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Rendere noto il mistero

Il problema con la lettura delle Scritture è che quasi tutti pensano di essere in grado di capirle.

Questa idea è radicata nelle ipotesi di base del pensiero protestante: solo se il significato della Scrittura è abbastanza ovvio e più o meno oggettivo, queste possono servire come fonte di autorità non mediata per il credente. Se è necessaria una particolare abilità o maestria, allora quelli che sanno padroneggiare con abilità le Scritture saranno i mediatori del loro significato per tutti gli altri. Il concetto di una qualsiasi autorità interposta è anatema per il progetto protestante. È altrettanto inadatto per le assunzioni del mondo moderno. Infatti il mondo moderno, nato in ambiente protestante, è intrinsecamente democratico. L'individuo, senza aiuti, senza freni e senza sottomissione, è l'autorità ultima.

Queste ipotesi sono molto lontane dai pensieri dei padri della Chiesa. Non importa quanto "letterale" possa essere il trattamento delle Scritture da parte di uno dei padri, il significato delle Scritture non era mai dato per scontato come evidente e universalmente accessibile. Il chiaro consenso dei padri si trova nelle parole dell'eunuco etiope: "Come posso [comprendere le Scritture] se nessuno mi istruisce?" (Atti 8:31).

Andrew Louth dice nel suo libro Discerning the Mystery:

Se guardiamo indietro ai Padri e alla tradizione cercando un'ispirazione sulla natura della teologia, c'è una cosa che incontriamo, su cui ci dobbiamo soffermare discutendone in dettaglio: e questo è il loro uso dell'allegoria nell'interpretazione delle Scritture. Possiamo già vedere che per loro non era un'abitudine superflua, stilistica, qualcosa che si può abbastanza facilmente estrapolare dal tronco della teologia patristica. Piuttosto è legata a tutta la loro comprensione della tradizione come la dimensione tacita della vita cristiana: l'allegoria è un modo di entrare nel 'margine del silenzio' che circonda il messaggio articolato delle Scritture, è un modo di intravedere le profondità di vita della tradizione dal punto di vista della lettera delle Scritture. Naturalmente la questione dell'allegoria nei Padri è complessa (e spesso è resa eccessivamente complicata dal nostro imbarazzo verso l'allegoria): ma qualunque sia la lingua che i Padri usano per descrivere la loro pratica esegetica (e qui non c'è grande coerenza), tutti interpretano la Scrittura in un modo che avremmo chiamiamo allegorico, e allegoria è la parola che i Padri latini usano di consueto dal quarto secolo in poi per caratterizzare il significato più profondo che stanno cercando nelle Scritture.

Qui è in questione qualcosa di molto più grande dell'interpretazione delle Scritture. I padri cercano un "significato più profondo" che non è niente di meno che la ricerca della salvezza. In ultima analisi, il significato più profondo si rivela e si discerne, perché è letto da un "sé più profondo". Il sé razionale, indipendentemente dal metodo impiegato, non può discernere la verità delle Scritture.

È lo Spirito che dà la vita; la carne non giova a nulla. Le parole che io vi dico sono spirito e sono vita. (Gv 6,63)

e

Ma l'uomo naturale non riceve le cose dello Spirito di Dio, perché esse sono pazzia per lui; e non le può conoscere, perché devono essere giudicate spiritualmente. (1Co 2:14)

Per quanto profondamente frustrante possa essere, la razionalità è semplicemente incapace di portarci dove dobbiamo andare.

Questo è uno dei problemi alla radice dei vari "letteralismi". Tutti i letteralismi cercano di liberare le Scritture dal loro mistero. Il " buon senso" nelle mani di un lettore moderno è semplicemente il "senso moderno". E se tali letteralismi possono dare letture che sono profondamente contrarie a certe conclusioni moderne (come quelle comuni nella scienza moderna, ecc), proprio per questo non sono né antichi né tradizionali. Tali conclusioni non producono niente di più che un uomo moderno con strane opinioni. Non trasformano né trasfigurano nulla e nessuno.

Il dibattito circa l'interpretazione delle Scritture, in particolare al livello della maggior parte delle argomentazioni, è un dibattito straordinariamente moderno. La posta in gioco è composta da questioni moderne nate nell'era moderna. Ma queste non sono i problemi della salvezza.

Se l'evoluzione è vera o no, se la terra è giovane o no, e se le Scritture si prestano a queste domande sono, francamente, cose fuori luogo. Ho fatto tali conversazioni quando ero bambino (come hanno fatto altri intorno a me). E anche se la conversazione è diventata più complessa, con molti più argomenti, citazioni, fatti e contro-fatti, è ancora la stessa conversazione, radicata nelle stesse ipotesi e in nessun modo più profondamente impegnata nella trasfigurazione della persona umana.

Tali argomenti sono simili a quelli che circondano il cambiamento climatico. Nessun santo emergerà dal dibattito.

Ma considerate questo breve inno (tipico della comprensione ortodossa delle Scritture):

O nobile Vergine, veramente tu sei più grande di qualsiasi altra grandezza. Perché chi è uguale a te in grandezza, o dimora di Dio la Parola? A chi tra tutte le creature devo paragonare te, o Vergine? Tu sei più grande di tutte loro, O arca dell'alleanza, vestita di purezza, invece che d'oro! Tu sei l'Arca in cui si trova il vaso d'oro contenente la vera manna, cioè la carne in cui risiede la divinità (Omelia del Papiro di Torino).

Che Maria sia la vera Arca, contenente la vera manna, è più di un esercizio mentale di esegesi teologica. Se percepita veramente e rettamente, è l'espressione di un cuore trafitto dal mistero del Vangelo. Il vangelo infatti ci è fatto conoscere in un mistero – è nascosto.

Il Nuovo Testamento insegna, e la Chiesa afferma, che Cristo è risuscitato il terzo giorno secondo le Scritture. Questo è un insegnamento assolutamente centrale della fede. E tuttavia, si cercherà invano di trovare una singola profezia dell'Antico Testamento che predica un evento del genere, se l'Antico Testamento deve essere letto in modo letterale, storico. L'unico riferimento scritturale a tre giorni di Cristo nel sepolcro è quello che egli stesso cita: Giona nel ventre della balena. Il singolo principio più importante e fondamentale della fede cristiana, che secondo la nostra confessiione è secondo le Scritture, può essere visto solo se le Scritture sono lette in maniera allegorica.

Questo non significa negare che le Scritture hanno un valore sul piano letterale, ma dire che il Vangelo è proprio nascosto sotto il livello letterale.

Ma noi parliamo della sapienza di Dio nel mistero, la sapienza nascosta che Dio ha ordinato prima dei secoli per la nostra gloria, che nessuno dei dominatori di questo mondo conosceva; perché se l'avessero conosciuta, non avrebbero crocifisso il Signore della gloria. (1 Cor 2:7-8)

e

Ora a colui che è in grado di stabilirvi secondo il mio vangelo e la predicazione di Gesù Cristo, secondo la rivelazione del mistero tenuto segreto da quando il mondo ha avuto inizio, ma ora si è manifestato, e per mezzo delle Scritture profetiche si è reso noto a tutte le nazioni, secondo il comandamento del Dio eterno, per obbedienza alla fede, a Dio, il solo sapiente, sia la gloria per mezzo di Gesù Cristo per sempre. (Rom 16:25-27)

In questo ultimo passo, san Paolo identifica chiaramente il "vangelo" con il "mistero tenuto segreto da quando il mondo esiste". Inoltre dice che è ora reso manifesto "per mezzo delle Scritture profetiche". Ma è ovvio che il mistero non sarebbe stato tenuto segreto se fosse stato riconoscibile con una semplice lettura letterale / storica. L'interpretazione delle Scritture non è disponibile a "qualsiasi stolto". È stata nascosta, intenzionalmente da Dio. Ed è nascosta in una figura.

Allora cosa dovremmo dire della lettera della parola? Non ha alcun valore? Se chi l'ha scritta non ha visto ciò che era nascosto nei propri scritti, che cosa ha visto?

Recentemente ho fatto un commento su una questione riguardante alcune dichiarazioni nel Vecchio Testamento che rappresentavano la comprensione di chi li ha scritti, e non necessariamente la pienezza del mistero (e quindi della verità). È stata poi sollevata la questione se questo non costituisse una "rivelazione progressiva", un'evoluzione all'interno della comprensione umana.

A questo direi, "niente affatto!" La comprensione umana non si è evoluta, né si evolverà. Ciò che intendiamo come " comprensione umana" è proprio ciò che intendiamo per "mera razionalità". La manna, il vaso, l'arca, i candelabri si riferiscono tutti chiaramente alla manna, al vaso, all'arca e ai candelabri. Essi non si evolvono nella Theotokos. Erano già e sono sempre stati la Theotokos, la quale era nascosta sotto la lettera della loro descrizione, pronta per essere rivelata negli ultimi giorni e ora resa manifesta.

Allora, che cosa sapevano gli scrittori e gli autori dell'Antico Testamento?

Ma beati i vostri occhi perché vedono e i vostri orecchi perché odono; in verità, in verità vi dico che molti profeti e giusti hanno desiderato vedere ciò che voi vedete, e non lo videro, e udire ciò che voi udite, e non lo udirono. (Mt 13:16-17)

Non hanno visto quello che possiamo vedere noi. Possono averlo desiderato. E infatti ciò che era figurato nel loro discorso, nei loro scritti e nei loro pensieri era sempre presente (fin dall'inizio del mondo). E possono benissimo aver amato quello che non hanno visto. Che cosa hanno visto e scritto non è privo di valore, perché è la figura e l'ombra della verità (secondo le parole di san Massimo e di sant'Ambrogio). Nella grazia di Dio, vediamo ora la figura e ciò che è stato nascosto.

Tuttavia, ancora oggi, ci sono molti cristiani che si aggrappano alla lettera, e addirittura si considerano difensori delle Scritture e "credenti nella Bibbia". Ma questi stessi rifiutano di vedere la Theotokos (e tante altre cose) nascoste all'interno di queste figure. Essi chiedono: "Dov'è che nelle Scritture si insegna che era sempre vergine?", disprezzando la porta orientale del tempio di Ezechiele, "per cui nessun uomo può entrare perché il Signore Dio vi è entrato".

Ma questi letteralisti moderni non sono i padri della Chiesa, né i padri dell'Ortodossia. Ci sono anche alcuni tra gli ortodossi che devono ancora comprendere la chiara importanza dell'allegoria tra i padri. Non è una tecnica peculiare, un'antica stranezza da tollerare solo perché "i padri erano santi" (e quindi l'allegoria dei padri diventa un nuovo letteralismo). È piuttosto un mezzo attraverso il quale Dio fa conoscere il mistero. E lo fa, non solo per nasconderlo dai malvagi, ma anche per trasformare i giusti. "Beati i puri di cuore, perché vedranno Dio". E il mistero nascosto da secoli nelle Scritture profetiche è ugualmente rivelato al cuore, e ci attrae verso la purezza e il fuoco purificatore delle Energie Divine.

E così, prima della lettura del vangelo della Divina Liturgia preghiamo sempre così:

Fa' risplendere nei nostri cuori, Sovrano amico degli uomini, la luce incorruttibile della tua intelligenza divina, e apri gli occhi del nostro pensiero alla comprensione delle tue predicazioni evangeliche: infondi in noi anche il timore dei tuoi beati comandamenti, affinché, calpestati tutti i desideri carnali, possiamo raggiungere una vita spirituale, pensando e facendo tutto ciò che è di tuo gradimento.

Così sia.

 
Rivela i tuoi santi e rivelerai la tua Chiesa

Com'è  comprensibile, ci sono stati diversi articoli, podcast, comunicati stampa, video e altri media nelle ultime settimane riguardo all'incontro tra il patriarca ecumenico Bartolomeo e papa Francesco, l'attuale arcivescovo della città della vecchia Roma.

Il patriarcato di Costantinopoli non ha badato a spese nella promozione di questo evento, che commemora il cinquantesimo anniversario di una riunione analoga a Gerusalemme tra il patriarca ecumenico Atenagora e papa Paolo VI (gennaio 1964).

Per molti, questo evento è poco più che una commemorazione ben sfruttata di un ramo d'olivo esteso tra queste due antiche fedi cristiane. Per altri, al centro della scena sta la preoccupazione per il futuro delle loro rispettive chiese. Questo evento sarà utilizzato come stimolo per un compromesso dottrinale? Il futuro dell'Ortodossia o del Cattolicesimo romano si troverà in bilico come risultato di questo scambio di convenevoli?

Quello che mi preoccupa di più non è l'evento in particolare, ma il linguaggio e le dichiarazioni di coloro che stanno su entrambi i lati del proverbiale 'recinto' ecumenico. Sono pienamente a favore di un 'dialogo dell'amore' e del rispetto reciproco tra le due Rome – la vecchia e la nuova. Ma quando si tratta di compromesso dottrinale o addirittura di dialogo, dobbiamo essere molto più attenti. La Roma post-dottrinale del Vaticano II non è più la 'noiosa' Chiesa tridentina, ma questo significa che è molto più scivolosa.

Il copione di questo dialogo non è una novità. Tornando ai Concili di Basilea, Ferrara e Firenze alla metà del XV secolo, i tentativi di riunificazione delle Chiese ortodosse dell'Oriente e la sede di Roma hanno un passato storico. Ma in ogni epoca e a ogni turno, è emerso un santo a proteggere la fede apostolica nonostante i frenetici tentativi di inaugurarne la scomparsa. Mentre alcuni nell'epoca del pluralismo potrebbero preferire di dimenticarli, la Chiesa onora tre di questi santi come "pilastri dell'Ortodossia".

Nonostante tutti i loro tentativi, le porte degli inferi devono ancora prevalere contro la Chiesa di Gesù Cristo. E se dobbiamo credere al Figlio di Dio, non prevarranno mai. Questo è un importante, fondamentale articolo di fede cristiana – non è tangenziale o secondario. L'ecclesiologia è cristologia, e quando cominciamo a separare le due, cominciamo a separare la Chiesa dal suo stesso capo e dalla sua stessa vita. Questo non è 'estremismo' – è l'ABC del cristianesimo. Questa è la confessione che facciamo al nostro battesimo.

Il professor Aleksej Osipov

Nel settembre del 2000, l'eminente professor Aleksej Osipov (docente dell'Accademia teologica di Mosca) ha tenuto una conferenza sui "fondamenti della teologia". Nel suo discorso, il professor Osipov si è focalizzato sulle differenze tra Roma e l'Ortodossia e su ciò che ci separa oggi – sappiamo ciò che ci separava nel X, XIII, e perfino nel XIX secolo; ma che dire di oggi?

Nella sua lezione, il professore si concentra quasi singolarmente sul tema dei santi glorificati (o 'canonizzati'). Nel riconoscimento dei santi, la Chiesa rivela non tanto le figure glorificate quanto se stessa. Rivelando ai fedeli una persona degna di venerazione e di petizioni ferventi, la Chiesa rivela il suo essere interiore; rivela ciò che crede di Dio stesso:

Di fatto, ogni Chiesa locale, ortodossa o non ortodossa, può essere giudicata dai suoi santi. Dimmi chi sono i tuoi santi sono e ti dirò cos'è la tua chiesa. Ogni chiesa proclama santi solo coloro che hanno realizzato nella loro vita l'ideale cristiano, per come questa Chiesa lo comprende. Ecco perché la canonizzazione di un santo non è solo testimonianza della Chiesa su questo o quel cristiano, che secondo il suo giudizio è degno della gloria ed è suggerito come esempio da seguire. È al tempo stesso una testimonianza della Chiesa su se stessa. È dai santi che possiamo meglio giudicare la santità vera o immaginaria della Chiesa.

Osipov prosegue poi a descrivere in dettaglio sia gli scritti sia le azioni di alcuni "santi" dell'Occidente cristiano, cioè della Chiesa cattolica romana.

In questa valutazione, traccia senza compromessi una netta linea di demarcazione tra Ortodossia e Cattolicesimo romano. Quando consideriamo alcuni "dottori" della fede romana, come Caterina da Siena (XIV secolo) e Teresa d'Avila (XVI secolo), si vede – per il professor Osipov – prelest spirituale, una porta aperta all'inganno demoniaco, e un certezza di gloria che rivaleggia con Cristo stesso.

Di Teresa in particolare, lo psicologo William James ha scritto:

La sua comprensione della religione era ridotta a un flirt senza fine tra il fedele e la divinità.

Non è un'esagerazione, in Teresa stessa si rivelano innumerevoli 'flirt':

Da questo giorno sarai mia moglie... D'ora in poi io non sono solo il tuo Creatore, Dio, ma anche lo Sposo... L'Amato chiama la mia anima con un sibilo tanto penetrante che non posso non udirlo. Questa chiamata tocca così fortemente l'anima che essa si spezza per il desiderio. – Spanish Mystics, p. 88

In un attento contrasto, Osipov enumera i grandi asceti della tradizione ortodossa che passarono tutta la loro vita chiedendo ancora un altro giorno per pentirsi. Alla fine della sua vita, Francesco d'Assisi osserva, "Io non so di alcuna mia trasgressione che non ho espiato con la confessione e il pentimento", mentre san Sisoe d'Egitto lamenta: "In verità, non so se ho neppure iniziato a pentirmi."

I teologi mistici degli ortodossi di 'Oriente' hanno regolarmente condannato questo prelest o 'flirt' spirituale, così esemplificato dai medici e dottori di Roma. Per esempio, negli scritti di san Nilo del Sinai:

Non desiderare di vedere sensualmente angeli o virtù, né Cristo, altrimenti impazzirai scambiando il lupo per il pastore e inchinandoti ai demoni nemici. – 153 Capitoli sulla preghiera, 115 (Filocalia, vol. 2)

E ancora, in san Gregorio del Sinai:

Non accettare mai le cose quando vedi qualcosa di sensuale o spirituale, interno o esterno, anche se ha l'immagine di Cristo o di un angelo o di un santo... Colui che accetta facilmente viene sedotto... Dio non si risentirsi di qualcuno che è attente a se stesso, se uno temendo di farsi sedurre non accetta ciò che egli gli dà... ma piuttosto lo loda come saggio. – Instruzioni esicaste (Filocalia, vol. 5)

Osipov conclude:

Purtroppo, la Chiesa cattolica ha perso l'arte di distinguere lo spirituale dal sensuale, e la santità dalle fantasticherie, e quindi anche il cristianesimo dal paganesimo.

Dagli anni '70, e soprattutto da dopo la caduta della cortina di ferro, il dialogo tra Roma e l'Ortodossia è accelerato a un livello inatteso, e anche ricco di frutti. Molte concessioni sono state fatte da parte del Vaticano rispetto alla clausola del Filioque, per esempio, mentre una riscoperta dei Padri greci ha influenzato teologi romani come Benedetto XVI, il (raro) papa emerito. Una trasformazione completa è lontana dalla realtà, ma la 'direzione' teologica di Roma è più ad Orientem che mai.

Nondimeno, i muri di divisione sono reali. Non sono né le mere fantasie degli 'estremisti', né le fissazioni dei 'tradizionalisti radicali'. Un divario tra Roma e l'Oriente è palpabile; è definibile; può essere chiaramente delineato e spiegato. Nonostante tutti i progressi nella memoria recente, ci sono reali, significative e importanti distinzioni tra il Cattolicesimo romano e la santa, apostolica Chiesa ortodossa-cattolica dell’'Oriente' cristiano.

Molti guarderanno immediatamente a queste distinzioni cercandone i segni secolari: la clausola del filioque, il celibato obbligatorio del clero, gli azzimi contro l'artos lievitato del Nuovo Testamento, lo supremazia/infallibilità papale e così via. Ma io tendo a pensare che le differenze siano più sottili e tuttavia, stranamente, più contagiose.

Le differenze di dottrina e pietà si trovano non solo tra Credo alterati e i Concili contestati, ma nelle nostre affermazioni su chi meglio rappresenta le nostre rispettive fedi.

Rivela i tuoi santi, e rivelerai la tua Chiesa. E sotto questo aspetto, la differenza tra 'Oriente' e 'Occidente' non potrebbe essere più pronunciata.

 
Elogio alla missione della donna nel mondo

Nel giorno in cui il pensiero di molti nel mondo va al ruolo delle donne nella nostra vita, presentiamo un piccolo, toccante saggio scritto da una donna romena impegnata in Italia nel difficile compito di essere vicina alle persone a cui sono stati diagnosticati tumori, senza dimenticare le sofferenze e le lacerazioni familiari dovute all’emigrazione: queste ultime si sentono intensamente nel breve scambio di messaggi di auguri tra una figlia e una mamma, che conclude il testo.

Presentiamo il saggio sulla donna missionaria nel mondo nella nostra traduzione italiana, nella sezione “Preghiera” dei documenti, e ringraziamo l’autrice con tutto il nostro cuore.

 
Miti sulla Russia: si può credere alle 'traduzioni' di Putin fatte dai media occidentali?

L'antico filosofo greco Socrate, discutendo con i sofisti, i responsabili delle "pubbliche relazioni" del suo tempo, cercava di convincerli che ESSERE è più importante che APPARIRE. Perché? Perché, Socrate credeva, la natura fallace di "apparire saggi, pur non essendo saggi" prima o poi si rivela. I suoi avversari, i sofisti, replicavano dicendo che le parole erano sempre oggetto di interpretazione, così chi controlla l'interpretazione prima o poi controlla la realtà. Nei nostri tempi, i sofisti probabilmente troverebbero il loro periodo d'oro. Le parole e le immagini sono intrecciate in modi inimmaginabili. Ma spiccano due storie. Una è la storia dell'interpretazione data dai media occidentali ai commenti di Putin sulla situazione dei gay in Russia. La seconda è l'interpretazione che gli stessi media danno degli eventi a Kiev (invece della risposta a un pogrom neo-nazista, abbiamo un "giro di vite del governo su manifestanti pacifici").

Ecco Lynn Berry, ex redattrice capo del The Moscow Times, all'attacco sulla risposta di Putin alla domanda sulla legge contro la propaganda gay tra i minori. Come si può vedere da questa registrazione del discorso di Putin, il presidente russo sta andando fuori dei suoi modi abituali nel mostrare l'atteggiamento più amichevole possibile: "Non abbiamo alcun divieto delle forme non tradizionali di interazione sessuale tra individui, abbiamo solo un divieto della propaganda di omosessualità e pedofilia, e vorrei sottolinearlo, solo nei confronti dei minori. Queste sono due cose assolutamente diverse. Cose assolutamente diverse: il divieto di alcune relazioni e il divieto di propaganda di questi rapporti. Noi non vietiamo nulla, non arrestiamo nessuno, nessuno può essere reso responsabile di queste relazioni. Questo ci rende diversi da molti paesi del mondo, compresi gli Stati Uniti, dove in alcuni stati l'orientamento sessuale non tradizionale è ancora formalmente un reato. Noi non abbiamo nulla di simile, è per questo che tutti possono sentirsi libero e non vincolati; lasciate solo in pace i bambini, per favore."

E allora, che cosa scrive Lynn Berry per la Associated Press e per un sacco di giornali che considerano le informazioni di questa agenzia oggettive? Ebbene, compone il titolo "Il presidente russo Putin collega i gay ai pedofili".

Poi, solo due righe giù nel testo, Lynn Berry piazza ancora una bugia in cima a quella iniziale: "Ha difeso la legge anti-gay della Russia equiparando i gay con i pedofili e ha detto che la Russia ha bisogno di "ripulire" se stessa dall'omosessualità se vuole aumentare il suo tasso di natalità". Questo è un caso classico di manipolazione sofistica, anche se molto grezzo. I due verbi "collegare" ed "equiparare" sono sinonimi ? No. Se si collega una cosa a un'altra, questo non significa equiparare le due cose. Se qualche mente contorta poteva ancora vedere un "collegamento" tra la pedofilia e l'omosessualità in ciò che ha detto Putin, allora la stessa mente contorta non dovrebbe vedervi una "equazione", a meno che la mente non sia completamente disonesta, anche con se stessa. E, naturalmente, considerare "legge anti-gay" una legge che parla di una multa per "propaganda delle relazioni non tradizionali sessuali ai minori" - è una manipolazione, una interpretazione disonesta e arbitraria di un testo. Ma questa manipolazione è già così "maggioritaria", così radicata nella coscienza del lettore, che Lynn Berry non si prende nemmeno la briga di fornirne alcuna prova, oltre a citare qualche "mobilitazione internazionale", ovviamente provocata da articoli con un atteggiamento altrettanto liberale in materia.

Naturalmente, Putin non ha mai suggerito di "ripulire" il paese dall'omosessualità - ma ehi, questa è la Russia, si può dire quello che si vuole su questo paese, con totale impunità. E Lynn Berry ne coglie l'occasione. Scrive che Putin ha suggerito che i gay hanno più probabilità di abusare dei bambini (e non ci sono citazioni - per il semplice motivo che Putin non ha mai fatto un simile suggerimento).

Questo non è il primo caso in cui le parole di Putin (o di Milošević, o di Vladimír Mečiar, ecc) vengono fraintese dai media occidentali, che si attribuiscono il diritto di essere "traduttori" delle cose che i leader di altri paesi hanno da dire. Questi "traduttori" seguono il principio: se la realtà non corrisponde agli stereotipi occidentali (che noi, i media, abbiamo formato) - allora tanto peggio per la realtà.

Dai media disonesti ai rozzi errori politici c'è solo un passo. Ognuno deve aver dimenticato come gli editorialisti come Lynn Berry - dal Washington Post al New York Times - stavano discutendo la quantità delle armi di distruzione di massa a disposizione di Saddam Hussein prima dell'invasione dell'Iraq nel 2003. Pubblicazioni parimenti rispettate contavano i mesi (se non i giorni) in cui Assad sarebbe rimasto al potere poco prima che la guerra civile in Siria iniziasse nel 2011. Ora, la guerra va avanti da quasi tre anni, e nessuno di questi cosiddetti "esperti" si è dimesso o è stato licenziato per questi errori di calcolo.

Un lettore può guardare il video di poliziotti ucraini bruciati vivi dalle persone che i media occidentali avevano chiamato "manifestanti pacifici" e che sembrano avere uno strano gusto pacifico per le bottiglie molotov.

Ma nei media occidentali di maggioranza potrete leggere solo delle "leggi draconiane" del governo ucraino che non permettono a questi piromani e ad altri "manifestanti" di indossare maschere ai loro raduni. Peggio ancora, il Washington Post chiama questi autori di pogrom "militanti dell'opposizione sostenuti da provocatori sponsorizzati dal governo" e lamenta il fatto che questi giovani iper-emotivi hanno "rovinato il carattere precedentemente pacifico del movimento di protesta" (per chi è interessato ai pestaggi "precedentemente pacifici" di poliziotti e alle distruzioni delle statue, è sufficiente guardare il video delle attività sulla Maidan nel dicembre 2013 - in particolare i video dell'assalto all'amministrazione presidenziale).

Da qui la reazione grottesca agli eventi in Kiev del Dipartimento di Stato americano, che incolpa della violenza il fallimento del governo nel "riconoscere le rimostranze legittime del popolo" e loda l'opposizione.

E, naturalmente, il Washington Post sa tutto degli altri paesi, descrivendo liberamente la Belarus' come "un'autocratica colonia del Cremlino" (il problema con il presidente della Belarus' Alexander Lukashenko è che non sembra essere il viceré di nessuno, incluso il buon senso). E il Washington Post non è mai troppo timido per trarre conclusioni dalla propria onniscienza, chiedendo sanzioni contro Yanukovich se "usa violenza contro i manifestanti" (mi chiedo quali mazzi di fiori sarebbero usati con persone che bruciano poliziotti a Washington D.C.). Molto tempo fa, i padri fondatori hanno invitato l'America a guidare gli altri paesi con l'esempio. Peccato che questo esempio sia sempre più "perso nella traduzione" – traduzione che otteniamo da artisti del calibro di Lynn Berry. Questa traduzione della realtà sembra sempre di più a una manipolazione.

 
Abbiamo alcuni padri notevoli e istruiti. Dobbiamo iniziare a creare tavole di dialogo e comunicare con loro

Intervista a Maria Reshetnikova, una giornalista televisiva autrice di esclusivi video sulla diaspora della Chiesa russa. Condotta dal diacono Andrej Psarjov, Jordanville, NY 24 maggio 2014.

I documentari di Maria si possono trovare qui; il suo sito è: http://www.rootsfilmtv.com

Diacono Andrej Psarjov: Così, Masha, lei vive vicino a New York. Le persone provenienti dalla Russia hanno diversi destini, diversi passati, e ognuna se li porta in chiesa. da noi [nella ROCOR], il settanta per cento dei parrocchiani sono donne. Questo solleva una domanda. Come le possiamo aiutare? Cosa manca nella vita delle nostre parrocchiane che vengono in chiesa, pregano e ricevono la comunione e, soprattutto, partecipano alle funzioni? La vita liturgica è importante, ma c'è anche la vita familiare. Le donne hanno problemi che in qualche modo rimangono inascoltati nelle loro interazioni con il clero. Questo è l'argomento che vorrei discutere.

Maria Reshetnikova: Prima di tutto, vorrei dire che non posso parlare per tutte. Posso parlare solo per me stessa e in base alle osservazioni che ho fatto. Sono giunta alla conclusione che, naturalmente, il ruolo delle donne della Chiesa Ortodossa è certamente significativo. Le donne, per esempio, organizzano i pasti. Come regola generale, le donne sono le responsabili o comunque sono elementi essenziali per qualsiasi tipo di eventi di raccolta di fondi o serate di beneficenza. Le scuole russe, i campi, e così via, dipendono da loro. Tutti lo sanno.

Alla luce di tutto questo, vorrei semplicemente dire che queste sono tutte cose che una donna fa per qualcun altro; per i bambini, per la famiglia, per la parrocchia. Ma c'è ancora qualcosa che è immediatamente necessario per lei e che si trova al di fuori di tutto questo. Naturalmente, per la maggior parte, una donna è felice quando i suoi figli sono felici. Nessuno lo nega questo o mette in discussione l'importanza di scuole e altre attività per bambini. Ma è come per ogni persona – un uomo, per esempio, non è solo un padre. È anche e semplicemente un essere umano in relazione a se stesso, giusto?

Ecco perché penso che abbiamo bisogno di avere quella che io considero inevitabile una conversazione tra il clero e le donne. Ma le circostanze sono tali che, dopo che la funzione è finita c'è un pasto, o è arrivato qualche vescovo molto interessante, e così via. Non abbiamo l'opportunità di un colloquio diretto. Così, per esempio, se non avessi fatto le riprese, se non fossi venuta da qualcuno per un colloquio, con domande e così via, non avrei mai imparato nulla io stessa.

A.P.: Allora non tutte le donne possono essere Masha Reshetnikova, per così dire.

M.R.: No, non tutte devono essere Masha Reshetnikova, grazie a Dio. Ma è molto importante avere questa opportunità e non hanno bisogno di girare un film per averla.

Naturalmente tutto dipende dalla cooperazione. Voglio dire che per chi ha interesse, allora senza dubbio si presenta l'occasione per la comunicazione. Ma mi sembra che il clero debba in qualche modo influenzare lo sviluppo di questo interesse. A volte le donne non si sentono a proprio agio ad avvicinarsi a un sacerdote o a iniziare a chiedergli qualcosa. Sarebbe bello se in realtà avessimo i necessari gruppi educativi di lettura di cui il vescovo Seraphim Ivanov, a suo tempo, scrisse nella sua cosiddetta costituzione di Mahopac. Questi gruppi erano un'offerta non solo per i bambini, ma prima di tutto per i genitori. Credo che questo potrebbe ampliare la prospettiva di molte donne che a loro volta potrebbero insegnare qualcosa ai loro mariti. Mi sembra che le donne siano la forza motrice in famiglia. Nella nuova immigrazione, se i bambini vengono in chiesa è grazie alla donna, di regola. Il marito e i figli sono trascinati dalla donna. Non sempre, ma il più delle volte è così.

Quanto più sa una donna sa, tanto più la conoscenza si diffonderà a tutta la sua famiglia. Penso che questo potrebbe avere una grande influenza sulle difficoltà che abbiamo con le violenze domestiche - e di queste cose ne abbiamo. C'è stato un caso ben noto e terribile a Mahopac. Per la maggior parte questo si svolge a porte chiuse. Non voglio fare nomi, ma ho spesso sentito parlare di mariti ignoranti e aggressivi che vanno in chiesa e che rimproverano le loro mogli dicendo: "Vai pure [in chiesa], ma non dire loro cosa sta succedendo in casa nostra!" Dicono: "Una donna deve temere il marito", "Sei fuori posto", e così via.

Vuol dire che stanno dicendo, "La tua chiesa ti insegna a essere umile, e che io dovrei essere il tuo capo, ecc".

Sì. Ma la chiesa non insegna affatto questo. Non c'è alcuna legge o religione che giustifichi tali cose [come la violenza domestica]. Ma non sto solo parlando di questioni maschio-femmina. Sto parlando in generale del fatto che le donne russe sono, di regola, estremamente intelligenti e desiderose di conoscenza. Si sente sempre parlare di società costituite intorno a un certo interesse. Si mettono a bere del tè da qualche parte e a studiare qualche specie di monaci buddisti. Poi si pensa, non c'è fine al sapere, ed è un peccato che non ci sia abbastanza forza o abbastanza tempo per questo. Ma vorrei che potessimo in qualche modo trovare il tempo – perché quanto più una donna conosce, tanto meno è sottoposta alle cose stupide che la gente dice di lei.

Diventa più forte, in qualche modo.

Diventerà più forte a causa della conoscenza. Sa, a volte si sentono cose strane. Le nostre signore per bene stanno sedute a dire: "Sai, quando un uomo è malato è perché il Signore lo sta punendo. Quelle persone si comportano male. Sono peccatori e basta". A volte sento queste cose e voglio dire che è così primitivo e semplicistico. Si scambiano tra loro le idee di base che credono essere l'Ortodossia. Se ti comporti male e pecchi, allora strarai male tutto il tempo. Ma naturalmente la malattia ha altri significati. Ho detto chiaramente a una persona di questo genere: "Deve fare attenzione a chi si dice questo. La vita potrebbe portarla di fronte a una donna con un bambino malato mortalmente, e potrebbe ferirla a morte con una dichiarazione del genere: "Vede, anche leu ha un figlio malato, siete tutti peccatori..."

In un momento come questo si vorrebbe veramente... Abbiamo di queste persone. Vorrei che un prete intelligente, colto, gentile e paziente ci riunisse tutti insieme, uomini e donne, e ci mettesse tutti a leggere insieme. Io ne sento il bisogno. Quanto più si legge tanto più si sente il bisogno di parlare di ciò che suscita interesse. Si inizia a provare un certo appetito per questo. Le domande sorgono, e sa cosa succede con il prete? Gli viene un interesse di parlare con noi. Perché, naturalmente, quando si deve iniziare dalle basi, dopo pochi anni ci si guarda indietro e si vede quanto è diventata più istruita la conversazione. E poi inizia un dialogo interessante.

Sa, ciò che è veramente importante è che si vada oltre i confini delle nostre piccoli ghetti. Noi viviamo qui, e questo è il luogo dove andiamo in chiesa; andiamo da casa in chiesa, e così via. Ma la Chiesa ortodossa russa all'estero è così ricca. Anche se non andiamo in Europa, ma solo a Seattle o a Washington – buon Dio! Abbiamo una chiesa praticamente in ogni grande città. Ogni chiesa ha una storia, e in ogni chiesa ci sono persone storicamente interessanti, persone anziane. Hanno anche i propri sacerdoti, come padre Victor Potapov. È così interessante parlare con lui. Quindi, si può visitare un'altra città, insieme alla vostra famiglia. Ci si può interessare, imparare, fare domande, e iniziare ad avere conversazioni.

Anche nella zona di New York ci sono un bel po' di chiese. Così le si può visitare per le loro feste patronali. Se si sa che c'è una festa patronale, si può andare.

Sì, certamente. Ma è essenziale che questo sia reciproco, che ci sia un'interazione vivace con il clero delle chiese, anche con i vescovi. Vede, questo dovrebbe trasformarsi in una tradizione. Nella mia esperienza di conversazione – e ho intervistato molti vescovi differenti, vladyka Michael, vladyka Hilarion, non riesco nemmeno a ricordare tutti quelli che ho intervistato – sono tutti fondamentalmente persone molto accessibili alla conversazione, anche i monaci. Ho intervistato il vescovo Peter sul principio dell'accessibilità alla comunicazione con la gente, su cui c'è molto da dire.

Quindi sta dicendo che tutti dovrebbero andare a parlare con il clero, e nessuno li allontanerà, e riceveranno risposte?

Sì, vorrei dire: andate, anche se so che tecnicamente questo può essere difficile con il clero di un certo rango.

Vuol dire che ci dovrebbe essere un formato speciale?

Ci dovrebbe essere un luogo in cui l'alto clero possa dialogare con la gente. Forse dirò qualcosa di sedizioso, ma ogni volta che quelli dell'alto clero arrivano in chiesa, sono circondati da un certo entourage. Allora, che cosa succede? La gente è seduta al pranzo della festa. Poi rimane molto poco tempo. Nella migliore delle ipotesi si potrebbe ottenere una benedizione del vescovo, salutarlo e scambiare qualche parola. Ma quando avremo una conversazione?

Quindi la conclusione alla quale sono arrivato è questa: abbiamo molti preti istruiti. Insieme a loro abbiamo bisogno di iniziare a creare una sorta di tavola rotonda e conversare. Ma i vescovi sono molto interessanti, e di regola vengono privati del tipo di stretta comunicazione con la gente che hanno i parroci. Vedono una parrocchia, poi un'altra e non possono mai avere una conversazione dettagliata. Penso che questa sarebbe molto vantaggiosa per loro, e sarebbe utile anche alla gente, perché le persone che hanno raggiunto i più alti ranghi della chiesa sono anche le più intelligenti, le più colte, le più istruite, e hanno una grande esperienza. Quindi le loro opinioni dovrebbero avere effetto su di noi; e anche noi, in fondo, abbiamo cose di cui parlare.

Mi ha ricordato la possibilità di avere il vostro sito web o stazione radio, e da quello che ho sentito, quello che sta dicendo è notevole. Spero vivamente che questo funzioni per voi. Da parte mia mi piacerebbe fare un video-articolo di quello che abbiamo fatto qui. Grazie mille.

Vorrei parlare un po' della radio. Avendo realizzato film e scritto per quindici anni, penso che la radio sia una grande necessità da lungo tempo attesa; perché la radio è un dialogo vivente. Fornisce la possibilità di un dialogo vivente. È la possibilità per ogni sacerdote di contribuire la propria pagina a questa comunicazione.

Non è sufficiente per una persona andare su un sito web di una chiesa per essere ben informata. Se vado su un sito web di una chiesa, che cosa posso trovare su qualsiasi sacerdote o rettore? C'è una quantità limitata di informazioni, ma che altro? Inoltre, la vita mi ha dato l'opportunità di conversare con molti sacerdoti che, nel corso della loro attività ecclesiale, sono stati coinvolti con opere interessanti. Ma sono in grado di condividere ciò che hanno imparato solo con la propria cerchia di parrocchiani. Ancora una volta, di quante persone stiamo parlando? Forse centoventi, centotrenta.

L'istituzione di una stazione radio non mi darebbe la possibilità di intervistare tutti, ma consentirebbe un forum a coloro che vengono lasciati fuori tramite le proprie pagine. Potremmo finalmente sentire un dialogo vivo tra parrocchiani provenienti da tutto il mondo.

Le nostre mentalità differiscono a seconda di dove viviamo. La nostra esperienza è diversa. A volte le persone cadono nella disperazione. Diciamo le cose come stanno. Le persone cadono nella disperazione, perché nella propria parrocchia non tutto è come dovrebbe essere, e si ha l'impressione che tutto il mondo sua così. Vede? "Da noi i muri cadono, uno dopo l'altro; ci sono fazioni opposte nella parrocchia. Dappertutto è lo stesso, senza eccezioni".

Ma poi vengo io e dico: "Ma no! Beh, naturalmente io non so tutto, ma altre parrocchie vivono in maniera diversa" Ed è così interessante. Prima di tutto si dà alla gente la speranza. Inoltre siamo tutti ortodossi, con sacerdoti e parrocchie di formazione diversa. Quindi, se vedete che qualcosa sta andando meglio da qualcun altro, allora abbiamo qualcosa da insegnarci a vicenda. Dobbiamo imparare a confrontare la nostra vita con quella degli altri, e prendere in prestito ciò che è meglio.

Masha, sono molto contento che abbiamo avuto questo discorso. Penso che sia il nostro primo incontro e non l'ultimo.

Dovremmo incoraggiarci l'un l'altro.

In questo c'è perfettamente riuscita.

 
L'icona della Natività

icona moderna della Natività

Il sapientissimo Signore viene alla nascita,

Ricevendo ospitalità dalle sue stesse creature.

Cerchiamo anche noi riceverlo,

Affinché questo bambino divino nella grotta ci faccia suoi ospiti

Nel paradiso delle delizie!

La nascita di Cristo è stata sempre celebrata e inneggiata dai cristiani in un modo o nell'altro, in quanto è fondamentale per la Fede. La Parola di Dio in passato poteva apparire come un angelo del Signore, o come il fuoco divino del roveto ardente, ma ora, da questo momento in poi, Egli è diventato uno di noi; e non solo come un uomo adulto disceso dal Cielo, ma con umiltà Dio è nato da una donna, ed è giunto a noi come un piccolo infante, senza parole. Questo è ciò che è visibile nell'icona della Natività, e intorno a questo evento storico centrale sono raffigurate altre storie che circondano la nascita di Gesù Cristo.

La forma comune dell'icona della Natività, con poche variazioni, risale intorno al XV secolo, pur attingendo a fonti molto più antiche: le profezie dell'Antico Testamento, i racconti del Nuovo Testamento Vangelo, e le antiche narrazioni sulla vita della Vergine Maria.

Il Nuovo Testamento nell'icona della Natività

parte superiore dell'icona della Natività

Il Cristo bambino e sua madre sono raffigurati in una grotta, circondata da rocce impossibilmente nitide, inospitali, che riflettono il mondo crudele in cui Gesù è nato. Il Vangelo racconta che Giuseppe e Maria non riuscirono a trovare una camera in una locanda quando giunsero a prendere parte al censimento a Betlemme, e così Gesù fu deposto in una mangiatoia per animali. In quel tempo, gli animali non erano ospitati in stalle di legno, ma in grotte e anfratti nelle colline, e quindi questa "stalla" è mostrata nell'icona.

In alto nel cielo c'è una stella, che fa scendere un unico raggio verso il bambino Gesù. Questa stella è seguita dai Magi, i saggi persiani dell'Oriente, che stanno portando doni per Cristo. Ma sono mostrati a distanza, ancora in cammino. Non sono presenti.

I cieli sono affollati da una schiera di angeli che portano la buona novella della nascita del Salvatore del mondo. A destra, i pastori – persone non considerate da chiunque altro – sono i primi a dare la buona notizia della nascita di Gesù. Ma anch'essi sono indicati fuori della grotta, ancora con le loro greggi. Neanche loro sono ancora al fianco di Cristo.

Oltre a sua madre, l'unica compagnia che Gesù Cristo ha nelle prime ore di Sua vita terrena sono un umile bue e un asino. Questa è l'umiltà dell'incarnazione di Dio sulla terra.

L'Antico Testamento nell'icona della Natività

una profezia di Isaia adempiuta

L'umiltà delle origini di Cristo non dovrebbe sorprenderci, poiché le modalità della sua nascita erano state profetizzate molte centinaia di anni prima della manifestazione. La presenza del bue e dell'asino nell'icona della Natività adempie una delle tante profezie del libro veterotestamentario di Isaia:

"Il bue conosce il suo proprietario e l'asino la greppia del suo padrone" (Isaia 1:3). Qui si indica anche che gli animali forniscono calore a Gesù con il loro respiro.

Maria guarda verso l'albero di Iesse

 Un'altra cosa che si trova nella maggior parte delle icone della Natività è un "albero di Iesse" dal nome di un patriarca dell'Antico Testamento; la presenza dell'albero ci ricorda un'altra profezia di Isaia adempiuta:

"Un germoglio spunterà dal tronco (dall'albero) di Iesse e dalle sue radici fiorirà un bocciolo. Lo spirito del Signore si poserà su di Lui "(Isaia 11:1-2). Nella carne, Gesù può tracciare la sua discendenza sia attraverso sua madre sia attraverso suo padre adottivo Giuseppe, per tutta la strada fino a Iesse. Questo lignaggio è anche talvolta indicato nelle icone dell'Albero di Iesse.

Altri testi antichi nell'icona della Natività

Salomè lava il Cristo bambino

Un'altra fonte importante per la storia della nascita di Gesù è il Protovangelo di Giacomo, un testo del secondo secolo che descrive la vita della Vergine Maria. Questo include, naturalmente, una descrizione della Natività di Cristo, e il racconto è più dettagliato di quelli che si trovano nei Vangeli. Secondo questo Vangelo, Giuseppe portò con sé due donne – una levatrice e una donna di nome Salomè – per aiutare nella nascita di Gesù. Salomè è identificata con una donna che in seguito divenne discepola di Cristo, e che fu la madre degli apostoli Giacomo e Giovanni, e una delle donne che scoprirono la tomba vuota dopo la risurrezione di Cristo.

il giusto Giuseppe dall'aspetto turbato

Ma dov'è Giuseppe? A differenza dei ben noti presepi in Occidente, nelle icone ortodosse Giuseppe si trova di solito nella parte inferiore dell'icona, lontano dalla sua fidanzata e dal figlio. A volte lo si vede mentre sta ad ascoltare un uomo anziano, e sembra turbato. È preso da nuovi dubbi riguardo a questa nascita, e questi dubbi gli sono istigati da Satana sotto forma di un vecchio, come scrive il Protovangelo. Il diavolo suggerisce che se il bambino fosse veramente divino non sarebbe nato in modo umano. Questi argomenti, che alla fine non hanno fatto inciampare Giuseppe, sono sempre tornati a turbare la Chiesa, e sono alla base di molte eresie sull'identità di Cristo. Nella persona di Giuseppe, l'icona rivela non solo il suo dramma personale, ma il dramma di tutta l'umanità, la difficoltà di accettare ciò che è oltre la ragione, l'Incarnazione di Dio.

Mentre annuncia la notizia gloriosa e gioiosa della nascita di Cristo, l'icona riconosce anche, come fanno gli inni della Chiesa, il grande mistero di questo evento.

Come può essere contenuto in un grembo materno, colui che nulla può contenere?

E come può colui che è nel seno del Padre

essere tenuto tra le braccia di sua madre?

Questo è secondo il suo beneplacito,

come egli conosce e vuole.

poiché essendo senza carne,

di propria volontà egli si è fatto carne;

e colui che è,

per amor nostro è diventato ciò che non era.

Senza uscire dalla sua stessa natura

ha condiviso la nostra sostanza.

Desideroso di riempire i cieli di cittadini,

Cristo ha subito una duplice nascita.

 
Arciprete Andrew Phillips: Domande e risposte dalla corrispondenza recente (maggio 2015)

I suoi scritti sembrano essere diventati meno apocalittici e più ottimisti negli ultimi 10-15 anni o giù di lì, come mai?

Negli anni '70, '80 e '90 pensavamo che fosse probabilmente la fine, che ci fosse poca speranza per qualsiasi rinascita dell'Ortodossia in Russia, e che quindi al di fuori della Russia, la piccola ROCOR avrebbe solo dovuto resistere fino alla fine, una fine al massimo a qualche generazione di distanza. Per esempio, ricordo quando ho incontrato nel 1977 a Parigi l'anziana vedova del filosofo e inventore della 'teologia eucaristica', padre Nikolaj Afanas'ev (lei era molto più ortodossa di lui). Matushka mi ha detto con disperazione, 'la Russia è finita'. Naturalmente, molti di quelli che nella sua generazione avevano vissuto la rivoluzione e l'esilio pensavano esattamente questo.

Io stesso avevo grandi dubbi sul fatto che avrei visto un risveglio nel corso della mia vita. Gli anni '90 sotto Eltsin hanno portato poche speranze; sembrava che dopo le oscenità dell'ateismo la Russia si sarebbe limitata a copiare l'Occidente in termini di continua apostasia. Eppure, fin dal Concilio del Giubileo del mese di agosto 2000 e dalla canonizzazione dei nuovi martiri e confessori, abbiamo cominciato a vedere la tanto attesa trasfigurazione. Tutto è cambiato in quel giorno, come si è visto nel miracolo della Croce apparsa nel cielo di allora. La Russia è la chiave, se la Russia viene restaurata, ne conseguirà la restaurazione del resto del mondo ortodosso dalla decadenza e dalla 'mezzodossia'. Sono i segni di questo processo che stiamo seguendo ora con tanto ardore.

Non è troppo ottimista? Guardi tutti i problemi in Russia, l'aborto, l'alcolismo, la criminalità, il nominalismo di massa, l'Ucraina.

Ho sempre detto che la restaurazione in Russia è sul filo del rasoio. Tutto può ancora andare in un modo o nell'altro. L'Ucraina è un grande avvertimento che dimostra quanto sia fragile la situazione. Ciò che si nasconde dietro la guerra civile nell'Ucraina è la crisi spirituale del nominalismo che dimostra la sua fragilità. I cosiddetti ucraini ortodossi difendono le statue di Lenin, il mostro che ha creato l'Ucraina! Che tipo di Ortodossia è questa? Non è più ortodossa rispetto agli uniati che vogliono erigere statue di Hitler.

Washington può ancora minare tutto ciò, come abbiamo visto a Costantinopoli dal 1948, quando i suoi agenti hanno deposto il patriarca ortodosso e lo hanno sostituito con il loro burattino. Ora, in tutti i Balcani e nel Medio Oriente, Washington, a volte direttamente, a volte indirettamente tramite il suo vassallo, l'Unione Europea, sta attaccando il ventre molle del mondo ortodosso. In paesi decadenti, siano essi la Siria, la Romania, la Bulgaria, la Serbia, l'Ucraina, che sta cercando di distruggere la Chiesa ortodossa come ultimo baluardo contro l'Anticristo, che i neocon di Washington mirano a intronizzare nel loro stato cliente di Israele. Dovunque ci sia decadenza nella Chiesa ortodossa, là Washington e le sue colonie attaccano e intimidiscono. Dobbiamo essere forti e resistere consapevolmente – allora non ci potranno attaccare.

Questo spiega la situazione attuale in Macedonia?

Sì. Washington si è così adirata quando la Russia ha fatto liberare il vescovo Jovan dalla sua prigione macedone e quando la Russia ha proposto di inviare un gasdotto attraverso la Turchia, la Grecia e la Macedonia (i politici bulgari corrotti da Washington non lo avevano accettato nel loro paese), che ha deciso di organizzare una rivoluzione colorata in Macedonia con i suoi clienti, i mafiosi albanesi del Kosovo. Questo è ciò che sta accadendo in questo momento.

Come sta reagendo la Chiesa serba?

È in un dilemma. Gli americani avevano già posto il veto all'elezione del metropolita Amfilohije del Montenegro come patriarca serbo, ma non tutto sta andando a modo loro, proprio come nelle Chiese romena e greca, nonostante le loro manipolazioni locali. In particolare in Grecia, la venerazione delle reliquie di Santa Barbara da parte di centinaia di migliaia di persone irrita fortemente gli americani. Tutto ciò che è tradizionalmente ortodosso li infastidisce immensamente perché mostra automaticamente la solidarietà con la Chiesa russa, che stanno facendo sforzi disperati per distruggere, come proclamano apertamente i loro leader neocon. Tuttavia, sono infastiditi soprattutto dalla resistenza degli ucraini alle loro marionette a Kiev e alle stragi di massa da loro ordinate. Gli ortodossi sembrano essere sul punto di vincere. Questo è un miracolo. Siamo fiduciosi che la profezia dell'anziano Giona di Odessa si potrà ancora avverare. Ma come tutte le profezie, ha bisogno del pentimento di massa per diventare realtà.

Quale profezia?

Che la vittoria per l'Ortodossia arriverà in Ucraina, ma solo dopo una Pasqua di sangue (nel 2014) e una Pasqua di fame (nel 2015), nella Pasqua del 2016.

Tutti questi eventi stanno accadendo lontano, nei Balcani o nel Medio Oriente, sicuramente non riguardano noi qui in Occidente?

Oh, sì, ci riguardano. Per esempio, la Chiesa russa affronta un'immensa opposizione alla creazione anche di una sola nuova parrocchia nel mondo occidentale. D'altra parte, l'Occidente sostiene la creazione di parrocchie del Patriarcato di Costantinopoli. Perché? Perché le controlla pienamente attraverso la massoneria, ecc. È così a livello locale nell'Inghilterra orientale, ed è così in tutto il mondo occidentale. Attenzione alle quinte colonne. Guardate quanti anni abbiamo dovuto aspettare per la nuova cattedrale russa a Parigi. È stata appena posata la prima pietra – con un ritardo di cinque anni, e dodici anni dopo che è stata fermata con una serie di ritardi, alcuni creati dall'ex sindaco omosessuale di Parigi.

Come si fa a resistere? Come si fa a ottenere qualsiasi risultato contro l'istituzione di un'ortodossia massonica, come quella che è stata promossa in Occidente? Perché non è apparsa una 'Chiesa occidentale istituzionale', quando così tanto è stato fatto per crearla?

Grazie all'immigrazione di ortodossi reali provenienti dall'Europa dell'Est, non è stata costituita una 'Eurochiesa'. Gli immigrati sono giunti in Occidente negli ultimi 15 anni e hanno salvato la situazione, sostenendo noi, che una volta eravamo una piccola minoranza, su cui le istituzioni erano solite sputare e voltare le spalle in disprezzo e condanna. Gli ortodossi reali non possono più essere ignorati in Occidente – per la gran collera dei mezzi ortodossi. Questi avevano contato sulla creazione di una sorta di 'Euro-Ortodossia' indebolita, una 'Ortodossia lite', controllata da Costantinopoli (cioè, controllata dal Dipartimento di Stato americano) come quella finlandese in tutta l'Europa occidentale. La si doveva costruire su mezzi convertiti europei protestantizzanti e su ortodossi decaduti di seconda e terza generazione. Era un progetto folle, come quello di un accanito fumatore che aveva cercato di costruire un'Ortodossia americana  basandosi su ex episcopaliani ed ex uniati convertiti a metà.

Perché l'Occidente è così opposto alla Chiesa russa in particolare?

Proprio perché non rappresentiamo una sorta di folklore balcanico o una loggia massonica con approvazione istituzionale, ma la Chiesa di Dio senza compromessi. Il diavolo è arrabbiato con noi e così usa i suoi agenti contro di noi. Ovunque ci sia compromesso in materia di fede, c'è il diavolo. Questi non vuole l'integrità. Come dice il vecchio proverbio, 'il diavolo crea sempre una cappella accanto a una chiesa'. Questo è diventato lampante nel 2006, quando l'establishment e i media britannici hanno così vigorosamente approvato lo scisma nella diocesi di Surozh in questo paese e hanno lanciato una campagna al vetriolo contro la Chiesa russa. Il loro odio era davvero scioccante, per uno scisma piccolo e spiritualmente irrilevante! Ma l'establishment difende sempre i suoi soggetti, così come è sempre agitato quando viene contrastato; questo mondo non vuole alcun testimone dell'altro mondo.

La stessa situazione prevale in tutti gli altri paesi occidentali, dove alcuni esponenti religiosi, accademici e laici dell'OCA negli Stati Uniti e della giurisdizione di Parigi in Francia lavorano per i servizi segreti russofobi di questi paesi. Noi non dobbiamo mai perdere la nostra libertà nella Chiesa russa, come questi hanno perduto la loro. Una volta che hai perso la libertà, sei spiritualmente compromesso. E cerchiamo di essere sinceri, questo è successo anche ad alcuni individui nella ROCOR tra gli anni '70 e gli anni '90. Può succedere ovunque. Come dicono i servizi segreti: 'Ogni uomo ha il suo prezzo'. Questo è il livello di cinismo con cui operano.

Quindi, come possiamo resistere?

Come un mio nuovo conoscente cattolica mi ha detto solo pochi giorni fa, 'L'Ortodossia? È una forma avanzata di cattolicesimo, non è vero?' Mi ha colpito questo punto di vista dall'esterno. Ciò che è certamente vero è che ci sono individui ai margini della Chiesa ortodossa che non confessano affatto 'una forma avanzata di cattolicesimo', ma confessano un cattolicesimo moderno, vale a dire una forma degradata di protestantesimo, di fatto, più o meno una laicità .

Allora cosa dobbiamo fare?

Dobbiamo invertire i processi attraverso i quali la Chiesa in Occidente si è degradata nel cattolicesimo e quindi i processi con cui il cattolicesimo si è degradato a sua volta. Ciò significa tornare a prima del 1054.

Puo' spiegare come, in dettaglio?

Cresciuto in Inghilterra, una data storica che conoscevo anche da bambino piccolo, come tutti i bambini, era quella del 1066, la battaglia di Hastings. Mi sono reso conto che era molto importante a livello locale, ma non ho capito il suo contesto generale fino a qualche anno più tardi, per mezzo della Chiesa. Più tardi, ponendo quella data del 1066 nel suo contesto storico come ortodosso, mi sono reso conto che era tutto collegato con i processi che avevano avuto luogo nel corso dell'XI secolo, processi attraverso i quali era stato fondato il cattolicesimo e, attraverso di esso, un mondo europeo occidentale del tutto indipendente e separato dalla Chiesa di Dio, con le sue false istituzioni cristiane.

In altre parole, ho scoperto che il 1066 non era una data isolata scollegata da tutto il resto, ma era parte di un processo molto più ampio, di cui la provinciale Inghilterra era solo una parte. A livello locale, significava la degradazione finale dell'Inghilterra come paese ortodosso, ma questa è la stessa cosa che era accaduta prima altrove, nella 'terra dei franchi', la Francia settentrionale e la Germania occidentale, poi in Italia meridionale e in Spagna, ed era accaduta altrove più tardi, nelle crociate in Medio Oriente e con i cavalieri teutonici in Europa orientale. L'obiettivo era quello di trasformare il mondo intero in una 'terra dei franchi' – il che è quello che Washington sta cercando di fare in Ucraina e Macedonia in questo momento, 950 anni più tardi.

Inoltre, la situazione che si è sviluppata nel 1066 in Inghilterra si è protratto fina ad oggi; siamo ancora occupati dai normanni, perché non vi è stato alcun pentimento. Incredibilmente, il 1066 è ancora segnato nell'ambiente dall'establishment come una sorta di progresso o vittoria, come la nascita d'Inghilterra, invece della sua morte! Questo è il risultato di una totale mancanza di pentimento. La mancanza di pentimento giustifica sempre il male. Guardate i neocon negli Stati Uniti oggi di come esempi di mancanza di pentimento e la giustificazione del male! Ricordate Madeleine Albright che ha detto che la morte di centinaia di migliaia di bambini iracheni è stato 'un prezzo che valeva la pena pagare'. I nazisti dicevano la stessa cosa. Non c'è da meravigliarsi che i neoconservatori sostengano i neo-nazisti a Kiev. Provengono dalla stessa scuderia.

E nessun pentimento significa nessuna restaurazione. Allora cosa dobbiamo fare per ristabilire la verità? Dobbiamo de-normannizzarci o, per dirla nel suo contesto generale europeo e mondiale, de-franchizzarci, in altre parole, dobbiamo ritornare alla Chiesa e al modo di pensare della Chiesa. Questa è una cosa assolutamente vitale, se mai vogliamo fondare una metropolia in Europa occidentale, la base per una nuova Chiesa locale.

Lei parla del 1066, data dietro la quale si nasconde il 1054; ci sono altre date del genere nascoste nella storia?

Assolutamente sì, e molte. Vedete, una corretta comprensione della Chiesa è la chiave per comprendere il passato, così come una corretta comprensione della Chiesa è la chiave per capire il futuro. Ciò che non ha senso in termini secolari ha sempre senso quando è visto alla luce della Chiesa – o nelle tenebre dell'assenza della Chiesa. Il 1066 non ha un senso spirituale fino a quando si capisce che il 1054 si trova dietro di esso, che è stato tutto parte dello stesso processo di degenerazione spirituale in Europa occidentale, che era iniziato con Carlo Magno e che non si è ancora concluso. Per esempio, la guerra civile di oggi in Siria non ha alcun senso se non si comprende il degrado spirituale che è avvenuto in Siria prima di essa. Un altro esempio, molto più vicino e più ovvio per noi, è il 1918, dietro il quale si nasconde il 1914.

Il 1918? Può spiegarlo?

Il 1918 ha segnato l'uccisione e il martirio dello tsar Nicola II, una data che ha cambiato la storia del mondo, perché ha creato l'Unione Sovietica e tutto ciò che questo ha comportato, tra cui la Cina comunista. Non si può tornare indietro a quel punto prima di un pentimento e quindi prima di una restaurazione. Dietro il 1918 si cela il 1914 con la dichiarazione di guerra tedesca (o meglio prussiana - 'la Prussia ha rovinato la Germania', come la tsarina Alessandra. principessa d'Assia, aveva detto nel 1914). E questo voleva dire il suicidio spirituale dell'Europa.

A questo proposito, più o meno tutte le fonti occidentali affermano che la caduta dei Romanov fu colpa loro, per esempio, che fu la debolezza dello tsar Nicola che portato alla rovina dei Romanov. È vero?

Certo che no, tutto questo è solo propaganda da auto-giustificazione. Sì, è vero che lo tsar Nicola II salì al trono giovane e impreparato, dopo la morte del tutto inaspettata di suo padre Alessandro III. È anche vero che nei primi anni del suo regno soffrì molto per colpa della cabala degli zii assetati di potere, i granduchi corrotti, che approfittarono della sua giovinezza e della sua grande gentilezza. Ma la vera ragione per la caduta della Russia imperiale fu il tradimento della nobiltà e dei generali, tra cui, è vero, molti parenti della famiglia Romanov e molti granduchi, a causa della loro apostasia dall'Ortodossia, che causò gelosia, avidità, pettegolezzi, calunnie e l'assassinio del contadino Rasputin.

Questi aristocratici volevano rovesciare lo tsar Nicola, l'autorità legittima, perché volevano il potere per se stessi. Vedendo la forte volontà e la risoluzione dello tsar Nicola, lo calunniarono e effettuarono un colpo di Stato, accusandolo di una volontà debole e indecisione. Questa era mera auto-giustificazione. Il loro accordo a una rivoluzione che era stata preparata da Buchanan, l'ambasciatore britannico a San Pietroburgo, che presto si pentì della sua follia, creò un incubo. Naturalmente, furono puniti essi stessi, perché persero tutto. Era colpa loro. I migliori tra loro capirono ed ebbero il tempo di pentirsene nei gulag bolscevichi oppure in esilio, a Berlino, Belgrado, Parigi, Londra (come padre Georgij Sheremet'ev) e altrove. Altri non si sono mai pentiti del sangue sulle loro mani.

Quindi sta dicendo che l'Occidente è stato responsabile della rivoluzione?

Sì: direttamente, attraverso i suoi agenti, e indirettamente, attraverso gli aristocratici occidentalizzati. Per esempio, direttamente a causa del finanziamento tedesco ai bolscevichi (proprio come i giapponesi avevano finanziato la rivoluzione del 1905 e gli inglesi e gli americani erano dietro i giapponesi, utilizzandoli come vassalli – come gli Stati Uniti fanno ancora). Direttamente perché gli inglesi volevano vendetta sulla Russia perché la Russia aveva sostenuto i boeri e gli americani volevano vendetta perché i russi avevano sostenuto i nativi americani (come fanno ancora), così mandarono Trotskij. Direttamente perché gli inglesi non vollero vedere Costantinopoli liberata dalla Russia nel 1917. Ma anche indirettamente a causa del tradimento della nobiltà russa, ciecamente anglofila come l'assassino laureato a Oxford, l'ubriacone, travestito e parassita Jusupov, uno degli uomini più ricchi della Russia. Il suo ideale non era la Santa Rus', ma Oscar Wilde! Che speranza c'era con gente come Jusupov?

Qual era il fine della Russia nella prima guerra mondiale?

Era la distruzione del militarismo tedesco, come lo tsar Nicola aveva detto all'infido ambasciatore francese nel 1914. Lo tsar in realtà aveva predetto che se tale militarismo non fosse stato sconfitto, ci sarebbe stata un'altra guerra. Lo tsar Nicola lo aveva già delineato nella sua proposta alla conferenza sulla pace e il disarmo all'Aia alla fine del XIX secolo. La Russia sapeva che una volta che il militarismo fosse stato sconfitto, la pace avrebbe potuto prevalere in Europa e quindi in tutto il mondo. Tuttavia, l'Occidente, in particolare a Berlino ma anche a Londra, non voleva la pace, e così massacrò la sua gioventù. E neppure i banchieri di New York volevano la pace. Tuttavia, con la Russia conquistata dai bolscevichi sostenuti da Wall Street, solo la guerra avrebbe potuto prevalere, che è esattamente quello che è successo fin dal 1918, di fatto fin dal 1914. Il mondo non ha conosciuto la pace per 101 anni. Non è colpa della Russia.

Quali sono le tentazioni che oggi potrebbero fermare la restaurazione della Russia?

Da un lato vi è l'occidentalizzazione, come quella che infettava l'aristocrazia pre-rivoluzionaria e oggi infetta i burattini oligarchi e banditi controllati dagli USA, gli aristocratici moderni, che in realtà sono in maggior parte ebrei. D'altra parte, c'è la minaccia di un ristretto nazionalismo russo, come quello che ha prevalso in alcune parti della ROCOR tra gli anni '70 e gli anni '90. Questo potrebbe impedire alla Russia di assumere la responsabilità imperiale per il resto del mondo ortodosso, parti del quale sono cadute in così grande decadenza dal 1918. Tutto è ancora sul filo del rasoio. Noi non facciamo previsioni. Tutto quello che possiamo dire è ciò che dobbiamo fare è chiaro – lottare per la verità ortodossa senza compromessi; se saremo in grado di avere successo e quindi ritardare la venuta dell'Anticristo nel prossimo futuro, questo non è chiaro. Tutto quello che abbiamo è la speranza, la fede e l'amore.

 
Metropolita Antonij: ogni cristiano è un combattente per l'unità della Chiesa

il metropolita Antonij (Pakanich) di Borispol e Brovary, cancelliere della Chiesa ortodossa ucraina. Foto: YouTube

L'unità della Chiesa si basa sul fatto che il capo della nostra Chiesa è il nostro Signore Gesù Cristo, ha osservato il vescovo della Chiesa ortodossa ucraina.

L'unità è uno dei principi fondamentali dell'esistenza della Chiesa e ogni cristiano è un combattente per questa unità, ha spiegato il cancelliere della Chiesa ortodossa ucraina, il metropolita Antonij (Pakanich) di Borispol e Brovary.

"Ogni persona che non solo teoricamente conosce qualcosa della Chiesa, ma vive la sua vita ed è parte integrante della Chiesa stessa comprende che è possibile vivere solo nell'unità. E l'unità della Chiesa si basa sul fatto che il capo della nostra Chiesa è il nostro Signore Gesù Cristo", ha sottolineato vladyka Antonij in un videomessaggio ai fedeli pubblicato sul suo canale YouTube.

Ha ricordato che ogni divisione proviene dal peccato, che divide tutto ciò che sta intorno. Pertanto, un vero cristiano combatte per l'unità superando il proprio peccato.

"Una persona che conduce una vita cristiana, vive secondo i comandamenti di Dio, cerca, in primo luogo, attraverso il superamento del peccato, di unire in sé tutte le proprietà della natura umana in un'unica armonia al fine di avere una connessione diretta con Dio", ha detto il vescovo della Chiesa ortodossa ucraina. "E in una simile manifestazione esterna, ovviamente, ogni cristiano è un combattente per l'unità della Chiesa".

Il metropolita Antonij ha spiegato che la lotta per l'unità non è un'attività esterna.

"In effetti, un vero cristiano è un combattente con se stesso. E quando superiamo il peccato, superiamo questa frammentazione della vita umana", ha detto al gregge.

Secondo il vescovo, il peccato cerca sempre di penetrare nel corpo della Chiesa e frammentare le persone. Per una tale dissociazione, il peccato usa spesso categorie significative, sociali e nazionali, cercando di spostare il significato della vita della Chiesa e convincere le persone che la Chiesa dovrebbe costruire "il paradiso in terra".

"In effetti, la Chiesa dovrebbe sempre testimoniare solo che esiste un Dio che si prende costantemente cura dell'anima umana", ha concluso vladyka Antonij.

In precedenza, ha parlato di tre passi per raggiungere la pace nel Donbass.

 
Il venerabile Brandano il Navigatore, abate di Clonfert e taumaturgo (festa: 16/29 maggio)

una moderna icona ortodossa di san Brandano il Navigatore

San Brandano (scritto anche Brendan, Brandan, Brandon), chiamato il "Navigatore" o anche il "Viaggiatore", è uno dei più grandi asceti vissuti in Irlanda. Sfortunatamente, le sue agiografie più antiche e affidabili sono andate perdute, e ciò che rimane sono manoscritti, annali e genealogie, tradizioni e leggende latine e irlandesi del XII secolo; è anche menzionato nelle vite di alcuni altri santi irlandesi. Ma, soprattutto, è stato amato e venerato dagli irlandesi come una delle più importanti figure ecclesiastiche della nazione nel corso dei secoli. Nacque nel 484 o 486 e si addormentò nel Signore, secondo varie tradizioni, nel 575, 577 o 583 all'età di quasi 100 anni. I nomi dei suoi genitori erano Finnlug e Cara. Il luogo di nascita del futuro santo era molto probabilmente la piccola isola di Fenit, situata a nord-ovest del villaggio di pescatori di Fenit nella contea di Kerry, a sei miglia dalla città di Tralee, nell'estremo sud-ovest dell'Irlanda. Negli anni 2000 una massiccia statua bronzea di san Brandano è stata eretta sulla vicina Great Samphire Island all'ingresso del porto di Fenit per commemorarlo.

Fenit, la città natale di san Brandano, con il porto e l'isola (tratto da Wikipedia)

San Brandano fu battezzato da bambino dal santo vescovo Erc di Slane; la notte in cui nacque Brandano, il vescovo Erc vide una luce straordinaria e una moltitudine di angeli in abiti luminosi che scendevano dal cielo sopra la casa dei suoi genitori. Il pozzo santo di Tobar na Molt, non lontano da Tralee e Ardfert, dove sant'Erc battezzò san Brandano, esiste ancora ed è visitato da pellegrini in cerca di guarigione e consolazione fisica e mentale. C'è una cappella vicino a questo pozzo con un altare e le figure di tre santi (i santi Brandano, Erc e Ita). Sant'Erc potrebbe in seguito aver ordinato san Brandano come sacerdote.

Tobar na Molt: il pozzo santo in cui fu battezzato san Brandano, Kerry (foto di Bernard, Geograph.ie)

Secondo la tradizione, all'età di due anni il piccolo Brandano fu affidato da sant'Erc alle cure dell'illustre santa badessa Ita († c. 570; festa: 15 gennaio) di Killeedy a Limerick, conosciuta come "la madre adottiva dei santi irlandesi". Sotto sant'Ita Brandano studiò i rudimenti del cristianesimo per cinque anni e mantenne sempre l'amore e il rispetto per la badessa che lo nutrì e gli insegnò. Dopo Killeedy, si crede che san Brandano sia andato a Tuam a Galway, nel famoso monastero e scuola fondata da San Jarlath (defunto circa nel 540; festa: 6 giugno). Inoltre, san Brandano fu discepolo di Sant'Enda di Inishmore (defunto circa nel 530; festa: 21 marzo), uno dei primi fondatori monastici in Irlanda.

Il nostro santo andò anche al famoso monastero di Clonard nella contea di Meath dal grande san Finniano (defunto nel 549; festa: 12 dicembre), "il maestro dei santi irlandesi", o da uno dei suoi successori. In particolare, san Brandano il Navigatore (come il suo santo omonimo, san Brandano di Birr a Offaly, defunto nel 573 circa e festeggiato il 29 novembre) è classificato tra i "dodici apostoli d'Irlanda", che furono tutti a Clonard. Infine, secondo la tradizione, il giovane santo viaggiò in Galles, dove trascorse un po' di tempo con san Gildas (o san Cadoc) a Llancarfan a Glamorgan, un monastero famoso per la sua erudizione. Il monachesimo irlandese e gallese dell'epoca erano strettamente interconnessi.

Dopo essere stato istruito da tali celebri santi monaci, san Brandano fu tonsurato monaco, ordinato e quindi viaggiò nell'ovest della sua nativa Irlanda per fondare chiese, compiere una vasta opera missionaria e guidare i suoi concittadini. Tutti i suoi biografi scrissero che san Brandano condusse una vita ascetica austera e guadagnò fama come taumaturgo. Eccelleva in straordinario zelo per la preghiera, estrema astinenza, profonda umiltà e grande misericordia e amore per tutti. In Irlanda e Scozia (che visitò più volte), san Brandano stabilì un numero enorme di monasteri. Il più famoso di questi, fondato nel 559 circa, fu Clonfert, sulla riva occidentale del fiume Shannon, nella contea di Galway. Clonfert, fondato da san Brandano, era famoso in tutta l'Irlanda. Un tempo si dice che avesse circa 3000 monaci, futuri missionari che in seguito viaggiarono in tutta Europa per predicare il Vangelo. Uno dei più illustri discepoli di Clonfert, che in gioventù poteva essere stato istruito da san Brandano, fu san Fursey (defunto attorno al 648; festa: 16 gennaio), che in seguito fondò monasteri nell'Inghilterra orientale e in Francia.

una croce vicino alla cattedrale di Ardfert a Kerry, Irlanda

Un'altra importante fondazione di san Brandano fu il monastero e la diocesi di Ardfert, che divenne un grande centro ecclesiastico e monastico di Kerry vicino alla città natale del santo. Quindi procedette alla fondazione di una comunità a Inis-da-druim, ora Coney Island (Innisdadrom) nella Contea di Clare. Successivamente costruì un monastero ad Annaghdown a Galway, vicino alla baia di Annaghdown e a Lough Corrib.

Numerose tradizioni raccontano che san Brandano fu anche attivo nella storica provincia irlandese di Leinster, dove una serie di luoghi gli sono associati. Di questi ricordiamo la parrocchia di Disart nella contea di Kilkenny, Killeney (che ha ancora una chiesa in onore di san Brandano) e Brandon Hill a Kilkenny. Alta circa 1700 piedi (520 metri), Brandon Hill, chiamata così da san Brandano, è la collina più alta della Contea di Kilkenny; san Brandano vi costruì accanto una comunità monastica o una chiesa.

Brandon Hill, Kilkenny

Le successive fondazioni di san Brandano che meritano di essere citate sono un monastero sull'isola di Inchiquin, chiamato anche Innisquin, nella parrocchia di Killursa a Galway, insieme a una comunità monastica a Inishglora al largo della penisola di Mullet nella contea di Mayo. Negli ultimi 100 anni quest'isola è stata disabitata. Inishglora è nota per le sue antiche reliquie legate al nostro santo. Due comunità monastiche – una per monaci e una per monache – potrebbero essere esistite qui contemporaneamente. Oggi vi si possono trovare le rovine della prima chiesa di san Brandano, una "chiesa per uomini" e una "chiesa per donne", e bere acqua dal pozzo santo di san Brandano, che fu usato dai monaci locali nel primo millennio! Ci sono pozzi a croce molto antichi e altri manufatti, situati vicino ai resti di tre prime celle ad alveare, una delle quali apparteneva a san Brandano.

Abbondano leggende associate a Inishglora. Lo storico Gerald del Galles alla fine del XII secolo ha testimoniato che fintanto che i monaci abitavano quest'isola, su di essa i cadaveri umani non erano né sepolti né decomposti – molti corpi erano depositati all'aperto in modo che per generazioni le persone potessero vedere i loro antenati assolutamente incorrotti (questo fenomeno deve essere cessato quando i monaci se ne sono andati). Lo stesso storico ha anche scritto che i parassiti, come topi e ratti, non abitarono mai a Inishglora fintanto che vi fu eseguita la preghiera. Sebbene migliaia di loro brulicassero su altre isole irlandesi, là non se ne trovava uno solo. Ogni volta che qualcuno portava un roditore a Inishglora, questo scappava istantaneamente e saltava in mare, o moriva se vi era trattenuto. Precedentemente tutte le navi che navigavano oltre Inishglora abbassavao le loro vele superiori per rendere omaggio a san Brandano, la cui meravigliosa statua lignea si trovava all'interno della chiesa di san Brandano. Si dice che l'aglio che cresce su Inishglora fino a oggi sia stato piantato dai monaci 1500 anni fa!

La maggior parte della vita di san Brandano fu trascorsa in viaggi (tipici per monaci e asceti irlandesi), motivo per cui è stato in seguito soprannominato "Navigatore". Nell'ottavo e nel nono secolo la famosa saga, Navigatio Sancti Brendani (Il viaggio di san Brandano), fu composta da un monaco irlandese e in seguito altri autori ne scrissero versioni più elaborate. Sebbene molto popolare durante tutto il Medioevo, questa saga ha trasformato in molti modi l'autentico asceta e abate marinaro in un avventuriero semi-mitico con abilità soprannaturali che compiva imprese incredibili. Secondo questo, quando Brandano era abate di Clonfert, una volta lo visitò un monaco di nome Barrindo [1]. Il monaco gli disse che aveva viaggiato attraverso una fitta nebbia e aveva raggiunto la "Gerusalemme celeste", piena di pietre preziose, in cui il sole non tramontava mai, c'erano molte montagne, gli uccelli cantavano dolcemente, un fiume scorreva da est a ovest e tutte le piante erano sempre in fiore. Barrindo vi aveva trascorso un anno.

un'icona ortodossa di san Brandano il Navigatore

Dopo aver ascoltato la sua storia, Brandano scelse quattordici discepoli dalla sua comunità, tornò nella sua nativa Kerry e partì con loro in una barca di legno fatta a mano coperta di pelle di bue. La loro scorta di cibo e bevande sarebbe stata sufficiente per quaranta giorni, ma erano destinati a vagare nell'oceano per sette anni. In tutte le versioni di questa storia, san Brandano con un gruppo di compagni monaci solcò l'Oceano Atlantico alla ricerca dell'Isola promessa del Paradiso. [2] Alla fine la trovarono e vi trascorsero un po' di tempo, vivendo molti incontri interessanti, emozionanti e pericolosi. In generale, la loro routine durante il viaggio era un normale ciclo monastico di preghiera e lavoro, e ogni giorno era scandito da doveri monastici "sul campo". Dopo aver soggiornato per qualche tempo presso l'Isola promessa dei santi, san Brandano prese alcuni dei suoi frutti celesti e pietre preziose e tornò indietro.

Secondo i ricercatori moderni, la saga è stata influenzata dalla letteratura apocrifa paleocristiana e dalla mitologia irlandese (e scandinava), oltre alle fantasie degli autori e ad alcuni fatti storici. Questo testo è sopravvissuto in 116 manoscritti latini medievali, oltre alle versioni in medio inglese, tedesco, francese, fiammingo, italiano, norvegese e provenzale. Questa saga deliziosa e accattivante, che è stata tradotta in molte lingue moderne e pubblicata quasi in tutto il mondo, ha sicuramente elementi edificanti ed è popolare fino a oggi.

Si pensa che san Brandano e la sua banda di compagni abbiano fatto un viaggio di sette anni attraverso l'Atlantico a ovest della loro terra natale, visitando le stesse isole nei giorni delle principali festività della Chiesa ogni anno per servire la Liturgia. Tuttavia, lo scopo dei loro viaggi era la preghiera incessante a Dio (come pratica ascetica; in questo caso l'oceano era il loro "deserto"), costruendo chiese e cappelle, convertendo abitanti insulari e probabilmente diffondendo manoscritti e altre abilità irlandesi. È anche possibile che questi missionari, circa 1000 anni prima di Cristoforo Colombo, abbiano raggiunto le coste del Nord e Centro America, della Groenlandia e di Terranova, o persino del Sud America e delle Isole Canarie.

Ciò che è certo, tuttavia, è che san Brandano salpò per le Ebridi (dove fondò almeno due monasteri: su Tiree e Eileach un Naoimh, dove sopravvivono rovine monastiche molto precoci), Orkney, Shetland (tutti in Scozia), Scozia continentale (dove ha fondato almeno una comunità monastica sulla costa occidentale e ha avuto un incontro memorabile con san Colombano di Iona), le Isole Fær Øer (ora appartenenti alla Danimarca), Islanda (dove è ricordato in alcune tradizioni), Galles (dove san Malo era tra i suoi amici) e Bretagna.

Tim Severin

Negli anni '70 una squadra di esploratori guidata da Tim Severin (nato nel 1940) costruì una replica di trentasei piedi (11 metri) del currach irlandese (una barca aperta di frassino e quercia, legata insieme con circa 3200 metri di lacci di cuoio), salpò dalla costa irlandese e alla fine raggiunse Terranova, facendo diverse fermate lungo il percorso, dimostrando che era possibile per san Brandano fare lo stesso nel VI secolo! Inoltre, durante il loro viaggio, l'equipaggio di Severin identificò alcuni oggetti "mistici" descritti nella saga medievale, come "l'isola delle pecore", "il Paradiso degli uccelli che cantavano inni spirituali" (forse entrambi sulle isole Fær Øer), "torri di cristallo" (ghiacciai e iceberg sulle isole settentrionali), le "montagne che scagliavano rocce" (vulcani in Islanda), "mostri marini" (balene, focene e probabilmente trichechi), ecc.

In particolare, citiamo un estratto del libro del novizio Vsevolod (Filipiev) intitolato Un athonita. Una storia e una parabola (Casa editrice Palomnik, 2014), tradotto dal russo: "Vi sono informazioni secondo cui l'America fu scoperta molto prima di Colombo dagli asceti cristiani. Nell'antichità esistevano "navi-monastero", che facevano viaggi a distanze lontane. Fu presentata la versione che quegli austeri asceti cercavano di trovare i luoghi più remoti che fossero assolutamente inaccessibili alle persone; luoghi in cui potevano dedicarsi totalmente alla preghiera e alla penitenza. Ovviamente, furono monaci marinai che portarono nella terra americana i citati asceti, allora ancora sconosciuti nel Vecchio Mondo. La posizione di quella terra fu tenuta segreta dai monaci viaggiatori che tornarono in Europa per non svelare le località degli anacoreti".

Cosa sarebbe potuto succedere a quei primi eremiti cristiani in America, se mai ci fossero andati, è sconosciuto. È probabile che, sbarcando a terra, non avrebbero saputo dove vivevano i nativi americani. Saranno entrati in contatto con gli indigeni, oppure il Signore li ha preservati inosservati in mezzo alla natura americana intatta e al deserto incontaminato fino alla fine della loro vita? In ogni caso, si suggerisce che siano stati loro a lasciare i calcoli rupestri del calendario ecclesiastico, che risalgono sicuramente all'era successiva alla nascita di Cristo".

È interessante notare che l'arciprete Aleksandr Shabanov, che serve nelle chiese della santa Protezione della Madre di Dio e di sant'Arsenio di Tver' nella città russa di Tver', ha dedicato alcuni dei suoi libri ai santi precedenti allo scisma delle isole britanniche e l'Irlanda, tra cui san Brandano il Viaggiatore. Nelle sue opere, “san Brandano il Navigatore, in cerca dell'isola promessa" e "Barche per san Brandano" (entrambe in russo), ha condotto ricerche approfondite sulla "Navigatio" da diverse prospettive, cercando di rintracciare elementi di verità e finzione e varie influenze di saghe medievali nei viaggi di san Brandano. Alla fine del suo lavoro, egli ipotizza che san Brandano e i suoi compagni / seguaci potrebbero aver attraversato la Scandinavia, il Baltico, raggiungendo la penisola di Kola, visitando alcune aree dell'odierna Russia nordoccidentale, in particolare i distretti vicino al lago Ladoga, al lago Ilmen e al fiume Volkhov. Procede supponendo che il Battesimo della Rus' abbia avuto luogo non senza la partecipazione dei celti (gli irlandesi), che potrebbero aver costruito alcune chiese e eretto "croci" celtiche nelle aree menzionate, e persino a Novgorod e Kiev (egli propone l'ipotesi che il primo monastero di Kiev fino all'XI secolo fosse irlandese!). Sebbene manchiamo completamente di prove per dimostrarlo, alcuni storici contemporanei ipotizzano che i singoli missionari irlandesi possano avere viaggiato verso est fino al nord della Russia. Non è impossibile.

Jacques Le Goff ha stimato che nel corso di 200 anni l'Irlanda abba "esportato" circa 115 santi in Germania (dove san Brandano era venerato in molti monasteri), 45 santi in Francia, 44 in Gran Bretagna, 36 in quello che è ora il Belgio, 25 in Scozia e 13 in Italia. Molte di queste figure sante sono leggendarie e sono diventate parte del folklore dei rispettivi paesi, il che indica quale profonda traccia ha lasciato il monachesimo irlandese nella mentalità e nei sentimenti del mondo occidentale.

Citiamo solo alcuni santi che furono discepoli di san Brandano: san Colman di Cloyne (circa 522-600; festa: 24 novembre), che in gioventù era un bardo reale a Cashel, battezzato da san Brandano, e che in seguito fu ordinato e predicò nelle regioni di Limerick e Cork dell'Irlanda, fondando la cattedrale di Cloyne ("prato delle grotte") circa nel 560 e diventando il suo primo vescovo (la cattedrale anglicana medievale a Cloyne, nella contea di Cork, e la cattedrale romano-cattolica contemporanea a Cobh gli sono dedicate); san Finan di Kinitty (VI secolo; festa: 7 aprile) fu discepolo di san Brandano e in seguito fondò a Offaly il monastero di Kinnitty, di cui è il patrono; san Molonaco (VII secolo, festa: 25 giugno) fu discepolo di san Brandano e in seguito servì come vescovo a Lismore ad Argyll in Scozia; san  Psalmodio (VII secolo, festa: 14 giugno) fu discepolo di san Brandano e in seguito si trasferì nell'attuale Francia, dove visse come eremita presso Limoges.

la navata della cattedrale di Clonfert, Galway

San Brandano il Navigatore, dopo fatiche spirituali, pastorali e di costruzione di chiese che durarono più di mezzo secolo, si addormentò pacificamente nel Signore ad Annaghdown e fu sepolto nel monastero di Clonfert, che aveva retto come abate per molti anni. Più tardi le sue reliquie furono custodite nella cattedrale di Clonfert dove potrebbero riposare fino a oggi, sebbene la posizione esatta sia sconosciuta. Amato da tutti anche durante la sua vita, san Brandano è stato profondamente venerato dopo la sua morte in Irlanda, Scozia, Galles e Bretagna. È menzionato in tutti i maggiori martirologi irlandesi e la sua venerazione si è diffusa in alcune parti dell'Inghilterra, dell'Islanda e in molte regioni del continente. Marinai e viaggiatori hanno sempre invocato il nome di san Brandano nelle loro preghiere.

Numerosi luoghi, in particolare lungo la costa occidentale dell'Irlanda, portano il nome di san Brandano. Tra questi ci sono Brendan Bay, Brendan Point, Brendan Well, Brendan Head e Brendan Creek.

San Brandano di Clonfert è anche venerato come il principale santo della penisola di Dingle nella contea di Kerry, che contiene il punto più occidentale dell'Irlanda e di tutta l'Europa. Brandon Creek (una piccola baia) si trova proprio nella penisola di Dingle e secondo la tradizione fu da questo punto che san Brandano salpò con il suo equipaggio per il viaggio di sette anni attraverso l'Atlantico e raggiunse l'America!

una veduta del Monte Brandon, Kerry

Appena a est di questo torrente si trova il Monte Brandon, la seconda (e più popolare) montagna collegata al nostro santo! Prende il nome da lui ed è visitato da pellegrini cattolici e ortodossi ogni agosto. È il principale luogo santo della penisola di Dingle, meta di pellegrini circa dall'anno 800. È situato vicino alla casa natale del santo. L'altezza della montagna è di oltre 3.100 piedi (944 metri), che la rende l'ottava vetta più alta del paese. Secondo la tradizione, san Brandano ha pregato sulla sua vetta per tre giorni prima di partire per l'America e lì ha avuto una visione di angeli. Alcuni abitanti locali credono che la tomba del loro amato santo sia sulla sua cima. In effetti lì sopravvive un'antica struttura in pietra appena della larghezza di una bara. La cima della montagna è spesso coperta di nebbia.

oratorio di Gallarus a Dingle, contea di Kerry (tratto da Wikipedia)

la chiesa primitiva di Kilmalkedar nella penisola di Dingle, contea di Kerry

Il modo più rapido e semplice per raggiungere la sua cima è da ovest attraverso l'ultima parte del percorso di pellegrinaggio medievale, che inizia a undici miglia di distanza. Tuttavia, ci sono un paio di percorsi alternativi più lunghi e più difficili. Ci sono piccole croci bianche sul percorso e una grande croce di metallo nella parte superiore. Il cammino di pellegrinaggio contemporaneo attraversa altri due importanti luoghi sacri della penisola di Dingle lungo la strada: l'oratorio di Gallarus (una cappella di pietra cristiana primitiva, intatta, usata come rifugio per i pellegrini o forse per le sepolture) e il sito monastico di Kilmalkedar (probabilmente fondato da san Brandano: oggi sopravvivono una chiesa in pietra, una cappella o una cella, una croce, un pozzo sacro, una pietra di Ogham, una meridiana ecc.) Le pendici e la cima della montagna offrono una splendida vista sui laghi Paternoster e sull'area circostante. Ai piedi del monte c'è il villaggio di Brandon, che porta anch'esso il nome del santo.

cattedrale anglicana di san Brandano a Clonfert, Galway

la famosa porta della cattedrale di Clonfert, Galway (foto da Wikipedia)

Nel villaggio di Clonfert (il nome significa "il prato della tomba") a Galway, dove san Brandano fondò il suo monastero e la sua scuola più famosi, la cattedrale anglicana è dedicata a lui. La comunità monastica fondata da san Brandano esistette fino al XVI secolo, anche se fu saccheggiata dai danesi nel 1016 e bruciata due volte nel XII secolo. L'attuale piccola cattedrale risale al 1180 circa, e il suo presbiterio e la bella finestra est sono leggermente più recenti. Conserva una collezione di monumenti e reliquie antiche. Uno dei punti di riferimento principali è la sua elaborata porta romanica, antica di 850 anni, decorata con numerose figure scolpite, teste di uomini e animali e fogliame; e vi è anche una famosa scultura quattrocentesca di una sirena sull'arco del coro, insieme a numerose figure di angeli. È interessante notare che quasi l'unica caratteristica sopravvissuta del monastero originale è un filare di alberi di tasso vicino alla cattedrale, che può avere più di 1000 anni. Sia il monastero che la scuola di Clonfert, importanti luoghi di apprendimento, furono chiusi sotto Enrico VIII. L'attuale cattedrale fu di nuovo gravemente danneggiata nel 1641 e restaurata solo oltre 100 anni fa. Oggi questo antico luogo santo è visitato da pellegrini, inclusi gli ortodossi.

scultura dell'angelo e del drago nella Cattedrale di Clonfert, Galway (foto da Wikipedia)

sculture di angeli nella Cattedrale di Clonfert, Galway (foto da Wikipedia)

scultura di una sirena nella Cattedrale di Clonfert, Galway (foto da Wikipedia)

Il nostro santo fondò un altro importante monastero ad Ardfert (il nome significa "la collina dei miracoli") nel nord del Kerry. Il monastero fu distrutto da un incendio nel 1089, e dopo la sua ricostruzione un nuovo incendio distrusse completamente l'insediamento monastico nel 1151. Ciò che domina Ardfert ai nostri giorni è una cattedrale sostitutiva del XII secolo in parte in rovina dedicata a san Brandano. Il tetto di questo edificio fu distrutto nel 1641 durante la ribellione irlandese, ma il suo transetto sud fu ampliato e rinnovato più tardi nello stesso secolo. Anche se secondo quanto riferito non è più utilizzato per il culto, la cattedrale presenta alcune decorazioni a spina di pesce, vetrate medievali, finestre a lancetta ed effigi di figure ecclesiali. Ci sono due chiese storiche (del XII e del XV secolo) vicino a questa cattedrale, entrambe sopravvissute sebbene non completamente. C'è anche una chiesa cattolica romana dedicata a san Brandano ad Ardfert. Un convento francescano cattolico esisteva prima della riforma nella città, che ebbe anche una propria diocesi dal 1117 al 1660.

cattedrale di san Brandano ad Ardfert, Kerry, Irlanda

resti della cattedrale di san Brandano ad Annaghdown, Galway

Nel villaggio di Annaghdown (il nome significa "la palude del forte") a Galway, dove san Brandano fondò un altro dei suoi grandi monasteri sulla terra che gli era stata concessa da un re, insieme a un convento per sua sorella Briga, sono conservate le rovine dell'antica abbazia cattolica e della cattedrale di san Brandano. La storia antica di questo luogo santo è oscura, ma nel XII secolo era un sito di grande importanza e aveva la sua sede vescovile.

statua di san Brandano a Bantry, Cork

C'è una statua dedicata a san Brandano in una piazza nella città di Bantry, nella contea di Cork.

cattedrale cattolica romana di san Brandano a Loughrea, Galway, Irlanda (tratto da Wikipedia)

Infine, c'è una cattedrale cattolica romana centenaria dedicata a san Brandano nella città di Loughrea nella contea di Galway.

I luoghi santi collegati a san Brandano sono sparsi in tutta l'Irlanda e altrove. La sola contea di Kerry ha una miriade di antichi pozzi sacri a lui dedicati.

cappella di san Brandano a Skipness, Argyll e Bute

kirk (chiesa) di san Brandano a Birnie, Moray, Scozia

Luoghi scozzesi come la parrocchia di Kilbrandon ("la chiesa di Brandano") ad Argyll e Bute, e Kilbrannan Sound, che separa l'isola di Arran dalla penisola di Kintyre, indicano la popolarità e l'influenza di questo santo in Scozia. C'è ancora la cappella medievale di san Brandano a Skipness in Argyll e Bute. Un altro esempio è la vecchia kirk (chiesa) di san Brandano a Birnie non lontano da Elgin nella zona di Moray. L'attuale chiesa fu costruita nel 1140 e fu la prima cattedrale del vescovo di Moray per circa quarant'anni. È una delle più antiche chiese scozzesi in uso continuo. La kirk ha un coro e una navata, entrambi piccoli. La forma circolare del terreno indica che la struttura originale era pre-normanna. Secondo sorella Elizabeth Rees, un'antica campana manuale di un monaco celtico è custodita nella manse (la casa del ministro) accanto a questa chiesa. Mantenere piccole campane private e talvolta lasciarle nei siti dell'eremo era una partiocolarità distintiva degli asceti celtici. Anche il sagrato di Birnie ha incisioni pittoriche uniche.

kirk (chiesa) di san Brandano a Kilbirnie nell'Ayrshire settentrionale, in Scozia

Anche Kilbirnie (che significa "chiesa di Brandano") nell'Ayrshire settentrionale in Scozia ha una vecchia kirk (chiesa) del XV secolo dedicata al nostro santo, sebbene il sito originale fosse pre-normanno. Ha un coro, una navata, un transetto e due navate laterali e una meridiana di tipo unico nel suo cimitero. Tali chiese erano spesso erette sui siti delle celle degli eremiti celtici o in memoria delle loro gesta ascetiche nella zona. Il villaggio locale organizzava ogni anno una fiera annuale di san Brandano. Purtroppo, tali tradizioni sono state abbandonate molto tempo fa nella maggior parte dei luoghi santi antichi. Tuttavia, nei tempi antichi san Brandano era tra i santi preferiti in alcune regioni della Scozia. Per esempio, era considerato il patrono dell'isola di Bute, un'isola al largo della costa sud-occidentale della Scozia nel Firth of Clyde. Precedentemente gli abitanti di Bute si chiamavano "Brandan" perché la vela e il nuoto erano parte integrante della loro vita e si affidavano ogni giorno al miracoloso aiuto di san Brandano. Possiamo solo meravigliarci di quante volte san Brandano abbia salvato persone - nuotatori, marinai, mercanti, viaggiatori, santi e gente comune - da tempeste, naufragi, annegamenti e molti altri incidenti in acqua.

la meridiana su una lapide della old kirk (chiesa vecchia) di Kilbirnie, Scozia

A parte questo, sul suolo scozzese san Brandano è stato il santo patrono di alcuni luoghi a Islay (l'isola più meridionale delle Ebridi interne), a Inverness, a Moray, nei dintorni di Bannf nell'Aberdeenshire e a Mull (una grande isola delle Ebridi interne).

San Brandano è anche venerato sull'Isola di Man. Non è impossibile che egli l'abbia visitata o che vi abbia inviato i suoi discepoli per fondare delle comunità. La vecchia parrocchia di Braddan vicino a Douglas (la città principale di Man) porta il suo nome. Ha una vecchia kirk (chiesa) dedicata a san Brandano. Un evento importante legato a questo luogo accadde nel 1291, quando un vescovo di Galway tenne qui un Sinodo ecclesiastico. Uno dei tesori della chiesa è una croce celtica a stele intagliata, con una scultura che probabilmente raffigura il profeta Daniele nella fossa dei leoni, che è un esempio molto raro. La New Kirk di Braddan fu eretta all'interno della parrocchia nel diciannovesimo secolo, e anch'essa è ancora in uso.

chiesa di St. Brendan a Brancepeth, nella contea di Durham

In Inghilterra, la chiesa parrocchiale nel villaggio di Brancepethin nella contea di Durham è dedicata a "St. Brandon", che si identifica con il nostro santo. La chiesa originale, di cui la maggior parte è bruciata nel 1998, risale al XII secolo. Alcuni anni fa è stata restaurata. Ci sono anche chiese dedicate al nostro santo nel sud-ovest della Gran Bretagna. Per esempio, la chiesa parrocchiale nel villaggio di Brendon, nel Devon, vicino al confine con il Somerset, gli è dedicata.

St. Brendan's Church a Brendon, Devon (tratto da Tripadvisor.ru)

san Brandano con una balena (da un manoscritto del XV secolo)

San Brandano il Navigatore è di solito raffigurato come un monaco o un prete che celebra un servizio su una nave, mentre i pesci si radunano intorno per ascoltarlo; con una balena (in una versione della "Navigatio" i monaci si ritrovarono sul dorso di una balena gigante e vi celebrarono la Liturgia pasquale senza accorgersi esattamente dove fossero); o nella stessa barca con i compagni monaci. Grazie alla straordinaria pratica spirituale di san Brandano di pregare incessantemente in mare mentre navigava per molte miglia sull'oceano aperto in un'umile nave, percorrendo grandi distanze e riponendo tutte le sue speranze nella misericordia e nella protezione di Dio, visitando e scoprendo molte terre, in Russia il moderno sacerdote russo e viaggiatore di fama mondiale, padre Fjodor Konjukhov, è stato paragonato a lui.

"Brendan" e forme simili del nome è ancora un nome battesimale popolare in Irlanda e in altri paesi con significative comunità irlandesi, inclusi gli ortodossi. Una parrocchia missionaria della OCA ad Astoria, nell'Oregon, è dedicata a San Brandano.

Esiste un moderno officio ortodosso a san Brandano il Navigatore in inglese e un inno acatisto in francese.

Santo Padre Brandano il Navigatore, intercedi presso Dio per noi!

Note

[1] San Barrindo, noto anche come San Barrfoin (festa: 21 maggio) è annoverato anch'egli tra i santi. Dapprima fu a capo di una comunità monastica fondata da san Colombano di Iona a Offaly in Irlanda e in seguito praaticò l'ascesi a Killbarron nella contea di Donegal. Alcuni storici suppongono che abbia raggiunto il Nord America durante uno dei suoi viaggi missionari e abbia informato San Brandano del suo successo. La tradizione vuole che più tardi nella vita divenne vescovo.

[2] Nel corso dei secoli molte persone hanno creduto che il prototipo dell '"Isola promessa dei santi", o "Isola di san Brandano", esistesse da qualche parte nell'Atlantico occidentale al largo del Nord Africa - la stessa isola mitica menzionata nella saga, scoperta da san Brandano e dai suoi compagni durante il loro viaggio quando hanno pregato ed evangelizzato gli abitanti insulari. Sorprendentemente, quest'isola fu inclusa nelle mappe dell'epoca di Cristoforo Colombo e in spagnolo fu chiamata La Isla de San Borondon. La Mappa Mundi del XIII secolo, conservata nella Cattedrale di Hereford (Inghilterra), descrive un intero arcipelago: "le Isole dei beati e l'Isola di san Brandano". Nel 1520, i membri della spedizione di Ferdinando Magellano dedicarono una baia costiera al largo dell'Argentina a san Brandano, credendo che la sua forma semicircolare fosse spiegata dalla separazione da essa di un'isola errante. Più tardi, tra il XVI e il XIX secolo, furono suggerite altre teorie, a causa di molti esploratori, marinai e monaci che sperimentavano visioni di un'isola misteriosa che appariva dalla nebbia nell'Atlantico, in particolare vicino alle Isole Canarie. Tra gli altri candidati c'erano Madeira, una delle Azzorre o qualche isola a sud dell'Irlanda.

 
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Metropolita Ilarion: Le azioni degli uniati hanno inflitto un enorme danno non solo all'Ucraina e ai suoi cittadini, ma anche al dialogo ortodosso-cattolico

Il presidente del Dipartimento per le relazioni ecclesiastiche esterne del Patriarcato di Mosca, il metropolita Ilarion di Volokolamsk si è rivolto con un saluto ai partecipanti del IV Forum europeo ortodosso-cattolico (Minsk, 2 – 6 giugno 2014)

Vostre Eminenze e Grazie,

venerabili padri e fratelli,

stimati organizzatori e partecipanti della conferenza!

A nome di sua Santità il patriarca Kirill di Mosca e di tutta la Rus' e mio personale vorrei salutare cordialmente tutti i partecipanti del IV Forum europeo ortodosso-cattolico, quest'anno dedicato al tema molto rilevante della religione e del pluralismo culturale: le sfide alle Chiese cristiane in Europa.

Vorrei sottolineare con soddisfazione che i nostri incontri sono diventati abbastanza regolari. Il formato di interazione deciso nel 2008 si è dimostrato utile in quanto ci permette di reagire rapidamente agli eventi che accadono nel mondo. Le sessioni precedenti sono state dedicate a problemi come la famiglia, la Chiesa e lo stato, la crisi economica e la povertà.

Nel mondo contemporaneo, non c'è solo un intenso dialogo tra le culture, ma le culture stesse interagiscono l'una con l'altra. Da un lato, questi processi dinamici contribuiscono a formare una comunità mondiale unificata, mentre dall'altro favoriscono una nuova consapevolezza dell'unicità delle diverse culture.

Si verificano cambiamenti demografici nel contesto delle migrazioni di massa e l'obiettivo di costruire una società tollerante spesso porta a un risultato opposto a quello desiderato. L'identità cristiana dell'Europa si trova in pericolo. Sempre più spesso, questi problemi sono più acuti nella vita quotidiana e richiedono una seria analisi teorica.

Tuttavia, nella situazione attuale, non possiamo limitarci solo a discutere questioni teoriche. Dobbiamo lavorare insieme anche sul piano pratico.

Purtroppo, il nostro forum si svolge sullo sfondo dei tristi eventi in Ucraina. La gente muore durante questo stallo politico, mentre si sente ancora sparare per le strade e nelle piazze. Il popolo rimane profondamente diviso, non solo lungo linee politiche, ma anche per motivi religiosi. Purtroppo i greco-cattolici hanno svolto un ruolo molto distruttivo nel permettere gli sviluppi di questa situazione. Le affermazioni del loro arcivescovo maggiore, dei vescovi e del clero e una posizione estremamente politicizzata hanno portato a una polarizzazione della società e a un peggioramento del conflitto, che ha già portato a numerose vittime.

A differenza della Chiesa ortodossa ucraina canonica, che in questi mesi difficili è stata in grado di unire persone di diverse convinzioni politiche, inclusi coloro che si trovano su entrambi i lati delle barricate, gli uniati si associano ostentatamente a una sola delle forze belligeranti. Le dichiarazioni aggressive degli uniati, le azioni volte a minare la Chiesa ortodossa canonica, i contatti attivi con gli ortodossi scismatici e gli sforzi di dividere una singola Chiesa ortodossa russa multinazionale: tutte queste cose hanno causato gravi danni non solo all'Ucraina e la sua popolazione, ma anche al dialogo ortodosso-cattolico. Tutto questo ci ha spinti lontani, ricordandoci i tempi in cui ortodossi e cattolici si vedevano gli uni gli altri non come amici, ma come rivali.

Oggi, ancora una volta, è sempre più chiaro ciò che gli ortodossi già sapevano – che l'Unia è stata e, purtroppo, rimane tuttora un progetto speciale della Chiesa cattolica volto a minare l'Ortodossia canonica. La famigerata "unione di Brest", verificatasi qui in Bielorussia nel 1596, è un evento che ha portato indicibili sofferenze alla popolazione ortodossa di queste terre.

Permettetemi di usare questa piattaforma per fare un appello a tutti i nostri partner nel dialogo ortodosso-cattolico, a fare tutto il possibile per raffreddare le "teste calde" tra gli uniati, per fermare le azioni provenienti dai greco-cattolici volte a peggiorare la crisi ucraina.

Oggi, una parte della Chiesa cattolica impiega tutte le sue forze, talenti e risorse per rafforzare la comunicazione ortodosso-cattolica, mentre un'altra (anche se gode di uno status autonomo) fa tutto il possibile, come nel triste passato, per inserire un cuneo di sfiducia e inimicizia tra ortodossi e cattolici.

Il nostro forum, che coinvolge teologi sia ortodossi sia cattolici, è un'arena importante per esplorare questioni di interesse comune e per raggiungere una maggiore comprensione reciproca tra le nostre Chiese.

Mi piacerebbe molto che le nostre fatiche contribuiscano a calmare l'odio e rafforzare la collaborazione tra cattolici e ortodossi di fronte alle nuove sfide che dobbiamo affrontare.

Auguro a tutti voi successo nel lavoro imminente!

 
Chiusa la raccolta di fondi per il piccolo Denis

Dopo alcune settimane frenetiche di raccolta di fondi, è stata chiusa la sottoscrizione per il piccolo Denis Zvarich, che potrà ora venire in Italia per il trapianto che gli salverà la vita. Grazie a tutti quelli che hanno contribuito alla raccolta attraverso l'appello che abbiamo messo sul sito lo scorso 11 febbraio. La situazione di Denis può continuare a essere monitorizzata attraverso la pagina di VKontakte http://vk.com/club43317606, dove sono segnati anche altri casi di bambini che chiedono aiuto dall'Ucraina e dalla Russia.

Chi salva un bambino, salva il mondo intero!

 
La vendetta euro-americana contro l'Ortodossia internazionale

Gli attuali disordini violenti a Kiev e in alcune città galiziane ex polacche nel selvaggio ovest dell'Ucraina sono venuti dopo il rifiuto del governo ucraino a cedere ai desideri della violenta minoranza filo-occidentale, e a fare così dell'Ucraina la prossima colonia europea in bancarotta. E' chiaro come il sole che le attuali rivolte accuratamente orchestrate sono la vendetta etnocentrica occidentale per la scelta di libertà del governo democraticamente eletto e del popolo ucraino.

Dopo diverse "visite" accuratamente predisposte a sostegno dei terroristi (molti dei quali noti criminali violenti) compiute fin dallo scorso novembre da vari commissari d'alto rango dell'Unione Europea e da politici repubblicani degli Stati Uniti, simili a tanti generali e senatori romani pagani di duemila anni fa, dopo le minacce da parte dell'amministrazione statunitense e del loro fantoccio l'Unione Europea (l'Unione Europea è sempre stata una creatura degli Stati Uniti dal 1945) di imporre sanzioni contro il governo ucraino e in sostegno di poche migliaia di terroristi (molti di loro ritenuti cittadini polacchi, e di cui si dice che sono pagati una piccola fortuna - per loro - di 30 euro al giorno da parte dell'amministrazione degli Stati Uniti), dopo le minacce di invasione dell'integrità territoriale dello stato certamente artificiale dell'Ucraina da parte di forze in Polonia, Ungheria e Romania, è chiaro che l'Ucraina potrebbe non sopravvivere.

Il governo ucraino si sta cercando disperatamente di mantenere l'integrità territoriale di un'Ucraina vecchia solo di una generazione. Ha un approccio molto dolce verso i terroristi a Kiev e altrove, anche se le loro tattiche sono attentamente orchestrate e molti di loro sono stati professionalmente addestrati ed equipaggiati, come si può vedere nelle loro tecniche di rapimenti di donne e bambini. Se questa fosse Belfast, Washington o Parigi, chiaramente la polizia e i soldati avrebbero ormai sparato a decine di loro. Ma anche con questo approccio, potrebbe non essere possibile per il governo conservare l'unità dello Stato ancora bambino. Proprio come gli altri Stati coloniali, tra cui l'Iraq, la Siria e praticamente tutta l'Africa, non sono stati in grado di sopravvivere a guerre civili in definitiva causate da burocrati a Londra o Parigi che hanno disegnato le loro frontiere con linee rette tracciate sul dorso di buste decenni fa, così anche l'Ucraina, una formazione coloniale dello stalinismo e del e khruscevismo, potrebbe non sopravvivere all'attuale conflitto civile.

In particolare, sembra ormai quasi certo che il centro russo, il sud (chiamato 'Nuova Russia'), tra cui la Crimea russa già autonoma, e quasi tutto l'est puramente russo non tollererà più le attività dei cattolici orientali e degli altri scismatici dalla Galizia. È abbastanza notevole che preti cattolici abbiano avuto un ruolo importante nell'incoraggiare gli scontri a Kiev, e anche il cardinale di New York, Timothy Dolan, abbia dato loro incoraggiamento. Molti già dicono che 'è tutta colpa di Stalin'. questi avrebbe dovuto, dicono, lasciare le tre province filo-naziste nell'estremo occidente, note come Galizia, alla Polonia, come prima del 1939. Queste persone, i galiziani, costituiscono la spina dorsale dell'emigrazione 'ucraina' (in realtà polacca) nel mondo occidentale e molti dei loro discendenti ora sono consiglieri del governo etnocentrico e assolutamente pregiudizievole degli Stati Uniti. La loro partenza avrebbe lasciato le altre 21 province dell'Ucraina alla libertà al di fuori dell'Unione Europea filo-tedesca - per la gelosia degli amanti della libertà, greci, ciprioti, bulgari, romeni, lettoni, italiani, francesi, irlandesi, inglesi e molti altri.

Se i circa sei milioni di galiziani desiderano lasciare l'Ucraina per l'Unione Europea in bancarotta sponsorizzata dagli Stati Uniti, questo sarebbe molto meglio per gli altri. In tal caso il resto dell'Ucraina, l'85 % del paese, di gran lunga la parte più ricca, sarebbe libero di godere dei benefici dell'Ortodossia multinazionale e dell'Unione eurasiatica. Per quanto riguarda la piccola minoranza ortodossa, questa potrebbe diventare semplicemente parte della diaspora ortodossa russa, sia sotto la cura della Chiesa ortodossa polacca, oppure direttamente sotto la cura di Mosca. L'unica domanda sarebbe cosa fare con gli ortodossi della Transcarpazia, la provincia sud-occidentale dell'Ucraina, che è stata così perseguitata dal nazionalismo ucraino da quando è stata staccata dalla Cecoslovacchia nel 1945, quando ancora si chiamava Rus' Subcarpatica.

Potrebbe desiderare di diventare un paese indipendente, chiamato Rutenia o Carpato-Russia, e di aderire all'Unione Eurasiatica. Certamente ha bisogno di protezione dall'attuale imperialismo dell'Unione Europea e dell'Ungheria, dalla quale ha subito così tante amarezze prima del 1919. La sua Chiesa, con 600 parrocchie e una moltitudine di monasteri, abbastanza grande per essere indipendente, potrebbe facilmente diventare una nuova Chiesa autocefala ortodossa. Certo, questa sarebbe secondo il modello russo dell'unità trinitaria nella diversità, che ha fondato nuove Chiese locali (a differenza del patriarcato di Costantinopoli, che non ha mai liberamente consentito ad alcuna Chiesa di ricevere l'autocefalia e non condivide questa visione di unità nella diversità, ma solo quella del centralismo frantumante, come quello dell'Unione europea o del suo predecessore, l'Unione Sovietica).

Non è una coincidenza che nello stesso momento in cui questi eventi accuratamente organizzati hanno luogo in parti limitate dell'Ucraina, è in atto una persecuzione contro i tartari ortodossi in Tatarstan. Sono state bruciate delle chiese e 250.000 tartari ortodossi sono stati minacciati dagli islamisti organizzati, addestrati e finanziati all'estero, principalmente dagli alleati degli occidentali, Arabia Saudita e Qatar. (Quanto ricordiamo bene come il presidente George Bush ha protetto la famiglia saudita di Bin Laden dopo gli attacchi terroristici sauditi dell'11 settembre). Così, sia in Oriente sia in Occidente, i nemici di Cristo stanno tentando di distruggere l'Ortodossia multinazionale (la Chiesa della Russia è composta da 62 diverse nazionalità). Quello che i nemici di Cristo vogliono creare - e in molti luoghi l'hanno già creato - con la loro vecchia tecnica di dividere e imperare, è un mondo ortodosso nazionalista disunito, una serie di piccole chiese mono-nazionali balcanizzate, semplici dipartimenti sdentati di assortiti stati sdentati dell'Unione Europea, per i consumatori di pietismo individualista e di folklore, sul modello disincarnato dei protestanti occidentali.

È chiaro che nel 2014 siamo di fronte ad un punto di svolta sulla strada della storia del mondo. Da un lato, abbiamo le quattro nazioni della neo-costituita Unione Eurasiatica (la Federazione Russa, il Kazakistan, la Belarus' e l'Armenia) con la sua base originaria di unità cristiana ortodossa nella diversità e l'ideale della sinfonia tra Chiesa e Stato; dall'altro, abbiamo gli anti-cristiani Stati Uniti e Unione Europea, molto imitati dal resto del mondo, in gran parte costituito da colonie, un tempo dell'Unione Europea e ora americane, anche se sono diversi decenni indietro rispetto ai loro padroni coloniali. Pertanto, ci sono oggi solo due scelte. Quello che è incerto è se questa sia la fine o solo l'ultima scossa prima del restauro dell'Ortosfera e del governo ortodosso, che è l'unica cosa che ora si trova tra Cristo e Anticristo, tra la Chiesa ortodossa e i suoi fedeli e il mondo occidentale ateo militante. Il tempo ci mostrerà da che parte ci accingiamo ad andare.

 
Quanto è importante la corretta teologia?

"Perché l' Ortodossia insegna che bisogna avere una perfetta cristologia nicena per poter essere salvati, quando i primi cristiani ebrei non avevano la cristologia articolata dai Concili di Nicea e Calcedonia? Secondo Nicea, molti dei primi cristiani ebrei sarebbero stati eretici, così come diversi Padri della Chiesa, dal momento che erano subordinazionisti. Non possiamo nemmeno parlare di un dogma della Trinità fino al Concilio di Costantinopoli".

La Chiesa insegna una perfetta cristologia nicena, ma non credo che la Chiesa insegni che ogni individuo deve avere una perfetta comprensione di tale cristologia, per poter essere salvato. Ci sono molte persone che non hanno la capacità intellettuale di avere una perfetta comprensione della cristologia ortodossa o della teologia trinitaria. Dovremmo sicuramente cercare di capire queste cose, per quanto possiamo, ma a salvarci non è la capacità di rispondere giusto a un quiz sulla teologia. Può essere salvato anche chi ha credenze che possono essere dimostrate erronee, ma le credenze erronee possono portare lontano dalla via della salvezza, e questo è il motivo per cui la Chiesa si sforza di correggere tali persone. Tuttavia, è solo quando qualcuno si rifiuta di essere corretto da parte della Chiesa che si taglia fuori dalla Chiesa, che è l'arca della salvezza. Per ulteriori informazioni in merito, vorrei suggerire di leggere "Il cristianesimo o la Chiesa?" del neomartire Ilarion (Troitskij).

Non sono sicuro di quali Padri della Chiesa siano accusati di essere stati subordinazionisti, ma prima che la Chiesa abbia chiarito una dottrina, si trovano spesso individui che usano un linguaggio impreciso, ma questo non significa che abbiano sostenuto idee eretiche. Ma anche se alcuni di loro avessero avuto opinioni che sono state successivamente chiarite come eretiche, chiaramente non hanno rifiutato la correzione della Chiesa in materia.

Per quanto riguarda i "cristiani ebrei" a cui si fa riferimento, probabilmente si tratta degli ebioniti, e questi erano di fatto una setta eretica. Nella maggior parte dei primi centri cristiani si trovava un forte nucleo ebraico al tempo degli Apostoli, e quei cristiani ebrei sono rimasti parte della corrente principale della Chiesa.

La parola "Trinità" non si trova nel Nuovo Testamento, ma vi si insegna la dottrina. Una cosa che gli ebrei avevano molto chiara al tempo del Nuovo Testamento è che Dio è uno (Deuteronomio 6:4). E tuttavia, nel Nuovo Testamento, ci viene detto più volte che Cristo è Dio (ad esempio, Giovanni 1:1; Giovanni 8:58; Giovanni 20:28), e ci viene detto di battezzare nel nome (singolare) del Padre, del Figlio, e del santo Spirito (Matteo 28:19). Quindi, chiaramente, la Chiesa ha sempre insegnato che Dio è uno, in un certo senso; e tre in un altro senso. La Chiesa ha definito questo insegnamento in maggiore dettaglio solo perché era necessario correggere le eresie che erano sorte. La fede della Chiesa è stata trasmessa ai santi una volta per sempre (Giuda 3), e quindi respingiamo l'idea che la nostra fede sia cambiata, o che abbia subito aggiunte fin dai tempi degli apostoli. Ma i nostri insegnamenti sulla fede sono certamente diventati più precisi nel corso del tempo, quando la necessità di correggere le nuove eresie lo ha reso necessario.

Il più antico uso a noi noto della parola "Trinità" (in greco Τριάδος) è negli scritti di san Teofilo di Antiochia, da un'opera scritta circa nell'anno 180 (Apologia ad Autolycum 2,15). Anche se questo è il primo uso documentato del termine, è usato in modo tale sa suggerire che non fosse stato appena coniato, e quindi probabilmente era in uso ben prima di allora... ma in ogni caso, il fatto che il vescovo di un tale importante centro del cristianesimo primitivo utilizzasse il termine senza alcun accenno al fatto che fosse controverso, dimostra che era considerato del tutto coerente con la fede del suo tempo. San Teofilo divenne vescovo di Antiochia nell'anno 169, e se presumiamo che avesse almeno 30 anni in quel momento, questo significa che raggiunse la maggiore età quando molti che avevano conosciuto gli apostoli erano ancora presenti nella Chiesa.

Noi non siamo salvati dal fatto di avere una retta dottrina, o di avere una conoscenza perfetta degli insegnamenti della Chiesa. Noi siamo salvati per grazia mediante la fede che opera per mezzo dell'amore (Efesini 2:8-10; Galati 5:6; Giacomo 2:24). Ma avere amore vuol dire che dobbiamo avere umiltà e amore per la Chiesa, che ci ispira a cercare di conformarci agli insegnamenti della Chiesa, e non a pensare di essere noi stessi più saggi degli apostoli e dei padri che ci hanno trasmesso la fede. E anche se non ci avvicineremo mai perfettamente alla comprensione della dottrina della Trinità, se siamo pienamente e fedelmente uniti con la Chiesa, la Chiesa (che comprende questa dottrina perfettamente) ci guiderà in sicurezza lungo il sentiero della salvezza.

 
Un'icona a intaglio di Cristo che trae san Pietro dalle acque

Cristo trae san Pietro dalle acque. Tiglio e doratura. Cm 120 x 150 ca. Scolpito da Jonathan Pageau.

Da quando ho iniziato a intagliare icone a tempo pieno 4 anni fa, ho avuto una lista segreta delle cose che volevo fare, certi oggetti e immagini che mi erano cari. Per mia gioia e sorpresa, ho progressivamente cancellato voci da quella lista con le commissioni in corso, permettendomi persino di fare oggetti e icone che non pensavo che potessero trovare mecenati, come reliquiari complessi, corone nuziali, icone a incastro di pietre o l'immagine del santo profeta Giona.

Una delle immagini che avevo la segreta speranza di fare è Cristo che trae san Pietro fuori dall'acqua. Quelli che hanno letto alcuni dei miei scritti possono vedere facilmente come essa comprende così tanto della mia visione dell'incarnazione, morte, risurrezione e del promemoria pastorale su dove concentrare i nostri occhi quando avanziamo nel mondo caotico. Così lo scorso anno, quando un mecenate ha commissionato questa icona in una dimensione di 4 per 5 piedi [poco più di 120 per 150 centimetri, ndt] per la chiesa ortodossa di san Pietro a Bonita Springs, Florida, ero in estasi. Questa è l'icona più grande che io abbia scolpito finora.

Nel preparare il disegno per l'intaglio, ho basato la composizione sulla mia versione preferita di questo evento, un mosaico del XII secolo in Sicilia.

Molti dettagli sono diversi, ma la composizione di base è la stessa. Ho ridotto la dimensione della barca per renderla meno opprimente e per avere san Pietro completamente sotto la barca. Ho anche voluto assicurarmi che si possano vedere almeno agli occhi di tutti gli apostoli. Ho cambiato la mano sinistra di Cristo, in modo che invece di tenere un rotolo, sia collocata in una posizione che suggerisce il movimento successivo, il sorgere di san Pietro. Ho anche aggiunto alcuni dettagli, come una testa di drago sulla barca e ho cambiato la forma dell'albero e della vela per suggerire un Chi-Ro.

processo del disegno dal primo schizzo allo schizzo finito. Questo disegno era piccolo, 8 per 10 pollici

Una delle cose che continuava a cambiare mentre lavoravo sui disegni era la profondità di Pietro nell'acqua. Il sacerdote della parrocchia, padre Hans Jacobse, ha commentato che voleva davvero che l'acqua fosse in alto sul suo corpo per dare quel senso di annegamento, ma questo mi ha creato alcuni problemi, perché io volevo ancora vedere san Pietro. Il legno è generalmente opaco, per non dire altro. Nella versione a mosaico, vi è un uso meraviglioso della trasparenza e così ho iniziato a riflettere proprio su come fosse possibile almeno suggerire la trasparenza nel legno.

disegno finale di 4 per 5 piedi. Il livello dell'acqua su san Pietro è superiore a quello sugli schizzi e cambierà ancora nella scultura finale

icona in progresso, mentre cercavo di trovare il modo per mostrare la trasparenza dell'acqua. Si noti inoltre che nell'immagine finale l'acqua sale fino alla spalla di san Pietro

Volevo che la composizione dell'acqua dicesse qualcosa circa l'evento e quindi, al di là delle suggestioni di trasparenza, dimostrasse che san Pietro è effettivamente nell'acqua, ho anche fatto in modo di avere un'onda che di avvolge intorno al suo piede destro in un'immagine dei Salmi: "Mi stringevano funi di morte, ero preso nei lacci degli inferi. Mi opprimevano tristezza e angoscia" (Salmo 114:3)

L'acqua sotto i piedi di Cristo in contrasto sembra sgorgare da sotto di loro, organizzata dal proprio contatto con loro. Ho dorato una parte dell'acqua per aggiungere a questo senso l'effetto organizzante e trasfigurante che Cristo ha sulla creazione.

l'onda avvolge il piede di san Pietro

l'acqua sembra organizzarsi al semplice tocco dei piedi di Cristo

Visivamente, speravo di estendere ulteriormente la sperimentazione nella scultura dell'acqua che avevo cominciato nella mia icona di Giona. Ho voluto creare un senso di un movimento quasi schiacciante che facesse contrasto con il rapporto vigoroso ma sicuro stabilito tra Cristo e san Pietro. Cristo tiene san Pietro con una presa salda, che ci ricorda la presa che Cristo ha su Adamo nell'icona della risurrezione. I loro sguardi si sono fissati l'uno sull'altro, Pietro con un cenno di sorpresa e Cristo con calma compassione.

