elpidophoros è adatto ad affrontarli? Ben difficilmente. Sì, questa persona ha una reputazione di buon comunicatore, ma come accennato in precedenza, è più capace di creare problemi che di risolverli.

Pertanto, il metropolita Emmanuel di Calcedonia è visto come un candidato più adatto per la carica di futuro capo del Fanar a meno che, ovviamente, non intervengano circostanze impreviste. Per esempio, un altro candidato uscito dall'ombra, il metropolita Dimitrios (Kommatas) delle Isole dei Principi, è sostenuto dalla maggioranza dei vescovi che vivono in Turchia.

Pertanto, il patriarca Bartolomeo (se decide davvero di ritirarsi) deve affrontare un compito molto difficile: decidere il suo successore. Ha tenuto il trono patriarcale per molto tempo e lo lascerà con un gran numero di problemi, molto più di quelli lasciati da altri patriarchi. Uno scisma nella Chiesa, la comunione con scismatici non ordinati, il malcontento nella diaspora, la mancanza di comprensione reciproca nel mondo ecclesiale di lingua greca, la caduta dell'autorità del Patriarcato di Costantinopoli nel suo insieme: è un elenco molto "impressionante" quello che il patriarca Bartolomeo lascerà al suo successore. E se sarà un politico vestito con la tonaca da vescovo (l'arcivescovo Elpidophoros) o un vescovo che si sforza di diventare un politico (il metropolita Emmanuel), poco importa a noi, che crediamo nella Chiesa di Cristo. Chi prenderà il trono patriarcale a Istanbul cercherà di preservare le "tradizioni" del Patriarcato di Costantinopoli, che, purtroppo, recentemente si sono ridotte a lacerare la veste di Cristo piuttosto che a ricostruirla.

 
Patriarca Kirill: la Russia non costituisce alcuna minaccia militare

da Pravmir, 21 luglio 2014

 Sergiev Posad, 21 luglio, Interfax – Il patriarca Kirill di Mosca e di tutta la Rus' ha esortato la comunità globale a non percepire la Russia come un aggressore.

"Che Dio conceda a coloro che non capiscono la Russia di capirla oggi. Che Dio conceda a tutti di realizzare che la Russia non rappresenta una minaccia militare né alcun altro pericolo per la gente. Troveremo la salvezza nell'unità e nell'amore – noi rivolgiamo questo appello di san Sergio a tutto il mondo russo e non solo, all'intero genere umano. E che Dio conceda alla nostra patria di rimanere grado di attuare quest'eredità del grande santo della terra russa", ha detto il patriarca Kirill a Sergiev Posad in occasione di un concerto, dedicato al 700° anniversario della nascita di san Sergio di Radonezh.

La Rus' storica "è la cosa più importante che dobbiamo conservare e consegnare alle prossime generazioni", ha detto il patriarca.

"E dovremmo essere di una sola mente in tutto questo e custodire la nostra unità – l'unità spirituale e l'unità umana. L'amore si trova là dove finisce la dissidenza ", ha detto.

"Con la misericordia di Dio supereremo tutte le liti intestine e tutti i disagi nello spazio della Rus' storica", ha detto il patriarca Kirill.

Il patriarca ha ringraziato il presidente russo Vladimir Putin, che ha partecipato al concerto, per aver riflesso "il consenso che esiste nella nostra società di oggi."

"È essenziale che un leader di stato sia in grado di formare i pensieri e le idee che uniscono il popolo", ha detto il patriarca Kirill.

 
In che modo il vegetarianismo differisce dal digiuno ortodosso

Mentre ci imbarchiamo in un altro dei periodi di digiuno della Chiesa, è interessante leggere questo trattato del santo patriarca Tikhon di Mosca, scritto all'inizio del XX secolo, quando erano appena iniziati movimenti come il vegetarianismo. La sua analisi è ancora oggi utile e rilevante, perché gli atteggiamenti nei confronti del digiuno e del vegetarianismo sono rimasti sostanzialmente invariati.

Parte 1

foto: medaboutme.ru

* * *

Il digiuno cristiano è stato spesso e in molti modi oggetto di attacchi e critiche da parte di persone "carnali". Questi attacchi diventano tanto più feroci in tempi in cui le persone camminano secondo la carne e si preoccupano di compiacerla. In tali tempi di regno della carne e di decadenza dello spirito, le voci in difesa del digiuno sono rare e timide. Tanto più piacevole sentire una voce che sostiene il digiuno, proveniente ai nostri giorni dal mondo secolare, che spesso non canta affatto all'unisono con il mondo spirituale della Chiesa. Si tratta del movimento vegetariano, di cui non potremmo che rallegrarci, se solo i vegetariani stessi non lasciassero una strada aperta a una serie di errori.

Per vegetarianismo si intende il movimento nella società moderna che consente solo cibi a base vegetale, e niente carne o pesce [1] (da qui deriva il nome vegetarianismo, dal latino vegetare, o crescere). I vegetariani difendono il loro insegnamento con i seguenti motivi:

  1. Dall'anatomia: L'uomo appartiene alla categoria degli erbivori, e non degli onnivori o dei carnivori;

  2. Dalla chimica organica: Gli alimenti di origine vegetale contengono tutto il nutrimento necessario e possono sostenere la forza e la salute dell'uomo nella stessa misura degli alimenti misti, cioè animali e vegetali;

  3. Dalla fisiologia: gli alimenti a base vegetale vengono assorbiti più facilmente delle carni;

  4. Dalla medicina: Le carni provocano infiammazioni nell'organismo dell'uomo e ne accorciano la vita, mentre il cibo vegetariano al contrario lo salva e lo prolunga.

  5. Dall'economia: gli alimenti a base vegetale sono meno costosi delle carni;

  6. Infine c'è l'aspetto morale: uccidere animali è contro la sensibilità morale dell'uomo, mentre il vegetarianismo porta pace nel mondo e nella vita dell'uomo, e nel suo rapporto con gli animali. [2]

Alcune di queste ragioni furono espresse nella profonda antichità, nel mondo pagano (da Pitagora, Platone, Sakya Muni [Buddha]); nel mondo cristiano si sono ripetute spesso, ma allo stesso modo, quelli che le esprimevano erano persone specifiche che non componevano l'intera società. Solo durante la metà del XIX secolo in Inghilterra, e successivamente anche in altri paesi, apparvero intere società di vegetariani. Da allora, i movimenti vegetariani non hanno fatto altro che crescere, puoi incontrare i loro seguaci che diffondono sempre più spesso e con zelo le loro opinioni e si sforzano di realizzarle. In Europa occidentale ci sono molti ristoranti vegetariani (ce ne sono ben trenta solo a Londra), in cui il cibo è preparato esclusivamente con piante. Sono stati pubblicati libri di cucina sulla cucina vegetariana in cui sono delineati regimi alimentari, con istruzioni su come preparare oltre 800 piatti. In Russia abbiamo anche seguaci del vegetarianismo, tra cui il famoso autore, il conte Lev Tolstoj.

Il vegetarianismo ha un futuro potenzialmente grande, [3] perché, dicono, l'umanità alla fine ci arriverà, che lo voglia o no. C'è già una notevole carenza di bestiame in alcuni paesi europei, e in Asia questo è quasi del tutto sparito, specialmente nei paesi più densamente popolati come Cina e Giappone. Quindi, in futuro, ne seguirebbe, non ci saranno più bovini, e quindi niente carne. Se è così, allora il vegetarianismo fornisce attraverso i suoi seguaci il servizio di ideare metodi di preparazione dei cibi e uno stile di vita che tutte le persone prima o poi dovranno adottare. Ma oltre a questo problematico servizio, al vegetarianismo spetta l'indubbio merito di rivolgere alla nostra epoca gaudente e viziata un insistente richiamo alla temperanza.

"Dai un'occhiata", dice Tolstoj, "alla nostra vita, a ciò che motiva la maggior parte delle persone nel nostro mondo. Chiediti, qual è l'interesse principale della maggioranza? E per strano che possa sembrare a noi, abituati a nascondere i nostri veri interessi e a presentarne di falsi e artificiosi, l'interesse principale della maggior parte delle persone dei nostri tempi è quello di compiacere il gusto, il piacere del cibo. A partire dai poveri e fino alle classi più ricche della società, la gola è, credo, lo scopo principale, il piacere principale della nostra vita. Il lavoratore povero è l'eccezione solo nella misura in cui la povertà gli impedisce di indulgere in questa passione. Non appena avrà abbastanza tempo e mezzi, emulerà le classi superiori e si procurerà i cibi più gustosi e più dolci... E guarda la vita delle persone istruite, ascolta le loro conversazioni. Sono come completamente occupati da materie così elevate: filosofia, scienza, arte e poesia, come pure la distribuzione della ricchezza, il benessere delle persone, l'educazione dei giovani. Ma per un'enorme maggioranza questa è tutta una bugia, tutto ciò che fanno tra le loro occupazioni, tra il vero lavoro, è pranzare e cenare, fino a quando lo stomaco è pieno e non possono più mangiare. L'interesse vivo, il vero interesse della maggioranza è il cibo. Come mangiare, cosa mangiare, quando e dove. Non una sola festa, non una sola gioia, non una sola apertura, qualunque essa sia, può avvenire senza cibo. La gente finge che la cena, che il cibo sia una questione di indifferenza per loro; ma questa è una bugia. Prova solo a sostituire i piatti raffinati da loro attesi con, non dirò pane e acqua, ma pappe di cereali e pasta, e vedrai che tempesta susciterai. E diventa chiaro che nel riunirsi, l'interesse principale di queste persone non è affatto quello che stanno cercando di presentare, ma in realtà è il cibo". [4]

Naturalmente, questa descrizione della società moderna è in qualche modo un'esagerazione, ma contiene una quantità significativa di verità. Pertanto, l'insistente richiamo dei vegetariani alla temperanza, alla limitazione dei propri desideri è molto appropriato; e se dovessero limitarsi a questa chiamata, allora non potremmo che rallegrarci della riuscita crescita del movimento vegetariano. Ma molto spesso il successo fa girare la testa e gonfia un uomo. La stessa cosa è successa con i seguaci del vegetarianismo: gli attribuiscono ciò che non ha e non può avere. I vegetariani pensano che se le persone non mangiassero carne, il mondo avrebbe conquistato la felicità totale molto tempo fa. Anche Platone, che ci ha dato un esempio di come ragionare con intelligenza sulle idee e su altre simili materie nobili, ma allo stesso tempo, prende decisioni tutt'altro che ragionevoli negli ambiti della vita governativa e sociale, nel suo dialogo, "La repubblica", fa consistere la radice dell'ingiustizia, la fonte delle guerre e di altri mali nel fatto che le persone non vogliono accontentarsi di uno stile di vita semplice e di cibi crudi e vegetali, ma mangiano invece carne. [5] E negli scritti di un altro sostenitore del vegetarianismo, questa volta cristiano, l'anabattista Thomas Tryon (†1703), troviamo parole su questo tema, citate nel suo libro L'etica del cibo con particolare "piacere". "Se le persone dovessero cessare la loro lotta", dice Tryon, "cessare l'oppressione e ciò che li rende capaci e li dispone verso l'uccisione di animali e l'uso del loro sangue e carne come cibo, allora in breve tempo i loro assassini reciproci, la discordia diabolica e la crudeltà si indebolirebbero, e forse addirittura scomparirebbero del tutto... Allora ogni inimicizia cesserebbe, non si udrebbero più i pietosi gemiti delle persone, o degli animali. Allora non ci sarebbero i fiumi di sangue che sgorgano dagli animali macellati, né il fetore dei mercati della carne, né i macellai macchiati di sangue, né il tuono dei cannoni, né l'incendio delle città. Scomparirebbero le carceri maleodoranti, i cancelli di ferro dietro i quali gli uomini languono lontani dalle loro mogli, figli, per lasciar entrare l'aria fresca, e le grida di coloro che mendicavano cibo o vestiti sarebbero state messe a tacere. Non ci sarebbero problemi, né astute invenzioni per distruggere in un giorno ciò che migliaia di persone hanno creato con grande fatica, nessuna terribile maledizione, nessun discorso rude. Non ci sarebbe né l'inutile tormento degli animali con fatiche oltre le loro forze, né la corruzione delle fanciulle. Non ci sarebbe l'affitto di terreni e fattorie a prezzi tali da costringere il locatario a esaurire se stesso, i suoi servi e i suoi animali quasi alla morte e a rimanere comunque con un debito non pagato. Non ci sarebbe l'oppressione del superiore dell'inferiore; non ce ne sarebbe bisogno per l'assenza di lusso e gola. I gemiti dei feriti cesserebbero; non ci sarebbe bisogno per i medici di rimuovere i proiettili dai corpi, di amputare braccia e gambe mutilate o rotte. Cesserebbero le urla e i gemiti della podagra o di altre malattie (come la lebbra o la tubercolosi), oltre alle infermità della vecchiaia. E i bambini cesserebbero di essere vittime di innumerevoli sofferenze e sarebbero sani come gli agnelli, i vitelli o i piccoli di tutti gli altri animali, e non conoscerebbero la malattia". [6]

Guardate che immagine allettante dipingono i vegetariani e come tutto questo può essere facilmente raggiunto: dobbiamo solo smettere di mangiare carne e sulla terra ci sarà un vero paradiso, una vita serena e senza dolori.

Tuttavia, possiamo ammettere seri dubbi sulla fattibilità di tutti i sogni color arcobaleno dei vegetariani. Sebbene affermino che "il loro sistema colpisce alla radice stessa del male e promette benefici che non sono utopici", [7] tuttavia solo perché si smette di mangiare carne, la terra non diventerà il paradiso, il Regno di Dio, poiché il regno di Dio, secondo le sagge parole dell'apostolo Paolo, non è carne e bevanda; ma giustizia, pace e gioia nello Spirito Santo (Rm 14:17). L'insegnamento cristiano è sempre stato estraneo allo spirito del sogno ad occhi aperti. Differisce dalle varie teorie utopiche in quanto discerne chiaramente la differenza tra l'ideale e la realtà, e mentre dirige i desideri umani verso la meta finale nell'ideale, allo stesso tempo non perde mai di vista la realtà. E con questa realtà è impossibile avere il compimento totale della felicità ideale. Desiderio, guai e lotte avveleneranno sempre la vita terrena dell'uomo; saranno sempre nostri compagni di viaggio nello stato attuale, perché le ragioni di queste infelici manifestazioni non sono esterne, non accidentali e transitorie, ma profonde e interiori, consistenti nello stato peccaminoso della stessa natura umana, che è corrotta dal peccato. Finché tale stato permane nella natura umana, finché le condizioni anormali della nostra vita non cambiano alla radice, finché non viene ripristinato il nostro giusto rapporto con Dio, con la nostra stessa vocazione e con il mondo esterno; cioè, finché la vita presente non si trasforma nella vita nuova, eterna, finché non si rivelano agli uomini i cieli nuovi e la terra nuova, in cui abita la verità (cfr 2 Pt 3:13), ci saranno sempre bisogni, povertà, dolori e malattie. E poiché le radici di tutti questi problemi sono molto più profonde di quanto immaginano i vegetariani e altri sognatori come loro, allora nemmeno i mezzi che presentano possono curare il male da soli: sono troppo piccoli, superficiali e insignificanti per questo.

* * *

Parte 2

foto: season-travel.com

È vero che l'astinenza in generale, e particolarmente quella dalla carne, aiuta a tenere a freno le nostre passioni e concupiscenze carnali, dona al nostro spirito grande leggerezza e aiuta a liberarlo dal regno della carne, sottomettendolo e al governo dello spirito. Tuttavia, sarebbe un errore considerare l'astinenza corporea come il fondamento della moralità, toglierne tutte le elevate qualità morali e pensare insieme ai vegetariani che "i cibi a base vegetale apportano di per sé molte virtù". [8] Contrariamente ai sogni dei vegetariani, un asceta della pietà (San Giovanni Cassiano), che naturalmente non possiamo in alcun modo sospettare di disprezzare il digiuno, e per il quale si rallegravano anche gli angeli quando vedevano ciò che mangiava, come riporta san Giovanni Crisostomo, diceva che "noi non riponiamo la nostra speranza solo nel digiuno (corporeo). Non è né un bene né una necessità in sé e per sé. Si osserva con beneficio per l'acquisizione della purezza del cuore e del corpo, in modo che, smorzando il pungiglione della carne, l'uomo acquisisca la pace dello spirito. Ma il digiuno a volte diventa anche pericoloso per l'anima se viene osservato fuori del suo tempo. Dobbiamo sforzarci affinché le virtù che costituiscono la vera bontà siano acquisite attraverso il digiuno, e non mettere le virtù al lavoro solo per il digiuno. Così, il beneficio dell'umiliazione della carne unita all'astinenza risanatrice dal cibo viene con la nostra acquisizione attraverso di essa dell'amore, in cui consiste la bontà immutabile e costante". [9]

Ciò significa che il digiuno corporeo serve solo come mezzo e aiuto per acquisire le virtù della purezza e della castità, e deve essere unito al digiuno spirituale, all'astinenza dalle passioni e dai vizi, e all'allontanamento dai cattivi pensieri e dalle cattive azioni. Ma senza queste cose, il digiuno non è sufficiente per la salvezza. Non faremo un elenco di scritti patristici su questo puntpo, perché è difficile "contenere l'incontenibile" – tutti i padri e gli asceti concordano nei loro insegnamenti che il vero digiuno avviene quando una persona si astiene dal male. Citeremo invece solo una storia caratteristica di san Macario il Grande. Lo stesso tentatore una volta gli disse: "Non posso conquistarti, Macario. Tutto quello che fai, lo faccio anche io. Tu digiuni e io non mangio affatto. Tu vegli e io non dormo affatto. C'è solo una cosa che hai che mi vince". "Cos'è?" chiese Macario. "L'umiltà", rispose il diavolo. "Ecco perché non posso vincerti". [10] Da questo possiamo vedere che non dobbiamo riporre tutte le nostre speranze nel digiuno corporeo.

Mentre non consideravano il solo digiuno corporeo sufficiente per la salvezza, gli asceti della pietà non consideravano nemmeno che il proprio digiuno dovesse essere obbligatorio per tutti e per sempre (come spesso fanno i vegetariani); poiché, come diceva San Nilo di Sora, "È impossibile sottoporre tutti gli organismi umani a una stessa regola: corpi diversi hanno forze diverse, come l'ottone e il ferro rispetto alla cera". [11] Pur predicando solo la temperanza costante nel cibo e nelle bevande e astenendosi essi stessi dalla carne, non proibivano ad altri di mangiare carne di tanto in tanto. "Dobbiamo prendere parte di tutto alla gloria di Dio", dicevano, "non tralasciando nulla del tutto, come fanno gli eretici, che rifiutano irragionevolmente ciò che Dio ha creato come molto buono. Dovremmo prendere tutti gli alimenti che abbiamo, anche quelli ricchi, in piccola misura. Questo è il ragionamento dei saggi: fare in modo di non scegliere certi cibi e rifiutarne altri, per rendere grazie a Dio e impedire alla nostra anima di cadere presunzione. Così eviteremo l'orgoglio e non disdegneremo ciò che Dio ha creato come buono". [12] Quelle persone che si bloccano sulla sostanza materiale del cibo e delle bevande, lasciando in disparte la "ragione", i padri le definivano 'prive di discernimento'. "Queste persone senza discernimento sono zelanti per il digiuno e le fatiche dei santi con ragionamenti e intenzioni sbagliate, e pensano di superare la prova della virtù. Intanto il diavolo, che li guarda come una preda, getta in loro il seme di una esaltata opinione di se stessi, da cui nasce e si sviluppa il fariseo interiore, e li consegna al completo orgoglio. Perché nulla suscita così facilmente orgoglio come una coscienza e una mente che conosce i propri molti meriti e vive sperando in essi". [13] Anche il presbitero Isidoro si rivolge a queste persone così: "Se stai lavorando all'ascesi, allora non essere orgoglioso; se diventi vanaglorioso, allora è meglio mangiare carne, perché non è così dannoso mangiare carne quanto essere orgogliosi e disprezzare gli altri”. E i padri del Sinodo di Gangra pronunciarono addirittura anatema contro coloro "che giudicano una persona che, con riverenza e fede, mangia carne (eccetto il sangue e le parti offerte agli idoli)".

Questa è la visione veramente saggia della santa Chiesa riguardo al consumo di carne. Nei suoi statuti ha sempre in mente non una sorta di persona astratta, senza passioni e disincarnata, come hanno in mente vari sognatori come alcuni vegetariani, ma un essere umano vivente e incarnato, una persona con tutti i suoi bisogni, requisiti e debolezze; e a lui la Chiesa, sull'esempio del suo divino Fondatore, si rapporta con grande condiscendenza e misericordia. Ci sono stati esempi in cui grandi asceti e santi uomini – i migliori interpreti dei punti di vista ecclesiastici, che "conoscevano la debolezza umana" – non solo non criticavano coloro che mangiavano "cibi inappropriati" durante il digiuno, ma ne mangiavano anche di loro stessi "un po'."

Così, si racconta di san Tikhon di Zadonsk che quando viveva in pensione al monastero di Zadonsk, una volta al venerdì della sesta settimana della Grande Quaresima fece visita allo schemamonaco del monastero, padre Mitrofan. Quest'ultimo aveva un ospite, un certo Kosma Studenikin, cittadino di Elets, che il santo amava per la sua vita pia. Accadde che quel giorno un pescatore che conoscevano aveva portato a padre Mitrofan una carpa viva per la Domenica delle Palme. Poiché l'ospite non contava di rimanere nel monastero fino alla Domenica delle Palme, lo schemamonaco fece cuocere la carpa quel giorno sotto forma di zuppa e fette di pesce. San Tikhon trovò padre Mitrofan e il suo ospite intenti a questo pasto. Spaventato da una visita così inaspettata e considerandosi colpevole di aver violato il digiuno, lo schemamonaco cadde ai piedi di san Tikhon e gli chiese perdono. Ma conoscendo la vita severa di entrambi i suoi amici, disse loro: "Sedetevi, io vi conosco; l'amore è più grande del digiuno". Allora egli stesso si sedette a tavola, mangiò un paio di cucchiai di zuppa di pesce e ne offrì gli altri. Tale condiscendenza e gentilezza stupirono i suoi amici. Dopotutto, essi sapevano che il santo ierarca Tikhon di Zadonsk non consumava nemmeno l'olio il lunedì, il mercoledì e il venerdì, figuriamoci il pesce. [14]

E c'è un'altra storia di un asceta della pietà che anche durante la sua vita fu glorificato dal dono dei miracoli: san Spiridione di Trimitunte, che racconta come una certa persona venne da lui dai suoi viaggi all'inizio della Grande Quaresima, quando il santo e quelli della sua famiglia seguivano per consuetudine un digiuno molto severo, prendendo cibo solo in determinati giorni, rimanendo per tutto il resto del tempo completamente senza cibo. Vedendo che il viaggiatore era molto stanco, san Spiridione chiese a sua figlia di offrirgli qualcosa da mangiare. Rispose che lì non avevano né pane né farina, perché non c'era motivo di tenerne in giro a causa del digiuno. Allora il santo pregò, chiese perdono e disse alla figlia di friggere del maiale salato che si trovava in casa. Fatto questo, san Spiridione fece sedere il viaggiatore accanto a lui, iniziò a mangiare la carne e persuase il suo ospite a fare lo stesso. Quando questi rifiutò, definendosi cristiano, il santo disse: "Tuttavia, per i puri, tutte le cose sono pure". (Tt 1:15) [15]

Non sappiamo se i vegetariani siano a conoscenza di questi incidenti o come li vedrebbero. Ma probabilmente dal punto di vista vegetariano, questi santi uomini sembrerebbero "deboli". Tuttavia, il santo apostolo Paolo nella sua epistola ai Romani (Rm 14"2), dove si discuteva anche se mangiare carne o verdura, chiama deboli coloro che considerano lecito per i cristiani mangiare solo vegetali, e coloro che vedono il cibarsi di carne come qualcosa di immorale e criminale (come lo vedono i nostri vegetariani).

E in verità, una tale persona è un cristiano debole, pronto, nelle parole dell'apostolo, a volgersi... di nuovo agli elementi deboli e miserabili, ai quali desiderano di nuovo essere in schiavitù (Gal 4:9). Tale persona pensa che il cibo in sé e per sé possa avvicinarci a Dio (1 Cor 8:8), come se il Regno di Dio fosse cibo e bevanda e non giustizia, pace e gioia nello Spirito Santo (cfr. Rm 14:17); dimentica che "tutto è puro" (Rm 14:20), e che ogni creatura di Dio è buona e nulla è da rifiutare, se accolto con gratitudine (1 Tim 4:4). Pertanto, non è riprovevole mangiare carne in quei giorni in cui ciò è permesso dalla santa Chiesa. Quando la razza umana è nata, Dio ha stabilito che l'uomo mangiasse semi e frutti (Gen 1:29). Ma quando l'uomo ha danneggiato la sua intera natura con il peccato e ha portato la maledizione sulla terra, allora i cibi vegetali si sono rivelati insufficienti per la razza umana; e dalla Bibbia sappiamo che dopo il Diluvio, Dio stesso diede alle persone animali, uccelli e pesci come cibo da mangiare insieme alle erbe verdi (Gen 9:3). Ne consegue che l'uso della carne è consentito da Dio stesso, [16] e come tale non contiene alcuna contraddizione o immoralità.

Ma uccidendo gli animali per il cibo, l'uomo in tal modo, secondo le parole dei vegetariani, viola i principi di giustizia e compassione per gli animali. Li priva della vita, che l'uomo non ha dato loro, e provoca loro sofferenze così terribili che anche le persone che ci sono abituate si sentono nauseate quando vedono i tormenti che soffrono gli animali. Negli scritti di alcuni vegetariani [17] ci sono intere pagine dedicate a descrizioni grafiche dei crudeli tormenti inflitti agli animali dall'uomo, quel "mangione amante del piacere", "gourmand insaziabile" e "cattivo carnefice". La compassione è naturalmente un sentimento che è onorevole al massimo grado, ma solo se ha un carattere sobrio e sano, e non falso e sentimentale. Si possono trovare donne che svengono al parto di un cane, ma rimangono indifferenti alle lacrime di un essere umano. Chi chiamerebbe un tale sentimento di compassione sano e vero? O chi approverebbe gli indù che installano ospedali per polli e piccioni, mentre allo stesso tempo lasciano morire migliaia di persone [delle caste inferiori] durante una siccità, pur di non permettere loro di utilizzare l'acqua dei pozzi delle caste superiori. In tali casi, la compassione e l'amore per gli animali si sviluppano a spese degli esseri umani e a loro diretto danno.

Questa inadeguatezza degli indù, la cui religione i vegetariani esaltano così tanto, principalmente a causa dei loro "alti principi di misericordia per gli animali", è anche inerente al vegetarianismo. Pur difendendo i diritti degli animali, i vegetariani, come si suol dire, "hanno esagerato". Moltissimi di loro [18] affermano che "gli animali sono assolutamente uguali all'uomo in senso fisico e morale", e proprio come l'uomo, sono "dotati di ragione e di sentimenti morali", a volte anche "in misura maggiore", "hanno la stessa comprensione, sentimenti e capacità"; [19] "gli animali sono della stessa classe degli umani", "hanno gli stessi loro diritti alla vita", "sono nostri fratelli", e quindi ucciderli è "fratricidio". [20]

Ma ragionando in questo modo, i vegetariani si proclamano fautori del materialismo, che peraltro non vede alcuna differenza essenziale tra uomo e animale. E il materialismo ha perso da tempo ogni credibilità agli occhi del mondo scientifico. Non c'è un solo scienziato serio e spassionato che tenti di insistere sul fatto che il mondo interiore degli animali è lo stesso del mondo interiore degli umani. [21]

Queste tendenze materialistiche causano un grave danno alla purezza dell'insegnamento vegetariano, e non possiamo non rammaricarci che invece di predicare le loro idee in collaborazione con la santa Chiesa e nello spirito degli insegnamenti di Cristo, i vegetariani preferiscano attingere le loro opinioni dai pozzi oscuri di falsi insegnamenti.

Da: Il vegetarianismo e come differisce dal digiuno cristiano (Mosca: Novaja Kniga, 1996. ISBN 5-7850-0015-6.

Note

[1] Solo alcuni vegetariani accettano latte e uova nella loro dieta (annotato qui e più avanti)

[2] Tutte queste ragioni sono fornite in dettaglio nelle opere Le basi scientifiche del vegetarianismo, La cucina vegetariana e altre.

[3] Per esempio, il professor Beketov nel suo opuscolo "La dieta e l'uomo" e nel Dizionario enciclopedico di Brockhaus ed Ephron, vol. 5, 691.

[4] "Primo passo" nella prefazione a L'etica del cibo, XXI-XXIII.

[5] Williams, L'etica del cibo , 27.

[6] Ibidem, 138, 140.

[7] Ibidem, 280.

[8] L'etica del cibo, 215.

[9] La vita monastica secondo i detti degli asceti, I ed., 77-78 [russo].

[10] Ibidem, 101

[11] Ibidem, 68

[12] Ibidem, 69, 81.

[13] Ibidem, 98.

[14] Vita di san Tikhon di Zadonsk (Mosca:1863), 165–167.

[15] Sozomeno, Storia della Chiesa, libro I, cap. 11.

[16] A questo Williams, l'autore di The Ethics of Food, protesta che se cerchiamo di difendere il consumo di carne sulla base della Bibbia, allora dovremmo difendere anche la schiavitù, la poligamia e le guerre più barbare (p. 208). Ma ogni persona senza pregiudizi vede chiaramente che c'è una differenza essenziale tra il mangiare carne e, almeno per esempio, la poligamia; e dalla Bibbia si vede che Dio permette e benedice il primo comportamento, ma tollera il secondo solo per un certo tempo.

[17] Le basi scientifiche per il vegetarianismo; L'etica del cibo.

[18] Per esempio, Oswald, Bentam, Nicholson, Gleise, Michle, Holtz e infine l'autore stesso di The Ethics of Food, Williams.

[19] "Potrebbe davvero essere che le anime di tutti gli animali oltre agli umani siano mortali o create completamente diverse?" chiede un vegetariano (L'etica del cibo).

[20] L'aborto era ancora considerato uguale all'infanticidio quando San Tikhon scrisse questo saggio, ma indubbiamente, se lo scrivesse ora, menzionerebbe come vari difensori dei diritti degli animali non vedono alcun problema con l'aborto e provano più compassione per un animale che per un feto umano. (ndc)

[21] Se ci fossero stati "filosofi" che avessero confermassero il contrario, allora san Basilio il Grande avrebbe usato per loro queste sue parole: "Fuggite il delirio dei lugubri filosofi che non si vergognano di considerare la loro anima e l'anima di un cane uguali e dicono di se stessi che un tempo erano alberi e pesci del mare. E anche se non dirò se siano stati o meno dei pesci, tuttavia sono pronto con ogni sforzo a confermare che quando hanno scritto questo, erano stupidi come pesci".

 
Distorsioni della storia contro Russia e Serbia

Il portale Pravoslavie.ru riporta un articolo di Michael Averko dal sito Global Research sull’importante parallelo tra Russia e Serbia nel panorama geopolitico mondiale: due nazioni ortodosse, entrambe con una minoranza cattolica in una regione limitrofa (alla base di stati indipendenti filo-nazisti), ed entrambe accusate negli ultimi anni di efferatezze, mentre un’opinione pubblica occidentale totalmente manipolata è portata a dimenticare del tutto le efferatezze ben peggiori compiute dalle loro schegge dissidenti. Riportiamo l’articolo nella sezione “Geopolitica ortodossa” dei documenti.

 
I figli cattolici del Fanar in Ucraina: rivelazioni del capo della Chiesa greco-cattolica ucraina

Svjatoslav Shevchuk considera Costantinopoli la "Chiesa madre" per la Chiesa greco-cattolica ucraina. Foto: Unione dei giornalisti ortodossi

Shevchuk ha detto che la Chiesa greco-cattolica ucraina ha ricevuto fede e teologia da Costantinopoli nel 988, e l'unione è nata a causa dell'occupazione dell'Ucraina da parte dei protestanti. Analizziamo se è così.

Il 21 novembre 2021, il quotidiano brasiliano "Gazeta do Povo" ha pubblicato un'intervista al capo della Chiesa greco-cattolica ucraina, Svjatoslav Shevchuk. Il sito ufficiale della Chiesa greco-cattolica ucraina non ha nemmeno osato tradurre questa intervista dal portoghese all'ucraino, limitandosi a una traduzione inglese. Che cosa ha detto ai brasiliani il leader dei cattolici ucraini di rito ortodosso?

uno screenshot del sito web gazetadopovo.com.br

Patriarca o no?

Interessante è il titolo dell'articolo, in cui Svjatoslav Shevchuk è chiamato il "patriarca" dei greco-cattolici ucraini. Questo titolo appare sia nell'intervista originale portoghese che nella sua traduzione inglese sul sito web della Chiesa greco-cattolica ucraina: "Patriarca della Chiesa greco-cattolica ucraina...". Tuttavia, in realtà, Shevchuk non è un patriarca; la curia romana non riconosce tale status al capo della Chiesa greco-cattolica ucraina. Dal 2005, per decisione di papa Benedetto XVI, il suo capo porta il titolo di "sua Beatitudine arcivescovo supremo di Kyiv-Galizia". Tuttavia, Svjatoslav Shevchuk, come quasi tutti i suoi predecessori, chiede al Vaticano lo status di patriarcato per la Chiesa greco-cattolica ucraina. Nel frattempo non ci sono risultati, e il capo della Chiesa greco-cattolica ucraina si definisce patriarca e dà istruzioni appropriate al suo entourage e ai media uniati. A luglio 2019, sembrava che questo metodo avrebbe funzionato e il Vaticano avrebbe finalmente concesso a Shevchuk l'ambito status patriarcale. Papa Francesco ha invitato inaspettatamente in Vaticano i vescovi della Chiesa greco-cattolica ucraina. Alla vigilia della sua visita a Roma, i media ucraini hanno fatto circolare la tesi secondo cui Svjatoslav Shevchuk sarebbe andato in Vaticano nient'altro che "il patriarcato", sebbene lui stesso abbia espresso la sua speranza in questo con una formulazione più contenuta. Ma questo problema non è stato nemmeno discusso. i media ucraini hanno diffuso la tesi secondo cui Svjatoslav Shevchuk sarebbe andato in Vaticano per nient'altro che "il patriarcato", sebbene egli stesso abbia espresso questa sua speranza con parole più sobrie. Ma questo problema non è stato nemmeno discusso.

Ma le aspettative di Shevchuk non erano infondate. Subito dopo la formazione della "Chiesa ortodossa dell'Ucraina", è sorto il tema dell'unione di questa organizzazione religiosa con la Chiesa greco-cattolica ucraina. I leader delle due confessioni si sono incontrati, hanno concordato una cooperazione e hanno persino iniziato a parlare di unità. In un'intervista all'edizione "Glavkom" del 9 gennaio 2019, Shevchuk ha affermato: "Bisogna fare tutto per ripristinare l'unità originale della Chiesa di Kiev nei suoi rami ortodossi e cattolici". Per avere la leadership in questa unione, gli uniati avevano un disperato bisogno dello status di patriarcato. Ecco le parole di Svjatoslav Shevchuk da lui pronunciate nel maggio 2019 a Filadelfia: "Dovremmo costruire un patriarcato e proporre ai nostri fratelli ortodossi l'unità".

Infatti Svjatoslav Shevchuk ha parlato della sua struttura religiosa come patriarcato, solo non ancora riconosciuto dal Vaticano. Prima della sua Roma nel 2019, in un'intervista alla risorsa uniate "RISU", ha detto: "Noi operiamo come Chiesa patriarcale. <...> Quindi diciamo che si costruisce un patriarcato, non si concede, ma si riconosce. Da parte nostra, stiamo facendo di tutto per funzionare come Chiesa patriarcale. E la questione del riconoscimento (non della creazione o dell'annuncio) è una questione che appartiene alla decisione del vescovo ecumenico, e noi rispettiamo la libertà della sua decisione".

Il "vescovo ecumenico", cioè il papa, ha deciso di non concedere in quel momento lo status di patriarcato. Molto probabilmente, il motivo sono le aspettative non soddisfatte dal progetto della "Chiesa ortodossa dell'Ucraina". Quando Zelenskij è divenuto presidente e il sostegno statale a questa struttura si è indebolito, anche la crescita della "Chiesa ortodossa dell'Ucraina" si è fermata. È divenuto chiaro che questa non sarebbe diventata la denominazione principale del paese. In una situazione del genere, non c'era bisogno che la Chiesa greco-cattolica ucraina facesse pressioni sul tema dell'unificazione con la "Chiesa ortodossa dell'Ucraina", il che significa che non aveva senso dare agli uniati lo status di patriarcato.

Ma oggi la situazione sta cambiando. la "Chiesa ortodossa dell'Ucraina" è di nuovo favorevole a chi è al potere. La leadership ucraina visita il Fanar e riceve la sua capo. Il primo ministro Denis Shmyhal dichiara tutti i tipi di sostegno alla "Chiesa ortodossa dell'Ucraina", compreso quello finanziario. Inoltre, i contatti ecumenici tra il Vaticano e il Fanar hanno raggiunto un nuovo livello. Da entrambe le parti ci sono dichiarazioni sull'imminente unificazione delle due confessioni. Pertanto, il tema dell'unificazione della Chiesa greco-cattolica ucraina con la "Chiesa ortodossa dell'Ucraina" e, di conseguenza, l'acquisizione dello status di patriarcato da parte degli uniati ucraini, è tornato di attualità.

La Chiesa greco-cattolica ucraina: Cattolici o ortodossi?

Nelle dichiarazioni che Svjatoslav Shevchuk (come del resto altri uniati) rivolge a questo o quel pubblico, si può tracciare una sorprendente ambiguità. Quindi, per il pubblico ucraino, la Chiesa greco-cattolica ucraina si presenta come una Chiesa "ortodossa" o, come è di moda dire tra gli uniati, "la Chiesa del Battesimo di Vladimir". Allo stesso tempo, l'unità con il Vaticano è oscurata o addirittura negata.

Per esempio, nel 2012, durante una visita a Donetsk, Svjatoslav Shevchuk disse: "Siamo una Chiesa in cui esiste una tradizione ortodossa, con rituale, liturgia, teologia dogmatica ortodossa".

Nel 2018, durante il "rito della nomina gerarchica" di uno dei vescovi uniati, Svjatoslav Shevchuk disse : "La Chiesa greco-cattolica ucraina è la Chiesa del Battesimo di Vladimir, che è stata e sarà l'anima del popolo ucraino <.. .> Questo fa parte della fede della Chiesa del principe Vladimir <...> Non siamo membri del Patriarcato latino".

Dichiarazioni di significato simile si ascoltano spesso dalle labbra del capo degli uniati ucraini. La narrazione che gli uniati trasmettono al pubblico interno ucraino è la seguente: siamo la stessa cosa degli ortodossi, siamo come il resto degli ortodossi, siamo semplicemente in unità con il papa.

Nei messaggi al pubblico straniero, la retorica cambia drasticamente. Di seguito sono riportate le citazioni dall'intervista di Svjatoslav Shevchuk a "Gazeta do Povo":

  • Oggi siamo più di 5 milioni di cattolici ucraini dentro e fuori l'Ucraina.

  • Fuori dall'Ucraina, anche in Argentina e Brasile, il nostro nome corretto è Chiesa cattolica ucraina.

  • Noi cattolici – bizantini o romani –…...

Come potete vedere, la narrativa è diversa: siamo la stessa cosa degli altri cattolici, manteniamo solo i riti bizantini. Cioè, Shevchuk non sta parlando di nessun dogma ortodosso.

Prese insieme, queste due narrazioni che si escludono a vicenda danno la tesi, che ora è attivamente promossa sia dal Fanar che dal Vaticano: puoi essere cattolico e ortodosso allo stesso tempo, le differenze tra Ortodossia e cattolicesimo sono insignificanti, riguardano solo certe sottigliezze teologiche che alla gente comune non interessano affatto e anche conflitti storici che possono essere superati.

Svjatoslav Shevchuk lo dichiara così: "Conserviamo ancora come nostro segno fondamentale l'identità della Chiesa, anche se siamo in piena comunione con il santo papa Francesco".

Tuttavia, tali parole non sono altro che una bugia. La menzogna che rimarrà tale finché il papa non si pentirà di tutti gli errori eretici a cui aderisce il cattolicesimo. Fino a quando ciò non accadrà, è impossibile mantenere la tradizione bizantina, con la quale Svjatoslav Shevchuk significa senza dubbio la tradizione ortodossa, e avere una comunione con i latini.

Per quanto ci abbiano assicurato Svjatoslav Shevchuk, papa Francesco o il patriarca Bartolomeo, la differenza tra Ortodossia e Cattolicesimo è enorme, e riguarda momenti fondamentali per la salvezza dell'anima umana. Maggiori dettagli su queste differenze possono essere trovati nell'articolo "Cosa c'è di sbagliato nei cattolici", e in breve, sono i seguenti:

  • la processione dello Spirito Santo dal Padre e dal Figlio, che significa sminuire la divinità dello Spirito Santo;

  • l'affermazione che il papa è il capo visibile della Chiesa, il che significa l'eliminazione della guida di Gesù Cristo nella Chiesa;

  • la perversione della comprensione dell'essenza della salvezza: invece di Cristo che guarisce la natura umana danneggiata, l'uomo si libera semplicemente della punizione;

  • il dogma dell'Immacolata Concezione della Vergine, che significa che la santissima Vergine non ha avuto bisogno del Salvatore;

  • il dogma del purgatorio, che perverte l'insegnamento originario della Chiesa sulla sorte postuma dei morti;

  • un metodo praticato di preghiera sensuale, che è severamente vietato dagli asceti ortodossi, che lo chiamano illusione;

  • una dichiarazione sullo sviluppo dogmatico, che ti consente di introdurre nuovi dogmi e reinterpretare quelli vecchi a tua discrezione.

Tutto ciò ci permette di affermare che il cattolicesimo è fondamentalmente incompatibile con l'Ortodossia, e tutti i discorsi sulla possibilità di essere un cattolico con una "identità bizantina" sono deliberate speculazioni per ingannare gli ortodossi e convincerli della possibilità di unificazione con Roma. Per martellare nella mente delle persone l'idea della possibilità di una tale unificazione, gli uniati non si fermano nemmeno davanti a un'aperta distorsione dei fatti storici.

La storia della Chiesa greco-cattolica ucraina risulta essere iniziata nel 988

Andiamo direttamente alle rivelazioni della Chiesa greco-cattolica ucraina in testa all'edizione brasiliana.

Svjatoslav Shevchuk: "La storia della nostra Chiesa inizia nel 988, quando il principe di Kiev decise di accettare il cristianesimo non solo per sé, ma per lo Stato. Questo è accaduto prima del Grande Scisma tra Occidente e Oriente, che ha portato alla nascita della Chiesa cattolica e ortodossa".

In primo luogo, la storia degli uniati ucraini non inizia nel 988 quando la Russia fu battezzata nell'Ortodossia, ma nel 1596 quando due vescovi ucraini, Kirill (Terletskij) e Ipatij (Potej), andarono a Roma e tradirono la fede ortodossa, e come segno di questo prestarono giuramento di fedeltà al papa e gli baciarono la pantofola.

In secondo luogo, Svjatoslav Shevchuk manipola deliberatamente il fatto che lo scisma tra Ortodossia e cattolicesimo risalga al 1054. Tuttavia, tutti sanno che i principali errori del cattolicesimo si sono radicati nella Chiesa latina diversi secoli prima e che gli eventi del 1054 hanno solo formalizzato la rottura in comunione. Alla fine del X secolo, Ortodossia e cattolicesimo erano già percepiti come due identità diverse (nella lingua di Svjatoslav Shevchuk). Ciò è dimostrato dal fatto che il principe Vladimir ha fatto una scelta tra Ortodossia e cattolicesimo, e anche ebraismo e islam. Va inoltre ricordato che a Roma, poco prima del Battesimo della Rus', regnava la "pornocrazia", quando il soglio pontificio era retto da donne di dubbia reputazione, che mettevano su questo trono i loro amanti o figli. Perciò, la differenza tra Ortodossia e latinismo era enorme già nel 988.

La Lettera di san Teodosio delle Grotte (+ 1074) al granduca Izjaslav sulla fede varangiana o latina, scritta pochi anni dopo la caduta dei latini dalla Chiesa nel 1054, dice: "Signore, benedici! Io, Teodosio, povero schiavo della santissima Trinità, del Padre e del Figlio e dello Spirito Santo, sono nato in fede pura e fedele ed educato bene nella legge da un padre ortodosso e da una madre cristiana, che mi ha insegnato a seguire la buona legge e costumi degli ortodossi, a non avere comunione con la fede latina, a non osservare i loro costumi, a fuggire dalla loro congregazione, a non ascoltare alcun loro insegnamento, e ad aborrire tutti i loro costumi e usanze." Cioè, san Teodosio dice che i suoi genitori conoscevano già gli errori dei latini e insegnavano al figlio ad aborrirli. Ricordiamo che il nostro grande santo ha detto queste parole in un momento in cui, secondo Shevchuk, la Chiesa uniate (cattolica) era già sorta in Ucraina.

Costantinopoli sarebbe la Chiesa madre dei cattolici ucraini

Svjatoslav Shevchuk: "Abbiamo ricevuto la nostra fede da Costantinopoli, e da questa Chiesa madre è derivata la nostra identità, la nostra tradizione e i nostri riti, che includono non solo le cerimonie ma le tradizioni teologiche e liturgiche, i nostri culti e la successione canonica dei vescovi".

Svjatoslav Shevchuk mescola insieme "le nostre tradizioni e i nostri riti", che, per tutta la loro importanza, sono ancora secondarie e "tradizioni teologiche e liturgiche", che dovrebbero essere intese come dottrina, cioè ciò che crediamo, e allontanarsi da loro è un tradimento della fede.

Dopo l'Unione di Brest-Litovsk nel 1596, coloro che l'accettarono mantennero davvero il lato rituale esterno dell'Ortodossia. Ma in termini di dottrina, accettarono pienamente il dogma latino con tutti i suoi errori sopra descritti. Il ritualismo ortodosso esterno è stato lasciato dai traditori dell'Ortodossia solo come uno schermo dietro il quale è stato nascosto il tradimento della fede del principe Vladimir. Lo afferma direttamente l'Enciclica papale "Magnus Dominus" pubblicata in occasione dell'adesione dei due vescovi della Metropolia della Rus' di Kiev al cattolicesimo: "Noi, con il nostro presente decreto, accettiamo i venerati fratelli, l'arcivescovo-metropolita Michele, e gli altri vescovi russi con tutto il loro clero e il popolo russo che vivono nel dominio del re polacco, in seno alla Chiesa cattolica, come nostre membra in Cristo. E come testimonianza di tale amore per loro, per grazia apostolica, permettiamo loro tutti i riti sacri e le cerimonie che usano quando svolgono i servizi divini e la santissima liturgia".

Cioè, la Chiesa ortodossa di Costantinopoli non poteva essere la Chiesa madre per i cattolici a causa delle differenze sopra menzionate.

Le terre ucraine sarebbero state prese dai protestanti alla fine del XVI secolo

Svjatoslav Shevchuk: "Così nel 1596, dopo la caduta di Costantinopoli, i nostri vescovi cercarono una comunione più ampia, perché le nostre terre furono occupate da molti gruppi protestanti. Cercando di trovare il loro posto in questa nuova situazione dopo il Concilio di Trento, decisero di entrare in comunione con Roma".

Ma questo non ha alcun senso. Da dove viene fuori questa violenta fantasia sui "gruppi protestanti" che hanno preso il controllo dell'Ucraina? Cosa c'entra il Concilio di Trento con i "nostri vescovi"? E cosa c'entra con tutto ciò la caduta di Costantinopoli, avvenuta quasi 150 anni prima della creazione della Chiesa uniate?

Tuttavia, c'è comunque del vero in questa storia, assurda da un punto di vista storico. Il fatto è che nel 1517, quando Martin Lutero pubblicò le sue 95 tesi che criticavano gli insegnamenti della Chiesa cattolica, iniziò la Riforma in Europa, sorse il protestantesimo e l'influenza di Roma fu notevolmente scossa. Molti influenti sovrani europei si rifiutarono di obbedire al papa. Nella stessa Chiesa cattolica si formò un partito abbastanza numeroso di coloro che volevano riformarla. Ma i pontefici romani riuscirono a invertire le sorti degli eventi e ad organizzare la cosiddetta Controriforma. Il punto di partenza della Controriforma fu il Concilio di Trento, che durò 18 anni, dal 1545 al 1563, e che i latini chiamano XIX Concilio ecumenico. In questo concilio fu respinta l'idea di riformare la Chiesa cattolica, furono approvati tutti i dogmi formulati a quel tempo, compreso il purgatorio, le indulgenze, ecc., e tutte le proposte protestanti furono respinte e chiamate eretiche. Sotto gli auspici del Concilio di Trento fu emanata la cosiddetta "Professio fidei Tridentina", nota anche come "Credo di Papa Pio IV", che un tempo era usata dai teologi come giuramento di fedeltà alla Chiesa fatto da tutti gli insegnanti e sacerdoti, inclusi Kirill (Terletskij) e Ipatij (Potej). Così, secondo Svjatoslav Shevchuk, costoro hanno personalmente "trovato il loro posto in questa nuova situazione".

Conclusioni

L'intervista del "patriarca" Svjatoslav Shevchuk va vista nel contesto degli sforzi ecumenici del Vaticano e del Fanar per unire le loro confessioni. Ha lo scopo di convincere i lettori che l'Ortodossia e il cattolicesimo sono pienamente compatibili tra loro e che i loro rappresentanti possono unirsi all'interno di un'unica struttura religiosa, preservando il loro credo e i loro riti. Come esempio di tale struttura, presenta la Chiesa greco-cattolica ucraina come una sorta di Chiesa "ortodossa-cattolica" del "Battesimo di Vladimir".

Ma se l'opera di Svjatoslav Shevchuk è convincere la gente che l'unia non è un tradimento dell'Ortodossia ma, al contrario, è una cosa utile e necessaria, allora l'opera degli ortodossi è restare saldi nella loro fede ortodossa e seguire i precetti di san Teodosio delle Grotte, che denunciò le delusioni latine e comandò ai suoi discendenti di starne alla larga e di non cedere alle loro lusinghe.

 
I cristiani ortodossi di Gaza ospitano in chiesa i profughi musulmani

Un articolo di Tempi avvisa che nella chiesa ortodossa di san Porfirio a Gaza (di cui abbiamo parlato in un articolo del nostro sito) l’arcivescovo locale ha dato ospitalità a un migliaio di musulmani in fuga dai bombardamenti israeliani. Per chi sa qualcosa di ciò che avviene dietro le quinte dei silenzi mediatici, la frase dell’articolo, "Dio benedica i cristiani. Solo loro fanno qualcosa per noi", anche se indubbiamente toccante, non è del tutto corrispondente al vero: di loro si stanno attivamente occupando molti sciiti, nonostante il fatto che tutti i musulmani di Gaza sono sunniti. Il silenzio dei potentati sunniti (l’Arabia Saudita, il Qatar...) sotto pesante influsso americano, di fronte all’attivismo degli aiuti dall’Iran, libero da questo influsso, dovrebbe far riflettere.

 
A Brno si ripetono i sequestri di chiese dell'Ucraina

I sostenitori di un vescovo predone picchiano i fedeli a Brno

di Elena Konstantinova

Unione dei giornalisti ortodossi, 7 dicembre 2021

le guardie assunte dal vescovo Isaias e il servitore d'altare della chiesa di Brno da loro picchiato. Foto: https://t.me/hlas_pravoslavi_cz

I credenti della chiesa di san Venceslao a Brno si rifiutano di pregare insieme a un sacerdote nominato da un vescovo che ha concelebrato con Dumenko.

Nella città ceca di Brno, le guardie assunte dal vescovo predone Isaias (Slaninka) hanno picchiato i fedeli della chiesa di san Venceslao dei Cechi, secondo il sito web hlaspravoslavi.com.

La sera del 3 dicembre 2021, i parrocchiani della chiesa di san Venceslao a Brno, guidati dall'arciprete Jozef Fejsak, si sono riuniti sul territorio della chiesa per celebrare il Vespro alla vigilia della festa della Presentazione della Vergine al tempio.

Tuttavia, le guardie assunte da Slaninka hanno cacciato i parrocchiani dal territorio del tempio.

Testimoni oculari riferiscono che i sostenitori del vescovo Isaias hanno trattato con particolare maleducazione il sessantaseienne sacerdote Jozef e sua madre. A sua volta, il sacerdote Rafael Moravskij, nominato da Slaninka, ha affermato che la comunità della chiesa di san Venceslao non avrebbe avuto altra scelta che "inchinarsi a Isaias".

Il giorno della festa dell'Ingresso al tempio della santa Madre di Dio, i fedeli si sono nuovamente radunati vicino alla loro chiesa. Il sacerdote Jozef Fejsak ha letto un documento ufficiale firmato dall'arcivescovo Michal di Praga, membro del Santo Sinodo della Chiesa ortodossa delle Terre Ceche e della Slovacchia, che affermava che l'arciprete Jozef Fejsak era autorizzato a svolgere servizi divini nella chiesa ortodossa di san Venceslao a Brno.

In risposta, i sostenitori del vescovo Isaias hanno usato la forza fisica contro i rappresentanti della comunità ortodossa e hanno picchiato il servitore d'altare. La situazione si è calmata solo con l'arrivo della polizia.

Nonostante gli ammonimenti, i fedeli si sono rifiutati di pregare con il sacerdote nominato dal vescovo Isaia, ritenendo le azioni del vescovo non canoniche e anti-ecclesiali.

Nell'agosto di quest'anno, il vescovo Isaias è entrato con la forza e all'insaputa dei fedeli nella chiesa, ha sostituito le serrature e si è appropriato dell'antimensio centenario firmato dal vescovo Dositej (Vasic).

Come l'Unione dei giornalisti ortodossi è riuscita a scoprire dalle sue fonti a Brno, la situazione intorno alla parrocchia di san Venceslao dei Cechi è peggiorata dopo che il sacerdote Jozef Fejsak ha denunciato il vescovo Isaias (Slaninka) come concelebrante con gli scismatici ucraini.

In risposta, il vescovo ha licenziato il sacerdote dall'incarico di rettore parrocchiale, ha sequestrato la chiesa e vi ha nominato un altro sacerdote. Tutte queste azioni sono commesse dal vescovo vicario Isaias con il pretesto della benedizione del vescovo ordinario Simeon, 95 anni, che, tuttavia, si è espresso a sostegno del sacerdote Jozef in conversazioni personali con i membri attivi della parrocchia.

Al momento nessuno dei fedeli assiste ai servizi del sacerdote Rafael, nominato dal vescovo Isaia, e la chiesa rimane completamente vuota.

In precedenza, l'Unione dei giornalisti ortodossi ha scritto che il vescovo Isaias stava cercando di impadronirsi della parrocchia di Brno e utilizzare illegalmente la proprietà della diocesi di Praga della Chiesa ortodossa delle Terre Ceche e della Slovacchia. A causa delle sue azioni, la chiesa di san Venceslao martire è stata chiusa e i fedeli sono costretti a celebrare le funzioni all'aperto. La Chiesa ortodossa russa ha notato che il vescovo, che in precedenza aveva concelebrato con Dumenko, agisce a Brno come la "Chiesa ortodossa dell'Ucraina" agisce in Ucraina.

Allo stesso tempo, il Sinodo della Chiesa ortodossa delle Terre Ceche e della Slovacchia, svoltosi il 7 ottobre, non ha dato una valutazione delle azioni illegali del vescovo Isaias.

Nel frattempo, a Brno...

dal blog del sito Orthodox England, 7 dicembre 2021

Dopo quasi esattamente sette anni di servizio come diacono, trent'anni fa, l'8 dicembre 1991, sono stato ordinato sacerdote dal sempre memorabile arcivescovo Antonij di Ginevra, successore di san Giovanni di Shanghai e dell'Europa occidentale. Entrambi erano discepoli del metropolita Antonij (Khrapovitskij), dal quale l'arcivescovo Antonij aveva preso il nome. Alla mia ordinazione era presente il mio caro amico carpato-russo padre Jozef Fejsak di Brno nelle Terre Ceche. Di fatto, padre Jozef mi ha regalato la sua vecchia croce da prete per la mia ordinazione.

Ora siamo entrambi sotto persecuzione allo stesso tempo, anche se a opera di estremisti diversi. Sfortunatamente, padre Jozef non è stato in grado di mantenere la proprietà dei fedeli della sua chiesa a Brno, come lo siamo stati noi a Colchester. Come noi, però, il gregge è rimasto fedele di fronte alla persecuzione. Ora abbiamo sentito questa notizia. Per favore pregate per lui e per il suo gregge:

padre Jozef Fejsak

I fedeli della chiesa di san Venceslao nella città morava di Brno ("la Birmingham ceca") si sono riuniti il 4 dicembre presso la chiesa con il loro rettore, l'arciprete Jozef Fejsak, per celebrare la festa dell'Ingresso al tempio della santissima Madre di Dio. Invece di poter pregare, sono stati insultati, aggrediti fisicamente e scacciati da teppisti assoldati dal vescovo scismatico Isaias (Slaninka) di Shumperk, che è stato inviato dal patriarca Bartolomeo del Patriarcato di Costantinopoli e che da lungo tempo fa campagna per cacciare padre Jozef e per rubare il luogo di culto alla Chiesa locale delle Terre Ceche e della Slovacchia.

Padre Jozef, laureato all'Accademia teologica di Mosca, è l'amato parroco della parrocchia da quasi quattro decenni. Nel frattempo, il vescovo Isaias è stato consacrato dai vescovi di Costantinopoli senza la benedizione del Sinodo della Chiesa delle Terre Ceche e della Slovacchia e ha concelebrato con gli scismatici privi di grazia della "Chiesa ortodossa dell'Ucraina". I malviventi si sono accaniti contro i fedeli, lasciando questa volta un servitore d'altare con il volto insanguinato. I malviventi si sono calmati solo quando è arrivata la polizia.

 
L'eredità del patriarca Abramo nel monoteismo autentico e immaginario

Una delle peggiori espressioni del moderno indifferentismo è l’accettazione di qualsiasi deformazione di dottrina e pratica religiosa con la giustificazione che “tanto Dio è uno”, o che tutti serviamo lo stesso Dio. Tali espressioni rivelano un abisso di ignoranza, e ci spingono a cercare per lo meno di capire la nostra identità di credenti, e se possibile a cercare di capire come anche gli altri vedono Dio.

Lo ieromonaco Iov (Gumerov) del monastero Sretenskij di Mosca ci presenta un’ampia e accurata analisi dei differenti monoteismi nel cristianesimo, nel giudaismo e nell’islam, che presentiamo nella sezione “Confronti” dei documenti.

 
In cosa consiste il concetto ecumenico della Chiesa greco-cattolica ucraina?

la Chiesa greco-cattolica ucraina predica l'ecumenismo ma con sottomissione al papa. Foto: Unione dei giornalisti ortodossi

La Chiesa greco-cattolica ucraina si dichiara la Chiesa locale di Kiev, attorno alla quale dovrebbero unirsi tutti gli altri. Cosa si nasconde dietro?

Alla fine di ottobre 2021, la Chiesa greco-cattolica ucraina ha pubblicato il suo Concetto ecumenico aggiornato. La versione precedente è stata adottata nel 2015 per un periodo di 5 anni. Il nuovo Concetto tiene conto delle mutate realtà e, prima di tutto, dell'emergere della "Chiesa ortodossa dell'Ucraina".

Il Concetto ecumenico della Chiesa greco-cattolica ucraina è un documento ufficiale che articola alcune affermazioni che i greco-cattolici vogliono trasmettere alla società, in primis a quella ucraina. Queste dichiarazioni in una forma più popolare sono spesso espresse dalla leadership della Chiesa greco-cattolica ucraina, così come dai rappresentanti delle istituzioni educative uniate. In questo articolo non citeremo le dichiarazioni orali dei leader uniati, ma ci concentreremo piuttosto sull'analisi del Concetto. Dobbiamo rendere giustizia agli uniati che sanno essere eloquenti e convincenti. Essi (e anche i cattolici più "puri") sono bravi a racchiudere idee completamente false o dannose per le persone in un "pacchetto" così attraente da essere prese alla lettera e determinare la visione del mondo di molte persone. Pertanto, è molto importante esporre queste false affermazioni e dire cosa significano realmente.

Affermazione 1: L'ecumenismo è una questione divina

Il Concetto afferma: "L'ecumenismo come movimento per il ripristino della piena unità dei cristiani è il cammino della Chiesa di Cristo; non è un'aggiunta, ma una parte integrante dell'essenza della Chiesa e della sua attività pastorale".

Infatti, il nostro Signore Gesù Cristo, prima di soffrire sulla croce, ha pregato Dio Padre: "Non prego solo per questi, ma anche per quelli che per la loro parola crederanno in me; perché tutti siano una sola cosa. Come tu, Padre, sei in me e io in te, siano anch'essi in noi una cosa sola, perché il mondo creda che tu mi hai mandato" (Gv 17:20-21). Sebbene questo non sia un comandamento di Cristo ai suoi seguaci, come molti affermano, ma la preghiera di Cristo al Padre celeste, tuttavia i cristiani sono obbligati a fare tutto ciò che è in loro potere per rendere questa preghiera una realtà. I greco-cattolici (e non solo loro, ma anche molti ortodossi), sulla base di queste parole di Cristo, sostengono che tutti i cristiani dovrebbero lottare per l'unità, ma pochi prestano attenzione a come dovrebbe essere questa unità. Tuttavia, le parole di Cristo ci chiariscono che il modello di tale unità è l'immagine della santissima Trinità. Ma possono le tre persone della santissima Trinità incarnare fedi diverse? Può lo Spirito Santo venire e non venire da Dio il Figlio allo stesso tempo? Ovviamente no! Pertanto, le parole della preghiera sacerdotale di Cristo per l'unità dei suoi discepoli sono parole sull'unità nella fede, già nella prima riga.

Se ci sforziamo per la vera unità evangelica, dobbiamo prima unirci nella fede, che non può essere una sorta di opzione di compromesso tra ortodossi, cattolici o qualche altro credo. Tale opzione di compromesso significherebbe che non esiste una vera dottrina sulla terra e che può essere trovata in futuro attraverso un compromesso. Questa è, ovviamente, una bugia. Cristo ha creato un'unica Chiesa, che poggia sull'unica dottrina corretta, mentre tutte le deviazioni da questa dottrina sono deviazioni dalla Verità e distorsioni della Verità. Pertanto, per il compimento delle parole di Cristo sull'unità, è necessario determinare quale delle denominazioni cristiane esistenti – ortodossa, cattolica o protestante – è la vera Chiesa e unirsi a lei, accettando pienamente il suo credo e rifiutando del tutto le proprie delusioni.

In questo articolo, non forniremo argomenti a favore del fatto che la Chiesa ortodossa è la stessa Chiesa che Cristo ha creato e di cui ha detto: "Edificherò la mia chiesa e le porte degli inferi non prevarranno contro di essa..." (Mt 16:18). Ma diciamo che la via del compromesso, il movimento verso l'unità pur mantenendo le differenze nei dogmi chiave, non ci porterà sicuramente all'unità di cui parlava Cristo. Eppure è proprio questa la strada che sta prendendo l'ecumenismo di oggi. Oggi ci viene proposto di chiudere gli occhi davanti alla differenza dei dogmi, differenze significative nell'insegnamento morale (basti pensare al flirt di papa Francesco con i sodomiti!), alle differenze fondamentali nella pratica della preghiera, alle differenze negli ideali di santità e nelle opinioni su cosa sia la salvezza. Per non parlare dei decreti canonici che vietano la comunione con gli eretici.

Dobbiamo rendere omaggio agli uniati, poiché nel loro Concetto ecumenico hanno individuato il minimo dogmatico per cui considerano possibile questa unità. Così, il Concetto dice: "In quanto tale, l'ecumenismo cerca di riunire solo i cristiani, cioè coloro che credono nella santissima Trinità, realizzano le parole del Vangelo, che sono battezzati nel nome del Padre, del Figlio e dello Spirito Santo, e che credono nella natura divina e umana del nostro Signore, Dio e Salvatore Gesù Cristo". Tuttavia, è chiaro a chiunque abbia familiarità con la dottrina cristiana che questo minimo dogmatico è insufficiente. Anche il Credo niceno-costantinopolitano, che è la base della dottrina della Chiesa, ma non la esaurisce, è molto più ampio di questo minimo.

Pertanto, si può affermare che l'ecumenismo moderno non tende affatto all'unità di cui parlava Cristo.

Dichiarazione 2: Sulle Chiese del "Battesimo di Vladimir"

Molto tempo fa, gli uniati hanno escogitato l'idea dell'esistenza di "Chiese del battesimo di Vladimir" in Ucraina. Devo dire che l'idea ha avuto un discreto successo, poiché giustifica molto bene le pretese dei greco-cattolici di essere chiamati ortodossi e di tracciare la loro cronologia dal Battesimo della Rus' nel 988. Il Concetto Ecumenico della Chiesa greco-cattolica ucraina va ancora oltre e deduce l'esistenza di uniati in generale dai cristiani dei primi secoli che vivevano nelle città greche della Crimea. Ci sono diverse confessioni in Ucraina che si definiscono ortodosse: la Chiesa ortodossa ucraina, la "Chiesa ortodossa dell'Ucraina" e... la Chiesa greco-cattolica ucraina. In precedenza, al posto della "Chiesa ortodossa dell'Ucraina" c'erano il "patriarcato di Kiev" e la "Chiesa ortodossa autocefala ucraina". Il concetto uniate di "Chiese del Battesimo di Vladimir" afferma che sono tutti nati nel 988.

Ma poniamoci una semplice domanda: quante Chiese ha fondato san Vladimir nel 988? Erano le stesse tre? No, il santo principe Vladimir ha fondato una sola Chiesa. La Chiesa non poteva dividersi in tre denominazioni dopo un lasso di tempo, cioè in Chiesa ortodossa ucraina, Chiesa greco-cattolica ucraina e "Chiesa ortodossa dell'Ucraina" per lo stesso motivo per cui l'unica Chiesa di Cristo non poteva dividersi in ortodossia, cattolicesimo e protestantesimo. Proprio come il cattolicesimo e poi il protestantesimo hanno cambiato il loro credo originale e si sono allontanati dalla Chiesa di Cristo, così gli uniati, seguiti dallo scisma autocefalo ("Chiesa ortodossa autocefala ucraina") e i rappresentanti del Patriarcato di Kiev, hanno cambiato la dottrina originale e si sono allontanati dalla Chiesa, che si chiama Chiesa ortodossa ucraina in Ucraina guidata da Sua Beatitudine Onufrij. Nel caso degli uniati, il cambiamento della dottrina da ortodossa a cattolica era evidente,

Ribadiamo questo pensiero: la Chiesa non può essere divisa per definizione. "Ogni regno discorde cade in rovina e nessuna città o famiglia discorde può reggersi" (Mt 12:25). E la Chiesa starà in piedi secondo la parola del Signore: "Edificherò la mia Chiesa e la le porte degli inferi non prevarranno contro di essa..." (Mt 16:18). Quindi, se vediamo che la Chiesa è "divisa" in più parti, ciò significa che solo una di queste parti è la vera Chiesa, mentre tutte il resto sono comunità che si sono staccate da lei e hanno cessato di farne parte.

Pertanto, l'affermazione che ci sono "Chiese del battesimo di Vladimir" in Ucraina è un imbroglio. C'è solo una Chiesa nella nostra terra, creata dal santo principe Vladimir, uguale agli apostoli. Non citeremo qui argomenti a favore del fatto che questa Chiesa è la Chiesa ortodossa ucraina.

Per quanto riguarda la storia dell'emergere della Chiesa greco-cattolica ucraina, questa non iniziò nel 988, ma nel 1596, quando due vescovi ucraini commisero un atto di tradimento dell'Ortodossia, accettando pienamente tutti gli errori cattolici e giurando fedeltà al papa.

Affermazione 3: La Chiesa fondata dal principe Vladimir era intrinsecamente uniate

La Chiesa greco-cattolica ucraina afferma che la Chiesa fondata nella Rus' nel 988 era in comunione sia con la Chiesa di Costantinopoli e le altre Chiese locali, sia con il trono romano. Nella terminologia moderna, era una Chiesa uniate.

Una citazione dal Concetto Ecumenico: "La Chiesa di Cristo in Ucraina, conosciuta sin dal Battesimo della Rus' come la metropolia di Kiev, è nata storicamente dall'assimilazione della tradizione bizantina. Attingendo generosamente alle fonti teologiche, liturgiche, canoniche e spirituali della tradizione bizantina in una combinazione organica con l'eredità di Cirillo e Metodio e coltivando la propria cultura autoctona, la Chiesa di Kiev era in comunione con la Chiesa dell'Occidente cristiano e con il successore di Pietro – il papa di Roma".

Ancora una volta, questa è un'affermazione molto bella, che, a prima vista, è difficile da contestare. Dopotutto, la divisione delle Chiese orientale e romana ebbe luogo nel 1054, ma la metropolia di Kiev sorse nel 988. Sulla base di queste date, gli uniati affermano che per 66 anni la metropolia di Kiev fu in comunione con il trono romano. Ma la correttezza di questa affermazione è limitata solo a queste date. In effetti, al tempo del Battesimo della Rus', l'Ortodossia e il latinismo erano già tradizioni cristiane diverse con punti di vista diversi su questioni dogmatiche come la processione dello Spirito Santo e la guida nella Chiesa. Nel rito latino, la dottrina del Filioque e la leadership del papa nella Chiesa erano già state saldamente radicate, mentre l'Ortodossia si era già pronunciata inequivocabilmente contro questi dogmi modificati.

Occorre prestare attenzione a due monumenti della nostra scrittura, da cui segue con la massima chiarezza che le persone che vivevano nella Rus' alla fine del X secolo percepivano l'Ortodossia e il latinismo come credenze diverse. Questi sono "La cronaca degli anni passati" e "La lettera del monaco Teodosio delle Grotte al granduca Izjaslav sulla fede varangiana o latina".

La cronaca degli anni passati racconta come il principe Vladimir scelse la fede. Da questa narrazione segue che sia il santo principe che il suo entourage realizzarono la fede latina come qualcosa di separato dalla fede greca. Di conseguenza, San Vladimir rifiutò il latinismo.

