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Sezione 1

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Il pellegrinaggio della cintura della Madre di Dio in Russia

Ieri abbiamo presentato un evento di massa del 2012; oggi facciamo cenno a un evento di massa di portata ben maggiore, che aveva avuto luogo solo pochi mesi prima (nel tardo autunno del 2011): la visita in Russia di una preziosa reliquia dal monastero di Vatopedi sul Monte Athos, ovvero la cintura della santa Madre di Dio, che ha attirato ben tre milioni di pellegrini. Lasciamo la parola a padre Vsevolod Chaplin, capo del Dipartimento patriarcale per le relazioni tra Chiesa e società, per alcune considerazioni molto pertinenti su questo fenomeno e sul suo significato per la cultura e la società della Russia di oggi. Le parole di padre Vsevolod, nell'originale russo e nella traduzione italiana, sono nella sezione "Pastorale" dei documenti.

 
L'Ortodossia in America: crisi demografica

Nella foto: Il Dr. Nikolas K. Gvosdev

I. Proposito

L'Ortodossia sta affrontando una crisi in questo paese: la graduale erosione della sua base demografica, o i cosiddetti "ortodossi di nascita". Per il prossimo futuro, il compito missionario numero 1 della Chiesa è quello di riportare all'ovile gli ortodossi non praticanti. In anni recenti, alcuni hanno messo in discussione il bisogno o il valore di un simile approccio missionario. La ragione è triplice. In primo luogo, anche con tassi di conversione aumentati a causa di matrimoni misti, opera missionaria, etc., l'"influsso" di convertiti non è ancora sufficiente a rimpiazzare il "deflusso" dall'Ortodossia negli ultimi 80 anni. In secondo luogo, l'opera missionaria nella società americana è danneggiata dallo spettacolo di una chiesa che sembra incapace di "mantenere i propri membri". Infine, se i motivi che hanno portato tre generazioni di "ortodossi di nascita" a lasciare la propria chiesa ancestrale non vengono adeguatamente affrontati, che garanzia avremo che le seguenti generazioni di "ortodossi di nascita" prodotte dall'attuale genrazione di convertiti alla Fede non trovino qualche carenza nell'Ortodossia che oggi esiste in questo paese?

II. Metodi

Questo non è in alcun modo uno studio scientifico esauriente; piuttosto, è un rapporto studiato per tratteggiare a grandi linee il quadro dell'Ortodossia attuale, e per porre le basi di discussioni più dettagliate. La demografia ortodossa in questo paese è quanto meno una scienza inesatta, poiché ciascuna giurisdizione usa criteri differenti per valutare i modi di "appartenenza" alla Chiesa. A mio avviso, la definizione più ampia - il battesimo - è pressoché inutile a fornire un quadro accurato di chi appartiene di fatto alla Chiesa. Una persona battezzata ortodossa nell'infanzia che in seguito non frequenta mai la Chiesa né viene coinvolta in alcun modo significativo nella vita della comunità è, in essenza, un membro "inutile". Altri tipi di statistiche di appartenenza possono riflettere il numero di famiglie che hanno dato specifici contributi finanziari, e pertanto sottovalutare i numeri effettivi dei fedeli. Per gli scopi di questo studio, si presume che sia ortodosso chi abbia partecipato ai sacramenti almeno una volta all'anno, e frequenta la chiesa per lo meno in modo nominale.
Tutte le statistiche, a meno che non sia specificato altrimenti, sono prese dalle Vital Statistics emanate nel 1997 dal governo degli Stati Uniti. Molti dei dati usati sono basati su stime ed estrapolazioni, cosa che evidenzia il bisogno di studi ulteriori e più accurati.

III. I numeri degli ortodossi in U.S.A. e in Canada: le nostre pretese

Le "quattro grandi" tra le giurisdizioni ortodosse negli Stati Uniti: l'Arcidiocesi Ortodossa Greca (qui di seguito, i greci); la Chiesa Ortodossa in America (qui di seguito O.C.A.); l'Arcidiocesi Cristiana Ortodossa Antiochena (qui di seguito, gli antiocheni); e l'Esarcato Serbo (qui di seguito, i serbi), vantano, collettivamente, un totale di membri di 4,3 milioni. Quando si aggiungono altre giurisdizioni minori, esarcati, etc., il numero di ortodossi in Nord America è valutato all'incirca attorno ai 4,6 milioni.

Queste impressionanti statistiche, tuttavia, quando vengono suddivise, ci dicono che le dimensioni medie di una parrocchia ortodossa in questo paese dovrebbero essere le seguenti.

Greci: 3600 persone per parrocchia

O.C.A.: 3300 persone per parrocchia

Antiocheni: 1600 persone per parrocchia

Serbi: 1000 persone per parrocchia

Sfortunatamente, basandoci sui rapporti annuali presentati a conferenze, congressi e occasioni simili, è chiaro che questi numeri (anche se prendiamo i partecipanti alla funzione di Pasqua, che è indubbiamente la festa più frequentata dell'anno ortodosso) non sono cifre realistiche del numero effettivo di cristiani ortodossi in Nord America.

IV. Valutazioni realistiche

Se rivediamo le cifre precedenti in questo modo:

Greci: 3600 persone rivedute a 900 persone a parrocchia: 481.000 membri.

O.C.A.: 3300 persone rivedute a 500 persone a parrocchia: 300.000 membri.

Antiocheni: 1600 persone rivedute a 500 persone a parrocchia: 92.000 membri.

Serbi: 1000 persone rivedute a 500 persone a parrocchia: 35.000 membri.

In questo modo, arriviamo a un totale di 908.000 per le "grandi quattro", di fronte a una pretesa di 4,3 milioni, in altre parole il 21% delle cifre citate.

V. Ortodossia: stagnazione dal 1907

Una cifra di circa 900.000 cristiani ortodossi praticanti in Nord America nel 1997 è un buon auspicio per il futuro dell'Ortodossia? Non se consideriamo la mancanza di crescita sperimentata dall'Ortodossia in questo paese sin dal principio del ventesimo secolo.
Nel 1907, alla vigilia della sua partenza dagli Stati Uniti, il Vescovo Tikhon Belavin (più tardi Patriarca di Mosca, e ora un santo canonizzato della Chiesa Russa), che era stato responsabile della missione russa in Nord America, stimava che vi fossero circa 300.000 cristiani ortodossi registrati nelle parrocchie della Missione e dei suoi esarcati affiliati. Il Vescovo Gregory Afonsky (cfr. The Orthodox Church in America, 1917-1934) dice che il numero di cristiani ortodossi in America a quel tempo dovrebbe essere pertanto stimato a circa 600.000 (cristiani ortodossi nominali).
Se ipotizziamo che dopo il 1907 negli Stati Uniti non sia immigrato un singolo cristiano ortodosso, che non vi siano state conversioni all'Ortodossia, che la comunità di cristiani ortodossi sia cresciuta allo stesso tasso della popolazione degli Stati Uniti, e che l'Ortodossia abbia un tasso di ritenzione dell'85% (vale a dire che solo il 15 % dei cristiani ortodossi abbandonino la Chiesa), queste sarebbero le stime del numero dei cristiani ortodossi in Nord America nel 1997:

Usando il numero di ortodossi "registrati": 714.000 (stima 1997)

Usando il numero di ortodossi "stimati": 1.428.000 (stima 1997)

Ciò che questo ci mostra, pertanto, è che la Chiesa ortodossa, anche con successive ondate di immigrazione, e un certo numero di conversioni da altre fedi, è stata appena in grado di conservare i propri membri in questo paese, e non è stata in grado di usare la sua "base naturale" (gli "ortodossi di nascita") come piattaforma di lancio per una ulteriore crescita e testimonianza nel contesto della comunità americana. A meno che questa tendenza non venga ribaltata, l'Ortodossia continuerà a essere negli Stati Uniti una fede marginale, che fluttua intorno all'1% della popolazione Americana totale.
Il tempo è oggi il fattore più cruciale. L'ex-senatore Paul Tsongas, defunto nel gennaio 1997, è l'epitome dell'ortodosso di nascita "ribelle" - cresciuto come ortodosso da bambino, si allontanò dalla fede da adulto, in parte per le questioni della lingua e della rilevanza dell'Ortodossia nella sua vita come americano, e non semplicemente come greco. C'è una finestra di soli 15-20 anni che restano per raggiungere la generazione dei "Baby-boomers" e dei loro figli, la crescente "generazione X", perduti dalla Chiesa ortodossa, prima che ogni residuo legame con l'Ortodossia (un retaggio culturale ricordato, o "la chiesa a cui andava la nonna") siano irrevocabilmente dissolti.

VI. L'obiettivo di popolazione

Il formulario del Censo degli Stati Uniti contiene una sezione in cui gli americani possono designare volontariamente i paese o i paesi della propria origine nazionale o discendenza etnica. Usando i dati presentati nel Censo del 1990, possiamo estrapolare che tra gli immigranti europei e i loro discendenti, possiamo aspettarci che 3 milioni e 375.000, come minimo, ricadano nella categoria di "ortodossi di nascita". Si deve anche notare che molti "ortodossi di nascita" di terza e quarta generazione, a causa dei matrimoni misti e dell'assimilazione, non indicano il loro paese ancestrale d'origine nei moduli del Censo. Queste cifre inoltre non riflettono la presenza di gruppi ortodossi mediorientali e di altri pesei non europei. Tenendo conto che meno di un milione di americani sono in ogni senso cristiani ortodossi "praticanti" o che si identificano come tali, questo lascia, come minimo, un campo di missione approssimativo di 3 milioni di americani e canadesi che sono "di origne ortodossa" ma attualmente non sono affiliati alla Chiesa Ortodossa. Vi sono forse altri 2 milioni in termini di coniugi e di parenti di persone che hanno sposato degli ortodossi o persone "di discendenza ortodossa", che hanno qualche connessione o introduzione personale all'Ortodossia, sulla quale si può lavorare.

Non è lo scopo di questo rapporto di suggerire strategie di lavoro missionario tra i non praticanti e le coppie miste. Il suo scopo è di focalizzare l'attenzione sia della gerarchia ortodossa che dei laici sul fatto che, a meno che non si agisca, e non sia agisca presto, la base tradizionale dell'Ortodossia in questo paese continuerà a subire un'erosione. I giorni in cui, per virtù dell'essere "greco" o "russo", uno era anche automaticamente ortodosso, sono andati. Se L'Ortodossia in questo paese non riesce a trattenere e a riassorbire quanti sono nati in ambiente ortodosso, la sua testimonianza ed efficacia missionaria saranno danneggiate e limitate.

 

 
"Ma io, che cosa ho fatto?!" Sulla parabola del ricco e di Lazzaro

Disse il Signore questa parabola: "C'era un uomo ricco, che vestiva di porpora e di bisso e tutti i giorni banchettava lautamente. Un mendicante, di nome Lazzaro, giaceva alla sua porta, coperto di piaghe, bramoso di sfamarsi di quello che cadeva dalla mensa del ricco. Perfino i cani venivano a leccare le sue piaghe. Un giorno il povero morì e fu portato dagli angeli nel seno di Abramo. Morì anche il ricco e fu sepolto. Stando nell'inferno tra i tormenti, levò gli occhi e vide di lontano Abramo e Lazzaro accanto a lui. Allora gridando disse: Padre Abramo, abbi misericordia di me e manda Lazzaro a intingere nell'acqua la punta del dito e bagnarmi la lingua, perché questa fiamma mi tortura. Ma Abramo rispose: Figlio, ricordati che hai ricevuto i tuoi beni durante la vita e Lazzaro parimenti i suoi mali; ora invece lui è consolato e tu sei in mezzo ai tormenti. Per di più, tra noi e voi è stabilito un grande abisso: coloro che di qui vogliono passare da voi non possono, né di costì si può attraversare fino a noi. E quegli replicò: Allora, padre, ti prego di mandarlo a casa di mio padre, perché ho cinque fratelli. Li ammonisca, perché non vengano anch'essi in questo luogo di tormento. Ma Abramo rispose: Hanno Mosè e i Profeti; ascoltino loro. E lui: No, padre Abramo, ma se qualcuno dai morti andrà da loro, si ravvederanno. Abramo rispose: Se non ascoltano Mosè e i Profeti, neanche se uno risuscitasse dai morti saranno persuasi". (Luca 16:19-31).

Questa parabola è una delle più paradossali. Viveva un uomo che non faceva niente di male. Era ricco. È davvero una brutta cosa? Come si dice, è meglio essere ricchi e sani, piuttosto che poveri e malati. E poi c'era Lazzaro. Di certo era povero. Ma che cosa c'era virtuoso in questo? È una virtù essere malati, affamati, e in generale soffrire? Difficilmente.

Qual è il problema qui? Perché dopo la morte il ricco soffre nel fuoco dell'inferno, mentre Lazzaro riposa nel seno del capostipite Abramo? Può davvero essere semplicemente perché tutto deve essere controbilanciato e compensato, in modo che dopo una vita sontuosa sulla terra arriva la sofferenza, ma dopo la sofferenza viene la gioia? Sarebbe strano.

Ma il punto centrale di una parabola è quello di far riflettere. Quindi, fermiamoci un attimo e pensiamoci.

La parabola non si limita a parlare di due persone con destini diversi ed eredità diseguali nell'aldilà. Lazzaro (e questo è importante) giaceva alle porte del ricco. Di conseguenza, il ricco lo vedeva ogni giorno ed era ben consapevole di quali erano i suoi bisogni - ma a quanto pare non era in alcun fretta di esserne coinvolto. (E infatti Lazzaro non era una specie di pagano: era dello stesso popolo del ricco, un ebreo ugualmente credente).

Niente di tutto questo implica che l'uomo ricco (è così che dobbiamo chiamarlo, poiché il Vangelo non ci dice il suo nome) fosse malvagio e crudele. Forse semplicemente non voleva rovinare la sua vita felice, comoda per entrare in contatto con la malattia, la povertà e la morte.

Ricordiamo il classico della letteratura russa [Guerra e Pace, di Tolstoj]: "Anche Natasha, con il suo istinto rapido, aveva immediatamente notato le condizioni di suo fratello. Ma, anche se le aveva notate, lei stessa si sentiva tanto elevata di spirito, in quel momento, così lontana dal dolore, dalla tristezza, o dall'auto-rimprovero, che volutamente si ingannava come spesso fanno i giovani. 'No, sono troppo felice ora per rovinare il mio piacere provando compassione per i dolori di qualcuno', sentiva in sé, e si disse: 'No, sono io che forse mi sbaglio, è lui che deve sentirsi felice, proprio come lo sono io ' "

Umanamente parlando, questo è abbastanza comprensibile. Ma il giudizio di Dio è qualcosa di completamente diverso.

E che dire di Lazzaro? Giaceva lì, povero, malato, con ferite purulente, circondato da cani e, come dice il Vangelo, desideroso di nutrirsi con le briciole che cadevano dalla tavola del ricco. Chissà, forse questo è successo qualche volta.

Ma la sofferenza ha valore in sé e per sé agli occhi di Dio? Difficilmente. Fa davvero piacere a Dio considerare la nostra sofferenza? E può la sofferenza in sé e per sé davvero redimere i peccati?

No, qui è necessaria un'altra cosa. Vale a dire, la disponibilità ad accettare la volontà di Dio, senza mormorare, esigere o maledire. Se noi sopportiamo pazientemente - anche se non il tormento e la sofferenza, ma solo una sorta di disagio - avendo fede che il Signore ci sta inviando una prova, e se accettiamo ciò che è stato inviato con gratitudine - allora possiamo sperare che la nostra pazienza ci sarà calcolata per la giustizia.

Questo è stato, ovviamente, il caso di Lazzaro. Giaceva alle porte del ricco, forse lo aveva fatto per molti anni. E quando morì, gli angeli vennero a prenderlo. Probabilmente vennero per un motivo. Ma del ricco si dice solo che egli "fu sepolto".

Ripetiamolo ancora una volta: l'uomo ricco non era malvagio né crudele. Dopo tutto, anche nell'ade, quando sembrerebbe che la propria sofferenza metta in ombra tutto il resto, ricordava i suoi fratelli, e si preoccupava per loro. Ma, come si dice, essere una brava persona non è una professione.

Cristo attende da noi non un'astratta bellezza dell'anima, ma fatti specifici che mostrino la nostra fede e il nostro amore. Egli stesso non ha disdegnato di unirsi con la materia, nascendo in una stalla, e andando a pranzo con prostitute. E si aspetta la stessa cosa di noi: che non ci chiudiamo, che non sbarriamo noi stessi al di fuori dei "problemi degli altri", ma partecipando attivamente nella vita di coloro che hanno bisogno di noi.

Allora perché il Signore ha condannato il ricco? Perché aveva fatto qualcosa di male? No, perché non aveva fatto il bene.

Questa parabola è estremamente importante per noi. Noi cristiani che ci rechiamo in chiesa e facciamo regolarmente la confessione e la comunione siamo, nel complesso, brava gente: non uccidiamo, non rubiamo (quasi) nulla, e non ci danneggiamo a vicenda.

Ma il Signore non ha detto: "non danneggiatevi a vicenda". Ha detto: "Ama il prossimo tuo come te stesso". E il nostro amore ha bisogno di essere attivo ed efficace.

Quindi, se un bel giorno (e possa Dio concedere che sia in questa vita), ci rendiamo conto che il Signore si lamenta con noi, non dobbiamo chiederci: "Ma io, che cosa ho fatto?" Proviamo a chiederci: " Che cosa non ho fatto, di quello che potevo e dovevo fare?" chiediamocelo, e poi rispondiamo con i fatti.

 
Padre Robert Taft: Siete parte del problema, o siete parte della soluzione?

L'eredità dell'archimandrita Robert Taft, S.J. è così significativa che nessuno che sia seriamente interessato all'evoluzione della Divina Liturgia può permettersi di ignorarla. Nella sua intervista lo stimato studioso, di fatto il "patriarca" degli studi liturgici bizantini, ci racconta la sua vita e i rapporti con i rappresentanti della Chiesa ortodossa russa della patria e della diaspora, e il suo atteggiamento verso l'Ortodossia stessa. L'integrità e la trasparenza di padre Robert rendono una conversazione con lui sempre un piacere e un privilegio.

 

Diacono Andrej Psarev: padre Robert, ho tenuto una relazione alla Conferenza delle Donne Ortodosse a cui lei ha partecipato, a Long Island. Ho fatto un intervento molto positivo sul suo discorso. Più tardi, un mio collega, un sacerdote, mi ha inviato una richiesta. Mi ha chiesto perché una persona non ortodossa ci stava insegnando l'Ortodossia. Quindi, la mia prima domanda è semplice e diretta: perché un lettore ortodosso di questo sito dovrebbe ascoltare lei, che non sono solo è un eretico latino, ma pure un gesuita?

Padre Robert Taft, SJ: La mia risposta sarebbe che se non vuole ascoltarmi, allora dovrebbe ascoltarmi. Questa non è l'Unione Sovietica, questa è l'America, e la gente ascolta chi vuole. Se lui non vuole ascoltarmi, пожалуйста! [Come desidera!]

Alcuni anni fa, il Metropolitan Museum of Art ha tenuto una bella esposizione di icone russe. Quando fanno questo genere di cose, un'esposizione specifica [di icone], il Metropolitan Museum di solito si apre con un seminario di due giorni, dove invitano gli studiosi che considerano esperti informati su vari aspetti di ciò che viene presentato. Io ero una delle persone invitate. Quando ho finito il mio discorso, un signore che (ho scoperto in seguito) veniva dalla ROCOR si è alzato in piedi e mi ha sfidato, chiedendomi che diritto avevo di parlare di queste cose. Ho detto, "Il diritto che ho è che il museo mi ha invitato a farlo. Forse avrebbero dovuto invitare lei, invece. Se lo avessero fatto, starebbe tenendo lei il discorso. Sto tenendo il discorso perché sono stato invitato a farlo, e perché mi capita anche di saperne qualcosa". E' stata la fine di quella discussione. Più tardi mi sono incontrato con quell'uomo, e abbiamo anche fatto amicizia.

AP: Giusto. Ma io sono interessato a spiegare ai nostri lettori che non è un problema ascoltare un estraneo. A mio parere, a volte ci vuole un estraneo per noi capire meglio la nostra tradizione. Questo era quello che volevo dire.

RT: E 'sempre bello vedere noi stessi non solo come noi stessi ci vediamo, ma anche come ci vedono gli altri. Ma, naturalmente, per avere quella mentalità, bisogna essere qualcuno che vuole imparare, ovvero che è aperto.

Ho passato tutta la mia vita cercando di costruire ponti verso l'Ortodossia. Il mondo è pieno di persone che sono distruttori di ponte. Vogliono distruggere i ponti che già esistono. Io non sono Così. Io voglio avere legami con altre persone. Quanto al motivo per cui lo faccio - lasciatemi iniziare dandovi qualche dato di base, altrimenti non capirete mai perché ho passato tutta la mia vita in questo modo.

AP: Certo!

RT: Sono entrato tra i gesuiti da ragazzo - a diciassette anni e mezzo. Ero un novizio. Con me nel 1949, nella mia classe di noviziato di due anni, c’era giovane novizio di nome Stanley Marrow che veniva da Baghdad, ed era un membro della Chiesa siro-cattolica, una piccola chiesa che veniva dai non-calcedoniani ed era entrata in comunione con Roma. E mi sono chiesto tra me: "Che cos’è questa chiesa?" Io non sapevo nulla di loro, non sapevo dell’esistenza di queste persone. Dato che io sono sempre stato una persona molto curiosa, ho ovviamente fatto ricerche. Volevo imparare qualcosa che non sapevo sulla mia Chiesa cattolica.

Così ho letto alcuni libri sulle Chiese orientali e sono rimasto subito deluso e turbato, e anche arrabbiato, perché mi è sembrato che queste Chiese cattoliche orientali siano state trattate molto male dall'Occidente. Erano trattate come una sorta di riserve indiane degli Stati Uniti: erano aiutate finanziariamente, forse, ma tenute sotto controllo. Di conseguenza sono state sottoposte alla latinizzazione. Questo mi ha fatto arrabbiare. Ho deciso di approfondire e ho cominciato a studiare. Quella fu la mia prima introduzione all’Oriente cristiano.

Poi è venuto a farci lezione un professore, un sacerdote, padre Patrick Sullivan, che veniva dalla Fordham University. Aveva appena finito il suo dottorato ed era venuto a insegnarci il greco. Mi ha detto che c'era un centro russo chiamato Soloviev Hall alla Fordham University, e che c'erano gesuiti che stavano cercando di costruire ponti con i russi. "Wow", mi sono detto, "è meraviglioso! Questo è qualcosa che vorrei fare anch’io. "Così ho subito cominciato a studiare il russo per conto mio e a leggere libri e così via. Mi sono innamorato della spiritualità russa, della cultura russa, dell’iconografia russa. Ero abbastanza intelligente da sapere che l'erede di queste cose era la Chiesa ortodossa russa, a quel tempo perseguitata.

Poi dal 1956 al 1959 sono stato inviato in Oriente. Ho insegnato al Baghdad College, e sono diventato molto più familiare con l'Oriente cristiano perché Baghdad era un luogo pieno di tutte le Chiese orientali. Soprattutto la Chiesa armena era molto forte lì.

Col passare del tempo questo interesse è aumentato e ho chiesto ai miei superiori di permettermi di andare alla Fordham University a fare un corso di studi russi e a imparare il russo. Il mio interesse principale era concentrato sulla Russia e sulla sua cultura spirituale, perché la Russia era perseguitata. Tutti, naturalmente, erano perseguitata in Russia. Stalin era un persecutore di pari opportunità. Hitler ha perseguitato gli ebrei; Stalin ha perseguitato tutti.

Così, mi hanno permesso di andare a Fordham. Mentre ero lì ho iniziato a visitare le chiese ortodosse russe in città con padre Nikolaj Bock. Era l'ultimo rappresentante del governo zarista a Roma quando i bolscevichi avevano preso il sopravvento. Lui era solo il segretario, non l'ambasciatore, ma gli era capitato di essere a Roma, quando i bolscevichi presero il sopravvento. Si è rifiutato di tornare in Unione Sovietica. Era un uomo sposato. Credo che sia andato in Giappone con la moglie e lì è diventato un insegnante di inglese e di russo. Poi, alla morte della moglie, ha deciso che voleva diventare sacerdote. Era un uomo della vecchia cultura russa pre-sovietica.

Mi ha portato in giro a visitare le chiese ortodosse a New York. Abbiamo iniziato con la cattedrale patriarcale di san Nicola. Ricordo molto chiaramente la sua squisita cortesia. Abbiamo suonato il campanello. Ha risposto un sacerdote molto alto, distinto. Indossava solo un podrjasnik, senza croce o altro. Dopo averci mostrato la chiesa, padre Bock gli chiese in russo, "Con chi abbiamo l'onore di parlare?" Ha risposto: "con il metropolita Boris." Ho scoperto poi che era divenuto metropolita di Odessa.

Quella è stata la prima esperienza. Poi siamo andati alla cattedrale della ROCOR. Abbiamo visitato la bellissima cappella di stile vecchio-credente [la cappella di san Sergio a piano terra della sede del Sinodo all’angolo tra la 93a e Park Avenue]. Ho partecipato alla Liturgia celebrata dal metropolita Anastassij.

AP: È stato nel '58?

RT: Vediamo. Deve essere stato nel '59 o forse nel '60.

AP: Padre Bock era un prete greco-cattolico, giusto?

RT: No, era un cattolico latino, ma quando è diventato un gesuita hanno insistito, dato che era russo, perché adottasse la tradizione russa. Era un uomo della vecchia cultura imperiale russa, dai modi squisiti.

Alla cattedrale della ROCOR, ho partecipato alla Divina Liturgia celebrata dal metropolita Anastassij. L’ho visto fare prosternazioni mentre i suddiaconi dovevano sorreggerlo perché era molto anziano, in quei tempi. Lo ricordo molto chiaramente. Da lì siamo andati anche alla cattedrale della OCA, e così via.

Perché ho voluto farlo? Perché la ROCOR, soprattutto, è sempre stata conosciuta per la perfezione della sua liturgia. La ROCOR cerca di essere molto fedele al Tipico. Così, vi sono andato spesso quando ne avevo il tempo. Ero uno studente laureato e dovevo fare il mio lavoro. Ho visitato anche Jordanville e ho incontrato l'arcivescovo - credo che allora fosse un vescovo - Averkij. Ne ho visitato la bellissima cattedrale. Sono andato ovunque potessi.

Questo è stato il mio primo contatto con l'Ortodossia, ma non solo con la ROCOR. È stato con l'Ortodossia a New York in generale. Questo ha solo intensificato il mio interesse soprattutto per la cultura russa e la liturgia russa. Mi ricordo che quando sorella Vassa (Larina) - una suora della ROCOR, ovviamente - mi ha chiesto se volevo aiutarla a scegliere un argomento per la sua tesi di dottorato, le ho detto che il metropolita Antonio (Khrapovitskij) si sarebbe rotolato nella tomba. E lei ha detto: "Chi è questo uomo che sa del metropolita Antonio? Dove ha mai sentito parlare di lui?" Beh, ero solito leggere Pravoslavnaja Zhizn', Pravoslavnaja Rus' e Orthodox Life e così via. Leggevo fedelmente la letteratura della ROCOR. La metà dei miei libri sullo scaffale là sopra, i miei libri liturgici che uso per l'ufficio divino, provengono dalla ROCOR.

Come per altri contatti, quando ero a Roma, soprattutto in seguito da studente laureato, ho avuto contatti con il Patriarcato di Mosca. Quando ero uno studente laureato a Roma ho vissuto nel Collegio russo. Il Collegio russo in quel momento si era aperto molto di più di quanto aveva fatto in precedenza, sotto il nuovo rettore padre Paul Mailleux. Era un uomo meraviglioso, molto amato dai russi. Aveva diretto la scuola per i ragazzi russi, che i gesuiti avevano a Parigi, dove padre John Meyendorff era stato studente. Era molto conosciuto. Padre Paul Mailleux ha aperto il Russicum e ha costruito ponti con il Patriarcato di Mosca. Così abbiamo sempre avuto due sacerdoti ortodossi russi da Mosca che studiavano con noi. Penso che i primi due siano stati l’arciprete Vladimir Rozhkov - era un sacerdote ben noto e pastore di una grande, importante chiesa a Mosca - e poi - come si chiamava? - Lo conoscevo così bene. Il suo nome mi tornerà in un minuto. Sì! Era l’arciprete Pyotr Raina.

Andavano a casa per le loro visite, e poi tornavano con le loro vecchie valigie sovietiche di cartone, piene di pesce e funghi secchi e le loro bottiglie di Stolichnaja. Mi chiamavano e ci mettevamo a mangiare i funghi e tutto il resto. È stato un rapporto meraviglioso. Avevano la loro cappella ortodossa al piano superiore. Noi venivamo a cantare alla loro Divina Liturgia alla domenica, e loro venivano a cantare con noi alla Veglia notturna la sera prima, e anche alla nostra Divina Liturgia. Ero alla famosa Liturgia dove il metropolita Nikodim (Rotov) ha celebrato nella nostra chiesa, e ha dato scandalo ad alcuni ortodossi dando la comunione a chiunque veniva alla comunione. Erano altri tempi. Non c'era ostilità. Non andavamo alla comunione insieme, ma noi cantavamo alla loro liturgia e loro cantavano alla nostra liturgia. Ho sempre cantato nel coro. È stato un periodo davvero meraviglioso.

E così, durante quel periodo di tempo, ho incontrato persone come lo ieromonaco Kirill (Gundjaev), quando era solo uno ieromonaco appena ordinato. Era stato ordinato solo da due o tre anni la prima volta che l'ho incontrato. Poi l'ho visto dopo, quando era già un vescovo, a Roma, nel corso di visite e così via. Mi ricordo che mi disse che il mio slavo ecclesiastico era molto chiaro e comprensibile, ma con un netto accento americano. Ho avuto voglia di dirgli: "Il mio accento è meglio di quello dei vostri sacerdoti nella cattedrale di New York." Sapete, gli americani.

Come ho detto prima, conoscevo anche il metropolita di Leningrado, Nikodim. Mi ricordo di una volta che qualcuno gli aveva detto che era il mio compleanno. Così mi ha telefonato, e mi è venuto da ridere perché ha detto in russo "govorit Leningradskij" - "parla quello di Leningrado." L’ho trovato piuttosto divertente, mettendo insieme "Metropolita" e "Leningradskij". Così ho conosciuto anche il metropolita Vladimir (Sabodan) che ora è a Kiev. A quel tempo era in Germania, credo. È venuto a Roma. Ho anche incontrato il patriarca Alexej, quando era ancora vescovo in Estonia. È venuto a Roma e l'ho incontrato. Ho incontrato Filaret Denisenko. Gli ho fatto da autista, quando è venuto a Roma. Ho incontrato tutte queste persone. Non ero nessuno, solo uno studente. Ma ho avuto molti contatti e molte esperienze interessanti.

Perché mi sono tenuto in contatto con la ROCOR? È stato in gran parte attraverso i miei studenti della ROCOR che ho incontrato alcuni sacerdoti della ROCOR negli Stati Uniti. È stato attraverso gli studenti della ROCOR come Suor Vassa (Larina) che ho incontrato, ovviamente, l’arciprete George Larin e la sua matushka Catherine e poi, attraverso i loro contatti, persone come l’arciprete Serafim Gan, che lavora anche lui al Sinodo, e la sua matushka Irina. Così festeggio ogni anno il Natale russo con i miei amici della ROCOR. Ci riuniamo, li vedo ancora. Ricevo e-mail dalla parrocchia di padre Serafim e così via. È una cosa normale.

Ero solito dire ai miei studenti, quando insegnavo ancora: C'è solo una domanda fondamentale nella vita - Siete parte del problema o siete parte della soluzione? Ho passato la mia vita cercando di essere parte della soluzione, e sono fiero di esserlo.

AP: La ringrazio per questo.

RT: In altre parole, ho cercato di costruire ponti verso una cultura che sono venuto ad amare, la cultura ortodossa russa. La gente parla di "cultura russa." L’Ortodossia è cultura russa. I sovietici cercarono di negarlo. Chiunque sappia qualcosa di storia russa sa che la cultura russa è l’Ortodossia russa. Quindi io prego ogni giorno per la Chiesa di Russia, non perché si converta alla Chiesa cattolica, ma perché si converta alle migliori radici della propria vera Ortodossia. E prego ogni giorno per la Chiesa cattolica perché si converta a una vita del cristianesimo molto più collegiale, al posto di questa eccessiva enfasi sul papalismo che abbiamo ora, e che, a mio parere, non è la vera posizione cattolica storica. Il centralismo papale è diventato molto esagerato nei tempi moderni. Ma non è questo il modo in cui le cose erano in precedenza. In precedenza nella teologia cattolica, quando si parlava del "magistero", questa parola nel suo senso originario si riferiva agli insegnanti di teologia. E Roma interveniva, non per prendere una decisione, ma, di solito solo se una parte in una controversia teologica stava chiamando gli altri eretici. Quando Roma interveniva, di solito non cercava di risolvere il problema, diceva semplicemente: "Nessuno tra le due parti può chiamare l'altro eretico! Smettetela".

Così, gran parte di ciò che abbiamo ora è l'evoluzione moderna della Chiesa cattolica, e penso che dovremmo tornare a una visione più tradizionale di una chiesa dove molta più attenzione è rivolta ai vescovi e sinodi locali in tutta la Chiesa. Avremmo una visione più equilibrata della realtà. Questa è la mia opinione.

AP: Padre Robert, ha conosciuto entrambi i padri John Meyendorff e Alexander Schmemann nello stesso periodo in cui ha avuto la sua esperienza della Chiesa Russa all'Estero. Come si dovrebbero confrontare i membri della ROCOR con i padri Meyendorff e Schmemann? Qual è la sua valutazione dei loro diversi contributi?

RT: Oh, sì, i padri Schmemann e Meyendorff erano entrambi uomini straordinari, e li ho conosciuti entrambi. Li ho incontrati la prima volta nei primi anni ‘60 presso la Soloviev Hall diretta dai gesuiti alla Fordham University. I padri Alexander e John e alcuni altri teologi ortodossi provenienti dal St Vladimir’s Seminary partecipavano con noi a discussioni su importanti temi ortodossi e cattolici. Questa era una fase iniziale del dialogo ecumenico tra cattolici e ortodossi, e ho ricordi molto positivi sia di Schmemann che di Meyendorff. Naturalmente padre Meyendorff era uno studioso molto più profondo di Schmemann, che era dotato in un modo un po' diverso. Padre Alexander era un uomo carismatico e molto affascinante, ed estremamente articolato. La risonanza delle sue poche opere fino a oggi è qualcosa che ho chiamato "il fenomeno Schmemann". Raramente si sente una conferenza sulla moderna liturgia o vita ortodossa senza che Schmemann sia citato almeno una volta. È davvero senza pari in questo senso. Ma naturalmente padre John era un grande bizantinista e teologo, e naturalmente è molto ammirato dentro e fuori dell'Ortodossia, e anche in ambienti puramente accademici. Quindi, tutti e due, credo, hanno contribuito a innalzare il livello, per così dire, di ciò che la teologia ortodossa può essere. Ed erano entrambi preti sposati - non monaci!

La storia della ROCOR era, naturalmente, determinata, proprio come la storia della OCA, dalle vicissitudini della storia della Chiesa russa nel XX secolo, ma in un modo diverso. Gli emigrati russi della ROCOR erano sopravvissuti alla tragedia della perdita della loro terra d'origine soprattutto focalizzandosi sull’eredità della tradizione ortodossa russa, se posso fare una tale generalizzazione. Hanno coltivato un amore per la vecchia Russia, ispirati da un senso di missione per quelli che soffrivano in patria sotto i sovietici. Così la ROCOR aveva questa attenzione per la patria che si erano lasciati alle spalle. L'OCA, d'altra parte - se posso ancora fare una generalizzazione, ha iniziato a concentrarsi sul qui e ora della loro nuova casa, gli Stati Uniti, ispirata da intellettuali carismatici come Schmemann e Meyendorff. Quindi penso che questa sia una differenza di focalizzazione, anche se non è mio compito giudicare una qualsiasi Chiesa sorella. Infatti la mia ecclesiologia è l'ecclesiologia del Vaticano II, che riconosce tutte le Chiese ortodosse, come Chiese sorelle. E so dalla mia esperienza che il XX secolo è stato un momento molto, molto complicato per tutte le nostre chiese, e in particolare per l'Ortodossia russa. Non voglio giudicare alla leggera i diversi modi in cui la Chiesa ortodossa russa è riuscita a sopravvivere alle conseguenze della tragedia sovietica. La mia ammirazione va a tutti coloro che sono riusciti a conservare e vivere la loro fede ortodossa nel nostro Signore comune, indipendentemente dalla loro politica.

E mi ha fatto molto piacere vedere la ROCOR rientrare di nuovo in comunione con il resto degli ortodossi. Sarebbe bene, penso, se alla fine ci potesse essere una singola Chiesa ortodossa negli Stati Uniti. Voglio dire questo affare di avere tutti, ogni gruppo nazionale, separati, non è la soluzione migliore per Ortodossia americana - ma non sono affari miei. Non sta a me giudicare gli altri.

Ma penso che entrambe le chiese hanno dato un contributo alla famiglia ortodossa. Uno dei contributi della ROCOR è stato di rimanere fedele al Tipico, alla tradizione liturgica. Credo che il contributo dell’OCA sia stato quello di cercare di avere un’Ortodossia che sia veramente ortodossa e veramente americana. Hanno avuto molto successo, voglio dire, la maggior parte dei membri del clero sono convertiti. Purtroppo, ultimamente hanno avuto problemi con i loro metropoliti, ma si lasceranno alle spalle anche questi, se hanno il coraggio di essere se stessi. E questo è uno stile americano ortodosso. Questa è una cosa bella per tutti nell'Ortodossia. Quindi penso che ogni gioiello nella corona ha dato il suo contributo. Il mio contributo è stato quello di raggiungere queste persone, queste culture, e di studiarle con onestà, senza impegnarsi in quello che io chiamo la propaganda confessionale.

AP: Mi sembra giusto.

RT: Ho cercato di essere parte della soluzione, non parte del problema. Il mio ultimo contributo che sto preparando per il congresso dell'Accademia di Liturgia Nordamericana è un tentativo ecumenico di conciliare le opinioni cattolica e ortodossa sulla consacrazione della santa Eucaristia. Io cerco di dimostrare che entrambe queste sono espressioni diverse di un singolo sistema e sono davvero conciliabili, e ne offro le prove. Sono un costruttore di ponti.

AP: Ha menzionato la sua fedeltà al Concilio Vaticano II. Allo stesso tempo, capisco che non ritiene necessario che la Chiesa ortodossa abbia un Concilio simile che possa rivedere l'intero rito bizantino. Vuole fare qualche commento a proposito?

RT: Come ho sempre detto nei miei scritti, io non sono un riformatore liturgico. Sono un informatore liturgico. La liturgia bizantina è mai cambiata? Certo. Ho scritto un piccolo libro intitolato "Storia sintetica del rito bizantino". E io sono il primo che abbia mai provato a mettersi davvero con calma a mostrare come si è sviluppato il rito bizantino (come lo chiamano nei circoli accademici). Alcune persone pensano che sia caduto giù dal cielo come una pizza uscita dal forno. Per chiunque abbia mai studiato qualcosa, questo è semplicemente ridicolo. Ho passato tutta la mia vita a studiare come è cambiata la Divina Liturgia di san Giovanni Crisostomo. Ho pubblicato enormi volumi su questo tema. Il volume finale - sull’Anafora, la Preghiera Eucaristica - è in stampa. Ma in una conferenza della ROCOR (non dico dove) - uno dei laici presenti (non era una conferenza accademica) mi ha posto la domanda: "Quand’è che la Chiesa cattolica ha smesso di dire 'Re celeste', all'inizio dei suoi servizi?" Cosa?! Sarebbe come dire: "Quand’è che gli americani a New York hanno finito di parlare russo?" Come si può rispondere a una domanda del genere?

Quindi, abbiamo davvero bisogno di capire. Ma, come ho detto, io non sono un riformatore liturgico. Sono un informatore liturgico. Che cosa vuol dire? Vuol dire che io rispetto il fatto che non sono gli studiosi, o (molto peggio) i singoli sacerdoti, che dovrebbero mettersi a cambiare la liturgia. Il loro obbligo è quello di seguire la tradizione. I cambiamenti nella liturgia sono una decisione che dovrebbe essere presa dai concili, dalla gerarchia. Ma dovrebbero farlo con un po' di conoscenza di ciò che stanno facendo. E quello è il mio lavoro. Volete sapere che cos’era originariamente il Grande Ingresso? O volete sapere se l'Inno dei Cherubini era diviso da commemorazioni? Lo chiederete a me. Non lo chiederete a un vescovo, perché il vescovo probabilmente non lo sa. Non lo dico con arroganza. I vescovi hanno il loro ministero, e io ho il mio. Il mio ministero è l’informazione, non la riforma. Sono perfettamente contento della liturgia così com'è. Ma penso che ci siano alcune cose che potrebbero essere migliorate - dire le preghiere ad alta voce e così via - e ho scritto su tutte queste cose.

Vedete, questa è una cosa che posso affermare di me stesso. Ai vecchi tempi, quando il nuovo programma popolare per l'elaborazione di testi era WordPerfect, e si usava dire "Quello che vedi è quello che ottieni", direi "Questo sono io. Quello che vedi è quello che ottieni". Non ho alcuna pretesa, perché tutto ciò che ho pensato in tutta la mia vita è stato scritto e pubblicato. Volete sapere cosa penso? Basta leggerlo. È tutto lì fuori. Non sto nascondendo nulla. Volete sapere come la liturgia di san Giovanni Crisostomo si è sviluppata? Leggete tutti quei volumi lassù nella mia libreria. Alcuni di loro sono stati tradotti in russo.

Questa è anche una buona cosa, se così si può dire, della Chiesa cattolica. Non c’è bisogno indovinare ciò che la Chiesa cattolica crede, perché ciò la Chiesa cattolica crede è stampato su carta. Se volete sapere ciò che la Chiesa cattolica pensa dell’ecumenismo - alcune persone nella ROCOR pensano che l'ecumenismo sia una eresia - ma loro non sanno che cosa significa l'ecumenismo per i cattolici. Pensano che l'ecumenismo significhi ricerca di un minimo comune denominatore che tutti possono concordare. Questo non è ciò che la Chiesa Cattolica chiama ecumenismo. Se volete sapere che cosa pensa la Chiesa cattolica dell’ecumenismo, non tirate a indovinare. Usate Google! Troverete un documento che ve lo dice esattamente. Vedete? Quindi non c'è bisogno di tirare a indovinare ciò che crede la Chiesa cattolica. È possibile trovare un testo che ve lo dirà esattamente. Ciò non significa che dovrete essere d'accordo con esso. Ma non avrete bisogno di indovinare.

Gli usi della storia devono essere lasciati agli storici, perché sono quelli che conoscono la storia. Guardo a questo come a qualcosa che dobbiamo superare. Non ha senso discuterne. Io cerco di discutere estendendo la mano agli ortodossi. Ho avuto successo? Questo sta agli ortodossi, e a Dio, giudicarlo. Come ho detto, ho cercato di essere parte della soluzione, non parte del problema.

AP: Sicuramente. Come vede la riconciliazione tra il Patriarcato di Mosca e la Chiesa Russa all'Estero? Ha comportato sia guadagni che perdite? Se sì, quali sono?

RT: L'unità della Chiesa è sempre un guadagno, sempre un guadagno. Penso che la ROCOR abbia saputo conservare la propria identità, che è una buona cosa, perché ha avuto una lunga storia separata. Il fondatore della ROCOR, Antonij (Khrapovitskij) - Non so se si può parlare di lui come fondatore; non so se è il termine giusto - era certamente un uomo grande e santo. Non c'è dubbio su questo. E la sua eredità merita di essere conservata come parte dello spirito della ROCOR. E penso che, per quanto conosco i dettagli dell'accordo, la ROCOR sia stata in grado di preservare la sua identità. In sostanza, la comunione è ciò che significa la Chiesa. Quindi tutto ciò che migliora la comunione lo vedo come positivo.

In ogni caso, sono giunto a prendermi molta cura dei miei amici ortodossi, soprattutto a causa dei molti studenti ortodossi che hanno studiato con me. Quindi, se qualcuno vuole chiedermi - "Che diritto ha di parlare di queste cose?" - Prima di tutto, mi sono state poste queste domande. In secondo luogo, non sono io che ho trascinato questi studenti a studiare con me. Ci sono due professori di Liturgia al St Vladimir’s: Paul Meyendorff e padre Alexander Rentel. E con chi hanno fatto il loro dottorato? Con me.

AP: Ed entrambi sono studiosi seri. La ringrazio molto, padre Robert.

 
Il metropolita Nestor, illuminatore dei popoli della Kamchatka

Cinquant'anni fa , il metropolita Nestor (Anisimov) si è addormentato nel Signore. Era stato uno dei più grandi missionari del XX secolo, l'illuminatore della Kamchatka, un umile arcipastore, che aveva trascorso otto anni nel gulag della Mordovia per la sua fede in Cristo. Pravoslavie.ru e OrthoChristian.com pubblicano le note di questo uomo straordinario, a noi inviate dal suo figlioccio, Aleksandr Kirillovich Karaulov.

Il metropolita Nestor (Anisimov). Foto del 1961

Il metropolita Nestor (Nikolaj Aleksandrovich Anisimov) nacque a Vjatka il 9/22 novembre 1885, in occasione della festa dell'icona della Madre di Dio, "Colei che è pronta ad ascoltare". Dai suoi primi anni d'infanzia si distinse per la sua profonda religiosità.

Dopo il diploma di scuola secondaria ha iniziato i corsi missionari all'accademia teologica di Kazan.

Nel 1907 , sentendo una nostalgia nella sua anima e la volontà di Dio, e dopo aver ricevuto una benedizione dal santo e giusto padre Ioann di Kronstadt, Nikolaj Anisimov decise di intraprendere la difficile opera del missionario. Il 17 aprile 1907, nel monastero della Trasfigurazione del Salvatore di Kazan', ricevette la tonsura monastica e gli fu dato il nome di Nestor. Il 6 maggio dello stesso anno fu ordinato ierodiacono, e tre giorni dopo, ieromonaco.

Il 2 giugno 1907, padre Nestor partì per la terra del suo servizio missionario: la Kamchatka. Per due anni, lo ieromonaco Nestor adempì coscienziosamente i suoi doveri pastorali in condizioni meteorologiche avverse, rischiando spesso la vita nel predicare la parola di Dio nel convertire migliaia di Kamchadal pagani a Cristo. Il suo profondo rispetto per le persone, la loro lingua e le tradizioni, la sua costante disponibilità ad aiutare i malati , infermi e oppressi conquistarono allo ieromonaco Nestor l'ardente amore e la fiducia di un gregge che viveva negli angoli più remoti di una regione enorme. E tuttavia, il giovane pastore non si sentiva pienamente gratificato dalle proprie attività . Capiva che le sue piccole fatiche non sarebbero mai state abbastanza per risolvere i problemi inerenti a una Kamchatka dimenticata da tutti. Aveva bisogno di attirare l'attenzione dei potenti di questo mondo, del clero e di tutte le persone oneste che volevano aiutare il prossimo sofferente di povertà, malattia, ubriachezza, ignoranza e per i capricci dei loro piccoli tiranni locali. Così nacque l'idea di creare la Fratellanza benefica ortodossa della Kamchatka.

Lo ieromonaco Nestor (Anisimov), Missionario in Kamchatka. Foto del 1907

Nei primi mesi del 1910, dopo aver ricevuto la benedizione del suo ierarca locale, padre Nestor partì per San Pietroburgo. Tuttavia, nella capitale avrebbe dovuto scontrarsi con la durezza di cuore e anche con l'antagonismo dei burocrati del Santo Sinodo e il suo procuratore capo. Ma questo non fermò il giovane ieromonaco. A costo di grandi sforzi riuscì ad attrarre un grande settore della società ortodossa e un certo numero di deputati della Duma di Stato verso l'idea di creare una fratellanza. Il coinvolgimento personale dello tsar Nicola II svolse un ruolo decisivo, così come quello dell'imperatrice Alessandra Feodorovna e dell'imperatrice vedova Maria Feodorovna. Come risultato, il 14 settembre 1910 a Vladivostok, la Fratellanza benefica ortodossa della Kamchatka fu inaugurata in onore dell'icona del Salvatore misericordioso "non fatta da mano", e società affiliate presto apparvero a San Pietroburgo, Mosca, Kiev, e altre città della Russia. Persone illustri di vari strati sociali (clero, figure sociali e politiche, esponenti del mondo della scienza e della cultura, commercianti, industriali e aristocratici), consideravano un onore essere soci e benefattori della confraternita. San Nicola i pari agli apostoli, arcivescovo del Giappone, la futura martire granduchessa Elisabetta Feodorovna, il futuro martire Vladimir, metropolita di Kiev, e il santo ierarca Macario, metropolita dell'Altai, diedero tutti un contributo significativo. La famiglia reale contribuì in modo particolare. Alla fratellanza furono dati una chiesa, arredi sacri, denaro e sconti sulle merci. Lo tsarevich Alessio divenne patrono ufficiale della fratellanza.

Nel 1910-1917, fu costruito un numero enorme di chiese, cappelle, scuole, orfanotrofi, ospedali e cliniche con i fondi della fratellanza.

Dopo aver imparato le lingue Tungus (Evenkij) e Korjazh, lo ieromonaco Nestor tradusse la Divina Liturgia, una parte dei Vangeli e varie preghiere in quelle lingue. Per le sue fatiche padre Nestor fu elevato al rango di igumeno nel 1913. Anche allora, era già giustamente chiamato "apostolo della Kamchatka".

Quando scoppiò la prima guerra mondiale, padre Nestor organizzò e diresse una divisione medica chiamata "Pronto soccorso sotto il fuoco nemico". Come membro del soccorso del reggimento Dragunskij, accompagnava i soldati negli attacchi di cavalleria a cavallo, portava via personalmente i feriti dal campo di battaglia, li bendava, li confortava, e organizzava il loro trasferimento in ospedali militari. Per la sua misericordia pastorale, il suo eccezionale ardimento e coraggio, all'igumeno Nestor fu dato il più alto riconoscimento militare mai concesso al clero , una croce pettorale con il nastro di San Giorgio, così come un certo numero di onorificenze militari con spade e nastri (sant'Anna, 2° e 3° grado, e san Vladimir, 4° grado).

Alla fine dell'anno 1915, padre Nestor fu richiamato dal fronte ed elevato al rango di archimandrita. Ancora una volta partì per la Kamchatka per continuare la sua missione pastorale.

Il 16 ottobre 1916, p. Nestor fu consacrato vescovo e nominato a capo della diocesi appena creata della Kamchatka. Il vescovo Nestor definì il suo tempo passato in Kamchatka gli anni più felici della sua vita .

Il vescovo Nestor fu uno dei pochi ierarchi che non accettarono la rivoluzione di febbraio, che egli considerava una trama dei nemici della Russia. Nel 1917-1918 partecipò al Concilio locale di tutta la Russia e all'elezione del santo patriarca Tichon. Dopo la rivoluzione bolscevica, durante i turbolenti avvenimenti rivoluzionari de ottobre a Mosca, il vescovo Nestor camminava per la città di notte con una borsa medica, e, trascurando ogni pericolo, raccoglieva i feriti e dava loro assistenza medica. Su benedizione del Concilio, come membro di una commissione per fotografare e descrivere i danni causati alla Cattedrale del Cremlino da parte dei bolscevichi, il vescovo Nestor pubblicò una denuncia graffiante dal titolo "Il bombardamento del Cremlino di Mosca", che fu riconosciuto come uno dei documenti più importanti di quell'epoca. Nello stesso periodo il vescovo Nestor divenne l'ispiratore e l'organizzatore del solo tentativo sincero (purtroppo senza successo) di salvare la famiglia reale. Nel marzo del 1918, il vescovo fu arrestato per la prima volta dai bolscevichi ed rimase in prigione per quasi un mese. Fu rilasciato solo a causa delle pressioni da parte del Concilio locale e dei fedeli. Tutta la Mosca ortodossa venne in difesa della giovane arcipastore.

Dopo che il concilio si chiuse, il vescovo Nestor giunse con la massima difficoltà, attraverso Kiev, Odessa, la Crimea, la Turchia, la Siria, l'Egitto, l'India e la Cina a Petropavlovsk-Kamchatskij, dove ha continuò il suo servizio episcopale. Ben presto, però, i bolscevichi lo bandirono dalla Kamchatka.

Trovandosi in emigrazione forzata a Harbin, in Manciuria, il vescovo Nestor era profondamente addolorato per la sua separazione dalla sua amata patria, ma non cadde nello sconforto. Con raddoppiata energia continuò le sue attività pastorali, ascetiche, benefiche e sociali, e divenne ben presto uno dei leader spirituali accettati del ramo dell'emigrazione russa in Estremo Oriente. Nel 1921, il vescovo Nestor fondò il podvor'e (rappresentanza) della Kamchatka a Harbin, e più tardi la Casa della misericordia e dell'industria, grazie alla quale furono salvate migliaia di vite di adulti e bambini trascinati nel vortice della guerra civile. Attraverso gli sforzi del vescovo, furono costruite una chiesa e una cappella commemorativa dedicata ai Martiri imperiali sul territorio della Casa della misericordia.

Nonostante la confusione insita nella vita della Chiesa degli anni '20 e '30 , sia in patria sia nella diaspora russa, il vescovo Nestor sosteneva costantemente l'idea dell'unità con la Chiesa madre sofferente. Durante questo periodo, visitò un certo numero di paesi in Europa e in Asia, si incontrò con i vescovi della Chiesa ortodossa russa all'estero, i rappresentanti di varie Chiese ortodosse locali, e molte illustri figure dell'emigrazione russa. Fece anche un pellegrinaggio in Terra Santa. Nel 1938-1939, il vescovo Nestor compì opera missionaria in India e a Ceylon (Sri Lanka).

L'arcivescvovo Nestor di Kamchatka. Foto del 1940

Nel 1933, fu elevato al rango di arcivescovo, e nel 1941 gli fu concesso il diritto di indossare una croce sul suo klobuk.

Il vescovo Nestor non fu mai ingannato riguardo alla natura del regime bolscevico in Russia. Ne aveva denunciato chiaramente la natura anti-teista nell'ottobre del 1917, dopo aver osservato i tragici eventi che circondano la devastazione del Cremlino di Mosca da parte dei bolscevichi. La sua partecipazione attiva in molti eventi della guerra civile in Ucraina, Crimea, Siberia e nell'Estremo Oriente non lasciò alcun dubbio nella sua mente. Sempre coerente nel suo punto di vista, il vescovo Nestor espresse sempre apertamente il suo atteggiamento negativo verso il regime bolscevico, sia nei suoi discorsi sia nei suoi numerosi libri, opuscoli e articoli. Una convinzione che il governo anti-teista sarebbe inevitabilmente caduto non lasciò mai il vescovo Nestor fino alla fine dei suoi giorni.

Tuttavia, rimase sempre un ardente patriota, e un combattente strenuo per l'unità della Chiesa ortodossa russa. Quando scoppiò la seconda guerra mondiale, il vescovo Nestor decise che non aveva alcun diritto di rimanere al di fuori della Chiesa madre durante il tempo della pesante sofferenza della sua patria. Nel 1943, il momento più difficile per la Russia, quando nessuno poteva prevedere l'esito della guerra, rinnovò segretamente i suoi contatti con il Patriarcato di Mosca. Per un certo periodo di tempo dovette nascondere questi contatti, perché sotto le condizioni estremamente crudeli dell'occupazione giapponese avrebbero posto una minaccia mortale sul vescovo e sul suo gregge. Anche così, i sermoni del vescovo Nestor risuonarono con rinnovata forza per il sacro dovere di difendere la Patria da chi aspirava a schiavizzarla, e questo messaggio trasse sostegno vitale dai suoi parrocchiani.

Nel giugno del 1945 , anche prima dell'inizio di un'azione militare dell'URSS contro il Giappone, il vescovo Nestore fece un passo che era, considerando le condizioni attuali, non solo audace, ma anche veramente eroico - commemorò apertamente il nome di sua Santità il patriarca di Mosca e di tutta la Rus' ai servizi divini. Su sua iniziativa, tutti i vescovi di Harbin firmarono una petizione al patriarca di Mosca perché accettasse il loro gregge sotto il suo omoforio.

Nel mese di agosto del 1945, il vescovo Nestor insieme ad altri russi in Manciuria esultò alla venuta dell'esercito liberatore e si incontrò con i suoi comandanti.

Nel 1946, sua Santità il patriarca Alessio I elevò il vescovo Nestor al rango di metropolita, e lo nominò alla sede di Harbin e Manciuria, un esarcato patriarcale in Asia orientale. Le attività del vescovo in questa capacità durante i difficili anni del dopoguerra furono molto feconde.

Il metropolita Nestor (prigioniero Nikolaj Anisimov) al Dubravlag. Foto del 1955

Il 14 giugno 1948, il giorno in cui doveva partire da Harbin per Mosca per la celebrazione dei 500 anni dell'autocefalia della Chiesa ortodossa russa , il vescovo Nestor fu inaspettatamente arrestato dalle autorità cinesi e deportato in Unione Sovietica. Con una speciale comunicazione del Ministero della Sicurezza di Stato dell'URSS, l'arcipastore è stato condannato a dieci anni di reclusione in campi di lavoro. L'accusa contro di lui consisteva nel suo libro, Il bombardamento del Cremlino di Mosca, e nelle sue attività religiose e sociali durante la sua permanenza nell'emigrazione. Servì la sua pena nel campo della Mordovia, riservato ai più importanti criminali di stato - l'Osoblag n. 3 (Dubravlag) . Ma gli onerosi anni di prigionia, durante i quali fu costretto a sopportare le più raffinate torture, abusi e umiliazione, non spezzarono la volontà dell'arcipastore.

Dopo essere stato liberato nel 1956, Nestor fu nominato metropolita di Novosibirsk e Barnaul. Questa era la più grande diocesi della Chiesa ortodossa russa , che a quel tempo comprendeva il territorio delle province di Novosibirsk, Tomsk e Kemerovo, le terre di Krasnojarsk e dell'Altai, così come la Repubblica di Tuva (in tutto circa il 20% del territorio dell'URSS).

Appesantito da numerose malattie e mezzo cieco, il metropolita Nestor trovò la forza di predicare la parola di Dio non solo nelle più grandi città della diocesi (Novosibirsk, Krasnojarsk, Tomsk, Kemerovo, Barnaul, Bijsk, Kyzyl, e Achinsk), ma anche nei boschi perduti e nei villaggi dove, come lui stesso diceva, nessun vescovo aveva mai messo piede, e la gente non aveva mai visto servire un vescovo. Ciò portò ad un notevole rinvigorimento della vita della Chiesa nella diocesi. Il metropolita Nestor protestò contro la chiusura delle chiese, e sollevò la questione di aprire nuove parrocchie e seminari teologici. La sua attività intensa portava estremo dispiacere alle autorità, e nuove persecuzioni furono organizzati contro l'arcipastore.

Il metropolita Nestor di Novosibirsk e Barnaul. Foto del 1956

Nel dicembre 1958, il metropolita Nestor fu nominato ierarca della diocesi di Kirovograd e Nikholaevsk. Durante questo periodo, indipendentemente dal perdurare delle persecuzioni, il metropolita Nestor continuò a viaggiare in tutta la diocesi, a celebrare i servizi divini, a predicare la parola di Dio e a protestare contro la chiusura di chiese da parte delle autorità contrarie a Dio. Durante il periodo difficile che portò alla chiusura della Lavra della Dormizione delle Grotte di Kiev, il metropolita Nestor visitò il monastero per confortare il suo abate e i fratelli, e per rafforzarli nella convinzione che la fede cristiana avrebbe inevitabilmente prevalso.

Nel 1961, il metropolita Nestor completò un libro straordinariamente sincero delle sue memorie, che è stato ristampato più volte negli ultimi anni.

Il metropolita Nestor è defunto il 22 ottobre / 4 novembre 1962 a Mosca, nel giorno in cui la Chiesa celebra l'icona della Madre di Dio di Kazan'. La preghiera di assoluzione al suo funerale fu letta da sua Santità il patriarca Alessio I. Il metropolita Nestor è sepolto nel cortile della chiesa della Trasfigurazione nella residenza patriarcale nel sobborgo di Peredelkino a Mosca.

I cristiani ortodossi continuano per fortuna a ricordare questo grande missionario, umile uomo di preghiera, pastore misericordioso, ardente patriota, brillante predicatore, eccezionale scrittore religioso ed essere umano semplicemente straordinario.

La diocesi di Kamchatka ha chiesto al Santo Sinodo della Chiesa ortodossa russa di canonizzare l'illuminatore dei popoli della Kamchatka, il metropolita Nestor.

O Signore, ricordati dei tuoi ierarchi nel tuo regno!

 
Il millesimo anniversario del battesimo del santo re Olaf di Norvegia

Mille anni fa, l'Europa occidentale si è trovata di fronte a una scelta: rimanere fedeli alla Chiesa dell'Impero romano cristiano, la cui capitale era a Nuova Roma (più tardi conosciuta come Costantinopoli), o seguire quella parte della sua élite amante del potere che voleva di far rivivere l'impero pagano della vecchia Roma, rinunciando alla Chiesa, alla dottrina cristiana sulla Trinità, e all'autorità dell'impero romano cristiano.

Una delle ultime figure dell'élite dominante a seguire il primo corso veniva dalla periferia dell'Europa occidentale, in cui la fedeltà era più forte. Si tratta di sant'Olaf (Haraldsson) della Norvegia. Il 19 ottobre 2014 si commemora il millesimo anniversario del suo battesimo a Rouen in Normandia, in Francia, dove sono venerate le sue sante reliquie e cori francesi e norvegesi si esibiscono in concerto.

Nato nel 995, dopo il suo battesimo fu accompagnato in Norvegia dal vescovo anglo-vichingo (e più tardi santo) Sigfrid, e proclamato re. Governò dal 1015 al 1028. Durante il suo regno fece molto per illuminare e battezzare la sua gente e per reprimere la guerra civile e fu ucciso nel 1030 in una battaglia con gli aristocratici che volevano la divisione. Fu canonizzato nel 1031 'con l'accordo di tutto il popolo norvegese'. Nella sua patria il santo re, che ha unito i norvegesi, è celebrato come 'il re eterno'. Fu uno degli ultimi europei occidentali a diventare un santo ortodosso e a sant'Olaf sono state dedicate chiese in Russia, in particolare a Novgorod e a Staraja Ladoga, dove aveva vissuto per diversi anni.

Due santi sovrani dal nord-ovest e dal sud-est dell’Europa ortodossa:

re Olaf di Norvegia e re Stefano di Dečani

(memoria dell’aiuto norvegese alla ricostruzione del monastero)

 
Come tradurre le tradizioni antiche in lingua moderna

Mi piace lavorare con i giovani, che tendono a porre domande difficili.

In un recente ritiro in un fine settimana, sono stato chiamato a partecipare a una sessione intitolata "Fuoco sul padre". Era la prima volta che andavo a quel particolare campo di ritiro, quindi ero un po' preoccupato dal titolo.

Non sono stato colpito da proiettili, ma sono stato assalito da una raffica verbale.

I bambini sono stati invitati a scrivere domande su foglietti di carta e a metterli in un sacchetto. Io facevo parte di un gruppo con altri due sacerdoti, e abbiamo avuto qualche minuto per studiare queste domande e prepararci a spiegare gli insegnamenti della chiesa su una gamma di questioni delicate.

La prima domanda uscita dal sacchetto era: "Perché le donne dovrebbero indossare gonne e copricapi in chiesa?" Un potenziale campo minato.

I bambini di qualsiasi fede sono influenzati dai valori della cultura che li circonda, e tra questi valori c'è un rifiuto fondamentale di qualsiasi cosa sappia di "disuguaglianza di genere."

Mentre il padre più anziano del nostro triumvirato iniziava la sua risposta, ho avuto la sensazione che non sarebbe stato ben accolto. Ha parlato del copricapo come simbolo delle mogli che si sottomettono ai loro mariti e stanno sotto la loro autorità – un approccio biblico, ma non del tipo più convincente per questo uditorio. Qualche mugugno ha cominciato a emergere dai ranghi, e il secondo sacerdote ha aggiunto il suo parere, di nuovo sulla disciplina paolina.

La tensione dell'atmosfera è cresciuta (una ragazza ha chiesto: "State dicendo che io passo dall'essere di proprietà di mio padre all'essere di proprietà di mio marito?").

Io ho deciso di seguire un approccio leggermente diverso.

Solo una volta nel mio ministero ho dovuto parlare a qualcuno dei suoi abiti, e non è stata una donna, ma un giovane che veniva ripetutamente in chiesa in calzoncini corti a causa del caldo estivo. Dopo la terza domenica, l'ho preso in disparte e abbiamo parlato di modestia, e di come evitare di essere una distrazione per gli altri.

Siamo onesti. La maggior parte di noi si fissa su una persona attraente del sesso opposto, soprattutto se mostra qualcosa di scoperto. In generale, gli uomini sono più sensibili rispetto alle donne.

Per questo motivo, è stata la pratica ortodossa per più di un millennio (e rimane così nei monasteri) che gli uomini stiano da una parte della chiesa e le donne dall'altra.

Senza banchi che interrompano lo spazio del culto, vedete la persona di fronte a voi. L'ultima cosa a cui vorreste che sia attirata la vostra attenzione quando arrivate a pregare è un bel paio di polpacci o un'acconciatura sexy (sì, gli uomini notano queste cose).

Come sacerdote, mi capita di rivolgere la schiena alla congregazione per la maggior parte del servizio, guardando solo la tavola dell'altare e un'icona della sempre vergine Maria. Una volta mi sono trovato nella fila della comunione dietro una ragazza che indossava un paio di calzoncini da ginnastica con la parola "JUICY" blasonata sulle natiche (una moda che non è ancora morta). Questo non era quello a cui volevo pensare mentre mi preparavo a ricevere il corpo e il sangue di Cristo.

Come concessione alla debolezza degli altri (e qui gli uomini sono più deboli rispetto alle donne), vi prego di prendere in considerazione quello che indossate durante il culto. La chiesa deve essere un luogo di rifugio dalla cultura iper-sessualizzata che ci circonda (inclusi gli annunci pubblicitari sui giornali).

In chiesa non abbiamo bisogno di vedere carne esposta, sia che si tratti di scollature femminili o di bicipiti maschili. Io non sono in disaccordo con l'interpretazione delle lettere di san Paolo fatta dei miei confratelli, ma questa è una questione pratica che trascende le questioni di genere e chiede a tutti di mantenere lo stesso principio: non distrarre gli altri dalla preghiera.

Quando il problema ha cessato di essere l'applicazione di un codice di abbigliamento, ed è divenuto il rispetto degli altri, i bambini l'hanno capito. Non è necessario abbandonare le tradizioni, se è possibile articolarle in una lingua nuova.

Padre Barnabas Powell (nella foto) è un sacerdote dell'Arcidiocesi Greco-Ortodossa d'America. Su YouTube, chi sa l'inglese può seguire una ricca collezione di video con prediche e lezioni di catechesi liturgica di padre Barnabas.

 
Lilija non dipinge volti. Una pittrice musulmana dipinge chiese ortodosse

Dio è uno - solo le strade verso di lui sono diverse. Così pensa Lilija Karimova.

Già da diversi anni, il suo pennello va in pellegrinaggio a Kopejsk in Mongolia, e poi in Messico. L'artista di provincia dipinge chiese ortodosse in tutto il mondo.

"Hanno bisogno in pasticceria di un pittore realista per torte personalizzate" ...almeno si possono dipingere le stelle sui Mig. Per secoli gli artisti sono stati felici di qualsiasi lavoro. Fino a diventare come Nikas Safronov e Zurab Tsereteli, ora baciati dalla fortuna. Si dice che l'artista moderno è prima di tutto un uomo d'affari di successo. E ognuno fa la sua scelta: dipingere per la vendita, dipingere per se stessi, dipingere per un "dio straniero"...

La Trinità in Mongolia

Un aspetto molto mite, tremulo - Lilija Karimova non sembra una vivace ritrattista, che vende i suoi quadri all'asta. Ma la vita creativa di un'artista provinciale si sviluppa abbastanza bene. Non dipinge ritratti a olio di presidenti, ma il suo lavoro le porta pane e cioccolata quanto basta. Tutto per provvidenza divina...

Una volta un'amica studente l'ha invitata a dipingere la chiesa ortodossa a Ulan-Bator. "Sono stata presa dal panico. Dico: non sono un'iconografa, - ricorda Lilija. - E mi risponde: c'è tanto lavoro anche senza le icone - bisogna dipingere gli ornamenti" Così ha fatto il suo primo viaggio di lavoro in Mongolia, e si è familiarizzata con la cultura cristiana.

"Sono così entusiasta di creare bellezza! - racconta Lilija. - Sapete, dipingendo le volte, mi purifico, imparo l'auto-sacrificio. Per dipingere una chiesa, occorre il massimo di diligenza e di duro lavoro".

Tra l'altro, la Chiesa della Santissima Trinità è dipinta in stile ecclesiastico russo del secolo XVI. Questo significa che non manca lavoro per l'artista: gli ornamenti sulle pareti costituiscono quasi il 50% del lavoro di pittura. Questo simbolismo non è solo decorazione - in ogni fiore c'è un significato nascosto. I gigli simboleggiano la Madre di Dio, il fiore di melograno, l'unità della Chiesa: le foglie e i fiori sono come un codice cifrato, salvato dai primi cristiani dalla persecuzione.

Ma sotto l'immagine della Santa Trinità - le parole del Credo in lingua mongola. "È interessante notare che per la progettazione della chiesa ortodossa si è impegnata una compagnia mongola - dice Lilija - e l'hanno costruita insieme mongoli e russi".

Di dipingere volti non se lo sogna nemmeno. Per la verità, una volta ha dipinto figure in lutto: "Il nostro direttore ha ridipinto tutto quello che avevo fatto da sola. Erano venute fuori figure troppo emotive, ed era sbagliato".

Lilija ha dipinto all'altezza di 40 metri. La padronanza dell'iconografia nei luoghi alti non è data a tutti, "Questo, sapete, è un fatto così grande: una persona deve avere una tale incredibile spiritualità, è una totale fusione di fede, luce e tecnologia", così, tra l'ammirazione dei colleghi, ha detto Karimova. E ricorda: "Un giorno è venuto tra noi un artista famoso. Si è laureato alla Stroganov, dicono, dipinge splendidamente, ma, a quanto pare, l'orgoglio ha schiacciato il maestro. Gli chiedo, chi è il tuo artista preferito, Valentin Grigor'evich? E lui mi risponde: "Sono io". Da lui sono uscite icone morte". Questa è stata probabilmente l'unica volta in cui Lilija, arbitrariamente, ha copiato almeno in parte volti e vestiti. I colleghi hanno detto che i suoi risultati erano più puliti, più luminosi, più belli.

Colibrì e cactus alla griglia

E poi c'è stato il Messico. È stata impressionata dalla particolare grandiosità dei monaci libanesi che hanno costruito un tempio (che appartiene alla Chiesa ortodossa antiochena) dove ci sono funzioni in arabo e in spagnolo.

A Città del Messico, Lilija e il gruppo di artisti degli Urali del Sud sono stati accolti regalmente, "Beh, proprio come la delegazione dell'ambasciata. Pensavo di essere una star di livello mondiale, e non un'artista del villaggio di Oktjabr'. " Ma lì sono finiti gli onori. Quando il complesso della chiesa in Messico era in fase di finitura, non c'era elettricità, né servizi igienici, né cibo... Hanno vissuto un mese a base di panini.

C'era una cucina - erano passati al cactus alla griglia. "Il gusto è proprio come quello dei nostri sottaceti" - dice Lilija. Questo non limitava lo sviluppo spirituale e creativo: "Lavoravamo dall'ora di pranzo e, a volte, fino alle tre del mattino. Non appena si stava facendo buio, su di noi, seduti su impalcature instabili sotto la cupola, si arrampicavano enormi farfalle di una bellezza  inimmaginabile. Si posavano sulle spalle. Nei nidi nelle crepe delle colonne, vivevano i colibrì..."

Russia, Mongolia, Messico. Già da tre anni, Lilija porta luce con la punta del pennello e ricorda a volte Ekaterinburg, dove in una chiesa un padre severo, indagatore la osservava: "ho avuto paura che avesse capito che non sono battezzata. Sono musulmana..."

Nel 2008, prima del suo primo lavoro in chiesa, Lilija si è recata in moschea - dove dipingere icone non è considerato un atto gradito a Dio - a chiedere il permesso. E ha ottenuto dal mullah questa risposta: "Beh, figlia mia, dipingi - in primo luogo è il tuo lavoro, e hai bisogno di guadagnarti il pane." Quindi dipinge, guadagna - va per la sua strada, e forse, non importa quando, la strada la porterà verso la Mecca o Santiago de Compostela...

 
Una vita degna di te mi è troppo difficile. L'ingresso del Signore in Gerusalemme

È successo nei giorni della guerra civile. Una giovane donna di venticinque anni con due figli era capitata in una città occupata dalle guardie rosse. Essendo la moglie di un ufficiale bianco, si era nascosta in una baracca nei pressi della città, sperando che non le dessero più la caccia e di riuscire a salvarsi. Ma in una notte buia qualcuno bussò al suo nascondiglio.

Nel nome del Padre, del Figlio e del Santo Spirito.

Oggi entriamo nei giorni della passione. Sono giorni in cui Cristo, per amore verso di noi, per la nostra salvezza, non soltanto si è incarnato nell’uomo e ha seguito un tragico destino terreno; ma è il momento in cui, rifiutato dalla gente, si è offerto alla morte per poter dire dalla Croce: Padre! Perdonali, non sanno quello che fanno... e con questo togliere il peccato dagli uomini, anche da quelli che lo avevano crocifisso.

Ma questi avvenimenti ci sembrano spesso così lontani – è successo duemila anni fa. Possiamo sentirli in modo profondo e vivo? Sì, possiamo! Noi possiamo andare oltre quelle immagini a cui assistiamo nei servizi divini, che attraggono i nostri cuori, che ci colpiscono, ma che a volte non ci permettono di vedere la vera, terribile tragedia di quello che stiamo commemorando. 

Per rinfrescare in voi questa consapevolezza, vi voglio mostrare un esempio di come un’altra persona, di nome Natalia, nei nostri tempi ha dato la propria vita per gli altri; e come le persone, per le quali questa donna è morta, hanno vissuto tutta la loro vita con l’immagine della sua grandezza e sacrificio.

È successo nei giorni della guerra civile. Una giovane donna di venticinque anni con due figli era capitata in una città occupata dalle guardie rosse. Essendo la moglie di un ufficiale bianco, si era nascosta in una baracca nei pressi della città, sperando che non le dessero più la caccia e di riuscire a salvarsi. Ma in una notte buia qualcuno bussò al suo nascondiglio.

Con terrore aprì la porta, dietro la quale all’improvviso l’aspettava la salvezza: una giovane le disse: siete stati traditi, questa notte vi cattureranno per fucilarvi, dovete andarvene immediatamente! La madre guardò i figli piccoli e disse: Come possiamo andarcene? Ci riconosceranno subito, e inoltre i bambini non riusciranno ad andare lontano! E quella donna, che poco prima era semplicemente una vicina di casa, crebbe all’improvviso alla misura di quello che nel Vangelo si chiama “prossimo”  – la persona più vicina, pronta a dare tutto, fare tutto per l’altro. Natalia disse: No, nessuno vi cercherà, io rimango qui e mi chiamerò con il vostro nome. – Ma vi uccideranno! – Sì, - disse Natalia, - ma io non ho figli… E Zoia se ne andò con i suoi due bambini.

Natalia rimase nel buio che scendeva sempre di più, nel freddo che le entrava nelle ossa. Avrebbe potuto in un istante uscire e diventare di nuovo Natalia, non Zoia. Ma non uscì… Che pensieri aveva allora? Che terribili tentazioni: e se mi fucilano, ma riescono lo stesso a prenderli ed ucciderli, e la mia morte sarà invano? Perché non me ne vado?... non se ne andò. E quando al mattino la presero e la fucilarono, la madre e i figli erano salvi.

Conosco bene questa madre e i suoi figli. Mi dicevano che avevano vissuto tutta la loro vita ricordandone il prezzo, ricordando che dovevano vivere la loro vita in modo tale, che la morte di Natalia non risultasse vana.

E noi? Cristo, Figlio di Dio diventò uomo per amore verso di noi; fu tradito dal suo discepolo, un altro suo discepolo lo rinnegò, i suoi più cari apostoli scapparono impauriti. Lui rimase solo, con sua Madre e l’apostolo Giovanni vicino alla Croce; morì solo, lasciato anche da Dio: mio Dio, mio Dio, perché mi hai abbandonato?! ...e tutto questo per salvarci.

Non vogliamo veramente rispondere alla sua morte così come Zoia e i suoi figli hanno risposto alla morte volontaria di Natalia? Non vogliamo veramente rispondere, cominciando a vivere così che Cristo non si vergogni per noi, e che noi stessi non ci vergogniamo stando davanti alla Croce e vedendolo, sulle sue mani le ferite dei chiodi, sui suoi piedi le ferite dei chiodi, sulla spalla la ferita della Croce, sulla fronte le ferite dalla corona di spine! E non diremo: sì, sapevo che tu sei morto per me, ma ho vissuto secondo la mia volontà, perché la vita degna di te mi era troppo difficile!...

Pensiamoci. Se non riuscite ad andare in chiesa a pregare e testimoniare l’orrore di questa settimana, descritta nei servizi divini, pensateci almeno a casa; anzi, non soltanto pensateci, ma decidete di vivere da oggi in modo tale, che Cristo vi guardi e dica: Non sono morto per nulla, hanno capito il prezzo della loro vita e la misura del mio amore! Vivono in modo degno per loro e per il mio amore! Amen!

 
Evitiamo l'eccesso di didattica e il formalismo

Olga Kir'janova

Oggi, la Chiesa è attivamente alla ricerca di forme efficaci di lavoro missionario, soprattutto tra i giovani. Vladyka Mark, a suo avviso, quale di queste è la migliore?

Vescovo Mark

La cosa più efficace è un approccio generale, che unisce davvero le persone. Ora, si discute molto in merito alle attività missionarie di lavoro con i giovani. Certo, questo è molto importante, anche se, mi sembra che oggi usiamo spesso la parola "missionario" in senso sbagliato. Gli apostoli, quando andavano nel mondo a predicare Cristo, non si consideravano, e tanto meno si facevano chiamare, missionari. Facevano semplicemente il loro dovere. Questo vale per tutti. Ognuno è chiamato ad essere testimone della Verità. Ricordate ciò che ha detto l'apostolo Paolo: "Guai a me se non predicassi". È importante che tutti - non solo i sacerdoti, ma anche i laici - diano la loro testimonianza, perché tutti vi sono chiamati, a prescindere dal loro status, posizione o luogo di servizio. Ora, quando diciamo "missionario", questo implica che ci siano persone appositamente addestrate per affrontare la missione. In realtà, noi abbiamo un paio di queste persone, il diacono Andrej Kuraev, il professor Aleksej Osipov, e pochi altri.

È difficile dire cosa sia più vantaggioso. Potrebbe essere uno che tiene lezioni e fa discorsi alle riunioni. Oppure potrebbe essere un prete normale, che con un cuore ardente, svolge il suo ministero e con l'esempio della sua vita e di sforzi ascetici pastorali, attrae la gente, anche se può non essere addestrato in speciali tecniche missionarie. Siamo circondati da molte persone che sanno la maggior parte di ciò che sanno sulla Chiesa per sentito dire, e quando sentono dire che uno è un missionario o che è impegnato nel lavoro missionario, queste persone provano una paura di fondo. Cominciano a percepire se stessi come pazienti, che devono essere "guariti" o "convertiti". Questo non è il modo migliore di procedere.

Una caratteristica della vita contemporanea è che la gente non vuole insegnanti, quindi, non è abituata a prendere lezioni. Sappiamo cosa succede quando i genitori prendono un tono didattico e intimidatorio nell’insegnare ai propri figli, anche quando le idee proposte sono buone e corrette. Se i bambini non sentono l'amore dei genitori, attenzione e preoccupazione, il risultato è piuttosto misero. Allo stesso modo, quando ci avviciniamo gli altri nella società con il desiderio nel cuore di servire la Chiesa e di educare il prossimo alla luce del Vangelo, dobbiamo evitare questa trappola.

Le persone non sono convinte da lezioni e conferenze, ma, soprattutto, dalla sincerità e dal calore dell’intensità, se uno le manifesta ad esempio nel servizio, nelle parole e nei fatti. Le persone sono molto più ricettive alle parole dette in modo amichevole, in un ambiente semplice, dove sentono che non predichi a loro, ma che dai i tuoi suggerimenti, presenti la tua esperienza personale, e condividi con loro alcuni pensieri. Questa forma è più efficace e porta maggiori benefici. Puoi bombardarli di informazioni, e scoprire che sono state tutte inutili. È importante trasmettere la sensazione che questo non è solo mera propaganda, ma si fonda su una base esistenziale, che non parli solo perché prendi una busta paga dalla Chiesa, ma perché l’adesione a Cristo è il tuo modo di vita, e fai esattamente ciò che predichi.

Olga Kir'janova

Alle ultime Letture di Natale a Mosca, è passata un delibera che chiede alla gerarchia di nominare un assistente a tempo pieno del rettore per il lavoro giovanile in ogni parrocchia. Secondo lei, quanto è efficace un simile passo? Non c'è il pericolo che il lavoro si burocratizzi?

Vescovo Mark

Certo, credo che un tale passo possa essere fecondo, ma, soprattutto, dobbiamo nominare persone davvero chiamate a questo ministero, che in realtà hanno capacità e competenze, in modo che non degeneri in un mero "timbro del cartellino". Questo comporta molti problemi, e non tutti sono direttamente connessi con l'attività giovanile. Quando parliamo di giovani, questo implica non solo gli adolescenti, ma, anche i bambini, inclusi quelli che vivono negli orfanotrofi e nelle famiglie disfunzionali. In realtà, si sovrappone anche alla cura e all'attenzione che si deve dare ai malati, agli anziani e ai detenuti. Credo che non dobbiamo concentrarci esclusivamente sui giovani, separando il lavoro per i giovani dalla lista generale di questioni più urgenti a cui la Chiesa dovrebbe prestare attenzione. Le parrocchie ortodosse contemporanee devono coprire molte priorità nelle loro attività. Non si può semplicemente limitare il lavoro pastorale alle persone che vengono alle funzioni. Sia i sacerdoti che i parrocchiani devono andare al di là del recinto della chiesa, perché c’è bisogno e necessità di un lavoro attivo tra persone diverse, che dobbiamo realizzare in modo molto discreto e premuroso.

Olga Kir'janova

La politica per la gioventù della nostra Chiesa ora cerca di affrontare due questioni principali: come portare la luce di Cristo ai nostri giovani connazionali non credenti, e come mantenere nella chiesa i giovani, molti dei quali sono cresciuti in famiglie ortodosse, ma crescendo dall'infanzia all'età adulta, dopo aver finito la scuola domenicale, se ne vanno "per un paese lontano". Qual è la sua visione per risolvere questo problema?

Vescovo Mark

È importante che i giovani uomini e le giovani, figli della nostra Chiesa, si sentano a proprio agio in parrocchia. Spesso, rimangono nella chiesa perché sono impegnati nella vita parrocchiale. Ci sono, ad esempio, i giovani che fanno gli accoliti. Se l'atmosfera dell'altare è buona e devota, naturalmente, vedendo un buon esempio, le persone ne restano colpite. Ci sono altre forme per attrarre i giovani alla vita della parrocchia, ma ogni volta si scopre che questo è il risultato di uno sforzo personale, come la partecipazione alle riunioni dei giovani, a stage, al ministero della carità, o alla partecipazione a un ministero educativo o a un pellegrinaggio. Se i giovani ritengono che sia importante e interessante, questo li coinvolge nella vita quotidiana della parrocchia, poi, naturalmente, abbiamo una migliore possibilità di mantenerli nella Chiesa.

Un gran numero di nostri giovani compatrioti non è collegato con la Chiesa, e, purtroppo, ci troviamo di fronte al fatto che la loro ignoranza spirituale è favorita dal Ministero della Pubblica Istruzione. Comprensibilmente, se questa è la posizione di coloro che sono a capo del Ministero, naturalmente, è poi difficile mettere a punto una posizione contraria nella maggior parte delle istituzioni scolastiche. Ma ci sono alcune occasioni di ottimismo. Di recente, l’Accademia internazionale russa del Turismo, dove io sono uno dei presidenti del dipartimento del turismo religioso, ha cominciato a offrire agli studenti un corso di "Basi di cultura religiosa" nel loro primo anno. È un corso semestrale, ma, nei futuri anni accademici, si prevede che la sua lunghezza aumenti a un corso di un intero anno. Il programma esamina la storia delle religioni, la storia del cristianesimo in generale e la Chiesa ortodossa russa, in particolare, le sette e le loro credenze, la storia dell’arte sacra, e molte altre discipline. Istruttori dalle accademie spirituali e dai seminari di Mosca stanno tenendo le lezioni.

Questo caso è interessante perché l'Accademia del Turismo è un'istituzione puramente secolare; per di più è basata su principi commerciali. Ho parlato con gli studenti e mi sono reso conto che i giovani, soprattutto le giovani donne, sanno molto poco della Chiesa, dell'Ortodossia. La domanda più basilare provoca sconcerto negli studenti. Il Rettore dell'Accademia è convinto che l'esatta comprensione della cultura ortodossa sia importante per loro in termini di competenze professionali, in quanto, secondo gli esperti, in un prossimo futuro, l'interesse per il turismo religioso nel mondo crescerà, e la Russia ha una reale opportunità di dominare questo segmento del mercato turistico. Tuttavia, cosa dobbiamo dimostrare in Russia? Naturalmente, prima di tutto, le nostre chiese e monasteri. Senza una chiara comprensione delle origini della cultura russa, della Chiesa e della fede, è impossibile fare un lavoro di qualità nel campo del turismo interno. Ma, cosa molto più importante per noi, i giovani hanno la possibilità di formare un nucleo morale, che li rende consapevoli delle loro radici spirituali.

Olga Kir'janova

Abbiamo creato molte organizzazioni giovanili ortodosse, soprattutto a Mosca. Quanto sono adeguati ed efficaci questi gruppi di giovani ufficialmente sponsorizzati e come ne è strutturata l'appartenenza?

Vescovo Mark

Molto dipende dalle persone che sono coinvolte in questi gruppi. È importante che ogni associazione non sia fittizia né di breve durata, "Qui - dicono - c’è un nuovo sviluppo, la gerarchia ha dato la sua benedizione alla creazione di associazioni giovanili, ebbene, allora ne creeremo una per averne una anche noi, in modo da non apparire arretrati e da fare una bella figura nella relazione annuale".

In linea di principio, credo che l'organizzazione sia importante, ma può variare di volta in volta a seconda degli scopi e degli obiettivi del particolare gruppo giovanile. Se il lavoro viene effettuato solo all'interno di una parrocchia, poi, non è necessario creare un’organizzazione con una struttura speciale. Quattro anni fa, nella parrocchia della Santissima Trinità a Khoroshevo, è stata formata un'associazione giovanile, che abbiamo chiamato il Club dei Giovani. È guidata da uno dei nostri sacerdoti. I parrocchiani giovani della nostra chiesa hanno invitato i loro amici, e poi abbiamo annunciato durante le funzioni che tenevamo incontri giovanili. Chiunque voleva venire poteva partecipare. Inoltre, abbiamo messo queste informazioni sul sito web della parrocchia. È interessante notare che, come dato di fatto, quelli che sono venuti per la maggior parte non erano parrocchiani della nostra chiesa. Ora, il club conta circa 40 membri, di età compresa tra i 15 e i 35 anni, la maggior parte ne ha circa 20. Si tiene una riunione ogni due settimane, si fanno conversazioni intorno a una tazza di tè, spesso si vedono anche dei film. Per lo più, i membri sono studenti, alcuni dei quali senza una vera e propria esperienza di vita ecclesiale, dato che sono, in un certo senso, parrocchiani neofiti. Di tanto in tanto, il gruppo si reca insieme in pellegrinaggio. Tutto questo è puramente volontario, non è richiesta l'appartenenza. Fino a ora, non abbiamo sentito il bisogno di una qualsiasi organizzazione particolare per il club. La cosa più importante è di attirare la gente e la forma dell'organizzazione può venire dall'esperienza e dalle esigenze del gruppo.

Ricordo la mia adolescenza. A quel tempo, negli anni '60 e '70, solo un numero molto ristretto di giovani andava alle funzioni, quindi era difficile trovare coetanei che pensavano e credevano come me. La mancanza di comunicazione era un problema intrattabile e immobile. Nelle grandi parrocchie delle grandi città era più facile per i giovani trovare coetanei, ma in provincia era molto difficile. La stragrande maggioranza delle persone poi era composta o da non credenti o da indifferenti alla religione, nessuno si parlava della fede, perché l'argomento era tabù. Ora, naturalmente, tutto è diverso, e i giovani dovrebbero beneficiare delle opportunità esistenti.

Olga Kir'janova

Nella Sezione dei Giovani alle ultime Letture di Natale, c'è stata una discussione sul fatto che se si vuole predicare ai nostri giovani, si dovrebbero basare le prediche sulle nostre tradizioni storiche. Qual è la sua opinione?

Vescovo Mark

Credo che questa preoccupazione sia piuttosto forzata. Come possiamo, lavorando con i giovani, non riferirci alla storia? Essa mostra le nostre vittorie, la nostra grandezza nazionale, e le nostre tragedie nazionali, quindi è necessario studiarla e trarre le debite conclusioni. La conoscenza della storia rivela i punti di forza e di debolezza del nostro popolo. Abbiamo bisogno di imparare, in modo da non ripetere i nostri errori del passato e sviluppare le nostre migliori qualità.

Olga Kir'janova

Tra i giovani, compresi quelli ortodossi, ci sono quelli che sono coinvolti non solo nella vita pubblico, ma anche in quella politica. La Chiesa non dovrebbe interferire nella politica. Come si fa, secondo lei, a risolvere questa contraddizione?

Vescovo Mark

Preferibilmente, le nostre associazioni giovanili non dovrebbero affrontare questioni politiche. Sì, insegniamo alla gente ciò che è bene, cerchiamo di coinvolgerli in buone cause comuni, ma, se cominciamo a parlare di opzioni politiche, vi è il rischio che sorgano divisioni, perché alcuni sono conservatori, mentre altri sostengono approcci liberali. Nella vita parrocchiale, a seguito di tale dibattito, la maggioranza può imporsi come rappresentante di una certa ideologia politica, mentre il resto si troverà in minoranza. Come risultato, cesserebbe il rapporto spirituale che esisteva tra loro. Naturalmente, i membri del club giovanili e le associazioni hanno il diritto di esprimere i loro pensieri e punti di vista, ma, resta la necessità di limitare la discussione di questioni politiche. Si può fare riferimento alla storia o all'esperienza della Russia, ma non si deve passare alla politica, cosa che può creare separazione.

Inoltre, è necessario in linea di principio distinguere i gruppi di giovani con membri ortodossi dalle organizzazioni giovanili ortodosse. Se hanno lo status di un ente ecclesiastico e operano all'interno di una diocesi o parrocchia, è meglio che non si occupino di uno specifico dibattito politico. Ma se è un associazione laica con giovani ortodossi, allora i suoi membri possono parlare con più coraggio. Abbiamo, per esempio, l'Unione dei Cittadini Ortodossi, i cui membri prendono una posizione politica attiva e ci vogliono posizioni univoche sulle questioni sociali. Ma, dopo tutto, questa è un’organizzazione laica.

La giovinezza è caratterizzata dalla spontaneità, ma è importante che i giovani non si lascino trasportare da questa. Per questo motivo è indispensabile che i sacerdoti lavorino con i gruppi di giovani, in modo che le questioni che sorgono possano essere risolte definitivamente.

Olga Kir'janova

Per i giovani, una corretta preparazione alla vita familiare è molto importante. Secondo lei, quale forma di tale formazione è più efficace?

Vescovo Mark

Ci sono diversi modi per risolvere questo problema. Ad esempio, in Italia, un paese tradizionalmente cattolico, se qualcuno vuole sposarsi in chiesa, deve fare corsi in cui si presenta una corretta comprensione del matrimonio cristiano, di come costruire relazioni all'interno della famiglia. Senza questi corsi, non ci si può sposare. Naturalmente, ora, ciò è ridotto a volte a una formalità. In alcuni casi, le persone acquistano semplicemente un certificato di completamento di questi corsi.

Certo, sarebbe bello se nei club e centri giovanili parrocchiali e diocesani, i membri discutessero temi legati alla vita familiare. La gente dovrebbe essere preparata a queste cose. Spesso non sono a conoscenza delle realtà del matrimonio, e fanno molti errori. È ovviamente importante prevenire le tragiche conseguenze di questo analfabetismo. Oggi sugli scaffali delle librerie ecclesiastiche troviamo molti libri che trattano della vita familiare, oltre a materiali audio e video. Sono molto richiesti. Ma nulla può sostituire una conversazione vivace e sincera con un prete su argomenti vitali.

Olga Kir'janova

Al centro di pellegrinaggio a Mosca, con la benedizione della gerarchia del Patriarcato, ha avuto luogo per la prima volta un ballo organizzato dalle organizzazioni giovanili ortodosse. Probabilmente, questo evento potrebbe porre fine ala controversia se, in linea di principio, le danze siano un luogo di incontro adatto per le coppie giovani ortodossi.

Vescovo Mark

Le danze per i giovani, compresi i giovani ortodossi, sono una forma di mutua conoscenza e di contatto, e non vedo in loro nulla di scorretto. Molto spesso, oggi, si esige dai giovani credenti una scelta ingiustificatamente rigida: non devono comunicare in alcun modo con i loro coetanei, o non devono andare in una discoteca: per molti è un dilemma fatale.

La Chiesa non si è mai opposta alle danze in quanto tali. Nella Russia pre-rivoluzionaria, le danze erano la forma tradizionale di contatto per i giovani, anche se questo era vero soprattutto tra le classi superiori. Purtroppo, oggi, i balli secolari in Russia si sono trasformati in mostre di lusso, dove i ricchi sfoggiano abiti costosi e ornamenti preziosi che costano decine di migliaia di dollari. Se si rimuove l'elemento elitario, dove prima di tutto si deve dimostrare la loro ricchezza e fare parate di arroganza, se una danza è organizzata in modo modesto e piacevole, può essere una buona alternativa alla discoteca. Naturalmente, dovremmo avere alcune regole specifiche, per esempio, le danze non dovrebbe aver luogo durante le quaresime. La cosa principale è che tutto dovrebbe andare secondo le regole. Se le danze sono organizzati da coloro la cui unica esperienza è nelle discoteche in esecuzione, poi, naturalmente, sarebbe una farsa. Se sono sotto il controllo di un sacerdote esperto, poi, è una garanzia che tutto sarà decente.

Sono convinto che non dobbiamo avere paura di sperimentare, non dobbiamo temere nuove forme di lavoro con i giovani. È importante solo cercare la dimensione morale, vedere se questo lavoro è positivo o negativo. Non c'è bisogno di aver paura della vita secolare, o che una persona ortodossa possa avere un bell’aspetto, essere bella, o essere vestita elegantemente. Un aspetto miserabile non è un segno appropriato nell'Ortodossia. Nel nostro tempo, in cui l'Ortodossia sta uscendo dal ghetto in cui è stata confinata in epoca sovietica, le danze possono e devono diventare una nuova forma popolare di contatto per i nostri giovani.

Nel nostro centro di pellegrinaggio, il lavoro giovanile è considerato un’area separata e specializzata di attività. Abbiamo assunto una specialista, una giovane donna che sarà responsabile dell'organizzazione e conduzione dei programmi per i giovani, e non solo danze, ma, anche pellegrinaggi e incontri con persone interessanti, la cui esperienza di vita di chiesa può essere utile ai giovani. Mi auguro che questi progetti abbiano successo.

 
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Un messaggio di gratitudine da Krasnodar

Abbiamo avuto notizie della prosecuzione dei lavori nella parrocchia di San Giorgio nel villaggio di Petrovskaja (diocesi di Ekaterinodarsk e Kuban) nella regione di Krasnodar, una chiesa di campagna per la quale ci siamo attivati tempo fa con una raccolta di fondi.

Ci fa piacere vedere che la chiesa è in piena attività, e ora ha terminato la costruzione dell'iconostasi:

Il nostro aiuto, per quanto piccolo, è stato importante in questa zona della Russia sud-occidentale che è stata colpita proprio la scorsa estate da una disastrosa inondazione. Grazie a padre Sergij e ai parrocchiani per il loro esempio di fede e di pazienza!

 
Kosovo e Metohija: la tragedia continua

Si è appena conclusa la festa patronale di uno dei più grandi e famosi monasteri storici della Chiesa Ortodossa Serba. Erano presenti oltre 600 pellegrini, giunti non solo da ogni parte di Serbia e Montenegro, ma anche da luoghi lontani come Cipro, e perfino Gerusalemme. Si sente ancora l'atmosfera di una bella celebrazione, e non di un giorno di ordinaria follia in questa terra martoriata che ha nome Kosovo. O per essere precisi, "Kosovo e Metohija". Ma il nome "Metohija" (dal greco metòchio, ovvero dipendenza di un monastero), qui non è "politicamente corretto", e viene convenientemente "epurato".

Finora il clima della festa non mi ha concesso di pensare troppo a lungo a cose tristi. Quasi non mi viene da credere che questa mattina ero uno dei preti concelebranti alla Liturgia patronale, dove sono stato invitato a intonare preghiere in italiano (gradite tanto dai monaci locali quanto dai nostri soldati della KFOR). E cosa ancora più incredibile, poco dopo ero a un tavolo di riunione con vescovi, generali ed esponenti politici di rilievo. "Ma che ci fa, tra loro, un semplice parroco ortodosso italiano?" - chiedevo, e la risposta di uno dei monaci è stata, "qui, chiunque fa più di 1000 chilometri per venirci a trovare è un VIP".

Questo giorno manda un tenue raggio di speranza che i cristiani ortodossi serbi possano, prima o poi, tornare a vivere una vita normale in una terra che è stata la culla della loro fede e della loro civiltà, e che fa tuttora parte (fino a prova contraria) della loro stessa nazione. Ma incombe sempre su di loro l'ombra della persecuzione. Credo che perfino la gioia di questa festa sia costata fatica, in tal senso. Nelle parole di un vescovo ortodosso locale, "sorridiamo per nascondere le nostre lacrime". Di fronte a questa attitudine non posso non provare ammirazione, sia come ortodosso, che come italiano.

Più passa il tempo, più ci dimentichiamo del Kosovo. Sappiamo ancora - nei rari intervalli di memoria - che qualche migliaio dei nostri soldati è ancora lì, intento a fare sforzi da ernia per garantire il basilare diritto alla sopravvivenza dei serbi della Metohija. Arrivati con l'idea, gonfiata dai media, di dovere proteggere gli albanesi dai "serbi cattivi", si sono resi presto conto di essere stati inviati, ufficialmente, a proteggere il gatto dal topo. A loro eterno merito, il fatto di essersi accorti di un più importante lavoro di protezione da compiere, e di averlo compiuto egregiamente.

Ancor meno ci ricordiamo dell'entità della strage che sta falcidiando i serbi del Kosovo. Da quando nel 1999 è "scoppiata la pace", è stato ucciso in media un serbo al giorno, e nessuno è mai stato arrestato per questi delitti. Di recente, abbiamo sentito spesso parlare di "stati canaglia", ma non è facile che ci venga da chiederci se sia in corso la costituzione di uno di questi proprio a qualche centinaio di chilometri dall'Italia.

Meno di tutto, se siamo cristiani, ricordiamo che la tragedia del Kosovo sta allontanando la Chiesa Ortodossa dalla fiducia nella solidarietà delle altre confessioni cristiane a una velocità superiore a quella di tutti i migliori sforzi di dialogo e di riconciliazione. Di fronte alla distruzione sistematica di chiese e monasteri (alcuni dei quali gioielli di arte e di cultura), e alla profanazione dei cimiteri ortodossi, il minimo che si sarebbe potuto richiedere era una forte voce di fratellanza cristiana.

Invece colpiscono due forme di reazione:

1- Il vescovo cattolico romano del Kosovo, l'albanese Mons. Marko Sopi, afferma pubblicamente (cfr. "Guerre etniche: una fatalità?" pubblicato nel 2001 a cura della Caritas di Vicenza) che le chiese storiche del Kosovo sono antichi luoghi di culto cristiani preesistenti all'arrivo dei serbi nella regione (nel VII secolo). Quest'affermazione - tanto ardita quanto peculiarmente sgombra da qualsiasi reale prova storica, archeologica o etnografica - è un buon esempio di riscrittura della storia, utile a creare una "mistica illirico-albanese" e a risolvere le proprie crisi di identità, ma più che sconsiderata in un quasi-stato in cui spadroneggiano estremisti sanguinari. Le parole di Mons. Sopi, nel Kosovo di oggi, rivelano un'irresponsabilità di livello potenzialmente criminale: sono in pratica un invito aperto ai terroristi a distruggere luoghi identificati come "avamposti di invasori". E purtroppo, il continuo rifiuto del presule cattolico di commentare le sue stesse parole, o di venire a un incontro chiarificatore con i cristiani ortodossi (a fronte dei suoi abbracci pubblici con il leader musulmano locale) non lascia presagire un cambio di tendenza.

2 - I missionari protestanti del Kosovo - in gran parte americani - non si sono spinti a tale livello, ma salvo alcuni appelli per i diritti umani dei propri convertiti albanesi di famiglia musulmana, sostengono che le condizioni dei cristiani del Kosovo nel nuovo regime sono addirittura migliorate, e mantengono una grande indifferenza per la sorte dei cristiani ortodossi.

In questa situazione, si capisce quanto sia difficile parlare di rapporti ecumenici. Anzi, credo che parlarne, qui, non sia neppure educato. Se in altri paesi la parola ecumenismo sembra stanca, o persino "bruciata" (si pensi che la Chiesa Ortodossa Russa non la usa più nei suoi documenti ufficiali, limitandosi a parlare di relazioni tra cristiani), a dire "ecumenismo" qui in Kosovo si ha l'impressione di aver nominato una parola sporca.

Visto che l'impegno ecumenico generalmente si accompagna a quello del dialogo interreligioso, mi sembra importante ricordare come l'attuale etnocidio in Kosovo sia anche il frutto di una storia di islamizzazione. Le sue fasi sono troppo lunghe da elencare qui, ma vorrei che ne fosse consapevole chi parla di rispetto nel dialogo, coesistenza nella tolleranza, reciproco riconoscimento di valori, e così via.

Tra poco (e per ragioni di sicurezza locale legate alle scorte armate, non posso anticipare nemmeno a me stesso la data e l'ora esatta) lascerò questa provincia lacerata, nella quale i pochi serbi ortodossi rimasti (in condizioni che mi fanno venire i brividi) vivono in enclavi a rischio di estinzione, simili a riserve indiane di triste memoria; il loro governo non può aiutarli più di tanto, perché è povero (e la comunità internazionale, bisogna ammetterlo, ha fatto di tutto per impoverirlo); la Chiesa Ortodossa in tutto il mondo (che spesso non è molto più ricca o influente di quella di queste parti) aspetta un segno da parte degli altri cristiani. Ma come e quando potrà arrivare un segno credibile?

 

Ieromonaco Ambrogio

Chiesa Ortodossa Russa - Torino

 

Per saperne di più

 

UN LIBRO DA LEGGERE:

Marilina Veca, Il Kosovo perduto, Roma: Edizioni interculturali, 2003, € 10,00

Le cronache di viaggio e le sconvolgenti scoperte di una giornalista italiana che non ha avuto paura di dire la verità su ciò che ha visto in Kosovo

 

UN SITO DA VISITARE:

http://digilander.libero.it/kosovocrocifisso

“Kosovo Crocifisso” riprende e traduce in italiano alcune pagine del sito del Monastero di Decani, http://www.kosovo.net/edecani.html, una delle fonti più informative sul Kosovo

 
I serpenti dell'Ortodossia

"... È successo che sono caduto in un peccato molto pericoloso per la mia anima. Ma siccome non era nella mia abitudine di nascondere un serpente nel profondo del mio cuore, l'ho afferrato per la coda e ho scoperto subito che era un medico".

San Giovanni Climaco cita un monaco. Scala del Paradiso, grado 4, paragrafo 697a

il vescovo Vladimir Sokolovskij con il suo bastone episcopale

Una delle immagini più sorprendenti che ci troviamo davanti quando osserviamo il simbolismo liturgico ortodosso è il bastone del vescovo che mostra due serpenti che si fiancheggiano ai lati di una piccola croce sulla cima. Soprattutto in un contesto protestante, quest'immagine sembra richiamare gli antichi culti ctonii, e ricorda più il bastone di un mago che qualcosa di cristiano. Come ho fatto per altri temi, mi piacerebbe fare un viaggio attraverso l'iconografia, attraverso la Bibbia e le altre tradizioni per mostrare come questo simbolo è assolutamente adeguato, rilevante e perfettamente ortodosso nel senso più ampio. Capita anche che si integri bene con tutto quello che ho scritto per l'Orthodox Arts Journal fino ad ora.

Il primo ostacolo che dobbiamo superare è la percezione che il bastone del vescovo occidentale, il pastorale, sia davvero un bastone da pastore, mentre gli ortodossi hanno questo strano oggetto con i serpenti. Infatti, per un millennio almeno, anche il pastorale occidentale è stato identificato con un serpente, come attestano i pastorali medievali. Potremmo dire che ci sono due forme di base, il pastorale e il bastone a forma di "tau", che erano presenti nella Chiesa prima dello scisma, ed entrambe queste forme sono state interpretate come serpenti. L'attuale versione ortodossa del bastone con serpenti (come si vede sopra con il vescovo Vladimir Sokolovskij) è una variante di questi modelli.

Pastorale occidentale da Limoges, Francia

Pastorale a Tau a forma di serpente da Colonia, Germania, dell'anno 1000 circa

Ci chiediamo, però, come può una tale immagine di serpenti, sia in Oriente che in Occidente, essere appropriata per il simbolo stesso di autorità di un vescovo? Molti faranno riferimento alla storia biblica del serpente di bronzo nel deserto, che in qualche modo prefigura Cristo, come base per questo uso di serpenti sul bastone del vescovo. Questa è una spiegazione perfettamente adeguata, anche se è insufficiente a creare un quadro completo. Se vogliamo vedere in Mosè l'origine di questa immagine, dovremmo guardare più indietro. La prima volta che incontriamo un bastone nella Bibbia, per lo meno un bastone legato all'autorità divina, è al roveto ardente. Quando Mosè dubita che il Faraone lo ascolterà, Dio gli dice:

"Che cosa hai in mano?" Rispose: "Un bastone". Riprese: "Gettalo a terra". Lo gettò a terra, ed esso diventò un serpente, davanti al quale Mosè si mise a fuggire. Il Signore disse a Mosè: "stendi la tua mano e prendilo per la coda". Stese la mano e lo prese, diventò un bastone nella sua mano, Esodo 4:1-4

La prima volta che incontriamo un bastone di autorità divina, questo viene immediatamente collegato a un serpente. Qui troviamo un primo esempio di "duplicità" del simbolo del serpente, della sua doppia natura. Nella storia di Mosè e del faraone vi sono due origini dei serpenti. Sappiamo che i maghi del faraone hanno potuto produrre lo stesso miracolo, e così entrambe le parti trasformano i bastoni in serpenti, un serpente "buono" e un serpente "cattivo". Quello buono mangia quello cattivo.

La duplicità, il doppio aspetto del simbolo del serpente appare anche nella storia del serpente di bronzo a più livelli. Gli Israeliti erano afflitti dai serpenti, e per salvarli dai morsi velenosi, Dio disse a Mosè di fare un serpente di bronzo e di metterlo su un bastone. Chiunque avrebbe guardato il serpente di bronzo sarebbe guarito, ma coloro che si rifiutavano di farlo sarebbero morti per i morsi di serpente. In termini di dualità, possiamo chiaramente vedere qui come il serpente è sia la malattia sia la cura. Guardare il serpente che è stato "innalzato" curerà uno da quei serpenti che mordono "al di sotto", proprio come un antidoto è fatto con il veleno o un vaccino è fatto con la malattia. Un altro modo di vedere la dualità nella storia è come questo serpente, che è stato innalzato come un dispositivo di guarigione, sarà in seguito "abbattuto" dal virtuoso re Ezechia perché era diventato un idolo (2 Re 18:4).

Cristo indica il serpente di bronzo

Con il serpente di bronzo capiamo che il serpente è legato non solo a un bastone, ma anche più in generale al "verticale", al palo, alla scala, all'asse. Il bastone è solo un aspetto di questo simbolo verticale. La prima e primordiale versione di questo simbolo è naturalmente l'albero. Quindi dobbiamo risalire più indietro rispetto a Mosè nel testo biblico, in cerca di una delle prime menzioni di un albero specifico: l'albero della conoscenza del bene e del male al centro del giardino. Assieme a questo albero troviamo il serpente, e nell'iconografia cristiana, è stato rappresentato all'unanimità come arrotolato intorno all'albero della conoscenza mentre attira Adamo ed Eva a mangiare dai suoi frutti.

Icona di Adamo ed Eva, tratta dal bellissimo blog sulle icone: A Reader’s Guide to Orthodox Icons

Abbiamo parlato altrove della morte e delle tuniche di pelle (qui e qui), della morte come movimento verso la periferia, e con il serpente avvolto intorno all'albero, è proprio quello che otteniamo: la morte, l’animalismo, la pelle, in pratica una serie di ruote avvolte intorno a un asse centrale. Il serpente è l'immagine della morte, non una sorta di estinzione, ma piuttosto la morte vivente della Caduta, il ciclo di crescita e di declino della nascita e della morte, del piacere e del dolore, la vita nella dualità. San Gregorio di Nissa, il maestro del simbolismo, collega assieme alcune di queste immagini parlando di uomini che diventano "animali che girano il mulino". "Con i nostri occhi bendati camminiamo intorno al mulino della vita, sempre percorrendo lo stesso percorso circolare e ritornando alle stesse cose... non cessiamo mai di andare in giro in cerchio". [1]

Proprio come nei riferimenti dal libro dell'Esodo, questa immagine primordiale del serpente della Genesi mostra anche la dualità generale del simbolo del serpente, poiché anche se è giusto dire che il serpente ha portato un grande male, è ancor meglio riconoscere che il serpente ha portato bene e male, facendoci sperimentare Dio come misericordia e rigore e tutte le altre manifestazioni di quello che abbiamo chiamato il simbolismo della mano destra e sinistra in articoli precedenti (quiqui e qui).

Tornando dal bastone all'albero, è difficile non fare il grande balzo in avanti che ci porta ai piedi della Croce. Il rapporto tra l'albero, il bastone di Mosè o quello di Aronne e la Croce non è qualcosa che sto inventando. Nelle fonti apocrife, la storia di questo rapporto può essere trovata ovunque, dalla Legenda aurea in Occidente fino al confine orientale del cristianesimo tradizionale, nel Libro dell’ape dei cristiani siriaci. Queste tradizioni assumono forme diverse, ma il loro nucleo essenziale è lo stesso, cioè che il bastone di Mosè è fatto con il legno dell'albero della conoscenza [2], e il legno di questo bastone è stato in qualche modo usato per fare la Croce. I dettagli fantastici in queste storie non ci interessano molto, perché queste tradizioni dovrebbero essere prese più che altro come "indizi", cioè come modi di vedere più chiaramente ciò che già esiste nella tradizione biblica.

Nel considerare queste tradizioni, soprattutto sapendo che già partecipano all’iconografia della crocifissione [3], questa non può non gettare una luce diversa sull’immagine. Diventa difficile non notare la forma a "S" del corpo di Cristo e come essa invoca il simbolismo del serpente. Cristo si paragona al serpente di bronzo dicendo: "E come Mosè innalzò il serpente nel deserto, così bisogna che il Figlio dell'uomo sia innalzato" (Giovanni 3:13-15), e nelle immagini medievali non era raro vedere le immagini della Crocifissione con il serpente sul livello inferiore e Cristo sul livello superiore, sia appeso alla Croce che allo stesso albero della conoscenza.

Il serpente è al centro dei morti che risorgono sull'asse della croce. Crocifissione dal Museo di Reims, Francia, datata circa 860-870

Questo potrebbe sembrare sconvolgente per alcuni, ma si spera che alcune osservazioni calmeranno ogni controversia. Siamo abituati a vedere il serpente come immagine del Maligno, e questo non è una falsa attribuzione, ma i simboli sono sempre multipli nelle profondità di significato. Considerando la pienezza del simbolo, cioè quando guardiamo Mosè che cambia il suo bastone in un serpente oppure il serpente di bronzo, limitare l'immagine del serpente al Maligno crea dei seri problemi. Piuttosto, dobbiamo guardare il serpente più da vicino all'interno delle storie bibliche stessi, e vedere lì il potere della morte, la morte, nel senso che abbiamo cercato di esporre: come la periferia, la dualità, il ciclo, le tuniche di pelle [4]. E questo ha più senso nella dottrina ortodossa di Cristo che calpesta la morte con la morte, del Dio-Uomo che si unisce alla morte, al fine di vincere la morte. In questa luce, non è sorprendente vedere Cristo che prende sulla croce una forma che fa pensare a un serpente.

Il corpo di Cristo ondeggia verso sinistra e destra sulla Croce. Icona macedone, XIII secolo.

Per coloro che ancora dubitano di questa attribuzione del serpente alla morte, dobbiamo prendere in considerazione solo l'altro grande uso del serpente in iconografia, ovvero il serpente della tribolazione. Nelle immagini più tardive del giudizio universale, appare un grande serpente che scivola dalla parte superiore dell'icona, sotto a  Cristo, a volte partendo ai piedi di Adamo, e deviando verso il basso per l'inferno. La persona umana, alla sua morte, è destinata a muoversi lungo questo serpente, e come nodi o blocchi nel corpo del serpente appaiono le controverse stazioni di pedaggio. Io non voglio impegnarmi qui in una discussione sulle stazioni di pedaggio. Voglio solo mostrare come questo uso del serpente è in linea con le altre nostre interpretazioni. Il movimento del serpente non è solo uno di discesa all'inferno come alcuni hanno detto, ma l'anima del defunto viene mostrata sia in ascesa sia in discesa. Ogni stazione appare, come i gradini nella scala di Giacobbe, allo stesso tempo come un passo in salita o in discesa. Ogni peccato è bilanciato da una virtù, ogni stazione di pedaggio contiene entrambe le possibilità. E così questo ci mostra che cosa si intende con la citazione della Scala del Paradiso menzionata all'inizio: il serpente, quando è afferrato per la coda, si dimostra un medico. Un’altra potente citazione dalla Scala a proposito è quando san Giovanni spiega che nel nostro cammino spirituale "...il fervore originale può entrare solo dalla porta che aveva preso per uscire". [5]

Serpente della tribolazione, dettaglio da un giudizio universale della scuola degli Stroganov. Secolo XVI-XVII.

Particolare del serpente della tribolazione. Un'anima che tenta di salire lungo le stazioni di pedaggio è tirata giù da un demone.

Dopo aver focalizzato il serpente nella Bibbia, nell’iconografia e nelle altre tradizioni ortodosse, non dobbiamo avere paura di guardare e discutere le analoghe immagini pagane, perché in questo caso abbiamo molto da riflettere. Il serpente su un palo è, naturalmente, uno dei simboli più antichi che conosciamo, appare nelle sue versioni singole e doppie ovunque dai sumeri a Babilonia, dai greci agli aztechi. Molti dei significati specifici di queste culture perdute sono scomparsi con loro, ma almeno dai greci possiamo raccogliere alcune informazioni interessanti che andranno ad alimentare il significato generale. Nel mito greco, il serpente su un palo è associato ad Asclepio (e a Ermes nel suo aspetto duplice [6]).

Asclepio tiene il suo bastone con un serpente attorcigliato intorno ad esso.

Il simbolismo della verga di Asclepio è così vicino al serpente di bronzo che ricordo, come bambino cresciuto in una famiglia cristiana, di avere pensato che il simbolo usato dai vari gruppi di medici fosse di fatto il ​​serpente di bronzo. Asclepio fece la sua "medicina" dal sangue della Gorgone, uno dei mostri dell'antichità legati ai serpenti. Avrebbe usato il sangue del lato destro della bestia per fare le sue cure, il che suggerisce che il lato sinistro della bestia era velenoso. Anche qui abbiamo la doppia natura del serpente, sia come la causa sia come la cura per la malattia. Proseguendo lungo la linea di Asclepio nel pensiero greco, dovremmo meditare, naturalmente, sulla parola "pharmakon", termine ampiamente utilizzato in questo contesto. È la parola greca per "cura" in senso medico, pur essendo allo stesso tempo la parola per "veleno" o addirittura per "droga" nel senso di "droghe illegali", come si usa oggi. In italiano, la parola "droga" contiene ancora tutti questi significati contemporaneamente. Come può una parola significare due cose opposte in una volta? In un senso più ampio, "pharmakon" è quello che viene aggiunto a una natura, un supplemento aggiunto al fine di migliorarla, ma che è anche la causa stessa della sua mancanza. Questo risolve ancora una volta la natura del supplemento, delle tuniche di pelle come la morte e come una protezione dalla morte. Una delle parole più importanti correlate a "pharmakon" è "pharmakos", cioè la "vittima sacrificale". Era la parola usata per descrivere l'animale ucciso nei sacrifici pubblici. Nel pensiero greco il pharmakos agisce come pharmakon, cioè, attraverso il sacrificio il ciclo si rinnova. Possiamo vedere come questo rapporto trova il suo compimento definitivo nella croce, perché, se l'incarnazione di Cristo visto al suo estremo nella crocifissione è la finalità delle tuniche di pelle, se contiene nella sua unità la dualità del pharmakon, della mano sinistra e della mano destra, è perché questi opposti sono riuniti nel pharmakos finale, il pharmakos che è sia Dio che sacrificio, la vittima sacrificale perfetta e totale. So che l'approccio ortodosso evita di andare troppo lontano in questa direzione teologica, ma non dovremmo scartarla completamente. Cristo sulla Croce unisce cielo e terra sull’asse verticale e raccoglie tutti gli opposti orizzontali, guarisce la dualità nata con il frutto dell'albero della conoscenza, unendo la dualità del pharmakon nel Dio-pharmakos. Tutto è riunificato in Cristo. E nel riunificare tutte le cose, dualità e molteplicità non sono abolite, anzi sono viste come cose che trovano la loro radice in lui, che scorrono dalla sua persona.

Quest'ultima affermazione è un buon punto per tornare al nostro argomento principale. Dualità, molteplicità, periferia non hanno bisogno di essere l'immagine della morte. Essi diventano un’immagine della morte solo quando "dimenticano" la loro ancora, quando l'albero della conoscenza è visto come separato dall'Albero della Vita. E questo è davvero il significato del bastone del vescovo, del suo pastorale. È il potere del cielo sulla terra, il potere delle chiavi, il potere di legare e slegare, di radunare le pecore e di allontanare i lupi, di benedire e maledire. È la dualità come espressione di unità, la periferia come espressione del centro. E così se ci sono due serpenti o uno, se è un "Tau" o un pastorale, il significato è lo stesso.

Note

[1] Gregorio di Nissa, citato da Nellas in La deificazione in Cristo, 87

[2] In alcune tradizioni è l'albero della vita e non l'albero della conoscenza. Nella Legenda aurea per esempio entrambe le tradizioni sono citate fianco a fianco. Nel Libro dell’ape, penso che possiamo vedere un accenno alla comprensione di questo enigma. In questa versione, l'albero della conoscenza / bastone di Mosè è usato come braccio "trasversale" della croce, quello "orizzontale", in cui vengono crocifisse la mano sinistra e destra di Cristo. L'albero della vita, in questo caso, potrebbe essere visto come l'aspetto "verticale" della croce, il "ponte" tra il cielo e la terra, e l'albero della conoscenza mostra la croce come "equilibrio" nella maniera che abbiamo mostrato in precedenza .

[3] L'idea del cranio di Adamo sepolto sotto il Calvario fa parte di questi cicli di tradizioni.

[4] Nella storia della Genesi, il rapporto con la morte è evidente, così anche nella storia del serpente di bronzo. E anche se appare meno chiaramente a prima vista, nella storia del bastone di Mosè vediamo lo stesso. Infatti il risultato finale del processo iniziato con il bastone che diventa un serpente è la venuta dell'angelo della morte sul paese d'Egitto. Questo allo stesso tempo abbatte gli egiziani e libera gli israeliti, così come fa la morte di Cristo, che ha sollevato il "buon ladrone" e ha abbattuto il "cattivo ladrone".

[5] Grado 1, paragrafo 25

[6] Nel caso di Ermes, ci sono alcune cose che vale la pena di dire. Ermes è il messaggero e l'imbroglione. In questo senso egli è un "ponte" tra mondi, si muove avanti e indietro e così facendo ha anche in sé il potere di inversione che è la radice dell’inganno. Questo è a mio parere il motivo principale del caduceo. Vedere il caduceo in questa prospettiva può aiutare a capire un po' di più come la morte di Cristo sulla croce, il suo essere appeso all'albero è quasi l'immagine speculare di quello che è successo nel Giardino. È infatti presentato come un trucco in molti testi liturgici. Cristo inganna il diavolo e l’ade, cambiando la morte in vita, un ritorno di ciò che era stato deviato all'inizio con il serpente.

 
Risposte pro-life ad argomentazioni pro-choice

Parte prima: argomenti riguardanti la vita, l’umanità e lo status di persona

1. “Non è chiaro quando inizi la vita umana; questa è una domanda religiosa a cui la scienza non può rispondere”.

a. Se c’è incertezza su quando inizia la vita umana, il beneficio del dubbio dovrebbe andare al  mantenimento della vita.

b. I libri di testo medici e le opere di consultazione scientifica concordano costantemente sul fatto che la vita umana inizia al concepimento.

c. Alcuni dei più importanti scienziati e medici del mondo hanno testimoniato a una commissione del Senato degli Stati Uniti che la vita umana inizia al concepimento.

d. Anche molti altri eminenti scienziati e medici hanno affermato con certezza che la vita umana inizia al concepimento.

e. La possibilità della clonazione umana non fa nulla per screditare il fatto che tutti gli esseri umani concepiti in modo convenzionale hanno iniziato la loro vita al momento del concepimento.

2. “Il feto è solo una parte del corpo della donna incinta, come le sue tonsille o l’appendice. Non potete credere seriamente che un embrione congelato sia una persona reale”.

a. Una parte del corpo è definita dal codice genetico comune che condivide con il resto del suo corpo; il codice genetico del nascituro è diverso da quello della madre.

b. Il bambino può morire e la madre vivere, oppure la madre può morire e il bambino vivere, dimostrando che sono due individui separati.

c. Il nascituro assume un ruolo attivo nel proprio sviluppo, controllando il corso della gravidanza e l’ora della nascita.

d. Essere dentro qualcosa non è la stessa cosa che essere parte di qualcosa.

e. Gli esseri umani non dovrebbero essere discriminati a causa del loro luogo di residenza.

f. Vi sono ragioni scientifiche sostanziali per ritenere che gli embrioni congelati siano persone e dovrebbero essere loro garantiti gli stessi diritti delle persone anziane, più grandi e meno vulnerabili.

3. “Il nascituro è un embrione o un feto – solo una semplice parte di tessuto, un prodotto del concepimento – non un bambino. L’aborto pone fine a una gravidanza, non uccide un bambino”.

a. Come il bambino o l’adolescente, i termini embrione e feto non si riferiscono ai non umani, ma agli esseri umani in particolari stadi di sviluppo.

b. La semantica influenza le percezioni, ma non cambia la realtà; un bambino è un bambino, non importa come lo chiamiamo.

c. Dal momento del concepimento, il nascituro è molto semplice, ma molto complesso.

d. Prima dei primi aborti, il nascituro ha già ogni parte del corpo che avrà in seguito.

e. Ogni aborto ferma un cuore che batte e interrompe onde cerebrali misurabili.

f. Anche nei primi aborti chirurgici, il nascituro ha un aspetto chiaramente umano.

g. Anche prima che il nascituro sia ovviamente umano in apparenza, è quello che è: un essere umano.

h. Non importa quanto suoni meglio, “interrompere una gravidanza” significa comunque porre fine a una vita.

4. “Il feto può essere vivo, ma lo sono anche le uova e lo sperma. Il feto è un potenziale essere umano, non reale; È come un progetto, non una casa; una ghianda, non una quercia”.

a. L’ovulo e lo sperma sono ciascuno un prodotto del corpo di un altro; a differenza del nascituro, nessuno dei due è un’entità indipendente.

b. I resti fisici dopo un aborto indicano la fine non di una vita potenziale, ma di una vita reale.

c. Qualcosa di non umano non diventa umano invecchiando e ingrandendosi; tutto ciò che è umano deve essere umano sin dall’inizio.

d. Paragonare i nascituri e gli adulti alle ghiande e alle querce è disumanizzante e fuorviante.

e. Anche se l’analogia fosse valida, scientificamente parlando una ghianda è semplicemente una piccola quercia, proprio come un embrione è una piccola persona.

5. “Il nascituro non è una persona, con una vita significativa. È di pochi centrimetri di dimensione e non riesce nemmeno a pensare; è meno avanzato di un animale e comunque, chi dice che le persone hanno un diritto di vivere più grande di quello degli animali?”

a. La persona è propriamente definita dall’appartenenza alla specie umana, non dallo stadio di sviluppo all’interno di quella specie.

b. La persona non è una questione di dimensioni, abilità o grado di intelligenza.

c. Lo status del nascituro dovrebbe essere determinato su base oggettiva, non su definizioni soggettive o egoistiche di personalità.

d. È un fatto scientifico che ci siano processi mentali all’opera nei bambini non ancora nati.

e. Se il valore del nascituro può essere paragonato a quello di un animale, non c’è motivo per non confrontare anche il valore delle persone nate con gli animali.

f. Anche se qualcuno crede che le persone non siano migliori degli animali, perché aborrirebbero l’uccisione di piccoli animali, mentre sostengono l’uccisione di piccoli bambini?

g. È pericoloso quando quelli che sono al potere sono liberi di determinare se altre vite meno potenti sono significative.

h. Gli argomenti contro la persona del nascituro sono avvolti nella razionalizzazione e nella negazione.

6. “Un feto non è una persona fino all’impianto... o fino alle doglie o alla vitalità o a quando respira per la prima volta.”

a. L’impianto è un indicatore di una persona solo se la posizione, l’alimentazione e l’interazione con gli altri ci rendono umani.

b. Le doglie sono un indicatore di una persona solo se la realtà o il valore di qualcuno dipende dall’essere notati da un altro.

c. La vitalità è un concetto arbitrario. Perché non associare la persona al battito cardiaco, alle onde cerebrali o a qualcos’altro?

d. Il punto di vitalità (ovvero il punto in cui un essere umano può sopravvivere da solo) cambia perché dipende dalla tecnologia, non dal nascituro stesso. Un giorno i bambini potranno essere in grado di sopravvivere da soli fin dal concepimento.

e. In senso lato, molte persone appena nate non sono giunte al punto di vitalità perché sono incapaci di sopravvivere senza dipendere dagli altri.

f. Il “respiro” di un bambino, il suo apporto di ossigeno, inizia molto prima della nascita.

g. L’impotenza o la dipendenza di qualcuno dovrebbe motivarci a proteggere la sua vita, non a distruggerla.

7. “Ovviamente gli esseri sono viventi alla nascita. Ecco perché festeggiamo i compleanni, non i giorni del concepimento, e perché non facciamo funerali a seguito di aborti”.

a. Il nostro riconoscimento dei compleanni è culturale, non scientifico.

b. Alcune persone fanno funerali dopo un aborto spontaneo.

c. I funerali sono un’espressione del nostro attaccamento soggettivo a coloro che sono morti, non una misura del loro vero valore.

d. Non c’è nulla nella nascita che renda un bambino sostanzialmente diverso da quello che era prima della nascita.

8. “Nessuno può davvero sapere se c’è vita umana prima della nascita.”

a. I bambini sanno che la vita umana inizia prima della nascita.

b. Le donne incinte sanno che la vita umana inizia prima della nascita.

c. I medici sanno che la vita umana inizia prima della nascita.

d. Gli abortisti sanno che la vita umana inizia prima della nascita.

e. Le femministe Pro-choice sanno che la vita umana inizia prima della nascita.

f. La società sa che la vita umana inizia prima della nascita.

g. I media sanno che la vita umana inizia prima della nascita.

h. I sostenitori delle idee Pro-choice sanno che la vita umana inizia prima della nascita.

i. Se non possiamo sapere che la vita umana inizia prima della nascita, come possiamo sapere se inizia alla nascita o più tardi?

Parte seconda: argomenti riguardanti i diritti e l’equità

9. “Anche se i nascituri sono esseri umani, hanno meno diritti della donna. Nessuno dovrebbe donare il proprio corpo come sistema di supporto vitale per qualcun altro”.

a. Una volta stabilito che i nascituri sono esseri umani, questo dovrebbe risolvere la questione del loro diritto di vivere.

b. Il diritto di vivere non aumenta con l’età e le dimensioni; altrimenti i bambini piccoli e gli adolescenti avrebbero meno diritto di vivere rispetto agli adulti.

c. Il confronto tra i diritti di un bambino e i diritti di una madre è ineguale. La posta in gioco nell’aborto è lo stile di vita della madre, al contrario della vita del bambino.

d. È ragionevole che la società si aspetti che un adulto viva temporaneamente con un inconveniente se l’unica alternativa è uccidere un bambino.

10. “Ogni persona ha il diritto di scegliere. Sarebbe ingiusto limitare la scelta di una donna vietando l’aborto”.

a. Qualsiasi società civile limita la libertà dell’individuo di scegliere ogni volta che tale scelta può danneggiare una persona innocente.

b. La “libertà di scelta” è troppo vaga per una discussione significativa; dobbiamo sempre chiederci: “Libertà di scegliere cosa?”

c. Le persone che sono pro-choice sull’aborto spesso non sono pro-choice su altre questioni con minor posta in gioco.

d. La scelta una tantum dell’aborto priva qualcun altro di una vita di scelte e gli impedisce di esercitare i suoi diritti.

e. Tutti sono pro-choice in quanto si tratta delle scelte prima della gravidanza e dopo il parto.

f. Quasi tutte le violazioni dei diritti umani sono state difese sulla base del diritto di scelta.

11. “Ogni donna dovrebbe avere il controllo sul proprio corpo. La libertà riproduttiva è un diritto fondamentale”.

a. L’aborto assicura che negli USA 650.000 donne ogni anno cedano a qualcun altro il controllo sul proprio corpo.

b. Non tutte le cose fatte con il corpo di una persona sono giuste, né dovrebbero essere tutelate legalmente.

c. I pro-life affermano costantemente veri diritti riproduttivi.

d. Anche i pro-choice devono riconoscere che l’argomento del “diritto di controllare il proprio corpo” non ha validità se il nascituro è un essere umano.

e. Troppo spesso “il diritto di controllare la mia vita” diventa il diritto di ferire e opprimere gli altri a mio vantaggio.

f. Il controllo sul corpo può essere esercitato per prevenire la gravidanza in primo luogo.

g. È umiliante per il corpo e l’autostima di una donna considerare la gravidanza come una condizione innaturale, negativa e “fuori controllo”.

12. “L’aborto è una decisione tra una donna e il suo medico. Non sono affari di nessun altro. Tutti hanno diritto costituzionale alla privacy”.

a. La costituzione non contiene il diritto alla privacy.

b. La privacy non è mai un diritto assoluto, ma è sempre regolata da altri diritti.

c. L’incoraggiamento o l’assistenza di un medico non cambia la natura, le conseguenze o la moralità dell’aborto.

d. Anche il padre del bambino è responsabile del bambino e dovrebbe avere un ruolo in questa decisione.

e. Il padre dovrà spesso affrontare gravi dolori e sensi di colpa a causa dell’aborto. Dal momento che la sua vita sarà influenzata in modo significativo, non dovrebbe avere qualcosa da dire a riguardo?

13. “È ingiusto per una donna non sposata dover affrontare l’imbarazzo della gravidanza o il dolore di rinunciare a un bambino in adozione”.

a. La gravidanza non è un peccato. La società non dovrebbe condannare o spingere una madre non sposata ad abortire, ma dovrebbe aiutarla e sostenerla.

b. La scelta sbagliata del sesso prematrimoniale non è mai compensata dalla scelta di gran lunga peggiore di uccidere un essere umano innocente.

c. Le circostanze ingiuste o imbarazzanti di una persona non giustificano la violazione dei diritti di un'altra persona.

d. L'adozione è un'ottima alternativa che evita il peso dell'educazione dei figli, salvando una vita e rendendo felice una famiglia; è tragico che l'adozione sia scelta così di rado come alternativa all'aborto.

e. La ragione per cui l'adozione può essere dolorosa è la stessa ragione per cui l'aborto è sbagliato: è coinvolta una vita umana.

14. “I diritti all'aborto sono fondamentali per il progresso delle donne. Sono essenziali per avere uguali diritti con gli uomini ".

a. Le prime femministe erano pro-life, non pro-choice.

b. Alcune femministe attive si oppongono ancora vigorosamente all'aborto.

c. I diritti delle donne non sono intrinsecamente legati al diritto all'aborto.

d. Le premesse fondamentali del movimento per i diritti all'aborto sono umilianti per le donne.

e. Molte delle ipotesi che collegano il benessere delle donne con l'aborto, la pillola e il sesso libero si sono rivelate difettose.

f. Alcune delle strategie per il diritto all'aborto presuppongono l'incompetenza femminile e sottopongono le donne all'ignoranza e allo sfruttamento.

g. L'aborto è diventato il mezzo di sessismo più efficace mai concepito, liberando il mondo da moltitudini di donne indesiderate.

15. "Le circostanze di molte donne non lasciano loro altra scelta che un aborto".

a. Dire che non hanno scelta non è essere pro-choice, ma pro-aborto.

b. Coloro che sono veramente pro-choice devono presentare a una donna una serie di scelte possibili invece di vendere solo la scelta dell'aborto.

c. "Aborto o miseria" è una falsa rappresentazione delle opzioni; impedisce alle donne di perseguire – e alla società di fornire – possibili alternative.

16. "Personalmente sono contrario all'aborto, ma sono ancora pro-choice. È un'alternativa legale e non abbiamo il diritto di tenerlo nascosto a nessuno. Tutti sono liberi di credere ciò che vogliono, ma non dovremmo cercare di imporlo agli altri".

a. Essere pro-choice sull'aborto significa essere pro-aborto.

b. L'unica buona ragione per essere personalmente contrari all'aborto è una ragione che esige che siamo contrari ad altre persone che scelgono di abortire.

c. Ciò che è legale non è sempre giusto.

d. Come possiamo dire alle persone che sono perfettamente libere di credere che l'aborto sia l'uccisione di bambini ma che non sono libere di agire come se ciò in cui credono fosse reale?

Parte terza: argomenti riguardanti le questioni sociali

17. "Ogni bambino è un figlio voluto. Non è giusto nei confronti dei bambini portarli in un mondo in cui non sono desiderati".

a. Ogni bambino è voluto da qualcuno; non esiste un figlio indesiderato.

b. C'è una differenza tra una gravidanza indesiderata e un figlio indesiderato.

c. "Indesiderato" non descrive una condizione del bambino, ma un atteggiamento degli adulti.

d. Il problema del non gradimento è un buon argomento per desiderare i figli, ma un cattivo argomento per eliminarli.

e. Ciò che è più ingiusto nei confronti dei bambini indesiderati è ucciderli.

18. "Avere più figli indesiderati si traduce in più abusi sui minori".

a. La maggior parte dei bambini vittime di abusi è voluta dai genitori.

b. Gli abusi sui minori non sono diminuiti da quando l'aborto è stato legalizzato, ma sono aumentati notevolmente.

c. Se i bambini sono considerati sacrificabili prima della nascita, saranno considerati sacrificabili dopo la nascita.

d. È illogico sostenere che un bambino sia protetto dagli abusi attraverso l'aborto, poiché l'aborto è un abuso sui minori.

19. "Limitare l'aborto sarebbe ingiusto nei confronti dei poveri e delle minoranze, che ne hanno più bisogno".

a. Non è ingiusto che alcune persone abbiano meno opportunità di altre di uccidere innocenti.

b. I ricchi e i bianchi, non i poveri e le minoranze, sono i più dediti all'aborto senza restrizioni.

c. I pro-choice vogliono che i poveri e le minoranze abortiscano, ma si oppongono ai requisiti che spieghino loro i rischi e le alternative dell'aborto.

d. La difesa dell'aborto di Planned Parenthood era radicata nel movimento eugenetico e nel suo pregiudizio contro gli handicappati mentali e fisici e le minoranze.

20. "L'aborto aiuta a risolvere il problema della sovrappopolazione e migliora la qualità della vita".

a. L'attuale tasso di natalità in America è inferiore a quello necessario per mantenere il nostro livello di popolazione.

b. Il drammatico declino del nostro tasso di natalità avrà un effetto economico preoccupante sull'America.

c. La sovrappopolazione è spesso accusata di problemi con altre cause.

d. Se c'è un problema demografico che minaccia il nostro tenore di vita, la soluzione è non uccidere parte della popolazione.

e. La sterilizzazione e l'aborto come cure per la sovrappopolazione potrebbero alla fine portare alla sterilizzazione e all'aborto obbligatori.

f. Il concetto di "qualità della vita" sta generando un senso di spendibilità umana che ha implicazioni sociali di vasta portata.

21. "Anche se l'aborto fosse illegale, ci sarebbero ancora molti aborti".

a. Che gli atti dannosi contro gli innocenti avvengano indipendentemente dalla legge non è un buon argomento per non avere alcuna legge.

b. La legge può guidare ed educare le persone a scegliere alternative migliori.

c. Le leggi sull'aborto hanno influenzato in modo significativo la scelta delle donne di abortire.

22. "Le convinzioni antiabortive della minoranza non dovrebbero essere imposte alla maggioranza".

a. I sondaggi più importanti indicano chiaramente che la maggioranza, non la minoranza, ritiene che dovrebbero esserci maggiori restrizioni all'aborto.

b. L'apparente accordo di molte persone con la legge sull'aborto deriva dalla loro ignoranza di cosa sia realmente questa legge.

c. La convinzione che l'aborto debba essere limitato è accolta dalla maggioranza in ogni principale partito politico.

d. Nel 1973 la Corte Suprema degli USA impose alla nazione una moralità minoritaria, ignorando i voti dei cittadini e le decisioni delle legislature statali.

23. "La posizione antiabortiva è una credenza religiosa che minaccia la separazione vitale tra chiesa e stato".

a. Molte persone non religiose credono che l'aborto uccida i bambini e che sia sbagliato.

b. La morale non deve essere rifiutata solo perché è sostenuta dalla religione.

c. L'America è stata fondata su una base morale dipendente dai principi della Bibbia e della religione cristiana.

d. Le leggi relative alla chiesa e allo stato avevano lo scopo di assicurare la libertà alla religione, non la libertà dalla religione.

e. L'influenza in declino della religione sulla nostra società spiega direttamente il deterioramento morale che minaccia il nostro futuro.

Parte quarta: argomenti riguardanti la salute e la sicurezza

24. "Se l'aborto viene reso illegale, decine di migliaia di donne moriranno di nuovo per aborti nei vicoli e con le grucce".

a. Per decenni prima della sua legalizzazione, il 90% degli aborti era praticato da medici nei loro uffici, non nei vicoli.

b. Non è vero che decine di migliaia di donne morivano per aborti illegali prima che l'aborto fosse legalizzato.

c. La storia dell'aborto in Polonia invalida le affermazioni secondo cui rendere illegale l'aborto arrecherebbe danno alle donne.

d. Le donne muoiono ancora per aborti legali in America.

e. Se l'aborto diventasse illegale, gli aborti illegali sarebbero fatti con attrezzature mediche, non con grucce.

f. Non dobbiamo legalizzare le procedure che uccidono gli innocenti solo per rendere il processo di uccisione meno pericoloso.

g. L'orrore centrale dell'aborto illegale rimane l'orrore centrale nell'aborto legale.

25. "L'aborto è una procedura medica sicura, più sicura della gravidanza a termine e del parto".

a. L'aborto non è più sicuro della gravidanza a termine e del parto.

b. Sebbene le possibilità di un aborto sicuro per una donna siano ora maggiori, anche il numero di donne che soffrono è maggiore a causa dell'enorme aumento degli aborti.

c. Anche se l'aborto fosse più sicuro per la madre del parto, rimarrebbe comunque fatale per il bambino innocente.

d. L'aborto può produrre molti seri problemi medici.

e. L'aborto aumenta significativamente il tasso di cancro al seno.

f. Le statistiche sulle complicanze e sui rischi dell'aborto sono spesso sottovalutate a causa dei mezzi inadeguati di raccolta dei dati.

g. I veri rischi dell'aborto sono raramente spiegati alle donne da coloro che praticano aborti.

26. "L'aborto è una procedura facile e indolore".

a. Le varie procedure di aborto sono spesso sia difficili che dolorose per le donne.

b. L'aborto è spesso difficile e doloroso per padri, nonni e fratelli del bambino abortito.

c. L'aborto è spesso difficile e doloroso per gli operatori sanitari.

d. L'aborto è difficile e doloroso per il nascituro.

e. Anche se l'aborto fosse reso facile o indolore per tutti, non cambierebbe il problema di fondo che l'aborto uccide i bambini.

27. "L'aborto allevia le donne dallo stress e dalle responsabilità, e quindi migliora il loro benessere psicologico".

a. La ricerca dimostra gli effetti psicologici negativi dell'aborto sulle donne.

b. Le numerose terapie post-abortive e i gruppi di sostegno testimoniano la realtà degli effetti psicologici potenzialmente dannosi dell'aborto.

c. Il tasso di suicidi è significativamente più alto tra le donne che hanno abortito rispetto a quelle che non l'hanno fatto.

d. La sindrome post-aborto è una malattia psicologica diagnosticabile.

e. Molti studi professionali documentano la realtà delle conseguenze psicologiche avverse dell'aborto su un gran numero di donne.

f. L'aborto può produrre danni psicologici sia a breve che a lungo termine, soprattutto un senso di colpa personale.

g. La maggior parte delle donne non sono state avvertite e sono completamente impreparate alle conseguenze psicologiche dell'aborto.

28. "I fornitori di aborto sono professionisti medici rispettati che lavorano nel migliore interesse della donna".

a. Le cliniche per aborti non devono mantenere gli elevati standard di salute, sicurezza e professionalità richiesti agli ospedali.

b. Molte cliniche operano nel settore dell'aborto a causa delle ingenti somme di denaro coinvolte.

c. Gli operatori delle cliniche comunemente sfruttano la paura, il dolore e la confusione per spingere le donne ad abortire.

d. Gli operatori della clinica regolarmente fuorviano o ingannano le donne sulla natura e lo sviluppo dei loro bambini.

e. Gli abortisti si impegnano in atti così offensivi per il pubblico che la maggior parte dei media si rifiuta di descriverli con le stesse parole degli abortisti.

f. Abortisti, femministe, un ex presidente degli Stati Uniti, molti membri del Congresso e la Corte Suprema hanno difeso l'aborto a nascita parziale, una delle atrocità mediche più agghiaccianti della storia umana.

g. Le cliniche per aborti spesso sfruttano il legame femminista, facendo sembrare che il loro motivo sia difendere le donne.

h. I medici che praticano aborti violano i giuramenti fondamentali della professione medica.

Parte quinta: argomenti riguardanti i casi difficili

29. "Che dire di una donna la cui vita è minacciata dalla gravidanza o dal parto?"

a. Un caso in cui è necessario l'aborto per salvare la vita della madre è estremamente raro.

b. Quando due vite sono minacciate e solo una può essere salvata, i medici devono sempre salvare quella che può essere salvata.

c. L'aborto per la vita della madre e l'aborto per la salute della madre di solito non sono la stessa cosa.

d. L'aborto per salvare la vita della madre era legale prima che l'aborto di convenienza fosse legalizzato e continuerebbe ad esserlo se l'aborto fosse nuovamente illegale.

30. "Che dire di una donna il cui bambino non ancora nato viene diagnosticato come deformato o handicappato?"

a. La diagnosi del medico a volte è sbagliata.

b. La deformità del bambino è spesso minore.

c. I test medici per la deformità possono causare tanti problemi quanti ne rilevano.

d. I bambini disabili sono spesso felici, sempre preziosi e di solito contenti di essere vivi.

e. I bambini portatori di handicap non sono passività sociali e le persone brillanti e "normali" non sono sempre risorse sociali.

f. L'uso di un linguaggio disumanizzante può cambiare il nostro modo di pensare, ma non la natura o il valore del bambino.

g. La nostra società è ipocrita nel suo atteggiamento nei confronti dei bambini portatori di handicap.

h. Gli effetti psicologici negativi dell'aborto sono significativamente più traumatici per coloro che abortiscono a causa della deformità.

i. Gli argomenti per l'uccisione di un nascituro handicappato sono validi solo se si applicano anche all'uccisione di portatori di handicap già nati.

j. Gli aborti dovuti a probabili handicap derubano il mondo di esseri umani unici che contribuirebbero in modo significativo alla società.

K. Gli aborti dovuti a imperfezioni non hanno un punto logico di arresto; porteranno a neonati firmati, prodotti commerciali da allevare e commercializzare, lasciando altre persone da considerare inferiori e usa e getta.

31. "E una donna incinta a causa di stupro o incesto?"

a. La gravidanza dovuta allo stupro è estremamente rara e con un trattamento adeguato può essere prevenuta.

b. Lo stupro non è mai colpa del bambino; dovrebbe essere punito il colpevole, non un innocente.

c. La violenza dell'aborto è parallela alla violenza dello stupro.

d. L'aborto non porta guarigione a una vittima di stupro.

e. Un bambino è un bambino indipendentemente dalle circostanze del suo concepimento.

f. E le persone già nate che sono "prodotti dello stupro"?

g. Tutto ciò che è vero per i bambini concepiti per stupro è vero per quelli concepiti per incesto.

Considerazioni finali sui casi difficili:

1. Nessuna circostanza avversa per un essere umano cambia la natura e il valore di un altro essere umano.

2. Le leggi non devono essere basate su casi eccezionali.

Parte sei: argomenti contro il carattere dei Pro-life

32. "Gli antiabortisti sono così crudeli che insistono a mostrare immagini orribili di bambini morti".

a. Ciò che è orribile non sono le immagini in sé, ma la realtà che raffigurano.

b. Le immagini sfidano la nostra negazione degli orrori dell'aborto. Se qualcosa è troppo orribile da guardare, forse è troppo orribile da perdonare.

c. Niente potrebbe essere più rilevante per la discussione di qualcosa di ciò che mostra ciò che è realmente.

d. È la posizione pro-choice, non la posizione pro-life, a essere crudele.

33. "I Pro-life non si preoccupano delle donne e non si preoccupano dei bambini una volta nati. Non hanno il diritto di parlare contro l'aborto a meno che non siano disposti a prendersi cura di questi bambini".

a. I Pro-life sono attivamente coinvolti nella cura delle donne gravide in crisi e in situazioni difficili di educazione dei figli.

b. I Pro-life sono attivamente coinvolti nella cura dei bambini indesiderati e delle altre "persone usa e getta" nella società.

c. Sono gli operatori che praticano l'aborto a non fornire sostegno alle donne che scelgono qualcosa di diverso dall'aborto.

34. "Gli antiabortisti sono un gruppo di uomini che dicono alle donne cosa fare".

a. Non vi è alcuna differenza sostanziale tra il punto di vista degli uomini e quello delle donne sull'aborto.

b. Alcuni sondaggi suggeriscono che più donne che uomini si oppongono all'aborto.

c. La grande maggioranza dei lavoratori pro-life è composta da donne.

d. Se gli uomini vengono squalificati dalla questione dell'aborto, dovrebbero essere squalificati da entrambe le parti.

e. Gli uomini hanno il diritto di prendere posizione sull'aborto.

f. Ci sono molte più donne nelle organizzazioni pro-life che nelle organizzazioni pro-aborto.

g. Tra le donne che hanno abortito, molte più sono attiviste pro-life che attiviste pro-choice.

35. "Gli antiabortisti parlano della santità della vita umana, ma preferiscono la pena capitale".

a. Non tutti i Pro-life sono favorevoli alla pena capitale.

b. La pena capitale è radicata nel rispetto per la vita umana innocente.

c. C'è una grande differenza tra punire un assassino condannato e uccidere un bambino innocente.

36. "I fanatici anti-aborto infrangono la legge, sono violenti e mettono bombe nelle cliniche per aborti".

a. La copertura mediatica della disobbedienza civile pro-life ha spesso poca somiglianza con ciò che accade realmente.

b. La disobbedienza civile pro-life non dovrebbe essere condannata senza comprenderne le ragioni.

c. Una disobbedienza civile pacifica è coerente con la convinzione che i nascituri siano esseri umani.

d. Le proteste pro-life sono state notevolmente non violente e, anche quando c'è stata violenza, è stata spesso commessa da dipendenti e accompagnatori delle cliniche.

e. Le bombe e la violenza nelle cliniche abortive sono casi rari e non sono né fatti né approvati dalle organizzazioni pro-life.

37. "Gli antiabortisti distorcono i fatti e ricorrono all'emotività per ingannare il pubblico".

a. I fatti stessi rendono l'aborto una questione emotiva.

b. Non è la posizione pro-life, ma la posizione pro-choice che si basa sull'emotività più che sulla verità e sulla logica.

c. La posizione pro-life si basa su fatti documentati e prove empiriche, che molti sostenitori pro-choice ignorano o distorcono.

d. Il movimento pro-choice fa costantemente caricature e distorsioni dei Pro-life e le loro motivazioni.

e. Il movimento pro-choice, sin dai suoi inizi, ha mentito e sfruttato le donne, comprese "Roe" di "Roe contro Wade" e "Doe" di "Doe contro Bolton".

38. "I gruppi antiabortisti si nascondono dietro una facciata profetica, mentre gruppi come Planned Parenthood lo sono veramente perché aiutano nella pianificazione familiare".

a. L'imposizione della "pianificazione familiare" da parte del movimento pro-choice agli adolescenti ha contribuito in modo sostanziale alla vera causa della gravidanza adolescenziale.

b. Attraverso la sua opposizione alla notifica e al consenso dei genitori, Planned Parenthood mina costantemente il valore e l'autorità della famiglia.

c. Planned Parenthood ricava enormi profitti finanziari convincendo le persone ad abortire.

d. Planned Parenthood è stata direttamente coinvolta negli scandali del traffico di parti del corpo dei bambini.

e. Come dimostrato nel caso di Becky Bell, il movimento pro-choice è disposto a distorcere e sfruttare le tragedie familiari per promuovere le sue finalità.

f. Planned Parenthood, il movimento pro-choice e i media ignorano le tragedie familiari che non sono a sostegno dell'ordine del giorno pro-choice.

Argomento di sintesi

39. "Gli ultimi tre decenni di diritto all'aborto hanno contribuito a rendere la nostra società un posto migliore in cui vivere".

a. L'aborto ha lasciato dei vuoti terribili nella nostra società.

b. L'aborto ci ha resi una nazione di schizofrenici riguardo ai nostri figli.

c. L'aborto è un olocausto moderno che genera una violenza senza precedenti e di cui siamo complici.

d. L'aborto ci sta portando in una direzione dalla quale potremmo non tornare mai più.

e. L'aborto ha inaugurato il mondo nuovo dei pesticidi umani.

f. L'aborto ci ha portati a un soggettivismo morale completo in cui siamo inclini a giustificare come etico qualunque cosa ci vada di fare.

 
Padre Ioannis Romanidis come storico

L'enorme contributo di padre Ioannis Romanidis alla teologia si è basato su solide conoscenze empiriche, esperienziali, acquisite dal suo ambiente familiare, specialmente da sua madre Evlampia. Allo stesso modo, il suo contributo alla scienza storica si è basato anche su esperienze personali da lui avute, che lo hanno portato a un pensiero originale e a conclusioni radicali, ovviamente, dopo una ricerca esaustiva. Iniziò il suo primo libro di storia, Romiosini (1975), raccontando di un incidente da lui sperimentato nel 1951 in qualità di giovane parroco in America. Gli fu chiesto di andare a casa di un malato, e bussò alla porta sbagliata, dove rispose un greco. Allo stesso tempo, entrò nel soggiorno il fratello di questo greco, che Romanidis riconobbe come il leader degli albanesi della città! Né i due fratelli né Romanidis furono in grado di spiegare questo paradosso. La chiave di lettura si trova nelle pagine che seguirono, nel libro Romiosini.

Inoltre, naturalmente, non è un caso che Romiosini sia stato scritto dopo l'incontro di Romanidis con il Libano e la Siria, presso la scuola teologica di Balamand. Là si rese conto che migliaia di fedeli appartenenti al Patriarcato di Antiochia si identificavano come "Romani ortodossi", senza essere greci, e senza nemmeno parlare greco. Anche questo paradosso fu risolto nel libro Romiosini.

A livello accademico, deve essere riconosciuto il debito di Romanidis a Florovskij, con il quale aveva un rapporto particolarmente stretto, come risulta dalla loro corrispondenza finora pubblicata. Florovskij era particolarmente interessato all'interazione tra la teologia e la storia e Romanidis era ispirato dallo stesso spirito.

L'opera storica di Romanidis consiste principalmente di tre studi: 1) Romiosini (1975), 2) Franchi, Romani, Feudalesimo e Dogma (1982), e 3) il prologo alla seconda edizione di Peccato Ancestrale (1989). Inoltre, numerosi elementi storici sono inclusi nella introduzione estesa de I Padri romani della Chiesa: Volume 1 (1984), dove la sintesi del discorso teologico e storico diventa evidente. Eppure, in quasi tutti i suoi studi dopo il 1975, gli elementi storici si intromettono in quelli teologici.

1. Le posizioni storiche di base di padre Ioannis Romanidis

Le posizioni storiche di Romanidis, a partire dal 1975 quando si udirono per la prima volta, sono ora diventate ben note e non c'è bisogno di ripeterle qui se non brevemente:

A) La civiltà romana è in realtà greca. Roma era una città greca, e molti scrittori antichi romani scrivevano in greco o erano bilingui, e la lingua greca era una delle due lingue ufficiali del Senato, dove la posizione del traduttore fu abolita dal I secolo a.C. Questo è il motivo per cui l'apostolo Paolo scrisse la sua lettera ai cristiani di Roma in greco. Anche il culto nella città di Roma era condotto in greco fino all'inizio del IV secolo a.C. In tutto l'Impero, la maggioranza della popolazione parlava greco.

B) La principale divisione culturale dell'Europa non è venuta dalla diversificazione greco-romana, ma per la diversificazione franco-romana, che si è verificata dopo la conquista della parte occidentale dell'impero da parte della tribù barbarica nota come i franchi. I franchi soggiogarono i romani e li trasformarono in servi della gleba, mentre essi rimanevano in una struttura feudale, chiusi in torri protette. L'acquisizione fu completata da Carlo Magno e fu accompagnata dall'indipendenza teologica del sinodo di Francoforte nel 794 (che ha respinto il settimo concilio ecumenico), dal Sinodo di Aquisgrana nell'809 (che ha introdotto il filioque nel Simbolo della Fede) e dall'occupazione graduale del trono papale tra il 983 e il 1046. Tappe importanti in quest'opera sono il 1009 (la cacciata dell'ultimo papa ortodosso) e il 1014 (l'introduzione ufficiale del filioque nella Chiesa di Roma). I discendenti dei romani in Occidente sono rimasti schiavi fino al 1789, quando si ribellarono e furono liberati in Francia, ignari tuttavia della Romiosini dei loro antenati e della loro identificazione con i romani d'Oriente.

C) Lo scisma non si è verificato tra le Chiese bizantina e romana, ma tra i romani ortodossi (dell'Est e dell'Ovest) e i conquistatori franchi del trono papale. Poiché i romani della vecchia Roma avevano resistito per decenni alle aspirazioni dei franchi, fu richiesta dai franchi un'occupazione diretta del trono papale (completata nel 1046) e fu proclamata subito dopo lo scisma. Le cause dello scisma sono legate principalmente alle aspirazioni politiche dei Franchi e non a qualche mitico inevitabile contrasto tra la teologia greca e quella romana.

D) Come conquistatori dell'Europa occidentale, i franchi imposero la loro versione fuorviante della storia, chiamando "greci" i romani liberi per differenziarli dai romani di Francia e Italia che avevano conquistato. Poi, dopo la caduta di Costantinopoli, quando non c'erano più romani liberi, ribattezzato l'Impero con il nome di "Bisanzio", per tagliar fuori tutti i romani schiavi dalla loro continuità storica e prevenire qualsiasi ricostituzione dell'impero. In realtà non c'è mai stato un "Impero bizantino". Il termine fu usato per la prima volta nel 1562 da Hieronymus Wolf nella sua pubblicazione di una raccolta di fonti storiche.

E) Nonostante tutto questo, però, i romani d'Oriente schiavi de i Turchi conservarono il ricordo del loro Impero, e c'era sempre il rischio che lo rivendicassero di nuovo. Le grandi potenze, con l'aiuto dei moderni intellettuali greci come Koraes, si impegnarono a convincere la popolazione di essere solo i discendenti degli antichi greci che negli ultimi 2000 anni erano stati resi schiavi dai romani e dai turchi. Queste stesse potenze passarono a un sostegno positivo della rivoluzione del 1821 solo dopo aver assicurato il loro orientamento verso la loro antichità. Questo problema non si è risolto neanche un centinaio di anni dopo Koraes, come dimostra la polemica scoppiata con la pubblicazione di Storia della Romiosini di Argyres Eftaliotis nel 1901, quando Kostes Palamas difese Eftaliotis, mentre studiosi come Nicholas Polites e Sotiriades lo insultavano.

L'opera storica di Romanidis si concentra sul periodo medioevale, come è ragionevole, dal momento che questo è il periodo che è stato contraffatto dall'ultima storiografia ufficiale. Tuttavia, non finisce qui. Egli si estende sia alla storia antica sia a quella moderna. Questa espansione è venuta per un bisogno di chiarire le zone oscure o di rispondere alle critiche. Ad esempio, la visione di Romanidis riguardante la grecità dell'antica Roma sembrava scomoda a molti. Così Romanidis dovette rispondere accuratamente in uno dei suoi ultimi studi scritti prima della sua morte. Esso porta il titolo "Esempi della scienza della pulizia etnica della storia romana e una visione dei futuri Stati Uniti di Franco-Romania" (una conferenza tenuta presso l'Hellenic College di Brookline, Massachusetts, il 17 ottobre 1998). Lì si riferisce ampiamente a storici antichi come Dionigi di Alicarnasso, che ha scritto sui primi anni della città di Roma.

Allo stesso modo, nel tentativo di spiegare l'accettazione della versione occidentalizzata della storia da parte dei greci moderni, Romanidis indagò sui meccanismi e sulle persone che imposero la visione occidentale sulla Grecia moderna. Rivelò quindi il ruolo di Koraes e Napoleone, come esposto nel prologo alla seconda edizione di Peccato Ancestrale. Egli indica Napoleone come il responsabile della morte di Rigas Feraios, al fine di prevenire la ricostituzione dell'Impero romano, come viene presentata nella sezione europea nella famosa Carta di Rigas. Romanidis procedette a studiare anche l'inizio del XX secolo, esaminando i due scontri intorno al nome di etnia greca o romana, nel suo studio "Kostes Palamas e la Romiosini" (1976).

Ciò che deve essere sottolineato è che Romanidis arrivò ​​al punto di occuparsi di storia come una continuazione, e non come una pausa, del suo lavoro teologico. Inoltre, durante il periodo dei suoi scritti storici, che ebbe inizio nel 1974, non cessò di produrre testi teologici. I due erano inseparabili. Per esempio, la sua comprensione delle differenze con le confessioni occidentali lo portò all'esame della successione apostolica e alla scoperta chiave della rottura di questa successione nell'Occidente franco. Questo è il motivo per cui ha profondamente studiato l'oscuro e poco noto periodo greco, dei secoli VII e VIII, quando il regno merovingio collassò e i carolingi giunsero sul trono. Nel suo studio "Sinodi e civiltà della Chiesa", scrive nel 1995: "I vescovi franchi incontrati da san Bonifacio comprendevano la successione apostolica come un potere magico che permetteva loro di farne la proprietà della loro razza e di usarla come mezzo primario di mantenere le popolazioni da loro soggiogate pacificate dalla paura dei loro poteri religiosi e militari. Le teorie di Agostino sul peccato originale e la predestinazione li aiutavano in questa direzione ".

Come scoprì Romanidis, all'inizio i Franchi merovingi usurparono il diritto di veto nelle elezioni dei vescovi. Poi usurparono il diritto di nominare i vescovi e iniziarono a vendere le cariche al miglio offerente. Alla fine, i Franchi carolingi espulsero i vescovi romani e imposero solo vescovi franchi in carica.

Un secondo esempio è il suo studio storico del filioque, pubblicato nel 1975 con una versione riveduta nel 1982. Per comprendere l'origine del filioque, Romanidis dovette procedere in un'approfondita ricerca storica, in cui l'interazione tra la teologia e la storia politica diventa sempre più evidente. Infine, gli sviluppi del pensiero teologico dell'Occidente sono stati spesso prodotti dall'opportunità politica, sia il rifiuto del settimo sinodo ecumenico nel 794, o lo scisma nel 1054, o l'adozione della dottrina della "soddisfazione di Dio" di Anselmo di Canterbury, che era una imitazione della giustizia feudale.

2. Una valutazione dell'opera storica di Romanidis

Nonostante il fatto che le opinioni di Romanidis erano basate su fonti pubblicate conosciute, non erano state presentate in questo modo da alcun investigatore precedente. La composizione è esclusivamente opera di Romanidis. I bizantinisti sapevano che non era mai esistito uno stato chiamato "Bisanzio", ma usavano questo termine senza spiegare le implicazioni politiche di questa scelta. Fino a oggi, le posizioni storiche di Romanidis non sono diventate ampiamente accettate, né hanno penetrato i libri di testo, anche se sono state ampiamente discusse, in particolare su Internet. Si potrebbe credere che siano opinioni del tutto banali a cui non vale la pena rispondere, o che le abbiano considerate opinioni palesemente sbagliate e facilmente confutate da ogni laureato in storia, e così ancora una volta opinioni a cui non vale la pena di rispondere. Tuttavia, esse non sono né l'una né l'altra cosa.

Nei suoi studi, il frutto di molti anni e di faticoso sforzo, Romanidis utilizzò innumerevoli fonti di nota affidabilità conosciuto. È difficile sostenere che egli non abbia tenuto conto di una qualsiasi fonte significativa che potrebbe alterare le sue conclusioni. Invece, è riuscito a trarre l'attenzione su piccoli dettagli che possono essere sfuggiti all'attenzione di altri ricercatori. Un esempio tipico è la sua originale pretesa che a metà dell'VIII secolo i romani schiavi sotto i franchi in quella che oggi è la Francia si allearono con gli arabi per liberarsi dal giogo dei Franchi. Questa informazione è realmente contenuta nelle Continuazioni della Cronaca di Fredegario, citate da Romanidis, ma è stata ignorata fino ad ora. La sua scoperta è indicativa dell'attento studio delle fonti da parte di Romanidis.

Un altro esempio di scoperta di dettagli che erano sfuggiti all'attenzione di altri ricercatori è il Protocollo di Londra del 31 gennaio 1836, che determina il diritto di emigrazione dall'Impero Ottomano alla Grecia. Romanidis ha esaminato il testo originale in francese, che cita nel suo studio "Esempi della scienza della pulizia etnica della storia romana e una visione dei futuri Stati Uniti di Franco-Romania". Come sappiamo, da allora in tutte le lingue occidentali, i nostri antenati sono stati chiamati "greci" (Γραικοί). Il testo del Protocollo di Londra introdusse per la prima volta la distinzione tra "elleni" (gli abitanti del Regno di Hellas o Grecia) e "greci" (tutti quelli chiamati Greci che a quel tempo abitavano nell'Impero Ottomano). Qui è pienamente rivelata la propaganda occidentale che ha distorto i nostri nomi nazionali nel corso dei secoli. Nel tentativo di diversificare i romani liberi dai romani schiavi sotto i turchi, le grandi potenze distinsero tra elleni e greci, una differenza che causerebbe sicuramente risate se tradotta in greco.