Quando Cristo appare agli apostoli galleggiando sul mare, le acque sono in tempesta. Cristo si avvicina al di sopra del diluvio, padroneggiando il caos, il caos delle acque primordiali, il caos delle passioni, del dubbio, di tutto ciò che è nel mondo della morte. San Pietro è l'unico che osa incamminarsi con Cristo, ma proprio per quest'audacia, quando sbircia nella tempesta viene preso dal panico e affonda. Chi di noi non ha sperimentato questo? Possiamo immaginare san Pietro gridare: "Salvami, o Dio: l'acqua mi giunge alla gola. Affondo nel fango e non ho sostegno". (Salmo 69:1,2)

Ma il volto di Cristo gli appare attraverso le onde e la sua mano arriva a prenderlo. Possiamo sentire san Pietro confessare: "Mi ha tratto dalla fossa della morte, dal fango della palude; i miei piedi ha stabilito sulla roccia, ha reso sicuri i miei passi". (Salmo 40:2)

Questo è san Pietro, figlio di Giona, al tempo stesso la "roccia" stabile e colui che affonda, il pescatore coraggioso che trova la moneta d'oro nella bocca del pesce, ma che è anche in costante pericolo di essere inghiottito dal mare.

Questa è la sua storia ripetuta più e più volte nei Vangeli, la storia di colui che riconobbe Gesù come Cristo e fu poi subito apostrofato da Cristo con "lungi da me Satana", quello che dice che non potrà mai rinnegare Cristo per poi rinnegarlo tre volte come i tre giorni di Giona nel pesce, i tre giorni di Cristo nel sepolcro. Meditare su questo ciclo nella storia di san Pietro significa svelare tanti misteri della Chiesa, tanti segni dei tempi e di tanti cicli nella nostra vita.

Qual è il fine di questo, qual è il fine di questa storia? Quando Cristo appare ai discepoli sul mare di Galilea dopo la sua risurrezione (Giovanni 21), è lo stesso mare in cui san Pietro era affondato quando cercava di camminare sulle acque. San Pietro riconosce il suo Signore sulla terra, e questa volta non cammina sull'acqua. Questa volta la sua audacia lo porta a tuffarsi nel profondo, a mettersi la sua veste e a immergersi volontariamente, per sentirsi poi chiedere per tre volte da Cristo: "Pietro, figlio di Giona, mi ami?" Non è quando camminiamo sull'acqua che siamo più vicini a Cristo, ma è quando la nostra audacia serve l'umiltà. È quando la nostra audacia ci porta a morire che siamo più vicini all'immagine di Cristo. Che pensieri impossibili da prendere in considerazione, che scandalo è capire queste cose?

Tornando alla nostra icona, possiamo dire senza esitazione che l'immagine di san Pietro tratto fuori dalle acque è l'immagine della nostra salvezza in così tanti modi, e trovo grande gioia nell'averla fatta. Spero che sarà una benedizione per la parrocchia a cui è destinata.

Processo di intaglio dell'icona

 
Alcuni pensieri schietti sulla situazione giurisdizionale nelle isole di Gran Bretagna e Irlanda

Introduzione: Divisione

Sette delle quattordici Chiese ortodosse locali universalmente riconosciute hanno diaspore, cioè giurisdizioni fuori delle loro patrie, in Gran Bretagna e Irlanda. Tuttavia, quattro di queste sette Chiese locali, i patriarcati di Serbia, Bulgaria, Georgia e – per la maggior parte – della Romania, sono mono-nazionali, e si occupano di una sola etnia. Dei rimanenti tre gruppi, cioè, i Patriarcati di Costantinopoli, Antiochia e Mosca, il Patriarcato di Mosca è separato in due parti, una dipendente da Mosca, l'altra basata fuori della Russia e autonoma.

Questa separazione esiste perché dobbiamo attendere la piena attuazione dell'accordo del 2007 tra le due parti della Chiesa russa e così, a livello locale, la fusione delle parrocchie della Diocesi di Surozh, ancora dipendenti dalla Chiesa in Russia, nella ROCOR (la Chiesa ortodossa russa fuori dalla Russia). Ciascuno di questi quattro gruppi sopra menzionati appartenenti a tre Chiese locali, Costantinopoli, Antiochia e i due gruppi russi, ha i suoi punti di forza e di debolezza. In ordine cronologico per la loro presenza etnica in Gran Bretagna e Irlanda, questi punti sono:

Thyateira

In primo luogo, vi è la diocesi di Thyateira, parte del Patriarcato greco di Costantinopoli, formatasi dopo la rivoluzione russa. Questa diocesi è in gran parte costituita da immigrati greco-ciprioti post-bellici e dai loro discendenti. Rappresentando club nazionali ciprioti (anche i greci continentali e i cretesi possono trovare l'accoglienza difficile), le loro parrocchie comunemente dicono agli inglesi che cercano di unirsi a loro 'andate via' (e talvolta anche in modo meno educato). Senza alcun concetto missionario, si trovano ora ad affrontare una crisi generazionale, mentre gli immigrati originali muoiono fuori e i loro discendenti, che quasi non capiscono il greco, si sono allontanati del tutto dalla Chiesa.

Questa giurisdizione comprende anche alcuni ucraini occidentali, già di nazionalità polacca, molto nazionalisti e fino a poco fa non canonici, e che anch'essi ora stanno scomparendo. E comprende anche circa 250 individui, soprattutto anziani, ex-anglicani dell'Establishment, piuttosto ingenui e russofobi, ammiratori del defunto metropolita Antony (Bloom), con la sua particolare e unica varietà di Ortodossia. Il grande problema della diocesi di Thyateira dal nome straniero è che avvicina all'estinzione mentre le sue parrocchie letteralmente muoiono. Gli emigrati negli anni '50 e '60 hanno ormai raggiunto la vecchiaia e la diocesi deve far fronte alla sua incapacità di mantenere i suoi giovani – lo stesso errore che hanno dovuto affrontare anche le diocesi russe trenta o quaranta anni fa.

ROCOR

In secondo luogo, vi è la diocesi delle Isole (di Gran Bretagna e Irlanda) della Chiesa al di fuori Russia (ROCOR), anch'essa formata dopo la rivoluzione russa. Anche se negli anni '30 aveva un suo vescovo di Londra, ora è molto piccola, anche se almeno è solida dopo la crisi recente, che risale agli anni '70. A quel tempo gli elementi della sua amministrazione con sede a New York accettarono denaro dalla CIA e motivi politici cominciarono a dividerli dalla Chiesa russa perseguitata in Russia. I russi motivati ​da ragioni politiche e nazionaliste​, molti dei quali negli Stati Uniti lavoravano per la CIA, insieme a greci settari e convertiti conservatori di mentalità protestante (in Inghilterra i convertiti sono di una tipologia settaria anglo-cattolica), hanno cominciato a dominarla.

I tradizionali valori spirituali ortodossi russi, rappresentati dai metropoliti Antonij e Anastasij, dal monastero di Jordanville, da san Giovanni di Shanghai, da padre Seraphim (Rose) e da tutta la vecchia generazione di chierici e laici, furono così messi un po' in ombra dalla politica. La crisi raggiunse il culmine nei due decenni tra il 1986 e il 2007, con la vittoria dei valori spirituali tradizionali e la conseguente unità con la Chiesa allora libera all'interno della Russia e della loro venerazione comune e unificante dei nuovi martiri e confessori. Oggi, il grande problema di questa diocesi dal nome giustamente locale della ROCOR è la sua mancanza di un vescovo residente, il che significa che la crescita è lentissima e la diocesi annovera solo circa 2.000 fedeli.

Surozh

A differenza della ROCOR, la diocesi ortodossa russa di Surozh, costituita negli anni '50 e dipendente dalla Chiesa in Russia, ha un vescovo russo residente. Tuttavia, soffre di una grave mancanza di clero, con molti dei pochi chierici rimasti anziani o non addestrati, e da una crisi di mancanza di proprietà. Questi due problemi sono entrambi la triste eredità del defunto metropolita Antony (Bloom), che invece di costruire una diocesi, cosa che si è rifiutato di fare, ha costruito una personalità fortemente divisiva. Appartenendo in ethos non alla Chiesa russa, ma alla scuola liberale di Parigi, la sua diocesi, che per la maggior parte non aveva visitato, in gran parte non ha conosciuto affatto la Tradizione della Chiesa russa.

Tuttavia, dal 2006, sotto una nuova gestione, Surozh ha cominciato a tornare alle pratiche identiche della ROCOR e della Chiesa in Russia. Così, le icone dei nuovi martiri e dei martiri imperiali sono finalmente apparse nella sua cattedrale e altrove e le sue librerie ora vendono i libri una volta proibiti di padre Seraphim (Rose). Il grande problema della diocesi di Sourozh dal nome straniero è la sua incapacità di rivolgersi verso l'esterno al mondo circostante, fornendo così una vera e propria (e non fittizia) infrastruttura di vere e proprie parrocchie, con personale, per i russi locali e per il popolo inglese. La sua debole infrastruttura, eredità di un passato privo di visione, è un problema reale.

Antiochia

Il quarto gruppo, più piccolo e di più recente formazione, sotto il Patriarcato di Antiochia e ancora in attesa della nomina di un vescovo diocesano, è spesso respinto dagli stranieri come un club per vicari anglicani in pensione e le loro piccole congregazioni, senza coscienza della Tradizione ortodossa reale. I suoi membri, così è detto dai suoi critici, hanno confuso l'ingresso nella Chiesa ortodossa (tramite la sua diramazione araba) con la realtà del diventare ortodossi. Il loro ethos e la prassi anglicana hanno portato alcuni a chiamarli 'angliocheni'. Certo è un ambiente altamente clericalizzato, ci si chiede se vi potranno mai essere ordinati uomini che non siano ex- vicari anglicani, e non è attraente per i non anglicani, che vi si sentono fuori posto.

Tuttavia, al di là di queste critiche, giuste o no, questo gruppo è probabilmente il più vivace di queste quattro diocesi. E, in tutta onestà, va detto che i suoi membri fondatori hanno fatto nel 1995 richiesta di aderire alle diocesi sia di Sourozh sia di Thyateira. Non per colpa loro, sono stati respinti, perché i vescovi delle due diocesi erano fortemente compromessi da accordi ecumenici con la Chiesa d'Inghilterra e dai propri atteggiamenti divisivi. Purtroppo, non hanno pensato di chiedere di aderire alla ROCOR che non aveva questi compromessi. Ciò è in parte perché, con una mentalità di Establishment anglicano, gli anglicani in questione respingevano il calendario ortodosso e le altre discipline della tradizione dell'Ortodossia praticate dalla ROCOR, e in parte perché la ROCOR, tragicamente senza un vescovo residente locale, era ancora alle prese con la propria crisi interna, che non è stata completamente risolta fino al 2007.

Conclusione: Unità?

Come si può vedere da quanto sopra, le opportunità per l'unità sono state perse in passato, anche se almeno le due diocesi russe sono ora spiritualmente unite. È particolarmente tragico che la diocesi antiochena abbia dovuto formarsi a causa dei compromessi ecumenici dei vescovi russi e greci. È ancora più tragico che l'unica figura locale che avrebbe potuto uniti tutti, l'ormai anziano metropolita Kallistos (Ware), sia vissuto per trent'anni intrappolato come vescovo titolare della diocesi di Thyateira, impossibilitato ad agire come vescovo diocesano.

Se avesse superato le sue preoccupazioni istituzionali e si fosse unito a una delle due diocesi russe in gioventù, o al gruppo antiocheno nel 1995, sarebbe oggi certamente il loro rispettato vescovo diocesano. Mancando di lui e di un monastero ortodosso tradizionale per fornire unità, sembra quindi che l'unità possa venire ora solo a causa dei vasti cambiamenti nel mondo ortodosso più vasto dopo la caduta del comunismo in Russia e il restauro della Santa Rus' come potenza mondiale e quindi come centro di unità ortodossa in tutto il mondo, come era prima del 1917.

 
Il crepuscolo della coscienza

Chi crede in Dio si trova inevitabilmente di fronte a una scelta: o seguire lo stretto sentiero della vera fede che conduce alla vita; o percorrere la strada larga, facile, ben tracciata della superstizione. È impossibile non avere alcuna fede. Ciò andrebbe contro la nostra natura: infatti, anche se possiamo vedere relativamente poco, possiamo percepire molto. I nostri sentimenti e la nostra intuizione sono in grado di penetrare dove l'occhio ordinario rimane cieco. Ecco perché la fede, la fede in qualcosa, è indispensabile. Espande le frontiere della vita, permettendoci di interpretare il passato e mettendoci in guardia sul futuro. La fede è, per così dire, una caratteristica antropologica che definisce l'interiorità, allo stesso modo in cui camminare eretti è esterno, visibile. Ma la vera fede è dura, proprio come la vita di Abramo è stata dura. Di conseguenza, molte persone tendono a evitare la luce abbagliante della vera fede in Gesù Cristo a favore dell'accogliente crepuscolo della magia e della superstizione.

La magia e la superstizione funzionano con "buon materiale": con la sensazione, per esempio, che tutte le cose siano interconnesse. Bruci un bastoncino di incenso e sussurri qualche tipo di incantesimo o altro qui, ed ecco che un ragazzo incontra una ragazza o, al contrario, si lasciano. Questa è una sorprendente conferma quotidiana della fede nell'unità essenziale di tutto il mondo e nell'interdipendenza di tutte le azioni morali.

Quando si racconta il futuro di qualcuno semplicemente guardando la sua foto, questo è per collegare l'immagine con il suo prototipo. In effetti, si tratta di una caricatura – niente di più, niente di meno – dell'insegnamento sulle icone del settimo Concilio ecumenico. Per fare un altro esempio, quando per motivi di rituali magici un praticante richiede una ciocca di capelli, o una goccia di saliva o sangue, anche questo costituisce un tentativo di influenzare il tutto attraverso una parte e di conseguenza dimostra fede nel fatto che il tutto e le sue parti sono connesse e interdipendenti.

Tutto ciò fornisce un tema eccellente e un vasto campo per tutti i tipi di ricerca, per opuscoli popolari o perfino per tesi. Ci sono abbastanza persone a cui piace questo genere di cose. Da parte nostra, stiamo semplicemente fornendo esempi per confermare ciò che è già stato detto: la magia e le superstizioni funzionano con "buon materiale"; vale a dire, con la religiosità innata dell'uomo e con le intuizioni mistiche, che spesso sono corrette.

La magia non può essere criticata semplicemente sulla base del fatto che "non funziona" e che è il dominio dei ciarlatani. È vero che un ciarlatano può facilmente trarre profitto da questo crepuscolo della coscienza. Ma la magia è ancor più spaventosa quando funziona rispetto a quando è semplicemente un caso in cui i suoi praticanti truffano le persone credulone, per prendersi i loro soldi.

La superstizione è inquietante in quanto opta per una forma discutibile e oscura di religiosità e rifiuta la pietà illuminata e vera. Senza questo sfondo di vera pietà sembra naturale e necessaria. Necessaria, per esempio, per proteggere il proprio bestiame dal malocchio e la propria dimora dagli spiriti maligni. E così, è necessario cucire un filo "protettivo" nei propri vestiti e indossare un portafortuna attorno al collo. È necessario collegare l'aratura del primo solco con una sorta di rituale, un rituale che promette – data l'ovvia connessione tra la fertilità della terra in particolare e la fertilità in generale – di essere in qualche modo lascivo.

Inevitabilmente finiamo in una mascherata, un mondo di misticismo rituale. Nel complesso, è qualcosa contro cui è difficile combattere, perché per farlo bisogna cambiare la natura umana. E oggi la lotta è diventata ancora più complicata. Nell'era sovietica si erano sforzati di cambiare le persone, ma negativamente, attraverso abolizioni e divieti. Ciò che è venuto fuori da questo esperimento è ben noto! La religiosità naturale è rimasta inestirpabile e ha causato così un ritorno del paganesimo, integrato da un entusiasmo per "il risveglio delle tradizioni" e l'autocoscienza etnica. Oggi vediamo la stessa cosa quando, con aria astuta, gli adoratori del sole eseguono la loro danza circolare o saltano su un falò.

La magia è un affare relativamente facile, che non richiede sforzi ascetici. Non richiede nulla ma promette molto. Promette salute e successo, il che è abbastanza lusinghiero per il tipico egoista moderno. Promette un sentimento di integrità e di appartenenza a una famiglia e a una tradizione, qualcosa che asseconda anche l'egoista moderno, stanco della solitudine interiore, della paura e del senso della sua inutilità. In tal senso, la magia e la superstizione sono graditi ospiti che, se non esistessero, dovrebbero essere inventati.

Abbiamo già parlato di Abramo in precedenza, e non è stato un caso. Abramo è il padre letterale, l'antenato nella carne, di tutti gli arabi e gli ebrei; spiritualmente, tuttavia, è il padre di tutti coloro che credono nel vero Dio. Era un pagano e il figlio di un pagano, ma Dio vide in lui quella profondità necessaria in un uomo per fare spazio a qualcosa di più grande della religione naturale: la religione proclamata e rivelata da Dio stesso.

Abramo fu scelto, ma ciò non gli procurò un successo mondano né un grande piacere. Al contrario, gli portò sofferenza e una croce. In più di un'occasione, fu messo alla prova del fuoco di ciò che per una persona comune sarebbe stata una sofferenza inimmaginabile. Le promesse di Dio sembravano qualcosa che poteva solo sognare, e che stava lontano come dei miraggi; la sua vita quotidiana era fatta di sofferenza interna e vagabondaggio esterno. Tutto ciò non è stato fatto per il suo bene, ma per il bene di tutta l'umanità. Fu fatto in modo che potesse emergere un popolo eletto, e che in mezzo a questo popolo potessero essere educati i migliori rappresentanti dell'umanità, e così, alla fine, potesse apparire la Vergine che doveva dare alla luce Cristo.

Entrando in contatto con il Salvatore entriamo in parentela spirituale con Abramo, motivo per cui si dice che "molti verranno dall'oriente e dall'occidente e siederanno a mensa con Abramo, Isacco e Giacobbe nel regno dei cieli" (Mt 8:11). Accettando la fede della salvezza, accettiamo non solo la promessa di cose buone a venire, ma anche la croce delle nostre responsabilità quotidiane. Anche noi diventiamo vagabondi e nomadi, alla ricerca del regno irremovibile che verrà. Anche noi sentiamo nel nostro seno l'amarezza della discrepanza tra queste meravigliose promesse e la tristezza della nostra routine quotidiana. Da un senso interiore, iniziamo a capire Abramo e altre persone che sono state segnate dalla loro stretta relazione con Dio. Tali sentimenti sono caratteristici della vera pietà – non in modo esaustivo, ma nondimeno sono necessari.

La religiosità illuminata è dura; non è naturale, è al di sopra e al di là della natura. Non funziona sulla base di risultati immediati o di breve durata, ma richiede fede e pazienza, come quella di un agricoltore. Richiede molto da una persona perché viene da Dio, che ha creato quella persona. Non si adatta alla carnalità umana o al capriccio. Da tutto ciò che è stato detto, emerge un semplice fatto: ci sono sempre più persone che credono nella magia e nella superstizione, rispetto a quelle che portano la loro fede sulle loro spalle come una croce. Non disponiamo di statistiche precise al riguardo, ma se fosse possibile assemblare i dati in modo obiettivo sotto forma di numeri e colonne, le cifre sarebbero davvero rivelatrici.

Sin dal tempo del battesimo della nostra nazione e del suo innesto sull'albero della Chiesa, la nostra vita è dipesa da coloro che pregano e predicano; in altre parole, dal clero, dagli educatori, dai catechisti.

Al Giudizio Universale tutte le cose, compreso tutto ciò che era oscuro, verranno improvvisamente illuminate; e, tremando, la nostra coscienza sarà svegliata dal suo sonno profondo. Tuttavia, anche prima di quel Giorno il tuono e il lampo di un sermone possono illuminare la vita di una persona ed esporre le cose che preferiscono rimanere nascoste e che hanno paura della luce diretta. Il giudizio provocato da una parola o un sermone è un modo sicuro per dissipare quell'oscurità, sostituendo le superstizioni accoglienti e le vecchie storie popolari con una fede sana, fresca e corroborante come un'esplosione di frizzante aria invernale.

Cristo è la luce che è venuta nel mondo. Simeone l'accoglitore di Dio lo chiama "una luce per portare la rivelazione ai gentili" (Lc 2:32). Senza questa luce, le persone sono condannate ad abitare, se non nella completa oscurità, nel consueto crepuscolo della religiosità popolare. Triste a dirsi, anche se sono passati più di mille anni dal Battesimo della Rus', stiamo ancora affrontando lo stesso problema. Detto questo, possiamo essere consolati dal fatto che "davanti al Signore un giorno è come mille anni e mille anni come un giorno solo " (2 Pt 3:8).

 
1500 anni di monachesimo georgiano — il monastero di san Shio-Mgvime

Il 9/22 maggio, la Chiesa ortodossa georgiana celebra la memoria del santo siro-antiocheno Shio di Mgvime, l'anacoreta (VI secolo), uno dei fondatori del monachesimo georgiano. Come i primi monaci della Rus' di Kiev, gli anacoreti (eremiti) cristiani della Transcaucasia si isolarono nelle grotte e san Shio di Mgvime, o san Shio delle Grotte (Mgvime significa grotta in georgiano) divenne uno dei pilastri della fede dell'Iberia (l'antica Georgia, una porzione della Madre di Dio). [1]

Il monastero di san Shio-Mgvime (che potrebbe essere tradotto come monastero delle Grotte di san Shio), è uno dei monasteri più antichi, non solo in Georgia, ma in tutto il mondo cristiano. Fondato nel IV secolo, è ancora attivo oggi, e continua la preghiera e la glorificazione di Dio. Non sorprende che molti georgiani abbiano ritenuto che con il risveglio di questo monastero, sia iniziato anche il risveglio della Chiesa georgiana nel nostro tempo.

L'antico monastero si trova a 9 chilometri da Mtskheta, l'antica capitale del regno georgiano, in una stretta gola calcarea, e può essere raggiunto solo da un'unica strada. Non ci sono mai trasporti regolari su questo sentiero di montagna, e solo pochi anni fa l'antica strada è stata coperta d'asfalto ed è divenuta praticabile per i pellegrini. Questo monastero, anche nel XXI secolo, è in tutto un luogo di isolamento. Non ci sono folle di persone né rumori. In generale, questo luogo è ideale per un monastero, dato che era molto remoto e il luogo era abitato da animali selvatici. Pochi sanno che nell'antichità in Georgia si potevano trovare tigri e leopardi, e la Georgia fu allora chiamata dai persiani e dagli arabi, "il paese dei lupi" (gurğān, Gurdzhistan, Gurzan).

San Shio è uno dei 13 grandi padri assiri, che vennero alla fine del V secolo da Antiochia per predicare Cristo. Il venerabile Giovanni, per volontà di Dio, scelse dodici discepoli per predicare con lui il Vangelo in Iberia. Uno di questi seguaci era Shio, e questo stesso nome deriva da Shimon — Simeone. Il santo andò in solitaria preghiera nella gola, in cui sorse in seguito il famoso monastero in suo onore. San Giovanni disse a san Shio le seguenti parole: "Figlio mio! Vai dove il Signore stesso ti condurrà. Il Maestro, nostro Signore Gesù Cristo, mi ha rivelato che devi condurre una vita solitaria, e nel frattempo sarai l'abate di una grande Lavra". Queste parole furono profetiche: già alla fine del VI secolo, il monastero era abitato da oltre 2000 monaci!

Il venerabile Shio non cercava la gloria e la venerazione della gente, ma voleva soprattutto comunicare con Dio. Visse segretamente in una grotta e una volta fu trovato in circostanze miracolose da un certo Evagrio, il capo di una fortezza. Durante la caccia con i suoi servi, questi notò che una colomba portava del cibo nel becco e volava nella grotta. Lì scoprì un uomo in preghiera: era il grande Shio. L'uccello nutriva l'eremita, proprio come i corvi nutrirono il profeta Elia nell'Antico Testamento. Dopo aver incontrato il santo, Evagrio cambiò completamente la sua vita, vendette la sua proprietà e la distribuì ai poveri. Scavò una nuova grotta per se stesso e vi rimase per vivere da monaco. Sarebbe diventato il successivo abate del monastero, formato da seguaci di San Shio che la pensavano allo stesso modo. E oggi, sulle alte pendici sabbiose si possono vedere queste grotte, dove gli eremiti vivevano nell'antichità.

San Shio è spesso raffigurato sulla sua icona con un lupo, e questa non è affatto un'allegoria, ma la prova di un episodio meraviglioso della sua vita. I monaci si lamentavano con il santo che i lupi attaccavano spesso la mandria del monastero. Il santo pregò e, come dice la leggenda, disse ai lupi riuniti dalla foresta di non disturbare i fratelli e di lasciare quei luoghi. Ma un lupo doveva rimanere e custodire la mandria per ripagare i danni causati. E così accadde: i lupi non attaccarono più; solo un lupo custodì la mandria per sei anni e non mangiò carne, finché non si verificò un altro caso. Una volta un asino cadde nella gola, ma uno dei monaci cominciò a dire al santo che era stato il lupo a mangiarlo. Dopo che la verità fu chiarita, il santo disse al lupo che era libero, e da allora il predatore tornò nella foresta e non fece più ritorno.

Si conserva una storia interessante sulla ricerca dell'acqua. I monaci avevano bisogno di acqua e la portavano da un punto lontano sulla montagna. Una volta un monaco ruppe i vasi di argilla con l'acqua e pianse per la fatica e il dolore. Attraverso la preghiera del venerabile Shio, una fonte d'acqua chiamata "Lacrime di Shio" cominciò a fluire vicino alle grotte.

A volte il santo è ritratto con incenso fumante in mano. Anche questo è collegato alla leggenda della costruzione della prima chiesa, che è sopravvissuta fino a oggi! San Shio stesso trovò il posto giusto per costruire una chiesa in onore di san Giovanni Battista, e per fare ciò mise incenso bruciante sulla mano e andò dove il fumo indicava. Questo fu il primo edificio del monastero di san Shio-Mgvime, costruito nel periodo tra il 560 e il 580 d.C.

Il venerabile Shio trascorse gli ultimi anni della sua vita in isolamento. Prima di ciò, aveva scritto 160 insegnamenti che i fratelli dovevano leggere la domenica. Dopo la creazione del monastero, si ritirò per 15 anni in una grotta vicino alla chiesa, senza uscire nel mondo e mangiando solo acqua e prosfora. Verso la fine della sua vita, aumentò le sue gesta ascetiche, vivendo in una grotta simile a un pozzo; e lì si addormentò in Dio. Le sue reliquie furono conservate per molti secoli in questo luogo, che fu un luogo di venerazione.

Il fiorire del monastero avvenne durante il regno del beato re Davide IV "il Costruttore", che fece del monastero Shio-Mgvime il suo possesso regale; e il monastero divenne il centro dell'attività culturale e religiosa della Georgia. Anche la chiesa della Theotokos, costruita intorno all'anno 1100 su iniziativa di David il Costruttore, è stata conservata, e ora è la chiesa centrale del monastero. Dalla cronaca del 1202, è noto che il vescovo Anton, sotto la regina santa Tamara, costruì per la comunità monastica un approvvigionamento idrico lungo 2 chilometri, che si estende da un villaggio vicino. Per quanto riguarda la chiesa della Madre di Dio, il suo aspetto cambiò dopo che la cupola fu distrutta durante l'invasione dello scià persiano Abbas I nel 1614. Dopo 65 anni, fu restaurata, ma in una forma semplificata, come una basilica. Alcuni affreschi e pitture murali sono stati conservati, e sebbene la chiesa sia piuttosto minimalista e semplice nella sua architettura, è impressionante all'interno. E la stessa venerabile età ispira rispetto.

In tempi successivi, il monastero fu attaccato e saccheggiato da arabi e persiani. Una volta, sotto lo scià Abbas II, furono portate via le reliquie di san Shio, insieme agli oggetti di valore. Una pestilenza colpì gli abitanti della Persia e per tre anni morirono tutti i primogeniti e gli animali del paese. A uno dei saggi persiani fu detto in sogno da un vecchio che gli apparve: "Sei stanco di essere tormentato? Ritorna i miei resti in Georgia!" Il persiano parlò al sovrano di questa e di altre questioni, dicendo che a differenza di altri non aveva paura di dire la verità, poiché era già vecchio. Lo scià ordinò che le reliquie di san Shio delle grotte fossero riportate in un sarcofago d'oro in Georgia. Non appena la carovana con le reliquie attraversò il confine con l'Iran, la pestilenza cessò. Gli iraniani ogni anno, fino alla rivoluzione dei bolscevichi senza Dio, hanno donato una somma molto grande al monastero in onore di quell'evento.

Dopo l'invasione persiana, il principe Givi Amilahvari restaurò il monastero nel 1678, ma nel 1720 l'occupazione ottomana della Georgia portò a un'altra distruzione del monastero. Ripresa la sua vita nel 1733, fu nuovamente distrutto dai persiani. Il monastero delle grotte di san Shio fu rianimato, ma non fu mai più in grado di riguadagnare il suo significato passato nella vita spirituale della Georgia. Il monastero Shio-Mgvime durò fino al XIX secolo e dopo le incursioni dei lesgini [2] rimase vuoto, ma dopo un po' fu restaurato dal vescovo Alexander.  

Nel periodo sovietico iniziò la persecuzione del monastero. C'è un caso noto dell'abate del monastero, che fu fucilato dopo che si era rifiutato di far entrare i soldati ubriachi nelle mura del monastero. Gli ultimi monaci vissero qui sotto il dominio sovietico, fino agli anni '60 circa. Le reliquie di San Shio furono conservate per millecinquecento anni nel monastero, con l'eccezione del suddetto evento con i persiani, fino al XX secolo, quando la mano dei sovietici senza Dio si alzò contro il luogo santo e organizzò un incendio doloso. Una parte delle reliquie è sopravvissuta e si trova ora nel monastero di Samtavro vicino a Mtskheta. Per trent'anni il monastero fu completamente vuoto; la rinascita della vita monastica avvenne negli anni '90.

I cristiani che vengono in questo luogo santo sono colpiti non solo dalla bellezza dei dintorni, dall'aria pulita, dal silenzio, dall'altezza delle montagne e delle colline (il monastero si trova ad un'altitudine di 750 metri sul livello del mare), non solo antiche chiese e grotte, ma dal luogo stesso, benedetto dalle preghiere dei giusti, il più famoso dei quali è il giusto san Shio.

Santo padre Shio delle Grotte, intercedi presso Dio per noi!

Note

[1] Le quattro porzioni della Madre di Dio sono talvolta identificate come l'Iberia o Iveria (la Georgia antica), il Monte Athos, la Lavra delle Grotte di Kiev e Diveevo.

[2] Tribù musulmane caucasiche.

 
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Ieromonaco Giovanni (Guaita): speriamo che la dichiarazione tra il Papa e il Patriarca non rimanga un insieme di parole vuote

27 maggio 2014. Pravmir. La sera del 25 maggio 2014, nei locali dei delegati apostolici a Gerusalemme, il Patriarca Bartolomeo I e Papa Francesco hanno firmato una dichiarazione congiunta nel corso di un incontro privato.

Lo ieromonaco Giovanni (Guaita), storico e chierico della chiesa della Madre di Dio "Gioia di tutti gli afflitti" a Mosca, ha condiviso la sua opinione con Pravmir:

"La ragione per l'incontro tra il Papa e il Patriarca Bartolomeo Francesco quest'anno è il 50° anniversario dello storico incontro  tra il Papa Paolo VI e il Patriarca Atenagora, che ha avuto luogo a Gerusalemme nel 1964. Il primo incontro tra il Patriarca e il Papa all'epoca era senza precedenti. Fino al 1964, un tale incontro non era possibile.

"Gerusalemme è stata scelta per la riunione nel 2014, non solo perché è un luogo storico, dove 50 anni fa ha avuto luogo il primo incontro di questo tipo. Gerusalemme è stata scelta principalmente perché è la città in cui il Signore ha predicato, è morto ed è risorto dai morti.

"La dichiarazione si compone di dieci punti. Il primo dice che in 50 anni le Chiese cattolica e ortodossa hanno percorso un lungo cammino di incontro reciproco. Lo storico abbraccio tra il Papa Paolo VI e il Patriarca Ecumenico Atenagora, dopo tanti secoli di silenzio, ha aperto la strada alla ricerca di nuove relazioni.

"Descrivendo brevemente la cronologia dello sviluppo delle relazioni delle Chiese, il Papa e il Patriarca rilevano che non è stato raggiunto l'obiettivo della piena comprensione. Tuttavia, alcuni risultati sono stati raggiunti, fra i quali il fatto che in 50 anni abbiamo imparato a considerarci gli uni gli altri come membri della stessa famiglia cristiana, come discepoli dello stesso Signore Gesù Cristo, e abbiamo cominciato a rispettarci e amarci l'un l'altro.

"Si è ulteriormente ribadito che entrambe le parti riconoscono che la piena comunione, che include la piena comunione eucaristica, non è ancora stata raggiunta. Eppure, nel testo della dichiarazione si precisa che entrambe le Chiese attendono il giorno in cui cattolici e ortodossi possono ricevere la comunione dallo stesso calice. Purtroppo, la dichiarazione non dice quando ciò avverrà o in che modo accadrà. Tuttavia, specifica la direzione generale per lo sviluppo del dialogo tra ortodossi e cattolici.

"Particolare attenzione è rivolta alla Commissione Mista Internazionale per il Dialogo Teologico tra le Chiese cattolica romana e ortodossa. La dichiarazione afferma che la Commissione è stata in grado di ottenere buoni risultati. La dichiarazione precisa lo scopo di questo dialogo. Questo obiettivo non è quello di raggiungere un minimo comune teologico o di condurre un dialogo per il proprio tipo di denominatore teologico, necessario per le comunicazioni. L'obiettivo è la piena comprensione e la piena comunione.

"Si precisa anche che, a prescindere dal fatto che l'obiettivo non è ancora stato raggiunto, le Chiese sono invitate ora ad avviare un'azione comune. Stiamo parlando di una testimonianza comune della morale cristiana e dei valori umani fatta da ortodossi e cattolici: la tutela della famiglia tradizionale, la lotta per la pace e la giustizia, e la tutela dell'ambiente. Infine, l'ecologia, che è il contributo personale del Patriarca Bartolomeo.

"La dichiarazione richiama inoltre l'attenzione alla cristianofobia, che può essere sconfitta da una testimonianza aperta congiunta di ortodossi e cattolici nella cultura contemporanea. Il Papa e il Patriarca invitano tutti i cristiani a portare avanti un dialogo con tutte le religioni e, soprattutto, con il giudaismo e l'islam.

"I capi delle Chiese sono seriamente preoccupati per la situazione delle Chiese in Medio Oriente. La dichiarazione parla in particolare della situazione in Egitto, Siria, Iraq e in tutto il Medio Oriente. Nel contesto del mondo di oggi, segnato dalla violenza e dall'egoismo, i primati delle Chiese ancora una volta esortano tutti i cristiani e tutti i credenti di altre religioni e le persone di buona volontà, ad adoperarsi per la riconciliazione universale della famiglia umana.

"L'ultimo punto testimonia il fatto che il Papa Francesco e il Patriarca Bartolomeo stanno facendo un pellegrinaggio comune in Terra Santa e stanno pregando affinché il dialogo tra di loro si possa sviluppare.

"Certo, questa dichiarazione è diventata un passo logico in una serie di misure adottate dalle Chiese cattolica romana e ortodossa per avvicinarsi gli uni agli altri. Ma ci piacerebbe ancora credere che questa dichiarazione sia quella svolta che porterà al suo scopo: la piena comprensione e l'unità.

"Il problema di tali dichiarazioni è che spesso rimangono al livello dei capi delle Chiese, in questo caso al livello del Papa di Roma e del Patriarca di Costantinopoli. Se avrà un effetto sulla vita dei credenti comuni dipende in primo luogo da noi: dalla gerarchia e dal clero, e non dal credente medio. Speriamo che queste parole non rimangano intenzioni vuote, ma un programma specifico per affrontare le differenze ancora esistenti tra l'Occidente cattolico e l' Oriente ortodosso".

 
Considerazioni "laiche" contro il matrimonio gay

Dal blog Mystagogy di John Sanidopoulos, riportiamo un saggio che ci sembra importante: Il caso secolare contro il matrimonio gay, di Adam Kolasinski, ricercatore di economia al M.I.T. di Boston. In questi giorni in cui la polemica sui matrimoni gay sta assumendo un tono di scontro tra mentalità "religiose" e "laiche", è importante sottolineare le obiezioni del tutto secolari all'opportunità dell'introduzione di questi matrimoni, obiezioni che si possono rassumere nella tesi: Le relazioni omosessuali non fanno nulla per servire gli interessi dello stato di propagare la società, quindi non c'è alcuna ragione per concedere loro i benefici costosi del matrimonio. Presentiamo la traduzione italiana dell'articolo nella sezione "Etica" dei documenti

 
Uomini in nero

Avete figli? Portateli a Mosca a "Experimentanium". È un luogo dove i bambini possono conoscere certi fenomeni naturali, le leggi della fisica, della geometria e della matematica attraverso giochi e mostre interessanti. Potranno vedere con i propri occhi e toccare con le loro mani.

Pendolo caotico

Un'esibizione particolarmente popolare tra i bambini e gli adulti si chiama "Pendolo caotico". E' una cosa molto divertente. Quando esce fuori equilibrio si dibatte comicamente nello spazio come uno storpio geometrico impazzito, o una costruzione suprematista. E' uno spettacolo che ti incanta, come lo sguardo di un boa constrictor. Ne potrete trovare un video in qualsiasi browser.

Il pendolo caotico (o doppio pendolo, in quanto è costruito con l'aggiunta di un'altra "spalla" a un pendolo ordinario) è una chiara confutazione della tesi che la matematica è onnipotente. Tutte le parti di questa costruzione sono uguali. In un primo momento si muovono in concordia, ma una volta che hanno raggiunto una certa dinamica, vanno completamente fuori controllo. Ogni parte comincia a fare movimenti totalmente imprevedibili che si differenziano per velocità e direzione. Punti di biforcazione, simili a micro-scariche, sorgono in questa costruzione, volenti o nolenti. E ' impossibile definire questi processi matematicamente.

Ci sono solo due modi per fermare il pendolo caotico. Il primo è quello di aspettare fino a quando non si esaurisce naturalmente, quando la sua energia diminuisce e tutti gli elementi della costruzione cominciano di nuovo a muoversi in concordia. Il secondo modo è quello di fermare il caos attraverso un intervento esterno di una forza invincibile. Cioè, prenderlo semplicemente nelle vostre mani e fermarlo. Non una sola parte del pendolo è capace di farlo da sé, anche se da tutte le apparenze cerca disperatamente di farlo.

Che questo pendolo caotico sia una danza di guerra, è qualcosa che è stato notato tempo fa, e non da me. La rivolta nella società umana nasce, continua, e termina secondo le stesse leggi seguite da tutti i tipi di caos in natura. Questo non lo dicono ai bambini a Experimentanium: sono troppo giovani per sentirlo. Ma non sarebbe male ricordarlo agli adulti.

"Ci sono molti sentieri sul campo, ma c'è solo un vero sentiero. " Quella canzone romantica dal film "I vendicatori imprendibili" (Neulovimye mstiteli, 1966) è matematicamente preciso. "C'è solo un vero cammino" - questa è la forza che mette in moto il doppio pendolo, e lo porta allo stato dove "la guerra civile tuona dall'alba al tramonto". Il pendolo del caos comincia a oscillare quando le persone smettono di vedere i sentieri nel campo. Poi non importa quanto sia vera la loro verità. La più grande bugia è che la loro verità è l'unica. Poi, naturalmente, ognuno capisce che avrebbe dovuto insistere non sulla verità, ma sulla pace. Tuttavia, a quel punto è troppo tardi.

A quelli che vogliono la pace in Ucraina non importa chi ha cominciato. Da tempo hanno smesso di voler stabilire se la polizia speciale ha davvero spogliato nudo l'attivista barbuto per tormentarlo, oppure per salvare il cretino dal darsi fuoco. Alla maggioranza ucraina ragionevole, passiva non può fregare di meno chi sia a inviare decine di poliziotti dell'ospedale - i provocatori di Yanukovich, o i discendenti spirituali degli uomini che hanno distrutto gli ebrei di Lvov nel 1941. Il vigliacco buon senso di qualsiasi nazione percepisce sempre quando la seconda spalla del doppio pendolo della guerra ha cominciato a disobbedire alla prima. Ancora un po', e il processo di generazione del caos diventerà irreversibile. E qui la cosa più importante è di non farsi spaventare dalla codardia a tempo debito. In alcune situazioni, essere un codardo è il più alto grado di coraggio. In alcune situazioni, la guerra può essere evitata solo attraverso sforzi comuni di debolezza. Questa è precisamente la situazione in Ucraina oggi.

"Sai cosa ha detto mio nonno? La guerra arriva sempre all'improvviso. Si può vedere che sta arrivando, come un fiume che rompe gli argini, come un diluvio. Ma arriva improvvisamente. Lo capisci?"

Questa è una citazione da "La vita è un miracolo" (2004), il film di Emir Kusturica, Jugoslavia. Questa è la storia di un altro paese meraviglioso, una lezione che la Russia ha imparato, anche se solo un po', ma l'Ucraina non l'ha imparata. E ora ha un suo "all'improvviso" che potrebbe accadere da un momento all'altro. E non dipende nemmeno dai guerrieri di strada dell'opposizione. Quel paese da tempo è diventato un giocattolo nelle mani dei propri gruppi oligarchici e dei "sostenitori" esterni, e l'unica differenza tra i due è che i primi gridano, " uccidete!" e i secondi, "compatite!"

Un monaco con un'icona si frappone tra i manifestanti e la "Berkut"

A quanto pare, i monaci della Lavra delle Grotte di Kiev e del Monastero della Desjatina hanno imparato la fisica a scuola meglio di tutti gli altri. Sono stati i primi a stare a pregare tra le parti in guerra sulla Grushevskaja. Questi "uomini in nero" [1] hanno fatto i turni per evitare uno scontro per diversi giorni. Rischiando l'amputazione dei piedi bagnati per il congelamento e senza fiato per il fumo degli pneumatici incendiati, rischiando una pietra sulla testa o una bomba a mano, rischiando ad ogni minuto di essere travolti sotto i piedi della folla, stanno pregando per l'intervento di quella forza molto esterna, invincibile, la sola che può fermare l'oscillazione del pendolo.

La preghiera tra le barricate è già diventata il punto di attrazione di azioni di responsabilità. Ora, gli uniati e persino i seguaci dello scismatico Filarete si sono uniti ai "popi [1] di Mosca". I canoni della Chiesa vietano loro di pregare insieme, ma hanno trovato un modo di aggirarli, cantando carole natalize. Attivisti e "Berkut" [le forze speciali di polizia] antagonisti stanno aiutando gli operatori di pace. Politici e personaggi pubblici stanno arrivando con parole di sostegno. Si potrebbe dire che per la prima volta dopo la caduta dell'Unione Sovietica, la Chiesa, pur mantenendo la neutralità, sta interferendo nella politica di strada attraverso il metodo dell'azione diretta. Stanno mostrando ai politici che stanno giocando al loro "Experimentanium" un esempio di comportamento responsabile. Stanno chiedendo a entrambe le parti ragionevolezza e reciproca debolezza, la sola cosa su cui ogni governo forte è costruito. Non vi piace essere deboli? Bene, allora continuate così, andate avanti a mostrarvi i muscoli a vicenda. Avete figli?

 

Aggiornamento: Un articolo del Time del 28 gennaio dal titolo "Ucraina: proteste a Kiev dirottate da gruppi di destra" descrive i processi ora in corso in Ucraina che combaciano perfettamente con la valutazione di Sokolov-Mitrich. Eccone una parte:

Poco prima della mezzanotte di domenica, qualche decina di uomini in passamontagna e tuta mimetica ha circondato la sede del Ministero della Giustizia, nel centro di Kiev, la capitale dell'Ucraina, e ha fracassato le finestre del primo piano con mazze da baseball. Hanno divelto le barre alle finestre, staccandole dalle pareti con le loro spranghe, e si sono arrampicati all'interno. Era il terzo ministero federale il gruppo aveva occupato in una settimana.

Facendosi chiamare i membri della Spilna sprava, o "Causa comune", il gruppo è emerso come uno tra circa una dozzina di oscure organizzazioni che competono per la distinzione, se non addirittura per la leadership, nella rivolta contro il presidente Viktor Yanukovich. Questi gruppi vanno da radicali di destra e hooligan del calcio ai veteran militari e bande di sicari armati di bastoni. E per l'invidia dei più affermati esponenti dell'opposizione, come il campione del mondo di pugilato Vitaliy Klychko, sono diventati la presenza più imponente della rivoluzione. Chiunque abbia una parte nella risoluzione della crisi politica dell'Ucraina, inclusi i diplomatici che guardano nervosamente dall'Unione Europea e dagli Stati Uniti – dovrà probabilmente fare i conti con il ruolo di questi gruppi. Ma stanno diventando sempre più difficili da controllare.

Due mesi fa, poche persone in Ucraina avevano mai sentito parlare di Causa comune. Nel vivace mosaico di attivisti che compongono la società civile del paese, erano una presenza minore, meglio conosciuta per i picchettaggi contro la corruzione, il monitoraggio delle elezioni e i raduni per i diritti umani e il cambiamento democratico...

Ma i tentativi del governo di ripulire le strade nelle ultime due settimane hanno segnato una svolta oscura per questa rivolta. Diversi manifestanti sono stati uccisi in scontri con la polizia, e la rivolta è diventata sempre più violenta, instabile e imprevedibile. La radicalizzazione di Causa comune è finora l'esempio più eclatante di questo cambiamento...

Il leader politico che ha dato origine alla rivolta, Vitaly Klychko, ha negoziato con il governo per ore, ma secondo il Time, anche lui era un po' preoccupato di questo gruppo emergente.

Domenica sera, Klychko è stato in grado di impedire a Causa comune di prendere il controllo del ministero della Giustizia.

Quando è arrivato dopo la mezzanotte, alcuni lavoratori del ministero erano ancora barricati nei loro uffici all'interno dell'edificio, il cui ingresso era sorvegliato da una fila di uomini mascherati armati di mazze e spranghe. Affiancato da due guardie del corpo, Klychko è entrato in scena con un'espressione di dolore, e dopo aver rifiutato di parlare con la stampa, ha detto una sola frase, "Che cosa avete fatto?", agli attivisti di Causa comune prima di tornare di buon passo alla sua Range Rover. "Pagliaccio!", gli ha gridato dietro uno degli. "Smettila di posare per le telecamere e inizia a costruire barricate!"

Un sottogruppo che sta giocando un ruolo importante consiste in veterani di guerra dell'Afghanistan ("Afgansty"), che stanno ancora cercando di risolvere le loro turbe da stress post-traumatico attraverso la ricerca di un'altra guerra.

Prima dell'alba di sabato, hanno aiutato a catturare un altro palazzo del governo a Kiev, la Casa Ucraina, un'enorme sala congressi dove era stato collocato un grande distaccamento di truppe governative. La presa di quell'edificio ha comportato l'utilizzo di bombe molotov e fuochi d'artificio lanciati all'interno. Ma per fortuna, nessuna vita è stata perduta, perché Klychko è riuscito a negoziare la resa delle truppe bloccate all'interno.

"I ragazzi più giovani volevano inondare il pavimento di benzina e bruciare vive [le truppe]", dice uno degli Afgantsy che hanno partecipato all'assedio, Oleksiy Tsibko.

Una protesta pacifica contro un regime autoritario, ma fondamentalmente umano; elementi con un debole per un'ondata di violenza si fanno avanti, con quelli che si dilettano della violenza in prima linea, il più spietati diventano i più distinti, e, infine, totale disprezzo per la vita umana e caos sfrenato. Questo scenario vi sembra familiare? Il 1917, per esempio? Come tutti sappiamo, la violenza di quella rivolta si è definitivamente concentrata nelle mani di un piccolo gruppo di sadici, ed è andata avanti per 70 anni. Ciò non deve accadere di nuovo.

Le recenti rivoluzioni di tutti i colori e di tutte le stagioni sono state coperte in modo diverso dalle notizie dei media in parti diverse del globo. La cosa è molto confusa per quelli di noi che non vivono in questi paesi, ed è difficile sapere che cosa sta succedendo esattamente. Dopo tutto, il caos è il caos. Nel tentativo di dare voce a persone che vivono in Ucraina e che hanno commentato questo articolo in russo, abbiamo tradotto alcuni di questi commenti.

Olga: "Gli oligarchi ucraini amano il denaro con una passione insaziabile, per loro significa di più che milioni di vite umane.

"Molte, molte persone, appannate dalle idee mitiche di "equità", ora vedono un nemico nei propri ordinari concittadini.

"Ieri in metropolitana ho visto un'intera colonna di persone arrivate da qualche altra parte con il loro 'leader'. Due manifestanti di Kiev stavano tornando a casa da Piazza Indipendenza. Uno stava facendo una dimostrazione delle sue armi fatte in casa, parlando con interesse del sequestro delle amministrazioni regionali; a dire il vero, si poteva dire dalla conversazione che l'eroe-criminale importato a Kiev dalle regioni occidentali è ancora lontano da loro.

"La scorsa notte si erano impadroniti del Ministero della Giustizia. Nelle comunità formate di camere da letto è tranquillo finora. Il centro sta soffrendo gravemente. Aspetti con timore le notizie – vinceranno la follia e gli sporchi obiettivi dei miliardari?"

Valery: "'Per alcuni, la guerra è un guadagno' – si tratta di quei rappresentanti provenienti dall'estero che hanno creato in Ucraina occidentale campi di addestramento per combattenti, e questa situazione di sequestro di edifici e obiettivi dice inequivocabilmente che questa non è una guerra spontanea, ma preparata e finanziata dall'estero. Citerò un esempio, una ricompensa di 10.000 dollari è stata promessa a chiunque contribuirà a ritrovare un'attivista dispersa..."

Larisa: "Un buon articolo. Purtroppo, le forze esterne stanno cercando di far oscillare il pendolo ancora di più. Pagano 300 grivne (circa 35 dollari) [questa è in realtà una buona somma per le persone di provincia in Ucraina, ndc] per ogni giorno trascorso in Piazza Indipendenza, e 500 (circa 59 dollari) se si lanciano oggetti alla "Berkut" [forza speciale di polizia]. Stanno girando autobus per città e villaggi per raccogliere 'manifestanti'. Si tratta di informazioni da persone che vivono nella provincia di Chernigov (Ucraina)".

Una bulgara: "L'Unione Europea ha bisogno di schiavi. Come mi dispiace per gli ucraini che vogliono aderire all'U.E. Non sanno che cosa li attende, e credono alle promesse. Piangeranno, ma sarà troppo tardi..."

Alevtina: "È un peccato che la gente qui in Ucraina sia cieca come dei gattini e non veda la profondità totale delle cose, che tutto questo serve a minare la Russia, che sono tutti caduti nell'epicentro nei loro passi verso la Russia. Per me è sempre stato chiaro come il sole che i paesi forti non sono graditi; sono un contrappeso per l'Occidente, per l'America. Hanno cercato di turbarci per tutte le nostre vite e di prevenire una riunione delle repubbliche. È molto terrificante il fatto che stia accadendo proprio questo. Signore, preservaci e salvaci ! "

Sergei: "Fratelli e sorelle, e tutti coloro che semplicemente non sono indifferenti, cerchiamo almeno qui, tra noi 'ortodossi', di non dividere la nostra Ucraina e la nostra gente in coloro che sono 'per' e 'contro', come dite voi, tra 'banderovtsy' [2] e noi persone 'normali'. Un regno diviso contro se stesso non può stare in piedi Dio ha dato a tutti di vivere nello stesso paese, sulla stessa terra, e noi 'popolo' non facciamo altro che DIVIDERE e DIVIDERE; ma preghiamo per quelli che non 'amiamo'? Eh? Signore, dacci la ragione, e la preghiera! Dio salvi le anime di noi sciocchi!"

Ksenia Mereschenkova: "Signore, salva e preserv noi ucraini peccatori, noi non sappiamo quello che stiamo facendo; ma nessuno di noi ha bisogno di una guerra, e dovremmo pregare per prevenirla. La mia anima grida, Signore aiutaci!"

Ekaterina: "Sì, è tutto vero, non è importante chi ha cominciato. Per me, madre di tre figli, non è più importante chi ha avviato tutto. Per me, nata a Sebastopoli (Ucraina), non è importante chi ha iniziato. Si dice che stanno arrivando a Sebastopoli autobus pieni di "fascisti-banderovtsy" [2] per avviare una "Euro - Maidan" nella mia città natale... E stiamo pregando l'Altissimo per la pace. E non è importante chi ha iniziato; fermiamoci".

 

Note

[1] termine derisorio per i sacerdoti.

[2] I banderovtsy erano un gruppo fascista di teppisti senza scrupoli che operava in Ucraina occidentale durante la seconda guerra mondiale, e terrorizzava la popolazione locale.

Traduzione e aggiunte a cura di OrthoChristian.com

 
Comprendere la Russia: i legami spirituali russi

Putin, con un'aria saggia da intenditore, ci ha gettato con noncuranza questa espressione un anno o due or sono. Da allora, non  ha smesso di sentire un coro di critiche ironiche. Non so quanto il nostro presidente si sia focalizzato su questo tema, ma i legami spirituali che uniscono il popolo russo esistono eccome.

Non si tratta solo di ciò che unisce i russi tra loro, né di qualche proprietà sovra-sistemica che garantisce la specificità del nostro sviluppo. È anche ciò che ci differenzia dagli altri.

1. Il primato della verità sulla libertà è il principale legame spirituale russo. Chi preferisce la libertà come valore supremo e principale deve capire che con il tempo, inevitabilmente, dovrà applaudire l'approvazione del matrimonio gay. Poi verrà l'educazione sessuale per i bambini a partire dai 6 anni. Poi la legalizzazione dei matrimoni con gli animali. E poi, a seconda di dove tira il mercato, tutti i tipi di abbandono di neonati, l'eutanasia, e altre cose del genere...

Se si spinge il principio del primato della libertà ai suoi estremi logici, vedremo molto presto che in realtà ciò che è più importante per noi russi non è la libertà, ma la verità. Vivere secondo la legge, secondo giustizia, in conformità con la propria coscienza. Per esprimersi nel modo dell'antica Russia, "peccare di meno." Si tratta di un legame, perché siamo unanimi sulla questione del divieto dei matrimoni gay. La stessa certezza della loro malignità ci permea. Andremo tutti in piazza fianco a fianco, ci sdraieremo davanti ai carri armati, se provano a legalizzarli. Perché siamo russi, noi non viviamo in nome della libertà, ma in nome della coscienza e della verità.

I matrimoni gay saranno legalizzati non per se stessi, ma per tutta la nostra società. Questa sarà completamente avvelenata, sfigurata moralmente. La legalizzazione dei matrimoni omosessuali è il tradimento simbolico ed essenziale della verità.

Sì, i russi apprezzano la libertà e la rispettano. Ma essi comprendono allo stesso tempo che non è la cosa più importante. Questa è una delle nostre differenze capitali con gli europei. Questo è il punto su cui passa il confine tra i due mondi. Questo è precisamente il motivo per cui l'Occidente non ci riconosce, noi russi, come "propri". Ulteriori dettagli qui.

2. Il primato della coscienza sugli interessi personali. Non facciamo ironia. Sì, è vero che noi russi, siamo umanamente tanto deboli quanto gli altri popoli. Pochi di noi sono capaci di vera abnegazione. Non tutti riescono a vivere permanentemente secondo la propria coscienza. E tutti noi lo sappiamo perfettamente. Quindi, ecco: i legami spirituali ci sono quando siamo consapevoli di questo primato, quando ci rendiamo conto che dobbiamo vivere secondo la nostra coscienza, rispettando coloro che riescono, sapendo accusare noi stessi della nostra debolezza e del nostro rifiuto dei princìpi.

3. Il primato dell'uomo sulla legge. L'uomo (la qualità umana, l'umanità in generale) è superiore alla legge ed è più importante. Si tratta di una caratteristica profonda della nostra mentalità, che deve la sua apparizione al cristianesimo orientale. Solo l'Ortodossia si è correttamente appropriata delle parole di Cristo a proposito. L'Occidente non ci è riuscito. Lì, la legge ha gradualmente preso il sopravvento sull'uomo. Per un russo, la giustizia è più importante della legge. Lo si può vedere qui e qui. Non avrebbe senso presentare l'abisso delle conseguenze di questo principio. Mi limiterò a dire che ce ne sono di buone e di cattive. Tra le prime, la nostra incredibile libertà interiore, tra le seconde, la nostra famosa corruzione. Pochi capiscono che la bustarella, nella nostra cultura, è un'espressione di rapporto umano tanto quanto di disprezzo della legge. Dando una bustarella, impariamo il linguaggio della legge, ci rendiamo conto della nostra libertà interiore. Diamo la bustarella al fine di evitare le formalità o la perdita di tempo. Semplicemente, apprezziamo di meno i soldi, e paghiamo per la nostra libertà. Il problema della bustarella nella nostra cultura è stato spesso discusso nel mio diario.

Vale la pena aggiungere che nel tentativo di infondere una coscienza giuridica ai russi, si infonde in realtà in loro l'amore per l'Occidente. Maggiori dettagli qui.

4. Il primato della saggezza (del buon senso) sui diritti formali. A mio modesto parere, i russi sono uno dei popoli più saggi della terra. Chi, tra i popoli contemporanei, ha tanti notevoli filosofi? Chi ha una letteratura più filosofica? E stimiamo la saggezza molto più degli altri. Il russo è diverso dall'ucraino in quanto ama ciò che è profondo, fondamentale, e non il parere "fluttuante". Per lui, quest'ultimo è una bugia. Questo lo differenzia molto dai rappresentanti delle piccole nazioni, in particolare gli ucraini, che "ricostruiscono" sempre gli eventi, dando l'impressione di una mancanza di principi e di un certo opportunismo.

Per noi, la saggezza è più importante del rispetto della legge. Per esempio, nel valutare il recupero della Crimea da parte di Putin, non prendiamo in considerazione se ha rispettato gli accordi internazionali (per quanto ne so, sono stati violati), ma se ha agito con sufficiente saggezza e lungimiranza. Si tratta di un criterio più importante, che ci differenzia non solo dagli ucraini, ma da tutti i popoli d'Europa. Sì, in Occidente sanno organizzare molto meglio la propria vita. In un modo più comodo, più pratico, più razionale, più studiato. Sì, là si rispetta la legge in modo di gran lunga migliore. Sì, là l'aiuto umanitario è più sviluppato. Ma questo non ha nulla a che fare con la saggezza.

5. Il primato della semplicità sulla complicazione. La caratteristica dei russi è la tendenza alla chiarezza e alla semplicità. Tutto ciò che è troppo complicato e astruso viene percepito da noi con un certo sospetto. Se non è né chiaro né semplice, vuol dire che non è vero. L'esempio tipico è la filosofia russa. Per noi saggio e semplice sono sinonimi. In generale, i russi amano la semplicità. Ma non quella che è "peggio del furto".

La caratteristica che contraddistingue molte delle nostre realizzazioni tecniche è l'originalità, l'imprevedibilità e la semplicità della soluzione. Ne possiamo produrre molti esempi.

6. Il primato della verità sulla forza. I russi sono un popolo forte nello spirito, rispettano la forza. Ma con questo, credono che la verità sia superiore, e sono disposti a piegarsi davanti a lei. Si tratta di un proverbio puramente russo: "Se sei forte, non hai bisogno di essere intelligente".

7. Il primato del generale sul personale, il senso della comunità. Siamo consapevoli e riconosciamo che gli interessi generali sono più importanti di quelli particolari.

8. Il primato del partcolare (del personale) sull'ufficiale nei rapporti con il leader. Oppure, per dirla in un altro modo: la fede nel leader. Ulteriori dettagli qui. Ciò si esprime, in primo luogo, nel fatto che per i russi, la causa è indissolubilmente legata a colui che dirige. In secondo luogo, vi è una forte esigenza di rispetto per il leader, e soprattutto, per il capo dello stato. Non ci limitiamo a vederlo come un funzionario, per noi, il presidente è il padre della nazione. In risposta al nostro rispetto e sottomissione, attendiamo da lui amore e attenzione. Si tratta di una caratteristica molto femminile in noi. Non sempre lo ammettiamo, ma è così.

Sì, è questo stesso paternalismo che non può sostenere il signor Medvedev. Se il russo conosce l'indegnità del suo leader, non vede il motivo per cui stimarlo, e gli cadono le braccia. Comincia a essere pigro, a bere, a rubare... L'esempio ispiratore del leader è insolitamente grande per noi. Anche la parola russa per "leader", nachal'nik, dimostra la sua supremazia (deriva dalla parola nachalo, "inizio", principio iniziale). Inoltre, il nostro rispetto per la legge è legato all'esempio trasmesso dal leader. Ulteriori dettagli qui. Il leader deve essere più compiuto di me, suo subordinato. Deve essere una sorta di mio maestro spirituale. Deve essere un grande maestro negli affari che conduce. Questo non si esprime a parole... Da qui il nostro "leaderismo". Non è la sottomissione orientale al bey, al "maestro". Per il russo, il leader è una sorta di oggetto di meditazione collettiva. Aiuta a concentrarsi sui problemi generali e collettivi della nazione, e a preferirli ai nostri problemi particolari.

Che ci piaccia o no, il nostro legame spirituale è da una parte la necessità di un potere giusto, dall'altra questo potere stesso, forte e autoritario. La realtà russa genererà sempre la monarchia, quale che sia il camuffamento che prenderà, lo tsar, il segretario generale, il presidente ...

Quando sono al potere quelli che devono (quelli che condividono gli stessi valori del popolo), questo permette di concentrare i nostri sforzi in modo efficace e di risolvere problemi grandiosi, che l'Europa non avrebbe mai potuto sognare. Il rovescio della medaglia è che l'eliminazione di un'élite marcia "dal sangue impoverito" in un sistema del genere è estremamente difficile.

Esiste il parere che un tale rapporto con il potere derivi dalla "natura servile" del russo. I partigiani di questo punto di vista amano parlare della nostra "mentalità da schiavi" e del nostro "servilismo". In realtà, queste richieste popolari nei confronti del capo del governo sono molto più esigenti di quelle nei confronti del "manager reclutato" occidentale. Il problema è che le nostre autorità non sono mai state in grado di resistere alla tentazione di usare la nostra peculiarità congenita, la consapevolezza del ruolo secondario della libertà (si veda il primo punto) per il proprio interesse. Ci hanno infettati con questo per quasi mille anni. E continuano a farlo. E nulla può essere fatto. Sembra che possiamo sbarazzarcene solo respingendo ciò che è per noi la cosa più importante. Vale a dire, buttare via il bambino con l'acqua sporca. Un potere ladro, limitato ed egoista è la croce che dobbiamo portare. Abbiamo cercato di disfarcene nel '17. Ha funzionato?

Ma questo parassitismo non ha nulla a che fare con la schiavitù. Questo è il rovescio della medaglia, l'anello debole della nostra incredibile libertà interiore che non vediamo in nessun'altra parte del mondo, e che utilizza abilmente i parassiti. Noi viviamo secondo principi del tutto diversi. Perché se si trovano al potere persone con una morale elevata, termineranno il loro cammino come Nicola II. Ulteriori dettagli qui.

9. Il primato della libertà interiore su quella esteriore. Sì, abbiamo sempre avuto problemi con la libertà esteriore. Tuttavia, nonostante tutto questo, i russi sono le persone più libere interiormente. Lo scrittore inglese S. Maugham, che era stato in Russia nel 1917, scrisse: "Il vantaggio dei russi su di noi è che sono schiavi delle circostanze in misura molto minore. A un russo non verrà mai in mente di di non fare qualcosa che vuole fare, solo perché non si fa. Ha sopportato tranquillamente l'umiliazione per secoli, perché, nonostante l'oppressione politica, era personalmente libero. Il russo ha una libertà personale molto maggiore di quella dell'inglese. E non è vincolata dalle circostanze..."

10. Il primato della comprensione sull'affermazione di sé. Oppure, per dirla in un altro modo: la presenza dell'umiltà, legata sia alla nostra saggezza intrinseca sia alla nostra libertà interiore.

Ieri sera sono passato davanti a una compagnia di belle ragazze che stavano vicino alla stazione "Beliaevo" della metropolitana. Era quasi l'una di notte, la metropolitana stava per chiudere, e ho pensato: cosa ci fanno, piantate là? In quel momento, un caucasico si è avvicinato a loro, e in un russo stentato, senza un'ombra di finezza, ha detto loro a gran voce: "Ehi ragazze, facciamo conoscenza? "Le ragazze hanno respinto il loro nuovo spasimante con ironia. Si sono prese un po' di tempo per delle schermaglie verbali. Scendendo le scale mobili, ho sentito ogni frase: le ragazze hanno risposto normalmente, senza grossolanità.

Ed ecco che inizia la volgarità classica: il caucasico si accende subito di rabbia, s'infiamma e comincia a coprire di insulti le ragazze, con una voce sonora che quasi deragliar negli acuti. Le ragazze scendono ed entrano nel sottopassaggio in direzione opposta, il caucasico le segue con urla. Segue le ragazze per un po', poi si guarda intorno, si volta e si dirige verso la porta a vetri dell'ingresso della metropolitana.

Nella stazione, in attesa del treno, l'osservo con la coda dell'occhio. Il nostro fiero montanaro non sta fermo, visibilmente, la sua anima brucia di odio per essere stato spinto. E sorge anche il desiderio pagano di vendetta. Si alza e si siede, muove le labbra, lanciando occhiate cariche d'odio verso le porte d'ingresso. Era ovvio che continuava a imprecare.

Pura mancanza di libertà interiore. Anche un russo avrebbe trovato sgradevole essere respinto, ma la sua anima avrebbe trasformato senza problemi questo conflitto. L'anima può essere in generale grandi o piccola, debole o forte. Indovinate quale abbiamo ricevuto noi e quale i caucasici?

11. Il primato degli ideali sulla realtà. Solo i russi considerano la realtà come qualcosa di secondario rispetto ai loro ideali. Per noi, la realtà è qualcosa che è a malapena degno di attenzione. Mentre gli ideali, ecco! Da qui il nostro entusiasmo per il passato (il socialismo, o l'Impero russo, a seconda delle persone), così come la nostra fiducia nel futuro della Russia. Senza dubbio si sarebbe dovuto prevedere per questo un punto particolare, ma che rimane qui, in qualità di conseguenza. Tutti i russi credono nel futuro della Russia. Tutti, fino all'ultimo. Turgenev lo aveva già osservato: è sufficiente che pochi russi si radunino, che subito si mettono a parlare del futuro della Russia. Irina Ostapchuk lo formula in un altro modo: "l'incapacità o il rifiuto di vivere senza idee. Nazionali, comuniste, liberali, anarchiche, democratiche, statali, cristiane e così via. Il russo ha praticamente sempre qualche parere. A differenza degli occidentali per i quali questo aspetto è, in molte cose, secondario e poco importante. Per questo motivo, la "società dei consumi" allo stato puro, in Russia, è improbabile..."

Nel complesso, noi siamo dei terribili idealisti. Se non ci possiamo installare su questa terra con successo, è perché consideriamo questo problema come non sufficientemente ideale, indegno di attenzione. Da questa proprietà derivano molte conseguenze. Per esempio, è proprio per questo che la produzione di beni di consumo da noi è così bassa. Semplicemente, ci annoia fare un buon televisore o una buona automobile. Queste cose in realtà non ci ispirano. Un aereo, una nave spaziale o un sottomarino, questo è un altro discorso! Lì, ci troviamo subito in primo piano. Per questo stesso motivo, abbiamo sempre avuto famiglie deboli. Crediamo anche nell'Occidente più che in noi stessi, perché lo idealizziamo. Ci sembra più vicino all'ideale. E in molte altre cose, di cui ho spesso parlato.

Noi non siamo disposti a classificare questa funzione tra i difetti o le qualità. Si tratta di una proprietà. Proprio come il colore grigio degli occhi. È una cosa che dovrebbe essere studiata e usata correttamente. E non per distruggerla in favore di uno "sviluppo più efficace", in modo che tutto sia "come in Occidente".

12. Il primato del dovere sul piacere. Il piacere e il dovere sono le categorie principali, le categorie chiave dell'esistenza umana. Questa è la domanda fondamentale della nostra vita. Che cosa è più importante? Cosa servire? Va da sé che ai russi non piace meno degli altri indulgere nei piaceri. Ma pensano che il dovere sia ancora più importante. Almeno nel profondo delle loro anime. Abbiamo l'espressione: etica del servizio. "Per le questioni serie, prenditi tutto il tempo; per il tempo libero, prenditi un'ora" è un proverbio molto russo. A differenza di altri popoli, i russi riconoscono la superiorità del dovere sul piacere. Ma vivere secondo questo principio è molto difficile. Il russo è diviso tra queste due categorie, esita, cade e si rialza, ma proprio perché il suo mondo non è unidimensionale, ma in termini di volume, è stereoscopico. Perché abbraccia d'unsol colpo entrambe le categorie d'esistenza. Per inciso, questo è il fondamento sia della nostra libertà interiore sia della saggezza russa specifica.

La peculiarità della civiltà russa è che esita tutto il tempo tra i valori spirituali e materiali (il successo, il progresso, l'edonismo, il primato del piacere sul dovere incarnato dall'Occidente). Noi ci distinguiamo in questo senso da tutti coloro che hanno già fatto la loro scelta. Io dico che questa esitazione è normale, questo è il nostro modo.

Perché così tanti dibattiti sul periodo sovietico? Proprio a causa di questo. I fondatori dello stato sovietico avevano fissato come obiettivo di mettere il dovere sensibilmente al di sopra del piacere, di solito opprimendo il secondo, e per questo hanno perso. Su questo tema, considerazioni analoghe qui.

Il primato del lavoro sul riposo è una suddivisione di questo punto. Qui è dove tutto è stato rovinato. Non è solo che l'ideale è irraggiungibile, ma, temo, il fatto che non lo si riconoscerà subito come tale. Sotto una serie di circostanze, l'etica del lavoro è stata distrutta tra i russi. Il lavoro ha lasciato il posto al riposo, alla distrazione, nonostante il fatto che prima avesse il suo proprio valore. Il russo di oggi lavora per riposarsi, e non si riposa per lavorare, come prima. E non si tratta del periodo sovietico. Darò l'esempio di come questo primato "agisce" nell'epoca liberale. Evidentemente, a causa del desiderio che tutto sia "come in Europa": Putin ha ordinato di esaminare la possibilità di rinviare l'inizio dell'anno scolastico.

Di fatto, l'inizio degli studi fissato per un solo giorno ha un enorme significato organizzativo. Per le scolaresche, che sono composte per lo più da pigri e tiratardi. Durante l'estate, sono definitivamente smobilitati. È essenziale per loro lo spavento del 1 settembre. E inoltre è un inizio generale, che da un impulso a tutta la società.

Noi russi siamo sociali per natura, è importante per noi essere come tutti gli altri. A volte mi corico tardi, verso le 8 del mattino, perché ho lavorato al mio ultimo testo. E vedo davanti agli occhi gli studenti che vanno a scuola al 1 settembre. Ed ecco: l'umore generale si sente anche attraverso le tende del mio ufficio. Il 2 o 3 settembre non è più lo stesso. Questo particolare, incomunicabile slancio dell'anima sta all'inizio dell'anno scolastico.

Allo stesso modo, la settimana di studio di cinque giorni struttura gli scolari, con il programma, il diario, l'uso di uniformi... Rifiuteremo tutto questo? In nome del liberalismo? Il caso tipico è: "Igor Levitin, collaboratore del presidente, propone di differire l'avvio dell'anno scolastico in Russia per aumentare il flusso di turisti nella bassa stagione." Vale a dire, il riposo è posto al di sopra del lavoro. Un nuovo "legame spirituale", insomma.

13. Il primato del sinottico sul personale. Non so come definirlo in un modo migliore. La capacità di appropriarsi di ciò che è estraneo e far parte organica di noi stessi. Ciò deriva principalmente dall'umiltà russa. Noi non ci consideriamo superiori agli altri, e per questo, ci permettiamo di imparare. Se siamo con le spalle al muro... Tuttavia, mi rivolgo a un altro autore:

"Se il russo trova una cosa straniera che gli si adatta, un'idea, una realizzazione, poi ha subito cominciato a usarla come se si l'avesse inventata lui stesso. Il russo non conosce imbarazzo, timidezza o prostrazioni, si sente il padrone per il quale tutto il mondo è un laboratorio che può essere equipaggiato con qualsiasi strumento gli piaccia e farcendone qualcosa di suo. Così la parola general'sha, "moglie del generale", ha una comprensibile radice straniera, ma il suffisso è lussuosamente impudente nella suo russismo disinibito. A un generale è piaciuto il termine, lo ha preso, e lo ha attribuito a sua moglie, la "general'sha". Una cosa davvero russa! Per questo tutti i possibili popoli che si sono scontrati con i russi non sono riusciti a credere al loro modo di formare la realtà a modo loro, usando lo spazio circostante come uno strumento. «È davvero bella la vostra città di Kazan'. Ma lasciatecene bruciare un po' e ricostruirla qui, ecco. Così è più bella. Davvero. E smettetela di correre e urlare, tatari; è per il vostro bene, imbecilli, che vi facciamo del male», ecco il tipo russo di riflessione...

14. Una lingua russa unica. Quando si incontra con gli stranieri, assorbe le parole esotiche ma non le deforma, dando loro solo una terminazione russa e le declina come vuole, in modo da non poterle poi differenziare dalle parole locali. E i russi sono così: flessibili, si adattano facilmente ad altre persone e abitudini, ma allo stesso tempo, le integrano in una sorta di fonderia, dove ciascuno può ottenere ciò che gli serve.

15. Il primato della giustizia su assolutamente tutto il resto. In realtà, la giustizia è la nostra religione. È proprio davanti a lei che si inchina il popolo russo. Il nostro rapporto con la giustizia è religioso. Ho scritto che anche l'Ortodossia, l'abbiamo ricevuta perché è una religione più giusta rispetto alle altre. Secondo alcune opinioni, la misericordia è superiore, per i russi. Questo non è del tutto falso. Per noi, la misericordia è una manifestazione della giustizia. È secondaria. Questa è una delle caratteristiche più importanti della visione del mondo dei russi. O, per dirla in altro modo: per noi, la giustizia comprende la misericordia, non vi si può opporre. È giusto essere misericordiosi. In generale, tutti hanno la loro concezione della giustizia. Gli europei hanno trovato giusto ridurre gli altri in schiavitù. Il patriottismo ristretto dei popoli orientali porta a quella situazione conflittuale, in cui ciascuno trova giusto solo se stesso. La giustizia tra gli ebrei... ha anch'essa la sua specificità nazionale. E solo tra i russi che la giustizia non solo comporta la verità oggettiva ma la misericordia, l'umanità. Questo può essere visto in modo più dettagliato qui.

Inoltre, la fede nella giustizia tra noi è a doppia faccia: o è la certezza che la giustizia prevarrà comunque, oppure che in ogni caso, non l'otterremo mai. In un modo o nell'altro, esiste in entrambi i casi.

16. Un "menefreghismo" all'orlo del fatalismo o, come qualcuno scherzosamente ha espresso, "un popolo che se ne frega di tutto è invincibile". Questo deriva dalla nostra fede nel destino e nella giustizia.

17. Il russo non conosce limiti, fa tutto "fino in fondo". Nel lavoro, nell'ubriachezza, nell'amore. Questo deriva interamente dal punto precedente, ma dovrebbe essere classificato separatamente. Questa è una caratteristica molto importante dei russi. Non vi dispiace se cito i versi del mio poeta preferito?

Se si deve amare, che sia alla follia,

Minacciare, che sia per il bene

Inveire, che sia con rabbia,

Se si deve tagliare, che sia alla radice,

Discutere, con ardimento,

Se si deve punire, che sia chi lo merita,

Perdonare, che sia con tutta l'anima,

E se si deve festeggiare, che sia con fasto!

A. Tolstoj

18. Per i russi, la fedeltà è una delle virtù più importanti. In particolare, la fedeltà al leader. Alcuni sono tormentati ancora oggi dalla questione della fedeltà dei nostri antenati all'ultimo tsar. Discutiamo fino a ora, come idioti, la fedeltà dei nostri ex alleati, di tutti i tipi di bulgari o serbi (siamo responsabili, tra l'altro, non solo della loro libertà, ma della loro vita). Anche se hanno dimenticato da tempo tutti i tipi di fedeltà, dopo averli venduti, ma non per non essere salvati, no! Per le buone disposizioni formali dell'Occidente.

Anche in politica estera, la Russia si è sempre orientata proprio secondo la sua fedeltà, il suo dovere verso i suoi alleati, e non secondo il pragmatismo (questa situazione sta ora cambiando). È interessante che sia proprio la fedeltà che Pushkin evidenzia (di nuovo un legame spirituale) nel suo poema "ai calunniatori della Russia".

Da molto tempo queste tribù si odiano;

Più di una volta si sono piegate sotto la minaccia

A volte dalla loro parte, a volte dalla nostra

Chi resisterà in questo conflitto ineguale:

Il polacco arrogante o il russo fedele?

I torrenti slavi si perderanno nel mare russo?

O sarà prosciugato? Questo è il dilemma.

19. La capacità di sacrificio disinteressato. Più in particolare è una proprietà delle donne russe, scoperta da F. M. Dostoevskij. Deriva più dal nostro idealismo (i russi si sacrificano per i loro ideali) che dagli altri punti. Si verifica molto più spesso di quanto si pensa di solito, ma soprattutto in situazioni estreme.

20. La disposizione permanente ad aiutare, soprattutto qualsiasi persona che chiede o che si trova in difficoltà. È il mio amico Aleksej Feodorov che me l'ha ricordata.

21. L'incapacità (che è spesso una mancanza di interesse) di mostrarsi in una luce lusinghiera. Si può metterla in un altro modo: il primato del contenuto interiore sulla forma esterna. Questo si deduce da tutto quanto sopra in una sola volta. I russi sono semplici, naturali e sinceri. Questo è peraltro qualcosa che tutti gli stranieri hanno notato. In base a questa caratteristica, i russi non sorridono a tutti, come fanno gli americani, ma solo a quelli che desiderano (maggiori dettagli sul sorriso russo qui). Non abbiamo bisogno di mostrare che tutto va bene. Non sopportiamo di vantarci, di fare i nostri reclami. Questo ci sembra indegno e persino ripugnante. La causa non parla per se stessa? Perché dobbiamo ancora celebrarla, evidenziare agli altri la preminenza del suo successo? L'autocompiacimento è estraneo ai legami russi. I russi condannano l'orgoglio senza appello, e non si permetteranno altro che l'orgoglio collettivo per qualsiasi argomento.

Qui ci stacchiamo nettamente dall'Occidente, molto abile a glorificare se stesso. L'Europa per secoli ha dimostrato e imposto abilmente al mondo l'idea che lei stessa è la migliore e che tutti i paesi dovrebbero seguire il suo percorso. Anche se è un parere piuttosto discutibile, soprattutto se prendiamo in considerazione i mezzi impiegati. Noi, i russi, al suo posto, saremmo imbarazzati. Ma è vero che l'Europa non ha la nostra umiltà...

In realtà, è proprio su questa base che abbiamo sempre perduto le guerre delle informazioni. Di fronte a questo stesso Occidente.

22. Una visione dell'uomo non limitata a un insieme di relazioni economiche e sociali. Nella percezione russa, l'uomo è qualcosa di più alto. Per parlare in termini cristiani, è immagine e somiglianza di Dio. Ripeto: tutti noi non viviamo solo di questi alti principi. Gli eroi sono sempre rare. Ma noi li conosciamo, ci orientiamo in relazione ad essi, sono diffusi nell'atmosfera. Fanno parte della nostra cultura, sono realizzati dalle autorità in politica interna ed estera, ognuno se ne nutre con il latte di sua madre...

23. Un rapporto specifico dei russi con gli stranieri. Segue direttamente dal punto precedente. Sì, a livello conscio, guardiamo dall'alto il tagiko e il caucasico come se fossero selvaggi, cosa si può fare? Ma nel fondo nella nostra anima, li vediamo come nostri. Le ragazze dell'esempio precedente hanno risposto al caucasico con tutto rispetto. Un russo si vergognerà a non pagare un lavoratore immigrato per il suo lavoro. La stessa vergogna che avrà a non pagare un russo.

Nel mese di marzo, ho impiegato un tagiko per scavare una buca nella dacia. Allo stesso tempo, mi ha aiutato molto a fare un altro lavoro, su cui non avevamo stipulato alcun accordo formale (un montaggio di tubi). Con mio grande stupore, si è rivelato un ragazzo di talento con un cervello in perfetto ordine, pieno di risorse e di inventiva. Niente affatto più stupido di un russo. Conoscete l'espressione "intraprendenza del soldato"? Questa lo descrive in pieno. E ad essere onesti, mi sono trovato più di una volta a pensare che lui e io formavamo un unico team omogeneo al lavoro su un caso comune. Questi sentimenti sono sempre reciproca. E lavorando con lui, ho pensato che non lo sentivo affatto come un tagiko, venuto da un paese di religione e cultura completamente diversa. Lo avevo assimilato.

Lo straniero, con tutta la sua incredibile responsabilità verso i suoi concittadini, facilmente priverà un russo del suo stipendio, se si ritiene in una posizione più forte. E questo non gli porrà alcun problema di coscienza.

Il criterio primario dei russi di fronte agli stranieri è semplice: tu rispetti la nostra gente, la nostra cultura, le nostre tradizioni, la nostra lingua, le nostre autorità, i nostri costumi e le nostre leggi, sei pronto a sostenerci, allora tu sei uno di noi.

Un commentatore ha fatto riferimento al fatto che l'eroe principale del meraviglioso film Неадекватные люди ("il popolo inadeguato") non era un russo etnico. Gli è stato risposto, e che differenza fa, se parla senza il minimo accento e si comporta come un russo?

In breve, noi crediamo che questo stesso tagiko sia immagine di Dio come noi stessi. E riconosciamo la sua uguaglianza. Questo non esiste da nessun'altra parte del mondo. Si tratta di un rapporto tipicamente russo. Gli occidentali, con tutto il loro rispetto delle leggi e i loro slogan su uguaglianza e fratellanza guardano tutti gli stranieri con condiscendenza, sia sulla superficie che nelle profondità della loro anima. Per fare un paragone, possiamo scoprire come i "navigatori civilizzati" della fine del XIX secolo andavano a caccia di coccodrilli a Ceylon, utilizzando come esca un negretto locale.

Nel 1853, uno scienziato di fama, il geologo Sir Roderick Impey Murchison, che aveva viaggiato in tutta la Russia, prendendo parte a un grande evento a Hyde Park contro la guerra di Crimea, disse:

"Anche se la Russia espande il suo dominio grazie agli insediamenti di confine, a differenza di altre potenze coloniali, darà più a questi nuovi soggetti di quanto porterà loro via. Non attraverso la filantropia, o cose del genere. Le motivazioni iniziali di tutti gli imperi differiscono poco, ma dove appaiono i russi, tutto prende, in modo miracoloso, un'altra direzione.

Le norme morali sviluppate dagli slavi orientali ancor prima dell’era cristiana non consentono al russo di violare la coscienza del prossimo o di impadronirsi di proprietà che non gli appartengono. Di solito, per la sensazione indistruttibile di compassione radicata in lui, preferisce dare la sua ultima camicia che prenderla a qualcuno. Ecco perché qualunque sia la vittoria delle sue armi, la Russia, su un piano puramente mercantile sarà sempre perdente.

Coloro che ha sconfitto o preso sotto la sua protezione hanno guadagnato, in fin dei conti, mantenendo intatto il loro modo di vita e le istituzioni spirituali, aumentando i propri beni materiali, nonostante il loro evidente fallimento alla luce del progresso, che si comprende facilmente vedendoli da vicino, ed evolvendosi sostanzialmente sulla via della civiltà.

L'Estonia e il Caucaso sono esempi eloquenti, disprezzati e oppressi nel corso dei secoli dai loro vicini, ma che occupano un posto d’onore tra i popoli, raggiunto sotto la protezione della Russia, con una facilità sproporzionata rispetto alla loro condizione precedente, mentre la situazione del popolo russo, vale a dire la popolazione radicata nella metropoli, non registra alcun miglioramento. Questo ci può sembrare un paradosso, ma è un dato di fatto, le cui cause alla radice sono nascoste, senza dubbio, nelle particolarità della morale russa".

24. Una particolare mentalità sintetica, che riunisce in modo organico la razionalità occidentale e la spiritualità orientale. La loro posizione al centro metafisico tra Oriente e Occidente dona ai russi una visione stereoscopica e distaccata da tutti i problemi. Abbiamo una considerazione particolare, e spesso più lucida, razionale e profonda. L'esempio migliore è la filosofia russa.

25. L'auto-derisione. No, l'auto-flagellazione. Il lungo e complesso processo di sviluppo della nostra cultura ha sviluppato un rapporto originale dei russi con se stessi, a doppia faccia. Soprattutto, adoriamo insultare noi stessi. Questo non funziona, da noi, e questo non funziona più… e confrontarlo con cosa c'è nei "paesi civili" (leggi, nel belpaese) è davvero un dovere sacro. Tuttavia, in situazioni critiche, tutto evapora, sappiamo dimenticare i nostri difetti, ricordare le nostre qualità e unirci.

Si deve aggiungere qui lo specifico umorismo russo, pieno di finezza, di intonazioni, ricco di sfumature. Un fenomeno più unico che raro, registrato nella nostra lingua e nella natura stessa dell’uomo russo, una sorta di mix di umorismo e di saggezza vitale, che si trova spesso, tra l'altro, a livello di intonazione. A volte, i russi sono gli unici che capiscono l'intonazione, in un modo epidermico, che li riunisce. Siamo desiderosi di un senso comico in termini di mancata corrispondenza di ciò che è con ciò che dovrebbe essere (una delle definizioni dell'umorismo). Questo viene da uno specifico senso di giustizia e da un'aspirazione verso la perfezione interiore: notare sempre alcune deviazioni sottili e trionfare in uno stile ironico. Inoltre, è anche all'opera l'auto-derisione, che non è insita, diciamo, negli altri popoli. La satira europea, con la sua forza di convinzione, è tanto lontana da quella russa quanto l’ironia di J. Swift dalla satira pungente di Saltykov-Shchedrin.

26. L'eredità sovietica. La si può considerare come si vuole. Ma l'abbiamo avuta e ci unisce. Abbiamo avuto questa fase molto originale della nostra storia. Anche questa ci rende differenti dagli altri. Vive in noi fino a ora.

27. l'Ortodossia. Da noi, le opinioni divergono su di essa. Si noti, tuttavia, che la stragrande maggioranza dei russi sente il bisogno di rivolgersi alla Chiesa in particolari momenti della vita (la nascita di un figlio, il matrimonio, la morte). Considerando nostra caratteristica "grattarci solo quando ci prude", si può stimare che la stragrande maggioranza dei russi sia credente. Questo esiste in noi, e questo ci unisce. Questo ci unirà sempre, questo rimarrà il nostro legame spirituale più profondo. Direi di più: è proprio l'Ortodossia che ha contribuito nel corso dei secoli a forgiare la nostra mentalità, che ha consolidato i nostri lati migliori e indebolito i peggiori. Per quanto riguarda i "popi in Mercedes", spesso citati, questa non è l'Ortodossia, non esattamente, non è la sua essenza, piuttosto i suoi rifiuti. Ogni caso ha i suoi rifiuti, il suo lato negativo della medaglia, e più è importante, più ne ha. Le cose più importanti generalmente non rimangono alla superficie, per identificare è necessario spendere molte forze, e i rifiuti, come è naturale, saltano immediatamente agli occhi. Questo è esattamente ciò che produce confusione.

28. Il primato della saggezza sull'egocentrismo nel carattere delle donne russe. Le nostre donne sono le più belle del mondo. È universalmente accettato. Solo le creole e le ucraine possono (a mio parere) competere con loro, ma hanno un carattere terribile. Il carattere di una nazione è più che altro nella donna. E viceversa. Confrontate il carattere russo e ucraino e capirete tutto.

Il carattere della donna russa, la saggezza della vita, si rivela uno dei nostri più importanti legami nazionali. Scrive Walter Schubart nella sua monografia "L'Europa e l'anima dell'Oriente":

"Quando l’inclinazione asiatica per il gentil sesso incontra istintivamente un consapevole rispetto cristiano per esso, ci si possono aspettare risultati sorprendenti. Il risultato di questa coincidenza, che non è stato ripetuto da nessun'altra parte sulla terra, è la donna russa. Questo è uno dei pochi incidenti felici del nostro pianeta. Molti di coloro che sono andati in Russia sono tornati con l'impressione che la donna russa abbia più valore dell'uomo russo… La donna russa riunisce nel modo più attraente tutti i vantaggi delle sue sorelle occidentali. Condivide con l'inglese il senso della libertà e indipendenza femminile, senza trasformarsi in una saccente. Ha in comune con la francese la vitalità spirituale senza la tentazione della derisione; ha un gusto raffinato, il senso della bellezza e dell'eleganza, senza diventare vittima della vanità e della passione dell'abbigliamento. Ha le virtù della casalinga tedesca, senza limitare la sua vita alle pentole; ha, come l'italiana, un forte sentimento materno, senza farlo degenerare in un amore animale. A queste qualità aggiunge ancora la grazia e la dolcezza proprie delle slave… Nessun'altra donna, in confronto con quella russa, può essere al tempo stesso un'amante, una madre e la compagna della nostra vita. Nessun'altra combina un bisogno sincero di imparare con una sollecitudine per le cose pratiche e nessuna è più aperto alla bellezza dell’arte e della verità religiosa… Abbiamo seri motivi per sperare che sia proprio la donna russa che salverà il popolo russo".

29. Il senso della sua missione storica. Raccogliere intorno a sé i popoli che utilizzano quello che è stato detto in precedenza. Aiutarli a familiarizzare con la cultura russa e, attraverso di essa, fare un approccio alla cultura mondiale. Creare una civiltà unica, una famiglia forte di popoli fratelli, è uno dei tre pilastri principali dell'Idea russa.

Queste caratteristiche specifiche dei russi, se usate in modo intelligente, sono in grado di elevare la nazione russa a una notevole altezza, di creare un tipo originale, potente. Il russo può avere successo se segue la sua vera natura, data da Dio. E perderà sempre se invece di appropriarsene in modo creativo e adattarli a se stessi, cerca di copiare ciecamente i costumi e i valori degli altri.

Questo è all'incirca tutto, ma se avete idee, aggiungetele pure.

Nella preparazione del testo sono stati utilizzati i quadri del celebre artista Pavel Rizhenko (1970-2014)

 
Sulla comunione ai bambini che piangono

È necessario dare la comunione ai bambini con la forza? Di chi è la colpa, se piangono? Forse è il momento per un rimprovero?

L'altro giorno, alla comunione sono venute alcune persone che spesso si accostano al sacerdote, in piedi all'ambone con il calice in mano; una discreta quantità di persone con i capelli grigi... e un bambino che urlava.

Questo bambino era uno di quelli che non possono essere chiamati "bambini": di circa due anni, forte, paffuto, seduto sulle braccia del papà, e che ancor più categoricamente si rifiutava di posare il capo sulla braccio destro del padre come in una posa da "allattamento al seno". Gridava furiosamente, "Non voglio!", Come se vedesse il sacerdote avvicinarsi con gli strumenti di tortura del carnefice, e scoppiando in lacrime, agitava le braccia e le gambe in modo che nemmeno la madre confusa, venuta in aiuto del papà, riusciva a tenerlo...

Alla fin fine mamma e papà, che si erano confessati per la prima volta in quel giorno, si sono comunicati, ma non hanno osato portare un'altra volta il loro bambino alla comunione. E io, lì presente, a essere onesto, ne sono stato contento – di non vedere il bambino immobilizzato e con il cucchiaio con una goccia del sangue di Cristo forzatamente spinto a denti stretti: non mi sembra che ci sia alcun senso del dovere, ma solo molta scomodità...

Vi è una direttiva: "tutto il meglio – per i bambini." Dare la comunione al bambino in tutti i modi versando in lui tutto il contenuto del calice e con questo adempiere al proprio dovere di genitori cristiani (di nonni, di padrini, ecc ..) – e poi la grazia di Dio compie magicamente per i figli tutto ciò che è necessario e utile... Questa linea di pensiero mi sembra più che dubbia, un'attesa di una "grazia" miracolosa per chi non è pronto, mi fa venire in mente la storia di Danae, e su di essa, la pioggia d'oro che né il sonno né lo spirito potevano comprendere.

Sì, sì, diranno, ora ti metterai a parlare della preparazione di una persona (anche molto piccola) alla comunione.

Vi è anche una convinzione tra i rigoristi ortodossi: se il bambino si oppone alla comunione – allora bisogna rimproverarlo, proprio come se fosse ossessionato dai demoni! Ma nemmeno per sogno, considerare che un bambino piccolo sia un nemico convinto di Dio è una barbarie. È solo che non è pronto alla comunione. E non è pronto spesso proprio perché i suoi genitori non sono pronti per l'incontro con Cristo.

Ecco la parola chiave: "con Cristo". Il fatto che il calice non sia una cura magica per le malattie e le disgrazie, è da dire e da ripetere. Ma bisogna aggiungere anche qualcos'altro di importante: di per sé, avvicinarsi al calice (e anche comunicarsi), non rende automaticamente una persona un cristiano, non lo introdurre da solo nel circolo dei discepoli, che hanno partecipato con Cristo all'Ultima Cena. Perché prima di sedersi a questa cena, i discepoli hanno incontrato Gesù, lo hanno scelto come il senso della loro vita, lo hanno amato e seguito, hanno vissuto, grosso modo, in un particolare contesto religioso le specifiche aspirazioni messianiche legate al loro Maestro.

In poche parole, la preparazione principale all'incontro e alla comunicazione del bambino con Cristo nel sacramento della comunione – è il cristianesimo dei suoi genitori. La loro partecipazione alla Chiesa, la loro adesione ai precetti del Vangelo, la preghiera e la partecipazione ai sacramenti, e per finire, la loro stessa comunione regolare.

(A proposito, vorrei notare: sì, ci sono momenti in cui i genitori sembrano essere abbastanza introdotti alla vita della chiesa, ma il loro bambino sta ancora manifestando paura o nervosismo quando entra in chiesa. Il mondo umano è ampio e complesso, e nessun modello riesce a comprenderlo tutto, e ogni caso del genere, naturalmente, deve essere considerato singolarmente in una conversazione con un prete esperto).

I bambini ricevono la grazia illuminante e trasformante di Cristo, soprattutto attraverso i loro genitori. Questa legge è stabilita da Dio, ed egli non rompe le sue leggi. Naturalmente, se i genitori sono assolutamente pagani (o non convertiti), allora Dio è in grado di cambiare le vie di un essere umano in modo che sia ancora in grado di entrare nel Suo regno – ma questa è comunque un'eccezione, e Dio vuole che noi impariamo a vivere secondo le regole, che sono le leggi del Regno. Questi comandamenti, l'antico salmista li vedeva come straordinariamente ampi e la loro bocca come il miele, e noi, ahimè, a volte li vediamo come inutile e ristretto ritorno al passato...

Tutto questo vorrei dirlo non solo ai genitori che non si sentono introdotti nella Chiesa, ma anche a tutti quelli che si considerano integrati la Chiesa. Tutti noi che serviamo in chiesa alla Liturgia, aggrottiamo le sopracciglia e scuotiamo la testa alla vista di una mamma trascina all'ambone un bambino riluttante che non capisce dove viene portato e perché, sentendo solo di essere forzato, e chiaramente non credendo agli ammonimenti che "batjushka ti dà un dolcino!" (e grazie a Dio che non ci crede!)

Abbiamo tutti molto da fare – per esempio, prestare attenzione ai nostri amici, parenti, vicini che non vanno in chiesa e che hanno figli piccoli, e aiutarli a capire cos'è la fede in Cristo, cos'è la comunione al suo corpo e al suo sangue, e perché si fa. Infine, e questo è molto importante, chiediamoci ancora una volta: noi stessi, perché andiamo alla comunione e cosa ci aspettiamo da questo sacramento? (Per esempio, andare ancora a piangere in confessione: "Oh, batjushka, ho fatto devotamente tutto il digiuno, ho letto la preparazione alla comunione, e poi la vicina mi ha importunato con chiacchiere, e ho perso subito tutta la grazia!").

Sacerdote Sergij Kruglov

 
Arciprete Andrew Phillips: Domande e risposte dalla corrispondenza recente (giugno 2015)

Dal punto di vista della Chiesa, che cosa ha trovato interessante in questo mese?

Che domanda difficile! C'è stato così tanto e il mese non è ancora finito. C'è stata la dichiarazione del papa di Roma che potrebbe valutare un ritorno nel pentimento alla Pasqua della Chiesa (a dire il vero, la sua dichiarazione è stata molto vaga, e ci sono altre interpretazioni, molto meno ispirate al pentimento), il suo incontro con il Presidente Putin (nonostante la violenta opposizione degli Stati Uniti) e l'approvazione papale della lotta russa contro l'élite europea anticristiana. C'è stato anche il tragico sinodo della Chiesa di Serbia, manipolata dall'Unione Europea. E poi c'è stata l'inevitabile chiusura dell'Istituto Saint-Serge a Parigi - attesa da oltre 30 anni - dopo che il suo Arcivescovo gli ha chiesto di ritornare all'Ortodossia e questo ha rifiutato.

Politicamente, c'è stata la riunione del G7 nella villa di Hitler nei pressi di Monaco e la realizzazione che il G7 è ormai un ghetto occidentale piuttosto irrilevante guidato dagli Stati Uniti, una piccola calca con le spalle al muro, non sempre in grado di pagare i propri debiti, sempre più irrilevante, poiché ormai l'India ha firmato un accordo di libero scambio con l'Unione Economica Eurasiatica. Poi c'è la crisi del debito greco (il debito della Grecia è solo circa la metà del ​​debito pro capite degli Stati Uniti) e la possibilità che la Grecia stessa sia finalmente libera dalla schiavitù dell'Unione Europea, dopo che vi si è unita così ingenuamente e stupidamente trent'anni fa. Forse il dolore economico è ciò di cui la Grecia ha bisogno per condurre il suo popolo al pentimento, proprio come l'oppressione atea ha portato i russi al pentimento.

Inoltre, anche se si tratta di un evento molto minore a livello internazionale, vorrei citare il trasferimento del metropolita dimissionario Jonah dal gruppo noto come 'La Chiesa Ortodossa in America' (OCA) alla Chiesa fuori dalla Russia (ROCOR). Anche dieci anni fa, per non parlare di 30 anni fa, una tale mossa sarebbe stata impensabile, se non impossibile. L'unico evento simile è stato nel 1976, quando il metropolita Antony (Bloom) aveva chiesto un trasferimento alla ROCOR. Ironia della sorte, ciò avveniva al tempo stesso in cui il Metropolita Antony (Bloom) si era così ingiustamente rifiutato di ricevere l'allora padre Kallistos (Ware) nella Chiesa russa da Costantinopoli. La richiesta del metropolita Antony fu giustamente respinta dal metropolita Philaret per ragioni canoniche molto valide. Tuttavia, in questo caso molto diverso il metropolita Giona è stato accettato dal Sinodo della ROCOR nel suo status di metropolita a riposo.

Questo potrebbe essere l'inizio di un movimento verso la ROCOR?

Non necessariamente: penso che sia una scelta personale, ma tuttavia è sintomatica di un movimento di pentimento. L'OCA è canonicamente alla deriva. Dove sta andando? Qual è la sua identità? Qual è il suo futuro? Si tratta di un frammento alla deriva della Chiesa russa per comprensibili ragioni storiche di ex-uniatismo e per ragioni politiche. Era una fucina di modernismo. Ma oggi, se si guardano le parti più solide dell'OCA, in Alaska, in Canada e in Pennsylvania attorno al monastero di san Tikhon, è chiaro che si tratta di una parte della Chiesa russa, ma, per ragioni storiche, non è ancora parte della Chiesa fuori dalla Russia canonica e universalmente riconosciuta. Eppure questo è chiaramente ciò che è la maggior parte dell'OCA, una parte della Chiesa ortodossa russa fuori dalla Russia. Penso che questo evento segni l'inizio della guarigione per l'OCA.

Sicuramente una parte del problema originale era la ROCOR stessa?

C'è stato una volta un problema con individui politicamente motivati e nazionalisti nella ROCOR, ma ora appartiene al passato. Noi l'abbiamo superato e quella generazione ci ha lasciati o altrimenti si è estinta. Oggi ci troviamo in una situazione completamente diversa. In effetti, gli ultimi due metropoliti della ROCOR non sono stati russi, uno era un carpato-russo dalla Slovacchia, quello attuale è un canadese di origine ucraina. Questo significa un'apertura a tutto il mondo ortodosso russo multinazionale fuori dalle terre russe. La ROCOR si sta muovendo verso il nostro obiettivo finale, versa la nostra missione universale, di preparare una via, come un tempo san Giovanni Battista.

Lei mette in questione l'identità e il futuro dell'OCA, ma sicuramente le stesse questioni possono essere rivolte alla ROCOR?

Non sono d'accordo. La nostra identità è chiara, è nel nostro nome. Noi siamo quella parte della Chiesa ortodossa russa, che è al di fuori della Russia, cioè, al di fuori delle terre russe. Da un lato dobbiamo essere assolutamente fedeli alla Chiesa ortodossa russa e alla sua tradizione, dall'altro lato dobbiamo esprimerci nella lingua del paese in cui viviamo e attraverso la cultura di quel paese, viste attraverso occhi ortodossi russi. Questa è la nostra testimonianza missionaria. E questo è il nostro futuro.

Ma non è quello che ha fatto l'OCA?

La sua parte migliore sì, ma purtroppo in essa alcuni hanno perso, o non hanno mai nemmeno avuto, la tradizione della Chiesa ortodossa russa. Per esempio, solo un quarto delle parrocchie OCA mantiene il calendario della Chiesa, altre hanno frainteso e immaginato che proprio perché vivono in un altro paese e cultura, possono quindi compromettere la nostra fede. Invece di guardare il mondo attraverso occhi ortodossi russi, essi tendono a vedere l'Ortodossia russa attraverso gli occhi del mondo. Questo è molto chiaramente il sentiero dell'apostasia.

Ha menzionato il sinodo della Chiesa serba. Qual è il problema?

Il problema è la nuova persecuzione della Chiesa serba. È peggio della persecuzione comunista. L'episcopato della Chiesa serba sta ammassato come un gregge di pecore intimidito in un angolo, minacciato dal lupo europea, dietro cui spiccano gli Stati Uniti e una nuova minaccia di bombardamenti NATO, proiettili all'uranio e anche guerra nucleare. E non giudicate, prima di aver subito la persecuzione voi stessi.

Perché i serbi non si alzano a difendere la loro Chiesa?

Perché ci sono troppi 'ortodossi serbi', ma non abbastanza serbi ortodossi.

Che cosa vuol dire con questo?

Voglio dire che ogni paese ha valore solo in quanto è ortodosso o ha dei valori che accettano l'Ortodossia. Come diceva Dostoevskij: 'Un russo senza Ortodossia è spazzatura'. È lo stesso per tutti i paesi del mondo. Quando leggo di teppisti britannici ubriachi a un addio al celibato a Praga, penso forse che siano inglesi? Ovviamente no. Purtroppo, la stessa malattia colpisce tutti i paesi del mondo. È la malattia dell'apostasia. E l'Ortodossia nominale non è sufficiente a resistere a tale malattia.

Cosa è successo all'Istituto Saint-Serge a Parigi?

È chiuso. Un sacco di soldi è scomparsa. L'arcivescovo Job sta cercando di ristabilirvi l'Ortodossia dopo 30 anni di vescovi deboli che hanno permesso l'anarchia promuovendo gli anarchici. Potrebbe non riaprire mai. È un altro chiodo nella bara dell'Esarcato Parigi.

Qual è la situazione in Ucraina?

La guerra civile va avanti mentre la giunta di burattini a Kiev uccide il popolo ucraino. Il Dipartimento di Stato degli Stati Uniti ora sta corrompendo il patriarcato di Costantinopoli per farlo ingerire nei gruppi scismatici in Ucraina, compromettendo così il potenziale Concilio del prossimo anno. Ma noi abbiamo la speranza che entro il prossimo anno la guerra sarà del tutto finita e l'Ucraina sarà di nuovo libera. Purtroppo, però, non vedo alcun segno di pentimento da parte degli Stati Uniti e dell'Unione Europea, che, come ha detto giustamente un politico britannico, hanno il sangue dell'Ucraina sulle loro mani.

E in Siria?

Anche lì prosegue la guerra, finanziata da fanatici sostenuti dall'Occidente in Arabia Saudita e Qatar, che hanno creato milioni di rifugiati. In Libia l'intervento occidentale ha dimostrato ancora una volta di essere catastrofico e ora il 65% dei libici vuole fuggire, guardando indietro al periodo di Gheddafi quasi come al paradiso, proprio come molti nell'impoverita e colonizzata Europa dell'Est ora rimpiangono il blocco sovietico con tutte le sue evidenti pecche. Oggi, per esempio, un salario decente in Romania è di 150 euro – al mese – se è mai possibile ottenere un posto di lavoro. Questo è tutto frutto di ingerenza occidentale, del divide et impera che riduce alla povertà. Il risultato di tale ingerenza è la migrazione di massa e la disgregazione delle famiglie. L'Occidente ha causato tutto questo. La regola numero uno è di non distruggere qualcosa fino a quando si ha qualcosa di meglio con cui sostituirlo. Ma questo è esattamente ciò che l'Occidente ha fatto all'Unione Sovietica e all'Europa dell'Est, come anche a Sria, Iraq, Libia etc.

Per quanto riguarda la Siria, saranno sicuramente i musulmani da biasimare? Non si uccidono a vicenda?

Quando i bambini litigano e quei bambini seguono una religione che, come il giudaismo, non ha il concetto di perdono, del porgere l'altra guancia, non si danno loro costose armi per uccidersi a vicenda. Ma questo è esattamente ciò che l'Arabia Saudita e il Qatar (e Israele), sostenuti dagli Stati Uniti, hanno fatto, in Siria, in Libano o altrove. Ricordate che Al-Qaeda e lo Stato islamico sono invenzioni della CIA per sconfiggere l'Unione Sovietica e dividere il mondo musulmano. L'intero problema musulmano è iniziato quando la Gran Bretagna e poi gli Stati Uniti hanno sostenuto Israele come testa di ponte occidentale nel mondo arabo. Quando le nazioni occidentali si trasformano in stati terroristi (è così che le nazioni occidentali sono percepite nel mondo musulmano) e invadono l'Afghanistan e l'Iraq, non siate sorpresi quando i musulmani si rivolgono al terrorismo. La radicalizzazione dei musulmani è stata causata dai governi occidentali. Lo spaventoso terrorismo occidentale alleva lo spaventoso terrorismo islamico.

Quand'è che l'Occidente si è incamminato su questo sentiero dell'apostasia? Fino a che punto la razza ne è stata un fattore?

Penso che ci siano molte idee sbagliate per quanto riguarda la razza e lo scisma d'Occidente. Per esempio, il neo-platonico Philip Sherrard presenta lo scisma come una sorta di disputa filosofica tra 'Oriente e Occidente', tra 'greci e latini', tra Platone e Aristotele. È vero, c'è stato il problema dei franchi, ma non per ragioni razziali inerenti, come vorrebbero alcuni filosofi greci moderni un po' amareggiati, ma semplicemente a causa della mentalità che i franchi capitarono essere i primi ad adottare. E ogni razza può adottare una mentalità anti-ecclesiale, come ci ha dimostrato il XX secolo. Tali semplificazioni razziali dimenticano completamente la natura multinazionale della Chiesa. La Chiesa comprende latini come sant'Ilario di Poitiers e sant'Ambrogio di Milano, siriani come sant'Efrem e sant'Isacco di Ninive, egiziani come sant'Antonio il Grande, georgiani come santa Nino, per non parlare di slavi e tante altre nazionalità, tra cui i 'franchi' ortodossi del periodo prima di Carlo Magno e di oggi.

Un altro punto è che, anche se, giustamente, gli storici guardano indietro a Carlo Magno come al vero promotore di tutti i problemi, con il suo massacro dei sassoni e la sua corruzione del Credo, il suo sgangherato cosiddetto impero fu molto breve. Ci fu un risveglio dell'Ortodossia in Occidente dopo di lui, per esempio, sotto l'imperatrice Teofano alla fine del X secolo. Non ci fu scisma fino all'XI secolo e si compì in 100 anni; in altre parole lo scisma non fu un singolo evento, ma un processo.

Non possiamo fare di meglio che citare lo storico religioso cattolico, Christopher Dawson: 'Non fu fino all'XI secolo che il legame religioso che univa Oriente e Occidente fu finalmente distrutto, e la cristianità occidentale emerse come unità indipendente, separata sia in cultura sia in religione dal resto del vecchio mondo romano '(The Making of Europe, p. 47). Dawson lo mette in relazione al X secolo e al dilemma se 'la barbarie feudale avrebbe catturato e assorbito la pace sociale della Chiesa, o se quest'ultima sarebbe riuscita a imporre i suoi ideali e la sua cultura superiore sulla nobiltà feudale' (P. 271). 'Non fu fino all'XI secolo che la società militare (del mondo barbaro del paganesimo nordico) fu incorporata nel sistema politico spirituale della cristianità occidentale' (pp. 287-288).

In altre parole la tragedia dell'Occidente è stata che ha lasciato la Chiesa e ha adottato invece l'aggressività della 'barbarie feudale'. Quest'aggressività, alleata con la tecnologia, è ciò che sta dietro all'imperialismo aggressivo dell'Occidente del secondo millennio, dal 1066 e da un paio di decenni prima di quella data, e fino agli anni di apertura di questo già profondamente tragico terzo millennio. Lo possiamo vedere questo chiaramente nei massacri da armi da fuoco oggi regolari negli Stati Uniti. Che cultura! Aggressività e violenza e una società di obesità e di malattie mentali... E la chiamate civiltà?

Ci sono molte critiche in Occidente al presidente Putin. Lo hanno demonizzato, facendo di lui una figura di odio. Qual è la verità?

La propaganda nutrita dalla CIA è abbastanza spudorata, per non dire primitiva. Naturalmente il Presidente Putin, così come la Russia contemporanea, ha molti difetti, ma a differenza dell'Occidente, stanno andando entrambi nella direzione giusta. Questo è ciò che è importante. Il nome Putin deriva dalla parola 'put' che significa 'percorso', 'sentiero'. E questo è esattamente il significato spirituale del suo nome, perché è solo uno strumento. Non è la destinazione, solo una parte del sentiero su cui vogliamo andare.

E qual è la destinazione?

Oggi l'Occidente ateo sta predicando la morte spirituale in tutto il mondo. Il significato spirituale della Russia è di predicare la vita spirituale. Questo è il significato universale della futura risurrezione di san Serafino di Sarov per la quale dobbiamo prepararci. L'Occidente ha scelto la volgarità al di sopra della nobiltà. Noi non lo seguiremo. Purtroppo, dobbiamo riconoscere che quando arriverà l'anticristo, parlerà inglese. Tocca a noi mostrargli che non tutto il popolo inglese lo ascolterà, che c'è un resto fedele, come in tutti i paesi in tutto il mondo, che può parlare di nobiltà, e non di volgarità. Sta diventando rapidamente evidente, anche a quelli che prima resistevano all'idea – e questo è pentimento – che gli ortodossi hanno bisogno di un protettore, un guardiano, un imperatore restaurato. Una Grecia pentita oggi guarda alla Russia, una Russia che ha gettato via la maledizione dell'ateismo e dell'apostasia. Molti altri fanno lo stesso. Noi non arrendiamoci! Cristo è vittorioso!

 
Una visita alla cappella di santa Ksenija di Pietroburgo, al cimitero di Smolensk

Ci sono stati così tanti miracoli attraverso le preghiere di santa Ksenija di Pietroburgo che migliaia di persone visitano continuamente la sua cappella nel cimitero di Smolensk sull'isola Vasil'evskij a San Pietroburgo. Anche se ora, nelle condizioni problematiche di una pandemia, la maggior parte di queste persone non è in grado di recarsi fisicamente alla cappella, tutti possiamo rivolgerci in preghiera a questa grande folle per Cristo di San Pietroburgo e visitare nelle immagini questo luogo santo.

Come pregare nella cappella di santa Ksenija

[dal sito web Kseniya-spb.ru]

Scrivete una nota con la vostra richiesta, andate al cimitero di Smolensk a San Pietroburgo e recatevi alla cappella di santa Ksenija (non confondetela con la chiesa di Smolensk nelle vicinanze!). Camminate intorno alla cappella per tre volte, quindi posizionate il vostro biglietto in una scatola speciale per le richieste che si trova accanto alla cappella, o sotto la scatola con le candele, o vicino al muro (la maggior parte delle persone lascia i propri appunti sul muro). Appoggiatevi al muro e dite mentalmente a santa Ksenija la vostra richiesta, quindi accendete una candela fuori della cappella. Quindi potete andare all'interno (di solito c'è coda). Potete pregare con le vostre parole all'interno della cappella, ordinare un moleben oppure accendere candele e posizionarle sul candeliere vicino alle icone quando vi danno spazio.

Non partite subito! Questo è un posto speciale. Le persone spesso stanno in piedi e pregano fino a quando non sentono il momento di andare, o il prete chiede a tutti di andarsene in modo che altri possano entrare. La cappella chiude alle 16:00 o alle 17:00.

Preparatevi prima di andare. È meglio astenervi dall'alcol per almeno alcuni giorni prima e cercare di non peccare. Fate l'elemosina ai poveri. Portate qualcosa in più, come pane per gli uccelli e cibo per i poveri. Potete lasciare il cibo vicino al muro della cappella.

Ma la cosa principale da portare è la vostra fede! Se è gradita a Dio, la vostra richiesta avrà sicuramente risposta. Dopo dovrete assolutamente tornare e ordinare un moleben di ringraziamento.

Santa beata madre Ksenija, intercedi presso Dio per noi in questo momento di prova!

"Chiunque mi abbia conosciuto, ricordi la mia anima per la salvezza della sua anima". Amen.

Parole tratte dalla lapide della beata Ksenija

 
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Beati e muti

san Gerasimo del Giordano, di Oleg Shurkus. Fonte: Shurkus.ru

Una mia conoscente, una donna anziana dal cuore puro, aveva deciso di pregare per il suo gatto malato. Ma come avrebbe dovuto farlo? Noi preghiamo per le persone in questo modo: "Signore, abbi misericordia del tuo servo (nome)". Tuttavia, non puoi riferirti a un gatto come a un "servo di Dio". Alla fine ha detto la seguente preghiera: "Signore, abbi misericordia del tuo gatto Vasilij".

E l'animale si è ripreso! Forse non si tratta delle nove vite del gatto. Forse il Creatore dell'universo ha semplicemente risposto alla preghiera della donna che aveva inconsciamente obbedito al seguente comandamento: se non vi convertirete e non diverrete come bambini piccoli, non entrerete nel regno dei cieli (Mt 18:3). In effetti non è una questione del gatto: è una questione di quella donna. O anche del gatto? Qual è il posto degli animali nell'universo di Dio? Come dovremmo percepirli? Ci si aspetta che i cristiani li amino e abbiano misericordia di loro? Possiamo pregare per loro e, in tal caso, come?

Che domini...

Nel capitolo 1 della Genesi leggiamo della creazione dell'universo :

E Dio disse: Le acque brulichino di esseri viventi e uccelli volino sopra la terra, davanti al firmamento del cielo. Dio creò i grandi mostri marini e tutti gli esseri viventi che guizzano e brulicano nelle acque, secondo la loro specie, e tutti gli uccelli alati secondo la loro specie. E Dio vide che era cosa buona. Dio li benedisse: Siate fecondi e moltiplicatevi e riempite le acque dei mari; gli uccelli si moltiplichino sulla terra... E Dio disse: Facciamo l'uomo a nostra immagine, a nostra somiglianza, e domini sui pesci del mare e sugli uccelli del cielo, sul bestiame, su tutte le bestie selvatiche e su tutti i rettili che strisciano sulla terra (Gen 1:20-23, 26).

E nel capitolo 2 leggiamo come Dio plasmò dal suolo ogni sorta di bestie selvatiche e tutti gli uccelli del cielo e li condusse all'uomo, per vedere come li avrebbe chiamati: in qualunque modo l'uomo avesse chiamato ognuno degli esseri viventi, quello doveva essere il suo nome (Genesi 2:19).

Così le creature mute furono benedette dal Creatore che vide che erano buone e la terra divenne bella e gloriosa mentre la riempivano; ed egli ordinò all'uomo di essere il sovrano di tutti. Che tipo di sovrano? Certo, uno buono e responsabile. Dopotutto, così era il mondo prima della caduta. Non c'era ancora alcun male. Il male è entrato nel mondo più tardi. L'intera creazione cadde vittima della caduta dell'uomo, come scrive l'apostolo Paolo: infatti la creatura è stata sottomessa alla caducità – non per suo volere, ma per volere di colui che l'ha sottomessa – e nutre la speranza di essere lei pure liberata dalla schiavitù della corruzione, per entrare nella libertà della gloria dei figli di Dio. Sappiamo bene infatti che tutta la creazione geme e soffre fino ad oggi nelle doglie del parto (Rom 8: 20-22). Sentiamo le seguenti parole nel Canone del Mattutino alla festa della Teofania :

"Che l' intera creazione terrena sia vestita in bianco, in questo giorno infatti è risuscitata dalla sua caduta verso il cielo; e, lavata e magnificamente purificata nelle acque fluenti dalla Parola, da cui tutte le cose sono preservate, rifugge dai suoi precedenti peccati".

Dal momento della caduta, la relazione tra l'uomo, che si considera ancora "il re della natura", e la natura è stata tutt'altro che idilliaca. Per quanto riguarda gli animali, non solo l'uomo li mangia e indossa abiti fatti di pelli, pellicce, ecc; li tratta anche con impensabile crudeltà, trova piacere nello sterminarli e nel tormentarli, nel distruggere i loro habitat naturali e nel far estinguere molte specie. Fu solo nel XIX e XX secolo, molto tardi in una prospettiva storica, che l'umanità (prima nella persona di alcuni individui e poi nella persona di determinati paesi) iniziò a curare, salvare e amare la fauna selvatica. E oggi non siamo più sorpresi quando vediamo i soccorritori che evacuano i koala dagli incendi boschivi australiani, mettendo a rischio la propria vita. Ma il problema non è affatto risolto; così, la prima domenica di settembre la nostra Chiesa canta l'inno per la conservazione della creazione di Dio. Questo servizio è chiamato a ricordarci che siamo ancora responsabili verso il Creatore per questa terra, inclusi "gli animali muti".

Santi e animali selvatici

"Alzando gli occhi, Abba Zosima vide un grosso leone che stava in piedi vicino al corpo della santa, e leccava i suoi piedi. Alla vista del leone tremava di paura..., ma proteggendosi con il segno della croce, gli venne in mente che il potere di chi giaceva lì lo avrebbe protetto e lo avrebbe mantenuto illeso. Il leone si avvicinò a lui, esprimendo affetto in ogni movimento. Zosima disse al leone: La grande ha ordinato che il suo corpo fosse seppellito. Ma io sono vecchio e non ho la forza di scavare una tomba..., quindi puoi svolgere tu il lavoro con i tuoi artigli? Il leone con le zampe anteriori cominciò a scavare una buca abbastanza profonda da seppellire il corpo. L'anziano ricoprì il corpo di terra in presenza del leone. Quindi entrambi partirono. Il leone si ritirò nelle profondità del deserto come un agnello". [1]

Questa è la vita di santa Maria l'Egiziaca. San Serafino di Sarov è spesso raffigurato con un orso. Circa 500 anni prima, un altro orso era stato in rapporti amichevoli con san Sergio di Radonezh. Ancora prima, san Gerasimo del Giordano (V secolo) aveva guarito un leone ferito e questo evento si riflette nella sua iconografia. Possiamo anche ricordare le bestie da preda nei circhi romani che inaspettatamente si rifiutavano di massacrare e mangiare i cristiani...

Perché gli animali sono attratti dai santi? Perché non hanno paura degli asceti nelle foreste e nei deserti, non mostrano loro aggressività e si rifiutano di ucciderli? Essere santi significa essere pieni di grazia; è la trasformazione di qualcuno lo avvicina allo stato in cui l'uomo (il buon maestro divinamente ordinato del mondo armonico incolume) era prima della sua caduta. Le creature irrazionali avvertono la fragranza del Paradiso e si sentono attratte dai santi. Quando tutti noi – umani, animali e uccelli – vedremo un nuovo cielo e una nuova terra (Apocalisse 21: 1), ricorderemo il profeta Isaia che nel VI secolo a.C. prevedeva la restaurata armonia della creazione, il superamento dell'antagonismo e la lotta per la vita nel regno del Messia, un virgulto dalle radici di Jesse (cfr Is 11:1): il lupo dimorerà insieme con l'agnello, la pantera si sdraierà accanto al capretto; il vitello e il leoncello pascoleranno insieme e un fanciullo li guiderà (Is. 11: 6).

Nei suoi commenti al libro di Isaia, il grande commentatore biblico russo Aleksandr Lopukhin (1852-1904) scrisse: "Gli animali incontreranno il nuovo uomo dopo essere stati rinnovati proprio come una volta incontrarono l'Adamo primordiale. E il profeta ritrae questo mondo in merito alle relazioni tra animali in pieno accordo con la narrazione della Genesi sullo stato del mondo primordiale".

Lo Spirito di Dio ci insegna ad amare tutte le creature viventi

Dalle note di san Silvano del Monte Athos :

"Una volta ho ucciso inutilmente una mosca. La povera creatura strisciò a terra, ferita e mutilata, e per tre giorni interi piansi per la mia crudeltà verso una creatura vivente, e fino ad oggi l'incidente rimane nella mia memoria".

"Un giorno, andando dal monastero al Vecchio Rusik (Nagornyj), ho visto sul mio cammino un serpente morto che era stato tagliato in pezzi, e ogni pezzo si contorceva convulsamente, ed ero pieno di compassione per ogni creatura vivente, ogni cosa sofferente nella creazione e ho pianto amaramente davanti a Dio". [2]

"Una volta i pipistrelli hanno infestato il balcone del mio laboratorio, e io ho gettato acqua calda su di loro per sbarazzarmi di loro, e di nuovo ho versato molte lacrime per questo; e da allora non ho più offeso alcuna creatura vivente".

"Lo Spirito di Dio insegna all'anima ad amare ogni cosa vivente, quindi non vuole fare del male nemmeno a una foglia verde su un albero, o calpestare un fiore del campo sotto i suoi piedi. Quindi lo Spirito di Dio insegna amore verso tutti e l'anima prova compassione per ogni essere, ama persino i nemici e compatisce persino i demoni perché sono caduti dal bene".

I suddetti progressi nel modo in cui le persone trattano gli animali sono avvenuti in gran parte sotto l'influenza del cristianesimo; l'anima illuminata e riscaldata dai raggi dell'amore di Cristo (anche se non quanto l'anima dell'asceta athonita Silvano) non può che soffrire vedendo la sofferenza di altre creature. L'acutezza di questo dolore (solidarietà per gli animali tormentati) è probabilmente spiegata dal fatto che gli animali sono esseri irrazionali e, come tali, non capiscono cosa sta succedendo loro e sono indifesi davanti agli umani. Tormentando un animale qualcuno tortura sia il suo "fratellino" sia ciò di cui è responsabile, ecco perché è un peccato, e infliggere deliberatamente dolore agli animali per divertimento è un segno di una grave malattia mentale.