Una citazione: "Poi vennero degli stranieri da Roma e dissero: 'Siamo venuti, mandati dal papa', e si rivolsero a Vladimir: 'Così ti dice il papa: la tua terra è simile alla nostra, ma la tua fede non è come la nostra, perché la nostra fede è luce; noi adoriamo Dio, che ha creato il cielo e la terra, le stelle e la luna e tutto ciò che respira, mentre i tuoi dei sono fatti di un albero". Vladimir chiese loro: 'Qual è il tuo comandamento?' Risposero: 'Digiunare come uno se la sente: se qualcuno beve o mangia, allora tutto questo è per la gloria di Dio', come disse il nostro maestro Paolo. Vladimir ha detto ai tedeschi: 'Tornate da dove siete venuti, perché questo i nostri padri non l'hanno accettato'."

In questo testo, le parole del principe Vladimir che "questo i nostri padri non l'hanno accettato" sono cruciali. Molto probabilmente, il santo principe si riferisce al caso della missione fallita del vescovo latino Adalberto, che fu espulso in disgrazia dalla Rus' sotto la principessa Olga. Ma in ogni caso, queste parole indicano che, anche prima del principe Vladimir, il latinismo nella Rus' era percepito come una fede separata dall'Ortodossia.

La Lettera del monaco Teodosio lo testimonia ancora più chiaramente. Inoltre, in alcuni elenchi è preceduto dall'osservazione che è stato scritto non su iniziativa del monaco personalmente, ma come risposta al principe Izjaslav, il che suggerisce che Izjaslav abbia capito che l'Ortodossia e il latinismo sono credenze diverse, ma voleva capire da sé in che cosa consiste esattamente questa differenza.

Una citazione: "Una richiesta del principe Izjaslav, figlio di Jaroslav, nipote di Vladimir, all'abate Teodosio delle Grotte sulla fede latina. E così Izjaslav dice: raccontami, padre, della fede varangiana".

In risposta a ciò, il monaco Teodosio, che a quel tempo era il sacerdote più autorevole della Rus' di Kiev, scrive: "Io sono Teodosio, un povero servo della santissima Trinità, il Padre e il Figlio e lo Spirito Santo, nato nella fede pura e ortodossa e allevato nel buon diritto da un fedele padre e una madre cristiani, che mi hanno insegnato a seguire la buona legge e i costumi degli ortodossi, ma a non unirmi alla fede latina, a non osservare i loro costumi e ad evitare di incontrarli o ascoltare qualsiasi loro insegnamento, e ad aborrire tutti i loro costumi e usanze". Di conseguenza, i genitori del monaco Teodosio sapevano già che la fede latina era diversa da quella ortodossa e insegnavano ai loro figli a evitarla in ogni modo possibile. Il rifiuto del latinismo da parte del monaco Teodosio era così forte che generalmente negava a coloro che lo professavano la possibilità della salvezza.

Una citazione: "Perdizione totale, sia la loro fede che le loro azioni <...> Non c'è altra fede migliore della nostra, pura e onesta santa fede ortodossa. Chi ha vissuto questa fede può liberarsi dei peccati ed evitare il tormento eterno, diventare partecipe della vita eterna e gioire senza fine con i santi. Ma coloro che professano una fede diversa, sia essa latina, aramaica o saracena, non possono vedere la vita eterna, né possono unirsi ai santi".

Si può quindi affermare che la Chiesa russa fondata dal principe Vladimir non era in comunione con Roma, e i tentativi di dimostrare il contrario non sono altro che speculazioni su date storiche.

Dichiarazione 4: Chiesa greco-cattolica ucraina = Chiesa locale di Kiev

Le due precedenti affermazioni che la Chiesa greco-cattolica ucraina è la "Chiesa del Battesimo di Vladimir", creata nel 988, e che all'inizio della sua esistenza la metropolia di Kiev era in comunione con il trono romano, portano logicamente alla seguente affermazione dei greco-cattolici – è la Chiesa greco-cattolica ucraina che più complessivamente corrisponde alla primordiale metropolia di Kiev. E quindi, è la Chiesa greco-cattolica ucraina che è la Chiesa locale di Kiev.

In particolare, il Concetto Ecumenico afferma: "Il carattere locale della Chiesa greco-cattolica ucraina è tradizionalmente caratterizzato da due aspetti. Da un lato, avendo un legame storico con la sua Chiesa madre – la Chiesa di Costantinopoli, ed essendo uno degli eredi legittimi della storica metropolia di Kiev, la Chiesa greco-cattolica ucraina appartiene all'Oriente cristiano, preservando e coltivando la spiritualità orientale, la teologia, ordine e rito. D'altra parte, è confortata dal godere della piena comunione con il vescovo romano e con tutte le Chiese locali cattoliche". Gli uniati affermano di preservare "la spiritualità, la teologia, l'ordine canonico e il rito orientali".

In realtà, nella Chiesa greco-cattolica ucraina di tutto quanto sopra è conservato solo il rito. Tutto il resto – spiritualità, teologia e ordine canonico – è cattolico. Non è difficile dimostrarlo con esempi specifici, ma questi non rientrano nel formato di questo articolo.

Una citazione dal Concetto Ecumenico: "La Chiesa indivisa di Kiev (988, ndc) non è stata guastata da lotte fraterne, e la sua memoria mistica conserva ancora una costante memoria liturgica del cristianesimo indiviso nel primo millennio. Per questo la Chiesa greco-cattolica ucraina è in piena comunione con la Chiesa cattolica, stringendosi attorno al successore dell'apostolo Pietro, e testimonia ai suoi fratelli non cattolici che l'unità ecclesiastica non è solo un traguardo di vasta portata da raggiungere per i cristiani, ma anche una realtà che può essere vissuta oggi".

Pertanto, gli uniati affermano che la Chiesa greco-cattolica ucraina è un modello di ruolo dell'unità ecclesiale di oggi, tralasciando le differenze di dottrina e gli altri aspetti che sono stati già menzionati sopra. Le parole che la Chiesa greco-cattolica ucraina incarna "l'unità ecclesiastica" ed "è <...> una realtà che può essere vissuta oggi", sono equivalenti a un invito alle "Chiese del Battesimo di Vladimir" ad unirsi intorno alla Chiesa greco-cattolica ucraina.

Affermazione 5: L'unità è possibile solo nella sottomissione al papa

Tutte le belle parole sull'unità nella diversità, il rispetto per le tradizioni delle diverse confessioni e l'assicurazione che la Chiesa greco-cattolica ucraina conserva "la spiritualità orientale, la teologia, l'ordine canonico e il rito" non sono altro che un'esca. In definitiva, qualunque sia lo sfogo, si riduce a una cosa: la sottomissione al papa.

Una citazione dal Concetto ecumenico: "Pertanto, la Chiesa greco-cattolica ucraina confessa: 'La pienezza della Chiesa di Cristo opera in ogni Chiesa locale che è in comunione con le altre Chiese locali. Un segno visibile della comunione delle Chiese è il vescovo ecumenico, il Papa , il cui primato nell'amore e nel ministero dell'insegnamento appartiene all'eredità della fede di tutta la cristianità".

In effetti, questa frase esprime il punto cruciale del Concetto ecumenico e, più in generale, l'intera essenza del cattolicesimo, di cui gli uniati ucraini fanno parte, vale a dire. il papa è la misura di tutto. Rileggiamo questa citazione. Né un solo credo, né una sola norma morale, e nemmeno l'unità eucaristica è "segno visibile della comunione delle Chiese", ma il papa.

Conclusione

Quanto precede suggerisce una conclusione semplice e quindi breve: se siete sedotti dalle "belles-lettres" greco-cattoliche e vi unite all'ecumenismo, finirete sicuramente sotto il controllo del papa. Che siate felici o meno di questa prospettiva, questo dipende totalmente da voi.

 
Libro di funzioni ortodosse in italiano

La pagina Facebook della nostra parrocchia fa un collegamento a una presentazione del primo volume del Libro del Celebrante, la prima delle tre parti di uno sforzo di traduzione in italiano dello Sluzhebnik slavonico. Complimenti a Valerio (Teodoro) Polidori per lo sforzo redazionale, e per aver trovato una casa editrice di tutto rispetto come le Dehoniane. Studieremo il nuovo volume con molta attenzione.

Troviamo invece clamoroso l'autogol della presentazione dell'opera come "il primo messale del Patriarcato di Mosca in italiano". Siamo abituati a veder aprire chiese ortodosse greche o romene nella diaspora, e a sentirle propagandare come "la prima chiesa ortodossa aperta sul luogo negli ultimi secoli", proprio nei posti in cui cinquant'anni prima erano attive parrocchie di ortodossi russi; questo però si può giustificare con la mancanza di comunicazioni tra diverse giurisdizioni. È invece un po' più demenziale la dimenticanza (o il deliberato insabbiamento) di un'opera simile benedetta dal proprio stesso patriarcato ventiquattro anni prima.

Nel 1990 (anno sufficientemente lontano da permettere una ricerca bibliografica, ma non troppo lontano da perdersi nella notte dei tempi) usciva un'opera che conteneva le traduzioni italiane di tutti i testi liturgici contenuti nel presente volume, e di altre officiature, che era stata, per citare testualmente, "Rivista ed approvata dalla Commissione Liturgica del Decanato d'Italia della Chiesa Ortodossa Russa (Patriarcato di Mosca)". Proprio per sfatare i dubbi relativi a un ente locale auto-referenziale, la stessa fonte sottolinea che il libro è "Edito con la Benedizione delle competenti Autorità Ecclesiastiche". E per essere precisi, in quel tempo, la più diretta "competente autorità" non era altri che il recentemente defunto metropolita Vladimir (Sabodan) di Kiev e di tutta l'Ucraina. Ignorare queste cose involontariamente è un pessimo segno di mancanza di ricerca e di professionalità; ignorarle volontariamente è sfacciata partigianeria di se stessi. Iniziamo male... ma speriamo che il testo offra qualche spunto positivo.

 
Vecchi e nuovi "fanarismi": 5 esempi di falsità

la questione del primato è molto importante per il Fanar. Foto: Unione dei giornalisti ortodossi

Il patriarca Bartolomeo ha raccontato ai giornalisti ucraini del suo primato, dell'anatema "sbagliato" di Filaret e ha fatto altre "gaffes", che selezioniamo e analizziamo.

Nel giorno di san Nicola nel nuovo stile, il patriarca Bartolomeo ha parlato con i giornalisti ucraini. Analizziamo i vecchi e nuovi errori del capo del Patriarcato di Costantinopoli e del suo assistente, che si è unito alla conversazione. Le citazioni sono fornite secondo la pubblicazione Suspil'ne.

Sul Tomos per l'Ucraina e sulla "Costituzione" di Filipp Orlik

Il patriarca Bartolomeo ha cercato di presentare la questione come se gli ucraini per molti secoli avessero presumibilmente cercato di sbarazzarsi della loro dipendenza dalla Chiesa di Mosca, si fossero rivolti a Costantinopoli per questo scopo, e ora, finalmente, la saggia "Chiesa madre" avesse risposto a queste secolari aspirazioni degli ucraini, concedendo il Tomos all'Ucraina.

Il patriarca Bartolomeo: "La questione dell'autocefalia in Ucraina non è sorta due o tre anni fa: nei secoli passati, gli ucraini hanno fatto grandi sforzi per avere la propria Chiesa, per avere l'autodeterminazione".

Per provare le sue parole, il capo del Fanar ha citato un brano della cosiddetta "Costituzione" di Filipp Orlik del 1710: "Dopo la liberazione della Patria dal giogo di Mosca, l'ataman deve ricevere l'autorità sacerdotale primordiale nella capitale apostolica di Costantinopoli, per riprendere per mezzo di essa i rapporti e l'obbedienza filiale al Trono apostolico di Costantinopoli, dal quale il potere è stato benedetto con forza grazie alla predicazione della santa fede evangelica".

Innanzitutto, poniamoci una domanda: come fa il patriarca Bartolomeo a conoscere così bene questo documento? I negoziatori ucraini non gli hanno messo in bocca questa informazione fin dai tempi di Petro Poroshenko? Se è così, hanno sostanzialmente incastrato "la sua divina tutta-santità", poiché la "Costituzione" contiene molte cose di cui il patriarca Bartolomeo non sarà affatto contento.

In secondo luogo, il documento citato dal patriarca Bartolomeo non è affatto una vera costituzione. Anche sul sito web della Verkhovna Rada, è intitolato "Trattati e regolamenti dei diritti e delle libertà dei militari tra sua Grazia il signore Filipp Orlik, neoeletto atamano dell'esercito di Zaporozh'e, e tra i generali, i colonnelli e l'esercito di Zaporozh'e con pieno accordo di entrambe le parti". Sia nel nome che nel contenuto, riguarda solo il rapporto tra l'atamano e il caposquadra cosacco.

In terzo luogo, nel testo del documento, gli abitanti dell'Ucraina a quel tempo non sono mai chiamati ucraini, ma esclusivamente "il popolo dei piccoli russi" (narod malorossiskij).

In quarto luogo, il testo contiene un'obbligazione di subordinare la Chiesa in Ucraina a Costantinopoli, ma non c'è il minimo accenno al desiderio di questa Chiesa di ottenere l'autocefalia.

In quinto luogo, letteralmente poche righe sopra il testo della "Costituzione" citato dal patriarca Bartolomeo, è indicato direttamente che il trasferimento dell'Ucraina al governo di Mosca aveva un unico obiettivo: la conservazione dell'Ortodossia. Citiamo dalla "Costituzione" di Philip Orlik: "Non è un segreto che l'atamano Bogdan Khmelnitskij di gloriosa memoria con l'esercito di Zaporozh'e si ribellò e iniziò una giusta guerra contro la Confederazione polacco-lituana per i diritti e le libertà dei militari, ma soprattutto per la santa fede ortodossa, dopo la costrizione a unirsi alla Chiesa romana da parte del governo polacco. Dopo l'eradicazione dell'eterodossia dalla nostra patria con le truppe del popolo di Zaporozh'e e dei piccoli russi, egli ha volontariamente ceduto ed è passato sotto la protezione dello stato di Mosca per un solo scopo – solo per il bene della pura fede ortodossa". (Chi non ci crede, veda la citazione dal testo sul sito web della Verkhovna Rada).

Se i funzionari ucraini avessero dato da leggere al patriarca Bartolomeo l'intero testo di questo paragrafo, e non solo la sua conclusione, allora il capo del Fanar sarebbe semplicemente inorridito dal fatto che questo testo schiacciasse non solo tutti i suoi argomenti sul "tomos", ma addirittura denunciasse il suo attuale ecumenismo. Dopotutto, Filipp Orlik, che, tra l'altro, fu battezzato nell'Ortodossia, poi divenne cattolico nel collegio dei gesuiti, poi divenne di nuovo ortodosso e alla fine della sua vita si convertì all'islam, e che non simpatizzava affatto con l'impero moscovita, dichiara esplicitamente che la transizione dell'Ucraina al governo di Mosca, in primo luogo, era volontaria e, in secondo luogo, mirava a salvare l'Ortodossia dall'unione con il cattolicesimo. Inoltre, Filipp Orlik testimonia che tale unione era stata imposta all'Ucraina con la forza dalle autorità polacche. Questo abbatte l'intera argomentazione del Fanar sulla concessione del Tomos agli scismatici ucraini.

Sullo scisma nell'Ortodossia universale

Il patriarca Bartolomeo dichiara che non c'è scisma nell'Ortodossia, ma subito afferma il contrario: "I nostri fratelli russi dicono che è avvenuta una spaccatura. Non c'è alcuna spaccatura. Eppure, se c'è, allora sono loro (i russi, ndc) a provocarla, interrompendo la comunione con le quattro Chiese. Nessun altro ha interrotto la comunione creando una spaccatura nel seno dell'Ortodossia".

In primo luogo, c'è in realtà una spaccatura, poiché la Chiesa ortodossa russa e la Chiesa ortodossa ucraina hanno deciso di porre fine alla comunione eucaristica con le Chiese locali che hanno riconosciuto la "Chiesa ortodossa dell'Ucraina".

In secondo luogo, la colpa di questa scissione è tutta del Patriarcato di Costantinopoli, poiché è stato questo a entrare in comunione con gli scismatici ucraini.

In terzo luogo, la comunione con il Fanar è stata interrotta non solo dai "fratelli russi, ma anche dalla Chiesa ortodossa ucraina – si tratta di più di cento vescovi, circa 13.000 chierici, circa 5.000 monaci e decine di milioni di laici. Questi non sono "fratelli russi", ma il popolo dell'Ucraina, o almeno una parte enorme di esso. Sono stati loro a risentirsi delle azioni del Fanar in Ucraina. E la decisione dell'episcopato della Chiesa ortodossa ucraina di rompere la comunione è una dichiarazione del fatto che il Fanar si è schierato dalla parte dello scisma, avendo riconosciuto gli scismatici ucraini.

Una citazione dalla Risoluzione del Concilio dei Vescovi della Chiesa ortodossa ucraina del 13 novembre 2018: "Il Concilio dei Vescovi della Chiesa ortodossa ucraina ritiene che le decisioni del Santo Sinodo del Patriarcato di Costantinopoli dell'11 ottobre 2018 sulla questione della Chiesa ucraina siano invalide e prive di forza canonica. In particolare, la decisione di stabilire la giurisdizione del Patriarcato di Costantinopoli nel territorio dell'Ucraina è frutto di un'interpretazione speculativa della storia della Chiesa. Inoltre, la decisione di togliere l'anatema e altri divieti ecclesiastici ai leader dello scisma e riconoscere la validità delle pseudo-chirotonie da loro eseguite durante la loro permanenza nello scisma è una conseguenza dell'interpretazione distorta dei canoni ortodossi. La storia della Chiesa ortodossa non conosce casi di superamento di uno scisma attraverso la sua mera legalizzazione. Dopo aver preso tali decisioni anticanoniche, riconoscendo gli scismatici nei loro ranghi esistenti, lo stesso Patriarcato di Costantinopoli ha intrapreso la via dello scisma, secondo i canoni della Chiesa. Al riguardo, la comunione eucaristica della Chiesa ortodossa ucraina con il Patriarcato di Costantinopoli è attualmente impossibile ed è cessata".

Tuttavia, quasi subito dopo aver negato uno scisma nell'Ortodossia, il patriarca Bartolomeo afferma che esiste ancora uno scisma. Ma lo sostiene solo per incolpare la Chiesa ortodossa russa per questa scissione, ritenendola presumibilmente colpevole di aver interrotto il Concilio di Creta nel 2016.

Una citazione del Patriarca Bartolomeo: "Questo scisma è stato avviato dalla Russia nel 2016, quando la Chiesa di Mosca, e sotto la sua influenza tre altre Chiese, non sono arrivate al Santo e Grande Concilio di Creta. Abbiamo preparato tutti insieme questo Concilio. Fino al gennaio 2016 a Ginevra, quando abbiamo avuto l'ultimo incontro dei primati ortodossi, tutte le Chiese, compresa la Russia, stavano preparando questo Concilio. Ma all'ultimo momento, i russi e altre tre Chiese non sono venuti".

Questo non è assolutamente vero. Non è stata la Chiesa ortodossa russa a fare pressione sulle Chiese locali perché non si presentassero al Concilio, ma al contrario, è stato il rifiuto a partecipare al Concilio delle Chiese di Antiochia, Georgia, Bulgaria e Serbia (quest'ultima poi arrivata al Concilio) che ha costretto la Chiesa ortodossa russa a rinunciare. La scusa della Chiesa ortodossa russa era semplice e logica: se non è possibile garantire la presenza di tutte le Chiese locali, allora il Concilio perde automaticamente il suo status panortodosso, e quindi le sue decisioni non avranno autorità panortodossa. In questo caso è opportuno rimandare il Concilio, come scrisse a Costantinopoli il patriarca di Mosca Kirill. Ma il Fanar si rifiutò di rinviare il Concilio. In effetti, la Chiesa ortodossa russa stava per partecipare al Concilio, la composizione della delegazione era già stata determinata, i biglietti comprati e le camere d'albergo prenotate.

Tuttavia, l'argomentazione della Chiesa ortodossa russa è alquanto discutibile. Molto più corretta è la posizione della Chiesa georgiana (nonché di singoli vescovi di alcune altre Chiese locali), che si è rifiutata di andare al Concilio di Creta, spiegando ciò non con questioni procedurali, ma con un fondamentale disaccordo con il fatto che il i testi dei documenti finali del Concilio di Creta proposti da Costantinopoli contengono errori dogmatici, canonici e terminologici.

Ebbene, in ogni casoo, nessuno scisma nell'Ortodossia è seguito al Concilio di Creta.

Sul sogno dei russi

Una citazione del patriarca Bartolomeo: "Il sogno dei nostri fratelli russi è essere i dominatori dell'Ortodossia. Questo non accadrà mai, perché i canoni della Chiesa Ortodossa e le azioni della Chiesa nel corso dei secoli hanno dato il primato a Costantinopoli. Costantinopoli sarà sempre la prima Chiesa nel sistema delle Chiese ortodosse, mentre la Chiesa sorella russa sarà la quinta".

La prima cosa che sorprende è la fiducia del capo del Fanar nei sogni dei vescovi della Chiesa ortodossa russa. È fermamente convinto che i "fratelli russi" sognino, diciamo, non un volo su Marte, ma la supremazia nell'Ortodossia. Tuttavia, a questo proposito sarà opportuno ricordare la saggezza popolare, in particolare il proverbio "Ciò che pensa il cuore, lo dice la lingua".

Se si segue il discorso del capo del Fanar, si ha l'impressione che la questione del primato per il patriarca Bartolomeo sia la stessa di "Un anello per domarli" per uno degli eroi di Tolkien: "Il mio tesssoro!" Questo confronto è tanto più pertinente perché il Gollum di Tolkien, che possedeva l'anello e ne aveva una morbosa dipendenza, sospettava che tutti volessero possederlo. A questo proposito è opportuno soffermarsi su quanto segue:

In primo luogo, tutte le controversie sul primato furono risolte dal Signore Gesù Cristo stesso, il quale parlò di queste controversie ai suoi apostoli: "Quando fu in casa, chiese loro: Di cosa discutevate lungo la strada? Ma tacevano perché per strada avevano litigato su chi fosse il più grande. Sedutosi, Gesù chiamò i dodici e disse: Chi vuol essere il primo, sia l'ultimo e il servo di tutti" (Mc 9:33-35).

In secondo luogo, la disputa degli apostoli sul primato è una disputa tra persone che non sono state ancora illuminate dallo Spirito Santo sugli interessi terreni. Dopo la discesa dello Spirito Santo su di loro nel giorno di Pentecoste, tali controversie divennero, in linea di principio, impossibili. Non esistevano, stando a quanto ci dice la storia della Chiesa primitiva. Pertanto, un ritorno a tali controversie è un ritorno a uno stato decaduto, a un uomo vecchio, che, secondo la parola dell'apostolo Paolo, "si va disfacendo" (2 Cor 4:16).

In terzo luogo, il patriarca Bartolomeo non può fornire alcuna prova delle sue accuse contro la Chiesa ortodossa russa a proposito della sua usurpazione del primato. Secondo il capo del Fanar, tali prove si basano su due fatti: la mancata partecipazione della Chiesa ortodossa russa al Concilio di Creta nel 2016 e la resistenza alla creazione della "Chiesa ortodossa dell'Ucraina". Tuttavia, il buon senso elementare suggerisce che ciò non dimostra in alcun modo l'ambizione di primato della Chiesa ortodossa russa.

In quarto luogo, le costanti affermazioni del patriarca Bartolomeo che, secondo i canoni, ha lui il primato e non lo darà a nessuno, dicono solo che i canoni non gli concedono questo primato. Altrimenti, starebbe semplicemente zitto. Per esempio, il papa non si lamenta del suo primato nel cattolicesimo, perché i canoni di questa organizzazione religiosa gli assegnano inequivocabilmente questo primato.

A proposito dell'anatema a Filaret Denisenko e Makarij Maletich

Nel caso qualcuno lo avesse dimenticato: Filaret Denisenko è l'ex capo (anche lui stesso afferma di esserlo ancora) della Chiesa ortodossa ucraina del "patriarcato di Kiev", e Makarij Maletich è l'ex capo della "Chiesa ortodossa autocefala ucraina", che hanno fuso le loro strutture per partorire la "Chiesa ortodossa dell'Ucraina".

Una citazione del patriarca Bartolomeo: "C'è stata una spaccatura in Ucraina a causa del fatto che Mosca ha deposto e anatematizzato Filaret e Makarij, e tutto è iniziato da lì. Quando l'Ucraina ha chiesto l'autocefalia dopo aver ottenuto l'indipendenza come stato, Mosca non solo non l'ha concessa – non aveva il diritto di darla, gli ucraini dovevano andare a Costantinopoli – si sono rivolti a Mosca e non gli è stata concessa l'autocefalia nei primi anni '90."

Cosa c'è di sbagliato qui?

Se Filaret era un vescovo, deposto dal sacerdozio e anatemizzato dalla Chiesa ortodossa russa, quella di Maletich è una storia completamente diversa. Ha lasciato la Chiesa ortodossa russa per lo scisma nel 1989 come sacerdote. Non è mai stato vescovo e semplicemente non lo è, perché è stato "consacrato" nella "Chiesa ortodossa autocefala ucraina" nel 1996 da persone prive di dignità episcopale. Di conseguenza, il "perdono" di Maletich da parte del patriarca Bartolomeo come vescovo anatematizzato è assurdo. Maletich è solo un ex prete deposto dal sacerdozio.

Il patriarca Bartolomeo ha per qualche motivo "dimenticato" che fin dal 1997 riconosceva pienamente l'anatema imposto a Filaret dalla Chiesa russa, come testimonia la sua lettera n. 282 al patriarca Alessio del 15.04.1997: "Riguardo all'anatema di Filaret (Mikhail Denisenko) e Gleb Jakunin, nonché in merito alla deposizione dal sacerdozio e alla retrocessione allo stato laicale di Valentin (Rusantsov), Adrian (Starina) e Iosaf (Shibaev). Dopo aver ricevuto una notifica della citata decisione, abbiamo informato la gerarchia del nostro trono ecumenico a riguardo e abbiamo chiesto loro di non avere d'ora in poi alcuna comunione ecclesiastica con le persone menzionate".

In una conversazione con i giornalisti ucraini, il capo del Fanar ha affermato di aver inviato lettere a Makarij e Filaret, spiegando che "le ragioni per cui sono stati anatematizzati non riguardavano la fede o il dogma ma erano disciplinari". Ma se l'anatema di Filaret era "sbagliato", perché il patriarca Bartolomeo ha chiesto ai suoi vescovi di non avere alcuna comunione con l'anatematizzato Filaret dal 1997 al 2018? Questo è rimasto un mistero, così come il motivo per cui questi "metropoliti hanno ricevuto il perdono".

Una citazione del patriarca Bartolomeo: "Sia Filaret che i suoi associati furono puniti, e da qui una grande ferita apparve sul corpo dell'ortodossia ucraina. Gli ucraini puniti da Mosca si sono rivolti al Patriarcato ecumenico, che dai tempi del quarto Concilio ecumenico, cioè dal V secolo, ha il diritto di accogliere i ricorsi. Il patriarcato ha usato questo diritto, ha studiato il problema dei nostri fratelli ucraini, li ha perdonati e poi ha dato ciò che gli ucraini avevano chiesto, vale a dire, l'autocefalia".

Riferendosi al quarto Concilio ecumenico, il capo del Fanar aveva ovviamente in mente il Canone 9, il quale, in particolare, dice: "Se qualche sacerdote ha una controversia con un altro, non lasci il proprio vescovo per ricorrere ai tribunali secolari, ma sottoponga prima il suo caso al proprio vescovo, o lo faccia giudicare da arbitri scelti da entrambe le parti e approvati dal vescovo. Chiunque agisca in modo contrario sia passibile di sanzioni canoniche. Se invece un sacerdote ha una controversia con il proprio vescovo, o con qualche altro vescovo, questa sia giudicata dal Sinodo della provincia. Ma se qualche Vescovo o sacerdote ha una controversia con il metropolita della stessa provincia, si rivolga o all'esarca della diocesi o al trono della capitale imperiale Costantinopoli, e sia giudicato dinanzi a lui". I fanarioti interpretano questo canone nel senso che, in generale, tutte le controversie in tutte le Chiese locali devono essere risolte a Costantinopoli come ultima risorsa. Tuttavia, non è così. I patriarchi di Costantinopoli avevano il diritto di decidere in ultima istanza solo le controversie sorte all'interno della Chiesa locale di Costantinopoli, piuttosto che in altre Chiese locali.

Per convincersene bisogna leggere il Canone 28 dello stesso quarto Concilio ecumenico, che definisce un elenco esaustivo delle aree soggette al trono di Costantinopoli: "Ed è disposto che solo nelle metropolie del Ponto, dell'Asia e della Tracia le diocesi saranno ordinate dal suddetto santissimo trono della santissima Chiesa di Costantinopoli". Inoltre, è impossibile immaginare che il clero, per esempio, della Chiesa romana, si rivolgesse nel primo millennio a Costantinopoli, non a Roma, per la risoluzione delle loro controversie.

Sulla visita in Ucraina

Nell'agosto 2021, il patriarca Bartolomeo si è recato in visita a Kiev, è stato ricevuto da alti funzionari dello stato e ha preso parte alle celebrazioni del 30° anniversario dell'indipendenza dell'Ucraina. Ha valutato la sua visita come un grande successo. Quanto ciò sia lontano dal vero si può leggere nell'articolo "Le implicazioni della visita del patriarca Bartolomeo".

Una citazione del patriarca Bartolomeo: "Ovunque sono apparso, sono stato ringraziato per il Tomos d'autocefalia... Mi è anche piaciuto vedere il desiderio dello stato ucraino di collaborare con la Chiesa ortodossa autocefala in Ucraina. Il fatto che ho letto che molte comunità si stanno unendo alla Chiesa ortodossa autocefala dell'Ucraina conferma ancora una volta che gli ucraini vogliono avere la propria Chiesa ortodossa".

In primo luogo, perché il patriarca Bartolomeo, se come sostiene, "è stato ringraziato ovunque per il Tomos d'autocefalia", ha ignorato le molte migliaia di credenti della Chiesa ortodossa ucraina vicino alla Verkhovna Rada, che stavano aspettando di raccontargli direttamente il loro atteggiamento nei confronti di questo Tomos? Il capo del Fanar è entrato vergognosamente nell'edificio dalla porta sul retro e se ne è andato rapidamente dopo aver incontrato il portavoce della Verkhovna Rada.

In secondo luogo, "il desiderio dello stato ucraino di cooperare con la Chiesa ortodossa autocefala in Ucraina" non è altro che una violazione da parte delle autorità ucraine del principio costituzionale della separazione della chiesa dallo stato, nonché un vivido esempio di discriminazione contro la Chiesa ortodossa ucraina.

In terzo luogo, la menzione del capo del Fanar sulle "transizioni" delle comunità nella "Chiesa ortodossa dell'Ucraina" è semplicemente scioccante, poiché la maggior parte di esse sono palesi sequestri forzati. Per esempio, i radicali del "settore destro" hanno dichiarato apertamente di aver assistito a più di 50 di tali "transizioni alla "Chiesa ortodossa dell'Ucraina"". In generale, i fatti dei sequestri dei luoghi di culto della Chiesa ortodossa ucraina sono così numerosi e chiaramente documentati che sono già stati riconosciuti a livello dell'ONU, dell'OSCE e di altre organizzazioni per i diritti umani.

E in quarto luogo, decine di milioni di ucraini non vogliono riconoscere la "Chiesa ortodossa dell'Ucraina" e rimanere fedeli alla Chiesa ortodossa ucraina. Il capo del Fanar "se ne frega" della loro opinione e dei loro diritti religiosi? Dopotutto, è stata proprio questa frase che ha usato per commentare il fatto che la Chiesa ortodossa russa non fa menzione liturgica del suo nome al servizio patriarcale. "Risponderò a questo – non me ne potrebbe fregare di meno! Sì!", ha dichiarato "la sua divina tutta-santità".

Conclusioni tristi

L'intera narrativa del patriarca Bartolomeo testimonia una cosa: continua a persistere nella sua riluttanza ad ammettere l'ovvio, vale a dire:

  • Il patriarca di Costantinopoli non è il capo della Chiesa universale e non ha poteri esclusivi rispetto ad altri primati;

  • La "Chiesa ortodossa dell'Ucraina" è stata creata illegalmente, in violazione dei canoni della Chiesa;

  • Il progetto della "Chiesa ortodossa dell'Ucraina" si è rivelato fallimentare: è rifiutato da milioni di credenti ucraini; non è riconosciuto dalla maggioranza delle Chiese locali; è accompagnato da continui scandali legati al comportamento indegno dei "vescovi" della "Chiesa ortodossa dell'Ucraina";

  • Le azioni del Fanar in Ucraina non sanarono la scissione, ma, al contrario, la approfondirono e vanificarono virtualmente le prospettive della sua guarigione;

  • Il patriarca Bartolomeo ha portato in Ucraina inimicizia, odio, violenza e violazione dei diritti dei credenti.

Pertanto, il problema urgente per l'intera Chiesa è l'esposizione degli errori del patriarca Bartolomeo e in particolare l'eresia del "papismo di Costantinopoli" a livello pan-ortodosso e la valutazione delle azioni del Fanar dal punto di vista dei canoni ortodossi.

 
120.000 pellegrini visitano la tomba dell’anziano Paisios nel ventennale del suo decesso

Dal blog Mystagogy, 14 luglio 2014

Nel ventesimo anniversario del suo decesso, avvenuto il 12 luglio 1994, 120.000 pellegrini si sono radunati a pregare presso la tomba dell’anziano Paisios a Souroti, dove molti hanno atteso in coda per circa quattro ore.

Alla sera dell’11 luglio è iniziata una Veglia di tutta la notte al monastero di san Giovanni il Teologo a Souroti, dove è sepolto l’anziano, con una’ampia folla di fedeli, soprattutto giovani. Secondo i rapporti della polizia, 50.000 fedeli hanno partecipato alla Veglia, mentre 120.000 fedeli hanno visitato la tomba dell’anziano il 12 luglio.

 

 
Da Cardiff a New York e Mosca: come in un tragico anno uno scisma locale si è diffuso in tutto il mondo

Introduzione

Dopo la Liturgia celebrata in seguito alla firma dell'Atto di comunione canonica il 18 maggio 2007, mentre si toglieva i paramenti nella Chiesa di Cristo Salvatore, un arciprete molto anziano della ROCOR degli Stati Uniti si è rivolto a me e ha detto: 'Abbiamo vinto!' Avevo ancora qualche dubbio, ma nel 2012 quando ho visitato la Russia come parte della delegazione ufficiale della ROCOR in onore del quinto anniversario della firma, ho sentito che gli elementi settari che ci avevano perseguitato per decenni erano stati davvero sconfitti. Mi sbagliavo. I falchi settari della ROCOR non se ne erano andati tutti e volevano la loro vendetta per la vittoria delle colombe nel 2007.

Nessuno allora aveva previsto il rovesciamento del governo democratico orchestrato dalla CIA a Kiev nel 2014 e il furto delle riserve auree ucraine, l'elezione presidenziale di Donald Trump nel 2016 e il colpo di stato nel Sinodo della ROCOR nel 2018. I farisei erano tornati al potere di nuovo, determinati a compiere uno scisma settario dalla Chiesa ortodossa russa. Tutto ciò di cui avevano bisogno era un pretesto. Fu così che tra il 2020 e il 2021, nel giro di un anno, un evento minore nel piccolo Principato del Galles è divenuto uno scandalo internazionale su tre continenti. Ricordiamo com'è avvenuto il tragico scisma della ROCOR.

Cardiff, Galles, 17 dicembre 2020

Un sacerdote greco-cattolico, padre Jacob Siemens, è ricevuto nelle file del clero dell'arcidiocesi delle Chiese di tradizione russa dell'Europa occidentale, sotto il Patriarcato di Mosca, mediante vestizione e concelebrazione. Padre Jacob si è dichiarato felice di essere ricevuto in qualsiasi modo benedetto dal metropolita Jean dell'arcidiocesi. Infatti, è solo con l'espressa benedizione di Mosca che il metropolita Jean riceve padre Jacob per vestizione e concelebrando.

Londra, Inghilterra, 23 gennaio 2021

Nella sua Direttiva 359/E, il vescovo Irenei Steenberg della diocesi della ROCOR in Gran Bretagna, un americano convertito abbastanza recentemente alla ROCOR dal luteranesimo, respinge l'accoglienza di padre Jacob Siemens e afferma che è assolutamente impossibile per un sacerdote cattolico essere ricevuto nel sacerdozio ortodosso mediante vestizione e concelebrazione. Nella stessa Direttiva (emanata solo quattro settimane dopo la ricevzione in questione), il vescovo Irenei, il cui nome significa ironicamente 'pacifico', recide in modo aggressivo la comunione sacramentale e l'unità canonica della ROCOR nelle Isole britanniche con l'Arcidiocesi del Patriarcato di Mosca, avviando così uno scisma locale. Egli afferma:

'Non potete né concelebrare né partecipare liturgicamente, o in qualsiasi misura ecclesiastica, con il suddetto James (sic) Siemens, né con alcun chierico o istituzione locale dell'Arcidiocesi / Esarcato (sic) nelle Isole Britanniche. Inoltre, se avete figli spirituali o parrocchiani che a volte hanno frequentato parrocchie dell'Esarcato (sic, per arcidiocesi) nel Regno Unito per motivi di vicinanza, ecc., dovete informarli che fino a quando questa questione non sarà risolta, non possono ricevere i sacramenti in qualsiasi parrocchia dell'Esarcato (sic) nelle Isole Britanniche.

Questa azione di ingerenza negli affari di un'altra diocesi e la rottura della comunione con essa è tanto più straordinaria in quanto è stata originata dalla normale pratica della Chiesa ortodossa russa, al punto che alcuni suggeriscono che il vescovo Irenei stia effettivamente usando questa accoglienza a Cardiff come pretesto per attuare il suo rifiuto, e quello di altri, dell'Atto di comunione canonica del 2007 tra la Chiesa ortodossa russa e la ROCOR. Ciò comporterebbe lo scisma a lungo pianificato di tutta la ROCOR dalla Chiesa ortodossa russa. La sua ribellione contro le pratiche e la tradizione della Chiesa ortodossa russa è chiara a tutti, poiché conferma le sue precedenti dichiarazioni. Si veda:

https://ireneifiles.wixsite.com/home

Londra, Inghilterra, 26 febbraio 2021

Con la sua Notifica 390/E, il vescovo Irenei emette ora l'annuncio pubblico che, poiché padre Jacob non era stato (ri)ordinato alla sua ricezione, non è un sacerdote, e chiunque in posizione d'autorità dica il contrario – cioè il metropolita Jean di Dubna (e, implicitamente, l'intero episcopato del Patriarcato di Mosca), che lo ha accolto, sono colpevoli di "inganno spirituale":

"Nel dicembre dello scorso anno, l'arcidiocesi, con sede a Parigi, avrebbe ricevuto un certo dottor James [sic] Siemens nella Santa (sic) Ortodossia, sebbene senza Battesimo o Cresima, e ora lo promuove come 'sacerdote', sebbene questo individuo non abbia alcuna ordinazione ortodossa – in diretta violazione dei Santi (sic) Canoni della Chiesa. … Il dottor Siemens, secondo i Santi (sic) Canoni della Chiesa ortodossa, non è un sacerdote ma un laico, e quindi non ha ricevuto la grazia dell'ordinazione per compiere alcun rito o sacramento della Chiesa ortodossa. Un 'battesimo' compiuto da un non sacerdote non è un battesimo; una 'confessione' compiuta da un non sacerdote non è una confessione sacramentale; una 'liturgia' celebrata da un non sacerdote non è una Divina Liturgia e coloro che si accostano a un calice ivi offerto non ricevono il prezioso corpo e sangue di Cristo, qualunque cosa possa dire chi lo offre o chi ha autorità su di lui. Questo non è che inganno spirituale, e rischia di condurre gli inconsapevoli fedeli nella trappola dei falsi sacramenti e della falsa fede».

(Si vedano le "Note" alla fine di questo articolo per una comprensione delle implicazioni di questa azione, che è unilaterale, poiché in nessun momento l'arcidiocesi si è isolata o ha rifiutato di concelebrare con qualsiasi parte della Chiesa ortodossa russa, è solo la ROCOR che lo ha fatto).

Felixstowe, Inghilterra, 10 aprile 2021

In presenza di altri, il vescovo Irenei dice al sacerdote anziano della metà del Regno Unito della sua piccola diocesi dell'Europa occidentale, l'arciprete Andrew Phillips, che ha combattuto per decenni, anzi tutta la sua vita adulta, per l'unità della Chiesa ortodossa russa, che lui, il vescovo Irenei, sta progettando di far uscire la metà della sua diocesi britannica della ROCOR dalla comunione anche con la diocesi locale del Patriarcato di Mosca, e che di fatto il suo scisma con l'arcidiocesi è solo parte di un progetto settario di più ampio respiro.

New York, USA, 7 maggio 2021

Il Sinodo di New York riceve una lettera che descrive ciò che sta accadendo nella diocesi del vecovo Irenei e le chiare conseguenze tra il clero e i laici della ROCOR, che sono collettivamente allarmati dallo scisma di Irenei, desiderano parlare del problema dello scisma e avvertono che se la loro comunione con il resto della Chiesa ortodossa russa sarà interrotta, lasceranno la ROCOR. È impossibile contattare il primo ierarca della ROCOR, il metropolita Hilarion Kapral e nella sua risposta viene utilizzata la sua firma elettronica. Nella risposta, scritta dal vescovo Irenei, il mittente della lettera, l'arciprete Andrew Phillips, viene subito punito e avvisato che se anche solo tornerà a parlare di questo argomento, sarà sospeso.

Monte Athos, Grecia, 9 maggio 2021

L'anziano Evthymios, l'intimo discepolo di san Paisios, risponde alla nostra domanda su cosa fare con le parole: "Il vostro caso sarà deciso dalla più alta corte", chiarendoci che dobbiamo cercare un vescovo che rimanga in comunione con il Chiesa.

Londra, Inghilterra, 10 maggio 2021

In un caloroso incontro nella sua cattedrale di Londra, il vescovo ordinario della diocesi locale del Patriarcato di Mosca riceve una delegazione della ROCOR, che esprime il proprio allarme per le attività scismatiche del vescovo Irenei Steenberg. La delegazione è informata che non si può fare nulla, ma si prendono appunti e si dice che Mosca sarà informata della crisi incombente.

Parigi, Francia, 11 maggio 2021

La delegazione del clero e dei laici della ROCOR chiede al metropolita Jean dell'Arcidiocesi delle Chiese di tradizione russa in Europa occidentale se è disposto a prenderli sotto la sua protezione canonica e quindi fuori dallo scisma di Irenei. La risposta è positiva, ma non viene intrapresa alcuna azione in vista della possibilità che il vescovo Irenei possa riconsiderare la sua posizione durante i colloqui ortodossi inter-russi per la riconciliazione e il compromesso, da lungo tempo progettati, che si terranno a Ginevra il 23 agosto.

Ginevra, Svizzera, 23 agosto 2021

Il pomeriggio del 23 agosto 2021 si tiene a Ginevra un incontro disperato della durata di due ore, tanto atteso, per la riconciliazione interortodossa. Vi partecipano il metropolita Antonij, capo dell'Esarcato patriarcale dell'Europa occidentale e rappresentante di sua Santità il patriarca Kirill, il metropolita Jean di Dubna dell'Arcidiocesi delle chiese di tradizione russa in Europa occidentale e due vescovi della ROCOR, il metropolita Mark di Berlino e il vescovo Irenei di Londra.

Con nostro grande rammarico e angoscia, non c'è alcun negoziato e non si raggiunge alcun accordo in merito alla divisione con l'Arcidiocesi ortodossa russa dell'Europa occidentale e alla scomunica dei suoi fedeli, avviata dalla ROCOR in seguito agli eventi di Cardiff nel dicembre 2020.

Dopo il fallimento di questo incontro molto difficile che è solo un episodio della serie di accuse ingiustificate da parte della ROCOR, e non volendo più rimanere divisi dalle altre parti della Chiesa ortodossa russa, tre gruppi di parrocchie e clero della ROCOR in Inghilterra che sono tutti, in modo abbastanza indipendente, giunti alla stessa conclusione, passano all'azione. Nove parrocchie della ROCOR in Inghilterra, frequentate da quasi 5.000 ortodossi e servite da sedici chierici della ROCOR, composte da cinque sacerdoti della ROCOR e altri due che si sono rifiutati di unirsi a un gruppo che agisce in modo non cristiano come la ROCOR locale e si alleano con noi, due diaconi e sette lettori, in incrollabile lealtà e obbedienza alla tradizione ortodossa russa e alla sua comunione canonica, si trasferiscono nell'Arcidiocesi delle chiese di tradizione russa dell'Europa occidentale.

Di fronte alla scelta di essere fedeli alla divisione settaria di un ristretto numero di individui isolati, oppure di essere fedeli alle pratiche secolari di sua Santità il patriarca Kirill e dei suoi 400 vescovi e 40.000 parrocchie, il 99% della Chiesa, noi scegliamo quest'ultimo corso Questa accoglienza nella sua arcidiocesi il 23 agosto 2021 viene poi confermata per iscritto dal metropolita Jean di Dubna e pubblicata.

Gran Bretagna, 28 ottobre 2021

Con l'espressa benedizione del metropolita Jean dell'arcidiocesi, dopo la consultazione teologica e canonica, il decanato britannico dell'arcidiocesi pubblica la dichiarazione concordata collettivamente e la confutazione canonica della ribellione del vescovo Irenei contro le pratiche della tradizione ortodossa russa, la sua ingerenza negli affari di un'altra diocesi e la sua sospensione, annunciata sul suo blog, di chierici di un'altra diocesi. Questa è una risposta agli attacchi non veritieri di Internet al gruppo trasferito e al metropolita Jean personalmente, a cui non è stata data risposta in precedenza a causa della speranza di riconciliazione.

Dichiarazione del metropolita Jean di Dubna

Felixstowe, Inghilterra, 3 novembre 2021

L'arciprete Andrew Phillips, noto da tempo per le sue lotte per l'unità ortodossa russa e per il suo uguale rifiuto di tutti gli estremismi, sia del nuovo calendarismo, con il suo modernismo antiquato, dell'ecumenismo antispirituale e del liberalismo per tutti, sia del vecchio calendarismo, con il suo pseudo-tradizionalismo insicuro, il settarismo aggressivo e il fariseismo censorio, pubblica finalmente la sua risposta alla persecuzione. Si intitola "Riflessioni su uno scandalo internazionale".

Belgrado, Serbia, 25 novembre 2021

Al suo discorso conclusivo dopo le feste del centenario, ironicamente, una conferenza sulla storia della ROCOR, il metropolita Mark di Berlino conferma che anche la sua diocesi della ROCOR con sede in Germania si rifiuta di concelebrare con l'Arcidiocesi dell'Europa occidentale e la accusa (!) di atti non canonici. Il metropolita Mark indica anche che in un certo senso la ROCOR non riconosce più nemmeno la Chiesa locale dell'OCA (Chiesa ortodossa in America). La sua attitudine da "singola vera Chiesa" dà l'impressione che lui, anche se è un convertito dal luteranesimo, voglia appartenere a un ramo della Chiesa ortodossa russa che è più ortodosso russo degli attuali ortodossi russi! Questo discorso è riportato per la prima volta dal sito Credo.Press, finanziato dalla CIA e pro-Navalnij, a Mosca. Si veda:

Европейские епархии РПЦЗ МП запретили сослужение с другой структурой Московского патриархата в Западной Европе — Credo.Press

New York, USA / Mosca, Federazione Russa, 17 dicembre 2021

Il sito web dei vescovi della ROCOR annuncia che al Sinodo dei vescovi la settimana prima ha interrotto la comunione con l'Arcidiocesi patriarcale dell'Europa occidentale sotto il metropolita Jean di Dubna. Inoltre, apprendiamo oggi che il Sinodo della ROCOR ha informato Mosca che non prenderà parte al Concilio dei vescovi a Mosca nel maggio 2022 se sarà presente uno dei vescovi dell'Arcidiocesi dell'Europa occidentale del Patriarcato di Mosca. È passato un anno dal 17 dicembre 2021.

Conclusione

Da oltre due anni preghiamo ogni giorno san Giovanni di Shanghai e dell'Europa occidentale affinché ci aiuti contro il nostro persecutore. Dopo dodici anni come nostro arcivescovo in Europa, nel 1962 san Giovanni fu inviato da qui per risolvere uno scandalo finanziario negli USA. Lì il futuro padre Seraphim (Rose) fu ricevuto nella ROCOR per crismazione. Lì il futuro san Giovanni fu processato da alcuni vescovi della ROCOR e dai loro alleati, con il risultato di farlo morire nel giro di tre anni . Quest'ultima triste saga, così inutile, è solo un altro esempio di come sono perseguitati quelli che si battono per la Fede. I persecutori, di fatto, sono anti-mainstream, anti-ortodossi e anti-russi.

Noi siamo stati i primi a venire a conoscenza di tutti i dettagli, intenzioni e ripercussioni dello scisma di Irenei. Ecco perché abbiamo agito prima degli altri. Ancora oggi, la maggior parte è nell'ignoranza, ancora ignara di ciò che sta accadendo nella propria Chiesa. Tuttavia, poiché tutto diventa pubblico, tutto il resto del clero e del popolo della ROCOR che desiderano mantenere la fede con la Chiesa ortodossa russa, la Chiesa di San Tikhon di Mosca, sant'Alessio di Wilkes-Barre, San Giona di Hankow, San Serafino di Boguchar e san Giovanni di Shanghai, potrebbe dover abbandonare anch'essa la ribellione dei vescovi scismatici. Poi anche loro potranno tornare alla comunione canonica con la Chiesa ortodossa russa in uno dei gruppi locali che fedelmente la rappresentano.

Note:

  1. L'accoglienza dei sacerdoti cattolici mediante vestizione e concelebrazione è la pratica standard nell'Ortodossia russa del Patriarcato di Mosca e della sua Arcidiocesi, ed era la pratica tradizionale della ROCOR. Questa forma di accoglienza dei sacerdoti cattolici era la pratica costante dei santi canonizzati, come san Tikhon di Mosca. In particolare, sant'Alessio di Wilkes-Barre era un prete cattolico ricevuto nell'Ortodossia mediante vestizione e concelebrazione. In quanto tale, il rifiuto assoluto da parte di Mons. Irenei dell'accoglienza dei sacerdoti cattolici attraverso la vestizione e la concelebrazione è incompatibile con la tradizione ortodossa russa, e in effetti, un rifiuto di 350 anni di tale tradizione. Quindi il suo atto di ribellione e scisma iniziato su questa base è del tutto illegittimo.

  2. Come vescovo ordinario di una diocesi della ROCOR, la giurisdizione del vescovo Irenei si estende solo al clero all'interno della propria diocesi. Tuttavia, né padre Jacob né il metropolita Jean sono chierici all'interno della diocesi del vescovo Irenei, e come tale il vescovo Irenei non ha l'autorità di giudicare nessuno dei due. Piuttosto, emettendo un giudizio sommario sia su padre Jacob che sul metropolita Jean, il vescovo Irenei si è illegittimamente assunto la giurisdizione degli organi ecclesiastici che hanno giurisdizione su di loro. Così, nel giudicare padre Jacob, il vescovo Irenei si è illegittimamente assunto la giurisdizione del vescovo ordinario dell'Arcidiocesi del Patriarcato di Mosca. E nel giudicare il metropolita Jean, il vescovo Irenei si è illegittimamente assunto la giurisdizione del Sinodo del Patriarcato di Mosca. Entrambe le azioni sono gravi e fondamentali violazioni dell'ordine canonico della Chiesa,

  3. Quando un vescovo della ROCOR si sente autorizzato ad agire in tale opposizione sia alla tradizione che all'ordine canonico della Chiesa ortodossa russa, di possono sollevare serie domande sullo status della ROCOR e sul suo impegno per l'Atto di comunione canonica del 2007 che ha riconciliato la ROCOR con la Chiesa madre. Lo scisma dovrebbe essere l'ultima risorsa in assoluto, non qualcosa a cui un vescovo ricorre in un periodo di poco più di quattro settimane. La velocità, se non l'entusiasmo, con cui il vescovo Irenei Steenberg, in qualità di vescovo della ROCOR, ha istituito uno scisma con un'arcidiocesi del Patriarcato di Mosca – mettendo così a rischio più in generale l'unità della Chiesa ortodossa russa – suggerisce che tale linea d'azione goda di un più ampio supporto all'interno della ROCOR. E l'Atto di comunione canonica non rimarrà praticabile se i vescovi della ROCOR sono così pronti a ricorrere allo scisma ogni volta che una diocesi del Patriarcato di Mosca non si adegua alle loro critiche. In quanto tali, gli eventi dello scisma del vescovo Irenei richiedono che la ROCOR chiafichi il suo continuo impegno per l'Atto di comunione canonica, e quindi il suo impegno per la comunione sacramentale e l'unità canonica con la più ampia Chiesa ortodossa russa, le cui pratiche interne e teologia non sono sempre uguali a quelle della ROCOR.

  4. La base teologica dichiarata dello scisma del vescovo Irenei rende chiara la necessità di un serio confronto e dialogo tra il Sinodo della ROCOR a New York e il Sinodo del resto del Patriarcato di Mosca (inclusa l'Arcidiocesi dell'Europa occidentale) a Mosca sulla questione dell'accoglienza degli eterodossi – una questione sulla quale la ROCOR, in particolare in Nord America, è diventata molto diversa dal Patriarcato di Mosca. Ma un tale dialogo non può essere semplicemente una critica a senso unico, in cui i nordamericani della ROCOR esaminano unilateralmente la storia della pratica del Patriarcato di Mosca, facendo critiche su punti in cui tale pratica differisce dalle proprie. Piuttosto,

Qui, in particolare, è necessaria una seria considerazione della trasformazione della teologia sacramentale della ROCOR nordamericana dalla fine degli anni '60 sotto le innovazioni del vecchio calendarismo greco. Una discussione sulla questione dell'accoglienza con riferimento alla ROCOR può essere fruttuosa solo se si comprende come i vecchi calendaristi greci siano stati in grado di portare elementi sostanziali della ROCOR a rifiutare le tradizioni sacramentali consolidate della Chiesa ortodossa russa - la stessa Chiesa le cui tradizioni La ROCOR, ironia della sorte, è stata istituita per preservare – in favore di posizioni estreme di origine greca moderna che divergono così tanto dalla tradizione ortodossa russa. C'è da sperare che – attraverso tale considerazione, in cui i partecipanti alla ROCOR non solo criticano le pratiche storiche del Patriarcato di Mosca, ma in cui i partecipanti al Patriarcato di Mosca criticano queste trasformazioni e innovazioni storiche nella ROCOR – si ottenga una nuova chiarezza, in tutta la Chiesa ortodossa russa, della necessità di attenersi alle pratiche ortodosse russe standard in materia di accoglienza. Dopotutto, queste sono espresse non solo nei libri liturgici del Patriarcato di Mosca, ma soprattutto nella testimonianza viva di santi ortodossi russi come san Tikhon di Mosca e sant'Alessio di Wilkes-Barre.

 
РПЦ учредила День трезвости

МОСКВА, 25 июля, ИТАР-ТАСС

Священный синод РПЦ на заседании в пятницу принял решение о восстановлении празднования общецерковного дня трезвости, учрежденного еще до революции.

Ежегодно 11 сентября духовенство будет посвящать проповеди этой теме, "совершать молебное пение о страждущих недугом винопития". Синод также рекомендовал "по возможности, во взаимодействии с государственными и общественными организациями, осуществлять публикации и проводить мероприятия, направленные на поддержание трезвого образа жизни".

На заседании синода утверждена "Концепция Русской православной церкви по утверждению трезвости и профилактики алкоголизма". Разработан также специальный молебен "о страждущих недугом винопития или наркомании".

Возобновить общецерковный день трезвости предложил митрополит Крутицкий и Коломенсий Ювеналий.

День трезвости

Впервые такой праздник был установлен Святейшим правительствующим синодом в 1913 году. 11 сентября церковь празднует день усекновения главы Иоанна Предтечи - один из самых постных в году. Он связан с гибелью великого пророка - после пьяного пира Ирод приказал отсечь главу Иоанна Крестителя в ответ на просьбу своей любовницы и ее дочери.

 
Siti web allineati con Costantinopoli lanciano provocazioni sulla presunta visita annullata del patriarca Kirill in Slovacchia

politring.com

Almeno due siti di notizie ortodossi che sono apertamente allineati con il Patriarcato di Costantinopoli hanno pubblicato nell'ultima settimana e mezza articoli di notizie false su sua Santità il patriarca di Mosca Kirill.

Secondo l'outlet in lingua greca Ekklisia Online e World Ecclesiastical News, un sito allineato a Costantinopoli che pubblica in georgiano, il patriarca Kirill avrebbe dovuto visitare la Slovacchia dal 5 al 9 dicembre, per celebrare il 70° anniversario dell'autocefalia della Chiesa ceco-slovacca concessa dalla Chiesa ortodossa russa, nonché l'800° anniversario della nascita di sant'Aleksandr Nevskij.

Ma le presunte celebrazioni e la visita del patriarca russo sarebbero state cancellate su pressione del patriarca Bartolomeo. Gli articoli caratterizzano la vicenda come un fallimento della diplomazia della Chiesa russa e accennano alla riluttanza della Chiesa ceco-slovacca a essere una pedina nella presunta lotta della Chiesa russa per il primato tra le Chiese locali.

Tuttavia, un vescovo e membro del Santo Sinodo della Chiesa ortodossa delle Terre Ceche e della Slovacchia ha parlato con OrthoChristian, caratterizzando gli articoli come "giornalismo vuoto".

Sua Eminenza l'arcivescovo Juraj di Michalovce e Košice in Slovacchia dice che non c'è mai stata una parola su un'intenzione del patriarca Kirill di visitare la Slovacchia.

"Questo è giornalismo vuoto scritto con cattive intenzioni solo per creare più tensioni", ha detto sua Eminenza.

"Penso che sia completamente inutile, davvero. Questo è tutto ciò che posso davvero commentare a proposito. Trovo stupido scrivere articoli del genere quando il mondo sta davvero affrontando altri problemi. E non c'è bisogno di creare tensioni inutili", ha proseguito.

"Se qualcuno pensa che questo sia il modo per portare al riconoscimento di qualche struttura scismatica, allora si sbaglia proprio di grosso", ha affermato l'arcivescovo.

E in ogni caso, la Slovacchia è in un lockdown ufficiale, ha aggiunto l'arcivescovo Juraj, e quindi tali visite ufficiali non sarebbero nemmeno state prese in considerazione, comunque.

"È vuoto giornalismo con cattive intenzioni", ha ribadito in conclusione sua Eminenza.

Ekklisia Online afferma che il canale Telegram "Chrisma Center" ha riportato le date della presunta visita, sebbene l'outlet greco non fornisca un collegamento a nessun rapporto specifico e non esista di fatto alcun rapporto del genere sul canale, sebbene sia possibile che ce ne fosse uno, in seguito cancellato.

A febbraio, Chrisma ha scritto che l'anniversario del tomos d'autocefalia e l'anniversario di sant'Aleksandr Nevskij sarebbero buone ragioni per organizzare eventi congiunti, anche se non afferma che alcun evento sia stato effettivamente pianificato e non menziona date.

Ekklisia Online si riferisce anche a una lettera che il patriarca Bartolomeo ha inviato a sua Eminenza l'arcivescovo Michal di Praga nel febbraio di quest'anno, esprimendo il suo estremo dispiacere per il fatto che quest'ultimo avesse fatto riferimento nella sua epistola di Capodanno del 2021 al 70° anniversario dell'autocefalia da parte della Chiesa russa. Il patriarca ha inviato una lettera del genere, sebbene non venga menzionato nulla riguardo a una presunta visita del patriarca Kirill.

È vero che il patriarca Bartolomeo si oppone con fervore alla celebrazione da parte della Chiesa ceco-slovacca del tomos del 1951, poiché il Patriarcato di Costantinopoli si è rifiutato di riconoscerlo, concedendo invece un secondo tomos molto più restrittivo nel 1998.

Sebbene la Chiesa abbia celebrato il 50° anniversario nel 2001 e il 55° nel 2006 , dimostrando così di non aver mai ripudiato il suo tomos di autocefalia del 1951 da parte della Chiesa russa, dopo che la Chiesa ha celebrato il 60° anniversario nel 2011, il patriarca Bartolomeo scrisse all'allora primate metropolita Kryštof di Praga, minacciando di revocare l'autocefalia della Chiesa ceco-slovacca.

Leggete di più sull'interferenza del Patriarcato di Costantinopoli nella vita della Chiesa ceco-slovacca negli articoli "Il ruolo del Patriarcato ecumenico nel periodo di crisi della Chiesa ortodossa nelle terre ceche e in Slovacchia", "La dichiarazione di un vescovo di Costantinopoli sull'istituzione di monastero nella Repubblica Ceca è piena di imprecisioni, dice un vescovo della Chiesa ceco-slovacca" e "Smettetela di provocarci! – Costantinopoli impone alla Chiesa cecoslovacca di rinunciare all'autocefalia data nel 1951 da Mosca".

 
Il Donbass potrà perdonare Kiev?

Stiamo assistendo sui grandi portali della Chiesa russa all’inizio di un flusso un po’ più regolare di notizie e di opinioni a favore della Novorossija. Per il momento il flusso è ancora contenuto, e questo fa pensare che la Chiesa si stia ancora dando da fare per quanto possibile per azioni di pacificazione. Ma le speranze di soluzione pacifica sono sempre più ridotte, e la grande ondata di indignazione per le atrocità commesse dal regime ucraino è tutt’altro che sopita. Nel testo tratto dal portale Pravoslavie.ru, che riportiamo in traduzione italiana nella sezione “Geopolitica ortodossa dei documenti”, è data la parola a Vasilj Anisimov, portavoce della Chiesa ortodossa ucraina, che sembra avere perso le speranze di una riconciliazione tra il Donbass e Kiev.

 
Le "ordinazioni" di Filaret e i greci pro-scismatici: i boomerang ritornano sempre

riconoscendo Filaret, il Fanar ha lanciato la Chiesa nel caos. Foto: Unione dei giornalisti ortodossi

Filaret ha "ordinato" nuovi "vescovi del patriarcato di Kiev", compreso un chierico della Chiesa greca, che era stato bandito dal sacerdozio. Costui sarà considerato un vescovo dal Fanar e dalla Grecia?

Il 13 dicembre 2021 il "patriarcato di Kiev" ha tenuto il suo "concilio episcopale", che ha deciso di "ordinare" due "vescovi" e ha accettato nella propria giurisdizione un metropolita scismatico greco. Il rafforzamento della struttura di Filaret alla vigilia dell'anniversario del "concilio d'unificazione” della "Chiesa ortodossa dell'Ucraina" è sembrato una presa in giro del Fanar, di Dumenko e delle Chiese che lo hanno riconosciuto. Ma il giorno dopo la situazione è apparsa per loro molto peggiore: Filaret e i suoi associati hanno compiuto una "ordinazione episcopale" di un chierico della Chiesa di Grecia che era stato bandito dal sacerdozio (e ora è stato dichiarato metropolita dal "patriarcato di Kiev") . E ora, secondo la logica del Fanar e dei suoi satelliti, sono obbligati a riconoscere questa "consacrazione" come canonica. Dopo tutto, secondo la loro posizione, Filaret è un vescovo legittimo. Né il Fanar né la "Chiesa ortodossa dell'Ucraina" né la Grecia sanno cosa farsene di tutto questo, ma la decisione è a portata di mano.

il "concilio dei vescovi" del "patriarcato di Kiev" del 13 dicembre 2021. Foto: servizio stampa del "Patriarcato di Kiev"

Un boomerang contro Filaret Denisenko

Nel 1992, Filaret Denisenko, allora ancora legittimo metropolita di Kiev e di tutta l'Ucraina, al Concilio dei vescovi a Mosca, davanti alla croce e al Vangelo, giurò che al suo ritorno a Kiev avrebbe lasciato l'incarico di primate della Chiesa ortodossa ucraina e avrebbe convocato il concilio dei vescovi per eleggere un nuovo primate. Poi infranse il suo giuramento, senza nemmeno negare il fatto di averlo fatto. Disse che era irrilevante e pronunciato per scopi diplomatici.

Nello stesso 1992, Filaret Denisenko ricadde nello scisma e si staccò dalla Chiesa di Cristo; le sue attività non erano più finalizzate a portare le persone a Dio. Tuttavia, con l'aiuto delle autorità secolari dell'Ucraina, ha creato un progetto piuttosto riuscito: "la Chiesa ortodossa ucraina del patriarcato di Kiev". Inoltre, l'ha creato praticamente da zero, perché solo due vescovi hanno lasciato la Chiesa con lui: un vescovo ordinario e un vicario. Non un solo monastero, non una sola istituzione educativa lo ha seguito. Il numero di sacerdoti che hanno lasciato la Chiesa dopo Filaret è stato minimo, così come il numero delle parrocchie. Al momento dell'unificazione del "patriarcato di Kiev" con la "Chiesa ortodossa autocefala ucraina" nel 2018 e della creazione della Chiesa ortodossa dell'Ucraina ("Chiesa ortodossa dell'Ucraina"), l'organizzazione di Filaret Denisenko contava più di 30 "vescovi" e circa 4.500 parrocchie. Questo risultato fa onore a Filaret come politico e organizzatore, ma per la Chiesa di Cristo si tratta di un risultato negativo. Dopotutto, le persone che hanno seguito gli scismatici sono finite fuori dall'arca salvifica della Chiesa.

Filaret ha educato praticamente tutti i suoi "vescovi" del "patriarcato di Kiev", li ha messi in piedi, ha fornito loro la posizione e il materiale appropriati. In generale, essi gli devono tutto. Tuttavia, non poteva insegnare loro la cosa più importante: come vivere secondo i comandamenti di Dio. Per insegnarla, dobbiamo prima di tutto vivere noi stessi secondo questi comandamenti, perché ogni insegnamento è efficace solo quando l'allievo vede l'esempio vivo nel suo maestro. Filaret Denisenko ha dato un esempio lampante ai suoi "vescovi". L'elezione di Sergej (Epifanij) Dumenko a capo della "Chiesa ortodossa dell'Ucraina" al cosiddetto "consiglio di unificazione" il 15 dicembre 2018 gli ha dato una grande opportunità per mostrare che cosa gli ha insegnato il suo maestro. E lo ha fatto davvero.

Pochi mesi dopo il "concilio" Filaret ha accusato Sergej Dumenko di tradimento e di aver infranto la sua promessa. Secondo lui, il capo della "Chiesa ortodossa dell'Ucraina" e l'ex presidente dell'Ucraina Petro Poroshenko hanno ingannato il "patriarca" e lo hanno rimosso dalla vera leadership della nuova organizzazione. Filaret ha sbattuto rumorosamente la porta, ha lasciato la "Chiesa ortodossa dell'Ucraina" e ha annunciato la ri-creazione del progetto del "patriarcato di Kiev". È stato molto offeso da Sergej Dumenko, ma questo boomerang di tradimento non potrebbe ritornare contro colui che lo ha lanciato a sua volta? Le parole della Sacra Scrittura: "L'uomo miete ciò che semina" (Gal 6:7) non sono state ancora confutate da nessuno.

Un boomerang contro Sergej Dumenko

Dopo la creazione del progetto della "Chiesa ortodossa dell'Ucraina", Filaret Denisenko ha pensato che sarebbe stato effettivamente a capo di questa struttura, come in precedenza aveva guidato il "patriarcato di Kiev", con l'unica differenza che al suo precedente titolo di "patriarca" sarebbe stato aggiunto l'attributo "onorario". Dumenko avrebbe dovuto agire come il ministro degli Esteri, nelle parole di Drabinko "come la regina d'Inghilterra". Tuttavia, Sergej Dumenko si è rivelato un degno studente del suo maestro e ha effettivamente rimosso quest'ultimo dal potere, lanciando così il suo boomerang, che gli sta ritornando contro oggi. Probabilmente, Sergej Dumenko presumeva che un "vecchio" di 90 anni avrebbe tollerato la sua posizione di pensionato onorario e non avrebbe intorbidito le acque, ma ha calcolato male. Filaret ha "ordinato" nuovamente dei "vescovi" e ha ripreso sotto il suo controllo molte parrocchie del "patriarcato di Kiev" all'estero. Tuttavia, il bene più importante del "patriarca onorario" è una vittoria ideologica. Filaret ha detto che la "Chiesa ortodossa dell'Ucraina" non è affatto una chiesa autocefala o nazionale. Ed è davvero così. Secondo il Tomos rilasciato alla "Chiesa ortodossa dell'Ucraina", quest'organizzazione è subordinata al Fanar in aspetti chiave: diritto canonico, ricezione del miro, ricorso al Fanar sulle questioni più importanti, e così via.

Quindi il capo della "Chiesa ortodossa dell'Ucraina" semplicemente non sa come comportarsi con il suo ex maestro. Quando Filaret annunciò le sue dimissioni dalla "Chiesa ortodossa dell'Ucraina", cioè di fatto entrò in scisma con gli scismatici, non fu espulso dalla sua dignità, né fu anatemizzato o addirittura bandito dal "sacerdozio". È stato solo rimosso dalla sua guida della diocesi di Kiev della "Chiesa ortodossa dell'Ucraina". “Affermare che il Patriarca Onorario Filaret rimane nell'episcopato della Chiesa ortodossa dell'Ucraina, ma ha perso i suoi diritti e doveri canonici relativi all'amministrazione della diocesi” (dai verbali del Santo Sinodo della "Chiesa ortodossa dell'Ucraina" del 24 giugno 2019 ). Di conseguenza, la "Chiesa ortodossa dell'Ucraina" considera Filaret un vescovo canonico, il che significa che tutti i suoi "riti sacri" sono validi dal punto di vista della "Chiesa ortodossa dell'Ucraina".

Così il 13 dicembre 2021, in una riunione del "concilio dei vescovi" del "patriarcato di Kiev", si è deciso di "ordinare" due "vescovi" per le parrocchie straniere, ma in realtà erano tre (ne parleremo più avanti).

