Nei dibattiti sulla liceità dell'aborto, quello dello stupro è un caso limite che agisce come "argomento grimaldello" per deflettere l'attenzione dall'orrore dell'uccisione di un bambino innocente. In questa abile argomentazione, sottolineando la malvagità di un atto di violenza sessuale, si insiste sulla madre come vittima, occultando il fatto che anche il bambino è una vittima, ed è certamente innocente delle azioni del padre. Per questo è importante sottolineare le storie di quelle donne che, pur violate nella loro natura, hanno deciso di portare a termine la gravidanza, e che non hanno avuto paura di crescere il bambino concepito con un atto di violenza. Oggi vi presentiamo la storia di Elena, una donna russa che non ha ceduto all'incanto dell'aborto e che ha potuto nondimeno formare una famiglia felice.
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