Sulla follia per l'anima

Tuttavia, alcuni possono essere confusi dopo aver letto la seguente citazione di san Silvano l'Athonita:

"Ci sono persone che si attaccano agli animali, li coccolano, li accarezzano e parlano con loro; abbandonano l'amore di Dio, e così si perde l'amore tra fratelli, per il quale Cristo è morto in una terribile agonia. È sciocco fare così. Dai da mangiare agli animali e al bestiame e non picchiarli: in questo consiste il dovere di gentilezza dell'uomo nei loro confronti; ma attaccarsi a loro, amarli, accarezzarli e parlare con loro – è una follia per l'anima".

"L'anima che ha conosciuto il Signore è sempre davanti a Lui nell'amore e nel timore reverenziale; come è possibile amare, accarezzare e parlare contemporaneamente con bovini, gatti e cani? Questo significa che qualcuno ha dimenticato il comandamento di Cristo di amare Dio con tutto il tuo cuore, e con tutta la tua anima e con tutta la tua mente (Mt 22:37)..."

È vero, per noi è difficile accettare queste parole: c'è qualcuno tra noi che non ha mai accarezzato un cane o accarezzato un gatto o parlato con loro, esprimendo così il loro amore per loro? Inoltre, anche loro hanno bisogno del nostro amore: nutrirli non è sufficiente. Sono creature emotive: i cani, per esempio, provano tutta una gamma di emozioni. Tuttavia, invece di discutere ora con il santo athonita, dovremmo comprendere qualcosa di utile per noi in queste parole rigorose (forse anche troppo rigide).

Ciò che è sbagliato è quando l'affetto (o, piuttosto, l'attaccamento per un animale domestico) sostituisce il nostro amore per le persone e per Dio, compensando una mancanza o una completa assenza di quest'ultimo. Adolf Hitler adorava il suo pastore tedesco Blondi! Questo è un esempio estremo. Ma ho visto parecchi casi in cui delle persone hanno facilmente combinato la compassione (quasi isterica) per cuccioli senza casa con una freddezza e crudeltà verso i compagni umani, spesso verso quelli più vicini a loro. Puoi sentire da queste persone che "in generale, gli animali sono migliori degli esseri umani..." In realtà, la verità è che è più facile amare gli animali che amare le persone; non richiede alcun lavoro morale e spirituale, autocritica, pazienza e umiltà... Ecco perché si fa abilmente una sostituzione. Qualcuno che non ha imparato ad amare i suoi vicini è solo – attraverso stretti legami con gli animali cerca di trovare una via d'uscita dalla sua solitudine o di placare la sua fame emotiva. E non si accorge che il suo cane, gatto o porcellino d'India è diventato più vicino a lui dei suoi simili, il che è davvero una follia per l'anima e una violazione della gerarchia, del piano del Creatore per la creazione.

Anche l'amore tra le persone è una cosa complessa. C'è il nostro amore per qualcuno, e c'è il desiderio di essere amati da qualcuno, cioè di usare la persona di cui cerchiamo l'amore. Ma le persone hanno spesso difficoltà a distinguere tra queste cose. "Non lo amo, tanto quanto voglio il suo amore"; e molte famiglie sono state distrutte a causa dell'incapacità di discernere la differenza. La stessa cosa si può vedere spesso nelle relazioni tra esseri umani e animali: ciò che di solito è nascosto dietro le parole di "amore per gli animali domestici" è il desiderio di usarli per divertimento o gratificare il proprio ego. Le persone pagano molti soldi per un gatto di razza e allo stesso tempo calpestano indifferentemente un gattino abbandonato vicino alle proprie case. Non sono contro gli animali di razza pura, in particolare i cani: la sinergia tra uomo e natura dà vita ad alcune razze che sono veri e propri capolavori. Ma per mantenere un cane di uno o di un altro tipo devi conoscere i suoi tratti speciali, trovare un modo di gestirlo e di assicurarti che si senta a suo agio. Ero solita pubblicare una rubrica su cani e gatti in un giornale di città e ricordare quante tragedie erano collegate a cani di razza i cui proprietari semplicemente non capivano nulla di loro e non avevano idea di come gestirli. Dai cani husky, che, incapaci di vivere in uno spazio angusto e ristretto, scappano e scappano il paradiso sa dove, agli american Staffordshire terrier che mutilano i bambini sotto gli occhi dei loro genitori... E la stessa domanda si pone ancora e ancora: perché comprano questi cani in primo luogo? "Volevamo solo questa particolare razza di cane! "

E, tornando alla domanda principale: possiamo pregare per i gatti?

È vero, l'idea che esseri umani e animali siano uguali è peccaminosa ed è una grave illusione. Intuitivamente, rabbrividiamo davvero quando sentiamo che alcune confessioni cristiane hanno celebrato funzioni religiose per gli animali domestici e persino offerto la "comunione" ai cani ...

Tuttavia, vivono vicino a noi, fanno parte della nostra vita, hanno bisogno delle nostre cure... e talvolta anche delle nostre preghiere. Molto spesso ai sacerdoti viene chiesto se è permesso o meno pregare per gli animali domestici, e non è una coincidenza. La donna di cui sopra ha commesso un peccato pregando per la salute del "gatto di Dio Vasilij"? Certamente no. Tuttavia, faccio fatica e esito ogni volta che ho il bisogno di pregare per il mio gatto quando un bollore o una brutta febbre ... Mi viene in mente il seguente pensiero (in parte influenzato dalle note dell'anziano Silvano): "Come oso pregare il sovrano dell'universo per un gatto?" Ho paura di far scivolare la preghiera e di sostituirla con una sorta di sfogo infantile e sentimentale.

Certo, le curiamo, queste povere creature. Cioè, agiamo. E ogni azione e buon lavoro dovrebbe essere preceduto dalla preghiera. In questo modo, in silenzio, senza affetti, isterici o sentimentalismi: "Signore, ti prego, aiutami. San Gerasimo, che fascia le zampe del leone sulle icone, per favore intercedi. Nessuno tranne noi si prenderà cura di loro. Noi umani una volta li abbiamo addomesticati e portati nelle nostre case e, quindi, ne siamo responsabili". Pertanto, un'azione ragionevole e necessaria mi aiuta a mantenere un livello mentale e spirituale più favorevole sia per me che per il mio gatto malato.

Indubbiamente, siamo chiamati ad amare gli animali e ad ammirarli come meravigliose creature di Dio. Guardate quante volte bestie e uccelli sono menzionati nella Bibbia e quanto è ricco il suo cosmo: qui troviamo il cervo che anela ai ruscelli d'acqua (Ps 41:2); i cuccioli di leone che urlano (cfr. Ger 51:38); la cicogna, la cui casa sono gli abeti (cfr Ps 103:17); il falco che allunga le sue ali verso sud (Gb 39:26); ricci, pipistrelli; le lepri il cui rifugio sono le rocce (cfr Ps 103:18); e, naturalmente, i volatili dell'aria, che non seminano, né mietono né si raccolgono nei granai; tuttavia il nostro Padre celeste li nutre (Mt 6:26).

Tuttavia, c'è la continuazione nello stesso verso: non valete voi forse molto più di loro? E ricorda a noi, creature razionali e parlanti, del nostro posto speciale nell'universo e della nostra responsabilità nei suoi confronti.

Note

[1] https://stmaryofegypt.org/files/library/life.htm

[2] http://saintandrewgoc.org/home/2015/8/28/love-for-all-creation

 
Metropolita Ilarion di Volokolamsk: Nella società moderna, la voce della Chiesa è molto spesso una voce nel deserto

Prima dell'inizio del IV Forum cattolico-ortodosso "Religione e diversità culturale: le sfide delle Chiese cristiane in Europa", tenutasi a Minsk dal 2 al 5 giugno 2014, il metropolita Ilarion, presidente del Dipartimento per le relazioni ecclesiastiche esterne del Patriarcato di Mosca, ha risposto alle domande dei giornalisti bielorussi.

Il forum discuterà le sfide che stanno di fronte alle Chiese cristiane d'Europa. Quali sono le principali questioni, i problemi, le sfide che avete individuato?

I processi che si svolgono in Europa occidentale, per i quali siamo molto preoccupati, perché, in effetti, c'è un rifiuto consapevole dal patrimonio cristiano in molti Stati europei. Cosa vediamo, quando camminiamo per le strade delle più famose città d'Europa? Prima di tutto, le chiese cristiane: Notre Dame a Parigi, l'abbazia di Westminster a Londra, la basilica di san Pietro a Roma. Anche l'aspetto delle città europee dimostra che l'Europa è un continente cristiano. Certo, in Europa hanno sempre vissuto anche rappresentanti di altre religioni, ma il cristianesimo era la religione dominante, e lo rimane ancora, perché dopo tutto, la maggior parte degli europei in qualche misura rimangono in contatto con le proprie radici cristiane. Ma al momento in Europa si è creata creato una situazione in cui l'ideologia dominante, di fatto, diventa una forma di ateismo o di pluralismo, il che suggerisce che la religione non ha posto nello spazio pubblico, che la religione può esistere solo a livello della sfera privata degli individui.

Tale posizione, naturalmente, non ci fa piacere; noi crediamo che la Chiesa cristiana dovrebbe avere il diritto di esprimere le proprie opinioni, anche nello spazio pubblico. Siamo rimasti profondamente addolorati per le leggi contrarie non solo alla morale cristiana, ma alla morale generale tradizionale, su cui per secoli è stata costruita la vita delle persone - per esempio, quando si cerca di equiparare le unioni omosessuali al matrimonio, e, in effetti, vi è un consapevole smantellamento sistematico dei valori tradizionali della famiglia.

E come si potrebbe cambiare la situazione? La Chiesa non ha autorità legislativa per fare o cambiare le leggi, non ci sono supporti statali ... Quali strumenti avete e quanto sono efficaci?

Il principale strumento utilizzato dalla Chiesa è la sua voce che deve poter essere diffusa e ascoltata da tutti coloro che sono in grado di farlo. Naturalmente, la voce della Chiesa è molto spesso una voce nel deserto. Tuttavia, continuiamo a parlare e continueremo a testimoniare i valori che riteniamo immutabili.

Tuttavia, non abbiamo intenzione di imporre nulla a nessuno. Non imponiamo visioni teologiche o una concezione religiosa del mondo, parliamo dei valori che sono rilevanti per la vera vita umana: che è necessario rafforzare la famiglia, che la vita umana ha valore dal concepimento alla morte naturale. Queste sono cose molto semplici che nella società di oggi sono difficili da capire.

Eminenza, alla fine di novembre dello scorso anno ha avuto luogo un dialogo ortodosso-cattolico tra la Russia e la Polonia a Varsavia. Considerati i recenti sviluppi politici, teme che questo dialogo si fermerà, o c'è ancora speranza che il prossimo forum si terrà a Mosca e continuerà il dialogo tra cattolici polacchi e ortodossi russi?

Credo che questo dialogo continuerà, ma deploro profondamente il fatto che la Conferenza episcopale polacca abbia espresso il suo sostegno alle forze che in Ucraina destabilizzano l'ordine pubblico e sono responsabili della morte di persone. Penso che sia stato un grosso errore dei vescovi cattolici polacchi, così come un enorme errore è stato, a mio avviso, il sostegno agli uniati fornito dai cattolici di rito latino. Gli uniati in Ucraina mostrano un comportamento vergognoso. Devo dire che nella storia ci sono stati molti casi in cui hanno usato il potere politico per opporsi alla Chiesa ortodossa.

L'uniatismo, in generale, era una specie di progetto speciale della Chiesa cattolica per la conversione degli ortodossi al cattolicesimo. Non è un segreto per nessuno. Ma, purtroppo, questo progetto speciale rimane lo stesso anche oggi. Mentre noi conduciamo un dialogo e organizziamo forum congiunti con la Chiesa cattolica romana, gli uniati continuano in parallelo la loro azione tesa a minare l'Ortodossia. Tutta la retorica degli uniati in Ucraina oggi si riduce ai tentativi di dividere una singola Chiesa ortodossa russa multinazionale, a strappare l'Ucraina dalla Russia, e il loro obiettivo finale è di sottomettere tutti gli ortodossi al papa. Gli uniati, di fatto, non nascondono tale obiettivo.

Penso che l'uniatismo sia un problema molto serio che dobbiamo affrontare nelle relazioni tra ortodossi e cattolici, e mentre cerchiamo di portare avanti queste relazioni, gli uniati con le loro attività disoneste continuano a spingerci indietro.

 
Padre Daniil Sysoev: Perché andare in chiesa ogni domenica (1/3)

Presentiamo nella sezione "Ortoprassi" dei documenti la prima delle tre parti di un articolo di padre Daniil Sysoev (riportato sul portale pravoslavie.ru) sulle ragioni per un cristiano di frequentare la chiesa ogni domenica. Questa prima parte cerca di spiegare il perché di questa pratica in senso generale, trendo spunto dalle Sacre Scritture, dalla tradizione della Chiesa e dall'esperienza umana generale. Le parti successive (che pubblicheremo nei prossimi giorni in traduzione italiana) riguardano le risposte alle obiezioni fatte più spesso da chi non comprende il perché di questa necessità nella vita di un cristiano. Restate in ascolto per le prossime parti dell'articolo...

 
Vittoria a Prešov – ma la guerra continua

L'intronizzazione nella città carpato-russa di Prešov in Slovacchia il 9 febbraio dell'arcivescovo Rastislav (Gont) come nuovo metropolita della Chiesa locale delle Terre Ceche e della Slovacchia segna una vittoria per la coscienza ortodossa contro le politiche moderniste, dettate dagli Stati Uniti, dell'attuale regime del patriarcato di Costantinopoli. Il fallimento del Fanar nel soggiogare questa Chiesa locale con le sue 300 parrocchie, fondata dalla Chiesa ortodossa russa il 23 novembre 1951, è un'altra sconfitta per l'episcopato invecchiato di Costantinopoli e per le sue politiche americane non ortodosse.

L'ex capo di questa Chiesa locale, il totalmente inaffidabile metropolita Kryštof (Pulec), che sembrava non avere una presa ferma né sulla vita della Chiesa né sulla sua vita personale, è stato respinto nel mese di aprile 2013 per i suoi compromessi con Costantinopoli. Il candidato di Costantinopoli, l'amareggiato ottantasettenne arcivescovo Simeon, per metà serbo, è stato messo in minoranza dai tre giovani membri dell'episcopato ceco. La causa dell'Ortodossia è stata molto aiutata dal metropolita Ilarion (Alfeev) della Chiesa ortodossa russa. Questi, il 9 dicembre 2013 ha superato in astuzia i due metropoliti greci, inviati dal patriarcato di Costantinopoli per mettere in minoranza, calunniare e screditare i tre vescovi cechi, [1] in una situazione in cui i vescovi greci che interferiscono non hanno voto legittimo, e così prendere il sopravvento e colonizzare la Chiesa locale delle Terre Ceche e della Slovacchia. [2]

Naturalmente, questa vittoria deve essere valutata nel contesto dei più ampi movimenti anti-ortodossi dei disordini a Kiev istigati e sovvenzionati dagli Stati Uniti e dall'Unione Europea, del tentativo da parte di Bruxelles di dividere e governare la Chiesa ortodossa serba, delle minacce militari statunitensi al governo siriano e della gioia malevola dei tentativi da parte dei media occidentali di screditare il successo delle olimpiadi di Sochi. Solo oggi il metropolita Amfilohije del Montenegro, detestato dagli USA ma veramente ortodosso, ha invitato i politici tanto facilmente corrotti e venali del Montenegro a smettere di 'adorare il vitello d'oro di Bruxelles'. La vittoria deve anche essere valutata rispetto all'annuncio di oggi da parte del nuovo papato di Roma, aggressivamente anti-ortodosso, che sta creando un esarcato uniata nella Crimea russa.

Tutti questi eventi accadono nel contesto della riunione di marzo proposta a Costantinopoli - durante la prima settimana di Quaresima! - dei capi delle quattordici Chiese ortodosse locali e dei tentativi sempre più disperati da parte del patriarcato di Costantinopoli in rapido invecchiamento di tenere una 'Conferenza Inter-ortodossa' dettata dagli USA nel 2015. (Due patriarchi hanno già detto che non saranno presenti alla riunione di marzo, che sta rapidamente scadendo a livello di una riunione di club panellenico). Sembra improbabile che le Chiese ortodosse libere, senza compromessi con la politica turca, il filetismo greco e la politica estera e i sussidi degli Stati Uniti, cederanno alle minacce papiste fanariote che la loro piccola Chiesa sia 'senza eguali'.

Guidati dalla Chiesa ortodossa russa, che ha già recentemente dovuto sopportare scismi di ispirazione fanariota e sostenuti da Stati Uniti e Unione Europea in Estonia e in Inghilterra, così come le minacce alla unità della Chiesa in Ucraina occidentale e persino in Russia, sempre più guidate dal dissidente e semi-rinnovazionista protodiacono Andrej Kuraev, le Chiese locali libere difficilmente accetteranno le affermazioni politicamente ispirate del Fanar di essere un papato orientale.

Per lungo tempo i servizi amministrativi ortodossi russi a Mosca si sono concentrati sulla diplomazia e sull'apertura verso gli altri. Con tutti gli eventi di cui sopra, si stanno rendendo conto che i loro amici più veri e più vicini sono proprio quelli che da tempo li hanno messi in guardia da un approccio troppo aperto all'ecumenismo, soprattutto a livello mondiale i patrioti russi ortodossi nella Chiesa ortodossa russa fuori dalla Russia. E' normale che all'intronizzazione del metropolita Rastislav abbiano partecipato solo dal Patriarcato di Antiochia, liberato oltre 100 anni fa dalla tutela coloniale greca da parte della Chiesa ortodossa russa, e dalla Chiesa ortodossa polacca.

E' chiaro che ora c'è un blocco di Chiese locali libere che resisteranno contro ogni pretesa del Fanar, orchestrata  negli Stati Uniti, all'egemonia papista sull'ortosfera. Con il prossimo completamento del centro ortodosso internazionale al monastero della nuova Gerusalemme fuori Mosca, sta arrivando l'ora in cui la Chiesa ortodossa russa, multinazionale e multilingue, tornerà ad assumere la leadership naturale e ovvia del mondo ortodosso.

Note

[1] In sostanza, di fronte alle posizioni di ingerenza indebita della delegazione di Costantinopoli, guidata dal metropolita Emmanuel, che ha preteso di dettare all'episcopato ceco chi avrebbe dovuto eleggere come primo ierarca, la delegazione di Mosca, guidata dal metropolita Ilarion, ha dichiarato che avrebbe accettato qualsiasi candidato espresso dalla maggioranza del sinodo (ndt).

[2] Ci si può chiedere il motivo della briga che il patriarcato Ecumenico si è presa per manovrare l’elezione del metropolita di una chiesa tanto piccola e priva di rilevanza internazionale come quella delle Terre Ceche e della Slovacchia. Alla luce della rappresentatività al 'Concilio pan-ortodosso' del 2015 (di cui si parla più avanti nell'articolo), si capisce l'importanza di pilotare in anticipo il voto di una delle Chiese autocefale locali; nello stesso modo si devono capire le minacce, velatamente estese dal patriarcato Ecumenico nel gennaio del 2014, di essere in grado di revocare a volontà l'autocefalia di una Chiesa locale (ndt).

 
Come la Russia festeggia il Natale ortodosso - Reportage fotografico

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Cattedrale dell'Esaltazione della santa Croce a Omsk

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Il presidente Vladimir Putin nella chiesa dell'Intercessione, nel villaggio di Turginovo, regione di Tver'. I suoi genitori sono stati battezzati in questa chiesa

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Coro della Cattedrale della santa Trinità a Ekaterinburg

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Cattedrale di sant'Andrea Apostolo a Vladivostok

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Cattedrale di Cristo Salvatore a Kaliningrad

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Chiesa dell'Intercessione nel villaggio di Turginovo, regione di Tver'

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Cattedrale di sant'Andrea Apostolo a Vladivostok

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Il patriarca Kirill di Mosca e di tutta la Rus' e il primo ministro Dmitrij Medvedev nella cattedrale di Cristo Salvatore a Mosca

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Cattedrale di Cristo Salvatore a Mosca

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Al di fuori della Cattedrale dell'Esaltazione della santa Croce a Omsk

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Il patriarca Kirill serve nella cattedrale di Cristo Salvatore a Mosca

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Chiesa di sant'Andrea Apostolo a Vladivostok

 
Decisione del Sinodo della Chiesa ortodossa russa sui confessori e su alcuni abusi nel sacramento della confessione

Decisione del Santo Sinodo della Chiesa ortodossa russa del 28 dicembre 1998, sui casi ultimamente più comuni di cattivo uso da parte di alcuni confessori del potere di legare e sciogliere

Decidiamo:

1. A causa di sempre più frequenti lamentele da parte dei laici riguardo ad azioni canoniche infondate di pastori d'anime, di far sapere ai sacerdoti che svolgono il ministero della confessione che non è accettabile costringere o persuadere contro la loro volontà le persone che si confessano ad accettare le seguenti azioni o decisioni:

- ingresso nel monachesimo,

- adempimento di obbedienze / ministeri nella chiesa,

- concessione di donazioni,

- matrimonio,

- divorzio o rifiuto del matrimonio (eccetto nei casi in cui una persona non si può sposare per ragioni canoniche),

- rifiuto di rapporti coniugali in famiglia,

- rifiuto del servizio militare

- non accettazione o il rifiuto di andare a votare o altri doveri civici,

- rifiuto di un aiuto medico,

- rifiuto di un'istruzione scolastica,

- accettazione o cambiamento di posti di lavoro,

- cambio di residenza.

 2. Di ricordare a tutti i sacerdoti della Chiesa ortodossa russa che svolgono il ministero della confessione la necessità rigida (nella pratica della confessione) della lettera e dello spirito della Sacra Scrittura e della Sacra Tradizione della Chiesa ortodossa, del patrimonio dei santi Padri e delle disposizioni canoniche, nonché dell'inammissibilità dell'introduzione nella pratica della confessione da parte di sacerdoti ortodossi, di pretese morali o di altro genere che vadano al di là di tali disposizioni e, secondo la parola del Salvatore, di caricare sulle persone pesi insopportabili (Luca 11:46)

3. Di ricordare a tutti i sacerdoti confessori che essi sono chiamati ad aiutare il loro gregge con consigli e con amore, senza violare la libertà nella grazia di ogni cristiano. Di sottolineare il fatto che l'obbedienza incondizionata dovuta da un fratello di un monastero a un suo anziano, non può essere applicata nello stesso modo anche nella pratica parrocchiale tra il prete e il suo gregge. Sottolineiamo in particolare l'inammissibilità del sacerdote di interferire nella scelta del futuro marito o della futura moglie, a meno che esigenze pastorali richiedano consigli concreti in questo senso.

4. Di sottolineare l'inammissibilità di un atteggiamento negativo e denigratorio verso il matrimonio, ricordando a tutti i sacerdoti il Canone 1 del Concilio di Gangra: "Se qualcuno diffama il matrimonio e disprezza una donna fedele e pia che si unisce al suo marito, accusandola di non poter entrare nel regno dei cieli, sia anatema". Sottolineiamo in particolare che l'ingresso in monastero è una libera scelta del cristiano e non si può fare per "obbedienza" a un qualsiasi padre spirituale.

5 Di richiamare i monaci alla condanna del Canone 21 di Gangra, di coloro che "prendono come pretesto l'ascetismo per coprire l'orgoglio innalzandosi sopra chi vive in modo semplice vita (cioè nel matrimonio) e introducono innovazioni nei confronti delle Scritture e dei canoni della Chiesa". Il Canone 10 dello stesso Concilio dice: "Se qualcuno di coloro che vivono nella verginità per il Signore diffama il matrimonio, sia anatema".

6. [Cfr Nota informativa: il Sinodo rileva con preoccupazione che alcuni confessori non ammettono alla comunione persone sposate civilmente ma non incoronate, identificando un tale matrimonio come adulterio] Di menzionare ai confessori che la Chiesa, insistendo sulla necessità di un matrimonio religioso (incoronazione - ndr), rispetta anche il matrimonio civile in cui uno solo degli sposi confessa la fede ortodossa, secondo le parole di san Paolo: "il marito non credente è santificato dalla moglie credente e la moglie non credente da marito credente" (1 Corinzi 7:14).

7. [Cfr Nota informativa: il Sinodo rileva con preoccupazione che alcuni confessori vietano il secondo matrimonio con il pretesto che il nuovo matrimonio sarebbe condannato dalla Chiesa o vietano il divorzio di coppie che, per qualche ragione, non possono affatto continuare la vita familiare] Di ricordare ai confessori che per quanto riguarda il secondo matrimonio la Chiesa Ortodossa è guidata dalle parole di san Paolo: "Sei legato a una donna? Non cercare di separarti. Ti sei separato da una donna? Non cercare una moglie. Ma se ti sposi, non fai peccato. E la vergine, se si sposa, non fa peccato... La donna è vincolata dalla legge fintanto che vive suo marito. E se il marito muore, è libera di sposare chi vuole, purché lo faccia nel Signore. (1 Corinzi 7: 27-28, 39).

8. Di ricordare ai confessori la necessità di dare prove di saggezza e di un particolare tatto pastorale soprattutto nel discutere con il gregge di diversi argomenti legati alla vita familiare.

9. Di vietare categoricamente ai confessori di creare intorno a loro raggruppamenti in cui si tengano manifestazioni di opposizione contro la gerarchia della Chiesa o contro altri sacerdoti e comunità parrocchiali.

10. Di sottolineare l'inammissibilità di usare il pulpito per sostenere certe opinioni politiche.

11. Di chiedere al vescovo diocesano di attirare l'attenzione su come sacerdoti della diocesi a lui affidata devono curare spiritualmente il loro gregge. Di render più stretta la supervisione dei sacerdoti nello svolgimento rigoroso delle regole della Chiesa Ortodossa su vari aspetti della pratica spirituale.

12. Di invitare i fedeli della Chiesa ortodossa a rivolgersi al vescovo del luogo nei casi in cui un confessore ha superato il suo potere dato da Dio di legare e sciogliere. Di ricordare al gregge ortodosso che il consiglio del confessore non deve contraddire la Sacra Scrittura, la Sacra Tradizione, le dottrine dei Santi Padri della Chiesa e le decisioni canoniche della Chiesa ortodossa; in caso di contraddizione, queste ultime hanno la priorità. A questo proposito, si tengano in considerazione le parole di san Simeone il Nuovo Teologo su come si dovrebbe rafforzare il rapporto tra il padre spirituale e il figlio spirituale: "Con preghiere e lacrime chiedi a Dio di inviarti un consulente impassibile e santo. Indaga anche tu nella divina Scrittura, e in particolare negli scritti dei Santi Padri e metti a confronto con loro ciò che ti insegna il tuo insegnante e superiore , per valutare da solo... se ciò è in linea con le divine Scritture per interiorizzarlo e tenerlo a mente, e invece ciò che è falso ed estraneo a loro per buttarlo e non essere ingannato. E sappi che molti insegnanti falsi e bugiardi si manifestano ai giorni nostri".

13. I vescovi informino di queste decisioni i sacerdoti, i monaci e i laici della Chiesa ortodossa russa.

Alcune decisioni sulla vita familiare e questioni affini sono state sviluppate e specificate dal Grande Concilio dei vescovi nel 2000, nel documento intitolato "I fondamenti della concezione sociale della Chiesa ortodossa russa," al capitolo X.

È importante notare che la sezione 6 dovrebbe essere intesa nel contesto di milioni di famiglie russe che vivono senza matrimonio religioso. A un certo punto, uno della famiglia (di solito la donna) è diventato ortodosso cosciente e vuole ricevere la comunione, ma l'altro coniuge è rimasto con le convinzioni dell'ateismo sovietico. Qui si pone la domanda: se sono sposati civilmente e sono fedeli tra di loro, il coniuge credente può comunicarsi (senza che siano sposati in chiesa)? La Chiesa dice: SÌ!

Ma io non credo che vadano ammessi alla comunione quelli che si dichiarano (entrambi) ortodossi, ma trascurano semplicemente l'importanza del matrimonio. Questa è una situazione del tutto diversa da quella sopra descritta!

 
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Sul perdono: sette facili passi

foto: crosswalk.com

Ieri è stata la domenica del perdono, che è l'inizio della Grande Quaresima. Oggi ho letto questo meraviglioso pezzo di padre Konstantin Kobelev (potete leggerlo su www.orthochristian.com/119809.html). Kobelev afferma che ci sono sette fasi del perdono. Che ci crediate o no, contengono molto buon senso.

Ecco il mio umile tentativo di ridurle all'essenziale:

Prima fase: non farti dei nemici. (Abbastanza facile nella maggior parte dei casi. È qui che si presentano quelle parole sul porgere l'altra guancia).

Seconda fase: non rendere la cosa personale. (Ricorda, il tuo "nemico" è un essere umano. Pensa di avere ragione. Potrebbe averla, oppure no).

Terza fase: affida chi ti ha offeso a Dio. (Non chiedere giustizia; probabilmente ce n'è un po' in attesa anche per te. E comunque, se chi ti ha offeso merita una punizione, Dio gliela assegnerà).

Quarta fase: allontanati in pace. (Se non è possibile alcuna risoluzione, tronca i legami il più amichevolmente possibile. La vita è troppo breve per dover sopportare irritazioni).

Quinta fase: se la tua rabbia non passa, dimentica il tuo nemico. (Letteralmente, dimenticati di lui. Ha la sua croce da portare. Tu prendi invece la tua croce e portala).

Sesta fase: prega per i tuoi nemici. (Ricorda, Gesù fece questo sulla Croce. Anche santo Stefano il Primo Martire lo fece - e gli stavano lanciando pietre contro. Vuoi trovarti con loro quando muori? Io sì).

Settima fase: allontanati dal male e fai il bene. (Fai qualcosa di carino per chi ti ha offeso. Che tu ci creda o no, farà meraviglie per te e lo lascerà totalmente sbalordito).

Oh, quasi dimenticavo: fratelli, perdonatemi. Dio perdona e io perdono.

 
Sulla questione dell'influenza occidentale nell'eredità teologica di san Pietro Mogila

il monumento a san Pietro Mogila al di fuori dell'Accademia teologica di Kiev. Foto: np.pl.ua

Introduzione di Matfey Shaheen:

"Il nome di Pietro Mogila è uno dei più grandi ornamenti della storia della nostra Chiesa". [1] È così che il metropolita Makarij (Bulgakov), uno dei più acclamati storici della Chiesa russa, ha sintetizzato l'importanza di san Pietro Mogila (scritto anche Mohyla e Movilă), non parlando solo per la Chiesa russa, ma per l'intera Chiesa ortodossa.

A san Pietro Mogila non è solo attribuito il merito di aver letteralmente salvato l'Ortodossia nel territorio di quella che oggi comprende le moderne Ucraina, Bielorussia e Lituania (la Confederazione polacco-lituana), ma anche di aver istituito il primo seminario ortodosso e una delle più antiche stamperie. Fu anche un potente mecenate e un modello per chiunque lavori nell'educazione e nella pubblicazione ortodossa, poiché ha aperto la strada all'implementazione di nuove tecnologie e tecniche scientifiche in questi campi per rafforzare la Chiesa in un mondo che cerca la sua distruzione.

Le sue buone opere brillarono ai suoi tempi, rendendo grande la Chiesa di tutta la Rus', e gli valsero la corona celeste della santità. A prescindere dalla sua origine moldava, molti grandi russi, come lo studioso di San Pietroburgo Aleksandr Vostokov, continuarono con gratitudine a dire che era "più russo di qualsiasi russo".

Nonostante il suo plauso storico, nel pensiero teologico russo vi fu un certo movimento tra la fine del XIX e l'inizio del XX secolo, che, nella sua ammirevole ricerca della purezza dell'Ortodossia dagli errori eterodossi, avrebbe iniziato a rivedere la sua visione di san Pietro Mogila, guardando con sospetto a lui e alla scuola di teologia dell'era barocca kievana.

Questo è un articolo del rettore dell'Accademia teologica di Kiev e quindi, in un certo senso, un successore di Pietro Mogila, il vescovo Sil'vestr (Stojchev) di Belgorod. L'anno scorso, dopo un incontro svoltosi in occasione dell'onomastico del metropolita Onufrij di Kiev, vladyka Sil'vestr mi ha presentato quest'articolo, [2] che aveva pubblicato nel 2012, nella 17a edizione della rivista "Opere dell'Accademia Teologica di Kiev", che è ora disponibile online. Mi ha anche presentato una copia del suo libro di teologia dogmatica recentemente pubblicato in lingua ucraina "Догматичне богослов'я", [3] che è uno dei migliori disponibili in tale lingua. Vladyka Sil'vestr venera san Pietro e si prende mirabilmente cura della scuola da lui fondata. Il vescovo Sil'vestr è una delle menti teologiche più brillanti della Chiesa ortodossa ucraina e il suo articolo su san Pietro Mogila è molto prezioso per qualsiasi studente di storia della teologia e dell'educazione ortodossa.

Sulla questione dell'influenza occidentale nell'eredità teologica di san Pietro Mogila

Il metropolita Pietro Mogila può essere definito senza esagerazione l'uomo della sua epoca. Durante la sua breve vita, riuscì a realizzare diverse cose, ognuna delle quali divenne fondamentale per lo sviluppo nei secoli a venire. Il suo lavoro più importante fu sicuramente il suo completo supporto agli studi teologici. A tal fine, il santo riformò la scuola della Fratellanza di Kiev, pubblicò opere di carattere teologico e polemico e diede ordine alla pratica liturgica.

Tuttavia, le valutazioni delle attività del metropolita Pietro, e in particolare del suo patrimonio teologico, rimangono controverse. Dalla fine del XIX secolo, con una mano facile, i combattenti per la "liberazione" della teologia russa [4] iniziarono a mettere sotto esame il metropolita Pietro Mogila, nonostante i suoi servizi su larga scala, come "colpevole" dell'infiltrazione di idee aliene e scolastiche nella teologia ortodossa; nelle scuole teologiche, il suo nome divenne costantemente associato a quella che comunemente viene chiamata "influenza occidentale" o addirittura "cattività occidentale [della teologia russa]".

La letteratura teologica e storico-religiosa in lingua russa dedicata al metropolita Pietro Mogila è estremamente estesa. Pertanto, qui presteremo attenzione solo alle pubblicazioni più note. Per la maggior parte gli autori, riconoscendo il fatto che i teologi russi hanno conosciuto lo scolasticismo occidentale anche prima di san Pietro Mogila, sono comunque inclini a vedere nell'attività del metropolita di Kiev un inizio non solo dell'influenza [occidentale], ma di "espansione o cattività occidentale". Dovremmo menzionare qui i nomi dello ieromonaco Tarasij (Kurganskij), dell'arcivescovo Vasilij (Krivoshein), e in particolare dell'arciprete Georgij Florovskij. Quest'ultimo, parlando dell'influenza occidentale nella sua famosa opera Vie della teologia russa, scrive: "Sarebbe ingiusto dare tutta la colpa per questo a Mogila. Il processo di "latinizzazione" è iniziato molto prima che lui entrasse in scena. Più che essere il pioniere di un nuovo percorso, lo articolò nel suo tempo. Eppure Pietro Mogila ha contribuito più di ogni altro, come organizzatore, educatore, riformatore liturgico e ispiratore della confessione ortodossa, al trinceramento del "cripto-romanismo" nella vita della Chiesa russa occidentale". [5] [6]

Gli autori indicati e i loro epigoni confermano le loro affermazioni facendo riferimento al fatto che il metropolita Pietro inizialmente creò a Kiev una scuola sul modello di quelle dei gesuiti; e in secondo luogo, è l'autore di un testo [La confessione ortodossa della Chiesa cattolica e apostolica orientale] contenente espliciti parallelismi con l'insegnamento latino. Consideriamo queste accuse.

Per la metropolia di Kiev, come è noto, il periodo e i confini del XVI e XVII secolo costituirono un momento difficile. L'Ortodossia era in condizioni politiche, economiche e culturali sfavorevoli. La Chiesa ortodossa non era l'unica denominazione cristiana, né la dominante o la più istruita nella Confederazione polacco-lituana. Mentre i protestanti avevano forti sostenitori tra la szlachta [7] polacca e i gesuiti ottennero incredibili fortune nel processo educativo, gli ortodossi furono privati ​​di tutto ciò. In tale prospettiva, il metropolita Pietro dovette affrontare diversi compiti strategici, tra cui la trasformazione del processo educativo.

A quel tempo, i collegi gesuiti, essendo i migliori nel loro genere, svolgevano anche la funzione di addestrare i polemisti. Questo spiega perché san Pietro li prese come modello quando decise di riordinare gli affari della scuola a Kiev. Padre Georgij Florovskij valuta la decisione del metropolita in modo estremamente negativo: "La sua scuola era una scuola latina – latina non solo in termini di lingua, routine o teologia, ma in tutta la psicologia religiosa: le anime degli studenti erano latinizzate. L'indipendenza esterna fu mantenuta, ma si perse l'indipendenza interna. I legami orientali furono interrotti. L'essenza di questa pseudomorfosi è che la scolastica ha oscurato e sostituito la patristica in Russia". [8]

In questo passaggio, vale la pena prestare attenzione a diverse accuse chiave (tutti i critici le ripetono in un modo o nell'altro): 1) la latinizzazione del processo educativo, 2) l'interruzione dei legami orientali, 3) la sostituzione della patristica con la scolastica.

Come già notato, il metropolita dovette affrontare il compito di elevare la scuola al livello necessario. In questi casi è del tutto naturale prendere un esempio da quelle scuole che hanno raggiunto tale livello. San Pietro Mogila intraprese una strada conosciuta prima di lui e usata centinaia di volte dopo di lui: adottò ciò che era più fecondo, da ciò che era disponibile.

Sorge una domanda equa: c'era una scelta? Il metropolita di Kiev avrebbe potuto prendere come modello una scuola diversa, non latina? Nelle argomentazioni di uno storico informato come padre Georgij Florovskij, è semplicemente sorprendente che mentre rimprovera Pietro Mogila, egli si comporti come se non fosse a conoscenza delle condizioni generali dell'educazione ortodossa durante quel periodo, o come se ignorasse semplicemente il fatto che i greci che volevano ricevere un'istruzione si dirigevano in Occidente e che tutti i famosi teologi greci di quel tempo studiavano nelle università occidentali, di solito in Italia. Pochi decenni dopo la morte del metropolita Pietro, il patriarca Dositheos di Gerusalemme nella sua corrispondenza con lo tsar di Mosca, Aleksij Mikhailovich, sottolineerà il problema della mancanza di istituzioni educative tra i greci, esprimendo rimorso che i giovani greci dovessero andare in Occidente.

Credere che il metropolita Pietro avesse potuto risolvere questo problema prendendo come modello altre scuole non occidentali è semplicemente antistorico.

Il professore Stefan Timofeevich Golubev dell'Accademia teologica di Kiev, nella sua opera fondamentale sul metropolita Pietro Mogila, attira l'attenzione sul fatto che le materie erano trattate solo parzialmente nelle scuole dell'epoca pre-Mogila. La creazione da parte del Metropolita di Kiev di un nuovo modello di scuola non solo ha colmato queste lacune, ma ha anche rimosso la necessità per i giovani ortodossi di cercare istruzione esclusivamente in Occidente! [9]

In questo modo, la creazione della scuola [di Mogila] fu il più importante fenomeno di formazione culturale che salvò il popolo ortodosso da un'influenza occidentale che avrebbe potuto essere ancora maggiore.

L'affermazione di Florovskij sull'interruzione delle connessioni orientali è, in generale, difficile da capire. Di quali connessioni stiamo discutendo? I legami culturali non potevano essere sviluppati in senso pieno, non solo sotto Pietro Mogila, ma anche prima del suo tempo, a causa dei tragici eventi del 1453. [10] L'istruzione e gli studi teologici furono gravemente danneggiati dalle azioni del patriarca [di Costantinopoli] Cirillo I Lucaris; tuttavia, Pietro Mogila non interruppe mai i collegamenti con la gerarchia orientale.

Ritorniamo ora alla rivendicazione della sostituzione della patristica con la scolastica. In questo caso, il pensiero di Florovskij, di nuovo, non è chiaro. Se parla di interesse per i Padri, per la lettura delle loro opere, allora non c'è nulla di cui incolpare il trasformatore kievano e la sua scuola. Lo storico dell'educazione e autore di numerose opere in questo campo, Konstantin Kharlampovich, nel suo studio "La lotta delle influenze scolastiche nella Rus' pre-petrina" [11] [12], cita il fatto che nel 1632, il metropolita Pietro acquistò libri per la biblioteca a Varsavia e Leopoli. Degli ottantasei titoli acquistati, la stragrande maggioranza era costituita da opere dei santi Padri.

Lo stesso autore richiama l'attenzione sul fatto che poco dopo, l'insegnante del collegio di Mogila, l'archimandrita Ioannikij Galjatovskij, dando consigli agli studenti su dove cercare materiali per i sermoni, avvisava: "Leggete la Bibbia e i santi Padri: Basilio il Grande, Gregorio il Teologo, Giovanni Crisostomo, Atanasio, Teodoreto, Ambrogio, [Giovanni] Damasceno". In questo modo, all'interno delle scuole di Mogila, l'eredità patristica fu inclusa nel processo educativo; fu raccomandata la lettura dei santi padri, le loro creazioni furono acquistate per la biblioteca. Ricordiamo che per una serie di ragioni oggettive, la pubblicazione del patrimonio patristico era diventata possibile proprio in Occidente.

Dalle parole di padre Georgij Florovskij si deduce che egli suggerisce che prima del metropolita Pietro Mogila esistesse una patristica, che fu sostituita dalla scolastica a causa della sua riforma educativa, ma qui, di nuovo, non è del tutto chiaro cosa significhi "patristica" nell'epoca pre-Mogila; forse si riferisce a uno stile di pensiero?

Lo stesso Florovskij può alludere a questo, quando parla della "latinizzazione" delle anime degli studenti. Ma questa affermazione di padre Georgij non è supportata da ricerche o citazioni serie, e quindi non sembra convincente.

C'era, ovviamente, un'influenza occidentale sul processo educativo nel collegio di Mogila, e questo non può essere negato oggettivamente, ma non dovrebbe essere esagerata, né tanto meno assolutizzata. Perfino un critico della teologia di Kiev come lo ieromonaco Tarasij, che chiama il metodo scolastico meccanico, senz'anima e artificiale, osserva tuttavia: "Bisogna ammettere che il sistema preso in prestito dagli scolastici latini, nella sua integrità e completezza, supera gli antichi sistemi patristici [che erano] completamente o parzialmente molto dipendenti dalle circostanze contestuali della loro era e che riflettevano i bisogni spirituali del loro tempo, mentre il sistema scolastico presenta qualcosa di immutabile e costante".

È abbastanza ovvio che per risolvere problemi educativi (almeno in alcune fasi), la forma scolastica è molto conveniente. Spesso, il processo di un sistema di insegnamento che copre una vasta gamma di materiale inizia inevitabilmente a portare segni di un metodo scolastico, di una qualche forma di artificialità.

Il collegio di Mogila ha dovuto risolvere i problemi del suo tempo e ci è riuscito con successo. L'attività di san Pietro sulla base dell'educazione ha dato slancio a una svolta intellettuale e all'ampliamento del numero di persone teologicamente istruite. Indubbiamente, questo è il più grande merito, suo e della scuola da lui creata.

Passiamo ora alla questione più complessa del prestito di formulazioni e di idee teologiche scolastiche da parte del metropolita Pietro.

Il documento principale da esaminare in questo caso è "La confessione ortodossa della Chiesa cattolica e apostolica orientale" [13], scritta dal metropolita Pietro. Uno dei critici dell'influenza occidentale, l'arcivescovo Vasily (Krivoshein), definisce questo testo "il documento più latinizzante" tra i monumenti simbolici del XVII secolo". [14] Valutazioni simili sono fornite da altri autori; tale punto di vista è semplicemente migrato da libro a libro, da libro di testo a libro di testo. È avvenuta una storia deplorevole con La confessione ortodossa: quasi nessuno in realtà la legge, eppure allo stesso tempo, a quanto pare tutti sanno che è sotto una forte influenza dello scolasticismo occidentale.

Un po' di storia: san Pietro Mogila, come è noto, scrisse il testo della Confessione ortodossa e lo sottopose per giudizio al Concilio di Kiev, e poi a quello di Iași; il testo della Confessione fu sottoposto a modifiche. Il principale redattore fu Meletios Syrigos [il protosincello patriarcale di Costantinopoli, ndt] [15] [16] , che, tra le altre cose, fu il traduttore della Confessione dal latino al greco.

A Kiev, il metropolita pubblicò un testo con le correzioni apportate da Syrigos. Padre Georgij Florovskij offre la seguente motivazione per gli atti del santo: non era d'accordo con le modifiche apportate al testo; al posto del testo modificato, pubblicò nel 1645 il "Piccolo catechismo", che contiene numerosi malintesi latini. Pertanto, l'opinione che san Pietro Mogila pubblicò deliberatamente il testo senza le correzioni, semplicemente ignorandole, divenne anch'essa un luogo comune nella maggior parte delle pubblicazioni su di lui.

Non è chiaro cosa abbia ispirato Florovskij a trarre conclusioni così poco lusinghiere riguardo al metropolita di Kiev. Alcuni ricercatori che scrissero su Mogila e sulla sua confessione videro altri motivi per la comparsa dell'edizione del 1645. Si vedano le pubblicazioni di A. Volhovskij, [17] dell'arciprete A. Gorskij [18] e di S. D. Rozhdestvensky. [19]

Questi autori ritengono che il motivo per cui a san Pietro fu chiesto di pubblicare la sua opera [inedita] fu il ritardo nella preparazione del testo redatto dai greci. Il metropolita attese circa tre anni e, non avendo ancora ricevuto il testo modificato, pubblicò il testo inedito. Non ci sono prove a conferma dell'opinione di Florovskij, secondo cui il motivo della pubblicazione del testo non redatto era dovuto al disaccordo di san Pietro con le correzioni fornite.

È indispensabile ricordare che la situazione in quel momento era piuttosto critica. La propaganda latina e uniate accusava gli ortodossi di non conoscere la loro fede (Gorskij cita le parole del rinnegato Fjodor Skumnovich: "I russi alle domande più semplici riguardanti i dogmi della fede non hanno risposte certe". [20]), e dall'altra parte, li accusava di condonare il protestantesimo.

Lo stesso san Pietro, nella prefazione alla pubblicazione, sottolinea la mancanza di pubblicazioni [ortodosse disponibili] e le diffamazioni dei polacchi "che i sacerdoti non conoscono la fede". Pertanto, si può vedere che la ragione dell'apparizione dell'edizione del 1645 era di carattere strettamente educativo.

Per quanto riguarda il contenuto della Confessione ortodossa e le inclusioni scolastiche in essa contenute, Florovskij trae una brusca conclusione: "Mogila non ha mai espresso obiezioni dottrinali a Roma. Nel dogma, era in privato, per così dire, già tutt'uno con la Santa Sede". [21]

È perfettamente chiaro, tuttavia, che il metropolita Pietro non professa gli errori latini tradizionalmente più significativi, dal punto di vista delle polemiche cattolico-ortodosse, come il Filioque e la dottrina della supremazia del vescovo di Roma.

Tuttavia, i critici della sua teologia forniscono altri esempi di prestiti scolastici, vale a dire: 1) il metodo di presentazione scolastica e 2) l'insegnamento teologico stesso.

Prima di procedere a considerare queste accuse, va notato che i critici di Pietro Mogila non hanno mai condotto un serio studio scientifico sull'influenza della scolastica occidentale sui suoi scritti. In questo modo tutti coloro che hanno criticato le azioni del metropolita Pietro e/o della teologia kievana hanno commesso un errore: sia l'arciprete Georges Florovskij, sia l'arcivescovo Ilarion (Troitskij) e lo ieromonaco Tarasij (Kurganovskij).

Nel migliore dei casi, dovrebbe esserci un confronto tra le idee in questione: lo spirito e la spiritualità della teologia orientale e della scolastica occidentale, come per esempio nelle opere di padre Tarasij, ma di solito questi autori offrono semplicemente la loro impressione di ciò che hanno letto e nient'altro. Non viene effettuata alcuna analisi comparativa dei testi o una ricerca delle fonti delle idee in questione, in ogni caso, non nelle pubblicazioni fornite.

Questo compito, tuttavia, è stato ora assunto da studiosi moderni, liberi da pretese ideologiche distorte nel contesto di questa "guerra teologica di liberazione". Tra loro ci sono storici, esperti culturali e filologi. Vorremmo attirare l'attenzione sulle pubblicazioni di Margarita Korzo sui catechismi scritti tra il XVI e il XVIII secolo. [22] Nel contesto di questo saggio, l'opera di interesse più rilevante è il suo articolo specificamente dedicato alla Confessione di fede ortodossa. [23]

Questo è praticamente l'unica opera in lingua russa, in cui si fa più o meno un confronto dettagliato del catechismo latino e della Confessione di Pietro Mogila. [24] Dopo aver preso diverse edizioni della Confessione, le confronta con il cosiddetto "Catechismo romano", che era più comunemente diffuso a quei tempi.

Un confronto tra i testi mostra che Pietro Mogila ha usato i principi di esposizione caratteristici dei catechismi latini, [25] e ha distribuito il materiale in conformità con le tre cosiddette "virtù teologali": fede, speranza e amore. [26]

La prima sezione (Fede) è dedicata alla presentazione del Simbolo della Fede, [27] i comandamenti della chiesa [28] e i sacramenti, la seconda sezione è dedicata alla preghiera (il Padre Nostro e le Beatitudini dal Vangelo) e la terza sezione a virtù e peccati, e termina con l'esposizione del Decalogo [i Dieci Comandamenti]. Per motivi di equità, è necessario chiarire che tale sistema di presentazione era già stato proposto dal beato Agostino di Ippona nel suo Enchiridion a Laurenzio su fede, speranza e amore. Pertanto, questo stile di esposizione e distribuzione del materiale ha un'origine piuttosto antica.

Se parliamo di specifiche categorie teologiche della comprensione fenomenologica, allora prima di tutto, va notato che nella Confessione incontriamo il concetto di "peccato originale". [29] [30] Secondo M. Korzo, ciò testimonia di "un'influenza occidentale nelle costruzioni teologiche del metropolita di Kiev". [31] In effetti, questo termine non esiste tra i Padri orientali, che preferivano altre definizioni. [32]

È importante notare, tuttavia, che [nonostante] la somiglianza dei termini, spesso esiste una diversa comprensione teologica. Si possono citare molti esempi dalla storia della Chiesa. Ricordiamo che quando il termine "peccato originale" è entrato saldamente nel linguaggio teologico in Russia, è stato usato da teologi di varie direzioni. Il peccato originale è in molti modi un termine utile. Può essere usato in contesti diversi e il suo uso, in sé e per sé, non porta necessariamente connotazioni latine.

Nel caso della Confessione, è esattamente così: san Pietro Mogila chiaramente non accettava la comprensione occidentale del termine "peccato originale". A questo proposito, M. Korzo osserva: "Una differenza importante tra il testo di Mogila e il "Catechismo romano" è la frequenza di utilizzo di questo concetto. [33] Se nel primo caso [del catechismo di Mogila] possiamo parlare solo del fatto che è stato usato una volta, allora nel "Catechismo romano" un esame dettagliato dell'essenza del peccato originale e il metodo della sua trasmissione da Adamo è dato in tredici articoli. Inoltre nel [Catechismo romano], il concetto di "peccato originale" è la chiave nelle costruzioni antropologiche [ontologiche], che non è affatto una caratteristica del catechismo di Mogila. [34] Quindi Korzo, citando molti brani della Confessione sul rapporto tra libertà e grazia, riassume: "Queste opinioni sono così contrarie alle idee cattoliche sullo stato di libertà umana e, dopo la caduta, ci permetteranno di dire in modo giustificabile che se il metropolita di Kiev, prendendo in prestito alcuni concetti di antropologia cattolica, ne avesse abbracciato pienamente la dottrina della caduta e le sue conseguenze, allora non ci sarebbe posto nella Confessione di fede ortodossa per una sezione sul libero arbitrio". [35]

La dottrina dei sacramenti, secondo M. Korzo, può essere considerata la parte della dottrina del metropolita Pietro sotto la maggior influenza latina. Analogamente ai catechismi latini, introduce concetti come materia e forma negli insegnamenti riguardanti i sacramenti. La stessa divisione in seguito ha luogo nel suo Trebnik. L'influenza latina spiega anche l'opinione di Pietro Mogila sulla possibilità del battesimo per infusione, l'uso del termine "transustanziazione" e l'affermazione sul tempo del completamento del sacramento dell'Eucaristia con le parole dell'anamnesi.

Tuttavia, è necessario chiarire che la questione del momento esatto dell'offerta [cioè la transustanziazione/metousiosis] dei santi doni ha per molto tempo occupato le menti dei teologi russi ed è stata risolta solo al Concilio di Mosca nel 1690, vale a dire quasi 50 anni dopo la morte di Pietro Mogila. L'uso del termine transustanziazione, come osserva l'arciprete Valentin Asmus, "iniziò secondo l'esempio della teologia cattolica. Ma questo è solo un prestito terminologico. Si potrebbe parlare di influenza teologica solo se vi fosse esplicitamente assimilata l'intera metafisica aristotelica, con la dottrina della sostanza e degli accidenti, che nella scolastica si accompagna al termine transsusbtantiatio. Nelle opere di San Pietro (Mogila), questo termine "transustanziazione" non è l'unico termine utilizzato: la celebrazione eucaristica o la conduzione del mistero dell'Eucaristia è anche chiamata "cambiamento" (преложение, пременение). [36] [37]

Il battesimo per infusione è un fenomeno anormale, ma Pietro Mogila non porta alcun argomento dottrinale a favore di esso, ma considera semplicemente che è possibile eseguire il sacramento in questo modo. Probabilmente per lui era un problema pratico, piuttosto che dottrinale. Storicamente, per molto tempo, il battesimo per infusione fu una pratica onnipresente, il metropolita Pietro non lo inventò né creò per esso prerequisiti storici.

Pertanto, per riassumere la nostra breve recensione, notiamo che la questione delle opinioni teologiche di san Pietro Mogila e il grado del suo indebitamento richiede uno studio rigoroso, e inoltre, uno studio attento e imparziale. Come già notato, i critici del metropolita di Kiev non solo non riescono a condurre un'analisi comparativa, ma in generale non si premurano nemmeno di citare dalla Confessione, al fine di dimostrare ciò che hanno scritto sul santo vescovo.

Il nome di Pietro Mogila divenne, in un'epoca storica concreta, un simbolo di tutto ciò che era male nell'istruzione teologica russa, un simbolo della scolastica e della cattività occidentale. Non era menzionato tanto nelle opere scientifiche, quanto in sermoni incendiari e in discorsi accusatori. Tuttavia, sorse una situazione ironica: i detrattori della sua scuola di teologia, che vedevano ovunque influenze occidentali, divennero in seguito essi stessi oggetto di critiche. Essi stessi furono colti sul fatto mentre prendevano in prestito, si lasciavano influenzare e si allontanavano dalla tradizione patristica.

L'arcivescovo Vasilij Krivoshein scrisse: "Le reazioni del pensiero teologico russo tra la fine del XIX e l'inizio del XX secolo mancavano di un'autentica conoscenza della tradizione patristica nella sua interezza, [e] di una divulgazione positiva sulla base dei dogmi dell'Ortodossia". [38] Continuando il pensiero di Vladika Vasilij, notiamo che mancavano anche di conoscenza della teologia latina. Alla fine, si deve comprendere l'intera diversità della scolastica latina e il fatto che non è sempre possibile equiparare la tradizione scolastica medievale all'insegnamento ufficiale della Chiesa cattolica.

Ora stanno iniziando a comparire pubblicazioni che riabilitano il metropolita Pietro Mogila dalle accuse di totale aderenza alla dottrina scolastica. [39] È ovvio che la lettura di testi attraverso il prisma di una "guerra di liberazione" soffre di aberrazioni. Naturalmente, sarebbe metodologicamente sbagliato decidere di scrivere su Pietro Mogila semplicemente per accusarlo o, al contrario, per giustificarlo completamente. Negli studi sulla storia della teologia russa, quando si studia l'eredità del metropolita Pietro e della sua epoca, tutti i cliché devono essere lasciati da parte.

In questa fase, lo studio dell'eredità di san Pietro Mogila e, più specificamente, delle influenze occidentali nella sua teologia, lascia più domande che risposte.

Note

[1] (Булгаков), митрополит Макарий. История Русской Церкви // Часть 5. История Русской Церкви в период её самостоятельности (1589-1881). Патриаршество в России (1589–1720) // Глава IV. Западнорусская митрополия в борьбе с униею, под управлением православных митрополитов. (Bulgakov, Il metropolita Makarij. Storia della Chiesa russa // parte 5 La storia della Chiesa russa nel periodo della sua indipendenza (1589-1881) Il patriarcato in Russia (1589-1720) // Capitolo 2. La metropolia russa occidentale e la lotta con l'Unia sotto il dominio dei metropoliti ortodossi.

[2] Сильвестр (Стойчев), игумен. К вопросу о западном влиянии в богословском наследии святителя Петра Могилы Київськоїм № 17. (Stojchev, igumeno Sil'vestr. "Sulla questione dell'influenza occidentale nell'eredità teologica di san Pietro Mogila" in Opere dell'Accademia teologica di Kiev, № 17. Kiev, 2012.) https://drive.google. com / file / d / 1-RwztdhQioWKR41ToEJd4h6R-RNV9xLB / view

[3] Догматичне богослов'я: навчальний посібник для духовних семінарій (Сильвестр Стойчев) (Teologia dogmatica: testo educativo per seminari teologici, di Sil'vestr Stojchev),

[4] Si veda: Archimandrita Ilarion (Troitskij), Teologia e libertà della Chiesa. (Sui compiti della guerra di liberazione nel campo della teologia russa) // Bollettino teologico. 1915. No. 9. pp 98-134; Risposte dei vescovi diocesani sulla questione della riforma della chiesa, San Pietroburgo, 1906. T. 2, pp. 142-143, recensione dell'arcivescovo Antonij (Khrapovitsky). Ecco una dichiarazione dell'arciprete G. Florovskij: "Molti pensano che la teologia russa sia stata irrimediabilmente distorta dalle influenze occidentali. Da qui la convinzione di aver bisogno di correggere in modo decisivo la teologia [russa] nelle sue stesse basi, rivolgendoci alle fonti dimenticate della vera Ortodossia patristica. Tale svolta comporta la rottura e la rinuncia ad abitudini secolari. La "lotta contro l'influenza occidentale" è davvero necessaria nella teologia russa, e si sono accumulate per essa abbastanza ragioni" (Western influences in Russian theology).

[5] Florovskij, arciprete Georges. "Capitolo II, l'incontro con l'Occidente, l'Ortodossia in Russia." // "Il metropolita Pietro Mogila di Kiev". In Vie della teologia russa. Myriobiblos, Biblioteca on line della Chiesa di Grecia. http://www.myriobiblos.gr/texts/english/florovsky_ways_chap2.html

(Risorsa elettronica, accesso del 4 gennaio 2020)

[6] Poiché questo testo è disponibile online in inglese, anziché tradurlo dal russo, viene fornita una copia dell'inglese. Il testo russo originale e la citazione corrispondente degli autori di questo articolo è il seguente: «Неверно винить в этом одного Могилу, процесс начался до него, и сам Могила скорее выражал дух времени, чем прору­бал новые пути. Однако именно он сделал больше других для того, что­бы «крипто-романизм» укрепился и удержался в жизни Западнорусской церкви» Флоровский Г., прот. Пути русского богословия. М., 2009. С. 72.

[7] La nobiltà.

[8] Флоровский Г., прот. Западные влияния в русском богословии. Указ, электронный ресурс. (Florovskij, arciprete Georges. Le influenze occidentali nella teologia russa).

[9] Голубев С.Т. Киевский митрополит Петр Могила и его сподвижники. К., 1883. Т. 1. С. 414. (Golubev, C.T. Il metropolita di Kievan Pietro Mogila e quelli della sua mentalità. Kiev. 1883. T. 1, p. 414).

[10] L'Impero romano d'Oriente crollò nel 1453, iniziando un periodo di debolezza e di perdita di indipendenza e libertà per il Patriarcato di Costantinopoli; durante quel periodo, non era possibile per la metropolia di Kiev o per altri popoli ortodossi mantenere un contatto pieno e perfetto con Costantinopoli senza diventare anche soggetti dell'Impero ottomano (ndt).

[11] Si veda: Киевская старина. 1902. №7-8. С. 1-76. №9. С. 358-394. № 10. С. 34-61.

[12] Тарасий (Курганский), иером. Перелом в древнерусском богословии. Варшава, 1927. С. 58. (Tarasij Kurganskij, ieromonaco. Una frattura nell'antica teologia russa. Varsavia, 1927, p. 58).

[13] D'ora in poi denominata "Confessione" o "Confessione ortodossa" (per chiarezza) nella traduzione.

[14] Василий (Кривошеин), архиеп. Символические тексты в Православной Церкви // Богословские труды. Сб. 4. М „1968. С. 21. (Vasilij, Krivoshein, arcivescovo. I testi simbolici nella Chiesa ortodossa // Opere teologiche, 1968, p. 21).

[15] In greco Μελέτιος Συρίγος, in russo Мелетий Сириг (ndt).

[16] Protosincello patriarcale di Costantinopoli. Un protosincello è il primo sincello o "assistente di cella" di un vescovo, in questo caso del patriarca. Questo titolo si è successivamente evoluto in segretari o cancellieri diocesani (ndt).

[17] Волховской А. О книге называемой Православным исповеданием // Христианское чтение. 1844. №2. С. 223-267. По сообщению С. Д. Рождественского, подлинным автором этой статьи был митрополит Евгений (Болховитинов), а Алексей Волховской лишь зачитал ее «в собрании Александроневской Академии» (см .: Рождественский С.Д. Петр Могила, митрополит Киевский. М “1877. С. 135). (Volkhovskoj, A. Sulla confessione ortodossa // Letture cristiane. 1844. N. 2. Pg. 223-267. In cooperazione con S. D. Rozhdestvenskij, il vero autore di questo articolo era il metropolita Evgenij (Bolkhovitinov) e Aleksej Volkhovskoj vi collaborò "durante l'incontro dell'Accademia Aleksandronevskij" (Si veda: Rozhdestvenskij, Pietro Mogila, metropolita di Kiev, 1877, p. 135).

[18] Горский А. Петр Могила, митрополит Киевский // Прибавления к Творениям святых отцов в русском переводе. № 2.1844. С. 73-84. №4.1846. С. 29-76. (Gorskij, A., Pietro Mogila, metropolita di Kiev // Sulle opere dei santi Padri nella traduzione russa).

[19] Рождественский С. Д. Петр Могила, митрополит Киевский. М., 1877. (Rozhdestvenskij, C. D., Pietro Mogila, metropolita di Kiev, 1887)

[20] Горский А. Петр Могила, митрополит Киевский // Прибавления к Творениям святых отцов в русском переводе. №4 (1846). С. 39 (Gorskij, A., Pietro Mogila, metropolita di Kiev // Sulle opere dei santi Padri nella traduzione russa. N. 4 (1846), p. 39)

[21] Florovskij, arciprete Georges, "Capitolo II, l'incontro con l'Occidente, l'Ortodossia in Russia." // "Il metropolita Pietro Mogila di Kiev". In Vie della teologia russa. Myriobiblos, Biblioteca on line della Chiesa di Grecia. http://www.myriobiblos.gr/texts/english/florovsky_ways_chap2.html (Risorsa elettronica, accesso del 4 gennaio 2020)

[22] См., Например: Грех и спасение в католической и православной проповеди Речи Посполитой в XVII в. Попытка сравнения // Славянский альманах 1997. М., 1998. С. 52-76; Украинская и белорусская катехетическая традиция конца XVI – XVIII вв .: становление, эволюция и пробаси М., 2007; «Венец веры» Симеона Полоцкого: католические заимствования в православной книжности XVII в. // Белорусский сборник. Статьи и материалы по истории и культуре Белоруссии. СПб., 2012. Вып. 5. С. 16-23; Освоение католической традиции московскими и киевскими книжниками XVII века: Иннокентий Гизель и Симеон Полоцкий // Православие Украины и Московской Руси в XV-XVII вв .: общее и различное / Ред .: М. В. Дмитриев. М., 2012. С. 290-301. (Si veda, per esempio: Peccato e salvezza nei sermoni cattolici e ortodossi della Confederazione polacco-lituana nel XVII secolo. Un tentativo di confronto // Almanacco slavo 1997. M., 1998. S. 52–76; Tradizione catechistica ucraina e bielorussa della fine del XVI – XVIII secolo: formazione, evoluzione e problemi, M., 2007; La corona di fede di Simeone di Polotsk: imprestiti cattolici nei libri ortodossi del XVII secolo. // Collezione bielorussa. Articoli e materiali storici e cultura della Bielorussia. San Pietroburgo, 2012, V edizione, p. 16-23; Sulla tradizione cattolica degli scrittori moscoviti e kievani del XVII secolo, M., 2012. S. 290-301).

[23] Корзо М. «Православное исповедание веры» Петра Могилы: к вопросу о западном влиянии на киевское богословие XVII в. // Сравнительная история: методы, задачи, перспективы / Сб. статей под ред. М. Ю. Парамоновой. М., 2003. С. 33–56. (Korzo, M., La Confessione ortodossa della fede, di Pietro Mogila: sulla questione dell'influenza occidentale nella teologia kievana del diciassettesimo secolo. // Storia comparata: metodi, compiti, prospettive, 2003, p. 33-56).

[24] Вообще работа по сравнению латинских и православных катехизисов до недавнего времени почти не велась. Правда, в дореволюционной период попытку сравнительного изучения западных и православных катехизисов на примере «Большого Катехизиса» Лаврентия Зизания предпринял Ф. М. Ильинский (см.: его исследование «Большой Катихизис Лаврентия Зизания» в Трудах КДА за 1898–1899 гг.). Но, говоря о латинских заблуждениях Зизания, автор приводит примеры самого общего характера. На эти недостатки работы Ильинского позже обращал внимание иеромонах Тарасий (Кургановский). (In generale, fino a poco tempo fa, non c'erano quasi opere che mettessero a confronto il catechismo latino e ortodosso. Nel periodo pre-rivoluzionario vi fu un tentativo di studio comparato dei catechismi occidentali e ortodossi, sull'esempio del "Grande catechismo" di Lavrentij Zizanij, intrapreso da F. M. Iljinskij (si veda il suo studio, "Il Grande catechismo di Lavrentij Zizanij", negli Atti dell'Accademia teologica di Kiev del 1898-1899). Ma, parlando degli errori latini di Zizanij, l'autore cita solo esempi di natura più generale. In seguito Iljinskij ha attirato l'attenzione su queste carenze. Si veda: ieromonaco Tarasij (Kurganovskij).

[25] Questo per dire che san Pietro ha usato o adattato lo stile di scrittura, il formato di presentazione usato dagli scolastici latini. Questo non significa, come spiega l'articolo, che la sua teologia o confessione stessa fosse latina, ma piuttosto era formattata nello stile latino, poiché questa era la forma di presentazione accademica prevalente all'epoca. (ndt)

[26] L' amore è considerato la più grande delle virtù secondo il santo Apostolo Paolo (si veda 1 Corinzi 13). Nella teologia scolastica classica, le virtù cristiane sono riassunte in Fede, Speranza e Amore (occasionalmente tradotta come carità). Nella Bibbia di Re Giacomo, la parola amore (ἀγάπη / agapē) viene talvolta tradotta charity. Questa è generalmente considerata un'aberrazione, e nella maggior parte delle lingue e nelle altre traduzioni della Bibbia, la parola usata è Amore. Vale la pena notare che ci sono le sante martiri Fede, Speranza e Amore (Pistis, Elpis e Agape in greco) e la loro madre Sofia, che significa sapienza. Nella teoria teologica, si dice generalmente che Fede, Speranza e Amore conducono tutte alla sapienza e provengono dalla vera sapienza. Mogila, come molti catechisti, ha diviso il suo lavoro in tre sezioni intitolate con questi titoli. (ndt)

[27] O Credo, preso letteralmente dal verbo latino Credo.

[28] «Церковная заповедь» — предписания, которые должны соблюдать члены Церкви. Как правило, они носят дисциплинарный характер. В качестве примера «церковных заповедей» могут быть приведены такие нормы поведения, как соблюдение постов, запрет покидать храм до конца богослужения, запрет молитвы с еретиками, запрет участвовать в игрищах и т. п. Петр Могила в «Исповедании» говорит о многочисленности таких «церковных заповедей», но приводит только девять основных.

[29] Интересно, что в московском издании 1696 г. этот термин заменен на выражение «прародительский грех». (È interessante notare che nell'edizione di Mosca del 1696, questo termine è stato sostituito dall'espressione "peccato ancestrale").

[30] Qui è importante notare che abbiamo a che fare con traduzioni di traduzioni e le discutiamo in un'altra lingua, e di conseguenza, i termini che usiamo possono andare persi in questo processo. In russo, il termine usato qui come peccato originale è Первородный грех (pervorodnyj grekh). Questa parola si traduce più letteralmente come il peccato della prima generazione. Resta comunque inteso come affine al "peccato originale" e può anche essere tradotto in questo modo. Gli ortodossi, come è noto, in genere preferiscono il concetto di "peccato ancestrale", che in russo è прародительский грех (praroditel'skij grekk), che, come osserva l'autore nella sua nota in calce, era il termine usato nell'edizione di Mosca del 1696 della Confessione di Mogila. In generale, mentre ovviamente il peccato ancestrale sembra essere il termine ortodosso prevalente, è generalmente compreso, specialmente nel mondo di lingua inglese, dove il termine peccato originale è più comune, che la questione più importante qui è la corretta interpretazione e definizione di peccato originale / peccato ancestrale; il termine stesso non è eretico. Il concetto deve soprattutto essere compreso in modo ortodosso, e non in modo latino, ed entrambi i termini potrebbero tecnicamente essere usati in modo ortodosso o eterodosso. (ndt)

[31] Корзо М. «Православное исповедание веры» Петра Могилы: к вопросу о западном влиянии на киевское богословие XVII в. С. 38 (Korzo, M., La Confessione ortodossa della fede, di Pietro Mogila: sulla questione dell'influenza occidentale nella teologia kievana del diciassettesimo secolo, p. 38).

[32] Например, прп. Максим Исповедник употребляет выражение «первый грех», «второй грех»: «Тогда возник грех, первый и достойный порицания, то есть отпадение произволения от блага ко злу; через первый [грех возник] и второй — не могущее вызвать порицания изменение естества из нетления в тление. Ибо два греха возникли в праотце [нашем] вследствие преступления божественной заповеди: один — достойный порицания, а второй, имевший своей причиной первый, — не могущий вызвать порицания; первый — от произволения, добровольно отказавшегося от блага, а второй — от естества, вслед за произволением невольно отказавшегося от бессмертия» (Вопросоответы к Фалассию. Вопрос XLII). Цит по: Максим Исповедник, прп. Творения. М., 1993. Т. 2. С. 111). (Si vedano le opere di San Makarios il Confessore sul peccato ancestrale)

[33] In situazioni complesse, quando sorgono domande sugli insegnamenti di alcuni santi, spesso accade che qualunque sia la frase discutibile che hanno usato, questa è stata usata solo una o due volte e non era l'argomento dei loro scritti. Accade spesso che le persone fraintendano e propaghino l'idea che un certo santo avesse una falsa visione, quando avrebbero potuto semplicemente dichiarare una frase che era stata estrapolata dal contesto, e nemmeno la base del loro insegnamento o argomento. Questo per esempio è stato il caso di san Cirillo di Alessandria e della sua famosa frase "μία φύσις τοῦ θεοῦ λόγου σεσαρκωμένη" (Una sola natura della Verbo di Dio incarnato). Sebbene questa fosse una sua formula, non la usò con la stessa frequenza di altre persone, e fu successivamente frainteso dai monofisiti. I monofisiti probabilmente hanno usato questa frase molto più frequentemente di quanto non abbia mai fatto san Cirillo, dando l'impressione che questa fosse una delle sue affermazioni più importanti quando in realtà è documentata solo poche volte nei testi esistenti. (ndt)

[34] Корзо М. «Православное исповедание веры» Петра Могилы: к вопросу о западном влиянии на киевское богословие XVII в. С. 38 (Korzo, M., La Confessione ortodossa della fede, di Pietro Mogila: sulla questione dell'influenza occidentale nella teologia kievana del diciassettesimo secolo, p. 39).

[35] Корзо М. «Православное исповедание веры» Петра Могилы: к вопросу о западном влиянии на киевское богословие XVII в. С. 40. (Ibid. 40)

[36] Nota: questo argomento tratta uno dei dibattiti più complessi nella sacramentaria eucaristica ortodossa, vale a dire: quale parola sia usata per descrivere il processo o l'atto che accade ai santi doni trasformandoli in corpo e sangue di Cristo. In particolare, sorge il dibattito sul fatto che gli ortodossi possano o meno usare o meno la parola transustanziazione per descrivere questo cambiamento, come fanno per esempio i cattolici romani. Questo argomento è ovviamente troppo complicato per essere affrontato in una nota a piè di pagina, ma per motivi di contesto, il problema è il seguente: nell'epiclesi di San Giovanni Crisostomo, la parola usata per descrivere questo cambiamento è proprio questo, semplicemente "cambiare": "Cambiandoli per opera del tuo Spirito Santo...", in greco questa parola "cambiare" è μεταβολή (metavoly) o Преложение (prelozhenie) in russo / slavonico. San Pietro Mogila e altri teologi ortodossi hanno comunque adottato il termine latino transustanziazione (dal latino: transsubstantiatio; in greco: μετουσίωσις, metousiosis; in russo: Пресуществление, presushestvlenie) senza alterare o abbandonare il semplice, tradizionale termine inteso come "cambiamento". La transustanziazione consente semplicemente la specificità di ciò che viene cambiato, cioè la sostanza o forse l'essenza. Per esempio, generalmente non chiamiamo il cambiamento dei doni "trasformazione", in quanto non è la loro "forma", che è un costrutto fisico, a essere modificata – sembrano ancora essere sotto forma di pane e vino, ma la loro sostanza o essenza è completamente il corpo e il sangue di Cristo. Alcuni ortodossi sostengono che l'uso del concetto di transustanziazione si lega troppo allo scolasticismo latino medievale e alla metafisica aristotelica che caratterizza la teologia eucaristica romana, e questo termine non dovrebbe essere usato, poiché gli ortodossi non speculano su come questo cambiamento abbia luogo. Qui va notato che san Pietro Mogila non stava speculando su come abbia luogo il cambiamento, né ha nemmeno cambiato, abbandonato o cercato di sostituire la vecchia parola "cambiare". Ha semplicemente importato un termine dalla lingua latina, senza usare la teologia latina, e ha usato questo termine come un altro mezzo per descrivere il cambiamento, cioè che Cristo è veramente presente nell'eucaristia, senza entrare nei dettagli o tentare di descrivere esattamente come accade il mistero, al di là del fatto che la transustanziazione è un cambiamento che accade per opera dello Spirito Santo. San Pietro non ha mai tentato di dogmatizzare la parola transustanziazione o spiegare il cambiamento, lo ha semplicemente usato come un altro mezzo di spiegazione, e dobbiamo ricordare ai suoi tempi non c'erano solo gesuiti ma anche riformatori protestanti nella Confederazione, e stava cercando di spiegare la teologia ortodossa a tutti. In questo senso, è ortodosso. (ndt)

[37] Асмус В., прот. К оценке богословия святителя Петра Могилы, митрополита Киевского // Богословский сборник. М .: ПСТБИ, 2002. Вып. 10. С. 231. (Asmus, V. arciprete, Sulla valutazione della teologia di san Pietro Mogila, metropolita di Kiev // Collezione teologica. Mosca. Istituto teologico ortodosso san Tikhon, 2002. Numero 10, p. 231).

[38] Василий (Кривошеин), архиеп. Символические тексты в Православной Церкви // Богословские труды. М., 1968. Сб. 4. С. 29. (Vasilij (Krivoshein), arcivescovo, Testi simbolici nella Chiesa ortodossa, p. 29).

[39] М. Корзо, подводя итог своему исследованию, пишет: «С большой долей вероятности можно предположить, что Могила обратился к западному опыту систематизации богословского материала, потому что восходящая к греческой патристике традиция богословствования давала ему меньше возможностей для систематизации и унификации учения и литургической практики» («Православное исповедание веры» Петра Могилы: к вопросу о западном влиянии на киевское богословие XVII в. С. 50). (M. Korzo, riassumendo la ricerca, scrive: “Con un alto grado di probabilità si può presumere che Mogila si sia rivolto all'esperienza occidentale di sistematizzare (cioè di organizzare in modo pratico) il materiale teologico, perché la tradizione della teologia, risalente alla patristica greca, gli dava meno possibilità di sistematizzare e unificare la dottrina e la pratica liturgica. (La Confessione ortodossa della fede, di Pietro Mogila: sulla questione dell'influenza occidentale nella teologia kievana del diciassettesimo secolo, p. 50).

 
Una domanda sulla monarchia

i martiri imperiali

La monarchia è l'unica forma di governo che l'uomo possa istituire, che rappresenta sia la pienezza della fede ortodossa sia la realtà dell'incarnazione di Cristo?

Se torniamo ai tempi dell'Antico Testamento, ci fu un tempo in cui Dio guidava il popolo d'Israele attraverso profeti e giudici, come Mosè e Samuele, appositamente chiamati da lui. Verso la fine della vita del profeta Samuele, il popolo di Israele gli ha chiesto per ungere un re per loro, in modo che potessero essere come tutte le altre nazioni, e non più dipendenti da Dio che faceva sorgere un giudice per condurli, e ci viene detto:

Ma la cosa dispiacque a Samuele, quando dissero: Dacci un re che ci governi. Samuele pregò il Signore e il Signore disse a Samuele: "ascolta la voce del popolo in tutto quello che ti dice, perché costoro non hanno rigettato te, ma hanno rigettato me, perché io non regni su di loro" (1 Samuele 8:6-7).

Così si potrebbe sostenere che la forma più ideale di governo è una teocrazia, ma come la storia di Israele fino a questo punto ha dimostrato, una simile teocrazia funzionava bene solo quando il popolo era zelante nell'obbedire a Dio, e molto spesso non era così. Pertanto la monarchia è forse il secondo miglior sistema di governo, ma non senza problemi... perché la monarchia funzioni bene, c'è bisogno di un re che sia pio. Dio ha avvertito Samuele, e per mezzo di Samuele, il popolo, della svantaggio di avere un re:

[Samuele] disse loro: "Queste saranno le pretese del re che regnerà su di voi: prenderà i vostri figli per destinarli ai suoi carri e ai suoi cavalli, li farà correre davanti al suo cocchio, li farà capi di migliaia e capi di cinquantine; li costringerà ad arare i suoi campi, a mietere le sue messi, ad apprestargli armi per le sue battaglie e attrezzature per i suoi carri. Prenderà anche le vostre figlie per farle sue profumiere e cuoche e fornaie. Si farà consegnare ancora i vostri campi, le vostre vigne, i vostri oliveti più belli e li regalerà ai suoi ministri. Sulle vostre sementi e sulle vostre vigne prenderà le decime e le darà ai suoi consiglieri e ai suoi ministri. Vi sequestrerà gli schiavi e le schiave, i vostri armenti migliori e i vostri asini e li adopererà nei suoi lavori. Metterà la decima sui vostri greggi e voi stessi diventerete suoi schiavi. Allora griderete a causa del re che avrete voluto eleggere, ma il Signore non vi ascolterà". Il popolo non diede retta a Samuele e rifiutò di ascoltare la sua voce, ma gridò: "No, ci sia un re su di noi. Saremo anche noi come tutti i popoli; il nostro re ci farà da giudice, uscirà alla nostra testa e combatterà le nostre battaglie". (1 Samuele 8: 11-20).

La successiva storia di Israele, e poi quella dei regni divisi di Israele e Giuda mostrano che alcuni re hanno vissuto l'ideale della fedeltà a Dio, e hanno operato come icone di Cristo, ma il più delle volte sono venuti meno a questo ideale – e a volte sono stati piuttosto prefigurazioni dell'anticristo. Il re Davide è stato il miglior esempio di un re giusto – e non solo ha servito come immagine del futuro Messia, ma era dalla sua linea che il Messia sarebbe effettivamente venuto.

Con la venuta di Cristo e la diffusione della fede cristiana, ci sono stati regni che sono diventati cristiani, e così guardando all'esempio del re Davide, la Chiesa li ha unti per governare come monarchi cristiani. Abbiamo molti esempi di tali re che sono ora riconosciuti come santi della Chiesa, e quando si aveva un re pio che era anche un sovrano capace, si sono avuti i migliori esempi di governo cristiano che abbiamo mai visto. Purtroppo, la combinazione di pietà e di competenza è qualcosa che non si è sempre trovata in questi monarchi.

Così la monarchia è superiore alla democrazia? San Giovanni di Kronstadt ha osservato una volta "L'inferno è una democrazia, ma il cielo è un regno". Tuttavia, viviamo in una democrazia rappresentativa che ci ha offerto libertà di religione – e siamo grati per questo. Ma d'altra parte, abbiamo anche cominciato a vedere negli ultimi anni che il problema con la democrazia è che funziona bene solo per un popolo morale, e data la natura umana decaduta, può facilitare un rapido declino della moralità. Il XX secolo, soprattutto dopo le due guerre mondiali, ha visto la nascita della democrazia in tutto il mondo e il rapido declino della monarchia, e nel corso di poco meno di un centinaio di anni abbiamo essenzialmente visto la fine della cristianità come risultato.

In 2 Tessalonicesi, san Paolo ha parlato della grande apostasia e della venuta dell'anticristo:

"Nessuno vi inganni in alcun modo! Prima infatti dovrà avvenire l'apostasia e dovrà esser rivelato l'uomo iniquo, il figlio della perdizione, colui che si contrappone e s'innalza sopra ogni essere che viene detto Dio o è oggetto di culto, fino a sedere nel tempio di Dio, additando se stesso come Dio. Non ricordate che, quando ancora ero tra voi, venivo dicendo queste cose? E ora sapete ciò che impedisce la sua manifestazione, che avverrà nella sua ora. Il mistero dell'iniquità è già in atto, ma è necessario che sia tolto di mezzo chi finora lo trattiene". (2 Tessalonicesi 2:3-7)

Allora, qual è la forza di contenimento che trattiene il mistero dell'iniquità, ma sarà portata via? San Giovanni Crisostomo e altri Padri dicono che questo era l'Impero Romano (cfr Omelia 4 su 2 Tessalonicesi). Ora molti, soprattutto protestanti, potrebbero essere tentati di respingere questa interpretazione, ma prendete in considerazione le parole del noto teologo e studioso protestante del Nuovo Testamento, George Eldon Ladd:

"La visione tradizionale è che il principio di contenimento è l'Impero Romano e colui che trattiene è l'imperatore. Questo punto di vista, o una sua modifica, si adatta meglio alla teologia paolina. In Romani 13:4, Paolo afferma che l'autorità di governo (anche se è la Roma pagana) è "serva di Dio per il vostro bene"." [A Theology of the New Testament (Grand Rapids: Eerdmans, 1974), p. 560].

Di solito in occidente si dice che L'Impero Romano è caduto nel 476. L'Impero Romano d'Oriente proseguì fino alla caduta di Costantinopoli nel 1453. Tuttavia, l'Impero Russo, che continuava la tradizione sia religiosa sia politica della Roma cristiana, continuò fino al 1917, e quindi potrebbe essere che questa data segni l'inizio della rimozione di questa forza di contenimento. Certamente ha segnato l'inizio di un rapido declino morale, oltre che di un tempo di martirio che ha superato per intensità le peggiori persecuzioni della Chiesa primitiva. Naturalmente, non si può dire con certezza che la fine è giunta finché vedremo il ritorno di Cristo.

Ma mentre la democrazia non può essere una forma ideale di governo cristiano, dal momento che abbiamo il diritto di votare, dobbiamo esercitare tutta l'influenza per il bene che possiamo e far valere i nostri diritti come cittadini, come spesso ha fatto san Paolo, che era un cittadino romano.

 
San Sergio di Radonezh e il movimento esicasta

san Sergio di Radonezh

San Sergio di Radonezh, uno dei santi russi più amati e accreditato da molti come la forza centrale del risveglio monastico in Russia durante il XIV secolo, è stato paragonato a molti dei padri esicasti della sua epoca. Un esempio recente è il suo essere chiamato "monaco esicasta" in un moderno compendio di articoli teologici ortodossi. [1] Dato che la vita e l'opera del santo furono contemporanee alla controversia esicasta e ai Sinodi palamiti del 1341, 1347 e 1351, possiamo sostenere che ci sia la possibilità che sia stato esposto alla letteratura e alle polemiche sull'esicasmo. Tuttavia, ciò che deve essere indagato è se il santo si considerasse un "esicasta", o almeno un trasmettitore e un praticante di tale tradizione, e se la Chiesa lo abbia considerato tale alla sua canonizzazione.

È vero che nella vita spirituale ortodossa la teologia, l'ascetismo e l'esicasmo non possono essere separati l'uno dall'altro, e tutti e tre sono componenti chiave del percorso cristiano di purificazione, illuminazione e deificazione, specialmente nella vita monastica, dove sono sperimentati e vissuti nella loro pienezza. Né la polemica esicastica del XIV secolo fu una reazione contro alcuni insegnamenti nuovi: l'esicasmo, sebbene presente nell'Antico Testamento e nell'era apostolica, si sviluppò nella sua forma attuale contemporaneamente all'ascesa del monachesimo dal terzo secolo in poi. Come parte della tradizione dogmatica vivente della Chiesa, ha il suo fondamento ideologico negli scritti mistici di san Dionigi l'Areopagita ed è esplicitamente menzionato negli scritti del pioniere del monachesimo, sant'Antonio il Grande, di cui è citato il detto: "Dobbiamo essere uomini di silenzio ed esicasti". [2] La maggior parte degli scrittori monastici dal terzo secolo in poi, in particolare san Macario il Grande e san Giovanni Climaco, si riferiscono all'esicasmo implicitamente o esplicitamente, mostrando le sue radici profonde nella tradizione cristiana ortodossa. Dato che l'esicasmo e la tradizione monastica ortodossa sono effettivamente inseparabili, si potrebbe legittimamente chiedersi perché dovremmo contrassegnare specifici santi monaci come "esicasti" o parte del "movimento esicasta" in generale.

L'esicasmo è la pratica specifica della "immobilità" (esichia) e della vigilanza (nepsis) o "custodia del cuore" solitamente incentrata sull'uso della "preghiera del cuore", o sulla ripetizione del nome del Salvatore: quest'ultima pratica si registra per la prima volta nel martirio di sant'Ignazio il Teoforo e di san Neocoro. [3] I monaci che praticano l'esicasmo sono noti per aver raggiunto un livello spirituale molto elevato e uno stato di costante contemplazione (theoria) di Dio attraverso la preghiera mentale, o noetica. L'esicasmo è il metodo principale, in mancanza di un termine migliore, della purificazione del cuore, dell'illuminazione del nous e, infine, della glorificazione dell'individuo. Gli scritti dei padri esicasti menzionano rivelazioni della gloria increata di Dio al cristiano illuminato, spesso chiamata "luce increata" o "luce taborica", che è la stessa luce che i discepoli hanno visto durante la Trasfigurazione.

In un certo senso, la pratica dell'esicasmo è semplicemente la ricerca concentrata e dedicata di ciò a cui sono chiamati tutti i cristiani, la deificazione e la visione della gloria increata di Dio. In questo documento, definiremo "esicasti" e "movimento esicasta" quei Padri che sono stati influenti nello stabilire gli insegnamenti di base dell'esicasmo, nel difenderlo durante l'attacco dei barlaamiti e nel diffonderlo nel resto del mondo ortodosso in generale, specialmente durante "l'epoca d'oro" dell'esicasmo.

Si può stimare che questa "epoca d'oro" abbia avuto inizio alla fine del XIII secolo con le fatiche ascetiche di san Gregorio il Sinaita, che iniziò la sua vita monastica sul Monte Sinai, prima di imparare la preghiera noetica a Creta e successivamente di stabilirsi al Monte Athos, dove perfezionò gli insegnamenti dell'esicasmo e scrisse i suoi 150 capitoli sulla preghiera mentale. Un suo contemporaneo più giovane, san Gregorio Palamas, fu l'uomo scelto dai suoi fratelli monaci per difendere gli esicasti quando questi furono attaccati da Barlaam il Calabro e dai suoi seguaci all'inizio del XIV secolo.

La controversia esicasta scoppiò quando Barlaam, un monaco e filosofo greco-italiano, fu scandalizzato da ciò che pensava fossero pratiche errate ed eretiche dei monaci athoniti e attaccato la tradizione esicasta nei suoi scritti. San Gregorio Palamas fu mobilitato per difendere l'esicasmo e nei suoi numerosi scritti, in particolare le Triadi in difesa dei santi esicasti, combatté contro le accuse di Barlaam. Dopo un lungo conflitto, durante il quale entrambe le parti detennero il trono ecumenico in determinati momenti, l'esicasmo fu infine esonerato e Barlaam condannato in una serie di concili a Costantinopoli nel 1341, 1347 e 1351.

Sebbene le maggiori battaglie della polemica esicasta furono combattute nei concili palamiti sotto il Patriarcato di Costantinopoli all'interno dell'Impero Romano, la Chiesa russa non fu priva di attività in questo periodo. I metropoliti contemporanei di Mosca furono coinvolti, sebbene a distanza, e al passo con gli sviluppi dell'Impero. Il metropolita di Mosca, san Teognoste, era un palamita e una copia del Tomo del 1341 con la sua firma esiste nella Biblioteca sinodale di Mosca. [4] Quando la fazione anti-palamita era al potere, costui subì la privazione del reddito fino al ripristino dell'ordine. Il suo successore, sant'Alessio, era il favorito del patriarca di Costantinopoli, Filippo, che era un forte palamita e sostenne sant'Alessio nelle sue lotte con la gerarchia di Novgorod. Sant'Alessio fu anche un asceta Aassieme al fratello di san Sergio, Stefano, nel monastero della Teofania a Mosca, e in seguito conobbe da vicino san Sergio.

In questo contesto di conflitto ecclesiastico a Costantinopoli e di repressione da parte dei tatari in Russia, san Sergio, che nel mondo si chiamava Bartolomeo, insieme a suo fratello Stefano, partì per la foresta vicino alla sua città natale di Radonezh. L'intenzione era di andare nel deserto e vivere come gli asceti del deserto in Egitto. Si stabilirono in una radura e costruirono alcune abitazioni e una chiesa dedicata alla santissima Trinità. I fratelli vissero una vita ascetica austera, troppo austera per Stefano, che tornò al monachesimo cenobitico nel monastero della Teofania. Il santo continuò le sue fatiche da solitario e alla fine fu tonsurato dall'anziano Metrofane quando aveva ventitré anni, prendendo il nome di Sergio.

Dopo aver trascorso i primi anni della sua vita monastica in completo isolamento, ci si può chiedere come san Sergio abbia appreso gli insegnamenti spirituali dei Padri della Chiesa che metteva in pratica. Come si può vedere nella sua vita, san Sergio fu scelto fin dal grembo materno per il suo santo compito e "ricevette il suo apprendimento non dagli uomini, ma da Dio". [5] Tuttavia, i suoi doni spirituali dati da Dio non devono necessariamente escludere l'apprendimento dai libri e, dopo aver ricevuto il dono della lettura all'età di sette anni, era noto per aver letto le Sacre Scritture, i testi liturgici della Chiesa e gli scritti dei Padri della Chiesa, che erano tutti disponibili nella biblioteca di Rostov. [6] Non solo, ma la sua giovinezza era stata una preparazione per i rigori della vita ascetica condotta nel deserto, con il digiuno stretto fin dalla giovane età e l'incessante ripetizione dei Salmi, [7] in sé una pratica radicata nel monachesimo esicasta del Deserto egiziano.

La capacità di lettura del giovane, così come il suo accesso agli scritti ecclesiastici, offre la possibilità che sia stato esposto alla letteratura esicasta da giovane. Durante il XIV secolo, "innumerevoli testi tradotti di letteratura esicasta arrivarono ​​a nord" [8] dai centri monastici di Costantinopoli e da altrove. Si sa che i monaci russi a Costantinopoli e al Monte Athos ricevevano libri dai bulgari, e questi libri furono copiati e rispediti in Russia. [9] Vi sono manoscritti del XIII e XIV secolo, tuttora esistenti, di scritti classici come le opere complete di san Dionigi l'Areopagita, gli scritti di san Giovanni Crisostomo e di sant'Efrem il Siro e, soprattutto per il nostro studio, La scala di san Giovanni Climaco, gli scritti di san Nilo del Sinai, san Doroteo di Gaza, sant'Isacco il Siro, san Simeone il Nuovo Teologo e "la maggior parte dei portavoce del movimento esicasta contemporaneo in Grecia", [10] san Gregorio il Sinaita, e Callisto e Ignazio Xanthopoulos. Sorprendentemente, da questo periodo non è rimasta nessuna traduzione delle opere di san Gregorio Palamas, a parte una copia della sua opera contro i latini. [11] Ciò che è noto è che la biblioteca del monastero di San Sergio conteneva traduzioni in slavonico di alcuni di questi testi nel XIV e XV secolo, anche se non è chiaro se fossero presenti durante il mandato del santo come abate. [12]

Con un potenziale accesso a scritti così profondi, così a come incontri regolari con i monaci che compivano lotte ascetiche nei monasteri locali, possiamo immaginare che lo sviluppo spirituale del giovane san Sergio potrebbe essere stato pesantemente influenzato e informato dalla tradizione esicasta della Chiesa. Ciononostante, Fedotov sostiene che non sarebbe stato possibile per il giovane santo acquisire una sufficiente conoscenza della letteratura ascetica e degli scritti patristici all'età in cui era partito per la foresta. [13] Tuttavia, ciò che è impossibile per l'uomo è certamente possibile per Dio e l'impulso spirituale che san Sergio ha avuto fin dalla sua giovinezza potrebbe certamente compensare la sua mancanza di conoscenza in queste materie.

A. M. Vasnetsov, il monastero di san Sergio durante la sua vita

Al tempo dell'esodo di san Sergio nella foresta, la maggior parte dei monasteri russi era in aree urbane o alla periferia di luoghi abitati. [14] Tuttavia, ai suoi inizi, la vita monastica in Russia era stata fondata sulla premessa della spiritualità anacoretica del Monte Athos. Sul Monte Athos, con la forte tradizione esicasta che vi era conservata, i monasteri erano generalmente divisi tra cenobi ed esicasteri, e il monastero cenobitico medio aveva uno o due esicasteri nelle vicinanze. [15] Sant'Antonio, fondatore della Lavra delle Grotte di Kiev, era stato monaco alla Grande Lavra e aveva vissuto sia la vita cenobitica che quella eremitica mentre si trovava sul Monte Sant. Ritornato nella sua terra natale, si stabilì in una grotta vicino a Kiev e iniziò le sue lotte ascetiche. Alla fine, con una fratellanza riunita intorno a lui, si formò il centro monastico per eccellenza della Rus' kievana, che divenne lo standard per tutti i monasteri russi.

Fu nel periodo in cui san Teodosio fu abate che si stabilì saldamente la tradizione monastica russa, quando il santo costruì le chiese e i dormitori monastici, introdusse il tipico studita da Costantinopoli e regolarizzò la vita dei monaci secondo un modo più semi-eremitico. [16] È stato anche notato che fu durante questo periodo che si registrò per la prima volta nella Rus' l'uso della preghiera del cuore, [17] molto probabilmente riportata dai tempi di sant'Antonio all'Athos. I santi Antonio e Teodosio morirono rispettivamente nel 1073 e nel 1074, con quest'ultimo che trascorse dodici anni come abate, dal 1062. Sant'Antonio non fu mai abate del monastero, trascorse invece la sua vita in relativa solitudine come padre spirituale ed evitando responsabilità amministrative, dedicandosi alla guida spirituale dei monaci e dei visitatori del monastero.

La comunità di san Sergio, e quelle che seguirono, non erano dello spirito monastico urbano contemporaneo del resto della Russia. Il loro spirito era quello del deserto. Tuttavia, quando alla fine giunse il momento in cui san Sergio stabilì la sua fratellanza come monastero, la comunità fu fondata su basi cenobite. Prima di questo, san Sergio e il suo piccolo gruppo di dodici monaci avevano osservato un tipico studita modificato semi-eremitico con l'intero ciclo dei servizi divini, tranne la Divina Liturgia, che veniva occasionalmente celebrata dal clero della zona in visita. Con l'accettazione della richiesta della fratellanza di fare di san Sergio l'abate e l'ordinazione del santo al sacerdozio, fu introdotto il tipico gerosolimitano della Lavra di san Sabba il Santificato, com'era in uso in tutto il mondo greco e russo nei secoli XIII e XIV. La fondazione di una comunità cenobita fu per volere del patriarca Filoteo di Costantinopoli, discepolo di san Gregorio Palamas, che scrisse personalmente al santo. [18] Uno dei motivi principali di questa spinta dal monachesimo semi-eremitico a quello cenobitico, che si rispecchiava in tutto il mondo ortodosso, venne sorprendentemente dagli stessi esicasti, che pensavano che in alcuni monasteri si stesse sviluppando troppo individualismo, che aveva portato alla nascita di fondazioni idiorritmiche. Un'altra ragione, più pratica, è che la vita di una comunità sarebbe stata più favorevole alla sopravvivenza, specialmente nel nord ghiacciato della Russia. [19] Il desiderio di San Sergio di vivere la vita di un anacoreta del deserto lo aveva portato a diventare abate di quello che sarebbe diventato il più grande monastero cenobita della Russia.

In questo modo, il tipico di Gerusalemme trovò un buon terreno in Russia, essendo vicino allo spirito russo, permettendo ai monaci di contribuire al mondo che li circondava e di condurre opera missionaria. [20]

M. N. Nesterov, le fatiche di san Sergio

Sebbene San Sergio e i suoi monaci lavorassero alla loro salvezza nel quadro di una comunità cenobitica, bilanciando il duro lavoro con la dedizione ai servizi divini della Chiesa, riuscirono comunque a mantenere alcune delle pratiche associate con gli esicasteri nella loro vita quotidiana. I monaci praticavano la rivelazione dei pensieri, che aveva luogo alla quarta ode del Canone, durante il Mattutino. [21] Il digiuno era severo e abbondano storie dei primi giorni della fratellanza, quando la scarsità di pane portava i monaci a restare senza cibo per giorni e giorni. San Sergio vietò ai suoi monaci di chiedere l'elemosina, il che alla fine portò a una ribellione da parte dei fratelli. Nonostante questa severità, la regola iniziale usata dai fratelli, quella del monastero di Studion, era stata in effetti rilassata da san Sergio, che diminuì le esigenze di rigidità e enfatizzò l'umiltà e la dolcezza. [22] Un'altra pratica locale, che evidenzia il ruolo paterno di san Sergio come guida dei suoi monaci lungo lo stretto sentiero, erano le sue ispezioni notturne delle celle monastiche dopo la Compieta. Dopo aver completato la propria regola nella cella, andava in giro per le celle degli altri fratelli, rallegrandosi se i monaci all'interno stavano pregando e facendo prosternazioni, leggendo libri spirituali o piangendo sui loro peccati e bussando alle porte se sentiva i monaci conversare o ridere. La mattina seguente, i monaci che lo avevano deluso erano rimproverati delicatamente. [23]

Uno degli insegnamenti centrali della tradizione esicasta – e il punto focale dell'indignazione di Barlaam – era il concetto di "grazia increata", la luce "increata" o "taborica" che poteva essere vista dal cristiano che aveva ricevuto una rivelazione della gloria di Dio.

Sebbene l'autore della Vita di san Sergio, Epifanio il Saggio, mancasse dell'articolazione teologica per attirare la nostra attenzione su questa sfaccettatura della vita interiore del santo, non vi è dubbio che vi siano effettivi cenni alla luce taborica. Vale la pena citare per intero alcuni dei racconti delle visioni del fuoco celeste e dei concelebranti angelici alla Divina Liturgia, quest'ultimo essendo un segno preciso dell'elevato livello di santificazione di una persona. Dobbiamo tenere presente che è impossibile descrivere accuratamente la gloria increata di Dio in termini umani. Il primo esempio è la visione della luce divina testimoniata da San Sergio:

san Sergio e la visione degli uccelli

"Un giorno il santo, secondo la sua solita usanza, stava osservando la veglia e pregava per i fratelli affinché il Signore li aiutasse nel loro lavoro quotidiano e nel loro miglioramento. E mentre pregava così profondamente nella notte, sentì una voce che diceva "Sergio!" Ma fu molto sorpreso da questa insolita chiamata notturna e, dopo aver detto la sua preghiera, aprì la finestra della sua cella, desiderando vedere chi chiamava, e subito ebbe una visione meravigliosa: una grande luce apparve dal cielo e scacciò via tutta l'oscurità della notte, e la notte fu illuminata da questa luce che superava per la sua luminosità la luce del giorno. Per la seconda volta si udì la voce, che diceva "Sergio! Stai pregando per i tuoi figli e il Signore ha accettato la tua preghiera; guarda attentamente e vedrai una moltitudine di monaci radunati nel nome del santo e della Trinità vivifica nel tuo gregge per essere istruiti da te". Il santo guardò e vide una moltitudine di uccelli molto belli che volavano non solo sopra il monastero, ma anche intorno al monastero, e udì ancora la voce, che diceva: "Come hai visto questi uccelli, allo stesso modo lo stormo dei tuoi discepoli si moltiplicherà, e anche dopo di te non diminuiranno se sceglieranno di seguire le tue orme"." [24]

La visione del concelebrante angelico è stata narrata nella Vita come segue:

"Vide all'altare un quarto uomo che celebrava insieme a loro: un uomo meraviglioso il cui aspetto era strano e indescrivibile, splendente di grande luminosità nel volto e con vesti radianti. E durante la prima uscita quell'uomo angelico e meraviglioso uscì dopo il santo e il suo viso splendeva come il sole, tanto che era impossibile guardarlo. I suoi abiti erano insoliti, meravigliosi, lucenti, e sembravano avere disegni dorati. Isacco chiese a padre Macario, che stava lì vicino: "Cos'è questa visione meravigliosa, padre? Chi è questo meraviglioso uomo che vediamo?" E Macario, a cui pure fu concesso di vedere questa visione e l'apparizione della grande luce, disse: "Non lo so, figlio mio, vedo questa visione luminosa e indicibile, ma penso che questo sia un servitore che è arrivato con il principe". Il principe Vladimir era in quel momento nel monastero. Quindi si avvicinarono e chiesero a quelli che erano con il principe se un prete era venuto con lui e loro risposero: "No". Quindi seppero per certo che era un angelo di Dio che officiava con loro". [25] Una visione che il santo ebbe del fuoco celeste fu riferita così:

"Quando il santo celebrava la Divina Liturgia, era presente anche un discepolo del venerabile, l'ecclesiarca Simone, di cui abbiamo parlato prima, che era perfetto in molte virtù, di cui pure il santo anziano testimoniava che aveva una vita perfetta. Questo Simone ebbe una visione meravigliosa. Una volta, mentre il santo officiava, gli disse che vedeva un fuoco muoversi sulla tavola dell'oblazione, illuminando l'altare e circondando i santi doni. E quando il santo stava per prendere la santa comunione, il fuoco divino si arrotolò come un sudario ed entrò nel santo calice. E così il santo prese la comunione. Quando Simone lo vide, fu spaventato, pieno di tremore e così si meravigliò di se stesso. Quando il santo si allontanò dalla tavola dell'oblazione, capì che a Simone era stato concesso di vedere questa meravigliosa visione, e così lo chiamò e disse: "Figlio, perché il tuo spirito è spaventato?" Egli disse: "Mio Signore! Ho visto in una visione meravigliosa che la grazia dello Spirito Santo opera in te". Il santo gli proibì di parlarne e disse: "Non annunciare a nessuno ciò che hai visto fino a quando il Signore non ordinerà la mia partenza da questa vita". E insieme lodarono il Signore". [26]

Tali eventi sono all'ordine del giorno nella vita dei santi, in particolare quelli noti per le loro lotte ascetiche. Persino resoconti di padri esicasti contemporanei in luoghi come il Monte Athos, la Romania e il Monte Sinai hanno storie di visioni simili di luci, fuoco, angeli concelebranti e altri eventi simili. Sono indicativi di un livello estremamente elevato di santità, non solo nel destinatario della grazia, ma anche nei loro discepoli, che sono stati resi degni di vederli.

Tra i suoi discepoli esisteva un "cerchio mistico", composto da Simone, Isacco e Michea. Questi monaci furono anch'essi noti per vedere la gloria increata e riferirono obbedientemente queste rivelazioni al santo. [27] Questo è esattamente ciò a cui si riferisce san Dionigi l'Areopagita quando scrive su "energia divina" e "raggi della divinità" e su ciò si espande san Gregorio Palamas quando scrive "La luce divina non ha solo un significato allegorico e astratto: è il fatto dell'esperienza mistica". [28]

san Gregorio Palamas

Nella Vita e in altri racconti su san Sergio si sottolinea anche la sua famosa visione della Madre di Dio e i numerosi miracoli da lui compiuti. Il racconto della visione della Madre di Dio mostra che il santo aveva il dono della lungimiranza o della chiaroveggenza, poiché era in grado di dire al discepolo ciò che stava per accadere:

"E mentre pregava e cantava il Canone di ringraziamento alla tutta pura e l'Acatisto dopo aver finito la sua regola, si sedette per un po' di riposo e disse al suo discepolo Michea: "Figlio mio, sii temperato e vigile, perché ora ci sarà una meravigliosa visita". E mentre continuava a parlare, si udì una voce: "Ecco che arriva la tutta pura in persona!" E quando il santo udì la voce, andò rapidamente dalla sua cella all'ingresso, e improvvisamente una grande luce si diffuse sul santo, più splendente del sole, e poi si vide la tutta pura, con due apostoli, Pietro e Giovanni, in una luminosità indescrivibile. E quando il santo li vide, si prosternò, non potendo sopportare la luce. La tutta pura toccò il santo con le sue mani e disse: "Non essere terrorizzato, mio ​​eletto, sono venuta a trovarti. La tua preghiera per i tuoi discepoli per i quali hai pregato e per la tua dimora è stata ascoltata. Non dovrai più preoccuparti, perché d'ora in poi ci sarà tutto in abbondanza e non solo finché vivrai, ma anche dopo la tua dipartita al Signore non lascerò mai il tuo rifugio, fornendo generosamente tutto il necessario e proteggendo i donatori". E detto questo, divenne invisibile. Il santo rimase in estasi mentale e fu preso da grande timore e tremore. Dopo un po' si rialzò da solo, trovò il discepolo che giaceva impaurito come se fosse morto e lo sollevò. Ma questi cadde davanti ai piedi dell'anziano, dicendo: "Spiegami, padre, per amore del Signore, cosa è stata questa meravigliosa visione, perché il mio spirito si è quasi separato a causa di quella visione radiosa." Il santo, che esultava nella sua anima in modo che tutta la sua figura sbocciava di gioia, poté solo rispondere: "Sii paziente, figlio mio, poiché anche il mio spirito trema dentro di me per questa visione meravigliosa".

l'apparizione della Madre di Dio a san Sergio

A seguito di questa esperienza meravigliosa ed estatica, la Vita registra che il santo "rimase tutta la notte senza dormire, contemplando nella sua mente questa visione indicibile". [29] Questa frase contiene al suo interno un tesoro assoluto di allusioni esicaste, che menziona la contemplazione del santo, per tutta la notte, di una "visione indicibile". La contemplazione, o theoria, è il più alto dei livelli spirituali raggiunti dai combattenti spirituali, e la visione indicibile è uno dei modi migliori di "descrivere" la rivelazione della gloria increata di Dio concessa a coloro che sono diventati amici di Dio.

I suoi miracoli, sebbene non numerosi, furono anch'essi descritti da Epifanio e includono la chiaroveggenza, la guarigione e la risurrezione di un ragazzo. [30] Visioni come quelle della Madre di Dio, e i doni spirituali, in particolare la chiaroveggenza, sono strettamente legati alla tradizione esicasta e indicano l'alta santità dell'individuo in questione.

La ritirata di San Sergio nel deserto delle vaste foreste russe funse da catalizzatore per la colonizzazione monastica di massa delle terre settentrionali della Russia e per la formazione di molti monasteri, fondati e guidati principalmente dai suoi discepoli. In effetti, esistono prove di comunità monastiche esistenti in questa parte della Russia da tempi precedenti, ma è stato il rinascimento spirituale che ha avuto luogo presso la Lavra della santa Trinità che ha creato una forte e autentica tradizione spirituale per andare a nord e trasfigurare intere tribù e popoli .

la Lavra di san Sergio

Undici discepoli di San Sergio furono fondatori di monasteri, alcuni durante la sua stessa vita, e la Lavra della santa Trinità fu responsabile di "cinquanta monasteri, che a loro volta ne produssero altri quaranta". [31] Mentre le condizioni locali, come la spoliazione della Russia da parte dei tatari, erano favorevoli allo spostamento verso nord, vi fu anche una forte influenza da parte del movimento esicasta nelle terre greche. Come è stato menzionato, c'erano innumerevoli testi esicasti disponibili in lingua slavonica e senza dubbio si sono rivelati fonte d'ispirazione per le migliaia di monaci che si sono avventurati nei deserti della Russia, la "Tebaide del Nord".

Anche se sarebbe sbagliato dire che tutti i circa centocinquanta monasteri che furono fondati nella Russia settentrionale durante questo periodo sono direttamente collegati a san Sergio, una buona maggioranza lo è stata. Quelli che non si svilupparono secondo linee simili furono indubbiamente sostenuti dagli stessi profondi pozzi spirituali da cui si abbeverarono san Sergio e i suoi monaci.

Molti resoconti sulla vita di questi lottatori alle frontiere della Russia includono menzioni di "preghiera incessante", "preghiera mentale" e termini simili, che di solito indicano pratiche esicaste. A seguito della rivitalizzazione spirituale che si sta verificando nel cuore della Russia, molti di questi monaci, essendosi santificati nel deserto, si impegnarono nell'opera missionaria sulle sue selvagge frontiere: un notevole missionario fu santo Stefano di Perm.

Passando dai temi storici che puntano all'immersione di san Sergio nella tradizione esicasta, possiamo vedere come la Chiesa stessa vede il grande santo. Nelle commemorazioni liturgiche della Chiesa, la sua vita spirituale è accennata in modo tipicamente poetico. Negli stichiri del Piccolo Vespro del giorno della sua festa il 25 settembre, si dice come egli fu "unito con la luce che è assolutamente pura". Negli apostichi dello stesso servizio, san Sergio è menzionato come "degno di vedere la luce divina". Gli stichiri del Grande Vespro menzionano la sua "preghiera incessante". I canoni del Mattutino fanno riferimento alla vigilanza (nepsis), al vedere Cristo faccia a faccia, al suo essere "illuminato da fasci di luce splendente", al suo entrare nella "profondità del silenzio", "risplendendo di luce divina" e, ancora, nella "preghiera incessante". [32] Sebbene nessuna di queste frasi si riferisca direttamente all'esicasmo, il linguaggio poetico usato nei servizi al santo ricorda fortemente quello usato da Epifanio quando si riferisce alle esperienze spirituali di san Sergio che possono essere viste come allusioni all'esicasmo, poiché questi sono il tipo di termini che si trovano in molti testi esicasti. Di fatto, i servizi di san Sergio hanno più allusioni all'esicasmo di quelli di san Gregorio Palamas. Pertanto, non dovremmo dubitare che la Chiesa, nel comporre i testi liturgici per il santo, lo considerasse parte del cuore della tradizione esicasta e portatore dei suoi insegnamenti.

Dopo aver esaminato i movimenti storici dell'epoca e la loro influenza su san Sergio, i resoconti molto rispettati e abbastanza contemporanei della sua vita, nonché l'opinione della Chiesa, possiamo concludere che san Sergio è certamente un portatore, un praticante e un trasmettitore della tradizione esicasta. Naturalmente, come è stato menzionato, non possiamo separare l'esicasmo dalla spiritualità monastica ortodossa, ma in un tempo come il suo, quando i monasteri urbani della Russia erano diventati per lo più decadenti, la trasmissione dell'autentica spiritualità eremitica del deserto fu luce una rara nell'oscurità. Evidentemente stimolato dallo zelo divino e dai suoi doni spirituali dati da Dio, accompagnato dalla sua esposizione a testi ascetici e patristici, san Sergio fu in grado di trasformare la vita spirituale russa e di rinvigorire il vacillante monachesimo della Chiesa russa. Dato che le comunicazioni tra il mondo russo e quello greco sono evidenti e regolari, non possiamo dubitare della forte influenza del movimento esicasta sotto san Gregorio Palamas sull'impennata della spiritualità monastica russa, così come nella più ampia regione dei Balcani. Alla sua morte e canonizzazione, la Chiesa ha riconosciuto la sua parte in questo movimento, come dimostrato dai testi liturgici presentati sopra. Mentre possiamo dire che la Chiesa, i suoi seguaci e studiosi sia della sua epoca che della nostra lo considerano un esicasta, il santo stesso si sarebbe considerato tale? A quest'ultima domanda si può rispondere solo guardando alla sua estrema umiltà e giungendo alla nostra conclusione.

Note

[1] Mary B. Cunningham & Elizabeth Theokritoff, "Who Are the Orthodox Christians?" in The Cambridge Companion to Orthodox Christian Theology, p. 8.

[2] I.M. Kontzevitch, The Acquisition of the Holy Spirit in Ancient Russia, pp. 108-109.

[3] Saint Ignatius Brianchaninov, On the Prayer of Jesus, pp. 20-21.

[4] Ibid., p.133.

[5] Saint Herman of Alaska Brotherhood, The Northern Thebaid, p. 13.

[6] Pierre Kovalevsky, Saint Sergius and Russian Spirituality, p. 69.

[7] Michael Klimenko (trad.), The ‘Vita’ of St. Sergii of Radonezh, pp. 88-93.

[8] Aristeides Papadakis & John Meyendorff, The Christian East and the Rise of the Papacy, p.341.

[9] Kontzevitch, The Acquisition of the Holy Spirit in Ancient Russia, p.124.

[10] George P. Fedotov, The Russian Religious Mind (Volume II), p.31.

[11] Ibid., pp.28-31.

[12] Dimitri Obolensky, The Byzantine Commonwealth, p.396.

[13] Fedotov, The Russian Religious Mind (Volume II), p.203.

[14] Ibid., p.196.

[15] Papadakis & Meyendorff, The Christian East and the Rise of the Papacy, p.276.

[16] Kovalevsky, Saint Sergius and Russian Spirituality, pp.33-35.

[17] Andrew J. Sopko, The Struggle for Patristic Theology in the Church of Russia, p. 6.

[18] Papadakis & Meyendorff, The Christian East and the Rise of the Papacy, p.342.

[19] Obolensky, The Byzantine Commonwealth, pp.394-395.

[20] Kontzevitch, The Acquisition of the Holy Spirit in Ancient Russia, p.202.

[21] Sergius Bolshakoff, Russian Mystics, p.13.

[22] Kovalevsky, Saint Sergius and Russian Spirituality, pp.91-94.

[23] Saint Herman of Alaska Brotherhood, The Northern Thebaid, pp.21-22.

[24] Klimenko (trad.), The ‘Vita’ of St. Sergii of Radonezh, p.151.

[25] Ibid., pp.166-167.

[26] Ibid., pp.179-180.

[27] Fedotov, The Russian Religious Mind (Volume II), pp.219-220.

[28] Kontzevitch, The Acquisition of the Holy Spirit in Ancient Russia, p.52.

[29] Klimenko (trad.), The ‘Vita’ of St. Sergii of Radonezh, pp.174-175.

[30] Fedotov, The Russian Religious Mind (Volume II), pp.216-217.

[31] Saint Herman of Alaska Brotherhood, The Northern Thebaid, p.6.

[32] Mother Mary, Saint Sergius of Radonezh, Wonderworker, pp.1-31.

 
Padre Daniil Sysoev: Perché andare in chiesa ogni domenica (2/3)

Presentiamo nella sezione "Ortoprassi" dei documenti la seconda parte dell'articolo di Padre Daniil Sysoev, Perché andare in chiesa ogni domenica. In  questa parte, padre Daniil esamina le più tipiche obiezioni (ho da fare, fa freddo, fa caldo, sto scomodo, non mi piace la gente...), e cerca di dare loro una risposta. A breve apparirà la parte finale dell'articolo, con l'analisi delle scuse più "interne" e complesse.

 
Gli ortodossi credono nell'espiazione?

Gli ortodossi credono nell'espiazione?

Il concetto di espiazione si trova in tutta la Scrittura, e così naturalmente noi ortodossi ci crediamo. C'era infatti una festa nell'Antico Testamento, chiamata "il giorno dell'espiazione", che in ebraico si chiama Yom Kippur. Questo era l'unico giorno di digiuno specificamente richiesto nella legge di Mosè, ed era "un sabato santissimo [shabbat shabbaton]" (Levitico 16:31). Questo è il digiuno a cui si accenna in Atti 27:9, in cui si afferma che "la navigazione era ormai pericolosa, perché il digiuno era già passato..."

La parola inglese per espiazione, "atonement", è stata coniata da William Tyndale (+1536), e significa "rendere uno" letteralmente "at one-ment" (prendendo le due parole per "a" e "uno" e aggiungendo il suffisso "-ment"). Questa era una buona traduzione del significato della parola ebraica "Kippur", che significa "riconciliazione" – specificamente, riconciliazione dei peccatori con un Dio Santo.

Un altro termine che William Tyndale ha portato in inglese è "Mercy Seat", il seggio della misericordia. William Tyndale basò la sua traduzione sulla traduzione di Lutero in tedesco: "Gnadenstuhl", che letteralmente significa la sede della grazia o della misericordia. Tuttavia, non vi è nulla nel termine ebraico Kapporet, che suggerisca "misericordia" o "sedia". "Kapporet" è una forma della parola "Kippur", e letteralmente significa "il luogo della riconciliazione". Questo era il propiziatorio, cioè il coperchio dell'Arca dell'Alleanza, ovvero il luogo sul quale, il giorno dell'espiazione, era asperso il sangue del sacrificio, con cui si otteneva la riconciliazione tra Dio e gli uomini. La traduzione greca per propiziatorio era "ἱλαστήριον, hilastērion". E troviamo questa parola usata in Romani 3:24-25: "giustificati gratuitamente per la sua grazia, in virtù della redenzione realizzata da Cristo Gesù. Dio lo ha prestabilito a servire come strumento di espiazione per mezzo della fede, nel suo sangue, al fine di manifestare la sua giustizia, dopo la tolleranza usata verso i peccati passati". È interessante notare che troviamo in questo testo la parola "redenzione", che potrebbe essere tradotta come "riscatto", e la parola ebraica per "riscatto" (Koper) viene dalla stessa radice di Kippur – una parola usata in riferimento ai sacrifici dell'Antico Testamento, e che ha chiaramente la connotazione di "pagamento".

La Tradizione della Chiesa collega direttamente la Croce all'Arca dell'Alleanza, perché l'Arca e il propiziatorio erano il luogo di espiazione, e l'Arca è indicata come "lo sgabello dei suoi piedi" (Salmo 131:7 LXX) e la Croce è il luogo dove hanno poggiato i piedi di Cristo, quando ha compiuto l'espiazione dei nostri peccati (cfr Christopher Veniamin, tr., Saint Gregory Palamas: The Homilies, Waymart, PA: Mount Thabor Publishing, 2009, p. 86).

Ci sono molti scrittori ortodossi contemporanei che vogliono negare o minimizzare una serie di concetti che riguardano la nostra redenzione. Essi sostengono che noi non crediamo che Cristo dovesse morire al posto nostro, o che il suo sangue dovesse essere versato per pagare la sanzione per i nostri peccati. Essi negano la legittimità dei termini giuridici, a favore dell'idea che la Chiesa è un ospedale spirituale. Il problema non è che la Chiesa non è un ospedale spirituale, ma piuttosto che nel sottolineare una serie di immagini usate per spiegare la nostra salvezza, negano tutta una serie di immagini altrettanto valide che sono chiaramente bibliche. È vero che in Occidente c'è stata un'enfasi esagerata sulle immagini legali, ma la soluzione a tale squilibrio non è un nuovo squilibrio nella direzione opposta. Possiamo e dobbiamo parlare di peccato come una malattia, ma quando moriamo, non andiamo all'esame medico finale – ci troviamo di fronte il giudizio finale, che è un'immagine legale se mai ce n'è stata una. E così possiamo anche parlare del peccato come di una trasgressione della legge di Dio e del nostro bisogno di essere giustificati da Dio, anche se parliamo pure del peccato in termini di una malattia da cui abbiamo bisogno di essere guariti.

Noi respingiamo l'idea che la morte di Cristo sia stata un riscatto pagato al diavolo, ma il fatto che si trattasse in un certo senso di un riscatto è confermato dal Signore stesso, e altrove nella Scrittura (Matteo 20:28, Marco 10:45; 1 Timoteo 2:6). Così dobbiamo semplicemente capire che le immagini verbali indicano una realtà, ma non sono la realtà stessa, e otteniamo una migliore idea di quella realtà, considerando tutte le immagini bibliche che puntano ad essa – non concentrandoci su uno o due a esclusione del resto, e certamente non spingendo quelle immagini oltre il punto che sono destinate a dimostrare.

San Gregorio Palamas, nella sua Omelia XVI (al Sabato Santo: "Sulla discesa nella carne del nostro Signore Gesù Cristo e sui doni di grazia concessi a coloro che credono veramente in lui"), parla un po' della necessità di Cristo di morire al posto nostro. Vale la pena leggere l'intera omelia, ma ecco alcuni stralci:

"L'uomo è stato condotto nella sua prigionia, quando ha sperimentato l'ira di Dio: quest'ira è l'abbandono dell'uomo da parte del buon Dio. Dio doveva essere riconciliato con la razza umana, altrimenti l'umanità non si sarebbe potuta liberare dalla servitù. Occorreva un sacrificio per riconciliare il Padre con noi e santificarci, dato che eravamo stati contaminati dalla comunione con il maligno. Doveva esserci un sacrificio puro e mondo, e un sacerdote purificato e senza peccato" (Christopher Veniamin, tr., Saint Gregory Palamas: The Homilies, Waymart, PA: Mount Thabor Publishing, 2009, p. 124).

"Cristo ha rovesciato il diavolo attraverso la sofferenza e la sua carne, che ha offerto in sacrificio a Dio Padre, come vittima pura e del tutto santa – quanto è grande il suo dono! – e ha riconciliato Dio con la nostra razza umana" (p.125).

"Per questo motivo il Signore ha pazientemente sopportato per noi una morte a cui non era obbligato a sottoporsi, per redimere noi, obbligati a subire la morte, dalla servitù al diavolo e alla morte, e con questo intendo la morte sia dell'anima sia del corpo, temporanea ed eterna. Poiché ha dato il suo sangue, che era senza peccato e perciò senza colpa, come riscatto per noi che eravamo passibili di pena a causa dei nostri peccati, Egli ci ha riscattati dalla nostra colpa. Egli ha perdonato i nostri peccati, ha strappato la loro lista sulla Croce e ci ha liberati dalla tirannia del diavolo (cfr Col 2:14-15)". (p. 128s)

Come spesso accade, la giusta prospettiva ortodossa su questa questione è una prospettiva di equilibrio. Dobbiamo proclamare l'intero consiglio di Dio (At 20:27), e non solo le parti che troviamo più attraenti. Né dovremmo reagire in modo eccessivo agli squilibri dei teologi eterodossi, e quindi cadere in un nuovo errore, respingendo aspetti importanti della nostra Tradizione.

 
Non più la casa di Dio

Nella tradizione cristiana ortodossa, una chiesa che è stata consacrata da un vescovo deve rimanere in uso come chiesa. Questo non è qualcosa da prendere alla leggera, ed è il motivo per cui un vescovo non può consacrare una chiesa se non è del tutto sicuro che l'edificio verrà sempre utilizzato come tale. È anche per questo che la Chiesa ortodossa russa sta cercando ove possibile di ripristinare le chiese in Russia che sono state distrutte dal regime comunista senza Dio.