"Il segretario del vicariato della Chiesa ortodossa ucraina – Patriarcato di Kiev negli USA e in Canada, lo ieromonaco Luka (Zgoba), sarà eletto vescovo di Filadelfia, vicario della diocesi di Kyiv. <...> Su richiesta dell'arcivescovo Filaret di Fălești e della Moldova Orientale, eleggere vescovo di Rîșcani l'archimandrita Aviv (Pancu), vicario della diocesi della Moldoa Orientale" (Risoluzione del "concilio dei vescovi del patriarcato di Kiev" del dicembre 13, 2021).

Il 14 dicembre, nella cattedrale di Vladimir, Luka Zgoba ha ricevuto la “consacrazione episcopale”.

"consacrazione" di Luka Zgoba nella cattedrale di san Vladimir a Kiev. Foto: servizio stampa del "patriarcato di Kiev"

Nell'ottobre 2021, quando Filaret ha tonsurato Bogdan Zgoba come "monaco" in vista dell'imminente "consacrazione", Sergej Dumenko gli ha risposto con il suo Decreto del 30 ottobre 2021, in cui si è reso ridicolo. Ha affermato che "il patriarca onorario Filaret rimane nell'episcopato della Chiesa ortodossa dell'Ucraina, ma ha perso i suoi diritti e doveri canonici relativi all'amministrazione della diocesi". Cioè, Dumenko ha effettivamente confermato il grado "episcopale" di Filaret. Scrive ancora Dumenko: "Sono obbligato ad avvertirvi che qualsiasi esecuzione da parte vostra e sotto la vostra guida del rito dell'ordinazione episcopale, fatta in stato di divieto, anticanonicamente e su persone che non sono state adeguatamente elette dalla Chiesa per il ministero episcopale, non è riconosciuta come valida ora e non può essere riconosciuta in futuro."

Ma Filaret non è stato bandito dalla "Chiesa ortodossa dell'Ucraina", come scriveva Sergej Dumenko nel suo decreto poche righe sopra! E non ha "ordinato" nessun "vescovo" per la "Chiesa ortodossa dell'Ucraina"! Li ha "ordinati" per il "patriarcato di Kiev", che non ha nulla a che fare con la "Chiesa ortodossa dell'Ucraina". In ogni caso, tutti i "vescovi ordinati" da Filaret sono "canonici" per la "Chiesa ortodossa dell'Ucraina". E Sergej Dumenko non può negarlo, poiché la canonicità di questi nuovi "vescovi" è pari alla propria canonicità, poiché in entrambi i casi derivano dalla canonicità di Filaret Denisenko.

Ma poi, cosa ancora più divertente, Sergej Dumenko scrive che "l'arciprete Bogdan Zgoba, residente negli Stati Uniti, come chierico stavropegico che era subordinato al primate della Chiesa ortodossa ucraina - Patriarcato di Kiev e che finora non ha accettato l'autorità canonica del vescovo del Patriarcato ecumenico nel suo luogo di residenza <...> è in realtà di competenza canonica del primate della Chiesa ortodossa dell'Ucraina". Ma non può essere nella "competenza canonica" del primate della "Chiesa ortodossa dell'Ucraina", poiché il Tomos vieta alla "Chiesa ortodossa dell'Ucraina" di avere parrocchie all'estero. È una strada senza uscita.

Un boomerang contro il patriarca Bartolomeo

Il capo del Fanar ha fatto molte cose illegali e anticanoniche, ma in questo caso ci concentreremo su due delle sue azioni:

  • accettare gli scismatici in comunione senza il pentimento di questi ultimi;

  • riconoscere il rango sacerdotale di persone che non hanno ordinazioni canoniche.

L'11 ottobre 2018 il Sinodo della Chiesa di Costantinopoli ha adottato una risoluzione sull'Ucraina. Uno dei suoi punti recitava: "(...) essere in comunione con l'ex metropolita di Kiev Filaret e l'ex arcivescovo di Leopoli Makarij e quelli con loro, poiché sono stati da noi correttamente reintegrati all'episcopato attraverso i nostri giudizi positivi in relazione alle istanze di appello che più volte ci avevano presentato".

Una tale decisione, secondo l'appropriata osservazione del metropolita Luka (Kovalenko) di Zaporozh'e, è un certificato che un cadavere è vivo, perché solo il pentimento è in grado di far rivivere colui che è stato messo a morte dal peccato, ma non c'è stato nessun pentimento. La seconda offesa del patriarca Bartolomeo (il riconoscimento del rango episcopale in coloro che ne sono sprovvisti) è ancora più flagrante della prima. Ripetiamo, nella decisione del Sinodo di Costantinopoli è letteralmente scritto: "Le suddette persone sono state canonicamente reintegrate nel loro rango gerarchico o sacerdotale". La parola "reintegrato" significa che per un certo periodo non hanno avuto questo "rango gerarchico o sacerdotale" e sono tornati a quello che avevano in origine. Tuttavia, la maggioranza assoluta dei "seguaci" di Filaret Denisenko e Makarij Maletich al momento della loro rottura con la Chiesa di Cristo era composta da laici. In quale "rango gerarchico o sacerdotale" sono stati reintegrati? Mentre tale logica può essere applicata a Filaret Denisenko, poiché prima dello scisma questi era davvero un vescovo canonico, non funziona affatto con Makarij Maletich, perché questi era solo un prete. Su quali basi il patriarca Bartolomeo lo ha riconosciuto vescovo?

La situazione del capo della "Chiesa ortodossa dell'Ucraina", Sergej Dumenko, è ancora peggiore. Non poteva che essere reintegrato al grado di laico e nient'altro, per tutte le sue successive "dignità" ricevute da Filaret, che era stato scomunicato dalla Chiesa. Per diversi decenni, l'anatema a Filaret e ai suoi seguaci è stato riconosciuto dal pleroma della Chiesa ortodossa, incluso il Patriarcato di Costantinopoli. Tutte le "ordinazioni" sono state invalidate. Ma improvvisamente, retroattivamente, contro tutti i canoni, sono state riconosciute dal Fanar! Anche un ardente sostenitore del Patriarcato di Costantinopoli come il primate della Chiesa albanese, l'arcivescovo Anastasios, ha scritto una lettera al patriarca Bartolomeo, in cui affermava che era impossibile riconoscere le ordinazioni retroattivamente.

Tuttavia, il Fanar ha solo lasciato da parte tutti questi argomenti o ha risposto in modo da suggerire che "la sa più lunga degli altri". Il patriarca Bartolomeo, gli altri fanarioti, nonché i rappresentanti (anche se non tutti) delle Chiese che hanno riconosciuto la "Chiesa ortodossa dell'Ucraina", senza esitazione, concelebrano con quelli della "Chiesa ortodossa dell'Ucraina" e riconoscono tutti i loro "sacri riti". Li invitano persino a partecipare alle ordinazioni episcopali. Così, i fanarioti hanno iniettato nella Chiesa un veleno che penetra ancora di più nel corpo della Chiesa. Presto non sarà più chiaro quale vescovo sia canonico e quale no, quali sacramenti siano validi e quali no, e così via. Il caos può crescere così tanto che sarà giusto introdurre la formula "se non è già ordinato" nel rito dell'ordinazione per analogia con il battesimo, quando ci sono dubbi se una persona sia di fatto battezzata oppure no.

E ora ritorna su di lui il boomerang lanciato dal patriarca Bartolomeo. Filaret Denisenko, "reintegrato" nella sua dignità episcopale, non accetta solo sotto il suo omoforio parrocchie ucraine all'estero, che non vogliono essere subordinate ai fanarioti per ordine di Sergej Dumenko, ma anche gruppi palesemente scismatici di vecchi calendaristi greci, cioè persone che lo stesso Fanar considera al di fuori della Chiesa.

Così la decisione del "concilio dei vescovi del patriarcato di Kiev" del 13 dicembre 2021 recita: "Accettare il metropolita Chrysostomos (Kallis), con parrocchie e clero appartenenti alla sua diocesi della Chiesa greca dei vecchi calendaristi, su sua richiesta, nella Chiesa ortodossa ucraina del Patriarcato di Kiev".

Questo greco era un tempo suddiacono del primate della Chiesa di Grecia, l'arcivescovo Hieronymos, poi divenne sacerdote, poi entrò in scisma, dove divenne il "metropolita" della diocesi di Dervenochoria della "Vera Chiesa ortodossa di Grecia". Il 15 dicembre 2021 è stato "ordinato" (o "riordinato") come "vescovo" con il titolo originale di "vescovo di Mariupol' e Dervenochoria".

la "consacrazione" dell'"archimandrita" Chrysostomos nella cattedrale di Vladimir a Kiev. Foto: servizio stampa del "patriarcato di Kiev"

Ancora una volta, prestiamo attenzione al caos in corso tra gli scismatici. Se Kallis è chiamato metropolita nel decreto del "concilio episcopale del patriarcato di Kiev" del 13 dicembre 2021, allora che bisogno c'è di "ordinarlo"? Ma in ogni caso, dal momento che Filaret Denisenko non è né anatemizzato né bandito dal "sacerdozio" dal punto di vista del Fanar e del governo della Chiesa ortodossa di Grecia, tutte le sue "ordinazioni" dovrebbero essere riconosciute da loro come valide.

Sarà interessante vedere il "vescovo di Mariupol' e Dervenochoria" Chrysostomos Kallis, presentarsi, per esempio, ad Atene per "concelebrare" con l'arcivescovo Hieronymos – su quali basi i greci lo rifiuteranno? La cosa peggiore è che questo schema possa essere seguito da altri che vogliono ricevere "ordinazioni canoniche" da Filaret Denisenko, "reintegrato" dal patriarca Bartolomeo "in comunione con la Chiesa". Vi sembra una situazione vantaggiosa per entrambe le parti nello scisma?

Prima o poi, il patriarca Bartolomeo, "la sua divina tutta santità", dovrà rispondere alla domanda su cosa sia necessario fare al riguardo. Se lo lascia andare alla deriva, Filaret, offeso da Sergej Dumenko, "sfornerà" così tanti "vescovi canonici" che non ci sarà modo di sbarazzarsene. Far decadere il signor Denisenko dal "sacerdozio", deporlo o imporgli un anatema significherà che "la sua divina tutta santità" ha commesso un errore a riconoscere Filaret come "reintegrato nella comunione con la Chiesa". E se quello è un errore, anche tutte le altre decisioni sull'Ucraina sono sbagliate.

Cosa si deve fare, alla fine?

Non c'è niente di più facile del pentimento, ma allo stesso tempo non c'è niente di più difficile del pentimento. Tuttavia, questa è l'unica soluzione. Non c'è altra disposizione nel Vangelo: "Convertitevi, perché il regno dei cieli è vicino" (Mt 4:17). Il pentimento non umilia una persona, ma, al contrario, la eleva. La porta del pentimento è aperta per Filaret Denisenko, Sergej Dumenko, il patriarca Bartolomeo e tutti gli altri che in un modo o nell'altro hanno partecipato alla creazione del progetto anticanonico della "Chiesa ortodossa dell'Ucraina" o altrimenti hanno peccato contro la Chiesa di Cristo. Questo è l'unico modo per sanare gli scismi esistenti e fermare questo incomprensibile gioco alla cavallina di "ordinazioni". In caso contrario, i boomerang lanciati continueranno a volare, colpendo non solo chi li lancia, ma anche infliggendo ferite a chi li ha seguiti per ignoranza o per qualche altro motivo.

Infine, c'è un'altra domanda, retorica: tutto ciò che è stato descritto sopra è originario della Chiesa di Cristo? Il Signore ha parlato di questo quando ha mandato i suoi apostoli a predicare?

"Dai loro frutti li riconoscerete..." (Mt 7:16).

 
Consacrata una chiesa a Gorlovka in mezzo alle esplosioni

Il sito della diocesi di Gorlovka e Slavjansk riporta la notizia della consacrazione della chiesa di Nostra Signora di Kazan, di cui riportiamo i dati e una galleria fotografica nella sezione "Figure dell'Ortodossia contemporanea" dei documenti. Invitiamo a osservare questa galleria di immagini (scattate dal diacono Mikhail Andreev), che oltre a offrire un ottimo resoconto di come si consacra una chiesa, mostra il vero carattere della popolazione ortodossa del Donbass.

Al termine della funzione di consacrazione, avvenuta con il rumore di sottofondo delle esplosioni, il primo celebrante, il metropolita Ilarion di Donetsk e Mariupol, ha sottolineato quanto sia alto il prezzo della pace per cui si prega in tutte le funzioni della Chiesa.

 
Il Fanar ha intrapreso la strada del riconoscimento degli scismatici macedoni?

il patriarca Bartolomeo sta seguendo la strada della legalizzazione dello scisma macedone? Foto: Unione dei giornalisti ortodossi

Il Fanar ha ricevuto gli scismatici macedoni. Cos'è questa, una vendetta alla Chiesa serba per non aver riconosciuto la "Chiesa ortodossa dell'Ucraina" o una politica globale di legalizzazione di tutti gli scismatici?

Il 16 dicembre il patriarca Bartolomeo ha ricevuto al Fanar una delegazione della cosiddetta Chiesa macedone. Ciò significa l'avvio di un altro Tomos per gli scismatici, e come potrebbe ciò influenzare l'intera Ortodossia?

la delegazione della "Chiesa ortodossa macedone" al Fanar. Foto: religija.mk

Analizzando la visita degli scismatici macedoni al Fanar, vanno segnalati tre punti:

  • La delegazione stessa era di bella presenza. C'erano "monaci" di quattro monasteri della "Chiesa macedone", e la delegazione era guidata dal "vescovo" Partenije (Fidanovski) di Antania.

  • All'incontro hanno partecipato, oltre al patriarca Bartolomeo, il secondo vescovo per rango al Fanar, il metropolita Emmanuel (Adamakis) di Calcedonia, quello stesso vescovo che ha condotto l'intero processo di legalizzazione degli scismatici ucraini, concedendo loro il Tomos, e che il 15 dicembre 2018 ha guidato direttamente il cosiddetto "concilio d'unificazione", durante il quale è stata creata la "Chiesa ortodossa dell'Ucraina".

  • L'accoglienza riservata agli scismatici macedoni al Fanar è stata molto calorosa. "Sua Santità il patriarca ha tenuto un discorso, nel quale ha espresso la sua paterna sollecitudine per tutti noi e per la nostra Chiesa. Alla fine, abbiamo ricevuto tutti la sua benedizione baciando la sua santa mano destra", ha detto uno dei membri della delegazione macedone.

Chi sono gli scismatici macedoni?

Gli stessi scismatici macedoni affermano di far risalire la loro storia all'arcidiocesi ortodossa di Ohrid, esistita nei secoli XI-XVIII. Questa arcidiocesi sorse nel 1019 quando l'imperatore Basilio il Bulgaroctono sconfisse la Bulgaria e la incluse nella sfera di influenza di Costantinopoli. Di conseguenza, la Chiesa bulgara indipendente, che prima aveva non solo l'autocefalia ma anche lo status di patriarcato, fu abolita e al suo posto sorse l'arcidiocesi di Ohrid con uno status di autonomia all'interno del Patriarcato di Costantinopoli.

Il territorio canonico dell'arcidiocesi di Ohrid era piuttosto esteso: includeva Bulgaria, Macedonia, Serbia e Romania. Di conseguenza, quando le circostanze politiche sono cambiate, le Chiese di questi paesi si sono separate dall'arcidiocesi di Ohrid e hanno restaurato (o acquisito) il loro status di autonomia o autocefalia. Nel 1767, il sultano turco abolì l'arcidiocesi di Ohrid, subordinandola al Patriarcato di Costantinopoli come metropolia di Prespa. Nel 1913 la sede episcopale di Ohrid è entrata a far parte della Chiesa ortodossa serba, nel 1915 di quella bulgara, nel 1919 di nuovo di quella serba, nel 1941 di quella bulgara, e dal 1945 fino a oggi fa parte della Chiesa ortodossa serba.

Come si vede, la storia è molto complicata, ha molti zigzag, su cui, volendo, si può speculare per soddisfare diverse ambizioni politiche. Pertanto, ci sono ragioni storiche per dire che l'arcidiocesi di Ohrid può fungere da "Chiesa madre" per la Chiesa serba. Ma si possono trovare anche argomenti per l'affermazione opposta, che la Chiesa serba può essere la stessa "Chiesa madre" per l'arcidiocesi di Ohrid, come del resto lo è stata la Chiesa bulgara, di cui anche l'arcidiocesi di Ohrid ha fatto parte per qualche tempo.

Dopo la seconda guerra mondiale, la Macedonia entrò a far parte della Jugoslavia, le cui autorità sostennero l'idea di creare una Chiesa ortodossa macedone autonoma con un centro a Ohrid. Tuttavia, la Chiesa serba si è opposta a questo. Non è stato possibile raggiungere un accordo e nel 1967 è stata proclamata l'autocefalia della Chiesa ortodossa della Repubblica di Macedonia. Tale autocefalia non è stata riconosciuta né dalla Chiesa serba né da nessun'altra Chiesa locale, inclusa la Chiesa di Costantinopoli.

Nel 1998 si è tentato di sanare lo scisma macedone. Sono iniziati i negoziati tra i rappresentanti della Chiesa serba e gli scismatici macedoni, che sono durati 4 anni e sono culminati con la firma del Trattato di Niš (2002), secondo il quale la "Chiesa macedone" ha ricevuto i diritti della più ampia autonomia all'interno della Chiesa serba. In effetti, lo status della "Chiesa macedone" doveva essere simile allo status della Chiesa ortodossa ucraina, ma le autorità politiche della Macedonia, che cercavano di separare il più possibile il loro paese dalla Serbia, non hanno consentito ai vescovi della "Chiesa macedone" di approvare il Trattato di Niš al Concilio.

La rottura del Trattato di Niš ha portato al fatto che un numero significativo di credenti macedoni guidati dal metropolita Jovan (Vraniškovski) di Veles e la maggior parte dei monaci sono usciti dallo scisma e hanno ripristinato la comunione con il patriarcato serbo. Dal punto di vista organizzativo, hanno formato l'arcidiocesi di Ohrid, che la Chiesa serba ha deciso di ristabilire. Al momento, le autorità della Macedonia del Nord (il nome moderno della Macedonia) non riconoscono l'arcidiocesi di Ohrid e hanno persino arrestato più volte il metropolita Jovan (Vraniškovski). Ma la "Chiesa macedone" scismatica gode del loro pieno appoggio.

Tentativi di ottenere l'autocefalia

Il rifiuto della Chiesa serba di concedere l'autocefalia ai macedoni li ha costretti a cercare altre vie per ottenere lo status desiderato. Nel 2005, le autorità secolari della Repubblica di Macedonia hanno chiesto al patriarca Bartolomeo di intervenire e regolare lo status canonico della "Chiesa macedone". Ma in quei giorni, il patriarca Bartolomeo era ancora preoccupato per l'unità dell'Ortodossia e preferiva non suscitare conflitti. Nel 2009, la "Chiesa macedone" ha deciso di rinominarsi e ha annunciato l'adozione del nome storico "Arcidiocesi di Ohrid". Così, il nome ufficiale è diventato "Chiesa ortodossa macedone – Arcivescovado di Ohrid". Ciò è avvenuto anche perché i greci avevano spiegato ai macedoni che non avrebbero tollerato la parola "Macedonia" né nel nome della Chiesa né nel nome del Paese stesso. Ciò è spiegato dal fatto che all'interno della Grecia esiste un'area con lo stesso nome. I macedoni hanno resistito a lungo, ma nel 2018 hanno comunque accettato di rinominare il loro paese in Repubblica di Macedonia del Nord.

Nel 2017, il Sinodo della "Chiesa macedone" ha fatto un tentativo piuttosto creativo di ottenere lo status di autocefalia. Si è rivolto alla Chiesa ortodossa bulgara con la proposta di riconoscerla come sua "Chiesa madre" in cambio dell'istituzione della comunione eucaristica e della successiva autocefalia. I bulgari hanno risposto favorevolmente e il 27 novembre 2017 il Santo Sinodo della Chiesa ortodossa bulgara ha adottato una risoluzione in cui afferma che se la "Chiesa macedone" la riconosce come "Chiesa madre", allora la Chiesa ortodossa bulgara "si impegna a fornire piena assistenza e intercessione di fronte alle Chiese ortodosse locali, facendo tutto il necessario per stabilire lo statuto canonico della Chiesa ortodossa bulgara". In altre parole, cercherà di persuadere le Chiese locali a riconoscere l'autocefalia dei macedoni da parte dei bulgari. La Chiesa ortodossa bulgara ha persino creato una commissione speciale sul caso della Chiesa macedone, e il patriarca bulgaro Neophytos ha ospitato il leader degli scismatici macedoni.

il patriarca bulgaro Neofit e "l'arcivescovo" macedone Stefan. Foto: romfea.gr

Tuttavia, l'idea è stata subito fortemente osteggiata. Il Santo Sinodo della Chiesa greco-ortodossa ha affermato che era inaccettabile che la Chiesa bulgara interferisse nella giurisdizione serba, mentre il Santo Sinodo del Patriarcato di Costantinopoli ha affermato di considerare anticanoniche le azioni della Chiesa bulgara sulla base dell'autocefalia che, a loro avviso, può essere data solo dal Fanar. I bulgari hanno fatto marcia indietro e hanno rifiutato il titolo onorifico di "Chiesa madre".

In particolare, nell'aprile 2018, il presidente ucraino Petro Poroshenko e il presidente macedone Gjorge Ivanov stavano entrambi negoziando l'autocefalia per i loro progetti religiosi al Fanar quasi contemporaneamente. Il patriarca Bartolomeo ha incontrato entrambi ma ha deciso di essere cauto e di non agire su due fronti contemporaneamente. E, naturalmente, l'Ucraina per il Fanar è un affare molto più ghiotto rispetto alla Macedonia. Pertanto, al Fanar è stato dato il via libera al tema dell'autocefalia per Poroshenko, mentre al presidente macedone è stato detto di aspettare. Tuttavia, nel gennaio 2019 sia lui che il presidente montenegrino Milo Đukanović, che stava anch'egli promuovendo il suo progetto religioso della "Chiesa ortodossa montenegrina", sono stati incoraggiati dal cosiddetto esarca di Costantinopoli in Ucraina, l'arcivescovo Daniil (Zelinskij) di Panfilia. In un'intervista alla BBC, quest'ultimo ha dichiarato: "Sostengo la tesi secondo cui ogni nazione che desidera avere una propria Chiesa ortodossa dovrebbe avere il diritto di fondarla e chiederne il riconoscimento da parte delle altre Chiese ortodosse, anche quando si tratta di Macedonia e Montenegro".

All'inizio del 2020, l'ex primo ministro della Macedonia del Nord Zoran Zaev (ora di nuovo primo ministro) e il primo ministro ad interim Oliver Spasovski sono venuti al Fanar per colloqui.

una delegazione di politici macedoni al Fanar. Foto: religija.mk

Hanno avuto colloqui con il patriarca Bartolomeo sull'autocefalia per il loro progetto religioso. I media macedoni hanno anche riferito che il capo del Fanar ha ricevuto un appello della "Chiesa macedone" contro le decisioni della Chiesa ortodossa serba. Tuttavia, il patriarca Bartolomeo non ha rilasciato alcuna dichiarazione sull'avvio del processo di concessione dell'autocefalia ai macedoni.

È interessante notare che il 9 luglio 2019 i burloni russi Vovan e Lexus hanno pubblicato la registrazione di una conversazione in cui, fingendosi rappresentanti del Fanar, hanno chiesto a Zoran Zaev una tangente di 100.000 euro per il patriarca Bartolomeo per ottenere l'autocefalia per la Chiesa ortodossa macedone. Durante la conversazione, il politico ha accettato la tangente. Zaev ha confermato il fatto stesso della conversazione e, per quanto riguarda la tangente, ha affermato che la registrazione era stata falsata.

L'interferenza del Fanar in Ucraina

Nel 2018, il Patriarcato di Costantinopoli ha interferito negli affari ecclesiastici in Ucraina, e questo ha cambiato radicalmente l'intero panorama. È stato molto importante per il Fanar avviare il processo di riconoscimento della "Chiesa ortodossa dell'Ucraina" da parte delle Chiese locali. A tal fine, diplomatici americani (in primis) e fanarioti hanno fatto visita ai paesi ortodossi per costringere le gerarchie delle rispettive Chiese locali a prendere la decisione "giusta". Inoltre, il Fanar ha cercato di astenersi da azioni che potessero irritare i rapporti con le singole Chiese locali. Pertanto, il tema dell'autocefalia per le "Chiese" macedone e montenegrina è stato sospeso. Inoltre, la minaccia del Fanar di dare il via libera ai progetti autocefali in Macedonia del Nord e Montenegro è un argomento potente per fare pressione sulla Chiesa serba affinché riconosca la "Chiesa ortodossa dell'Ucraina".

Nei tre anni trascorsi dalla creazione della "Chiesa ortodossa dell'Ucraina", questa organizzazione è stata riconosciuta in sole tre Chiese locali: Grecia, Cipro e Alessandria. Ciò è stato fatto con grandi riserve – metà dei vescovi ciprioti non ha riconosciuto la "Chiesa ortodossa dell'Ucraina", e in Grecia ci sono vescovi che aderiscono alla stessa posizione. Le cosiddette Chiese locali slave, per la maggior parte, hanno dichiarato inequivocabilmente l'impossibilità di riconoscere la "Chiesa ortodossa dell'Ucraina". In effetti, è emerso uno scisma nell'Ortodossia, gravissimo nei rapporti tra la Chiesa ortodossa russa e il Fanar, che non hanno comunione eucaristica.

Va notato che la questione del riconoscimento o del non riconoscimento della "Chiesa ortodossa dell'Ucraina" non esiste di per sé. Va di pari passo con altri due argomenti che il Fanar sta promuovendo. Si tratta di riconoscere una posizione speciale nell'Ortodossia e diritti esclusivi in tutta la Chiesa per il patriarca di Costantinopoli, nonché una questione di unificazione ecumenica con la Chiesa cattolica in un futuro molto prossimo. I vescovi delle Chiese locali sono per la maggior parte pienamente consapevoli del fatto che riconoscendo la "Chiesa ortodossa dell'Ucraina", riconosceranno così il primato del Fanar nell'Ortodossia e, avendo riconosciuto questo primato, saranno costretti a seguire il Fanar in una nuova unione con i cattolici.

Ora le Chiese locali sono suddivise condizionatamente in due campi: quelle che hanno riconosciuto il primato del Fanar (e, di conseguenza, la legittimità della "Chiesa ortodossa dell'Ucraina"), e quelle che considerano la teoria del "primo senza eguali" come l'eresia del "papismo di Costantinopoli". Queste sono principalmente le Chiese locali che hanno preso parte all'incontro di Amman nel febbraio 2020: Gerusalemme, russa, polacca, serba, romena e la Chiesa delle Terre Ceche e della Slovacchia. Queste Chiese locali rappresentano circa l'80% di tutti i credenti ortodossi del pianeta.

partecipanti all'Incontro dei Primati ad Amman. Foto: t.me/bishopvictor

Finora, i fanarioti si sono resi conto di aver già esaurito i mezzi di pressione su queste Chiese, ed è quindi tempo di passare ad ulteriori azioni, in particolare ai progetti di legalizzazione degli scismatici macedoni e montenegrini.

Posizione della Chiesa serba

La Chiesa serba dichiara in modo inequivocabile e coerente il non riconoscimento della "Chiesa ortodossa dell'Ucraina". All'inizio del 2019, come riportato dal quotidiano di Belgrado Politika, ha inviato una lettera a tutte le Chiese ortodosse che non riconosce la "Chiesa ortodossa dell'Ucraina" e considera il Primate della Chiesa ortodossa ucraina, sua Beatitudine Onufrij, l'unico legittimo metropolita di Kiev.

All'inizio del 2021, in seguito alla morte del patriarca Irinej di Serbia, il patriarca Porfirije, anch'egli di questa opinione, è diventato primate della Chiesa ortodossa serb. Anche prima della sua elezione a patriarca, ha dichiarato: "Non riconosciamo gli scismatici ucraini impenitenti come membri della Chiesa, per non parlare di una normale Chiesa ortodossa autocefala".

Ironicamente, anche il capo della "Chiesa ortodossa dell'Ucraina", Sergej Dumenko, ha inviato al patriarca Porfirije una lettera di congratulazioni in occasione della sua elezione, definendolo suo "fratello".

A quanto pare, da tempo i fanarioti stavano aspettando di vedere se il nuovo patriarca serbo sarebbe diventato più arrendevole del suo predecessore, ma le loro aspettative sono state vane. Pertanto, è tempo di agire e di decidere qualcosa riguardo alle "Chiese" macedone e montenegrina.

Il vicario del patriarca di Serbia Porfirije, il vescovo Antonije (Pantelič) di Moravici, ha parlato della reazione della Chiesa serba al riconoscimento degli scismatici macedoni e/o montenegrini alla Conferenza teologica internazionale presso la Lavra delle Grotte di Kiev, "Conciliarità della Chiesa: dimensione teologica, canonica e storica": "Se saranno prese delle decisioni sulla questione della Macedonia e del Montenegro, molto probabilmente possiamo aspettarci un fenomeno tanto sfortunato da rompere il rapporto eucaristico tra Costantinopoli e la Chiesa serba".

Questa posizione è ben nota al patriarca Bartolomeo, che tuttavia ha deciso di ospitare al Fanar una delegazione rappresentativa degli scismatici macedoni.

Come possono svilupparsi gli eventi

Come nel caso dell'Ucraina, la posizione del Fanar su Macedonia e Montenegro sarà largamente influenzata non dalla religione ma dalla politica. E in generale, se concedere o meno l'autocefalia agli scismatici macedoni e montenegrini sarà deciso non al Fanar ma nelle viscere dell'amministrazione americana. Tuttavia, questa decisione terrà comunque conto della situazione politica interna nella Macedonia settentrionale e nel Montenegro. Si tratta di situazioni abbastanza diverse. Nella Macedonia settentrionale, le autorità sostengono chiaramente la Chiesa macedone non canonica e fanno pressioni affinché riceva il Tomos dal patriarca Bartolomeo. L'arcidiocesi di Ohrid, invece, in quanto parte della Chiesa ortodossa serba, è stata perseguitata. Date queste circostanze, la concessione dell'autocefalia alla Chiesa macedone può essere considerata altamente probabile.

Per quanto riguarda il Montenegro, nel 2020 il partito del presidente Milo Đukanović, attivo sostenitore della Chiesa montenegrina non canonica, ha perso le elezioni parlamentari. La maggioranza in parlamento, e di conseguenza il Gabinetto dei ministri, è stata formata dai partiti che sostenevano la Chiesa ortodossa serba. Zdravko Krivokapić, che si presenta come un credente della Chiesa ortodossa serba, è diventato il primo pinistro, che secondo la costituzione montenegrina ha il potere reale nel paese. Tuttavia, Milo Đukanović ha mantenuto la sua posizione di presidente del paese. Dopo il cambio di potere in Montenegro, la legge secondo la quale praticamente tutti i beni ecclesiastici dovevano essere dati agli scismatici è stata abolita. Tuttavia, oggi non si può dire che il governo favorisca inequivocabilmente la Chiesa ortodossa serba. Nel maggio 2021, Zdravko Krivokapić ha rifiutato all'ultimo momento di firmare un "accordo di base sullo status giuridico" con la Chiesa serba. I media serbi hanno suggerito che ciò sia stato fatto sotto la pressione delle ambasciate occidentali. La Chiesa ortodossa serba ha affermato che la mancata firma dell'accordo "costituisce un atto di aperta discriminazione".

Sulla base di ciò, si può affermare che se i diplomatici statunitensi non riusciranno a convincere le autorità montenegrine a tornare al progetto di autocefalia della "Chiesa montenegrina" (la svolta che è avvenuta in Ucraina), non ci sarà nessun Tomos per questa struttura religiosa. Se Zdravko Krivokapić mostra debolezza e sostiene questo progetto, allora con alta probabilità, dopo gli scismatici macedoni, anche gli scismatici montenegrini riceveranno il loro Tomos.

Le conseguenze per l'Ortodossia in caso di tale sviluppo non sono difficili da prevedere. La Chiesa serba spezzerà la comunione eucaristica con il Fanar, i negoziati nel formato di Amman riceveranno un nuovo potente impulso per la loro attivazione, e le Chiese ortodosse locali ancora indecise saranno costrette a risolvere il problema al più presto.

 
Che cosa ci impedisce di diventare santi

Il monastero della santa Trinità e di sant’Antonio di Sija, che citiamo tra le nostre fonti russe on-line in lingua italiana, ha recentemente pubblicato la traduzione italiana di un interessante discorso sul monachesimo dello schi-archimadrita Ioachim (Parr), anch’egli citato in uno dei nostri collegamenti in un video di conversazione con l'arciprete Dimitri Smirnov a Mosca.

Abbiamo messo a posto alcune imperfezioni grammaticali nella traduzione, e presentiamo il testo del discorso di padre Ioachim nella sezione “Testimoni dell’Ortodossia” dei documenti. in questo testo, oltre a consigli di vita spirituale per i monaci e per tutti i cristiani, padre Ioachim racconta la straordinaria storia di un vescovo divenuto novizio al Monte Athos.

 
Carismatici e ortodossi di fronte ai miracoli

Trascrizione del discorso del metropolita Athanasios (dal minuto 1:15)

Il nostro Signore è colui che determina chi sarà guarito da lui e chi no

È il nostro Signore che determina quando farà un miracolo, non noi

Non sta a noi uomini sfidare tutto questo, dicendo "accadrà un miracolo".

Dio nella sua sapienza, e solo lui, sa quando compirà un miracolo. E noi ci sottomettiamo.

Che cosa significa questo?

Il Vangelo dice: "non mettere Dio alla prova" (Mt 4:7)

In questi giorni si parla molto del coronavirus, e noi, i credenti, a causa della nostra pietà e della nostra fede, vogliamo sfidare la malattia dicendo: "Gesù non ci farà del male! Gesù ci proteggerà! Noi assumiamo il virus e non moriremo!" Ma questo non è un comportamento saggio.

Permettetemi di farvi qualche esempio.

Santa Tecla, che noi amiamo, è stata gettata ai leoni, che si sono inginocchiati ai suoi piedi e non l'hanno mangiata, mentre sant'Ignazio d'Antiochia è stato gettato ai leoni, che l'hanno mangiato.

Perché Dio ha permesso ai leoni di mangiarlo, mentre nell'altro caso ha compiuto un miracolo e i leoni non hanno mangiato santa Tecla?

Dio lo sa, io no.

I tre giovani sono stati gettati i una fornace e il fuoco non li ha bruciati, ma ha bruciato san Policarpo, e molti altri santi e martiri.

I santi non hanno detto: "Io sono un cristiano, e pertanto il fuoco non mi brucerà". È Dio che determina quando il fuoco ci danneggia e quando no. E solo Dio determina quando la natura si sottomette a noi e quando no. È solo Dio, non spetta a me metterlo in discussione

Su san Giorgio, il patrono di questa chiesa, il veleno non aveva effetto, mentre molti altri santi morirono avvelenati. Quel che voglio dire è il credente non è uno che lancia sfide dicendo: "O Dio, ora fai un miracolo! Ora il fuoco non mi brucerà! Ora il serpente non mi porterà danni! Ora la bomba non mi ucciderà!" Questa è follia, non è un comportamento saggio. Al contrario, il Signore ci ha insegnato che chi ha fede ha consapevolezza e non dovrebbe lanciare sfide. Non sono io che forzo Dio a stabilire se muoio o sopravvivo: questo spetta a lui.

Dio mostra i suoi miracoli e la sua potenza come vuole lui; così, miei cari, non entusiasmiamoci troppo, travisando il significato della fede. Non confondiamo la magia con la fede: Dio non è un mago. Non lanciamo sfide da persone folli dicendo: "Sono cristiano, mi faccio il segno della Croce e non morirò!" Che parole sciocche... questo non è ciò che il nostro Signore ci insegna. Io resto fedele e continuo a farmi il segno della Croce, ma se morirò o no, se mi ammalerò o no, è Dio che determina queste cose. Se metto Dio alla prova significa che sono orgoglioso. Noi ci accostiamo alla fede con umiltà. Il fedele è una persona umile, che non sfida Dio. Il fedele è chi dice: "Signore, sia fatta la tua volontà, la tua e non la mia". E questo è il momento in cui la porta dei miracoli si apre di fronte a noi, e vediamo miracoli nella vita. Questo è il momento in cui vediamo la luce del Signore nelle nostre vite.

 
Un consigliere di Putin parla dell'Ucraina

Sergej Glaz'ev (nella foto) è uno dei principali consiglieri economici del presidente russo Vladimir Putin. In un'intervista del 21 luglio con Alena Berezovskaja della rivista Rusinform, Glaz'ev discute la posizione della Russia nella geopolitica mondiale, nella geoeconomia, la crisi in corso in Ucraina e lo stato della nascente Novorossija. Presentiamo il testo originale russo dell'intervista e la nostra traduzione italiana (con alcuni riferimenti ad articoli di approfondimento rilevanti dal blog The Soul of the East di Mark Hackard) nella sezione “Geopolitica ortodossa” dei documenti.

 
Natale al 25 dicembre: perché la "Chiesa ortodossa dell'Ucraina" parla di passare al nuovo calendario?

la "Chiesa ortodossa dell'Ucraina" ha annunciato un cambio al nuovo stile di calendario. Foto: Unione dei giornalisti ortodossi

Le figure di spicco della "Chiesa ortodossa dell'Ucraina" hanno iniziato contemporaneamente a parlare del passaggio a un nuovo stile di calendario. Gli scismatici festeggeranno il Natale "con tutta l'Europa"?

Sabato 18 dicembre 2021, Sergej Dumenko ha dichiarato nel programma "Intervista del sabato" su Radio Svoboda che la sua struttura potrebbe passare alla celebrazione del Natale al 25 dicembre. Ha anche indicato il periodo approssimativo: "Prevediamo che ci vorranno 10 anni. E poi vedremo. È difficile prevederlo". Allo stesso tempo, il capo della "Chiesa ortodossa dell'Ucraina" ha sottolineato di sostenere personalmente l'idea di celebrare il Natale secondo il calendario neo-giuliano.

Ricordiamo che il calendario neo-giuliano è stato inventato dall'astronomo e professore di matematica serbo Milutin Milanković nel 1923. In quell'anno, un concilio di Chiese ortodosse a Costantinopoli ha deciso una riforma del calendario (la transizione a un nuovo stile). E per evitare accuse di usare il calendario gregoriano "cattolico", fu proposto il calendario neo-giuliano. Con complicati calcoli astronomici, Milutin Milankovich riformò il vecchio calendario giuliano in modo che coincidesse con quello gregoriano. Pertanto, quando si parla del calendario neo-giuliano, si deve intendere che si tratta in effetti del calcolo gregoriano. Questa coincidenza continuerà fino al 2800, quando i calendari divergeranno di nuovo. Inoltre, le Chiese locali che vivono secondo il nuovo calendario giuliano (e che sono ormai 10 su 15) celebrano ancora la Pasqua secondo il calendario giuliano.

Sergej Dumenko ha espresso la sua disponibilità a passare a un nuovo stile e a celebrare il Natale insieme a tutta l'Europa "illuminata". Cosa gli impedisce di farlo in questo momento? Si scopre che il motivo è costituito dai... credenti.

"Ha più a che fare con le tradizioni domestiche. Ne abbiamo già parlato e abbiamo analizzato la questione", ha detto Dumenko, aggiungendo che crede che celebrare il Natale il 7 gennaio sia un errore. "Anche se lo celebriamo tutti il 25, solo secondo calendari diversi. Sì, questo errore deve essere corretto. Ma la tradizione è tradizione – è così profondamente radicata che se lo facciamo, sono convinto che le chiese si svuoteranno il 25 e si riempiranno il 7". Cioè, la leadership della "Chiesa ortodossa dell'Ucraina" sta pensando in modo progressista, ma i credenti miopi impediscono l'attuazione delle idee giuste e la "correzione dell'errore", quindi hanno bisogno di essere rieducati per circa 10 anni.

Nel dicembre 2018, pochi giorni dopo la sua elezione, Dumenko aveva già annunciato la possibilità di passare a un nuovo stile e ha affermato che ciò richiederebbe la rieducazione delle persone: "Se cambiamo dal 7 gennaio al 25 dicembre, il popolo ucraino non lo accetterà. Dobbiamo spiegare e dimostrare".

Il 4 gennaio 2020, Sergej Dumenko ha anche parlato del suo desiderio di passare a un nuovo stile e si è lamentato che i credenti non sono pronti per questo. In un'intervista a Radio Svoboda, ha detto: "In generale, non sono contrario, ma mi affido all'opinione dei nostri fedeli. E conosciamo bene la sociologia, che mostra che oltre il 60% degli ucraini è contraria a festeggiare il 25 dicembre".

Una svolta: dalla condanna del nuovo Natale alla propaganda

Due anni fa, il "vescovo" della Volinia della "Chiesa ortodossa dell'Ucraina" Mikhail Zinkevich ha deciso di celebrare due funzioni natalizie nella sua cattedrale: il 25 dicembre e il 7 gennaio. Secondo lui, ha soddisfatto la "richiesta pubblica" dei suoi parrocchiani. Inoltre, lo ha spiegato con il processo di "decomunistizzazione" e di "movimento verso le tradizioni europee". Ma tale elasticità non ha incontrato il plauso della leadership della "Chiesa ortodossa dell'Ucraina". Il portavoce della "Chiesa ortodossa dell'Ucraina" Ivan (Evstratij) Zorja, sulla sua pagina Facebook, ha rimproverato aspramente l'ex candidato alla carica di capo della "Chiesa ortodossa dell'Ucraina", Mikhail Zinkevich. "Una frettolosa riforma del calendario - e persino tentativi mal concepiti ora di promuoverlo con proposte di raddoppiare le celebrazioni - metteranno potenzialmente in naftalina migliaia di comunità con milioni di credenti nel Patriarcato di Mosca e porteranno confusione all'Ortodossia ucraina per i decenni a venire", ha scritto Zorja. Inoltre, Zinkevich è stato poi ufficialmente condannato dalla "Chiesa ortodossa dell'Ucraina".

"Il Santo Sinodo ha condannato la decisione non autorizzata e unica di sua Grazia [sic] Mikhail, metropolita di Lutsk e Volinia, di apportare modifiche al calendario ecclesiastico, che è una violazione dell'ordine canonico, in particolare del Canone apostolico 34, quando una parte dell'Ortodossia in Ucraina è sotto l'influenza del Patriarcato di Mosca... Affermiamo che l'attuazione sconsiderata e frettolosa della riforma del calendario nella Chiesa ortodossa dell'Ucraina può portare al rafforzamento delle divisioni esistenti e all'emergere di nuove", afferma la decisione del Sinodo della "Chiesa ortodossa dell'Ucraina" del 4 febbraio 2020.

Tuttavia, come si vede, quest'anno l'atteggiamento nei confronti della questione della celebrazione del Natale al 25 dicembre è diverso. Il portavoce della "Chiesa ortodossa dell'Ucraina" è già alla ricerca di argomenti che aiutino a convincere i sostenitori della "Chiesa ortodossa dell'Ucraina" a passare al nuovo stile.

"Attenzione, sondaggio sugli argomenti! Si prega di scrivere brevemente nei commenti gli argomenti "pro" e "contro":

  • passaggio al nuovo calendario/

  • spostamento del Natale al 25 dicembre"

screenshot della pagina Facebook di Ivan Zorja

In effetti, Ivan Zorja ha riconosciuto che la Chiesa ortodossa ucraina non ha argomenti sufficienti per convincere gli ucraini a passare al nuovo stile e "ha chiesto al pubblico". Il "pubblico" ha reagito in modo prevedibile e non ha fornito argomenti creativi a Ivan Zorja. Ironia della sorte, alcuni commentatori, convinti che il vecchio stile sia associato alla Chiesa ortodossa russa e alla Chiesa ortodossa ucraina, sono giunti alla conclusione opposta: alcuni hanno affermato che non dovremmo cambiare perché la gente preferirebbe la Chiesa ortodossa ucraina per questo motivo.

commento dell'ex deputato Aleksandr Briginets

E qualcuno ha sostenuto esattamente il contrario.

commento di un cappellano della "Chiesa ortodossa dell'Ucraina"

In sostanza, i commentatori dicevano che bisogna vivere come in Europa e non inventarsi niente. La risposta più dettagliata è stata data da Nestor Pysyk, "arcivescovo" della "Chiesa ortodossa dell'Ucraina" di Ternopol' e Kremenets, che ha scritto tre argomenti "pro" e ben sei "contro", abbastanza dettagliati.

Ma la cosa più importante nelle risposte del pubblico alla pagina Facebook di Ivan Zorja non è quello che c'è scritto, ma quello che non c'è scritto. Nei commenti non siamo riusciti a trovare un solo argomento veramente religioso, e dopotutto la questione del calendario è principalmente una questione ecclesiastica, è stata discussa e risolta nei Concili ecumenici. Ma per i sostenitori della "Chiesa ortodossa dell'Ucraina", questo non è importante. Per loro, l'importante è essere più lontani dalla Federazione Russa e più vicini all'Europa. In realtà, Zorja sapeva tutto questo molto bene quando ha pubblicato il suo post. Non voleva davvero sentire opinioni diverse. Il suo scopo era quello di allargare la finestra di Overton, per iniziare la legalizzazione pratica del passaggio al nuovo stile. E il "vescovo" di Kherson della "Chiesa ortodossa dell'Ucraina" Nikodim Kulygin ne ha scritto direttamente: "Oggi tutto sembra fare in modo che la domanda non sia più se avremo una transizione al nuovo calendario giuliano, ma quanto presto l'avremo e come accadrà esattamente".

In generale, il brusco cambiamento di posizione della "Chiesa ortodossa dell'Ucraina" sul passaggio al nuovo stile non può che sorprendere. Nel febbraio 2020, il Sinodo di questa struttura ha ufficialmente condannato Mikhail Zinkevich per aver celebrato il Natale secondo il calendario neo-giuliano, e ora vediamo un'aperta propaganda del nuovo stile da parte del capo e del portavoce della "Chiesa ortodossa dell'Ucraina". In quale altro modo si spiega questo se non con un comando "dall'alto"? E un tale comando potrebbe venire non solo da Istanbul. Ne parleremo più tardi.

Nuoto sincronizzato: la "Chiesa ortodossa dell'Ucraina" e la Chiesa greco-cattolica ucraina insieme verso il nuovo stile?

Tra le risposte di Zorja, ce ne sono alcune che dovrebbero essere discusse in modo più dettagliato. Per esempio, quelle che accennano alla transizione sincronizzata al nuovo stile da parte della "Chiesa ortodossa dell'Ucraina" e della Chiesa greco-cattolica ucraina. E ce ne sono tantissimi. Per esempio, scrive un docente dell'Università cattolica ucraina, Jurij Podlesnyj: "La transizione dovrebbe essere sincrona sia per la Chiesa ortodossa dell'Ucraina che per la Chiesa greco-cattolica ucraina. E vale la pena provare a vedere come si applica alla Pasqua" . Gli fa eco la giornalista Tetyanka Shpaykher: "Per la transizione simultanea delle due Chiese: la Chiesa ortodossa dell'Ucraina e la Chiesa greco-cattolica ucraina. Sarebbe bene che le Chiese coordinassero le loro azioni, elaborassero un piano, cioè agissero insieme". Vjacheslav Kostenko le risponde: "Esatto! In generale, dobbiamo sollevare la questione dell'unificazione della Chiesa ortodossa dell'Ucraina e della Chiesa greco-cattolica ucraina".

Come si vede, non si tratta solo della "Chiesa ortodossa dell'Ucraina" che passa a un nuovo stile, ma di farlo insieme ai cattolici ucraini di rito ortodosso. Le ultime dichiarazioni del capo della Chiesa greco-cattolica ucraina Svjatoslav Shevchuk lo confermano pienamente. Nel luglio 2021, ha detto: "Vogliamo passare a un nuovo calendario in Ucraina insieme ai fratelli ortodossi".

Nella stessa Chiesa greco-cattolica ucraina, o meglio nelle sue parrocchie d'oltremare, la transizione al nuovo stile sta prendendo slancio. Dal 1 settembre 2021 tutte le parrocchie della Chiesa greco-cattolica ucraina in Italia sono passate al calendario gregoriano. Lo ha sostenuto il capo dell'esarcato della Chiesa greco-cattolica ucraina in Italia, Dionisij Ljakhovich, preoccupato "per lo sviluppo spirituale dell'esarcato apostolico nelle condizioni dell'ambiente italiano, del tempo e della missione della nostra Chiesa". In altri paesi, i migranti uniati ucraini passano facilmente al nuovo stile per non differire dai residenti locali. Svjatoslav Shevchuk ha detto che in Italia, Portogallo e Spagna i greco-cattolici lo considerano assolutamente normale poiché costituiscono una minoranza religiosa e devono accettare le tradizioni locali.

Nonostante si siano sentite a lungo dichiarazioni sia della "Chiesa ortodossa dell'Ucraina" che della Chiesa greco-cattolica ucraina su una possibile transizione al nuovo stile, oggi l'attività in questa direzione è aumentata in modo significativo. Possiamo dire che sia la "Chiesa ortodossa dell'Ucraina" che la Chiesa greco-cattolica ucraina stanno sincronizzando i loro sforzi per rieducare i loro parrocchiani nel "modo giusto", e che l'idea della transizione simultanea al nuovo calendario è uno dei punti di un piano a lungo termine per unire queste denominazioni. Che un tale piano esista, Svjatoslav Shevchuk lo ha dichiarato esplicitamente il 21 dicembre 2021, in onda sul programma "Personaggi" sul Quinto canale. "Abbiamo un piano su come procedere all'unificazione della Chiesa di Kiev, una volta unita ma ora divisa", ha affermato il capo della Chiesa greco-cattolica ucraina.

Il fatto che la dirigenza della Chiesa greco-cattolica ucraina e della "Chiesa ortodossa dell'Ucraina" dichiarino che sia l'unificazione delle confessioni sia il passaggio al nuovo stile sono una questione di un lontano futuro non deve trarre in inganno nessuno. In primo luogo, potrebbe essere solo una mossa diplomatica per rassicurare coloro che non apprezzano particolarmente queste iniziative, e in secondo luogo, l'unione stessa può essere in varie forme. Se una completa unificazione organizzativa nel prossimo futuro è davvero abbastanza difficile da immaginare, potrebbe comunque verificarsi un'unificazione "eucaristica" o qualche altra forma, soprattutto perché questa unificazione non è solo intorno a qualcosa, ma anche contro qualcosa, cioè contro l'Ortodossia nel paese dell'Ucraina. Gli uniati, qualunque cosa si possa dire, sono cattolici, sostenitori del credo cattolico, non di quello ortodosso, e non importa a quali riti aderiscano. E i rappresentanti della "Chiesa ortodossa dell'Ucraina" hanno già chiarito che per loro la cosa più importante è soddisfare i bisogni della società, e poi tutto il resto. L'unica confessione religiosa che sostiene senza compromessi la purezza della fede ortodossa è la Chiesa ortodossa ucraina e, di conseguenza, è un ostacolo sulla via della cattolicizzazione e dell'ecumenizzazione dell'Ucraina.

Pertanto, l'intera campagna in corso per promuovere l'idea di celebrare il Natale insieme ai cattolici è diretta contro la Chiesa ortodossa ucraina. Ne sentiamo parlare direttamente o indirettamente sia dalle labbra dei sostenitori della "Chiesa ortodossa dell'Ucraina" sia da quelle degli uniati. La manifestazione più eclatante di questa campagna è stato il video di uno dei leader del Partito galiziano ucraino, che afferma che la celebrazione della Natività di Cristo il 25 dicembre è "un vaccino contro il mondo russo".

uno screenshot del video sul canale YouTube "Bohdan Pankevich BLOG"

Gli autori della videochiamata definiscono le persone che celebrano il Natale il 7 gennaio "ubriache e ignoranti" e esortano i credenti ad allontanarsi dal celebrare il Natale il 7 gennaio secondo il "calendario ortodosso di Mosca" per passare al 25 dicembre per festeggiare "con il mondo". Un mese fa, Bogdan Pankevich, protagonista del video, ha scritto sulla sua pagina Facebook: "Due anni fa, il partito galiziano ucraino ha lanciato la campagna 'Natale con il mondo'. Abbiamo personalmente portato decine di migliaia di firme negli appelli al patriarca Svjatoslav e al metropolita Epifanij nei loro uffici... È tempo per noi di celebrare con l'intero mondo cristiano, e non con la Russia e i suoi satelliti religiosi".

Conclusioni

In primo luogo, stiamo assistendo a un brusco cambiamento nella posizione della leadership della "Chiesa ortodossa dell'Ucraina" per quanto riguarda la transizione al nuovo stile. In meno di due anni – dalla condanna ufficiale della celebrazione del Natale del 25 dicembre alla sua aperta propaganda. E questo cambiamento improvviso suggerisce un comando "dall'alto".

In secondo luogo, dobbiamo affermare la sincronicità della Chiesa ortodossa ucraina e della Chiesa greco-cattolica ucraina sulla questione sia del passaggio al nuovo stile sia sul futuro dell'unificazione.

In terzo luogo, sia l'unificazione che la transizione sono dirette contro la Chiesa ortodossa ucraina, che non partecipa ai progetti degli scismatici e aderisce strettamente al calendario giuliano perché questa non è una questione politica, e tanto meno una questione di mondo "russo" o "non russo", ma una questione religiosa.

In quarto luogo, la Chiesa ortodossa ucraina dovrebbe non solo essere ferma in questa materia, ma anche far capire alla società ucraina con tutti i mezzi disponibili che il passaggio al nuovo stile non è un "vaccino contro il mondo russo" e non è un modo per unirsi alla "vera" Europa. La società ucraina ha il diritto di scegliere la propria strada, ma questa scelta deve essere fatta consapevolmente e non sotto l'impressione di immagini belle e suggestive disegnate dai vertici della "Chiesa ortodossa dell'Ucraina" e della Chiesa greco-cattolica ucraina.

 
Perché nell’esercito ucraino c’è chi merita rispetto e compassione

A differenza della propaganda ucraina, che non cessa di chiamare all’unisono (vero tratto di un regime dittatoriale) “terroristi” tutti gli oppositori di un territorio di oltre 6 milioni di abitanti, la Novorossija non è motivata da odio anti-ucraino (questo si sviluppa solo come reazione alle atrocità commesse soprattutto sui civili inermi). Là sanno benissimo che la maggioranza dei militari ucraini è composta da coscritti inviati al fronte come carne da cannone, e non dai fanatici nazisti delle squadre della morte al soldo degli oligarchi al potere. Il nostro amico Saker, nel suo blog, fa una seria analisi dei casi in cui i miliziani e la Russia trattano bene e rilasciano i militari ucraini catturati, dopo essersi assicurati che appartengano al primo di questi gruppi e non al secondo. Presentiamo nella sezione “Geopolitica ortodossa” dei documenti questa analisi, che comprende anche il video di un gruppo di coraggiose donne e anziani che fronteggiano pubblicamente un ufficiale di coscrizione in Bucovina.

 
L'esito della visita del papa a Cipro e in Grecia

Parte 1 – L'esito della visita del papa a Cipro e in Grecia

il papa ha visitato la Grecia ortodossa per la seconda volta in cinque anni. Foto: Unione dei giornalisti ortodossi

I papi sono stati in Grecia 3 volte nella storia, con Francesco che ha fatto due visite. Ha anche visitato Cipro. Qual è la ragione di tale attività in direzione "greca"?

Dal 2 al 6 dicembre 2021, papa Francesco ha compiuto una visita ufficiale in Grecia e a Cipro. Il capo della Chiesa cattolica romana è arrivato in questi paesi su invito delle autorità statali e delle conferenze episcopali dei vescovi cattolici locali. Dal 2 al 4 dicembre papa Francesco ha soggiornato a Cipro per poi recarsi in Grecia, dove ha visitato Atene e l'isola di Lesbo.

Il 6 dicembre è volato a Roma. Sembrerebbe piuttosto che si tratti di una visita di lavoro, come quelle che l'attuale papa compie spesso, e di cui non c'è nulla di cui parlare se non per alcuni particolari notevoli che hanno preceduto e accompagnato il viaggio greco-cipriota del papa.

Basti pensare che questo è il secondo viaggio di Francesco in Grecia negli ultimi 5 anni e la terza visita del capo del Vaticano in questo paese negli ultimi 1.000 anni. In altre parole, prima dell'attuale capo della Chiesa cattolica romana, solo un papa è venuto in Grecia dopo che la Chiesa cattolica si è allontanata dall'Ortodossia. Pertanto, un interesse così esplicito di papa Francesco per la Grecia e Cipro non può che sorprendere.

Alo stesso modo non possono passare inosservati i suoi due incontri, uno con il primate della Chiesa ortodossa greca, l'arcivescovo Hieronymos, e uno con il primate e il sinodo della Chiesa ortodossa cipriota. Oltre a questi incontri, il pontefice romano, come da tradizione, ha fatto molte visite ai capi e agli alti funzionari di Cipro e della Grecia, e ha anche prestato molta attenzione a questioni che non toccano direttamente gli interessi del trono romano. Quali sono state dunque le vere ragioni della visita di quattro giorni del papa in questi due paesi ortodossi?

Preparazione di un'unione?

Rivolgendosi ai greci e ai ciprioti, pochi giorni prima della sua visita, il papa ha annunciato che avrebbe visitato questi due paesi "da pellegrino". Allo stesso tempo, ha sottolineato che si stava recando in Grecia e a Cipro "sulle orme dei primi grandi missionari, soprattutto gli apostoli Paolo e Barnaba", poiché "è bene tornare alle origini, ed è importante per la Chiesa per riscoprire la gioia del Vangelo". È chiaro che l'Ortodossia non pretende l'esclusiva sul Vangelo, e queste parole si applicano allo stesso modo alla Chiesa cattolica romana. Ma il riferimento alle "origini" (alla Chiesa indivisa) è già legato all'Ortodossia. Per questo il papa ha proseguito: "Incontrandovi, mi disseterò alle sorgenti della fraternità, così preziose ora che abbiamo appena iniziato il cammino sinodale mondiale".

Rivolgendosi direttamente all'arcivescovo Hieronymos e all'arcivescovo Chrysostomos, il papa ha lanciato un appello alla "fratellanza apostolica" e alla "unica fede", che dovrebbe portare a un incontro con i capi delle Chiese cipriota e greca.

In altre parole, la ragione principale della visita del papa a Cipro e in Grecia è quella di condurre alcune trattative finalizzate a un "cammino sinodale" verso l'unità con Roma.

Ci si può chiedere perché, di fatto, non sia il patriarca Bartolomeo a condurre tali negoziati? E chi ha detto che non lo fa? Li dirige abbastanza attivamente. Ma il capo del Fanar ha poteri e capacità completamente diversi da quelli del papa. Per esempio, non può promettere alla Grecia la protezione dei "poteri costituiti" in cambio di determinati servizi, mentre il papa può farlo. E, soprattutto, almeno in parte, mantiene le sue promesse. Non per niente il governo degli Stati Uniti ha affermato più volte, solo nell'ultimo anno, che la Grecia è il principale partner degli Stati Uniti nella regione del Mediterraneo. Dirlo quando hai il non così pacifico Erdoğan davanti ai tuoi occhi non è poco importante.

Per gli stessi greci, tale cooperazione è estremamente vantaggiosa, perché dà loro un senso di sicurezza di fronte alla Turchia. Tuttavia, per tale "cooperazione" bisogna pagare e sacrificare qualcosa, compresa la purezza della fede, cosa che è accaduta più di una volta nella storia. Quindi la visita del papa si inserisce bene nel quadro di alcuni accordi "commerciali" che gli Stati Uniti stanno conducendo con il partner "tascabile" del Fanar , cercando di unire l'incompatibile – ortodossia e cattolicesimo.

Atteggiamento verso l'unione con Roma in Grecia

Tuttavia, il clero ortodosso greco (la sua ala tradizionale) non è contento di questa prospettiva. Pochi mesi prima della visita del Papa, il metropolita Seraphim del Pireo ha protestato, accusando il papismo di numerose eresie e complicità con il fascismo.

E proprio una settimana prima dell'arrivo di papa Francesco, lo stesso metropolita Seraphim ha scritto un rabbioso appello in cui ha definito "problematica" la visita del pontefice in Grecia, poiché il cattolicesimo romano ha un "carattere eretico, dispettoso e impenitente, non rispetta il diritto internazionale e mostra solo una falsa nobiltà verso la nostra santa Chiesa martire".

Come esempio di tale menzogna, il metropolita Seraphim ha citato la "canonizzazione" da parte di papa Francesco del "mostro umanoide", il cardinale Alojzije Stepinac di Zagabria, "condannato dal Tribunale per i crimini della seconda guerra mondiale come istigatore dell'orribile martirio di migliaia di ortodossi serbi". Inoltre, il metropolita Seraphim ha ricordato che non molto tempo fa Francesco ha mostrato "flagrante mancanza di rispetto" verso la Chiesa di Grecia, nominando "al trono nel centro di Atene, un 'prete' cattolico romano, il benedettino spagnolo padre Emmanuel, come presunto "vescovo greco-ortodosso di Karakavia", una comunità greca inesistente".

Il grido di indignazione del metropolita del Pireo è stato in qualche misura ascoltato, e il papa non ha incontrato i padri sinodali della Chiesa ortodossa greca, né ha tenuto una sola preghiera "ecumenica" né a Cipro né in Grecia. Anche se, in linea di principio, difficilmente poteva contare su questo, dato che, secondo un religioso della Chiesa greco-cattolica ucraina che vive nella patria di Aristotele, i sacerdoti greci non partecipano mai ad alcun evento cattolico o uniate, nonostante vivano in un'Europa tollerante.

Mentre la più alta gerarchia ha ancora cercato di preservare in qualche modo il suo "volto diplomatico" fingendosi felice di vedere il papa, il clero ordinario e il popolo non hanno nascosto il loro atteggiamento nei suoi confronti.

Così, durante la visita del papa all'arcidiocesi ateniese della Chiesa ortodossa greca, un rispettato sacerdote greco, il missionario e teologo padre Ioannis Diotis, ha dichiarato pubblicamente più volte che il papa è un eretico che deve pentirsi. È interessante notare che l'anziano sacerdote (ha già più di 80 anni) è stato subito aggredito da diversi agenti di polizia che lo hanno scaraventato a terra. Ecco come ha raccontato lui stesso l'incidente : "Dico loro – beh, ragazzi, di cosa sono colpevole? Per essere scortato alla polizia, devo essere sospettato di una particolare cattiva condotta. Ditemi in cosa ho sbagliato. Ho solo detto che è un eretico e che deve pentirsi. Non mi hanno saputo rispondere".

In effetti, di cosa è accusato il sacerdote che ha chiamato il papa eretico? Di niente. E anche la polizia greca lo capisce. Il problema è che molti vescovi greci non lo capiscono e, soprattutto, non lo capiscono al Fanar. Ecco perché il patriarca Bartolomeo, prima della visita del papa in Grecia e Cipro, ha dichiarato che il XXI secolo è il secolo del ripristino dell'unità tra la Chiesa cattolica romana e l'Ortodossia, e il papa ha chiesto di rompere il "muro del pregiudizio" con l'Ortodossia, poiché egli desidera ardentemente la comunione eucaristica con gli ortodossi .

Apparentemente, l'inizio della lotta contro i "pregiudizi" è stato proprio il caso delle Chiese cipriota e greca. Così, il papa ha invitato la Chiesa cipriota alla "piena unità con i cattolici" e, parlando con il primate della Chiesa greca, si è scusato per tutti gli errori commessi dai suoi predecessori e dai cattolici in generale: "Ammetto che azioni e decisioni che hanno poco o nessun rapporto con Gesù e il Vangelo, ma piuttosto sono basate sull'avidità e sul potere, hanno indebolito la nostra comunione reciproca. (...) La storia ha il suo peso, e qui oggi sento il bisogno di chiedere ancora a Dio e ai nostri fratelli e sorelle una richiesta di perdono per gli errori commessi da tanti cattolici".

Attenzione: non una parola sui dogmi come ragioni principali dello scisma tra cristiani cattolici e ortodossi, ma solo parole su "pregiudizi", "avidità di profitto" e "sete di potere". Cioè, secondo il papa, queste sono le questioni da risolvere perché si realizzi la tanto agognata unità con gli ortodossi? A quanto pare, è così.

Tuttavia, tra i credenti cristiani in Grecia regnano sentimenti completamente diversi. Per esempio, alcuni mesi fa un cardinale romano di lingua greca ha visitato il Sacro Monte Athos, in particolare il monastero di San Paolo, e ha parlato con il suo igumeno, l'archimandrita Parthenios, che è venerato come anziano contemporaneo. Il porporato ha affermato che cristiani cattolici e ortodossi stanno tenendo conferenze per rendere comune la celebrazione della Pasqua, cercando di apportare qualche cambiamento nelle pratiche liturgiche e ascetiche delle loro Chiese. "Pensa che queste conferenze porteranno qualche risultato?" ha chiesto all'archimandrita. Quest'ultimo ha risposto: "E cosa possono fare? Due volte zero fa sempre zero. Tutto questo, in fondo, non vale niente". Il cardinale: "Come può dire questo?" Padre Parthenios: "Dico questo perché sia in Oriente che in Occidente sanno la verità, ma non la professano. Vanno a coprirsi a vicenda. Vanno avanti e indietro su questo argomento. Sono coinvolti nella politica, non professano la verità".

In effetti, il dialogo e le scuse per gli errori sono una buona cosa. Ma perché sono comparsi questi errori? Perché sono stati preceduti da deliri dogmatici. Fede e pratica sono strettamente legate, e se si vuole veramente cambiare qualcosa, bisogna partire dalla fede, dal ritorno alla Verità, e non dalla "lotta ai pregiudizi". Di questo, però, il papa non ha mai detto nulla né prima della sua visita in Grecia e a Cipro né dopo. E non lo farà. Perché ha un compito diverso.

Emigranti

Tutti i comunicati stampa della visita del papa nei paesi ortodossi di lingua greca sottolineavano che vi si sarebbe recato, tra l'altro, per affrontare la questione dei migranti. Come nella sua ultima visita a Lesbo, il papa ne ha portati di nuovo con sé parecchi. Non è stata come una visita di un capo di Stato ai migranti "poveri e svantaggiati", ma piuttosto una verifica dei subordinati da parte di un alto funzionario.

Per sottolineare il suo "interesse per i migranti", il Papa ha tenuto un incontro separato con l'ex premier greco Alexis Tsipras, grazie al quale il paese si è impegnato per risolvere la questione dei rifugiati. Comprensibilmente, si potrebbe rispondere che il pontefice ha sentimenti filantropici e si preoccupa della condizione dei migranti svantaggiati. Se non fosse che per un singolo "ma": a parte lavare i piedi ai migranti e trasportarli in Italia, per loro il papa non ha fatto altro. Non ha condannato le guerre in Afghanistan, Libano e Siria, che hanno portato all'inondazione di profughi in Europa. Inoltre, non ha riportato nessuno di loro in Vaticano, anche se avrebbe potuto farlo. Allora perché è così preoccupato per il fatto che la Grecia ortodossa accetti il maggior numero possibile di rifugiati provenienti da stati a maggioranza islamica? Di fatto, negli ultimi anni, questi si sono già fatti notare sull'isola con atti di vandalismo contro le chiese ortodosse.

La risposta a questa domanda si trova nelle parole del metropolita Seraphim, già citate sopra. A suo avviso, "l'accoglienza governativa fatta a Francesco è un errore criminale di prima categoria, in quanto è un atto di intensificazione di una guerra ibrida organizzata da un paese vicino (la Turchia, ndc), dal presidente Erdoğan e dal blocco sunnita contro il nostro paese, il continente europeo e l'identità culturale e religiosa europea".

Il metropolita ha ricordato che "l'islam si è espanso in due modi. Il primo è stata la cosiddetta guerra di religione (jihad), e il secondo è stato il reinsediamento e il cambiamento demografico attraverso nascite multiple". È questa seconda via che "è stata scelta dal blocco sunnita per occupare e islamizzare il continente europeo", ritiene il metropolita.

Sottolinea che "si spendono miliardi per raggiungere questo obiettivo attraverso articoli giornalistici e ONG ombra, perché è ovvio che la popolazione musulmana che si sposta 'per una vita migliore' può essere facilmente indirizzata verso l'Arabia Saudita, che può ospitare tre milioni di persone, e verso i paesi del Golfo Persico".

In questa situazione il papa veste i panni di un becchino della civiltà cristiana ed europea, araldo di una nuova identità umana e forse di una nuova fede sincretica che unirà islam, cristianesimo e culto della terra (da qui la lotta per l'ecologia). Comunque sia, l'interesse del papa per i migranti, e specialmente per la Grecia che ne accetta il maggior numero possibile, è molto probabilmente motivato almeno dal desiderio di indebolire o ridurre l'influenza ortodossa nel paese. Come mai? Per lo stesso motivo: un'unificazione più rapida e indolore con il Fanar. E qui, non c'è dubbio, tutti i mezzi vanno bene sia per il Vaticano che per il Fanar, un tema che sarà oggetto del nostro prossimo articolo.

Parte 2 – Tecnologia dell'uniatismo del futuro: un incontro al di sotto dei radar del papa in Grecia

l'avvocato del Fanar partecipa all'incontro tra il papa e il capo della Chiesa di Grecia. Foto: _Unione dei giornalisti ortodossi

In Grecia, il papa ha visitato due volte l'arcivescovo Ieronymos. Durante una visita, ha anche incontrato un rappresentante del Fanar. Di cosa tratta questo incontro e cosa ci si può aspettare da esso?

Durante la recente visita di papa Francesco in Grecia si è svolto un incontro interessante, rimasto dietro le quinte dei media mondiali. Il 4 dicembre, all'interno dell'edificio dell'arcidiocesi ateniese, dove il papa è giunto in visita all'arcivescovo Hieronymos, lo ha incontrato l'avvocato Sakis Kahiyoglu. Quest'uomo ha fatto un regalo al pontefice: un libro di poesie di un monaco athonita dal Perù. Il papa, a sua volta, ha invitato Kahiyoglu in Vaticano. Chi è questa persona e cosa ci faceva, in un incontro di così alto livello?

Fanar e Roma: come convincere gli ortodossi della necessità dell'unione?