Con la sua dettagliata ricerca, Romanidis risolse una questione storica, la cui risposta era sconosciuta al grande pubblico. La domanda era: perché tutti i re della Grecia, a partire dal secondo re (Giorgio I, 1863), portano il titolo "Re degli Elleni", mentre il primo re (Ottone), portava il titolo di "Re di Grecia"? Si sapeva che le grandi potenze avevano impedito a Ottone di portare il titolo di "Re degli Elleni". Ma perché lo permisero a Giorgio I? Grazie a Romanidis sappiamo la spiegazione: Ottone arrivò nel 1833, vale a dire prima del protocollo del 1836, quando anche le grandi potenze non distinguevano tra "Elleni" e "Greci". Se avessero chiamato Ottone "Re degli Elleni" (Roi des Grecs), avrebbero dichiarato che Otto era il re di tutti coloro che gli occidentali chiamavano Grecs (greci), cioè gli abitanti del Regno di Grecia e i romani schiavi dell'Impero Ottomano. Nemmeno le grandi potenze lo volevano, né, ovviamente, lo voleva la Turchia. Invece, nel momento in cui Giorgio I salì al trono nel 1863, ci fu una distinzione tra "Elleni" e "Greci", grazie al Protocollo del 1836. Così Giorgio fu chiamato Re degli Elleni (Roi des Elleni) e tutti furono contenti.

Pertanto, non si può sostenere che Romanidis ignorasse le fonti. È altrettanto difficile sostenere che abbia frainteso le sue fonti. Ad esempio, il punto di vista che l'Impero Romano, prima dell'invasione delle tribù barbariche, fosse bilingue, non è più una conclusione accettabile per i ricercatori moderni. Per essere esatti, la maggior parte della popolazione parlava greco, come è stato convincentemente sostenuto dal principale studioso contemporaneo della tarda antichità, Peter Brown (Il mondo della tarda antichità e altre opere). Il motivo era semplice: tutti i maggiori centri urbani, situati nella parte orientale dello stato, erano già stati ellenizzati sin dai tempi dei successori di Alessandro Magno. Oltre a Roma, non c'era una grande città nella parte occidentale dell'Impero.

Un professore universitario, il protopresbitero padre George Metallinos, ha studiato le fonti storiche per decenni, in primo luogo quelle dell'occupazione turca e del XIX secolo, ma non solo, e questo lo ha portato a conclusioni identiche a quelle prodotte da Romanidis. Le estese opere pubblicate di padre George confermano i risultati di Romanidis.

Gli stessi risultati sono stati ottenuti da ricerche personali indipendenti su fonti di storia medievale. Tra le altre fonti sono state esaminate la Storia dei Franchi di Gregorio di Tours, la Storia dei Goti di Giordane, la Cronaca di Fredegario, la Storia dei Longobardi di Paolo Diacono, le Leggi dei Longobardi, a cura di Drew K. Fischer, la Biografia di Carlo Magno (Vita Caroli) di Eginardo, il Rapporto dell'Ambasciata di Costantinopoli (Relatio de legatione Constantinopolitana) di Liutprando di Cremona, la Cronografia di Teofane, le epistole del patriarca Nicola Mystikos, Per il suo figlio Romano di Costantino Porfirogenito e le sue epiche Digenis Akritas. Nessuna delle conclusioni di Romanidis è in contrasto con le fonti che abbiamo esaminato.

Finora non abbiamo in mente una confutazione coerente delle posizioni di Romanidis. Tuttavia, di seguito presentiamo cinque critiche a volte sollevate per quanto riguarda le sue opinioni.

A) Forse il più grande critica complessiva del lavoro di Romanidis viene da Vladimir Moss nel suo studio Against Romanides -- A Critical Examination of the Theology of Fr. John Romanides (2012). Per quanto riguarda la parte storica, Moss non è d'accordo con Romanidis sostenendo che:

a) I franchi erano gli unici ortodossi fin dall'inizio tra tutti i popoli barbari, che si stabilirono nel territorio dell'impero romano (gli altri si erano convertiti all'arianesimo). Pertanto, la "conquista" dei franchi, di Clodoveo per esempio, intorno al 510, era stata celebrata dai romani d'Occidente come una "liberazione", piuttosto che come una conquista. (pag. 73)

Per sostenere la sua tesi, Moss si riferisce alla Catholic Encyclopedia del 1917, dove si legge di Clodoveo: "Ovunque introdusse buone leggi". Questo certamente non può essere considerato come una confutazione credibile. Inoltre, il trattamento favorevole dei Franchi dalla Catholic Encyclopedia conferma, piuttosto che minare, la pretesa di Romanidis.

Inoltre, Moss si riferisce alla Storia dei Franchi di Gregorio di Tours, scrivendo che "in nessun luogo egli contesta la legittimità del potere dei franchi" (p.74). Romanidis legge Gregorio di Tours in modo diverso, dicendo che "ha scritto la storia dei franchi fino al 591, cioè 1) prima che i franchi infiltrassero completamente la gerarchia e 2) durante il periodo in cui vi era una certa cooperazione tra franchi e romani di fronte ai problemi comuni. Tuttavia, anche se Gregorio era ispirato dal tanto sperato sogno che i romani avrebbero finito per influenzare i franchi per il bene, e che i romani sarebbero riusciti a continuare, soprattutto attraverso i vescovi, l'amministrazione dei numerosi romani conquistati dai franchi, egli non nasconde anche il più piccolo dettaglio per quanto riguarda la ferocia e la brutalità dei franchi "(Romiosini, pag. 137).

b) La distanza dell'Europa occidentale dall'Ortodossia, scrive Moss, non può essere attribuita a una sola tribù tedesca che ha cercato di distruggere la romanità (p. 76). I romani d'Occidente hanno partecipato al conflitto con Costantinopoli: papa Stefano II chiese aiuto al re franco Pipino nel 754 e insultò i "greci" nelle sue epistole. Papa Adriano I rivelò nel 785 le Decretali pseudo-isidoriane che divennero la base per la pretesa dell'assolutismo papale nei secoli successivi (p. 79). Papa Leone III fu il vincitore principale dell'incoronazione di Carlo Magno nel 800, perché "ottenne un imperatore 'tascabile' al posto dell'imperatore d'Oriente" (p. 81).

Moss fa ampio riferimento a un libro di un certo abate francese del XIX secolo (Guettée) al fine di raccontare il rapporto tra il papato e Carlo Magno. Il lettore si chiede come sia possibile che un libro convenzionale pubblicato 150 anni fa, che ribadisce la posizione consolidata, possa essere considerato una confutazione di Romanidis. In ogni caso, Romanidis aveva risposto a tutte le domande specifiche riguardanti le Decretali pseudo-isidoriane, che riteneva formate come una linea di difesa dei papi romani contro l'attacco dei franchi. Inoltre, è difficile convincere qualcuno che Papa Leone abbia vinto qualche cosa contro Carlo Magno, a parte la soppressione temporanea di un sovrano militarista. Inoltre, come Moss scrive immediatamente dopo, Carlo Magno ignorò il papa quando avrebbe dovuto incoronare il figlio, l'imperatore Ludovico (p. 81).

Nonostante le semplificazioni manichee dei suoi critici, Romanidis ha mostrato una rappresentazione molto più complessa di questo periodo. Non ha nulla a che fare con la "teoria razziale" criticata da Moss (p. 96), e Romanidis non considera tutti i romani occidentali come i "buoni" della storia. In un momento di enorme pressione e di occupazione straniera, molti si adeguarono ai Franchi per ragioni tattiche o per motivi di fede. Le modifiche successive nel papato, soprattutto nel X secolo, riflettono i cambiamenti nel rapporto di forza tra franchi e romani a Roma. Tuttavia, anche nelle più difficili condizioni di pressione dei franchi, i papi rimasero ortodossi nel dogma, motivo per cui i loro nomi sono iscritti nei dittici di Costantinopoli fino al 1009. L'esempio tipico è lo stesso Leone III, il papa che incoronò Carlo Magno nell'800. Quando i franchi proclamato come dogma l'aggiunta del filioque al Simbolo della Fede (Sinodo di Aquisgrana, 809), Leone rispose facendo apporre il Credo senza il filioque su due tavole d'argento nella Chiesa di San Pietro con la scritta: "queste ha posto Leone per l' amore e la protezione della fede ortodossa " (Romiosini, pag. 59). Fu una mossa di sommo coraggio, quando gli eserciti imbattuti di Carlo Magno erano ancora in Italia.

c) Come la maggior parte dei lettori di Romanidis, Moss rifiuta la visione radicale che la Rivoluzione francese sia stata una ribellione dei servi della gleba gallo-romani contro i loro governanti franchi. Si limita a chiamarlo "nonsense" e ritiene che da questo punto Romanidis sia "partito dalla storia verso il regno della fantasia" (p. 94). Tuttavia, i ricercatori stranieri più giovani hanno identificato prove a sostegno di Romanidis. Nel suo interessante studio intitolato I Franchi, Edward James cita un brano da una lettera di Caterina la Grande, nel corso della Rivoluzione francese, dove la zarina scrive: "Non vedete che cosa sta accadendo in Francia? I galli stanno scacciando i franchi". Pertanto, nelle grandi corti d'Europa si sapeva quello che stava succedendo, anche se i ribelli erano chiamati "Galli" invece di "Romani".

B) A parte la critica generale di Moss, gli altri singoli commenti che sono stati pubblicati sono molto più snelli. Aidan Nichols, un sacerdote cattolico e professore universitario, in una revisione approfondita dei principali teologi ortodossi del XX secolo, caratterizza Romiosini come "un'opera strana", ma le uniche confutazioni offerte sono le seguenti: "Il problema principale di questa tesi storica è che i barbari occidentali, invece di voler ricostruire l'Impero Romano d'Occidente a loro immagine, e quindi liberarsi dalle catene d'Oriente, sono stati un po' troppo felici di accettare qualsiasi parte del suo patrimonio, sia essa culturale, linguistica o religiosa, che il mondo greco-romano nel suo complesso avrebbe potuto offrire".

Le osservazioni di Nichols avrebbero potuto essere vere, in parte, per i conquistatori iniziali di Italia, gli ostrogoti, che adottarono molti attributi esteriori del governo romano. Non furono però loro a lasciare il loro segno indelebile sull'Europa occidentale. Dopo la loro sconfitta da parte di Giustiniano, sono scomparsi dalla scena della storia e l'evoluzione dell'Europa occidentale è stata guidata dai franchi. I franchi scelsero il conflitto con l'impero romano, non solo politicamente, ma anche culturalmente e teologicamente. Pertanto, essi non erano "troppo felici di accettare qualsiasi parte del suo patrimonio". Tuttavia, è notevole che Nichols, nonostante il commento di cui sopra, considera Romanidis come uno dei principali teologi nel mondo del ventesimo secolo.

C) Una critica che sembra essere alla base di molti commenti da parte di greci, relativi alla posizione di Romanidis, è che la sua preoccupazione riguardo ai nostri nomi storici nazionali è anacronistica e che la questione dei nomi nazionali non è essenziale oggi. Tuttavia, come dimostra l' esperienza degli ultimi venti anni, in cui la Grecia si è impegnata in una controversia diplomatica irrisolta con il nome di uno Stato vicino, i nomi nazionali non sono scelte innocenti. Invece, portano con loro una complessa simbologia, e includono dispute territoriali, ridefinendo le scelte storiche e alimentando le conquiste culturali del futuro. È quindi assolutamente indispensabile avere una conoscenza adeguata dei nostri nomi nazionali e del peso simbolico che essi portano.

D) Una lettura superficiale del lavoro di Romanidis può portare l'impressione che la conclusione dei suoi punti di vista portino a un nazionalismo peculiare. Invece di un moderno nazionalismo greco sorge un nazionalismo "romanistico", dicono. I romani identificati con i cristiani ortodossi a esclusione di altri popoli dalla fede corretta, spiegano. "Un cinese non può diventare ortodosso? Perché la Romiosini deve essere identificata con l'Ortodossia?", mettono in discussione.

Di fatto, Romanidis vedeva la Romiosini come qualcosa di molto più ampio rispetto ai confini di una nazione, anche se non era romana - supponendo che si possa parlare di una "nazione romana". Romiosini è una cultura universale che comprende l'ellenismo nella sua dimensione ecumenica. La cristianesimo si è espanso con la terminologia della lingua greca, ma tutti possono incorporare il patrimonio cristiano greco-romano nella propria tradizione. In effetti, nemmeno i Greci moderni hanno un trattamento preferenziale di origine etnica. Invece, nella misura in cui ignorano la storia della Romiosini, hanno accettato la propaganda dell'Europa occidentale e si sono trasformati in graeculi.

Nonostante le affermazioni di alcuni critici, Romiosini ha dimostrato nel corso dei secoli di essere eminentemente al di sopra del nazionalismo. Ha iscritto e assimilato diversi popoli di diverse origini linguistiche, non dando importanza al luogo della loro origine o al loro status sociale. Lo scopo è sempre stato quello di salvare il metodo terapeutico per le persone che erano stati perse ad altre culture, e condurle alla theosis. Questo scopo non ha alcuna relazione con la proprietà dei popoli, le aristocrazie elette o le lingue sacre.

Romanidis stesso ha costantemente sottolineato la differenza tra Romiosini e nazionalismo:. ». "Anche se un romano ha una convinzione assoluta nella propria Romiosini, non sono né fanatici né intolleranti, né hanno alcun xenofobia. Al contrario amano gli stranieri anche se non ingenuamente. Questo perché sanno che Dio ama tutti gli uomini e tutte le tribù e tutte le nazioni, senza discriminazioni e senza preferenze". E continua poi: "Perciò la Romiosini è fiducia, umiltà e lealtà, e non fiducia fasulla, sfrontatezza ed egoismo. L'eroismo della romanità è una vera e duratura condizione dello spirito e non crudeltà, barbarie e rapacità".

E) Infine, una critica più generale e abbastanza convincente sottolinea come le conclusioni della ricerca di Romanidis abbiano caratteristiche utopiche. Quando concludono lo studio delle sue opere, molti lettori sono portati a pensare che l'autore solleciti una ricostituzione dell'Impero romano oggi. In effetti, le ultime pagine di Romiosini, nell'Epilogo, sembrano un ambizioso manifesto politico per il ritorno dell'Europa "di formazione teutonica" alla "cultura greca dei romani":

"I discendenti occidentali dei romani non solo hanno invertito la nobiltà di classe e la teologia del feudalesimo dei conquistatori, ma sono pronti a tornare alla Romiosini dei loro antenati, che i romani d'Oriente preservano fino ad oggi con le loro numerose manifestazioni culturali che una volta esistevano nella Romiosini occidentale " (p. 273).

E continua:

"Una Romiosini non di formazione teutonica, anche se fino a un certo punto distorta, di voce romana e celtica è stata conservata in Europa occidentale, e sta tornando alla sua unità nazionale, religiosa e politica dal momento in cui respinge lo spirito teutonico che suddivide i discendenti dei Romani in piccoli stati egocentrici e egoisti" (p. 275).

Forse è un'utopia. Si tratta di un'utopia proprio come la proclamazione degli ebrei della Diaspora, nel 1897, quando hanno cercato di tornare alla Terra Promessa, con la loro capitale a Gerusalemme, dopo essere stati dispersi per 2000 anni. Tuttavia, non sono stati sufficienti nemmeno 50 anni perché questo fosse realizzato.

Romanidis riconosce che la sua visione è un'utopia, ma si affretta ad aggiungere che è meno utopica rispetto alla visione attuale di un'Unione Europea: "Nella misura in cui gli europei di oggi stanno già cercando di fare qualcosa di simile, perché gli antenati dei Romani non possono cercare un'unità meno utopistica e storicamente vera?"

La visione di un'Unione Europea è più utopica perché: "Così com'è attualmente, l'Europa di formazione teutonica non sarà mai unita in quanto è dominata dallo spirito razzista, sessista, settario, eudemonistico e di sfruttamento dei teutoni che cercano la sottomissione e lo sfruttamento delle persone sotto piccoli gruppi mercenari "(Romiosini, pag. 275).

Nell'era dei memorandum legali, mentre i cittadini europei sono sempre più allontanati gli uni dagli altri e si insultano l'un l'altro lanciandosi slogan razzisti, le parole di Romanidis suonano, ancora una volta, come profetiche.

Concludendo questa breve relazione, possiamo riassumere quanto, oltre a essere uno dei teologi leader nel mondo, padre Ioannis Romanidis era anche un pioniere della storiografia. Ha usato frammenti di informazione oscuri che sfuggivano all'attenzione di altri ricercatori e ha composto un concetto completamente nuovo, che ha resistito al tempo e alla critica. Questa sintesi ambiziosa unisce la ricerca storica con una proposta teologica ed è solidamente radicata nella tradizione della Chiesa e del popolo ortodosso. Questo è il motivo per cui rimarrà un bene prezioso per le future generazioni di tutta l'umanità.

Fonte: Ekklesiastiki Paremvasi, "O π. Ιωάννης Ρωμανίδης ως ιστορικός", settembre 2013 Tradotto da John Sanidopoulos.

 
4 cose che non sono i motivi per cui sono diventato un cristiano ortodosso

Non c'è forse niente di più doloroso, e odioso, di qualcuno che crede di poter capire perché credi in quello che fai. Per chi crede a tutto ciò che capita, questo è un problema comprensibile. Chi crede in Dio (o a una divinità, o a un mondo spirituale, o anche solo a una vita ultraterrena) è abituato ai commenti fastidiosi dei soliti scettici che sottolineano quanto siano sciocche la sua paura e la sua superstizione. Tuttavia, la cosa non si ferma qui. Anche chi crede semplicemente nella propria esistenza e in quella di coloro che lo circondano esistono realmente è aperto alla voce irritante dalla folla che proclama la propria folle paura della realtà del nulla che si trova oltre le loro finzioni felici.

Questa è stata la mia esperienza con un gran numero di persone, in particolare i cattolici, che pensano di aver capito il fastidioso motivo per cui sono diventato ortodosso. La cosa più irritante in tutto questo è che non solo molti di loro credono di aver capito tutto di me, ma è che cercano sempre di esprimere una strana sorta di simpatia. "Ho capito, anch'io mi sento cos'". Questo è quasi sempre seguito da una domanda, che mi genera un singolare fastidio: "Perché allora non sei semplicemente diventato un cattolico orientale?"

Al che io posso solo rispondere:

1: Le belle liturgie

Essendo forse l'insinuazione più fastidiosa per me personalmente, ho pensato di cominciare con l'impressione che un'infinita passione interiore può essere limitata agli aspetti esteriori esteticamente accattivanti di una liturgia ben celebrata. Sembrerebbe che alcuni, ogni volta che pensano a chi diventa ortodosso, l'unico motivo a cui riescono a pensare è che hanno "belle liturgie". E per essere onesti, le abbiamo.

Tuttavia, dire che qualcuno diventa un cristiano ortodosso semplicemente per l'esperienza estetica delle liturgie trascura qualcosa di integrante del cristianesimo. Quest'idea che "tutto si fa per la bellezza" mostra una mania dell'esteriorità piuttosto deprimente, vale a dire, una affidamento all'esperienza estetica delle azioni esterne. Detto questo, le belle liturgie sono una parte del culto ortodosso, ma non per le cose belle in sé, ma perché quando qualcosa è importante, si cerca di renderla visibilmente speciale. La bellezza della liturgia non si conserva per la stessa ragione per cui si conserva un'opera d'arte, perché è qualcosa di bello che dovrebbe essere sperimentato, ma perché è l'unica risposta che si può offrire al significato interno e profondamente personale degli insegnamenti di fede. Non è l'oro nella Chiesa, ma la ragione per cui vuole si che ci sia l'oro, che fa la differenza.

2: Le tradizioni con la "t" minuscola

Molto simile a questa è la risposta: "Capisco, hanno tradizioni così belle". Visto che le tradizioni con la "T" maniuscola dell'Oriente sono spesso in contrasto con quelle della Chiesa di Roma, ho intenzione di andare alla cieca e di supporre che ogni volta che qualcuno usa questa frase si riferisca alle tradizioni con la "t" minuscola delle culture associate all'Ortodossia (quelli che si riferiscono davvero alle tradizioni con la "T" maiuscola e cercano di chiedere sottilmente il mio aiuto nel capire la spesso confusa struttura ecclesiale ortodossa, sono pregati di considerarmi un totale somaro e di perdonarmi).

Mentre è vero che dovunque va l'Ortodossia, ne consegue un'abbondanza di tradizioni culturali, questo è un motivo sciocco per diventare ortodossi. Quando qualcuno diventa ortodossi, non diventa improvvisamente russo o serbo, o greco, ecc, è ancora quello che è, e sta solo cercando di crescere nell'amore di Dio e del prossimo attraverso gli insegnamenti di Cristo, in un modo particolare. Sicuramente molte delle tradizioni delle vecchie e ben formate culture ortodosse sono valide da adottare e da adattare, soprattutto nella nostra società consumistica moderna culturalmente desolata.

Tuttavia, è pur sempre stupido (per non parlare di mancanza di rispetto) ridurre l'infinita passione per l'interiorità della religione alla semplice esteriorità. È stata la verità e la bellezza della fede a far nascere queste pratiche, che hanno la loro importanza. Non importa quanto è alto e gustoso il vostro kulich o come parlate in slavonico ecclesiastico, se non lavorate onestamente, e con tutto il vostro cuore, per la vostra salvezza nella verità della Chiesa ortodossa, state sbagliando. Questo tipo esteriore di pensiero è un peccato, ed è paradigmatico della nostra società "colta".

3: Mentalità radical chic

Molti che pensano a qualcuno che diventa ortodosso pensano subito a un ironico radical chic. Non riescono a superare l'immagine di un intellettuale contestatore che ha deciso di convertirsi all'Ortodossia con tutto il suo condominio (o la sua tribù). Mi viene in mente la frase: "Sono un cristiano ortodosso, probabilmente non ne avete mai sentito parlare". Non è così ironico, e contro le aspettative della nostra società, essere cristiani, e non solo cristiani, ma cristiani ortodossi, qualcosa di estraneo e relativamente "sotterraneo" in Occidente?

All'inizio in questa mentalità radical chic tutto sembra bello e buono, ma cosa arriva quando si termina di essere brillanti? Non si ottiene nulla, quanto a grazia e visione spirituale, dal solipsismo amaro che viene con questo cristianesimo ironico. Alla fine, la si può anche portare avanti fino alla morte, ma almeno nella morte, la mentalità del blogger spiritoso, che si fa beffe con retorica eloquente di quelli che sono abbastanza stupidi da non "sapere quello che so," si dissiperà nel vasto nulla di questo mondo, "che sta già scomparendo". Quando questo accadrà, e accadrà a tutti noi, questi sentimenti non saranno altro che una condanna. Alla morte il Signore ci chiederà molto semplicemente, "hai amato?" (O nelle parole di Kierkegaard, "hai vissuto nella disperazione?").

4: Evitare i momenti drammatici

Un altro presupposto comune sul motivo per cui si potrebbe decidere di diventare un cristiano ortodosso, è di fuggire dai drammi delle comunità in cui si stava prima di diventare ortodossi. Se questo è il motivo per cui diventate ortodossi, non fatelo, credetemi, troverete più o meno gli stessi drammi che vi siete lasciati alle spalle. Ovunque ci sono persone c'è il peccato, dove c'è il peccato ci sono i drammi. È inevitabile.

Questo non è affatto il motivo per cui sono diventato un cristiano ortodosso. Sostituite il latino con lo slavonico ecclesiastico, e avrete nella Chiesa ortodossa molti degli stessi conflitti che hanno luogo nella Chiesa romana. In conclusione, dovrebbe essere evidente che io non sono diventato ortodosso per qualche motivo esterno, sia esso una tradizione che manca in Occidente, o l'assenza dei giochi politici e dei drammi occidentali, e nessuno dovrebbe convertirsi per questo ragione, perché quelli che lo fanno finiranno inevitabilmente delusi. Io sono diventato ortodosso per amore della verità del Dio-Uomo, Gesù Cristo, del suo mistero pasquale, e della salvezza che si trova in lui.

 
Il santo e venerabile Serafino, taumaturgo di Sarov

Il santo e venerabile Serafino, taumaturgo di Sarov

La Rus' è ricca di uomini santi,
che senza posa intercedono per noi;
del benedetto anziano Serafino
ascoltate, bambini, il mio racconto.
Viveva a Kursk il piccolo Prokhor,
suo padre costruiva una chiesa,
e il bambino stava accanto a lui.
Dal campanile cadde sotto gli occhi della mamma,
ma atterrò senza farsi alcun male.
Un altro miracolo: a Prokhor, ammalato,
apparve un giorno la Madre di Dio
e, accostandosi alla sua santa icona,
il bambino fu guarito in quell'istante.
La madre crebbe il figlio piamente.
Quando abbandonò la casa paterna,
Agafia lo benedisse con la croce,
e Prokhor andò a Sarov, in monastero.
Con preghiere, pazienza e temperanza
si salvava, ma gravemente si ammalò.
Giacque tre anni. Di colpo, con la sua benedizione,
la Tuttapura apparve sulla soglia.
Ecco la Vergine accanto al suo letto.
Assieme a lei egli vide gli apostoli.
"È della nostra stirpe", disse lei.
E Prokhor per miracolo guarì.
E un nome "infuocato" gli fu dato
alla sua tonsura come monaco,
ovvero il nome Serafino,
per la sua fede ardente e il suo servizio.
E gli angeli pregavano con lui.
Durante il servizio, stando sull'ambone,
"Nei secoli..." il giovane diacono diceva,
ed egli vide: in una tunica splendente
veniva a lui attraverso l'aria Cristo.
Il Signore benediceva chi pregava!
E gli angeli del cielo stavano attorno.
E il cuore si sciolse come cera calda,
e Serafino di colpo si bloccò.
Al risvegliò, raccontò la sua visione,
Ma poi tacque. E andò nella foresta
in una cella deserta a vivere isolato
e a gioire di un cibo ultraterreno.
in lavoro, preghiera, leggendo il Salterio
e la Bibbia, trascorreva il tempo.
Un orso venne all'eremitaggio
e batjushka lo accolse e lo nutrì.
Sconfisse la spregevole razza dei demoni,
pregando su una roccia mille notti,
ma il mondo non conosceva il giusto di Sarov,
umile di mente, fervido nel cuore,
sempre in sandali e in una vecchia tonaca,
un'icona nella cella, e niente più.
Ma vollero derubarlo dei contadini
che lo assalirono e lo ferirono.
Il monaco non resistette ai malvagi
anche se era forte, e nelle mani aveva un'ascia.
I ladri fuggirono, lasciandolo appena in vita.
E otto giorni giacque in gravi condizioni.
Di nuovo lo guarì la tuttasanta Vergine.
Batjushka incontrò i ladri catturati
ma li perdonò tutti, senza rabbia.
E i peccatori, pentiti, se ne andarono,
Anche se da allora camminò curvo e storpio,
a tutta la gente del mondo, con amore ardente,
l'anziano Sarov diceva, incontrandola:
"Gioia mia, Cristo è risorto!"
Con profezia, conforto e consiglio
tutti ha servito, ha guarito i malati.
E avvenivano miracoli in quel tempo,
in preghiera dal terreno levitava.
E nel monastero femminile di Diveevo -
la quarta eredità della Madre di Dio
costruì il suo tutore di Sarov.
In ogni cosa ebbe cura delle suore.
Un giorno avvenne che con una sorella di Diveevo
il venerabile Serafino pregava.
Nel bagliore del suo santo seguito
la Tuttapura si mostrò davanti a lui
in mezzo a dodici vergini incoronate.
E la Madre di Dio dice a bassa voce:
"Presto, mio amato, sarai con noi"
L'anziano pensò: "Presto si estinguerà la mia candela"
e pensando alla sua dipartita:
"Si scatenerà il fuoco" - previde.
E rese l'anima al Padre e il Figlio.
Rimase fermo, immobile in ginocchio,
e una luce santa si soffuse sul suo volto
e tutti seppero: si è addormentato un giusto.
E nel tempio il vescovo di Voronezh
disse ai riuniti per il funerale:
"Noi e voi tutti – siamo candele da un copeco.
La candela della sua santa vita – è un tesoro.
Ascoltiamo di nuovo al nostro incontro:
"Gioia mia, Cristo è risorto!"
Batjushka è un difensore della gente, e ancor ora
Il fuoco della sua preghiera non si spegne.
O Signore Gesù, Figlio di Dio,
Salva o Cristo, e abbi misericordia di noi peccatori!
 
Segreti che il tuo parroco non può condividere con te in una predica

1) Sai che il tuo medico, avvocato e dentista hanno dovuto completare anni di addestramento estenuante e hanno dovuto presentare numerose credenziali prima di praticare la loro professione? Ebbene, ho dovuto farlo anch'io. Nella maggior parte dei casi dobbiamo seguire un programma di laurea di quattro anni, talvolta un diploma professionale triennale, completare degli stage e fare un equivalente di un "internato". Quindi, quando pensi che io sia un idiota che non capisce proprio nulla, stringo i miei denti spirituali e cerco di ricordarmi dell'umiltà di Cristo. Sorrido, ma solo all'esterno.

2) L'offerta che fai in chiesa non è una mancia per una buona predica, né ti è richiesto di pagare un compenso per i servizi resi. La tua responsabilità cristiana, cioè quella di portare le decime e le offerte alla comunità in cui rendi culto a Dio, è una pratica spirituale che sgorga dalle Sacre Scritture. Le persone a cui Gesù ha insegnato e che ha guarito vivevano in estrema povertà. E poi c'erano le tasse, imposte da un brutale esercito di occupazione. Ricordi Matteo il pubblicano e tutti quei centurioni in giro? Non erano lì per fare le comparse. Eppure, Gesù dava comunque per scontata la pratica ebraica della decima. L'assenza di offerte adeguate è un problema spirituale. Lo so, e prego per te.

3) Probabilmente pensi che io lavori solo qualche ora alla domenica mattina, perché è così che spesso mi vedi. Ma quelle poche ore alla settimana richiedono giorni di preparazione. Alla domenica, di solito sono anche riuscito a trovare tempo per varie riunioni di gruppi parrocchiali, ho visitato diverse persone malate o costrette a casa, e ho dovuto chiamare l'idraulico e la società dei cassonetti. Ho anche rappresentato la chiesa a una funzione civica, e mi sono sorbito tre lunghe telefonate in cui mi dicevano che la predica della scorsa settimana era "troppo politica", perché ho ​​fatto notare che Gesù ha insistito che ci preoccupiamo per i poveri.  È stata una settimana intensa, ma ce l'ho fatta con meno di 60 ore di lavoro... una buona media, no?

4) Oh, e a proposito della domenica mattina ... sono stato "a pieno volume", come un concerto rock, per tutta la mattina. Cerco di sorridere e di socializzare, ma in realtà mi sento fritto. Hai presente quella cosa importante che avevi bisogno di dirmi quando sei venuto a baciarmi la mano e sei subito scappato per andare a pranzo? Me la sono dimenticata, insieme con quelle cose importanti che mi hanno detto altre otto persone. Mi dispiace, non volevo dimenticarle, ma è meglio che mi scrivi, mi mandi una e-mail, o mi lasci un messaggio per quando torno in ufficio. Io penso che siano cose importanti perché tu pensi che siano cose importanti, ma le ho già dimenticate.

5) Io lavoro per Dio. Lo so che sembra folle, ma è così, e tanto basta. Ogni altro livello di autorità, il vescovo, il decano o il consiglio parrocchiale, è solo amministrazione intermedia. Non ho accettato l'invito di Dio per fare soldi. Ho accettato perché non potevo più dire di no a Dio. Questo significa che non predicherò sempre quelle cose che desideri sentire. A volte ho intenzione di sfidarti; in realtà, a volte ho proprio intenzione di farti arrabbiare. Non lo faccio per divertimento. Lo faccio perché Gesù ci ha detto che seguirlo sarebbe stato difficile, e che abbiamo bisogno di farlo con una buona squadra alle nostre spalle. E io sono nella tua squadra per scelta. Se smetto di sfidarti, saprai che sono esaurito oppure che ho paura. E nessuna di queste due cose è buona per te o per la chiesa che ami.

6) Parlando di paura, mi piacerebbe mantenere il mio lavoro. Posso avere una moglie che lavora nella comunità, bambini che vanno a scuola, e certamente ho da pagare dei mutui che mi seguiranno fino alla tomba. Sto camminando su di un filo di rasoio, cercando di piacere a Dio e all'amministrazione intermedia e a ogni persona che viene in chiesa. Ho bisogno delle vostre preghiere, e possibilmente di un buon terapista...

7) Mi stanno più a cuore i fedeli abituali. So che non dovrebbe essere così, ma è la realtà. Sai, quelli che compaiono in chiesa anche sotto la pioggia battente, quelli che sono presenti a ogni raccolta di fondi e a ogni studio della Bibbia. Quando mi si presenta una perfetta sconosciuta che mi chiede i riti della chiesa e mi tratta come se fossi una sfortunata comparsa nel suo film personale, è un problema. Lo so, può essere tua nipote, ma per anni non si è mai vista all'interno di una chiesa, se non come damigella d'onore a un matrimonio. Può promettermi di far crescere quel bambino come cristiano, ma tu e io sappiamo che non ha intenzione di alzarsi dal letto la domenica mattina. Su questo ho seri scrupoli teologici, mi limito solo a non dirtelo.

8) Quando insisti sul "modo in cui facciamo le cose in questa chiesa", mi chiedo quando hai smesso di adorare un Dio vivente e hai iniziato ad adorare un edificio e la sua burocrazia residente. Dammi una mezza possibilità, e io ti aiuterò a far scendere l'età media dei fedeli e a dare questa chiesa un futuro. Molte migliaia di chiese chiudono ogni anno. La nostra non deve essere necessariamente una di loro. Ma è la tua scelta. Quando sei pronto a guardare avanti anziché indietro, sarò lì ad aprirti la strada. Ed è questo, dopo tutto, ciò che continui a dirmi che dovrei fare.

9) Infine, sono un essere umano. Davvero. Te lo ricordi quel brutto commento che mi hai fatto quando stavi per uscire dalla porta della chiesa? Faceva male. E non era molto cristiano. Ma ti perdono, e ti voglio ancora bene, perché è così che mi comporto.

 
Come trovare un padre spirituale: Una conversazione con p. Nikolaj Vedernikov

L'arciprete Nikolaj Vedernikov, uno dei sacerdoti più anziani a Mosca, ha recentemente parlato con Pravmir sul senso della paternità spirituale nella vita spirituale. Nato a Mosca nel 1928, è stato ordinato diacono nel 1958 dal patriarca Alessio I e al sacerdozio nel 1961 dall'arcivescovo (poi patriarca) Pimen. Ha ricevuto una formazione in teologia e musica, è ben noto sia come predicatore (nel cui il ruolo condivide molte somiglianze con il suo caro amico, il metropolita Anthony di Surozh) che come compositore di musica, sia di chiesa che classica (in aggiunta a una moltitudine di brani ecclesiastici, ha anche composto due sinfonie). Serve presso la chiesa di san Giovanni il Guerriero sulla Jakimanka a Mosca.

Padre Nikolaj, è necessario, secondo lei, per un cristiano avere un padre spirituale?

È auspicabile confessarsi a un solo sacerdote. Va da sé che è il Signore che accetta la nostra confessione e che il sacerdote è solo un testimone. Se uno si pente sinceramente dei propri peccati, allora il mistero è valido indipendentemente dal fatto che egli conosca il sacerdote al quale si è confessato o da quanto è pio il sacerdote. Ma è meglio se il sacerdote conosce il parrocchiano, e vi è un vero e proprio rapporto di fiducia reciproca.

Se qualcuno prende sul serio la sua vita spirituale, trova di solito un sacerdote con il quale questo rapporto può prendere forma - forse non subito, ma ne troverà uno. Questo è molto importante per la crescita spirituale. Quando una persona sconosciuta viene da me per la confessione, gli chiedo sempre se ha un istruttore spirituale. Con la maggior parte delle persone, si scopre che non ce l’hanno, anche se si sono confessati e vengono in chiesa da anni. Questo mi rattrista sempre. È un peccato che le persone coinvolte nella vita della Chiesa da molti anni non abbiano fatto lo sforzo di trovare qualcuno che li istruisca nelle questioni spirituali.

L’arciprete Nikolaj Golubtsov (1963)

Mia moglie ed io siamo sempre stati fortunati con i padri spirituali. Padre Nikolaj Golubtsov [1900-1963] la benedisse per avere dei figli, anche se ha sofferto di ipertensione fin dall'infanzia, e i medici hanno convenuto all'unanimità che non doveva partorire, e che questo l’avrebbe messa in pericolo di vita. Ma ci sono nate tre figlie, si potrebbe dire, con la benedizione di padre Nikolaj.

La relazione tra un figlio spirituale e il suo padre spirituale di solito dura fino a quando uno di loro muore. Padre Nikolaj è morto nel 1963, dopo di che il nostro padre spirituale è stato padre Vladimir Smirnov [1903-1981] della chiesa del profeta Elia a Obydenskij [Mosca]. Dopo la sua morte, è stato padre Vasilij Serebrennikov [1907-1996], un discepolo degli anziani e un batjushka chiaroveggente. Consigliava di scrivere i propri peccati in un diario ogni giorno. Non in dettaglio, solo: "Ho giudicato, ho invidiato..." Abbiamo cercato di seguire il suo consiglio. Era malato, ragion per cui normalmente andavamo a casa sua per la confessione, e non molto spesso, ma ci limitavamo a leggere i nostri appunti senza cercare di ricordare qualcosa.

L’arciprete Vladimir Smirnov (1981)

Padre Vasilij è vissuto per quasi novant’anni, ed è morto nel 1996. Poi, il recentemente defunto padre Gerasim Ivanov [1918-2012] e io ci siamo confessati l'uno all'altro. Era una persona straordinaria, un artista di talento, e un buon pastore, aveva dieci anni più di me, ma, con tutto il rispetto per lui, io non lo consideravo il mio padre spirituale. È stato gravemente ammalato negli ultimi mesi prima della sua morte, e non serviva.

L’arciprete Vasilij Serebrennikov (1996)

Nella Chiesa di San Giovanni Warrior Yakimanka, dove ora servo in soprannumero, ci sono molti sacerdoti, quindi c'è sempre qualcuno a cui confessarsi. Mi fido di loro e sento che trattano il loro ministero in modo responsabile, ma finora non ho un padre spirituale. Mi auguro che, se, per volontà di Dio, la mia vita continuerà (ho già 84 anni), che il Signore mi manderà un padre spirituale. Anche il Patriarca ha un padre spirituale, così come gli altri vescovi. Tutti coloro che prendono sul serio la vita spirituale, cercano un istruttore spirituale.

Per un prete, forse, questo è davvero necessario, in quanto egli deve consigliare gli altri.

L’arciprete Gerasim Ivanov (2012)

Ciò è necessario per tutti, perché siamo tutti peccatori: perché non c'è uomo che non pecca (2 Cronache 6:36). Potreste non fare nulla di sbagliato, potreste comportarvi degnamente nella società e ottenere rispetto, ma ci sono pensieri a cui non prestate attenzione - e non è senza ragione che nei monasteri si pentono di pensieri.

Nel corso della giornata, molti pensieri differenti e chiaramente peccaminosi vengono in testa a tutti. Arrivano involontariamente, dal diavolo, che sta cercando di instillare in noi avidità, invidia, condanna e altri cattivi sentimenti. Cerco di scacciare questi pensieri con la preghiera di Gesù. Padre Vasilij generalmente raccomandava di dirla costantemente.

Questa breve preghiera - "Signore Gesù Cristo, Figlio di Dio, abbi misericordia di me peccatore" - contiene tutta la nostra confessione di fede ortodossa, ogni dogma è costruito su di essa. Se la dite con attenzione, allora il Signore gradualmente purificherà il vostro mondo interiore. Ma quando i pensieri mi travolgono, inquinano questo mondo, e, anche se non faccio nulla di male a nessuno, il mio mondo interiore inquinato agirà sui miei vicini, su quelli con cui interagisco, anzi su tutti intorno a me. Questo è molto importante da ricordare: siamo salvati insieme. San Serafino di Sarov ha detto: "Acquisisci lo spirito di pace e a migliaia saranno salvati intorno a te."

Siamo in grado di raggiungere la purezza del pensiero e la modifica del nostro mondo interiore, se seguiamo il consiglio dell'apostolo Paolo: Rallegratevi sempre: pregate senza sosta: in ogni cosa rendete grazie (1 Tessalonicesi 5:16-18). Non vi è alcun motivo di perderci d'animo o di disperarci se Cristo è con noi. Perciò io consiglio a tutti di leggere almeno un capitolo del Vangelo del giorno. Questo è ancora più importante che osservare una regola di preghiera, perché il Vangelo è una lettera di Cristo stesso, ma è attraverso il Vangelo che entriamo in contatto con lui.

Alcune persone pensano che la cosa più importante sia accendere candele davanti alle icone e fare prosternazioni complete. Ma la cosa più importante nel cristianesimo è il nostro amore per Cristo, il nostro incontro con Cristo. Il Signore valorizza gli appelli personali: ognuno può trovare un minuto libero (per esempio, prima di dormire) e dirgli quello che è successo nella sua vita di oggi, le difficoltà che ha dovuto affrontare, o chiedere perdono e aiuto - e certamente il Signore ci risponderà. Forse non subito, ma risponderà. È per questo motivo che consiglio a tutti di leggere un capitolo del Vangelo al giorno.

La vita spirituale richiede una guida. Un padre spirituale è un sacerdote che guida la vostra vita spirituale. Può essere molto semplice, molto poco attraente, senza alcuna particolare l'istruzione - ma se mi fido di lui, questo significa che il Signore può dirmi qualcosa di molto importante per mezzo di lui.

Come può un nuovo parrocchiano capire che si può fidare di questo sacerdote, che quest'ultimo sta cercando di capire la volontà di Dio per noi, e non sta imponendo la propria volontà?

In effetti, alcuni impongono la loro volontà in piena fiducia che la volontà di Dio sia stata loro rivelata. Un sacerdote che è appena stato ordinato, che non ha né esperienza né conoscenza, potrebbe immaginare di essere una guida spirituale. Questo si chiama "anzianità giovane" [mladostarchestvo], un fenomeno malsano che era molto diffuso negli anni novanta. Ora si sta diradando, ma a poco a poco.

Solo l'esperienza interiore può dire se ci si può fidare abbastanza di un sacerdote per chiedergli di guidare la vostra vita spirituale. Questo è difficile, soprattutto per chi è appena agli inizi nella vita della Chiesa, ma non c'è altro modo. A tali domande non si possono dare risposte formali; io non posso dare alcun consiglio generale.

I sacerdoti stessi probabilmente non dovrebbero affrettarsi a diventare padri spirituali. Io, per esempio, non mi considero degno di essere un padre spirituale. Ci sono parrocchiani che si confessano da me regolarmente: ci sono forse 10-15 persone che sono abituate a venire da me. Ma quando la gente mi chiede di diventare il loro padre spirituale, in linea di principio mi rifiuto. Io sono sempre pronto a confessare qualcuno, a confortarlo, a offrire una sorta di consiglio - ma la relazione di un figlio spirituale con il suo padre spirituale presuppone obbedienza.

Se un prete accetta di essere mio padre spirituale, credo che non si limiterà a darmi consigli umani, ma il Signore mi consiglierà per mezzo di lui e dovrei mostrargli obbedienza. Che io manifesti o no obbedienza dipende dalla mia libera scelta. Nel caso dell'obbedienza a un padre spirituale, il Signore concede il suo aiuto pieno di grazia. Ma se io non ascolto i suoi consigli, il padre spirituale non è responsabile. Senza obbedienza, tali relazioni sono prive di significato.

Alcuni parrocchiani ascoltano i miei consigli e si sforzano di seguirli, e questo mi compiace sempre, ma non mi sono mai formalmente chiamato padre spirituale di qualcuno. Non mi sento preparato per tale responsabilità.

L'obbedienza si riferisce solo a questioni spirituali? Un padre spirituale dovrebbe dare consigli di tutti i giorni, come per esempio se cambiare o no lavoro o dove andare in vacanza?

Un padre spirituale esperto che conosce i suoi figli spirituali può anche affrontare i loro problemi quotidiani con comprensione. Per esempio, sorgono conflitti sul luogo di lavoro e la gente spesso sbatte immediatamente la porta e se ne va. Le modifiche che vengono in seguito non sono sempre per il meglio. Quando qualcuno agisce volontariamente, si rammarica spesso in un secondo momento. Al contrario, se non cede immediatamente alle sue emozioni, e dà retta ai consigli di qualcuno, poi alla fine tutto torna alla normalità.

In questi casi, io di solito consiglio alle persone di non correre, ma di attendere - il tempo guarisce molte cose, molti conflitti si risolvono con il tempo. Non solo al lavoro, ma anche in famiglia. Un marito potrebbe avere delle avventure extraconiugali. Che cosa dovrebbe fare la moglie? La Chiesa permette per il divorzio in questi casi, ma se lei è disposta a essere paziente e tollerante, allora la loro vita familiare potrebbe essere salvata e tornare alla normalità. Non deve necessariamente avvenire in questo modo, ma so di casi in cui è successo. Il divorzio, tuttavia, è sempre una tragedia.

L’arciprete Nikolaj Vedernikov e la sua matushka, 1998

Per inciso, l'obbedienza è necessaria anche nella vita familiare - obbedienza vicendevole. Inoltre, non si può esigere obbedienza dagli altri e non lo mostrarle noi stessi. Diciamo che vostra moglie vi dice qualcosa con cui non siete d'accordo. Contraddirla, volere le cose a modo vostro, creare conflitti - questo è sbagliato. Si deve sempre essere in grado di ascoltare.

Obbedienza [poslushanie] deriva dalla parola "ascolto" [slukh]; inizia con la capacità di ascoltare ciò che l'altra persona sta dicendo. Non ci piace tacere. Il nostro amico metropolita Anthony di Surozh ci ha insegnato: "Siamo tutti in grado di parlare bene, ma non siamo in grado di ascoltarci l'un l'altro. Perciò è molto importante ascoltare con attenzione". Questo è molto importante anche nella vita familiare. Il marito deve essere in grado di ascoltare la moglie, e la moglie il marito, e tutte le questioni dovrebbero essere decise con una discussione. Se vostra moglie non vi convince - non vi preoccupate. A volte, per il bene della pace, è meglio essere d'accordo con lei. La pace in famiglia è più importante di qualsiasi nostra ambizione.

Con un padre spirituale, il rapporto è diverso: qui mostro obbedienza. Ma un prete può dare i consigli giusti - non da sé, ma da Dio - solo se capisce qualcuno. E per capirlo, ha bisogno di ascoltarlo con attenzione. E io, a mia volta, ho bisogno di ascoltare attentamente le parole del mio padre spirituale, al fine di comprendere il suo consiglio.

Ci sono state occasioni nella sua vita in cui, dopo aver chiesto consiglio al suo padre spirituale, le è sembrato di non avere la forza di manifestare obbedienza, o che questa era troppo pesante per lei?

No, non mi ricordo niente di simile. Ma mi è accaduto di cadere in un peccato da cui era difficile liberarmi. Per liberarmene, ho avuto bisogno di tempo e di aiuto nella preghiera da parte del mio padre spirituale. I sacerdoti a cui ho confessato i miei peccati hanno sempre pregato per me e sentivo il loro sostegno spirituale, grazie al quale sono stato in grado di uscire da questa condizione e di essere liberato dal peccato. Questa è una grande cosa: la libertà dal peccato!

Avere a che fare con se stessi può essere difficile. Il nemico più implacabile della vita spirituale è il mio egoismo, l'orgoglio, e l'incapacità di esercitare me stesso. Le persone seguono percorsi diversi. Riusciamo a vincere un peccato, questo se ne va, ma poi qualcos’altro appare nell'anima. Questo richiede una grande attenzione. È qui che un padre spirituale può incoraggiarci, a volte anche con le lacrime.

Ricordo che, una volta in cui confessai i miei peccati, da giovane, il prete pianse. Mi sembra che il suo nome fosse padre Veniamin. Mi avvicinai a lui con timore e tremore reale e lui, ascoltando la mia confessione, pianse. Pianse per i miei peccati. Ognuno ha la sua strada, alcuni un po' più difficile e altri un po' più facile, ma in entrambi i casi abbiamo la necessità di esercitare noi stessi. Non ci piace quando dobbiamo passare per la porta stretta. Ma cerchiamo prima il regno di Dio (Matteo 6:33). È dentro di noi.

Se il consiglio di un padre spirituale non ha senso, glie lo si dovrebbe dire onestamente e chiedere chiarimenti? Oppure lo si dovrebbe accettare per fede?

Penso che sia meglio chiedere chiarimenti. A volte è sufficiente una spiegazione, ma a volte c'è bisogno di tempo per capire un consiglio che uno non è ancora pronto a ricevere.

Un sacerdote non dovrebbe vantarsi di essere esaltato al di sopra dei suoi parrocchiani. Ammettiamo che abbia più esperienza, proprio come un professore ha più conoscenza di suoi studenti. Ma quando questa esperienza viene convogliata modestamente allora, volenti o nolenti, ascolteremo e capiremo che non siamo ancora abbastanza maturi per capire questo consiglio, che non siamo pronti a seguirlo, in quanto siamo ancora inesperti e immaturi nella vita spirituale. Quando si capisce questo, sarà più facile essere umili e comunque cercare di seguire il consiglio.

Non bisogna fidarsi completamente del proprio cuore. Va da sé che bisogna ascoltarlo, ma è necessario mantenere la sobrietà. L'apostolo dice: Siate sobri, vegliate, perché il vostro avversario, il diavolo, come un leone ruggente va cercando chi possa divorare (1 Pietro 5:8). I poteri spirituali operano anche attraverso il cuore umano, per cui è necessario il controllo spirituale.

Quanto sono cambiati i parrocchiani durante i suoi cinquant'anni di ministero sacerdotale? Ce ne sono chiaramente molti di più rispetto al periodo sovietico, ma alcuni preti dicono che oggi le persone in maggior parte non vengono in chiesa con domande spirituali, ma con problemi psicologici.

Le persone vengono con vari problemi. Ma, in ogni caso, cerchi di aiutarle a ricordare di pensare a ciò che è più importante. Parli con loro del senso della vita, di come la morte è sempre dietro l'angolo, e di come sia sempre necessario ricordare l'ora della morte. Se effettivamente ricordassimo sempre la morte e che dobbiamo rispondere a Dio, allora dovremmo smettere di peccare. Ma non ce ne ricordiamo questo. Siamo così consumati dalla preoccupazione per il nostro bene in questa vita terrena, che la cosa più importante, quella per la quale vive l'uomo, sfugge dalla nostra mente.

"Nelle tue mani, Signore Gesù Cristo mio Dio, affido il mio spirito. Benedicimi, abbi misericordia di me, e concedimi la vita eterna. Amen". Così noi preghiamo prima di dormire. "Nelle tue mani, o Signore," perché io non so se mi alzerò la mattina. Ricordare questo non nega la gioia della vita. Si può gioire e interagire con le persone, ma ricordando per tutto il tempo che non sappiamo per quanto tempo vivremo e rendendo grazie al Signore per tutti i giorni della vita.

Io consiglio sempre di chiedere al Signore la mattina che il giorno passi senza peccato, e, alla fine della giornata, ringraziarlo per tutto, sia per ciò che è stato buono e per ciò che è stato difficile. La gente di solito lo fa.

Ci sono stati esempi nella sua pratica pastorale di un pentimento così profondo che l’ha confermata nella fede?

Il metropolita Anthony di Surozh mi ha parlato di un pentimento del genere. Un sacerdote a cui una volta si era confessato beveva molto e soffriva di una dipendenza da alcol. Il metropolita Anthony ha detto: "Ma durante la confessione non piangeva con lacrime da ubriaco, ma con lacrime per i miei peccati". Inutile dire che non ha fatto il nome di questo sacerdote, ma quella confessione lo scosse come nessun altro - e lui era un esperto padre spirituale che aveva confessato migliaia di persone. Io non ho mai sentito una simile confessione.

Ma lei ha confessato condannati a morte.

Sì, ma è stato quasi venti anni fa e ho già dimenticato i dettagli. Ricordo solo che queste persone si sono pentite sinceramente. Erano in attesa di esecuzione, ma fu presto introdotta una moratoria sulla pena di morte e la loro esecuzione è stata commutata in ergastolo. Alcuni di loro scrivono ancora a mia figlia lettere dalla Mordovia e si rivolgono a me con domande.

In un primo momento tutti cercavano la libertà, ma io ero contrario. Se non erano capaci di sopportare il carcere, poi avrebbero potuto ricadere in qualcosa di ancora peggio di prima. Ma là hanno una vita spirituale stabile e sono visitati da un sacerdote. Non li ritengo miei figli spirituali, ma prego per loro ogni giorno - questo è molto importante. E fintanto che continuano a scrivere e a fare domande, questo significa che c'è ancora un po' di movimento spirituale verso di me.

Per quanto mi pare di capire, sente che un prete non dovrebbe cercare di diventare un padre spirituale?

Sì, non dovrebbe. Consiglio soprattutto ai giovani sacerdoti di trovare un padre spirituale per se stessi. Questa non è un’esortazione, ma un consiglio di un compagno anziano. Senza l'esperienza dell’obbedienza, mi sembra, sarà difficile istruire gli altri nella vita spirituale.

Io stesso non ho cercato di diventare una guida spirituale, ma, come ho già detto, ci sono forse una quindicina di persone che sono abituate a venire da me e che regolarmente si confessano da me. La nostra interazione non si limita alla confessione in chiesa. Il lunedì, quando è possibile, vengono a casa mia. Parliamo della lettura del Vangelo della domenica, le persone condividono i problemi, e cercano di dare un senso a tutti per mezzo del Vangelo, per mezzo di Cristo, e poi beviamo il tè. Vedo che incontrarsi l'un l'altro ed essere in grado di condividere le esperienze rende felici molte persone. E sono felice di essere in qualche modo in grado di aiutare la gente.

 
Arcivescovo Mark di Egor'evsk: "La fondazione della chiesa di santa Ljudmila di Cechia a Praga è un evento unico nel suo genere"

Il 29 dicembre 2012, presso l'Ambasciata della Federazione Russa a Praga, è stata consacrata la nuova chiesa in onore della santa martire ceca, la principessa Ljudmila. Il rito della piccola consacrazione è stato celebrato dal capo delle istituzioni estere del Patriarcato di Mosca, l'arcivescovo Mark di Egor'evsk.

Prima della consacrazione della chiesa l’arcivescovo Mark è stato intervistato dalla redattrice capo del "Telegrafo di Praga" Natalia Sudlenkova.

 

- Per la Repubblica ceca l’apertura di una nuova chiesa ortodossa russa è un grande evento. Possiamo definirlo un precedente in termini delle operazioni di tutti gli affari esteri della Chiesa Ortodossa Russa?

- All’estero apriamo spesso chiese. Naturalmente, queste non sono sempre chiese nostre, spesso godiamo dell'ospitalità di altre confessioni. È caratteristico dei paesi dove è apparso all’improvviso un gran numero di cristiani ortodossi. Per esempio, abbiamo 52 comunità in Italia, ma la stragrande maggioranza di loro non ha la propria chiesa. Le funzioni si tengono in chiese cattoliche, che ci sono state lasciate volontariamente con la sola copertura delle spese vive, oppure dietro pagamento di qualche piccolo canone di affitto.

Ci sono templi che costruiamo all'estero, ma di solito è un fenomeno eccezionale, oppure acquistiamo l'edificio, dove ci sono chiese in via di sviluppo. La creazione della chiesa di santa Ljudmila a Praga, in Repubblica Ceca, è un evento unico nel suo genere. L’edificio del tempio era uno spazio laico civile: un padiglione per le esposizioni, che era usato per scopi puramente secolari. Per ordinanza del presidente della Federazione russa è stato donato alla Chiesa ortodossa russa per costruire la chiesa, che, in sostanza, si trova nell'ambasciata.

 

- Di fatto, un edificio di pertinenza dello Stato russo viene donato alla Chiesa ortodossa russa: questo è un precedente. Come può essere spiegato? Perché non è successo prima?

- La decisione della leadership della Federazione Russa mostra molte tendenze positive. Lo Stato russo riconosce ora che le forze più sane dei connazionali, quelle che sono in sintonia con attività positive, si radunano attorno alle chiese. Per loro, una chiesa non è solo un luogo di culto, ma anche il centro ideale di comunicazione e di integrazione della diaspora russa. Noi siamo grati per questo edificio, anche se bisogna dire che era in cattive condizioni ed è stato necessario fare molti investimenti di capitale, la gente ha donato soldi per costruire la chiesa, e la riparazione è tutt'altro che finita.

Quando oggi sono andato in chiesa, non ho riconosciuto l’edificio. Ora, questo è davvero un luogo sacro, e sorprendentemente, la struttura è risultata orientata verso est, vale a dire, per creare un altare non c’è stato bisogno di alcun rifacimento capitale. Il cerchio è un simbolo di eternità, di conseguenza la forma stessa dell'edificio già assicura che il locale ospiterà la chiesa senza alcun danno in termini di regole.

 

- Tuttavia, non vi è una contraddizione interna nel fatto che un edificio di natura secolare servirà gli obiettivi della chiesa, perché la chiesa non è solo un muro, o una corretta posizione dell'altare, ma anche qualcosa di più?

- Non vedo alcuna contraddizione. Se ci ricordiamo la storia del cristianesimo, le chiese sono state costruite su luoghi che avevano servito come luoghi di culto pagano. Ad esempio, l'Acropoli di Atene, e molti altri templi in Grecia, e Roma erano pagani, e poi sono stati santificati, ovvero, dove si facevano sacrifici agli idoli, è stato glorificato il nome del Dio unico. Non a caso si dice nel Vangelo che il sole non risplende solo sui luoghi puliti, belli e piacevoli, ma anche sui luoghi brutti, senza esserne contaminato. Ogni luogo è consacrato e benedetto dalla preghiera.

 

- Quanti fedeli, a suo parere, è in grado di accogliere la nuova chiesa?

- La chiesa di Santa Ljudmila di Cechia diventerà la più grande chiesa ortodossa di Praga, ed è logico, perché la comunità russa di Praga, è molto, molto significativa. Qui possono trovare posto nelle festività più di mille persone. Si è trasferita qui la comunità che prima frequentava la chiesa di San Giorgio presso l'ambasciata della Federazione Russa nella Repubblica Ceca, ma era molto a disagio perché sul territorio dell'ambasciata opera un regime di ingresso su autorizzazione, e la chiesa stessa è piccola. Con difficoltà poteva contenere fino a 100 persone, e a Pasqua, per esempio, arrivano alla funzione fino a millecinquecento credenti. Siamo stati per otto anni in attesa dell'apertura di una nuova chiesa.

Inoltre, possiamo utilizzare attivamente questa chiesa anche per i parrocchiani della Chiesa ortodossa delle Terre Ceche e di Slovacchia, per i residenti locali, abitanti della città. Qui è possibile celebrare funzioni festive con la partecipazione del clero ceco e dei fedeli della Chiesa Ortodossa di Cechia e Slovacchia.

 

- Non ritiene che la creazione di una nuova chiesa ortodossa russa sul territorio della Chiesa Ortodossa di Cechia e Slovacchia vada contro alle regole non scritte del rapporto tra Chiese sorelle, secondo le quali non si devono aprire luoghi di culto di una Chiesa sul territorio canonico dell'altra?

- Noi abbiamo la tradizione di apertura di chiese di rappresentanza (podvorij) - a Mosca c’è una chiesa di rappresentanza della Chiesa Ortodossa delle Terre Ceche e della Slovacchia, a Karlovy Vary c’è una chiesa di rappresentanza della Chiesa Ortodossa Russa. Una chiesa di rappresentanza può essere creata solo su una base di reciprocità. La chiesa di santa Ljudmila di Cechia ha lo status di tempio d'ambasciata, non riesce a rientrare nel quadro generale di giurisdizione canonica su base territoriale, e canonicamente è extraterritoriale. Abbiamo condotto i negoziati necessari con la Chiesa Ortodossa delle Terre Ceche e di Slovacchia, e l'idea stessa della costruzione della chiesa è stata ben accolta dal clero ceco. La creazione della chiesa serve la missione cristiana, e andrà a beneficio di entrambe le Chiese - sia la Chiesa Ortodossa Russa sia la Chiesa Ortodossa delle Terre Ceche e di Slovacchia.

 

- In molti paesi europei vi è la tendenza alla perdita di interesse per la religione tra gli abitanti di questi stati. Inoltre, comunità e amministrazioni comunali vendono chiese o le danno in affitto per spettacoli o concerti. Allo stesso tempo, nell'Ortodossia è evidente la tendenza opposta - l'apertura di nuove chiese. Perché è così?

- In primo luogo, per il grande afflusso di persone all'estero. Ma non direi che va tutto bene, anche noi abbiamo parrocchie, dove le comunità diminuiscono.

Per esempio, abbiamo una parrocchia in Iran, là ora ci sono pochi membri, si è ridotto il numero dei parrocchiani anche in paesi africani come il Marocco. In Canada, nelle zone rurali, dove in precedenza c'erano molti che vivevano nelle fattorie e andavano in chiesa, i servizi di culto ora si svolgono a turno in diverse chiese, perché molte persone lasciano le fattorie e vanno a vivere in città.

In generale, i processi di globalizzazione e urbanizzazione esercitano la loro influenza sulle chiese ortodosse, ma, grazie a Dio, in Russia e in altri paesi del mondo russo, e all'estero non abbiamo ancora il problema della necessità di utilizzare le chiese ortodosse per altri scopi, e, grazie a Dio, non le vendiamo.

 

- Possiamo dire che il Cattolicesimo e l’Ortodossia hanno una minaccia esterna comune, di fronte alla quale queste confessioni possono essere unite?

- Certo, tali minacce ci sono. In primo luogo, quella che definirei la minaccia della cristianofobia. Vediamo in alcuni casi i cristiani perseguitati per varie ragioni, e questa aggressione si presenta sia da parte di rappresentanti di altre religioni, sia da parte del secolarismo militante. Ma d'altra parte, in generale il problema è l’allontanamento dai valori cristiani che vediamo in paesi diversi con gli esempi più diversi.

Alcuni anni fa, l'Unione europea ha rifiutato di menzionare il cristianesimo nel preambolo della Costituzione europea in vari paesi tradizionalmente cristiani, come la Francia, ha discusso la questione di permettere il matrimonio per coppie dello stesso sesso. In Danimarca si è recentemente approvata una legge per la quale nei luoghi di culto della Chiesa luterana di stato si dovrebbero celebrare matrimoni omosessuali. Di fatto è la pressione diretta del sistema secolare sulla chiesa, che crea un grave interferenza nella vita delle persone e uccide i valori cristiani.

 

- Quanto è grave la minaccia da parte delle confessioni quasi-cristiane, come i neo-protestanti e le varie organizzazioni settarie?

- Anche questo è un problema che interferisce con il mondo cristiano e lo minaccia. E, purtroppo, è un problema molto comune: la gente è ormai abituata ai surrogati. Guardi - quante persone bevono acqua naturale? Molti preferiscono la "Pepsi-Cola" o la "Fanta", e così via. Le persone stanno perdendo il loro gusto del cibo sano e delle bevande naturali, e la stessa cosa sta accadendo per quanto riguarda la fede. Molte persone usano surrogati, perché sono disponibili in questa epoca: quelli che sono attivi, riescono a prendere l'iniziativa, e, purtroppo, le persone sono spesso sedotte da qualche falsa promessa. Ma molto spesso la gente ci va, poi ritorna indietro, rendendosi conto che là non c'è nulla, se non il vuoto.

 
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Un nuovo mondo? I cristiani e il "sistema digitale di credito sociale"

che effetto avrà sui cristiani l'introduzione del “sistema di credito sociale”? Foto: Unione dei giornalisti ortodossi

Le autorità ucraine intendono valutare i cittadini in base al sistema di credito sociale digitale. Cosa aspettarsi: un campo di concentramento digitale o una società ideale?

Pochi giorni fa, si è saputo che la Verkhovna Rada dell'Ucraina sta sviluppando un progetto che consentirà effettivamente allo Stato di stabilire un controllo digitale sulla vita dei cittadini.

I deputati del popolo sotto la guida di Ruslan Stefanchuk (un uomo già segnato dal disegno di legge sulla celebrazione della Natività di Cristo al 25 dicembre) stanno sviluppando il cosiddetto "sistema di credito sociale". Sembra innocuo, ma è davvero così? Dopotutto, un tale sistema è stato a lungo sviluppato in Cina. E non solo sviluppato, ma anche implementato con successo.

Il sistema di credito sociale

Il 1° gennaio 2021 in Cina è entrato in vigore un codice civile che a livello legislativo ha garantito l'utilizzo del "sistema di credito sociale".

Secondo questo sistema, ogni cittadino cinese riceve una determinata valutazione iniziale, che è stimata in 1000 punti. In seguito questa valutazione può aumentare o diminuire: tutto dipende dal comportamento della persona.

Quindi, sulla base di 160.000 diversi indicatori di 142 istituzioni, le informazioni su una persona vengono raccolte ed elaborate in un unico centro. Un cittadino che ottiene 1050 punti riceve l'indice AAA, e può essere "affidabile" dal punto di vista dello Stato. Per esempio, potrà occupare determinate posizioni, lavorare dove vuole, non affrontare restrizioni legate alla medicina o all'istruzione. Ma se la valutazione di un cittadino scende a 849 punti, riceve l'indice C e rientra nella categoria degli inaffidabili. In questo caso, non sarà più in grado di lavorare nelle agenzie statali e incontrerà alcuni problemi in altri ambiti della vita.

Tuttavia, i problemi maggiori inizieranno se la "valutazione" scende al di sotto dei 600 punti: questo è l'indice D. Non si potrà ottenere un lavoro normale (o comunque un lavoro in generale), istruzione o servizi medici. Inoltre, si sarà limitati nell'uso dei beni pubblici e il proprio potere d'acquisto sarà ridotto al minimo, un affitto sarà rifiutato, non sarà emesso un prestito, ecc.

Nella letteratura e nel cinema mondiali, un fenomeno simile, in cui una persona è valutata attraverso un "sistema di valutazione", è già stato più volte descritto nel genere della cosiddetta "anti-utopia". Basti ricordare il libro cult "1984" di George Orwell o il libro meno famoso, ma non per questo meno perspicace, "The Sphere" di Dave Eggers. Di solito, questi libri sono venduti nella sezione "fantascienza" e quasi nessuno di noi avrebbe pensato fino a pochi anni fa che sarebbero passati alla sezione "eventi reali". Ma è successo.

Quali criteri intende utilizzare lo Stato per valutare la "correttezza" del comportamento di una persona?

Il "sistema di credito sociale" e l'Ucraina

Uno dei deputati del popolo ucraino ha parlato a Vesti dei dettagli dell'attuazione del sistema "cinese" in Ucraina. Secondo lui, "il nuovo progetto può legittimare il controllo statale su vari ambiti della vita umana... Saranno assegnati punti per attività sociali utili, per esempio donazioni, volontariato... o pagamento puntuale di prestiti. E per multe, per debiti in vari settori, inclusi quelli degli alimenti, o per evasione fiscale, verranno detratti punti. Di conseguenza, diventerà più difficile per una persona trovare un lavoro, chiedere un prestito o persino viaggiare all'estero. Tutto questo diventerà possibile quando tutte le banche dati già disponibili in Ucraina saranno combinate in una banca dati base Unica. Al momento, tali idee sono in discussione. Cosa ne verrà fuori e quando, ancora non si sa".

Anche il ministro della trasformazione digitale Mikhail Fedorov ha spiegato la sua visione del "punteggio" degli ucraini: "Questa è in un certo modo una 'ludicizzazione' dello stato, dove le persone guadagnano 'punti'. La logica è come nelle storie del credito nel campo finanziario. Più velocemente ripaghi i prestiti, migliore è la tua storia, più facile è ottenere il prossimo prestito. Le persone con un punteggio basso non riescono a trovare un buon lavoro, non ricevono prestiti, possono persino vedersi negare il noleggio di una bicicletta". Tuttavia, il politico ha sottolineato di non essere un sostenitore dell'introduzione di questo "sistema".

Tuttavia, va sottolineato che la "valutazione" di una persona non è limitata esclusivamente alla sua storia creditizia o alla partecipazione a progetti di volontariato. Secondo Tatjana Pashkina, esperta di questioni occupazionali, molte aziende stanno già utilizzando varie banche dati e studiano i social network. Allo stesso tempo, afferma Pashkina, finora "i post sui social network sono considerati non tanto per la lealtà alle autorità, quanto per l'adeguatezza e la sanità mentale di una persona: quali argomenti vengono discussi, come si manifestano nelle discussioni". Secondo alcuni rapporti, tutte queste idee dovrebbero essere attuate nel nuovo codice civile dell'Ucraina, il cui cambiamento è proprio compito del gruppo di Ruslan Stefanchuk.

Allo stesso tempo, il deputato del popolo assicura che le autorità non introdurranno un "punteggio", poiché "tutti i cittadini sono uguali nei loro diritti, lo afferma la Costituzione". Allo stesso tempo, secondo Stefanchuk, "la legislazione consente a ogni cittadino di creare il proprio status speciale, anche sulla base di contratti. Cioè, un cittadino può concludere qualsiasi contratto e, di conseguenza, acquisire diritti e creare obblighi speciali. Ma questo avviene solo di propria spontanea volontà".

In altre parole, per ora, il sistema di punteggio sarà più volontario che obbligatorio, il che non impedisce alle singole aziende e banche di creare le proprie banche dati e utilizzarle per valutare i candidati al lavoro.

L'avvocato Ivan Liberman ha sottolineato alcuni altri problemi che i cittadini ucraini dovranno affrontare quando introdurranno un "sistema di credito sociale": "Tutto sarà monitorato, tutti i dati saranno in un unico registro statale, l'accesso al quale sarà disponibile per tutti quelli che ne hanno bisogno e che non ne hanno bisogno. Molte banche dati sono già disponibili a quasi un cittadino su tre: si tratta di avvocati, studi legali e notarili, giudici, rappresentanti dei clienti in tribunale, forze dell'ordine, avvocati di grandi aziende. Su queste basi, quando le banche dati saranno riunite, sarà possibile con un "clic" conoscere l'intera storia dell'attività delle persone e, sulla base dei dati, assegnare una valutazione a una persona, e, di conseguenza, limitarla nel ricevere benefici". E a cosa serve tutto questo?

Profitto e controllo

Abbiamo tutti sentito parlare della cosiddetta finestra di Overton. Dal punto di vista della scienza, si tratta del concetto della presenza di una gamma accettabile di opinioni nelle dichiarazioni pubbliche di politici e attivisti dal punto di vista del discorso corrente. Per dirla semplicemente, la finestra di Overton indica una situazione in cui una cosa che ieri sembrava impossibile, grazie a una propaganda discreta ma costante, diventa prima accettabile, e poi, l'unica corretta.

Ricordiamo, per esempio, l'atteggiamento nei confronti delle persone LGBT. Trenta o quarant'anni fa, l'omosessualità (e non stiamo parlando di altri "sessi") era percepita come un disturbo mentale. Anche prima, per un "amore" omosessuale si poteva ricevere una condanna al carcere e, prima ancora, persino pagare con la vita. Tuttavia, la propaganda costante, la lotta per i diritti delle minoranze sessuali, la "rivoluzione sessuale" hanno portato al fatto che l'omosessualità è diventata prima la norma, e ora è parte integrante della vita in molti paesi civili. Non è lontano il tempo in cui gli eterosessuali saranno imprigionati con pretesti incoerenti.

Oppure prendiamo la pandemia del coronavirus. I cittadini delle democrazie sviluppate, un anno fa, avrebbero sopportato il pensiero che gli stati avrebbero limitato la libertà di movimento, chiuso tutti in una quarantena forzata, obbligato a indossare maschere e , di fatto, in pochi mesi, sarebbero stati in grado di abolire i diritti fondamentali e le libertà acquisite in secoli di democrazia? No, nessuno poteva immaginarlo. Ma è successo.

Quindi, la Chiesa da molti anni (almeno gli ultimi 30) parla del possibile pericolo rappresentato dalle tecnologie digitali. Ne parlano anche i rappresentanti della scienza e dell'arte. Gli scrittori di fantascienza hanno avvertito che i robot avrebbero sostituito gli umani e che le funzioni umane sarebbero state ridotte al servizio di questi robot. 50 anni fa, sembrava tutto irreale, ma non oggi...

Allo stesso tempo, è interessante che l'introduzione delle tecnologie digitali e la loro applicazione nello spazio pubblico trovi una meravigliosa unanimità tra funzionari e uomini d'affari. Ciò non sorprende, perché alcuni sono interessati al profitto, mentre altri sono interessati al controllo.

Sì, ai robot non si deve pagare uno stipendio (è sufficiente aggiornare il programma di volta in volta), i robot non scioperano, non chiedono diritti e libertà, non hanno bisogno di programmi sociali. Pertanto, una società ideale, dal punto di vista gestionale, è una società in cui una persona funziona come un robot e con l'aiuto di robot. Ciò può essere ottenuto solo in un modo: ottenere metodi di controllo che escludano completamente la possibilità stessa di disobbedienza di una persona e la rendano completamente dipendente dallo stato o dal datore di lavoro. Quindi, i governi stanno cercando di introdurre un "sistema di credito sociale" - c'è incoraggiamento e controllo, una carota e un bastone. Sì, a prima vista tutto sembra bello e attraente. Ma cosa può attendere i cristiani in questo caso?

Il "sistema di credito sociale"

I funzionari propongono di basare il "punteggio del credito", e quindi quello sociale, su indicatori diversi, incluse la cronologia del web e la cronologia delle ricerche di Google. Il proprio punteggio di credito (e quindi quello sociale) dovrebbe essere basato sulla propria cronologia web. Ciò significa che se una persona digita nel motore di ricerca la frase "critiche alla pedofilia", per esempio, o "critiche all'LGBT", perderà immediatamente diversi punti del suo punteggio di credito. Non sarà facile ripristinarli, quindi è meglio non rischiare.

Lo stesso vale per la cronologia degli acquisti, la visione di film o programmi, la lettura di letteratura o articoli: tutti i dati saranno raccolti, elaborati dall'intelligenza artificiale e inviati a un unico centro, che valuta una persona come "affidabile" o meno. Quindi, può accadere che dopo aver acquistato un libro di san Giovanni Crisostomo su Internet, o dopo aver guardato un sermone di un prete che critica le persone LGBT, o anche solo dopo aver visitato un sito web sull'interpretazione della Bibbia, una persona scopra improvvisamente che gli viene negato un prestito, che la sua carta di credito è bloccata, e che da domani non solo sarà licenziato dal lavoro ma non potrà nemmeno comprare una pagnotta in un negozio. Fantastico, diciamo?

Ricordate la finestra di Overton. Meglio ancora, ricordate il libro dell'Apocalisse: "Faceva sì che tutti, piccoli e grandi, ricchi e poveri, liberi e schiavi ricevessero un marchio sulla mano destra e sulla fronte; e che nessuno potesse comprare o vendere senza avere tale marchio, cioè il nome della bestia o il numero del suo nome" (Ap 13:16-17).

Certo, possiamo obiettare che il "marchio", come sigillo dell'anticristo, avrà senso solo se una persona lo accetta liberamente. Se il marchio è imposto dallo Stato, non può esserci tradimento di Cristo. Siamo d'accordo. Inoltre, siamo sicuri che non ci sarà un impianto forzato di un chip. Infatti non sarà necessario spingere con forza una persona nel "campo digitale". No, le persone stesse sceglieranno una "zona di comfort" e spiegheranno la loro scelta con ragioni completamente razionali: il bene comune, gli interessi comuni, la convenienza e così via. Ma ci sarà spazio per Cristo in questa "zona"? Difficilmente.

La schiavitù digitale e la posizione della Chiesa

Di recente, il patriarca Kirill della Chiesa ortodossa russa ha espresso il suo atteggiamento nei confronti di quanto sta accadendo. Secondo lui, "le tecnologie digitali sono in grado di creare strumenti che forniscono il controllo totale su una persona. In passato non sarebbe potuto accadere niente di simile. Il pensiero umano, la civiltà tecnica oggi hanno raggiunto un livello tale in cui, introducendo le tecnologie digitali, è possibile assicurare il controllo totale sulla personalità umana. Non solo osservare una persona ma gestire il comportamento umano".

Sua Santità ha ragione? Ovviamente. Ecco le parole di Aleksandr Zharov, capo di Gazprom-Media: "Le reti neurali iniziano a funzionare molto prima che lo spettatore guardi qualcosa in TV o al cinema. Aiutano a vedere schemi nascosti analizzando un gran numero di fattori e offrono allo spettatore esattamente il programma che vuole vedere e il film che gli si addice...".

Se traduciamo le sue tesi in un linguaggio semplice, diventa evidente che le reti neurali, di fatto, influenzano la formazione della visione del mondo di una persona e riducono il concetto di "libertà di scelta" a una pura formalità.

D'altra parte, BigData avrà accesso a un'enorme quantità di informazioni su una persona: media, social network, siti di annunci, database speciali che conterranno informazioni su violazioni amministrative, multe, debiti, condanne e contatti con detenuti e così via. Naturalmente, per l'utente, l'accesso a questi dati dovrebbe essere estremamente semplificato. Pertanto, secondo il Patriarca Kirill, l'Anticristo proporrà: "Affinché tutto il crimine lasci le nostre vite, lasciamoci guidare dal fatto che ogni persona ha una certa chiave per tutto ciò di cui ha bisogno. Per esempio, può essere una carta: fai domanda e hai accesso al cibo, all'istruzione e se questa carta non c'è, allora tutto è perso".

Il patriarca ritiene che "il massimo sviluppo del controllo totale su una persona significa schiavitù, e tutto dipenderà da chi sarà il padrone di questi schiavi. Per questo la Chiesa è categoricamente contraria all'uso delle tecnologie digitali per garantire il controllo totale sulla persona umana".

E il problema non è nemmeno chi sarà il padrone del nuovo ordine mondiale, né che in qualsiasi momento il cristianesimo possa diventare un "fattore tossico" in questo stesso ordine mondiale, ma che Dio ha creato l'uomo libero. Il cristianesimo è costruito, in linea di principio, sulla libertà. Siamo liberi di accettare o rifiutare la fede in Dio, abbiamo la libertà di scegliere tra il bene e il male, possiamo essere d'accordo o meno con la volontà di Dio. E tutto perché Dio è Amore e l'amore è impossibile senza libertà. Ecco perché i cristiani resisteranno sempre a qualsiasi tentativo di sopprimere la libertà.

Non perché non sappiamo o non capiamo qualcosa, ma perché abbiamo paura di perdere l'Amore.

 
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Documento sulla situazione della Chiesa in Moldova

Patriarcato di Mosca

Servizio di Comunicazione del Dipartimento delle Relazioni Ecclesiastiche Esterne

Dichiarazione riguardo alle argomentazioni dei rappresentanti della Chiesa Ortodossa Romena a giustificazione della decisione di stabilire diocesi della Metropolia di Bessarabia

I 21 febbraio 2008, il sito ufficiale del Patriarcato di Romania ha pubblicato un comunicato con 'spiegazioni del riconoscimento giuridico della Metropolia di Bessarabia e delle sue diocesi.' Nel dicembre 2007, lo stesso sito ha pubblicato un comunicato stampa del Dipartimento delle Relazioni Ecclesiastiche Esterne della Chiesa Ortodossa Romena, che spiegava le argomentazioni che hanno portato alla decisione del Santo Sinodo della Chiesa Ortodossa Romena di stabilire nuove diocesi nella cosiddetta Metropolia di Bessarabia. Gli stessi punti di vista erano stati presentati ai rappresentanti del Patriarcato di Mosca dalla delegazione romena ai colloqui del 22 novembre 2007 in Bulgaria.

In seguito all’annuncio pubblico fatto dalla Chiesa Ortodossa Romena delle argomentazioni a sostegno della sua recente decisione, Il Servizio di Comunicazione del Dipartimento delle Relazioni Ecclesiastiche Esterne del Patriarcato di Mosca è autorizzato a presentare le seguenti spiegazioni.

Un esame delle argomentazioni dei suddetti documenti mostra un numero di discrepanze con la tradizione ortodossa generalmente accettata. Per esempio, dice che mentre 'il Canone 2 del Secondo Concilio Ecumenico, il Canone 8 del Terzo Concilio Ecumenico, e i Canoni 13 e 22 del Concilio locale di Antiochia regolano le situazioni concrete che emergono nella Chiesa’, questi non hanno un carattere universale e perciò non sono applicabili alla situazione ecclesiastica in Moldova. Tuttavia, la storia testimonia che la santa Chiesa ha adottato tutte le regole canoniche per ragioni concrete, siano esse una nuova eresia o vari problemi nelle relazioni tra le chiese. Nondimeno, nel corso dei secoli queste regole sono sempre state il modello per la risoluzione di dispute ecclesiali.

Si sostiene inoltre che 'anche nel primo secolo la pratica ecclesiale e la dottrina canonica santificavano l’ordine secondo il quale ogni Chiesa deve avere vescovi del proprio popolo, tenuti a organizzare la vita della Chiesa (34° Canone Apostolico).'

Eppure, è comunemente noto che il Pleroma dell’Ortodossia non ha mai approvato il principio di organizzare le Chiese su basi etniche, dato che questo non concorda con lo spirito stesso del cristianesimo, poiché 'non può esserci greco né giudeo' (Col 3:11). Il 34° Canone Apostolico non può essere compreso nel senso che ogni nazione dovrebbe avere vescovi della stessa origine etnica. Questo canone regola la vita di ogni Chiesa, coordinando le azioni dei suoi vescovi e quelle del loro primate (si vedano le interpretazioni di Zonaras, Balsamone e Aristino). Questo diviene evidente quando il 34° Canone è paragonato ad altri canoni, incluso il Canone 9 del Concilio di Antiochia. 'Conviene che i vescovi di ogni provincia riconoscano il vescovo che presiede nella metropoli […] secondo l’antico canone prevalso dai [tempi dei] nostri padri.' Nel 1872 una dottrina dell’etnofiletismo, che giustifica il sacrificio degli interessi della Chiesa per gli interessi nazionali-politici, fu condannata dal Concilio Locale di Costantinopoli in cui presero parte anche i Patriarchi delle Chiese orientali.

Il desiderio di applicare un’interpretazione etnica del 34° Canone Apostolico alla situazione ecclesiastica in Moldova con riferimento ai fedeli ortodossi in questo stato, che sono 'in maggioranza romeni e, in accordo con il canone summenzionato dovrebbero avere clero e gerarchia della propria nazionalità in comunione con la Chiesa Madre, vale a dire la Chiesa Ortodossa Romena’ è ancor più inappropriato a causa del censimento generale del 2004, in cui quelli che si riconoscono come romeni comprendono solo il 2,2% della popolazione della Repubblica di Moldova. I moldavi, russi, ucraini, gagauzi e bulgari, che sono pure loro ortodossi, comprendono assieme oltre il 96% della popolazione della repubblica.

Desta perplessità l’asserzione che 'da un punto di vista giuridico, queste diocesi della Metropolia Autonoma di Bessarabia sono state riattivate sul territorio canonico della Metropolia Autonoma di Bessarabia [….] senza negare il diritto all’esistenza della Metropolia ‘russa’ di Chisinau e di tutta la Moldova.’[…] La coesistenza delle due Metropolie ortodosse nella Repubblica di Moldova oggi è dovuta al fatto che questo territorio non è più parte dello stato romeno né dello stato russo, ma è un nuovo stato indipendente.' La Chiesa Ortodossa ha tradizionalmente regolato tali problemi in accordo con il Canone 2 del Secondo Concilio Ecumenico, il Canone 22 del Concilio di Antiochia, il Canone 16 del Concilio di Costantinopoli dell’861, il Canone 3 del Concilio di Sardica e a altri canoni di concili che proibiscono 'la compresenza di Chiese' e le installazioni di due vescovi 'in una città,' ovvero sullo stesso territorio.

Il riferimento al 'presente contesto, in cui vivono i cristiani ortodossi in tutto il mondo (per esempio, tre metropoliti ortodossi in una grande città come Tessalonica, o diverse giurisdizioni ortodosse in un paese che non è territorio canonico di una sola Chiesa autocefala)’ è privo di fondamento in questo caso, dato che le summenzionate metropolie a Tessalonica forniscono cura pastorale a fedeli di territori differenti, benché contigui. Inoltre, queste diocesi sono nel seno della singola Chiesa di Grecia, che è perfettamente nel proprio diritto di fissare i confini delle diocesi nel proprio territorio canonico a propria discrezione.

La parte romena permette la coesistenza delle strutture ecclesiastiche parallele in Moldova 'nonostante la loro giurisdizione canonica abbracci lo stesso territorio' sulla base che queste strutture, stando a quanto si sostiene, 'si occupano di differenti greggi di ortodossi.' Eppure è evidente che nella situazione della Repubblica di Moldova abbiamo a che fare con un singolo gregge la cui maggioranza assoluta consiste di fedeli di nazionalità moldava.

Dato che la popolazione della Repubblica di Moldova è stata ortodossa da tempo immemorabile, e tradizionalmente unita in una singola Chiesa Ortodossa, i principi che regolano temporaneamente le relazioni tra le Chiese Ortodosse in diaspora non sono applicabili in questo caso. L’Ortodossia nella Repubblica di Moldova è radicata tanto fortemente quanto in Romania o in Russia e ha pure una lunga storia e tradizioni originali quanto l’Ortodossia nei paesi confinanti.

Serie questioni sono sorte dalla seguente asserzione: 'per ragioni pastorali-missionarie, due chiese autocefale sorelle possono, per mutuo accordo, permettere eccezioni a quanto previsto dal Canone 22 del Concilio di Antiochia' che proibisce di installare due vescovi nella stessa sede.

Prima di tutto non è chiaro quale genere di ragioni pastorali-missionarie possano provocare un desiderio di dividere il gregge ortodosso di un paese, sia su basi etniche o politiche. Tale azione, che divide il corpo della Chiesa, può solo rendere la testimonianza e l’opera pastorale ortodossa più difficile.

In secondo luogo, di che sorta di mutuo accordo tra le due chiese possiamo parlare, quando il Santo Sinodo della Chiesa Ortodossa Romena ha preso unilateralmente la decisione di istituire le nuove strutture ecclesiastiche senza cercare di discutere a suo tempo con la Chiesa Ortodossa Russa e perfino senza darne preavviso? Quanto alle recenti azioni in tal senso, una di esse è l’inclusione della cosiddetta 'Metropolia di Bessarabia nel rango di esarcato' tra le diocesi della Chiesa Ortodossa Romena nei suoi nuovi Statuti.

È evidente che la presente situazione in cui alcuni membri del clero della Chiesa Ortodossa di Moldova sono ricevuti senza appropriato congedo canonico da parte delle loro autorità ecclesiali in comunione con i rappresentanti del Patriarcato di Romania, rende sia i ricevuti sia quelli che li ricevono pienamente responsabili per la violazione delle norme canoniche istituite nel Canone 17 del Sesto Concilio Ecumenico, nel Canone 54 del Concilio di Cartagine, e nel Canone 15 del Concilio di Sardica.

Quanto allo 'stato di autonomia o di autocefalia acquisito da certe Chiese dopo che i loro stati sono divenuti indipendenti' , noto nella storia, si deve notare che nel 1992 la Chiesa Ortodossa Russa ha accordato alla Chiesa Ortodossa di Moldova tutti i necessari diritti al proprio autogoverno interno. Quanto all’ipotetica questione di una possibile riconsiderazione dello stato canonico della Chiesa nella Repubblica di Moldova, questa rimane una prerogativa riservata alla plenitudine della Chiesa Ortodossa Russa, tenendo conto dell’opinione della gerarchia, del clero e dei laici della Chiesa Ortodossa di Moldova.

L’asserzione che la maggioranza dei cittadini della Repubblica di Moldova 'per ragioni politiche non può liberamente esprimere la propria identità spirituale, culturale ed etnica' è motivata dalle opinioni politiche private dei suoi autori e non ha nulla in comune con il diritto canonico.

Le argomentazioni di natura storica esposte nei suddetti documenti sono non meno controverse.

Per esempio, vi si dice che il territorio della moderna Repubblica di Moldova 'abitato dai predecessori dei romeni, già dal III e IV secolo d.C., dipendeva, da un punto di vista canonico-spirituale, dal Patriarcato di Costantinopoli.'

È noto che i semi del cristianesimo furono portati sulle regioni del basso Danubio da coloni romani nei secoli I-III. Tertulliano lo testimonia, nel suo trattato Adversus Iudaeos, menzionando 'i Daci convertiti al cristianesimo.' Lo testimoniano allo stesso modo le tombe ritrovate nella regione di martiri cristiani che patirono il martirio sotto il regno degli imperatori Traiano (98-117) e Diocleziano (284-305).

La provincia della Dacia, che copriva anche il territorio tra i fiumi Prut e Nistru presso il Mar Nero (situati solo parzialmente sul territorio della moderna Repubblica di Moldova) fu inclusa nella regione dell’Illiria. Perciò i suoi vescovi fino al V secolo erano stati nella giurisdizione dell’Arcivescovo di Sirmio che, a sua volta, era sotto la giurisdizione di Roma. Dopo che gli unni ridussero Sirmio in rovine, la provincia ecclesiastica della Dacia fu posta sotto la giurisdizione dell’Arcivescovo di Tessalonica, che era ora sotto la giurisdizione di Roma, ora sotto quella di Costantinopoli. Nel VI secolo l’imperatore Giustiniano I stabilì nella sua città nativa – Iustiniana Prima – un centro di amministrazione ecclesiale, e la Dacia assieme a diverse altre province fu posta sotto questo centro.

Fu solo nell’VIII secolo che l’imperatore Leone il Siro pose la Chiesa di Dacia sotto la completa giurisdizione di Costantinopoli. Incidentalmente, il territorio tre i fiumi Prut e Nistru presso il Mar Nero cessò di essere una parte amministrativa della Dacia nel IV secolo.

Il punto di vista ufficiale della Chiesa Romena su tale questione fu formulato nel suo atto sinodale del 1882, 'I romeni non ricevettero l’insegnamento cristiano e il battesimo, così come i loro primi vescovi, da Costantinopoli. Il battesimo della Romania precede la stessa Costantinopoli. I principati romeni avevano dapprima la loro Chiesa indipendente, e il Patriarcato di Costantinopoli fece il proprio primo tentativo di porre i principati romeni sotto la sua giurisdizione solo nel tardo XIV secolo.'

Quanto al resto del territorio tra i fiumi Prut e Nistru, abitato all’inizio dell’era cristiana dai geto-daci e dai discendenti degli sciti, non era mai stato parte di alcuna provincia dell’Impero Romano, e l’influenza di Roma su di esso fu minima. Tuttavia, si può supporre che le prime notizie di Cristo raggiunsero quest’area dalla Dacia nel secoli I-III.

Nel periodo tra i secoli IV e X, le tribù pagane di slavi, germani, unni e avari ebbero una parte rilevante nella formazione etnogenica del territorio tra i fiumi Prut e Nistru. Come risultato, le tracce precedenti di cristianesimo nella regione furono quasi obliterate.

Nei secoli XII-XIIII il territorio dal Nistru ai fiumi Danubio e Siret fu controllato dal Principato di Galizia, che era una parte della Russia. In quel periodo la giurisdizione della Chiesa Russa, che era una parte del Patriarcato di Costantinopoli, si estendeva su questo territorio in modo naturale.

Il territorio tra i fiumi Prut e Nistru divenne parte del Principato di Moldova nel XIV secolo. I moldavi avevano avuto in quel tempo una loro Chiesa. Il Metropolita Antonio di Galizia consacrò i primi vescovi della Chiesa di Moldova, Giuseppe e Melezio, rispettivamente nel 1371 e 1376 (o più tardi, secondo altre fonti) su richiesta del sovrano Latsko. Nel 1387, il successore di Latsko, Pietro I Musat, nominò il Vescovo Giuseppe a capo della Chiesa Moldava con la benedizione del Metropolita Antonio.

Nel 1401 il Patriarcato di Costantinopoli riconobbe Giuseppe come Metropolita di Moldova, e la Metropolia di Moldova si mise volontariamente sotto la giurisdizione della Sede di Costantinopoli con diritti di autonomia. Per molti anni i gerarchi moldavi furono eletti dal proprio clero e approvati dal sovrano. Un noto leader della Moldova, Dimitrie Cantemir, che fu sovrano del principato moldavo nel 1693 e nel 1710-11, testimoniò in modo eloquente lo status della Chiesa moldava, 'il Metropolita di Moldova gode di un onore particolare nella Chiesa orientale a paragone di altri. Anche se non ha il titolo di Patriarca, ed è chiamato Metropolita di Moldova e di Suceava, non è sottoposto ad alcun Patriarca. Benché riceva la benedizione del Patriarca di Costantinopoli, non può essere eletto da quest’ultimo e non è obbligato ad attendere l’approvazione della Grande Chiesa… È completamente esente dal tributo che tutti i Metropoliti pagano al Patriarca; nessuna legge lo obbliga a chiedere che cosa fare nella Chiesa moldava e come farlo; gode della stessa grande autorità nella sua metropolia di quella che il Patriarca ha nel suo dominio.' In seguito, il Metropolita Gabriel (Banulescu-Bodoni), il vescovo Neofit (Scriban) e storici ben noti hanno scritto dell’effettiva indipendenza della Chiesa moldava dal Patriarcato di Costantinopoli.

Mente cercano di provare che il territorio della Moldova 'non è mai stato un territorio canonico della Chiesa Ortodossa Russa,' gli autori dei documenti pubblicati da parte romena dicono che 'quando la Chiesa Ortodossa Russa ha eletto il proprio metropolita nel 1448, […] considerandosi autocefala, non aveva alcuna giurisdizione canonica sul territorio tra i fiumi Prut e Nistru.' Tuttavia, questa argomentazione non prova alcun privilegio della Chiesa Ortodossa Romena, che è stata organizzata molto tempo dopo. È noto che l’atto del Concilio di Costantinopoli del 1593, che confermava lo status del Patriarcato di Mosca, non definisce in senso stretto i suoi confini, e descrive la sua giurisdizione su 'Mosca, la Russia e tutti i paesi settentrionali.' Questa formulazione non può essere vista come qualcosa che esclude a priori il territorio della moderna Repubblica di Moldova, che è situato molto a nord di Costantinopoli. Al contrario, nel Tomo di Autocefalia inviato nel 1885 da Sua Santità il Patriarca Gioacchino IV di Costantinopoli alla Chiesa Ortodossa Romena, questa è espressamente chiamata 'la Chiesa Ortodossa del regno romeno,' e, come si sa, il territorio tra i fiumi Prut e Nistru non era incluso nei confini del regno, né allora né in precedenza.

I rappresentanti romeni dichiarano che la Chiesa Ortodossa Russa ha istituito la Diocesi di Chisinau nel 1813 'con lo scopo di russificare la popolazione romena nella parte orientale della Moldova.' Eppure gli storici moldavi sottolineano che fu dal tempo in cui la Diocesi di Chisinau fu istituita che ebbe inizio la rinascita della vita culturale nazionale in Moldova dopo una lunga crisi nel periodo di dipendenza dalla Turchia. La Chiesa Ortodossa Russa e lo stato russo ebbero una parte sostanziale nell’organizzazione di un sistema di istruzione religiosa e secolare in Moldova. Scuole primarie, distrettuali e superiori furono aperte in tutte le principali città distrettuali. Fino al 1858 si aprirono in Bessarabia circa 400 scuole di ogni tipo con oltre 12.000 studenti.

Il primo capo della Diocesi di Chisinau della Chiesa Ortodossa Russa, il Metropolita Gabriel (Banulescu-Bodoni) aprì a Chisinau nel 1813 un seminario teologico, sola istituzione educativa della regione. Un convitto che forniva istruzione secolare fu aperto nel 1816 su richiesta del Metropolita Gabriel fu aperta nel 1814 una stamperia per la Bessarabia.

L’Arcivescovo di Chisinau Dimitri (Sulima, 1821-1844) fu famoso per il suo zelo nel tradurre libri liturgici e di testo in lingua moldava. Aprì molte scuole gratuite in città moldave. La Cattedrale della Natività di Cristo fu costruita a Chisinau nel 1836. È tuttora il centro spirituale della capitale moldava.

Gli Arcivescovi di Chisinau Irinarco (Popov) e Antonio (Shokotov), che guidarono la diocesi negli anni 1844-71, fecero grandi sforzi e investirono i propri fondi personali per lo sviluppo dell’istruzione in Moldova. A loro cura furono pubblicati libri liturgici in lingua moldava, e si aprirono nuove scuole parrocchiali e un collegio diocesano per ragazze. 

In seguito, i vescovi di Chisinau furono pure coinvolti nell’opera di attività educative e si occuparono dello sviluppo dell’Ortodossia in Moldova. All’inizio del 1918 la diocesi moldava aveva 1084 parrocchie, 27 monasteri e conventi, 7 eremi, e tre seminari teologici. La Chiesa pubblicava la rivista 'Luminatorul' in lingua moldava e 'La gazzetta diocesana di Chisinau' in russo e moldavo. Gli offici divini erano tradizionalmente celebrati nelle lingue moldava e slavonica ecclesiastica.

Sfortunatamente, la fine del XIX secolo vide alcuni incidenti che mostravano la mancanza di rispetto per la lingua e cultura locali, e tuttavia questi fenomeni furono eliminati all’arrivo del XX secolo. Oggi, gli offici divini sono celebrati in lingua moldava in quasi tutte le chiese della Chiesa Ortodossa di Moldova.

Lo sviluppo della cultura e spiritualità della Moldova e della Russia entro un singolo stato dal 1812 al 1918 continuò buone tradizioni che in tempi passati erano solite unire i loro popoli con legami vivi. Tradizioni ecclesiali comuni a moldavi e slavi iniziarono a formarsi nel periodo in cui i principati del Danubio erano sotto l’omoforio della Chiesa bulgara. A quel tempo i moldavi e i valacchi che non avevano linguaggio scritto adottarono l’alfabeto inventato dai santi fratelli Cirillo e Metodio pari agli Apostoli, e la lingua slavonica come lingua ecclesiastica. La lingua slavonica rimase la lingua letteraria in Moldova fino al XVI secolo. L’interazione tra le due culture non si fermò neppure quando la lingua moldava rimpiazzò nelle funzioni lo slavonico ecclesiastico.

Icone e vasi sacri furono portati in Moldova da Mosca. I sovrani moldavi invitarono iconografi russi a dipingere le chiese. Una scuola in cui insegnavano monaci moldavi e russi fu aperta alla cattedrale dei Tre Ierarchi a Iasi nel 1640.

La pubblicazione di libri era di grande importanza per lo sviluppo della cultura nazionale in Moldova. Dopo il 1640, su richiesta dell’Archimandrita Barlaam (in seguito Metropolita di Moldova) i macchinari di una stamperia furono portati a Iasi da Kiev, Leopoli e Mosca, assieme agli stampatori. In questa stamperia furono pubblicati i 'Cazania', un libro di sermoni ed esortazioni del Metropolita Barlaam (1643); 'I sette Misteri della Chiesa' tradotto da Eustrazio il Logoteta (1645) e 'Le Regole' del sovrano Vasile Lupu (1646) – il primo codice a stampa in Moldova. Nel 1679, su richiesta del Metropolita Dositeo di Moldova, il Patriarca di Mosca Gioacchino aiutò a organizzare la seconda stamperia a Iasi.

In uno dei versetti di dedica il Metropolita Dositeo scrisse del ruolo della Russia nello sviluppo dell’istruzione in Moldova, 'La luce risplende da Mosca spandendo lunghi raggi e sottile gloria sulla terra.'

Molti libri di testo in lingua moldava furono in seguito pubblicati anche a San Pietroburgo. Libri di testo di storia, geografia e aritmetica furono tradotte dal russo e da altre lingue europee in moldavo negli anni 1770. Le relazioni con la Russia aiutarono la cultura nazionale moldava a entrare nel processo culturale europeo.

li autori dell’accusa di 'ingiusta annessione' della Moldova nel 1812 sembrano dimenticare che la Russia ha portato al popolo della Moldova la liberazione dall’oppressione degli infedeli durata tre secoli con persecuzione della cultura nazionale, violenze e ruberie da parte dei poteri turchi. Si copre sotto silenzio il fatto che le 'annessioni' furono precedute da secoli di appelli dei sovrani, metropoliti e boiari moldavi di ricevere i loro paese nella Russia.

Esistono ancora diversi documenti ufficiali del sovrano Stefano III del XV secolo, in cui si chiede l’aiuto dello Zar Ivan III. Il trattato di alleanza tra la Moldova e la Russia concluso nel 1529 salvò per un certo tempo i confini della Moldova da incursioni straniere. La Russia ha sempre fornito aiuto finanziario, diplomatico e militare alla Moldova nel difficile tempo del dominio turco.

Fu per la prima volta nel 1654 che il sovrano moldavo Gheorghe Stefan chiese allo Zar Alexis Mikhailovich di accettare la Moldova nella Russia. La grande ambasciata guidata dal Metropolita Gedeone e dal Logoteta Grigorie Neanul arrivò da Iasi a Mosca nel 1656. Il 7 giugno 1656 il Metropolita Gedeone fece un voto di lealtà a Sua Santità il Patriarca Nikon di Mosca e di tutta la Rus’ a nome del clero moldavo, del sovrano e degli abitanti del principato. L’accordo non fu tuttavia messo in pratica a causa della complicata situazione internazionale.

Nei secoli XVII e XVIII i sovrani della Moldova cercarono molte volte di unire il loro paese con la Russia. Notevoli sono le parole del Metropolita Dositeo di Suceava nel suo messaggio del 1684 agli Zar Ivan e Pietro a nome del suo sovrano, dell’alto clero, dei boiari e di tutti gli abitanti della Moldova, 'Siate misericordiosi e liberateci dai nostri nemici mandando truppe contro gli agareni. Affrettatevi, o periremo. Non abbiamo altra speranza di liberazione da alcun paese tranne che dal vostro santo impero.'

Nel 1711, durante la marcia del Prut intrapresa in alleanza con i sovrani moldavi e valacchi, l’armata di Pietro I si accostò a Iasi. I boiari, i cittadini d’onore e tutto il clero 'con a capo il Metropolita Gedeone lasciarono la città per un incontro cerimoniale con l’imperatore. Si inchinarono a Pietro, lodando e ringraziando Dio per la loro liberazione dal giogo turco,' come scrive il cronista I. Neculca. Migliaia di abitanti della Moldova si unirono all’esercito russo rispondendo all’appello del loro sovrano. La marcia del Prut fallì, ma diede inizio allo sforzo armato comune di Russia e Moldova contro l’Impero Ottomano.

Durante la guerra austro-turca del 1716-18 Dimitrie Cantemir, l’alto clero e i rappresentanti della famiglia Sturza chiesero all’imperatore russo di liberare la Moldova dal dominio ottomano.

Durante la guerra russo-turca del 1735-39 i boiari valacchi mandarono i loro inviati in Russia con una richiesta di marciare sui fiumi Nistru e Danubio, promettendo ogni possibile sostegno. Fecero anche un’intercessione per i moldavi, poiché, data la localizzazione geografica della Valacchia, la Russia non poteva proteggerla senza liberare la Moldova dal dominio ottomano.

I documenti di quel tempo testimoniano che mentre la Moldova divenne un teatro di operazioni belliche nel 1739 'non passava un singolo giorno senza che ufficiali e soldati valacchi e moldavi venissero al quartier generale annunciando il loro desiderio di entrare nell’esercito russo.'

Dopo lo scoppio della guerra russo-turca del 1768-74, una delegazione di rappresentanti guidata dal Vescovo Innocenzo di Husi e dal Metropolita Gregorio di Ungrovalacchia arrivò a San Pietroburgo dalla Moldova e dalla Valacchia e di nuovo informò l’Imperatrice Caterina II del desiderio di tutto il popolo di Moldova di entrare nella famiglia di nazioni che abitavano l’Impero russo.

Il Consiglio di Stato discusse il destino dei principati danubiani nella sua sessione del 16 settembre 1770. La Russia era preparata a cedere i suoi diritti a un’indennità di guerra da parte dei turchi nel caso che Moldova e Valacchia avessero ricevuto l’indipendenza. L’interferenza dei poteri occidentali nei negoziati russo-turchi del 1772-73 fece ritirare la Russia dai suoi propositi. Nondimeno, la Russia tentò di fare del proprio meglio per ottenere condizioni speciali per Moldova e Valacchia nel trattato che garantiva a questi principati il diritto di godere della propria sovranità politica interna entro l’Impero Ottomano.

Il Trattato di Kiuciuk-Kaynargia tra Russia e Turchia fu firmato il 10 luglio 1774. Le proposte russe furono prese in considerazione, e la situazione dei principati danubiani entro la Turchia migliorò considerevolmente. La Russia fu di fatto riconosciuta come una patrona delle sue popolazioni.

L’intesa di Aynaly-Kaivach tra Russia e Turchia fu firmata il 10 marzo 1779. Essa dava conferma legale alle concessioni fatte dalla Porta alla Moldova. Inoltre, il rappresentante moldavo a Istanbul riceveva l’immunità diplomatica, e la Porta prometteva di non violare la libertà della religione cristiana. 

Tuttavia, le autorità turche violarono ripetutamente i loro impegni. Un messaggio dal Metropolita e dai boiari della Valacchia con ancora un'altra richiesta di assistenza al principato Raggiunse San Pietroburgo nel 1802. Il 16 luglio 1802, l’ambasciatore russo a Istanbul consegnò al governo turco una nota con proposte concrete per la risoluzione della situazione nei principati. Questa diede inizio ai negoziati che portarono all’accordo russo-turco sui diritti di Valacchia e Moldova. Con questo accordo i diritti e privilegi dei principati danubiani entro l’Impero Ottomano furono non solo confermati, ma verificati ed estesi considerevolmente. Eppure, uno stato pacifico di risoluzione del problema ebbe fine nel 1806, quando la Russia fu di nuovo forzata a difendere i diritti delle nazioni fraterne di Moldova e Valacchia con l’aiuto delle armi.

Il 27 giugno 1807, il Metropolita Veniamin (Costachi) di Iasi e venti autorevoli vescovi e boiari si appellarono all’Imperatore russo Alessandro I, 'Sterminate l’intollerabile dominio turco che opprime il nostro povero popolo – i moldavi. Unite questa terra con la vostra potenza custodita da Dio… Che siano un solo gregge e un solo pastore… questa è la preghiera che viene dal cuore di tutta questa nazione.’

Ancora una volta i sogni secolari dei moldavi non si avverarono, ma una parte della Moldova storica fu presa sotto la protezione russa nel 1812, venedo così liberata dalla violenza degli infedeli. Un’altra parte della Moldova assieme alla Valacchia divenne in seguito il singolo stato romeno. La sua indipendenza fu otternuta con l’attivo coinvolgimento della Russia, che sostenne il legittimo diritto della nazione fraterna all’autodeterminazione dopo la guerra russo-turca del 1877-78. 

entre accusa la parte russa di espansionismo territoriale, la parte romena cita il fatto che nel XVIII secolo il Santo Sinodo della Chiesa Russa 'nominò vescovi nei principati romeni conquistati per dirigere {…} le due metropolie sotto la giurisdizione del Patriarcato Ecumenico anche senza il consenso di quest’ultimo.' 

nvero, durante la guerra russo-turca il Santo Sinodo della Chiesa Russa stabilì temporaneamente l’Esarcato di Moldova-Valacchia che fu ricostituito nel 1808-12 e infine abolito nel 1821. Eppure non si dovrebbe scordare che ciò fu fatto secondo la volontà dei valacchi e moldavi. Secondo il summenzionato atto del Santo Sinodo della Chiesa Ortodossa Romena del 1882, 'la storia della lotta [della popolazione locale] con i monaci fanarioti è un vero dramma che causa dolore a tutti i cuori cristiani. C’è franchezza da una parte […]; ma dall’altra – ingratitudine, cura dei propri interessi, e il desiderio di opprimere e di avere potere assoluto, in breve, lo sfruttamento di tutta la nazione.' Il Metropolita Gabriele (Banulescu-Bodoni), un moldavo, fu posto a capo della diocesi nel 1792. Fece del suo meglio per rimediare alle conseguenze della precedente gestione dei principati, ma fu presto arrestato dalle autorità turche e imprigionato a Istanbul per un certo tempo.

Nel 1812 il territorio dell’attuale Moldova in termini ecclesiastici era un ‘appezzamento’ di parrocchie sotto la giurisdizione di diverse Chiese, che vantavano tutte i loro diritti su di esse. Nel 1813, Santo Sinodo della Chiesa Ortodossa Russa consolidò tali parrocchie, ravvivando in tal modo e rafforzando la Chiesa Ortodossa di Moldova. Il Patriarcato di Costantinopoli non ha mai contestato la fondazione della Diocesi di Chisinau della Chiesa Ortodossa Russa, che ebbe luogo nel 1813 per ardente desiderio dei moldavi e per accordi tra la Russia e la Porta. Le relazioni tra la Chiesa Russa e la Chiesa di Costantinopoli durante il XIX secolo non furono mai oscurate dal problema dell’appartenenza canonica del territorio tra i fiumi Prut e Nistru. Non vi furono controversie neppure quando il Metropolita Filarete di Mosca, che si preoccupava per la pace ecclesiastica in Romania, sostenne il desiderio di Sua Santità il Patriarca Cirillo VII di Costantinopoli di risolvere la questione dello status autocefalo della Chiesa romena in un modo strettamente canonico.

La legittimità della fondazione della Diocesi di Chisinau della Chiesa Ortodossa Russa sul territorio della Bessarabia non fu neppure messa in questione nel XIX secolo. Le relazioni fraterne tra la Chiesa romena e quella russa che si sviluppavano in quel tempo lo testimoniano. Per molti anni, i vescovi sulla sponda destra del fiume Nistru consideravano la Russia come il maggior difensore della fede ortodossa nella regione.

Notevole sotto questo aspetto è l’appello del Metropolita Sofronio di Iasi nel 1859 all’Arcivescovo Antonio di Chisinau come più vicino rappresentante spirituale e amministrativo della Chiesa russa, con la richiesta di intercedere presso l’imperatore per difendere la Chiesa dalla contemporanea oppressione del governo locale. Il 'Memorandum sui piani per rovesciare la fede ortodossa nei principati di Moldova e Valacchia e sui mezzi per conservarla', presentato con benedizione del Metropolita Sofronio dal suo confidente presso il governo russo, conteneva una richiesta 'di assicurare l’inviolabilità e i diritti della fede ortodossa nei principati.' Il memorandum diceva, 'La riforma religiosa e morale dell’odierna nazione romena dei principati danubiani non è fortuita, in quanto è stata preparata poco a poco in un lungo tempo, ora sotto pretesto di protezione ora di compassione per una nazione debole che era [a quanto si sostiene] sotto minaccia di influenza del potente vicino [la Russia], ora sotto forma di civilizzazione europea con l’apparizione di diversi consiglieri che non svelavano i loro veri propositi e intenti, ma catturavano le menti del popolo, le rendevano schiave e ne facevano strumenti per l’ottenimento dei loro scopi… Certi chierici, incitati dal console inglese, predicavano l’avverarsi delle profezie su tutto il male dell’Europa che proviene dal nord, cioè dalla Russia.' 

Una commissione speciale di laici fu assegnata a quel tempo in Romania per modificare gli statuti della Chiesa. Le stamperie religiose 'furono commissionate a stampare le Sacre Scritture e tutti i libri liturgici in caratteri latini invece che slavonici e, per di più, in una lingua che non tutti i romeni capivano, una lingua inventata per metà latina e per metà francese. […] Il Monastero di Neamt, bastione dell’Ortodossia e fonte di istruzione religiosa in Moldova, che era stato fin dai primi tempi sotto la protezione dei monarchi russi e riforniva tutto il paese con libri liturgici e di edificazione […] fu privato di ogni mezzo morale e materiale.' Mentre asseriva che 'tutti i mezzi materiali della Chiesa di Moldova rimanevano solo nell’Impero russo,' l’autore del citato memorandum assicurava di essere stato incaricato dal Metropolita Sofronio e dai monasteri ortodossi della Moldova 'di intraprendere ogni azione […] approvata dal governo dell’Impero, a cui la Chiesa moldava orfana si affidava completamente come sua sola speranza, sostegno e difesa.' 

Nel 1918 la Chiesa Ortodossa Romena, senza comunicazioni preliminari con il Patriarcato di Mosca e contro la volontà dei fedeli moldavi incluse nel suo seno la Diocesi di Chisinau, che aveva riorganizzato nella cosiddetta 'Metropolia di Bessarabia.' Il primate della Chiesa Ortodossa Russa diede una risposta appropriata a quest’azione.

Tuttavia, Sua Santità il Patriarca Tikhon non disse che 'i fedeli dovrebbero conservare il diritto di determinare la Chiesa sotto il cui omoforio desiderano rimanere,' come è detto erroneamente nel documento presentato dalla parte romena ai colloqui in Bulgaria. Al contrario, in un messaggio al presidente del Santo Sinodo della Chiesa romena, il Metropolita Pimen di Moldova e Suceava nell’ottobre 1918, Sua Santità Tikhon insistette nel discutere questo problema esclusivamente 'attraverso le appropriate relazioni canoniche tra la Chiesa russa e quella romena,' prendendo in considerazione l’opinione del clero e del popolo della Diocesi di Chisinau. La coesistenza delle due giurisdizioni sull’unico e medesimo territorio non era in alcun modo contemplata.

Il patriarca protestò contro le azioni non canoniche della Chiesa romena, che 'non ha alcun diritto di intraprendere una decisione unilaterale senza il consenso della Chiesa russa, determinando il destino della Diocesi di Chisinau ponendola sotto la sua autorità dopo gli ultimi cento anni in cui la Bessarabia ortodossa è stata parte integrante del corpo della Chiesa russa.' Secondo il Patriarca Tikhon, ‘questa linea di azione del Santo Sinodo romeno è contraria sia allo spirito dell’amore cristiano, sia alle regole canoniche antiche e alle tradizioni sacre della Chiesa Ortodossa. 

L’asserzione che l’unione politica dovrebbe sempre includere quella delle Chiese non può servire in questo caso come giustificazione per le autorità ecclesiastiche romene, prima di tutto perché non è stata giustificata dalla storia, e in secondo luogo perché questo punto di vista è basato sulla confusione della natura della Chiesa con la vita politica, due aspetti eterogenei nella loro essenza… Inoltre, l’atto stesso dell’annessione della Bessarabia al Regno di Romania, come abbiamo asserito prima, è ben lontano dall’essere generalmente accettato dal punto di vista internazionale e può essere riconsiderato quando il risultato della guerra mondiale sarà tenuto in conto finale.’ Il messaggio del patriarca terminava con un avvertimento, 'Se la Chiesa romena, senza riguardo alle nostre obiezioni, cercherà di consolidare con la forza il presente stato di cose a suo beneficio, saremo costretti a rompere ogni comunione fraterna e canonica con il Sinodo romeno e a portare questo caso al giudizio delle altre Chiese Ortodosse.' 

Bucarest ignorò la protesta del Patriarca Tikhon nel 1918, e la parte romena usa ora le seguenti parole per dare una spiegazione, 'la diocesi sotto il Patriarcato di Mosca cessò de facto la sua esistenza a causa della riunificazione della Bessarabia con la sua madrepatria il 27 marzo 1918.'

Tuttavia, è noto che il Santo Sinodo della Chiesa romena iniziò a porre le strutture ecclesiastiche della Bessarabia sotto Bucarest pretendendo il ritiro dell’Arcivescovo Anastasio di Chisinau e Hotin e dei suoi vescovi suffraganei Gabriele di Akkerman e Dionisio di Izmail della Chiesa Ortodossa Russa. I vescovi suffraganei si rifiutarono, e le autoritià romene li arrestarono e li deportarono sul’altra riva del fiume Nistru. L’Arcivescovo di Chisinau stava partecipando al Concilio locale a Mosca. Nella primavera del 1918 cercò di tornare nella sua diocesi, ma le autorità romene non gli lo permisero. Intanto, il Sinodo romeno annunciò ai fedeli moldavi che l’Arcivescovo Anastasio aveva lasciato la diocesi di propria libera volontà. l’Arcivescovo Nicodim fu assegnato da Bucarest a sostituirlo, ma entrò in conflitto con il clero e i fedeli in Bessarabia. Il giornale ufficiale romeno ‘Romania Noua' pubblicato a Chisinau siegava, 'I moldavi dovrebbero sapere che sono colpevoli, perché non si sono decisi a rinunciare a un gerarca russo.'

L’Arcivescovo Anastasio, durante l’esilio forzato, si considerò per molti anni il capo della Chiesa moldava. Nella sua lettera inviata a Chisinau da Gerusalemme il 30 novembre 1925 scrisse che era in attesa di un momento opportuno per ritornare nella Diocesi di Chisinau. Questa lettera fece sorgere un grande entusiasmo tra il clero e i laici della Chiesa moldava, che stavano sperimentando un duro trattamento da parte delle autorità romene. Sono noti incidenti di torture fisiche di partecipanti a funzioni celebrate in lingua slava ecclesiastica. Come risultato molti servitori della Chiesa fuggirono oltre i confini della Moldova.

Molte testimonianze della resistenza di clero e laici della Diocesi di Chisinau alle autorità romene gettano dubbi sull’asserzione che 'nel 1918, dopo centosei anni di occupazione zarista, il popolo della Bessarabia, approfittando della propria libertà e avendo espresso il suo desiderio, chiese con una petizione di far tornare la Chiesa di Bessarabia sotto il patronato canonico… della propria Chiesa madre – la Chiesa Ortodossa Autocefala Romena.' Non vi fu alcuna petizione di fedeli e clero della Moldova alle autorità della Chiesa Ortodossa Russa con una richiesta di essere lasciati ritornare in seno alla Chiesa Ortodossa Romena. Gli storici non conoscono la petizione dei fedeli moldavi al Patriarcato di Romania, menzionata dalla parte romena, e al contrario documentano alcune pretese imposte con la forza alla Chiesa dai politici.

Nel 1918-19 i sostenitori dell’integrazione della Moldova nello stato romeno si lamentavano che 'ci sono preti che non solo non vogliono menzionare… il re, la sua famiglia e il Santo Sinodo alla Liturgia, ma incitano il popolo alla liberazione' dal potere della Romania. La situazione in cui la maggioranza dei preti, insegnanti e capi di villaggio rifiutavano di prendere parte alla propaganda pro-romena portò all’intensificazione della proibizione dell’uso della lingua slavonica ecclesiastica nelle funzioni della Chiesa, e della lingua russa nei sermoni. I gendarmi tenevano sotto sorveglianza l’osservanza di questa proibizione. La Siguranta (la polizia politica romena) della città di Balti riportava nel 1919 che i 'moldavi sono ostili all’amministrazione romena, evitano il clero romeno […] e minacciano i preti quando questi menzionano il nome del re in chiesa.'

Secondo l’avvocato romeno V. Erbicianu che lavorò in Bessarabia nel 1918-23, 'il conflitto nella sfera ecclesiastica trovò la sua espressione nella chiara tendenza del clero all’indipendenza della Chiesa di Bessarabia dalla Chiesa romena, al mantenimento della lingua slavonica e dei riti ecclesiali, al mantenimento della lingua russa e della storia russa come materie principali nei seminari teologici, e all’uso di tutta la ricchezza della diocesi unicamente per gli interessi della Bessarabia.'

Un tentativo di introdurre nell’ottobre del 1924 il nuovo calendario ecclesiastico portò a uno scontro tra i fedeli e il clero moldavi e l’amministrazione romena già insediata da molti anni. Anche la stessa amministrazione romena notò le forti tradizioni dell’Ortodossia russa nella società della Bessarabia e vide in queste la ragione principale della protesta di massa. La Siguranta riportò che 'il dominio zarista in Bessarabia ha impartito a questa provincia un aspetto 'ortodosso' mantenuto sia dal suo spirituo che dalla sua apparenza esteriore. La fede è velata di un misticismo inerente nei popoli slavi, mentre le chiese, con poche eccezioni, sono piene di icone dei santi di Kazan e del Don che appartengono ‘all’Ortodossia russa’ e con iscrizioni in lingua slavonica.'

I mezzi di informazione e l’opinione pubblica in Bessarabia sostennero i credenti, eppure il clero disobbediente fu represso con la forza. Tuttavia, l’ampia protesta popolare non cessò, trasformandosi in un movimento di resistenza nazionale e spirituale entro il 1928. I nazionalisti radicali che si prendevano gioco del nome di lingua ‘moldava’ e cercavano di cambiare il nome in lingua ‘romena’ affrontarono un’opposizione particolarlmente forte.

Anche i più accesi propositori della romenizzazione della Bessarabia, incluso O. Gibu, dovettero riconoscere che ‘l’idea nazionale (cioè pan-romena) non vale nulla tra tutte le classi inclusi i contadini, il clero e i benestanti… I 'moldavi' di Bessarabia non sono più una parte effettiva del popolo romeno, e non provano per questo alcun affetto. Né cercano di identificarsi come romeni in alcun modo… In Bessarabia stiamo trattando sempre più con un popolo moldavo separato.'

Nel 1938 si intensificarono le persecuzioni su basi etniche, incluse quelle nella sfera ecclesiale. Il Santo Sinodo della Chiesa Ortodossa Romena vietò ai propri preti l’uso di ogni altra lingua fuorché il romeno per parlare con i loro parrocchiani perfino durante le confessioni. Questa misura significò di fatto la scomunica di molti credenti in Bessarabia. L’alienazione tra clero e popolo crebbe, a beneficio del settarismo e dell’indifferenza religiosa. 

Dopo la breve permanenza della Bessarabia nell’Unione Sovietica nel 1940-1941, scoppiò la grande guerra patriotica, con la Romania come alleata del regime nazista. 

In questo tempo il territorio della Chiesa fu esteso. Furono aggiunte, come sostiene la parte romena, 'per ragioni pastorali-missionarie (tenuto conto della persecuzione stalinista contro la Chiesa Ortodossa nell’area)' la missione romena in Transnistria, che includeva la regione di Odessa, e in parte le regioni di Nikolaev e di Vinnitsa. Inoltre, la Bucovina del nord fu inclusa in una delle diocesi romene. Il dittatore romeno Ion Antonescu specificò personalmente come si doveva compiere l’opera missionaria in Transnistria e come andavano selezionati i missionari. Il territorio dapprima controllato dal Ministero del Reich per le Terre Orientali e dato alla Romania in base al trattato tedesco-romeno del 30 agosto 1941 fu soggetto a repressioni contro il clero moldavo. Il nuovo calendario fu introdotto con la forza.

Il Vescovo Visarion Puiu, capo della missione dal novembre 1942 e amico intimo di Ion Antonescu, aveva il privilegio di rivolgersi direttamente al dittatore, invece che a Sua Beatitudine il Patriarca Nicodim, per risolvere certi problemi di vita ecclesiastica. 'La conquista di ogni nazione,' scrisse nella sua lettera ad Antonescu del 5 gennaio 1943, ‘inizia con le armi e continua con l’amministrazione, ma non può essere completata senza la conquista spirituale della nazione.’

I missionari romeni si consideravano una forza di organizzazione graduale della vita ecclesiale in tutta la Russia. Formando il personale missionario, il regime di Antonescu accordò loro molti privilegei. Entro l’autunno del 1942, 265 tra i 461 preti che avevano cura pastorale della popolazione sul territorio tra i fiumi Nistru e Bug erano stati mandati dalla Romania. Una commissione speciale fu insediata nella Diocesi di Izmail per identificare i chierici che rifiutavano di prendere parte alla romenizzazione della popolazione locale e consegnarli alla gendarmeria romena, che li mandava nei campi di concentramento.

Alcuni chierici romeni dovettero collaborare con la Siguranta. In base ai loro rapporti, partigiani e persone di simpatie patriottiche furono arrestati dalla polizia. Nelle chiese si vendevano e si distribuivano ritratti di Hitler, Mussolini e Antonescu. Si celebravano come feste gli anniversari dell’aggressione contro l’URSS, della cattura di grandi città, il compleanno di Hitler, e altri eventi del genere.

All’avanziata del fronte, i chierici romeni che si sentivano alieni in Moldova e Transnistria fuggirono in Romania. Il fatto che la 'Metropolia di Bessarabia' funzionò fino al 1944 quando il regime comunista sovietico la forzò a interrompere temporaneamente la sua attività, fu accolto dai popoli della Moldova e delle aree confinanti tanto positivamente quanto la fine dell’amminstrazione di occupazione di questi territori.

Non è chiaro su che cosa gli autori del testo citato basino la loro asserzione che questa struttura ecclesiastica interruppe la sua attività solo 'temporaneamente.' Vi sono testimonianze scritte del riconoscimento senza condizioni da parte delle autorità della Chiesa Ortodossa Romena della Diocesi di Chisinau entro la Chiesa Ortodossa Russa.

Nel 1945–1947, Sua Beatitudine il Patriarca Nicodim si incontrò con alcuni vescovi ortodossi russi incluso Sua Santità il Patriarca Alessio I e il Vescovo Ieronim di Chisinau. Tutte le questioni riguardanti il fondamento canonico dell’ingresso della Diocesi di Chisinau nel Patriarcato di Mosca furono risolte. 

Nella sua lettera del 20 maggio 1945 a Sua Santità il Patriarca Alessio I, Beatitudine il Patriarca Nicodim di Romania prometteva di fare del suo meglio per restituire le proprietà ecclesiastiche portate via dalla Moldova dalle truppe romene in ritirata, 'Abbiamo saputo troppo tardi di alcuni fatti della guerra, e ne siamo sinceramente tristi e dispiaciuti… Tutto ciò che è stato portato via dalle chiese in Bessarabia e Transnistria deve essere restituito. La Commissione di controllo delle condizioni di armistizio e al lavoro a tal fine, e le cose stanno andando bene in questa direzione.' 

Da quel tempo fino al 1992 la parte romena non ha mosso rivendicazioni sulla Chiesa di Moldova. Perciò, come si nota nella Dichiarazione del Santo Sinodo della Chiesa Ortodossa Russa del 7 novembre 2007, i termini di limitazione in materia sono da lungo tempo scaduti secondo il Canone 17 del Quarto Concilio Ecumenico e il Canone 25 del Sesto Concilio Ecumenico. 

Un suggerimento che 'i negoziati sui diritti giuridici della Chiesa Ortodossa Russa nella Repubblica Socialista Sovietica di Moldova' non hanno avuto luogo 'perché questo territorio era già stato occupato dall’Unione Sovietica' e che 'le truppe comuniste erano già arrivate in Romania per imporre un regime comunista totalitario' suona poco convincente, dato che la consapevolezza dei propri diritti ha permesso alle Chiese di difendere la loro posizione canonica anche in realtà storiche ben più dure. Come esempio di questo potrebbe essere la summenzionata reazione di San Tikhon, Patriarca di tutta la Rus’, alla separazione illegale della Diocesi di Chisinau dalla Chiesa Ortodossa Russa, che egli espresse nelle condizioni del sanguinoso terrore anti-ecclesiastico perpetrato dal regime sovietico.

Quando erano in vita i testimoni che ricordavano gli eventi della costituzione e dell’attività della 'Metropolia di Bessarabia', né i romeni né i russi avevano dubbi sull’illegalità di ogni tentativo di ‘riattivarla’. Ora, con il passaggio di molti anni, è molto conveniente usare il fatto stesso della giurisdizione romena in Ucraina e in Repubblica di Moldova come argomentazione, e considerare i dubbi sulla sua legalità come un’ipotesi storica.

Mentre chiamano gli eventi dell’agosto del 1944 'l’occupatione comunista sovietica' della Moldova, gli autori delle dichiarazioni summenzionate cercano di operare un revisionismo di quella realtà, che l’intera Europa considera come la liberazione dal nazismo. Facendo così, dissacrano la memoria dei soldati che hanno sacrificato le loro vite per salvare l’umanità, e mettono in questione i fondamenti dell’attuale legge e ordine in Europa, incluso il principio dell’inviolabilità delle frontiere stabilite dopo la seconda guerra mondiale.

Naturalmente, la maggior parte dei romeni non condivide questo punto di vista, non avendo mai condiviso i sentimenti fascisti di una piccola cricca di politici che attirarono la Romania in guerra a fianco di Hitler. Con lo sforzo dei suoi migliori figli e figlie, la Romania riuscì a superare quella sfortuna e a terminare la guerra dal lato dei vincitori. Tuttavia, l’asserzione che l’esercito nazista 'era stato di fatto scacciato sia dalla Bessarabia che dalla Romania entro i primi di agosto del 1944 perché l’esercito romeno volse le proprie armi contro la Germania nazista' non è veramente corretta, così come l’asserzione che le truppe romene combatterono contro 'l’armata comunista sovietica' solo 'nella prima fase' della guerra. È ben noto che la Moldova e la maggior parte della Romania furono liberate come risultato dell’offensiva di Iasi-Chisinau condotta dal II e III Fronte ucraino con il sostegno della Flotta del Mar Nero ancora confrontati dal Gruppo di Armate sud-ucraino, che includeva la VI e la VIII armata tedesca e la II e la IV armata romena e certe unità tedesco-romene. La rapida offensiva sovietica precipitò l’insurrezione anti-nazista in Romania, e le truppe sovietiche liberarono Bucarest assieme a insorti romeni il 29 agosto 1944.

Contrariamente all’opinione degli autori dei documenti presentati dalla parte romena, è noto che il popolo romeno apprezzò molto lo sforzo dei soldati sovietici, e li ha ricordati con gratitudine come liberatori della Romania. Le autorità della Chiesa Ortodossa Romena di quel tempo condividevano questi sentimenti. 

Qui sotto citiamo alcune parole che i vescovi romeni hanno detto durante la visita di Sua Santità il Patriarca Alessio I a Bucarest nel 1947.

'Siamo sopravvissuti alla brutale guerra, ma in questo tempo di prove abbiamo avuto l’amicizia e la piena comprensione dell’esercito sovietico e di tutto il popolo russo' (dal discorso di Sua Beatitudine il Patriarca Nicodim all’incontro con Sua Santità il Patriarca Alessio a Bucarest il 1 giugno 1947).

'Nella persona di Vostra Santità ringrazio il popolo russo per il loro aiuto, che […] ci ha dato per riunire la Transilvania del nord, una parte naturale della Romania, con il nostro paese. Non dimenticheremo mai questo nobile atto, dato che ci sono volute molte vite sotto la cura spirituale di Vostra Santità per liberare una parte dei nostri figli spirituali dalle prove di una grande sofferenza' (dal discorso del Metropolita Nicolae di Sibiu all’incontro con Sua Santità il Patriarca Alessio a Sibiu il 5 giugno 1947).

'Ammiriamo umilmente lo sforzo eroico di Vostra Santità che ha ispirato i cuori dei soldati sovietici che hanno inseguito senza posa il nemico e liberato la parte settentrionale della nostra Transilvania' (dal discorso del Vescovo Vasile di Timisoara all’incontro con il Patriarca Alessio nella cattedrale di Timisoara il 6 giugno 1947). 

Mentre ricordiamo le lezioni del passato, dovremmo fare attenzione a non ripetere tragici errori. Dovremmo piuttosto ricordare gli utili e preziosi esempi della cooperazione fraterna e dell’aiuto reciproco, che sono stati numerosi nella storia delle nostre nazioni.

I rappresentanti della Chiesa Ortodossa Romena dicono, 'Oggi tutte le Chiese Ortodosse sorelle dovrebbero tenere a mente le realtà moderne e dare ancor più valore all’unione fraterna, alla cooperazione e alla cura pastorale per i fedeli ortodossi, piuttosto che focalizzarsi su pretese giurisdizionali.' Questo appello merita attenzione. Ma non dovrebbe essere rivolto al Patriarcato di Romania in connessione alle sue recenti azioni contro la Chiesa Ortodossa di Moldova?

La Chiesa Ortodossa Russa è come sempre pronta a un dialogo aperto con il Patriarcato di Romania, partendo dalla convinzione che la situazione ecclesiastica nella Repubblica di Moldova può essere risolta solo se ci atteniamo alle norme canoniche della Santa Chiesa Ortodossa attraverso le appropriate decisioni ecclesiali, tenendo conto degli interessi dei cittadini ortodossi della Moldova.

 

 
Ordinato un nuovo prete per gli ortodossi moldavi di Roma

Il sito della parrocchia di Santa Caterina a Roma annuncia l'ordinazione, la scorsa domenica, di un nuovo prete con il compito pastorale di seguire la diaspora degli ortodossi moldavi (in gran parte provenienti da chiese del Patriarcato di Mosca) della capitale. L'articolo è riportato in russo, in romeno e in italiano nella sezione "Figure dell'Ortodossia contemporanea" dei documenti. Auguriamo al nuovo presbitero, padre Ioan Călin, molti anni felici di fecondo ministero pastorale.

 
L'icona: segno di unità o divisione?

Quando pensiamo all’ecumenismo e ai problemi che impediscono alle Chiese cristiane di guarire gli scismi tra di loro, raramente pensiamo all’arte cristiana: né come un pomo della discordia, né come un punto di unità. Storicamente, nel corso dei concili di unione tra l'Oriente e l'Occidente, le immagini cristiane non sono mai state nella lista delle questioni da discutere. Anche se in passato le opere polemiche tra i cattolici e i protestanti hanno mosso accuse di iconoclastia e di idolatria, nel nostro tempo, soprattutto dopo il Concilio Vaticano II, quando la Chiesa cattolica ha spesso adottato per le sue chiese uno stile decorativo che è quasi aniconico - questo argomento è quasi scomparso dalle discussioni tra i cristiani. E dove se ne parla, la gente parla della venerazione delle immagini, piuttosto che della loro stessa esistenza. Allora, da dove viene la motivazione di un cristiano ortodosso per proporre questo tema? Qualcuno potrebbe dire: grazie, ci sono già abbastanza questioni da discutere; perché correre dietro a un'altra? Altri potrebbero dire che, soprattutto tra cattolici e ortodossi, l'icona di certo ci unisce. Tuttavia, dal momento che l'ecumenismo e le immagini cristiane sono entrambi argomenti popolari nel nostro tempo, sembra utile riflettere sul legame tra i due. Quello che segue è il frutto di tale riflessione. Cattolici e protestanti sono naturalmente liberi di fare le proprie.

Un'icona del Settimo Concilio Ecumenico (XVII secolo, Convento di Novodevichy, Mosca)

Gli argomenti degli iconoclasti contro le immagini cristiane e gli atteggiamenti dei cristiani di oggi

Che cosa possono i cristiani di oggi, tutti o quasi tutti, affermare insieme sulle immagini cristiane? La crisi iconoclasta a Bisanzio (730-843) fu il primo grande dibattito che ebbe luogo esattamente sul ruolo delle immagini nella Chiesa, e io ho sempre voluto studiare la relazione tra ciò che gli iconoclasti e gli iconoduli dicevano a quel tempo, da un lato, e ciò che i cristiani dicono oggi, sull'argomento. Dove sono i punti di accordo e di disaccordo? Per riflettere su questo argomento, propongo di esaminare i punti di vista espressi dagli iconoclasti bizantini, così come le risposte degli iconoduli, in relazione agli atteggiamenti dei cristiani contemporanei verso le immagini cristiane.

"L'immagine di Cristo è un idolo"

Spesso dimentichiamo che gli iconoclasti erano contrari non solo alla venerazione delle immagini cristiane - "idolatria", come dicevano - ma anche all'esistenza stessa delle immagini di Cristo e dei santi. Dal loro punto di vista, voler dipingere un'immagine di Cristo è un pensiero idolatrico, ma produrre un'immagine di Cristo è un atto idolatrico, e l'immagine stessa è un idolo. Invocavano il secondo comandamento per giustificare le loro pretese. Le Scritture dicono che è vietato fare un'immagine di Dio - e, naturalmente, hanno ragione: ora Cristo è il Logos divino incarnato, quindi, una sua immagine è un'immagine proibita di Dio, e di conseguenza un idolo. Gli iconoclasti del primo periodo iconoclasta (730-780), molto rigorosi e feroci, gettarono in giro queste accuse senza esitazione. Quelli del secondo periodo (815-843) erano più tranquilli, meno rigorosi, più riflessivi, e abbandonarono l'equazione "l'immagine di Cristo è un idolo." Ciò nonostante, gli iconoclasti del periodo più sanguinario e repressivo, il primo, brandivano quest'accusa come un grido di guerra.

E allora, quale cristiano di oggi sarebbe d'accordo con gli iconoclasti del primo periodo, affermando che il secondo comandamento proibisce la realizzazione di un'immagine di Gesù? Chi direbbe che la realizzazione di una tale immagine e l'immagine stessa sono idolatria e sono proibite dal secondo comandamento? Non riesco a pensare a nessuno, né a una Chiesa, né a un gruppo; perfino i Testimoni di Geova, spesso i più feroci difensori del secondo comandamento, respingono l'interpretazione dei primi iconoclasti. La loro rivista La Torre di Guardia è piena di immagini di Gesù. E dunque, non è molto audace dire che l'intero mondo cristiano rifiuta l'accusa dei primi iconoclasti che dicevano che ogni immagine di Gesù è un idolo e una trasgressione del secondo comandamento. Questa posizione implica che tutti i cristiani di oggi, esplicitamente o implicitamente, sostengono i membri del II Concilio di Nicea (787), il settimo Concilio ecumenico, che hanno contrastato questo argomento e hanno affermato che il secondo comandamento non si applica alla realizzazione di un'immagine di Gesù o all'immagine stessa. Credo di poter estendere questa conclusione: se qualcuno oggi o in passato ha proclamato, come gli iconoclasti, che "l'immagine di Gesù è un idolo", l'opinione di quella persona sarebbe universalmente respinta dai cristiani di oggi. Pertanto, i membri di Nicea II avevano ragione di respingere la prima accusa iconoclasta. Per cominciare, tale unanimità è impressionante.

"Il pane eucaristico è l'unica vera immagine di Cristo"

Dopo aver dichiarato che le immagini di Cristo sono idoli, gli iconoclasti affermarono che il pane eucaristico era l'unica vera immagine di Cristo. Questa affermazione si basa su una definizione un po' particolare della parola "immagine", secondo cui il tipo - l'oggetto d'arte in sé, il dipinto, una foto - deve essere della stessa natura del prototipo - la vera persona rappresentata nell'immagine. Dicevano che perché qualcosa sia una vera immagine di qualcos'altro, l'immagine dipinta della persona e la persona rappresentata dovevano essere della stessa natura, della stessa sostanza, homoousios [1]. Poiché è evidente che l'immagine di Cristo - il tipo, fatta di legno, colori, ecc - e lo stesso Cristo - il prototipo - sono di due sostanze o nature diverse, le sue immagini dipinte sono, secondo gli iconoclasti, false immagini. Ma dal momento che il pane eucaristico è il corpo di Cristo, quindi, della stessa sostanza, homoousios, di Cristo stesso, esso è l'unica vera immagine di Cristo. Non conosco alcuna Chiesa o gruppo di cristiani che avrebbero seguito gli iconoclasti su questo punto.

Penso, tuttavia, che tutti i cristiani contemporanei, come quelli di tutti i tempi, con l'eccezione di alcuni iconoclasti, sarebbero dalla parte di Nicea II, quando ha dichiarato che la definizione iconoclasta della parola "immagine" deve essere respinta e che conduce quelli che l'accettano su una strada sbagliata. La relazione tra il tipo e il prototipo - tra l'immagine e la persona rappresentata ─ non è un'identità di sostanza, homoousios, ma di somiglianza [2] tra due sostanze diverse. Chi direbbe che un'immagine di Gesù - una vetrata, un dipinto, un disegno, un mosaico, o qualsiasi altro materiale di supporto - è esattamente e contemporaneamente come Gesù stesso? Nessuno.

Così ancora una volta, tutti i cristiani oggi sono "ortodossi", nel senso che rifiutano, con Nicea II, la definizione iconoclasta della parola "immagine": identità di sostanza tra il tipo e il prototipo, e accetterebbero, sembra così ovvio, ciò che il Concilio ha deciso: l'immagine e la persona rappresentata sono di due diverse sostanze, ma sono legate da somiglianza.

"Materia vile, morta, e volgare"

Il terzo argomento iconoclasta afferma che è un insulto alla santità di queste persone altamente venerabili come lo stesso Cristo, Maria, Pietro, Paolo, ecc renderle le immagini fatte di materia vile, morta, e volgare. Pertanto, per conservare il loro onore, era necessario smettere di fare le loro immagini, qualunque ne fosse il supporto materiale, ed eliminare quelle che esistevano in quel momento. Nicea II ha respinto questa tesi dualistica e manichea perché disprezza la materia in cui il Logos si è fatto uomo. Sembra che la pratica dei cristiani del nostro tempo, e di quasi tutti i tempi [3] mostri il rifiuto di questo argomento. Quali cristiani di oggi direbbero che è un insulto a Gesù, a Maria, o agli apostoli rappresentarli in un'immagine? Nessuno. Pertanto, Nicea II è stato abbastanza corretto, ancora una volta, a respingere quest'accusa iconoclasta.

Adorazione vs. venerazione

Qui abbiamo una questione delicata che corre il rischio di dissolvere la meravigliosa unanimità che abbiamo visto fino ad ora, ma prima di saltare troppo velocemente alle conclusioni, esaminiamo l'argomento iconoclasta e la risposta di Nicea II.

Gli iconoclasti dicevano che qualsiasi gesto corporale indirizzato a un'immagine materiale, chiunque fosse rappresentato in essa, era un atto idolatrico: prosternarsi di fronte ad essa, baciarla, toccarla, accendere candele di fronte ad essa, bruciare incenso di fronte ad essa, portarla in processione, ecc Tali pratiche dovevano cessare.

Gli iconoduli risposero facendo la distinzione tra latreia, culto dovuto, e dato a Dio solo, e proskynesis, onore mostrato a una persona o a un oggetto degno di rispetto. Essi inoltre affermarono che gli iconoclasti confondevano il gesto fisico in sé, con il significato del gesto effettuato. Lo stesso gesto può esprimere due significati diversi secondo l'intenzione della persona che lo fa. Non è il gesto del corpo stesso che deve essere messo in discussione, ma l'intenzione della persona che sta facendo.

La distinzione tra latreia e proskynesis (adorazione e venerazione) sembra abbastanza ragionevole e normale: noi adoriamo Dio attraverso preghiere, inni, esclamazioni, ecc, e onoriamo le persone e gli oggetti con vari gesti. Gli americani si alzano quando il presidente entra nella stanza; i britannici si inchinano alla regina; un soldato saluta un ufficiale; le persone si alzano quando il giudice entra in aula; gli anglicani chinano il capo quando la croce passa in processione; a un funerale, la gente a volte mette fiori e candele davanti alla foto del defunto; la bandiera viene salutata; gli uomini si tolgono il cappello in chiesa, ecc. Chi avrebbe il coraggio di dire che questi gesti corporei trasformano in idolatri le persone che li fanno? Lo stesso gesto, a seconda del contesto, può significare rispetto o disprezzo: il bacio di Giuda e quello di Romeo. Nel corso del XVII secolo, alcuni quaccheri inglesi rifiutavano di togliersi il cappello in presenza dei giudici e del re; affermavano che tale gesto era quasi idolatra quando era fatto in presenza di un uomo. D'altra parte, si toglievano il cappello durante la preghiera a Dio.

Quindi, anche se alcuni cristiani sono molto riluttanti a onorare l'immagine di Cristo o di un santo con un gesto fisico, tutti noi viviamo e ci comportiamo in linea con il principio proclamato da Nicea II: adoriamo Dio, a volte con gesti fisici, e onoriamo alcuni oggetti e persone, a volte con gesti fisici. E, in alcuni casi, i gesti sono gli stessi, ma i loro significati, a seconda delle circostanze, sono molto diversi. E ancora, non conosco nessun gruppo, Chiesa, o persona che respingerebbe la distinzione tra culto - latreia - dovuto a Dio e l'onore, il rispetto - proskynesis - nei confronti di certe persone e oggetti.

"L'onore [o insulto] dato a un'immagine si riflette sulla persona rappresentata".

Questa ben nota frase viene da un’opera di San Basilio il Grande, Sullo Spirito Santo 18,45 in cui parla del rapporto tra il Padre e il Figlio e utilizza l'immagine dell'imperatore per dimostrare che avere un immagine dell'imperatore non divide il potere imperiale in due, creando due imperatori. Dai tempi di San Basilio, tutti gli iconoduli citano questa frase per giustificare la loro venerazione delle immagini di Cristo e dei santi. Come la domanda precedente, corriamo il rischio di creare polemiche perché venerare le immagini con gesti del corpo è una questione molto sensibile.

Vladimir Putin venera un'icona di san Sava a Belgrado, Serbia

Nondimeno, cerchiamo di approfondire. Il secondo Concilio di Nicea ha affermato che è legittimo per i cristiani venerare immagini con gesti corporei proprio perché ciò che si fa all'immagine di una persona è fatto alla persona rappresentata. Questa affermazione si erge su un principio che è universalmente riconosciuto, in tutte le società e in ogni tempo. Quale sarebbe la reazione della gente, se qualcuno disegnasse corna, barba, grandi orecchie d'asino, capelli ritti, grandi denti o cicatrici sulla foto di Putin, la regina Elisabetta, Benedetto XVI, Napoleone, l'Ayatollah Khomeini, o l'imperatore del Giappone ? Lascio ai lettori di immaginare la loro reazione se qualcuno prendesse una foto della "loro amata nonna" e la pasticciasse con tali caratteristiche? Noi mettiamo fiori e candele, e forse altre decorazioni, accanto alle foto dei defunti in una chiesa.

Pensate al funerale della principessa Diana. Tutti capiscono che con quei gesti si onora una persona ​​defunta. Anche tra certi musulmani, i fedeli portano in processione l'immagine del leader spirituale defunto. Nell’antichità, se qualcuno profanava l' immagine dell'imperatore o di un dio, tutti capivano che l'insulto era destinato all'imperatore o al dio. Tale persona meritava la pena di morte. Quale cristiano, di qualsiasi confessione, anche di quelli che sono più allergici a qualsiasi tipo di venerazione delle immagini, non si sentirebbe profondamente offeso se un noto ateo profanasse pubblicamente un'immagine di Gesù? Sembra quindi che il principio di San Basilio sia di fatto riconosciuto e dimostrato. Vediamo tutti i giorni che è capito da tutti ed è applicato nella vita quotidiana.

Dov'è allora il problema? Non si trova nella teoria: tutti accettano principio di San Basilio. Non si trova nell'applicazione negativa del principio, la profanazione di un'immagine, anche un'immagine religiosa. No, il problema si trovato tra alcuni cristiani, nell'applicazione positiva del principio, nell'onore dato a un'immagine, e per di più solo nell'onore dato a un'immagine religiosa. Ciò che non è considerato come un gesto idolatrico in riferimento a un'immagine della principessa Diana, è visto come tale da alcuni in riferimento a un'immagine di Cristo o di una persona santa della Bibbia o della storia cristiana. È un mistero.

Che cosa rappresenta un'immagine di Cristo?

Mosaico del Cristo Pantocratore dalla Basilica di Santa Sofia

A prima vista, questa domanda può sembrare un po' troppo semplice. Non è ovvio che cosa rappresenta una tale immagine? Facciamo attenzione a quello che sembra essere troppo semplice. Gli iconoclasti attaccavano la realizzazione di immagini cristiane, perché, secondo loro, tale attività trasformava i pittori in eretici. Secondo le prime accusa iconoclaste, gli iconoduli sono idolatri; non dovrebbe essere abbastanza come accusa? Non è così, questa accusa condanna i pittori cristiani come eretici. Vediamo l'argomento.

Gli iconoclasti e gli iconoduli erano entrambi calcedoniani, cioè, accettavano il dogma cristologico definito dal Concilio di Calcedonia nel 451. Tale decisione diceva che Cristo va descritto come esistente in due nature, divina e umana, unite in una sola hypostasis, in una sola persona. Il Logos divino, il Figlio e la Parola di Dio, ha assunto la natura umana dalla Vergine Maria, e l'unione delle due nature ha avuto senza confusione, mutamento, divisione o separazione, per citare i quattro famosi avverbi greci. Ecco come gli iconoclasti utilizzavano questo dogma per accusare gli iconoduli di eresia:

1. Dipingendo l'immagine di Cristo, va da sé che il pittore non cerca di rappresentare la natura divina di Cristo, un'impossibilità che tutti accettano. Egli rappresenta solo la natura umana di Cristo, ma così facendo, egli separa le due nature che, secondo Calcedonia, sono unite senza separazione. Quelli che predicano una cristologia senza una vera unione delle nature sono chiamati nestoriani che, seguendo Nestorio, parlavano del Logos di Dio che abitava nell'uomo Gesù: il Logos viveva in, dimorava in lui, faceva in lui la sua dimora. Così, i pittori sono nestoriani eretici perché separano le nature di Cristo.

2. Se i pittori cristiani tentano di dipingere le due nature insieme, fondendole così l'una nell'altra, sono monofisiti eutichiani, quelli che seguivano Eutiche nel dire che la natura divina aveva assorbito la natura umana. Così l'unione delle due nature produceva un tertium quid, una terza cosa.

In entrambi i casi, gli iconoduli si dimostravano eretici, o nestoriani o monofisiti eutichiani.

Questo è il punto su cui i membri del Consiglio di Nicea II, gli iconoduli, molto astutamente hanno fatto a pezzi l'argomento iconoclasta. Basandosi sul dogma di Calcedonia - Cristo è una persona in due nature - hanno risposto che un'immagine di Cristo non rappresenta né la natura divina separata dalla natura umana, né le due nature mescolate insieme. L'immagine di Cristo, infatti, non rappresenta una natura, ma piuttosto una persona, la Persona del Logos e Figlio di Dio, negli aspetti visibili della sua natura umana. Così la dottrina di Nicea II aggira l'accusa di eresia degli iconoclasti. Quindi, anche se l'argomentazione iconoclasta è piuttosto complessa ma geniale, la risposta del Concilio può essere accettata da tutti i cristiani come abbastanza evidente: ogni ritratto, incluso uno di Cristo, non rappresenta una natura di qualsiasi tipo, ma prima di tutto una persona negli aspetti visibili della sua umanità.

Il risultato è che tutti i cristiani possono accettare la decisione di Nicea II su questo punto.

Alcuni altri punti

Arte cristiana primitiva nelle catacombe di Callisto

Il silenzio del Nuovo Testamento

Per sostenere le loro argomentazioni teologiche, gli iconoclasti hanno detto che il silenzio del Nuovo Testamento sulla questione delle immagini cristiane sostiene il loro rifiuto. Naturalmente è vero che il Nuovo Testamento non dice nulla in materia, ma gli iconoduli risposero che Cristo non ha neppure comandato a nessuno di scrivere il Nuovo Testamento. Ci sono molte cose che i cristiani dicono e fanno, che non hanno la loro autorizzazione nel Nuovo Testamento: produrre Scritture cristiane, costruire templi cristiani, celebrare la Pasqua una volta l'anno in una data variabile, celebrare il Natale il 25 dicembre, allineare i confini delle diocesi e province della Chiesa con quelle dello Stato, riconoscere che i ministri cristiani hanno il diritto di riammettere alla comunione della Chiesa coloro che hanno commesso gravi peccati dopo il battesimo, ecc. In ogni caso, tutto ciò non è scritto nel Nuovo Testamento, e l'argomento del silenzio non è sufficiente. Abbiamo qui il principio che riconosce le Scritture come espressione, anche se non esaustiva, della tradizione orale della Chiesa, un principio che riconosce opinioni e pratiche che hanno la loro origine nella predicazione apostolica, l'elemento essenziale della quale è contenuto nel Nuovo Testamento, ma il contenuto della predicazione, il kerygma, è più ampio dei documenti scritti. Abbiamo qui il rifiuto del principio della sola Scriptura.

Questo argomento iconoclasta non è direttamente legato alla teologia delle immagini cristiane, sia essa iconoclasta o iconodula, ma tocca una questione storica relativa. Nicea II ha affermato che non solo un atteggiamento iconodulo, cioè uno che è favorevole alle immagini cristiane, ma anche la loro produzione, risale agli apostoli. Questa è un'intuizione basata su tradizioni della Chiesa, che sostengono che Cristo e gli apostoli hanno prodotto immagini. Per Cristo, vi è la famosa immagine del suo volto che egli fece su stoffa e inviò al re Abgar; per gli apostoli, vi è il ritratto fatto da san Luca della Vergine e del Cristo bambino. Nonostante il fatto che queste tradizioni non possano essere storicamente confermate, i cristiani ortodossi continuano a credere che i primi cristiani, in un modo o nell'altro, abbiano usato l'arte, i disegni, le immagini per esprimere la loro fede. Ovviamente, sulla questione del rapporto tra la Scrittura e la Tradizione, continuano ad esserci molti punti di vista tra i cristiani.

Placca di rame del XII secolo della Theotokos Odigitria (Colei che indica la via), basata sull’icona dipinta da san Luca

I Concili Ecumenici

Gli iconoclasti dichiaravano che i grandi Concili ecumenici - da Nicea I (325) fino a Costantinopoli III (681) - non avevano detto nulla a proposito delle immagini cristiane. Questa affermazione è quasi vera, tranne che per tre canoni del Concilio Quinisesto del 681. Questo concilio è visto come l'estensione dei Concili V e VI che non hanno emanato alcun canone. Il Quinisesto ha emanato 102 nuovi canoni per regolare la vita della Chiesa. Tre di loro si occupano specificamente di immagini: il canone 72 vieta le croci sul pavimento dove possono essere calpestate e disonorate; il canone 82 prescrive che l'immagine dell'incarnazione di Cristo, il suo ritratto, dovrebbe sostituire le immagini simboliche di lui come l'Agnello di Dio, e il canone 100 proibisce immagini indecenti e sensualmente provocanti nelle chiese. Sembra quasi impossibile che essi non avessero mai sentito parlare di questi canoni.

A parte questi tre canoni, però, gli iconoclasti avevano ragione nel sostenere che i Concili Ecumenici non avevano detto nulla sulle immagini cristiane. Alcuni iconoduli, tuttavia, ammettevano che l'affermazione era corretta. Ma affermavano che questo silenzio è piuttosto un argomento a favore delle immagini cristiane e contro la pretesa iconoclasta - ovvero che la pratica idolatrica di fare e di venerare immagini cristiane avesse lentamente e subdolamente infiltrato la Chiesa, "al di sotto del radar" dei dirigenti della Chiesa. Questi iconoduli ripudiavano la tesi che l'intera tradizione dell'arte cristiana si fosse infiltrata nella Chiesa senza che nessuno se ne accorgesse, come del tutto incredibile. L'archeologia, i monumenti artistici e i testi patristici che trattano delle immagini rendono una tale affermazione assurda. Questi stessi iconoduli affermavano peraltro che, poiché i vescovi riuniti nei Concili Ecumenici sapevano molto bene dell'esistenza di immagini nelle chiese e non avevano detto nulla contro di loro, non avrebbero potuto credere che le immagini cristiane fossero idoli. È impossibile credere che i vescovi dei primi sei grandi concili universali abbiano ignorato l'infiltrazione dell'idolatria nella Chiesa, se avessero visto le immagini cristiane come idoli. La risposta di questi iconoduli ha un grande peso per ortodossi e cattolici, ma è più problematica per i protestanti che hanno una varietà di opinioni sull'autorità di tali concili.

I Padri della Chiesa

Gli iconoclasti, come gli iconoduli, non potevano ignorare il ricco tesoro degli scritti patristici, i Padri della Chiesa, che risale proprio alla predicazione apostolica. Nelle opere dei Padri, entrambi i campi naturalmente cercavano testi che sembravano sostenere la loro posizione. Gli iconoduli accusavano gli iconoclasti di avere inventato alcuni testi, di averne falsificati gli altri, e di interpretare in modo errato altri ancora. Qui abbiamo argomentazioni indirette sulla teologia delle immagini cristiane basate sulla storia e sui testi. È possibile avere diverse opinioni sull'autenticità di tali testi patristici, nonché circa l'autorità degli autori, anche se le loro opere sono giudicate autentiche. L'autorità dei Padri è ancora valutata in modo diverso tra le Chiese di oggi. In effetti, può essere vista come un elemento della questione del rapporto tra la Tradizione e la Scrittura. In ogni caso, non c'è molta unità su questa questione, e le opinioni rimangono nettamente divise.

Conclusione

Per quanto riguarda la questione delle immagini cristiane, abbiamo visto che esiste tra i cristiani di oggi un ampio consenso e che, nel caso di quasi tutte le accuse lanciate dagli iconoclasti contro gli iconoduli, i cristiani contemporanei si identificano con le risposte di Nicea II, piuttosto che con le posizioni avanzate dagli iconoclasti. Vista da questo punto di vista, la stragrande maggioranza dei cristiani oggi è costituita da ortodossi - cioè, in accordo con le Scritture - e può così proclamare una singola fede per quanto riguarda le immagini cristiane. Non possiamo quindi che rallegrarci per il fatto che i membri del Consiglio di Nicea II siano i nostri padri, perché hanno affermato e proclamato la nostra fede sulle immagini.

Di che cosa è un segno?

L'icona della Theotokos nell'Abbazia di Westminster - di Sergej Fedorov

Tra i cristiani occidentali, vi è un chiaro interesse per le icone. A seguito dei cristiani ortodossi stessi, certi cattolici e protestanti hanno riscoperto le icone canoniche, cioè, immagini cristiane che sono state plasmate e sostenute dalla comune tradizione ecclesiale del primo millennio, prima dello scisma tra l'Oriente greco e l'Occidente latino. L'oggetto della seconda metà di questo studio è proprio la valutazione di questo nuovo interesse per le icone.

Il punto di vista di un ortodosso

Vi è una diffusa idea negli ambienti scientifici e accademici che sostiene che è possibile trattare un soggetto "oggettivamente", vale a dire, senza preconcetti, sulla base dei quale studiare una questione particolare. Dubito fortemente che sia possibile per gli esseri umani per eliminare i loro preconcetti da tali indagini. È pertanto preferibile illustrare il proprio orientamento fin dall'inizio. Dopo aver fatto questo, allora l’applicazione di una mente rigorosamente critica è fondamentale in ogni ricerca. Così questo è il mio orientamento: sto scrivendo a proposito di icone dal punto di vista di un cristiano ortodosso il cui interesse e specializzazione è l'iconologia - lo studio della storia e della teologia dell'icona. Io non sono un iconografo. Pertanto, non avendo un punto di vista oggettivo, spero comunque di esercitare uno spirito critico nel trattare questo argomento.

L'icona: una immagine specificamente cristiana

Si dice spesso che la Chiesa cristiana non ha prodotto o adottato alcun particolare, specifico, stile artistico e che è aperta a tutti i gusti, a tutte le maniere di rappresentare gli eventi e le persone della storia della salvezza. Naturalmente, tali rappresentazioni sono soggette a certi larghi criteri di appropriatezza, decenza, qualità artistica, ecc. Il Vaticano II non lo ha forse detto molto bene?

Molto giustamente, le belle arti sono considerate come rango tra le più nobili attività dell'ingegno umano, e questo vale soprattutto per l'arte religiosa e per il suo vertice, l'arte sacra. [...]

La Chiesa non ha mai avuto un particolare stile artistico come proprio; ha ammesso forme artistiche di ogni epoca secondo i talenti naturali e le condizioni dei popoli, e le esigenze dei vari riti. Così, nel corso dei secoli, ha sviluppato un tesoro d'arte che deve essere molto attentamente preservato. All'arte dei nostri giorni, proveniente da ogni razza e regione, deve altresì essere dato libero campo nella Chiesa, purché adorni gli edifici sacri e i sacri riti con la dovuta riverenza e onore; in tal modo è in grado di contribuire con la propria voce a quel meraviglioso coro di lode in onore della fede cattolica cantata da grandi uomini dei tempi passati [4].

Parliamo quindi dei seguenti stili: paleocristiano, orientale, imperiale, bizantino, romanico, di Novgorod, gotico, rinascimentale, cretese, barocco, tardo bulgaro, moderno, ecc. Di conseguenza, nuovi stili di arte cristiana, nuove immagini cristiane, emergeranno in il futuro, e si conformeranno allo spirito e al gusto del loro periodo, pur rimanendo degni di essere chiamati cristiani. Questo punto di vista sembra così ovvio e ragionevole che poche persone potrebbero immaginare qualcosa di diverso.

Matthias Grünewald, Crocifissione di Gesù, c. 1515

La Crocifissione di p. Patrick Doolan, laboratorio del monastero di san Gregorio del Sinai

Vorrei comunque cercare di esporre il punto di vista opposto. Durante i primi 1000 anni della sua storia, la Chiesa ha creato immagini, di persone o di eventi della storia della salvezza, che esprimono la sua visione teologica. Mentre la Chiesa per mezzo di aspre dispute ha formulato il linguaggio verbale e concettuale della sua fede, ha anche sviluppato un vocabolario e un linguaggio artistico che esprime la stessa fede, ma attraverso colori, linee e forme. Questo sviluppo storico, questo processo creativo, ha portato a quella che viene chiamata l'iconografia canonica, cioè, un tesoro artistico e teologico comune, che prima dello scisma tra Oriente e Occidente, era condiviso da tutto il mondo cristiano. Dopo la separazione, questo tesoro è stato perpetuato, poi reso marginale, e poi riscoperto dalla Chiesa ortodossa. Durante i secondi 1000 anni della storia cristiana, dopo lo scisma, l'Occidente latino ha seguito un percorso diverso che ha prodotto altri linguaggi artistici. Nelle chiese cattoliche e protestanti, troviamo oggi fianco a fianco immagini che "parlano" i linguaggi artistici che si sono succeduti fino ad oggi. Anche nelle chiese ortodosse del nostro tempo, possiamo vedere fianco a fianco immagini del periodo bizantino medievale, del periodo della decadenza - quasi della perdita dell’iconografia canonica - e della riscoperta delle icone tradizionali.

Non è che la tradizione iconica della Chiesa ortodossa non abbia conosciuto diversi "stili". Possiamo certamente identificare diversi modi di fare le immagini, e siamo in grado di identificare il loro specifico periodo e paese. La descrizione di queste modalità è il lavoro degli storici dell'arte. Un'icona canonica del periodo dei Paleologi non è esattamente la stessa cosa della stessa icona dipinta a Novgorod, in Macedonia, a Creta o in Serbia in vari periodi. Ma la Chiesa ortodossa sostiene che vi è un' iconografia canonica universale, che è espressa da ciascuno di questi "stili" storici e geografici. [5]

Una giustapposizione di "stile" artistico nella Cattedrale di Chichester

L'iconografia canonica: un'arte teologica

Come abbiamo scritto altrove [6], le icone canoniche costituiscono un'arte teologica, nel senso che rappresentano, manifestano e rendono visibile la stessa visione teologica che proclamano le Scritture, gli scritti dei Padri, le decisioni dei concili ecc. La definizione della fede ortodossa, in parole e concetti, attraverso la storia, la fede che era condivisa dalle due grandi metà del cristianesimo prima dello scisma, quella greca e quella latina, andava di pari passo con uno sviluppo parallelo nel campo dell'arte, vale a dire nell'iconografia canonica. Come un'espressione scritta o verbale della fede può sbagliare, essere condannata, ed essere chiamata eretica, nello stesso modo le espressioni visive, qualunque sia il loro supporto materiale, possono anch'esse tradire la fede ed essere designate eretiche. Da questo punto di vista, non è l'artista che dipinge un'icona, ma è la Chiesa, usando il talento dell'artista, che esprime la sua fede. Sempre da questo punto di vista, gli autori dei testi dogmatici sono solo gli strumenti scelti che esprimono in parole la fede della Chiesa. L'iconografia canonica è quindi un'arte ecclesiale, che è stata completamente integrata nella liturgia stessa [7].