La Chiesa cattolica romana, tuttavia, ha un rito chiamato di "deconsacrazione", che "libera" la chiesa perché la sua proprietà sia venduta per usi del tutto secolari, e questo, purtroppo, è ciò che sta accadendo in molti paesi occidentali. In alcuni luoghi le autorità cattoliche provano secondo coscienza a trovare nuovi proprietari che useranno la proprietà per uno scopo di beneficenza, come nei Paesi Bassi. In quel paese, si trovano ora molti ex conventi cattolici usati come cliniche, case di cura, scuole, e perfino come monasteri ortodossi, una politica altamente lodevole per la quale gli ortodossi olandesi sono molto grati.

In altri luoghi, purtroppo, si trova un quadro abbastanza diverso. In Italia, per esempio, ci sono alcune chiese il cui titolo di proprietà era stato conferito a famiglie di benefattori, e la Chiesa non ha più alcun controllo sulla loro vendita. In alcuni casi, la Chiesa vende la proprietà dopo la "deconsacrazione". Un esempio è un monastero nella località turistica di Taormina in Sicilia, dove l'antico monastero ora funziona come un hotel a cinque stelle. Ci sono molti altri hotel del genere in Italia, presumibilmente perché una volta erano aperti molti monasteri.

Questo articolo è stato tradotto dal sito tedesco Spiegel-Online, che non fa alcun commento dal punto di vista religioso se non un tono un po' ironico, anche se molti commenti dei lettori sono apparsi sulla pagina originale. Con nostro grande disappunto, la maggior parte dei commenti sono a favore di tale uso, soprattutto per ragioni puramente pragmatiche. Un commento solitario lamenta il declino della sensibilità cristiana in Europa, ed esprime timore per il futuro.

* * *

Sempre più chiese in Italia sono state vendute a proprietari privati. I nuovi proprietari utilizzano spesso questi edifici a loro piacimento: vi organizzano uffici, pizzerie o anche officine di auto-riparazione.

L'Italia è attualmente in una profonda recessione, così la gente deve risparmiare su tutto. Poiché non ci sono più soldi per il restauro delle chiese e per mantenerle in buono stato, le chiese vengono spogliate del loro status di luoghi di culto pubblico e vendute.

I nuovi proprietari possono utilizzare le ex chiese a loro piacere. Il fotografo italiano Andrea di Martino ha fotografato un gran numero di ex case di Dio. Immagini sorprendenti si sono aperte davanti a lui dietro le massicce porte delle chiese.

Vino invece di incenso, pizza invece di ostie

Vi è ora un negozio di auto-riparazione nella ex chiesa a una decina di chilometri da Como. Nella bianco-gialla frazione di Portichetto di Luisago, dove i fedeli immergevano le dita nell'acquasantiera e si facevano il segno della croce prima di entrare in chiesa, ora gli automobilisti possono cambiare l'olio al motore delle loro auto.

Vi è ora un negozio di auto-riparazione in una ex chiesa vicina al lago di Como. Dove i fedeli immergevano le dita nell'acquasantiera e si facevano il segno della croce prima di entrare in chiesa, ora gli automobilisti possono cambiare l'olio al motore delle loro auto.

Sedili di velluto rosso sotto le immagini degli angeli. L'ex chiesa di San Filippo nel comune di L'Aquila è ora utilizzata come teatro. Quando vi è una mancanza di soldi per il restauro di chiese, in Italia sono venduti a proprietari privati.

Ci sono sedili di velluto rosso all'interno della ex chiesa di San Filippo Neri a L'Aquila. Dal 1987 è stato sistemato qui il teatro "San Filippo". Gli angeli guardano giù dal soffitto lo spettacolo rappresentato sul palcoscenico. Applausi.

Una pizza o un'ostia da comunione? Non fa differenza: entrambe sono rotonde. Nell'ex chiesa anglicana di Tutti i Santi a Viareggio, dove un tempo si tenevano sermoni di morale, ora si serve vino: i nuovi proprietari hanno aperto una pizzeria nell'edificio.

Nell'ex chiesa anglicana di Tutti i Santi a Viareggio, dove un tempo si tenevano sermoni di morale, ora si serve vino: i nuovi proprietari hanno aperto una pizzeria nell'edificio.

Il fotografo Andrea di Martino dice di essere religioso, anche se non frequenta le funzioni ogni domenica. Visita le chiese solo per le sue fotografie. "Mi sono piaciute tutte. Mi piacciono i posti che hanno una storia. Ho avuto questa sensazione in tutte queste chiese", dice di Martino. "Nel corso degli ultimi secoli hanno visto così tanto, sono passate attraverso tempi e persone così diverse. C'è un'atmosfera assolutamente speciale qui".

Ha apprezzato molto il negozio di auto-riparazione, che è stato tra le prime chiese ristrutturate per usi differenti, di cui ha preso fotografie". Quando ne sono uscito ho sentito che volevo sapere con ogni mezzo quello che è successo alle altre chiese," ricorda di Martino. Così hanno avuto inizio i suoi viaggi in ristoranti, alberghi e negozi di abbigliamento "di Dio". Finora ha fotografato 70 chiese.

No, quelle qui raffigurate non sono immagini di santi. L'ex chiesa di san Rocco a Verduno ora appartiene all'artista Valerio Berruti, che l'ha trasformata nel suo studio e casa.

Senza dubbio, qui si prendono decisioni perfette (in termini di morale umana): una sala del consiglio comunale nella chiesa di ex S. Filomena a Ugento.

Qui si progettano edifici moderni, non è vero? Oggi l'ex chiesa della Madonna del Carmine a Gallipoli è un ufficio di architetti.

Giochiamo a  ping-pong? Oggi nessuno si aspetta di stare fermo nella ex chiesa di santa Lucia a Montescaglioso.

Sogni devoti: oggi un hotel offre alloggi per gli ospiti nella ex chiesa di san Martino a Matera.

Qui abbiamo "l'ascensione della luce". L'ex chiesa dei santi Cosma e Damiano a Ponte di Ferro a Bologna oggi viene utilizzata come showroom di designer d'interni.

 
Un esempio di uso deviato dell'iconografia: L'icona dell'Arca della salvezza

In diversi siti e pubblicazioni del mondo ortodosso, di orientamento conservatore o polemico verso le credenze eterodosse (in particolare dove è presente un influsso del vecchio calendarismo greco), si possono trovare esempi di una raffigurazione allegorica della Chiesa come Arca della salvezza.

L'originale di questa allegoria in stile iconografico è, stando a quanto riportato sulle immagini, un affresco del monastero bulgaro di Zografu al Monte Athos (datato con precisione al 1817, anno del rinnovamento della chiesa centrale del monastero). Non è un'icona da venerazione, ma si presenta piuttosto come un'icona didattica, simile alle ben note raffigurazioni del Giudizio finale o della Scala del paradiso.

La Chiesa è raffigurata come una nave, con Gesù Cristo al timone, e con un equipaggio composto dalla Madre di Dio e dai santi (soprattutto vescovi). L'aspetto più imponente e inquietante della composizione è la serie di nemici della Chiesa che l’attaccano dalla riva. Si parte da raffigurazioni allegoriche di personaggi apocalittici (l'anticristo con le sue schiere montate su leoni, il falso profeta, la meretrice di Babilonia), attraverso un drago che rappresenta la “Nuova epoca” (New Age?), procedendo per gli imperatori persecutori (tra cui Giuliano l'Apostata), per arrivare ad allegorie ed esempi di moderni nemici della Chiesa: Lutero, il papa di Roma, il malvagio rinnovazionista (vestito da patriarca) e la folla degli eretici spinti da diavoli. All’angolo inferiore destro, l'inferno è raffigurato con la bocca spalancata attraverso la quale un saraceno tende il suo arco.

Naturalmente, con il passare del tempo, appaiono sempre nuovi nemici e nuove possibilità di allegorizzarli, per esempio il comunismo rappresentato da Lenin, o i rinnovazionisti trasformati in ecumenisti e personalizzati nella figura del patriarca Atenagora, come in questa versione pubblicata dai seguaci dell'arcivescovo Gregory del Colorado, una figura che rappresenta l'epitome dell'isolazionismo tra gli scismatici 'super-corretti':

Ora, posto che l’immagine della Chiesa come arca della salvezza è molto antica e rispettabile, e che è un dato di fatto che la Chiesa ha avuto nemici e persecutori in ogni epoca, che cosa c'è di sbagliato in questa raffigurazione?

Quest'icona dell’Arca della salvezza non è un'icona, neppure nel senso più limitato di icona didattica. Anche se realizzata in uno stile iconografico astratto e non naturalistico da una mano piuttosto competente, è un manifesto di propaganda polemica, che promuove una particolare ideologia ecclesiale e politica. E usare lo stile iconografico per questi tipi di polemica significa degradare le icone.

Figure di nemici della Chiesa nelle icone

A differenza delle vere icone, che possono raffigurare nemici della Chiesa attraverso la rappresentazione reale delle loro gesta e dei loro pericoli, l'icona dell'Arca della salvezza demonizza persone reali attraverso la loro trasformazione in figure allegoriche.

Molte icone, soprattutto quelle che raffigurano scene di martirio, rappresentano i santi accanto ai loro carnefici o persecutori, e secondo le regole dell'iconografia ortodossa si possono riconoscere gli uni dagli altri dal fatto che i santi sono raffigurati con aureole. Martiri e persecutori, tuttavia, sono raffigurati allo stesso modo come esseri umani. Le persecuzioni dipinte in queste scene non sono allegoriche, ma reali. L'icona dell'Arca della salvezza, al contrario, usa persone vere e riconoscibili presentandole come "allegorie" (e derubandole così della loro umanità). Per esempio, Lutero (che per la verità non perseguitò mai la Chiesa ortodossa in vita sua) non è il solo Lutero, ma è la personificazione del protestantesimo (e di quei poteri protestanti che cercarono di prevalere sui popoli ortodossi con la forza delle armi), eppure è identificato come Lutero.

Vediamo due esempi di autentiche raffigurazioni di nemici della Chiesa nelle icone canoniche:

Il primo Concilio ecumenico di Nicea prevale su Ario

Il quarto Concilio ecumenico di Calcedonia prevale su Eutiche e Dioscoro

Gli eretici condannati ai concili sono ritratti in un modo canonico e accettabile, che li identifica come tali e non come movimenti di persone, e che sottolinea la loro condanna da parte della Chiesa attraverso un artificio pittorico: anche se ancora rivestiti di abiti sacerdotali, i loro paramenti non mostrano alcuna croce o ornamento tradizionalmente collegato al loro stato sacerdotale. Questo semplice artificio basta già a sottolineare la spogliazione della loro autorità e il loro ripudio da parte della Chiesa. Nell'icona del Concilio di Calcedonia, i piccoli demoni neri sulle spalle di Eutiche e Dioscoro sono un particolare che non aggiunge nulla di sostanziale.

Ci sono ancora altri esempi di raffigurazioni di nemici nelle icone didattiche, come il Giudizio finale o la Scala del paradiso, con creature simili a draghi che inghiottono i peccatori impenitenti. L’icona della discesa di Cristo agli inferi mostra la personificazione del peccato e della morte legata in catene. Cosa c'è dunque di sbagliato nelle figure nell'immagine dell'Arca della salvezza? Queste ultime, a differenza degli esempi sopra citati, sono allegorie di interi movimenti, popoli, periodi storici: non indicano una persona come una minaccia attuale e specifica, ma altri esseri umani per i quali dovremmo pregare, e se sono peccatori e persecutori, dovremmo ancor più pregare per loro (Mt 5:43-48). L'immagine dell'Arca della salvezza suggerisce piuttosto (suggellandolo in un linguaggio iconografico al di fuori del tempo e dello spazio) che ci sono categorie di persone al di là di ogni speranza di pentimento e di redenzione, e chiude i nostri occhi agli innumerevoli esempi di conversioni proprio da quelle stesse categorie di persone: eterodossi, pagani, atei, comunisti... non è sorprendente che certi gruppi scismatici usino e favoriscano questa cosiddetta Arca della salvezza, perché riflette la loro particolare ideologia.

L'iconografia non dovrebbe mai essere usata per scopi politici o ideologici. Raffigurare i non ortodossi in genere come strumenti del diavolo al di là di ogni redenzione è un vergognoso svilimento dell'iconografia.

Una versione ortodossa dell'Arca della salvezza

La cosa più triste è che i gruppi estremisti che hanno prodotto la raffigurazione dell'Arca della salvezza non hanno fatto altro che pervertire un'immagine perfettamente accettabile, quella della "Nave della Chiesa" (Η Ναύς τής Εκκλησίας), su cui Cristo, la Madre di Dio, gli apostoli e vari santi sono raffigurati su una barca che solca sicura i mari della vita, e l’hanno modificata per i loro fini ideologici e politico-ecclesiali.

Ecco un prototipo (perfettamente biblico, perché rappresenta Cristo e gli apostoli secondo la narrazione neotestamentaria) della Nave della Chiesa disegnato dall'iconografo greco Rallis Kopsidis, che ha studiato sotto Photios Kontoglou:

Sono possibili anche estensioni di questo modello, che includono oltre agli apostoli anche la Madre di Dio e diversi Padri della Chiesa. Ecco un esempio che al di fuori delle categorie degli apostoli e dei santi ierarchi raffigura sulla prua anche san Nicodemo l'Agiorita, e fa pensare a un modello che proviene comunque dal Monte Athos:

Per il momento, non abbiamo a disposizione l'immagine dell'affresco del 1817 a Zografu, e non possiamo dire se la composizione originale comprende la sola nave, come icona didattica perfettamente accettabile, o se aggiunge anche le figure sulla riva, con una perversione dell'intenzione dell'immagine originale. Anche se l'affresco di Zografu raffigurasse davvero i "nemici dell'Ortodossia", la sua mera esistenza non basterebbe a conferire automaticamente legittimità o canonicità alle sue versioni moderne. Piuttosto, potrebbe legittimare molte critiche all'artista e alla sua distorsione di un soggetto ortodosso in una dichiarazione polemica, per mezzo di aggiunte non coerenti al modello.

E triste vedere che i gruppi che si proclamano bastioni della "vera Ortodossia" sono poi contenti di svilire l'iconografia in questo modo. Dopo tutto, l'iconografia è l'equivalente pittorico della tradizione liturgica della Chiesa ortodossa, e del consensus patrum della Chiesa. Se si dà per presupposto che non ci si può prendere delle libertà con il deposito liturgico della Chiesa ortodossa, allora perché mai si dovrebbero accettare tali immagini alterate? I sacrifici fatti dai difensori delle icone nei secoli passati, perché l'iconografia fosse mantenuta come una parte integrale e inseparabile della fede ortodossa, sono sicuramente ridicolizzati da immagini come la cosiddetta "Arca della salvezza".

 
Guerra geopolitica in Ucraina

La parola 'Ucraina' significa terra di confine. In altre parole, l'Ucraina non è un paese, ma una regione. In realtà, storicamente, è un termine separatista per la Galizia, inventato per ragioni politiche anti-russe dall'Austria-Ungheria solo circa 120 anni fa. In realtà, tutto quello che viene chiamato Ucraina oggi non è parte di quel confine, ma una parte della patria dell'Ortodossia (la Rus'), chiamata Piccola Russia.

Pertanto, ciò che sta accadendo oggi a Kiev e nell'estremo occidente ucraino (Galizia) non è tanto una guerra civile, ma piuttosto una parte di una guerra geopolitica divisiva e imperialista. Questa è una guerra contro la civiltà cristiana eurasiatica, finanziata e orchestrata dal secolarismo ateo occidentale, che ha già cercato di annientare quella civiltà nel 1917, esportandovi la sua ideologia materialista atea. Molto tempo prima questo laicismo occidentale, camuffato sotto vari nomi, aveva già prodotto i massacri di Carlo Magno, delle Crociate, dell'Inquisizione e delle guerre di 'religione', e poi i genocidi estesi in tutto il mondo dell'imperialismo, della rivoluzione industriale, del darwinismo, del marxismo, del nazismo, di una Unione Europea totalmente corrotta la cui corruzione 'mozzafiato' costa 100 miliardi di euro all'anno (secondo il rapporto del febbraio 2014 del commissario europeo Cecilia Malmstroem), e lo sfruttamento del globalismo.

Vent'anni fa abbiamo visto la prima parte di questa guerra geopolitica in Jugoslavia, anch'essa una zona di confine, che l'Europa occidentale, guidata dal Vaticano, voleva dividere e dominare, strappandola lontano dalla base della civiltà cristiana eurasiatica. In questo l'Europa occidentale non ha ancora avuto successo e deve ancora dividersi e fornire truppe per tenere sotto un relativo controllo le parti di questa zona. Queste truppe, e la minaccia di bombardamenti e dei blocco economico della Serbia, non sono stati in grado nemmeno di iniziare a preparare questa regione per il controllo dell'Unione Europea tramite Berlino. Tuttavia, oggi, un processo simile sta iniziando in Ucraina, dove sono messe ancora una volta alla prova le tecniche occidentali tanto praticate della 'Primavera' araba, compreso l'uso dei social network.

Sono state sequestrate armerie nelle tre ex province polacche nella parte occidentale dell'Ucraina (Ucraina nel vero sensso del termine) e terroristi semi-professionali, ben addestrati e orchestrati, si sono gettati contro la polizia a Kiev, uccidendo nove poliziotti nelle ultime 24 ore. Questi banditi hanno lasciato svastiche alle loro spalle e uno dei loro leader, l'antisemita Tyagnibok, è stato chiamato nazista perfino da Angela Merkel a Berlino. Tuttavia, ci sono altri leader del far west ucraino, Yatsenyuk, e il fantoccio favorito degli americani, Klichko (che parla inglese), così amati dalla sboccata politica statunitense Victoria Nuland. L'attuale guerra a Kiev e nell'estremo occidente dell'Ucraina è un tentativo di jugoslavizzare l'Ucraina.

È improbabile che questo tentativo riesca, perché a differenza della Serbia, l'Ucraina è il confine della Russia. Non appena i giochi olimpici saranno finiti (e gli attuali problemi sono stati chiaramente orchestrati da Washington e Berlino in sincronia con loro), è probabile che la Russia si muoverà. Non ha alcun desiderio di vedere la libanizzazone e la sirianizzazione dell'Ucraina, o di vederla trasformata in una colonia polacca o tedesca, come nella seconda guerra mondiale. Inoltre, dollari USA ed euro di Bruxelles scarseggiano al giorno d'oggi, l'assorbimento nell'Unione Europea creata dagli USA di Stati baltici, Polonia, Ungheria, Romania, Bulgaria, Grecia e Cipro è stato tutto troppo costoso.

Una delle navi da guerra statunitensi inviate a Sochi due settimane fa per intimidire la Russia ieri è rimasta bloccata su un banco di sabbia nel Mar Nero. Può essere un simbolo di tutti i tentativi da parte dei politici e dei media occidentali, siano essi Obama o Ashton, per intimidire l'Ucraina.

 
Recensione: Santi di tutti i giorni

A libro chiuso, la prima sensazione che si prova è d'intensa, commossa gratitudine. Non solo nei confronti dell'autore, ma altresì del piccolo e coraggioso editore che ha pubblicato la versione italiana di Nesvyatye Svyatye. Chi scrive queste righe deve però confessare che nell'accingersi a leggere Santi di tutti i giorni era un poco insospettito dall'ondata d'entusiasmo che il libro dell'archimandrita Tichon [1] ha suscitato e continua a suscitare in Russia. «Milioni di lettori per l'opera di un monaco» pensavo; «vuoi vedere che si tratta di qualche brodaglia spiritual-sentimentale, simile a certi scritti autobiografici che riscuotono tanti applausi qui in Occidente?». Mi sbagliavo, e di grosso.

Anzitutto, nel libro di padre Tichon l'io narrante è totalmente al servizio delle persone e degli eventi narrati: è un "io", per così dire, che vorrebbe dissolversi agli occhi del lettore. L'equivalente di un testimone muto che si limiti a indicare i fatti e gli individui, le loro idee e le loro azioni, mettendo se stesso fra parentesi e quasi chiedendoci scusa della propria presenza. Ed invece è questa presenza - discreta fino ad autocancellarsi -, è questa anima schietta e umile che dà sapore ad ogni pagina e rende Santi di tutti i giorni qualcosa di davvero indimenticabile. Come sono e saranno sempre le testimonianze preziose di chi ha conosciuto e guardato negli occhi gli amici di Dio. Non importa se tali soltanto in articulo mortis, come il regista Sergej Bondarčuk, maestro conosciuto e giustamente ammirato dal giovane Georgij quando studiava cinematografia all'Univestità. La descrizione della conversione di Bondarčuk, assillato da visioni demoniache fino al momento in cui decide di confessarsi e comunicarsi, fa accapponare la pelle e mostra, nella sua cruda verità, la sostanza tragica di cui si nutrono le illusioni umane e l'onnipotenza folgorante della misericordia divina.

Il secondo motivo di gratitudine deriva dalla possibilità di scoprire una Russia che molti davano per estinta ben prima della Rivoluzione bolscevica. Ci fu addirittura chi aveva pontificato sul tramonto della fede ortodossa fin dal XVIII secolo, come se il comunismo si fosse soltanto limitato a porre la pietra tombale sul cristianesimo in Russia nel fatidico ottobre 1917. Certo è nota la canonizzazione di Nicola II e della famiglia imperiale: ma quella notizia è stata da molti incasellata sotto la voce «eccezioni», alla stregua della figura di Dostoevskij, grande faro nell'Ottocento pietroburghese.

Santi di tutti i giorni è dunque anche fonte di stupore per aver richiamato alla memoria distratta di troppe persone quella schiera di indomiti monaci e laici alle prese con l'oppressione sovietica, spesso in condizioni inumane e aberranti (si pensi al nonnulla che poteva costare fino a dieci o più anni di reclusione!), eppure saldi nella fede, alla stregua dei cristiani perseguitati nei primi secoli. Sebbene il racconto di padre Tichon parta dai primi anni Ottanta, vale a dire da una fase in cui l'apparato statale aveva sporadicamente diminuito la repressione nei confronti dell'Ortodossia, il lettore incontrerà più di un confessore della fede, appellativo riservato a coloro che muoiono non di morte violenta – come i martiri – bensì in seguito ai maltrattamenti subiti a causa della propria fede.

L'avventura spirituale di padre Tichon inizia nel monastero di Pskov, non lontano dal confine con l'Estonia. E la memoria dell'autore torna continuamente a quell'oasi di preghiera e santità e agli infiniti insegnamenti – e soprattutto esempi – forniti dagli «starcy» che onorarono le Grotte di Pskov della loro presenza luminosa: padre Ioann (Krest'jankin), padre Serafim, padre Nafanail (l'antipatico tesoriere del monastero), padre Melchisedek, padre Kiprian, padre Nikolaj, e così via... Anime davanti alle quali, come sperimenterà a sue spese l'allora novizio Georgij Ševkunov, non è possibile nascondere alcunché. Neanche il minimo, segreto pensiero di rivalsa. Infatti, quando padre Nafanail gli passa accanto, ecco fioccare puntuale un rimprovero, in forma d'estemporanea osservazione: «Che volevi dire con "Meglio di tutti, padre namestnik! Grazie alle vostre sante preghiere"? [...] Guarda, Georgij, che l'insolenza non ha ancora condotto nessuno al bene». Padre Nafanail gli ha appena ripetuto le esatte, ironiche parole che il novizio rigirava da tempo nella mente, pronto a gettarle in faccia al namestnik (reo a suo giudizio d'avergli imposto una penitenza eccessiva [2]), qualora, incontrandolo, l'anziano gli domandasse: «Come va, Georgij?».

Il libro, corredato da numerose fotografie in bianco e nero, abbonda di eventi prodigiosi narrati senza enfasi, con quella semplicità che contraddistingue le anime libere dalla pesante catena del peccato: salvataggi in condizioni climatiche proibitive, improvvise agnizioni, premonizioni grazie alle quali ci si salva da morte certa, conversioni che sembrano piovere dal cielo, ritrovamenti a dir poco inattesi di reliquie... A proposito di questi ultimi, si pensi alla scoperta del feretro del patriarca Tichon, morto nel 1925 e sepolto nel monastero Donskoj di Mosca. Oppure ai resti di san Serafino di Sarov, il cui ritrovamento (nel 1990) non viene descritto nel libro ma solo accennato, e costituisce un altro indubbio segno dell'avvicinarsi di una per molti versi miracolosa rinascita della fede in Russia. Con la traslazione delle reliquie al monastero di Diveevo, alla presenza di matuška Frosja, si realizza inoltre una profezia di padre Serafino.

Chi avesse creduto che dopo l'espatrio in Occidente di teologi come Sergej Bulgakov o Pavel Evdokimov, o dopo la fucilazione di padre Florenskij e delle altre vittime dell'anticristianesimo staliniano, si fosse formata una vile nube di acquiescenza, troverà in Santi di tutti i giorni una smentita clamorosa.

Prima di avviarmi alla conclusione, vorrei citare uno dei non rari esempi di gustoso umorismo che costellano il libro dell'archimandrita Tichon. «Un comunista finlandese fece a padre Alipij, in presenza dei suoi amici sovietici, la domanda tipica degli atei di quell'epoca: – Potreste spiegarci perché gli astronauti hanno volato nel cosmo ma non hanno visto Dio?». Ed ecco la risposta: «Questa disgrazia può capitare anche a voi: andare a Helsinki e non vedere il presidente».

Non solo ai santi, ma anche agli impostori vengono riservati ritratti memorabili. Come al falso monaco Augustin, o al contabile d'origine tedesca che ruba invano tutti i risparmi destinati ad acquistare una mietitrebbia. Sono tuttavia le anime belle a far la parte del leone in questo specchio del monachesimo ortodosso che ci ha donato padre Tichon. Come dimenticare il modo con cui padre Rafail invitava ogni suo interlocutore a bere insieme a lui una tazza di tè? O padre Dosifej, asceta su un isolotto a due chilometri dal villaggio di Borovik? Quest'ultimo, come un novello Macario l'Egiziano, autorizza i ladri a derubarlo di tutti i suoi averi, ponendo tuttavia una condizione che metterà in fuga i malfattori: «Prendete quel che volete. Però prima vi benedico».

Note

[1] Al secolo Georgij Ševkunov, è nato a Mosca nel 1958. Dal 1995 è abate del monastero Sretenskij; dal 2011, membro del Consiglio superiore della Chiesa Ortodossa russa.

[2] «spazzare la neve da tutta la piazza della Dormizione per tre giorni».

 
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La tradizione è importante? Sulle usanze e sulle regole della Chiesa

Poiché abbiamo iniziato la Grande Quaresima, ho pensato di scrivere di tradizione, costumi e usanze della Chiesa. Da dove vengono? Quanto sono importanti? È possibile avere una vita religiosa senza regole e usanze?

Prima di tutto, vorrei sottolineare che tutte le Chiese o denominazioni, anche le più liberali, hanno le loro regole e usanze. Le differenze sono nei modi, nei criteri e nei significati di come queste usanze e tradizioni vengono implementate e praticate.

Per cominciare, sappiamo che il cristianesimo proviene dall'ebraismo. Poiché l'ebraismo è una religione con le sue usanze e tradizioni, è naturale che il cristianesimo abbia seguito l'ebraismo in merito a questo aspetto. Penso che sia facile da capire poiché la Bibbia e la storia mostrano chiaramente questa realtà.

Perché la tradizione è importante? Davvero, perché la tradizione è importante? È importante perché dobbiamo seguirla? O perché rende belle le funzioni della Chiesa? Sicuramente, tutti questi fatti hanno i loro ruoli. Ma penso che ci sia qualcos'altro che fa sì che la tradizione abbia l'importante ruolo che conosciamo e che sia radicata e connessa a chi siamo come esseri umani. Sappiamo che non siamo solo anime, siamo anche creature materiali, abbiamo dei corpi.

I nostri corpi sono una parte inseparabile della nostra identità. Di conseguenza, indipendentemente da quanto diciamo che la fede è una realtà spirituale, siamo anche esseri materiali. Le realtà concrete, visibili e tangibili sono importanti per noi. Per esempio, esprimiamo il nostro amore per i nostri cari, familiari e amici non solo a parole ma anche toccandoli; abbracciandoli, baciandoli. Baciamo le foto dei nostri bambini quando sono via e ci mancano. Questo è naturale. Anche nella religione, per essere in contatto con le realtà religiose metafisiche, abbiamo bisogno di mezzi visibili e materiali per aiutarci a essere trasferiti in quel mondo spirituale e non visibile. Penso che questo sia il motivo principale per capire perché le usanze e le tradizioni della Chiesa abbiano giocato un ruolo importante nel cristianesimo. Gli inni ecclesiastici, gli aspetti unici dell'architettura delle chiese, le icone, tutte queste cose e altre ancora ci aiutano a spezzare i vincoli che ci limitano e a rimanere in contatto con il mondo spirituale.

Questi aspetti della tradizione della Chiesa sono come porte che ci aprono l'altro mondo, quello trascendente. Abbiamo bisogno di questi mezzi. Per esempio, la gente può dire che possiamo pregare individualmente e provare gli stessi sentimenti. Questo è giusto, questo è un passo necessario che ogni individuo dovrebbe essere in grado di fare, ma oltre alle nostre esperienze individuali, una vita religiosa globale richiede un'esperienza basata su costumi e tradizioni. Perché? Perché nulla nella Chiesa è una coincidenza.

Queste regole e usanze sono state create da persone competenti; i santi, i padri della Chiesa che presumibilmente hanno ottenuto risultati più alti nella loro vita religiosa rispetto alla gente media, e ciò che hanno fatto è stato il risultato delle loro straordinarie esperienze. Per esempio, quando preghiamo, sappiamo che ripetiamo sempre le stesse parole, il che va bene, ma è anche importante e più autentico, oltre alle nostre preghiere spontanee e personali, memorizzare o leggere preghiere che fanno parte della tradizione della Chiesa . Queste preghiere sono il risultato di grandi esperienze e sono state migliorate nel corso dei secoli. Queste preghiere sono il risultato dello sforzo di grandi persone, persone più vicine a Dio.

Venendo al digiuno, è fondamentale capire che il digiuno non è uno scopo ma un metodo, e che è un addestramento dei nostri corpi come premessa per migliorare la nostra vita spirituale e il nostro comportamento. Limitandoci ad alcuni alimenti, in realtà ci alleniamo all'autocontrollo con l'obiettivo finale di controllare i nostri istinti e di sbarazzarci delle nostre debolezze. Una volta che il digiuno inizia a mirare solo a noi stessi, diventa solo una dieta e perde il suo vero scopo.

Quale ruolo può avere la tradizione? Personalmente, essere un musicista e suonare musica sacra creata da grandi compositori ha avuto un grande impatto su di me. Tali momenti mi hanno reso più facile sperimentare la presenza di Dio. Non riesco a immaginare la mia vita religiosa senza questi momenti. Ho provato sentimenti simili quando sono tornato in Russia e sono entrato in chiese ortodosse con bellissimi affreschi. Ho provato tali sentimenti anche ogni volta che entravo nelle Chiese medievali armene a causa del mistero creato dal gioco di luci e ombre. Ma quando sono diventato sacerdote ho iniziato a sperimentare qualcosa di molto più profondo e reale, qualcosa che credo sperimentino molti altri chierici. Questo "qualcosa" è la Divina Liturgia (o Santa Messa) e se viene celebrata con fede reale e sincera, allora può essere un'esperienza incomparabile rispetto agli altri momenti spirituali che possiamo sperimentare.

È interessante ricordare che il famoso teologo russo padre Pavel Florenskij (che era di madre armena) ha definito la Liturgia un'opera spirituale, dove presiedono tutti gli elementi dell'opera; la storia, il canto, la recitazione, i movimenti e i vestiti. Ma a differenza dell'opera, i sentimenti nella Divina Liturgia sono religiosi. E, soprattutto, la liturgia è qualcosa di più di semplici sentimenti, è un sacramento in cui non solo l'uomo ma soprattutto Dio è parte di quella realtà. In apparenza, la Liturgia è una serie di azioni, ma in realtà è un'azione divina, un'azione che ci aiuta a sentire la presenza di Dio. Ciò non significa che i laici non possano avere veri momenti in cui vivere la loro fede durante le funzioni della Chiesa. Tutto dipende dalla loro fede e da ciò che accade nei loro cuori. Credo che se un laico ha una fede vera e profonda e ha anche familiarità con la Divina Liturgia, allora può provare gli stessi sentimenti che può provare un sacerdote durante quel sacramento. Il mio punto nel dire tutto ciò è mostrare quale ruolo principale possono svolgere diversi aspetti della vita e della tradizione della Chiesa nella vita dei credenti.

La tradizione può essere cambiata? Dicendo questo, è importante capire che le usanze e le tradizioni della Chiesa non possono essere realtà statiche: sono mutevoli. La tradizione muore quando diventa piegata su se stessa e perde il suo scopo principale e questo è un modo per aiutarci a rimanere in contatto con l'altro mondo trascendente. Una volta che uno qualsiasi dei rituali della Chiesa smette di ispirare le persone, significa che dovrebbe esserci una valutazione di quel rituale. Ma è anche molto importante capire che i cambiamenti in qualsiasi aspetto della vita della Chiesa dovrebbero essere fatti con la massima cura.

La Chiesa nella sua essenza è un'istituzione conservatrice e ogni cambiamento dovrebbe essere fatto dopo studi dettagliati e completi. Come operare tali cambiamenti non è un compito facile, soprattutto oggi, poiché non è facile capire perché le persone non siano ispirate dai rituali della Chiesa. In alcuni casi ciò accade a causa della mancanza di educazione alle usanza e alle tradizioni della Chiesa. Per le Chiese tradizionali, questo problema è più urgente in Occidente, dal momento che là molte persone non provengono dai paesi di cui queste Chiese erano originarie e non hanno alcuna possibilità di essere educati e di conoscere le tradizioni e le usanze della Chiesa. I dirigenti della Chiesa sono spesso di fronte a un dilemma su cosa fare per mantenere un equilibrio tra le realtà e per non perdere l'autenticità della Chiesa.

Per esempio nella Chiesa apostolica armena, una delle questioni più discusse è la lingua della liturgia, se continuare a usare la classica lingua ecclesiastica armena (krapar) che i laici capiscono a malapena, oppure tradurre la liturgia in armeno moderno o nelle lingue locali in modo che le persone possano capire nei diversi paesi in cui vivono. Non è un segreto che ci sia un gran numero di armeni che non parlano e non capiscono l'armeno, specialmente nel mondo occidentale. Io stesso non ho una risposta a questo particolare problema, e ciò che lo rende un sfida più intensa è il fatto che, oltre al suo aspetto religioso, la tradizione della Chiesa è anche considerata una fonte di cultura e di identità nazionale, una questione delicata per gli armeni della diaspora.

Tuttavia, a mio avviso, il consiglio principale per cambiare qualcosa nel rituale della Chiesa è di farle in modo che ciò che si cambia svolga il suo ruolo principale, ovvero creare un'atmosfera che ispira le persone a elevarsi e a partecipare emotivamente alle diverse funzioni e, soprattutto, alla Divina Liturgia. In questo caso, non sono sicuro che cambiare la lingua possa essere la risposta giusta. Potrebbero esserci altre soluzioni equilibrate. Continuando sul tema dell'aspetto dei rituali della Chiesa, possiamo vedere che a volte le funzioni lunghe possono avere un piccolo impatto se non c'è comprensione e partecipazione emotiva da parte della gente. Le persone si annoiano, iniziano a guardare i propri orologi e accade che le funzioni perdano il loro scopo. Come ho detto, questo è un problema difficile e può essere risolto solo con una visione ampia e a lungo termine, e una volontà di prendere decisioni difficili ma sagge.

L'importanza di avere tradizioni diverse: parlando di diverse tradizioni, è naturale che ogni nazione e cultura abbia i suoi modi per celebrare le sue funzioni e i suoi rituali. Questi diversi modi sono rilevanti per la storia, la mentalità e la cultura di ogni nazione. Le canzoni spirituali degli afroamericani sono il modo migliore per questo gruppo di persone di esprimere la loro fede, le icone russe sono rilevanti per la cultura del popolo russo e gli inni religiosi armeni sono radicati nella cultura e nella coscienza armena, ecc. Qualsiasi espressione che funzioni e che serva al suo scopo di collegare le persone a Dio è buono. Non ci sono tradizioni buone o cattive, ci sono tradizioni diverse. Detto questo, penso che ogni nazione dovrebbe rimanere con la propria tradizione, ma allo stesso tempo, ciò non dovrebbe impedire ai fedeli di conoscere e di apprezzare le tradizioni religiose di altre nazioni e Chiese.

Tutte queste diverse tradizioni arricchiscono la civiltà e mostrano anche quale ruolo importante abbia avuto il cristianesimo nella storia dell'umanità. È difficile immaginare la civiltà e la cultura senza le opere d'arte create come parte della tradizione della Chiesa; come poesie, capolavori musicali, edifici, sculture, dipinti, icone emerse dal cristianesimo. Inoltre, è impossibile immaginare Michelangelo, J. S. Bach, Dostoevskij e altri geni al di fuori del cristianesimo. Penso che l'intera cultura occidentale fino alla metà del secolo scorso sia stata creata direttamente o indirettamente sotto l'influenza del cristianesimo. Anche nel caso di persone prive di fede, volenti o nolenti le opere di tali persone erano influenzate dal cristianesimo poiché tutti erano cresciuti ed erano stati educati sotto l'egida della cultura cristiana dominante in Occidente fino agli anni '50.

Per finire, vorrei sottolineare ancora una volta che quando si tratta della tradizione della Chiesa, è molto importante mantenere un equilibrio tra il contenuto e la forma, per fare in modo che la forma segua il contenuto e non il contrario, e per farlo in un modo che serva al suo scopo principale che è quello di creare un'atmosfera paradisiaca durante le funzioni nelle chiese, per assicurarsi che seguiamo la tradizione non perché dobbiamo seguirla, ma per migliorare la nostra fede e le nostre esperienze religiose.

 
Padre Daniil Sysoev: Perché andare in chiesa ogni domenica (3/3)

Eccoci giunti alla terza e ultima parte dell'articolo di padre Daniil Sysoev sulle ragioni per andare in chiesa ogni domenica. In questa parte un po' più lunga, padre Daniil risponde alle obiezioni più sottili, che comprendono l'incomprensione,la mancanza di fiducia, l'assenza di distinzione tra preghiera privata e comune, i problemi familiari, i sentimenti di negatività, e l'onnipresente scusa di chi sente già Dio nel suo cuore. L'articolo è disponibile per intero nella sezione "Ortoprassi" dei documenti, e in fondo a ciascuna delle tre parti ci sono i rimandi alle altre due.

 
Sant'Olimpia (Olimpiada), diaconessa di Costantinopoli

foto: nyblago.org

Sant'Olimpia nacque in un'importante famiglia di Costantinopoli, capitale dell'Impero bizantino. Suo padre era un senatore, sua madre era figlia di un prefetto del pretorio. Nella sua giovinezza, si fidanzò con il prefetto della capitale. Il santo ierarca Gregorio il Teologo (389), che era stato invitato alle nozze, chiese perdono per non aver potuto partecipare alla celebrazione della famiglia, e le rivolse un "consiglio paterno", che lui stesso definì un "dono gentile", alla giovane sposa. Il santo ierarca Gregorio consigliava: “Onora prima Dio e poi il tuo coniuge: l'occhio della tua vita, il direttore delle tue intenzioni. Ama solo lui, porta gioia solo al suo cuore; inoltre, quanto più teneramente egli nutre l'amore per te, tanto più conserva una dedizione indistruttibile con vincoli di unanimità. Non permetterti licenze per amore del marito, ma solo ciò che è appropriato... Quando il marito è irritato, fai delle concessioni, e quando è stanco aiutalo con parole tenere e buoni consigli... Non importa quanto tu possa essere infastidita, non rimproverare mai il tuo coniuge di aver subito una perdita, perché lui stesso è il miglior acquisto per te... Considera tutte le gioie e le pene di tuo marito come le tue in comune. Lascia che anche le tue preoccupazioni siano in comune con lui, perché la casa diventa di conseguenza più grande. Sii estremamente saggia, ma non estremamente intelligente"... Sant'Olimpia fu sposata per soli 20 mesi. Diventata vedova, si rifiutò risolutamente di contrarre un secondo matrimonio, non prestando attenzione né alle persuasioni né alle minacce fatte dall'imperatore Teodosio il Grande, che voleva farla sposare con un parente, un giovane aristocratico. Il suo rifiuto fece arrabbiare l'imperatore, che ordinò al prefetto della capitale di sequestrare tutto il suo patrimonio – limitando l'uso delle sue risorse fino all'età di trent'anni. Sant'Olimpia accettò con calma quell'azione illegale. Inoltre, scrisse all'imperatore: "Sovrano! Mi hai mostrato misericordia degna non solo di un sovrano ma anche di un vescovo; sono stata liberata dalle molte preoccupazioni di prendermi cura di una proprietà. Per concedermi una gioia più grande, degnati di ordinare che tutto sia distribuito alle chiese e ai poveri. Ho a lungo temuto le propensioni alla vanità, che si manifestano così facilmente quando si regalano beni. Può darsi che le cose buone transitorie siano state in grado di allontanare il mio cuore dalle vere cose buone, quelle spirituali ed eterne". Teodosio si rese conto del suo errore e ordinò che le fosse restituito il patrimonio. Da quel momento in poi, Olimpia compì generosamente atti di carità a beneficio di monasteri, chiese, carcerati, esiliati, prigionieri di guerra e tutti i bisognosi. Il vescovo Palladio scrisse di lei come "la sua vera amica spirituale", in qualità di testimone oculare: "Ha dato via la sua immensa ricchezza, e ha semplicemente aiutato tutti, senza distinzione. Né le città, né i villaggi, né i deserti, né le isole, né le terre lontane furono prive della generosità di questa meravigliosa fanciulla ... [che] distribuì la sua elemosina in tutta la Creazione".

L'arcivescovo Nettario di Costantinopoli (predecessore di san Giovanni Crisostomo) elevò sant'Olimpia al rango di diaconessa... I doveri di una diaconessa comprendevano la cura dei sofferenti, delle donne sfortunate, l'insegnamento della Legge di Dio e l'assistenza durante lo svolgimento dei santi misteri su di loro... sant'Olimpia diede il buon esempio in tutti questi campi.

Non appena il santo ierarca Giovanni Crisostomo fu elevato al trono episcopale di Costantinopoli, sant'Olimpia divenne la sua più stretta amica spirituale. Pertanto, non appena la tempesta di disgrazie si abbatté sul santo ierarca, anche i suoi nemici si ribellarono contro di lei, accusandola calunniosamente di varie trasgressioni. Sebbene fosse palesemente ovvio che le accuse erano false (per esempio, fu accusata di aver appiccato il fuoco alla chiesa della Santa Sapienza, un'accusa assurda contro qualcuna che aveva costruito un certo numero di chiese con le proprie risorse) fu trascinata in vari tribunali, cosa che le provocò non poca sofferenza, facendola ammalare. Sia lei che il santo ierarca Giovanni Crisostomo furono banditi da Costantinopoli. Morì in esilio nell'anno 410, subito dopo la morte del suo grande direttore spirituale, san Giovanni (407)... Il santo ierarca di Costantinopoli si lamentava e al tempo stesso la lodava: "Quali parole sarebbero sufficienti, quali storie dovrebbero essere raccontate, per raccontare ciò che hai sofferto dalla tua infanzia sino a oggi: ciò che hai sofferto per mano delle persone della tua famiglia, amici, nemici, parenti e non parenti, funzionari pubblici e privati ​​e membri del clero? Dopotutto, si potrebbe trasformare il racconto di ognuna di quelle sofferenze in un'intera storia... In effetti, non hanno mai smesso di infliggerti vari tipi di mali fisici; dolori di gran lunga peggiori di una miriade di modi per infliggere la morte; innumerevoli insulti, invettive e calunnie non hanno mai smesso di esserti inflitti".

La vita santa di Olimpia è stata fonte di conforto e gioia per molti e un modello di emulazione da parte di coloro che cercavano le cose eterne. Il santo ierarca Palladio, vescovo di Elenopols, scrisse di lei: "Una vita senza vanità, un aspetto franco, una vera buona morale, un volto che mostra i suoi veri colori senza abbellimenti, un corpo esausto, un intelletto modesto, estraneo a discussioni altezzose, un cuore tranquillo, una vigilanza instancabile, un amore oltre misura, un gentilezza caritatevole immensa e illimitata, vestiti poveri, un'astinenza incalcolabile, come scopo la tensione verso Dio, speranze eterne, opere inesprimibili di gentilezza e carità. Tali erano i suoi ornamenti".

 
Arciprete Andrew Phillips: Domande e risposte dalla corrispondenza recente (agosto 2015)

Sugli eventi attuali

Al momento vi è una grande preoccupazione per gli eventi finanziari in Cina. Che cosa significa questo?

Non posso dirlo, non sono un economista, ma mi sembra che ci siano due cose da dire che sono senza dubbio evidenti a molti. Prima di tutto, è significativo che a causa delle turbolenze della borsa in Cina, il mondo occidentale è in preda al panico. Questo segna un punto di svolta, perché mostra che l'economia cinese è oggi la più importante del mondo. Questo era impensabile anche solo cinque anni fa, per non parlare di venticinque anni fa. In secondo luogo, e come conseguenza di questo, penso che ci sia dietro questa crisi qualche manipolazione artificiale per fermare la Cina dal diventare ancora più importante e per proteggere il dollaro come valuta di riserva e così come meccanismo di controllo globale. Per i poteri costituiti, alla Cina non deve essere permesso di diventare indipendente dal loro controllo globale. Questa speculazione è artificiale. Non posso fare a chiedermi se vi sia anche collegata la recente e mortale esplosione nella città cinese di Tianjin. Può essersi trattato di un sabotaggio? Non lo so.

Cosa sta accadendo in Ucraina ora?

È molto difficile sapere cosa vi stia succedendo. Ci sono molte voci. Non pretendo di capire, dal momento che i rapporti sono così mescolati e caotici. Avrei preferito citare ciò che una persona ben informata ha detto sulla ragione della crisi e della guerra civile in Ucraina – e anche in Cina. Così, in un'intervista a Saker, Paul Craig Roberts ha spiegato queste cose e anche l'odio generale verso la Russia nell'elite governativa di Washington:

'Mentre gli Stati Uniti si sono concentrati sulle proprie guerre mediorientali, Putin ha restaurato la Russia e ha bloccato l'invasione pianificata della Siria e il bombardamento dell'Iran da parte di Washington. Il "primo obiettivo" della dottrina neocon è stato violato. La Russia doveva essere riportata in riga. Questa è l'origine dell'attacco di Washington alla Russia. I media dipendenti e prigionieri in USA e in Europa dipendenti e prigionieri continuano semplicemente a ripetere voci sulla "minaccia russa" al pubblico, noncurante e altrimenti disinformato.

L'offesa fatta dalla cultura russa è anche nella morale cristiana, nel rispetto della legge e dell'umanità, nella diplomazia al posto della coercizione, nei costumi sociali tradizionali – ma questo è solo lo sfondo del dramma. La Russia è odiata perché la Russia (e Cina) è una sfida al potere di controllo unilaterale di Washington.

Penso che sia chiaro dall'Ucraina, per non parlare del Medio Oriente, che, anche se Washington non è folle nella sua risoluta e logicamente spietata sete di potere mondiale, è folle moralmente. Abbiamo già visto l'inizio di questa follia morale dopo la seconda guerra mondiale, prima nella guerra di Corea e poi nella guerra del Vietnam, ma dopo la caduta dell'Unione Sovietica è diventata palese. Chi può dimenticare la prima guerra del Golfo, una provocazione artificiale, in cui migliaia di soldati americani sono stati colpiti dalla 'sindrome della guerra del Golfo', avvelenati dalla propria parte.

Sulla Russia bianca

Il movimento russo bianco oggi ha ancora qualche significato, quasi cent'anni dopo il suo inizio?

Le parole "il movimento russo bianco" sono prive di senso! È un po' come la frase 'la Chiesa cattolica'. Potete trovare cattolici di tutti i tipi, molti molto lontani dall'Ortodossia, alcuni molto vicini all'Ortodossia e moltissimi a mezza strada.

Così, allo stesso modo, è necessario definire in primo luogo che cosa sia 'il movimento bianco'. Il movimento bianco è stato molto vario. Purtroppo, solo il 10% di coloro che sono fuggiti per salvarsi la vita dall'Unione Sovietica ha continuato a vivere nella Chiesa e ha sostenuto lo tsar. La maggioranza non era interessata alla vita della Chiesa e in effetti non lo era stata neppure quando era ancora in Russia. Erano semplicemente anti-bolscevichi per ragioni politiche. Questo non è lo stesso che essere ortodossi. Tutto ciò è stato chiaramente sottolineato da san Giovanni di Shanghai nel suo rapporto al Concilio di tutta la diaspora del 1938. Tali 'russi bianchi' si sono ben presto assimilati nella società occidentale, poiché non avevano alcun interesse nell'Ortodossia russa, la fonte della loro identità. Un esempio inglese di questo tipo è il famigerato ex vice primo ministro laicista, Nick Clegg, la cui nonna era 'russa bianca', ma ce ne sono molti altri.

Ancora altri cosiddetti 'russi bianchi' sono andati in scisma, lasciando la Chiesa russa del tutto e unendosi al patriarcato di Costantinopoli. Questi aristocratici e intellettuali modernisti dello scisma di Parigi hanno sostenuto il rinnovazionismo, sia quello primitivo di tipo pseudo-protestante, sia quello di tipo sofisticato, pseudo-spirituale, che si ispira ai perennialisti come René Guénon e Frithjof Schuon con i loro concetti indù e musulmani. Il primo gruppo era ed è puramente laicista, ma il secondo gruppo era ed è altrettanto laicista – attraverso la sua impurità spirituale che lusingava e lusinga l'immensa vanità narcisista di tali intellettuali.

Quindi, se vogliamo parlare di vero movimento bianco oggi, allora questo può significare solo la Chiesa di oggi al di fuori della Russia, la ROCOR. Tuttavia, dato che la Chiesa in Russia è ora libera, coloro che al suo interno sono integrati nella Chiesa condividono con noi un'identità di vedute. Così i veri 'russi bianchi' sono tutti coloro che seguono la Chiesa e sostegnono 'lo tsar bianco', a prescindere dal fatto che vivano in Russia o all'estero.

Che cosa intende per 'coloro che al suo interno sono integrati nella Chiesa'?

La Chiesa in Russia è enorme e vi si possono trovare tutti i tipi di singoli punti di vista, condivisi da quelli che a vari stadi sono in procinto di accostarsi alla Chiesa, quelli che non sono ancora passati a una 'ecclesialità' (tserkovnost), ovvero a una comprensione della Chiesa e della vita della Chiesa, e quelli che appartengono alla maggioranza. Per esempio, in Russia ci sono piccoli gruppi noti come 'kochetkovtsy', che sono modernisti ed ecumenisti, ma all'altro estremo ci sono coloro quelli chiamati 'stalinisti ortodossi', cioè nazionalisti che immaginano che Stalin sia stato un sostenitore della Chiesa! Ci sono estremi di ogni genere ai margini della vita della Chiesa. Poi ci sono i corrotti, che sfruttano la Chiesa per arricchire se stessi, e tra loro alcuni sacerdoti. Chiaramente, questi piccoli gruppi non integrati non appartengono alla maggioranza della Chiesa. La ROCOR non ha nulla a che fare con loro, ma con la corrente principale in Russia.

La crisi in Europa

Cosa pensare della presente crisi migratoria in Europa, in cui centinaia di migliaia di rifugiati vengono qui dal Medio Oriente e dal Nord Africa?

È interessante notare che, poiché il termine 'immigrazione' ha portato discredito alle istituzioni, hanno cambiato la parola in 'migrazione'! È lo stesso in Francia. L'élite ha cambiato il vocabolario, nella speranza che la gente sia abbastanza stupida per non capire cosa sta succedendo. Politichese!

Vorrei dire questo della tragedia in cui muoiono centinaia di persone, di solito per annegamento, ogni settimana.

Ogni nostra azione ha conseguenze inevitabili, c'è sempre un prezzo da pagare. Per esempio, perché la prima guerra mondiale è stata combattuta in Belgio? Poiché il Belgio ha dovuto pagare per il genocidio che al suo re era stato permesso di effettuare nel Congo belga, dove furono massacrati tra i cinque e i dieci milioni di persone e, milioni di altri furono mutilati, anche secondo le stime prudenti. E perché Hitler ha compiuto il suo genocidio di 50 milioni di persone proprio in Europa? Perché l'Europa doveva pagare per i genocidi razzisti che aveva condotto nelle sue colonie in America, Asia, Oceania e Africa. Ciò che Hitler ha fatto a slavi, ebrei e altri in Europa, non è stato più di quello che Gran Bretagna, Francia, Germania, Belgio, Italia, Spagna e Portogallo avevano già fatto al di fuori dell'Europa. Come ha commentato un cinico, se gli ebrei fossero stati neri, gli Stati Uniti sarebbero stati dalla parte di Hitler. La prima e la seconda guerra 'mondiale' (= europea) non hanno fatto altro che riportare semplicemente i crimini europei in Europa.

Oggi, ironia delle ironie, la secolarizzazione europea, lo spirito anticristiano responsabile dello sfruttamento da parte dell'Europa dei propri imperi coloniali, sta portando direttamente all'immigrazione di massa, vale a dire, all'islamizzazione dell'Europa. L'Europa sta per diventare 'Eurabia'. Oggi l'Europa deve pagare il prezzo di aver inventato i confini folli di paesi come la Libia, la Siria e l'Iraq. Deve pagare il prezzo per aver invaso, o per aver sostenuto l'invasione e la creazione del caos attuale in Jugoslavia (da dove gli immigrati stanno entrando nel'Unione Europea), Iraq, Afghanistan e Libia, e per essere stata a guardare senza fare niente durante i massacri dei cristiani in questi paesi, così come in Siria, Nigeria, Eritrea e Turchia. Questa ondata di immigrazione (o 'migrazione', come i governi occidentali ora la mascherano) è la conseguenza dell'ingerenza dell'Europa in altri paesi o del suo giocherellare mentre questi bruciavano.

La Germania sta pagando un prezzo particolarmente elevato. Perché? Perché ha portato l'Europa orientale nell'Unione Europea al fine di sfruttare questi paesi, e ha giocato il ruolo principale nel distruggere la Jugoslavia. Questi immigrati non si fermano in Macedonia o in Serbia o in Ungheria o in Slovacchia (che dice che accetta solo i cristiani), stanno andando direttamente in Germania.

Così, l'Europa è in crisi. Che cosa si deve fare?

l'Europa è in crisi dal 1914, soprattutto dal 1918, quando i membri della famiglia imperiale russa sono stati massacrati. Non dimenticate che la casa imperiale russa era europea. Lo tsar Nicola II era russo nello spirito, nella sua anima, ma oper origine razziale era quasi interamente un europeo occidentale, così come lo era la tsarina. Lo tsar Nicola era un uomo estremamente colto, con due lauree, che parlava cinque lingue, tra cui il danese di sua madre. Uccidere la casa imperiale russa è stato un suicidio per l'Europa, e questo è il motivo per cui l'ordine per il loro massacro non è venuto dalla Russia o dall'Europa, ma da New York. Fino a quando le nazioni europee non si renderanno conto di questo e non affermeranno la propria sovranità, saranno per sempre colonie e vassalli degli Stati Uniti. L'Europa deve pentirsi.

Oggi, quasi 100 anni dopo quegli eventi, l'Europa si trova tra la laicità e l'islamismo. Pertanto, l'attuale lotta è per l'anima stessa dell'Europa. Temo che l'Europa possa scomparire, che si perda, che sia troppo tardi, perché non sembra esserci alcun pentimento. La lotta europea è tra le tenebre e la luce, tra l'identità spirituale dell'Europa e la sua nullità spirituale, per la sua stessa sopravvivenza. Potranno i popoli d'Europa sopravvivere al la venalità senza principi delle loro élite, delle loro istituzioni? Io sono sempre più pessimista.

Le persone spiritualmente consapevoli in Europa sembrano essere in viaggio verso la Russia sul relitto del Titanic europeo, in fuga dal Mar Morto di Sodoma.

Sta pensando all'establishment britannico, quando parla della 'venalità delle loro élite'?

Ora sappiamo, come da tempo avevamo sospettato, che l'establishment britannico, come quello romano antico, è corrotto dalla pedofilia, ma le altre istituzioni occidentali, in generale, non sono migliori. Conosco l'establisment assassino francese in particolare.

Quindi, i membri integrati della Chiesa ortodossa russa, quelli che ci forse chiamerebbe 'la vera Russia Bianca', hanno un messaggio per l'Europa nella sua attuale crisi spirituale?

La missione ortodossa russa in Europa è quella di salvare il meglio della vecchia Europa, ciò che è compatibile con la fede ortodossa e la Chiesa, ed è compatibile con la santa Rus'. Questo significa che la nostra missione è di far risorgere la santa Europa – i santi d'Europa. Sono i santi d'Europa, il meglio della vecchia Europa, che parlano alla santa Rus', perché i nostri ideali sono gli stessi.

L'Occidente è caduto nell'edonismo e l'edonismo è diventato bestialità; l'Occidente è caduto nel culto della comodità e la comodità è diventata la fine della cultura, la rovina morale. Le prime due Romes, Roma e Istanbul, non possono essere d'aiuto, perché sono solo reliquie, anche se molto importanti e storiche. Sono state entrambe nazionalizzate, una dalla vecchia mentalità pagana romana, l'altra dall'ellenismo. Solo una Nuova Roma con un forte stato, una forte fede e uno spirito multinazionale può resistere. Quindi, la nostra missione è quella di dare all'Europa i comandamenti della santa Rus' al fine di salvarla.

Quali sono questi comandamenti?

Questi comandamenti sono di mantenere:

1. L'Ortodossia, senza compromessi, come nel meglio della santa Rus, quello che potremmo chiamare la vera Russia Bianca, indipendentemente dal fatto che sia all'interno della Russia o al di fuori della Russia.

2. La sovranità, l'identità spirituale sovrana di ogni popolo e lingua dell'Europa.

3. Il popolo, il rispetto per ogni popolo e cultura dell'Europa, mostrando loro che non viviamo di solo pane.

Se l'Occidente ignora questi comandamenti e non offre alcuna resistenza spirituale, il suo futuro è Palmira.

 
L’arcivescovo Mark di Egor’evsk e il Programma della costruzione di chiese ortodosse a Mosca

L’arcivescovo Mark ha parlato con gli abitanti del distretto occidentale di Mosca

Il 12 agosto nella prefettura del distretto amministrativo occidentale, l’arcivescovo Mark di Egor’evsk, presidente della gestione finanziaria ed economica della Chiesa Ortodossa Russa, presidente della fondazione “Supporto della costruzione delle chiese in città di Mosca” ha risposto alle domande dei cittadini di Mosca. La “linea diretta” è stata organizzata in risposta alle numerose richieste dei lettori del giornale Na Zapade Moskvy (“A occidente di Mosca”) e dei cittadini del distretto.

“La principale conclusione dell’incontro di oggi è che il Programma “200 chiese” è importante per la gente”, ha sottolineato l’arcivescovo Mark, commentando i risultati della discussione al telecanale “Soyuz” (“Unione”). – Nonostante le diverse dichiarazioni nella stampa, oggi non abbiamo sentito una singola chiamata di protesta, nessun commento negativo. Nemmeno una domanda su come mai costruiamo le chiese. Al contrario. La maggior parte delle persone che chiamavano chiedevano se è possibile costruire una chiesa vicino a casa loro e che cosa bisogna fare per questo fine, e chi contattare. Molti chiedevano con insistenza di chiedere quanto prima il rilascio di terreni per la costruzione delle nuove chiese, e indicavano gli indirizzi precisi. In merito alle critiche, le persone erano preoccupate solo di questo genere di problema: completare quanto prima le chiese già in costruzione, sulle vie Lobachevskij 27, Michurinskij 70, Barklaja 9, Osennjaja 33, Jarzevskaja 11, sul viale Mozhajskoe 54”.

“Vorrei inoltre specificare” ha continuato l’arcivescovo “che a volte i cittadini di Mosca si fanno un’idea distorta del nostro programma. Nei mass media e alla TV spesso ci sono informazioni su visite settimanali dei cantieri, dove sono riuniti soprattutto capi progetto, funzionari, imprenditori, progettisti. Sono tutte le persone di rispetto che veramente mettono le loro energie e talento per la causa comune della rinascita di una Mosca “dalle cupole d’oro”. È molto importante rendere le persone consapevoli che il nostro servizio non è un progetto burocratico ecclesiastico, ma è un servizio alle persone. Le chiese sono costruite da persone per le persone”.

Secondo le parole dell’arcivescovo i cittadini sostengono attivamente un’iniziativa così importante per Mosca. Definito il terreno, trovano un rettore, cominciano a fare le preghiere, i fedeli si incontrano e si riuniscono sul terreno (a volte è semplicemente un appezzamento non coltivato). Cercano di predisporre per lo meno un piccolo prefabbricato, da utilizzare se c’è brutto tempo durante le preghiere. Se non ci sono i soldi per grandi chiese fatte di pietra, installano chiese temporanee di legno per potervi organizzare la vita liturgica e parrocchiale.

“Là dove nascono le chiese, la vita delle persone è trasfigurata” dice l’arcivescovo. “Ognuno contribuisce secondo le proprie forze. I bambini non vanno in giro per le strade, ma vengono alle scuole domenicali, aiutano nel servizio sociale, imparano a vivere per gli altri. Chiedono il programma. L’obiettivo principale è velocizzare la soluzione delle questioni finanziarie. Per questo mi rivolgo a tutti i cittadini di Mosca: le chiese sono state da sempre costruite con le forze di tutti. Se volete vedere vicino a casa vostra la casa di Dio, raccogliete firme per sostenere la costruzione, passate le vostre richieste in prefettura e raccogliete le offerte. Ogni sforzo, anche il più piccolo, servirà alla causa comune (vedete sul nostro sito http://www.200hramov.ru/ i requisiti della Fondazione)”.

 

Arcivescovo Mark di Egor’evsk: Solo da noi dipende quale patrimonio culturale e spirituale lasceremo dopo di noi ai nostri discendenti

L’arcivescovo Mark di Egor’evsk, presidente della gestione finanziaria ed economica del Patriarcato di Mosca e presidente della Fondazione di supporto alla costruzione delle chiese della capitale, ha parlato dell’attuazione del “Programma-200” a Mosca.

— Vostra Eminenza, lei è a capo della gestione della Fondazione “Supporto della costruzione delle chiese nella città di Mosca”. Quali sono i principali obiettivi della Fondazione, quali aree prioritarie avete identificato lei e i suoi collaboratori?

— Il nostro obiettivo principale è raccogliere i fondi per la costruzione delle chiese per poi distribuirli ai cantieri secondo le necessità. Saper definire gli investimenti, calcolare il costo di tutti i materiali e i lavori, monitorare la qualità e la tempistica in ogni fase della costruzione.

È importante capire che il nostro progetto, veramente grande, non è finanziato dal bilancio della città. Tutte le chiese vengono costruite in base alle offerte.

In pochi anni di lavoro la Fondazione ha unito intorno a sé tante persone non indifferenti verso il futuro del proprio paese, pronte a mettere tutte le loro energie e capacità per la causa comune della resurrezione della nostra capitale e per farle ritornare il suo bellissimo nome – la capitale “dalle cupole d’oro” della Russia.

Da noi vengono donatori di tutte le estrazioni sociali: a partire dal comune pensionato, studente o insegnante fino al gestore di una grande impresa, pittori, attori, gente di cultura e atleti. Qualcuno è disposto a investire seriamente, qualcuno a regalare i mattoni, il calcestruzzo, il cemento oppure con i propri mezzi a costruire una cappella provvisoria, la casa del clero o anche una grande chiesa di pietra.

— Vladyka, ma perché 200 chiese?

— Secondo me, non bisogna associare il programma di costruzione delle chiese a Mosca a un numero particolare. Sì, nei tempi oscuri del XX secolo a Mosca sono state distrutte 1000 chiese. Per questo 200 chiese sono soltanto un quinto di quanto è stato abbattuto negli anni del governo sovietico. E non bisogna dimenticare che la città da quel tempo è cresciuta, il numero dei suoi abitanti è aumentato significativamente. La capitale è finita all’ultimo posto tra le città della Russia in relazione al numero delle chiese rispetto alla popolazione ortodossa. Inoltre le chiese rimaste sono concentrate al centro, mentre in periferia ci sono quartieri dove per 150-200 mila abitanti opera solo una parrocchia.

Per questo 200 chiese è il minimo, è un punto di orientamento nel suo genere. Il nostro obiettivo è dare possibilità ai cittadini di frequentare una chiesa vicino a casa loro. Perché gli anziani e le mamme con tanti figli possano partecipare più frequentemente alle funzioni religiose e comunicarsi insieme ai loro figli. Perché la Chiesa raggiunga ogni casa, ogni persona.

Perché le persone vanno in chiesa? Perché manca loro la gioia. Sentono la vanità del mondo moderno e il vuoto della vita quotidiana, la solitudine televisiva e l’orrore nella sequenza degli eventi della storia contemporanea. Sono circondati da enormi edifici grigi, costruzioni squallide, che premono sull’uomo con la loro monotonia. Mentre la chiesa è la corona della creazione dell’uomo, la corona dell’architettura, che esprime l’aspirazione dell’uomo verso Dio, il suo ardente servizio al Cielo e al prossimo. La chiesa è la gioia dell’incontro con il Creatore.

I miei ricordi più vivi dell’infanzia sono quelli della gioia di assistere alle funzioni in chiesa. Non un gelato, una torta offerta dai genitori, ma la Divina Liturgia. Noi costruiamo le chiese per portare gioia alla gente, perché la loro vita si riempia di significato, perché si trasformino e compiano il principale comandamento di Cristo: amare Dio e il prossimo, perché vivano non per loro stessi, ma per chi ha bisogno di aiuto – i poveri, gli abbandonati, i malati, i disabili. 

Le nostre chiese rimarranno per molti secoli, e soltanto da noi dipende quale patrimonio culturale e spirituale lasceremo dopo di noi ai nostri discendenti.

— Eminenza, che principi seguite nell’attività finanziaria?

— Per noi è prezioso ogni centesimo. Noi capiamo che ciascuno ha possibilità diverse, condizioni di vita diverse. È grazia di Dio diventare partecipi della costruzione di una chiesa – la casa di Dio. La gente dice che una persona non ha vissuto inutilmente la sua vita, se ha costruito una casa. Ancora di più si riempie di significato la vita di una persona che costruisce una chiesa. Durante ogni Liturgia noi preghiamo “per i costruttori, i benefattori e i contribuenti di questa santa chiesa”.

Per quanto riguarda la parte pratica dell’attività del dipartimento finanziario e economico, è impossibile individuare i parallelismi con l’economia secolare. Il budget dello stato è formato principalmente da imposte e dazi, il cui pagamento è fissato da un obbligo di legge. Al contrario, il budget del nostro programma è formato esclusivamente dalla libera volontà delle persone che volontariamente offrono una parte del loro reddito alla chiesa. Qui non funziona la legge della pianificazione economica. Noi possiamo focalizzare l’obiettivo: fare dei restauri da qualche parte o compiere una nuova costruzione, per esempio. Ma sapere preventivamente che una certa somma sarà raccolta entro una certa data è molto difficile.

Allo stesso tempo, a differenza del ministero statale delle finanze, noi abbiamo un potentissimo strumento per risolvere tutte le difficoltà: la preghiera e la fiducia nell’aiuto di Dio. Per una buona causa Dio manda sempre tutto il necessario.

— Eminenza, ci racconti per favore il progetto in comune con la Banca di Mosca (Bank Moskvy)

— È uno degli esempi lampanti dei doni generosi alla Chiesa da parte dei mecenati di oggi. La Banca di Mosca ha dato un significativo supporto alla Fondazione attraverso il suo progetto di beneficienza “Dono al luogo sacro”. Questo progetto unico semplifica la via alle persone che desiderano aiutare la costruzione e la rinascita delle chiese di Mosca. La Banca di Mosca ha emesso carte di credito di un design particolare, che si trovano facilmente in qualunque sua filiale. La differenza rispetto ad un’ordinaria carta di credito è che la commissione che solitamente riceve la banca dai sistemi di pagamento, sarà trasferita direttamente sul conto della Fondazione “Supporto alla costruzione delle chiese di Mosca” a nome del titolare della carta. In questo caso il titolare della carta non spende, in quanto è la banca che invia alla Fondazione la sua parcella dalla commissione.

— E come funziona? Ad esempio, io attivo una carta “Dono al luogo sacro” alla Banca di Mosca…

— È tutto molto semplice. Lei fa i suoi acquisti di tutti i giorni pagandoli con questa carta di credito, come fa di solito. La banca a sua volta indirizza alla Fondazione tutta la commissione derivante dai sistemi di pagamento sui movimenti compiuti a suo nome.

Per esempio, Lei fa una spesa di 2000 rubli, paga alla cassa, e la banca dal suo acquisto trasferisce alla Fondazione circa 30 rubli della commissione ricevuta, che equivale al costo di un mattone, che usiamo per le mura delle chiese. Per questo ogni persona, utilizzando tale carta di credito, ogni giorno compie un atto buono, aiutando mattone per mattone a costruire le mura delle chiese di Mosca. Più sono i titolari delle carte “Dono al luogo sacro”, più frequentemente utilizzano la carta, più grande è la somma della commissione che arriva alla Fondazione dalla Banca di Mosca.  

Va notato che le carte di credito sono diventate parte integrante della vita quotidiana delle persone. Per la maggior parte i cittadini ricevono lo stipendio su una carta di credito, vi pagano la spesa, il pranzo, la benzina, acquistano i biglietti ferroviari e aerei, pagano articoli e servizi su Internet ecc. Nel nostro caso questa commissione viene trasferita dalla banca alla Fondazione da parte del titolare.

— Eminenza, ci racconti come è possibile ottenere questa carta.

— In tutte le filiali della Banca di Mosca nella regione di Mosca. Sul sito www.bm.ru sono pubblicate tutte le informazioni sul progetto. Prossimamente in tutte le chiese in costruzione troverete gli stand e i volantini sul “Dono al luogo sacro”. Noi speriamo che la nostra pubblicità attirerà più gente, pronta insieme a noi a rafforzare le fondamenta della società moderna e a costruire il patrimonio culturale del nostro popolo. Costruiremo chiese in tutto il mondo!

 
I luterani scrivono al patriarca: come si arrivò a un passo dall'avere una “Chiesa ortodossa tedesca”

Un secolo dopo la caduta dell'Impero romano nelle mani degli Ottomani, un diacono greco di nome Demetrio venne in contatto con Filippo Melantone, uno dei più stretti collaboratori di Lutero e teologo sistematico della prima Riforma protestante (ca. 1558).

Come Lutero, Melantone credeva che la loro fede "riformata" - come una "ripulitura" dei numerosi sviluppi e presunti abusi della Chiesa latina nei secoli - sarebbe stata praticamente la stessa fede dei "greci" in Oriente. A tal fine, i maggiori teologi "luterani" del tempo fecero tradurre la loro Confessione di Augusta in greco, e la inviarono con il loro nuovo amico Demetrio al Patriarcato di Costantinopoli (ca. 1559). Melantone morì l'anno successivo, e così i suoi successori nel movimento della riforma furono in grado di continuare nello sforzo.

Quando il patriarca (Ioasaf II) ricevette la lettera, le dottrine in essa contenute furono viste come "imbarazzanti" ed "eretiche" per gli standard ortodossi (Ernst Benz, Wittenberg und Byzanz, pp 73ss), e quindi non fu data alcuna risposta. Si credeva in questo momento della storia che era meglio essere "amichevoli" e non dare alcuna risposta (facendo finta che la lettera non fosse mai stata ricevuta) piuttosto che rispondere con una condanna e senza dubbio rovinare ogni potenziale amicizia con i tedeschi. Demetrio stesso, non avendo risposta da riportare ai luterani, si recò in Transilvania dove alla fine morì. Il primo sforzo di contatto cordiale e di comunione ecclesiastica tra luterani e ortodossi giunse a una brusca fine.

Nel 1570 arrivò a Costantinopoli un ambasciatore tedesco di nome David von Ungnad, accompagnato da un teologo luterano di nome Stephen Gerlach, e strinse amicizia con il segretario capo del nuovo patriarca, Geremia II. Per inciso, Geremia II è considerato uno dei più grandi patriarchi e teologi del patriarcato durante la cattività ottomana, e così i luterani furono piuttosto fortunati ad aver preso contatto con lui. Un tedesco che sapeva il greco, Martin Kraus (alias Crusius) di Tubinga, fu nominato da Gerlach per portare avanti un "dialogo" teologico con Geremia II.

Fu preparata una nuova traduzione greca della Confessione di Augusta e fu inviata al Patriarca. Una copia fu inviata anche al capo della Chiesa ortodossa georgiana, ma non è chiaro se sia mai stata ricevuta (nessuna risposta fu mai fornita). Insieme con la confessione, i luterani includevano una dichiarazione personale di Geremia II. Erano sicuri che le loro credenze erano praticamente un sinonimo di quelle dei greci:

«... A causa della distanza tra i loro paesi c'era qualche differenza nelle loro cerimonie, [ma] il Patriarca riconosceva che essi non avevano introdotto alcuna innovazione nelle cose principali necessarie per la salvezza; ed essi abbracciavano e conservavano, per quanto comprendevano, la fede che era stata insegnata loro dagli apostoli, dai profeti e dai santi Padri, ed che era ispirata dallo Spirito Santo, i Sette concili e le Sacre Scritture. (Stephen Runciman, La Grande Chiesa in cattività

La reazione immediata di Geremia II alla confessione non fu del tutto diversa da quella del suo predecessore Ioasaf II, anche se questa volta non poteva essere ignorata, con i tedeschi a Costantinopoli che attendevano con ansia. In collaborazione con il Sinodo di Costantinopoli (tutti i vescovi del patriarcato), il patriarca inviò una risposta il 15 maggio 1576, rispondendo a ognuno dei 21 articoli della confessione in grande dettaglio. Come osserva Runciman: "Geremia ha risposto a ognuno a turno, dichiarando dove era d'accordo o in disaccordo con le dottrine in essi contenute. I suoi commenti sono preziosi, in quanto costituiscono un compendio della teologia ortodossa di quel tempo" (Ibid).

Nel primo articolo, è d'accordo con i luterani sulla loro ricezione del Credo (niceno), ma osserva che la "doppia processione» dello Spirito Santo (il Filioque) è un'aggiunta inaccettabile dei latini. Egli "amplifica" l'interpretazione luterana del Credo con dodici punti relativi alla Trinità, l'Incarnazione, ecc, e inoltre aggiunge un elenco di otto "virtù cardinali", accanto ai "sette peccati capitali."

Nell'articolo sulla "giustificazione per fede", il patriarca cita a lungo san Basilio, sottolineando che "la fede senza le opere è morta", che non si deve "presumere la grazia", negando anche che alcune persone siano predestinate a un'elezione senza condizioni.

Inoltre, parla molto della comprensione luterana dei sacramenti, ma è attento a sottolineare che ci sono "almeno sette" sacramenti accanto al battesimo e alla santa Eucaristia. Geremia è in gran parte d'accordo con gli articoli ottavo e nono, che parlano della "validità dei sacramenti" somministrati da "preti malvagi" e dell'apprezzamento del battesimo dei bambini.

Nel decimo articolo si vede forse l'area più consistente di disaccordo. Geremia condanna la tradizione "latina" di usare pane azzimo per l'Eucaristia, contesta la rimozione luterana dell'epiclesi o della "chiamata" dello Spirito Santo nella Liturgia, e ha sottolineato il "cambiamento" del pane e del vino nello stesso corpo e sangue di Cristo (seguendo le Scritture e le parole di Gesù), ma non secondo la "materia", come sostenevano i latini (respingendo cioè la transustanziazione).

Il Patriarca era in accordo generale con gli articoli da undici a quattordici, facendo ovunque dichiarazioni di blanda correzione e di ammonizione (obiettando, per esempio, a una visione della confessione come strumento "giudiziario", ma vedendola piuttosto come mezzo di "guarigione" spirituale).

Nell'articolo quindici si trova un'altra area di netta differenza. L'ambivalenza luterana verso la celebrazione di varie feste e commemorazioni è offensiva per il patriarca, che cita a lungo padri e scritture, dimostrando che queste feste non solo sono necessarie, ma anche di grande valore spirituale, chiamandole "memoriali duraturi della vita di Cristo sulla terra e della testimonianza dei santi "(ibid).

Gli articoli sedici e diciassette attirano poca polemica, ma il patriarca rileva nell'articolo diciotto (sul "libero arbitrio"), che la comprensione luterana è errata, e che – seguendo Giovanni Crisostomo, accompagnato da una serie di sue parole – solo coloro che sono disposti a "essere salvati" possono esserlo. La salvezza non è un evento "una tantum" nel tempo, ma è un rapporto continuo con Gesù Cristo che dura per sempre.

Geremia concorda con la confessione nell'articolo diciannove che Dio non è la causa del male nel mondo, ma sull'articolo venti (che tratta di nuovo de "la fede e le opere"), Runciman nota:

«Il Patriarca è d'accordo sulla duplice esigenza di fede e di opere; ma perché, si chiede, se i luterani apprezzano veramente le buone opere, censurano feste e digiuni, confraternite e monasteri? Non si tratta di buone azioni fatte in onore di Dio e nell'obbedienza ai suoi comandi? Un digiuno non è un atto di auto-disciplina? Una fraternità monastica non è un'espressione di comunione? Soprattutto, l'assunzione dei voti monastici non è un tentativo di mettere in pratica la richiesta fatta da Cristo, di liberarci dei nostri coinvolgimenti mondani?»

L'ultimo articolo, sull'invocazione dei santi, è condannato da Geremia, che nota dalla Scrittura la convenienza di questa invocazione.

La sua risposta ai luterani è conclusa da una sintesi dei cinque principali "punti": l'uso del pane lievitato nell'Eucaristia, la validità del clero sia sposato sia celibe, l'importanza della Liturgia, la necessità del sacramento della penitenza/confessione per la salvezza, e una difesa dell'istituzione dei monasteri e dell'ideale ascetico. Egli comprendeva anche alcune parole di incoraggiamento paterno:

«E così, eruditi tedeschi, beneamati figli in Cristo della nostra mediocrità, poiché desiderate con saggezza, con grande consiglio e con tutta la mente unirvi a noi in quella che è la santissima Chiesa di Cristo, noi, parlando come i genitori che amano i loro figli, con gioia riceviamo la vostra carità e umanità in seno alla nostra mediocrità, se siete disposti a seguire con noi le tradizioni apostoliche e sinodali e di sottoporvi a loro. Poi, finalmente una casa comune con noi sarà costruita in modo vero e sincero... e così di due Chiese la benevolenza di Dio ne farà per così dire una, e vivremo insieme fino a quando saremo trasferiti alla patria celeste».

La sua risposta raggiunse i teologi della Germania nel 1576, e questi lavorarono diligentemente per rispondere alle obiezioni del patriarca, facendo diversi chiarimenti sui loro punti di vista (soprattutto per quanto riguarda la "giustificazione per fede"), mentre rimanevano fermi sulle proprie convinzioni per quanto riguarda l'esistenza di solo due sacramenti e la scorrettezza di pregare i santi defunti. La loro risposta raggiunse Geremia nel 1578, e la presenza di Gerlach a Costantinopoli gli rese necessario inviare un'altra risposta (data nel maggio del 1579).

In questo seguito del dialogo, Geremia fu meno cordiale di prima, mettendo in chiaro che a meno che i luterani non si fossero staccati dalle loro innovazioni e non avessero accettato pienamente la fede ortodossa-cattolica, non avrebbero potuto continuare nel dialogo o sperare in relazioni ecclesiastiche. Un consiglio di studiosi luterani preparò una risposta a Geremia nell'estate del 1580.

Dopo che Geremia ritornò in carica (per il secondo mandato), alla fine inviò ancora un'altra lettera a Tubinga nel 1581. Risoluto, ripose semplicemente: "Andate per la vostra strada, e non ci inviate ulteriori lettere sulla dottrina, ma solo lettere scritte per amicizia".

I luterani ostinatamente inviarono ulteriori chiarimenti e argomenti al patriarca, ma questi non rispose più. Il dialogo era giunto al termine.

 
La storia segreta delle Pussy Riot

Universalmente ammirate, le Pussy Riot (o PR in breve) sono state promosse come superstar. Ma che cosa sono? Non sono certamente un gruppo rock o punk. Un giornalista inglese si è meravigliato: non producono musica, nessuna canzone, nessuna pittura, nada, rien, niente. Come possono essere descritte come "artiste"? Questa è stata una dura prova per i loro sostenitori, ma l'hanno superata a pieni voti: quel famoso amante dell'arte, il Dipartimento di Stato degli Stati Uniti, ha pagato per il loro primo successo, prodotto da The Guardian con alcune immagini e suoni.

Noi siamo in grado di sopportare oscenità e bestemmie; io sono un grande ammiratore di Notre Dame de Fleurs di Jean Genet, che univa entrambe le cose. Tuttavia, le PR non hanno mai scritto, composto o dipinto qualcosa che abbia alcun valore. Chris Randolph le ha difese su Counterpunch mediante un confronto con "il controverso Egor Letov". Che paragone fuorviante! Letov scriveva poesie, piene di oscenità, ma pur sempre poesie, mentre le PR non producono nulla, se non pubbliche relazioni.

Decise a farsi pubblicità a ogni costo, ma ritardate artisticamente, tre giovani provenienti dalla Russia hanno deciso... suona come un limerick. Hanno rubato da un supermercato un pollo congelato e lo hanno utilizzato come pene artificiale, hanno filmato l'atto, lo hanno chiamato "arte" e lo hanno messo sul web (è ancora lì). I loro altri successi artistici sono stati un'orgia in un museo e una rozza presentazione di un fallo eretto.

Anche in queste dubbie opere d'arte il loro ruolo era quello di personale tecnico: la gloria è andata a un artista russo-israeliano, Plucer-Sarno di Mevasseret Zion, che ha tenuto per se idea, design e diritti d'autore e ha ottenuto un importante premio russo. Le future componenti delle PR non hanno ottenuto nulla e sono state descritte da Plucer come "provinciali ambiziose in carriera", o peggio.

Ultimamente hanno cercato di cavalcare il carro della lotta politica. È stato un altro flop. Hanno riversato un diluvio di parole oscene su Putin – sulla Piazza Rossa, nelle stazioni della metropolitana – con effetto zero. Non sono state arrestate, non sono state multate, sono solo state scacciate via come un fastidio. E non hanno attirato l'attenzione della gente. È importante ricordare che Putin è un nemico dichiarato degli oligarchi russi, proprietari della parte più consistente dei media russi e mecenati dei letterati di Mosca, e stampano su base giornaliera così tante invettive anti-Putin, che queste hanno perso il loro valore di shock. Non è possibile inventare una nuova diatriba contro Putin – tutto è stato già detto e pubblicato. E Putin praticamente non interferisce mai con la libertà di stampa.

I miei amici giornalisti stranieri sono di solito stupiti dall'unanimità e dalla ferocia della campagna anti-Putin nei media russi. Si può fare un confronto con gli attacchi a G. W. Bush sui giornali liberali negli Stati Uniti, ma negli Stati Uniti ci sono molte testate conservatrici che hanno sostenuto Bush. Putin non ha praticamente nessun supporto nei media mainstream, che sono tutti di proprietà dei baroni dei media. Una preziosa eccezione è la TV, ma è espressamente apolitica e fornisce principalmente intrattenimento popolare, presentato anche da attivisti anti-Putin come la signorina Ksenija Sobchak. Così le PR hanno fatto un totale fallimento nei tentativi di risvegliare la bestia.

Alla fine le giovani virago sono state mobilitate per un attacco alla Chiesa. A quel tempo erano disposte a fare qualsiasi cosa per avere la loro porzione di pubblicità. E la campagna anti-Chiesa ha avuto inizio qualche mese fa all'improvviso, come a comando. La Chiesa russa aveva avuto 20 anni di pace, riprendendosi dopo il periodo comunista, ed è stata sorpresa dalla ferocia dell'attacco.

Anche se questo argomento richiede più spiegazioni, cerchiamo di essere brevi. Dopo il crollo dell'URSS, la Chiesa è rimasta l'unica importante forza spirituale pro-solidarietà nella vita russa. Le amministrazioni di Eltsin e Putin erano tanto materialiste quanto i comunisti, hanno predicato e praticato un darwinismo sociale di genere neo-liberale. La Chiesa offriva qualcosa oltre alle ricchezze fugaci della terra. I russi che avevano perso il collante della solidarietà precedentemente fornito dai comunisti si radunavano con entusiasmo attorno all'alternativa fornita dalla Chiesa.

Il governo e gli oligarchi trattavano bene la Chiesa, poiché la Chiesa aveva una forte tendenza anti-comunista, e i ricchi avevano ancora paura dei rossi alla guida dei poveri. La Chiesa è rifiorita, molte belle cattedrali sono state ricostruite, molti monasteri sono stati riaperti dopo decenni di degrado. La Chiesa nuovamente abilitata è divenuta una forza coesiva in Russia.

Diventando forte, la Chiesa ha cominciato a parlare a nome dei poveri e dei diseredati; i comunisti riformati guidati dal frequentatore di chiese Gennadij Zjuganov, hanno scoperto un modo per parlare ai credenti. Un economista e pensatore ben noto, Michael Khazin, ha predetto che il futuro appartiene a un nuovo paradigma di cristianesimo rosso, qualcosa sulla falsariga del pensiero giovanile di Roger Garaudy. Il progetto cristiano rosso, scrive Khazin, è una minaccia per le élite e una speranza per il mondo. Inoltre, la Chiesa russa ha preso una posizione molto russa e anti-globalista.

Questo probabilmente ha affrettato l'attacco, ma era solo una questione di tempo perché le forze globali anti-cristiane facessero un passo avanti e attaccassero la Chiesa russa, così come hanno attaccato la Chiesa occidentale. Entrando nella World Trade Organization e adottando costumi occidentali, la Russia ha dovuto adottare la secolarizzazione. E infatti la Chiesa russa è stata attaccata da forze che non vogliono una Russia coesa: gli oligarchi, le grandi imprese, i signori dei media, gli intellettuali filo-occidentali di Mosca, e gli interessi occidentali che, naturalmente, preferiscono una Russia divisa contro se stessa.

Quest'offensiva contro la Chiesa è iniziata con alcuni temi minori: i media erano tutti eccitati del costoso orologio del patriarca, un regalo da parte dell'allora presidente Medvedev. Il fervore anti-religioso era alto nell'opposizione liberale che aveva fatto dimostrazioni contro Putin prima delle elezioni e aveva bisogno di un nuovo cavallo da frustare. Un attivista anti-Putin di spicco, Viktor Shenderovich, ha detto che avrebbe capito se i sacerdoti ortodossi russi fossero stati uccisi ora come lo furono negli anni '20. Ancora un'altra figura visibile tra i manifestanti liberali, Igor Eidman, ha esclamato: "sterminate i parassiti" (la Chiesa russa) nei più scortesi termini biologici.

Il presunto organizzatore delle PR, Marat Gelman, un collezionista d'arte ebreo russo, è stato collegato in precedenza a esposizioni artistiche anti-cristiane, che coinvolgevano la distruzione di icone, e chiese fatte a imitazione di clisteri. Il suo problema – e quello delle PR – era che era difficile provocare la reazione della Chiesa. Le PR hanno fatto due tentativi di provocare l'indignazione pubblica nella seconda cattedrale di Mosca, l'antica cattedrale dell'Epifania a Elokhovo; entrambe le volte sono state espulse, ma non arrestate. La terza volta, hanno cercato di fare di più; sono andate alla cattedrale di Cristo Salvatore, che era stata demolita da Lazar Kaganovich negli anni '30 e ricostruita negli anni '90, hanno aggiunto altre bestemmie del tipo più osceno, e ancora una volta sono state autorizzate ad andarsene in pace. La polizia ha fatto del suo meglio per evitare di arrestare le virago, ma non ha avuto scelta dopo che le PR hanno caricato un video della loro apparizione nelle cattedrali con una colonna sonora oscena.

Durante il processo, i difensori e le imputate hanno fatto del loro peggio per provocare la giudice minacciandola della collera degli Stati Uniti (sic!), e per esprimere con aria di sfida discorsi di odio anti-cristiano. La giudice non ha avuto altra scelta che dichiarare le accusate colpevoli di crimini di odio (teppismo motivato da odio religioso). L'accusa non ha addebitato alle imputate un più grave crimine di odio "con l'intenzione di provocare conflitti religiosi", anche se probabilmente limputazione poteva stare in piedi (e avrebbe comportato una condanna più rigida; chi disegna svastiche con l'intenzione di provocare conflitti riceve cinque anni di carcere).

Una condanna a due anni è del tutto in linea con la prassi europea prevalente. Per discorsi molto più miti di odio anti-ebraico, i paesi europei infliggono abitualmente ai colpevoli da due a cinque anni di carcere per il primo reato. I russi hanno applicato le leggi penali dei crimini di odio per i trasgressori contro la fede cristiana, e questa è probabilmente una novità russa. I russi hanno dimostrato che si preoccupano di Cristo tanto quanto i francesi si preoccupano di Auschwitz, e questo ha scioccato gli europei che evidentemente pensavano che le "leggi dell'odio" possano essere applicate solo per proteggere ebrei e gay. I governi occidentali chiedono più libertà per i russi anti-cristiani, mentre la negano ai revisionisti dell'Olocausto in mezzo a loro .

L'opposizione anti-Putin è accorsa in massa a sostenere le PR. Un leader carismatico radicale dell'opposizione, il poeta Eduard Limonov, ha scritto che l'opposizione ha fatto un errore a sostenere le PR, in quanto antagonizzano le masse; l'abisso tra le masse e l'opposizione cresce. Ma la sua voce gridava nel deserto, e il resto dell'opposizione ha felicemente abbracciato la causa delle PR, cercando di trasformarle in un'arma contro Putin. Anche i media e i governi occidentali le hanno utilizzate per attaccare Putin. Un editoriale del Guardian ha invitato Putin a dimettersi. Putin ha chiesto clemenza per le PR, e il governo è stato imbarazzato dalla vicenda. Ma sono stati lasciati senza scelta: gli organizzatori invisibili dietro le PR volevano avere le virago in carcere, e così è stato.

Dal punto di vista commerciale, hanno fatto il jackpot. Con il sostegno di Madonna e del Dipartimento di Stato, sono pronte a lasciare il carcere per un tour mondiale e una serie di foto alla Casa Bianca. Hanno registrato il loro nome come marchio e iniziato a emettere franchising. E le loro concorrenti, il gruppo Femen (la cui arte è in mostra sulle loro tette in luoghi insoliti) hanno cercato di battere le PR abbattendo una grande croce di legno installata in memoria delle vittime di Stalin. Ora il cielo è il limite.

Nel mese di agosto, stagione di vacanze, quando non c'erano molte grandi notizie e i lettori di giornali erano in riva al mare o in campagna, il processo alle PR ha fornito molto divertimento necessario a uomini e a bestie. Speriamo che esca dall'ordine del giorno con la fine della stagione sciocca, ma non ci scommettiamo.

 
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Kupol – icona del cielo

Per sette anni ho studiato teologia e ho avuto la fortuna di visitare molte tra le più belle chiese della cristianità ma solamente di recente ho avuto la grazia di capire il reale significato teologico della cupola. Sapevo, come scrisse il patriarca Germano, che “il Tempio è il cielo terrestre; negli spazi celesti Dio abita e passeggia” e che dunque la cupola è immagine del misterioso abbraccio umano-divino per il quale gli uomini si trovano uniti nella fraternità della Chiesa, ma solamente nello scorso mese di Gennaio il buon Dio ha voluto farmi fare esperienza viva di quanto avevo studiato conducendomi in maniera imprevista a Kiev e nello specifico nella chiesa della Natività della Beata Vergine Maria detta “Kupol” nel quartiere Pechersk.

Forse è difficile credere che un italiano che sa poche parole di russo abbia potuto fare un'esperienza di questo tipo capitando per la prima volta in una chiesa di Kiev ma i sentieri di Dio sono misteriosi e questa volta sono passati da Kupol.

La costituzione architettonica del tempio fa sì che chiunque arrivi si senta contemporaneamente abbracciato ed elevato: abbracciato nell'amore della Chiesa ed elevato da essa, nella preghiera e nei sacramenti, all'incontro con Dio.

Questa è stata esattamente la mia esperienza.

 

Ho visto una struttura accogliente, calda a misura d'uomo e soprattutto di bambino! I bambini hanno infatti il loro spazio a Kupol, i loro giochi e anche un fasciatoio per i neonati proprio come a casa loro. La struttura rispecchia l'animo del rettore di questa chiesa l'arciprete Oleg Melnychuk, un sacerdote innamorato di Dio e dei suoi parrocchiani.

Padre Oleg mi ha accolto nella sua comunità come se fossi un parrocchiano di vecchia data: abbiamo condiviso la preghiera, la tavola, pensieri e idee. Sì anche le idee perché il rettore della chiesa della Natività della Beata Vergine Maria è anche uomo di studio e di impegno sociale. Non ho bisogno di accattivarmi la sua amicizia e dunque se  dico che Padre Oleg è un sacerdote speciale, lo dico solo perché è vero perché ho potuto constatare che  totalmente  immerso nell'amore della Trinità che non può fare altro che trasmetterlo a tutti. La sua piccola chiesa domestica, matushka Alla e i figli Serafim, Misha e Maria, così come la sua comunità di Kupol ne sono la testimonianza.

Ho visto migliaia di cupole, da quella di san Pietro a Roma a quella di santa Sofia a Costantinopoli, ne sono rimasto certamente affascinato ma solamente la piccola cupola che sorge nel quartiere Pechersk di Kiev ha toccato in profondità la mia anima. Da quando sono tornato in Italia penso sempre allo straordinario Natale nella chiesa di Kupol, nelle mie preghiere ci sono tutti gli amici che ho conosciuto lì e nel mio portafoglio c'è il geniale libro di preghiere pieghevole inventato da padre Oleg ma soprattutto nel mio cuore c'è la speranza di tornare presto a Kiev per essere nuovamente a Kupol che per me è una vera icona del Cielo!

 
(In)definizioni liturgiche: Perché non possiamo celebrare due liturgie nello stesso giorno

Questo principio è generalmente conosciuto e accettato da tutti gli ortodossi, e anche da altre confessioni cristiane che riconoscono il sacerdozio e l'eucaristia. Ma quali sono le vere ragioni di questa restrizione? Esiste un canone specifico che regola questo aspetto? Come conciliare questo principio con l'indicazione del Tipico che permette di servire, nello stesso giorno liturgico, due Liturgie: una alla vigilia, unita ai Vespri, e l'altra al mattino?

Finora non sono stato in grado di trovare una risposta chiara e concreta a queste domande, anche se il problema ha generato e ancora genera confusione, e alcuni hanno trasferito la Liturgia della vigilia unita al Vespro al mattino (ovviamente non solo per questo motivo!), credendo di sfuggire in questo modo alla collisione delle due Liturgie in un solo giorno liturgico.

I.

Come vedremo, la risposta comporta non tanto problemi liturgici o canonici, ma soprattutto dogmatici e simbolici. Inoltre, l'evoluzione di questo problema ha coinciso con la sovrapposizione e persino con la confusione tra il "digiuno eucaristico" e il "digiuno ascetico", nonché con il desiderio di comunicarci anche quando la Chiesa "vieta" la celebrazione della Liturgia eucaristica (cfr. Canone 49 di Laodicea e 52 Trullano), in quanto ciò comporterebbe una gioia incompatibile con il digiuno. Non ho mai capito perché la Liturgia stessa implicherebbe gioia e non, piuttosto, la comunione eucaristica, che è comunque consentita senza una Liturgia completa? Ma la risposta a questa domanda rimane fuori dall'argomento qui proposto...

Vediamo prima cosa dicono i testi che riguardano direttamente questo problema:

1. Non esiste un testo biblico che parli direttamente della possibilità o del divieto di due eucaristie o di due comunioni nello stesso giorno, ma solo alcuni argomenti indiretti. Nel Vangelo di Giovanni (cap. 6), il Salvatore fa un paragone tra la manna data agli israeliti nel deserto (si veda Esodo 16) e e la comunione al suo corpo e al suo sangue. Come sappiamo, la manna doveva essere raccolta per il giorno stesso e "nessuno ne faccia avanzare fino al mattino" (Esodo 16:19), tranne il venerdì, quando era raccolta anche per il sabato (Esodo 16:22-26). D'altra parte, la manna poteva essere mangiata più volte durante il giorno, almeno fino a quando il sole era caldo, quando si scioglieva (Esodo 16:21). Pertanto, quel cibo celeste aveva una sorta di "unicità quotidiana", di cui il "Padre nostro" ci parla (solo in Luca 11:3) - τὸν ἄρτον ἡμῶν τὸν ἐπιούσιον δίδου ἡμῖν τὸ καθ 'ἡμέραν, cioè letteralmente: "il nostro pane per il nostro essere dacci nuovo ogni giorno". Successivamente, l'esegesi patristica interpreterà "il pane per l'essere" come l'eucaristia che, idealmente, dovrebbe essere ricevuta ogni giorno.

2. "Abbi cura di prendere parte a una sola eucaristia; poiché vi è un solo corpo, il nostro Signore Gesù Cristo, e un solo calice per l'unione con il suo sangue; un solo sacerdote, come un solo vescovo, con sacerdoti e diaconi, insieme a me ministri" (sant'Ignazio il Teoforo, Lettera ai Filadelfi 4,1). Questo testo, di solito citato in relazione al nostro problema, parla piuttosto dell'unità della Chiesa locale attorno al vescovo e all'eucaristia, piuttosto che dell'impossibilità di servire due liturgie nello stesso giorno.

3. "Se un vescovo o un sacerdote o un diacono o un altro chierico, offrendo il sacrificio, non si comunicasse, che ne dica la ragione. E se la ragione sarà benedetta, avrà il perdono; ma se non la dirà, che sia censurato come uno che si è reso colpevole di disordine del popolo e che ha provocato sospetti contro colui che ha celebrato [il sacrificio eucaristico] o come uno che non ha celebrato secondo l'ordinanza. (Canone apostolico 8). Questo canone prevede che tutto il clero si comunichi a ogni Liturgia (e il Canone apostolico 9 dice la stessa cosa dei laici). La motivazione del canone è piuttosto disciplinare piuttosto che sacramentale, e non esclude espressamente la celebrazione di due liturgie, anche se ciò implica due comunioni consecutive. Ma è possibile una cosa del genere?

a) Per esempio, nella Chiesa russa, a volte c'è la pratica di servire due liturgie nello stesso giorno, su altari diversi, ma non da parte dello stesso vescovo o sacerdote; al diacono è invece permesso di pronunciare le ectenie e di aiutare in entrambe le liturgie, purché si comunichi in una sola di esse. La tesi è che il diacono non offre il sacrificio eucaristico, ma si limita ad aiutare.

b) Soprattutto nella diaspora, dove c'è una grande crisi di sacerdoti, ci sono vescovi che permettono e richiedono persino che i sacerdoti servano due liturgie in diverse chiese e località, e che si comunichino due volte, perché questo non sarebbe espressamente vietato dai canoni; e alcuni dicono che solo la prima è la comunione, e la seconda è la consumazione dei misteri (come in ogni Liturgia in cui il sacerdote prima si comunica, e alla fine consuma il resto dell'eucaristia, senza che ciò sia considerato una comunione separata).

4. Ogni Liturgia e, implicitamente, ogni comunione, è un memoriale della morte e risurrezione di Cristo il Salvatore. "Poiché ogni volta che mangiate questo pane e bevete da questo calice, voi annunciate la morte del Signore" (1 Corinzi 11:26) e "testimoniate la sua risurrezione" (anafora di san Basilio il Grande). Perché il memoriale eucaristico può essere celebrato ogni giorno, ma non più volte al giorno? Né Cristo Salvatore, quando disse ai discepoli durante l'Ultima Cena "fate questo in memoria di me" (Luca 22:19), non specificò con quale frequenza questo ricordo avrebbe potuto o dovuto essere fatto.

5. Quando non abbiamo risposte concrete a tali domande, ricorriamo alla pratica della Chiesa nei tempi apostolici e sub-apostolici. Un primo argomento, che si ritrova in Atti 2:46, ci dice che gli apostoli "erano impegnati quotidianamente nello spezzare il pane", ma anche questo è un argomento per il frequente e sistematico svolgimento della Liturgia, piuttosto che un divieto del suo raddoppio quotidiano. Allo stesso modo, nelle fonti dei secoli successivi non abbiamo alcun divieto categorico di servire o di comunicarsi più volte nello stesso giorno. Allo stesso tempo, non abbiamo alcuna testimonianza storica o letteraria che qualcuno lo avrebbe fatto più di una volta al giorno (!), il che significa che, per la "coscienza della Chiesa", questo è in qualche modo evidente!

6. In cosa consiste questa "evidenza"? Primo, nel fatto che l'eucaristia sia un alimento, ma non uno comune, che sazia il nostro corpo (si veda anche I Corinzi 11: 21-22), bensì la "cura per l'immortalità" (το φάρμακο της αθανασίας), cioè una "medicina" a dosaggio. Lo stesso Salvatore ci insegna a chiedere che quel pane sia "quotidiano" (cfr Luca 11: 3), e i discepoli lo fecero spezzando il pane "quotidianamente" (cfr Atti 2:46), come memoriale della morte e della risurrezione di Cristo (cfr. I Corinzi 11:26). L'aggiornamento quotidiano della morte e risurrezione di Cristo ci obbliga anche a rispettare l'idea di unicità del sacrificio di Cristo. Offrendo una volta al giorno il sacrificio e comunicandosi a esso una volta al giorno, confessiamo che la morte e la risurrezione di Cristo, una volta, sono state sufficienti per la nostra salvezza e non hanno bisogno di essere ripetute storicamente né moltiplicate numericamente, ma solo aggiornate.

II.

Gli argomenti finora, pur toccando la questione in esame, non la spiegano chiaramente. Pertanto, seguiremo una linea di argomentazioni complementari, che spero ci possano aiutare di più.

1. In generale, i Misteri della Chiesa sono unici: "un solo Signore, una sola fede, un solo battesimo" (Efesini 4:5). Qui, l'unicità del battesimo è legata all'unicità della fede e di Dio. Sappiamo anche che il battesimo è un'imitazione della morte e della risurrezione di Cristo (cfr Romani 6: 3-8) e che nessuno può essere battezzato una seconda volta, perché ciò significherebbe chiedere a Cristo di essere crocifisso una seconda volta per lui (cfr Ebrei 6: 6). E il Canone apostolico 47 ci dice che un battesimo eseguito correttamente non si ripete. Non abbiamo canoni che dicono la stessa cosa della Liturgia o della comunione, perché in linea di principio questo deve essere eseguito "ogni giorno".

2. Come il canone sopra, il Canone apostolico 68 vieta la ripetizione di un'ordinazione eseguita correttamente. Questo suggerimento ci aiuta? Come osserva san Nicodemo l'Agiorita (vedi il suo commento sul Canone apostolico 68 nel Pedalion), poiché l'ordinazione implica la celebrazione della Liturgia, questo canone potrebbe essere un indizio canonico di quella regola che, a quanto pare, era così evidente per la Chiesa primaria. Probabilmente, a differenza dell'eucaristia, in relazione alla chirotonia non esisteva una "evidenza", motivo per cui la Chiesa ha regolato il tempo e le modalità della sua esecuzione in modo più preciso, proprio per enfatizzare la sua unicità. Pertanto, durante una Liturgia è possibile ordinare un solo diacono, un solo sacerdote e un solo vescovo. Inoltre, una persona non può essere ordinata lo stesso giorno a tutti i ranghi, ma necessariamente in giorni diversi e in liturgie diverse, perché l'ordinazione a diacono è fatta dopo l'anafora, quella a sacerdote dopo il Grande Ingresso e quella a vescovo dopo il Piccolo Ingresso, prima delle letture bibliche. Pertanto, l'ordinazione, che può essere ricevuta una sola volta nella vita, manifesta anche la sua unicità con la regola di una singola ordinazione in un solo giorno.

3. Può venirci in aiuto anche un altro principio per vivere il tempo liturgico, vale a dire: la celebrazione annuale di eventi che ci accadono una volta nella vita: nascita, morte, ma anche battesimo, matrimonio, ordinazione, ecc. Per esempio, gli ebrei celebravano annualmente l'esodo dall'Egitto sacrificando l'agnello pasquale. Lo facevano ogni anno, ma solo al 14 di Nisan e in un momento specifico del giorno, la sera, senza lasciare nulla per il giorno successivo. Così, nella mente dei seguaci di Mosè, la lontana storia dell'esodo appariva e riappariva come qualcosa di unico e irripetibile, ma allo stesso tempo non solo per ogni uomo o generazione, ma anche per ogni celebrazione annuale della Pasqua. Nella Chiesa cristiana, dove "colui che è senza anni si è sottoposto agli anni" e il tempo si fa eterno, le celebrazioni annuali e quotidiane degli eventi nella vita del Salvatore (Natività, Battesimo, Trasfigurazione, Crocifissione e Risurrezione, Ascensione, ecc.) diventano tutte un continuo "oggi" [σήμερον] (cfr Ebrei 3:13), che incontriamo così spesso anche nell'innografia ("Oggi è il principio della nostra salvezza...", "Oggi la natura delle acque è santificata...", "Oggi è appeso al legno...", ecc.) e si riferisce a un certo tempo (καιρός) che, sebbene si intersechi con il nostro tempo comune (χρόνος), non si identifica con esso. Nella spiritualità liturgica troviamo spesso espressioni come "una vita come un giorno", "un anno come un giorno", "una giorno come mille anni", ma anche "l'eternità come un momento", e questo superamento metafisico del tempo non esclude ritmo e vita ordinato di tempo fisico. Quindi, il fatto che Cristo nacque, morì e risorse una volta sola nella storia non ci impedisce di celebrare questi eventi salvifici ogni anno e anche ogni giorno, senza ridurne l'unicità. D'altra parte, la ripetuta celebrazione dello stesso evento all'interno di un singolo "oggi" [σήμερον] è vista come una sfocatura dell'unicità!

4. Per la Chiesa, ogni commemorazione della morte e risurrezione di Cristo nella Liturgia (cfr. I Corinzi 11:26) significa una restaurazione cosmica e una nuova creazione, e questo ci invia con un pensiero a "il [solo] giorno / ἡμέρα μία" del libro degli Atti (1:5). Come spiega san Basilio il Grande nelle sue Omelie, questo "primo giorno" non è stato solo l'inizio di un certo numero di giorni, ma mostra il carattere unico e irripetibile di ogni giorno del tempo storico. E così, sin dalla creazione, l'uomo vive ogni giorno come qualcosa di unico e irripetibile.

5. Riassumendo quanto sopra, possiamo dire che la Liturgia e la comunione quotidiana possono essere chiamate "aggiornamenti quotidiani della morte e della risurrezione di Cristo nelle nostre vite", ma se offrissimo il sacrificio incruento più di una volta al giorno o ci comunicassimo più di una volta al giorno, ciò significherebbe (come nel caso del battesimo per il quale San Paolo parla in Ebrei 6:6) chiedere a Cristo di essere crocifisso per noi una seconda volta. In altre parole, Cristo, che "è lo stesso ieri, oggi e sempre" (Ebrei 13:8), è reso accessibile a noi ogni giorno, ma ogni "oggi" deve essere vissuto come un momento unico da non perdere, perché sebbene sia un eterno "oggi" (o proprio perché lo è), è irripetibile. Pertanto, quell'eterno "oggi" di Dio non è identico al nostro "oggi" passeggero. Esso può contrassegnare sia la "vita eterna" che un "ora" (νῦν) concreto e anche senza tempo (si veda anche Giovanni 12:31). Non possiamo dire a Cristo: "La comunione al mattino non è abbastanza per me, ne voglio un'altra", perché tutto ciò che è insufficiente o è un "momento perduto" dipende dalla nostra soggettività. Un "ora" perduto non potrà mai essere recuperato (come vediamo dalla parabola delle vergini sagge – Matteo 25), ma possiamo chiedere a Dio di concederci un nuovo "oggi" per "rinnovarci di giorno in giorno" (cfr. II Corinzi 4:16) e per "procedere di potenza in potenza" (Salmo 83:8).

III.

Prima di trarre le conclusioni finali, è molto importante notare gli aspetti tipici relativi ad alcuni giorni liturgici nel corso dell'anno e l'apparente collisione di due liturgie in alcuni casi. 

1. La Chiesa ha sempre avuto la disciplina del "digiuno ascetico", ma, per quanto ne sappiamo, l'era apostolica non conosceva la regola di un "digiuno eucaristico". La Liturgia veniva solitamente eseguita la sera e non prevedeva di astenersi dal mangiare prima della comunione. Ma almeno dalla metà del II secolo, la Liturgia fu celebrata al mattino e il clero e i credenti si comunicavano prima di aver preso cibo, rispettando il "digiuno eucaristico" a partire dalla mezzanotte. È interessante notare che, sebbene la giornata liturgica iniziasse con il tramonto del sole, la regola del digiuno era applicata dalla mezzanotte.

2. Di norma, al di fuori del digiuno (e i primi cristiani avevano solo la Grane Quaresima, oltre ai mercoledì e ai venerdì nel corso dell'anno), i cristiani mangiavano due volte al giorno: prima al mattino, dopo il Mattutino e la Liturgia, e la seconda volta dopo il Vespro. Nel digiuno, tuttavia, era ammesso un solo pasto, la sera dopo il Vespro e una possibile comunione al mattino, anche senza altro cibo, significava l'interruzione del digiuno. Questo principio funziona fino a oggi in tutti i giorni ordinari della Quaresima, cioè dal lunedì al venerdì, oltre al Grande Sabato. Ecco perché, in questi giorni, sia la comunione con i doni presantificati, sia le liturgie complete dell'Annunciazione, del Grande Giovedi e del Grande Sabato, si uniscono ai Vespri, perché i rispettivi giorni ammettono un solo pasto, solo alla sera. Se il principio di un singolo pasto non viene rispettato, allora l'unione della Liturgia con il Vespro in questi giorni perde il suo significato. Lo stesso vale per la vigilia della Natività del Signore e della Teofania, dove si imita il tipico liturgico del Grande sabato.

3. Nei secoli IV-VI, la Liturgia celebrata alla sera del Grande Sabato (durante la quale erano battezzati molti catecumeni) era considerata la principale Liturgia pasquale, ma ben presto l'altra liturgia, eseguita dopo il Mattutino pasquale, divenne la principale e il modello fu esteso alla vigilia del Natale e del Battesimo del Signore Pertanto, notiamo che:

a) Le liturgie del Grande Sabato e della vigilia della Natività e del Battesimo (quando questi digiuni cadono durante la settimana) si svolgono alla sera, insieme al Vespro, solo per allungare il digiuno ascetico, che diventa automaticamente anche digiuno eucaristico. In questi giorni è ammesso un solo pasto, alla sera;

b) La Liturgia del giorno dell'Annunciazione (se accade dal lunedì al venerdì), così come la Liturgia dei Presantificati, che viene regolarmente servita nella Grande Quaresima, sono unite al Vespro, non perché si riferirebbero al giorno liturgico seguente, ma con l'unico scopo di prolungare il digiuno e di mangiare solo una volta al giorno alla sera.

c) La liturgia del Grande Giovedì viene celebrata alla sera sia in ricordo della Cena Mistica (che ovviamente si è svolta la sera, così come le cene pasquali tra gli ebrei), ma soprattutto per non interrompere la rigidità del digiuno. (Sembra che nella chiesa di Cartagine il giovedì non fosse un giorno di digiuno aspro, quindi il Canone 41 di Cartagine consente la comunione dopo i pasti in quel giorno. Più tardi, tuttavia, il Canone 29 trullano annullò quell'ordinanza locale, mostrando in qualche modo che la celebrazione di questa Liturgia alla sera non era fatta tanto per segnare il momento della cena, quanto per non interrompere il digiuno! È paradossale, ma è proprio quello che dice il canone).

4. Per gli autori del Tipico, non era così importante che il Vespro si riferisse già al giorno successivo, mentre la Liturgia eseguita nella sua continuazione, tuttavia, si riferisse ancora al giorno precedente. Il Tipico si interessa molto di più al principio di non interrompere il digiuno attraverso una Liturgia celebrata al mattino, che avrebbe consentito automaticamente il rilassamento del digiuno e la possibilità di mangiare due volte al giorno. E, al fine di eliminare la contraddizione legata all'inizio di un nuovo giorno liturgico, alla Benedizione e alle Liturgie dei Presantificati dedicate ai santi (come alla Festa dei santi 40 Martiri), nel quadro del Vespro unito alla Liturgia si ripetono le stichire e le paremie, anche se queste erano già presenti alla vigilia.

5. I dettagli del Tipico menzionati sopra mostrano chiaramente che la Liturgia, anche se è unita al Vespro del giorno successivo, appartiene al giorno precedente, e il suo posizionamento alla sera è fatto solo perché l'unico pasto ammesso in quel giorno può essere fatto solo dopo il Vespro, e il digiuno eucaristico per la Liturgia del giorno seguente sarà calcolato a partire dalla mezzanotte. Questo è il motivo per cui, all'Annunciazione, il permesso del pesce è dato dopo il Vespro del 26 marzo, perché è solo allora che viene celebrata la festa, ma il permesso è tuttavia per il giorno del 25 marzo, quando si celebra la festa vera e propria, mentre il pesce non è permesso alla sera del 24 marzo, anche se il Vespro dell'Annunciazione è già stato cantato. I digiuni e i permessi alimentari seguono il ciclo astronomico dei giorni, non quello liturgico, mentre quest'ultimo attira a sé anche il modo in cui le liturgie sono ripartite nel corso della durata di un giorno astronomico.

IV. In conclusione

1. Quando, alla sera di un dato giorno (ma, soprattutto nel caso in cui la Liturgia si trasferisca alla mattina), la Liturgia è unita al Vespro del giorno seguente, quella Liturgia si riferisce al giorno liturgico e astronomico precedente, e non a quello seguente. Di conseguenza, la Liturgia che verrà eseguita il giorno successivo, anche se è collegata allo stesso Vespro a cui era unita la Liturgia del giorno precedente, appartiene a un altro giorno astronomico e non viola il principio di una singola Liturgia in un giorno. È vero che in questo caso, tra il pasto dopo la Liturgia della vigilia e l'inizio di un'altra Liturgia, si deve osservare un digiuno eucaristico di almeno 6 (sei) ore.

2. Seguendo i vecchi principi della tradizione apostolica e patristica menzionati nella Parte I, nonché i principi dogmatici e simbolici menzionati nella Parte II, la Chiesa conserva con devozione i seguenti principi:

a) durante una giornata astronomica, non possono essere eseguite due liturgie nella stessa chiesa o, almeno, sullo stesso altare e / o sullo stesso antimensio;

b) anche se si tratta di chiese o altari diversi, lo stesso sacerdote non può servire e non può comunicarsi per due volte durante lo stesso giorno astronomico.

3. Sebbene non vi siano canoni ufficiali che prevedono espressamente questa "regola dell'unicità", le testimonianze storiche, liturgiche e relative al Tipico hanno reso questo principio il più ovvio possibile. Nel suo commentario al Canone apostolico 68, san Nicodemo cita il Canone 10 (in alcune edizioni il numero 11) [Οὐκ ἔξεστιν ἐν μίᾶ τραπέζη κατὰ τὴν αὐτὴν δύο λειτουργίας εἰπεἴν, οὐδὲ ἐν τῆ αὐτῆ τραπέζη, ἐν ἧ ὀ Ἐπισκοπος ἐλειτούργησε, τὸν Πρεσβύτερον ἐν ἐκείνη τῆ ἡμέρα λειτουργῆσαι], da un sinodo locale di Antisiodoro, che sarebbe stato tenuto nel 613 al tempo dell'imperatore Eraclio. Sebbene la storia non sappia nulla di un simile sinodo (ma solo di un Sinodo di Antisiodoro del 590, che avrebbe dato 45 canoni relativi al clero – si veda il Breviarium Chronologicum, 1623, pp. 184-185), data la sua menzione nel Pedalion, il suo testo ottenne indubbia autorità canonica. Ecco il testo del Pedalion, non completamente tradotto finora nelle edizioni romene: Διά νὰ μὴ διπλασιάζηται ὁ μοναδικὸς θάνατος τοῦ Χριστοῦ, ἐδιώρισε καὶ ἡ ἐν 'Αντισιοδώρω τῆ πόλει τοπικὴ σύνοδος ἐπί' Ηρακλείου κατά το χιγ (613) έτος συναχθεῖσα Νὰ μὴ γίνωνται δύω λειτουργίαι ἐν μιᾶ ημέρα εἰς μίαν καὶ τὴν αὐτήν τράπεζαν, ὅπερ παραβαίνουσιν οἱ παπισταί. 'Αλλὰ και οἱ ἡμέτεροι ἱερεῖς, οἱ δύω φοραῖς λειτουργοῦντες, τάχα διὰ παῤῥρησίαν, βαρέως Quindi: "Per non duplicare la morte una (unica) di Cristo, il sinodo locale riunito nella città di Antisiodoro, tenuto al tempo di Eraclio nel 613, ha deciso: di non fare due liturgie nello stesso giorno sulla stessa [santa] mensa, come fanno in modo illegale i papisti. Ma anche i nostri sacerdoti che celebrano la Liturgia per due volte, per chiedere [ulteriore] grazia, peccano gravemente e devono cessare d'ora in poi quest'assurdità".

4. L'assurdità a cui fa riferimento san Nicodemo consisteva nella pratica latina di servire nello stesso giorno, una alla volta o anche contemporaneamente, diverse liturgie, al fine di ricevere ulteriore grazia davanti a Dio nelle intercessioni per i vivi e i defunti, ma specialmente per quelli nel purgatorio. Inoltre, in Occidente c'era la regola secondo cui ogni sacerdote doveva servire quotidianamente la Liturgia, una pratica che portava all'erezione di diversi altari secondari nelle absidi delle chiese. La maggior parte delle messe erano "private", senza la partecipazione anche di un solo credente, ma solo per quelle intercessioni (come anche da noi, laddove alcuni servono la Liturgia solo per il gusto di offrire particole alla Proscomidia). Non di rado, lo stesso sacerdote serviva diverse messe nello stesso giorno – una situazione che anche San Nicodemo critica nel commento di cui sopra.

5. Nel secolo XVII, i russi presero in prestito dall'Occidente la pratica di costruire chiese con diversi altari, ma senza mai servire "liturgie private", bensì per consentire la celebrazione di diverse liturgie a ore diverse e, beninteso, da parte di diversi sacerdoti. In linea di principio, la pratica è nota anche nei monasteri antichi, incluso all'Athos, solo che lì gli altari non si trovano nella stessa chiesa (sotto la stessa cupola), ma in diverse paraclisi o cappelle. L'abitudine di alcuni di cambiare solo l'antimensio, per poter servire due liturgie sulla stessa santa mensa nello stesso giorno, sembra un "trucco da farisei", che non risolve il problema del raddoppio delle liturgie, anche se queste sono celebrate da preti diversi.

6. Sarebbe giusto che la Liturgia unisca tutti (come diceva anche sant'Ignazio), e che non disperda le persone in diverse cappelle e altari, sfidando l'invito alla comunione. Tuttavia, se una persona, a causa di certi obblighi o circostanze, non può partecipare alla Liturgia festiva (di solito servita più tardi), può comuncarsi a una Lutirgia celebrata al mattino più presto in una paraclisi, o anche al di fuori della Liturgia, dalla riserva essiccata del santi doni.

7. Il fatto che in alcune regioni non vi siano abbastanza sacerdoti e che le comunità vogliano la comunione non giustifica la celebrazione di due liturgie nello stesso giorno da parte di un solo sacerdote. Nel migliore dei casi, nella prima parrocchia il sacerdote può celebrare la Liturgia e comunicarsi, e nella seconda parrocchia comunicare i credenti con l'eucaristia della prima Liturgia o con li doni della riserva, possibilmente all'interno dell'Officio dei Salmi Tipici (con l'Apostolo e il Vangelo) e alla fine consumare ciò che resta, senza mangiare nulla tra le due funzioni. Ancor più semplice per il sacerdote è celebrare in una parrocchia al sabato e nell'altra alla domenica, e viceversa la settimana successiva. Si può procedere allo stesso modo alle grandi festività, quando si può celebrare alla vigilia, nel giorno della festa e nei giorni del dopo-festa.

 
Due storie insolite di Ortodossia post-bellica

Presentiamo nella sezione “Geopolitica Ortodossa” dei documenti due racconti di come la fede ortodossa riesce a manifestarsi anche nelle condizioni più difficili dopo i conflitti contemporanei. Il primo racconto, intitolato Il cielo in una cantoria, ci porta in una cattedrale ortodossa a Toronto, in Canada, dove ortodossi russi e georgiani hanno trovato un’intesa proprio negli sciagurati giorni della guerra dell’Ossezia del sud nel 2008.

Il secondo racconto, Una chiesa ortodossa in Afghanistan, ci presenta le vicende di una chiesa ortodossa costruita nel più impensabile dei luoghi: la base militare della NATO a Kandahar.

 
Gamberi e omosessualità

La Bibbia dice che l'omosessualità è un abominio (Levitico 18:22), ma dice anche che mangiare gamberi è un abominio (Levitico 11:9-12), quindi perché i cristiani mangiano gamberi, ma si oppongono all'omosessualità?

Questi testi sono tradotti nella Bibbia di Re Giacomo, e in molte altre traduzioni, con la stessa parola, abomination ("abominio"), ma nel testo ebraico si trovano due parole diverse:

Levitico 18:22 dice: "Tu non avrai relazioni carnali con un uomo, come con una donna: è cosa abominevole [tô'êbah]"

Levitico 11: 9-12 dice: "Mangerete questo di tutto ciò che è nelle acque: mangerete di ogni genere che ha pinne e squame nelle acque, nei mari e nei fiumi. E tutto ciò che non ha pinne e squame nei mari e nei fiumi, di tutto che si muovono nelle acque, e di qualsiasi cosa vivente che è nelle acque, sarà abominevole [sheqets] per voi; non mangerete la loro carne, e avrete in abominio [shâqats (forma verbale di sheqets)] i cadaveri di tutto ciò che non ha né pinne né squame nelle acque, che sarà per voi abominevole [sheqets]".

Queste due parole, che pure hanno una certa sovrapposizione in termini di gamma di significato, non hanno la stessa gamma di significato. La New Revised Stardard Version traduce "sheqets" come "detestabile", cosa che per lo meno avvisa il lettore del fatto che le parole non sono identiche. Secondo il Theological Wordbook of the Old Testament, la parola "sheqets" è usata "per lo più in relazione agli alimenti impuri e proibiti... Relegare alcuni animali alla categoria di "impuro" e "abominevole" può in un certo numero di casi essere indice di considerazioni di salute. Ma la considerazione principale qui deve essere che, qualunque sia la ragione, per molto o poco che fosse comprensibile agli israeliti, alcuni alimenti erano proibiti e considerati detestabili. Questo doveva essere accettata sulla semplice base della fiducia in Dio, e dell'obbedienza a lui"(Vol II, a cura di R. Laird Harris et al, Chicago: Moody Press, 1980, p 955).

Mentre "tô'êbah" può riferirsi a ciò che è ritualmente offensivo, include anche cose che sono moralmente ripugnanti, come l'omosessualità (Levitico 18:22), il sacrificio umano (Deuteronomio 12:31), la prostituzione rituale (1 Re 14:23s), ecc "Mentre tô'êbah include ciò che è esteticamente e moralmente ripugnante, il suo sinonimo sheqets denota ciò che è impuro ai fini di culto, [i.e., ritualmente impuro]..." (Ibid., p. 977).