Nell'ultimo anno o due, abbiamo assistito a un'intera cascata di dichiarazioni del patriarca Bartolomeo e del papa sull'imminente unità. Ma è abbastanza ovvio che per raggiungere questo obiettivo è necessario compiere una serie di passaggi successivi. Uno di questi è convincere le Chiese locali (comprese quelle "greche") della necessità dell'unione con Roma. Questo compito non è facile, dal momento che sia i comuni credenti che molti vescovi greci sono assolutamente contrari all'unione con gli eretici. Pertanto, i fanarioti e i cattolici hanno bisogno di trovare argomenti speciali per la persuasione. La creazione della "Chiesa ortodossa dell'Ucraina" in Ucraina ha mostrato quanto possano essere "sanitari" questi argomenti. Corruzione, ricatto, "accordi" dietro le quinte, minacce e altre "leve": i partecipanti a questa impresa ne hanno parlato apertamente.

Ricordiamo che a seguito del "concilio d'unificazione", la Chiesa greco-cattolica ucraina (la struttura subordinata al papa) ha subito parlato dell'imminente unificazione con la "Chiesa ortodossa dell'Ucraina" (la struttura subordinata al patriarca Bartolomeo).

Sicuramente il papa ha incontrato l'episcopato ortodosso a Cipro e in Grecia con lo stesso scopo, perché per promuovere l'idea dell'unità con la "Santa Sede", c'è un disperato bisogno del sostegno di quante più Chiese ortodosse possibili.

Ci sono due modi per raggiungere l'obiettivo:

  • ideologico – attraverso lo sviluppo della dottrina del primato nella Chiesa e dei "diritti speciali" del Patriarcato di Costantinopoli;

  • predatorio – ricattando le Chiese locali, dal momento che quasi ogni Chiesa ha "punti deboli" di fronte ai propri scismatici. A questi scismatici può essere concesso un "tomos", che li include contemporaneamente in un'orbita canonica.

È chiaro che l'attuazione degli obiettivi di cui sopra richiede tempo e denaro. Ma anche adesso, sulla via dell'unione con i cattolici, ci sono cose che si possono ottenere abbastanza velocemente – per esempio, il sostegno di una parte dei vescovi delle Chiese ortodosse greca e cipriota. Discuteremo di seguito in che modo verrà esteso questo sostegno.

Con chi si è incontrato il papa ad Atene?

il papa riceve un dono dalle mani di Sakis Kahiyoglu. Arcidiocesi di Atene, 4 dicembre 2021. Foto: https: cnn.gr

Sembrerebbe che l'incontro del pontefice con un avvocato poco appariscente non avesse importanza e sembrasse quasi casuale. Ecco solo alcuni dettagli interessanti che ci costringono semplicemente a porre la domanda: quale ruolo è dato a Kahiyoglu nel gioco del Fanar e del Vaticano?

Primo, non è così facile per una persona a caso incontrare il papa. In secondo luogo, l'incontro non si è svolto da qualche parte per strada, ma nell'edificio dell'arcidiocesi ateniese, dove si può accedere solo su invito e grazie al proprio status elevato. Terzo, non tutti quelli che gli regalano un libro sono invitati dal papa in Vaticano. Allora, che tipo di persona è questa?

Sakis Kahiyoglu è uno dei principali membri del consiglio di amministrazione della Fondazione Patriarca Bartolomeo (più avanti, parliamo della Fondazione e dei suoi compiti) e anche uno dei più famosi e affermati avvocati penalisti in Grecia, che ha agito come difensore di "orribili" delinquenti.

Quest'uomo è nato a Veria, ha studiato a Salonicco e nel 1985 si è trasferito negli Stati Uniti (su raccomandazione, tra l'altro, dell'allora primo ministro greco Konstantinos Mitsotakis, il padre dell'attuale primo ministro del paese Kyriakos Mitsotakis), dove ha ricevuto il sostegno finanziario dell'arcidiocesi fanariota in America. Naturalmente, tale assistenza ha determinato l'atteggiamento di Kahiyoglu nei confronti del Fanar. Perché è stato con i soldi del Patriarcato di Costantinopoli che ha studiato alla American University School of International Service di Washington, DC. Ciò gli ha permesso di ottenere un lavoro al Senato degli Stati Uniti come assistente delle risorse umane nel Comitato per le relazioni estere del Senato e nell'ufficio del leader repubblicano del Senato, il senatore Jesse Helms della Carolina del Nord.

Nel 2001, Kahiyoglu ha aperto il suo ufficio in Grecia e nel 2021 il capo del Fanar lo ha nominato membro del consiglio di amministrazione della Fondazione Patriarca Bartolomeo.

In Grecia, questa nomina ha suscitato un certo sconcerto, dal momento che il neo-membro del consiglio di amministrazione della "Fondazione" "è diventato famoso" per aver protetto i criminali accusati dei crimini più gravi nel periodo dal 2001 al 2018. Per esempio, ha difeso Georgios Koskotas (presidente della Banca di Creta), accusato di aver sottratto 32 miliardi di dracme alla banca. È stato il difensore di Kyriakos Apeirantis, accusato di omicidio seriale, stupro e incendio doloso. È stato il difensore di Iosiph Vaionis, che ha ucciso sua moglie, il difensore di Christos Voulgarakis, che ha ucciso sua figlia di 12 anni. Ha difeso Theo Theodoridis, accusato di aver importato 5 kg di cocaina, così come Arketa Rizai, accusato di rapimento. Dal 2001 (momento in cui ha aperto il suo studio in Grecia) Kahiyoglu si è specializzato principalmente in casi relativi a crimini contro la vita (omicidio),

Naturalmente, ognuno ha il proprio lavoro e non si può giudicare solo da questo che Sakis Kahiyoglu abbia una reputazione sporca. Ma nel 2005 è stato accusato di coinvolgimento nel caso di un presunto gruppo criminale e ha ricevuto diversi anni di carcere, in cui ha trascorso 4 mesi. Nel 2010 è stato condannato a 6 anni di carcere, ma alla fine è stato assolto da tutti i capi d'accusa.

Tuttavia, nonostante gli scandali di cui sopra, Kahiyoglu gode della fiducia del patriarca di Costantinopoli e, inoltre, gli fornisce sempre determinati servizi. Per esempio, nel caso di alto profilo del monastero di Vatopedi, che, oltre ad essere il monastero più ricco dell'Athos, è considerato anche il "granaio" del Fanar. Poi, ricordiamo Konstantinos Gratsios, l'ex amministratore delegato della società immobiliare statale accusato nel caso dello scambio di beni immobili tra lo stato e il monastero di Vatopedi sul Monte Athos. Dopo essersi scusato con l'investigatore speciale, Gratsios è stato rilasciato in libertà vigilata, mentre gli altri imputati nello stesso caso sono stati temporaneamente detenuti (per qualche tempo anche l'abate Ephraim di Vatopedi è stato in carcere). A proposito, tale causa è tuttora pendente presso la Corte d'appello per i casi penali di Atene. Vale la pena ricordare questo piccolo dettaglio se sorge la domanda sul perché l'abate Ephraim non si oppone alle decisioni del Fanar, compresa quella della "Chiesa ortodossa dell'Ucraina".

In altre parole, Kahiyoglu è una persona "fidata" a cui possono essere affidati gli incarichi più "delicati". In particolare, può essere utilizzato come "negoziatore" nei tentativi di persuadere i vescovi della Grecia e di Cipro ad accettare l'unione con Roma. Quindi è improbabile che l'uomo del patriarca Bartolomeo si sia imbattuto accidentalmente in un incontro tra il papa e l'arcivescovo Hieronymos. Forse, vista l'esperienza dell'avvocato, aveva degli argomenti particolarmente "convincenti" per il primate della Chiesa di Grecia.

Tuttavia, l'apparizione di Kahiyoglu nell'arcidiocesi ateniese potrebbe sembrare casuale per l'arcivescovo Hieronymos, ma non per il papa. Se passiamo alla storia recente, possiamo vedere che nel 2018 Kahiyoglu si è già incontrato con il pontefice, e ancora con la partecipazione del Fanar. Quindi ha visitato il Vaticano insieme a un vescovo di Costantinopoli, il metropolita Nikitas di Thiateira.

il metropolita Nikitas, Sakis Kahiyoglu e papa Francesco. Vaticano, 2018. Foto: protothema.gr

Fanar, Dipartimento di Stato e Vaticano nella creazione della "Chiesa ortodossa dell'Ucraina"

Kahiyoglu e il metropolita Nikitas sono legati da una vecchia conoscenza. Il fatto è che anche prima della sua ordinazione, il metropolita Nikitas a metà degli anni '80 (era l'epoca in cui Kahiyoglu lavorava al Senato degli Stati Uniti) fungeva da segretario personale del deputato Michael Bilirakis del distretto di Washington. Più tardi, il giovane decise di scambiare una promettente carriera politica per servire la Chiesa, o meglio, il Fanar. Fortunatamente, il suo capo, Michael Bilirakis, non se ne preoccupò, poiché serviva fedelmente il Patriarcato di Costantinopoli come Arconte dell'Ordine dell'Apostolo Andrea.

Qui è necessario fare una riserva e ricordare che i rapporti tra il Fanar e il Dipartimento di Stato sono più che stretti. Per esempio, è stato il Dipartimento di Stato a sostenere completamente apertamente il Fanar durante la creazione della "Chiesa ortodossa dell'Ucraina", e oggi dirige la "spinta" del riconoscimento di questa struttura tra le Chiese locali.

Naturalmente, i creatori della struttura di Dumenko – il Dipartimento di Stato degli Stati Uniti e il Fanar – giocano a condizioni vantaggiose per tutti. Ricordate l'adagio "una mano lava l'altra"? Qui è lo stesso: il Dipartimento di Stato aiuta i fanarioti a raggiungere i loro obiettivi e, a loro volta, ricambiano. Volete un esempio? Nessun problema.

Uno dei più ardenti sostenitori di Filaret Denisenko (quello a cui Dumenko e Poroshenko hanno promesso la leadership nella "Chiesa ortodossa dell'Ucraina" in cambio del Tomos d'autocefalia, ma poi lo hanno ingannato), Dmitrij Stepovik, ha detto che dal 1999 al 2013 ha viaggiato 13 volte con il capo del "patriarcato di Kiev" negli Stati Uniti .

Secondo lui, Konstantinos Bilirakis (consigliere di Mike Pompeo e figlio dello stesso Michael Bilirakis – deputato, arconte del Fanar ed ex capo del metropolita Nikitas) si è incontrato ripetutamente con il "patriarca" Filaret per discutere della creazione della "Chiesa ortodossa dell'Ucraina". In cambio del Tomos, Bilirakis ha chiesto a Denisenko di rinunciare alle parrocchie del "patriarcato di Kiev" fuori dall'Ucraina. Di conseguenza, Filaret molto probabilmente ha accettato, dal momento che la "Chiesa ortodossa dell'Ucraina" ha ricevuto la legalizzazione dal Fanar, ma può svolgere le sue attività solo all'interno dell'Ucraina come prescritto dal Tomos.

In altre parole, Bilirakis come rappresentante del Fanar nel Dipartimento di Stato, fa pressioni per la creazione della "Chiesa ortodossa dell'Ucraina", chiedendo alcune preferenze per il Patriarcato di Costantinopoli. Il Dipartimento di Stato lo aiuta in questo, perché attraverso la "Chiesa ortodossa dell'Ucraina":

  • distrugge l'unità della Chiesa ortodossa;

  • crea una struttura estremamente ostile alla Russia e alla Chiesa russa;

  • ottiene ulteriore influenza sulle autorità ucraine.

Ma la cosa principale è che la "Chiesa ortodossa dell'Ucraina" può essere utilizzata come piattaforma per l'unione di cristiani ortodossi e cattolici (il nostro prossimo articolo riguarderà il motivo per cui il Dipartimento di Stato ne ha bisogno). In questo senso, il Vaticano è tanto interessato all'emergere della "Chiesa ortodossa dell'Ucraina" quanto lo è il Dipartimento di Stato. L'algoritmo è che, prima, ortodossi e cattolici si uniranno sotto le insegne della "Chiesa ortodossa dell'Ucraina", e poi questo schema sarà applicato a tutte le altre Chiese.

Ecco cosa dice Ivan Datsko, Presidente dell'Istituto di studi ecumenici dell'Università cattolica ucraina: "Vorrei che potessimo ripristinare la piena comunione tra le Chiese cattolica e ortodossa entro il 2025. Questo è il nostro obiettivo principale", ha spiegato che sotto il pontificato Francesco e il patriarca Bartolomeo di Costantinopoli, "ci siamo avvicinati così tanto che se non ora, allora, potrebbe non avvenire mai. Ci perderemo una grande opportunità". È convinto che sia necessario "che il futuro patriarca ucraino sia eletto sia dagli ortodossi che dai cattolici… Ma dobbiamo fare uno sforzo comune per partecipare insieme all'Eucaristia dell'amore".

Così, nel 2018, il metropolita Nikitas (ex segretario dell'arconte del Fanar e membro del Congresso Michael Bilirakis) e Sakis Kahiyoglu visitano il papa. Nello stesso anno, con la partecipazione diretta del capo del Dipartimento di Stato Mike Pompeo e del suo consigliere Gus Bilirakis, il Patriarcato di Costantinopoli concede il Tomos alla "Chiesa ortodossa dell'Ucraina", e il dialogo Fanar-Vaticano arriva in dirittura d'arrivo. Inoltre, durante la visita del papa a Cipro e in Grecia, Francesco chiede la completa unità di ortodossi e cattolici, e Sakis Kahiyoglu riceve l'invito a visitare nuovamente il Vaticano. Questa volta in un nuovo status per se stesso – come membro del consiglio di amministrazione della Fondazione Patriarca Bartolomeo. Che ruolo gioca questo corpo in tutto questo crogiolo?

La Fondazione Patriarca Bartolomeo

L'obiettivo della Fondazione Patriarca Bartolomeo, nelle parole del metropolita Elpidophoros d'America, è "creare un'eredità che possa garantire il futuro finanziario del Patriarcato ecumenico".

Durante il ricevimento in occasione della costituzione della Fondazione, il capo del Fanar ha affermato che "(la fondazione, ndc) è un'iniziativa molto meritevole, che è una prova pratica del rispetto e dell'amore dei nostri credenti qui negli USA per la Chiesa madre, che deve affrontare migliaia di difficoltà e di problemi. Molti di loro sono noti a molti. Molti di loro sono sconosciuti. Non stiamo parlando di loro. Li stiamo affrontando, e sono i sospiri inespressi della Chiesa madre".

A proposito, alla cena dei membri fondatori della Fondazione del patriarca ecumenico Bartolomeo, l'ex segretario di Stato americano Mike Pompeo è stato invitato come relatore principale (è lui che ha dato il via alla nascita della "Chiesa ortodossa dell'Ucraina", ricordate?).

Michael Pompeo a una cena in onore dei fondatori della Fondazione. New York, 29 ottobre 2021. Foto: protothema.gr

Parlando della necessità di creare la "Fondazione" che aveva sognato per tutta la vita, il capo del Fanar ha osservato che "la missione del Patriarcato di Costantinopoli è, ovviamente, spirituale. Questo è un ministero ecumenico in nome dei credenti, della cultura e di tutta l'umanità. Ma non importa quanto spirituale possa essere questo lavoro, sono necessarie risorse materiali per realizzarlo".

Precisiamo che occorrono mezzi materiali non per la predicazione del Vangelo, non per la testimonianza di Cristo, ma per il "ministero ecumenico" in nome dei credenti (di quali religioni?), della cultura e dell'umanità intera. Non è difficile intuire cosa si debba intendere esattamente con queste frasi, dal momento che sia il patriarca Bartolomeo che i suoi compagni parlano senza mezzi termini della necessità dell'unione con Roma e del dialogo con le altre religioni. Quindi, per la realizzazione di questi obiettivi, sono stati finora raccolti quasi 20 milioni di dollari nella tesoreria della Fondazione.

Vi sorprende che Kahiyoglu sia divenuto uno dei membri principali del consiglio di amministrazione della Fondazione Patriarca Bartolomeo, e abbia ricevuto alcuni poteri per distribuire i flussi finanziari e un appuntamento dal papa per incontrarlo in Vaticano?

il patriarca Bartolomeo e Sakis Kahiyoglu. New York, ottobre 2021. Foto: protothema.gr

No, dati i compiti e gli obiettivi sia della "Fondazione" che del Fanar, nonché la reputazione e le connessioni di Kahiyoglu, non c'è nulla di sorprendente.

Risultati

Il papa è venuto in Grecia e a Cipro per incontrare i capi dei due stati e i primati delle Chiese di Grecia e Cipro.

Il pontefice ha discusso dei temi dei migranti con i presidenti dei Paesi; in particolare fa di tutto perché la Grecia e Cipro diventino una sorta di base di trasbordo per i musulmani che vogliono raggiungere l'Europa. Il metropolita Seraphim del Pireo ritiene che tale zelo del Papa in relazione alla questione delle migrazioni testimoni il suo desiderio non solo di ridisegnare la mappa culturale dell'Europa, ma anche di aiutare alla fine a distruggere il cristianesimo.

Il papa ha incontrato l'arcivescovo Hieronymos e l'arcivescovo Chrysostomos, che a quanto pare ha convinto ad accettare l'unione con la Chiesa cattolica romana.

Durante una visita all'arcidiocesi di Atene, ha incontrato il rappresentante del Fanar, Sakis Kahiyoglu, che si trovava lì, e lo ha invitato in Vaticano. Quest'uomo è un membro del consiglio di amministrazione della Fondazione Patriarca Bartolomeo, che raccoglie fondi per promuovere obiettivi "ecumenici". Ha grandi conoscenze e un po' di esperienza legale alle spalle, conosce il papa e lo ha già incontrato in Vaticano prima, esattamente nella fase precedente alla creazione della "Chiesa ortodossa dell'Ucraina".

È molto probabile che sia lui l'uomo che viene sfruttato dai fanarioti per rendere più accondiscendenti i vescovi greci in materia di unione. Può anche servire come argomento "pesante" nella lotta contro possibili critiche alle azioni del Fanar da parte degli athoniti che hanno autorità nel mondo ortodosso.

L'obiettivo di tutti questi giochi, che vanno avanti da decenni (ricordate la famiglia Bilirakis), non è cambiato: garantire un'unica struttura composta dal Fanar e dalla Chiesa cattolica romana. A questo proposito, la "Chiesa ortodossa dell'Ucraina" è solo un anello di una grande catena che porta a una nuova religione sincretica che unisce l'umanità.

Tuttavia, è difficile che questa religione abbia a che fare con Cristo.

 
¡Presentación de la iglesia en español!

Da molto tempo non aggiungevamo informazioni sulla nostra parrocchia in altre lingue, e siamo davvero contenti di poterci presentare oggi anche in spagnolo. Grazie di cuore a Delia per questo lavoro di traduzione.

Non abbiamo pretese di padroneggiare tutte le lingue del mondo, ma ci teniamo a vivere la nostra parrocchia come un luogo dove i fedeli di QUALSIASI lingua, cultura e provenienza possono sentirsi a casa propria, e possono avere lo stesso diritto di cittadinanza. Non riusciamo a vedere la Chiesa in alcun altro modo.

 
Le sanzioni anti-russe provocano i primi contraccolpi legali

La lingua russa ha un’espressione piuttosto buffa, испугать ежа голой задницей, ovvero “spaventare i porcospini con un sedere nudo”, che rende in modo abbastanza grafico l’idea di una minaccia vuota, le cui conseguenze possono essere piuttosto dolorose. Le sanzioni economiche contro la Russia sembrano incarnare piuttosto grottescamente questo detto. Se una politica di sanzioni può avere contraccolpi minori e un certo successo contro un paese di minori dimensioni e forza, la loro applicazione nei confronti di una nazione gigante come la Russia (per di più, una nazione che è stata letteralmente invasa nell’ultimo ventennio da investitori occidentali di ogni tipo) è già catastrofica nelle sue conseguenze immediate, ovvero la fine di molti partenariati economici. Se poi a queste conseguenze si aggiunge un contraccolpo legale, ovvero la perdita di quegli stessi diritti negati alla Russia estesa a tutti quelli che vi stanno investendo, l’impatto col porcospino può dare seri problemi al fondoschiena... scopriamo nella traduzione italiana di un articolo di Russia Today come la Duma di Stato russa (nella foto) sta meditando un disegno di legge per limitare i diritti economici dei paesi che hanno imposto sanzioni economiche alla Russia.

 
Chiesa russa in Africa: cause ed effetti

il patriarca Theodoros d'Alessandria. Foto: Unione dei giornalisti ortodossi

Il Sinodo della Chiesa ortodossa russa ha annunciato la creazione del proprio Esarcato in Africa. Qual è stata la ragione di questa decisione e quali sono le sue conseguenze per l'Ortodossia universale?

Il 29 dicembre 2021, il Sinodo della Chiesa ortodossa russa ha annunciato la creazione di un Esarcato africano, composto da due diocesi, dell'Africa del Nord e dell'Africa del Sud.

Queste diocesi comprendono 54 paesi africani, cioè tutti gli stati del continente. Inoltre, il Sinodo ha ricevuto nella comunione della Chiesa ortodossa russa 102 sacerdoti africani, che in precedenza aveva presentato petizioni con relativa richiesta.

Il Sinodo ha nominato l'arcivescovo Leonid (Gorbachev) di Erevan e Armenia come metropolita di Klin ed esarca patriarcale dell'Africa, e gli ha affidato l'amministrazione della diocesi nordafricana e l'amministrazione temporanea della diocesi sudafricana.

Cosa dicono i canoni?

Dal punto di vista del Patriarcato di Alessandria (che in tutto tranne che nel nome, è il Fanar), questa è una decisione non canonica, poiché la Chiesa ortodossa russa ha creato una struttura parallela in un territorio di un'altra giurisdizione. Anche l'ammissione del clero alessandrino alla Chiesa russa dovrebbe essere considerata non canonica, dal punto di vista del patriarca Theodoros.

Naturalmente, un'analisi dettagliata di tutti i motivi canonici per la creazione dell'Esarcato della Chiesa ortodossa russa in Africa richiede un articolo a parte. Ma anche adesso possiamo dire che sia il primo che il secondo argomento del Patriarcato di Alessandria non hanno forza nella situazione attuale. Come mai?

  • Il Fanar ha violato i confini canonici della Chiesa ortodossa russa, accettando in comunione scismatici dal "Patriarcato di Kiev" e dalla "Chiesa ortodossa autocefala ucraina", rinominandoli in "Chiesa ortodossa dell'Ucraina" (sebbene prima, vale a dire per 330 anni, non avesse contestato la metropolia di Kiev come parte della Chiesa ortodossa russa);

  • Il patriarca Theodoros di Alessandria inizialmente ha invitato il popolo ucraino all'unità con sua Beatitudine il metropolita Onufrij (nell'autunno del 2018), per lungo tempo (quasi un anno) ha ricoperto una posizione relativamente neutrale, e nel 2019 ha commemorato Epifanij come primate canonico della Chiesa in Ucraina durante la Divina Liturgia;

  • Nel 2021, il patriarca Theodoros ha concelebrato con Dumenko, il che significa che ha violato una serie di regole canoniche (in particolare, il Canone apostolico 11), secondo il quale lui stesso è ricaduto nello scisma;

  • Così, il patriarca Theodoros si è allontanato dalla Chiesa, il che significa che non può più essere considerato un vescovo canonico nelle terre africane;

  • Allo stesso modo, tutti quei chierici e vescovi che sono d'accordo con il riconoscimento dello scisma e non si sono opposti alla decisione del loro patriarca di concelebrare con gli scismatici si sono allontanati dalla Chiesa;

  • Quei sacerdoti e laici dell'Africa che non sono d'accordo con il riconoscimento degli scismatici sono rimasti senza patriarca e senza vescovo;

  • Ciò significa che la decisione di accoglierli sotto la giurisdizione della Chiesa ortodossa russa è coerente e, a causa del riconoscimento dello scisma ucraino da parte del patriarca Theodoros, corrisponde allo spirito dei canoni.

Inoltre, il territorio canonico storico del Patriarcato di Alessandria, secondo le regole della Chiesa, è costituito da Egitto, Libia e Pentapoli. La giurisdizione della Chiesa di Alessandria è stata estesa all'intero continente africano solo dal patriarca Meletios (Metaxakis) nel XX secolo. La Chiesa russa (come altre Chiese locali) ha semplicemente osservato un tacito "status quo" in relazione a questi territori.

Inoltre, i sacerdoti che sono entrati a far parte della Chiesa ortodossa russa non hanno violato nulla. Come ha giustamente notato il protodiacono Konstantin Marchenko, "Il Canone 15 del Concilio primo-secondo giustifica la separazione dal patriarca e dal metropolita se questi predicano un'eresia che è già stata condannata. La 'Chiesa ortodossa dell'Ucraina' è una struttura etnofiletista (tali strutture sono solitamente costruite con gli slogan: 'uno stato indipendente – una chiesa indipendente', ndc) , tuttavia, l'etnofiletismo è stato condannato dal Concilio del 1872, inoltre, le decisioni dei Concili di Mosca del 1992 e del 1997 (per quanto riguarda l'anatema a Filaret, ndc) non sono stati cancellati in maniera canonica".

Padre Konstantin ritiene che la concelebrazione con la "Chiesa ortodossa dell'Ucraina" equicvalga a un "riconoscimento degli eretici", il che significa che il patriarca Theodoros "è già caduto nell'eresia". Ebbene, il fatto che non ci sia stata una condanna conciliare del capo della Chiesa alessandrina significa solo che "ora non esiste più Bisanzio e molte cose sono puramente tecnicamente impraticabili. Ebbene, finora non c'è modo di convocare un Concilio contro Bartolomeo, Theodoros, Hieronymos e tutti i simpatizzanti della 'Chiesa ortodossa dell'Ucraina'." Ciò significa, secondo il padre protodiacono, che i sacerdoti dell'Africa che si sono trasferiti alla Chiesa russa hanno ragione dal punto di vista dei canoni.

Come reagiranno i fanarioti alla creazione dell'Esarcato?

Il 30 dicembre 2021, il Patriarcato di Alessandria ha espresso "dolore" per l'apparizione dell'Esarcato della Chiesa ortodossa russa in Africa, ha citato i Padri della Chiesa e il sacerdote George Florovsky e ha promesso che "la decisione del Patriarcato russo sarà discussa nella prossima riunione del Sinodo del Patriarcato di Alessandria, e poi saranno prese le decisioni appropriate".

È chiaro che i fanarioti e i loro "amici d'oltremare" sono preoccupati insieme alla Chiesa alessandrina, perché capiscono che la Chiesa russa potrebbe non fermarsi qui. Le diocesi africane della Chiesa ortodossa russa sono un "grande indizio" che potrebbe esserci un'ulteriore creazione di strutture simili in Grecia e Turchia. Più precisamente, nel territorio di quei vescovi che riconoscono la "Chiesa ortodossa dell'Ucraina".

Quindi, non c'è dubbio che la reazione del Patriarcato di Alessandria e del Fanar sarà abbastanza risoluta e prevedibile: una rottura della comunione eucaristica e una richiesta da parte di altre Chiese locali di intervenire e di sostenere la Chiesa ortodossa russa.

Inoltre, i fanarioti proveranno sicuramente a usare le "assi pigliatutto" immaginari che hanno. Per esempio, minacceranno la Chiesa serba di legalizzare gli scismi macedone e montenegrino.

In relazione alle altre Chiese, i fanarioti cercheranno di accelerare il più possibile il processo di riconoscimento della "Chiesa ortodossa dell'Ucraina". Così, nell'aprile 2022, il capo del Fanar ha progettato la produzione di miro, alla quale saranno invitati i primati delle Chiese locali assieme a Epifanij Dumenko. Di conseguenza, il consenso a compiere questo rito insieme al primate scismatico significherà suo riconoscimento come legittimo primate della Chiesa in Ucraina.

Un simile passo (che in effetti ricorda un ricatto), secondo i fanarioti, dovrebbe fermare la Chiesa russa. Ma non è così. È giunto infatti il momento di mettere i puntini sulle i e decidere finalmente chi è nello scisma e chi è nella Chiesa. Finora alcune Chiese locali non si sono pronunciate sul Tomos e sulla "Chiesa ortodossa dell'Ucraina" e cercano di apparire neutrali. Eppure ora è arrivato il momento.

Inoltre, in termini di creazione di un Esarcato in Africa, la Chiesa ortodossa russa ha dimostrato di poter dare una risposta abbastanza chiara e adeguata. Al momento, la Chiesa ortodossa russa sembra alla guida del conservatorismo nell'Ortodossia, e quindi c'è un'alta probabilità che se altre Chiese cadranno nello scisma, i credenti di mentalità tradizionale di altri paesi si uniranno alla Chiesa russa.

A loro volta, il patriarca Theodoros e i suoi co-ellenisti nella persona del patriarca Bartolomeo, dell'arcivescovo Hieronymos e dell'arcivescovo Chrysostomos faranno tutto il possibile per screditare la Chiesa russa e presentare questo passo come un "crimine orrendo".

Ebbene, la Chiesa ortodossa russa potrebbe prevedere la possibile reazione dei fanarioti e non si farà sorprendere.

Minacce, ricatti e intimidazioni: come l'Africa affronta il dissenso

Ma oltre al fatto che tuoni e fulmini colpiranno la Chiesa ortodossa russa dal lato del patriarcato "ecumenico", colpiranno anche quei sacerdoti che decideranno di lasciare la Chiesa d'Alessandria.

Il fatto è che questa Chiesa ha 41 vescovi, circa 500 sacerdoti (dal 2005), circa 1 milione di fedeli, 43 diocesi, circa 1000 parrocchie e 6 monasteri. Se assumiamo che in 15 anni il numero dei sacerdoti non è cresciuto in modo molto significativo (e data la lentezza del lavoro missionario dei greci in Africa, è molto probabilmente così), allora il trasferimento di centinaia di chierici sotto l'omoforio del patriarca di Mosca è un disastro per la Chiesa d'Alessandria.

All'inizio di ottobre, le risorse pro-fanariote hanno diffuso informazioni secondo cui 6 vescovi africani erano pronti a passare alla Chiesa ortodossa russa: i metropoliti Meletios di Cartagine, Seraphim di Zimbabwe e Angola, Makarios di Nairobi e Kenya, Innokentios del Ruanda, Athanasios di Cirene e il vescovo Neophytos di Nyeri e del Monte Kenya. Se questo è vero, allora l'influenza del Patriarcato di Alessandria, già così insignificante nel continente africano, verrà a mancare.

Il patriarca Theodoros è stato avvertito che ricadere nello scisma avrebbe portato a enormi problemi all'interno del Patriarcato di Alessandria. Ma ha preferito far finta che non stesse succedendo nulla e che in Africa fosse tutto sotto controllo. Tuttavia, non è così.

Per esempio, nel dicembre 2019, 27 sacerdoti hanno firmato una lettera aperta al patriarca Theodoros, in cui si sono espressi contro il riconoscimento della "Chiesa ortodossa dell'Ucraina", poiché "una tale decisione è stata presa senza chiedere l'opinione del clero africano, sebbene siano gli africani a costituire la maggioranza di clero e parrocchiani del Patriarcato di Alessandria".

Anche alcuni vescovi della Chiesa d'Alessandria si sono espressi contro gli scismatici ucraini. In particolare, il metropolita Jonah dell'Uganda, il quale ha affermato che il patriarca Theodoros ha deciso da solo di riconoscere la "Chiesa ortodossa dell'Ucraina".

Apparentemente era stato per questi motivi che il capo della Chiesa di Alessandria aveva recentemente avviato un'attività senza precedenti nelle diocesi affidate alla sua guida spirituale, ed era evidente che cercava in qualche modo di recuperare il tempo perduto. Ma ha fallito. Invece, i suoi subordinati hanno fatto ricorsero a una pressione selvaggia sui sacerdoti e a metodi di persuasione molto diversi da quelli prescritti nel Vangelo.

Per esempio, sappiamo di casi in cui vescovi greci (in particolare, il vescovo Agathonikos della Tanzania) hanno intimidito sacerdoti che non erano d'accordo con il riconoscimento della "Chiesa ortodossa dell'Ucraina", li hanno minacciati di omicidio, li hanno ricattati ed espulsi dalle parrocchie, li hanno accusati di corruzione e hanno impedito loro in ogni modo di esprimere la propria opinione sulla questione ucraina.

Inoltre, c'è un'altra storia raccontata da padre Georgij Maksimov: "Il vescovo greco Agathonikos ha convocato padre Ambrose e gli ha chiesto di firmare un documento a sostegno della decisione del patriarca Theodoros. Padre Ambrose ha rifiutato, e il vescovo Agathonikos ha dimezzato il suo stipendio. Padre Ambrose non ha cambiato idea (...) Il 10 dicembre 2021 il vescovo Agathonikos ha rimosso padre Ambrose dalla carica di rettore della chiesa e gli ha ordinato di andarsene il prima possibile dalla casa parrocchiale assieme alla sua famiglia. Il giorno dopo, su indicazione del vescovo greco, alcune persone hanno portato via tutte le icone "russe" dalla chiesa e le hanno gettate contro la porta di padre Ambrose. Questo incidente ha scioccato molti sacerdoti ortodossi in Tanzania, i quali hanno affermato che neanche i pagani si sono mai permessi di fare cose del genere".

Queste storie testimoniano non solo l'atteggiamento generale nei confronti dei sacerdoti africani da parte dei vescovi greci, ma anche lo spirito che regna tra coloro che hanno riconosciuto la "Chiesa ortodossa dell'Ucraina".

Quindi, c'è da meravigliarsi che gli africani siano molto più attratti dai russi che dai greci? Difficilmente. D'altra parte, crescerà il numero di quelli che aderiscono all'Esarcato, il che alla fine porterà il Patriarcato d'Alessandria a degenerare nel continente in una struttura marginale e puramente greca. Inoltre, non hanno mai nascosto la loro identificazione con l'ellenismo: lo mettono in primo piano come obiettivo missionario. Non per niente il patriarca Theodoros ha invitato i seminaristi a predicare in Africa l'ellenismo, piuttosto che Cristo, e ha dichiarato che la Chiesa di Grecia soddisfa pienamente le esigenze del Patriarcato di Alessandria. Bene, ora sarà ancora più semplice soddisfarle...

Cosa succederà ora?

Padre Georgij Maksimov scrive che "i greci di Alessandria ancora non credono alla portata del loro disastro e non riescono a comprenderlo. Tuttavia, non c'è da meravigliarsi, dato il loro mostruoso isolamento dal proprio gregge africano, quando la maggior parte dei vescovi greci non vive nemmeno in Africa... La mia familiarità con le realtà locali mi ha convinto che la moderna missione greca in Africa è in gran parte un "villaggio Potjomkin" (una mera facciata, con la falsa impressione che tutto vada bene, ndt), sfruttato da un pugno di vescovi greci per raccogliere denaro dai greci di altri paesi. Non tutti i vescovi greci sono così, ma molti lo sono. Gli africani non sono sciocchi e lo vedono anche loro. La loro irritazione nei confronti dei vescovi greci si è accumulata da molto tempo. L'Africa merita di meglio".

D'altra parte, i russi non hanno alcuna arroganza verso gli africani, nessun senso di superiorità ed esclusività nazionale o religiosa, né hanno alcun desiderio di promuovere cose simili all'ellenismo sotto le spoglie del cristianesimo.

Inoltre, i russi sono pronti ad aiutare davvero la popolazione dei paesi africani, cosa molto importante nelle condizioni di totale povertà in cui vivono queste persone. E in questo senso, dire che la Russia "comprerà" la lealtà degli africani alla Chiesa ortodossa russa è cinico e sbagliato, semplicemente perché le persone in Africa sopravvivono a malapena, e il compito della Chiesa è di aiutarle. Chi impedisce al Patriarcato di Alessandria di assolvere a questo compito? Nessuno. Ciò significa che anche la Chiesa russa non dovrebbe essere ostacolata.

La nomina del vescovo Leonid alla nuova sede indica che la Chiesa ortodossa russa è seriamente intenzionata a sviluppare la sua missione in Africa e non si accontenterà delle "briciole che cadono dalla tavola dei padroni". Ciò significa che verranno aperti nuovi seminari teologici, scuole domenicali, scuole regolari e così via.

Se vladyka Leonid farà tutto correttamente, presto l'antica gloria dell'Africa come uno degli avamposti della Chiesa potrebbe essere rianimata nell'Ortodossia universale.

 
L'Ucraina, il "paese non trovato" (errore 404)

Sergej Kolesnik, un giovane professionista ucraino che ha sempre vissuto nel Donbass, descrive senza mezzi termini perché si vergogna di essere ucraino, offrendo ai suoi lettori oltre una quarantina di ragioni per la maggior parte basate su dati di fatto e non su gusti o preferenze politiche. Ascoltiamo queste ragioni nella sezione “Geopolitica ortodossa” dei documenti.

 
Non ci sono state "transizioni" verso la "Chiesa ortodossa dell'Ucraina" nel 2021

il metropolita Antonij (Pakanich) nel programma "Slovo Ierarkha". Foto: screenshot del canale youtube UkrLive

Secondo il metropolita Antonij, la Chiesa ortodossa ucraina dovrà affrontare una situazione difficile per molti anni a venire, poiché le leggi anti-ecclesiastiche non sono ancora state cancellate.

Il 7 gennaio 2022, nella nuova edizione del programma "Slovo Ierarkha" sul canale televisivo UkrLive, il cancelliere della Chiesa ortodossa ucraina, il metropolita Antonij (Pakanich) di Borispol e Brovary, ha affermato che non c'è stata alcuna cosiddetta "transizione" alla "Chiesa ortodossa dell'Ucraina" nel 2021.

"La situazione è cambiata, forse anche drasticamente, rispetto al periodo del governo del presidente Poroshenko. A quei tempi la politica statale era quella di violare i diritti dei credenti nella Chiesa ortodossa ucraina e semplicemente di eliminare la Chiesa ortodossa ucraina. Ora non esiste una tale politica statale: non c'è alcun ordine da Kiev di sequestrare le chiese. Se prendiamo brevi statistiche, nel 2019 ci sono stati 128 sequestri da parte di predoni. L'anno scorso ce ne sono stati solo 7. Nel 2019 ci sono state 88 cosiddette "transizioni", e l'anno scorso non ce ne sono state affatto. Ciò significa che non c'è un ordine statale né istruzioni dal centro, e che la situazione si sta gradualmente stabilizzando", ha osservato il cancelliere della Chiesa ortodossa ucraina.

Allo stesso tempo, secondo il metropolita Antonij, la Chiesa ortodossa ucraina dovrà affrontare una situazione difficile per molti anni a venire, poiché le leggi anti-ecclesiastiche non sono ancora state cancellate.

"Siamo grati al presidente Vladimir Zelenskij che vi sia ancora una certa distanza dei politici dalle questioni religiose, anche se non si sta facendo nulla per risolvere la questione ecclesiastica fondamentale, poiché sono ancora in vigore leggi incostituzionali, che contraddicono tutte le convenzioni europee. Si tratta della legge sulla ridenominazione e della legge che facilita le cosiddette "transizioni" delle parrocchie della nostra Chiesa verso gli scismatici. Questi problemi, sfortunatamente, non sono risolti e fino a quando non saranno risolti nel campo delle leggi esistenti, questa situazione coverà per molto tempo", ha aggiunto il metropolita Antonij.

Secondo lui, a causa di queste leggi, più di 1.000 parrocchie non hanno ancora la registrazione statale.

"Durante questo periodo, a causa della legge sulla ridenominazione, non possiamo iscrivere in una diocesi un solo vescovo che abbiamo trasferito o nominato. Oggi più di 1000 parrocchie non hanno registrazione statale. Si tratta nel suo insieme di un'intera Chiesa locale all'opera, la questione è ancora aperta, i documenti sono stati presentati, ma per il fatto che questa legge è in vigore... È vero, comunque, che è sospesa, ma tuttavia queste parrocchie non sono registrate dagli organi competenti. Questa è una difficoltà molto grande", ha sottolineato il metropolita Antonij.

Come riportato in precedenza dall'Unione dei giornalisti ortodossi, Dumenko sosteneva che nella "Chiesa ortodossa dell'Ucraina" ci fossero tre volte più credenti che nella Chiesa ortodossa ucraina.

 
A Taiwan una famiglia locale entra nella Chiesa ortodossa

Il portale Pravoslavie.ru riporta la notizia del battesimo di un gruppo di cinque taiwanesi, che presentiamo in traduzione italiana nella sezione “Figure dell’Ortodossia contemporanea”. È sempre interessante osservare l’espansione internazionale dell’Ortodossia, accolta con sincerità ed entusiasmo dai popoli più diversi.

 
Metà del clero del Patriarcato d'Alessandria vuole entrare nella Chiesa ortodossa russa

il sacerdote Georgij Maksimov. Foto: pravoslavie.ru

Il clero africano vuole lasciare la Chiesa d'Alessandria a causa dell'ellenismo impiantato dai vescovi greci, ha affermato il sacerdote Georgij Maksimov.

Circa la metà del clero del Patriarcato di Alessandria desidera trasferirsi alla Chiesa ortodossa russa perché i vescovi greci hanno ignorato i bisogni dei cristiani ortodossi africani e hanno imposto loro l'ellenismo. Lo ha detto il sacerdote Georgij Maksimov, dottore in teologia, membro della Presenza interconciliare della Chiesa ortodossa russa, nell'aula magna dell'Università ortodossa russa "Krapivenskij 4", secondo il canale Telegram del Centro 'Khrizma'.

Il sacerdote ritiene che la presenza della Chiesa russa nel continente africano aiuterà a promuovere l'Ortodossia locale e a sanare gli scismi precedenti, ma ciò richiede sforzi e fondi significativi. Padre Georgij prevede che ciò continuerà per più di un anno sotto lo stretto controllo degli oppositori della Chiesa ortodossa russa.

In precedenza, il Patriarcato di Alessandria aveva deciso di ordinare 6 nuovi vescovi, 5 dei quali greci.

Come riportato dall'Unione dei giornalisti ortodossi, la Chiesa ortodossa russa ha istituito l'Esarcato patriarcale d'Africa e ha deciso di ricevere 102 chierici del Patriarcato d'Alessandria, provenienti da otto paesi africani, che non sono riusciti a persuadere i loro vescovi a non riconoscere la "Chiesa ortodossa dell'Ucraina" e a non entrare in comunione con gli scismatici.

Successivamente, la Chiesa d'Alessandria ha espresso "profondo dolore" per l'istituzione dell'Esarcato, mentre il Fanar ha dichiarato che si sarebbe impegnato a fare tutto il possibile per ristabilire l'ordine canonico in Africa.

 
Bombardata la sede della diocesi di Gorlovka

Avete visto il nostro recente servizio con le foto dalla chiesa consacrata a Gorlovka il 21 luglio sotto il rumore dei bombardamenti?

Ecco, esattamente una settimana dopo, la sede della diocesi ortodossa di Gorlovka e Slavjansk in seguito a un successivo bombardamento, che lunedì 28 luglio ha ucciso "solo" un passante (comunque, una vittima civile di troppo, a cui l'esplosione ha strappato le gambe).

Cliccate sulla foto per vedere il filmato da YouTube:

 

Il giorno del bombardamento, per giunta, era la festa del santo principe Vladimir. Ecco come l'esercito nazionale ucraino festeggia il santo nazionale ucraino.

Questa si aggiunge alle mille storie di ingiustizie contro i civili che peseranno nei secoli futuri su quel che resterà dell'orgoglio nazionale ucraino. Noi qui in Italia possiamo farci una domanda: Che cosa sarebbe successo, nei media religiosi, laici e laicissimi "de noantri", se a essere bombardata in questo modo fosse stata la sede di una diocesi cattolica?

 
Che parte prenderà la Chiesa albanese?

il primate della Chiesa albanese ritiene che l'emergere dell'Esarcato sia una conseguenza della legalizzazione da parte del Fanar dello scisma in Ucraina. Foto: Unione dei giornalisti ortodossi

Il primate della Chiesa albanese ha pubblicato una lettera sulla creazione dell'Esarcato russo in Africa, in cui lo collega all'azione del Fanar in Ucraina.

L'8 gennaio 2022 è stata pubblicata una dichiarazione ufficiale del primate della Chiesa albanese, l'arcivescovo Anastasios, in merito all'istituzione di un esarcato patriarcale russo in Africa. Quali conclusioni se ne possono trarre?

La dichiarazione si intitola in modo abbastanza eloquente: "Uno scisma dall'Ucraina all'Africa". Ecco il testo integrale dell'appello dell'arcivescovo Anastasios.

"Sin dall'inizio della crisi ecclesiastica in Ucraina, abbiamo sottolineato con argomentazioni orali e scritte che il tempo non sana le spaccature e gli scismi ecclesiastici.

Al contrario, li approfondisce e li indurisce. La recente decisione del Patriarcato di Mosca di istituire un esarcato nel continente africano conferma i timori iniziali. Insieme allo scisma tra milioni di ortodossi ucraini, si sta creando un nuovo scisma nel sensibile continente africano, dove la missione straniera ortodossa si è sviluppata negli ultimi decenni.

Nei paesi africani si sono affermate da tempo varie denominazioni cristiane e l'islam espansionista. D'ora in poi, gli africani ordinari saranno invitati a venire all'Ortodossia da due patriarcati ortodossi, privi di legami di comunione eucaristica tra loro. Lo scandalo e l'indebolimento della testimonianza ortodossa a causa di questa attività divisiva sono evidenti. Questo è uno sviluppo difficile.

L'affermazione che non c'è scisma nell'Ortodossia ma semplicemente disaccordi ricorda la teoria che non esiste il coronavirus. Lo scisma, con una varietà di mutazioni, è evidente, ed è urgente cercare la cura, il vaccino definito dalla tradizione apostolica, cioè la riconciliazione.

Nel novembre 2019 avevamo inviato a tutti i primati ortodossi il testo, pubblicato anche dai media, dal titolo 'Appello-preghiera per il superamento della polarizzazione ecclesiastica', in cui sottolineavamo la priorità assoluta e il nostro impegno per l'unità, la necessità di utilizzare il dialogo e di evitare i raggruppamenti etno-razziali, l'urgente attivazione del principio della sinodalità, su cui la Chiesa ortodossa fa affidamento da tempo. Abbiamo chiarito che "uniti nello Spirito Santo, con il rispetto reciproco e l'unico scopo di trovare una soluzione pacifica, abbiamo la possibilità di raggiungere una soluzione comunemente accettata da tutta la Chiesa ortodossa".

Questo appello urgente è ancora attuale".

Il testo del messaggio del primate albanese è semplice e chiaro. Ma quali conclusioni se ne possono trarre?

Conclusione 1: C'è uno scisma

In realtà questa affermazione è già nel titolo del ricorso, ma occorre capire a chi è rivolta. Innanzitutto al patriarca Bartolomeo. Dopotutto, è il primate della Chiesa di Costantinopoli che sta cercando di convincere tutti che non c'è scisma nell'Ortodossia. Per esempio, nel gennaio 2021, in un'intervista al quotidiano "Vima tis Kiriakis" ha dichiarato inequivocabilmente: "Ripeto, non c'è scisma nell'Ortodossia" . In diverse formulazioni, questa affermazione appare abbastanza spesso nei discorsi del capo del Fanar. E se non c'è scisma, non c'è niente da sistemare, e certo, non c'è bisogno di convocare eventi conciliari come una Sinassi dei primati.

E ora il primate della Chiesa albanese dice proprio il contrario: c'è uno scisma! Inoltre, paragona la negazione dello scisma alla negazione del coronavirus. Se teniamo conto che il patriarca Bartolomeo è uno dei più ardenti combattenti contro il COVID attraverso la vaccinazione e ogni sorta di restrizioni e divieti, diventa ancora più evidente che questo messaggio è rivolto al capo del Fanar.

L'arcivescovo Anastasios dice anche che lo scisma non si rimarginerà da solo. E questa è l'ennesima risposta al patriarca Bartolomeo. "Tutte le Chiese ortodosse locali prima o poi riconosceranno l'indipendenza della Chiesa ortodossa dell'Ucraina", ha affermato nel 2019 il patriarca ecumenico di Costantinopoli in un'intervista a "TSN. Week", e da allora le sue opinioni non sono cambiate per niente. L'arcivescovo Anastasios dice di no, lo scisma non potrà che approfondirsi ulteriormente e diventare quasi irreversibile.

Conclusione 2: L'Ucraina e l'Africa sono causa ed effetto

L'arcivescovo Anastasios mette le azioni della Chiesa ortodossa russa per creare l'Esarcato in Africa in diretta relazione con la creazione della "Chiesa ortodossa dell'Ucraina" in Ucraina da parte di Costantinopoli. Proprio come il Fanar ha creato una giurisdizione parallela nel nostro paese, la Chiesa ortodossa russa ha fatto lo stesso in Africa. In effetti, l'arcivescovo Anastasios ha equiparato la "Chiesa ortodossa dell'Ucraina" in Ucraina all'Esarcato russo in Africa, definendo quest'ultimo un nuovo scisma. Si può essere d'accordo con questo? No, c'è una differenza fondamentale tra la situazione ucraina e quella africana. In Ucraina, al momento della creazione della "Chiesa ortodossa dell'Ucraina", esisteva una Chiesa ortodossa ucraina canonica con una propria gerarchia, che nessuno, incluso il Patriarcato di Costantinopoli, considerava in scisma. E in Africa, al tempo della creazione dell'Esarcato, la stessa gerarchia della Chiesa alessandrina era caduta in scisma, riconoscendo la "Chiesa ortodossa dell'Ucraina" e concelebrando con i suoi "vescovi" che non avevano ordinazioni canoniche. Tuttavia, l'arcivescovo Anastasios nella sua dichiarazione ha indicato quanto segue: tutti coloro che si opporranno all'Esarcato russo in Africa dovrebbero accettare dichiarazioni simili nei confronti della "Chiesa ortodossa dell'Ucraina".

È interessante notare che l'arcivescovo Anastasios non esprime alcuna protesta o disaccordo con gli sforzi della Chiesa ortodossa russa, sebbene consideri l'emergere dell'Esarcato come uno scisma sempre più profondo nell'Ortodossia. A proposito, l'Esarcato russo è stato creato il 29 dicembre 2021, cioè sono trascorse quasi due settimane e nessuna Chiesa locale, a parte il Fanar, ha rilasciato una dichiarazione chiara al riguardo. Il Sinodo del Patriarcato di Costantinopoli dell'11 gennaio 2022 ha deciso di "fare tutto il possibile per ristabilire l'ordine canonico nel continente africano". Come il patriarca Bartolomeo farà tutto il possibile, ciò rimane un mistero. Forse, con l'aiuto delle stesse persone del Dipartimento di Stato americano che hanno assicurato la creazione della "Chiesa ortodossa dell'Ucraina".

Conclusione 3: Un Concilio è necessario

L'arcivescovo Anastasios lancia un allarme e dice che bisogna fare subito qualcosa, e vede come mezzo principale per risolvere il problema "l'urgente attivazione del principio della sinodalità", cioè la convocazione di un Concilio che risolva il conflitto sorto nell'Ortodossia. Allo stesso tempo, molti vescovi ortodossi credono che solo il patriarca di Costantinopoli abbia il diritto di convocare un Concilio pan-ortodosso. Per esempio, il metropolita Isaia di Cipro, che non riconosce la "Chiesa ortodossa dell'Ucraina" e Dumenko, lo ha affermato di recente. Crede che sia urgente convocare un incontro dei primati, ma ha detto che solo il patriarca Bartolomeo dovrebbe presiederlo.

Questa opinione non è supportata da nulla. Il diritto canonico non risponde alla domanda su chi ha il diritto di convocare un tale concilio o una tale assemblea. Tutti i Concili ecumenici furono convocati dagli imperatori. Gli imperatori finanziarono anche i concili e furono coinvolti nella loro organizzazione. A molti concili parteciparono in persona gli imperatori o i loro rappresentanti. Da dove venga l'idea che un concilio debba essere convocato esclusivamente dal patriarca di Costantinopoli non è del tutto chiaro, e certamente da nessuna parte si può trovare un divieto alla sua convocazione da parte del primate di qualsiasi altra Chiesa locale.

Il patriarca Bartolomeo ha risposto agli appelli di convocare un concilio rifiutandosi di farlo. Afferma di aver fatto assolutamente bene riguardo all'Ucraina: non c'è scisma nell'Ortodossia, non c'è nulla da correggere, e quindi non c'è argomento di discussione conciliare. Cosa fare in questo caso? L'arcivescovo Anastasios non dà una risposta diretta a questa domanda, ma rimanda i lettori alla sua dichiarazione di due anni fa, che si intitola: "Appello-preghiera per il superamento della polarizzazione ecclesiastica". Per quanto riguarda il concilio si legge quanto segue:"Qualsiasi ritardo peggiora la dolorosa situazione attuale. E se si trova una soluzione 'alla fine', 'in futuro', ci saranno molti capitoli spiacevoli nella storia dell'Ortodossia. Il principio di base della sinodalità, su cui la Chiesa ortodossa è stata fondata nel tempo, è l'unico che può finalmente aprire la strada per uscire dalla crisi esistente. Uniti nello Spirito Santo, con il rispetto reciproco e l'unico scopo di trovare una soluzione pacifica, abbiamo la possibilità di raggiungere una soluzione comunemente accettata da tutta la Chiesa ortodossa. Finché l'uso della sinodalità sarà rinviato a un livello pan-ortodosso, le divisioni multilaterali nell'ecumene ortodosso diventeranno ancora più pericolose".

Cioè, l'arcivescovo Anastasios dice che finché aspettiamo la convocazione di un Concilio ecumenico o che il patriarca Bartolomeo accetti di convocarlo, la situazione potrebbe già andare troppo oltre.

Ne consegue da queste parole che il primate della Chiesa albanese chiede di convocare un concilio scavalcando il patriarca Bartolomeo? Questo non si può dire, soprattutto perché l'arcivescovo Anastasios non è andato all'incontro dei primati delle Chiese ad Amman nel febbraio 2020 e non vi ha nemmeno inviato i suoi rappresentanti. L'incontro di Amman è stato, tuttavia, un tentativo di "attivare il principio della sinodalità", come insiste con insistenza l'arcivescovo Anastasios. Molto probabilmente, presto sentiremo parlare di un nuovo incontro nel formato di Amman, e allora sarà finalmente chiaro se l'arcivescovo Anastasios rappresenti davvero il principio sinodale (il principio di conciliarità), o se intendesse la conciliarità solo sotto la guida del patriarca di Costantinopoli.

Conclusione 4: non una parola sul "papismo di Costantinopoli"

L'arcivescovo Anastasios parla con fervore e convinzione della necessità del dialogo, dell'attivazione del principio sinodale e della cura dello scisma prima possibile. Tuttavia, non dice nulla sulle cause profonde di questo scisma. E la ragione principale di ciò è la convinzione dei vescovi del Patriarcato di Costantinopoli che il Fanar abbia il diritto di prendere decisioni definitive non solo sul proprio territorio canonico ma anche sui territori delle altre Chiese locali. In altre parole, questa è l'eresia stessa del papismo costantinopolitano, secondo il quale il patriarca di Costantinopoli ha poteri esclusivi di governo dell'intera Chiesa ortodossa. In definitiva, la base dei disaccordi odierni nell'Ortodossia è la diversa comprensione della dottrina della Chiesa, e questa è una questione dogmatica che non può essere risolta con compromessi e concessioni reciproche.

Senza respingere l'eresia del papismo di Costantinopoli e affermare l'insegnamento ortodosso sulla Chiesa, è impossibile risolvere sia la questione ucraina sia quella africana. Ma l'arcivescovo Anastasios, come la maggior parte dei vescovi greci, teme persino di accennare all'esistenza dell'eresia del Fanar o ammettere che il Patriarcato di Costantinopoli possa sbagliare nelle sue decisioni. È giusto dire che nel gennaio 2019 è stata pubblicata una lettera dell'arcivescovo Anastasios al patriarca Bartolomeo, che spiegava il rifiuto del Santo Sinodo della Chiesa albanese di riconoscere la "Chiesa ortodossa dell'Ucraina". Il motivo principale del rifiuto era l'invalidità delle ordinazioni eseguite dagli scismatici ucraini.

In particolare, si legge nella lettera: "Ci domandiamo, tuttavia, se le ordinazioni compiute da Filaret, mentre questi era scomunicato e anatemizzato, abbiano acquisito in seguito, senza l'ordinazione canonica, una validità dallo Spirito Santo e un genuino sigillo di successione apostolica.

È riconosciuto da tutta l'Ortodossia come principio ecclesiologico fondamentale che le ordinazioni di scismatici ed eretici, in quanto "misteri" compiuti al di fuori della Chiesa, non sono valide, tanto più le ordinazioni da parte di qualcuno che viene deposto e scomunicato. Riteniamo che questo principio di base, che è indissolubilmente legato all'insegnamento ortodosso sullo Spirito Santo, costituendo un fondamento incrollabile per la successione apostolica dei vescovi ortodossi, non possa essere trascurato.

Ci è difficile capire come cose invalide e inesistenti vengano rese spirituali "per economia" e che atti che costituiscono ripetute bestemmie contro lo Spirito Santo (come l'invocazione dell'allora scomunicato Filaret, 'La grazia divina... è posta nelle mani... preghiamo per colui sul quale viene la grazia dello Spirito Santo...') vengano riconosciuti retroattivamente "per economia". È, infine, noto che, secondo il recente Concilio d'unificazione, la scelta e l'elezione del nuovo primate della Chiesa ucraina è stata il risultato delle insistenze di Filaret, che peraltro oggi è ufficialmente chiamato in Ucraina 'sua Santità il patriarca onorario di Kiev e di tutta la Rus'-Ucraina'. Dopo tutto quanto sopra, mettiamo in questione l'aggiunta del nome del metropolita Epifanij ai dittici".

In risposta, il 20 febbraio 2019 il patriarca Bartolomeo ha scritto una lettera, in cui ha cercato di convincere i vescovi della Chiesa albanese che egli aveva ragione, ma le sue argomentazioni sono state ritenute insoddisfacenti.

Da che parte finirà la Chiesa albanese?

La scelta che sarà fatta sia dalla Chiesa albanese che dal resto delle Chiese locali non è più rimandabile. Nel 2022 ci saranno due eventi alternativi, che mostreranno come il mondo ortodosso è diviso: il secondo incontro nel formato di Amman e il rito della preparazione dell'Olio Santo programmato dal Fanar per il mese di aprile 2022, in cui devono partecipare rappresentanti di altre Chiese locali , così come della "Chiesa ortodossa dell'Ucraina". La partecipazione a questo evento significherà il riconoscimento de facto della "Chiesa ortodossa dell'Ucraina", e quindi, delle pretese del Fanar a poteri esclusivi nell'Ortodossia. Al contrario, la partecipazione al formato di Amman è una dichiarazione di disaccordo con la politica del Fanar poiché il Patriarcato di Costantinopoli si oppone fermamente a questo formato.

La situazione, come ha detto bene l'arcivescovo Anastasios, si sta rapidamente polarizzando. Le parti affermano che non cambieranno posizione e non faranno alcun passo verso la riconciliazione, il che significa che lo scisma è già avvenuto, e ora si tratta di chi sta da quale parte.

Al termine della sua lettera al patriarca Bartolomeo del 21 marzo 2019, l'arcivescovo Anastasios scrive: "Tuttavia, per evitare ogni possibile errata interpretazione, chiariamo che in caso di tragico esito dello scisma (che Dio non lo permetta!), la Chiesa ortodossa autocefala d'Albania resterà con il Patriarcato ecumenico dicendo fermamente la verità nell'amore". Ciò significa che la Chiesa albanese ha già fatto la sua scelta? Non credo che sia ancora così. La lettera del primate non è ancora una decisione conciliare, né è in sé e per sé una decisione.

Tuttavia, bisogna capire che gli scismi ecclesiastici, basati su disaccordi dogmatici, non hanno mai diviso la Chiesa in alcuna parte, ma hanno formalizzato l'allontanamento dalla Chiesa di coloro che sostenevano opinioni incompatibili con la dottrina ortodossa.

 
Le alternative nella guerra civile in Ucraina

Di fronte al dramma delle coscrizioni, che coinvolge sempre più famiglie ucraine con proteste contro la giunta da parte delle madri, molte famiglie ucraine (incluse quelle che hanno alcuni dei loro cari che vivono in Italia) si stanno chiedendo cosa fare.

Nikolaj Starikov, in una video-intervista, ricorda che l’Ucraina come la conoscevamo (e a cui i militari arruolati fino al febbraio 2014 avevano giurato fedeltà) non esiste più. Oggi esistono due progetti opposti proposti da due opposte fazioni, entrambe ugualmente illegittime oppure entrambe ugualmente legittime. L’unica fondamentale differenza è che la fazione al potere a Kiev sta passando le stesse leggi (discriminazione linguistica, pulizia etnica, delegittimazione di partiti politici, repressioni) che furono tipiche della Germania nazista.

Chi decide di combattere per una delle due parti in lotta in Ucraina deve pertanto SCEGLIERE la sua parte, e sopportarne le conseguenze. Chi porta armi e non vuole fare questa scelta, ha comunque un’opzione riconosciuta dal diritto internazionale: l’internamento nel territorio di un paese neutrale confinante fino al termine del conflitto. Presentiamo il filmato e la trascrizione italiana della video-intervista a Starikov nella sezione “Geopolitica ortodossa” dei documenti.

 
Il lamento del patriarca Theodoros: di che cosa la Chiesa d'Alessandria ha accusato la Chiesa ortodossa russa?

il patriarca Theodoros non è soddisfatto della creazione dell'Esarcato della Chiesa ortodossa russa. Foto: Unione dei giornalisti ortodossi

Il Sinodo della Chiesa d'Alessandria ha pubblicato una dichiarazione sull'esarcato della Chiesa ortodossa russa in Africa e il patriarca Theodoros si è rivolto al suo clero. Analizziamo questi documenti.

Il 12 gennaio 2022 il Sinodo della Chiesa ortodossa d'Alessandria ha pubblicato una dichiarazione sulle azioni della Chiesa ortodossa russa in Africa. E il giorno dopo, il patriarca Theodoros ha pubblicato un'enciclica al clero della Chiesa d'Alessandria. Questi documenti sono una risposta alla decisione della Chiesa ortodossa russa del 29 dicembre 2021 di creare un Esarcato in Africa e accettare 102 chierici del Patriarcato d'Alessandria nella sua giurisdizione.

L'attuale Sinodo del Patriarcato d'Alessandria ha iniziato i suoi lavori il 10 gennaio 2022. Sicuramente, la questione numero uno riguardava l'istituzione dell'Esarcato della Chiesa ortodossa russa, di cui si è discusso per quasi tutti e tre i giorni dell'incontro. È interessante notare che la piattaforma per le accuse contro la Chiesa russa è stata preparata dal metropolita Gheorgios di Peristeria della Chiesa ortodossa di Grecia, e il primo (11 gennaio 2022) ad annunciare "l'invasione non canonica" della Chiesa russa sul territorio del Patriarcato d'Alessandria è stato il Fanar, che si è anche impegnato a ristabilire l'ordine canonico nel continente africano. In altre parole, le Chiese greche hanno agito come fronte unito contro la creazione dell'Esarcato della Chiesa ortodossa russa in Africa, cosa che, alla luce degli eventi degli ultimi due anni, non sembra strana. Quali decisioni ha preso la Chiesa d'Alessandria?

"Parametri canonici di un'invasione non canonica"

Nelle prime righe del comunicato sinodale della Chiesa d'Alessandria, si afferma che "con senso di responsabilità verso il proprio gregge e il suo lungo cammino storico apostolico, la gerarchia del Patriarcato d'Alessandria ha più volte ed esaurientemente esaminato i parametri canonici della l'invasione non canonica e antiecclesiologica del Patriarcato di Russia per creare nuove 'forme di chiesa in Africa'.”

Cosa vediamo qui?

In primo luogo, la Chiesa ortodossa russa è accusata di violare i canoni, e in secondo luogo, di "invasione anti-ecclesiastica" (il testo parla di "invasione antiecclesiologica"). Cioè, i greci dell'Africa accusano la Chiesa russa di infrangere i canoni e di violare l'ecclesiologia ortodossa. Ma in tal caso, quali sono esattamente i santi canoni violati dalla Chiesa russa? L'invasione del territorio del Patriarcato d'Alessandria? Eppure non un solo canone dice nulla sui confini della Chiesa d'Alessandria. I suoi tentativi di appropriarsi dell'intero continente africano sono apparsi solo nel XX secolo, quando il patriarca Meletios (Metaxakis) si è insediato sul trono d'Alessandria. È lui che ha deciso che tutte le diaspore ortodosse appartenevano al Fanar e che il patriarca di Costantinopoli aveva privilegi inalienabili. Non ci sono altre decisioni riguardanti i confini territoriali della Chiesa d'Alessandria e non ci sono mai state. Le Chiese locali hanno semplicemente tacitamente convenuto che l'Africa è un territorio di missione (cosa di cui, tra l'altro, parla lo stesso patriarca Theodoros) del Patriarcato d'Alessandria, il quale, dopo aver riconosciuto gli scismatici della "Chiesa ortodossa dell'Ucraina", è scivolato nello stesso scisma. E se è così, allora la Chiesa russa non ha violato alcun canone creando il suo Esarcato.

La creazione dell'Esarcato è il risultato del riconoscimento della "Chiesa ortodossa dell'Ucraina"

Nell'appello del Sinodo del Patriarcato d'Alessandria, si è notato che la Chiesa russa ha creato il suo Esarcato in Africa dopo che il Patriarca Theodoros aveva riconosciuto "l'autocefalia" della "Chiesa ortodossa dell'Ucraina". Secondo i sinodali, si tratta di "retribuzione diretta" (per il riconoscimento della "Chiesa ortodossa dell'Ucraina" da parte del patriarca Theodoros, ndc) e di "ricatto o vendetta contro di noi". Inoltre, secondo i greci d'Africa, la decisione della Chiesa ortodossa russa è sorta dal nulla per loro.

Questo, ovviamente, non è vero. Il patriarca Theodoros è stato ripetutamente avvertito che le sue azioni a sostegno degli scismatici avrebbero avuto conseguenze. Inoltre, già un anno fa, i media pro-fanarioti dicevano che la Chiesa russa si preparava a creare un proprio Esarcato sul territorio del continente africano. Contestualmente è stato anche annunciato il numero approssimativo dei chierici del Patriarcato d'Alessandria che volevano cambiare giurisdizione. Quindi tutto quello che è successo era abbastanza previsto.

Ma quello che non ci aspettavamo erano le confessioni dei padri sinodali della Chiesa d'Alessandria che la creazione dell'Esarcato è una diretta conseguenza del riconoscimento della "Chiesa ortodossa dell'Ucraina" da parte del patriarca Theodoros.

Questo è un punto chiave, perché da esso dipende l'ulteriore ricorso ai canoni della Chiesa. Dumenko è uno scismatico. Per essere più precisi, è un laico senza alcuna ordinazione sacerdotale. Anche Filaret ha parlato di lui allo stesso modo: "se io ero sotto anatema, allora Epifanij non solo non è un metropolita, non è nemmeno un prete". Il riconoscimento dello status canonico di Dumenko senza un'adeguata procedura ecclesiastica generale è una violazione diretta dei canoni. Ciò significa (poiché i canoni hanno cessato di essere validi per il patriarca d'Alessandria), la creazione dell'Esarcato nell'ex territorio del suo patriarcato non è una violazione dei canoni, ma un modo di riempire un vuoto ecclesiologico.

D'altra parte, il documento del Sinodo afferma chiaramente che la decisione di inserire il nome di Epifanij Dumenko nei dittici della Chiesa d'Alessandria è stata presa dal patriarca Theodoros unilateralmente, piuttosto che in maniera sinodale. Significa che il Sinodo della Chiesa d'Alessandria non si è nemmeno pronunciato formalmente su questo tema.

Pertanto, per quanto ora parlino della loro "sorpresa", ciò non cambia il fatto che la Chiesa d'Alessandria ha capito dove stava andando e come sarebbe finita. La vera sorpresa per gli ortodossi di tutto il mondo è stata l'associazione del patriarca Theodoros con la Chiesa ortodossa scismatica ucraina, mentre tutto il resto è solo una conseguenza.

Quali metodi vengono utilizzati?

Secondo la dichiarazione del Sinodo della Chiesa d'Alessandria, creando il suo Esarcato in Africa, la Chiesa russa "usa metodi contrari agli atti e alla tradizione della Chiesa, che era stata osservata da tutti i predecessori del patriarca Kirill di Russia".

Sentire parlare di metodi "contrari agli atti della chiesa" da persone che sostengono le azioni del Fanar in Ucraina è quanto meno inaspettato e strano.

Dopotutto, sono i fanarioti che non si fanno scrupoli a "convincere" della loro ragione usando una varietà di "metodi" – dalle minacce al ricatto e alla corruzione. Come è stata ottenuta la legalizzazione della "Chiesa ortodossa dell'Ucraina"? Con l'aiuto del Dipartimento di Stato americano. Michael Pompeo (capo del Dipartimento di Stato Usa) ha visitato personalmente i primati delle Chiese ortodosse locali per parlare loro del "bisogno di libertà religiosa" degli ucraini e del loro "diritto" di creare un'organizzazione religiosa "indipendente" per se stessi. Geoffrey Pyatt (ambasciatore degli Stati Uniti in Grecia) ha fatto diversi viaggi all'Athos, ha interagito attivamente con il primate della Chiesa di Grecia e ha fatto di tutto per rendere Dumenko un "nativo" per i greci. Tali metodi non contraddicono la "prassi ecclesiastica"?

Etnofiletismo, neocolonialismo e primato

Inoltre, i greci d'Africa hanno deciso semplicemente di usare il vecchio trucco preferito da tutti i manipolatori: il trasferimento della colpa. Pertanto, a loro avviso, la Chiesa ortodossa russa "sta tentando di cambiare l'ecclesiologia ortodossa in molti dei suoi parametri individuali, ma soprattutto in termini di confini della struttura amministrativa delle formazioni della Chiesa di Cristo, sulla base del motivo essere lontano dalla tradizione ortodossa. Comprendiamo con rammarico che tutto ciò è motivato dal 'virus dell'etnofiletismo' condannato dal Concilio del 1872". La Chiesa ortodossa russa, a loro avviso, ha uno "spirito laico", un'ambizione per il "neocolonialismo" e "rivendica il primato globale sul povero continente africano".