L'atteggiamento occidentale

Carlo Magno, o piuttosto i suoi teologi di corte, sono i primi per quanto ne so a esprimere un altro atteggiamento sulle immagini cristiane: "Le immagini sono il prodotto della fantasia [immaginazione] degli artisti [8]." In altre parole, le immagini cristiane, sia per il soggetto del lavoro, il modo di dipingere, o il suo supporto materiale, sono questioni relative agli artisti, al loro talento, creatività e immaginazione - "fantasia". Il ruolo della Chiesa è quello di sorvegliare la produzione di immagini nelle chiese e garantire, entro ampi limiti, la decenza, la qualità artistica e la bellezza delle opere. Un'immagine creata da un artista cristiano non è in alcun modo diversa da un'opera creata da altri tipi di artisti. Anche in questo caso i Libri Carolini dicono:

Essi [i Padri di Nicea II] ha detto in effetti che l'arte del pittore è pia [sacra], come se non condividesse il destino delle altre arti di questo mondo essendo talvolta pia [sacra], talvolta empia [profana]. Che cos'ha di fatto l'arte del pittore di più pio [sacro] dell'arte dei falegnami, scultori, fonditori, cesellatori, scalpellini, intagliatori del legno, agricoltori e degli altri lavoratori? Tutte queste arti che abbiamo appena menzionato, arti che possono essere apprese solo attraverso la guida di un maestro, possono essere esercitate da persone preparate sia in pietà sia in empietà. E questi atteggiamenti, la pietà o l'empietà, non riguardano le arti in se stesse, ma gli uomini che le praticano. Questi artisti sono spesso prigionieri di molti vizi turbolenti oppure sono rivestiti della ghirlanda salvifica delle virtù. [9]

Paul Evdokimov ha potuto persino dire dei Libri Carolini che essi hanno "avvelenato la fonte dell'arte occidentale [10]". È questo atteggiamento verso le immagini cristiane che hanno adottato i cristiani occidentali, ed è alla base della successione storica di stili, tipologie, modelli, ecc, di cui il Vaticano II ha parlato.

La riscoperta dell'icona canonica

Dalla fine del XIX secolo, a partire dalla Russia, la Chiesa ortodossa in tutte le sue zone ha iniziato a sperimentare una riscoperta della propria iconografia canonica. Durante molti secoli, gli ortodossi stessi avevano messo a margine tali immagini, le avevano disprezzate e quasi dimenticate a favore di immagini modellate sulle opere di maestri artisti dall'Occidente. Il risultato era tale che all'inizio del XX secolo, per esempio, non era impossibile trovare chiese ortodosse coperte all'interno con molte immagini religiose, ma con poche o nessuna icona. Artisti di tutte le origini, russi, greci, romeni, arabi, ecc, non solo adottarono gli "stili" del Rinascimento italiano, del periodo barocco e di altri, come praticati dagli artisti occidentali, ma anche la visione artistica e teologica che ha ispirato tali pittori [11].

Il Battesimo di Cristo, dalla Cattedrale di Cristo Salvatore, Mosca

Icona della Teofania di Vladimir Grigorenko, Cattedrale di San Serafino, Dallas

Invece di continuare a dipingere immagini escatologiche per un popolo escatologico - cioè per un popolo che cerca di vivere sempre in maggior grado nel Regno di Dio - utilizzando un linguaggio artistico, un vocabolario e tecniche che si prestino a rappresentare la visione teologica del nostro mondo trasfigurato nella luce del Regno di Dio, i pittori ortodossi hanno adottato i criteri di coloro che cercavano di rappresentare questo mondo e i suoi abitanti utilizzando mezzi artistici - la prospettiva lineare, per esempio - che sono appropriati per raffigurare il nostro mondo caduto, il solo mondo che conosciamo, che è ben lungi dall'essere trasfigurato dalla luce del Regno di Dio. La riscoperta dell'icona tradizionale, canonica è ancora in corso oggi tra gli ortodossi, che non sono sempre pronti a sostituire le icone alle loro immagini barocche.

La riscoperta dell'icona tra i cattolici e i protestanti

Anche se la rinascita dell'iconografia tradizionale, canonica è iniziata tra gli ortodossi, nel corso del tempo ha avuto un effetto sui cristiani occidentali. Il risultato di questa influenza si trova nel fatto che vediamo le icone e immagini "iconizzate", dipinte in stili bizantini, di Novgorod, di Rublev, o in altri stili nelle chiese cattoliche e protestanti. Vi è certamente un crescente entusiasmo per le icone, così come per le pseudo-icone, ci sono artisti di ogni orientamento che dipingono, vogliono dipingere, osano dipingere icone. Ci sono perfino quelli che dicono che l'icona è lo strumento di Dio per unire le chiese. Forse questo è vero, ma è una speranza ben fondata? Da questa domanda nasce il titolo della mia riflessione "L'icona: segno di unità o divisione?" Il titolo potrebbe anche essere stato "L'importanza ecumenica dell’icona". Fino a che punto, in effetti, l'icona può servire come strumento per l'unità dei cristiani?

Chiesa cattolica romana di Nostro Salvatore, New York City

Ogni domenica, noi preghiamo che Dio "sani le divisioni delle chiese". Il ruolo che giocherà in questo processo l'icona, se mai ne avrà uno, resta da vedere. Mentre sempre più cristiani di tutte le confessioni sono esposti alle icone canoniche, dovranno anche sperimentare l'insegnamento della Chiesa ortodossa, "nel senso che esse rappresentano, manifestano e rendono visibile la stessa visione teologica che proclamano le Scritture, gli scritti dei Padri, le decisioni dei concili ecc. [Esse sono] la definizione della fede ortodossa, in parole e concetti, attraverso la storia, la fede che era condivisa dalle due grandi metà del cristianesimo prima del [grande] scisma".

Il ruolo dell'icona nel movimento verso l'unità

I santi Pietro e Paolo e un trono preparato per Cristo, battistero degli ariani, Ravenna, tardo V-V sec.

Che ruolo può svolgere quindi l'icona nel movimento ecumenico? Sarà uno strumento che porta alla guarigione degli scismi o un segno di divisione? Come con la speranza di raggiungere un giorno l'obiettivo finale dell'ecumenismo, così è con il ruolo dell'icona nell'ecumenismo: non possiamo parlare con certezza dell'una o dell'altro. Come è possibile? Prima di tutto, per i cristiani ortodossi, l'icona non è solo la proclamazione visibile della loro fede oggi, ma è anche l'annuncio della fede comune che l'Occidente cristiano e Oriente hanno annunciato insieme prima del grande scisma tra le Chiese greca e latina.

Come abbiamo detto in precedenza, le due erano unite nella stessa fede, durante il primo millennio, e l'iconografia canonica che le chiese - la Chiesa - hanno prodotto insieme, in Occidente come in Oriente, nonostante i diversi locali di "stili", ha reso l'unità della fede visibile. Dall'Irlanda alla Siria, da Kiev al Nord Africa, i cristiani proclamavano la stessa fede in parole e in immagini. Quindi, se l'icona, che sembra toccare profondamente alcuni cristiani cattolici e protestanti, porta ad un nuovo apprezzamento del tempo e delle condizioni che hanno permesso a tutti di proclamare la stessa fede, e, di conseguenza, di celebrare insieme l'Eucaristia, possiamo solo cantare "Alleluia". Se la riscoperta di queste immagini strane ma affascinanti, chiamati icone, porta a una riscoperta delle nostre radici comuni, della nostra fede comune, della nostra comprensione teologica comune delle Scritture, allora c'è speranza, e l'icona avrà svolto un ruolo molto grande. Se siamo in grado di recuperare tutte le condizioni che hanno permesso a un concilio di unione, negli anni 879-880, per l'ultima volta nella storia, di sanare lo scisma tra l'Occidente e l'Oriente [12], potremmo essere in grado di ricostruire il consenso del primo millennio e di annullare, invertire, e neutralizzare gli scismi con i quali stiamo vivendo oggi.

Se, d'altro canto, l'icona prende il suo posto nella lunga serie di stili, di cui ha parlato il Vaticano II, ognuno successo all'altro; se, per i cristiani cattolici e protestanti, l'icona non rappresenta niente di più che una qualche immagine talvolta bellissima, esotica, orientale, mistica che alla fine trova il suo posto tra gli altri tipi di immagini - quando la moda passa - senza essere apprezzata per la sua importanza teologica, allora penso che un'opportunità molto importante sarà stata perduta. Fino a quando l'icona rimane semplicemente un oggetto di pietà personale secondo il gusto di alcuni, ma non necessariamente di tutti, e fino a quando l'icona non ritroverà di nuovo il suo posto liturgico e dogmatico nelle chiese, i cristiani continueranno a girare in tondo senza andare da nessuna parte nel loro sforzo di riscoprire la Camelot di un tempo: la loro unità perduta, perché a parte aver usato le icone come decorazioni esotiche o come oggetti di preghiera personale, i cristiani cattolici e protestanti non sanno davvero che cosa farsene.

Conclusione

Quindi, torniamo al titolo di questo articolo, " L'icona: segno di unità o divisione" Secondo l'espressione, "la giuria non ha ancora espresso il verdetto", non possiamo dare una risposta definitiva, ma possiamo lavorare, sperare, pregare e aspettare.

Note

[1] Dal nostro "buon tesoro," siamo in grado di "produrre cose buone." (Mt 12, 35) In questo caso, possiamo immergerci nella nostra comune tradizione teologica, e usare una parola che descrive la relazione tra il Padre e il Figlio e lo Spirito Santo: sono homoousios, consustanziali, della stessa sostanza. Essi possiedono la stessa natura divina. Il primo Concilio Ecumenico, Nicea I (325) definì che il Logos del Padre, il suo Figlio, Gesù Cristo, non è una creatura come noi e che egli è della stessa natura, sostanza, del Padre. Ario, un prete di Alessandria di quel tempo, diceva che il Figlio di Dio era una creatura, e aveva una natura, una sostanza, diversa da quella del Padre. Il Concilio condannò il suo punto di vista.

[2] Ancora una volta dal nostro buon tesoro, siamo in grado di produrre le parole homoiôma e homoios che significano somiglianza e simile. Durante la crisi ariana del IV secolo, alcune persone dicevano che il Padre e il Figlio sono di una sostanza simile, homoiousios, ma non della stessa sostanza, homoousios. Utilizzando questo vocabolario già classico, possiamo dire che la relazione tra l'immagine e la persona rappresentata è una relazione di somiglianza, homoiôma, non una di identità di sostanza, homoousios. Possiamo dire, inoltre, che dal punto di vista delle sostanze dell'immagine e della persona rappresentata, queste non sono affatto uguali, anomoios: sono infatti di diverse sostanze, hétéroousios.

[3] Almeno fin dal 250, a Dura Europos sull'Eufrate, nell'attuale Siria: archeologi francesi e americani, all'inizio del XX secolo hanno scoperto un battistero in una chiesa domestica. Sulle pareti del battistero erano dipinti affreschi, uno dei quali era di Cristo e Pietro: la scena in cui Pietro affonda nel mare e Cristo estende la mano per salvarlo. La data di questi affreschi è sicura perché la città fu distrutta dai persiani nel 256. È interessante notare, inoltre, che i giudei a Dura Europos non sentivano ingiurioso rappresentare figure bibliche in affreschi perché la sinagoga, scavata al tempo stesso della chiesa domestica, aveva le sue pareti ricoperte di scene bibliche, tra cui l'immagine di Mosè presso il roveto ardente, i sandali a forma di stivali tra lui e il roveto. Sopra è mostrata la mano di Dio.

[4] Sacrosanctum concilium, capitolo VII: "Arte sacra e arredi sacri," 122-123, http://www.vatican.va/archive/hist_councils/ii_vatican_council/documents/vat-ii_const_19631204_sacrosanctum-concilium_en.html

[5] Spero un giorno di completare uno studio in questo senso, che mostrerà che la pittura romanica, 900-1200, è l'ultima arte occidentale di natura iconica.

[6] «Ce qu’est l’art de l’icône ─ Un lexique », L’icône dans la tradition orthodoxe, Montréal, Médiaspaul, 1995, pp 33 ss.

[7] Ibid., pp 41 ss.

[8] Libri Carolini 2, 26, citati in Leonid Ouspensky, La Théologie de l’icône, Paris, Les Éditions du Cerf, 1980, p. 125.

[9] Ibid. 3, 22, Daniel Menozzi, citato in Les images: l'Église et les arts visuels, Paris, Les Éditions du Cerf, 1991, p. 108.

[10] L'art sacré, 9-10, Parigi, 1953, pag. 20

[11] Cfr. S. Bigham, L’art, l’icône et la Russie : Documents russes sur l’art et l’icône du XVIe au XVIIIe siècle, Université de Sherbrooke, Sherbrooke, Québec, Éditions GGC, 2000, per un apprezzamento della lotta in Russia tra i sostenitori delle antiche icone tradizionali e quelli della nuova visione.

[12] Cfr. Johan Meijer, A Successful Council of Union: A Theological Analysis of the Photian Synod of 879880, Thessalonica, Patriarchal Institute for Patristic Studies, 1975.

 
Che cosa significa questo gesto della mano nelle icone?

Questo è un estratto da un post più lungo sull’icona di Cristo, ma che merita una voce separata. Spiega il significato che sta dietro il modo in cui Cristo e i santi a volte tengono la mano destra nelle icone, come mostrato nell’immagine qui sopra.

Origine dei gesti delle mani

Nell'antica Grecia e Roma, c'era un sistema consolidato di gesti delle mani utilizzati nell’arte oratoria e nelle discussioni. Ecco un diagramma di alcuni tra i più comunemente usati.

Alcune delle più antiche icone ortodosse sopravvissute si trovano a Roma, e così si ritiene che i primi iconografi ortodossi possono avere cooptato questi gesti delle mani quando raffiguravano Cristo, i suoi santi e gli angeli. Ad esempio, nelle icone dell'Annunciazione, l'arcangelo Gabriele è mostrato con la mano sollevata nel modo che nel mondo antico significava l'inizio di un discorso importante.

Questo può essere visto nella più antica icona dell'Annunciazione, e gli inni della festa richiamano sia Gabriele sia l'importante notizia che questi ha dato a Maria, così il gesto della mano è appropriato.

Questo significato oratorio è probabilmente la "fonte" originale che mostra Cristo a mano alzata, poiché, più di chiunque altro, egli ha qualcosa di importante da dire. Tuttavia, per qualsiasi cristiano ortodosso o cattolico, la mano destra di Gesù nelle icone è inequivocabilmente indentificata come una mano sollevata per dare una benedizione. La disposizione della mano è ripetuta dal clero quando dà una benedizione ad altri, e così i santi nelle icone, come se fossero tutti membri del clero, spesso tengono la mano destra nello stesso modo. Questo ha un simbolismo tutto suo che si è sviluppato nel tempo, e vale la pena indagare.

Il simbolismo della benedizione

Le dita dicono "IC XC ", l’abbreviazione ampiamente utilizzata di quattro lettere dei termini greci per Gesù (IHCOYC) Cristo (XPICTOC). È nel nome di Gesù che noi siamo salvati e riceviamo benedizioni : "Nel nome di Gesù ogni ginocchio si pieghi, nei cieli e sulla terra e sotto terra" (Fil 2,10).

Le tre dita di Cristo - così come dicono "I" e "X" - confessano la Tri-unità di Dio: Padre, Figlio e santo Spirito. Il dito e il pollice di Gesù che si toccano non solo dicono "C", ma testimoniano l'Incarnazione: l'unione delle nature divina e umana presenti nel corpo di Gesù Cristo.

Analogie con l’iconografia buddista

I significati di cui sopra sono da sottolineare perché altrimenti ci può essere una certa confusione, o addirittura scandalo, causati da immagini simili di Buddha che tiene le mani in un modo molto stilizzato. In risposta a questo ci sono alcune cose che devono essere considerate:

Dato l'uso ben consolidato, spiegato in precedenza, dei gesti delle mani nell’antica oratoria greca e romana, e la posizione geografica dell'Incarnazione di Cristo e della primitiva Chiesa cristiana, è molto più probabile che i gesti della mano sono stati "presi in prestito" da parte dei cristiani dal senato romano, piuttosto che dai discepoli di Buddha.

Vi è un significato dietro al modo in cui Cristo tiene la sua mano nelle icone; vi è un significato dietro il modo in cui Buddha tiene le mani nelle statue: ma qui finisce ogni somiglianza. I gesti simbolici delle mani di Buddha sono chiamati mudra, e mentre sono ricchi nel loro significato, non comunicano la stessa fede delle icone di Cristo. Se respingessimo ogni mezzo per trasmettere la verità solo perché un'altra religione utilizza lo stesso mezzo, alla fine rimarremmo con nulla! Dobbiamo accettare le somiglianze e discernere le differenze.

Solo perché una religione era presente prima che Cristo nascesse, non significa che tutti i suoi insegnamenti siano anteriori al cristianesimo. Tra i comuni mudra buddisti, il vitarka mudra è quello che più assomiglia alla mano destra di Cristo nelle icone. Eppure le prime rappresentazioni del vitarka mudra mostrano le tre dita dritte, piuttosto che curve. Molto più tardi vediamo immagini come questa, che sembrano molto simili all’iconografia cristiana.

Eppure l'immagine è dell’ottavo secolo dopo Cristo, alcuni secoli dopo che l'iconografia del Cristo fu stabilita. Possiamo essere perdonati se ci chiediamo quale sia esattamentela religione che sta influenzando l'altra.

Infine, i mudra buddisti sono didattici; sono gesti delle mani progettati per trasmettere un messaggio. Eppure il cristogramma "IC XC" è molto più di questo: è sia un segno sia un mezzo di benedizione. Una statua del Buddha tiene le mani in un certo modo e si suppone che i suoi devoti ricordino un certo insegnamento; Cristo alza la mano destra e i cristiani ricevono le benedizioni di Dio. Più di questo, se anche i suoi servi, i santi, tengono le mani nello stesso modo, noi siamo certi di ricevere le benedizioni di Dio, nel nome di Gesù Cristo.

 
Lo yoga e la fede cristiana

La dott. Christine Mangala è nata in una famiglia di brahmini indù, la casta più alta e sacerdotale in India. È cresciuta nello yoga. Suo nonno, infatti, era un amico personale di uno degli esponenti dello yoga moderno e della filosofia Vedanta, il noto Swami Sivananda, il fondatore della Divine Life Society. È diventata cristiana all'età di 22 anni, e poi si è convertita al cristianesimo ortodosso. Ha fatto il suo dottorato in letteratura inglese all'Università di Cambridge, ed è autrice di articoli sulla letteratura e di diversi libri di narrativa, così come di vari argomenti spirituali, tra cui lo yoga e il cristianesimo. È sposata con il dott. David Frost, direttore dell'Istituto per gli studi cristiani ortodossi a Cambridge, in Inghilterra, da cui ha avuto quattro figli, e frequenta la chiesa ortodossa russa di Sant'Efrem a Cambridge, in Inghilterra.

Da sinistra: il metropolita Kallistos di Diokleia, la dott. Christine Mangala Frost e il dott. David Frost alla scuola estiva dell'Istituto per gli studi cristiani ortodossi al Sidney Sussex College, Cambridge

Sono nata indù, sono diventata cristiana all'età di 22 anni e sono cristiana ortodossa da dieci anni. Sono cresciuta con lo yoga. Mio nonno era un amico di uno dei fondatori dello yoga moderno, Swami Sivananda, che era solito inviare i suoi libri sullo yoga a mio nonno insieme a un intruglio di erbe dolci ricco di vitamine, che amavamo mangiare. Da bambini eravamo incoraggiati a fare certe posture ed esercizi di respirazione, sempre con un chiaro avvertimento che ci sono diversi modi di respirazione per gli uomini e le donne, i cui corpi hanno una forma diversa. Quando mi sono sposata e ho avuto figli, ho passato loro alcune delle idee che avevo trovato utili nelle lezioni di yoga della mia infanzia. Vivevamo in cima a una collina, e dato che i bambini andavano ogni giorno a scuola a piedi (non abbiamo un'automobile), dovevano salire un ripido pendio. A volte, si lamentavano di quanto le gambe facevano loro male. Dissi loro, senza pensare per un momento quanto possa sembrare strano, "respirate attraverso le vostre ginocchia." In qualche modo sembrarono capire che cosa volevo dire e fecero quel che dicevo, e ben presto trovarono che salire costava uno sforzo minore. Più tardi, quando sono cresciuti, hanno imparato a fare le posture dei moderni manuali occidentali e a beneficiare dagli esercizi. Cresciuti in una famiglia cristiana, non correvano alcun pericolo di essere fuorviati dalle idee spirituali esoteriche indù, come la "auto-realizzazione", che spesso accompagnano lo yoga moderno. Durante una visita in India, quando incontrarono tali idee in un ashram, ne furono respinti, così come dall'atmosfera idolatra, settaria che regnava in quell'ashram.

Racconto queste cose soprattutto per sottolineare che c'è di più nello yoga che non meri esercizi e che abbiamo bisogno, più che mai, del dono del discernimento quando frequentiamo lezioni di yoga o leggiamo dello yoga sui libri. Abbiamo bisogno di avere una chiara idea di ciò con cui abbiamo a che fare con se vogliamo usarlo senza compromettere la nostra fede cristiana.

Lo yoga era un tempo considerato con timore in India come un ramo esoterico della disciplina spirituale indù, che richiedeva un grande coraggio fisico e psicologico. Era l'obiettivo del ricercatore spirituale solitario desideroso di salire i gradini più alti di un ideale indù di perfezione spirituale. Un tale ricercatore avrebbe intrapreso un regime austero di disciplina fisica e mentale rigorosamente sotto la guida di un maestro venerato, un guru dal discernimento spirituale che avrebbe monitorato con vigilanza i progressi del suo discepolo. Il fine ultimo dello yoga non era niente meno che sperimentare il divino dentro di sé.

Dal XIX secolo, in gran parte a causa delle incessanti sforzi propagandistici di guru missionari indù come Swami Vivekananda, lo yoga è stato spogliato della sua mistica e della sua complessità. È stato rimodellato nel linguaggio delle scuole americane dell’aiuto personale e del pensiero positivo e commercializzato come un percorso sicuro e facile verso la felicità alla portata di tutti. Sia in Oriente che in Occidente, lo yoga è ora una parola di famiglia, una routine molto popolare per tenersi in forma ​​insegnata e praticata da molti nelle sale delle chiese o delle scuole e nelle sedi sportive. Mentre alcuni insegnanti di yoga lo promuovono come una semplice tecnica per garantire il proprio benessere, altri lo presentano come una risposta a tutti i problemi, non solo ai mali della vita moderna, ma alle domande ultime della vita stessa. Alcuni insegnanti e studenti di yoga minimizzano l'importanza della filosofia indù in cui è ancorato il gergo psico-spirituale dello yoga, altri ne abbracciano con entusiasmo lo stesso ethos, specialmente coloro che trovano fastidiosi i credi, i rituali e le richieste del cristianesimo istituzionale. Molti cristiani praticano lo yoga imperturbati dal suo bagaglio spirituale, mentre altri sentono un certo disagio, e spesso incontrano la disapprovazione dei loro sacerdoti e vescovi.

Come cristiani ortodossi, che cosa dobbiamo fare dello yoga moderno?

I cristiani possono sentirsi sicuri a praticare lo yoga? Oppure, è tanto in contrasto con la fede cristiana da dover essere evitato del tutto? L'enigma posto dallo yoga moderno, è stato messo a fuoco da un rapporto del Times (venerdì 31 agosto 2007), che ha causato scalpore. "I parroci vietano lo yoga non cristiano per i bambini", era titolato così: "Un corso di ginnastica per bambini è stato vietato in due sale parrocchiali, perché insegnando yoga. Il gruppo è stato allontanato dai descritto che hanno descritto lo yoga come una farsa e una pratica non cristiana". Il taglio dato nel rapporto sembrava suggerire che i parroci fossero irragionevoli, bigotti e inutilmente allarmisti. L'insegnante di yoga, la signorina Woodcock si dice "indignata" dal loro divieto sulla sua "classe di yoga per i bambini e le mamme". Lei sostiene di aver spiegato alla chiesa che per lei "lo yoga è un'attività completamente non-religiosa". Tuttavia, riconosce che "alcuni tipi di yoga per gli adulti sono basati su meditazioni indù e buddhiste, ma questo non è parte della religione e non vi è alcun dogma coinvolto".

"Esercizio", non "meditazione": nel dire così, questa insegnante di yoga sta attirando la nostra attenzione sui due principali tipi di yoga prevalenti oggi: lo yoga posturale moderno e lo yoga meditativo moderno. Rendendosi conto che lo yoga meditativo spesso conduce a fondo verso reami spirituali e obiettivi incompatibili con il cristianesimo, Miss Woodcock è desiderosa di mantenere l’"esercizio" separato dalla "meditazione". È possibile un tale disinnesco dello yoga per renderlo più "sicuro"?

I parroci non sono d'accordo: "La filosofia dello yoga non può essere separata dalla sua pratica, e ogni insegnante di yoga (anche per bambini) deve accettarne la filosofia. Lo yoga può apparire innocuo o addirittura benefico, ma incoraggia la gente a pensare che c'è un modo per ottenere l’integrità del corpo e della mente attraverso tecniche umane - mentre l'unica vera via alla completezza è attraverso la fede in Dio per mezzo di Gesù Cristo ".

Qualsiasi affidamento esclusivo sulle "tecniche umane" per raggiungere la completezza, divorziato dalla fede in Gesù Cristo, è comprensibilmente castigato dai pastori, uno anglicano e l'altro battista. Il loro rifiuto deriva da una paura di annullare il ruolo della fede e della grazia nella salvezza e di cadere nell’eresia del pelagianesimo. La tradizione protestante, in generale, tende ad essere nervosa di fronte a ogni ipotesi di "sforzo spirituale", nonostante il fatto che san Paolo ci ammonisca a "operare per la nostra salvezza con diligenza".

Il concetto di sinergia

Nella tradizione ortodossa il ruolo del libero arbitrio umano nel rispondere alla chiamata divina alla "completezza" o "santità" è splendidamente racchiuso nel concetto di sinergia. L'incarnazione di Cristo come pienamente umano e pienamente Dio significa che ora abbiamo un mezzo attraverso di Lui per quella che san Massimo chiama "reciprocità" divino-umana. Dio che si fa uomo rende possibile la nostra partecipazione alla sua vita, un processo permanente che viene descritto come theosis (deificazione). La nostra salvezza non è un risultato automatico di un assenso iniziale, o uno status giuridico di redenti dalla nostra "schiavitù" del peccato, ma un "perfezionamento attivo" nell’amore da realizzare nel corpo di Cristo, nella sua Chiesa.

Perciò i cristiani battezzati sono invitati a digiunare, pregare, fare l'elemosina, pentirsi, confessarsi, partecipare alla vita e la liturgia della Chiesa; tutte queste cose richiedono un’iniziativa da parte nostra, la volontà di prepararci a ricevere e rispondere alla grazia di Dio. Come il figliol prodigo, ricordare Dio, "Padre nostro", significa impostare il nostro cuore verso il nostro viaggio di ritorno a casa verso di lui. C'è una sottile simbiosi tra la prontezza o la volontà umana e l'opera dello Spirito Santo. Per adottare un’allusiva immagine di sant’Efrem, la persona umana è un’"arpa dello Spirito." Per suonare bene la musica dello Spirito Santo la nostra arpa deve essere ben sintonizzata, le sue corde né troppo strette né troppo molli. Le tecniche dello Yoga sono mirate principalmente a raggiungere un equilibrio o uno stato psicosomatico. Quindi ci possiamo ben chiedere, senza cadere in alcuna eresia: non è possibile trattare le tecniche dello yoga come mezzi per "adattare" il nostro corpo e la mente in modo da divenire migliori ricettori della grazia di Dio? Può lo yoga indù aiutare un cristiano a realizzare il comando ascoltato dal salmista "Fermati e sappi che io sono Dio"? Quale ruolo, se del caso, possono avere le posture e le meditazioni dello yoga nel soddisfare i comandamenti di Cristo: "Ama il Signore Dio tuo con tutto il tuo cuore e con tutta la tua anima e con tutta la tua mente... Ama il prossimo tuo come te stesso" (Matteo 22:37-39)?

L'ethos indo-buddhista dello yoga moderno

Prima di tentare di rispondere a queste domande ho bisogno di delineare in breve i tipi di yoga che si incontrano oggi e l'etica indo-buddhista in cui essi sono immersi. Uno scrittore cita quattro tipi: yoga di Hollywood, yoga di Harvard, yoga himalayano e yoga settario [ 1]

1. Lo yoga di Hollywood, come dice il nome, si propone come scopi bellezza, fitness e longevità.

2. Lo yoga di Harvard pone l’attenzione sulla chiarezza mentale, la concentrazione e la calma psichica.

3. lo yoga himalayano va ben oltre gli altri due e mira a uno stato mistico conosciuto come samadhi (assorbimento).

4. Lo yoga settario è centrato attorno a un guru carismatico. Si dice che l’illuminazione sia impartita dal semplice tocco di un (o una) guru a un discepolo che lo (o la) adora come Dio.

5. I praticanti indù puristi affermano di seguire le linee guida fornite nel testo sanscrito originale, gli Yoga Sutra di Patanjali, il loro insegnamento segue lo yoga delle "otto membra"(ashtanga). Fare esercizi posturali è una questione relativamente minore in un ordine del giorno che pone l'accento sulla purificazione mentale e morale e su una valorizzazione dei poteri psichici per la perfezione spirituale. Le "otto membra" sono costituite da:

"Cinque restrizioni" (niyama),

"Cinque discipline" (yama),

"Posture fisiche" (asana),

"Regolazione della forza vitale" (pranayama),

"Ritiro degli organi di senso" (pratyahara),

"Concentrazione" (dharana),

"Meditazione" (dhyana),

"Assorbimento" (samadhi).

Le prime due "membra" mirano a coltivare le virtù come la veridicità, l'altruismo e la non-violenza. Alcuni insegnanti di yoga indù si rammaricano che la terza delle "membra", le "posture fisiche", sia ora insegnata ampiamente, senza alcun riferimento alla perfezione morale. Essi insistono sul fatto che l'equilibrio ottenuto con la pratica delle posizioni è destinato a fissare lo yogi in un viaggio il cui scopo ultimo è spirituale, uno stato di beatitudine permanente conosciuto come samadhi o "assorbimento".

Assorbimento in che cosa? Questo trova risposte diverse a seconda di ciò in cui credi.

Se sei un indù che crede che non vi è alcuna differenza tra il suo Sé (atma) e il Sé Supremo (Brahman), l’"assorbimento" significa arrivare a una esperienza di indifferenziata unità con Brahman. Tale indù vede la realtà spirituale ultima come impersonale e sostiene con forza che la fede nell'Impersonale è superiore a qualsiasi credenza in un Dio personale.

Se sei un indù che adora Dio come una divinità, un teista che coltiva un rapporto personale di amore con il proprio dio o dea, e cerca la liberazione per mezzo della grazia della divinità, l’"assorbimento" significa un annegamento di sé nella divinità.

Se sei un buddhista e non credi in un Dio Creatore (come il Dalai Lama ribadisce spesso) l’"assorbimento", significa entrare nel nirvana, uno "spegnimento", un'estinzione definitiva di sé.

Anche se l'ambizioso programma spirituale dello yoga di Patanjali si è trasformato in ​​routine di benessere nelle lezioni e nei manuali di yoga occidentali, si incontra ancora qualche tipo di mutazione dei complessi, interdipendenti concetti psico-spirituali dell'autore originale. Alla base di tutti questi è la visione derivata da un sistema di filosofia conosciuto come Samkhya. Secondo il Samkhya, il nostro ordinario sé psicosomatico è un sottoprodotto di processi biofisici e attraverso le discipline dello yoga, uno sbuccia se stesso come una cipolla per raggiungere il centro, dove si trova la "consapevolezza pura". Come spiega un insegnante di yoga: 'una volta che il singolo comprende di essere essenzialmente consapevolezza pura diversa e separata dai processi psicofisici, si dissgiunge dalle sue false nozioni. Allo stesso tempo, l'individuo è anche unito nei suoi pensieri, sentimenti, emozioni e azioni al suo vero io'. [2]

"Consapevolezza pura" o Regno di Dio?

Sembra una affermazione discutibile dire che una rottura sistematica del contatto con il mondo esterno crea un essere umano integrato. Al contrario, come R. D. Laing ha dimostrato nel suo L'io diviso, intraprendere un ritiro radicale dalla realtà esterna può ben rendere schizoidi. Non solo il viaggio interiore yogico corre il rischio di malattie mentali, ma l'obiettivo di un tale yoga solleva alcuni seri problemi per un cristiano. Gesù ci esorta a cercare il Regno di Dio dentro di noi, non la "consapevolezza pura". Quando un cristiano prega, "Venga il tuo regno", paradossalmente vede il regno di Dio come un evento sia esterno che interno. Anche nelle tradizioni monastiche cristiane, che raccomandano il ritiro dal mondo, dagli oggetti dell'esperienza sensuale, il monaco è in cerca di un "regno interiore" (titolo scelto dal Metropolita Kallistos per i suoi scritti). In questo "regno interiore", regna sovrano Dio la Santa Trinità, il nostro Dio che si è "rivelato" a noi in Gesù Cristo. Noi lo riconosciamo e comunichiamo con lui nella potenza dello Spirito Santo e mediante il potere dello stesso Spirito invochiamo Dio come «Padre nostro». In innumerevoli parabole, Gesù descrive che cosa significa quella frase, il "Regno di Dio". Tra le altre cose si distingue per una "vita in abbondanza", qui e nell'aldilà, e abbraccia l'intera creazione. Come ci ricorda il patriarca Ignazio IV, 'il Regno di Dio non è altro che il corpo glorificato di Cristo risorto, in cui ogni giorno l'umanità entra in comunione'. [3] L'obiettivo cristiano del "Regno di Dio" è ben lontano da qualunque cosa si intenda con "consapevolezza pura".

Influenti missionari indù come Vivekananda e i suoi seguaci implementano alcune tecniche dello yoga per promuovere un misticismo popolare basato sul concetto di "realizzazione del Sé", che è diventato una parola alla moda dello yoga. Il cammino verso la "realizzazione del Sé" attraverso lo yoga è presentato come una cosa di interesse universale, libero da dogmi e rigorosamente non confessionale. Tuttavia, un attento esame degli scritti di Vivekananda rivela un forte orientamento a favore di una tradizione indù specifica, quella non-dualista (advaitin). Vivekananda ha espurgato la sottile metafisica indù del non-dualismo (advaita) e ha sostenuto pubblicamente la sua causa con l'ardore di un imperialista filosofico. Citazioni casuali dai suoi scritti illustrano il suo sincretismo spericolato e le audaci, spesso assurde, pretese del suo modo di "realizzazione del Sé". [4]

"Tutto è il mio Sé. Dillo senza posa».

"Vai nella tua stanza e fai uscire le Upanishad fuori dal tuo Sé. Tu sei il più grande libro che sia mai stato e che mai sarà, l'infinito deposito di tutto ciò che è".

"Io sono l'essenza della beatitudine". "Non seguire nessun ideale, tu sei tutto ciò che è". "I Cristi e i Buddha sono semplicemente occasioni di oggettivare i tuoi poteri interiori. Noi rispondiamo davvero alle nostre preghiere."

"Possiamo chiamarlo Buddha, Gesù, Krishna, Geova, Allah, Agni, ma è solo il Sé, l’'Io'".

"L'universo è pensiero, e i Veda sono le parole di questo pensiero. Siamo in grado di creare e disfare tutto l'universo". [5]

Quando Vivekananda si rese conto che aveva bisogno di qualcosa di più di blandi discorsi filosofici per il suo marchio della "realizzazione del Sé", scrisse il suo lavoro seminale, Raja Yoga, che è un manuale pratico per chi cerca la cosiddetta "realizzazione del Sé".

"Conosci te stesso": nello yoga e nel cristianesimo

Ci sono molte ragioni per cui l'ethos spirituale alla base dello yoga moderno è incompatibile con il cristianesimo, prima fra tutti è l'attenzione eccessiva sul sé. L'auto-deificazione, da un punto di vista cristiano, è alla radice stessa del male. Nella concezione cristiana, la stessa caduta dell’essere umano è un allontanamento da Dio verso uno sbagliato, ribelle ricorso a sé. Questa rottura della comunione con Dio provoca il peccato e la morte. Commentando il motto socratico "Conosci te stesso", (che è anche un messaggio dello yoga moderno), il teologo ortodosso Mantzaridis scrive: 'Se esiste qualcosa che l'uomo può e deve cercare e trovare in se stesso, non è il sé che è deviato ma l'uomo nuovo in Cristo, nato attraverso la grazia battesimale e gli altri sacramenti della Chiesa. Il ritorno dell'uomo a se stesso non può che esaltarlo veramente a condizione che abbia luogo all'interno della vita in Cristo'. [6] L'obiettivo cristiano e il mezzo per questo obiettivo sono succintamente esposti dallo stesso autore nella sua spiegazione di san Gregorio Palamas: 'La diretta e personale conoscenza di Dio si realizza attraverso una comunione mistica con lui. L'uomo acquisisce la vera conoscenza di Dio una volta che viene visitato dalla grazia divinizzante e unito a Dio attraverso di essa. Più l'uomo accetta la trasformazione divinizzante operata in lui dallo Spirito Santo, più perfetta e completa è la sua conoscenza di Dio '. [7]

Come san Paolo ci ricorda, conoscere Dio è essere conosciuti da lui, cioè, essere amati da lui. L'amore implica una relazione, una comunione, non un annientamento né un "assorbimento", tanto meno un "auto-assorbimento".

Yoga cristiano?

Dato che l'atmosfera spirituale e gli obiettivi dello yoga, in generale, sono incompatibili con il cristianesimo, c'è un modo con in cui un cristiano possa liberarlo dal suo ethos indù, usare le sue tecniche e rimanere ancora un cristiano impegnato?

Alcuni cristiani credono che questo sia possibile. Un esempio notevole è il monaco benedettino Dechanet, il quale sostiene che lo yoga possa fare molto per i cristiani, ben al di là del migliorare il nostro benessere fisico. Egli ritiene che lo yoga possa aiutarci a essere cristiani migliori, purché lo pratichiamo in una cornice di preghiera cristiana. Nel suo libro Christian Yoga Dechanet raccoglie la sfida di cristianizzare lo yoga. Lo fa con una consapevolezza acuta del'ethos anti-cristiano dello yoga tradizionale. Egli afferma enfaticamente quanto i due sono dissimili: 'Il cristiano inizia dalla fede, e raggiunge una certa esperienza, nella carità divina, del Dio della Rivelazione, sperimentando "Emmanuele", Dio con noi, Dio con me. L'indù ha solo dati empirici a guidarlo e alla fine della sua strada scopre un isolamento sublime, ma quasi selvaggio'. [8]

Dechanet fornisce attente linee guida su come si può fare yoga per essere un cristiano migliore: nella preghiera, nel culto, nell'amore di Dio e nell'amore del prossimo. Egli presenta una serie di esercizi di yoga e consigli sulla respirazione come modi di presentare noi stessi a Dio con integrità e sincerità: 'Il nostro intero scopo è di portare calma e pace a tutto l'essere, di fare del corpo un buono e fedele servitore, di liberare l'anima da ansie e problemi che sono fin troppo comuni, e, infine, di risvegliare lo spirito'. [9]

Una critica di Dechanet

Devo confessare di essere un po' turbata da quest'ultima frase, "risvegliare lo spirito". Questo è il linguaggio di uno yogi indù che crede nel "risvegliare" i poteri dormienti per mezzo di un magistrale auto-sforzo, e quindi non è adatto per descrivere un'esperienza cristiana dello Spirito. La nostra preghiera ortodossa allo Spirito Santo, "Re celeste, Consolatore, Spirito della verità..." rende molto chiaro che, come creature decadute, quello che ci serve più urgentemente è un infusione di vita nuova. Quindi noi chiediamo di essere lavati e purificati da colui che è "ovunque presente e tutto ricolma". Questa preghiera ci posiziona chiaramente come supplici che cercano la presenza costante dello Spirito in noi.

Quando ho iniziato a lavorare su questo saggio, ho deciso di testare le raccomandazioni di Dechanet, e ho praticato alcune posture yoga di base durante le mie preghiere del mattino, e ho scoperto che con un po' di sforzo cosciente e di concentrazione era possibile sincronizzare le mie petizioni, lodi e ringraziamenti con le posture. È certamente frenato il livello di ansia, e potrei dire a me stessa che ero in grado di "considerare i gigli del campo", come il nostro Signore ci ha comandato di fare, un po' meglio di quanto faccio di solito. Gli esercizi di respirazione infondevano un senso di benessere e aumentavano la mia capacità di affrontare le turbolenze della giornata.

Tuttavia, c'era una cosa che mi turbava un po' nel combinare lo yoga con le preghiere. Mi sono trovata molto più consapevole di me stessa che pregavo. C'è stato un certo grado di auto-coscienza con cui mi sentivo a disagio: avrei preferito dimenticarmi di me stessa mentre dicevo le parole della preghiera o entravo nel silenzio. Invece, mi sembrava di stare a guardare me stessa che pregavo. Ho deciso che il senso di benessere che avevo sperimentato era abbastanza genuino, ma era il risultato degli esercizi, che erano chiaramente positiva. Ho deciso di tornare alla mia vecchia abitudine di tenere gli esercizi separati dalle preghiere.

La mia conclusione:

1. Incompatibilità.

I cristiani che intraprendono lo yoga devono essere pienamente consapevoli che il suo ethos spirituale indo-buddhista è incompatibile con la fede cristiana. Per esempio: anche le lodevoli linee guida del Dalai Lama di coltivare la compassione si concentrano sull’"auto-sforzo", perché egli ammette francamente di non credere in un Dio Creatore. Per un cristiano, l'amore del prossimo (la compassione) è inseparabile dall'amore di Dio, e, entrambi sono accesi nel cuore umano per mezzo dello Spirito Santo.

Se un insegnante di yoga introduce concetti e obiettivi incompatibili con l'essere cristiani, bisogna resistere. Per questo c'è bisogno di avere una buona e chiara comprensione di ciò che significa essere cristiani. Se si è ben radicati nel pensiero, nella preghiera e nella vita cristiana, dovrebbe essere possibile, per grazia di Dio, prendere ciò che è buono nello yoga e scartare il suo ethos alieno. I tentativi di cristianizzare lo yoga sono lodevoli, ma possono rivelarsi fonte di distrazione.

2. Lo yoga per mantenersi in forma

È perfettamente fattibile utilizzare lo yoga come una routine di benessere ​​per sintonizzare il corpo, e renderlo uno strumento adatto per la preghiera cristiana. Dovremmo essere grati che i moderni insegnanti di yoga lo abbiano ridotto a una forma gentile di esercizio fisico.

[Nota dell'Editore: Anche se la rispettabile autrice di questo articolo considera che lo yoga possa essere usato a mero scopo di esercizi, esistono tuttavia altri studenti e autori ortodossi che non sono d'accordo e credono che anche in questo caso ciò possa comunque creare problemi in una persona. Più in basso, vedrete che anche i "guru" affermano che lo yoga ha effetti collaterali negativi sul corpo. Sulla base di questo e di tutto il resto che leggerete più avanti, si consiglia al lettore di fare ricorso ad altri tipi di esercizio fisico... dopo tutto, ce ne sono molti altri tipi, che non hanno radici religiose.]

3. Cautela

Vorrei, tuttavia, suonare una nota di cautela. È importante assicurarsi di essere in condizioni di buona salute prima di intraprendere lo yoga posturale. Un check-up medico è una buona idea. Per esempio, se si hanno problemi di pressione sanguigna dovrebbero essere evitate certe posture. Alcune posture stimolano la tiroide, e per chi ha problemi legati a quella ghiandola, ancora una volta, è necessario stare attenti. Alcune posizioni difficili come la posizione sulla testa dovrebbero essere fatte solo per brevi periodi. Un guru indiano, che rifiuta lo yoga, prende in giro la sua pretesa di illuminazione con l'osservazione che troppe posture sulla testa danneggiano i vasi sanguigni più sottili nel cervello, e causano anche danni parziali al cervello, e il conseguente stordimento è salutato da alcuni indù come uno stato di illuminazione!

Ancora maggiore cautela è necessaria con ciò che viene insegnato come "meditazione". Alcune forme avanzate di esercizi di meditazione modificano i ritmi del cervello e portano a un senso di euforia, che può creare dipendenza. Come per altre dipendenze, quando l'effetto svanisce, si può finire nella depressione.

4. Pericoli psichici

Le tecniche di respirazione finalizzate a risvegliare quella che viene chiamata kundalini, l'energia sessuale latente, che si sublima in energia spirituale, sono particolarmente pericolose, poiché espongono a forze psichiche al di là del proprio controllo. Qui è bene ricordare la parabola di Gesù sullo spirito immondo (Matteo 12:43-45). Una consapevolezza raffinata e accresciuta senza la presenza di Dio è uno stato pericoloso in cui trovarsi.

5. I mantra e la preghiera del cuore

Alcuni insegnanti di yoga incoraggiano il canto dei mantra come un mezzo per eliminare i disturbi. I mantra sono invocazioni abbreviate delle divinità indù; si dice che le vibrazioni sonore di un mantra attivino i livelli inesplorati della coscienza. I cristiani non hanno bisogno di questi mantra. Piuttosto che entrare in reami psichici sconosciuti e potenzialmente pericolosi attraverso tali canti, siamo in grado di stabilizzare noi stessi dicendo la preghiera del cuore. Abbiamo nella preghiera del cuore l'invocazione più perfetta del nome di Dio, che noi siamo chiamati a "santificare", cioè a mantenere santo. Inoltre, il nostro grido si fonda su una sobria consapevolezza della nostra povertà spirituale come creature a rischio di peccato, di conseguenza, come il mendicante cieco diciamo: "Signore Gesù, abbi misericordia!"

La ripetizione vocale o silenziosa del nome di Gesù si comporta come un mantra, e tuttavia la preghiera del cuore non è un mantra. La preghiera del cuore, a differenza di un mantra, contiene in nuce i fondamenti della fede cristiana. A differenza di un mantra, che funziona più come auto-ipnosi, la preghiera di Gesù segna un movimento da e verso Dio, in quanto incarna un rapporto di fede e di amore. A differenza dei mantra indù, il cui ambito è quello che i cristiani considererebbero come il "vecchio Adamo", il fine ultimo della preghiera del cuore è, per citare san Paolo, "indossare l'uomo nuovo". Negli scritti dei Padri del deserto, di san Giovanni Damasceno, in particolare nella tradizione esicasta così profondamente difesa da San Gregorio Palamas, e nelle opere di commentatori moderni come il vescovo Ignazio Brianchaninov, il metropolita Kallistos, il monaco Porphyrios, abbiamo preziose indicazioni per la pratica della preghiera del cuore. Come Ignazio Brianchaninov dice, "Nel nome del Signore Gesù è dato il ritorno alla vita all'anima resa morta dal peccato. Il Signore Gesù Cristo è la vita. E il suo nome è vivente; ravviva e vivifica coloro che lo invocano alla fonte della vita'. [10]

Dopo aver dato questi avvertimenti, credo ancora che un regime modesto di yoga possa aiutarci a rimanere flessibili nel corpo e nella mente, spiritualmente attenti e vigili e infine a vivere una vita cristiana con maggiore entusiasmo e gioia. Possiamo prendere spunto dai primi Padri della Chiesa. I Padri cappadoci furono addestrati nelle scuole pagane di retorica e di logica, ma scartarono l'etica pagana e usarono le tecniche del loro apprendimento con effetto brillante nella loro teologia spirituale cristiana. Allo stesso modo, anche noi possiamo avere a che fare con lo yoga senza essere sommersi o fuorviati dal suo ethos alieno, purché ci affidiamo a Cristo, nostro Signore e nostro Dio.

Note

[1] Ashok Kumar Malhotra, An Introduction to Yoga Philosophy: an annotated translation of the Yoga Sutras, Ashgate, Aldershot, 2001, p. 15

[2] Ibid., P.4

[3] Ignazio IV, Patriarca di Antiochia, The Resurrection and the Modern Man, trad. Stephen Bingham, St. Vladimir's Seminary Press, New York 1985, p. 71

[4] Per un'analisi informativa e penetrante delle origini ibride dello yoga moderno vedere, Elizabeth Demichelis, A History of Modern Yoga: Patanjali and Western Esotericism Continuum, London, 2004.

[5] Tutte queste citazioni dalle Opere complete di Vivekananda sono da Demichelis, A History of Modern Yoga, pagine 121-122.

[6] George I. Mantzaridis, The Deification of Man: St. Gregory Palamas and the Orthodox Tradition, trad. Laidain Sherrard, St. Vladimir's Seminary Press, New York, 1984. pp 82-83.

[7] Ibid., p.114

[8] Dechanet, Christian Yoga, London, Burns & Oates, 1956,1964, p.121

[9] Ibid., P.85.

[10] On the Prayer of Jesus, trad. Father Lazarus, London: John M. Watkins, 1965, p.27.

 
Anziano Efrem di Vatopedi: Dobbiamo diffondere l'esperienza spirituale attraverso Internet ora, perché può venire un momento in cui non sarà possibile

L'archimandrita Efrem di Vatopedi

Parlando alla prima "Conferenza internazionale sui media digitali e sulla pastorale ortodossa" di Atene, l'archimandrita Efrem, abate del monastero di Vatopedi sul Monte Athos, ha osservato che Internet è uno strumento di predicazione cristiana unico nella storia.

Lo sviluppo rabbioso delle tecnologie dell'informazione negli ultimi due decenni ha portato risultati davvero inattesi, che non potevamo nemmeno sognare negli anni Settanta e anche Ottanta. Internet, le e-mail, le risorse basate sul web, i social network: sono parte della nostra vita quotidiana, del lavoro, della scienza, dell'istruzione, dell'arte e dell'intrattenimento. Internet ha permesso di ridurre o addirittura abolire la distanza. Pertanto, le notizie possono essere trasmesse tramite Internet da un capo all'altro della terra in un paio di secondi – noi tutti abbiamo avuto questa esperienza. Le conversazioni, a volte anche quelle  che coinvolgono un contatto visivo, ora si svolgono senza problemi, indipendentemente dalla distanza. L'unica condizione è che l'utente abbia accesso a Internet. Infatti, l'uso di Internet è così semplice che qualsiasi bambino o anziano lo può facilmente utilizzare.

In questo stesso modo, la Parola di Dio può essere trasmessa in tutto il mondo. In questo modo, ciò che sta accadendo qui ad Atene davanti ad un pubblico di 100 persone può essere registrato e inviato a migliaia o addirittura milioni di utenti, o anche trasmesso on-line, come sta accadendo ora con la nostra conferenza.

Ma dobbiamo renderci conto che la Parola di Dio non è semplice linguaggio umano, ma è portatice di energia divina, che può far rivivere spiritualmente l'uomo e confortarlo veramente – e questo può accadere attraverso Internet. Sappiamo di molti casi in cui varie persone – atei, idolatri provenienti da India, Giappone e Nepal – hanno trovato l'Ortodossia attraverso Internet e sono rinati, perché hanno trovato la verità che stavano cercando in questa vita; hanno trovato Cristo.

Non molto tempo fa l'attore hollywoodiano Jonathan Jackson ha visitato il nostro monastero. Gli ho chiesto come è diventato ortodosso. Mi ha detto che Internet lo ha molto aiutato. D'altra parte, grazie a Internet, i cristiani che si erano allontanati da Dio sono tornati a Lui, hanno ritrovato se stessi, e trovato il loro posto in questo mondo. Ci sono persone che erano state sull'orlo della frustrazione assoluta e, dopo aver ascoltato alcuni discorsi su Internet, hanno trovato la forza spirituale e la speranza necessaria, e sono ora in via di sviluppo spirituale.

Naturalmente, la Parola di Dio ortodossa è meno presente su Internet rispetto ad altre parole. Quando parlo di altre parole, voglio dire la scienza, l'economia, la politica, e anche fenomeni come la moda, lo spettacolo, o anche alcune fonti di corruzione che, purtroppo, sono spesso visitate.

Mi sembra che oggi la Parola di Dio deve avere una presenza on-line forte e potente. La maggior parte della gente oggi è disorientata, in costante caduta in un vicolo cieco. In questa epoca, solo la Parola di Dio può confortare l'uomo, informarlo, e assicurargli la possibilità della vita eterna. La Parola di Dio trasmessa attraverso Internet può avere una funzione di guarigione per l'uomo.

La creazione di biblioteche digitali con contenuti pertinenti può e deve essere incoraggiata e moltiplicata. Il patrimonio e la saggezza dei santi Padri, con i loro notevoli testi, dovrebbero essere utilizzati per quanto possibile, nel modo più moderno e ottimale. La digitalizzazione e la categorizzazione dei santi Padri consente agli utenti di Internet di trovare testi e informazioni su argomenti di interesse per loro. Inoltre, la digitalizzazione e la promozione attraverso le pagine web della Parola di Dio, in particolare gli insegnamenti dei santi Padri, nonché degli anziani del XX secolo, porterà beneficio spirituale ai nostri contemporanei.

L'anziano Efrem di Katounakia ha detto: "Oh, che peccato che non è stato possibile registrare i detti dell'anziano Iosif." Siamo consapevoli che è veramente importante quando certe cose vengono pronunciate da persone che hanno vissuto e maturato esperienza personale nell'invisibile guerra spirituale. San Paisios ha detto: "Scrivete tutto ciò che ascoltate di spirituale, così come l'esperienza che avete sentito da altri, perché ci sarà un momento in cui questa esperienza si esaurirà, e ci sarà una carenza spirituale". In effetti, negli ultimi anni c'è stata una grande crescita nella pubblicazione di libri di contenuto teologico, soprattutto in Grecia, ma anche in altri paesi ortodossi.

Ma, purtroppo, ci sono ortodossi che, a causa di barriere linguistiche, non hanno accesso a questi testi preziosi. Inoltre, il libro ordinario, stampato su carta, è ora in una grave crisi. Allo stesso tempo, le vendite di libri elettronici sono in crescita. Quindi, possiamo dire che siamo in grado di fare uso di questa tendenza. Possiamo dire che tutto questo è buono e gradito a Dio, quando tutto procede in modo corretto.

Internet è uno strumento moderno che promuove la globalizzazione. Coloro che vogliono diffondere le loro idee di una storia mondiale, un'economia globale, uno stato globale, un e leader globale sanno come fare uso di Internet – e, anzi, lo usano a un livello elevato. Perché non dovremmo, noi ortodossi, utilizzare questo strumento per la promozione del ruolo globale dell'Ortodossia? Perché non dovremmo utilizzarlo per unire gli ortodossi e per la loro missione nel mondo conosciuto?

Il corretto utilizzo di Internet dipende dall'utente. Naturalmente, Internet non può sostituire il contatto vivente. Naturalmente, non si può raggiungere un determinato livello di spiritualità attraverso Internet da solo. L'Ortodossia è centrata sulla persona. Una priorità va anche al valore essenziale della persona, alla singola persona. Internet è uno strumento, uno strumento che ci aiuta e ci avvantaggia – ma in modo che i fedeli conducano una vita spirituale autentica, è necessario che abbiano un contatto personale con il loro padre spirituale.

Allo stesso modo, è essenziale avere una comunicazione con altri fratelli, al fine di sperimentare l'amore e di partecipare a tutti i misteri della Chiesa. Naturalmente, ci sono anche casi in cui l'uso eccessivo di Internet, anche a fini buoni e spirituali, può creare dipendenza, con conseguente isolamento asociale e un effetto negativo sulla propria personalità. Così, Internet può avere risultati negativi: invece di condurre l'utente più vicino a Cristo può, al contrario, portarlo lontano da Dio. Perciò noi abbiamo la grande responsabilità di promuovere e condividere la Parola di Dio con i metodi più creativi, utili e moderni – ma dovremmo anche informare il nostro gregge su come utilizzare Internet con profitto, sottolineando tutti gli effetti negativi che possono essere causati dal cattivo uso di questa tecnologia.

Questo è uno degli obiettivi della nostra conferenza, che per la prima volta viene svolta a livello internazionale per gli ortodossi. Si tratta di una grande benedizione che la prima conferenza si svolga nel nostro Paese. Vorrei ringraziare gli organizzatori: la rivista on-line "Pemptousia", così come le risorse on-line di "Bogoslov" dalla Russia. Il nostro monastero sostiene sempre con molto amore e interesse l'attività del dell'Istituto "San Massimo il Greco". Speriamo che questa conferenza sarà in grado di affrontare le sfide del mondo moderno, e che tutti i partecipanti potranno utilizzare queste nuove tecnologie e Internet per il loro beneficio spirituale.

Cristo è risorto! Vi ringrazio.

 
Eroi quotidiani: Intervista all'archimandrita Tikhon (Shevkunov)

Archimandrita Tikhon (Shevkunov)

Nel suo discorso all'Assemblea federale [12 dicembre 2012, ndt], il presidente Vladimir Putin ha dichiarato: "È doloroso per me dirlo, ma devo dirlo: la società russa sta vivendo un evidente deficit di legami spirituali".

La dissociazione tra "padri e figli", la mancanza di comprensione fra i popoli, anche tra persone della stessa generazione, e, talvolta, anche la perdita dei valori morali tradizionali della Russia... Fino a quest'anno non avevamo sentito nulla di simile da parte dei leader del nostro governo.

Che ci piaccia o no, dopo il periodo sovietico con la sua ideologia coercitiva, ci siamo scagliati, come al solito, nella direzione opposta: in questo caso, verso la completa confusione ideologica e l'ambiguità di significato e di scopo. Pur mantenendo ogni avversione all'ideologia coercitiva, sempre più persone stanno gradualmente arrivando alla conclusione che l'estremo opposto, uno stato completamente de-ideologizzato, è spiritualmente debole e semplicemente insostenibile.

E che cosa cercare, invece? Una nuova ideologia?

Questo è proprio quello che non vorrei affatto: un'ideologia preparata dietro le scrivanie e obbligatoria per tutti. Fortunatamente, però, nel campo delle convinzioni umane e delle visioni del mondo ci sono cose che sono molto più significative ed efficaci di ogni ideologia.

Per esempio?

Valori eterni.

Per le persone di oggi questo suona un po' troppo passionale. Forse sarebbe meglio dire "valori fondamentali"? Questo è ciò che la gente di oggi dice che dovrebbe essere attivamente coltivato quando si parla di politica per la gioventù della Russia.

E posso chiedere quali "valori fondamentali" sono più richiesti tra i giovani di oggi?

Lo sappiamo da numerosi sondaggi di opinione. La salute viene prima, quindi la qualità della vita e della famiglia, quindi il denaro e i beni materiali. La sicurezza. La capacità di trovare lavoro redditizi e interessanti. Poi gli amici. E infine, l'amore per la patria.

Beh, se questi sono davvero i valori principali dei giovani d'oggi, allora la nostra posizione è molto peggiore di quanto si possa immaginare. Dopo tutto, se traduciamo questa gerarchia di valori dal linguaggio della sociologia in russo, questo è ciò che sente: "Garantitemi una formazione di qualità, un lavoro redditizio, sicurezza, un alloggio decente, e tutto il necessario per una buona salute, e poi i miei amici e io ameremo la patria".

Non ho assolutamente alcuna intenzione di fare moralismo. Tutto ciò che i sociologi hanno enumerato rappresenta i desideri naturali e normali della maggior parte delle persone. Solo una cosa non mi è chiara: perché, come si è detto, gli sforzi della politica giovanile di un intero governo sono dedicati a coltivare il desiderio di ricevere alloggi di qualità? O a coltivare con pazienza la palese lotta per una paga più alta? Ovviamente, quando parliamo di indebolimento dei "legami spirituali," abbiamo in mente qualcos'altro.

"Valori eterni", dopo tutto?

Sembra di sì. Trascurarli e ignorarli porta a rotture tragiche e alla mancanza di comprensione tra le persone e le generazioni. Ricordiamo le parole di Shakespeare: "Il tempo è fuori dai cardini" [Amleto, Atto 1, scena 5, ndt].

Sì, i valori più alti: misericordia, bontà, coraggio, amore sacrificale per la gente e per la patria, saggezza, lealtà, generosità, correttezza e modestia ... Questo per non menzionare nemmeno la fede in Dio e la scoperta del suo piano per il mondo e per l'uomo. Sono queste qualità spirituali e morali, che per la maggior parte i genitori vogliono vedere nei loro figli. Ed è il loro nutrimento e coltivazione che dovrebbe probabilmente essere oggetto delle politiche per i giovani. Ma ecco il problema: né l’insegnamento morale né il tipo più giusto di predicazione ha alcun effetto positivo. Inoltre, questi provocano un’allergia persistente e prolungata.

In tal caso, come pensa che dovrebbe essere la politica della gioventù di oggi?

Non so cosa dire sulla politica dei giovani di oggi, ma cerchiamo di ricordare quella della Grecia antica.

La base etica e il fondamento dell'antica società greca era l'eroe, sia quello mitico che quello completamente reale. Tali erano Pericle, Alessandro Magno, e gli eroi dell’arte e della filosofia: Omero, Fidia, Platone.

A. Patrakov. Muzio Scevola nel campo di Porsenna

Roma antica era anche una civiltà di eroi: Tiberio e Gaio Gracco, Cesare, Muzio Scevola. Al fine di trasmettere alle nuove generazioni un alto senso di amore sacrificale per la patria, non era affatto necessario dare lezioni di morale ai giovani. Era sufficiente raccontare loro di Muzio Scevola. Fatto prigioniero ed esortato a tradire Roma, proclamò: "Ecco quello che un romano libero può fare", ponendo la mano sul fuoco dell'altare e tenendola lì fino a quando non fu carbonizzata.

Anche Bisanzio, in senso etico, fu una civiltà di eroi. Si può leggere di loro nei libri speciali chiamati "Vite dei Santi." In questa società, erano gli eroi dello spirito a essere ricercati in primo luogo. Nell'Europa medievale il cavaliere era l'eroe. Nell'antica Russia sono stati i santi e i guerrieri-cavalieri. Possiamo trovare i nostri eroi nella storia sia recente che contemporanea, e questo senza nemmeno parlare del recente periodo sovietico, che è stato totalmente impregnato di culto degli eroi, sia originali che contraffatti.

Gli eroi sono portatori di quei valori importanti ed eterni - di nazione, cultura e civiltà - di cui abbiamo appena parlato. Ma, cosa più importante, sono più che semplici portatori. La società ha assegnato loro un compito che va oltre la forza di chiunque altro: trasmettere in modo efficace questi valori di generazione in generazione, da cuore a cuore. Nessun, sermone edificante e moraleggiante, seminario, o "forum Seliger" porterà a compimento questo compito senza questi portatori autentici di valori più alti. La funzione pedagogica degli eroi sta nella continuazione del loro particolare servizio anche molti secoli dopo la loro morte. Non è un caso che le Vite parallele di Plutarco (biografie di grandi romani e greci) erano studiate, per esempio, nei ginnasi russi fino alla rivoluzione, quando eroi completamente diversi sono stati sostituiti a quelli vecchi.

E cosa sta accadendo oggi con gli eroi?

Icona del santo principe Aleksander Nevskj. Atelier dell’iconografa Ekaterina Il’inskaja / icon-art.ru

Purtroppo, non cosa "sta accadendo", ma cosa "è già accaduto." Nel corso degli ultimi decenni è avvenuta la completa "de-eroizzazione" della Russia. Come ha scritto Vladimir Majakovskij, "Il lavoro infernale sarà fatto e si sta già facendo" [Dalla poesia "Conversazione con il compagno Lenin", 1929, ndt].

In generale, la "de-eroizzazione" è, a ragione, un processo positivo e talvolta anche necessario che si svolge di volta in volta nei vari paesi e culture, quando i venti della storia hanno portato via i gusci e i resti del pantheon.

Ma nel nostro caso della Russia, questa revisione è stata intrapresa dalla classe "creativa" e dalla società "benpensante" di storici dilettanti altamente progressisti. Come risultato di questa purga, condotta con spietatezza bolscevica, siamo stati lasciati senza alcun eroe nazionale. Sono stati tutti rovesciati. Sono stati tutti trasformati in mostri spietati, feccia, canaglie, vigliacchi, pervertiti e opportunisti senza scrupoli. I metodi utilizzati sono le calunnie, la beffa cinica e spietata, e la distorsione dei fatti. In campo accademico, questo pregiudizio. Nella raccolta dei fatti, è una falsificazione fatta con le modalità dei paparazzi. E tutto questo, naturalmente, con il pretesto della "lotta per la verità" e del pio desiderio di rivelare a noi, ciechi e ingannati, la verità su noi stessi.

Recentemente sono andato in una libreria nel centro di Mosca. Nel luogo più importante, tra i best seller, c’era l'ultima ristampa della satira di Vladimir Rezun sul maresciallo Georgij Zhukov (1896-1974). [Rezun scrive sotto lo pseudonimo di Viktor Suvorov, il libro in questione è Ombra della vittoria - ndt] Facciamo un altro esempio: da più di un anno o due circola l'idea che "il vostro Aleksander Nevskij" non è stato niente di più che un comune oppoertunista, un leccapiedi dei principi tartari. E cercano anche di diffamare Pushkin come un volgarizzatore privo di talento!

Ma ci sono un bel po' di elementi di fatto per quanto riguarda la brutalità di Zhukov.

Gli studiosi accademici sia russi che occidentali hanno da tempo completamente smontato i concetti "storici" di Rezun. Ma non è questo il punto. Ogni capo militare senza eccezione può essere accusato di brutalità. Ricordiamo le parole di Pushkin:

Lasciate che l'eroe mantenga il suo cuore!

Che cosa sarà senza di esso? Un tiranno ...

V. Tropinin. Aleksander Pushkin.

questo viene dal suo poema "L’eroe" (1830), che è dedicato, tra l'altro, non a uno qualunque, ma al nemico della Russia - Napoleone. Qui ci sono la saggezza del genio e una profonda, penetrante visione storica.

Il libro di Rezun e la campagna che ne è seguita è il più chiaro esempio di uno sforzo concertato internazionale e nazionale per trasformare da cima a fondo non solo la storia della Seconda Guerra Mondiale, ma anche la nostra mentalità nazionale. Il suggerimento, implicito o esplicito, è questo: se i vostri grandi eroi erano in realtà, più spesso che no, mostri ed eccentrici, allora che tipo di paese è questo? Che tipo di nazione? Chi siete voi stessi?

Nella storia recente, sembra che siano stati lasciati solo due eroi: gli anziani accademici Dmitrij Likhachov (1906-1999) e Andrej Sakharov (1921-1989) con la loro opposizione al governo sovietico in disintegrazione. È vero, c'era anche Aleksandr Solzhenitsyn (1918-2008), ma nei suoi ultimi anni, a giudizio della "classe creativa", la sua scrittura si è in qualche modo spenta ed è stato espulso dalla loro società.

Tuttavia, la "classe creativa" ci offre ancora alcuni eroi moderni: vale a dire gli "eroi" della moda. Essi portano e trasmettono con successo ai giovani "valori" che sono diametralmente opposti ai valori più alti: invece della modestia, la presunzione sfacciata, invece della nobiltà, la meschinità, l’opportunismo dimostrativo e il consumismo. E così via, andando verso il basso.

Allora dove possiamo trovare veri eroi nel nostro paese?

Questa è l’eterna domanda! Il personaggio di Chatskij, di Aleksandr Griboedov di [in Che disgrazia l’ingegno! - ndt] era già tormentato da questo:

Dove sono, mostrateceli, i padri della Patria,

Chi dobbiamo prendere come esempio?

Solo, ricordiamoci di quando Chatskij mosse questo rimprovero alla Russia. Fu nel 1827, a quanto pare, quando Griboedov lesse il manoscritto completo a Pietroburgo. È davvero possibile che non si trovasse nessuno che potesse servire da modello nobile e da alto "esempio"?

Ma erano proprio gli anni in cui il genio di Pushkin era in fiore. Evgenij Baratynskij (1800-1844) e Vasilij Zhukovskij (1783-1852) stavano creando la loro poesia. Nikolaj Karamazin (1766-1826) compiva la dotta impresa letteraria di pubblicare la sua Storia dello Stato russo, scritta in russo letterario contemporaneo. Fabian Gottlieb von Bellingshausen (1778-1852) e Mikhail Lazarev (1788-1851) scoprirono l'Antartide nel 1820. Nella pittura, ci furono Aleksej Venetsianov (1780-1847), Karl Brjullov (1799-1852), e Orest Kiprenskij (1782-1836). Nella musica, ci furono Mikhail Glinka (1804-1857) e Aleksandr Aljab’ev (1787-1851). Questo per non parlare dei grandi soldati: i generali, ufficiali e soldati che hanno espulso Napoleone e hanno raggiunto Parigi! Questi non possono essere "presi come esempi"? E Mikhail Speranskij (1772-1839) e Fedor Uvarov (1773-1824)? E in effetti i decabristi, se qualcuno voleva prenderli come esempio, erano pure loro a portata di mano, per così dire.

Come possiamo rispondere a persone, come Chatskij, che stanno sempre pensando alla Russia? Che tipo di enorme miopia è questo? La risposta è semplice, e ci è stata data dallo stesso Aleksandr Pushkin, in una delle sue lettere a Pjotr Vjazemskij (1792-1878). Ha scritto del personaggio principale del Che disgrazia l’ingegno!: "Chatskij non è affatto un uomo intelligente!"

Non ci sono eroi ... Ma se negli ultimi due anni i nostri soldati si sono gettati sulle granate per salvare combattenti. Ci ricordiamo i loro nomi?

Senza guardare su Internet, no.

Il maggiore Sergej Solnechnikov.

Questo è il problema. Il maggiore Sergej Solnechnikov (1980-2012) e il sergente Evgenij Epov (1988-2012). E qual è la differenza tra la loro impresa di eroismo e quello di Aleksandr Matrosov (1924-1943)? Possiamo citare numerosi esempi di persone che hanno compiuto opere veramente eroiche: in campo militare, nel governo, negli studi, e nel mondo del lavoro.

Che cosa dobbiamo fare nei loro confronti?

"Dobbiamo" non è la parola migliore. Quando parlavamo di valori più alti, non abbiamo menzionato una delle più alte e nobili qualità umane: la gratitudine. Ci sono poche anime nobili che coltivano questa sensazione rara e bella di per sé. L'abilità di sentire sincera gratitudine deve essere appresa con pazienza e (cosa particolarmente importante) delicatamente da bambini e adulti. Non si può pretendere gratitudine verso se stessi, questo è sfacciatamente volgare, ma si può inculcare nelle persone la capacità di essere grati a coloro che sono veramente meritevoli, e questo è di importanza vitale.

C'è solo un comandamento per il cui compimento Dio promette una ricompensa molto specifica: Onora tuo padre e tua madre, affinché i tuoi giorni siano prolungati sulla terra [Esodo 20:12; cfr. Deuteronomio 5:16, ndt]. Lo stesso si applica alla vita delle nazioni e delle società. Date un'occhiata a quanti secoli e persino millenni sono sopravvissuti i paesi in cui la venerazione degli antenati e degli eroi nazionali è stata istituita come una tradizione inviolabile e diffusa ovunque, indipendentemente da quali cataclismi potrebbero essersi verificati. Al contrario, non appena un paese comincia arditamente a distruggere la tradizione degli antenati e a infangare i migliori figli e figlie della sua gente, la degradazione rapida e il collasso sono inevitabili.

Le persone che incarnano le migliori qualità dell'uomo, come previsto da Dio, e le migliori qualità del loro popolo sono il tesoro più prezioso di qualsiasi paese. Sono loro, conosciuti o sconosciuti, il tesoro più grande della Russia. Nessuna misura adottata dallo Stato o dalla società può essere considerata eccessiva se è diretta verso la gratitudine e per non far passare inosservate espressioni genuine di eroismo.

Quante volte leggiamo sui giornali di come, in qualche città di provincia, dei furfanti hanno preso una ragazza e l’hanno trascinata in una macchina lungo un viale di fronte a tutti, ma è intervenuto qualche giovane secchione - che è stato ucciso per questo. Quante storie del genere ci sono ... E questo giovane è un vero, genuino eroe! Ma che cosa facciamo a riguardo? Ci sarà un piccolo articolo sul giornale locale. Qualcuno sorriderà: "Non erano affari di quello sciocco." Un altro lo compatirà: "Povero ragazzo." E questo è tutto. E torneremo a essere colpiti dalla passività, viltà, e indecisione dei nostri giovani...

È improbabile che queste storie verranno a conoscenza dei governatori, per esempio.

È un peccato, se è effettivamente così. La glorificazione degli eroi è sempre stata compito dei superiori. Vogliamo che i nostri giovani siano coraggiosi e non si abituino alla vigliaccheria? Vogliamo che durante il servizio militare non si lascino sopraffare dalla natura passionale dei loro coetanei orientali (che, per inciso, non hanno alcuna carenza di eroi nella vita)? Vogliamo che non si girino dall’altra parte, uno dopo l'altro, quando una ragazza viene stuprata? Se si costruisse un monumento a questo "secchione" caduto, un vero eroe russo, nella piazza in cui la tragedia ha avuto luogo, e se il governatore facesse sfilare tutta la città alla dedicazione di questo monumento, allora la vita dei farabutti locali potrebbe non sembrare più così sicura; il grato ricordo degli eroi può ispirare anche i timidi.

Il sergente Evgenij Epov

I governatori le direbbero che non hanno tempo per queste cose.

Pensa che il presidente degli Stati Uniti abbia tanto più tempo? Ma ogni anno si incontra con i vigili del fuoco che erano ai grattacieli l'11 settembre. Si reca personalmente, perché sa che questo è uno dei suoi compiti più importanti. Ma perché usare esempi lontani? Il 1 marzo è stato l'anniversario dell’impresa eroica degli ufficiali e soldati della 6a compagnia [della 76a Divisione aerotrasportata Guardie da Pskov nella battaglia per la cima 776 durante la seconda guerra cecena, 29 febbraio-1 marzo, 2000, ndt]. Il presidente Putin è andato a Pskov appositamente per onorare la loro memoria. Sì, la storia è stata mostrata in televisione. E questo è tutto... I media "hanno fatto la loro parte", e se ne sono dimenticati. Ma chieda ai giovani se sanno di quell’azione eroica senza eguali dei paracadutisti. Qui non abbiamo alcun’opera progettata in modo sistematico a tutti.

O forse questo in realtà non è il momento migliore per gli eroi?

Negli anni venti e trenta, durante la grande depressione negli Stati Uniti, la situazione era, a questo proposito, anche peggiore di quella attuale in materia di eroi. All'improvviso sembrava che non ci fossero eroi in giro, né potessero esserci. Che cosa hanno fatto gli americani? Riconoscendo che avere tali portatori senza tempo di valori importanti ed eterni era particolarmente necessario, sono riusciti a trovare un eroe. E chi era? Un semplice pastore: il cowboy. Fu su di lui, su questa immagine, che fu essenzialmente caricato l'onere di trasmettere le tradizioni e i  valori spirituali e morali del popolo americano.

Portava associazioni positive: libertà, responsabilità, forza, abilità ...

Sì, e anche gratitudine, coraggio, ottimismo, pazienza, benevolenza, e un senso di giustizia e di sacrificio. Per molti anni ha svolto la "funzione dell’eroe" splendidamente.

Ma era soprattutto un eroe del cinema e della cultura. Con tutta l'importanza educativa di questi esempi, sembra tutto abbastanza semplice con loro. Ma che dire degli eroi storici? In questo momento sta avendo luogo un intenso dibattito su come dovrebbero essere i libri di testo di storia russa. Sarà mai possibile approccio unificato per un tema così contraddittorio come la storia? Non è un'utopia?

Nella Chiesa di Cristo, quando una decisione generale deve essere accettata da persone delle più diverse posizioni e punti di vista, siamo guidati da questo antico principio cristiano: "Nelle cose essenziali, l'unità; nelle cose secondarie, la libertà; e in tutte le cose, l'amore."

Forse i partecipanti a questa discussione lo prenderanno a cuore?

Già da due decenni siamo alla ricerca di una idea nazionale. Fino ad ora abbiamo deciso che quest’idea dovrebbe essere il patriottismo. Questo è vero, ovviamente, ma ogni formulazione finale, purtroppo, prima o poi diventerà un luogo comune; tali idee sono sempre limitate, vulnerabili, e quasi sempre diventano fastidiosamente ideologizzate. Tali formulazioni inevitabilmente variano a seconda dei cambiamenti sia nel sistema politico che in direzione della politica. Ma ci sono qualità umane e valori eterni e più alti come la fede, l'onore, la nobiltà, la giustizia, la ricerca della verità, il servizio, il lavoro per scoprire i talenti ricevuti da Dio, il sacrificio, la gentilezza, l'amore per le persone, l'amore per la propria patria e la fedeltà ad essa. Non si tratta di una formulazione dell'idea nazionale, ma piuttosto delle persone che incarnano le migliori qualità spirituali presenti nella nostra storia millenaria, che esprimono lo scopo e l'idea nazionale della Russia. Di fatto, le persone in generale non hanno mai formulato la propria idea nazionale, ma hanno identificato infallibilmente i portatori di tale idea.

 
"Se essere 'buoni' è la misura della nostra salvezza, allora siamo perduti"

E così, liberati dal peccato, siete diventati servi della giustizia. Parlo con esempi umani, a causa della debolezza della vostra carne. Come avete messo le vostre membra a servizio dell'impurità e dell'iniquità a pro dell'iniquità, così ora mettete le vostre membra a servizio della giustizia per la vostra santificazione. Quando infatti eravate sotto la schiavitù del peccato, eravate liberi nei riguardi della giustizia. Ma quale frutto raccoglievate allora da cose di cui ora vi vergognate? Infatti il loro destino è la morte. Ora invece, liberati dal peccato e fatti servi di Dio, voi raccogliete il frutto che vi porta alla santificazione e come destino avete la vita eterna. Perché il salario del peccato è la morte; ma il dono di Dio è la vita eterna in Cristo Gesù nostro Signore. (Romani 6:18-23)

Apostolo della IV domenica dopo la Pentecoste

San Paolo, nell'Epistola di oggi, ci attanaglia con queste parole forti: "Il salario del peccato è la morte". Il peccato è uno dei concetti più fraintesi nel cristianesimo. Tutta una serie di complessi psicologici emana dalla sua incomprensione. Tra i cattolici e i protestanti, il peccato è spesso identificato con la trasgressione del diritto e il senso di colpa. La salvezza è intesa come di qualcosa di derivato dalla giustificazione e dall'espiazione, o addirittura, dalla pacificazione dell'ira di Dio.

Infatti, la dottrina del 'peccato originale' nell'Occidente post-scisma afferma che alla concezione siamo tutti colpevoli del peccato di Adamo. Secondo questa prospettiva, la salvezza è diventare individualmente 'giustificati', giusti, davanti a Dio. La morte di Cristo, in questa luce, è vista come il "pagamento del prezzo" per la nostra colpa, del nostro peccato, per raddrizzare la bilancia della giustizia.

Ora contrastate questa dottrina occidentale con la nostra fede ortodossa: il peccato non è partecipare a una colpa collettiva, ma piuttosto, 'mancare il bersaglio,' non riuscire a vivere la nostra vocazione data da Dio e il nostro scopo nella vita, a vivere per la gloria di Dio, anzi, a essere glorificati come suoi figli adottivi, coeredi con Cristo. Non siamo creati come oggetti d'ira, ma come oggetti d'amore invitati a una comunione, alla partecipazione, alla vita di Dio stesso come santissima Trinità.

Il peccato è altresì descritto nella fede ortodossa come malattia, per la ragione che san Paolo afferma nell'Epistola di oggi: "il peccato conduce alla morte". Perché sarebbe così, se non a causa della giusta punizione di Dio? A causa della libertà che Dio ha piantato in noi, di essere capaci di amore, di restituire e dare amore, dobbiamo essere liberi di scegliere o rifiutare l'amore, di sperimentare quell'amore, che è la vita con Dio. Il rifiuto di quella vita, di quella chiamata, il peccato, ci porta lontano dal rapporto, dalla comunione con colui che è la vita, che ha creato tutta la vita, che sostiene tutta la vita: Gesù Cristo. In questo senso, la vita senza Dio e senza la sua volontà e la sua comunione vivificante è davvero una morte 'vivente'.

Il concetto occidentale di peccato conduce a un vicolo cieco senza via d'uscita in cui l'obiettivo diventa "una paura egocentrica della trasgressione", e/o "la tendenza a sorvolare sul peccato o a raggiungere un accordo con esso", come giustamente sostiene il teologo ortodosso Christos Yannaras. È come se stessimo dicendo, "Oh, non ha importanza, sono davvero una 'brava persona', o si è trattato solo di una pia menzogna, una cosa piccola, oppure "lo fanno tutti..." Lo abbiamo sentito dire tutti prima d'ora o forse addirittura lo abbiamo detto noi stessi.

Questo genere di fraintendimento del peccato porta le persone a minimizzare il peccato e la sua triste influisce sulla nostra vita, la nostra personalità, il nostro essere con Cristo. Quando ci focalizziamo su di noi, e dobbiamo lottare da soli per essere giustificati, mentre siamo giudicati dai nostri peccati, dopo aver sconvolto la bilancia della giustizia, allora stiamo ancora perduti, non abbiamo alcuna via d'uscita, ma fingiamo di essere fondamentalmente persone "buone".

Se essere 'buoni' è la misura della nostra salvezza, allora siamo perduti. Cristo proclama: "Nessuno è buono, tranne uno, Dio". (Matteo 19:17). Quella che sembra una vanteria per "sentirsi bene", per ignorare il peccato e le sue conseguenze nella nostra vita, in realtà ci rende e ci mantiene spiritualmente ammalati; ignora il nostro bisogno di Dio, il nostro bisogno di un vero cambiamento che porta alla nostra lotta con le nostre passioni e alla salvezza.

Invece, è il nostro reale riconoscimento del peccato e il desiderio di un cambiamento del cuore, seguito dalla nostra confessione di quel peccato, che è la chiave per la nostra liberazione dalla schiavitù, dalla sua presa su di noi, e dalla conseguente separazione da Dio e dal nostro prossimo. Noi chiamiamo questo riconoscimento del peccato e la nostra conversione dalla fiducia in noi stessi alla fiducia in Dio 'pentimento', metanoia nel greco originale.

È solo nel riconoscere la verità su noi stessi e il nostro bisogno di Dio, il fatto che non possiamo diventare giusti o 'abbastanza buoni' per conto nostro per ereditare la vita con Dio iniziata da questo cambiamento. È nel riconoscere che abbiamo "sbagliato la mira", che non siamo riusciti a essere quello che siamo chiamati tutti a essere, che abbiamo qualcuno a cui rivolgerci, il Dio-uomo, il nostro Salvatore, Gesù Cristo. Egli ci guarisce del nostro peccato-malattia, ci cresce a Sua somiglianza, ci salva dal peggio di noi stessi in modo che possiamo diventare il meglio di quello che voi e io siamo stati creati per essere.

Possedendo e radicando la nostra identità, la nostra autostima, ciò che siamo in Cristo Dio, chiamati ad essere concittadini ed eredi di tutti i santi, partecipando nel Corpo di Cristo ai sacramenti, diventiamo passo dopo passo attraverso il pentimento, quei coeredi di Cristo che siamo chiamati ad essere.

Esistere come individui autonomi, anche 'buoni', non ci salva dal peccato e dalla morte. Ma rifugiarci nella Chiesa, partecipare alla vita sacramentale, mostrare il nostro pentimento attraverso la confessione, essere in comunione con Dio, ci libera dal peccato e ci fa crescere come uomini e donne di Dio, lottando passo dopo passo; e questa lotta, questo spirito penitente, porta frutto per la salvezza. Per questo motivo, confessiamo i nostri peccati regolarmente, non per liberare noi stessi dalla colpa, ma per essere liberati dal loro effetto debilitante, per essere guariti dalla diffusione della loro malattia, per ricongiungerci a Cristo Dio, per essere liberati e crescere nella nostra comunione con lui.

Cristo dice: "Chiunque si esalta sarà umiliato, e chiunque si umilia sarà esaltato (Mt 23:12, Lc 14:11). Vediamo questa umiltà esemplificata nei santi. Pensiamo a san Giovanni Battista, che dice, "Egli (Cristo) deve crescere e io invece diminuire" (Gv 3). E vediamo questa umiltà nel centurione di oggi, Cornelio, un grande capo di 100 uomini agli occhi dello Stato, che dice a Cristo: "Io non sono degno che tu entri sotto il mio tetto, ma dì solo una parola, e il mio servo sarà guarito".

Quando ci pentiamo, stiamo umiliando noi stessi davanti a Dio, ci stiamo affidando a Dio perché ci liberi dal peso del peccato, sollevi la sua presa su di noi, e ci orienti di nuovo alla vita con Dio, alla comunione con lui; siamo abilitati ed equipaggiati per vivere più intensamente, più abbondantemente per Dio, partecipando anche ora al Regno attraverso la vita sacramentale e nel nostro culto.

Non possiamo servire due padroni: o siamo schiavi del peccato e dell'auto-giustificazione, e in questo caso siamo bloccati, immobili, o diventiamo 'schiavi' di Dio, cioè, moriamo a noi stessi, al nostro focalizzarci su noi stessi, il nostro ego, il nostro orgoglio, il nostro desiderio di giustificarci, e invece permettiamo a Dio di cambiarci e di elevarci da schiavi ad amati figli e figlie dell'Altissimo. Questa è la direzione in cui ci porta il nostro cammino di deificazione.

E così, ci rifugiamo nella Chiesa, dove è dato significato e scopo alla nostra vita, un'identità non fondata su questo mondo passeggero, transitorio, ma un nome, un'identità, uno scopo che ci radichi in Dio, il solo eterno e immutabile. San Giovanni Crisostomo si chiede a questo proposito, "Avete peccato? Venite in chiesa e purificatevi. Per quanto spesso cadiate nel vostro cammino, per quante volte questo accada, risollevatevi; allo stesso modo, tutte le volte che peccate, pentitevi altrettanto spesso. Non perdete la speranza e non siate pigri, per non perdere la speranza nei beni celesti preparati per noi... Qui c'è l'ospedale; non il tribunale. Qui è dato il perdono... Venite e vedrete: il pentimento vi salverà ".

Queste sono le parole di verità che riceviamo in questa giornata. Il Signore disse al centurione a proposito del suo servo: "Io verrò e lo curerò". Con il nostro "sì" all'opera di Dio nella nostra vita, Gesù verrà e guarirà anche la nostra anima, "perché il salario del peccato è la morte, ma il dono di Dio è la vita eterna in Cristo Gesù, nostro Signore". Nessuna anima aperta al cambiamento e alla trasformazione in Cristo, è al di là della portata di guarigione di colui che è il grande medico delle nostre anime e dei nostri corpi.

Padre Robert Miclean, americano di origini romene, è parroco della chiesa ortodossa dei santi Arcangeli ad Annapolis, nel Maryland. Serve anche come cappellano al St. John’s College e all'Accademia navale americana.

 
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Disinformazione e notizie false

foto: rambler.ru

Mentre le accuse di disinformazione e fake news si sono moltiplicate negli ultimi quattro anni nella politica americana, è possibile vedere che tali problemi fanno parte dell'esistenza umana da millenni. Mentre leggevo Giovanni 7, mi è venuto in mente l'attuale pasticcio politico. Le somiglianze tra allora e adesso mi sono sembrate chiare. Mentre Internet e i social media aggravano il problema, non sono loro a rendere gli esseri umani soggetti a voci, pettegolezzi e dicerie, sebbene nutrano il mostro che è in noi. "Verrà giorno, infatti, in cui non si sopporterà più la sana dottrina, ma, per il prurito di udire qualcosa, gli uomini si circonderanno di maestri secondo le proprie voglie, rifiutando di dare ascolto alla verità per volgersi alle favole" (2 Tim 4:3-4). Sicuramente, nell'America del XXI secolo questo giorno è arrivato.

 [Disse Gesù ai suoi discepoli:] Andate voi a questa festa; io non ci vado, perché il mio tempo non è ancora compiuto. Dette loro queste cose, restò nella Galilea. Ma andati i suoi fratelli alla festa, allora vi andò anche lui; non apertamente però: di nascosto. I giudei intanto lo cercavano durante la festa e dicevano: Dov'è quel tale? E si faceva sommessamente un gran parlare di lui tra la folla; gli uni infatti dicevano: È buono! Altri invece: No, inganna la gente! Nessuno però ne parlava in pubblico, per paura dei giudei. (Gv 7:1,8-13)

Il capitolo inizia con Gesù che dice ai suoi discepoli che dovrebbero andare a Gerusalemme, ma che non sarebbe venuto con loro. Tuttavia, dopo che i discepoli se ne sono andati, anche Gesù si reca di nascosto a Gerusalemme, desiderando evitare che se ne accorga e sapendo che l'anonimato non sarebbe stato possibile se egli fosse in viaggio con i suoi 12 discepoli: 13 uomini che si muovono insieme in mezzo alla folla attirano l'attenzione. A Gerusalemme vediamo la confusione e la disinformazione che circolano tra la gente a causa delle voci. Gesù è un brav'uomo o sta sviando le persone? Entrambe le opinioni sono ugualmente in voga, il che causa ulteriori dubbi e confusione su come le persone valutano Gesù (questo può essere anche il motivo per cui Gesù entra di nascosto in città, sapendo che le opinioni su di lui non sono solo controverse e divisive, ma anche pericolose e minacciose).

Non è stato forse Mosè a darvi la Legge? Eppure nessuno di voi osserva la Legge! Perché cercate di uccidermi? Rispose la folla: Tu hai un demonio! Chi cerca di ucciderti? (...) Non giudicate secondo le apparenze, ma giudicate con giusto giudizio! Intanto alcuni di Gerusalemme dicevano: Non è costui quello che cercano di uccidere? Ecco, egli parla liberamente, e non gli dicono niente. Che forse i capi abbiano riconosciuto davvero che egli è il Cristo? Ma costui sappiamo di dov'è; il Cristo invece, quando verrà, nessuno saprà di dove sia. (Gv 7:19-20, 7: 24-27)

Di nuovo vediamo disinformazione e notizie false: stanno cercando di uccidere Gesù oppure no? Egli stesso ne è convinto, anche se alcune persone non lo sanno. Possiamo leggere nel testo la confusione che esiste tra la gente di Gerusalemme riguardo a Gesù. Le persone sono confuse e non sanno cosa credere e non sanno a chi credere. È una situazione che induce le persone a cercare cose che possano rafforzare le proprie convinzioni – anche se si sbagliano, almeno si sentono giustificate nel sostenerle. La stessa cosa accade oggi, ma ora alla velocità di Internet.

Nell'ultimo giorno, il grande giorno della festa, Gesù levatosi in piedi esclamò ad alta voce: Chi ha sete venga a me e beva. Chi crede in me; come dice la Scrittura: fiumi di acqua viva sgorgheranno dal suo seno. Questo egli disse riferendosi allo Spirito che avrebbero ricevuto i credenti in lui: infatti non c'era ancora lo Spirito, perché Gesù non era stato ancora glorificato.

All'udire queste parole, alcuni fra la gente dicevano: Questi è davvero il profeta! Altri dicevano: Questi è il Cristo! Altri invece dicevano: Il Cristo viene forse dalla Galilea? Non dice forse la Scrittura che il Cristo verrà dalla stirpe di Davide e da Betlemme, il villaggio di Davide? E nacque dissenso tra la gente riguardo a lui. Alcuni di loro volevano arrestarlo, ma nessuno gli mise le mani addosso. Le guardie tornarono quindi dai sommi sacerdoti e dai farisei e questi dissero loro: Perché non lo avete condotto?. Risposero le guardie: Mai un uomo ha parlato come parla quest'uomo! Ma i farisei replicarono loro: Forse vi siete lasciati ingannare anche voi? Forse gli ha creduto qualcuno fra i capi, o fra i farisei? Ma questa gente, che non conosce la Legge, è maledetta! Disse allora Nicodemo, uno di loro, che era venuto precedentemente da Gesù: La nostra Legge giudica forse un uomo prima di averlo ascoltato e di sapere ciò che fa? Gli risposero: Sei forse anche tu della Galilea? Studia e vedrai che non sorge profeta dalla Galilea. E tornarono ciascuno a casa sua. (Gv 7:45-53)

La cacofonia di voci e opinioni è evidente nel testo. Il risultato finale è una divisione polarizzata. C'è incertezza su come valutare Gesù e disaccordo su cosa fare di lui. Le persone non comunicano tra loro, cercano di manipolarsi a vicenda. Non ascoltano altri punti di vista, ma tengono conto solo delle idee con le quali sono già d'accordo. Quindi non possono imparare, crescere o pensare. Le emozioni dominano la giornata e le emozioni sconvolgenti inducono le persone a fare cose sciocche. Sappiamo che il risultato finale sarà negativo per Gesù. Oggi, un paese che afferma di essere una nazione cristiana dovrebbe prestare attenzione a ciò che si può leggere nel Vangelo. Infatti la divisione porterà all'assassinio - quello di Gesù! Anche persone che forse hanno visto le buone opere di Cristo con i propri occhi, si volgeranno contro Gesù perché stanno ascoltando le parole dei capi che non sono interessati alla verità ma vogliono solo che la gente segua le loro opinioni. Proprio come oggi, tranne che oggi Internet consente a questi seminatori di disinformazione di diffondere la loro zizzania su un campo molto più ampio.

Giovanni 7 non è l'unica pericope in cui vediamo accadere questo. Un altro esempio è la Domenica delle Palme, l'ingresso del Signore a Gerusalemme. L'evangelista Matteo inizia questa narrazione dicendoci che la maggior parte della folla a Gerusalemme sta accogliendo Gesù come Messia (Gv 12:12-13 ci dà un'immagine simile). Ma prestate attenzione alla fine del passo, dove sorprendentemente "tutta la città" in realtà sta chiedendo: "Chi è costui?" Non lo sanno. Regna la confusione ma ovviamente non tutti stanno accogliendo Gesù perché molti non sanno nemmeno chi sia.

La folla numerosissima stese i suoi mantelli sulla strada mentre altri tagliavano rami dagli alberi e li stendevano sulla via. La folla che andava innanzi e quella che veniva dietro, gridava: Osanna al figlio di Davide! Benedetto colui che viene nel nome del Signore! Osanna nel più alto dei cieli! Entrato Gesù in Gerusalemme, tutta la città fu in agitazione e la gente si chiedeva: Chi è costui?. E la folla rispondeva: Questi è il profeta Gesù, da Nazaret di Galilea. (Mt 21:8-11)

Qual è la verità della situazione? Non possiamo saperlo, ma vediamo che sono presenti disinformazione e fake news. Le persone non sanno come valutare Gesù e molti non sanno nemmeno chi sia o perché sia ​​significativo. Ma poi vediamo un'ulteriore esagerazione quando "i farisei allora dissero tra di loro: Vedete che non concludete nulla? Ecco che il mondo gli è andato dietro!" (Gv 12:19) Ben difficilmente il mondo intero è discepolo di Cristo in questo momento. Nemmeno tutti gli ebrei hanno accettato Gesù, né tutto il popolo di Gerusalemme. E i capi degli ebrei hanno presto messo la folla, "il mondo intero", contro Gesù chiedendo la sua crocifissione al processo sotto Ponzio Pilato.

Le notizie false e la disinformazione fanno parte dell'esperienza umana almeno nel corso degli ultimi 2000 anni. Non dovremmo essere colti di sorpresa dal fatto che stia ancora accadendo ora o che i leader politici vi si impegnino. Cosa possiamo fare? Una cosa che potremmo considerare sono le parole del presidente Reagan: "Fidatevi, ma verificate".

Prendete con le pinze ciò che dicono i vostri media preferiti o gli opinionisti politici. E non sto parlando di quello che dicono le persone con cui non siete d'accordo. Siate molto cauti nel fidarvi dei supponenti editorialisti dei mass media che esprimono sentimenti e punti di vista con cui siete d'accordo. Non date per scontato che siano sinceri. Stanno cercando di manipolare le vostre emozioni e il vostro pensiero. Non pretendono di essere giornalisti - stanno cercando di aumentare i propri numeri di rating e sanno che possono farlo dicendo cose sempre più oltraggiose. Sono "intrattenitori" sotto le spoglie di giornalisti e gli americani assetati di notizie non ne hanno mai abbastanza delle loro infinite chiacchiere. E purtroppo, anche molti cristiani considerano le loro chiacchiere come Vangelo. Queste teste parlanti dei media vengono pagate per suscitare le vostre passioni e non per informare la vostra mente. Stanno cercando di fare appello ai vostri istinti più vili. Dovete elevarvi al di sopra di loro.

Ricordate solo quello che è successo a Gesù Cristo, poiché la gente ascoltava questi manipolatori d'opinione. Specialmente quando questi chiacchieroni dicono cose con cui ci si sente d'accordo. Una posizione di cautela è: non credete a tutto ciò che pensate. Ricordate l'adagio: "Ripeti una bugia abbastanza spesso e questa diventerà la verità". Questo è ciò che i nostri commentatori dei media fanno abbastanza bene. Cristo viene messo a morte proprio perché la gente si è comportata così. Hanno ascoltato persone che dicevano cose in cui volevano credere e, di conseguenza, la Verità è stata inchiodata a morte sulla croce.

"...per loro conto crocifiggono di nuovo il Figlio di Dio e lo espongono all'infamia. Infatti una terra imbevuta della pioggia che spesso cade su di essa, se produce erbe utili a quanti la coltivano, riceve benedizione da Dio; ma se produce pruni e spine, non ha alcun valore ed è vicina alla maledizione: sarà infine arsa dal fuoco!" (Eb 6:6-8)

 
Storie di preghiere e di raduni

Sono salito sul podio per i giornalisti e mi sono guardato intorno. Nel bel clima primaverile, la larga strada di fronte alla Cattedrale di Cristo Salvatore era piena di gente, per quanto si poteva vedere. Erano migliaia, decine di migliaia, molti di più rispetto ai previsti 25.000. La polizia alla fine ne ha contati 65.000, ma anche se fossero stati di meno (probabilmente erano di meno), tuttavia, non avevo mai visto così tanti cristiani ortodossi riuniti in un unico luogo. C'erano stendardi della Chiesa, bandiere imperiali russe a strisce nere, dorate e bianche, bandiere del gruppo giovanile Georgievtsy, leale alla Chiesa e al Cremlino, e di uno stravagante movimento "Santa Rus’" - avevo visto queste bandiere in un raduno pro-Putin. Ma non ho visto manifesti, tranne uno con una citazione di una popolare canzone dell'era della guerra civile: "Sorgi per la fede, o terra russa!" E la maggior parte delle persone non era altro che la normale congregazione di una chiesa, tranquilla e concentrata.

Devo confessare: ero molto preoccupato per questo evento - un servizio di preghiera di massa in combinazione con un particolare tipo di raduno che la gerarchia della Chiesa ortodossa russa aveva convocato per il 22 aprile - la prima Domenica dopo Pasqua. Lo ha fatto per "difendere il buon nome della Chiesa", passato ultimamente sotto un sacco di critiche: dopo il sostegno del patriarca a Vladimir Putin in campagna elettorale ha fatto seguito la performance anti-Putin di un sedicente gruppo punk-femminista nella Cattedrale di Cristo Salvatore, poi è seguito l'arresto di tre donne sospettate di aver partecipato alla performance e quindi ci sono stati un paio di scandali nei media e nella blogosfera riguardo all'appartamento del patriarca e a un orologio costoso. Parallelamente a questa serie di eventi nella capitale, due chiese sono state vandalizzate nelle province - una nel nord del paese, un’altra nel sud. Ma questi eventi hanno galvanizzato la società, sia all'esterno che all'interno della comunità ecclesiale, a tal punto che avevo paura che il servizio di preghiera portasse solo a ulteriori conflitti e ulteriori attacchi alla chiesa nella blogosfera e nei media. I cosacchi "in divisa" e la stravagante, ultra-conservatrice Unione dei portabandiera ortodossi avrebbero creato, temevo, ampie foto per i blog liberali come manifesti ridicoli e xenofobi.

Mentre guidavo verso la cattedrale lungo l'argine della Moscova, un buon tratto di esso era pieno di autobus con targhe di varie regioni della Russia. Così, avrebbero portato gente dalle regioni, come avevano fatto durante il raduno pro-Putin, e temevo che non riuscissero a mettere insieme abbastanza moscoviti.

Ma quello che ho visto in giro era diverso. C'erano un po' più uomini nella folla a paragone del numero di donne che si vede, in media, in una chiesa russa. C'erano così tante persone attorno che gli autobus non sarebbero stati sufficienti a portarle. Dietro di me, un funzionario del comune di Mosca stava dicendo al telefono che un'altra strada doveva essere chiusa al traffico, perché "continua ad arrivare gente". Una giornalista di un'emittente religiosa a Krasnodar nel sud della Russia ha detto che è venuta in treno con un gruppo di 500 persone, e che tutti nel gruppo erano molto entusiasti di partecipare. Nel frattempo, anche un importante e carismatico sacerdote di Mosca è salito sul podio dei giornalisti scherzando sul fatto che questa era una posizione migliore per gestire l'evento. Si vantava di aver portato da solo 3.000 persone in piazza. Megaschermi intorno alla cattedrale proiettavano un filmato con celebrità che condannavano la "bestemmia" e sottolineavano il ruolo guida della Chiesa nella società russa.

Poi hanno suonato le campane e una processione, con in mezzo il Patriarca Kirill e una dozzina di vescovi, è uscita dalla cattedrale, preceduta dai sacerdoti in paramenti pasquali rossi che trasportavano icone danneggiate da vandali. Per stabilire un legame con la persecuzione dell'era sovietica, era anche inclusa un'icona con fori di proiettile risalenti al 1920. La funzione ha avuto inizio con inni pasquali trasmessi attraverso gli altoparlanti e in pochi minuti il ​​patriarca Kirill ha fatto l'omelia nel suo forte modo ordinario. Era sulla lettura del Vangelo di oggi – sull’apostolo Tommaso che fa la sua affermazione di fede. La fede cristiana, ha detto il patriarca, è il "nervo principale della storia umana", e contro di essa è stata condotta una guerra fin dai primi giorni, una guerra che ha incluso la brutale persecuzione e l'assassinio di sacerdoti in epoca sovietica, e si estende fino ai nostri giorni.

Oggi, ha detto il patriarca, milioni di persone "non possono pensare al futuro del loro paese senza fare affidamento sulla fede ortodossa". E anche se l’odierno "attacco dei persecutori" è incomparabile, ha detto, a quello del periodo sovietico, è "pericoloso" perché le stesse "azioni blasfeme" sono presentate come "una manifestazione legittima della libertà umana, come qualcosa che deve essere protetto nella società moderna".

"Che cosa stiamo facendo qui, miei cari?" ha chiesto il leader sessantacinquenne della chiesa. "Non siamo venuti a un raduno, ...siamo venuti a pregare per il nostro paese e per la sua gente, in modo non avere mai più la Cattedrale di Cristo Salvatore fatta saltare in aria [come avvenne nel 1931], in modo che i nostri oggetti sacri non siano profanati, in modo che la nostra storia non sia falsificata, in modo che il nostro spirito e la nostra forza morale non siano distorte. Non stiamo minacciando nessuno, non stiamo dimostrando la nostra forza. Ma nessuno può impedirci di radunarci per una preghiera comune nei momenti cruciali della storia. "

Ha poi letto una preghiera pensierosa basata su quella scritta dal santo Patriarca Tikhon negli anni dopo la rivoluzione e, in conclusione, ha condotto la gigantesca folla in un canto improvvisato del Credo niceno-costantinopolitano.

La gente ha pregato per davvero - si poteva sentire. Quando si è arrivati al canto del Credo, io stesso non potevo che soffocare le mie lacrime.

Quando i partecipanti se ne sono andati, erano in gran parte felici. Lo spirito della manifestazione - nonostante alcuni punti appassionati da parte del patriarca, compreso quello in cui ha accusato senza nominarli i sacerdoti che erano in disaccordo con lui, di essere dei "traditori in tonaca" - è stato pacifico.

"Quando ho visto le icone profanate, ho potuto solo piangere", ha detto Tatiana Levina, una pensionata di Mosca. "Dovevamo davvero pregare insieme."

Anton Aljalichev, un giovane che gestisce una scuola domenicale in un sobborgo di Mosca ha detto: "Abbiamo dovuto farlo, se non vogliamo ripetere il 1917. Non possiamo esprimere la nostra posizione attraverso manifestazioni, possiamo solo stare insieme e pregare insieme" Quello stesso e solo pensiero - l'importanza di pregare insieme e di vedere attorno così tanti dei propri fratelli e sorelle era dominante in tutte le risposte che ho avuto.

"Sono così commossa!", Ha detto Evgenia Zhuravleva, una musicista che è venuta dalla città di Smolensk, 400 chilometri a ovest di Mosca. "È molto importante che siamo stati insieme e abbiamo pregato insieme".

È stato un vero raduno? Dipende da come lo si vede. La chiesa è stata in grado di evitare una politicizzazione esteriore della manifestazione. Ma il Patriarca Kirill aveva chiaramente bisogno di richiedere la fedeltà dei membri della chiesa e di vedere quante persone avrebbe potuto schierare. Quindi, il servizio di preghiera di massa segue la serie di manifestazioni dello scorso inverno, in cui vari gruppi sono stati in competizione su quante persone potevano portare per le strade. Per la gerarchia ecclesiastica e il Patriarca Kirill in persona, è stata una dimostrazione della loro forza - sia davanti al Cremlino che davanti al pubblico.

D'altra parte, le persone si sentivano di dover venire in piazza - e di poterlo fare - per manifestare le loro speranze e rancori. Così come le loro preghiere.

Resta da vedere, però, quale effetto avrà l'evento sul clima nella società in generale. Molti blogger liberali sono stati solo irritati ulteriormente da ciò che hanno visto come spettacolo di forza della chiesa. Alcune persone hanno accolto l'evento come un passo per la chiesa per diventare una forza della società civile, anche se conservatrice. Altri ancora hanno visto in esso la politica del Cremlino per dividere e governare la società. In ogni caso, la competizione per i cuori e le menti delle persone andrà avanti.

 

 

 

 

 

 

 

 

Parlando di preghiere punk... ecco un curioso gruppo di sostenitori del patriarca: il club dei motociclisti ortodossi Ночные Волки  (i lupi della notte). Il motociclista con la barba in centro al gruppo è Aleksandr Zaldostanov (il leader del gruppo noto come “il chirurgo”… non è un soprannome, è la sua professione!) Il giorno prima dell'incontro di preghiera, Zaldostanov ha dichiarato a RIA-Novosti: "Sono contrario agli indemoniati che ridicolizzano i credenti. Perciò, abbiamo deciso di combinare l'apertura della stagione motociclistica con una corsa in sostegno al patriarca Kirill e alla Chiesa; quest'azione è il mio contributo".

 
San Nicola, le vite dei santi, Babbo Natale e la Natività

Metropolita Ilarion: Il 19 dicembre si celebra la memoria di uno dei santi più venerati, san Nicola il Taumaturgo, arcivescovo di Mira.

Ivan Semenov: Vladyka, San Nicola è spesso considerato, fuori della Russia, come un santo russo. Il popolo ortodosso russo lo considera uno speciale patrono della Russia e prega soprattutto lui. Ciononostante, san Nicola non solo non è mai stato in Russia, ma la Russia in quanto tale non esisteva ai suoi tempi. Come mai?

San Nicola era il vescovo della città di Mira (oggi questa città si chiama Demre e si trova in Turchia) e visse nel IV secolo. Su di lui si è conservato un numero sorprendentemente piccolo di informazioni storiche. Ma è notevole che questo santo sia stato così venerato dalla Chiesa nel corso dei secoli, e che in Russia, per esempio, sia diventato il santo più venerato. In Russia c'erano più chiese dedicate a san Nicola che in ogni altro luogo. Capitava che in una città con, diciamo, quaranta chiese, una ventina di loro fosse dedicata a san Nicola. Ciò è dovuto alla particolare venerazione di san Nicola in Russia e nell'antica Rus'. Questo culto non è nata per alcun altro motivo se non per il fatto che san Nicola ha avuto qualche ruolo molto significativo nella vita e nelle esperienze spirituali di centinaia, migliaia, milioni di persone. Cioè, la gente lo pregava per lui e riceveva una risposta a queste preghiere. La gente si rivolgeva a lui per chiedere aiuto, e avvenivano miracoli. È noto, per esempio, che san Nicola ha aiutato molte persone in pericolo in mare. È tradizionalmente considerato il santo patrono dei marinai. Generalmente aiuta le persone che sono in viaggio. Questa è l'esperienza non solo di persone in tempi antichi, ma anche di gente moderna. Andate in qualsiasi parrocchia ortodossa e chiedete ai fedeli che vengono alle funzioni: come vi ha aiutato san Nicola e perché vi è così caro? Quasi tutti probabilmente vi racconteranno una storia dalla loro vita connessa con l'aiuto e l'intercessione celeste di san Nicola. Ci sono molte storie di questo genere.

Vladyka, i nostri telespettatori potrebbero essere sorpresi che, come lei ha detto, esistono poche prove storiche. In Occidente è sorto anche un dubbio circa la storicità della figura di san Nicola. Allo stesso tempo, gli storici contemporanei hanno trovato la conferma della sua esistenza, e anche della sua vita, e su questo abbiamo una breve relazione.

[inizio del videoclip]

Narratore: Il seguente fatto è stato stabilito già da un secolo e mezzo fa. L'archimandrita Antonij (Kapustin) ha dimostrato che gli antichi agiografi avevano permesso l'intreccio di due vite: quelle di Nicola di Mira e di Nicola di Sion. Tutto è iniziato quando, a metà del X secolo, qualcuno ha deciso di creare un "supplemento" alla vita ufficiale di Nicola di Mira in Licia, scritta da un monaco greco, l'archimandrita Michele. Questi due Nicola si sono fusi in un'immagine venerata a livello popolare e più tardi nella memoria ecclesiastica.

Andrej Vinogradov, ricercatore presso l'Istituto storico dell'Accademia russa delle Scienze: "Per molto tempo non è stato chiaro come questi due testi sono stati combinati. Finora non sono riuscito a trovare nel Museo Storico di Stato un testo in cui questi pezzi sono stati direttamente inseriti nel materiale dell'archimandrita Michele. Poi ciascuno ha copiato a modo suo questo testo arricchito".

Narratore: San Nicola, vescovo di Pinara e archimandrita di Sion, è vissuto nel VI secolo. Teofane e Nonna, menzionati nella vita di san Nicola di Mira, erano i nomi dei genitori di quest'altro Nicola. Fu Nicola di Sion che fece un pellegrinaggio in Terra Santa. Per i ricercatori, tra cui gli europei Gustav Anrich, Nancy Shevchenko e Gerardo Cioffari, questi sono fatti indiscutibili. Nondimeno, gli episodi della vita di Nicola di Sion sono ancora pubblicati nella vita di Nicola di Mira. Si possono vedere nelle icone del santo: il bambino in piedi nel fonte battesimale, il miracolo dei cipressi e la guarigione di Nonna. Per quanto riguarda la successione tra i ranghi della gerarchia ecclesiastica, Nicola di Sion passò del tempo come lettore, diacono e presbitero, mentre Nicola di Mira divenne immediatamente un vescovo.

Andrej Vinogradov: "Viveva nella sua città natale di Patara da laico e distribuiva denaro ai poveri. Poi per ordine di Dio andò nella città di Mira, dove in quel momento fu scelto come vescovo. Fu la prima persona a entrare nella chiesa. Uno dei vescovi aveva avuto una visione che il primo a entrare in chiesa avrebbe dovuto diventare vescovo".

Narratore: L'alta fronte, il naso aquilino, la barba grigia rotonda, e l'altezza di 167 centimetri – l'aspetto di san Nicola nelle icone è vicino al suo aspetto effettivo stabilito dagli antropologi. Più l'icona è antica più è affidabile. Gli antropologi che hanno studiato le reliquie del santo hanno trovato conferma dei fatti della sua vita: la persona cui resti sono conservati in Italia seguiva un regime vegetariano e aveva vissuto per molti anni al freddo e all'umido – Nicola di Mira aveva trascorso otto anni in carcere. Le reliquie conservate a Bari sono state studiate negli anni '50. Nel 1987 gli antropologi hanno aperto la tomba di Venezia e hanno scoperto che vi sono conservate proprio le reliquie mancanti in Puglia.

Andrej Vinogradov: "I barsi avevano rubato le reliquie di notte. Non furono in grado di prendere le ossa più piccole. Furono queste che presero poi i veneziani. In questo modo, più di quattro quinti del corpo sono stati conservati e si trovano a Bari e a Venezia".

Narratore: Un altro quinto delle reliquie autentiche è sparso in tutto il mondo. Ce ne sono troppe fuori d'Italia perché siano tutte autentiche. In futuro l'analisi del DNA potrà aiutare a fermare la diffusione di false reliquie in tutto il mondo. Ma il prossimo obiettivo degli studiosi di san Nicola è quello di scoprire esattamente dove il santo fu sepolto a Mira in Licia.

Andrej Vinogradov: "Ci sono tre versioni principali. La Chiesa russa ha eretto un monumento dove lo riteneva necessario. Ci sono versioni alternative: alcune persone si basano sui resti di sarcofagi che si trovano nella chiesa; questo è il luogo più venerato nella chiesa. Può essere che gli scavi archeologici potranno chiarire questo punto".

Narratore: Ma quali che siano scoperte fatte dagli studiosi, nuovi fatti della vita del Taumaturgo possono solo integrare la sua immagine terrena. La cosa principale è che la fede nella sua intercessione miracolosa è continuata per diciassette secoli consecutivi.

[fine del videoclip]

Vladyka, la Chiesa cattolica ha cominciato a dubitare della storicità del santo causa a causa dell'opinione che due personaggi storici distinti sono stati fusi nella sua vita. Com'è che la Chiesa ortodossa russa vede tale ricerca? In generale, una simile ricerca storica può per esempio influire sulla letteratura agiografica e sull'atteggiamento della Chiesa nei confronti dei suoi santi?

Risponderei in questo modo: ogni santo vive, per così dire, tre vite. La prima è la vita reale che ha condotto sulla terra in un determinato periodo storico di tempo. A volte sappiamo molto di questa vita, e a volte sappiamo molto poco. Un'altra vita del santo è la sua agiografia. È una descrizione buona se è stata scritta dalle persone che lo hanno conosciuto, che potrebbero riportare i reali dettagli della sua vita in questa agiografia.

Molto spesso una vita viene scritta molti secoli dopo e quindi, di fatto, la vita viene scritta come un'icona. Cioè, la vita non è un ritratto verbale, ma piuttosto un'icona verbale del santo. Molto spesso la vita potrebbe consistere di certe storie che sono comuni a molti santi e migrano da una vita all'altra. Pertanto non si dovrebbe trattare queste vite come fonti storiche del tutto affidabili. Nello stesso modo non guardiamo un'icona come guardiamo un ritratto umano. Un'icona è un certo tipo di immagine simbolica verbale.

La terza vita di un santo è la sua vita sperimentata da coloro che si rivolgono a lui in preghiera nel corso dei secoli. Questa è una vita molto reale del santo, che possiamo sentire attraverso la nostra esperienza. Quindi, quando ci viene detto che un santo come san Nicola non è mai esistito, ma sappiamo che proprio questa persona, proprio questo santo, ci ha aiutato molte volte nella vita – allora la questione che avrebbe potuto non esistere è per noi del tutto priva di fondamento. L'esperienza della Chiesa non è meno importante di qualsiasi testimonianza storica o archeologica.

Sì, certamente chiunque abbia almeno qualche esperienza spirituale valuterà questo aspetto come più importante di qualsiasi altra cosa.

Sa, durante l'era sovietica ci insegnavano che Gesù Cristo non era esistito realmente. Nel frattempo, migliaia, milioni di persone vengono a Cristo non come a una sorta di fantasma o illusione, ma incontrano la vera persona viva di Cristo; sono in comunione con lui nella preghiera; se vogliamo dire così, lo conoscono personalmente. Lo conoscono per esperienza personale, si incontrano con lui, e sono in comunione con lui. La loro comunione con Cristo può essere l'essenza stessa della loro vita. Si può dire la stessa cosa dei santi. Le prove storiche possono essere più o meno affidabili. Ci sono anche le vite dei santi scritte dai loro discepoli. Questo tipo di vita è, di fatto, una biografia.

Un'agiografia.

Un'agiografia. Ma capita anche, come ho detto prima, che ci siano vite scritte molti secoli più tardi in base a determinati modelli o canoni, così come si dipingono le icone. E in questo caso, naturalmente, non ci si deve aspettare l'affidabilità di fatto.

Vladyka, per tornare alla figura di san Nicola, direi che potrebbe esserci una quarta vita, oltre alle tre che ha nominato. Vi è anche l'immagine di Santa Claus, che non è un'icona, ma piuttosto una sorta di sua raffigurazione. Quest'immagine è stata estremamente commercializzata in Occidente. Vladyka, lei come vede Babbo Natale? Si tratta di una caricatura blasfema, o qualcosa rimane della fede, della preghiera, e dell'immagine di san Nicola?

Molto è stato commercializzato nella società occidentale moderna. Molto di quello che dovrebbe avere un senso cristiano pronunciato ne è essenzialmente privo di esso – per esempio, la festa del Natale. Oggi non tutti in Occidente sanno che il Natale si riferisce alla Natività di Cristo. La Natività è associata con le vacanze, le pause, gli sci, le vacanze in famiglia, e con la possibilità di invitare i parenti o di andare a fare loro visita.

Purtroppo, in molte lingue occidentali manca nella stessa parola un significato relativo a una nascita. La parola inglese "Christmas" non comprende l'idea di qualcuno che sta nascendo, una "Natività".

Ma la stessa parola indica Cristo. Tuttavia, spesso questa Natività occidentale commercializzata, secolarizzata è del tutto svuotata di qualsiasi componente cristiana. La stessa cosa è successa con san Nicola. Dopo tutto, questo è uno di quei santi che sono amati non solo dagli adulti, ma anche e soprattutto dai bambini. Così si è sviluppata la tradizione di san Nicola che offre regali ai bambini il giorno di Capodanno. A poco a poco questa componente cristiana, questa comprensione che san Nicola era un vescovo cristiano e un asceta, è scomparsa ed è rimasta la figura di questo Babbo Natale, che non è diverso dal nostro Ded Moroz (Nonno Gelo).

A questo proposito, i nostri spettatori chiedono: "Dovremmo far credere ai bambini che in Russia non esiste una cosa come Babbo Natale, che invece abbiamo Nonno Gelo?" Cosa ne pensa?

Beh, mi sembra che ci dovrebbe sempre essere qualche elemento di fantasia fiabesca nell'infanzia. Se i bambini crescono solo in base a programmi religiosi come Vremja (Tempo) o anche Tserkov' i mir (La Chiesa e il mondo), saranno privati di una componente essenziale di un'educazione veramente umana. Le fiabe sono una parte essenziale dell'infanzia. Pertanto, l'elemento di fantasia deve essere sempre preservato, e crescendo i bambini capiranno benissimo qauli personaggi sono reali e quali sono di fantasia.

Alcuni ortodossi (di regola, i nuovi convertiti) temono che confonderemo i bambini facendo loro credere a Nonno Gelo, che non è reale, pur dicendo loro di credere in ciò che la Chiesa crede, che è reale.

Sa, anche gli adulti possano confondersi. È ben noto che nell'antica Rus' esistevano, ed esistono ancora, due feste: il "Nicola invernale" e il "Nicola estivo". Il "Nicola invernale" si celebra il 6/19 dicembre, e il "Nicola estivo" si celebra il 9/22 maggio. Così, quando san Nicola è raffigurato con una mitra, c'è gente che dice: questo è " Nicola invernale" e quando non la indossa, dice che è il "Nicola estivo". Ma queste sono idee popolari. Allora perché dovremmo preoccuparci se i bambini hanno alcune idee che col tempo passeranno?

La nostra spettatrice Polina pone la seguente domanda su san Nicola: "In quali casi si deve pregare questo santo? Quand'è che può essere di maggiore aiuto per gli altri? "

Penso che si possa pregare san Nicola in tutti i casi. Io, comunque, mo sono spesso rivolto a lui in varie situazioni e ho ricevuto aiuto. Posso citare un semplice esempio. Il mio ministero sacerdotale è iniziato in zone molto povere della Lituania, dove avevo quattro parrocchie che non erano collegati da alcun mezzo di trasporto pubblico. Allora non avevo né un'auto né un carretto con cavallo per viaggiare. Per andare da una parrocchia all'altra per celebrare La liturgia, dovevo viaggiare 70 chilometri a piedi o in autostop. Capitava che mi mettessi a camminare – e passava una macchina, poi una seconda, una terza e una quarta, un quinta, e nessuno si fermava. Poi cominciavo a pregare san Nicola, e di sicuro qualche auto si fermava. Certo, si potrebbe dire che questo era tutto una coincidenza. Ma questo è accaduto così spesso, e in tante situazioni diverse, che non potrei mai dire a nessuno che ritengo tutto solo una coincidenza. Ma ci sono stati altri casi in cui san Nicola davvero salvato la gente dal pericolo, o addirittura dalla morte.

Vladyka, c'è un altro miracolo su cui in Russia è stato recentemente fatto un film. Si tratta della cosiddetta "pietrificazione di Zoja", quando una ragazza blasfema ha portato un'icona di san Nicola a ballare con lei, e poi è rimasta immobile con quest'icona per molti giorni. Può essere considerato anche questo un miracolo di san Nicola?

Direi che i miracoli di san Nicola sono normalmente molto gentili e luminosi. San Nicola, di regola, salva le persone dal male e dalla morte, e le aiuta nelle questioni di tutti i giorni. Qui, naturalmente, è accaduto tutt'altro. Sembra che il Signore, o forse san Nicola stesso, abbia voluto istruire e ricordare alla gente che, nonostante la l'educazione atea, le cose sante si dovrebbero trattare con rispetto e senza blasfemia. Questo, a quanto pare, dovrebbe applicarsi non solo ai credenti, ma anche ai non credenti. Sappiamo che miracoli simili hanno avuto luogo, ma naturalmente sono stati soppressi e non registrati. Ma ora alcuni di questi miracoli stanno venendo alla luce.

Cari fratelli e sorelle, il nostro programma dedicato a san Nicola sta arrivando al termine. In conclusione, vorrei ricordare le parole di san Paolo dalla Lettera agli Ebrei: prestiamoci attenzione l'un l'altro per stimolarci a vicenda nella carità e nelle opere buone [10:24]. Vi auguro ogni bene. Che il Signore vi custodisca tutti!

 
Domande e risposte - anni 2002-2004

Questo è uno spazio di approfondimento delle vostre curiosità e dei vostri dubbi che, a diverso titolo, avete espresso nel corso degli anni dal 2002 al 2004. Nel rinnovare il sito parrocchiale, ci siamo resi conto che i nostri archivi dei messaggi erano letteralmente pieni di argomenti che potrebbero essere di interesse comune. Dato che spesso ci vengono posti quesiti simili, abbiamo pensato di rendere disponibili alcuni dei punti a nostro avviso più interessanti: si tratta in ogni caso di domande di curiosità generale sulla Chiesa Ortodossa e su argomenti ad essa correlati, da cui abbiamo espunto le questioni di confidenza personale. Abbiamo mantenuto in queste domande un rigoroso anonimato, dato che esse sono TUTTE autentiche, così come autentici (e degni di rispetto e di riservatezza) sono i loro autori. Sono stati fatti alcuni adattamenti alle domande (togliendo argomenti non rilevanti, e rendendo certe frasi più leggibili), ma abbiamo cercato di mantenere lo stile (e, speriamo, lo spirito) dei messaggi originali. Se qualcuno dei lettori si riconosce in uno di questi quesiti, e per qualche ragione desidera che la propria richiesta personale sia tolta o modificata, non avrà che da farcelo sapere. Speriamo invece che la lettura permetta di rispondere anche alle domande di ALTRI lettori, e di stimolare in tutti un desiderio di ulteriore comprensione. Per porre altre domande, sarà sufficiente scriverci cliccando QUI

ieromonaco Ambrogio


Domanda
Caro Padre Ambrogio,
perché in tante chiese ortodosse si chiedono offerte fisse per le funzioni? Un "tariffario dei sacramenti" non mi sembra una cosa cristiana: non è in contraddizione con le parole del vangelo, "gratuitamente avete ricevuto, gratuitamente date" (Mt 10:8)? 
Lettore Alfredo (13/08/02)

Risposta
Caro Alfredo,
anche le parole del Vangelo che ci dicono di tagliarci mani e piedi e cavarci gli occhi che sono occasione di scandalo (Mt 18:8-9) sembrano in contraddizione con la strana scarsità di monchi, zoppi e orbi nelle nostre chiese... 
Tuttavia, dato che è vero che in alcune chiese ortodosse (non in tutte) sono in vigore determinati "tariffari" per le funzioni, è il caso di analizzare più a fondo questo tema. 
Le funzioni cristiane (e quelle cristiane ortodosse in particolare) richiedono uno sforzo di diverse persone, che non sono indispensabili perché si celebri un certo rito, ma che aiutano a creare un'opportuna atmosfera di preghiera e di rispetto. Un prete celebra la funzione, un lettore legge le officiature, uno o più cantori intonano e cantano gli inni, un sacrestano tiene la chiesa aperta, altre persone aiutano a pulirla, e così via... Se una persona o una famiglia desidera una chiesa aperta per una funzione privata, allora una certa forza-lavoro viene messa a disposizione di quella persona o famiglia, e non c'è veramente alcuna ragione teologica, biblica o psicologica perché detta persona o famiglia non debba pagare il giusto per l'impiego di tale forza-lavoro. Se chi lavora all'interno della chiesa lo fa volontariamente e senza compenso, questo è ancor più nobile, ma nessuno deve presumere che i servizi della Chiesa siano a propria disposizione "di diritto" e senza alcuna forma di compenso.
Quando Cristo istruisce i discepoli a dare gratuitamente, lo fa per quelle cose che non sono affatto quantificabili in termini lavorativi: la predicazione del Regno di Dio, i miracoli, la grazia divina. Se leggi con attenzione il decimo capitolo del Vangelo di Matteo, vedrai che i discepoli che "danno gratuitamente" devono per lo meno ricevere l'ospitalità delle persone tra le quali operano i prodigi descritti dal Signore. Una qualche forma di dono è comunque necessaria, e per questo non c'è da biasimare l'abitudine della Chiesa di richiedere contributi ai propri fedeli. 
Certo, si può obiettare che i contributi dovrebbero essere del tutto volontari, e non legati a funzioni o momenti particolari. Ma non si può allo stesso modo presupporre in tutti un medesimo livello di responsabilità. Un ideale biblico dichiarato è la decima delle proprie entrate, ma dove li vediamo oggi, in una chiesa ortodossa, i fedeli abituati a versare alla Chiesa il dieci per cento dei loro introiti? Quando la situazione è meno che ideale, non dobbiamo stupirci che i rimedi siano anch'essi meno che ideali.
Bisogna anche valutare un altro aspetto dei tariffari delle funzioni: non si tratta di iniziative private delle singole parrocchie né dei parroci, ma per lo più di decisioni sinodali che impegnano tutta una chiesa locale (spesso in occasione di situazioni di bisogno particolare, come è il caso delle chiese in ricostruzione nell'Europa orientale post-comunista). 
Dato che stiamo parlando delle funzioni ortodosse, è opportuno fare una distinzione con alcune obiezioni analoghe che si levano di tanto in tanto nel mondo cattolico romano. Non intendo giudicare qui la tradizione latina, ma vorrei notare che vi sono profonde differenze nel modo di richiedere una funzione "a pagamento". Per esempio, "far dire una Messa" in suffragio di un fedele cattolico defunto significa per lo più fare inserire la recitazione del suo nome in una Messa che (nella gran maggioranza dei casi) viene comunque celebrata. Invece, la richiesta di una funzione funebre privata in una chiesa ortodossa significa richiedere a un prete (e a uno o più cantori, e a un sacrestano, etc.) una presenza supplementare in chiesa, che può durare anche fino a un'ora. Mi sembra evidente che in questi due casi una parrocchia non impegna la stessa quantità di tempo e di energia. 
Credo sia inutile girare attorno al problema delle tariffe per le funzioni idealizzando una ipotetica società perfetta: finché i fedeli non hanno tanto a cuore la loro chiesa da poter far vivere dell'altare quanti servono all'altare (1 Cor 9:13-14), è necessario trovare qualche sistema perché le funzioni possano sempre essere celebrate, e con decoro, quando ce n'è bisogno.


Domanda
Caro Padre Ambrogio,
le sarei grato se potesse indicarmi qualche testo sul tema della reincarnazione nel cristianesimo, sulla scorta di improbabili ma preoccupanti riferimenti a interpretazioni scritturistiche viziate da incomprensioni linguistiche e contenutistiche. Non può indicarmi il punto di vista ortodosso contro le teorie fumose che affermano la presenza nel cristianesimo della dottrina della reincarnazione?
G. (29/11/02)

Risposta
Caro G.,
abbiamo trattato il tema su questo sito, nella sezione dei documenti relativa al dialogo e ai confronti: si tratta del testo di una conferenza che avevo tenuto molti anni fa in un ambiente piuttosto singolare: c’era una platea composta a metà da reincarnazionisti convinti, e a metà da cristiani molto dubbiosi sulla proponibilità di questa dottrina. Ho dovuto giocoforza essere un po' "soffice" e dialogico, e credo che questo trasparirà dal testo. Noterà anche che non ci sono argomentazioni specificamente cristiano-ortodosse, ma solo un generico impianto di verità cristiane di base. Spero che comunque il testo valga la lettura, se non altro per avere qualche spunto di riflessione pacata.

 


Domanda
Caro Padre Ambrogio,
la chiesa ortodossa considera validi i sacramenti amministrati dalla chiesa anglicana alta, dalle chiese orientali separate a Calcedonia e dai vetero-cattolici? 
F. (10/12/02)

Risposta
Caro F.,
i requisiti della validità dei sacramenti non sono sempre gli stessi per ogni tradizione ecclesiale cristiana, e talvolta possono essere anche cambiati a seconda di particolari contingenze storiche. Se ci limitiamo ai quattro requisiti della teologia latina, ovvero i tre requisiti esteriori della materia, forma e ministro, più il requisito più esoterico e impalpabile dell'intenzione (la volontà di fare "quod facit ecclesia"), già notiamo che non tutti i cristiani li considerano allo stesso modo. Chi è per esempio il ministro del matrimonio? Il prete o vescovo officiante (concezione della Chiesa antica oggi mantenuta da ortodossi e cattolici orientali) oppure gli sposi stessi (concezione giuridica tardomedioevale, presente tra i cattolici di rito latino e il mondo riformato)? Oggi i dati essenziali sulla validità dei sacramenti variano addirittura all'interno della stessa chiesa! (Per cui un matrimonio celebrato da un diacono cattolico latino è valido, mentre quello celebrato da un diacono cattolico orientale non lo è. Buffo, no?) Partendo da queste premesse, il discorso sulla validità si fa davvero complicato. Tipicamente, se ne parla solo nei casi di passaggi di chiesa, nei quali lo status dei sacramenti ricevuti nella chiesa di partenza è valutato in base ai parametri vigenti nella chiesa in cui si entra. Per quanto riguarda la ricezione dei non ortodossi nella Chiesa Ortodossa, rimando al lungo e dettagliato articolo di Padre Amvrosij Pogodin sul nostro sito parrocchiale. Per una risposta immediata alla domanda originale - se ci limitiamo alla tradizione della Chiesa Ortodossa Russa - potrei dire che all'ingresso nella Chiesa Ortodossa non si reiterano (e quindi, in senso lato, si "convalidano") i sacramenti:
- delle Chiese ortodosse non calcedoniane e cattoliche orientali (sempre);
- della Chiesa Cattolica Romana e dei vetero-cattolici (sempre, con una questione ancora aperta riguardo alla reiterazione della cresima);
- della Chiesa Anglicana e delle chiese protestanti storiche (per quanto riguarda il battesimo, e con uno spiraglio storico ormai praticamente chiuso riguardo alle ordinazioni anglicane). 

 


Domanda
Caro Padre Ambrogio,
mi hanno portato in regalo da San Pietroburgo un bel volumetto, "Calendario ortodosso": ogni giorno indica i santi, le letture, gli eventuali digiuni, e pensieri spirituali – mi piace seguirlo, imparare, confrontare, ma ci sono abbreviazioni che mi mettono in difficoltà, alcune sono intuitive, una per me è priva di significato: nelle indicazioni delle letture c'è un numero seguito da 'zac', mi potrai dire cosa indica?
T. (4/01/03)

Risposta
Cara T.,
la sigla 'zac' indica l’inizio delle sezioni delle Sacre Scritture nella suddivisione originaria (per letture giornaliere), che è di gran lunga antecedente alla suddivisione per capitoli e versetti (risalente al secondo millennio); purtroppo, si tratta di un'indicazione praticamente inutile se non hai una versione delle Scritture che riporta a margine i punti di inizio delle letture giornaliere.

 


Domanda
Caro Padre Ambrogio,
qual’è la posizione della Chiesa Ortodossa sulla Massoneria?
M. (5/01/03)

Risposta
Caro M.,
la posizione riguardo alla Massoneria è molto critica (le ragioni sono più o meno le stesse che si ritrovano nel Cattolicesimo romano), e quasi invariabilmente si chiede a un candidato alla ricezione nella Chiesa Ortodossa, se è massone, di farsi mettere in sonno. C'è chi si rifiuta di farlo, ma gli esempi di chi cerca di vivere una "doppia vita" di ortodosso e massone sono - le parlo per conoscenze personali - disastrosi. E' un campo nel quale si mette alla prova la nostra disponibilità a farci guidare dall'esperienza millenaria della Chiesa, invece che pretendere di "avere qualcosa da insegnare" alla Chiesa...

 


Domanda
Caro padre Ambrogio,
che lei sappia, non ci sono nella provincia di (…) chiese ortodosse di lingua italiana?
Essendo italiano e conoscendo solo la lingua italiana preferirei seguire una liturgia in lingua italiana... ma se ciò non è possibile, mi darò da fare per capire al meglio la liturgia che offre la chiesa locale.
A. (21/03/03)

Risposta
Caro A.,
la risposta alla tua domanda - per dirla in un monosillabo - è no, ma come per tutte le cose, il discorso sulle lingue delle celebrazioni non si esaurisce qui.
Se vuoi funzioni in italiano, va' in qualsiasi chiesa ortodossa e CHIEDILE. Beninteso, se ti trovi in compagnia di altri due italiani e di trenta persone appena arrivate dall’Europa dell’Est, rifletti a cosa andrebbe incontro l'assemblea dei fedeli se si venisse incontro alla tua richiesta…
Un'altra cosa: il "devo capire" è di solito una razionalizzazione proveniente da un'attitudine intellettualista della vita liturgica. Se in chiesa si va per "capire", allora si dovrebbe far di tutto per tenere i bambini lontani dalle funzioni (non molto in linea con quanto il Signore stesso diceva, a proposito dei piccoli...)

 


Domanda
Caro Padre Ambrogio,
la Bibbia utilizzata dagli ortodossi è la stessa indicata dalla CEI? Mi spiego meglio, ci sono in una o nell’altra modifiche, tagli, interpretazioni differenti o altro che le rende diverse? E le varie Chiese Ortodosse hanno edizioni differenti ancora? Infine, potresti indicarmi un sito internet dove trovare una Bibbia ortodossa (sempre che sia differente da quella cattolica)?
G. (24/3/03)

Risposta
Caro G.,
la Bibbia ortodossa non è differente tra le varie chiese locali (se non per l'infinità di lingue...), ed è più vicina a quella cattolica che a quella protestante, dato che include i testi deuterocanonici dell'Antico Testamento. Sarebbe preferibile per l'AT una traduzione basata direttamente sul testo dei Settanta (LXX), piuttosto che una delle traduzioni basate sul testo masoretico ebraico. Ciò detto, per la lingua italiana il testo CEI è valido dal punto di vista dell'aderenza testuale, anche se non è superlativo da usare in chiesa, dato che il suo stile è volutamente "piatto" e meramente narrativo.
Per le traduzioni ortodosse storiche, il "Textus Receptus" greco dovrebbe essere reperibile su tutti i maggiori siti di download di versioni bibliche (attenzione che sia proprio il testo tradizionale, e non una delle versioni "ricostruite" da esegeti tramite la comparazione di diverse fonti manoscritte; non che queste non siano serie, ma non sono esattamente uguali al testo in uso nella Chiesa).
Allo stesso modo, dev'esserci la "Versione Sinodale" della Bibbia slavonica. Per le edizioni in italiano, credo che vi siano traduzioni parziali di singoli libri della Bibbia in lingue occidentali (per esempio il Salterio, e una nuova versione del Pentateuco), ma essendo coperte da copyright, forse non si trovano in Internet.
Per ulteriori approfondimenti, puoi vedere il testo “Qual’è la Bibbia della Chiesa Ortodossa?”, nella sezione dei documenti di questo sito dedicata ai confronti tra i cristiani.

 


Domanda
Caro Padre Ambrogio,
vorrei chiederle qualche suggerimento pratico circa il digiuno quaresimale.
Da quando sono ortodosso è la prima volta che lo sto osservando in modo stretto. Per una scelta personale ho, da sempre, una alimentazione priva di carne e pesce. Rinunciare però al latte, al vino, alle uova e al formaggio mi mette non poco in difficoltà. Alcuni fratelli nella fede mi hanno consigliato prodotti alimentari a base di soia o dietetici, compatibili con l'impegno quaresimale. Visto però il prezzo un po’ elevato di alcuni di questi articoli sorge nella mia anima una inquietudine: sarà il mio un percorso ascetico autentico? O, più probabilmente, inficiato da farisaica ipocrisia? Che senso ha astenersi da certi cibi se poi in alternativa compro alimenti raffinati e forse poco "virili" da ragazzina con l'ansia di sfondare nel "bel mondo della moda"?
Vorrei cercare di capire per dare un senso a quello che faccio e rispondere così appieno a quello che la Santa Chiesa mi chiede.
A. (24/3/03)

Risposta
Carissimo A.,
I consigli che hai avuto riguardo ai cibi da digiuno non sono ipocriti. Il punto basilare del digiuno "selettivo" è proprio quello di privarsi di determinati alimenti che sono pesanti dal punto di vista della ricezione di influenze spirituali. Diciamo che in tal modo si "affinano", per così dire, i sensi dell'anima, liberando il corpo da nutrimenti troppo ricchi di sostanze che possono danneggiarlo. Pertanto, un prodotto a base di soia (o anche qualche banale derivato di legumi nostrani) non viola lo spirito del digiuno, anche se può essere difficile da trovare, o magari costoso. La moderazione, poi, è un'altra cosa... e nessuno dice che non bisogna osservarla anche nei periodi liberi da digiuno! (Ergo, non strafogarti di budini di soia in Quaresima, ma neppure di gelati dopo Pasqua…)

 


Domanda
Vorrei sapere quali categorie usate per esprimere la realtà della presenza reale di Gesù nell’Eucarestia.
È vero che gli ortodossi non vedono bene le spiritualità che sottolineano la Kenosis?
D. (6/04/03)

Risposta
Caro D.,
la categoria per esprimere il mistero eucaristico è "trasformazione" (metabole); nessun ortodosso parlerebbe di "presenza di Gesù" nell'eucaristia, ma piuttosto di presenza dello Spirito Santo (si veda a proposito il testo dell’inno di ringraziamento dopo la comunione: "Abbiamo visto la vera luce, abbiamo ricevuto lo spirito celeste...")
La Kenosis non è altro che lo "svuotamento" di Cristo: beninteso, si intende lo svuotamento della sua potenza di divinità, nell'assumere la "forma di servo" (si veda l'inno della Lettera ai Filippesi, che parla proprio di Cristo che "svuota se stesso" – eauton ekenosen). Di per sé questo non crea alcun problema, anzi, il concetto di Kenosis nasce proprio con la riflessione teologica dei Padri; se per "spiritualità che sottolineano la Kenosis" intendiamo però dei tentativi di ridurre Cristo a una mera figura umana, questi sono pericolosi perché alterano in modo irreparabile l’equilibrio della divinoumanità del Salvatore. 

 


Domanda
Caro Padre Ambrogio,
dove potrei trovare un komboskini, detto anche corda da preghiera?
T. 12/04/03

Risposta
Caro T.,
la risposta sarà ingenua, ma ci provo: in una chiesa ortodossa! Soprattutto in quelle serbe, dove ci sono molti laici che hanno imparato la tecnica, e intrecciano corde da preghiera come mezzo di sostentamento personale.
In alternativa, si può provare a intrecciarne una da soli: sul nostro sito parrocchiale abbiamo le istruzioni apposite!
In Cristo,
p. Ambrogio
PS. Il termine "komboskìni" (letteralmente, "corda di nodi") è greco; i russi lo chiamano "ciòtki", mentre i vecchi credenti russi ne usano la variante detta "lèstovka" (ovvero "scaletta"); i serbi lo chiamano "broiànitsa" (dal verbo "bròiati", ovvero contare); i romeni lo chiamano "metània" (inchino), o più propriamente "metanièr" (strumento per gli inchini, o prosternazioni)... gli arabi cristiani lo chiamano “masbàhah” (dalla stessa radice di “tasbìh”, o “glorificazione” del nome di Dio: lo stesso nome è usato anche dai musulmani) Paese che vai, definizione che trovi!

 


Domanda
Caro Padre Ambrogio,
in che cosa consiste l' ufficio della GRANDE VEGLIA che celebrate ogni vigilia di festa?
T. 12/04/03

Risposta
Caro T.,
in breve, la funzione nota come “Veglia di tutta la notte” (più comunemente “Veglia”, talora chiamata anche “Grande Veglia”) è la fusione dei due maggiori momenti dell'Officio quotidiano: il Vespro e il Mattutino (uniti alla recitazione finale dell’Ora Prima). Si celebra sempre alla sera prima di una grande festività e - almeno nella Chiesa russa - ogni sabato, in quanto vigilia (Veglia) della domenica.

 


Domanda
Caro Padre Ambrogio,
c'è una cosa che mi frena dal partecipare a una Liturgia ortodossa. Vorrei sapere se quando viene dato il pane e il vino bisogna bere tutti dallo stesso calice; non sarebbe altrettando valido intingere il pane nel vino? Quando si dà il pane e il vino, il cucchiaio entra in contatto con la bocca di tutti oppure no?, lo so che non dovrei avere paura e fidarmi del Signore anche di fronte alle malattie ma intanto vorrei saperlo…
S. (24/06/03)

Risposta
Caro S.,
quello del contatto del cucchiaio con la bocca è il tipico "babau" di chi affronta la Santa Comunione con una mentalità nevrotizzata da tante paure del tutto moderne. Quello che ti posso dire è solo questo: se è andato bene a tutti i cristiani d'Oriente, dalle latitudini tropicali a quelle siberiane, per due millenni, allora credo che potrà andare bene anche a noi.
Comunque, non preoccuparti. Se non sei membro della Chiesa ortodossa, la Comunione non ti verrà data. E questo per una serie di ragioni, che hanno a che fare essenzialmente con la coerenza della propria fede. "Fare" la Comunione significa anche, e soprattutto, "essere" in comunione, ovvero professare una stessa fede. Per usare un piccolo paragone "familiare", se non sei un membro della famiglia non ti danno le chiavi di casa, anche se sei un'ottima persona.

 


Domanda
Caro Padre Ambrogio,
ho un dubbio che riguarda il baciare le icone e la croce... mancherei di rispetto se non lo facessi? e posso essere ortodosso se non lo faccio?
S. (8/07/03)

Risposta
Caro S.,
ci sono scrupoli che talvolta mi sembrano fuorvianti. Cosa significa, per esempio, non voler baciare una croce (che poi significa riverire il nostro Signore morto e risorto per la nostra salvezza), e chiedere se potresti essere lo stesso un cristiano ortodosso? Penso di sì, finché ti astieni da un simile gesto senza avere la pretesa di impedire che gli altri lo facciano, potresti anche essere considerato un cristiano ortodosso, ma un cristiano ortodosso un po' matto (come un marito che metta come condizione del proprio matrimonio il diritto a non baciare mai la propria moglie...) 

 


Domanda
Sono un cristiano cattolico.
Innanzitutto voglio farle i complimenti per il sito, purtroppo non posso fare a meno di notare che si avverte in tutta quella parte un forte sentimento di astio nei confronti dei "suoi fratelli cattolici". Mi spiace per lei, purtroppo sono suoi fratelli, e non fratellastri, amati da Dio allo stesso modo, e che lei dovrebbe amare altrettanto.
Differenti comprensioni di quello che è la Verità (non crederà mica che la Chiesa Ortodossa abbia nelle sue mani la completa conoscenza e comprensione della Verità di Dio e del Suo progetto di salvezza, voglio sperare?), non possono di certo portare a un sentimento come quello che lei mostra nei confronti dei cattolici.
F. (10/07/03)

Risposta
Caro F.,
grazie per i complimenti per il sito, e mi dispiace che ci siano cose che la colpiscono in negativo. Penso che comunque, almeno su un punto, posso risponderle:
>>non crederà mica che la Chiesa Ortodossa abbia nelle sue mani la completa conoscenza e comprensione della Verità di Dio e del Suo progetto di salvezza, voglio sperare?<<
E se invece fosse proprio ciò che credo, le sue speranze sarebbero deluse? Fuori di metafora, NESSUNO che sia membro della Chiesa Ortodossa può permettersi di credere che nella Chiesa NON ci sia la pienezza della Verità, nonché la pienezza della sua comprensione. E noti che anche la dottrina cattolico-romana dice sostanzialmente lo stesso! Il punto è che stiamo parlando della CHIESA, non di uno qualsiasi dei suoi membri. Stiamo parlando del Corpo Mistico di Cristo e di un veicolo di Verità. In questa prospettiva, l'affermazione "totalizzante" che sembra metterla a disagio non è altro che una semplice costatazione di fatto. E di fede.
Suo fratello (non fratellastro... perché mai?) in Cristo
ieromonaco Ambrogio

 


Domanda
Caro Padre Ambrogio,
spero che possa rispondere ad alcuni spunti presi qua e là nel testo “99 differenze”:
1) "E' pur sempre possibile che vi siano particolari contingenti, sfumature dovute a particolarità locali o a "compromessi marginali" con il mondo…": mi viene in mente la Chiesa Ortodossa di Romania e le liturgie (in particolare i calendari liturgici) adattate in modo da rendere "omaggio" all'ex presidente Ceausescu…
2) Sul punto relativo all'adorazione eucaristica nella chiesa latina mi viene una domanda: per lei l'eucarestia sotto la sola specie del pane è corpo di Cristo si o no? Lo è a metà? Lo è in potenza? Quale genere di peccato si compirebbe adorando solo la specie del pane?
3) Sant’Agostino secondo Lei, non sarebbe un dottore della Chiesa, o padre se preferisce, ma sarebbe semplicemente un buon cristiano in quanto i suoi scritti sono "erronei". Se ciò è vero significa che San Fozio e San Marco di Efeso hanno difeso e in un certo modo avallato gli "errori" di Agostino. Riguardo alla "riduzione del concetto di persona" nella S.S. Trinità Lei davvero pensa che la categoria umana, questa nozione frutto della mente dell'uomo, sia con
gruente al 100% con l'essere "Persona" del Padre, Figlio e Spirito Santo?
F. (11/07/03)

Risposta
Caro F.,
1) Quando parlo di “compromessi marginali”, penso a quelle aberrazioni locali che possono sempre verificarsi, ma che generalmente non corrispondono alla prassi generale della Chiesa, e perciò vengono corrette col tempo. Visto che nomina la Romania, potrei citare la tendenza a non ricevere la Santa Comunione, diffusa nella chiesa romena (assieme a qualche altra chiesa orientale, come quella etiope o la siro-antochena). Le ragioni che spingono a questi comportamenti sono varie, e nessuna parte della Chiesa ne è immune (incidentalmente, anche il Cattolicesimo romano ha avuto questa deviazione con il movimento giansenista). Ovviamente, se si devono "fotografare" i punti di differenza tra due mondi da qualche parte si deve pure incominciare, e pertanto tra i punti in elenco possono essercene anche alcuni di discutibili (non solo su un piano di dialogo ecumenico, ma anche di autocritica interna a una comunione ecclesiale). Quelli che Lei menziona sono certamente esempi spettacolari, ma non li metterei sullo stesso piano. I giansenisti di ieri, o certi ortodossi di oggi, che si astengono dalla comunione frequente, lo fanno per motivazioni teologiche dettate da un sentimento generalizzato di indegnità, e quindi erronee ma pur sempre in una rispettabile prospettiva di fede, mentre chi celebra un dittatore (ne hanno celebrati anche i cattolici) non lo fa certo per una visione teologica. Se non sbaglio, questo degli adattamenti liturgici in Romania era un punto citato da Vittorio Messori in Pensare la storia: quando gli ho scritto chiedendogli qualche lume sulle sue fonti, tuttavia, non me ne aveva citate.
2) Mi permetta - anche se so che non è molto fine - di risponderle alla domanda con un'altra domanda, o un paio di domande. Per Lei, un corpo senza sangue è un corpo? In senso stretto forse sì, ma... è vivo?
Il punto, credo, non è cercare se la comunione sotto una sola specie sia giustificabile (in casi di emergenza, anch'io sono convinto che lo sia), ma piuttosto sottolineare che è la pratica stessa della comunione sotto una sola specie a essere un abuso, e uno sconvolgimento della Tradizione apostolica.
Adorando la sola specie del pane… si compie lo stesso peccato che si compie adorando la specie del vino, o tutte e due insieme. Il Corpo e il Sangue di Cristo ci sono stati dati per nutrimento, non per contemplazione. Se di contemplazione si deve trattare, questa non dovrebbe essere diversa da quella della contemplazione di un cibo che stiamo per mangiare (sa, un po' come quando a tavola diciamo che anche l'occhio vuole la sua parte…). L'adorazione eucaristica disgiunta dalla comunione è stata condannata come pratica iconoclasta (sanzionata in uno dei concili eretici - mi pare quello di Hieria - degli iconoclasti). La lezione della Chiesa Ortodossa in tutto questo è che per l'adorazione applicata alla nostra facoltà visiva sono più che sufficienti le immagini sacre.
Tutto quanto le dico sull'adorazione eucaristica, beninteso, non ha nulla a che fare con il rispetto e la cura per le Sacre Specie, che è più o meno identico tra cattolici e ortodossi.
3) I temi della teologia agostiniana sono un punto controverso a cui occorrerebbe accostarsi con estrema attenzione. E' un campo in cui si rischia facilmente di scivolare su posizioni estremiste. Mi permetta perciò di limitarmi ad alcune osservazioni molto semplici.
Sant'Agostino è considerato, tra i Padri, quello che scrisse più in profondità e con più fervore sul tema della penitenza, e in questo campo non c'è alcuna rimostranza da parte ortodossa. Ovviamente, ci sono punti controversi (io stesso ne nomino alcuni), e su questi sembra di assistere a una curiosa partita, "Agostino contro il resto del mondo". E visto che uno dei criteri per la ricerca dell'autentica fede cattolica è quod ab omnibus creditum est ("ciò che è stato creduto da tutti", come dice San Vincenzo di Lerino), allora questo distacco è veramente importante, e non ci può glissare sopra neppure il più fervente seguace della teologia agostiniana.
Cosa penso io della categoria di persona ha poca importanza; veda, se vuole, un po' di osservazioni di parte ortodossa alla pagina http://digilander.libero.it/ortodossia/triunit.htm

 


Domanda
Caro Padre Ambrogio,
vorrei chiederle una spiegazione riguardo il vostro calendario Giuliano. Ebbene: la festa della Dormizione della Madre di Dio, cade, sia nel Calendario Gregoriano, sia nel Calendario Giuliano, il 15 Agosto, ma, il 15 Agosto Giuliano, se ho capito bene, non è il 15 Agosto Gregoriano, quindi: che giorno cade il 15 Agosto Giuliano nel Calendario Gregoriano? E quindi che differenza c' è tra il calendario Giuliano e quello civile?
T. (10/07/03)

Risposta
Caro T.,
molto semplicemente, lo scarto tra i due calendari è di 13 giorni. Perciò, per una festa a data fissa, non abbiamo altro da fare che aggiungere 13 giorni alla data, e troveremo la corrispondenza in cui chi segue il calendario "vecchio" (ovvero giuliano) celebra le feste. Alcuni esempi:
Dormizione - 15 agosto >>> 28 agosto
Natale - 25 dicembre >>> 7 gennaio
Epifania (o Teofania) - 6 gennaio >>> 19 gennaio
Annunciazione - 25 marzo >>> 7 aprile
e così via... (ci si impratichisce col tempo e l'uso)

 


Domanda
La Liturgia dei Presantificati, che tipo di liturgia è? Come si divide? Dove posso trovare i testi?. Quali sono gli attributi dello sposo che compaiono nell' Icona del Cristo Nimfios?

T. (17/09/03)

Risposta
Caro T.,
la Liturgia dei Presantificati combina un Vespro (dalle connotazioni feriali e quaresimali) con la parte post-consacratoria del rito eucaristico (e quindi la comunione, con le particole già consacrate in precedenza). Il testo è contenuto nel nostro Compendio Liturgico Ortodosso, ma orientarsi nelle parti variabili di quel testo è affare da enigmisti liturgici!
I caratteri "matrimoniali" dell'icona del Nymphios (= lo Sposo) sono essenzialmente la corona (quella di spine richiama quella di fiori delle nozze) e gli altri attributi di regalità ad essa collegati (manto e "scettro"), oltre alle corde che legano i polsi, che hanno un parallelo con gli anelli sponsali.

 

 

 

 


Domanda
Nelle domeniche di Quaresima, quante prosfore sono consacrate? Nel tabernacolo viene custodito solo il pane Eucaristico o anche il vino? E nei Presantificati i fedeli si comunicano sotto entambe le Specie?
T. (28/09/03)

Risposta
Caro T.,
visto che la Liturgia dei Presantificati si celebra di solito due volte ogni settimana di Quaresima (tre volte nella Settimana Santa), si aggiungono due prosfore (oppure tre) a quella da consacrare nella domenica precedente. In senso stretto, non è la "prosfora" (cioè la forma intera di pane) a essere consacrata, ma piuttosto il cosiddetto "agnello", ovvero la parte cubica di pane che viene tagliata e incisa a froma di croce durante il rito della Presentazione delle Offerte. I Presantificati non si conservano di solito nel tabernacolo, ma restano sull'altare, su un disco o patena ricoperto da un velo: essendo intrisi di vino eucaristico (così come i cubetti più piccoli con cui si dà la comunione ai malati), si può dire che i fedeli si comunicano sotto entrambe le specie.
Per una ulteriore discussione sugli aspetti eucaristici della Liturgia dei Presantificati, si può vedere nei documenti del nostro sito parrocchiale il testo del Vescovo Basilio Krivoshein sugli usi liturgici greci e russi a confronto: ci sono interessanti spiegazioni.

 


Domanda
Caro Padre Ambrogio,
mi sono imbattuto in un'icona di S. Sisoe il Grande, nell'atto di guardare uno scheletro in una tomba. Saprebbe dirmi chi era, e perché è raffigurato così?

T. (20/11/03)


Risposta
Caro T.,
lo scheletro in questione è quello di Alessandro Magno, e San Sisoe (uno dei padri del deserto egiziano) lo contempla nel corso dei suoi pensieri sulla caducità della gloria terrena.
A differenza degli abbondanti esempi nelle chiese cattoliche, questo è l'unico caso in cui si raffigura uno scheletro in tutta l'iconografia ortodossa (e anzi, assieme al cranio di Adamo sul calvario, l'unico caso in cui si raffigurano ossa umane), dato che l'icona ha il compito essenziale di essere una finestra sulla vita eterna.

 

 

 

 

 


Domanda
Caro Padre Ambrogio,
nell' Ortodossia si venera S. Francesco d' Assisi?
T. (22/11/03)

Risposta
Caro T.
no, con una eccezione: un gruppo di ex-religiose francescane in Francia, ricevute nella Chiesa Ortodossa, ha avuto il permesso di celebrare (ma solo nel proprio convento) un ufficio a San Francesco che era stato preparato dal loro precedente cappellano (cattolico di rito bizantino).

 


Domanda
Caro Padre Ambrogio,
Cosa vuol dire "Inok"?
G. (8/01/04)

Risposta
Carissimo G.,
Inok (al femminile inokina) è l'antico termine russo per "monaco" (è probabilmente un calco di "monachos"). Il corrispettivo di "ieromonaco", in questo uso, sarebbe sviaschchennoinok. I Vecchi Credenti lo usano ancora di preferenza a monah, monahia, ieromonah, etc.; nell'uso del Patriarcato di Mosca, invece, indica più specificamente i monaci rassofori.

 


Domanda
Caro Padre Ambrogio,
voi della Chiesa Ortodossa Russa, è vero che la notte del Santo Natale, cioè tra il 6 e il 7 Gennaio, celebrate la Divina Liturgia notturna a mezzanotte? 
T. (8/01/04)

Risposta
Caro T.,
Di solito no, ma può ben accadere nelle parrocchie urbane (soprattutto in quei paesi, come l'Italia, dove il 7 gennaio non è festivo, e ci sarebbero problemi lavorativi con una Liturgia al mattino).

 


Domanda
Caro Padre Ambrogio,
ho la necessità di un aiuto.
L' estate scorsa abbiamo ospitato in famiglia una ragazzina proveniente dalla Bielorussia, e avremmo intenzione di proseguire per i prossimi anni. ora i genitori e la bimba ci scrivono lunghe lettere che noi riceviamo con estremo piacere ma.... non conosciamo assolutamente la lingua!
Ho provato a cercare traduttori tramite internet, ma i costi sono veramente proibitivi.
Ci spiace interrompere i rapporti, ma non sappiamo più che pesci pigliare!
G. (12/01/04)

Risposta
Cara G.,
qui alla parrocchia ortodossa abbiamo avuto alcuni problemi con traduzioni di lettere simili. Queste sono le due difficoltà più ricorrenti:
1- Il russo corsivo è molto difficile da leggere, se scritto da una persona che non abbia un vero dono di calligrafia. Le lettere si confondono l'una con l'altra, e anche solo leggere le singole parole diventa un tormento.
2- In Bielorussia, in molte aree rurali, la lingua è praticamente un misto di russo e polacco, e chi sappia solo il russo si trova spesso davanti a espressioni incomprensibili (pensate a uno straniero che conosca l'italiano ma non il francese, e si trovi una lettera in italiano piena zeppa di francesismi).
C’è da sperare che la famiglia in questione sia di un sufficiente livello culturale da esprimersi in russo "puro", e che le lettere siano almeno dattiloscritte (o meglio ancora stampate con il computer). 
È comunque meglio rivolgersi ai centri culturali russi (ce ne sono molti in Italia), sia perché si tratta di luoghi in cui è facile trovare traduttori di una certa esperienza, sia perché si potrebbe incontrare proprio una persona che proviene dalla stessa zona della famiglia da voi conosciuta, e non ha problemi a comprenderne le espressioni.

 


Domanda
Caro Padre Ambrogio,
1. Perché la religione ortodossa, e in generale quella cristiana, ha come giorno di riposo la domenica mentre nell`antico testamento è richiesto il sabato? non è un cambio della Legge?
2. Esistono esorcisti nella Chiesa ortodossa?
3. Se è chiaro che le date in cui si festeggiano le festività cristiane sono indicative, per esempio il Natale non è il vero giorno in cui è nato il Signore Gesù perché c`è accanimento sul calendario?
4. Esistono preghiere o riti analoghi al rosario cattolico anche per gli ortodossi?
5. Esiste un omologo del "catechismo della Chiesa Cattolica" anche per le Chiese Ortodosse?
6. Come si pone la Chiesa ortodossa di fronte a problematiche quali l`aborto, l`eutanasia, la pena di morte, i rapporti prematrimoniali, l`omossessualità?
G. (14/01/04)

Risposta
Caro G.,
1. La domenica è il giorno della risurrezione di Cristo, e come tale ha iniziato a essere osservata dai cristiani di ogni luogo. I cristiani (per fortuna) sono esenti dall'obbligo di osservare i precetti della legge mosaica, e se anche il comandamento del giorno di riposo è un imperativo etico universale, non ci sono serie ragioni per volere a tutti i costi applicare proprio il giorno della legge mosaica, soprattutto tra i popoli che sono giunti alla fede in Cristo direttamente, e non attraverso il giudaismo.
2. Esistono esorcismi (formule di preghiere esorcistiche di San Basilio e di San Giovanni Crisostomo), ma non "esorcisti" ufficiali a tal fine abilitati. Dato che le preghiere sono contenute nel benedizionale, tecnicamente ogni prete ortodosso le può recitare, anche se di fatto le usano prevalentemente nei monasteri.
3. Perché il calendario non è solo una convenzione, ma è il modello attorno al quale "tessiamo" il nostro anno liturgico, le feste, i digiuni, e così via: ogni riforma del calendario, se non è attuata con la massima competenza (e quelle introdotte negli ultimi cinque secoli non sono state brillanti, a riguardo) distrugge l'armonia interna di questa "icona del tempo".
4. Esiste una corda da preghiera; su di essa, e sui paragoni con il rosario cattolico, rimando alla sezione sulla preghiera dei testi del nostro sito parrocchiale.
5. Esistono catechismi, anche ufficiali, ma senza pretese di universalità.
6. Di nuovo, nella sezione sull’etica dei testi del nostro sito parrocchiale, si può trovare il documento della Chiesa russa sui fondamenti della concezione sociale, che parla di tutti questi temi, e di altro ancora.

 


Domanda
Caro Padre Ambrogio,
hai detto che non siamo tenuti a seguire la legge mosaica, eppure Gesù ha detto che la legge non deve essere abrogata, anzi chi cambierà un precetto e farà seguire questi precetti cambiati agli altri sarà ritenuto minimo nel Regno dei Cieli; mi potresti dire che valore ha l`Antico Testamento per noi cristiani?
Un’altra cosa che vorrei chiederti è sempre sul calendario, ho sentito che molte chiese ortodosse sono non canoniche proprio per motivi legati al calendario, ma allora perché qualcuno accetta il nuovo calendario e qualcuno no?
G. (15/01/04)

Risposta
Caro G.
cer quanto riguarda l'AT e la legge mosaica, bisogna tenere conto del fatto che ai fini della giustificazione ebraica, la legge bisognava osservarla tutta (ma proprio TUTTA, inclusa la circoncisione, il sacerdozio ereditario, i leviti, etc.); è ovvio che nessun cristiano può seguirla tutta, e quindi la nuova alleanza libera dal vincolo della vecchia (ai fini meramente legalistici; ovviamente, per quanto riguarda gli imperativi morali, è ovvio che questi non sono abrogati, perché sono le leggi eterne di Dio nella nostra coscienza). Per quanto riguarda le parole di Gesù, bisogna considerare che sono dette (1) a ebrei osservanti, e (2) a ebrei ipocriti (che cioè mettono in pratica i dettagli delle decime, e poi trascurano la giustizia e la carità verso i bisognosi...)
Non direi che "molte" chiese ortodosse sono non canoniche, oppure non in comunione (è un po' come dire che lo sono "molte" chiese cattoliche, dato che ci sono i lefevbriani, alcuni gruppi sedevacantisti, e qualche antipapa assortito...); ci sono alcuni movimenti di resistenza alle chiese che hanno introdotto il cosiddetto "Nuovo calendario" negli ultimi decenni, e per quanto le loro ragioni siano a volte serie, non sono un movimento unito (sono suddivisi in molte obbedienze rivali, oltre una decina nel solo mondo greco), e sono oggi più che altro fenomeni elitari e intellettuali (con la possibile eccezione dei vecchi calendaristi della Romania, che invece hanno largo seguito popolare). Assommati, credo che siano ancora ben lontani dal costituire l'uno per cento di tutto il mondo ortodosso.

 


Domanda
Caro Padre Ambrogio,
se da un lato si dice che ancora oggi possono sorgere Padri della Chiesa e parlare per opera dello Spirito Santo, allora perché ad esempio non si accetta il fatto che magari proprio lo Spirito Santo abbia illuminato quelli che parlano di Immacolata concezione? E ancora, come si pone la Chiesa Ortodossa di fronte ai miracoli cattolici, ad esempio il caso di santa Teresa Neumann?
G. (20/1/04)

Risposta
Caro G.,
per quanto riguarda il riconoscimento dei Padri più "moderni", un requisito sarebbe che quanto dicono sia almeno in linea con quanto hanno detto tutti gli altri. Se un particolare insegnamento è in contraddizione più o meno aperta con il pensiero patristico, allora è quanto meno sospetto. L'Immacolata concezione nasce come proposta teologica per mettere la Madre di Dio al riparo dalle conseguenze della dottrina agostiniana del peccato originale (dottrina che a sua volta è piuttosto estremista e manichea, e non ha precedenti patristici). Perciò, gli ortodossi direbbero che ci troviamo di fronte a una esagerazione concepita per mettere un freno a un'esagerazione opposta, e di nessuna delle due si è sentito il bisogno.
Possiamo benissimo considerare miracoloso il caso di Teresa Neumann, e certamente la sua fede giocò un ruolo fondamentale nella sua vicenda. Ci sono del resto anche in altre religioni persone che vissero fatti analoghi (per quanto riguarda l'astinenza dal cibo, anche nell'induismo c'è il caso di una donna, contemporanea di Teresa Neumann, che visse quarant'anni senza mangiare). L'obiezione ortodossa al fenomeno delle stigmate è piuttosto rivolta all'idea di eccessiva identificazione personale con le sofferenze di Cristo, che può generare superbia (come se ci sentissimo dei corredentori), ma non al fenomeno in sé (esistono alcuni casi di stigmatizzati anche nel mondo ortodosso).