Anche quando si usa la stessa parola, ciò non significa necessariamente che le parola abbia sempre a lo stesso peso. Posso dire che amo il gelato, e posso dire che amo mia moglie, ma mentre morirei per mia moglie, in genere prendo il gelato solo quando è in vendita. Anche se si utilizza la stessa parola, la si usa in due sensi molto differenti.

Nel caso del mangiare gamberi e del sesso omosessuale, si può dire molto sul grado in cui queste cose erano considerate peccaminose, vedendo le punizioni inflitte a coloro che violano le regole. Nel caso del mangiare gamberi, non vi è alcuna punizione specificata. La persona che mangiava gamberi sarebbe stata certamente considerata impura per un certo periodo di tempo, in attesa della purificazione rituale. Secondo la tradizione ebraica, avrebbe potuto anche essere sottoposta a punizioni corporali. La punizione per il sesso omosessuale era la morte (Levitico 20:13).

Possiamo anche dire che queste cose sono viste in modo molto diverso dal fatto che solo gli israeliti dovevano astenersi dal cibo non kosher. D'altra parte, il passo che elenca il divieto del sesso omosessuale (in Levitico 18) è nel contesto di una lista di peccati sessuali per i quali Dio giudica anche i pagani. Questo è affermato all'inizio di questa lista, ed è ripetuto di nuovo alla fine:

"E il Signore parlò a Mosè, dicendo: Parla ai figli d'Israele, e di' loro: Io sono il Signore vostro Dio. Non farete come nel paese d'Egitto dove avete abitato, né farete come nel paese di Canaan, dove io vi conduco, né imiterete i loro costumi. Metterete in pratica le mie prescrizioni, e osserverete le mie leggi, seguendole. Io sono il Signore vostro Dio. Osserverete le mie leggi e le mie prescrizioni: chi le metterà in pratica, vivrà. Io sono il Signore" (Levitico 18:1-5).

"Non vi contaminate con nessuna di tali nefandezze; poiché con tutte queste cose si sono contaminate le nazioni che io sto per scacciare davanti a voi. Il paese ne è stato contaminato; per questo ho punito la sua iniquità e il paese ha vomitato i suoi abitanti. Voi dunque osserverete le mie leggi e le mie prescrizioni e non commetterete nessuna di queste pratiche abominevoli [tô‛êbah]: né colui che è nativo del paese, né il forestiero in mezzo a voi. Poiché tutte queste cose abominevoli [tô‛êbah] le ha commesse la gente che vi era prima di voi e il paese ne è stato contaminato. Badate che, contaminandolo, il paese non vomiti anche voi, come ha vomitato la gente che vi abitava prima di voi. Perché quanti commetteranno qualcuna di queste pratiche abominevoli [tô‛êbah] saranno eliminati dal loro popolo. Osserverete dunque i miei ordini e non imiterete nessuno di quei costumi abominevoli che sono stati praticati prima di voi, né vi contaminerete con essi. Io sono il Signore, il Dio vostro" (Levitico 18:24-30).

Non c'era alcuna menzione che gli alimenti non kosher fossero proibiti prima della legge di Mosè. Per esempio, Dio disse a Noè: "Ogni cosa muove e ha vita vi servirà da cibo, come l'erba verde ti ho dato ogni cosa" (Genesi 9:3). E quando i gentili cominciarono entrare nella Chiesa, gli apostoli dichiararono che i gentili non erano vincolati dalle regole sui cibi kosher della legge mosaica:

"Abbiamo deciso, lo Spirito Santo e noi, di non imporvi nessun altro obbligo al di fuori di queste cose necessarie: astenervi dalle carni offerte agli idoli, dal sangue, dagli animali soffocati e dalla impudicizia. Farete cosa buona perciò a guardarvi da queste cose" (Atti 15:28-29)..

E va notato che la parola tradotta come "impudicizia" è la parola greca "porneia", che include ogni tipo di immoralità sessuale, comprese quelle elencate in Levitico 18.

L'argomento pro-omosessuale per quanto riguarda questi passaggi ignora anche completamente la visione data a san Pietro, che toglie in particolare l'obbligo per i cristiani di astenersi dal cibo non kosher (Atti 10:9-16), e che ci sono molti altri passi del Nuovo Testamento che condannano l'omosessualità. Quindi l'argomento che i cristiani sono ipocriti nel loro divieto del sesso omosessuale in Levitico 18:22, perché mangiano ancora gamberi, aragoste, vongole e simili è completamente in contrasto con la testimonianza della Scrittura.

Alcune cose sono intrinsecamente peccaminose, e alcune cose sono peccaminose in contesti specifici. Per esempio, è peccato per un cristiano ortodosso violare i digiuni senza alcun valido, motivo e per esempio mangiare un hamburger in un giorno di digiuno, ma non c'è nulla di intrinsecamente peccaminoso in un hamburger in sé. Allo stesso modo, per Israele, non mangiare certi tipi di alimenti aveva un significato simbolico, ed era una questione di obbedienza, ma non c'era nulla di intrinsecamente peccaminoso nel mangiare gamberi. Tuttavia, è intrinsecamente peccaminoso per un uomo avere rapporti sessuali con un altro uomo, e la Bibbia è del tutto inequivocabile su questo punto.

Un esempio recente

Ecco un esempio recente di propaganda pro-omosessuale, che cerca di argomentare contro il prendere sul serio Levitico 18:22 facendo appello all'analfabetismo biblico dell'americano medio, nella seguente clip dalla serie televisiva "West Wing":

Questo tipo di argomento non è in realtà solo contro la posizione della Chiesa sull'omosessualità. È anche un argomento in generale contro il prendere sul serio la Bibbia. Nessuno che si considera un cristiano dovrebbe avere alcuna simpatia per questi argomenti. Ma dobbiamo sapere come rispondere loro, e così diamo un'occhiata ai passi a cui si fa riferimento in questo video:

Esodo 21:7-11: Questo passo fornisce alcune protezioni speciali per le schiave, perché ovviamente erano in una posizione più vulnerabile. Per ulteriori informazioni su questo argomento, consultate la risposta sulla schiavitù nella Bibbia. Ma qui è sufficiente dire che questo passo non comanda a nessuno di possedere schiavi, né di vendere i propri figli in schiavitù – piuttosto, pone dei limiti su come gli schiavi possono essere trattati. Questo era abbastanza in contrasto con il diritto romano, per esempio, in cui un padrone poteva fare quello che voleva a uno schiavo, fino a ucciderlo, per qualsiasi motivo.

La schiavitù non è presentata come una cosa buona in alcun punto della Bibbia. Un cristiano certamente può non possedere schiavi, e può contrastare la maggior parte delle forme di schiavitù senza violare alcun principio della Scrittura o della Tradizione della Chiesa (noi stessi permettiamo ancora una schiavitù involontaria come punizione per un crimine, e sotto forma di coscrizione militare). E così confrontare questo problema con la questione se il sesso omosessuale sia peccato oppure no è uno specchietto per le allodole.

Esodo 35:2: Questo passo prevede la pena di morte per coloro che infrangono il sabato. La Chiesa crede ancora che i Dieci Comandamenti, tra cui il comandamento di osservare il giorno del sabato, si applichino ai cristiani, ma noi consideriamo che il giorno del Signore (la domenica) abbia preso il posto del vecchio sabato come giorno principale di riposo e di culto cristiano, ma continuiamo anche a osservare il sabato come giorno di memoria del riposo (dei defunti). La Chiesa non invoca la pena di morte per chi viola questo giorno, né la invoca nel caso dell'omosessualità.

L'antica alleanza è stata data a persone di un livello molto basso di comprensione spirituale. Le dure sanzioni che si trovano spesso nella legge dell'Antico Testamento sono a causa di questo basso livello. San Giovanni Crisostomo, commentando la legge che condannava a morte i violatori del sabato, ha detto che fu così "Perché se le leggi fossero state disprezzate fin dall'inizio, naturalmente sarebbe stato difficile osservarle dopo" (Omelie sul Vangelo di Matteo 39:3). Ma mentre le sanzioni dure e immediate per la violazione della legge sono rilassate nel Nuovo Testamento, il rigore delle leggi stesse non solo è non rilassato, ma piuttosto è reso più acuto. Proprio come si sculacciano i figli più piccoli, ma ci si aspetta di meno da loro, e ci si aspetta di più dai figli più grandi, senza sculacciarli, l'Antico Testamento ha trattato gli israeliti al punto in cui erano, ma li ha portati gradualmente a un livello superiore di comprensione spirituale.

Poi il personaggio interpretato da Martin Sheen inizia semplicemente a inventare storie. Parla della Bibbia che chiede la lapidazione di qualcuno che pianta insieme semi diversi, e la morte sul rogo di chi mescola diversi tipi di tessuti. Mentre Levitico 19:19 dice davvero: "Osserverete le mie leggi. Non accoppierai bestie di specie differenti; non seminerai il tuo campo con due sorta di seme, né porterai veste tessuta di due diverse materie", noterete che non dice nulla sul lapidare o bruciare vivi chi non osserva queste usanze. Questo dimostra la disonestà completa di coloro che fanno tali argomentazioni. Queste usanze facevano parte della legge cerimoniale di Mosè (che ha ancora valore simbolico, ma che non si applica più direttamente nel Nuovo Testamento), non della legge morale di Dio – che era in vigore prima della legge di Mosè, e rimane ancor oggi in piena forza e vigore.

 
Le profezie dei santi Cosma d'Etolia e Paissio l'Agiorita sulla liberazione dei Balcani e di Costantinopoli

L'autore, Athanasios Zoitakis, è un dottorando in storia e insegna storia della Chiesa presso il dipartimento di storia dell'Università statale di Mosca. Attualmente è anche il redattore capo dell'edizione greca di Pravoslavie.ru.

san Cosma d'Etolia che predica al popolo. Foto: Mystagogy

Nella prima epistola ai Corinzi, l' apostolo Paolo nomina i doni dello Spirito Santo alla Chiesa di Cristo: a ciascuno è data una manifestazione particolare dello Spirito per l'utilità comune: a uno viene concesso dallo Spirito il linguaggio della sapienza; a un altro invece, per mezzo dello stesso Spirito, il linguaggio di scienza; a uno la fede per mezzo dello stesso Spirito; a un altro il dono di far guarigioni per mezzo dell'unico Spirito; a uno il potere dei miracoli; a un altro il dono della profezia; a un altro il dono di distinguere gli spiriti; a un altro le varietà delle lingue; a un altro infine l'interpretazione delle lingue (1 Cor 12:7-10). Il Signore ricompensò generosamente i suoi discepoli e apostoli con questi doni: pescatori non istruiti divennero teologi, profeti e insegnanti. Predicarono la verità del Vangelo in tutto il mondo, operarono miracoli sorprendenti e alla fine della loro vita ricevettero la corona dei martiri.

Non a caso la santa Chiesa chiama san Cosma d'Etolia "pari agli apostoli". Predicatore ardente e sincero, durante la sua vita operò una moltitudine di miracoli e guarigioni, e gli fu concessa una morte da martire.

Il santo non era solo un eccezionale illuminatore ortodosso; è veramente considerato un grande profeta degli ultimi tempi. San Cosma d'Etolia ha lasciato un gran numero di profezie incredibilmente esatte sul futuro dell'umanità (su invenzioni scientifiche, guerre e catastrofi ecologiche). Molte delle sue previsioni si sono già avverate, mentre altre sono ancora in attesa del loro adempimento.

Queste non sono predizioni immaginate nello spirito delle false profezie del tanto acclamato Nostradamus, che avevano come obiettivo di allontanare l'uomo da Cristo, ma vere testimonianze dello Spirito Santo, che ci aiuta a non cadere in insidie ​​diaboliche e a preservare la purezza della fede ortodossa.

Ogni città, ogni villaggio che san Cosma ha visitato conserva le sue parole profetiche. Molte delle profezie del santo ci sono pervenute non solo in forma scritta, ma anche come storia orale. Le persone sono state educate fin dall'infanzia sui precetti del santo, e quindi ancora oggi in Grecia non c'è nessuno che non abbia familiarità con le profezie di san Cosma d'Etolia.

Molte delle sue profezie sono legate a specifiche sfere della vita e non possono essere comprese senza conoscere le realtà locali e i contesti storici. Alcune, al contrario, sono legati al destino dell'Ortodossia universale e del mondo moderno. La maggior parte delle profezie di san Cosma è stata preservata fino ai nostri tempi. Alcune di queste profezie sono conosciute attraverso libri, manoscritti e codici del XVIII-XIX secolo. Durante la seconda guerra mondiale, un insegnante in una scuola nell'Epiro settentrionale ha trovato una raccolta di settantadue profezie scritte in un Corano in lingua albanese. Le profezie del santo erano così essenziali per la vita, così popolari e importanti per le persone che alcuni non volevano separarsi dalle sue parole neanche durante un periodo di crudeli persecuzioni, e "nascosero" le profezie del grande santo ortodosso nei libri sacri dell'islam.

Se il compito principale dei profeti del periodo dell'Antico Testamento era di predire la venuta del Messia, l'opera principale dei profeti del Nuovo Testamento è stata quella di predire la fine del mondo e la seconda venuta di Cristo. Tutti i santi del Nuovo Testamento, dotati di doni profetici (compreso san Cosma), non hanno predetto nuovi eventi o stati, ma piuttosto hanno preparato il loro gregge al tremendo giudizio e alla seconda venuta del nostro Signore e Salvatore. Ci preparano non solo a superare le difficoltà e le tentazioni degli ultimi tempi, ma anche all'obiettivo principale della nostra esistenza terrena: "una buona difesa innanzi al tremendo tribunale di Cristo". [1]

"I profeti erano grandi martiri! Erano martiri più grandi dei martiri, nonostante il fatto che non tutti morirono di morte da martiri. Questo perché i martiri non soffrirono a lungo, mentre i profeti vedevano come veniva commesso il male e così soffrivano continuamente. Gridavano e gridavano, mentre tutti gli altri si limitavano a suonare i corni". [2] Queste parole appartengono al nostro contemporaneo athonita, l'anziano Paisios l'Agiorita. L'anziano Paisios (come qualsiasi altro greco) fin dalla prima infanzia era stato immerso nelle tradizioni legate al nome di Cosma il pari agli apostoli. In seguito, nelle conversazioni con le persone che venivano da lui, spesso citava i sermoni e le profezie di questo santo. L'anziano trascorse molto tempo a restaurare il monastero di Konitsa, un luogo che è stato ininterrottamente collegato al nome di san Cosma d'Etolia (ora lì vi è una magnifica chiesa costruita in suo onore). Ma la cosa più importante è che l'anziano Paisios ci ha spiegato alcune delle profezie del santo su "Costantinopoli", che in precedenza avevano evocato accese discussioni tra i ricercatori.

I due santi erano legati insieme dal loro comune dolore per la loro terra natale e per la Chiesa ortodossa. Entrambi erano missionari eccezionali, che portarono a Cristo una moltitudine di loro contemporanei. Le loro vite sono esempi di servizio sacrificale a Dio e al prossimo.

I santi Cosma e Paisios hanno dimostrato con tutta la loro vita che l'amore per Dio è impensabile senza quello per il proprio popolo. Allo stesso tempo, nella loro relazione con la loro patria, questi due asceti erano estranei all'ardore superficiale, che divampa brillante ma si spegne rapidamente. Hanno dimostrato che l'amore per la propria patria è un lavoro quotidiano, estenuante e pericoloso, privo di qualsiasi cosa che sia appariscente, e soprattutto non portato avanti con alcuna ricompensa terrena in mente.

Per questo lavoro sacrificale è prima di tutto necessaria una profonda umiltà e dedizione alla volontà di Dio. La vita dell'anziano Paisios è stata permeata da questo. Possiamo trovare tanta prontezza per questa abnegazione nelle parole del santo ieromartire Cosma, che sono un programma per tutta la sua opera sulla terra:

"Mi potreste dire: 'Ma tu sei un monaco, quindi cosa fai nel mondo?' E io, fratelli miei, non sto comportandomi bene. Ma poiché la nostra gente è diventata incosciente, ho detto: 'Che Cristo perda solo me, ma ricevi tutto il resto. Forse per la misericordia di Dio e per le tue preghiere sarò salvato'." Qui Cosma il pari agli apostoli si trova su un terreno di parità con l'apostolo Paolo, il quale disse: Vorrei infatti essere io stesso anàtema, separato da Cristo a vantaggio dei miei fratelli, miei consanguinei secondo la carne (Romani 9:3).

Guerre, fame, freddo, catastrofi e tragedie impensabili: tutto questo è stato profetizzato da san Cosma. Ma nomina questi eventi non per spaventare i deboli di cuore e gli impressionabili. Il santo dà consigli pratici su come superare le avversità e resistervi preservando la nostra fede. Soffriva per ogni parola che diceva, che quindi ha avuto importanza e significato non solo per i suoi contemporanei, ma anche per le generazioni successive.

Le profezie di san Cosma d'Etolia sono diventate istruzioni essenziali per diverse generazioni di persone che vivono nella penisola balcanica. Ascoltiamo anche le sue parole, seguiamo le sue istruzioni e preserviamo la nostra speranza e la fede che, con l'aiuto di Dio, tutte le prove alla fine si rivolgeranno a nostro beneficio.

La profezia del "desiderato"

Con le sue profezie, san Cosma d'Etolia poté restituire ai suoi compatrioti, che languivano da oltre 300 anni sotto un giogo straniero, la speranza nella loro rinascita nazionale. Il contributo di san Cosma alla futura liberazione dal dominio turco fu enorme. Ecco le parole di una canzone che divenne l'inno per i greci che lottano contro il dominio straniero:

Aiutami, san Giorgio,

Aiutami, san Cosma,

a riprendere Costantinopoli

e la chiesa di Santa Sofia.

San Giorgio, come sappiamo, era il protettore degli eserciti. E san Cosma divenne per i partecipanti al movimento di liberazione nazionale un simbolo della lotta per la rinascita dell'Ortodossia e della madrepatria greca. Essi sono stati ispirati dalle sue profezie, che hanno risvegliato in loro fede e speranza.

Il santo, ovviamente, non poteva parlare apertamente con il suo gregge della liberazione nazionale. Usava il termine "il desiderato". "Quando arriverà il 'desiderato'?" spesso veniva chiesto al santo.

Ecco come rispondeva a questa domanda:

"Questo posto un giorno diventerà di nuovo romano. [3] Felice colui che vivrà in questo paese".

Il santo pronunciava spesso questa profezia quando visitava le terre schiavizzate dei Balcani per predicare. Ben presto furono tutte liberate dai turchi.

"Il desiderato verrà a voi nella terza generazione; i vostri nipoti lo vedranno".

Queste parole furono nuovamente pronunciate in Epiro. Questa provincia greca fu liberata durante la guerra balcanica del 1912-1913, quando erano ancora vivi i nipoti di coloro ai quali san Cosma fece questa profezia.

"C'è ancora molta sofferenza davanti a voi. Non dimenticate le mie parole: pregate, agite e siate calmi. Fino a quando questo squarcio sul sicomoro non si sarà chiuso, i vostri insediamenti saranno schiavizzati e infelici".

Il santo disse queste parole nel villaggio di Tsaraplana in Epiro. Lo squarcio su quell'albero si cicatrizzò nel 1912.

Dal momento in cui gli abitanti locali sentirono quella profezia, andarono ogni giorno al sicomoro a vedere se la ferita sull'albero si era cicatrizzata. Passarono più di 130 anni, e poi la gioiosa notizia si diffuse nella regione: "È successo! La profezia del santo si è adempiuta!" E le persone non si fecero ingannare dalle loro aspettative: solo pochi mesi dopo ricevettero la libertà tanto attesa.

"Il desiderato arriverà quando due Paschalia cadranno nello stesso giorno".

L'Annunciazione e la Pasqua caddero lo stesso giorno del 1912. Solo pochi mesi dopo, le regioni ai cui abitanti il ​​santo aveva rivolto le sue parole profetiche furono liberate dal dominio turco (così l'anziano Paisios interpretò la profezia di san Cosma).

"Possano queste montagne essere benedette: salveranno molte anime."

Il santo disse queste parole a Vonitsa. Nel maggio 1821, gli abitanti di questa zona, seguendo il consiglio profetico di san Cosma, trovarono rifugio nelle montagne di Lefkada.

"Grazie al vostro destino vi troverete sulle alte montagne: vi salveranno da molte calamità. Sentirete il pericolo, ma non lo vedrete. Soffrirete per tre giorni e tre ore".

Metsovo. Foto: Wikipedia

Il santo pronunciò questa profezia nella città di Metsovo. Il 27 maggio 1854 ci fu infatti una crudele battaglia di tre giorni. Molte persone del posto riuscirono a sfuggire alla morte nascondendosi in alta montagna.

"O benedetta montagna! Quante donne e bambini salverai quando arriveranno anni difficili".

Il 4 novembre 1912 le parole del santo si adempirono. Sulle montagne di Siatista furono salvate 45.000 donne e bambini.

"Prima verranno i berretti rossi, poi tra cinquantaquattro anni saranno sostituiti dagli inglesi, e poi ci sarà uno stato greco".

Il santo pronunciò questa profezia sulla liberazione delle Isole Ionie sull'isola di Cefalonia. Queste parole furono adempiute con incredibile accuratezza: dopo i veneziani le isole furono conquistate dai francesi (un nome popolare per loro era "berretti rossi"), e il cinquantaquattresimo anno (!) gli inglesi li sostituirono, e solo dopo di questo le Isole Ionie, come aveva predetto san Cosma, ricevettero la tanto attesa liberazione.

"La catastrofe raggiungerà la croce, ma non potrà scendere più in basso. Non abbiate paura. Non lasciate le vostre case".

Con queste parole il santo si rivolse agli abitanti di Polineri. Nel luogo dove predicava, il santo, come era sua abitudine, innalzò una grande croce con la quale questa profezia è collegata.

Nel novembre 1940, gli eserciti dell'Italia fascista invasero la Grecia. Non incontrando praticamente alcuna resistenza, conquistarono sempre più territori. Infine giunsero alla croce su cui il santo aveva profetizzato. Allarmate dalla minaccia di un ulteriore avanzamento delle forze italiane, le autorità greche diedero ordine di evacuare gli abitanti di diverse zone, tra cui Polineri. Un abitante centenario del villaggio di Tegos Nasioulas non aveva dimenticato le parole profetiche del santo: si rivolse ai suoi compaesani, convincendoli a non lasciare le loro case. Le autorità li considerarono sabotatori che cercavano di fermare l'evacuazione e facilitare l'avanzata delle forze italiane. Chiesero al vecchio di tacere, lo picchiarono persino crudelmente, ma lui non si tirò indietro.

Gli italiani di fatto arrivarono ​​alla croce, ma non poterono andare oltre: le forze greche fermarono il loro attacco.

Profezie su Costantinopoli

Riconquistare Costantinopoli è sempre stato il sogno dei greci e di altre nazioni ortodosse nei Balcani. La sua caduta è stata la data più devastante e tragica della storia greca. La rinascita di uno stato nazionale non è giunta alla sua conclusione logica: la restaurazione di un impero ortodosso con capitale a Costantinopoli. Avendo preannunciato la liberazione dal giogo turco, san Cosma predisse anche la futura liberazione di Costantinopoli. Le profezie "di Costantinopoli" attendono ancora il loro adempimento.

Molte delle profezie di san Cosma sono rimaste a lungo per noi un enigma e sono state oggetto delle spiegazioni più contraddittorie. Inoltre, nella coscienza della gente sono state confuse con le tante false profezie che esistono sulla liberazione della Città. L'anziano Paissio non solo ha spiegato le parole del santo, che sono ancora difficili da capire, ma ha anche aiutato a separare il "grano dalla zizzania", la vera testimonianza dello Spirito Santo dalle predizioni dei falsi profeti che ci hanno portato nella confusione e nell'errore.

I due santi non sono legati solo da comuni profezie sul destino della Città, ma anche dal loro amore per Bisanzio e dalla dedizione all'idea di un impero ortodosso e multinazionale, un sentimento naturale per la maggior parte degli asceti greci.

Per loro Bisanzio non è solo un programma politico ma anche un modo di pensare e di percepire il mondo: "Bisanzio pose gli inizi del Monte Santo [Athos]. Oggi la Montagna Santa potrebbe rinnovare Bisanzio, se solo conservassimo quella forza in noi stessi, non "fossimo pigri", non "perdessimo il nostro colore". Guardate, le persone ora sono deluse da tutto e cercano qualcosa che non abbia un valore meramente transitorio. Questo è molto semplice. Se solo noi stessi non svanissimo". [4] Bisanzio è l'immagine di uno stato sovrano che è inseparabilmente connesso con l'Ortodossia, fondato sull'Ortodossia. È un "regno cristiano", come lo definisce accuratamente san Cosma d'Etolia.

"I giubbotti rossi scacceranno i turchi dalla città"

Non conosciamo ancora il significato di questa profezia. Alcuni esprimono l'ipotesi che il colore rosso sarà presente nelle divise dei soldati liberatori.

"Ci sarà così tanto sangue versato nella città che un vitello di tre anni vi potrebbe nuotare dentro".

Questa profezia è stata completata dall'anziano Paissio: "A Costantinopoli ci sarà una feroce battaglia tra i russi e gli europei. Sarà versato molto sangue". [5]

"Gli eserciti passeranno attraverso la valle di Mouzini diretti a Costantinopoli. Lasciate che le donne e i bambini vadano in montagna. Vi chiederanno: "La città è lontana?" Rispondete: "È vicina". Rispondendo in questo modo, eviterete molti disastri".

La valle di Mouzini si trova nell'Epiro settentrionale. Sebbene questa provincia greca sia ora nel territorio dell'Albania, ha una popolazione significativamente non albanese (principalmente greca), a cui san Cosma si rivolse nella sua profezia.

"Quando sentite che una flotta sta navigando nel Mar Mediterraneo, sappi che la questione di Costantinopoli sarà presto risolta."

È chiaro dalle profezie che nella lotta per Costantinopoli, le parti opposte faranno ampio uso delle loro marine.

"Gli eserciti non arriveranno nemmeno a metà strada verso la Città quando sentiranno la notizia che "il desiderato" è arrivato".

Alcune delle profezie "di Costantinopoli" di san Cosma furono decifrate alla fine del XX secolo e integrate dall'anziano Paissio l'Agiorita.

"Ecco cosa ha detto l'anziano quando un giorno gli è stato chiesto degli eventi in Serbia:

"Oggi, per il bene dei turchi, gli europei stanno creando uno stato indipendente con una popolazione musulmana (Bosnia, Erzegovina). Tuttavia, vedo che in futuro divideranno attentamente anche la stessa Turchia: i curdi e gli armeni si ribelleranno e gli europei chiederanno il riconoscimento dell'indipendenza e dei diritti all'autogoverno di questi popoli. Poi diranno alla Turchia: "Una volta Vi abbiamo fatto un favore, e ora allo stesso modo, i curdi e gli armeni dovrebbero ricevere l'indipendenza". Così divideranno "nobilmente" la Turchia in parti.

"Sant'Arsenio di Cappadocia ha detto ai fedeli di Faras che perderanno la loro patria, ma presto la riconquisteranno". [6]

"Ci sarà ancora un altro esercito straniero. Non conoscerà il greco, ma crederà in Cristo. Chiederanno anche: "Dov'è la città?"."

Il destino di Costantinopoli sarà deciso in una gara militare e diplomatica delle più grandi sovranità mondiali, per le quali per qualche motivo (ancora sconosciuto) sarà proficuo lo smembramento della Turchia.

san Paissio l'Agiorita

L'anziano Paisios ha sottolineato che ciò accadrà senza la partecipazione diretta della Grecia: "Riprenderemo Costantinopoli, ma non noi stessi. Poiché la maggior parte dei nostri giovani è diventata degradata, non siamo capaci di una cosa del genere. Tuttavia, Dio farà in modo che altri prendano la Città e ce la diano". [7]

Molti ricercatori greci sono convinti che la Russia, della loro stessa religione, prenderà parte attiva nel decidere la questione di Costantinopoli. In verità, il popolo russo si adatta al massimo grado della descrizione di san Cosma: "Non conosceranno il greco, ma crederanno in Cristo".

"Un giorno un gruppo di bambini, studenti dell'Athoniada, decise di andare dall'anziano e chiedergli se i greci prenderanno Costantinopoli e loro, i bambini, vivranno fino a quei tempi. Giunsero alla kaliva di padre Paissio, presero i loro dolcetti, ma avevano paura di fare la domanda. Uno faceva segno a un altro e questi a un terzo. Ma alla fine, nessuno riuscì a chiederlo all'anziano. Allora l'anziano disse loro stesso: 'Ebbene, ragazzi? Cosa volevate chiedere? A proposito di Costantinopoli? La prenderemo, lo faremo, e voi vivrete per vederlo'." [8]

"Gli anticristi (cioè i turchi, nda) se ne andranno, ma torneranno, e poi li inseguirete al Melo Rosso."

Nella tradizione popolare greca il Melo Rosso è il nome di Kokkini Milia, un luogo da qualche parte in Mesopotamia, dove i turchi saranno cacciati dopo la liberazione di Costantinopoli.

Certo, ora ci sembra che la liberazione di Costantinopoli, proprio come la disgregazione della Turchia e il rafforzamento della Russia, siano quasi impossibili. Ma non dimentichiamo che tutto è possibile a Dio e la situazione nella politica mondiale può cambiare di 180 gradi in qualsiasi momento.

"Un giorno, il signor D.K. visitò l'anziano Paissio. A quel tempo l'URSS era una potenza mondiale forte e apparentemente invincibile, e nessuno poteva nemmeno supporre che potesse essere distrutta (questo accadeva nell'era di Breznev).

Ma l'anziano Paissios gli disse, per inciso:

"Vedrai che l'URSS cadrà a pezzi."

Il signor D. obiettò:

"Ma ieronda, chi potrebbe spezzare quell'enorme potenza? Nessuno oserebbe nemmeno toccarle le unghie dei piedi".

"Vedrai!"

L'anziano aveva predetto che la rottura dell'URSS sarebbe stata evidente anche al signor D., nonostante la sua età avanzata.

L'anziano continuò:

"Sappi che anche la Turchia cadrà a pezzi. Ci sarà una guerra che durerà due periodi. Noi saremo i vincitori, perché siamo ortodossi.

"Geronda, subiremo perdite durante la guerra?"

"Eh, al massimo occuperanno una o due isole, ma ci daranno Costantinopoli. Vedrai, vedrai!"

"I turchi partiranno, ma torneranno di nuovo e raggiungeranno Hexamilia. [9] Un terzo di loro perirà, un terzo crederà in Cristo e un altro terzo andrà a Kokkini Milia".

"Nessuno può spiegarlo, e tutti fanno supposizioni sbagliate. Dicono che Hexamilia sia a Langadas, Kilnis, [10] in Tracia, [11] a Corinto; ma nessuno sa che ciò di cui parlava il santo sono le sei miglia di acque territoriali [12].[13]

"Una volta ho incontrato l'anziano Paissio, che era un po' turbato e sconvolto. Mi ha dato alcuni dolcetti e poi ha iniziato la conversazione lui stesso:

"Alcune persone sono venute da me e hanno detto che inizierà una guerra, i turchi entreranno in Grecia e ci inseguiranno per sei miglia fino a Corinto (così spiegarono la profezia di san Cosma d'Etolia, con il loro pensiero corrotto) . <…> Sebbene non mi piaccia parlare del tema delle profezie, mi hanno costretto a spiegare loro il significato delle sei miglia di cui parlava san Cosma. Questo non è altro che sei miglia della piattaforma marina. È ciò per cui noi e la Turchia ci siamo sfidati l'un l'altro negli ultimi anni e su cui finalmente "serreremo le corna". Ma non entreranno in Grecia, avanzeranno solo fino a queste sei miglia, ma poi incontreranno grandi calamità dal nord, come è scritto, e tutti i loro piani crolleranno ". [14]

"Oggi leggere le profezie è come leggere il giornale: sono scritte così chiaramente. I miei pensieri mi dicono che molti eventi avranno luogo lì: i russi occuperanno la Turchia, la Turchia scomparirà dalla mappa, perché un terzo dei turchi si convertirà al cristianesimo, un terzo perirà e un terzo andrà in Mesopotamia ". [15]

Le profezie dei santi Cosma e Paissios parlano di come un terzo dei turchi diventerà cristiano. È interessante notare che anche adesso ci sono molti cripto-cristiani tra i turchi. Molti pellegrini che sono stati in Turchia raccontano di come durante i loro viaggi le persone si avvicinassero a loro, chiedessero loro icone, libri di preghiere e cercassero opportunità per confessarsi e ricevere la comunione.

"Avverrà, quando verranno due estati e due Pasque insieme."

Per molto tempo il significato di questa profezia ci è stato nascosto e solo alla fine del XX secolo l'anziano Paissio ha fatto luce sulle parole di san Cosma.

"Cominciarono a raccontarmi quello che aveva detto san Cosma: 'Avverrà, quando verranno due estati e due Pasque insieme'. Dicono che adesso (quando la Pasqua coincide con l'Annunciazione e l'ultimo inverno è stato come l'estate) significa che i turchi attaccheranno la Grecia.

"Siamo diventati tutti profeti, padre, e spieghiamo le cose con la nostra mente come vogliamo... Qui sono stato costretto a dire loro che quando San Cosma ha detto: 'Avverrà...' non intendeva affatto i turchi. Voleva dire che arriverà la liberazione per il popolo dell'Epiro settentrionale. E davvero, dopo quest'anno, dopo tanti anni i confini sono stati aperti, e ora possono più o meno essere collegati con la loro patria.

"Padre mio, ho capito che queste persone recano un grave danno spiegando le profezie con le loro povere menti. E soprattutto, trasmettono il loro falso pensiero agli altri". [16]

Alla base di questa pubblicazione c'è il libro: Athanasios Zoutakis, La vita e le profezie di san Cosma d'Etolia (Mosca: 2007).

Note

[1] Dalla litania nei servizi ortodossi.

[2] San Paissio l'Agiorita, Con dolore e amore per l'uomo moderno (Mosca: Slova, 2003) 1:22.

[3] Romei: abitanti dell'Impero bizantino. San Cosma fu un sostenitore coerente della creazione di un "Impero romaico".

[4] V. Athanasios Rakovalic, "Padre Paissio mi ha detto…"  (Mosca, 2003).

[5] Χριστόδουλος Αγιορείτης, ιερομοναχος. Σκέυος Εκλογής. Άγιον Όρος, 1996. Σ. 207.

[6] Ibid., 143.

[7] Χριστόδουλου Αγιορείτου. Ο Γέρων Παίσιος. Άγιον ΄Ορος, 1994. Σ. 210–221.

[8] Ieromonaco Isacco, La vita dell'anziano Paissio del Monte Santo (Mosca: 2006), 211.

[9] Hexamilia: sei miglia.

[10] Langadas, Kilnis: città in Macedonia.

[11] Tracia: una provincia della Grecia

[12] La zona di sei miglia, comprese diverse isole nel Mar Egeo. I turchi stanno ora rivendicando attivamente questo territorio. Per le continue violazioni dello spazio aereo greco, a causa di questi territori, nel 1996 quasi scoppiò un conflitto militare tra Grecia e Turchia. (Questi conflitti stanno risorgendo al momento di questa traduzione).

[13] Χριστόδουλος Αγιορείτης, ιερομοναχος. Σκέυος Εκλογής. Σ. 221.

[14] Χριστόδουλου Αγιορείτου. Ο Γέρων Παίσιος. Σ. 211

[15] Ibid., 206.

[16] Ibid., 211.

 
Perché un pastore ha bisogno di un suo sito web?

È necessario per un sacerdote avere il suo sito web? Non per tutti, suppongo. Sappiamo che ci sono diversi carismi nella Chiesa. Tra i pastori ci sono quelli ferventi nella preghiera, ottimi amministratori, e coloro che considerano come loro missione la celebrazione dei servizi divini in maniera decorosa, attenta e dignitosa. Inoltre, ci sono catechisti, missionari, predicatori e teologi. A mio parere, sono queste ultime categorie che hanno bisogno di un sito web. "La messe è molta, ma gli operai sono pochi" (Mt 9:37).

L'arcivescovo John (Shakhovskoy) ha scritto mezzo secolo fa: "la letteratura spirituale è una moltiplicazione pressoché infinita di lavoro pastorale, cammino e parole. Davanti a noi e dopo di noi entra in ogni casa, iniziando e continuando il nostro lavoro... Il libro religioso è un'espansione (quasi infinita) dell'amore pastorale, della preoccupazione per l'anima umana e della presenza del pastore in quest'anima. Attraverso la parola stampata il pastore entra nella casa e nel cuore dell'uomo mille volte". Sulla pagina principale del mio sito web ci sono anche queste parole, che appartengono a san Cirillo, pari agli apostoli e maestro degli slavi: "Predicare solo con la parola della bocca è come scrivere sulla sabbia".

Queste parole, in generale, rispondono alla domanda del perché un pastore ha bisogno del suo sito web. Per fare in modo che il lavoro della sua vita, la testimonianza di Dio e della Verità, sia compiuto più ampiamente e con più successo.

Il numero dei visitatori del mio sito ha raggiunto diverse migliaia in appena un anno. Ciò significa che le mie prediche, gli articoli e i pensieri spirituali possono essere ascoltati non solo dalle mie decine di parrocchiani, ma da un numero molto maggiore di persone. E con le lettere e le risposte alla gente vedo che questo lavoro è stato fruttuoso. Non meno di una ventina di persone ha appena varcato la soglia della nostra chiesa. Sono venuti dalla mancanza di fede o dalla vita secolare. E la loro vita nella Chiesa ha avuto inizio.

Alcuni sono stati toccati da un sermone che avevano udito, alcuni sono rimasti impressionati dalle immagini o dagli articoli messi sul sito web. E alcuni hanno considerato molto importante che il sacerdote sia aperto, disponibile e affabile. Questo è ciò che ha rotto l'ultima barriera sulla strada verso la fede.

Le possibilità del mio lavoro nella vigna di Dio possono essere estese enormemente attraverso il sito web.

Tecnologie di comunicazione

Immaginate un prete che vuole predicare e catechizzare. E vuole che il suo lavoro sia il più efficiente possibile. Cosa gli si può consigliare? Di non ignorare i risultati delle tecnologie contemporanee!

Vi siete mai chiesti perché l'influenza di san Giovanni Crisostomo a suo tempo era stata così travolgente ed esplosiva? Perché tutti, dai cuochi e dagli e stallieri fino ai re, lo citano? Proprio perché Crisostomo aveva studiato alla scuola di retorica e, come retore diligente, ne seguiva la regola: tutti i sermoni da lui fatti erano stati trascritti. Poi il santo rivedeva queste trascrizioni, che erano copiate, e chiunque poteva ottenerle in un libro. Crisostomo è conservato in migliaia di trascrizioni, mentre molti eccezionali pastori dei suoi giorni sono conosciuti solo per i loro nomi. La parola di Crisostomo funziona anche oggi; delle parole di molti altri si sono perse le tracce.

Quanto del patrimonio del beato metropolita Antonio di Sourozh sarebbe stato salvato, se le sorelle Maidanovich non lo avessero seguito dalla metà degli anni '60 e non avessero registrato i suoi discorsi e sermoni su un registratore portatile? Il 95% di tutto ciò che abbiamo come preziosa eredità del metropolita Antonio di Sourozh, che ha scavato solchi nelle anime dei russi induriti dai tempi dell'ateismo, negli anni '90 – lo dobbiamo al podvig di queste due ordinarie donne ortodosse (il metropolita Antonio ha confessato che non aveva mai pensato di registrare i suoi sermoni e discorsi, e non ha scritto alcun libro).

L'arciprete Georgij Mitrofanov, uno storico di primo piano e pensatore straordinario, ha tenuto interessanti incontri per alcuni anni a San Pietroburgo. Insieme a un pubblico guardava dei film e poi li commentava, secondo un punto di vista teologico. Bergman, Tarkovskij, Lungin, e altri tra i film più interessanti e controversi dei secoli XX-XXI, commentati dal punto di vista ortodosso!

Una volta stavo andando in macchina con gli organizzatori di questo progetto. Ho chiesto loro se registravano su un dittafono i discorsi di padre Georgij per farceli leggere o semplicemente per ascoltarli. Si sono guardati l'un l'altro: "Non ci avevamo mai pensato..." Che cosa significa...?

Il pastore, che vuole servire l'opera della predicazione nel modo più efficiente possibile, deve pensarci bene!

Consigli a confratelli pastori

Vi consiglio di acquistare un registratore digitale e di registrare le vostre prediche. Poi dovreste ascoltarle e analizzarle. Molti sacerdoti sono sicuri di sé. Il popolo di Dio ringrazierà per ogni cosa, ma è per questo che non sarà attento ai sermoni. Ma il livello della predicazione di un pastore deve crescere; il pastore vi deve lavorare sopra, prendendo in considerazione i propri errori. Poi i sermoni felici possono essere messi su un sito web, convertiti in testo, e così via. Consiglio anche di registrare le catechesi e le lezioni che vengono tenute alla scuola domenicale.

Prevedo le obiezioni: "ma non ci troviamo niente di buono". Se è così, questo è proprio perché noi consideriamo il nostro lavoro di predicazione e catechesi come qualcosa di transitorio e insignificante. Ci incontriamo, ci sediamo per un po' a parlare, e ringraziamo Dio. Ma se cambiamo il nostro atteggiamento verso il nostro parlare in pubblico, così come verso ciò che devono ascoltare molte persone, cose che devono rimanere per anni, questo ci spinge a un atteggiamento più responsabile sia verso le lezioni alla scuola domenicale sia verso la predicazione.

Un mio altro consiglio è di acquistare una fotocamera digitale e di mantenere una fotocronaca degli eventi importanti della vita parrocchiale. Anche questa "predicazione visiva" è molto importante per il lavoro di missione e catechesi.

Anche se questo può non essere richiesto oggi, ma solo anni dopo, non bisogna perderlo. (Molto di ciò che ora è sul mio sito era stato raccolto alcuni anni prima e ora è diventato utile).

Dovrei ribadirlo ancora una volta: un sito web è una possibilità di estendere e un vasto pubblico la vostra predicazione e il vostri discorsi pubblici. E non è una questione di ambizione, ma di obiettivi. Io vedo l'obiettivo del mio servizio evangelico nel portare la mia predicazione a quante più persone possibile. E dovrebbe servire a ricordarsi del Signore, dell'eternità e della salvezza, che può essere trovata attraverso la Chiesa, di fronte al mondo che svanisce nell'incredulità.

Non credo che un pastore debba dedicarsi completamente a progetti in Internet. La vita spirituale, compresa la preghiera personale, i servizi divini, e il lavoro pastorale in parrocchia, viene prima di tutto. Io trascorro molto tempo con la mia famiglia e i figli (ho tre figli). Ma la predicazione è il dovere e l'obbligo di un pastore. Facciamo il nostro dovere in modo più efficiente e con successo, se creiamo un sito web e vi mettiamo diverse informazioni.

Supporto tecnico

Un'osservazione importante: io sono profondamente convinto che il pastore non dovrebbe essere molto interessato alla parte tecnica del progetto. Il pastore è responsabile per il concetto e le informazioni. Il lato tecnico è di preoccupazione altrui.

Ho avuto la fortuna di un'offerta di lavoro al portale Azbuka very (l'Abbecedario della fede). È il più grande sito web ortodosso di San Pietroburgo. Offre professionisti, strutture tecniche quasi illimitate, e così via, senza alcun problema. (A proposito, Azbuka Very è pronto a collaborare con tutti i sacerdoti e parrocchie. Il portale offre collaborazione!)

Giovani specialisti di computer, che possono aiutare molto il parroco, si trovano sempre nelle parrocchie.

Possibili difficoltà

La difficoltà principale per me è la mancanza di tempo libero. Per molti sacerdoti la mancanza di tempo è il più forte ostacolo in tutto, ma suppongo che la possibilità di seguire sermoni, conferenze e articoli non solo nella parrocchia, ma in realtà in qualsiasi punto del mondo, valgono i nostri sforzi.

Il problema di una buona gestione del tempo è una preoccupazione per molti pastori.

Spegnere il telefono a volte (dopo tutto, non abbiamo fretta di rispondere al telefono quando preghiamo o siamo impegnati in una celebrazione), non lasciare che cose vane e meschine ci assorbano totalmente, utilizzare tecnologie avanzate (dittafoni), e coinvolgere parrocchiani attivi nella trascrizione di file sonori ci aiuterò almeno a svolgere il servizio di catechesi con più successo e in modo più efficiente.

Si possono trovare un'ora o due al giorno per lettura, scrittura e lavoro creativo. Per me è spesso il momento in cui i bambini sono a letto (22:30-00:30).

Domande e risposte

La categoria delle "risposte alle domande" deve sempre esserci sul sito web di un prete. Non credo sia necessario rispondere a domande alle quali si possono trovare facilmente risposte ("Quali misteri ci sono nell'Ortodossia?", "Cosa significa 'invisibilmente scortato dalle schiere angeliche'?", e così via). Sono certo che sarebbe più utile, per chi fa a un sacerdote domande così basilari, leggere qualcosa e imparare da soli.

Se quest'uomo visita siti ortodossi e vuole proprio che il sacerdote che si occupa dei lavori del sito gli dia una risposta distinta e adeguata, quel sacerdote deve avere l'opportunità di farlo.

Ma capita che qualcuno che vive in un altro paese o in un luogo isolato si trovi di fronte a un problema spirituale, una domanda a cui davvero non può ottenere una risposta. E nessuno, nemmeno il prete, lo aiuterà. C'è gente che per anni è tormentata da alcune domande.

San Giovanni Crisostomo, che abbiamo citato prima, e che, bisogna ammettere, non aveva nemmeno lui abbastanza tempo libero, non disprezzava di accogliere la gente e di rispondere alle loro domande personali. Il racconto della sua vita dice che dopo i servizi divini si sedeva sui gradini della chiesa e parlava a tutti quelli che erano venuti alle funzioni. Sia così o no, è indubbio che, a dispetto del suo alto rango, considerava importante parlare con la gente comune.

Naturalmente il parroco non deve sopravvalutare il ruolo della comunicazione su Internet. Ci sono domande che devono essere definite con maggiore precisione, o che possono essere risolte solo in un incontro personale. In tal caso i visitatori del sito devono essere inviati a una chiesa per incontrare un sacerdote.

Nel rispondere a una domanda, il sacerdote dovrebbe ricordare che non è la sua opinione personale che viene chiesta, ma il parere di un pastore competente, che esprime il parere della Chiesa ortodossa. La posizione della Chiesa ortodossa sulla maggior parte delle domande è ora chiara, a causa di molti documenti accettati dai Concili dei vescovi. È per questo che il parroco deve almeno avere dimestichezza con "I fondamenti della concezione sociale della Chiesa ortodossa russa".

Comunicazione su Internet

Naturalmente, molto dipende dalla cultura personale del parroco. Ma io sono profondamente convinto che, per quanto il pastore possa essere aperto e orientato alla missione, non deve abbassarsi al livello dei lettori e dei visitatori dei siti web, ma piuttosto elevarli al livello di una cultura ortodossa e della grande cultura russa.

Un arciprete, divenuto famigerato per la sua lotta contro i codici a barre e molti fatti moderni in generale, ha fatto recentemente una dichiarazione: "Dobbiamo parlare con l'uomo moderno non solo nel linguaggio convenzionale, ma a volte nella lingua di una o di un'altra sottocultura, a cui appartiene la maggior parte della generazione più giovane, che ci piaccia o no".

Io non sono d'accordo con una tale posizione di principio. Il gergo dei giovani e le modalità irresponsabili di comunicazione, che sono perdonabili tra i giovani laici che si oppongono a tutto ciò che è tradizionale e convenzionale a causa della loro età, sono imperdonabili tra noi pastori. Secondo la parola dell'Apostolo, non dobbiamo conformarci a quest'epoca, ma dobbiamo elevare i nostri parrocchiani, lettori e ascoltatori verso una cultura alta. Verso una cultura di fede e di vita.

Interattività

I lettori scrivono tante cose. Ci sono certamente attacchi da parte di alcuni gruppi coesi, probabilmente gruppi di satanisti, che cercano di confondere i lettori con diversi trucchi sporchi e pettegolezzi. Bisogna filtrare tutti i messaggi e cancellare quelli scandalosi (vi ricordo le parole del grande scrittore russo Goncharov, che, lavorando per qualche tempo come censore letterario, ha dichiarato quanto segue circa il compito della sua opera di censore: "non ho voluto concedere agli sciocchi l'ingresso nella letteratura." Il compito dei presenti amministratori ed editori di siti web è simile a questo).

Ci sono lettere di persone la cui sanità mentale è piuttosto discutibile, ma è necessario in modo adeguato e delicato non permettere che vi prendano per il naso. Ma la maggior parte è composta da persone che stanno scoprendo l'Ortodossia. Non è un segreto che alcune persone sono timide nel varcare la soglia della chiesa. Un'occasione per conoscere la fede, per sentire una parola sull'eternità e sull'amore di Dio sulle pagine elettroniche di un sito web si rivela molto importante per loro.

Recentemente ho ricevuto una lettera da una donna. Era da un ospedale per malati di mente. Scriveva che da mezzo anno aveva perso suo figlio. Aveva perso il senno dal dolore, era andata in ospedale, e in preda alla disperazione, aveva deciso di suicidarsi lì. Le avevano dato da leggere il mio libro alla vigilia della notte in cui aveva intenzione di uccidersi. Risposte tipiche a domande semplici.

Lo ha letto per tutta la notte: "... mi sono cadute le scaglie dagli occhi. Ho capito perché e come vivere. Ora tutto quello che voglio è stare meglio, essere dimessa dall'ospedale, e andare in chiesa. "

La vita reale si interseca con quella virtuale? Proprio in questo modo! Ripeto ancora una volta che, a mio forte parere, la stessa vita "virtuale" è necessaria non come passatempo, come modo di auto-realizzazione e di auto-espressione, ma come modo di servizio pastorale, evangelico. Solo per questo!

 
Chiese gotiche e celebrazioni ortodosse

Una recente discussione sul blog Parlons d'Orthodoxie, originariamente destinata a valutare l'impatto del pellegrinaggio ortodosso alla cattedrale cattolica di Amiens, ha proposto uno scambio di pareri sull'opportunità di tenere celebrazioni ortodosse (in modo particolare, celebrazioni eucaristiche) in chiese non ortodosse. Curiosamente, l'argomento ha attirato un'insolita quantità di commenti sul blog, e invece di soffermarsi sul tema dell'ospitalità eucaristica, i commenti si sono concentrati soprattutto sulla liceità dell'architettura gotica come base di una chiesa ortodossa.

Quasi vent'anni or sono, ci siamo trovati anche noi nel mezzo di una discussione simile. Un  nostro amico ortodosso sosteneva la tesi dell'assoluta incompatibilità dell'architettura gotica con il culto ortodosso, per un motivo che abbiamo ancora trovato nella recente discussione del blog, ovvero che "l'architettura gotica è legata alla teologia scolastica". Uno dei partecipanti al forum di discussione in francese ha anche citato un testo del famoso storico dell'arte Erwin Panofsky, "Gotische Architektur und Scholastik", che dimostra che lo stile gotico è direttamente legato alla scolastica.

L'argomento non era, e non è tuttora, privo di un certo peso: siccome la teologia scolastica è portatrice di visioni teologiche in più o meno netto contrasto dogmatico con la fede ortodossa, si dovrebbe vedere con sospetto uno stile di arte e architettura a questa legato.

A suo tempo, abbiamo dovuto rispondere con un altro argomento, che troviamo esposto più o meno allo stesso modo nella discussione presente, ovvero:

In origine, lo scopo delle architetture "gotiche" speciali era quello di permettere la costruzione di chiese più grandi o più alte, con maggiore spazio di vetrate e di conseguenza con una migliore illuminazione naturale. All’epoca non c’era alcuna "teologia" di questo tipo di architettura. Le interpretazioni teologiche che ne sono state fatte sono giunte a posteriori.

In altre parole, a prescindere dall'uso che ne è stato fatto in sede di commento teologico, uno stile architettonico in sé non è espressione di una fede particolare, e tutti possono essere "cristianizzati" secondo la necessità, come testimoniano i casi di inclusione di alcuni elementi gotici in architetture (come quella serba medioevale) di per sé ritenute pacificamente e completamente ortodosse.

Un discorso completamente separato si potrebbe fare invece sulla liceità di decorazioni con motivi iconografici sulle vetrate delle chiese gotiche. Qui abbiamo già espresso a suo tempo un nostro parere, nel nostro testo sulle differenze tra cattolici e ortodossi:

Per quanto si possa dire che gli ortodossi non badino a spese per decorare con ricchezza e solennità l'interno delle loro chiese, non si è sviluppata tra loro l'arte delle vetrate colorate che ha reso famose le grandi cattedrali gotiche del medioevo (e che da queste è passata anche al protestantesimo). Ciò ha avuto ragioni storiche: la tipica architettura bizantina e slava non ha mai permesso un grande spazio per le finestre, e sovraccaricare di colori le poche aperture esistenti avrebbe sottratto illuminazione all'interno. Tuttavia, anche con le più ampie aperture permesse dalle moderne tecnologie, si è preferito comunque mantenere un colore uniforme e soffuso per le vetrate, senza decorazioni particolari (un tipico caso è la cattedrale di San Demetrio a Salonicco, in Grecia). Certamente, non si può parlare di avversione all'iconografia (dopo tutto, le icone sono definite "finestre" sul cielo), ma bisogna piuttosto considerare questa apparente carenza in relazione con le altre immagini all'interno delle chiese. Nelle cattedrali gotiche, le vetrate colorate arricchivano quello che sarebbe altrimenti stato un ambiente spartano; in una chiesa ortodossa, esse creerebbero probabilmente contrasto e confusione con l'iconografia parietale (affreschi e mosaici), limitandone l'illuminazione e proiettandovi sopra fasci di luce eterogenea e innaturale. Inoltre, diventerebbero un falso surrogato delle icone interne. La finestra ideale di una chiesa ortodossa deve donare un senso di luce celeste e traslucida (per questo erano sapientemente usati nell'antichità l'onice e l'alabastro), che esalta il valore dell'iconografia interna.

Nei commenti al blog francese, non ci convince molto l'avversione a un deambulatorio interno attorno al santuario (come si può riscontrare, per esempio, nel duomo di Milano). Il commentatore che dice che in tal modo "si perde l'architettura originale ereditata dal tempio di Gerusalemme con un santuario veramente a parte", o non ha un'idea chiara di come fosse strutturato il tempio di Gerusalemme (dove il cortile del tempio era di per sé un deambulatorio attorno al santo dei santi), o se per questo la stessa basilica odierna della Risurrezione (dove sia il cubicolo del Santo Sepolcro sia il santuario della chiesa principale sono circondati da deambulatori interni), oppure non si è mai soffermato a considerare l'architettura tradizionale delle chiese etiopiche, dove il deambulatorio attorno al santuario è dichiaratamente ispirato ai modelli di Gerusalemme.

Il dibattito sulle chiese gotiche, comunque, non ha per oggetto la liceità di fare una celebrazione occasionale in una chiesa gotica non ortodossa (il pellegrinaggio ortodosso ad Amiens non aveva finalità di tipo architettonico, ma piuttosto era motivato dalla venerazione delle reliquie di san Giovanni Battista conservate nella cattedrale), e oggi non esiste una vera intenzione di costruire chiese gotiche per il culto ortodosso. Piuttosto, ci si domanda se l’offerta di una chiesa gotica preesistente può essere compatibile con l’uso liturgico continuato da parte di comunità ortodosse. Molti esempi nel mondo sembrerebbero suggerire che tale adattamento sia del tutto possibile, anche per una sede episcopale:

Chiesa ortodossa romena dei santi Arcangeli a Parigi, sede della Metropolia romena dell’Europa occidentale: un esempio di parrocchia ortodossa adattata a un edificio gotico. Anche se uno dei commentatori definisce “catastrofica” l’iconostasi, nondimeno vediamo come questa si armonizza con gli elementi decorativi della chiesa gotica nel suo insieme.

Bisogna notare che, per ora, questi tipi di "chiese ortodosse gotiche" sono delle eccezioni funzionali a necessità particolari di gruppi di fedeli ortodossi alla ricerca di un locale di culto (e tra i quali, verosimilmente, la maggioranza non aveva alcuna esperienza precedente di culto in chiese gotiche).

È davvero ancora troppo presto per poter predire se un giorno nascerà un desiderio di un "rito ortodosso occidentale" da celebrare in chiese come queste, oppure se lo stesso rito ortodosso che vi si celebra regolarmente svilupperà col tempo alcuni tratti "ibridi", più o meno facilmente percettibili, a causa dell’ambientazione stessa delle proprie funzioni. Quel che è certo è che il modo di pregare ha sempre qualche interazione con il modo di credere, e anche qualche piccola variazione storica può far sentire i suoi influssi a lungo termine.

 
Distorcere la Russia - Come i media americani travisano Putin, Sochi e l'Ucraina

La degradazione della Russia, un paese ancora vitale per la sicurezza nazionale degli Stati Uniti, da parte della tradizionale copertura stampa americana è in corso da molti anni. Se il recente tsunami di articoli vergognosamente non professionali e politicamente provocatori in importanti quotidiani e riviste – in particolare sulle Olimpiadi di Sochi, sull'Ucraina e, immancabilmente, sul presidente Vladimir Putin – è un indicatore, questo malcostume dei media è ormai pervasivo ed è la nuova norma.

Ci sono notevoli eccezioni, ma si è sviluppato un modello generale. Anche nei venerabili New York Times e Washington Post, notizie, editoriali e commenti non aderiscono più rigorosamente agli standard giornalistici tradizionali, e spesso non riescono a fornire fatti e contesto; a fare una chiara distinzione tra reporting e analisi; a richiedere almeno due diverse opinioni politiche o di "esperti" sui principali sviluppi; oppure a pubblicare opposte opinioni sulle loro pagine di editoriali aperti. Come risultato, i media americani sulla Russia di oggi sono meno oggettivi, meno equilibrati, più conformisti e ben poco meno ideologici rispetto alla loro copertura della Russia Sovietica durante la Guerra Fredda.

Anche la storia di questa degradazione è chiara. È iniziata nei primi anni '90, dopo la fine dell'Unione Sovietica, quando i media statunitensi hanno adottato la posizione narrativa di Washington che quasi tutto ciò che faceva il presidente Boris Eltsin era una "transizione dal comunismo alla democrazia", e quindi nell'interesse dell'America. Ciò includeva la sua "terapia d'urto" economica, il saccheggio oligarchico di beni essenziali dello Stato, che ha distrutto decine di milioni di vite russe; la distruzione armata di un Parlamento eletto dal popolo e l'imposizione di una Costituzione "presidenziale", che ha inferto un duro colpo alla democratizzazione e ora dà potere a Putin, la guerra brutale nella piccola Cecenia, che ha fatto nascere i terroristi nella zona russa del Caucaso del nord, i brogli sulla sua rielezione nel 1996, e la sua uscita di scena, nel 1999, con i suoi indici di gradimento a una sola cifra, lasciando un paese in disintegrazione carico di armi di distruzione di massa. Di fatto, la maggior parte dei giornalisti americani dà ancora l'impressione che Eltsin fosse un leader russo ideale.

Fin dai primi anni 2000, i media hanno seguito una diversa narrazione capo-centrica, anche questa coerente con la politica degli Stati Uniti, che svaluta l'analisi multiforme per dare spazio a una demonizzazione implacabile di Putin, con poco riguardo per i fatti. (C'è mai stato un leader comunista sovietico dopo Stalin così svillaneggiato personalmente?) Se la Russia sotto Eltsin era presentata come portatrice di una politica legittima e di interessi nazionali, oggi ci viene fatto credere che la Russia di Putin non ne ha affatto, né patria né all'estero, neanche sui suoi stessi confini, come in Ucraina.

La Russia oggi ha seri problemi e ci sono molte politiche ripugnanti al Cremlino. Ma chiunque si basi sui media americani maggioritari non troverà alcuna delle loro origini o influenze nella Russia di Eltsin o nelle politiche provocatorie degli Stati Uniti dagli anni '90, ma solo in  Putin "l'autocrate" che, per quanto autoritario, in realtà manca di tale potere. Né gli viene accreditata la stabilizzazione di un paese in disintegrazione dotato di armi nucleari, l'assistenza agli obiettivi di sicurezza degli Stati Uniti dall'Afghanistan e dalla Siria all'Iran, e neppure la concessione di un'amnistia, nel mese di dicembre, a più di 1.000 prigionieri incarcerati, tra cui madri di bambini piccoli.

Non sorprende che a gennaio il Wall Street Journal ospitava l'ampiamente screditato ex presidente della Georgia, Mikheil Saakashvili, bollando il governo di Putin come un governo di "inganno, violenza e cinismo", con il Cremlino come "centro nevralgico dei problemi che assillano l'Occidente". Ma i colpi sfrenati a Putin sono anche la caratteristica della narrazione dominante nei media centristi, liberali e progressisti, dal Post al Times dal New Republic alla CNN, alla MSNBC e a Real Time della HBO con Bill Maher, dove Howard Dean, non precedentemente noto per le sue competenze sulla Russia, ha recentemente dichiarato, con l'approvazione dei moderatori, "Vladimir Putin è un delinquente".

I media dunque attendono con ansia la rovina di Putin, a causa della sua "economia fallimentare" (alcuni dei suoi indicatori sono migliori di quelli americani), del valore dei manifestanti di strada e di altri oppositori benpensanti (le cui politiche sono raramente esaminate), la defezione del suo elettorato (il suo tasso di approvazione rimane a circa il 65 per cento) o qualche benvenuto "cataclisma". Credendo evidentemente, come fa il Times, per esempio, che a Putin succederanno democratici e un "futuro migliore" (e non zelanti ultranazionalisti in crescita nelle strade e nei corridoi del potere), i commentatori statunitensi rimangono indifferenti a ciò che l'auspicata "destabilizzazione del suo regime" potrebbe significare nel più grande paese nucleare del mondo.

Certo, l'autrice principale di temi russi sul New Republic, Julia Ioffe, non approfondisce la questione, né molto altro di valore reale, nella sua storia di copertina di quasi 10.000 parole il 17 febbraio. Il tema sbandierato da Ioffe è devotamente Putin-fobico: "Ha schiacciato la sua opposizione e non ha nulla da mostrare, se non un paese che sta cadendo a pezzi". Nessuna delle sue travolgenti affermazioni è spiegata o documentata. Una compilazione di chat di conoscenti moscoviti di Julia Ioffe (nata in Russia), scontenti ma apparentemente non "schiacciati", e stuzzicanti pettegolezzi personali circolati a lungo su internet, l'articolo sembra più adatto (a parte alcuni errori di fatto) ai tabloid russi, così come il disprezzo di Ioffe per l'obiettività. Le grida di protesta "Russia senza Putin" e "Putin è un ladro!" sono stati "uno dei momenti più esilaranti che abbia mai sperimentato". E cosi pure twittare "Putin è fottuto". Né dimentica il mantra della speranza, "il cataclisma sembra ora più vicino che mai".

* * *

Per settimane, questa copertura tossica si è concentrata sulle Olimpiadi di Sochi e sull'aggravarsi della crisi in Ucraina. Anche prima che i Giochi iniziassero, il Times ha dichiarato il complesso recentemente costruito una "distopia in stile sovietico" e ha avvertito in un titolo, Terrorismo e Tensione, Non Sport e Gioia. Nella giornata di apertura, il giornale ha trovato spazio per tre articoli anti-Putin e un editoriale di piombo, una prodezza rivaleggiata dal Post. I fatti importavano poco. Praticamente ogni rapporto dagli Stati Uniti ha insistito che la cifra record di 51 miliardi dollari "sperperati" da Putin nei Giochi di Sochi hanno dimostrato che questi erano "corrotti". Ma come ha sottolineato Ben Aris di Business New Europe, fino a 44 miliardi dollari potrebbero essere stati spesi "per sviluppare le infrastrutture di tutta la regione", investimenti di cui "l'intero paese ha bisogno".

Complessivamente la copertura pre-Sochi è stata anche peggio, sfruttando la minaccia del terrorismo in modo tanto licenzioso da sembrare pornografica. Il Post, a lungo conosciuto tra osservatori critici della Russia come "la Pravda sul Potomac", ha esemplificato l'ethos dei media. Un giornalista sportivo e un redattore di pagina editoriale hanno trasformato le Olimpiadi in una "lotta di volontà" tra la disprezzata "brigantocrazia" di Putin e gli "insorti" terroristi. Le "due parti in conflitto" erano così equiparate che i lettori si chiedevano per chi fare il tifo. Se non altro, i giornalisti americani hanno dato ai terroristi una vittoria in anticipo, sporcando i "Giochi di Putin" e spaventando molti spettatori stranieri, tra cui alcuni parenti degli atleti, al punto da non farli andare.

Il ricordo dei Giochi di Sochi, trionfante o tragico, passerà presto, ma non così la crisi ucraina potenzialmente fatale. Una nuova divisione da guerra fredda tra Occidente e Oriente può ora svilupparsi, non a Berlino, ma nel cuore della civiltà storica della Russia. Il risultato potrebbe essere un confronto permanente carico di instabilità e la minaccia di una guerra calda di gran lunga peggiore di quella in Georgia nel 2008. Questi pericoli sono stati del tutto ignorati nei resoconti altamente selettivi, partigiani e provocatori dei media americani, che dipingono benevolmente le proposte di "partenariato" dell'Unione europea come l'occasione dell'Ucraina per la democrazia, la prosperità e la fuga dalla Russia, sventata solo dal "bullismo" di Putin e dei suoi "compari" a Kiev.

Non molto tempo fa, i lettori impegnati potevano contare sulla New York Review of Books per prospettive alternative fattualmente affidabili su importanti temi storici e contemporanei. Ma quando si tratta di Russia e Ucraina, la NYRB ha ceduto alla mania generale dei media. In un post sul blog il 21 gennaio Amy Knight, una collaboratrice regolare e incallita detrattrice di Putin, ha messo in guardia il governo degli Stati Uniti contro la cooperazione con il Cremlino nella sicurezza a Sochi, suggerendo anche che i servizi segreti di Putin "potrebbero avere interesse a consentire o addirittura facilitare tali attacchi", le decine di russi uccisi o feriti a Volgograd nel mese di dicembre.

Le insinuazioni di Knight prefigurano una presunta relazione sull'Ucraina del professor Timothy Snyder di Yale nel numero del 20 febbraio. Le omissioni dei fatti, da parte di giornalisti o studiosi, non sono meno falsità rispetto agli errori di fatto. L'articolo di Snyder era pieno di entrambi, che sono ampiamente diffusi dai media popolari, ma questi sono nella stimata NYRB e da parte di un accademico di fama. Considerate alcune delle affermazioni di Snyder:

§ "Sulla carta, l'Ucraina è oggi una dittatura". Di fatto, la legislazione "sulla carta" a cui si riferisce ben difficilmente costituisce una dittatura, e in ogni caso è stata presto abrogata. L'Ucraina è in uno stato che è quasi il contrario della dittatura: un caos politico non controllato dal presidente Viktor Yanukovych, dal Parlamento, dalle forze di polizia o da qualsiasi altra istituzione governativa.

§ "I [ parlamentari ] deputati... si sono tutti praticamente votati all'estinzione". Di nuovo, Snyder allude alla "carta" annullata. Inoltre, serie discussioni sono in corso a Kiev circa il ritorno alla disposizioni della Costituzione del 2004 che farebbe ritornare sostanziali poteri presidenziali al legislatore, ben difficilmente "la fine dei controlli parlamentari sul potere presidenziale", come Snyder sostiene. (Gli dispiace la prospettiva di un risultato di compromesso?)

§ "Attraverso proteste pubbliche straordinariamente grandi e pacifiche... gli ucraini sono un esempio positivo per gli europei". Questa dichiarazione sorprendente può essere stata vera nel mese di novembre, ma ora solleva domande sul tipo di "esempio" che Snyder sta sostenendo. L'occupazione di edifici governativi a Kiev e in Ucraina occidentale, il lancio di bombe incendiarie contro la polizia e altri assalti violenti contro le forze dell'ordine e la proliferazione di slogan antisemiti da parte di un numero significativo di manifestanti anti-Yanukovych, tutte cose documentate e persino mostrate in televisione, non sono un "esempio" che la maggior parte dei lettori consiglierebbe agli europei o agli americani. Né sono tollerati, anche se accompagnati da episodi di brutalità della polizia, in alcuna democrazia occidentale.

§ "I rappresentanti di un gruppo minore di estrema destra ucraina hanno preso di credito per le violenze". Questo offuscamento implica che, a parte forse un "gruppo minore", "l'estrema destra ucraina" fa parte del positivo "esempio" proposto. (Molti dei suoi rappresentanti hanno espresso odio per i valori "anti- tradizionali" dell'Europa, come i diritti dei gay). Ancor più, Snyder continua, "qualcosa non quadra", implicando fortemente che la violenza di massa è effettivamente "fatto da provocatori russofoni" per conto di" Yanukovych (o di Putin). "Come prova, Snyder allude ai "rapporti" che dicono che gli istigatori "parlavano russo". Ma milioni di ucraini da entrambi i lati della loro incipiente guerra civile parlano russo.

§ Snyder riproduce ancora un ennesimo diffuso malcostume dei media per quanto riguarda la Russia, il declino della verifica editoriale dei fatti. In un recente articolo dell'International New York Times, al tempo stesso gonfia le sue affermazioni e cerca di eliminare gli elementi neofascisti dalla sua innocua "estrema destra ucraina". Ancora senza prove verificate, avverte di un "intervento armato" in Ucraina sostenuto da Putin dopo le Olimpiadi e caratterizza rapporti affidabili di "nazisti e antisemiti" tra i manifestanti di strada come "propaganda russa".

§ Forse la più grande falsità promossa da Snyder e dalla maggior parte dei media degli Stati Uniti è l'affermazione che "la futura integrazione dell'Ucraina in Europa" è "agognata da tutto il paese". Ma ogni osservatore informato sa – dalla storia dell'Ucraina, la sua geografia, le lingue, le religioni, la cultura, la politica recente e i sondaggi di opinione, che il paese è profondamente diviso sulla questione se deve entrare in Europa o restare vicino politicamente ed economicamente alla Russia. Non c'è una sola Ucraina o un solo "popolo ucraino", ma almeno due, generalmente situati nelle regioni occidentali e orientali.

Tali distorsioni di fatto indicano due flagranti omissioni di Snyder e di altri resoconti dei media statunitensi. Il confronto ora estremamente pericoloso tra le due Ucraine non è stato "acceso", come sostiene il Times, dalla doppiezza delle negoziazioni di Yanukovich – o da Putin – ma da un ultimatum spericolato dell'Unione Europea, nel mese di novembre, che il presidente democraticamente eletto di un paese profondamente diviso scelga tra Europa e Russia. La proposta di Putin di un accordo tripartito, raramente riportata dai media, se mai è riportata, è stata seccamente respinta dai funzionari degli Stati Uniti e dell'Unione Europa.

Ma l'omissione più importante dei media è la convinzione ragionevole di Mosca che la lotta per l'Ucraina sia un altro capitolo della marcia ancora in corso dell'Occidente, guidato dagli Stati Uniti, verso la Russia post-sovietica, che ha avuto inizio negli anni '90 con l'espansione verso est della NATO ed è proseguita con attività politiche di ONG finanziate dagli Stati Uniti all'interno della Russia, un avamposto militare USA-NATO in Georgia e impianti di difesa missilistica nelle vicinanze della Russia. Che questa politica di lunga data di Washington e Bruxelles sia saggia o sconsiderata, è lei a essere ingannevole – e non l'offerta economica fatta da Putin a dicembre per salvare l'Ucraina dal collasso economico. La proposta di "civiltà" dell'Unione Europea, per esempio, include disposizioni di "politica di sicurezza ", quasi mai riportate dai media, che sembrerebbero subordinare l'Ucraina alla NATO.

Eventuali dubbi circa le vere intenzioni dell'amministrazione Obama in Ucraina dovrebbero essere state dissipate dalla conversazione registrata recentemente rivelate tra un alto funzionario del Dipartimento di Stato, Victoria Nuland, e l'ambasciatore americano a Kiev. I media, in modo prevedibile, si sono incentrati sulla fonte della "fuga" e sulla "gaffe" verbale della Nuland, "...'fanculo l'Unione Europea". Ma la rivelazione essenziale era che i funzionari americani di alto livello stavano complottando per "dare alla luce" un nuovo governo ucraino anti-russo spodestando o neutralizzando il suo presidente democraticamente eletto, e questo si chiama colpo di stato.

Gli americani restano con una nuova edizione di un vecchio problema. È stato il ventennale approccio in stile "chi vince piglia tutto" di Washington alla Russia post-sovietica che ha plasmato questa copertura degradata di notizie, o è la politica ufficiale che è plasmata dalla copertura? Il senatore John McCain stava a Kiev accanto al noto leader di un partito estremista nazionalista perché è stato male informato dai media, o sono i media che hanno cancellato questa parte della storia a causa della follia di McCain?

E che dire della decisione di Barack Obama di inviare solo una delegazione di basso livello, compresi atleti gay in pensione, a Sochi? Nel mese di agosto, Putin ha praticamente salvato la presidenza di Obama convincendo il presidente siriano Bashar al-Assad a eliminare le sue armi chimiche. Putin ha poi contribuito a facilitare l'apertura annunciata di Obama all'Iran. Lo stesso Obama non sarebbe dovuto andare a Sochi – o per gratitudine a Putin, o per stare con il leader della Russia contro i terroristi internazionali che hanno colpito entrambi i nostri paesi? Non è andato perché era irretito dalle sue incaute politiche verso la Russia, oppure perché i media statunitensi travisavano le diverse ragioni citate: la concessione dell'asilo a Edward Snowden, le differenze sul Medio Oriente, le violazioni dei diritti dei gay in Russia, e adesso l'Ucraina? Qualunque sia la spiegazione, come gli intellettuali russi dicono di fronte a due brutte alternative, "sono peggio entrambe".

 
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Tradizionale pulizia al pronto soccorso dell'ospedale di Rjazan'

Il 17 gennaio il metropolita Mark ha visitato il pronto soccorso dell'ospedale di Rjazan'. Tradizionalmente l'arcipastore cerca di trovare nel suo fitto programma di appuntamenti il tempo di aiutare con la pulizia dei reparti ospedalieri. Non c'è da stupirsi che dicano che la pulizia sia garanzia della salute. Pertanto, tale partecipazione - non è solo un aiuto personale e di auto-disciplina, ma contribuisce anche al recupero dei pazienti.

Insieme con vladyka sono arrivati a lavorare ​​i sacerdoti e gli studenti del seminario. Questi ultimi anche in assenza dell'arcipastore cercano per quanto possibile di sostenere questa bella iniziativa e aiutano a mantenere la pulizia dell'ospedale.

 

 
I consigli di un monaco per chi è bloccato in casa

Le restrizioni imposte a tutta l’Italia per contenere il nuovo coronavirus ci fanno vivere momenti imprevisti e poco confortevoli.

Stare a casa, al di là della serenità passeggera dei primi giorni di “ferie forzate”, può presto farci vivere momenti di noia e di disperazione. Qui possono essere d’aiuto le persone che fanno dell’isolamento un loro stile e ideale di vita: i monaci e le monache.

Da monaco che non dimora in un monastero, ma che si sforza di vivere comunque una vita monastica, penso di avere più di un suggerimento per chi deve stare in casa e si trova di fronte a istanti di sconforto.

Vi invito a leggere quel che segue, con l’idea di trarne quel che può esservi di aiuto e di ispirazione per passare al meglio questi giorni d’emergenza.

Quarantena? Quaresima?

Che cos’è una quarantena? Un periodo di 40 giorni in cui si è sottoposti a restrizioni.

Che cos’è una quaresima? Un periodo di 40 giorni in cui si è sottoposti a restrizioni.

Per gli ortodossi, ma anche per i cattolici, l’isolamento d’emergenza coincide con il periodo dell’anno in cui i cristiani sono chiamati alla preghiera, al digiuno e alla mortificazione delle passioni. Possiamo, e anzi dovremmo, rendere grazie a Dio che queste restrizioni si applichino in un periodo in cui possiamo adattarci al meglio sia climaticamente sia culturalmente. Pensiamo a quanto sarebbe stato più difficile vivere un isolamento forzato d’inverno (cfr Matteo 24:20). Diamo perciò uno sguardo a una Grande Quaresima che non è mai stata così facile e opportuna da seguire:

Per anni non abbiamo seguito le regole della Quaresima per una serie di motivi (o di scuse): ebbene, quest’anno finalmente tutti i motivi (o le scuse) vengono a mancare, e ora è arrivato il momento di applicarci a tutte quelle regolette che ci sembravano così fastidiose e impossibili da mettere in pratica. Magari ora ci sembreranno più a portata di mano...

(Re-)imparare a pregare

“Non vado in chiesa, ma prego in casa”: quante volte mi sono sentito ripetere questa frase in tutti gli anni della mia esperienza pastorale. Vi confesso che io trovo molto più difficile pregare in casa che in chiesa (...e sono un monaco!): mi manca il supporto dei fratelli e sorelle di fede, mi manca il senso immediato di contribuire a uno sforzo comune, e anche solo la consapevolezza di tenere aperto un luogo di culto che possa essere un faro di ispirazione per altre persone. Ma sono più che convinto che anche la preghiera a casa sia possibile, e paradossalmente, chi è meno abituato ad andare in chiesa la troverà più facile.

Perciò, rispolveriamo i libretti di preghiere che forse sono stati un po’ troppo chiusi sui nostri scaffali, e proviamo a leggere, recitare e/o cantare qualcuna di quelle officiature di cui la tradizione ortodossa è così abbondante, e che magari avremmo voluto andare a osservare in chiesa. Scopriremo che è possibile (anche se è difficile, non ve lo nascondo!) seguire in casa la maggior parte di quelle funzioni. Se lo troviamo utile, potremo aiutarci con il sottofondo di qualche video, filmato o traccia musicale di preghiere e funzioni.

Le prosternazioni: le regine dell’esercizio fisico

Vi inquieta la mancanza di esercizio fisico all’aperto? Non abbiate più timore! Ecco che viene in vostro soccorso la più semplice, utile e universalmente testata delle posture. Inginocchiatevi sul pavimento (un tappeto aiuta, ma altrimenti va bene qualsiasi posto ragionevolmente pulito), piegatevi a terra fino a toccare il pavimento con la fronte, e il gioco è fatto! Alzatevi e ripetete tante volte quante vi sentite, tanto velocemente o tanto lentamente quanto il vostro organismo vi suggerisce. La prosternazione (dal latino, “piegarsi sullo sterno”), o per usare l’abbreviazione volgare, la prostrazione (qui non sono mai riuscito a capire su che cosa ci si dovrebbe piegare...), è la nota chiave dei giorni della Quaresima, dove è parte fondamentale della splendida preghiera penitenziale di sant’Efrem il Siro. Oltre a tenere in esercizio le nostre membra infiacchite dall’immobilità domestica (provare per credere!), la postura ci offre anche un complemento ideale alla preghiera, disponendo la nostra attitudine alla capacità di lasciar fare a Dio.

 (Re-) imparare a digiunare

In un periodo in cui gli acquisti di alimentari sono garantiti in tutto il paese, cucinare è certamente un modo di impiegare utilmente il proprio tempo e di esprimere creatività (io sono sempre contento di mettermi ai fornelli... per chi è incuriosito dall’immagine qui sopra, si tratta di una delle mie ricette da digiuno: curry della giungla alla thailandese!)

Anche per chi non ha una gran varietà o quantità di cibo in dispensa, il cibo da digiuno ortodosso offre una notevole creatività, oltre a indubbi benefici sulla salute. A tal fine, proviamo a rivalutare i blog di cucina ortodossa, sia in Italia che all’estero, sperimentiamo nuovi piatti e approfondiamo la nostra conoscenza del cibo. Ricordiamoci che la cucina è cultura, e una cucina che sa integrarsi in un cammino spirituale è cultura spirituale!

Lettura della Bibbia (e di altri libri)

Ecco l’occasione sognata da una vita per riprendere in mano quelle Sacre Scritture che non avevamo mai tempo di leggere... ora ne abbiamo! E nel fare questo sforzo riscopriremo con gioia quanto della nostra cultura, dei nostri modi di dire, della nostra sapienza popolare e del nostro buon senso è letteralmente costruito su quelle pagine che abbiamo trascurato fin troppo a lungo.

Poi potremo scoprire che l’appetito vien mangiando, e passare alle vite dei santi e alle letture ascetiche che ci sembravano così lontane... quando non dovevamo sottoporci noi stessi a un’ascesi da isolamento.

Tempo con i figli

Chi ha figli deve rendersi conto che questi insoliti giorni passati insieme in famiglia saranno per loro uno dei più bei ricordi della vita. Quanto più i figli sono piccoli, tanto più i momenti che passerete con loro saranno formativi. Parlate certamente loro dell’emergenza sanitaria, ma insegnate loro a usare bene il tempo e la compagnia dei genitori, e avrete dato loro uno dei più grandi aiuti nella loro crescita.

Animali e piante

Chi ha animali da compagnia, in questi giorni ringrazierà il Signore per la loro presenza nella propria vita: i nostri amici animali infatti non solo non prendono e non trasmettono il virus, ma offrono un inestimabile contributo di serenità e di appagamento quando ci sentiamo soli o depressi.

Anche una o più piante da appartamento o da balcone possono aiutarci a osservare il tempo della primavera che sta arrivando, e a riflettere su quella signoria sul creato (Genesi 1:28) che Dio ci ha affidato.

Da impenitente convivente con due gatte, posso assicurarvi che la loro vicinanza mi aiuta alla grande nel vivere questi giorni di reclusione!

Pulizie domestiche

Le pulizie di casa sono un ottimo riempitivo del tempo che dobbiamo trascorrere in casa, per varie ragioni:

1) più a lungo stiamo in casa, più a lungo si rende necessario pulirla, ed evitare che gli accumuli di sporcizia abbiano un effetto negativo anche sulla nostra mente;

2) la pulizia aiuta contro tutte le emergenze da infezione, non solo quella del coronavirus;

3) la pulizia non deve essere solo quella delle aree superficiali: andando a fondo nell’ordine domestico, possiamo rimettere a posto tante cose che abbiamo trascurato, e che se continuiamo a trascurare possono appesantirci non poco il resto della vita.

Abbigliamento

Nei giorni del cambio di stagione primaverile, i monaci e le monache sono chiamati a cambiare LA loro tonaca invernale con LA loro tonaca estiva. Questo è l’ideale (Luca 3:11, “Chi ha due tuniche, ne dia una a chi non ne ha”), ma può ben capitare che anche monaci e monache abbiano più di un cambio di abiti esterni, e magari ben più biancheria, soprabiti, calzature, copricapo e accessori di quanti sarebbero necessari. Quanto più a tutti i non monaci capita di vivere letteralmente soffocati da capi d’abbigliamento inutili, che servono solo da nutrimento a tignola e ruggine (Matteo 6:19)

Ecco arrivato il momento per rivedere i nostri cassetti e armadi di vestiti, e scoprire cosa è veramente essenziale, sia che apparteniamo alla categoria (in cui sono predominanti i maschi) di chi veste un abito finché questo cade a pezzi, sia che apparteniamo alla categoria opposta (in cui sono predominanti le femmine) di chi non indosserebbe mai lo stesso abito per due giorni di fila.

Ah, un’ultima cosa: quando sarà finito l’isolamento, se scoprite di avere abiti in più, NON portateli in chiesa, a meno che la vostra chiesa non abbia un programma di distribuzione del vestiario (la maggior parte delle chiese non ne ha uno, perché un programma del genere richiede una MAREA di tempo, locali e volontari). Se conoscete una persona che ha bisogno di vestiti, portatele voi stessi ciò di cui ha bisogno, oppure affidate gli abiti agli appositi cassonetti.

La convivenza

Anche le persone che sono costrette dalla quarantena a vivere sotto lo stesso tetto (sia che si tratti di familiari o di altri coinquilini) hanno qualcosa da imparare dalla vita monastica:

1) prima di tutto, la convivenza di monaci e monache si basa su regole chiare. Se chi è costretto a vivere assieme in casa si prende un poco di tempo per stabilire le regole di convivenza, tutto scorrerà in modo più tranquillo.

2) il rispetto della sfera privata è importantissimo nei monasteri: anche l’ospite ha diritto a spazi privati personali. Ricordiamo di mantenere questi spazi (che non si limitano alle distanze di sicurezza per prevenire un’infezione), e lasciamo a tutti momenti di tranquillità, anche e soprattutto quando possiamo sentirci tentati dal “fare compagnia” solo per tenere sotto controllo il nostro stress personale da solitudine.

Restiamo connessi

Le tecnologie che ci permettono di girare tutto il mondo (e anche di leggere questo articolo) stando in casa nostra sono un’opportunità da sfruttare al massimo. Se ci manca l’atmosfera di relazioni umane che sperimentiamo in chiesa, perché non cercare di mantenere questi legami per via telematica? Scriviamo, inviamo un messaggio o telefoniamo a quelle persone che ci ha fatto piacere incontrare in passato, e progettiamo con loro di vederci quando l’emergenza sarà finita. Potremo anche sentire da loro come stanno vivendo questi giorni: la nostra esperienza diventerà più ricca, e la nostra vita più vivibile.

Ultimo, ma non da meno: usiamo questo tempo per fare ai nostri preti quelle domande che non abbiamo avuto tempo o possibilità di fare loro in passato! Ora, con la sospensione delle funzioni pubbliche, i sacerdoti non hanno mai avuto così tanto tempo libero per ascoltarci e per rispondere alle nostre domande: sarebbe una cosa da matti non approfittarne!

Per chi se la sente di fare l’eroe

Una delle iatture della nostra civiltà “evoluta” è la mancanza di spazi per gli ospiti. Per chi ne ha, tuttavia, questi giorni offrono una possibilità di un gesto straordinario: va bene l’idea di restare a casa, ma... che cosa succede a chi una casa non ce l’ha?

Chi ha un posto in casa e una buona dose di coraggio e abnegazione (astenersi perditempo...) può fare una segnalazione presso gli enti che aiutano i senzatetto (o addirittura presso le forze dell’ordine), e offrire di ospitarne uno in casa per tutto il periodo della quarantena. Con questo non solo si ottiene un posto in paradiso (Matteo 35:34-40), ma si contribuisce attivamente a tenere lontana dal contagio una persona che al di fuori di casa sarebbe verosimilmente ad alto rischio.

Come persona che ha ospitato in casa più di un senzatetto, posso assicurarvi che in questo campo, fatto salvo il dovere dell’attenzione (la prudenza è ancora una delle virtù cardinali), le conseguenze positive superano alla grande quelle negative.

La risurrezione

Ricordiamo soprattutto che l’isolamento non è fine a se stesso. La fatica che facciamo nella quarantena, che noi lo sappiamo o no, probabilmente salverà delle vite umane (sia per il fatto che non avremo esposto noi stessi e altri al contagio, sia perché non avremo sovraffollato i reparti ospedalieri oltre il limite delle loro capacità).

“Rimaniamo distanti oggi per abbracciarci con più calore domani”, è stato il commento che ha concluso il discorso del premier Conte dell’11 marzo: un ottimo suggerimento, che per noi è reso ancor più bello dalla prospettiva che quell’abbraccio sarà il nostro abbraccio pasquale di Risurrezione!

 
Un miracolo di arte liturgica: la chiesa della Protezione della Madre di Dio a Jasenevo

Lo scorso autunno ho avuto l'opportunità di visitare un progetto di costruzione che è a dir poco un miracolo. Ho visto un gruppo per lo più di volontari e dilettanti, che lavoravano con piccole donazioni, costruire una chiesa che può competere con qualsiasi monumento della storia della cristianità. Il progetto è stato recentemente completato, consacrato da sua Santità il patriarca Kirill il 27 dicembre 2015. Vorrei condividere quello che ho appreso su questa sorprendente chiesa.

Nel 2001, il monastero di Optina ha avviato un progetto per la costruzione di una sua chiesa di rappresentanza a Mosca. Con il passare del tempo, tuttavia, il progetto ha superato questo programma di base. È stato trovato un sito collinare a Jasenevo, un quartiere situato a sud-ovest del centro della città. È il punto più alto nei dintorni di Mosca, e molti hanno ritenuto che questa terra fosse provvidenzialmente destinata accogliere una grande chiesa.

la chiesa appena consacrata che domina su Mosca

L'archimandrita Melkhisedek (Artjukhin), dotato di immense capacità, è stato nominato a dirigere il progetto di costruzione. Ci sono voluti sette anni per acquistare il terreno e ottenere da parte del governo le autorizzazioni necessarie per la costruzione sul posto. Nel frattempo, si è deciso di assegnare alla chiesa il titolo della Protezione della Madre di Dio, perché la Chiesa, che domina tutta la capitale, vuole rappresenterebbe la protezione della Santa Vergine su Mosca. Il progetto si è esteso in modo naturale al tema correlato di un monumento ai caduti, per commemorare la protezione militare della capitale, e sono stati fatti piani per circondare la fondazione con grandi croci di pietra che commemorano le numerose battaglie nel corso della storia, in cui la città è stata minacciata e preservata. Le forze armate della Russia sono state commosse da questo gesto, e molti contributi sono giunti da singoli soldati.

croce memoriale dell'invasione napoleonica

Un terzo programma è emerso quando l'archimandrita Melkhisidek ha notato che gli archi disegnati dall'architetto nella cripta ricordavano da vicino la Grotta della Natività a Betlemme. Ha avuto quindi l'idea di ricreare questo sito sacro nella cripta della sua chiesa, e con il tempo anche quest'idea è cresciuta. Alla fine, hanno costruito repliche in scala di tutti i grandi luoghi di pellegrinaggio della Terra Santa sotto la chiesa di Jasenevo – un meta in miniatura di pellegrinaggio, nella stessa tradizione del monastero di Nuova Gerusalemme costruito fuori Mosca nel XVII secolo. Queste repliche sono notevoli esempi di scultura, e copiano anche le crepe e le scalfitture nelle lastre di pietra originali.

la replica della Grotta della Natività, nella cripta

Ma il più sorprendente in assoluto è stato il progetto di decorazione dell'interno della chiesa principale. La chiesa è adornata nello stile delle cattedrali siciliane del XII secolo – senza dubbio lo stile più sontuoso e raffinato che sia mai emerso nel mondo di influenza bizantina. Praticamente l'intera iconografia interna della chiesa a Jasenevo è fatta a mosaico di vetro scintillante e oro. Esistono appena una manciata di chiese decorate come questa in tutta la storia, e questa chiesa è al quinto posto tra di loro come estensione di mosaici. Le pareti inferiori della chiesa sono rivestite in marmo bianco e il pavimento è rifinito in splendido marmo cosmatesco interlacciato con mosaico. La chiesa è illuminata da un grande choros in ottone e da una costellazione di lampadari scintillanti. L'iconostasi in marmo reca icone simili a gioielli con una potente serietà romanica. Si tratta di una visione di splendore medievale di cui non si è mai visto l'uguale in Russia, e solo raramente in tutto il mondo.

il rivestimento in marmo bianco in stile normanno-siciliano

il Pantocratore dell'abside a mosaico, modellata su quella della Cappella Palatina di Palermo

lo splendido pavimento in marmo e l'iconostasi

Il vero miracolo della chiesa di Jasenevo, però, non risiede nella sua ricchezza, ma nella sua povertà. Sorprendentemente, questa chiesa, costruita in soli sette anni, non ha avuto grandi donatori individuali. Non ci sono stati grandi oligarchi o ricche istituzioni a pagare i conti. Piuttosto, il denaro è venuto sotto forma di piccole donazioni da persone comuni e da organizzazioni pie – 80.000 donatori in totale.

Allo stesso modo, il sorprendente lavoro a mosaico non è stato opera di uno studio professionale, ma di studenti e dilettanti, tutti volontari. Un iconografo professionista è stato ingaggiato per disegnare il grande Pantocratore, ma oltre a questo, l'opera è stata progettata da studenti d'arte altamente capaci. Non hanno potuto permettersi di comprare tessere italiane per le vaste aree d'oro, così hanno chiesto donazioni di gioielli d'oro provenienti da tutta la Russia, e hanno sviluppato la propria tecnica per depositare l'oro su frammenti di piastrelle di ceramica. Il laboratorio di mosaico è stato gestito da una maestra in pensione che ha insegnato a chiunque fosse presente. Il giorno in cui ho fatto visita, mi ha presentato al suo team di quel giorno – un parrucchiere, uno studente di economia, un architetto, tutti lì nel loro giorno di riposo dal lavoro per venire a posare tessere, a lavorare come maestri qualificati. In totale ci sono stati almeno 225 di questi mosaicisti volontari, alcuni dei quali sono arrivati senza alcuna capacità, ma solo con un sogno da tutta la vita di fare un'icona, e hanno finito per creare opere di incredibile bellezza.

i mosaicisti al lavoro

La mia guida, Elena, ha spiegato che quasi tutto è stato costruito in questo modo – le fondamenta, il lavoro di marmo, le decorazioni inaspettate e affascinanti che si vedevano praticamente ovunque. Ho trovato che il cantiere dava il senso di una liturgia – i lavoratori potevano sentire il loro ruolo sacerdotale in questo lavoro. Tutte le persone coinvolte nel progetto hanno riconosciuto che stava avvenendo un miracolo – che Dio aveva ordinato che questo progetto fosse diverso da qualsiasi altro – che questa chiesa fosse costruita solo con l'amore, e che mettesse in ombra tutte le altre.

Collegamenti:

Un tour panoramico virtuale della chiesa.

Un video della predica del patriarca Kirill durante la consacrazione (in russo).

la cripta dei pellegrinaggi

il choros di ferro al centro della cripta

una replica della Tomba di Cristo, dalla chiesa del Santo Sepolcro

una replica della Tomba della Madre di Dio

una replica della colonna crepata nel miracolo del Fuoco Santo nel 1579

nello studio dei mosaici

l'iconostasi in costruzione

la posa del pavimento nel santuario

dettaglio di un affresco che raffigura la creazione, sulla galleria superiore del muro occidentale

l'esterno, che mostra gli estesi giardini a terrazze

croce che commemora la Grande Guerra Patriottica. Il ciclo delle croci memoriali di guerra attorno alle fondamenta include ancora una croce dopo questa, il cui posto è attualmente vuoto. Che Dio conceda che rimanga così.

 
EX-arcato? Fine di un'autonomia ortodossa locale

Il sito dell'Arcivescovado per le chiese ortodosse russe in Europa occidentale comunica i dati della riunione del Consiglio arcivescovile del 6 marzo 2013. Stando a quanto vi si dichiara, sua Santità il Patriarca Ecumenico Bartolomeo ha respinto la lista dei tre candidati alla successione del'arcivescovo Gabriele di Comana, ritenendo assenti le "condizioni di serenità (...) per poter procedere all'elezione di un nuovo arcivescovo". Secondo le nuove proposte patriarcali datate 4 marzo 2013, il metropolita Emmanuel (Adamakis), Locum tenens dell'Arcivescovado, assume temporaneamente il ruolo di esarca patriarcale. L'assemblea generale dell'Arcivescovado, prevista per il 30 marzo, potrà proporre un candidato al ruolo di vescovo vicario sotto il Metropolita Emmanuel.
Questo passo ormai inevitabile di integrazione forzata sotto una gerarchia greca è l'esatto parallelo della sorte della diocesi carpato-russa del Nord America, forzata lo scorso anno ad accettare un vescovo greco. In futuro ci ripromettiamo di osservare con attenzione il fenomeno di questo strano "localismo" ortodosso (il cui decorso attuale è stato peraltro abbondantemente previsto e descritto già da decenni).
Per approfondire l'evento e le sue ripercussioni, si può seguire in francese la discussione sul blog Parlons d'Orthodoxie e in russo un interessante articolo dei padri Dimitrj Ageev e Sergij Model su pravmir.ru.

 
Arciprete Andrew Phillips: Domande e risposte dalla corrispondenza recente (settembre 2015)

È sorpreso dall'elezione del nuovo leader del Partito laburista?

Francamente, no. Per 35 anni i neocon sono stati a tutti gli effetti al potere nel Regno Unito, da quando i vecchi Tories hanno perso il potere a favore dei monetaristi thatcheriani, gli antenati dei neocon, e il partito laburista è stato essenzialmente gestito dai neocon. L'elezione di un socialista primitivo, antiquato come leader del Partito laburista è una reazione a tutto questo. La leadership del partito laburista è ora ritornata alla sua base, che aveva tradito diventando il barboncino di Washington. Il partito laburista ha ora un leader che crede realmente in qualcosa, a parte se stesso e il proprio conto in banca, a differenza dei suoi leader precedenti. L'unica sorpresa è che per questa reazione ci sia voluto tanto tempo. Gli estremi generano gli estremi – i neocon hanno prodotto un socialismo vecchio stile, ateo – cosa abbastanza prevedibile.

Tutto questo fa parte di un processo che ha portato all'elezione di socialisti in altri paesi dell'Unione Europea, per esempio in Grecia e in Spagna. Tuttavia, è difficile prevedere cosa ne verrà fuori. Il nuovo leader laburista sembra avere ben poca comprensione della realtà ed è difficile immaginarlo durare molto a lungo. Anche altri leader nazionalisti e sovranitari sono stati eletti in tutta l'Unione Europea, per esempio, l'UKIP nel Regno Unito e il Fronte Nazionale in Francia. Tutti questi movimenti, di sinistra o di destra, sono le reazioni al dominio sull'Unione Europea dei neocon di Washington. È per questo che nel Regno Unito la BBC e la stampa gestita dall'establishment si occupano di assassinio delle loro immagini. Che si tratti del leader dell'UKIP o del nuovo leader laburista, sono entrambi anti-establishment, guidati da convinzioni sincere piuttosto che dalla propria carriera e dai propri conti bancari. Mammona, che governa il mondo moderno, non ama queste persone, perché hanno messo i loro valori, giusti o sbagliati, qualunque cosa possiamo pensare di loro, al di sopra dei soldi.

Come vede le conseguenze del presente caos causato dall'immigrazione musulmana di massa in Europa occidentale?

Prima di tutto, l'immigrazione di massa è stata rifiutata dall'Europa centrale e orientale, non solo da Ungheria, Slovacchia e Cechia, ma anche da Paesi Baltici, Slovenia e Polonia, che ha dovuto affrontare l'emigrazione di massa di profughi ucraini fuggire Stati Uniti e la guerra in Ucraina istigata da Stati Uniti e Unione Europea. Neppure la Croazia vuole i profughi, sta semplicemente permettendo il loro transito, ma non li fa rimanere. Per quanto riguarda Cipro, Grecia, Bulgaria e Romania, nessuno dei profughi vuole stabilirsi in questi paesi impoveriti dall'Unione Europea, tanto meno al di fuori dell’'Unione Europea in Macedonia, già dilaniata dall'invasione musulmana dall'Albania, né nella Serbia bombardata dalla NATO, con tutti i suoi rifugiati serbi provenienti dalla Croazia e dal Kosovo.

Tutti questi ex paesi del blocco comunista hanno ragione a passare i rifugiati – i loro paesi non sono responsabili di questa nuova invasione musulmana – la responsabile è l'Europa occidentale. Chi ha pagato i miliardi di dollari di armi con le quali si combatte la guerra in Siria? Chi paga per il conflitto omicida che si gioca sui confini dell'Armageddon? Chi sta costruendo e fornendo armi per questi fanatici omicidi? Chi ha bombardato la Jugoslavia? Chi ha invaso l'Afghanistan e l'Iraq? Chi ha bombardato la Libia? Non è l'Europa centrale e orientale, è il mondo occidentale che è responsabile. In questo momento aerei statunitensi e bombe britanniche stanno massacrando il popolo dello Yemen. L'Occidente ha sempre soldi per le bombe e per distruggere, ma non per sfamare i rifugiati poveri delle guerre che esso stesso ha istigato.

Ora la Germania deve pagare il prezzo per la sua complicità nella distruzione della Jugoslavia e la fondazione sul suo territorio di stati musulmani. Se la Jugoslavia esistesse ancora, i rifugiati non sarebbero in grado di passare attraverso il suo territorio e dirigersi in Germania. La guerra in Jugoslavia è avvenuta vent'anni fa – ma le conseguenze si vedono ora. Prima o poi si deve pagare per i propri errori – i nodi vengono sempre al pettine. Si chiama responsabilità, la responsabilità per le ingiustizie commesse in passato.

L'immigrazione di massa sta causando divisioni in Europa – già l'accordo di Schengen è a brandelli. Questo potrebbe essere il momento in cui le parti dell'Europa orientale, in particolare Ungheria e Slovacchia, infine, volteranno le spalle alla disastrosa Unione Europea e si uniranno all'Unione Economica Eurasiatica, insieme con la Serbia, il Montenegro e la Moldova – se tali paesi possono trovare il coraggio di rovesciare i loro traditori autoctoni che sono disposti a consegnare i loro paesi alla tirannia della NATO. Grazie al comunismo, per ironia della sorte, questi paesi avevano mantenuto la loro identità e sovranità nazionale; sotto la tirannia dell'Unione Europea devono perderla. sta arrivando per loro il momento di scegliere – rinunciare alla propria identità nazionale per il cosiddetto 'multiculturalismo', come hanno fatto i paesi dell'Europa occidentale, o mantenerla appellandosi alla protezione della Russia sovrana.

La parte occidentale dell'Unione Europea ha ora una scelta: accettare l'islamizzazione di massa e così completare la rinuncia alla sua storia cristiana, come i suoi atei hanno già fatto mentalmente, oppure riportare la pace in Libia, Siria, Iraq, Afghanistan e reinsediare milioni di musulmani nelle loro case, che è ciò che vogliono. Ma questo sarebbe ammettere che l'Occidente, in primo luogo, ha causato i problemi di questi paesi. Questo sarebbe un nobile atto di pentimento, ma l'élite occidentale è troppo orgogliosa per portarlo a termine. L'elite occidentale è sempre in grado di fare la guerra – ma del tutto incapace di fare la pace. Questo a causa della sua natura essenzialmente anticristiana, aggressiva e distruttiva. Solo una rivolta degli occidentali comuni, schiacciati per così tanto tempo dalla loro élite, e aiutati da fuori, può fare ora la differenza.

Dopo il Sinodo locale di settembre a Istanbul, il patriarca Bartolomeo ha denunciato la collaborazione tra Chiesa e Stato in Russia, ma senza menzionare la parola 'Russia' per nome. Che cosa ne pensa di questo?

Il patriarca Bartolomeo è solo un portavoce insediato dal Dipartimento di Stato degli Stati Uniti, per cui egli è irrilevante per il vero mondo ortodosso, così come i vescovi russi installati dal KGB erano irrilevanti per il vero mondo ortodosso del loro tempo. Per esempio, ha appena concesso la più alta onorificenza del suo patriarcato all'abortista Joe Biden. In altre parole, nessuno lo ascolta perché le sue parole di propaganda gli sono dettate dai politici neocon, non dallo Spirito Santo.

Qual è la realtà della situazione in Russia, al di là di questa propaganda neocon? È che la Chiesa russa sta cercando di ri-cristianizzare lo stato russo. Il tentativo di cristianizzare lo stato mette una grande paura ai neocon. Questo è il ruolo incarnato della Chiesa, che essi odiano perché per loro la religione deve essere solo una questione privata, che dovrebbe essere priva di conseguenze pratiche e ramificazioni sociali. Rinunciare a questo ruolo vuol dire rinunciare all'Ortodossia – e questo è ciò che l'anti-cristiano Dipartimento di Stato fa ogni singolo giorno della sua esistenza. È interessante per me vedere nelle parole del patriarca Bartolomeo esattamente la stessa politica editoriale della BBC, dove ho partecipato a due programmi radiofonici un paio di anni fa. Era chiaro allora ed è chiaro ora che i poteri forti hanno inviato da tempo un messaggio a tutti i media occidentali loro vassalli – cercare di screditare la Chiesa ortodossa russa facendo notare che si tratta di una marionetta dello stato russo.

A trasmettere questo messaggio nel Regno Unito sono assolutamente ipocriti: è la Chiesa d'Inghilterra che è un burattino dello stato britannico. Tutti i suoi vescovi sono nominati da un primo ministro agnostica / ateo, per la maggior parte sono massoni. Questo è molto diverso dalla situazione in Russia dove la Chiesa è separata dallo stato e indipendente da esso. Ogni volta che lo stato russo è d'accordo con la Chiesa, è un trionfo della ri-cristianizzazione per la Chiesa: non è lo sato che ha conquistato la Chiesa, ma esattamente l'opposto. I tempi sovietici sono finiti. L'elite occidentale e i suoi mercanti di armi vogliono il loro ritorno – con la creazione di una nuova guerra fredda.

Se, come dice, Costantinopoli è un burattino dei neocon statunitensi, che speranza c'è per il 'Concilio' ortodosso, che si terrà nel prossimo anno al Fanar?

La conferenza, perché questo è ciò che è per ora, potrebbe rivelarsi un semplice incontro con una dichiarazione finale formulata in un insignificante 'politichese'. Se è così, sarà dimenticata molto velocemente, così come lo sono stati molti 'concili' politicamente organizzati sotto gli imperatori eretici di Costantinopoli. Tuttavia, è possibile un destino molto più interessante rispetto alla pattumiera della storia.

Se il Fanar cederà alla tentazione di prendere i trenta denari d'argento offerti da Washington e dal Vaticano e così screditarsi completamente agli occhi del mondo ortodosso e staccarsene apertamente, la Conferenza potrà diventare un Concilio, alla fine essere di dire la verità ortodossa. Poi seguirà il trasferimento ufficiale del Centro della Chiesa ortodossa a Mosca, dove è già in realtà da secoli. Questa sarà la fine del mito del Fanar (e degli altri frammenti decaduti dell'Impero greco) come centro dell'Ortodossia, un mito vecchio di 562 anni, che i propagandisti degli Stati Uniti hanno assiduamente utilizzato dal 1948 per lusingare l'innata vanità etnofiletista di Costantinopoli.

Ma non è d'accordo che ci sono ancora molti problemi all'interno della Chiesa ortodossa russa?

Sì, naturalmente ci sono davvero molti problemi. Queste sono il risultato del 'retaggio' del periodo sovietico. Solo quando la Chiesa sarà purificata da questo retaggio verranno la completa unità e la piena forza. Attenzione della parola 'retaggio', quando è utilizzata da pseudo-ortodossi-russi, che con questo termine indicano l'apostasia.

Che cosa vogliono dire in termini concreti le parole 'retaggio del periodo sovietico' dire?

Vogliono dire tutti i compromessi politici e spirituali che i 'rappresentanti' della Chiesa russa hanno fatto attraverso la debolezza umana durante il periodo sovietico, sia all'interno della Russia e al di fuori dalla Russia – ritualismo, fariseismo, carrierismo, corruzione, menzogna, rinnovazionismo. Noi siamo stati vittime di quella terribile corruzione al di fuori della Russia, in modo da sapere chiaramente ed esattamente di che cosa stiamo parlando.

Cosa si può fare per distruggere questo retaggio?

Un ritorno alla Chiesa. E oggi la Russia sta ritornando alla Chiesa. È vero, le malattie sovietiche di alcolismo, aborto e corruzione sono ancora diffuse nella Federazione Russa, ma sono comunque in declino a causa di questo ritorno alla Chiesa. È un privilegio prendere parte a questo processo di ritorno alla Chiesa, anche al di fuori della Russia, insieme a decine di migliaia di altre persone che lavorano in questo campo, ma il processo è solo all'inizio. Dobbiamo andare molto lontano. Il 'retaggio' deve essere distrutto, in modo che possa essere sostituito dalla Tradizione, in modo che le debolezze umane possano essere trasfigurate dallo Spirito Santo, in modo che l'Ortodossia russa multinazionale possa essere ricostruita.

Se la 'conferenza', come la chiama lei, si trasformerà in un Concilio e la Chiesa sarà finalmente ripulita dei rappresentanti spiritualmente compromessi del Patriarcato di Costantinopoli decaduti dall'Ortodossia, questi ultimi dove andranno?

Possono andare dove vogliono, da chiunque li voglia prendere. Penso, per esempio, che i suoi rappresentanti decaduti sarebbero i benvenuti in Vaticano o negli Stati Uniti post-protestanti, di cui sono i portavoce; invece, tutti i membri del Patriarcato di Costantinopoli che sono fedeli ortodossi, i tanti sul Monte Athos e nelle parrocchie, possono unirsi alla Chiesa di Grecia, il cui arcivescovo potrebbe prendere il titolo di patriarca di Costantinopoli. Allo stesso tempo, i cattolici di mentalità ortodossa nell'Europa di oggi a dominio musulmano e ateo, respinti dal presente Patriarcato di Costantinopoli a causa della sua apostasia e dell'accordo ecumenista con il Vaticano per non accettarli, potrebbero liberamente unirsi alla Chiesa ortodossa russa. La Turchia diventerebbe quindi diventata una terra di missione per la Chiesa russa; ci sono decine di migliaia di russi che già vivono lì. Ci sarà molto da fare; le profezie greche dicono che un terzo dei turchi sarà battezzato come ortodosso.

Questo processo di opera missionaria russa è già in atto al di fuori dell'Europa. Proprio di recente centinaia di filippini hanno scelto di unirsi alla Chiesa ortodossa russa. Hanno scelto il vero cristianesimo, cioè l'Ortodossia Russa, alle alternative del terrorismo islamista o maoista, da un lato e di ateismo laicista occidentale (terrorismo economico), dall'altro. Questa è la stessa situazione di prima della rivoluzione, quando lo tsar Nicola II forniva l'unica alternativa che rivaleggiava con le ideologie occidentali laiche e imperialiste, quella anglo-francese e quella austro-tedesca. Egli solo forniva l'Ortodossia senza compromessi, l'Impero cristiano, i valori cristiani. Ecco perché, naturalmente, l'Occidente ha crocifisso lui e la sua famiglia, come un moderno Giobbe.

Qual è il ruolo della Chiesa ortodossa russa in questa luce missionaria?

Più che ruolo direi responsabilità. Come erede dell'impero cristiano, di San Costantino, la responsabilità di ciò che resta della Santa Russia e dell'Impero russo è di essere l'ultimo bastione del cristianesimo nel mondo. Oggi, dopo l'imposizione fallita dell'ideologia distruttiva occidentale del comunismo da parte delle potenze occidentali e attraverso di essa, il massacro dell'ultimo imperatore cristiano, Nicola II (l'ordine per il suo martirio è venuto da New York), l'impero cristiano sta cominciando a rivivere e la Chiesa russa sta svolgendo un ruolo essenziale in questo processo. Alcuni profetizzano la piena restaurazione dell'Impero e un imperatore Nicola III, il baluardo finale della cristianità contro Eurosodoma e Gomorrica. Questo è il motivo per cui l'Occidente odia la Russia – la Russia è l'unico rivale della sua decadenza. Solo la Russia la contraddice. Solo gli anti-cristiani possono essere contro la restaurazione dell'impero cristiano, comunque si chiamino e in qualunque modo farisaico possano comportarsi. Guai a voi, scribi e farisei, amici dei romani pagani, dei nemici di Cristo di ieri e di oggi.

Molto tristemente, la relazione di settembre del patriarca Bartolomeo sembra dimostrare che egli ha accettato l'ideologia laicista anti-Incarnazione del Vaticano e di Washington, il rifiuto del ruolo dell'Incarnazione nella vita dello Stato. Perché? Perché solo la restaurazione dello Stato ortodosso, l'impero cristiano, è in grado di frenare la crescita della cosiddetta 'globalizzazione', che i padroni statunitensi del Fanar dirigono completamente. Anche i resti della Terza Roma, l'Impero cristiano, sono una testimonianza viva della caduta, della decadenza e della corruzione sia della Prima Roma sia della Seconda Roma – è per questo che i loro padroni li negano, li invidiano, hanno paura di loro e lottano contro di essi. Il loro più grande nemico è la Chiesa ortodossa russa, l'ultimo baluardo di Cristo, e questo è il motivo per cui operano insieme contro di noi.

Ma non c'è un pericolo nel nazionalismo russo che tenta di cristianizzare lo stato russo?

Sì, naturalmente c'è. Nella storia la parola 'nazionalismo' non è stata utilizzata perché era semplicemente una parola moderna per 'mondanità'. Il nazionalismo ha distrutto le prime due Rome: il nazionalismo romano pagano ha distrutto la Prima Roma quando è stato adottato e trasformato in un'ideologia dai popoli germanici; il nazionalismo greco ha distrutto la Nuova Roma, e la Terza Roma è stata soggiogata per tre generazioni dal nazionalismo dell'aristocrazia anti-russa che voleva il potere per se stessa contro lo tsar e contro il popolo.

Così le prime due Rome sono cadute centinaia di anni fa a causa della mondanità e non vi è alcuna possibilità che siano mai ripristinate. Tuttavia, questo non è il caso con la Terza e ultima Roma, Mosca. È vero, è stata abbattuta nel 1917 e ha sofferto immensamente per molti anni, ma dall'invasione occidentale dell'ex impero russo nel 1941, è in corso la sua restaurazione con il sangue e le lacrime dei nuovi martiri e confessori. Questo è successo tra l'odio e l'invidia del mondo occidentale, che circonda la Russia con basi NATO, cercando di strappare l'Ucraina e sviluppando piani per lo smembramento della Federazione Russa e della Chiesa ortodossa russa, principalmente attraverso scismi incoraggiati dagli Stati Uniti in Ucraina e Moldova.

Se il mondo occidentale riuscisse a smembrare la Federazione Russa e la Chiesa ortodossa russa, sarebbe la fine?

Sì, questa sarebbe la fine – del mondo, dal momento che la salvezza diventerà impossibile e il mondo non avrà più ragione di esistere.

Pensa che le tentazioni nazionaliste potranno essere superate in modo che l'Impero cristiano sia ripristinato in Russia e nel resto del mondo ortodosso insieme con esso?

Sì, lo potranno, anche se 'potranno' non significa 'saranno'. Oggi, tuttavia, vi è motivo di speranza perché c'è una differenza con il passato. Prima della rivoluzione russa il nazionalismo era vivo, come è stato testimoniato dal nazionalismo mondano dell'emigrazione russa che bloccò la vita della Chiesa dall'essere missionaria quanto avrebbe dovuto, perseguitando missionari come san Giovanni di Shanghai e respingendo la sua missione messianica di predicare l'Ortodossia al mondo, per rendere il mondo una parte della Santa Russia e quindi salvarlo. Molti emigrati, soprattutto tra gli intellettuali e aristocratici, erano egoisti e ripiegati su se stessi, allontanati dal popolo a cui Dio li mandava. C'era da aspettarselo, perché avevano già tradito lo tsar.

La differenza con il passato è che la Russia è ormai un paese internazionale. La vera comunità internazionale di oggi, guidata dalla Russia, comprende gran parte dell'Europa orientale, dell'Asia (compresa la Cina e l'India, il Medio Oriente e l'Iran), dell'Africa e dell'America Latina. Il mondo occidentale è una piccola minoranza, meno di un miliardo di persone, tra cui solo il Nord America (tranne il Messico), l'Europa occidentale, l'Australia, la Nuova Zelanda e il Giappone, e forse la Corea del Sud e Taiwan. Sei settimi del mondo si ergono contro lo sfruttamento occidentale. l'Occidente in quanto tale è isolato.

Guardate la grande sfilata militare della vittoria a Pechino che ha avuto luogo due settimane fa davanti ai leader cinesi e russi per celebrare la liberazione della Cina dai giapponesi da parte dell'esercito sovietico. Quella parata è stata totalmente ignorata e disprezzata dai media occidentali, perché la Cina e la Russia vi hanno sigillato loro legami. Un nuovo blocco è stato formato. L'Occidente non ne ha voluto sapere, perché è nella fase di negazione in cui ancora una volta crea i propri nemici. Oggi c'è una consapevolezza dell'importanza spirituale della Russia a livello internazionale. Prima della rivoluzione solo lo tsar Nicola e pochissimi nell'elite avevano una simile consapevolezza; oggi la condividono in molti.

Che cosa significa in pratica la questa consapevolezza per lei?

Per esempio, ogni anno io viaggio per 17.000 miglia intorno all'Inghilterra orientale in visita agli ortodossi. Mentre sono in viaggio, sono consapevole di essere forse il primo prete ortodosso russo in una determinata strada e in un dato luogo, il primo a benedire un luogo con le icone, il primo a benedire una casa particolare. Nel fare questo, sto quindi di fatto girando per una nuova provincia della Santa Russia.

Tuttavia, ho bisogno di aiuto. Viviamo insieme nella Chiesa. La Chiesa non è un fatto individuale. Ho bisogno qui dell'aiuto di almeno un sacerdote di lingua russa. Dobbiamo incoraggiare i giovani a intraprendere il sacerdozio. Quando ero giovane, ero fortemente scoraggiato dall'idea di diventare sacerdote, non da parte di questo mondo, ma di cosiddetti preti e vescovi 'ortodossi' – quelli del 'retaggio'. Sono stato incredibilmente mal consigliato, e lo sono stato deliberatamente. Questo è stato scandalosamente triste. Lo zelo è stato schiacciato in modo piuttosto spietato e crudele dagli indegni allora al potere. Ciò non deve avvenire alle giovani generazioni ora, non devono essere scoraggiate come lo sono stato io.

Stiamo costruendo una nuova Santa Rus'. La Chiesa ha urgente bisogno di una nuova generazione di sacerdoti che non abbiano paura di usare la Parola di Cristo per la lotta contro il secolarismo occidentale aggressivo (professato anche da cosiddetti ortodossi) da un lato, e contro il terrorismo islamico dall'altro. Siamo l'esercito di Cristo. Per questo abbiamo l'esempio di sant'Alessandro Nevskij che ha resistito ai traditori e agli estremi dell'est e dell'ovest, svettando al di sopra di loro sulle ali dell'aquila bicipite ortodossa.

Ai giovani dico: non abbiate paura! Il redivivo Impero cristiano ha bisogno di voi per essere ripristinato e ricostruito! Aderite alla Chiesa ortodossa russa e siatevi attivi! Appartenete a Cristo, non all'Anticristo!

 
Coronado: la missione ortodossa russa in Costa Rica celebra il ventesimo anniversario

Il clero e i fedeli in Costa Rica hanno recentemente celebrato il ventesimo anniversario della parrocchia dell'icona della Madre di Dio di Vladimir. Mercoledì 5 novembre l'attuale rettore della chiesa, l'arciprete Serge Lukianov, è arrivato a Coronado. Due giorni dopo, l'arciprete Daniel McKenzie è arrivato nella capitale del Costa Rica, San José, non lontano dalla città in cui si trova la chiesa. Padre Daniel è stato il primo sacerdote della parrocchia, e lui e padre Serge si sono recati in fretta ad aiutare negli ultimi preparativi per la benedizione delle cupole e la celebrazione dell'anniversario della parrocchia.

La storia della missione ortodossa russa in Costa Rica sotto la giurisdizione della Chiesa russa all'estero è iniziata 20 anni fa, quando padre Daniel si è recato in Costa Rica nel 1994, su richiesta del sacrestano Nikolaj I. Zakharov, e vi ha celebrato la prima Divina Liturgia. A quel tempo, non c'era ancora nessuna chiesa, e le funzioni si dovevano tenere in case private. Nonostante la distanza dal mondo ortodosso, i sacerdoti in servizio nelle zone circostanti sono stati in grado di trovare il tempo e la forza per nutrire spiritualmente i parrocchiani in Costa Rica, istruendoli con saggi consigli e proteggendo i fedeli e la parrocchia nel suo insieme da tentazioni e pericoli, sostenendo i loro sforzi attraverso preghiere e parole di conforto e di incoraggiamento. Anche durante le sue prime visite, padre Daniel ha instillato nella gente la speranza di ottenere un terreno e di costruire una chiesa ortodossa russa.

Cinque anni fa, è iniziata la costruzione della chiesa. Presto il Signore ha mandato parrocchiani un nuovo sacerdote - padre Rodion Aragon, un assistente di padre Daniel, che aveva studiato al Seminario della Santa Trinità a Jordanville. La sua matushka Elena ha fatto tutto quello che ha potuto per contribuire a sostenere le fatiche e la missione di suo marito: ha cantato e letto sul kliros, cucinato le prosfore, è stata coinvolta nel processo di ottenimento e di preparazione dei terreni per la chiesa, e ha radunato i fedeli intorno a queste buone opere per la gloria di Dio. Ma la loro famiglia e la comunità sono state colpite da una grande prova - la malattia e il decesso del sacerdote Rodion. In quei giorni difficili, clero e fedeli della diocesi americana orientale hanno sostenuto in preghiera la famiglia e la parrocchia. Nominato rettore, padre Serge ha diviso il suo tempo tra le sue responsabilità in qualità di segretario della Diocesi orientale d'America e il suo lavoro alla parrocchia di Coronado: veniva a nutrire spiritualmente i parrocchiani - confessando, battezzando, celebrando matrimoni, riportando alla chiesa di Dio coloro che l'avevano lasciata per un equivoco o un altro, raccogliendo fondi a beneficio della missione, trattando con le organizzazioni di beneficenza, e portando vasi liturgici per la missione. Un anno fa, il Signore ha mandato ai parrocchiani un servitore di buon cuore della Chiesa ortodossa antiochena - il sacerdote locale Ignacio Miranda, che attualmente si occupa principalmente della pastorale dei parrocchiani di lingua spagnola.

Prima della Veglia notturna di Sabato 8 novembre il clero ha compiuto la benedizione di tre nuove campane donate alla chiesa e, per la prima volta in vent'anni, il rintocco delle campane ha risuonato intorno alla chiesa. Le campane sono state fabbricate a Voronezh, in Russia, e la più grande reca la scritta, in russo, "Chiesa dell'icona della Madre di Dio di Vladimir a Coronado, Costa Rica." Padre Serge ha officiato la Veglia, mentre i padri Daniel e Ignacio hanno confessato. È stato pure acceso per la prima volta durante la Veglia notturna il panikadilo (lampadario), modellato da Alexander V. Gertsovich. Dopo la Veglia, è stata servita una Litia per i fondatori defunti della parrocchia, compreso il sacerdote Rodion Aragon.

Prima dell'inizio della Divina Liturgia di Domenica 9 novembre il clero ha compiuto la benedizione dell'iconostasi (anch'essa modellata e installata da Alexander Gertsovich) di un nuovo kiot, in cui è stata posta un'icona dei santi Nuovi Martiri e Confessori della Rus', e del Calvario. È stata benedetta anche una nuova icona a mosaico della Santissima Madre di Dio, donata alla chiesa da Alexey Anaskin. Padre Serge ha celebrato la Divina Liturgia, concelebrata dai padri Daniel e Ignacio. Al termine del servizio, i sacerdoti sono saliti sul tetto della chiesa e hanno benedetto la nuova cupola e la croce.

Si è tenuto nota speciale delle fatiche disinteressate del clero e dei fedeli in nome della missione. Per le sue opere per conto della santa Chiesa, padre Serge ha insignito Elena A. Kharina della più alta onorificenza della Chiesa russa all'Estero – l'Ordine dell'Icona della Madre di Dio della Radice di Kursk, di terza classe. All'inizio dell'anno, per la sua richiesta alla Diocesi orientale d'America, che a sua volta ha fatto appello al Fondo per l'assistenza alla Chiesa Russa all'Estero, la parrocchia ha ottenuto una macchina perché il parroco possa viaggiare per tenere le funzioni. Grazie al duro lavoro e al coinvolgimento diretto di Elena, sono stati raccolti fondi per l'acquisto e l'installazione della cupola, delle icone, dei paramenti e dei vasi liturgici.

Documenti diocesani di riconoscimento sono stati dati al fondatore della missione in Costa Rica e Haiti, l'arciprete Daniel McKenzie, nonché al sacerdote Ignacio Miranda e alla Parrocchia della Madre di Dio di Vladimir, in occasione del ventesimo anniversario dalla sua fondazione. Per i suoi sforzi disinteressati, anche Alexander V. Gertsovich ha ricevuto una gramota diocesana.

Padre Serge ha poi letto ad alta voce una direttiva di sua Eminenza il metropolita Hilarion, che lo rimuoveva come rettore e che nominava l'arciprete Daniel McKenzie come rettore della chiesa della Madre di Dio di Vladimir.