In altre parole, i vescovi di una struttura che è per il 98% greca, e che è ufficialmente chiamata "Patriarcato greco (!) ortodosso d'Alessandria", condannano una sorta di etnofiletismo tra i russi! Per convincersi che l'affermazione sia idiota e cinica, basta guardare la foto della riunione dello stesso sinodo in cui sono state mosse le accuse di etnofiletismo. Quanti vescovi neri ci sono? Uno! Un altro uomo di colore (ma non è chiaro se sia un vescovo o un prete) è seduto a sinistra al tavolo. È tutto. Dove sono i vescovi di origine africana nel continente africano? Dopo tanti anni di missione, di cui si vanta il patriarca Theodoros, l'episcopato della Chiesa d'Alessandria dovrebbe ora essere composto per almeno la metà da nativi del continente. Ma non è così. Come mai? La risposta è ovvia.

Ricordiamo inoltre come il patriarca Theodoros, inviando seminaristi in missione in Africa, li ha esortati a portare alle masse la "luce dell'ellenismo", piuttosto che il Vangelo. Lo stesso patriarca Theodoros ribadisce la sua origine greca, celebra tutti le festività in Grecia, parla della superiorità culturale dell'ellenismo, e così via. Questo non è etnofiletismo? Se no, cos'è? Quanto meno, malizia.

Sulla conoscenza della storia e degli scismatici

In questo senso, non sono meno strane le accuse contro la Chiesa ortodossa russa rivolte dal patriarca Theodoros il giorno successivo all'incontro sinodale. Nel suo discorso ai chierici della Chiesa d'Alessandria, il Patriarca ha inaspettatamente affermato che la Chiesa russa, dopo aver ricevuto l'autocefalia nel 1589, "ha ridotto in schiavitù gli ortodossi dell'Ucraina". Perché questo è inaspettato? Perché egli stesso, alla fine del 2016, commentando la situazione in Ucraina, ha definito la Chiesa ortodossa ucraina come parte della Chiesa russa: "Il Patriarcato d'Alessandria e io, in qualità di suo rappresentante, abbiamo ritenuto che la Chiesa ucraina sia parte integrante della Chiesa Chiesa ortodossa russa".

Nello stesso messaggio ai suoi (per ora) chierici, il patriarca Theodoros afferma che dal 1991 gli ucraini ortodossi si battono per l'indipendenza dalla Chiesa ortodossa russa. Ma questa affermazione è ancora più sorprendente. Dopotutto, se stiamo parlando della Chiesa ortodossa ucraina, nel 1990 le è stato concesso uno status di ampia autonomia e di indipendenza effettiva. Ma se parliamo degli scismatici, questi non sono mai stati dipendenti dalla Chiesa ortodossa russa. Inoltre, queste parole del patriarca Theodoros contraddicono completamente tutto ciò che ha detto prima. Per esempio, nel 2018 ha affermato chiaramente che "se lo scismatico Denisenko vuole tornare in seno alla Chiesa, allora deve tornare da dove è partito. Ciò che è caduto deve tornare dove è caduto".Cioè, la sua posizione riguardo a coloro che vogliono essere indipendenti dalla Chiesa ortodossa russa era assolutamente chiara: ritornare indietro.

Inoltre, nel 2015, perfettamente consapevole di chi e perché promuoveva "l'indipendenza" dalla Chiesa ortodossa russa, il patriarca Theodoros affermava quanto segue: "Purtroppo alcune persone vengono da fuori (stiamo parlando del "patriarcato di Kiev", ndc) e impongono al popolo ucraino queste contraddizioni. Come gerarchia ortodossa, chiedo ai fedeli in Ucraina di rimanere sotto l'omoforio del capo canonico della Chiesa ucraina, il metropolita Onufrij".

Chi rivendica il primato mondiale?

Allo stesso modo, si possono chiamare maliziose anche le accuse contro la Chiesa russa di "pretese di primato mondiale" espresse nel documento sinodale della Chiesa d'Alessandria. Dopotutto, in linea di massima, le stesse persone che incolpano la Chiesa ortodossa russa non esitano a sostenere la posizione del Fanar sul "primo senza eguali" o sui "privilegi speciali" del patriarca di Costantinopoli.

Ad esempio, nel già citato messaggio del patriarca Theodoros ai suoi chierici datato 13 gennaio 2022, si dice che il Fanar "gode del primato tra gli altri antichi patriarcati" e ha "privilegi e responsabilità speciali all'interno del corpo della Chiesa". Il patriarca Theodoros è sicuro che "questa posizione speciale e unica" del Fanar è "fondata nei santi Canoni, nella Tradizione e negli atti della Chiesa", che il Fanar "ha la prima parola nella Chiesa" e che "si è sempre preso cura del governo della Chiesa ortodossa e della soluzione dei problemi sorti". Come è stato fatto questo? "Il mondo ortodosso era considerato diviso in questi quattro Patriarcati (e la Chiesa di Cipro) e i loro confini geografici erano considerati separati, chiari e inequivocabili. Se in qualsiasi momento sorgevano problemi, questi venivano risolti dai sinodi convocati dal Patriarca ecumenico e alla presenza degli altri tre Patriarchi".

Scrive inoltre che "la Chiesa russa, volendo aumentare il proprio potere e prestigio nel mondo ortodosso, usando il potere secolare e, a volte, la violenza, ha iniziato a calpestare e 'ridurre in schiavitù' le vicine Chiese ortodosse".

In altre parole, parlando direttamente dei privilegi del Fanar e del suo primato al potere (vedi la frase sul governo della Chiesa), il patriarca Theodoros non esita ad accusare la Chiesa russa di pretese di primato, che, a sua volta, sottolinea costantemente che il suo unico desiderio è ravvivare il carattere cattolico della Chiesa. È proprio quel personaggio in cui non ci sarà un "primo per potere", ma solo un "primo per onore" . Quali altre "pretese" ha la Chiesa russa, se non il desiderio di convocare un Concilio per analizzare le azioni del Fanar nello spirito dei canoni della Chiesa?

A proposito di confini e di un "colpo disgustoso"

I greci scrivono che per loro "i confini di ogni Chiesa locale sono chiari, geografici, stabiliti dai Concili ecumenici e rispettati. E noi dichiariamo che non abbiamo mai invaso i confini di nessuna Chiesa sorella locale, per non parlare della Chiesa russa".

Qui sorge immediatamente la domanda: se la Chiesa d'Alessandria rispetta così tanto i confini della Chiesa locale russa, perché non si è opposta alla violazione di questi confini quando il capo del Fanar ha legalizzato la "Chiesa ortodossa dell'Ucraina"? Inoltre, il patriarca Theodoros ha rilasciato fino al 2019 molte dichiarazioni in cui considera l'Ucraina territorio canonico della Chiesa ortodossa russa.

Nominalmente sì, il patriarca Theodoros non ha invaso i confini della Chiesa russa, ma riconoscendo gli scismatici ucraini, ha semplicemente sostenuto colui che li aveva invasi. O i greci d'Africa ricordano i confini degli altri solo quando si rendono conto che possono perdere i propri? Sembra che sia così.

Parlando ulteriormente della creazione dell'Esarcato, i sinodali della Chiesa d'Alessandria scrivono : "Ci sorprende non solo perché il messaggio dell'amore evangelico è così distorto, ma anche perché combattendo e collaborando con varie denominazioni e religioni in uno spirito di rispetto e comprensione reciproci per secoli, abbiamo ricevuto un colpo disgustoso dai correligionari russi".

Per quanto riguarda il "colpo disgustoso", i sinodali potrebbero chiedere al principale specialista in questo caso: il loro patriarca. Dopotutto, è stato il patriarca Theodoros a invitare più volte il popolo ucraino a radunarsi attorno al metropolita Onufrij, ad essere fedele alla Chiesa ortodossa ucraina canonica, ma poi ha tradito se stesso e l'Ortodossia, della fedeltà alla quale ha assicurato tutto e tutti.

Inoltre, parlando della collaborazione con varie confessioni "nello spirito del rispetto e della comprensione reciproci", il patriarca potrebbe chiedersi perché rifiuta tale cooperazione con la Chiesa russa? È stato più volte chiamato al dialogo, a riconsiderare la sua decisione di riconoscere gli scismatici ucraini, è stato invitato al vertice dei primati ad Amman. Perché in tutti questi casi è stato riluttante a mostrare "rispetto" ai suoi compagni cristiani e cercare almeno approssimativamente di "capire" il dolore e la delusione che aveva portato in terra ucraina?

Informare il Fanar e punire i trasgressori

In conclusione, il Patriarcato d'Alessandria ha deciso di informare il Fanar e i primati delle Chiese locali della "dolorosa confusione che si verifica tra i 'figli nati da noi in Cristo', fedeli africani, a seguito dell'azione visibile e invisibile di persone autorizzate dalla Chiesa russa" e si sono impegnati "in modo appropriato" e "immediatamente" ad applicare quelle punizioni ecclesiastiche ai trasgressori come "prescritto dai divini e sacri Canoni”.

È comprensibile che senza "informare" il Fanar e riceverne il "via libera", i greci d'Africa non faranno nulla. Non sono "autorizzati". È anche chiaro che quelli che osano trasferirsi nella Chiesa ortodossa russa saranno "puniti" nella Chiesa d'Alessandria in modo crudele e senza pietà, non solo con l'aiuto dei canoni, ma anche con l'aiuto di mezzi collaudati: intimidazione, minacce e ricatti. In ogni modo, la domanda è: cosa accadrà dopo?

Finora una cosa è chiara dal documento pubblicato dal Patriarcato greco d'Alessandria: questo è solo l'inizio. I greci cercheranno di unirsi il più possibile contro la Chiesa russa e faranno di tutto per eliminare la possibilità stessa di una soluzione conciliare al conflitto sorto a causa della "Chiesa ortodossa dell'Ucraina". Il concilio diventerà possibile o solo in una composizione ridotta (con la presenza di coloro che sono insoddisfatti delle azioni del Fanar), o solo se i greci sono fiduciosi nel suo esito favorevole per loro stessi.

La composizione ridotta del "concilio" è già in corso di elaborazione con forza. All'inizio Kirill Govorun, un chierico freelance della Chiesa ortodossa russa, ha parlato della possibile restaurazione della Pentarchia, e oggi anche il patriarca Theodoros ha espresso questa idea. La Pentarchia sono i quattro Patriarcati che hanno radici greche (Costantinopoli, Alessandria, Antiochia e Gerusalemme) e la Chiesa di Cipro. Se i fanarioti riusciranno ad attuare questa idea, non solo otterranno la maggioranza dei voti contro la Chiesa russa (tre contro due), ma riceveranno anche il tanto agognato predominio nel mondo ortodosso. Inoltre, questo dominio farà avverare molto più velocemente il loro sogno di unità con i cattolici. Che cosa ha a che fare quest'unità con la situazione attuale? Di fatto, l'intero piano della "Chiesa ortodossa dell'Ucraina" è stato escogitato per il bene di tale unità. Ma qualcosa è andato storto ai fanarioti...

Comunque sia, è probabile che gli eventi si sviluppino più velocemente di quanto si possa immaginare. E il loro esito è impossibile da prevedere. Perché non sono solo i fanarioti ad avere un piano. Ne ha uno anche Cristo.

E come la storia dimostra, questi piani coincidono molto raramente.

 
Una comparazione tra il misticismo di Francesco d'Assisi e quello di san Serafino di Sarov

Il portale russo Pravmir ha nuovamente segnalato in questi giorni un testo che da molti anni si trova in inglese sul sito Orthodox Christian Information Center, relativo alle esperienze mistiche di Francesco d’Assisi e di san Serafino di Sarov a confronto. Circa una quindicina di anni fa avevamo tradotto questo testo in italiano, e quindi lo abbiamo diffuso in un opuscolo nel corso degli anni; per il suo punto di vista alquanto aspro e il contenuto piuttosto settoriale, non avevamo ritenuto necessario riportarlo anche sul sito; tuttavia, dato che la segnalazione su Pravmir lo rimetterà in discussione nel mondo ortodosso occidentale, ora è opportuno aggiungere anche la nostra versione italiana, che potrete trovare nella sezione “Confronti” dei documenti.

 
La facilità con cui il Fanar ha infranto i canoni in Ucraina è sorprendente

il patriarca Porfirije. Foto: pravoslavie.ru

Secondo il primate della Chiesa serba, le azioni del Fanar nel territorio dell'Ucraina non hanno portato nulla di buono.

Il primate della Chiesa ortodossa serba, il patriarca Porfirije , ha parlato della sorprendente facilità con cui il Patriarcato di Costantinopoli ha violato i canoni della Chiesa creando la "Chiesa ortodossa dell'Ucraina", come riporta il sito ufficiale del Patriarcato di Serbia.

In un'intervista alla pubblicazione "Vita internazionale", il patriarca Porfirije ha affermato che la posizione della Chiesa serba in relazione alla "Chiesa ortodossa dell'Ucraina" non cambierà, e che continuerà a sostenere la Chiesa ortodossa ucraina e il metropolita Onufrij.

"Dirò solo che, nonostante la straordinaria facilità con cui il Patriarcato di Costantinopoli ha ignorato i santi Canoni, l'ecclesiologia, l'antico ordine della Chiesa ortodossa, la santa Tradizione, noi – proprio come, ne sono convinto, la nostra sorella Chiesa ortodossa russa – non rinunciamo sostanzialmente al nostro amore per la Chiesa madre", ha affermato il patriarca Porfirije.

Ha assicurato che sia la Chiesa serba che quella russa sperano e pregano "che venga il giorno, e il prima possibile, in cui saranno respinte le influenze anti-ecclesiali non ortodosse e i progetti non ecclesiali, che ovviamente non hanno portato nulla a nessuno in Ucraina, e in cui torneremo tutti all'amore fraterno e a una soluzione pan-ortodossa di tutti i problemi nello spirito di cattolicità della Chiesa".

In precedenza, l'Unione dei giornalisti ortodossi ha scritto che, secondo il patriarca Porfirije, la Chiesa serba non cambierà il suo atteggiamento nei confronti della "Chiesa ortodossa dell'Ucraina".

 
Una parte delle Chiese ortodosse potrebbe cadere nello scisma

il patriarca Kirill di Mosca e di tutta la Rus'. Foto: altaryvic.ru

Il primate della Chiesa ortodossa russa crede che alcune Chiese possano staccarsi sotto l'influenza di potenti forze esterne.

Sua Santità il patriarca Kirill di Mosca e di tutta la Rus' crede che ora nell'Ortodossia vi sia la minaccia che intere Chiese cadano nello scisma a causa dell'influenza di forze che non hanno nulla in comune con Dio, come riferisce RIA Novosti.

Il 18 gennaio 2022, il primate della Chiesa ortodossa russa ha affermato, in un sermone dopo la Veglia della Teofania presso lo skit di sant'Aleksandr Nevskij vicino a Peredelkino, che nella storia dell'Ortodossia ci sono esempi di come non solo alcune persone ma intere Chiese siano entrate in scisma.

"Quindi oggi c'è una minaccia che una parte dell'Ortodossia, sotto l'influenza di potenti forze esterne che non hanno nulla a che fare con la Chiesa, possa essere ferita da questo peccato (lo scisma, ndc) e allontanarsi dalla Fonte della vita eterna andando in un luogo dove c'è solo rituale ma non salvezza", ha detto il patriarca Kirill.

Ha esortato coloro che oggi esitano a pensare di scegliere tra la via della salvezza o quella della distruzione. "Fratelli e sorelle, questa non è solo una scelta umana, questa non è una scelta di dove vivere, questa non è una scelta di dove andare – a destra o a sinistra. Questa è la via della salvezza o quella della morte, perché la via che ci allontana dall'Unica santa Chiesa cattolica e apostolica ci priva della grazia di Dio", ha ripreso il primate della Chiesa ortodossa russa.

Come riportato, il ministero degli Esteri russo ha accusato gli Stati Uniti di aver provocato una crisi nell'Ortodossia globale.

 
Video-intervista sulla nostra parrocchia

Abbiamo aggiunto nella sezione "Video" il filmato di YouTube con la video-intervista sulla nostra chiesa, realizzata il 29 maggio 2014 dall'emittente televisiva Rete7.

[NB: il video è in seguito sparito da YouTube; se riapparirà sotto altra forma, lo segnaleremo e/o lo metteremo volentieri di nuovo a disposizione]

 
Costantinopoli si aspetta che le Chiese servano con gli scismatici nel servizio crismale della settimana santa

Foto: wenews.ge

Il santo crisma sarà preparato e consacrato al Fanar entro la fine dell'anno e il Patriarcato di Costantinopoli intende utilizzare il sacro rito come un'occasione per indurre le Chiese locali a concelebrare con gli scismatici ucraini.

Così si discute sulle reti informative pro-fanariote, e lo stesso è stato segnalato a OrthoChristian dalle sue stesse fonti.

Nella sua enciclica della Natività pubblicata il mese scorso, il patriarca Bartolomeo ha annunciato: "Dio volendo, durante la prossima Santa e Grande Settimana, terremo il servizio della Benedizione del santo crisma nel nostro venerato Centro".

Pur detenendo lo status di autocefala, la maggior parte delle Chiese locali, infatti, non crea il proprio crisma, ma lo riceve da Costantinopoli, o per tradizione o come dettato dal loro tomos emesso da Costantinopoli.

Tra queste Chiese c'è la "Chiesa ortodossa dell'Ucraina" scismatica. E non solo le Chiese riceveranno il loro crisma da Costantinopoli, ma il patriarca Bartolomeo si aspetta che partecipino alla funzione.

Il quotidiano filo-costantinopolitano World Ecclesiastical News riporta che la consacrazione del santo crisma avrà luogo a Istanbul "con la partecipazione dei rappresentanti delle Chiese autocefale che ricevono il santo crisma dal Patriarcato ecumenico".

Queste Chiese sono: Alessandria, Antiochia, Gerusalemme, Cipro, Grecia, Polonia, Albania, Cechia e Slovacca e "Chiesa ortodossa dell'Ucraina". Tra queste solo i primati e alcuni vescovi di Alessandria, Cipro e Grecia hanno riconosciuto la "Chiesa ortodossa dell'Ucraina".

Pertanto, il servizio sarà utilizzato per cercare di attirare rappresentanti di altre Chiese locali nella concelebrazione con gli scismatici.

Questa tesi è stata affermata già lo scorso maggio dall'avvocato canonico Nicolas Gurgenidze su una pagina Facebook dedicata alla "autocefalia ucraina" , e poi ripresa dal servizio stampa scismatico "Fronte spirituale dell'Ucraina".

Scrive Gurgenidze: "Ciò che rende la questione ancora più interessante è che di regola nessuna delle Chiese sopra menzionate rifiuterà di partecipare, perché allora come farebbero a ricevere il crisma?!"

Arkadij Mahler, membro della Commissione sinodale biblico-teologica della Chiesa russa e della Presenza interconciliare della Chiesa russa, osserva che i vescovi di altre Chiese locali saranno trascinati in una "zona di pericolo", poiché servire con scismatici non ordinati è una grave violazione dei canoni, mentre queste Chiese non vogliono suscitare l'ira di Costantinopoli.

"Molte Chiese, i loro primati e vescovi, hanno preso la posizione di non voler entrarte in conflitto o mettere in questione i rapporti con nessuno, né con il Patriarcato di Mosca né con il Patriarcato di Costantinopoli. Ma questa situazione non può durare indefinitamente", ha detto Mahler.

La maggior parte delle Chiese locali ha finora resistito alle pressioni di Costantinopoli e dei suoi alleati politici verso il riconoscimento degli scismatici. Sua Beatitudine il patriarca Theophilos di Gerusalemme è stato sottoposto a forti pressioni per concelebrare con loro alla festa della Teofania nel 2019, sebbene sia riuscito a mantenere la sua posizione canonica.

A seconda della posizione che assumono le Chiese locali, potrebbero rifiutarsi di partecipare alla funzione, o addirittura rifiutarsi di accettare il crisma consacrato in un servizio a cui partecipa un rappresentante della "Chiesa ortodossa dell'Ucraina".

 
Oltre 50 assalti a preti e chiese ortodosse in Ucraina nel 2014

Stanno aumentando le segnalazioni di assalti a luoghi di culto e sacerdoti della Chiesa ortodossa del Patriarcato di Mosca in Ucraina, secondo le ultime notizie riportate da Interfax.

Mentre il metropolita Onufrij ha denunciato al presidente Poroshenko le oppressioni fatte ai suoi preti lamentando solo due casi particolari (l'arciprete Igor Sergienko di Krasnoarmejskoe, Donetsk, e il decano del distretto di Amvrosievka, l'arciprete Evgenij Podgornij), gli esperti dell'Istituto russo di ricerca strategica hanno segnalato quasi una sessantina di assalti a chiese e a membri del clero dall'inizio del 2014.

Sono stati contati 36 tentativi di impossessarsi di chiese nelle regioni di Kiev, Ternopol, Kirovograd, Sumy, Chernovtsy, Zhitomir, Volinia, Vinnitsa, Khmelnitskij, Donetsk, Lugansk, Kharkov, Rovno, and Kherson; inoltre, l'Istituto segnala minacce di violenza e assalti a preti e attivisti della Chiesa ortodossa ucraina nelle regioni di Odessa, Sumy, Donetsk, Lugansk, Kiev e Zaporozh'e.

Gi esperti dicono che i fatti da loro raccolti sono solo ”la cima di un iceberg” e non danno un'idea reale della frequenza degli assalti contro la Chiesa e delle violazioni dei diritti civili e delle libertà dei credenti, a causa dell'omertà dei media secolari e religiosi dell'Ucraina.

 
Una cronologia dello scisma in Africa

1985-1990 [1]

Il patriarca Theodoros, allora sacerdote, presta servizio come esarca del Patriarcato d'Alessandria presso la Chiesa ortodossa russa, con sede a Odessa, in Ucraina. Durante questa sua permanenza, studia storia dell'arte, letteratura e filosofia all'Università di Odessa e fonda l'Istituzione della cultura ellenica e il Museo Philiki Eteria dove si insegna a 600 bambini una conoscenza approfondita del greco.

Iniziano a formarsi scismi nella Chiesa ucraina già durante la sua permanenza.

Da allora, ha spesso parlato di quanto ama i popoli e le Chiese dell'Ucraina e della Russia. Ha anche parlato di come ha sperimentato in prima persona la natura violenta degli scismatici ucraini e di come è stato costretto a difendere fisicamente la sua chiesa da loro.

2011

1 marzo: Incontrando un gruppo di studenti, il metropolita Ilarion di Volokolamsk, presidente del Dipartimento per le relazioni ecclesiastiche esterne della Chiesa russa, sottolinea il rispetto dei limiti canonici delle Chiese locali come principio importante delle relazioni inter-ortodosse.

Afferma: "Tutta l'Africa è territorio canonico del Patriarcato d'Alessandria. Pertanto, possiamo aiutare il patriarca d'Alessandria nel suo lavoro missionario, ma non fissiamo sul luogo le nostre strutture, anche se ci vivono molti dei nostri connazionali".

2012

21 gennaio : Il patriarca Kirill dà al patriarca Theodoros il premio dedicato al patriarca Alessio II "Per l'eccezionale lavoro per rafforzare l'unità dei popoli ortodossi" alla 12a cerimonia di premiazione annuale della Fondazione pubblica internazionale per l'unità dei popoli ortodossi a Mosca.

2013

Luglio: Il patriarca Theodoros visita Russia, Ucraina e Bielorussia per la celebrazione del 1.025° anniversario del Battesimo della Rus'.

In un'intervista, dice: "Quando studiavo teologia all'Università di Salonicco, ho letto un libro sul santo russo, Serafino di Sarov. E per sette anni di fila, ho pregato ogni sera san Serafino di farmi conoscere la terra russa. E da allora, ho sempre detto che il mio cuore ora e per sempre appartiene alla Russia. Dio finalmente mi ha ascoltato e ho vissuto a Odessa per dieci anni...

Sono contento che tra gli antichi patriarcati, il nostro sia forse l'unico con cui la Russia ha sempre avuto rapporti molto stretti e amichevoli".

2015

28 agosto: In un incontro con il patriarca Kirill a Mosca, il patriarca Theodoros dice al primate russo:

"Conosco bene il popolo ucraino e l'Ucraina, perché sono stato molte volte in città diverse, comprese quelle in cui è in corso la guerra. Ho mangiato lo stesso pane che mangiano queste persone, ho fatto visita alle loro modeste case. Sono stato nei monasteri, ho parlato con i loro abitanti, ho cantato con loro. Mi creda, Santità, il mio cuore è pieno di dolore. Conosco il vero popolo ucraino: aderisce fermamente all'Ortodossia e rimane fedele alla sua Madre, la Chiesa russa...

Vorrei assicurarvi che l'antico Patriarcato d'Alessandria, la Chiesa d'Alessandria, segue l'antico ordine stabilito: Sosteniamo sempre il primate canonico, sua Beatitudine il metropolita Onufrij. E se in futuro avrete bisogno del nostro aiuto, lo riceverete sicuramente, perché nella nostra Chiesa aderiamo all'ordine canonico. Dobbiamo rispettare e mantenere questo ordine se vogliamo che il Signore riversi il Suo amore su di noi. I politici vanno e vengono, ma l'Ortodossia e la nostra fede restano. Stiamo scrivendo la storia.

2016

1 dicembre: Commentando gli sforzi per creare una chiesa ucraina indipendente, il patriarca Theodoros afferma che per il Patriarcato d'Alessandria l'Ucraina è parte integrante della Chiesa ortodossa russa.

Sottolinea che: "Non c'è posto per la politica nelle questioni della Chiesa".

Ricorda anche quando dovette difendere dagli scismatici la chiesa alessandrina a Odessa: "Quando gli scismatici tentarono di entrare con la forza, senza invito, nella chiesa della santissima Trinità che allora era una rappresentanza della Chiesa d'Alessandria a Odessa, sono stato alla porta e ho detto: 'Questo non accadrà'."

2017

23 maggio: Il patriarca Theodoros scrive al patriarca Kirill, esprimendo il suo sostegno alla Chiesa canonica ucraina sotto sua Beatitudine il metropolita Onufrij contro i tentativi del parlamento ucraino di legalizzare i sequestri di chiese e di dare voce al governo nelle nomine episcopali.

"Lo Stato non può adottare da solo leggi sulla Chiesa senza la partecipazione della Chiesa stessa, soprattutto in un Paese che pretende di rispettare i valori europei", scrive il patriarca. A suo avviso, la leadership ucraina deve "prendere una posizione neutrale e non essere controllata da circoli nazionalisti irresponsabili".

2018

29 giugno: Il patriarca Theodoros concelebra con il metropolita Luka di Zaporozh'e della Chiesa ucraina a Veria, in Grecia, e i due vescovi parlano del movimento per creare una chiesa ucraina autocefala.

Il patriarca Theodoros sottolinea che la questione ucraina deve essere risolta in via conciliare, poiché solo un sostegno generale può contribuire alla sua soluzione.

Insiste anche sul fatto che Filaret Denisenko, ex metropolita canonico di Kiev, allora leader ideologico deposto e anatemizzato del movimento scismatico ucraino, debba tornare alla Chiesa canonica ucraina: "Preghiamo Dio, che fa tutto per il nostro bene, che ci istruisca tutti a trovare una soluzione a questi problemi. Se lo scismatico Denisenko vuole tornare in seno alla Chiesa, allora deve tornare da dove è partito. Ciò che è caduto deve tornare da dove è caduto. Dio è misericordioso con coloro che si pentono, e la Chiesa perdona e accoglie nel suo materno abbraccio tutti coloro che si pentono".

28 luglio: Il metropolita Dimitrios di Irinoupolis rappresenta il patriarca Theodoros alle celebrazioni del Battesimo della Rus' a Kiev, esprimendo sostegno alla Chiesa canonica ucraina e a Sua Beatitudine il metropolita Onufrij di Kiev e di tutta l'Ucraina.

30 luglio: il patriarca Theodoros celebra il 1.030° anniversario del Battesimo della Rus' a Mosca con il patriarca Kirill e rappresentanti di numerose altre Chiese locali.

Durante la sua permanenza a Mosca, commenta a RIA-Novosti che la Chiesa deve essere governata dai santi canoni. "In questo senso, il Patriarcato d'Alessandria è d'accordo con l'opinione della Chiesa russa secondo cui non dovrebbero essere ammesse pressioni politiche. Quando gli Stati sono divisi, e di conseguenza la Chiesa, questo è sbagliato".

19-23 settembre: Il patriarca Theodoros visita la Chiesa di Polonia. Lui e metropolita Sawa della Polonia rilasciano una dichiarazione congiunta sulla crisi ucraina (poiché Costantinopoli ha già iniziato a prepararsi per il suo cosiddetto "concilio d'unificazione"), invitando tutte le parti coinvolte a fare tutto il possibile per ristabilire la pace e l'ordine ecclesiale.

28 settembre: Il patriarca Theodoros continua la sua visita in Ucraina in segno di solidarietà con la Chiesa canonica ucraina sotto il metropolita Onufrij. Mentre celebra a Odessa, dove aveva servito per molti anni, incoraggia i fedeli a rimanere fedeli alla Chiesa canonica, dicendo: "Rimanete nella fede ortodossa, nella Chiesa canonica… In questi giorni difficili in Ucraina c'è una Chiesa canonica, guidata da sua Beatitudine il metropolita Onufrij, un uomo benedetto di Dio e un vero monaco... Saremo insieme a chi vuole l'unità dell'Ortodossia in Ucraina, perché il mio amore è sempre con voi".

29 settembre: Continuando la sua visita a Odessa, il patriarca Theodoros promette di parlare a tutte le Chiese locali per la protezione della Chiesa canonica: "Farò del mio meglio per informare tutti sulla situazione in Ucraina, tutti i primati delle Chiese locali, in modo che la Chiesa canonica rimanga l'unica Chiesa ortodossa canonica, e che il Signore le conceda sempre le sue benedizioni".

Il primate alessandrino aggiunge anche che "sarà un grande peccato al Secondo Giudizio se sarà versata anche una sola goccia di sangue".

30 settembre: Il patriarca Theodoros concelebra alla consacrazione della ricostruita cattedrale della santa Trasfigurazione a Bolgrad insieme al metropolita Onufrij di Kiev e di tutta l'Ucraina. "Qui ho vissuto e ho versato lacrime per questo Paese", dice il patriarca. "Sono venuto qui per dire che sono sempre con voi".

Ribadendo la sua dichiarazione del 2016, sottolinea che nella Chiesa non c'è spazio per la politica: "Dirò anche a tutti i patriarchi che la Chiesa non si piega ai politici. La Chiesa ha i canoni apostolici… La Chiesa canonica è guidata dai canoni. Vive e vivrà secondo i canoni".

15 ottobre: Un sacerdote in Egitto rivela in un'intervista che "c'è un'iniziativa del patriarca Theodoros II d'Alessandria per intervenire e porre fine al conflitto e mantenere la Chiesa ucraina nel seno del Patriarcato di Mosca".

26 novembre: I media greci riferiscono che si prevede che il Sinodo d'Alessandria discuterà la questione ucraina e possibilmente adotterà una dichiarazione al riguardo. Tuttavia, nessuna dichiarazione viene mai dal Sinodo alessandrino.

15 dicembre: La "Chiesa Ortodossa dell'Ucraina" viene creata nel cosiddetto "concilio d'unificazione" a Kiev.

24 dicembre: Il patriarca Bartolomeo scrive ai primati delle Chiese locali, invitandoli a riconoscere la neonata "Chiesa Ortodossa dell'Ucraina" ed Epifanij Dumenko come suo primate. Nessun primate, incluso il patriarca Theodoros, risponde positivamente a questa chiamata.

2019

18 aprile: Il patriarca Theodoros si incontra a Cipro con i primati di Antiochia, Gerusalemme e Cipro per discutere la questione ucraina. I quattro primati rilasciano una dichiarazione che invita tutti i soggetti coinvolti a lavorare per la piena unità eucaristica nella Chiesa, e affermano la loro intenzione di continuare a lavorare per il bene della Chiesa.

14 giugno: Il metropolita Seraphim dello Zimbabwe diventa forse il primo vescovo alessandrino oltre al patriarca Theodoros ad affrontare pubblicamente la crisi ucraina, con un articolo intitolato "The Issue of Ukraine and the Conciliar Institution", in cui afferma che Costantinopoli avrebbe dovuto raggiungere un'intesa con Mosca prima di agire.

Scrive che la storia considererà i Patriarcati di Costantinopoli e di Russia responsabili di aver minacciato l'unità della Chiesa, ma "soprattutto il Protos [il patriarca di Costantinopoli, ndc] e i suoi santi fratelli i primati che non sono riusciti a persuadere il primo tra loro che ci dovrebbe essere un'intesa preliminare tra il Fanar e Mosca sulla questione ucraina".

Chiede un ritorno al funzionamento conciliare della Chiesa, come avvenuto a Ginevra nel 2016, con la partecipazione di tutte le Chiese locali.

15 giugno: In un'intervista a Romfea, il patriarca Theodoros dice che mentre crede che Costantinopoli abbia il diritto di concedere l'autocefalia, quest'ultima è stata data alle persone sbagliate: "Queste persone che hanno ricevuto l'autocefalia sono ciò che divide la Chiesa".

"I legami tra il Patriarcato d'Alessandria e la Chiesa russa sono grandi ed è impossibile spezzarli", dice.

Rivela che nell'incontro con gli altri primati ad aprile, essi hanno implorato l'arcivescovo Chrysostomos di Cipro di incontrare il patriarca Bartolomeo e di chiedergli di incontrare il patriarca Kirill per cercare una soluzione alla crisi in corso. Allora tutti i primati delle Chiese locali potrebbero incontrarsi per approvare la soluzione raggiunta dai patriarchi Kirill e Bartolomeo, dice il patriarca Theodoros. Nessun incontro del genere tra i patriarchi di Costantinopoli e Mosca si è mai materializzato.

25 giugno: Il metropolita Meletios di Cartagine del Patriarcato d'Alessandria si reca in Ucraina per celebrare l'onomastico del metropolita Onufrij.

"La nostra presenza qui non significa altro che sostegno alla vostra Chiesa canonica, che si manifesterà con la nostra unità al Calice eucaristico durante la Divina Liturgia", dice.

12 settembre: Il metropolita Chrysostomos del Mozambico, vescovo del Patriarcato d'Alessandria, concelebra con un "vescovo" scismatico ucraino in Grecia, sebbene la sua Chiesa non sia entrata in comunione con gli scismatici.

Il Patriarcato non fa alcuna dichiarazione pubblica su questa concelebrazione, e il metropolita Crisostomo non ne è mai rimproverato.

16 settembre: La "Chiesa Ortodossa dell'Ucraina" dichiara sul suo sito ufficiale che la concelebrazione in Grecia "ha confermato l'unità eucaristica e, di conseguenza, il riconoscimento de facto della Chiesa ortodossa ucraina da parte di un'altra Chiesa locale, il Patriarcato d'Alessandria e di tutta l'Africa".

17 settembre: Il metropolita Ilarion, capo del Dipartimento per le relazioni ecclesiastiche esterne della Chiesa russa, scrive al metropolita Chrysostomos del Mozambico, esprimendo grande delusione per la sua concelebrazione con uno scismatico, sottolineando che tali azioni confondono solo i fedeli e non fanno nulla per facilitare una soluzione allo scisma.

Diversi vescovi del Patriarcato d'Alessandria rispondono duramente al metropolita Ilarion, definendolo "totalmente incapace di intervenire in questo stile" e rimproverandolo per la "magnitudine della sua audacia".

3 ottobre: In un'intervista a Romfea, il metropolita Seraphim dello Zimbabwe avverte di cosa potrebbe accadere se le Chiese ortodosse locali non si uniranno in un dialogo per risolvere la questione, che porta la minaccia del "più grande scisma che la Chiesa ortodossa conoscerà nel corso della sua storia".

Avverte anche che la Chiesa russa potrebbe inviare il suo clero nella giurisdizione del Patriarcato di Costantinopoli e di qualsiasi Chiesa che alla fine riconosca gli scismatici.

* * *

8 novembre: Il patriarca Theodoros cambia radicalmente la sua posizione sugli scismatici ucraini e commemora per la prima volta il "metropolita" Epifanij Dumenko nella Divina Liturgia, nel senso che lo riconosce come primate di una vera Chiesa locale.

La sua decisione è presa unilateralmente, senza alcuna decisione rilevante da parte del Santo Sinodo d'Alessandria.

* * *

In un comunicato stampa diffuso lo stesso giorno, il patriarca Theodoros osserva che la Chiesa ortodossa "funziona attraverso un sistema conciliare". In una lettera ai suoi vescovi, afferma di aver commemorato Dumenko dopo una discussione con loro e un momento di preghiera.

9 novembre: Il giorno dopo aver commemorato per la prima volta Dumenko, il patriarca Theodoros arriva a Cipro per una visita precedentemente programmata. I vescovi ciprioti gli chiedono espressamente di non commemorare Dumenko nelle loro chiese, nelle loro diocesi.

10 novembre: Per la prima volta in assoluto, il patriarca Theodoros non è commemorato alla liturgia domenicale nella chiesa della rappresentanza alessandrina a Mosca. Il suo rappresentante, il metropolita Athansios di Cirene, non serve e non è neppure lui commemorato.

11 novembre: Il patriarca Theodoros dice a Romfea che la sua decisione improvvisa di commemorare Dumenko non porterà ad alcuna divisione nella Chiesa, ma in realtà a una soluzione alla crisi ucraina in corso.

Esprime inoltre la convinzione che il patriarca Krill non smetterà di commemorarlo ai servizi divini, anche se aveva già smesso di commemorare il patriarca Bartolomeo e l'arcivescovo Hieronymos di Atene.

12 novembre: Il patriarca Theodoros ignora la richiesta dei vescovi ciprioti, in particolare del metropolita Athanasios di Limassol, e commemora lo scismatico Dumenko in una chiesa della diocesi di Limassol.

Pochi giorni dopo, il metropolita Athanasios rivela che il patriarca Theodoros, di fatto, gli aveva promesso che non avrebbe commemorato Dumenko, ma poi ha infranto la sua promessa.

19 novembre: Il patriarca Theodoros spiega in un'intervista di aver iniziato a commemorare Dumenko "per rispetto del Patriarcato ecumenico e della sua storia".

21 novembre: Dopo la sua elezione e intronizzazione a primate a gennaio, Dumenko ha inviato lettere ireniche a tutti i primati delle Chiese locali. Quasi un anno dopo, il patriarca Theodoros risponde a questa lettera, cementando così il suo riconoscimento degli scismatici.

Dimostrando il suo completo cambiamento di posizione, scrive del "cuore sacrificale" di Dumenko e che il suo ministero "contribuirà il più possibile all'unità della pienezza della Chiesa ucraina e delle relazioni fraterne in Cristo di tutti i cristiani che vivono nella vostra sfera ecclesiale".

30 novembre: Il patriarca Theodoros concelebra per la prima volta con vescovi scismatici a Costantinopoli nella festa di sant'Andrea il Primo Chiamato.

17 dicembre: Ventisette sacerdoti provenienti da Kenya, Tanzania, Uganda e Zambia pubblicano una lettera aperta per protestare contro il riconoscimento degli scismatici da parte del patriarca.

Notano che "una tale decisione è stata presa senza chiedere il parere del clero africano, sebbene siano gli africani a costituire la maggioranza del clero e dei parrocchiani del Patriarcato d'Alessandria".

26 dicembre: Si riferisce che i sacerdoti che hanno firmato la lettera aperta sono minacciati dai loro vescovi alessandrini. Viene chiesto loro di firmare una dichiarazione a sostegno degli scismatici e, quando rifiutano, sono sospesi e minacciati di deposizione.

Tra questi vescovi c'è il metropolita Dimitrios di Irinoupolis, che proprio l'anno prima aveva celebrato il Battesimo della Rus' con la Chiesa canonica ucraina, dichiarando come si sentiva a casa con loro.

26 deicembre: Il Sinodo russo conferma che il patriarca Kirill non può più commemorare il patriarca Theodoros per il fatto che quest'ultimo è entrato in comunione con gli scismatici.

Tuttavia, dato che la decisione di riconoscere gli scismatici è stata unilaterale, non sinodale, il Sinodo russo decide anche "di mantenere la comunione ecclesiale con i vescovi della Chiesa ortodossa alessandrina, ad eccezione di coloro che hanno sostenuto o sosterranno la legalizzazione dello scisma ucraino in futuro".

Così, non è interrotta la comunione con l'intero Patriarcato d'Alessandria.

Il Sinodo decide inoltre di sospendere l'attività della chiesa di rappresentanza alessandrina a Mosca, di convertire parimenti la chiesa di rappresentanza russa al Cairo in parrocchia della Chiesa russa e di ritirare le chiese russe in Africa dalla giurisdizione del Patriarcato d'Alessandria.

2020

11 marzo: il metropolita Seraphim dello Zimbabwe pubblica un testo che ribadisce che "coloro che non hanno l'ordinazione canonica semplicemente non hanno la grazia dello Spirito Santo e quindi ci portano a scismi ed eresie".

Scrive anche che la questione ucraina ha portato all'abuso dell'eucaristia "come ricatto mondano per questioni di giurisdizione ecclesiastica".

La Chiesa deve tornare al processo conciliare sviluppato nel secolo scorso, afferma.

6 novembre: L'arcivescovo Leonid, allora di Vladikavkaz e poi esarca russo in Africa, afferma in un'intervista che la Chiesa russa ha ricevuto più di 100 appelli di chierici africani che chiedono di essere accolti nella sua giurisdizione. Spiega che la Chiesa russa aderisce alle "regole dei rapporti che sono stati stabiliti tra le Chiese" e non cerca di espandersi nel territorio di nessun'altra Chiesa. Quindi, cerca di frenare i chierici africani nel loro desiderio di unirsi alla Chiesa russa e informano il Patriarcato d'Alessandria che stanno sorgendo difficoltà nei suoi ranghi clericali.

L'arcivescovo Leonid rivela anche che il patriarca Theodoros aveva promesso alla Chiesa russa nell'autunno del 2019 che non avrebbe riconosciuto gli scismatici. Un mese dopo, ha infranto quella promessa, sotto la pressione del ministero degli Esteri greco e del Dipartimento di Stato americano, dice l'arcivescovo.

2021

 

13 agosto: Il patriarca Theodoros celebra con il patriarca Bartolomeo e lo scismatico Dumenko in Turchia. Questa è la prima volta che concelebra con il primate della chiesa scismatica, ed è vista come un punto di non ritorno nelle relazioni russo-alessandrine.

23-24 settembre: A seguito della concelebrazione del patriarca Theodoros con Dumenko, il Sinodo russo decide di considerare gli appelli provenienti dal clero africano. Incarica l'arcivescovo Leonid di studiarli a fondo e di presentare una proposta al Santo Sinodo.

"La Chiesa ortodossa russa si è astenuta dal rispondere positivamente a tali petizioni nella speranza che il patriarca Theodoros avrebbe cambiato la sua decisione e i vescovi della Chiesa d'Alessandria non avrebbero sostenuto la legalizzazione dello scisma ucraino. Sfortunatamente, ciò non è avvenuto", si legge nel rapporto sinodale.

Novembre: L'arcivescovo Leonid visita l'Africa e incontra un certo numero di sacerdoti che desiderano unirsi alla Chiesa russa. Successivamente è stato rivelato che ai chierici è stato chiesto di firmare giuramenti in cui dichiaravano che sarebbero passati volontariamente alla Chiesa russa, "non per perseguire un beneficio finanziario personale, ma al solo scopo di salvare la mia anima dal pericolo spirituale di associarmi allo scisma in Ucraina". Il giuramento afferma anche: "Mi impegno a rimanere fedele al patriarca di Mosca e a un vescovo da lui nominato fino alla mia morte, rimanendo in obbedienza, come richiesto dai canoni della Chiesa ortodossa".

21 dicembre: Vladimir Legojda, capo del Dipartimento sinodale per i rapporti della Chiesa con la società e i media, spiega in un'intervista che mentre la Chiesa russa ha rotto completamente la comunione con il Patriarcato di Costantinopoli, lo stesso non si può dire delle Chiese d'Alessandria, Grecia e Cipro, dove i primati hanno scelto di entrare in comunione con gli scismatici senza l'appoggio dei loro sinodi.

"Ecco perché è stata preservata la comunione eucaristica con alcuni vescovi e chierici di queste Chiese", ha spiegato Legoida.

29 dicembre: Il Sinodo russo decide di accogliere 102 sacerdoti africani e di creare un Esarcato composto da due diocesi che coprano l'intero continente africano, compreso l'Egitto. L'arcivescovo Leonid, che ha visitato l'Africa il mese prima, è nominato esarca patriarcale in Africa.

30 dicembre: Il Patriarcato d'Alessandria rilascia una breve dichiarazione in cui esprime il proprio dolore per la decisione del Sinodo russo e annuncia che risponderà in modo più completo nella sessione sinodale di gennaio.

Il Patriarcato proseguirà nei suoi doveri pastorali, "che ricadono sotto l'eredità spirituale dei grandi Padri della Chiesa greci, i quali, secondo il teologo russo moderno, il compianto padre Georgij Florovskij, hanno lasciato un segno indelebile sulla teologia ortodossa e sulla Chiesa", si legge nella nota.

30 dicembre: L'arcivescovo Leonid afferma in un'intervista radiofonica che 102 sacerdoti africani sono già stati ricevuti nella Chiesa russa, anche se se ne aspettano molti di più. La Chiesa russa non si tirerà indietro dal suo Esarcato, anche se il patriarca Theodoros si pente, dice, ma piuttosto andrà avanti.

Afferma anche che l'intera crisi ucraina è stata pianificata da politici che non sanno nulla dell'Ortodossia, e che il patriarca Theodoros ha agito sotto la pressione del Ministero degli Affari Esteri greco.

In un'intervista a RIA-Novosti, afferma che "la questione della reazione dei vertici della Chiesa d'Alessandria non esiste più per noi". Rivela anche che sta progettando un altro viaggio in Africa.

2022

2 gennaio: Il metropolita Hilarion di Volokolamsk spiega in un'intervista che mentre il Sinodo russo in precedenza aveva sottolineato il carattere non conciliare della decisione del patriarca Theodoros, ora ritiene che tutti i vescovi alessandrini siano d'accordo con essa, dato che non hanno protestato pubblicamente o affrontato la questione in modo sinodale.

Osserva che dopo la visita dell'arcivescovo Leonid in Africa, la Chiesa russa ha ricevuto diverse lettere maleducate dai vescovi alessandrini, in cui si affermava che "i nostri sacerdoti non sanno nemmeno dove sia l'Ucraina".

Afferma inoltre che "non possiamo negare la cura pastorale ai credenti ortodossi della Turchia nelle condizioni in cui il patriarca di Costantinopoli si è schierato dalla parte dello scisma", che i media pro-Costantinopoli considerano una dichiarazione dell'intenzione di creare un esarcato turco.

La mente conciliare della Chiesa può sanare lo scisma, dice, "Ma dobbiamo guardare le cose in modo realistico: in condizioni in cui i meccanismi conciliari a livello inter-ortodosso vengono distrutti, è difficile aspettarselo".

Parlando al programma La Chiesa e il mondo, afferma che la Chiesa russa ha pazientemente atteso per due anni uno sviluppo positivo nel Patriarcato d'Alessandria, ma il patriarca Theodoros, concelebrando con Dumenko, ha dimostrato che non ha intenzione di cambiare posizione.

Afferma inoltre che dal punto di vista del Sinodo russo, la creazione dell'Esarcato non costituisce né un'invasione del territorio alessandrino né un tentativo di indebolire il Patriarcato alessandrino, ma un'opportunità per i credenti ortodossi di ricevere i sacramenti da sacerdoti canonici.

3 gennaio: I vescovi africani iniziano a far circolare lettere in cui invitano i sacerdoti a riconsiderare la loro decisione di unirsi alla Chiesa russa.

La lettera della diocesi di Gulu e dell'Uganda orientale recita: "Conservo la mia promessa di continuare a servire come sacerdote devoto, umile, obbediente, onesto, disciplinato e felice della nostra metropolia/diocesi di _____ sotto il Patriarcato greco-ortodosso d'Alessandria e tutta l'Africa".

La lettera del vescovo Markos di Kisumu afferma che coloro che passano alla Chiesa russa mettono a rischio il loro sacerdozio.

6-14 gennaio: Rispondendo alla creazione dell'Esarcato africano della Chiesa russa, i vescovi di varie Chiese locali sottolineano nuovamente il pericolo che le Chiese agiscano unilateralmente e la grande necessità di un Concilio pan-ortodosso.

Il Sinodo di Costantinopoli emette anche una breve dichiarazione a sostegno del Patriarcato d'Alessandria contro la decisione del Sinodo russo.

10-12 gennaio: Il Santo Sinodo d'Alessandria risponde alla creazione dell'Esarcato russo, dicendo che una tale mossa dalla Chiesa russa era "inaspettata". Inoltre caratterizza le azioni del Sinodo russo come "rappresaglia diretta", "ricatto" e "vendetta" e afferma che la Chiesa russa sta distorcendo l'ecclesiologia e l'amore evangelico sotto l'influenza dell'etnofiletismo e del "neocolonialismo".

I confini di ogni Chiesa locale sono chiari e il Patriarcato d'Alessandria non ha mai invaso il territorio di un'altra Chiesa, afferma il Sinodo.

Il Patriarcato informerà il patriarca Bartolomeo e gli altri primati sulla situazione in Africa.

12 gennaio: padre Georgij Maksimov, un sacerdote di Mosca che ha viaggiato in Africa e conosce personalmente molti dei sacerdoti che hanno aderito all'Esarcato russo, offre un rapporto a Mosca intitolato "Ortodossia in Africa: problemi e prospettive", in cui spiega che c'erano già Chiese russe in Africa prima che il Patriarcato d'Alessandria estendesse il suo territorio a tutta l'Africa nel 1930.

Osserva anche che molti sacerdoti africani sono pronti a passare alla Chiesa russa a causa "della disposizione estremamente malsana, inadeguata ed erronea della vita della Chiesa, che ha preso forma sotto i greci negli ultimi 10-20 anni".

Il Patriarcato d'Alessandria è dominato dall'ellenismo, dice padre Georgij, e questo fa sì che i sacerdoti africani vengano trascurati e/o maltrattati.

12 gennaio: In risposta alla recente dichiarazione del Sinodo di Costantinopoli, il metropolita Leonid afferma che la Chiesa russa non ha violato l'ordine canonico, ma sta piuttosto ripristinando l'ordine canonico in Africa.

12 gennaio: In un'altra intervista a RIA-Novosti, il metropolita Ilarion afferma che una volta ripristinato l'ordine canonico in Ucraina, possiamo iniziare a parlare di ripristinare l'ordine canonico altrove.

12 gennaio: Si riferisce che una delegazione alessandrina si recherà a Costantinopoli con una richiesta che il patriarca Bartolomeo convochi un incontro dei primati di Costantinopoli, Alessandria, Antiochia, Gerusalemme e Cipro – le "Chiese antiche" – per affrontare le recenti azioni della Chiesa russa. OrthoChristian ha avuto una conferma di questo dalle proprie fonti. Alcuni media descrivono questo come un tentativo di far rivivere la Pentarchia.

Lo stesso rapporto afferma che la Chiesa russa offre al clero africano quasi quattro volte lo stipendio che ricevono come sacerdoti alessandrini.

14 gennaio: Il patriarca Theodoros pubblica un'enciclica ai sacerdoti e ai fedeli del Patriarcato d'Alessandria, in cui caratterizza il Sinodo russo come "falsi profeti" e "lupi selvaggi" che seminano confusione in Africa con "denaro sporco".

Dice che nel corso della storia, i problemi nella Chiesa sono stati sempre risolti da Costantinopoli insieme ad Alessandria, Antiochia e Gerusalemme. Sostiene che i confini di queste Chiese locali sono chiaramente definiti dai Concili ecumenici.

Il patriarca Theodoros afferma che la Chiesa russa ha violentemente "ridotto in schiavitù" la metropolia di Kiev, che, afferma, è "sempre appartenuta al Patriarcato ecumenico". Ma "i nostri fratelli ucraini" hanno chiesto a Costantinopoli l'autocefalia, concessa nel 2019, scrive il primate alessandrino. (Ciò è in linea con l'affermazione di Costantinopoli – poco prima di concedere un tomos di autocefalia ai vescovi scismatici ucraini – di non aver mai realmente rilasciato la metropolia di Kiev, anche se in realtà fu trasferita al Patriarcato di Mosca nel 1686. [2])

Invita il clero e i fedeli a rimanere fedeli al Patriarcato d'Alessandria.

15 gennaio: Mons. Neophitos di Nyeri e del Monte Kenya cita il patriarca Theodoros, che ha affermato che riconoscendo gli scismatici ucraini, "Pensavo di aiutare a promuovere la pace, l'unità e la riconciliazione. Purtroppo si è rivelato il contrario".

Note

[1] Secondo le informazioni biografiche online, il patriarca Theodoros è stato a Odessa per cinque anni. Tuttavia, afferma ripetutamente nelle interviste di essere stato a Odessa per dieci anni. Pertanto, gli anni esatti della sua permanenza in Ucraina non sono del tutto chiari.

[2] Cfr "Dichiarazione del Santo Sinodo della Chiesa ortodossa russa sull'intervento non canonico del Patriarcato di Costantinopoli nel territorio canonico della Chiesa ortodossa russa" e "Gli aspetti storici del trasferimento della metropolia di Kiev al Patriarcato di Mosca".

 

 
C'è ancora un posto per la Chiesa ortodossa russa nell'Ucraina post-Maidan?

Le notizie di persecuzioni e abusi perpetrati su singoli preti o chiese del Patriarcato di Mosca in Ucraina non ci devono distrarre da un aspetto grave e forse ancor più inquietante della crisi ucraina, ovvero le enormi pressioni esercitate dal governo sulla Chiesa ortodossa, che hanno già causato l’esilio di alcuni preti, e potrebbero anche degenerare in “purghe” di clero leale a Mosca. Ce ne parla un articolo pubblicato da RIA-Novosti e dal portale Pravoslavie.ru, che riportiamo in traduzione italiana nella sezione “Geopolitica ortodossa” dei documenti.

 
La creazione del crisma come coercizione per "riconoscere" gli scismatici

il patriarca Bartolomeo sta preparando una sorpresa per le Chiese alla Benedizione del santo crisma? Foto: Unione dei giornalisti ortodossi

Il capo del Fanar ha invitato al suo posto rappresentanti delle Chiese locali per la creazione del crisma. Insieme a loro, potrebbe partecipare anche Dumenko. Cosa significa questo per l'Ortodossia?

Nel suo messaggio di Natale, il patriarca Bartolomeo di Costantinopoli ha annunciato che nell'aprile 2022 il Fanar avrebbe tenuto il servizio della Benedizione del santo crisma, il quarto nel suo ministero patriarcale. Per tradizione, a questa cerimonia prendono parte rappresentanti della maggior parte delle Chiese ortodosse locali, in particolare quelle che ricevono l'olio santo direttamente dal capo del Fanar.

Quest'anno il rito del crisma è di particolare importanza poiché può prendervi parte un rappresentante della "Chiesa ortodossa dell'Ucraina". A questo proposito sorge una serie di questioni, la principale delle quali è se la presenza di Sergej Dumenko (o di uno dei suoi associati) al rito diventerà il riconoscimento de facto della "Chiesa ortodossa dell'Ucraina" da parte di altre Chiese.

Cos'è il crisma e perché è necessario?

Il crisma (detto anche miro, un olio per unzioni sacre) è, secondo il Canone 6 del Concilio di Cartagine, "una miscela di varie essenze profumate", consacrata durante uno speciale rito liturgico. Il crisma è preparato con una base di olio d'oliva e con l'aggiunta di vino bianco e di circa 40 diverse essenze (il Patriarcato di Costantinopoli ne utilizza 57), tra cui: incenso, petali di rosa, di violetta, radici speziate e di galanga, noce moscata, rosa, limone, olio di chiodi di garofano e molto altro.

Anticamente il crisma era preparato solo dai vescovi, che lo davano ai sacerdoti per ungere i nuovi battezzati. Al tempo degli apostoli e dei loro discepoli, il numero di chi desiderava ricevere il santo battesimo non era così grande. Gli apostoli (e poi i vescovi) imponevano le mani su ogni neofita dopo il battesimo – per conferirgli il dono dello Spirito Santo (secondo l'arciprete A. Schmemann). Tuttavia, a causa del numero sempre crescente di nuovi battezzati (e, di conseguenza, dell'impossibilità di fare imposizioni delle mani su ciascuno di loro), la Chiesa ha deciso di preparare un olio speciale (crisma, o miro), attraverso il quale i credenti ricevevano i doni dello Spirito Santo attraverso un'unzione. A proposito, già nelle lettere apostoliche il dono dello Spirito Santo, che i cristiani possiedono, è talvolta chiamato "unzione" (1 Gv 2:20; 2 Cor 1:21), esecondo il canone 48 del Concilio di Laodicea, "i battezzati devono essere unti dopo il battesimo con il crisma celeste per essere partecipi del regno di Cristo".

Così, l'olio santo è stato usato nella Chiesa fin dall'inizio per l'unzione dei cristiani appena illuminati. Inoltre, nella pratica liturgica della chiesa, si usa il crisma:

  • per ungere le persone che diventano cristiani ortodossi, che provengono da altre denominazioni e il cui battesimo è considerato valido;

  • per consacrare il santo trono dell'altare e le mura nelle nuove chiese;

  • per santificare le icone e i luoghi di sepoltura di sacre reliquie;

  • un tempo, per ungere re e imperatori ortodossi per il loro servizio regale.

La Chiesa tratta il santo crisma in modo appropriato, come oggetto di grande santità. Per esempio, san Cirillo di Gerusalemme paragona il crisma al sacramento dell'eucaristia: "Guardatevi dal pensare che questo olio santo sia semplicemente olio comune e nient'altro. Dopo l'invocazione dello Spirito, non è più olio comune ma un dono di Cristo, e per la presenza della sua divinità diventa lo strumento attraverso il quale riceviamo lo Spirito Santo. Mentre i nostri corpi sono unti simbolicamente, sulla nostra fronte e sui nostri sensi, con questo olio che vediamo, le nostre anime sono santificate dal santo Spirito datore di vita".

Pertanto, il rito del crisma non deve essere considerato irrilevante. Questo è il servizio divino più importante, che non tutti i vescovi ortodossi possono svolgere.

Chi ha il diritto di fare il crisma, e come si collega questo diritto allo stato d'autocefalia di una Chiesa?

Come accennato in precedenza, inizialmente i vescovi dell'una o dell'altra Chiesa avevano il diritto di fare l'olio santo. Tuttavia, molto presto questo diritto fu assegnato esclusivamente alle principali sedi della Chiesa ortodossa.

Oggi, secondo la tradizione consolidata, le Chiese di Costantinopoli, russa, bulgara, romena, serba e georgiana consacrano autonomamente il crisma.

Dal punto di vista della Chiesa russa, il diritto di fare il crisma è prerogativa esclusiva della Chiesa autocefala. Ecco perché, concedendo l'indipendenza alle Chiese polacca, cecoslovacca e americana, la Chiesa ortodossa russa ha conferito loro il diritto di preparare autonomamente il miro.

Un punto di vista completamente diverso è quello del Patriarcato di Costantinopoli. Là credono che il diritto di fare il crisma appartenga al capo del Fanar, che può (o dovrebbe) concelebrare con i rappresentanti delle Chiese locali. È per questo motivo che nel Tomos d'autocefalia delle Chiese greca, albanese, polacca, della Chiesa delle Terre Ceche e della Slovacchia, nonché nel Tomos della "Chiesa ortodossa dell'Ucraina" emesso dal Fanar, è prescritto di ricevere il miro dal Patriarcato di Costantinopoli. Inoltre, l'antico Patriarcato di Gerusalemme riceve il crisma dal Fanar.

Tutti coloro che ricevono il crisma dal Patriarcato di Costantinopoli lo considerano un atto di amore fraterno più che di dipendenza canonica. Ma il Fanar ha una visione diversa su questo argomento.

Per esempio, nel tomos d'autocefalia della Chiesa romena, emesso dal Fanar nel XIX secolo, c'era anche una clausola secondo la quale questa Chiesa doveva ricevere il crisma dal Patriarcato di Costantinopoli. Ma i romeni non erano d'accordo con questo stato di cose e, ricevuto il tomos, essi stessi fecero il crisma nella cattedrale di Bucarest, redigendo in questa occasione un atto speciale, in cui si sottolineava che il crisma era fatto "secondo i santi canoni e decreti della Chiesa ortodossa". Questo atto dei romeni indignò il Fanar e il patriarca Ioakim ritenne che il Patriarcato rumeno avesse rotto l'unità con la Chiesa di Costantinopoli. In altre parole, il Fanar vedeva nel dare il crisma ai romeni non una manifestazione di "amore fraterno", ma una dipendenza canonica.

La questione non ebbe fine lì, e il Sinodo del Patriarcato romeno, accusando il Fanar di rivendicare il primato ecumenico nella Chiesa, dichiarò che "i canoni della Chiesa non attribuiscono il diritto di santificare il crisma a nessun patriarca... La cresima è un sacramento, e la Chiesa deve possedere tutti i mezzi per amministrare questo sacramento per l'elevazione della vita cristiana. Cercare questo mezzo di santificazione in altre Chiese significherebbe che la Chiesa non possiede tutti i mezzi di santificazione e di salvezza. La santificazione del crisma è dunque un attributo indispensabile di ogni Chiesa autocefala".

Dopo diversi anni di confronto, nel 1885 Costantinopoli riconobbe l'autocefalia romena a nuove condizioni, mentre il Patriarcato romeno preparava ancora il crisma in modo indipendente.

Quindi, se per la Chiesa russa il crisma è uno dei segni dell'indipendenza della Chiesa, per il Patriarcato di Costantinopoli è un altro "privilegio" del Fanar, che può essere utilizzato in determinate situazioni. Come esempio, per "pacificare" coloro che sono troppo ribelli o per "persuadere" i disobbedienti.

La creazione del crisma nel 2022: un possibile sviluppo

Oggi nella Chiesa di Costantinopoli (proprio durante il patriarcato di Bartolomeo) si è instaurata una tradizione secondo la quale il crisma si fa una volta ogni 10 anni. Pertanto, l'attuale capo del Fanar ha eseguito il rito del crisma nel 1992, nel 2002 e nel 2012, mentre il successivo si svolgerà nell'anno in corso 2022.

Va qui sottolineato che in tutte e tre le precedenti occasioni rappresentanti delle Chiese ortodosse locali hanno partecipato ai servizi del Patriarcato di Costantinopoli, durante i quali è stato consacrato il miro. Ad esempio, nel 2012, i vescovi dei Patriarcati di Alessandria, Antiochia, Gerusalemme, Serbia, delle Chiese di Cipro, Grecia, Albania, Polonia e Repubblica Ceca, i vescovi di Creta, Finlandia ed Estonia hanno visitato il Fanar. Tutti potrebbero essere presenti anche nel 2022 se non per un "ma" – Sergej Dumenko potrebbe benissimo partecipare al servizio della Benedizione del santo crisma. Cosa significa questo?

Per rispondere a questa domanda, occorre ricordare che il rito del crisma viene compiuto durante la Divina Liturgia. Saltiamo i dettagli dei tre giorni di preparazione per questo evento e procediamo direttamente alla parte principale. Il Giovedì Santo, durante la Divina Liturgia, dopo le invocazioni "Dio Onnipotente abbia misericordia di noi..." e "Stiamo attenti", tutti si inginocchiano e il patriarca legge le preghiere speciali per la consacrazione del crisma. Al termine della Divina Liturgia, il miro appena benedetto è trasferito dalla chiesa al crismario patriarcale, e fa seguito il congedo della Divina Liturgia.

In altre parole, tutti coloro che partecipano al rito del crisma concelebrano alla Liturgia. Ciò significa che se Dumenko assisterà nella funzione al Fanar nell'aprile 2022, tutti quelli che riceveranno la comunione con lui riconosceranno "automaticamente" la "Chiesa ortodossa dell'Ucraina". Questo è molto probabilmente ciò che spera il patriarca Bartolomeo.

Il fatto è che il Patriarcato di Costantinopoli comprende che la questione della legalizzazione degli scismatici ucraini è entrata in una fase di "congelamento". Tra le Chiese locali sono già state stabilite alcune posizioni in merito alla "Chiesa ortodossa dell'Ucraina". C'è chi ha riconosciuto questa organizzazione (parti delle Chiese greca e cipriota e il Patriarcato di Alessandria), c'è chi si oppone apertamente (Chiese russa, di Gerusalemme, albanese, polacca e serba), c'è chi esprime solo un tacito disaccordo (Chiese romena, georgiana, antiochena e delle Terre Ceche e Slovacchia). Questa situazione non si addice ai fanarioti, perché vedono chiaramente che il tempo non gioca a loro favore: più a lungo dura l'attuale stato di "guerra fredda" tra le Chiese, maggiori sono le possibilità che l'influenza e l'autorità della Chiesa russa crescano e quelle del Fanar diminuiscano.

Ecco perché, dopo aver utilizzato l'aiuto dei suoi "amici" del Dipartimento di Stato per riconoscere la "Chiesa ortodossa dell'Ucraina" e non avendo ottenuto praticamente nulla dalle "Chiese non greche" (neppure tutte le Chiese greche riconoscono gli scismatici ucraini), il patriarca Bartolomeo ha deciso di ricorrere all'ultimo argomento: il ricatto. Ha detto che chi si rifiuta di concelebrare con Dumenko al rito del crisma, rimarrà senza l'olio santo, e quindi non potrà battezzare bambini o consacrare chiese.

D'altra parte, tutti i primati sono ben consapevoli che la presenza di Dumenko al Fanar il giovedì santo è più che probabile. Pertanto, quelle Chiese che vi inviano i loro rappresentanti acconsentiranno effettivamente a concelebrare con gli scismatici, il che significa che loro stessi diventeranno scismatici. Quindi, si scopre che il rito della Benedizione del santo crisma nel 2022 metterà tutto al suo posto.

Naturalmente, ora è difficile indovinare quale dei primati ortodossi oserà inviare i propri rappresentanti a concelebrare con Dumenko. Si può solo sperare che tra loro non ci saranno vescovi delle Chiese serba, antiochena, georgiana e bulgara. Ci auguriamo anche che le Chiese polacca e romena abbiano sufficiente auto-consapevolezza canonica per opporsi a un culto congiunto con gli scismatici ucraini. Chi è rimasto?

In primo luogo, coloro che hanno già riconosciuto la "Chiesa ortodossa dell'Ucraina": le Chiese di Grecia, Cipro e Alessandria. I rappresentanti di queste Chiese (e possibilmente i loro primati) andranno sicuramente al Fanar.

In secondo luogo, c'è chi non ha riconosciuto la "Chiesa ortodossa dell'Ucraina", ma la cui partecipazione al crisma è messa in discussione. Si tratta della Chiesa albanese e della Chiesa delle Terre Ceche e della Slovacchia.

La Chiesa albanese, sebbene si opponga alla legalizzazione dello scisma ucraino, nello spirito è ancora più greca che albanese. Quindi, può essere motivata dall'etnofiletismo e dall'ellenismo piuttosto che dal diritto canonico.

La Chiesa delle Terre Ceche e della Slovacchia, sebbene parli negativamente della "Chiesa ortodossa dell'Ucraina", è, in primo luogo, la più giovane di tutte le Chiese locali e, in secondo luogo, è sotto la più forte pressione del Patriarcato di Costantinopoli. E a causa di questa pressione, può vacillare (cosa che si spera non accada).

Inoltre, non abbiamo menzionato il Patriarcato di Gerusalemme. Anche qui tutto è molto complicato perché se la posizione del patriarca Teofilo sulla "questione ucraina" è piuttosto negativa, è invece piuttosto positiva la posizione del rappresentante permanente della Chiesa di Gerusalemme al Fanar.

Gli scenari del Fanar

Affinché le Chiese locali non si "oppongano" in modo particolare alla concelebrazione con un rappresentante della "Chiesa ortodossa dell'Ucraina", il Fanar può far partecipare al servizio del crisma non Dumenko ma qualcuno meno odioso. Per esempio, un vescovo con una "reputazione canonica impeccabile", come l'ex metropolita della Chiesa ortodossa ucraina Aleksandr (Drabinko) o l'altro ex metropolita della Chiesa ortodossa ucraina, Simeon (Shostatskij). La scelta di quest'ultimo è ancora più probabile: non è noto per scandali sessuali, inoltre, non ha contestato Bartolomeo durante la sua visita in Ucraina. Ma anche concelebrare con Shostatskij è una deviazione nello scisma, nonostante la sua ordinazione canonica.

In ogni caso, è tempo che le Chiese locali decidano con chi stanno: con Cristo o con il Fanar. È chiaro che chi non andrà a Istanbul dovrà risolvere il problema di come ottenere il crisma per se stessi. Ma non c'è da preoccuparsi perché la storia della Chiesa conosce già casi del genere.

Per esempio, quando il Patriarcato di Costantinopoli dichiarò scismatica la Chiesa bulgara, i bulgari ricevettero il crisma prima della rivoluzione del 1917 dalla Chiesa russa e, dopo la rivoluzione, dal Patriarcato romeno. Dal 1945, la Chiesa bulgara esegue da sola il rito del crisma. Quelle Chiese che non accetteranno di concelebrare con gli scismatici al Fanar possono seguire la stessa strada: ricevere il crisma dalle Chiese bulgara, romena, georgiana, serba, russa, oppure prepararlo da sé, poiché nessun canone prescrive chi ha il diritto di celebrare questo sacramento. In questo caso, l'esempio della Chiesa romena (si veda sopra) è più che indicativo.

Comunque sia, speriamo che l'aprile 2022 sia un punto di svolta e che dimostri la reale situazione nella Chiesa ortodossa. Se il patriarca Bartolomeo si trova circondato solo dai suoi satelliti provenienti da Grecia, Cipro e Africa, allora potrebbe capire il fallimento della sua idea di legalizzare lo scisma ucraino.

In caso contrario, tutti i cristiani ortodossi potranno vedere di persona quale delle Chiese locali si è messa alla pari con la "Chiesa ortodossa dell'Ucraina".