 


Domanda
Caro Padre Ambrogio,
cercando in internet ho visto che esiste una chiesa ortodossa qui vicino; l`unico inconveniente è che ho letto in altri siti che celebrano in slavofono... che lingua è?
C. (20/1/04)

Risposta
Caro C.,
le celebrazioni sarebbero semmai in "slavonico" (l'antenato letterario del russo moderno, che sta un po' al russo come il volgare altomedioevale all'italiano di oggi), piuttosto che in "slavofono" (strano termine che vorrebbe indicare una parrocchia "di lingua slava": ma l'abbiamo mai vista parlare, una parrocchia? E poi, che lingua sarebbe mai lo "slavo"?).

 


Domanda
Caro Padre Ambrogio
vorrei chiederti se esiste una Chiesa Ortodossa autonoma in Italia, oppure è in previsione una sua prossima nascita, e soprattutto come avvengono queste cose?
Sarebbe interessante l`idea di una Chiesa Ortodossa Italiana, anche se immagino che per una cosa simile ci vuole prudenza e tempo...
G. (28/01/04)

Risposta
Caro G.,
ovviamente una cosa come una Chiesa Ortodossa autonoma in Italia non esiste (beh, alcuni direbbero che non esiste più...), e perché se ne possa parlare in futuro occorreranno questi requisiti:
- Una continuità di struttura ecclesiale attraverso un periodo ragionevolmente lungo;
- Un sinodo episcopale locale in grado di mantenersi e di rinnovarsi nel tempo (secondo le modalità ortodosse di consacrazione episcopale, questo vuol dire come minimo assoluto tre vescovi con giurisdizione territoriale nel paese, e verosimilmente anche di più);
- Un seminario e/o facoltà teologica in grado di provvedere quanto meno al ricambio dei preti e diaconi delle parrocchie;
- Istituzioni monastiche stabili (anche in previsione di fornire nuovi candidati all'episcopato);
- Santi locali, santuari e centri di pellegrinaggio, fonti di ispirazione spirituale (nel caso dell’Italia, giova ricordarlo, non mi riferisco a memorie dell’antico Occidente ortodosso, ma a veri santi locali contemporanei);
- Un programma adeguato di vita culturale ecclesiale (giornali, pubblicazioni, trasmissioni radiotelevisive, siti internet e/o altre fonti mediatiche).
L'effettivo numero di fedeli, e la quantità e grandezza di parrocchie e monasteri, sono considerazioni secondarie, ma hanno la loro importanza, perché per parlare di una chiesa autonoma locale bisogna che una percentuale significativa (anche l'uno per cento, ma deve esserci!) della popolazione locale sia di fede ortodossa.
Chi, in assenza di questi requisiti, vuole vantarsi di una "Ortodossia italiana", si illude. Come giustamente dici, ci vogliono prudenza e tempo.

 


Domanda
Caro Padre Ambrogio,
potrebbe spiegarmi l’ecclesiologia Ortodossa, visto che la Chiesa Ortodossa è composta da diversi Patriarcati, e non v'è in seno ad essa una figura centrale come nella Chiesa Cattolica, quale il Pontefice Romano?
P. (18/5/04)

Risposta
Caro P,
il tema è complesso: diciamo che il ruolo di capo della Chiesa è riservato al solo Cristo, e che i patriarchi ricoprono ruoli analoghi ai presidenti delle conferenze episcopali cattoliche (con qualche dignità in più, ma in sostanza non molto dissimili). Il fatto che il Cattolicesimo voglia dare a uno dei vescovi un potere speciale crea di fatto un livello gerarchico separato, e da questo si passa naturalmente a certi privilegi (per esempio, se la prima sede giudica le altre sedi: chi giudica la prima sede? Nessuno... ma così si crea una cosa diversa dal tradizionale episcopato). Per gli ortodossi, l'intero ruolo del papato romano è più che un problema nel dialogo: è una seria deviazione

 


Domanda
Caro Padre Ambrogio,
perché, nella Liturgia, all'Apostolo si fa l'incensazione?
G. (22/05/04)

Risposta
Carissimo G.,
L'incensazione dovrebbe essere quella... dell'evangeliario, che all'inizio si faceva durante i versetti dell'Alleluia (logico!), e che poi è scoppiata fuori di proporzioni, sia temporali che spaziali. I Vecchi Credenti usano ancora fare quest’incensazione durante il canto dell’Alleluia, ma è vero che hanno un sistema di canto molto lento, che permette di terminare l’incensazione prima della fine dei versetti.

 


Domanda
Caro Padre Ambrogio,
lei è un italiano convertitosi all'Ortodossia?
(P., 26/05/04)

Risposta
Caro P.,
se volessi mettermi in satira, potrei dire di essere un italiano che si è convertito a TROPPE cose, e che alla fine di un lungo periodo di ricerca ha deciso di "tirare i remi in barca" nella Chiesa Ortodossa. Non giudico chi fa scelte diverse (non ho né troppo tempo, né troppa voglia di farlo), ma spero che mi sia dato di fare un cammino "verticale" (di approfondimento interiore) dove prima lo facevo più "orizzontale" (di curiosità esteriore). Da grande, mi accontenterò già di cercare di essere un buon cristiano!

 


Domanda
Com'è vista dalla Chiesa Ortodossa la processione del Corpus Domini?
(P.,12/06/04)

Risposta
Caro P,
non esiste nell'Ortodossia alcuna forma di processione con il corpo (e il sangue) di Cristo al di fuori del rito eucaristico, e anche le processioni all'interno del rito eucaristico - per esempio l'ingresso dei doni presantificati all'altare - sono piuttosto dei movimenti funzionali. Il senso molto semplice e prosaico di tutto ciò è che le sacre specie si mangiano, invece che venerarle, usarle per benedizioni, portarle in processione. In questo, gli ortodossi credono di adempiere al mandato del Signore, che dice appunto di mangiare e di bere. E compiere questo mandato portando l’adeguata venerazione al corpo e al sangue del Signore… ci dà già abbastanza da fare!

 


Domanda
Caro Padre Ambrogio,
leggo che gli ortodossi fanno digiuno per più di metà dei giorni dell'anno, e che in quei giorni non fanno neanche alcun uso di olio. Questo era sicuramente comprensibile nel Medio Evo, ma oggi, con la situazione che c'è per esempio con i pranzi nelle mense aziendali per chi lavora senza poter fare ritorno a casa, questo precetto non è un po' un segno dell'essere rimasti indietro rispetto ai tempi?
L. (17/06/04)

Risposta
Caro L.,
il digiuno sembra sempre ostico (soprattutto quello dall'olio... o dal vino, a seconda dei caratteri!); non credo che ora sia antiquato, anzi, con la varietà e ricchezza di cibo (accessibile a tutti gli strati della società) che abbiamo nei nostri paesi, oggi compiere i digiuni ortodossi è molto più semplice - e più salutare - di quanto non lo fosse secoli addietro!

 


Domanda
Caro Padre Ambrogio,
il grado di archimandrita può essere dato a qualsiasi sacerdote? E che privilegi ha un archimandrita in campo liturgico?
T. (20/08/04)

Risposta
Caro T.,
Quello di archimandrita è un grado dato solo ai monaci. Presso i greci, è dato più o meno a qualsiasi prete monaco con qualche anno di esperienza; tra i russi invece è il titolo sacerdotale monastico più elevato, e corrisponde a una lunga carriera (a volte anche 20 anni di onorato servizio); agli archimandriti di particolare distinzione nella Chiesa russa, poi, è concesso l'onore di portare una mitra, come quella dei vescovi (un onore simile è concesso anche ai più elevati in rango tra i preti sposati). Se in una foto di una celebrazione ortodossa in un monastero un certo prete porta la mitra, di sicuro è un archimandrita (a meno che non sia il caso piuttosto singolare di un arciprete sposato di alto rango in visita al monastero...)
Di per sé, i privilegi liturgici dell’archimandrita sono quelli di un prete. Ovviamente, è di un rango onorifico superiore, quindi ha un diritto di precedenza (per esempio nelle processioni, o quando il clero va a fare la comunione), ma non ci sono funzioni specifiche a lui riservate, con una singola, rara eccezione. Se un archimandrita è a capo di una fraternità di monaci (monastero, eremo, etc.), e ha la benedizione del vescovo locale, può effettuare una tonsura al lettorato (si intende, in tal caso, di un proprio monaco o novizio, e non di una persona esterna alla fraternità dei monaci)

 

 


Critiche al sito

Domanda
Carissimo Padre Ambrogio,
Mi ha molto meravigliato l'articolo del vostro sito sulle missioni ortodosse. La differenza sostenuta dall'autore tra crescita, evangelizzazione e pastorale è sì incisiva, ma è rude e semplicistica. Mi sa tanto di "proselitismo". Chiedo scusa, vi lamentate tanto che i cattolici si impegnano nei paesi dell'Est europeo, perchè "convertirebbero" ortodossi di antica tradizione (ma di nessuna pratica personale), e poi ritenete normale che per far crescere le comunità ortodosse si avvicinino i cristiani praticanti "che non sono spiritualmente soddisfatti delle funzioni di culto delle chiese che frequentano" o "che sono profondamente disturbati dalle politiche di cambiamento delle gerarchie delle proprie denominazioni". Mi sa tanto che si predica bene e...
Non voglio fare una polemica inutile, ma se pensate che non è bene annunciare il Vangelo dove già è stato fatto perchè fare "missioni" nei paesi occidentali ? E perchè queste sarebbero permesse e non quelle cattoliche, che si impegnao in paesi dove l'ateismo comunista ha allontanato dalla fede molte generazioni?
Si usano espressioni quali: "Ora hai bisogno di un programma di missione per raggiungere cristiani non ortodossi". Si parla di marketing, di campagna pubblicitaria, di archivi, è un linguaggio che non mi sarei mai aspettato di sentire da voi ortodossi. Parlate di Tradizione, di padri della Chiesa e poi vi affidate per annunciare Cristo a moderni pubblicitari. 
R. (5/11/02)

Risposta
Carissimo R.,
Visto che il "rude e semplicistico" autore del testo sulle missioni e le cappellanie ortodosse sono io, credo di poterle offrire su quelle righe un paio di spegazioni "dall'interno", per così dire. Non faccio invece altrettanto sulla guida alla crescita delle missioni ortodosse, perché per capirla appieno bisogna avere vissuto la situazione americana - con la sua elevatissima concorrenzialità tra chiese cristiane - e avere visto la perdita di pratica religiosa di intere generazioni di immigrati, prima che qualcuno corresse ai ripari.
Ma torniamo all'idea delle missioni ortodosse, per lo meno in Italia. Qui mi pare che l'accusa (non solo da parte sua...) sia che ci lamentiamo per ciò che fanno i cattolici in Russia, e poi facciamo lo stesso in Italia: in pratica, ipocrisia.
Ora, per fare considerazioni del genere bisognerebbe che in Russia e in Italia ci fosse un ambiente culturale e storico almeno lontanamente paragonabile. Quando Lei parla dei cristiani non praticanti in Russia, non può omologarli a quelli italiani. Chi non ha praticato in Russia negli ultimi ottant'anni lo ha fatto per pressioni che noi nemmeno riusciamo a concepire, e che non è detto che siano del tutto scomparse solo perché sono caduti i muri. E la Chiesa Ortodossa non ha comunque ancora la possibilità di raggiungere tutti i non praticanti. Chi non pratica in Italia è in una situazione del tutto diversa. Ha parrocchie cattoliche dietro ogni angolo. Anche nella banalità quotidiana, ascolta una quantità di messaggi di evangelizzazione cattolica pari - per un suo equivalente russo – a un'overdose di religione. Spesso ha lasciato la Chiesa Cattolica per cercare una risposta in una serie di messaggi evangelici che vanno dalla contestazione storica della Riforma fino all'ingenuo fondamentalismo del mondo pentecostale indipendente.
Inoltre, la paura dei brutti e cattivi ortodossi che fanno proselitismo in Occidente (al ritmo attuale, in mezzo milione di anni potrebbero addirittura diventare una maggioranza relativa...) non tiene conto del fatto che l'effettiva forza di sostentamento delle missioni ortodosse da queste parti non è neppure un millesimo di quella investita dai cattolici in Russia. Le basti pensare che tra Francia, Italia, Svizzera, Spagna e Portogallo il Patriarcato di Mosca dà uno stipendio a DUE persone (l'Arcivescovo, e il rettore della piccola cattedrale di Parigi). È anche questo un campo nel quale non regge alcun tipo di confronto paritetico.
Quanto poi al lamento di un ortodosso italiano perché le sue parrocchie sono poco missionarie, anche qui c'è bisogno di capire da cosa è generata una simile insoddisfazione. Potrei raccontarle fino alla nausea storie di italiani che hanno bussato per anni alle porte di chiese ortodosse, non per essere promossi a chissà quali gradi, né per desiderio di apparire esotici, ma solo perché sentivano la loro fede in sintonia con quella professata in quelle parrocchie, piuttosto che in quella delle vicine chiese cattoliche o evangeliche. Se Lei avesse vissuto anche una frazione dei rifiuti, dell'indifferenza, della meschinità con cui sono stati trattati questi italiani rei di non parlare lingue orientali e/o di far fare brutte figure a vescovi tutti impegnati a fare sorrisi ecumenici, capirebbe perché si richiede una sacrosanta giustizia per una categoria di ortodossi finora considerati di serie B. Ora, dove mai ha sentito di cattolici russi che siano stati polacchizzati a forza, o considerati feccia perché non parlavano italiano o spagnolo? Ecco un'altra ragione per cui - anche se comprendiamo il loro disagio, visto che siamo pure noi una minoranza – come ortodossi italiani non percepiamo i cattolici russi come una specie a rischio!
Fraternamente suo in Cristo
ieromonaco Ambrogio – Torino

 
Biografia dell’igumeno Gerasim (Eliel)

Presentiamo oggi, in uno dei più lunghi articoli tradotti su questo sito, il percorso di oltre trent’anni di approfondimento dell’Ortodossia da parte di uno dei più significativi convertiti occidentali, il californiano padre Gerasim (al secolo Gordon Eliel, nato il 16 luglio 1961), dal 2000 al 2009 abate del monastero di sant’Herman d’Alaska a Platina.

Negli ultimi anni padre Gerasim è stato considerato come candidato all’episcopato, e per questo ha dovuto presentare un accurato resoconto biografico, disponibile in rete in lingua inglese. È un’occasione davvero preziosa di vedere la complessa storia della fondazione di comunità monastiche e parrocchiali in Occidente, raccontata con una disarmante sincerità da un personaggio che ha saputo imparare sia dalle luci che dalle ombre del suo cammino. La biografia di padre Gerasim è nella sezione “Figure dell’Ortodossia Contemporanea” dei documenti.

 
Come comprare una cittadinanza europea

Stalin non si sarebbe divertito a sentire che un suo pronipote di nome Vladimir sta per ottenere la cittadinanza romena, il passaporto romeno e, con questi, il diritto implicito al lavoro all’interno dell’UE.

I nonni di Vladimir erano cittadini della Romania nella prima metà del XX secolo, molto prima dell’adesione del paese all’UE. Hanno perso la loro nazionalità, alla fine della seconda guerra mondiale, quando la Romania ha ceduto il territorio della Moldova all’Unione Sovietica di Stalin. Oggi, Vladimir ha diritto per legge di acquisire la cittadinanza che è stata tolta ai suoi nonni. Sua nonna si chiama Svetlana Allilueva, e condivide nome e compleanno con la figlia del dittatore sovietico.

La ‘nonna’ di Vladimir, Svetlana Allilueva, condivide il nome e il compleanno con la figlia di Stalin.

Vladimir è uno tra migliaia di moldavi con ascendenza romena che guardano al confine tra Romania e Moldova come nient’altro che un invenzione burocratica. Ma Vladimir mantiene un segreto di fronte ai burocrati che stanno per farlo entrare nell’UE – anche i suoi nonni, così come la frontiera, sono un’invenzione.

Secondo i certificati acquisiti dall’archivio di Stato della Repubblica di Moldova, l’illustre nonna si è sposata con un certo Ostap Bender, che condivide il nome del truffatore antieroe dei romanzi di Ilf e Petrov, “Le 12 sedie” e “Il Vitello d’Oro”.

I documenti che ci ha passato l’ufficiale dell’archivio di Chișinău rivelano un passato ricco di coincidenze storiche. Il certificato di nascita di Ostap Bender dice che è nato il 28 giugno 1914 – proprio il giorno dell’assassinio dell’arciduca Francesco Ferdinando a Sarajevo, e l’inizio della prima guerra mondiale. Il certificato di matrimonio dimostra che Ostap e Svetlana si sono sposati il ​​2 settembre 1945: proprio il giorno in cui il Giappone si arrese senza condizioni agli Stati Uniti.

È poco probabile che una donna dal nome della figlia di Stalin si sposi con un uomo dal nome di un imbroglione romanzesco proprio il giorno in cui si è conclusa la seconda guerra mondiale.

Passaporto per l’Unione europea

Oggi, però, è del tutto possibile che un uomo che pretende di avere una simile nonna acquisti il diritto al lavoro nell’UE. Tutto ciò di cui ha bisogno per entrare in Europa sono pazienza, denaro contante, e i collegamenti giusti tra gli intermediari di cittadinanze e i burocrati corrotti di Bucarest e Chișinău.

Ambasciata e consolato romeno a Chisinau.

Il territorio della Moldova faceva parte della Romania tra il 1918 e il 1940, e di nuovo tra il 1941 e il 1944, quando fu annessa all’Unione Sovietica e divenne una repubblica indipendente nel 1991.

Nello stesso anno, Bucarest ha approvato una legge che concede ai cittadini romeni e ai loro discendenti che hanno perduto la cittadinanza per motivi a loro non imputabili ottengano nuovamente, in seguito a richiesta, la cittadinanza romena. Da allora, la Romania ha elaborato circa 225.000 richieste di cittadinanza da parte di moldavi, secondo un rapporto pubblicato nell’aprile 2012 dalla Fondazione Soros in Romania.

Lo studio è stato compilato a partire dai dati forniti da istituzioni romene, ma acuni di questi dati sono oggetto di discussione. In assenza di cifre precise, il rapporto Soros sostiene che la cifra di 225.000 serve come “approssimazione più realistica” del numero di persone che hanno ri/ottenuto la cittadinanza romena negli ultimi 20 anni.

Lo studio Soros mostra che il numero annuo di richieste di cittadinanza dalla Moldova sono in costante aumento. L’aumento ha coinciso con i cambiamenti nella legislazione romena, e con l’ingresso della Romania nell’Unione europea nel 2007. La Moldova è il paese più povero alle frontiere dell’Unione europea, e gran parte dei suoi cittadini già lavorano in economie più ricche all’estero.

Lo studio menziona anche che la Romania ha iniziato un trattamento più veloce delle domande di cittadinanza a partire dal 2007. Di tutte le richieste elaborate da Bucarest dal 2002, più della metà – circa 116.000 – sono state trattate negli ultimi quattro anni.

Molti moldavi considerano il passaporto romeno come la chiave per entrare nell’Unione europea, secondo Marian Gherman, il procuratore di Bucarest il cui ufficio ha investigato e portato a giudizio una rete di 40 intermediari e burocrati che si occupano di accelerare le richieste di cittadinanza in cambio di denaro.

“Tutti lo sanno”, ha detto. “Chiedono la cittadinanza romena solo perché dà loro la libertà di viaggiare e lavorare all’interno dell’Unione europea.”

Un funzionario dell’Autorità Nazionale per le Cittadinanze, a Bucarest, parlando in condizione di anonimato, ha confermato che i moldavi non avevano grande interesse per l’acquisizione della nazionalità romena fino al 2007, data dell’integrazione della Romania nella Comunità Europea.

Le persone davanti all’ambasciata e consolato di Romania a Chisinau.

Cittadinanze da “porta sul retro”

I moldavi possono avere diverse ragioni per cercare di ottenere la nazionalità romena, soprattutto quelli che hanno un legittimo diritto di riottenerla. Il presidente romeno Traian Basescu ha dichiarato nel 2009 che circa 800.000 moldavi – vale a dire circa un quarto della popolazione – aspettavano la cittadinanza romena, e ha ripetutamente promesso di aiutare i richiedenti riducendo la burocrazia.

Tuttavia, questa indagine, promossa dal Fondo europeo per il giornalismo investigativo, rivela che molti moldavi preferiscono ancora acquistare la cittadinanza romena attraverso canali non ufficiali. Spesso pagano centinaia di euro a intermediari nella speranza di accelerare le loro richieste.

I moldavi senza esperienza nei processi di cittadinanza rischiano di essere derubati quando utilizzano intermediari illeciti. Ma i canali non ufficiali per ottenere la cittadinanza possono essere anche molto efficienti. In questa indagine dimostra, possono anche generare la prova dell’esistenza di una nonna romena, che di fatto non è mai esistita.

L’UE non interferisce nel processo della cittadinanza, descrivendolo come una questione di sovranità interna per gli Stati membri. Tuttavia, la politica della Romania di accordare cittadinanze al di là del Prut è da tempo sotto accusa di mettere in funzione una “porta sul retro” nell’UE ai cittadini  moldavi. Nel 2010, Pierre Lellouche, segretario di stato francese per gli affari europei, ha parlato contro gli sforzi della Romania di aderire al trattato di Schengen per l’Unione europea senza frontiere. Tra gli altri fattori, ha citato “la distribuzione di migliaia di passaporti romeni” ai moldavi come un motivo di preoccupazione. Il successore di Lellouche, Laurent Wauquiez, ha seguito la stessa linea.

Il rapporto di aprile 2012 da parte della Fondazione Soros in Romania ha sostenuto che molti di questi timori erano infondati. Mentre critica Bucarest per la presunta mancanza di trasparenza, lo studio dice che non c’è alcuna prova a sostegno di rivendicazioni che i migranti moldavi creino un’impennata incontrollata in Europa. Né il rapporto trova alcuna prova a sostegno della dichiarazione di Basescu che circa 800.000 moldavi desiderano la cittadinanza romena.

“Documenti originali”

La nostra indagine prova l’esistenza di un mercato nero per l’ottenimento delle cittadinanze romene, ma non siamo potuti arrivare alla conclusione che in Romania è in funzione una “porta sul retro” per la migrazione incontrollata e illegale, come temono alcuni funzionari dell’UE.

In effetti, molti cittadini moldavi utilizzano intermediari perché sono frustrati dalla lentezza con cui la Romania si occupa delle domande di cittadinanza. Secondo Gherman, il procuratore di Bucarest, il mercato nero è attraente anche per i richiedenti legittimi in quanto opera più veloce rispetto al processo ufficiale, che può richiedere fino a sei anni prima di ottenere la cittadinanza romena.

Alcuni moldavi possono anche rivolgersi a intermediari, perché sono già al lavoro illegalmente in Europa occidentale, e non possono lasciare il luogo di lavoro per venire in persona a chiedere la cittadinanza. “Non possono venire in Romania ... perché poi non possono tornare al loro lavoro”, ha detto Gherman.

Tuttavia, la nostra indagine ha rivelato l’esistenza di un fiorente mercato nero di cittadinanze romene, in cui si intersecano canali ufficiali e non ufficiali. Soprattutto, questo mette in questione le assicurazioni da parte di funzionari romeni che tutte le richieste di cittadinanza vengono controllate accuratamente per eliminare le frodi.

Lavorando con un uomo in cerca della cittadinanza romena, il nostro “Vladimir”, abbiamo dimostrato che la procedura per l’acquisizione di un passaporto romeno non è in grado di distinguere i candidati veri da quelli i cui nonni sono tratti dalla storia e dalla letteratura sovietica.

Dopo l’acquisizione di certificati di nascita e di matrimonio per Ostap Bender e Svetlana Allilueva, abbiamo usato l’intermediario stesso di entrare in possesso dei dati della polizia dal moldavo e le autorità rumene, a conferma che Vladimir non ha avuto condanne penali.

Insieme con i certificati dall’archivio moldavo, questi documenti sono stati presentati presso l’ufficio cittadinanze a Bucarest, dove un funzionario ha confermato che sembravano genuini.

Secondo il funzionario, Vladimir poteva prepararsi a fare il giuramento di cittadinanza, una volta completate alcune ulteriori formalità – vale a dire, la presentazione della carta d’identità, un modulo di domanda, una dichiarazione di un notaio.

La fiducia del funzionario non era fuori luogo. I documenti di Vladimir hanno i sigilli e le firme di tutte le istituzioni e i funzionari competenti in Moldavia e Romania. Ma mentre i documenti possono essere legittimi, i mezzi con cui sono stati procurati non lo erano.

Fresco d’archivio.

I documenti sono stati emessi dall’archivio di Stato moldavo, e confermavano che gli “antenati” di Vladimir erano un tempo cittadini della Romania.

Ci siamo uniti a Vladimir quando è partito per la sua ricerca di cittadinanza dell’UE a Chisinau, capitale della Moldova. Gli intermediari erano facili da individuare: avevano praticamente installato bancarelle al di fuori dei ministeri del governo e del consolato romeno. Portavano borselli intorno alla vita e avevano in mano biglietti da visita. Stavano in gruppo alle porte degli edifici ufficiali si stringevano insieme, bevendo caffè o parlando intensamente ai telefoni cellulari.

Uno degli intermediari, che si era identificato come Vadim, si vantava dei suoi contatti con i funzionari della Romania a Bucarest e nelle città orientali di Iași e Vaslui. Ci ha portato da una signora che si è presentata come Maria. Poiché non poteva disporre i documenti in meno di sei mesi, abbiamo continuato la nostra ricerca.

Un intermediario che si fa chiamare Emil ci ha detto che non stava facendo nulla di illegale – stava semplicemente usando la sua influenza. “Ho un avvocato a Bucarest che può velocizzare le cose,” ha detto. Ha consegnato un biglietto da visita, la pubblicità di un sito web che promette la cittadinanza romena per chiunque, dovunque.

I prezzi riportati sul sito (le informazioni iniziali si trovavano sul sito  www.cetatenie.hostei.com) a cui faceva riferimento Emil variano a seconda di quanto velocemente si sviluppa il processo di ottenimento della cittadinanza. Per 700 euro, tutti i documenti essenziali per la cittadinanza potrebbero essere ottenuti entro 15 mesi. Il pagamento di 1.000 euro garantisce i documenti entro 10 mesi, mentre una procedura accelerata di applicazione - completata entro cinque mesi - costa 1.500 euro. Una volta ottenuta la cittadinanza era stata acquisita, un ulteriore pagamento di 95 euro e 10 giorni di attesa assicurano al ricorrente un passaporto romeno. Una carta d’identità romena richiede un supplemento di 140 euro.

Proprio di fronte al servizio di stato civile di Chișinău, abbiamo trovato un altro intermediario, Sergiu, con cui abbiamo di scusso di affari in romeno e in russo. Segiu ci ha ha promesso di procurarci i certificati necessari di nascita, matrimonio e morte per 300 euro. Una giovane donna, che affermava di essere una studente universitaria di giornalismo, ha interrotto la conversazione e ha promesso di portarci a un intermediario affidabile. Ci ha presentato Arghira, una signora sulla cinquantina con un livido sopra l’occhio. Arghira ha ricevuto la cittadinanza romena nel 2010 e anche lei ci ha proposto un prezzo di 300 euro, che è stato poi ridotto a 250. Arghira ci ha portato da un notaio, alla cui presenza Vladimir firmato un documento con il quale le dava mandato di rappresentarlo di fronte alle autorità romene e moldave. Ma nonostante questo inizio promettente, Arghira ha dimostrato di essere inaffidabile, chiedendo più soldi ad ogni riunione.

Alla fine abbiamo trovato la persona giusta, un uomo di mezza età che si è presentato come Ion. Ha promesso di procurarsi i documenti necessari per 70 euro ciascuno. Entro la fine del febbraio 2012, aveva fornito certificati di nascita e matrimonio per Ostap e Svetlana. I documenti erano stati appena rilasciati dal servizio di stato civile di Chișinău, e confermavano che gli “antenati” di Vladimir erano stati un tempo cittadini della Romania. Poco dopo, Ion ha fornito pure dichiarazioni di polizia da Romania e Moldova, che dimostravano che Vladimir non aveva condanne penali.

Come confermato dal funzionario a Bucarest, Vladimir era ormai sul punto di fare il giuramento di cittadinanza. Ai fini della tempistica, abbiamo deciso di concludere la nostra ricerca di cittadinanza romena a questo punto.

“Ospiti” fantasma

Ottenimento dei documenti dall’intermediario.

Se Vladimir avesse proseguito nella richiesta della cittadinanza, sarebbe stato quindi in grado di richiedere la carta d’identità, che è considerato l’obiettivo finale del processo di cittadinanza.

I nuovi cittadini dalla Moldova preferiscono la carta d’identità al passaporto, perché attira meno controlli alle frontiere dell’UE, offrendo gli stessi privilegi. I destinatari recenti della cittadinanza romena sono ancora guardati con sospetto ad alcune frontiere. La carta d’identità, a differenza del passaporto, non rivela da quanto tempo il suo titolare ha ottenuto la cittadinanza.

Al fine di beneficiare di una carta d’identità, il richiedente deve dimostrare di essere stato residente in Romania per un periodo minimo specificato. Anche in questo caso, una rete di intermediari illeciti è pronta ad assistere, fabbricando dietro compenso prove di residenza.

La sezione di annunci on-line di un giornale di Iași, una grande città nella parte orientale della Romania, porta annunci alla ricerca di locali per ospitare moldavi che sono alla ricerca della carta d’identità. Un annuncio del genere promette 40 euro a persona per chiunque abbia voglia di ospitare fino a 20 persone per brevi periodi. In realtà, il proprietario di casa viene pagato per dire che gli “ospiti” alloggiano in una struttura particolare. L’annuncio chiede solo che chiunque sia interessato abbia “contatti con il distretto di polizia”.

Non è difficile trovare una prova ulteriore che gli intermediari stanno aiutando i candidati a falsificare la residenza. Diversi siti web di intermediari di cittadinanza contenevano una foto della stessa carta d’identità romena, a quanto pare un campione pubblicitario del prodotto finale. Mentre i dettagli principali della scheda erano deliberatamente confusi, siamo stati in grado di stabilire il nome del proprietario della carta e il suo luogo di nascita - una città in Moldova. L’indirizzo sulla carta ha portato a un appartamento in un quartiere fatiscente di Bucarest. Nessuno rispondeva alla porta. Tuttavia, una ricerca attraverso registri on-line ha rivelato che lo stesso indirizzo è stato utilizzato da molti moldavi con cittadinanza romena, così come da alcune società romene e cinesi.

Anche se non è illegale per diversi aspiranti alla cittadinanza richiedere la residenza allo stesso indirizzo, alcuni funzionari romeni hanno tentato – senza successo – di reprimere la pratica, anche se la legislazione in proposito è stata modificata nel 2011.

Victor Gîndac, un direttore dell’Ufficio per l’Immigrazione, ha detto che ha iniziato a ricevere nel 2009 segnalazioni di individui, che erano stato ingannati da mediatori e avvocati nel racket della residenza. Ha aggiunto che i suoi dipendenti hanno ricevuto minacce dopo il tentativo di smascherare i 4 o 5 avvocati di Bucarest che avevano contribuito a falsificare certificati di residenza.

L’Autorità Nazionale per le Cittadinanze ha anche cercato di mettere in guardia contro l’uso di intermediari non ufficiali e avvocati per accelerare le richieste di cittadinanza. Tuttavia, una dichiarazione in tal senso sul sito dell’A.N.C., pubblicata nel febbraio 2012, ha provocato feroci reclami da parte di avvocati di Bucarest. L’avvertimento on-line è stato debitamente modificato per escludere gli avvocati dalla categoria degli intermediari.

Migranti in libertà

La Romania ha compiuto il suo giro di vite di più alto profilo sul racket delle cittadinanze nel marzo 2012. Decine di persone sono state arrestate e migliaia di euro sono stati recuperati in una serie di irruzioni. Sono ora in attesa di processo dipendenti dell’Autorità Nazionale per le Cittadinanze, così come intermediari di nazionalità doppia moldava e romena.

Secondo Gherman, il procuratore di Bucarest, questi facevano parte di una rete che è stata responsabile della gestione di circa 1.000 richieste di cittadinanza. Gli atti giudiziari dicono che investigatori americani hanno aiutato a tracciare le transazioni finanziarie del gruppo.

Anche i funzionari moldavi dicono di avere fatto numerosi arresti in contemporanea con il giro di vite romeno nel mese di marzo. Anastasia Mihalceanu, una portavoce della agenzia anticorruzione a Chișinău, ha detto che circa 80 persone erano state interrogate sul racket cittadinanza – tutti intermediari o loro impiegati. “Qui in Moldova, nessun funzionario è stato coinvolto”, ha aggiunto.

Separatamente, i pubblici ministeri moldavi e i funzionari per la lotta alla corruzione dicono che hanno fatto arresti per tutto il 2012. Delle nove persone interrogate sui racket della cittadinanza a partire da gennaio, alcuni hanno dichiarato di essere funzionari dello Stato o avvocati. Solo due dei nove casi sono stati rinviati a processo finora. Non ci sono state condanne.

La nostra indagine mostra che il mercato nero ha continuato a prosperare, nonostante gli arresti su entrambi i lati del confine. I certificati di nascita e matrimonio per Ostap e Svetlana sono stati acquistati poche settimane dopo la repressione di marzo.

E mentre Mihalceanu dice che non c’erano dipendenti statali tra gli 80 arrestati nella retata moldava, la nostra ricerca suggerisce che questi sono comunque complici del racket delle cittadinanza. In quale altro modo l’Archivio di Stato di Chișinău potrebbe offrire certificati apparentemente legittimi di individui fittizi?

Nella migliore delle ipotesi, la repressione di marzo è riuscita forse a rallentare temporaneamente il traffico illecito di cittadinanza. Nel mese di aprile, abbiamo incontrato un moldavo di fuori della direzione dei passaporti a Bucarest. La sua intermediaria di base in Romania, una signora di nome Oxana, doveva procurare la sua carta d’identità – ma era stata spaventata dai recenti arresti. “Conosceva qualcuno nei posti alti – ma ora vuole stare quieta per un po’,” ci ha detto. L’uomo, che si è presentato come Andrei, ha detto che aveva passato un anno per acquisire la cittadinanza romena attraverso intermediari, con un costo di quasi 1.500 euro.

Nel frattempo a Chișinău, alcuni moldavi hanno detto di aver usato la loro nuova cittadinanza per ottenere posti di lavoro nell’UE. Tutti hanno dichiarato di essere emigrati per sostenere le loro famiglie in estrema povertà.

Alexandru Covaș, impiegato di un autoservizio, ha detto che aveva lavorato in nero in Italia e aveva paura di essere fermato dalla polizia italiana – fino a quando ha ricevuto la cittadinanza romena. “Il passaporto romeno è una salvezza, ma non sopporto i romeni”, ha detto. “Sono egoisti, ti vendono per tre volte solo per passarla liscia.”

Veaceslav Mandiș è venuto in vacanza in Moldova per trovare sua madre. Anche lui vive e lavora in Italia. “Sono autista, mia moglie è parrucchiera. Il passaporto romeno per noi è stato la salvezza. Così possiamo lavorare legalmente e inviare denaro a mia madre in Moldova. Personalmente non mi sento un profittatore per aver goduto delle facilitazioni del passaporto romeno essendo, di fatto, moldavo. Nessuno ha chiesto qualcosa a mio nonno, quando gli hanno portato via la sua cittadinanza romena nel 1945, così che mi sento come se avessi ristabilito la giustizia”, ha detto Veaceslav.

Liuba Carpineanu, una moldava che ha lavorato in Italia come badante per gli anziani, ha detto che il suo passaporto romeno l’ha salvata dal servirsi di trafficanti di esseri umani. “La prima volta che ho lasciato la Moldova, abbiamo dovuto pagare 4.000 euro a una guida che ci ha portato attraverso paludi e foreste”, ha detto. “Non voglio ricordare quello che abbiamo passato.”

Cifre contestate

Mentre i vantaggi dell’acquisizione della cittadinanza romena sono evidenti, il numero dei beneficiari rimane in discussione.

Gli sforzi per trarre conclusioni in merito al processo sono ostacolati dalla mancanza di dati chiari, e da discrepanze drammatiche tra i dati forniti da varie istituzioni.

Per esempio, la A.N.C. ci ha detto che aveva approvato circa 15.000 richieste nel periodo 2007-11. Ha detto che aveva respinto circa 1.000 richieste nello stesso periodo. Nell’insieme, ciò significherebbe che l’A.N.C. aveva vagliato circa 16.000 richieste in quel periodo.

Tuttavia, questo contraddice i dati ufficiali citati dallo studio della Fondazione Soros dell’aprile 2012, che dicono che l’A.N.C. aveva vagliato 116.000 richieste tra il 2007 e l’agosto 2011.

Anche se lo studio non dispone di cifre esatte per il numero di cittadinanze concesse, gli autori hanno suggerito che la maggior parte delle richieste nel periodo 2007-11 siano state accolte.

L’A.N.C. non ha commentato la discrepanza, ha detto solo che i suoi dati erano corretti. Anche la Fondazione Soros difende le proprie cifre. Lo studio che le contiene è stato reso pubblico in presenza di rappresentanti del’A.N.C.

L’A.N.C. insiste a dire che effettua controlli approfonditi su tutte le richieste di cittadinanza. “Se ci sono sospetti relativi a un documento [come ad esempio un certificato di nascita o matrimonio], ci sono verifiche supplementari,” ha detto la portavoce dell’A.N.C. Gabriela Neagu.

Un intermediario moldavo di cittadinanza ha offerto una garanzia alternativa. “Datemi un russo dalla Siberia,” si è vantato, “e ne farò un cittadino romeno.”

 

Segnalazioni supplementari da Vitalie Șelaru a Chișinău e Lina Vdovîi a Bucarest.

Montaggio di Neil Arun per la Balkan Investigative Reporting Network.

Questo articolo è stato prodotto con il sostegno del Fondo europeo per il giornalismo investigativo (www.journalismfund.eu)

 

 
Padre Raphael Morgan: il primo prete ortodosso di colore in America

Quello che segue è il testo di una conferenza tenuta da Matthew Namee presso la fraternità di san Mosè l’Etiope a Indianapolis alla fine di maggio del 2009. Si può ascoltare il testo della conferenza su questo podcast.

 

Sono qui oggi per parlare di una delle figure più interessanti della storia dell’Ortodossia in America. Ma piuttosto che raccontarvi semplicemente la storia della sua vita in ordine cronologico, ho pensato che avrei potuto prima dirvi come l’ho incontrato inizialmente.

Diversi anni fa, stavo rovistando nella biblioteca del Seminario di San Vladimir a New York; ero alla ricerca di materiale su un uomo chiamato padre Ingram Irvine, che era stato uno dei primi americani convertiti all'Ortodossia. Stavo sfogliando alcune vecchie sezioni in lingua inglese di una pubblicazione chiamata Vestnik (il Messaggero ortodosso russo in America), che era il bollettino ufficiale della Chiesa russa in America. In uno di questi numeri – quello di ottobre/novembre 1904 – ho notato una lettera di un uomo di nome Robert Josias Morgan. Quest'uomo, Morgan, era apparentemente un diacono episcopaliano che aveva recentemente visitato la Russia e aveva scritto una lettera per parlare della sua esperienza e di quanto aveva apprezzato il suo viaggio. Non ci ho pensato molto al momento, ma per fortuna, ne ho fatto una fotocopia, immaginando che mi sarebbe stata utile in futuro. E poi mi sono completamente dimenticato di Robert Josias Morgan.

Pochi mesi dopo, ero alla ricerca di un archivio di giornale on line, alla ricerca di informazioni su san Raphael di Brooklyn, il vescovo ortodosso arabo. Ero alla ricerca di "Raphael" e "Chiesa ortodossa", o qualcosa del genere, e mi è uscita una serie di risultati da un quotidiano giamaicano nel 1913. Ho cliccato sul primo e sul mio schermo è apparso uno spettacolo straordinario.

Sulla copertina del giornale c’era una foto di un uomo di colore, vestito in abiti neri, che indossava un collare clericale e una croce pettorale. Sotto la foto, il titolo diceva: "Visita di un prete – Padre Raphael della Chiesa greco-ortodossa".

Inutile dire che sono rimasto scioccato. Chi era questo prete? Qual era la sua storia? E perché non avevo mai sentito parlare di lui prima? Mi ci sono voluti molti anni per mettere insieme i dettagli della vita di padre Raphael, e ancora oggi ci sono enormi lacune. Uno scrittore non ortodosso, che stava commentando su padre Raphael negli anni '70, ha scritto, "La storia di Morgan è così assolutamente improbabile che si tende a liquidarla come una bufala". Ma vi assicuro, non è una bufala.

Robert Josias Morgan è nato in Giamaica negli anni '60 o nei primi anni '70 del XIX secolo, in altre parole, durante o subito dopo la guerra civile americana. Non posso dare date più precise di queste. Non incontrò mai suo padre, che morì quando Robert era ancora nel grembo materno. In giovane età, Morgan intraprese una vita incredibile e inspiegabile di viaggi. Non ho idea di come finanziasse tutti questi viaggi. Prima andò a Panama e in Honduras, poi negli Stati Uniti. Per un po' fece il missionario in Germania, tra tutti i luoghi possibili. Fece diverse visite in Inghilterra. A un certo punto divenne ministro della Chiesa metodista episcopale africana, e poi alla fine si unì alla Chiesa d'Inghilterra. Andò in Sierra Leone in Africa, dove studiò greco e latino in una scuola anglicana, poi diventò un lettore laico, e lavorò come missionario in Liberia per un certo numero di anni.

Alla fine, fece un'altra visita in America e poi tornò in Inghilterra, dove studiò per diventare un diacono episcopaliano. Poi tornò di nuovo in America e fu ordinato diacono episcopaliano nel 1895. Servì in tutta la parte orientale degli Stati Uniti – Delaware, Charleston, Richmond, Nashville, Philadelphia.

A un certo punto verso la fine del XIX secolo, Morgan iniziò a mettere in discussione la sua fede anglicana. Per tre anni studiò in proprio l'anglicanesimo, il cattolicesimo romano e l’Ortodossia, cercando di determinare quale fosse la vera Chiesa. Come dice una sua vecchia presentazione, "Fu sua convinzione definitiva che la santa Chiesa greco-ortodossa cattolica e apostolica è la colonna e il fondamento della verità". Ma non diventò ortodosso subito dopo essere arrivato a questa conclusione. Continuò con quel viaggio in Russia di cui ho parlato prima, visitando chiese e monasteri. Era presente al servizio di anniversario dell'incoronazione dello tsar Nicola II, e partecipò anche alla cerimonia commemorativa per lo tsar Alessandro III. Mentre era in Russia, Morgan fu trattato come un ospite speciale dello tsar, e si racconta che la sua immagine apparve su vari periodici russi. Nella sua lettera dopo il viaggio, ha scritto, "Sono venuto come semplice turista, soprattutto per vedere le chiese e i monasteri di questo paese, e per ascoltare il rituale e le funzioni della santa Chiesa ortodossa, di cui ho sentito tanto parlare all'estero. E sono perfettamente soddisfatto di tutto quello che ho visto e a cui ho assistito". Morgan continuò i suoi viaggi, visitando luoghi come la Turchia, Cipro e la Terra Santa.

Ma ancora non divenne ortodosso. Trascorse altri tre anni studiando con sacerdoti greci in America, in preparazione per il battesimo. Ora, questo fa sorgere una domanda immediata - cosa stava facendo con i greci, e non con i russi? Dovete capire, l’Ortodossia in America in questo momento era in uno stato piuttosto caotico. Era l'inizio del XX secolo. I greci in America erano piuttosto disorganizzati: non avevano vescovi, né seminari, nessuna vera struttura nazionale di qualsiasi tipo. In pratica, le parrocchie funzionavano per la maggior parte come piccole unità autonome, gestite da consigli parrocchiali, ed erano quasi esclusivamente rivolte a immigrati greci. In contrasto, i russi avevano un vescovo, san Tikhon, che era ben noto tra gli anglicani. Proprio in questo periodo, nel 1904, i russi stabilirono il loro primo seminario in America, a Minneapolis. In generale, i russi erano abbastanza ben organizzati. E ancora, proprio in questo periodo, nel 1905, un uomo di nome Ingram Irvine, che era un ex prete episcopaliano, si convertì all'Ortodossia nella Chiesa russa. La cosa più ovvia da fare per Morgan sarebbe stata quella di unirsi ai russi. Ma non lo fece, e non ho idea del perché. È possibile che avesse avuto modo di conoscere i greci a Philadelphia personalmente e di apprezzarli. In ogni caso, era a Philadelphia, ed era affiliato alla chiesa greca locale.

Nel gennaio del 1906, Morgan era presente alla liturgia del Natale della chiesa greca in Philadelphia (ricordate, questo era prima che il nuovo calendario fosse adottato dalla Chiesa greca, così i greci celebravano il Natale il 7 gennaio). Comunque, il Philadelphia Inquirer riferì il giorno dopo che "ha assistito il Rev. R. J. Morgan della Chiesa cattolica americana, una diramazione della Chiesa protestante episcopale". L'estate seguente, nel 1907, Morgan andò in nave fino a Istanbul. Portava due lettere. Una era del sacerdote greco a Philadelphia, padre Demetrios Petrides, che raccomandava che Morgan fosse battezzato e poi ordinato sacerdote ortodosso. C'era anche una lettera da parte della comunità greca di Philadelphia, che sosteneva l'ordinazione di Morgan e diceva perfino che se non fosse riuscito a stabilire una parrocchia ortodossa nera, cosa che era la sua speranza, sarebbe stato il benvenuto a servire da loro come vicario. Così Morgan giunse a Istanbul, e fu intervistato dal metropolita Ioakim di Pelagonia, uno dei pochi vescovi del patriarcato che avevano una conoscenza della lingua inglese. Il metropolita Ioakim raccomandò che Morgan fosse battezzato, cresimato, ordinato, e poi rimandato in America per "portare la luce della fede ortodossa tra i suoi fratelli razziali". E così, nel mese di agosto, Morgan fu battezzato davanti a tremila persone, e in occasione della festa della Dormizione, fu ordinato sacerdote. Prese il nome di "Padre Raphael" al posto di Robert. Il Patriarcato Ecumenico poi lo rimandò in America con paramenti, libri liturgici, una croce, e venti sterline. Gli fu dato il diritto di ascoltare le confessioni, ma il Santo Sinodo negò la sua richiesta di un antimensio e di santo crisma. Era loro intenzione farlo stare collegato alla parrocchia di Philadelphia, ma di renderlo missionario tra i neri d' America.

Appena padre Raphael tornò in America, battezzò sua moglie e i suoi figli. Ora, qui c'è qualcosa di strano. Battezzò la sua famiglia subito dopo il suo ritorno, probabilmente nell'autunno del 1907. Ma nel 1911, fece un viaggio in Grecia, e sulla lista dei passeggeri è elencato come "singolo" (celibe). Inoltre, l’articolo di giornale giamaicano del 1913 dice che "è noto nel mondo come Robert Josias Morgan". Un paio di anni più tardi, nel libro Who’s who of the colored race, si dice che "il nome della famiglia Morgan è stato eliminato e non dovrebbe mai essere utilizzato per rivolgersi a lui". A me sembra certamente come se fosse diventato monaco a un certo punto. Ed ecco un'altra cosa strana – in numerosi articoli negli anni '10, Morgan viene indicato come il " fondatore e superiore" di una fraternità religiosa nota come "Ordine della Croce del Golgota". Non ho assolutamente idea di cosa fosse questo "Ordine della Croce del Golgota". Non l'ho mai visto citato altrove, ma in ogni caso, di solito non si sente di preti sposati denominati "superiori" di ordini religiosi. Fino a poco tempo, il mio sospetto era che la moglie di Morgan fosse morta, e che egli fosse diventato un monaco, dopo essere rimasto vedovo. Ma alcuni mesi fa, ho scoperto che la moglie di Morgan aveva effettivamente presentato istanza di divorzio nel 1909, citando come ragioni "crudeltà" e "incapacità di sostenere i figli della coppia". Ora, io non so che storia ci sia dietro questo fatto, e non sono abbastanza sicuro di ciò che significa. Sembra probabile che, sulla scia di questi eventi, Morgan sia tornato in Grecia e sia stato tonsurato monaco. Gli fu permesso di continuare a servire come sacerdote, e sua moglie si risposò e mantenne la custodia del figlio Cyril. I documenti di divorzio sopravvivono ancora negli archivi del tribunale di Delaware County, Pennsylvania, e in questo momento sto cercando di ottenere copie di tali documenti, ma la corte è piuttosto restia, anche se questo è un caso di divorzio vecchio di 100 anni. Spero di riuscire alla fine a ottenere le copie e di essere in grado di fare un po' più di luce su questo periodo della vita di padre Raphael.

In ogni caso, andando avanti... padre Raphael sembra aver fatto della parrocchia greca di Philadelphia la sua base di operazioni. Andò in Giamaica nel 1913 e vi rimase per diversi mesi, nel 1914. Girò per l'isola, tenendo conferenze sui suoi viaggi, sulla Terra Santa, e su simili temi religiosi e geografici. L'evento più interessante avvenne nel dicembre 1913 – una nave da guerra russa si fermò in Giamaica, e padre Raphael concelebrò la Divina Liturgia con il sacerdote russo a bordo della nave. Partecipò un certo numero di siriani ortodossi che vivevano in Giamaica, e dato che non sapevano il russo, padre Raphael utilizzò per loro l’inglese. Il giorno dopo, il giornale riportava: "Padre Raphael afferma che ora è in comunicazione con il vescovo ortodosso siriano di Brooklyn per quanto riguarda i siriani locali, e spera che tra non molto si farà qualcosa per quanto riguarda il loro benessere spirituale". Ora, il vescovo siro-ortodosso di Brooklyn era san Raphael Hawaweeny. Non so se è venuto qualche frutto da questa comunicazione. San Raphael si ammalò nel 1914 e morì nel febbraio del 1915, quindi è possibile, e penserei probabile, che non fu in grado di fare nulla per i siriani in Giamaica. E alla fine, molti di quei siriani e dei loro discendenti divennero anglicani.

Eppure, è da notare che padre Raphael Morgan e san Raphael Hawaweeny erano in contatto uno con l'altro. Padre Raphael era un sacerdote della Chiesa greca, ma non aveva nessun problema a cooperare con gli altri ortodossi in America. La giurisdizione non sembrava avere importanza per lui. In realtà, ci sono prove che egli avesse almeno qualche tipo di contatto con la cattedrale russa di New York City. In quella lista dei passeggeri del 1911, quando tornava in America dalla Grecia, padre Raphael aveva in realtà elencato la sua destinazione come la cattedrale russa a New York City. Quindi, vi è sicuramente una prova di qualche tipo di contatto tra loro. Ancora una volta, non ho idea del perché stava andando lì o di quello che è successo, ma c'era ovviamente un certo tipo di interazione.

L'ultima cosa che ho potuto trovare su padre Raphael è del 1916. Era ancora a Filadelfia, e lui e circa una dozzina di altri giamaicani – americani avevano scritto una lettera ai direttori dei principali quotidiani in Giamaica. Si lamentavano di Marcus Garvey, che faceva un giro di conferenze di America, e questo fu proprio l'inizio della carriera di Garvey. È un argomento piuttosto interessante. Potreste aver sentito parlare di Marcus Garvey... era un nazionalista nero e faceva parte del movimento di ritorno all’Africa in quel periodo. Aveva fondato la Universal Negro Improvement Association, e le sue conferenze in America avevano fomentato tensioni razziali. Garvey apparentemente descriveva le relazioni razziali in Giamaica in una luce molto sfavorevole. Padre Raphael e i suoi amici non ne erano contenti. Nella loro lettera, scrivevano, "Noi, frequentando le sue conferenze, le abbiamo trovate perniciose, fuorvianti, e lesive del prestigio del governo e del popolo [della Giamaica]". Garvey effettivamente scrisse una risposta, pubblicata da un giornale giamaicano, in cui diceva che la lettera di padre Raphael era "una macchinazione e una fabbricazione grossolana", scritta come parte di una cospirazione contro di lui.

E questo è tutto. Dopo lo scambio con Marcus Garvey, padre Raphael sembra essere scomparso. Paul Manolis, uno storico greco-ortodosso, ha intervistato diversi anziani greci di Philadelphia alla fine degli anni '70. Uno di loro disse che ricordava di essersi seduto sulle ginocchia di padre Raphael che lo nutriva con banane. Disse anche che la figlia di padre Raphael aveva frequentato Oxford: non ho idea se questo sia vero. Un uomo disse che padre Raphael parlava un "greco stentato" e utilizzava l’inglese quando serviva la Liturgia. Infine, un uomo di nome George Liacouras disse a Paul Manolis che si ricordava che padre Raphael "partì per Gerusalemme per non tornare mai più, dopo aver passato alcuni anni con padre Petrides".

Ci sono così tante domande senza risposta. Padre Raphael morì davvero alla fine degli anni '10, o si trasferì veramente a Gerusalemme, o forse tornò in Giamaica o in Africa? Rimase ortodosso? E riuscì mai nella sua missione di convertire i suoi compagni neri all'Ortodossia? A prima vista, la sua missione sembra essere stata un fallimento. Fatta eccezione per la sua famiglia, non c'è alcuna prova che padre Raphael abbia convertito nessuno.

La storia finirebbe qui, ma... beh, non così. Non proprio. È possibile che padre Raphael sia stato indirettamente responsabile per la conversione di migliaia di africani all'Ortodossia. Ecco come.

Il sito della Chiesa episcopaliana di san Filippo a Richmond, in Virginia, include un elenco dei pastori. Ed ecco, Robert Josias Morgan è elencato come rettore della parrocchia per un breve periodo nel 1901. Ma era solo un diacono – come avrebbe potuto essere un parroco? L'unica spiegazione a cui posso pensare è che si trattava di una carica interinale – il rettore precedente era andato via, e Morgan ne aveva fatto le veci fino all’arrivo di un sacerdote permanente. Probabilmente era già il diacono della parrocchia, quindi sarebbe stato naturale che occupasse la carica di rettore per qualche mese. Il precedente rettore era un prete episcopaliano di nome George Alexander McGuire. Presumibilmente, Morgan e McGuire si conoscevano. Erano entrambi uomini di colore dai Caraibi, e furono entrambi ordinati all’incirca nello stesso tempo. Entrambi servirono a Richmond, e poi, entrambi servirono a Philadelphia. È logico pensare che si conoscessero.

Va bene, ma perché questo è così importante? Chi era George Alexander McGuire? Ve lo dirò. Molti anni dopo, nel 1920, George McGuire divenne uno stretto collaboratore di Marcus Garvey – lo stesso Marcus Garvey contro il quale padre Raphael aveva scritto solo pochi anni prima. E poi, nel 1921, George McGuire fu consacrato vescovo da un certo Mons. Joseph Vilatte della Chiesa cattolica americana. Forse ricorderete, l’ho accennato prima, che prima di diventare ortodosso, padre Raphael era stato molto brevemente un membro della stessa Chiesa cattolica americana. Vilatte era un vescovo vagante. Credo che lo chiamereste un "vetero-cattolico", ma era un miscuglio scismatico tra un episcopaliano e un cattolico romano. Per diversi anni era stato in rapporti amichevoli con gli ortodossi. E come ho detto, padre Raphael era stato brevemente nella sua chiesa nel 1906. E poi, nel 1921, Vilatte consacrò George McGuire.

E che cosa fece George McGuire ora che era vescovo? Fondò un gruppo chiamato "Chiesa ortodossa africana"! Non era ortodossa, per la verità. Adottò comunque una cera quantità di aspetti esteriori e di terminologia dell'Ortodossia, ma non era in comunione con una qualsiasi delle Chiese ortodosse nel mondo, ed era strettamente associata con il movimento nazionalista nero. Era "ortodossa" solo di nome. Tuttavia, la Chiesa ortodossa africana si diffuse alla fine nella stessa Africa. E dopo la seconda guerra mondiale, il ramo della Chiesa ortodossa africana in Africa si è unito al Patriarcato ortodosso di Alessandria. Gran parte della fioritura dell'Ortodossia oggi in Africa, in posti come Uganda, Kenya e Tanzania, può essere ricondotta a quel movimento originale.

È una specie di mistero perché George McGuire abbia creato una chiesa ortodossa africana. Dopo tutto, era un prete episcopaliano. Perché avrebbe voluto diventare "ortodosso"? È molto, molto probabile – e io non sono la prima persona a suggerirlo – che McGuire abbia avuto l'idea di diventare ortodosso da padre Raphael Morgan. Certamente aveva sentito parlare di padre Raphael, e quasi certamente lo conosceva personalmente. Chi lo sa – è possibile che padre Raphael abbia anche cercato di evangelizzare McGuire, piantando così in lui il seme della ricerca dell’Ortodossia.

E così siamo ora arrivati alla fine della nostra storia. Sembra che non ci siano altro che domande su padre Raphael. Come ha fatto a viaggiare in tutto il mondo, così tante volte? Come ha fatto a scoprire l'Ortodossia? Perché si è unito ai greci in America piuttosto che ai russi? È mai riuscito a convertire direttamente qualcuno alla fede? Cos'era il suo Ordine della Croce del Golgota, e cos'è successo a sua moglie e ai suoi figli? E cos'è successo a lui? È davvero andato a Gerusalemme, come ha suggerito quel vecchio greco di Filadelfia, o gli è accaduto qualcos'altro?

Non posso rispondere a nessuna di queste domande. Se pensate di poter far luce sulla storia di padre Raphael, per favore fatemelo sapere. Mi piacerebbe saperne di più su questo affascinante personaggio.

Prima di chiudere, vorrei riflettere un attimo su ciò che la storia di padre Raphael significa per noi oggi.

Il messaggio più evidente della sua vita, almeno a mio parere, è che la fede ortodossa è per tutti. Non è solo per gli  ortodossi "dalla culla", per le persone che sono nate nella fede. Non è nemmeno solo per le persone che, ovviamente, penseremmo come convertiti. Sono sicuro che sembrava totalmente improbabile che un giamaicano nero diventasse un sacerdote ortodosso 100 anni fa. Per quanto posso dire, nessuno gli ha portato un messaggio, nessuno ha cercato di condividere la fede con lui. L’ha cercata da sé, e quando l’ha trovata, l’ha riconosciuta come una perla di grande valore.

Da un lato, con la sua conversione, continua a testimoniare anche oggi la verità della fede ortodossa. E d'altra parte, ci esorta a riconoscere che la fede ortodossa è per tutto il mondo, non solo per gli ortodossi etnici, non solo per i convertiti che hanno avuto la fortuna di trovare l'Ortodossia, e non solo per quei nostri amici e conoscenti con i quali possiamo facilmente condividere la nostra fede. Dobbiamo, come Chiesa, essere sempre aperti a tutte le persone. Padre Raphael Morgan è un ricordo esemplare di questa importante verità.

 
Domande e risposte - anno 2010

Domanda

Caro padre Ambrogio,

delle preghiere in comune per l'unità, cosa ne dice? Forse mi sbaglio, ma ad esempio, in piena epoca ariana, io non so di "preghiere comuni" tra ariani e Vescovi Ortodossi; anzi, questi non erano in comunione con gli eretici (anche se a volte, a causa dell'Imperatore avevano firmato anche loro vari documenti ariani)! Al primo Sinodo Ecumenico, Ario è stato messo sotto anatema, e pure schiaffeggiato da San Nicola!

Gli ecumenisti cosa direbbero di questo gesto? "Fanatico"... E invece non è così!

I Canoni della Chiesa dicono di non pregare con gli eretici... e invece, cosa accade? Il contrario!

Gli Apostoli e i Santi Padri pregavano con gli "sciamani" e le altre religioni come è successo ad Assisi nell'86? Non credo...

A., 14 aprile 2010

Risposta

Caro A.,

prima di scagliarci contro qualcuno, bisogna almeno conoscerlo. Ario diceva cose molto pericolose per la fede, ma gli fu data ogni possibilità di spiegarsi e di discolparsi (lo schiaffo di San Nicola fu solo un incidente di percorso). Solo quando alla fine rimase indurito nel suo errore si arrivò all'anatema. Ora, non mi sembra che noi oggi seguiamo questo modello. Noi non sentiamo (e NON VOGLIAMO SENTIRE, cosa ancora più grave) le altre voci, ma facciamo dire loro esattamente quello che vogliamo... poi le condanniamo in base a quello che abbiamo detto di loro. E' molto facile comportarsi in questo modo, ma purtroppo è indice di una fallacia logica: il ragionamento circolare. Si crea un problema inesistente per attaccarlo con argomentazioni logiche che non hanno alcun contatto con i fatti oggettivi. Facendo così però violentiamo la verità, e non possiamo dire di seguire Cristo: "la verità vi farà liberi" (Gv 8,32)
 
Anche
nella questione delle "preghiere per l'unità" vedo pericolose derive verso una totale incomprensione. Io cerco di tenermene lontano, ma non perché siano la stessa cosa delle preghiere comuni tra ariani e ortodossi nel quarto secolo. Me ne tengo lontano per un'altra ragione: perché dalle stesse preghiere cristiani differenti credono di ottenere cose differenti. Se fossimo tutti d'accordo che sono semplici espressioni di un legittimo desiderio di ricostruire un'unità tra cristiani separati da molti secoli, questo sarebbe abbastanza accettabile. Per molti protestanti (e purtroppo anche per alcuni cattolici disinformati) queste preghiere sono l'espressione di un'unità già ricostruita (senza una base di fede comune). Se uno vuole pensare così non posso impedirglielo, ma non posso dare il mio assenso a questo modo di credere in una Chiesa fondata su qualcosa di diverso dalla fede apostolica, e per questo non vi partecipo. Non giudico però gli ortodossi che vogliono parteciparvi, perché il loro atteggiamento è quello di persone che vedono in queste preghiere un mezzo, e non un fine.
 
Ad Assisi non ci sono state preghiere comuni con gli sciamani... questo è un mito. Ognuno, a seconda della sua fede o religione, ha avuto
il proprio posto separato per pregare secondo la sua fede e tradizione. Gli unici che potrebbero arrabbiarsi sono i cattolici che hanno visto persone di fedi non cristiane fare le loro preghiere in chiese cattoliche... ma si deve dire che sono stati loro stessi a offrire in primo luogo quelle chiese come luoghi di culto. Gli atti simbolici che si fanno nei momenti comuni di questi incontri (tipo accendere ciascuno una candela per la pace nel mondo) sono gesti così privi di contenuto di fede religiosa da non meritare neppure una considerazione... tanto varrebbe dire di non accendere un braciere all'inizio delle Olimpiadi, o di non osservare un momento di silenzio in memoria di un defunto in un incontro internazionale. Se vogliamo stare lontani da queste cose, nessun problema... ma non facciamolo per timore del tradimento della nostra fede cristiana.

igumeno Ambrogio

Domanda

Ho visitato questa mattina il sito web della parrocchia ortodossa. Sono rimasto sorpreso da alcuni punti: il primo riguarda che la comunione durante la Divina Liturgia non è possibile prenderla per coloro che non sono ortodossi. Ciò vuol dire che io che sono cattolico non posso accostarmi.

Il secondo punto, riguarda il matrimonio dei cattolici che la chiesa ortodossa non riconosce.

Chi scrive è cattolico e prego per l'unità dei cristiani. Fino al 1054 esisteva un'unica Chiesa. Vorrei capire come mai tra cristiani si arriva a negare la comunione a un cattolico?

Io rispetto la chiesa ortodossa e non nascondo di nutrire un serio rispetto.Per la sua storia, le sue tradizioni e tutto il resto. Ma a volte è troppo intransigente. Credo che anche con i francescani, custodi della terra santa, a volte ci sono state frizioni.

Gradirei una sua cortese risposta.

Le auguro ogni bene in Gesù

M., 22 aprile 2010

Risposta

Caro M.,
 
grazie per il suo messaggio; vediamo se riesco a darle qualche chiarimento.

Nel nostro sito parrocchiale non c'è scritto che la chiesa ortodossa non riconosce il matrimonio dei cattolici... la questione è più complessa e riguarda che cosa si ritiene essere fondante per un matrimonio sacramentale. Qui è evidente che ci sono due differenti concezioni, entrambe serie e ragionate in base a precedenti biblici, ma anche fondate su premesse che con il tempo sono diventate molto distanti tra loro. Il problema non è "riconoscere" i matrimoni come se si dovessero omologare titoli universitari di diversi paesi, ma piuttosto arrivare a capire cosa si intende per matrimonio, altrimenti può ben darsi che si arrivi a celebrare in una chiesa dei tipi di matrimoni che l'altra ritiene senza fondamento, e viceversa.

Un discorso analogo si può fare per la comunione, che è prima di tutto, per gli ortodossi, espressione di ESSERE "in comunione" con la Chiesa, professandone la stessa fede (niente di più, e niente di meno), e impegnandosi a sostenerne i principi di fede e di dottrina.

Credere in cose "più o meno" simili, o perfino impegnarsi a pregare per l'unità dei cristiani, non è considerato un elemento di comunione di fede. Della Chiesa o si è figli (stando alle regole che la madre detta per i figli), oppure non lo si è. Non ha senso dire di essere "molto vicini" allo stato di un figlio e pretendere di essere trattati come figli. Anche lei - se ha figli - darà le chiavi di casa ai suoi figli, ma non le verrà neppure in mente di darle ai figli dei vicini, anche se sono bravi ragazzi e magari tanto ben educati quanto i suoi figli.

L'affermazione "fino al 1054 esisteva un'unica Chiesa" è insostenibile sia da parte di un cattolico che di un ortodosso. Tanto varrebbe affermare: "dal 1054 in poi non esiste più un'unica Chiesa". Qualcuno potrebbe potrebbe anche sostenere che è così... ma poi, come la mettiamo con il Credo in cui affermiamo la fede nella Chiesa UNA?

Un augurio in Cristo,

igumeno Ambrogio

Domanda

Salve padre Ambrogio,

mi premerebbe domandarle una cosa padre: cosa succede a colui che "pecca contro lo Spirito Santo"? secondo la visione ortodossa quali saranno le sue condizioni postume, dopo la morte fisica e dopo la "fine dei tempi"?

L'ortodossia crede ancora nella teoria dell'"apocatastasi" , ovvero del ritorno di tutti a Dio alla fine dei tempi ? e quindi anche di un eventuale peccatore contro lo Spirito?

La ringrazio molto per la disponibilità.

Saluti in Cristo,

G., 24 aprile 2010

Risposta

Cara G.,

Non ti nascondo che la questione del peccato contro lo Spirito Santo è una delle più oscure di tutto il panorama teologico, e le spiegazioni che ne sono state date sono spesso insufficienti. Di fatto sappiamo che Gesù ha detto (in Mt 12) che ci sono peccati perdonabili (i più) e peccati imperdonabili, e ha usato per i secondi la categoria di peccati contro lo Spirito Santo. Il guaio è che poi non li ha definiti chiaramente...

Vediamo cosa si può dire, senza preoccuparsi che ci sia una "visione ortodossa" ufficializzata, dato che la questione è nebulosa in qualsiasi approccio cristiano:

- Una semplice infrazione (per quanto grave) nei confronti della terza persona della Trinità non sembra riconducibile alle parole di Gesù. Non si vede perché un'imprecazione contro il nome dello Spirito Santo debba essere oggettivamente più grave di quella contro il nome del Figlio, o contro il nome dello stesso Padre...

- Se consideriamo lo Spirito Santo come la persona trinitaria che abita permantemente in noi, possiamo ipotizzare che Gesù veda un peccato (fino a un certo punto perdonabile) di non accettare un messaggio dato una volta, e uno (senza uscita) di rifiutare in permanenza l'azione divina in noi.

- Una possibilità (pur tragica) di "rifiuto della salvezza" dovrebbe essere una garanzia della nostra libertà, perché se non potessimo rifiutarla, allora non sarebbe un dono, ma un'imposizione, una costrizione indegna di una creatura libera. Per questo la teologia cattolica ha provato a formulare categorie, generalistiche e un po' inadeguate per descrivere il peccato contro lo Spirito santo: tutte però sono riconducibili a questo motivo conduttore di una scelta libera di rifiuto della proposta di Dio.

- Un'altra considerazione si può fare a partire dalla nostra coscienza. C'è una bella differenza tra la nostra tendenza a oscurare la voce della coscienza con sofismi, cercando giustificazioni e scappatoie, ingannandoci nel vedere un male come qualcosa di necessario o di inevitabile... e invece una scelta ponderata e cosciente del male, come se il male fosse il nostro bene.

Nel primo caso la coscienza sarebbe ingannata (indebolita), nel secondo apertamente violata (e potenzialmente distrutta). Questo secondo caso ricorda la condizione del peccato imperdonabile: chi vede spegnersi la voce di Dio ne rimane privo, e questa credo che sia già una punizione abbastanza terribile.

L'apocatastasi è una soluzione facile (forse fin troppo) a un problema complesso, basata sull'apparente sperequazione tra una colpa limitata e una punizione illimitata.

Se vogliamo sperare nella salvezza finale di tutti, nessuno ce lo impedisce, ma la Chiesa non può farne un articolo della propria fede. Sarebbe come condannare Dio a salvare per forza tutti (anche quelli che vorrebbero rifiutare la salvezza), trasformando così le creature di Dio in automi privi di libertà.

Spero che queste spiegazioni ti possano essere di aiuto.

Un caro augurio in Cristo,

igumeno Ambrogio

Domanda

Caro padre Ambrogio,

devo partecipare a un incontro e parlare del tema dei giovani e della fede; in particolare, perché i giovani abbandonano la fede dei loro padri. Che cosa posso dire?

S., 13 luglio 2010

Risposta

Caro S.,

ecco come io imposterei il discorso.

Una recente indagine tra i giovani italiani ha evidenziato come oltre la metà degli intervistati non si identifica (o non si identifica più) con la fede cattolica. In un paese che ha la stragrande maggioranza di cittadini battezzati nella Chiesa cattolica, e che ha uno dei più alti tassi di pratica religiosa tra i paesi europei occidentali, il dato è preoccupante.

Partendo dalla mia esperienza di parroco di una chiesa ortodossa in Italia, posso valutare alcuni aspetti dell’affiliazione religiosa cristiana, sia tra i cittadini italiani che tra gli immigrati recenti. Proverò in base a questi dati a evidenziare i motivi del calo della fede tra i giovani.

Anche se sembra scontato iniziare a parlare di un calo della frequenza religiosa dovuto alla degenerazione dei costumi, è opportuno ricordare i cambiamenti epocali di costume degli ultimi secoli, cambiamenti che hanno visto un aumento esponenziale nell’ultima generazione (contatti globali, rimescolamenti etno-culturali, crisi nelle istituzioni religiose).

L’esperienza religiosa, nella storia umana, viene spesso dalla ricerca di risposte ai misteri della nostra esistenza. Eventuali tensioni si possono avere in presenza di risposte differenti (pluralismo religioso) o in periodi di crisi (mancanza di fiducia nelle risposte istituzionali). L’odierna civiltà dell’informazione è caratterizzata proprio dalla compresenza di un gran numero di risposte, magari sbagliate o superficiali, ma comunque presenti e frequenti. Per di più, l’accesso alle informazioni – soprattutto con le reti informatiche – permette di evitare il contatto diretto con un ambiente religioso formale e sociale, e offre a tutti la speranza (o l’illusione) di arrivare da soli alle verità che prima erano mediate dalle comunità dei credenti.

Al bisogno umano di relazioni costruttive risponde una grande disponibilità di informazioni, e non deve stupirci se un giovane (che magari sa a livello razionale molte più cose sulla religione di quanto uno dei suoi nonni poteva apprendere in una vita intera) non si sente di sottoporsi alla disciplina di lavoro interiore e perferzionamento morale che una tradizione religiosa più sperimentata può offrire. In questi casi l’unico elemento di collegamento rimane l’esempio personale: tra gli esempi di questo tipo, di fondamentale importanza è quello dei genitori.

I genitori che credono di trasmettere la propria fede ai figli con un generico “attaccamento alle proprie radici” hanno già perso in partenza. Oggi attorno a noi c’è un tale pluralismo di “radici” da soffocare chiunque, e finché una tradizione religiosa non è vista come un’ancora di salvezza non sarà altro che una delle tante curiosità della società contemporanea. Da parte dei figli ci si può aspettare un freddo distacco, magari unito a un senso di rispetto per una “debolezza” dei propri antenati.

Non hanno migliore fortuna i genitori che sperano in una trasmissione della fede attraverso l’insegnamento scolastico: la riduzione dell’esperienza religiosa a una materia scolastica come le altre (o come si può vedere, un po’ meno seria delle altre) genera più spesso disinteresse e abbandono, se i primi a non volere fare progressi nella materia non sono i genitori stessi.

I figli che hanno genitori seriamente praticanti hanno davanti agli occhi il migliore correttivo all’indifferenza generata dalla pluralità di risposte e dalla loro superficialità. Attraverso i legami familiari le dinamiche di apprendimento della religione riacquistano quella profondità che la scuola non riesce a dare, e i figli sono motivati ad approfondire qualcosa in cui vedono un valore autentico.

L’esperienza delle comunità di credenti (siano esse chiese, gruppi laicali, movimenti) è indubbiamente di grande aiuto, ma i giovani vi si accostano in genere perché portati per la prima volta dai genitori. Di nuovo, l’impegno religioso dei genitori è il primo modello che forma la vita di un credente. I genitori che per indifferenza (magari mascherata da permissivismo) aspettano che i figli “facciano le proprie scelte” non dovranno poi lamentarsi se le scelte dei figli saranno molto diverse da quelle che essi stessi si aspettavano, e magari più distruttive.

Per una trasmissione efficace della propria fede non sono indispensabili conoscenze particolari, né è richiesto un grado molto alto di impegno nella pratica religiosa. Tuttavia, l’esempio e il contatto personale devono essere sempre tenuti in grande conto. In particolare i cristiani, la cui fede si è diffusa in modo sorprendente attraverso l’annuncio di un messaggio e il coinvolgimento personale, dovrebbero rendersi conto del loro ruolo determinante nel tramandare la loro fede ai propri figli.

Domanda

(da una serie di domande allo staff del sito della nostra parrocchia madre a Milano)

Gentilissimo staff del sito,

Vi chiedo di scusarmi se Vi disturbo con la presente, ma avrei delle domande a cui credo solo voi possiate rispondere (purtroppo la mia conoscenza del russo non è profonda come vorrei, quindi non me la sono sentita di inviare questo messaggio a caselle di posta elettronica che usano quella lingua), devo ammettere che, pur essendo di opinioni  laiche, sono sempre affascinato dalla spiritualità bizantina, soprattutto dallo splendore della Liturgia, ma le mie domande non vertono tanto su questo aspetto, quanto su quello organizzativo-amministrativo, esse sono:

a) Ci sono (o ci sono mai stati) casi di parrocchie di rito latino dipendenti da Mosca?

b) La Liturgia per eventuali converiti è in russo (o slavo ecclesiastico) oppure nella lingua dei nuovi fedeli (nel caso dell'Italia dovrebbe essere la lingua di Dante), e in tal caso quale dovrebbe essere il testo da usare, magari una versione dei Sacri Testi redatti in una lingua  più arcaizzante?

c) Anche nelle parrocchie ortodosse (e non mi riferisco solo alla realtà italiana o della diaspora, parlo acnhe della Russia propriamente detta) vi sono gli oratori, dove magari vi sono attività ludico e/o sportive o comunque d'intrattentimento, specie per i più giovani?

d) Anche in Russia c'è l'equivalente dell'Avvenire, o organizzazioni che sostengono l'opera della Chiesa Ortodossa in vari ambiti della società (per esempio in Italia c'è la CISL, le ACLI, il Centro Sportivo Italiano ecc.) e se sì che ruolo hanno?

e) Come sono attualmente i rapporti con i vecchi-credenti (i cosiddetti "raskolniki"), so che c'è un dialogo in corso, ma si punta a riassorbirli nella Chiesa chiedendo loro di cambiare rito oppure si vuole lasciarli nelle loro costumanze però riconoscendo il primato del Patriarca, che comunque non dovrebbe essere ben visto perché è il successore di Nikon, colui che introdusse le riforme ellenizzanti nel rituale della Chiesa russa dell'epoca? Il Patriarcato ha mai preso in considerazione l'ipotesi di santificare (come gesto di distensione) l'arciprete Avvakum?

f) Ho saputo che il Patriarcato di Mosca e la ROCOR (la principale chiesa russa dell'esilio, che seguiva il vecchio calendario) si sono riconciliati, ma in cosa consiste l'autonomia della ROCOR, ammesso che ne abbia ancora?

g) Nella Liturgia Ortodossa c'è qualcosa di equivalente ai chierichetti? E le ragazze possono accedervi? Più in generale qual è il ruolo della donna nell'Ortodossia?

Sperando di non averVi disturbato troppo con queste domande vogliate accettare la più profonda espressione dei migliori sentimenti verso di Voi e l'opera che svolgete, che il Signore in cui credete Vi aiuti e Vi assista nel Vostro cammino.

Con Osservanza,

G.

Risposta

a) "rito latino" è una denominazione un po' ampia: include il rito romano, quello ambrosiano, resti di riti ormai estinti (cosiddetti gallicani) o ridotti al lumicino (mozarabico), e in senso lato anche il rito anglicano può essere considerato appartenente alla famiglia rituale latina. Ci sono state parrocchie (sotto Mosca e ROCOR) che hanno ripreso liturgie gallicane, e parrocchie ex-anglicane (in particolare sotto il patriarcato di Antiochia) che hanno mantenuto una variante del Book of Common Prayer. Va notato comunque che le dimensioni di queste parrocchie sono generalmente minimali.

b) non esiste una "Liturgia per eventuali convertiti": esiste la Liturgia per tutti. La lingua non è un problema di principio, ma solo di applicazione pratica e di convenienza di traduzione.

c) ci sono programmi per i giovani, e

d) ci sono organizzazioni di lavoratori,

ma bisogna tenere presente che in Russia hanno in genere meno di due decenni di vita, e ogni paragone con istituzioni secolari dell'Occidente cattolico è totalmente inappropriato.

e) il "dialogo" non ha alcunché in comune con quelli delle commissioni teologico-ecumeniche (anche inter-ortodosse, come quelle tra calcedoniani e non calcedoniani) perché non c'è alcuna divergenza teologica su cui dialogare. Il punto fondamentale è la questione della sopravvivenza del Vecchio Rito una volta che vengano meno i fattori di isolamento cultuale e culturale. Il pericolo sentito dai Vecchi Credenti è quello di essere travolti dalla maggioranza, e di estinguersi per assorbimento. Lasciare la libertà al Vecchio Rito è una politica intrapresa da quasi due secoli, ma la maggioranza delle comunità dei Vecchi Credenti è scettica su queste iniziative. La canonizzazione di Avvakum da parte del Patriarcato non aggiungerebbe in pratica niente a quello che i Vecchi Credenti "in comunione" hanno già da tempo.

f) La ROCOR ha una forte autonomia, completa dal punto di vista amministrativo; mantiene un proprio sinodo, e facoltà di elezione dei propri vescovi, che partecipano alle attività conciliari del patriarcato allo stesso modo con cui partecipano i vescovi di chiese autonome ed esarcati (Ucraina, Moldova, Bielorussia, Giappone) nell'ambito del patriarcato.

L'unica cosa che la ROCOR non ha è l'autocefalia, quindi la nomina del suo metropolita deve essere ratificata dal Patriarcato.

g) il servizio all'altare è aperto a tutti i fedeli secondo diverse tradizioni; nell'uso dei monasteri femminili sono le monache stesse a prestare alcuni di questi servizi, negli altri casi è uso consolidato chiamare al servizio all'altare solo fedeli di sesso maschile, anche se i vescovi possono autorizzare eccezioni: per esempio in un paio di casi negli ultimi due secoli si è reintegrato il servizio delle diaconesse in disuso da secoli.

Domanda

Gia da qualche tempo mi sono avvicinato molto alla spiritualità ortodossa, alle figure e insegnamenti dei suoi santi, fino ai suoi più grandi maestri spirituali, ai Padri della Chiesa e mistici  e staretz della Russia, del Monte Athos, della Romania, del  Sinai, agli insegnamenti riguardanti la preghiera del cuore, e proprio su questo intendo chiedere il vostro aiuto.  E' gia da qualche tempo che imploro al Signore luce e discernimento e soprattutto c'è una grazia che imploro in tutte le mie preghiere, che il Signore Gesù mi dia un "Padre Spirituale", uno "Staretz".
Prima di fare la scelta di passare all'ortodossia ho bisogno di parlare con un Maestro Spirituale, che mi aiuti a capire ciò che nel mio
cuore posso confondere e interpretare male.
Da quando ho approfondito la spiritualità ortodossa è come se avessi preso la via giusta; questa è la mia sensazione, aver preso la via
giusta, ma che per andare avanti, per procedere nella giusta direzione adesso occorre una guida indichi il percorso per non incorrere in qualche stortura o tranello nel nostro comune nemico.

S., 14 dicembre 1020

Risposta

Caro S.,

a parlare della ricerca di un padre spirituale, rischio di fare il cieco che guida altri ciechi, perché io stesso non ho uno "staretz" in un remoto monastero, ma un ben più prosaico padre confessore, padre Dimitri, che è parroco a Milano e che ha seguito tutto il mio iter di ingresso nell'Ortodossia, il cammino monastico e lo sviluppo pastorale della comunità parrocchiale torinese. Ovviamente una guida è indispensabile, ma spesso si pretende di fare il passo più lungo della gamba... un padre spirituale deve avere ben presente quello che il proprio figlio spirituale può fare davvero.

I padri spirituali - poniamo - di Optina, potevano essere ideali per i russi del XIX secolo (persino per Dostoevskij e per altri grandi letterati), perché parlavano la loro lingua, e perché i loro figli spirituali avevano ben chiara la loro collocazione ecclesiale. Se per paradosso noi fossimo proiettati nel tempo davanti a loro, oltre la difficoltà di capirci avremmo pure quella di mondi culturali piuttosto diversi. Che utilità può avere un grande padre spirituale se il figlio spirituale non è già inserito in un ambiente di fede in cui i consigli del padre possono trovare radici?

Ciò detto, non sono all'oscuro della presenza di persone che si potrebbero ben qualificare come padri spirituali ortodossi, e le potrebbero magari offrire quelle chiavi alla preghiera silenziosa che sta cercando. Credo che però vorrebbero come requisito una serie di scelte, passi e decisioni piuttosto simili a quelle che le ho appena indicato. Prima di lanciare un'automobile a grande velocità, bisognerebbe almeno sapere su che strada e in quale direzione sta andando...

Tenga presente che anche i più seri padri spirituali possono avere i loro problemi (questo è un aspetto che di solito è trascurato nella letteratura sulla paternità spirituale), e in un ambiente come l'Italia possono ben rifiutare di prendersi cura di un nuovo figlio spirituale, magari perché ne hanno troppi e sentono che non sarebbero in grado di aiutare un'altra persona come questa si merita.

Di solito il cammino monastico si sviluppa e si irrobustisce quando l'ambiente cristiano di base (parrocchie, missioni) è consolidato al punto da non offrire più quelle "vie di perfezione" che il monaco cerca nel suo cuore. Oggi si può dire che l'Ortodossia in Italia si trova in una fase pionieristica, di grande attenzione pastorale, un campo in cui ci sono messi abbondanti per tutti i lavoratori seri.

Non è ancora il momento per la "separazione delle vie" che di solito dà l'avvio ai monasteri: ne è testimone lo status modesto e difficoltoso nel quale versano le poche comunità di monaci e monache che esistono oggi tra gli ortodossi in Italia. Ciò non è in contraddizione con la forte anima monastica dell'Ortodossia: vedrà che quando le comunità parocchiali ortodosse si saranno sviluppate appieno, saranno divenute attive e socialmente rilevanti, e magari un po' "imborghesite", allora avremo una fioritura monastica di un certo interesse. Prima di quel momento, tuttavia, potrebbero passare una o due generazioni... con tutto questo non voglio certo scoraggiarla, ma ricordarle che lo Spirito di Dio ha sempre questa tendenza a soffiare dove vuole, con strade e motivi a noi largamente ignoti (ma in ultima analisi sempre a nostro favore), e spetta a noi cercare di capirne il moto e a cercare di seguirlo.

Suo in Cristo,

igumeno Ambrogio

 

 
Domande e risposte stampate sul foglio parrocchiale - anno 2008

Certi fedeli vengono in chiesa chiedendo per i loro cari preghiere "per 40 giorni".
Di che cosa si tratta?

L'usanza di fare una preghiera per 40 giorni ("sorokoust" in slavonico, "sarandismòs" in greco e "sărindar" in romeno) proviene dalla tradizione di pregare per 40 giorni dopo la morte di una persona cara. L'uso si era diffuso tra i primi monaci cristiani, come un cammino che accompagnava la nascita del defunto alla nuova vita del cielo. In questi 40 giorni, che richiamano gli anni dell'esodo di Israele e i giorni del digiuno di Cristo dopo il suo battesimo, le preghiere di quelli che rimangono in questo mondo li fanno sentire vicini a chi lo ha lasciato, e sono offerte come aiuto nel "viaggio" verso la vita eterna.

Oggi, tuttavia, si è radicata l'abitudine di chiedere 40 giorni di preghiera non solo per i defunti recenti, ma anche per tutti gli altri defunti, e persino per i viventi. Pregare per più giorni non è certamente un male, ma, al di fuori del periodo dopo la morte di un proprio caro, non esiste alcuna ragione per chiedere 40 giorni di preghiere, piuttosto che 30 o qualsiasi altro numero.

Per non appesantire troppo il compito del sacerdote o del diacono, che molto spesso sono costretti, durante la liturgia, a tenere più elenchi di persone da ricordare, con il risultato di diminuire spesso l’attenzione verso la preghiera, consigliamo tutti i fedeli di tornare alla più antica tradizione di pregare (e chiedere preghiere) per i defunti nei 40 giorni dopo la morte, e, se desiderano farlo per un periodo più lungo, di non fissarsi su un numero che non ha alcun significato nella nostra vita di fede.

 

Vogliamo sposarci, e i nostri testimoni di matrimonio
non sono a loro volta sposati. Ha importanza?

Assolutamente no. In alcuni paesi c'è l'usanza di scegliere come testimoni di matrimonio una coppia sposata, che sia un modello per i giovani sposi, ma questa è appunto un'usanza, non una legge della Chiesa.

I testimoni di matrimonio, come dice il nome, si limitano a testimoniare che gli sposi si uniscono liberamente in matrimonio, senza costrizioni e senza inganno. Per questo è bene che siano veri amici, che conoscono bene la coppia degli sposi. Ma la Chiesa non pretende che siano sposati. Anzi, non pretende neppure che siano un uomo e una donna: sono perfettamente regolari per la Chiesa i matrimoni che hanno due uomini, oppure due donne, come testimoni di matrimonio.

L'usanza di mantenere una coppia sposata come "padrini" di nozze non è sbagliata, e anzi può essere un valido aiuto alla vita di una coppia giovane, che avrà sempre come punto di riferimento un'altra coppia con più esperienza di vita familiare. Tuttavia, è importante saper distinguere le cose che la Chiesa ci richiede come regole di base per tutti i cristiani di ogni luogo, e quelle cose che sono state introdotte come usi locali, interessanti e utili, ma non obbligatori per tutti.

 

 

Dobbiamo far battezzare il nostro figlio, e sta per iniziare la Grande Quaresima.
È vero che non si possono fare battesimi nei periodi di digiuno?

No, la Chiesa ci permette di celebrare un battesimo in qualsiasi giorno dell’anno. Certo, se si vuole far seguire al battesimo un pranzo festivo con padrini e amici, un giorno di digiuno forse non è il più adatto, ma in questo caso è meglio rimandare il pranzo – e non il battesimo – al termine del periodo di digiuno.

Al termine delle antiche persecuzioni, quando diventavano cristiani grandi numeri di persone, si preferiva fissare i battesimi – se non c’era una necessità di emergenza – in giorni di grandi feste, come la Pasqua, la Pentecoste, l’Epifania, il Natale. Oggi in queste feste è rimasto l’uso di cantare al posto dell’inno Trisagio (“Santo Dio, santo forte, santo immortale, abbi misericordia di noi”) l’inno del battesimo (“Quanti in Cristo siete stati battezzati, di Cristo vi siete rivestiti; alleluia.”) Questo inno ricorda i tempi in cui i nuovi battezzati (spesso un gruppo numeroso) entravano in chiesa per la prima volta come fedeli, nell’occasione di quelle feste.

Quando intere nazioni si convertivano al cristianesimo, e non c’era più bisogno di preparare gruppi di adulti a ricevere il battesimo nelle più grandi festività, allora rimanevano da battezzare solo i bambini piccoli. Per non rimandare a lungo il battesimo dei più piccoli, la Chiesa ha gradualmente permesso di battezzarli in qualsiasi giorno, nel periodo immediatamente successivo alla loro nascita.

 

Come devo chiedere la benedizione a un prete?

Quando incontriamo un prete (o un vescovo), la pratica della Chiesa ci insegna di chiedere una benedizione. Dobbiamo mettere le mani a croce, aperte verso l’alto:

 

Possiamo dire al prete “benedici, padre” (“blagoslovi, otce” o “binecuvintează, părinte”), e al vescovo "benedici, presule” (“blagoslovi, vladyko” o “binecuvintează, stăpâne”).

 

Il prete fa su di noi il segno della Croce e mette la sua mano destra sulle nostre mani aperte. A questo punto, possiamo baciare la mano del prete, come un modo di esprimere a Dio la nostra gratitudine.

San Giovanni Crisostomo diceva che se incontriamo un prete insieme a un angelo, dovremmo chiedere la benedizione al prete e baciare per prima la sua mano, che ha toccato il corpo e il sangue del Signore.

 

Cosa dobbiamo fare quando i nostri figli si trovano di fronte alla scelta
dell’ora di religione cattolica a scuola?

Per i genitori di una famiglia ortodossa questa è spesso una scelta difficile. In Italia l’insegnamento della religione cattolica è finora l’unica forma di istruzione religiosa diffusa e disponibile in tutto il paese. Anche se questa è una materia facoltativa (i genitori degli studenti possono decidere di non mandare i figli a seguire le lezioni), è  pure vero che non ci sono altre serie alternative didattiche.

L’ora di religione cattolica è certamente basata su programmi educativi specifici della Chiesa cattolica, ma chi sceglie di “non avvalersi” di questa materia si avvia spesso verso una totale ignoranza di questioni religiose.

Se una parrocchia ortodossa non può fornire ai nostri figli un programma di insegnamento religioso, spesso l’ora di religione cattolica è l’unico modo per approfondire temi di fede cristiana nella scuola.

Bisogna comunque distinguere l’ora di religone nella scuola (che è parte di un programma didattico) dalle lezioni di catechismo, finalizzate alla prima comunione o alla cresima nella Chiesa cattolica (che sono un programma confessionale per le persone di fede cattolica romana).

I genitori di bambini ortodossi devono ricordare di avere una responsabilità di crescere i propri figli nella fede, e dovrebbero consultarsi con un prete ortodosso per trovare il cammino educativo migliore.

 

Ci hanno detto che le donne non devono entrare in chiesa o accostarsi a cose sante
durante i giorni del ciclo mestruale: è vero?

Questa abitudine viene da tempi in cui non c'erano le possibilità di igiene femminile che esistono oggi, e c'era un concreto rischio di lasciare tracce di sangue sul pavimento di una chiesa. Ora non esiste alcuna ragione pratica per impedire alle donne di venire in chiesa in tutti i giorni, inclusi quelli del ciclo. La Chiesa NON impone questa usanza.

Nell'anno 601 Papa Gregorio I (a cui è attribuita la Liturgia dei Presantificati, che noi ortodossi celebriamo in Quaresima), risponde in una lettera alle domande di Agostino di Canterbury e dei missionari cristiani in Inghilterra. Tra queste domande c'era proprio quella di cui ci occupiamo: "Durante il periodo della mestruazione una donna può entrare in chiesa e ricevere la Comunione?"

Ecco la risposta: "Non le si deve proibire di entrare in una chiesa; ricordiamo la donna con il flusso di sangue, che toccò umilmente l'orlo della veste del nostro Signore, e fu guarita immediatamente. Così se questa donna può toccare la veste del Signore, e ricevere la sua lode, perché una donna con le mestruazioni non dovrebbe entrare in chiesa? Se una donna durante il ciclo non riceve la Comunione per rispetto al Sacramento, è una cosa lodevole, ma se lo riceve, non deve essere giudicata male. Non ha nessun peccato. La gente vede i peccati dove non ce ne sono. Tutti mangiamo quando abbiamo fame, e senza fare peccato, anche se la nostra fame viene dal peccato del primo uomo. Così le donne durante la mestruazione non hanno peccati: è una cosa naturale." (Gregorio il Grande, Epistola 64, Patres Latini 77, col. 1183-1193)

 

Che cosa è la nuova vita in Cristo che riceviamo con il battesimo?
Vuole dire che siamo automaticamente salvati?
E cosa accade ai giusti non battezzati?

Nel battesimo (immersione nell’acqua), la Chiesa ci fa partecipare alla vita di Cristo attraverso una morte simbolica (la “sepoltura” nell’acqua) e una risurrezione simbolica (l’uscita dall’acqua verso una nuova vita).

Con la sua morte e la sua risurrezione, Cristo ha fatto un dono di vita a tutto il genere umano. Noi non possiamo descrivere questo tipo di vita (per questo chiamiamo il battesimo un “mistero”, in slavonico tainstvo, in romeno taina), ma possiamo essere sicuri che è un dono che ci riapre la via al paradiso, di cui l’uomo partecipava prima della caduta nel peccato.

Come tutti i doni di Dio, questa vita ci è offerta in regalo, ma non ci è imposta con la forza (altrimenti non sarebbe più un dono, ma un’imposizione), e quindi non possiamo dire che siamo “automaticamente” salvati. Il cammino della salvezza comprende la nostra accettazione dei doni di Dio, la nostra volontà di seguire i suoi comandamenti, e lo sforzo di proseguire per le vie che il Signore ci ha proposto.

Molti, nel corso della storia, si sono chiesti quale sarà il destino di quelle persone giuste, che hanno seguito Dio nella loro coscienza, ma che non hanno ricevuto il battesimo. È interessante a questo proposito leggere le parole di Cristo ai suoi discepoli al termine del Vangelo di Marco: “chi crederà e sarà battezzato, sarà salvo; ma chi non crederà, sarà condannato”. È significativo che il Signore non condanna quelli che non sono battezzati, ma piuttosto quelli che non credono.

Il battesimo è una conseguenza della fede in Cristo, che ci fa accettare i suoi doni e vivere della sua vita. È naturale ricevere il battesimo per chi crede in Cristo e vuole fare parte della Chiesa. Quello che ci fa perdere la vita non è la mancanza di battesimo (che può avvenire per diversi motivi, anche per ragioni di forza maggiore), ma la mancanza di volontà di aprirsi a Dio e al suo progetto di salvezza per tutti gli uomini.

 

 
Che fare per ottenere il massimo dall'esperienza delle funzioni ortodosse?

DOMANDA

Cosa posso fare per ottenere il massimo dalla mia esperienza delle funzioni ortodosse?

RISPOSTA

Puoi rendere più profonda la tua partecipazione, sia con un'adeguata attenzione, sia con azioni appropriate. Tralascio qui le regole basilari di comportamento rispettoso (non arrivare in ritardo alle funzioni, mantenere un garbato silenzio in chiesa, etc.) non perché non siano importanti, ma perché dovrebbero essere evidenti a chiunque. Come prima cosa, tuttavia, informati sulle regole di condotta in chiesa, chiedendo alle persone che hanno più lunga esperienza di vita ecclesiale. Questo potrà contribuire a evitare spiacevoli malintesi, e ti farà sentire una maggiore intimità con la comunità dei fedeli.

Eccoti inoltre alcuni consigli generali:

- Mantieni una costante attitudine di preghiera: anche se possono accadere (e di fatto accadono spesso) momenti di distrazione e di pratica meccanica e abitudinaria, non lasciare che la tua presenza in chiesa scada nella superficialità. Cerca di vedere soprattutto il tempo in chiesa come un incontro con il Signore: ricordati che - come ci ha promesso - Egli è in mezzo a noi, e in quel tempo certamente sta mandando messaggi al tuo cuore. Ascoltali!
Ti accorgerai che le funzioni nelle quali hai messo il maggiore impegno di preghiera sono quelle che rimarranno più fisse nella tua memoria (un segno che la preghiera ha davvero un effetto sull'intimo del tuo essere!), mentre una partecipazione anche perfetta sul piano formale, ma fredda su quello della preghiera, tenderà presto a essere dimenticata.

- Offri la tua parte di impegno concreto: ci sono molti modi con cui i fedeli aiutano la chiesa. Tra questi, l'acquisto delle candele e le offerte volontarie sono gli aiuti più tangibili, ma esistono anche molte altre forme di portare un aiuto. Le funzioni sono complicate, e la loro preparazione richiede tempo e fatica. Perché non cerchi anche tu una forma piccola e semplice per essere d'aiuto? Questo ti farà sentire molto più partecipe alla vita della chiesa.

Ti faccio un semplice esempio: uno dei nostri migliori parrocchiani ci porta regolarmente una bottiglia d'olio per le lampade. Si tratta di una spesa davvero contenuta, e di un oggetto non pesante da trasportare. Tuttavia, con questo gesto assicura un rifornimento costante alle lampade votive, e libera i responsabili dei rifornimenti della chiesa dalla preoccupazione di organizzare acquisti di olio. Riesci a immaginare quante altre cose potresti fare con un piccolo sforzo e un poco di inventiva?

- Porta in chiesa amici e conoscenti: il culto cristiano ha una dimensione comunitaria, che potrai sentire in modo più profondo se cercherai di andare in chiesa con le persone che ti sono più vicine. Invita parenti, amici, e persone care alle funzioni; se necessario offri loro un passaggio, e un'occasione di passare un po' di tempo insieme anche dopo la fine della funzione. Oggi molte persone (più di quanti immaginiamo...) hanno problemi di solitudine, e il tuo invito può aprire loro una finestra di luce sulla loro vita. Inoltre, il tuo impegno per portare altre persone alle funzioni le convincerà della serietà del tuo impegno, e in questo modo la tua fede - come ci aveva richiesto il Signore stesso - brillerà davanti agli uomini e sarà loro di buon esempio. Sono sicuro che molti non immaginano nemmeno che questa semplice forma di invito è uno dei più potenti mezzi missionari a disposizione di qualsiasi cristiano!

- Porta da mangiare: le funzioni della Chiesa Ortodossa sono lunghe e complesse, e dopo un'intera mattina passata a celebrare il Signore in chiesa, non c'è modo migliore che continuare a celebrarlo... a tavola! Questo non solo offre la possibilità di conoscersi meglio, rinsaldare legami personali e fare nuove amicizie, ma è anche uno dei metodi migliori per far sentire a casa i nuovi arrivati. Inoltre, organizzare pasti presso la chiesa libera molte persone e famiglie dall'ansia di correre a casa a preparare da mangiare. Ovviamente, occorre un coordinamento tanto più attento quante più sono le persone da sfamare (in questo campo, le donne si sanno muovere di gran lunga meglio degli uomini), e una capacità di assegnare responsabilità per portare cibi e bevande, per non sovraffaticare nessuno.

La mensa comune non si limiterà ad aiutare i fedeli a sentirsi più uniti tra loro; sarà anche una buona occasione per studiare le regole del digiuno ortodosso, e per scoprire le specialità gastronomiche (che sono uno dei tratti significativi della cultura) di vari paesi.

 

 
Una domanda sulle onorificenze dei preti nella Chiesa ortodossa russa

Non riesco a trovare qualcuno che mi spieghi il sistema di onorificenze (nagrady) per i preti nella Chiesa ortodossa. Mi potete aiutare?

 

Quello che segue è il sistema della Chiesa ortodossa russa, che è diverso da quello delle altre chiese locali, anche se alcune altre chiese locali nella diaspora hanno preso recentemente in prestito alcuni elementi della Chiesa russa.

Il sistema della Chiesa russa consiste nel dare un'onorificenza ogni cinque anni, a condizione che il prete continui a celebrare ogni settimana e compia generalmente il suo lavoro in modo corretto. Ci sono undici onorificenze, e sono:

1) Dopo cinque anni: il paramento del confessore (nabedrennik). (In origine, ai preti non era concesso ascoltare confessioni prima di ricevere quest'onorificenza. Forse quest'abitudine dovrebbe essere reintrodotta?)

2) Dopo dieci anni: Il copricapo sacerdotale (kamilavka).

3) Dopo quindici anni: La croce dorata.

4) Dopo vent'anni: Il titolo di Arciprete (Protoierei).

5) Dopo venticinque anni: Il paramento a diamante (palitsa).

6) Dopo trent'anni: La croce ingioiellata.

7) Dopo trentacinque anni: La mitra da prete (leggermente differente da quella da vescovo).

8) Dopo quarant'anni: La seconda croce.

9) Dopo quarantacinque anni: Il diritto di celebrare la Liturgia con le porte regali aperte fino a dopo l'Inno cherubico.

10) Dopo cinquant'anni: Il diritto di celebrare la Liturgia con le porte regali aperte fino a dopo il Padre Nostro.

11) Dopo cinquantacinque anni: Il titolo di Protopresbitero. Oggi (2012) c’è un solo prete con il titolo di protopresbitero in tutta la Chiesa russa, padre Matfej Stadnjuk (n.1925) a Mosca; gli ultimi ad avere portato questo titolo sono i padri Vitalij Borovoj (1916-2008) a Mosca e Konstantin Tivečkij (1925-2012) a Los Angeles (Chiesa russa all'estero).

A un prete si può concedere un'onorificenza in anticipo per qualche merito speciale. D'altro canto, certi vescovi non si attengono ai tempi menzionati sopra e danno onorificenze con molta liberalità. (Capita con alcuni vescovi del Patriarcato di Mosca nella diaspora e in Ucraina, dove ho visto preti al di sotto dell'età minima canonica dei trent'anni, già con la croce dorata!). D'altro canto, altri vescovi sono molto avari e non danno praticamente alcuna onorificenza, finché non accade qualcosa, per esempio una presa di coscienza di quanto sono stati ingiusti o un rimprovero dai propri confratelli vescovi!

Se il sistema è applicato equamente, sembra un sistema molto buono. Sfortunatamente, non capita sempre così. Talvolta un prete 'favorito' è elevato ad arciprete entro pochi mesi dall'ordinazione. Talvolta le onorificenze di un prete sono 'dimenticate' per un paio di decenni, e poi se ne ricevono quattro nell'arco di quattro anni! Talvolta si danno onorificenze per le ragioni sbagliate. Sono tutte cose che capitano, e quando capitano possono causare scandali e divisioni.

Arciprete Andrew Phillips

Adattato da Orthodox England, Vol. 16, n. 2, dicembre 2012

 
San Giovanni III il Misericordioso: un modello di sovrano ortodosso e di santo degli ultimi tempi

Noto nel mondo come Giovanni III Doukas Vatatzes, san Giovanni il Misericordioso fu imperatore di Nicea dal 1221 al 1254. Nato intorno al 1192 nella Grecia contemporanea, probabilmente era il figlio di un generale e di sua moglie, una nipote imperiale di cui non sappiamo il nome. Come ricompensa per il suo servizio eminente e promettente, nel 1212, all'età di soli 20 anni, l'allora imperatore di Nicea, Teodoro I Lascaris, gli concesse la mano di sua figlia Irene e lo fece suo successore. Nel gennaio del 1222, Giovanni, che al tempo aveva circa 30 anni, fu incoronato imperatore dal patriarca a Nicea.

Due anni dopo, il nuovo imperatore mise in rotta le forze attaccanti cattoliche e, come risultato di questa vittoria, la maggior parte di ciò che gli eretici avevano catturato in Asia Minore ritrnò sotto il suo controllo. Nel 1228 l'anziano cattolico Giovanni di Brienne scambiò il suo regno nominale di Gerusalemme con il trono latino della Nuova Roma (Costantinopoli) occupati e nel 1233 attaccò i cristiani. Anche lui fu sconfitto e Giovanni estese il controllo di Nicea su gran parte del Mar Egeo, liberando Rodi, Samo, Lesbo, Chio, Cos e molte altre isole.

In seguito i bulgari si unirono a Giovanni come parte di un'alleanza anti-cattolica di governanti cristiani. Gli alleati aprirono immediatamente le ostilità contro gli invasori cattolici e assediarono via terra e via mare la Nuova Roma occupata. Anche se i cattolici furono ridotti a una piccola striscia di terra intorno a Costantinopoli, l'assedio non ebbe successo. La superiorità dei marinai latini su quelli cristiani portò alla sconfitta della loro flotta. Via terra, invece, Giovanni ebbe più successo e liberò il resto dei possedimenti franchi in Asia Minore. Più tardi Giovanni avrebbe liberato la maggior parte della Macedonia e della Tracia.

La politica di Giovanni di nominare persone non aristocratiche ai posti amministrativi era rivoluzionaria. Nella sua politica sociale prese misure per migliorare le condizioni di vita sia nelle campagne sia nelle città. Ordinò un censimento e diede a ogni soggetto del suo impero un appezzamento di terreno. Verso la fine del suo regno requisì anche le proprietà dei grandi proprietari terrieri e degli aristocratici. Egli stesso condusse una vita molto frugale e prese provvedimenti per porre fine all'eccessiva spesa della ricchezza privata. Inoltre, al fine di stabilire e affermare la giustizia sociale, prese anche misure contro lo sfruttamento dei poveri.

Giovanni curò il buon funzionamento degli affari della Chiesa. Nel 1228 emise un decreto in cui si vietava l'interferenza delle autorità in materia di eredità della Chiesa. Fece anche generose donazioni alle istituzioni della Chiesa e si mosse per la ricostruzione delle chiese esistenti e la costruzione di nuove. In periodi di pace Giovanni promosse il benessere dei suoi sudditi. sostenne le arti e le scienze, costruì nuove strade, distribuì equamente le tasse e fu amato da tutti per la sua gentilezza e giustizia.

Era pure molto interessato alla raccolta e alla copia dei manoscritti. Il rappresentante di spicco del movimento educativo del XIII secolo, lo studioso, scrittore e insegnante Niceforo Blemmides, visse durante il suo regno. Tra gli studenti di Blemmides c'era l'erede e figlio di Giovanni, il dotto Teodoro II Lascaris. Le fonti sono piene di riferimenti alla cura dell'imperatore per lo sviluppo della vita intellettuale. Promosse la creazione di centri di apprendimento, in particolare di studi secolari, e stabilì istituti di istruzione superiore.

Intorno al 1252, quando una nuova guerra fu minacciata, Giovanni si propose di difendere i cristiani, ma si ammalò in Macedonia e tornò in Asia. Morì dopo molte sofferenze a Ninfeo il 3 novembre 1254, probabilmente all'età di 62 anni, ponendo fine a un regno di circa 33 anni. Fu sepolto nel monastero di Cristo Salvatore (il monastero di Sosandra) sul Monte Sipylos, nei pressi di Magnesia nella zona di Smirne.

Gli storici cristiani glorificano all'unanimità Giovanni e lo definiscono uno dei più grandi imperatori romani cristiani. Suo figlio e successore, Teodoro II Lascaris, ha scritto di lui: 'Ha unificato la terra ausonia che era stata divisa in un gran numero di parti da dominatori stranieri e tirannici, latini, persiani, bulgari, sciti e altri, ha punito i ladri e ha protetto la sua terra... Ha reso il nostro paese inaccessibile ai nostri nemici'. Nonostante la sua epilessia Giovanni fornì una guida in pace e in guerra, ed è considerato un politico di talento e il restauratore capo dell'impero cristiano.

La sua politica estera era incentrata sulla riconquista di Nuova Roma e sulla restaurazione dell'impero cristiano. Portò sotto il suo controllo così tanto territorio che praticamente ripristinò l'Impero e gettò le basi per il successivo recupero di Nuova Roma. Riuscì a mantenere rapporti generalmente pacifici con i suoi più potenti vicini, la Bulgaria e il Sultanato di Rum, mentre la sua rete di relazioni diplomatiche si estendeva all'Occidente e al papato. Qui la principale preoccupazione diplomatica di Giovanni era un'alleanza con il sovrano tedesco Federico II, in quanto entrambi i governanti lottavano contro l'aggressione papale. Federico sostenne gli sforzi cristiani per catturare Nuova Roma e nel 1236 fermò la crociata che papa Gregorio IX stava organizzando contro Giovanni.

Sul fronte interno, il lungo regno di Giovanni fu uno dei più affidabili nella storia, e testimoniò lo sviluppo di un'economia prospera e l'incoraggiamento della giustizia, della carità e di una rinascita culturale. Nonostante le costose campagne militari per ripristinare l'Impero, abbassò le tasse, incoraggiò l'agricoltura, costruì scuole, biblioteche, chiese, monasteri, ospedali e case per i poveri e gli anziani. Le arti prosperarono e lui prese misure per assicurare la coesistenza armoniosa tra Stato e Chiesa, in modo che Nicea divenne una delle città più ricche e più belle del mondo del XIII secolo.

Quando la tomba di Giovanni fu aperta sette anni dopo il suo riposo, una fragranza riempì l'aria e il suo corpo fu trovato incorrotto, un indizio di santità. Il suo corpo era come quello di una persona vivente. Giovanni era così amato e venerato dal popolo che fu commemorato come santo con il nome di Giovanni il Misericordioso e fu scritta una sua vita. A chi andava in pellegrinaggio a pregare davanti alle reliquie del santo erano concessi miracoli; furono guariti malati e scacciati demoni. Il clero e il popolo della città di Magnesia e dei suoi dintorni, dove fu sepolto l'imperatore, si riunivano ogni anno il 4 novembre per onorare la sua memoria.

Mezzo secolo più tardi, un resoconto ricorda che, quando i turchi invasero Magnesia, una guardia più volte vide una candela accesa andare attorno alle mura della città. Inviò uomini a indagare, ma senza alcun risultato. Poi la guardia inviò il proprio fratello sordomuto. Gli fu data una rivelazione e ritornò completamente guarito. Disse che, quando era apparsa la candela, aveva trovato un uomo di statura regale, che a gran voce esortava i cristiani a continuare la loro difesa. Più tardi, durante la visita al santuario di san Giovanni, riconobbe dall'icona l'uomo che aveva visto.

Le reliquie incorrotte di Giovanni furono trasferite a Nuova Roma, una volta che fu liberata dai franchi. Quando Costantinopoli cadde sotto gli Ottomani nel 1453, le sue reliquie furono nascoste in una catacomba. La tradizione dice che fin d'allora egli è in attesa della liberazione della città. Si dice anche che il santo re ha la spada con lui nella sua guaina e che ogni anno la lama della spada emerge di pochi millimetri fino a quando arriverà il momento di emergere completamente, cosa che significherà il tempo della liberazione della città.

Ai nostri giorni l'anziano Ephraim dell'Arizona ha detto che le sacre reliquie di san Giovanni il Misericordioso sono custodite da una famiglia di cripto-cristiani che le ha tenute nascoste di generazione in generazione. Egli afferma, inoltre, che il re misericordioso è già risorto e che la spada è emersa completamente dal fodero. Ora san Giovanni si aggira per Costantinopoli sotto le spoglie di un folle e dirige le schiere dei santi a prendere il loro posto intorno alla città. Ecco invero un modello di sovrano ortodosso, di intercessore e di restauratore dei nostri ultimi tempi, quando abbiamo bisogno di lui.

San Giovanni il Misericordioso, intercedi presso Dio per noi!

 
Il caso Calciu e la psicosi delle reliquie

16 novembre 2013: parastasi davanti a una tomba vuota

Dalla pietà alla follia

Negli ultimi giorni, la stampa ha cominciato a parlare di più delle ultime novità del monastero di Petru-Vodă come di uno "scandalo", suggerendo che alle loro spalle vi sia non si sa quale oscura cospirazione contro all'onore dei martiri della nazione e al "miracolismo" così attraente non solo per certi fanatici ingenui, ma anche per alcuni media privi della cultura religiosa più elementare e di qualsiasi orizzonte morale e spirituale. Gettano paglia sul fuoco anche i responsabili di abusi commessi in quel luogo, che non hanno esitazioni a mentire e incitare la gente in nome della loro fede sviata, accusando di questa confusione l'abate, i vescovi o i fratelli della congregazione che non condividono le loro esaltazioni paranoiche.

Alla fine del racconto su questo blog riguardo alla parastasi (commemorazione funebre) dei 7 anni  dopo la morte di Padre George Calciu (16 novembre), l'autore – l'avvocato e teologo Lucian D. Popescu, vicino alla famiglia del sacerdote, sua vecchia conoscenza, figlio spirituale e biografo, che non può essere sospettato di intenzioni impure e ha piena legittimità a pronunciarsi – faceva riferimento all'esumazione compiuta in segreto (di cui ha saputo solo al ritorno a Bucarest), con un avviso discreto che "la pietà popolare può perdersi nello spirito dell'errore e l'errore delle persone rette è pur sempre un errore..." (vedi qui).

Subito dopo, con il concorso di canali televisivi ingordi di sensazionalismo (Antena 3, Kanal D, ecc.), la più antica "psicosi delle reliquie" ha conosciuto una nuova recrudescenza, di fronte alla quale la Chiesa, purtroppo, non ha reso pubblico alcun approccio ufficiale, lasciando la gente nella  confusione e nello smarrimento. Io, dopo tante domande con le quali sono stato assalito nel contesto, perché ero tra le persone vicine al sacerdote (che ho conosciuto nel 1984) e il suo editore costante (dal 1996), ho promesso ai lettori del blog di riassumere i fatti e di esprimere il mio punto di vista su di loro, restando come tutti in attesa di un comunicato ufficiale – da parte della metropolia di Iaşi o un'altra fonte ecclesiale titolata – che fornisca chiarimenti e orientamenti per i credenti lasciati finora in balia delle manipolazioni dei media o delle voci correnti. Nessuno può sostituire la parola della Chiesa, per quanto informato, rilevante e onesto. (R. C.)

Strumentalizzato da una manciata di psicopatici dell'Ortodossia come un paravento negli ultimi anni della sua vita, padre Iustin Pârvu continua a essere usato come tale dopo la morte: coloro che hanno proceduto senza alcuna benedizione a disseppellire padre Calciu hanno invocato l'intenzione, dichiarata una volta a questo proposito, dello stesso padre Iustin. E, naturalmente, hanno cercato di far prevalere la "tradizione" moldava della riesumazione dopo 7 anni, che non ha alcun fondamento canonico (è praticata in alcuni luoghi, tra cui il Monte Athos, per mancanza di spazio, ma questo non è il caso da noi). Per quanto riguarda l'affermazione di un certo monacello che il padre gli sarebbe apparso in un sogno e avrebbe ordinato l'esumazione, non vedo in virtù di quale fondamento possa essere accreditato (chiunque può venire a dire di aver sognato qualsiasi cosa; senza altri segni che lo corroborano, il "sogno", anche se è avvenuto davvero, rimane nullo).

Gli audaci cacciatori di reliquie (anche all'interno della comunità monastica di Petru-Vodă) non hanno avuto pazienza di attendere neppure la parastasi (che – senza che i partecipanti lo sapessero – si è svolta davanti a una tomba vuota): hanno messo mano alle vanghe e hanno proceduto all'esumazione un paio di giorni prima. Sorpresi dall'abate Hariton (che ha citato, tra le altre cose, anche la disposizione testamentaria di padre Calciu: Se nel corso degli anni, per alcune esigenze di costruzione o per altre ragioni, il mio corpo sarà esumato e, con stupore di molti, sarà incorrotto, i sacerdoti leggano su di esso le preghiere di scioglimento dalle maledizioni, perché il corpo si dissolva negli elementi di cui era composto, perché questo miracolo non sarà fatto da Dio, ma dall'inganno del maligno. I sacerdoti che hanno visto siano vincolati a non parlare mai di questo falso miracolo e mettano il corpo in un'altra tomba, dimenticato per sempre...) sono stati rimproverati e fermati, ma sono tornati di notte, di nascosto, e hanno finito il lavoro con la copertura delle tenebre, portando via i resti di padre Calciu e chiudendoli nella cella di padre Iustin. Poi, sempre loro, hanno chiamato una delle più immonde TV (Antena 3) per filmare il "miracolo" in vista della sua copertura mediatica e hanno inviato una lettera al metropolita di Iaşi (in quel momento assente dal paese), "per venire a venerare le reliquie del santo".

Sono entrato in una sorta di panico quando ho saputo della minaccia fatta dal signor Andrei Calciu (figlio del sacerdote, avvocato a Washington D.C., che aveva udito molto in precedenza ciò che si stava preparando), che, nel caso che suo padre fosse stato riesumato, avrebbe citato in giudizio i responsabili, in qualità di cittadino americano, per "profanazione di tombe". Di fronte a questa prospettiva, qualche preoccupazione è stata sentita anche a livello episcopale.

Vi chiederete, di sicuro, quale era lo stato del cadavere esumato (per il quale vi era preoccupazione tra i parenti del sacerdote, perché non cominciasse a essere diviso in frammenti, come è successo, in parte, con i resti del poeta Radu Gyr, riesumato l'anno scorso - non senza l'accordo della famiglia - dal cimitero Bellu di Bucarest e riseppellito nel cimitero del monastero Petru-Vodă, poi nuovamente riesumato e messo in chiesa per la pubblica venerazione delle "reliquie" di un santo decretato ad hoc senza alcun processo di canonizzazione!). Defunto e imbalsamato negli Stati Uniti (dove ha vissuto gli ultimi 21 anni della sua vita), padre Calciu, che ha voluto essere sepolto a Petru-Vodă, fu portato nel paese in una bara sigillata in cui il corpo era avvolto in una pellicola protettiva. Prima di passare al luogo di sepoltura il corpo fu posto nella chiesa del monastero Radu-Vodă a Bucarest (dove aveva pronunciato, nel 1978, le "sette parole ai giovani"), e la bara fu aperta e la pellicola rimossa dalla testa al petto (il padre sembrava un uomo addormentato - gli americani avevano fatto un buon lavoro - e così gli abbiamo detto addio, alla vigilia del dicembre 2006). Quando la bara è stata nuovamente chiusa, la pellicola protettiva non è stata tirata sulla parte superiore del corpo, in modo che la decomposizione nel suolo non è stata uniforme: la parte scoperta si è seccata ("un teschio con la barba") e quella coperta è rimasta pressoché immutata dopo sette anni. È per questo motivo che in televisione e in internet sono stati mostrati per lo più i piedi nudi, mentre la testa era coperta da un cappuccio nero, per non scioccare e per servire al presunto "miracolo " (cioè l'idea fissa di "reliquie" a qualsiasi prezzo). Infatti, per ora, tutte queste cose hanno la loro spiegazione puramente naturale.

L'imbalsamazione (soprattutto quando è molto ben fatta) altera molto le condizioni di decomposizione naturali (nelle quali non è indifferente il luogo di sepoltura – in questo caso, molto umido). Ancor meno si possono trarre conclusioni definitive a un intervallo così breve sul possibile stato di reliquie di quelle ossa (uno stato che non può conferire chiunque, come gli pare, ma solo un comitato legalmente costituito, dopo lunghi controlli). Nessuno può sapere – solo il buon Dio – se con il passare del tempo diverranno oppure no sante reliquie, dopo un certo numero di anni. Bisognava avere pazienza e rispettare i criteri o gli statuti stabiliti per questi casi dalla tradizione della Chiesa (v., in particolare, la sezione intitolata "Reliquie. False reliquie" del volume Spitalul creştin. Introducere în medicina pastorală, del prof. Pavel Chirilă e del rev. dr. Mihai Valică, ed. II, 2009, pp 121-135 – documento pubblicato nella raccolta "Teologie aplicată" della casa editrice Christiana, con la benedizione dello stesso metropolita Teofan di Moldova e Bucovina).

Con un certo ritardo (e visto che le cose tendono a sfuggire più di controllo), il metropolita di Iaşi si è pronunciato per la re-inumazione, indicando, in accordo con l'abate Hariton, un luogo più asciutto nelle immediate vicinanze della chiesa. Allo stesso modo si era pronunciato, alcuni anni fa, anche il patriarca Teoctist in un altro caso simile: uno da Boroaia, dove erano già iniziati i pellegrinaggi alle presunte reliquie di Padre Ilarion Argatu ("Lasciate sepolto il morto!"). La gerarchia della Chiesa ha l'autorità e il dovere di essere ferma quando la pietà popolare rischia di procedere a vanvera, o per dirla in altro modo, quando la pietà scivola nella follia. Questa "psicosi delle reliquie" (voler obbligatoriamente toccare la santità) confina con la superstizione idolatrica, piuttosto che con la vera fede, dando l'acqua al mulino del sensazionalismo a buon mercato e rischiando di creare pericolosi precedenti e di screditare il culto delle reliquie nella coscienza del pubblico più vasto (e quindi incline a vedere nella pratica ortodossa, dopo tanti anni di istruzione atea o laicista, alcune reminiscenze – mentali e di comportamento – di "primitivismo medievale", come ben sappiamo che è accaduto, mutatis mutandis, nel caso Tanacu).

Si è tergiversato ancora un poco, ma alla fine – grazie a Dio! – i resti di padre Calciu sono stati sepolti nuovamente – non ho ben capito perché non in un luogo più salubre accanto alla chiesa, ma nella stessa tomba originale, ma questo è meno importante.

Va salutato con favore il fatto che la comunità monastica ha capito la necessità di assumersi la responsabilità di far ritornare le cose nel loro solco naturale e fare un'ammenda profilattica della disobbedienza portatrice di follia, votando all'unanimità di escludere dal monastero i colpevoli di questo abuso riprovevole (i capi delle malefatte sono stati i monaci Teodot e Gabriel - quest'ultimo noto come proprietario di uno dei blog 'ortodossisti' più tossici, Apologeticum, il cui radicalismo suburbano ha portato negli ultimi anni un disservizio incalcolabile all'immagine pubblica di padre Iustin e del monastero Petru-Vodă; e non c'è da stupirsi che siano saltati in loro difesa altri blog congeniti, cercando, senza alcun argomento serio, ma solo con retorica esaltata, di perpetuare la follia e di fare dei condannati, come osserva di recente il monaco Moise Iorgovan, una sorta di "martiri delle reliquie" – un'ultima follia che può essere ancora più grave della prima).

E così, dopo tutta la tensione e la confusione provocata dalla riesumazione abusiva e dai suoi irresponsabili riflessi mediatici, la situazione sembra essersi calmata (e si spera che il signor Andrei Calciu mostrerà comprensione e perdono, per quanto giustamente disturbato dalle immagini raccolte su internet). E forse la gerarchia della nostra Chiesa capirà meglio il motivo per cui è necessario che queste cose siano chiare e a livello ufficiale, per custodire la pietà dalle tentazioni della follia e l'autorità dal sospetto di debolezze negligenti.

Per quel che riguarda padre Calciu, il fatto che le ossa non siano state convalidate come reliquie non diminuisce nulla la santità e l'eventuale cammino verso il Sinassario dei santi: egli rimane un'importante figura di martire del XX secolo circondato in modo sempre più visibile dal calore della pietà popolare. Non tutti i santi hanno reliquie, e un santo senza reliquie non è per questo meno santo.

Padre Gheorghe, confessore sacrificale, prega per noi, perché non diventiamo folli, e perché non diventiamo follia per altri, ma per commemorare sul sentiero giusto i martiri e gli eroi, elevandoci all'altezza del loro esempio e rendendo grazie a Dio, che è glorificato nei suoi santi – con reliquie o senza reliquie!

Răzvan Codrescu

 
Arcivescovo Mitrofan di Gorlovka e Slavjansk: il bene è sempre più forte del male

Il 19 agosto, festa della Trasfigurazione del Signore, l'arcivescovo Mitrofan di Gorlovka e Slavjansk ha celebrato la Divina Liturgia nella chiesa inferiore dedicata ai nuovi martiri e confessori della Chiesa russa, presso la Cattedrale della Teofania. Il clero della cattedrale ha concelebrato con sua Eminenza, come riporta il sito web diocesano.

Alla fine della funzione, l'arcivescovo Mitrofan ha tenuto l'omelia al clero e ai parrocchiani in cui si è felicitato con loro per la festa, e li ha invitati a non perdersi d'animo in questi momenti difficili, in cui  la vita quotidiana della città è stata completamente interrotta dalla guerra, e le persone sono spesso completamente prive delle necessità di base:

"Oggi stiamo celebrando la festa della Trasfigurazione. Non possiamo suonare le campane della chiesa, perché la gente correrebbe subito qui a gridare: "Perché suonate le campane? Ci bombarderanno per questo!", anche se non sappiamo da dove hanno preso quest'idea. Non c'è elettricità, né acqua corrente. Noi celebriamo utilizzando prosfore che abbiamo cucinato in precedenza, e quando saranno finite tutte dovremo pensare a cosa fare dopo. Ma nelle nostre anime non c'è depressione, né angoscia, ma solo gioia. Cosa siamo, pazzi? No, siamo semplicemente cristiani. Sappiamo che abbiamo qualcosa per cui essere felici: che non abbiamo fatto del male a nessuno; che non stiamo uccidendo nessuno. Che, indipendentemente da tutte le difficoltà, abbiamo ancora speranza e fede che il bene è sempre più forte del male, che vincerà ogni male e ogni ingiustizia.

"Anche se la chiesa è al buio è ricolma della Luce divina del Monte Tabor in cui il Signore fu trasfigurato davanti ai suoi discepoli; ma la vediamo non con i nostri occhi fisici, ma con gli occhi del cuore. Proprio per questo motivo siamo gioiosi oggi, e una fiamma di felicità e gratitudine verso Dio brucia nelle nostre anime. Anche se sembrerebbe che non abbiamo nulla di cui essere felici. Non sappiamo cosa ci porterà il domani; non sappiamo cosa accadrà a noi ora, lungo la strada che parte dalla chiesa. Ma noi crediamo che il Signore raddrizzerà ogni torto, che tutto sarà per il bene. E questo è quello stesso raggio di Luce, che tocca i nostri cuori e le anime ".

 
Il fenomeno di Harry Potter e le reazioni ortodosse

La Chiesa ortodossa, contrariamente a certi sforzi ben intenzionati ma fuorviati da parte dei fedeli e di alcuni ecclesiastici per dimostrare altrimenti, non si oppone alla scienza, al progresso o allo sviluppo intellettuale umano. Anche un rapido esame degli scritti dei Padri della Chiesa - da san Basilio il Grande a san Nicodemo l'Aghiorita, per citare due esempi notevoli - e quelli dei nostri migliori teologi dimostra lucidamente che la paura della conoscenza secolare, dell'Occidente, della scienza, e delle tendenze intellettuali secolari è sconosciuta alla Chiesa ortodossa. San Basilio il Grande ci insegna a trarre beneficio da ciò che è buono anche negli scrittori pagani, mentre san Nicodemo ha adattato più di una fonte spirituale di provenienza occidentale per l'utilizzo da parte ortodossa. E il defunto e rinomato Photis Kontoglou, un pensatore ortodosso conservatore e decisamente tradizionale, ha beneficiato dagli scritti della filosofia greca classica e senza reticenze ha scandagliato le profondità di pensatori occidentali come Blaise Pascal. Il pensiero anti-occidentale, anti-intellettuale non fa parte del consenso patristico, tranne quando i Padri trattano le deviazioni dogmatiche del cristianesimo occidentale. Dobbiamo tenere a mente questi concetti, mentre ci confrontiamo con le tecnologie, le ideologie, il pensiero sociale, e le tendenze intellettuali formatesi in un mondo che cambia e in un contesto laico che alcune volte sfida le verità immutabili che modellano il nostro pensiero e la nostra vita di cristiani ortodossi.

Purtroppo, si è sviluppato nel mondo ortodosso, di recente, una sorta di complesso della cospirazione di fronte a qualcosa di nuovo o a qualcosa che noi non comprendiamo facilmente, in parte rinforzato dallo sfruttamento di certe opinioni personali nella letteratura ecclesiastica, opinioni che per quanto piamente sostenute da individui indiscutibilmente santi, spesso non fanno parte del consenso dei Padri. I codici a barre, i computer, la globalizzazione e il pensiero umanistico oggi sembrano creare uno spettro di sventure inquietanti e di buio apocalittico nella mente di molti. Preoccupati dagli spauracchi bizzarri e irrazionali di sofisticati protestanti fondamentalisti americani, alcuni scrittori ortodossi in Grecia e in Europa orientale hanno tradotto e diffuso opere di provenienza prettamente protestante - spesso basate su discutibili, se non del tutto false, "affermazioni scientifiche" di individui le cui credenziali nel campo della scienza sono o esagerate o dubbie - e propagandano, come autorevoli voci occidentali, opere e idee che gli americani intelligenti ritengono sciocchezze. Sorretto dall'etnocentrismo ingenuo o da tendenze xenofobe (la paura di cospirazioni ebraiche, complotti massonici, intrighi vaticani, ecc), da un crescente - e, a volte brutto e irrazionale - antiamericanismo e disprezzo per l'Occidente, così come un da una frenesia apocalittica di tipo quasi isterico, questo tipo di pensiero cospirativo ha guadagnato tanto ascendente in gran parte del mondo tradizionale ortodosso, che si fa difficoltà a focalizzare l'attenzione dei fedeli sulle minacce reali e imminenti che costituiscono un pericolo per la Chiesa ortodossa: il degrado nella vita spirituale, sociale, politica, il declino morale senza precedenti nel mondo ortodosso, il sincretismo religioso e l'erosione della nostra identità ortodossa nelle superficialità di un ecumenismo che, invece di propagare tolleranza religiosa e comprensione reciproca, ha diviso la Chiesa ortodossa in fazioni in guerra, e, naturalmente, una deviazione dalla sobrietà dell'ethos ecclesiastico così a lungo conservato e protetto dai Padri della Chiesa.

Non nego, ovviamente, che la tecnologia moderna e le tendenze intellettuali possano prendere una strada sbagliata, e anche volutamente. Tutte le cose della scienza possono essere utilizzate e applicate in modo buono o cattivo. Così, la stessa scienza nucleare che ha portato alla guarigione di malattie e a nuove fonti di energia ha prodotto anche gli orrori di Hiroshima e Nagasaki. Ma quale che possa essere il potenziale di abuso, quando guardiamo la scienza dal punto di vista della sua applicazione prudente e positiva, dobbiamo ammettere che i computer, i codici a barre, i televisori, i moderni progressi della medicina e la tecnologia in generale, hanno migliorato le nostre vite in modi incommensurabili. Anzi, ignorare la questione della corretta applicazione della scienza e immaginare che tutto il progresso tecnologico sia dannoso e che l'anticristo (un male che ha tentato e torturato l'umanità sin dalla sua caduta) possa essere ridotto alla numerologia ingenua, alla ricerca del "marchio della bestia" (una cosa che i Padri della Chiesa, il più delle volte, hanno lasciato avvolta nel mistero) al semplice numero" 666 "e in forma nascosta e clandestina a codici a barre, barre di sapone, documenti d'identità, schede telefoniche, carte di credito o qualsiasi dispositivo moderno - questo significa ridurre l'Ortodossia al livello di avventure settarie e lasciare che le debolezze psicologiche dei credenti insicuri deturpino gli insegnamenti nobili e sublimi della Chiesa. È la controparte intellettuale del mettere uno spicchio d'aglio su un'icona, per "spaventare" i vampiri o gli spiriti maligni che le vernici acriliche, un prodotto della tecnologia moderna, potrebbero attirare.

La vigilanza contro il male e lo spirito dell'anticristo non si raggiunge nella paura esterna e irrazionale e in una costante ricerca di trame segrete, segni e significati e simboli nascosti; si trova nella vigilanza interna, nella quale Cristo stesso ci guida alla "vera sapienza", come ci dice san Nilo l'Asceta (un santo del V secolo e discepolo di san Giovanni Crisostomo). Dobbiamo cercare "in Cristo" uno spirito sagace, la prudenza, la discrezione, la deliberazione, la comprensione della differenza tra scienza e tecnologia buone e cattive (valutando come i loro prodotti e le loro teorie sono utilizzati e applicati), e la conoscenza della sottigliezza con cui il male attacca il mondo. Una paura rozza, irrazionale del progresso e delle forze del male, non consentendo un progresso positivo attraverso l'applicazione razionale della scienza e della tecnologia, non ci prepara a incontrare e combattere le insidie ​​della natura umana decaduta e gli astuti inganni del maligno; piuttosto, offusca la nostra visione, ci distrae dalla vera natura del male, e ci rende teologicamente ottusi.

È anche vero che la globalizzazione e il guastarsi delle distinzioni naturali tra i popoli può portare all'incubo del conformismo sociale e politico universale e alla diminuzione dei diritti individuali. Il pensiero umanistico, per lo stesso motivo, può distorcere la natura umana e la dipendenza dell'uomo da Dio a  tal punto che gli esseri umani, ubriachi d'arroganza e fiducia in se stessi corrono a capofitto nel disastro e rifiutano sia il ruolo di Dio nella società sia la sua indispensabilità nella realizzazione umana positiva. Tuttavia, la comprensione reciproca, gli obiettivi umani comuni e l'universalismo, quando sono messi in prospettiva e protetti dagli abusi, possono servire i più sacri obiettivi cristiani. [1] Se formiamo e orientiamo adeguatamente le mire e gli obiettivi della globalizzazione e dell'umanesimo, rendendoli conformi con il pensiero cristiano e accettando le sfide che essi pongono alla corretta apologia cristiana, possiamo arruolarli nei nostri sforzi per trasformare il mondo e risparmiarli dai mali del filetismo, dell'etnocentrismo e dei conflitti etnici, dell'egoismo, del provincialismo, della guerra e del terrore che i visionari globali e gli umanisti stessi si sforzano di affrontare, ma che, in mancanza di trasformazione in Cristo, non solo non riescono a vincere, ma spesso, con le migliori intenzioni, li trasformano in mali più orribili. Nell'impiego dell'universalismo e dell'umanesimo in un contesto cristiano, portiamo avanti il ​​mandato del Vangelo, che ci chiama a vedere tutti gli uomini come nostri fratelli e trascendere gli egoismi di famiglia, paese e parenti, ci concentriamo sulla nostra patria celeste e non sul mondo fugace di oggi, e diffondiamo il messaggio del cristianesimo in tutto il globo, riservando agli altri un amore incondizionato, che è il vero marchio del cristianesimo e del vero cristiano.

Infine, non posso negare che la Chiesa ortodossa ha sofferto per le trame, le aggressioni e gli intrighi di forze ostili - sofferenze spesso fraintese o ignorate da storici e scrittori occidentali sleali e miopi. Se l'antisemitismo ha tristemente e vergognosamente deturpato la testimonianza cristiana (sia in Oriente che in Occidente) dal primo cristianesimo ai giorni nostri, ci sono stati anche casi riprovevoli di violenza contro i cristiani tra gli ebrei meno illuminati (un fatto che il sionismo più militante attesta ai nostri stessi giorni). Allo stesso modo, anche se gli ortodossi non sono sicuramente senza difetti nel maltrattamento dei cattolici romani, la quarta crociata e il movimento uniata hanno lasciato un enorme e indelebile segno contro il Vaticano e il suo abuso dei credenti ortodossi. Non vi è neppure dubbio che molte organizzazioni (come la massoneria), che oggi - pur incompatibili con l'Ortodossia, a causa delle loro dottrine di sincretismo religioso e il loro mantenimento di rituali quasi religiosi di origine molto discutibile - costituiscono circoli sociali in gran parte benigni e società di mutuo soccorso (almeno in America), una volta erano profondamente coinvolti in attività ostili, e spesso minacciavano direttamente la Chiesa ortodossa, il suo ethos e la sua attività. Ma sostenere, su basi di prove spesso fantasiose, deliberatamente falsificate e insensate che i rivali storici del cristianesimo sono impegnati in un desiderio incessante e in un'immensa cospirazione comune per corrompere, danneggiare e denigrare la Chiesa ortodossa ai nostri giorni, vuol dire contribuire a creare una presa in giro della nostra Fede.

Per quanto riguarda l'Occidente e l'America in particolare, né l'Occidente né l'America possono affermare di aver trattato il mondo ortodosso con giustizia in ogni momento. La politica dell'Europa occidentale e dell'America in Europa orientale, nei Balcani, a Cipro e nel Vicino Oriente, centri tradizionali del cristianesimo ortodosso, non è stata senza difetti. La politica americana, per esempio, è stato spesso fuorviata e non sempre segnata da motivazioni pure libere da auto-interesse economico e politico. Ma c'è una grande differenza tra queste osservazioni e un presupposto che l'Occidente è in qualche modo il nemico dell'Ortodossia, allineando in tal modo gli atteggiamenti delle popolazioni ortodosse tradizionali con quelli dei fondamentalisti islamici militanti e terroristi, che chiamano stupidamente l'America il "Grande Satana" e che hanno, ironia della sorte, inflitto loro stessi violenza in qualche misura su quasi ogni terra ortodossa (anzi, lo stesso tipo di imperialisti islamici che, più di mezzo millennio fa, ha raggiunto le porte di Vienna nella stessa Europa occidentale). L'America ha i suoi interessi petroliferi, come qualsiasi osservatore obiettivo ammetterà. La sua politica di Medio Oriente non è, a parere di molti, molto equilibrata e prudente. Tuttavia, lo stesso paese che può essere accusato di queste manie e mire politiche ha anche aiutato a ricostruire l'Europa dopo la Seconda guerra mondiale. Dà centinaia di milioni di dollari ai vicini musulmani di Israele, e - qualunque sia la sua politica nei confronti del petrolio - ha sofferto per mano del terrorismo islamico, al tempo stesso in cui ha cercato di rovesciare regimi tirannici del mondo musulmano (anche se ne ha incautamente sostenuto alcuni in passato), e non si può colpevolizzare per la sua ammissione delle colpe del passato, come il razzismo e le disuguaglianze sociali, che ha cercato di affrontare e correggere. Diffamare l'Occidente per le sue colpe, senza riconoscere i suoi aspetti positivi, rafforza semplicemente nel mondo ortodosso un provincialismo ingiusto, ingiustificato, controproducente, e anche ingrato, dato che l'Occidente e l'America hanno fatto sforzi giganteschi per aiutare i paesi emergenti dell'Europa orientale. La xenofobia che ne risulta ancora una volta offusca lo splendore spirituale del mondo tradizionale ortodosso e ostacola l'inimitabile forza spirituale dell'Ortodossia in un secolo che avrebbe potuto in ogni modo essere suo.

Nell'atmosfera intellettuale, ecclesiastica e culturale che ho descritto - un'Ortodossia ripiegata su se stessa, afflitta da provincialismo superstizioso e sciocco e da preoccupazioni fondamentaliste prese in prestito da fonti esterne, e posseduta da una paura del progresso tecnologico e delle tendenze intellettuali che vede con sospetto xenofobo o in uno spirito di semplicismo anti-intellettuale - l'arrivo di una serie di libri per bambini, la serie di Harry Potter, scritta da una madre single di 37 anni dalla Scozia, J. K. Rowling, ha suscitato un grido di paura in Grecia, Bulgaria, Russia, e in alcuni circoli ortodossi della Romania, che gli occidentali guardano con stupore. In Europa occidentale e negli Stati Uniti, anche alcuni gruppi fondamentalisti hanno condannato la serie di Harry Potter come un nefasto complotto per avvelenare i bambini cristiani con i mali della magia nera. Questi fermenti in Occidente, tuttavia, sono state semplicemente liquidate come tipiche sciocchezze anti-intellettuali di individui incapaci di pensare. Purtroppo, questo tipo di ridicolo è stato espresso anche da quegli occidentali che hanno studiato le reazioni alla serie di Harry Potter nei paesi ortodossi, dal momento che le ragioni per l'opposizione in questi paesi sembrano essere proprio quelle dei fondamentalisti in Occidente (dai quali, infatti, è stata presa in prestito la logica).

Tipici di queste reazioni ortodosse ai libri di Harry Potter sono diversi volumi pubblicati di recente in Grecia (si veda, ad esempio, "Nai e OCHI sto Chari Poter" [Sì o NO a Harry Potter?], di Ioannes Meliones [Atene: Unione panellenica dei genitori, 2002] o Mathemata Magias kai Satanismou apo ton Chari Poter [Lezioni di Magia e satanismo da Harry Potter], da KG Papademetrakopoulos [Kantza: Photodotes, 2002]). In Grecia, come in Bulgaria, Russia e Romania, il fenomeno Harry Potter (soprannominato "charipoteromania," o "Harry Potter-mania" in Grecia) si vede chiaramente, a un certo livello, attraverso gli occhi itterici della xenofobia e di un certo timore di ciò che è "globale". Quasi ogni articolo critico o un libro della serie di Harry Potter in questi paesi sottolinea che tali libri sono "stranieri", che sono stati venduti in molti milioni di copie in diverse centinaia di paesi, che la serie è stata tradotta in quasi cinquanta lingue, e che ha vinto molti premi letterari. In effetti, tali statistiche normalmente costituiscono riconoscimenti impressionanti, ma, invece, come un giovane studente romeno di teologia ha scritto all'arcivescovo Chrysostomos all'inizio di quest'anno, "... per il mondo ortodosso la popolarità di questi libri è un segno della prossima fine del mondo, causata dalla trasformazione dei nostri figli in maghi da 'praticanti' di magia dalle terre straniere dell'Anticristo e soprattutto - perdonatemi - dall'America". [2] Si è spesso sottolineato che i libri di Harry Potter, presumibilmente per ammissione dell'autrice, contengono veri e propri "incantesimi magici", che costituiscono un tentativo di fare una distinzione tra magia "bianca" e "nera" (e quindi in essenza difendono la magia), e che esse sono, come osserva il signor Meliones (vide supra) "un'irresistibile [akatamacheto] arma della Nuova Era dell'Acquario nel proselitismo dei nostri figli". [3]

Nonostante questi elementi infondati e xenofobi e, forse, esageratamente timorosi nei loro scritti, non dubito per un momento della sincerità di molti di quelli che si sono uniti nei paesi ortodossi alla crociata contro il fenomeno Harry Potter (in effetti, anche i protestanti fondamentalisti americani che essi imitano, per quanto ingenue e infondate siano molte delle loro accuse e paure, non sono in genere individui malintenzionati). Il signor Meliones, per esempio, è certamente da lodare per la sua cura per il benessere dei bambini greci e per il suo desiderio di proteggere e conservare le cose migliori della cultura greca e una prospettiva ortodossa sulla vita che, anche se sta ovviamente e rapidamente scomparendo, è stata comunque essenziale per la sopravvivenza di quel paese come nazione cristiana. Senza dubbio, la maggior parte dei critici di Harry Potter in Bulgaria, Russia e Romania sono motivati, nei loro sforzi, da obiettivi similmente sinceri. Tuttavia, tali obiettivi, spinti in parte da un senso di isteria - espressi nei frenetici toni apocalittici del fondamentalismo protestante - e non sufficientemente filtrati attraverso il prisma della sobrietà e della riflessione patristica, degradano in iperboli e in una sorta di approccio bianco-o-nero alla letteratura: un approccio che è al tempo stesso intellettualmente pericoloso e fuorviante. Per esempio, come vedremo in seguito, mentre uno può, per quanto presuntuosamente, sostenere che i libri di Harry Potter forniscono lezioni di "magia", sostenere (allo stesso modo di molti fondamentalisti protestanti negli Stati Uniti) che insegnano "satanismo", come fa il signor Papademetrakopoulos (vide supra), significa passare dalla speculazione e presunzione al puro e semplice pregiudizio.

Il carattere ingannevole dell'iperbole impiegata in queste popolari condanne fondamentaliste dei libri di Harry Potter, sia in Occidente che nei paesi ortodossi, è molto ben affrontato in un recente libro di John Granger (un lettore in una delle nostre chiese parrocchiali qui negli Stati Uniti), The Hidden Key to Harry Potter: Understanding the Meaning, Genius, and Popularity of Joanne Rowling's Harry Potter Novels (la chiave nascosta di Harry Potter: la comprensione del significato, la genialità e la popolarità dei romanzi di Harry Potter di Joanne Rowling (Port Hadlock, WA: Zossima Press, 2002). Giustamente, Dave Kopel, in una recensione di questo libro nella diffusa, colta rivista politica conservatrice americana, The National Review, dice che il signor Granger:

"...dimostra l'assurdità della pretesa che Harry Potter sia anti-cristiano. E anche se non vi siete mai preoccupati delle accuse erronee dei fondamentalisti, La chiave nascosta aumenterà notevolmente la vostra comprensione di ciò che è veramente in gioco nelle avventure di Harry". [4]

Il signor Granger, infatti, dà il meglio di sé quando formula i suoi argomenti contro i fondamentalisti americani della "destra evangelica" e le loro citazioni che proverebbero insegnamenti occulta, anti-cristiani e satanici nei libri di Harry Potter. Questi argomenti sono particolarmente pertinenti a ciò che ho detto riguardo alle simili rivendicazioni di scrittori ortodossi. Tra i vari commenti fondamentalisti che analizza c'è quello di Richard Abanes, Harry Potter and the Bible: The Menace Behind the Magick (Harry Potter e la Bibbia: La minaccia dietro la magia) (Camp Hill, PA: Horizon Books, 2001), un libro che è una vera e propria enciclopedia di interpretazioni fondamentaliste dei libri di Harry Potter e uno da cui quasi tutti i critici di Potter, tra cui gli scrittori ortodossi all'estero, hanno tratto materiale. Notando che, nella sua "lettura attenta", "nulla sfugge all'esame microscopico che il signor Abanes fa dei libri nella sua ricerca di ciò che è sbagliato in loro - tranne, naturalmente, il loro significato più ampio", [5] Granger sostiene che Abanes:

"...legge la Bibbia come un musulmano legge il Corano: come guida ideologica e opera di giurisprudenza, piuttosto che come voce della tradizione comprensibile all'interno di quella tradizione. Vedere la signora Rowling come una cristiana tradizionale e ortodossa è una visione del mondo incomprensibile al signor Abanes. È [quindi] difficile da leggere il suo libro dopo le prime pagine, perché scade in una diatriba e arringa". [6]

Nel suo trattamento più esteso della comprensione che Abanes ha delle immagini del bene e del male nei libri di Potter, il signor Granger ammette che, mentre le "preoccupazioni espresse da Abanes sulla spiritualità disattenta e sui pericoli dell'occulto sono preoccupazioni reali", la sua ossessione per queste preoccupazioni "lo rende cieco a ogni possibile bene in Harry Potter". [7] Egli continua offrendoci un esempio di questo approccio fondamentalista cieco:

"Prendiamo... la sua accusa di ambiguità morale. A prima vista questo sembra un'esagerazione. Harry Potter è un buono e Voldemort è il cattivo e sembra esserci poco terreno comune per confusioni o ambiguità. Per il signor Abanes, però, il fatto che i cappelli 'bianchi' sono un po' grigi, non bianchi immacolati, e i "cappelli neri" non sono disumanamente malvagi senza virtù redentrici, l'immagine del bene e del male è stato offuscata. Sentiamo la sua spiegazione.

Rowling minimizza le altre questioni morali di Harry elevando due caratteristiche virtuose al di sopra di tutte le altre: l’audacia e il coraggio. Come lei stessa ha dichiarato: 'Se i personaggi sono audaci e coraggiosi, vengono premiati'. Ciò di cui la Rowling non riesce apparentemente a rendersi conto, però, è che nei suoi libri anche i personaggi 'malvagi' sono audaci e coraggiosi. ...L'unica differenza tra loro [i personaggi buoni e cattivi] sta nelle regole che scelgono di rompere, nelle bugie che scelgono di raccontare e negli obiettivi che scelgono di perseguire. (Abanes, Magick, pag. 136)" [8]

Questo esempio ci dice molto sulla cultura "noncurante" dei fondamentalisti, che, nella loro ricerca di ciò che è male e di ogni minaccia che in agguato dietro a ciò che non è nel loro dominio di pensiero e nella loro Weltanschauung, perdono l'obiettività; trovano quello che vogliono trovare a tutti i costi. È tragico che questa debolezza d'approccio sia anche fin troppo caratteristica della maggior parte dei critici ortodossi di Harry Potter, che ancora una volta - nonostante il loro occasionale pregiudizio anti-occidentale - hanno adottato e imitato lo stile dei loro omologhi occidentali nel mondo del fondamentalismo protestante, ereditando in tal modo anche le manie loro mentori.

In considerazione di ciò che ho detto a proposito del clima intellettuale, culturale e religioso in cui si sono formate le opinioni ortodosse più negative sulla serie di Harry Potter di libri, ci sono alcuni punti generali che ci possono aiutare i cristiani ortodossi razionali a rispondere con precisione alla domanda che uno dei critici greci di Harry Potter, da me citato laconicamente, ha posto per noi: "'Sì' o 'No' a Harry Potter?". Enumerando questi punti, mi conviene, per inciso, sottolineare che i fondamentalisti hanno una propensione verso il sensazionale, prevedono spesso calamità e la fine del mondo con qualcosa di simile a un senso di eccitazione e gioia. Infatti, la "Harry Potter-mania" svanirà senza dubbio dalla memoria pubblica quasi altrettanto rapidamente come è comparsa, e, nonostante la popolarità della serie, ci sono alcune prove che, allo stesso modo, i critici del libro e gli indovini apocalittici sono già passati a campi più fertili. Nondimeno, l'intuizione fornita dai punti che vorrei fare sul fenomeno Harry Potter certamente generalizza, e ci aiuta a capire, il compito che ho impostato indietro all'inizio del mio saggio, cioè, il confronto di tecnologie, ideologie, pensiero sociale, e tendenze intellettuali che si formano in un mondo che cambia e in contesti secolari che a volte mettono in discussione le verità immutabili che modellano il nostro pensiero e le nostre vite di cristiani ortodossi.

Nell'affrontare i libri di Harry Potter, i fondamentalisti, sia ortodossi che eterodossi, sono caduti in una classica fallacia logica - post hoc, ergo propter hoc - in forma letteraria, sostenendo cioè che, poiché immaginario magico utilizzato nei libri di Harry Potter corrisponde, in tempi moderni, alla nomenclatura e ai manufatti dell'antica alchimia e magia, ne consegue che i libri hanno le loro radici concettuali dell'alchimia e della magia e, per estensione, ne sono un'apologia. Tra il passato e il presente, sono passati molti anni, e la scienza, così come le persone istruite nelle arti e nelle scienze, avrebbero seri dubbi all'idea che gli incantesimi degli alchimisti e delle streghe antiche e medievali siano efficaci o da prendere sul serio. Non vi è, naturalmente, un motivo di criticare l'invocazione deliberata del male attraverso tali dispositivi, dal momento che il male si manifesta ovunque sia evocato. Tuttavia, il potere della magia e della stregoneria non risiede nelle parole e negli incantesimi (una credenza primitiva), ma nel male che dà loro potere, e, per essere sicuri, questo potere risiede nelle intenzioni e negli obiettivi di coloro che invocano il male di proposito. L'uso di immagini e parole alchemiche e magiche storicamente accurate da parte di un autore che desidera creare un mondo di fantasia magica per catturare l'immaginazione dei bambini, è un artificio di ricerca tanto innocente e antico quanto la mitologia greca, le favole di Esopo e le fiabe dei fratelli Grimm, che presentano - in un mondo di fantasia magica pieno di streghe, divinità pagane e animali parlanti - lezioni di valori duraturi, esempi del trionfo della virtù sul male, della tragica arroganza dei falsi dèi rovinati da passioni umane, e del potere della purezza e dell'innocenza al si sopra delle intenzioni dei malvagi.

La signora Rowling non è una satanista, come ho già fatto notare, ma una credente in Cristo. (Non tratterò qui il punto di vista fondamentalista e campanilista che dice che, siccome la sua confessione cristiana non è quella di un cristiano ortodosso, allora non è una credente ma una miscredente, se non una satanista, per impostazione predefinita. Lascio che i fondamentalisti sostengano questo problema nel pantano del loro fanatismo religioso). Basti dire che lei dice di se stessa in un passo citato dal lettore John Granger da Michael Nelson:.. "Io credo in Dio, non nella magia... 'Se ne parlo troppo liberamente', ha detto a un giornalista canadese, 'credo che il lettore intelligente - che abbia dieci [anni] o sessanta - sarà in grado di indovinare che cosa ci sarà nei libri [successivi]". [9] E cosa ci sarà? Immagini di morte, di risurrezione, e del trionfo del bene sul male. Niente a che vedere con il satanismo! In realtà, il signor Granger pone Rowling nella tradizione di quelle figure letterarie, come C.S. Lewis e J.R.R. Tolkien, i cui scritti, come commenta Kopel, possono "non citare mai apertamente il cristianesimo", ma "mirano a 'cristianizzare' l'immaginazione del lettore" e portano quel lettore a lottare "per il bene, non importa quanto potenti possano essere le forze del male". [10] E, in effetti, la Rowling ha ammesso apertamente di essere una grande fan di Lewis e Tolkien, che usano entrambi un immaginario magico e il mondo fantastico delle fate e degli animali parlanti per trasmettere, nel loro celebre genere letterario, idee e valori cristiani distinti e indiscutibili - una potente apologia degli insegnamenti cristiani nella letteratura occidentale, che non è mai stata associata con la magia nera e il satanismo, se non da trogloditi intellettuali del genere più ritardato.

I libri di Harry Potter, quindi, non sono stati scritti per descrivere alcuna lotta esoterica tra la magia "nera" e quella "bianca", non hanno lo scopo di insegnare incantesimi magici e non hanno nulla a che fare con il satanismo. La "destra" religiosa dalla quale i nostri fondamentalisti ortodossi hanno adottato tali nozioni è costituita da quegli stessi individui che, qui in America, caratterizzano la venerazione ortodossa delle icone come "idolatria" e che confondono l'abito tradizionale dei sacerdoti ortodossi con "le vesti nere dei satanisti". Tali individui sono tanto ignoranti dei principi e la storia dell'Ortodossia quanto lo sono della storia dell'alchimia (che, di fatto, ha svolto un ruolo importante nello sviluppo della scienza chimica), della sua distinzione dalla magia e dalla stregoneria, e della differenza tra il complesso sviluppo storico di questi ultimi due fenomeni e il satanismo o culto palese del diavolo. Essi mostrano anche una ignoranza spaventosa della letteratura, delle classiche analogie, similitudini, e tropi usati nell'espressione letteraria, e dei principi della psicologia dello sviluppo, che spiegano perché il mondo della magia e della fantasia può innocentemente focalizzare l'attenzione dei bambini sulle lezioni di morale e contribuire a formare la loro coscienza cristiana, senza condurli furtivamente nel regno delle "scienze oscure del satanismo". Non riuscendo affatto a capire la letteratura se non a livello parrocchiale, sia i fondamentalisti protestanti sia i loro seguaci ortodossi non sono riusciti a vedere il profondo simbolismo cristiano nei libri di Harry Potter, così come il loro valore nell'insegnamento dei valori cristiani fondamentali ai bambini.

 

Una lettura superficiale del libro del signor Granger asserisce tutto ciò che ho detto circa l'intenzione positiva e il valore di questi libri. Può essere esagerato condividere la sua affermazione che "Harry Potter", pronunciato con un accento cockney, è una chiave per il nucleo cristiano della serie (vale a dire, che Harry è "erede del vasaio" - Potter - ovvero del "Creatore" e quindi è un'immagine di Cristo), e anche il suo tentativo di stabilire la "regalità" [spirituale] di Harry mediante l'associazione con "Harry Hotspur (il principe di Galles)" rappresenta una gaffe insolita tra le sue molte e precise allusioni letterarie (un errore, per inciso, che il signor Kopel cita senza averlo apparentemente notato nella sua recensione de La chiave nascosta di Harry Potter [11]), Granger dischiude il contenuto cristiano della serie con competenza e in modo persuasivo. I nomi degli antagonisti del male nella serie, per esempio Draco (serpente) e Malfoy (uomo di mala fede), spiccano nel contrasto con gli antagonisti virtuosi, come i genitori di Harry, James (il fratello di Cristo) e Lily (il fiore di Pasqua). [12] Granger individua anche molti degli innumerevoli simboli di Cristo nei libri di Harry Potter (capitolo 8), temi di trasformazione e di trasfigurazione (capitolo 6), e questioni come il pregiudizio, la libertà della volontà (la scelta), la tentazione e l'egoismo, ciascuna centrata sulla forza della scelta morale e sulla conseguente crescita spirituale. Si termina la lettura del suo libro con una ferma convinzione che i critici fondamentalisti della serie, da lui oggettivamente e caritatevolmente denunciati per la loro totale mancanza di comprensione di Harry Potter e delle sue avventure fantastiche, hanno perso di vista la foresta spirituale a causa della loro fissazione sugli alberi letterari dell'immaginario magico. Così facendo, egli mette in luce, ancora una volta, la sfortunata miopia religiosa dei nostri fondamentalisti ortodossi, che, nonostante il loro zelo benintenzionato, hanno ridotto la visione intellettuale aperta, intelligente ed espansiva sostenuta dai Padri della Chiesa a una sorta di letterale miopia religiosa che serve poco all'Ortodossia, alla sua testimonianza, o, in ultima analisi, ai nostri giovani.

Nel fare le osservazioni che ho fatto - osservazioni forse dolorose per i nostri fratelli ortodossi che hanno inconsapevolmente ceduto al fondamentalismo -, non sto sostenendo che non esistano, forse, modi migliori per insegnare i valori cristiani che non attraverso la letteratura che impiega un immaginario magico e che stimola l'amore giovanile per la fantasia. Dico, tuttavia, che una tale tradizione letteraria, a cui J. K. Rowling appartiene chiaramente, non è malvagia, satanica, o dannosa, anche se non è di provenienza ortodossa. È anche mia convinzione che, se mettiamo da parte la xenofobia, il sottile bigottismo religioso, e il tribalismo anti-occidentale, che hanno portato i fondamentalisti ortodossi alla cecità verso le cose buone del mondo occidentale ed eterodosso, possiamo certamente accogliere tradizioni letterarie come quelli rappresentate da Lewis, Tolkien, e, invero, anche la Rowling. Integrati con le letture delle vite dei santi ortodossi, la letteratura spirituale che ha ispirato gli scrittori ortodossi, e le favole morali del mondo pre-cristiano del classicismo greco (che sono anche i testi fondamentali per l'istruzione dei bambini nel mondo occidentale), opere come la serie di Harry Potter possono servire per istruire i nostri figli in un modo innocuo.

Permettetemi inoltre dire che non c'è nulla di negativo in una serie di libri che introduce i bambini alla lettura. Oserei dire che i bambini che finora non hanno mai toccato un libro - bambini assolutamente vuoti di istruzione nelle scelte morali, nel confronto tra il bene e il male, e nella presenza della simbologia cristiana nel mondo secolare e nel regno della fantasia - hanno trovato nei libri di Harry Potter un meraviglioso e stimolante mondo nuovo. Hanno aperto le loro menti, accettato l'apprendimento, e hanno trovato un percorso che, per quanto laico possa essere (e io sarei del parere che gli scritti della Rowling non siano veramente laici), un giorno li porterà ad aprirsi agli scritti dei Padri e a esplorare la loro fede ortodossa. Tutti noi sappiamo, che lo vogliamo ammettere o no, che la nostra Chiesa è affetta da una pletora di "esperti" incolti e da una carenza di persone che, nel tradizionale spirito di ricerca e di apertura, sono state umilmente formate nello spirito dei Padri, uno spirito che non mostra paranoia sociale e intellettuale, ma una visione di ciò che è universale, espansivo, travolgente e altrettanto ricco ed esilarante, nella sua essenza cristiana, quanto la fantasia e l'immaginario magico lo sono per i bambini. Se noi, da studiosi seri della vita spirituale, dobbiamo rifuggire la fantasia e l'immaginazione, come ci insegnano i Padri, i nostri primi incontri con le guide che ci conducono a una matura fondazione spirituale iniziano con la formazione delle nostre menti immature in quelle cose del mondo che ci attraggono e che ci insegnano, mediante ombre e immagini imperfette, i valori e precetti morali che alla fine ci portano a un incontro con l'immagine perfetta.

Sono pienamente convinto che i Padri non avrebbero mai avallato l'anti-intellettualismo pedestre e provinciale dei fondamentalisti ortodossi di oggi. È un discredito dei Padri se noi li immaginiamo così. Pertanto, mentre non dubito, come ho detto, della sincerità dei critici ortodossi della serie di Harry Potter e di altre simili letture, vorrei ricordare loro che, nella loro furia fondamentalista, si sono piegati a passioni umane quali l'etnocentrismo, la grezza intolleranza religiosa, e atteggiamenti ostili alla testimonianza patristica. Come possiamo, infatti, attrarre i nostri figli alla loro fede ortodossa, che noi riteniamo essere il criterio del cristianesimo, se denigriamo e temiamo, con la nostra chiusura mentale e un nebbioso pensiero di provenienza straniera, quel che non abbiamo nemmeno provato a studiare o a capire? Le reazioni negative al fenomeno di Harry Potter che vediamo oggi non sono, in sostanza, veramente ortodosse, né espresse nello spirito di cattolicità, che è il cuore del cristianesimo ortodosso.

 

Note

1. Il nostro fallimento, come cristiani ortodossi, di capire le dimensioni universali della nostra missione terrena ci ha portato, come ho sostenuto in precedenza, ai mali del filetismo, etnocentrismo, xenofobia, e anche esclusivismo cristiano (forse il più sorprendente di tutti gli ossimori). Spiegherò le mie ragioni con il seguente vivido aneddoto: Diversi anni fa, un sacerdote ortodosso - ecumenista attivo e noto teologo e rappresentante di una delle cosiddette Chiese ortodosse "ufficiali" (appellativo che si è diffuso tra gli ortodossi e che, da solo un punto di vista psicologico, dovrebbe causare subito allarme e perplessità) - ha detto a un gruppo di studenti greci che la diffusione dell'Ortodossia nel "mondo occidentale" stava creando una fede diluita, priva delle "cellule sanguigne" dei credenti ortodossi "puri" [cioè, etnici - nda]. "Se questa osservazione ha un merito, condanna l'Ortodossia "pura" o "ufficiale" (che rappresenta la maggioranza dei fedeli in Occidente) per l'irresponsabilità dei suoi sforzi missionari. Tuttavia, è ancor più inquietante la soluzione che questo sacerdote ha proposto per questo problema: uno sforzo concentrato per aumentare il numero di ortodossi in patria attraverso famiglie numerose; il mantenimento di "linee di sangue greco-ortodosse pure", e uno sforzo cosciente per "evitare gli sforzi delle forze 'massonico-ebraiche' della globalizzazione e dell'ateismo umanistico in Occidente" (l'Israele non occidentale era il principale colpevole designato in questa trama) "per spegnere l'ardore dei veri credenti". Che cosa questo dica della sincerità degli ecumenisti ortodossi (che traggono il loro putativo "status ufficiale" dal movimento ecumenico stesso) è una cosa. Che cosa dica dell'opposizione alla globalizzazione e all'universalismo, quando lo confrontiamo con le seguenti parole di nostro Signore stesso, è piuttosto un altro: "Andate dunque, e ammaestrate tutte le nazioni, battezzandole nel nome del Padre, e del Figlio, e del santo Spirito..." (Matteo 28:19).

2. A.M., Bucarest, Romania, all'arcivescovo Chrysostomos, 27 aprile 2003 (trasmissione elettronica); documento nelle mani dell'autore. Vale forse la pena sottolineare che l'autrice della serie di Harry Potter, ovviamente, non è americana. Tuttavia, un critico greco-canadese della Rowling, osservando che l'autrice proviene dalla Scozia (Skotia, in greco), conclude uno dei suoi articoli con l'esclamazione trionfante: "Ti allo theleis" [cosa volete di più?"]. (cfr "O Harry Potter kai ta Magia" ["Harry Potter e la Stregoneria"], Salpigga Sophias [Tromba della Sapienza], n. 17 [marzo 2003], p. 35). Vorrei sottolineare per chi non greco, che "Skotia" suona come la parola greca per oscurità, "skotos", anche se il primo termine è scritto in modo diverso e non deriva dalla parola greca che significa "oscurità ", ma dal latino per "Scozia": "Scotia".

3. Citato in Hagios Kyprianos (San Cipriano), No. 313 (marzo-aprile 2003), p. 224 (interno di copertina).

4. "Deconstructing Rowling," The National Review, 30 giugno 2003.

5. The Hidden Key to Harry Potter, Appendice B, pag. 354.

6. Ibid., pp. 354-355. Si noti che il signor Granger descrive la Rowling come una "cristiana ortodossa", usando l'aggettivo "ortodosso" in minuscolo e nella sua forma inglese alternativa, cioè, descrivendola come una "conformista" alle dottrine della sua confessione presbiteriana.