La celebrazione del giubileo della missione si è conclusa con un banchetto ospitato dall'ambasciata della Federazione russa in Costa Rica e dedicato pure alla Giornata dell'Unità Nazionale. Una gramota diocesana è stata data all'ambasciatore russo in Costa Rica, Alexander K. Dogadin.

Nella sua epistola al clero e ai fedeli in occasione del giubileo della missione, sua Eminenza Hilarion, metropolita dell'America orientale e di New York, si è congratulato con il clero e i parrocchiani, ringraziando sinceramente tutti coloro "che hanno applicato le loro menti, i loro cuori e le loro mani alla costruzione di questa santa chiesa", e ha espresso la speranza che questa chiesa si "rimanga incrollabile fino alla fine del mondo e, soprattutto, sia sempre piena di gente". E la Madre di Dio, protettrice immancabile della chiesa che porta il suo nome, custodisca sempre coloro che servono e pregano in essa sotto la sua protezione.

 
I santi, le monache e lo sfruttamento sessuale

L'11 gennaio è la giornata internazionale di sensibilizzazione sulla tratta degli esseri umani. L'11 gennaio è anche il giorno in cui i cristiani di tutto il mondo celebrano san Vitale di Gaza, un santo che visitava ogni giorno un bordello.

Molti dei problemi del mondo di oggi non sono nuovi. Milioni di persone attualmente affrontano una qualche forma di schiavitù o di tratta di esseri umani. Il lavoro sessuale è tra i tanti tipi di lavoro forzato che devono affrontare oggi le persone più vulnerabili. Molti rifugiati, bambini, donne, sfollati e persone in povertà possono trovarsi in qualche forma di schiavitù. Questo modello di sfruttamento è antico quanto la civiltà stessa.

san Vitale

San Vitale era un monaco cristiano di Gaza, vissuto nel VI e VII secolo. All'età di 60 anni, san Vitale lasciò la sua casa monastica a Gaza, diventando un monaco nella città di Alessandria. Lì intraprese una nuova forma di ministero. Ad Alessandria, come in molte città, ragazze provenienti da famiglie povere e senza prospettive venivano spesso vendute in schiavitù o catturate. I bambini abbandonati o orfani erano in maggior parte venduti al commercio del sesso. Le ragazze erano poi portate nelle zone povere della città dove vivevano in condizioni terribili pur essendo costrette a vendersi. Le ragazze stesse non ricevevano alcuna paga, ma ricevevano solo vestiti da indossare e una magra razione di cibo. Comprare una schiava del sesso in questo momento costava meno che comprare un asino. Fare sesso con una ragazza costava solo il prezzo di una pagnotta. Come tale, la società evidentemente apprezzava molto poco le sue donne. San Giustiniano, l'imperatore, nel 529 bandì la prostituzione delle ragazze. Nonostante ciò, la pratica continuò, spesso con ragazze di meno di 10 anni.

Nell'agiografia di san Giovanni il Misericordioso, patriarca di Alessandria in questo periodo, è riportato che una volta, durante una visita in una delle zone più disagiate della città, una donna gridò da una finestra “Salvami! Salvami, padre, come Cristo ha salvato la meretrice!"

San Vitale fu inorridito da questa pratica e dedicò la sua vita a combatterla. Per prima cosa decise di raccogliere i nomi e gli indirizzi di ogni persona intrappolata nel commercio del sesso. Poi il santo iniziò a lavorare come operaio a giornata, una professione che di per sé era solo un gradino al di sopra della schiavitù. Alla fine di ogni giornata, san Vitale prendeva il suo stipendio e visitava un bordello. Fingeva di essere un cliente pagante, il che gli permetteva di entrare senza preavviso. Una volta rimasto solo con la donna, le parlava della sua dignità e del suo valore come donna e che era sbagliato che subisse abusi e fosse trasformata in oggetto per gli uomini. Le dava i suoi soldi, che lei poteva usare per scappare. Poi stava di guardia a pregare mentre la donna si riposava prima di partire; e san Vitale ripeteva quindi il processo il giorno successivo.

La reputazione del santo risentì delle sue attività, poiché si sparse la voce che un monaco frequentava i bordelli. Il patriarca di Alessandria dovette intervenire per mettere a tacere i suoi accusatori. Nel corso del suo ministero, san Vitale salvò innumerevoli donne. Alla fine, diede la vita per la sua opera. Un giorno, uscendo da un bordello, san Vitale fu ferito a morte. Ironia della sorte, non fu un tenutario di bordello ad attaccare il monaco per aver liberato le ragazze. Piuttosto, fu un altro cristiano, che stava visitando il bordello per assumere una prostituta. Quando l'uomo vide Vitale, che riconobbe come monaco, fu sopraffatto dal giudizio e dalla rabbia. Nonostante la sua stessa infedeltà, l'uomo assalì Vitale, non pensando che fosse appropriato per un monaco trovarsi in un posto del genere. L'uomo colpì Vitale, che morì poco dopo. Accanto al corpo del santo fu trovato a un rotolo che diceva "Non giudicare tuo fratello come peccatore".

Al suo funerale, molte donne che aveva salvato apparvero portando candele e raccontarono la storia del santo che le aveva salvate.

Nove secoli dopo la vita di san Vitale, una giovane ragazza di Atene di nome Revoula Benizelos si sposò all'età di 14 anni con un uomo violento. Fortunatamente, questi morì tre anni dopo e lei fu liberata da questa schiavitù. La sua famiglia tentò di risposarla, ma lei riuscì a convincere i parenti a concederle la libertà. Da subito si dedicò a opere di beneficenza, capendo cosa significa essere vulnerabili e oppressi. La sua famiglia era ricca, e lei usò questo vantaggio per aiutare gli altri. Alla morte dei suoi genitori divenne monaca, prendendo il nome di Filotea. Usò la proprietà della sua famiglia per fondare un monastero ed espandere i suoi sforzi di beneficenza.

Molte donne andarono da lei e si unirono alla sua opera di beneficenza. A quel tempo, i conventi fornivano alle donne un modo per mantenersi e lavorare senza essere costrette a sposarsi. Oltre ai conventi, santa Filotea fondò case per anziani, case di accoglienza e scuole per bambini. Forse informata dalla sua stessa esperienza in un matrimonio forzato, santa Filotea iniziò anche a salvare donne che erano state vendute come schiave, specialmente le donne degli harem. Santa Filotea dava rifugio alle donne e poi le aiutava a fuggire segretamente in diverse isole greche, dove sarebbero state al sicuro.

Santa Filotea esaurì la sua ricchezza salvando le donne, e tra riscatti, tangenti e spese finì in debito con le autorità ottomane. La sua fama tra le donne si diffuse, così come la sua infamia presso le autorità. A un certo punto, diverse donne riuscirono a fuggire da sole e si diressero verso il convento per trovare rifugio. Queste donne furono inseguite; e quando le autorità arrivarono, picchiarono santa Filotea e la imprigionarono. Era così popolare che non passò molto tempo prima che degli amici pagassero per il suo rilascio. Nonostante ciò, fu messa una taglia su di lei, e nel 1588 un gruppo di delinquenti assoldati fece irruzione nel suo monastero e la picchiò. Morì per le ferite riportate pochi mesi dopo. Viene ricordata il 19 febbraio come martire. L'inno a lei dedicato contrasta la luce della sua testimonianza con l'oscurità della schiavitù:

Gioisci, luce di Atene che hai vissuto una vita pubblica e ardente,

Fedele nella tua beneficenza e nella tua vita di purezza

Hai insegnato a coloro che venivano da te e li hai nutriti.

Eri una protettrice e un baluardo,

Eri un rifugio sicuro per i perseguitati

e hai salvato i giovani e imprigionati.

Sei stata veramente un luminare che rischiara

e illumina la notte e le tenebre della schiavitù,

o Filotea, per il tuo popolo ti lodiamo

e ti chiediamo di intercedere per noi davanti al Signore.

La testimonianza dei santi è importante nella vita della Chiesa. Anche se non abbiamo bisogno dell'esempio dei santi per sapere che dovremmo combattere la schiavitù in tutte le sue forme, il fatto che la Chiesa abbia innalzato l'esempio di coloro che lo hanno fatto prima di noi significa che dobbiamo essere sempre più consapevoli del nostro dovere di cristiani di combattere questi mali.

Ispirati dall'esempio dei santi, noi di In Communion abbiamo aperto un fondo chiamato Borsa di san Nicola. Questo fondo si ispira alla testimonianza dei santi Vitale e Filotea, così come di san Nicola.

L'associazione tra Babbo Natale e i regali è antica. Molti doni vengono offerti ogni anno nel giorno di san Nicola (6 dicembre) o al Natale in nome del santo. Ciò che alcuni potrebbero non sapere sono le radici liberatorie di questa tradizione.

Secondo le agiografie di san Nicola (che visse nel III secolo) portò di nascosto dei doni a uomo che per povertà e disperazione pensava di avviare le tre figlie alla prostituzione. I suoi doni (raffigurati come sacchi di monete) diventarono la dote delle ragazze. In questo modo, san Nicola salvò le ragazze dalla tratta. L'associazione tra san Nicola e il dono risale tradizionalmente a questo atto di compassione. Il regalo originale di Babbo Natale era la libertà dalla schiavitù e dal traffico di esseri umani. Nello spirito del santo, la Borsa di san Nicola è stata fondata come raccolta di fondi per sostenere le vittime della tratta. Purtroppo, la schiavitù e la tratta moderne sono un'industria criminale globale da 150 miliardi di dollari. Ma solo in America, i consumatori spendono quasi 700 miliardi di dollari all'anno in regali di Natale. Immaginate se nello spirito di Babbo Natale fossimo in grado di cambiare l'economia della schiavitù e della tratta moderne!

La Borsa di San Nicola è solo una piccola iniziativa contemporanea ispirata a continuare l'importante testimonianza e l'opera dei santi del passato. I proventi della Borsa di san Nicola sono donati alle missioni contemporanee nella Chiesa ortodossa che lavorano per salvare le vittime del commercio del sesso.

Una delle sante viventi più straordinarie della Chiesa è suor Nektaria di Calcutta. Da oltre due decenni, suor Nektaria lavora a Calcutta e nei dintorni, occupandosi di bambini e orfani.

Nel 1999 padre Ignatius e suor Nektaria hanno fondato l'orfanotrofio femminile sotto gli auspici della metropolia ortodossa di Hong Kong e del sud-est asiatico. L'orfanotrofio può ospitare fino a 200 residenti e fornisce loro una serie di servizi, dalla cura degli infanti all'età universitaria. Da allora, hanno anche fondato una scuola, avviato diversi progetti di sviluppo, fondato un orfanotrofio maschile e attualmente gestiscono diverse cliniche e un programma alimentare.

Le donne in India affrontano una situazione precaria. Ci sono 63 milioni di "donne scomparse" in India. Se si confronta il rapporto tra i sessi previsto e il rapporto effettivo in India, ci sono milioni di donne che dovrebbero essere vive ma non lo sono. Alcune di queste donne sono vittime di aborti basati sul sesso o di infanticidio femminile. Quando i genitori scoprono che stanno per avere una figlia, possono cercare di abortire o abbandonare la bambina dopo la nascita. Di quelle ragazze che sopravvivono, è normale che ricevano cure scadenti. I ragazzi hanno maggiori probabilità di ricevere cure mediche, mentre le donne ricevono cibo e istruzione di qualità inferiore. In quanto tali, le donne hanno un tasso di mortalità più elevato e spesso devono affrontare matrimoni forzati, prostituzione o altre forme di tratta.

Secondo suor Nektaria, le donne di Calcutta affrontano molti guai. “Sono costrette a sposare uomini più anziani... Le loro famiglie vogliono sbarazzarsi di loro. Le considerano un peso. La migliore istruzione viene data solo ai ragazzi". C'è una scuola nell'orfanotrofio e l'istruzione è una parte fondamentale della missione. Come afferma suor Nektaria, "l'istruzione può cambiare la vita di qualcuno". Secondo lei, "i bambini, in particolare le ragazze, ottengono un'ottima istruzione e iniziano a sognare la loro vita". Nota anche che “qui in India se le ragazze non sono istruite, non hanno futuro. La loro arma è l'istruzione: altrimenti non possono resistere".

Commentando ciò che l'ha ispirata per la prima volta a perseguire questo ministero, suor Nektaria osserva: “C'era molta povertà: bambini affamati e madri adolescenti con bambini in braccio. Queste immagini erano un fenomeno quotidiano che non potevo trascurare. Non erano tutti cristiani, ma non importava. Noi non chiediamo se qualcuno è ortodosso, musulmano o indù. È un essere umano che soffre. Gesù Cristo fu crocifisso per tutti, indipendentemente dalla religione... Volevo aiutare quelle ragazze senza casa che venivano spesso violentate da uomini ubriachi della zona. Non posso salvare tutta l'India, ma ho voluto aiutare in qualche modo". Suor Nektaria a volte cita Madre Teresa (ora santa Teresa di Calcutta) dicendo: "Non tutti possono fare grandi opere, ma tutti possono fare piccole cose con grande amore".

Molti bambini sono passati da suor Nektaria, e per loro è la loro unica madre. Alcuni considerano persino la sua famiglia greca come la loro e sua madre come la loro nonna. Suor Nektaria è devota ai suoi numerosi figli, si sveglia alle 2:30 ogni mattina per iniziare il suo lavoro. "Ci sono momenti in cui mi dimentico persino di mangiare. Ma i sorrisi degli orfani sono la mia forza". Suor Nektaria è una luce splendente nella Chiesa di oggi. Le testimonianze di san Vitale, santa Filotea e san Nicola non sono fuori portata per i cristiani. Piuttosto, è la chiamata di ciascuno di noi a lavorare per la liberazione di coloro che sono schiavi. Cristo ha iniziato il suo ministero pubblico proclamando:

Lo Spirito del Signore è sopra di me;

per questo mi ha consacrato con l'unzione,

e mi ha mandato per annunziare ai poveri un lieto messaggio,

per proclamare ai prigionieri la liberazione

e ai ciechi la vista;

per rimettere in libertà gli oppressi,

e predicare un anno di grazia del Signore.

Questa chiamata è anche la nostra chiamata. Nelle parole della santa monaca di Calcutta, “La fede senza azione è fede morta. Dobbiamo testimoniare la nostra fede attraverso azioni d'amore ".

 
Gli ucraini liberi insorgono per proteggersi dall'ateismo occidentale

Gli ucraini ovunque stanno spontaneamente insorgendo contro la giunta neo-nazista finanziata e sostenuta dal'estero che a Kiev, con l'aiuto di mercenari polacchi e lituani, ha rovesciato il presidente Yanukovich, democraticamente eletto. Ora la nave ammiraglia della Marina ucraina, la fregata Hetman Sahaydachny (nella foto), si è rifiutata di seguire gli ordini della giunta, passando dalla parte della Russia e innalzando il vessillo navale russo [la bandiera di sant'Andrea]. Il capitano, il contrammiraglio Andrey Tarasov, ha disobbedito agli ordini da Kiev.

La mossa arriva dopo che il comando della Marina si è dimesso venerdì. l'auto-nominato presidente Aleksandr Turchinov ha nominato il contrammiraglio Denis Berezovsky nuovo capo della Marina, con una dichiarazione pubblicata sabato sul sito web del presidente. Un corrispondente di ITAR-TASS in Crimea ha riferito che l'esercito ucraino nelle unità schierate in servizio in Crimea si sta unendo alle forze di autodifesa locali. Molti militari non sono d'accordo con la direzione della giunta, così lasciano le loro unità e rassegnano le loro dimissioni. Alcune unità hanno detto che prenderanno ordini solo dai comandanti delle forze di autodifesa della Crimea.

Nel frattempo, tre amministrazioni federali russe hanno registrato un aumento dei flussi di profughi dall'Ucraina. Il Governatore della provincia di Belgorod, Evgenij Savchenko, ha detto che migliaia di profughi dall'Ucraina meridionale, orientale e centrale si stanno riversando nella provincia di Belgorod. I rifugiati dicono che fuggono dalle scorribande continue scatenate da elementi ribelli di estrema destra che hanno preso il potere e pensano di poterla fare franca in ogni cosa. "Folle di uomini armati... non si sa da dove sono venuti... vagano in giro, inscenando ogni sorta di provocazioni. Ieri hanno tentato di bloccare l'autostrada Mosca-Crimea. Siamo profondamente preoccupati".

Il governatore della provincia di Rostov, Vasilij Golubjov, ha detto ai giornalisti che le persone sono in fuga dall'incertezza politica e sociale, dicendo che non si sentono più al sicuro nelle loro case. Il governatore della provincia di Brjansk, Nikolaj Denin, ha fatto eco, dicendo che ciò che sta accadendo in Ucraina lascia perplessa la maggior parte dei profughi che temono per la loro sicurezza. Ha aggiunto che le popolazioni locali stanno dando loro aiuto, solidarietà e comprensione. Secondo il presidente del Consiglio della Federazione, Evgenij Bushmin, più di 140.000 ucraini sono fuggiti in Russia dall'inizio di disordini in Ucraina. Ha detto che la maggior parte dei profughi sono ospitati dai loro parenti e amici.

Parlando per la Chiesa, l'arciprete Vsevolod Chaplin, capo del Dipartimento sinodale per il coordinamento tra Chiesa e società della Chiesa ortodossa russa, ha detto: "Nel 1995, il Consiglio mondiale del popolo russo ha dichiarato che il popolo russo è una nazione divisa sul suo territorio storico; ha il diritto di riunirsi in un unico organismo statale, questa è una norma accettata dalla politica internazionale". Oggi, ha espresso la speranza che a queste persone sia garantito il diritto a una libera scelta indipendente del proprio blocco di civiltà, dicendo: "Allo stesso tempo, ci auguriamo, di fatto, che la missione militare russa per proteggere non solo la libertà e l'identità, ma anche la vita di queste persone, non incontri una forte resistenza, né scontri su larga scala. Nessuno vuole spargimenti di sangue... che non farebbero altro che approfondire il divario che già esiste tra i popoli ortodossi nello spazio storico russo".

Ha detto che negli ultimi giorni molte persone su entrambi i lati del confine russo-ucraino, inclusi molti ortodossi, hanno sollecitato il governo russo a proteggere le persone che sono "sotto forte pressione per motivi linguistici. Purtroppo, la maggior parte non capisce come la realtà attuale sia ostile al loro diritto di scelta di civiltà, e quanto essi stessi non sono al passo con i capricci delle élite europee. Eppure, queste élite stanno diventando sempre più emarginate, perché non rispettano la volontà della maggioranza dei popoli del mondo, così come di molti popoli nella stessa Europa occidentale". 'Nei periodi migliori della sua storia, la Russia è venuta in soccorso delle persone la cui vita e libertà erano in pericolo. Ha aiutato coloro che ci sono vicini nella fede e nello spirito, ha aiutato quelli che non vogliono vivere sotto un controllo imposto dall'esterno, e ha aiutato coloro che volevano mantenere la loro libertà ideologica e di civiltà. Naturalmente, soprattutto in questo caso, si tratta di cristiani che vogliono vivere in modo cristiano, per costruire il loro futuro come parte di una civiltà fondamentalmente diversa da quella cattolico-protestante, diversa da quella occidentale secolarizzata, e diversa dalle civiltà situate ad est del mondo ortodosso".

 
L'eredità del patriarca Abramo nel monoteismo autentico e immaginario

Parte 1: Cristianesimo

La Trinità dell'Antico Testamento - l'ospitalità di Abramo

Il monoteismo non è solo la più antica, ma anche la forma originale della religione. Questo è riconosciuto sia dai teologi cristiani, sia da molti storici della religione. Nel primo capitolo del libro della Genesi, è menzionato un solo Dio. Non ci sono riferimenti ad altri "dei": "In principio Dio creò il cielo e la terra" (Genesi 1:1); "E il Signore disse ..." (Genesi 6:3); "E Dio vide ..." (Gen. 6:5); "Così fece Noè, secondo tutto ciò che Dio gli aveva comandato" (Genesi 6:22).

Il ritiro dal monoteismo ha avuto luogo dopo gli eventi della torre di Babele. La natura decaduta dell'uomo si è sempre più radicata nel peccato. A poco a poco, la nozione di Dio è diventata oscura. Nella vita umana, hanno prevalso le inclinazioni sensuali e carnali. L'abitudine radicata di attribuire valore solo a ciò che è interamente visibile e tangibile, così come la dipendenza vitale dall'ambiente naturale e la paura degli elementi naturali, ha portato la gente a divinizzare il sole, la luna, le stelle, i mari, i fiumi, le montagne, gli animali, le piante e le persone (governanti ed eroi). Come scrive il Santo Apostolo Paolo, gli idolatri "hanno cambiato la verità di Dio in menzogna e hanno venerato e adorato la creatura al posto del Creatore» (Rom 1:25).

A quel tempo, la miscredenza pagana era onnipresente. Aveva persino contagiato i discendenti del Patriarca Abramo. Il Signore parla attraverso Giosuè agli ebrei: "i nostri padri abitarono sull'altro lato del diluvio nei tempi antichi, anche Tera, padre di Abramo e padre di Nacor: e servivano altri dèi" (Giosuè 24:2 ). Dio chiamò Abramo e lo ha fece uscire dalla terra dei suoi antenati, al fine di mantenere intatta la vera venerazione divina, per la quale Abramo differiva da altri suoi contemporanei: "E io feci uscire il padre vostro Abramo dall'altro lato del diluvio, e lo condussi per tutto il paese di Canaan" (Giosuè 24:3).

Il patriarca Abramo è il padre del popolo eletto. Egli occupa un posto speciale nella Divina economia della nostra salvezza. La sua chiamata non solo fu la prima tappa nel compimento del piano divino per la salvezza degli uomini, ma ne determinò anche la direzione essenziale. Dalla sua chiamata alla sua morte, si trovò sotto una speciale guida divina. Dio lo diresse per tutta la vita. Abramo, avendo una fede perfetta, si sottomise incondizionatamente alla volontà divina. "Abramo ebbe fede in Dio e ciò gli fu imputato a giustizia" (Romani 4:3).

Dal Patriarca Abramo inizia la storia della nazione, da cui è arrivata la Santissima Vergine Maria, che ha dato alla luce il Salvatore del mondo. Di fatto, i cristiani traggono il loro lignaggio spirituale da Abramo: "E se voi siete di Cristo, siete dunque progenie di Abramo, ed eredi secondo la promessa" (Gal 3,29).

I patriarchi Isacco e Giacobbe e tutti i loro successori rimasero fedeli a Dio solo. Anche in Egitto tra i pagani, il pronipote di Abramo, Giuseppe, occupando una posizione statale elevata, conservò la fede dei suoi padri. Incontrandosi con i suoi fratelli, egli disse loro: "Così ora non siete stati voi che mi avete mandato qua, ma Dio: e ha fatto di me un padre per il faraone, signore di tutta la sua casa, e governatore di tutto il paese d'Egitto "(Genesi 45:8).

Il santo profeta Mosè riceve le tavole della Testimonianza

Dopo la cattività egiziana, il monoteismo fu iscritto come comandamento principale della legge mosaica: "Ascolta, Israele: Il Signore Dio nostro è l'unico Signore" (Dt 6,4); "Io sono il Signore, tuo Dio, che ti ho fatto uscire dal paese d'Egitto, dalla casa di schiavitù. Non avrai altri dèi al di fuori di me" (Esodo 20:2-3). Ogni forma di idolatria era vietata come crimine (cfr. Deut. 13:15-19).

La società israelita era una teocrazia (theos in greco significa Dio e kratos significa potere o potenza). Dio creatore non era solo il capo, la provvidenza, e il legislatore della nazione, ma anche il suo giudice. Tutta la vita del popolo doveva essere costruita su questi principi teocratici. Le leggi dell'Antico Testamento si basavano sulla fede in Dio, che ha fatto di Israele il suo popolo e ha stipulato un patto con loro.

Durante il periodo profetico, il monoteismo biblico riceve l'ultima chiara giustificazione teologica. Il Signore parla attraverso il profeta Isaia: "Io sono il Signore, e non c'è alcun altro" (Isaia 45:6), e anche: "Io sono il primo e sono l'ultimo, e fuori di me non c'è Dio" (Isaia 44:6). Dio non è solo l'unico creatore del cielo e della terra, ma anche il Signore, "colui che dà il respiro ai suoi abitanti, e lo spirito a quelli che vi camminano" (Isaia 42:5).

I profeti erano i custodi del monoteismo. Essi rimproveravano non solo gli israeliti ordinari, ma anche i re, quando introducevano l'idolatria. I profeti hanno proclamato la venuta del Messia, che avrà dignità divina. Quando spuntò una minaccia per il Regno di Giudea, il Signore disse al re Acaz: "Chiedi un segno dal Signore tuo Dio" (Isaia 7:11). Acaz rifiutò. Quindi il profeta Isaia proferì la famosa profezia messianica: "Pertanto il Signore stesso vi darà un segno: ecco, la vergine concepirà e partorirà un figlio, e lo chiamerà Emmanuele" (Isaia 7:14). Il nome "Emmanuele" significa "Dio è con noi". Lo stesso profeta dice a proposito del Messia: "un figlio ci è stato dato, e il governo sarà sulle sue spalle: e il suo nome sarà chiamato Consigliere ammirabile, Dio potente, eterno Padre, Principe della pace" (Isaia 9:6) anche: "Ecco, il Signore Dio viene con mano forte, e il suo braccio dominerà per lui: ecco, la sua ricompensa è con lui, e la sua opera innanzi a lui. Egli nutrirà il suo gregge come un pastore "(Isaia 40:10-11).

Il monoteismo del cristianesimo

Il cristianesimo, che rivela al mondo la rivelazione di Dio come Spirito perfetto, solleva il popolo del nuovo Israele a un livello superiore, insegnando l'adorazione di Dio in spirito e verità (Giovanni 4:23). Il Dio incarnato, Gesù Cristo, ha rivelato all'umanità la verità suprema della salvezza nel regno dei cieli. Solo la religione del Nuovo Testamento, che possiede pienamente una conoscenza completa della natura increata di Dio, e rivela a tutti il percorso di unione con lui attraverso la preghiera, i sacramenti e l'adempimento dei comandamenti del Vangelo, è il monoteismo completo ed efficace. Si basa non solo sul solido fondamento della rivelazione biblica data ai patriarchi e ai profeti. Dio stesso si è incarnato e ha testimoniato i misteri della divina economia. Nella preghiera sacerdotale a Dio Padre, il Signore Gesù Cristo dice: "Io ho dato loro le parole che tu mi hai date, ed essi le hanno ricevute, e hanno veramente conosciuto che sono uscito da te e hanno creduto che tu mi hai mandato "(Giovanni 17:8).

Per i rappresentanti dell'ebraismo e dell'islam, il grande ostacolo è la divinità del nostro Salvatore Gesù Cristo. Essi sono sviati, nonostante l'evidenza convincente che si trova nei libri sacri del Nuovo Testamento.

Il Santo apostolo Tommaso era assente dalla prima apparizione del Salvatore risorto ai discepoli. Gli altri apostoli con cui si incontrò Tommaso proclamavano con gioia la risurrezione del Maestro. Tommaso disse: "Se non vedo nelle sue mani il segno dei chiodi e non metto il mio dito nel segno dei chiodi e non metto la mia mano nel suo costato, non crederò" (Giovanni 20:25). Il Salvatore rispose al dubbio di Tommaso con le sue stesse parole, ripetendo l'esatta domanda che Tommaso aveva posto. Questo non fece che stupire il discepolo dubbioso, "metti qua il dito e guarda le mie mani; stendi la tua mano, e mettila nel mio costato: e non essere più incredulo, ma credente" (Gv 20,27). In risposta, l'apostolo Tommaso confessa Gesù Cristo come Dio: "Mio Signore e mio Dio" (Giovanni 20:28).

L'apostolo ed evangelista Giovanni il Teologo

L'apostolo ed evangelista Giovanni il Teologo testimonia la divinità di Gesù Cristo: "In principio era il Verbo, e il Verbo era presso Dio, e il Verbo era Dio" (Giovanni 1:1). In questo testo, Dio è direttamente indicato come il Verbo (Logos). L'obiezione di solito fatta a questo punto è molto debole. Si dice che Theos non ha un articolo, e pertanto non si riferisce a un Dio personale. Ma neanche nel sesto versetto di questo capitolo, "C'era un uomo mandato da Dio, il cui nome era Giovanni" (Giovanni 1:6) c'è un articolo davanti alla parola Theos nel testo greco. Tuttavia, stiamo parlando di un Dio personale. Siamo in grado di fornire altre prove. L'apostolo ed evangelista Marco chiamato Cristo, il Figlio di Dio: "L'inizio del vangelo di Gesù Cristo, il Figlio di Dio" (Marco 1:1).

L'apostolo Giovanni il Teologo dice nella sua prima lettera: "E noi sappiamo che il Figlio di Dio è venuto e ci ha dato l'intelligenza per conoscere il vero Dio. E noi siamo nel vero Dio e nel Figlio suo Gesù Cristo: egli è il vero Dio e la vita eterna" (1 Giovanni 5:20).

Il Santo Apostolo Paolo più volte scrive della divinità di Gesù Cristo nelle sue Epistole. "Badate che nessuno vi faccia sua preda con la filosofia e con vuoti inganni secondo la tradizione degli uomini, secondo i rudimenti del mondo, e non secondo Cristo, poiché in lui abita corporalmente tutta la pienezza della divinità." (Col. 2:8-9). Leggiamo in un'altra lettera: "Ma al Figlio dice: Il tuo trono, o Dio, è per sempre. Scettro di rettitudine è lo scettro del tuo regno. Tu hai amato la giustizia e odiato l'iniquità, perciò Dio, il tuo Dio, ti ha consacrato con olio di letizia, a preferenza dei tuoi compagni" (Ebrei 1:8-9). Il Figlio di Dio è chiamato Dio due volte. Il testo greco in entrambi i casi, dice Theos-Dio. E c'è anche di più. l'apostolo Paolo dice agli anziani della città di Efeso, "Badate dunque a voi stessi e a tutto il gregge, sul quale lo Spirito Santo vi ha costituiti vescovi, per pascere la chiesa di Dio, che egli ha acquistata col proprio sangue" (Atti 20,28). Il fondatore della Chiesa, Gesù Cristo, è senza dubbio chiamato Dio. Nella Lettera a Tito leggiamo: "la grazia di Dio, apportatrice di salvezza, è apparsa a tutti gli uomini, insegnandoci che, rinunciando all'empietà e alle concupiscenze mondane, dovremmo vivere sobriamente, giustamente e piamente, in questo mondo; attesa della beata speranza e dell'apparizione nella gloria del nostro grande Dio e Salvatore Gesù Cristo" (Tt 2,11-13). Cosa potrebbe essere più chiaro che "il grande Dio e Salvatore nostro Gesù Cristo"?

La divinità di Gesù Cristo, e, di conseguenza, il monoteismo del cristianesimo, porta a confutare gli esempi del giudaismo e dell'islam. Uno dei motivi principali è l'incapacità di accogliere gli insegnamenti della Santa Trinità, l'incarnazione, la risurrezione, e altre verità dottrinali in una coscienza religiosa ristretta e distorta. Nonostante l'antagonismo tra ebraismo e islam, entrambe le religioni convergono nel senso che non criticano il cristianesimo – di cui essi non possono comprendere le altezze teologiche e la ricchezza spirituale, ma la loro creazione della falsa immagine della religione del Nuovo Testamento.

 

Parte 2: Giudaismo

Giudaismo: una ritirata dal monoteismo biblico

La storia del popolo ebraico è chiaramente divisa in due periodi: prima e dopo la morte espiatoria di Gesù Cristo. Quando il sacrificio per i peccati del mondo non era ancora stata effettuata, la storia dell'Antico Testamento proseguiva, e il suo intero significato consisteva nell'attesa e nella preparazione per incontrare il futuro Salvatore. Le aspettative messianiche erano particolarmente pronunciate nel corso degli ultimi decenni, prima dell'arrivo del Salvatore nel mondo. La gente non solo a Gerusalemme, ma anche in altre città e villaggi della Palestina, aspettava il Messia preannunciato nella Sacra Scrittura.

Cristo e i farisei

Il tempo è compiuto. Il Messia è venuto, ma i leader ebrei, i farisei e i sadducei lo hanno condannato a morte. Ma perché i farisei, i sadducei e gli scribi si sono offesi? Perché è stato sufficiente alla donna samaritana che fosse rivelato il lato segreto della sua vita perché lei credesse volentieri che il viaggiatore in piedi accanto a lei, stanco del cammino e che le chiedeva dell'acqua, era il Cristo (cfr Gv 4,42)? Perché i farisei e gli scribi, che erano testimoni dei magnifici miracoli compiuti da Gesù e conoscevano le Scritture meglio di chiunque altro, si rifiutavano ostinatamente di riconoscere Cristo? Infine, una domanda: perché lo odiavano, nonostante il fatto che ha liberato molte persone da una terribile malattia e sofferenza?

La risposta va ricercata nella peculiarità e nel carattere della vita spirituale dei leader di Israele. La vita religiosa esige da una persona auto-attenzione, sensibilità morale, umiltà e purezza di intenzioni. Senza di queste, il cuore si indurisce gradualmente. Un cambiamento si verifica inevitabilmente, e le sue conseguenze sono la morte spirituale.

Già prima dell'inizio del Vangelo del Regno del nostro Salvatore, gli ebrei avevano cominciato a immaginare il Messia come un potente re terreno, che li avrebbe esaltati sopra tutte le nazioni e li avrebbe resi ricchi e potenti. Questo concetto del Messia corrispondeva alla loro condizione spirituale e morale.

Per una corretta comprensione della profezia ispirata dallo Spirito Santo, era necessaria non l'erudizione dottrinale, ma una fede pura, incorrotta.

La coscienza degli avvocati e degli scribi, corrotta dal peccato, non ha notato le parti del Vecchio Testamento in cui sono date le qualità spirituali del Messia promesso: "Ecco, il tuo re viene a te: egli è giusto e vittorioso, umile, e montato sopra un asino, e su un puledro figlio d'asina" (Zc 9,9); "Ecco il mio servo che io sostengo, il mio eletto di cui mi compiaccio. Ho posto il mio spirito su di lui; egli porterà il diritto alle nazioni. Non griderà né alzerà il tono, non farà udire in piazza la sua voce, non spezzerà una canna incrinata, non spegnerà uno stoppino dalla fiamma smorta. Proclamerà il diritto con fermezza" (Isaia 42:1-3; cfr Matteo 12:20).

Nonostante tutti i molteplici eventi precedenti il processo del Salvatore del mondo, c'è una sola ragione perché sia stato commesso un peccato così grave: le persone erano radicate nel peccato e lo amavano. Ribollivano di rabbia verso Colui che era venuto al mondo per conquistare e distruggere il peccato.

Dopo che Cristo, il Messia venuto a salvare il mondo, è stato calunniato, insultato e messo a morte, è incominciata la morte spirituale del popolo eletto. Il Signore Gesù Cristo parlò agli ebrei direttamente, "colui che mi odia, odia anche il Padre mio" (Giovanni 15:23). Ciò significa che il monoteismo dei leader ebraici divenne del tutto formalista.

Nella letteratura, la religione dell'Antico Testamento, che termina con la conclusione del Nuovo Testamento, e il giudaismo sono spesso confusi. Questa associazione è completamente sbagliata. L'attesa del Messia, che permeava la secolare storia della religione dei discendenti del Profeta Mosè, si è conclusa. Gli obiettivi e le aspirazioni degli ebrei guidati dai farisei e sadducei sono rimaste sulla Terra. Il benessere terrestre, la ricchezza, il successo e il potere sono diventati valori fondamentali per coloro che hanno immaginato l'atteso Messia in linea con essi.

Tuttavia, i profeti annunciavano la venuta di un altro Messia: il Messia sofferente. Il profeta Isaia, che è chiamato il "l'evangelista dell'Antico Testamento " (vedi san Girolamo, Lettera a Paolino) a causa delle sue molte profezie e della precisione del loro compimento in Gesù Cristo, parla di questo con impressionante chiarezza e precisione.

Chi è dunque il vero Messia? "Maltrattato e afflitto, non aprì la sua bocca: è come agnello condotto al macello, come una pecora davanti ai suoi tosatori è muta, così egli non apre la sua bocca ... per la trasgressione del mio popolo è stato colpito e la sua sepoltura è stata con gli empi, e con il ricco nella sua morte, perché non aveva commesso alcuna violenza, né vi è stato alcun inganno nella sua bocca ma piacque al Signore di ferirlo; lo ha sottoposto al dolore: quando farai della sua vita un sacrificio per il peccato, egli vedrà il suo seme, egli prolungherà i suoi giorni, e il beneplacito del Signore prospererà nelle sue mani" (Isaia 53:7-10).

Gli ebrei avevano familiarità con questo capitolo del grande profeta? Non tutti. Di solito durante le letture settimanali presso la sinagoga questo capitolo viene omesso. Ecco un estratto dalle memorie di Rosa Price, che sopravvisse agli orrori di diversi campi di concentramento nazisti e che accettò Gesù Cristo. Sua figlia era diventata seguace del Salvatore Gesù, ma lei aderiva ai vecchi malintesi. "Sono corsa dal rabbino. Lui mi citò diversi brani delle Scritture con cui sfidare la mia famiglia. In risposta, me ne diedero altri cinque. Sotto la spinta della mia famiglia, chiesi al rabbino qualcosa su Isaia 53. Egli disse:" Nessun ebreo lo legge, soprattutto non una donna ebrea". Allora non ho potuto leggerlo. lo stesso vale per il Salmo 22. Ci sono 328 profezie della venuta del Messia come servo sofferente. Ho chiesto al rabbino qualcosa su quasi tutti. Infine, il rabbino mi disse di non venire alla sinagoga più perché gli avevo letto Isaia 53 "(Rosa Price, The Survivor, in Sid Roth. They Thought for Themselves, WWP, 2007).

Come hanno fatto i dottori della Legge, che conoscevano molte parti dell'Antico Testamento a memoria, a spiegare il capitolo? Nel periodo della formazione del Talmud, gli scribi riconobbero che il capitolo 53 è una profezia della venuta del Messia. Tuttavia, a partire dal famoso esegeta ebreo Rashi (Rabbi Shlomo Yitzchaki, 1040-1105), i rabbini sostengono che il capitolo 53 parla del popolo ebraico. Un semplice riferimento al testo può smentire questa convinzione.

• "Eppure egli si è caricato delle nostre sofferenze, si è addossato i nostri dolori" (Isaia 53:4). Delle sofferenze di chi si è caricato il popolo ebraico, e di chi si è addossato i dolori?

• "Dalle sue piaghe noi siamo stati guariti" (Isaia 53:5). Chi è stato guarito dalle ferite del popolo ebraico?

• "Per la trasgressione del mio popolo fu percosso a morte" (Isaia 53:8). Se si parla del popolo ebraico, allora chi ha sofferto la punizione per le trasgressioni del popolo ebraico?

• "E la sua sepoltura è stata con gli empi, con il ricco nella sua morte" (Isaia 53:9). Quando e in che tomba è stato sepolto il popolo ebraico?

Nei libri sacri dell'Antico Testamento ci sono segni della comparsa di Cristo (il Messia) e in essi sono descritte le sue principali caratteristiche. Tra le profezie sulla venuta di Cristo nel mondo nell'Antico Testamento, prima di tutto è necessario notare la visione del profeta Daniele, che preannuncia anche l'anno della morte del Salvatore. "Settanta settimane sono fissate per il tuo popolo e per la tua santa città per mettere fine all'empietà, mettere i sigilli ai peccati, espiare l'iniquità, portare una giustizia eterna, suggellare visione e profezia e ungere il Santo dei santi. Sappi e intendi bene, da quando uscì la parola sul ritorno e la ricostruzione di Gerusalemme fino a un principe consacrato, vi saranno sette settimane. Durante sessantadue settimane saranno restaurati, riedificati piazze e fossati, e ciò in tempi angosciosi. Dopo sessantadue settimane, un consacrato sarà soppresso senza colpa in lui; il popolo di un principe che verrà distruggerà la città e il santuario; la sua fine sarà un'inondazione e, fino alla fine, guerra e desolazioni decretate." (Daniele 9:24-26). La settimana (sette giorni) è intesa come 7 anni, e 70 volte sette consiste di 490 anni. È il tempo per la "fine del peccato." Qui stiamo parlando dell'espiazione di Cristo il Salvatore per le persone che hanno violato la volontà di Dio e sono cadute in disgrazia. Nella profezia, è direttamente indicato il Messia ("per ungere il Santo dei santi"). Per calcolare la quantità di tempo qui proposta, si deve fare riferimento a fonti storiche, notando la ricostruzione della città di Gerusalemme, che cadde a seguito della distruzione di Babilonia nel 586. Il numero di settanta sette decorre dalla data della ricostruzione di Gerusalemme. Il decreto di restauro è stato dato da Artaserse Longimano nel 20° anno del suo regno. Egli è salito al trono tra il 18 dicembre 465 e il 18 dicembre, 464 a C. Il settimo anno del suo regno, da cui inizia il conto alla rovescia delle settimane, cade nel 458 o nel 457. Da questo periodo di tempo al momento della comparsa di Cristo nostro Signore, dovrebbero passare 69 settimane (483 anni).

Anche il precursore della venuta del Messia è menzionato nell'Antico Testamento. "Ecco, io mando il mio messaggero, ed egli preparerà la via davanti a me: e il Signore, che voi cercate, verrà subito al suo tempio, l'Angelo del patto, che voi sospirate, ecco, egli verrà, dice il Signore degli eserciti" (Malachia 3:1). Gli abitanti della Palestina conoscevano la Sacra Scrittura e vedevano in Giovanni, che predicava il pentimento, l'Angelo del Patto predetto dai profeti. Così, le persone provenienti da tutta Gerusalemme e da tutte le periferie del Giordano vennero a lui (cfr Marco 1:5).

Nei libri sacri dell'Antico Testamento, ci sono profezie di tutti i principali eventi della vita di Gesù il Messia. Il profeta Michea ha individuato il luogo di nascita: "E tu, Betlemme di Efrata così piccola per essere fra i capoluoghi di Giuda, da te mi uscirà colui che deve essere il dominatore in Israele; le sue origini sono dall'antichità, dai giorni più remoti" (Mi 5,2).

La Parola di Dio ha dimostrato i grandi doni spirituali del futuro Unto. "E uscirà un rampollo dal tronco di Iesse, un virgulto germoglierà dalle sue radici. E lo spirito del Signore si poserà su di lui, lo spirito di sapienza e di intelletto, spirito di consiglio e di forza, lo spirito di conoscenza e di timore del Signore" (Isaia 11:1-2). Tutto questo è stato compiuto da Gesù: "...il popolo era stupito del suo insegnamento: egli infatti insegnava loro come uno che ha autorità e non come gli scribi" (Mt 7,28-29).

Per mezzo dei profeti, lo Spirito Santo ha indicato una caratteristica distintiva speciale del Messia, la straordinaria forza di compiere miracoli: "Lui verrà e vi salverà Allora si apriranno gli occhi dei ciechi, e gli orecchi dei sordi udranno.

Allora lo zoppo salterà come un cervo, e la lingua del muto canterà: nel deserto sgorgheranno acque, e torrenti nel deserto" (Isaia 35:4-6) Quando i due uomini mandati da Giovanni Battista si avvicinano a Gesù per  chiedere: "sei tu colui che deve venire? O dobbiamo aspettare un altro?" (Luca 7:20), il Signore prima di tutto indica i miracoli che ha eseguito:" I ciechi vedono, gli zoppi camminano, i lebbrosi sono purificati, i sordi odono, i morti risuscitano, ai poveri è predicato il Vangelo. E benedetto colui che non si vergognerà di me" (Luca 7:22-23). La gente sapeva che il Messia sarebbe stato caratterizzato da miracoli che compiva. "Allora fu portato a lui un indemoniato, cieco e muto: ed egli lo guarì, sicché il cieco e muto parlava e vedeva. E tutte le persone erano stupite e dicevano: Non è costui il figlio di Davide? "(Matteo 12:22-23).

Una mente corrotta dal peccato non è riuscito a notare le parti dell'Antico Testamento in cui vengono date le qualità spirituali del Messia promesso: "Ecco, il tuo re viene a te: egli è giusto e vittorioso, umile, e montato sopra un asino, e su un puledro figlio d'asina "(Zc 9,9).

1. Gli ebrei, dopo aver rifiutato il Messia come Figlio di Dio incarnato, non potevano rimanere nel campo dell'applicazione della Rivelazione data nell'Antico Testamento. A poco a poco, alla Legge data da Dio, i farisei e gli scribi aggiunsero 613 comandamenti: 365 comandamenti positivi e 248 negativi.

Il Signore rimprovera i docenti ebrei della legge. "Mettendo da parte il comandamento di Dio, voi sostenete la tradizione degli uomini" (Marco 7:8). La fede in Dio come una persona assoluta e reale – questo è monoteismo – è sostituita dal ritualismo. Nel giudaismo, l'autorità del Talmud è maggiore della Torah (il Pentateuco). Il famoso rabbino Adin Steinsaltz scrive: "Se la Torah è il fondamento del giudaismo, il Talmud è il pilastro centrale di sostegno dell'intero edificio spirituale e filosofico. In molti modi, il Talmud è il libro più importante della cultura ebraica, la spina dorsale del creatività e della vita nazionale. Nessun'altra opera ha avuto un'influenza comparabile sulla teoria e sulla pratica della vita ebraica. Gli ebrei hanno sempre riconosciuto che come popolo, la loro conservazione e sviluppo dipende dallo studio del Talmud" ("What is the Talmud?").

Che cosa è questo "pilastro centrale" del giudaismo? Vorrei introdurre un estratto dal trattato Sabbath, con il commento di Rabbi Pinchas Kehati: "Lo storpio può uscire con la sua gamba di legno, tale è il decreto di Rabbi Meir, ma Rabbi Jose lo proibisce. Se la gamba di legno ha un ricettacolo per le imbottiture, è soggetta a contaminazione. Le stampelle sono soggette a contaminazione se qualcuno si siede sopra di loro o le calpesta, ma si può uscire con loro al sabato ed entrare nel cortile esterno (del Tempio). La sedia a rotelle e le stampelle di un paralitico sono soggette a contaminazione, e non si deve uscire con loro al sabato, né entrare nel cortile esterno (del Tempio). I trampoli non sono soggetti a contaminazione, ma comunque non bisogna uscire con loro al sabato".

Commento: "Lo storpio, un uomo con una gamba amputata, può uscire al sabato sulla sua gamba di legno, una gamba artificiale, realizzato secondo le dimensioni del suo calcagno. Tale è il decreto di Rabbi Meir, che crede che una gamba artificiale corrisponda alle calzature, mentre Rabbi Jose vieta allo storpio di uscire con la sua gamba di legno al sabato. Secondo lui, non corrisponde alle calzature, perché lo zoppo si trova principalmente con le sue mani su un bastone, mentre la gamba artificiale è solo per amor di aspetto in modo che il suo handicap fisico passi inosservato. Così, la gamba artificiale di sabato è vista come un carico inutile, ed è vietato entrare con essa. Secondo l'altro punto di vista, Rabbi Jose concorda sul fatto che la gamba artificiale equivale alle calzature, ma ha paura che l'uomo la stacchi e la porti per oltre 4 cubiti nel pubblico dominio, ma Rabbi Meir non ha questa paura".

Rischio di affaticare il lettore, ma vorrei introdurre ancora un altro punto del Talmud che illustra completamente la morte spirituale del ritualismo. "Ci sono due atti che costituiscono il trasferimento (di cose vietate) in giorno di sabato, che sono a loro volta suddivisi in quattro per un uomo che si trova all'interno di un dominio privato (reshut hayachid). I due atti sono, invece, aumentate a quattro per un uomo che si trova al di fuori di pubblico dominio (reshut harabim). Come mai? Per esempio, un mendicante sta al di fuori (in reshut harabim) e il padrone di una casa all'interno (in reshut hayachid). Il mendicante passa la mano in casa (per esempio attraverso una finestra) e mette qualcosa in mano al padrone di casa (diciamo un cesto, perché questi gli possa dare un pezzo di pane), o (in un'altra variante) il mendicante esce fuori e prende qualcosa dalla mano del padrone (un pezzo di pane). In questi due casi, il mendicante infrange la legge del sabato, ma il padrone no. Oppure, se il padrone di casa (che è dentro) passa la mano attraverso una finestra e mette, diciamo, un pezzo di pane, in mano al mendicante, o, dopo aver messo la mano, prende un oggetto (un paniere) dalle mani del mendicante, che è in piedi fuori sulla strada, e lo porta in casa, il padrone di casa infrange la legge del sabato, ma non il mendicante. Questa è la prima parte della Mishna, che ci ha dimostrato che cosa significano "due atti" del trasferimento di oggetti, dalla posizione di chi è dentro, e dalla posizione di chi si trova al di fuori. Effettuare qualsiasi di questi atti di sabato è proibito" (da un commentario del Trattato Shabbath).

Invece di una fede viva in un Dio misericordioso e dell'amore verso il proprio prossimo, interi volumi del Talmud sono riempiti di dispute sofistiche di varie scuole rabbiniche su cosa fare con un uovo deposto da una gallina di sabato, o su come il padrone di casa deve dare del pane a un mendicante, in modo da non infrangere il sabato.

Che enorme distanza spirituale vi era tra i profeti e gli scribi! I primi a brillare nella fede sono stati quelli che hanno partecipato alla fonte della sapienza celeste, mentre altri hanno rivolto la loro straordinaria erudizione a "risolvere" domande irrilevanti per la vita. I dottori della legge di tanto in tanto litigavano per determinare se si può spostare una scala da una colombaia a un'altra nei giorni di festa.

È ovvio che una vita religiosa in cui il ritualismo è il principio determinante diventerà formale. "Perciò il Signore ha detto: Giacché questo popolo si avvicina a me con la bocca e con le labbra mi onora, ma il suo cuore è lontano da me e il loro timore verso di me è insegnato dal precetto degli uomini" (Is. 29:13).

L'allontanamento dalla fonte viva della verità porta inevitabilmente alla dissoluzione e alla sterilità. Nell'arte medievale ecclesiastica europea, il contrasto tra cristianesimo ed ebraismo fu allegoricamente rappresentato nella forma di due figure femminili: la Chiesa e la sinagoga. Il portale sud del transetto (navata trasversale), della Cattedrale di Strasburgo (ca. 1230) è decorato con queste sculture. La donna che rappresenta la Chiesa porta in modo chiaro e con fiducia una croce nella mano destra come se vi si fosse appoggiata. Le pieghe dritte del suo mantello, che scendono a terra, rendono la sua figura solida e ferma. La sua testa è incoronata. Il suo sguardo spazia in lontananza. La figura della sinagoga tiene vicina al suo corpo una lancia spezzata in più punti. La curva della figura ripete la linea spezzata. Dei rotoli cadono dalla sua mano sinistra. La sua testa è china. I suoi occhi sono bendati, simbolo di tenebre spirituali.

2. La fase successiva del ritiro del giudaismo dal monoteismo biblico fu la nascita e l'espansione tra gli ebrei della Kabbalah (Qabbalah in ebraico significa accettazione o tradizione), insieme di insegnamenti e pratiche mistiche. Questo insegnamento teosofico esoterico è nello spirito e nella lettera assolutamente estraneo alla Sacra Scrittura. Due libri introducono un'esposizione della Kabbalah: il Sefer Yetzirah (Libro della Creazione) e lo Zohar (Splendore). Il primo fu probabilmente scritto nel VI o nel VII secolo a.C. La conferma fatta dagli stessi cabbalisti dell'esistenza del Sefer Yetzirah già durante il periodo del patriarca Abramo è assolutamente mitica e non ha prove. Al contrario, la presenza in questi libri di idee filosofiche della tarda antichità, come lo gnosticismo, il neoplatonismo ed altre, confuta completamente questo punto di vista. L'autore dello Zohar è ritenuto essere il cabbalista spagnolo Moshe (Mosè) de Leon. Fu scritto attorno al 1300 d.C. Il desiderio dei cabbalisti moderni di fare dell'autore dello Zohar un discepolo di rabbi Shimon Bar Yochai Akiva (Laitman, M., The Book of Zohar, 2003), vissuto nel II secolo d. C., contraddice l'opinione degli esperti. "La lingua aramaica di tutte le diciotto sezioni è sempre la stessa, e dimostra ovunque le stesse peculiarità individuali. Ciò è tanto più importante perché non è in alcun senso una lingua viva che Simeon ben Yohai e i suoi colleghi nella prima metà del II secolo d. C. avrebbero potuto in teoria parlare in Palestina. L'aramaico dello Zohar è una questione puramente artificiale, una lingua letteraria impiegata da uno scrittore che, ovviamente, non conosceva altro aramaico se non quello di alcuni documenti letterari ebraici, e che ha modellato il proprio stile in base a criteri soggettivi ben definiti. L'aspettativa espressa da alcuni studiosi che l'indagine filologica avrebbe rivelato gli strati più antichi dello Zohar non è stata confermata dalla ricerca vera e propria. Durante questi scritti, lo spirito dell'ebraico medievale, in particolare l'ebraico del XIII secolo, è trasparente dietro la facciata dell'aramaico "(Scholem, G., Major Trends in Jewish Mysticism, 1954).

La Kabbalah è divisa in contemplativa (Kabbalah Iyunit) e pratica (Kabbalah Maasit). L'aspetto centrale della Kabbalah è Ein Sof (L'Infinito). In contrasto con il Dio delle Sacre Scritture, Ein Sof non ha nome perché è senza persona, inconoscibile, e incomprensibile. Nessuna caratterizzazione gli può essere attribuita. Ein Sof si fa conoscere nelle sue manifestazioni (non a tutti, solo ai mistici ebrei). La prima manifestazione di Ein Sof è l'uomo originale, Adam Kadmon. Attraverso le sue emanazioni (flussi) giungono a esistere le dieci Sefirot, che sono gli attributi di Dio. Le dieci Sefirot rappresentano il corpo mistico di Adam Kadmon (l'Adamo celeste). Egli appare come risultato dell'emanazione e non ha alcuna immagine o forma. L'Adamo terrestre è stato creato a immagine dell'Adamo celeste. La decima Sefirah si chiama "Il Regno" o Malkuth. Essa unisce tutte e dieci le Sefirot. Nello Zohar, Malkuth – o il Regno – denota come la Knesset (assemblea) di Israele è un prototipo mistico della casa di Israele (Shekhinah). In The Dialectics of Myth (XIV. 3), Aleksei Losev scrive: "Come mi ha detto un ebreo molto istruito e grande esperto di cabbalistica e letteratura talmudica (da cui io, con le cattive abitudini di un osservatore europeo, cercai di imparare esclusivamente le influenze neoplatoniche della Kabbalah), l'essenza di tutta la Kabbalah non consiste affatto nel panteismo, come gli studiosi liberali pensano comparando la dottrina di Ein Sof e delle Sephirot con il neo-platonismo, ma piuttosto con il pan-israelismo: il Dio cabbalistico ha bisogno di Israele per la propria salvezza, si è incarnato in Israele ed è diventato esso. Da qui nasce il mito del dominio del mondo da parte di un Israele divinizzato, che è sempre contenuto in Dio".

I cabbalisti hanno stabilito una corrispondenza tra le diverse Sefirot e le parti del corpo umano. Acquisendo familiarità con questa primitiva disposizione mitologica della struttura dell'universo, diventa difficile ignorare la domanda che i cabbalisti stessi non fanno: Qual è la fonte di questa "conoscenza"? Come si riesce a concludere che la Sefirah della Corona (Keter) è la fronte, Tiferet è il torace, la Vittoria (Netzach) e la Maestà (Hod) sono i lombi dell'uomo?

Gli insegnamenti esoterici del Sefer Yetzirah e dello Zohar sono fondamentalmente incompatibili con l'insegnamento biblico su Dio, il mondo, l'uomo, e il percorso dell'umanità verso la salvezza. La Kabbalah contemplativa rappresenta una combinazione di elementi di gnosticismo e neo-platonismo del secondo e terzo secolo d. C. Dagli gnostici, prende in prestito l'insegnamento dei 10 eoni, che costituiscono il pleroma (pienezza universale). Il dualismo è il legame tra gnostici e cabalisti; l'idea dell'inimicizia eterna è iniziata con il bene (luce) e il male (il buio). La visione del mondo dualistica della Kabbalah trova una diretta espressione nel Sefer Yetzirah: "Elohim fece ogni oggetto, uno opposto all'altro: il bene di fronte al male, il male di fronte al bene, il bene dal bene, il male dal male, il bene delinea il male e il male delinea il bene, il bene è conservato per il bene e il male è conservato per il male". È evidente che l'insegnamento che attribuisce il male uno status ontologico conduce alla giustificazione del male. Al contrario, secondo la Sacra Scrittura, il male non è stato creato da Dio, ma è sorto in conseguenza dell'abuso del dono della libertà data da Dio alle sue creature, angeli e uomini.

L'insegnamento cabbalistico è un'espressione evidente del panteismo, di un completo ritiro dal monoteismo. Dio e il mondo sono intesi come un tutto completo. Il mondo è solo una manifestazione di Dio. Il panteismo è pieno di contraddizioni interne. La sua logica conseguenza è inevitabilmente prima la deroga di Dio, e in seguito, il suo rifiuto, perché tutte le imperfezioni del mondo sono attribuite a lui.

I Kabbalisti dividono il mondo in elementi maschili e femminili. Le sfere di destra e di sinistra sono rispettivamente maschili e femminili. Il mondo si presenta come un'unione amorosa, come l'unificazione di elementi maschili e femminili. Il rapporto tra le sfere viene interpretato con l'aiuto della simbologia dei generi.

La Kabbalah si presenta come un fantastico mix di occultismo esoterico, mescolato con idee religiose e filosofiche pagane. Testimonia una regressione completa dai grandi e salvifici insegnamenti della Bibbia, con il suo profondo e sostenuto monoteismo.

 

Parte 3: Islam

Islam: Le origini

Jibril (Gabriele) appare a Mohammed, disegno

La religione della legge, che per 15 secoli ha preparato il popolo eletto alla venuta nel mondo del suo Salvatore, il Signore incarnato Gesù Cristo, ha preceduto la religione del Nuovo Testamento. Secondo il santo Apostolo Paolo, "la legge è stata il nostro pedagogo per condurci a Cristo" (Gal 3,24). È stata tutto sommato solo "l'ombra di cose buone a venire" (Ebrei 10:1). Quando il Salvatore è venuto nel mondo, la religione dell'Antico Testamento aveva raggiunto il suo scopo. Il nostro Signore Gesù Cristo ci ha rivelato il mistero del Regno dei Cieli e ha stabilito la Nuova Alleanza, che è stata preannunciata dal profeta Geremia. "Ecco, verranno i giorni, dice il Signore, nei quali io farò un nuovo patto con la casa d'Israele e con la casa di Giuda: Non secondo il patto che feci con i loro padri nel giorno che li presi per la mano per farli uscire dal paese d'Egitto, patto che essi hanno infranto, anche se il loro Signore, dice il Signore: Ma questo è il patto che farò con la casa d'Israele dopo quei giorni, dice il Signore, io metterò la mia legge dentro loro, la scriverò sul loro cuore, e sarò il loro Dio ed essi saranno il mio popolo" (Geremia 31:31-33).

L'uomo è stato redento dal peccato originale e dalle sue conseguenze per mezzo della morte volontaria sulla croce di Gesù Cristo come Salvatore del mondo. Egli è entrato in un periodo totalmente nuovo nei termini del suo rapporto con Dio in confronto con l'Antico Testamento: al posto della legge, c'è una condizione libera di filiazione e di grazia. L'uomo ha ricevuto nuovi mezzi per raggiungere il suo ideale di perfezione morale come condizione necessaria per la salvezza.

L'islam, sorto in Arabia nel VII secolo, è apparso come religione della legge sei secoli dopo che il Dio del popolo eletto della religione della Legge ha raggiunto il suo scopo.

La differenza tra la religione dell'Antico Testamento e della legge e l'islam non è solo che quest'ultimo è emerso più di 2000 anni dopo che Dio ha dato sul monte Sinai i Dieci Comandamenti e altri precetti che regolavano la vita del popolo eletto. La differenza più importante è che la legge di Mosè ha una fonte divina. Il libro dell'Esodo dà una narrazione della maestosa epifania. "Allora Mosè fece uscire il popolo dall'accampamento incontro a Dio. Essi stettero in piedi alle falde del monte. Il monte Sinai era tutto fumante, perché su di esso era sceso il Signore nel fuoco e il suo fumo saliva come il fumo di una fornace: tutto il monte tremava molto. Il suono della tromba diventava sempre più intenso: Mosè parlava e Dio gli rispondeva con voce di tuono. Il Signore scese dunque sul monte Sinai, sulla vetta del monte, e il Signore chiamò Mosè sulla vetta del monte. Mosè salì" (Esodo 19:17-20).

Il fondatore dell'islam, tuttavia, non ha avuto una rivelazione divina.

Com'è nato l'islam? Lo leggiamo nel Hadith "Al-Jamii al-Sahih". Un essere misterioso ha cominciato a visitare Mohammed, che dormiva in una grotta sulle pendici del monte Hira. Nella notte del 24 del mese di Ramadan dell'anno 610 qualcuno gli apparve in forma umana. Questo evento è considerato l'inizio dell'islam. Questa storia è dalla Sunnah: "Un angelo gli apparve e gli ordinò 'LEGGI!' 'Non so leggere!' Mohammed rispose con grande trepidazione, al che l'angelo lo scosse violentemente e più volte gli ordinò di leggere. Questo fu ripetuto tre volte, quando l'angelo pronunciò i cinque versi che iniziano il capitolo 96: 'LEGGI! nel nome del tuo Signore, che ha fatto la creazione, che ha creato l'uomo dal sangue rappreso. LEGGI! Poiché il tuo Signore è il più generoso" Mohammed rimase perplesso sulla questione se lo avesse visitato un demonio o un angelo. Confidò le sue esperienze nella moglie Khadijah. Vorrei introdurre qualche elemento in più della biografia di Maometto, generalmente accettato dai musulmani: "Lei disse al messaggero di Dio, 'O figlio di mio zio, sei in grado di dirmi del tuo visitatore, quando viene a te?' Lui rispose che poteva, e lei gli ha chiese di dirle quando veniva. Così, quando Gabriele venne a lui come era solito fare, l'apostolo disse a Khadija, 'Questo è Gabriele che è appena venuto da me.' 'Alzati, o figlio di mio zio', disse lei, 'e siediti accanto alla mia coscia sinistra'. L'apostolo fece così, e lei disse, 'Riesci a vederlo?' 'Sì', disse lui. Lei gli disse: 'Allora girati e siediti accanto alla mia coscia destra'. Lo fece, e lei gli disse, 'Riesci a vederlo?' Quando le disse che poteva lei gli chiese di muoversi e di sedersi sul suo grembo. Quando lo fece, gli chiese di nuovo se poteva vederlo, e quando disse di sì, lei rivelò la sua forma e mise da parte il suo velo, mentre l'apostolo era seduto sul suo grembo. Quindi disse: 'Riesci a vederlo?' E lui rispose: 'No.' Ella disse: 'O figlio di mio zio, gioisci e sii di buon cuore, è un angelo da Dio e non un satana' "(Ibn Hisham, Biografia del profeta Mohammed).

È sorprendente con quanta facilità e, per dirla garbatamente, in modo ingenuo, questa domanda, che nel regno spirituale è una questione di vita o di morte, ebbe una risposta con l'aiuto di una donna. Prima di tutto, un angelo è un essere incorporeo, e per la sua vista non ci sono barriere reali: può vedere anche attraverso i vestiti. L'abbigliamento nasconde la nudità solo agli occhi degli uomini. Anche così, il corpo dell'uomo in sé e per sé non è qualcosa di perverso o di vergognoso. Si tratta di una creazione di Dio. La concupiscenza l'uomo è peccatrice, così come lo è il desiderio carnale, ma non il corpo. In paradiso i progenitori erano nudi e non ne provavano vergogna (cfr Gen 2,25). La natura di un angelo è inviolata: è estraneo alle passioni dell'uomo. Ma se questo era un demonio, poteva facilmente ricorrere a trucchi. Sapendo come lo testavano, sarebbe stato in grado di sparire, in modo che lo scambiassero per un angelo.

L'atteggiamento dell'Islam nei confronti della Bibbia

L'islam è emerso come un sincretismo di diverse fonti: antichi culti arabi, ebraismo, cristianesimo, hanifismo (un movimento monoteista pre-islamico in Arabia) e mazdeismo (l'antica religione iranica). Non vi è dubbio che i libri sacri dell'Antico Testamento e il Vangelo hanno avuto un'influenza sulla formazione dell'Islam. Nel Corano sono menzionate molte persone ed eventi della storia biblica. Tuttavia, queste storie sono presentate in modo completamente arbitrario e impreciso.

Secondo il Corano, l'uomo è stato creato dall'acqua. "Egli è colui che ha creato l'uomo dall'acqua: Allora egli ha stabilito rapporti di lignaggio e di matrimonio: perché il tuo Signore ha il potere (su tutte le cose)" (25:54). In un'altra sura, dice: "Proclama (o leggi!) Nel nome del tuo Signore che ha creato l'uomo, da un (mero) grumo di sangue rappreso!" (96:1-2). In un'altra parte si parla di argilla, "Ha creato l'uomo da argilla risuonante come ceramica" (55:14).

In contrasto con la Bibbia, il Corano non dice che l'uomo è stato creato a immagine e somiglianza di Dio. Questa discrepanza è molto profonda. Con l'immagine e somiglianza di Dio, l'uomo è chiamato a comunicare direttamente con il suo Creatore. Egli può diventare un tutt'uno con il Signore. Non è così nell'islam.

Il libro della Genesi racconta la storia di come l'intera famiglia del patriarca Noè (in arabo, Nuh) è stata salvata nell'Arca. Il Corano parla della morte del figlio di Noè: "Così l'Arca galleggiava con loro sulle onde (torreggianti) come montagne, e Noè chiamò suo figlio, che si era separato (dagli altri): 'Figlio mio! Imbarcati con noi, e non essere con i miscredenti!' il figlio rispose: 'Me ne andrò su qualche montagna: mi salverò dalle acque'. Noè disse: 'Questo giornata non può salvare, dal comando di Allah, altri se non quelli di cui ha misericordia' e le onde giunsero tra di loro, e il figlio fu tra quelli travolti nel diluvio "(11:42-43). Un'altra sura lo racconta in modo un po' diverso: "(Ricordate) Noè, quando gridò (a noi) tempo addietro: Abbiamo ascoltato la sua (preghiera) e abbiamo liberato lui e la sua famiglia da una grande angoscia " (21:76).

Non è necessario fornire ulteriori esempi. Nel Corano, le cose sono particolarmente distorte quando si parla di eventi del Nuovo Testamento. Qui le differenze sono puramente fondamentali. L'Incarnazione, la Crocifissione sul Golgota e la Risurrezione sono tutte negate. Anche l'evento della Natività di Cristo, conosciuto in tutto il mondo, è descritto in modo molto strano. Si sostiene che Maryam si ritirò in un luogo lontano e diede alla luce un figlio sotto le palme (19:23). In questa sura, chiamata Maryam, ella è chiamata la "sorella di Harun", cioè di Aronne. Questi aveva effettivamente una sorella di nome Miriam, ma questa visse 15 secoli prima della Natività di Cristo.

Probabilmente a causa di un così gran numero di errori e distorsioni, molti rappresentanti dell'islam, al fine di sfuggire a questo dilemma, sostengono che le moderne Sacre Scritture dei cristiani sono state distorte (una circostanza conosciuta come tahrif). Immediatamente, sorge spontanea la domanda: quali prove forniscono? Non ci sono prove. Tipicamente, il punto di vista dei musulmani nei confronti della Bibbia ha subito cambiamenti significativi nel corso di diversi secoli. Scrittori islamici come al-Tabari e ar-Razi credevano che la distorsione si riduce al tahrif ma'ni bi'al, cioè la corruzione del significato senza modificare il testo. Tuttavia, autori posteriori come Ibn Hazm e Al-Biruni hanno introdotto l'idea del tahrif bi'al-lafz, cioè la corruzione del testo stesso. Entrambe queste posizioni sono state conservate fino ai nostri giorni. Pertanto, il livello di accettazione tra i musulmani della Bibbia dipende dalla propria comprensione del tahrif. L'esistenza di queste posizioni fondamentalmente differenti indica che non vi è alcuna prova concreta.

È impossibile ignorare una caratteristica interessante dell'atteggiamento che i rappresentanti dell'islam hanno verso il testo biblico. Non avendo un proprio testo biblico "non distorto", essi citano il nostro testo canonico come non distorto. Tuttavia, quando hanno bisogno di sostenere un certo punto, per esempio, esempi negativi della vita dei Banu Isra'il (i figli di Israele), con riferimento a parti non conformi all'Islam, proclamano che il testo è distorto.

I musulmani sostengono che il Nuovo Testamento (Injil), a cui il Corano fa riferimenti positivi, non è realmente composto dagli attuali quattro Vangeli. Abbiamo già detto che essi non forniscono alcuna prova. La falsità dell'accusa che i cristiani abbiano distorto le Scritture nasce dalle contraddizioni interne degli stessi autori islamici che hanno scritto su questo tema. Secondo il Corano, il Nuovo Testamento era in origine un vero testo sacro. "E sulle loro orme abbiamo inviato Gesù figlio di Maria, confermando la legge che era venuta prima di lui: abbiamo mandato il Vangelo: al suo interno vi era guida e luce, e la conferma della legge che era venuta prima di lui: una guida e un monito a coloro che temono Allah "(5:46). In un'altra sezione: "Dì: 'O popoli del Libro! Non avete motivo di resistere, a meno che stiate fermi nella legge, nel Vangelo, e in tutta la rivelazione che è venuta a voi dal vostro Signore'. È la rivelazione che viene a te dal tuo Signore, che accresce nella maggior parte di loro la loro ostinata ribellione e bestemmia "(5:68). Questo brano dimostra chiaramente che il Corano stesso non parla della Scrittura distorta, ma di "ribellione e bestemmia" relative a un malinteso.

C'è una parte del Corano (10:94), che è molto problematica per i commentatori islamici: "Se tu fossi in dubbio ciò che abbiamo rivelato a te, chiedi a coloro che hanno letto il libro prima di te: la verità è infatti venuta a te dal tuo Signore: non essere quindi in alcun modo tra quelli che dubitano". Questo ayat si riferisce ai musulmani "in dubbio" sull'autorità della Sacra Scrittura biblica. Abdul-Haqq scrive: "Gli eruditi ​​dottori dell'Islam sono purtroppo imbarazzati da questo versetto, che rimanda il profeta ai popoli del Libro, che avrebbero risolto i suoi dubbi" (Abdul-Haqq, AA (1980) Sharing Your Faith With A Muslim. Minneapolis, MN: Bethany House Publishers. Cit. in Geisler, N.L. (1999). Baker Encyclopedia of Christian Apologetics. Grand Rapids, MI: Baker Publishing Group). Secondo la logica di questo versetto, la Scrittura biblica non era falsata nel VII secolo, al momento della creazione del Corano. Allora si deve riconoscere che anche il testo attuale è corretto, dato che usiamo manoscritti scritti nell'arco di diversi secoli prima del Corano.

La critica testuale del Nuovo Testamento ha fatto progressi eccezionali nel XX secolo. Attualmente, ci sono oltre 2.328 manoscritti e frammenti di manoscritti in greco, che vengono da noi dai primi tre secoli del cristianesimo. Il più antico manoscritto del Nuovo Testamento, una parte del Vangelo di Giovanni 18:31-33, 37-38, è il Papiro Rylands P52, datato 117-138 al tempo del regno dell'imperatore Adriano. Adolf Deissmann riconosce la possibilità della comparsa di questo papiro anche sotto il regno dell'imperatore Traiano (98-117). È conservato a Manchester. Un antico manoscritto del Nuovo Testamento è il Papiro Bodmer, P75. Le 102 pagine superstiti contengono i testi dei Vangeli di Luca e Giovanni. "I redattori, Victor Martin e Rodolphe Kasser, datano questa copia tra il 175 e il 225 d. C. È quindi la prima copia superstite conosciuta del Vangelo secondo Luca oggi disponibile, e una delle primi del Vangelo secondo Giovanni" (Bruce M . Metzger, The Text of the New Testament, p. 58). Questo prezioso manoscritto si trova a Ginevra.

Scrittura onciale su pergamena: codici in pelle con scrittura onciale (in latino uncia significa pollice), e lettere senza spigoli vivi e linee spezzate. Questa scrittura si distingue per la grande raffinatezza e precisione. Ogni lettera è scollegata. Ci sono 362 manoscritti onciali del Nuovo Testamento. I più antichi di questi codici sono il Sinaiticus, Vaticanus e Alexandrinus.

Gli studiosi hanno messo in parallelo questa impressionante collezione di antichi manoscritti del Nuovo Testamento con il testo del Nuovo Testamento, che consisteva di 36.286 brani della Sacra Scrittura del Nuovo Testamento che si trovano nelle opere dei santi padri e dottori della Chiesa, dal primo al quarto secolo. Questo testo è carente solo in 11 versetti.

Gli studiosi di critica testuale nel XX secolo ha fatto un lavoro enorme per la raccolta di tutti i manoscritti del Nuovo Testamento (diverse migliaia) e hanno individuato tutte le discrepanze testuali causate da errori di trascrizione. È stata effettuata una valutazione e tipologizzazione. Sono stati stabiliti criteri precisi per determinare una variante corretta. Per chi ha familiarità con questo lavoro scientifico rigoroso, è ovvio che le accuse di distorsione del testo sacro corrente del Nuovo Testamento sono infondate. In termini di numero di antichi manoscritti e di brevità del tempo che separa il più antico testo superstite dall'originale, non c'è opera dell'antichità che possa essere confrontata con il Nuovo Testamento.

Le accuse che il testo della Bibbia è distorto sono sconcertanti. Come potrebbe essere stata fatta effettivamente una cosa del genere? Come potrebbero essersi riuniti per farla cristiani ed ebrei? Tutti conoscono il grado della loro reciproca alienazione dottrinale. Eppure entrambi i cristiani e gli ebrei usano uno stesso testo canonico dell'Antico Testamento. Inoltre, tutto il Nuovo Testamento è conservato nel Papiro Chester Beatty, composto circa verso il 250 d. C.

È inconcepibile accettare che, nelle condizioni che esistevano nella società cristiana, centinaia di esemplari del testo del Nuovo Testamento siano stati copiati erroneamente a fini di distorsione.

Sul monoteismo dell'islam

Gli storici e gli studiosi delle religioni considerano le tre religioni "abramiche", cristianesimo, ebraismo e islam, come religioni monoteiste. Per il ricercatore, i principi dottrinali che i rappresentanti di ciascuna di queste tre religioni formulano sono sufficienti. Tuttavia, sul piano teologico, l'insufficienza di un approccio formale diventa chiara. Il monoteismo è una condizione necessaria ma non sufficiente per la vera religione. Solo una religione che ha la rivelazione divina come fonte ha la dottrina su Dio vera e spiritualmente accurata. Il cristianesimo sostiene non solo che Dio è la fonte vivente e assoluta, "il solo vero Dio" (Giovanni 17:3; 1 Ts 1,9; Cfr Giovanni 5,20), ma insegna anche bene e in profondità la natura di Dio senza inizio e senza fine, e di uno Spirito perfetto. La caratteristica principale della natura divina è l'amore. "Dio è amore" (1 Giovanni 4:16). Queste parole dell'apostolo contengono l'idea principale del Nuovo Testamento come buona notizia della salvezza. L'ineffabile bontà di Dio ha creato il mondo. Il Signore ha posto l'uomo in paradiso. Anche dopo la caduta, Dio ha continuato ad amare l'umanità. La grandezza dell'amore di Dio è stata rivelata quando il Dio incarnato è morto della morte più straziante per noi. I cristiani sanno non solo dalla Sacra Scrittura, ma anche attraverso il potere dell'esperienza spirituale, che Dio è onnisciente e onniveggente. L'apostolo dice: "Né vi è alcuna creatura che non si manifesti alla sua vista: ma tutte le cose sono nude e scoperte agli occhi di colui con cui abbiamo a che fare" (Eb 4,13).

Dio sa non solo tutto ciò che è accaduto, e tutto ciò che è, ma ha anche perfetta conoscenza del futuro. Lo specchio della sapienza suprema di Dio è l'universo che Egli ha creato, il sorprendente essere umano con la sua straordinaria complessità, bellezza e armonia. Dio dimostra la sua sapienza ineffabile anche nella dispensazione della nostra salvezza. "O profondità della ricchezze della sapienza e della conoscenza di Dio! Quanto sono imperscrutabili i suoi giudizi e al di là della comprensione le sue vie" (Romani 11:33).

La vera religione non è limitata dalla richiesta di culto al Creatore. Il suo obiettivo finale è l'unità spirituale dell'uomo con Dio. Il Salvatore ne parla in una preghiera al Padre prima della sua sofferenza sulla croce: "Che tutti siano uno, come tu, Padre, sei in me e io in te, siano anch'essi una cosa sola in noi" (Giovanni 17:21).

Dalle caratteristiche di cui sopra del Divino consegue il concetto del vero monoteismo cristiano. Ci può essere un solo Dio onnipotente e in tutto giusto.

Il concetto di Dio nell'Islam non ha una fonte di rivelazione divina. Si è sviluppato sulla base dell'antica religione araba. La parola "Allah" era utilizzata nel pantheon politeista degli arabi per indicare "Dio": Allah (al – l'articolo determinativo; ilah – dio). Tra gli arabi pagani, prima della loro adozione dell'islam, Allah era la suprema divinità lunare, adorata nel nord e centro Arabia. Il padre di Muhammad, che era un pagano, si chiamava Abdullah ("servo di Allah").

In tempi pre-islamici, la falce di luna era il simbolo del culto del dio lunare tra gli arabi. Ciò è confermato da testimonianze archeologiche. La luna crescente fu ripresa come simbolo principale dell'islam.

Gli arabi del deserto siriano chiamavano la moglie di Allah con il nome di Al-lāt, e nel sud dell'Arabia centrale, Al-'Uzzá. In altre zone d'Arabia queste, insieme a Manāt, erano adorate come figlie di Allah. Quest'impostazione genetica è stata conservata nel Corano. V'è menzione di questo nella 53a sura: "Avete visto Lāt e 'Uzzā, e un'altra, la terza (dea), Manāt? Dunque! Per voi il sesso maschile, e per Lui, quello femminile: Ecco, questa sarebbe davvero una divisione molto ingiusta!" (53:19-22).

Nell'islam, Allah è un'immagine religiosa creata dalla coscienza umana. Egli non esprime la vera onnipotente personalità divina. Di conseguenza, il monoteismo nell'islam è un monoteismo immaginario. In un certo numero di luoghi nel Corano, Allah è dotato di caratteristiche e tratti intrinsecamente umani. Allah dice:

• "Coloro che smentiscono i Nostri segni, li getteremo presto nel fuoco: ogni volta che le loro pelli saranno del tutto bruciate, noi li cambieremo in pelli nuove, perché possano assaggiare la pena" (4:56);

• "... Non c'è nessun aiuto se non da Dio, l'Eccelso, il Saggio: egli potrebbe tagliare una frangia di miscredenti o esporli all'infamia, e dovrebbero quindi tornare indietro, frustrati nel loro scopo" (3:126-127);

• "Gli ipocriti – pensano di prevalere su Dio, ma egli prevarrà su di loro" (4:142);

• "E (i miscredenti) hanno complottato e pianificato, e anche Dio ha pianificato, e Dio è il migliore degli strateghi " (3:54);

• "Molti sono i jinn e gli uomini che abbiamo fatto per l'inferno: hanno cuori che non comprendono, occhi che non vedono e orecchi che non sentono. Essi sono come bestiame, o ancor peggio: perché sono incuranti (degli avvertimenti) "(7:179).

Che grande differenza! Il cristianesimo insegna che Dio "vuole che tutti gli uomini siano salvati e arrivino alla conoscenza della verità" (1 Tim. 2:4), mentre l'islam sostiene che Allah ha creato molte persone per la geenna.

L'idea del monoteismo (tawhid, dal verbo wahhada – riconoscere qualcosa come uno) è stata formulata nel Corano in diverse sure. Per esempio, nella sura 16, "L'ape": "Noi sicuramente abbiamo inviato tra ogni popolo un apostolo (con il comando): servite Dio, ed evitate il male" (16:36) Nella terminologia della sharia, qualsiasi cosa la gente adori, tranne Allah è "taghut". Poiché l'Islam non conosce la rivelazione diretta, né la santa manifestazione di Dio al mondo, né l'unificazione dell'uomo con Dio sul fondamento dell'amore, il suo monoteismo è immaginario, formalistico e astratto, non richiede che l'uomo cambi se stesso o il suo modo di vita, ma solo che renda culto e preghiera quotidiana.

 
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Il coronavirus e il calice: possiamo essere infettati oppure no?

ricevere la comunione o meno a causa del coronavirus è una questione di fede e di coscienza cristiana del credente

A causa della pandemia di coronavirus, alcuni credenti pongono sempre più la domanda: Dio fa "miracoli per default", impedendo al virus di diffondersi in chiesa, oppure no?

Nei giorni scorsi, i notiziari dei media nazionali e globali sono stati inondati di rapporti sul coronavirus. Non prenderemo in considerazione le teorie della cospirazione in base alle quali questi rapporti siano apparsi contemporaneamente e in quasi tutte le risorse di informazione, ma tratteremo un altro argomento: come l'epidemia di coronavirus influisce sulla nostra visione religiosa del mondo.

Nel mio precedente articolo sull'argomento, ho parlato del fatto che la Chiesa, in linea di principio, non si è mai opposta a misure igieniche volte a fermare la diffusione di pericolose infezioni. Inoltre, la Bibbia è stata la prima fonte da cui si sono ricevute informazioni su come contrastare le epidemie. In tal modo, la Sacra Scrittura sottolinea la correlazione diretta tra purezza morale e assenza di malattia. Cioè, la causa delle malattie è il più delle volte il peccato dell'uomo e la loro guarigione dovrebbe iniziare con il pentimento. Ciò non significa che il credente in Dio debba rifiutare l'assistenza medica. Al contrario, l'accetta e tratta il medico con il dovuto rispetto come uno strumento della Provvidenza di Dio. Tuttavia, in una prospettiva religiosa non si può pensare al trattamento medico senza correzione spirituale.

Oggi vediamo un quadro interessante nella Chiesa e negli ambienti di chiesa quando i fedeli cercano di scoprire se il coronavirus (così come altre malattie infettive) può essere trasmesso attraverso la comunione ai santi Misteri di Cristo. Questa domanda, vista la situazione attuale, non è in alcun modo sciocca, non solo dal punto di vista medico, ma anche, innanzitutto, dal punto di vista religioso. Ecco perché i credenti nei tentativi di dare una risposta a questa domanda si sono divisi in diversi campi.

Tradizionalisti: la comunione non può essere contagiosa. Un punto di vista diverso è blasfemia

I rappresentanti del primo campo (la maggioranza), chiamiamoli "tradizionalisti", credono che il corpo e il sangue di Cristo non possano essere causa / fonte / veicolo di malattia. Al contrario, nella preghiera prima della santa comunione sentiamo le parole: "O Signore Gesù Cristo, mio ​​Dio, non lasciare che la comunione ai tuoi Misteri immacolati e vivificanti sia per me condanna e non lasciare che mi del faccia male al corpo o all'anima...".

La logica del campo tradizionalista è semplice e chiara: Cristo stesso è nel calice, e quindi non ci si può ammalare per il contatto con lui. Al contrario, la Bibbia dice che il Signore ha guarito i lebbrosi che soffrivano di varie malattie e persino toccare i suoi vestiti dava salute. Altrimenti, se il corpo e il sangue di cristo possono trasmettere l'infezione, la santa comunione non è altro che una "finzione", un bel rito che è anche "anti-igienico" e in alcuni casi addirittura dannoso.

Viviamo già in una società laicista in cui le linee guida morali sono quasi perse e la fede in Dio è come un hobby della domenica. E se livelliamo ora l'efficacia dei sacramenti, la Chiesa non avrà altra funzione che quella psicoterapeutica. In altre parole, la Chiesa non sarà in grado di offrire a una persona un'unità reale, vera, non illusoria con Cristo. Le parole del protopresbitero Alexander Schmemann secondo cui "la Chiesa è il muro costruito attorno alla comunione" perderanno la loro rilevanza. Dopotutto, se non c'è comunione, allora non c'è nemmeno bisogno della Chiesa – sono sufficienti gli psicoanalisti.

Una delle posizioni più inconciliabili su questo tema è stata espressa dal Santo Sinodo della Chiesa ortodossa di Cipro, che considera blasfemo "pensare che il corpo e il sangue di Cristo possano trasmettere qualsiasi malattia o virus". Il Sinodo spiega: "Basandoci su secoli di esperienza nel cristianesimo, non vi è alcuna prova di tale trasmissione. I sacerdoti che hanno prestato servizio negli ospedali per le malattie infettive e hanno dato la comunione a questi pazienti alla fine hanno consumato il resto della santa comunione usando lo stesso cucchiaio. Nessun prete è stato infettato in questi casi".

Si sottolinea che "il sacramento della santa comunione si compie con fede, che protegge da ogni pericolo. La partecipazione è volontaria. Nessuno è costretto. Se qualcuno sente in questo momento di volersi astenere dal sacramento, è libero di farlo".

Il Santo Sinodo della Chiesa ortodossa russa, nella sua enciclica riguardante la situazione dell'epidemia di coronavirus, ha ricordato che "in tempi di epidemia, la Chiesa ortodossa russa ha sempre svolto il suo ministero di testimonianza, senza negare ad alcuno la cura spirituale e la piena partecipazione ai suoi misteri".

Il Santo Sinodo della Chiesa di Grecia chiarisce che "i fedeli continueranno a ricevere la santa comunione come al solito" perché essa "non potrebbe mai diventare una causa di trasmissione della malattia, perché ricevere la santa comunione, anche nel mezzo di una pandemia, è una manifestazione dell'amore che vince tutto, inclusa forse la sua giustificata paura". Tuttavia, il Santo Sinodo "non condanna coloro che hanno paura di partecipare alla santa comunione, ma afferma chiaramente la sua fede e invita 'i partecipanti al dibattito pubblico' a rispettare questa fede e la libera scelta delle persone di continuare a partecipare ai misteri della Chiesa".

Posizioni simili si trovano nelle Chiese ortodosse bulgara e georgiana, nonché nella Chiesa delle Terre ceche e della Slovacchia.

"Liberali". La comunione può essere contagiosa

I rappresentanti del campo opposto, chiamiamolo "liberale", sono convinti che sia vero il contrario: la coppa comune dalla quale tutti coloro che desiderano comunicarsi può causare la diffusione della malattia.

Pertanto, secondo il direttore del St. Thomas Aquinas Institute, il prete cattolico Peter Balog , "La comunione è il corpo e il sangue di Cristo sotto le specie di pane e vino, che hanno tutte le proprietà di questi prodotti senza eccezioni. Significa che possono guastarsi, diventare non commestibili, essere avvelenati o addirittura trasportare batteri o virus".

Egli basa la sua affermazione su un argomento teologico: "Alcuni sostengono che la comunione non può trasmettere malattie o virus – questo è, in senso classico, monofisismo, che è l'eresia dei primi secoli del cristianesimo secondo la quale alcuni non credevano nella realtà dell'Incarnazione di Cristo, o anche se credevano nell'Incarnazione, sostenevano che la natura umana di Cristo era assorbita dalla sua natura divina e che le diverse manifestazioni umane della personalità di Cristo erano solo un'illusione". In seguito, paragona la comunione a un panino: "La comunione con un virus può essere contagiosa così come un panino o un succo con un virus". Inoltre, Balog fornisce diversi esempi di come un papa fu avvelenato attraverso il calice e persino preti e monaci morirono durante la peste.

Simile a Peter Balog in questa materia è un archimandrita della Chiesa ortodossa russa, padre Kirill (Govorun), che è anch'egli sicuro che i virus possano essere trasmessi attraverso la comunione. Tuttavia, a differenza del suo simile, Govorun ritiene che coloro che negano il contagio del calice comune non siano monofisiti ma docetisti: ​​"Sì, il virus può essere trasmesso attraverso il calice. Pensare in modo diverso è un atteggiamento docetista nei confronti dei sacramenti. Chi si comunica dovrebbe capirlo chiaramente e prendere una decisione: comunicarsi o meno – basandosi su questa comprensione". (La comprensione che il virus viene trasmesso attraverso il calice, nda). L'archimandrita sottolinea che "ingannare le persone e se stessi facendo riferimento alla fede e promettendo che nulla accadrà è teologicamente sbagliato, oltre che irresponsabile e può persino essere criminale". Allo stesso tempo, egli stesso non rifiuta di ricevere i sacramenti: "Per esempio, sono ben consapevole di ciò, eppure ricevo dopo tutto i sacramenti".

Anche l' ex sacerdote della Chiesa ortodossa ucraina Georgij Kovalenko ha espresso un punto di vista simile. Secondo lui, "Dio non dovrebbe funzionare come depuratore d'acqua per il battesimo o come disinfettante durante una pandemia".

Non sorprende che la stessa posizione sia condivisa dall'arcidiacono Andrej Kuraev della Chiesa ortodossa russa, che cita come prova per il suo punto di vista le parole di san Nicodemo l'Agiorita. Così, interpretando il Canone 28 del sesto Concilio ecumenico, san Nicodemo scrive: "Durante la peste, sia i sacerdoti che i vescovi dovrebbero usare per la comunione dei malati un metodo simile che non contraddice questo canone. Dovrebbero mettere il santo pane non nell'uva ma in un vaso sacro, dalla quale i becchini e i malati possono prenderlo con un cucchiaio da comunione. Il vaso e il cucchiaio devono quindi essere immersi nell'aceto e l'aceto deve essere versato nel pozzo dell'altare. Oppure possono comunicarsi in qualsiasi altro modo più affidabile che non violi il canone".

Tuttavia, queste parole di san Nicodemo non fanno luce sul problema, perché, 1) non è chiaro di quale uva stiamo parlando; 2) non è chiaro il perché i sacerdoti mettano il pane santo (nell'originale è scritto "aghion arton") proprio in quest'uva; 3) perché il pane dovrebbe essere messo in un vaso separato dall'uva e non in un calice con il sangue di Cristo? Soprattutto dal momento che san Nicodemo offre tutto questo schema piuttosto complicato di azioni durante la pestilenza nell'interpretazione al Canone 28 del sesto Concilio, che proibisce direttamente di combinare l'uva con il sacrificio incruento: "Dato che abbiamo appreso che in varie chiese in cui viene offerta l'uva all'altare sacrificale, secondo una certa consuetudine che ha guadagnato prevalenza, combinandola con il sacrificio incruento dell'offerta (ovvero oblazione), i ministri distribuiscono così entrambi ai laici, abbiamo ritenuto opportuno decretare che nessuno negli ordini sacri lo faccia mai più; ma, al contrario, ai fini della vivificazione e della remissione dei peccati, essi impartiranno ai laici la sola oblazione..."

Ciò vuol diree che san Nicodemo si oppone a questa usanza solo durante la peste, e in altri giorni è permesso combinare il pane santo con l'uva? O forse, in questo caso, si tratta più dell'artos che del pane eucaristico? Comunque, la citazione data da padre Andrej ci lascia con più domande che risposte.

Cauti: tutto per fede.

Come possiamo vedere, gli argomenti dei cattolici e dei "liberali" non sono convincenti e piuttosto si situano sull'orlo della blasfemia. Allo stesso tempo, l'approccio tradizionale al mistero della santa comunione esclude perfino l'idea che essa possa essere una fonte di infezione. Al contrario, i tradizionalisti credono che l'uomo sia guarito per mezzo del corpo e del sangue di Cristo.

C'è anche un terzo punto di vista. I suoi sostenitori credono che tutto dipenda dalla propria fede. In altre parole, se uno ritiene di poter essere infetto, significa che dovrebbe astenersi dal prendere parte al calice comune oppure chiedere di ricevere la comunione con un cucchiaino portato da casa e utilizzato esclusivamente a questo scopo da una singola persona (questa è l'idea espressa dal Sinodo della Chiesa romena).

Il metropolita Anthimos di Alessandropoli del Patriarcato di Costantinopoli afferma che "La santa comunione richiede fede. Non esiste una santa comunione magica. A seconda della nostra fede, non fa male. Ma chi può misurare la fede? Se hai una grande fede, puoi camminare sulle onde da Alessandropoli a Samotracia. E in caso contrario? Dobbiamo accettare la santa comunione con fede, non come un atto di gloria. La santificazione va all'anima. E se Dio vuole metterci alla prova?"

Anche la Chiesa albanese è stata piuttosto cauta nei confronti del problema esistente, che sospende tutti i servizi quotidiani tranne la Divina Liturgia della domenica fino all'inizio di aprile, invitando i credenti a pregare a casa o da soli nelle chiese, che per questo motivo rimarranno aperte durante il giorno.

Quindi, chi ha ragione dopo tutto?

Ricevere la comunione oppure no?

Francamente, è molto difficile rispondere a questa domanda. Semplicemente perché l'uomo moderno è troppo debole per accettare con tutta la responsabilità ciò che gli viene detto. Sì, ci manca la fede, abbiamo un numero crescente di problemi spirituali. E così, per quanto riguarda la comunione, diamo a tutti il ​​diritto di decidere da soli. C'è l'insegnamento della Chiesa, ci sono punti di vista tradizionali e opposti: sta a voi scegliere. Per quanto riguarda la nostra posizione...

Vi sono molte prove che il sacramento della santa comunione non può essere una fonte di infezione. Molti sacerdoti svolgono il loro ministero in luoghi che, per dirla in parole povere, non sono molto ben serviti in termini di igiene o di standard medici. Per esempio, per 10 anni padre Aleksandr Klimenko ha dovuto dare la comunione ai prigionieri della colonia correttiva di Berezan, dove c'erano persone con HIV e forme aperte di tubercolosi e, dopo tutte le comunioni ha consumato i santi doni (cioè terminava la santa comunione rimasta nel calice). Non è stato infettato né dall'HIV né dalla tubercolosi.

L'arciprete Aleksandr Ovcharenko, portavoce dell'eparchia di Zaporozh'e, ha contato che durante gli anni del suo ministero ha consumato il calice circa 2600 volte.

Il sacerdote dice: "Come sapete, persone diverse con molte malattie vengono in chiesa. In media, due volte l'anno a Zaporozh'e ci sono epidemie di influenza e malattie respiratorie acute. Non mi sono mai ammalato dopo aver ricevuto l'eucaristia! Mi sono invece ammalato quando mi sono congelato o mi sono seduto nella corrente oppure ho acceso l'aria condizionata. La santa comunione è un fuoco spirituale che brucia non solo i peccati umani, credetemi!

Il diacono Irinej scrive di questo problema in modo semplice e convincente: "Durante ogni liturgia qualunque malato riceve la comunione. Dopo ogni liturgia, il cucchiaio della comunione viene messo nel calice. E il resto dei doni viene consumato (mangiato) dal diacono. Quanto alla possibilità di essere infettati attraverso la comunione, lo dirò semplicemente da diacono, noi (diaconi) semplicemente non esisteremmo più. Ci saremmo già estinti da tempo come i mammut".

Esiste un numero enorme di virus diversi nel nostro mondo, che vengono trasmessi sia attraverso la saliva che attraverso le goccioline trasportate dall'aria. E non stiamo parlando solo di tubercolosi, epatite, sifilide, solo per citarne alcuni. Detto questo, la Chiesa avrebbe dovuto usare molto tempo fa forme di comunione che avrebbero protetto le persone da varie malattie: tazze usa e getta, cucchiai usa e getta, tovaglioli personali (preferibilmente anch'essi usa e getta), disinfettanti per mani e icone – tutto ciò sarebbe presente in chiesa se l'infezione fossa trasmessa attraverso il calice.

Sì, nessuno ha mai osato sospettare prima che i santi misteri siano fonte di una possibile trasmissione di infezione, e anche i sospetti relativi alle icone potrebbero portare a gravi conseguenze. Il sacerdote ortodosso Il'ja Soloviev fornisce un esempio storico di come le persone trattassero il santuario durante una terribile pestilenza:

"Mi viene in mente la situazione dell'epidemia di peste a Mosca nel 1771. L'entità del disastro fu così grande che la città fu circondata da nuovi grandi cimiteri 'per appestati' che apparvero attorno al bastione Kamer-Kollezhskij: Pjatnitskoe, Danilovskoe, Kalitnikovskoe, Vagankovskoe, Dorogomilovskoje, Miusskoe, Rogozhskoe... La loro superficie totale era di oltre 76 decime. Si sa che per prevenire la congestione di massa delle persone, l'arcivescovo Amvrosij (Zertis-Kamenskij) aveva rimosso dal muro di Kitaj-Gorod un'icona attorno alla quale molte persone si radunavano per pregare. Tutto ciò suscitò indignazione tra la folla ignorante. Il vescovo fu perseguitato, dovette prima rifugiarsi al Cremlino e di notte fu calato giù in un cesto dalle mura del Cremlino e trasportato nel monastero Donskoj. Ma anche qui non riuscì a sfuggire alla folla infuriata. Quando venne a sapere della permanenza di Amvrosij al Donskoj, una folla di migliaia di persone cominciò a irrompere nel monastero. Dozzine di pugni picchiarono sulle porte del monastero. Dopo averle sfondate, le persone che avevano perso il loro aspetto umano si precipitarono verso la cattedrale. Trovando qui il vescovo che si era rifugiato nei cori, lo trascinarono fuori in strada, dietro la recinzione e... lo fecero a pezzi proprio all'ingresso del monastero. È terribile persino ricordare quest'evento".

 

E, naturalmente, niente del genere accadrà di nuovo oggi. Al contrario, voi e io saremo piuttosto testimoni del contrario: come la folla "istruita" farà a pezzi un prete che osa dare la comunione ai fedeli durante l'epidemia di coronavirus. La paura di questa malattia è così forte che persino la maggioranza dei greci ortodossi (71% della popolazione) ha accettato di non ricevere la comunione per non ammalarsi.

Già in qualche modo, possiamo dire che la fede dell'uomo moderno è in perdita nei confronti della tecnologia, del mondo e dei suoi "valori". La comunione non è più percepita come una cura per il corpo e, in tal caso, le sue proprietà medicinali per l'anima saranno presto messe in discussione. Cosa rimarrà all'uomo moderno? Cosa potrà offrirgli allora la Chiesa? Una tradizione? È improbabile che questo approccio possa convincere chiunque che la sua vita deve cambiare per l'amore di Dio. Dopotutto, se non c'è comunione, allora non c'è Chiesa.

Infine, le accuse di monofisismo e docetismo di coloro che negano una possibile infezione da parte del corpo e del sangue di Cristo sono completamente infondate. Semplicemente perché "come cristiani ortodossi, crediamo che la santa eucaristia sia il corpo e il sangue di Cristo risorto".

Secondo san Giovanni Damasceno, il corpo di Cristo risorto è diventato "immutabile, privo di passioni, sottile" capace di passare "attraverso porte chiuse, non stanco, non bisognoso di cibo, di sonno e di bevanda". Ma è ancora un corpo umano, "come descritto". Dopo tutto, eliminando la "corruzione", cioè "fame o sete o sonno o stanchezza o simili", il Signore risorto "non ha accantonato nessuna delle parti del suo essere, né il corpo né spirito, ma possiede sia il corpo che l'anima". E poi continua: "Dico questo non per distruggere la natura del corpo, ma desiderando mostrarne la vivificazione e la divinità".

Attraverso la santa comunione, diventiamo, secondo san Cirillo di Gerusalemme, consanguinei a Cristo eisorto, il che ci dà speranza nella risurrezione personale. Nel Vangelo, leggiamo le parole di Cristo: "Chiunque mangia la mia carne e beve il mio sangue ha la vita eterna, e io lo risusciterò all'ultimo giorno. Perché la mia carne è vero cibo e il mio sangue è vera bevanda. Chiunque mangia la mia carne e beve il mio sangue rimane in me e io in loro. Proprio come il Padre vivente mi ha mandato e io vivo per il Padre, così colui che si nutre di me vivrà per me" (Giovanni 6: 54-57).

Allo stesso tempo, le persone che non vogliono ricevere la comunione si mettono al di fuori della vita che Cristo dà loro: "In verità vi dico, se non mangiate la carne del Figlio dell'Uomo e non bevete il suo sangue, non avrete la vita in voi" (Giovanni 6:53).

Pertanto, il sacramento della santa comunione è semplicemente necessario per raggiungere l'unità con Cristo e la salvezza. Senza questa unità, la nostra vita perde il suo significato e si trasforma in una ricerca eterna delle "bellezze della vita", interrotta da periodi di paura e di orrore nel vedere ciò che sta accadendo intorno a noi. Il coronavirus in questo senso non è la cosa peggiore che ci possa succedere. La cosa peggiore è smettere di essere quelli che si sforzano si salire verso l'alto ma rimangono solo cibo per vermi.

Ebbene, sta a ciascuno di noi ricevere la comunione oppure no. E nessuno prenderà quella decisione per noi.

 
Apre a Mosca una nuova esposizione permanente dedicata alle dinastie Romanov e Rurik

Il padiglione 57 del Centro esposizioni pan-russo (VDNKh) a Mosca è oggi sede della mostra permanente Russia – La mia storia.

Una nuova mostra dedicata alle dinastie Romanov e Rurik sta dando agli amanti della storia russa un motivo in più per visitare Mosca. La tanto attesa mostra permanente, 'Russia – La mia storia', si è aperta oggi presso il Centro esposizioni pan-russo (VDNKh) di Mosca. All'inaugurazione hanno partecipato il patriarca Kirill di Mosca e di tutta la Rus', il sindaco di Mosca Sergej Sobjanin, il ministro della Cultura russo Vladimir Medina, e il governatore regionale di Mosca Andrej Vorob'ev.

La mostra occupa 22.000 metri quadrati ed è situata in 18 sale su 2 livelli nel padiglione 57, recentemente rinnovato. Il padiglione si trova sul viale principale del complesso del VDNKh vicino alla piazza industriale, e negli anni sovietici era utilizzato per fiere commerciali.

La mostra si basa sui materiali di due grandi mostre multimediali della serie 'La mia storia', entrambe esposte per la prima volta al Maneggio di Mosca. La mostra multimediale esplora la storia della dinastia dei Romanov (1613-1917), e dei Rurikidi (i discendenti di Rurik) e i 700 anni di storia della Rus' antica. La mostra è stata istituita sotto gli auspici del Consiglio patriarcale per la cultura e organizzata dall'Amministrazione presidenziale della Federazione Russa, e dal Ministero della cultura della Federazione Russa.

Decine di professionisti altamente qualificati hanno partecipato al progetto: storici, artisti, registi, designer, e specialisti di grafica informatica. L'edificio è dotato di tavoli sensibili al tocco e di monitor, di cinema, proiettori e tablet. Gli esperti hanno utilizzato sequenze animate, modellazione in 3D e ricostruzioni digitali nel processo di realizzazione del progetto.

L'edificio ristrutturato è stato dotato di un sistema di ventilazione potenziato e di aria condizionata, e adattato per le persone disabili. Il museo ha in programma eventi quali un buffet storico dove ai visitatori vengono offerti piatti delle epoche Romanov e Rurik, artisti locali, concerti e conferenze tenute da storici ben noti.

sua Santità il patriarca Kirill di Mosca e di tutta la Rus' alla cerimonia di apertura ufficiale che si è tenuta il 29 dicembre 2015

Il patriarca Kirill di Mosca e di tutta la Rus' ritiene che sia essenziale conoscere la storia della propria terra d'origine e comprendere i valori e gli ideali delle generazioni più anziane. Il patriarca Kirill ha detto nel suo discorso alla cerimonia di apertura della mostra 'La Russia è la mia storia' che la storia è stata la chiave per la costruzione di una idea nazionale.

Nel suo discorso di apertura, sua Santità ha detto che la storia ha dato origine alle idee nazionali. "L'idea nazionale è profondamente radicata nella storia di un paese, e porta a capire in cosa credevano gli eroi del passato, contro cosa stavano combattendo e perché hanno sacrificato la loro vita", ha aggiunto. Ha detto che gli obiettivi storici e i valori dei nostri antenati hanno formato l'idea nazionale e nessuna immagine colorita del presente potrebbe sostituire il significato profondo per cui la gente sarebbe stata felice di morire. "L'immortalità di una nazione sta nella continuità delle generazioni," ha detto il patriarca Kirill, chiedendo di "vivere, lavorare, amare e difendere ciò che vi è caro". Ha detto che spera che la nuova mostra aiuti i russi ad "abbracciare gli ideali delle generazioni più anziane, gli ideali che sono sopravvissuti fino a questo giorno".

Le mostre Russia ortodossa. La mia storia: i Romanov (2013) e Russia ortodossa. La mia storia: i Rurikidi (2014), sono state esposte in precedenza alla sala centrale delle esposizioni del Maneggio di, e hanno attratto centinaia di migliaia di visitatori. Russia ortodossa. La mia storia: i Romanov ha visto la partecipazione di oltre 300.000 visitatori a Mosca nel corso di un periodo di 20 giorni dal 4 al 24 dicembre 2013. È stata poi presentata in altre città russe, tra cui San Pietroburgo, Jalta, Tyumen' e Krasnodar.

La mostra della VDNKh dovrà incorporare in seguito la terza parte della serie 'La mia storia', intitolata 'La mia storia. Dal grande turbamento alla grande vittoria'. Come riportato dal servizio di informazione della Fondazione Russkij Mir, la terza mostra è stata aperta il giorno dell'unità nazionale, e comprende rari documenti riservati provenienti dai più ampi archivi della Russia, del periodo tra il 1914 e il 1945.

La nuova mostra avrà pure una quarta parte. Sarà dedicata al periodo post-bellico in Russia, dal 1946 al 2000.

 
Istruzioni ai rettori delle chiese parrocchiali e dele rappresentanze monastiche, agli abati e alle badesse dei monasteri della Chiesa ortodossa russa sulla minaccia di diffusione dell'infezione da coronavirus

Il documento è stato approvato per decisione del Santo Sinodo del 17 marzo 2020 (verbale № 30)

È per la cura pastorale dei fedeli, in risposta a una richiesta delle autorità sanitarie, e per preservare la ferma fiducia nell'opera della benefica provvidenza di Dio e nella divina onnipotenza, che sono stabilite le seguenti norme, tenendo conto della Tradizione canonica e liturgica della Chiesa ortodossa russa.

Fino a quando la situazione epidemiologica non sarà migliorata e saranno ricevute dall'amministrazione diocesana appropriate istruzioni in merito alla cancellazione totale o parziale delle presenti istruzioni, le parrocchie, le rappresentanze patriarcali, diocesane e monastiche, nonché i monasteri stavropegiali e diocesani della Chiesa ortodossa russa dovrebbero osservare le seguenti istruzioni.

Per quanto riguarda l'offerta dei santi misteri di Cristo

1. Notando che il sacrificio incruento non può in alcun modo essere annullato, poiché dove non c'è eucaristia non c'è vita ecclesiale, e che il santo corpo e sangue di Cristo sono offerti per la buona salute sia dell'anima che del corpo (si vedano, per esempio, le preghiere numero 7 e 9 di san Giovanni Crisostomo dall'ordine di preparazione per la santa comunione) e tenendo conto della pratica storica della Chiesa ortodossa adottata in situazione di epidemia [1], i santi misteri di Cristo dovrebbero essere offerti pulendo il cucchiaio dopo ogni comunione con un fazzoletto impregnato di alcol (con ricambio regolare dopo ogni impregnazione) e quindi immerso in acqua per essere successivamente utilizzato secondo la pratica del lavaggio dei fazzoletti.

2. Offrire la "zapivka" individualmente, separatamente a ciascun partecipante in un bicchiere usa e getta.

3. Nella distribuzione dell'antidoro, utilizzare guanti igienici monouso.

4. Nell'offrire la comunione ai laici, i fazzoletti dovrebbero essere usati solo per salvaguardare i santi misteri dalla possibile caduta e per asciugare il cucchiaio, ma per asciugare le labbra di ciascun partecipante separatamente dovrebbero essere usati fazzoletti di carta, che dovrebbero essere poi bruciati. I fazzoletti devono essere bolliti e lavati con dovuta riverenza dopo ogni uso liturgico.

5. I comunicanti dovrebbero astenersi dal baciare il calice.

Per quanto riguarda l'amministrazione dei sacramenti del battesimo e della cresima

6. È necessario osservare rigorosamente la pratica di cambiare e benedire l'acqua per ciascun battesimo separato. A questo proposito, il sacramento del battesimo deve essere somministrato solo individualmente con una disinfezione intermedia (pulizia) del fonte (battistero) con un liquido disinfettante (è allegato un elenco di liquidi raccomandati).

7. Per le unzioni e la cresima, utilizzare un bastoncino d'ovatta (invece di un pennello) e un fazzoletto (invece di una spugna) e poi bruciarli.

Per quanto riguarda l'amministrazione del sacramento dell'unzione degli infermi

8. Nell'amministrazione comune dell'unzione degli infermi nelle chiese, è necessario usare, e poi bruciarlo, un pennello usa e getta (come un bastoncino di ovatta) separatamente per ciascun parrocchiano.

Altre istruzioni per le celebrazioni, la pratica pastorale e la vita parrocchiale

9. Invece di offrire al bacio la croce dopo la Divina Liturgia e altre funzioni, si raccomanda di porre la croce sulla testa dei parrocchiani.

10. Tornando alla pratica statutaria, che è stata soggetta a un cambiamento negli anni passati, l'unzione alla Veglia notturna dovrebbe essere amministrata solo nei casi in cui si celebrano la Litia e la benedizione dell'olio. Nei casi in cui viene somministrata l'unzione, dovrebbe essere usato un pennello usa e getta (come un bastoncino di ovatta) separatamente per ciascun parrocchiano, che può essere lasciato al parrocchiano perché lo utilizzi in seguito. In altri casi, il Vangelo e l'icona festiva (o la croce) dovrebbero essere baciati dopo il polieleo con benedizione del celebrante e detergendo il Vangelo e l'icona (o la croce) dopo ogni bacio con l'uso di una soluzione disinfettante.

11. Si raccomanda al clero di astenersi dall'offrire la mano per un bacio.

12. Per distribuire prosfore e pane benedetto durante la Veglia notturna, utilizzare guanti igienici monouso.

13. Occorre prestare maggiore attenzione alla pulizia dei piatti e dei vasi liturgici ecclesiastici, che dovrebbero essere puliti dopo ogni utilizzo liturgico e lavati accuratamente con acqua bollente.

14. Il lavoro delle scuole domenicali e dei club parrocchiali dovrebbe essere sospeso fino a un'istruzione speciale.

15. I servizi speciali delle parrocchie, dei monasteri e delle loro dipendenze cittadine, se possibile, dovrebbero aiutare i parrocchiani anziani nei gruppi a rischio con consegna a domicilio di cibo e di beni essenziali.

Istruzioni generali

16. Rettori, abati e badesse dovrebbero prescrivere al personale di parrocchie, chiese cittadine e monasteri di osservare rigorosamente le misure igieniche generali inclusa la disinfezione delle mani durante il giorno almeno una volta ogni 2 ore.

17. Garantire la frequente ventilazione delle chiese e delle strutture parrocchiali e monastiche aperte al pubblico stabilendo un programma obbligatorio di ventilazione.

18. Usare una soluzione disinfettante per pulire regolarmente le maniglie delle porte e le superfici di uso comune dei mobili della chiesa (compresi i luoghi per scrivere petizioni di preghiera, le scatole delle candele, ecc.).

19. Usare una soluzione disinfettante per pulire regolarmente le icone tenute nelle chiese e baciate dai parrocchiani.

20. I chierici, gli operatori ecclesiastici e i membri dello staff di parrocchie, monasteri e dipendenze cittadine dovrebbero trattare il proprio stato di salute con responsabilità e attenzione. In caso di malattia, dovrebbero informarne immediatamente il rettore (o abate o badessa) e consultare un medico.

21. Rettori, abati e badesse, prima dell'inizio di una giornata lavorativa, dovrebbero organizzare la misurazione della temperatura dei loro chierici, operatori ecclesiastici e membri dello staff che interagiscono con un gran numero di parrocchiani (per esempio, con l'aiuto di termometri senza contatto).

22. È necessario spiegare ai parrocchiani che l'adempimento delle prescrizioni e delle restrizioni qui introdotte dovrebbe essere percepito come l'osservanza delle parole delle Sacre Scritture: "Non mettere alla prova il Signore tuo Dio" (Mt 4:7) e per spiegare ai parrocchiani che, in caso di infezione respiratoria virale o altre malattie infettive, dovrebbero astenersi dal venire in chiesa per amore del prossimo e preoccupazione per i loro vicini.

[1] In particolare: la comunione dei malati con malattie infettive dopo gli altri partecipanti (o anche a una funzione celebrata separatamente) viene amministrata pulendo il cucchiaio dopo ogni partecipante con un tessuto che va poi bruciato; per i malati si usano un calice e un cucchiaio separati, da lavare con aceto che sarà versato in un pozzo secco (si vedano S. V. Bulgakov, Nastolnaja Kniga, e Pedalion, con interpretazioni di san Nicodemo l'Agiorita sul Canone 28 del sesto Concilio ecumenico).

Allegato

Si raccomandano i seguenti prodotti chimici per i servizi igienico-sanitari:

Sostanze chimiche prodotte su base di ammidi terziarie, come Evoline-4d

Perossido di idrogeno al 3%

Alcol isopropilico al 70%, come l'antisettico Septolit

Alcol etilico al 75%

Sostanze chimiche clorurate per la pulizia delle superfici

Servizio stampa patriarcale

 
Un’esegesi delle storie bibliche di Noè e Lot

Nel nostro appuntamento delle letture bibliche del lunedì in parrocchia, abbiamo iniziato ad esaminare le figure più importanti del libro della Genesi. Oggi vogliamo condividere alcune delle considerazioni fatte in parrocchia con i lettori del sito.

Dopo avere letto le storie del ciclo di Noè e di Abramo, abbiamo sottolineato alcuni dei sorprendenti paralleli tra la storia di Noè dopo il diluvio e di Lot dopo la distruzione di Sodoma. Abbiamo evidenziato una lettura ipotetica dell’episodio della maledizione di Canaan, che potrà forse sorprendere chi è abituato alla consueta visione letterale della storia dei figli di Noè. Potete trovare il nostro tentativo di esegesi nella sezione “Omiletica” dei documenti (ci scusiamo per non avere sul sito una sezione dedicata apposta al tema dell'interpretazione delle sacre Scritture).

 
Interpretazioni allegoriche della Scrittura?

Perché gli ortodossi usano il metodo allegorico di interpretazione della Bibbia, quando non ci sono prove che questo sia stato utilizzato prima dell'anno 190 d.C.?

Il presupposto della domanda è falso, perché troviamo interpretazioni allegoriche della Bibbia nel Nuovo Testamento stesso, e questo aveva le sue radici nei metodi tradizionali dell'interpretazione ebraica.

Filone di Alessandria (vissuto circa dal 25 a.C. al 50 d.C.), utilizzò ampiamente interpretazioni allegoriche della Scrittura.

Le parabole di Cristo hanno una dimensione allegorica, anche se gli studiosi protestanti sono stati generalmente ostili a tale conclusione. Tuttavia, Cristo stesso ha fornito l'interpretazione di una delle sue parabole nel Vangelo - la parabola del seminatore (Marco 4:1-9) – e l'interpretazione da lui fornita era chiaramente un'interpretazione allegorica (Marco 4:10-20).

Le epistole di san Paolo contengono interpretazioni allegoriche dell'Antico Testamento, in particolare in Galati 4:21-31, in cui si afferma esplicitamente che la storia di Agar e Sara e dei loro rispettivi figli, Ismaele e Isacco, era "un'allegoria":

"Ditemi, voi che volete essere sotto la legge: non sentite forse cosa dice la legge? Sta scritto infatti che Abramo ebbe due figli, uno dalla schiava e uno dalla donna libera. Ma quello dalla schiava è nato secondo la carne; quello dalla donna libera, in virtù della promessa. Ora, tali cose sono dette per allegoria: le due donne infatti rappresentano le due Alleanze; una, quella del monte Sinai, che genera nella schiavitù, rappresentata da Agar – il Sinai è un monte dell'Arabia –; essa corrisponde alla Gerusalemme attuale, che di fatto è schiava insieme ai suoi figli. Invece la Gerusalemme di lassù è libera ed è la nostra madre. Sta scritto infatti: Rallègrati, sterile, che non partorisci, grida nell'allegria tu che non conosci i dolori del parto, perché molti sono i figli dell'abbandonata, più di quelli della donna che ha marito. Ora voi, fratelli, siete figli della promessa, alla maniera di Isacco. E come allora colui che era nato secondo la carne perseguitava quello nato secondo lo spirito, così accade anche ora. Però, che cosa dice la Scrittura? Manda via la schiava e suo figlio, perché il figlio della schiava non avrà eredità col figlio della donna libera. Così, fratelli, noi non siamo figli di una schiava, ma di una donna libera".

Un altro esempio si trova in 1 Corinzi 9:9-10:

"Sta scritto infatti nella legge di Mosè: Non metterai la museruola al bue che trebbia. Forse Dio si dà pensiero dei buoi? Oppure lo dice proprio per noi? Certamente fu scritto per noi. Poiché colui che ara deve arare nella speranza di avere la sua parte, come il trebbiatore trebbiare nella stessa speranza".

Si potrebbero citare molti altri esempi di interpretazioni tipologiche dell'Antico Testamento, che si ritrovano nel Nuovo.

I protestanti generalmente desiderano rifiutare il metodo allegorico, ma di fronte a un chiaro esempio degli apostoli che usano quello stesso metodo, la loro risposta è di solito: "Beh, gli apostoli sono stati ispirati a fare così, ma nessun altro lo è". Ma questo è chiaramente un giudizio arbitrario che non ha alcun fondamento nella Scrittura o nella Tradizione.

Il senso allegorico della Scrittura non nega il senso letterale – è un altro livello di significato nel testo. Tradizionalmente, ci sono quattro sensi della Scrittura:

1. Letterale: questo si riferisce al significato evidente del testo. In alcuni casi, il testo non è chiaramente destinato a essere preso alla lettera, ma anche i testi poetici hanno un significato evidente.

2. Tipologico / allegorico: un tipo è un timbro che imprime un'immagine. Un antitipo è ciò che è impresso a partire dal tipo. Troviamo la parola "tipo" esplicitamente utilizzata in Romani 5:12-14:

"Quindi, come a causa di un solo uomo il peccato è entrato nel mondo e con il peccato la morte, così anche la morte ha raggiunto tutti gli uomini, perché tutti hanno peccato. Fino alla legge infatti c'era peccato nel mondo e, anche se il peccato non può essere imputato quando manca la legge, la morte regnò da Adamo fino a Mosè anche su quelli che non avevano peccato con una trasgressione simile a quella di Adamo, il quale è figura [=tipo] di colui che doveva venire.

Troviamo pure la parola "antitipo" usata esplicitamente in 1 Pietro 3:18-22:

"Anche Cristo è morto una volta per sempre per i peccati, giusto per gli ingiusti, per ricondurvi a Dio; messo a morte nella carne, ma reso vivo nello spirito. E in spirito andò ad annunziare la salvezza anche agli spiriti che attendevano in prigione; essi avevano un tempo rifiutato di credere quando la magnanimità di Dio pazientava nei giorni di Noè, mentre si fabbricava l'arca, nella quale poche persone, otto in tutto, furono salvate per mezzo dell'acqua. Figura [=antitipo], questa, del battesimo, che ora salva voi; esso non è rimozione di sporcizia del corpo, ma invocazione di salvezza rivolta a Dio da parte di una buona coscienza, in virtù della risurrezione di Gesù Cristo, il quale è alla destra di Dio, dopo essere salito al cielo e aver ottenuto la sovranità sugli angeli, i principati e le potenze".

Una storia potrebbe essere composta come un'allegoria, come la parabola del seminatore (Il pellegrinaggio del cristiano ne può essere un esempio più esteso), ma anche una narrazione storica può essere interpretata allegoricamente, come fece san Paolo.

3. Morale: il senso morale è l'applicazione pratica della Scrittura a livello individuale o comunitario. Per vedere questa lettura della Scrittura in azione, si può leggere il Canone di sant'Andrea di Creta, che è pregato durante la Quaresima nella Chiesa ortodossa.

4. Anagogico / celeste / escatologico: "anagogico" deriva dal greco e significa "andare verso l'alto". Così questo senso guarda a come un passo ci indica il compimento di tutte le cose.

È interessante notare che anche l'interpretazione ebraica rabbinica della Scrittura vede a volte nella Scrittura un senso quadruplice, con molte somiglianze.

I protestanti hanno reagito negativamente al metodo allegorico perché è stato usato in modo molto eccessivo in occidente, soprattutto durante il periodo medievale. Tuttavia, se leggete i commenti dei grandi Padri della Chiesa, lo troverete usato in un modo molto più equilibrato.

Chiaramente, se gli apostoli potevano interpretare l'Antico Testamento in termini allegorici e tipologici, nessuno che dica di essere cristiano dovrebbe opporsi ai Padri della Chiesa che fanno altrettanto.

 
Mosca, Belgrado, Tbilisi, Bucarest: uno sguardo a quattro cattedrali ortodosse

Negli ultimi vent’anni, abbiamo visto inaugurare (per ricostruzione o per costruzione ex novo) tre grandi cattedrali nelle capitali di altrettante nazioni a maggioranza ortodossa, e una quarta è oggi in fase di costruzione, non senza le relative polemiche.

Diamo uno sguardo ai dati generali delle cattedrali di Cristo Salvatore a Mosca, di San Sava a Belgrado e della Santa Trinità a Tbilisi, e confrontiamoli con i progetti della cattedrale della Salvezza del Popolo oggi in fase di realizzazione a Bucarest.

Non analizziamo qui altre cattedrali ortodosse di valore nazionale, come la cattedrale di Sant'Aleksandr Nevskij a Sofia, solo perché non sono state oggetto di costruzione negli ultimi decenni.

 

Mosca – la cattedrale di Cristo Salvatore (Храм Христа Спасителя – Khram Khrista Spasitelja)

Articolo di Wikipedia

Sito della cattedrale

Tour virtuale

Ricordiamo, sul nostro sito, l'articolo con la lettura per la famiglia che spiega la storia della cattedrale.

La ricostruzione della cattedrale di Cristo Salvatore a Mosca è stato il simbolo più evidente della rinascita della Chiesa russa dopo le persecuzioni del periodo comunista.

Nata come chiesa memoriale per celebrare la vittoria russa sull'invasione napoleonica, fu completata e consacrata nel 1883. Il progetto (in stile neobizantino) non corrisponde a quello originale, e anche il luogo originale della chiesa fu abbandonato a favore di quello attuale, sulle rive della Moscova, a poca distanza dal Cremlino.

Dopo meno di un quarantennio di attività, la chiesa fu demolita per far spazio a un monumento al potere sovietico, che non si riuscì mai a realizzare.

Il desiderio dei cittadini di Mosca e di tutti i russi di riedificare la cattedrale (proprio negli anni '90, disastrosi per l’economia russa) testimonia i fermenti della ripresa della Chiesa ortodossa nello spazio post-sovietico.

È stato fortemente criticato il desiderio di ridare alla chiesa esattamente l'aspetto precedente, ottocentesco e piuttosto manieristico, proprio in un periodo in cui era invece vivo il recupero degli stili più tradizionali dell’iconografia ortodossa in Russia e in tutto il mondo. Questo desiderio di uno stile più tradizionale ha trovato il suo spazio nella chiesa sotterranea, dedicata alla Trasfigurazione. Per la chiesa superiore, tuttavia, il desiderio di restaurare ciò che fu distrutto dal regime comunista ha prevalso, come sfida alla capacità del popolo russo di riappropriarsi della propria storia rubata. Perfino alcune deviazioni dal progetto originario hanno causato polemiche contrarie. Per esempio, gli originali altorilievi esterni in marmo (che furono l'unica parte superstite della chiesa precedente, conservati al monastero Donskoj) sono stati sostituiti da analoghi altorilievi in bronzo di Zurab Tsereteli, criticati come dipartita dallo stile russo.