 
Insurrezione nella Rus' Carpatica

Dopo la firma degli accordi tra le repubbliche della Novorossija e della Rus' Carpatica, la notizia dell'inizio della ribellione tra i russini era solo questione di tempo. L'occasione è nata dai blocchi stradali e dai picchettaggi organizzati in diverse zone dell'Ucraina occidentale dalle madri esasperate dai nuovi obblighi di coscrizione. A partire da Mukachevo, gli ultimi giorni hanno registrato notizie (per ora ancora confuse) di blocchi su tutte le strade e sulle ferrovie, e di obiettivi strategici catturati da patrioti russini insorti. Ora il movimento tra i villaggi è possibile solo attraverso posti di blocco, e solo se si è personalmente conosciuti. La Rus' Carpatica rifiuta il servizio militare agli ordini della giunta che sta continuando a negarle l'autonomia già espressa per referendum popolare nel 1991.

La situazione è quanto mai instabile: da una parte, la resistenza dei patrioti russini deve combattere non solo contro l'occupazione da parte dei peggiori fanatici galiziani, ma anche contro lo strapotere dei Quisling locali (il clan Balogh); a sua volta, la giunta non può permettersi di aprire un secondo fronte di operazioni militari, e rischiare di provocare le reazioni ostili di ben quattro nazioni confinanti (Ungheria, Slovacchia, Romania e Polonia).

Dal punto di vista religioso, assistiamo per la prima volta dall'inizio della crisi ucraina a una netta separazione tra gli uniati. Mentre la Chiesa greco-cattolica ucraina è una sostenitrice della giunta di Kiev e di tutti i suoi abusi, la Chiesa greco-cattolica rutena è dalla parte dei patrioti russini e sostiene l'insurrezione (Mukachevo, il centro della ribellione, è la sede dell'eparchia dei cattolici ruteni). Vedremo se ora i media vaticani, finora appiattiti su posizioni filo-ucraine (evidentemente per non scontentare i propri fedeli) inizieranno a mostrare qualche ripensamento.

 
L'Arcidiocesi greca d'America ritwitta l'approvazione dell'aborto da parte dell'arcivescovo Elpidophoros alla Marcia per la Vita

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Lunedì, OrthoChristian ha riferito della controversia relativa alle osservazioni offerte alla Marcia per la Vita a Washington, DC, da parte dell'arcivescovo Elpidophoros dell'arcidiocesi greco-ortodossa d'America del Patriarcato di Costantinopoli.

Mentre l'arcivescovo affermava: "Noi affermiamo il dono e la santità della vita, tutta la vita, nata e non nata... Ogni vita è degna della nostra preghiera e della nostra protezione, sia nel grembo materno, sia nel mondo", ha anche detto: "Ma allo stesso tempo, affermiamo anche il nostro rispetto per l'autonomia delle donne. Sono loro che generano la vita nel mondo", lasciando i fedeli nell'incertezza sul suo messaggio.

Numerosi commenti sono stati lasciati sulle pagine social dell'arcivescovo chiedendo chiarimenti o accusandolo apertamente di eresia. Altri hanno elogiato la sua affermazione come compassionevole e profonda.

George Demacopoulos, co-fondatore del Fordham Orthodox Christian Studies Center e storico ufficiale dell'Ordine di Sant'Andrea Apostolo, noto come gli Arconti del Patriarcato Ecumenico in America, scrive : "Non tutti sanno gestire il paradosso, ma è stato un elemento centrale del pensiero cristiano fin dall'antichità".

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E ad aumentare la confusione c'è il fatto che l'ufficio stampa dell'Arcidiocesi greca d'America ha riportato un tweet specificamente a favore dell'aborto, che elogia la dichiarazione dell'arcivescovo.

Il 21 gennaio Aggeliki Spanou ha ritwittato la dichiarazione dell'arcivescovo, con il commento: "Un ierarca che difende il diritto della donna di decidere da sola, anche se sceglie l'aborto. Così raro nella Chiesa che finisce per essere commovente".

Questo tweet è stato ritwittato dall'Ufficio Stampa dell'Arcidiocesi greca d'America:

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Nello stesso giorno di marzo, l'arcivescovo Elpidophoros ha anche visitato l'ambasciatrice ucraina in America per assicurarla che l'Arcidiocesi greca d'America è accanto al Dipartimento di Stato americano contro la Chiesa ortodossa russa.

 
I giorni in cui (non) si possono celebrare i matrimoni

Lo ieromonaco Petru ci aiuta a capire il problema dei “giorni vietati” per i matrimoni, e le differenti usanze e sensibilità di diverse chiese ortodosse locali riguardo a questo dettaglio (nemmeno troppo piccolo, perché ha a che fare con il rispetto delle regole della Chiesa e con la partecipazione stessa dei fedeli alla vita liturgica e sacramentale). Presentiamo il testo di padre Petru nell’originale romeno e in traduzione italiana nella sezione “Preghiera” dei documenti.

 
Risposta del Sinodo della Chiesa ortodossa russa al Patriarcato d'Alessandria

il Sinodo della Chiesa ortodossa russa ha espresso la sua posizione sul comunicato della Chiesa d'Alessandria. Foto: Unione dei giornalisti ortodossi

Il Santo Sinodo della Chiesa ortodossa russa ha risposto all'indignazione del Patriarcato d'Alessandria per l'istituzione dell'Esarcato patriarcale in Africa. Analizziamo la risposta.

Il 22 gennaio 2022 il Santo Sinodo della Chiesa ortodossa russa ha tenuto una riunione per rispondere al comunicato del Santo Sinodo del Patriarcato d'Alessandria in merito all'istituzione dell'Esarcato patriarcale d'Africa da parte della Chiesa ortodossa russa.

Cronologia degli eventi

L'8 novembre 2019, il primate della Chiesa d'Alessandria, il patriarca Theodoros, ha riconosciuto la "Chiesa ortodossa dell'Ucraina" scismatica, commemorando alla Liturgia il suo leader Sergej (Epifanij) Dumenko. Successivamente, la Chiesa ortodossa russa ha cessato la comunione eucaristica con il Patriarcato d'Alessandria.

Il 29 dicembre 2021, il Santo Sinodo della Chiesa ortodossa russa ha istituito l'Esarcato patriarcale d'Africa in risposta agli appelli dei chierici africani che non sono d'accordo con l'effettiva caduta del patriarca Theodoros e, di conseguenza, della Chiesa d'Alessandria, nello scisma.

Il 12 gennaio 2022, il Santo Sinodo del Patriarcato d'Alessandria ha adottato un comunicato in cui ha definito la formazione dell'Esarcato un atto di vendetta e ha accusato la Chiesa ortodossa russa di invadere il territorio canonico della Chiesa d'Alessandria.

Il 28 gennaio 2022, il Santo Sinodo della Chiesa ortodossa russa, in risposta a questo comunicato, ha fatto una speciale dichiarazione.

La necessità che la Chiesa ortodossa russa risponda al comunicato del Patriarcato d'Alessandria del 12 gennaio 2022 è causata dal fatto che il comunicato contiene una serie di inesattezze, interpretazioni errate e talvolta vere e proprie falsità. Pertanto, è del tutto naturale che il Santo Sinodo abbia fatto questa dichiarazione. E poiché i documenti della Chiesa ortodossa russa e della Chiesa d'Alessandria sono correlati, ha senso analizzarli entrambi.

Che cos'è la "Chiesa ortodossa dell'Ucraina"?

La prima manipolazione del Patriarcato d'Alessandria, su cui richiama l'attenzione il Sinodo della Chiesa ortodossa russa, è la falsa rappresentazione dei nomi.

Dalla dichiarazione del Sinodo della Chiesa ortodossa russa: "…. La decisione del Patriarcato di Mosca è giustificata dal "fatto del riconoscimento... dell'autocefalia della Chiesa ortodossa ucraina" da parte di sua Beatitudine il patriarca Theodoros d'Alessandria".

Qui il Sinodo della Chiesa ortodossa russa non è del tutto accurato. Il comunicato originale non menziona la Chiesa ortodossa ucraina ma la 'Chiesa ucraina ortodossa' (Ὀρθοδόξου Οὐκρανικρανικῆς Ἐκκλησίας). Tuttavia, l'essenza non cambia, stiamo parlando della Chiesa ortodossa ucraina. Gli alessandrini stanno cercando di ingannare i lettori del loro comunicato, convincendoli che la Chiesa ortodossa russa ha creato il suo Esarcato in Africa come vendetta per il riconoscimento dell'autocefalia della Chiesa ortodossa ucraina da parte del patriarca Theodoros. "Ritorsione diretta", "ricatto o vendetta contro di noi" – così dice il comunicato. Pertanto, il testo del documento del Patriarcato d'Alessandria dà l'impressione che la Chiesa ortodossa russa si stia "vendicando" per il suo riconoscimento della Chiesa ortodossa ucraina canonica, alla quale sarebbe stata concessa l'autocefalia, piuttosto che per il riconoscimento della "Chiesa" scismatica.

Il Sinodo della Chiesa ortodossa russa spiega che nessuna Chiesa ortodossa ucraina ha chiesto o ricevuto l'autocefalia.

Dalla dichiarazione del Sinodo della Chiesa ortodossa russa: "La cosiddetta autocefalia è stata concessa dal Patriarcato di Costantinopoli non alla Chiesa ortodossa ucraina canonica – la più grande confessione in Ucraina che attualmente conta 108 vescovi, 12.381 parrocchie, 12.513 sacerdoti, 260 monasteri e 4.630 monaci – ma a un gruppo di scismatici che, allontanandosi dalla Chiesa ucraina, continuano a essere i suoi nemici. Sono proprio quelle persone prive di una legittima ordinazione e della grazia del sacerdozio, ma solidali con la propria linea, che il Patriarcato di Costantinopoli ha usato, agendo a dispetto dei canoni, per formare una "Chiesa autocefala". Ed è con quella struttura scismatica, priva di grazia, che è entrato in comunione Sua Beatitudine il patriarca Theodoros d'Alessandria".

Qui gli alessandrini sono stati smascherati. La specificazione del numero di parrocchie, monasteri, chierici e monaci della Chiesa ortodossa ucraina serve per dimostrare con chi il patriarca Theodoros ha interrotto la comunione, e per dirla direttamente – chi ha tradito, e serve quindi a indicare coloro a cui si è associato. Questi sono scismatici che non hanno un'ordinazione canonica e che sono nemici della Chiesa ortodossa ucraina canonica.

Chi distorce l'ecclesiologia ortodossa?

Il Sinodo d'Alessandria definisce "l'intrusione" della Chiesa ortodossa russa in Africa "imprevista, anticanonica e immorale". Il suo comunicato afferma che la Chiesa ortodossa russa "sta tentando di alterare l'ecclesiologia ortodossa in molti dei suoi parametri individuali, ma soprattutto nella questione dei limiti della struttura amministrativa delle strutture della Chiesa di Cristo, con motivazioni di partenza lontane dalla Tradizione ortodossa".

Tuttavia, tutte le accuse del Sinodo d'Alessandria vanno rivolte prima di tutto non al Patriarcato di Mosca ma a quello di Costantinopoli, che ha proclamato una nuova ecclesiologia e ha cominciato a invadere il territorio canonico di altre Chiese locali. Una somiglianza tra l'operato del Patriarcato di Costantinopoli in Ucraina e della Chiesa ortodossa russa in Africa è stata evidenziata anche in una recente lettera del primate della Chiesa albanese, l'arcivescovo Anastasios: "Insieme allo scisma tra milioni di ortodossi ucraini, un nuovo scisma si sta creando nel sensibile continente africano, dove la missione ortodossa straniera si è sviluppata negli ultimi decenni". Apparentemente, vladyka Anastasios non approva la creazione dell'Esarcato russo in Africa, tuttavia sottolinea che la ragione di ciò sono le azioni del Fanar in Ucraina.

Il Santo Sinodo della Chiesa ortodossa russa non solo sottolinea che è stato il Patriarcato di Costantinopoli a violare le regole canoniche, ma parla anche francamente delle manifestazioni dell'eresia del papismo costantinopolitano: la teoria del "primo senza eguali", l'appropriazione dell'esclusivo diritto di concedere l'autocefalia, del diritto d'appello, e così via.

Dalla dichiarazione del Sinodo della Chiesa ortodossa russa: "Con dolore, il Santo Sinodo della Chiesa ortodossa russa prende atto della distorsione dell'ecclesiologia ortodossa, manifestata nello scenario dispiegato dalla cosiddetta autocefalia ucraina. Tuttavia, la distorsione non è stata commessa dalla Chiesa ortodossa russa, come sostiene il comunicato del Sinodo d'Alessandria. Lo si vede nelle azioni del Patriarcato di Costantinopoli, che si è intromesso illegalmente in Ucraina, così come nelle dichiarazioni dei suoi alti rappresentanti. I tentativi di stabilire il proprio primate, che è il primo nei dittici, come il 'primo senza pari' nella Chiesa ortodossa con il diritto esclusivo di concedere e revocare l'autocefalia a sua discrezione, di strappare parti alle Chiese locali, di annullare unilateralmente le sentenze dei Concili episcopali di altre Chiese autocefale, e di 'reintegrare' a proprio arbitrio negli ordini sacri persone che non sono mai state ordinate – costituiscono una deviazione indiscutibile dall'insegnamento patristico sulla Chiesa e dalla secolare tradizione ortodossa".

Qui si segnala che la dichiarazione contiene un elenco di reati canonici del Fanar, senza omissioni diplomatiche. Ciò potrebbe indicare che sia al prossimo Concilio episcopale della Chiesa ortodossa russa sia in un possibile incontro nel formato di Amman, l'ordine del giorno non sarà solo costituito dalle azioni del Fanar in Ucraina, ma dalle ragioni che hanno causato queste azioni. Ciò suggerisce che presto ascolteremo una forte condanna dell'eresia del papismo di Costantinopoli senza alcuna ambiguità e accenni di compromesso, in stretta conformità con il modo in cui tutte le precedenti eresie furono condannate ai Concili ecumenici.

Sul tradimento del patriarca Theodoros

Dalla dichiarazione del Sinodo della Chiesa ortodossa russa: "I membri del Santo Sinodo della Chiesa ortodossa russa ricordano i discorsi pronunciati dai primati della Chiesa ortodossa d'Alessandria a sostegno della Chiesa canonica in Ucraina in seno al Patriarcato di Mosca, comprese le dichiarazioni pronunciate da sua Beatitudine il patriarca Theodoros in ripetute occasioni fino a poco tempo fa. Come ha affermato sua Beatitudine in una delle sue interviste nel 2016, ha sempre preso "una posizione secondo cui la Chiesa ucraina è parte integrante della Chiesa ortodossa russa". Durante una visita a Odessa nel 2018, il primate del Patriarcato d'Alessandria ha invitato i credenti a essere fedeli alla "Chiesa canonica dell'Ucraina guidata da sua Beatitudine il metropolita Onufrij".

Tuttavia, l'8 novembre 2019, sua Beatitudine il patriarca Theodoros ha improvvisamente annunciato il suo riconoscimento del gruppo scismatico ucraino, ha iniziato a commemorarne il capo durante i servizi divini e il 13 agosto 2021 è entrato in diretta comunione eucaristica con lui.

Il 12 novembre 2019, dopo una liturgia nella città cipriota di Limassol, visitata dal patriarca Theodoros, il clero ha ricevuto delle buste contenenti questo collage.

La foto in alto era stata scattata nel 2018 durante la visita del patriarca Theodoros a Odessa quando ha invitato tutti a rimanere fedeli al metropolita Onufrij. Quella inferiore è il bacio di Giuda, un affresco della chiesa rupestre di san Giobbe alla Lavra di Pochaev. Questo collage illustra perfettamente ciò che ha fatto il patriarca Theodoros.

Citiamo qualche altra dichiarazione del capo della Chiesa d'Alessandria, resa fino al suo riconoscimento della "Chiesa ortodossa dell'Ucraina".

"Conosco molto bene l'Ucraina – sia i vescovi che i fedeli laici – e ho un'idea molto precisa di quali impulsi siano guidati dalle persone che oggi stanno cercando di seminare discordia in Ucraina. Fin dall'inizio, quando è sorto per la prima volta il problema dello scisma ecclesiastico, il Patriarcato d'Alessandria e io come suo rappresentante abbiamo preso la posizione che la Chiesa ucraina è parte integrante della Chiesa ortodossa russa", ha affermato il primate. <...> Quando gli scismatici tentarono di venire con la forza, senza invito, alla chiesa della santissima Trinità, che allora era il metochio della Chiesa d'Alessandria a Odessa, io ero alla porta e dissi: questo non accadrà. <...> L'antica Chiesa d'Alessandria formula la sua posizione in questo modo: stiamo davanti a Dio insieme alla Chiesa ortodossa russa e chiediamo che la Chiesa ortodossa sia una e indivisibile, come è sempre stato. Non c'è spazio per la politica negli affari della Chiesa. La politica va e viene, ma la Chiesa resta nei secoli dei secoli" (da un'intervista a RIA Novosti, 2016).

"Come ierarca ortodosso chiedo ai fedeli in Ucraina di rimanere sotto l'omoforio del capo canonico della Chiesa ucraina, il metropolita Onufrij" (da un comunicato, 2015).

Gli iniziatori della creazione dell'Esarcato sono gli africani stessi

Il Sinodo della Chiesa ortodossa russa ha sottolineato ancora una volta di essersi limitato a rispondere all'iniziativa di un numero significativo di chierici del Patriarcato d'Alessandria che non erano d'accordo con il riconoscimento degli scismatici.

Dalla dichiarazione del Sinodo della Chiesa ortodossa russa: "Come è noto, il riconoscimento della struttura scismatica in Ucraina da parte di sua Beatitudine il patriarca Theodoros ha incontrato opposizione, anche all'interno della stessa Chiesa ortodossa d'Alessandria. Molti dei suoi sacerdoti si sono espressi pubblicamente in difesa della Chiesa canonica ucraina, hanno dichiarato il loro disaccordo con la decisione chiaramente illegale del loro primate e non desideravano rimanere sotto l'autorità canonica di una persona che ha intrapreso la via dello scisma".

Inoltre, il Sinodo sottolinea che la Chiesa ortodossa russa non ha risposto agli appelli del clero africano per due interi anni, sperando nel ritorno del patriarca Theodoros alla sua posizione precedente. Probabilmente si sono tenuti dei contatti informali, durante i quali si è cercato di spiegare al primate della Chiesa d'Alessandria non solo l'erroneità delle sue azioni ma anche le conseguenze a cui queste potevano portare. Ma il patriarca Theodoros non ha cambiato idea e ha confermato l'immutabilità della sua decisione con la sua personale "concelebrazione" con Sergej Dumenko.

Dalla dichiarazione del Sinodo della Chiesa ortodossa russa: "Per due anni la Chiesa russa non ha risposto agli appelli dei chierici africani, ma ha aspettato pazientemente che sua Beatitudine il patriarca Theodoros cambiasse la sua decisione. Tuttavia, durante quel periodo, sua Beatitudine non solo ha commemorato il capo di uno dei gruppi scismatici ucraini nei dittici dei primati ortodossi, ma è anche entrato in comunione eucaristica con lui e altri "vescovi" di quella struttura. Quei dolorosi sviluppi hanno convinto il Santo Sinodo della Chiesa ortodossa russa della necessità di rispondere ai prossimi appelli e, in queste circostanze eccezionali, di stabilire l'Esarcato patriarcale in Africa".

C'era un altro motivo per aspettare due anni interi prima di creare l'Esarcato africano. Il fatto è che il riconoscimento della "Chiesa ortodossa dell'Ucraina" nel 2019 è stata una decisione esclusiva del patriarca Theodoros. Non c'è stata discussione conciliare e soluzione di questo problema nella Chiesa d'Alessandria. Pertanto, non era del tutto chiaro se i vescovi d'Alessandria sostenessero o meno tale decisione. Nel corso del tempo, si è chiarito che la maggior parte della gerarchia della Chiesa d'Alessandria sosteneva il riconoscimento della "Chiesa ortodossa dell'Ucraina" da parte del patriarca Theodoros "per impostazione predefinita". Oggi questa questione è stata finalmente chiarita, poiché i membri del Sinodo della Chiesa d'Alessandria hanno votato a sostegno della posizione del loro primate nel loro recente incontro.

La Chiesa ortodossa russa non rivendica il territorio canonico della Chiesa d'Alessandria

Dalla dichiarazione del Sinodo della Chiesa ortodossa russa: "Una decisione così difficile, presa nella situazione in cui il patriarca d'Alessandria ha riconosciuto gli scismatici ucraini, non è affatto un segno di rivendicazioni sul territorio canonico dell'antica Chiesa d'Alessandria. La decisione persegue un solo obiettivo: dare protezione canonica a quei chierici ortodossi in Africa che non desiderano essere coinvolti nella legittimazione illegale dello scisma".

A dire il vero questo sembra illogico: stiamo creando una giurisdizione parallela in Africa e non rivendichiamo il territorio africano. Per comprendere il significato di questa paradossale affermazione, dobbiamo fare riferimento all'ultimo paragrafo della dichiarazione del Sinodo della Chiesa ortodossa russa, che recita: "Preghiamo sua Beatitudine il patriarca Theodoros II d'Alessandria e gli arcipastori della santa Chiesa d'Alessandria di rinunciare al loro sostegno allo scisma ucraino e di ritornare sulla via canonica per preservare l'unità della santa Ortodossia".

Cioè, la logica qui è la seguente: se i vescovi del Patriarcato d'Alessandria continuano a sostenere lo scisma ucraino e quindi si presentano come scismatici, ciò significa che il Patriarcato d'Alessandria ha cessato di essere ortodosso ed è andato in scisma. Di conseguenza, l'Africa non è territorio canonico di nessuno e la Chiesa ortodossa russa ha il diritto di creare sul posto le proprie strutture ecclesiali. Se, al di là del previsto, gli alessandrini "ritornano sulla via canonica", allora "l'unità della santa Ortodossia" sarà preservata, anche in Africa. In questo caso, la Chiesa ortodossa russa rifiuterà di intraprendere ulteriori passi per sviluppare l'Esarcato patriarcale, oppure annullerà la decisione della sua creazione?

Molto probabilmente, in tal caso, quei piani per l'attuazione della missione ortodossa in Africa, che ora sono affidati all'Esarcato patriarcale, saranno concordati e coordinati con il Patriarcato d'Alessandria, e lo stesso Esarcato in qualche modo sarà integrato nella struttura della Chiesa d'Alessandria. Finora, la probabilità di uno scenario del genere è pressoché zero, anche se potrebbero accadere miracoli.

 
Aggiornamenti sulla crisi ucraina

Mentre un ideologo ucraino sedicente giornalista, Bogdan Budkevich, annuncia in un’intervista che la “soluzione finale” del problema del Donbass è lo sterminio di un milione e mezzo dei suoi abitanti, la giunta di Kiev si lancia in episodi di “guerre culturali” mettendo al bando opere e artisti sgraditi al regime. Vi ricorda qualcosa? Ne parla il nostro amico Saker in un articolo che presentiamo nella sezione “Geopolitica ortodossa” dei documenti.

Continuano i picchettaggi contro la coscrizione forzata (qui un filmato della protesta delle madri a Voloka in Bucovina), mentre le glorie militari ucraine sprofondano nella liquidazione del 10% del suo esercito, intrappolato nel “calderone sud”, e in queste ore messo di fronte alle due alternative alla distruzione totale: l’internamento sul territorio russo oppure la resa alle milizie del Donbass.

Ma se non riesce a ottenere vittorie sul campo, almeno il regime satanico di Kiev può avere una grande consolazione dall’eliminazione di altri preti ortodossi: l'arciprete Vladimir Kresljanskij, chierico della chiesa di san Giorgio a Lugansk e padre di cinque figli, ucciso da un bombardamento che gli ha strappato un braccio e lo ha lasciato morire dissanguato mentre faceva visite ai parrocchiani, e il sacerdote Georgij Nikishov, chierico della chiesa dei santi Pietro e Paolo a Pervomajsk, anche lui ucciso da un bombardamento  quando aveva appena terminato la Liturgia. Eterna la loro memoria!

 
L'esarca dell'Africa risponde alle accuse di "razzismo ecclesiastico"

l'esarca patriarcale dell'Africa, il metropolita Leonid (Gorbachev) di Klin. Foto: seraphim.com.ua

L'esarca patriarcale dell'Africa ha commentato le accuse di eresia d'etnofiletismo, mosse contro la Chiesa ortodossa russa dal Patriarcato di Alessandria.

L'esarca patriarcale dell'Africa, il metropolita Leonid (Gorbachev) di Klin, in risposta alle accuse di etnofiletismo ("razzismo ecclesiastico") mosse dal Patriarcato di Alessandria contro la Chiesa ortodossa russa, ha dichiarato sul suo canale Telegram che la Chiesa ortodossa russa non ha mai diviso i credenti su basi religiose, razziali e linguistiche.

Secondo il metropolita Leonid, in precedenza il Sinodo del Patriarcato di Alessandria, nel contesto della critica alla creazione dell'Esarcato patriarcale in Africa, ha accusato la Chiesa ortodossa russa di un "virus dell'etnofiletismo" e del coinvolgimento nel "neocolonialismo". Ma il Sinodo della Chiesa ortodossa russa ha richiamato l'attenzione degli accusatori sul fatto che è proprio da parte dei Patriarcati di Costantinopoli e Alessandria, che hanno riconosciuto la "Chiesa ortodossa dell'Ucraina" scismatica, che è stata consentita la distorsione dell'ecclesiologia (la dottrina della Chiesa) ortodossa.

"L'etnofiletismo vuole una Chiesa per ogni nazione. La Chiesa ortodossa russa ha attraversato un periodo difficile: più di 70 anni di sopravvivenza nello spazio sovietico praticamente ateo, mentre i nostri parrocchiani erano di nazionalità diverse, e noi nella Chiesa non abbiamo mai diviso le persone in "greci e giudei". E ora la Chiesa ortodossa russa non divide i suoi figli per motivi religiosi, nazionali, linguistici o di altro tipo", ha affermato l'esarca d'Africa.

Il metropolita Leonid ha assicurato che l'Africa non farà eccezione.

"L'Ortodossia russa porta nel mondo non la superiorità russa ma la diversità nazionale e culturale, e noi entriamo nel continente africano con la stessa tesi: nella Chiesa 'non c'è né greco né giudeo' (Col 3:11)" ha osservato l'esarca patriarcale .

Il vescovo ha sottolineato che lo stesso non si può dire dell'Ortodossia greca, "che proprio per molti aspetti è infettata dall'etnofiletismo".

"Ora, per esempio, è stata pubblicata un'intervista a un chierico del Madagascar che è stato per molti anni diacono, poi sacerdote, il quale dice che loro, i chierici africani, non sono mai stati nella residenza del loro vescovo. Portavano i suoi bagagli alla porta e li lasciavano o li ritiravano e basta. Cioè, non entravano oltre il portico. Tuttavia, tutti i greci, anche quelli che non erano nemmeno parrocchiani, entravano con calma nel suo cortile e nella sua casa e ricevevano ogni tipo di preferenza. Cioè, le persone qui si sentono umiliate proprio per motivi razziali e linguistici", ha commentato l'esarca a proposito.

Il metropolita Leonid ha aggiunto che tra i vescovi greci ci sono rappresentanti brillanti che producono frutti "ragionevoli, buoni, eterni", ma, purtroppo, molti di loro soffrono del virus della "superiorità ellenica".

"Le chiese greche operano ovunque sotto le bandiere greche e predicano a tutti la storia greca ed ellenica. Ma la Russia e la Chiesa russa hanno una dottrina diversa. Noi non diciamo di essere i migliori e non di non conoscere nessun altro. Il russo si toglierà l'ultima camicia per offrirla, anche nella Chiesa", ha ripreso il metropolita Leonid.

Come riportato, secondo il metropolita Leonid di Klin, la Chiesa ortodossa russa non lascerà il continente africano.

 
Il Sermig in visita alla nostra chiesa

La sera di sabato 2 agosto, i nostri amici del Sermig di Torino hanno raggiunto la nostra chiesa nonostante una pioggia torrenziale, e vi hanno fatto una tappa della loro iniziativa annuale di pellegrinaggio, la “Marcia della Speranza”, dedicata al sostegno ai cristiani perseguitati nel mondo, e alla sensibilizzazione dei cuori verso le loro sofferenze. Il gruppo dei pellegrini, che comprendeva molti giovani, ha portato l’icona russa della Madre di Dio “Troeruchitsa” (dalle tre mani), che è divenuta loro simbolo con il nome di “Madre dei giovani”. È significativo vedere quest’icona, che fu commissionata secoli fa da una devota famiglia di ortodossi russi e che ora sta portando speranza a tanti sofferenti, tornare per un momento di preghiera nella chiesa in cui fu realizzata agli inizi. Potete trovare su questa pagina una descrizione e una galleria fotografica dell’evento.

 
Cane mangia cane, o come gli scismatici destituiscono gli scismatici

la "Chiesa ortodossa dell'Ucraina" ora chiama Filaret "sua Grazia". Foto: Unione dei giornalisti ortodossi

Il Sinodo della "Chiesa ortodossa dell'Ucraina" ha sospeso dal sacerdozio i "vescovi" del "patriarcato di Kiev" che in precedenza erano stati "espulsi dall'episcopato" da Dumenko. Analizziamo la situazione.

Il 2 febbraio 2022 il "santo sinodo" della "Chiesa ortodossa dell'Ucraina" ha deciso di deporre i "vescovi" del "patriarcato di Kiev" "ordinati" da Filaret Denisenko dopo il mese di giugno del 2019 e ha sospeso dal sacerdozio (con la prospettiva di deporli) tre "vescovi" che hanno lasciato insieme a Filaret la "Chiesa ortodossa dell'Ucraina".

Allo stesso tempo, i seguaci di Dumenko credono che tutti coloro sui quali il "patriarca onorario" della "Chiesa ortodossa dell'Ucraina" ha imposto le mani dopo la ricostituzione del "patriarcato di Kiev" "in realtà non hanno ordinazione né rango gerarchico" e se ne sono appropriati in modo "predatorio". Ma non considerano lo stesso Filaret un predone e non gli impongono alcuna forma di rappresaglia.

Queste decisioni del "sinodo" della "Chiesa ortodossa dell'Ucraina" sono così incoerenti e assurde che dovrebbero essere analizzate in modo più dettagliato.

Gli "ex" sono dei "non ex"?

La decisione del "sinodo" della "Chiesa ortodossa dell'Ucraina" afferma: "L'ex metropolita Ioasaf (Shibaev) di Belgorod e Obojan, l'ex vescovo di Belgorod-Dnistrovskij Filaret (Panku) e l'ex vescovo Petr (Moskalev) di Valujsk sono stati convocati presso il tribunale del Santo Sinodo della Chiesa ortodossa dell'Ucraina per gravi violazioni dell'ordine canonico, per partecipazioni a riunioni illegali e per le cosiddette ordinazioni gerarchiche a Kiev, accuse per le quali rischiano di essere deposti. Se assenti, devono essere processati in contumacia".

Nella Chiesa ortodossa, la parola "ex" è usata in relazione a un chierico solo se costui è stato deposto. Ciò non è stato fatto nella "Chiesa ortodossa dell'Ucraina" in relazione alle persone in questione. Ma c'era qualcos'altro, che non aveva nulla a che fare con il diritto canonico.

Già il 24 giugno 2019 il "santo sinodo" dell'organizzazione di Dumenko ha "espulso dall'episcopato" della "Chiesa ortodossa dell'Ucraina" Ioasaf Shibaev, Filaret Panku e Petr Moskalev "per la partecipazione attiva ad azioni volte a incitare al confronto nell'ambiente ecclesiale, per consapevole opposizione alle decisioni conciliari, per violazioni del Canone apostolico 34, per partecipazioni all'attuazione di ordinazioni in una diocesi straniera, contrariamente allo Statuto e alle norme canoniche".

Che norma canonica è questa: l'espulsione dall'episcopato? Dove, in quali canoni è scritta? E l'espulsione dall'episcopato permette di considerare i vescovi espulsi come degli "ex"? Non esiste una cosa del genere nel diritto canonico ortodosso. Solo un vescovo che è stato deposto da un Santo Sinodo o da un Concilio dei Vescovi può essere considerato un "ex". Ma non no che sia stato "espulso dall'episcopato".

In altre parole, Dumenko non ha sospeso queste persone dal ministero né le ha deposte, ma le ha espulse, proprio come una donna offesa scaccia un convivente colpevole. Pertanto, la parola "ex" in questo caso ha lo stesso significato che ha in una coppia in lite, quando le parti si riferiscono ai loro precedenti partner come "il mio/la mia ex".

Ma con quale diritto vengono giudicati se, almeno dal giugno 2019, non hanno più nulla a che fare con la leadership della "Chiesa ortodossa dell'Ucraina"? Ancora una volta, difficilmente otterremo una risposta a questa domanda.

L'assurdità della situazione è che Dumenko non poteva nemmeno espellere i "vescovi" colpevoli per il semplice motivo che essi non potevano essere membri della "Chiesa ortodossa dell'Ucraina", secondo le disposizioni del Tomos.

Il testo del documento dice che la "Chiesa ortodossa dell'Ucraina" non può avere parrocchie né diocesi al di fuori dell'Ucraina. Tutte le parrocchie e le diocesi d'oltremare della "Chiesa ortodossa dell'Ucraina", secondo il documento emesso dal Fanar nel 2019, sono trasferite alla giurisdizione del Patriarcato di Costantinopoli. E la diocesi di Shibaev, come quella di Panku, è fuori dai confini dell'Ucraina (sono rispettivamente in Russia e in Moldova). Ciò significa che né il primo né il secondo "vescovo" sono mai appartenuti all' "episcopato" della "Chiesa ortodossa dell'Ucraina" dopo la concessione del Tomos, cosa che, in effetti, Shibaev ha ricordato al "sinodo" della "Chiesa ortodossa dell'Ucraina" nel 2019. Secondo la clausola 4 dello Statuto della "Chiesa ortodossa dell'Ucraina", la giurisdizione di questa struttura si estende solo al territorio dell'Ucraina, e poiché lui e Petr Moskalev sono al di fuori del territorio dell'Ucraina, "ciò significa che sono fuori della giurisdizione della Chiesa ortodossa dell'Ucraina".

Già ora, commentando la decisione del "sinodo" sulla sua "sospensione", Shibaev ha sottolineato di non essere mai stato membro della "banda" di Dumenko e ha osservato che "il buon senso, per non parlare del lato morale e dei Canoni, è per loro qualcosa di estraneo e vago". "Un gruppo di storpi morali può comportarsi proprio come una banda di pazzi, meschina e ingannevole. Questo è ciò che accade quando gli ignoranti e le persone immorali sono al timone di quella che chiamano una chiesa", ha scritto Shibaev sulla sua pagina Facebook.

La sospensione dei sospesi

Nella sua pubblicazione, Ioasaf si è rivolto a Dumenko con una frase molto interessante. "Dato che non mi avete dato tale dignità, non spetta a voi rimuoverla", ha scritto Shibaev aggiungendo: "In primo luogo, voi stessi dovreste essere deposti per la più grossolana violazione non solo dei Canoni della Chiesa, ma anche delle stesse norme morali della Legge di Dio".

C'è un'altra sfumatura qui. Lo stesso Ioasaf Shibaev è già stato stato considerato tra i deposti, e non tra gli scismatici. Lo ha annunciato... lo stesso patriarca Bartolomeo.

In una lettera al patriarca Alessio nell'aprile 1997, questi scriveva: "Riguardo alla decisione del Sinodo della Chiesa ortodossa russa di anatematizzare Mikhail Denisenko e di deporre e di relegare Ioasaf Shibaev tra i laici <...>. Lo abbiamo segnalato alla gerarchia della nostra Sede ecumenica chiedendole di non avere alcuna comunione ecclesiastica con queste persone".

una lettera del patriarca Bartolomeo al patriarca Alessio, in cui si conferma l'anatema di Filaret e la deposizione di Ioasaf Shibaev

Si scopre che il laico Dumenko vuole deporre il laico Shibaev. Ecco come appaiono le loro "rese dei conti" dal punto di vista della Chiesa.

"Economia estrema" per Filaret

Dumenko e i suoi compagni applicano un linguaggio duro alle persone che Filaret ha ordinato, ai suoi compagni, ma non allo stesso Filaret. Il "sinodo" della "Chiesa ortodossa dell'Ucraina" ha ricordato che in precedenza aveva vietato a Filaret "di convocare e condurre riunioni per risolvere questioni di amministrazione della chiesa, di svolgere ordinazioni, ecc". Ciononostante, i sodali di Dumenko hanno deciso "solo per rispetto dei precedenti meriti" di Filaret e "considerando la sua età e il suo stato di salute" di applicare "un'economia estrema senza adottare misure più severe di risposta canonica alle violazioni da lui commesse".

L'unica cosa che la "Chiesa ortodossa dell'Ucraina" ha deciso di fare è di non chiamare più Filaret "sua Santità", ma "sua Grazia" (il titolo di un vescovo). Inoltre, la sua foto sulla lista dei vescovi è stata spostata dal primo posto (subito dopo Dumenko) alla penultima posizione con la didascalia "patriarca onorario emerito". Inutile dire che la storia dell'Ortodossia non ha mai conosciuto simili formulazioni.

Un'altra cosa non è chiara – in base a cosa il "sinodo" della "Chiesa ortodossa dell'Ucraina" non riconosce gli "ordini sacri" dei "sacerdoti" ordinati da Filaret dopo il 2019? Del resto, se Filaret non è uno scismatico (nessuno di loro lo ha dichiarato tale) ma un "patriarca onorario", allora con quale diritto vengono dichiarate invalide le "ordinazioni" da lui compiute?

E la domanda più importante è: perché i "vescovi" da lui "ordinati" DOPO il 2019 non hanno "dignità episcopale", mentre quelli "ordinati" PRIMA del 2019 hanno tale dignità? E qui si parla di Dumenko, di Zorja e della stragrande maggioranza degli altri "vescovi" della "Chiesa ortodossa dell'Ucraina" che Filaret ha "ordinato".

Non a caso la stessa domanda viene posta dalla pubblicazione greca vimaorthodoxias.gr: "Diteci, perché le ordinazioni di Filaret non sono valide a partire dal giugno del 2019, e non a partire dal giugno del 1992, quando fu deposto e scomunicato dal Sinodo della Chiesa russa?"

I greci sottolineano che gli associati di Dumenko sono in una situazione di stallo con la "questione Filaret" perché capiscono perfettamente che "deponendo Filaret una seconda volta, si condanneranno da soli". Ed è proprio per questo che "non toccano il loro fondatore e hanno deciso di perdonarlo 'per economia', senza applicare misure canoniche più severe alle violazioni da lui commesse...".

La conclusione a cui sono giunti i greci è ovvia: "Gli auto-consacrati, scomunicati e anatematizzati, che compongono il cosiddetto 'sinodo' della "Chiesa ortodossa dell'Ucraina", non solo sono sopravvissuti al crollo della loro struttura scismatica, ma sono anche completamente ignoranti in materia di ecclesiologia ortodossa". Non possiamo che essere d'accordo con questo.

L'anatemizzazione degli anatemizzati

Non meno strana è la richiesta del "sinodo" della "Chiesa ortodossa dell'Ucraina" rivolta alla Chiesa greco-ortodossa – di anatemizzare i vecchi calendaristi greci che sono passati sotto a Filaret.

Qui dovremmo ricordare ai "sinodali" di Dumenko che l'anatema non è una maledizione ma un'affermazione del fatto che una persona che afferma (o che crede) di essere affiliata alla Chiesa, di fatto, non appartiene alla Chiesa ortodossa. In questo senso, ad esempio, si poteva anatemizzare Tolstoj ma non Gorkij. Perché Tolstoj (almeno inizialmente) si considerava un cristiano ortodosso, e Gorkij no. In altre parole, non si può anatemizzare qualcuno che non appartiene alla Chiesa.

Inoltre, qui va sottolineato che:

  • I vecchi calendaristi greci non si considerano parte della Chiesa ortodossa greca;

  • La Chiesa di Grecia li considera scismatici, il che significa che si sono allontanati dalla Chiesa;

  • I vecchi calendaristi si sono anatemizzati l'un l'altro (hanno correnti diverse e "sinodi" diversi), assieme a tutti coloro che non erano d'accordo con loro.

Quindi, quale anatema sta chiedendo la "Chiesa ortodossa dell'Ucraina"? Del resto, lo ripetiamo ancora una volta, è impossibile anatemizzare chi è già fuori dalla Chiesa. Citiamo l'opinione della risorsa greca "Vima orthodoxias": "Il 'sinodo' della 'Chiesa ortodossa dell'Ucraina' chiede alla Chiesa ortodossa canonica di Grecia di scomunicare e anatemizzare chi? Coloro che non appartengono ai suoi ranghi, che non hanno comunione con essa e che, essendo vecchi calendaristi, sono, ovviamente, scismatici e quindi già anatemizzati".

Conclusioni

Come si vede, le decisioni del "sinodo" della "Chiesa ortodossa dell'Ucraina" contraddicono sia la logica e il buon senso, sia i principi del diritto canonico. La cosa non sorprende affatto. Infatti, una struttura che è apparsa a seguito della violazione dei canoni della Chiesa ortodossa è semplicemente fisicamente incapace di rispettare questi stessi canoni. E non perché non li conosca (anche se questa ignoranza è un dato di fatto), ma perché i canoni sono contrari alla sua natura interiore, che obbedisce solo al "padre della menzogna" e del caos – il diavolo.

L'unico problema è che il suo veleno può infettare tutti coloro che entrano in comunione con questa organizzazione.

 
Dieci cose importanti da fare in vacanza

La nostra chiesa non va in vacanza, ma molti parrocchiani si prendono periodi di riposo, e non è male saper dare consigli su come ottenere il massimo profitto spirituale dalle vacanze. L'arciprete Aleksandr Il'jashenko (nella foto) ci insegna a vivere il nostro tempo di vacanza con un decalogo di consigli che riportiamo nell’originale russo e in traduzione italiana nella sezione “Ortoprassi” dei documenti.

 
Silenzio dal Sinodo: perché la Chiesa ortodossa di Grecia non parla dell'Africa e di Filaret

il Sinodo della Chiesa di Grecia tace sulla creazione dell'Esarcato patriarcale della Chiesa ortodossa russa in Africa. Foto: Unione dei giornalisti ortodossi

Il Sinodo greco non ha anatemizzato i "vescovi" greci del "patriarcato di Kiev" e non ha condannato l'Esarcato della Chiesa ortodossa russa in Africa. Come mai?

Il 7-8 febbraio 2022 si sono svolte ad Atene le riunioni regolari del Santo Sinodo della Chiesa ortodossa di Grecia. Ci si aspettava che i padri sinodali greci avrebbero preso una serie di decisioni, la più importante delle quali per l'Ortodossia mondiale sarebbe stata la reazione della Chiesa di Grecia alla formazione dell'Esarcato patriarcale della Chiesa russa in Africa, nonché la reazione alla azioni di Filaret Denisenko, che ha ricevuto nel "patriarcato di Kiev" alcuni vecchi calendaristi della Grecia.

Attesa di decisioni e frustrazione

Ci si aspettava molto dall'incontro del Sinodo della Chiesa di Grecia.

Il 1 febbraio 2022, sull'autorevole quotidiano greco "Dogma" è apparso un articolo che invitava la Chiesa di Grecia "a farsi avanti" e ad assumere una posizione chiara sulla questione dell'Esarcato della Chiesa ortodossa russa in Africa, "poiché una possibile la neutralità isolerebbe, tra l'altro, la Chiesa di Grecia e turberebbe i suoi rapporti ecclesiologici con il Fanar e con Alessandria". Inoltre, in Grecia, erano convinti che il periodo successivo al Sinodo "sarà decisivo (critico) poiché la Chiesa di Grecia è sollecitata ad affrontare immediatamente le questioni che ne determineranno il futuro".

Prima del Sinodo, il metropolita Grigorios di Peristeria, parlando a un canale televisivo greco-ortodosso, ha affermato che la Chiesa ortodossa russa si sta preparando a stabilire le sue strutture in Grecia e Turchia, ha proposto di privare la Chiesa ortodossa russa dell'autocefalia per cinque anni e convocare immediatamente un Sinodo ecumenico per risolvere lo "scisma russo".

La dichiarazione del metropolita Grigorios ha fatto scalpore in Grecia e ha permesso ai media greci di suggerire che anche altri vescovi della Chiesa di Grecia avrebbero sostenuto l'idea, che "limiterebbe e condannerebbe le azioni unilaterali russe e sospenderebbe l'influenza della Chiesa ortodossa russa sulle Chiese autocefale".

Il 7 febbraio 2022, il giorno stesso della prima riunione sinodale, il teologo greco Anastasios Marinis ha sottolineato che la questione della creazione dell'Esarcato russo in Africa deve essere "dominante" per la Chiesa di Grecia poiché "minaccia direttamente l'unità del tutto il mondo ortodosso".

Da questa breve rassegna delle dichiarazioni dei singoli vescovi, teologi e giornalisti greci, risulta chiaro quali speranze e aspettative fossero riposte sulle prossime riunioni del Sinodo della Chiesa di Grecia non solo da parte dei greci ma soprattutto da parte della Chiesa di Alessandria e del Fanar. Queste aspettative sono state soddisfatte? No. Il comunicato finale del Sinodo non ha detto una sola parola sull'Esarcato della Chiesa ortodossa russa in Africa. Nessuna menzione. Ciò significa che la Chiesa di Grecia non ha avuto paura di "rovinare" le sue relazioni con il Patriarcato di Costantinopoli e non ha sostenuto il patriarca Theodoros, la cui Chiesa è in realtà finanziata dal bilancio dello stato greco. Come mai?

Silenzio sulla Chiesa russa

Ci sono diverse risposte alla domanda sul perché la Chiesa di Grecia si sia rifiutata di rispondere o almeno in qualche modo di commentare la formazione dell'Esarcato della Chiesa ortodossa russa in Africa. È chiaro che sono tutte ipotetsi soggettive, ma ci sono abbastanza fatti e argomenti che consentono loro di esistere.

Il primo motivo del silenzio è la consapevolezza della vulnerabilità della loro attuale posizione rispetto ai canoni della Chiesa. Come sappiamo, una reazione implica una decisione. Non basta semplicemente "condannare" la violazione (come crede la Chiesa di Grecia) dei confini giurisdizionali di un'altra Chiesa: qui è necessaria una risposta canonica. E qualsiasi risposta basata sui canoni della Chiesa richiede sia l'affermazione che c'è uno scisma nell'Ortodossia mondiale, e che tale scisma è causato dalla legalizzazione degli scismatici ucraini, cosa che sia ia i fanarioti sia i greci negano ostinatamente.

La seconda ragione deriva dalla prima: non tutti i vescovi della Chiesa di Grecia credono che la Chiesa russa dovrebbe essere condannata. C'è chi crede che la causa della crisi non sia la Chiesa ortodossa russa ma l'illegalità del Tomos della "Chiesa ortodossa dell'Ucraina". Quindi, si deve prima condannare in via conciliare la falsa autocefalia della "Chiesa ortodossa dell'Ucraina", e solo allora risolvere la questione dell'Esarcato d'Africa.

La terza possibile ragione del silenzio è l'attesa. La Chiesa di Grecia attende semplicemente un'azione del Patriarcato di Costantinopoli. Per esempio, il metropolita Chrysostomos di Messenia ha affermato esplicitamente che è il Fanar che "deciderà come e con quali mezzi risolvere questo problema" . Il metropolita Grigorios del Camerun ha chiarito cosa significherebbero tali mezzi: la convocazione della Pentarchia: (cioè i primati delle cinque Chiese greche: Costantinopoli, Greca, Antiochia, Gerusalemme e Cipro) al Fanar, all'Athos o a Chambésy e l'abolizione dell'autocefalia della Chiesa russa. Questo "Concilio pentarchico" è previsto prima di Pasqua, il che significa che fino ad allora la Chiesa di Grecia ha l'opportunità di astenersi dai propri giudizi.

Il quarto motivo possibile è il "commercio". I greci tacciono sull'Esarcato, perché contano su concessioni del Fanar su diverse questioni problematiche:

  • La disputa sulla chiesa di san Giorgio a Patissia, nella diocesi di Atene, che i sia i greci che i fanarioti considerano di loro proprietà;

  • Continui problemi con le diocesi delle Nuove Terre , ubicate in Grecia ma subordinate al Fanar;

  • La nomina di un nuovo rappresentante del Patriarcato di Costantinopoli presso l'arcivescovo di Atene al posto del deposto metropolita Amphilochios di Adrianopoli.

Tutti questi problemi sono piuttosto urgenti e di grande interesse per la Chiesa di Grecia. Forse, la posizione della Chiesa di Grecia sull'Esarcato in Africa dipende dalla loro "corretta" soluzione.

Il quinto motivo del silenzio è il timore di far nascere una controparte dell'Esarcato dell'Africa nelle metropolie che hanno riconosciuto la "Chiesa ortodossa dell'Ucraina". E se osserviamo da vicino la situazione religiosa in Grecia, tali timori dei vescovi greci non sono infondati.

I media greci scrivono che solo secondo una stima approssimativa l'Esarcato della Chiesa ortodossa russa in Grecia "può già contare fino a 400.000 credenti". I sostenitori del vecchio calendario sono qui menzionati, ma anche tra gli altri greci ce ne sono abbastanza che sono insoddisfatti del riconoscimento della struttura di Dumenko da parte della Chiesa di Grecia. Inoltre, tra i vescovi della Chiesa di Grecia ci sono alcuni vescovi piuttosto autorevoli che sono pronti a sostenere la Chiesa russa, e "anche alcuni monasteri del Monte Athos mostrano simpatia per la posizione della Russia".

I giornalisti greci affermano che il primo ministro del Paese Mitsotakis e il ministro degli Esteri Dendias "sono già stati informati dall'arcivescovo Hieronymos e dai metropoliti sulla portata nazionale dell'invasione 'russa' della Grecia".

Silenzio sulla "Chiesa ortodossa dell'Ucraina" e su Filaret

Ci si aspettava che il Sinodo della Chiesa di Grecia rispondesse anche alla situazione che si era sviluppata in connessione con la defezione dei vecchi calendaristi della Grecia al "patriarcato di Kiev". E il punto non è nemmeno che, poco prima del Sinodo, Epifanij Dumenko abbia chiesto ai greci di anatemizzare i nuovi "vescovi" di Filaret, ma anche che la Chiesa di Grecia doveva dare una valutazione canonica di ciò che sta accadendo. In altre parole, chiarire chi sono i greci che sono andati da Filaret: "vescovi" o scismatici?

Tuttavia, i sinodali hanno preso in considerazione solo il rapporto di Dumenko, in cui si afferma che i greci di Filaret sono "impostori" e "non ricevono alcuna canonicità dalla Chiesa ortodossa dell'Ucraina". Va qui sottolineato che la relazione di Epifanij non ha ricevuto alcuna valutazione dal Sinodo della Chiesa ortodossa di Grecia. Come mai?

Semplicemente perché, indipendentemente dalla posizione che assumerà il Sinodo su questa questione, la Chiesa ortodossa di Grecia perderà terreno.

Se i "vescovi" greci "ordinati" da Filaret sono davvero dei vescovi, allora la Chiesa di Grecia dovrà entrare in comunione con vescovi che considera scismatici. E se no, poi, avendo riconosciuto la "Chiesa ortodossa dell'Ucraina" (e la legittimità di Filaret), i sinodali dovrebbero ammettere di aver legalizzato uno scisma, che ora sta già allevando nuovi scismatici in Grecia.

Pertanto, la Chiesa di Grecia non ha altra scelta che tacere.

* * *

Se riassumiamo quanto sta accadendo ora nel mondo ortodosso in generale e nella Chiesa di Grecia in particolare, possiamo vedere che le Chiese che hanno riconosciuto gli scismatici ucraini sono ora costrette a soffrire (come la Chiesa di Alessandria) e a compromettersi di continuo - con le altre Chiese, con i fedeli e con i potenti.

Peggio ancora, sono costrette a scendere a compromessi con la loro coscienza. E questo compromesso, come sapete, non porta a nulla di buono, perché allontana da Dio e distrugge la Chiesa stessa. A questo proposito, i vescovi greci dovrebbero ascoltare le parole del loro fratello, il metropolita Seraphim del Pireo, che ha chiesto la condanna del Tomos della "Chiesa ortodossa dell'Ucraina" per timore che "la Chiesa locale di Grecia sia cancellata dalla mappa, come sono scomparse le sette Chiese locali dell'Asia Minore".

 
Pubblicata a Roma una guida di riferimento per pellegrini
Il nostro infaticabile amico Mikahil Talalay ci annuncia la recente uscita di un'altra opera dedicata alla scoperta dell'Italia ortodossa. Nel libro Рим православный. Справочник-путеводитель для паломников ("Roma ortodossa. Guida di riferimento per pellegrini"), i fedeli ortodossi di lingua russa potranno apprendere tutti i dati di base per un pellegrinaggio alle testimonianze dell'Ortodossia nella città eterna. Un simile sforzo editoriale non si vedeva dal 1913, quando un primo tentativo di creare una guida per pellegrini ortodossi russi a Roma fu fatto dall'archimandrita Dionisij (Valedinskij). 
 
 
La pentarchia degli antichi, o il processo alla Chiesa russa

il Fanar vuole convocare le Chiese "antiche" per il processo alla Chiesa ortodossa russa. Foto: Unione dei giornalisti ortodossi

Il mondo greco minaccia la Chiesa ortodossa russa, per mezzo di un tribunale della pentarchia, della revoca dell'autocefalia per 5 anni o addirittura della privazione della grazia. Come trattare questa minaccia?

Il 12 gennaio 2022 il patriarca Theodoros di Alessandria ha inviato una lettera al capo del Fanar con la richiesta di convocare un incontro dei primati di cinque Chiese, ovvero la cosiddetta pentarchia. Il motivo è l'istituzione dell'Esarcato della Chiesa ortodossa russa in Africa. Successivamente si è saputo che una riunione della pentarchia si svolgerà prima della Settimana Santa al Fanar. I vescovi delle Chiese greche parlano della revoca temporanea dello status di autocefalia alla Chiesa russa, o addirittura della sua privazione della grazia. Cosa aspettarsi da questo incontro?

Cos'è la pentarchia?

La pentarchia o "governo dei cinque" è un concetto teologico sviluppato nell'Impero bizantino. Secondo tale concetto, le decisioni più importanti per l'Ortodossia mondiale dovrebbero essere prese dai primati (patriarchi) di cinque Chiese: Roma, Costantinopoli, Alessandria, Antiochia e Gerusalemme.

Successivamente, a causa dell'allontanamento dell'episcopato romano dall'Ortodossia, il patriarca di Mosca, che ricevette lo stesso status dei quattro antichi patriarchi orientali, divenne il quinto patriarca della pentarchia. Tuttavia, i diritti dei membri della pentarchia non sono stati ancora chiaramente definiti. Nessuno dei canoni conciliari o dei santi Padri riconosciuti da tutta la Chiesa ortodossa parla dell'esistenza di un corpo di autorità ecclesiastica composto da cinque patriarchi.

Vale la pena notare che il fenomeno noto come "neo-pentarchia" è emerso anche nel 2011, con la rivendicazione di diritti speciali per garantire il governo della Chiesa e la risoluzione dei problemi che essa deve affrontare.

L'idea della "neo-pentarchia" è stata espressa per la prima volta dal patriarca Bartolomeo, che ha annunciato nel settembre 2011 la convocazione di un Concilio dei primati delle "Chiese antiche" (i quattro Patriarcati orientali e la Chiesa di Cipro). Notificando ai quattro patriarchi orientali la convocazione del suddetto Concilio di settembre, il capo del Fanar ha letteralmente affermato quanto segue: "I più antichi Patriarcati della Chiesa ortodossa, insieme alla santa Chiesa di Cipro... sono come il fulcro dell'intera costruzione e composizione della Chiesa ortodossa".

Sono questi primati che, secondo il capo del Fanar, avrebbero dovuto determinare la posizione della Chiesa su una serie di questioni.

L'1-3 settembre 2011, i leader delle Chiese, riuniti sotto l'ala del patriarca Bartolomeo, hanno rilasciato una dichiarazione in cui affermavano chiaramente di essersi riuniti al Fanar "per far rivivere l'antica usanza" della pentarchia.

Perché il Fanar ha bisogno della pentarchia?

Qui va notato che nei dittici delle Chiese ortodosse, l'arcivescovo di Cipro occupa solitamente il decimo posto, cioè è abbastanza lontano dalle pretese nella cerchia degli eletti.

Ma a causa dei legami "particolari" con i patriarchi d'Oriente (si tratta anzitutto delle comuni radici greche e dell'adesione all'idea dell'ellenismo), il capo della Chiesa di Cipro è stato posto dai fanarioti alla pari dei primati di Costantinopoli, Alessandria, Antiochia e Gerusalemme. Nel luglio 2016, il rappresentante del Fanar, l'arcivescovo Job (Getcha) di Telmessos, ha osservato che i membri della pentarchia sono "le Chiese che sono state approvate ai Concili ecumenici", e le altre Chiese sono "una nuova ondata di autocefalie che non sono state confermate da un Concilio ecumenico".

È interessante notare che tutti i tentativi dei fanarioti di lanciare l'idea della "neo-pentarchia" (senza il patriarca di Mosca, ma con l'arcivescovo di Cipro), come si è scoperto, sono stati necessari solo per giustificare in seguito la legalizzazione degli scismatici ucraini e "l'autocefalia" della "Chiesa ortodossa dell'Ucraina".

Lo stesso Job (Getcha), parlando dello status speciale dei patriarchi d'Oriente e della Chiesa di Cipro, ha osservato che il territorio dell'Ucraina è sotto la giurisdizione del Fanar, e "la Chiesa madre di Costantinopoli può concedere l'autocefalia alla Chiesa ucraina".

Di conseguenza, la "Chiesa ortodossa dell'Ucraina" ha ricevuto il Tomos, i primati di Grecia, Alessandria e Cipro l'hanno riconosciuta, la Chiesa russa in risposta a ciò ha creato l'Esarcato in Africa e il patriarca Theodoros ha chiesto la convocazione della pentarchia.

È chiaro che in questa situazione qualsiasi "incontro" dei greci avrà un solo obiettivo: condannare la Chiesa russa. Per esempio, alcuni rappresentanti delle Chiese di Grecia e d'Alessandria hanno affermato che la Chiesa russa potrebbe perdere la sua indipendenza per un periodo di cinque anni a seguito dell'incontro dei cinque primati delle "antiche Chiese apostoliche". Inoltre, potrebbe essere privata della grazia dei sacramenti. Le minacce sembrano impressionanti, ma cosa c'è dietro?

Chi andrà o non andrà al Fanar?

Il 12 febbraio 2022 il rappresentante del Fanar, il metropolita Emmanuel di Calcedonia, ha invitato il patriarca Giovanni di Antiochia al Concilio dei... quattro primati. Cioè, invece di una pentarchia, potrebbe attenderci una "tetrarchia", poiché uno dei possibili partecipanti a questo Concilio ha già rifiutato di venire al Fanar. Si suppone che si tratti del primate della Chiesa ortodossa cipriota, l'arcivescovo Chrysostomos.

In generale, è comprensibile la riluttanza dell'arcivescovo Chrysostomos a partecipare al processo della Chiesa ortodossa russa. A causa del riconoscimento della "Chiesa ortodossa dell'Ucraina", la Chiesa di Cipro si è effettivamente divisa e l'arcivescovo Chrysostomos ha subito una forte opposizione dai vescovi ciprioti che non erano d'accordo con la legalizzazione degli scismatici ucraini. In tali circostanze, lo stesso arcivescovo Chrysostomos comprende che il Sinodo della Chiesa di Cipro difficilmente approverà il suo viaggio al Concilio fanariota. Se, contrariamente all'opinione dei padri sinodali, deciderà comunque di parteciparvi, ciò avrà sicuramente le conseguenze più gravi sia per lui personalmente che per la Chiesa di Cipro nel suo insieme.

È in discussione anche la partecipazione del patriarca di Antiochia al Concilio. Subito dopo la visita del metropolita Emmanuel di Calcedonia, i media hanno riferito che il patriarca Giovanni ha accettato l'invito del capo del Fanar e che parteciperà al Concilio. Tuttavia, è ben lungi dall'essere così.

Il 14 febbraio una delegazione del Patriarcato di Alessandria è giunta alla Chiesa di Antiochia. Lo scopo di questa visita è chiaro, senza ulteriori indugi: convincere il patriarca Giovanni della necessità di partecipare al concilio dei fanarioti. Il primate della Chiesa di Antiochia ha risposto che il suo viaggio al Fanar è possibile solo se approvato dal Sinodo. Ciò significa che, almeno per ora, ha gentilmente declinato l'invito del Fanar. Cosa ci permette di fare quest'ipotesi?

Ricordiamo che il Patriarcato di Antiochia, proprio come la Chiesa russa, non ha partecipato al Concilio di Creta del 2016, l'opera della vita del patriarca Bartolomeo. Ciò significa che il patriarca di Antiochia non aveva paura di rovinare seriamente i suoi rapporti con il Fanar. Così come non ha avuto paura dell'"ira dei fanarioti" nella "questione ucraina", sostenendo apertamente la Chiesa russa. Pertanto, anche se il patriarca Giovanni accetterà di partecipare al "Concilio dei quattro", è improbabile che il suo voto si aggiunga al campo di Bartolomeo. È più probabile che sia contrario.

Inoltre, il patriarca Teofilo di Gerusalemme difficilmente parteciperà al Concilio. Ci sono ragioni più che sufficienti per questo.

In primo luogo, ha più volte chiarito, anche se con parole ed espressioni caute, che si oppone alla legalizzazione dello scisma ucraino.

In secondo luogo, è stato il patriarca Theophilos ad avviare l'incontro dei primati delle Chiese locali ad Amman e recentemente ha annunciato la necessità di un "Amman-2".

In terzo luogo, il Patriarcato di Gerusalemme in questo momento (come è sempre stato) ha bisogno dell'aiuto della Chiesa russa, poiché la sua esistenza in Terra Santa è ora minacciata.

Pertanto, è improbabile che il patriarca Theophilos metta l'assurda "autocefalia" della "Chiesa ortodossa dell'Ucraina" su un piatto della bilancia e i suoi stessi principi sull'altro. Ma se il "concilio dei quattro" avrà luogo, allora cosa dovrebbe aspettarsi la Chiesa ortodossa russa?

Il "concilio dei quattro": cosa può aspettarsi la Chiesa russa?

I media greci ritengono che la posizione generale del Fanar sulla questione dell'istituzione dell'Esarcato della Chiesa ortodossa russa in Africa dipenderà dall'atteggiamento dei Patriarcati di Antiochia e di Gerusalemme. Fino a oggi, però, non c'è stata risposta. La loro assenza può essere facilmente spiegata: sia Antiochia che Gerusalemme, molto probabilmente, ritengono che la causa principale della crisi non sia la Chiesa ortodossa russa, ma "l'autocefalia" della "Chiesa ortodossa dell'Ucraina". Ciò significa che se verranno al Fanar, sarà solo per decidere cosa fare dopo.

È improbabile che assisteremo alla "revoca dell'autocefalia" della Chiesa ortodossa russa, come richiesto dagli alessandrini. Sia perché un'azione del genere non ha precedenti storici ed è canonicamente infondata, sia perché non è chiaro quale documento sull'autocefalia della Chiesa ortodossa russa il "concilio dei quattro" dichiarerà non valido.

Il fatto è che ci sono almeno tre atti firmati dal Patriarcato di Costantinopoli riguardo all'indipendenza della Chiesa russa. Questi sono:

  • La proclamazione dell'arcivescovo Giobbe di Mosca come patriarca nel 1589 dall'allora patriarca Geremia II di Costantinopoli, la sua consacrazione a patriarca.

  • La Lettera sinodale del 1590 o il Tomos d'elevazione del metropolita di Mosca a patriarca d'Oriente, che sancì gli accordi conclusi a Mosca nel 1589, con l'aggiunta del riconoscimento del diritto del Sinodo della Chiesa russa di eleggere il patriarca di Mosca.

  • Il Tomos patriarcale e sinodale del 1593, che ratificò gli atti precedenti.

Quindi, quale di questi documenti deve essere abrogato? Il Fanar difficilmente può rispondere a questa domanda. E a cosa può portare una "revoca" dello stato d'autocefalia della Chiesa ortodossa russa? Il Fanar dichiarerà la sua autorità sulla Chiesa russa? Sembra una sceneggiatura per un film fantasy a basso budget a tema ecclesiastico. Pertanto, l'esito più probabile di tutto questo discorso su un possibile "concilio dei quattro”, a nostro avviso, sarà la sua assenza "per mancata comparizione dei partecipanti". Molto probabilmente, i patriarchi di Antiochia e di Gerusalemme non ci andranno, il che significa che questa idea svanirà nell'oblio.

Certo, è possibile che i fanarioti cercheranno, nelle parole del metropolita Seraphim del Pireo, di insistere ulteriormente e di andare contro i canoni e la logica. Ma tutto questo dove può portare la Chiesa? Solo fino allo scisma finale dall'Ortodossia. Decideranno su questo, dato che solo tre Chiese li hanno sostenuti sulla questione della "Chiesa ortodossa dell'Ucraina"? Improbabile.

La parola di coloro che la stessa Chiesa della Rus' ha già chiamato scismatici può avere qualche peso?

 
Lo sgambetto transcarpatico

Solo tre giorni fa, annunciando l’inizio dell’insurrezione della Rus’ Carpatica, abbiamo informato su una situazione generale che oggi è sotto l’occhio dei più attenti analisti strategici.

Aleksandr Donetskij della Strategic Culture Foundation, in un articolo che abbiamo tradotto in italiano nella sezione “Geopolitica ortodossa” dei documenti, conferma i nostri commenti sulla pericolosità per il regime ucraino dell’apertura di un secondo fronte, per di più con la palese ostilità dei paesi confinanti, tutti membri della NATO.

Per piccola che sia, la Rus’ Carpatica ha dimostrato la capacità di mettere in crisi completa l’entità che oggi è ancora conosciuta con il nome di Ucraina, ma che non ha più nulla in comune con lo stato che fino a sei mesi fa portava questo nome. Se altre regioni, magari con le proprie motivazioni, ma sempre accomunate dal rifiuto dell’accanimento in quest’assurda guerra civile, sapranno far sentire la propria voce con la stessa chiarezza, forse potremmo essere più vicini di quanto pensiamo alla fine della crisi ucraina.

 
I cattolici riusciranno a conservare la loro Chiesa? Lezioni per gli ortodossi

i cattolici stanno ora cercando di soddisfare le esigenze della società. Foto: Unione dei giornalisti ortodossi

Un cardinale tedesco ha definito blasfeme le decisioni del Cammino sinodale su LGBT e sacerdozio femminile. Riuscirà la Chiesa cattolica romana a evitare uno scisma? Quali conclusioni dovremmo trarre?

L'11 febbraio 2022 il National Catholic Register ha pubblicato un'intervista al cardinale Gerhard Müller, prefetto emerito della Congregazione per la dottrina della fede, poco dopo le scandalose decisioni del "Cammino sinodale" di legalizzare le persone LGBT e sacerdozio femminile nella Chiesa Cattolica. Gerhard Müller ha affermato che i fedeli cattolici stanno oggi affrontando un periodo di persecuzione, tribolazione e "terrore psicologico" da parte dei loro fratelli di mentalità liberale che promuovono idee incompatibili con l'insegnamento tradizionale della Chiesa. Anche uno sguardo superficiale alla situazione suggerisce che Müller ha assolutamente ragione. Ma le sue parole non sono forse la voce di uno che grida nel deserto? Dopotutto, papa Francesco ha fatto più di una dichiarazione "comprensiva" sulle questioni LGBT. Riusciranno i cattolici a impedire alla Chiesa cattolica romana di scivolare nell'abisso delle idee liberali, o uno scisma è l'unica prospettiva per il Vaticano? E quali conclusioni dovremmo trarre noi, cristiani ortodossi, da questa situazione?

Decisioni del "Cammino sinodale" in Germania

Il "Cammino sinodale" è un movimento che riunisce vescovi e laici in Germania, nato per discutere di questioni di potere, moralità sessuale, sacerdozio e ruolo delle donne. L'Assemblea sinodale è composta da vescovi, da 69 laici, da membri del Comitato centrale dei cattolici tedeschi e da rappresentanti di altre parti della Chiesa cattolica tedesca. Il prossimo incontro del "Cammino sinodale" si terrà a Francoforte dall'8 al 10 settembre, il "Cammino sinodale" si concluderà finalmente nella primavera del 2023 e nell'ottobre 2023 il Vaticano dovrà accettare o rifiutare le proposte del "Cammino sinodale".

la terza riunione del "Cammino sinodale" a Francoforte, Germania, 4 febbraio 2022 Foto: Max von Lahner/ Cammino sinodale

Il 5 febbraio 2022, nella loro ultima riunione, i membri del "Cammino sinodale" hanno approvato il testo del documento "Celebrazioni di benedizione per le coppie che si amano" con 161 voti favorevoli, 34 contrari e 11 astenuti. In termini percentuali, questo è il 78% a favore e il 16% contro il documento. Il margine è molto ampio. Con un margine ancora più ampio, i partecipanti hanno sostenuto un'ulteriore discussione del testo del documento "Rivalutazione magistrale dell'omosessualità". Questi documenti richiedono che la Chiesa cattolica riconsideri il suo atteggiamento nei confronti della sodomia e riconosca i matrimoni tra persone dello stesso sesso.

Prima della votazione, il cardinale Jean-Claude Hollerich, arcivescovo di Lussemburgo, che è a capo della Commissione delle Conferenze episcopali dell'Unione Europea e anche rappresentante generale del "Cammino sinodale" al Concilio Vaticano finale, ha rilasciato un'intervista all'agenzia cattolica tedesca KNA .

il cardinale Jean-Claude Hollerich, arcivescovo di Lussemburgo. Foto: foto di cortesia/Edward Pentin

Hollerich ha affermato che ci sono sacerdoti e laici omosessuali nella sua arcidiocesi e che non sarebbe cristiano espellerli. Alla domanda: "Come si concilia con l'insegnamento della Chiesa che l'omosessualità è un peccato?" , ha risposto: "Penso che sia sbagliato. Credo anche che stiamo pensando al futuro in termini di dottrina (la peccaminosità dell'omosessualità, ndc). Il modo in cui il papa si è espresso in passato può portare a un cambiamento di dottrina. Pertanto, credo che il fondamento sociologico-scientifico di questo insegnamento non sia più vero... Non c'è affatto omosessualità nel Nuovo Testamento. Vengono discussi solo gli atti omosessuali che erano in una certa misura atti di culto pagano. Ovviamente era proibito, penso che sia ora di fare una revisione fondamentale della dottrina".