7. Ibid., p. 74.

8. Ibid., pp. 74-75.

9. Ibid., p. iv.

10. Kopel, "Deconstructing Rowling," op. cit.

11. Cfr. "Deconstructing Rowling," op. cit.

12. The Hidden Key to Harry Potter, op. cit., p. 252.

 

Fonte dell’articolo: Orthodox Tradition, vol. XX, No. 3 (2003), pp 14-26. Vedere anche "The Alchemist's Tale: Harry Potter & the Alchemical Tradition in English Literature", di John Granger. Il blog di John Granger è http://www.hogwartsprofessor.com/

 
Pensieri sulla comunione chiusa

La comunione chiusa

di Ilias Levy

Pravmir

testo originale dalla diocesi di Thyateira e Gran Bretagna

27 maggio 2015

Le persone interessate a conoscere meglio la Chiesa ortodossa spesso fanno domande sulla pratica della comunione chiusa – cioè, il permesso solo ai cristiani ortodossi di ricevere la santa comunione nelle nostre chiese.

Per alcuni ortodossi può sembrare che questo sia un problema un po' troppo bizzarro per pensare che sia degno di un articolo. Anzi, forse dovrebbe esserlo davvero. Purtroppo, però, è qualcosa su cui sembra esserci una certa ignoranza e confusione – e per questo ci sono stati casi molto preoccupanti di non ortodossi che ricevono la comunione in Gran Bretagna e in altri luoghi. Se ciò accade, è naturalmente una questione disciplinare che deve essere affrontata dai vescovi appropriati. Tuttavia è anche vero che per alcune persone è una questione molto difficile da capire – e da questa mancanza di comprensione può venire una difficoltà pastorale comprensibile quando la gente viene detto che, per esempio, un coniuge o un amico cattolico o protestante non può essere ammesso alla comunione.

È pertanto mia intenzione cercare di rendere questo argomento più ampiamente compreso e, spero, aumentarne la conoscenza e la comprensione, eliminando la possibilità di insulto o di offesa.

Parte della ragione di questa confusione è che le altre denominazioni cristiane permettono a qualsiasi cristiano (e, di tanto in tanto, proprio a chiunque) di ricevere i santi doni. Se questo è proprio vero, si tratta di una cosa su cui ritornerò più tardi. In effetti, sembra più probabile che il motivo sia semplicemente una mancanza di conoscenza del significato della comunione. Questo mistero non è una causa dell'unità, ma piuttosto il suo risultato.

L'atto di ricevere la comunione non è qualcosa che porta qualcuno all'unità con la Chiesa. In realtà, la più grave sanzione che la Chiesa può infliggere ai suoi membri è quella della scomunica – il rifiuto di consentire a un individuo di ricevere i santi doni. Questo dimostra non solo l'importanza dell'eucaristia per i cristiani ortodossi, ma anche il fatto che si deve essere membri fedeli della Chiesa per partecipare ai misteri.

La ragione più significativa per mantenere una pratica della comunione chiusa è che è assolutamente necessario per un comunicante avere una corretta comprensione del santo mistero di cui è partecipe. Come spiega A. S. Frangopoulos nel suo libro 'Our Orthodox Christian Faith', gli altri cristiani hanno una comprensione diversa – e quindi errata – dell'eucaristia. Perché, dunque, sarebbe ragionevole invitarli a condividere, come Frangopoulos dice, il calice comune? Questa differenza è più acutamente sentito quando si tratta della stragrande maggioranza delle denominazioni protestanti. La dottrina ortodossa è che il pane e il vino usato nell'Eucaristia diventano veramente il preziosissimo corpo e il sangue del nostro Salvatore. La maggior parte dei protestanti, d'altra parte, tendono a vedere il tutto come una questione puramente simbolica, scegliendo di concentrarsi sulle parole di Cristo – "Fate questo in memoria di me". Questa linea è, ovviamente, solo una piccola parte dell'istituzione dell'eucaristia da parte di Cristo.

Nel racconto dell'ultima cena nel Vangelo di san Giovanni, Cristo ci dice che questo sacramento è per l'unità della fede, perché i suoi discepoli siano una cosa sola. Come possiamo dunque condividere questo mistero, il più sacro di tutti, con quelli con i quali non abbiamo unità? Una risposta (un po' strana, va detto) a questa domanda potrebbe essere "ma tanto, siamo tutti cristiani". Questo può essere vero solo nel più elementare dei sensi. Ma noi, come cristiani ortodossi, crediamo che la Chiesa ortodossa detiene, in modo univoco, la pienezza della verità. Porta le tradizioni e la fede degli apostoli, e quindi scaturisce dall'insegnamento salvifico di Cristo stesso. Qualsiasi deviazione teologica da questa fede è, per definizione, carente di verità.

Un'altra giustificazione scritturale per la pratica della comunione chiusa viene dalla prima lettera di San Paolo ai Corinzi – "Allora, chi mangia il pane o beve il calice del Signore in modo indegno sarà colpevole verso il corpo e il sangue del Signore". Una delle ragioni per cui questa è evidentemente una questione così difficile, nella nostra moderna società occidentale è l'ascesa della atmosfera opprimente del pluralismo. Questa dottrina cerca di insegnarci che tutte le opinioni, credenze e idee sono ugualmente valide, e che è in un certo senso moralmente sbagliato mettere in discussione i punti di vista di chiunque altro o promuovere una verità nota di propria scelta. Naturalmente, come i cristiani ortodossi sappiamo che questo semplicemente non può funzionare. Non ci può essere una cosa come un'ortodossia pluralista. Questo non significa, naturalmente, che dovremmo darci ai giudizi, pregiudizi o condanne. Ci è stato chiaramente comandato nel Vangelo di amare il nostro prossimo, e anche i nostri nemici. A volte è un equilibrio difficile da raggiungere, ma siamo estremamente fortunati ad avere due millenni di tradizione e di saggezza della Chiesa a cui attingere.

Infine, vorrei citare un estratto di un articolo on-line su questo argomento – "È fondamentale sottolineare che la pratica ortodossa della comunione 'chiusa' non è un giudizio contro una persona o contro la sua posizione agli occhi di Dio o contro il potenziale della sua salvezza. Non è un modo di dire che alcuni sono 'buoni' e gli altri sono 'cattivi'. La pratica di ricevere la comunione insieme è l'espressione esteriore di avere ogni cosa in comune, nella fede e nel culto. È il frutto dell'unità".

 

Le sfide della comunione chiusa

del sacerdote Richard Rene

Pravmir

testo originale dalla chiesa di sant’Aidan

21 luglio 2011

Da prete ortodosso, non posso dirvi quante volte ho dovuto affrontare delle persone, o all'interno della mia parrocchia o in visita dall'esterno, e dire loro che per un motivo o un altro, non avrebbero potuto partecipare all'eucaristia.

Una comunione chiusa – la cosa non potrebbe suonare più negativa. Implica giudizio, esclusività, e superiorità morale – tutte qualità che una società pluralista, democratica ed egualitaria disprezza. Eppure, senza dubbio, la Chiesa ortodossa è una comunione chiusa: solo coloro che sono membri battezzati della Chiesa ortodossa, che si accostano a una confessione regolare e che digiunano e pregano come preparazione, possono ricevere l'Eucaristia.

Perché la Chiesa ortodossa pratica questa politica? Una cosa è escludere coloro che non sono affatto cristiani, ma come possiamo osare giudicare i cuori di altri cristiani, ed escluderli dalla comunione con il loro Signore e Salvatore?

Anche scrivere tali parole evoca nella mia mente il dolore e la rabbia che ho visto negli occhi di coloro che mi facevano queste domande.

Permettetemi di sforzarmi oggi di rispondere per come posso, in modo quanto più breve ma completo.

La politica della comunione chiusa degli ortodossi è radicata nella nostra comprensione della natura della Chiesa come corpo di Cristo sulla terra. (cfr. Romani 12:5 e altrove) Come corpo di Cristo, la Chiesa è una realtà incarnata; cioè, è concreta, distinta e storica – ed esiste continuamente e integralmente dal giorno della Pentecoste.

Ciò che rende i singoli cristiani membri di questa Chiesa è la partecipazione all'eucaristia. L'apostolo Paolo è esplicito: "Il calice della benedizione che noi benediciamo, non è forse la comunione con il sangue di Cristo? Il pane che noi spezziamo, non è forse la comunione al corpo di Cristo? "(1 Cor 10:16) Una lettura coerente del Nuovo Testamento mostra che questo 'calice della benedizione' e questo 'pane' non è niente meno che lo stesso corpo e sangue di Cristo, dato da lui ai suoi discepoli durante l'ultima cena. E secondo l'apostolo Paolo: "Poiché c'è un solo pane, noi, pur essendo molti, siamo un corpo solo: tutti infatti partecipiamo dell'unico pane." (1 Corinzi 10:17)

Nella concezione ortodossa, la comunione è l'unione degli individui gli uni agli altri, non solo nel presente, ma nel corso della storia, a partire dall'inizio della Chiesa e nell'eternità, con i santi che sono venuti prima di noi e che ancora oggi ci circondano come "nube di testimoni" (Ebrei 12:1) e quello che porta a tutti noi in questa "comunione dei santi" non è altro che la nostra unione eucaristica allo stesso di Gesù Cristo, che è stata proclamata e tramandata da quando disse ai suoi discepoli la sua vera identità. (Si veda il resoconto in Luca 24)

Per dirla più semplicemente, la comunione ortodossa non è solo composta da voi o da me in comunione con il nostro Gesù personale, ma voi e io siamo uniti insieme nello stesso Gesù proclamato dagli apostoli e da quanti li hanno seguiti nel corso dei secoli.

Questa comprensione fa sorgere due sfide fondamentali per i cristiani, ortodossi o no. La prima è, che è il Gesù con il quale entriamo in comunione? Se voi credete che Gesù sia stato un semplice uomo buono e un saggio maestro il cui scopo era di rendere il mondo un luogo più giusto e pacifico per le persone di tutte le fedi, mentre io credo che egli sia Dio nella carne, e che sia l'unica via al Padre, allora voi e io crediamo in due diverse persone di nome Gesù. Nella visione ortodossa, in ogni caso, ricevere insieme l'eucaristia sarebbe un atto privo di significato.

Del resto, perché vorreste ricevere la comunione con un cristiano ortodosso che crede che il suo Gesù ci renda possibile dipingere e venerare le icone come conseguenza del fatto che egli ha santificato il mondo fisico con la sua incarnazione? Se credete che le icone siano una forma di idolatria o di religione morta, perché insistete a condividere lo stesso pane e lo stesso calice con qualcuno le cui convinzioni sono così in contrasto con le vostre?

Supponiamo per amor di discussione, quindi, che voi e io arriviamo ad accettare lo stesso Gesù e a credere in lui. Perché non potreste ricevere l'eucaristia con me e poi continuare a frequentare e ricevere l'eucaristia nella chiesa di cui vi capita di essere membri?

In primo luogo, vi è una questione di coerenza. Sostenere una comprensione della comunione in una chiesa, e un'altra comprensione da qualche altra parte sembra (spero che non vi dispiaccia se lo dico) un po' troppo simile a un regno diviso in se stesso ...

Inoltre, c'è un'altra questione sollevata dalla politica della comunione chiusa: la responsabilità. Il Nuovo Testamento sembra dire che essere membri del corpo di Cristo attraverso la partecipazione allo stesso pane eucaristico ci rende responsabili gli uni agli altri. Dopo tutto, "non dovrebbe esserci divisione nel corpo, ma i membri dovrebbero avere la medesima cura gli uni degli altri". (1 Corinti 12:25) Dato questo punto di vista, come può andar bene vagare da una chiesa all'altra, praticare una fede del genere 'me e Gesù', senza rispondere a nessuno?

O la comunione è un atto di pietà personale tra un individuo e Gesù (cosa incompatibile con il Nuovo Testamento), o si tratta di un atto con il quale un individuo si unisce a una specifica comunità in cui è responsabile della cura di ogni altro membro di quella comunità. Non c'è via di mezzo.

Alla fine, la comunione chiusa non è solo la pratica sgradevole di una Chiesa esclusiva. È una sfida a tutti noi a chiedere: 1) chi è Gesù? e 2) che cos'è la comunione? Vi invito a portarvi con voi queste domande nei vostri pensieri. Possano essere un pungolo verso un incontro più ricco con il Cristo crocifisso e risorto e il suo corpo vivente sulla terra.

 

L'integrità personale e la comunione chiusa

del sacerdote Steven C. Salaris

Pravmir

testo originale dalla chiesa di tutti i santi del Nord America

25 agosto 2009

Una delle aree più difficili e delicate che il nostro clero deve affrontare quando alla Divina Liturgia partecipano i non ortodossi è il "calice chiuso." Questo termine si riferisce alla dottrina e alla prassi della Chiesa ortodossa in tutto il mondo, che solo i cristiani ortodossi possano partecipare dell'Eucaristia (o qualsiasi sacramento in generale) ai nostri servizi di culto. È un concetto semplice, ma che sembra causare molto conflitto. Ci sono due ragioni di base per questo: 1) I visitatori provenienti da confessioni protestanti sono spesso abituati a politiche di calice aperto in cui è consentito a chiunque di accostarsi alla comunione. Chi scrive ha visto un servizio in una cappella protestante dove il pastore dichiarava che Gesù ha dato il suo corpo e il suo sangue non a una denominazione, ma ai suoi discepoli. Pertanto, tutti coloro che si sentivano chiamati al calice erano i benvenuti. Potevano essere mormoni, cattolici, protestanti, ecc, e accostarsi comunque alla comunione in quella cappella protestante. 2) La Chiesa cattolica romana (di rito latino o di rito orientale) insegna che in situazione in cui non è presente alcuna chiesa cattolica romana (un fatto che non si presenta in questo paese) e / o in caso di emergenza estrema in cui nessun prete cattolico è disponibile (ancora una volta, cosa poco probabile in questo paese) si possono ricevere i sacramenti ortodossi se si ritiene che sia assolutamente necessario. Questo ha portato all'idea sbagliata tra i cattolici romani di potersi comunicare al calice ortodossi in qualsiasi momento in cui si visita una chiesa cristiana ortodossa. Ricordiamo rapidamente come mai questi esempi non sono corretti e poi elaboriamo un approccio unico per spiegare il nostro calice chiuso ai non ortodossi.

La comunione eucaristica è un atto di unione teologico ed ecclesiologico. Molti vescovi e sacerdoti che hanno scritto su questo tema e vari autori dicono tutti la stessa cosa: la comunione eucaristica non è il percorso verso l'unità, ma il frutto dell'unità della Chiesa Ortodossa. Per due organismi ecclesiali, comunicarsi insieme significa che possiamo guardarci in faccia e dire, in tutti gli aspetti, "Noi siamo uno". Tuttavia, nel mondo di oggi, le chiese sono divise lungo varie questioni teologiche ed ecclesiologiche e noi ortodossi non ci limitiamo semplicemente a "mettere da parte le nostre differenze" per il bene della comunione a un'unica mensa con gli altri cristiani.

Di volta in volta, le persone rispondono alla nozione di calice chiuso dicendo: "Che cosa importa, fintanto che si crede in Gesù?" È una domanda che merita una risposta. I cristiani ortodossi credono che Gesù è il Verbo di Dio incarnato che è stato crocifisso e risorto il terzo giorno. Noi crediamo che Gesù è pienamente umano e pienamente divino, senza mescolanza, confusione, separazione o divisione (IV Concilio Ecumenico). Noi crediamo che la tomba vuota significa per noi che Gesù è risuscitato dai morti. Nessun argomento qui, giusto? Ora, immaginate un visitatore che arriva in una delle nostre parrocchie. Proviene da una chiesa non ortodossa. Immaginiamo che in tale chiesa si creda che Gesù sia stato un essere creato incarnato – un angelo, diciamo – e che non sia risorto, ma si sia reincarnato! Non crede nella divinità di Cristo e non crede nella risurrezione. Non sarebbe una Chiesa molto ortodossa è vero? Eppure, questo individuo si avvicina al calice e vuole ricevere la comunione; dopo tutto, "che importa, fintanto che crede in Gesù?"

Poco prima di ricevere la comunione, in chiesa si recita il simbolo niceno-costantinopolitano. Confessiamo verbalmente la nostra fede ortodossa in "... un solo Signore Gesù Cristo ... Dio vero da Dio vero, generato, non creato, della stessa sostanza del Padre ... risorto dai morti il ​​terzo giorno ...." Le nostre credenze ortodosse non coincidono con quelle del visitatore. Avvicinandosi e partecipando all'Eucaristia, sta facendo una dichiarazione che ha una fede comune con noi. Ma in realtà non ce l'ha. Se partecipa dal calice tutti noi stanno permettendo che di farne un bugiardo davanti a Dio. San Paolo ci dice in I Corinzi 11:27-29 che coloro che partecipano all'Eucaristia senza riconoscere il corpo e il sangue di Cristo mangiano e bevono la propria condanna. Chi di noi desidererebbe una cosa del genere per un visitatore di una delle nostre chiese, e quale giudizio sarà riservato a noi se permettiamo che ciò accada?

La realtà del calice chiuso non vuol dire che i cristiani ortodossi siano in qualche modo bigotti e insensibili. Al contrario, noi ortodossi siamo chiamati ad amare e rispettare gli altri cristiani e le loro convinzioni. In realtà, amiamo e rispettiamo gli altri cristiani, sia che siano cattolici romani o protestanti, tanto da non permettere di farne dei bugiardi davanti a Dio ricevendo sacramenti in una chiesa con una fede diversa dalla loro. È una questione di mantenere l'integrità personale di coloro che visitano le nostre chiese. L'esempio utilizzato in questo articolo è un po' estremo; tuttavia, la stessa logica si applica a tutti i cristiani che hanno convinzioni che non sono d'accordo con le nostre – sia che tali convinzioni riguardino la scrittura o la tradizione, l'ecclesiologia, i sacramenti, l'autorità del vescovo di Roma, l'Immacolata Concezione di Maria (la convinzione che Maria è stata concepita dai suoi genitori, Gioacchino e Anna, senza il peccato originale sotto al quale è nata tutta l'umanità), l'iconografia, ecc. La ragione per cui ci sono decine di migliaia di confessioni cristiane in questo paese è che ci sono decine di migliaia di modi di credere in modo diverso da noi cristiani ortodossi; quindi, noi non siamo in comunione con quelle Chiese.

Pertanto, consentire a un protestante o a un cattolico romano (latino oppure orientale) di comunicarsi al calice ortodosso significa far loro dichiarare che rifiutano gli insegnamenti della loro Chiesa. Li stiamo invitando a mentire. Questo è irrispettoso, insensibile e poco ortodosso. Chiedere un visitatore non ortodosso di astenersi di partecipare al calice mantiene l'integrità personale del visitatore e dimostra il rispetto della Chiesa ortodossa, ma non la sua accettazione, verso le differenze che ci dividono. Questo è rispettoso, sensibile e ortodosso. Preghiamo che un giorno lo Spirito Santo, lo Spirito di verità, porterà tutti i cristiani alla vera fede in modo che tutti i cristiani siano uno e che tutti possano partecipare del corpo e del sangue del nostro Signore Gesù Cristo, per la remissione dei peccati e per la vita eterna.

 
Ottantesimo anniversario di matrimonio in chiesa

Capita molto raramente di vedere coppie che celebrano gli 80 anni di matrimonio... il 25 novembre 2012, nella chiesa ortodossa antiochena di san Nicola a Bridgeport, nel Connecticut, la ricorrenza è stata celebrata da due parrocchiani e fondatori della chiesa: John Betar (101) e la moglie Ann (97), che hanno festeggiato assieme ai loro discendenti.

Il matrimonio di John e Ann Betar (1932)

John Betar e Ann Shawah appartenevano alla comunità degli immigrati siriani di Bridgeport. John era arrivato negli Stati Uniti nel 1921, e terminate le scuole si era dedicato al commercio della frutta. Ann era stata promessa dal padre a un uomo più anziano di lei di vent'anni, ma preferì sposare John dopo una fuga d'amore a Harrison, New York, il 25 novembre 1932 (i due avevano 21 e 17 anni). Durante una vita di lavoro, John come negoziante e Ann come casalinga e pittrice, hanno cresciuto i loro cinque figli e accudito 14 nipoti e 16 bisnipoti.

Incoronazione di anniversario (in memoria dell'incoronazione nuziale)

Anche se statisticamente non solo la coppia più a lungo sposata negli Stati Uniti, John e Ann hanno vinto il 9 febbraio 2013 il premio per il matrimonio più longevo da parte dell'associazione Worldwide Marriage Encounter, dedicata alla promozione del matrimoni tra i credenti. Sono seguiti riconoscimenti da parte delle autorità, a partire dal presidente Barack Obama, e segnalazioni sui media. È bello vedere due cristiani ortodossi che da ottant'anni indicano la via, con semplicità e amore reciproco, a tutte le coppie sposate.

John e Ann con i loro figli, nipoti e pronipoti

La ricetta di una lunga vita e della felicità coniugale? Nelle parole stesse di John e Ann, "Viviamo accontentandoci di quel che abbiamo e non viviamo al di là dei nostri mezzi."

 
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Un miracolo di fede

Circa tre milioni di persone sono venuti in chiese di 15 città della Russia per venerare la cintura della Santissima Madre di Dio. Questo è stato un evento senza precedenti. Nella Russia moderna non è mai capitato che così tante persone si siano fatte avanti in così poco tempo a venerare un oggetto santo (святыне). Il popolo è venuto, nonostante le lunghe code, il freddo, la pioggia e la neve. Sua Santità il Patriarca Kirill non ha chiamato invano questo evento un miracolo. È stato davvero un miracolo di fede, un miracolo di zelo per Dio, un miracolo d'amore per la Madre di Dio. La gente ha risposto a questo miracolo in molti modi. So che molti credenti tiepidi o sonnolenti si sono recati alla cintura, e questo atto ha cambiato il loro atteggiamento nei confronti di Dio e della Chiesa nella loro vita. So che persone di altre religioni sono venute a venerare questa reliquia.

Tuttavia, ci sono stati quelli che hanno perso la testa quando hanno appreso di questo miracolo. Non sorprende nessuno scoprire che i nemici della Chiesa, si siano spinti a dire che questa effusione massiccia di riverenza per questo oggetto sacro è stata un segno di carenza nella fede della gente, o anche un segno di vera e propria incredulità; hanno detto che i veri cristiani ortodossi devono essere superiori a queste cose, e concentrarsi sulla spiritualità pura. Non dovrebbe sorprendere nessuno che elementi contrari alla Chiesa hanno affermato che il potere costituito ha pianificato questo evento in prossimità delle elezioni. Prima hanno detto che Putin e Medvedev hanno scatenato un trambusto intorno alla reliquia per influenzare le elezioni, poi hanno fatto un voltafaccia e hanno scritto che la gente è venuta a venerare la cintura perché non si fidava più di Putin e Medvedev.

Ebbene, questo tipo di reazione era prevedibile. Tuttavia, ciò che mi ha davvero sorpreso e deluso è stata la risposta di alcuni laici ortodossi e anche di alcuni sacerdoti. Uno di questi chierici ha scritto che l'effusione di fede di fronte alla reliquia era in contrasto con la necessità di predicare "il primato della fede interiore", ma sembrava non riuscire a capire che la fede cristiana non è solo interiore e personale... ha bisogno di avere un’espressione esterna, deve interessare tutti i nostri comportamenti, tra cui la nostra vita pubblica, non può essere solo l'espressione di fede in ciò che la Chiesa insegna. Una convinzione puramente interiore è difettosa. Sì, la nostra fede interiore costituisce il fondamento e la base del rapporto dell'uomo con Dio, ma può altrettanto rapidamente trasformarsi in un vano culto di noi stessi o in una società di mutua ammirazione tra persone di interessi comuni, se non costruiamo legami con tutta la pienezza del Corpo della Chiesa, se non ci interessa la salvezza di tutti quelli che sono intorno a noi, anche chi è radicalmente diverso da noi su questo o quel punto. Ho paura che tale critica dall’interno della Chiesa venga da coloro che si considerano una élite spirituale, che non sono disposti con sincerità e calore ad accettare le comunità e le persone che considerano "indegne". Ci sono tutti i tipi di persone nella nostra società e nella nostra Chiesa. Con alcuni, il Signore parla attraverso testi e studi sistematici, con altri, Egli agisce attraverso le immagini, i sentimenti, la buona volontà che offriamo ai nostri fratelli in Cristo, e il calore dei legami familiari e parrocchiali. La Chiesa è molto più di quelli che basano la loro fede su argomenti intellettuali. Queste persone, tra l'altro, in ogni gruppo, sono sempre una minoranza. Non dobbiamo cercare di limitare le facoltà di Dio, che operano utilizzando modi diversi e attraverso canali diversi ... non necessariamente attraverso mezzi intellettuali, missionari, educativi o informativi.

La gente è andata alla cintura della Madre di Dio per vari motivi. Malattie e afflizioni hanno mosso alcuni, altri sono venuti su incitamento dei propri cari, altri, forse, solo perché era un fenomeno alla moda. Eppure, la Madre di Dio ha accolto tutti, anche coloro che non hanno sopportato l'attesa in coda e sono crollati. La Madre di Dio ha ascoltato e accettato tutte le buone intenzioni, tutti gli impulsi di fede e di amore, che naturalmente non resteranno senza ricompensa. Ora, il problema dei cristiani ortodossi attivi, colti e intelligenti è aiutare quelli che hanno intrapreso i primi passi nella fede davanti alla cintura, e che hanno bisogno di un più profondo ingresso nella Chiesa (воцерковлению) per poter perseverare. Dobbiamo sostenere la grazia che li ha toccati a quel punto con il nostro impegno catechetico ed educativo. È naturale che i sacerdoti che stavano vicino alla coda, e che avevano la benedizione di sua Santità il Patriarca Kirill, abbiano parlato con le persone che hanno venerato la cintura, comunicando loro la necessità della confessione e della comunione... di cominciare a condurre una vita cristiana. Sia i media secolari che quelli ecclesiastici hanno riferito che questo è accaduto, con tutti coloro che si sono avvicinati al reliquiario. Desidero sottolineare ancora una volta che non c'è alcuna differenza tra il colto e il semplice agli occhi di Dio. Il Signore può chiamare tutti, il Signore si rivolge a tutti, e parla loro attraverso sua Madre.

Tuttavia, questo non significa che la Chiesa accetti le idee esterne di egualitarismo, apparse nel secolo scorso come parte di un movimento rivoluzionario, di cui una parte era esplicitamente anti-cristiana. Sì, tutti gli uomini sono uguali, nel senso che incarnano in ugual modo l'immagine di Dio. Tuttavia, non è un caso che il Signore decreti che alcuni saranno maggiori o minori nel Suo regno. Allo stesso modo, la Chiesa, che è l'icona del Regno di Dio, parla a persone diverse in modi diversi. Alcuni hanno una grazia santificante speciale conferita loro all'ordinazione. Altri hanno bisogno di assistenza speciale a causa del loro status particolare, se sono giovani o vecchi, o se sono malati. Un altro gruppo sono i benefattori riconoscenti. Poi, ci sono quelli che lavorano senza fanfara al lavoro di Dio nei monasteri o nelle parrocchie.

Pertanto, è strano per i cristiani aderire al mormorio di chi ha detto: "Avete lasciato venerare la reliquia a persone che non hanno atteso in cosa". Sì, i vescovi hanno venerato il reliquiario senza attendere in coda, i sacerdoti, in particolare quelli provenienti da luoghi lontani, insieme a piccoli gruppi di loro parrocchiani e lavoratori della chiesa, sono andati direttamente a servire offici di preghiera davanti alla reliquia. Alcuni lavoratori essenziali sono stati messi in cima alla coda, insieme con bambini piccoli, anziani, disabili, e non hanno dovuto aspettare a lungo. Questo è il modo in cui è, e il modo in cui sarà sempre nella Chiesa. Non dobbiamo ipocritamente cercare di nasconderlo, perché non è un peccato. La Chiesa è gerarchica, ma, allo stesso tempo, fa concessioni ai lavoratori essenziali e a chi ha esigenze speciali. Quindi, non c'era e non ci poteva essere assoluta parità di accesso alla reliquia. Allo stesso modo, non c'era un imperativo morale di "aggirare la legge", soprattutto per quelli che non sono venuti per la reliquia e che non avevano nemmeno intenzione di visitarla.

La Madre di Dio ha toccato con il suo velo un gran numero di persone, figure importanti e semplici, ricchi e poveri, sani e deboli, coloro che sono venuti alla reliquia, e coloro che non hanno potuto farlo. Abbiamo bisogno di ringraziarla per questo, e spero che ciò trasformerà spiritualmente la Russia, che diventeremo, non solo nel nome, ma anche nella vita del nostro popolo, la Casa della Madre di Dio.

 
VIDEO - Ombre e luci sul dialogo tra i cristiani

Dopo la fine della Settimana di preghiera per l'unità dei cristiani riflettiamo assieme sul perché un'iniziativa tanto ben intenzionata non riesce dopo oltre un secolo a vincere i cuori e le menti dei fedeli a un livello genuinamente popolare, e sembra trattata con grande indifferenza tra i cristiani ortodossi.

Non c'è un solo passo nel dialogo tra cristiani ed ebrei che prescinda da un ricordo dell'olocausto nazista. Curiosamente, invece, il dialogo tra cristiani (segnatamente quello tra cattolici e ortodossi) sembra voler trascurare sistematicamente il genocidio dei serbi, perpetrato da uno stato dichiaratamente cattolico (tanto da impiegare tra le 'tecniche' del genocidio anche la conversione forzata). Presentiamo nella sezione "Confronti" dei documenti il video Bog I Hrvati (Dio e i croati), che in modo assolutamente scioccante ma altrettanto assolutamente documentato testimonia il perché certe ferite sono ancora tutt'altro che chiuse.

Solo chi avrà avuto il coraggio di immergersi in questo macabro abisso potrà comprendere il valore del messaggio di risurrezione contenuto nel video popolare che proponiamo subito dopo, tratto da parole scritte nel lager nazista di Dachau dal santo vescovo serbo Nikolaj (Velimirovic)

 
Il nazionalismo non è cristiano

Quando il cristianesimo è emerso per la prima volta nell'Impero Romano circa 2000 anni fa, non è stato accolto dalla maggioranza degli ebrei, anche se il cristianesimo affermava di essere un adempimento delle promesse e delle profezie di Dio a Israele. E una volta che l'Impero Romano si accorse del cristianesimo, anch'esso cercò di bandire la nascente religione in quanto pericolosa, immorale e sediziosa.

Così la Chiesa è nata in un mondo in cui i poteri costituiti le erano ostili. Tuttavia, dopo alcuni secoli di denigrazione e persecuzione, il cristianesimo conquistò l'Impero e divenne la religione della istituzioni e ciò costrinse i cristiani a ripensare quale fosse il loro rapporto con il potere e il governo. [Il che triste, perché avevano bisogno di dedicare più tempo a considerare ciò che poteva o doveva essere, non solo quello che era, ma non molti cristiani antichi pensavano di essere al potere]. All'inizio i cristiani sembravano presumere che sarebbero sempre stati una religione minoritaria al di fuori dei corridoi del potere. Credevano che il Regno di Dio sarebbe venuto prima che il mondo avesse eliminato il cristianesimo oppure si fosse sottomesso ad esso. Quindi non avevano alcuna reale preoccupazione di diventare la forza politica del mondo. Non avevano idea che l'imperatore potesse essere cristiano e non pianificavano cosa sarebbe successo se fossero saliti al potere. Avevano una serie di insegnamenti di Cristo che sembravano abbastanza chiari per dei cristiani che costituivano una minoranza o un gruppo perseguitato nell'Impero. Ma con l'accettazione del cristianesimo da parte dell'imperatore Costantino, ora dovevano barcamenarsi tra le questioni di potere e gli insegnamenti di Cristo.

Indipendentemente dal fatto che il cristianesimo sia una religione di maggioranza o minoranza in un paese e indipendentemente dal suo status di religione istituzionale o meno, esso deve comunque venire a patti con il modo in cui incarnare o adempiere gli insegnamenti del nostro Signore Gesù Cristo, che non aveva mostrato interesse per il potere mondano. Gli insegnamenti di Cristo rimangono gli stessi, a cambiare è lo status dei cristiani nel mondo. Quando gli è stato chiesto da Ponzio Pilato se affermava di essere un re...

Rispose Gesù: "Il mio regno non è di questo mondo; se il mio regno fosse di questo mondo, i miei servitori avrebbero combattuto perché non fossi consegnato ai Giudei; ma il mio regno non è di quaggiù" (Gv 18:36).

Davanti a Ponzio Pilato, Gesù sembra disposto ad accettare il titolo di "re" per se stesso, ma vede chiaramente che la sua regalità e regno non provengono da questo mondo né sono di questo mondo. Non è un re nel senso in cui Erode era un re o Cesare era un imperatore. Il regno di Cristo non è solo uno dei tanti regni mondani e non può essere paragonato ai regni del mondo perché il suo è un regno spirituale e divino, non uno terreno. L'implicazione sembra chiara: Cristo e i suoi seguaci non stanno combattendo per il potere politico in questo mondo: stanno rivendicando una cittadinanza in un regno in qualche modo differente dai regni del mondo. In effetti, nel Vangelo di Luca ci viene data l'idea che tutti i regni di questo mondo appartengono a Satana e quindi non fanno affatto parte del Regno di Dio; di fatto, non possono far parte del Regno di Dio perché rappresentano tutti poteri e valori opposti a quelli celesti.

Il diavolo condusse Gesù in alto, gli mostrò in un attimo tutti i regni del mondo e gli disse: "Ti darò tutta questa potenza e la gloria di questi regni; perché essa mi è stata data, e la do a chi voglio. Se dunque tu ti prostri ad adorarmi, sarà tutta tua". Gesù gli rispose: "Sta scritto: Adora il Signore, il tuo Dio, e a lui solo rendi il tuo culto". (Lc 4:5-8)

Cristo ha mostrato chiaramente a Satana che non aveva alcun interesse a diventare un re terreno (si veda anche Gv 6:15). Satana, se gli dobbiamo credere, afferma di essere il signore di tutti i regni mondani – un'affermazione che Cristo non contesta. Gesù mette in guardia contro il fare affidamento su poteri terreni come le armi per raggiungere il proprio obiettivo. Al suo arresto, uno dei discepoli di Gesù estrae una spada per difendere Cristo, ma Gesù dice al suo discepolo:

"Riponi la tua spada al suo posto, perché tutti quelli che prendono la spada, periranno di spada. Credi forse che io non potrei pregare il Padre mio che mi manderebbe in questo istante più di dodici legioni d'angeli?" (Mt 26:52-53)

San Paolo sembra avere un'idea simile in mente quando dice dei nemici della croce di Cristo che le loro menti sono concentrate sulle cose terrene:

La loro fine è la perdizione; il loro dio è il ventre e la loro gloria è in ciò che torna a loro vergogna; gente che ha l'animo alle cose della terra. Quanto a noi, la nostra cittadinanza è nei cieli, da dove aspettiamo anche il Salvatore, Gesù Cristo, il Signore, che trasformerà il corpo della nostra umiliazione rendendolo conforme al corpo della sua gloria, mediante il potere che egli ha di sottomettere a sé ogni cosa. (Fil 3:19-21)

Anche san Paolo non prevede un regno terreno per i cristiani, ma forse una doppia cittadinanza: una nella comunità celeste e l'altra in un regno terreno. Tuttavia, non stiamo lavorando per stabilire un regno terreno anche se dobbiamo vivere in una delle nazioni sulla terra. Viviamo nel mondo per essere sale e luce per il mondo. (Mt 5:13-16) Noi dobbiamo avere il nostro impatto sul mondo, ma il nostro impatto è attirare l'attenzione sul nostro Padre celeste, non rivendicare potere sugli altri nel mondo.

Cristo fa notoriamente una distinzione tra questo mondo ei suoi governanti e Dio e il suo regno:

Allora Gesù disse loro: "Rendete a Cesare quel che è di Cesare e a Dio quel che è di Dio". (Mc 12:17)

C'è una differenza tra Cesare e Dio, e tra ciò che appartiene a ciascuno! Dio e un imperatore mondano non sono la stessa cosa e bisogna conoscere la differenza tra i due e dare a "Cesare" solo le cose che appartengono a Cesare. Quindi, se dobbiamo amare Dio con tutta la nostra anima, cuore, mente e forze (Mc 12:30), non dobbiamo amare "Cesare" in quello stesso modo. Possiamo dare un amore e una lealtà così totale solo all'uno o all'altro.

Nessun domestico può servire due padroni; perché o odierà l'uno e amerà l'altro, o avrà riguardo per l'uno e disprezzo per l'altro. Voi non potete servire Dio e Mammona. (Lc 16:13)

Le nazioni e i governi possono volere che amiamo Dio e il paese, ma i cristiani devono stare attenti che Cristo ci dice che non è possibile servire due padroni. Le nostre lealtà saranno in conflitto. Ciò non significa che la nazione o il paese sia sempre dalla parte del torto, è solo che dobbiamo dare la priorità ai nostri amori e riconoscere che a volte amare Dio ci metterà in conflitto con la nazione di cui abbiamo la cittadinanza. Significa che la nazione non può mai essere un valore assoluto: può solo svolgere un ruolo relativo nelle nostre vite e deve essere sempre sottomessa al nostro amore per il Vangelo. E dobbiamo riconoscere che la nazione può esigere determinati obblighi o lealtà che noi cristiani possiamo dare solo a Dio. Non riconosciamo alcuna nazione o impero mondano come valore assoluto – solo il Signore Dio è il nostro valore ultimo. Poiché la nostra cittadinanza è nei cieli, siamo residenti e stranieri nella nostra nazione. Come dice il documento paleocristiano, la Lettera a Diogneto, i cristiani

...Vivono nei propri paesi, ma solo come alieni; partecipano a tutto come cittadini e sopportano tutto come stranieri. Ogni paese straniero è la loro patria e ogni patria è straniera... Vivono sulla terra, ma la loro cittadinanza è nei cieli. Obbediscono alle leggi stabilite; anzi nella loro vita privata trascendono le leggi. Amano tutti e da tutti sono perseguitati.

I cristiani devono essere buoni cittadini nei paesi in cui abitano, ma devono sempre riconoscere il valore assoluto solo di Dio e del Regno di Dio e il valore relativo della nazione. Da buoni cittadini possono essere patriottici, pregare e sostenere il governo, ma non devono mai essere nazionalisti. Il nazionalismo istituisce lo stato come un valore assoluto che è in diretto conflitto con gli insegnamenti di Cristo.

Ma se i cristiani vivono in un mondo che è loro ostile e minaccioso, hanno diritto all'autodifesa o all'armamento per prevenire o prevenire attacchi o guerre? Qui entriamo in quella che certamente è la parte difficile dell'essere un discepolo di Cristo che dice che il suo regno non è di questo mondo. Verso la fine della sua vita, secondo Lc 22:36-38, poiché sa che il suo arresto e la sua crocifissione sono imminenti, Gesù dice ai suoi discepoli:

"Ma ora, chi ha una borsa, la prenda; così pure una sacca; e chi non ha spada, venda il mantello e ne compri una. Perché io vi dico che in me dev'essere adempiuto ciò che è scritto: Egli è stato contato tra i malfattori. Infatti, le cose che si riferiscono a me, stanno per compiersi"

Sembra che Gesù stia dando una tacita approvazione ai discepoli che prendono le armi, eppure, quando portano solo due spade a Gesù, dice loro che sono sufficienti – non sono necessarie più di due spade.

Ed essi dissero: "Signore, ecco qui due spade!" Ma egli disse loro: "Basta!"

Dimenticate pistole e armi moderne. Gesù disse chiaramente che i suoi discepoli dovevano amare i vicini, gli estranei e persino i nemici. I valori del Regno dei Cieli devono essere presenti nella nostra vita sulla terra. Non dobbiamo più vivere secondo i valori di una nazione o di un "Cesare": armi, eserciti, potere, guerra. Dobbiamo vivere in modo da fare la volontà di Dio sulla terra così come in cielo. Dobbiamo governare le nostre vite con l'amore con cui Cristo ci ama (Gv 13:34-35). Potremmo anche ricordare ciò che scrive san Giacomo: non sapete che l'amicizia del mondo è inimicizia verso Dio? Chi dunque vuol essere amico del mondo si rende nemico di Dio. (Gc 4:4).

Così coloro che fondono insieme cristianesimo e nazionalismo negano Cristo e il Vangelo. Noi cristiani non stiamo cercando di scappare dalla terra e salvare le nostre anime. Piuttosto stiamo cercando di stabilire il Regno dei Cieli nei nostri cuori mentre viviamo ancora sulla terra. Siamo nel mondo ma non di esso. Dobbiamo capire come vivere i valori del Regno mentre siamo ancora in questo mondo a cui non apparteniamo. Dobbiamo essere luci per il mondo – noi cristiani dobbiamo rivelare il Vangelo al mondo, rivelare Cristo, rivelare l'amore di Dio, rivelare il regno di Dio al resto del mondo.

Io non sono più nel mondo; essi invece sono nel mondo, e io vengo a te. Padre santo, custodisci nel tuo nome coloro che mi hai dato, perché siano una cosa sola, come noi. Quand'ero con loro, io conservavo nel tuo nome coloro che mi hai dato e li ho custoditi; nessuno di loro è andato perduto, tranne il figlio della perdizione, perché si adempisse la Scrittura. Ma ora io vengo a te e dico queste cose mentre sono ancora nel mondo, perché abbiano in se stessi la pienezza della mia gioia. Io ho dato a loro la tua parola e il mondo li ha odiati perché essi non sono del mondo, come io non sono del mondo. Non chiedo che tu li tolga dal mondo, ma che li custodisca dal maligno. Essi non sono del mondo, come io non sono del mondo. (Gv 17:11-16)

 
In memoria dei 50 milioni di vittime dell’olocausto cristiano ortodosso

STORIA DELL’ASIA MINORE: 1894-1923

Tra il 1894 e il 1923 l’Impero Ottomano condusse una politica di genocidio della popolazione cristiana che viveva nei propri estesi territori. Il Sultano Abdul Hamid fu il primo a proporre una politica governativa ufficiale di genocidio contro gli armeni dell’Impero Ottomano nel 1894.

Massacri sistematici ebbero luogo nel 1894-1896 quando Abdul fece selvaggiamente uccidere 300.000 armeni nelle province dell’impero. I massacri non cessarono, e nel 1909 le truppe del governo uccisero, nella sola città di Adana, oltre 20.000 cristiani armeni.

Quando scoppiò la prima guerra mondiale, l’Impero Ottomano cadde sotto il dominio della dittatura dei “Giovani turchi”, che si alleò con la Germania. Il governo turco decise di eliminare tutte le popolazioni cristiane di greci, armeni, siriani e nestoriani. Lo slogan del governo, “La Turchia ai turchi”, servì a incoraggiare i civili turchi a una politica di pulizia etnica.

Il passo successivo del genocidio armeno ebbe inizio il 24 aprile 1915 con l’arresto di massa, e alla fine l’omicidio, di capi religiosi, politici e intellettuali a Costantinopoli e altrove nell’impero. Quindi, in ogni comunità armena, si sviluppò un genocidio accuratamente programmato: arresto del clero e di altre persone prominenti, disarmo della popolazione e dei soldati armeni che servivano nell’esercito ottomano, segregazione ed esecuzione pubblica dei capi e degli uomini adulti, e deportazione in zone desertiche del resto degli armeni, donne, bambini e anziani. Il noto storico Arnold Toynbee scrisse che “il crimine fu programmato in modo molto sistematico, visto che si ha prova di una identica procedura in oltre cinquanta località.”

Il genocidio iniziò dai distretti di frontiera e dalle zone costiere, e si sviluppò nell’entroterra fino alle frazioni più remote. Più di un milione e mezzo di cristiani armeni, inclusi oltre 4.000 tra vescovi e preti, furono uccisi in questa fase del genocidio.

I cristiani greci, che avevano sofferto persecuzioni e omicidi da parte turca per tutto questo tempo (in particolare nell’area del Mar Nero nota come Ponto), videro i turchi scagliarsi contro di loro ancor più ferocemente alla fine della prima guerra mondiale. Le potenze alleate, a una conferenza di pace a Parigi nel 1919, ricompensarono la Grecia per il suo sostegno invitando il Primo Ministro Venizelos a occupare la città di Smirne con il suo ricco hinterland, e posero la provincia sotto controllo greco. Questa azione esasperò i turchi. L’occupazione greca fu pacifica, ma provocò reazioni immediate dalle forze turche nelle aree circostanti. Quando l’esercito greco scese in campagna proteggere il proprio popolo, scoppiò una guerra vera e propria (la guerra greco-turca).

Il Trattato di Sevres, firmato nel 1920 per porre termine alla prima guerra mondiale, e che prevedeva un’Armenia indipendente, non fu mai ratificato. I termini del trattato cambiarono non molto tempo dopo che l’inchiostro del trattato si fu asciugato, mentre Inghilterra, Francia e Italia iniziarono ciascuna a contrattare con Mustafa Kemel (Ataturk) per ottenere il diritto di sfruttare i campi petroliferi di Mosul (oggi in Irak). Tradito dalle potenze alleate, il fronte militare greco crollò dopo 40 lunghi mesi di guerra, e con il suo ritiro i turchi ripresero a occupare l’Asia Minore.

Il settembre del 1922 vide la fine della presenza greca e armena nella città di Smirne. Il 9 Settembre 1922, i turchi entrarono a Smirne; e dopo avere sistematicamente ucciso gli armeni nelle loro case, le forze di Ataturk si rivolsero contro i greci, il cui numero era aumentato con l’arrivo di profughi dai villaggi nell’interno della Turchia, fino a oltre 400.000 uomini, donne e bambini.

I conquistatori turchi andarono di casa in casa, saccheggiando, violentando e massacrando la popolazione. Alla fine, quando il vento aveva cambiato direzione verso il mare, per non mettere in pericolo il piccolo quartiere turco sul retro della città, le forze turche, guidate dai loro ufficiali, gettarono cherosene sugli edifici dei settori greco e armeno, e li misero a fuoco. Così, ogni superstite della città fu scacciato e intrappolato tra un muro di fuoco e il mare. Il molo di Smirne divenne una scena di disperazione finale, mentre le fiamme forzavano molte migliaia di persone a saltare verso la morte nell’acqua o a essere consumate dal fuoco.

Le navi militari alleati e le pattuglie costiere della marina francese, britannica e americana furono testimoni oculati dell’evento. George Horton, il console americano a Smirne, paragonò la fine di Smirne alla distruzione romana di Cartagine. In Smyrna (1922, scritto da Marjorie Dobkin) è citata questa sua frase: “E tuttavia a Cartagine non c’era una flotta di navi militari cristiane costrette a osservare una situazione della quale i loro governi erano responsabili.” Questo orribile atto diede l’avvio all’ultima fase del genocidio contro i cristiani dell’Asia Minore turca.

Il 75° anniversario dell’Olocausto dei cristiani (primo Olocausto del ventesimo secolo) è stato ricordato in una serie di funzioni e memoriali il 9 settembre 1997, data della distruzione della città di Smirne nel 1922. Tali funzioni onorano la memoria del martirio del Metropolita Crisostomo di Smirne e degli oltre 3 milioni e mezzo di cristiani assassinati dalle persecuzioni turche dal 1894 al 1923. Ma tali eventi non sono incidenti isolati: le atrocità commesse dalle forze turche contro la popolazione civile non sono cessate. I memoriali cercano di esporre al pubblico la continuità delle campagne turche di persecuzione, deportazione e omicidio destinate a ripulire l’Asia Minore dalla sua popolazione cristiana.

GRECI

1914 400.000 coscritti morti in brigate di lavori forzati

1922 100.000 massacrati o bruciati vivi a Smirne

1916-1922 350.000 abitanti del Ponto massacrati o uccisi nel corso di deportazioni forzate

1914-1922 900.000 morti di maltrattamenti, fame e massacri in tutte le altre aree dell’Asia Minore

TOTALE: 1.750.000 cristiani greci martirizzati tra il 1914 e il 1922

ARMENI

1894-1896 300.000 massacrati

1915-1916 1.500.000 morti in massacri e deportazioni forzate (con recrudescenze fino al 1923)

1922 30.000 massacrati o bruciati vivi a Smirne

TOTALE: 1.800.000 cristiani armeni martirizzati tra il 1894 e il 1923

SIRIANI E NESTORIANI

1915-1917 100.000 cristiani massacrati

La popolazione nativa dell’Asia Minore fa risalire le sue radici cristiane ai primi tempi del cristianesimo. Gli armeni, un popolo antico, risalgono a oltre 2500 anni fa. Nel 301 dopo Cristo il re armeno Dftad dichiarò il cristianesimo religione ufficiale del regno, facendo del’Armenia il primo stato politico cristiano del mondo. La migrazione di tribù greche in Asia Minore ebbe inizio poco prima del 2.000 avanti Cristo, e i greci costruirono dozzine di città come Smirne, Focea, Pergamo, Efeso e Bisanzio (Costantinopoli). Gli abitanti nativi dell’Asia Minore, tra i primi ad accettare il messaggio del cristianesimo, sarebbero stati in seguito perseguitati e sradicati dalle loro terre a causa di quella stessa fede. Le tribù turche infestarono la regione. In seguito un’altra tribù turca, quella degli Oyuz, che abbracciò l’islam e alla fine produsse i turchi ottomani, conquistò la Persia, il Califfato di Bagdad, e quindi tutta l’area oggi occupata da Siria, Irak e Palestina.

Sotto l’Impero Ottomano i cristiani soffrirono un graduale declino. Conversioni forzate all’islam, sottrazioni di bambini da arruolare nei fanatici corpi dei giannizzeri, persecuzione e oppressioni ridussero la popolazione cristiana. L’oppressione si intensificò, sfociando nel genocidio. Il clero cristiano era un costante bersaglio delle persecuzioni turche, in particolare dopo che la politica del genocidio armeno fu dichiarata nel 1894 dal sultano Abdul Hamid.

Vittime di orribili torture, molti membri del clero ortodosso furono martirizzati per la loro fede. Tra i primi vi fu il Metropolita Crisostomo, martirizzato non solo per uccidere un uomo, ma per insultare la sacralità di una religione e un popolo antico e onorevole. Crisostomo fu intronizzato come Metropolita di Smirne il 10 Maggio 1910. Il Metropolita Crisostomo si oppose con coraggio alla furia anti-cristiana dei turchi e cercò si sollevare pressioni internazionali contro la persecuzione dei cristiani turchi. Scrisse molte lettere a capi europei e alla stampa occidentale in uno sforzo di rivelare le politiche di genocidio dei turchi. Nel 1922, nella Smirne priva di protezione, Crisostomo disse a quanti lo supplicavano di fuggire: “È tradizione della Chiesa greca e dovere del prete rimanere con la propria congregazione.”

Il 9 settembre la folla si accalcava nella cattedrale cercando rifugio quando Crisostomo, pallido per il digiuno e la mancanza di sonno, condusse la sua ultima preghiera. La Divina Liturgia terminò quando la polizia turca entrò in chiesa portando via Crisostomo. Il generale turco Nouredin Pasha, noto come il “macellaio della Ionia”, prima sputò sul Metropolita e quindi lo informò che un tribunale in Angora (ora Ankara) lo aveva già condannato a morte. Una folla si gettò su Crisostomo e gli strappò gli occhi. Sanguinante a profusione, fu trascinato per la barba attraverso le strade. Fu battuto e preso a calci, e gli furono tagliate membra del corpo. Per tutto il tempo Crisostomo, con il volto coperto di sangue, pregava: “Padre Santo, perdonali, perché non sanno quello che fanno.” Di tanto in tanto, quando ne aveva la forza, sollevava la mano per benedire i suoi persecutori; un turco, resosi conto di ciò che faceva il Metropolita, gli tagliò la mano con la spada. Il Metropolita Crisostomo fu quindi fatto a pezzi dalla folla adirata.

Tra le centinaia di membri del clero armeno che furono perseguitati e uccisi vi erano il Vescovo Khosrov Behrigian e il Rev.mo Padre Mgrdich’ Chghladian.

Il Vescovo Behrigian (1869-1915) era nato a Zara, ed era divenuto primate della Diocesi di Cesarea/Kayseri nel 1915. Fu arrestato dalla polizia turca al suo ritorno da Etchmiadzin, dove era stato appena consacrato vescovo. Informato del proprio fato, il vescovo chiese un proiettile nel capo. Ignorando deliberatamente la sua richiesta, la polizia lo legò a uno “yataghan” per la macellazione delle pecore, e quindi procedette a fare a pezzi il suo corpo mentre era ancora vivo.

Padre Chghladian era nato a Tatvan. Nel Maggio 1915, come parte della campagna di arresti di massa, deportazioni e omicidi, il prete fu torturato ed esposto in una processione, guidata da sceicchi e dervisci e accompagnata da tamburi, per le vie di Dikranagerd. Quando la processione rientrò alla moschea, in presenza degli ufficiali del governo, gli sceicchi versarono petrolio sul prete e lo bruciarono vivo.

Quattro dei vescovi martirizzati tra il 1921 e il 1922 sono oggi elevati al rango di santi nella Chiesa Ortodossa Greca: Essi sono, oltre al Metropolita Crisostomo, I Vescovi Eutimio, Gregorio e Ambrogio.

Il Vescovo Eutimio di Amasia fu catturato dalla polizia turca e torturato quotidianamente per 41 giorni. Negli ultimi giorni della sua vita cantò il proprio ufficio funebre prima di morire nella sua cella il 29 Maggio 1921. Tre giorni dopo arrivò un ordine scritto per la sua esecuzione da parte di Mustafa Kemal (Ataturk).

Il Metropolita Gregorio di Kydonion rimase con la propria chiesa fino alla fine, aiutando 20.000 dei suoi 35.000 parrocchiani a fuggire a Mitilene e in altre parti libere della Grecia. Il 3 Ottobre 1922, i restanti 15.000 cristiani ortodossi furono uccisi; il Metropolita fu risparmiato per essere sepolto vivo.

Il Metropolita Ambrogio di Moshonesion fu spedito dalle forze turche in una marcia forzata di deportazione verso il centro dell’Asia Minore, assieme a 12 preti e 6.000 cristiani. Tutti perirono sul cammino, alcuni uccisi da miliziani irregolari e civili turchi, il resto lasciato a morire di fame. Il Vescovo Ambrogio morì il 15 Settembre 1922 quando la polizia turca inchiodò ferri di cavallo ai suoi piedi e quindi fece a pezzi il suo corpo.

“Avevo cinque o sei anni nel 1922, e ancora ricordo i canti di Akrita e il lamento delle donne greche che portavano ceste piene di teste tagliate giù dalle montagne. Non dimenticherò mai la donna che si rese conto all’improvviso che una delle teste nella cesta che trasportava era quella del proprio figlio.” - Costantino Koukides, profugo del Ponto

“Ho dato ordini alle mie Unità della Morte di sterminare senza misericordia o pietà, uomini, donne e bambini di razza polacca. È solo in questo modo che possiamo acquisire il territorio vitale che ci serve. Dopo tutto, chi si ricorda dello sterminio degli armeni?” - Adolf Hitler, 22 Agosto 1939

L’OLOCAUSTO UCRAINO DEL 1932-33

Negli anni Trenta, tra i sette e i dodici milioni di ucraini furono sistematicamente e deliberatamente spinti alla morte di fame in Ucraina, il “Granaio d’Europa”.

Molto prima che esistesse una Russia, la Rus’ di Kyiv (Ucraina) era una nazione libera e fieramente indipendente. Di fatto, fu in Ucraina che il cristianesimo fu portato in origine da Sant’Andrea, il Primo Chiamato tra gli Apostoli, e solo molto più tardi dall’Ucraina alla Russia.

Nel XIII secolo la Rus’ di Kyiv fu decimata dalle invasioni dall’Asia; e al tempo in cui gli invasori erano stati respinti, la base del potere si era spostata a Nord, nella Moscovia. Per i secoli successivi, l’Ucraina fu soggetta alla Russia imperiale. Quindi nel 1918, in seguito all’assassinio dello Zar e della sua famiglia da parte dei comunisti, gli ucraini dichiararono l’Ucraina paese libero e indipendente, così com’era secoli prima che vi fosse perfino una Russia.

Le forze comuniste alla fine ripresero il paese e ancora una volta, come al tempo degli Zar, l’Ucraina divenne poco più di una parte in un insieme più grande. Ma come mai prima nella loro lunga storia, gli ucraini furono forzati a pagare un prezzo terribilmente alto per la loro sopravvivenza come popolo. Probabilmente più di ogni altro bolscevico, Stalin aveva un’opinione estremamente bassa dei contadini, che considerava come incurabilmente conservatori, e una delle maggiori minacce al cambiamento rivoluzionario. E dato che gli ucraini erano un popolo a gran maggioranza di contadini, con un innato nazionalismo emergente, essi erano doppiamente vulnerabili alle sue macchinazioni. L’Ucraina continuava a essere una terra di innumerevoli villaggi di contadini che lavoravano la terra, con la Chiesa Ortodossa e i valori tradizionali che dominavano le loro vite. Forse ancor più irritante per i rivoluzionari bolscevichi era il fatto che i contadini mostravano ben poca inclinazione a condividere i loro sogni di utopia comunista.

I piani di Stalin per l’espansione industriale erano basati sull’acquisto dai contadini da parte dello stato di grano a buon prezzo, che sarebbe stato rivenduto all’estero per un profitto da reinvestire per finanziare l’industrializzazione della nazione. Ma i prezzi offerti dallo stato, spesso un ottavo del prezzo di mercato, erano tanto bassi che i contadini si rifiutavano di vendere il proprio grano. Infuriato da quello che definiva “sabotaggio”, Stalin ordinò una spinta alla collettivizzazione totale. Ogni terra e proprietà - inclusi gli animali da cortile - doveva essere sottratta alla proprietà dei privati e passata allo stato. Le piccole fattorie dovevano essere incorporate in grandi fattorie collettive. Il piano fu adempiuto con tale brutalità e orrore da poter essere descritto soltanto nei termini di una guerra mossa dal regime ai contadini. Fu uno degli eventi più traumatici della storia dell’Ucraina.

Chi resisteva ostinatamente veniva fucilato. Altri furono deportati in campi di lavoro forzato nell’Artico e in Siberia. Il resto fu provato di ogni proprietà - incluse le case e gli oggetti personali - escluso dalle fattorie collettive, e lasciato a sopravvivere come poteva. Nell’inverno del 1929-1930 centinaia di migliaia di contadini e le loro famiglie furono strappati alle proprie case, stipati su treni per merci, e inviati a centinaia di miglia al nord, dove venivano scaricati in mezzo alle distese artiche, spesso senza cibo o riparo. In tal modo una gran parte dei contadini più industriosi ed efficienti dell’Ucraina cessò di esistere.

Quando anche queste severe misure non riuscirono a produrre gli effetti desiderati, il governo spedì migliaia di lavoratori urbani a sostenere le proprie politiche nei villaggi. I loro sforzi produssero un pandemonio di protesta; spesso gli ufficiali venivano picchiati o uccisi. La forma di protesta più comune, tuttavia, era la strage di animali da fattoria. Determinati a non lasciare che il governo si prendesse i loro animali, i contadini preferivano ucciderli con le proprie mani. Tra il 1928 e il 1932 l’Ucraina perse circa il 50% dei propri animali da allevamento. A causa della povertà dei mezzi di trasporto, molto del grano prodotto si guastò o fu mangiato dai ratti. Ancor più seria fu la mancanza di animali da tiro, molti dei quali erano stati uccisi in precedenza. Gli ufficiali del governo erano fiduciosi, tuttavia, di poter fornire un numero sufficiente di nuovi trattori per rimpiazzare i cavalli e i buoi mancanti. Ma la produzione di trattori ritardò di molto sui programmi, e una percentuale molto alta di quelli che furono consegnati si guastò quasi immediatamente. Come risultato, nel 1931 quasi un terzo del grano prodotto fu perso durante il raccolto. A peggiorare le cose, giunse una siccità che colpì l’Ucraina meridionale nel 1931.

L’Ucraina continuò a resistere e a sognare una nazione libera e indipendente; e dato che Stalin non poteva uccidere quel sogno, decise dapprima di deportare tutti gli ucraini in altre parti dell’Unione Sovietica. Scoprendo che ce n’erano troppi da spostare, Stalin decise invece di uccidere i sognatori; e l’arma di sua scelta fu una fame artificiale designata a eliminare i soggetti disturbatori e a forzare i sopravvissuti in una totale e completa sottomissione. La fame del 1932-33 fu per gli ucraini ciò che il successivo Olocausto fu per gli ebrei, e ciò che i massacri del 1915 furono per gli armeni. Fu una tragedia di proporzioni insondabili, che traumatizzò la nazione, lasciandole profonde cicatrici sociali, psicologiche, politiche e demografiche che porta tuttora. Il fatto centrale della fame fu che non avrebbe dovuto avere luogo. Il cibo era disponibile; ma lo stato ne confiscò la maggior parte per il proprio uso. Tutti i raccolti furono requisiti dal governo sovietico e inviati altrove. Questa confisca del cibo incluse anche le sementi per la primavera successiva. Qualsiasi uomo donna o bambino trovato a prendere anche una manciata di grano da un silo del governo poteva essere, e spesso era, ucciso sul posto. A Mosca entrò in vigore una legge che stipulava che non si poteva dare grano ai contadini finché la piena quota fissata dal governo era stata raggiunta. Bande di attivisti del partito condussero brutali perquisizioni di casa in casa, strappando i pavimenti e scavando nei pozzi in cerca di tutto il grano rimasto. Di fatto, se una persona non appariva denutrita, era sospettata di nascondere cibo.

La fame, che si era diffusa nel 1932, giunse al culmine nel 1933. Privi di pane, i contadini mangiarono animali domestici, ratti, cortecce, foglie, e la spazzatura delle ben fornite cucine dei membri del Partito comunista. Interi villaggi furono sterminati, mentre la gente moriva a decine di migliaia. Si ebbero casi di cannibalismo. Dapprima i cannibali venivano uccisi sul posto, ma in seguito furono gettati in campi di concentramento. Le scene più terrificanti erano i bambini piccoli con arti scheletrici che pendevano da addomi gonfi come palloni. Cordoni di militari impedivano ai contadini di entrare nelle città; quelli che riuscivano a forzare i blocchi vagavano fino a cadere per le strade. Quindi erano caricati su carri assieme ai cadaveri, e gettati in fosse fuori delle città.

Con il crescente tasso di morte durante la fame, la pubblicazione di statistiche di mortalità fu proibita dal governo sovietico. Quando le morti per fame presero proporzioni di maggioranza in Ucraina nel 1932-33, ai medici era proibito di segnare la denutrizione come causa nei certificati di morte. La parola “holod” (fame) fu decretata come contro-rivoluzionaria, e nessuno che tenesse alla propria vita e a quella dei propri parenti osava pronunciarla in pubblico. Quando i risultati del censimento del 1937, per esempio, rivelarono tassi di mortalità spaventosamente alti, Stalin fece fucilare i direttori del censimento.

Altrove non vi fu alcuna fame - la maggior parte della Russia non ne ebbe quasi esperienza - ma i confini dell’Ucraina erano stati sigillati dalla polizia segreta; non c’era via di fuga. Gli ucraini erano stati condannati a morte. E così, fu sistematicamente portato a termine il più grande genocidio della storia. Un aspetto degno di nota fu il tentativo di cancellare la fame dalla coscienza pubblica; la posizione sovietica fu di negare che questa avesse mai avuto luogo. Per ingraziarsi i favori di Stalin, per esempio, Walter Duranty - corrispondente da Mosca del New York Times, negò ripetutamente l’esistenza della fame nei suoi articoli (mentre le sue stime private erano di circa dieci milioni di persone affamate a morte). Per la “profondità, imparzialità, sano giudizio ed eccezionale chiarezza” dei suoi dispacci dall’URSS, Duranty ricevette il Premio Pulitzer nel 1932.

Eppure, ancora oggi, vi sono persone che negano o minimizzano l’Olocausto ucraino a tal punto da farlo definire “l’olocausto nascosto del ventesimo secolo”. Nel 1984, per esempio, un film documentario intitolato HARVEST OF DESPAIR (Raccolto di disperazione) è stato proiettato alla televisione canadese. Questo film ha vinto numerosi premi a festival cinematografici nel mondo, e una nomination all’Academy Award del 1986; eppure tutti e tre i principali network commerciali in America si sono rifiutati di proiettarlo. Ancora nel 1994, i legislatori dello stato del New Jersey sono stati soggetti a pressioni per escludere l’olocausto ucraino dalla Risoluzione A-589 (The Holocaust Education Bill). La copertura dei media è stata altrettanto unilaterale riguardo agli olocausti greco, armeno, siriano e nestoriano del 1984-1923 e, più recentemente, l’olocausto serbo. Le atrocità contro i cristiani - specialmente i cristiani ortodossi - continuano ancora oggi!

PERSECUZIONI ODIERNE DI ORTODOSSI

Di tutte le confessioni cristiane, è stata la Chiesa ortodossa a soffrire di più per le persecuzioni nel XX secolo. Nei primi due decenni, vi furono i massacri di ortodossi greci, slavi e armeni nell’Impero Ottomano, che culminarono nel genocidio degli armeni del 1915 in Anatolia e nella quasi totale distruzione dell’antica comunità assira in Iraq. Nel 1923, l’intera popolazione cristiana ortodossa dell’Asia Minore fu forzata a lasciare le proprie case, portando a termine una presenza cristiana di 2000 anni.

Durante la Seconda Guerra Mondiale, due gruppi di cristiani ortodossi divennero bersaglio speciale di genocidio da parte dei nazisti e dei loro alleati - gli zingari e i serbi ortodossi di Bosnia e Croazia, mentre le popolazioni di Grecia, Serbia, Russia europea e Ucraina erano destinate dai nazisti a servire come schiavitù di forza-lavoro per il Terzo Reich. Per ordine speciale di Heinrich Himmler (21 Aprile 1942), i membri del clero dell’Est (a differenza delle loro controparti dall’Europa occidentale) dovevano essere inviati ai lavori pesanti.

Allo stesso tempo gli ortodossi patirono in proporzioni maggiori di ogni altro gruppo cristiano per mano dei comunisti, che cercavano di eliminare completamente la religione.

Dapprima in Russia e Ucraina, poi in Europa orientale, in Grecia durante la sua guerra civile (1945-1949), e in Etiopia, la Chiesa ortodossa è stato il principale obiettivo da attaccare, sovvertire o distruggere.

Infine, gli ortodossi del Medio Oriente si sono trovati sotto il fuoco incrociato dei conflitti tra musulmani ed ebrei in Israele e in Cisgiordania, e la guerra civile tra maroniti, musulmani e palestinesi in Libano.

Tra le vittime delle prigioni, dei campi di concentramento, delle marce forzate e dell’esilio, di guerre, carestie e brutali occupazioni militari, è ragionevole concludere che fino a 50 milioni di cristiani ortodossi siano morti nei primi otto decenni del XX secolo.

Anche negli Stati Uniti, dove così tanti ortodossi hanno trovato rifugio, i nativi americani ortodossi delle isole Aleutine sono stati forzatamente internati durante la seconda guerra mondiale e molte delle loro chiese sono state deliberatamente distrutte dall’esercito degli Stati Uniti.

Purtroppo, la profondità e la portata della sofferenza degli ortodossi in tutto il mondo in questo secolo rimane in gran parte sconosciuta e misconosciuta in Occidente.

1987 - 1997

Le molestie alla Chiesa ortodossa nella ex Unione Sovietica sono continuate attraverso tutta l’era di Gorbaciov. Molte delle chiese ufficialmente restituite agli ortodossi tra il 1988 e il 1990 erano in Ucraina occidentale. Questo faceva parte di un tentativo da parte del KGB per seminare discordia aperta tra ortodossi e cattolici – solo 100 chiese erano state restituite in Russia. Il KGB ha continuato a bersagliare sacerdoti ortodossi impegnati nella lotta per la libertà religiosa e la democratizzazione; nel 1990 diversi sacerdoti di spicco, tra cui padre Alexander Men, sono stati assassinati. È solo sotto la presidenza di Boris Eltsin che è stata ripristinata la piena libertà agli ortodossi e alle altre confessioni in Russia. In altre parti dell’ex Unione Sovietica, in particolare in Uzbekistan e Tagikistan, i governi hanno continuato a limitare i diritti delle minoranze etniche e religiose.

Il trionfo della democrazia in Polonia non ha portato alla piena libertà religiosa per i membri della sua minoranza ortodossa, forte di un milione di persone. Anche se il picco dell’attività anti-ortodossa sembra essere stato nel 1991, dopo che diverse chiese ortodosse e uno storico monastero sono stati vandalizzati, gli ortodossi continuano ad essere considerati come cittadini di seconda classe in Polonia, dove sono descritti in un rapporto segreto del ministero degli Esteri come un “corpo estraneo nell’organismo statale della Polonia”. Le leggi sulla formazione religiosa nelle scuole hanno praticamente istituzionalizzato la Chiesa cattolica romana a detrimento sia degli ortodossi che dei luterani, e gli ortodossi continuano a lamentarsi di subire meschine molestie a livello locale.

In Slovacchia, il governo nel 1991 ha annunciato la sua intenzione di rivedere la proprietà delle 125 parrocchie ortodosse del paese. Da allora, oltre 90 chiese sono state prese agli ortodossi e date ai cattolici, e agli ortodossi è stato impedito da parte di funzionari locali di costruire nuovi edifici, aprire scuole, o celebrare funzioni. Anche la politica ufficiale del Vaticano, annunciata il 16 luglio 1990, che consigliava ai cattolici slovacchi di condividere le proprietà contestate con gli ortodossi, è stata ignorata.

Le guerre nell’ex-Jugoslavia sono state disastrose per gli ortodossi. Il governo croato ha praticamente liquidato la Chiesa ortodossa sul suo territorio, iniziando a far saltare con la dinamite la residenza e la biblioteca del Metropolita ortodosso di Zagabria l’11 Aprile 1992. In seguito all’offensiva croata dell’autunno del 1995 e alla partenza di oltre 200.000 serbi ortodossi dalla diocesi di Krajina (che ha portato a un totale di oltre 800.000 profughi cristiani ortodossi), quattro diocesi della Chiesa ortodossa serba hanno cessato di esistere. Nel territorio controllato dai croati in Bosnia, il vescovo ortodosso di Mostar è stato scacciato dalla sua sede, e la maggior parte della popolazione ortodossa è stata espulsa. Si stima che oltre 154 chiese ortodosse nel territorio della Bosnia e della Croazia siano state deliberatamente distrutte. Il 25 marzo 1999 la NATO ha iniziato i bombardamenti del Kosovo in Serbia. È uno dei paradossi tragici della storia che le nazioni occidentali “cristiane” si siano unite per sradicare i serbi del Kosovo, accusati di “pulizia etnica”. La storia si ripete: il Kosovo è stato 500 anni fa il sito della resistenza cristiana ai Turchi.

In Turchia e nella parte di Cipro occupata dai turchi la posizione degli ortodossi continua a peggiorare. Nonostante le garanzie internazionali contenute nel Trattato di Losanna 1923, il governo turco continua a imporre la chiusura della famosa Accademia Teologica ortodossa di Halki a Istanbul. Le famiglie degli ortodossi illegalmente espulsi negli anni 1950 e 1960 non sono mai state autorizzate a tornare alle loro case, ancora una volta in violazione del trattato di 1923 che garantisce loro questo diritto. A Cipro, 450 chiese ortodosse sulla costa settentrionale dell’isola sono state profanate, alcuni sono diventate locali notturni, mentre altre sono state trasformate in gabinetti pubblici. Altre chiese e monumenti storici, alcune risalenti al V secolo, sono state saccheggiate e lasciate a marcire. C’è una campagna per eliminare completamente le ultime tracce della presenza di 2000 anni di presenza ortodossa nella parte occupata di Cipro.

In Egitto, gli ortodossi continuano a soffrire per le numerose restrizioni poste sulla loro capacità di partecipare alla vita economica e politica del paese. Ci sono molte regole che ostacolano la loro possibilità di costruire e riparare le chiese, e stanno diventando sempre di più obiettivi di attacchi armati da parte di estremisti islamici. Negli ultimi due anni, gli abitanti ortodossi nei villaggi dell’Alto Egitto sono stati uccisi a dozzine da armati islamici.

In India i cristiani ortodossi segnalano un aumento di molestie da parte di estremisti indù e musulmani, con attacchi isolati e una veemente retorica che chiede la loro rimozione dal paesaggio indiano.

L’ATTUALE ATTEGGIAMENTO DEL GOVERNO AMERICANO

Il governo degli Stati Uniti è orgoglioso del suo impegno nel difendere la libertà religiosa. In Medio Oriente e in Europa orientale, tuttavia, gli Stati Uniti sono visti come sostenitori solo di quelle chiese che possiedono sufficiente “influenza” a Washington, mentre ignorano le difficoltà degli ortodossi. Gli eventi nel corso degli ultimi dieci anni tendono a confermare tale valutazione.

Durante gli anni ‘80, il Servizio Immigrazione e Naturalizzazione ha concesso lo status di profugo politico a ogni cittadino sovietico che lo richiedeva per motivi religiosi – tranne che per i membri della Chiesa ortodossa. La chiesa che aveva sofferto di più sotto il regime sovietico, le cui chiese continuavano a essere chiuse e il suo clero arrestato fino al 1988, non era considerata una chiesa “perseguitata” da parte del governo americano.

Dopo il 1989, i cristiani ortodossi sia in Polonia e in Slovacchia hanno avvertito il governo degli Stati Uniti che erano “a rischio”, come minoranze religiose. Nel 1991 il Congresso dei russi americani ha preparato due relazioni per la Commissione della sicurezza e la cooperazione in Europa (CSCE: luglio e settembre 1991) per avvertire dei pericoli e chiedere garanzie per i diritti degli ortodossi in quelle nazioni. Nessuna azione è stata intrapresa, e in questo momento non vi è alcuna indicazione che gli Stati Uniti abbiano fatto pressioni per garantire i diritti di queste minoranze sia in Polonia che in Slovacchia. Non vi è inoltre alcuna indicazione che gli Stati Uniti abbiano collegato l’assistenza economica ai due paesi e il loro ingresso nell’alleanza della NATO con il miglioramento della situazione delle loro minoranze religiose.

Nonostante la grande quantità di assistenza economica e militare ricevuta dalla Turchia, non vi è alcuna indicazione che gli Stati Uniti si siano mai preparati a utilizzare questa leva per garantire i diritti della minoranza ortodossa, anche se la Turchia è vincolata dalla propria Costituzione e dagli obblighi internazionali a consentire agli ortodossi di mantenere scuole e altre istituzioni. Al contrario, i senatori degli Stati Uniti hanno spesso pubblicamente e ad alta voce chiesto che l’assistenza americana in Russia sia subordinata all’accettazione della Russia di missionari protestanti americani.

La persecuzione e molestie degli ortodossi continuano a causa di una convinzione che gli Stati Uniti non sono interessati al loro destino, e che l’America non si assumerà alcun impegno (se non qualche parola occasionale) per garantire la libertà religiosa per gli ortodossi. A loro volta, i leader ortodossi di tutto il mondo stanno guardando da vicino per vedere se le future iniziative in materia di libertà religiosa che provengono dagli Stati Uniti siano veramente basate su questioni di principio, o se la politica americana sarà selettiva in termini di chi è criticato e chi è esonerato.

La Chiesa ortodossa, una, santa, cattolica e apostolica ha sofferto molto in questo secolo, e continua ad essere una chiesa martire in molte parti del mondo. Se gli Stati Uniti scelgono di ignorare questo fatto per guadagno politico, allora la causa della libertà religiosa - per tutti - sarà gravemente compromessa.

Informazioni raccolte da:

Biblioteca della Chiesa Ortodossa Ucraina degli Stati Uniti d’America – Ukraine, a History

Lega ortodossa ucraina degli Stati Uniti – Commissione per gli affari ucraini

Istituto canadese di Studi Ucraini – Università di Toronto

Bollettino della Lega Ortodossa Ucraina – Ottobre 1998

Diocesi greco-ortodossa di Denver, Notizie Diocesane: Dr. Nicholas Gvosdev – Agosto 1998

Federazione delle Società elleniche della regione di Baltimora e Washington: Heritage Publications – 1997

Nota del curatore: Non possiamo nemmeno immaginarlo, ma “50 milioni di vittime dell’olocausto cristiano ortodosso” non è il numero corretto, perché abbiamo appreso da Alexander Solzhenitsyn che più di 66,5 milioni di cristiani ortodossi sono stati uccisi a partire dal 1917 in poi, durante i tempi di l’Unione Sovietica. In secondo luogo i nuovi martiri della Serbia sono in aumento, l’uccisione di persone innocenti, la distruzione di chiese, monasteri, cimiteri e case, oltre a uccisioni di massa di cristiani ortodossi serbi, e innumerevoli dispersi.

 
Dio è giusto? Una risposta di padre Aleksij Uminskij

Dio è giusto? L’arciprete Aleksij Uminskij, rettore della chiesa della Santa Trinità a Khokhly (Mosca), riflette su questa difficile questione.

 

La questione della giustizia divina è, naturalmente, molto complessa. Probabilmente è difficile chiamare Dio giusto – forse impossibile – perché non osserviamo nel mondo la giustizia divina. E, in effetti, non cerchiamo qualsiasi tipo di giustizia da parte di Dio. Piuttosto, cerchiamo la sua misericordia e il suo amore.

Dove c’è la misericordia e l’amore, non ci può essere giustizia. La giustizia è una cosa che ci dovrebbe essere in tribunale, dove ci sono giudizio e deliberazione, dove ognuno riceve secondo le sue opere, dove ognuno ottiene ciò che merita. Ma chiedere la giustizia di Dio è semplicemente impossibile. Anche il re Davide dice a Dio nel suo Salmo: Giudicami, o Signore, secondo la mia giustizia, e secondo la mia innocenza (7:9). Non “secondo la tua giustizia,” perché nessuno può sopportare la giustizia di Dio. Perciò non facciamo appello alla giustizia divina, ma alla sua misericordia e al suo amore senza limiti.

Pensare che Dio ci mandi dolori e disgrazie per ripagare la sua giustizia, per così dire, è profondamente sbagliato. Dio non manda il male, dolori, malattie e disgrazie. Come si può anche solo pensare che Dio possa mandare sfortuna a qualcuno? Ciò sarebbe in contrasto con la sua natura divina. Dio non prende piacere neanche nella sofferenza dei peccatori, la sofferenza dei peccatori, anche i più grandi, non compiace a Dio.

Ciò che accade alle persone sulla terra, nei termini dei nostri dolori e sofferenze, non è qualcosa che Dio ci manda. Direi che queste cose si verificano nelle nostre vite, ma non che Dio le invia. Le incontriamo come conseguenza del male e dal peccato dell’uomo, che hanno distorto il mondo. Il mondo è pieno di malvagità. Di conseguenza anche il mondo non ha nulla a che fare con la giustizia. Si potrebbe anche dire che la giustizia è una categoria quasi al di là della nostra portata. Si tratta di una categoria umana elaborata nei nostri termini.

Che cosa è giusto? Occhio per occhio e dente per dente? Questo è giusto, ma solo dal punto di vista di un codice di moralità. Questo accade quando non si può chiedere qualcosa di più. Se se ti cavano uno dei tuoi denti allora, in termini di giustizia, non puoi cavarne più di uno dei loro. Se ti cavano un occhio allora, in termini di giustizia, non puoi pretendere di cavargliene due.

È questo il tipo di giustizia della quale l’umanità è alla ricerca e per cui si impegna? No. Ovunque e in ogni momento, le persone cercano misericordia, compassione e comprensione. La giustizia è assente da tutto questo. Esiste un’ingiustizia brutale, che vediamo intorno a noi, nel governo, nei tribunali – in quegli organi di potere che dovrebbero monitorare la giustizia, ma che sono essi stessi fonte di ingiustizia.

Noi abbiamo i nostri criteri interiori, di cui vorrei dire che qui la gente si sforza sempre più di comportarsi con tutti in buona coscienza. In questo caso la coscienza può, in un certo senso, elevare l’umanità ai concetti di giustizia e di rettitudine.

Consideriamo il Battesimo di Cristo nel Giordano. Si accosta una folla di peccatori: farisei, soldati... Una folla di persone che hanno peccato in vari modi, che in vari modi richiedono pulizia. E l’innocente Cristo si avvicina per essere battezzato.

Gli altri corrono qui per confessare i loro peccati, cioè, per rivelare le loro malattie, le loro ingiustizie, la loro falsità, la loro iniquità. Al fine di essere lavati nel Giordano, di ricevere il perdono, di prepararsi per la venuta del Messia.

Qui appare Cristo, che sembra non avere nulla in comune con loro. Improvvisamente Egli dice a Giovanni il Battista, che si rifiuta di battezzarlo: Lascia che sia così ora: perché conviene che così adempiamo ogni giustizia [Matteo 3:15]. Che cos’è questa giustizia? Che cos’è la giustizia di Dio in relazione a queste persone?

Un debitore in termini di giustizia deve rimborsare i suoi debiti, un ladro che ruba deve scontare la pena, e così via – tutti devono in qualche modo soddisfare la giustizia. Ma Cristo è venuto nel mondo con questo tipo di giustizia? In realtà, Egli prende tutte le iniquità del mondo su di sé. Egli prende su di sé tutto il peccato del mondo, nel momento stesso in cui dice che deve adempiere ogni giustizia.

Possiamo incolparlo per averci inviato sofferenza, sfortuna e dolori? Possiamo dire che è attraverso queste cose che porta a compimento il suo amore? A mio parere, questa è la più grande eresia che si possa esprimere. Si tratta di una cosa diversa quando incontriamo la tristezza, il dolore, la sofferenza e la sfortuna nella nostra vita, e Cristo si trova ad essere al nostro fianco. Se gli diamo l’opportunità di essere presente nei dolori e nelle malattie, allora sarà immediatamente con noi e condividerà con noi tutto l’orrore che c’è nel mondo, in questo mondo di ingiustizia e di malvagità.

Incontriamo la nostra sfortuna nel mondo distorto dal male e dal peccato, e l’amore di Cristo è presente con noi. In questo è la sua misericordia – e, forse, la sua giustizia.

Sfortuna e dolore non capitano nella nostra vita perché qualcuno se li merita. Se così fosse, allora Dio potrebbe effettivamente essere definito un Dio di giustizia. In tal caso i malvagi dovrebbero morire di malattie orribili e i buoni dovrebbero essere felici, ricchi, perfettamente sani, e non morire mai.

Ma questo non può essere, perché se ci fosse la giustizia divina in questo mondo, nessuno potrebbe essere salvato. Perché, in termini di giustizia, in termini di giustizia divina, siamo tutti persone molto peccaminose. Propriamente parlando, le nostre buone azioni, le nostre nature buone, non sono nostri successi, ma semplicemente i suoi doni e la sua misericordia verso di noi.

Di conseguenza, il mondo è ingiusto sia nel senso migliore del termine sia nel senso peggiore: nel migliore, perché si trova nella malvagità ed è governato dal male, dal torto e dall’ingiustizia. In un mondo caduto ci sono le leggi di un mondo caduto. D’altra parte, questo è un bene, perché Dio è misericordioso, e quindi il suo amore copre tutta la verità e tutta la giustizia - perché il suo amore è più alto e molto migliore!

 
Metropolita Tikhon di Pskov: la campagna decennale anti-alcolismo si è dimostrata incredibilmente efficace

Foto: ria.ru

La campagna anti-alcolica degli ultimi 10 anni in Russia è stata "la meno appariscente", ma anche "una delle più efficaci nella storia del paese", ha detto mercoledì a RIA-Novosti sua Eminenza il metropolita Tikhon di Pskov, co-presidente del Consiglio ecclesiastico pubblico per la protezione dall'alcolismo.

Sua Eminenza è stato anche presidente del Consiglio russo per la regolamentazione degli alcolici sin dalla sua creazione nel 2012, una carica alla quale è stato rieletto mercoledì.

Secondo i dati citati dal metropolita Tikhon, il consumo di alcol è notevolmente diminuito in Russia negli ultimi anni, da 15,8 litri di etanolo pro capite nel 2008 a 9,7 nel 2017. Tra il 2008 e il 2018, il tasso di mortalità per avvelenamento accidentale da alcol è sceso da 13,6 a 3,8 ogni 100.000 persone, il numero di pazienti con alcolismo è diminuito da 2.082.000 nel 2008 a 1.304.000 nel 2017 e gli episodi di alcolismo sono diminuiti da 121 a 53 casi ogni 100.000 persone dal 2008 al 2017.

Il numero di suicidi correlati all'alcol è sceso da 26,9 a 12,2 ogni 100.000 persone dal 2008 al 2018 e il numero di omicidi correlati all'alcol è sceso da 16,5 a 5,2 ogni 100.000 persone.

Secondo il metropolita Tikhon, la Russia è stata la prima al mondo all'inizio del 2019 in termini di riduzione della mortalità e di aumento dell'aspettativa di vita tra i paesi a medio e alto livello di sviluppo. L'aspettativa di vita media russa è stata di 72,7 anni nel 2017, la più alta che si sia mai raggiunta.

La Chiesa ortodossa russa ha svolto un ruolo chiave nella riduzione della quantità di consumo di alcol nel Paese. Ci sono oggi più di 500 progetti attivi contro l'alcolismo in Russia, sotto gli auspici della Chiesa.

 
Un'icona di un'icona del pentimento: il figliol prodigo

La parabola del figliol prodigo

La terza Domenica prima dell'inizio della Grande Quaresima è dedicata alla parabola del figliol prodigo. Questa parabola è celebrata nel periodo precedente al digiuno perché è considerata nell'Ortodossia come un riflesso perfetto, o come un'icona, della natura del peccato e della natura del pentimento.

La parabola del figliol prodigo (in greco: Η παραβολή του ασώτου υιού) è la parte finale di una trilogia di parabole di Gesù, raccontate insieme dopo che i farisei e gli scribi avevano mormorato fra loro perché Cristo mangiava con i peccatori. Di fronte a tutti quelli che si erano riuniti, Gesù offre la parabola del buon pastore, la parabola del soldo perduto, e, infine, la parabola del figliol prodigo (scialacquatore):

Un uomo aveva due figli. E il più giovane di loro disse al padre: "Padre, dammi la parte dei beni che mi spetta". Così egli divise tra loro i suoi averi. E non molti giorni dopo, il figlio più giovane, raccolte insieme tutte le sue cose, partì per un paese lontano e là scialacquò i suoi beni vivendo da dissoluto.

Ma quando ebbe speso tutto, giunse una grave carestia in quella terra, ed egli cominciò a trovarsi nel bisogno. Poi andò e si mise al servizio di un cittadino di quel paese, che lo mandò nei suoi campi a pascolare i porci. E si sarebbe volentieri riempito lo stomaco con le carrube che mangiavano i porci, ma nessuno gliene dava.

"Quanti salariati in casa di mio padre hanno pane e averi in abbondanza, e io muoio di fame!"

Ma quando ritornò in sé, disse: "Quanti salariati in casa di mio padre hanno pane e averi in abbondanza, e io muoio di fame! Mi leverò e andrò da mio padre e gli dirò: 'Padre, ho peccato contro il cielo e contro di te, e non sono più degno di essere chiamato tuo figlio. Trattami come uno dei tuoi garzoni'."

Ed egli si alzò e andò da suo padre. Ma quando era ancora lontano, suo padre lo vide e ne ebbe compassione, e corse e gli si gettò al collo e lo baciò. E il figlio gli disse: "Padre, ho peccato contro il Cielo e davanti a te, e non sono più degno di essere chiamato tuo figlio".

"Padre, ho peccato contro il Cielo e davanti a te, e non sono più degno di essere chiamato tuo figlio"

Ma il padre disse ai suoi servi: "Prendete il vestito più bello e fateglielo indossare, e mettetegli un anello alla mano e sandali ai piedi. E portate il vitello grasso, ammazzatelo, e mangiamo e facciamo festa; perché questo mio figlio era morto ed è tornato in vita; era perduto ed è stato ritrovato". E cominciarono a far festa.

Ora il suo figlio maggiore si trovava nei campi. E mentre ritornava, quando fu vicino a casa, udì la musica e le danze. Così chiamò uno dei servi e gli domandò che cosa fosse tutto ciò. Ed egli disse: "È tornato tuo fratello e perché lo ha riavuto sano e salvo, tuo padre ha fatto ammazzare il vitello grasso".

Ed egli si adirò e non volle entrare. Quindi il padre uscì a pregarlo. Così egli, rispondendo, disse a suo padre: "Ecco, da tanti anni ti ho servito; non ho mai trasgredito un tuo comandamento; e tuttavia non mi hai mai dato neppure un capretto per far festa con i miei amici. Ma non appena è arrivato questo tuo figlio, che ha scialacquato i tuoi beni con le prostitute, hai ammazzato per lui il vitello grasso".

E il padre gli disse: "Figlio, tu sei sempre con me e tutto ciò che è mio è tuo."

(Luca 15:11-31)

La parabola descrive il peccato come una sorta di esilio dalla casa del nostro Padre, dove noi siamo il figlio più giovane. All'interno della casa è la salvezza; al di fuori è una vita di morte di fame tra i suini. Il nostro esilio non è un castigo: il figlio più giovane ha scelto di lasciare la casa e perdere la sua eredità in cose che non durano. Noi facciamo la stessa cosa, mentre continuiamo a sperperare le cose che abbiamo, che sono tutte doni di Dio. Né ci è impedito di ritornare: tutto ciò che ha fatto il figlio più giovane è stato di ritornare in sé, e rendersi conto che non aveva bisogno di vivere in questo modo. Il figlio ha deciso di tornare da suo padre, non come un figlio che viene a reclamare la sua eredità, ma come uno schiavo salariato disposto a servire.

Questo è il cuore dell'umile ravvedimento: realizzare i tesori della "casa del Padre", e avere il buon senso e la volontà di alzarsi e di ritornare a casa. In tal modo dimentichiamo il nostro orgoglio, ammettiamo tutti gli sbagli che abbiamo fatto, e ci affidiamo alla misericordia del nostro Padre. I risultati di tale atto sono mostrati nella parabola.

E nel fare questo ci assicuriamo di non diventare poi come il fratello maggiore. Nonostante avesse lavorato diligentemente per suo padre e avesse ricevuto le benedizioni della vita con lui, il fratello maggiore, dopo aver visto il figlio sprecone accettato indietro, ha rifiutato di entrare nella casa per rabbia. In questo modo, si è messo al di fuori della casa del padre, che rappresenta la salvezza. Il padre lo chiama di nuovo – "tu sei sempre con me e tutto ciò che è mio è tuo" – ma Gesù lascia la parabola aperta e non dice se il figlio maggiore ritorna o no.

L'icona della parabola del figliol prodigo

La parabola del figliol prodigo nell'iconografia si trova di solito affrescata sulle pareti della chiesa, come ricordo ai fedeli della sua lezione. Spesso, l'immagine principale mostrata è l'abbraccio del padre e del figlio, i cui mantelli fluttuanti ricadono l'uno sul collo dell'altro nell'amore. Ecco un buon esempio di questa immagine:

A volte, però, il padre della parabola è raffigurato come Gesù Cristo stesso, come in questo bellissimo esempio del XVI secolo:

La parabola del figliol prodigo, dall'altare della chiesa della Presentazione (XVI secolo)

A destra è il figliol prodigo avvilito tra i maiali, mentre a sinistra torna dal Padre, mostrato inequivocabilmente come Gesù Cristo.

Sopra di loro vi è un trono vuoto circondato da angeli; un trono celeste. È vuoto perché Gesù Cristo nostro Dio è disceso dal cielo e si è fatto uomo per poter correre fuori a incontrare noi, peccatori pentiti, che siamo "ancora lontano". Conoscendo chi tra noi è ritornato in sé e si è levato, Gesù Cristo ricopre la grande distanza per venire ad abbracciarci, vestirci, nutrirci, e riportarci nella casa del Padre.

Quando ho disobbedito nell'ignoranza alla tua gloria paterna,

 Ho sprecato nell'iniquità le ricchezze che mi hai dato.

 Per questo io grido a te, con la voce del figliol prodigo:

"Ho peccato dinanzi a te, o Padre misericordioso, ricevimi pentito,

 E trattami come uno dei tuoi garzoni ".

 (Contacio della Domenica del Figliol Prodigo)

 
Una prospettiva psicologica su omeopatia e terapia alternativa

Questa presentazione tenterà di rispondere alle seguenti domande:

1. Che cosa nel mondo di oggi fa rivolgere sempre di più le persone alle terapie alternative?

2. È possibile dare una spiegazione psicologica di queste terapie, e in quali condizioni?

3. Può un cristiano (ortodosso) provare queste terapie senza pericolo?

Circa un anno fa, alcuni genitori sono venuti alla mia clinica con la loro figlia di otto anni che soffriva di paralisi spastica e profondo ritardo mentale / ritardo dello sviluppo. Non aveva praticamente nessuna comunicazione significativa con l'ambiente oltre il contatto visivo. Erano appena tornati dalla Germania, dove avevano visitato un centro per le terapie alternative e avevano fatto una visita da un chiropratico. Mi hanno detto che questi ha esaminato la loro bambina e ha detto loro che c'era un accumulo di fluido sul fianco destro, e così ha compiuto alcune manipolazioni terapeutiche. Ho chiesto ai genitori come il chiropratico aveva scoperto questo accumulo di liquidi, e mi hanno detto che lo aveva fatto afferrando la sua testa! Mi sono chiesto come ha fatto, semplicemente toccando la superficie della testa della bambina, a trovare questo fluido, cosa che i medici trovano solo con test specifici. E così ho detto chiaramente ai genitori, che non accettavo questi metodi magici! I genitori mi guardavano in modo perplesso e se ne sono andati piuttosto insoddisfatti. Non sono mai tornati! Essi avevano riposto tutte le loro speranze per il miglioramento della loro bambina nella cura chiropratica e non erano in grado di capire quello che stavo cercando di dire loro: che per osservare un miglioramento nella bambina, era necessaria una grande quantità di duro e continuo lavoro e di fatica, insieme con una terapia intensiva fisica e occupazionale, e poi, forse, la logopedia. Ma loro stavano solo aspettando un miracolo!

Ed ecco una categoria di persone che cercano i terapisti alternativi. Coloro che si sono scoraggiati dello stato della loro malattia e credono che l'aiuto dato dalla medicina (tradizionale) sia troppo ristretto. Non è un caso che molti malati di cancro e quelli con diagnosi di AIDS cercano rifugio in una vasta gamma di terapie alternative, nella speranza di essere guariti / aiutati.

Se studiamo queste teorie e le promesse fatte da queste terapie fanno, appuriamo due cose: secondo le loro affermazioni, si rivolgono a tutta la persona (l'approccio olistico), il suo corpo, la mente e la psiche! Si può apprezzare l’impatto che può aver nel mondo una simile nozione, che una pillola può guarire l'anima, in quanto il trattamento è olistico. In altre parole, stiamo parlando di un artificio demoniaco di prim’ordine! Costoro parlano di forze che essenzialmente compiono miracoli, siano essi di origine universale (potere del mondo) o provenienti dall'essere umano (forza vitale).

Recentemente, ho avuto una conversazione con un medico omeopatico e ho espresso critiche sui metodi utilizzati. Quando ha avuto difficoltà a spiegare la metodologia, ha risposto che ciò che lo lo interessa più di tutto è il risultato finale, e di conseguenza, è felice di vedere che le cure e l'alleviamento del dolore con l'uso di rimedi omeopatici hanno luogo su base regolare.

È necessario, ora, commentare su questo tema, e offrire alcune risposte sul nostro argomento. È già stato stabilito che l’omeopatia pone particolare enfasi sulla sua base scientifica, ma spesso mi chiedo perché l'acqua di un ruscello o di una cascata, che fluisce naturalmente, e contiene alcuni elementi necessari per la sopravvivenza, come lo iodio, non è considerata intrisa di potere!

Tuttavia, non voglio essere coinvolto nell’occultismo che è così apertamente espresso in molti casi, ma piuttosto vorrei guardare a quelle (terapie), che sostengono di stare alla larga di queste commistioni e modi di pensare (di tipo occultista). È possibile?

Mi occuperò dell’omeopatia, soprattutto perché sembra essere la più innocua / innocente ed è stata ampiamente diffusa, e perché è praticata da medici che non hanno bisogno di altre credenziali per poter praticare senza disturbi / interferenze.

Chi è che di solito si rivolge all’omeopatia

Credo che sia evidente dalle presentazioni dei casi precedenti che l’omeopatia non è altro che ciarlataneria con alcune caratteristiche mediche, psichiatriche o intellettuali.

In ogni caso, basti pensare al fatto che G. Vithoulkas, fondatore della medicina omeopatica in Grecia, non aveva alcuna esperienza in medicina, ma era un assistente di ingegneria civile (e si è verificato che non ha mai coseguito una laurea neppure in questa disciplina!).

In linea di principio, gli individui più propensi a rivolgersi all'omeopatia hanno una certa conformazione psicologica o sono soggetti a certe pressioni nella vita; non intendo, però, affermare che non appartengono alla normalità della società. Il più delle volte, hanno testato diversi tipi di terapie a base medica senza provare risultati significativi, di solito perché la loro condizione presenta molti parametri psicologici che, ovviamente, non sono eliminati attraverso l'assunzione di farmaci! In effetti, si presenta spesso il caso di sindromi da dolore cronico (cefalee, lombalgie, dolori al petto, ecc.) Costoro si rifiutano però di accettare, oppure ignorano, l'esistenza di problemi psicologici, e trovano "comodo" credere che una pillola farà loro bene. Per questo motivo, si rivolgono a un medico omeopatico e non a uno psichiatra!

Inoltre, ci possono essere individui che amano impegnarsi nell'aspetto della prevenzione delle condizioni di salute spiacevoli. Essi ritengono necessario essere coinvolti in qualche tipo di trattamento, come ad esempio quello dell’omeopatia, sia pure in via preventiva! È la persona insicura che, per una serie di ragioni, può andare anche dal proprio medico di medicina generale, per chiedere di essere trattato con vitamine o tonici, in via preventiva. Se l'internista dice a questa persona che sta bene, e non presta particolare attenzione a lei o alla sua richiesta, questo stesso individuo può benissimo continuare la propria ricerca sanitaria nella direzione delle terapie alternative. È ovvio che in questo ci sono problemi psicologici più profondi.

La soluzione magica a un problema, ovvero, la repressione del problema

A volte i clienti vengono a chiedere farmaci, e anche se io spiego loro che la guarigione psicologica avviene tramite variazioni di modo di pensare e di comportarsi, variazioni che risultano da un lavoro comune di psicoterapia, rifiutano questa diagnosi e chiedono un farmaco, che li curi in qualche modo magico. E, infatti, a volte, un terapeuta può cedere alla tentazione della richiesta del cliente, e prescrivere un farmaco: in questo caso vediamo risultati sorprendenti, almeno all'inizio, per un fenomeno noto come effetto placebo!

Io, personalmente, non lo faccio mai, e lo considero del tutto inutile (se non del tutto immorale, perché il paziente non è esattamente a conoscenza di che tipo di trattamento sta subendo, anche se ci sono pazienti che sono, in realtà, indifferente a queste cose!).

Mi ricordo che alcuni anni fa parlavo con uno psichiatra veterano, quando la psichiatria era ancora nelle sue fasi iniziali, e lui stava commentando una particolare situazione che si era verificata nella sua clinica, in cui aveva somministrato un’iniezione di acqua naturale (vale a dire, acqua distillata, come quella usata in omeopatia) ad alcuni clienti e aveva osservato risultati davvero sorprendenti ogni volta. Sia il medico sia i pazienti erano rimasti soddisfatti dei risultati di questo trattamento che aveva luogo più o meno con cadenza mensile!

Questo è esattamente ciò che accade nell’omeopatia. Stai meglio, e ti dicono: "Torna tra due o tre mesi per le misure di prevenzione o per mantenimento!"

È un peccato, però, che la professione medica sia ridotta a un tale livello da alcuni dei suoi professionisti, in quanto questi ultimi non fanno lo sforzo di esaminare i bisogni più profondi e le preoccupazioni di una persona, e quindi di amministrare un trattamento che affronti il problema alla radice. Purtroppo, la psichiatria come professione qui in Grecia è stata trascinata, come Ettore, nell'arena della neurologia per così tanti anni e ora molto timidamente sta affermando la propria identità, cioè la sua guarigione da questa crisi di identità.

La medicina omeopatica agisce normalmente in modo simile. Forse, i medici anziani ricordano l’acqua "curativa" Kamaterou che molti anni fa sosteneva di curare anche il cancro! (I pazienti guariti andavano a dare interviste pubbliche!). Inizialmente, i pazienti erano entusiasti e sostenevano di avere ottenuto risultati anche prima che il farmaco avesse la possibilità di raggiungere lo stomaco. Dopo un certo periodo di tempo, però, giorni o anni, ritornavano allo stato precedente.

In fondo, alcune persone sono consapevoli di queste cose. Ma hanno ancora voglia di credere nel "magico" rimedio toccasana, mettendo da parte i loro altri problemi, psicologici o di altro tipo. È molto più facile inghiottire una pillola piuttosto che parlare di esperienze traumatiche presenti o dell’infanzia. La prima soluzione ti renderà un cliente soddisfatto dei trattamenti alternativi, la seconda (soluzione) può, forse, aiutarti a capire perché tendi a evitare certe cose nella tua vita e perché continui a vivere miseramente in un circolo vizioso.

Quindi, questo è il modo in cui il medico omeopatico assume il ruolo di uno psichiatra, trattando senza volerlo e presumibilmente "tutte le malattie" (fobie, depressione, nevrosi, e persino la schizofrenia), anche se non è specializzato in alcun settore della scienza medica! E questo è davvero paradossale, se ci si ferma a pensarci!

Come funziona la medicina (convenzionale)

Molto spesso, le persone che ricorrono a un intervento medico sono quelle con dolori cronici, come mal di testa, disturbi cardiaci, dolori e spasmi muscolari, lombaggine. Purtroppo, quello che molti internisti si limitano a fare è prescrivere ogni volta una particolare terapia analgesica a seconda della condizione.

A volte, se non trovano il problema con l'esame clinico, possono dire: "Non c'è niente di sbagliato in te", o "non pensarci più", oppure "È tutto nella tua testa."

Non c'è niente di peggio, per chi attende aiuto, che incontrare questo tipo di risposta. Gli viene detto, più o meno, che sta immaginando la sua malattia! Così si rivolgerà a un agopuntore o a un medico chiropratico o a un omeopata che sicuramente lo guarirà. In questo modo dimostrerà indiscutibilmente che aveva ragione a provare dolore, ma tu, signor internista / medico generale, non sei stato in grado di curarlo.

E se non hai il tempo o l'energia di mettere da parte un'ora per discutere con il cliente i suoi problemi emotivi, la cosa migliore che puoi fare, per lo meno, è quello di mandarlo da uno psichiatra o psicologo competente, senza paura e ossessioni.

Ho ricevuto da un internista un cliente del genere, un giovane, alcuni anni fa.

Il suo problema era che soffriva di mal di testa inquietanti per il quale si era rivolto all'agopuntura, ma solo con un sollievo temporaneo. Più tardi, ha provato dolori al petto che lo hanno portato a far visita a sette diversi medici specialisti in quanto la sua assicurazione privata copriva le visite e non doveva pagare di tasca sua. Aveva fatto del suo problema di salute il centro della sua vita.

Aveva subito tutti gli esami e le analisi più costose senza che gli fosse diagnosticato nulla di patologico. Ciò che restava erano le cure psichiatriche (che in realtà non erano coperte dalla sua assicurazione privata), e così finì nel mio ufficio. Si chiese come avrebbe potuto essere trattato, senza farmaci per alleviare i suoi dolori, e gli ho chiesto di affidarsi a me per un periodo di trattamento di almeno tre mesi.

Abbiamo iniziato insieme con un esame di tipo psicoanalitico, discutendo tutti i problemi partendo dal presente e tornando ai suoi anni d'infanzia. Tutti i suoi dolori sono scomparsi durante il primo mese, ma il nostro lavoro insieme si è esteso per sei mesi, senza che si lamentasse di altri sintomi. La cosa più significativa è stata questa: c’erano problemi nelle sue relazioni, che non erano stati citati all’inizio, e che ora venivano risolti, e ci si potrebbe chiedere come sia successo. Scavando profondamente e analiticamente nelle sue relazioni interpersonali, soprattutto le prime esperienze infantili, ci è stato rivelato un bel po', per esempio la sua crescita essenzialmente con la nonna e senza sua madre, che aveva dovuto lavorare giorno e notte. La nostra discussione ha portato alla luce le zone d'ombra della sua personalità, cosa che lo ha aiutato ad avviare un processo di maturazione che aveva negato fino a questo punto per sue ragioni emotive.

Un'altra cosa che mi ha impressionato, è che questo giovane era letteralmente andato da ogni terapeuta a disposizione in cerca di consigli. E anche se non era un frequentatore della chiesa, era andato anche sul Monte Santo a incontrare l'anziano Paisios, il cui incontro, però, non gli ha impedito di rifugiarsi nella stregoneria e nei medium, e di mettere in pratica quel che gli dicevano!

Forse vi sarete chiesti quale fosse il senso, simbolicamente parlando, di tutto l’intrattabile dolore sperimentato da questo ventenne. Dalla mia "analisi" del suo caso, credo che il dolore fosse significativo per il seguente motivo: era stato privato di un "abbraccio materno", quando ne aveva un disperato bisogno, e così ora stava cercando di sostituirlo con la continua cura e attenzione per il suo corpo, che perseguiva andando dai medici, che non erano in grado di guarirlo, proprio perché non è possibile sostituire la carezza di una madre di cui era stato privato.

Non so se vi ricordate qualche scena nella vostra infanzia, quando siete caduti facendovi male, e vostra madre vi ha detto: "Vieni qui, così ti do un bacio e ti faccio passare il male." E, miracolo dei miracoli, quel bacio della madre, che potere curativo senza rivali!

Ecco come funziona oggi la terapia "alternativa". E non solo! Anche ogni farmaco che una persona riceve dal medico.

E finché i medici non sapranno come parlare con il malato e come discutere con lui il suo problema, così anche i farmaci non potranno fare il loro lavoro, nonostante il fatto che farmaci nuovi e meglio sperimentati siano immessi sul mercato giorno dopo giorno.

Siete consapevoli del fatto che i medici scrivono prescrizioni per la maggior parte dei farmaci psicotropi: Io, personalmente, ho raggiunto il punto in cui, molte volte, non mi ricordo nemmeno i nomi dei farmaci, perché li prescrivo così raramente. Il motivo è che mi prendo un sacco di tempo per parlare con i miei "clienti" delle loro difficoltà e delle loro esigenze emotive, e la soluzione si incontra alla sorgente, a livello psicologico, e così i sintomi scompaiono da soli, senza dover chiedere ai pazienti di tornare per una terapia di "mantenimento"!

Qualche tempo fa una giovane madre è venuta nel mio ufficio, dopo aver perso il marito in un incidente d'auto. Mi ha chiesto consigli su come dare al suo bambino la notizia della morte di suo padre, e, inoltre, mi ha pregato di dire al bambino la notizia. La donna era in uno stato di depressione per la perdita inaspettata di suo marito con il quale aveva un rapporto molto affettuoso. Improvvisamente, però, aveva perso ogni speranza per lui (non credeva nella vita dopo la morte) e così si era sbarazzata di tutti i ritratti del marito in casa. Naturalmente, ho discusso con lei in dettaglio tutti gli eventi e le sue reazioni emotive, cosa che le ha causato, più volte, di scoppiare in lacrime, ma che l'ha anche costretta a prendere coscienza, alla fine di quanto aveva gestito erroneamente la situazione.

Quando ha lasciato il mio ufficio, non le era necessario per lei avere un farmaco, né per me vedere il suo bambino, perché si era convinta che la società avrebbe potuto dirgli tutto quello che lei stessa era giunta ad accettare abbastanza bene in sé.

Perché mi riferisco a questo caso? Perché, questa era una persona che avrebbe potuto facilmente andare da un medico omeopatico (come nei casi che sono venuti alla mia attenzione). Avrebbe preso alcune "pillole miracolose" che l'avrebbero aiutata a superare il suo dolore, ma solo dopo pochi mesi, ovvero una cosa che sarebbe accaduta da sola con il passare del tempo. Tuttavia, questo non l'avrebbe aiutata, a meno di venire a conoscenza del fatto che aveva percepito la morte di suo marito in modo erroneo, e questo a sua volta non sarebbe stato affatto di beneficio per il suo bambino, che quindi avrebbe potuto sviluppare diverse fobie e disturbi.

Quindi, rispetto alle cure mediche, il problema qui non è solo il fatto di evitare di fare del danno a un paziente, ma anche il fatto che la professione medica deve aiutare quando e dove possibile, e utilizzare il più possibile tutte le conoscenze scientifiche che ha. Anche il minimo ritardo nel trattamento di qualcuno, può avere conseguenze sconvolgenti nella vita di un individuo.

La medicina olistica a confronto con la medicina convenzionale

I praticanti delle terapie alternative proclamano di vedere la persona totalmente e non solo i suoi sintomi. Tuttavia, a un esame più attento del trattamento di certe situazioni, che cosa si mostra? Che la persona è vista come la somma totale dei suoi sintomi, che sono quindi trattati con la somministrazione di una pillola abbastanza individualizzata (una panacea). In breve, il rimedio (termine usato dai medici omeopatici per i medicinali da loro utilizzati) diventa uno scopo di tutto, in possesso di poteri divini.

Qualunque problema o bisogno emotivo che la persona può avere non sono così significativi per loro quanto trovare il rimedio, la medicina una e sola "che si adatta al paziente", come dicono con compiacimento. "Dal momento in cui l’abbiamo trovato, l’abbiamo guarito! E siamo quindi in debito con questo potere mistico".

Ditemi ora, se non c’è da meravigliarsi che a poco a poco e involontariamente una persona entri in un percorso di tipo occulto, anche se il suo medico è un cristiano ortodosso!

E in questo modo le fobie sono trattate anche a distanza e con una ricetta fatta per telefono! Ma non è un fatto noto, anche tra i meno informati, che una fobia è per eccellenza un fenomeno psicologico e non può essere trattata senza almeno coinvolgere la persona che ne soffre in un dialogo per vedere qual è il problema? E questo è il compito primario dello psichiatra. Così, i terapeuti alternativi stanno usurpando, e in modo dannoso, la pratica della psichiatria, che non hanno studiato e di cui non hanno conoscenza.

Naturalmente, si può dire che, come risultato di una esperienza personale, qualcuno sia in grado di curare la sua stessa fobia. Non dubito che questo possa accadere a volte! Ma ciò che si deve sottolineare qui è l'obiettivo dello psichiatra, che è quello di trattare il disturbo individuale, e non solo di curare i sintomi.

Ciò che spesso accade è che, proprio quando un sintomo è guarito, se ne apre un altro, come nel caso di un paziente che è stato curato dalla sua paura delle altezze solo per acquisire una fobia delle correnti elettriche. E da lì continua a sperimentare una fobia degli oggetti taglienti, e così via.

Una turba individuale è il risultato di un conflitto interno che può essere attribuito a un dilemma su una decisione molto seria, che deve essere esaminata dallo psichiatra, e quando la persona, attraverso l’analisi, lo ha visto per quello che è, poi i sintomi scompaiono immediatamente.

La somministrazione di farmaci, a questo punto, è come prescrivere l'aspirina a un malato di cancro. Ed è un fatto che molti malati di cancro si sono rifugiati, inizialmente, in trattamenti alternativi che promettevano miracoli, perdendo così tempo prezioso. E dopo essersi stancati di provare varie pozioni, trattamenti e altri rimedi, sono andati da un medico e hanno cominciato il trattamento delle cellule tumorali e altre terapie, ma poi era troppo tardi. Se fossero andati prima, avrebbero potuto essere curati.

Così vedete come la pratica di nuovi trattamenti medici (dovrei dire qui, di cure anti-mediche!) non può essere considerata innocua, come insegnano orgogliosamente. Se non altro per il tempo prezioso perso, la spesa sostenuta e la perdita fiducia in un medico, e perché con la scomparsa di un sintomo, che è il modo con cui il corpo emette un segnale di avvertimento, si dà invece un segnale sbagliato, vale a dire, il meccanismo di sicurezza è neutralizzato senza che vi sia una protezione dal pericolo.

Non è sufficiente dire che la persona è vista in modo olistico, bisogna sapere cosa si sta facendo e la terapia alternativa non è in grado di farlo, semplicemente perché non ne ha la conoscenza.

Il ruolo del terapeuta

Il problema qui non è che la professione medica stia perdendo la sua clientela! E forse è bene a questo punto di fare riferimento al fatto che la medicina, come viene praticata oggi in Grecia, tende sempre di più, in questi ultimi anni, a perdere il suo volto umano e sta diventando una carriera per scrittori di ricette. E qui è sicuramente il punto delicato, di maggiore responsabilità, vale a dire, la ragione per cui l'omeopatia e le terapie alternative stanno guadagnando terreno.

Se gettiamo uno sguardo alla professione medica, spesso osserviamo che "non possiamo vedere la foresta a causa degli alberi." Credo che l’iper-specializzazione in campo medico sia la colpa di questo fenomeno. C’è anche da rimproverare la formazione inadeguata, a livello di base, dei medici, che imparano molto sulle malattie, ma poco o nulla sul malato come entità psicosomatica!

Ho sentito parlare di casi in cui i clienti che intraprendono un trattamento omeopatico sono stati curati in un solo colloquio, che hanno descritto come meraviglioso. Ma in realtà, ciò che sta accadendo qui è che, poiché il colloquio dura due ore e il praticante fa molte domande dettagliate sulla vita personale del cliente, i clienti sentono che il medico si preoccupa davvero di loro; e questo fatto da solo produce potenti risultati terapeutici, sia pure temporanei. E quali domande si fanno? "Da che parte del letto dormi?" "Ti piacciono i cibi grassi, il caffè?" "Che tipo di sogni fai?", e così via!

In psichiatria, dove esistono circa 400 metodi di psicoterapie nella sola America, un oggetto ripetuto di discussione è se il risultato terapeutico non dipenda, molte volte, tanto dalla personalità del terapeuta, quanto dal metodo di terapia praticata. Non è un caso che Ippocrate sia divenuto il padre della medicina. Lo stesso si può dire per Hanneman, un uomo di talento, i cui scritti, se li leggete, sono sia estasianti che impressionanti per i suoi tempi, con la sua gamma di conoscenze e il suo modo sistematico di trasmettere ciò che aveva da dire.

Se si legge la letteratura omeopatica, si troveranno più teorie e dogmi che non ricerca scientifica.

Ramificazioni spirituali

Il fenomeno, ovviamente, ha ramificazioni principalmente psicologiche, ma diventa anche spirituale, dal momento che un cristiano viene a conoscenza o semplicemente sospetta, o magari immagina inconsciamente, che sta bevendo un sorso d'acqua (con effetti potenti per il fatto che è stato mescolato!) piuttosto che farmaci, e che è in attesa di essere curato da qualche misteriosa e potente pozione.

Tuttavia, è abbastanza naturale, anche se uno non ci pensa in questo modo, aspettarsi inconsciamente aiuto da qualche fonte sconosciuta, che non è né collegata alla medicina tradizionale né alla fede in Dio (e quindi lascia aperte finestre di opportunità per l’ingresso dell’ingannatore), ed ecco che arriva la grande trappola, che, credo, alcuni padri spirituali non hanno avvertito, e così hanno finito per incoraggiare i loro figli spirituali nella direzione dell’omeopatia, essendo stati fuorviati da una maschera umanistica.

Pochi mesi fa, quando ero sul Monte Santo, ho apprendso con gratitudine, da un monaco affidabile e dotto, che anche l’anziano Paisios caratterizzava i rimedi omeopatici come sostituti demoniaci dell'acqua santa, e che era contrario a questi tipi di terapie. Sono stato impressionato dall'adeguatezza di questo confronto, perché questo è esattamente il modo in cui in generale questa medicina impressiona psicologicamente le persone. È anche degno di nota e caratteristico di lui, che il santo anziano Porphyrios accettava solo la medicina tradizionale e non le cosiddette terapie alternative. (A proposito dell’omeopatia ha detto che alcuni dei rimedi importati dall'estero erano un’esposizione alla stregoneria). Dico questo perché spesso si argomenta che sul Monte Santo accettano di omeopatia. Quelli che l’accettano lo fanno per ignoranza e ritenendola innocua, e fanno uso di preparati naturali, proprio come molti dei nostri nonni e nonne nei villaggi usavano prodotti della natura.

Oggi ci viene presentato il mito del nuovo campo medico. Tuttavia, la scienza della medicina è sempre giovane come scienza, perché elimina ogni tipo di anacronismo e di risultato finale, e accetta ciò che è considerato migliore, basandosi sulla ricerca scientifica. E di conseguenza, non ci sono molti campi medici; non c'è che una scienza della medicina.

In sintesi

Dovrebbe essere assolutamente evidente che in ogni particolare rapporto di trattamento, vi è come punto focale il paziente, ma anche il terapeuta e la sua personalità, e inoltre vi è il metodo terapeutico imparziale (la medicina, l’intervento). Non è un caso che un particolare paziente viene sottoposto a un particolare trattamento medico, dal momento che è il paziente che sceglie il terapeuta. So di medici che sono diventati oggetti di culto, più a causa della loro personalità che della loro abilità scientifica. E succede spesso che vi sia una tendenza del paziente di idealizzare il proprio terapeuta, perché, dopo tutto, si aspetta di ricevere da lui più aiuto.

A questo punto, vi sono due sfide:

Una si riferisce al medico e al potere inequivocabile che ha nelle sue mani. Riuscirà a farne uso in combinazione con le regole del galateo medico e senza trasmettere un senso di orgoglio personale e di onnipotenza? Se sì, allora egli offrirà il suo meglio per il paziente, e, contemporaneamente, lascerà aperta la strada per l’intervento Dio, la fonte di ogni cosa, che il paziente può sempre avere come fonte di riferimento e di aiuto.

La seconda sfida riguarda il paziente. Riuscirà a trasmettere al medico i dati che si adattano alla sua situazione, in modo da beneficiare del trattamento, in modo psicosomatico, o cercherà altre cose che possono essere correlate al proprio bisogno di un padre o di una madre affettuosi, ma anche al tentativo di riempire il vuoto metafisico che ha dentro di sé? Vi è anche la possibilità che resti coinvolto in circostanze e conseguenze impreviste e difficili.

Il problema più grande, però, è evitare il rischio di ritornare ai tempi degli stregoni, che, naturalmente, ancora esistono tra le tribù primitive dell'Africa e che stanno facendo apertamente la loro comparsa in Europa e in America, con il pretesto ufficiale della medicina della New Age. Questa è la mia grande preoccupazione, che si fonde con la lotta e la vigilanza della Chiesa.

 

Bibliografia (consigliata)

Vithoulka, G. L’omeopatia, Editore: Centro medico omeopatico, 1985.

Tamtakos, Z. L’omeopatia oggi, Salonicco 1990.

Diamantidis, S. L’omeopatia, Libreria Estias, Atene.

Stylianakis, padre Antonios, "L’omeopatia da un punto di vista psicologico e spirituale", 1995

David Sneed, Una critica sulle cure mediche nella New Age, Stereoma, Salonicco.

Samuel Pfeifer, La pratica omeopatica, Ed. Pergamos 1992.

 
Elenco dei santi invocati nel momento del bisogno

Una lista di santi invocati per necessità particolari, o da particolari categorie di persone

Per avere un figlio

Sant'Anna, madre della Theotokos

Santa Elisabetta, madre del Precursore

San Saba, archimandrita della Palestina

Santa Irene Chrysovalantou

Per un parto sicuro

Sant'Eleuterio

Per la cura e protezione dei bambini

Santo Stiliano

Per i giovani

Santo grande martire Demetrio il Taumaturgo

Per la liberazione dalla morte improvvisa

Santa grande martire Barbara

Contro l'alcolismo

Santo martire Bonifacio e la giusta Aglaia

Per i viaggiatori

San Nicola: in generale, e in particolare per i viaggi in mare

San Giovanni il Russo: per i viaggi su trasporti, auto, bus

San Niphon, patriarca di Costantinopoli: per la sicurezza in mare

Per i calzolai

Sant'Eustazio il calzolaio della Georgia

Per i medici

San Panteleimone

I santi anargiri Cosma e Damiano

Per la cucina, la casa

Sant'Eufrosino il cuoco

San Sergio di Radonezh: per la cottura al forno

Santi Spyridon e Nikodim delle Grotte di Kiev: per fare le prosfore

Per il commercio

Santa martire Parascheva

Per il mal di testa

Santo neomartire Demas di Smirne

Per gli occhi

Santa martire Parascheva

Per le orecchie

San Spiridione il Taumaturgo

Per i denti

Sant'Antipa di Pergamo

Per le ernie e i disordini intestinali

Santo grande martire Artemio

Sant'Artemio di Verkola

Per la gola

San Biagio di Sebaste

Per trovare lavoro

Santa Ksenija di San Pietroburgo

Per la guida negli studi

I Tre Gerarchi: san Basilio il Grande, san Giovanni Crisostomo, san Gregorio il Teologo

San Sergio di Radonezh

San Giovanni di Kronstadt

San Giustino il Filosofo

Per il canto in chiesa

San Romano il Melode

Per gli iconografi

San Luca Apostolo ed Evangelista

San Giovanni Damasceno

Per la sopportazione paziente delle afflizioni

San Giobbe il Sofferente

Santi Quaranta Martiri di Sebaste: soprattutto nel freddo pungente

Santi Quarantadue martiri di Amorion

Per la protezione contro i ladri

San Gregorio il Taumaturgo delle grotte di Kiev

Per i lavoratori della pietra

Santi Martiri Floro e Lauro

Per i soldati

Santo arcangelo Michele

Santo grande martire Giorgio

Santa grande martire Barbara

Per guida spirituale, consolazione e compunzione

Sant'Efrem il Siro

Sant'Alessio l'Uomo di Dio

San Serafino di Sarov

Per una buona fine della vita

Santo arcangelo Michele

San Niphon, patriarca di Costantinopoli

Per i carcerati e i procedimenti giudiziari

Sant'Onufrio il Grande

San Pietro dell'Athos

Santo grande martire Giorgio

Per una guida nell'angoscia, nella povertà, ecc.

San Nicola il Taumaturgo

San Giovanni l'Elemosiniere di Alessandria

San Giovanni di Kronstadt

Per la ricerca delle cose perdute

Santo grande martire Fanurio

Santo grande martire Mina d'Egitto

Di fronte a una situazione difficile, un colloquio, ecc.

Santo profeta, salmista e re Davide

I santi anargiri e guaritori

Santi Cosma e Damiano di Roma

Santi Panteleimone ed Ermolao

Santo martire Giuliano

San Giovanni di Kronstadt

San Nettario di Egina

Santo arcangelo Raffaele

Per gli animali e la zootecnia

San Giorgio: bovini e allevamenti

San Partenio: bovini

Santi Speusippo, Elesippo & Melasippo: cavalli

San Trifone: oche

Per difesa delle colture dai parassiti

San Michele di Synnada

Per la salvaguardia dei giardini contro i parassiti

Santo grande martire Trifone (anche per i cacciatori, e patrono di Mosca)

Contro i demoni e la stregoneria

Santi Cipriano e Giustina

San Teodoro il Siceota

San Mitrofane di Voronezh

Per la castità e l'aiuto nelle lotte carnali

San Giovanni il Precursore

Santo grande martire Demetrio

San Giovanni il Sofferente

Santo Martire Teodoro il Bizantino

Santo Martire Ignazio dell'Athos

Santa Maria Egiziaca

San Giuseppe e santa Susanna [Vecchio Testamento]

Per i disturbi mentali

San Naum di Okhrid

Sant'Anastasia

San Gerasimo di Cefalonia, il posseduto

Contro la peste

San Caralambo

Santa grande martire Marina

Aiuto contro l'ira e l'abbattimento

San Tikhon di Zadonsk

Per i lavoratori negli ospedali

Santi anargiri Cosma e Damiano

San Dositeo, discepolo di Abba Doroteo

Per l'innocenza e la semplicità

Santo apostolo Bartolomeo e san Paolo il semplice

 
Il campo di concentramento per galiziani “sbagliati”

90 anni fa, le autorità austriache perseguitarono severamente gli ucraini occidentali russofili.

Le prime associazioni che oggi uno fa al nome “Galizia”, sono la divisione SS, Stepan Bandera e le barzellette contro i Moskali. Ma non è sempre stato così! La Galizia è anche il luogo dove il principe Roman strappò la bolla papale, il luogo della fratellanza di L’vov, nella quale pubblicò il suo abbecedario il pioniere della letteratura Ivan Fedorov e il polemista Ioan Vishenskij – lo Jaroslav Galan del XVII secolo – fece a pezzi nelle sue epistole i vizi della Curia romana.

Sono in pochi a ricordare che L’vov non fu solo il feudo del greco-cattolicesimo, ma, a rotazione, fu l’ultima linea di difesa della Chiesa ortodossa. “Dopo il Concilio di Brest del 1596, – scrisse Ivan Franko, –  solo due diocesi russe del sud, L’vov e Peremyshl’, rimasero fedeli all’Ortodossia. Solo al tempo della riorganizzazione della metropolia a Kiev l’Ortodossia iniziò a risollevarsi anche nelle altre eparchie, e iniziò a riprendersi le chiese strappatele dall’unia… Ma la gerarchia romana seguiva attentamente ogni passo fatto dall’Ortodossia, cercando di paralizzare i suoi successi. Con ogni mezzo, in modo sistematico e vigilante, ha minato l’Ortodossia: indottrinamento della gioventù, tentativo di fanatizzare le folle con prediche gesuitiche, opuscoli e libelli satirici stampati e scritti a mano, e alla fin fine la protezione di potenti aristocratici e ordini del governo, mettendo in azione tutto ciò che doveva servire i loro fini”.

Nel 1891, quando il grande scrittore Ivan Franko scrisse queste righe in perfetto russo nel suo articolo “Iosif Shumljanskij – l’ultimo vescovo ortodosso di L’vov”, in questa politica cinica tutto rimaneva ancora come prima. È vero che l’occupazione austriaca aveva preso il posto del dominio polacco. Ma erano rimasti in uso gli stessi metodi. Di fatto si erano intensificarono: erano divenuti più sofisticati e usavano tecniche più moderne. Descrivendo per la rivista Киевская старина (L’antichità kievana) le peripezie della lotta nazionale-religiosa del XVII secolo, Ivan Jakovlevich non sospettava neppure che, nel corso della sua vita, sarebbe stato testimone dell’atto più brutale di questo dramma… la distruzione sistematica, da parte degli austriaci negli anni 1914–1917 dei “moscofili”, i galiziani che mostravano simpatie per la Russia.

I nomi dei campi di concentramento di Talerhof e Terezín, dove questi crimini sono stati compiuti, dovrebbero essere tanto noti alla coscienza di massa ucraina quanto Majdanek lo è per gli ebrei. Ma nell’Ucraina contemporanea non li troverete da nessuna parte. Né nelle enciclopedie, né nei libri di testo. Non hanno posto nel mito propagandistico della “Europa civilizzata” portato avanti dal nostro governo privo di principi. Ci si chiede: “Ora l’Occidente non è diverso?” Ma ecco cos’è che riesce a fare!

Alla vigilia della prima Guerra mondiale, l’Austria, avendo “illuminando” fin dalla fine del XVIII secolo la terra dell’attuale Ucraina occidentale, aveva portato il principio del “divide et impera” alla perfezione. Incitavano i polacchi contro gli ucraini, gli ucraini contro i polacchi, gli ungheresi contro tutti. Inoltre consideravano molto importante, in linea con i più alti interessi dell’Impero asburgico, fomentare la discordia tra le differenti fazioni all’interno dell’Ucraina. Con una mano, davano sussidi governativi per lo sviluppo della società dedicate a Shevchenko guidata dal professor Grushevskij… perché le sue opere avevano un forte carattere anti-russo. Con l’altra mano, mantenevano liste poliziesche di tutti quelli che avevano mostrato anche la minima simpatia pro-russa.

Per lungo tempo prima della prima Guerra mondiale, la gendarmeria austriaca compilò liste dettagliate dei “politicamente inaffidabili”. Lo fece nello stile di quell’inimitabile idiozia burocratica messa brillantemente in satira ne “Il bravo soldato Shvejk”. Su tabelle speciali erano elencati i nomi dei sospetti, il loro stato di famiglia e la loro occupazione; la “casella 8” dava “ulteriori dettagli di slealtà o di sospetto”. Tali “delitti” includevano, “ha viaggiato in Russia”, “ha sostenuto la candidatura di Markov (il  leader del partito moscofilo, O. B.) al parlamento”, o, semplicemente, “russofilo”.

Nella casella seguente si raccomandava cosa fare con ciascuna persona se l’Austria fosse entrata in guerra, ma anche in caso di semplice mobilizzazione. Per esempio, “Seguire da vicino, e se necessario, arrestare”; oppure, “deportare all’interno del paese”. È facile vedere come non ci si basò neppure su informazioni attendibili per le punizioni, ma su opinioni e simpatie, cose alle quali è difficile dare un’interpretazione univoca.

L’arresto sembra essere stato il metodo più affidabile. Il costo umano si vide il 1 agosto 1914, allo scoppio della Guerra mondiale, quando nella sola L’vov furono immediatamente arrestati 2.000 ucraini moscofili. I prigionieri erano così tanti da riempire completamente tre prigioni! Quella cittadina. Le celle di detenzione del tribunale locale. E la cosiddetta “casa di detenzione della polizia”. Preoccupato di questa “sovrappopolazione”, il presidio della polizia imperiale e reale di L’vov fece perfino una petizione al governatore della Galizia per deportare rapidamente gli “elementi pericolosi” all’interno del paese, a causa di “mancanza di spazio” e di “disturbi tra i prigionieri, che elevano forti minacce e denunce”.

Secondo il censimento più vicino agli avvenimenti in questione, quello del 1900, a L’vov si contavano 84.000 polacchi, 45.000 ebrei, e solo all’incirca 34.000 ucraini. Gli ucraini erano uno dei gruppi etnici più piccoli della città, se non si contano i tedeschi. E ora immaginate lo shock quando in un colpo solo fu arrestato il 6% degli ucraini della città! Qualunque orrore intimidisse il genio del controspionaggio austriaco, un tale numero di persone non avrebbe potuto rivelarsi tutto composto da spie russe! In primo luogo, al quartier generale a San Pietroburgo semplicemente non sarebbe bastato il denaro per assoldarne tante. In secondo luogo, non avevano neppure bisogno di tanti agenti segreti! Sarebbe stato sufficiente reclutare alcuni lavoratori nelle stazioni per tenere sotto controllo i movimenti delle truppe sui treni, e due o tre ufficiali della guarnigione di L’vov… preferibilmente, di impeccabile ascendenza tedesca.

Allora, che cos’è stato? Un genocidio?

Sì! È stato un genocidio! Le altre definizioni non calzano. E lo dimostra ancora un altro censimento, questa volta polacco, del 1931. Secondo i suoi dati, dall’inizio del secolo, la quantità di polacchi a L’vov è più che raddoppiata, fino a 198,000. Gli ebrei sono salito del 66% da 45.000 a 75.000. Solo gli ucraini , tra tutte le “esplosioni demografiche”, sono rimasti circa lo stesso numero che c’era nel 1900: 35.173. Evidentemente, conseguenza della pulizia etnica austriaca!

Oggi uno degli scrittori ucraini occidentali, Jurij Andrukhovich, che vive a Berlino, ama ragionare sulla buona “nonna Austria”, che avrebbe tanto amato i suoi “nipotini” ucraini. Che nonnina! Proprio una vera maniaca sanguinaria!

E come si è comportata, lo raccontano scarne testimonianze d’archivio. Il comandante della città di L’vov nel 1915, maggiore generale Riml, scrisse in un rapporto all’alto comando: “ritengo che questo genere di partito e di persona (i ‘russofili moderati’) appartenga al regno delle favole; a mio parere, tutti i ‘russofili’ sono radicali e dovrebbero essere distrutti senza pietà”.

Il problema si riassumeva nel fatto che era molto difficile distinguere i russofili dal tipo consueto di ucraino apolitico. Lo era specialmente nel caso degli ordinari soldati austriaci.

L’esercito austriaco consisteva di elementi tedeschi, ungheresi, cechi, polacchi e croati. I suoi soldati si capivano male l’un l’altro e con la popolazione circostante. Certamente, Franz Kafka con il suo “Processo” e il suo “Castello” poteva essere nato solo in questo paese. Tuttavia, il 1914 non era letteratura kafkiana: era vita reale.

A Novye Streliski, i soldati uccisero a colpi di baionetta Grigorij Vovka, che stava nel suo giardino e osservava le truppe austriache che passavano. Gli assassini gettarono il corpo in una capanna e la bruciarono. Nel villaggio di Bortniki i gendarmi arrestarono e portarono via Quattro bambini di dieci anni che avevano guardato un treno di passaggio… sicuramente, bambini così curiosi dovevano essere “spie russe”.

Il sacerdote Grigorij Kachala ricordò come lo avevano interrogato nella prigione di L’vov: l’investigatore “mi prese a pugni, minacciandomi di morte e cercando di spaventarmi per farmi ammettere che mi ero impegnato nella propaganda dell’Ortodossia; ma dopo aver ricevuto da me per la decima volta la risposta che non mi ero occupato di alcuna propaganda, ma avevo solo letto in chiesa un messaggio del metropolita Sheptitskij sull’Orthodossia, senza alcun commento, odinò di riportarmi di nuovo in cella”.

Arrestarono un altro sospetto, Mikhail Zverka, un anziano di 74 anni, dopo che un compaesano lo aveva denunciato per avere letto il giornale “Русское слово” (La parola russa). “Ci volle dal lunedì a venerdì – raccontò – per andare da L’vov a Talerhof. In carri merci destinati a portare sei cavalli o quaranta persone, c’erano 80 o più prigionieri. C’era un calore impossibile e un’aria terribilmente stagnante nei vagoni privi di finestre; sembrava che saremmo morti prima di uscire nell’inferno di Talerhof.

Le autorità austriache ci sottoposero a malevoli torture fisiche all’inizio del nostro arresto. Per aumentare le sofferenze, non ci permisero di lasciare i vagoni, e le porte rimanevano sigillate; dovevamo fare perfino i nostri bisogni fisici nel vagone”.

Il punto finale di destinazione per la maggior parte dei prigionieri era il campo di concentramento nella città austriaca di Talerhof. Prima della guerra quest’area, circondata da tutte le parti dalle Alpi, non era conosciuta da nessuno. Tuttavia, divenne tragicamente nota a partire dall’autunno 1914. Il primo scaglione di prigionieri vi arrivò il 4 settembre. Furono messi in baracche dove non c’erano altro che tavolacci. Lo spazio non era sufficiente. Subito dopo l’arrivo, furono portati al bagno. Dovettero spogliarsi nel cortile e dare i propri vestiti per la disinfezione. Dopo il bagno, i deportati aspettarono al freddo per ore.

Tuttavia, dalla disinfezione non venne alcun vantaggio. Era piuttosto una forma di raffinata derisione. La paglia dei tavolacci era cambiata molto raramente – era tutta infestata da insetti. I guardiani erano in gran parte native della Bosnia. Quelli assegnati ai lavori dall’amministrazione del campo dovevano raccogliere letame di cavallo a mani nude. Nessuno, contadino, intellettuale, prete, poteva essere esentato da questi lavori. Fumare e leggere erano strettamente vietati.

A dicembre scoppiò tra i prigionieri un’epidemia di tifo petecchiale. La sua causa immediata fu la decisione delle guardie di spingere 500 prigionieri ai bagni in uno dei giorni più freddi dell’anno. Metà di loro si ammalò immediatamente. Tuttavia, nonostante le malattie, le guardie continuarono a costringere i prigionieri al lavoro. A sera, tutti tornavano bagnati e stanchi, e al mattino molti non potevano stare in piedi. Ogni giorno si portava via dalle trenta alle quaranta vittime. L’epidemia infuriò fino al marzo 1915. A quel tempo dei 7.000 detenuti ne erano morti 1.350.

Le razioni di Talerhof erano un quinto di quelle giornaliere dell’esercito. Al pasto del mattino, c’era zuppa di facioni; a mezzogiorno, zuppa di barbabietole e pane. Talvolta, rape salate e un pezzo d’aringa. I piatti non erano permessi: ciascuno si arrangiava come poteva. Facevano un buco in un pezzo di pane per versarvi del liquido, oppure spaccavano il collo alle bottiglie usandole come ciotole. La maggior parte dei prigionieri restava senza cibo, perdendo forze fisiche e ammalandosi di scorbuto. Molti cercavano di scampare alla morte per denutrizione mendicando… all’ora del pranzo, prima di tornare nelle baracche, gli intellettuali condividevano con i contadini una parte dei loro pacchi di cibo, dato che le famiglie dei prigionieri più benestanti inviavano pacchi ai loro parenti. Tuttavia, nel lungo tragitto del trasporto dalla Galizia a Talerhof, talvolta il cibo si deteriorava, oppure spariva del tutto. Solo quelli che potevano lavorare avevano una speranza di sopravvivere. I malati sembravano destinati a morte certa.

Oltre alla prigione comune, il campo aveva celle d’isolamento. Tutti i galiziani che si definivano russi o che dicevano che il russo era la loro madre lingua vi erano confinati. Come prima cosa, le guardie bosniache li picchiavano. A un dottore una guardia ferì la gamba a colpi di baionetta in due punti. A ogni prigioniero era vietato guardare nelle finestre delle celle d’isolamento – o le guardie lo avrebbero iniziato a colpirlo con la baionetta al volto. A quelli in isolamento era dato così poco da mangiare, che sopravvivere sarebbe potuto essere solo un miracolo.

Per svagarsi, l’amministrazione del campo ideò ancora un’altra tortura… la sospensione alle funi. Piantarono pali nel cortile, dove legarono prigionieri, appesi per le mani, e li lasciavano a soffrire. Ogni prigioniero restava appeso per due ore. “Circa 48 persone furono sospese a quei pali a rotazione nel corso di due giorni”, ricordò l’ignegner Chizh. Questa tortura ebbe termine solo dopo numerose richieste da parte dei parenti dei prigionieri.

Il’ja Goshovskij, un ferroviere di Stanislava (oggi Ivano-Frankovsk), fu imprigionato nel campo di concentramento con la moglie e due figlie. Ricordò i suoi primi giorni lì, “I soldati tormentavano ogni donna. Le accompagnavano deliberatamente alle latrine e, circondandole da ogni parte, si dedicavano a scherzi innominabili, portando le donne alle lacrime e a crisi isteriche. Non c’era nessuno a cui lamentarsi, perché il comandante della guardia, un capitano tedesco, era peggiore dei suoi subordinati. In uno stesso giorno, i soldati uccisero tre contadini che non sapevano il tedesco, per non aver ubbidito agli ordini, e li seppellirono in una fossa comune”.

Tutte queste cose ebbero luogo per mano di persone, di cui nessuna fu accusata! Nessuno sembra sapere da chi furono perpetrate.

Ma c’è una cosa peggiore di queste… la perdita della memoria storica! Se chiedete ai galiziani contemporanei se sanno qualcosa sulle repressioni staliniane, faranno allegramente cenno di sì col capo, ma nessuno ricorda Talerhof. È come se non fosse mai esistito. Intanto, esaminando le liste delle vittime del terrore austriaco del 1914-17, ho incontrato nomi di conterranei, e come minimo i cognomi di alcune persone ben note, che vengono dalla Galizia.

Prendete per esempio il presentatore di notizie del “5° Canale” Evgenij Glebovitskij, giunto a Kiev da L’vov. Talerhof era piena di Glebovitskij. C’era Grigorij… un giudice. E Nikolaj… un deputato del parlamento austriaco. E Pavel… un sacerdote.

O Alena Prigula, la redattrice della pubblicazione internet “Украинская правда” (La verità ucraina). Una lista dei “politicamente inaffidabili” compilata dalla gendarmeria austriaca di Zholkva mostra un Kirill Pritula, padre di quattro figli, “russofilo radicale e agitatore”, che aveva fatto un viaggio in Russia. E ancora un altro Pritula, un postino impiccato dagli austriaci nel villaggio di Zaluch’a nel distretto di Snjatyn.

Jurij Vinnichuk, di L’vov, scrive libri meravigliosi.  In mezzo ai repressi del 1914, troviamo il nome dell’editore e ufficiale di riserva Vinnichuk, accusato di “alto tradimento verso l’Austria-Ungheria e russofilia”. Dapprima, fu imprigionato a L’vov, e quindi passò due anni in prigione a Mukachevo, Kolozsvár (Cluj), e Budapest, finché nel faggio 1916 fu rilasciato dopo la fine delle indagini. Incidentalmente, la ragione del suo arresto fu una denuncia da parte di un “Comitato degli ufficiali ucraini” guidato da pan Mygajljuk… insegnante di ginnasio a Chernovtsy.

E quanti Zvarich! Evstrafij, liceale di Sulimova, mandato a Talerhof. E Kirill… anche lui mandato là per accuse assurde di “aver cercato di avvelenare l’acqua dei soldati magiari stazionati a Zhuravne”. E Matfei, contadino di Dubravka, per aver detto, “Le truppe russe possono raggiungere il distretto di Zhidachevsk”. Dopo la denuncia di un compaesano, l’analista si trovò immediatamente in carcere per il crimine di una previsione accurata.

Felix Austria, con i tuoi valzer e le tue operette, quanto hai amato i tuoi cittadini ucraini! Sarebbe interessante sapere: i parenti e gli omonimi delle vittime ricordano questo “amore”? E se lo ricordano, perché rimangono in silenzio?

 
Nello spazio alla gloria di Dio

Che cosa hanno in comune gli astronauti e i monaci? Hanno la benedizione per uno studio dell'universo? Come comportarsi con le "prove" di contatti con alieni? Perché un monaco ha bisogno di sottoporsi a una "preparazione ai viaggi nel cosmo"? Come pregano i "monaci" delle stazioni spaziali? Queste e altre domande sono state fatte dalla corrispondente del portale Pravoslavie.Ru all’igumeno Iov (Talats), rettore della Chiesa della Trasfigurazione a Zvezdnij Gorodok ("Borgo delle stelle"), che per tradizione stabilita fa gli auguri ai cosmonauti prima del loro volo nello spazio.

Padre Iov in assenza di gravità

Padre Iov, prima di iniziare la nostra discussione, vorrei ringraziarla per aver dedicato del tempo per incontrare - perché siamo alla vigilia del Giorno dei cosmonauti, che è diventato per lei quasi una festa professionale, più importante di molte occasioni di festa.

Sì, cerco sempre di partecipare attivamente alle attività legate allo spazio. E quest'anno, è successo che poco prima della festa è andata in orbita una nuova missione spaziale - l'equipaggio della "Soyuz TMA-08M": Pavel Vinogradov, Alexander Misurkin e Christopher Cassidy. E la spedizione precedente è rientrata con successo.

Accompagna i cosmonauti nel loro viaggio?

- Sì; di solito, prima di essere inviati al cosmodromo di Bajkonur, arrivano alla Lavra della Trinità e di san Sergio, inizialmente si accostano alle reliquie di San Sergio, poi serviamo un Moleben nella chiesa di san Nikon, li aspergo di acqua santa e dono a ciascuno per il viaggio un dittico di icone con la Madre di Dio e il Salvatore, così come un piccolo vangelo.

Se non chiedono di confessarsi e comunicarsi poco prima del volo, io resto alla Lavra della Trinità e di san Sergio e prego che i ragazzi abbiano successo alla stazione spaziale. Ma se lo richiedono, vado con loro circa cinque giorni prima del lancio da Bajkonur. Là non è consentito a nessuno di stare vicino a loro - sono in regime di osservazione, tanto che devo dare loro la comunione tre giorni prima della partenza. Ma a volte mi faccio vedere sulla scala del veicolo spaziale. Con la croce.

Si sa che i cosmonauti da tempo hanno periodicamente visitato la Lavra della Trinità e di san Sergio, anche Jurij Gagarin è stato qui, però dopo il volo. Probabilmente hanno avuto contatti con qualcuno dei monaci del monastero. Come è accaduto che proprio lei sia diventato padre spirituale del distaccamento dei cosmonauti?

Per caso. Anche se... la Scrittura dice che tutti i capelli del nostro capo sono contati e non vi è nulla di casuale. L’anziano Varsonofij di Optina ha detto che se la gente guardasse con attenzione la propria vita passata e presente, allora potremmo prevedere il futuro. Il caso non esiste. Non c’è mai stato e non ci potrà mai essere. Per rispondere alla sua domanda, dico: naturalmente, per la Provvidenza di Dio. Non perché io sia tanto buono o intelligente. Ma così ha giudicato Dio. È la mia croce, che devo portare. Ma quanto a come sono andate le cose... Ho un amico. Un caro amico, con il quale siamo stati tonsurati assieme - il vescovo Zosima di Jakutsk. Una volta eravamo seduti in monastero, e mi ha chiesto se ero stato a Zvezdnij Gorodok. Ho risposto, "Certo che no. Come ci potrei arrivare!" E devo dire che sono interessato allo spazio fin dall'infanzia. Anche nella vita da monaco non ho abbandonato la mia passione: in cella ho un telescopio e mappe del cielo stellato. I fratelli erano al corrente della mia ricerca... Quindi, il vescovo Zosima mi ha detto felice che in mezz'ora sarebbe arrivato al monastero il suo amico - Valentin Vasil’evich Petrov, docente dell’Accademia J. A. Gagarin, e che mi avrebbe potuto condurre in visita a Zvezdnij Gorodok. Così 11 anni fa sono andato a Zvezdnij in gita turistica. Mi hanno portato in giro, mi hanno mostrato i simulatori e mi hanno permesso di salire dappertutto, di toccare tutto, di provare tutto. Sono stato felice, ma ho pensato che la storia fosse finita. E poi, dopo una settimana e mezzo o due, è venuto a trovarmi da Zvezdnij il cosmonauta Jurij Lonchakov. Prima da solo, poi con la moglie, e poi portando il distaccamento dei cosmonauti, e poi mi ha presentato al capo del Centro per la Preparazione dei Cosmonauti (allora il capo del CPC era Vasilij Vasil’evich Tsibliev).

Benedizione del cosmonauta Roman Romanenko per un volo. Icona di San Nettario di Egina - un dono della badessa del monastero di san Nettario - che Roman ha portato con sé in orbita. In piedi: il sacrestano Aleksandr, R. Romanenko, p. Iov, il cosmonauta Valerij Korzun con lo sticario.

I cosmonauti hanno iniziato a venire più spesso alla Lavra. Abbiamo parlato. A volte, le conversazioni duravano otto ore. Con Vasilij Vasil'evich Tsibliev, Jurij Valentinovich Lonchakov, Fedor Yurchikhin, Yuri Gidzenko. Con molti. Il giorno dopo, appena svegli - ancora una volta otto ore di conversazione. In un primo momento, tanto discutevamo di questioni spirituali.

A poco a poco, è venuta l'idea che i cosmonauti che si preparano a lavorare in orbita - quelli che lo desiderano - venissero alla Lavra: a pregare per il loro cammino, a ricevere la benedizione. Ma da chi? Dallo stesso Abba Sergio - l’igumeno della terra russa. E in tutto questo tempo, solo uno dei nostri cosmonauti si è rifiutato. E poi - sono arrivati ​​gli americani, e gli astronauti europei, e anche giapponesi e coreani. C’è stato un caso: è arrivata la prima donna cosmonauta coreana. Ho pensato che fosse buddista, e quando i ragazzi hanno ricevuto la benedizione, con tatto l’ho mandata a fare un’escursione. Ma poi mi si è avvicinata, ha tirato fuori una croce, me l’ha mostrata: "Io sono cristiana, batjushka. Mi benedica! "

Quindi, a partire dal 2007, ho cominciato ad accompagnare tutti gli equipaggi che hanno volato nello spazio.

Ha detto che è stato interessato dallo spazio fin dall'infanzia, e, a quanto pare, non era una fugace passione da bambino, come quando un ragazzo sogna avventure eroiche, e si immagina oggi cosmonauta e domani vigile del fuoco.

Sì, anche prima di prendere la decisione di diventare monaco, ho pensato molto sul serio di entrare nel distaccamento dei cosmonauti. All’inizio avevo progettato di completare l’accademia militare di Kachin, e quindi di fare la domanda di ammissione al distaccamento.

Da cosa veniva questo sogno - di andare in volo spaziale?

Non posso dire. Non perché sia un segreto. È un mistero di Dio. Ecco, pensate: già a tre anni ero entusiasta dei missili! A scuola costruivo modellini di razzi di tutti i tipi, di cartone, che si alzavano per un metro e mezzo o due ed esplodevano. Non volavano. Mi ricordo che potevo trascorrere ore seduto sul balcone a guardare il cielo notturno. Ma ora, guardando indietro, mi rendo conto che, senza capirlo fino alla fine, ho sempre voluto cercare Dio. Quando il tempo era buono, non c'era la luna, e la Via Lattea era chiaramente visibile, guardavo - e già sentivo con il respiro: "Signore!" Quando vedevo il numero delle stelle, mi rendevo conto che non era così per caso - qualcuno le aveva disposte. E poi, quando mi è stato insegnato a pregare (ero ancora un bambino, mia nonna ha insegnato le preghiere, e probabilmente già a 5 anni conoscevo le preghiere della Madre di Dio, e il "Padre nostro"), ho letto le preghiere della notte, guardando l’estensione del cielo stellato. L'ammirazione per questo universo è stata sempre molto profonda dentro di me, e l’interesse per la scienza non ha mai contraddetto la mia fede. Non mi sono mai stancato di studiare il cielo stellato sopra le nostre teste, meravigliandomi come di tutto è sapientemente disposto dal Signore dell'universo. Ho potuto dire solo una cosa: "Signore, come hai creato tutta questa saggezza! Signore, quanto è bello tutto! Signore, e tu chi sei, se hai creato un mondo tanto bello, chi sei, allora, tu? "

Quand’è stato il punto di svolta? Quand’è che il futuro cadetto della scuola di volo ha deciso di diventare un seminarista?

Quando ho letto il Vangelo per intero. Lentamente. A un tratto tutto è caduto al proprio posto. La prima volta ho letto il Vangelo durante il servizio militare... Ma quando sono tornato dall'esercito, l'ho letto lentamente. Prima di allora, mi facevo tutti i tipi di domande: perché le cose vanno così, e non diversamente? E chi sono io? Perché sono qui? E perché sono vivo? …Quando ho letto il Vangelo, tutti i problemi sono scomparsi. In generale. Non ho capito molte cose nelle sacre Scritture, ma ho provato un tale stato da poter ripetere le parole degli apostoli Cleopa e Luca... Ricordate, dopo che hanno fatto parte della strada verso Emmaus, fianco a fianco con il Signore, hanno detto: "Non ci ardeva forse il cuore quando ha parlato con noi? "

L’igumeno Iov nel cielo a testa in giù durante un’acrobazia "a vite" su un aeroplano L-39

Così, quando ho letto i Vangeli, mi ardeva il cuore... Provavo una tale gioia! Sapevo che era la verità. Tutta la verità è nel Vangelo, tutta. E il problema era risolto, dovevo cercare un altro cielo. Il cielo che siamo in grado di vedere attraverso un telescopio è interessante, e contemplandolo possiamo essere felici e più vicini a Dio. Ma questo era un viaggio più lungo. E più diretto - puntava direttamente verso il cielo supremo!

Circa cinque anni fa, ero seduto nel monastero della Trinità e di san Sergio, di cui sono monaco, insieme con i cosmonauti Jurij Lonchakov e Valerij Aleksandrovich Korzun. Era venuto a farci visita un famoso teologo greco - vladyka Hierotheos (Vlachos), che ha scritto un libro sulla preghiera di Gesù. Ha detto che i cosmonauti e i monaci hanno molto in comune - i cosmonauti, così come i monaci, tendono al cielo: tutte le forze, tutta l'energia della mente, del cuore, dell’anima, del corpo - tutto è diretto verso di lui. Solo che i cosmonauti sono attratti dal secondo cielo, e i monaci direttamente dal terzo. Ma il compito del cosmonauta, che si avvicina al secondo cielo, è di spingere il cuore ulteriormente - verso il terzo.

Ci spiega che cosa sono il secondo e il terzo cielo?

Sappiamo dalla tradizione della Chiesa che Dio ha creato tre cieli. Il primo è l'atmosfera visibile. Il secondo è il firmamento celeste: è lo spazio, che vediamo quando guardiamo il cielo stellato, e dove vediamo le stelle, le galassie, i pulsar, i quasar. L'intero universo è per noi il secondo cielo. È piuttosto esteso. Ora il telescopio "Hubble" cattura i confini dell'universo visibile, e il punto più estremo è ad una distanza di 14 miliardi di anni luce. Immaginate: la luce arriva a 300 mila chilometri al secondo, a da lì ci vogliono 14 miliardi di anni - pensate che distanza inimmaginabile! Il nostro sistema solare non è nemmeno un grano di polvere in confronto con l'universo.

E il terzo cielo è il mondo supremo.

E dove si estende?

Il mondo supremo è un mondo diverso! Non c'è spazio o tempo. Dal momento che viviamo in un mondo materiale, possiamo indicare, destra-sinistra, ma là è tutto il resto! Là non volano le astronavi! Ci si può salire solo con un cuore puro. Si dice: "Beati i puri di cuore, perché vedranno Dio" Nel mondo supremo può salire qualsiasi persona, non deve essere un cosmonauta. È accessibile alla nonna semplice e al professore. All’istruito e all’incolto. La principale condizione è adempiere i comandamenti di Dio, purificare il proprio cuore. In questo modo ci avviciniamo al nostro Cristo. E poi ci si apre il mondo supremo - un altro universo. Sul fatto che Dio ha creato due universi, ci sono testimonianze. La Scrittura dice: "In principio Dio creò il cielo e la terra." Il beato Agostino e molti altri Padri ha scritto che il cielo di cui parla questa parte della Scrittura, non è solo il cielo materiale - è il mondo spirituale, l'universo spirituale. È stato scritto in ebraico antico, ma noi usiamo meno parole. Per noi "cielo" è sia quello che si vede sopra le nostre teste, sia il cielo di Dio, ma nella Scrittura "cielo" significa il mondo supremo, quello spirituale, in cui sono stati creati gli angeli, dove è il Signore, dove non c'è corruzione. E la terra, creata da Dio, non è solo il nostro pianeta - la nostra sfera, è il mondo materiale, l'universo materiale: la Terra, il Sole, la galassia M-31, la galassia M-81, la galassia IC 1101, ecc, ecc.

Ma già quando si descrive il secondo giorno della creazione, e il discorso passa sulla Terra, tutto si restringe al nostro sistema solare e, infine, - alla nostra sfera. Ha capito? E ancora - tutto ciò che è attorno alla parola "terra". Le parole in lingua russa non sono sufficienti per descrivere le differenze...

Batjushka, non c’è forse una percezione che il secondo cielo sia un luogo abitato da spiriti maligni...

Sì, senza dubbio.

Che cosa significa: che tutto ciò che circonda il nostro pianeta è un mondo di spiriti maligni? Così, i cosmonauti dovrebbero letteralmente cadere nell'inferno?

No, davvero. I demoni non sono solo nello spazio - sono ovunque. E anche sulla Terra. Vediamo quante guerre, violenze, saccheggi... Gli uomini ne combinano molte, ma non da soli - che cosa pensa, chi li spinge? Sono qui! Sono venuti sulla Terra, ma possono essere anche nello spazio. Sono spiriti - esseri incorporei. Sono gli angeli caduti lontano da Dio (circa un terzo di tutti quelli creati dal Signore degli angeli), e divenuti demoni. Noi abbiamo un corpo, ci muoviamo lentamente, ma essi sono dotati di poteri ed energie incredibili. San Serafino di Sarov ha detto che il più debole diavoletto può far girare il mondo con il dito mignolo. Dio non lo voglia. Solo la sua grazia ci sostiene. E angeli caduti possono muoversi con grande velocità - sulla Terra e nello spazio. Non hanno bisogno di razzi, che volino alla velocità della luce, non hanno bisogno di scafandri, perché sono al di fuori dell'influenza di queste forze materiali: temperature e altre esposizioni elevate. Essi non sono soggetti a questi effetti, e noi invece sì. E, naturalmente, possono servirsene. Il grande anziano Sofronio (Sakharov), un discepolo di san Silvano, ha detto che le esigenze di una persona, non importa dove sia - qui, sulla Terra, o in qualche altro universo - sono in primo luogo di imparare a pregare e di essere con Dio! Per questo ogni persona deve entrare in un confronto con gli angeli caduti. Quando una persona nasce, il diavolo manda un suo angelo caduto per tentare l'uomo. Quando siamo battezzati, Dio ci dà un angelo custode. Queste due creature ci accompagnano per tutta la vita. Una spinge al peccato, l'altra a fare il bene. A seconda di chi ascoltiamo di più, viviamo in modo corrispondente. Se ci affidiamo di più all’angelo custode, andiamo in chiesa, ci sforziamo di vivere una vita cristiana. E se commettiamo errori per la nostra debolezza, allora abbiamo un grande mistero - la confessione. Andiamo a pentirci di non essere vissuti come immagini di Dio. Chiediamo perdono al Signore - e andiamo avanti. Ma se siamo testardi e ci impuntiamo: "Voglio questo", vuol dire che stiamo seguendo i consigli di una creatura completamente diversa. Ed essi ci tentano ovunque con i loro pensieri. Pensa che un astronauta in orbita intorno alla terra abbia più pensieri? E noi, qui, di meno? Basta vedere: ci arrabbiamo, ci irritiamo, condanniamo... Cosa non entra nel nostro cuore!

Sì, ma se una persona nel mondo ha la possibilità di andare in chiesa, alla confessione, alla comunione, gli astronauti a bordo di una stazione orbitale sono dei diseredati. Com’è che questo si riflette su quelli che sono abituati a ricorrere regolarmente ai sacramenti sulla Terra? In realtà, tra i cosmonauti queste persone non sono poche...

Sì, per loro è difficile. Ma pregano. E poiché Dio giudicherà prima di tutto i nostri desideri ... Per esempio, se uno ha la possibilità di andare in chiesa e partecipare ai sacramenti, e non lo fa - questo è una cosa. Ma se questo non è possibile, a per questo prega, chiede aiuto, benedizioni, ci sarà comunque una grazia molto speciale a proteggerlo. Il Signore custodisce i cosmonauti che si rivolgono a lui. Ed essi si rivolgono al Signore il più possibile. Per esempio, so che Jurij Lonchakov, Fedor Jurchikhin, Sasha Samokutjaev, Valerij Korzun, hanno letto le preghiere del mattino e della sera durante il loro soggiorno sulla Stazione Spaziale Internazionale. Jurij Lonchakov ha fatto in tempo a studiare tutta la Bibbia da cima a fondo. Poi hanno condiviso le loro impressioni, che anche nello spazio, durante la lettura delle sacre Scritture, hanno chiaramente sentito la presenza di Dio. E purtroppo hanno ammesso che sulla Terra la sensazione si è persa rapidamente.

Padre Iov e il cosmonauta Jurij Lonchakov subito dopo l'atterraggio. Steppa kazaka.

Ci sono stati casi in cui persone non credenti hanno volato in orbita, e, vedendo la bellezza dell'universo, si sono rese conto che non poteva essere nato dal caos e hanno potuto sentire la mano di un Creatore sapiente. Questa presa di coscienza, per esempio, è venuta a Gennadij Manakov durante le passeggiate spaziali. Si è reso conto che un pianeta tanto speciale nell'universo non si poteva ottenere attraverso l'evoluzione. Per lui questa questione era risolta. E anche Onufrenko ha detto che, di ritorno da un ultimo volo, a 10 chilometri di altezza, si sono guastati i sistemi di paracadute. E ancora a 9 chilometri non funzionavano, e a 7 ...A questo punto ha iniziato a pregare, chiedendo a Dio di aiutarlo. E il Signore, naturalmente, lo ha ascoltato...

Ma succede anche a persone che ricorrono all'aiuto di Dio, lavorando sodo, che ancora qualcosa non torni. Non è un segreto che molti degli astronauti hanno avuto problemi con il distaccamento o con l'equipaggio della nave. Un credente dovrebbe vedere in questo la Provvidenza di Dio, e pensare: forse non ne vale la pena, forse per lui questo cammino è disastroso?

Possono esserci diverse situazioni. Se ci capita qualcosa di sbagliato, potrebbe significare che Dio mette alla prova una persona. Forse il Signore richiede di dimostrare volontà e perseveranza. È scritto: "Bussate, e vi sarà aperto, chiedete e vi sarà dato". Solo una persona con una comprensione spirituale può vedere la luce, la vera causa degli altri casi. Ecco perché è necessario chiedere benedizioni, consultarsi con i padri spirituali, con gli anziani. Forse il Signore richiede pazienza: "chi persevera sino alla fine sarà salvato". Immaginate se l’apostolo Paolo, venendo alla città di Corinto, avesse detto: "Bene, non mi hanno accettato, vuol dire che è la volontà di Dio " ...e se ne fosse andato. Fu lui a muoversi e ad andare al popolo, e il popolo è diventato cristiano, si è pentito e si è corretto.

Oppure, per esempio, un ostacolo per raggiungere quel che desideriamo è la nostra passione. Ci vuole coraggio perché l’uomo superi la sua debolezza. Se lo fa, con l'aiuto di Dio, lottando e soffrendo, piangendo, si pente, si umilia, alla fine, credo, riceve la grazia. Se ci è permesso di cadere in qualche tentazione, il motivo principale è perché siamo orgogliosi... non appena ci umiliamo, non ci colpisce più niente. Nessuna pallottola spirituale. Nessuno sarà in grado di catturarci. E se una persona è abile, di talento, intelligente, deve ricordarsi che ogni dono che Dio ci dà, deve glorificare il Creatore.

Se un uomo di grande abilità e di incredibile umiltà, dopo aver superato con dignità le prove della gloria del mondo, e avendo, a mio parere, un vero dono di amore per il popolo fino al sacrificio, fino a quando dovrà ancora sperimentare dolori? Ed essere anche tragicamente ucciso? Voglio dire, il primo cosmonauta - Jurij Gagarin. La sua morte è stata un disegno della provvidenza?

È difficile ora dire perché sia ​​stato ucciso. Non abbiamo ancora alcuna conoscenza reale di ciò che è accaduto nella realtà. Mi è stato detto che gli erano stati rivelati alcuni segni che non avrebbe più dovuto volare. La mamma di Jurij Alekseevich, Anna Timofeevna era amica della schima-monaca Macaria, che viveva nella provincia di Smolensk. Gagarin andò tre o quattro volte da madre Macaria e portò i suoi medici dell'ospedale del Cremlino, l’aiutò con legna da ardere. E lei lo avvertì di non volare. Tuttavia, egli non era una persona di chiesa - e non le diede ascolto. Deve essere incredibilmente grande la fiducia in una persona che ti sta parlando così. E Jurij probabilmente non aveva completa fiducia. Sì, per un pilota abbandonare il volo, anche se comprende tutto - è molto difficile. Ho avuto anch’io a che fare con una simile esperienza di umiltà, so di cosa parlo. Volevo scappare via sul Monte Athos. Non avevo detto a nessuno dei miei piani – solo che volevo andare in pellegrinaggio. Ma le cose non stavano andando bene con i documenti... e i fratelli sono andati a incontrare l’anziano Nikolaj Gurianov sull'isola di Zalit; e qui io in modo subdolo - senza rivelare tutta la verità - ho chiesto di ottenere la benedizione di batjushka Nicola per il mio viaggio. I fratelli sono tornati, e hanno riferito il messaggio che Padre Nikolaj ha chiesto di darmi: potevo andare in pellegrinaggio, ma non dovevo andarmene per sempre. Ma come poteva conoscere i miei veri piani? È con le sue parole che il Signore mi ha fermato. E io le ho ascoltate. Ma altri fino allora non li volevo ascoltare! Non so cosa sarebbe accaduto, se non ci fosse stato padre Nikolaj. Ma Jurij Gagarin magari non poteva fidarsi. Certo, era un uomo buono, straordinario, ha aiutato moltissime persone, ha procurato loro appartamenti, le ha protette. Ma... era un pilota, giovane, pieno di energia - e poi improvvisamente gli è stato detto di non volare. Ed era andato per la seconda volta nello spazio! Qui, naturalmente, la Provvidenza di Dio era probabilmente il fatto che se fosse stato un uomo di chiesa e avesse ascoltato qualche anziano, avrebbe trovato la forza di essere umile...