La cattedrale funziona oggi come centro nevralgico delle attività della Chiesa russa, grazie alla presenza nell’area sotterranea di una grande sala conciliare e di altri spazi per riunioni: vi si sono tenuti alcuni momenti di grande importanza, come il Concilio giubilare del 2000, con la canonizzazione della famiglia imperiale e di un gran numero di nuovi martiri, e la riunificazione con la Chiesa russa all'Estero nel 2007. Lo spazio della chiesa superiore è purtroppo severamente limitato, ma le strutture aggiuntive garantiscono una capacità di circa 10.000 fedeli; inoltre, l'area di terrazzi e giardini attorno alla chiesa permette l'afflusso di grandi numeri di persone.

 

Belgrado – la cattedrale di san Sava (Храм светог Саве - Hram svetog Save)

Articolo di Wikipedia

Sito della cattedrale

La cattedrale di san Sava sorge su un luogo altamente simbolico per il popolo serbo: la collina di Vračar a Belgrado, dove nel 1594, in segno di spregio, i turchi bruciarono le reliquie del fondatore della Chiesa serba. La dedicazione della chiesa a san Sava era pertanto naturale e in un certo senso obbligatoria. I progetti per l'edificazione della chiesa sono iniziati alla fine del XIX secolo, poco dopo il termine del dominio turco, e dopo diverse battute d’arresto (che hanno comportato anche cambi di progetti e miglioramenti di tecnologie) proseguono ancora oggi. Costruita in stile neobizantino molto reminiscente della chiesa di Santa Sofia a Costantinopoli, è oggi la chiesa ortodossa più grande nel mondo. La chiesa è stata consacrata nell'anno 2000, ma molte parti della ricca decorazione interna devono ancora essere completate. La costruzione della chiesa è finanziata esclusivamente attraverso donazioni: il recente impoverimento del popolo serbo ha causato ritardi nei lavori, che comunque procedono discretamente e con costanza.

Si noti che (così come Cristo Salvatore a Mosca), la chiesa non è chiamata cattedrale in quanto sede patriarcale (la vera cattedrale patriarcale di Belgrado è la chiesa di san Michele), ma piuttosto per le sue dimensioni e importanza; vero è, comunque, che è prevista l'edificazione di un futuro palazzo patriarcale proprio accanto alla chiesa, cosa che ne assicurerà comunque il ruolo di cattedrale effettiva. Per il momento la chiesa è affiancata solo da una casa parrocchiale di dimensioni modeste.

La chiesa ha una capacità di 10.000 fedeli (oltre a 800 coristi nella balconata del coro), e ampi spazi nel parco circostante.

 

Tbilisi – la cattedrale della Santa Trinità (თბილისის წმინდა სამების საკათედრო ტაძარი – Thbilisis Tsminda Samebis sakathedro tadzari)

Articolo di Wikipedia

La cattedrale della Trinità (o Sameba – სამება– dal temine georgiano per Trinità), è stata costruita sulla collina di sant'Elia a Tbilisi tra il 1995 e il 2004, su un progetto avviato nel 1989, per l'occasione della duplice ricorrenza dei 2000 anni dalla nascita di Cristo e dei 1500 anni dall'autocefalia della Chiesa georgiana.

La sponsorizzazione per la chiesa è venuta in gran parte da donazioni di privati e di enti, ma anche con un interesse governativo come simbolo della rinascita dello spirito georgiano, che si può vedere nella somma degli elementi architettonici.

Una volta terminata, la chiesa è divenuta sede patriarcale, con lo spostamento della cattedra del patriarca-catholicos di Georgia dalla precendente cattedrale di Sion a Tbilisi.

La chiesa si articola su cappelle multiple, ed è dotata di locali sotterranei: chiaramente, i suoi progettisti hanno potuto fare tesoro dell'esperienza della struttura di Cristo Salvatore a Mosca.

Nella costruzione non sono mancate le polemiche, dovute alla presenza sul luogo dell'antico cimitero chiamato Khojavank, o "Pantheon degli armeni". Le accuse di scandalosa mancanza di rispetto verso i resti umani esumati negli scavi hanno creato tensioni nei rapporti già difficili tra georgiani e armeni, e a farne le spese è stata la non indifferente minoranza armena residente a Tbilisi.

La cattedrale è stata studiata per garantire uno dei massimi volumi di accoglienza di fedeli, e riuscendo a contenere circa 15.000 fedeli (oltre agli enormi spazi esterni), è per ora in testa alla classifica delle chiese ortodosse per capacità.

 

Bucarest – la cattedrale della Salvezza del popolo (Catedrala Mântuirii Neamului)

Articolo di Wikipedia

Sito della cattedrale

foto dei lavori al 18 ottobre 2014 (è completato circa il 15% della costruzione)

La Chiesa ortodossa romena si distingue tra le chiese qui analizzate per una precedente cattedrale patriarcale di importanza storica ma di dimensioni molto minuscole (appena 500 persone all'interno, e non molte di più nel cortile esterno), a fronte del grande afflusso di fedeli che caratterizza la seconda chiesa ortodossa nel mondo per ordine di grandezza. Era quindi normale che la Chiesa romena volesse realizzare una cattedrale patriarcale più spaziosa, in questi tempi di costruzione e ricostruzione di cattedrali fortemente significative per i rispettivi popoli. Si è proceduto a dare corpo all'idea espressa dal patriarca Miron (primo patriarca della Chiesa ortodossa romena) nel 1920, di chiamare la nuova chiesa "Cattedrale della Salvezza del popolo". La dedicazione, a differenza di quelle viste finora, non è tradizionale ed è teologicamente piuttosto discutibile (ci si può e ci si deve chiedere se il Figlio di Dio si sia incarnato per la salvezza di un qualsivoglia gruppo umano), ma ha di sicuro una certa presa popolare.

La progettazione parte da un appello del patriarca Teoctist nel 1995, che nell'occasione del 70° anniversario del Patriarcato, ha proposto una cattedrale sulla scala di Cristo Salvatore a Mosca, con una capacità di 10.000 persone. Dopo alcune polemiche sulla scelta del luogo e il dono alla Chiesa di un'area di 11 ettari sulla Collina dell'arsenale presso al palazzo del Parlamento, la prima pietra è stata benedetta dal patriarca Daniel il 29 novembre 2007, e i lavori di costruzione sono iniziati il 15 dicembre 2010, con il completamento previsto attorno al 2015.

Ecco il video di come dovrebbe apparire la nuova cattedrale.

La chiesa, ispirata a modelli di architettura ecclesiastica romena, dovrebbe diventare la più alta cattedrale ortodossa del mondo, superando l'altezza della cattedrale di Cristo Salvatore a Mosca. La capacità della chiesa resta modesta, tra le 5.000 e le 6.000 persone, ma l’intero complesso, incluse le aree esterne, è studiato per contenerne circa 125.000.

Il progetto e la realizzazione della cattedrale sono stati criticati a più riprese e in ogni campo, e in questo si vede una netta differenza con le altre cattedrali, dove le polemiche hanno avuto una portata molto limitata e settoriale. In parte le accuse riguardano l'aspetto del complesso, tacciato di megalomania, alla maniera dei grandi palazzi costruiti sotto Ceauşescu. Altre accuse vengono dal forte contributo dello stato romeno, che ha generato proteste di favoritismo confessionale, soprattutto in un periodo in cui per crisi economica lo stato deve chiudere scuole e ospedali. Non ci dilunghiamo qui nelle polemiche pro o contro, dove è difficile trovare valutazioni obiettive. Non vogliamo neppure prendere una posizione apologetica, dal momento che il patriarcato di Romania ha la sua posizione ufficiale in materia.

A prescindere dai motivi di polemica, ci preme sottolineare che, a differenza delle cattedrali a Mosca, Belgrado e Tbilisi, la cattedrale di Bucarest è vista nella prospettiva di un simbolo della capitale di uno dei paesi dell'Unione Europea. Se il progetto stesso della costruzione di una dignitosa cattedrale ortodossa ha già aperto la porta a tutte le polemiche "in stile europeo" che conosciamo così bene in Occidente, ci viene da pensare a quale futuro può avere una "euro-Ortodossia" che presuma di convertire l'Occidente sviato, e alla prima occasione si lascia già sviare dalle peggiori usanze europee.

 
Nuovi dettagli su come fu canonizzato sant'Innocenzo di Mosca

Il 23 settembre / 6 ottobre, la Chiesa ortodossa commemora la glorificazione di sant'Innocenzo (Veniaminov), metropolita di Mosca e Kolomna, noto come l'Apostolo dell'America e della Siberia. Egli portò il Vangelo nelle isole Aleutine e in Kamchatka, predicando la parola di Dio tra i popoli koryak, chukchi e tungusi, nella regione della Jakuzia, nel Nord America e nelle regioni di Amur e Ussuri.

Trascorrendo la maggior parte della sua vita in viaggio, sant'Innocenzo tradusse il Catechismo e il Vangelo nella lingua aleutina e nel 1833 scrisse una delle migliori opere missionarie ortodosse in questa lingua: L'indicazione della via per il regno dei cieli. Nel 1859, gli jakuti ascoltarono per la prima volta la Parola di Dio e la Liturgia nella loro lingua madre. Sant'Innocenzo terminò il suo ministero sulla cattedra di Mosca. Fu canonizzato nel 1977, quando la Chiesa ortodossa russa era sotto il giogo della "tutela" statale, e le canonizzazioni erano estremamente rare. La redazione del sito della diocesi di Volgograd è in possesso di un documento unico che rivela alcuni dettagli di come è stata preparata la canonizzazione e di come tutto è iniziato.

Si tratta una lettera a sua Santità il patriarca Aleksej (Simanskij) di Mosca e di tutta la Rus' inviata dal metropolita John (Wendland) di New York e delle Isole Aleutine, che all'epoca guidava l'esarcato americano del Patriarcato di Mosca.

Santità, amato padre e arcipastore!

Fino a oggi, non ci sono santi locali canonizzati nel vasto esarcato americano della nostra Chiesa, i cui nomi possono essere ricordati davanti a Dio come patroni e intercessori speciali per la Chiesa americana. [1]

Nel frattempo, ci sono asceti di pietà che hanno lavorato sulla terra americana e hanno mostrato segni di vera santità nelle loro vite (e dopo la morte).

Mi sembrerebbe molto appropriato che la Chiesa ortodossa russa, in quanto Chiesa madre che ha portato la luce dell'Ortodossia nel continente americano, sia la prima a pronunciare la sua parola in questa sacra opera e nominare quegli asceti che potremmo chiamare riverentemente santi, invocandoli nelle nostre preghiere.

Da parte mia, mi azzarderei ad offrire alla benevola attenzione di vostra Santità i nomi degli asceti, che, come mi sembra, sono degni di essere canonizzati come santi. Ho esposto i loro nomi e una breve biografia in ordine storico.

Questi sono il monaco Herman, missionario un America, e il metropolita Innocenzo (Veniaminov) di Mosca, che ha trascorso una parte significativa della sua vita nella più grande opera missionaria in America.

La tomba del metropolita Innocenzo di Mosca si trova nella Lavra della Trinità e di san Sergio, e in caso di sua canonizzazione, non avremo difficoltà a glorificare le sue sante reliquie.

Mi permetta di ricordare brevemente la vita di questo santo ierarca, utilizzando l'articolo di V. Alekseev pubblicato sul Journal of the Moscow Patriarchate, # 7, 1949, "His Eminence Innocent, Metropolitan of Moscow".

Il metropolita Innocenzo (al mondo Ioann Popov, poi Veniaminov dall'età di nove anni) nacque il 26 agosto 1797 nel villaggio di Anginskoe, nel governatorato di Irkutsk, nella famiglia di un sacrestano. Perse il padre all'età di sei anni e fu allevato in povertà e lavoro.

Nel 1818 si laureò al Seminario Teologico di Irkutsk. Si sposò e fu ordinato diacono nel 1817 e nel 1821 fu ordinato sacerdote.

Padre Ioann Veniaminov iniziò le sue fatiche missionarie nel 1823.

Quando il Santo Sinodo ordinò al vescovo di Irkutsk (allora il vescovo Mikhail) di assegnare un sacerdote al lavoro missionario per le isole Aleutine, uno per uno i sacerdoti rifiutarono tale incarico.

Ma padre Ioann Veniaminov fece egli stesso appello al vescovo Mikhail e chiese di esservu inviato insieme alla moglie e ai figli.

Padre Ioann trascorse quindici anni di ininterrotte fatiche sulle Isole Aleutine, dove sua moglie e i suoi figli condivisero con lui una dura vita nelle condizioni primitive di una capanna, e poi di una casa costruita con le sue stesse mani sul freddo e umido mare dell'isola tra persone amichevoli ma aliene e selvagge. Questi quindici anni sono un esempio eminente di podvig di abnegazione e di prodigi.

Padre Ioann non solo predicava e serviva, ma insegnava anche agli aleutini falegnameria e carpenteria, lavorando insieme a loro. Non si limitò a imparare il discorso colloquiale aleutino, ma studiò a fondo la lingua aleutina e ne compilò la grammatica con un'appendice sui canti aleutini. Così, portò questa lingua fino ad allora sconosciuta nel regno degl studi.

Padre Ioann scrisse un catechismo e tradusse il Vangelo di Matteo nella lingua aleutina.

Inoltre, padre Ioann fece una serie di preziose osservazioni sulla natura delle Isole Aleutine, che ricevettero un'applicazione pratica. Così svolse un lavoro utile non solo per la Chiesa, ma anche per la nostra Patria.

È impossibile immaginare le difficoltà e i pericoli che Padre Ioann dovette sopportare mentre viaggiava per le isole in una fragile barca indigena nel tempo freddo e cattivo. È ancora più difficile immaginare come Padre Ioann uscì vittorioso dalla lotta contro i vizi della popolazione locale, che erano diventati tradizioni, vale a dire, la proprietà degli schiavi, l'assassinio degli schiavi alla sepoltura dei nobili, lotte intestine, liti e risse, nonché la poligamia e la convivenza extraconiugale. Ma vinse questi vizi man mano che il gregge delle pecore di Cristo aumentava, trionfando con l'esempio della sua vita personale, delle sue fatiche, della predicazione e delle conversazioni. I suoi discorsi e la sua predicazione si distinguevano per semplicità e accessibilità, e trasmettevano un amore così caldo da stabilire una reale relazione filiale tra il gregge e il suo pastore.

Il libretto di padre Ioann Veniaminov, L'indicazione della via per il regno dei cieli, ripetutamente ristampato in America e ora ristampato di nuovo (con il nome di Talks of Innocent, Metropolitan of Moscow) è un meraviglioso esempio di predicazione missionaria concisa, premurosa, sincera e convinta.

Parlando del lato umano delle fatiche missionarie di padre Ioann, potremmo dire che esse stesse rappresentano un miracolo di attività disinteressata.

Ma anche noti miracoli in senso letterale accompagnarono quest'opera. Gli angeli apparvero a un vecchio, Ivan Smirennikov, preannunciando l'arrivo di padre Ioann sull'isola di Aunu'u. Smirennikov ne informò i residenti dell'isola, e il giorno specificato essi incontrarono padre Ioann con grande ospitalità e gioia.

Dopo quindici anni di lavoro nelle isole Aleutine e sulla costa dell'Alaska, nel 1838 padre Ioann arrivò a San Pietroburgo, lasciando la sua famiglia a Irkutsk.

Piacque a Dio chiamare a sé la matushka di padre Ioann proprio in quel momento.

Dopo la morte di sua moglie, le sue figlie iniziarono gli studi universitari e suo figlio entrò nell'Accademia teologica di San Pietroburgo; padre Ioann divenne quindi un monaco con il nome di Innocenzo.

Il 15 dicembre 1940, l'archimandrita Innocenzo fu consacrato vescovo della Kamchatka e delle Isole Curili e Aleutine, e il 27 settembre 1841 arrivò di nuovo in America, a Novoarkhangelsk.

Continuò la sua attività missionaria, ora accompagnata da miracoli di guarigione dopo i battesimi.

Una donna anziana sull'orlo della morte fu portata al battesimo su una barella e tornò a casa sulle proprie gambe.

Un giovane che aveva sofferto di attacchi di follia sin dalla sua giovinezza fu completamente guarito dopo essere stato battezzato.

L'arcivescovo Innocenzo trascorse gli anni successivi (presumibilmente dopo il 1850) nell'asia continentale, dove stabilì una diocesi a Jakutsk, e poi a Blagoveschensk.

E lì continuarono le sue instancabili fatiche missionarie. Come una volta fece il santo apostolo Paolo, l'arcivescovo Innocenzo dovette sopportare le difficoltà dei viaggi. Una volta il suo carro si ribaltò ed egli si ferì gravemente il fianco su una roccia; un'altra volta, lui e il carro caddero in una macchia di artemisia e fu inzuppato d'acqua fredda.

Sentendosi malato e debole di vista, l'arcivescovo Innocenzo stava già pensando di ritirarsi.

Ma la provvidenza di Dio giudicò diversamente. Nel 1867, il metropolita Filarete di Mosca si addormentò nel Signore e l'arcivescovo Innocenzo fu nominato suo successore. Il metropolita Innocenzo rimase sulla cattedra di Mosca dal 1868 fino al giorno stesso del suo riposo, il sabato santo, 31 marzo 1879, proclamando la parola di verità e contribuendo con zelo all'opera missionaria della Chiesa ortodossa russa.

Supplico vivamente vostra Santità e il Santo Sinodo della Chiesa ortodossa russa di canonizzare tra i santi il metropolita Innocenzo di Mosca, ​​missionario in America. In questo modo, spero che l'influenza di grazia della madre Chiesa sul nostro esarcato americano sarà rafforzata e l'esarcato accoglierà i suoi patroni celesti.

L'umile servitore ed esarca di vostra Santità,

John, metropolita di New York e delle Isole Aleutine

3 settembre 1964

Nota

[1] Il metropolita John scrisse questa lettera nel 1964, sei anni prima che sant'Herman dell'Alaska fosse canonizzato sia dalla Chiesa ortodossa russa fuori dalla Russia che dalla Chiesa ortodossa in America.

 
La Crimea: il Texas della Russia

manifestanti pro-Russia reggono uno striscione: "La Russia non ci dimentica! La Crimea è stata e sarà russa!" al di fuori del parlamento locale a Simferopol, in Crimea

La situazione in corso in Crimea ha un'analoga controparte storica: il Texas. Un confronto della Crimea con il Texas dimostrerà le relative somiglianze tra i due, sostenendo che se si accetta lo stato attuale del Texas, nonostante la storia della sua origine controversa, allora si è più che obbligati a riconoscere il futuro status della Crimea, dal momento che lì la progressione degli eventi non ha più legittimazione di quella avvenuta in Texas oltre 150 anni fa.

Il Texas era originariamente parte del Messico, dal 1821 al 1836. Prima dell'indipendenza, i pionieri americani colonizzarono rapidamente la regione e misero presto in inferiorità numerica gli abitanti nativi. Alla fine fecero tumulti per l'indipendenza dal Messico e per unirsi agli USA. Compiendo un'analisi strutturale, si possono vedere forti parallelismi tra il diluvio demografico degli americani in Texas e quello albanese in Serbia più di un secolo dopo (anche se il secondo ha richiesto un po' più tempo per essere realizzato). In entrambi i casi, i cittadini non nativi hanno sopraffatto gli abitanti locali perseguendo motivazioni separatiste contro il governo centrale. Principalmente sulla base dell'auto-identificazione, gli americani nel Texas messicano e gli albanesi nel Kosovo serbo non si sentivano parte degli stati in cui si erano trasferiti, e quindi diedero inizio a provocazioni contro quei rispettivi governi. Attraverso una spirale discendente di eventi, questo ha portato allo scoppio di una guerra in cui entrambe le entità sarebbero poi diventate indipendenti. L'indipendenza texana era auto-guadagnata, mentre il Kosovo ha avuto bisogno della dipendenza da 19 membri della NATO di allora per tagliare i legami con la Serbia. Il Texas sarebbe poi stato assorbito negli Stati Uniti secondo il quadro giuridico nazionale americano per le annessioni (cosa che tra l'altro ha innescato la guerra geograficamente più estesa nella storia del Nord America nel 1846), mentre il Kosovo è stato la prima guerra della NATO dietro le quinte, e rimane "indipendente" solo di nome dall'Albania e dai suoi patroni dell'Unione Europea e della NATO.

La situazione è in un certo modo simile in Crimea, ma nello stesso tempo, del tutto diversa. Certo, ci sono più russi che vivono sul luogo rispetto a ucraini e tartari, così come vi erano più americani in Texas e albanesi nel Kosovo, ma questo non è il risultato di un diluvio demografico. I russi hanno vissuto in Crimea per secoli, da quando Caterina la Grande ha liberato la regione dalla sovranità turca nel 1774 (due anni prima della Dichiarazione di indipendenza americana). La Crimea ha costituito parte integrante dello stato russo in una forma o nell'altra fino al 1954, quando fu unilateralmente consegnata alla Repubblica Socialista Sovietica dell'Ucraina da Nikita Krushchev, il leader etnico ucraino dell'Unione Sovietica. Al momento, il movimento dalla RSFS russa alla RSS ucraina era semplicemente amministrativo, in quanto entrambe le entità facevano parte dell'Unione Sovietica. Come tali, i russi locali non si sentivano separati dallo Stato, ma piuttosto mantenevano la loro affinità con il centro del governo.

Nel 1991, la maggioranza russa in Crimea si è trovata in un paese straniero con il crollo inaspettato dell'Unione Sovietica e l'indipendenza dell'Ucraina. Tuttavia, non hanno fatto agitazioni per l'indipendenza o per l'unione con la Russia perché i loro diritti erano mantenuti all'interno dello Stato e avevano una memoria storica condivisa che risale a oltre 300 anni fa. Possono non essersi sentiti "ucraini", ma non si sentivano abbastanza forti in questa disconnessione di auto-identificazione per separarsi dal paese. La questione della secessione per motivi di diritti umanitari non è sorta fino al colpo di stato rivoluzionario fascista a Kiev e le sue successive discriminazioni, violenze e minacce contro i russi etnici da parte di autocrati golpisti non eletti. Diversamente dallo scenario del Kosovo, la comunità russa non aveva provocato nei propri confronti alcuna violenza per presentarsi con una narrazione strutturata come "vittime". Gli attivisti del colpo di stato ucraino hanno avviato la violenza sul loro spontanea volontà a causa della loro ideologia fascista.

Gli americani del Texas e gli albanesi del Kosovo hanno combattuto guerre sanguinose per diventare indipendenti, ma questo deve ancora accadere in Crimea. È in atto una guerra a bassa intensità su piccola scala di autodeterminazione, anche se è in gran parte pacifica. Le unità militari ucraine in Crimea hanno trasferito la loro fedeltà dal governo fascista non eletto di Kiev a quello democratico di Simferopol e l'apparato di sicurezza della regione ha proclamato la sua fedeltà al popolo, non ai golpisti. Ciò che ha richiesto sangue, ferro, e (in Kosovo) bombe per essere realizzato per le comunità americana e albanese è stato compiuto in gran parte con mezzi pacifici da quella russa. I residenti della Crimea stanno anche programmando per il 30 marzo un referendum per il futuro del loro status autonomo, una cosa che non si è verificata negli scenari texano o kosovaro. In parallelo con il Texas, la Crimea potrebbe anche essere giuridicamente assorbita nello stato con cui detiene l'affinità culturale attraverso la proposta di legge nazionale russa sull'aggiunta di nuovi territori.

Gli eventi in Crimea hanno quindi sfumature di eventi a loro analoghi nel Texas, anche se con una maggiore legittimità quando si confrontano i due. Gli americani hanno invaso il Texas per un periodo di 15 anni, sopraffatto la gente del posto, e poi provocato e combattuto una guerra d'indipendenza. Essi non partecipare a un referendum democratico per determinare il loro status rispetto al Messico, ma dopo il fatto della propria indipendenza e annessione da parte dagli Stati Uniti, lo status del Texas è incontestabile ed è riconosciuto da tutti gli stati. La tragedia del Kosovo è assolutamente illegittima in ogni modo, e molti stati giustamente non riconoscono la legittimità della sua "indipendenza". Se il Texas (con le sue dubbie basi legittime per la sua antica indipendenza) può ora essere riconosciuto come un faro di identità americana e una parte importante del paese, allo stesso modo la Crimea, attraverso le sue legittime azioni durante la crisi attuale, merita sicuramente lo stesso livello di riconoscimento. Proprio come il Texas è ormai parte integrante degli Stati Uniti e della "storia americana", così anche la Crimea è in grado di diventare parte integrante della Russia e della "storia russa" negli anni a venire.

 
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Una comparazione tra il misticismo di Francesco d'Assisi e quello di San Serafino di Sarov

Durante la mia preghiera due grandi luci sono apparse di fronte a me (deux grandes lumieres m'ont ete montrees) - una nella quale ho riconosciuto il Creatore, e un'altra in cui ho riconosciuto me stesso.

- Parole di Francesco riguardo alla propria preghiera

Egli (Padre Sergio) pensò a quanto era simile a una lampada ardente, e quanto più si sentiva tale, tanto più sentiva un indebolimento, un affievolimento della luce divina di verità che bruciava dentro di lui.

- L. N. Tolstoj, "Padre Sergio."

Quanti sono davvero retti si considerano sempre indegni di Dio.

- Detto di Sant'Isacco il Siro

Studiando i dati biografici di Francesco d'Assisi, un fatto di primario interesse per quanto riguarda il misticismo di questo asceta cattolico romano è l'apparizione di stigmate sulla sua persona. I cattolici romani ritengono questa impressionante manifestazione come il sigillo del Santo Spirito. Nel caso di Francesco, tali stigmate presero la forma dei segni della passione di Cristo sul suo corpo.

La stigmatizzazione di Francesco non è un fenomeno eccezionale tra gli asceti del mondo cattolico romano. La stigmatizzazione sembra caratteristica del misticismo cattolico romano in generale, sia prima dei tempi di Francesco, sia in seguito. Pier Damiani, per esempio, parla di un monaco che portava sul suo corpo la rappresentazione della Croce. Cesario di Geisterbach menziona un novizio che aveva una Croce impressa sulla fronte. [1] Inoltre, esiste una gran mole di dati che testimoniano il fatto che dopo la morte di Francesco avvenne una serie di stigmatizzazioni, che in seguito è stata studiata a fondo da diversi ricercatori, particolarmente in tempi recenti. Tali fenomeni, come dice V. Guerier, mettono in luce la loro fonte primaria. Molti di loro sono stati soggetti ad accurata osservazione e narrati in dettaglio, per esempio il caso di Veronica Giuliani (1660-1727) che era sotto osservazione medica; Luisa Lato (1850-1883) descritta dal Dottor Varleman, [2] e Madeleine N. (1910) descritta da Janat. [3] Nel caso di Francesco d'Assisi, si dovrebbe notare come la Chiesa cattolica romana reagì alla sua stigmatizzazione con la massima riverenza, e accettò il fenomeno come un grande miracolo. Due anni dopo la sua morte, il Papa canonizzò Francesco come santo. Il motivo principale per la sua canonizzazione era il fatto delle stigmate miracolose sulla sua persona, che furono accettate come indicatori di santità. Questo fatto è di singolare interesse per i cristiani ortodossi, poiché niente di simile si incontra nelle vite dei santi della Chiesa ortodossa - tra i quali un esponente di spicco è il santo russo, Serafino di Sarov.

Si dovrebbe anche menzionare che i resoconti storici della stigmatizzazione di Francesco non danno oggi adito ad alcun dubbio nel mondo accademico. A tale proposito, ci riferiamo a Sabbatier, che studiò in dettaglio la vita di Francesco, e specialmente la sua stigmatizzazione. Sabbatier giunse alla conclusione che le stigmate erano decisamente reali. Sabbatier cercò di trovare una spiegazione della stigmatizzazione nell'area inesplorata della patologia mentale, ai confini tra la psicologia e la fisiologia. [4]

Prima di procedere con una spiegazione della stigmatizzazione di Francesco dal punto di vista della mistica ortodossa - scopo primario di questo saggio - si dovrebbe intraprendere a questo punto un'indagine delle stigmate come fenomeni fisiologici, dato che tale indagine fornirà informazioni preziose per una successiva valutazione ortodossa del "misticismo" del santo cattolico romano.

Guerier include nella sua opera su Francesco le rilevazioni scientifiche di G. Dumas, che analizzò i processi di stigmatizzazione da un punto di vista psicosomatico. [5] Quelle che seguono sono le conclusioni a cui giunse Dumas riguardo agli stigmatizzati:

1. Bisogna riconoscere la sincerità degli stigmatizzati e il fatto che le stigmate appaiono spontaneamente, ovvero che non sono ferite auto-inflitte mentre la persona è in uno stato incosciente.

2. Le ferite degli stigmatizzati sono da considerarsi fenomeni che riguardano il sistema circolatorio (vasi sanguigni) e si spiegano come effetti di suggestione mentale che influenza la digestione, la circolazione del sangue, e le secrezioni ghiandolari. Possono avere come risultato lesioni cutanee.

3. Le ferite degli stigmatizzati appaiono mentre questi sono in uno stato estatico, che si ha quando una persona è assorbita nella contemplazione di qualche sorta di potente immagine, e abbandona il proprio controllo a questa immagine.

4. Le stigmate non appaiono solo come risultato di un'immaginazione passiva di una ferita sul corpo, ma, secondo la testimonianza degli stessi stigmatizzati, allorché l'immaginazione è accompagnata dall'azione attiva dell'immagine stessa - in modo specifico l'effetto di un raggio o lancia infuocata, che viene vista uscire da una ferita contemplata, e che ferisce a sua volta il corpo dello stigmatizzato. Spesso, questo accade gradualmente, e non con la prima visione, finché non si arriva a un livello in cui l'immagine contemplata in estasi ottiene un controllo finale sul soggetto contemplante.

Dumas stabilì i seguenti criteri generali per la stigmatizzazione: tutti gli stigmatizzati sperimentano dolori insopportabili nelle parti del corpo coinvolte, a prescindere dalla forma che prendono le stigmate - impronte della Croce sulle spalle; tracce o segni di una corona di spine sul capo; o, come nel caso di Francesco d'Assisi, come ferite su mani e piedi e sul fianco. Assieme al dolore, essi sperimentano una grande delizia nel pensiero di essere degni di soffrire con Gesù per espiare, come egli fece, i peccati di cui essi sono innocenti. [6] (Ciò, naturalmente, corrisponde alla "teoria della soddisfazione" cattolico-romana, che è sconosciuta alla Chiesa ortodossa.) [7]

Le generalizzazioni di Dumas sono estremamente interessanti in quanto implicano che nel processo di stigmatizzazione, a parte uno stato emotivo carico di passione (un'estasi emotiva del cuore), un grande ruolo è giocato pure da: a) un elemento mentale; b) un'immaginazione mentale che presenta un'acuta sofferenza; c) l'autosuggestione, ovvero una serie di impulsi mentali e volitivi diretti a tradurre fisiologicamente le sofferenze dell'immagine contemplata; d) sensazioni fisiche quali il dolore; e, al termine, e) la produzione sul corpo di segni (ferite) di sofferenza - le stigmate.

Le osservazioni di Dumas riconoscono fattori che vanno al di là delle emozioni (che William James considera la fonte del misticismo) [8] e che giocano un ruolo uguale, se non superiore, nel processo di stigmatizzazione. Questi si possono riassumere come segue:

1. Un'intensa fatica di immaginazione mentale,

2. Suggestione,

3. Percezioni sensuali, e

4. Manifestazioni fisiologiche.

Il significato di questi punti risulterà chiaro in seguito.

Dopo la breve analisi scientifica degli stigmatizzati in generale, passiamo a dati specifici sulla visione e sull'estasi di Francesco, come narrate nei Fioretti, che forniscono le premesse che hanno condotto alla visione, così come una descrizione del fenomeno.

La stigmatizzazione di Francesco d'Assisi, dovuta ai risultati della sua visione, è fatta risalire a una preghiera singolare. La preghiera è un'intensa supplica da parte sua di poter sperimentare le sofferenze di Cristo nel proprio corpo e anima. Nella preghiera, Francesco desidera un'istigazione divina dell'esperienza, che è assetato di percepire non solo con la sua anima, ma pure con il suo corpo. Perciò, abbandonandosi alla preghiera estatica, egli non rinunciava al proprio corpo, ma invitava sensazioni terrene o corporee, ovvero sofferenze fisiche.

La preghiera di Francesco ricevette una risposta. La cronaca dice che "Francesco si sentì completamente trasformato in Cristo." Tale trasformazione non fu solo in spirito, ma anche nel corpo, ovvero non solo in sensazioni spirituali e psicologiche, ma anche in sensazioni fisiche. Come avvenne di fatto la visione?

Prima di tutto, in modo per lui piuttosto inaspettato, Francesco vide qualcosa che fu descritto come miracoloso: vide un Serafino dalle sei ali, simile a quello descritto dal Profeta Isaia, che scendeva verso di lui dal cielo. (Primo stadio della visione). Quindi, dopo che il Serafino si fu avvicinato, Francesco, assetato di Gesù e sentendosi "trasformato in Cristo," iniziò a vedere Cristo sovrapposto al Serafino, inchiodato a una croce. Nelle parole della cronaca, "E questo Serafino sia avvicinò tanto al Santo che Francesco poté vedere in modo chiaro e distinto sul Serafino l'immagine del Crocifisso." (Secondo stadio della visione). Francesco riconobbe nell'immagine del Serafino lo stesso Cristo disceso a lui. [9] Sentì le sofferenze di Cristo sul suo corpo, e a quel punto il suo desiderio di sperimentare queste sofferenze fu soddisfatto. (Terzo stadio della visione). Quindi le stigmate iniziarono ad apparire sul suo corpo. Il suo zelo e la sua preghiera fervente apparvero essere stati accolti. (Quarto stadio della visione).

L'enorme complessità della visione di Francesco è impressionante. Sopra alla visione iniziale del Serafino, che era, a quanto sembra, disceso dal cielo per Francesco, fu sovrapposta un'altra immagine - quella che Francesco era assetato di avere al di sopra di ogni altra, quella del Cristo crocifisso. Il processo dello sviluppo di queste visioni lascia l'impressione che la prima visione (quella del Serafino), così inaspettata e improvvisa, fosse al di fuori del regno dell'immaginazione di Francesco, che anelava a vedere Cristo crocifisso, e di sperimentare le sue sofferenze. In questo modo, si può spiegare una concezione così complessa, in cui entrambe le visioni, entrambe le immagini - quella del Serafino e quella di Cristo - trovarono spazio nella coscienza di Francesco.

L'esperienza di Francesco d'Assisi è notevole, e di singolare interesse per i cristiani ortodossi, poiché, come già menzionato, niente di simile si incontra nell'esperienza della Chiesa ortodossa con una lunga successione di asceti, e una storia ugualmente lunga di esperienze mistiche. Di fatto, tutte le cose che Francesco sperimentò nel processo della sua stigmatizzazione sono gli stessi precisi inganni contro i quali i Padri della Chiesa mettevano in guardia!

Riguardo al modo in cui gli asceti della Chiesa ortodossa comprendono la preghiera più elevata (spirituale), come descritto in dettaglio nella Filocalia, si deve sottolineare che essi vedevano questa preghiera a fianco dei propri sforzi personali, come operazione sinergica (l'uomo che coopera con Dio) per ottenere il distacco, non solo da tutto quanto è fisico o sensorio, ma anche dal pensiero razionale. Questa è, quanto meno, una diretta elevazione spirituale della persona a Dio, quando il Signore Dio il Santo Spirito intercede Egli stesso per il supplicante con "lamenti ineffabili." [10] Per esempio, Sant'Isacco il Siro dice nelle sue Direzioni, "Un'anima che ama Dio, in Dio solo trova pace. Liberati in primo luogo da tutti i tuoi attaccamenti esteriori, quindi il tuo cuore sarà in grado di unirsi a Dio; l'unione con Dio è infatti preceduta dal distacco dalla materia." [11] È invece il semplice insegnamento di San Nilo del Sinai, che si fa avanti con netta chiarezza a presentare un serio riferimento alla presunta visita divina che Francesco sperimentò. Nel Testo sulla Preghiera, San Nilo ammonisce: "Non desiderare e non cercare mai alcun volto o immagine durante la preghiera. Non desiderare visioni sensoriali di angeli, o di potenze, o di Cristo, per non rischiare di perdere la tua mente confondendo il lupo con il pastore, e adorando i nemici - i demoni. L'inizio dell'inganno (plani) della mente è la vanagloria, che spinge la mente a cercare di rappresentare la divinità in qualche forma o immagine. [12]

La preghiera estatica di Francesco ricevette una risposta, ma alla luce dei consigli di Sant'Isacco e di San Nilo, chiaramente non la ricevette da Cristo. La cronaca dice che "Francesco si sentì completamente trasformato in Cristo," trasformato non solo in spirito, ma anche nel corpo, ovvero, non solo in sensazioni spirituali e psicologiche, ma anche in quelle fisiche. Mentre si può dare per scontato che Francesco fosse pienamente convinto di essere stato spiritualmente elevato fino al Logos, il sorgere di speciali sensazioni fisiche non può, secondo Sant'Isacco, essere ascritto all'azione di un potere spiritualmente buono.

Le sensazioni fisiche di Francesco si possono spiegare come l'opera della sua immaginazione mentale che si muoveva in parallelo con la sua estasi spirituale. È difficile dire, in questo caso, che cosa fosse dominante nell'inganno (plani) di Francesco: il suo orgoglio spirituale, o il suo mentalismo (immaginazione mentale); in ogni caso, comunque, il mentalismo era piuttosto forte. Ciò è confermato dalle circostanze della visione insolitamente complessa che fu presentata a Francesco dopo che si sentì completamente trasformato in Gesù Cristo: questo è chiaramente uno stato molto severo di plani, che ha le sue radici, come dice San Nilo, nella vanagloria.

L'esagerazione dell'esaltazione di Francesco, che si può notare nella descrizione della sua visione, si rivela molto apertamente viene paragonata alla maestosa visione di Cristo che San Serafino di Sarov sperimentò mentre serviva come diacono al Grande Giovedì della Settimana della Passione. [13]

In contrasto con Francesco, San Serafino non cercò di "sentire se stesso trasformato in Gesù" attraverso la propria preghiera e le proprie fatiche. Egli pregò in modo semplice e profondo, pentendosi dei propri peccati. Nel corso della sua preghiera, e come risultato delle sue grandi gesta ascetiche, crebbe in lui il mistico potere della Grazia, che egli non percepiva, né comprendeva. Stando di fronte al trono (la Santa Mensa) con un cuore ardente, per usare le parole di Elia di Ekdik "...l'anima, liberatasi da tutto quanto è esterno, è unita alla preghiera, e tale preghiera, come una sorta di fiamma che circonda l'anima come il fuoco circonda il ferro, la rende tutta infuocata," [14] San Serafino fu colpito inaspettatamente dall'apparizione del misterioso potere divino. San Serafino non immaginava, né sognava, né si aspettava una simile visione. Quando questa ebbe luogo, ne fu così colpito che ci vollero due ore perché "riprendesse i sensi." In seguito, egli stesso descrisse quanto era accaduto. Dapprima fu colpito da una luce insolita, simile a quella del sole. Quindi vide il Figlio dell'Uomo nella gloria, che risplendeva di una luce ineffabile più brillante del sole, e circondato "come da uno sciame di api" dalle potenze celesti. Uscendo dalla Porta settentrionale (del santuario) Cristo si fermò davanti all'ambone ed elevando le mani benedisse quanti servivano e pregavano. La visione quindi scomparve.

Diversi punti del resoconto della visione di San Serafino sono interessanti per questo studio. Dapprima, in diretto contrasto con la preghiera di Francesco, la preghiera di San Serafino è priva di alcun elemento che possa remotamente suggerire che egli desiderasse alcun segno visibile (sensoriale) della Presenza Divina. E meno di tutto, egli pensò in vita sua di essere mai degno di essere "trasformato in Gesù," come pregava Francesco. La caratteristica chiave della preghiera del Santo è una profonda umiltà, evidenziata dalla sua articolata confessione di peccaminosità, che lo spinse verso il pentimento in preghiera. Il significato di questo, come i Padri della Chiesa fanno ripetutamente notare, è che la vera umiltà di fatto previene che uno cada nella vanagloria.

Un secondo profondo aspetto della preghiera di San Serafino è il fatto che a Dio non è richiesto alcun favore di Manifestazione Divina. E naturalmente, come già menzionato, mentre pregava non vi era alcun pensiero o immagine oltre al suo pentimento. Ciò, naturalmente, è coerente con il pentimento di San Serafino, la cui descrizione articolata indica in modo ben chiaro che egli non si ingannò mai pensando di avere raggiunto un livello di dignità in cui, nonostante i suoi peccati, potesse chiedere con fierezza le Cose sante. Se egli si fosse visto in questo modo, sarebbe scivolato facilmente nella presunzione. La preghiera di San Serafino era diretta all'esatto opposto, cosa che invero lo rese degno della visione divina. San Massimo il Confessore, nella Prima Centuria sull'Amore, si esprime così: "Chi ancora non ha ottenuto la conoscenza di Dio ispirata dall'Amore, ha un'alta stima di quanto compie secondo la volontà di Dio. Ma un uomo che ha ottenuto questa conoscenza ripete nel suo cuore le parole del nostro progenitore Abramo, quando Dio gli apparve: 'io sono terra e cenere' (Gen.18:27)".

Parlando della visione di San Serafino, si dovrebbe notare che lo stato spirituale più elevato, ottenuto attraverso la via indicata dagli asceti nella Filocalia, si sviluppa nel cuore dell'uomo al di fuori delle sfere mentali e sensuali, e, di conseguenza, al di fuori della sfera dell'immaginazione mentale. Abba Evagrio nei suoi Testi ad Anatolio sulla Vita Attiva, dice: "La mente non vedrà in se stessa la dimora di Dio, a meno che non si elevi al di sopra di tutti i pensieri di cose materiali e create; e non può elevarsi al di sopra di essi se non si libera dalle passioni che la legano agli oggetti dei sensi e che incitano a questi ultimi i pensieri. Si libererà dalle passioni per mezzo delle virtù, e dei semplici pensieri per mezzo della contemplazione spirituale; ma abbandonerà anche questa quando le apparirà quella luce che, nella preghiera, segna il posto di Dio". [16]

L'esperienza dell'unione mistica dell'uomo con Dio, pertanto, è di solito molto difficile da tradurre in termini umani. Capita, tuttavia, che vengano accordate visioni a persone che hanno coltivato in se stesse l'impassibilità, ma nella maggioranza di questi casi tali visioni sono momentanee, e hanno un effetto sull'interiorità di una persona, provenendo come da dentro. Sant'Isacco il Siro spiega: "Se sei puro, allora il cielo è dentro di te; e in te stesso vedrai gli angeli, e con loro e tra di loro, il Signore degli Angeli." [17] I Padri della Chiesa ortodossa insegnano che tutte queste esperienze sono al di là di ogni aspettativa dell'uomo umile, poiché l'asceta nella sua umiltà non si sente degno di tanto.

Ricapitolando l'esperienza di San Serafino, si può vedere come essa presenti le seguenti caratteristiche:

1. Semplicità;

2. Pentimento;

3. Umiltà;

4. Una visione inaspettata al di là delle categorie dei sensi e della ragione;

5. Estasi o rapimento spirituale.

Per sottolineare l'ultimo punto, Sant'Isacco, citato prima, spiega: "...la contemplazione di una visione super-cosciente, concessa dal Potere Divino, è ricevuta dall'anima in modo interiore e immateriale , improvviso e inaspettato; viene scoperta e rivelata dall'interno, poiché, nelle parole di Cristo, 'il Regno dei cieli è dentro di voi' - Questa contemplazione nell'immagine, che si imprime nella mente nascosta (l'intelletto più elevato) si rivela senza essere preceduta da alcun pensiero su di essa". [18]

Dai punti sopra elencati, presi come paragone tra le due visioni e tra ciò che Francesco e San Serafino sperimentarono in esse, vi è una netta differenza nel misticismo dei due. Il misticismo di San Serafino appare come un'estasi puramente spirituale, un dono di visione spirituale accordato a un asceta, una illuminazione del suo intelletto superiore, [19] mentre l'esperienza spirituale di Francesco è un misticismo indotto dalla sua volontà, e ovviamente oscurato dalla propria immaginazione e sensualità.

Un'ulteriore differenza e distinzione tra i due è la diversa relazione con Cristo che essi esprimono. In contrasto a San Serafino, che sperimentò il potere spirituale di Cristo nel suo cuore, accettando Cristo dentro di sé, Francesco nella sua immaginazione ricevette la sua impressione soprattutto dalla vita terrena di Cristo. Francesco era assorbito nell'aspetto esterno delle sofferenze di Cristo. Questa impressione gli giunse sul Monte della Verna come dall'esterno.

A fianco del suo fortissimo desiderio di sperimentare la sofferenza di Cristo, vi era la sua spinta a imitare altri aspetti terreni della vita di Gesù. Non solo egli inviò i propri "Apostoli" in varie regioni della terra a predicare, dando loro virtualmente le stesse istruzioni che il Salvatore diede ai suoi Apostoli, [20] ma produsse persino di fronte ai suoi discepoli, non molto tempo prima della sua morte, qualcosa di simile alla stessa grande Cena Mistica. "Egli rammentò," dice il suo biografo, "quel pasto santificato che il Signore celebrò con i suoi discepoli per l'ultima volta." [21] Non si può scusare una simile presunzione sulla base della sua vita eclatante, per quanto severo possa essere stato il suo ascetismo o per quanto virtuose possano essere state le sue gesta. Questo atto è un indizio primario, dal punto di vista ortodosso, della severità della sua caduta nella condizione di inganno spirituale.

Prima di procedere è necessario spiegare in breve la condizione dell'inganno spirituale (plani). In termini generali, secondo il Metropolita Antonij Chrapovitskij, l'inganno o plani (prelest, in russo) si ha di solito quando il diavolo delude una persona suggerendole il pensiero che le sono state concesse visioni (o altri doni della Grazia). A questo punto il maligno acceca costantemente la sua coscienza, convincendola della propria apparente santità, e le promette il potere di compiere atti prodigiosi. Il maligno porta un simile asceta sulla vetta di un monte o sul tetto di una chiesa, e gli mostra un carro di fuoco, o qualche simile oggetto meraviglioso, che lo porterà fino in cielo. L'asceta deluso vi sale (ovvero, accetta la delusione) e precipita a capofitto nell'abisso, spinto alla morte priva di pentimento. [22]

Ciò che è chiaro da questa breve analisi è che il soggetto che vive quest'esperienza è di solito caduto in qualche forma di orgoglio, di solito la vanagloria, da cui viene la presunzione di avere alla fine raggiunto uno stato in cui pensa di non dovere più fare attenzione alla possibilità di cadere in peccato, o persino nella bestemmia contro Dio. Si tratta, naturalmente, del peccato di Lucifero, e per definizione il più difficile da vincere. Da qui l'importanza e l'enfasi costante negli scritti religiosi sull'obbedienza ascetica e sull'umiltà fino alla fine stessa della propria vita terrena.

Già si è mostrato come la visione di Francesco contenga forti segni di inganno spirituale. Ciò che resta da fare, pertanto, è tratteggiare l'opera e le azioni di Francesco che risaltano come tratti distintivi del suo misticismo. Presentando alcuni eventi della vita di Francesco, e quindi contrastandoli con eventi dalla vita di San Serafino di Sarov, sarà possibile trarre una conclusione finale sul misticismo di questi due asceti. Si dovrebbe premettere che gli esempi scelti sono generalmente caratteristici dei soggetti.

Si narra nei Fioretti che Francesco a un certo punto non riuscì a seguire le regole di uno stretto digiuno a causa di una malattia. Ciò oppresse la sua coscienza a tal punto che egli decise di pentirsi e di punirsi. La cronaca dice: "... comandò che la folla si riunisse per le strade di Assisi per un sermone. Quando ebbe finito il sermone, disse al popolo che nessuno avrebbe dovuto andarsene prima del suo ritorno; egli stesso andò in cattedrale con molti fratelli e con Pietro Cattani, a cui disse di fare quanto gli avrebbe detto, secondo il voto di ubbidienza e senza obiettare. Questi ripose che non avrebbe voluto o potuto desiderare di fare alcunché contro la volontà di Francesco. Quindi Francesco si levò la sopravveste e ordinò a Pietro di mettergli una corda attorno al collo e portarlo fuori mezzo nudo tra la folla, nel posto stesso dove aveva predicato. Francesco comandò a un altro fratello di riempire una coppa di ceneri, e, salito sul luogo dove aveva predicato, di versargli queste ceneri sulla testa. Questo fratello, tuttavia, non gli obbedì, perché era molto turbato da quest'ordine a causa della sua compassione e devozione nei confronti di Francesco. Ma Fratello Pietro prese la corda nelle sue mani e cominciò a trascinare Francesco dietro di sé, come questi aveva comandato. Egli stesso pianse amaramente nel frattempo, e gli altri fratelli scoppiarono in lacrime di commiserazione e disperazione. Quando Francesco fu così condotto mezzo nudo al luogo dove aveva predicato, disse, 'Voi, e tutti quanti hanno lasciato il mondo per il mio esempio e seguono il modo di vita dei fratelli, mi considerate un santo, ma di fronte al Signore e a voi io mi pento, poiché mi sono nutrito di carne durante la mia malattia'." [23]

Naturalmente il peccato di Francesco non era così grave e non meritava certamente la forma drammatica di penitenza in cui Francesco avvolse la sua confessione, ma questa era una caratteristica generale della pietà di Francesco. Egli si sforzava di idealizzare tutto ciò che un asceta era tenuto a fare; tentò anche di idealizzare lo stesso atto ascetico del pentimento.

L'idealizzazione degli atti cristiani di ascetismo compiuta da Francesco si può anche notare nel suo rapporto con l'atto dell'elemosina, e soprattutto nel modo in cui Francesco reagiva ai mendicanti. Agli occhi di Francesco i mendicanti erano creature di statura molto alta a paragone di altre persone. Nella visione di questo mistico cattolico romano, un mendicante era il portatore di una missione sacra, essendo immagine di Cristo povero e vagabondo. Per questo, nelle sue istruzioni, Francesco obbliga i suoi discepoli a chiedere l'elemosina. [24]

Infine, l'entusiasmo idealizzato di Francesco si rivelò in modo speciale nei suoi modi di rammentare le sofferenze terrene di Cristo. Nella biografia di Francesco si dice che, "ubriaco di amore e compassione per Cristo, il beato Francesco raccolse dal suolo un pezzo di legno e, tenendolo nella mano sinistra, passò su di esso la destra come se fosse un archetto su un violino, mentre mormorava una canzone francese sul Signore Gesù Cristo. Questo canto si concluse con lacrime di compassione per le sofferenze di Cristo, e con sinceri sospiri Francesco, cadendo in uno stato di trance, guardò il cielo...." [25]

Non vi può essere dubbio, come anche i biografi di Francesco attestano eufemisticamente, che il fondatore dell'Ordine francescano fosse teatrale nei suoi atti di pentimento, e ciò rivela in modo molto grafico l'assenza di un grado critico di attenzione, necessario nella vita ascetica all'acquisizione della vera umiltà. Di fatto, in tutti i momenti in cui nei Fioretti si danno indicazioni dell'umiltà di Francesco, questi non mancano mai di una compromettente presunzione sul fatto che Dio gli parli, per esempio attraverso la bocca di fratello Leone, [26] o quando ritiene di essere stato scelto da Dio "per vedere ovunque il bene e il male," quando il Fratello Masseo lo mette alla prova per la sua umiltà . [27] È vero che Francesco descrive la propria viltà e meschinità, ma in tutto questo manca un corrispondente rimorso, o una contrizione che indichi che egli si considerava indegno di fronte a Dio. Anche se parlava frequentemente della necessità di umiltà, e dava ai fratelli francescani istruzioni utili a riguardo, egli stesso per tutta la sua vita sperimentò l'umiltà solo in accessi isolati per quanto molto forti; e tali accessi non erano interamente liberi, come già

indicato, da esagerazioni melodrammatiche. Non c'è niente di più rivelatore, in tali questioni, delle sue stesse dichiarazioni ai fratelli. Un giorno avrebbe detto ai suoi discepoli, "Non riconosco in me alcuna trasgressione che io non possa espiare con la confessione e la penitenza. In Signore nella sua misericordia mi ha concesso infatti il dono di apprendere chiaramente nella preghiera ciò in cui io l'ho compiaciuto o dispiaciuto." [28] Queste parole, naturalmente, sono ben lontane dalla genuina umiltà. Esse suggeriscono piuttosto il discorso di quell'uomo virtuoso e soddisfatto di se stesso (il fariseo) che, nella parabola, stava nel tempio, mentre il pubblicano si inchinava in un angolo, supplicando Dio con parole di umiltà: "O Dio abbi misericordia di me peccatore."

Quando gli atti di "umiltà" di Francesco sono paragonati alla lotta di San Serafino per mille giorni sulla roccia, ne risulta un netto contrasto. Mentre era in lotta con le proprie passioni, [29] San Serafino gridava più e più volte le parole stesse del pubblicano: "O Dio abbi misericordia di me peccatore." In questo gesto non c'è esaltazione, né spirito di ostentazione. San Serafino sta semplicemente ricorrendo all'unico possibile mezzo di perdono a lui aperto, dopo:

a. il riconoscimento delle sue passioni;

b. una contrizione che sgorga dal suo rimorso sulle proprie condizioni spirituali;

c. un bisogno di superare le passioni;

d. la sua consapevolezza della propria incapacità e indegnità di compiere da solo questo passo, e il suo lungo e arduo appello di misericordia a Dio.

Anche nel corso dei suoi ultimi anni, quando San Serafino sperimentò molte percezioni di straordinaria forza spirituale, così come di diretta comunione con Dio, non cadde mai nell'auto-soddisfazione, o nell'auto-adulazione. Ciò è piuttosto evidente nella sua ormai celebre conversazione con N. Motovilov, [30] così come nel suo colloquio con il monaco Giovanni, in cui manifestò, per grazia di Dio, un'insolita luminosità. Invero, San Serafino era incapace di esprimere lo stato di questa luminosità con le proprie parole. Inoltre, è ben noto che San Serafino era portatore di uno straordinario dono di chiaroveggenza, così come di visione profetica. I cuori delle persone che andavano da lui erano per lui un libro aperto, eppure non una sola volta egli compromise i doni straordinari che aveva ricevuto con un'esibizione di superiorità o di presunzione. Le sue dichiarazioni e azioni (in contrasto con quelle di Francesco d'Assisi, consapevole di avere espiato i propri peccati e di essere gradito a Dio) sono in sintonia con quanto gli asceti descrivono in dettaglio nella Filocalia, a proposito dell'uomo umile. Nelle parole di Sant'Isacco il Siro: "Quanti sono davvero retti si considerano sempre indegni di Dio. E che siano davvero retti si riconosce dal fatto che si considerano meschini e indegni dell'attenzione di Dio, e lo confessano in segreto e apertamente, e sono portati a ciò dal Santo Spirito in modo da non rimanere privi della sollecitudine e dell'operosità che è loro propria in questa vita." [31]

Gli impulsi emotivi di Francesco verso l'umiltà, simili all'evento sopra menzionato nella piazza di Assisi, erano in generale manifestazioni rare. Di solito la sua umiltà non appariva come una sensazione, ma come un riconoscimento razionale della sua debolezza di fronte al potere divino di Cristo. Ciò risulta chiaro nella sua visione su monte della Verna, quando "due grandi luci," come dice la cronaca, "apparvero dinanzi a Francesco: una in cui egli riconobbe il Creatore, e l'altra in cui riconobbe se stesso. E in quel momento, a tale vista, egli pregò: O Signore! che cosa sono io di fronte a te? Che senso ho io, un, insignificante verme della terra, il tuo insignificante servo, a paragone della tua forza?" Per sua stessa ammissione, Francesco fu sommerso in quel momento in contemplazione, in cui vide l'infinita profondità della misericordia divina e l'abisso della propria nullità.

Inutile dirlo, è la prima dichiarazione delle "due grandi luci," che svela in modo manifesto il carattere cognitivo della seguente richiesta rivolta a Dio e che, in essenza, è un processo molto sfrontato di comparazione. Sembra esserci, pertanto, in questo passo una severa contraddizione che non si può in alcun senso paragonare ai lucidi resoconti scritturali o patristici riguardo all'umiltà. L'umiltà di San Serafino, come si è notato, non era tanto una consapevolezza razionale dei suoi peccati, ma un'emozione percepita in modo costante e profondo. Nei suoi insegnamenti, orali e scritti, non si parla in alcun luogo di paragoni di se stesso con la divinità, da cui si traggono conclusioni sul suo stato spirituale. Egli si abbandonò costantemente a un singolo impulso emotivo: la sensazione della propria indegnità (imperfezione) che risultò in una profonda contrizione. Teofane il Recluso, un asceta russo della Chiesa ortodossa, espresse così il senso di questa contrizione: "Il Signore accetta solo l'uomo che si accosta a lui sentendosi peccatore. E di conseguenza, rigetta chiunque si accosta a lui sentendosi giusto." [32] Se, come risultato di quanto si è detto, si dovesse trarre una conclusione sull'umiltà di Francesco sulla base delle prescrizioni ascetiche per l'umiltà monastica nella Filocalia, allora il mistico latino non appare come l'ideale dell'umiltà cristiana. Alla sua coscienza fu aggiunta una dose sostanziale della propria rettitudine, e di essere gradito a Dio. Qualcosa di simile all'analisi ortodossa del misticismo di Francesco, può essere applicata dalla storia di Lev Tolstoj, Padre Sergio: "Egli (l'asceta Sergio) pensò," dice Tolstoj "a quanto era simile a una lampada ardente, e quanto più si sentiva tale, tanto più sentiva un indebolimento, un affievolimento della luce divina di verità che bruciava dentro di lui." [33] Ricordando l'avvertimento di San Nilo, menzionato in precedenza, questa triste valutazione dei risultati spirituali dell'ascetismo di Francesco è un corollario, o meglio un precedente di plani, al severo inganno a cui andò incontro sul Monte della Verna, dove annunciò di essere divenuto una grande luce. Così, la consapevolezza di Francesco di essere egli stesso "una luce," di avere il dono di sapere come essere gradito a Dio, si scontra con l'austera dichiarazione del padre della vita ascetica, Antonio il Grande, che sostiene che se non vi è in una persona un'umiltà estrema, completa, di cuore, anima e corpo, allora questa persona non erediterà il Regno di Dio. [34] L'affermazione di Sant'Antonio riconosce che solo la profonda umiltà può sradicare il potere della mente che conduce all'auto-affermazione e alla soddisfazione di sé. Solo un'umiltà che entri nella carne stessa e nel sangue dell'asceta può, secondo il senso dell'insegnamento degli asceti cristiani ortodossi, salvarlo dalle ossessive associazioni del pensiero umano orgoglioso.

L'umiltà è il potere essenziale che può contenere la mente inferiore con le sue passioni, [35] creando nell'anima umana il suolo per lo sviluppo senza ostacoli di una mente superiore, [36] e da quel punto, per grazia di Dio, al livello più alto della vita ascetica - la conoscenza di Dio.

"L'uomo che è saggio nell'umiltà," dice Sant'Isacco il Siro, "è la fonte dei misteri della nuova era." [37]

CONCLUSIONE

La causa principale dell'offuscamento del sentiero di vita ascetica di Francesco può essere attribuita alla condizione fondamentale della Chiesa cattolica romana in cui Francesco fu cresciuto e ammaestrato. Nelle condizioni di quel tempo e della Chiesa romana stessa, una vera umiltà non poteva formarsi nella consapevolezza popolare. Lo stesso "Vicario di Cristo in terra" con le sue pretese di autorità non solo spirituale, ma anche temporale, era rappresentativo dell'orgoglio spirituale. Non si può immaginare un orgoglio spirituale più grande della convinzione della propria infallibilità. [38] Questo errore di base non poteva non avere effetti sulla spiritualità di Francesco, così come sulla spiritualità dei cattolici romani in generale. Come il Papa, pertanto, Francesco soffriva di orgoglio spirituale. Ciò è molto evidente nel suo discorso di addio ai francescani, in cui disse: "Ora Dio mi sta chiamando, e io perdono a tutti i miei fratelli, sia i presenti che gli assenti, le loro offese e i loro errori e rimetto i loro peccati per quanto è in mio potere." [39]

Queste parole rivelano che, sul suo letto di morte, Francesco si sentiva abbastanza potente da rimettere i peccati come il Papa. È noto che nella Chiesa romana la remissione dei peccati al di fuori del Sacramento della Penitenza e dell'Eucaristia era una prerogativa del potere papale. [40] L'assunzione di tale prerogativa da parte di Francesco poteva avvenire solo con la sicurezza della propria santità.

In contrasto, gli asceti della Santa Ortodossia non si sono mai permessi di appropriarsi del diritto di rimettere i peccati. Sono tutti morti nella consapevolezza della loro imperfezione e con la speranza che Dio avrebbe perdonato i loro peccati nella sua misericordia. A suffragio di questa tesi, è sufficiente rammentare le parole del grande santo asceta della Tebaide del quinto secolo, San Sisoe. Circondato dai suoi fratelli al momento in cui si avvicinava il suo riposo, sembrò conversare con persone invisibili, come riferisce la cronaca, e i fratelli chiesero: "Dicci, padre, con chi stai conversando?" San Sisoe rispose, "Sono angeli che sono venuti a prendermi, ma io sto pregando loro di lasciarmi ancora un po' di tempo per pentirmi." Quando i fratelli, che sapevano che Sisoe era perfetto nella virtù, risposero, "Non hai bisogno di pentimento, padre," il Santo rispose, "In verità non so neppure se ho mai iniziato a pentirmi." [41]

Per concludere, come evidenziato nei paragrafi precedenti, il misticismo di Francesco d'Assisi rivela che il celebrato fondatore dell'Ordine francescano si mosse progressivamente nella propria vita in una crescente condizione di plani, dal tempo in cui udì il comando di rinnovare la Chiesa cattolica romana, attraverso la straordinaria visione del Cristo Crocifisso sul Monte della Verna e fino al tempo della sua morte. Per sconvolgente che possa sembrare ad alcuni, egli portò in sé molte caratteristiche tipiche dell'Anticristo, che verrà anch'egli visto come casto, virtuoso, altamente morale, pieno di amore e di compassione, e che sarà considerato santo (perfino una divinità) da persone che hanno permesso al romanticismo carnale di prendere il posto della Tradizione sacra della Santa Chiesa.

La cosa triste è che il raggiungimento di un'autentica relazione spirituale con Cristo non fu mai una possibilità per Francesco, perché essendo fuori dalla Chiesa di Cristo, era impossibile per lui ricevere la grazia divina o un qualunque dono dello Spirito Santo. I suoi doni provenivano da un altro spirito.

Articolo apparso in origine in Synaxis: Orthodox Christian Theology in the 20th Century, Vol. 2, pp 39-56. L'autore è il defunto George Macris, che al tempo di questo scritto era prete nella Chiesa Ortodossa Russa all'Estero a Portland, Oregon. Synaxis è pubblicato dal New-Ostrog Monastery in Canada.

NOTE

1. Guerier, V., Francesco, pp 312-313.

2. La diciassettenne Luisa Lato, che di solito godeva di una completa e buona salute, cadeva in una condizione di estasi ogni venerdì; il sangue fluiva dal suo fianco sinistro, e sulle sue mani e piedi vi erano ferite esattamente corrispondenti alla posizione delle ferite sul corpo del Salvatore crocifisso, nella forma delle ferite raffigurate sui crocifissi.

3. Guerier, pp 314-315.

4. Ibidem, p 308.

5. Dumas, G., "La Stigmatizzazione presso i mistici cristiani," Revue des deux Mondes, 1 Maggio 1907; in Guerier, pp 315-317.

6. Guerier, p 315.

7. Per gli ortodossi, la Croce non è una necessità imposta a Dio, né il sangue del Figlio unigenito è una fonde di soddisfazione per Dio Padre, come insegnano gli scolastici latini. La questione della "soddisfazione della giustizia di Dio" è una frase che non si trova in alcun luogo delle Scritture, né degli scritti Padri della Chiesa, ma fu fabbricata da Anselmo di Canterbury (o di Aosta, ca 1100) e sviluppata da Tommaso d'Aquino per diventare la dottrina soteriologica ufficiale dell'Occidente latino (la si paragoni con Atanasio il Grande, L'Incarnazione del Verbo di Dio).

8. Sarà evidente da questa comparazione che il "misticismo'' nella Chiesa Ortodossa è al di là di tutte le categorie sensoriali e razionali. La normativa nella vita ascetica è l'assenza di passioni, o distacco da ogni necessità o sensazione, e in ultimo persino dai pensieri, positivi o negativi (si paragoni Abba Evagrio ad Anatolio, cit.).

9. Si veda la vita di Sant'Isacco il Recluso delle Grotte di Kiev, in God's Fools, Synaxis Press, Chilliwack, B.C., Canada, 1976, p 21.

10. Hyperconsciousness, p 292-293, II ed.

11. Kadloubovsky, E. e Palmer, G., Early Fathers from the Philokalia, "St Isaac of Syria, Directions on Spiritual Training," Faber and Faber, London, 1959 (qui di seguito citato come Early Fathers).

12. Early Fathers, p 140, paragrafi 114, 115, 116.

13. San Serafino di Sarov, pp 61-62 (ed. russa), citato nelle note tradotte dal russo.

14. Filocalia, Vol 3, p 322, par 103 (ed. greca).

15. Early Fathers, p 297, 47.

16. Abba Evagrio ad Anatolio, cit., p 105, para 71.

17. Works of St. Isaac the Syrian, 3rd ed., Sermone 8, p 37.

18. Filocalia, Vol 2, p 467, par 49. Qui dobbiamo far notare che il detto citato di Sant'Isacco il Siro - che una visione spirituale è inaspettata - non dovrebbe essere considerata una legge assoluta per tutti i casi di tali visioni. Come eccezione al detto citato, ma come fenomeni completamente eccezionali, certi santi asceti hanno avuto insolite visioni che sono state loro preannunciate; ma tale presentimento era come una profezia inconsapevole di cose che sarebbero inevitabilmente accadute. Un simile caso eccezionale, per così dire la profezia di un miracolo che stava per accadere, accadde a San Sergio di Radonezh al termine della sua vita. Questo caso è descritto in dettaglio nell'opera russa, Hyperconsciousness, p 377. (Bibliografia non disponibile all'autore, citato dalle note tradotte dal russo.)

19. San Serafino di Sarov, Cap 1, pp 13-22.

20. "Andate a due a due nelle varie regioni della terra, predicando ai popoli la pace e il pentimento per la remissione dei peccati." Guerier, p 27 (cfr Mc 6:7-12.)

21. Guerier, p 115.

22. Khrapovitsky, Antony, Confession: A Series of Lectures on the Mystery of Repentance. Holy Trinity Monastery Press, Jordanville, N.Y., 1975.

23. Guerier, p 127.

24. Ibidem, p 129.

25. Ibidem, pp 103-104.

26. Brown, Raphael, The Little Flowers of St. Francis. Image Books, Garden City, N.Y., 1958, p 60.

27. Ibidem, p 63.

28. Guerier, p 124.

29. La parola passioni, usata qui, denota tutti gli impulsi dell'uomo contrari alla natura (orgoglio, vanità, invidia, odio, avarizia, gelosia, etc.) che sono risultati dalla disobbedienza e dalla caduta dei progenitori.

30. Motovilov, N.A., A Conversation of St. Seraphim. St Nectarios Press, Seattle, 1973 (ristampa). In lingua italiana, si può trovare il testo integrale su questa pagina

31. Works of St. Isaac the Syrian, III ed., Sermon 36, p 155.

32. Collected Letters of Bishop Theophan, II parte, Lettera 261, p 103.

33. Posthumous Artistic Works of L. Tolstoy, Vol 2, p 30.

34. Filocalia, Vol 1, p 33.

35. Hyperconsciousness, "On Mental Passions", II ed., pp 65-74.

36. Hyperconsciousness, "On the Lower and Higher Minds", pp 6-23.

37. Works of St. Isaac the Syrian, p 37.

38. Paragonate, da Dostoevskij, il Grande Inquisitore da I Fratelli Karamazov.

39. Sabbatier, p 352.

40. Nel XV secolo, Lutero protestò contro questa prerogativa espressa nella pratica delle indulgenze.

41. Lives of Saints, Libro 11, pp 119-120.

 
Il "distanziamento sociale", i Padri del deserto e le chiese chiuse

Sembra che, anche nel mondo ortodosso, almeno qui in America, certe idee siano in una crescente quarantena. Si crea un'atmosfera che vuole se uno non è d'accordo con certe affermazioni, allora è egocentrico, egoista e non si preoccupa per nulla degli altri. Di fatto, sembra esserci l'impressione che una persona del genere sia persino ribelle. Credo che questa sia una tendenza pericolosa.

Chiaramente, siamo in una situazione difficile, per vari motivi. Lo affermerò ancora una volta, non sto sostenendo il mancato rispetto di alcuna sorta di precauzioni. Non sto sostenendo una ribellione. Ma non essere d'accordo non è una ribellione. Soprattutto quando dobbiamo avere la capacità di valutare la situazione attuale e darle una risposta spirituale. Il mio obiettivo al momento è offrire idee di riflessione e anche un esame delle idee che ritengo difettose. (Come nota a margine, se un lettore è preoccupato per le azioni intraprese dal clero, allora scriva al suo vescovo, comunicandolo al suo sacerdote. I chierici devono essere servitori del popolo, non i suoi signori).

La Grande Quaresima, dopo tutto, è un momento di profonda riflessione. Una riflessione implica fare domande. Mi sto sforzando di offrire le mie riflessioni e domande in tale spirito. In questo post affronterò due analogie spirituali che ho incontrato da altri contemporanei; non sono d'accordo con la loro presentazione e il loro utilizzo. In questo post mi rivolgo a idee spirituali e a eventi ecclesiali.

Ovviamente, in un momento in cui la maggior parte dei cristiani ortodossi in America è stata privata dei servizi divini in chiesa, tutti dobbiamo cercare di salvare ciò che possiamo. Possiamo rivolgerci per un incoraggiamento agli esempi dei santi, così come dovrebbe essere. Ciò che mi preoccupa è quello che sembra essere un uso improprio di questi esempi per giustificare la chiusura delle chiese.

Confuterò idee che ho visto negli scritti di persone che rispetto. Le rispetto ancora, ma di fatto non sono d'accordo con la loro applicazione di determinati eventi presi dalle vita dei santi. In America, siamo stati addestrati a essere polarizzati. Questo è molto pericoloso. E credo di averlo osservato anche nel mondo ortodosso. Ora, io non sono un relativista. Due idee opposte non possono avere entrambe ragione allo stesso tempo. Tuttavia, ricordiamo che al momento non stiamo parlando dei dogmi fondamentali della fede. La situazione è davvero complessa e credo che ci sia una risposta adeguata. Sono sicuro che ci siano persone che leggono ciò che scrivo e non sono d'accordo. Sono libere di farlo.

Il primo esempio che ho incontrato proviene dalla vita del santo Herman dell'Alaska. Tale esempio sostiene che egli non era un sacerdote e non aveva quasi mai avuto servizi divini in chiesa e tuttavia gli angeli erano suoi compagni. Tutto molto vero e incoraggiante. Tuttavia, usare questo come flebile giustificazione per chiudere le chiese, credo sia sbagliato. Inoltre, questo non è affatto un "distanziamento sociale". E usarlo come esempio di questo è, secondo me, disonesto. Il santo Herman era un asceta recluso, cosa che non ha nulla a che fare con l'attuale espressione "distanziamento sociale". (Pensateci, la frase "distanziamento sociale" è una contraddizione in termini. "Sociale" implica una mancanza di auto-isolamento e distanziamento. Quanto amiamo queste stupide frasi nella modernità).

La chiesa più vicina al santo Herman era sull'isola di Kodiak. Il santo Herman era un recluso, una vocazione unica nella Chiesa. Non ebbe mai una chiesa che gli chiuse le porte, costringendolo così a stare "a casa". Io sono incoraggiato dal suo esempio, che tuttavia non giustifica la chiusura delle chiese. Questo esempio può portare consolazione nella nostra situazione, ma non la convalida in alcun modo.

Inoltre, il santo Herman visse un momento di "malattia mortale". Il modo in cui un recluso ha risposto durante questo periodo potrebbe effettivamente avere un peso maggiore per la nostra situazione attuale. "Un'infezione di malattie mortali e piaghe era arrivata attraverso una nave dagli Stati Uniti all'isola di Sitka e da lì all'isola di Kodiak. Cominciò con febbre, naso che colava intensamente e mancanza di respiro e finiva con spasmi: in tre giorni le vittime morivano... Durante tutto il tempo in cui durò la malattia, un mese intero con graduale declino, padre Herman, senza risparmiarsi, visitò instancabilmente i malati, invitandoli a essere pazienti, a pregare, a provare pentimento o a prepararsi alla morte" (Prima Vita). La malattia fu estremamente virulenta su Sitka dove non c'erano né dottori né medicine.

è di una certa importanza il fatto che questo santo recluso lasciò la sua reclusione e la sua casa per servire. Non rimase a casa temendo di diffondere la malattia. E sì, sono sicuro che prese tutte le precauzioni che poteva mentre prestava servizio. Le sue parole agli aleuti sono, ovviamente, applicabili molto bene anche a noi. Possa questo sacrificio ispirarci.

Il secondo esempio che ho incontrato è come alcuni padri del deserto lasciavano il monastero per quaranta giorni per pregare nel deserto. Un esempio nobile, davvero. Eppure, non erano costretti ad andare nel deserto, lo facevano di loro spontanea volontà. Non era il risultato diretto della chiusura di un luogo di culto da parte della Chiesa stessa. Possa il loro esempio darci speranza nella nostra situazione ma, ancora una volta, non convalida la nostra situazione attuale.

Inoltre, nella vita di santa Maria l'Egiziaca (che è stata indicata come esempio perché i monaci del monastero dove viveva san Zosima avevano la pratica sopra citata) questa frase molto vitale deve essere presa in considerazione, "Tutti uscivano nel deserto e attraversavano il fiume Giordano. Solo uno o due fratelli rimanevano nel monastero, non per proteggere la proprietà (perché non c'era nulla da rubare), ma per non lasciare la chiesa senza servizi divini".

Cioè, anche se la maggior parte della fratellanza andava nel deserto a pregare, rimanevano alcuni per assicurarsi che le funzioni non si fermassero. Tale era il valore dele funzionii. Non lasciavano la Chiesa senza funzioni. E noi? Essi non chiudevano la chiesa per andare nel deserto. Capivano che mentre la loro preghiera personale e molto ascetica era offerta nel deserto, era della massima importanza che fossero offerti anche i servizi divini. Era tutto collegato. Non mettevano una parte contro l'altra.

Ancora una volta, questi esempi possono incoraggiare i fedeli ortodossi, e dovrebbero incoraggiarli, ma non giustificano in alcun modo, dal punto di vista spirituale, la chiusura delle chiese e la cessazione totale delle funzioni in alcuni luoghi.

Spiritualmente parlando, non trovo giustificabili le nostre attuali azioni ecclesiali. Non sono d'accordo con coloro che stanno cercando di usare esempi, come quelli sopra, per avallare la chiusura delle chiese. Credo che abbiamo fatto un grave errore. Niente può tenerci lontani dal nostro Signore e alla fine tutte le cose si risolveranno nel bene di quelli che confidano in lui.

Forse abbiamo perso le funzioni poiché, forse, mentre le avevamo, non le abbiamo valutate come dovremmo.

Possa il Signore avere misericordia.

 
L'icona della Madre di Dio "Siciliana"

Il 18 febbraio di ogni anno la Chiesa ortodossa russa fa memoria della santa martire Agata di Catania, la giovane siciliana che nei secoli ha dato lustro alla nostra isola per l'eroica difesa della sua fede cristiana e della sua dignità di donna. Nello stesso giorno, ricorda anche l'icona della Madre di Dio Divnogorskaja-Siciliana, chiamata così perché portata nella località di Divnogorsk da due monaci siciliani, greco-ortodossi di nascita, Ksenofont e Ioasaf, che erano sfuggiti alle persecuzioni degli spagnoli nei confronti della popolazione cristiano-ortodossa ancora presente in Sicilia. Essi arrivarono in Russia verso la fine del XV secolo e su di un'altura sopra il fiume Don, vicino alla confluenza del fiume Tikha Sosna, fondarono un monastero scavato nella roccia calcarea. Lì i due monaci vissero in preghiera venerando l'icona della Madre di Dio Sitsiliskaja (Siciliana), che avevano portato con loro, e infine si addormentarono nel Signore, imprimendo in quelle rocce la loro imperitura memoria.

Nell'Icona Divnogorskaja-Siciliana la Madre di Dio è raffigurata seduta in trono col bambino, mentre nella mano destra regge un giglio bianco e con il braccio sinistro sostiene il Divino Bambino che siede ritto sulle sue ginocchia. Il Salvatore tiene anche lui un giglio nella mano sinistra e benedice con la destra, mentre intorno alle figure di madre e figlio si dispongono otto angeli, due dei quali al di sotto sono in ginocchio con le mani levate in preghiera.

Il prof. Nikodim Pavlovich Kondakov in Ikonografia Bogomateri, tomo II, p. 335-338 (in russo), riprendendo Placido Samperi (Iconologia della gloriosa vergine madre di Dio Maria protettrice di Messina), individua nel celebre mosaico della Madonna della Ciambretta di Santa Maria Monialium di Messina, il prototipo dell'icona della Madre di Dio Siciliana: una "Kiriotissa", cioè una madonna in trono con bambino, dove la madonna è il trono stesso su cui è assiso il Cristo bambino.

Un mosaico molto simile lo troviamo sul portico meridionale della Cattedrale di Palermo, segno che il modello iconografico era certamente diffuso nella nostra isola. In particolare l'icona Siciliana che si trova oggi in Russia e' molto originale in quanto inserisce all'interno del tema iconografico della "Kiriotissa" quello della Madre di Dio "Fiore immarcescibile", dove la Madonna regge con il braccio destro il bambino mentre con la mano sinistra mostra un giglio, se non che l'icona Siciliana si distingue ulteriormente per originalità, in quanto qui anche il bambino regge un giglio con la mano sinistra. "Rallegrati , o Sposa divina, che hai dato alla luce il medico degli uomini; mistico ramo, che ha fatto fiorire l'immarcescibile fiore", così canta Romano il Melode nell'Acatisto alla Vergine, una preghiera ancora usata in alcune parti della Sicilia e conservatasi anche nel nostro dialetto.

Il giglio è stato spesso ripreso nella sua simbologia dalla mistica, e quindi la storia dell'arte lo ha riproposto nei secoli  quale segno di regalità, di verginità e non ultimo di amore: "Come un giglio tra le spine, così è la mia amata tra le figlie di Gerusalemme", dice il Cantico dei Cantici (Ct 2,2). Cristo stesso indica ai discepoli i gigli del campo, che nella loro bellezza superano persino l'eleganza del re Salomone, invitando i cristiani a un fiducioso abbandonarsi alla grazia di Dio che sostiene il credente. In Italia, il grande poeta e mistico Jacopone da Todi, ne "Il Pianto della Madonna", ci presenta nel giglio il Cristo stesso, che attraverso Maria è divenuto l'unico interlocutore capace di rispondere alla sete spirituale dell'uomo: "O figlio, figlio, figlio! Figlio, amoroso giglio, Figlio, chi dà consiglio al cor me' angustïato? Figlio occhi iocundi, figlio, co' non respundi? Figlio, perché t'ascundi al petto o' sì lattato?". Ecco come Oriente e Occidente s'incontrano nel comune linguaggio della mistica e delle icone!

Tra breve una copia dell'icona Siciliana, dipinta da Liliya Sitdikova, iconografa e artista russa, tornerà nella sua patria di origine, e sarà offerta alla venerazione dei fedeli nella città di Palermo.

 
Mosè fu davvero l'autore del Pentateuco?

Il normale lettore ortodosso della Bibbia non pensa a domande quali la paternità o la datazione dei singoli libri. I primi cinque libri della Bibbia, il Pentateuco di Mosè? Naturalmente, il profeta Mosè li ha scritti - dopo tutto, così si chiamano, ed è così che insegnano la Scrittura e la Tradizione insegna. E chi non è d'accordo, è un empio ateo.

Ma poi questo lettore ortodosso potrebbe incontrare le argomentazioni dall'altro lato. O le respingerà immediatamente, partendo direttamente dalle conclusioni senza preoccuparsi degli argomenti, o ... le considererà e concorderà con alcuni di essi. Questo allora significa che la Scrittura e la Tradizione sono inaffidabili? Alcuni traggono questa conclusione.

Fermiamoci e pensiamoci. La tradizione è una cosa complessa e diversificata; in essa si possono trovare tutti i tipi di diverse dichiarazioni (per esempio, sulla terra piatta, sul sole che gira intorno alla terra, e sugli ibridi tra le iene e le murene), ma solo alcune di di queste dichiarazioni sono di fatto di importanza dottrinale. La questione della paternità dei libri biblici non è chiaramente una di loro.

Ma per quanto riguarda il nome "Pentateuco di Mosè"? Non si indica un autore? Non necessariamente. Così, il Salterio porta il nome del re Davide, ma Davide sicuramente non ha scritto il Salmo 136, "Sui fiumi di Babilonia", semplicemente perché è morto molto prima della cattività babilonese. È improbabile che Giona, Rut, e Giobbe abbiano scritto i libri che portano i loro nomi. E il profeta Samuele di certo non ha scritto i due libri che portano il suo nome nella tradizione ebraica (primo e secondo libro dei Re nella Settanta), semplicemente perché è morto a metà del primo libro.

Questo spiega in parte la situazione del Libro dei Proverbi di Salomone. Così si chiama l'originale: sembrerebbe completamente e interamente scritto dal re Salomone! Ma no! In primo luogo, al termine di questo libro ci sono i detti di altri due, Agur e Lemuel. E anche questa non è la cosa principale: il capitolo 25 inizia con queste parole: Anche questi sono proverbi di Salomone, copiati dagli uomini di Ezechia, re di Giuda [Proverbi 25: 1]. Cioè, il re Salomone ha detto i proverbi, ma questi sono stati messi in forma di libro solo sotto il re Ezechia, due secoli più tardi! Per tutto quel tempo sono esistiti in forma di tradizione orale. Il libro dei Proverbi risale a Salomone, che ne è il protagonista principale, ma chiaramente non l'ha scritto lui nella sua forma attuale.

Che dire del Pentateuco? Indubbiamente, Mosè è l'eroe principale di quattro dei suoi cinque libri, e il primo, la Genesi, è essenzialmente la preistoria dell'Esodo sotto la guida di Mosè. In primo luogo, il testo stesso non indica da nessuna parte la paternità di Mosè. In nessun punto è scritto: "Io, Mosè, sono andato qui, ho fatto queste cose, e poi ho scritto tutto questo". Al contrario, di Mosè si parla solo in terza persona.

Ma ci sono argomenti contro la paternità di Mosè nel testo? Ci sono, e la cosa più interessante è che ci sono voluti letteralmente secoli (!) perché fossero riconosciuti da un pubblico di pii ebrei e cristiani pii, e neanche da tutti loro. Si può leggere di più su questa storia in Who Wrote the Bible? (Chi ha scritto la Bibbia?) di Richard Elliott Friedman. Qui noteremo solo i punti principali.

Nella Spagna (allora) islamica dell'XI secolo, il medico ebreo Isaac ibn Yashush sottolineava che Genesi 36 elenca i re di Edom, vissuti dopo Mosè. La conclusione è che, come minimo, questi nomi sono stati aggiunti al libro dopo la sua morte. Nel secolo successivo, il suo connazionale Abraham ibn Ezra, che pensava che il libro di Isaac avrebbe dovuto essere bruciato, ha richiamato l'attenzione su altri versetti simili che descrivono luoghi dove Mosè non era mai stato, in cui si usavano espressioni che venivano chiaramente da un altro tempo, e i luoghi generali in cui si parlava di Mosè in terza persona. La conclusione di ibn Ezra fu la seguente: "se capite, apprenderete la verità." Ma lui stesso non trasse le sue conclusioni ad alta voce.

Nel XV secolo, nel mondo cristiano, il vescovo Tostado di Avila osservava che il racconto della morte di Mosè alla fine del Deuteronomio non era stato chiaramente scritto da Mosè. Posso subito notare che si possono spesso sentire obiezioni su questo punto: era un profeta e poteva prevedere ogni cosa. Ma anche così, perché allora ha formulato la sua previsione come un racconto di un evento passato?

In questo tempo, era consuetudine ritenere che gli episodi certamente supplementari erano stati aggiunti al testo originale mosaico. O, in ogni caso, questo è ciò che si diceva.

Ma poi arrivò dell'altro. Nel XVII secolo Thomas Hobbes in Gran Bretagna e Isaac La Peyrere in Francia attiraronoo l'attenzione su molti altri problemi meno evidenti. Per esempio, l'espressione "fino a questo giorno" (Genesi 26:33, 35:20, ecc). Essi descrivono la terra di Israele o la Palestina, come era ai tempi degli israeliti e spiegano l'origine di alcuni nomi e di un memoriale di Rachele. Potrebbe averne parlato Mosè, che non era mai stato in quella terra?

Il Deuteronomio inizia così: Queste sono le parole che Mosè disse a tutto Israele oltre il Giordano. Dove si trova "al di là del Giordano"? Il contesto non lascia dubbi: sulla costa orientale, prima che gli Israeliti avessero attraversato il fiume. Ma solo chi viene a vivere a occidente del fiume può dire "oltre il Giordano"! Così, se qualcuno dovesse scrivere che l'Europa è "al di là dell'Atlantico," capiremmo che l'autore vive in America e non avrebbe potuto scrivere così prima della sua scoperta. Così, l'inizio del Deuteronomio non avrebbe potuto essere scritto prima della traversata del Giordano da parte degli israeliti.

Infine, tutto questo fu riassunto dal famoso filosofo Baruch (Benedetto) Spinoza (Olanda, XVII secolo). Ecco un altro esempio, da lui analizzato in dettaglio: Non è più sorto in Israele un profeta come Mosè, con cui il Signore parlava faccia a faccia (Deuteronomio 34:10). Non è che Mosè non avrebbe mai scritto così impudicamente di se stesso, ma piuttosto che l'autore di questi versi chiaramente conosceva la successiva storia di Israele, e aveva qualcosa da confrontare con Mosè.

Spinoza fu scomunicato per libero pensiero, e autori cristiani (cattolici e protestanti in egual misura) si scagliarono contro le sue conclusioni. La paternità mosaica dell'intero Pentateuco era già irrealistica, così la logica, per esempio, del suo critico Richard Simon consisteva in questo: Mosè scrisse tutto, tranne ciò che ovviamente non avrebbe potuto scrivere. Ma anche questo sembrava ai cattolici contemporanei una concessione inaccettabile al libero pensiero, e anche il libro di Simon fu vietato.

Ma la crepa, in un modo o nell'altro, si era aperta: venne fuori che solo il nucleo di questi libri poteva essere attribuito a Mosè, e che i suoi seguaci avevano aggiunto il resto. Rimanendo nell'ambito del buon senso, è già diventato impossibile affermare inequivocabilmente che Mosè ha scritto tutto. Si può, naturalmente, rinunciare alla ragione, e molti lo hanno fatto - ma non tutti possono farlo.

Cosa dovrero fare gli ortodossi? Vorrei suggerire, soprattutto, di non imporci vincoli pesanti confondendo la caparbietà del fondamentalismo protestante con la Tradizione patristica. Per loro, l'autorità della Scrittura si basa su una interpretazione letterale della Rivelazione: Dio ha dettato queste parole al grande profeta Mosè, e quindi sono affidabili. Ma per loro, d'altra parte, non esiste una cosa come la Tradizione.

Nell'autentica comprensione ortodossa, tutto sembra un po' diverso. La scrittura è la parte centrale e principale della Tradizione, ma il confine tra di loro non è affatto impenetrabile. Ricordiamo che anche i Vangeli non sono stati scritti subito dopo la risurrezione di Cristo e sono esistiti per diversi decenni (!) sotto forma di storie orali di testimoni oculari. Solo quando questi ultimi divennero troppo pochi e il pubblico troppo grande tutto fu scritto per un accesso universale.

Più o meno allo stesso modo si sono gradualmente evoluti il Salterio e il Libro dei Proverbi, quindi perché non ammettere che il Pentateuco non è sorto tutto in una volta, all'istante, ma attraverso una sorta di "cristallizzazione" delle tradizioni orali e, possibilmente, di alcuni testi scritti (come, per esempio, i Dieci Comandamenti, giunti fino a noi in due versioni non del tutto identiche: Esodo 20 e Deuteronomio 5)? In tale modello la Scrittura nasce dalla Tradizione come la sua parte più importante ed essenziale.

Questo è come parla di questo processo la famosa "ipotesi documentale", di cui parleremo un'altra volta.

 
Impressioni dei primi minuti del nuovo pontificato

Il nuovo papa Francesco (Bergoglio) ha iniziato il suo pontificato con segni che non possono non incuriosire e affascinare i cristiani ortodossi. Segni di preghiera e di umiltà, segni di rispetto per il suo predecessore (del cui pontificato la Chiesa ortodossa non ha mai avuto seriamente da ridire), segni di una sana ecclesialità (un servitore che chiede al popolo da lui servito di pregare Dio di illuminare il suo servizio), segni di mancanza di quel protagonismo papale che è stato per tanti secoli punto di inutile contesa.
Ad multos annos, per ora, e speriamo di intravedere sempre più segni positivi nel cammino di fratellanza appena indicato!

 
Il millenarismo

"Perché gli ortodossi hanno una visione non millenarista, quando è così evidente ora che Satana è vivo e attivo e non confinato? I seguenti padri erano pre-millenaristi:.. Giustino Martire, Melitone, Egesippo, Taziano, Ireneo, Tertulliano, Ippolito e Apollinare. Allora, perché il chiliasmo è un'eresia?"

Tra i nomi che sono elencati, non credo ci sia alcuna prova evidente che sant'Egesippo abbia avuto idee pre-millennariste. Sant'Ippolito in realtà ha cambiato idea sulla questione, e ha rifiutato il pre-millennarismo. Taziano, Tertulliano e Apollinare finirono tutti la loro vita nell'eresia e nello scisma, e così i loro pareri non erano chiaramente maggioritari.

San Giustino, pur essendo di idee pre-millennariste, ha riconosciuto che molti nella Chiesa del suo tempo non lo erano. Ha scritto:

"Ho ammesso con te in passato, che io e molti altri siamo di questo parere [che ci sarà un futuro regno millenario di Cristo], e [credo] che avrà luogo, come sai certamente, ma, d'altro canto, ti ho ricordato che molti di coloro che appartengono alla fede pura e pia, e sono veri cristiani, pensano altrimenti" (Dialogo con Trifone LXXX).

Prima che la Chiesa facesse una dichiarazione definitiva in materia, era possibile per  santi come san Giustino e sant'Ireneo sostenere tali opinioni, ma al Concilio ecumenico, la Chiesa ha aggiunto al Credo la frase "il cui regno non avrà fine" immediatamente dopo la dichiarazione che Cristo "ritornerà nella gloria per giudicare i vivi e i morti..." Questo è stato aggiunto per mettere in chiaro che non ci sarà alcun regno millenario provvisorio, ma un regno eterno, come la Scrittura stessa conferma:

"Egli sarà grande e sarà chiamato Figlio dell'Altissimo; e il Signore Dio darà a lui il trono di Davide suo padre: ed egli regnerà sulla casa di Giacobbe in eterno, e il suo regno non avrà mai fine" (Luca 1:32-33).

"Il suo dominio è un dominio eterno, che non tramonta mai, e il suo regno non sarà mai distrutto" (Daniele 7:14b).

Il pre-millennarismo si basa su un'errata interpretazione di Apocalisse 20:1-3, in cui si afferma:

"Poi vidi un angelo che scendeva dal cielo con la chiave dell'abisso e una grande catena in mano. Ed egli prese il dragone, il serpente antico, che è il diavolo e Satana, e lo legò per mille anni, e lo gettò nel pozzo senza fondo, e lo zittì, e mise un sigillo su di lui, perché non seducesse più le nazioni, finché i mille anni fossero compiuti: e dopo di questi dovrà essere sciolto, per una breve stagione".

Il problema di interpretare questo come un riferimento a qualcosa che accadrà dopo il tempo della seconda venuta di Cristo è che a questo punto dovrete credere che, per qualche ragione imperscrutabile, Dio lascerà libero il diavolo un migliaio di anni più tardi, e che ci saranno ancora in quel regno millenario persone che possono essere ingannate dal Diavolo a ribellarsi contro Cristo, già venuto in tutta la sua gloria, con tutte le schiere celesti. Inoltre dovreste credere che quando Cristo ritornerà la risurrezione generale non avrà luogo in quel momento, ma solo un migliaio di anni dopo, e solo allora avrebbe luogo il giudizio finale:

"Gli altri morti invece non tornarono in vita fino al compimento dei mille anni" (Apocalisse 20:5).

"E quando i mille anni saranno compiuti, Satana sarà liberato dalla sua prigione, e uscirà per sedurre le nazioni che stanno ai quattro angoli della terra, Gog e Magog, e radunarle per la guerra: il loro numero è come la sabbia del mare. E salirono fino alla superficie della terra, e circondarono  l'accampamento dei santi e la città amata. Ma un fuoco scese dal cielo, e li divorò. E il diavolo, che li aveva sedotti, fu gettato nello stagno di fuoco e zolfo, dove sono anche la bestia e il falso profeta, e saranni tormentati giorno e notte, nei secoli dei secoli" (Apocalisse 20:7-10).

Una tale interpretazione non quadra con quanto indicato chiaramente altrove nella Scrittura, che quando Cristo ritornerà, risisciterà i morti e giudicherà tutti:

"Il Figlio dell'uomo verrà nella gloria del Padre suo, con i suoi angeli, e allora renderà a ciascuno secondo le sue opere" (Matteo 16:27)

"Quando il Figlio dell'uomo verrà nella sua gloria, e con lui tutti i santi angeli, si siederà sul trono della sua gloria: e dinnanzi a lui saranno raccolte tutte le genti, ed egli separerà gli uni dagli altri, come il pastore separa le pecore dai capri "(Matteo 25:31-32).

"Questo vi diciamo sulla  parola del Signore, che noi che viviamo e saremo ancora in vita alla venuta del Signore, non avremo alcuna precedenza su quelli che si sono addormentati. Perché il Signore stesso, a un ordine, alla voce dell'arcangelo e al suono della tromba di Dio, discenderà dal cielo, e i morti in Cristo risusciteranno per primi; poi noi, i viventi, che saremo rimasti, saremo rapiti insieme con loro, sulle nubi, a incontrare il Signore nell'aria; e così saremo per sempre con il Signore" (1 Tessalonicesi 4:15-17).

"...quando il Signore Gesù Cristo apparirà dal cielo con gli angeli nella sua potenza, con fuoco ardente, per punire quelli che non riconoscono Dio e quelli che non ubbidiscono al Vangelo del nostro Signore Gesù Cristo: essi saranno puniti con una rovina eterna lontani dal volto del Signore, e dalla gloria della sua potenza" (2 Tessalonicesi 1:7b-9).

Si veda anche 1 Corinzi 15.

Ha molto più senso comprendere i mille anni come un tempo indefinito tra la prima e la seconda venuta di Cristo. Sant'Andrea di Cesarea fa notare che spesso il numero "mille" è usato per riferirsi a un numero indefinito:

"Con il numero di mille anni non è in nessun modo ragionevole intendere un numero corrispondente  di anni. Non fu per una questione di numeri che Davide ha detto, 'la parola da lui data per mille generazioni' [Salmo 104 [105]:8], perché noi contassimo dieci volte cento, ma per significare molte generazioni "(Andrea di Cesarea, Commentary on the Apocalypse, Washington, DC: Catholic University of America Press, 2011, p. 206).

Per quanto riguarda il rilascio di Satana e l'inganno delle nazioni, questo si riferisce alla venuta dell'anticristo, e agli ultimi giorni prima della seconda venuta. Il legame di Satana non significa che non ha alcun potere in questo periodo, ma che è trattenuto fino a poco prima della fine di questa età. Questo è in linea anche con ciò che san Paolo ha detto sulla venuta dell'anticristo e la grande apostasia:

"Nessuno vi inganni in alcun modo, poiché quel giorno non verrà a meno che l'apostasia venga prima, e sia rivelato l'uomo del peccato, il figlio della perdizione, l'avversario, che si oppone ed esalta se stesso sopra tutto ciò che è chiamato Dio o che è adorato, per sedersi come Dio nel tempio di Dio, mostrando se stesso come Dio. Non vi ricordate che quando ero ancora tra voi, vi dicevo queste cose? E ora sapete ciò che impedisce che egli possa essere rivelato a suo tempo. Il mistero dell'iniquità è già all'opera, soltanto colui che lo trattiene lo farà fino a quando non sarà tolto di mezzo" (2 Tessalonicesi 2:3-7).

Sant'Andrea di Cesarea dice che questo legame è ciò di cui Cristo ha parlato, quando disse che per rovinare la casa di un uomo forte, l'uomo forte deve prima essere legato (Ibidem, p 205s, cfr Mt 12:29; Mc 3:27; Lc 11: 21-22). Questa affermazione, in tutti e tre i Vangeli sinottici, è nel contesto di Cristo che parla del potere mediante il quale egli scaccia i demoni.

La maggior parte dei cristiani, tra cui i protestanti, afferma di credere al Credo di Nicea, e il Credo di Nicea è univoco su questo punto, e la sua affermazione che il regno di Cristo "non avrà fine" è tratta direttamente dalla Scrittura. Alcuni primi padri, che non hanno avuto il beneficio dell'istruzione del Concilio Ecumenico, hanno qualche scusa per essersi sbagliati su questo punto; ma ora noi non abbiamo tale scusa.

Il problema con il pre-millennarismo è che ha finito per alimentare altre eresie, come il montanismo, che credeva che Montano fosse lo Spirito Santo incarnato, e che riteneva che il Regno di Dio si sarebbe presto manifestato in Frigia. Abbiamo visto eresie simili con un'escatologia millenaristi in tempi più recenti, con i testimoni di Geova, gli avventisti del Settimo Giorno, il mormonismo, la setta di Jim Jones e i Branch Davidians. Dati gli eccessi che questo punto di vista ha avuto la tendenza a produrre, la Chiesa ha ritenuto necessario definire chiaramente la questione.

 
Dalla mia modesta esperienza di catechesi battesimale

Più volte mi è stato chiesto un piano concreto di catechesi battesimale, che i sacerdoti (o coloro che li aiutano nel lavoro del catechismo) possano applicare nelle loro parrocchie. Ad alcuni ho risposto in privato, per altri il momento è venuto solo ora, in pubblico. Purtroppo, la risposta alla domanda sulla catechesi per il matrimonio dovrà aspettare un po' di tempo. Qui [in Portogallo, ndt] celebro pochi matrimoni, e non mi sono ancora deciso per un particolare modello di catechesi, perché ciò che vi propongo non è una serie di speculazioni teoriche, ma un'esperienza ha confermata da un certo feedback da parte degli ascoltatori.

La preoccupazione di un numero crescente di sacerdoti e missionari per la catechesi battesimale mi rende molto felice, ma la mancanza di una guida alla catechesi o anche di alcuni testi con modelli di catechesi mi rattrista. Personalmente, penso da un po' di tempo allo sviluppo di un libro del genere, ma non mi ci sono ancora applicato sul serio, tanto più che non mi sono mai considerato uno specialista di catechetica o di missiologia. Ho fatto alcune ricerche solo perché non ho trovato nulla da parte di altri, in particolare in lingua romena...

Prima di dare un elenco di argomenti di catechesi, vorrei fare alcune precisazioni. Almeno qui in Portogallo (e in Occidente in generale), dobbiamo tenere a mente che non tutti i parrocchiani vivono nella stessa città, da qualche parte nei pressi della chiesa, ma spesso vengono da una distanza di decine o addirittura centinaia di chilometri. E ci sono molti casi in cui il numero di riunioni e, di conseguenza, il numero di argomenti trattati, è minore a causa della reale impossibilità di incontrarci più spesso. Ma in questi casi si cerca di colmare il vuoto raccomandando libri o materiali in formato elettronico. Inoltre, se i genitori del bambino e i padrini sono membri attivi della Chiesa, che leggono regolarmente la Bibbia e cercano di vivere secondo essa, tutto si riduce a un incontro di "sensibilizzazione", senza altre lezioni. Si può fare una certa riduzione del numero di lezioni quando genitori e padrini hanno già partecipato a questi insegnamenti, quando i bambini sono battezzati in età più avanzata e hanno solo bisogno di un aggiornamento di idee o di un grave rimprovero nel caso che le lezioni fatte 2-3 anni prima non sono state messe in pratica.

Così come mi hanno chiesto, passo a descrivervi come faccio queste lezioni di catechismo battesimale, riconoscendo fin dall'inizio l'imperfezione e forse l'incoerenza di questo piano. Ho già detto che le nostre lezioni si svolgono presso la chiesa, alla sera, alle ore 19:00, e prendono all'incirca da un'ora a un'ora e un quarto (gli ultimi 5-10 minuti sono per le domande). In realtà la prima lezione (breve e improvvisata) si svolge all'ottavo giorno dopo la nascita, quando il sacerdote va a casa a leggere le prime preghiere alla madre e al bambino, ma la catechesi vera e propria inizia normalmente 40 giorni dopo la nascita, quando il bambino viene fatto catecumeno e può entrare nella Chiesa insieme con la madre. Naturalmente, è importante non solo effettuare queste lezioni extra-liturgiche, ma anche chiedere una maggiore partecipazione dei genitori e dei padrini a tutte le funzioni della chiesa, e, se possibile, la loro confessione e comunione.

Ecco il mio piano di catechesi in 5 lezioni:

1. Una breve introduzione in cui cerco di rendermi conto della conoscenza religiosa di genitori e padrini. Poi parlo loro del bisogno della loro catechesi, quali responsabili per l'educazione cristiana dei figli. Per questo fine, fondamentalmente, utilizzo il mio articolo "Quando e come possiamo battezzare i bambini", che stampo e lascio loro da rileggere casa. Per motivarli ad ascoltare e prendere sul serio queste lezioni, è necessario, in primo luogo, dire loro che si tratta di una cosa necessaria e naturale, e che la catechesi è un'antica pratica della Chiesa, abbandonata a causa di regimi di occupazione (turchi, comunisti ecc.), anche se noi sappiamo che hanno prevalso le cause soggettive e non quelle oggettive. (Alla prima lezione lascio anche il Credo da imparare, se non lo sanno, perché abbiano abbastanza tempo per impararlo).

2. Parlo dell'importanza della preghiera e dello studio della Sacra Scrittura come modo per raggiungere un dialogo personale con Dio. Inoltre, spiego la necessità di un rapporto vivo con Dio nella Chiesa e attraverso la Chiesa, sviluppando l'idea che Dio non ha stretto un patto personale con il popolo, ma un patto con la Chiesa Una, nel seno della quale possiamo essere salvati. Insisto sul principio: "Fuori della Chiesa non c'è salvezza". Scuse come "Ho sempre ho Dio nella mia anima ..." / "La cosa importante è di essere un uomo buono, non necessariamente andare in chiesa", ecc, devono essere estirpate.

3. Leggiamo e spieghiamo ogni elemento nel Simbolo della fede. Le idee principali sono scritte su un foglio assieme al testo e possono essere rilette a casa. Ovviamente sarebbe meglio fare una lezione per ogni elemento nel Credo (cioè 12 lezioni sul solo Credo), ma non avendone la possibilità, spieghiamo tutto in una lezione. (Sarebbe bene registrare almeno questa lezione per poterla ripetere, perché è la più complicata).

4. Leggiamo insieme e commentiamo brevemente il "Discorso della montagna" del Salvatore (Matteo, cap. 5-7), mettendo in evidenza i principali insegnamenti morali del Vangelo. Parliamo brevemente dell'importanza della confessione nella lotta spirituale dell'uomo. (È una lezione più lunga ma semplice e interessante).

5. Spiego brevemente ogni elemento del servizio del battesimo, poi parlo dell'importanza della partecipazione sistematica alla comunione (sia per i bambini sia per i genitori e i padrini). Quindi questa è una catechesi liturgica.

Infine faccio loro un breve esame, abbastanza semplice, e se osservo che le lezioni non hanno aiutato abbastanza, li invito a un incontro supplementare per spiegare ulteriormente ciò che li interessa o ciò non hanno capito. È interessante notare che, per due volte, anche genitori, padrini e madrine mi hanno chiesto una lezione supplementare, perché avevano molte domande alle quali cercavano risposte. (Forse era una semplice coincidenza, ma in entrambi i casi i genitori e i padrini erano russi; romeni e moldavi sono più difficili a portare a un buon insegnamento. Si sentono sempre come se sapessero tutto.)

Se non c'è il tempo o l'opportunità per tutti questi incontri, unisco la prima lezione alla seconda (fatta in forma breve) e assegno la numero 4 come compito a casa. Ma richiedo comunque le lezioni al punto 1 (e 2), 3 e 5. Cerco di essere il più possibile sistematico con le idee, perché le persone vengono dopo una dura giornata di lavoro e non posso permettermi di stancarle troppo, per non creare antipatie personali e soprattutto ecclesiali. Ma questo non significa che dobbiamo arrenderci e soddisfare i loro capricci...

Per esempio, con chi vive sull'isola di Madeira o in altri angoli remoti del Portogallo, capita che facciamo un incontro faccia a faccia, e gli altri 2-3 attraverso Skype o e-mail. Negli altri casi, rispetto questo piano di lezioni, e le persone si sono abituate al pensiero di doverle seguire, perché altrimenti non battezzo il loro bambino. Ci sono alcuni che "cercano oltremare" preti che battezzino immediatamente i loro figli senza lezioni, e ci sono genitori e padrini che non vedono l'ora che io finisca i miei discorsi, perché non sono affatto interessati. Ovviamente cerco di svegliarli da questo torpore e indifferenza, ma se non va loro bene, mi faccio guidare dalla parola del Signore: "Se non fossi venuto e non avessi parlato loro, non avrebbero alcun peccato; ma ora non hanno giustificazione per il loro peccato" (Giovanni 3:22). Se non avessi fatto le catechesi, avrei risposto io per il bambino, ma ora rispondono loro!

Ma sappiate che molti capiscono e cambiano. Ed è una grande gioia quando vedi dei genitori giovani che andavano raramente in chiesa, e che dopo queste lezioni vengono ogni domenica e si comunicano relativamente spesso. E anche se solo una famiglia su dieci riesce a capirlo, lo sforzo di catechesi è già giustificato e vale la pena continuarlo, soprattutto dal momento che queste cose non sono un capriccio dei sacerdoti, ma un comandamento di Dio, che ci ha detto prima di insegnare e poi di battezzare (Matteo 28:19)!

Naturalmente, il successo dell'attuazione del programma di catechesi è strettamente legato alla solidarietà dei preti delle parrocchie vicine, ma anche dal sostegno del vescovo locale (perché spesso la gente va a lamentarsi al vescovo, e quest'ultimo prende le difese dei piantagrane laici, senza nemmeno chiedere al sacerdote qual è la situazione). Qui dove servo, non solo ho il sostegno del vescovo, ma anche i sacerdoti dei dintorni (inclusi quelli di altre giurisdizioni canoniche) praticano un programma di catechesi e, da questo punto di vista, tutto è più facile.

Un altro aspetto degno di nota è il fatto che la pratica della catechesi battesimale nella parrocchia in cui servo non è stata avviata da me, ma da un sacerdote che per anni ha lavorato per spiegare alla gente il giusto approccio al battesimo. Io non ho fatto che andare avanti e magari dare una nuova vita a quest'antica pratica. Se la mia esperienza può aiutare gli altri, mi farà un gran piacere. Ma sarei ancor più contento se altri sacerdoti condividessero la loro esperienza, perché io sono pienamente consapevole che ho ancora molto da imparare e da correggere in questo lavoro così importante e difficile.

 
San Giovanni Maksimovich non era uno scismatico

Recentemente abbiamo celebrato la memoria di san Giovanni (Maksimovich), in onore dell'apertura delle sue sacre reliquie. Il santo è molto amato e venerato non solo nella diaspora russa, ma anche in Russia.

Sfortunatamente, alcune persone cercano di usare questo fatto per mettere in imbarazzo i credenti che venerano la sua figura nel tentativo di giustificare le loro idee sulla salvezza in uno scisma, o sulla scusabilità dello scisma in quanto tale (o anche sull'offuscamento dei confini della Chiesa).

Pertanto, sembra utile e necessario mostrare perché l'esempio della Chiesa russa all'estero e in particolare di san Giovanni non può essere una scusa per gli scismatici presenti e futuri. Non è difficile vedere se confrontiamo la sua posizione, soprattutto nell'espressione di san Giovanni, con la posizione degli attuali scismatici.

In primo luogo, la ROCOR, durante il tempo di san Giovanni di Shanghai, era ancora in comunione eucaristica con la Chiesa di Gerusalemme e la Chiesa ortodossa serba, e faceva tesoro di questa comunione. San Giovanni (Maksimovich) già nel 1938 al II Concilio di tutta la diaspora lo disse, sostenendo che "la Chiesa russa all'estero... non deve interrompere la comunione con altre Chiese". [1] E molto più tardi, nel 1960, in un suo sermone, disse: "Noi, la Chiesa russa all'estero, manteniamo la nostra unità in comunione con tutte le Chiese con le quali è possibile essere in comunione". [2]

Egli stesso servì con il clero delle Chiese locali, specialmente serbe, quando visse e iniziò il suo sacerdozio nel Regno di Jugoslavia e, per quanto si sa, lo fece anche in seguito. Come si può definirlo uno scismatico se non ha interrotto la comunione eucaristica con la famiglia delle Chiese ortodosse locali che compongono la Chiesa universale di Cristo? I veri scismatici, a differenza di san Giovanni e della ROCOR di quel tempo, non hanno amicizia con nessuna delle Chiese locali e apprezzano l'assenza di questa fratellanza, dal momento che la considerano un brutto legame con persone al di fuori della vera Chiesa di Cristo.

In secondo luogo, la ROCOR ai tempi di san Giovanni di Shanghai si è dichiarata non una "Chiesa separata", e tanto meno una "Chiesa intera", ma una  parte  della Chiesa ortodossa russa. Lo "Statuto della Chiesa ortodossa russa all'estero" diceva: "La Chiesa ortodossa russa all'estero è una parte inestricabile della Chiesa Russa locale, che si autogoverna temporaneamente su base conciliare fino all'abolizione del potere senza Dio in Russia".

Questo è esaurientemente espresso da san Giovanni nel sermone sopra citato:

Tutte le parti della Chiesa universale hanno un obiettivo comune: la predicazione della parola di Dio... Nel raggiungimento di questo obiettivo comune, ogni Chiesa locale ha il suo significato... Tutte insieme formano un'unica Chiesa universale e portano ad essa le proprie peculiarità e talenti... La nostra Chiesa russa all'estero è una parte libera della Chiesa russa... Spiritualmente, la Chiesa russa è inseparabile... Come parte della Chiesa russa, non possiamo comunicare con l'autorità ecclesiastica in Russia, subordinata e schiavizzata dall'autorità civile, ostile alla Chiesa... L'autorità ecclesiastica in Russia si trova in una posizione tale che non possiamo capire cosa fa liberamente da sola e cosa le viene fatto con la violenza... La Chiesa russa all'estero non è quindi amministrativamente associata a tale autorità. Ma siamo spiritualmente uniti alla santa Chiesa russa, perché facciamo parte della Chiesa russa. [3]

Qui, tutto è l'opposto dell'orgogliosa e feroce opposizione alla Chiesa ortodossa universale, che si vede negli attuali scismatici che chiamano la Chiesa di Cristo "Ortodossia mondiale", e non solo non la considerano Chiesa, ma neppure un raduno dotato di grazia. Si può vedere che il santo considerava se stesso e il suo gregge come parte della Chiesa ortodossa universale, e in particolare parte della Chiesa russa locale, con l'altra parte della quale era preservata l'unità spirituale, ma solo temporaneamente e forzatamente non c'era subordinazione.

Ne scrisse in dettaglio in un'altra opera, indicando che "la Chiesa russa all'estero non si separa spiritualmente dalla Madre sofferente. Offre preghiere per lei... e a tempo debito si unirà a lei quando le ragioni che le disconnettono scompariranno". [4] Il fatto che questo si riferisca specificamente alla Chiesa ortodossa russa del Patriarcato di Mosca è evidente da altre parole pronunciate dal santo in quella sede: "La Chiesa all'Estero, che non era più subordinata al metropolita Sergio e al suo Sinodo, mantenne lo stesso atteggiamento verso di lui, sentendosi spiritualmente unita alla Madre Chiesa sofferente e offrendo ancora preghiere per lei e per i fratelli sofferenti". [5]

In terzo luogo, a differenza degli attuali scismatici, la ROCOR non ha mai dichiarato collegialmente la Chiesa in Russia "priva di grazia" e, inoltre, non si conosce un solo documento conciliare in cui si parli di rottura della comunione eucaristica con la Chiesa in Russia. E san Giovanni (Maximovich), secondo un contemporaneo, ha detto che "la Chiesa ufficiale in Russia, ovviamente, è dotata di grazia, anche se i singoli vescovi si comportano in modo inappropriato". [6]

In virtù di questa coscienza di sé in un legame spirituale inestricabile con la Chiesa in patria, san Giovanni nel 1945 ripristinò persino la commemorazione del patriarca di Mosca Alessio I nella sua diocesi, e approvò l'intenzione di altri vescovi della ROCOR di entrare in completa unità con il Patriarcato di Mosca.

Nella sua lettera del 31 luglio 1945 scrisse all'arcivescovo Viktor (Svjatin) di Pechino: "In considerazione della mancanza di informazioni sul Sinodo all'estero per diversi anni, un'altra decisione della nostra diocesi la renderebbe completamente indipendente, una diocesi autocefala. Non ci sono condizioni canoniche per tale indipendenza, poiché non c'è dubbio sulla liceità… non c'è un patriarca riconosciuto. Anche i rapporti con tale autorità ecclesiastica sono possibili, quindi il Decreto del 7 novembre 1920 non si applica... La proclamazione del nome del primo ierarca del Sinodo all'estero dovrebbe essere conservata per ora... La proclamazione del nome del patriarca... deve essere introdotta senza indugio per vostro decreto in tutta la diocesi". [7] E lo stesso san Giovanni emanò per decreto di commemorare il patriarca Alessio durante i servizi (decreto n. 650 del 6 settembre / 24 agosto 1945).

Nel novembre 1945, l'arcivescovo Tikhon dell'America occidentale e San Francisco inviò un telegramma a san Giovanni, in cui informava che il capo della ROCOR, il metropolita Anastasij, e come altri vescovi avevano chiesto che egli non fosse riconosciuto dal patriarca di Mosca, e san Giovanni si sottomise. Anche qui giocò un ruolo la pressione dei diplomatici sovietici, che insistevano sulla necessità di accettare il Patriarcato di Mosca e la cittadinanza dell'URSS insieme alla giurisdizione.

Successivamente, alla fine della sua vita, molti oppositori e nemici nella Chiesa all'Estero accusarono l'arcivescovo per questo decreto, motivo per cui nel 1963 sette parrocchiani del vescovo tentarono di scusarsi con i "fanatici" per le sue azioni in Cina, ma caratteristicamente, san Giovanni stesso non negò mai ciò che aveva fatto, non lo rimpianse e non se ne "pentì" mai.

Dopo che il Patriarca Alessio I ricevette i vescovi sotto il suo omoforio nel dicembre 1945, san Giovanni prese positivamente questa riunione di parte della Chiesa all'estero con la Chiesa in patria e scrisse nel Messaggio al gregge di Shanghai del 2 agosto 1946:

I messaggi sul ripristino senza ostacoli della comunione canonica e di preghiera con il Patriarcato di Mosca... ci hanno sinceramente soddisfatto, perché in questo abbiamo visto l'inizio della comprensione reciproca tra le due parti della Chiesa russa separate dal confine, e la possibilità di sostegno reciproco tra due centri che uniscono il popolo russo, dentro e fuori la nostra Patria. Mirando a un obiettivo comune e agendo separatamente a seconda delle condizioni in cui ciascuna di esse si trova, le Chiese in Russia e all'estero potranno raggiungere con maggiore successo sia i compiti generali che quelli specifici che ciascuna di esse ha, fino a quando giungerà la loro completa unificazione... Preghiamo il Signore: possa egli accelerare l'inizio dell'ora sospirata e desiderata in cui il primate di tutta la Russia, salendo sul suo seggio patriarcale nella cattedrale della Dormizione, radunerà con sé tutti gli arcipastori russi, riuniti da tutte le terre russe e straniere. [8]

Due anni fa, come tutti sanno, questa aspirazione di san Giovanni è stata completamente soddisfatta. Egli stesso, obbedendo alla richiesta del metropolita Anastasij, cessò di commemorare il patriarca, cosa che causò un conflitto con l'arcivescovo Viktor, tuttavia, sebbene il santo avesse cessato di commemorare pubblicamente il patriarca al grande ingresso, lo ricordava nella proscomidia, come egli stesso disse poi a Parigi:

Ogni giorno ricordo il patriarca Alessio alla proscomidia. È il patriarca. E la nostra preghiera rimane ancora. A causa delle circostanze, siamo stati tagliati fuori, ma liturgicamente siamo uno. La Chiesa russa, come tutta la Chiesa ortodossa, è unita eucaristicamente, e noi con essa e in essa. E sebbene amministrativamente, per il bene del nostro gregge e per il bene di certi principi, dobbiamo seguire questa strada, ciò non viola minimamente la misteriosa unità di tutta la Chiesa. [9]

Secondo alcuni rapporti, durante il suo ministero in Europa, san Giovanni ebbe una corrispondenza personale con il patriarca Alessio I, e benedisse alcuni dei suoi figli spirituali a visitare le chiese della Chiesa ortodossa russa del Patriarcato di Mosca.

Quindi, a questo proposito, nelle parole e nelle azioni del santo, non vediamo somiglianze e, di conseguenza, scuse per gli attuali scismatici, che insistono sulla "mancanza di grazia del Patriarcato di Mosca" e si vantano di non avere comunicazioni con la Chiesa.

Infine, san Giovanni (Maksimovich) non ha mai accusato di eresia la Chiesa ortodossa russa: un'accusa di cui tutti gli scismatici attuali non possono fare a meno, poiché è così che cercano di giustificare il loro peccato di separazione dai vescovi nominati canonicamente. Come osserva padre Peter Perekrestov: "In nessun articolo, in un solo sermone che ci è pervenuto, in nessuna lettera a noi nota, san Giovanni (Maksimovich) ha usato la parola 'sergianismo'," [10]  così amata dalla corrente scismatica.

Quindi, si può vedere che sia nel suo status ufficiale sia nel fatto della continuazione della comunione eucaristica, sebbene molto abbreviata, e nell'autocomprensione espressa da san Giovanni (Maksimovich), la Chiesa russa all'estero a suo tempo non era uno scisma nel vero senso del termine, ma rimase solo nella disobbedienza amministrativa al clero in patria, e nella consapevolezza dell'anormalità, costrizione e temporalità di questa situazione. E il santo stesso lo capiva e commemorava il patriarca di Mosca: come può il suo esempio servire da scusa per coloro che non ricordano e non riconoscono né il patriarca, né la Chiesa locale della Rus', né la Chiesa universale, non hanno comunione eucaristica con lei, ma insultano lei e i sacramenti di Dio, chiamandoli privi di grazia, e considerando la Chiesa universale come una piccola riunione scismatica, o come qualche parte di un conglomerato di simili riunioni scismatiche?

Sembra che questo sia completamente impossibile. San Giovanni ne era consapevole e faceva parte della Chiesa da cui essi si allontanano, che ingiuriano brutalmente e di cui non vogliono far parte.

Vale la pena notare che lo stesso San Giovanni ha detto che "gli scismi... che rigettano parte dei fedeli" sono "le conseguenze del peccato non ancora completamente bandito dalla razza umana". [11]

Note

[1] Atti del II Concilio di tutta la diaspora della ROCOR. Belgrado. 1939, p. 402.

[2] St. John (Maximovich). "On the spiritual and moral significance of the Russian Orthodox Church Outside of Russia". Journal of the Moscow Patriarchate, No. 6 (2007).

[3] Ibid.

[4] Ioann (Maksimovich), arcivescovo. La Chiesa russa all'estero. Bruxelles. 1960, p. 13.

[5] Ibid., p. 9.

[6] Lettera dell'arcivescovo Antonij di Ginevra su Dmitrij Dudko. "Posev". 1979. No. 12.

[7] Sacerdote Denis Pozdnjaev. "L'adozione della giurisdizione del Patriarcato di Mosca e lo scisma della chiesa a Shanghai". Alfa e Omega No.2 (13) 1997, pp. 150-151.

[8] Ibid. p. 153, 158.

[9] Vescovo Vasily (Rodzianko). Informazioni sul vescovo John:  http://www.episkopvasily.ru/ru/works/

[10] Arciprete Peter Perekrestov. "Timoniere della Chiesa sia allora che adesso - lo Spirito onnipotente"  http://www.pravos.org/docs/doc466.htm

[11] Archbishop John (Maximovich). "The Church is the Body of Christ". Journal of the Moscow Patriarchate, No. 7 (1996).

 
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I ruteni (come terra іncognіta) nel III millennio

Come sappiamo, Dio dà ad ogni nazione la sua missione in questo mondo. Uno dei più antichi popoli slavi dell'Europa centrale – i ruteni – non a caso sono stati preservati dal Signore per una missione molto importante nel terzo millennio.

Qual è dunque la missione che il popolo ruteno deve compiere all'inizio del terzo millennio e chi è questo popolo che resta sconosciuto a molti, anche agli accademici "qualificati"? Perché questo antico popolo slavo ortodosso ha dovuto soffrire così tanta miseria e oppressione per mano di popoli nomadi, così spesso intercambiabili gli uni con gli altri, talora occupanti, talora "liberatori", talora anche "benefattori"? Sull'esempio dello scorso millennio si può tranquillamente affermare che il popolo ruteno ha sofferto e sopportato una grande prova di fedeltà al mondo slavo e alla Santa Ortodossia!

Stabilendosi nella culla dei popoli slavi tra il Danubio e il Tibisco, i ruteni sono i discendenti dei croati bianchi sub-carpatici (a differenza dei croati che vivevano vicino ai Carpazi, poi menzionati dal monaco Nestore il Cronista nella storia della campagna del principe Vladimir contro i croati). Alla metà del VII secolo, i croati bianchi sub-carpatici erano stati invitati dall'imperatore romano Eraclio a trasferirsi in parte sulla terra che ora è la Croazia, e in parte sul territorio intorno alla città greca di Tessalonica, ai confini dell'Impero Romano. Creando insediamenti slavi, vi rimasero fino alla prima metà del XX secolo.

Fu probabilmente in questo ambiente dei croati bianchi proto-ruteni che i santi Cirillo e Metodio nacquero, crebbero e ottennero una padronanza della lingua slava. È possibile che i loro genitori fossero croati bianchi di estrazione. Questa ipotesi che la lingua slava proto-rutena fosse parlata intorno a Tessalonica è confermata anche ora dal fatto che i ruteni di oggi (e di domani) hanno la loro originale lingua rutena vivente, che coincide quasi al 70 % con l'antica lingua slava ecclesiastica. Questo testimonia come la lingua proto-rutena, che è simile a quella proto-bulgara, potrebbe essere stata presa come base della lingua slava che Cirillo e Metodio hanno codificato. In contrasto con l'attuale Russia e Ucraina, dove si fanno discussioni (o piuttosto, si affilano i coltelli) per sostituire la lingua slava ecclesiastica con una nuova lingua letteraria, nella Transcarpazia rutena questo problema non si porrà, speriamo, per i prossimi 100 anni o più.