Questa risposta dovrebbe essere considerata in modo più dettagliato. Mostra come la sodomia, che le Sacre Scritture chiamano abominio, possa essere dichiarata ammissibile in termini di morale religiosa cattolica. Con florido linguaggio scolastico, si dirà che l'omosessualità non è peccaminosa in sé, ma solo nel contesto del culto pagano. Di conseguenza, se è praticata al di fuori di questo contesto, allora è lecita.

Ma torniamo al "Cammino sinodale". Oltre alla richiesta di revisione dell'atteggiamento della Chiesa cattolica nei confronti dell'omosessualità, nel corso dell'incontro sono state approvate le seguenti riforme:

  • l'introduzione del sacerdozio femminile (finora nel grado di diacono);

  • l'abolizione del celibato obbligatorio per i sacerdoti;

  • accrescendo il ruolo dei laici nell'elezione di nuovi vescovi.

Il Concilio Vaticano II come precursore del "Cammino sinodale"

Nell'intervista al National Catholic Register, il cardinale Gerhard Müller ha affermato che i partecipanti al "Cammino sinodale" che hanno adottato gli scandalosi documenti fanno parte di un più ampio movimento contro il Concilio Vaticano II (1962-1965). Ma in realtà è vero il contrario: è stato il Concilio Vaticano II ad aprire la porta a ogni sorta di idee liberali, proclamando il principio dell'aggiornamento, cioè il rinnovamento della vita cristiana e l'adeguamento della disciplina ecclesiastica ai bisogni e alle usanze del tempo.

L'idea principale di questo Concilio era di rendere la Chiesa cattolica più aperta alla società, più ricettiva alle tendenze dei tempi, più comprensibile e attraente per le persone moderne. I fautori di questo approccio credevano che in una Chiesa "modernizzata" la predicazione cristiana sarebbe diventata più efficace. Tuttavia, il tempo ha dimostrato che non è così. Non importa quante volte semplifichi le funzioni, non importa quante volte ammorbidisci i requisiti morali, le persone lasciano ancora la Chiesa cattolica e si allontanano ancor più velocemente. E ora la Chiesa cattolica, "modernizzata" negli anni '60, ha bisogno di essere "adattata" alla società del XXI secolo, che è andata avanti dai tempi del Concilio.

Lo stesso cardinale liberale Hollerich afferma: "Il cambiamento di civiltà a cui assistiamo oggi è il più grande cambiamento dall'invenzione della ruota. La Chiesa è sempre stata al passo con i tempi e si è sempre adattata. Ma ha sempre impiegato molto più tempo. Oggi dobbiamo essere più veloci. Altrimenti perderemo i contatti e non saremo più capiti".

Ebbene, le parole di Hollerich sono la dichiarazione programmatica dei cattolici moderni che cercano di "adattarsi" a una società che altrimenti "non capirà". E questa posizione si è affermata subito dopo il Concilio Vaticano II.

Per esempio, la dichiarazione Dignitatis humanae adottata dal Concilio Vaticano II dichiara che il posto più importante nella ricerca della verità dell'uomo è occupato dalla sua coscienza, mediante la quale egli percepisce e riconosce i dettami della legge divina: "In ogni sua attività l'uomo è obbligato a seguire la sua coscienza per giungere a Dio". Ma qual era la coscienza del nostro uomo vecchio? Era così offuscata dal peccato da non poter più essere considerata una vera guida nel cammino dell'uomo verso Dio? Dopotutto, si può affermare con sicurezza che la stragrande maggioranza delle persone LGBT, dei pedofili e così via agisce in perfetta armonia con la propria coscienza. E la dichiarazione Dignitatis humanae lo giustifica. Ma sulla via della salvezza non bisogna lasciarsi guidare dal Vangelo e dai comandamenti divini? Vediamo che tra "adattamento ai tempi" e Vangelo, i cattolici moderni scelgono sempre di più la prima strada.

Il declino del cristianesimo in Europa

Se la Chiesa cattolica vuole davvero "stare al passo con i tempi", presto dovrà abbandonare non solo la morale tradizionale, ma anche le funzioni, i luoghi di culto e così via. Per dirla semplicemente, si autodistruggerà. L'Europa moderna si sta rapidamente scristianizzando, l'era attuale è dichiarata post-cristiana. Le persone smettono di andare in chiesa e di essere guidate dalle prescrizioni religiose nella loro vita quotidiana. La portata della chiusura e della distruzione delle chiese è sorprendente. Secondo la pubblicazione francese Les Observateurs, circa diecimila chiese e campanili in Francia potrebbero presto essere distrutti, semplicemente perché non necessari.

demolizione della cattedrale di san Giacomo in Place Saint-Jacques ad Abbeville, Francia

In Germania, 515 chiese cattoliche sono state chiuse negli ultimi dieci anni e ne è prevista la chiusura di altre 700. Nei Paesi Bassi due terzi delle chiese cattoliche chiuderanno entro il 2025. Lo stesso sta accadendo in altri paesi europei.

Così facendo, i cattolici stanno semplicemente lottando per stare al passo con i tempi e le esigenze della società. E questo porta al fatto che l'ideologia LGBT e di genere sono profondamente radicate in esse. Ciò che li attenderà dopo si può vedere nelle denominazioni protestanti, nelle quali delle lesbiche dichiarate sono diventate da tempo "vescovi".

Eva Brunne, "vescovo" della diocesi di Stoccolma della Chiesa di Svezia, lesbica dichiarata

Documenti internazionali, come la Dichiarazione di Istanbul o il Partenariato di Biarritz, che in realtà spingono gli Stati a combattere la moralità tradizionale, non provocano alcuna opposizione significativa da parte di cattolici e protestanti.

La Chiesa cattolica affronterà uno scisma?

Il cardinale Gerhard Müller non è affatto l'unico vescovo cattolico che si oppone al riconoscimento dei matrimoni tra persone dello stesso sesso e ad altri cambiamenti nell'insegnamento morale cattolico. Il cardinale Rainer Maria Woelki di Colonia e il vescovo Rudolf Voderholzer di Ratisbona sono noti per la loro posizione conservatrice, ma a parte loro, un numero significativo di credenti e chierici cattolici non approva le riforme al cattolicesimo proposte dal "Cammino sinodale". Sono criticati dai liberali e persino ostracizzati. Nelle parole del cardinale Müller, è "un periodo di tribolazione e di terrore psicologico" per i fedeli cattolici.

Quanto alla posizione di papa Francesco, è chiaramente solidale con i sostenitori dell'ideologia LGBT. Nel 2013, subito dopo essere stato eletto, disse: "Se (l'omosessualità – ndc) è una condizione umana, ma chi la pratica ha buona volontà e cerca Dio, chi siamo noi per giudicare?" Nel 2018 ha ricevuto l'omosessuale Juan Carlos Cruz in Vaticano e ha detto: "Juan Carlos, se sei gay non importa. Dio ti ha creato così e ti ama così e a me non interessa. Il papa ti ama così. Devi essere felice di quello che sei". Queste non sono certo le uniche dichiarazioni di approvazione che papa Francesco ha fatto sulle persone LGBT. Ma d'altra parte, il papa non ha affermato che l'insegnamento della Chiesa cattolica su questo tema potrebbe essere rivisto. E quando nel 2021 la Congregazione per la dottrina della fede ha approvato una sentenza che vietava la benedizione delle coppie dello stesso sesso, il papa ha firmato il documento.

È molto probabile che quando il "Cammino sinodale" terrà un concilio in Vaticano, finalmente prenderanno forma partiti pro e contro il cambiamento degli insegnamenti morali della Chiesa cattolica. Le loro posizioni saranno inconciliabili e un compromesso sarà impossibile. Quale futuro attende i cattolici?

La prima opzione è uno scisma a tutti gli effetti con l'apparizione sulla scena di un "antipapa" e le parti che anatemizzano i loro oppositori. La probabilità di questo scenario è bassa. La seconda opzione è un semi-scisma. È molto probabile e si può far risalire all'esperienza della creazione dopo il Concilio Vaticano II della Fraternità Sacerdotale San Pio X, che ha riunito tradizionalisti che non erano d'accordo con le decisioni del Concilio. La confraternita è stata fondata nel 1970 dall'arcivescovo francese Marcel Lefebvre e fa parte della Chiesa cattolica, anche se il suo status canonico è incerto e il suo rapporto con il Vaticano è molto complicato. È del tutto possibile che se i conservatori cattolici saranno sconfitti dai liberali nel 2023, si uniranno semplicemente a questa fraternità.

La terza opzione è la coesistenza. La dottrina ufficiale non cambierà, ma la "benedizione" delle coppie omosessuali, il sacerdozio femminile e altre innovazioni avranno semplicemente luogo, e su questo il Vaticano tacerà. Farà finta che sia solo un'usanza locale. Questo sta già accadendo in alcuni luoghi.

la "benedizione" di una coppia omosessuale da parte di un prete cattolico tedesco. Foto: screenshot da euronews.com

È chiaro che comunque vadano le cose, una larga parte del clero e dei fedeli della Chiesa cattolica accetta già l'ideologia LGBT e non considera l'omosessualità un peccato. Questi si possono ancora chiamare cristiani? È una domanda retorica.

Lezioni per i cristiani ortodossi

La storia ci insegna che tutte le idee occidentali ci giungono solo tardivamente. Pertanto, non c'è dubbio che se non cambia nulla, domani le stesse idee si diffonderanno nel nostro Paese come in Occidente. Già ora rappresentanti della "Chiesa ortodossa dell'Ucraina" e della Chiesa greco-cattolica ucraina stanno facendo dichiarazioni che sottintendono che la Chiesa deve soddisfare i bisogni della società e adattare il suo insegnamento e la sua pratica ai bisogni della gente.

Finché il nazionalismo è popolare tra gli ucraini, gli uniati e i vertici della "Chiesa ortodossa dell'Ucraina" parlano delle Centurie celesti '"uguali agli angeli", del "sacrificio pasquale dell'Euromajdan" e che "gli eroi non muoiono". Ma se domani ci viene detto che l'insegnamento tradizionale è obsoleto e deve essere cambiato a favore delle persone LGBT, le denominazioni citate dovranno reagire. Ora, si metteranno un epitrachilio sul petto e urleranno che questo non accadrà mai, ma non si può cambiare il sistema. Se una denominazione vede la sua ragion d'essere nel soddisfare le esigenze della società, non potrà dire "no" a quella società solo perché le sue esigenze sono diventate diverse.

Ora ci viene detto che la Chiesa dovrebbe essere aperta alla società e alle persone. Ed è giusto. Ma la Chiesa non dovrebbe mai seguire l'esempio della società. Pertanto, noi cristiani ortodossi, dovremmo guardare a cosa sta succedendo ai cattolici, ai protestanti e agli scismatici e trarre conclusioni. È necessario preservare con cura la Chiesa e l'insegnamento evangelico da ogni tentativo di "migliorarli" o "modernizzarli". Una persona deve venire nella Chiesa per cambiare se stessa, per sbarazzarsi del vecchio e non per cambiare la Chiesa per se stessa. Questa dovrebbe essere la convinzione interiore di ogni cristiano ortodosso.

Ma nelle relazioni esterne è necessario lottare contro l'imposizione di LGBT, ideologia di genere e tutto ciò che è contrario alla comprensione biblica del mondo. In Ucraina stiamo ora resistendo ai tentativi di imporre la Convenzione di Istanbul e altri accordi internazionali che negano i valori tradizionali. I credenti dovrebbero sostenere attivamente questa lotta, perché se permettiamo all'ideologia LGBT di penetrare nella nostra società, allora presto entrerà nella Chiesa. La cosa è ormai comprovata da protestanti e cattolici.

 
Due punti importanti del conflitto in corso

In un articolo del suo blog, il nostro amico Saker riflette sulla situazione militare della Novorossija e sul difficile equilibrio delle forze in gioco, e ci prega di dare uno sguardo molto serio alla compassione mostrata dai russi nei confronti dei militari ucraini che scelgono di essere internati in territorio russo: come risposta a una politica basata sull’odio (in primo luogo rivolto ai cristiani ortodossi), questa compassione rispecchia una precisa scelta di civiltà. Riportiamo il post di Saker tradotto in italiano nella sezione “Geopolitica ortodossa” dei documenti.

 
Risposta di sua Santità il patriarca Kirill a sua Beatitudine il patriarca Theodoros d'Alessandria al suo appello per annullare la decisione di formare l'Esarcato patriarcale d'Africa

Sua Santità il patriarca Kirill di Mosca e di tutta la Rus' ha inviato a sua Beatitudine il patriarca Theodoros II una risposta al suo appello con un invito ad annullare la decisione del Santo Sinodo della Chiesa ortodossa russa sulla formazione dell'Esarcato patriarcale d'Africa e sulla nomina di un esarca.

A sua Beatitudine Theodoros II, papa e patriarca di Alessandria e di tutta l'Africa

Vostra Beatitudine!

Ho ricevuto un'altra sua lettera in cui chiede l'annullamento delle decisioni del Santo Sinodo della Chiesa ortodossa russa sulla formazione dell'Esarcato patriarcale d'Africa e sulla nomina di un esarca.

Le ho già scritto in dettaglio circa le ragioni e le circostanze dell'istituzione del nostro Esarcato in Africa. Sono spiegate anche nella recente Dichiarazione del Santo Sinodo della Chiesa ortodossa russa del 28 gennaio, di cui le invio copia.

Allo stesso tempo, non ho mai sentito da vostra Beatitudine quali ragioni canoniche l'hanno spinta a riconoscere la Chiesa ortodossa ucraina come non più esistente e illegale, e come degli scismatici che non hanno la grazia del sacerdozio e che le sono nemici, siano l'unica "Chiesa autocefala" canonica in questo paese. Né nelle sue lettere da me ricevute, né nei comunicati pubblicati del Santo Sinodo del Patriarcato di Alessandria, sono spiegate queste ragioni canoniche, e non possono essere spiegate, poiché non esistono, come lei stesso ben sa.

Il giudizio della Chiesa russa secondo cui coloro che hanno riconosciuto la cosiddetta "Chiesa ortodossa dell'Ucraina" scismatica stanno deviando essi stessi nello scisma ha profonde basi canoniche, che lei nega invano. Il canone 2 del Concilio di Antiochia afferma chiaramente: "Non sia permesso avere comunione con gli scomunicati, e ricevere in una chiesa coloro che non sono ricevuti in un'altra chiesa. Ma se qualcuno dei vescovi, o presbiteri, o diaconi, o qualcuno dei chierici è in comunione con coloro che sono stati scomunicati, allora sia lui stesso fuori dalla comunione in quanto viola la regola ecclesiastica".

Lo stesso avverte il canone 12 dei santi Apostoli: "Se qualche chierico o laico, scomunicato o sospeso, parte ed è ricevuto in un'altra città senza lettere dimissoriali, sia scomunicato sia colui che è stato ricevuto sia colui che l'ha ricevuto".

Il canone 4 del Concilio di Antiochia recita: "Tutti coloro che sono in comunione con loro [con i deposti dal Concilio] siano scomunicati dalla Chiesa, specialmente se, conoscendo la decisione pronunciata contro le suddette persone, osano avere comunione con loro". Molti altri decreti canonici vietano di accogliere in comunione gli scomunicati (primo Concilio ecumenico 5; Apostoli 11; Cartagine. 9, ecc.).

Sua Beatitudine sa bene che le censure giustamente comminate ai fondatori dello scisma ucraino e ai loro seguaci sono state riconosciute da tutte le Chiese sante ortodosse, anche per iscritto dal suo sempre memorabile predecessore, il patriarca Parthenios III d'Alessandria, e in futuro hanno mai stato interrogato da nessuno nel mondo ortodosso. Secondo i sacri canoni e la pratica ecclesiastica secolare, gli scismatici ucraini possono essere accettati nella Chiesa solo dopo che si sono pentiti e si sono riuniti con la Chiesa locale da cui si sono allontanati, cioè con la Chiesa ortodossa ucraina. Gli scismatici in Ucraina, come è noto, non si sono pentiti e non si sono riuniti alla loro Chiesa. Annunciando il loro riconoscimento, e poi entrando in comunione eucaristica con loro, Lei, seguendoli, ha deviato nello scisma e, secondo la severità dei suddetti canoni, è soggetto a eguale scomunica con loro. È per questo motivo che molti chierici della Chiesa di Alessandria sono stati costretti a proteggersi dalla comunione con voi e a chiedere la protezione canonica alla nostra Chiesa.

Riguardo alla sua minaccia di deporre sua Eminenza il metropolita Leonid di Klin, che il Santo Sinodo della nostra Chiesa ha nominato esarca dell'Africa, tale minaccia è priva di qualsiasi fondamento nel diritto ecclesiastico. Un vescovo o un chierico di una Chiesa autocefala non è soggetto al tribunale di un'altra Chiesa autocefala. Le regole canoniche a cui lei fa riferimento (I Est. 8; IV Est. 12) non supportano le vostre minacce e sono inadeguate, poiché sono dedicate a questioni completamente diverse. I santi canoni vietano rigorosamente a un vescovo di interferire negli affari di un'altra diocesi. E se gli vietano anche di ricevere un chierico straniero che non abbia una lettera dimissoriale del suo vescovo (cfr Apost. 33; I Ecum. 16, ecc.), allora come possono permettergli di giudicarlo, e, inoltre, infliggere la pena più alta, quale la deposizione dal suo rango? A questo proposito, le dichiaro che qualsiasi decisione giudiziaria della vostra Chiesa contro il metropolita Leonid di Klin o altri ierarchi o chierici della nostra Chiesa sarà da noi riconosciuta come canonicamente nulla.

Infruttuoso è il tentativo di sua Beatitudine di sostanziare i presunti diritti speciali del Patriarca di Costantinopoli facendo riferimento al Tomos del 1663 o alla cosiddetta "pergamena del potere imperiale e patriarcale". Questo documento in realtà è stato inviato non alla Chiesa russa, come lei erroneamente asserisce, ma allo tsar Aleksej Mikhailovich, che aveva cercato il sostegno dei patriarchi d'Oriente nel processo al patriarca Nikon di Mosca e aveva inviato loro le sue domande. La Chiesa russa non ha chiesto queste risposte alle loro Santità i patriarchi d'Oriente, e nella sua vita non è mai stata guidata da questo documento.

Come è noto, il Tomos del 1663 non è una definizione conciliare: i primati delle Chiese di Alessandria e di Antiochia vi misero le loro firme molto più tardi. Inoltre, il patriarca Nektarios di Gerusalemme aveva allegato a questo documento la sua opinione contraria, in cui di fatto confutava le disposizioni del Tomos sui diritti speciali dei patriarchi di Costantinopoli, e il patriarca Makarios III di Antiochia, un anno prima della firma di questa "pergamena", aveva inviato di nascosto un messaggio al papa di Roma in cui gli riconosceva la sua sottomissione. A questo proposito, un tale documento difficilmente può essere considerato un'espressione autorevole di una tradizione ortodossa intatta.

Siamo ancora più sorpresi che, per giustificare le pretese del patriarca di Costantinopoli alla guida della Chiesa di Cristo, si faccia riferimento all'atto del Concilio del 1590 sull'istituzione del Patriarcato di Mosca. Vostra Beatitudine sa senza dubbio che il vostro grande predecessore nella sede di Alessandria, san Meletios Pigas, canonizzato dalla vostra santa Chiesa, non ha riconosciuto le decisioni di questo Concilio, poiché sono state adottate senza tener conto del parere del Patriarcato d'Alessandria. Su sua iniziativa, nel 1593, si tenne a Costantinopoli un nuovo Concilio dei patriarchi d'Oriente, che rivedeva le decisioni del precedente Concilio e determinava che il patriarca di Mosca "fosse, e fosse chiamato, fratello dei patriarchi ortodossi, in forza della sua nomina, dello stesso ordine e sullo stesso trono, eguale per rango e peer dignità". Nelle definizioni di questo Concilio, il cui ispiratore e figura principale fu san Meletios, non vi è alcun accenno che il patriarca di Costantinopoli abbia alcuna autorità sul patriarca di Mosca o su qualsiasi altro patriarca.

San Meletios, nei suoi scritti, si oppose risolutamente all'idea del primato di un vescovo nella Chiesa universale. Il suo successore e discepolo, il patriarca Kirillos Lukaris di Alessandria, canonizzato anche lui dalla vostra santa Chiesa, e recentemente dal Patriarcato di Costantinopoli, seguì il suo maestro e si oppose attivamente al papismo e respinse la dottrina del primato su tutta la Chiesa del primo vescovo per onore.

Ritengo utile ricordare a vostra Beatitudine che il Concilio della Chiesa ortodossa d'Alessandria, convocato da sua Beatitudine il patriarca Nikanoros di Alessandria nel 1867, condannò l'ingerenza della Chiesa di Costantinopoli negli affari del Patriarcato di Alessandria, si espresse a favore dell'uguaglianza di tutti i patriarchi e dichiarò che il primate della Chiesa di Costantinopoli non ha il diritto di interferire negli affari delle altre Chiese. La condanna di allora dell'ingerenza di Costantinopoli negli affari della Chiesa d'Alessandria fu sostenuta dalle Chiese di Antiochia, Gerusalemme , Russia, Cipro e Grecia.

Negli anni successivi, anche i patriarchi d'Alessandria si sono espressi più volte a favore della purezza dell'insegnamento patristico sulla Chiesa e sulla tradizione ortodossa. In connessione con la concessione unilaterale dell'autocefalia da parte del Patriarcato di Costantinopoli alla Chiesa albanese, il patriarca Nikolaos V di Alessandria scrisse nel 1937: dalla metà del secolo scorso (cioè il XIX), ovvero dal momento della concessione dell'autocefalia alla Chiesa di Grecia, il santissimo Trono apostolico di Costantinopoli, non tenendo più conto né dei relativi canoni della Chiesa né delle consuetudini in essa vigenti, agisce in maniera del tutto unilaterale, ignorando i primati di tutte le Chiese autocefale locali.

È triste che lei, caro fratello, abbia così facilmente rinunciato alla gloriosa eredità della Chiesa d'Alessandria, alla tradizione canonica ortodossa, di cui i suoi beati predecessori sono stati fedeli guardiani per secoli, e abbia intrapreso la via dello scisma e della conciliazione con gli atti illegali dell'attuale patriarca di Costantinopoli.

Le azioni del patriarca Bartolomeo in Ucraina sono divenute l'adempimento del piano insidioso dei nemici dell'Ortodossia, che hanno voluto dividere la Russia e la Chiesa ortodossa russa dalle Chiese greche. Sapevamo di questo piano, ma non abbiamo perso la speranza che sua Santità il patriarca di Costantinopoli avrebbe osato, con l'aiuto di Dio, resistere alla pressione di una potente forza politica. Sfortunatamente, ciò non è accaduto e, di conseguenza, il patriarca Bartolomeo, con le sue azioni, ha distrutto l'unità dell'Ortodossia ecumenica. Sono profondamente addolorato che ora lei sia diventato complice di queste azioni.

Vostra Beatitudine! Alla vigilia della santa Quaresima, la esorto fraternamente a riconsiderare le sue decisioni e a smettere di sostenere lo scisma in Ucraina, per non fare a pezzi la tunica senza cuciture di Cristo - la Chiesa di Dio.

Con amore nel Signore,

+Kirill, patriarca di Mosca e di tutta la Rus'

 
I distruttori di chiese ortodosse non si fermano

Vi piace questa chiesa ortodossa?

È la chiesa dell’Annunciazione a Gorlovka, nel Donbass, costruita nel 2008 come sede di culto temporanea della cattedrale di Gorlovka, e nel 2013, una volta terminata la cattedrale, smontata e portata nel quartiere Stroitel’ della città. Nella sua nuova sede, è stata consacrata esattamente due mesi fa, il 7 giugno 2014.

In questo filmato vedete la funzione della festa patronale nella vecchia sede, il 7 aprile del 2013.

Potete vedere anche una galleria fotografica della consacrazione della chiesa nella nuova sede.

Vi è piaciuto, quello che avete visto? Ebbene, custodite queste immagini nel vostro cuore fino a un giorno indeterminato del futuro, perché QUESTO è il trattamento che l’esercito ucraino ha riservato alla chiesa giovedì 7 agosto 2014:

(cliccate sull'immagine per aprire il video)

Come potete notare dal filmato, la zona è aperta e non ci sono edifici adiacenti. Nessun errore di balistica: la chiesa è stata colpita e incendiata perché LA SI VOLEVA colpire e incendiare.

Azioni come questa, nel mondo civilizzato, sono definite TERRORISMO. A maggior ragione, quando colpiscono il cuore stesso della fede di una popolazione.

Non sarebbe il caso di smettere di chiamare terroristi i miliziani del Donbass, e di incominciare invece a chiamare ad alta voce terroristi quelli che quest’appellativo se lo meritano davvero?

 
Un chierico freelance di Mosca sta cercando di dividere la Chiesa ortodossa ucraina?

il Fanar sta facendo un nuovo tentativo di dividere la Chiesa ortodossa ucraina. Foto: Unione dei giornalisti ortodossi

Oggi, quando l'Ucraina ha bisogno di unità come dell'aria da respirare, agenti del Fanar stanno promuovendo un progetto per dividere di fatto la Chiesa ortodossa ucraina.

La guerra è una cartina di tornasole per l'intero paese. Ma è particolarmente dura per il clero e i credenti della Chiesa ortodossa ucraina. Ti si spezza il tuo cuore quando ti rendi conto che persone con le quali sei in unità spirituale stanno combattendo contro te e la tua famiglia. Come rispondere a coloro che ti accusano di connessione con l'aggressore? Dove trovare la forza per ricordare che la Chiesa è il Corpo di Cristo e sta al di sopra del mondo, al di sopra degli stati, al di sopra di ogni conflitto geopolitico; che un cristiano non può soccombere all'odio, sia pure il più giustificato e giusto? Inoltre, è possibile non odiare quando edifici residenziali, ospedali e – cosa sconvolgente – chiese di Dio cadono sotto i bombardamenti?

A causa della guerra, l'unità della Chiesa ortodossa ucraina è stata minacciata. Un gran numero di comunità della Chiesa ortodossa ucraina ha smesso di fare menzione liturgica del patriarca Kirill. Ci sono stati appelli per la proclamazione della piena autocefalia, che trovano solidarietà tra una parte significativa del clero e dei credenti. Allo stesso tempo, tutta la retorica sulla sospensione della commemorazione del patriarca Kirill suggerisce una dichiarazione di fedeltà alla Chiesa ortodossa ucraina e al suo primate, sua Beatitudine Onufrij. Ciò significa che sia il clero che i laici sono consapevoli della loro appartenenza alla Chiesa di Cristo e non romperanno la loro unità con lei.

Ancora del torbido in Ucraina

Tuttavia, alcuni ambienti sono abbastanza propensi a usare la guerra della Federazione Russa contro l'Ucraina nel proprio interesse. Gli "imbonitori" del "patriarcato di Kiev" e della "Chiesa ortodossa dell'Ucraina" hanno notevolmente intensificato la loro attività. Ma il pericolo principale, come tre anni fa, viene dalla Turchia. L'Unione dei giornalisti ortodossi ha appreso che il Patriarcato di Costantinopoli aveva deciso di creare segretamente un'altra giurisdizione ecclesiastica in Ucraina, separata sia dalla Chiesa ortodossa russa che dalla "Chiesa ortodossa dell'Ucraina". Il suo compito è quello di attirare quei sacerdoti che, da un lato, non ritengono possibile continuare a rimanere sotto la giurisdizione della Chiesa ortodossa russa, ma, dall'altro, non vogliono unirsi alla "Chiesa ortodossa dell'Ucraina". Di fatto, una tale struttura esiste già in Ucraina. Si tratta della "Stavropegia del Patriarcato Ecumenico in Ucraina", che ha sede alla chiesa di sant'Andrea a Kiev ed è guidata dal vescovo Mikhail (Anishchenko) di Comana.

emblema della "Stavropegia del Patriarcato Ecumenico in Ucraina"

Tuttavia, coloro che lo desiderano sono invitati a non preoccuparsi di varie questioni amministrative, di decidere sulle giurisdizioni e così via. Gli aderenti a un nuovo progetto di scisma della Chiesa ortodossa ucraina chiedono semplicemente di commemorare il patriarca Bartolomeo al servizio.

Il motore di questo progetto nello spazio pubblico è l'archimandrita Kirill (Govorun) della Chiesa ortodossa russa. Molto probabilmente non è una figura chiave, ma è lui a trasmettere storie attraverso i media secondo cui è tempo che tutti obbediscano al Fanar e creino una sorta di nuova associazione sotto la sua rigida guida. Il 12 marzo 2022, Kirill Govorun ha pubblicato sulla sua pagina Facebook il seguente messaggio: "Abbiamo avuto l'opportunità di discutere in dettaglio la situazione in Ucraina. Era evidente che il Patriarca (Bartolomeo, ndc) era sinceramente assieme al popolo ucraino nelle sue tribolazioni. Sono stato anche contento di vedere che siamo, come si suol dire, sulla stessa lunghezza d'onda nel comprendere nuove ragioni per il consolidamento dell'Ortodossia ucraina. Per esempio, non nega la possibilità di essere commemorato senza ulteriori procedure canoniche da coloro che non vedono altre opzioni per se stessi, anche attraverso l'adesione alla "Chiesa ortodossa dell'Ucraina"".

il patriarca Bartolomeo e Govorun. Foto: Facebook di Govorun

Lo status canonico di Govorun

È interessante notare che la grandezza e lo status canonico del chierico della Chiesa ortodossa russa difficilmente implicano una comunicazione personale con il "capo dell'Ortodossia" e, ancor più, una discussione su questioni così importanti in Ucraina. Chi è Govorun in generale e come è finito al Fanar?

In un'intervista al canale YouTube di Religion Today del 17 novembre 2019, egli stesso ha risposto alla seguente domanda sul suo status: "Sono un chierico di provincia della diocesi di Mosca della Chiesa ortodossa russa". Da allora, per quanto si può capire dalle fonti pubbliche d'informazione, questo status canonico non è cambiato. Sulla sua pagina Facebook, l'archimandrita Kirill (Govorun) non indica di essere un chierico di Costantinopoli o di qualsiasi altra Chiesa locale, né indica la sua appartenenza alla Chiesa in generale.

Anche il fatto della concelebrazione di Govorun con i "sacerdoti" della "Chiesa ortodossa dell'Ucraina" è un dato di fatto. Il 7 gennaio 2020 ha partecipato alla "liturgia" nella chiesa-refettorio di Santa Sofia di Kiev. Perché in seguito non sia stato sospeso dal sacerdozio nella Chiesa russa, questo rimane un mistero. Inoltre, Govorun ha pubblicamente affermato più di una volta di ignorare i decreti della Chiesa ortodossa russa. Il 17 giugno 2021, in un'intervista al canale YouTube Detector.ua, ha dichiarato di concelebrare liberamente con il clero del Fanar: "In linea di principio sono uno dei pochi e forse l'unico chierico che è in piena comunione eucaristica all'interno tutto il mondo ortodosso".

Curiosamente, anche il patriarca Theodoros ha ospitato Govorun, e quest'ultimo ha annunciato al mondo che la decisione di riconoscere la "Chiesa ortodossa dell'Ucraina" è arrivata al primo "dopo molte riflessioni e preghiere".

Tutti questi fatti indicano che Govorun non è solo un archimandrita ordinario: individui della scala di Theodoros e Bartolomeo non frequentano abitualmente queste persone. Ci troviamo davanti a una sorta di "Mata Hari" quasi-ecclesiastica, necessaria per l'esecuzione di specifici incarichi delicati. È improbabile che la visita al Fanar e la successiva attività mediatica del chierico della Chiesa ortodossa russa sul futuro dell'Ucraina ecclesiastica siano casuali.

In generale, è uno schema molto interessante: un chierico freelance della diocesi di Mosca sta negoziando con un cittadino turco su alcune azioni nel territorio dell'Ucraina, che sta respingendo l'aggressione militare della Federazione Russa. Inoltre, queste azioni, come vedremo in seguito, dovrebbero provocare uno scisma nella Chiesa ortodossa ucraina in un momento in cui il presidente e i leader religiosi affermano che abbiamo più che mai bisogno d'unità all'interno del paese.

Un progetto di scisma della Chiesa ortodossa ucraina

L'essenza del progetto è stata delineata da Govorun in un'intervista all'agenzia radio Hromadske datata 5 marzo 2022.

"L'idea più comune che si sta discutendo attualmente nel Patriarcato di Mosca in Ucraina è quella di smettere di fare menzione liturgica del patriarca Kirill. Questo è il passo più semplice, ma è solo un passo simbolico. Allo stesso tempo, c'è una discussione nella Chiesa ortodossa ucraina del Patriarcato di Mosca sulla proclamazione dell'autocefalia. È più o meno la stessa cosa che fece una volta il patriarca Filaret.

L'opzione che propongo è che le parrocchie possano già commemorare il patriarca ecumenico nelle loro liturgie. Poi, quando ci sarà un momento di calma, le chiese potranno riunirsi di nuovo... e insieme alla "Chiesa ortodossa dell'Ucraina", potranno discutere su come convivere insieme. Il processo di unificazione dell'Ortodossia ucraina potrebbe essere completato ora come conseguenza di questa guerra. A questo scopo, ovviamente, è necessaria l'abnegazione per ciascuna delle chiese ucraine", ha detto Govorun.

Dalle sue ultime parole ne consegue che non propone uno scisma, ma, al contrario, l'unificazione delle confessioni ucraine. Tuttavia, questo è solo ciò che appare a prima vista. La malvagità, infatti, qui inizia con le parole sulla possibile (e non ancora scontata) proclamazione dell'autocefalia della Chiesa ortodossa ucraina. Più precisamente, nel momento in cui mette un segno di uguale con le azioni di Filaret Denisenko nel 1992, cosa che è completamente errata.

Nel 1992, il pleroma della Chiesa ortodossa ucraina ha deliberato al Concilio di Kharkov di rimuovere Filaret dalla carica di primate della Chiesa ortodossa ucraina e di sospenderlo dal sacerdozio. Successivamente Filaret ha compiuto false consacrazioni di diversi "vescovi" e insieme a loro ha organizzato un falso concilio, in cui ha proclamato una "autocefalia". Più precisamente, non l'ha nemmeno proclamata, ma ha dichiarato l'unificazione con la Chiesa ortodossa autocefala ucraina e lo ha fatto persino all'insaputa del capo di quest'ultima, il "patriarca" Mstislav.

È stato un vero e proprio scisma, in cui Filaret si è ritirato personalmente insieme ad altri due vescovi della Chiesa ortodossa ucraina, già sopsesi dal sacerdozio. Diverse comunità si sono unite a loro, ma non una sola diocesi, non un solo monastero, non una sola istituzione educativa sono caduti nello scisma.

Non parleremo della possibile proclamazione dell'autocefalia della Chiesa ortodossa ucraina, poiché è impossibile analizzare ciò che non esiste. Ma possiamo parlare dell'autocefalia di Chiese come quella romena, bulgara e altre. Queste hanno proclamato unilateralmente la loro autocefalia, contrariamente all'opinione del Patriarcato di Costantinopoli, ma questa proclamazione è avvenuta a nome dell'intero episcopato e dei fedeli delle loro chiese. Significa che l'intera Chiesa nel rispettivo territorio ha cercato l'autocefalia, piuttosto che singoli individui, come nel caso di Filaret Denisenko.

Il punto successivo che Govorun manipola è l'equalizzazione di "ciascuna delle chiese ucraine", che, a suo avviso, dovrebbero accettare di "abnegarsi" per amore della '"unità".

Tuttavia, la Chiesa ortodossa ucraina è la vera Chiesa di Cristo, mentre la "Chiesa ortodossa dell'Ucraina", come i suoi predecessori, il "patriarcato di Kiev" e la "Chiesa ortodossa autocefala ucraina", sono denominazioni che si sono staccate dalla Chiesa. Allo stesso tempo, la decisione del Patriarcato di Costantinopoli dell'11 ottobre 2018 sulla restaurazione nella Chiesa di "Filaret Denisenko, Makarij Maletich e i loro seguaci" non fa alcuna differenza. Dopotutto, il peccato di scisma, come ogni altro peccato, viene sanato dal pentimento e da nient'altro. Non ci sono stati, di fatto, pentimento e ricongiungimento con la Chiesa. Come dovrebbe essere inteso in questo senso l'appello di Govorun alla "abnegazione" in relazione alla Chiesa ortodossa ucraina? La Chiesa ortodossa ucraina deve rinunciare alla grazia di Dio che dimora in lei e convenire che la grazia dimora anche nello scisma?

Perché non bisogna cedere alla tentazione

In primo luogo, Govorun invita a commemorare il patriarca Bartolomeo e poi a tenere un nuovo Concilio non per tutto il clero della Chiesa ortodossa ucraina, e ancor più non per l'intero episcopato, ma solo per coloro "che non vedono altre opzioni per se stessi, anche attraverso l'adesione alla "Chiesa ortodossa dell'Ucraina"." Una potenziale divisione è chiara.

La gerarchia della Chiesa ortodossa ucraina, al contrario, chiede l'unità e afferma che la Chiesa ortodossa ucraina dovrebbe decidere il proprio destino solo in via conciliare. Per esempio, il 2 marzo 2022, il metropolita Antonij di Borispol e Brovary, metropolita della Chiesa ortodossa ucraina, ha dichiarato: "Non soccombete alle provocazioni: tutte le questioni ecclesiastiche dovrebbero essere considerate e risolte esclusivamente in modo canonico e con mente conciliare. Tutto questo, inoltre, non va fatto sotto il fragore delle esplosioni militari, ma nella pace di Cristo e nella preghiera".

Cioè, non è l'opinione dei singoli e nemmeno il desiderio di autocefalia di una parte significativa dei credenti ad essere messa in primo piano, ma la volontà di Dio, che si manifesta proprio nel modo conciliare delle decisioni. In altre parole, se è la volontà di Dio, la Chiesa ortodossa ucraina avrà l'autocefalia, altrimenti non l'avrà. In ogni caso, essa deve preservare la sua unità interna.

In secondo luogo, Govorun invita a chiudere un occhio sul problema della non canonicità (in altre parole, assenza) delle consacrazioni dell' "episcopato" della "Chiesa ortodossa dell'Ucraina" e semplicemente riunirsi e concordare in qualche modo sulla convivenza. Tuttavia, è proprio l'invalidità delle ordinazioni che non consente non solo di compiere azioni di unificazione con i rappresentanti della "Chiesa ortodossa dell'Ucraina", ma impedisce anche ad altre Chiese locali di riconoscere questa struttura.

Per esempio, il primate della Chiesa albanese, l'arcivescovo Anastasios, ne parla così:

"Lo stesso dolore e la stessa angoscia struggente per la conservazione dell'unità della Chiesa ortodossa ci obbligano a esprimere dubbi fondamentali sul riconoscimento retroattivo delle ordinazioni compiute da una persona deposta, scomunicata e anatemizzata. <...> Per tutto il tempo, mentre il signor Filaret veniva deposto e anatemizzato, compiva riti non canonici, che non erano veri e propri sacramenti. Perciò le consacrazioni da lui compiute sono invalide, vuote, prive della grazia divina e dell'opera dello Spirito Santo. Tra le altre, le successive ordinazioni come diacono, sacerdote e, infine, come vescovo, del suo segretario Sergej Dumenko, ora metropolita Epifanij. <…>

È riconosciuto in modo pan-ortodosso come principio ecclesiologico fondamentale che le ordinazioni degli eretici e degli scismatici, e specialmente di quelli deposti e scomunicati, come i "sacramenti" compiuti fuori della Chiesa, non sono valide. Questo principio fondamentale è indissolubilmente legato all'insegnamento ortodosso sullo Spirito Santo e costituisce il fondamento incrollabile della successione apostolica dei vescovi ortodossi. Siamo convinti che sia inaccettabile trascurare questo principio".

Questa citazione così lunga è necessaria per mostrare quanto sia grave la questione della mancanza di grazia dell' "episcopato" della "Chiesa ortodossa dell'Ucraina". Inoltre, l'arcivescovo Anastasios non è il solo a questo riguardo.

In risposta alla richiesta del patriarca Bartolomeo di riconoscere la "Chiesa ortodossa dell'Ucraina", il primate della Chiesa polacca, il metropolita Sawa, ha dichiarato alla fine del 2018: "Filaret Denisenko è stato deposto e retrocesso alla posizione di un laico. Quindi avrebbe "iniziato" i suoi nuovi seguaci. Queste sono persone senza grazia sacramentale. <...> Filaret e i suoi seguaci non mostrano pentimento, rimorso, umiltà, che di solito precedono la revoca delle censure! Non è mai successo e qui sta il problema. Pertanto, non possono essere riconosciuti come veri pastori che possono compiere i sacramenti. Il cosiddetto "metropolita" Epifanij, in realtà un laico, è una vittima".

In altre parole, né la decisione del Patriarcato di Costantinopoli né l'aggressione militare della Federazione Russa rendono benedetto l' "episcopato" della "Chiesa ortodossa dell'Ucraina".

In terzo luogo, anche senza unirsi alla "Chiesa ortodossa dell'Ucraina" in futuro, l'odierna commemorazione del patriarca Bartolomeo come loro primate significa un tradimento della Chiesa ortodossa ucraina e di sua Beatitudine il metropolita Onufrij e l'effettivo trasferimento alla giurisdizione del Patriarcato di Costantinopoli. Allo stesso tempo, ci sono ancora due processi in evoluzione nel Patriarcato di Costantinopoli, che, in sostanza, costituiscono un allontanamento dall'Ortodossia in quanto tale. Si tratta dello sviluppo dell'eresia del papismo costantinopolitano, secondo il quale il capo della Chiesa è proprio il Patriarca di Costantinopoli, e il cammino verso l'unificazione con il Vaticano, cioè una nuova unia, in cui saranno invariabilmente coinvolti tutti coloro che riconoscono la supremazia del patriarca Bartolomeo.

Anche supponendo che una parte delle comunità della Chiesa ortodossa ucraina soccomba alla tentazione e segua il consiglio di Govorun, la maggioranza rimarrà comunque fedele alla Chiesa ortodossa ucraina e al metropolita Onufrij, e si verificherà una vera spaccatura all'interno della Chiesa ortodossa ucraina. Pertanto, ciò che Govorun afferma non è affatto l'unificazione, ma, al contrario, la separazione dei credenti. È esattamente la stessa separazione avvenuta a seguito della creazione della "Chiesa ortodossa dell'Ucraina". Dopotutto, fin dall'inizio era chiaro che la maggioranza dell'episcopato della Chiesa ortodossa ucraina non avrebbe sostenuto l'idea della "autocefalia" concessa dal Fanar all'Ucraina, che avrebbe diviso la Chiesa ortodossa ucraina.

Forse questo è esattamente ciò che cercavano gli iniziatori di questo progetto. Tuttavia, la Chiesa ortodossa ucraina è rimasta unita. Solo due vescovi l'hanno lasciata, diverse dozzine di comunità sono state trasferite volontariamente alla "Chiesa ortodossa dell'Ucraina" e diverse centinaia di chiese sono state sequestrate. La stessa "Chiesa ortodossa dell'Ucraina" è stata divisa subito dopo la sua istituzione. Filaret Denisenko ha lasciato questa organizzazione e ora sta ricreando attivamente il suo "patriarcato di Kiev".

Ora l'idea di trasferirsi al Patriarcato di Costantinopoli semplicemente commemorando il Patriarca Bartolomeo alla Divina Liturgia mira a dividere nuovamente la Chiesa ortodossa ucraina.

Dumenko è scontento

Va da sé che la "Chiesa ortodossa dell'Ucraina" non è affatto entusiasta delle idee espresse da Govorun. Dopotutto, se si immagina che la Chiesa ortodossa ucraina sia subordinata a Bartolomeo e poi accetti un "concilio d'unificazione 2.0", allora dominerà per il numero del suo episcopato e dei credenti.

A quanto pare, lo stesso Govorun se ne rende conto ora, da quando ha pubblicato un chiarimento sulla sua posizione su Facebook, che, di fatto, la cambia completamente: "Vedo qualche ripensamento su cose che io non intendevo, proponendo un concilio d'unificazione. Ho già scritto che dovrebbe essere una conseguenza del concilio d'unificazione del 15 dicembre 2018, così come del Tomos del Patriarcato Ecumenico del 6 gennaio 2019. Non si tratta di creare una sorta di nuova chiesa. L'Ucraina ha già una chiesa locale. Si tratta di una discussione conciliare congiunta sul formato della convivenza canonica insieme a chi vuole unirsi a essa a partire dalla Chiesa ortodossa ucraina del Patriarcato di Mosca".

Di conseguenza, non si tratta più della necessità dell'abnegazione per ciascuna delle chiese ucraine, né si tratta di finalizzare il processo di unificazione dell'Ortodossia ucraina come risultato di questa guerra. Cosa avverrebbe poi? La divisione della Chiesa ortodossa ucraina in coloro che rimangono fedeli al metropolita Onufrij e coloro che passano al patriarca Bartolomeo. Cioè, la situazione religiosa sarà ancora più intricata; ci sarà ancora più ostilità e discordia tra le confessioni religiose con un'altra linea di divisione nella società ucraina.

Invece, la Chiesa ortodossa ucraina si propone di preservare l'unità della Chiesa, di difendere insieme la patria, di aiutare i sofferenti e gli indigenti e di pregare per una pace precoce. Dopo l'arrivo di questa pace, il futuro destino della Chiesa ortodossa ucraina può essere determinato conciliamente, nella preghiera e nel consenso. Ora siamo tutti responsabili del destino dell'Ucraina e del destino della nostra Chiesa. Far oscillare una barca in una tempesta può solo portare alla morte. Invece, le azioni concertate dell'equipaggio, e la lealtà al buon timoniere, sua Beatitudine il metropolita Onufrij, sono una promessa che supereremo tutte le difficoltà e diventeremo ancora più forti e più uniti.

 
Nuovo luogo di culto ortodosso a Città del Messico

da Pravmir, 2 agosto 2014

In conformità con un accordo tra l'arcivescovo Iustinian di Elista e Kalmykia, autorizzato da sua Santità il patriarca Kirill di Mosca e di tutta la Rus', e il primate cattolico del Messico, l'arcivescovo Norberto Rivera Carrera di Città del Messico, la chiesa della Concezione della Vergine Maria (del XVII secolo) è stata consegnata per uso temporaneo gratuito alla parrocchia della Chiesa ortodossa Russa della santa Protezione della Madre di Dio. L'accordo è stato raggiunto nel corso di una riunione tra il metropolita Ilarion di Volokolamsk, presidente del Dipartimento per le relazioni ecclesiastiche esterne del Patriarcato di Mosca, e il primate cattolico del Messico nel gennaio 2014.

Il 27 luglio 2014, l'arcivescovo Iustinian e l'arcivescovo Alejo di Città del Messico e di tutto il Messico (Chiesa Ortodossa in America) hanno celebrato la prima Liturgia nella chiesa.

Tra i presenti alla funzione era il rev. Eduardo Losano, decano della diocesi cattolica della zona centrale di Città del Messico, e rettore del seminario cattolico di Città del Messico.

Dopo la Liturgia, l'arcivescovo Iustinian ha salutato padre Eduardo e per conto della comunità ortodossa di lingua russa ha espresso la sua gratitudine al primate del Messico per il suo aiuto a stabilire la  parrocchia del Patriarcato di Mosca nel centro della capitale del Messico.

 
"Revocare l'autocefalia per cinque anni": sui piani del metropolita Grigorios di Peristeri

il metropolita Grigorios di Peristeri

Il metropolita Grigorios di Peristeri ha recentemente lanciato una curiosa iniziativa: privare la Chiesa ortodossa russa dell'autocefalia per cinque anni come punizione per aver accolto nella propria giurisdizione chierici e laici del Patriarcato d'Alessandria che consideravano inaccettabile rimanere nella giurisdizione di una gerarchia che era entrata in comunione eucaristica con degli ovvi scismatici - Dumenko e i suoi adepti, e la successiva istituzione di un esarcato sul territorio dell'Africa. In altre parole, il metropolita Grigorios (Papathomas), canonista famoso per i suoi concetti originalissimi, che nessuno aveva preso sul serio prima, accusa la Chiesa russa di invadere il territorio canonico del Patriarcato d'Alessandria.

Intanto, ricordiamo che la giurisdizione del trono d'Alessandria si estendeva in origine sull'Egitto, sulla Libia e sulla Pentapoli, ora parte della nazione libica distrutta dagli aggressori: "Saranno mantenute le antiche usanze dell'Egitto, della Libia e della Pentapoli, secondo le quali il vescovo d'Alessandria ha autorità su tutti questi luoghi poiché esiste una consuetudine simile nei confronti del vescovo di Roma. Similmente ad Antiochia e nelle altre province si conservino le prerogative delle Chiese..." (Canone 6 del primo Concilio ecumenico) [1], ma non sull'Africa. Durante l'era dei Concili ecumenici, era chiamata Africa la diocesi con il suo centro a Cartagine, che era approssimativamente il territorio della moderna Tunisia e della parte orientale dell'Algeria. L'inizio della reale presenza della Chiesa d'Alessandria nei paesi al di fuori dell'Egitto può essere fatta risalire agli anni '20 del XX secolo. L'estensione della giurisdizione del Patriarcato d'Alessandria sull'intero continente non è stata in seguito contestata da una sola Chiesa ortodossa locale, inclusa la Chiesa russa.

Ma la situazione è cambiata radicalmente nel 2020, dopo che il patriarca d'Alessandria è entrato in comunione eucaristica con gli scismatici ucraini. I sacerdoti e i laici canonicamente consapevoli non potevano più rimanere sotto la giurisdizione di una gerarchia scismatica. Naturalmente hanno cercato una soluzione legittima alla crisi che era sorta, e l'hanno trovata rivolgendosi alla gerarchia della Chiesa russa con la richiesta di essere accolti in comunione con loro. Non ci può essere altra soluzione che accogliere nella comunione canonica e prendersi cura di coloro che hanno compreso il pericolo dello scisma in cui gli scismatici li hanno trascinati. Dopo che il primate ortodosso d'Alessandria si è allontanato dall'Ortodossia, canonicamente il continente africano è diventato una diaspora per la Chiesa ortodossa.

E così, dopo che il Patriarcato di Mosca ha compiuto il suo passo canonicamente legittimo, un apologeta di Dumenko ha avanzato l'idea esotica di mettere sotto processo la Chiesa russa. Il metropolita Grigorios (Papathomas) propone che un Concilio della Pentarchia conduca questo processo, indipendentemente dal fatto che i canoni non prevedano tali istituzioni o procedure. Come sappiamo, l'insegnamento peculiare di una "Pentarchia", cioè che nella Chiesa non possono esserci che cinque patriarchi, così come ci sono solo cinque sensi, e che l'intero Ecumene dovrebbe essere diviso tra loro, si è concretizzato nel XIX secolo. L'insegnamento della "Pentarchia", privo di ogni fondamento canonico o storico, ha fornito agli etnofiletisti del Patriarcato di Costantinopoli false ragioni per mantenere l'egemonia ecclesiastica sulle Chiese ortodosse non greche. Nel frattempo, il terzo Concilio ecumenico aveva già affermato nel suo ottavo canone l'autocefalia della Chiesa di Cipro, che Antiochia aveva contestato, e non aveva lasciato alcuna ragionevole base ecclesiastica per lo sviluppo di alcun insegnamento circa l'esclusiva superiorità dei primi cinque troni patriarcali sul mondo cristiano. Oltre all'autocefalia della Chiesa di Cipro guidata da un arcivescovo, dall'epoca del santo imperatore Giustiniano esisteva anche la Chiesa autocefala di Nuova Giustiniana, guidata da un arcivescovo, e ad essa è legata per successione l'autocefalia dell'arcivescovado di Ocrida. In senso storico, l'insegnamento della Pentarchia perse ogni fondamento di esistenza dopo che la cattedra romana, che ancora occupa il primo posto nei dittici, decadde dalla Chiesa ortodossa ecumenica. La Chiesa romana aveva inoltre rifiutato in precedenza questo insegnamento attribuendo a se stessa la giurisdizione universale, cosa che ovviamente è la ragione principale dello scisma del 1054.

Sono trascorsi più di mille anni da allora, e ora, ai nostri giorni, nel 2011, con la mano leggera del patriarca Bartolomeo, è stata riproposta l'idea di una "neopentarchia", la cui composizione dovrebbe essere costruita come segue: quattro antichi patriarcati e la Chiesa di Cipro. E ora il metropolita Grigorios (Papathomas) propone che questa istituzione, che esiste solo nell'immaginazione e nelle parole di alcuni personaggi ecclesiastici, assuma il ruolo di autorità giudiziaria nella Chiesa di Cristo, al posto di un concilio ecumenico; affinché la neopentarchia pronunci in corpore un giudizio contro la Chiesa ortodossa russa autocefala e affermi in questo processo il progetto in cui egli [il metropolita Grigorios] ha già escogitato personalmente la sentenza, nella forma della privazione del Patriarcato di Mosca dell'autocefalia per cinque anni. Non ci sono precedenti noti per tali processi giudiziari; i tribunali ecclesiastici non hanno mai sottoposto a tale procedimento nessuna Chiesa locale, diocesi, parrocchia o monastero, ma solo laici e sacerdoti personalmente accusati di scisma, di caduta nell'eresia o di altri crimini ecclesiastici. La suprema autorità giudiziaria in ogni Chiesa autocefala è esercitata in assoluta autonomia, con decisioni inappellabili e non soggette ad alcun controllo se non quello di un Concilio ecumenico. Le accuse mosse dal metropolita di Peristeri contro la Chiesa ortodossa russa sono sostanzialmente infondate, perché, come abbiamo detto prima, nessuno è obbligato a rimanere nella giurisdizione di un vescovo che è andato in scisma, e l'accettazione nella comunione canonica di chierici e laici che hanno lasciato gerarchi che sono entrati in scisma non è solo un diritto, ma l'atto di adempimento di un dovere ecclesiastico. I confini canonici delle Chiese locali restano applicabili solo a quelle Chiese che restano in seno all'unica santa Chiesa cattolica e apostolica, e non alle denominazioni scismatiche o eretiche.

L'idea del metropolita Peristeri è quindi un conglomerato di assurdità e ovviamente non è realistica, ma poiché non vi sono motivi per sospettare che il suo autore abbia perso la ragione o la memoria, ovviamente non è un'idea calcolata per produrre il suo presunto risultato. Si tratta di una provocazione, molto probabilmente mirata ad approfondire la crisi nelle relazioni reciproche tra le Chiese ortodosse locali, in altre parole, a minare l'Ortodossia.

In questo caso, difficilmente si tratta di un'iniziativa personale, ma molto probabilmente dell'adempimento di un ordine di qualche altra entità. Un tempo fu ufficialmente annunciato che, dopo la vittoria sul comunismo a seguito della guerra fredda, la Chiesa ortodossa doveva essere vista come il principale nemico del "mondo libero".

Nell'articolo originale del metropolita Grigorios c'è un errore storico significativo - che, tra l'altro, fanno anche molti altri autori - sul fatto che la Chiesa ortodossa russa abbia ricevuto la sua autocefalia dal Patriarcato di Costantinopoli. Tale evento non ha mai avuto luogo. La Chiesa russa non ha ricevuto da nessuno l'autocefalia: fu costretta a rompere la comunione con il Patriarcato chiriarcale di Costantinopoli, che aveva apostatato dall'Ortodossia all'odioso Concilio di Firenze, e la Chiesa russa ottenne così l'autocefalia senza bisogno di alcun tomos da parte di una gerarchia scismatica o palesemente eretica. E questo non accadde nel 1589 ma nel 1448. Nel 1589 fu pubblicata la Gramota dell'Istituzione del Patriarcato di Mosca, firmata dai vescovi e dal primate del Patriarcato di Costantinopoli, che era ormai tornato dall'Unia in seno alla santa Chiesa cattolica e apostolica, dove la Chiesa russa era immancabilmente rimasta per tutta la sua storia dal tempo del Battesimo della Rus'.

Nota

[1] http://www.documentacatholicaomnia.eu/03d/0325-1965,_Concilia_Oecumenica,_Documenta_Omnia,_EN.pdf

 
I costi delle sanzioni

Dopo mesi di inconcludenti discussioni sulle sanzioni alla Russia (in maggioranza contrari fin dal primo giorno, e poi proni ad accettare le sanzioni non appena i loro veri padroni hanno fatto un fischio), i leader non eletti dell’Unione Europea hanno portato i nostri paesi a subire le conseguenze delle contromisure decretate dal governo russo (l’Italia sarà uno dei paesi più danneggiati). Saker ha interrotto uno dei suoi pochi giorni di vacanza per preparare una delle sue magistrali analisi delle conseguenze che si vedranno in tutto il mondo come conseguenza di questa nuova situazione. Presentiamo l’articolo di Saker, molto appropriatamente intitolato Volete essere i cagnolini dello zio Sam? Pagatene il prezzo!, nella sezione “Geopolitica ortodossa” dei documenti.

 
Arciprete Andrew Phillips: un’utopia futura si apre in base alle nostre scelte

Alcuni giorni fa, padre Andrew Phillips ha provato a tratteggiare un futuro in cui la presente crisi ucraina ha lasciato spazio al miglior scenario possibile per i cristiani ortodossi. Presentiamo questo scenario, intitolato Verità e misericordia: il ventesimo secolo è finalmente concluso, nella sezione “Geopolitica Ortodossa” dei documenti.

In seguito, la pubblicazione del testo (che ha generato un notevole feedback di corrispondenza), ha spinto padre Andrew a scrivere numerose spiegazioni, che riportiamo nella sezione “Domande e Risposte” dei documenti. Il racconto, anche se di fantasia, si basa su diverse profezie di santi monaci ortodossi, e parla di uno scenario possibile attraverso un cammino di pentimento, senza il quale le nostre speranze restano infondate.

 
I due poli della religione occidentale dopo il 1054

Un modo in cui possiamo essere abbastanza certi che l'Occidente abbia perso il contatto con la grazia increata della santissima Trinità è considerare le linee guida di coloro che in Occidente sono ritenuti i campioni del cristianesimo tradizionale. I nomi che emergono più spesso dai cattolici romani sono Tommaso d'Aquino e J.R.R. Tolkien; per i protestanti, il punto di riferimento è C.S. Lewis. Tutti e tre rappresentano gli stessi due poli della dialettica successiva al grande scisma in Occidente: Tommaso d'Aquino è il polo del razionalismo freddo e asciutto; Tolkien, il calore e le emozioni dell'immaginazione sensuale. Lewis incarna entrambi gli elementi per i protestanti con la sua saggistica (ragione) e la sua narrativa (immaginazione).

Mentre l'Occidente ha percorso la propria strada dopo essere stato strappato alla Fede ortodossa per opera dei vescovi di Roma, si è spostato da un polo all'altro: dall'aridità scolastica alla carnalità rinascimentale; da qui al deismo meccanicistico e alla sua reazione, quel vulcano di passioni umane che fu il romanticismo; seguito dal gelido scientismo, che a sua volta comincia a cedere nuovamente al desiderio dell'uomo di qualcosa di vivo e di spirituale.

Tali cambiamenti regolari e bruschi, tendenti al disordine nella società, sono stati generalmente sconosciuti nella Chiesa ortodossa, poiché in essa si trova la pienezza della grazia di Dio (questo è leggermente cambiato dalla caduta del protettore della Chiesa, l'Impero romano cristiano, con il martirio di san Nicola II e della sua famiglia, che ha reso la Chiesa più suscettibile agli attacchi mondani). Ma da quando l'Occidente ha perso quella grazia, ha cercato disperatamente un sostituto. Da qui le incessanti oscillazioni dialettiche tra ragione e immaginazione; quando l'Occidente è saturo di una delle due, inizia ad abbuffarsi dell'altra.

Padre Seraphim Rose, di beata memoria, spiega il movimento d'allontanamento dell'Occidente dalla fede ortodossa verso questi due poli nel suo Corso di sopravvivenza ortodossa:

'Quindi possiamo vedere che qui – e [Tommaso d'Aquino, nda] è l'apice della scolastica – c'è una sistematizzazione dell'insegnamento cristiano, che in realtà subordina l'insegnamento cristiano alla logica. Ma la logica stessa, ovviamente, dipende dal punto di partenza. Ed essi pensavano di partire dalla rivelazione cristiana di base. Vedremo presto che entrano in gioco altre cose d'ogni genere, che influiscono sulla ragione. In questo sistema scolastico la logicità diventa la prima prova della verità, e la sorgente viva della fede è posta in secondo piano. Ed è per questo che i successori hanno odiato così tanto la scolastica, perché la percepivano come una struttura completamente morta in cui non c'è più vita, una pigra discussione su questioni di cui nessuno si preoccupa, e quando discuti di domande vere, le appiattisci e le smorzi. E un uomo occidentale, sotto questa influenza, comincia a perdere la sua relazione vivente con la Verità. E così il cristianesimo si riduce a un sistema, al livello umano. E questa è una delle radici principali degli ultimi errori in Occidente, che si possono in effetti riassumere nel tentativo di creare con sforzi umani qualcosa di meglio del cristianesimo.

È successo anche qualcos'altro: la tradizione ortodossa non è stata solo razionalizzata, ma anche mescolata con il romanticismo. L'elemento delle leggende pagane che entrano nelle Vite dei santi ortodosse in questo periodo ha fatto sì che se alcune Vite dei santi che abbiamo nelle nostre fonti ortodosse sono lette in una fonte latina medievale, si rimane completamente stupiti.

Si può ovviamente vedere che si tratta di favole assolute introdotte nella vita di un santo, per ragioni che non sappiamo, forse ci sono influenze pagane, frutto di un'ottima immaginazione. Ebbene, comunque, questo elemento di romanticismo entra anche in una cosa come la Vita di un santo, facendola diventare una fiaba totalmente inventata.

E in molti altri casi vediamo che nelle fonti cattoliche romane già dall'alto Medioevo fino al XIII secolo, moltissimi di questi elementi romantici entrano in gioco. Non possiamo fidarci di quelle fonti. E questo fu il motivo per cui gli studiosi successivi arrivarono a diffidare delle fonti. Inoltre, ci sono, naturalmente, cose come le leggende del Graal, che derivano da leggende celtiche, leggende pagane, la Legenda Aurea...'

La menzione del Graal da parte di padre Seraphim è la chiave per capire cosa è successo in Occidente. Nella loro conversazione sulle leggende del Graal (andate agli ultimi dieci minuti), Jonathan Pageau e Richard Rohlin sottolineano che questa storia entra nella tradizione occidentale molto rapidamente dopo la rottura dell'Occidente con la Chiesa ortodossa, come se tale tradizione stesse già ammettendo che è scomparso qualcosa di essenziale (cioè, la grazia di Dio), e che non si dovrebbe risparmiare alcuno sforzo per ritrovarlo. Tutta la successiva storia dell'Occidente è semplicemente una ripetizione della storia del Graal: l'uomo occidentale cerca di soddisfare l'abisso che si è aperto nella sua anima ora che la grazia di Dio nella Chiesa ortodossa gli è stata strappata via.

Per la sua sostituzione, l'Occidente ha tentato molti esperimenti della ragione e dell'immaginazione, ma sono stati e saranno sempre destinati al fallimento, come spiega abilmente il metropolita Hierotheos di Nafpaktos:

Credo che, al contrario, la teologia contemporanea sia congetturale, razionalistica. Si basa sulla "ricchezza" che è la ragione. Ciò che dice l'archimandrita Sophrony è caratteristico: "Un altro tipo di immaginazione di cui vogliamo parlare è il tentativo dell'intelligenza di penetrare il mistero dell'essere e di apprendere il mondo divino. Tali sforzi coinvolgono inevitabilmente l'immaginazione, a cui molti sono inclini a dare un'etichetta altisonante: ispirazione divina. L'asceta, dedicandosi al silenzio interiore attivo e alla preghiera pura, combatte risolutamente dentro di sé questo impulso "creativo" perché vi vede un "processus" contrario al vero ordine dell'essere, con l'uomo che "crea" Dio a sua immagine e somiglianza.

L'archimandrita Sophrony scrive anche: "Il teologo che è un intellettuale [logico] costruisce il suo sistema come un architetto costruisce un palazzo o una chiesa. I concetti empirici e metafisici sono il materiale che usa, e si preoccupa più della magnificenza e della simmetria logica del suo edificio ideale che del fatto che debba conformarsi all'ordine reale delle cose.

Per quanto strano possa sembrare, molti grandi uomini non sono stati in grado di resistere a questo [razionalismo], in effetti, una tentazione ingenua, la cui causa nascosta è l'orgoglio.

Ci si attacca ai frutti della propria intelligenza [razionalismo] come una madre al proprio figlio. L'intellettuale [logico] ama la sua creazione come se stesso, si identifica con essa, si chiude in essa. Quando ciò accade nessun intervento umano può aiutarlo: se non rinuncia a ciò che crede essere ricchezza, non raggiungerà mai la pura preghiera e la vera theoria.

Poiché l'Occidente ha deformato la santissima Trinità con le sue dottrine dell'assoluta semplicità divina e del filioque nel Credo niceno (un dio che somiglia molto al dio dei neoplatonici), e anche l'umanità stessa attraverso l'oblio del nous, essa non può raggiungere 'vera theoria', la visione e l'unione con la Luce increata di Dio; la visione dei logoi delle cose create; né conversare con i santi e gli angeli: molto di questo è stato elaborato da san Gregorio Palamas e da tutti gli altri esicasti che vennero prima e dopo di lui. Il meglio che i tradizionalisti in Occidente possono fare a questo punto è creare mondi immaginari, un regno celeste immaginario, nel vano tentativo di afferrare ciò da cui sono stati tagliati fuori. Così si spiega la servile adorazione per il Legendarium de Il Signore degli Anelli di Tolkien da parte dei cattolici romani; e la stessa attitudine per l'universo di Narnia di Lewis da parte dei protestanti. Purtroppo, questo è l'apice della civiltà cristiana per l'Occidente apostata, falsi regni sostitutivi della mente in cui essi abitano con figure immaginarie che non possono aiutarli affatto: Sam, Frodo, Galadriel, Aslan, Puddleglum, le grandi aquile della Terra di Mezzo NON salveranno l'Occidente.

Noi apprezziamo la saggezza e la bellezza che sono presenti nelle opere di scrittori occidentali non ortodossi come Tolkien e Lewis, ma ciò non cambia ciò che sono: sostituti del Regno noetico dei Cieli.

Eppure è proprio quel Regno che può salvare l'Occidente, ma è sepolto – sepolto in profondità sotto gli strati di falsi insegnamenti e pratiche distruttive che si sono accumulati negli ultimi 1.000 anni. È il Regno della Chiesa ortodossa, il Regno dei santi dell'Occidente dei primi 1.000 anni della sua storia cristiana. Se riesce a recuperare questo Regno, l'Occidente vivrà. San Nicola Cabasilas (XIV secolo), scrive a riguardo,

'...la perfetta santità dei santi è il dono più grande di Dio agli uomini... Piuttosto, è tutto il suo dono. Perché il coro dei santi è il completamento e il frutto di tutti i benefici che ha concesso alla nostra stirpe; per essa furono fatti il cielo e la terra e l'intero universo creato; il paradiso, i profeti, lo stesso Dio incarnato e i suoi insegnamenti, le sue opere, la sua passione e morte hanno un solo scopo: che gli uomini possano essere elevati dalla terra al cielo, che possano ereditare il regno' (Commentario sulla Divina Liturgia).

È vero che in Occidente si può vedere ogni tanto una suora eccentrica o un vescovo carismatico che attira in qualche modo l'attenzione, ma questo non basta per salvare l'Occidente. E quei cattolici romani che affermano di essere santi sono a volte uomini e donne in profonda illusione, che seguono pratiche dannose (i tagli sul petto di Margaret Mary Alacoque) o disgustose (la fede nuziale di Caterina da Siena presumibilmente fatta con il prepuzio circonciso di Cristo). La maggior parte dei protestanti ha abolito del tutto la santità affermando che tutti i cristiani sono santi.

Queste persone non possono condurre gli occidentali a una soddisfacente e desiderata unione con Dio, per la quale sono stati creati. Ma il desiderio di un vero incontro con il Divino rimane, e sta portando l'Occidente in due direzioni diverse: una strada torna verso gli antichi dèi precristiani, e l'altra cerca 'nuove rivelazioni' (come Fatima, Lourdes, eccetera.). Considerando ciò che papa Francesco farà questo venerdì in occasione dell'Annunciazione ("consacrando" la Russia secondo i decreti di Fatima), è importante confutare in anticipo la mariolatria e gli altri errori dei cattolici romani che si manifestano in queste "visioni":

Una teologia trinitaria manchevole, e un'indebita enfasi sugli insegnamenti agostiniani sul peccato originale e sulla redenzione, insieme a una gerarchia composta di soli maschi, provocò la perdita dell'elemento femminile nella cristianità occidentale, e creò un "vuoto dalla forma di Dea": la Vergine Maria era la candidata più ovvia per riempire quel vuoto. <...>

Nella Chiesa latina, le esagerazioni mariane hanno raggiunto vette sempre più alte, interrotte solo brevemente dalla Riforma protestante. La Vergine, dandogli una natura umana, avrebbe "reso più perfetto il Creatore dell'universo" – un'idea perfettamente contraria a quella delle Scritture e dell'Ortodossia, in cui l'Incarnazione è vista come una kenosis, uno svuotamento di sé da parte di Cristo – "benché fosse ricco, per noi si è fatto povero". La più strana fantasia di Bernardino da Siena, la "seduzione di Dio", viene descritta in un linguaggio più appropriato a una leggenda greca di Zeus che al grande mistero dell'Incarnazione. La Vergine era più elevata della Chiesa... aveva autorità sul proprio Figlio nei cieli... placava la giustizia divina, e impediva a Dio di punire i peccatori... con lo Spirito Santo, faceva nascere Cristo nelle anime. "Perfino la lingua dello Spirito Santo" era "appena sufficiente a celebrare degnamente le sue lodi"! Sfortunatamente, gli autori e i predicatori di queste sciocchezze blasfeme venivano frequentemente canonizzati, cosa che era considerata come un segno di approvazione ufficiale. Tali distorsioni potrebbero benissimo essere il "materiale" di cui sono fatte le apparizioni mariane. La Dea, o almeno un essere semidivino, è tornata. <...>

Chi è questa Signora apparsa migliaia di volte e acclamata da milioni di persone? È la stessa Madre di Dio che nell’Ortodossia conosciamo dalle Scritture, dalle funzioni e dagli insegnamenti della Chiesa? Sembra quasi che il culto delle apparizioni mariane abbia una vita e un ethos propri, come se si trattasse di una religione separata: una specie di Cristanesimo sovrapposto al culto della Dea e allo spiritismo. La Vergine, non il Cristo, è la figura centrale. Il Cielo parla attraverso di lei, non di lui. Nonostante l’insegnamento ufficiale di Roma, che ancora vieta di porre Maria allo stesso livello di suo Figlio, è lei che predomina. Geoffrey Ashe sembra aver colto nel segno quando afferma che "la vitalità della Chiesa di Cristo (la Chiesa Cattolica Romana!) sembra spesso essere dipesa da lei, più che da lui". <...>

Il bisogno dell’eterno femminino giace nelle profondità della psiche umana. Questo bisogno trova piena soddisfazione nella Santa Trinità, il cuore dell’Ortodossia. Laddove l’insegnamento trinitario è privo di equilibrio, e lo Spirito Santo è trascurato, è facile assistere al "ritorno della Dea", sia sotto forma di eccessi mariani che dell’apparizione di correnti gnostiche, con le loro richieste di donne sacerdoti e i loro termini privi di riferimenti al genere quando si parla di Dio.