Il comandante dei cosmonauti, Jurij Lonchakov, ha portato con sé a bordo della Stazione Spaziale Internazionale le icone di san Nicola

Quando morì, la cosa fu segnalata, naturalmente, all’anziana Macaria. Lei chiamò un prete, e fece il servizio funebre a Jurij proprio nella sua cella. Matushka disse: "Jura era una persona molto limpida, non era colpevole di niente". Disse così, perché prevedeva le accuse future, quando alcuni hanno affermato che Gagarin e il suo istruttore Seregin avevano bevuto prima del volo. Erano tutte menzogne ​​e calunnie. Facendo l'analisi dei resti non si è trovato un grammo di alcol. Erano tutte speculazioni.

Il 27 marzo di quest'anno ha segnato il 45 ° anniversario della morte del primo cosmonauta. Come ha ricordato questa data triste?

Io, purtroppo, questa volta stavo partendo per Bajkonur - per scortare l'equipaggio. Di solito il 27 marzo vado insieme ai cosmonauti a Kirzhach - la cittadina nei pressi della quale si è schiantato Gagarin. Là in chiesa ha luogo una commemorazione funebre - serve padre Andrea, e spesso io vi prendo parte. Poi c’è un piccolo incontro e una processione con fiori - andiamo al luogo della morte di Gagarin. E poi incontri, conversazioni. In generale, lo ricordo a ogni funzione che celebro. Come per tutti i nostri ragazzi. Sergej Korolev, e Boris Rauschenbach, e Pavel Popovich, German Titov e - in generale, tutti coloro che sono stati battezzati. E anche i genitori di Gagarin e Korolev.

Le è stato richiesto dai parenti di Jurij Alekseevich?

No, penso solo che è il mio dovere. Sa, ho iniziato a ricordare costantemente Jurij Alekseevich - nella lettura del Salterio, e nella Liturgia - sei o sette anni fa. E circa un anno dopo ho fatto un sogno... Certo, non si deve credere nei sogni, ma ve lo racconto come è stato... vedo un giardino fiorito. Alberi di melo. E dal giardino esce Jura, tutto vestito di bianco, ride, sorride. E io sto sul confine del giardino - non vi entro, e lui viene da me, mi abbracciò, e senza dire nulla, rientra. Ecco come è stato il sogno. Ho pensato che significava che dovevamo pregare ancora.

Padre Iov, come padre spirituale degli astronauti, lei ha qualche nomina ufficiale regolare?

A dire il vero, mi è stato offerto di entrare nel gruppo, che vola in assenza di gravità e di prendere parte a tutti i voli di addestramento. Ma ho rifiutato. Ho chiesto consigli qui alla lavra - e sono giunto alla conclusione che non posso sempre volare. Spesso ci sono addestramenti a cui non posso partecipare, perché nello stesso momento ho da celebrare funzioni. E oltre a questo, ho molte responsabilità nella chiesa della Trasfigurazione, e non solo nel tempio. Avevo paura di piantare in asso i fedeli. Ma, se necessario, posso sempre volare. Quando invitano i bambini, cerco immancabilmente di esserci.

E qual l’addestramento a questi "voli in assenza di gravità"?

Si svolge su un aereo "IL-76", a quanto pare. C'è un salone enorme. 4 metri di larghezza, 3 metri di altezza. Volare come un uccello - è così bello! Lo stato di assenza di gravità si ottiene durante un volo parabolico, e cioè l'aereo fa delle "colline" - va in su, poi comincia a scendere, e in quel momento vi è assenza di peso. Dura circa 30 secondi. Poi sale di nuovo - e di nuovo cade per 30 secondi. Ogni volo comprende una decina di colline.

Quante volte ha "volato in assenza di gravità"?

Nove.

Padre Iov (Talats) in assenza di gravità

Ma è molto difficile! È necessario avere un buon apparato vestibolare. È stato esaminato prima del volo?

Sì, sono stato controllato a suo tempo. A dire il vero, là non mi sento male. All’inizio, naturalmente, quando abbiamo fatto il primo volo, mi è stato chiesto come mi sentivo. In assenza di peso si ruota su se stessi. Voli una volta, due volte, poi riprendi sempre più peso. Ma, grazie a Dio, tutto è andato bene.

Ci descriva, la prego, le sue sensazioni durante il volo in assenza di gravità.

È difficile da spiegare... Provate a immaginare: noi viviamo qui sulla Terra, in termini di gravità, a causa di questo siamo in grado di camminare. Gettiamo un sassolino - questo cade. Ma non possiamo strisciare sul soffitto o sulle pareti come le mosche. E negli addestramenti, nei momenti di assenza di peso si può salire sul soffitto, volare come un uccello. Quando si versa l'acqua, questa non ricade, e fluttua in forma di palline. Naturalmente, è una sensazione incredibile, perché si inizia a capire che l'intero universo materiale è in questo stato, in cui tutti gli oggetti più grandi  giacciono in assenza di gravità, che c’è molto poca gravità nell'Universo. L’assenza di peso è come uno stato primigenio...

Pensa che in assenza di peso l'uomo ritorni davvero a uno stato primigenio?

No, non penso. Poiché gli esseri umani hanno vissuto in Paradiso, e non era davvero un mondo in cui non c'è gravità - avevamo un corpo, ma non ne avremmo avuto bisogno, e neppure di gambe e braccia. Si tratta semplicemente di un altro stato. Non siamo in grado di rispondere a tutte le domande. Per esempio, Dio ha creato l'universo - spirituale e materiale. Se prima della caduta c'era un universo materiale come è ora, non lo sappiamo per certo. Ma si può dire, almeno per quanto riguarda i rapporti con alcune leggi, che, ovviamente, in questo ambiente materiale non c'era la morte. Infatti la morte è venuta con il peccato dell'uomo. Ed è entrata, non solo nella persona - è arrivata nell'universo. C'è una legge - la seconda legge della termodinamica: tutto va dal complesso al semplice, poi ognuno muore e si decompone. Ora l'universo funziona così. Prima della caduta, credo, non era così.

Ma per quanto riguarda l’assenza di gravità, il peso non è davvero una manifestazione del peccato dell'uomo. Penso che questa sia una legge fondamentale, che si basa sulla grande saggezza dell'universo. Come è detto nel libro di Giobbe il sofferente: "Dio stende il nord sullo spazio vuoto e tiene sospesa la terra sul nulla". Parole meravigliose. Vale a dire, la Terra e il Sole, e le stelle n sono appese sul nulla. Dio ha creato il mondo con tali leggi. Penso che le persone che sanno purificare il loro cuore siano in grado di vedere.

Padre Iov, è riuscito immediatamente a stabilire una comprensione reciproca con tutti i membri del distaccamento degli astronauti? Dopo tutto, un prete, un monaco che prende parte attiva alla vita del distaccamento - è abbastanza inusuale per i cosmonauti di quegli anni.

All’inizio mi hanno tenuto sotto osservazione. Poi mi è stato offerto di passare nell’organico della preparazione dei cosmonauti.

E lei ha accettato? Di chi è stata questa idea?

La proposta è venuta da Vasilij Vasil’evich Tsibliev, che allora era responsabile dei centri di formazione. Persona meravigliosa. Tenente Generale, Eroe della Russia, due volte nello spazio, vi ha spento un incendio...

In un primo momento ho dubitato. Da un lato, è interessante, ma - io sono un monaco. Ci ho pensato e ripensato: non vi è alcun peccato, ma è necessario? Ho chiesto a uno dei nostri anziani alla lavra. E lui ha detto, devi farlo! Come ha scritto l'apostolo Paolo: "mi sono fatto Giudeo con i Giudei, per guadagnare i Giudei; con coloro che sono sotto la legge sono diventato come uno che è sotto la legge, pur non essendo sotto la legge, allo scopo di guadagnare coloro che sono sotto la legge. Con coloro che non hanno legge sono diventato come uno che è senza legge, pur non essendo senza la legge di Dio, anzi essendo nella legge di Cristo, per guadagnare coloro che sono senza legge. Mi sono fatto debole con i deboli, per guadagnare i deboli; mi sono fatto tutto a tutti, per salvare ad ogni costo qualcuno". E l’anziano ha aggiunto: "Può essere che risponderai per queste persone al Giudizio Universale! Devi aiutarli, in primo luogo a venire a Cristo! Se accetteranno Cristo sulla terra, ogni attività, ovunque siano - anche su un altro pianeta - sarà per la gloria di Dio!" Qualunque cosa la gente può fare, deve farla in nome di Dio...

Così ho cominciato a ricevere una formazione. Il primo allenamento è stato una simulazione di uscita nello spazio aperto "Exit 2". In uniforme completa - in una tuta spaziale "Orlan-MT". Sono andato insieme a Valerij Korzun, vi abbiamo lavorato per circa due ore.

Padre Iov, l'ex capo del Centro di Preparazione dei cosmonauti V. V. Tsibliev e il cosmonauta Valerij Korzun in un idrolaboratorio. Padre Iov e V. Korzun indossano tute blu a raffreddamento idrico, in cui l'acqua ​​circola in tubicini cavi per evitare il surriscaldamento della tuta da astronauta sotto carichi pesanti

Circa due settimane dopo, ho volato in assenza di gravità, e dopo altre due settimane - il secondo volo. Un mese o due o tre, sono passato alla idro-assenza di gravità. Questa consiste in passeggiate spaziali simulate, ma in acqua, per imparare a lavorare in uno spazio privo di supporti. I corsi di formazione sono in una grande piscina, dove a una profondità di circa 8-12 metri hanno costruito una riproduzione in grandezza naturale del segmento russo della Stazione Spaziale Internazionale. Vi ho lavorato per 2 ore - 2 ore e mezza, e durante questo periodo ha perso 1,5 kg. E questo è molto poco! Per i ragazzi l’allenamento o il lavoro reale può durare fino a 6 ore!

Ho volato sugli aeroplani "A-39". Su voli acrobatici. In primo luogo, aiuta a imparare a navigare nel cielo, ma ero curioso di provare un carico di gravità superiore. La prima volta ho avuto un sovraccarico di 5 g! Ho volato con una tuta anti-pressione. La seconda volta, ho fatto figure di pilotaggio complicato: un giro da battaglia con due giri della morte - da una parte e dall’altra, un pilotaggio Nesterov, un cavatappi e una campana! La terza volta che ho provato senza la tuta anti-pressione, c'era un carico di circa 6,5 ​​g. Beh, mi schiacciava un po'. Mi si sono anche incavate le guance.

Ho dovuto imparare la struttura del veicolo spaziale - con Jurij Lonchakov. Naturalmente, in modo limitato. E ho anche fatto l’esame. Beh, come uno scherzo. Abbiamo organizzato situazioni di emergenza. E alla fine, ricordo di essermi seduto - e improvvisamente è uscito fumo dal basso. Chiedo: "Jurij, cosa devo fare adesso?" E lui risponde: "Padre, non resta che una sola cosa da fare - pregare!"

In alcune interviste, i cosmonauti, parlando di situazioni di emergenza, dicono, "Agire secondo le istruzioni, e correre subito a pregare - è poco professionale". Quindi, al Signore ci si deve rivolgere in circostanze assolutamente inevitabili, quando l'unica speranza di un miracolo?

Naturalmente, questo non è del tutto vero. Credo che i ragazzi dicono così perché proprio non comprendono completamente. Sì, un cosmonauta una volta mi ha chiesto: "Batjushka, se scoppia un incendio, e io prego, il fuoco si spegne, o cosa?" Se avesse fede come gli antichi, come i grandi apostoli - allora sì! Avrebbe solo da inginocchiarsi, pregare - e tutto si spegnerebbe in un attimo. E dal momento che non ha una tale fede, deve solo incrociare le dita e dire: "Signore, benedici", e andare a spegnere il fuoco. E Dio lo aiuta a spegnere le fiamme. E se ne avete la possibilità, ma la ignorate, vi inorgoglite e sperate solo nelle vostre forze, non sono sicuro che riuscirete a spegnere correttamente il fuoco...

L’ho già detto, e lo ripeto ancora una volta, perché è molto importante: tutto, ma proprio tutto ciò che un uomo fa, deve essere per la gloria di Dio. Non dobbiamo dimenticare di ringraziare il Signore. Sempre. "Senza di me non potete fare nulla" - ricordate questo detto. Dio può tutto. Ma se gli esseri umani non vogliono nulla e non fanno nulla per la propria salvezza, anche se noi preghiamo per loro, non siamo sempre in grado di aiutarli.

Mentre l'uomo in estasi di orgoglio si crede il conquistatore dell'universo... Sono sempre commosso quando dicono, i conquistatori dello spazio... Ma cosa hanno conquistato? - Vorrei chiedere. Esplorato, forse.

Come si sente per il fatto che la gente sta cercando di guardare sempre più verso la vastità dell'universo? Ed è anche alla ricerca di cosiddetti "pianeti extrasolari" - se non una seconda Terra, un pianeta molto simile alle nostre condizioni di vita su cui l'uomo potrebbe, in futuro, trasferirsi. Ma nella Bibbia non c'è traccia del fatto che le persone vivono da qualche parte oltre alla Terra... Vuol dire che queste ricerche saranno senza risultato?

Da nessuna parte si dice che una tale ricerca non sia lecita. Nella Scrittura c'è la storia di come il Signore ha creato l'universo. E a capo dell'universo in realtà ha posto l'uomo. Così, sa, la lotta verso le stelle, verso altri mondi - è insita in noi. Io credo che i misteri insondabili dell'universo che colpiscono le persone durante questa ricerca, le sue dimensioni e la sua diversità possono ancora una volta ricordarci la grandezza del Creatore, che ha creato tutto così sapientemente! E possono farci pensare, "Ma chi sei tu, se hai creato tutto così sapientemente? E chi siamo noi, se ci hai creati così? Dovremmo essere posti da Dio al controllo dell'universo. Siamo diventati mortali per i nostri peccati". Ecco dove abbiamo bisogno di andare. E, in generale, per la nostra fede non c’è assolutamente alcuna differenza - che al centro dell'universo ci sia la Terra o Marte o qualsiasi altro pianeta, che lo spazio sia curvo o ritorto ...

Un'altra cosa è colonizzare altri pianeti, credo che il Signore non ce lo permetterà. Perché con la nostra moralità moderna, è improbabile che abbiamo strumenti tecnici che possano sostenere altri pianeti, e li aiutino a crescere dalle radici.

Che rapporto hanno la morale e il progresso tecnologico?

- L'anziano Iosif ha detto: "La terra disprezza la terra, la terra si esalta al di sopra della terra, la terra umilia la terra". Tra noi c’è così tanta ostilità, e che cosa potremmo portare ad altri mondi? Su Marte sarà lo stesso. Ma perché? Chi ne ha bisogno? Io credo che il Signore non lo permetterà.

C'è solo una condizione che potrebbe aiutare le persone a trovare la tecnologia per viaggi di lunga durata nello spazio - è il compimento dei comandamenti del Vangelo. Vivere il Vangelo. E allora Dio metterà tutto a posto. Penso che a Dio non dispiaccia nulla. A colui che è salito sulla Croce e si lasciato crocifiggere - non dispiace. Ho parlato con molti scienziati, e tutti hanno detto che se gli americani e gli europei non fossero in contrasto con i russi, ci saremmo già familiarizzati con tutto il sistema solare! Avremmo già navi veloci, protette da radiazioni solari e galattiche. Ma gli esseri umani sono scollegati. Questa guerra è già stata avviata ai tempi di Adamo quando Caino uccise Abele, e da allora siamo andati sempre peggio. E la morte si espande sempre più. Questa guerra è ancora nel cuore di ogni uomo. Siamo in guerra gli uni con gli altri, gli stati con gli stati...

Ma ci sono già stati tentativi di mettere tutti insieme. Su Marte, per esempio, sta per volare un’equipe internazionale. Gli scienziati ritengono che le condizioni ambientali del Pianeta rosso - il nostro vicino più prossimo del sistema solare - finirà col tempo per creare una nuova casa per gli esseri umani. E gli scienziati hanno cercato attivamente su Marte, perché, secondo una teoria, la vita è iniziata sul Pianeta rosso, ed è stata portata sulla Terra da meteoriti...

Kyrie, eleison! (Batjushka si segna.)

...e poi a causa di una grande catastrofe cosmica, o per qualche altra ragione, lo sviluppo della vita su Marte si è fermato. Ma il nostro mondo è stato più fortunato.

 

Queste sono sciocchezze - teorie esclusive! Ora abbiamo ben pochi veri scienziati, ma questa è demagogia, che opera su base politica. Lo scienziato deve basarsi sui fatti. E quali sono i fatti? No. Sono solo dicerie, fantasie. Questi visionari fanno un sacco di soldi. Non pensa che i politici non siano in grado di approfittarsi della scienza per raggiungere alcuni dei loro vili obiettivi? Ma qui non abbiamo alcuna prova di questa teoria. Nessuno è stato su Marte. Là non c’è alcun segno di una civilizzazione enorme. Quindi, su quali basi? Vi sono stati mandati alcuni veicoli esplorativi, che hanno esaminato uno spazio relativamente piccolo, non vi hanno trovato nulla, e costantemente siamo bombardati da indiscrezioni, "Ecco, hanno trovato qualcosa di sensazionale!" Ma perché? Dio ha creato il mondo, l'universo. La Scrittura ci mostra che Dio ha creato la vita, l'uomo. La sacra Scrittura non è un testo di astronomia, geologia, anche se mostra a volte i fatti della creazione del mondo. Quindi, se c'è vita su Marte, o se non c'è vita su Marte - per noi tutto è uguale. Come su Giove, Tritone, Titano, le altre stelle...

Vi è la teoria della panspermia, presentata molto tempo fa, nel 1907. Gli autori hanno suggerito la teoria che nell'universo esiste una vita eterna - per esempio, sotto forma di nebulose cosmiche - embrioni di piantagioni organiche. Gli elementi di base sono trasferiti tra i pianeti e i corpi cosmici: dalle meteoriti, per esempio, e anche da esseri intelligenti. E dove ci sono le condizioni favorevoli, questi germogli attecchiscono e cominciano a crescere.

Spesso mi chiedo, perché avete fiducia in questi scienziati? Sono stati orgogliosi, immorali, egoisti. Come spiegano, per esempio, da dove è venuta la vita stessa nell'universo? Non lo dicono. Ma una risposta c’è. Nelle sacre Scritture.

Ma voi credete a questi pseudo-scienziati. Perché non vi fidate dei geni in un altro settore? Quali? Il venerabile Sergio, san Serafino di Sarov, san Giovanni Climaco. Si tratta di persone che avevano paura di dire una brutta parola, o di fare del male a qualcuno.

Ma come spiegare una tale persistenza nella ricerca della vita su altri pianeti?

Possono esserci altre cause. La prima - l'orgoglio umano. Le persone sono diverse. Ho condotto interviste con i nostri cosmonauti e con gli astronauti della NASA e dell'Agenzia europea, ecc. Ci sono state diverse sorprese. A volte si tratta di una curiosità sincera insita dentro di noi - siamo stati creati a immagine di Dio, e vogliamo costruire qualcosa, imparare. L'uomo si differenzia dagli animali, ha curiosità, sete di conoscenza. Quindi qualcuno potrebbe essere realmente interessato a conoscere - e a ringraziare Dio per questo. Per esempio, James Irwin, un astronauta americano che ha camminato sulla Luna nella spedizione "Apollo 15" ed è tornato sulla Terra, è andato alla ricerca dell'arca di Noè. E pensiamo che l'importanza di questa missione non è minore di quella di un volo sulla Luna! E un uomo ha ringraziato Dio per questo.

Ma qualcuno fa tutto con presunzione. Io! Noi - gli esseri umani! Cominciano a circolare alcune sciocchezze che dicono che siamo venuti da un'esplosione.

Forse queste persone vogliono solo trovare fratelli nella ragione?

Certo, i fratelli nella ragione sono tra noi - sono spesso presenti nelle nostre vite ...

Ora sto pensando a quei "fratelli nella ragione" che ci spingono a uccidere, rapinare e violentare.

Sta parlando dei demoni?

Certo. Padre Seraphim (Rose) ha scritto molto bene, che cosa rappresentano per lui gli UFO, che ha studiato. Leggetelo, ve lo consiglio! Un uomo sapiente, conosceva tre o quattro lingue, era laureato presso diverse università. Ha studiato i materiali della NASA sui dischi volanti, i contatti umani con gli alieni. Ed è giunto alla conclusione che le azioni degli alieni sono molto simili a quelle dei demoni. In primo luogo, hanno paura del segno della croce. In secondo luogo, sempre più persone entrano in contatto con loro, quindi va sempre peggio. Ma ancora una volta voglio ricordare che una civiltà che ha raggiunto un alto livello di sviluppo, non può essere del tutto cattiva. In caso contrario, Dio non avrebbe permesso questo sviluppo. Questo sembrerà paradossale, ma è così. Se avessimo un alto livello morale, voi sareste in pena per, io per voi - onestamente! Se il vostro dolore fosse il mio dolore, allora andremmo lontano. Un popolo altamente morale non può desiderare la morte di nessuno. Nemmeno della più piccola creatura! Ma dopo aver incontrato i cosiddetti "uomini verdi" alle persone cominciano i guai, a volte sono spinti al suicidio! Gli alieni... stanno cercando di confondere la testa della gente. E questa è felice di credere a ogni sorta di favole. Solo alla verità che viene da Cristo - non credono. Come dice la Sacra Scrittura: "Verrà giorno, infatti, in cui non si sopporterà più la sana dottrina, ma, per il prurito di udire qualcosa, gli uomini si circonderanno di maestri secondo le proprie voglie, rifiutando di dare ascolto alla verità per volgersi alle favole. Tu però vigila attentamente".

Igumeno Iov (Talats)

Ma vi sono, per esempio, manufatti, a dimostrazione che nell’antichità sulla Terra c'erano civiltà altamente sviluppate, alle quali erano accessibili i viaggi spaziali. Ciò è dimostrato dalle immagini lasciate sulle rocce - la cosiddetta biblioteca di pietra Iki (il nome della tribù). I ricercatori di questi manufatti, che la scienza ufficiale non riconosce, hanno mostrato immagini che ritraggono presunti contatti umani con extraterrestri. Cosa ne pensa di questo?

È complicato rispondere in due parole. Lei e io non sappiamo come fosse la civiltà prima del diluvio. Se ne parla molto poco nella Scrittura e nella Tradizione. È possibile che ci sia stata una civiltà spiritualmente avanzata, che si è allontanata da Dio, e che ha combattuto Dio. Potrebbe aver sviluppato tecnologia. Ciò conferma quanto ora sappiamo, per esempio, circa le piramidi egizie. Là sono state utilizzate tecnologie, che ora non ci sono disponibili. E anche i reperti nelle città inca, maya, dello Yucatan e degli aztechi. Le strutture sono costruite con tecnologie che ancora oggi non padroneggiamo. E sono state fatte in montagna. Che cosa rappresentavano, questi edifici? È solo il progresso di persone così arroganti da causare il diluvio? Oppure sono stati aiutati da "fratelli nella ragione", da demoni? Non dimenticate che ci potrebbe essere non solo una civiltà tecnotronica, cioè sviluppata tecnicamente, ma una civiltà tecnotronica E spirituale. Abbiamo dalla Scrittura testimonianze che le persone erano scese a un tale livello di empietà da unirsi ai demoni. Forse i demoni possono averli aiutati a creare simili civiltà, ed è possibile che abbiano creato anche apparati che potevano volare. La Scrittura non è in contrasto con questa ipotesi, credo che questo sia possibile. Fino a che punto - non lo sappiamo. Si alzavano di 1-2-3 metri o più in alto? Ma Dio non ha permesso tutto questo, perché la gente è pazza, e senza Dio non c'è vita. Le Sacre Scritture ci dicono che prima del diluvio, la gente era carnale. Ed è spaventoso. Solo desideri e interessi carnali. È spaventoso. Diventiamo animaleschi, se siamo spinti solo dal desiderio carnale. Sì, siamo esseri viventi, abbiamo dei bisogni fisici, ma questo è solo una parte di noi. Tali esigenze devono essere monitorate dallo spirito! E se le persone mettono i bisogni fisici in primo piano a scapito della spiritualità, allora sono già esseri bestiali. E una persona non può essere costantemente in uno stato simile a quello degli animali, senza essere prima influenzata dal diavolo. E diventa quindi un essere diabolico. Perché le persone compiono questi terribili peccati, talvolta di follia: uccisioni di migliaia, di milioni? A commettere simili atrocità disumane sono le persone che sono già sotto il controllo dello spirito di malignità, per odio verso la gente. Perché, secondo la tradizione, noi prendiamo il posto degli angeli caduti.

Ma, grazie a Dio, ci sono anziani che pregano per noi. Ci sono santi ai quali siamo in grado di ricorrere per aiuto e intercessione.

E perché non vi preoccupiate, vi dirò che Abba Sergio ha più volte camminato in processione intorno alla nostra Terra.

Si riferisce al caso in cui Jurij Lonchakov ha portato con sé in orbita un pezzo delle reliquie di San Sergio?

Sì, le reliquie sono state sei mesi in orbita, Yuri Lonchakov è stato due volte con loro nello spazio aperto. Gli ho anche chiesto di benedire periodicamente con loro la Terra - la Stazione Spaziale Internazionale fa 16 giri al giorno intorno alla Terra - 16 processioni. Quindi fate i calcoli: queste reliquie hanno viaggiato mezzo anno, passando 16 volte al giorno attorno alla Terra.

E Jurij mi ha detto che ha anche sentito vicina la presenza viva di san Sergio.

Di chi è stata l'iniziativa - di inviare le reliquie in orbita?

Mia. Ho solo pensato che fin dai tempi antichi, i russi, i greci, e tutti i popoli ortodossi hanno cercato di fare processioni nei giorni di gravi prove - in giro per villaggi e città. E ora abbiamo l'opportunità di fare una processione attorno alla Terra!

E quali altri santi sono stati nello spazio?

Fedor Jurchikhin ha portato le reliquie dei martiri Teodoro Stratilate e Teodoro Tirone, e parte della bara di legno, dove si trovavano le reliquie di San Nicola, quando sono state trasferite a Bari. L’abate Beauvais, rettore della basilica di Bari, ci ha dato questo pezzo di legno. Dopo un volo ne abbiamo riportato una parte a Bari, e una parte l’abbiamo tenuta, come concordato.

Ho dato ad Anton Shkaplerov le reliquie di san Pietro, metropolita di Mosca e di san Filippo, metropolita di Mosca.

Al ginnasio ortodosso di Vladimir ritornano dall'orbita le reliquie del santo ierarca Afanasij (Kovrovskij)

Sergej Volkov ha portato con sé in orbita le reliquie di sant’Afanasij (Sakharov). Anche queste per sei mesi.

Maxim Suraev ha portato con se in orbita una particella della Croce, e anche questa e stata in orbita per mezzo anno.

Mi auguro che questa tradizione continui. Al prossimo turno di guardia cosmico, a Dio piacendo, ci proteggerà san Giorgio il trionfatore!

 
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Risate in libertà

Veri annunci trovati su bollettini parrocchiali

- Non lasciate che il lavoro vi uccida: permettete che la chiesa dia il suo contributo!
- Giovedì sera pranzo di beneficenza: seguiranno preghiera e medicazione.
- Ricordate nella preghiera tutti quanti sono stanchi e sfiduciati della nostra chiesa e comunità.
- Per tutti quanti tra voi hanno figli e non lo sanno, abbiamo un'area attrezzata per i bambini!
- Questo pomeriggio ci saranno celebrazioni alle estremità nord e sud della chiesa. Verranno battezzati bambini a entrambe le estremità.
- Martedì pomeriggio alle 4: ritrovo sociale con gelato. Tutte le signore che portano latte sono pregate di arrivare in anticipo.
- Mercoledì, incontro del gruppo liturgico femminile. La Signora Jones canterà "Mettimi nel mio lettuccio" accompagnata dal pastore.
- Giovedì alle 5 del pomeriggio ci sarà un raduno del Club delle Mamme. Tutte coloro che vogliono entrare a far parte delle Mamme sono pregate di rivolgersi al parroco nel suo ufficio.
- Per la ricorrenza della Santa Pasqua, alla Signora Lewis sarà richiesto di deporre un uovo sull'altare.
- La funzione avrà termine con "Piccole gocce d'acqua". Darà il tono una delle signore, e quindi si unirà tutta la congregazione.
- Il gruppo dei volontari ha depositato tutti gli indumenti. Ora li potrete vedere nel salone parrocchiale.
- Martedì sera, cena a base di fagioli nel salone parrocchiale. Seguirà musica.
- Il sermone di oggi sarà: "Che cos'è l'inferno". Arrivate presto, e ascoltate le prove del coro!
- Il gruppo di recupero della fiducia in se stessi si riunisce Giovedì sera alle 7. Per cortesia usate la porta sul retro.
- Preghiere speciali verranno effettuate per coloro che sono seriamente ammalati su richiesta.
- Il nostro predicatore terrà il sermone di addio, e quindi il coro canterà "Esultiamo di gioia".
- Corso di educazione sessuale per giovani cristiani questa sera alle 8. Si prega di posteggiare nell'area di parcheggio dietro alla chiesa per questa attività.
- Durante l'assenza del nostro pastore, abbiamo avuto il raro privilegio di ascoltare un buon sermone quando il predicatore supplente è salito sul pulpito.
- Il Rev. Adams ha parlato brevemente, deliziando in tal modo la sua congregazione.
- Venerdì sera alle 7 i bambini dell'oratorio presenteranno l'"Amleto" di Shakespeare nel salone della chiesa. La congregazione è invitata a prendere parte a questa tragedia.
- Il pastore è in vacanza. Per ogni tipo di massaggio, rivolgersi alla segretaria.
- Un nuovo impianto di altoparlanti è stato installato in chiesa. È stato donato da uno dei nostri membri, in memoria di sua moglie.
- Domenica prossima, verrà fatta una colletta speciale per coprire il costo del nuovo tappeto. Tutti coloro che vogliono fare qualcosa sul tappeto sono pregati di venire a ritirare l'apposito foglio di carta.
- Il gruppo di consulenza per la perdita di peso si ritroverà nel salone parrocchiale alle 7 di sera. Per cortesia entrate dalle doppie porte all'ingresso laterale.
- Il gruppo per la perdita di peso è guidato dal Fratello John, che usa egli stesso il programma, e negli ultimi mesi è cresciuto a perdita d'occhio!
- La Signorina Charlene Mason ha cantato "Non passerò più per questa strada", dando evidente piacere a tutta la congregazione.
- Care signore, non dimenticate la vendita di beneficenza! È un buon modo per liberarvi di quelle cose inutili che vi ingombrano la casa. Portate i vostri mariti!
- L'incontro del gruppo per la pace programmato per domani è cancellato a causa di conflitti interni.
- Il sermone di oggi: "Gesù cammina sulle acque". Il sermone di domani: "In cerca di Gesù".
- Giovedì prossimo avremo le prove dei coristi, che hanno bisogno di tutto l'aiuto possibile.
- Barbara C. è ancora in ospedale, e ha bisogno di donatori di sangue per trasfusioni. Ha anche problemi di insonnia, e richiede le registrazioni dei sermoni del nostro pastore.
- Il coro degli ultrasessantenni verrà sciolto per tutta l'estate, con i ringraziamenti dell'intera chiesa.
- Il torneo di basket dei collegi cattolici prosegue con la partita di Mercoledì sera: venite a fare il tifo per noi mentre cercheremo di sconfiggere il Cristo Re!
- Il costo per la partecipazione al Congresso su "preghiera e digiuno" è comprensivo dei pasti.
- Il sermone di oggi: LE DONNE NELLA CHIESA - Canto finale: IN PIEDI, UOMINI DI DIO
- Il sermone di oggi: LE CHIACCHIERE E LA MALDICENZA - Canto finale: AMO RACCONTAR LA STORIA
- Il sermone di oggi: TEMI CONTEMPORANEI #3 ... L'EUTANASIA - Canto finale : PRENDI LA MIA VITA
- Il sermone di oggi: CHE DIRE DELL'INFERNO? - Canto finale: ANDRO' DOVE MI DIRAI DI ANDARE
- Abbiamo bisogno di 8 nuovi manti da coristi, a causa dell'arrivo di nuovi membri del coro, e del deterioramento di alcuni dei più vecchi.
- Durante la raccolta delle offerte sarà cantato l'inno "Gesù pagò per tutti".
- A causa dei recenti episodi di vandalismo, chiediamo a tutti i fedeli che hanno parenti sepolti nei campi funebri dietro la chiesa di mantenerli scrupolosamente puliti.
- La prossima Domenica la Signora Vinson farà da solista alla funzione del mattino. Il pastore parlerà sul tema "un'esperienza terribile.'"
- A causa della malattia del parroco, le preghiere carismatiche di guarigione sono sospese fino a nuovo avviso.
- La musica della funzione di oggi è stata tutta composta da Georg Friedrich Handel in celebrazione del trecentesimo anniversario della sua nascita.
- Il concerto parrocchiale è stato un grande successo. Un ringraziamento speciale alla figlia del diacono, che si è data da fare per tutta la sera al pianoforte, che come al solito è caduto sulle sue spalle.
- 22 parrocchiani erano presenti l'altra sera alla riunione di preghiera a casa della Signora Marsha Crutchfield. La Signora Crutchfield e la Signora Rankin hanno cantato un duetto, "Il Signore sa perché."
- Il sermone di oggi: QUANTO PUO' BERE UN UOMO? - Con inni di un coro pieno fino all'orlo.
- Irving Benson e Jessie Carter si sono sposati in chiesa il 24 Ottobre. Così ha avuto termine un'amicizia che è iniziata nei loro giorni di scuola.
- Per favore mettete le vostre donazioni nella busta, assieme alla persona o persone decedute che volete far ricordare.
- Congratulazioni a Tim e Rhonda per la nascita della loro figlia dal 12 al 17 Ottobre.
- Troverete i fogli di richiesta per quanti vogliono essere battezzati per immersione sul tavolo dell'atrio.
- Ringraziamo quanti hanno pulito il giardino della chiesa e il parroco.
- I notiziari non saranno spediti agli assenti a causa del loro peso.
- Diana e Don richiedono il vostro presente al loro matrimonio.
- Abbiamo avuto notizia della morte improvvisa del nostro vescovo questa mattina durante la funzione. Ora eleviamo il nostro canto di lode e ringraziamento al Signore.
- Ricordate i vostri fratelli e sorelle che soffrono durante la vostra ora di preghiera.
- Ai fedeli è richiesto di rimanere seduti fino alla fine della recessione.
- Il parroco accenderà la sua candela da quella dell'altare. Il diacono accenderà la sua candela da quella del parroco, e voltandosi accenderà uno a uno i fedeli della prima fila.

 

La verifica dei dati

In un antico monastero, giunse un nuovo monaco a dedicare la sua vita e a unirsi ad altri copisti di antiche cronache. La prima cosa che notò era che i monaci copiavano a mano libri che già erano stati copiati a mano. Si sentì tenuto a farlo notare all'abate. "Mi perdoni, Padre, ma copiare altre copie a mano fornisce molte possibilità di errore. Come sappiano che non stiamo copiando gli sbagli di altri? Gli originali vengono controllati?"
L'abate rimase sbigottito! Nessuno aveva mai suggerito questa eventualità.
"Ebbene, si tratta di una buona idea, figlio mio. Porterò uno di questi ultimi libri nella cripta, e lo confronterò con il suo originale."
Scese nel profondo della cripta, dove a nessun altro era permesso di entrare, e iniziò a studiare. Il giorno passò e si fece sera tardi. I monaci si preoccuparono per l'abate. Infine uno dei monaci si fece strada fino alla vecchia cripta, e proprio quando pensava di essersi perso, udì singhiozzare.
"Padre?", chiamò. I singhiozzi erano sempre più forti mentre si avvicinava. Alla fine trovò il vecchio prete seduto a un tavolo, con la copia nuova e quella originale del libro antico di fronte a lui. Era ovvio che l'abate aveva pianto a lungo.
"Oh, mio Signore," singhiozzava l'abate, "c'era scritto 'celebrato', e NON 'celibato'!!!"

 

Una domenica senza scuse

Per rendere possibile a tutti di venire in chiesa domenica prossima, stiamo preparando una "Domenica senza scuse". Verranno sistemate brandine nel vestibolo per coloro che dicono "la domenica è l'unico giorno in cui posso dormire." Ci sarà una speciale sezione con poltrone per quanti ritengono i nostri banchi troppo duri. Saranno disponibili flaconi di collirio per quelli che sono stanchi per aver guardato troppa TV il sabato notte. Avremo elmetti di acciaio per chi dice "Crollerà il tetto se rimetto mai piede in una chiesa." Verranno distribuite coperte a quelli che pensano che la chiesa sia troppo fredda, e ventagli a quelli che dicono che è troppo calda! Saranno a diposizione appositi cartoncini per quanti vorranno compilare le liste degli ipocriti presenti. Saranno pure presenti parenti e amici per coloro che non hanno tempo di andare in chiesa e anche di preparare la cena. Distribuiremo cartelli con scritte tipo "fateci vedere i conti" a quanti ritengono che la chiesa stia sempre chiedendo denaro. Una sezione sarà dedicata ad alberi e cespugli per coloro a cui piace vedere Dio nella natura. Dottori e infermieri assisteranno quanti hanno in programma di essere ammalati la domenica. Il santuario sarà decorato con alberi di Natale e uova pasquali per quanti non si sono mai trovati in una chiesa in loro assenza. Forniremo apparecchi acustici a chi non riesce a sentire, e cotone a chi ci riesce! Speriamo di vedervi!!!!!

 

Chi vuol fare il parroco?

Se inizia le funzioni al minuto esatto, è un perfezionista.
Se inizia qualche minuto più tardi, non ha rispetto per i fedeli.
Se predica per più di dieci minuti, è prolisso.
Se predica di meno, è facilone.
Se si prepara le prediche, è arido.
Se le improvvisa, è superficiale
Se la parrocchia non ha fondi, è un cattivo amministratore.
Se menziona il denaro, è troppo avido.
Se dà attenzione ai poveri della parrocchia, gioca a fare il megalomane.
Se dà attenzione ai ricchi, gioca a fare l'aristocratico.
Se visita i parrocchiani, è irreperibile.
Se non li visita, è indifferente.
Se organizza feste, è uno che sfrutta i parrocchiani.
Se non le organizza, è uno che li priva di vita sociale.
Se prende tempo per le confessioni, è uno che tira tardi.
Se non ne prende, è uno che non si dedica ai fedeli.
Se decora la chiesa, è uno spendaccione.
Se non la decora, è uno che la porta alla rovina.
Se richiede cambiamenti per migliorare la chiesa, è un dittatore.
Se non richiede cambiamenti, è un immobilista.
Se condanna le azioni peccaminose, è un bigotto.
Se non le condanna, compromette la verità.
Se predicando espone fatti veri, è offensivo.
Se si limita a fare allusioni, è un ipocrita.
Se non riesce ad accontentare qualcuno, danneggia la chiesa.
Se cerca di accontentare tutti, è uno scemo.
Se non ha una bella automobile, getta vergogna sui fedeli.
Se ha una bella automobile, pensa solo all'immagine.
Se predica tutte le volte, ama ascoltare se stesso.
Se invita altri predicatori, si ritrae dalle sue responsabilità.
Se riceve un buon compenso, è un mercenario.
Se non lo riceve, questo prova che comunque non vale granché.
Se è giovane, è inesperto.
Se è vecchio, deve andare in pensione.
Se muore... non ce ne sarà più uno come lui!

 

Il parroco perfetto

Un'indagine recente ha compilato tutte le qualità che i fedeli si aspettano da un parroco perfetto. Eccone alcune.
I risultati dell'indagine computerizzata indicano che:
- Il parroco perfetto predica esattamente 12 minuti.
- Condanna frequentemente il peccato ma non sconvolge nessuno.
- Lavora dalle 8 del mattino a mezzanotte, e fa anche da portinaio per la chiesa.
- Riceve 50 euro alla settimana, è ben vestito, compra buoni libri, e dà circa 100 euro alla settimana ai poveri.
- Ha 38 anni, e predica da 40 anni.
- È meravigliosamente gentile e affascinante.
- Si dona completamente, ma non entra mai in intimità con nessuno, per non essere criticato.
- Parla coraggiosamente di questioni sociali, ma sempre senza farsi coinvolgere dalla politica.
- Ha un desiderio bruciante di lavorare con i giovani, ma passa tutto il suo tempo con gli anziani.
- Fa 15 visite al giorno a famiglie di fedeli, visita detenuti e ammalati, passa tutto il tempo a evangelizzare i non credenti, ed è sempre in ufficio quando ce n'è bisogno.
Se il vostro parroco non è all'altezza di questi requisiti, mandate questa lettera a sei altre chiese che sono stanche del loro parroco. Quindi impacchettate il parroco e speditelo alla chiesa in cima alla lista. In una settimana riceverete 1.643 parroci; almeno uno di loro dovrebbe essere perfetto.
Abbiate fede in questa lettera. Una chiesa ha rotto la catena, e ha riavuto il proprio vecchio parroco in meno di 30 giorni.

 

Il lavoro del parroco

Come quasi tutti sanno, il parroco non ha praticamente nulla da fare, eccetto:
Decidere il lavoro che deve essere fatto nella parrocchia;
Dire a qualcuno di farlo;
Ascoltare le ragioni del perché non dovrebbe essere fatto;
Ascoltare le ragioni del perché dovrebbe essere fatto da qualcun altro;
Ascoltare le ragioni del perché dovrebbe essere fatto in modo diverso;
Stare a vedere che tutto sia stato fatto;
Scoprire che non è così;
Indagare sul perché;
Ascoltare le scuse di chi avrebbe dovuto farlo;
Controllare ancora che tutto sia stato fatto; solo per...
Scoprire che è stato fatto nel modo sbagliato;
Spiegare come avrebbe dovuto essere fatto;
Concludere che fintanto che è stato fatto, anche se nel modo sbagliato, tanto vale lasciarlo com'è;
Chiedersi se non è ora di sbarazzarsi delle persone che non ne combinano una giusta;
Riflettere sul fatto che i successori sarebbero altrettanto incapaci, se non peggio;
Considerare che il lavoro sarebbe stato fatto meglio e più in fretta se ci avesse pensato lui in primo luogo;
Riflettere con tristezza che il lavoro gli avrebbe preso venti minuti di tempo, e così com'è andata, gli ci sono voluti due giorni per scoprire come mai c'è stato bisogno di tre settimane perché qualcun altro lo facesse nel modo sbagliato.

 

Giorni di assenza

Caro Padre,

Lei spesso dice che la frequenza in chiesa alla domenica è una cosa importante per un cristiano, ma io penso che una persona abbia il diritto di assentarsi ogni tanto. Penso che chiunque abbia il diritto di essere giustificato per le seguenti ragioni e per il numero di volte indicato:

Natale (domenica prima o dopo)
Anno nuovo (festeggiamenti durati troppo a lungo)
Pasqua (vacanze primaverili)
Feste nazionali
Festa del lavoro (gita fuori città)
Giorno dei defunti (visita ai cimiteri)
Chiusura delle scuole (i bambini hanno bisogno di riposo)
Riapertura delle scuole (un ultimo momento di riposo)
Riunioni di famiglia (mia, e di mia moglie)
Notti di poco sonno (feste al Sabato sera)
Morti in famiglia
Anniversari
Malattie (una per ogni membro della famiglia)
Viaggi di lavoro (obbligatori)
Periodi di ferie (tre settimane)
Cattivo tempo (ghiaccio, neve, pioggia, nuvole)
Olimpiadi e campionati
Visite inaspettate (non si può lasciare casa)
Variazioni climatiche (primavera in ritardo; autunno in anticipo)

Padre, questo ci lascia all'incirca due domeniche all'anno. Perciò, può contare sulla nostra presenza alla quarta domenica di febbraio e alla terza domenica d'agosto, se non avremo intoppi provvidenziali.

Sinceramente,

un membro fedele della parrocchia

 

Buone e cattive notizie per un parroco

Buona notizia: Oggi hai battezzato sette persone nel fiume.
Cattiva notizia: Ne hai perse due nella corrente.

Buona notizia: Il gruppo delle donne della parrocchia ha deliberato di inviarti un messaggio di auguri.
Cattiva notizia: La delibera è passata per 31 voti a 30.

Buona notizia: Hai finalmente trovato un direttore di coro che la pensa proprio come te.
Cattiva notizia: Il coro si è ammutinato.

Buona notizia: La squadra di pallavolo femminile della parrocchia ha vinto per la prima volta una partita.
Cattiva notizia: Ha vinto contro la squadra di pallavolo maschile della parrocchia

Buona notizia: La partecipazione alle funzioni in chiesa è salita vertiginosamente nell'ultimo mese.
Cattiva notizia: Era il mese in cui tu eri in vacanza.

Buona notizia: I parrocchiani hanno finalmente deciso di regalrti il pellegrinaggio in Terra Santa.
Cattiva notizia: Stanno aspettando lo scoppio della prossima guerra.

Buona notizia: Il tuo peggior critico ha lasciato definitivamente la parrocchia.
Cattiva notizia: Lo hanno eletto come tuo nuovo vescovo.

 

"Sono stata spesso in chiesa"

"Perché 10 euro sembrano tanto piccoli al supermercato,
ma tanto grossi in chiesa?" (anonimo)

Un giorno, una moneta da 5 centesimi e una banconota da 500 euro si trovano assieme in una tasca, e iniziano a discutere delle proprie esperienze. La banconota da 500 inizia a vantarsi: "Ho avuto una grande vita," dice. "Sono stata in così tanti grandi alberghi, mi hanno messo nei portafogli di attori famosi, ho viaggiato in aereo da un paese a un altro! Sono passata tra le mani di un paio di presidenti, e un giorno una regina mi ha usato per fare la spesa."
Con un senso di riverenza, la monetina commenta, "Caspita! A me non è capitato niente di simile... però sono stata spesso in chiesa!"

 

I naufraghi

Due uomini si ritrovano sperduti in un'isola deserta. Il primo inizia a lamentarsi, "Non ce la faremo, moriremo qui...", mentre l'altro si sdraia comodamente sotto una palma.
Il primo lo guarda e gli chiede: "Come fai a essere così calmo?"; il secondo risponde "Non ti preoccupare, io guadagno 100.000 euro al mese."
Il primo dice: "Ma se stiamo per morire! A cosa servono, qui, i tuoi guadagni?"
Il secondo risponde: "Guadagno 100.000 euro al mese, e pago regolarmente la decima in chiesa: il mio parroco ci troverà!"
 

Il giro della cattedrale

Un gruppo di bambini in visita a una cattedrale era particolarmente incuriosito dalle candele votive. I bambini vollero accenderne una ciascuno, e il parroco spiegò che è usanza dire una preghiera personale, una richiesta o un ringraziamento, quando si accende una candela.
Alla fine chiese "Avete domande da fare?".
"No," rispose un bambino, "ma se fuori c'è un pony, è il mio."

 

La predica senza fine

Un parroco ci racconta:
"Dopo una funzione nella nostra chiesa, una mamma mi ha detto come è riuscita a tenere calmo il suo bambino, che era particolarmente irrequieto.
A metà della predica, gli ha sussurrato: 'se non fai silenzio, il parroco perderà il filo e dovrà ricominciare a predicare dall'inizio!'
Ha funzionato."

 

Il catechismo dei bambini

Alla lezione di catechismo dei bambini, il parroco cerca di spiegare con parole semplici la necessità di essere buoni per andare in cielo. Alla fine chiede: "E voi, dove volete andare"
"In cielo!" dice una delle bambine con entusiasmo.
"E come dovete essere, per andare in cielo?"
"Morti!" dice uno dei bambini.

 

Pace e misericordia

"Come le è sembrata la mia predica?" chiede il parroco a una fedele.
"Padre, è stata come la pace e la misericordia di Dio!" risponde la signora.
"Davvero?" chiede il parroco piacevolmente sorpreso.
"Certo, come la pace di Dio, che è al di là di ogni comprensione, e come la sua misericordia, che dura per sempre..."

 

Tempo di matrimoni

Il parroco aveva in programma un matrimonio al termine della funzione domenicale. Dopo la benedizione finale, pensò di chiamare gli sposi per presentarli a tutta la congregazione.
Purtroppo, sul momento non riusciva a ricordarsi i nomi dei due che si stavano per sposare. Allora chiese: "Possono venire qui davanti coloro che vogliono sposarsi?"
Immediatamente, nove donne nubili, tre vedove, quattro vedovi e sei uomini celibi si fecero avanti.

 

Nell'esercito del Signore

"Dovresti diventare un vero soldato di Cristo", dice il parroco a un fedele che non partecipa alle funzioni.
"Ma, Padre, io sono già un soldato di Cristo!", si difende il parrocchiano.
"E allora com'è che non ti vediamo mai in chiesa?"
Il parrocchiano sussurra: "Sono nel controspionaggio..."

 

Buone scuse per non andare in chiesa

Tutti hanno le loro buone scuse per non andare in chiesa. Se le prendiamo e le applichiamo a qualche altra nostra attività, per esempio il mangiare, ne può risultare una lista come questa:
- Mi hanno costretto a mangiare quando ero bambino.
- Quelli che mangiano ogni domenica sono ipocriti; non sono davvero affamati.
- Ci sono cibi tanto diversi tra loro, che non so decidere quale mangiare.
- Un tempo mangiavo, ma poi mi sono annoiato e ho smesso.
- Mangio solo in occasioni speciali, come Natale e Pasqua.
- Nessuno dei miei amici viene a mangiare con me.
- Inizierò a mangiare quando sarò anziano.
- Davvero, non ho abbastanza tempo per mangiare.
- Non credo che mangiare faccia realmente del bene a qualcuno. Non è altro che una gruccia.
- In realtà i ristoranti e i negozi di alimentari vogliono solo il mio denaro.

 

Tre edifici

Un uomo ha passato 20 anni come naufrago in un'isola deserta. Quando arriva la nave dei soccorritori, il capitano nota che l'uomo ha costruito tre edifici.
"Mi scusi," chiede al naufrago, "ma se era solo sull'isola, perché ha costruito tre case?"
L'uomo replica: "Quella sulla sinistra è la mia casa. Quella sulla destra è la mia chiesa."
Il capitano, incuriosito, chiede: "E l'edificio al centro?"
L'uomo risponde: "Oh, quella è la chiesa dove andavo prima."

 

Il costo di una predica

Una bella domenica mattina, il prete annuncia ai fedeli "Miei cari, ho qui tra le mani i testi di tre prediche...una da 100 euro che dura cinque minuti, una da 50 euro che dura quindici minuti, e una da 10 euro che dura un'ora intera.
"Ora passiamo alla raccolta delle offerte, e poi vedremo quale predica farò".

 

Come appare la chiesa?

(Scritto da un parroco sul bollettino della propria parrocchia)

Così . . . mi . . . sembra . . . la . . . chiesa . . . a . . . volte . . . quando . . . vi . . . guardo . . . durante . . . la . . . predica.

"Sembrerebbesemprecosìseciascunodivoiportassequalcheamicoinchiesa."

 

Notizie buone e cattive

Il parroco annuncia alla congregazione: "Cari fedeli, ho per voi una buona notizia e una cattiva.
Quella buona, è che abbiamo abbastanza soldi per costruire la nuova chiesa.
Quella cattiva, è che sono ancora tutti nelle vostre tasche."

 

Silenzio in chiesa

Una mamma sta dando le ultime istruzioni alla figlia prima di andare alla funzione: "E perché dobbiamo fare silenzio in chiesa?"
La bambina risponde: "Perché c'è gente che dorme!"

 

Il bollettino della chiesa

Sul bollettino di una parrocchia c'erano queste istruzioni:
"Tenete questo foglio davanti al naso, e fate un profondo respiro.
Se il foglio diventa verde, consultate subito il vostro medico.
Se diventa blu, consultate subito il vostro dentista.
Se diventa rosso, consultate subito il vostro avvocato.
Se diventa nero, fate testamento e chiamate un notaio.
Se però non cambia colore, allora va tutto bene, e non c'è ragione per cui non possiate venire in chiesa domenica prossima."

 

I due fratelli

Due fratelli russi erano mafiosi di enorme ricchezza e potere. Usavano i loro soldi per coprire le loro malefatte dallo sguardo dell’opinione pubblica. Si facevano vedere nella stessa chiesa, e a tutti apparivano normali e pii cristiani ortodossi.
Un giorno, arrivò nella chiesa un giovane parroco. Non solo il nuovo parroco riusciva a capire gli inganni dei fratelli, ma non aveva neppure problemi a parlarne apertamente. A causa dell’onestà e dell’integrità del parroco, i fedeli della chiesa crebbero di numero. Alla fine, ebbe inizio una raccolta di fondi per costruire una chiesa molto più grande.
Improvvisamente, uno dei fratelli morì. Il fratello superstite andò dal parroco il giorno prima del funerale, e gli consegnò un assegno per la cifra necessaria a completare la nuova chiesa. Poi disse al parroco "C’è una sola condizione. Al funerale, dovrai dire che mio fratello era un santo. Dovrai usare proprio queste parole." Dopo averci pensato su, il parroco acconsentì e prese l’assegno.
Al funerale, il giorno dopo, il parroco non si contenne. "Era un uomo malvagio," disse a proposito del fratello defunto. "Tradiva la moglie, e maltrattava i familiari. Non ha mai commesso una sola azione disinteressata." E continuò ad aggiungere accuse al defunto. Dopo circa mezz’ora di scomode verità, si fermò e scrollò le spalle. Infine disse: "Ma a paragone di suo fratello, il defunto era un santo."

 

 

Marziani

Un'astronave marziana scende sulla terra; ne esce un alieno, e un contadino lo interroga:

"Ma voi su Marte avete tutti gli occhi così?"

"Sì, abbiamo tutti gli occhi verdi fosforescenti."

"...e avete tutti quelle cose sulla testa?"

"Sì, abbiamo tutti un paio di antenne."

"...e portate tutti la barba e quegli abiti…?"

"No, solo gli ortodossi."

 

Problemi di bioetica

Marito e moglie discutono in salotto. "Cara, non vorrei mai vivere una vita artificiale collegato a una macchina. Se mai mi capitasse, ti prego di staccare la spina!"

"Come vuoi..." dice la moglie, che si alza e stacca la spina della TV.

 

Religione organizzata 

Teista: Credo in Dio, ma non credo in una religione organizzata.
Ortodosso: Va benissimo, la nostra non lo è per niente!

 

"Non ho nulla da confessare"

Una donna trentenne vuole comunicarsi. Il prete le dice che prima dovrebbe confessarsi.
Donna: Ma io non ho fatto niente, non ho niente da confessare...
Prete: Ma non puo essere, ci pensi un po'. Lei, per esempio, ha una suocera?
Donna: Di quella cagna non voglio parlare!

 

 

 
Parole di padre Vsevolod Chaplin alle Letture di Natale

Oggi (domenica 27 gennaio) è terminata a Mosca la XXI edizione delle Letture Internazionali di Natale. Questo ciclo annuale di conferenze non è solo importante per il volume dei partecipanti e degli interventi (quest’anno si sono radunati oltre 8000 delegati da oltre 12 nazioni), ma anche per le prospettive che apre nella partecipazione dei cristiani a innumerevoli aspetti di vita politica e sociale. Il tema di quest’anno è stato la cooperazione tra la Chiesa e il governo nel miglioramento dell’educazione ortodossa e nelle aree generali dell’illuminazione morale e spirituale della società.

Come esempio di una di queste partecipazioni, presentiamo le parole dette esattamente tre anni fa dall’arciprete Vsevolod Chaplin alle letture del 2011, nell’originale russo e in traduzione italiana, nella sezione “Etica” dei documenti.

 
DATI GENERALI SULLA PARROCCHIA

Giurisdizione: Chiesa Ortodossa Russa - Patriarcato di Mosca.

Diocesi locale: Le chiese del Patriarcato di Mosca in Italia sono attualmente sotto un'amministrazione locale, che dovrà evolvere in una diocesi.

Date di nascita e sviluppo: La comunità di san Massimo si è formata nel 1993; il 13 febbraio 1994 ha avuto luogo il suo riconoscimento come comunità del Decanato d'Italia; il 26 Settembre 1997 ha avuto luogo l'ordinazione dello ieromonaco Ambrogio (al secolo Andrea Cassinasco) come prete assegnato alla comunità; il 1 giugno 2001 la comunità è stata elevata a parrocchia; il 21 marzo 2002 il Ministero degli Interni ha approvato il riconoscimento del parroco come ministro di culto.  

Titolo della chiesa: La parrocchia è dedicata a san Massimo (V sec.), primo vescovo di Torino e Padre della Chiesa. La festa patronale è il 25 giugno (poiché la comunità segue l'antico calendario giuliano, il 25 giugno "ecclesiastico" corrisponde all'8 luglio nel calendario civile). 

Modelli cultuali e linguistici: Le funzioni seguono il rito bizantino e il Tipico ecclesiastico (modello di norme e rubriche cultuali) russo; la lingua delle celebrazioni varia a seconda della provenienza dei fedeli: le più usate sono l'italiano (lingua ufficiale del Decanato italiano del Patriarcato di Mosca), lo slavonico e il romeno/moldavo. Il calendario usato è quello giuliano ecclesiastico (o "vecchio calendario"). 

Periodici e pubblicazioni: La parrocchia ha prodotto negli anni passati diversi opuscoli e fogli parrocchiali. Alcuni dei testi stampati nel corso degli anni sono disponibili su questo sito.
Il parroco è co-autore del primo libro di ricerca sociologica sull'Ortodossia nella nostra regione, Cristiani d’Oriente in Piemonte, oltre al capitolo sull'Italia nel libro sulla
Chiesa ortodossa in Europa occidentale nel XX secolo, pubblicato nel 2005 (in francese) e nel 2006 (in inglese) sotto la direzione di Christine Chaillot.

I NOSTRI VESCOVI

Il vescovo Gurij

 

Sua Grazia il vescovo Gurij (al secolo Iurij Nikolaevich Shalimov), nato il 17 settembre 1946 nella regione di Vladimir (Russia), si è laureato in Pedagogia presso l'Università di Gorkij (che oggi è tornata a chiamarsi Nizhni-Novgorod). Ordinato prete nel 1977, ha svolto il proprio ministero nelle diocesi di Vladimir, Vilensk e Krasnodar. Dal 1984 al 1987 è stato parroco a Rabat (Marocco), e successivamente a Zurigo (Svizzera). Conosce il francese, l'inglese, il tedesco, l'italiano e l'arabo. È stato ordinato vescovo il 12 ottobre 1992 e insediato il 14 gennaio 1993 come vescovo titolare di Korsun (Chersoneso), con giurisdizione sui fedeli del Patriarcato di Mosca in Francia, Svizzera e Italia, ed è rimasto in carica fino all'aprile 1999. Ora è tornato in Russia, da dove segue con un ricordo affettuoso la vita delle nostre comunità. Nel mese di maggio 2003, è stato assegnato come vescovo di Magadan (sull'Oceano Pacifico), e dall'ottobre 2011 come vescovo della nuova diocesi di Petropavlovsk e Bulaevsk nel Kazakhstan. Nel maggio del 2014 ha chiesto di essere messo a riposo per motivi di salute.

Il metropolita Innokentij

Sua Eminenza l'arcivescovo Innokentij (al secolo Valerij Feodorovich Vassilev), nato il 9 ottobre 1947 a Staraja Rusa (un villaggio nella regione di Novgorod, a metà strada tra Mosca e San Pietroburgo, dove Dostoevskij ha ambientato I fratelli Karamazov), in una famiglia apertamente credente. Battezzato da piccolo, ha sentito la chiamata della fede attorno all'età di 30 anni, e nel 1980 ha lasciato l'impiego in un'istituzione governativa per dedicarsi a Dio. Ordinato prete nel 1981, è stato inviato nel 1985 a servire nelle diocesi della Siberia, che allora erano in stato di grande difficoltà. Consacrato all'episcopato il 26 gennaio 1992, ha servito prima come vescovo di Khabarovsk (all'estremo Oriente russo, non lontano dal Giappone), quindi dal 1995 al 1996 come vescovo di Dmitrov (vicariato dell'eparchia di Mosca), e dal 1996 al 1999 come vescovo di Cita e Zabajkalsk, nella Siberia orientale. Ha lasciato questa diocesi, in cui aveva trovato al suo arrivo 3 parrocchie e poche centinaia di fedeli, con 90 parrocchie attive. Dal 5 ottobre 1999 è stato chiamato a reggere l'eparchia di Chersoneso, ed è stato eletto arcivescovo il 25 febbraio 2002. Ha diretto con successo la commissione per la riunificazione con la Chiesa Russa all'Estero. Il 24 dicembre 2010 è stato chiamato a ricoprire la carica di arcivescovo di Vilnius e della Lituania, e il 20 novembre 2016 è stato elevato a metropolita.

Il vescovo Nestor

Sua Grazia il Vescovo Nestor (al secolo Evgenij Iur'evich Sirotenko), nato il 4 settembre 1974, ha compiuto studi umanistici (laureato all'Istituto storico-archivistico) e teologici (al Seminario e all'Accademia di Mosca, e all'Istituto San Sergio di Parigi). Come prete, ha retto parrocchie nell'Esarcato russo di Costantinopoli e nella Diocesi di Chersoneso. Il 6 settembre 2010 è stato consacrato vescovo a Mosca per mano del Patriarca Kirill, ed è stato assegnato come ausiliario dell'Arcivescovo Innokentij con il titolo di Vescovo di Kaffa. Il 24 dicembre 2010 è succeduto come nuovo Vescovo di Chersoneso, mantenendo la guida delle parrocchie ortodosse del Patriarcato di Mosca in Italia fino al luglio 2013.

Il metropolita Mark

Sua Eminenza Mark, arcivescovo di Egor'evsk, al secolo Sergej Anatol'evich Golovkov, è nato il 31 marzo 1964 a Perm. Nel 1981, si è laureato al liceo della città di Perm. Dal 1982 al 1984 ha prestato servizio nell'esercito sovietico. Nel 1984, è entrato nel Seminario Teologico di Mosca, che ha terminato nel 1988. Nel settembre 1990 è stato nominato assistente direttore dell’Ufficio archeologico ecclesiastico dell’Accademia Teologica di Mosca.
Tonsurato monaco il 19 ottobre 1990 presso la Lavra della Trinità e di san Sergio, il 21 novembre è stato ordinato ierodiacono e il 7 gennaio 1991 ieromonaco. Ha insegnato Nuovo Testamento presso l’Accademia Teologica di Mosca. Nel 1992 ha terminato l’Accademia Teologica di Mosca con una candidatura in teologia.
Il 12 agosto 1992 è stato nominato membro della Missione ecclesiastica russa a Gerusalemme. Nel 1997 è stato elevato al rango di igumeno.
Il 28 dicembre 1999 è stato nominato vicepresidente del Dipartimento per le relazioni ecclesiastiche esterne del Patriarcato di Mosca.
Il 26 gennaio 2000 è divenuto rettore della chiesa della santissima Trinità a Khorosheva (Mosca).
Il 3 maggio 2000 è stato elevato al rango di archimandrita.
Il 14 gennaio 2004, presso la Cattedrale di Cristo Salvatore a Mosca, è stato consacrato vescovo di Egor'evsk, vicario della diocesi di Mosca.
Per decisione del Santo Sinodo del 31 marzo 2009 (verbale numero 18) è stato sollevato dall'incarico di vicepresidente del Dipartimento per le relazioni ecclesiastiche esterne, e nominato segretario del Patriarcato di Mosca per le istituzioni estere. Il Santo Sinodo ha inoltre affidato al vescovo Mark il controllo temporaneo delle diocesi di Vienna e dell'Austria e dell'Ungheria. Il 1 febbraio 2010 è stato elevato al rango di arcivescovo.
Nel dicembre del 2010, è stato incaricato della cura pastorale delle parrocchie del distretto amministrativo nord-occidentale di Mosca (decanato della Dormizione).
Il 22 marzo 2011 è divenuto membro del Supremo Consiglio Ecclesiastico della Chiesa Ortodossa Russa.
Per decisione di sua Santità il patriarca Kirill il 31 dicembre 2011 è stato nominato direttore del Vicariato nord-occidentale, dei distretti amministrativi del Nord-Ovest e di Zelenograd di Mosca e del Vicariato settentrionale entro i confini del distretto amministrativo del nord di Mosca, e incluso per dignità nel Consiglio Diocesano della Città di Mosca. Per decreto di sua Santità il patriarca dell'8 aprile 2013 è stato nominato rettore della chiesa della santa martire Elisabetta al monastero Patriarcale di Pokrovskij-Streshnevo a Mosca.
Dal 16 luglio 2013, gli è affidata l'amministrazione delle chiese del Patriarcato di Mosca in Italia, carica che ha ricoperto fino all'ottobre del 2015, passando quindi a servire come metropolita di Rjazan', incaricato della gestione economico-finanziaria del Patriarcato di Mosca.

L'arcivescovo Antonij

 

Sua Eminenza Antonij, arcivescovo di Vienna e Budapest, al secolo Anton Yur'evich Sevrjuk, è nato il 12 ottobre 1984 a Tver'. Durante gli studi liceali (terminati con lode nel 2002) ha servito all'altare nella Cattedrale della Resurrezione di Tver'.
Nel 2002 è entrato al Seminario teologico di San Pietroburgo, occupandosi durante gli studi del sito dell'Accademia teologica di San Pietroburgo, e insegnando ai corsi di inglese. Ha rappresentato gli istituti di teologia di San Pietroburgo in diversi convegni e seminari, oltre che ai covegni dell'organizzazione giovanile "Syndesmos" a Bruxelles e ai campi estivi a Cipro, come traduttore e capo delle delegazioni di lingua russa.
Nell'ottobre 2006, il rettore dell'Accademia teologica di San Pietroburgo, l'arcivescovo Konstantin di Tikhvin (in seguito arcivescovo di Kurgan e Shadrinsk) lo ha tonsurato lettore nella chiesa accademica del santo apostolo Giovanni il Teologo.
Nel 2007 ha tenuto studi e stage presso l'università di Joensuu e il seminario ortodosso della Finlandia. Dopo aver discusso la tesi sull'escatologia nelle religioni del mondo, è stato ammesso con distinzione all'Accademia teologica di San Petroburgo.
Nel settembre 2007 è stato nominato come stagista alle comunicazioni nel Dipartimento delle relazioni ecclesiastiche esterne del Patriarcato di Mosca. Dall'ottobre 2007 ha lavorato come assistente del presidente del dipartimento, il metropolita Kirill di Smolensk e Kaliningrad (ora patriarca di Mosca e di tutta la Rus'). Nel settembre 2008 è stato nominato professore al Seminario teologico di Smolensk.
Il 5 febbraio 2009 è divenuto segretario personale di sua Santità il patriarca Kirill, che il 5 marzo 2009 lo ha tonsurato rassoforo con il nome di Antonij in onore del venerabile Antonio di Valaam, presso la Lavra della Trinità e di san Sergio.
L'8 marzo 2009 il patriarca lo ha ordinato ierodiacono e il 3 aprile 2010 ieromonaco, nella cattedrale di Cristo Salvatore a Mosca.
Dall'aprile del 2009 all'8 aprile del 2011 è stato capo della segreteria personale del patriarca di Mosca e di tutta la Rus'.
Il 5 giugno 2010 si è diplomato con lode all'Accademia teologica di San Pietroburgo.
Per decisione del Santo Sinodo dell 22 marzo, 2011 è stato nominato chierico della parrocchia stavropigiale di san Nicola di Roma, e per decisione del Santo Sinodo del 30 maggio 2011 è stato nominato rettore della chiesa stavropigiale di santa Caterina a Roma.
Il 12 Luglio 2011, con decreto di sua Santità il patriarca Kirill è stato nominato segretario delle parrocchie del patriarcato di Mosca in Italia.
Il 18 luglio 2013, presso la Lavra della Trinità e di san Sergio, sua Santità il patriarca Kirill lo ha elevato al rango di archimandrita.
Il 7 ottobre 2015,  presso la Lavra della Trinità e di san Sergio, sua Santità il patriarca Kirill lo ha tonsurato alla mantia con il nome di Antonij, in onore di sant'Antonio il Romano, taumaturgo di Novgorod.
Per decisione del Santo Sinodo del 22 ottobre 2015 è stato eletto vescovo di Bogorodsk, Vicario del Patriarca di Mosca e di tutta la Rus', incaricato di esercitare la cura pastorale delle parrocchie del Patriarcato di Mosca in Italia, ed è stato nominato capo del dipartimento delle istituzioni straniere del Patriarcato di Mosca.
La sua nomina a vescovo è stata il 23 ottobre 2015 nella cattedrale dell'Ingresso al Tempio a Optina; la sua consacrazione è stata il 26 ottobre alla Divina Liturgia nel monastero di Novodevichy a Mosca, per mano di sua Santità il patriarca Kirill.
Il 29 luglio 2017, il Santo Sinodo lo ha sollevato dalla responsabilità direzionale delle parrocchie del Patriarcato di Mosca in Italia, permettendogli di continuare il compito di direttore del Dipartimento patriarcale per le istituzioni straniere con il titolo di vescovo di Zvenigorod.
Il 28 dicembre 2017, il Santo Sinodo gli ha assegnato la carica di vescovo di Vienna e Budapest, e lo ha assegnato di nuovo alla cura dell'Italia dopo la partenza del vescovo Matfej per la Gran Bretagna. Il 1 febbraio 2018 è stato elevato al rango di arcivescovo.
 
Il vescovo Matfej
 

Il vescovo Matfej, al secolo Gennadij L'vovich Andreev, è nato il 18 maggio 1971 a Tambov. Battezzato da bambino, si è formato alla facoltà di lingue straniere, lavorando come docente di inglese e di francese. Diacono e prete dal 1998, e arciprete dal 2008, ha servito nella diocesi di Tambov e nel 2009-2010 in Inghilterra nella diocesi di Surozh (a Glasgow e a Manchester). Ha poi proseguito con gli studi dottorali di teologia a Mosca. Tonsurato monaco ed elevato ad archimandrita presso il monastero Donskoj di Mosca nell'ottobre del 2015, è stato consacrato vescovo di Skopin e Shatsk (una diocesi della Metropolia di Rjazan’) il 15 novembre 2015 nella cattedrale di Cristo Salvatore a Kaliningrad dal patriarca Kirill. Il 29 luglio 2017 il Santo Sinodo lo ha assegnato come responsabile delle parrocchie del Patriarcato di Mosca in Italia con il titolo di vescovo di Bogorodsk, Vicario del Patriarca di Mosca e di tutta la Rus', nonché rettore della parrocchia stavropigiale di Santa Caterina a Roma. Il 28 dicembre 2017 il Santo Sinodo lo ha assegnato alle Isole Britanniche e all'Irlanda con il titolo di vescovo di Surozh.

LA NOSTRA STORIA

Il primo atto di fondazione di una chiesa ortodossa russa a Torino - cappella dell'ambasciata russa presso il Regno di Sardegna - risale al 1791 (gli atti costitutivi sono custoditi presso l'Archivio Russo Storico di Stato). Per una presenza continuata di una comunità ortodossa, tuttavia, si deve attendere la fine del XX secolo.
La comunità ortodossa torinese del Patriarcato di Mosca deve le sue origini all'attività missionaria dell'Archimandrita Gregorio Baccolini (Bologna 1913 - Pancalieri 1997), che per 15 anni (1964-1979) è stato l'unico sacerdote ortodosso residente a Torino, e il primo ad avervi dimora stabile da tempi immemorabili.
All'inizio degli anni '80 Padre Gregorio ha lasciato il Patriarcato di Mosca: dopo circa un decennio, un gruppo di fedeli della sua comunità ha richiesto l'assistenza pastorale del parroco milanese del Patriarcato di Mosca, lo ieromonaco Dimitri (Fantini). La comunità così ricostituita è stata dedicata a San Massimo di Torino, delineando già in questa scelta iniziale l'attaccamento alle radici ortodosse dell'Occidente cristiano, e il deliberato rifiuto di vedere la Fede ortodossa come un'alternativa "esotica" al cattolicesimo romano.

Per i primi anni (fino agli inizi del 1997) le funzioni di culto della comunità si sono limitati a celebrazioni mensili, in giorno di sabato, della Divina Liturgia. Di particolare aiuto, dal 1994 al 1996, è stata l'ospitalità estesa dalla Parrocchia ortodossa romena di Santa Parascheva, a cui i fedeli della comunità di San Massimo hanno fatto riferimento per vari aspetti di vita parrocchiale. La comunità ha avuto aiuto e ospitalità anche da parte delle chiese battiste e valdesi di Torino. L'inizio di funzioni regolari in una piccola sede propria (anche a seguito dell'ordinazione di un prete per la comunità) ha coinciso con una crescita numerica non indifferente dei fedeli, tra i quali molti membri della comunità torinese dei Vecchi Credenti (ortodossi di Rito Antico, provenienti in gran parte dai villaggi russi della Romania).
Nel 1997 abbiamo avuto la sorpresa di veder sorgere in Piemonte un piccolo ma significativo segno portatore di speranza: la cappella di Santa Anastasia, a Magliano Alfieri (CN).

La richiesta di un nuovo luogo di culto alla curia cattolica torinese ha portato all'ospitalità presso la cappella dell'Istituto “Alfieri-Carrù”, già punto di incontro per gli ortodossi greci a Torino, dal 1998 al 2001. Nel 2001 è stata assegnata in comodato alla comunità la chiesa del Santissimo Redentore, nella prima collina torinese, già cappella della Congregazione delle Suore di Nostra Signora di Carità del Buon Pastore (benemerite a Torino fin dai tempi di Re Carlo Alberto per il loro impegno educativo in favore delle giovani in difficoltà).
  

UNA VISIONE PARTICOLARE

Nello spirito missionario che da sempre caratterizza la Chiesa russa, la nostra parrocchia, accanto ai suoi compiti pastorali di assistenza dei fedeli del Patriarcato di Mosca (e per riflesso degli ortodossi di tradizione slava), cerca di sviluppare una comunità autenticamente locale, dedita alla testimonianza della Fede ortodossa in Occidente. Per questo ritiene importante la venerazione dei santi locali (a partire dal proprio stesso santo patrono) e il recupero delle dimensioni liturgiche dell'antico Occidente cristiano.
Così come in tutte le altre chiese ortodosse fondate da italiani, riteniamo indispensabile una mediazione culturale del messaggio dell'Ortodossia, sia per evitare il rischio di uno svilimento della Fede ortodossa in una serie di curiosità esotiche (sempre presente dove si accentua il "fascino dell'Oriente"), sia come dovere nei confronti delle generazioni successive di immigrati ortodossi, che, integrandosi in una nuova cultura, perdono gradualmente l'interesse per le particolarità del paese d'origine.
Cercare di offrire un'Ortodossia culturalmente e linguisticamente comprensibile non deve però farci adagiare in una politica di minimalismo: la comunità si è sempre sforzata di presentare l'Ortodossia in modo quanto più pieno e profondo, anche se nella consapevolezza che questo può mettere a dura prova le proprie risorse interne, o la pazienza stessa dei fedeli..
La testimonianza della Fede ortodossa in Italia, per quanto importante, non può essere separata dalla ricerca di relazioni ideali con tutti gli altri cristiani: anche in questo, la comunità si sforza di tenere aperto un dialogo che sia serio sui temi delle verità di fede, ma rispettoso del cammino spirituale di ciascuno.
Per la nostra parrocchia il primo e fondamentale dovere ecumenico dei cristiani ortodossi è quello dell'ecumenismo tra ortodossi. Questo non è sempre un compito facile (siamo chiese alle prime armi, formate da persone di livelli sociali e culturali eterogenei, con distanze linguistiche e di mentalità rese ancor più acute dalle difficoltà dell'immigrazione), ma è essenziale perché anche i nostri rapporti con i cristiani non ortodossi abbiano senso e valore. Per questo ci sforziamo di mantenere rapporti stretti e costanti con le altre chiese ortodosse a Torino.
La nostra parrocchia partecipa alle iniziative di dialogo e fraternizzazione ecumenica in Torino, e in altre aree del Piemonte. Come indispensabile passo iniziale, insistiamo sulla necessità di una mutua conoscenza, sia tra le persone (antidoto alla ghettizzazione) sia dei rispettivi fondamenti teologici e della conseguente pratica cristiana. Alle celebrazioni cultuali ecumeniche (che presentano sempre il rischio di un minimalismo dogmatico, e talvolta anche quello della confusione sul piano simbolico) preferiamo le iniziative culturali di riscoperta delle radici del cristianesimo (e di quanto abbiamo dimenticato della nostra comune tradizione ecclesiastica), oltre all'illimitato campo di azione comune nel settore dell'accoglienza agli immmigrati, e della loro integrazione nella vita torinese.
La parrocchia di San Massimo è certamente una chiesa che ha avuto il suo maggior sviluppo in seguito a fenomeni di immigrazione. Vi hanno trovato una casa spirituale fedeli  provenienti non solo da paesi tradizionalmente collegati all'Ortodossia (Russia, Ucraina, Bielorussia, Repubblica di Moldova, Romania, Repubblica di Macedonia, Serbia e Montenegro, Georgia, Bulgaria), ma anche da altre nazioni. La parrocchia affianca volentieri le proprie attività culturali e sociali a quelle dei centri che si occupano di integrazione e promozione degli stranieri a Torino.

Anche questo stesso sito della parrocchia rappresenta per noi un'occasione privilegiata e interessante di dialogo e di testimonianza. Accanto alla nostra comunità parrocchiale visibile, ne esiste una "virtuale" non meno importante, che si estende ben al di là dei confini di Torino e del Piemonte. Attraverso queste pagine avrete modo di sentirvi anche voi parte di questa comunità...

 
Aperta in Pakistan una missione ortodossa russa

Con la benedizione del primo ierarca della Chiesa russa all'estero, il metropolita Hilarion di New York e dell'America Orientale, è stata creata nel territorio del Pakistan una missione ortodossa russa dedicata al santo arcangelo Michele.

Il 30 gennaio 2012, a Sargodha è stata aperta una parrocchia ortodossa. Il rettore della parrocchia è il sacerdote Adrian Augustus da Sydney, come annuncia Theorthodoxchurch.info.

Alla missione, 57 pachistani hanno già ricevuto il battesimo, e altri 117 hanno ricervuto il mistero della cresima da parte di padre Adrian. La nuova missione ortodossa russa in Pakistan si trova sotto la giurisdizione dell'eparchia dell'Australia e della Nuova Zelanda della ROCOR.

Oggi, nel territorio del Pakistan ci sono anche missioni sotto la giurisdizione del Patriarcato di Costantinopoli e della Chiesa Copta.

 

 
Sulla natura sacramentale del matrimonio

Una delle ovvie differenze tra la comprensione ortodossa e quella occidentale del matrimonio è che in Occidente il matrimonio è qualcosa che due persone fanno, mentre in Oriente è qualcosa che viene fatto per loro. Questa differenza si esprime nella funzione nuziale. In Occidente, le due persone pronunciano una serie di voti, entrando così in un contratto l'una con l'altra. Nella funzione ortodossa, non si scambiano voti; dopo la richiesta iniziale per se vogliono sposarsi tra loro (ne riparleremo più avanti), non dicono assolutamente nulla. Non devono neanche fare nulla: qualcosa viene fatto per loro, le corone sono poste sulle loro teste, sono guidati dal sacerdote intorno al tavolo con il Vangelo, è data loro la coppa comune, anche i loro anelli di nozze sono collocati sulle dita da altre persone. Qualunque possa essere stato lo sviluppo storico del rito ortodosso, la sua forma parla della fede nella natura sacramentale del matrimonio. In questo modo, il rito del matrimonio simile è all'eucaristia. Non si produce il corpo e il sangue di Cristo nel modo in cui si potrebbe negoziare e produrre un contratto. Tutte le azioni del sacerdote e dell'assemblea non sono finalizzate alla produzione dei doni, ma a preparare i loro cuori e le loro anime a ricevere il sacramento.

Ma quando parliamo della natura sacramentale del matrimonio, credo che noi intendiamo qualcosa di specifico. Il matrimonio non è un sacramento solo perché è indicato come tale nel catechismo; e non è un sacramento solo perché Dio benedice la coppia in un qualche modo generale. Uno dei modi in cui possiamo definire un sacramento, per essere più precisi ai fini di questo studio, è di vederlo come una trasformazione: non una trasformazione quantitativa (per cui i voti, le benedizioni, i certificati, ecc., vengono aggiunti alla coppia), ma qualitativa- la coppia non rimane le stesse due persone che erano prima del matrimonio, ma si trasforma ("cambiandole con il suo Spirito Santo", in senso eucaristico) in qualcosa che non erano, un'icona specifica di Cristo e della sua Chiesa.

Limitarsi a dire questo, però, non lo rende tale. Molti - se non la maggior parte! - dei nostri matrimoni ortodossi non assomigliano all'icona di Cristo e sono molto simili al modello di matrimonio che presenta la nostra società attuale. Se la nostra teologia non sta avendo alcun effetto pratico nei matrimoni reali, allora dobbiamo sforzarci di rendere la teologia più rilevante nella vita dei coniugi ortodossi. La natura sacramentale di un matrimonio ortodosso e la presenza reale di Dio come la terza persona nella "trinità" Dio-uomo-donna, deve essere resa reale per portare alla trasformazione sacramentale degli sposi.

Un modo per renderla reale è di spostare l'attenzione dal matrimonio come un accordo in cui ricevo, verso un accordo in cui io dono. Penso che la moderna comprensione del matrimonio sia di un mezzo con cui le persone ottengono delle cose: l'amore, la compagnia, i bambini, ecc. Potremmo presentare un modello che si concentra sul dare, sullo "svuotamento" del sé. (Questo probabilmente aiuterebbe a rendere i matrimoni ortodossi più forti.) Il modello ortodosso per il matrimonio potrebbe iniziare con la visione del matrimonio come un testimone (μαρτύριον) del sacrificio di Cristo. In realtà, quando si parla di matrimonio come un'icona di Cristo e della sua Chiesa, forse, potremmo chiarire che si tratta in particolare dell'amore sacrificale di Cristo, che dovrebbe riflettersi attraverso il matrimonio. E proprio come un 'club del retaggio ortodosso' si trasforma nella Chiesa per la presenza eucaristica e l'azione dello Spirito Santo, i coniugi non sono più solo una unità socio-economica o uno strumento di riproduzione, ma una "piccola Chiesa", il Corpo di Cristo, la sua immagine nel mondo e per il mondo.

Una cosa che può essere interessante in questo contesto è la domanda sulla la volontà libera e non vincolata che viene posta all'inizio della funzione del matrimonio. Sembrerebbe che, storicamente, non ci fosse alcun mutuo consenso "libero e non vincolato" nella maggior parte dei matrimoni cristiani. In Russia, i matrimoni erano organizzati dai genitori. Immagino che l'attrazione reciproca potrebbe essere stato un fattore in alcuni matrimoni, ma la "libertà di sposarsi" non esisteva come istituzione, fino a poco tempo fa. Ancora oggi, diverse circostanze – da una gravidanza non pianificata a considerazioni economiche – mettono vincoli sulle decisioni della gente di sposarsi. Quindi, se le parole sulla volontà libera e non vincolata vorranno veramente dire una libertà assoluta e una totale mancanza di vincoli, allora o ben pochi matrimoni rispettano questo standard, oppure le parole devono significare qualcosa di diverso – non ciò che pensavamo inizialmente. Forse, in quel momento, il libero arbitrio viene "creato" – la persona fa una scelta di dire "sì." In altre parole, la questione non è tanto se la coppia è venuta in chiesa con una completa mancanza di vincoli, ma piuttosto se sono disposti a usare la loro volontà libera e senza vincoli in questo rapporto da questo punto in avanti. Questa non è una scelta priva di significato, poiché dall'altro lato comporta una rinuncia. In altre parole, ciò che sta accadendo accadrà indipendentemente dal fatto che le due persone diano il consenso o meno: il matrimonio avrà luogo. Ma è dipende dalla coppia far funzionare il matrimonio. E anche se il contesto del servizio di nozze sembra suggerire altrimenti, a prima vista, questo atto di volontà umana messa in opera è un elemento intrinseco necessario per il sacramento. Altrove, ho scritto della distinzione tra miracoli, opere dell'uomo e sacramenti. Quando Dio agisce da solo, è un miracolo; quando l'uomo agisce da solo, è opera dell'uomo; quando le volontà e gli atti di Dio e dell'uomo si intersecano, si tratta di un sacramento. La "volontà libera e non vincolata" dei partecipanti umani, allora, è necessaria perché il matrimonio sia un sacramento. E non può essere una volontà generale di sposarsi, deve essere specifica e immediata: la volontà di prendere questa persona che vedi qui davanti a te come tuo coniuge. Anche in questo caso, c'è un parallelo eucaristico a questo mistero: l'uomo non può diventare il corpo di Cristo; Dio non può trasformare l'uomo in corpo di Cristo contro la volontà dell'uomo; solo nel punto di intersezione della volontà di Dio e la volontà dell'uomo avviene il sacramento del corpo.

D'altro canto, devo anche fare una pausa e chiedere che cosa esattamente le due persone sono consenzienti o disposte a fare? Non è certo la questione della convivenza o di avere bambini – queste cose la gente le ha fatte senza la benedizione della Chiesa per migliaia di anni. Quindi, quando parliamo del matrimonio come un'icona di Cristo e della sua Chiesa, non è l'immagine della convivenza o della procreazione, ma del martirio. Il coronamento, l'elemento centrale del servizio, in realtà ha un solo significato, il conferimento delle corone dei martiri. La vera domanda a cui i coniugi rispondono "sì," non è se vogliono vivere insieme e fare bambini, ma se stanno accettando la croce e facendo il sacrificio: "Hai la volontà libera e senza vincoli di dare la tua vita per questa persona che vedi qui davanti a te? Qui non c'è nessuna lista di voti o contratto in caratteri piccoli da negoziare, perché quando dai via la tua vita, dai tutto e perdi tutto, senza aspettarti in cambio baratti, affari o vantaggi".

Io penso che questo sia l'unico modo in cui la domanda sul libero arbitrio ha un senso. Il matrimonio può essere pre-organizzato o la decisione vincolata, in qualche modo, e questo è accettabile, ma il sacrificio di sé a immagine di Cristo è una libera scelta, proprio come la scelta di Cristo stesso.

Come si esprime liturgicamente questo concetto? Penso che la connessione tra i riti nuziali e l'eucaristia non sia un errore: ha un senso intuitivo, anche se manca di storicità. Così, idealmente, ogni Liturgia deve puntare al sacrificio di Cristo per noi e costringerci a riflettere questa immagine sui nostri coniugi e sul mondo. E quando il sacrificio di Cristo si realizza come modello per i nostri matrimoni, l'eucaristia diventa l'espressione liturgica per rispondere "sì", che poi trasforma quel breve momento, all'inizio della funzione nuziale, da qualcosa di temporale e non del tutto memorabile in qualcosa che è collegato all'atemporalità dell'eucaristia.

 
"Schiaffo in Serbo", di Alessandro di Meo

Ennesimo schiaffo alla Serbia e al popolo serbo! Lo accuseranno anche stavolta di fare del vittimismo d'accatto? C'è da scommetterci...

I due ex generali croati, Ante Gotovina e Mladen Markac, "ex criminali" già condannati in prima istanza a 24 e 18 anni per crimini di guerra commessi durante l'operazione Tempesta dell'agosto del 1995 quando furono protagonisti della pulizia etnica ai danni dei serbi delle Krajne e della Slavonia, uccisi a migliaia e cacciati a centinaia di migliaia dalle loro terre, non essendo serbi ma croati, non essendo ortodossi ma cattolici, hanno avuto "giustizia" al tribunale "super partes" dell'Aja.

Il primo, Gotovina, fu catturato nel 2005 in vacanza alle Canarie, il secondo si  consegnò nel 2004 insieme a Ivan Cermak, altro generale croato già assolto in passsato dallo stesso tribunale dove fu "lasciato morire" l'ultimo presidente della Jugoslavia, Slobodan Milosevic, contro il quale, dopo oltre quattro anni di detenzione forzata e di auto-difesa, non fu dimostrato un solo capo d'accusa.

Rimaniamo in "spasmodica" attesa per capire quale sarà la sorte di un altro "ex criminale" non serbo, Ramush Haradinaj, l'albanese kosovaro già a capo dell'Uck, formazione terroristica dove svolgeva il suo ruolo anche l'attuale premier kosovaro,  Agim Tachi, accusato di traffico d'organi umani espiantati ai serbi rapiti e fatti sparire prima, durante e dopo il '99, anno della "guerra umanitaria" scatenata dalla Nato a protezione di queste "brave persone"... Haradinaj è stato assolto, poi riarrestato, poi liberato, poi di nuovo in galera e verrà giudicato prossimamente sempre all'Aja. Possiamo scommettere su un'altra mite condanna, se non addirittura su una assoluzione, anche qui per mancanza di prove? (del resto, molti testimoni chiave sono stati già fatti fuori in modo molto "misterioso"...).

Le scene di giubilo ed esultanza a Zagabria nessuno le definirà mai manifestazioni di "fanatico nazionalismo". Quelle valgono solo per i Serbi! Entra, Serbia, entra nell'Unione Europea! A patto che tu dimentichi i tuoi figli nel Kosovo e Metohija, a patto che tu rinneghi la tua storia, la tua unicità.

Vogliono l'anima del tuo popolo, da sempre fiero, mai strisciante ai piedi dell'invasore di turno, tanto da essersi fatto spezzare le ossa per secoli dai turchi, per anni dai nazisti delle SS e dagli ascari ustascia, i fascisti croati, molto sodali e vicini a quelli italiani, che nuovamente si affacciano nei Balcani, travestiti da "umanitari", in una nuova crociata anti-slava. Il tutto, con la santa benedizione di quel Vaticano che, all'epoca, era ben rappresentato da elementi come monsignor Aloizije Stepinac, beatificato da Giovanni Paolo II in piena crisi jugoslava, nel 1992, a Zagabria (quando Pannella, indossando la divisa ustascia, vi organizzò il congresso radicale...), o come il prete cattolico Filippo Majstorovic, detto "fra Satana", agli ordini di Stepinac e autore di massacri di serbi nel campo di sterminio di Jasenovac, sempre durante la II guerra mondiale. Il campo di sterminio di Jasenovac, sconosciuto a tanti, dove un milione di deportati furono sterminati, a migliaia i bambini... perché serbi, perché ortodossi, perché comunisti, perché rom, perché ebrei. Ingiustizia regna, incontrastata, nel cuore dell'Europa "civile e democratica"...

 

 
Perché non mi lavo


Un prete stanco di sentire "scuse" per le quali la gente non va in chiesa, ha scritto quanto segue -

Alcune ragioni per le quali non mi lavo:

1. Perché mi hanno forzato a lavarmi quando ero bambino.
2. Perché non mi hanno insegnato a lavarmi quando ero bambino.
3. Quelli che si lavano - ipocriti - pensano di essere più puliti degli altri.
4. Non riesco a decidere quale sapone sia migliore.
5. Un tempo mi lavavo, ma poi mi sono stufato.
6. Mi lavo solo nelle più grandi feste - Natale e Pasqua.
7. Nessuno dei miei amici si lava.
8. Inizierò a lavarmi quando sarò vecchio e sporco.
9. Non ho tempo per lavarmi.
10. D'inverno l'acqua è troppo fredda e d'estate è troppo calda.
11. Non voglio che i fabbricanti di sapone si arricchiscano a spese mie.
12. Io mi lavo "v dushe". (gioco di parole: "nell'anima" = "nella doccia")
13. Ogni tipo di sapone pulisce allo stesso modo. I tipi diversi di sapone sono invenzioni di truffatori in camice bianco.
14. Tutte le guerre nel mondo sono state causate dal sapone.
15. Tutti i tipi di sapone hanno i loro difetti. Io mi lavo con tre tipi di sapone per volta. Solo una simile unione di saponi è quella corretta.
16. La scienza nell'ultimo secolo ha provato che ogni sapone, anche il più ideale, non riesce a eliminare tutte le molecole e atomi di sporco. Perciò, lavarsi è una pura falsificazione e un "oppio per i barboni."
17. Tutti i saponi contengono elementi chimici nocivi e sono estremamente dannosi per la pelle umana.
18. Non bisogna insegnare a un bambino a lavarsi. Crescerà, e capirà da solo se deve lavarsi, e con quale sapone.

 
L'angolo della satira

L’icona

La seguente conversazione ha avuto luogo recentemente al banco delle candele della locale Chiesa Ortodossa Slobboviana.

“Dove mia icona?”

“Dove… che cosa?”

“Mia icona. Dovrebbe essere là, a sinistra di quella finestra.”

“Signora, non hanno spostato nulla su quella parete negli ultimi cinque anni. L’ultima volta che abbiamo fatto restauri abbiamo spostato alcune icone nella sala parrocchiale. Si riferisce a una di quelle?”

“Voi non avete diritto di spostare mia icona. Io data alla chiesa quarantacinque anni fa. Voi non potete spostarla.”

“Ah, se l’ha data alla chiesa, allora non è un’icona della chiesa?”

“Si tratta di mia icona. Stava proprio lì. Io la vedo ogni volta che vengo in chiesa.”

“Sembra che non ci sia stata per un bel po’... Dove vive, ora?”

“Vivo qui da sessant’anni, stesso posto, e ogni volta che vengo in chiesa, voglio mia icona.”

“Saremmo certamente felici di vederla più spesso.”

“Io sono donna impegnata. Non tempo di venire in chiesa ogni domenica. E perché coro canta in italiano? Non cantava mai in italiano. Non mi piace.”

“Bene, signora, se venisse regolarmente, avrebbe una possibilità di esprimere le sue opinioni. Il prete e la maggioranza dei fedeli ora vogliono usare un po’ di lingua italiana.”

“Non mi importa. Quel prete è solo bambino, non come Padre Vitalij. Dove Padre Vitalij?”

“È morto circa vent’anni fa. Ma se non viene in chiesa, che cosa le importa in che lingua sono le funzioni?

“Io slobboviana. Questa mia chiesa. Mi piace sapere che funzioni a cui non vado sono in slobboviano.”

“Sì, signora. Forse le farebbe piacere discutere queste cose con Padre Giovanni alla fine della funzione.”

“Io non qui per funzione. Solo per accendere candela. Perché scritta dice candela un euro? Erano cinquanta lire.”

“Eccole la sua candela, signora. Offro io.”

 (Traduzione e adattamento dal sito umoristico ortodosso The Onion Dome)

 

 

NOTA: I due brani di satira che seguono sono stati scritti negli anni 1996 e 1997 dal nostro amico Chris Larsen, un ortodosso americano. Anche se possono essere letti ancora oggi come divertenti prese in giro di una certa mentalità presente nel mondo ortodosso, in quegli anni furono una riposta geniale alle dichiarazioni conflittuali dell’arcivescovo greco degli Stati Uniti, a proposito della lealtà a Costantinopoli e della promozione della lingua ellenica come priorità, nonché sui timori di un’Ortodossia veramente “americana”.

 

Navigando da Bisanzio ...

La scena è situata nella Costantinopoli della metà dell’undicesimo secolo. Siamo nella biblioteca dell’eminente studioso bizantino Michele Psello, che sta intrattenendo il suo amico Teofilo. Michele Psello sta mostrando al suo ospite un manoscritto arabo dal Cairo, che ha recentemente acquistato.

 

“Che pergamena fine... e la rilegatura in cuoio è molto bella”, si meravigliò Teofilo.

“Purtroppo il contenuto di questo manoscritto è di valore ben minore”, disse Michele Psello arricciando il naso. “Vedi, amico mio, questi arabi Agareni sostengono di avere scoperto una forma di matematica superiore alla nostra.”

Incuriosito da una simile possibilità, Teofilo chiese: “Di che tipo di matematica si tratta?”

Con tono di derisione, Psello disse: “Oh, quei matti del deserto la chiamano Al-Jebra... aah, il nome stesso è barbarico... Sostengono che faccia progredire immensamente le scienze matematiche. ...ma guarda qui! ...si umiliano a usare il sistema numerico dei pagani Hindu. Da’ un’occhiata qui, Teofilo! Paganesimo Hindu che ha a che fare con il concetto eretico dello zero. Bieche idiozie erranti e pagane, se vuoi sapere cosa ne penso... Voglio dire che quegli Agareni hanno rubato la loro arte, architettura e scienza da noi Romani... tutto ciò che ha valore nella loro cultura è un mero derivato scadente del genio dei Romani. E come avrebbero del resto potuto inventare qualcosa di meglio? Se c’è qualcosa di valore in questo mondo”, disse Psello, “allora lo abbiamo inventato per primi noi Romani.”

“Ebbene, questo dimostra come funzionano le menti dei barbari”, disse Teofilo. “Essi per natura pervertono tutto quanto è buono e santo in qualcosa di bizzarro e distorto .. come questi strani simboli Hindu”.

“Sì, Teofilo... i barbari non creano nulla di valore, non fanno che distorcere e mutilare quanto noi Romani diamo loro”, disse Psello.

Dando a Psello un’occhiata condiscendente, Teofilo chiese: “Ti stai riferendo agli Slavi o ai Latini, ora?”

“Mi riferisco a entrambi”, dichiarò Psello con enfasi. E con un tremito, disse: “Guarda a Nord dell’Impero, e cosa vedi? Milioni di Slavi illetterati convertiti in massa alla nostra Santa Ortodossia.”

“Eh, sì”, disse Teofilo, “e non hanno neppure seguito i Canoni, se è per questo. Le conversioni in massa di fronte alla spada NON sono Ortodossia... ma piuttosto l’epitome dei modi di fare dell’islam e dei barbari... è una cosa violenta e selvaggia... presto questa enorme ondata di Slavi inghiottirà la nostra cultura e fede romana e la rimpiazzerà con... con... qualcosa di indicibile e di non ortodosso. Non può venire assolutamente alcun bene dalla conversione di questi Slavi. La Santa Ortodossia appartiene all’Impero, dove noi la possiamo custodire e preservare dalla corruzione... non fuori tra i barbari che la pervertiranno e la distruggeranno... Solo con la loro incrollabile fedeltà e ferma lealtà a Costantinopoli e con l’adozione del nostro linguaggio Romaico i barbari potranno mai divenire veri cristiani.”

“Teofilo,” disse Psello, “ho sentito dire che usano rami di salice al posto delle palme, e...”

“Ma questa è un’eresia!!!” lo interruppe Teofilo.

Fermandosi un’istante, Psello sospirò e disse: “prima i rami di salice al posto delle palme, e poi in pochi anni finiranno per riscrivere il Credo proprio come i Latini. Ora che questi Slavi hanno iniziato a prendere la strada verso l’eresia, non ci sarà modo di fermarli. Ricorda le mie parole, Teofilo! La cosiddetta ‘conversione’ non canonica degli Slavi sarà vista dalle generazioni future come il più grande disastro capitato all’Ortodossia dal tempo dell’eresia degli Iconoclasti. Se desiderano diventare cristiani ortodossi, devono diventare cittadini dell’Impero e imparare la lingua Romaica. Non possiamo gettare la nostra perla dell’Ortodossia a un popolo non ortodosso... la nostra fede verrà corrotta in qualcosa di orrido, come la fede dei Latini.”

Gemendo alla menzione degli esecrabili occidentali, Teofilo disse: “Ti prego... Psello... mio buon amico, non mettiamoci a parlare di quelli... Ne ho avuto abbastanza di loro e delle loro usanze selvagge.”

“Ah ... ma la loro arroganza e ignoranza non conosce limiti, mio caro Teofilo” dichiarò Psello. “Sai che i rappresentanti del Patriarca d’Occidente erano a cena con l’Imperatore la settimana scorsa, e hanno avuto il fegato di sostenere che il Latino, pensa un po’, era l’originale e autentica lingua Romaica!”

Sbigottito, Teofilo disse, “Ma la nostra lingua è la lingua dell’Ortodossia. Non si può paragonarla con qualcos’altro.”

Improvvisamente ispirato, Psello esclamò: “Eureka! Penso che mi metterò a comporre un saggio che spiega perché la nostra lingua è la lingua originale dei Romani, e lo presenterò all’Imperatore stesso.” “Ma che fare?”, pensò ad alta voce. “Lo so io! Farò un’analisi del libro scritto da quell’antico romano che combatté quelle guerre in Gallia... Com’era il suo nome? Cicerone? Sì, Cicerone! Ecco di cosa scriverò... Cicerone e la sua Guerra Gallica, e proverò che in principio non fu mai scritto in latino!”

“Che scelta meravigliosa, mio caro Psello!”, disse Teofilo.

“Di fatto,” replicò Psello, “posso usare questa bella pergamena araba... cancellerò queste scemenze dell’Al-Jebra e potrò scriverci il mio saggio da presentare all’Imperatore stesso... ora, Teofilo caro, vorresti passarmi quella spugna là in fondo...”

Christopher Larsen, 19 Ottobre 1996

 

Stranieri in una terra straniera

Il monastero del Santo Salvatore a Kiev era ancora in uno stato di sfacelo quando Padre Demetrios, stanco per il viaggio, arrivò al suo edificio diroccato. Era stanco poiché aveva fatto tutta la strada da Costantinopoli, la Regina delle Città protetta da Dio, fino a Kiev, sopportando con pazienza e coraggio i pericoli del viaggio. Dopo tutto era un romaico, non un codardo latino. Eppure non tutto andava bene a Kiev. Il monastero e parte della città di Kiev erano stati danneggiati nella recente sommossa civile tra i figli del defunto Yaroslav il Grande. Tuttavia, nonostante il suo aspetto danneggiato e diroccato, era un rifugio gradito per Padre Demetrios, poiché aveva viaggiato tanto a lungo, e poiché il suo vecchio amico Padre Romanos lo stava attendendo al Santo Salvatore con ospitalità cristiana e una larga caraffa del prezioso nettare chiamato Retsina.

“Cristo è in mezzo a noi! Poveretto, entra! Entra, vecchio amico, e riposati!” disse Padre Romanos. “Il tuo viaggio da Costantinopoli deve essere stato lungo e faticoso!” aggiunse. Dopo avere trangugiato un bicchiere di retsina, Padre Demetrios disse, “Il viaggio per mare attraverso il Ponto è andato bene, ma il trasporto sul fiume è stato orrido! I Patzinak e i Cumani non si sono mai fatti vedere, ma gli Alani hanno dato segni della loro presenza. Morire per mano di barbari così terribili... il pensiero mi fa rabbrividire. Oh, e i veri e propri barbari con i quali ho viaggiato!... Beh, è un piacere essere di nuovo tra la mia gente!” Padre Romanos disse sorridendo: “Essere di nuovo tra cristiani ortodossi deve essere un sollievo!” “Per la verità”, disse Padre Demetrios “dicendo ‘la mia gente’ intendevo gli altri romaici... naturalmente essere ortodosso ed essere romaico sono cose che vanno di pari passo. E’ impossibile essere l’uno senza essere anche l’altro!” “Davvero” disse Padre Romanos. “Tuttavia molti nella Rus’ potrebbero non essere d’accordo!” aggiunse. “Poveri barbari sviati!” disse Padre Demetrios. “Questa è in parte la ragione per cui sono qui a Kiev! Vedi, il Patriarcato vuole sottolineare la natura romaica dell’Ortodossia. Qui c’è bisogno di più preti romaici perché la Chiesa a Kiev si sta semplicemente... ecco, corrompendo.... con questa cultura eterodossa della Rus’ slava. Hai visto alcune delle icone native??? Prima che tu te ne renda conto questa gente si troverà impantanata in pratiche slave eterodosse.

“Ebbene, il Patriarca e il nostro glorioso Basileus percepiscono che la nostra cultura romaica è ovunque sotto attacco. Abbiamo i Turchi che hanno conquistato la maggior parte dell’Asia Minore, e ondate dietro ondate di sporchi latini che si dirigono in Palestina... per non parlare degli avidi genovesi e veneziani che saccheggiano i nostri commerci! L’ultima cosa di cui l’Impero ha bisogno è una chiesa slava davvero indipendente nella Rus’!” “Questi sono tempi di tribolazione, amico mio! Abbiamo bisogno di pregare!” disse Padre Romanos. “Ci serve più della preghiera qui a Kiev, vecchio amico” disse Padre Demetrios. “Ciò che ci serve è l’azione. Dobbiamo rafforzare i legami della Chiesa della Rus’ con il Patriarcato, e rafforzare l’uso della lingua romaica tra il clero. Lo dobbiamo, alla Rus’!” Incuriosito, Padre Romanos disse “Spiegamelo un po’... sai che non sono mai stato un uomo di mondo...” “Bene”, disse Padre Demetrios “Va da sé che la Rus’ ha una cultura eterodossa. Il compito di creare una cultura ortodossa qui, nella terra della Rus’, semplicemente non funzionerà. Come può una cultura così infusa di paganesimo ancora un paio di generazioni or sono essere veramente ortodossa! Immagina che questa gente riesca mai a produrre un teologo, per esempio. Impossibile!! Questi sono barbari! Piuttosto che creare una cultura della Rus’ ortodossa noi abbiamo il dovere di trasfromare costoro in romaici! E’ la sola cosa ortodossa da fare!”

“E come faremo?” chiese Padre Romanos. “Essendo in maggior numero! Vedi come è evidente che la nostra cultura romaica è una cultura infusa di Dio e che la nostra lingua è la lingua degli angeli. Gli altri popoli, con culture barbare che parlano lingue barbare, guardano a noi per vedere che cosa sia veramente la civilizzazione e la cultura ortodossa. Noi annacquiamo la nostra testimonianza ortodossa abbandonando la lingua e la cultura romaica nell’opera missionaria. Cirillo e Metodio hanno fatto un terribile sbaglio!” “Di che sbaglio si trattava?” chiese Padre Romanos. “Devi capire” disse Padre Demetrios “che Cirillo e Metodio volevano stabilire l’Ortodossia tra gli slavi in modo che i nostri mercanti in questa parte d’Europa non vivessero tra i pagani senza una chiesa. Il Patriarcato ritiene che le necessità spirituali della nostra diaspora debbano sempre venire prima del lavoro missionario. E’ la sola cosa ortodossa da fare.”

Noi romaici siamo come una città che brilla sopra un colle... la luce della nostra civilizzazione superiore attira tutti i barbari verso di noi. Se a questo punto ci abbassiamo al loro livello adattando l’Ortodossia alla loro cultura e lingua, diminuiamo la luce che emana dal nostro glorioso retaggio. Ma se continuiamo a usare la lingua romaica allora la Rus’ e gli altri barbari cederanno in modo naturale i loro linguaggi e identità etniche. Saranno così abbagliati dalla nostra superiorità da adottare la nostra lingua e cultura!” “E lo farebbero??” chiese Padre Romanos. “Ma sicuro che lo farebbero!! Sei mai stato nella provincia dell’Ellade??? Ebbene, sai che è pesantemente di sangue slavo. Ben poche delle persone che vivono nell’Ellade sono di fatto discendenti puri al 100% degli antichi elleni. Ma questa gente parla la lingua romaica! 150 anni fa quella provincia contava un gran numero di slavi... persino nel Peloponneso. Ma ora sono tutti romaici. E’ semplice! Non hai altro da fare che esporre i barbari alle nostre usanze, e quelli le adottano naturalmente!! E prima di tutte queste usanze viene la lingua romaica. Se otteniamo più preti romaici da Costantinopoli che vengano a vivere qui a Kiev, allora in breve tempo le donne di casa parleranno la Koine nella piazza del mercato di Novgorod! E’ la sola cosa ortodossa da fare!”

“Ma non ha funzionato con i bulgari” disse Padre Romanos. “Hanno cercato di creare una chiesa autocefala indipendente, e certamente non hanno adottato la nostra lingua. E inoltre continuano a ribellarsi al dominio imperiale invece di essere felici contribuenti delle tasse e cittadini romani.” Padre Demetrios assunse un tono pensieroso e disse “Devi ricordarti cosa successe quando osarono combattere l’Impero, il grande Basileus Basilio II distrusse il loro esercito uccidendo migliaia di soldati dello zar Samuel, e ridusse la loro Chiesa in uno stato di sudditanza. Era la sola cosa ortodossa da fare! Oltretutto, come ortodossi romaici abbiamo il dovere di mantenere l’eredità romaica così come abbiamo il dovere di diffondere il Vangelo. Le due cose vanno di pari passo, in effetti!” Padre Romanos annuì in segno di accordo e disse: “E’ solo che non possiamo diventare nativi... voglio dire che se lo facessimo ci ridurremmo a mangiare kasha...”

Christopher Larsen, 10 agosto 1997

 

 

I segni che ti avvertono che potresti essere un ortodosso russo:

 

* al mercoledì e al venerdì mangi cibo giapponese;

* non ricordi di avere mai fatto colazione alla domenica mattina;

* sai automaticamente sottrarre 13 giorni a qualsiasi data;

* appena incontri una nuova parola lunga, la pronunci con l'accento sulla terzultima sillaba;

* la parola "topless" ti fa pensare a una ragazza senza velo sulla testa;

* sei sinceramente stupito che esista gente che si lamenta di dover digiunare 6 ore prima di un prelievo di sangue;

* passi ore a studiare come rimuovere le tracce di fumo da pareti e soffitti, e sei esperto in tutte le tecniche di rimozione di macchie di cera;

* ti chiedi perché il Papa si segna al contrario quando appare in TV;

* hai avuto i tuoi primi problemi di vene varicose all'età di vent'anni;

* non fai una mossa quando qualcuno ti tira dell'acqua addosso;

* trovi normale che alla fine della Settimana santa una persona abbia la fronte ustionata da sfregamenti di tappeto;

* sai ripetere qualsiasi cosa per 40 volte senza mai sbagliare il numero;

* vai al cinema con tua moglie, e vi sedete sui lati opposti della platea (e alla fine vi sentite in colpa per aver seguito il film da seduti);

* vai al cinema e il film inizia mezz'ora dopo e dura tre ore e mezzo, e non vedi alcuna ragione per lamentarti;

* sai aspirare con la bocca una quantità indefinita di briciole di pane da una mano senza tossire;

* senti qualcuno dire "completiamo la nostra..." (lezione, discussione, o quant'altro), e ne deduci che durerà ancora per almeno 40 minuti;

* vicino a te c'è uno che si chiama Barsanufio, e ti sembra la cosa più normale del mondo;

* trovi veramente importante sottolineare che un bastoncino di pesce non ha le lische;

* se senti qualche contestatore che dice "non credo nella religione organizzata!", rispondi istintivamente: "...nemmeno io!"

 

E per finire, la variante alla barzelletta della lampadina:

Quanti ortodossi russi ci vogliono per cambiare una lampadina?

Nessuno. L'Ortodossia non cambia mai, e usa candele e lampade a olio. L'elettricità va bene per quelle giurisdizioni moderniste e liberali...

 

 
Storie con un sorriso e una morale

Il gattino volante

Il gattino di un parroco si era arrampicato su un albero nel cortile della chiesa, e non riusciva a scendere. Il parroco cercò di chiamarlo incoraggiandolo e offrendogli del cibo, ma il gattino era troppo spaventato per muoversi.

L'albero era sottile e flessibile, per cui il parroco pensò di legarlo a una corda fissata alla sua auto, in modo da abbassare l'albero quel tanto necessario a ricuperare il micio.

Facendo lentamente lmanovra con la macchina, l'albero iniziò a piegarsi, fino al punto in cui era quasi possibile prendere l'animale con le mani. Ma all'improvviso la corda si ruppe.

L'albero si drizzò con un colpo secco, e il gattino all'istante finì in volo per aria, fino a scomparire alla vista.

Il parroco, sconvolto, girò per tutto il vicinato chiedendo se qualcuno avesse visto il micio. Ma nessuno lo aveva notato. Così non gli rimase che pregare: "Signore, affido questo gattino nelle tue mani", e tornare al suo lavoro.

Pochi giorni dopo, in un negozio, incontrò una parrocchiana che stava facendo scorte di cibo per gatti. La donna detestava i gatti, e tutti lo sapevano: per questo il parroco le chiese il motivo di quella spesa.

La donna rispose "non ci crederà, padre... mia figlia continuava a chiedermi un gatto, ma io sono sempre stata contraria, finché un giorno, per la sua insistenza, le ho detto: ...e va bene, se Dio ti dà un gatto, te lo lascerò tenere".

"Ho visto la bambina uscire in giardino, inginocchiarsi e chiedere a Dio un gatto... e poi, padre, non ci crederà, ma l'ho visto con i miei occhi: un gattino è arrivato in volo dal cielo, a zampe larghe, ed è atterrato proprio davanti a mia figlia."

 

I tre alberi

Un giorno, su un monte, tre piccoli alberi sognarono ciò che volevano diventare da grandi. Il primo guardò le stelle e disse: "Voglio contenere dei tesori. Voglio essere ricoperto d'oro e riempito di pietre preziose. Sarò il più bello scrigno di tesori del mondo!"

Il secondo albero guardò il piccolo torrente che si riversava sulla via per l’oceano. "Voglio viaggiare sulle grandi acque e portare grandi re. Sarò la più forte nave del mondo!"

Il terzo albero guardò giù nella valle, dove uomini e donne vivevano in una città piena di traffico. "Io non voglio affalto lasciare la cima del monte. Voglio crescere così alto che quando la gente si fermerà a guardarmi, eleverà gli occhi al cielo e penserà a Dio. Sarò il più alto albero del mondo!"

Passarono gli anni. Venne la pioggia, splendette il sole, e i tre piccoli alberi crebbero alti. Un giorno tre boscaioli si arrampicarono sulla montagna. Il primo boscaiolo guardò il primo albero e disse, "Quest'albero è bello. È perfetto per me." Con un colpo della sua ascia luccicante, il primo albero cadde. "Ora faranno di me uno scrigno prezioso, e avrò al mio interno tesori meravigliosi!" disse il primo albero.

Il secondo boscaiolo guardò il secondo albero e disse, "Quest'albero è forte. È perfetto per me." Con un colpo della sua ascia luccicante, il secondo albero cadde. "Ora solcherò le acque possenti!" pensò il secondo albero. "Sarò una nave forte per re potenti!"

Il terzo albero provò un tuffo al cuore quando l'ultimo boscaiolo guardò nella sua direzione. Se ne stava eretto e alto, e puntava con coraggio verso il cielo. Ma il boscaiolo non guardò neppure una volta in alto. "Qualunque tipo di albero mi andrà bene." Mormorò. Con un colpo della sua ascia luccicante, il secondo albero cadde.

Il primo albero si rallegrò quando il boscaiolo lo portò nella bottega di un carpentiere. Ma il carpentere fece dell’albero una mangiatoia per animali. L'albero che era stato bello non fu ricoperto d'oro e di tesori. Fu ricoperto di segatura e riempito di fieno per animali affamati.

Il secondo albero sorrise quando il boscaiolo lo portò a un cantiere navale, ma nessuna potente nave da crociera fu fatta in quel giorno. Invece, l'albero che era stato forte fu trasformato in una semplice barca da pesca. Ed era troppo piccola e debole per navigare nell’oceano, o perfino in un fiume, e fu invece portata in un piccolo lago.

Il terzo albero era confuso quando il boscaiolo lo tagliò squadrandolo in robusti pali e lo lasciò in un deposito. "Che cosa è successo?" si chiedeva tra sé l'albero che era stato alto. "Tutto ciò che volevo era stare in cima al monte e puntare verso Dio..."

Passarono molti, molti giorni e notti. I tre alberi quasi dimenticarono i loro sogni. Ma una notte, la luce dorata delle stelle si riversò sul primo albero mentre una giovane donna posò il suo bimbo appena nato nella mangiatoia.

"Vorrei fare per lui una culla." sussurrò il marito. La madre gli strinse la mano e sorrise mentre la luce delle stelle risplendeva sul legno lucido e robusto. "Questa mangiatoia è bella." disse. E all'improvviso il primo albero seppe che aveva al suo interno il più grande tesoro del mondo.

Una sera un viaggiatore stanco e i suoi amici si assieparono dentro la vecchia barca da pesca. Il viaggiatore si addormentò mentre il secondo albero salpava quietamente nel lago. Ben presto scoppiò una furiosa tempesta. Il piccolo albero rabbrividì. Sapeva di non avere la forza di portare al sicuro tanti passeggeri attraverso il vento e la pioggia.

L’uomo stanco si svegliò. Si alzò, distese la mano e disse, "Pace." La tempesta terminò tanto rapidamente quanto era iniziata. E all'improvviso il secondo albero seppe che stava portando il re del cielo e della terra.

Un venerdì mattina, il terzo albero trasalì quando presero i suoi pali dal deposito dimenticato. Tremò mentre veniva portato attraverso una folla arrabbiata e irridente. Rabbrividì quando dei soldati gli inchiodarono addosso le mani di un uomo. Si sentiva brutto, spietato e crudele.

Ma alla domenica mattina, al sorgere del sole, mentre la terra tremava di gioia ai suoi piedi, il terzo albero seppe che l'amore di Dio aveva cambiato ogni cosa. Aveva reso il terzo albero forte. E ogni volta che la gente pensava al terzo albero, pensava a Dio. Ed era una cosa più bella che essere l'albero più alto del mondo.

 

Il ritratto del figlio

Un uomo ricco e suo figlio amavano fare collezione di dipinti famosi. Avevano di tutto nella loro collezione, da Raffaello a Picasso. Spesso sedevano assieme ad ammirare queste grandi opere d’arte. Quando scoppiò un conflitto, il figlio andò in guerra. Fu molto coraggioso, e morì in battaglia mentre salvava la vita di un altro soldato.

Il padre fu molto addolorato per la morte del figlio. Qualche mese dopo, poco prima di Natale, un giovane bussò alla sua porta. Tenendo un pacco tra le mani, disse: “Lei non mi conosce, ma io sono il soldato per cui suo figlio ha dato la vita. Ha salvato molte vite in quel giorno, e mi stava portando in salvo quando fu raggiunto da un proiettile. Spesso mi parlava di Lei e del suo amore per l’arte”. Il giovane gli porse il suo pacco: “So che questo non è molto. Io non sono un grande artista, ma penso che a suo figlio avrebbe fatto piacere.”

Il padre aprì il pacco. Era un ritratto di suo figlio, dipinto dal giovane. Il padre rimase impressionato dal modo in cui il soldato aveva catturato la personalità di suo figlio. Fu così attratto dallo sguardo del ritratto che i suoi occhi si colmarono di lacrime. Ringraziò il giovane e si offrì di pagargli il quadro. "Oh, no signore, non potrei mai ripagare quello che suo figlio ha fatto per me. E’ un dono."

Il padre appese il ritratto sul suo caminetto. Ogni volta che venivano visitatori a casa sua, li portava a vedere il ritratto di suo figlio prima di mostrare loro le altre grandi opere della sua collezione.

L’uomo morì poco tempo dopo. Fu organizzata una grande asta dei suoi dipinti. Molte persone influenti si radunarono, eccitate dai grandi dipinti e dall’opportunità di acquistarne uno per la loro collezione.

Sul palco stava il ritratto del figlio. Il banditore aprì l’asta. "Inizeremo da questo ritratto del figlio. Chi vuole fare un’offerta per questo quadro?"

Vi fu silenzio.

Quindi una voce al fondo della sala esclamò, "Vogliamo vedere i dipinti famosi. Saltiamo questo." Ma il banditore insisteva. "Qualcuno vuol fare un’offerta per questo dipinto? Chi fa un’offerta iniziale? 100 euro? 200?"

Un’altra voce esclamò adirata. "Non siamo venuti per questo dipinto. Siamo venuti a vedere i Van Gogh, i Rembrandt. Passiamo alle vere offerte!"

Ma il banditore continuava ancora. "Il figlio! Il figlio! Chi prende il figlio?”

Alla fine, una voce si levò proprio dal fondo della sala. Era il vecchio giardiniere dell’uomo e di suo figlio. "Io offro 10 euro per il dipinto." Essendo povero, era tutto quello che si poteva permettere.

"Siamo a 10 euro, chi ne offre 20?"

"Dateglielo per 10. Vediamo i maestri."

"L’offerta è 10, qualcuno offre 20?"

La folla si stava arrabbiando. Non volevano il quadro del figlio. Volevano investimenti più adeguati per le loro collezioni.

Il banditore agitò il martello. "10 e uno, 10 e due, VENDUTO per 10 euro!"

Un uomo seduto nella seconda fila, "E adesso vediamo i capolavori!"

Il banditore posò il martello. "Mi dispiace, l’asta è finita."

"E che ne è dei quadri?"

"Mi rincresce. Quando sono stato chiamato a dirigere quest’asta, mi è stata comunicata una clausola segreta del testamento, che non potevo rivelare prima. Solo il ritratto del figlio sarebbe stato messo all’asta. Chiunque lo avesse comprato avrebbe ereditato tutti i beni, inclusi i quadri. L’uomo che ha preso il figlio ha preso tutto!"

Duemila anni fa Dio ha dato suo Figlio per noi, perché attraverso la sua morte e la sua risurrezione avessimo la vita. Proprio come il banditore dell’asta, il suo messaggio di oggi è: "Il figlio! Il figlio! Chi prende il figlio?" Perché, vedete, chi prende il Figlio prende tutto.

 
Dovremmo uccidere le talpe? Come evitare di cadere nelle trappole della letteratura ortodossa contemporanea

È accaduto qualcosa che mi ha portato a scrivere questo testo. In qualche modo, mentre correggevo saggi su uno stesso tema, ho notato che cinque di loro - in tutto il resto completamente separati e indipendenti l'uno dall'altro - usavano la stessa citazione della Sacra Scrittura per dimostrare la loro tesi. Allo stesso tempo, questa citazione era ritagliata nello stesso modo in tutti e cinque saggi - in modo che nella versione "ritagliata" il pensiero originale era stato perso e si era trasformato in qualcosa di appropriato per dimostrare la tesi dell'autore. Non credo che qualcuno di loro abbia appositamente cercato di fare a pezzi il testo sacro. No, probabilmente questo è avvenuto automaticamente - e questa è la parte più triste. Colpevole qui è l'abitudine di guardare al testo biblico come materiale per la dimostrazione delle proprie idee, e non come la Parola di Dio, che noi dobbiamo seguire con umiltà, rinunciando a tutte le "nostre idee" che la contraddicono.

Si tratta di una malattia che affligge la maggior parte di noi ortodossi contemporanei cresciuto nelle tradizioni della cultura occidentale. Il nome di questa malattia è modernismo.

La formulazione in primo luogo della propria opinione – questo è il segno caratteristico della coscienza, e anche della coscienza religiosa, di una persona afflitta da questa malattia. Da qui sorge la diffidenza verso la Tradizione patristica – della quale si accetta solo ciò che è utile per la dimostrazione delle proprie idee – e la tendenza ad interpretare la Sacra Scrittura "dal vento che tira nella propria testa", ignorando completamente la comprensione patristica della stessa Scrittura. Quindi, finalmente, arriva il desiderio di "aggiornare", "migliorare", e "modernizzare" la Chiesa di Cristo, un desiderio ossessivo di introdurre le proprie opinioni personali, giustificandole e dogmatizzandole.

È comune associare il modernismo a una ristretta cerchia di individui specifici, ma in realtà questo fenomeno è molto più diffuso. Chi entra nella Chiesa porta con sé la propria vita pre-ecclesiastica. Il rifiuto dell'autorità e il disprezzo per l'antichità e la tradizione sono caratteristiche comuni della visione del mondo secolare che è stata promulgata dal XVII secolo, ma che ha raggiunto il suo apogeo ai nostri giorni. Non è una sorpresa che il contagio del modernismo si sia diffuso così ampiamente proprio ora. Si insegna in questo modo nelle scuole e nella cultura popolare, così come nella cultura d'élite.

Questo fenomeno merita un discorso a parte. Qui vorrei mostrare i metodi utilizzati – spesso inconsapevolmente – dagli autori modernisti per convincere i loro lettori che le loro opinioni personali sono l'insegnamento della Chiesa ortodossa.

Nella misura in cui ogni cristiano ortodosso sa che la dottrina della Chiesa ortodossa deriva da due fonti – la Sacra Scrittura e la Tradizione – gli sforzi di questi autori sono diretti proprio verso la loro manipolazione.

Consideriamo come "funzionano" queste tecniche, utilizzando come esempio un'idea incongrua: Supponiamo che qualcuno ritenga essenziale uccidere le talpe, pensando che questo sia un requisito per tutti i cristiani ortodossi, e vuole convincere di questo i suoi lettori.

Primo esempio: asserzioni non comprovate

Sembrerebbe che le affermazioni infondate siano un mezzo di persuasione evidentemente senza speranza; tuttavia, "funzionano" splendidamente. È sufficiente scrivere: "Molti santi Padri della Chiesa ortodossa dicono che è essenziale sterminare le talpe" – e una parte significativa di lettori "ingoierà" quest'affermazione con piena fiducia. L'autore non offre una singola citazione, o un singolo riferimento, e il lettore non ci pensa nemmeno, ma conserva quanto ha letto nella sua memoria in modo che poi, quando se ne presenta l'occasione, ripeterà questa "asserzione", anche se non ricorderà nemmeno il nome dell'autore o il nome dell'articolo da cui l'ha presa.

Tali riferimenti vaghi sono molto comuni. La maggior parte degli autori non cerca deliberatamente di trarre in inganno i lettori. Molto semplicemente, qualcuno da qualche parte in qualche modo leggere qualcosa di simile o sentito qualcosa, senza conoscere, naturalmente, la citazione esatta – ma rimane la sensazione generale. E ciò che sta effettivamente dietro quest'impressione – sia che si tratti di parole autentiche dei santi Padri, o di una parafrasi di qualcuno di loro, o pensieri privati entrati in mente a qualcuno durante la lettura delle opere dei santi Padri – è un punto minore.

Di qui il consiglio: tali affermazioni infondate e riferimenti anonimi sono i meno affidabili. Cerchiamo di essere attenti a ciò che leggiamo e a ciò che scriviamo, perché nella maggior parte dei casi tali riferimenti non vengono da una cattiva volontà, ma dalla pigrizia dell'autore, che il diavolo usa per incoraggiarci a sostituire i nostri pensieri a quelli patristici.

Chiaramente, c'è molto di cui hanno parlato i santi Padri in completo accordo e, nel presentare queste cose, l'affermazione di cui sopra viene naturalmente. Tuttavia, a mio parere, non dobbiamo cedere a questa tentazione; dopo tutto, più i santi Padri hanno scritto su un tema o su un altro, più è facile trovare nelle loro opere una specifica manifestazione di un dato pensiero. È più piacevole per un autore pio farsi umilmente da parte in modo da consentire ai santi Padri stessi di parlare, senza osare farne una "sintesi" e parafrasare i loro pensieri nella misura della propria comprensione.

Si può citare una variazione del precedente esempio: una più specifica, ma non meno infondata, asserzione; per esempio, quando un autore scrive senza alcun riferimento a una fonte primaria (cioè, alle opere di un santo Padre), una frase come: "san Giovanni Crisostomo sosteneva che era essenziale sterminare le talpe" o perfino: "san Giovanni Crisostomo ha ripetutamente scritto: 'Sterminate le talpe!'." Se l'autore non dà un riferimento a un'opera patristica specifica – il capitolo o la pagina da cui ha tratto l'idea – allora quello che abbiamo davanti a noi è ancora un'affermazione infondata.

Secondo esempio: distorsioni nel corso di una citazione

Avviene anche quanto segue: un autore utilizza una citazione e fa un riferimento esatto, ma lo estrapola fuori dal contesto, aprendo così la possibilità di altrettante distorsioni. Tale travisamento è tanto più pericoloso, quanto il riferimento suscita la fiducia di una parte molto più ampia di lettori – che, di regola, non controllano il riferimento.

Un esempio ben noto è l'affermazione: "Anche nella Bibbia è chiaramente affermato: Dio non esiste (Salmo 13:1)." Per quanto riguarda il tema da noi scelto, possiamo affermare: "Anche san Giovanni di Kronstadt ci ha esortato 'a scacciare queste talpe nere che distruggono l'integrità della nostra anima' (La mia vita in Cristo, 1:2). "In entrambi i casi le parole sono citate esattamente, ma il loro significato è sostanzialmente distorto dal fatto che sono prese fuori dal contesto.

Pertanto, appena sorge il dubbio, il lettore dovrebbe verificare le citazioni usate dall'autore per vedere come vengono utilizzate nel testo. Non essendo troppo pigri per farlo, vediamo che il primo versetto del Salmo 13 recita: Lo stolto ha detto nel suo cuore: Dio non esiste; e san Giovanni di Kronstadt ha scritto: "Fate attenzione a voi stessi, alle vostre passioni, soprattutto nella vostra vita domestica, dove vagano liberamente, come talpe in un luogo sicuro; al di fuori della casa le nostre passioni normalmente si nascondono dietro altre passioni più presentabili, e là non è possibile scacciare queste talpe nere che distruggono l'integrità della nostra anima".

Pertanto, san Giovanni di Kronstadt non sta affatto parlando delle talpe, ma delle passioni; è queste che ci invita a scacciare, e niente affatto gli animali che scavano nel terreno, che usa solo come metafora.

Qui è il caso di ricordare come i Padri del sesto Concilio ecumenico testimoniarono contro una persona che aveva usato il metodo sopra indicato: "Ecco, tu hai scelto questa testimonianza del santo Padre in modo incoerente; è indecente per gli ortodossi deturpare le parole dei santi Padri in questo modo, selezionandole in modo incoerente; questo è piuttosto il mezzo degli eretici". [1]

Una variante di questa tecnica è quello di compilare un collage dalle parole della Sacra Scrittura, grazie alla quale è possibile giustificare qualsiasi pensiero davanti ai lettori creduloni, compresa la distruzione delle talpe: "Il Signore stesso ha detto nella Scrittura: 'Questi inoltre saranno immondi per voi tra gli animali che strisciano sulla terra: la talpa' (Levitico 11:29); 'voi allora uccidetela, non abbiate paura. Non ve lo comando io? Siate forti e coraggiosi' (2 Re [2 Samuele] 13:28)".

Molti lettori "ingoiano" un tale collage con fiducia sincera, anche se la falsità di basare un pensiero sulla giustapposizione meccanica di diverse frasi, nessuna delle quali giustifica tale pensiero, è sufficientemente evidente. Senza contare che un riferimento al testo integrale della Sacra Scrittura espone la distorsione del significato di queste citazioni.

Così, nel primo frammento (contro le talpe), sono citati come impuri anche topi, lucertole, camaleonti, e altri, e nulla si dice della necessità di ucciderli. Al contrario, è vietato toccarli: Questi sono impuri per voi fra tutti gli animali che strisciano: chiunque li toccherà, quando saranno morti, sarà impuro fino a sera (Levitico 11:31), e questa stessa enumerazione è data per fare la differenza tra l'impuro e il puro, e tra la bestia che si può mangiare e la bestia che non si può mangiare (Levitico 11:47).

Il secondo frammento, tuttavia, non si presenta come la parola di Dio sulle talpe, ma come le parole del principe Assalonne riguardo a suo fratello: Ora Assalonne aveva comandato ai suoi servitori, dicendo: badate, quando il cuore di Amnon sarà allegro di vino, e quando io vi dirò: Colpite Amnon; voi allora uccidetelo, non abbiate paura. Non ve lo comando io? Siate forti e coraggiosi (2 Re [2 Samuele] 13:28).

Qui vale la pena citare le parole di sant'Ireneo di Lione, che descrisse come gli eretici gnostici utilizzavano questa tecnica dei "collages":

"Poi, di nuovo, raccogliendo una serie di espressioni e nomi sparsi qua e là [nella Scrittura], li distorcono, come abbiamo già detto, da un senso naturale a uno non naturale. Così facendo, si comportano come coloro che propongono ogni tipo di ipotesi che immaginano, e quindi fanno il possibile per sostenerle attraverso i poemi di Omero, in modo che gli ignoranti immaginino che Omero in realtà abbia composto versi che riguardano questa ipotesi (ipotesi di fatto appena costruita); e molti altri sono condotti da sequenze regolarmente formate di versi, a dubitare che Omero possa averli composti. Di questo genere è il brano seguente, dove uno, descrivendo Ercole inviato da Euristeo a prendere il cane delle regioni infernali, lo fa per mezzo di questi versi omerici – non vi può essere alcuna obiezione alla nostra citazione di questi a titolo di esempio, poiché lo stesso tipo di tentativo appare in entrambi i casi: –

"Così dicendo, uscì da casa sua gemendo profondamente".

"L'eroe Ercole avvezzo alle grandi gesta".

"Euristeo, figlio di Stenelo, discende da Perseo".

"Perché porti dall'Erebo il cane del tetro Plutone".

"E avanzò come un leone di montagna di razza, fiducioso della sua forza".

"Rapidamente attraverso la città, mentre tutti i suoi amici lo seguivano".

"Fanciulle, e giovani, e vecchi tanto pazienti".

"Facendo amaro lutto per lui, come uno che va alla morte".

"Ma Mercurio e Minerva dagli occhi azzurri lo conducevano".

"Perché lei conosceva la mente di suo fratello, come si affannava per il dolore". [2]

"Ora, quale uomo ingenuo, chiedo, non sarebbe ingannato da versi come questi nel credere che Omero li abbia effettivamente scritti come riferimenti al soggetto indicato? Ma colui che è a conoscenza delle scritture omeriche riconoscerà sì i versi, ma non il soggetto a cui sono applicati, sapendo che alcuni di loro parlano di Ulisse, altri di Ercole, altri ancora di Priamo, e altri ancora di Menelao e di Agamennone. Ma se li prende e ripristina ognuno alla sua posizione corretta, subito distrugge la narrazione in questione. Allo stesso modo anche chi mantiene immutabile nel suo cuore la regola della verità che ha ricevuto per mezzo del battesimo, saprà senza dubbio riconoscere i nomi, le espressioni e le parabole tratte dalla Scrittura, ma potrà non riconoscere in alcun modo l'uso blasfemo che questi uomini fanno di loro. Infatti, anche se riconoscerà le gemme, egli certamente non riconoscerà la volpe invece del volto del re. Ma quando avrà restaurato al proprio posto ognuna delle espressioni citate, e l'avrà composta nel corpo della verità, egli metterà a nudo, e dimostrerà privo di fondamento, il frutto di questi eretici" (Contro le eresie, 1, 4).

Non minore distorsione avviene parafrasando le parole dei Padri della Chiesa. Per esempio: "Sant'Epifanio di Cipro testimonia che le talpe portano la distruzione dell'uomo (cfr Panarion, 64, 72)". E cosa troviamo se guardiamo al capitolo 64, dedicato a Origene, di questa famosa enciclopedia delle eresie compilata da sant'Epifanio? Ecco ciò che troviamo: "Coloro che hanno familiarità con la storia naturale dicono che la talpa vive in un buco e dà alla luce molti figli in una sola volta: fino a cinque e più, e le vipere li cacciano. Se una vipera trova una tana intera, ma non è in grado di divorare tutti i piccoli di talpa, ne mangia uno o due per saziare il proprio appetito; poi porta cibo agli altri, privi di occhi, alimentando i ciechi fino a prendere e a mangiare ognuno di loro quando lo desidera. Se accade che una creatura ignorante li trovi, e voglia usarli come cibo, con questo si avvelenerà, in quanto sono stati alimentati con il veleno della vipera. Così anche tu, Origene, hai accecato la tua mente con la dottrina ellenistica di cui sopra, espandendo veleno su chi si fida di te e hai creato cibo velenoso per loro, danneggiando molti con ciò con cui ti sei danneggiato da solo".

Mettiamo da parte l'attribuzione errata delle parole sul pericolo di mangiare talpe alimentate dal veleno di una vipera, a tutte le talpe in generale. Ma dal testo stesso è evidente che non si tratta di talpe, ma del significato del falso insegnamento di Origene, che il Santo Padre spiega con l'aiuto di una metafora costruita per la comprensione dei suoi contemporanei.

Abbiamo così dimostrato a sufficienza che ci si deve avvicinare alle citazioni della Sacra Scrittura e dei santi Padri con molta attenzione e che, in caso di sospetto, si deve controllare. Vale la pena di farlo, anche perché (anche se raramente, ma capita ancora) alcuni autori osano non solo mettere una citazione fuori dal contesto, ma anche falsare il testo stesso per renderlo più adatto ai loro pensieri.

Inoltre, a volte capita che un autore, facendo una citazione, cerchi di usarla per sostenere un'idea esattamente opposta a quella espressa nella citazione stessa. Nella lettura "flessibile" contemporanea, diventa spesso poco importante ciò che è effettivamente scritto: che si scriva "bisogna uccidere le talpe" oppure "non si devono uccidere le talpe", è sufficiente che le parole "uccidere" e "talpe" siano fianco a fianco: avranno il significato "necessario", che sarà discusso più avanti.

Terzo esempio: interpretazione arbitraria

L'autore modernista, citando qualsiasi parafrasi delle parole della Sacra Scrittura, quasi sempre dà loro la sua interpretazione personale. Qualsiasi altra interpretazione, anche una patristica, ha un'importanza secondaria rispetto alla sua opinione. Come regola generale, un tale autore non le consulta nemmeno, tenendo conto, in modo protestante, che la sua comprensione della Bibbia è la più affidabile ed è pienamente sufficiente.

In pratica questo può portare, per esempio, alla seguente capriola ermeneutica: "Nella Sacra Scrittura ci sono queste parole: 'Toglilo via dalla terra: perché non deve vivere' (Atti 22:22). Che cosa è discusso? Da chi? A chi? Naturalmente non le si deve capire come solo le parole degli ebrei nei confronti dell'apostolo Paolo. Possiamo forse pensare che nella Sacra Scrittura, come in qualche descrizione di una fabbrica, possa essere scritto un episodio di un biografia personale che non abbia alcun significato per tutti i cristiani? No! Queste parole riguardano ognuno di noi. Si tratta di una chiamata. E con loro è la chiara indicazione: 'dalla terra'. Siamo tutti perfettamente in grado di capire di che cosa si sta parlando qui, cioè di ciò che vive e scava nella terra, che, come ci invita la Parola di Dio, dobbiamo sterminare senza pietà, perché non è giusto che debba vivere".

Si incontrano molto spesso questi casi, e se un lettore attento cerca di dimostrare all'autore (o a chi la pensa come lui) la chiara artificialità e l'assurdità di una tale interpretazione, quest'ultimo annuncerà senza imbarazzo: "Questo è il mio modo di vedere", "Penso che la Scrittura stia parlando esattamente di questo!"

Cosa si fa se due persone sostengono interpretazioni fondamentalmente diverse della Parola di Dio? Esiste un modo per distinguere la vera comprensione della Scrittura da quella errata? Gloria a Dio, c'è! È la tradizione dell'interpretzione patristica. Il canone 19 del quarto Concilio ecumenico afferma: "se il discorso è relativo a un passo della Scrittura, non interpretatelo altrimenti che come lo hanno presentato i luminari e gli insegnanti della Chiesa nelle loro opere scritte; e lasciate che piuttosto si accontentino di questi discorsi, piuttosto che tentare di produrre discorsi propri".

Si tratta di un mezzo molto semplice e concreto. Pertanto, al fine di esporre l'interpretazione citata è sufficiente osservare come questo passo è stato spiegato dai santi Padri.

San Giovanni Crisostomo scrive: "Qui egli (l'apostolo Paolo) ha ricordato loro il loro assassinio più atroce. Poi non potevano più sopportarlo dopo una tale accusa e un tale adempimento di una profezia. Grande è lo zelo, potente l'accusa, coraggioso il discorso dei testimoni della verità di Cristo! Gli ebrei non poterono più sentire la fine del suo discorso, ma infiammati dall'ira si misero a gridare ad alta voce, dicendo: Toglilo via dalla terra: perché non deve vivere. Che audacia! Dovreste essere prima voi a non vivere, piuttosto che lui, che in tutte le cose è obbediente a Dio. Empi e assassini! [...] Ed ecco: non indicano una sua colpa, perché non potevano dir nulla; ma pensano di agire gridando, mentre avrebbero dovuto fare una richiesta ai procuratori... (L'apostolo) sopporta volentieri tutto quel che sopporta... Cerchiamo anche noi di apprendere la sua mitezza" (Commentario agli Atti degli Apostoli, 48:2-3 ).

Sant'Atanasio il Grande: "Viene arrestato per bocca di coloro che dicono cose ingiuste. Chi sono questi, se non coloro che hanno osato dire: Toglilo via dalla terra: perché non deve vivere (Atti 22:22)? La loro bocca è stata arrestata quando il Signore ha vinto la morte ed è risorto il terzo giorno" (Commentario ai Salmi, 62:2). E ancora: "La tua verità è di generazione in generazione. Ci sono due generazioni che hanno accettato la verità di Dio: la nazione ebraica, che aveva la legge e i profeti, e la Chiesa. Pertanto la verità di Dio non è in tutte le generazioni, ma nella prima generazione e nella seconda generazione. Le ulteriori nazioni dimorano nell'errore. Ma quando la prima generazione ha respinto la verità e ha detto: toglilo via dalla terra, allora la verità si è spostata dalla prima generazione alla seconda generazione". (Ibid., 118:90)

Come vediamo, l'interpretazione citata di "distruggere le talpe" non è affatto patristica, e quindi non è ortodossa. La testimonianza di due o tre santi Padri della Chiesa è del tutto sufficiente, secondo le parole dell'apostolo: ogni parola sia stabilita sulla parola di due o tre testimoni (2 Corinzi 13:1).

Quarto esempio: posizionamento nel contesto "necessario"

C'è ancora un altro, più sofisticato, gruppo di tecniche per convincere il lettore che il pensiero di un autore si basa sulla Scrittura e sulla Tradizione della dottrina della Chiesa.

Così, l'autore modernista può produrre abbondanti citazioni – esatte e inalterate! – sugli argomenti secondari del suo argomento, ponendo la sua personale idea primaria in un mazzo di fiori patristici. Così, per esempio: "san Giovanni Damasceno scrive: 'Il nome di credenti non è sufficiente per noi; no, dobbiamo dimostrare la nostra fede con i fatti' (Omelia sul fico disseccato). Questo significa che dobbiamo operare. Dobbiamo agire, e dimostrare di essere nella verità con i fatti. Non è sufficiente semplicemente parlare della necessità di sterminare le talpe; dobbiamo anche dimostrare la nostra fede nelle opere. Sì, questo potrebbe essere impopolare agli occhi dei figli di quest'era, ma cerchiamo di ricordare il monito di san Simeone il Nuovo Teologo: 'Chi ama la gloria dell'uomo non è un vero cristiano, ma un robusto guerriero del diavolo' (Omelie 16:2). 'Pertanto, ricordiamo quel giorno in cui tutti dovremo rendere conto delle nostre azioni" (san Giovanni Crisostomo, Sulle statue 21: 3).

Questo è il modo in cui i venditori senza scrupoli al mercato, vendendo patate "giovani", inseriscono patate "vecchie" in un sacchetto insieme a loro; ma un cliente attento deve solo controllare, e l'inganno è rapidamente scoperto. E qui il lettore disattento, guardando oltre il testo, lo accetterà come ricco di citazioni patristiche e apparentemente fondato sulla tradizione, senza accorgersi che, tra gli autentici pensieri patristici, si è insinuato quello completamente infondato del "distruggere le talpe".

Vi è un'altra tecnica simile a questa, ma più difficile da smascherare. Consiste nel tentare di dedurre logicamente l'idea "necessaria" dalle parole della Sacra Scrittura e dei Padri della Chiesa. Per esempio:

"San Simeone il Nuovo Teologo paragona le persone non spirituali alle talpe: 'Chi non ha ancora raggiunto la misura di questo amore... si trova ancora sottoterra come una talpa: perché come la talpa, è cieco, e sente solo con il suo udito quello che si dice sopra al suolo' (Omelia 54: 2). Non c'è da meravigliarsi che san Nikolaj della Serbia abbia scritto: 'In verità, è molto triste che l'umanità assomiglia ... talpe "(Preghiere dal lago, 7). Per i santi Padri, le talpe sono associate ai fenomeni e ai poteri più oscuri, da cui l'uomo spera di liberarsi.

"Ricordiamo come san Giovanni di Kronstadt abbia paragonato le talpe alle passioni; e san Teodoro Studita scrive che dobbiamo vivere 'uccidendo le passioni "(Istruzione catechetica, 73), e anche san Teofane il Recluso scrive: 'Uccidete le passioni e raggiungerete la purezza '(la via della salvezza, 3:11) . Come tale, la rigorosa progressione del pensiero patristico è evidente: passioni – talpe – distruzione.

"Nella Scrittura il profeta Isaia dice: 'In quel giorno gli uomini getteranno i loro idoli... alle talpe' (Isaia 2:20), e il profeta Ezechiele ricorda il loro destino: 'I tuoi idoli siano infranti e scompaiano' (Ezechiele 6:6). Ecco la stessa sequenza: idoli - talpe - distruzione".

Presa singolarmente, ogni affermazione può essere vera e ogni citazione inalterata; ma l'autore, per mezzo di una falso catena di logica, conduce il lettore a un significato che sembrerebbe conseguire da quanto sopra, ma che in realtà non appartiene a nessuno dei santi Padri citati.

Qui l'unico aiuto, come con gli altri casi, viene dalla lettura attenta e dalla capacità di analizzare il materiale offerto dall'autore. Vale a dire, dopo aver letto un articolo, porsi delle domande: "Qual è stata l'idea principale dell'autore, e come ha fatto a giustificarla?" Dopo le attente letture ripetute di un articolo discutibile, anche le difficoltà complesse non si possono nascondere allo sguardo del lettore, proprio come non possono farlo le affermazioni infondate travestite da dottrina ortodossa.

Quinto esempio: la miglior difesa è l'attacco

Molti autori, che cercano di far passare le proprie invenzioni come dottrina della Chiesa, preferiscono attaccare il pensiero sano che si oppone a loro come se fosse, apparentemente, eresia. Pensano che, se riescono a convincere il lettore che l'idea opposta non è ortodossa, la loro invenzione, per così dire, dimostrerà di essere ortodossa. Questo è fatto spesso in modo molto aggressivo.

Per esempio: "Ai nostri giorni sono apparse molte persone che non si vergognano di andare contro la Scrittura e i santi Padri, e sovvertono tutta la dottrina cristiana sostenendo che, per così dire, non ci sia bisogno di uccidere le talpe! Queste persone sono infettate dallo spirito di questo tempo, sono impazzite per l'ecologia, e la collegano con la difesa delle idee neo-pagane! Questo è ciò che stanno cercando di imporci in nome della dottrina della Chiesa!", Ecc, ecc.

Anche questo è anche un vecchio trucco degli eretici. Ecco ciò che san Gregorio Palamas ha scritto a proposito: "Il fatto che il malvagio Barlaam dica che siamo diteisti prova direttamente la nostra pietà e la sua malizia. Anche il grande Basilio è stato accusato di triteismo dai bestemmiatori del Figlio e dello Spirito Santo... E Gregorio il Teologo fu lapidato dagli alleati di Apollinare, e portato in giudizio, accusato di ditheism perché concepiva il Verbo, il Dio-uomo, come essere perfetto in due nature. I sostenitori di Sergio e Pirro non hanno esitato a tagliare la mano e la lingua di Massimo, saggio in Dio, accusandolo di diteismo e politeismo perché predicava due volontà e due operazioni in Cristo – creata e increata, corrispondenti alle nature; per, secondo il suo insegnamento, non solo la natura divina è increata, ma così anche la volontà divina e tutte le energie naturali dell'essenza divina, che non sono nature, ma movimenti propri di Dio, come spesso afferma nelle sue opere. Ora noi siamo calunniati nello stesso modo" (Lettera ad Akindinos 1).

Molto popolare per questo tipo di tecnica è il tentativo di identificare il punto di vista opposto con qualche eresia che esisteva o che esiste: "Tutti sanno che i cattolici non uccidono le talpe. Pertanto tali opinioni, purtroppo, dimostrano gli effetti di un'influenza cattolica su certi ortodossi". Ecco uno schema falso: se qualcosa coincide con quello che fanno i cattolici, ciò non significa che rappresenti un'influenza cattolica. Al fine di dimostrare la sua falsità, si può ricordare, per esempio, che anche i cattolici leggono la Bibbia; ma questo significa che la lettura della Bibbia da parte degli ortodossi rappresenta un'influenza cattolica e un'eresia? No, va da sé. Nel caso di influenza reale e non immaginaria, la corrispondenza non deve essere "una cosa qualsiasi", ma l'essenza stessa dell'eresia. Sia in relazione al cattolicesimo, sia in relazione al protestantesimo, i punti fondamentali di errore che li separano dalla Chiesa ortodossa sono registrati e ben noti. Una cosa separata (nel nostro caso, la riluttanza a uccidere talpe) non è né il risultato di influenza cattolica, né di eresia.

La "spiegazione storica" ​​è molto popolare: "Dopo che una gran parte del mondo ortodosso cadde sotto il giogo islamico, gli ortodossi, in circostanze nuove e vincolate, non avevano più la libertà di seguire tutti i precetti della loro religione, in particolare quelli relative alla distruzione delle talpe, e per tutto il tempo è aumentata la propaganda cattolica che ha fatto la sua parte. Molti sono stati costretti a studiare in scuole latine, da cui sono emersi già infettati da punti di vista corrispondenti".

A sua volta, di regola, la loro presentazione del punto di vista opposto raggiunge il punto dell'assurdità, attribuendo agli avversari punti di vista che certamente non professano: "gli amanti delle talpe contemporanee ci spingono a considerare le talpe come la pupilla dei nostri occhi, a coltivarle e a prenderle nelle nostre case, a posarle sui nostri letti! Essi sostengono che l'amore e la venerazione delle talpe è uno dei comandamenti fondamentali del cristianesimo! La loro apostasia dalla verità li ha portati a un grado simile di follia e bestemmia! Abbiamo essenzialmente a che fare con il rilancio del culto pagano degli animali. Pertanto i figli fedeli della Chiesa devono essere vigili, individuando i seguaci dell'eresia del culto delle talpe tra i sacerdoti e inviare petizioni ai vescovi perché questi usino i mezzi canonici necessari in relazione a questi eretici. Bisogna lottare contro anche le forme più lievi di questa vile eresia!"

Dopo tale "trattamento" non tutti oseranno affermare direttamente che, forse, la distruzione delle talpe non è, dopo tutto, un obbligo religioso del cristiano. E chi osa parlare così deve prima iniziare a negare ogni associazione con il cattolicesimo, l'eresia, il paganesimo, i frutti del giogo turco, ecc. Grazie a un tale attacco, l'autore pone palesemente i suoi avversari sulla difensiva, mentre in realtà è lui ad aver bisogno di difendersi, dato che non una sola delle tecniche sopra citate, per diffusa nel giornalismo polemico ortodosso, dimostra in alcun modo la fedeltà della posizione dell'autore stesso.

È molto più difficile svelare la falsità di tali tecniche se, piuttosto che l'uccisione delle talpe, sono in discussione temi più sottili e spirituali.

Ciò che rende le cose più difficili è che quasi nessuna delle tecniche sopra considerate è un segno formale del modernismo. Si può citare parzialmente un passo, ma in modo che la citazione abbreviata preservi il significato originale di tutto il passo. Si può parafrasare con parole proprie, senza distorcere mai il significato originale, ma riproducendolo fedelmente. Eccetera. L'unico modo di sapere dove si verifica una distorsione e dove no, è di controllare tutte le citazioni da se stessi.

Invece di una conclusione

I santi Padri antichi già conoscevano le tecniche sopra citate. Ecco cosa scrive di loro sant'Ireneo di Lione nel II secolo: "Nella misura in cui alcuni uomini hanno messo da parte la verità, e portano parole menzognere... [essi] per mezzo della loro plausibilità astutamente costruita sviano le menti degli inesperti e le prendono prigioniere. Questi uomini falsificano gli oracoli di Dio, e dimostrano di essere interpreti malvagi della parola buona della rivelazione ... L'errore, infatti, non viene mai esposto nella sua deformità nuda, per timore che, essendo così esposto, sia immediatamente rilevato. Ma è abilmente decorato in un abito attraente, così come, per la sua forma esteriore, per farlo sembrare agli inesperti (per quanto ridicola l'espressione possa sembrare) più vero della verità stessa. Uno di gran lunga superiore a me ha ben detto, in riferimento a questo punto, 'Un'astuta imitazione in vetro getta il disprezzo, per così dire, su quel prezioso gioiello, lo smeraldo (che è altamente stimato da alcuni), a meno che non venga sotto l'occhio di uno in grado di testare ed esporre la contraffazione. O, ancora, quale persona inesperta può con facilità di rilevare la presenza del rame quando è stato mescolato con argento?' " (Contro le eresie, 1:1-2).

Naturalmente, il lettore attento e diligente non avrà paura di cercare di comprendere il testo, di riflettere su di esso, e di controllare le citazioni, in modo da non lasciare che l'autore modernista lo inganni. Ma con la prospettiva di un tale immensa fatica nella lettura di articoli o libri di autori contemporanei molti possono chiedersi: ne vale la pena? Se il pericolo, camuffato da Ortodossia, di accettare un errore è così grande che sono necessari mezzi di precauzione tanto grandi ed essenziali, allora non è meglio leggere qualcosa di testato dal tempo e di cui la Chiesa ha già testimoniato che contiene solo ciò che porta profitto?

Questo è ciò che sant'Ambrogio di Optina dice a proposito: "Leggendo libri spirituali senza istruzione, temi di cadere in alcuni pensieri errati o opinioni errate. La tua paura è ben giustificata. Pertanto, se non vuoi subire una tale afflizione spirituale, non leggere indiscriminatamente ogni sorta di nuove opere, anche se sono di contenuto spirituale, ma sono scritti da coloro che non hanno ancora confermato il loro insegnamento per santità di vita; ma piuttosto leggi le opere dei Padri, che sono state riconosciute dalla Chiesa ortodossa come pienamente note e senza dubbio edificanti e salvifiche per l'anima". [3]

Naturalmente, bisogna anche cercare di superare in se stessi la condizione modernista, assorbita dall'ambiente secolare. Il fondamentale principio e antidoto all'errore è la presentazione della propria mente alla Chiesa; porsi non sopra o allo stesso livello dei santi Padri, ma al di sotto; credere che loro sono più grandi di noi. Tale persona, se dovesse per caso peccare per ignoranza dell'Ortodossia, avendo appreso la verità, metterà subito da parte il suo errore, al fine di seguire la verità. Un modernista in una situazione del genere, tuttavia, non solo inizierà a girare in tondo e continuerà nel suo errore, ma lo pianterà nella Chiesa.

Ecco ciò che san Teofane il Recluso scrive a proposito: "Una fede sincera è la rinuncia alla propria mente. Bisogna denudare la mente e presentarla come una tavola pulita alla fede, affinché la fede si iscriva su di essa così com'è, senza alcuna mescolanza di espressioni e proposizioni estranee. Quando le proprie proposte rimangono nella mente e poi le proposizioni della fede sono scritte su di essa, il risultato è una miscela di proposizioni: la coscienza diventa confusa, incontrando sia le azioni della fede sia il filosofare della mente. Tale era Simon Mago, l'immagine di tutti gli eretici; tali, pure, sono tutti coloro che entrano nel regno della fede con il loro filosofare, sia un tempo sia ora. Sono confusi nella fede, e da loro proviene nient'altro che danno: per se stessi, quando rimangono in silenzio; e per gli altri, quando non tengono per se stessi la loro confusione, che si propaga per la loro sete di essere insegnanti. Quindi emerge sempre una parte più o meno trasgressiva nella fede, con la sfortunata certezza della propria infallibilità e la voglia disastrosa di ricreare tutti secondo il proprio modello".

Chi ha un orientamento fedele e sano, nella misura della sua adesione alla Chiesa e radicamento nella fede, percepirà internamente e comprenderà mentalmente quando qualcuno con idee moderniste cerca di ricreare tutti secondo il proprio modello.

Eviterà questa trappola se si ricorda che "il nostro dovere non è quello di portare la religione dove desideriamo, ma a di seguirla dove lei ci porta, e che è caratteristica della mitezza e la dignità cristiana di non tramandare il nostro alla nostra prole, ma di conservare ciò che viene ricevuto dai nostri predecessori", perché "nella Chiesa ha sempre prosperato la consuetudine che, quanto più uno ama Dio, tanto più rapidamente si oppone alle nuove invenzioni". [4]

Nella Chiesa ortodossa ci è data la pienezza della verità, e tutti siamo tenuti a venerarla, assorbirla, e poi passarla ad altri senza distorsioni – senza ridurla e senza aggiungere alcuna "innovazione" da parte nostra. Naturalmente, possiamo e dobbiamo rinnovare qualcosa nella Chiesa: noi stessi. Dobbiamo rinnovarci dal peccato e dalle passioni, mettere da parte il vecchio e rivestirci dell'uomo nuovo, di cui ha parlato l'apostolo Paolo: se proprio gli avete dato ascolto e in lui siete stati istruiti, secondo la verità che è in Gesù, per la quale dovete deporre l'uomo vecchio con la condotta di prima, l'uomo che si corrompe dietro le passioni ingannatrici e dovete rinnovarvi nello spirito della vostra mente e rivestire l'uomo nuovo, creato secondo Dio nella giustizia e nella santità vera. (Efesini 4: 21-24).

Note

[1] Deianiia Vselenskikh Soborov. Vol. 4. San Pietroburgo, 1996, pag. 94. [In russo]

[2] Questi versi sono tratti da vari luoghi dell'Iliade e del'Odissea di Omero.

[3] Sobranie pisem Optinskogo startsa ieroskhimonakha Amvrosiia. Mosca. 1995. Pp. 101-102 [in russo].

[4] San Vincenzo di Lerins, Pamiatnye Zapiski Peregrina. Mosca. 1999, pag. 14. [In russo]

 
Via libera per 'Mosca sulla Senna', la cattedrale ortodossa presso la Torre Eiffel

Un'impressione d'artista del progetto originario della nuova cattedrale ortodossa a Parigi (worldarchitecturenews)

L'orizzonte iconico della capitale francese, Parigi, sta per essere trasformato da un'imponente cattedrale in stile russo.

Sull'onda della visita del primo ministro russo Dmitry Medvedev a Parigi, il suo omologo francese Jean-Marc Ayrault dice che la Francia è d'accordo con la costruzione di una controversa cattedrale ortodossa non lontano dalla Torre Eiffel.

"La Francia deve attenersi alla realizzazione del progetto," ha detto Ayrault durante una conferenza stampa con Medvedev.

"Tuttavia, costruire a Parigi è più difficile che altrove, a causa di tutte le leggi sull'architettura e la protezione del patrimonio", ha aggiunto.

Il piano di Mosca per costruire un centro culturale, una grande cattedrale con cinque cupole a cipolla e un tetto ondulato di pannelli di vetro accanto alla Senna era stato arrestato all'inizio di questo mese. Il sindaco di Parigi Bertrand Delanoë ha descritto il progetto come "pastiche architettonico" e "ostentazione totalmente inadatta alle rive della Senna."

La Russia ha acquistato il lotto di 4.000 metri quadrati che un tempo ospitava la sede del servizio meteorologico francese nel 2007 per circa 60 milioni di sterline (75 milioni di euro).

Medvedev ha finalizzato i piani per la costruzione di una seconda cattedrale ortodossa russa a Parigi, con l'allora presidente francese Nicolas Sarkozy, nel 2010.

Tuttavia, quando è stata presentata la progettazione congiunta dall'architetto spagnolo Manuel Nunez, dell'agenzia Sade e della società russa Gruppo Arco, molti parigini hanno alzato le sopracciglia. Il progetto è stato presto soprannominato "Mosca sulla Senna".

Il governo francese ha successivamente sospeso un accordo con la Russia, con cui si impegnava a studiare i modi per "armonizzare l'edificio al paesaggio circostante."

"Sono sicuro che siamo sulla strada giusta per trovare un buon progetto. Sono sicuro che stiamo per trovare una soluzione", ha concluso Ayrault.

Decine di migliaia di russi vivono a Parigi e nei dintorni. La capitale francese era diventata negli anni '20 una destinazione preferita dei 'russi bianchi' anti-bolscevichi, in fuga dalla presa di potere comunista della Russia.

Il progetto è stato soprannominato "Mosca sulla Senna" (worldarchitecturenews)

Il sindaco di Parigi Bertrand Delanoë ha detto che il progetto è "un'ostentazione totalmente inadatta alle rive della Senna." (Worldarchitecturenews)

ALCUNI COMMENTI EDITORIALI DEL NOSTRO SITO

In un periodo di profonda crisi economica, ci chiediamo che cosa possa creare "controversia" nella costruzione (dopo un acquisto a caro prezzo di un edificio pubblico obsoleto) di un centro culturale e di una chiesa.

Le obiezioni espresse dal sindaco Bertrand Delanoë ci sembrano francamente risibili. Se diamo un'occhiata alla vecchia sede di Météo France, non è che sia esattamente un capolavoro architettonico "totalmente adatto alle rive della Senna"...

Una città che ha pubblicizzato la propria cultura con esempi di "pastiche architettonico" come il Centro Georges Pompidou, e ha esaltato i suoi ideali umanitari per mezzo di "ostentazioni totalmente inadatte" come l'Arco (quadrato!) de La Défense, non ha certamente nulla da perdere dalla realizzazione del progetto illustrato nelle immagini di quest'articolo.

Per quanto riguarda i singoli elementi del progetto, l'aspetto degli edifici del centro culturale sembra tanto normale da non causare alcun sospetto; il tetto ondulato di pannelli di vetro è, certamente, piuttosto singolare, e la sua applicazione alla chiesa può generare un effetto strano (neppure a noi piace granché... ma rimandiamo il giudizio a quando avremo occasione di fare una processione davanti alle porte della cattedrale in un giorno di pioggia!). La chiesa - a noi che sappiamo qualcosa di architettura ortodossa - dà l'impressione di un edificio religioso piuttosto "normale"... ma forse non sarà proprio la sua normalità a dare fastidio?

Alcuni hanno voluto cercare a tutti i costi una ragione della "controversia" nel fatto che il sindaco Bertrand Delanoë, gay dichiarato, abbia obiezioni ideologiche a una presenza tanto evidente di una nazione e cultura non certamente pro-gay. Onestamente, non ci sembra neppure necessario sollevare questa mediocre diatriba ideologica, tenendo conto che si vuole costruire una chiesa proprio nel cuore della capitale occidentale dell'ateismo di stato. Niente può contrastare questo spirito come l'esempio del paese che ha saputo ribaltare la propria rivoluzione e il proprio ateismo con un ritorno alla propria matrice cristiana: un ritorno che non manca di produrre ripercussioni su tutta la vita etica, sociale e politica del paese. Un segno come questa chiesa, che poteva essere tollerato nei confronti del "retrogrado" impero russo di cento anni prima, oggi fa vedere la Russia come una pericolosa pedina della "guerra culturale" in atto in Occidente. Chi ne accoglierà la presenza, e chi invece si schiererà contro? Stiamo a vedere, e traiamone le conclusioni...

 
Il Covid-19 e i suoi vaccini

Da quando il Covid-19 è apparso nel 2019, il mondo sembra essere impazzito. Per qualche ragione il Covid sembra essere stato identificato con qualcosa di simile alla peste bubbonica, che uccise tra un terzo e la metà della popolazione della sola Europa occidentale. Fino a oggi meno di tre milioni di persone in tutto il mondo sono morte a causa del Covid. Non c'è nessun paragone! Infatti, nell'ultimo anno, ben più di 3 milioni di persone, circa 50 milioni, sono morti per tutte le cause normali, soprattutto di vecchiaia. La morte è naturale e inevitabile per tutti nel nostro mondo decaduto. Alcuni sembrano non conoscere questo fatto tragico ma ovvio.

In tutto il mondo abbiamo assistito a blocchi straordinari, che hanno mandato in bancarotta centinaia di migliaia di imprese, anzi interi settori economici, trasformato decine di milioni di lavoratori in disoccupati, portato milioni quasi alla fame in molti paesi più poveri, causato depressione di massa e indebitato il pubblico di molti paesi, per generazioni a venire.

Invece di avvertire i vulnerabili (chi ha un'immunità molto bassa, cioè gli anziani e coloro che soffrono di gravi malattie sottostanti, come cancro, forme gravi di diabete e asma, fumo pesante, obesità ecc.) di rimanere a casa il più possibile e di prestare particolare attenzione, i governi hanno sconvolto la vita di tutti. Invece di venire incontro ai vulnerabili attraverso consigli urgenti, i governi con i loro blocchi hanno vietato per mezzo di diktat e bullismo al resto di noi di andare avanti con le nostre vite, limitando le nostre libertà, promulgando leggi draconiane, causando panico, depressione e persino suicidio. Tali reazioni da parte dei governi sono state causate dal panico o dall'incompetenza? Non lo sappiamo. In ogni caso, queste reazioni del governo hanno generato le più incredibili teorie del complotto sul controllo sociale, incluse le teorie che il covid non esista nemmeno!

