Al mattino del 30 giugno 2014 si è spento all'età di 80 anni a Minneapolis, dove viveva in ritiro monastico da alcuni anni, padre Herman (Podmoshensky), co-fondatore con padre Seraphim (Rose) e primo abate del monastero di sant'Herman d'Alaska a Platina, in California.
Al secolo Gleb Dimitrievich Podmoshensky, nato nel 1934 a Riga, perse il padre nei gulag sovietici ed emigrò con la madre e la sorella in America, dove completò il seminario a Jordanville. Dopo un incontro con Eugene Rose (il futuro padre Seraphim) a San Francisco, aprì con lui un negozio di libri e icone e iniziò a pubblicare un periodico chiamato The Orthodox Word. Con la benedizione dell'arcivescovo Ioann (Maximovich) di Shanghai e San Francisco, i due si ritirarono in un eremo nella California settentrionale, dove furono tonsurati monaci e ordinati preti, iniziando a ricevere diversi convertiti nella Chiesa russa all'Estero. Dopo la morte di padre Seraphim nel 1982, padre Herman iniziò ad avere conflitti con la Chiesa e fu deposto dal sacerdozio per disobbedienza nel 1988. Si aprì un periodo di poco più di un decennio in cui gli stessi monaci e fedeli che lo avevano seguito cercarono di convincerlo a rientrare nella comunione della Chiesa, cosa che fu assicurata con la sua rinuncia al ruolo di abate nel 2000, e alla ricezione delle comunità monastiche a lui legate nella Chiesa ortodossa serba (si può leggere un resoconto nel saggio autobiografico dell'igumeno Gerasim, presente su questo sito).
Padre Herman è stato una delle figure più controverse dell'Ortodossia in America, e dovrà passare ancora un certo tempo prima di poter dare una valutazione obiettiva dei risultati positivi e negativi della sua vita. A differenza di tanti che lo hanno criticato senza conoscerlo, noi abbiamo avuto l'opportunità di incontrarlo durante uno dei suoi viaggi in Italia alla fine degli anni '90, e abbiamo parlato a lungo con lui, notando sia la sua chiusura verso il rientro nella canonicità (cosa che avrebbe comunque accettato di lì a poco), sia un ammirevole approccio pastorale e missionario, in cui non ha mai avuto alcuna brama di ricoprire ruoli episcopali. Quale che possa essere il giudizio ultimo sul suo operato, il suo rifiuto di diventare un vescovo non canonico, la sua accettazione volontaria di decadere dal ruolo di abate e di guida di un movimento, e la sua disponibilità a vivere i suoi ultimi anni in ritiro come monaco semplice ne fanno una figura da cui tanti altri, anche nel nostro paese, avrebbero solo da imparare.
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