Miriam Lambouras, 'Le apparizioni mariane: intervento divino o illusione?'

Non dee e sacri cuori; non sillogismi ermetici; non Aragorn, Gimli e Legolas; non Gandalf e i Valar; non computer quantistici e intelligenza artificiale. Ma invece i santi Ambrogio di Milano, Beda e Bonifacio, Cutberto di Lindisfarne, Davide del Galles, Eteldreda di Ely, Felice di Nola, Genoveffa di Parigi, e tanti altri. Dissotterriamoli dai loro depositi nei loro musei vuoti delle cattedrali gotiche (per prendere in prestito una frase da padre Andrew Phillips); prosterniamoci davanti a loro; baciamo i loro reliquiari; portiamoli in processione per città e campagne; andiamo in pellegrinaggio per salutarli; amiamo il Dio che essi hanno amato!

Ma è troppo tardi per l'Occidente, dicono alcuni.

Non è troppo tardi!

Anche una parte di lacrima, come diceva san Simeone il Nuovo Teologo, basta per far scendere su di noi la misericordia di Dio!

Un esempio dalla vita di un santo ortodosso d'Occidente sarà sufficiente per illustrarlo:

Il santo martire Pancario era un amico dell'imperatore Diocleziano. Abbandonò il cristianesimo e divenne pagano. Sua madre e sua sorella gli inviarono una lettera in cui esortavano l'apostata a temere Dio e il terribile Giudizio universale. Pentitosi, san Pancario confessò apertamente la sua fede davanti all'imperatore, e per questo subì torture a Roma. Poi fu mandato a Nicomedia e decapitato nel 303.

Sì, l'Occidente ha peccato gravemente abbandonando la Chiesa ortodossa, ma la misericordia di Dio è illimitata e il pentimento è ancora possibile. Attraverso le preghiere di san Pancario e di tutti i suoi santi ortodossi, veri tesori dell'Occidente perché traboccanti della grazia di Dio, possa fare ancora una volta la buona confessione; vedere il Regno di Dio nel cuore dei suoi popoli; vede nascere dall'Occidente nuove generazioni di santi!

 
Messina onora i suoi russi (...e noi?)

Ringraziamo il nostro corrispondente Giuseppe, che ci ha segnalato, in un giardino vicino al porto di Messina, un monumento eretto 2 anni fa e dedicato ai marinai russi che nel 1908 furono eroici soccorritori della città afflitta dal terremoto. In questi tempi di russofobia di ogni tipo, fa piacere vedere italiani attenti alla storia e alla verità dei fatti.

Uno dei marinai russi di Messina, Ioann Steblin-Kamenskij, è stato in seguito canonizzato come ieromartire dalla Chiesa ortodossa russa. Potete leggere la sua storia su questa pagina del blog Fos Ilaron.

 
Suor Vassa e Public Orthodoxy sull'Ucraina

murale in una cattedrale della Chiesa scismatica in Ucraina, riconosciuta dal Patriarcato ecumenico. In esso si vede san Giorgio che uccide l'aquila bicipite russa, persone letteralmente avvolte nella bandiera ucraina e sullo sfondo si vede anche la bandiera neonazista del Settore destro

Parte 1

Ancora una volta, suor Vassa e Public Orthodoxy hanno audacemente preso una posizione, che coincide proprio con l'opinione alla moda del momento. In un video di suor Vassa, e poi in una dichiarazione pubblicata da Public Orthodoxy (che suor Vassa ha firmato), essi esprimono la loro convinzione che l'invasione russa dell'Ucraina sia malvagia, che Putin sia l'unico colpevole e che la Chiesa russa dovrebbe condannare Putin per questo. E la dichiarazione prosegue accusando la Chiesa russa di vera e propria eresia. Nella prima parte, concentrerò la mia attenzione sul video di suor Vassa. Nella seconda parte, affronterò la dichiarazione di Public Orthodoxy.

La nebbia intenzionale della propaganda bellica

Prima di entrare nelle affermazioni specifiche di suor Vassa, vorrei parlare a quelli che sono abbastanza grandi per ricordarsi del periodo che ha portato alla prima Guerra del Golfo – e informare quelli che erano troppo giovani o non ancora nati – delle bugie che la nostra macchina propaganda governativa aveva sfornato per convincerci ad andare in guerra. Io le ricordo bene: mi sono arruolato nel Corpo dei Marines degli Stati Uniti perché credevo alle cose che ci dicevano. L'Iraq aveva invaso il Kuwait e ci raccontavano storie dell'orrore su come i soldati iracheni trattavano i kuwaitiani. Una delle cose più memorabili che ci era stata detta è che i soldati iracheni avevano fatto irruzione negli ospedali, avevano tirato fuori i bambini dalle incubatrici, li avevano lasciati sui pavimenti a morire e poi avevano trasportato quelle incubatrici in Iraq. Ci sono state testimonianze in tal senso di fronte al Congresso degli Stati Uniti, da parte di una giovane donna che sosteneva di essere stata testimone oculare di questi atti barbari. George H.W. Bush alludeva spesso a questo tema mentre suonava i tamburi di guerra. Non era qualcosa che poteva restare impunito. Qualcosa doveva essere fatto. L'unico problema era che era tutta una bugia. La giovane donna che aveva testimoniato davanti al Congresso era la figlia dell'ambasciatore kuwaitiano negli Stati Uniti e non era stata affatto in Kuwait durante o dopo l'invasione irachena. Naturalmente, questo è venuto alla luce solo molto tempo dopo la fine della guerra. Nel 1990 e nel 2003, la stragrande maggioranza degli americani ha sostenuto l'entrata in guerra con l'Iraq. Oggi, la stragrande maggioranza degli americani crede che questo sia stato un errore.

Poi, sotto Bill Clinton, abbiamo lanciato una guerra contro la Serbia, in cui l'abbiamo bombardata fino a farla ritornare all'età della pietra, abbiamo ucciso migliaia di civili e strappato il Kosovo dalla Serbia, dove ancora oggi abbiamo truppe americane di stanza. Ciò è accaduto anche a causa degli stenografi dei media mainstream, che hanno diligentemente presentato una storia unilaterale di una complicata guerra civile, insieme a innumerevoli invenzioni e bugie progettate per infiammare le emozioni del popolo americano... e poi gli Stati Uniti hanno fatto esattamente quello che stiamo accusando la Russia di fare in questo momento.

In vista della seconda Guerra del Golfo ci fu assicurato che c'erano armi di distruzione di massa accumulate da Saddam Hussein, e anche questa si rivelò una bugia. Abbiamo invaso l'Iraq e un paese che era cristiano al 10% ora ha pochi cristiani rimasti perché abbiamo scatenato i jihadisti islamici che Saddam Hussein aveva tenuto a guinzaglio, e da allora il paese è stato un disastro. Penso che siano rimaste poche persone che non vorrebbero tornare indietro nel tempo e rimettere Saddam Hussein a capo dell'Iraq. Per quanto cattivo fosse, il mondo era un posto molto più sicuro, e anche l'Iraq era un posto migliore e più sicuro.

Più recentemente abbiamo lanciato guerre di cambio di regime in Siria e in Libia, in cui i nostri militari hanno svolto ruoli diretti, che hanno provocato la morte di centinaia di migliaia di civili e l'espatrio di milioni di profughi. Ciò che abbiamo fatto in Libia ha causato ulteriore terrore islamico in altre parti dell'Africa, poiché le armi libiche si sono fatte strada nelle mani di terroristi islamici, come Boko Haram. Abbiamo visto aprire mercati di schiavi e la miseria umana è aumentata esponenzialmente, solo perché volevamo eliminare l'ultimo Hitler del momento. Se, dopo che ci siamo imbarcati in queste guerre di cambio di regime, avessimo creato al loro posto dei paradisi, forse si potrebbe giustificare questo genere di interventi come un tema di politica estera, ma invece trasformiamo costantemente delle brutte situazioni in veri e propri inferni.

"Hans, siamo noi i cattivi?"

Potrei continuare, ma noi siamo stati ripetutamente ingannati per andare in guerra in un paese dopo l'altro e, in quasi tutti i casi, la situazione è stata aggravata dalle nostre azioni. Ma il punto qui è che i media hanno volontariamente presentato al popolo americano propaganda progettata per scuotere l'opinione pubblica e convincerla a sostenere una politica estera americana basata su bugie.

Le complessità della guerra in Ucraina

Nei commenti, suor Vassa ripete molto i mantra che sentiamo nei media occidentali, come se fosse tutto vero, e non ci fosse nient'altro. Le sue argomentazioni fanno appello alle emozioni basate sulla narrativa dei media e fanno appello all'opinione della maggioranza, piuttosto che alla ragione, alle prove o all'argomentazione logica. Il problema qui è che ormai dovremmo sapere che non possiamo riporre molta fiducia in ciò che il nostro governo o i media ci dicono quando il nostro governo sta cercando di spingere l'opinione pubblica a sostenere una guerra. E statene certi, questo è proprio ciò che sta accadendo ora. Ci viene chiesto di sostenere una guerra economica, che avrà enormi ripercussioni sulla nostra stessa economia, così come su ogni economia del mondo, che colpirà in modo sproporzionato i poveri di tutto il mondo, e li metterà in posizioni in cui tenere insieme corpo e anima sarà estremamente difficile. Ci viene chiesto di fornire armi a una sola parte, e, se non stiamo attenti, c'è una prospettiva molto reale che potremmo presto essere coinvolti in combattimenti sul campo prima che tutto sia detto e fatto.

Chiunque provi a presentare questa guerra in termini semplici o ignora i fatti, oppure sta cercando di ingannarvi, e certamente non sta promuovendo la causa della pace. Questa guerra ha uno sfondo estremamente complicato. Per prima cosa, l'Ucraina non è mai stata un paese indipendente prima degli anni '90. Per la maggior parte degli ultimi 3 secoli è stata unita alla Russia, quindi ci sono forti legami con la Russia, in particolare nelle regioni orientali e meridionali dell'Ucraina. L'Ucraina ha avuto due "rivoluzioni" da quando è diventata indipendente, e in entrambe gli Stati Uniti hanno avuto un ruolo più che marginale. Nel 2014 abbiamo avuto un palese colpo di stato in cui il nostro paese ha sponsorizzato il violento rovesciamento del governo legittimamente eletto del paese. Di conseguenza ci sono stati disordini in tutta l'Ucraina orientale e meridionale. Il governo russo ha sequestrato la Crimea, che era stata la base della flotta russa del Mar Nero dai tempi di Caterina la Grande, e la cui popolazione ha sostenuto a schiacciante maggioranza l'azione. Nella maggior parte del sud, i disordini sono stati repressi violentemente, ma nell'Ucraina orientale due regioni hanno dichiarato la loro indipendenza e, con il sostegno russo, sono riuscite a evitare di essere schiacciate dal nuovo governo ucraino, ma le persone in quelle regioni sono state soggette a continui bombardamenti da parte dell'esercito ucraino negli ultimi 8 anni e circa 14.000 persone sono state uccise... ma la CNN non si è preoccupata di dire a qualcuno di indignarsi per quelle morti – e infatti, la maggior parte della gente è del tutto all'oscuro di questo aspetto del conflitto.

Per ulteriori informazioni sul colpo di stato del 2014, guardate il documentario Ukraine on Fire, il successivo documentario Ukraine Revealed, e How US-backed Maidan coup, Russiagate led to war in Ukraine.

Dal 2014 sono stati firmati due accordi di pace che avrebbero posto fine alla guerra nell'Ucraina orientale e, in entrambi i casi, non ne è venuto fuori nulla, perché il presidente dell'Ucraina non è stato in grado di attuarli o non lo ha voluto. Sono sicuro che questo genere di politica è molto difficile da condurre, ma mentre gli ultimi due presidenti ucraini hanno entrambi partecipato a una piattaforma per portare la pace nell'Ucraina orientale, ed entrambi potrebbero essere stati molto sinceri nelle loro intenzioni, nessuno dei due è stato in grado di realizzare le proprie intenzioni dichiarate... per qualsiasi motivo. Zelenskij è persino andato nell'Ucraina orientale e ha ordinato personalmente al battaglione Azov, apertamente nazista, di ritirarsi... e semplicemente quelli si sono rifiutati di farlo. Quindi non è chiaro chi abbia davvero condotto lo spettacolo in Ucraina.

Oltre agli 8 anni di guerra contro le persone di lingua russa nell'Ucraina orientale, Zelenskij ha suggerito nel febbraio di quest'anno che l'Ucraina avrebbe cercato di acquisire armi nucleari e l'Ucraina ha dichiarato la sua intenzione di aderire alla NATO e di riprendere la Crimea dalla Russia... con la forza, se necessario. La Russia aveva presentato agli Stati Uniti un elenco delle sue "linee rosse", la più grande delle quali è l'ingresso dell'Ucraina nella NATO, e gli Stati Uniti si sono rifiutati di accettare qualsiasi preoccupazione della Russia. Innumerevoli esperti [un primo esempio - un secondo esempio] hanno avvertito che questa politica di espansione della NATO alla fine avrebbe portato a una risposta militare dalla Russia.

E quindi, dato che questo era del tutto prevedibile, c'è da chiedersi perché l'amministrazione Biden abbia scelto di continuare a portare avanti l'espansione della NATO, piuttosto che spingere l'Ucraina ad attuare effettivamente gli accordi di Minsk e porre fine a una guerra durata 8 anni nell'Ucraina orientale.

Suor Vassa osserva che anche Fox e CNN concordano sul fatto che è tutta colpa della Russia. Il problema è che la guerra è l'unica questione bipartisan rimasta in America. Le istituzioni di entrambe le parti sono generalmente favorevoli alla guerra. Fox News ha generalmente preso la stessa posizione.

Suor Vassa respinge le preoccupazioni sui nazisti in Ucraina perché Israele si schiera con gli Stati Uniti, Zelenskij è ebreo, l'Ucraina ha combattuto contro i nazisti nella seconda guerra mondiale e suggerisce che come qualsiasi altro paese, l'Ucraina ha semplicemente persone con varie tendenze politiche. Ma Israele non ha altra scelta che schierarsi con gli Stati Uniti, dato che gli Stati Uniti sono l'unico alleato di Israele al mondo e finanziano e riforniscono pesantemente le sue forze armate. Zelenskij è ebreo, ma ciò non prova che non ci siano nazisti in tutte le forze armate e di sicurezza ucraine, e quando hai battaglioni apertamente nazisti che fanno parte dell'esercito ucraino, questo non è solo un problema di avere dei pazzi nel tuo paese. Sì, 8 milioni di ucraini sono morti combattendo i nazisti, ma molti di quelli dell'Ucraina occidentale sono morti combattendo per i nazisti. Ci sono state divisioni ucraine delle SS. E un criminale di guerra nazista è celebrato come un eroe nazionale: Stepan Bandera. Ovviamente l'ucraino medio non è un nazista, e si potrebbe obiettare che il governo russo ingigantisce il problema più di quanto sia giustificato, ma fingere che questo non sia un vero problema è ignorante o disonesto.

Anche la BBC ha riferito del pesante ruolo svolto dai nazisti nella politica ucraina [un primo esempio - un secondo esempio].

Si può affermare che il motivo principale per cui gli accordi di Minsk non sono mai stati attuati è che il governo ucraino ha il legittimo timore di essere rovesciato da queste forze naziste.

Non si può discutere onestamente dell'attuale guerra in Ucraina senza affrontare il colpo di stato del 2014, gli ultimi 8 anni di guerra nell'Ucraina orientale e le 14.000 persone (per lo più ucraini di lingua russa) che sono state uccise sotto bombardamenti quasi costanti e affrontare il ruolo di vari gruppi nazisti sia nel colpo di stato che nella guerra, e di certo non si può discuterne senza menzionare il ruolo degli Stati Uniti in tutto quanto sopra. Eppure suor Vassa ha ignorato queste cose quasi del tutto.

Dire che questa guerra è tutta colpa di Putin è quanto meno semplicistico. Se si dice che è tutta colpa sua, in effetti stai dicendo che non è colpa degli Stati Uniti, né del governo ucraino post-golpe. Ma è del tutto possibile che qui ci sia qualche colpa che è dovuta a ciascuna parte. E mentre Dio sa esattamente quanto siano da biasimare tutti i responsabili, non credo che noi lo sappiamo, a questo punto. Certamente semplifica le cose se riesci a dipingere un lato come persone senza cuore che tirano fuori i bambini dalle incubatrici e li gettano per terra, ma probabilmente è meglio aspettare di avere un'idea migliore di cosa è effettivamente successo prima di saltare a conclusioni semplicistiche.

Inoltre, dare tutta la colpa a Putin toglie qualsiasi pressione affinché gli Stati Uniti o l'Ucraina cerchino una soluzione di compromesso e, a questo punto, una soluzione di compromesso è l'unico modo in cui i combattimenti finiranno a breve termine. Quindi, mentre le persone che prendono questa posizione provano l'autocompiacimento di segni di virtù e possono affermare di essere a favore della pace, in realtà stanno rendendo meno probabile che la pace sia ripristinata presto.

Le questioni pastorali per la Chiesa russa

A parte il problema di attribuire la colpa a una sola parte quando non abbiamo prove sufficienti per raggiungere davvero questa conclusione, la Chiesa russa ha il vero problema di avere persone che stanno da entrambe le parti, e ovunque nel mezzo – e questo è vero anche tra gli ucraini nella Chiesa russa. Solo nella mia parrocchia ho persone ucraine che credono che la Russia stia venendo in soccorso, persone che pensano che Putin sia malvagio, e infine persone che hanno opinioni contrastanti. Non voglio alienare nessuna di quelle persone. Hanno tutti famiglia e amici che stanno soffrendo e molti che sono stati uccisi o che saranno uccisi. La Chiesa deve elevarsi al di sopra di queste cose e fare appello a tutte le parti affinché trovino una via verso la pace.

Conclusione

Siamo tutti d'accordo sul fatto che la guerra è una cosa malvagia. Preghiamo per una rapida fine della guerra. E nel frattempo stiamo facendo il possibile per raccogliere fondi per aiutare coloro che sono stati sfollati a causa della guerra. Nessuno nella Chiesa russa voleva che le cose arrivassero a questo punto. Tutte le parti dovrebbero fare il possibile per porre fine a questa guerra il prima possibile. Possiamo certamente dire che chiunque abbia contribuito a causare questa guerra avrà molto di cui rispondere davanti a Dio. Chiunque scelga la guerra quando ha altre opzioni praticabili sta commettendo un grande peccato. Dio conosce la verità. A questo punto, non credo che noi la conosciamo.

Questa guerra era certamente prevenibile. Credo che il governo degli Stati Uniti avrebbe potuto impedirla, quindi se avessi intenzione di condannare qualcuno, dovrei iniziare con un governo che almeno teoricamente risponde al popolo americano.

Per maggiori informazioni:

Sermone: La guerra in Ucraina

Sermone: Dio è sul trono

Aggiornamento 1: vorrei chiarire un punto in modo che nessuno si confonda. Non spetta a me o alla Chiesa dire agli ucraini che dovrebbero o non dovrebbero voler avere un Paese indipendente. Gli stessi ucraini non sono unanimi su questa questione, quindi ovviamente tutti non possono fare a modo proprio quando le persone non sono d'accordo. Dovrebbero trovare un modo pacifico per risolvere tali controversie, ma questa dovrebbe davvero essere una questione che devono risolvere senza interferenze esterne.

Inoltre, la guerra è sempre una cosa malvagia e c'è sempre almeno una parte che ha torto. A volte entrambe le parti hanno torto. Le persone ragionevoli possono non essere d'accordo su queste cose, perché tutti noi abbiamo una conoscenza limitata e vediamo le cose dalla nostra prospettiva. Dio, tuttavia, sa esattamente di chi è la colpa, e sarà una cosa orribile dover rispondere di questa colpa nel giorno del giudizio.

Aggiornamento 2: Un altro punto, tanto per essere chiari. Chiunque ha il diritto di pensare o dire tutto ciò che crede sia vero sull'attuale guerra in Ucraina. Se suor Vassa avesse semplicemente espresso la sua contrarietà, non avrei risposto. È all'accusa che la Chiesa debba condannare una delle tre parti principali di questa guerra, ma non condannare nessuna delle altre due, che io mi oppongo. La guerra è orribile. Tutti coloro che hanno compassione preferirebbero che non accadesse e vorrebbero che finisse il prima possibile. Ma le ragioni per cui siamo dove siamo a questo punto della storia non sono semplici, e pretendere che la Chiesa pretenda il contrario e scagioni gli Stati Uniti e il governo ucraino post-golpe, dando la colpa solo al governo russo, non è una posizione ragionevole da prendere. Se la Russia avesse invaso l'Ucraina di punto in bianco, sarebbe un'altra questione, ma c'è una guerra in corso da 8 anni, e quindi la linea di demarcazione non è così netta. Si spera che vengano fuori più fatti, e in questo modo spero che tutti rivedranno le loro opinioni di conseguenza, ma è così che io la vedo a questo punto.

Inoltre, un commentatore ha menzionato che molte altre persone hanno collaborato con i nazisti, compresi i russi. Posso capire perché le persone che vivevano sotto Stalin, sapendo solo ciò che sapevano all'epoca, avrebbero potuto pensare che Hitler fosse il minore tra due mali. Tuttavia, quando ci sono gruppi di ucraini nel 2022, che scelgono di identificarsi in questo particolare capitolo della loro storia e si identificano come nazisti, hanno molte meno scuse rispetto ai loro nonni. E inoltre, quando persone del genere operano apertamente nell'esercito ucraino, in unità naziste, la questione è molto più problematica. Ogni paese ha la sua quota di pazzi. La maggior parte dei paesi non ha battaglioni di pazzi nel proprio esercito.

Parte 2

Le persone di Public Orthodoxy hanno rilasciato una dichiarazione contro la Chiesa russa in cui accusano la Chiesa russa di eresia, che secondo le loro affermazioni sarebbe l'idea di "русский мир" o "mondo russo". Includono accuse contro la Chiesa russa per non aver condannato uno dei tre principali partiti nella guerra in Ucraina (che include la Russia, il governo ucraino post-golpe e gli Stati Uniti). Alludono anche alla controversia sul riconoscimento degli scismatici in Ucraina da parte del Patriarcato ecumenico. Non ripeterò quanto ho detto sulla complessità della guerra, nella parte 1. E ho scritto abbastanza ampiamente sullo scisma ucraino (trovate qui l'intera lista, ma se volete scegliere solo un articolo in italiano, potete leggere Una prospettiva americana sulla crisi in Ucraina). In questo articolo, mi concentrerò specificamente sui meriti dell'affermazione che esiste un'eresia chiamata "mondo russo".

Ciò che Public Orthodoxy non ha sentito il bisogno di condannare

Prima di entrare nel merito delle loro affermazioni in questa dichiarazione, penso sia interessante considerare che mentre Public Orthodoxy ha pubblicato numerosi articoli che condannano la Chiesa russa e la sua posizione sullo scisma ucraino, nonché numerosi articoli che condannano la Russia per la guerra in Ucraina (che va avanti da 8 anni, ed è iniziata con un colpo di stato sponsorizzato dagli Stati Uniti), non ha sentito il bisogno di condannare la guerra di cambio di regime degli Stati Uniti in Siria che imperversa da 10 anni. Molte più persone sono state uccise in quella guerra (le stime attuali vanno da 500.000 a 610.000), e questa guerra rappresenta una minaccia esistenziale per i cristiani ortodossi in Siria (che prima della guerra erano circa il 10% della popolazione siriana). Se gli Stati Uniti fossero riusciti a insediare un governo jihadista islamico in Siria, ciò avrebbe significato la fine del cristianesimo in Siria, a tutti gli effetti, e probabilmente lo stesso destino sarebbe toccato al Libano. L'intervento militare russo ha finora impedito che ciò accadesse, ma gli Stati Uniti continuano ad occupare il 10% della Siria, negando alla Siria l'accesso alle proprie risorse petrolifere, e ha imposto alla Siria sanzioni paralizzanti che stanno causando sofferenze incommensurabili tra il popolo siriano, sia cristiano che musulmano. Quindi questo è un problema di cui i cristiani ortodossi dovrebbero preoccuparsi – e tuttavia non solo Public Orthodoxy non ha mai rilasciato una dichiarazione in cui condanna le azioni del governo americano in Siria, ma non ha quasi detto nulla al riguardo. Forse un po' di finanziamenti potrebbero prosciugarsi se scegliessero di prendere una posizione del genere, ma si potrebbe pensare che chiunque fosse credente e avesse un briciolo di coraggio prenderebbe la posizione giusta a prescindere. Perché il silenzio?

Per ulteriori informazioni, vedete "La politica immorale del governo degli Stati Uniti in Siria": sebbene l'articolo sia del 2016, espone comunque i motivi per cui la politica statunitense in Siria è innegabilmente malvagia.

Public Orthodoxy non solo non riesce a condannare coloro che si oppongono alla moralità cristiana, ma è uno dei principali procacciatori di questi insegnamenti eretici. Quindi Public Orthodoxy non è certo una guida affidabile sull'argomento di ciò che è o non è eretico.

"Etno-filetismo" per me, ma non per te

Un fatto significativo di questa dichiarazione è che non include una singola citazione di una dichiarazione specifica che si potrebbe citare come esempio degli errori che, a quanto affermano, la Chiesa russa sta insegnando. Inoltre non fanno riferimento a nessun documento in cui si potrebbe cercare di trovare un'affermazione di quest'eresia.

In una ricerca del sito ufficiale del Patriarcato di Mosca, ho trovato un articolo in cui Patriarca Kirill ha riassunto ciò che comprende il concetto di "il mondo russo" a cui fa riferimento: "Святейший Патриарх Кирилл: Русский мир – особая цивилизация, которую необходимо сберечь", che significa "Sua Santità il patriarca Kirill: il mondo russo è una civiltà speciale che deve essere preservata".

Il patriarca Kirill osserva che la cultura ortodossa della Rus' di Kiev, che è l'eredità comune di russi, bielorussi, ucraini e carpato-russi, non è definita da confini politici e non la vede come una promozione della costruzione o ricostruzione di qualsiasi impero. Ritiene che essa abbia qualcosa che vale la pena preservare, che se perso, sarebbe una perdita per l'umanità. Non vede questo problema come etnico o razziale, ma culturale. Inoltre non afferma che questa cultura è superiore a tutte le altre, ma solo che è la propria cultura, e vale la pena preservarla.

Nei documenti conciliari ufficiali della Chiesa russa è stata affrontata in dettaglio la questione del rapporto della Chiesa con la cultura. "I fondamenti della concezione sociale della Chiesa ortodossa russa", documento approvato nel 2000, include nella sezione II una dichiarazione intitolata "Chiesa e nazione". Sfido chiunque a indicare qualcosa di eretico in questa affermazione e a esporre un argomento motivato e supportato sul motivo per cui è eretico.

È particolarmente curioso sentire questa accusa da un'organizzazione guidata da due membri dell'arcidiocesi greca, in cui si sente abbastanza spesso un concetto molto simile al "mondo russo", solo che si chiama "ellenismo". Una ricerca su Google del sito ufficiale dell'arcidiocesi greca per la parola "ellenismo" mostra oltre 900 risultati. Uno dei primi articoli pubblicati è intitolato "Nuovo programma per promuovere l'ellenismo negli Stati Uniti". E il sottotitolo di quell'articolo è, cosa abbastanza interessante, "L'arcidiocesi greco-ortodossa e la Fondazione per il mondo ellenico annunciano un nuovo programma per promuovere l'ellenismo negli Stati Uniti" [enfasi aggiunta]. In quell'articolo, vedrete che lo stesso arcivescovo Elpidophoros è stato coinvolto nella promozione di questo nuovo programma. Sembra certamente che l'arcivescovo Elpidophoros pensi che ci sia una cultura greco-ortodossa che non è limitata da confini politici, che è patrimonio di tutto il popolo greco, e che vale la pena preservare.

Quindi, esiste un'eresia del "mondo ellenico"? In caso negativo, sembra che i membri di una Chiesa che considera la promozione dell'ellenismo come parte fondamentale della propria missione, potrebbero voler esporre esattamente come questo concetto non sia eretico, prima di accusare la Chiesa russa di eresia per avere essenzialmente la stessa idea riguardo alla propria cultura.

In quanto non russo che fa parte della Chiesa ortodossa russa da quasi 32 anni, posso dirvi che non sono mai stato spinto a diventare russo, né sono mai stato fatto sentire come membro di seconda classe della Chiesa russa perché non sono russo. Per ulteriori informazioni, leggete i miei articoli "Converts and culture" e "The Colors of the Russian Church".

In breve, questa dichiarazione consiste in una serie di affermazioni che la Chiesa russa insegna delle cose di cui non forniscono alcuna prova che qualcuno stia effettivamente insegnando, e forse gli autori dovrebbero esaminare le proprie opinioni sull'Ortodossia e sulla cultura, prima di attaccare quelle degli altri.

 
Un richiamo al pentimento

Il blog di Mark Hackard, The Soul of the East, che abbiamo citato alcune volte e da cui abbiamo tradotto materiali significativi, ci presenta oggi un’intervista a un personaggio che non ha tempo né voglia di dire mezze verità. Lo ieromonaco Viktor (nella foto) è uno dei cappellani dell’esercito della Novorossja, e sa tagliare attraverso tutte le generalizzazioni della crisi ucraina per sottolineare che quella in corso è una guerra contro un piano satanico. Presentiamo l’intervista a padre Viktor nella sezione “Testimoni dell’Ortodossia”, sperando che vogliano leggerla tutti quanti si chiedono perché negli ultimi mesi abbiamo insistito così a lungo a parlare della situazione in Ucraina.

 
Vescovi americani rispondono alla controversa dichiarazione dell'arcivescovo Elpidophoros alla marcia per la vita

arizonaorthodox.com

Un certo numero di vescovi in rappresentanza di varie giurisdizioni ortodosse ha rilasciato oggi una dichiarazione che critica le osservazioni ambigue e controverse fatte dall'arcivescovo Elpidophoros dell'arcidiocesi greco-ortodossa d'America del Patriarcato di Costantinopoli alla marcia per la vita a Washington, DC, a gennaio.

L'introduzione alla dichiarazione, pubblicata sul sito dell'arcidiocesi ortodossa antiochena del Nord America, recita: "Quattro vescovi presiedenti attualmente partecipano all'Assemblea dei vescovi canonici ortodossi degli Stati Uniti d'America, tra cui sua Eminenza il metropolita Joseph dell'arcidiocesi antiochena, stanno rispondendo alle controverse osservazioni fatte alla "March for Life" di gennaio a Washington, DC, che hanno ricevuto attenzione dai media tradizionali e dai social media".

Ricordiamo che nel suo intervento del 21 marzo, mentre l'arcivescovo Elpidophoros aveva parlato della santità della vita, aveva anche affermato che gli ortodossi "affermano anche il nostro rispetto per l'autonomia delle donne" e aveva parlato di come la santissima Theotokos abbia liberamente scelto di portare Cristo nel mondo. La sua dichiarazione ambigua ha suscitato una serie di reazioni negative, con molte persone che l'hanno caratterizzata nel migliore dei casi come confusa e nel peggiore come eretica.

L'ufficio stampa dell'arcidiocesi greca ha poi ritwittato risposte esplicitamente favorevoli all'aborto giunte in seguito alle parole dell'arcivescovo Elpidophoros.

Come rileva la nuova dichiarazione, il discorso dell'arcivescovo greco ha attirato l'attenzione dei media. Per esempio, il Washington Post ha scritto : "Commenti come quelli di Elpidophoros sostengono il diritto teologico delle donne all'autonomia corporea e alla salute e affermano che è teologicamente sbagliato scegliere in modo uniforme un feto rispetto a una donna".

Oltre al metropolita Joseph, la nuova dichiarazione è firmata anche da sua Grazia il vescovo Longin della Chiesa ortodossa serba del Nord e Sud America, da sua Eminenza il metropolita Nicolae della Metropolia ortodossa romena delle Americhe, e da sua Eminenza il metropolita Iosif della Diocesi ortodossa bulgara di Stati Uniti, Canada e Australia.

Dato che la dichiarazione è una critica all'arcivescovo Elpidophoros, non è firmata da alcun vescovo dell'arcidiocesi greca, né della diocesi ortodossa carpato-russa degli Stati Uniti o della Chiesa ortodossa ucraina degli Stati Uniti, anch'essee subordinate al Patriarcato di Costantinopoli.

In particolare, la dichiarazione non è nemmeno firmata da alcun vescovo della Chiesa ortodossa in America o dal vescovo Saba della Chiesa ortodossa apostolica georgiana in Nord America.

"La Chiesa ortodossa è, ed è sempre stata, impassibilmente pro-vita, considerando l'aborto come l'uccisione di un altro essere umano", affermano i quattro vescovi.

E mentre la Chiesa abbraccia il paradosso dell'Incarnazione, che coinvolge il libero consenso della santissima Theotokos, la Chiesa esige anche chiarezza, si legge nel comunicato, "la chiarezza che l'essere umano di nuova concezione – compreso il Signore stesso al momento del suo concepimento – è un essere umano completo. A questo punto, quindi, finisce il consenso della Theotokos, e iniziano i suoi doveri di madre: una volta concepito il Signore, ebbe la sacra responsabilità di nutrirlo e prendersi cura di lui, cosa che adempì perfettamente".

Il comunicato recita integralmente:

La Chiesa ortodossa ha riconosciuto in modo coerente e inequivocabile la piena umanità di ogni persona a partire dal momento del concepimento. Questa posizione è informata dalla Scrittura e dalla santa Tradizione ed è convalidata dalla scienza moderna, che conferma che un nuovo, distinto organismo umano nasce al momento del concepimento. La Chiesa ortodossa è, ed è sempre stata, impassibilmente pro-vita, considerando l'aborto come l'uccisione di un altro essere umano.

Nelle ultime settimane, questa posizione è stata messa in discussione e, di conseguenza, noi, vescovi presiedenti ortodossi che rappresentano diverse giurisdizioni canoniche negli Stati Uniti d'America, siamo costretti a proclamare l'unico vero e corretto insegnamento della Chiesa su questo argomento. Ribadiamo le parole dell'insegnamento del Signore attraverso i dodici apostoli delle nazioni (la "Didaché"), che risale alle prime generazioni della Chiesa: "Non uccidere un bambino con l'aborto e non uccidere un neonato" (οὐ φονεύσεις τέκνον ἐν φθορᾷ οὐδὲ γεννηθέντα ἀποκτενεῖς).

La Chiesa ortodossa si sforza di stare al di sopra della politica; tuttavia, la Chiesa è anche a favore dell'ordine, contro le forze del caos e dell'illegalità. Tutte le società civili proibiscono di togliere intenzionalmente la vita a un essere umano da parte di un altro essere umano, tranne che in circostanze estreme e insolite. Gli Stati Uniti d'America non fanno certo eccezione: in ogni stato l'omicidio intenzionale è bandito. Eppure le nostre leggi sono incoerenti e vietano l'uccisione di alcuni umani ma non di altri. Non vi è alcun fondamento né nel diritto né nella scienza, e certamente non nella moralità o nella religione, per fare una distinzione tra un essere umano che è nel grembo materno e un essere umano che ne è al di fuori. Pertanto, la Chiesa ortodossa richiede alle autorità civili, non solo negli Stati Uniti ma a livello globale, e specialmente nei paesi tradizionalmente ortodossi, di trattare tutti gli esseri umani allo stesso modo sotto la legge, e quindi di vietare la pratica malvagia dell'aborto.

È vero che la santissima Theotokos ha dato il suo consenso all'Incarnazione del Verbo increato di Dio. Il Signore non si è imposto all'umanità, ma ha assunto la nostra natura con il permesso di noi umani, rappresentati dalla più grande di noi, la Vergine Maria. Dato questo consenso, avvenne l'Incarnazione: il Verbo si fece carne in quel momento. La Chiesa ortodossa abbraccia questo paradosso dell'Incarnazione, dell'Increato che diventa una sua creatura. Eppure, mentre paradossi di questo tipo sono essenziali per la nostra fede, lo è anche la chiarezza: la chiarezza che l'essere umano appena concepito – compreso il Signore stesso al momento del suo concepimento – è un essere umano completo. Qui, dunque, finisce il consenso della Theotokos, e cominciano i suoi doveri di madre: una volta concepito il Signore, ebbe la sacra responsabilità di nutrirlo e prendersi cura di lui, cosa che adempì perfettamente.

Questo stesso Signore, che si è incarnato nella Vergine Maria nella festa dell'Annunciazione, ama ogni essere umano da lui creato, dal momento del suo concepimento. Ama le loro madri, insieme ai padri, che soffrono e si sacrificano per i loro figli. La Chiesa, e di fatto l'intera umanità, ha il dovere di prendersi cura e sostenere questi bambini e le loro madri.

Nondimeno, il Signore ama anche le madri che, vittime delle pressioni ingannevoli di questo mondo, fanno la tragica scelta di far uccidere i propri figli. Per queste madri, la Chiesa offre perdono, compassione e guarigione attraverso il pentimento e la riconciliazione sia con Dio che con i loro figli perduti.

Il Signore ama quei padri e altri uomini che, venendo meno al loro dovere di provvedere e proteggere, fanno invece pressione e perfino costringono le madri a far uccidere i loro figli.

Il Signore ama quei medici e altri praticanti che, vittime dell'inganno, si sono lasciati diventare strumenti del male nell'assassinio di bambini innocenti.

Infine, imploriamo tutti lo stesso Signore, che desidera che tutte le persone siano salvate e giungano alla conoscenza della verità, che il suo amore e la sua misericordia onnicomprensivi avvolgano tutti coloro che sono colpiti dalla tragedia dell'aborto e portino guarigione alla nostra terra.

La dichiarazione include anche una preghiera per la santità della vita non nata:

O nostro Signore, Dio e Salvatore Gesù Cristo, che in principio hai plasmato l'uomo dalla polvere della terra e hai effuso in lui il soffio della vita affinché diventasse un'anima vivente, tu che conosci la durata della vita e il nome di ciascuno fin dal grembo di sua madre, tu che conti anche i capelli del nostro capo e che vegli su ogni essere vivente nella tua creazione, guarda ora la tua creazione che hai modellato secondo la tua immagine e concedi a coloro che sono nel grembo delle loro madri e alle loro madri la protezione che hai dato alla tua stessa Vergine Madre quando ti portava, e ricolmali di Spirito Santo, come hai colmato una volta Elisabetta in modo tale che Giovanni il Precursore sussultò nel suo grembo incontrandoti.

Tu che ti sei incarnato dallo Spirito Santo e dalla Vergine Maria e sei diventato vero uomo, nascosto nel velo della carne di tua Madre, unendo la tua divinità alla nostra umanità, unisciti ora a noi e a tutta la tua creazione umana per la tua grazia. Come sei entrato nel grembo di tua Madre, sii presente anche nel grembo di tutte le madri, con loro e con i loro figli. Proteggili da tutti gli assalti del maligno e dei suoi spiriti immondi, affinché a tempo debito tutti possano venire a te, secondo le tue parole: "Lasciate che i bambini vengano a me e non glielo impedite, perché a chi è come loro appartiene il regno di Dio".

O tu che alla tua nascita hai sentito il lamento di Rachele, che non voleva essere consolata perché i suoi figli non erano più, e gridava al massacro degli innocenti da parte del malvagio Erode per causa tua, ascolta anche il pianto di tutti coloro che lamentano la morte dei tuoi figli, che gridano il tuo amore e la tua pace in mezzo al terrore e alla disumanità.

Come hai concesso una volta la vera contrizione del cuore a Davide, a Manasse e a Pietro, che hanno peccato contro di te, concedi il vero pentimento a tutti coloro che con malizia o avidità o disperazione o disperazione o ignoranza peccano contro di te e le tue creature estinguendo prematuramente le loro vite. Ricevi le loro lacrime come le lacrime del pubblicano, che sgorgano dal profondo dei loro cuori, come hai ricevuto Davide, che aveva tolto la vita ingiustamente, e Manasse, che aveva permesso il culto degli idoli, e Pietro, che tre volte ti ha rinnegato. Accoglili come il figliol prodigo, con premura e gioia, rivestendoli con la veste della santità e della gloria e celebrando con loro la festa della fede.

Pronuncia parole di giustizia nel cuore dei nostri governanti, affinché possano essere guidati dalla sapienza divina nel proteggere e nutrire la vita in ogni modo buono. Dona forza e amore a coloro che assistono quanti soffrono nella disperazione e nel bisogno, concedendo attraverso di loro ogni benedizione spirituale e terrena. Proteggi le vedove, gli orfani e gli abbandonati, sii padre per gli orfani e speranza per i disperati, alleva i giovani, proteggi il vincolo del matrimonio nella pace e nella concordia. Ricorda i dimenticati e portali alla mente in tutti noi che ti preghiamo. Concedi il riposo eterno ai defunti e risuscitali nell'ultimo giorno.

O Cristo nostro Dio, che ci conosci tutti nel profondo e ricevi le suppliche di noi tuoi servi che ti invochiamo nelle nostre trasgressioni e imperfezioni, ascolta questa nostra umile preghiera e dona a tutti la tua benedizione divina dall'alto, poiché tu sei sempre glorificato con il tuo eterno Padre e il tuo Spirito santissimo, buono e vivifico, ora e sempre, e nei secoli dei secoli. Amen.

 
"Pietà" o "misericordia"? Note di traduzione dei testi liturgici

Oggi, in seguito alla pubblicazione di un'altra traduzione della Divina Liturgia in italiano, si riaccendono dibattiti sull'appropriatezza di certe scelte di traduzione. A nostro parere, siamo ancora in una fase troppo iniziale e sperimentale per pretendere di avere ascoltato l'ultima parola in fatto di traduzioni. Tuttavia se ne discute, e nel corso dei decenni anche noi (sia in studi e letture, sia nella pratica liturgica) abbiamo avuto modo di formarci opinioni. Una di queste è il senso del temine greco eleos e del suo equivalente slavonico e romeno mila. Le nostre note a proposito sono state già pubblicate sul blog dell'associazione Testimonianza ortodossa oltre un paio d'anni fa, ma per coloro che non le avessero lette, preferiamo riportarle ancora all'attenzione dei nostri lettori. Speriamo che il nostro amico Stilianos non ce ne voglia se ripetiamo anche sul nostro sito le note sull'uso dei termini "pietà" e "misericordia", nella sezione "Domande e Risposte" dei documenti.

 
La lenta morte del giorno dell'Indipendenza greca

Traduzione della scritta accanto al ritratto di Mustafa Kemal Atatürk: "Quale greco può tenersi questo in casa sua??????"

Lo scorso venerdì era l'Annunciazione dell'arcangelo Gabriele alla santissima Theotokos [nel nuovo calendario, ndt].

Era anche il giorno dell'Indipendenza greca.

Nel 1821, il vescovo Germanos di Patrasso innalzò lo stendardo cristiano e dichiarò che d'ora in poi il popolo greco si sarebbe liberato delle catene dell'Impero ottomano.

Quando crescevo da orgoglioso greco-americano, il 25 marzo (o la domenica più vicina) era un grande evento nelle nostre umili parrocchie. Noi ragazzi ci vestivamo con i nostri migliori abiti klephtika, mentre le nostre sorelle indossavano le loro amalie colorate.

Per chi non lo sapesse, klephtika è il nome dell'abito con perizoma dei klephti (briganti) che vagavano liberi nelle montagne del Peloponneso, come predoni e ladri, e che in seguito costituirono la spina dorsale della ribellione greca una volta che questa divenne ufficiale.

Le amalie sono gli abiti colorati che indossano le donne greche. La parola deriva da Emilia [Amalia in greco], la prima regina di Grecia, consorte del re Ottone.

Alcuni dei ragazzi più fortunati avevano anche false scimitarre legate intorno alla vita. Altri, un coltello curvo più corto, che serviva da ottimo tagliacarte per aprire una busta.

Nel giorno dell'Indipendenza greca, ci dirigevamo con orgoglio verso la chiesa dietro una bandiera greca e poi ci ritiravamo nel salone parrocchiale a recitare poesie che esaltavano l'eroismo dei nostri antenati (a memoria e in greco, nientemeno).

A volte mettevamo in scena una rappresentazione di To krypho scholeio ("La scuola segreta"), che parla delle scuole nascoste per i contadini greci che spesso si incontravano nelle caverne per imparare le lettere e la grammatica greche.

Queste rappresentazioni erano messe in scena in tutto il mondo, ovunque vivevano dei greci. Anche nelle città e nei borghi fuori mano nel cuore dell'America (come a Tulsa), dove di solito c'era un'unica parrocchia greco-ortodossa. Erano precedute da un'enciclica dell'arcivescovo in cui ci veniva ricordata la tremenda sofferenza che i greci avevano vissuto per mano dei nostri oppressori turchi.

Oggi, queste rappresentazioni si fanno solo nelle aree metropolitane più grandi come New York o Chicago. Anche così, i vari arcivescovi dell'arcidiocesi greco-ortodossa d'America hanno sempre ritenuto opportuno onorare il giorno dell'Indipendenza greca.

Vorrei poter dire che questo sia ancora vero. Ma quest'anno è stato più che un po' diverso. A differenza degli anni passati, il buon arcivescovo non ha menzionato il motivo per cui i nostri antenati cercavano l'indipendenza, o da chi.

A dire il vero, l'arcivescovo Elpidophoros ha commemorato il giorno dell'Indipendenza con un'enciclica, anche se in modo curioso. Invece di esaltare le virtù dei rivoluzionari greci e la vittoria contro i loro signori ottomani, ha omesso del tutto il ruolo degli ottomani. Le parole "turchi", "Turchia" e "Impero ottomano"... non sono mai sfuggite dalle sue labbra.

Ha ritenuto opportuno, tuttavia, menzionare quanto siano terribili i russi.

Questo è sbagliato, sotto molti aspetti. Tanto per cominciare: furono i greci che vivevano in Russia, precisamente a Odessa, ad accendere per primi la scintilla dell'indipendenza greca dalla Turchia e fu in quella città che fondarono la Filiki Eteria, o "Società degli amici", dedicata alla causa dell'indipendenza dei greci.

In secondo luogo, furono i greci che prestavano servizio nel governo imperiale russo a guidare la rivolta. Uomini come Dimitrios Ypsilantis, alto ufficiale dell'esercito russo, e Giovanni Antonio Capo d'Istria, ministro degli Esteri dello tsar Alessandro I al Congresso di Vienna, divenuto poi il primo presidente della Repubblica greca.

Infine, fu la marina russa a fornire il fondamentale supporto navale necessario ai greci per vincere la guerra.

Aleksandr Pushkin, il più grande poeta russo, era anch'egli membro della Filiki Eteria. Quanto a Kapodistrias (la versione ellenizzata di Capo d'Istria), egli elaborò la costituzione svizzera ed è venerato dagli svizzeri fino a oggi, quasi come un santo. Se non fosse stato per lui, la Svizzera sarebbe stata consumata dalle grandi potenze che avevano appena sconfitto Napoleone.

L'arcivescovo Elpidophoros ha glissato su ognuno di questi fatti e non perché questa è la moda del momento, ma perché lui e il suo capo a Istanbul sono cittadini turchi.

Ora, questo non è semplicemente spiazzante? Seriamente, voi commemorereste il giorno dell'Indipendenza americana limitandovi a esaltare i pericoli del cambiamento climatico? (Oh, lasciamo perdere, probabilmente faremmo proprio così.)

Ci si chiede quanto siano seri i greco-americani riguardo alla loro eredità. Sappiamo che l'attuale patriarca e i suoi vari esarchi sono legati ai loro signori turchi. Ma che dire dei greci? Qual è la nostra scusa?

Finché non troveremo la risposta, sostengo umilmente che non saremo mai più presi sul serio come cristiani greco-ortodossi. Né saremo presi sul serio come orgogliosi greco-americani.

Quelli dell'università di Fordham continueranno a formare le loro reclute intellettuali sulle cause del popolo dell'alfabeto, dei cambiamenti climatici e del razzismo, mentre l'arcidiocesi greco-ortodossa si atrofizzerà al punto da non esistere più.

E per cosa? Per i riconoscimenti dei globalisti? Cosa faranno i restanti membri dell'arcidiocesi greco-ortodossa quando scopriranno che i loro padroni turchi hanno voltato le spalle al globalismo e hanno spostato la loro attenzione sull'inevitabile asse eurasiatico sino-russo?

Il prossimo patriarca ecumenico seguirà la loro guida e abbandonerà la crisi del giorno che sta animando oggi il popolo americano?

Se ciò dovesse accadere, l'arcidiocesi greco-ortodossa non diventerebbe altro che una setta episcopaliana di rito orientale.

È arrivato tempo per un altro giorno dell'Indipendenza. Questa volta, indipendenza dal Patriarcato ecumenico, che non capisce più che cosa significhi essere greco.

* * *

Se desiderate saperne di più sulla lotta per l'indipendenza greca, vi consiglio vivamente di dedicare del tempo a guardare questo video di 20 minuti.

 
Domande su barba e capelli del clero e dei monaci ortodossi

Uno dei tratti più visibili (e spesso più criticati) dell’aspetto del clero e dei monaci ortodossi è costituito dalla barba e dai capelli lunghi. Recentemente, padre John Whiteford ha risposto sul suo blog all’obiezione biblica che parte da una lettura superficiale di 1 Corinzi 11:14, spiegando che i capelli lunghi tradizionalmente portati dal clero e dai monaci (e dalle monache!) ortodossi non hanno nulla a che vedere con le obiezioni di san Paolo ai cristiani di Corinto, e anzi sono un’usanza fortemente radicata nell’Antico Testamento. Presentiamo la spiegazione di padre John in traduzione italiana nella sezione “Domende e Risposte” dei documenti. Aggiungiamo anche nella sezione “Ortoprassi” la traduzione di un articolo di padre Luka (Murianka), igumeno del monastero della Santa Trinità a Jordanville, A proposito della tradizione dei capelli lunghi e delle barbe, apparso nel 1995 sulla rivista Orthodox Life,.

 
Una voce solitaria: un prete cattolico spiega la verità sulla Russia e sull'Ucraina

Nota dell'editore (Nick Stamatakis): A volte diventiamo gelosi nel vedere sacerdoti di altre denominazioni che hanno il coraggio di andare contro l'establishment e la propaganda dei media mainstream... Godetevi la chiarezza di questo sermone di 20 minuti: ne vale la pena! [NB. Video non più disponibile - chiedetevi perché]

Nel nome del Padre, del Figlio e dello Spirito Santo. Amen.

Ave, o Maria, piena di Grazia, il Signore è con te. Tu sei benedetta fra le donne, e benedetto è il frutto del tuo seno, Gesù.

Nel nome del Padre, del Figlio e dello Spirito Santo. Amen.

Miei cari fratelli e sorelle in Cristo, oggi desidero parlare di alcuni eventi che si verificano ora nel mondo, in particolare dell'invasione dell'Ucraina da parte della Russia.

Abbiamo sentito molto dai media su questa invasione e sembra che quasi tutto il mondo si sia unito nella condanna, e certamente, a giudicare secondo i principi cattolici, l'aggressione ingiustificata è da condannare, la perdita di vite umane è da deplorare, la forza militare dovrebbe essere usata solo come ultima risorsa, e quindi queste domande dovrebbero essere in prima linea nelle nostre menti: la Russia è giustificata in questo attacco? Era l'ultima risorsa? Sinceramente io non ne ho idea, perché non mi sono state fornite informazioni dai media, e neppure a tutti gli altri.

Questo non è un argomento di discussione: non vedo una considerazione equilibrata di entrambe le parti, vedo una fretta di condannare, e sarebbe sciocco prendere la posizione che non abbiamo bisogno di una discussione.

"La Russia ha invaso una nazione sovrana e questo non è mai accettabile": se questo è il nostro ragionamento, ci siamo appena condannati da soli. Abbiamo dimenticato così presto l'invasione americana dell'Iraq, per due volte, oltre all'Afghanistan, e non dimentichiamo né la Corea né il Vietnam... In effetti, ogni guerra degli Stati Uniti negli ultimi cento anni è stata condotta invadendo un altro paese, e ogni volta abbiamo ucciso anche civili innocenti: ecco perché la guerra deve essere l'ultima risorsa.

Quindi, solo perché la Russia ha invaso l'Ucraina, solo perché sono state perse vite innocenti, questo non è sufficiente per determinare se la Russia debba essere condannata.

Con grandi eventi mondiali come questo non possiamo essere così superficiali da affrettarci a giudicare senza conoscere i fatti, ma da quello che ho visto dai media, hanno completamente aggirato qualsiasi tentativo di offrirci dei fatti. Sembra piuttosto che i media vogliano che non pensiamo molto ma che sentiamo molto, e questo spiegherebbe perché sono stati riciclati così tanti filmati presumibilmente provenienti dall'Ucraina, come esplosioni, edifici, bambini che piangono: sono filmati di sette o otto anni fa, sono stati mostrati prima, in altre guerre. Perché vengono mostrati ora? Perché dovreste provare qualche sentimento: leggete un articolo, vedete qualcosa, provate qualcosa, e ora i media vi hanno in pugno.

State pensando a quello che vogliono che voi pensiate, che proviate quello che loro vogliono che voi proviate. Se abbiamo imparato qualcosa dai media negli ultimi due anni, dovrebbe essere che non ci si può fidare di loro, con il loro flusso di bugie ininterrotte sulla crisi del Covid, e ora sembra che, mentre la loro narrativa intorno al Covid sta cadendo a pezzi, hanno bisogno di una nuova crisi globale su cui concentrare l'attenzione di tutti, e sembra che l'invasione russa dell'Ucraina sia proprio questa crisi globale. E devo dire che vedo questo atteggiamento dolorosamente ipocrita nei confronti dei media, vale a dire questa ispirazione che dovremmo provare e vedere il popolo ucraino combattere per la propria democrazia: state con l'Ucraina, state con la libertà, sventolate la bandiera ucraina dalla vostra casa.

Quando siamo stati rinchiusi negli ultimi due anni, i nostri posti di lavoro ci sono stati portati via, le nostre libertà ci sono state portate via, la nostra dignità ci è stata portata via, perché non abbiamo seguito i dettami totalitari del nostro governo, ma dovevamo tifare per la libertà di qualcun altro. Ci è stato detto: le vostre libertà non valgono la vita di altre persone per quanto riguarda l'obbligo del vaccino, ma ora ci viene detto che la libertà vale la vita di altre persone, il popolo ucraino.

Sembra che ora il nostro punto di partenza sia che vale la pena morire per la libertà quando i media ci dicono che vale la pena, mentre non vale la pena morire per la libertà quando i media ci dicono che non vale la pena, e tenete presente che non sono altri che moriranno, siete voi.

Ora non sto difendendo in alcun modo l'invasione dell'Ucraina da parte di Putin, non sto dicendo che avesse ragione a invadere o avrebbe dovuto invadere. Il punto è che io non so se avrebbe dovuto invadere. Dov'è la discussione equilibrata? Sembra che i media non vogliano nemmeno che facciamo questo tipo di domande e questo mi rende estremamente sospettoso, insieme al fatto che tutte le élite di Hollywood chiedono sostegno all'Ucraina; le élite globali, George Soros, Klaus Schwab, stanno tutti dicendo che dovremmo essere uniti con l'Ucraina contro la Russia... questo mi fa pensare: "va bene, probabilmente sosterrò la Russia".

È importante, anzi molto importante, fare una distinzione tra la Russia di oggi e l'Unione Sovietica di 30 anni fa. Non sono la stessa cosa, e ciò che ha reso malvagia l'Unione Sovietica sono stati principalmente i tre pilastri dell'ateismo comunista e della corruzione morale. Voglio dire, ci sono molte altre ragioni, ma quelle tre principalmente, e questo è iniziato negli anni '20 con la rivoluzione bolscevica. Ora, il male del comunismo, naturalmente, è la negazione del diritto naturale alla proprietà privata: ognuno ha il diritto di possedere cose per compiere il proprio stato di vita, per provvedere a se stesso e alla propria famiglia. Tutti hanno il diritto alla proprietà privata: il comunismo lo toglie. Tutti dovrebbero adorare Dio: ognuno ha un senso religioso e la conoscenza che Dio esiste e deve essere adorato. In Unione Sovietica l'ateismo era la religione di stato. La Chiesa cattolica, la Chiesa ortodossa russa, ogni religione fu perseguitata; le chiese furono distrutte o convertite per scopi secolari e questa politica continuò fino agli anni '80. E poi, naturalmente, la corruzione morale dell'Unione Sovietica: forse non lo sapete, ma il governo sovietico è stato il primo in Europa a legalizzare l'aborto nel 1920, e allo stesso tempo ha anche rimosso le leggi che vietano l'omosessualità e altre perversioni della natura. Fu introdotto un grande degrado morale e questa mancanza di rispetto per la vita è ciò che ha portato all'orribile morte di 20 milioni di persone da parte di Stalin e Lenin e così via attraverso le esecuzioni, i gulag e così via. Quindi è stata una grande vittoria per il mondo quando questa malvagia Unione Sovietica è crollata nel 1991, ed è stata una vittoria ancora più grande, perché non era come se l'Unione Sovietica si fosse semplicemente rimpicciolita alla Russia: l'Unione Sovietica è finita. La Russia oggi non è più comunista, non è più atea e non è più moralmente corrotta istituzionalmente.

L'attuale governo della Russia è una democrazia parlamentare: ci sono diversi organi politici, eleggono un presidente. Sembra esserci un altro problema in Russia, un problema di trasferimento di autorità, perché il loro presidente è stato Vladimir Putin negli ultimi 22 anni, quindi è vero che il problema di trasferimento del potere deve evolversi, ma non è necessariamente una brutta cosa. Sembra che Vladimir Putin sia stato accusato di voler restaurare la cristianità, di voler tornare alla moralità della santa madre Russia di un tempo, ha pubblicamente affermato che uno dei problemi dell'Europa è dimenticare le proprie radici cristiane. È fermamente contrario all'omosessualità, fermamente contrario all'aborto, e questo lo ha reso estremamente impopolare tra le élite europee progressiste e liberali.

Putin ha ricostruito migliaia di chiese in Russia, chiese ortodosse russe, inclusa la cattedrale delle forze armate per l'esercito russo.

Ecco alcune citazioni del presidente Vladimir Putin. Dice della crescente invasione dell'Unione Europea: "Si stanno perseguendo politiche che mettono sullo stesso livello una famiglia con più bambini e una relazione tra persone dello stesso sesso, una fede in Dio e una fede in Satana. Questa è la via del degrado". Ha anche affermato che senza i valori alla base del cristianesimo, senza norme morali che sono state modellate nel corso dei millenni, le persone perderanno inevitabilmente la loro dignità umana.

Quindi da queste apparizioni la Russia ha avuto una conversione incredibile in questo momento. No, non sto facendo in ogni caso allusioni alle profezie di Fatima o alle richieste della Madonna, sto semplicemente sottolineando la grande differenza tra la Russia di oggi e l'Unione Sovietica di 30 anni fa. Voglio guardare a entrambe le parti perché voglio dare un giudizio corretto, non un giudizio unilaterale.

Quindi, vediamo l'altra faccia di questo conflitto in Ucraina. La stessa Ucraina, come paese, è diventata nuovamente una nazione indipendente dopo il crollo dell'Unione Sovietica nel 1991, e ha avuto un governo amico della Russia fino all'anno 2014.

In quest'anno è avvenuta la rivoluzione della dignità che ha rovesciato il governo filorusso e al suo posto ha instaurato un governo filo-Unione Europea, e questa rivoluzione, la rivoluzione della dignità, è stata finanziata da George Soros. C'è una ragione: questi deve sostenere i suoi interessi in Ucraina, e non è stata l'unica rivoluzione nell'ex Unione Sovietica. Molte di quelle nazioni come la Georgia e così via hanno tutte fomentato rivoluzioni per cercare di rovesciare i governi filo-russi, per destabilizzare la Russia e per espandere la Nato, cosa che la Nato aveva promesso alla Russia che non avrebbe fatto. Questo va avanti da decenni, quindi la Russia ha dichiarato illegittima questa ribellione e successivamente ha invaso la Crimea, se lo ricordate, qualche anno fa. Anche in quel periodo nel 2014 le due regioni ucraine di Donetsk e Lugansk hanno dichiarato la loro indipendenza dall'Ucraina e la loro fedeltà alla Russia, e questo è diventato l'inizio della guerra del Donbass, che è proseguita fino alla crisi attuale, e infatti è stata da questa guerra che otteniamo molte di quelle immagini e video riciclati che abbiamo visto.

L'attuale presidente dell'Ucraina, Volodymir Zelenskij, è stato eletto nel 2019 ed è stato molto attivo nell'allontanare la politica dalla Russia e verso l'Unione Europea. Prima di essere presidente è stato nel settore dello spettacolo: è stato attore nel 2015 in una satira politica in cui interpretava il ruolo del presidente dell'Ucraina, cosa piuttosto ironica. Le sue politiche pubbliche includono il sostegno alla distribuzione gratuita della marijuana terapeutica, dell'aborto gratuito e della legalizzazione della prostituzione. È un attivo sostenitore dell'omosessualità, del transgenderismo, dell'LGBQT, delle sfilate del gay pride ed è un convinto sostenitore del nuovo ordine mondiale.

Non ne parlerò qui, ma il nuovo mondo, il grande reset, le conferenze di Davos, Klaus Schwab, George Soros, questi sono tutti membri, e migliaia come loro cercano di stabilire un governo mondiale unico. Questa non è una teoria del complotto: sono molto aperti al riguardo. Questo è ciò che vogliono fare e c'è un parallelo molto inquietante tra questo nuovo ordine mondiale, questo governo mondiale e la vecchia Unione Sovietica, perché hanno gli stessi tre pilastri malvagi: comunismo, ateismo, corruzione morale.

Forse avete sentito parlare di "agenda 2030": entro il 2030 non possiederete nulla e sarete felici. Cosìè questo? Questo è il comunismo, questa è la vecchia Unione Sovietica: da ciascuno secondo le proprie capacità a ciascuno secondo il proprio bisogno. L'abbiamo già sentito. Nel nuovo ordine mondiale non c'è Dio tranne gli ingegneri, gli ingegneri sociali e genetici. A proposito, hanno questi programmi biologici progettati per cambiare il dna umano. Gli scienziati stanno dicendo che in futuro l'evoluzione non avverrà in modo casuale, ma attraverso un design intelligente, il loro design intelligente. E naturalmente c'è la corruzione morale del nuovo ordine mondiale, come abbiamo sentito, la corruzione sessuale, l'aborto e così via.

Quindi questo non va bene, non va bene proprio per il popolo ucraino, e quindi ecco il mio enigma: non mi piace la guerra né la perdita di vite umane, ma non mi piacciono neppure la corruzione morale e il peccato mortale.

Allora, chi è peggiore? Vladimir Putin, che ha invaso fisicamente l'Ucraina, o Zelenskij, che ha invaso spiritualmente l'Ucraina? Cosa è peggio? Deporre un corpo in un cimitero o deporre un'anima all'inferno?

La Scrittura ha un passo dedicato a rispondere proprio a questa domanda:

E non abbiate paura di quelli che uccidono il corpo, ma non hanno potere di uccidere l'anima; temete piuttosto colui che ha il potere di far perire e l'anima e il corpo nella Geenna. (Matteo 10:28)

Quindi, come ho detto, non voglio vedere il popolo ucraino subire violenze fisiche, ma ancor meno voglio vederlo subire violenze spirituali. E ricordiamolo, nell'Antico Testamento Dio punì gli israeliti per essersi allontanati dalla sua legge, per aver commesso malvagità, per aver commesso tra loro il male, il sacrificio di bambini, come ci viene detto:

Immolasti i miei figli e li offristi a loro, facendoli passare per il fuoco (Ezechiele 16:2)

Questo per ciò che facevano le nazioni pagane, e quale fu la punizione? In che modo Dio ha punito il suo popolo eletto?

Geremia 25:9: ecco, manderò a prendere tutte le tribù del settentrione, le manderò contro questo paese, contro i suoi abitanti e contro tutte le nazioni confinanti, voterò costoro allo sterminio e li ridurrò a oggetto di orrore, a scherno e a obbrobrio perenne.

Geremia 27:6: Ora ho consegnato tutte quelle regioni in potere di Nabucodònosor re di Babilonia, mio servo.

Fin qui le parole di Dio onnipotente.

Pensiamo che Dio abbia bisogno di una lezione di misericordia? Apparentemente pensa che un'invasione da parte di una potenza straniera sia un male minore della corruzione morale. Quando Dio colpisce è per guarire, quando castiga è a nostro vantaggio; quindi forse questa invasione dell'Ucraina è un castigo di Dio, una misericordia, che mostra loro che non avrebbero dovuto eleggere un leader moralmente corrotto. Vladimir Putin è nelle mani di Satana, oppure è nelle mani di Dio come suo strumento? Potrebbe essere questa una grande misericordia di Dio, che ancora non ha mostrato al nostro Paese? Ora, ancora una volta, non sto giustificando Vladimir Putin o perdonando questa invasione dell'Ucraina, ma dobbiamo essere in grado di porre queste domande. Dobbiamo avere questa discussione e dobbiamo considerare questi eventi mondiali non da un punto di vista fisico ma da un punto di vista spirituale. Ciò di cui abbiamo bisogno in questi tempi sono leader prudenti e perspicaci della Chiesa in grado di guardare a entrambi i lati di una questione, non inclini a giudizi avventati, non suscettibili alla propaganda dei media.

Ricordiamo il Vangelo di oggi: la Trasfigurazione. Cristo vuole trasfigurare il mondo per grazia, e lo farà lui, non l'Unione Europea, non la Nato, non gli Stati Uniti. Il nostro compito di cattolici, di cristiani, è diffondere nel mondo il Vangelo, non la democrazia, o lo stile di vita americano, che è sempre più corrotto: dobbiamo promuovere l'amore di Dio e il rispetto delle sue leggi e contrastare gravi mali morali ed essere disposti a morire come hanno fatto tutti i santi, piuttosto che commettere un peccato mortale. Vedo oggi nella Chiesa una corruzione nel pensare, non una corruzione del dogma, ma una corruzione nel modo in cui pensano i cattolici: esiste, e la vedo anche legata all'idea che se l'inferno esiste si pensa che sia vuoto. Questo porta all'idea che noi predichiamo il Vangelo e convertiamo le anime perché saranno più felici in questa vita: il Vangelo ti rende felice, Cristo ti porta gioia, non preoccuparti per la vita futura, nella vita futura andranno tutti in cielo, non ci sono conseguenze per il peccato mortale, l'importante è accettare il Vangelo che porta la felicità qui in questa vita, e diventa tutto qualcosa di questa vita.

Quindi, quando succede qualcosa come un'invasione in Ucraina e vediamo persone infelici in questa vita, questo diviene il male più grande, e questa è logica contorta.

Dobbiamo avere le giuste priorità spirituali rispetto a quelle fisiche per poter pensare correttamente riguardo al male.

Noi piangiamo, è giusto piangere per oltre 60 bambini uccisi da un missile russo vagante che colpisce un reparto di maternità, ma se piangiamo per questo, quanto più dovremmo piangere per 60 milioni di bambini uccisi per aborto? Quanti reparti di maternità ucraini ha svuotato Zelenskij con le sue politiche a favore dell'aborto? Molti più danni di qualsiasi missile: vediamo vescovi cattolici che fanno la fila per condannare Putin, e dov'erano tre mesi fa, quando avrebbero dovuto condannare i nostri politici pro-abortisti? Non li si poteva vedere da nessuna parte!

La guerra di Putin non è contro il popolo ucraino, ha detto loro di combattere per se stessi, non per il nuovo ordine mondiale.

Vladimir Putin sta incoraggiando gli ucraini a rifiutare le politiche pubbliche malvagie di Zelenskij, e io sono d'accordo.

Quindi alla fine io non so, non posso dire che questa invasione sia giustificata, ma prego che la santissima volontà di Dio si compia, qualunque essa sia, e quindi chiedo a tutti voi di unirvi a me nel pregare che queste ostilità cessino presto, che i cuori si convertano e che il popolo ucraino riceva un governo che rispetti la vita, promuova la retta religione e il retto vivere, sotto qualsiasi forma, democratica o di altro genere.

Che Dio vi benedica tutti. Nel nome del Padre, del Figlio e dello Spirito Santo. Amen.

 
Da Taiwan ai rifugiati dal Donbass: intervista a padre Kirill Shkarbul

Padre Kirill Shkarbul, il prete russo-canadese rettore della chiesa del Patriarcato di Mosca a Taiwan, di cui abbiamo riportato alcuni giorni fa una notizia, è in questi giorni a Rostov per portare i suoi aiuti ai profughi dalla Novorossija. Viktorija, una studente di Mosca, lo intervista sulle sue impressioni dell’esodo dei profughi e sulle cause del conflitto. Le parole di padre Kirill sono un efficace richiamo all’apertura degli occhi, non solo nelle zone del conflitto, ma in tutto il mondo. Presentiamo la sua intervista nella sezione “Figure dell’Ortodossia con temporanea” dei documenti.

 
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