Siamo franchi: molti di coloro che sono morti sarebbero morti comunque. Probabilmente molti di coloro che sono morti hanno perso solo pochi mesi alla fine della loro vita. E anche tra i più anziani di 90 anni il tasso di sopravvivenza delle persone infette in questo paese è stato dell'85%. Per i minori di 50 anni, il tasso di sopravvivenza delle persone infette è incredibilmente alto. Tuttavia, decine di migliaia di anziani sono morti in migliaia di case di cura. Peggio ancora è il fatto che circa 10.000 morti siano state di persone molto più giovani che erano perfettamente in salute. Forse avevano qualche deficienza immunitaria genetica precedentemente sconosciuta? Semplicemente non lo sappiamo. Sono queste persone, i signori e le signore nessuno, che sono state le vere vittime.

In questo paese è morta una donna russa di 26 anni in buona salute. Tre settimane fa, il suo corpo è stato riportato in Lettonia dove è stata sepolta dalla sua famiglia in lutto. In un ospedale nell'East London giaceva uno dei miei parrocchiani. Di età inferiore ai 40 anni, è stato collegato a un ventilatore per sette settimane, tra la vita e la morte, in un reparto con molti altri della sua stessa età (in media più di un terzo dei ricoverati in terapia intensiva muore e il 70% di loro è composto da uomini). Nonostante l'incredibile cura del personale ospedaliero, a cui ho assistito durante le mie tre visite, nonostante le nostre preghiere e quelle dei numerosi cristiani del personale ospedaliero, di sua moglie e di due bambini piccoli, è morto; per favore, ricordate Oleg nelle vostre preghiere.

Veniamo ora alla questione dei vaccini. Naturalmente tralasciamo il nazionalismo e l'isolazionismo dell'Unione Europea, apparentemente provocati dalla gelosia per il modo in cui il governo britannico ha protetto in modo molto efficiente la sua popolazione attraverso un programma di vaccinazione. Sembra che il Regno Unito possa evitare una terza ondata, già iniziata nell'Europa continentale, che causerebbe ulteriori rigidi blocchi, fallimenti, angoscia mentale e morti.

Il vaccino Astra Zeneca è stato somministrato a prezzo di costo (3 sterline per dose). Chiaramente, prima o poi, le compagnie aeree si rifiuteranno di prendere a bordo passeggeri che non sono stati vaccinati. Immaginate le richieste di risarcimento se un passeggero non vaccinato sale su un aereo e ne infetta altri e qualcuno muore. Le compagnie aeree fallirebbero. Lo stesso vale per molti settori, dalla sanità e dall'assistenza sociale agli hotel, fino alle aziende idrauliche, che sanno che le persone non accetteranno nelle loro case degli idraulici che non sono già stati vaccinati.

I vaccini sono fatti a partire da bambini abortiti? Vi prego di leggere quanto segue:

https://fullfact.org/online/foetal-cells-covid-vaccine/

https://www.chop.edu/centers-programs/vaccine-education-center/vaccine-ingredients/fetal-tissues#

Come possiamo vedere, la risposta breve è no. Tuttavia, storicamente è anche più complesso di così, come si può leggere, perché sono coinvolti ceppi cellulari di due bambini abortiti.

Perché negli anni '60 erano necessarie cellule embrionali umane di reni e polmoni di due bambini abortiti per replicare i virus? Ho scoperto che le cellule embrionali umane – i fibroblasti – devono essere ottenute dagli embrioni in quanto esistono solo negli embrioni. Per esempio, un fibroblasto polmonare è una cellula specialistica (una cellula staminale) che ha la capacità di trasformarsi in molti diversi tipi di cellule polmonari. La cellula ha ancora 46 coppie di cromosomi al suo interno (non 23), quindi il suo compito è continuare a dividersi (in modo che possa diventare molte altre cellule polmonari). Ecco perché è così utile se la si vuole usare per duplicare un virus: si inserisce il virus ed esso copia se stesso molte volte. Queste cellule sono disponibili solo nelle prime fasi dello sviluppo embrionale, in un neonato si sarebbero tutte trasformate in cellule polmonari con 23 cromosomi. Il fatto più importante, che alcuni trascurano, è che i due bambini negli anni '60 non furono abortiti per fare i vaccini. Tragicamente, sarebbero stati abortiti comunque.

Tuttavia, a causa di un numero esiguo di cellule prelevate da due embrioni decenni fa e poi replicate artificialmente, milioni di persone sono state salvate dalla rosolia e da altre malattie di cui tanti soffrivano e morivano. Non è solo il vaccino del Covid-19 che è stato sviluppato da linee cellulari embrionali. Esistono quattro di questi vaccini, compreso quello contro la rosolia. Questo è un dato di fatto, così come è un fatto che due bambini abortiti siano all'origine dei ceppi cellulari coinvolti.

Questi bambini hanno salvato milioni di vite. È così facile per alcuni essere confusi e immaginare che vengano clonati dei bambini per ogni lotto di vaccino e che le loro cellule siano direttamente all'interno di ciascuna siringa. Questo non è affatto vero. Se così fosse, gli episcopati di ogni Chiesa ortodossa locale avrebbero da tempo vietato le vaccinazioni. Non li hanno vietati. Al contrario, un buon numero di vescovi di tutte le Chiese locali ha incoraggiato le vaccinazioni contro il Covid. Il Sinodo della Chiesa ortodossa georgiana ha affermato che tutti sono liberi di scegliere. È con questo spirito che è scritto questo articolo: presentare i fatti e lasciare tutti liberi di scegliere.

Tutti dovrebbero aver diritto di scelta e nessuno dovrebbe essere obbligato a vaccinarsi (a meno che ciò non sia essenziale per la loro professione, come per esempio i vaccini contro l'epatite per gli infermieri nel Regno Unito). Ci chiediamo se le persone si preoccupano allo stesso modo per ogni cibo, cosmetico, abbigliamento o medicina con cui entrano in contatto?

Non confondiamo causa ed effetto, come fanno i teorici atei della cospirazione. Una causa può essere negativa, ma avere un effetto buono. Infatti crediamo in Dio, che può sempre ottenere il bene dal male. Per esempio, molti di noi oggi sono ortodossi grazie alle conseguenze della rivoluzione russa. Ciò significa che approviamo il genocidio di decine di milioni di ortodossi da parte di uno Stato marxista in seguito a quella rivoluzione? Ovviamente no! Allo stesso modo, le cellule dei bambini morti molti anni fa hanno salvato milioni di persone. Dal male è venuto del bene. Ora spetta a ogni persona fare la propria scelta sulla vaccinazione. È già così sul Monte Athos, dove sono iniziate le vaccinazioni per i monaci che lo desiderano. Tutti devono prendere una decisione.

 
Un confronto sulla Sindone di Torino

Torino, 14 dicembre 2012

 

Caro padre Marco,

Cristo è in mezzo a noi!

Ho letto con attenzione il testo che hai postato sul tuo blog l’11 novembre, “Uno scritto interessante sulla Sacra Sindone”, e ho avuto subito il desiderio di rispondere in modo serio e dettagliato a quelle che ritengo una posizione ideologica e una serie di prove del tutto infondate. Può darsi che come torinese io soffra di un pregiudizio positivo sulla Sindone di Torino (condiviso, peraltro, dalla stragrande maggioranza degli ortodossi russi). Quello che è certo è che l’autore del testo che hai postato soffre per essa di un pregiudizio negativo (condiviso, peraltro, dalla stragrande maggioranza degli ortodossi greci).

Potrei tradurre tutto l’articolo dal francese all’italiano, ma per brevità permettimi di riassumere in modo estremamente sommario la tesi dello “scritto interessante”: dato che il costume funerario giudaico richiedeva che il sudario fosse avvolto da bende, con le braccia distese lungo i fianchi, e la Sindone di Torino non presenta questi dettagli, ALLORA la Sindone di Torino è falsa. Come prove collaterali, l’autore presenta alcune immagini dell’iconografia tradizionale con Cristo nel sepolcro, avvolto in un sudario fasciato da bende (come Lazzaro) nel modo “canonico” ebraico, e quindi sostiene che si deve dare credito a Giovanni (che parla di una “sistemazione” del corpo di Gesù), rispetto ai sinottici (che non ne parlano), in quanto Giovanni sarebbe stato testimone oculare e gli altri no.

Quanto sarebbe bello, per alcuni, se in tutto il corpo della Tradizione della Chiesa, le Scritture, la continuità della fede, l’iconografia... ci fossero dati chiari e univoci su questo e su altri temi. Ma non ci sono, e non ha senso nascondere il fatto che si presentano davvero ai nostri occhi dati apparentemente contraddittori. Forse alcuni possono essere risolti con uno studio più approfondito (in questo caso, come ti scriverò qui di seguito, una maggiore conoscenza della tradizione ebraica può essere d’aiuto); in altri casi, temo che debba esserci sempre un elemento di mistero che non riusciamo a chiarire del tutto. Se è così, fenomeni che non possono essere riconosciuti veri al 100% (ma neppure riconosciuti falsi al 100%), dovrebbero essere trattati con un po’ meno di certezza dogmatica.

Quella che l’autore del testo tratto da La Lumière du Thabor, “l’erudito padre Teoclito”, opera con la sua tesi, è una violenza esegetica di prim’ordine. Quando si vuole usare il testo delle Scritture solo per sposare la propria tesi, non si fa altro che degradarlo... e conseguentemente, si degrada tutta la Tradizione della Chiesa.

Per iniziare, tutti gli approcci che dicono “dobbiamo seguire Giovanni e non i sinottici” ci dovrebbero far risuonare un campanello d’allarme. Ti ricordi di come Marcione diceva “dobbiamo seguire Luca e non gli altri evangelisti”?

È ben vero che alcune pratiche della Chiesa sembrano dare ragione a Giovanni rispetto ai sinottici: per esempio, il fatto che si usi pane lievitato nell’eucaristia concorda con Giovanni (per il quale la Cena Mistica è descritta come quella della vigilia dei giorni pasquali, l’ultima in cui si usava pane lievitato) piuttosto che con i sinottici (che alludono al “mangiare la Pasqua”, sicuramente con pane azzimo). Ma qui, la concordanza con Giovanni è corroborata da una bi-millenaria pratica continua della Chiesa, non solo dai particolari di alcune icone del secondo millennio!

Pretendere poi di voler seguire Giovanni “in quanto unico testimone oculare” è puro sciovinismo. Il testo evangelico ci dà Giovanni come testimone all’agonia di Gesù sulla croce, l’iconografia lo vede come testimone alla deposizione dalla croce... nessuna fonte lo vede come protagonista della sistemazione del corpo di Gesù nella tomba. La “preferenza per il testimone oculare” potrebbe addirittura ritorcersi contro se stessa, in quanto i sinottici (scritti prima, quando i testimoni oculari degli eventi erano ancora in maggioranza vivi) possono essere facilmente accreditati di maggior peso testimoniale rispetto al Vangelo di Giovanni (scritto molti decenni più tardi, e palesemente più interessato a offrire un senso mistico degli eventi, piuttosto che a farne una cronaca fattuale).

Ma vediamo un poco di riassumere, per quanto riguarda i dati relativi alla Sindone, che cosa dice ciascun evangelista. Ti prego di perdonarmi se non scrivo i riferimenti versetto per versetto, e cito solo i capitoli. I testi sono abbastanza brevi perché ciascuno se li vada a leggere.

 

MATTEO (capitoli 27 e 28)

Maria di Magdala, Maria madre di Giacomo e di Giuseppe, e la madre dei figli di Zebedèo assistono alla crocifissione. Venuta la sera Giuseppe di Arimatea chiede il corpo di Gesù, lo avvolge in un lenzuolo candido e lo depone nella tomba nuova, scavata per lui nella roccia; rotola poi una gran pietra sulla porta del sepolcro, e se ne va. Davanti al sepolcro sono Maria di Magdala e l'altra Maria. Durante il sabato la tomba viene sigillata e vi si pone una guardia.

All'alba della domenica, Maria di Magdala e l'altra Maria vanno a visitare il sepolcro. Un gran terremoto è causato da un angelo, che ribalta la pietra e tramortisce le guardie dallo spavento. All'annuncio dell'angelo, le donne corrono a dare l'annunzio ai discepoli.
 

MARCO (capitoli 15 e 16)

Giunta la sera della vigilia del sabato, Giuseppe d'Arimatea chiede il corpo di Gesù. Comprato un lenzuolo, lo cala giù dalla croce e, avvoltolo nel lenzuolo, lo depone in un sepolcro scavato nella roccia. Poi fa rotolare un masso contro l'entrata del sepolcro. Maria di Màgdala e Maria madre di Ioses osservano.

Passato il sabato, Maria di Màgdala, Maria di Giacomo e Salome comprano oli aromatici e vanno al sepolcro di buon mattino alla domenica, giungendo al levar del sole; vedono il masso rotolato via, e fuggono senza dir niente per la paura.


LUCA (capitoli 23 e 24)

Giuseppe di Arimatea chiede il corpo di Gesù. Lo cala dalla croce, lo avvolge in un lenzuolo e lo depone in una tomba nuova scavata nella roccia. È il giorno della Parasceve e già splendono le luci del sabato. Le donne venute con Gesù dalla Galilea seguono Giuseppe, osservano la tomba e come è stato deposto il corpo di Gesù, poi tornano indietro e preparano aromi e oli profumati. Il giorno di sabato osservano il riposo secondo il comandamento.

La domenica, di buon mattino, le donne si recano alla tomba, portando con sé gli aromi che hanno preparato. Trovano la pietra rotolata via dal sepolcro, e non trovano il corpo di Gesù. All'annuncio di due uomini apparsi in vesti sfolgoranti, tornano ad annunziare tutto questo agli undici e a tutti gli altri. Le donne sono Maria di Màgdala, Giovanna e Maria di Giacomo, oltre alle "altre che sono insieme".

 

GIOVANNI (capitoli 19 e 20)

I soldati danno il colpo di grazia ai tre crocifissi, perché i corpi non rimangano in croce durante il sabato. Giovanni si dichiara testimone del colpo di lancia al costato di Gesù.

Giuseppe di Arimatea e Nicodemo vanno a prendere il corpo di Gesù e portano una mistura di mirra e di aloe di circa cento libbre. Prendono il corpo di Gesù, lo avvolgono in bende insieme con oli aromatici, com'è usanza seppellire per i Giudei. Depongono il corpo in un sepolcro nuovo che si trova in un giardino vicino, a motivo della Preparazione dei Giudei.

Maria di Magdala si reca al sepolcro alla mattina della domenica, quando è ancora buio. Vede la pietra ribaltata via dal sepolcro, e avvisa Pietro e Giovanni. Questi, al sepolcro, vedono le bende per terra e il sudario piegato in un luogo a parte.

 

I racconti sono certamente divergenti, ma come testimonianze di persone diverse, che vedono le cose dai propri punti di vista, sono certamente coerenti tra loro. Per esempio, il numero delle donne e le loro reazioni presentano grandi divari, ma questo non deve stupire: se Giovanni ricorda Maria di Magdala perché fu lei a dargli l’annuncio, non significa che non ci fossero state altre donne, e così via.

Ora, l’autore del testo in francese da te postato si fissa sulla singola esegesi di Gv 19:40, “Essi presero allora il corpo di Gesù, e lo avvolsero in bende insieme con oli aromatici, com'è usanza seppellire per i Giudei”, usandolo come testo chiave per confutare la Sindone di Torino. Tutte le testimonianze del contesto, anche quando sono in aperta contraddizione con quello che è scritto in questo verso, sono semplicemente lasciate evaporare. Non occorre che ti dica, padre Marco, come si dice in greco il processo con cui si opera una “scelta” su una dottrina preferita trascurando tutto il contesto? Tu lo sai, ma diciamolo anche ai nostri lettori… si dice αίρεση, da cui l’italiano eresia.

Noi cerchiamo di non essere eretici (in questo senso) e di vedere il contesto. È ben possibile che Giuseppe e Nicodemo avessero preparato tutto, compresi un bel po’ di chili di gel di aloe con mirra, per trattare il corpo “com'è usanza seppellire per i Giudei”, ma il problema è: lo hanno bendato davvero subito, oppure no? Su questo dettaglio sta in piedi oppure cade tutta la tesi sulla falsità della Sindone proposta da padre Teoclito.

Se leggiamo il contesto (la sera della vigilia, la preparazione della Pasqua, le luci del sabato che già splendono) e sappiamo qualcosa delle usanze ebraiche (il divieto di compiere diverse azioni in giorno di sabato, tra cui - importantissimo per il nostro problema - il divieto di legare e fare nodi), abbiamo tutto il diritto di ipotizzare che la procedura della sepoltura si sia arrestata per rispetto del sabato, per riprendere con il resto delle procedure rituali dopo la fine del riposo. Trascinare oggetti anche pesanti (corpi, macigni) non viola il sabato, legare le bende invece sì.

Se inizia il sabato e il corpo non si può fasciare in modo adeguato e senza violare le regole, tutto lascia pensare che Giuseppe e Nicodemo abbiano appena ricoperto il corpo con il lenzuolo funebre (magari lasciando perfino le bende per terra!) e che le donne, vedendo chiudere il sepolcro con la pietra, si siano ripromesse di ritornare alla fine del sabato, riprendendo il lavoro lasciato a metà, e fare la loro opera lavando e ungendo il cadavere. Tutt’altro quindi che considerare, come fa padre Teoclito, che i sinottici si siano “limitati al grande avvenimento, mentre Giovanni, testimone oculare, ci ha donato tutti i dettagli”, dove naturalmente “tutti i dettagli” sarebbero le sole bende, per lui tanto importanti per distruggere la credibilità della Sindone di Torino.

Purtroppo “l’erudito padre Teoclito” non sembra essersi reso conto che insistendo sulla fasciatura di Gesù proprio come quella di Lazzaro, distrugge sì la Sindone di Torino che sembra stargli tanto antipatica, ma al tempo stesso distrugge una ben più importante parte della tradizione cristiana ortodossa: le Mirofore!

Se il corpo di Gesù era già bell’e che preparato e impacchettato, che ragione avevano le donne di preparare aromi per ungerlo? Volevano forse sfasciarlo e rifare di nuovo quello che Giuseppe e/o Nicodemo avevano fatto tanto piamente “com'è usanza per i Giudei”? A che punto deve spingersi la sfacciataggine di un “erudito padre”: trattare le sante Mirofore come violatrici di cadaveri solo per segnare un punto contro l’autenticità della Sindone di Torino?

Concludiamo con “il dettaglio principale” trovato dall’erudito padre, “come nei delitti perfetti”, ovvero la posizione delle mani sulla Sindone, che “da sola è sufficiente a provare, in modo irrefutabile, che siamo davanti a una menzogna su scala mondiale, per non dire un’impostura, a meno di sminuire l’intelligenza, peraltro ben viva, dei teologi del cattolicesimo”. Τίποτα λιγότερο!

Ecco cosa dice l’irrefutabile prova: “Ma l'indice che distrugge tutti gli argomenti insostenibili dei latini, è la posizione delle mani di Gesù nella sepoltura. Come e perché i pii ebrei, preparando il corpo del Signore per la sepoltura, gli avrebbero incrociato le mani sul ventre, secondo una consuetudine propria dei soli cristiani?” ...devo dirti che mi sembra un’argomentazione così patetica da non meritare nemmeno una risposta. Tuttavia analizziamo questo “colpo di grazia agli argomenti insostenibili dei latini” (…e degli ortodossi russi?) e vediamo qualcosa di molto pratico.

Tralasciamo il fatto che se i cristiani incrociano le mani di un morto, di solito le incrociano sul petto o al più sulla pancia, ma non sui genitali (…quanti funerali hai servito, tu stesso, in cui i cadaveri avevano le mani incrociate sul pube?), e cerchiamo di metterci nei panni di Giuseppe o di Nicodemo. Hai messo il corpo nel sepolcro, si accendono le luci del sabato, devi lasciare il lavoro di fasciatura a metà, il resto lo faranno le donne… ecco, se TU dovessi ricoprire un corpo nudo con un lenzuolo, magari non ti verrebbe in mente di posizionarlo in un aspetto che, quando il lenzuolo verrà sollevato (verosimilmente da donne) per il lavaggio e l'unzione, suggerisca per lo meno un po’ di decenza? Con un’idea del genere in mente, ti senti anche tu “menzognero su scala mondiale”, “impostore”, o “dotato di un’intelligenza sminuita”?

Tutte queste cose te le dico non per insistere su un’autenticità quasi dogmatica della Sindone di Torino, ma proprio per sottolineare come non si può essere dogmatici nel negarla. Quando poi si vogliono usare le Scritture come un’arma... ecco, UN versetto di Giovanni SEMBRA sostenere che la Sindone sia falsa, mentre lo stesso verso collocato in tutto un contesto SEMBRA sostenere che sia vera (o quanto meno perfettamente verosimile) ...proprio per i particolari delle cose che dice, analizzati con un po’ più di attenzione e un po’ meno di partigianeria.

Padre Teoclito afferma di avere invitato “i fratelli latini dell’Ellade” a rispondere alle sue argomentazioni, e di non avere avuto, “beninteso”, nessuna risposta. Non so se i fratelli latini in Grecia siano tanto menefreghisti rispetto alla Sindone quanto sembrano esserlo alcuni dei loro fratelli ortodossi, ma quel che è certo è che mi dispiace che “l’erudito padre Teoclito” non abbia potuto chiedere le stesse cose a un fratello ortodosso di Torino. O magari della Russia. Avrebbe trovato pane per i suoi denti.

Tuo in Cristo,

Ambrogio

 
Il sentiero verso la luce: i santi maestri dell’Ortodossia e gli insegnanti di altre religioni

In un certo villaggio di Messaras vive un’anziana signora di nome G***, e per chi la conosce, è ben noto che Dio le ha concesso doni carismatici eccezionali. Una volta, per esempio, l'arcangelo Michele apparve a un malato di Atene, che non la conosceva affatto, e gli annunciò: "Sono venuto a guarirti, perché G*** mi ha mandato a te nella sua preghiera."

L’anziana G *** mi ha detto: "Non sono una santa; solo una vecchia signora che implora Dio per la sua salvezza. Se vuoi un santo, dovresti andare dall'asceta che vive a***, o dall'altro, ***, che vive in quella zona", dandomi i nomi di quattro o cinque asceti contemporanei - per lo più sconosciuti - che vivono in varie regioni di Creta.

Caratteristiche simili a quelle dall'anziana G *** - da sole - non significano nulla. Possono essere facilmente imitate da un artista della truffa, anche se persone come quest'anziana signora non sono imbroglioni: per esempio lei non ha mai tratto profitto in alcun modo da questi doni carismatici; infatti, tutto ciò che la preoccupava era la paura di perdere quel mistico rapporto con Cristo nel suo cuore. Invece, siamo in grado di trovare tali abilità in insegnanti di altre religioni: buddisti, induisti, e perfino stregoni o sciamani. Tuttavia, dobbiamo ricordare che nella nostra tradizione spirituale, ci sono un certo numero di persone che hanno raggiunto il "livello" dell'anziana signora anziana. Ad esempio, gli inconcepibili, miracolosi doni carismatici dei santi ortodossi contemporanei come gli anziani Porphyrios, Paisios, Iakovos e altri, che avevano non solo il dono della comprensione e della guarigione, ma hanno avuto anche esperienze di "deformazione" di spazio e tempo, moltiplicazione della materia, teletrasporto, comunicazione con gli animali e molti altri segni. La cosa ancor più strana però, è che fenomeni simili, nonché le apparizioni di questi anziani, continuano anche dopo la loro morte - o, per usare il termine ortodosso - dopo che si sono addormentati nel Signore. Anche a Creta ci sono tali anziani, come, ad esempio, padre Evmenios dal Monastero Roustikoi di Rethymnon, e altri.

Questi santi taumaturghi sono i discendenti di una precedente generazione di operatori di miracoli, a cui apparteneva gente come san Giorgio Karslidis († 1948), la santa non vedente Matrona di Mosca († 1952), san Giovanni Maksimovich († 1966), e molti altri nel mondo, i quali a loro volta erano discendenti di un'altra generazione, che comprendeva san Giovanni di Kronstadt († 1908), san Nettario di Optina († 1937), santa Matrona di Anemniasevo († 1932), sant’Arsenio di Cappadocia († 1924) e molti altri.

Procedendo in questo modo a ritroso nella storia, possiamo vedere santi operatori di miracoli in ogni generazione cristiana, fino a risalire ai discepoli di Cristo, i cui miracoli sono stati descritti nel Nuovo Testamento (nel libro degli Atti degli Apostoli).

***

Questi insegnanti santi e carismatici del cristianesimo si differenziano enormemente dai rispettive lama, swami, sciamani, ecc. Tuttavia, vorrei soffermarmi su tre punti, che forse rivelano quegli elementi che desidero farvi notare.

Prima di tutto, non c'è un "metodo" che questi cristiani hanno seguito nella loro vita per raggiungere tali caratteristiche, né era iniziata in qualsiasi tipo di insegnamento mistico. L'unica cosa che hanno fatto è stato di spalancare il cuore a Cristo, come Dio, e al prossimo. Il loro modo di vita non comprende la pratica di un determinato metodo (per esempio: lo yoga, la meditazione o le arti marziali), ma piuttosto, si direbbe che il loro è un percorso che prevede una discesa in due regni intelligibili - che il santo contemporaneo, l'anziano Sofronio Sacharov, caratterizza come "ade": "l'ade del pentimento" e "l'ade dell'amore". Il primo "ade" è il rifiuto completo del mio vecchio sé e dei suoi atti e desideri (che sono caratterizzati da egoismo), e il secondo "ade" contiene un amore incondizionato, fino al punto dell'auto-sacrificio per ciascuno e per ogni singolo essere umano, anche il mio nemico (che ho perdonato del tutto). Questo amore culmina nell'amore per Cristo (o comincia da esso), con il quale si mantiene una comunicazione attraverso la preghiera, così come la partecipazione alla Divina Liturgia e al sacramento della santa Comunione, una comunicazione che può raggiungere anche una visione della Luce divina, non solo durante la preghiera, ma anche durante l'ordinaria vita quotidiana. Questa visione può talvolta durare per giorni interi, e si può continuare con le proprie attività quotidiane e contemporaneamente trovarsi dentro la Luce Divina - che ci si rivela come un essere personale, come Cristo.

Dato che non esiste un metodo con cui si può sforzare di raggiungere un certo risultato, tali grandi esperienze spirituali possono essere vissute non solo da monaci o sacerdoti, ma anche da gente comune, uomini e donne di famiglia, o anche da bambini (che possono anche non essere consapevoli di ciò che hanno sperimentato). Le esperienze spirituali cristiane - miracoli, o visioni di Cristo, della Panaghia o di certi santi - possono essere sperimentate da non cristiani, che potrebbero anche restare fedeli alle loro religioni, ma alcuni trovano il coraggio di convertirsi all'Ortodossia, mettendosi al punto di partenza di tale nuovo corso. Ciò che tutti hanno in comune, tuttavia, è "l'ade del pentimento", che dà vita ad un cuore umile, e "l'ade dell'amore", il cui presupposto è un cuore umile.

Una seconda caratteristica dei santi taumaturghi ortodossi è che non hanno il minimo desiderio di raggiungere doni spirituali eccezionali, o di avere esperienze spirituali particolari. Essi non desiderano alcun aumento di conoscenza, o l'acquisizione di "saggezza", o una "coscienza superiore", o di diventare "uno con l'universo", di essere "in sintonia" con esso, o qualcosa di simile. Vogliono solo Cristo. Il loro desiderio li dirige fuori del proprio sé, verso un'altra persona - che amano e con cui essi vogliono essere uniti, seguendo il suo sentiero, il sentiero dell'amore umile e disinteressato per Dio (il Dio santo e triuno, non una certa nozione soggettiva "di un Dio", o una fantasia che "dio" sia un simbolo di bellezza o di amore, o una scintilla che esiste dentro di noi o dentro ogni essere, ecc.) e verso il nostro prossimo. Questa è la ragione per cui essi non si immergono nel proprio sé - come fanno gli yogi - ma invece guardano a Cristo come Dio, e chiedono la sua misericordia e il suo prezioso aiuto nella purificazione del loro cuore delle passioni e nella trasformazione nel tipo di essere che egli vuole che siano.

Inoltre, essi non cercano di ritagliarsi "il proprio percorso verso la perfezione", ma piuttosto, si dedicano al sentiero che Cristo ha insegnato e cercano di essere incorporati nel corpo che egli ha fondato: la Chiesa. I cristiani non perseguono mai alcuna lotta personale per la perfezione, ma dedicano se stessi e la loro lotta spirituale e morale all'interno della Chiesa: si riuniscono con i loro fratelli e partecipano al corpo e al sangue di Cristo, dallo stesso santo calice. Anche Cristo è un membro di questa comunità - il suo capo, per la precisione - ed è all'interno di quella comunità che io posso incontrarlo. Anche un eremita è sempre un membro della comunità, anche lui diventa unito ad essa, attraverso la sua preghiera a Cristo (una preghiera per tutte le persone, e di fatto per tutti gli esseri), e partecipa della santa Comunione, che rende possibile quest'unione.

Dato che Cristo è colui che amo, perché è colui a cui desidero essere unito, e perché so che questa unione è fattibile (come noto a tutti i santi dell'Ortodossia, che già sperimentano in questa vita che è quest'unione ciò che li rende operatori di miracoli con i doni spirituali che il Dio triuno dona e ritrae in modo appropriato, senza dell'uomo possa egoisticamente "appropriarsene" con i suoi metodi), questo è il motivo per cui non mi interessa la possibile esistenza di "altri percorsi" per l'acquisizione di saggezza, conoscenza, o poteri soprannaturali. Anche se qualcuno mi insegna a risvegliare o manipolare questi poteri, io non li desidero. Io desidero solo Cristo.

Nel profondo io desidero tali poteri, ed ecco perché non sono nella condizione di vedere Cristo; e se vedo qualcosa, è probabile che non sia lui, ma "qualcun altro" che vuole intrappolarmi. I santi, che hanno raggiunto la perfezione, hanno effettivamente liberato il loro sé interiore dall'egoismo e non desiderano alcun potere, ma solo Cristo.

Un esempio preferito nell'Ortodossia che rivela il modo di avvicinarsi a Cristo è la parabola del figliol prodigo, che, dopo essersi lasciato schiacciare totalmente, si getta poi ai piedi del padre e lo prega di annoverarlo tra i servi. Questo è proprio come si sente un umile cristiano, nel realizzare l'abisso che lo separa dalla purezza assoluta di Cristo, vale a dire, egli è pienamente consapevole del fatto di non essere senza peccato, ma vediamo che il padre del figliol prodigo (simbolo di Cristo) restaura il prodigo allo status di figlio e lo onora con un anello e vesti risplendenti, respingendo non solo la richiesta del figlio di diventare un servo, ma anche la sua precedente vita di dissolutezza dove aveva sperperato l'eredità che egli aveva preteso (e ottenuto) dal Padre senza aver faticato per essa.

Potremmo qui ricordare che la maggior parte di noi è piena di peccati; le nostre intenzioni di fondo non sono affatto pure e, se possibile, il nostro ego ci porterebbe su sentieri molto tenebrosi, sia che abbiamo fatto del male alla gente, sia che l’abbiamo "beneficiata". E tuttavia, noi non ammettiamo nulla di simile (spesso nemmeno a noi stessi), ma invece presentiamo il nostro sé come "degno" di ricevere doni spirituali da Cristo - sia pure senza neppure ammettere che Cristo è Dio, o che comunica con l'uomo - e invece sosteniamo che vi è solo una impersonale "essenza divina" o '"anima universale", voltando così le spalle al vero Dio, apparso a innumerevoli santi.

Due esempi di percorsi diversi per avvicinarsi a Dio sono quelli dei santi anziani Porphyrios e Sofronio. Il primo aveva visitato il Monte Santo dai suoi primi anni dell'adolescenza e non aveva mai preso le distanze da Cristo, quindi molto probabilmente non dovette sperimentare l'angoscia del pentimento in larga misura. Padre Sofronio, all'opposto, aveva rinnegato Cristo, diventando ateo, indulgendo nella meditazione trascendentale, e aveva anche intrattenuto pensieri quasi morbosi di essere egli stesso un dio (pensieri influenzati dalla filosofia orientale): così, quando ha sperimentato la visione della Luce Divina, l'amore assolutamente umile di Dio lo fece sentire come un traditore indegno, non avendo mai immaginato che Dio potesse essere così umile e condiscendente. L'anziano Sofronio ha sperimentato "l'ade del pentimento" con estrema angoscia, che, tuttavia, "rigenera, e non provoca la disperazione né stermina l'uomo".

La maggior parte di noi è più simile all'anziano Sofronio - relativamente parlando - piuttosto che all'anziano Porphyrios; a proposito, questo è il motivo per cui è di valore incalcolabile crescere i nostri figli come cristiani: in modo che possano trovare Cristo nel modo facile, non in quello più doloroso - né raggiungere la fine della loro vita senza averlo trovato.

La terza caratteristica dei santi, che vorrei menzionare, è la conoscenza (attraverso l'esperienza) di tutte le situazioni spirituali, che permette loro di discernere tra quelle positive e quelle negative, anche se esternamente possono presentare le stesse caratteristiche. Questa scienza spirituale è chiamata il "discernimento degli spiriti" e permette ai santi di distinguere tra una vera e propria esperienza o dono spirituale che proviene da Dio, e una "replica esatta" che proviene dal diavolo, e che è data alle persone come esca, con l'intenzione di lusingare il loro ego e trascinarle ancora più lontano dal loro scopo - che è la loro unione con Dio"in Cristo".

Il discernimento degli spiriti è particolarmente evidente nei santi che hanno anche "assaggiato" esperienze al di fuori del cristianesimo, dopo essere stato iniziati ad altre tradizioni spirituali, prima di scoprire l'Ortodossia. Uno di questi personaggi è l'anziano Sofronio a cui abbiamo accennato in precedenza, ma ci sono altri casi simili registrati nella storia dell'Ortodossia - anche casi di asceti che non hanno mai cessato di essere fedeli a Cristo, ma sono stati catturati in un momento di debolezza egoista e hanno acquisito "doni spirituali" che li hanno portati a numerosi tormenti.

Il discernimento degli spiriti è un contributo cristiano necessario per una vera e propria valutazione delle esperienze spirituali, così come dei "poteri", "doni spirituali", "contatti con altri esseri", "rivelazioni", "saggezza" e tutti gli altri elementi che le diverse tradizioni spirituali salvaguardano e conferiscono, come se fossero tesori inestimabili. Se mi è consentito fare un'osservazione qui, dato che questo dono spirituale è assente, anche nelle versioni non ortodosse del cristianesimo (che è il motivo per cui osserviamo "esperienze spirituali" e "sfoggio di carismi" in varie eresie come il papismo e il protestantesimo - fenomeni che in base a criteri ortodossi sono visti come sospetti, e perfino puramente demoniaci), i santi ortodossi hanno sperimentato situazioni simili a quelle sperimentate dagli insegnanti e dai sapienti delle varie religioni. Al contrario, tuttavia, gli insegnanti di altre religioni che possono aver "ampliato la loro coscienza" o "comunicato con entità", ecc., non hanno assaporato l'esperienza di un'unione con Cristo. Questo è il motivo per cui un santo ortodosso (che può percepire immediatamente la presenza o l'assenza della grazia divina) è di gran lunga meglio "attrezzato" per valutare un fenomeno spirituale ... e, francamente, questa valutazione non è favorevole per quanto riguarda la qualità dei "poteri", dei "doni spirituali", delle "rivelazioni", ecc, anche all'interno del cristianesimo e all'interno dell'Ortodossia, e ancora di più all'interno delle varie religioni in cui le persone venerano spiriti di una identità indeterminabile (molto probabilmente maligni o minacciosi, o divinità che fondono "bene e male" insieme, come se questi fossero presumibilmente i diversi aspetti di una stessa cosa, o si completassero l'un l'altro) e si aprono verso queste entità , cercando unirsi a loro o di essere posseduti da loro, mentre Dio, gli angeli e le anime beate dei santi - ossia gli spiriti benigni - non possiedono mai una persona.

Le religioni dell'Estremo Oriente - come l'induismo o il buddismo - considerano come stato perfetto e redenzione l'eliminazione della personalità umana e il suo annientamento o assimilazione nella "psiche universale", perché considerano il mondo presente come un auto-inganno. Il cristianesimo d'altra parte sa, dalla personale esperienza dei santi, che la personalità di un individuo non è mai persa, che rimane in vita dopo la morte del corpo e che il corpo anticipa anche la sua risurrezione, come preannunciato da Cristo in molte parti del Nuovo Testamento.

Allora, dove porta questa "eliminazione" verso la quale tendono le religioni orientali? Oppure, che cosa sono esattamente gli spiriti e le entità che entrano in contatto con le persone, sia come "dèi" o come "antenati" o come esseri "di altri mondi" (per esempio i folletti e le fate), o anche nell'Occidente moderno (che è attualmente in uno stato di confusione spirituale), come "saggi extraterrestri" con qualità divine?

Quanto sopra è solo un piccolo capitolo nel grande tema delle differenze tra le religioni. Le religioni non sono percorsi che "portano tutti allo stesso punto finale"; non dicono tutte "le stesse cose con parole diverse", né possono tutte portare l'uomo alla verità e alla perfezione. Noi cristiani ne siamo pienamente consapevoli, perché l'esperienza ci ha rassicurato che Cristo è la verità, e che la perfezione è l'unione con Lui - che prevede la partecipazione in Cristo dell'uomo imperfetto alla perfezione e alla purezza di Dio. Senza Cristo, non c'è perfezione e nessuna verità; solo la solitudine (come nel buddhismo), o sentieri che portano verso l'ignoto. Un "ignoto" che è molto ben noto - grazie all'esperienza e la saggezza dei veri guerrieri pacifici e maestri dell'umanità, che hanno raggiunto il punto più alto di progresso spirituale che è possibile per le persone umane: quello dei santi.

Tutto questo, fratelli miei, non avete bisogno di accettarlo ciecamente come un dogma. Esaminate queste cose in profondità, e scoprirete da soli quale sia la verità. Fate attenzione, però, a non illudervi che "la verità" sia tutto ciò che fa piacere al vostro ego (dicendovi che troverete Dio "dentro di voi", o che voi e Dio "siete uno", o che diventerete virtuosi, luminosi, preveggenti e onnipotenti per mezzo di esercizi rigorosi), solo perché vi sembra sgradevole ciò che vi invita alla cosa più odiata dall'uomo caduto, cioè, il pentimento e l'umiltà.

 
Jurij Gagarin ha detto di non avere visto Dio nello spazio?

Oggi la Russia celebra il giorno dei cosmonauti, che segna l'anniversario del primo volo spaziale con equipaggio, compiuto in questo giorno nel 1961 da Jurij Gagarin (1934-1968). Per celebrare questa giornata, offriamo i seguenti brani tratti da un'intervista rilasciata dal colonnello Valentin Vasil'evich Petrov, docente presso l'Accademia aeronautica militare J. A. Gagarin, a Interfax-Religion nel 2006.

Valentin Vasil'evich, eravate amici intimi con Jurij Gagarin. Secondo alcuni, il primo cosmonauta era un credente, anche se non lo pubblicizzava. Si può dire che la fede ortodossa è stato un altro elemento tacito che collegava la vostra amicizia, come giovani piloti sovietici in quegli anni di ateismo di Stato, così difficile per la Chiesa?

Jurij Alekseevich, come tutti i russi, era battezzato, e, per quanto ne posso sapere, era un credente. La nostra visita congiunta alla Lavra della Trinità e di san Sergio nel 1964, proprio nel trentesimo compleanno di Gagarin, resta indimenticabile per me. Lui, che era così vivace per natura, una volta mi ha chiesto direttamente se ero mai stato alla Lavra. Dopo aver ricevuto una risposta affermativa, mi ha suggerito di andarci di nuovo. Siamo partiti subito, quella sera, travestiti in abiti "civili". Siamo stati degli sciocchi totali, ovviamente, perché Gagarin non poteva travestirsi... Quando siamo arrivati ​​alla Lavra, una folla di persone gli si è avvicinata chiedendogli l'autografo. La funzione non era nemmeno finita quando tutti, dopo aver sentito parlare dell'arrivo di Gagarin, si sono precipitati verso di lui. Tale era l'amore del popolo per Jurij, e lui non poteva rifiutare nessuno.

Il colonnello Valentin Petrov all'Accademia Teologica di Mosca

Jurij Alekseevich era una persona unica: non si è mai vantato della sua fama. Quando ti rivolgevi a lui, non vedeva né sentiva nessuno, tranne te. È lo stesso con i suoi figli, che non si erano (e non si sono) gonfiati per la consapevolezza di essere i figli del primo cosmonauta.

Poi, alla Lavra, l’igumeno ha salvato noi - e, naturalmente, Gagarin in primo luogo. Ci ha portato nella sua cella dove, secondo il costume russo, ci ha ovviamente offerto da bere. Dopo il terzo bicchiere ha detto: "Beh, chi mi crederebbe se dicessi che Gagarin era nella mia cella?" E Gagarin gli ha risposto scherzosamente: "Beh, chi non vorrebbe crederci?" E poi ha tirato fuori una sua fotografia, l’ha firmata "Per l’igumeno da Gagarin, con i migliori auguri", e gli l’ha presentata. Quest'ultimo ha detto: "Beh, abbiamo bisogno di bere per questo!" E naturalmente l’abbiamo fatto!

Poi l’igumeno ci ha suggerito visitare il TsAK. Abbiamo risposto con stupore: "Che cosa sta dicendo, Padre, siamo già stati al TsAGI!" Stavamo pensando al nostro Istituto Centrale di Aero-Idrodinamica [TsAGI]. Si è scoperto che stava parlando dell’Ufficio archeologico ecclesiastico dell’Accademia Teologica di Mosca [TsAK]. [1] Ci siamo andati, ovviamente, e lì mi è capitato qualcosa che mi ha completamente sorpreso. Quando abbiamo raggiunto il modello della Cattedrale di Cristo Salvatore, Jurij lo ha guardato dentro, lo ha osservato, e poi mi ha detto: "Valentin, guarda che bellezza hanno distrutto!" Poi ha continuato a guardarlo per un tempo molto lungo ...

Quando eravamo di ritorno dalla Lavra quella volta, eravamo tanto impressionati da tutto ciò che avevamo visto che guidavamo come ipnotizzati. Jurij mi ha detto inaspettatamente: "Valentin, medita su queste parole: 'Che sei nei cieli'." L’ho guardato con gli occhi spalancati: "Jurij Alekseevich, ma sai davvero le preghiere?" E lui ha detto: "Pensi di essere l'unico che le conosce? Beh, sai come mantenerti quieto. "Dopo tutto, era il 1964, quando Krushchev aveva promesso di "mostrare l'ultimo prete..."

Sono finito nei guai a causa di questo viaggio: sono stato accusato di avere "trascinato Gagarin nella religione". Ma Gagarin mi ha salvato. Ha detto: "Come può un capitano trascinare un colonnello nella religione?! Non mi ha guidato lui: siamo andati con la mia macchina". Come risultato, sono stato rimproverato secondo la linea del partito per "aver portato Jurij Gagarin all’Ortodossia" - e ora ne sono molto orgoglioso.

Poco dopo il nostro viaggio, Jurij Gagarin, parlando a una sessione plenaria del Comitato centrale per l'educazione della gioventù, ha suggerito apertamente di ricostruire la Cattedrale di Cristo Salvatore come un monumento di gloria militare e un prodotto eccezionale dell'Ortodossia. Ha proposto nel contempo di ricostruire l’Arco Trionfale di Mosca allora in rovina. Le motivazioni di Gagarin erano molto semplici: non si può far crescere il patriottismo, se uno non conosce le proprie radici. Nella misura in cui la Cattedrale di Cristo Salvatore era un monumento di gloria militare, le persone che vanno a difendere la loro Patria dovevano saperlo.

Nessuno nel plenum, ovviamente, si aspettava queste parole dal primo cosmonauta: la reazione è stata incredibile e l'applauso è stato scrosciante. Il presidio, naturalmente, era seriamente spaventato, ma va da sé che non potevano fare nulla contro Jurij Alekseevich.

Ma per quanto riguarda la famosa frase attribuita a Gagarin: "Ho volato nello spazio, ma non ho visto Dio"?

Non è stato certamente Gagarin a dire questo, ma Krushchev! Questo è stato collegato con una sessione plenaria del Comitato Centrale che affrontava la questione della propaganda anti-religiosa. Krushchev in quel momento aveva impostato l'attività per tutte le organizzazioni del partito e del Komsomol [Gioventù Comunista] per accrescere tale propaganda. Ha detto: "Perché state aggrappati a Dio? Gagarin ha volato nello spazio e non ha visto Dio". Tuttavia, qualche tempo dopo queste parole cominciarono a e essere presentate in una luce diversa. Erano citate in riferimento non a Krushchev, ma a Gagarin, che era amato dal popolo. Tale frase pronunciata da lui sarebbe stata di grande importanza. Krushchev non era particolarmente attendibile, dicevano, ma Gagarin lo sarebbe stato certamente. Ma nulla è stato mai detto da Gagarin su questo, né lui avrebbe potuto pronunciare tali cose.

Nota del traduttore:

[1] TsAK sta per Tserkovno-arkheologicheskii kabinet (Ufficio archeologico ecclesiastico), mentre TsAGI sta per Tsentral'nyi aerogidrodinamicheskiy institut (Istituto Centrale di Aero-Idrodinamica).

 
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Le Vite dei santi: l'agiografia attraverso gli occhi di Tolkien

San Giorgio e il drago "leggendario"

Nella sezione dei commenti del mio ultimo post, un lettore ha suggerito che ciò di cui il mondo ha bisogno oggi non sono ulteriori Vite dei santi, ma ulteriori esempi viventi di santità. "Nessuno legge le Vite", ha detto. Forse ha ragione. Un santo vivente, reale dovrebbe essere un'ispirazione molto più convincente rispetto ai rifacimenti (talvolta) idiosincratici delle vite dei santi morti da tempo. Ma se così fosse, che cosa dobbiamo pensare della seguente storia?

Il neo-canonizzato anziano Paissio, dopo aver saputo di un certo anziano Giuseppe l'esicasta, decise di fargli visita. Immediatamente, molti altri monaci cercarono di dissuaderlo. Gli raccontarono storie dell'orrore di come l'anziano Giuseppe picchiasse i suoi monaci, di come egli praticava l'auto-flagellazione. Poi toccarono la vetta con le parole magiche: l'anziano Giuseppe era vittima di possessione e di delusione spirituale. L'anziano Paissio decise di non visitare il suo compagno di santità, e poi se ne pentì come di uno dei più grandi errori della sua vita.

Se un uomo santo non era in grado di riconoscere la santità quando ne sentiva parlare, che cosa impedirà a noi di oltrepassare, senza accorgercene, il più grande santo del mondo, anche se vive alla porta accanto? Io credo che sia esattamente questo il motivo per cui abbiamo bisogno più che mai delle Vite dei santi, se non altro perché, essendo scritte da poeti (o almeno da autori con anime poetiche), contribuiscono a nutrire un modo poetico di vedere il mondo come un antidoto alla mentalità del metodo scientifico (si vedano i miei precedenti post qui e qui).

Il neo-canonizzato san Porfirio ci ricorda l'importanza di questo modo poetico di vivere il mondo:

Perché una persona diventi cristiana, deve avere un'anima poetica. Deve diventare un poeta. Cristo non vuole anime insensibili in sua compagnia. Un cristiano, anche se solo quando ama, è un poeta e vive in mezzo alla poesia. I cuori poetici abbracciano l'amore e lo percepiscono profondamente. (Ferito dall'Amore, p. 218 dell'edizione inglese)

"Ma", dice lo scettico, "che dire di tutti quegli elementi leggendari nelle Vite, di tutte quelle inesattezze storiche, di tutti quei motivi ripetuti? Non sono altro che favole! Sono davvero elementi necessari per lo sviluppo di questo senso poetico?" Solo per amor di discussione, supponiamo che le Vite siano davvero "cariche" di miti pagani, eventi leggendari, e anche elementi favolistici. Vuol dire che dovrebbero essere ignorate? J. R. R. Tolkien ha qualcosa da dire al riguardo:

Quando abbiamo esaminato molti degli elementi che si trovano comunemente incorporati nelle fiabe... come per esempio le reliquie di antiche usanze una volta praticate nella vita quotidiana... rimane ancora un punto troppo spesso dimenticato: che si tratta dell'effetto prodotto ora da queste vecchie cose nelle storie come sono ... aprono una porta su un altro tempo, e se vi passiamo attraverso, anche se solo per un momento, ci troviamo al di fuori del nostro tempo, forse al di fuori del tempo stesso. ("Saggio sulle fiabe")

Ciò che Tolkien dice dei tropi nelle fiabe è altrettanto vero per gli eventi leggendari o i motivi ripetuti nelle Vite, come le apparizioni miracolose di icone sui fiumi, gli asceti che da neonati digiunano dal latte della madre il mercoledì e il venerdì, gli angeli che imprimono doni miracolosi di apprendimento a un bambino analfabeta. Anche se, per amor di discussione, concediamo che non avrebbero mai potuto accadere nella "vita reale" (qualunque cosa essa sia), hanno un "effetto letterario" che aiuta a rendere le Vite manuali di istruzioni estremamente efficaci per noi che siamo meri bambini nella fede.

La visita miracolosa di Abacuc a Daniele nella fossa dei leoni

Il "Saggio sulle fiabe" di Tolkien è un inaspettato tesoro di saggezza per quanto riguarda l'utilità degli "elementi fantastici" nelle Vite dei Santi. È vero, parla di favole, non di agiografia. Ma continuo ancora a concedere, per amor di discussione, che le vite dei santi, così come ci sono state tramandate, sono piene di favole. In questa luce, il suo saggio è molto illuminante. Prima di tutto, Tolkien sostiene l'utilità e la necessità della fantasia in sé:

La fantasia... è, credo, non una forma inferiore, ma una forma superiore di arte, anzi la forma quasi più pura, e quindi (se raggiunta) la più potente. La fantasia, naturalmente, inizia con un vantaggio: sospende la stranezza. Ma questo vantaggio è stato ritorto contro di essa, e ha contribuito al suo discredito. Molte persone non amano essere "sospese". Non amano qualsiasi ingerenza con il mondo primario, o con quei piccoli scorci di tale mondo che sono a loro familiari. Essi, dunque, stupidamente e anche maliziosamente confondono la fantasia con i sogni, in cui non c'è arte; e con i disturbi mentali, in cui non vi è neppure controllo: con l'illusione e l'allucinazione.

Questa è la risposta di coloro che preferirebbero non vedere altro che biografia nuda e cruda nelle Vite dei Santi. A tali amanti della ragione, Tolkien ribatte:

La fantasia è un'attività umana naturale. Certamente non distrugge né insulta la ragione; e non ha né smussato l'appetito per la verità scientifica, né ne ha oscurato la percezione. Al contrario. Quanto è più netta e chiara la ragione, tanto migliore sarà la fantasia da lei prodotta. Se gli uomini fossero mai in uno stato in cui non vogliono o non possono percepire la verità (fatti o prove), allora la fantasia languirebbe fino a quando tale stato non sia curato. Se mai si fissassero in quello stato (ciò non sembrerebbe affatto impossibile), la fantasia finirebbe per perire, e per diventare morbosa delusione. La fantasia creativa si fonda infatti sul difficile riconoscimento che le cose in tutto il mondo siano così come appare sotto il sole; sul riconoscimento di un fatto, ma non sulla schiavitù ad esso.

Lungi dal negare i "fatti", le fiabe fanno molto di più per illuminare il modo in cui esiste il mondo di quanto potrebbe mai fare l'arido ragionamento scientifico. C'è una ragione per questo. La fantasia ci aiuta a vedere le verità che abbiamo smesso di vedere, perché siamo diventati così abituati a tali verità da non considerarle più:

Abbiamo bisogno, in ogni caso, di ripulire le nostre finestre; in modo che le cose viste chiaramente possano essere liberate dal grigiore sfocato della banalità o della familiarità... Questa banalità è davvero la penalità di una "appropriazione": le cose che sono banali, o (in senso cattivo) familiari, sono le cose di cui ci siamo appropriati, legalmente o mentalmente. Diciamo che le conosciamo. Sono diventate come cose che una volta ci attraevano per il loro scintillio, o il loro colore, o la loro forma, e abbiamo messo le mani su di loro, e poi le abbiamo bloccate nel nostro tesoro, le abbiamo acquisite, e con l'acquisizione abbiamo smesso di guardarli.

Ma vi è una funzione ancora più importante che le fiabe soddisfano. Sono tutte presentimenti o echi della "storia più grande mai raccontata," il Vangelo:

Mi permetterei di dire che, avvicinandomi alla storia cristiana da questa direzione, ho avuto a lungo la sensazione (una sensazione gioiosa) che Dio ha redento le creature corrotte, gli uomini, in un modo appropriato per questo aspetto, come per gli altri, della loro strana natura. I Vangeli contengono una favola, o una storia di un genere più ampio che abbraccia tutta l'essenza delle fiabe... Ma questa favola è entrate nella storia e nel mondo primario... La nascita di Cristo è l'eucatastrofe della storia dell'uomo. La Risurrezione è l'eucatastrofe della storia dell'Incarnazione... Non c'è racconto che più di questo gli uomini preferirebbero trovare vero, e nessuno che tanti uomini scettici hanno accettato come vero in base ai suoi meriti. Infatti la sua arte ha il tono estremamente convincente dell'arte primaria, cioè della creazione. Rifiutarlo porta tristezza o ira. Non è difficile immaginare l'emozione particolare e la gioia che proveremmo, se una qualsiasi favola particolarmente bella risultasse essere "in primo luogo" vera, e la sua narrazione fosse storia, senza per questo necessariamente perdere il significato mitico o allegorico che aveva posseduto. Non è difficile, perché non ci è richiesto di cercare di concepire alcunché di qualità sconosciuta. La gioia avrebbe esattamente la stessa qualità, se non nella stessa misura, della gioia che dà la "svolta" in una favola: tale gioia ha il gusto stesso della verità primaria. (In caso contrario, il suo nome non sarebbe gioia.) Guarda in avanti (o all'indietro: la direzione in questo senso non è importante) alla grande eucatastrofe. La gioia cristiana, la Gloria, è dello stesso tipo; ma è per eccellenza (infinitamente, se la nostra capacità non fosse finita) elevata e gioiosa. Ma questa storia è suprema; ed è vera. L'arte è stata verificata. Dio è il Signore, degli angeli e degli uomini... e degli elfi. La leggenda e la storia si sono incontrate e fuse.

L'eucatastrofe della Natività

È una cosa sorprendente e coraggiosa, quella che Tolkien afferma. "Anche così", dice lo scettico, " l'adempimento di tutti i miti nell'Incarnazione non rende obsoleti tutti gli altri miti e leggende? Non abbiamo più bisogno di fiabe, dal momento che Cristo è venuto nella carne "Ah, ma Tolkien ha una risposta anche a questo:

Ma nel regno di Dio la presenza del più grande non deprime il piccolo. L'uomo redento è ancora uomo. La storia, la fantasia, vanno ancora avanti, e devono andare avanti. L'Evangelium non ha abrogato le leggende; le ha santificate, in particolare il "lieto fine". Il cristiano deve ancora lavorare, con la mente e il corpo, soffrire, sperare, e morire; ma ora può percepire che tutte le sue attitudini e facoltà hanno uno scopo, che può essere redento. Così grande è la generosità con cui è stato trattato, che egli può ormai, forse, osare immaginare che attraverso la fantasia potrà realmente aiutare nello sviluppo e nell'arricchimento multiplo della creazione. Tutte le storie possono diventare realtà; e tuttavia, alla fine, redente, possono essere tanto simili e tanto dissimili dalle forme che noi diamo loro, quanto l'uomo, finalmente redento, sarà simile e dissimile dall'uomo caduto che conosciamo.

Quindi dovremmo accogliere questi elementi fiabeschi, anche nelle Vite dei santi. Le Vite non sono impoverite dall'inclusione di gesta eroiche pre-cristiane, uccisioni dei draghi, espulsione di serpenti dal ventre dei pagani, viaggi miracolosi a distanze impossibili. Esse sono arricchite, come lo siamo noi, se ci addestriamo ad avere un'immaginazione morale, non una diabolica, se ci sforziamo di sviluppare un animo poetico, non un animo critico che distrugge tutto ciò che tocca.

Per la cronaca, non sto suggerendo che l'agiografia critica sia un esercizio del tutto inutile. Diventa pericolosa solo quando smettiamo di vedere il mondo come una rivelazione costante dell'amore miracoloso di Dio. Le Vite dei Santi, nella forma in cui sono state conservate dalla Tradizione della Chiesa, ci aiutano a recuperare quella visione di un mondo caduto, ma ancora illuminato dalla grazia.

 
CRISTIANI D'ORIENTE IN PIEMONTE

Una mappa completa del mondo ortodosso in Piemonte

"Cristiani d'Oriente in Piemonte" ; un testo di: L. BERZANO - A. CASSINASCO, Torino: L'Harmattan, Collana "Logiche Sociali", 1999, pag. 220.

 

Per la prima volta, un'opera accademica cerca di analizzare tutte le espressioni del cristianesimo d'Oriente in un'intera regione italiana: dalla storia all'indagine statistica, dall'arte al mondo sociale e letterario.

Il saggio introduttivo, Cristiani d’Oriente in diaspora. Elementi di sociologia dell’Ortodossia, tenta di porre le basi per una disciplina poco studiata in Italia, ma che vede un crescente interesse a livello accademico. In particolare, il saggio evidenzia la reazione dell'Ortodossia agli stimoli del mondo secolarizzato, e la sua differente reazione rispetto ai cristianesimi occidentali.

Il testo prosegue con capitoli monografici dedicati alle varie realtà che in Piemonte si richiamano in qualche modo al cristianesimo orientale. Laddove è possibile, i capitoli sono introdotti da brevi "schede" ricche di informazioni generali per un primo inquadramento dei fenomeni, e per un possibile contatto con le comunità e i gruppi descritti.

La prima parte, dedicata alla presenza del cristianesimo d'Oriente nel mondo cattolico piemontese, analizza la parrocchia italo-albanese di San Michele Arcangelo a Torino, la storia del fenomeno del biritualismo, l'interesse del mondo cattolico torinese per la letteratura e l'iconografia ortodossa, e i contatti con il mondo cristiano orientale presso alcuni gruppi ecclesiali cattolici, tra cui spicca la Comunità di Bose. Alla Diocesi di Alba è dedicato un capitolo quale modello pastorale dell'accoglienza degli immigrati ortodossi, e un ulteriore studio copre le presenze (in gran parte cattoliche) del mondo cristiano arabo in Piemonte.

La seconda parte analizza il mondo ortodosso in senso stretto, e si apre con la descrizione delle comunità del Patriarcato Ecumenico, tra cui la parrocchia greco-ortodossa a Torino e il Monastero di San Basilio a Revello, oltre a uno sguardo al mondo culturale greco a Torino. La descrizione delle comunità del Patriarcato di Mosca include due presenze storiche (la parrocchia di Sant'Egidio a Montalto Dora e la missione dei Santi Basilio e Benedetto a Torino) e una attuale (la Comunità di San Massimo di Torino), oltre a una descrizione dei centri culturali russi a Torino, e della storia della cappella ortodossa di Santa Anastasia a Magliano Alfieri. La parte dedicata all'Ortodossia romena copre la parrocchia di Santa Parascheva e la missione di San Giuda Taddeo. Altri capitoli descrivono gli inizi della presenza ortodossa russa in Torino, attraverso una storia dettagliata della comunità di profughi russi in Val Pellice, fino alla descrizione dell'attuale immigrazione dei Vecchi Credenti. Viene anche menzionato il fenomeno delle Giornate Popolari Ortodosse, la presenza ortodossa tra i Rom, e alcune delle presenze minoritarie di etnie ortodosse nella regione.

Il terzo capitolo descrive il mondo degli ortodossi orientali (non calcedoniani) in Piemonte, dalla parrocchia ortodossa copta di Santa Maria Vergine a Torino, alla comunità ortodossa eritrea e altre presenze minoritarie, con un cenno alla missione assiro-caldea.

Un'ultima parte studia il fenomeno delle presenze evangeliche legate a paesi tradizionalmente ortodossi, con la descrizione di un singolo fenomeno relativo, la comunità pentecostale etiopica di Torino.

Questo libro è una guida preziosa per quanti lavorano nel campo dell'assistenza all'immigrazione e al dialogo ecumenico tra i cristiani di diverse confessioni, e i commenti di chi ha utilizzato il testo in tal modo sembrano confermare un certo valore dell'opera.

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Padre Radovan Bigovic: la Chiesa ortodossa e la democrazia

La Facoltà teologica ortodossa di Belgrado è una delle più interessanti università ortodosse, che coniuga un solido patrimonio tradizionale con un'acuta sensibilità ai problemi della società moderna. Siamo lieti di lasciare la parola sul tema delicato del rapporto tra la Chiesa e la democrazia al nostro amico arciprete Radovan Bigovic, vice-decano della Facoltà ed esperto nell'insegnamento agli ortodossi dei fondamenti teologici delle confessioni di fede occidentali. Il testo La Chiesa ortodossa e la democrazia, che leggete nella sezione "Etica" dei documenti, non è che una piccola parte del libro di padre Radovan, La Chiesa ortodossa nel XXI secolo, che affronta diversi temi di confronto tra religione e politica.

 
Il triste decesso del buon senso

Oggi lamentiamo il decesso di un caro vecchio amico, il Buonsenso, che è stato con noi per molti anni. Nessuno sa con certezza quanto era anziano, poiché il suo certificato di nascita è stato perso molto tempo fa nella confusione della burocrazia.

Sarà ricordato per averci dato lezioni preziose, come imparare a rientrare in casa quando piove, perché chi prima arriva meglio alloggia, perché la vita non è sempre giusta, e che forse era colpa mia. Il Buonsenso viveva con princìpi finanziari solidi e semplici (non spendere più di quanto si guadagna) e regole familiari affidabili (comandano gli adulti, non i bambini). La sua salute ha cominciato a deteriorarsi velocemente quando sono state introdotte regole benintenzionate, ma soffocanti.

I rapporti su un bambino di sei anni accusato di violenza sessuale per avere baciato una compagna di classe, adolescenti sospesi dalla scuola per avere usato il colluttorio dopo pranzo e un insegnante licenziato per un rimprovero a un allievo ribelle, non hanno fatto che peggiorare il suo stato. Il Buonsenso ha perso terreno quando i genitori hanno accusato gli insegnanti di avere fatto il lavoro che essi stessi non erano riusciti a fare nel disciplinare i loro bambini. La sua salute si è ulteriormente aggravata quando alle scuole è stato richiesto di ottenere il consenso dei genitori per somministrare paracetamolo, lozione solare o un'ingessatura a un allievo, ma è stato vietato loro di informare i genitori quando un'allieva è incinta e desidera abortire.

Il Buonsenso ha perso la voglia di vivere quando i dieci comandamenti si sono trasformati in merce di contrabbando, le chiese sono diventate attività commerciali e i criminali hanno ricevuto un trattamento migliore delle loro vittime. Il Buonsenso ha preso una batosta quando ha saputo che non puoi difenderti da un rapinatore in casa tua, ma il rapinatore può citarti per violenza perché hai protetto te stesso e i tuoi cari.

Il Buonsenso si è alla fine arreso dopo che una donna non ha compreso che una tazza fumante di caffè era calda. Se ne è rovesciata un poco sul grembo e ha ottenuto un enorme risarcimento.

Il Buonsenso è stato preceduto nella morte dai suoi genitori, Verità e Fiducia, da sua moglie Discrezione, da sua figlia Responsabilità e da suo figlio Ragione. Gli sopravvivono i tre fratellastri: Conosco i miei diritti, Dev'essere colpa di qualcun'altro e Sono una vittima. Non molti hanno assistito al suo funerale perché così pochi si sono resi conto che era mancato.

Se ancora se lo ricordate, passate questo necrologio a tutte le brave persone che lo hanno conosciuto e valorizzato. Se no, unitevi alla maggioranza e non fate niente.

 
L'Ortodossia in Pakistan

Il 18 settembre 2012, il Dipartimento Missionario dell'Accademia Teologica di Mosca ha ospitato un incontro con il sacerdote Adrian Augustus della Chiesa ortodossa russa all'estero, che svolge il suo ministero in una parrocchia cristiana ortodossa che ha fondato in Pakistan.

Il percorso verso Cristo. Il sacerdozio

Padre Adrian

La mia conversione all'Ortodossia non è stata facile. Fino alla mia conversione, nel 2007, ero un diacono anglicano in India. Quando ho iniziato a cercare l'Ortodossia, ho inviato molte lettere con domande sulla fede all'unica persona che mi ha fornito risposte dettagliate, Vladyka Hilarion, che era allora arcivescovo di Sydney. Vengo da una famiglia molto povera, mia madre era un'insegnante di scuola, e la vita procedeva in uno spirito rigidamente cattolico. Quando Vladyka mi ha suggerito di iscrivermi al seminario a Jordanville, NY, mia madre si è ammalata gravemente, e mi sono trovato in una situazione difficile, andare in America mi era praticamente impossibile. Tre mesi più tardi, Vladyka Hilarion ha scritto che mi poteva ricevere in Australia. Vladyka è divenuto per me come un padre. Tutto quello che so sul Cristianesimo ortodosso l'ho imparato da lui. Volevo molto diventare sacerdote, ma non ho chiesto a Vladyka di ordinarmi, aspettando che il Signore stesso lo facesse accadere. Quando alla fine sono stato ordinato, non ho voluto limitare il mio ministero a una parrocchia: ho voluto che la nostra vera fede fosse accessibile a tutti. Molte persone in Pakistan e in India vogliono conoscere l'Ortodossia e diventare cristiani zelanti, ma hanno poche opportunità di farlo.

La vita in Pakistan oggi è molto difficile a causa del governo musulmano, ed è pericoloso per i bianchi vivere in campagna, e così i missionari non vogliono andarci. È vero, il Pakistan non è in alcun modo un paese sicuro. Si deve notare che questo paese è pericoloso non solo per i bianchi e gli stranieri, ma anche per i propri cittadini: all'interno del paese, i musulmani lottano con altri musulmani, i musulmani uccidono altri musulmani. Il Pakistan è diviso in tre grandi gruppi. Nel nord ci sono i pashtun dell'Afghanistan, i punjabi vivono in mezzo, i sindhi vivono nel sud, e tra i sindhi stessi c'è un piccolo gruppo di indiani, e queste popolazioni sono tutte in conflitto. Un pakistano quando esce di casa la mattina semplicemente non sa se tornerà alla sera.

Una voce dal Pakistan

C'erano due persone in Pakistan che avevano lasciato il seminario cattolico e, come avevo fatto io qualche tempo prima, avevano mandato via e-mail lettere con domande sulla fede, cercando di trovare l'Ortodossia. Vladyka Hilarion mi ha trasmesso queste lettere, perché conosco la mentalità di queste persone ed ero in grado di determinare se questi erano credenti genuini o se erano stati inviati da persone che non hanno alcun desiderio di trovare Cristo. La popolazione del Pakistan è molto povera, e questa poteva semplicemente essere una truffa. Quando ho letto le e-mail, tuttavia, il mio cuore si è commosso. Non ci ho pensato due volte, e chiedendo la benedizione di Vladyka, mi sono direttto in Pakistan.

Quando sono arrivato, sono stato molto sorpreso: invece delle due persone che hanno scritto le e-mail, sono stato accolto da una cinquantina di persone. Quando mi sono sistemato nella mia camera d'albergo, non mi era permesso di andare fuori. Il problema era questo: è ancora pericoloso per me venire in Pakistan, perché ho la pelle più chiara, essendo indiano. C'erano state quattro guerre tra il Pakistan e l'India, e quando sono arrivato, sono stato visto come una spia. Ma un membro locale del Parlamento mi ha dato il permesso di lasciare l'hotel per dodici ore, ritenendomi un missionario e non una spia. La stampa ha riferito che è arrivato un sacerdote, e ancora più persone sono venute a trovarmi, e, pregando lo Spirito Santo, ho cominciato a predicare. In un primo momento ho cercato di parlare del tempo prima della nascita di Cristo. Poi ho parlato della Natività, della creazione della Chiesa, del periodo dei sette Concili Ecumenici, e del ruolo che hanno i sacerdoti e i diaconi. Ho cercato di spiegare che accettare l'Ortodossia non è così semplice, che una persona deve essere prima trasformata. L'unica ragione normale per venire all'Ortodossia è quella di diventare un santo della Chiesa, perché l'anima umana si unisce a Dio dopo la morte. E il ruolo del sacerdote è quello di dare alla persona una piccola spinta per iniziare questo sforzo. Non c'è alcun modo semplice di farlo, è necessaria la preghiera e il digiuno e il compimento di tutti gli altri metodi tipici dell'Ortodossia. Dopo due ore di predica, coloro che cercavano la vera fede mi hanno fatto molte domande, ci sono stati rappresentanti delle agenzie che hanno cercato di trovare qualcosa di sospetto nella mia predica. Quella notte, circa 110 cattolici hanno aderito alla fede ortodossa. Il giorno dopo sono stato anche in grado di battezzare circa 74 persone provenienti da 10 famiglie pakistane. Ho chiesto alle persone perché erano così interessate alla mia predica, e mi hanno detto che sono stati toccati dal fatto che io, indiano, è venuto da loro di predicare il cristianesimo ortodosso, e che non li ho guardati come una sorta di persone cattive, non ho giudicato il loro aspetto - questi pakistani sono poveri, semplici contadini. Nella chiesa, e durante le nostre discussioni, non prendo una sedia quando loro si siedono per terra, mi siedo accanto a loro. Queste persone hanno un particolare bisogno di cura pastorale, perché non hanno nessuno che li ascolti: né nella moschea né nella chiesa cattolica. Dobbiamo tenere a mente che in Pakistan e in India, la Chiesa cattolica è una grande, potente organizzazione. I seminaristi cattolici sono spesso inviati a lavorare come direttori di scuole locali subito dopo la laurea, scuole in cui ogni bambino aspira a essere accettato. Come dirigenti scolastici, i parroci cattolici dimenticano che sono in primo luogo pastori, non dirigenti scolastici. Spiego alle persone che vengono a vedermi che il mio compito di sacerdote è al servizio delle persone per la loro salvezza, per amarle e prendermi cura di loro.

Vladyka è stato felice di vedermi tornare vivo...

La mia prossima sfida era quella di preservare la comunità di 100 pakistani convertiti. Quando sono tornato in Australia, ho detto subito a Vladyka che dovevamo affrettarci ad organizzare una missione in Pakistan. Vladyka Hilarion mi ha dato la sua benedizione per istituire la missione dell'Arcangelo Michele. Ho chiesto alla gente in Pakistan perché mi hanno invitato al posto di altri preti ortodossi che già servono in Pakistan. Hanno risposto che quei sacerdoti appartengono al Patriarcato Ecumenico, mentre io appartengo alla Chiesa ortodossa russa, e dal momento che la Chiesa russa è la più grande di tutte le Chiese nazionali, ed è composta da molti popoli diversi, speravano di ricevere cure dalla Chiesa russa. Considerando tutti i santi che hanno glorificato la terra russa, e visto che io appartengo a questa stessa Chiesa russa, i pakistani credevano che anch'io potessi amarli e prendermi cura di loro. Ho anche chiesto a Vladyka Hilarion di nominare più sacerdoti, in modo che presto si potesse celebrare la Divina Liturgia.

Il mio secondo viaggio in Pakistan è durato 10 giorni. Questa volta la mia missione principale era la cura pastorale. Mi sono incontrato con la gente, cercando di capire le loro esigenze, cercando di "spiegare le ali" su di loro. Sono stato poi in grado, per la prima volta, di celebrare la Liturgia in stile russo, ma in lingua urdu. Sono stato anche in grado di convertire un ex sacerdote cattolico e sua moglie all'Ortodossia. Una volta, mentre stava traducendo il testo liturgico in urdu, le parole assegnate al sacerdote hanno toccato il suo cuore, e ha desiderato tornare indietro a quei tempi in cui queste preghiere erano state composte. Questa è stata la ragione per cui ha voluto convertirsi all'ortodossia. Questa ultima volta, più di 50 nuove persone sono venute a Cristo.

Vorrei anche dire che ora ho la possibilità di recarmi in Pakistan senza un invito. Una volta ho avuto modo di incontrare l'ambasciatore pakistano e spiegare chi sono e cos'è la Chiesa ortodossa, spiegare che non sono una spia, e così via. Egli si è congratulato con me per i miei sforzi di lavoro per il bene dei pakistani, ma ha detto che fare lavoro missionario con un visto turistico è illegale, e poi ha detto una cosa notevole. Mi ha detto che crede nel mio lavoro in Pakistan, e che posso ricevere un visto missionario. È quasi impossibile per un prete cristiano ricevere un visto missionario in un paese islamico. Durante il mio viaggio successivo ho incontrato membri dei servizi segreti pakistani, ho mostrato loro la mia croce e il mio visto missionario, affermando che il governo mi ha permesso di lavorare qui. Potete credermi o no, ho detto. Hanno chiesto quali erano i miei progetti, e ho detto che volevo costruire una chiesa. Ci sono tre cristiani nella comunità pakistana che desiderano diventare sacerdoti, e si trovano ad affrontare le proprie sfide. I cristiani ortodossi ora si riuniscono nelle case per i servizi divini che i laici possono compiere da soli, li ho istruiti a leggere le ore e l'obednitsa [servizio dei lettori] e il Vangelo, e dopo continuano la loro riunione socializzando mentre prendono il tè. È molto importante che ci sia un sacerdote regolare in Pakistan appena possibile. Se muore un cristiano, chi condurrà i servizi funebri? Il mio prossimo viaggio in Pakistan è previsto in gennaio-febbraio, per 5-6 giorni.

"Né greco, né ebreo"

Padre Adrian cresima i pakistani ortodossi. Foto dalla pagina Facebook della chiesa.

La prossima volta, un giovane di 22 anni da Odessa mi accompagnerà nel mio prossimo viaggio. Invito chiunque, non solo gli australiani, ma anche i russi, a unirsi a me nel mio lavoro in Pakistan. Abbiamo un albergo con vigilanza armata, dove saranno al sicuro. È molto importante per i pakistani se qualcuno viene dalla Russia, perché poi sentiranno che tutta la Chiesa li sostiene, si prende cura di loro. Se li visitate, cercate di socializzare quanto potete, e i poveri daranno il loro ultimo centesimo per farvi sentire comodi.

Il mio sogno è quello di diffondere l'Ortodossia, non ho paura della morte, perché faccio tutto per il bene della Chiesa, la Chiesa è la mia famiglia, la mia vita, la fede ortodossa mi ricolma, e voglio condividerla con gli altri.

 

- Padre Adrian, è la sua prima visita in Russia?

- Sì, questa è la mia prima volta qui. La Russia è un paese che ho sempre voluto visitare. Naturalmente, a causa della Chiesa ortodossa, sarei felice di rimanere qui per sempre. Uno dei santi preferiti della comunità pakistana è San Sergio di Radonezh. Essere in grado di venerare le sue reliquie è stata molto speciale per me.

- Ha intenzione di lavorare con l'Accademia Teologica di Mosca?

- Sì. Tre dei nostri candidati andranno presto in Thailandia a vedere padre Oleg per la pratica liturgica. E ho intenzione di inviare i futuri candidati anche qui. Abbiamo anche sei giovani donne che desiderano diventare monache, hanno circa venti anni. Quando ho chiesto perché, hanno detto di voler diventare spose di Cristo. Si deve sapere che in Pakistan, come nazione musulmana, una donna non ha diritti. Due di loro sono state novizie in un convento cattolico per sei anni. Le suore nella Chiesa cattolica sono diverse da quelle ortodosse. Abbiamo regole completamente diverse. Padre Georgij Maksimov ed io stiamo cercando di organizzare il loro viaggio in conventi in Russia per un paio di settimane, in modo da poter sperimentare quella vita da se stesse.

- Presto inviterà i seminaristi a unirsi alla vostra missione in Pakistan. Quali requisiti dovrebbe avere chiunque voglia andare?

- Lasciare il loro orgoglio a casa. Se qualcuno ti versa il tè in una tazza rotta, ringraziali e bevi. La cosa principale è quella di essere amichevoli, amarli, ed è tutto ciò che serve. Naturalmente, si deve sapere cos'è l'islam, ed essere in grado di spiegare, se necessario, perché la salvezza si trova nell'Ortodossia, e non altrove. Naturalmente, vi garantisco che sarete al sicuro, meglio che io muoia piuttosto che qualcun altro soffra. Non si deve pensare ai talebani, la comunità è abbastanza sicura. Sarebbe bene se due o tre studenti potessero aiutarmi con la Liturgia, anche se io servo in urdu, alcuni brani possono essere cantati in slavonico ecclesiastico.

- Che cosa dovranno fare quelli che si offrono volontari per andare con lei? Quale sarà il loro lavoro?

- Sedersi con le persone e con un traduttore che io fornirò, e parlare loro dei santi padri, del cristianesimo ortodosso, del senso della vita. Se guardate le nostre foto, vedrete che mi siedo con loro per terra, senza la mia tonaca, e parliamo come amici. La mia esperienza personale è che la diffusione vera del Vangelo si verifica intorno a una tazza di tè, durante una conversazione amichevole.

- Non tutti i seminaristi hanno lo spirito missionario di cui parla, pensa che i seminari possano infondere il desiderio di diffondere la verità ai loro studenti?

- È molto egoista voler salvare solo se stessi. E' facile salvare se stessi, ma per salvare se stessi e il prossimo è molto più difficile. Bisogna pensare alle persone che non conoscono l'Ortodossia, non conoscono la vera fede, ci si deve ricordare che stanno morendo spiritualmente. Il nostro obiettivo è quello di portarle alla fede. Il seminario deve utilizzare programmi speciali, è necessario sottolineare l'importanza del lavoro missionario, e indicare gli esempi di san Nicola del Giappone, pari agli apostoli, san Giovanni di Shanghai. E, naturalmente, è opportuno invitare missionari ben noti a tenere lezioni sulla loro esperienza.

- Padre Adrian, chi finanzia i suoi viaggi?

- Lo faccio io, lavorando all'American Express Bank cinque giorni alla settimana.

- Che cosa nel Vangelo tocca il cuore del popolo pakistano?

- Avevano sentito il Vangelo da cattolici, evangelici e anglicani. Cerco di sottolineare la vita secondo il Vangelo, e non semplicemente di fare lezioni su di esso. Spiego che la Chiesa non è un club sociale, l'obiettivo principale della Chiesa è quello di avvicinarci alla santità. Nella Chiesa si deve fare in modo che il Vangelo si conservi nei nostri cuori, e, quando lasciamo il tempio, dobbiamo diffondere questa Parola di Dio nel mondo intero, perché dia forza a noi e ai nostri vicini.

- Quali domande le fanno più spesso i membri del vostro gregge?

- Molto spesso mi chiedono qual'è la differenza tra ortodossia e cattolicesimo. Cerco di capirli e insegnare loro che il loro obiettivo è quello di avvicinarsi alla santità. Il problema è che i cattolici non si avvicinano al livello della gente comune, vedono una persona come la vede un giudice. Come ho detto, i preti cattolici spesso dimenticano il loro ruolo pastorale, ma quando i pakistani ricevono le cure di un sacerdote ortodosso, si genera amore, e subito si vede la differenza tra l'Ortodossia e altri insegnamenti. Vedono che questo sacerdote indiano di nome Adrian si avvicina e si prende cura di loro. Ho imparato questo da Vladyka Hilarion: quando ero in Australia, Vladyka, che a quel tempo era arcivescovo, mi è venuto a prendere all'aeroporto con la sua macchina, mi ha portato a casa e mi ha preparato la cena.

Pagina Facebook della missione ortodossa in Pakistan:

https://www.facebook.com/pages/Russian-Orthodox-Church-of-Pakistan/352232478134732

Sito web della missione ortodossa in Pakistan:

http://www.rocpak.com/

 
I doni dei magi in pellegrinaggio nella Rus'

I doni portati dai magi al bambino Gesù furono accuratamente conservati dalla Madre di Dio. Prima della sua santa Dormizione, li diede alla Chiesa di Gerusalemme, dove rimasero fino all'anno 400. Più tardi, l'imperatore Arcadio li portò a Costantinopoli e li mise nella chiesa di Hagia Sophia. Nel 1453, Costantinopoli cadde. Nel 1470 la figlia del sovrano serbo Georgije Brankovic, Maria (Maro), vedova del sultano turco Murat (Murad) II (1404-1451), portò i doni dei magi al monastero di san Paolo del Monte Athos, che rimase un monastero serbo fino al 1744. Nonostante il fatto che fosse la moglie di un sultano, non aveva accettato l'islam e rimase cristiana fino alla fine della sua vita. Sul posto dove Maria si inginocchiò fu eretta una croce chiamata croce della regina. Nella cappella che si trova accanto vi è una rappresentazione dei monaci che vengono incontro a questa grande reliquia. C'è una tradizione che dice che la pia Maria voleva portare lei stessa i doni dei magi nel monastero, ma alle sue mura fu fermata da una voce celeste come avvenne all'imperatrice Placidia a Vatopedi, che le ricordò che la regola dell'Athos proibisce alle donne di entrare nel monastero.

I doni dei Magi sono piamente custoditi nel monastero in piccoli reliquiari: ventotto piccole foglie d'oro rettangolari, un tetragono e un poligono, decorati con eleganti ornamenti in filigrana. Questo è l'oro che i magi portarono al Dio bambino, come a un re. Oltre a questo ci sono circa una settantina di piccole sfere di incenso e mirra delle dimensioni di un'oliva. Queste reliquie sono molto profumate. Alcuni indemoniati sono stati guariti da loro.

Per la prima volta nella storia, dal 14 al 30 gennaio 2014, le reliquie sono portate fuori dalla Grecia, in un pellegrinaggio che tocca Mosca, San Pietroburgo, Minsk e Kiev. Qui sotto ci sono la fotocronaca e un paio di video della venerazione delle reliquie alla cattedrale di Cristo Salvatore a Mosca, dal 7 al 13 gennaio.

Fotocronaca dal portale Pravmir

I doni dei magi, reliquie cristiane legate alla vita di Gesù Cristo, sono stati portati a Mosca per la prima volta alla vigilia di Natale da un monastero sul Monte Athos.

Migliaia di fedeli arrivano a venerare la reliquia. Le persone devono attendere in fila per circa otto ore per entrare in cattedrale.

I credenti alla Cattedrale di Cristo Salvatore presso la teca con i doni dei magi, reliquie portate a Mosca per la prima volta dal monastero Agiou Pavlou sul Monte Athos.

Si tratta della prima volta in cui i doni dei Magi hanno lasciato la Grecia.

Sono stati portati in Russia dall'ottantatreenne archimandrita Pathenios (Mourelatos), che ha guidato la delegazione del monastero del Monte Athos e ha portato la reliquia fuori dall'aereo.

I doni dei magi sono stati consegnati alla cattedrale di Cristo Salvatore a Mosca per la funzione del Natale, iniziata alle 11 il 6 gennaio, quando sono stati accolti dal patriarca Kirill di Mosca e di tutta la Rus'.

I doni dei magi sono tra le poche reliquie conservate associate alla vita di Cristo sulla terra.

La vigilia di Natale, i cristiani ortodossi ricordano il racconto evangelico dell'adorazione di Gesù Bambino da parte dei magi dell'Oriente.

Secondo la Bibbia, i saggi hanno deposto davanti al bambino Gesù doni di oro, incenso e mirra: l'oro come simbolo di regalità sulla terra, l'incenso come simbolo di divinità e la mirra come simbolo di morte umana.

 
Lo scandalo della Trasfigurazione

Il mio vescovo ha recentemente condiviso la storia di un giovane a cui aveva insegnato alcuni anni fa. Era un ortodosso dall'Estonia. Era cresciuto in epoca sovietica ed era arrivato a odiare tutte le cose russe, tra cui la Chiesa ortodossa. Tuttavia, aveva visto un giorno una processione ortodossa per le strade della sua città, una processione che comprendeva il vescovo russo (che egli odiava, credendolo un agente del KGB). Tuttavia, vide il vescovo circondato di luce. Fu un'esperienza che lo condusse alla fede ortodossa. Si può odiare un uomo, e perfino la Chiesa. Ma l'innegabile gloria di Dio gli ha rivelato ciò che il suo odio non poteva vedere.

La ragione del mio vescovo per condividere la storia non era quella di esonerare la Chiesa russa da qualsiasi iniquità, o cooperazione con l'iniquità. Né era di scagionare il vescovo coinvolto e dichiararlo santo. Era una storia della gloria di Dio, della sua presenza e della sua opera nonostante i nostri difetti e fallimenti. I 12 apostoli scacciavano i demoni, guarivano i malati e curavano i lebbrosi. Da nessuna pare è detto che Giuda non abbia fatto nessuna di queste cose. Senza dubbio, le ha fatte (il che rende il suo tradimento ancor maggiore).

C'era un'eresia nella Chiesa primitiva, che negava l'efficacia dei sacramenti se se questi erano compiuti da peccatori. Il dibattito riguardava in gran parte quelli che, sotto la pressione della persecuzione, avevano in qualche modo negato la loro fede o ceduto alle esigenze dello Stato pagano. È una linea di pensiero facile da mantenere. Se ci viene comandato di essere santi, sicuramente ci sono conseguenze per il mancato rispetto del comandamento. Ci sono di fatto conseguenze entro i canoni della Chiesa, ma queste conseguenze non comprendono un'inefficacia dei sacramenti.

Lo scandalo dell'Incarnazione, Dio che diviene uomo, è l'apparente contraddizione tra il Dio assolutamente trascendente e la particolarità e i limiti dell'esistenza umana. È uno scandalo i cui errori vanno in due direzioni.

In primo luogo, vi è un presupposto che Dio è così dispiaciuto dal peccato che non può avere nulla a che fare con esso, o che il peccato annulla in qualche modo l'opera di Dio. In secondo luogo, vi è una convinzione altrettanto odiosa che gli esseri umani, nella loro osservanza dei comandamenti, sono sempre abbastanza giusti per essere realmente compatibili con la vera santità. Il primo è un errore riguardo a Dio, il secondo un errore riguardo agli esseri umani.

Io sono sempre turbato nel sentire le parole "non c'è grazia al di fuori della Chiesa." Non riesco a capire che cosa significhi una simile affermazione. Dal momento che l'intero universo è sostenuto dalla grazia di Dio, posso solo supporre una sorta di eresia della laicità in tale dichiarazione – l'idea che qualcosa possa esistere senza la grazia di Dio. Per le sue ragioni misteriose, Dio sostiene anche gli angeli caduti con la sua grazia. Se non fosse così, cesserebbero di esistere. Solo Dio ha esistenza in se stesso e da se stesso.

Posso dire "non c'è grazia al di fuori della Chiesa", solo se dico anche che ogni cosa in tutta la creazione è all'interno della Chiesa. In realtà, credo che questo sia vero. La Chiesa è entrata in esistenza quando Dio disse: "Sia la luce". I sacramenti non ci fanno essere ciò che non siamo, ma ci rivelano ciò che siamo veramente. Il battesimo e cresima sono invero richiesti a chi si accosta alla santa comunione, perché sono realtà fondamentali nella medicina dell'immortalità e nel percorso di vita che Dio ci ha dato. Ma la persona che viene battezzata non diventa in qualche modo diversa da ciò che è. Diventa più pienamente umana, più autenticamente ciò che è stata creata per essere. "Lo Spirito Santo completa ciò che manca", si dice nelle nostre preghiere.

Ci sono confini che noi descriviamo come "la Chiesa", ma questo significato si usa per specificare ciò che si identifica con la pienezza della vita in Cristo. La "Chiesa", in questo utilizzo, è "ciò che è riconciliato." San Paolo dice che la fine di tutte le cose è che tutto sia "raccolto in uno in Cristo Gesù." Questa è la Chiesa, alla fine.

Troppo spesso si parla della Chiesa in termini confessionali, si parla di persone che sono riconciliate nella pienezza dell'Ortodossia come se la loro "appartenenza" costituisse la totalità della Chiesa. Ma san Paolo estende la Chiesa a "tutte le cose". Così, l'erba e gli alberi (e certamente la farina e il vino) sono stati riuniti insieme in Cristo. L'eucaristia non è un raduno che intende escludere tutto il resto. Si tratta di un incontro che rappresenta tutto il resto. "Il tuo dal tuo, a te l'offriamo". Che cosa c'è all'interno di tutta la creazione, che non appartenga a Dio? Infatti, i membri della Chiesa che si riuniscono, non lo fanno per sé, ma come "primizie" di Adamo.

E così abbiamo la realtà dei vescovo incandescente che potrebbe essere odiato in Estonia (così come molti altri vescovi potrebbero essere odiati altrove). La trasfigurazione (perché si trattò di questo, in quella processione) della creazione di Dio è semplicemente scioccante per noi. Si tratta di una manifestazione dell'amore di Dio che ignora ogni scandalo, eccetto lo scandalo della mancanza d'amore. È una trasfigurazione che dà luce e che brucia.

Molti provano un certo di conforto nel fatto che la luce trasfigurante di Dio brucia un po'. Tuttavia, il più delle volte brucia gli occhi di coloro che giudicano l'idoneità di chi è trasfigurato. Costoro diventano ciechi proprio in questa maniera.

La trasfigurazione di Cristo potrebbe generalmente essere considerate privo di scandalo. È apparso sul Sacro Monte con Mosè ed Elia – come potrebbero i discepoli non gioire? Ma il testo descrive uno scandalo.

Mentre pregava, l'aspetto del suo volto fu modificato, e la sua veste divenne candida e scintillante. Ed ecco, due uomini parlavano con lui: erano Mosè ed Elia, apparsi nella loro gloria, e parlavano della sua dipartita che stava per compiersi a Gerusalemme. (Luca 9:29-31)

Cristo, a sua volta, parlò ai discepoli della sua morte che avrebbe portato a compimento a Gerusalemme, e Pietro lo rimproverò! Il grande scandalo è sempre lo scandalo della Croce. Non vi è alcun percorso di vera unione con Dio, che non passi attraverso la Croce. Questo è vero, alla fine, per tutti coloro che sono trasfigurati, così come per tutti coloro che sperano di vedere una trasfigurazione.

È degno di nota che il testo greco non dice che Cristo parlava con Mosè ed Elia della sua "dipartita". Il testo la chiama il suo "esodo". Non è una scelta casuale di una parola. Il suo viaggio verso la morte è il grande esodo, il percorso attraverso il Mar Rosso che annega il faraone mistico. È la Pasqua del Signore.

Quella Pasqua è il percorso verso la trasfigurazione. Mosè stesso, dopo la Pasqua, portò il popolo a una diversa montagna sacra. Là ricevette la Legge scritta dallo stesso dito di Dio. Quando scese dal monte, il suo volto era trasfigurato e la gente aveva paura a guardarlo – e gli chiese di indossare un velo.

In Cristo il è viene rimosso, tranne che per coloro che indossano un velo che copre il loro cuore (2 Cor 3). Ma Dio è tanto misericordioso, che a volte toglie il velo in modo che dei giovani arrabbiati per le strade dell'Estonia (ovvero in tutto il mondo) possano vedere la sua gloria e vivere.

 
Sua Beatitudine l'Arcivescovo di Atene Ieronymos ringrazia la Chiesa ortodossa russa per il suo aiuto alla Chiesa ortodossa greca

Sua Beatitudine Ieronymos, Arcivescovo di Atene e di tutta la Grecia, ha inviato a Sua Santità il Patriarca di Mosca e di tutta la Rus' una lettera di gratitudine per l'assistenza finanziaria data dalla Chiesa ortodossa russa per la realizzazione dei progetti di solidarietà della Chiesa greca.

'Nella vostra persona ringraziamo ancora una volta il pio clero e popolo della vostra Chiesa russa per l'aiuto generoso dato con la prontezza che parla del vostro grande amore e dimostra  i legami spirituali e fraterni che esistono da tempo tra le nostre sante Chiese', dice la lettera.

L'Arcivescovo Ieronymos ha informato il Patriarca Kirill che i fondi raccolti dalla Chiesa ortodossa russa sono stati divisi tra le 81 metropolie della Chiesa di Grecia e l'Arcidiocesi di Atene in proporzione alle loro dimensioni. I fondi, ha detto, sono stati utilizzati per sostenere i programmi delle mense gratuite e i progetti di beneficenza per gli aiuti alle vittime della crisi economica.

Sua Beatitudine ha anche sottolineato che il servizio economico centrale della Chiesa di Grecia ha garantito di fornire un resoconto dettagliato e trasparente di tutte le spese.

La campagna di raccolta di fondi in aiuto alle persone più colpite dalla crisi economica in Grecia è stata organizzata nel gennaio 2012 nelle chiese e monasteri della Chiesa ortodossa russa con la benedizione di sua Santità Kirill, Patriarca di Mosca e di tutta la Rus'.

 
Madre Maria Tuchkova (1781-1852)

Margarita Mikhajlovna Naryshkina (in seguito rassofora Melania, e poi monaca/igumena Maria), è una delle figure più importanti del monachesimo femminile russo del XIX secolo.

Margarita Naryshkina nacque il 2/13 gennaio 1781, figlia maggiore del tenente colonnello Mikhail Petrovich Naryshkin (1753-1825) e della principessa Varvara Volkonskaja (1760-1827). Ebbe cinque sorelle e due fratelli (uno dei quali fu l'ufficiale decabrista Mikhail Mihajlovich Narishkin).

Margarita fin dai primi anni dimostrò un carattere forte ma sensibile; parlava un perfetto francese, amava la lettura e la musica ed era dotata di una voce meravigliosa. Era di una bellezza strana, alta e molto sottile, dai tratti del viso irregolari, dalla pelle sorprendentemente bianca e dagli occhi verdi e vivaci.

A 16 anni, Margarita sposò in un matrimonio combinato Pavel Mikhailovich Lasunskij, l'unico figlio della vedova Lasunskij che era molto amica dei Naryshkin. Il matrimonio fu di breve durata e infelice: due anni più tardi Margarita divorziò a causa del comportamento immorale del marito. La dissolutezza del giovane Lasunskij era così nota a San Pietroburgo, che il divorzio fu ottenuto con facilità.

Aleksandr Alekseevich Tuchkov, ritratto di A. G. Varnek

Margarita Mikhailovna incontrò per la prima volta Aleksandr Tuchkov (1778-1812) al tempo del primo matrimonio infelice. Appreso del divorzio, lui non esitò a corteggiarla. Ma i Naryshkin erano così spaventati del primo matrimonio fallito della figlia che non diedero il loro consenso al suo secondo matrimonio fino al 1806, quando Margarita ebbe 25 anni.  I brevi anni del secondo matrimonio furono completamente felici. Margarita era fiera della bellezza del marito, che in società era paragonato ad Apollo, del suo coraggio e valore.

Al matrimonio, Margarita indossò un vestito che aveva cucito di persona. C'è una leggenda che quando la processione nuziale stava lasciando la chiesa, la carrozza con gli sposi fu fermata da un povero vecchio, che porse un bastone alla sposa dicendo "Maria, prendi questo piccolo segno". "Hai fatto un errore, batjushka, il mio nome è completamente diverso", rispose Margarita. Tuttavia, il vecchio insistette, e gli sposi accettarono dalle sue mani il suo strano regalo.

Margarita ottenne dall'imperatore il permesso di accompagnare il marito nella guerra russo-svedese del 1807 e condivise con lui tutte le difficoltà della vita militare. Comparve più volte accanto a lui sotto forma di attendente di campo, nascondendo la sua treccia sotto il berretto, perché alle mogli era proibito apparire nell'esercito durante una campagna. Nella sua persona per la prima volta apparve un'infermiera nell'esercito russo. Margarita creò punti di ristoro per le persone che soffrivano la fame nelle aree colpite dai combattimenti. Nella campagna finlandese, visse il feroce freddo nelle tende, camminò con le truppe nei cumuli di neve, attraversò fiumi stando nell'acqua gelida fino alla cintola.

Nella guerra patriottica contro Napoleone nel 1812, Margarita non poté seguire il marito. A quel tempo aveva il figlio Nikolaj, nato nel 1811, da svezzare. Fu deciso che avrebbe accompagnato il marito fino a Smolensk e sarebbe tornata dai genitori a Mosca. I Narishkin lasciarono Mosca per la loro tenuta a Kostroma, Margarita voluto rimanere nella città di provincia di Kineshma, dove il 1/13 Settembre 1812 apprese dal fratello Kirill Mikhajlovich (aiutante di campo del generale Barclay de Tolly) della morte del marito, ucciso nella battaglia di Borodino. Per diversi anni, Margarita non poté vedere suo fratello senza ricordare il loro incontro a Kineshma, e senza stare male come conseguenza.

Secondo una leggenda, Margarita ebbe una premonizione della morte del marito: in un sogno udì le parole: "Il tuo destino finirà a Borodino", molto tempo prima della battaglia. Lei e il marito, senza successo, cercarono il nome di questo paese sulla mappa e non riuscirono a trovarlo in un atlante geografico da tasca.

Simon Kozhin, M. M. Tuchkova a Borodino. Panichida per il generale A. A. Tuchkov. Olio su tela.

Margarita si recò al campo di battaglia per cercare il corpo del marito: da una lettera del generale Konovnichyn sapeva che Tuchkov morta vicino alla ridotta di Semenov. Le ricerche tra decine di migliaia di morti non produssero nulla: il corpo di Aleksandr Tuchkov non fu mai trovato, e Margarita fu costretta a tornare a casa.

Questi orrori colpirono così la sua salute, che talvolta a casa temeva per la sua sanità mentale. Riprendendosi, decise di costruire a proprie spese una chiesa sul luogo della morte del marito. Vendette i suoi gioielli e con l'assistenza dell'imperatrice Maria Feodorovna comprò tre ettari di terreno, dove nel 1818 iniziò a costruire una chiesa dedicata al Volto non manufatto del Salvatore (icona protettrice del reggimento Revel). In origine questa doveva essere solo una piccola cappella, ma l'imperatore Aleksandr I concesse un fondo di 10.000 rubli con cui nel 1820 fu costruita e consacrata una chiesa di pietra, che attirava pellegrini da tutta la Russia. La vedova Tuchkova decise di dedicare il resto della vita alla memoria del marito e all’educazione del figlio Nikolaj, e si trasferì a Borodino, in una piccola casa costruita appositamente, dove visse con Nikolaj e la sua governante francese.

Nikolaj Tuchkov, 1820

Nikolaj Tuchkov, iscritto al corpo di guardia imperiale e amato da tutti per la sua gentilezza, non godeva di buona salute, e morì appena quindicenne nel 1826. Fu sepolto nella Chiesa del Salvatore.

L'igumena Maria negli anni 1849-1852, dagherrotipo

Dopo la deportazione in Siberia del fratello decabrista Mikhail, la morte del padre nel 1825, e infine quella di suo figlio, nulla più tratteneva Margarita nel mondo.

Si trasferì definitivamente a Borodino, dove cercava conforto aiutando i poveri, e dedicandosi a causa successiva – la preparazione di un nuovo convento, dove altre donne che avevano perso i loro mariti in battaglia si erano unite a lei. Nel 1838 Tuchkova prese i voti di rassofora con il nome di Melania. La comunità di Spaso-Borodino, per ordine imperiale, divenne un monastero cenobitico di seconda classe nel 1839.

Durante la cerimonia di inaugurazione del monumento di Borodino nel 1839, l'imperatore Nicola I visitò il monastero e la cella della rassofora Melania, la cui sofferenza lasciò una forte impressione sul sovrano; questi concesse il perdono a suo fratello Mikhail, e nel 1840 la convocò a San Pietroburgo per essere la madrina della moglie dell'erede al trono, Maria Aleksandrovna, con la quale sarebbe rimasta in corrispondenza fino alla sua morte.

Sorella Melania ricevette la mantia di monaca con il nome di Maria il 28 giugno / 11 luglio 1840. Il giorno dopo, Maria divenne igumena del convento Spaso-Borodino. L'installazione dell'igumena ebbe luogo secondo l'ordine dell'antico rito di ordinazione delle diaconesse. Il nome di Maria fu scelto in ricordo dell'episodio avvenuto nel suo giorno di nozze. Anche da igumena, madre Maria conservò il carattere che aveva avuto da laica, e nelle rare apparizioni pubbliche fuori dal convento, affascinava tutti con i suoi discorsi brillanti e raffinati.

Madre Maria morì a 71 anni a Borodino il 29 aprile / 11 maggio 1852, e fu sepolta nella chiesa del convento del Salvatore (eretta vicino al luogo dove morì il marito), accanto a suo figlio.

È interessante notare come Margarita Tuchkova non abbia preso subito i voti monastici, ma si sia preparata a riceverli per un lungo periodo. Uno dei suoi insegnanti fu il metropolita Filarete (Drozdov) di Mosca. Le ci vollero otto anni di preparazione per prendere i voti. Con un tale insegnante, maturò una personalità sorprendente. Nel corso di 20 anni, l'igumena Maria costruì un'altra chiesa, un campanile e alloggiamenti per le sue suore, radunando uno splendido e famoso coro. Il convento del Salvatore di Borodino fu chiuso nel periodo sovietico, ma ha riaperto i battenti nel 1992. Una volta alla settimana, la quiete monastica è rotta dall'arrivo di sposi, che vedono il convento come simbolo di amore eterno.

Convento del Salvatore di Borodino (Spaso-Borodinskij). Foto scattata nel 1911 da Sergej Mikhailovich Prokudin-Gorskij, pioniere della fotografia a colori

 
A proposito di "battesimo per infusione", o come immergersi senza bagnarsi

In tempi recenti, clero e laici (in particolare in Romania occidentale, ma non solo) mi fanno diverse domande sul "battesimo per infusione" praticato in alcune regioni, che tende a diventare pratica comune nella maggior parte delle chiese ortodosse di quei luoghi. Su internet circolano video e immagini insensate di sacerdoti che compiono un genere di "battesimo" improponibile, senza nemmeno spogliare il neonato, per tacere dei casi di parodie battesimo degli adulti. Ma ancora più grave è che "la realtà batte la fantasia" e tali casi sono molto più numerosi di quelli che si possono trovare su internet, e le reazioni della gerarchia sono quasi inesistenti, anche se ho sentito di alcuni sacerdoti che temono comunque che il vescovo li scopra...

D'altra parte, un prete mi ha chiesto di aiutarlo nello scandalo in cui è caduto con i suoi superiori ecclesiastici. Hanno accusato il sacerdote di "protestantesimo" e di "violazione dei canoni e delle tradizioni", sentendo della sua intenzione di andare a battezzare un adolescente nel fiume vicino. Sarebbe interessante notare: dov'e che l'apostolo Andrea ha battezzato i primi daci, se non nel Danubio o nel Mar Nero? Non è che nel frattempo la nozione di "Chiesa apostolica" è diventata una frase vuota?

Così, partendo da queste due premesse, cercherò di delineare alcune idee importanti dal punto di vista teologico, storico-liturgico e canonico. Naturalmente, tutto questo può essere ampliato e concretizzato da riferimenti bibliografici, ma per ora è giusto precisare quanto segue:

La parola "battesimo" (in greco: βάπτισμα dal verbo βάπτω → βαπτίζω ) ha molti significati, ma tutti implicano qualcuno che entra o qualcosa che viene inserito in un liquido e poi rimosso da esso. I dizionari ci danno i seguenti significati: affondamento / sprofondamento / immersione, ammollo o anche annegamento. Così nel linguaggio biblico e patristico un battesimo senza immersione totale in acqua è una cosa senza senso, e gli apostoli e i Padri hanno impiegato proprio questo termine, e non προσχέω = versare, λούω = lavare, βρέχω = bagnare, ραντίζω = spruzzare o καταστάζω = gocciolare. Per semplificare l'equazione, siamo pienamente autorizzati a tradurre la formula battesimale come segue: "Il/la servo/a di Dio (N) è immerso/a nel nome del Padre e del Figlio e del santo Spirito; Amen". Questa traduzione letterale non lascia spazio a speculazioni, perché queste non sarebbero giuste in ogni modo. E diventa chiaro che non è possibile immergersi in acqua senza bagnarsi...

• Del senso spirituale dell'immersione nel battesimo parla san Paolo in Romani 6:4, Colossesi 2:12, e diversi Padri della Chiesa, tra cui Cirillo di Gerusalemme, Basilio Magno, Gregorio di Nissa, Dionisio, Giovanni Damasceno, Nicola Cabasila, ecc. Tutti questi testi parlano di immersione completa nell'acqua battesimale, come simbolo di morte e risurrezione, rinascita e lavaggio completo. Compiere il battesimo con il solo rovesciamento significa ignorare il simbolismo della morte e risurrezione, e concentrarsi solo sull'aspetto di purificazione de mistero (cfr. Cirillo di Gerusalemme, "Catechesi mistagogica II").

• Giovanni il Precursore battezzava a Enon, presso Salim, perché "c'erano molte acque" (cfr Gv 3:23). E Cristo, dopo essere stato battezzato da Giovanni nel Giordano, "uscì dall'acqua" (Matteo 3:16). L'etiope fu battezzato in acqua da Filippo, poi ne uscì fuori (Atti 8:38-39). Dunque, la Scrittura non lascia alcun dubbio sulla forma del battesimo, mentre altri casi battesimi in cui non è menzionata l'acqua (Atti 2:41, 9:18, ecc), hanno avuto luogo molto probabilmente in stagni / fontane destinati ai lavaggi rituali dei giudei o in altri luoghi dove era possibile l'immersione in acqua. Per esempio, nella regione di Sion sono state trovate decine di piscine per il lavaggio rituale e i ricchi ebrei avevano tali piscine perfino in casa, come i greci e i romani. Quindi, non dovremmo essere sorpresi che tutti i vecchi scritti liturgici ("Didachè", "Ordinanza della Chiesa egiziana", "Costituzioni Apostoliche", "Testamentum Domini", ecc), parlano di battesimi per immersione in acqua, dato che le prime chiese sono erano di fatto abitazioni private messi a disposizione della comunità ai fini di culto. In questi bacini, come in seguito nei battisteri, la gente entrava fino alla cintola o al petto e poi il sacerdote o il vescovo metteva loro la mano sul capo, immergendoli completamente per tre volte. Bambini e neonati erano completamente sollevati e rimessi in acqua a ogni immersione, soprattutto se non c'erano battisteri speciali per bambini e adulti, come vediamo a Santa Sofia a Costantinopoli.

• L'importanza della triplice immersione in acqua è sottolineata dal canone apostolico 50 che dice: "Se un vescovo o presbitero non esegue le tre immersioni in una singola santificazione (battesimo), ma solo una, quella che si fa nella morte del Signore, sia deposto. Perché il Signore ha detto: battezzate nella mia morte, ma anche: andate e ammaestrate tutte le nazioni, battezzandole nel nome del Padre e del Figlio e del santo Spirito (Matteo 28:19)"- La " Didachè dei 12 apostoli " (cap. I), la più antica scrittura cristiana extra-biblica, allo stesso modo stabilisce come completo battesimo normativo quello per triplice immersione, ammettendo l'infusione solo nei casi in cui non c'è abbastanza acqua. Ecco cosa dice la Didachè al punto 7: Battezzate così: dopo che avete insegnato, battezzate nel nome del Padre e del Figlio e del santo Spirito, in acqua corrente. Se non disponete di acqua corrente, battezzate in altre acque; se non avete acqua fredda, usate acqua calda. Se non avete abbastanza acqua, versate dell'acqua per tre volte sulla testa "nel nome del Padre e del Figlio e del santo Spirito". Più tardi la Chiesa accetterà il "battesimo per rovesciamento" anche nel caso in cui un candidato sia a letto e non possa essere immerso (cfr Cipriano di Cartagine, "Lettera a Magno"). Tuttavia, un tale battesimo era riconosciuto solo per economia e non era accettato come normativo, come si vede nel caso di Novaziano, di cui scrive Eusebio nella Storia ecclesiastica (VI:43,14-15). Pertanto, la Chiesa d'Oriente e d'Occidente (allo stesso modo) accettava il battesimo per abluzione solo in due casi: quando non c'era abbastanza acqua (per esempio, nel deserto o nelle catacombe) e quando il candidato non poteva essere immerso per malattia. Queste erano eccezioni che non potevano essere accettate come regola!

• Come prova, non solo tra i cristiani d'Oriente, ma anche tra quelli di Italia e Nordafrica i battisteri erano ovunque. Molti di loro esistono ancora oggi e testimoniano pienamente il battesimo per immersione che i cristiani d'Occidente facevano a quei tempi. Purtroppo, ci sono molto meno battisteri per adulti, o sono quasi assenti, in Spagna, Portogallo, Francia, Gran Bretagna e Germania, e i loro battisteri per bambini raramente consentono la loro immersione completa in acqua. Ed ecco che dopo il secolo VIII, quando la Chiesa d'Occidente cadde sotto il dominio delle dinastie franco-tedesche o spagnole, alcune tradizioni locali sono diventate normative per l'intero Occidente. Così è stato non solo per il "battesimo per abluuzione", ma anche per il "Filioque" e altre tradizioni liturgiche o dogmatiche, che non sono apparse a Roma, Milano o Cartagine – le prima grandi Chiese latine – ma in lontane province dell'Ovest.

Anche se all'inizio del secondo millennio la pratica del "battesimo per infusione" era diventata quasi dominante in Occidente, grandi teologi occidentali come Tommaso d'Aquino (sec. XIII) e altri davano tuttavia la priorità al battesimo completo, per immersione (ma non è chiaro se si facesse un'immersione sola o tre). Più tardi, i teologi occidentali incominciarono ad argomentare che βάπτισμα non significa necessariamente immersione, facendo riferimento a testi biblici quali Marco 7:3-4 e Luca 11:38, per non parlare delle espressioni metaforiche di Luca 12:50, Atti 1:4-5; 11:15-17. Inoltre, si faceva sempre più spesso riferimento al battesimo dei malati e a un affresco nelle catacombe in cui il battesimo era compiuto per rovesciamento (anche se dando uno sguardo più da vicino all'immagine, si vede comunque un fiume). Di conseguenza, in breve tempo neppure gli italiani utilizzarono più i battisteri, e l'unico modo di amministrare il battesimo divenne l'infusione. Anche nelle icone occidentali della Teofania si cominciò a mostrare Giovanni che versa acqua sopra Cristo con una brocca, cosa che sembra quasi comica. Il Vaticano II ha tentato un ritorno al battesimo per immersione, ma è ancora un'eccezione estremamente rara tra i cattolici.

• La questione del riconoscimento del "battesimo per infusione" compiuto dai cattolici romani è complessa. Grandi padri della Chiesa come Fozio di Costantinopoli (sec. IX), Teodoro Balsamo (sec. XII) o Marco di Efeso (sec. XIV) ritengono che i latini non dovrebbero essere ribattezzati, ma essere ricevuti con la cresima come gli altri "eretici moderati". Questa posizione è stata confermata dal Sinodo di Costantinopoli nel 1484, poi imposta dal Sinodo di Mosca del 1667. In seguito, però (probabilmente più per ragioni politiche che teologiche), un altro Sinodo a Costantinopoli nel 1755, decreta il (ri)battesimo dei cattolici romani, considerando che antichi Padri abbiano riferimento solo nella misura di scissione dei latini dalla Chiesa e non alla forma del battesimo, ignorando che i latini, oltre alle eresie dogmatiche evidenti, avevano rinunciato alle immersioni del battesimo, che per i greci erano sempre state fondamentali, soprattutto a causa del termine βάπτισμα. Un approccio simile si osserva nei canoni 7 del secondo Concilio ecumenico e 95 di Trullo, che riconoscono per economia il battesimo degli ariani e altri eretici. Beninteso, i cattolici romani non sono più traviati degli ariani, ma a questi ultimi era riconosciuto il battesimo principalmente a causa delle tre immersioni e solo secondariamente a causa della nomina delle tre persone, anche se essi consideravano "pienamente Dio" solo il Padre. Tuttavia, gli stessi canoni prevedevano di ribattezzare gli eunomiani che facevano una sola immersione – forma che parlava del non riconoscere la Trinità. Fanno una singola immersione anche i neoprotestanti di oggi, ma senza alcun collegamento con gli eunomiani, bensì seguendo la pratica antica occidentale che, tenendo conto delle eresie locali, era costretta a mettere maggiormente l'accento sull'unità della Trinità, piuttosto che sulla differenza tra le sue persone.

• Conciliare due mondi paralleli in cui "entrambi hanno ragione a modo loro" è molto complicato. Pertanto, ritengo scorretto pronunciarsi sulle possibilità di salvezza di un'intera confessione, anche se non riconosciamo ufficialmente il loro battesimo. Dio salva chi vuole e come vuole, anche senza battesimo (come il ladro sulla croce). Ma noi abbiamo riti apostolici che indicano la via più sicura e, secondo questi, non c'è ragione per riconoscere automaticamente il "battesimo per infusione" e di utilizzarlo su larga scala, anche se abbiamo abbastanza acqua e/o il candidato non ha alcun espresso divieto medico per essere immerso in acqua. (E se facciamo eccezioni alle regole, allora rinunciamo anche ai paramenti, mettendo al posto dell'epitrachilio una sciarpa o una cintura, dato che anche questo è consentito in circostanze eccezionali). "Il battesimo per infusione" è stato e deve restare un'eccezione e per casi ordinari è importante insistere sulla corretta forma di battesimo per immersione per tre volte, come richiesto dal Canone apostolicio 50 e da tutta la tradizione della Chiesa (vedi G. Metallinos, "Confesso un solo battesimo").

• Sotto influenza occidentale, soprattutto nelle aree che sono state a lungo occupate dai cattolici romani (Transilvania, Banato, Ucraina occidentale, ecc), molti preti ortodossi compiono "battesimi" solo per infusione o aspersione, senza averne alcun motivo. Inoltre, molte chiese non hanno nemmeno i fonti battesimali, e se li hanno, non li usano. Generazioni intere di ortodossi provenienti da molti "paesi ortodossi" sono "battezzate" in modo sbagliato. Attraverso il contatto con la Chiesa greca e soprattutto il Monte Athos, dove il battesimo per immersione è osservato con grande acribia, molti ortodossi romeni, russi, ucraini, serbi e bulgari hanno iniziato a dubitare della validità del loro battesimo. Questo dubbio è in qualche modo legittimo, vista l'indifferenza e la noncuranza con cui si violano i canoni e la tradizione ortodossa. Inoltre, i sacerdoti non fanno alcuno sforzo per spiegare ai credenti come bisogna celebrare il battesimo, e accettano senza alcuna difficoltà le richieste dei genitori di non immergere i bambini. I genitori, se vogliono davvero che i loro figli siano battezzati, devono accettare la pratica della Chiesa e vivere secondo i suoi insegnamenti, e se insistono su un atto formale, fatto per amore di qualche abitudine o per una sessione di foto come piace a loro, il sacerdote deve avere il coraggio di dire loro che "si sono rivolti allo sportello sbagliato". Con questo la Chiesa non perderà alcun figlio vero (come temono alcuni sacerdoti che pensano di essere molto responsabili), ma anzi rimuoverà in modo più facile quelli che vogliono intrufolarsi nel suo seno come "ladri e briganti", non entrando la per porta "ma saltando da un'altra parte". Ci sono persone che non sanno ciò quel è giusto, ma se sono correttamente informate che il battesimo si fa solo attraverso triplice immersione e non lo accettano, come accetteranno poi tutto lo stile di vita che la Chiesa richiede ai battezzati? O forse alcuni sacerdoti dovrebbero riconoscere che non sono interessati alla salvezza di quelli a cui bagnano la testa, ma semplicemente ai loro soldi...

• Per risolvere i problemi e correggere la situazione esistente oltre, credo che ogni Chiesa locale di per sé, o magari tutte insieme (a livello pan-ortodosso), può prendere alcune decisioni conciliari chiare per risolvere questa situazione di confusione, dubbio e disordine. E poiché la maggior parte delle domande su questo argomento è venuto dal clero e dai fedeli della Chiesa ortodossa romena, rischio e oso proporre un progetto sinodale che i vescovi e i teologi romeni potrano migliorare, adottare e applicare. Così vedrei questo progetto di testo di risoluzione sinodale:

* * *

1. Tutti i figli della Chiesa ortodossa romena, che nel corso del tempo fino a ora sono stati battezzati senza le tre immersioni previste dal canone apostolico 50, ma per immersione parziale o abluzione / aspersione, per l'economia di grazia che Dio ha dato alla Chiesa e per questo decreto sinodale sono riconosciuti come validamente battezzati e decidiamo che d'ora in poi non si metta più in discussione la validità del loro battesimo o un loro ribattesimo.

2. Il battesimo per infusione / aspersione si è diffuso in alcune zone della Romania attraverso l'influenza eterodossa. Questa pratica, però, non deve essere tollerata ulteriormente. Attualmente, tutte le parrocchie della Chiesa ortodossa romena possono liberamente esprimere il loro servizio liturgico e missionario e devono prendersi cura di avere un fonte battesimale e di compiere il battesimo corretto per triplice immersione. Il battesimo per infusione non può essere accolto, anche se richiesto dai genitori, ma soprattutto in questa situazione, devono essere intensificate la catechesi pre-battesimale e l'opera missionaria.

3. I vescovi devono fare in modo che in ogni diocesi ci siano almeno 2-3 battisteri per il battesimo degli adulti, e che questi siano battezzati proprio lì, da parte del loro parroco (che ha anche catechizzato i candidati), con il permesso del parroco / ecclesiarca della chiesa dove si trova il battistero. Fino alla costruzione dei battisteri o in altri casi particolari, il battesimo può essere fatto nei fiumi, nei laghi o nel mare laddove ci sono acqua pulita e le condizioni per celebrare la funzione in modo decente.

4. Secondo la tradizione della Chiesa, il battesimo per infusione si accetta solo se non c'è acqua sufficiente o il candidato è gravemente malato e la sua immersione non è possibile. Se non ci sono controindicazioni mediche per bagnare un catecumeno malato e l'immersione è impedita solo dalla impossibilità di spostare il paziente, si bagna il corpo con l'acqua santa più abbondante possibile, in forma di croce dalla testa ai piedi, e poi dalla spalla destra verso sinistra, in modo da santificare tutto il corpo e i sensi.

5. In tutti i casi, i neo-battezzati vanno comunicati il giorno stesso, poi quanto più spesso per tutta la vita. Per comunicare i bambini appena battezzati si raccomanda che il battesimo sia compiuto nel corso della Liturgia o subito dopo, prima di consumare il sacramento, in modo che il bambino possa ricevere anche solo una goccia del santo sangue.

6. vescovi sorveglino il rispetto più rigoroso di questa decisione e siano essi stessi un esempio nel compimento corretto di tali battesimi. I celebranti che violano questa decisione siano deposti dal sacerdozio secondo il Canone apostolico 50.

* * *

Battisteri e forme di battesimo:

 
La decapitazione di san Giovanni Battista e l'11 settembre

Noi generalmente non celebriamo i compleanni dei santi. Celebriamo la data della loro morte, perché come finiamo la nostra vita è più importante di come noi la cominciamo. Tuttavia, san Giovanni Battista è una delle due eccezioni a questa regola. Celebriamo sia il concepimento sia la nascita di san Giovanni, così come della Theotokos, perché queste due persone sono le più alte tra i santi. San Giovanni, ci viene detto nei Vangeli, era pieno di Spirito Santo, mentre ancora nel grembo di sua madre (Lc 1:15), e così è stato un grande santo, e il più grande dei profeti.

Anche se la decapitazione di San Giovanni Battista è accaduta nel giorno del compleanno di Erode, è la morte di san Giovanni che noi commemoriamo, non il compleanno di Erode, perché Erode è ricordato oggi solo come un uomo molto malvagio e debole.

L'Erode del Vangelo che abbiamo ascoltato oggi non è lo stesso Erode di cui sentiamo parlare a Natale. Si trattava di uno dei suoi figli. Erode il Grande aveva avuto cinque mogli, e molti figli – molti dei quali aveva fatto uccidere, e così di lui era stato detto di Erode che era più sicuro essere il maiale di Erode che il figlio di Erode. Dopo che Erode il Grande morì, il suo regno fu diviso tra i figli sopravvissuti, e così Erode Antipa divenne un tetrarca, che ha governava la Galilea e la Perea. Galilea era la zona più prospera della Terra Santa. La Perea era la terra lungo la riva orientale del fiume Giordano e del Mar Morto.

È difficile tenere traccia di come i membri di questa famiglia erano legati gli uni agli altri, perché questo era un albero genealogico che aveva molti rami intrecciati. Erode Antipa era figlio di Malthake, moglie di Erode il Grande, ed era sposato con la figlia del re Areta, un re nabateo. Erodiade era la nipote di Erode il Grande, la cui nonna era Mariamne l'Asmonea. Era stata prima sposata con Erode Filippo, un altro figlio di Erode il Grande e della sua moglie Cleopatra di Gerusalemme, e che pertanto era fratellastro di Erode Antipa. Ciò faceva di Erodiade la nipote di Erode Antipa, e al tempo stesso sua cognata. Erodiade ebbe una figlia da Filippo, di nome Salomè – che era allo stesso tempo la nipote e la pronipote di Antipa.

A un certo punto, Antipa ed Erodiade erano a Roma, e lui la sedusse: la convinse a divorziare dal marito, e promise che egli avrebbe divorziato dalla moglie, per poi sposare lei. Il progetto fu attuato, e si sposatono, con totale disprezzo per la legge di Dio che vieta di sposare la moglie di un altro uomo mentre questi vive ancora, e che vieta anche sposare la moglie di un fratello se costei ha già avuto figli dal fratello.

San Giovanni Battista non ha detto: "Chi sono io per giudicare?", né ha detto, "Non è affar mio". Di certo non ha detto "l'amore vince sempre!", come molti nella nostra cultura odierna sarebbero propensi a dire. Invece ha detto: "Non ti è lecito avere la moglie di tuo fratello" (Mc 6:18). Non gli importava di quello che diceva il diritto romano. Non gli importava di quello che Antipa sosteneva essere la legge. Gli importava solo di ciò che diceva la legge di Dio.

Questo, naturalmente, non stava bene a Erodiade, che risentiva chiunque dicesse la verità su di lei. E così alla fine convinse Erode ad arrestarlo, e lo fece mettere in carcere nella fortezza del palazzo di Macheronte, che era sulla sponda orientale del Mar Morto.

Ma ciò che è strano è che dopo aver messo questo uomo semplice in prigione, "Erode temeva Giovanni" (Mc 6:20). Era lui l'uomo al potere. Giovanni era chiuso in una prigione, ma Erode lo temeva. Aveva paura di lui perché era un "uomo santo e giusto" (Mc 6:20), e senza dubbio temeva il popolo, che pensava in generale che san Giovanni fosse un profeta.

Tuttavia, ci viene anche detto che andava spesso a vedere Giovanni, e "lo ascoltava volentieri" (Mc 6:20). Era combattutto, perché da un lato aveva un peccato a cui non era disposto a rinunciare – il peccato della sua relazione adulterina e incestuosa con la moglie di suo fratello. Ma d'altra parte, era attratto da quello che diceva san Giovanni, e da ciò che san Giovanni rappresentava. Proprio come sentiamo più tardi di suo nipote Agrippa, fu quasi convinto. Quando san Paolo comparve davanti a Erode Agrippa, quest'ultimo, dopo aver ascoltato la sua testimonianza, disse "Per poco non mi persuadi a diventare cristiano" (At 26:28). E Antipa fu quasi convinto a pentirsi. Tuttavia, "quasi" è una misura che conta solo con i ferri di cavallo e le bombe a mano. Nella vita spirituale, un "quasi" non è abbastanza buono.

Così Erode oscillava tra due opinioni. Non voleva pentirsi, ma non voleva neppure cedere alle richieste della moglie e mettere san Giovanni a morte.

Poi, un giorno, diede una festa di compleanno. Ci è stato detto che "offrì una cena ai potenti, i capitani e notabili della Galilea" (Mc 6:21). E poi Salomè, figlia di Erodiade, entrò e danzò spudoratamente. Questo non era il comportamento normale di una principessa, ma aveva imparato a essere spudorata da sua madre. Antipa, che era senza dubbio un po' ubriaco, fu preso da lussuria per una donna che era allo stesso tempo sua nipote, sua pronipote e sua figliastra. E fece un giuramento stupido: "Chiedimi quello che vuoi e te lo darò". Poi promise: "tutto ciò che mi chiederai, te lo darò, anche la metà del mio regno" (Mc 6:23). Alcuni pensano che questo fosse pari a una proposta di matrimonio, perché normalmente un sovrano condivideva la metà del suo regno soltanto con la sua regina. Lei avrebbe potuto chiedere ogni tipo di ricchezze, le possibilità erano grandi, ma invece lei andò a consultarsi con la madre, e sua madre le disse di chiedere la testa di Giovanni il Battista. E per assicurarsi che Erode non potesse cambiare idea, chiese che le venisse portata su un vassoio, in quel momento. Piuttosto che rinunciare a un giuramento insensato, Erode, perché temeva l'opinione di quelli che erano alla sua festa, cedette:

"Subito il re mandò una guardia con l'ordine che gli fosse portata la testa. La guardia andò, lo decapitò in prigione e portò la testa su un vassoio, la diede alla ragazza e la ragazza la diede a sua madre" (Mc 6: 27-28).

La coscienza di Erode lo turbava. Sappiamo che era così, perché ci è stato detto all'inizio della lettura di oggi, che quando sentì parlare di Cristo, egli era convinto che questi fosse san Giovanni Battista, tornato dalla morte (Mc 6:14-16).

Sentiamo parlare di Antipa ancora una volta nei Vangeli, la notte della passione di Cristo. San Luca ci dice che quando Pilato seppe che Cristo era un galileo, nella speranza di scaricare la responsabilita, lo mandò ad Antipa, che si trovava a Gerusalemme in quel momento.

"E quando Erode vide Gesù, se ne rallegrò: aveva desiderato vederlo da lungo tempo, perché aveva sentito molte cose su di lui; e sperava di vedere qualche miracolo fatto da lui. Poi lo interrogò a lungo; ma egli non gli rispose nulla" (Lc 23:8-9).

Avrebbe ascoltato Cristo volentieri, come aveva fatto con Giovanni, ma Cristo non lo accontentò. Non fece alcun miracolo per impressionarlo. E ciò che questo ci insegna è che arriva un momento in cui Dio lascia perdere un uomo che continua a rifiutare la chiamata al pentimento, e lo lascia andare per la sua strada. Oggi è il giorno della salvezza. Oggi è il tempo stabilito (2 Cor 6:2).

Dal momento che Cristo non gli fornì l'intrattenimento che aveva sperato, ci viene detto che lui e i suoi uomini trattarono Cristo con disprezzo e lo derisero, e "avendogli messo addosso un bellissimo manto, e lo mandò a Pilato" (Lc 23:11). E da quel momento Erode e Pilato divennero amici (Lc 23:12). In precedenza erano stati nemici, ma divennero amici nella loro opposizione a Cristo.

Circa un decennio dopo tutto questo, Antipa cadde in disgrazia. Andò a Roma, ma fu accusato di complotto contro l'imperatore dal nipote Agrippa, e così perse il suo regno, e fu mandato in esilio con Erodiade. Nessuno sa esattamente quando e come Erode ed Erodiade sono morti, e questo è perché nessuno pensava che fossero abbastanza importanti da registrarlo. Nel Tropario di san Giovanni, ci viene detto: "La memoria del giusto è celebrata con inni di lode..." Tuttavia, i Salmi ci dicono:

"Non così gli empi, non così, ma come la paglia che il vento disperde dalla faccia della terra, per questo l'empio non starà in giudizio, né i peccatori nel consiglio dei giusti. . Poiché il Signore conosce la via dei giusti, e la via degli empi si perderà" (Ps 1:4-6).

Oggi celebriamo un altro infelice anniversario – il quindicesimo anniversario degli attacchi dell'11 settembre 2001. Non credo sia una coincidenza che questi attacchi siano avvenuti in occasione della festa della decapitazione di san Giovanni Battista. (*)

San Giovanni di Shanghai è stato il fondatore della nostra cattedrale nella capitale della nostra nazione, Washington, DC. Per la maggior parte, le parrocchie dedicate a san Giovanni Battista celebrano la festa della sua natività, o la Sinassi di san Giovanni Battista – perché entrambe le feste di solito non sono giorni di digiuno, e quando una parrocchia celebra una festa patronale, naturalmente, ama farlo in un giorno in cui si può mangiare tutto ciò che si vuole. Tuttavia, la festa della decapitazione di dan Giovanni Battista è sempre un giorno di digiuno. Non c'è mai un anno in cui questo giorno sia altro che un giorno di digiuno. Eppure san Giovanni ha insistito sul fatto che la cattedrale fosse dedicata a questa festa. I fedeli hanno cercato di convincerlo del contrario, ma lui li ha avvertiti che se non avessero scelto questa festa, la parrocchia non sarebbe prosperata... ed essendo timorosi di andare contro un tale avvertimento da un uomo così santo, glie la diedero vinta.

So che questa storia non è stata inventata per tentare di connettere questa festa con gli attacchi dell'11 settembre, perché mi ricordo di averla sentita molto tempo prima di questi attacchi. Prima degli attacchi, la gente pensava che fosse solo una stranezza, e che forse san Giovanni voleva semplicemente incoraggiare i fedeli a digiunare. Tuttavia, dopo gli attacchi dell'11 settembre questa storia è stata vista in una luce molto diversa. San Giovanni Battista era un predicatore del pentimento. Aveva avvertito che la scure è già posta alla radice dell'albero, e ogni albero che non produce frutti buoni viene tagliato e gettato nel fuoco (Mt 3:10). Ciò significa che la scure è già in grado di iniziare a colpire alle radici, e ad abbattere l'albero, ma c'è ancora un'opportunità di pentimento.

Mi ricordo che dopo l'11 settembre 2001 c'è stato un aumento nella frequenza in chiesa. La gente sembrava essere più interessata alla propria fede. Come Erode, ha udito la predicazione della parola di Dio con gioia. Ma purtroppo non è durata. E guardate quanto è successo da allora. Il nostro paese ha ridefinito il matrimonio – la stessa questione che ha portato alla decapitazione di san Giovanni - e in un modo che neppure Erode poteva immaginare. Abbiamo buttato la legge di Dio fuori dalla finestra. E ora, sempre più, vediamo Cristo deriso nella nostra cultura.

Non possiamo avere la botte piena e la moglie ubriaca. Questo è vero per noi come nazione, e questo è vero per noi come individui. Noi non possiamo servire Dio e le nostre passioni. Non possiamo dirci cristiani, e fare tutto ciò che vogliamo, contro la legge di Dio. Dobbiamo scegliere oggi chi vogliamo servire, e dovremo convivere con quella scelta per tutta l'eternità. Indipendentemente da ciò che tutti gli altri possono fare, noi, come cristiani ortodossi dobbiamo dire "Quanto a me e alla mia casa, serviremo il Signore" (Gs 24:15).

(*) Vale la pena notare che l'analogo attacco terroristico nel Regno Unito è accaduto il 7 luglio 2005, che nel calendario della Chiesa è la festa della Natività di san Giovanni Battista.

 
Domande e risposte sul calendario

Nota: Il seguente materiale è una risposta data da Padre Alexander Lebedeff a domande riguardanti l'uso di differenti calendari nell'anno liturgico ortodosso, apparsa su uno dei gruppi di discussione ortodossi in Internet.

Apprezzo coloro che hanno espresso il loro parere sulla questione del calendario. È incredibile il numero di specchietti per le allodole che si possono presentare, invece di affrontare a viso aperto i veri problemi!

Qui ci sono alcune risposte alle domande che sono state sollevate...

In primo luogo, mi sono interessato a fondo al problema del calendario per oltre trent'anni. Devo tuttora sentire anche una sola ragione impellente, o quanto meno una buona ragione, per l'introduzione del nuovo calendario e la conseguente frattura dell'unità liturgica della Chiesa...

Se posso riassumere le ragioni portate fino a oggi in questo gruppo di discussione:

1) Precisione. Si suppone che il vecchio calendario sia astronomicamente impreciso, e che il nuovo calendario risolva il problema.

Risposta: Tutti i calendari sono in sé astronomicamente imprecisi. I santi padri che hanno stabilito il calendario della Chiesa sapevano perfettamente che assegnare l'equinozio di primavera a una data fissa era astronomicamente impreciso. Eppure, hanno proceduto a fare proprio così.

Il cosiddetto "calendario giuliano riformato" ha un difetto fondamentale che lo rovina. Mantenendo i cicli pasquali tradizionali mentre si varia il calendario fisso, il Tipico viene buttato fuori dalla finestra. Il digiuno degli Apostoli è drasticamente ridotto, e in certi anni finisce addirittura prima di cominciare. Nel corso dei secoli, secondo il "calendario giuliano riformato", la data della Pasqua scivolerà gradualmente in avanti nel ciclo fisso dell'anno, cosicché il giorno di Pasqua (con tutte le feste mobili) coinciderà gradualmente con le feste dei Santi Pietro e Paolo, con la Trasfigurazione, con la Dormizione, e perfino con la Natività (quest'ultima coincidenza avverrà tra circa 35.000 anni, quindi ci si può dire: "Qual è il problema?", ma si verificherà).

Come ho detto prima, gli astronomi non possono utilizzare il calendario gregoriano per i loro calcoli, dato che "manca" dei dieci giorni che sono stati "saltati" nel 1583. I programmatori di computer fanno sempre i calcoli della distanza tra le date utilizzando la "data giuliana." Copernico, tra gli altri astronomi, era fermamente contrario al cambiamento gregoriano del calendario. L’Accademia delle Scienze dell’Impero russo, all'inizio del XX secolo, non ha trovato ragioni scientifiche o astronomiche per l'adozione del calendario gregoriano.

Inoltre, come spiegherò in seguito, la precisione astronomica non era assolutamente uno dei motivi per cui il cambiamento del calendario è stato introdotto dal patriarca Meletios Metaxakis nel 1924.

2) Obbedienza alla propria gerarchia.

Risposta. Questa di fatto è una buona ragione per usare il calendario che i propri vescovi dicono di usare. Non è assolutamente, in alcun modo, una giustificazione per il cambiamento originale del calendario.

Un punto sconvolgente è il fatto che alcune giurisdizioni hanno permesso ai singoli parrocchiani di votare e di scegliere quale calendario desiderano utilizzare! Ecco un chiaro esempio di gerarchi che abrogano la loro autorità di guidare e di insegnare. I parrocchiani laici non hanno un concetto delle questioni liturgiche e storiche riguardanti il calendario, se non hanno avuto un’istruzione teologica. Tuttavia, essi sono chiamati a prendere decisioni in merito all’abbandono del calendario che ha fatto parte della tradizione della Chiesa per sedici secoli!

Non molto tempo fa si è verificato un incidente nella Marina degli Stati Uniti. Il capitano di una delle più grandi navi ha offerto al suo equipaggio la possibilità di votare sul luogo dove volevano trascorrere la loro settimana di congedo a terra dopo una lunga navigazione. Per questo fatto, il capitano è stato sollevato dal comando e degradato - aveva abrogato la sua autorità di comandante della nave, dandola ai suoi subordinati. La stessa cosa viene in mente quando si leggono gli annunci che il Patriarcato di Mosca ha permesso alle proprie parrocchie in Gran Bretagna di scegliere quale calendario desiderano seguire, inclusa anche la data della Pasqua. I parrocchiani hanno davvero l’autorità di ribaltare le decisioni dei Concili ecumenici e locali? A mio parere, si tratta di democrazia impazzita.

3) Noi viviamo secondo il calendario civile, che ci dice in quale giorno del mese ci troviamo, pertanto dovremmo adattare il nostro calendario liturgico, per farlo coincidere con quello civile.

Risposta. Questo mi sembra un argomento terribilmente debole. Certo, le autorità civili adottano parametri di peso e misura, e anche del tempo (è per questo che ci si regola sugli orologi atomici dell’amministrazione civile). Ma pensiamo davvero che sia necessario o addirittura ammissibile che le autorità civili dettino alla Santa Chiesa le regole di quando questa debba celebrare i suoi giorni di festa? Che fine ha fatto la separazione tra Chiesa e Stato? Le autorità civili non dovrebbero mai determinare questioni che riguardano la vita liturgica della Chiesa.

La Chiesa ha vissuto e funzionato sotto un’ampia gamma di autorità civili, con decine di sistemi di calendario. E tuttavia, com’è giusto, ha mantenuto il proprio calendario ecclesiastico. Sì, il calendario ecclesiastico è basato su un calendario civile pagano. Ma una volta che il calendario è stato adottato dalla Chiesa, è diventato qualcosa di diverso. È diventato il calendario ecclesiastico, il meccanismo che regola il "battito cardiaco" della vita liturgica della Chiesa nel tempo - che ci dice quando digiunare, quando fare festa, etc.

In ogni tempo e luogo, le autorità civili possono arbitrariamente cambiare cose quali il calendario. Questo significa che dobbiamo cambiare immediatamente il calendario della Chiesa in pari misura? Penso di no. Gli ebrei, i musulmani, i cinesi e altri hanno mantenuto i propri calendari senza prestare attenzione ai calendari civili dei paesi in cui vivono. Non vi è alcun motivo per cui gli ortodossi non dovrebbero essere in grado di mantenere allo stesso modo un calendario ecclesiastico.

Inoltre, non si sa mai quando lo stato potrebbe introdurre qualche serio cambiamento nel calendario civile. Ora si sta seriamente discutendo l'introduzione di un calendario composto da 13 mesi di 28 giorni ciascuno, più una "giornata mondiale" alla fine dell'anno. Questo assicura, naturalmente, che in ogni anno ogni data cadrebbe lo stesso giorno della settimana, semplificando tutti i tipi di operazioni finanziarie. Se un tale calendario diventa legge, gli ortodossi dovrebbero forse "partecipare" e gettare il loro calendario ecclesiastico per adottare quello civile?

Riepilogo.

Il fatto è che non esisteva e non esiste alcun motivo impellente per il cambio del calendario. Nessuna delle ragioni sollevate da uno qualsiasi dei partecipanti a queste discussioni possono servire come giustificazione per l’abbandono del tradizionale calendario ecclesiastico e per causare una frattura nell'unità liturgica della Chiesa.

Finora, nessuno ha trovato una risposta al perché sia stato consentito di ignorare gli anatemi dei tre sinodi pan-ortodossi tenuti nel XVI secolo, che hanno condannato il calendario papale come eretico.

Finora nessuno ha dato una risposta a chi chiede perché sia bene usare un "calendario giuliano riformato", che riduce drasticamente o addirittura elimina il millenario digiuno degli Apostoli, o che alla fine (anche se in un tempo molto lungo) farà sì che la Pasqua vada alla deriva nel corso dell'anno della Chiesa fino a coincidere con la Natività. E tutto questo invece di un calendario ecclesiastico tradizionale estremamente ben organizzato e brillantemente eseguito, in cui tali aberrazioni sono semplicemente impossibili. L'obiezione che, se si segue il calendario giuliano, alla fine la Pasqua cadrà in autunno non è convincente. Questo accade già nell’emisfero australe. Forse è giusto che alla fine le stagioni si invertano in modo che anche i nostri fratelli e sorelle ortodossi in Sud America, Africa e Australia siano in grado di celebrare la Pasqua in primavera. Anche l’obiezione che l'esistenza di diversi fusi orari impedisce agli ortodossi di celebrare le feste insieme è speciosa, il calendario vede ogni festa come un giorno intero di celebrazione - un periodo di 24 ore da sera a sera - in modo che, anche in fusi orari diversi, tutti stanno concettualmente celebrando insieme.

Infine, con tutte la discussioni di "precisione" astronomico, "obbedienza al proprio vescovo", "non puoi fare del calendario un idolo", "non esiste il tempo in cielo", ecc, la gente dimentica che la ragione per cui il cambiamento  del calendario, (con tutte le sue dolorose conseguenze), è stato introdotto in questo secolo è una ragione molto ben nota - e non ha nulla a che fare con tutte queste altre ragioni.

Il patriarca Meletios Metaxakis, l'architetto della riforma del calendario, fu perfettamente chiaro riguardo alla sua ragione: essa serviva per raggiungere l'unità con gli altri cristiani.

Permettetemi di ripeterlo ancora una volta. La ragione per cui è stata introdotta la riforma del calendario fu la promozione dell'ecumenismo. Punto.

Dobbiamo ricordarci che il patriarca Meletios di Costantinopoli (che in precedenza era stato Arcivescovo di Atene e Patriarca di Alessandria, tanto per ricordare l' "indipendenza" di queste chiese autocefale!), massone dichiarato, era un ostinato rinnovazionista. Nel 1923, riconobbe la Chiesa Vivente rinnovazionista della Russia (che aveva vescovi sposati!) e la deposizione del patriarca Tikhon fatta da quel gruppo. Il suo ordine del giorno per un concilio pan-ortodosso doveva includere non solo l'accettazione del calendario gregoriano, ma anche l’abbreviazione e la semplificazione dei periodi di digiuno, dei servizi di culto, l’ammissione del doppio matrimonio dei chierici, e molte idee riformatrici...

Ora, egli può aver avuto anche altri motivi. Certamente il Patriarcato di Costantinopoli dei primi anni ‘20 era in pericolo di annientamento da parte del nuovo governo secolarizzato turco. Il Patriarcato aveva perso la protezione della Russia imperiale, e aveva bisogno del sostegno dell'opinione pubblica mondiale per sopravvivere. Il sostegno al calendario occidentale era il prezzo di questa accettazione? Molto probabilmente.

Quindi, il motivo dichiarato per il cambiamento del calendario è stato quello di avvicinarsi ai cattolici romani e ai protestanti, e nessuna qualsiasi delle ragioni discusse qui sopra. Il cambiamento non è riuscito a portare l’unione con gli eterodossi. È riuscito, tuttavia, a provocare profonde e amare divisioni nella Chiesa ortodossa. E questo è qualcosa che vogliamo sostenere?

Sono stato accusato di fare un appello "emotivo" per il mantenimento e la restaurazione del calendario tradizionale della Chiesa.

Ma è razionale il fatto che ora viviamo in una situazione in cui un non ortodosso, che incontra un cristiano ortodosso, per esempio, per le strade di Los Angeles, e fa una semplice domanda: "oggi è un giorno di digiuno?" non possa avere una risposta diretta? Né può avere una risposta alla domanda "quale santo celebra oggi la Chiesa?".

Le risposte del tipo: "Ebbene, ecco, vedi, alcuni ortodossi sono ancora facendo il digiuno della Dormizione, mentre altri hanno già celebrato la festa," non sono risposte buone o dirette.

È razionale a causare schizofrenia nei nostri vescovi, che, mentre visitano le parrocchie, devono tenere conto di quale calendario seguono queste? O che tali vescovi non possano essere spiritualmente uniti al loro gregge – digiunare o fare festa assieme ai fedeli a causa della questione del calendario? Potrebbero dover celebrare due volte celebrare ogni giorno di grande festa! Non è un modo molto buono di seguire il Tipico! In una parrocchia si digiuna e ci si prepara per una festa che in un’altra è già da lungo tempo passata.

Il vescovo che ha già celebrato la Natività deve tornare a digiunare per altre due settimane? O deve iniziare, non si sa mai, tutti i suoi digiuni due settimane di anticipo? Tutto ciò è ridicolo.

I rinnovatori stessi che hanno portato la riforma del calendario sono affaccendati a prepararne delle nuove. È un fatto che Costantinopoli è attivamente coinvolta in discussioni per raggiungere una data unica della Pasqua per tutti i cristiani, e perfino per discutere la possibilità di una Pasqua a data fissa. Restate sintonizzati. Forse sentiremo qualche giustificazione post-factum di questa riforma come ancor più "accurata".

La questione del calendario è dolorosa e causa divisioni, come si può vedere dai dibattiti che hanno avuto luogo in questo gruppo di discussione. A mio parere, questo è un ottimo esempio del perché la riforma del calendario non avrebbe dovuto aver luogo, soprattutto in un pezzo-pasto moda.

Anche se ho a cuore le tradizioni della Chiesa e considero il calendario ecclesiastico come una tra le più durature e santificate di queste tradizioni, sarei stato meno preoccupato se la decisione di rivedere il calendario fosse stata fatta da un’azione comune di tutti i vescovi della Chiesa ortodossa, con tutte le chiese ortodosse che partecipano alla decisione e alla sua attuazione.

Questo, tuttavia, non si è verificato.

Ovviamente, ci sono tre soluzioni possibili.

Uno, un ritorno da parte di tutti i cristiani ortodossi al Calendario ecclesiastico tradizionale e santificato.

Due, l'accettazione da parte di tutti i cristiani ortodossi di riforma del calendario di papa Gregorio, e conseguenti assurdità sul digiuno degli apostoli e la deriva pasquale, nonché l'accettazione delle mire ecumeniste di Meletios Metaxakis.

Tre, il mantenimento dello status quo, che fa continuare la divisione dell'Ortodossia in tutto il mondo in due gruppi, che non possono neppure celebrare insieme le grandi feste.

Per me è chiaro quale di queste alternative è in linea con l'insegnamento dei Santi Concili e dei Padri, e quali non sono.

Spero sia chiaro anche per gli altri.

Con amore in Cristo,

P. Alexander [Lebedeff]

(Agosto, 1996)

 
In difesa della religione organizzata

"Se due di voi sopra la terra si accorderanno per domandare qualunque cosa, il Padre mio che è nei cieli ve la concederà. Perché dove sono due o tre riuniti nel mio nome, io sono in mezzo a loro" (Mt 18:19-20).

"Cerchiamo di stimolarci a vicenda nella carità e nelle opere buone, senza disertare le nostre riunioni, come alcuni hanno l'abitudine di fare, ma invece esortandoci a vicenda; tanto più che potete vedere come il giorno si avvicina" (Ebrei 10: 24-25).

Recentemente ho sentito alcuni commentatori televisivi dire: "Gli americani tendono a essere persone molto spirituali, ma sono molto meno religiose di quanto non fossero in passato". I commentatori quindi procedono a spiegare la differenza tra spiritualità e l'essere "religiosi". La spiritualità, dicono, comporta una ricerca personale del divino insieme a convinzioni profonde, mentre la religione comporta la mera frequentazione delle chiese, recitazione di preghiere scritte. . . ecc. La loro intenzione è chiaramente di impressionare gli spettatori con la (presunta) superiorità della "spiritualità" individualistica sul coinvolgimento con una "religione organizzata".

Religione organizzata - oggi la frase è quasi usata come un insulto da parte di alcuni! Molti sembrano percepire la religione organizzata come fonte di ogni male, come il catalizzatore di guerre, fanatismo e genocidio. Questo articolo presenterà una difesa di questo aspetto tanto vituperato dell'esperienza religiosa umana.

Ora, questo articolo non è affatto una confutazione dell'importanza della spiritualità! Io sono per la spiritualità, che definirei come avere un rapporto personale con Dio. Naturalmente, la mia definizione può non essere quella di molti altri; sembra che al giorno d'oggi "spiritualità" possa riferirsi a qualsiasi cosa, da una dieta vegetariana a una telefonata per un consulto psichico. Ma dal momento che provengo da punto di vista cristiano, piuttosto che "new age", considero come genuina spiritualità una comunione con il supremo spirito increato, il nostro Creatore e Signore trino e uno (Giovanni 4:24).

La mia convinzione, in parole povere, è questa: la nostra vita spirituale deve essere ancorata in una espressione organizzata, sociale di fede religiosa, in modo che possa subire una crescita sana e avere un impatto significativo sul mondo in generale. Non mi metterei mai a cestinare una genuina spiritualità mentre difendo la religione, dal momento che non vedo conflitti tra le due! Vi prego di tenere questo in mente, mentre leggete il resto dell'articolo.

La religione è la causa di tutte le guerre?

Dal momento che questa è un'obiezione comune alla religione organizzata, togliamola di mezzo per prima. Non si può negare che la religione organizzata ha svolto, e svolge tuttora, un ruolo in alcune guerre e persecuzioni. Lo ha fatto pure l'ateismo, in particolare nella sua forma comunista. In realtà, durante il ventesimo secolo il comunismo ateo è stato responsabile di più guerre e di più morti umani che non la religione!

Quest'accusa può sorprendere alcuni lettori, ma pensateci per un attimo. Considerate tutte le sanguinose "rivoluzioni comuniste" Nel corso degli ultimi 100 anni: Russia, Cina, Corea del Nord, Cuba, Vietnam, Cambogia, Etiopia e Nicaragua. Quanti milioni di persone hanno perso la vita in quelle guerre? Ricordate le brutali repressioni da parte dei governi comunisti dopo le rivolte in Ungheria, Cecoslovacchia, Polonia e in Piazza Tienamen, quanto più sangue è stato versato in quelle occasioni? Guardate gli ucraini sotto Stalin, o i tibetani sotto Mao, dove sono morte decine di milioni di persone. Queste non furono colpe della "religione organizzata", ma piuttosto una filosofia politica atea è stata la forza trainante dietro a tutte queste atrocità - e molte altre!

Dobbiamo anche notare che molte guerre "religiose" sono in realtà più profondamente radicate nella politica. Per esempio, le radici del perenne malcontento in Irlanda del Nord - presentate sempre dalla stampa come "cattolici contro protestanti" - in realtà risalgono a 800 anni fa, molto prima della riforma. La lotta politica tra la Gran Bretagna e l'Irlanda esisteva quando entrambe erano cattoliche; solo dopo che la Gran Bretagna divenne protestante la controversia ha assunto un aspetto religioso.

Anche il conflitto in corso in Medio Oriente ha un forte elemento politico, dal momento che ha avuto origine con lo spostamento dei palestinesi, quando è stato fondato Israele. Ha un tono religioso a causa delle differenze religiose di tutti i soggetti coinvolti (ebrei, musulmani e cristiani), e la convinzione israeliana che la terra è loro per diritto divino. Ma non possiamo ignorare il forte ruolo della politica in questa disputa sia. Ridurre l'intero conflitto a "ebrei contro musulmani" fa perdere la vera complessità della situazione. Inoltre, ebrei e musulmani non sono sempre stati in conflitto, infatti hanno convissuto per bene e a lungo in vari momenti della storia!

Prima della caduta del comunismo in Russia, sia la Repubblica Popolare Cinese sia l'Unione Sovietica avevano testate puntate l'una contro l'altra. La loro non era certamente una controversia basata sulla religione, dal momento che entrambe le nazioni erano ufficialmente atee. Il semplice fatto è che alcune persone potranno trovare ogni scusa per odiare gli altri. La religione di per sé non provoca intolleranza; l'intolleranza è causata da due parole: noi e loro! E queste due parole possono dividere le persone in base a qualsiasi cosa: politica, razza, sesso, religione, etnia, ecc, ecc ...

Perciò è sciocco condannare la religione organizzata come se fosse l'unica fonte di conflitto e di uccisione del mondo!

Perché tanto odio per la religione organizzata?

Recentemente ho avviato una discussione su una mailing list, chiedendo "Perché pensi che le persone sentano una così intensa animosità verso la religione organizzata?'". Il consenso è stato il seguente (i miei ringraziamenti a tutti coloro che hanno contribuito!):

Molte persone rifiutano la religione organizzata per la questione dell'autorità. Se qualcosa è 'organizzato', vuol dire che qualcuno lo sta organizzando, e che ognuno all'interno della religione deve "sottomettersi" a quella struttura organizzata: i suoi insegnamenti, la morale, i riti e varie esigenze. Questo può anche ridursi a una questione di controllo. Sottomettersi all'autorità di qualsiasi chiesa o religione implica la rinuncia di una certa quantità di controllo, e alcune persone semplicemente non vogliono dare alcun controllo sulla loro vita a qualsiasi altra persona o cosa. È possibile che alcune persone che odiano la "religione organizzata" possano avere un problema con l'autorità in generale.

Ma questo non è necessariamente l'unico problema. Ad alcune persone piace "scegliere" elementi di diverse religioni che a loro piacciono, pensando che le loro convinzioni possano così includere tutte le religioni, piuttosto che una solo. (Anche se per la verità stanno solo creando una miscela di credenze che riflettono i propri gusti personali, piuttosto che rappresentare correttamente le credenze di tutte le religioni). Queste persone possono risentirsi quando si dice loro "questa religione è giusta; credete a questa religione e non a quell'altra".

Altri possono non gradire la religione organizzata a causa della disciplina morale coinvolta. Non vogliono restrizioni imposte al loro comportamento e stile di vita in nome della "morale". La religione organizzata può dir loro quello che non vogliono sentire, come "la contraccezione è sbagliata", o "l'omosessualità è immorale". Questi preferiscono di gran lunga inventare per se stessi una "spiritualità" personale che non imporrà loro tali richieste.

Alcune persone rifiutano la religione organizzata a causa di esperienze negative del passato con membri del clero o persone religiose. Danno la colpa a un'intera fede, o a una "religione", in generale, delle azioni di una singola persona, non riuscendo a riconoscere che in qualsiasi religione vi è di più di una sola persona. Sì, alcune persone religiose hanno fatto cose terribili, ma solo perché una persona fa qualcosa di sbagliato non significa che il suo intero sistema di fede sia errato. Anche un gruppo di malfattori all'interno di una religione non la confuta necessariamente; infatti, il più delle volte stanno violando i principi stessi della loro fede! È giusto respingere un'intera religione perché alcuni dei suoi aderenti non riescono oppure si rifiutano di vivere secondo le sue esigenze? Non abbiamo a volte fallito tutti noi nel vivere secondo i nostri stessi ideali personali? Dopo tutto, oggi sulla terra nessuno è perfetto.

Ci possono essere molte ragioni in più per odiare la religione organizzata, come la teoria che "la religione provoca le guerre", affrontata in precedenza. E alcune persone possono sicuramente avere più di un motivo per respingerla. Se siamo in grado di comprendere queste obiezioni, forse possiamo dimostrare meglio anche i loro difetti.

Perché l'organizzazione?

Molte istituzioni umane sono organizzate, o strutturate, ma ciò non le rende cattive. L'unità di base della società umana - la famiglia - ha una struttura. Le famiglie possono non essere perfette, ma questo è perché sono fatte da esseri umani imperfetti. Non è di per sé il fatto che siano "organizzate" che le rende cattive, infatti, la struttura familiare è necessaria per la crescita sicura dei bambini. Così, nonostante i difetti, la famiglia è nel complesso una parte buona e necessaria della società organizzata.

Anche il governo è organizzato. Come la famiglia, il governo non è perfetto, perché le persone non sono perfette, ma è ancora necessario in quanto l'alternativa - l'anarchia - è molto meno desiderabile! Nel caso in cui un "anarchico" stia leggendo questo, lo prego di considerare che i nostri antenati hanno sviluppato varie forme di governo nel corso dei millenni, al fine di mantenere la pace e mantenere l'ordine nella società. Se rifiutiamo il governo perché è imperfetto - o perché è "organizzato" - scartiamo millenni di saggezza umana. E i tentativi passati di fare una cosa del genere hanno causato enormi problemi!

Allo stesso modo, i nostri antenati hanno anche sviluppato religioni strutturate nel corso dei millenni. Anche le tribù primitive hanno una qualche forma di "religione organizzata", con uomini santi, riti, feste e altre osservanze religiose sociali. Come la religione si è sviluppata per soddisfare il bisogno umano del culto, così la religione organizzata si è sviluppata dal basilare bisogno umano di socializzazione. Gli esseri umani non sono creature solitarie, noi siamo per natura gregari. Abbiamo bisogno di essere in mezzo alla gente. La razza umana ha sviluppato [e conserva] le società e le religioni organizzate per quel bisogno fondamentale di contatto umano e di sostegno.

I cristiani credono che la Chiesa è stata fondata da Dio stesso. Dio ci ha fatto creature sociali e ci ha dato una necessità reciproca così forte che si manifesta anche nella naturale osservanza religiosa umana. Sicuramente una religione fondata dal nostro Creatore può soddisfare il nostro bisogno innato, dato da Dio di un'espressione sociale organizzata della fede. Così la vera religione sarebbe naturalmente una religione organizzata! La religione organizzata può non essere perfetta, ma come la famiglia e il governo, è necessaria.

Alcuni potrebbero sostenere ciò che ha detto il filosofo Rousseau, che la civiltà è un male e che la gente dovrebbe tornare alla "natura". Eppure, anche nella natura selvaggia non si può ancora sfuggire all'ordine, perché la natura stessa ha un ordine e una struttura incredibile! Le stagioni si susseguono in modo ordinato, i vari cicli naturali e riproduttivi seguono un modello predefinito. Anche la più piccola foglia ha una struttura complessa che le consente di compiere la fotosintesi e quindi di contribuire alla vita e la crescita della pianta. Se è per questo, anche le molecole e gli atomi hanno una "struttura"! Il mondo naturale non potrebbe esistere senza queste strutture, questa "organizzazione". Così la natura dimostra l'utilità dell'organizzazione. Se il Creatore ha organizzato così la natura, perché non dovrebbe organizzare allo stesso modo la vera fede?

Anche i nostri corpi sono meraviglie di ordine e organizzazione. Se i nostri organi interni non fossero organizzati (anch'essi!) in sistemi, e se tutti i nostri sistemi non funzionassero in accordo reciproco, non potremmo vivere! È interessante che la Bibbia paragona la Chiesa a un "corpo"! I corpi hanno struttura e organizzazione, come dovrebbe averla la Chiesa! Questa è la volontà del Creatore, il quale «non è un Dio di confusione, ma di pace" (I Cor 14,33)

Perché le regole?

Alcuni obiettano alla religione organizzata perché ha così tante regole. Ma anche le famiglie e le società hanno regole, che sono necessarie per mantenere la tranquillità domestica e per aiutarle a funzionare. Anche la natura ha le sue "regole" (noi le chiamiamo"leggi di natura"), e gli scienziati continuano a scoprire nuove "leggi della scienza". Perché allora la religione non dovrebbe avere leggi e regole? Se il Creatore ha messo ordine, struttura, organizzazione e anche "leggi" nella natura, perché non dovrebbe fare lo stesso con la religione?

Ancora una volta, non sto dicendo che la religione organizzata è perfetta, nulla in questo mondo è perfetto! Tutte le religioni sono costituite da esseri umani imperfetti, che a volte fanno cose sbagliate. La stessa realtà vale per la "spiritualità" personale, spesso propagandata come superiore alla religione. Coloro che sono coinvolti in attività spirituali individualistiche non sono perfetti, così la loro "spiritualità" non è più perfetta della religione organizzata! (Di fatto, potrebbe troppo facilmente affondare nel narcisismo e nell'auto-indulgenza).

Il fascino e le insidie ​​della "spiritualità privata"

Un approccio individualistico alla spiritualità ha indubbiamente un certo fascino, soprattutto per gli americani. Gli Stati Uniti sono stati costruiti sui principi di indipendenza, sui diritti personali e sul "rude individualismo" dei pionieri e cercatori d'oro, così gli americani tendono ad avere una vena molto indipendente.

Di conseguenza, molte forme moderne di religione in America, dal protestantesimo evangelicale

o al "movimento new age", hanno forti tendenze individualiste. Il protestantesimo evangelicale

si basa sulla fede in Gesù come proprio personale Salvatore, e nella propria personale interpretazione della Scrittura. Purtroppo, quest'eccessiva enfasi sull'aspetto "personale" della fede porta alcuni aderenti a una spiritualità del tipo "solo Gesù e me" senza contatto con gli insegnamenti della Scrittura e lo spirito del cristianesimo. Il movimento new age è ancora più radicalmente individualista. A parte un paio di chiese e culti new age, la maggior parte del movimento è decisamente individualista e anti-istituzionale.

Ma una spiritualità privata "fai-da-te" senza religione organizzata ha molti inconvenienti. Come ho osservato al termine della prima parte, tende verso l'egocentrismo. Inoltre, come molti altri elementi individualistici della società occidentale moderna, anche questa alla fine porta a un senso di solitudine e di isolamento. Le persone che rifuggono la "religione organizzata" possono sembrare "libere", ma in verità sono come "orfani spirituali", senza madre o padre, senza una famiglia a cui appartengono. Un apprezzamento della famiglia di Dio funzionerebbe come antidoto all'isolamento radicale della società occidentale moderna.

Il contributo della religione organizzata al mondo

Il bisbetico comico George Carlin ha scritto una volta qualcosa come "l'unica cosa buona che mai è venuta fuori della religione è stata la musica". Suppongo che se rispondo a quest'affermazione potrei sembrare uno che "non sa stare agli scherzi". Beh, capisco benissimo che stava raccontando una barzelletta (è un comico, dopo tutto), ma dal momento che Carlin disprezza la religione in generale, tendo a pensare che la battuta fosse semiseria! È la metà seria della barzelletta, che vorrei ora affrontare.

Così la musica sarebbe l'unica cosa buona che è venuta fuori dalla religione? Che dire delle altre arti? Che dire delle icone bizantine e dei capolavori del rinascimento? Michelangelo non avrebbe mai dipinto la volta della Cappella Sistina, se non fosse per la religione organizzata.

Che dire della filosofia? La Chiesa è spesso ingiustamente criticata aspramente per i cosiddetti "secoli bui" (un termine improprio), ma la Chiesa medievale ha fondato università che hanno conservato un'istruzione superiore, e teologi come Tommaso d'Aquino hanno anche usato la filosofia di Aristotele nelle proprie opere. Inoltre, il rinascimento non sarebbe avvenuto se non fosse per i monaci cristiani che avevano conservato antichi manoscritti contenenti la conoscenza della filosofia classica. È tempo ci rendiamo conto che il rinascimento non è stato un rifiuto del "medioevo", ma la sua piena fioritura.

Che dire della scienza e della medicina? Sembra che la scienza non voglia riconoscere le sue origini nella religione; sì, anche nella religione primitiva e nella superstizione. L’alchimia ha preceduto la chimica, l'astrologia è stata all'origine dell'astronomia, la fitoterapia primitiva ha preceduto i farmaci moderni (e ha contribuito al loro sviluppo). I monaci medievali hanno conservato giardini di erbe che hanno utilizzato in preparazioni medicinali. Scienza e religione non sono sempre state in conflitto. Durante il rinascimento, molti preti cattolici erano scienziati e matematici! Che dire del grande contributo alla scienza dato da Johann Gregor Mendel (1822-1884), un monaco cattolico? Il suo lavoro sperimentale nel campo dell'ereditarietà è stato la base per la moderna genetica. La religione organizzata ha dato un grande contributo alla scienza prima e anche dopo la tragica [cosiddetta] frattura tra fede e ragione, tra religione e scienza.

Così la musica sarebbe l'unica cosa buona che è venuta fuori dalla religione? Che dire de gli ospedali? Perché così tanti ospedali sono chiamati "Maria Immacolata" o "Columbia Presbyterian" o "Maimonide" - nomi religiosi? Perché sono stati fondati dalle religioni - e per giunta dalle religioni organizze! In realtà, è proprio la natura organizzata di una religione che permette di offrire un sistema organizzato di assistenza sanitaria. Una religione organizzata ha un'etica filantropica che promuove la cura dei malati, i finanziamenti per costruire l'ospedale, e il personale per tenerlo in funzione. Una "spiritualità" egocentrica, personale, buonista non ha tutte quelle cose, e perciò non porta alla creazione di ospedali.

Che dire degli enti di beneficenza e delle agenzie di soccorso? Catholic Relief Services, Save the Children, il Christian Children's Fund, l'Esercito della Salvezza ... tutti orientati religiosamente! In realtà, la maggior parte dell'opera di soccorso nel mondo è eseguita dalla religione organizzata! Dove sarebbe l'umanità sarà senza il loro aiuto nel momento del bisogno? Starebbero tutti meglio se la religione organizzata fosse abolita e tutti i disgraziati del mondo fossero lasciati a morire?

Che dire di tutti i centri di consulenza, orfanotrofi, ministeri per i giovani, università, borse di studio, rifugi per senzatetto, mense per poveri e case di cura gestiti da religioni organizzate? Dovremmo abolire anche loro? L'umanità starebbe meglio senza di loro? O vi aspettate onestamente che i governi compiano tutto il lavoro in questi settori? I governi sono già sovraccarichi come sono, e i servizi della religione organizzata in queste aree sono stati inestimabili.

Certo, alcune forme di "religione organizzata" possono essere oppressive, ma la religione organizzata può anche correggere la propria attitudine oppressiva, o anche sfidare i pregiudizi della società in generale. Si pensi al ruolo che ha giocato la religione nell'abolizionismo degli schiavi in America, nel suffragio femminile, e, più recentemente, nel movimento per i diritti civili. Quanti membri di religioni organizzate hanno parlato in difesa dei poveri, dei senzatetto, dei non emancipati, e dei membri di gruppi etnici oppressi? Staremmo meglio senza la leadership della religione in materia di diritti civili?

Anche se la religione organizzata può non essere perfetta, ha dato un enorme contributo al mondo. Quanto più poveri saremmo tutti senza di essa!

Umanesimo laico e religioni non teiste

Alcuni potrebbero obiettare che gli umanisti laici sono dediti a cause umanitarie al di fuori della religione organizzata. Ma da dove hanno preso questa loro etica umanitaria, se non dalla religione organizzata, soprattutto quelle occidentali come il cristianesimo e l'ebraismo? Per quanto gli umanisti possano cestinare il teismo, sono in debito con il suo esempio di etica e di amore per il prossimo. Come ha detto qualcuno, gli umanisti laici leggono il copione, ma si rifiutano di riconoscere l'autore.

Questo è un buon punto per parlare del fenomeno delle "religioni non teistiche". Alcuni atei e agnostici hanno effettivamente formato le proprie comunità che escludono Dio (o almeno il suo concetto tradizionale), pur mantenendo molti aspetti della "religione organizzata". [Un esempio è la Chiesa Unitariana, o le più recenti organizzazioni atee].

L'ebraismo ricostruzionista sottolinea l'importanza della comunità e della civiltà ebraica oltre la tradizionale credenza in un Dio personale. Il loro concetto di "Dio" non è soprannaturale: invece di un Essere Supremo trascendente, i ricostruzionisti dicono che "Dio" è una potenza o forza nell'universo che può essere sperimentata in se stessi come la propria coscienza. Hanno sinagoghe, rabbini e celebrano molti rituali ebraici, con particolare enfasi sulla comunità, piuttosto che sul culto.

L'Umanesimo etico (detto anche Cultura Etica) è un movimento "religioso" non-teista vecchio di 125 anni, che sostiene che il miglioramento umano è più importante della fede in una divinità (è "né afferma né nega" l'esistenza di Dio). Le Societa Umanistiche Etiche tengono riunioni domenicali; gestiscono "scuole etiche" per bambini (una scuola domenicale non teista!), celebrano matrimoni e funerali, e per molti versi imitano le religioni teistiche senza richiedere alcuna fede in Dio o adesione a un credo.

Forse la più curiosa delle religioni non teistiche è la religione dell'umanità, fondata dal filosofo francese Auguste Compte (1798-1857). Sulla base della sua filosofia del "positivismo", questo sistema religioso adora "l'umanità" come sostituto di Dio, e in realtà è modellata sul cattolicesimo - completa dei propri dogmi, di un "Catechismo positivista" e un sacerdozio gerarchico. Scienziati, poeti, filosofi e artisti sono i suoi "santi", a ognuno è anche assegnato un "giorno di festa"! Un dipinto di una donna (simbolo dell'ordine) che tiene in braccio un bambino (simbolo del Progresso) sostituisce la Vergine Maria, ed è ben visibile nei "Templi dell'Umanità", case di culto positiviste in cui si svolgono le funzioni domenicali!

Questi movimenti sono ben lontani da essere grandi come le tradizionali religioni teistiche. Eppure la loro esistenza dice qualcosa, in quanto dimostrano che anche gli atei possono sentire il bisogno di una "religione organizzata"!

Conclusione

Come ho dichiarato all'inizio, non intendo sminuire l'importanza della spiritualità. Idealmente, la religione e la spiritualità dovrebbero completarsi a vicenda, ma possono operare e spesso operano in armonia. Che lo sappiamo o no, hanno effettivamente bisogno l'una dell'altra! La spiritualità è per la religione organizzata ciò che l'anima è per il corpo. Senza spiritualità, la religione è un cadavere, ma senza una religione strutturata per incarnarla, la spiritualità è un fantasma inconsistente. Solo insieme possono essere intere; soltanto insieme possono avere un impatto sul mondo!

Se "l'organizzazione" è così necessaria nella civiltà, nel mondo naturale e nel nostro corpo, perché non nella religione? Nessun sistema composto da esseri umani imperfetti potrà mai essere perfetto, ma questo non significa che dovrebbe essere respinto oppure sciolto. La religione organizzata esiste perché gli esseri umani hanno un bisogno innato di un'espressione rituale e sociale delle loro convinzioni profondamente radicate. Anche alcune persone che non credono in Dio, riconoscono questa necessità all'interno di se stessi e cercano di soddisfarla. E voi, la riconoscete?

 
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Patriarca Kirill: "La vita spirituale non è un hobby per il quale si può avere o non avere tempo" - Intervista pre-pasquale alla rivista "Foma"

L'uomo moderno ha bisogno della Chiesa? Come trovare posto per la vita spirituale in un ritmo da megalopoli? La Chiesa ha una ricetta per costruire una società giusta ed equa? Cosa possiamo rispondere alle pubblicazioni scandalistiche sulla Chiesa nei media? Alla vigilia della Pasqua il primo ierarca della Chiesa Ortodossa Russa, sua Santità Kirill, Patriarca di Mosca e di tutta la Rus', ha risposto a queste e ad altre domande della rivista "Foma".

 

Vostra Santità, nei giorni di Pasqua in Chiesa si parla molto della gioia, ma quando si entra in metropolitana, spesso si vedono volti scontrosi, irritati... Perché nella vita delle persone non c'è molto posto per la gioia? Cosa dobbiamo fare in questo caso?

 Quando l'uomo sceglie un percorso falso nella sua vita, nella profondità della sua anima si accende un allarme rosso, e si sente a disagio. La gente cerca in qualche modo di sopprimere questo segnale e spesso fa anche di peggio. La Parola di Dio dice che finché saremo impuri, non avremo pace. Ma possiamo trasformare la nostra vita - non da soli, ma con l'aiuto di Dio, possiamo uscire sulla strada giusta. La gioia e la pace vengono quando affidiamo a Dio la nostra speranza e facciamo la Sua volontà.

Ma questo presuppone che l'uomo si rivolga alla Chiesa. Ma come rispondere alla domanda: Perché l'uomo contemporaneo ha bisogno della Chiesa?

Ma per che cos'altro potrebbe vivere l'uomo contemporaneo? Ma qualsiasi "perché" implica uno scopo. Perché ho bisogno di una nave? Per attraversare il mare. Perché ho bisogno di conoscenze e competenze? Al fine di raggiungere i miei obiettivi. Perché ho bisogno di realizzarli? Ne vale la pena? Qual è il valore della vita umana?

Cristo ha fondato la Chiesa, perché in essa si riveli il significato e lo scopo della nostra esistenza: perché siamo qui, che cosa possiamo sperare, che cosa dobbiamo fare. E Gesù ci rivela che siamo creati per una vita buona e felice, che questi pochi decenni della nostra vita terrena sono un tempo estremamente importante della nostra preparazione per l'eternità, quando raccoglieremo i benefici di quelle fatiche che abbiamo fatto qui, sulla terra. E questa eternità può essere infinitamente piena di gioia, di felicità, di tranquillità, ma forse, ahimè, può anche non essere così. Anche la Chiesa è creata da Dio per il bene di un unico scopo - la salvezza eterna degli uomini.

Quando l'uomo comprende questo, quando si volge alla salvezza eterna, tutta la sua vita terrena cambia: gli alcolisti abbandonano i loro vizi, i criminali diventano cittadini onesti, la gente triste e perduta ricupera forza e vivacità. L'uomo che ha fede nel Salvatore e nella salvezza, è in grado di sopportare con speranza ciò che un altro non può sopportare perché vede davanti a sé prospettive eterne, e non temporanee.

L'uomo diventa un altro, cambia il sistema dei suoi valori. L'uomo trova il vero scopo e la gioia autentica in questa vita. Ciò che prima sembrava importante, prezioso, per cui l'uomo era pronto a fare qualsiasi cosa, anche ricorrere al crimine, diventa inutile e senza valore.

Dio ha creato l'uomo per una felicità e una gioia infinita. Dobbiamo tenerlo a mente.

Spesso le persone dicono che fare il bene è più importante che andare in chiesa, partecipare ai servizi divini, pregare, digiunare... Cosa dobbiamo rispondere?

Iniziate a fare buone azioni. Non date solo un centesimo una volta all'anno - un centesimo lo può dare un malvagio - ma vivete nel principio del bene. Si tratta di un sacrificio quasi impossibile.

Provate sul serio, ogni giorno a fare meglio, a fare secondo coscienza. E presto vi accorgerete che non si può, è necessario l'aiuto di Dio.

Solo Cristo non è unicamente un maestro che ci indica la strada della vita. Egli è il Salvatore, che con la sua morte e risurrezione ci offre la grazia con cui solo lui può cambiare la nostra vita. Come dice la Scrittura, "Per questa grazia infatti siete salvi mediante la fede; e ciò non viene da voi, ma è dono di Dio; né viene dalle opere, perché nessuno possa vantarsene" (Efesini 2:8-9).

La Chiesa di Dio è una comunità di persone che condividono la stessa fede, pregano insieme e, soprattutto, compiono il Mistero dell'Eucaristia, come Cristo ha comandato nel Vangelo. E la parola di Dio, la Sacra Scrittura, dice una cosa meravigliosa: la Chiesa che celebra l'Eucaristia, è il Corpo di Cristo, in cui dimora la vita di Cristo. Rifiutare la comunicazione con la Chiesa, la partecipazione all'Eucaristia - significa rifiutare la vita stessa. Il Signore stesso nel Vangelo dice che se non partecipiamo dei santi Misteri di Cristo, non abbiamo la vita eterna in noi (vedi Gv 6:54).

Visita alla clinica oncologica pediatrica dell'Istituto di Ricerca di Mosca. Pasqua 2011

Una delle pazienti della clinica oncologica pediatrica ha donato a Sua Santità un suo dipinto

A volte portano esempi di sacerdoti indegni e pongono la domanda: cosa possiamo imparare da uomini di questo genere?

Io porrei la domanda in modo diverso: ma che cosa vorremmo imparare? Né un buon insegnante, né uno cattivo, ci può insegnare qualcosa che non vogliamo sapere noi stessi. Quando vogliamo assimilare qualcosa di utile, per esempio un lavoro, una disciplina scientifica o una lingua straniera - noi non diciamo che, presumibilmente, ci sono cattivi maestri, studiosi stupidi o insegnanti deboli e che per questo non impareremo. O piuttosto lo diciamo, ma solo in quel caso, se proprio non vogliamo imparare e trovare la causa.

Ma se vogliamo, riusciamo a trovare un buon insegnante. Così è anche nella vita spirituale. Se vogliamo imparare la retta fede e la vita pia, ci interesseranno solo i sacerdoti degni - che, vi assicuro, sono la maggioranza. Oggi in Internet si diffondono alcune "storie scandalose"; a proposito di queste non solo si verificano spesso deformazioni delle situazioni reali, ma si diffondono anche falsi intenzionali. E di quei sacerdoti che svolgono il loro lavoro con competenza, si scrive raramente; non danno motivo di scandalo. Allo stesso tempo, venendo in chiesa, vedrete piuttosto sacerdoti  di quest'ultimo genere.

È importante sottolineare qualcos'altro. Il sacerdote celebra i sacramenti, non per propria forza, ma per la potenza di Dio, e Dio non può privare i fedeli della grazia a causa dei peccati del sacerdote. Se siete alla ricerca del perdono dei peccati, dell'aiuto di Dio, Dio vi darà sicuramente l'uno e l'altro, e nessun tipo di peccato di altre persone potrà impedirlo.

Visita al centro di adattamento sociale per senza tetto. Pasqua 2009

"Se ci tocca sopportare tentazioni, questo non significa che la nostra vita è finita. Significa che Dio ci prepara per l'eternità". Patriarca Kirill

Com'è che l'uomo contemporaneo, impegnato, può trovare il tempo per la vita spirituale?

Per questo è necessario trovare in modo corretto le priorità; la vita spirituale non è un hobby, non è un intrattenimento, per il quali possiamo avere il tempo oppure no. Si tratta di una base su cui costruiamo tutto il resto. Quando si preparano i bagagli, le cose possono stare in una valigia oppure no - non dipende solo dal loro numero, dalle loro grandi o piccole dimensioni, ma dipende anche dalla sequenza, dall'ordine in cui le sistemiamo. Quando passiamo la vita in cose vane, corriamo avanti e indietro, senza capire sempre per quale scopo, davvero non riusciamo a fare nulla - e ci stanchiamo molto.

Se iniziamo la giornata con la preghiera, abbiamo messo una base su cui tutto sarà costruito in modo corretto, e come dice la Scrittura circa l'uomo pio, tutto ciò che farà, aumenterà (Sal 1,3).

Ecco perché è così importante la tradizione ecclesiastica della preghiera. Preghiamo solo ogni mattina e ogni sera, qualunque sia la nostra disposizione. Chi è agli inizi forse avrà difficoltà a leggere tutte le preghiere, ma è importante che almeno cinque minuti al giorno siano dedicati alla preghiera, ma proprio ogni giorno, senza omettere alcun giorno - e vedrete come inizierà a cambiare la vostra vita. Più tempo si dà alla preghiera, più tempo si ha per gli altri. Può sembrare inaspettato, ma per molte persone è un fatto di esperienza.

Ma anche durante il giorno è possibile trovare un minuto, anche solo mezzo minuto per rivolgersi a Dio in preghiera, per ringraziarlo per tutto ciò che c'è stato di buono e di piacevole durante il giorno, per pregare per se stessi e per altre persone in difficoltà... La mancanza di tempo e la confusione dell'uomo contemporaneo si verifica in molti casi, a causa della poca preghiera.

Molti sono turbati da pubblicazioni anti-ecclesiali nei media e sui social network, da scandali con la partecipazione di membri del clero. Come reagire a tutto questo?

Coloro che hanno vissuto gli anni della dittatura atea - lo ricordo bene - sanno che anche allora i nemici della Chiesa si servivano della stessa matrice: che i sacerdoti sono persone avide, senza morale, che sfruttano l'ignoranza delle masse ignoranti... Questa non è una novità per noi. Cambiano i tempi, cambiano le bandiere, sotto alle quali militano le forze anti-ecclesiali, ma non cambia il loro scopo. In tutti i tempi - anche nei tempi antichi, anche ai tempi della persecuzione atea, anche ora - la battaglia è per lo stesso scopo - le anime immortali degli uomini. Il vero conflitto è condotto a livello spirituale, come diceva Fëdor Michajlovič Dostoevskij: "qui il diavolo sta combattendo con Dio, e il campo di battaglia sono i cuori degli uomini."

Ora molte persone scoprono la fede, vengono a Cristo, entrano nelle chiese di Dio e partecipano ai Santi Misteri di Cristo. E quante più persone si incamminano sulla via della salvezza, tanto più alto è il grido delle potenze anti-ecclesiali: "No! No! Non andate in chiesa! Là sono tutti bugiardi, truffatori, ladri!" Pensate, chi può essere così spaventato al pensiero che l'uomo vada in chiesa, che si rivolga a Dio, chi è che non può sopportarlo? ..

Molti mi hanno detto che una certa campagna anti-ecclesiale li ha aiutati a diventare persone di Chiesa: se potenze influenti desiderano così ardentemente, che non entriamo in chiesa, significa che in essa c'è qualcosa di molto importante. Se fanno tanti sforzi, per impedirci di avvicinarci al calice dei Santi Misteri, significa che in questo calice c'è qualcosa di necessario per la vita.

Coloro che prendono parte agli attacchi contro la Chiesa, di solito non si rendono conto che sono diventati l'arma di forze pericolose che li usano per i loro interessi. Ma dovrebbero farci un pensiero in questa occasione.

Visita al Centro di adattamento sociale per invalidi "Filimonki". Pasqua 2012

Il centro si trova sul sito dell'ex convento del principe Vladimir. Le chiese della Trinità e dell'Assunzione sono state gravemente danneggiate. Tutti gli edifici in legno del monastero sono stati distrutti, lasciando solo l'edificio in pietra delle cele. Nel 1994, la chiesa della Trinità del convento del principe Vladimir nel villaggio di Filimonki è stato restituito ai fedeli.

Permettetemi di ricordarvi ancora alcune cose ovvie. La situazione cambia quando le persone cambiano, e le persone cambiano quando vogliono cambiare. Non quando desiderano cambiare gli altri (nei confronti degli altri possiamo avere pretese di ogni tipo - non porterà a nulla), ma quando capiscono che le loro strade non sono corrette, i loro valori devono essere riveduti, la loro morale personale deve essere corretta. Tali persone si rivolgono a Dio con pentimento e con fede e vengono in chiesa per ottenere aiuto e cambiare vita.

La gente spesso si lamenta dell'amoralità della società: si sente circondata da disonestà, corruzione, asprezza di cuore, crudeltà, indifferenza... Com'è che la Chiesa può contribuire a cambiare questa situazione? E cosa rispondere a coloro che criticano la Chiesa perché in 20 anni di libertà religiosa la società non si è liberata da questi vizi?

È inutile aspettare che le altre persone cambino, che cambi la società nel suo insieme, se noi stessi non vogliamo cambiare.

Qualsiasi tipo di cambiamento per il meglio inizia dall'uomo stesso. Ora voglio ripetere le mie parole, che ad alcuni non sono piaciute: se diciamo una bugia nella nostra vita personale, familiare, in campo professionale, allora perché chiediamo così ardentemente che si compia la verità a livello generale, mentre non dovrebbe esserci a livello individuale? La gente cade in trappola da sola: tutti chiedono con veemenza al vicino di casa, al collega, al capo, di essere pii, ma non pensano sempre che dovrebbero essere pii essi stessi.

Anche qui, la Chiesa propone un'altra visione della situazione. La nostra afflizione principale non sono i peccati degli altri, ma i nostri peccati. Ricordate, come il personaggio della canzone "На дне" ("In fondo"), dice: "Ogni uomo vuole che il suo vicino abbia buon senso, ma a nessuno fa comodo averne."

Questa è una comprensione materialista dell'uomo, in cui la cosa principale è la soddisfazione dei propri bisogni materiali, la realizzazione dei propri desideri, quando è conveniente circondarsi di persone di buon senso, quando noi stessi non riusciamo ad avere buon senso. Spesso le richieste fatte alla Chiesa suonano come segue: "Fate che il mio vicino abbia buon senso. Fate che io sia circondato da gente buona, onesta, gentile. E nel frattempo non infilatevi voi con i vostri insegnamenti per me."

Visita all'orfanotrofio numero 15. Pasqua 2010

Sua Santità ha donato all'orfanotrofio un'attrezzatura di riabilitazione, e anche biciclette e giocattoli educativi. Ha anche visitato la sede di Miloserdie (Misericordia), ha benedetto i bambini gravemente malati e ha portrato loro doni pasquali.

Ma la Chiesa parla del Salvatore, che viene a salvarci dai nostri peccati, perché nessuno sarà mai condannato da Dio per i peccati degli estranei. Nessuno perderà la vita eterna a causa dei vizi altrui.

Essere felici, rifiutare il male, fare il bene, seguire i comandamenti di Dio - è importante farlo non tanto per il vicino, quanto è vitale farlo per noi stessi.

Fotografie fornite dal servizio stampa del Patriarca di Mosca e di tutta la Rus'.

Quest'intervista è stata pubblicata nel numero speciale di "Foma", "Mosca Pasquale", preparato dietro richiesta e sostegno del dipartimento culturale della città di Mosca.

 
LA CAPPELLA DI SANTA ANASTASIA A MAGLIANO ALFIERI (CN)

Il 29 giugno 1997 il vescovo Gurij di Korsun (primo vescovo della nostra comunità) è stato chiamato a consacrare una cappella lignea in stile russo, montata nel paese di Magliano Alfieri (CN).


Questo insolito evento è stato l'epilogo di un decennio di lavori di un comitato per la pace dedicato alla santa martire Anastasia (animato da un nostro caro amico, l'infaticabile pittore Pierre Tchakotine), e del gemellaggio tra la parrocchia del luogo e la parrocchia ortodossa di Uchma, nella regione di Jaroslavl' (Alto Volga). La funzione, che ha attirato un vasto pubblico e numerse autorità (oltre all'attenzione della stampa e della televisione), vedeva presenti il vescovo di Alba, monsignor Sebastiano Dho, il parroco don Guido Davico e il sindaco signor Cesare Giudice, che hanno firmato assieme al vescovo Gurij l'accordo sullo stato ecclesiale della cappella, dedicata a Santa Anastasia e alla Riconciliazione. 

il vescovo Gurij è stato invitato ad acquisire la giurisdizione canonica della cappella per conto del Patriarcato di Mosca, in seguito alla decisione di mons. Dho di concedere l'uso della cappella al culto ortodosso. Padre Dimitri, al tempo parroco delle nostre comunità di Milano e Torino, è stato nominato rettore della cappella, nella quale sono autorizzati a officiare i sacerdoti di tutte le giurisdizioni ortodosse canoniche. 

Primo significativo atto di culto nella nuova cappella è stata l'elevazione di padre Giorgio Arletti, parroco della chiesa del Patriarcato di Mosca a Modena, al rango di arciprete, il giorno stesso dell'inaugurazione, per mano del vescovo Gurij. 

Tra gli "ingredienti" per il successo di questa iniziativa, possiamo evidenziare: 

 

  • Un autentico desiderio di creare un punto di riferimento spirituale, lasciando che la grazia di Dio operi quello che noi non riusciamo mai a realizzare in modo adeguato; 
  • Un gruppo laicale dotato di un notevole spirito di iniziativa; 
  • Un vescovo cattolico di mente aperta e capace di valutare le necessità pastorali dei fedeli ortodossi che vivono nel suo territorio; 
  • Un'amministrazione locale desiderosa di valorizzare le nuove situazioni di pluralismo culturale e religioso, con interventi benemeriti di aggregazione sociale; 
  • Una sapiente sensibilizzazione degli abitanti della zona, e dei mezzi di informazione; 
  • Ultimo ma non da meno, un desiderio di apertura a tutti i fedeli ortodossi, senza distinzioni di lingua o nazione: anche se la chiesetta è stata costruita in uno stile "etnico" ben riconoscibile, è significativa la sua dedicazione come luogo per ogni culto ortodosso, e non in senso restrittivo come "cappella dei russi". Vogliamo sperare che questa sensibilità si estenda, perché troppi ortodossi in Italia si sentono ancora privi di una casa che li sappia accogliere; diamo comunque merito agli ortodossi russi di essere stati finora tra i più lungimiranti in tal senso. 


L'evento di Magliano Alfieri può essere proposto come il modello delle buone relazioni tra cattolici e ortodossi, non solo in Piemonte, ma in tutta l'Italia.

 
Proposte di legge del patriarca Kirill per le famiglie e i bambini

Nella visione ortodossa, il concetto di "sinfonia tra Chiesa e stato" presuppone che entrambi, avendo a cuore il bene dei cittadini, lavorino assieme per trovare le migliori soluzioni per tutti. Uno dei principi chiave della corretta attuazione della sinfonia è la non ingerenza reciproca, pur in un clima di cooperazione. Per esempio, la Chiesa non si arroga alcun potere legislativo, ma non tace le proprie proposte, e offre allo stato modelli da discutere e da applicare in legge. Vediamo come il patriarca traduce i concetti sociali della Chiesa in alcune proposte di legge a tutela della famiglia e dei bambini, nel testo russo e in traduzione italiana, nella sezione "Etica" dei documenti.

 
Un sorriso

Un sorriso non costa nulla, ma vale molto.
Arricchisce chi lo riceve senza impoverire chi lo dona.
Non dura che un istante ma il suo ricordo rimane a lungo.
Nessuno è cosi ricco da poterne fare a meno e nessuno è cosi povero da non poterlo donare.
Nella casa porta felicità, nella tristezza è consolazione, nella fatica infonde coraggio.
Un sorriso dona sollievo a chi è stanco, rinnova il coraggio nelle prove e nella tristezza è medicina.
E poi se incontri chi non te lo offre sii generoso e porgigli il tuo:
nessuno ha tanto bisogno di un sorriso come colui che non sa darlo.

 
Che cosa è indispensabile quando si inizia una nuova parrocchia

Introduzione: Persone. Posto. Prete.

Nel corso dei decenni abbiamo visto aprire e poi chiudere tante piccole "comunità" o parrocchie ortodosse. Più e più volte abbiamo visto le stesse insidie, la caduta negli stessi errori, lo stesso cieco entusiasmo sprecato. Che cosa ci vuole per aprire e, soprattutto, per tenere aperta, una nuova parrocchia ortodossa nelle condizioni della diaspora?

Prima di ogni altra cosa, ci sono quattro considerazioni vitali. In primo luogo, c’è un gruppo di persone motivate e un posto adatto (le prime due P - vedi sotto)? In secondo luogo, come gruppo con il locale da voi proposto, avete la benedizione del vescovo per intraprendere l'apertura di una nuova parrocchia? In terzo luogo, avete pensato a quale santo dedicherete la nuova chiesa? E infine (la terza P - vedi sotto), chi sarà il prete?

 

La prima P sono le persone

Mi ricordo 28 anni fa a Parigi, quando un gruppo di seconda generazione, cioè, di russi nati in Francia, ha voluto avviare una nuova 'comunità' ortodossa di lingua francese. In sostanza, si trattava di un gruppo di protesta (la seconda generazione produce spesso gruppi di questo tipo) che volevano lasciare le loro parrocchie a causa della lingua e della questione del calendario. Tutto ciò che stava per accadere è che diverse parrocchie avrebbero perso due individui ciascuna. In altre parole, cinque bicchieri ortodossi avrebbero contenuto un po' meno liquido rispetto a prima, in modo che si potesse installare un sesto bicchiere in locali romano-cattolici in affitto e con il calendario cattolico.

Prima di tutto, è necessario disporre di un gruppo di ortodossi adulti che vivano sul posto e non siano stati trascinati artificialmente insieme, e che vengano da parrocchie solide. Non contate i bambini, non contate gli ortodossi non praticanti e non considerate i non-ortodossi che sono solo vagamente interessati. In altre parole, gli adulti devono essere ortodossi. Tre adulti non sono sufficienti - a partire da un numero così piccolo si creerà una serra, un'atmosfera quasi incestuosa. Venti è una cifra più ragionevole. Se non disponete di venti adulti, c'è una reale possibilità che ne possiate riunire venti e presto? Ci può essere se si avvia una parrocchia in una città con una popolazione di 100.000 o più, in modo da soddisfare un bisogno locale. Se vivete in una piccola città o, peggio ancora, in campagna o in mezzo al nulla, ripensateci. A quale bisogno locale andate incontro? Questo sembra tanto un self-service.

Infine, avete tra voi ortodossi adulti che sappiano cantare? Se non li avete, non siete pronti. Nel corso di quasi quattro decenni ho visto un gran numero di convertiti che vogliono tenere i servizi in chiesa nella propria lingua. Se non sanno cantare, non saranno presi sul serio dagli altri. È necessario disporre di un coro (non una persona) che sa cantare in modo ortodosso, senza introdurre canto anglicano, "melodie americane" o cose simili. In altre parole, così come la tradizione seguita dalla nuova parrocchia deve essere quella della Chiesa madre, allo stesso modo la 'sensazione' data dal coro deve essere quella del coro nella lingua originale.

 

La seconda P è il posto

I locali da utilizzare devono essere locali con accesso pubblico, non camere di case private o "padiglioni da giardino" nei cortili posteriori. Questo è sempre un errore fatale, perché conduce a 'chiese private' - una contraddizione in termini. Dovreste anche domandarvi se i locali che affittate o prendete in prestito potrebbero un giorno appartenervi. In caso affermativo, desiderereste acquistarli? Se no, allora in quei locali non avrete in ogni caso un futuro a lungo termine.

In altre parole, questi locali sono adatti a lungo termine, vale a dire, sono convertibili in modo da creare quell'atmosfera unica, in cui gli ortodossi si sentono a casa? Se, per esempio, hanno caratteristiche come finestre istoriate, è improbabile che siano mai adatti al culto ortodosso. Pensate anche alla loro ubicazione in termini di vicinanza con i mezzi pubblici e i parcheggi, e anche a servizi come riscaldamento, gabinetti, una cucina, una sala e la possibilità di tenere processioni intorno ai locali.

Nel corso dei decenni ho visto così tanti gruppi di tutte le giurisdizioni che iniziano con funzioni una volta al mese o anche con minor frequenza in locali in affitto, con due icone, due vassoi di sabbia e il sacerdote celebra a un tavolo d’altare eterodosso senza un’iconostasi. Quasi quarant'anni più tardi stanno ancora facendo la stessa cosa. Queste comunità non durano, se non altro perché il sacerdote non è immortale in questo mondo ed è improbabile che un vescovo sia disposto o in grado di fornire un altro sacerdote per una comunità che non ha compiuto progressi negli ultimi decenni.

 

Conclusione: la terza P è il prete

Se siete venuti incontro ai primi due criteri, otterrete un sacerdote. Pertanto, questa è l'ultima delle vostre preoccupazioni, perché è un problema del vostro vescovo. Perciò, cercate di evitare i gruppi guidati da persone centrate su se stesse, il cui unico scopo è l’auto-promozione. Le seguenti frasi sono un indizio: 'Sarò promosso suddiacono il mese prossimo'. Il mio nome è: 'Lettore X' o 'Suddiacono X'. 'Faremo un ricevimento per la mia ordinazione, che è stata ampiamente pubblicizzata'.

Noi non siamo 'promossi' - questo è un riflesso puramente secolare. Quando diciamo i nostri nomi, usiamo SEMPRE il nostro cognome, a meno che non siamo monaci. E non ci annunciamo MAI come lettori o suddiaconi. Solo i diaconi si annunciano come "diaconi" (e MAI 'padre diacono' - anche se gli altri li possono chiamare così) e solo i sacerdoti si annunciano come 'prete' o, in modo informale, 'padre'. La tonsura e l'ordinazione sono tenuti segreti - il diavolo ha fin troppe orecchie. L'ossessione per i titoli è clericalismo puro, auto-pubblicità e auto-promozione e non fa parte della tradizione e della mentalità della Chiesa ortodossa.

 
San Nicodemo l'Agiorita e i padri Kollyvades

Il riposo del nostro padre tra i santi Nicodemo l'Agiorita si commemora il 14/27 luglio. San Nicodemo era un asceta ed esicasta e un prolifico autore delle profondità della vita spirituale. Gli è accreditata la compilazione delle opere che compongono la Filocalia, nonché i canoni della Chiesa, con l'aggiungta di un'interpretazione di ogni canone. San Nicodemo è anche conosciuto come un padre del movimento dei "Kollyvades", che ha sottolineato l'importanza di della santa comunione frequente e della distintività della domenica nella vita liturgica della Chiesa. Altre informazioni sulla vita di san Nicodemo si possono leggere qui.

Nell'estate del 2013, l'archimandrita Nikodimos Skrettas, professore di teologia pastorale presso la facoltà di teologia dell'Università Aristotele di Salonicco, che ha studiato e scritto molto sullì'opera di san Nicodemo e dei padri Kollyvades, ha offerto una conferenza a un gruppo di seminaristi americani riuniti nel villaggio greco di Petrokerassa, al di fuori di Salonicco. Le sue parole rivelano un grande amore dei Padri, e in particolare del "movimento" dei padri Kollyvades, e a loro volta dimostrano il grande amore dei Padri posseduto dagli stessi padri Kollyvades:

* * *

Fratelli in Cristo, spero che guardiate a me e mi vediate e sentiate come un fratello, che vi impartisce le parole di un analfabeta, come ha detto san Simeone il Nuovo Teologo. Quando San Simeone raccontava la sua più profonda teologia, diceva "queste sono le parole di un analfabeta." Perché? Perché, secondo il Santo, ma luce è conoscenza, ma la conoscenza non è luce. Era una posizione contro il razionalismo dell'Occidente, che dice che il pensiero dell'uomo è illuminato da molti dottorati, e dall'acquisizione di molta conoscenza delle cose. Nella tradizione ortodossa viviamo e sperimentiamo esattamente il contrario: quando riceviamo la comunione durante la Divina Liturgia allora cantiamo "abbiamo visto la vera luce". Sant'Isacco il Siro dice che esiste fede che viene dalla conoscenza e conoscenza che viene dalla fede. In altre parole uno che sente crede – sente la predicazione del Vangelo e si convince. Quando però è d'accordo e crede, allora arriva la successiva conoscenza – quella di Dio. Questa conoscenza è carismatica – come quella di cui parla san Simeone. È in questo contesto che i padri Kollyvades hanno vissuto e teologizzato.

i padri Kollyvades

Contro l'uomo occidentale presumibilmente molto competente che vive intensamente la sua "illuminazione", la sua vasta riserva di conoscenza, i Kollyvades posero l'asceta che lotta alla ricerca della santità, e i nuovi martiri. In questo contesto di santificazione e di santità sono vissuti e hanno operato i padri Kollyvades della Filocalia.

Il giogo turco fu un periodo molto difficile per l'Oriente ortodosso, sia per i pericoli e le sfide che la nazione doveva affrontare e i cambiamenti sociali che stavano accadendo, sia per il ritualismo pesante e ossessivo che si insinuò nel culto divino. Pertanto, la vita sociale e spirituale dei greci era una ricerca di un equilibrio tra l'antichità e il futuro – Tradizione, rinnovamento e rigenerazione. Allo stesso tempo la razza stava "perdendo sangue" a causa delle partenze migratorie verso l'Europa, del proselitismo dei missionari occidentali, della durissima islamizzazione dal giogo turco e della tattica turca di raccogliere i bambini e trasformarli in turchi e portarli via. In questo contesto si sviluppò uno spirito anti-occidentale – non di odio, ma di strenua difesa della fede ortodossa.

Tra le personalità dei santi, la nazione e il popolo cominciarono a sviluppare una protezione per se stessi. Dopo il patriarca Gennadios Scholarios la Chiesa cominciò ad assumere il ruolo di etnarca – il leader della nazione. I diversi popoli ortodossi – i greci e gli altri – cominciarono a riunire le comunità locali per mantenere la loro cultura e fede e iniziò a svilupparsi la diaspora. I dotti della nazione tentarono di mantenersi e di coltivare se stessi. I santi martiri gettarono le basi con il loro stesso sangue. Gli insegnanti cercavano di insegnare di nuovo ciò che avevano dimenticato o perso. C'era una profonda, profonda ricerca di identità spirituale in questo periodo del giogo turco, e stavano cercando di tornare indietro alla Tradizione viva della romiosini.

San Cosma d'Etolia è un grande esempio. Nel buio del periodo turco fondò più di 200 scuole, cercando di raccogliere e ispirare tutti gli ortodossi a elevarsi, e anche i santi padri Kollyvades cercarono di far rivivere l'esperienza della Divina Liturgia. Contro di loro vi erano dei greci che erano andati in Occidente ed erano ritornati, come per esempio Adamantios Korais, e che stavano cercando di riportare bizzarri culti pagani e i valori del razionalismo e della rivoluzione francese, e di esporre conoscenze enciclopedice come Voltaire. Questa illuminazione atea da ovest aveva un'idea di metakenosis – che i greci avevano dato la luce all'Occidente e quest’ultimo era tenuto a riportare la luce all'Oriente.

In risposta, i Kollyvades cercarono di restituire al popolo la luce ortodossa. Insistevano sulla Tradizione della Chiesa e la promuovevano, e perciò il loro movimento era conosciuto come filocalico – termine che denotava l'amore per il bello e un nuovo movimento esicasta. Così, contro le luci dell'illuminismo occidentale presentarono la luce che è l'esperienza della Divina Liturgia, il culto della Chiesa. Contro coloro che avevano semplicemente un'alta istruzione misero quelle persone che diventano dèi per grazia attraverso il culto. La stessa lotta esiste oggi, ma ora abbiamo il loro esempio e le loro persone a cui guardare. C'è declino da un lato a causa della ritualità e la focalizzazione su elementi esterni, e dall'altro lato la modernizzazione priva di discernimento che snatura totalmente la tradizione ortodossa. I padri Kollyvades stavano cercando di mantenere questo equilibrio e di farlo in modo illuminato. Lottarono per risvegliare i fedeli all'ethos e allo stile di vita dei Santi, e alla forza del culto sperimentato. Lottarono per insegnare ai cristiani il dogma e l'ethos della Chiesa. Per questo motivo lasciarono a volte il piccolo mondo dell'Athos ed entrarono nel mondo ortodosso più grande, dove rinnovarono spiritualmente la Chiesa. Sant'Atanasio di Paros in particolare lottò intensamente contro l'illuminista Korais, non perché il santo fosse fanaticamente anti-occidentale, ma perché stava lottando contro una perversione dell'Ortodossia.

l'archimandrita Nikodimos Skrettas

Dov'è esattamente l'obiezione dei santi Padri a tutto ciò che stava accadendo? Prima di tutto erano contro questo immenso amore che certi nel popolo greco avevano per l'Occidente, contro questa mania occidentale che provavano. Poi, combattevano contro l'amore totalmente ambizioso dell'acquisizione di conoscenze enciclopediche. La gente voleva imparare molto, ma in modo superficiale. Combattevano anche contro il materialismo e l'anticlericalismo, e contro l'umanesimo razionalista dell'Occidente. Infine, erano fondamentalmente contro l'agnosticismo e l'ateismo dell'Occidente. Ecco perché ho detto che "la luce è la conoscenza, ma la conoscenza non è luce".

Nella tradizione occidentale l'uomo chiede sempre più e più luce – in altre parole, sempre più conoscenza. E attraverso i Kollyvades l'Ortodossia non è limitata ai confini della Grecia ortodossa: essi appartengono a tutta la Chiesa, rappresentano l'universalità dell'Ortodossia, e questo è importante perché così siamo salvati dalll'etno-filetismo di alcuni. Ci sono chiese ortodosse locali, ma non esistono chiese etniche – questo è un delirio e un'eresia agli occhi dell'Ortodossia. Pertanto, la tradizione del Kollyvades non deve essere lasciata nei musei, ma dà vita alla Chiesa sia ora che in futuro. I Kollyvades erano ​​i più eruditi della loro epoca: le loro opere potrebbero riempire un'intera biblioteca. Essi semplificarono testi, interpretarono testi antichi, e modificarono e prepararono testi enormi con un approccio critico e scientifico. Basta guardare il Pedalion [1] e il Manuale sui cinque sensi di San Nicodemo per vederlo. Alla fine di questo manuale di consigli spirituali, spiega, sviluppa e analizza la composizione del cuore umano. Si addentra nell'anatomia fisica al fine di insegnare come la preghiera ha luogo nel cuore.

La loro presenza sul monte Athos è stata una benedizione di Dio alla Chiesa. Essi tornarono alla profondità e al nucleo della tradizione patristica della Chiesa. Come santi ed eruditi insegnanti hanno capito molto bene la Tradizione e ci hanno mostrato il sentiero ortodosso. Ma più di tutto erano eruditi ed esperti nel culto divino della Chiesa e su questo punto erano senza compromessi, in particolare quando si parlava dell'eucaristia, ma anche quando si parlava dell'importanza e dei privilegi della domenica. Così, con saggezza e discernimento hanno combattuto contro il legalismo connesso al culto nella loro epoca. Dove si trovava tale legalismo? Prima di tutto, si trovava nella ricezione rarissima della santa comunione. Anche sul monte Athos, monaci interamente dedicati a Dio a volte ricevevano la comunione solo tre volte l'anno. Esistono canoni che dicono che non ci si può comunicare di nuovo se non sono passati 40 giorni. Nel Tipico del monastero di Philotheou del XIX secolo, e grazie a Dio l'anziano Efrem lo ha cambiato, è scritto che nessuno può ricevere la comunione più di una volta ogni 40 giorni, anche se è sul letto di morte! I padri Kollyvades hanno detto che questa è una follia! I Kollyvades hanno detto che questa non può essere la vita della Chiesa.

Questo equivoco deriva dal periodo bizantino. L'Imperatore Leone VI il Saggio nel 920 d. C. si era sposato per la quarta volta, ma la Chiesa gli aveva dato una penitenza per questo. C'era una stanza a Santa Sofia dove l'imperatore si cambiava, e la sua pena fu di soggiornare in questa camera per tutta la Liturgia. Poiché ne conseguì una grande lotta tra l'imperatore e il patriarca, su questo tema fu convocato nel 920 il cosiddetto Concilio dell'Unità, che ripristinò i rapporti tra il patriarca e l'imperatore, e fu scritto un canone che affermava che tutti gli sposati per la terza volta avevano la penitenza di stare per cinque anni senza Comunione, e dopo il quinto anno potevano comunicarsi solo tre volte l'anno, a Pasqua, alla Natività e alla Dormizione. Durante il periodo turco questo canone divenne una parte dei libri liturgici, come l'Horologion, ma l'ultima parte relativa a un terzo matrimonio era stata tagliata, e così si pensava che valesse per tutti i cristiani. I Kollyvades dissero che questo era impossibile e furono molto rigorosi nella loro reazione a questo abuso, che fu scoperto da san Nicodemo e si trova nel Pedalion.

San Macario di Corinto

San Macario di Corinto fu l'ispirazione per i Kollyvades. San Nicodemo fu il loro scrittore e dogmatico. Si assunse la responsabilità di scrivere su questa controversia, di andare nelle biblioteche di tutto il monte Athos alla ricerca di tutto il materiale sulle domeniche e sul culto che riuscì a trovare, e scoprì una base patristica per un culto rinnovato, e scrisse gli insegnamenti dei santi Padri nella sua confessione di fede. I Kollyvades non furono creduti ai loro tempi, e infatti furono perseguitati. Durante la loro vita furono esiliati. Inizialmente vista come una tragedia, questa divenne una benedizione per tutta la Chiesa. In molti luoghi in tutta la Grecia, e soprattutto sulle isole, si fondarono molti monasteri dove conservavano il Tipico e gli insegnamenti dei padri Kollyvades. Queste non erano nuove idee inventate dai Kollyvades, e per essere chiari su questo punto, essi ritornarono molto coscientemente alla Tradizione dei Padri utilizzando fonti chiare e indiscusse. Essi non furono in alcun modo innovatori. Confessarono senza alcuna perversione gli insegnamenti della fede, vivendo l'Ortodossia, il percorso della theosis patristica. Sono fonti chiare e pure della santa Tradizione.

All'interno gli scritti dei Santi Padri, nei commentari sulla Liturgia di santi come san Dionigi l'Areopagita, san Germano, san Simeone, san Nicola Cabasilas, ecc, e anche nella tradizione monastica, trovarono quello che richiedevano i libri liturgici, il Tipico e i canoni. Ritornarono a tutte queste fonti. Hanno rinnovato dalle radici in su la Tradizione della Chiesa. Hanno riportato al suo giusto posto la forza della tradizione liturgica totalmente priva di illusione e perversione.

I Kollyvades affrontarono due controversie principali: la prima fu la questione dell'cucaristia e della frequenza con la quale si può partecipare alla santa comunione, e la seconda fu il ruolo della domenica nella vita liturgica della Chiesa, e la polemica intorno alla celebrazione di funzioni memoriali per i defunti alla domenica. Nella tradizione liturgica della Chiesa non abbiamo domeniche dedicate ai defunti, ma piuttosto sabati dedicati ai defunti, poiché il sabato è il giorno dei martiri e dei defunti. La domenica è il giorno della risurrezione del Signore. Ogni settimana si rivive il ciclo della Pasqua del Signore. La domenica dopo la Pasqua è la domenica del Rinnovamento, dalla quale ricomincia il ciclo delle liturgie domenicali.

San Gregorio il Teologo ha un testo sulla nuova domenica in cui parla molto dell'importanza della domenica, che è la prima e più importante festa della Chiesa come vediamo nell'Apocalisse di san Giovanni il Teologo. Questo giorno ha un posto speciale nella vita liturgica della Chiesa, e i Kollyvades hanno continuato fortemente questa tradizione. La domenica è un giorno di risurrezione, di gioia, ecc. Alla domenica tre cose non sono ammesse: stare in ginocchio alle funzioni, il digiuno, e i memoriali dei defunti (anche se possono essere serviti i funerali) in quanto questi sono tutti collegati al lutto. Se il quarantesimo giorno dal riposo di qualcuno cade di domenica, dovrebbe essere commemorato il lunedì successivo piuttosto che il sabato, e sappiamo che questo dal fatto che dal Sabato di Lazzaro fino alla Domenica di san Tommaso non si celebrano memoriali, che sono tutti spostati a una data successiva.

Nella skiti di Sant'Anna, nel 1754, la chiesa principale andò distrutta. Un uomo di nome Dimitri aveva dato una notevole quantità di denaro per la ricostruzione e aveva chiesto in cambio che si celebrassero le commemorazioni funebri per i suoi cari defunti. I padri stessi iniziarono il processo di ricostruzione. Naturalmente, le commemorazioni dovevano essere tenute il ​​sabato, ma al sabato c'era un mercato generale nella "città" di Karyes, capitale dell'Athos e per vivere dovettero portare lì i loro prodotto artigianali. Così, quando poterono fare le commemorazioni? Decisero di farle alla domenica, e questo fu l'inizio della controversia. I padri Kollyvades che conoscevano bene il culto della Chiesa non potevano accettare che i servizi memoriali fossero fatti la domenica. Il problema non era la kollyva [2] o i memoriali ma piuttosto che avrebbero dissacrato il giorno della risurrezione. Essi capivano veramente che cosa voleva dire la domenica, il giorno della nuova creazione. Anche se questo potrebbe accadere nel mondo per qualche motivo, non dovrebbe mai accadere sull'Athos tra persone che conoscono il Tipico.

Ci fu una tale controversia su questo che alcuni dei padri Kollyvades furono addirittura uccisi – trovarono i loro corpi in mare, annegati. Questo è particolarmente vero per il gruppo che aveva collegamenti con il patriarcato. I padri Kollyvades non si difesero ma i loro avverari continuarono a inviare persone per farli condannare. Lottarono fino al martirio.

Molte bugie furono dette su di loro, e i loro nemici li chiamavano "Kollyvades", un termine che rimase nell'uso. Eraono anche chiamati massoni, perché erano un piccolo gruppo che comunicava molto con gli altri, ai quali sembrava misterioso. Alcune persone dicevano che mettevano la comunione nel loro skufos [3] per consumarla più tardi o che non credevano che la santa comunione fosse divina, cosa assolutamente ridicola, e molte altre cose del tutto immeritate e ridicole. Non furono creduti ai loro tempi, e non fu fino all'arrivo del XX secolo che la gente ha cominciato a fare studi particolari su di loro e a scoprire i loro testi, e sono quindi diventati ben noti, ed è da qui che proviene questa parola ironica "Kollyvades" (creatori di colive), che divenne una bandiera del loro gruppo. I padri Kollyvades sono una grande fonte di ispirazione per tutti i fedeli ortodossi. Essi ci presentano le fonti della fede ortodossa, ed è proprio per questo che sono una fonte di ispirazione. Hanno cercato non la luce della conoscenza terrena, ma piuttosto la luce della conoscenza divina attraverso il culto della Chiesa. La loro vita testimonia che hanno ricevuto questa luce, e sono stati illuminati nel passarla al resto della Chiesa, anche se questo è costato caro nelle loro vite. Il loro esempio di martiri continua a guidare la Chiesa in questo giorno e in futuro.

Note

[1] Una raccolta di canoni ecumenici della Chiesa, compilata e commentata da san Nicodemo.

[2] Grano o riso bollito offerto come memoriale per i defunti.

[3] Un copricapo monastico.

 
Patriarca Kirill: non abortire, la Chiesa crescerà tuo figlio

foto: ria.ru

Le donne non dovrebbero abortire, ma piuttosto dovrebbero dare i loro figli alla Chiesa perché questa si prenda cura di loro. La Chiesa aiuterà a crescere i bambini e aiuterà a mantenere i loro rapporti con le loro madri, ha detto ieri sua Santità il patriarca Kirill.

"Al contrario, faremo di tutto per rafforzare la vostra famiglia, che anche se incompleta, ha valore davanti a Dio e in relazione a tutta la nostra patria", ha detto il patriarca in un videomessaggio al Congresso ecclesiastico generale sul servizio sociale, che è iniziato ieri e prosegue fino a domani.

Il video è pubblicato sulla pagina YouTube della Chiesa russa e il testo del suo intervento su Patriarchia.ru.

Non è la prima volta che sua Santità parla della disponibilità della Chiesa ad aiutare a crescere i bambini.

"La Chiesa continua a offrire testimonianza di un terribile problema, di cui io parlo costantemente. Si tratta del problema dell'aborto, la cui soluzione non solo aumenterà il livello di moralità personale e pubblica, e il livello di responsabilità per i bambini, ma anche, senza dubbio, aumenterà la nostra popolazione e la sua aspettativa di vita. Siamo un grande paese e abbiamo bisogno di essere di più", ha detto il patriarca Kirill.

"Non c'è modo più efficace per influenzare la demografia che ridurre radicalmente il numero degli aborti. La Chiesa lo richiede, sulla base, in primo luogo, del fatto che l'aborto è un peccato e, in secondo luogo, che il rifiuto degli aborti o le loro riduzioni significative cambia la natura stessa del nostro stato", ha continuato sua Santità.

E la Chiesa continua a insistere affinché lo Stato faccia tutto il possibile per risolvere questo problema, ha sottolineato il patriarca.

"Ma noi non stiamo solo affermando la nostra posizione, stiamo tendendo una mano a tutte le donne bisognose", ha continuato il primate russo, osservando che fino a 10 anni la chiesa aveva un solo rifugio per le donne in crisi. Oggi ci sono 77 centri di questo tipo in tutta la Russia.

E la Chiesa farà tutto il possibile per aiutare una donna che vuole salvare suo figlio, inclusa l'educazione del bambino.

Il Congresso sul servizio sociale prenderà in considerazione le prospettive della carità in Russia e discuterà il ruolo della Chiesa nello sviluppo della sfera sociale. Affronterà anche questioni di demografia e prevenzione dell'aborto, e lo sviluppo di cure palliative e infermieristiche per i malati gravi.

La lotta all'aborto è l'opera sociale più importante della Chiesa, ha detto il patiarca Kirill al Congresso sul servizio sociale nel 2017.

Sua Santità si è rivolta due volte alla Duma di Stato, chiedendole di trovare una soluzione al numero "spaventosamente alto" di aborti che continuano ad affliggere la Russia. Nel 2016 ha firmato una petizione pubblica per chiedere l'adozione di una legge contro l'aborto.

 
Il beato guerriero: san Fjodor Ushakov

Il 23 luglio / 5 agosto è il giorno della commemorazione della glorificazione di San Fjodor Ushakov, un ammiraglio della marina russa che ha avuto una brillante carriera imbattuta, che ha vissuto una vita dedicata agli insegnamenti di Cristo e ai servizi della Chiesa, e ha concluso la sua vita nella quieta pace del monastero di Sanaksar. Qui di seguito è riportato un resoconto della sua vita e della sua glorificazione, da Sputnik/La Voce della Russia.

* * *

Il 5 Agosto 2001, presso il monastero eretto in onore della Natività della Madre di Dio a Sanaksar, è stato glorificato il beato guerriero Fjodor Ushakov, canonizzato come santo locale della Chiesa ortodossa russa. Questa è stata la prima apparizione di un santo in spalline militari da ufficiale di marina nel calendario della Chiesa russa. Per quale valore spirituale il nostro Signore ha reso così omaggio a questo leggendario ammiraglio, che ha portato gloria alla Marina russa con molte vittorie alla fine del XVIII secolo? Ce lo dice un laico, lo scrittore Valerij Ganichev, autore di numerosi libri su Fjodor Ushakov, e di fatto, competente sulle fonti di ciò che ha portato alla sua glorificazione. Alla domanda su cosa lo ha spinto a studiare la biografia del grande ufficiale di marina, Valerij Ganichev ha risposto:

"Dopo la laurea all'università di Kiev ho lavorato nella città di Nikolaev, un centro di costruzione navale nel sud del paese. Erano i lontani anni '50-'60. Questi luoghi sono collegati con l'attività dell'ammiraglio Ushakov, che ha partecipato all'epopea in grande scala di aprire i territori meridionali vergini – la Novorossija e la Crimea; ha costruito la Flotta del Mar Nero e la sua base –Sebastopoli. Nella sua portata, quest'epopea potrebbe essere paragonata alla conquista del selvaggio West americano o alla scoperta dell'Australia.

Mi sono molto interessato alla personalità di Fjodor Ushakov. Così ho iniziato a raccogliere materiale su di lui. Lavorando sui libri dedicati a Fjodor Ushakov, mi sono meravigliato della sua natura cordiale, della sua incrollabile conformità ai comandamenti del Signore e del suo generoso impegno per la sua terra d'origine. Ho cominciato a vedere più in là del suo valore militare, riconoscendo il valore dello spirito, grazie al quale, in effetti, è diventato il grande ufficiale navale che era.

Che tipo di uomo era Fjodor Ushakov? Nacque nel 1744 sul Volga, nella famiglia di un militare. Fu battezzato nella chiesa dell'Epifania sull'Isola, come se ricevesse dall'alto una benedizione per "servire sull'acqua".

Il suo compleanno, il 13 febbraio, rientra tra i giorni di commemorazione di due martiri guerrieri –Teodoro Stratilate e Teodoro Tirone. Questo, allo stesso modo, è un presagio della vocazione militare di Ushakov. Quindi non c'è da stupirsi che da giovane abbia scelto di aderire al corpo navale. Per volontà di Dio è stato inviato al Mar Nero, dove nelle battaglie contro i turchi è nata la flotta russa del Mar Nero. È stato qui che il suo talento dato da Dio di comandante navale si è manifestato in piena misura. Per una serie di vittorie spettacolari durante la seconda guerra russo-turca del 1789-1791, Ushakov è stato elevato al rango di Contrammiraglio e posto a capo della flotta del Mar Nero. I turchi lo temevano, chiamandolo, con deferenza, "Ushak-Pascià". Infine, nella celebre battaglia di Tendre nel 1790 ha esso in rotta la flotta turca e ha quindi posto fine alla dominazione turca sulle distese del Mar Nero. Così, la Russia è stata in grado di prendere il proprio posto tra le altre grandi nazioni marinare.

Nel corso del suo servizio, Ushakov partecipò a quaranta campagne e non subì mai una singola sconfitta. Questo è senza precedenti nella storia del mondo. Per noi oggi questo potrebbe sembrare un miracolo, un incredibile colpo di fortuna. Infatti, è stato un miracolo, ma, dal punto di vista di un credente ortodosso, un miracolo operato da Dio.

Ushakov era un uomo profondamente religioso, sempre fermamente fiducioso nella provvidenza del nostro Creatore, convinto che fosse Dio a concedere la vittoria ai guerrieri ortodossi, mentre tutte le abilità dell'uomo erano "niente senza un intervento divino". Dopo ogni vittoria ordinava una funzione in chiesa per ringraziare il Signore per l'ennesima vittoria che gli aveva concesso. Anche le navi di Ushakov portavano nomi di santi, "San Pietro", "San Paolo", "La Natività della Madre di Dio", ecc. Secondo la testimonianza dei contemporanei, nonostante un calendario estremamente occupato Ushakov partecipava ogni giorno ai servizi della chiesa e non intraprendeva alcuna attività importante senza prima frequentare la Liturgia. E in effetti, era davvero occupato. Ushakov era coinvolto non solo in questioni propriamente di marina, ma nella costruzione della base navale di Sebastopoli. A causa della sua ottime capacità amministrative quest'ultima fu trasformata in una vera e propria città, con gradevoli edifici in pietra, giardini e chiese.

Da vero cristiano, Ushakov seguiva da vicino il comandamento biblico "ama il tuo prossimo come te stesso" in tutte le sue azioni. È vero che a volte era costretto a rimproverare severamente i suoi subordinati per aver violato la disciplina navale, combattendo le loro debolezze: la voglia di bere troppo, l'incuria, l'ozio e le chiacchiere. Eppure, non c'era nessun altro comandante in tutta la flotta russa che mostrasse una simile preoccupazione per i marinai, la loro salute e la loro dieta appropriata. "Un marinaio malato non sarà in grado di servire la marina come dovrebbe", diceva. Ci furono momenti in cui la flotta visse in grandi ristrettezze, non ricevendo denaro a tempo debito dalle casse dello stato, e in quei momenti l'ammiraglio pagava di tasca propria. La storia ha conservato un decreto del 18 ottobre 1792, in cui è scritto: "A causa della mancanza di fondi e in vista di una necessità di assicurare la buona salute degli uomini, io assegno, dai miei fondi, tredicimilacinquecento rubli, di cui ordino che diecimila siano usato per l'acquisto di carne fresca, e i restanti tremilacinquecento siano utilizzati per le esigenze degli ospedali".

Non sappiamo se gli impulsi generosi del grande uomo siano mai stati pienamente rimborsati dalle casse dello Stato, ma davvero Ushakov è stato rimborsato per la sua generosità dall'amore e dalla completa devozione dei suoi marinai, pronti a seguirlo di fronte a qualsiasi pericolo.

A differenza del famoso eroe navale britannico, l'ammiraglio Nelson, Ushakov non conobbe sconfitte. Usando una mentalità poco convenzionale e tattiche uniche di guerra navale, Ushakov poté uscire vittorioso nelle situazioni più difficili. Uno degli esempi più eclatanti è la cattura dell'isola di Corfù durante la campagna nel Mediterraneo del 1799. La politica aggressiva della Francia in questa regione aveva fatto formare alla Russia un'unione temporanea con il suo ex nemico – la Turchia – inviando una forza navale-militare congiunta verso le Isole ioniche con lo scopo di liberarle dalla dominazione francese. Questa campagna estera portò a Ushakov fama a livello europeo".

"Nel corso di quasi tre mesi" continua Valerij Ganichev "Ushakov liberò le Isole ioniche. I loro abitanti, prevalentemente greci ortodossi, si sollevarono contro i francesi e così aiutarono i russi nella loro missione liberatrice. L'ultima a cadere fu l'isola di Corfù, una fortezza inespugnabile con un presidio di tremila soldati. Questa fu una brillante operazione che non solo diffuse in lungo e in largo la fama di Ushakov, ma finì negli annali della storia navale-militare in tutto il mondo. Per la presa di Corfù a Ushakov fu concesso il grado pieno di ammiraglio.

Di fatto, gli abitanti delle isole accolsero Ushakov come liberatore e protettore dei cristiani. Il giorno dopo la cattura di Corfù, Ushakov ordinò una funzione speciale in chiesa, in segno di gratitudine verso il Signore per la sua benevolenza e il suo aiuto, e il 27 marzo 1799, il primo giorno della Santa Pasqua, prescrisse l'organizzazione di grandi feste, invitando il clero a fare una processione religiosa con croci e stendardi e con le sacre reliquie di San Spiridione di Trimitunde, profondamente venerato nel mondo cristiano. Qui, sulle isole, il devoto ammiraglio manifestò un altro dei suoi talenti ricevuti da Dio: quello di statista e personaggio pubblico. Egli non solo garantì "la pace e l'ordine" per i greci, ma diede loro una delle più democratiche costituzioni di quel tempo, istituendo la "Repubblica delle sette isole", aprendo una facoltà vescovile a Corfù e invitando un vescovo ortodosso, che sull'isola non avevano avuto fin dal XVI secolo.

Quando per Ushakov arrivò il momento di lasciare le isole ioniche, la loro popolazione uscì con le lacrime agli occhi a salutarlo. Gli offrirono medaglie con la scritta: "Queste popolazioni lo proclamano unanimemente come loro padre". Ai bambini fu dato il suo nome in suo onore, e tutti promisero di non lasciare che il tempo obliterasse i suoi meriti e le sue gesta dalla loro memoria.

Vorrei menzionare un fatto poco noto: la missione di Ushakov nel Mediterraneo non si limitava alla liberazione delle isole. Ricevette ordini di aiutare, dal mare, le manovre di successo del maresciallo Aleksandr Suvorov, che stava respingendo le truppe francesi nel Nord Italia. Dopo essere sbarcate nel Sud Italia, le forze di spedizione di Ushakov presero Napoli. Tuttavia, ben presto la situazione politica mutò e Ushakov fu richiamato in Russia.

La scomparsa dell'imperatore Paolo I cambiò molto il destino dell'Ammiraglio. Il successore al trono, l'imperatore Alessandro I, sottovalutò il ruolo delle forze navali, e di conseguenza le straordinarie doti del comandante navale non furono prese in considerazione e non furono più impiegate. Allora Ushakov, non senza una molta ansia e tormento dell'anima, prese la decisione di andare in pensione. Si stabilì in una tenuta nella Russia centrale, non lontano dal monastero Sanaksar, dove riposavano le spoglie del suo primo igumeno, suo zio, anche lui un Ushakov.

Avendo scelto una carriera marittima, Ushakov non si fece mai una famiglia propria, rimanendo uno scapolo incallito. Secondo i suoi contemporanei, "trascurando tutto l'abbaglio e la frenesia della società, l'ammiraglio non chiuse il suo cuore ai suoi simili. Con il fervore che una volta aveva mostrato nel servire la sua patria, ora si precipitò in aiuto di tutti coloro che venivano da lui".

Donò somme generose per il trattamento di tutti i marinai in pensione e dei veterani della guerra del 1812 contro Napoleone, così come delle persone che si trovavano indigenti, senza un tetto sulla testa o il minimo necessario. Il suo aiutante di campo, un ex marinaio, brontolava: "Non c'è abbastanza per tutti questi che sono nel bisogno, presto non avremo più nulla per noi stessi!" L'ammiraglio gli dava una pacca sulla spalla, ricordando al compagno che "anche in misura minore" si devono aiutare gli altri che stanno peggio di noi.

Contribuì anche notevolmente al monastero di Sanaksar, a volte vivendovi per lunghi periodi, in preghiera nella sua cella solitaria, ricordando tutti i suoi compagni d'armi defunti di un tempo, i parenti e le persone casualmente incontrate per la strada. Così, nella preghiera e nella misericordia visse i suoi ultimi giorni. Ushakov morì nel 1817, all'età di 74 anni, e fu sepolto nel monastero si Sanaksar. Rendendo omaggio alla memoria di questo grande uomo, i giornali locali scrissero: "Voi lo conoscevate come grande comandante navale, noi lo conoscevamo per la sua straordinaria carità verso gli altri".

"Ho appreso molto di Fjodor Ushakov, e, infine, sono giunto alla conclusione che la Chiesa doveva rivolgere la sua attenzione alla storia della vita di questo uomo timorato di Dio, caritatevole e onesto. Nel 1995 ho scritto a sua Santità Alessio II, patriarca di Mosca e di tutta la Rus', di questa iniziativa. Durante il nostro incontro personale il patriarca ha sostenuto la mia proposta e ha chiesto di inviare i materiali per ulteriori studi alla Commissione sinodale per la canonizzazione dei santi e dei martiri. Sua Santità ha aggiunto che la Chiesa ha mostrato grande attenzione e finezza nel deliberare tali questioni, e che sperava che la flotta russa avrebbe presto acquisito il suo santo patrono.

Detta commissione ha lavorato per cinque anni, raccogliendo testimonianze, resoconti, documenti e fatti che fanno presumere la presenza di un miracolo. E, infine, come il Signore ha voluto, il 30 novembre 2000, è stata presa la decisione di canonizzare Fjodor Ushakov come santo locale dell'eparchia di Saransk", ha detto Valerij Ganichev.

Ogni canonizzazione è la testimonianza ecclesiale della santità di un credente. Così la Chiesa non solo rende il dovuto omaggio alle gesta e alla vita del santo, ma invita inoltre tutti i fedeli ortodossi a seguire le orme dei santi, e ad apprendere e imitare le loro buone azioni. E ancora, su quali fatti la santa Chiesa ha fondato la sua decisione finale di canonizzare Ushakov? Un membro della Commissione sinodale per la canonizzazione, l'arciprete Maksim Maksimov, spiega:

"Com'è noto, i motivi della canonizzazione sono i seguenti: una dedicazione indefessa alla propria fede professata, e la preparazione a difendere tale fede fino alla tomba – così sono glorificati i martiri; una vita di azioni virtuose nell'umiltà, cioè lungo la via della salvezza – così sono glorificati i pii nobili, il clero, i fedeli devoti. Se diamo uno sguardo da vicino alla vita condotta dall'ammiraglio Ushakov, vedremo che fu una vita davvero notevole. Un uomo di alto, nobile rango, era in sostanza un devoto cristiano ed è stato in grado di rimanere tale nonostante il fatto che la società in cui viveva, a quei tempi, non era nota per le sue norme cristiane. Questo era il regno di Caterina II, che, per usare un eufemismo, conduceva una politica anti-ecclesiale.

La natura cristiana di Ushakov si manifestava, prima di tutto, nel modo in cui invocava la provvidenza di Dio in tutte le sue opere, facendovi ricorso in tutte le circostanze, e, invero, questa lo ha salvato, e non solo lui. Non perse mai una sola battaglia, e nessuno dei suoi marinai o navi fu mai fatto prigioniero. Questo è quasi inconcepibile. Siamo tutti consapevoli di quanto ben poco valga la vita di un uomo in tempo di guerra; come le persone di grande potere tendono a trattare la vita di altre persone come se questa fossero loro estranea. Ushakov, tuttavia, anche in condizioni di guerra era un esempio di vera fede cristiana. Il suo compito principale non era quello di assicurare la vittoria a tutti i costi, ma di farlo conservando le vite di coloro che erano affidati a lui. Spinto da questa fede, si prendeva cura di loro in circostanze difficili, e, inoltre, mostrò un'incredibile clemenza verso i suoi nemici. Quando le forze russe e turche liberarono congiuntamente Corfù dai francesi, l'ammiraglio pagò i turchi un riscatto per ognuno dei francesi catturati.

In generale, fu un uomo che per tutta la sua vita pensò liturgicamente, vale a dire non prese mai una sola decisione importante senza frequentare la Liturgia in chiesa. Quale altro comandante lo fa mai, a maggior ragione in condizioni di guerra?!

L'ammiraglio Ushakov non è stato canonizzato per il suo eroismo militare – questo non è sufficiente di per sé per la canonizzazione, ma per il modo in cui è riuscito a trasmettere l'immagine di un vero cristiano in condizioni di battaglia, compiendo il suo dovere in prima linea, ma sempre pronto, come fece in più di un'occasione, a sacrificare la sua vita per gli altri. È per questo che la sua memoria viveva tra la gente.

Anche in epoca sovietica, il più alto dei premi per i marinai era l'ordine dell'ammiraglio Ushakov".

"Vorrei far notare su un altro aspetto della sua vita", dice Maksim Maksimov. "Non essendosi mai sposato, rimase consapevolmente nella verginità e nel digiuno. In altre parole, professava le virtù cristiane nella realtà, non solo come parole sulla carta. Questa era la sua personale visione della vita secondo la Bibbia: quando una persona aveva deciso di non sposarsi, significava che avrebbe dovuto dedicare la sua vita al servizio di Dio. Tale fu la principale preoccupazione negli ultimi anni della sua vita, che si concluse presso il monastero, non per il capriccio di una persona ricca, ma per convinzione privata. Ecco come vide il suo commiato da questo mondo, e in questo trovò pace e sicurezza", ha detto l'arciprete Maksim. Alla domanda se fossero noti miracoli legati al nome di Ushakov, ha risposto quanto segue: "Ci sono stati, come minimo, due miracoli di significato generale per la Chiesa. Il primo è il fatto che, a causa della forte fede nella provvidenza di Dio, Ushakov non ha perso una sola battaglia in tempo di guerra. In secondo luogo, grazie a Ushakov, il monastero di Sanaksar è stato salvato da un pericolo imminente di distruzione. Mi riferisco al monastero a cui aveva legato la sua vita, e dov'è stato sepolto. Questo non è un fatto secondario, dal momento che ci sono testimonianze che attestano che il monastero era stato minacciato di annientamento totale. Ci sono anche testimonianze di persone che, rivolgendosi a lui in preghiera, hanno ricevuto aiuto e benedizione.

Citando il significato della canonizzazione di Ushakov per l'uomo moderno, padre Maksim ha sottolineato:

"Ogni periodo richiede i propri santi. Questo non vuol dire che li cerca, trovandoli con difficoltà. La società, semplicemente, matura abbastanza per essere in grado di valutare e dare il giusto merito ai propri atti e valori. Nel nostro tempo di valori e di ideali infranti, il valore di spirito di Ushakov è importante come un ideale, come un esempio per i militari di oggi, dimostrando che è del tutto possibile combinare uno zelante servizio militare con la vera devozione cristiana e l'amore per il prossimo. Senza un fulgido esempio è impossibile emulare queste virtù cristiane. Tuttavia, il Signore veglia sempre su di noi, presentandoci santi degni e pii che rendono testimonianza alla verità e alla sapienza del Vangelo. Chi è disposto ad ascoltare lo sentirà", ha detto padre Maksim.

La glorificazione del beato guerriero Fjoodor Ushakov nell'assemblea dei santi russi è diventata un evento degno di nota per la vita della Chiesa. Centinaia di fedeli sono venuti nell'agosto 2001 al monastero di Sanaksar per prendere parte ai festeggiamenti solenni. Continuiamo con un resoconto della manifestazione da parte di Valerij Ganichev, che vi ha partecipato:

"Alla glorificazione di Fjodor Ushakov erano presenti sette ammiragli, i comandanti di tutte le flotte della Russia, clero, monaci, pellegrini, e osservatori secolari. Quando gli ammiragli sono emersi dalla cappella portando sulle spalle la bara contenente le reliquie di Ushakov, le nubi pesanti che avevano coperto il cielo si sono improvvisamente aperte, lasciando passare un fascio luminoso di luce solare che ha illuminato la processione. Tutti hanno esclamato al miracolo! L'orchestra ha cominciato a suonare. La bara con le reliquie della ammiraglio è stata posta su una piattaforma speciale. In quel momento, per qualche ragione, non c'era un lenzuolo con cui coprirla. Allora il comandante della flotta del Mar Nero ha preso dal suo personale la bandiera della flotta del Mar Nero e l'ha posta come sudario sulle reliquie. Anche in questo c'è stata la mano di Dio, perché un grande ammiraglio dovrebbe giacere sotto la bandiera da lui servita.

Al centro del monastero è stata allestita una tenda contenente le icone; là ha avuto luogo la glorificazione. È stato uno spettacolo indimenticabile:

200 sacerdoti in paramenti dorati, con preghiere e canti, hanno glorificato il beato Ushakov. Dopo la glorificazione, le sue reliquie sono state baciate. Il giorno seguente, una liturgia è stata servita in suo onore come un santo.

Per la provvidenza di Dio sono stato l'unico testimone di come le reliquie del santo sono state collocate in un santuario fatto a forma di nave. Forse questo era dovuto al fatto che, anche se sono un laico, ero stato io la fonte della glorificazione. D'ora in poi il santuario dell'ammiraglio Ushakov sta accanto a quello di suo zio, il primo padre superiore del monastero, anche lui di nome Fjodor Ushakov, già glorificato come santo locale. Due santi della famiglia Ushakov hanno portato gloria alla loro patria, ciascuno nel cammino di vita da lui scelto: uno, in quello della Chiesa, l'altro, in quello dell'esercito.

"La flotta russa ha ricevuto un santo patrono", dice Valerij Ganichev, "e spero che da ora in poi saremo in grado di vedere l'icona del beato guerriero Fjodor Ushakov nei quartieri degli equipaggi navali, in modo che i marinai possano rivolgere a lui le loro preghiere".

 
Parliamo del parlare ai dottori

Grace Lidinsky-Smith

Grace è una donna detransessuale nel Midwest, che si può seguire su Twitter @hormonehangover. Di recente ha parlato con il medico che le ha prescritto la terapia ormonale sostitutiva e ha scritto la lettera di referenze per il suo intervento chirurgico. È una cosa eccezionale che lo abbia fatto: tra i miei conoscenti solo una manciata di detransessuali è tornata a informare i propri medici della propria detransizione. Abbiamo parlato della sua decisione di avviare la conversazione e delle conseguenze dell'esperienza, con la speranza che possa aiutare altri detransessuali a valutare se sono in grado di parlare dei loro casi.

Perché ti è parso importante parlare con il medico che ha consentito la tua transizione?

Mi è sembrato solo il mio dovere. So quanto in questo momento tutto ciò che ha a che fare con la medicina trans sia come un west selvaggio, e volevo che sapesse che non c'è sempre un transessuale felice e grato che esce dall'altra parte di quel processo. La mia dottoressa diceva alla stampa che nessuno dei suoi pazienti si è mai pentito della transizione. Una volta che avessimo parlato, almeno, avrebbe smesso di dire una cosa del genere a tutti.

Inoltre, una volta mi aveva chiesto di fare un'intervista pubblicitaria per parlare di quanto la sua clinica mi avesse aiutato. Ho fatto quell'intervista molto presto nella mia transizione, e ora mi sento totalmente diversa da come mi sentivo allora. Mi sentivo così in colpa per aver agito come portavoce per suo conto. Dovevo mettere le cose in chiaro!

Com'è stato tornare in quell'ufficio?

Sembrava una versione bizzarra del mio primo appuntamento ormonale. Tutte le allegre affermazioni sul gender che vedevo in giro per la clinica ora mi sembravano sinistre. C'era su una parete una foto di un bambino trans presa da uno strano fumetto online, e tutta una serie di dichiarazioni allegre del genere "Siate voi stessi!" Ed eccomi lì, la figlia prodiga che tornava con cattive notizie.

Il mio corpo era accaldato e mi sentivo davvero ansiosa quando sono entrata nella stanza. La mia dottoressa di un tempo mi ha salutato calorosamente e allegramente, e siamo andate in una sala massaggi di tipo New Age per parlare in modo informale. Per la prima parte della conversazione, le ho detto di come ero arrivata alla decisione di effettuare la transizione, e poi perché mi ero pentita e avevo fatto la detransizione. Ha usato un linguaggio del genere "raccontami la tua storia, voglio onorarla".

Le ho detto il succo: avevo iniziato la mia transizione fisica all'età di 23 anni, ero molto depressa, non vedevo nessun altro modo di andare avanti, ho preso gli ormoni, mi sono fatta operare – e poi ho capito che non stavo andando da nessuna parte e che la mia fantasia di diventare un uomo felice era impossibile. Le ho detto che mi sono inequivocabilmente pentita del mio intervento chirurgico e degli ormoni. Le ho detto che l'operazione mi aveva portato dolore, rimpianto e tristezza. Le ho detto che avrei voluto sapere che c'erano altri modi per affrontare la disforia del gender.

"Sembra che tu abbia bisogno di qualcuno che ti offra qualcosa di più degli ormoni e della chirurgia. E mi dispiace che noi non te l'abbiamo fornito". Il mio cuore ha preso a battere forte. "Ma non vedo questo come un mio ruolo".

Ooof. Non è un suo ruolo fornire qualcosa oltre agli ormoni e alla chirurgia. Io avrei perso il controllo. E tu, come hai fatto a non perdere il controllo?

Ah. Bene. È stato molto irritante. Di chi sarebbe quel ruolo, allora? Ma che diavolo?

Ma io ero lì in missione, in modalità 'ambasciatrice detransessuale amichevole'. Quindi ho cercato di restare calma in modo che non si mettesse sulla difensiva. Le ho chiesto, chi farà conoscere ai pazienti le alternative, se non i medici o i terapeuti? Se è qualcosa che dobbiamo capire da soli, chi pensa che ce lo dirà? A questo non ha davvero dato una risposta.

Mentre la conversazione continuava, si è chiusa. Il suo corpo si è allontanato da me e sembrava molto a disagio. Penso che non si aspettasse che fossi così arrabbiata e ferita.

Le ho chiesto se seguiva gli standard di cura WPATH.

"Ovviamente".

Le ho detto che in WPATH dicono che si dovrebbe essere sottoposti a screening per "ansia, depressione, autolesionismo, storie di violenze e di abbandono, compulsività, abuso di sostanze, preoccupazioni sessuali, disturbi della personalità, disturbi alimentari, disturbi psicotici e disturbi dello spettro autistico". Ho detto che se fossi stata sottoposta a screening e trattata, come esempio, per disturbi alimentari, depressione e forse compulsività, ciò mi avrebbe aiutato molto a ridurre il mio disagio del gender.

Ha risposto "gli standard di cura sono linee guida che non sono mai state pensate per essere tagliate con l'accetta".

Quando le ho chiesto se pensava che ci fosse un modo per dire in anticipo se qualcuno potesse trarre beneficio dalla transizione, ha detto che probabilmente non c'era, e che si deve solo provare e vedere. Ha detto che preferiva errare nel fare troppo pochi controlli, rispetto al fare troppi controlli. Per lei, se qualcuno diceva di essere trans, lei ci credeva, e questo era tutto ciò di cui aveva bisogno. "E ora, quando vieni da me e mi dici che non sei trans, credo anche a te", ha aggiunto.

Riguardo alla diagnosi delle persone con disforia di gender, o transessuali, ha detto che "ha deciso presto che [quella della disforia di gender] non era una diagnosi che potesse fare. Non poteva determinare se qualcuno non si identifica con il corpo che gli è stato dato. "

Questo mi ha sbalordita. Le ho chiesto, quindi, chi mi aveva diagnosticato la disforia di gender? Ha ammesso di avermi scritto lei stessa la diagnosi. Ho i documenti.

Sembrava davvero strano che dicesse parola per parola che non poteva diagnosticare la disforia di gender ma che lo faceva comunque. Mi sono chiesta: cosa ne penserebbe un avvocato di tutto questo? Voglio dire, sicuramente io ho diagnosticato erroneamente me stessa come una persona che avrebbe tratto beneficio dalla transizione. Non lo negherò. Ma è lei il dottore. Ci si aspetta per esempio che i pazienti siano in grado di diagnosticare se stessi in modo accurato per la schizofrenia o il cancro al seno, e di ricevere un trattamento senza fare domande?

Aveva un paio di considerazioni per me. Una era che la maggior parte delle persone, a differenza di me, ci aveva pensato seriamente prima di venire a prendere gli ormoni. L'altra era che io mi ero mossa troppo velocemente per essere operata, molto più velocemente della maggior parte delle persone. Mi ha anche detto che voleva che sapessi che la mia storia è valida e che questo mostra quanto lo spettro del genere umano sia molto più ampio. Queste per me non erano cose particolarmente confortanti o utili da ascoltare in quel frangente.

Quindi ti sta dicendo che la tua storia è valida, ma sta anche affermando che altre persone hanno pensato più intensamente, con l'implicazione che la tua incapacità di pensare intensamente ha portato a questo risultato negativo. Vedo molto questa risposta alle storie di detransizione online, ma sentirla direttamente dalla bocca di un medico, che è obbligato a un consiglio etico, deve essere stato surreale. Come hai risposto?

Non sapevo come rispondere. È stato quasi offensivo sentirsi dire queste cose dopo la transizione. Come fa a sapere che altre persone ci hanno pensato di più? E come fa a sapere che io non ci ho pensato abbastanza? Mi sono identificata come non binaria per circa 3 anni prima e sono stata ossessionata dal mio corpo per anni. Per esempio, se le persone che si muovono troppo velocemente sono una preoccupazione, perché non me l'ha detto durante il processo di transizione, invece di scrivere la mia dannata lettera di intervento chirurgico dopo 4 mesi?

Inoltre, penso che sia possibile pensare a qualcosa per molto tempo senza essere in grado di "pensare alla tua via d'uscita", se questo ha senso. A volte passare molto tempo a pensare a qualcosa significa semplicemente che stai girando in tondo ossessivamente e finisci per parlare di te stessa.

Era uno strano contrasto con come doveva essere valutato e trattato un paziente per l'ADHD [Disturbo da Deficit di Attenzione e Iperattività, ndt]. Ero anche andata da un medico specificamente perché pensavo di avere l'ADHD, proprio come ho fatto con la disforia di gender, ma in quel caso facevano una solida batteria di test. Quando ciò è stato fatto, ho dovuto aspettare di avere il mio disturbo alimentare in remissione perché mi somministrassero qualsiasi farmaco.

Al contrario, il mio medico mi ha fatto fondamentalmente una domanda:

Lei: Perché vuoi fare la transizione?

Io: Essere una donna non funziona più per me.

...e poi mi ha dato un modulo di consenso informato da firmare, e basta. Mi ha diagnosticato la disforia di gender sulla base della mia opinione disinformata. Mi ha anche scritto una lettera per la mia doppia mastectomia dopo cinque mesi. Nessuna domanda.

Tirando le somme in modo da poter avere un contesto, cosa stava succedendo nella tua vita quando hai compiuto la transizione?

Mi ero identificata come non binaria da quando avevo 19 anni, ma non avevo mai pensato a me stessa come una candidata per la transizione fisica o conosciuto qualcuno che lo avesse fatto fisicamente. Tutto è cambiato quando sono uscita con una persona non binaria che mi ha detto che voleva un intervento chirurgico al seno, e mi è sembrato un momento rivelatore. Mi sono resa conto di avere questa idea degli uomini trans come persone super maschili, ma questa persona era proprio come me: una specie di femmina impacciata, androgina e dolce. Improvvisamente mi sono resa conto che la transizione era una possibilità per me, e questo era esilarante. Mi piaceva molto in particolare l'idea di una mastectomia, e di passare per uomo.

Quando avevo 22 anni, sono tornata a vivere con i miei genitori e ho iniziato a isolarmi e a essere ossessionata dagli uomini trans su Internet. Mi sono abbuffata di trans su Reddit e ho seguito tonnellate di uomini trans su Instagram. È stata una specie di epifania religiosa che si è abbattuta su di me. Era come una rivelazione. Mi sentivo come se avessi svelato il vero segreto del perché mi sembrava di sentirmi così infelice, a disagio e strana tutto il tempo.

Ho preso la decisione di fare la transizione in un momento in cui molte cose difficili stavano convergendo nella mia vita. In nessun ordine particolare: ero appena uscita da una relazione con uno spaventoso ragazzo alcolizzato. Ero fuori dall'università e disoccupata e non avevo idea di cosa fare con la mia fantastica laurea in studi di gender. Essere fuori da una struttura scolastica per la prima volta nella mia vita è stato davvero difficile per me. Mi era appena stato diagnosticato un ADHD adulto ed ero alla deriva, miseramente incapace di strutturare il mio tempo da sola. Ho anche lottato per anni con disturbi alimentari di basso grado ed ero completamente controllata dal mio corpo. Ho avuto alcune esperienze sessuali traumatiche che mi hanno fatto provare disgusto per il mio corpo.

Inoltre, per la prima volta, mi sono venuti in mente degli spaventosi pensieri suicidi. Col senno di poi, sarebbe stato un ottimo momento per rilassarmi e concentrarmi sulla mia salute mentale e rimandare le decisioni chirurgiche permanenti. Ma ahimè, sono una persona impulsiva, e invece, sono diventata ossessionata dalla transizione, come la cosa che mi avrebbe salvato.

Era appena stato eletto Trump, il che mi riempiva di paura. Vivevo in una bolla iperliberale. Tra i miei amici trans si parlava molto di lui, e si diceva che avrebbe bloccato la possibilità di ottenere assistenza sanitaria. Ero totalmente presa da questo pensiero. Pensavo che ci sarebbe stato un grande arresto della capacità di effettuare una transizione, e ho pensato che ciò avrebbe significato che senza di essa avrei ceduto alla disperazione. I miei amici e la mia famiglia mi hanno supportato nella transizione. Volevano che fossi felice ed erano abbastanza istruiti sull'attivismo trans da sapere che mettermi in questione sarebbe stato considerato "molto transfobico".

Quindi sono andata dal dottore e ho preso gli ormoni un po' prima del mio 23° compleanno, nell'aprile del 2017. Ero eccitata e terrorizzata. Il giorno dell'inizio della terapia ero follemente felice. Ho pianto di gioia. È stato molto toccante. 5 mesi dopo, ho ricevuto un intervento chirurgico di prim'ordine, che è stato molto grottesco e che mi ha dato occasione di fare una pausa importante. Quello è stato l'inizio della fine della mia transizione maniacale e sconsiderata.

Hai visto terapeuti prima della transizione? Come sono stati?

Ho trovato una terapeuta cercando qualcuno che fosse coperto dalla mia assicurazione e poi chiamandola. Le qualifiche che mi ha dato erano che aveva lavorato con diversi uomini trans in passato, il che per me andava abbastanza bene. Abbiamo avuto solo un paio di appuntamenti prima che iniziassi la terapia ormonale sostitutiva. L'esperienza dalla terapeuta è stata piuttosto mediocre. Era una donna ultra-affermativa che non sapeva molto delle persone trans. Non è stata per me una grande sfida: mi ha consigliato che se stavo mettendo in dubbio il mio gender, dovevo uscire, comprare un binder [una fascia che nasconde il seno, ndt] e provarlo. Avevo delle resistenze a farlo, ma l'ho fatto su suo suggerimento. Si è rivelato il peggior consiglio che potesse darmi, perché legarti il petto ti rovina il corpo e rende difficile respirare. Ha anche peggiorato la mia disconnessione dal seno. Dopo alcuni mesi con il binder, volevo davvero la mastectomia per poter smettere di usarlo.

Sembra abbastanza normale che la disforia delle donne aumenti quando iniziano a legarsi il seno, il che intuitivamente ha senso. Stai evitando una parte del corpo, ovviamente questo aumenta la tua angoscia quando sei costretta a essere consapevole di quella parte del corpo. La mia terapeuta mi ha dato un simile consiglio terribile, cioè che avrei dovuto prendere il testosterone, perché se mi piaceva prenderlo significava che la transizione era giusta per me. È così interessante come terapeuti che non farebbero mai queste modifiche del corpo su se stessi abbiano questo pensiero magico su come tali modifiche possano essere usate per la scoperta di sé, mentre ne ignorano i rischi fisici. In che modo un terapeuta potrebbe essere d'aiuto piuttosto che incoraggiare semplicemente le modifiche del corpo?

Mi sarebbe piaciuto avere una terapeuta che fosse veramente informata sulla cultura transgender, ma avesse anche capacità di pensiero critico e fosse disposta ad aiutarmi a rallentare e a esplorare davvero la mia angoscia. Penso che sia quello che meritano tutti quelli che soffrono di disforia, ma pochissime persone lo ottengono.

Onestamente penso che sarebbe stato un bene se mi avesse suggerito di uscire da Internet: fondamentalmente, stavo marinando me stessa in una salamoia trans. C'erano molte altre cose su cui avrei dovuto concentrarmi per sentirmi meglio. Penso che avrei avuto bisogno di sondarle più a fondo e di imparare di più su cosa stava succedendo, cosa significa avere la disforia di gender, e forse uscire dalla mentalità che la transizione era qualcosa di obbligatorio da fare.

Vorrei aver avuto una terapeuta che conoscesse la possibilità di una detransizione, così avrebbe potuto vedere i segnali di pericolo. Allo stesso tempo, l'atteggiamento che avevo era del tipo "noi contro loro". Avevo imparato che i terapeuti che "controllano" sono il nemico. Avrei avuto bisogno di una terapeuta che stabilisse una connessione con me e mi aiutasse a smettere di correre, che potesse rassicurarmi che è brutto prendere decisioni frettolose.

Quindi sarebbe stato bene fare una sorta di valutazione effettiva che potesse distinguere tra disforia di gender e altre condizioni. Mi sarebbe piaciuto che qualcuno mi aiutasse a smettere di essere ossessionata dalle paure del suicidio e dai sentimenti del corpo e cercasse di espandere i miei orizzonti. Per esempio, ci sono così tante cose che avrei dovuto fare prima della transizione. Avrei dovuto trovare un nuovo lavoro, forse fare domanda per una scuola di specializzazione, iniziare a fare esercizio fisico, uscire da Internet, farmi degli amici, qualsiasi cosa. Sono cose piuttosto semplici, ma mi avrebbero aiutata. Certo, non sarebbe stato facile per una terapeuta entrare in contatto con me. Ero piuttosto testarda. Ma avevo tutte queste paure e dubbi segreti contro cui stavo lottando. Penso che avrei potuto essere disprezzata se avessi avuto informazioni migliori su quanto siano schifose le transizioni e gli interventi chirurgici e tutto il resto.

Mi colpisce il fatto che gran parte della detransizione riguardi la volontà di mettersi direttamente di fronte ad alcune oscure verità sul mondo. Io penso di non essere tornata a parlare con il mio medico o con la terapeuta in gran parte perché avevo paura delle risposte che avrei avuto. È stato difficile elaborare emotivamente il modo in cui è andata a finire la conversazione?

Quando sono uscita dall'ufficio, continuavo a ripetere, oh mio dio, oh mio dio. Ero solo un topo da laboratorio. Lei non ha mai saputo che cosa stava facendo. Da una parte mi sono sentita un po' giustificata: non ero l'unica ad agire in modo irrazionale. Mi sono resa conto che il mio medico si era comportata in modo molto poco professionale. Ho visto che in retrospettiva, tutti i professionisti non avevano fatto nulla per offrirmi altre opzioni. Avevo uno strano senso di comprensione per la me stessa di prima. A quel tempo, pensavo che la disforia di gender fosse curabile solo con ormoni e chirurgia. Mi era sembrato di non avere opzioni. Assolutamente tutte le informazioni messe a mia disposizione dai professionisti mi raccontavano quella storia.

Quando ci ho pensato più a fondo, mi ha presa un più ampio senso di paura. Mi sentivo così stupida per essermi innamorata di una ciarlatana come lei, ma mi sentivo anche indignata. Doveva essere un dottore. È andata alla facoltà di medicina. Avrebbe dovuto prescrivere medicine. E aveva ammesso di non avere modo di diagnosticare la disforia di gender. Sembrava tutto così sbagliato.

Quante altre persone avrebbero sofferto come me? Sapevo che stava curando dei minori e prescrivendo loro ormoni bloccanti della pubertà.

Quando le ho detto che ci sarebbero stati altri come me, ha detto "Ovviamente"...Ovviamente? Bene, qual è il suo piano per le persone come me? Sembrava che non si assumesse alcuna responsabilità per la sua parte nel sistema.

A chi sta pensando alla transizione, direi: preparati a ​​un'esperienza emotiva. I nostri medici devono saperlo, ma potrebbero non essere pronti a sentirne parlare. Io sono tornata dalla donna che mi ha permesso di farmi del male in modo massiccio e mi sono aperta con lei nella speranza che avrebbe imparato da me. Speravo che potesse darmi qualche consiglio, qualche parte a cui rivolgermi. Ma tutto quello che ha fatto è stato dire che ero "valida". Molte grazie! È difficile aprirsi con qualcuno ed essere accolti con insipide banalità.

Hai preso in considerazione un'azione legale contro il tuo medico?

Ho pensato di fare causa al mio medico dopo la conversazione. Mi era così chiaro che non stava seguendo gli standard di cura WPATH o addirittura alcun tipo di standard medici rigorosi.

Pro nel perseguire un'azione legale:

Combattere il modo attuale di fare le cose. I medici potrebbero essere più attenti nel distribuire ormoni se sapessero che esiste la possibilità che i pazienti li ritengano responsabili se le cose vanno male. La situazione attuale è che, in caso di detransizione, i medici non hanno quasi risorse disponibili che li aiutino ad affrontare i trattamenti che ti hanno prescritto. Mi piacerebbe vedere un po' più di responsabilità tornare in scena. Penso che ci sia un'enorme ondata di detransessuali in arrivo, e so che è terribile passare attraverso queste esperienze.

Mi preoccupo molto per i bambini sottoposti a interventi chirurgici e ormoni prima ancora che possano capire a cosa si stanno sottoponendo. Pensare a un ragazzo di 14 o 15 anni che subisce queste cose è sbalorditivo. Conosco molti detransessuali che stanno soffrendo ma non hanno voglia di fare causa. Penso che finché restiamo in silenzio e non creiamo troppi problemi, i fornitori di tali servizi cercheranno di ignorarci come uno scomodo effetto collaterale di qualcosa di buono che stanno facendo. E questo non è giusto per noi!

Contro nel perseguire un'azione legale:

Sarebbe un'esperienza straziante, brutta e tirata per le lunghe. Molto di ciò che mi ha aiutato ad affrontare il trauma della detransizione è stato onestamente distrarmi dalle mie ferite e provare cose nuove. Se fossi impegnata in una battaglia legale, dovrei affrontarla per tutto il tempo. Sarei sottoposta al controllo e al controinterrogatorio degli avvocati, e dovrei rimanere a testa alta durante questo periodo. Ci vorrebbero mesi, e probabilmente anni, per guardare in faccia il mio trauma e aprirmi al controllo. Dopo aver avuto questo confronto con il mio medico, penso che gli effetti sulla salute mentale sarebbero intensi. Penso che i dottori di solito abbiano buoni avvocati, quindi avrei bisogno di avere accesso anch'io a un buon avvocato. Sarebbe davvero costoso, e molti detransessuali sembrano, per esperienza, essere piuttosto al verde. Io non sono ricca, e sto anche cercando di andare avanti e di ricostruire la mia vita.

Andare avanti e ricostruire una vita è un progetto enorme. Che aspetto ha per te la cura di sé nella detransizione?

Nella mia detransizione, ho attraversato un paio di fasi. Quando ho capito per la prima volta di essermi pentita del mio intervento chirurgico, ho smesso di assumere ormoni e ho iniziato a piangere istericamente ogni singola notte. Mi sentivo completamente mutilata e disgustosa. Le cicatrici sul mio petto colavano e sanguinavano, e mi sentivo come un cadavere ambulante. Mi mancava visceralmente il mio vecchio corpo. Era come perdere qualcuno che è morto, o avere nostalgia di casa come un bambino spaventato. Ero sicuro che la mia vita fosse rovinata. Volevo arrendermi.

Questo è durato per alcuni mesi. Vorrei fare un grande ringraziamento al mio ragazzo per avermi ascoltato blaterare per ogni notte di tutto quel periodo la stessa variazione di "oh cazzo, ho sbagliato così tanto, come posso conviverci?".

Poi ho deciso di fare una coperta gigante a maglia e aspettare di averla finita per vedere se mi sentivo meglio. Fondamentalmente mi sono sentita malissimo per tutto quel tempo, ma ogni volta che sentivo il bisogno di arrendermi, mi dicevo che mi sarei sentita meglio quando la coperta fosse stata fatta. Mi ci sono voluti 6 mesi per finire di lavorare a maglia quel progetto, e quando è finito, mi sono sentita un po' meglio. Non in modo eccezionale, ma ero fuori dalla parte peggiore della mia depressione.

Non mi sento affatto guarita dall'intervento e dagli ormoni, ma mi sento più in pace di prima. Se mi concentro sull'orrore di ciò che mi sono fatta, mi viene voglia di urlare! Quindi un grande meccanismo gestionale per me è stato distrarmi con l'artigianato, i videogiochi e l'esercizio fisico. L'ho abbinato alla terapia EMDR, con un nuovo terapeuta, così ho potuto fare tutte le mie urla di rabbia con un professionista che mi ha calmata e concedere una pausa ai miei amici.

Cerco di essere molto paziente con me stessa e di darmi del tempo. Ho letto qualcosa che diceva che è normale impiegare almeno due anni per iniziare a sentirsi meglio dopo un grande sconvolgimento nella tua vita. Provo ancora molto rimpianto, tristezza e dolore fisico ogni giorno, ma so che ora posso sopravvivere.

Cosa speri di veder creare dal movimento di detransizione? Ci sono delle priorità su cui ritieni sia particolarmente importante per noi concentrarci?

Dobbiamo organizzarci e procurarci delle risorse tangibili l'uno per l'altro. Voglio dire, non fraintendetemi, è bello spargere la voce su Twitter e cose del genere. Voglio davvero che ci sia un'organizzazione senza scopo di lucro per i detransessuali da parte dei detransessuali.

Mi piacerebbe avere una presenza online ufficiale per un'organizzazione detrans oltre all'enorme, meravigliosa rete di account twitter e tumblr che stanno spuntando in questo momento. Per quelli di noi che hanno subito una terapia ormonale sostitutiva o interventi chirurgici, penso che dobbiamo ottenere un'assicurazione che copra la ricostruzione, l'elettrolisi e la terapia ormonale sostitutiva per le persone che hanno perso la capacità di produrre ormoni. Mi piacerebbe che ci fosse più consapevolezza di altri trattamenti per la disforia, in modo che le persone disforiche possano evitare il dolore e le spese di inutili interventi chirurgici e ormoni. Forse potremmo anche trovare buoni avvocati e terapeuti verso i quali aiutare a indirizzare le persone. C'è così tanto da fare, è un campo così enorme! Ma è un punto cruciale in questo momento, in cui potremmo fare una grande differenza.

 
Una domanda sul "battesimo correttivo"

Domanda: "Da battista mi sono convertito all'Ortodossia, e anche se sono passati molti anni (circa 20) da quando sono stato accettato nell'Ortodossia tramite la cresima, ho letto alcune cose nel Pedalion, e in canoni che affermano che questa cosa è anatema per la fede della Chiesa. Ancora oggi, dopo tutti questi anni, sento che avrei dovuto essere battezzato, eppure ho ricevuto altri sacramenti nella Chiesa. Ho un certificato di cresima, ma mi sento ancora molto a disagio! Dovrei essere battezzato adesso nella Chiesa ortodossa?"

La risposta breve è "no". Ma per arrivare alla risposta più lunga, ci sono diverse cose da considerare qui:

Se la domanda è: un battista, che è stato battezzato con una singola immersione, dovrebbe essere ricevuto con la cresima? La mia risposta è che a mio parere non si dovrebbe fare così. La ragione di questo è che l'essere battezzati per triplice immersione (o infusione, in caso di necessità) nel nome della Trinità è la norma canonica di un battesimo, valida in forma esteriore. Il canone 7 del Secondo Concilio Ecumenico elenca vari gruppi che dovrebbero o essere ricevuti per confessione di fede, o per mezzo della cresima, ma cita espressamente che gli eunomiani "che sono battezzati con una sola immersione" devono essere ricevuti per mezzo del battesimo. Naturalmente ci sono vescovi e giurisdizioni che prendono la posizione che chiunque sia battezzato nel nome della Trinità dovrebbe essere ricevuto con la cresima, anche se è stato battezzato con una sola immersione, ed è per questo che lei è stato accolto in questo ​​modo.

La pratica storica della Chiesa russa è stata quella di ricevere monofisiti, cattolici, riformati (anglicani, presbiteriani) e luterani per economia. Fin dagli anni '70, la prassi della Chiesa russa fuori dalla Russia è stata di battezzare tutti i convertiti, di regola, a meno che il vescovo non dia una benedizione particolare per ricevere qualcuno per economia.

Un'altra domanda che dovremmo prendere in considerazione è: come vede la Chiesa i battesimi di quelli che sono al di fuori della Chiesa? Il vero battesimo unisce uno alla Chiesa, e, ovviamente, i battezzati al di fuori della Chiesa non sono uniti alla Chiesa per mezzo del loro battesimo. Noi non passiamo alcun giudizio sulle anime di coloro che sono fuori della Chiesa, e lasciamo tale questione nelle mani di Dio, ma possiamo dire che almeno in questa vita, rimangono al di fuori della Chiesa, fino a quando e a meno che non siano ricevuti nella Chiesa ortodossa.

Nella Chiesa antica c'era una disputa sul fatto che i convertiti che erano stati battezzati da eretici o scismatici dovessero essere battezzati o meno. San Cipriano di Cartagine prese la posizione che dovevano essere battezzati, e presiedette a Cartagine un concilio che dichiarò che non vi è alcun vero battesimo al di fuori della Chiesa. Questo canone è stato affermato dal Sesto Concilio Ecumenico nel suo secondo canone. Tuttavia, lo stesso canone ha anche affermato i canoni di san Basilio, il cui primo canone offre un po' più di sfumature. Egli accettava che la Chiesa non avesse l'obbligo di riconoscere i battesimi che si svolgono al di fuori della Chiesa, ma affermava che li può riconoscere per il bene dell'"economia", anche se osservava allo stesso tempo che in diverse regioni, avevano diverse pratiche su come ricevere alcuni eretici o scismatici.

Che cosa succede, dunque, quando la Chiesa accetta "per economia" un battesimo che è stato fatto al di fuori della Chiesa? Sant'Agostino paragonava il battesimo al "marchio militare", che era un tatuaggio fatto a un soldato quando entrava nell'esercito romano, e mostrava il comandante a cui apparteneva. Sant'Agostino diceva che un tale marchio poteva essere mantenuto dai disertori (scismatici), e poteva essere fatto illecitamente a quelli che non erano mai stati nell'esercito, eppure a meno che, e fino a che, tali uomini in realtà entravano (o rientravano) nell'esercito, quei marchi non avevano il vero significato che dovevano avere... tuttavia, se rientravano davvero oppure entravano nell'esercito, non c'era bisogno di rifare il marchio. E quindi ciò che succede quando qualcuno è ricevuto per economia è che questa persona è finalmente unita alla Chiesa, e al suo battesimo è quindi dato il vero significato di ciò che è il vero battesimo.

Ma torniamo alla questione di cosa fare con qualcuno che è stato battezzato con una singola immersione, ed è stato ricevuto per economia. Anche se, come ho detto, io non sono d'accordo che si debba fare una simile ricezione, il fatto è che è stata fatta. I vescovi, come successori degli Apostoli, hanno il potere di legare e di sciogliere (Matteo 18:18), e così quando il vescovo della parrocchia in cui lei è stato ricevuto ha preso la decisione di riceverla in tal modo, lei è stato veramente accolto nella Chiesa. Se qualcuno dovrà rispondere di questo, sarà il vescovo, e non lei. E quindi non permetta a se stesso di essere turbato ulteriormente da questa domanda.

Padre Seraphim (Rose) era un metodista che è stato ricevuto per mezzo della cresima sotto l'autorità di san Giovanni di Shanghai.

La nuova martire Elisabetta Fjodorovna era una luterana, che è stata ricevuta per mezzo della cresima prima della rivoluzione, e ora è una santa molto venerata della Chiesa.

 

 
Un po' di umorismo sui calici da comunione

Un dilemma eucaristico:

Si sono ingigantiti i vasi sacri...

...oppure si sono rimpiccioliti sua Santità il Patriarca e i suoi concelebranti?

 

Forse si è preso davvero alla lettera il detto di san Giovanni Battista: "Egli deve crescere e io diminuire" (Gv 3:30)!

Al di là di questi episodi un po' buffi, ringraziamo Iddio per averci fatto vedere ai nostri giorni questi calici giganti, segno di migliaia di comunicanti che si radunano a ricevere i Santi Misteri del corpo e del sangue di Cristo: questo, per chi sa con quanta attenzione si preparano di solito i comunicanti ortodossi prima di accostarsi al calice, è il segno più miracoloso.

 
Recensione cinematografica - 1612: Khroniki smutnogo vremeni

1612: Khroniki smutnogo vremeni (1612: Cronache del Tempo dei Torbidi) è un film russo del 2007, diretto da Vladimir Khotinenko, ambientato tra la morte di Boris Godunov (il primo tsar non rurikide della Russia) nel 1605 e l’anno della battaglia di Mosca, il 1612, con la sconfitta dei polacchi e l’ascesa al trono della dinastia dei Romanov.

Chi conosce il cinema post-sovietico trova questo film non così brutto a paragone di molte produzioni mediocri che appaiono oggi su ogni canale televisivo, ma sicuramente non un capolavoro.

Per chi ha studiato la storia del Tempo dei Torbidi, la sceneggiatura di 1612 è di pura fantasia. Naturalmente c’è chi sostiene a buona ragione che i film “basati” su fatti storici hanno tutto il diritto a una rappresentazione fittizia (a maggior ragione un film in cui una comparsa ricorrente è un unicorno!) tuttavia, almeno in Italia, il Tempo dei Torbidi è pressoché sconosciuto, quindi non sono fuori luogo alcuni paragoni tra la storia del film e quella vera.

Se ci sono due figure-chiave del popolo russo nel Tempo dei Torbidi, sono quelle del principe Dmitrij Pozharskij e di Kuzma Minin. Pozharskij appare solo in due scene del film, ed è interpretato da Mikhail Porechenkov in un modo che - per essere buoni - possiamo definire “non brillante”. Kuzma Minin è “missing from action”: la sua figura, che avrebbe sottolineato il valore della sollevazione popolare dei russi e la concordia tra cittadini e principi, è stata fatta semplicemente evaporare. Il film è stato visto da alcuni come una fiction celebrativa del governo russo (così come Barbarossa era una celebrazione degli ideali leghisti in Italia): se è così, non si riescono a capire i motivi di questo clamoroso autogol con l’eliminazione di uno dei due grandi eroi russi, e l’effettiva anestesia totale dell’altro.

Il santo patriarca Ermogene è trattato di passaggio, in modo tanto caricaturale da far piangere chiunque sappia un poco della sua storia (e di quanto fu duramente trattato dai polacchi, che lo fecero morire di inedia).

La figura più negativa, il falso Dimitri, è relegata nel film a un breve ruolo iniziale, mentre la sua parte nell’uccisione dei Godunov è interpretata dai polacchi (per esigenze di copione dovute agli eventi futuri); con una descrizione più chiara di questo controverso personaggio il film avrebbe spiegato meglio il Tempo dei Torbidi.

La figura di Ksenija Godunova (una vera eroina tragica di quei tempi) è stata violentata in più di un senso. Se Ksenija fu davvero costretta a vivere con un tiranno, questo fu il falso Dimitri, e non un semi-sconosciuto atamano polacco. Alla morte dell’usurpatore, andò immediatamente a vivere in monastero, per cui il suo viaggio, le pretese alla sua mano come erede al trono, e le storie della sua conversione al cattolicesimo sono pura finzione, forse per regalare al film l’indispensabile principessa da fiaba: un peccato, perché il suo effettivo ruolo nella memoria dei Godunov ne avrebbe fatto un personaggio interessante quanto insolito.

Il monaco stilita è interpretato da Valerij Zolotukhin, uno dei più grandi e versatili attori russi (teatro, cinema, TV), tanto da meritarsi il titolo di Attore del Popolo nel 1987. Forse c’è qualcosa di ironicamente biografico nella scelta del ruolo: dalla sua infanzia, per diversi anni Zolotukhin è vissuto con un busto e un paio di stampelle, non diversamente dal monaco che interpreta nel film. Purtroppo la sua interpretazione del monaco risulta più simile a quella di Gandalf ne Il Signore degli Anelli che a quella di un autentico monaco del grande abito (di cui, certamente, i dintorni di Mosca oggi non sono privi): un’occasione perduta per lasciare un ricordo più profondo nella memoria degli spettatori.

Michał Żebrowski, l’attore numero 1 del cinema d’azione polacco, riesce a dare spessore e credibilità al ruolo dell’eroe negativo. Peccato che non si possa dire altrettanto dei personaggi che interpretano autentici ruoli storici. L’eroe positivo è Pjotr Kislov, un equivalente russo degli hollywoodiani Johnny Depp e Orlando Bloom: dato che lo script del film gli nega il destino di principe azzurro, deve accontentarsi di un ruolo di “tsar suo malgrado”, in un climax finale in cui ogni pretesa di coerenza, non solo di storia ma anche di copione, sembra definitivamente perduta.

Neanche il messaggio promozionale alla fine del film (“il 4 novembre 1612 i russi liberarono Mosca”) è corretto. Il 4 novembre 2005, giorno dell’anniversario dell’ingresso di Pozharskij e Minin al Cremlino di Mosca come liberatori, è stato effettivamente la prima celebrazione del Giorno dell’Unità del Popolo, ma... l’evento a cui si riferisce non ebbe luogo il 4 novembre 1612, secondo qualsiasi computo del tempo allora in uso: c’è da stupirsi che gli sceneggiatori russi non abbiano mai sentito parlare del calendario giuliano.

Alcune stranezze del film sono meno insolite di quanto si creda: per esempio, i cannoni di cuoio sono realmente esistiti, anche se non ci sono documenti del loro uso nel Tempo dei Torbidi. I costumi sono molto ben realizzati (anche troppo: le ali degli ussari polacchi, per ovvie ragioni, si indossavano solo in parata, non nelle marce e tanto meno in battaglia), e le scene di massa e di battaglia riservano sorprese.

Il film è tutto sommato gentile, e cerca di dare un’ambientazione tollerabile a uno dei periodi più intollerabili della storia. Perfino una scena di nudo integrale (la sauna delle ragazze) è trattata con una modestia che il cinema occidentale farebbe bene a imitare. Purtroppo, ci sono scene di battaglia piuttosto raccapriccianti, che rendono il film sicuramente inadatto ai bambini e a una visione familiare.

Gli italiani che vedono il film in lingua originale saranno stupiti dalle battute in italiano recitate benissimo (perfino l’italiano con accento polacco), magari i film anglosassoni usassero attori e doppiatori italiani tanto competenti... Per gli italiani invece è un po’ scioccante vedere un’inquadratura della Roma contemporanea trattata come la Roma del 1600. Il film è di scarso valore per chi sta studiando il russo, dato che il linguaggio impiegato è in molti casi un pessimo bydlorusskij, sconsigliato a chi non voglia imparare il gergo dei teppisti di strada.

Il vero guaio del film è il suo tentativo (in autentico stile russo) di coprire tutto: dramma patriottico e storia di fantasia, romanzo di amore e di guerra, di conflitto di religione, di magia e di misticismo, di cappa e spada e di umorismo: non è facile trovare un equilibrio tra tutti questi elementi, e quella che si viene a perdere prima di tutte è la coerenza generale della trama.

1612 non resterà certamente un film memorabile nella cultura russa, ma ha almeno il pregio di ricordare il quarto centenario di un evento che ha segnato la storia del mondo e della Chiesa ortodossa: la nascita dello stato russo moderno.

Il film si può trovare su YouTube:

 

 
"Andrej Rublev" (1966) di Andrej Tarkovskij

Nel 1932, l'anno di nascita di Andrej Tarkovskij, Stalin dichiarò che la Chiesa ortodossa russa sarebbe stata spazzata via entro cinque anni. Attraverso la chiusura forzata di chiese, il sequestro di beni della Chiesa, la prigionia e l'esecuzione di vescovi, sacerdoti e laici accoppiata con la propaganda anti-religiosa, il regime sovietico, dopo la rivoluzione, aveva speso grandi quantità di energia per combattere "l'oppio delle masse". Nonostante il decreto del 1927 in cui il capo ad interim della Chiesa ortodossa russa, il metropolita Sergio, aveva dichiarato la fedeltà della Chiesa al regime sovietico, nel tentativo di mitigare le persecuzioni, la Chiesa ortodossa rimaneva uno dei principali avversari ideologici del comunismo. La vita spirituale era vista come antitetica al dogma comunista materialista.

Nel 1966, l'anno in cui uscì l'epico Andrej Rublev di Tarkovskij, il regime sovietico aveva in qualche modo modificato la sua posizione nei confronti della Chiesa. Nel 1943, dopo la vittoria russa a Stalingrado, Stalin sancì la ricreazione del patriarcato di Mosca, utilizzando la Chiesa come agente unificante per rafforzare il patriottismo e l'identità nazionale dopo una guerra devastante. Anche se la persecuzione della Chiesa ebbe fasi alterne nel corso dei successivi due decenni, al momento dell'uscita di Andrej Rublev, il regime sovietico era ancora disposto ad accettare alcuni aspetti della vita religiosa che potevano essere utilizzati per costruire un sentimento nazionalista.

Anche la posizione sovietica sull'arte era utilitaristica, essendo riassunta in questa dichiarazione del Partito Comunista, fatta meno di un decennio dopo la rivoluzione: "Il cinema può e deve occupare un posto importante nel processo di rivoluzione culturale come mezzo per un'ampia opera educativa e per la propaganda comunista, per l'organizzazione e l'educazione delle masse intorno agli slogan e ai compiti del partito". Con la morte di Stalin nel 1953 arrivò il "disgelo" di Krusciov. Gli artisti cominciarono ad allontanarsi un po' dai parametri del realismo socialista e dell'arte creata per scopi di partito. Ma anche allora, l'arte che non rispettava le norme sovietiche era sanzionata dall'Unione degli Artisti, sponsorizzata dallo Stato. Ancora nel 1974, artisti non conformisti affrontarono vessazioni da parte delle autorità quando le loro esposizioni furono rase al suolo dal KGB per non essere conformi alle norme del realismo socialista. Questo è il clima in cui è stato prodotto Andrej Rublev, un film su un santo cristiano ortodosso considerato il più grande degli iconografi russi per le visioni sulle realtà spirituali offerte dalla sua opera.

Andrej Tarkovskij nacque a Jur'evets sul Volga il 4 aprile 1932 e morì a Parigi l'8 dicembre 1986. Era il figlio del poeta Arseni Tarkovskij e dell'attrice Maria Tarkovskaja. Dal 1951 al 1954 Tarkovskij studiò arabo presso l'Istituto di Lingue Orientali di Mosca, e poi per un breve periodo studiò geologia in Siberia. Nel 1956 Tarkovskij entrò nella scuola cinematografica sovietica di Stato, dove studiò sotto la direzione di Mikhail Romm. Romm era diventato famoso per le sue raffigurazioni di Lenin in una serie in tre parti intitolata Leniniana. Per questa e altre sue opere, a Romm era stato assegnato un totale di cinque premi Stalin. Anche se la sua impostazione era del tutto in contrasto con lo stile di Andrej Rublev, l'insegnante di Tarkovskij riteneva che il cinema dovrebbe essere una "osservazione diretta della vita".

Non si sa molto sui dettagli della vita religiosa di Tarkovskij. Tuttavia, l'amico di Tarkovskij Michal Leszczylowski ha detto che "la religione aveva un ruolo importante nella vita di Tarkovskij e lui era sempre pronto a incontrare persone religiose, per discutere con loro i problemi della fede". È attraverso l'arte di Tarkovskij che arriviamo a comprendere più pienamente la natura della sua fede.

Tarkovskij capiva che vi è un legame tra arte e spiritualità. "L'arte nasce e prende piede ovunque ci sia un desiderio senza tempo e insaziabile per lo spirituale". Questo legame tra arte e spiritualità è caratterizzato nella rappresentazione di Andrej Rublev fatta da Tarkovskij. Completato nel 1966, ma non uscito in Unione Sovietica fino al 1971 a causa della censura, Andrej Rublev vinse il Premio FIPRESCI al Festival di Cannes nel 1970. Fu salutato dai critici cinematografici come uno dei più grandi film, se non il più grande, di tutti i tempi. Appena sei anni prima del completamento del film, il 600° compleanno di Andrej Rublev fu celebrato in Unione Sovietica con l'appoggio ufficiale delle autorità. Inclusa nelle celebrazioni era l'apertura del Museo Andrej Rublev di arte russa antica. La diffusa attenzione alla memoria di Rublev in questo momento fornì a Tarkovskij l'occasione di "occuparsi di questioni spirituali con il pretesto della mitopoiesi patriottica". Nonostante quello che sembrava un tempo maturo, la persecuzione religiosa continuava, rendendo ancora la produzione di Andrej Rublev una sorta di rischio. L'anno 1962 vide la reiterazione di una legge che negava ai genitori il diritto di educare i propri figli come credenti, sostenuta da giustificazioni ideologiche. Tra il 1958 e il 1966, il numero delle comunità ortodosse registrate nella diocesi di Vladimir, dove è fu girata gran parte del film, diminuì del 17 per cento, lasciando solo 54 chiese e monasteri. Mosca vide un declino del 19 per cento nel corso di questi anni. Eppure, Tarkovskij continuò con la produzione.

Andrej Rublev, in termini semplici, è il racconto biografico del celebre iconografo. Rublev era un monaco della Lavra della Trinità e di san Sergio e un discepolo del fondatore del monastero, San Sergio di Radonezh. A Rublev sono attribuite, tra le altre opere, l'iconografia della cattedrale dell'Annunciazione a Mosca e la cattedrale della Dormizione a Vladimir, e la più famosa icona della Santissima Trinità. Lo stile di iconografia di Rublev si diparte dallo stile bizantino più angolare. Forme meno nitide sono utilizzate per creare un'immagine più morbida. L'icona della Santissima Trinità è molto apprezzata per la sua pura rappresentazione della teologia trinitaria ortodossa. Il genio di Rublev entra nella sua presentazione dell'unico Dio cristiano in tre ipostasi, o persone. Le tre ipostasi della santissima Trinità – Padre, Figlio, e santo Spirito – sono rappresentati come figure uguali, ma uniche. Il perfetto posizionamento che Rublev dà alle tre persone permette un senso di unione tra le tre, che si riconoscono tutte a vicenda, mentre un simbolo dell'eucaristia, la vita che hanno dato al mondo, poggia su un tavolo tra di loro. Tra di loro esiste anche lo spazio in cui lo spettatore dell'icona sembra quasi chiamato ad entrare dalla posizione delle tre persone. Questo spazio può essere inteso come le energie creative e l'amore che scorre tra i tre. È qui, in questo spazio apparentemente vuoto , eppure del tutto completo e unificato, che possiamo cominciare a penetrare il significato di Andrej Rublev.

Robert Bird sottolinea che l'icona della Trinità ha ispirato Tarkovskij "nella struttura tematica del film, nella sua composizione visiva, e anche nella sua aspirazione a dare voce a una cultura messa sotto silenzio". È attraverso questa ispirazione dell'icona che Tarkovskij arriva a presentare la storia di Andrei Rublev, che visse sotto l'opprimente giogo mongolo del primo quarto del XV secolo. Un giogo, naturalmente, per molti aspetti non molto diverso da quello sovietico sotto il quale viveva Tarkovskij. In questo senso il film traccia un parallelo tra Tarkovskij e Rublev nel trattamento delle avversità che un artista deve sopportare mentre allo stesso tempo mantiene l'integrità artistica e produce arte di qualità.

Il film di Tarkovskij manca di "narrazione lineare chiara", e si presenta principalmente per mezzo di impressioni estetiche che lo spettatore deve ricevere e interpretare per ottenere un senso del significato globale del film. Tarkovskij utilizza queste impressioni, o immagini, come se fossero pezzi di un mosaico. Quando uno si trova troppo vicino ad un mosaico tutto l'insieme non può essere adeguatamente compreso. Bisogna arretrare e visualizzare il mosaico nella sua interezza per vedere la sua vera bellezza e dargli un significato. Le scene di Tarkovskij presentano un'estetica o un sentimento, non una rigorosa trama o narrativa. È questo stile che permette l'assenza di Rublev, il protagonista, per grandi parti del film. Attraverso le sue impressioni Tarkovskij ritenne possibile catturare l'essenza del carattere e della vita di Rublev, anche senza la sua presenza, proprio come il "vuoto" tra le tre persone nell'icona della Trinità di Rublev è in grado di catturare l'essenza della Trinità.

Questa mancanza della partecipazione di Rublev nel film si vede meglio nell'episodio intitolato "La scorreria". Qui Tarkovskij pone Rublev come "uno spettatore al nostro fianco". È in questo segmento del film che Rublev incontra lo spirito del defunto Teofane dopo la distruzione da parte dei tartari di una chiesa in cui Rublev aveva completato una iconostasi. Teofane, che ora dimora con Dio, non ha bisogno di forme fisiche per elevare la sua mente al divino. Teofane spiega che le immagini e le parole non riescono a dare la misura della gloria della verità e dell'esperienza diretta di Dio. Queste immagini esistono per dare agli uomini impressioni pie come mezzo di contatto con il divino, eppure non vi riescono pienamente. È a questo punto che Rublev, scosso dalle parole di Teofane, rinuncia sia alla parola sia alla pittura di icone come sforzi essenzialmente inutili.

L'episodio successivo, "Il silenzio", manca di qualsiasi discorso di Rublev, e Tarkovskij ci presenta personaggi asciutti, banali, a volte incomprensibili, come i mongoli che non parlano russo. "Il silenzio" è seguito da "La campana", in cui Rublev riacquista la sua volontà di parlare e creare. Il tentativo apparentemente senza speranza della fusione di una campana sotto la guida di Boriska, un giovane con poca abilità, viene a rappresentare le speranze di un intero villaggio. La campana, di fatto, viene fusa e suona. Al suono della campana si vede Rublev mentre conforta Boriska, che temeva la campana non suonasse. Boriska qui serve come una rappresentazione di Rublev che viene a patti con i talenti che Dio gli ha ispirato. Boriska temeva che la sua campana non suonasse, nello stesso modo in cui Rublev temeva il fallimento nella sua rappresentazione delle cose divine. Vediamo Rublev che sorregge Boriska vicino allo stesso punto in cui due episodi prima era stata girata la scena della crocifissione. Ora, però, la croce è stata sostituita dalla risurrezione che la campana serve a rappresentare.

La mancanza in Andrej Rublev di un chiaro movimento lineare non legato al tempo e allo spazio può creare un effetto di vertigine nello spettatore. Eppure sono le impressioni estetiche create da Tarkovskij che legano le parti apparentemente disgiunte per creare una verità più misteriosa a un livello più profondo delle parti stesse. È questa attenzione alla bellezza, piuttosto che un chiaro e ordinato costrutto filosofico, che io ritengo la caratteristica fondante del film. Una caratteristica che, a mio avviso, è decisamente russa. È un amore per la bellezza che supera la comprensione che ha aiutato Rublev a creare la sua icona della santissima Trinità, una vera e propria "finestra sul cielo", in un momento in cui il dominio tataro sembrava ostacolare tale creatività. È questa stessa comprensione e l'amore per la bellezza che ha permesso a Tarkovskij di creare Andrej Rublev, in un periodo della storia russa dominato da coloro che hanno cercato di sradicare questo amore e sostituirlo con freddo realismo e materialismo. In questo film Tarkovskij unisce questi due mondi insieme per presentare l'atemporalità dell'impulso creativo e del desiderio di verità dell'uomo. Non limitando Rublev a un iconico status storico, cosa che la narrativa lineare e il linguaggio arcaico avrebbero aiutato a fare, Tarkovskij è in grado di creare un Rublev più universale. Tarkovskij voleva che "lo spettatore vedesse Rublev con 'gli occhi di oggi'," per dimostrare che lo spirito umano può trionfare nelle circostanze più difficili.

 
Perché i cristiani ortodossi celebrano il nuovo anno il primo giorno di settembre (1/14 settembre)

Il primo giorno del mese di settembre i cristiani ortodossi festeggiano il nuovo anno ecclesiastico o Capodanno della Chiesa. È anche un giorno segnato da preghiere per l'ambiente, che ci ricordano di essere buoni amministratori del mondo che ci circonda.

Quindi è questo il nuovo anno?

Il vecchio termine romano per questo giorno è Indictio, che significa "definizione" o "ordine". Questa era una giornata stabilita come l'inizio di un ciclo di quindici anni, che segnava la ridefinizione degli obblighi fiscali per i cittadini romani (soprattutto perché i soldati romani servivano per una ferma di quindici anni), probabilmente fin dal tempo di Cesare Augusto.

Una delle novelle dell'imperatore san Giustiniano (anno 537) decretò che tutti i documenti ufficiali dell'Impero avrebbero dovuto includere il riferimento all'indizione. Quando si cerca di datare i manoscritti di questo periodo, può essere utile sapere l'anno dell'indizione (da 1 a 15), perché le date o gli anni esatti appaiono meno comunemente. E quando si trova una data, corrisponde di solito all'Anno Mundi (in ebraico: לבריאת העולם) o "anno del mondo", a partire dalla data della creazione.

L'Anno Mundi (AM) è servito come punto di partenza per i calendari fino all'epoca moderna in molte parti del mondo, ed è ancora un punto di riferimento liturgico sia per il giudaismo moderno sia per i cristiani. (Anche gli ebrei segnano l'inizio del nuovo anno nel mese di settembre, ma in una data fluttuante).

La data della creazione del mondo, individuata da una lettura letterale delle storie patriarcali della Settanta greca – era determinata attorno al 5500 a.C. sul nostro calendario moderno, con alcune variazioni qua e là. Nel calendario giuliano, la data di creazione era fissata al 1 settembre del 5509 a. C, con la nascita di Gesù Cristo che ha avuto luogo nel 5509 AM, cioè 5.509 anni dopo la fondazione del mondo.

Nel 1597, il patriarca Teofane I (Karykes) di Costantinopoli utilizzò per primo una data basata sull'era cristiana. Invece di segnare date sulla base della fondazione del mondo, l'Incarnazione di Gesù Cristo è diventata il punto cruciale della storia umana - e così nacque la distinzione tra a. C. (avanti Cristo) e AD (Anno Domini o "nell'anno del nostro Signore").

Questo divenne ufficiale a Costantinopoli nel 1728 e in Russia (per opera di Pietro il Grande) nel 1700, con il calendario giuliano che ancora serviva come computo dei giorni e dei mesi.

Mentre il calendario dell'Anno Mundi non è più maggioritario (o parte dei calendari civili delle nazioni prevalentemente ortodosse), serve ancora come base del nostro calendario liturgico.

Raccolto, ringraziamento e semina

Segnando l'inizio di un nuovo anno nel mese di settembre, l'Impero, e più tardi, la Chiesa ortodossa hanno associato il nuovo anno al raccolto delle colture. Come si facevano i preparativi per l'inverno, così si facevano anche i preparativi per l'anno a venire.

Per i cristiani, era un momento di ringraziamento, ricordando il buon clima e le piogge abbondanti che il ​​Signore aveva donato per il raccolto – una cosa per la quale preghiamo a ogni Divina Liturgia.

Questo comporta stretti parallelismi con la festa delle trombe del popolo di Dio pre-incarnato (Lev 23:23-25):

E il Signore parlò a Mosè, dicendo: "Parla ai figli d'Israele, e dì loro: 'Il settimo mese, il primo giorno del mese, farete riposo, un memoriale delle trombe; sarà per voi una santa convocazione. Non farete alcun lavoro servile, e porterete un olocausto al Signore'."

Come osserva il sinassario, questo fu anche il giorno in cui Cristo entrò in una sinagoga a leggere dal libro di Isaia (cfr Lc 4:16-30).

Segnando l'inizio del nuovo anno al momento del raccolto, ci ricordiamo ogni anno della nostra dipendenza dal duro lavoro e dalle benedizioni di Dio. Al di là delle benedizioni materiali e della salute dei raccolti, questo si applicava (come fanno molti dei nostri inni) alle questioni imperiali, tra cui le preghiere per la protezione dai nemici:

O creatore dell'universo, che hai impostato i tempi e le stagioni per tua sola autorità, benedici il ciclo dell'anno della tua grazia, o Signore, custodendo i nostri governanti e la tua nazione in pace, per l'intercessione della Theotokos, e salvaci.

-Apolytikion (tono secondo)

Tu che hai creato tutte le cose nella tua infinita sapienza, e hai impostato i tempi per tua autorità, concedi vittorie al tuo popolo cristiano. Benedicendo i nostri ingressi e le nostre uscite nel corso di quest'anno, guida le nostre opere secondo la tua divina volontà.

-Kontakion (tono quarto)

E se consideriamo le crescenti calamità naturali, siccità, inondazioni, incendi, uragani, e carestie, dovremmo essere ancora più attenti in questa moderna era tecnologica, e pregare ancor di più per queste cose, non di meno.

Non siamo usciti con le nostre forze dalla dipendenza da Dio. Al contrario, più aumentano le nostre capacità, tanto più abbiamo bisogno del favore e della misericordia di Dio.

Responsabilità ecologica

E questo porta al mio ultimo punto: il nuovo anno ecclesiastico è ora una giornata caratterizzata da preghiere per la cura dell'ambiente.

Il patriarca Demetrio di Costantinopoli ha promulgato nel 1989 un'enciclica per l'ambiente, che chiamava tutti i cristiani ortodossi a pregare e a proteggere il mondo che ci circonda. La sua enciclica ha stabilito anche il 1 settembre – l'inizio del nuovo anno della Chiesa, come "un giorno di preghiera per la protezione dell'ambiente" per il Patriarcato ecumenico, cosa che è stata adottata poco dopo dal resto delle Chiese ortodosse canoniche. (Il Vaticano ha recentemente seguito l'esempio).

Dal momento della sua elevazione a patriarca ecumenico, il patriarca Bartolomeo ha promulgato ogni anno il 1 settembre un'enciclica sull'ambiente. Bartolomeo è affettuosamente conosciuto come "il patriarca verde", e spesso parla della salvaguardia del creato a un pubblico internazionale.

E tutto questo ha perfettamente senso.

L'inizio del nuovo anno è stato per secoli una commemorazione della fondazione del mondo (Anno Mundi). È un giorno per rendere grazie a Dio per un raccolto abbondante. È un giorno che riconosce la protezione di Dio sul mondo e la sua provvidenza, insieme alla nostra responsabilità e tutela per il creato.

Tutto questo risale naturalmente alla storia della creazione stessa, una storia in cui al genere umano rappresentato da Adamo ed Eva viene data la terribile responsabilità di prendersi cura di ogni creatura vivente. Una restaurazione della pace tra l'uomo e l'ordine creato si trova nel cuore della redenzione e della divinizzazione, e ciò è in definitiva il tema del nuovo anno ecclesiastico.

Conclusione

Come ho già detto in altri articoli, l'anno della nostra Chiesa inizia e finisce con la vita di Maria. La Natività di Maria è la prima grande festa dell'anno, mentre la sua Dormizione o il suo "addormentarsi" è l'ultima.

In questo ciclo vediamo l'incarnazione del Dio-uomo Gesù Cristo al centro della nostra storia come popolo di Dio. E tra questi due punti di riferimento abbiamo questa festa che potrebbe, a prima vista, sembrare un residuo peculiare o addirittura irrilevante dell'Impero Romano.

Piuttosto, il nuovo anno ecclesiastico serve come punto cruciale per tutta la nostra vita liturgica di ogni anno.

Diamo il nostro addio al vecchio e il benvenuto al nuovo. Rendiamo grazie per ciò che il Signore ha fatto, e chiediamo la sua benignità e protezione per i giorni a venire. Ci prendiamo un momento di pausa per considerare il nostro impatto sul mondo che ci circonda, e se le nostre azioni procedono da un cuore di egoismo o da un cuore di compassione.

Questo è un giorno di festa che punta al centro stesso del messaggio di Cristo, della vera spiritualità cristiana: preghiera, digiuno, elemosina. Preghiere per le benedizioni visibili e invisibili, digiuno per il bene del mondo e per la nostra mortificazione, e l'elemosina per la cura degli altri. Sacrificio di sé e promessa, bellezza e autocontrollo.

Quindi, stappate una bottiglia di champagne e portate le vostre richieste al Signore. È l'inizio di un nuovo anno.

 
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Ebbene, Gesù era un falegname! Sacerdote con un diploma in falegnameria costruisce un gioiello di chiesa... in un capanno da giardino

Forse padre Stephen Weston ha preso spunto dal fatto che Gesù era il figlio di un falegname, quando ha costruito nel suo giardino la chiesa più piccola della Gran Bretagna.

Padre Stephen, 63 anni, ha costruito la chiesa Ortodossa di San Fursey a Norfolk con appena diploma in falegnameria, ottenuto 14 anni fa, al suo attivo.

Gli archi bizantini del capanno di legno, lungo 5,5 metri e largo 4,5 metri, sono diventati un punto di riferimento locale nel bel mezzo della residenza di padre Stephen Weston.

Padre Stephen Weston di Sutton, nel Norfolk, ha costruito nel suo giardino la chiesa più piccola della Gran Bretagna - misura solo 5,5 per 4,5 metri

All'inizio: padre Stephen, 63 anni, ha costruito la chiesa ortodossa di San Fursey a Norfolk con appena un diploma in falegnameria, ottenuto 14 anni fa, al suo attivo

Oggi: La chiesa di San Fursey, nel capanno dietro la casa di padre Stephen, è così piccola che ha appena abbastanza spazio per il suo imponente costruttore, alto oltre 1 metro e 90

San Fursey è una chiesa così piccola che le processioni sacre a ogni servizio richiedono solo dieci passi avanti e due passi di lato.

Non c'è spazio per sedersi, e dopo le funzioni i fedeli passano attraverso una porta nel soggiorno del sacerdote per una tazza di caffè.

Ma per la Chiesa ortodossa antiochena - molto simile alla chiesa greco-ortodossa ma di lingua inglese - questo è un luogo ufficiale di culto, dopo che è stato benedetto da un vescovo.

Grandi piani: Padre Weston con il modello della nuova chiesa, costruita da Patrick Robinson, un membro della congregazione

I fedeli regolari presso la chiesa sono ora cresciuti a sette, tra cui due pensionati con il loro girello, il che significa Padre Weston deve ora prevedere un’espansione della chiesa.

Il sacerdote ha detto: 'In una Liturgia al sabato abbiamo avuto 18 persone in chiesa ed era veramente un po' sovraffollata. Vorremmo vedere la nostra congregazione crescere, una gran parte dei servizi di ortodossi è cantata e non recitata e nelle chiese ortodosse più grandi è guidata da un coro e il popolo si unisce al canto. A San Fursey questa non è un'opzione, tutti sono il coro e ognuno nella congregazione canta'.

Padre Stephen ha servito come sacerdote anglicano nella Chiesa d'Inghilterra per 20 anni prima di essere disilluso dai suoi ideali, all'età di 50 anni.

Ha detto di essere stato turbato dalla direzione in cui la Chiesa anglicana si stava dirigendo e ha ammesso che l'ordinazione delle donne al sacerdozio è stata 'la goccia che ha fatto traboccare il vaso'.

Stephen è entrato nella Chiesa ortodossa e in mancanza di un luogo di culto in lingua inglese, ha deciso di costruire il proprio nel villaggio di Sutton, Norfolk, nel 1998.

Un gruppo di volontari ha impiegato poco più di sei mesi per completare la struttura con un costo di sole 5.000 sterline e ha iniziato a tenervi funzioni mentre era ancora un cantiere.

La chiesa non ha bisogno di essere consacrata, perché è legalmente considerata una cappella privata.

'Archi-diocesi': Gli archi bizantini di San Fursey sono diventati un punto di riferimento locale, nel giardino di Padre Weston che si trova nel bel mezzo di un complesso residenziale prosaico

Cerimonia: Padre Weston è stato ordinato dalla Chiesa ortodossa nel maggio del 2011, in una cerimonia a Parigi

Tuttavia, è stata benedetta da un vescovo della Chiesa ortodossa, cosa che la rende un luogo ufficiale di culto.

Padre Weston è stato ordinato dalla Chiesa ortodossa nel maggio del 2011, in una cerimonia a Parigi.

Ha già detto che sarà felice di prendere i suoi attrezzi e costruire un altro capannone se questa è l'unica opzione per ottenere una chiesa più grande nel vicino villaggio di Stalham.

Padre Weston ha detto: 'la gente molto probabilmente pensavano che fossi pazzo quando stavo costruendo la chiesa di San Fursey. Ricordo il mio vicino di casa che teneva la testa fuori dalla sua finestra e chiedeva che cosa stavo facendo in giardino. Glie l'ho detto e lui ha risposto: "Oh bene, potete costruire un'intera cattedrale lì dietro, se vi piace". Anche se noi amiamo la nostra piccola chiesa, è molto nascosta, abbiamo bisogno di un altro luogo di culto più pubblico in modo che le persone ci possano trovare.'

St Fursey è forse la più piccola chiesa con funzioni regolari in Gran Bretagna.

Sia la Chiesa d'Inghilterra che la Chiesa cattolica non sono state in grado di nominare una loro chiesa più piccola in Gran Bretagna.

La chiesa di Bremilhan nel Wiltshire è nota come la più piccola chiesa del paese, di 3,95 metri per 3,35 metri, ma i servizi vi sono tenuti solo una volta l'anno.

 
CHIESE ORTODOSSE E ORIENTALI A TORINO

A Torino operano molte chiese e comunità ortodosse e cristiane orientali. Quella che segue è la lista di tutte quelle che conosciamo, aggiornata al mese di aprile 2024.

Per rispetto della loro tranquillità, non elenchiamo qui i recapiti telefonici dei parroci; confidiamo comunque che i dati seguenti siano sufficienti perché le persone realmente interessate riescano a mettersi in contatto con le chiese desiderate.

 

Cristiani ortodossi (calcedoniani)

 

Parrocchia Ortodossa di San Massimo, Vescovo di Torino (Patriarcato di Mosca); Strada Val San Martino 7, 10131 Torino. Divina Liturgia: domenica e festività h.10 (Ore Terza e Sesta: dalle ore 9.30); Veglia: sabato e vigilie delle festività h. 17;  Inno acatisto a San Nicola: giovedì h. 19; Parroco: Igumeno Ambrogio (Cassinasco). Sito parrocchiale: www.ortodossiatorino.net

   

Parrocchia Ortodossa Romena di Santa Parascheva (Patriarcato di Romania); vecchia sede: Int. Via Cottolengo 26, 10152 Torino; nuova sede: Corso Vercelli 481/9, 10156 Torino. Parroco: Arciprete Gheorghe Vasilescu. Sito parrocchiale:  http://sfparaschevatorino.com/. Ufficio parrocchiale: tel. 011.521.58.65

 

Parrocchia Ortodossa Romena dell'Esaltazione della Santa Croce (Patriarcato di Romania); c/o Chiesa di Santa Croce, Piazza Carlo Emanuele III, 10123 Torino (ingresso da Via Accademia Albertina 11). Parroco: Padre Gabriel Burcescu. Ufficio parrocchiale: tel.  011.812.13.77

Parrocchia Ortodossa Romena di San Nicola il Taumaturgo (Patriarcato di Romania); c/o Chiesa di Santa Pelagia, Via San Massimo 21, 10123 Torino. Parroco: Padre Nicolae Telpiz.

NB. In futuro è previsto il trasferimento della parrocchia nella chiesa di Via Moncrivello 12, 10154 Torino.

Parrocchia Greco-Ortodossa della Natività di San Giovanni Battista (Patriarcato Ecumenico); Via delle Orfane 11, 10122 Torino. Divina Liturgia: domenica e festività h.10; Vespro: dal lunedì al‭ ‬sabato h.‭ ‬18. Parroco: Protopresbitero Iosif Restagno. Ufficio parrocchiale: tel. 011-431.01.30.

Parrocchia Ortodossa della Risurrezione (Patriarcato di Mosca); c/o Istituto Suore Maria Consolatrice, Via Monfalcone 20, 10136 Torino. Divina Liturgia: domenica h.10; Veglia: sabato h. 17;  Parroco: Arciprete Gheorghe Ursache.

Parrocchia Ortodossa Russa di Rito Antico di San Nicola il Taumaturgo (Metropolia di Belokrinitsa); Lungo Dora Liguria 48, 10143 Torino. Funzioni: Veglia ogni sabato sera a partire dalle 16 e Divina Liturgia ogni domenica mattina a partire dalle 7.30. Parroco: Arciprete Savelie Macarov.

Parrocchia Ortodossa Romena di Vecchio Calendario dei Santi Pietro e Paolo (Metropolia di Slatioara). Int. Via Genova 172, 10127 Torino. Divina Liturgia: domenica h.9; Veglia: sabato h. 16. Parroco: Padre Teodor Saghin.

Cristiani ortodossi orientali (non calcedoniani):

 

Parrocchia Copta Ortodossa di Santa Maria Vergine (Patriarcato Copto Ortodosso di Alessandria). Via San Donato 17, 10144 Torino. Pagina Internet:‭ https://dcoroma.it/churches/torino/santaverginemariatorino. Parroco: Padre Efraym.

 

Parrocchia Ortodossa Tewahedo Etiopica Debre selam Medhane Alem (Patriarcato di Addis Abeba): Via Pietro Baiardi‭ ‬4,‭ ‬10126‭ ‬Torino.‭ ‬Referente:‭ ‬Bruno Gilardi,‭ ‬Strada per Buttigliera 131,‭ ‬14019‭ ‬Villanova d'Asti (AT). Parroco: Abba Gebre Silase Mesfin.

Comunità della Chiesa Apostolica Armena (Patriarcato di Etchmiadzin). Funzioni occasionali presso la parrocchia ortodossa di san Massimo.‭ ‬Referente:‭ ‬Harutyun Vopanyan, c/o Casa Armenia, Via G. F. Napione 33, 10124 Torino.

Cristiani cattolici orientali:

 

Parrocchia Italo-Albanese di San Michele Arcangelo (Eparchia di Lungro). Via Giolitti 44, 10123 Torino. Parroco: Padre Viorel Adrian Hancu. Sito Internet: http://sanmichelebizantino.interfree.it

Cappellania greco-cattolica ucraina. Presso la parrocchia di Santa Giovanna d'Arco, via Borgomanero 50, 10145 Torino. Parroco: padre Ihor Holynskyy

 
Storica celebrazione di Vecchio Rito a Mosca

Sabato 12 gennaio 2013 (festa del santo Metropolita Macario di Mosca), per benedizione di sua Santità il Patriarca Kirill, si è celebrata la Divina Liturgia secondo il Vecchio Rito della Chiesa russa nella Cattedrale della Dormizione del Cremlino. La Liturgia è stata presieduta da sua Eminenza il Metropolita Juvenalij (Pojarkov) di Krutitsy e Kolomna, assistito dal vescovo Stefan di Gomel' e Zhlobin e da clero e fedeli delle comunità patriarcali di Vecchio Rito di Mosca, San Pietroburgo, Nizhnij Novgorod e Ekaterinburg.

L'occasione della celebrazione è stata data dal centenario del primo congresso panrusso nel 1912 dell'Edinoverie ("l'unica fede", come è denominato il movimento di riconciliazione dei vecchi credenti con la Chiesa patriarcale russa). Il metropolita Juvenalij (che è lui stesso discendente di una famiglia di vecchi credenti) ha celebrato più volte funzioni di Vecchio Rito, ma mai con questo livello di solennità e di ufficialità. C'è da augurarsi che questo momento sia un segno importante nella rivalutazione del Vecchio Rito e nella riconciliazione degli ortodossi che in tutto il mondo seguono la tradizione della Chiesa russa.

Cliccare qui per un fotoreportage della Liturgia dal sito Pravmir

Sacerdoti con i paramenti di Vecchio Rito

Sua Eminenza il Metropolita Juvenalij

 
Predica del patriarca Kirill alla cattedrale della Dormizione a Londra

Il 16 ottobre, sua Santità il patriarca Kirill, in visita nella diocesi di Sourozh, ha consacrato la cattedrale della Dormizione della Madre di Dio a Londra e vi ha celebrato la Divina Liturgia. Dopo la funzione, il primate della Chiesa ortodossa russa ha pronunciato un sermone.

Vostre Eminenze e Grazie, caro arcivescovo Elisej, vostra Grazia Justin Welby, arcivescovo di Canterbury, vostra Altezza il principe Michael di Kent, alti rappresentanti delle Chiese cattolica, armena e copta, cari fratelli e sorelle,

Estendo il mio cordiale saluto a tutti voi in questa occasione storica nella vita della Chiesa ortodossa russa nelle Isole Britanniche. Stiamo celebrando il trecentesimo anniversario della presenza drgli ortodossi russi in Gran Bretagna. E stiamo celebrando il sessantesimo anniversario della nostra comunità in questa santa chiesa, una volta gentilmente messa a disposizione dalla Chiesa d'Inghilterra, e poi acquisita con i mezzi dei suoi parrocchiani. Si tratta di un grande evento e, andando indietro nel tempo, posso testimoniare il grande percorso che questa comunità ha svolto.

La prima volta che ho varcato la soglia di questa chiesa fu nel 1969. Non so se c'è qualcuno qui presente che allora faceva parte di questa chiesa. Ricordo che c'era un gruppo piuttosto piccolo gruppo di fedeli uniti dalla loro fede ortodossa e guidati dal loro padre e guida spirituale, il sempre memorabile metropolita Anthony (Bloom), che ha fatto molto per creare questa comunità.

E ora testimoniamo rendendo grazie a Dio che la presenza ortodossa russa è cresciuta significativamente. Questo potrebbe essere spiegato con il numero di russi, ucraini e bielorussi che oggi vivono in Gran Bretagna. Ma la crescita dei russofoni in Gran Bretagna non determina del tutto la crescita della parrocchia. La crescita della comunità ortodossa testimonia il rafforzamento della fede ortodossa nei cuori della nostra gente. Quello che vediamo oggi a Londra si può vedere in modo particolarmente chiaro in Russia, Ucraina e Bielorussia.

Nel vivere per molti anni sotto l'ateismo, la nostra gente, liberata da questo dominio, ha sentito una forte esigenza di fonti spirituali nella loro vita. E sappiamo che negli ultimi venticinque anni è successo qualcosa sconosciuto nella storia del mondo. Nel corso degli ultimi venticinque anni sono state stabilite decine di migliaia di chiese e parrocchie ortodosse, centinaia di monasteri, decine di scuole di apprendimento teologico. È accaduto ciò che una volta era impossibile immaginare.

Questi cambiamenti sono impossibili da spiegare solo attraverso gli sforzi missionari, anche se questi ultimi sono stati importanti. Questo miracolo della rinascita della fede nella nostra epoca laica può essere spiegato solo con la potenza di Dio, la potenza della grazia divina. E si può collegare la presenza di questa grazia all'eroismo spirituale dei nuovi martiri e confessori, migliaia dei quali hanno adornato le volte celesti dei santi martiri cristiani. È attraverso la preghiera e l'intercessione presso il volto di Dio che la ortodossa Rus' ha subito una rinascita. E oggi, mentre celebriamo questo straordinario evento – il trecentesimo anniversario della presenza di ortodossi russi in Gran Bretagna – rendiamo grazie a Dio per quanto abbiamo dovuto sopportare. Rendiamogli grazie per le afflizioni e le gioie, rendiamogli grazie per l'esperienza unica della vita spirituale del nostro popolo che ci permette oggi a rivolgerci a Dio e invochiamo così: "Signore, salvaci e abbi misericordia di noi! Signore, aiutaci nella nostra vita!" Oggi siamo forti e godiamo di molte cose, siamo istruiti e abbiamo un alto livello di cultura. Nonostante le difficoltà la nostra economia si sta sviluppando rapidamente. Ma sappiamo che il vero successo arriva quando gli sforzi umani sono uniti all'aiuto divino. E oggi, grazie a Dio, la maggior parte della nostra gente lo capisce. Guardiamo al futuro con speranza e crediamo che attraverso le preghiere dei nuovi martiri e le nostre preghiere il Signore non ci abbandonerà.

La Chiesa ha particolare importanza nella vita spirituale delle persone. Unisce le persone, trascendendo i confini nazionali, sociali, proprietari e politici. Per sua natura, la Chiesa non può allineare se stessa con la destra o la sinistra o il centro. Non può stare con i ricchi contro i poveri, o con i poveri contro i ricchi. Non può stare con i rappresentanti di una nazionalità contro un'altra. La Chiesa è la comunità che è aperta al mondo. E tutte le contraddizioni umane sono cancellate in questa comunità. E anche le persone molto ricche stanno affiancate ai poveri e le persone di alta posizione affiancate ai semplici come un segno che all'interno della Chiesa queste differenze e contraddizioni vengono spazzate via.

La Chiesa è chiamata a svolgere lo stesso ruolo anche nelle relazioni internazionali. È attraverso la fede, attraverso la religione, attraverso la Chiesa che è rivelata l'anima di una nazione. E a livello molto profondo la Chiesa rappresenta il suo popolo di fronte al mondo esterno. Credo che qui in Gran Bretagna molti abbiano scoperto da se stessi la Russia e l'Ortodossia attraverso questa comunità, allo stesso modo in cui noi, entrando in contatto con la vita religiosa degli inglesi, siamo in grado di capire meglio sia le persone e il paese. A livello spirituale e culturale ha luogo una speciale interazione reciproca tra paesi e popoli. Questa interazione non può essere influenzata dalle egoistiche preoccupazioni politiche dell'epoca. Questo è stato ben dimostrato dai 300 anni di storia della vita della Chiesa russa in Gran Bretagna. Ci sono stati momenti in cui il rapporto tra i nostri paesi è stato eccellente. Siamo stati insieme per combattere un nemico comune. Ma ci sono stati momenti in cui questo rapporto si è deteriorato e le relazioni diplomatiche sono state interrotte. Eppure, a Londra c'è stata una chiesa ortodossa russa per trecento anni. E nessun tipo di alti e bassi di lotte politiche esterne e di considerazioni egoistiche ha mai impedito alla gente di riunirsi a pregare Dio né ha impedito alla gente di vedere nei loro fratelli e sorelle britannici veri fratelli uniti dalla fede nel Signore e Salvatore.

Credo fermamente che questa missione di pace produttore della Chiesa abbia un grande significato oggi. A noi, persone di fede, è dato di vedere ciò che chi non ha fede non può vedere. Siamo in grado di distaccarci un po' dagli alti e bassi, dai conflitti attuali, e di guardare da lontano a ciò che sta accadendo, anche nelle relazioni russo-britanniche. E questo punto di vista sarà molto diverso da quello dei politici.

Poiché noi siamo due nazioni unite tra loro da legami storici, religiosi e persino monarchici, siamo due nazioni che si conoscono e si rispettano l'un l'altra in misura significativa. Voglia Dio che questo potenziale sia sviluppato per un futuro migliore nel rapporto tra i nostri paesi e popoli.

Vorrei ancora per una volta tornare alla storia della parrocchia. I rettori delle comunità russe sono stati ministri di culto notevoli – l'arciprete Jakov Smirnov, l'arciprete Evgenij Popov, l'arciprete vasily Popov, che prima della rivoluzione russa e subito dopo hanno fatto molto per rafforzare la comunità russo-ortodossa a Londra. Quando, all'inizio del XVIII secolo, le relazioni diplomatiche tra i due paesi sono stati interrotte, il rettore della nostra chiesa qui a Londra si è fatto carico di una missione di stato e diplomatica. E questo sarebbe accaduto ogni volta in cui i rapporti tra i due paesi sono diventati difficili. Le Chiese di Russia e d'Inghilterra sono state il ponte che ha unito i nostri due popoli. Vorrei ancora una volta ricordare il sempre memorabile defunto metropolita Anthony (Bloom). Ha fatto molto per raccogliere questa comunità e per rendere l'Ortodossia russa accessibile alla gente delle Isole Britanniche. E ha fatto molto per lo sviluppo delle relazioni tra la Chiesa russa e la Chiesa anglicana. Nel ricordare oggi i nostri antenati e predecessori, rendiamo grazie a Dio per la loro vita e le loro sforzi.

Vorrei estendere il mio grazie di cuore all'arcivescovo Elisej, all'arcivescovo Mark e al nostro clero che opera in Gran Bretagna. Vorrei ringraziare tutti coloro che hanno lavorato per ripristinare la cattedrale della Dormizione. Attraverso i vostri sacrifici e fatiche avete fatto molto per mantenere la chiesa e la comunità. Che la benedizione della Dio sia su tutte le parrocchie ortodosse russe della Gran Bretagna, e in particolare sulla cattedrale della Dormizione a Londra. In memoria dell'occasione di oggi vorrei presentarvi quest'antica icona della santissima Madre di Dio. Quando la venerate, vi chiedo di pregare per la nostra Chiesa e il nostro paese, e, poiché è stato detto che è un dono del patriarca, di pregare anche per il vostro patriarca.

Vorrei anche ringraziare l'arcivescovo Elisej per le sue fatiche e presentargli come regalo una croce e una panaghia che sono state fatte in occasione del millesimo anniversario della dipartita di san Vladimiro, pari agli apostoli. E a tutti i presenti qui oggi, vorrei consegnare quest'icona di tutti i santi della Gran Bretagna. La Gran Bretagna ha santi di Dio di primaria importanza, molti dei quali appartenuti all'antica Chiesa indivisa. I loro nomi sono venerati in Russia e in altri paesi dove la Chiesa russa ha una presenza canonica, non meno che in Gran Bretagna. Sono questi santi che ci legano più saldamente di qualsiasi legame umano. Sono il nostro patrimonio comune, la nostra storia comune, sono l'incarnazione dei nostri valori comuni. E credo che questo sia il fondamento di un buon futuro comune.

Che Dio salvi la Regina e la Gran Bretagna, che il Signore preservi la terra della Rus'. E cerchiamo di glorificare il Signore nei nostri cuori e corpi. Vorrei dare a ciascuno di voi questa piccola icona con la benedizione patriarcale.

 
La Chiesa della santa Protezione a Melbourne. Intervista a padre Nicholas Karipoff

La parrocchia della santa Protezione a Melbourne, Australia

 

L'arciprete Nicholas Karipoff, sacerdote anziano della cattedrale della santa Protezione a Melbourne, in Australia, ci ha parlato a un pranzo nella sala parrocchiale a Cabramatta, tenuto a beneficio di un convento a Bungarbee. Edineniye (rivista settimanale russa in Australia) ha parlato con padre Nicholas della storia della più grande parrocchia della Chiesa ortodossa russa fuori dalla Russia a Melbourne.

Arciprete Nicholas Karipoff

Lei è cresciuto a Sydney, ha frequentato la chiesa della santa Protezione a Cabramatta, e ha ricevuto la sua prima istruzione religiosa dall'arciprete Rostislav Gan. Negli anni '80 si è trasferito a Melbourne ed è diventato il sacerdote anziano della cattedrale della santa Protezione. Per trent'anni, la cattedrale ha fatto parte della sua vita. Come è stata fondata in primo luogo?

La parrocchia della santa Protezione a Melbourne esiste dal 1949. Tre anni fa abbiamo festeggiato il nostro 60° anniversario. A quel tempo, c'erano stati incontri di cristiani ortodossi che hanno contribuito a gettare le basi della comunità. In un primo momento non avevano la loro chiesa. La prima ondata di immigrati del dopoguerra ha preso in affitto diversi locali in cui tenere i servizi divini. Nel 1954, è stata acquistata una vecchia chiesa anglicana, originariamente costruita nel 1875 in stile neo-gotico, e possiedono ancora questa chiesa. Ora è utilizzata da una piccola comunità guidata da padre Igor Filyanovsky. Già negli anni '50, i membri della comunità hanno capito che questa chiesa era uno spazio temporaneo, essendo di dimensioni limitate, e la chiesa e la sala si trovavano su un piccolo lotto tra due strade che misura soli 711 metri quadrati. Per questo motivo, la chiesa non poteva contenere le centinaia di fedeli che venivano nei giorni di festa, né lo poteva la sala parrocchiale, nonostante la sua ricostruzione negli anni '60. Hanno dovuto fare spazio per la scuola parrocchiale, e sistemare tavole per le riunioni parrocchiali, e un palco per gli spettacoli.

 

Quando è stata la decisione di costruire una nuova chiesa?

Sotto il mio predecessore, padre Vladimir Evsiukov, sono iniziate le discussioni per trovare uno spazio più grande. Ma allora non sono stati in grado di trovare una soluzione. Quando sono stato assegnato a questa parrocchia, sono venuto a Sydney con mia moglie, e ha cominciato a lavorare qui nel 1981. Ho formato un piccolo comitato di costruzione che ha cominciato a cercare terreni su cui costruire. Abbiamo studiato molti di appezzamenti di terreno. Nel 1983, abbiamo trovato qualcosa e firmato un contratto. Ma il Signore ha voluto diversamente. Il venditore non ha voluto procedere, e ci siamo di nuovo trovati alla ricerca. Alla fine dello stesso anno, uno dei parrocchiani attivi, l'ingegner Alexander Alexandrov, ha trovato un appezzamento di terreno 5 chilometri al di fuori della città, dove alla fine è stata costruita la nostra chiesa attuale. A quel tempo non era una bella zona. C'era una discarica chiusa dall'altra parte della strada, presso una vecchia fabbrica di mattoni. Molti parrocchiani ne hanno avuto una reazione negativa. Ma il Consiglio ha deciso di acquistare il terreno, almeno come un investimento. Il prezzo era molto buono.

 

Tuttavia, la costruzione ha dovuto aspettare. Molti parrocchiani più anziani non volevano lasciare il loro ambiente familiare a Collingwood e avevano paura di lanciare un nuovo sforzo di costruzione. "Chi pagherà per questo, siamo tutti in pensione," dicevano. A poco a poco, più parrocchiani di mezza età hanno cominciato a radunarsi e nel 1986, hanno iniziato la fase di progettazione della chiesa. Un architetto ha preparato i progetti, li ha presentati al comune e ben presto ha ricevuto l'approvazione. Ma le fondamenta sono state gettate solo alla fine del 1989. Il defunto vescovo Paul ha benedetto la nuova costruzione. In gran parte, si potrebbe dire che abbiamo costruito la chiesa a mano. Gli uomini arrivavano al sabato, si rimboccavano le maniche e lavoravano. Nella parrocchia c'era un grande gruppo di uomini forti con esperienza di costruzione. Tutto il lavoro di cemento, carpenteria, saldatura e intonaci lo hanno fatto loro stessi. E non solo l'ambiente, ma la decorazione della chiesa, i portacandele, i lampadari e molto di più. Abbiamo invitato scultori dalla Russia, e hanno fatto uno splendido lavoro con l'iconostasi e altre cornici di icone.

 

Quale stile avete voluto per la chiesa?

Abbiamo fatto del nostro meglio per usare materiali e tecnologia contemporanei, ma costruendo la chiesa nello stile di Yaroslav del XVI/XVII secolo. Le basi filosofiche ci sono state fornite da padre Dimitry, che più tardi divenne il vescovo Daniel (Alexandrov). Era una sorta di Leonardo da Vinci: conosceva 15 lingue, era un meraviglioso pittore di icone, ha costruito numerose chiese in America, ed era una persona straordinaria in generale. In modo chiaro e rigoroso, ci ha consigliato di costruire nello stile di Yaroslav, perché quello fu l'ultimo stile di chiesa autenticamente russo.

 

So che il processo di costruzione ha richiesto molto tempo, non è stato sempre agevole, ma parliamo delle fasi finali.

Sì, in effetti la costruzione ha richiesto del tempo. Ci siamo trasferiti dalla chiesa vecchia a quella nuova solo nel settembre 2006. La nuova chiesa era stata costruita qualche anno prima, ma non abbiamo potuto trasferirci in quanto non era stata ancora costruita la sala parrocchiale. A Melbourne, si è evoluta nel corso dei decenni la tradizione che, dopo la Liturgia della Domenica, tutti socializzassero a pranzo. I nostri parrocchiani non vivono vicini l'uno all'altro, e così ne approfittano quando frequentano la chiesa per sedersi assieme, parlare, e mangiare qualcosa. Questo è il motivo per cui abbiamo avuto bisogno di completare la sala. Le spese sono state notevoli, vicine a un milione di dollari.

 

È stata investita una grande quantità di risorse e di energia e, di conseguenza, la chiesa è magnifica, è una bellezza non importa come la si guardi. La sala parrocchiale, che è in realtà un centro comunitario, dispone di una cucina e di una scuola e necessario altro spazio, è grande e confortevole.

A dire il vero, stiamo facendo altri lavori ora. Abbiamo deciso che abbiamo bisogno di un ascensore per il centro sociale. Sarà costruito all'esterno. La scuola parrocchiale offre corsi di lingua russa e di catechismo. L'edificio dispone di un ampio seminterrato, dove abbiamo in programma di istituire laboratori, in modo che le competenze e le abitudini degli anziani possano essere passati alla nuova generazione. Ho capito che quando la gente partecipa alla creazione di una chiesa con le proprie mani, ha un atteggiamento completamente diverso nei suoi confronti. Ritengono questa chiesa come la loro casa. Quando puliamo la chiesa, si riuniscono 40-50 persone. Il nostro record è stato di 75 adulti, oltre a molti bambini.

L’interno della chiesa della santa Protezione a Melbourne

Ora, proprio mentre parliamo, è arrivato a Melbourne un iconografo che ha portato la prossima fase degli affreschi per la chiesa su tele. Solo le cupole superiori sono stati dipinte finora. L'anno scorso le mura occidentali sono stati dipinte con raffigurazioni della Natività di Cristo e del Battesimo del Signore. Ora stanno incollando le immagini sulla parete nord. Qui avremo la Trasfigurazione e l'ingresso del Signore in Gerusalemme. Due pareti rimangono da dipingere.

 

Ci parli dei suoi parrocchiani. Quanti frequentano le funzioni, quanti giovani avete? Da quali ondate migratorie proviene la maggior parte di loro?

Stimo che serviamo circa 4.000 persone. Questi includono le persone che si rivolgono a noi per varie esigenze. Naturalmente, non tutti frequentano le funzioni ogni domenica, e solo circa la metà viene a Pasqua e si unisce alla processione della croce. Le funzioni domenicali raccolgono circa duecento parrocchiani. Il nucleo principale comprende circa 400 persone.

 

La demografia della nostra chiesa è cambiata drasticamente. Un'intera generazione di coloro che sono venuti da adulti dopo la guerra è ormai dipartita. L'età media dei nostri parrocchiani è di circa 40 anni. Molte famiglie giovani vengono in chiesa con bambini piccoli, ora battezziamo molti bambini. Penso che abbiamo avuto un numero record di battesimi, forse solo agli inizi degli anni ‘60 ce ne sono stati di più. Questa è una grande gioia. Abbiamo una parrocchia mista, e negli ultimi anni stanno arrivando nuovi immigrati russi in numero sempre maggiore. La nostra parrocchia è aperta anche ai non russi. Ci sono persone di altre culture, anche ortodossi greci, macedoni, serbi e bulgari. Ci sono curiosi matrimoni misti. Due settimane fa abbiamo avuto un matrimonio, lo sposo era un persiano ortodosso, la sposa romena. Un uomo libanese ha sposato una donna vietnamita.

 

In quale lingua servite?

In generale, in slavonico ecclesiastico, anche se spesso usiamo l'inglese per necessità. Ormai da molti anni leggo le prediche in due lingue. Abbiamo inoltre inserito parti in inglese nei servizi divini in modo che coloro che non capiscono il russo non si sentano esclusi.

 

Quali tendenze sta notando nella parrocchia, a quali difficoltà fa fronte il consiglio parrocchiale?

Il nostro consiglio parrocchiale è pieno di energia e di speranza per il futuro. Alla fine dello scorso anno, ho presentato un piano di espansione al consiglio. Sta volgendo al termine una fase importante della nostra esistenza, la costruzione della nostra chiesa e della sala parrocchiale. Ma non possiamo dormire sugli allori. Dobbiamo pensare al futuro. Ci stanno prendendo in considerazione l'introduzione di nuovi compiti nel consiglio parrocchiale, responsabili dell’amministrazione e della comunità, della pastorale giovanile, e forse questi potrebbero ricevere qualche tipo di compenso.

 

La parrocchia ha pagato i mutui di costruzione?

Sì, non abbiamo più debiti. Abbiamo dovuto vendere alcune proprietà per far fronte ai nostri obblighi. La vita ora è diventata più facile. Il bilancio per i prossimi anni comprende diverse centinaia di migliaia di dollari.

 

Lei è il sacerdote anziano della cattedrale, ma qui ha anche altri sacerdoti.

Abbiamo diversi ecclesiastici. Ho due sacerdoti ausiliari, padre Nicholas Dalinkevich e padre Peter Scheko. Anche il protodiacono Alexander Abramov, che lavora anche in seno al Consiglio rappresentativo etnico russo.

Temporaneamente, ora da due anni, abbiamo lo ieromonaco Kirill Garvas e il diacono E. Mishriki, un chierico egiziano. Servono con noi la domenica. Questo è il motivo per cui l'inglese è usato più spesso.

 

Chi fa parte del consiglio parrocchiale?

Per molti anni, quando la chiesa era in costruzione, il direttore era Innokenty Kozulin. Purtroppo, non è vissuto abbastanza per vedere la chiesa finita. Mikhail Ivanovich Styrkul è ora lo starosta. Il tesoriere della parrocchia è Alexander Belotserkovsky, un individuo di elevato valore, attivo, che si unisce a me nel consiglio parrocchiale. Nicholas Vyrubov è il segretario. Abbiamo un buon consiglio parrocchiale. L'energica Liubov Kovalenko è stata la sorella anziana per circa otto anni. Suo figlio Nicholas è il nostro direttore di coro. Abbiamo anche un altro direttore di coro, Dimitry Suprunovich: lavorano insieme.

 

Il vostro giorno di festa è la protezione della santissima Madre di Dio, il 14 ottobre. Si tratta di una buona opportunità per i visitatori provenienti da altre parrocchie per frequentare il servizio festivo e ascoltare il coro?

Ci stiamo pensando. Quest'anno la festa cade di Domenica, quindi ci aspettiamo un sacco di gente. La sala può ospitare circa 200 persone. Per fare spazio per tutti, ci sarà bisogno di sistemare tende sulla strada per un altro centinaio. Così la vita parrocchiale è fiorente.

Mi piacerebbe mostrare ai nostri figli, ai nostri giovani in crescita, il modo in cui viviamo, raccontare ai nostri vicini del cristianesimo ortodosso, la nostra ricca cultura spirituale. La Chiesa non è qualcosa di remoto, ma è parte della vita quotidiana.

La nostra chiesa attrae una buona attenzione tra la popolazione locale australiana. Gruppi di bambini di scuole cattoliche e anglicane vengono spesso in visita, così come gli scout e i pensionati che vogliono conoscere meglio la nostra cultura, vedere come sono i nostri servizi divini. Ascoltano, osservano, fanno spesso domande serie, quindi è ovvio che la nostra fede evoca grande interesse, anche a livello culturale.

Il ruolo della Chiesa nel preservare la cultura russa all'estero non può essere sottovalutato. Se non fosse per le riunioni regolari della comunità russa nelle chiese ortodosse, la cultura russa, le sue tradizioni si sarebbero disperse nella cultura australiana generale fin dalla seconda generazione. La cattedrale della santa protezione a Melbourne ha giocato un ruolo enorme nella comunità russa per 63 anni.

 
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