La parte di croati bianchi o proto-ruteni che rimase sulle pendici meridionali dei Monti Carpazi, mantenne il suo antico nome di ruteni (russini), entrando nella Grande Moravia (e in parte nell'antico regno bulgaro), molto prima della fondazione della Rus' di Kiev. A quel tempo una strada del sale correva dalla Bulgaria all'attuale città rutena di Solotvino in Transcarpazia, e questa fu una delle vie più convenienti per i santi Cirillo e Metodio per recarsi in Moravia (a quel tempo la Transcarpazia era parte dello Stato moravo). Allo stesso modo, era anche la via più breve per i discepoli dei due fratelli pari agli apostoli, quando dovettero fuggire dalla Moravia in Bulgaria. Pochi sanno che a quel tempo tutto quello che uno doveva fare per passare immediatamente dalla Moravia alla Bulgaria era semplicemente di attraversare il fiume Tibisco nell'area delle attuali città rutene di Tyachev e Solotvino in Transcarpazia.

***

Le tribù nomadi magiare lasciarono testimonianze della popolazione locale della Subcarpazia; alla fine del IX secolo, anche se con difficoltà, attraversarono gli altipiani dei Carpazi e vi trovarono una popolazione locale chiamata i ruteni. E 100 anni dopo il loro battesimo, furono i ruteni che andarono insieme ai bulgari a battezzare la Rus' di Kiev. Tra loro c'era il santo monaco Moisej Ugrin (un ruteno da Ugrin).

Dopo l'arrivo dei magiari, verso gli inizi del XII secolo, i ruteni furono gradualmente sospinti dai nuovi arrivati ​​dalle zone pianeggianti alle montagne. Per lungo tempo divennero un popolo sconosciuto, tagliato fuori dal resto dell'Europa dallo stato ungherese, e dall'est dagli alti crinali dei Carpazi e da quasi 150 chilometri di fitta foresta.

I ruteni dei Carpazi per lungo tempo furono ben poco notati dagli storici. Ma questo era tutt'altro che accidentale. Dio ha protetto l'antico popolo slavo dei ruteni dall'assimilazione con le nazioni confinanti, che spesso divennero come fratelli maggiori per i ruteni.

È un curioso fatto storico che i ruteni transcarpatici, senza uscire da casa propria, sono diventati cittadini di più o meno sei stati che a turno hanno cercato di farli passare per loro abitanti nativi.

Nel 1917, in Russia, vi fu la rivoluzione bolscevica anti-ortodossa. Salirono al potere aperti anti-cristiani che non ebbero fretta di dare la terra alla gente, ma iniziarono a distruggere massicciamente le chiese, i monasteri, il clero, e perfino la lingua.

Allo stesso tempo nell'Europa centrale, sulle rovine dell'impero austro-ungarico, apparvero piccoli stati slavi, tra i quali quello dei ruteni con un nome santo: Rus' subcarpatica. I ruteni del tempo della "primavera dei popoli" cantavano le canzoni di O. Dukhnovich (in seguito sono diventati inni ruteni): "O ruteni da sotto i Carpazi, uscite dal sonno profondo..." e "Ero ruteno, lo sono e lo sarò, sono nato ruteno...".

Nel XX secolo, i ruteni che vivevano sulle pendici meridionali dei Carpazi videro la loro identità autoctona garantita e registrata dall'accordo di pace di Saint Germain nel 1919, e divennero parte del nuovo stato democratico europeo della Cecoslovacchia con diritto all'autonomia. Nel 1921, si formaò la Chiesa ortodossa autonoma carpato-russa sotto il patriarcato serbo. Nel 1938, la Rus' subcarpatica ricevette lo status ufficiale di autonomia all'interno della Repubblica, ora federale, di Cecoslovacchia. Nel novembre del 1938 e all'inizio del 1939, su ordine di Berlino, i nazionalisti galiziani, ex cittadini polacchi, attraversarono il confine in uniformi militari austriache e operarono un colpo di stato su una parte minore del territorio della Rus' subcarpatica, rinominandola illegalmente Ucraina Carpatica, con centro a Khust. La maggior parte della Rus' subcarpatica, con la sua capitale storica di Uzhgorod, fu occupata dalle truppe ungheresi.

Tutto il territorio della Rus' Carpatica fu liberato solo nel novembre 1944 da parte delle truppe sovietiche. Dopo la guerra, lo status di indipendenza della Rus' subcarpatica all'interno della Cecoslovacchia fu rinnovato automaticamente. Stalin, tuttavia, su consiglio di Mekhlis e Krusciov, decise di annettere il territorio della Rus' subcarpatica all'Unione Sovietica, vedendolo come base militare adatta per l'espansione in Europa. Quanto ai ruteni, questi non erano contrari a entrare in un grande Stato slavo, fino a quando potevano mantenere il loro status di repubblica indipendente con il sostegno dei loro fratelli slavi orientali. Delegazioni di plenipotenziari dei ruteni, sia ecclesiastici come l'archimandrita Alexis (Kabaljuk, ora canonizzato come santo carpato-russo) sia laici, visitarono Mosca nel novembre 1944, dove lasciarono un memorandum scritto all’alta dirigenza dell'Unione Sovietica. Pur capendo l'inevitabilità della loro adesione all'Unione Sovietica, essi presentarono la posizione dei ruteni, chiedendo che la Rus' Carpatica divenisse una repubblica indipendente carpato-russa. Questo documento ora è stato pubblicato ufficialmente in Ucraina.

La posizione di Mekhlis e Krusciov ebbe il sopravvento. Gran parte della Rus' Carpatica (senza la Rus' di Presov nella Slovacchia nord-orientale, l’angolo sud-orientale dei Lemko in Polonia, e la città rutena di Sighet, che era stata occupata dalla Romania nel 1918), e il territorio fino a Debrecen, furono annessi all'Ucraina Socialista Sovietica. I suoi abitanti, ruteni da tempo immemorabile, furono ri-definiti a forza ucraini indigeni. I bolscevichi rinominarono semplicemente la Rus' subcarpatica come regione di Transcarpazia dell'Ucraina. E la Chiesa ortodossa autonoma carpato-russa del Patriarcato di Serbia divenne parte della Chiesa ortodossa russa, non come una parte autonoma, ma come una diocesi del Patriarcato di Mosca.

Nel 1991 gli abitanti della Transcarpazia, stanchi del regime sovietico ateo, hanno preso una decisione difficile e hanno votato per l'indipendenza dell'Ucraina. Allo stesso tempo, il 78% di loro ha votato per diventare un territorio dotato di autogoverno all'interno dell'Ucraina. Ancora una volta i ruteni hanno onestamente adempiuto alla loro missione storica – rimanere fedeli agli slavi orientali. Tuttavia, la disintegrazione dell'Unione Sovietica ha dimostrato che una volta che i tre popoli slavi fraterni avevano formato un proprio Stato indipendente, hanno cominciato a cadere a pezzi economicamente. La Chiesa ortodossa canonica ucraina è diventata il bersaglio di attacchi da parte di nazionalisti ucraini e di politici di mentalità pro-bolscevica, che hanno costruito sacche di gruppi autocefali per dilaniare più facilmente la Chiesa di Cristo. I ruteni in Transcarpazia hanno coraggiosamente preso le parti della Santa Ortodossia e fino ad oggi non hanno dato accesso agli scismatici nella loro antica terra rutena.

Al nono concilio pan-slavo a Uzhgorod l'8 e il 9 maggio 2002, cioè all'inizio del terzo millennio, i ruteni hanno chiesto alle autorità ucraine di ripristinare la verità storica e di rendere loro il loro legittimo nome etnico di "ruteni" e il diritto di essere riconosciuti come un popolo indigeno sul loro territorio.

Allo stesso tempo, noi ruteni atiamo compiendo la nostra missione data da Dio, vale a dire, ancora e ancora ricordiamo ai tre popoli slavi fratelli (russi, ucraini e bielorussi), che lo smembramento dell'entità spirituale e storica dell'antica Rus' in parti separate è una cosa anormale. E dobbiamo fare tutto il possibile per mantenere la millenaria civiltà spirituale slava ortodossa per l'umanità, in contrasto con la civiltà occidentale (laica, e nel prossimo futuro occulta e atea).

Che Dio benedica dall’altro tutti i popoli slavi, ai quali appartiene il nostro pacifico popolo ortodosso ruteno timorato di Dio.

Oggi, Dio ha permesso ai ruteni di vivere in Ucraina. Quasi mezzo milione di ruteni vivono negli Stati Uniti, Canada, Australia, Serbia, Slovacchia, Polonia, Repubblica Ceca, Romania, Ungheria, e ovunque sono liberamente riconosciuti come una nazionalità indipendente, fatta eccezione per l'Ucraina, dove l'autorità ucraina li ignora irragionevolmente e illegittimamente. Ma anche qui i ruteni compiono la loro missione: nessuno di noi ruteni è un separatista o un nemico dell'Ucraina. Noi ruteni siamo fin troppo contenti di essere in Ucraina con gli ucraini e gli altri popoli che la costituiscono e che hanno altrettanto diritto a vivere in questo paese, a fare del bene, a prendersi cura della Chiesa ortodossa e ad affrontare con fiducia il futuro. Tuttavia, allo stesso tempo ricordiamo che la parola "Ucraina " Non contiene, purtroppo, l'antica radice "Rus' ", e questo significa che l'Ucraina in sé non può essere considerata il legittimo successore della Rus' di Kiev. L'odio barbarico di alcuni funzionari ucraini per la parola "russino" è pertanto ancor più incomprensibile. O forse, i potentati ucraini hanno cercato di sradicare non solo il nome di "ruteni", ma la stessa menzione della Rus' di Kiev. Allo stesso tempo, confondono le menti dei loro cittadini circa la 'grande antichità' della nazione ucraina e provocatoriamente chiamano i territori di Slovacchia, Polonia e Serbia (distretto di Bachka – Russkij Kerestur) terre ucraine etniche, poiché lì vivono ruteni etnici, che Kiev vorrebbe riconoscere solo come ucraini etnici.

Devo dire che la missione dei ruteni di Transcarpazia non è ancora finita. Penso che continuerà a lungo a raffreddare le fantasie delle teste calde dei nazionalisti ucraini del III millennio.

Spiritualmente noi ruteni vogliamo vivere e operare nella fede ortodossa con amore e speranza, attendendo la seconda venuta di Cristo. Allo stesso tempo, sappiamo bene che al Giudizio finale il Signore si rivolgerà a noi ruteni nella nostra lingua madre rutena. E guai a noi ruteni, se non comprenderemo il Signore, e non conosceremo la nostra lingua rutena. Compiendo coscienziosamente la nostra missione, speriamo di che Dio ci concederà la salvezza e il regno dei cieli.

Arciprete Dimitry Sidor,

capo della comunità ortodossa carpato-russa dei santi Cirillo e Metodio

(Articolo abbreviato)

http://www.ethnos.lemky.com/category/zakarpattja/

 
Cristianesimo online: essere o non essere?

foto: Unione dei giornalisti ortodossi

Oggi, molti leader religiosi propongono di sostituire l'effettiva partecipazione al culto pubblico con la trasmissione online. È normale?

L'uomo senza l'eucaristia

Il mondo in cui viviamo sta cambiando rapidamente. Molte istituzioni, abitudini e tradizioni sociali possono morire molto rapidamente insieme a decine di migliaia di persone. Il mondo è in quarantena, l'Europa ha già chiuso i battenti. Strade deserte, odore di candeggina e prodotti per la pulizia, persone in tute protettive: questo non è un futuro apocalittico ma una realtà quasi familiare e moderna. Fabbriche, impianti, città, regioni, paesi e... istituzioni religiose hanno seguito la linea delle scuole in quarantena e delle istituzioni educative.

In molti paesi europei, le organizzazioni religiose sono messe in quarantena. In alcuni luoghi, tuttavia, le chiese sono rimaste aperte, in altre hanno chiuso in attesa di tempi migliori. Il primo a prendere una decisione positiva sulla quarantena è stato il Vaticano.

L'8 marzo 2020, la Chiesa cattolica romana in Italia ha emanato un decreto in base al quale tutte le funzioni pubbliche sono vietate nel paese a causa dell'epidemia di coronavirus. Il 10 marzo il Vaticano è stato chiuso ai turisti, il 13 marzo tutte le chiese sono state chiuse a Roma, e il 15 marzo si è saputo che tutte le funzioni della Settimana Santa si sarebbero svolte senza credenti.

Più tardi, i rappresentanti delle Chiese ortodosse hanno appoggiato l'idea di annullare le funzioni (non ce ne sono di altri tipi, tuttavia). Le autorità greche hanno vietato tutti i servizi di culto nel paese, permettendo ai credenti solo di seppellire i loro cari, purché in un ristretto circolo familiare. La Chiesa ortodossa cipriota ha esortato i laici ad astenersi dal partecipare alle liturgie per tre settimane, mentre il patriarca Bartolomeo ha annullato del tutto tutte le funzioni nel Patriarcato di Costantinopoli. Alcuni rappresentanti di altre Chiese ortodosse hanno interrotto le liturgie o introdotto requisiti rigorosi sulla partecipazione dei credenti al culto pubblico. La Chiesa romena ha offerto alle autorità un compromesso: condurre le funzioni all'aperto. Inoltre, sottolineiamo che quasi tutte le misure restrittive sono state adottate su richiesta delle autorità.

Il culto online

un chierico cattolico romano ha celebrato illegalmente la Messa, cosa per cui ora può essere processato. Foto: TSN

Naturalmente, tali azioni da parte di autorità secolari ed ecclesiastiche hanno suscitato malcontento tra molti cristiani ortodossi, sia chierici che laici. Alcuni hanno scelto di non obbedire. Il metropolita Serafino di Citera ha servito la Liturgia in chiesa a porte aperte (cioè senza limitare l'accesso ai credenti ordinari). Tuttavia, il vescovo è stato poi arrestato e incriminato per disobbedienza alle autorità.

Lo stesso destino ha atteso il sacerdote cattolico di 88 anni che ha celebrato la messa. Inoltre, la polizia italiana ha interrotto delle messe anche se i credenti stavano all'aperto, non in chiesa. I credenti sono stati dispersi anche in altri luoghi.

E se il malcontento degli ortodossi è abbastanza prevedibile e comprensibile, le proteste espresse dal clero cattolico sembrano una sfida alla politica di conciliazione, che è ormai comune nella Chiesa romana. Per esempio, il vescovo di Astana, Ahanasius Schneider, ha affermato che l'attuale situazione di quarantena dovuta al coronavirus è una grave minaccia per la Chiesa, in quanto ricorda i primi secoli di persecuzione del cristianesimo. Ha sottolineato che neanche il Terzo Reich ha mai chiuso le chiese.

Allo stesso tempo, il papa, il patriarca Bartolomeo e i sinodi di alcune Chiese ortodosse sollecitano all'unanimità i credenti a frequentare i servizi divini online – su Internet, alla televisione o alla radio. Inoltre, i cattolici e i greco-cattolici ucraini offrono ai loro laici di partecipare alla "comunione spirituale". Anche i rappresentanti della"Chiesa ortodossa dell'Ucraina" si sono uniti alle trasmissioni online (il che non è sorprendente), e il loro "sinodo" ha suggerito di compiere anche altri riti via Internet. Alcuni vescovi cattolici stanno seriamente prendendo in considerazione la possibilità di confessarsi al telefono o di escogitare un modo semplificato di assolvere i peccati senza alcuna forma di confessione. Ci sono anche casi in cui i sacerdoti della Chiesa cattolica romana già consentono la confessione a tutti i conducenti interessati senza che questi debbano uscire dalla macchina, oppure celebrano messe davanti alle fotografie dei loro parrocchiani.

La realtà della virtualità

una messa davanti alle foto dei parrocchiani. Foto: video.corriere.it

Già agli albori del suo potere, Adolf Hitler aveva sottolineato l'incredibile ruolo del cinema nella manipolazione della coscienza di massa. Sotto il Terzo Reich, fu creato uno speciale dipartimento di propaganda, guidato da Goebbels, uno degli assistenti più stretti del Führer. Le parole una volta pronunciate da questa persona sono note e rilevanti anche oggi: "La superiorità di un'immagine visiva su una uditiva sta nel fatto che l'immagine uditiva viene convertita in visiva con l'aiuto dell'immaginazione individuale, che non può essere controllata: tutti la vedranno ancora a modo loro. Pertanto, dovreste mostrarla immediatamente così come dovrebbe essere, in modo che tutti vedano la stessa cosa".

Più tardi, con l'avvento della televisione, la possibilità di manipolare la coscienza di massa acquisì proporzioni senza precedenti. Ora il messaggio o l'idea di qualcuno potrebbero essere trasmessi a milioni di persone contemporaneamente. Chi possiede la televisione possiede la folla; potrebbe cambiare la storia, proporre qualsiasi ideologia, distruggere gli indesiderati, giustificare qualsiasi atrocità.

La situazione è solo peggiorata quando è stata inventata Internet, perché questa ha permesso di riformattare non una singola nazione o paese, ma tutta l'umanità. Inoltre, la persona stessa, tutti i suoi interessi, paure, desideri, ecc. possono essere tradotti online, nel mondo virtuale. La consapevolezza dell'uomo moderno, specialmente con l'invenzione dei social network, che offre l'illusione di una vera comunicazione, sta gradualmente transitando su Internet. La società moderna vi è così attaccata che semplicemente non immagina la sua esistenza in altre condizioni. Internet è stata aggiunta a cose vitali come aria, acqua, cibo e sonno. Inoltre, può essere vero che in questa gerarchia di bisogni prende il primo posto (il rifiuto di dormire o il gioco online a causa della dipendenza dai social network ne è un esempio lampante).

Sembra che d'ora in poi ci sarà un serio pericolo che la vita spirituale e le credenze religiose si spostino nel mondo virtuale. Messe e liturgie online, confessione virtuale e, possibilmente, l'eucaristia online – tutto ciò diventerà presto parte dell'esistenza umana. La logica teologica può essere creata per abbinare questa "spiritualità virtuale", per non parlare di argomenti medici e igienici. Da una comunità di individui uniti dal sacramento della santa comunione, la Chiesa si trasformerà in una società di nomi fittizi e disconnessi uniti da Internet.

Non ricevere la santa comunione e lasciar correre?

foto: yuga.ru

Cosa abbastanza curiosa, raccomandando una liturgia virtuale in sostituzione di una vera liturgia, i chierici di alcune organizzazioni religiose avvertono che ciò non causerà implicazioni canoniche e "non dovrebbe compromettere seriamente la coscienza del nostro gregge".

Ma il problema è che al momento la mancata partecipazione alle funzioni non causa "implicazioni canoniche" di sorta. Per esempio, secondo il canone 80 del VI Concilio ecumenico, se una persona manca a tre liturgie senza una buona ragione o, mentre partecipa alla liturgia (Canone apostolico 9), non riceve la santa comunione, allora dovrebbe essere scomunicata. Chi osserva questi canoni ora?

Noi battezziamo tutti, ma non pretendiamo che partecipino alla Divina Liturgia. Quindi, il numero dei battezzati non corrisponde al numero dei celebranti. Una frase molto precisa in materia è dello scrittore Nikolaj Leskov: "la Rus' è stata battezzata ma non illuminata".

Sfortunatamente, per l'uomo moderno è stata a lungo la norma non partecipare alla Liturgia. La maggior parte di coloro che si considerano cristiani (ortodossi o cattolici) rimane semplicemente a casa alla domenica. C'è solo una manciata di persone al culto domenicale (secondo alcuni rapporti, si tratta di circa il 3 per cento del numero totale degli ortodossi).

Considerare le trasmissioni online come "normali" non farà che aggravare questo stato di cose. Dopo tutto, si scopre che oltre a "non ne ho voglia" ci possono essere altri motivi, più "giustificati". Per esempio, motivi igienici, epidemiologici, politici, ecc. Inoltre, la non partecipazione alla Liturgia per una "buona ragione", come affermato nel decreto del Sinodo della Chiesa di Cipro, non dovrebbe causare "imbarazzo della coscienza". In altre parole, se prima una persona, mentre era a casa e faceva clic sulla trasmissione online della Liturgia, si rendeva conto ciò che era sbagliato e non era come doveva essere, ora gli è raccomandato di non pensarci, di non essere imbarazzato e non preoccuparsi affatto. La Chiesa si sta trasferendo volontariamente online, eliminando tutte le questioni relative alla coscienza.

Inoltre, non si tratta di prediche, né di lezioni, né di qualcos'altro di scarso significato, ma di sacramenti. L'assenza alla liturgia è una norma per una persona che non pratica, ma la stessa "norma" ora viene provata sui credenti praticanti. Senza implicazioni canoniche. Cala il sipario.

La realtà del corpo e del sangue e la realtà della Chiesa

foto: ridus.ru

La natura della Chiesa, il suo carattere, non implica la partecipazione virtuale ai sacramenti. Cristo, offrendo agli apostoli il suo corpo e il suo sangue, non solo li unì, ma usò anche termini che non implicavano un'interpretazione simbolica (cioè virtuale) e alienarono da lui molti ebrei che erano confusi da questo "letteralismo somatico". Come ha giustamente osservato il filosofo russo Aleksej Khomjakov, la chiesa è costituito dalle mura erette attorno al sacramento dell'eucaristia. La partecipazione vivente all'eucaristia per i cristiani dei primi secoli era più preziosa della vita. Si riunivano nelle case, nella catacombe, sotto la protezione della notte. Desideravano ardentemente la Divina Liturgia anche a rischio della vita e non potevano nemmeno immaginare che sarebbe arrivato il momento in cui, invece di partecipare attivamente al culto, si può semplicemente fare clic su un tasto.

La nostra fede è la fede nel Dio incarnato. Il corpo e il sangue di Cristo non è un'illusione ma una realtà. L'apostolo Giovanni il Teologo sottolinea: "quello che abbiamo veduto e udito, noi lo annunziamo anche a voi, perché anche voi siate in comunione con noi. La nostra comunione è col Padre e col Figlio suo Gesù Cristo" (1 Gv 1:3).

Ciò che videro, ciò che provarono... Cristo parla di vera comunione con lui all'ultima cena: "mentre essi mangiavano, Gesù prese il pane e, pronunziata la benedizione, lo spezzò e lo diede ai discepoli dicendo: Prendete e mangiate; questo è il mio corpo". (Mt 26:26). "È" significa essere, non IMMAGINARE.

Ecco perché san Cirillo di Alessandria, nell'interpretazione del Vangelo di Matteo, sottolinea: "Il Salvatore insegna agli undici [discepoli] il sacramento della salvezza. Dopotutto, poiché poco dopo Cristo doveva, risuscitato con la propria carne, ascendere al Padre, per avere la sua presenza corporea (poiché senza la presenza di Cristo è impossibile per l'uomo essere salvato e liberarsi della morte e peccato, se non c'è vita in noi), ci ha dato il suo corpo e il suo sangue (Mt 26:28), in modo che attraverso di loro il potere della corruzione fosse schiacciato, e che egli infondesse nelle nostre anime lo Spirito Santo, rendendoci partecipi della santificazione e facendoci chiamare persone celesti e spirituali".

In altre parole, l'eucaristia non prevede alcuna partecipazione virtuale. San Teofilatto di Bulgaria scrive: "Dicendo 'Questo è il mio corpo', mostra che il pane santificato sull'altare è il corpo stesso di Cristo e non la sua immagine, poiché non ha detto 'questa è la mia immagine' ma 'questo è il mio corpo'."

Non si può essere cristiani online; non ci si può confessare e comunicare virtualmente. Dopo tutto, è impossibile trasferire la propria vita spirituale su Internet. Nessuna scusa può esentare un credente dalla necessità di partecipare all'eucaristia. Non intendiamo dire che la sua trasmissione dovrebbe essere vietata. Questo no. Vogliamo solo dire che una persona dovrebbe sempre capire che questo è anormale e non può sostituire la presenza vivente in una chiesa. E le concessioni odierne fatte dalla Chiesa dovrebbero essere viste come condiscendenza alla debolezza piuttosto che come una norma senza "implicazioni canoniche". Inoltre, secondo l'arcivescovo Feodosij di Bojarka, è meglio ascoltare la liturgia dagli altoparlanti stando in piedi vicino alle pareti della chiesa, piuttosto che restando a casa su Internet.

La nostra Chiesa è la Chiesa del Dio vivente, non del Dio virtuale. Se ce ne dimentichiamo, alla fine uccideremo sia la fede che la vita.

 
I legami di Umberto Eco con il Monte Athos

Prima di scrivere Il nome della rosa, Umberto Eco ha visitato il monastero di Vatopedi e la sua biblioteca, che conteneva una copia della "Geografia" di Claudio Tolomeo, uno dei manoscritti più rari al mondo, datato dal XIII ai primi del XIV secolo, e comprende le sezioni "la guida geografica" di Claudio Tolomeo, "L'epitome della Geografia di Strabone", e la "Geografia" di Strabone.

Per quanto riguarda la visita di Umberto Eco al monastero di Simonopetra, Theodoros Ioannidis ha scritto nel numero 33 del dicembre 1988 della rivista Tetarto (Trimestre):

"...Al porto di Dafni siamo ancora nel mondo esterno. Il nostro. Ma, dopo l'ultimo tornante della strada in salita vediamo il monastero di Simonopetra, e ci rendiamo conto che presto dovremo accettare il fatto che qui sono in vigore altre misure, un po' diverse.

Umberto Eco a Simonopetra nel 1988

Si può rimanere in silenzio per ore sui balconi del monastero, oppure perdersi in chiacchiere senza fine. E Umberto, poliglotta e di solito loquace, cerca nel più breve lasso di tempo possibile di chiacchierare con i monaci e di incontrarne il maggior numero possibile. E naturalmente, in una discussione senza un tema le questioni iniziano con l'infallibilità del papa e arrivano fino al maggio del 1968, intervallate a un certo punto da un tema che lo ha sempre affascinato: l'eresia. Quindi, in modo piuttosto spontaneo, gli 'scappa' che nel suo nuovo libro (Il Pendolo di Foucault) ci sono diverse pagine dedicate a questo tema.

a Karyes nel 1988 con l'abate Eliseo di Simonopetra

A Karyes, dopo una breve visita al monastero di Iveron, presso la dipendenza di Simonopetra, il monaco Eliseo non è solo un perfetto padrone di casa. È molto giovane, serio e tollerante, ha studiato gli scrittori ecclesiastici latini, parla lentamente e con calma, non si fa impressionare né vuole impressionare. Commenta modestamente le opinioni di Agostino o di Tommaso d'Aquino e le nostre piccole domande quotidiane. I monaci assaggiano la grappa (raki) – che a Umberto Eco è piaciuta così tanto – quando la preparano. Non ne bevono, però, perché l'alcol altera il loro pensiero. E per quanto riguarda le preoccupazioni del famoso professore sulla manutenzione e la conservazione dei preziosi manoscritti, le considera quasi irragionevoli. La tradizione non si mantiene preservando codici o icone e mettendo in mostra i propri tesori per attirare i turisti. Questa tradizione non è interessante. La tradizione vivente, l'unica che vale la pena conservare, si trova all'interno di ogni monaco, dal momento che ognuno ha dentro di sé, vivo, il Nazareno...".

 
Messaggio di sua Santità il patriarca Kirill ai primati delle Chiese ortodosse locali in connessione con la situazione in Ucraina

In connessione con la situazione nell'Ucraina orientale, dove già da diversi mesi non finisce la guerra civile fratricida, sua Santità il patriarca Kirill di Mosca e di tutta la Rus' si è rivolto ai primati delle Chiese ortodosse locali, chiedendo preghiere per la pace sulla terra dell'Ucraina.

Il primate della Chiesa ortodossa della Rus' ha fatto anche un appello alla difesa dei cristiani ortodossi nell'est dell'Ucraina, che di fronte a una crescente violenza da parte dei greco-cattolici e degli scismatici, vivono quotidianamente nella paura per se stessi e per i loro cari.

In particolare, il messaggio inviato a sua Santità il patriarca Bartolomeo di Costantinopoli, dice:

Santità, caro fratello in Cristo e concelebrante!

La saluto con cordiali auguri di pace, di rafforzamento nella grazia dei poteri del corpo e di un continuo aiuto di Dio nel suo servizio di primate.

Scriverle questa lettera mi porta un profondo senso di dolore e di estrema preoccupazione per la situazione in cui si trova il gregge della Chiesa nell'est dell'Ucraina, dove già da molti mesi non si arresta la guerra civile fratricida.

Ancora nell'autunno dello scorso anno, all'inizio dell'attuale crisi politica ucraina, rappresentanti della chiesa greco-cattolica e delle comunità ortodosse scismatiche predicavano apertamente l'odio per la Chiesa ortodossa sulla piazza Maidan a Kiev, facevano appelli all'occupazione dei luoghi santi ortodossi e allo sradicamento dell'Ortodossia dal territorio dell'Ucraina. Dallo scoppio delle ostilità militari, uniati e scismatici hanno preso le armi con il pretesto di una 'operazione anti-terrorismo' e hanno iniziato un'aggressione diretta contro il clero della Chiesa canonica nell'est del paese.

Nello stesso tempo, la Chiesa, a differenza di uniati e scismatici, rimane estranea a qualsiasi pregiudizio politico. Continua a svolgere la cura pastorale dei suoi fedeli, compresi quelli che si trovano sui lati opposti del conflitto, cercando di conciliarli, invitandoli costantemente al dialogo.

Nelle ultime settimane abbiamo ricevuto dai vescovi locali rapporti che testimoniano l'abuso del clero della Chiesa ortodossa canonica nelle sue funzioni pastorali. Ecco alcuni esempi.

Il 17 luglio, durante la Divina Liturgia nella chiesa della Risurrezione a Slavjansk, un gruppo di uomini armati guidati da un cappellano militare greco-cattolico ha minacciato il rettore, l'arciprete Vitalij Vesёl. Il rappresentante della chiesa greco-cattolica ucraina ha dichiarato che in Ucraina non c'è posto per il Patriarcato di Mosca e ha deplorato che il presidente del paese non abbia permesso agli uniati di occupare la Lavra delle Grotte di Kiev.

Il 19 luglio è stato sottoposto a offese e a un interrogatorio in manette, con minacce di uccisione, il decano del distretto di Nikolaevsk della diocesi di Gorlovka e Slavjansk, l'arciprete Andrej Chicherinda.

Il 20 luglio, nei pressi di Slavjansk, uomini armati di mitra hanno imposto all'arciprete Vadim Jablonovskij di scavarsi la fossa e lo stesso giorno hanno arrestato l'arciprete Viktor Stratovich, lo hanno ammanettato e portato via con un sacco sulla testa nei boschi, dove lo hanno fatto stare in ginocchio mentre lo interrogavano.

Il 30 luglio, nel villaggio di Krasnoarmejskoe, nella regione di Donetsk, un gruppo di uomini armati ha eseguito una perquisizione illegale nella casa dell'arciprete Igor Sergienko, rettore della parrocchia di Sant'Aleksandr Nevskij. Hanno insultato padre Igor, accusandolo di partecipare a organizzazioni clandestine, lo hanno minacciato di torture, gli hanno intimato di lasciare l'Ucraina e di consegnare gli atti di fondazione della chiesa, che documentano le proprietà della parrocchia.

Lo stesso giorno, nel distretto di Amvrosievska, le truppe ucraine hanno sequestrato l'arciprete Evgenij Podgornij, lo hanno ricoperto di insulti, legato e gettato a terra. Lo hanno preso a calci, colpito con il calcio dei fucili e hanno sparato al di sopra la sua testa, per costringerlo ad ammettere che ha sostenuto gli insorti. Hanno cercato di costringerlo a togliersi la croce sacerdotale, ma egli si è rifiutato, così glie l'hanno strappata con la forza, gli hanno messo un sacco sulla testa e lo hanno gettarono in un fosso. Poi hanno minacciato di uccidere suo figlio e gli hanno derubato la casa. Il sacerdote è stato liberato solo grazie all'intervento dei suoi parrocchiani.

Non possiamo ignorare il fatto che il conflitto in Ucraina ha inequivocabili sfumature religiose. Gli uniati e gli scismatici che li sostengono stanno cercando di sovrastare l'Ortodossia canonica in Ucraina, che continua a servire con pazienza e coraggio i suoi fedeli che soffrono in un ambiente difficile. I sacerdoti che servono in luoghi che sono diventati campi di battaglia, per la maggior parte, rimangono con i loro greggi, condividendo con loro tutti gli orrori della guerra civile. Le loro famiglie soffrono per gli attacchi, per la mancanza di acqua e di cibo, e muoiono sotto i bombardamenti. Il 31 luglio l'arciprete Vladimir Kresljanskij è morto per le ferite dopo il bombardamento di zone civili a Lugansk, lasciando una moglie e cinque figli.

L'Ucraina dellest era una terra fertile abitata da milioni di laboriosi cristiani ortodossi ... ora si sta trasformando in un campo bruciato. I bombardamenti hanno distrutto la residenza del metropolita Ilarion di Donetsk e Mariupol. Un bombardamento d'artiglieria ha danneggiato l'edificio dell'amministrazione diocesana di Gorlovka. Il Convento dell'icona di Iviron nella diocesi di Donetsk è in rovina, bruciato durante i combattimenti. Tuttavia, la Chiesa ortodossa ucraina canonica, una Chiesa martire, nonostante queste condizioni difficili, resta con il suo gregge, fa tutto il possibile per aiutare le persone che stanno vivendo i peggiori momenti nella storia ucraina moderna. Il fuoco del conflitto civile ha fato perdere a centinaia di migliaia di persone le loro case e le ha trasformate in profughi. Molti di loro cercano di sfuggire agli orrori della guerra, trovando rifugio in chiese e monasteri, in particolare nel monastero della Dormizione a Svjatogorsk, che in questo momento è stracolmo di profughi. A Donetsk, Gorlovka, e Lugansk, abitanti pacifici, che sperano di sfuggire ai bombardamenti e ai tiri d'artiglieria, rimangono nelle chiese durante la notte; vi ricevono gratuitamente cibo e riparo. L'aiuto ai profughi e in genere alla popolazione pacifica si offre attivamente anche in altri monasteri, parrocchie e diocesi della Chiesa ortodossa ucraina.

Il Patriarcato di Mosca nel suo insieme sta usando ogni occasione per fornire assistenza umanitaria alla popolazione civile nelle zone dove si svolgono i combattimenti. Ogni giorno, tutte le nostre chiese offrono preghiere speciali per la pace e la fine della guerra intestina in Ucraina. La Chiesa si prende cura di molte migliaia di rifugiati provenienti dall'Ucraina dell'est nei campi e nelle strutture appositamente preparate situate in tutta la Russia. Stiamo fornendo assistenza a tutti, senza distinzione di nazionalità o di religione. Tra coloro che si sono rifugiati in Russia vi sono molti soldati ucraini, che non hanno voluto volevano sparare sul proprio popolo.

In questi giorni difficili per tutta la Chiesa ortodossa russa, in particolare per i fedeli in Ucraina, chiedo le preghiere di vostra Santità, dei sacratissimi arcipastori, dei pastori, dei monaci, e tutti i fedeli figli della santa Chiesa di Costantinopoli per la pace nella terra ucraina, per fermare lo spargimento di sangue e per porre fine alla sofferenza dei nostri fratelli nel Signore che soffrono, soprattutto dei nostri arcipastori e pastori, che nelle più difficili condizioni della guerra civile continuano a fare il loro dovere con coraggio, a servire la Chiesa e a difendere la santa Ortodossia.

Chiedo a vostra Santità di utilizzare ogni occasione per alzare la voce per difendere i cristiani ortodossi nell'Ucraina dell'est, che vivono nella paura quotidiana per sé e per i loro cari causa del peggioramento della violenza da parte di greco-cattolici e scismatici, temendo che se i persecutori prendono il potere, gli ortodossi si troveranno costretti a rinunciare alla loro fede o ad affrontare severe discriminazioni.

Con amore fraterno in Cristo

+ KIRILL, PATRIARCA DI MOSCA E DI TUTTA LA RUS'

 
Riflessioni sull’abbigliamento del clero

Un vescovo ortodosso aveva detto a uno dei suoi preti che si lamentava di dover apparire in abito talare nell’atmosfera quotidiana di un paese secolarizzato: “Cerca di indossare la tonaca per quanto puoi: è l’unica tua forma di predicazione nella quale non devi aprire bocca”.

Nella sezione “Ortoprassi” dei documenti, presentiamo una serie di considerazioni sul valore storico e attuale dell’abbigliamento clericale ortodosso.

 
"Vi aspetto a Samtavro". Prima della versione inglese

Oggi, 20 dicembre, celebriamo l'anniversario della canonizzazione di san Gabriele (Urgebadze) della Georgia. I creatori del film, "Ti aspetto a Samtavro", hanno dato a OrthoChristian.com il grande piacere di presentarlo ai nostri lettori nella sua interezza, insieme a questa introduzione scritta.

Lavorare a questo film ha portato così tanti momenti meravigliosi nella mia vita. Questo film ha unito tante persone in una grande famiglia. Sono infinitamente grato all'anziano Gabriele per averci concesso il legame familiare tra la troupe del film, gli spettatori e tutti noi. Ci ha insegnato a rallegrarci di essere cristiani ortodossi e ci ha insegnato a portare gioia alle persone attraverso il vero amore cristiano, diffondendolo generosamente a tutti intorno a noi.

Ricordo ogni momento del processo di ripresa e ho la sensazione di mandare via un figlio per un lungo viaggio. Ciò mi rende ansioso ed entusiasta, tutto allo stesso tempo. Ansioso perché questa è una grande responsabilità. Entusiasta perché sono sicuro che il mio film riscalderà le vostre anime e mostrerà la vita dell'anziano Gabriele. Vi farà ridere, sorridere e piangere.

Alla base e al centro di questo film ci sono la benedizione di sua Santità e Beatitudine il catholicos-patriarca di tutta la Georgia Ilia II, due anni di lavoro sul film, le preghiere, gli innumerevoli miracoli, le lacrime, la gioia, i viaggi in quattro paesi e in molte città, il volto sorridente del nostro mama Gabrieli [georgiano per padre Gabriele, ndc], e la manifestazione della sua presenza e del suo aiuto.

l'icona miracolosa e le sacre reliquie dell'anziano Gabriele

Ci sono state molte tentazioni durante il nostro lavoro su questo film, ma in un modo insolito sono state tutte risolte dalle preghiere dell'anziano Gabriele.

Pregare per l'intercessione dell'anziano Gabriele ha fatto sì che tutto andasse a posto.

Ma il più grande miracolo è che l'anziano Gabriele non abbandona nessuno, nemmeno per un secondo.

il team creativo

Durante il nostro lavoro su questo film abbiamo avuto un'esperienza diretta dell'amore dell'anziano Gabriele e di come ci stia insegnando ad amare allo stesso modo. Questo identico amore era sempre presente nella sua lunga sofferenza.

In questo giorno della sua canonizzazione, presento ai vostri cuori questo film: "Vi aspetto a Samtavro".

Spero che riscalderà le anime di ognuno di voi e che sentirete la benedizione e la grazia del nostro caro padre Gabriele.

Sono grato a Dio, all'anziano Gabriele e a tutti voi. Per due anni abbiamo creato questo film – questa pagina memorabile con una storia bella e benedetta – insieme.

nella cella dell'anziano Gabriele

Come autore e regista di questa produzione, lo chiamo il "film dei tre continenti", perché:

  • È stato realizzato nella Repubblica di Georgia in lingua russa.
  • È stato tradotto in inglese in Portogallo.
  • È stato modificato negli Stati Uniti e la voce fuori campo è stata registrata in Australia.

L'amore per l'anziano Gabriele viaggia lontano, oltre i confini della Georgia e oltre questi tre continenti.

Durante la sua vita, l'anziano Gabriele diceva spesso: "Oggi, il mondo intero ha saputo di me..."

Djulietta, sorella del'anziano Gabriele, e Konstantine

Non c'era dubbio che la gente lo avesse scoperto, come durante il regime comunista durante le manifestazioni del Primo Maggio, quando l'anziano aveva bruciato un gigantesco ritratto di Lenin che era appeso alla Casa del Governo della Georgia e che avrebbe dovuto essere "venerato" dai cittadini sovietici.

Ma qual era il significato esatto di queste parole che ripeteva così spesso: "Oggi, il mondo intero ha saputo di me..."? Non siamo in grado di dirlo con certezza e non riusciamo a comprendere appieno queste parole, ma possiamo supporre che sia molto probabile che anche padre Gabriele si riferisse a questo film, che vi presentiamo oggi, poiché oggi ancora più persone sapranno di lui.

L'anziano diceva anche: “Me ne vado, ma sarò sempre vicino a voi, invisibilmente. Io non vi lascerò mai..."

È diventato molto ovvio per noi che durante il nostro lavoro su questo film, l'anziano è stato con noi per tutto il tempo. Il desiderio che tutti voi sentiate l'amore, l'aiuto e la presenza dell'anziano brilla nel mio cuore, e grida con amore: "Cristo è in mezzo a noi".

Appello del cineasta ai lettori e agli spettatori

Dalla soleggiata Georgia, vi saluto con riverenza, ognuno di voi che ha visto questo film e che ama il nostro anziano Gabriele.

Al momento, gli autori di questo film stanno lavorando a un nuovo documentario, che si intitolerà "Padre Gabrieli". Con l'aiuto di Dio abbiamo già girato in diverse località in Russia, Georgia, Bielorussia e Ucraina. Ci aspetta molto lavoro.

Se la vostra situazione finanziaria lo consente e potete dare un contributo, chiediamo umilmente a tutti di offrire il loro contributo per finanziare la realizzazione di questo documentario: per una grande causa, anche la cifra più modesta si rivela spesso decisiva.

Per ulteriori opzioni a sostegno della creazione di un nuovo documentario su san Gabriele, vedete le informazioni allegate di seguito.

Quando trasferite denaro siete invitati a indicare il vostro nome di battesimo insieme ai nomi dei vostri parenti e cari. Tutti i nomi saranno ricordati durante i servizi di preghiera davanti alle reliquie di san Gabriele (Urgebadze) al convento di Samtavro, nei luoghi santi e presso le miracolose icone mirovlite dei venerabili Gabriele e Serafino di Sarov.

Inviate l'elenco dei nomi e qualsiasi domanda possiate avere tramite e-mail: diademas@yahoo.com

 

Per pagamenti in euro: TBC BANK OF GEORGIA

 

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Abbiamo davvero bisogno di una chiesa in Antartide?

Che cosa sappiamo del sesto continente, se non che è la dimora di pinguini e di esploratori polari, e che gli iceberg si muovono senza fine sulle sue sponde come "montagne di ghiaccio", come venivano chiamati dai marinai del "Mirny" e del "Vostok ", che hanno scoperto l'Antartide? Molti hanno sentito parlare del lago caldo Vostok, conservato sotto tre chilometri di ghiaccio, che forse ospita ancora esempi di flora e fauna scomparsi dalla faccia della terra eoni fa; altri possono aver letto della mitica base nazista 211, nascosta tra gli strati di ghiaccio nella Queen Maude Land. In generale, l'Antartide è avvolta in "segreti inquietanti", e le pubblicazioni su questi segreti sono aumentate negli ultimi decenni. Oltre a tutto questo, gli esploratori polari stessi, nelle parole dello ieromonaco Pavel (Geljastanov) del monastero di Novo-Spassky di Mosca che vi ha trascorso un anno, sono scettici su tutti questi segreti. Ma questo non sminuisce l'aura oscura e minacciosa del continente di ghiaccio. E se ci sono davvero oppure no delle caverne gigantesche fotografate dai satelliti nei mari di Bellingshausen, Admunsen, e Ross, con palle di fuoco che sgorgano dalle linee longitudinali della Terra e lasciano cadaveri fumanti nella neve, il continente di ghiaccio rimane una macchia bianca nel senso più diretto nonché in senso figurato.

Il viaggiatore che si trova, nemmeno sul continente, ma sulla sua soglia, su una delle sue isole, si sente come se fosse su un altro pianeta; un pianeta in cui una sbarra d'acciaio si frantuma in pezzi quando scivola di mano a temperature di settanta gradi sotto zero, e un respiro incauto può ghiacciare i polmoni; dove le luci delle stazioni che si trovano al di là di lunghi tumuli brillano di un verde inquietante, e si può tagliare a fette il kerosene con un coltello, come una gelatina. Qui è come trovarsi nello spazio, dove tutto può accadere; e un inverno qui differisce di poco da un soggiorno in una stazione spaziale o nel deserto marziano.

L'isola di re Giorgio, chiamata "Waterloo" da Bellingshausen (i marinai russi, veterani delle guerre napoleoniche, chiamavano le terre da loro scoperte con nomi di battaglie famose), che ha il clima meno aspro, è chiamata dagli esploratori polari "il villaggio". Ma neanche questa è senza pericolo, persino durante l'estate antartica, che arriva a gennaio-febbraio.

lo ieromonaco Pavel (Geljastanov)

"Questo è quel che può accadere qui", ha detto la guida del nostro tour dell'isola di re Giorgio (Waterloo), Aleksandr, un chirurgo di San Pietroburgo. "Un uomo va fuori a portare la spazzatura e non torna più. Quindi non separatevi dal gruppo, per favore. Questa è l'Antartide. "

Il pericolo più grande è costituito dalle cosiddette "paludi di pietra", che dall'aspetto non sembrano diverse dal paesaggio circostante. Là non c'è terra, solo frammenti e cumuli di pietra e ghiaia fracassata da venti di tempesta. Quella poltiglia marroncina, bagnata, può risucchiare giù un viaggiatore in un batter d'occhio, se questi dimentica di stare attento. Quindi è meglio camminare solo con una guida e preferibilmente con un bastone da passeggio, come si farebbe in una palude. Per inciso, il nostro istruttore e guida è stato il primo esploratore polare russo a essere battezzato in Antartide. Subito dopo la posa della prima pietra per la bella chiesetta in larice dell'Altaj e cedro siberiano che ora si eleva dal triste colle come una candela che brucia, l'igumeno Georgij (Il'in) ha officiato il suo battesimo in un lago non lontano dalla stazione, chiamato dagli abitanti lago Kitezh.

* * *

L'iceberg scosceso, di un bianco accecante, che sale al cielo ed eclissa l'orizzonte, strani pezzi di scogliera che incombono sull'acqua lungo le rive, gli albatros e lo stridere dei gabbiani, i trichechi, leoni marini, le foche, il muschio verde-oro che di protende verso il sole, e naturalmente i pinguini stessi.

"Sono così curiosi, così fiduciosi; sono abbastanza innocenti, come piccole persone; e la tua anima con loro si rinfranca, ricorda padre Pavel. Se un esploratore polare è di cattivo umore va fuori per una passeggiata lungo la riva, soprattutto dove crescono i piccoli pinguini, e la malinconia va via. "

Padre Pavel è un monaco estremista. Oltre ai suoi inverni in Antartide, ha anche partecipato al rally automobilistico "Expedition Trophy" da Murmansk a Vladivostok, come membro dell'equipaggio di uno dei fuoristrada. Fin da giovane aveva sempre sognato di andare nel continente gelido – una cosa non impossibile per un futuro meteorologo.

"Dopo la scuola ho studiato nell'istituto idro-meteorologico marittimo a Tuaps, e il mio sogno era quello di andare o alla stazione d'alta quota di" Pamir ", o in Antartide o all'estremo nord. Poi questo sogno mi ha abbandonato per lungo tempo e non c'è stato modo di realizzarlo. Ma poi ho visto un film intitolato, "Una chiesa in Antartide" e ho pensato: "Ebbene, ti piace? Probabilmente ci andranno alcuni sacerdoti di rango più alto, e tu no... e poi padre Irinej è venuto da me, e mi ha detto, 'La Lavra della Trinità e di san Sergio manda gente lì, e il preside è mio amico. Se vuoi, lo chiamo. 'Ho detto, "Padre Irenej, chiamalo", e poi ho aspettato la risposta con timore e tremore. Alla Lavra proprio allora erano in cerca di un prete, perché nessuno dei loro era in grado di andare. Sono andato per un colloquio; mi hanno presentato all'Arcivescovo Feognost, e quindi mi sono trovato in Antartide".

Nota: L'Arcivescovo Theognost di Sergiev Posad è il vescovo che il 15 febbraio del 2004, la festa del santo Incontro del Signore, ha consacrato la prima e unica Chiesa ortodossa in Antartide sull'isola di re Giorgio (Waterloo). Fu allora, durante la Liturgia, che tre grandi raggi di sole sono passati attraverso le nuvole che avvolgevano l'isola. Questo episodio è stato fissato nel film E fino ai confini della terra, filmato dalla troupe della Lavra. Ed è anche profondamente simbolico che il 700° anniversario di san Sergio di Radonez coincide con il decimo anniversario della consacrazione della chiesa antartica, che è sponsorizzata dal monastero di san Sergio nel cuore della Russia ortodossa.

Padre Pavel, chi sono queste persone, gli esploratori polari? Sono molto religiosi? Com'è stato per lei servire lì?

Come sa, ci sono persone diverse ogni anno. Quindi molto dipende da con chi si finisce. Per esempio, quelli che erano andati con Robert Scott perirono, mentre tutti quelli che sono andati con Amundsen sono sopravvissuti. O con Shackleton, la sua è stata una spedizione estenuante, ma anche lì tutti sono sopravvissuti. Quindi, molto dipende dal capo della spedizione.

E chi era il leader?

Non farò il suo nome. Il consenso generale era che sarebbe stato un uomo tollerabile sotto un capo diverso. La prima cosa che fece fu di togliere l'icona dal refettorio della stazione dicendo che non ci sarebbe stata alcun'icona finché lui era lì, ma poi durante l'inverno attraverso il nostro sforzo comune l'icona è stata rimessa al suo posto. Gli abbiamo detto che avremmo digiunato, bevendo solo acqua e non mangiando. In generale non era un uomo cattivo, solo un ateo incallito. Ma gli esploratori polari... La mia prima esperienza nel comunicare con loro è stata complicata. Gli scienziati polari sono persone di vaste conoscenze, e molto capaci... Oppure, diciamo, un meccanico che ha partecipato alla spedizione in slitta a "Vostok"... Non è possibile stabilire un contatto con loro solo con parole acute o gentili. Soprattutto per coloro che hanno sperimentato molto, rischiando la vita più di una volta, non è così importante quello che dici, quanto quello che fai, e quello che sei in realtà. Ricordo come gli esploratori polari hanno reagito allo ieromonaco Kallistrat (Romanenko), oggi vescovo. Era appena arrivato e avevano bisogno di scaricare la nave; quando hanno abbassato il carico fino alle coste antartiche, si è tolto la rjassa e klobuk ed è stato il primo ad iniziare trasportare i sacchi. Agli esploratori è piaciuto. Hanno pensato, questo è il nostro tipo di prete. Era anche una persona socievole, sempre in grado di sostenere una conversazione. Io ho una personalità diversa e non ero così popolare, ma ho sempre cercato di aiutare secondo la mia forza. Beh, quanto agli scienziati, non erano abituati a sentire che la religione e la scienza non si contraddicono l'una con l'altra, ma che al contrario, si completano a vicenda.

Suppongo che non sappiano molto di religione.

È così. Si tiene una conferenza una volta alla settimana, e una volta hanno invitato me a tenerla. Ho scelto il tema della filosofia religiosa russa: Berdjaev, Il'in, il fenomeno della persona russa, l'idea nazionale russa... volevo dire che la Russia ha una grande missione, ma quando ho iniziato a parlare di questo ho incontrato un atteggiamento puramente occidentalizzante. La sensazione è che è giunto il momento di riconoscere la morte della Russia, che non c'è altro che ubriachezza e sporcizia, e che tutto il bene che abbiamo mai avuto proviene dall'Occidente. La discussione si è riscaldata, ed è sfociata in una tensione nervosa indescrivibile... Poi uno di loro mi ha detto che avevo bisogno di presentare anche la tesi opposta, perché per ogni argomentazione scientifica c'è sempre un contrappeso.

Beh, sì, questo è il modo umano di vedere le cose: c'è una tesi, un'antitesi e una sintesi. Hanno ricevano in molti la comunione quando era lì?

No, non molti. Due hanno ricevuto il battesimo, ma si comunicavano irregolarmente. Si comunicavano il mio assistente, un ecologista da Vladikavkaz e un collega dalla stazione cilena, Eduardo, un cileno ortodosso che ha sposato una donna russa. Il sacramento del matrimonio ha avuto luogo nella nostra chiesa qui... Lui lavora all'aerodromo cileno, e non è un cattivo cantore. Siamo diventati amici. La fede unisce le persone. Le persone si avvicinano non attraverso la nazionalità o la cultura tanto quanto per mezzo della fede.

* * *

Nel film di Vladimir Solov'ev "Una chiesa in Antartide" ci sono scene in cui tutti gli esploratori invernali – non solo i russi in, ma anche dalle stazioni vicine – salgono dalle valli color grigio piombo sulla collina, trasportando una croce alta tre metri. Non puoi fare a meno di ricordare il comune tema iconografico religioso del "portare la croce". La croce stessa è a otto punte, rigorosamente secondo il canone ortodosso. È stata fatta alla stazione "Bellingshausen" dagli esploratori polari, in pino bianco, e questa è la croce eretta sulla collina nuda che può essere vista a distanza sia in mare sia in aria. In questo si può vedere una volontà superiore: il nostro gruppo stava portando una croce prefabbricata da Mosca, ma a un cambio di aereo a Parigi, la croce è stata caricata sul velivolo sbagliato. Gli esploratori polari hanno dovuto quindi farsi la loro, che era più pesante e più semplice, ma più bella nella sua nuda e cruda semplicità mascolina.

Subito dopo la Liturgia – la prima Liturgia ortodossa mai servita sul continente antartico – una processione con il canto dei tropari si è mossa verso la collina sopra la riva rivestita di quella luce bianca antartica che non ha altri paralleli sulla Terra. E ci eravamo sulla cima della collina, dove il vento ha spento immediatamente la candela abbassata nel turibolo per accendere il carbone. Abbiamo custodito con i palmi delle nostre mani la fiamma riaccesa – eravamo esploratori polari invernali, cileni, tedeschi, spagnoli...

"Acconsenti, Signore Gesù Cristo, nostro Dio, che il segno e la potenza della tua croce custodiscano questo luogo per la tua gloria, nostro Dio crocifisso ..."

Flash di telecamere, spruzzi d'acqua santa, e sullo sfondo del crepuscolo grigio si vede il giallo limone della giacca di piumino di Carmen, dalla Spagna. Esploratori polari.

Tramonto in Antartide. Foto dello ieromonaco Gavriil (Bogachikhin)

Padre Pavel, come può spiegare la loro attrazione per l'Antartide? Ho sentito che molti semplicemente non possono vivere senza l'inverno polare.

Mi piaceva l'espressione degli esploratori polari, che hanno trascorso molti inverni in Antartide, che la chiamano "la bionda bianca". In un primo momento ho pensato, come mai? Una bionda è bianca comunque... Ma mi sembra che questo venga da un sentimento di purezza, d'incorruttibilità. Sa, gli esploratori polari non chiudono mai a chiave le porte quando escono, le porte sono sempre aperte, nessuno ruberebbe mai rubare niente, e se dovesse succedere qualcosa i cileni e gli uruguayani condividerebbero ciò che hanno con voi. La gente è cordiale e disponibile.

È questa la fraternità polare? Questo ha qualcosa a che fare con la natura del luogo? È il clima più pazzo sulla Terra, completamente inadatto all'abitazione umana ...

Credo che per la forza di questa inadeguatezza una persona esulta in particolare, per esempio, quando si scioglie il ghiaccio. In primavera il cinque per cento dell'isola è privo di ghiaccio e su questo cinque per cento in alcuni luoghi è visibile il muschio. E così bello camminare a piedi nudi sul muschio. In patria la vegetazione non porta tanta gioia come là un po' di muschio. O come quando c'è una violenta tempesta, e stai sulla riva dell'oceano, e quello stesso rumore agisce come calmante.

E qual è la differenza tra la vita ecclesiale là e in patria?

Mi sembra che la vita là sia come la vita in un eremitaggio, piuttosto che in un monastero, in cui passiamo il tempo con le persone. Abbiamo vissuto su un'isola a pochi passi dalla chiesa; abbiamo servito e pregato tutti i giorni, mattina e sera. E abbiamo avuto la sensazione che la Chiesa ci protegge e ci preserva. Se a casa dovete sforzarvi di andare in chiesa, là fai più spesso una semplicemente corsa per andarci. Nessuno ci ha chiesto di servire la Liturgia; io e il mio assistente servivamo praticamente da soli, e abbiamo avuto la sensazione che dovevamo sia pregare sia ricevere la comunione. E dopo la comunione era più facile sopportare tutti i disagi.

Ricordo che quando è nata l'idea di costruire una chiesa in Antartide molti hanno riso – per chi, hanno detto, per i pinguini? Come risponderebbe a questa domanda?

In origine il suo scopo consisteva almeno nel mantenere aperta la stazione di Bellingshausen, perché era in progetto la sua chiusura. Forse è la Provvidenza di Dio, ma dopo che vi è stata costruita la chiesa, il parere del governo in materia è cambiato bruscamente, e le spedizioni sono aumentate. Per esempio, hanno cominciarono ad arrivare le navi dalla Germania con 200-300 escursionisti, e la prima cosa che fanno quando fanno un passo fuori dal gommone sulla riva è visitare la chiesa, che è diventata un biglietto da visita non solo per le spedizioni antartiche russe o per la stazione di Bellingshausen, ma anche per l'intera isola di Re Giorgio. Vengono spesso degli stranieri. A Pasqua abbiamo avuto molti colleghi dalle stazioni cilena e uruguayana, e persino dei cinesi – la chiesa era piena. Ma quanto al sacerdote, il suo servizio dovrebbe essere qualcosa di simile a ciò che accade nella chiesa che serve i cosmonauti a Zvezdnij Gorodok ("Borgo delle stelle", appena a nord di Mosca, un compound per cosmonauti). Gli esploratori polari, che come i cosmonauti sono lontano da casa e non possono tornare alla loro famiglia e agli amici per periodi fino a dieci mesi hanno bisogno di un simile aiuto psicologico. Sarebbe bene avere anche nella stazione "Progress" un sacerdote che conosce tutti gli esploratori polari, e sessioni regolari connesse alle stazioni per quegli esploratori polari che vogliono parlare con un sacerdote. E forse sarebbe bene organizzare visite, confessare o dare la comunione a coloro che lo desiderano, e benedire tutte queste stazioni, quando gli aerei volano o le navi passano per tutte le stazioni. Ma purtroppo questo non è stato programmato logisticamente.

Mi piacerebbe credere che una chiesa in Antartide sia l'inizio di una benedizione di tutto il continente di ghiaccio scoperto dai marinai russi. Cosa vede nel futuro dell'Ortodossia in Antartide? Ha detto che hai dato la comunione solo a pochi. Forse, non è realmente necessaria una chiesa per gli esploratori polari?

Se prende esploratori polari come il direttore della nostra stazione, allora, naturalmente, non è necessaria. Ma subito dopo di noi ci fu un altro direttore. Di lui farò il nome: Oleg Sakharov. Lui, a quanto ho capito, sceglie la propria squadra. Quando eravamo già in partenza, sono venuti in chiesa. Ho annunciato che avrei servito un Moleben di ringraziamento prima di salire sulla nave; nessuno dal nostro team è venuto, ma il nuovo team è venuto, anche se Oleg Sakharov stesso non era ancora arrivato. Dopo il Moleben di ringraziamento ho servito un Moleben per l'inizio di ogni opera buona. Li ho benedetti, li ho aspersi di acqua santa, e sono stati molto felici... Perché non raccogliere studiosi ortodossi – oceanografi, glaciologi, meteorologi, meccanici, cuochi, e medici? Non è una cosa così complicata: si potrebbe assemblare una stazione ortodossa, con un intero collettivo ortodosso. Ma, come mi è stato detto, il capo della Spedizione antartica russa non potrà mai essere d'accordo.

Prima ha menzionato il cileno, Eduardo, che ha sposato una ragazza russa ed è diventato un cristiano ortodosso. Mi sembra che questa sia una cosa incredibile, e forse per questo valeva la pena di avere una chiesa in Antartide.

Naturalmente. Penso che la parrocchia di questa chiesa sia ben più che solo una o due persone che vengono. La sua parrocchia è composta da tutte quelle persone che si occupano di questa chiesa. Quando ero lì, ho tenuto una corrispondenza con molte persone; mi hanno scritto di aver trovato una webcam per poter seguire ciò che accade in Antartide, e per filmare i nostri servizi tra le altre cose. È come se questi fossero parrocchiani della nostra chiesa in internet. Quindi, vi è un interesse non solo tra gli esploratori polari. Penso che tra i nostri parrocchiani ci siano anche quelli che hanno concluso la loro vita in Antartide. Sono più di 100 persone. E quando leggo la lista delle preghiere, ho la sensazione che stiano aspettando questa commemorazione.

* * *

la chiesa della Santissima Trinità in Antartide. Foto dello ieromonaco Gavriil (Bogachikhin).

Secondo la geografia sacra medievale, il nord è equiparato a una sorgente spirituale, con il paradiso, mentre il sud è il suo opposto, cioè, il mondo sotterraneo. Ora nell'estremo sud vi è una chiesa russa, che nasce dall'idea di costruire una cappella in memoria di quegli esploratori polari dall'Unione Sovietica, e più tardi della Federazione russa, che vi sono morti. Padre Pavel afferma che essi sono tutti parrocchiani di questa chiesa – la sola che su questo continente serve l'Eucaristia, il sacramento di ringraziamento a Dio, per il quale tutti vivono. Assieme al numero dei parrocchiani defunti per i quali preghiamo in Antartide c'è un altro nome, un cameraman di del Primo Canale della Russia, Anatolij Kljan, che ha filmato la posa della fondazione della chiesa sull'isola di re Giorgio. Anatolij è stato ucciso la scorsa primavera a Donetsk.

Mi ricordo di lui in piedi con la sua videocamera in spalla, puntata all'oblò di una portaerei C-130. Con questi scatti dalle nuvole dell'ala e dell'elica del velivolo militare in Antartide sarebbe iniziata nel giro di pochi giorni la relazione della nostra spedizione sul programma TV "Vremya" ("Tempo"). Due anni più tardi, la chiesa assemblata nell'Altaj e smontata per il suo viaggio verso l'isola di re Giorgio, poi rimontata da tronchi numerati, fu consacrata dal vescovo Feognost (Superiore della Lavra della Trinità e di san Sergio) e dedicata alla santissima Trinità, anche se dapprima era stato previsto di dedicarla a San Nicola, patrono dei marinai, e quindi anche degli esploratori polari. Ma qui c'è qualcosa di simbolico: l'unica icona sul tavolo che serviva da altare provvisorio era una piccola icona di plastica che avevo acquistato il giorno prima in un negozio cattolico di Punta Arenas, la città più meridionale del Cile e dell'America Latina. Era un'icona da tavolo della santissima Trinità di sant'Andrej Rublev. Simbolica. E la chiesa in Antartide, una chiesa in mezzo a un universo di ghiaccio sormontato dalla Croce del Sud, è forse la migliore illustrazione per l'ultima riga del Credo: "Aspetto la risurrezione dei morti e la vita del secolo futuro".

 
Che c'è di grande in certi santi?

"Perché gli ortodossi usano il titolo di "grande" per alcuni santi (per esempio, Antonio il Grande), quando questo è utilizzato per leader pagani ed ebrei (per esempio, Pompeo Magno, Erode il Grande)?"

Questa non è certamente una cosa limitata ai cristiani ortodossi. Penso che più o meno tutti i cristiani abbiano fatto distinzioni storiche tra Erode "il Grande", Erode Archelao, Erode Antipa ed Erode Agrippa. Anche nei Vangeli troviamo un riferimento a "Giacomo il Minore" (Marco 15:40) per distinguerlo dal più prominente Giacomo, figlio di Zebedeo.

Ci sono alcuni santi che portano il nome di "Atanasio", e ciascuno di essi viene definito con alcune parole supplementari per chiarire di chi si sta parlando. Per esempio, vi è sant'Atanasio di Serpukhov; Sant'Atanasio il Giovane, patriarca di Costantinopoli; il martire Atanasio di Melitene; Sant'Atanasio "il Risorto", recluso delle Grotte vicine di Kiev, ecc. Tuttavia, vi è sant'Atanasio il Grande, che fu il grande campione contro l'eresia ariana. Ora, sesant'Atanasio fosse andato in giro facendosi chiamare "il Grande", allora ci sarebbe qualcosa da criticare. Ma il fatto che la Chiesa lo abbia chiamato "il Grande" è semplicemente un riconoscimento del ruolo cruciale che ha avuto nella difesa della teologia ortodossa. Potremmo dire la stessa di sant'Antonio il Grande, o di san Basilio il Grande. Ci sono molti santi con i nomi "Antonio" e "Basilio", ma questi due spiccano in mezzo a loro, anche se non avrebbero mai fatto riferimento a se stessi in questo modo.

San Paolo sottolinea che "ogni stella differisce da un'altra nello splendore" (1 Corinzi 15:41), e così è con i santi.

La maggior parte dei santi non è neppure nota per nome, ma alcuni santi spiccano con una luminosità speciale, e non c'è niente di sbagliato se facciamo notare questo fatto.

 
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I ruteni ortodossi contro il sistema di difesa missilistico americano in Transcarpazia

Sulla moderna rinascita della identità religiosa e nazionale del popolo ruteno, che vive in Ucraina occidentale dal X secolo, in un'intervista al portale "Interfax-Religion", parla il rettore della cattedrale dell'Esaltazione della Santa Croce a Uzhgorod, presidente del Sojma (Parlamento del Popolo) dei carpato-russi, arciprete Dimitry Sidor.

Padre Dimitrij! Lei è conosciuto non solo come leader religioso, ma anche come uno dei leader del movimento nazionale ruteno, l'autore della grammatica della moderna lingua russina. Qual è la posizione attuale dei ruteni nella vita dell'Ucraina e dell'Europa centrale?

Il destino un milione di ruteni era tale che con la creazione di un nostro Stato, la Repubblica della Rus' Subcarpatica (che è esistita dal 1918 al 1946), non siamo stati in grado di proteggerlo, e quindi siamo stati separati dalle frontiere degli stati dell'Europa centrale.

È accaduto così che i difensori più consistenti degli interessi nazionali del popolo ruteno sono stati i membri del clero. Per esempio, il "revivalista dei ruteni", il sacerdote Aleksandr Dukhnovych, nel XIX secolo era un membro del Parlamento austriaco, e il sacerdote Avgustin Voloshin fu il secondo Primo Ministro della Rus' Subcarpatica, e più tardi il presidente dell'Ucraina carpatica (parte confederale della Cecoslovacchia).

Personalmente, ho avuto la benedizione della Chiesa per essere deputato del parlamento regionale della Transcarpazia, dove ho difeso gli interessi sia dei ruteni sia del cristianesimo ortodosso in generale. Fortunatamente, il parlamento regionale della Transcarpazia il 7 marzo 2007 ha deciso il rilancio della nazionalità "rutena", vietata nel 1946.

Purtroppo, Kiev ha costantemente omesso di rispettare i diritti dei ruteni, anche se nell'agosto del 2006 l'ONU ha esortato l'Ucraina a riconoscere la nazionalità dei "ruteni" in relazione alle sue evidenti differenze con gli ucraini. Generalmente i ruteni si considerano un popolo antico russo, se ne ricordano chiaramente da 1100 anni, e oggi rimangono un partecipante attivo nei processi geopolitici.

Quali sono le caratteristiche della vita religiosa contemporanea della Transcarpazia?

Ora circa il 70% della popolazione della Transcarpazia si considera ortodosso, il 20% greco-cattolico, e ci sono anche considerevoli comunità cattoliche di rito occidentale e protestanti riformate. Con oltre il 98% delle comunità ortodosse incluso nella diocesi di Mukachevo e Khust della Chiesa ortodossa ucraina del Patriarcato di Mosca, non abbiamo tra noi alcuno scisma tra gli ortodossi. In totale ci sono più di 600 parrocchie ortodosse e decine di monasteri, così la nostra terra è chiamata "l'Athos dei Carpazi".

Molto del clero della Chiesa ortodossa russa è nativo delle terre rutene. Qual è la ragione?

I ruteni sono generalmente caratterizzati da un'alta religiosità. La lingua rutena è molto vicina allo slavo ecclesiastico, cosa che elimina sostanzialmente il problema della lingua liturgica, che a volte si sente in Russia e soprattutto in Ucraina.

Nella fede tra i ruteni hanno giocato un ruolo e un desiderio speciale i giovani che anche in un periodo di dilagante ateismo di Stato sono andati volentieri alle scuole teologiche della Chiesa ortodossa russa. E ora siamo particolarmente contenti che uno dei principali promotori della unificazione della Chiesa ortodossa russa e della Chiesa ortodossa russa all'Estero, il metropolita Lavr, sia di fatto un ruteno etnico. Per inciso, i ruteni ora costituiscono la maggioranza dei credenti in Polonia, in Cechia e Slovacchia e nella Chiesa ortodossa in America.

Come vede le prospettive del cristianesimo ortodosso in Ucraina?

Nel 1947, la Chiesa ortodossa autonoma carpato-russa del patriarcato di Serbia si unì alla Chiesa ortodossa russa. Oggi lo scisma nell'Ortodossia ucraina non ci ha colpiti, perché i ruteni ci tengono molto a stare nell'Ortodossia canonica. E ci rimarremo a prescindere dai processi politici in Ucraina. Per inciso, i ruteni considerano gli scismatici filaretisti come membri di una setta, il cui ritorno alla Chiesa passa solo attraverso il pentimento.

Nelle vostre vicinanze, sulle pianure di Rovno e a Stoj, sono previste strutture ricettive del sistema di difesa missilistico degli Stati Uniti. Si parla di creare a Uzhgorod il principale centro d'informazione della NATO in Ucraina. Cosa ne dicono i ruteni?

La cosa mi ha subito ricordato gli anni ottanta, quando mi sono opposto alla costruzione di un potente radar nei pressi di Mukachevo. Se avessi potuto allora pensare che invece di strutture militari sovietiche nelle terre rutene potevano apparire basi americane! La maggior parte delle organizzazioni rutene ha deciso di richiedere la dichiarazione della Transcarpazia come zona smilitarizzata in cui le uniche strutture accettabili sono... sanatori e case di riposo!

 
Liturgia e live streaming: due cose che non vanno assieme

Con lo scoppio del coronavirus sentiamo ripetutamente appelli da molti preti e vescovi a praticare il distanziamento sociale, evitare la partecipazione alla Liturgia e fare affidamento invece sulla visione in live-streaming dei servizi liturgici. Si tratta di un buon consiglio?

Mentre l'assenza temporanea dai servizi liturgici può essere una parte necessaria della nostra risposta allo scoppio del virus, l'efficacia spirituale del live streaming è seriamente dubbia. Sì, in determinate circostanze, per esempio per coloro che sono gravemente malati, costretti a letto o troppo deboli per fare qualcosa di diverso da guardare un televisore o lo schermo di un computer, il live streaming della Liturgia può essere utile. Certamente, esiste la possibilità che l'innografia cantata nei servizi in live streaming possa essere ascoltata da coloro che altrimenti sarebbero stati disattenti se fossero stati fisicamente presenti. Molti hanno beneficiato qualche volta nel vedere servizi liturgici registrati su YouTube, che sono altamente educativi e spesso profondamente stimolanti. Perché, dunque, le funzioni registrate o trasmesse in streaming dal vivo rappresenterebbero per noi un pericolo spirituale, soprattutto in questo tempo di grave malattia e angoscia?

La risposta è perché nel vedere un servizio liturgico in questo modo, si frappone un'ulteriore barriera – lo schermo – tra lo spettatore e il celebrante della funzione. Questo unico elemento, e la postura che evoca nello spettatore, sono sintomatici del problema stesso che la Liturgia pone alla persona moderna. Sbirciare su un monitor per vedere qualcosa a cui saremmo destinati, invece, a partecipare attivamente, porta la Liturgia a essere ancora una volta fraintesa e abusata dallo spettatore. Invece di lasciare lo spettatore attivamente impegnato come un membro del corpo riunito assieme e manifestare la sua pienezza, il computer scompone l'unicità della Liturgia in isolamento, separazione e divisione. In effetti, il coronavirus scatena un devastante assalto alla Liturgia sconvolgendo tutto ciò che la Liturgia dovrebbe essere. Dovremmo stare spalla a spalla con i nostri fratelli, non tenerli a una distanza di due metri. Dovremmo stare insieme mentre lavoriamo per unire le nostre voci nel canto, non preoccuparci della diffusione dell'infezione. Dovremmo condividere intimamente un pasto con i nostri fratelli e sorelle, anche condividendo le stesse posate, non mangiare da soli in un ambiente di laboratorio perfettamente igienico. La Liturgia, quindi, è pensata per riflettere la vita stessa, che non è né ordinata né pulita. E la Liturgia – correttamente compresa – è pensata per essere lavoro, non intrattenimento, uno sforzo corporativo, non individuale. Dobbiamo lottare, cooperare e lavorare insieme per realizzare l'offerta a Dio delle cose che ci ha benedetti a condividere in questa vita.

Lo schermo del computer (simbolo rivelatore della modernità) continua e migliora semplicemente l'esclusione dalla Liturgia che noi già sperimentiamo ripetutamente. Il fatto è che per molti laici la Liturgia è noiosa, troppo lunga, incomprensibile e sconnessa dalla vita quotidiana. Nella nostra totale passività, la Liturgia è vista come qualcosa da guardare invece che da fare. È un dovere particolare da compiere e di cui sgravarsi il ​​più facilmente possibile. È l'uomo moderno, seduto passivamente in un banco con le gambe incrociate e l'occhio all'orologio, che è completamente privo di solidarietà e ignaro della ragione, dello scopo e del profondo bisogno dell'azione liturgica. Forse questa persona gravemente estraniata (che è ciascuno di noi) ha bisogno di una tragedia come quella attuale che gli serva da allerta, che lo risvegli e lo conduca a una consapevolezza della nostra totale dipendenza dalla misericordia di Dio e da Dio come fonte e arbitro ultimo della vita.

Ora, se questa è l'esperienza della Liturgia che alcuni o molti hanno quando viene condotta all'interno delle mura della Chiesa, che tipo di esperienza speriamo di avere della Liturgia quando celebriamo quella che è stata chiamata la liturgia dopo la Liturgia nelle nostre case? Innanzitutto, dobbiamo riconoscere con profondo rammarico che per molti cristiani ortodossi la casa non è più  un luogo di preghiera. Abbiamo perso l'abitudine della preghiera in casa. Se ci preoccupiamo di mantenere un angolo delle icone nelle nostre case, questo rimane per molti semplicemente un ornamento culturale ma non un luogo vivente di preghiera. E coloro che praticano regolarmente la disciplina della preghiera quotidiana in casa, sanno per esperienza che la preghiera condotta in questo modo è, per definizione, lavoro e sforzo. Stare davanti alle icone sacre, inchinarsi e prosternarsi, leggere le preghiere ad alta voce e ricordare i nomi dei nostri cari, richiede tempo e fatica. Ed è questo tempo e questo sforzo che collega effettivamente la nostra preghiera individuale e privata con la preghiera corporativa e pubblica della Chiesa. È questa dipendenza dalle preghiere scritte nel libro di preghiere che ci unisce alla santa Tradizione della Chiesa e modella i nostri pensieri e percezioni. E quindi è profondamente ironico che quando ci troviamo di fronte a una minaccia internazionale alla nostra salute e al nostro benessere che alcuni vescovi si accontentino di sostituire la visione dei servizi liturgici al posto dell'esercizio (che qui è la parola perfetta) della preghiera personale, al posto del comandare i fedeli di prosternarsi davanti a Dio. L'idea di offrire ancor di più della stessa cosa che è il nostro problema, la nostra passività e la completa mancanza di impegno, come se fosse la soluzione al problema, è sorprendente.

Ma c'è un lato oscuro nella dipendenza da Internet. Abbiamo visto l'onnipresente diffusione del male, del vizio e dell'oscenità in un modo unico attraverso questo mezzo. Le immagini degli aspetti più sacri della vita sono state catturate e abusate nei modi più profondi e profani. Le cose intime e belle sono state pervertite e oggettificate puramente per il piacere sensuale. E ora si suggerisce che qualcosa di estremamente sacro – la stessa Liturgia – sia visto qui. Dimentichiamo, tuttavia, che la Liturgia ha determinati requisiti umani. Il nostro culto ha una fisicità che non è negoziabile. Entriamo nella chiesa (un luogo) e accendiamo candele davanti alle icone. Sentiamo l'odore della cera d'api e dell'incenso. Il diacono ci dice di chinare il capo al Signore e noi lo facciamo. Il sacerdote eleva l'agnello, lo spezza e lo posiziona in parti precise nel calice in modo che possiamo mangiarlo, non guardarlo. Ma ora, per qualsiasi motivo, io non posso soddisfare i requisiti umani della riunione, il sobor, la sinassi. Piuttosto che riconoscere che mi viene negato qualcosa di ineffabile e insostituibile, nel mio istinto moderno e caduto preferisco provare gli stessi sentimenti che proverei se le circostanze mi permettessero di fare il lavoro necessario (cioè la Liturgia) anche quando non posso farlo o non lo farò. Quindi creo un mondo artificiale di immagini per gratificarmi e produrre quei sentimenti. Ma la Liturgia non è offerta per questo scopo. Sebbene possa produrre sentimenti di profonda emozione nel credente, l'obiettivo della Liturgia è di chiamare l'umanità a una realtà più alta e più nobile, una realtà noetica in base alla quale riconosciamo i limiti della vita e dell'esperienza creativa. Il percorso verso questa realtà noetica, tuttavia, non è attraverso il sotterfugio o l'oggettificazione, ma attraverso la moderazione delle passioni, la lotta e l'ascetismo. Almeno, questo è ciò che ci dicono i santi.

Dimentichiamo che la Liturgia è una ierofania [manifestazione del sacro, ndt]. Quando sono stato ordinato era permesso fotografare, ma c'erano ancora persone che ricordavano quando questo non era permesso all'interno di una chiesa. Le funzioni sono sacre e il divieto della fotografia era inteso a preservare la loro sacralità, a prevenire la loro rappresentazione come qualcosa di comune o banale. In effetti, qualcosa si perde quando riproduciamo artificialmente ciò che è puramente originale nella vita.

Il Coronavirus è una grave minaccia per la nostra salute, molti ne hanno sofferto e ne sono morti e, per essere sinceri, probabilmente molti ne soffriranno nei mesi a venire. Parte di questa sofferenza comporta l'interruzione della nostra vita, del nostro lavoro, delle nostre celebrazioni, della nostra economia. Dobbiamo venire a patti con tutto questo e piangere queste perdite, non cancellarle con l'apparenza di normalità. Anche la nostra perdita della capacità di celebrare la Liturgia con la regolarità e la frequenza che normalmente avremmo è parte di questa sofferenza. Dobbiamo riconoscere questo e quindi reindirizzare il nostro dolore verso una devota preghiera a Dio, condotta nelle nostre case e davanti alle sante icone, secondo la Tradizione e attraverso le preghiere dei nostri santi Padri.

 
San Paissio sulla paura dei germi e degli oggetti sacri

La seguente conversazione di san Paissio l'Athonita con uno dei suoi figli spirituali, registrata nel libro Elder Paisios of Mount Athos: Spiritual Counsels III: Spiritual Struggle, è di un certo interesse, specialmente in questi giorni in cui viviamo.

- Ricordo che al cenobio avevamo un monaco che da laico era stato capitano di polizia. Lo hanno fatto lettore perché era istruito. Era nel monastero da anni eppure era ancora disgustato da molte cose. Non voleva nemmeno toccare una maniglia! Provava ad aprire le porte con il piede, oppure a girare le maniglie con il gomito e poi si puliva la manica con l'alcol. Apriva persino la porta della chiesa con il piede. Nella sua vecchiaia, Dio permise che i suoi piedi sviluppassero una cancrena, specialmente quello che usava per aprire le porte. Stavo prestando servizio come assistente infermieristico quando è venuto per la prima volta all'ospedale del monastero con il piede tutto bendato. L'infermiera mi ha detto di slacciarlo mentre lui andava a prendere delle bende. Quando l'ho sciolto, ho sussultato. Era coperto di piccoli vermi. "Scendi con lui al mare per lavarlo e sbarazzarti dei vermi, e ritorna a cambiare le bende". Ero perplesso vedendo le condizioni del suo piede, il grado della sua punizione. L'infermiere mi ha chiesto: "Conosci la causa delle sue afflizioni?" "Sì, è perché apre le porte con il piede", gli ho detto.

- Gheronda, continuava ad aprire le porte con il piede?

- Sì, con il piede! Ed era invecchiato come monaco.

- Non ha capito, alla fine?

- Non lo so. In seguito sono andato al monastero di Stomion a Konitsa. Non so come sia morto. Ma lì nel cenobio sul monte Athos alcuni dei monaci più giovani mangiavano il cibo rimasto nei piatti dei monaci più anziani come benedizione. Raccoglievano gli avanzi perché erano stati benedetti. Altri baciavano le maniglie delle porte toccate dagli anziani, mentre questo monaco che era disgustato da tutto accostava appena le punte dei baffi alle icone sacre quando si inchinava per riverirle. Si può solo immaginare cosa dovevano sopportare i suoi poveri baffi quando se li lavava con l'alcol denaturato!

- Gheronda, quando accade qualcosa del genere nei confronti delle cose sacre, non è forse irriverenza?

- Ovviamente; è così che iniziano le cose, per poi passare a ulteriori sviluppi. Lo stesso monaco arrivò al punto di non baciare le icone perché temeva che i monaci che le riverivano prima di lui avessero qualche malattia!

- In altre parole, se uno vuole evitare di essere disgustato, non deve essere schizzinoso o prestare attenzione a queste cose?

- Le persone non vedono quale spazzatura è mescolata al cibo che si mettono in bocca! Anche se uno ha una certa fobia di ammalarsi, Cristo lo aiuterà se si fa il segno della croce con fede. Molte persone che hanno varie malattie vengono alla mia kalyvi (casetta monastica, ndc). Alcune persone semplici che vengono si fanno il segno della croce quando prendono la mia tazza di latta per bere un po' d'acqua. Altri che hanno paura non la toccano. Recentemente è venuto a trovarmi qualcuno che ricopriva una posizione importante in un'azienda. Aveva così paura dei germi che si era sbiancato le mani per i frequenti lavaggi con alcool disinfettante. Strofinava persino il volante della sua automobile con l'alcol. Mi è dispiaciuto per lui. Sai com'è mantenere una posizione così importante ed essere così? Gli ho dato un po' di loukoumi, e non li ha presi perché li avevo toccati io. Ma anche se fossero stati ancora nella scatola, non li avrebbe presi perché avrebbe pensato che qualcun altro doveva averli messi nella scatola con le sue mani in primo luogo. Ho preso uno dei loukoumi, l'ho strofinato sulla sua scarpa e l'ho mangiato. Ho fatto molte cose del genere per aiutarlo a liberarsi, anche solo un po', dal suo senso di disgusto.

Oggi è venuta qui una giovane donna ipocondriaca. Non voleva ricevere una benedizione al suo ingresso perché aveva paura di prendere i germi. E quando se ne è andata, dopo tutto quello che avevo detto per aiutarla, non ha ancora voluto ricevere una benedizione. "Non le bacerò la mano, gheronda, perché ho paura di prendere i germi", mi ha detto. Cosa si può dire? Queste persone si rendono infelici (Dal libro Elder Paisios of Mount Athos: Spiritual Counsels III: Spiritual Struggle, pubblicato in Grecia nel 1999, e in inglese 2016, dal sacro monastero di san Giovanni il Teologo ed Evangelista a Souroti, Thessaloniki, Grecia, pp.51-53).

 
Auguri del Patriarca Kirill al nuovo Papa di Roma

da Patriarchia.ru (sito ufficiale del Patriarcato di Mosca)
14 Marzo 2013, h. 19:17

Sua Santità il Patriarca Kirill di Mosca e di tutta la Rus' ha inviato i suoi auguri al Papa di Roma Francesco per la sua elezione al soglio della Chiesa Cattolica Romana

A sua Santità Francesco, Papa di Roma

Vostra Santità!

Mi congratulo di cuore per l'elezione all'eminente e responsabile servizio di primo ierarca della Chiesa Cattolica Romana. Sotto il vostro predecessore - Papa Benedetto XVI - le relazioni tra le Chiese Ortodossa Russa e Cattolica Romana hanno ricevuto un nuovo impulso e vi si è notato un dinamismo positivo.

Spero sinceramente che Vostra Santità vorrà promuovere la cooperazione tra le nostre Chiese in spirito di amore fraterno e di mutua comprensione.

Alla vostra ascesa al soglio papale, avete scelto il nome Francesco, che porta alla mente famosi santi della Chiesa Cattolica, e denota il vostro impegno di devozione sacrificale nell'alleviare le sofferenze del popolo e nella zelante predicazione del Vangelo. In questo risalta il vostro desiderio di continuare a lavorare per i poveri e per gli afflitti, in cui avete mostrato compassione e amore nel corso dei vostri numerosi anni di servizio in Argentina, portando il messaggio di Cristo crocifisso e risorto al mondo moderno.

Questo stesso servizio è ora una priorità anche per la Chiesa Ortodossa Russa, cosa che apre una possibilità di cooperazione e interazione con la Chiesa Cattolica Romana.

Oggi, ortodossi e cattolici sono chiamati a lavorare assieme per proteggere i cristiani che hanno bisogno di sostegno e solidarietà, in quanto maltrattati e perseguitati in varie parti del mondo. Sono necessari sforzi comuni anche per sostenere i valori morali tradizionali nelle società secolari moderne.

Vi prego di accettare, Vostra Santità, i miei migliori auguri di pace, forza spirituale e vigore fisico, e il generoso sostegno di Dio nel compimento della resposabilità del vostro servizio.

Con amore fraterno nel Signore,

+ Kirill, Patriarca di Mosca e di tutta la Rus'

 
I genitori di Nikola Tesla

Padre Milutin Tesla (1819-1879), il padre di Nikola Tesla

Milutin Tesla nacque a Raduc, nella contea di Medak, a Lika, il 19 febbraio (vecchio calendario), 1819. I serbi vennero a Raduc dai dintorni di Knin nel 1690, giunti dalla Serbia occidentale attraverso l'Erzegovina. Il nome Tesla indica o un mestiere, poiché tesla in serbo significa ascia – una piccola accetta con una lama ad angolo retto rispetto al manico – o una caratteristica fisica, come i denti sporgenti, prevalenti nella famiglia Tesla. Il nome Tesla si trova anche in Ucraina.

In epoca romana, c'era un posto vicino a Raduc, chiamato Tesleum. Il padre di Milutin, Nikola, nacque nel 1789, e durante le guerre napoleoniche, quando la Krajina faceva parte della neo-costituita provincia francese dell'Illirico, fu un sergente dell'esercito francese. Sposò Ana Kalinic, dalla famiglia del colonnello Kalinic, menzionato nei registri militari di Raduc nel 1735 e nel 1754; qualche tempo dopo il 1815 e il ritorno del vecchio ordine austriaco, si trasferì a Gospic.

Nikola e Ana ebberoo due figli: Milutin e Josif, e tre figlie: Stanka, Janja, e una il cui nome non è ricordato. Milutin frequentò la scuola pubblica di lingua tedesca; poi, insieme al fratello, andò a scuola di formazione gli ufficiali militari; ma la professione militare, con la sua disciplina e le esercitazioni, non riuscì a soddisfarlo e, a seguito di un rimprovero perché non teneva i suoi bottoni d'ottone abbastanza lucidi, la lasciò, e iscrisse al seminario ortodosso di Plaski, completando i suoi studi nel 1845, come primo studente della sua classe. Nel 1847, Milutin sposò Djuka Mandic, la 25enne figlia del sacerdote Nikola Mandic, da Gracac, e fu ordinato dal vescovo Evgenije Jovanovic, che lo ha nominò, in primo luogo, responsabile della chiesa di Stikad, e da lì, il 30 aprile 1847, lo mandò a Senj sulla costa adriatica.

Il giovane pastore doveva rafforzare la congregazione di circa quaranta famiglie, e rappresentare i serbi di fronte alle "persone straniere e cattoliche". Milutin era pagato 200 fiorini l'anno, e ulteriori 40 fiorini per un alloggio, ma queste somme erano appena sufficienti per sopravvivere. Milutin era "di tutta la testa più alto " della sua congregazione, pallido, dal viso serio, zigomi alti, barba rada, e di talento come oratore e predicatore. Per il suo sermone "Il lavoro" fu insignito della fascia rossa episcopale. Era un bravo scrittore, e scrisse molte lettere, alcune delle quali sono state conservate.

Il 20 luglio 1848 scrisse al comandante militare locale, il maggiore Froschmeier von Scheibenoch, chiedendo che fosse permesso ai soldati serbi di frequentare i servizi della Chiesa ortodossa la domenica: la sua richiesta fu trasmessa al Governatore della Croazia a Zagabria per una decisione definitiva, e il comandante continuò a inviare tutti i soldati alla messa cattolica obbligatoria –"considerando il nostro clero come nulla", come osservò Milutin Tesla.

La povertà materiale era aggravata da problemi di salute. "È impossibile mantenersi in salute qui...", scrisse al vescovo. A metà agosto 1850, stava così male che suo cognato Toma Mandic venne a Senj a svolgere le sue funzioni pastorali, e rimase per molti mesi nella "chiesa di pietra arroccata su una ripida scogliera".

Il lunedì di Pasqua del 1852, Milutin rispose sul retro della lettera ricevuta, aggiungendo un post scriptum, "Perdonami, non ho carta". Il 31 luglio dello stesso anno, scrisse, "La giustizia siede sul trono, e i tribunali sono, Dio non voglia, come se fossimo sotto la Porta ottomana..." Ma, "Per Dio! Nulla è più sacro per me della mia chiesa e della legge e delle usanze dei miei antenati, e niente è così prezioso come la libertà, il benessere e il progresso del mio popolo e dei miei fratelli, e per questi due, la chiesa e il popolo, ovunque mi trovi, sarò pronto a dare la mia vita".

A metà settembre del 1852, anni dopo quasi cinque anni e mezzo a Senj, Milutin e Djuka misero i loro tre bambini piccoli, e poche cose in un carretto trainato da buoi per fare il viaggio di 75 km sui monti dinarici, tornando a Lika, alla loro nuova destinazione – la parrocchia dei santi Pietro e Paolo a Smiljan – il villaggio del basilico dolce.

La chiesa bianca, ai piedi del monte Bogdanic, accanto al ruscello Vaganac, era stata costruita nel 1765, sulle fondamenta di una chiesa più antica. Accanto alla chiesa, c'era una bella casa di legno per la famiglia. Il grande educatore e scrittore Dositej Obradovic vi aveva soggiornato due volte, e Vuk Karadzic una volta, nel 1838. Smiljan era una grande parrocchia e comunità, il lotto di terra del sacerdote era abbondante e fertile, le famiglie estese Tesla e Mandic erano vicine. La salute di Milutin migliorò, si abbonò a varie pubblicazioni, e cominciò a scrivere articoli per il Diario serbo di Novi Sad, per Srbobran a Zagabria e per la rivista serbo-dalmata a Zara, firmandosi alternativamente come "T", "MT", "Milutin Tesla, parroco della diocesi ortodossa di Karlovac alta","il parroco di Smiljan", o più raramente, sotto pseudonimo, si firmava Rodoljub Srbic e Rodoljub Pravicic.

Nel 1855, nel Diario, scriveva, "Lika è, per territorio e popolazione, di grandi dimensioni, e si compone di soli serbi, o se si vuole, di serbi e croati, di fede ortodossa e cattolica. A Lika ci sono più serbi ortodosso rispetto ai cattolici". Ma osservava anche: "Fatta eccezione per il clero e commercianti o artigiani, qua e là, quasi nessuno sa come firmare il suo nome in serbo".

Voleva costruire una scuola di lingua serba a Gospic. Nel Diario del 10 marzo 1857, scriveva, "i serbi in Croazia non hanno scuole superiori, scuole preparatorie, o altri luoghi pubblici di apprendimento. I figli di questa povera gente non sono in grado di frequentare scuole lontane... senza eventuali sussidi...." ma tutti i suoi sforzi per migliorare la sorte della gente si infrangevano contro un muro di povertà, mancanza di istruzione, e volontà politica straniera.

Un uomo alfabetizzato non era affidabile come carne da cannone; e quest'ultimo era il ruolo riservato ai serbi di Krajina. Milutin aveva un'ampia biblioteca, che consisteva non solo di libri clericali, ma anche di alta letteratura contemporanea in serbo, croato, tedesco, italiano e francese. Recitava versi con facilità, e amava dire, quand'era di buon umore, che se questo o quel classico fosse stato perso, l'avrebbe recuperato dalla memoria!

Il suo libro più pregiato era lo Sluzebnik in 236 pagine, stampato a Venezia nel 1517 da Bozidar Vukovic da Podgorica, un tipografo di grande maestria. Dopo la morte di Milutin, Djuka tenne il libro; dopo la sua morte, Nikola lo portò con sé a New York, e lo fece restaurare; e dopo Nikola, il libro passò nelle mani del nipote, Sava Kosanovic, che, nel 1950, come ambasciatore della Jugoslavia negli Stati Uniti, lo presentò al presidente Truman. Questo raro "Libro della Liturgia serba" è ora in mostra nella biblioteca Harry Truman a Independence, Missouri.

Nel 1859 c'erano cinque bambini nella famiglia Tesla: Dane, nato nel 1848, Angelina nel '50, Milka nel '52, Nikola nel '56 e Marica, nata quell'anno. "Il nostro sacerdote ha dei bambini al di sopra di tutti i bambini", dicevano i serbi di Smiljan. Il primogenito, Dane, nelle parole del suo fratello minore, era "dotato a un grado straordinario".

la casa natale di Nikola Tesla a Simljan, oggi ricostruita...

...e com'era allora (con figura di prete davanti alla chiesa)

La casa dei Tesla era un luogo di attività. Vi erano innumerevoli visite da parti di parrocchiani, parenti, passanti, che venivano a trovare sia Milutin sia Djuka, che era una filatrice, sarta e ricamatrice di fama; arpisti ciechi si accostavano, e vi dimoravamo per giorni, cantando ballate eroiche. Questi erano anni felici. Djuka manteneva la casa.

Milutin si permetteva perfino qualche arguzia e cedeva a piccole vanità. Nikola scrisse quanto segue: "Tra gli aiutanti c'era un uomo strabico di nome Mane... un giorno stava spaccando la legna, e mentre batteva l'ascia, mio ​​padre lo ammonì, 'Per l'amor di Dio, Mane, non colpire quello che stai guardando, ma quello che intendi colpire... '

"In un'altra occasione stava portando in giro un amico che spensieratamente aveva lasciato che il suo costoso cappotto di pelliccia si strofinasse sulla ruota del carretto. Mio padre lo avvisò dicendo, 'tira via la giacca, stai rovinando il mio pneumatico'. Aveva la strana abitudine di parlare da solo e spesso di condurre una conversazione animata e di indulgere in un'accesa discussione, cambiando il tono della sua voce. Un ascoltatore casuale poteva giurare che ci fossero diverse persone nella stanza". Una volta chiese a una mandriana, "Di chi sono queste mucche?" solo per sentirsi dire: "di padre Tesla".

Un'altra volta, Djuka stava asciugando po' di grano appena battuto, lo lasciò incustodito, e venne una mucca, ne mangiò una parte e sparse il resto. Lei era sconvolta da questo spreco di grano, ma Milutin disse, "Djuka, la nostra mucca ha mangiato il nostro grano."

Per i servizi che Milutin aveva reso ad alcuni musulmani, gli diedero uno stallone arabo. Milutin lo cavalcava quando visitava le famiglie più distanti. Il cavallo aveva tendenze suicide e cadeva facilmente in preda al panico. In un'occasione, spaventato dai lupi, disarcionò Milutin, e corse al galoppo a casa, ma era abbastanza intelligente per tornare sui suoi passi e portare la squadra di soccorso a incontrare il suo cavaliere abbandonato. A 15 anni, Dane era incaricato di governare il cavallo, e un giorno d'estate, nel 1863, questo gli costò la vita. Ecco come lo descrisse Nikola: "Questo cavallo fu responsabile delle lesioni per le quali morì mio fratello. Io ho assistito alla tragica scena e anche se sono trascorsi cinquantasei anni da allora, la mia impressione visiva non ha perso nulla della sua forza...". Dane fu sepolto nel cimitero, a pochi passi dalla chiesa e dalla casa, e la vita della famiglia Tesla non fu mai più la stessa. Di fronte alla improvvisa perdita di speranza, e per evitare di guardare quella tomba fresca, la famiglia si trasferì a Gospic, il 1 settembre dello stesso anno, dove Milutin avrebbe fatto il parroco della Chiesa del grande martire Georgio, una chiesa dalla cupola a cipolla, per i successivi sedici anni. Nikola, che aveva sette anni, serviva come campanaro, tenendo il lutto per la perdita del fratello, e dei verdi pascoli e boschi di Smiljan.

Georgina (Djuka) Tesla (1822-1892), la madre di Nikola Tesla

"La perdita della madre è un colpo più profondo di qualsiasi altra esperienza triste nella vita".

Nikola Tesla 1924

Nella mia biblioteca, tra la miriade di libri e documenti su Nikola Tesla, a cominciare da quelli scritti quasi un secolo fa, e tra le voci create sul web ai nostri giorni, vi è un vero e proprio mare di informazioni, e un bel po' di disinformazione, sull'uomo che ha "inventato il XX secolo." Tesla è definito, alternativamente, austriaco, ungherese, europeo dell'Est, americano, jugoslavo, croato, di tanto in tanto anche serbo – cosa che era, per nascita, per patrimonio e per la sua coscienza umana. Il padre di Nikola Tesla, Milutin, è sempre indicato come un prete, a volte un prete ortodosso, o un prete greco ortodosso, solo raramente come un prete serbo ortodosso, cosa che era, e per di più eccellente, erudito e devoto.

La madre di Nikola Tesla, Djuka, anche se sempre descritta con sufficiente precisione come un'analfabeta, era tuttavia una donna straordinariamente dotata, e in diversi momenti, e abbastanza spesso, è stat presentata come croata. C'era una tendenza nella ex Jugoslavia a cercare fattori unificanti che contribuivano a ravvicinare le sue diverse nazionalità; in tal modo, un certo compito politico è caduto sui Tesla, madre e figlio, e Djuka divenne croata, e in alcuni ambienti senza scrupoli è ancora così considerata tale, nonostante la scomparsa della Jugoslavia, la distruzione del luogo di nascita di Tesla nel 1941, gli incendi, gli atti di vandalismo, la profanazione e la distruzione dei monumenti a Tesla nel 1992.

Georgina-Djuka Tesla nacque a Tomingaj ("il recinto di legno di Tomo" – così chiamato dal suo bisnonno), figlia di Nikola Mandic (1800-1863), un prete serbo ortodosso a Gracac, e nipote di Toma Budisavljevic (1777 -1840), un altro prete, che era anche stato un comandante militare, un conducente di carri, e un fine rilegatore di libri. Era la prima di otto figli. La madre divenne cieca quando Djuka aveva 16 anni, e così toccò a lei prendersi cura dei suoi sette fratelli più piccoli, fino al suo matrimonio con Milutin nel 1847.

Djuka e Milutin Tesla avevano cinque figli: Dane (1848-1863), Angelina (sposata Trbojevic), Milka (sposata Glumicic), Nikola (1856-1943), e Marica (sposata Kosanovic). Tutte e tre le ragazze sposarono sacerdoti serbo-ortodossi. Nikola, il quarto figlio, nacque il 28 giugno, secondo il calendario giuliano, o il 10 luglio, secondo il calendario moderno. Nacque "allo scoccare della mezzanotte", durante un temporale estivo con fulmini. La levatrice del villaggio, impaurita dalle tempeste, disse, "Sarà un figlio della tempesta", al che la madre rispose: "No, della luce."

Il certificato di battesimo di Nikola, nel Museo Nikola Tesla di Belgrado, afferma che è nato il 28 giugno, ed è stato battezzato il giorno dopo, dal sacerdote serbo dalla vicina Gospic, Toma Oklobdzija; il padrino era Jovan Drenovac, un capitano dell'esercito della Krajina, anche lui di Gospic. Questo battesimo, entro ventiquattro ore dalla nascita, con il prete venuto a casa, invece del bambino portato in chiesa, si ritiene che sia avvenuto a causa delle apparenti cattive condizioni di salute del bambino. Secondo l'autobiografia di Tesla, Le mie invenzioni, egli considerava sua madre come una "donna di genio, dotata di un particolare senso dell'intuizione", e le attribuiva ogni sua  inventiva e ogni suo destino nella vita.

Djuka inventò diversi dispositivi e apparecchi per risparmiare fatica. Era una vera artista con l'ago, e la sua squisita borsa da viaggio ricamata e filata in casa, che Nikola tenne per tutta la sua vita, può essere vista nel Museo di Belgrado. Milutin morì nel 1879. Djuka continuò a vivere a Gospic, con suo fratello, il prete Petar, che era succeduto al cognato nella chiesa a Gospic, sostenuta da Nikola, che doveva andare in America nel 1884. Secondo un articolo del Srbobran Zagreb, del 15 aprile 1892, Djuka morì il 4 aprile dello stesso anno, al Sabato Santo, all'una del mattino. Nikola si era precipitato a casa da Parigi, arrivando solo poche ore prima, per vedere la sua madre ancora viva. Le sue ultime parole furono: "Sei arrivato, Nidzo, mio caro" (Stizes, Nidzo, moja diko).

Djuka fu sepolta il giorno successivo, la domenica di Pasqua, accanto al marito, nel cimitero Jasikovac a Divoselo. Sei sacerdoti officiarono la sepoltura. Dopo la morte di sua madre, Nikola si ammalò e trascorse le successive due-tre settimane di riposo a Gospic e Tomingaj. Da Gospic, il 21 aprile, scrisse a suo zio, Paja Mandic, "...sono immensamente triste, ma mi consolo come posso. Avevo a lungo atteso questo triste evento, ma il colpo, tuttavia, è stato pesante. Ho sempre sperato che mia madre vivesse più a lungo, perché era forte, e i miei successi e quelli dei miei zii le davano forza..." Nikola elevò singole lapidi di marmo bianco della stessa altezza e fattura a ciascuno dei suoi genitori. Sulla pietra di Djuka fu scritto:

Djuka Tesla

Moglie del prete Tesla.

Se le lapidi di Milutin e Djuka siano ancora in piedi non è noto, ma il loro ricordo in tutto il mondo era stato fissato per loro dal figlio. La maggior parte delle famiglie del clero di Lika aveva legami di parentela. Nella famiglia di Djuka, per diverse generazioni prima di lei, e per anni dopo, in ogni generazione, almeno un figlio è stato un sacerdote, e una figlia ha sposato un chierico.

All'interno delle famiglie Mandic – Tesla, in un arco di meno di 200 anni, ci sono stati 36 preti serbo-ortodossi. Allo scoppio della seconda guerra mondiale, sei di questi sacerdoti servivano nelle parrocchie di Lika. Uno morì per cause naturali nel luglio 1941, mentre gli altri cinque furono uccisi dai fascisti croati. Uno di loro, Milos Mandic, morì sotto torture che si possono descrivere solo come prove di tribunale. Ormai, le chiese in cui i servivano i preti Mandic e Tesla sono state per la maggior parte bruciate, o giacciono in rovina. La casa natale di Djuka Tesla a Tomingaj, anche se posta "sotto la protezione dello Stato" 1945-91, è stata lasciata andare in rovina.

http://archive.is/8swz7#selection-205.0-1199.5

Fonte: The American Srbobran, Pittsburgh, March, 2001; Voice of Canadian Serbs, Toronto, April, 2001; Serbia, Hamilton, Canada, January, 2002.

Milutin si occupava della sua opera parrocchiale, insegnava la religione ortodossa nelle scuole locali, scriveva sempre di meno, e a una età relativamente giovane, fu chiamato il vecchio Milovan. Era in rapporti eccezionalmente buoni con il sacerdote cattolico locale, Kostrencic, e non di rado, i due partecipavano l'uno alla liturgia dell'altro. Ma guardando quello che ora era il suo unico figlio, nel suo imbarazzo timoroso, ingenuità, straordinaria sensibilità e ambizioni che guardava oltre il conosciuto e il familiare e non prometteva nulla di buono per una vita razionale o felice, non c'era gioia nella voce di Milutin. Voleva che Nikola seguisse una vocazione nella chiesa, ma Nikola era determinato a essere un professore, un tecnico o un ingegnere elettrico. E non c'era niente che Milutin potesse fare.

Milutin Tesla non sarebbe vissuto abbastanza da vedere Nikola che trovava la sua vocazione e abbagliava il mondo con le sue invenzioni. Egli non visse abbastanza per vedere un singolo nipote – e ne avrebbe avuti dieci dalle sue tre figlie – tra loro un archimandrita, un ingegnere, un medico, un avvocato, e un ambasciatore.

Infatti, alla fine di marzo del 1879, si ammalò di una malattia non specificata, e morì il 17 aprile (vecchio calendario), a 60 anni. Il giorno successivo, per Milutin fu fatta "una liturgia funebre degna di un santo", e fu sepolto nel cimitero Jasikovac a Divoselo. Quando venne il momento della sepoltura, il sole spuntò sopra il cimitero senza foglie, come avrebbe fatto durante il servizio funebre di suo figlio, molti anni più tardi. Djuka sopravvisse a Milutin per tredici anni.

Il seguente aneddoto vale la pena di essere ripetuto. Qualche tempo dopo la morte di Milutin, un certo sacerdote, Pepo Milojevic, che aveva corteggiato Djuka quando erano entrambi giovani, disse incontrandola, "Eh, Djuka, se mi avessi sposato, ora non saresti una vedova." Al che Djuka rispose, "Preferisco essere la vedova di Milutin Tesla che la moglie di Pepo Milojevic".

Conclusione

Non ci rimangono prediche di Milutin Tesla. La sua casa natale a Raduc è stata bruciata nel 1941. I villaggi serbi nella "sacca di Medak" sono stati bruciati nel 1993. La chiesa di san Giorgio Martire a Gospic è stata demolita nel 1992. La casa e la chiesa a Smiljan, ampiamente rinnovate negli anni dopo il 1863, sono state bruciate nel 1941; ricostruite negli anni '80, sono state parzialmente bruciate e vandalizzate nel 1992; e ora sono vuote, soggette a movimenti politici pieni d'odio. 590 serbi di Smiljan furono massacrati nel 1941; e il resto, che si diceva essere solo di undici persone, è stato etnicamente ripulito nel 1995. Il piccolo cimitero, dove fu sepolto Dane, è invaso dalle erbacce. Il ruscello si è prosciugato anni fa. Il discendente vivente più prossimo di Milutin Tesla è il suo pronipote William Terbo, nato in America.

Il luogo di nascita di Nikola Tesla nel 2007

di Snjezana Vukic

8 agosto, 2007 – Associated Press

Il mondo conosce il serbo Nikola Tesla come un pioniere dell'energia elettrica. La sua casa natale nel villaggio di Smiljan è stata distrutta dai carri armati croati. Il colmo dell'ironia per la Croazia fiaccata dalla guerra è che centinaia di villaggi intorno a Smiljan, la sua città natale, non hanno energia elettrica. "Se Tesla risorgesse dai morti, non ci crederebbe ", ha detto Marija Batinić, 50 anni, che vive vicino a Smiljan e crede che la regione fortemente serba della Croazia centrale sia priva di energia elettrica a causa della discriminazione etnica. La minoranza serba della Croazia, circa il 12 per cento della popolazione di 4,5 milioni di prima della guerra, è scesa al 3 per cento, e molti di loro vivono nei villaggi intorno a Smiljan in Croazia centrale.

 
Arciprete Aleksandr Il'jashenko: abbiamo bisogno di imparare dai musulmani la fedeltà alla tradizione

Che cosa dobbiamo pensare quando vediamo le foto della festa di ʻĪd al-Fiṭr?

Il 28 luglio 2014 hanno coinciso due feste - i cristiani ortodossi celebrano la memoria di san Vladimir pari agli apostoli e ricordano il Battesimo della Rus', e i musulmani celebrano ʻĪd al-Fiṭr (in russo, Uraza-Bajram), la festa della fine del Ramadan. Internet è piena di foto dalla celebrazione di ʻĪd al-Fiṭr - migliaia di fedeli musulmani si affollano presso la moschea sul Prospekt Mira. Non ci sono foto simili della festa ortodossa. Cosa significa questo? Cosa dobbiamo prendere in considerazione? risponde l'arciprete Aleksandr Il'jashenko.

Il nostro mondo è detto post-cristiano. Invasione di globalismo, delinquenza minorile, immoralità, - tutto questo è una conseguenza della perdita del patrimonio dei valori cristiani.

Qual è la cosa peggiore per noi? L'incredulità, penso, è la cosa più terribile.

Ecco perché possiamo dire che la fede, in particolare una forte fede tradizionale, seppur diversa da quella ortodossa, è meglio dell'incredulità.

Oggi è un giorno speciale per ogni persona ortodossa - il giorno del grande principe Vladimir, un vero grande santo, e tradizionalmente è collegata con questo giorno la data del Battesimo della Rus'.

Naturalmente, questa è una data convenzionale, non è la data esatta. Il battesimo della Rus' ha avuto l'effetto più benefico non solo sullo sviluppo della storia della patria, ma della storia di tutto il mondo.

Non è affatto necessario che tutto coincida fotograficamente, non possiamo citare l'esatto giorno del Battesimo della Rus', né tanto meno questo è stato un singolo giorno: non si è trattato di un processo istantaneo. Ma anche qui, come l'icona non coincide esattamente con il volto che ritrae, così il culto dell'immagine risale al prototipo: ecco perché noi, che stiamo ricordando il Battesimo della Rus', dobbiamo onorare questo giorno con riverenza e gratitudine.

Se stiamo vivendo un certo declino, indifferenza e passività, in particolare di fronte all'aperta manifestazione della tradizione musulmana di celebrare ʻĪd al-Fiṭr, dovremmo provare una certa vergogna. E dobbiamo imparare a rimproverare noi stessi, non gli altri e le circostanze - nulla ci impedisce di andare in chiesa, nulla ci impedisce di dare gloria a Dio per il dono più grande che possediamo, la fede ortodossa.

Il carattere nazionale del popolo russo è una caratteristica ammirevole - imparare nel modo migliore dagli altri. La parola greca per "pentimento" è "metanoia", che vuol dire un cambiamento di mentalità, un cambiamento di coscienza. E anche la dottrina è un cambiamento di coscienza, è legata alla comprensione: se ti penti, cresci spiritualmente; se impari, adottare il meglio dagli altri, e cresci anche spiritualmente.

Se per tradizione i credenti musulmani celebrano la festa insieme, allora si può davvero imparare dalla loro fedeltà alla loro fede e dalla loro lealtà ai loro padri, dalla loro unità, dalla loro pietà. Dovremmo solo apprendere la pietà ortodossa, imparare la fedeltà alla nostra tradizione ortodossa. Questo è tutto, penso, ciò che ci dice la giornata di oggi.

La coincidenza dei due eventi non cade ogni anno, perché i musulmani vivono seguendo il calendario lunare, non quello solare, come i cristiani ortodossi. E la coincidenza di oggi ci dice che dovremmo essere più rigorosi, più esigenti nell'osservare noi stessi, e più vibranti nell'onorare la nostra tradizione nazionale ortodossa.

 
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Uno sguardo sulla vecchia Sourozh

Ecco quattro risposte a un'intervista rilasciata a uno studente che è attualmente di lavoro su una tesi di dottorato riguardante la storia della diocesi di Sourozh.

I problemi di Sourozh (come sono stati chiamati) sono considerati come una crisi quasi interamente precipitata dall'arrivo nella diocesi di un gran numero di russi etnici, dopo il crollo dell'Unione Sovietica e del blocco orientale. Fino a che punto è davvero così, oppure o questo evento ha agito solo come catalizzatore delle tensioni già esistenti nella diocesi?

Problemi di Sourozh? A quel tempo sua Santità il patriarca Alessio II li ha definiti uno 'scisma' in dichiarazioni pubbliche, che io ho tradotto in qualità di traduttore ufficiale. È vero, la crisi è stata precipitata dall'arrivo di ortodossi russi dall'ex Unione Sovietica, ma questo è stato solo un catalizzatore – la sua causa aveva origini lontane, molto più profonde, che erano cresciute come un'infezione per decenni. Gli ultimi arrivi non hanno fatto alto che portarne alla luce il processo.

In sostanza l'intero problema è stato un problema di insularità, di essere tagliati fuori dalla realtà ortodossa russa, un problema che aveva radici storiche nella prigionia generale delle autorità della Chiesa a Mosca e nella loro incapacità di controllare la loro piccola diaspora, per non parlare della maggior parte della diaspora ortodossa russa che apparteneva e appartiene a una ROCOR completamente autonoma. Tuttavia, vi è stato il caso specifico dell'insularità della Gran Bretagna, che era ancora più tagliata fuori dagli altri paesi per le solite ragioni geografiche, e dove si era sviluppato un culto della personalità. Così, quando la realtà ha colpito il paese delle nuvole della cricca o club esclusivo, di classe elevata e di stile anglicano che costituiva in gran parte la dirigenza della 'Diocesi di Sourozh' nei primi anni 2000, questo è stato un incontro atteso da fin troppo tempo con la realtà.

Quello che era successo fino ad allora aveva portato all'esilio (in un tipico mix ipocrita e razzista di maldicenza e di retrocessione a Coventry) di tutti i 'dissidenti', vale a dire di tutti coloro che sapevano cos'è in realtà l'Ortodossia russa e non volevano avere nulla a che fare con fantasie insulari e con il culto della personalità, che si trovava al centro della cosiddetta 'diocesi' di Sourozh. Il problema è venuto a galla, perché i dissidenti non erano una piccola minoranza di cui ci si poteva sbarazzare lasciandoli andare (talvolta a trovare rifugio nella ROCOR), ma erano la stragrande maggioranza, composta da tutti i nuovi arrivati dall'ex-Unione Sovietica, una maggioranza che sapeva cos'è in realtà l'Ortodossia russa e che giustamente 'voleva indietro la propria Chiesa'.

In questo modo coloro che avevano governato il posatoio di Sourozh già da decenni, opprimendo i fedeli della minoranza ortodossa russa e costringendoli a starne fuori, improvvisamente sono divenuti la minoranza – e pure una minoranza piccola. Rendendosi conto che erano ormai alle strette e avevano perso il potere, se ne sono andati, come avevano costretto tanti a fare prima di loro. Ciò che gira in tondo, torna al posto di partenza. In questo modo hanno dimostrato la verità della sindrome del 'pesce grosso in un piccolo stagno' – chiunque può rimanere un pesce grosso, fino a quando rende il proprio stagno molto piccolo. E questo è quello che hanno fatto: hanno creato un piccolo stagno per se stessi.

Naturalmente, il problema era che il Patriarcato ormai libero aveva permesso che una tale situazione si sviluppasse. Con molti altri, anch'io pubblicai diversi articoli nei primi anni del 2000, avvertendo e supplicando le autorità di Mosca di fare qualcosa per la propria Chiesa locale. Ma non hanno fatto nulla finché non è stato troppo tardi. Dubito che questo sia stato frutto di una deliberata politica (restare in attesa fino a quando i facinorosi se ne fossero andati di propria iniziativa), come vorrebbero i teorici della cospirazione; è stato piuttosto un risultato di inerzia e, soprattutto, di mancanza di persone idonee a Mosca che potessero prendere in consegna la diocesi (si veda la risposta alla seconda domanda, più oltre). Questo è stato il motivo per cui il nuovo vescovo di Sourozh ha dovuto essere nominato dall'arcivescovo Mark della ROCOR, che era forse l'unico vescovo ortodosso russo che conosceva la realtà della situazione.

In ultima analisi, le radici storiche dello scisma di Sourozh si possono trovare nello scisma della diaspora tra la minoranza di elementi russofobi, liberali, politicizzati della diaspora (che in Europa sono chiamati evloghiani, e con sede a Parigi) e la maggioranza della diaspora nella ROCOR. Questo scisma ha avuto luogo a Londra negli anni '20, come altrove in Europa (anche se le radici di questo scisma si trovavano a loro volta nel liberalismo, nel modernismo e nell'Ortodossia di frangia degli intellettuali pro-rivoluzionari e aristocratici di San Pietroburgo prima della Rivoluzione. Furono questi individui a emigrare a Parigi dopo il 1917). Dopo il 1945 gli evloghiani di Londra ritornarono al Patriarcato, ma in gran parte senza entusiasmo.

La situazione fu quindi salvata, dal punto di vista del Patriarcato, con l'invio di un giovane sacerdote, proprio da Parigi (cuore dello scisma evloghiano / di San Pietroburgo), dopo la seconda guerra mondiale, che potesse essere accettabile per gli ex-evloghiani di Londra e riparare la situazione, in modo che gli ex-evloghiani non ritornassero allo scisma di Parigi. Questo sacerdote era padre Antony Bloom, attorno al quale, soprattutto dopo la morte di sua madre, si sviluppò un culto della personalità unico e assolutamente insulare. Ciò avrebbe avuto come inevitabile risultato una serie di difficoltà chiaramente prevedibili dopo la sua morte, dal momento che la morte dei soggetti di culto della personalità si traduce sempre in difficoltà, perché dimostra che essi non sono immortali.

Personalmente, sono divenuto pienamente consapevole di questa situazione (ero già stato disturbato da diverse cose che avevo visto) solo nel 1976, quando nel corso di una visita di studio di sei settimane in Russia avevo visto la realtà ortodossa russa. Mi caddero le ultime scaglie dagli occhi e vidi quanto la diocesi di Sourozh era particolare ed eccentrica. Questa consapevolezza fu rafforzata dopo il 1976, quando ebbi contatti con la ROCOR – di gran lunga più grande in Gran Bretagna rispetto alla 'diocesi' di Sourozh in termini numerici di russi, ma non in termini di inglesi, perché il metropolita Antony Bloom aveva creato una mini-diocesi, in gran parte attraverso circa 1.000 convertiti inglesi, principalmente di provenienza anglicana, secondo il suo gusto personale e peculiare dell’Ortodossia, e ordinando uomini che altri vescovi non avrebbero toccato per ragioni canoniche – e poi quando vissi in Grecia e studiai al St Serge a Parigi. Mi resi conto che la realtà ortodossa russa in Russia e nella ROCOR erano identiche; era Sourozh che era eccentrica, proprio come il gruppo degli evloghiani con sede a Parigi.

L'ultima goccia è venuta nel 1982, quando io e mia moglie abbiamo avuto un contatto personale con il metropolita Antony e abbiamo chiaramente capito che era un individuo moralmente compromesso come oggetto di un culto della personalità. Allo stesso tempo nel 1982 l'allora padre Basil Osborne, che avevo incontrato la prima volta quando era un giovane diacono nel 1972, mi disse che la chiara intenzione della cricca dominante degli accademici progressisti di Sourozh (principalmente chierici convertiti) era di 'passare ai greci' appena il metropolita Antony fosse morto. Fu a quel punto che lasciai la diocesi di Sourozh, come tanti altri prima di me e dopo di me, molto prima del 2006. È stato solo nel 2012 che ho ricevuto scuse per il mio trattamento di trent'anni prima da sua Santità il patriarca Kirill a Mosca. Che disastro – le autorità della Chiesa Ortodossa Russa in Inghilterra avevano scacciato gli ortodossi russi lontano da loro!

Diversi sacerdoti mi hanno detto che l'arrivo del metropolita Hilarion nella diocesi è stato il motivo principale per cui gli eventi sono giunti al culmine, poiché la sua breve ma intensa permanenza nella parrocchia ha polarizzato il dibattito. Si tratta di una valutazione corretta?

È del tutto vero, ma ancora una volta, questo è stato soltanto un catalizzatore. Se non ci fosse stato lui, sarebbe stato qualcun altro o qualcosa d'altro. La polarizzazione era sempre stata lì presente. E dobbiamo ricordare che il vescovo Hilarion era stato fatto vescovo e inviato da Mosca su richiesta specifica del metropolita Antony. Tuttavia, questo non giustifica Mosca. Non si invia un vescovo appena sfornato, molto ingenuo, molto giovane e molto inesperto in un vespaio – cosa che è esattamente quello che hanno fatto.

In tutti i documenti e le interviste che ho condotto, entrambe le parti accusano l'altra degli stessi metodi – ovvero, tutto è visto come un colpo di stato di un piccolo (o anche minuscolo, quattro o cinque persone), ma molto influente gruppo che ha 'diretto' le attività. Si tratta di una valutazione corretta? Mi sembra che non possano avere entrambi ragione?

Lo scisma è stato fomentato da una piccola cricca di individui. Il vescovo Basil, una persona molto debole, era vittima come qualsiasi altro di quel piccolo gruppo. Era stato sotto controllo per tutto il tempo in cui era vissuta sua moglie, una donna molto pratica, che conoscevo bene e che rispettavo. Una volta rimasto vedovo, ha iniziato ad andare fuori dai binari. Complessivamente 300 persone se ne sono andate nello scisma di Sourozh (gli altri 700 individui o giù di lì, che il metropolita Antony aveva convertito, se  ne erano andati molto rapidamente, spesso dopo pochi mesi), ma solo pochi, quattro o cinque, li guidavano; la maggior parte, convertiti e spesso anziani, erano inconsapevoli del gioco che queste poche persone stavano giocando con loro; sono stati illusi e quindi meritano compassione. Sono stati ingannati per tutto il percorso.

È vero che a Londra e in Inghilterra in generale, dall'altro lato, anche gli ortodossi filorussi erano guidati da un piccolo gruppo di individui. Tuttavia, questi ultimi erano massicciamente sostenuti da tutta la Chiesa in Russia, da tutti quelli della ROCOR in Inghilterra che erano consapevoli della situazione e, soprattutto, dalla grande massa dei nuovi arrivati in Inghilterra dall'Unione Sovietica. Che fossero persone di chiesa o non praticanti, sapevano istintivamente, come avevamo saputo noi per decenni, cosa era giusto e cosa era sbagliato.

L'influenza della Patria: questo spettro cavalca in alta posizione nelle convinzioni di molti degli 'anti-moscoviti' – ovvero, lo Stato russo (FSB) cerca di controllare la diaspora russa attraverso la Chiesa. Mi sembra che questo non possa essere trascurato come fantasia, poiché lo Stato russo e il suo Ministero degli esteri sembrano davvero interessati al 'consolidamento' della diaspora – e si potrebbe sostenere, perché non dovrebbero esserlo? Le diaspore sono sempre più importanti per ogni madrepatria in questi giorni, e la diaspora russa opera al di sotto delle sue potenzialità in termini di numeri (almeno nella sfera politica).

Qui è senza dubbio all'opera una fantasia paranoica e di auto-giustificazione ('stiamo lasciando la Chiesa russa, perché non è politicamente libera'). Non nel senso che non esistano affatto nello Stato russo, nell'FSB, nelle istituzioni, alcuni individui statalisti / nazionalisti e politicizzati che desiderano controllare la diaspora russa, ma bisogna essere in due per ballare il tango. Si può fantasticare, ma se la diaspora non vuole ballare, le fantasie sono irrilevanti. E la diaspora russa (come è dimostrato dalla storia della ROCOR prima e dopo il 2007) non vuole essere manovrata da tali individui. Tuttavia, come so anche dai miei contatti come rappresentante ufficiale della ROCOR agli incontri a Mosca con sua Santità il patriarca Kirill, il metropolita Hilarion e l'arcivescovo Innokentij (già a Parigi), il Patriarcato è altrettanto indipendente e assolutamente resistente a tentativi di invasione da parte di individui nazionalisti – si ricorda la protestantizzazione statale della Chiesa prima del 1917 e non vuole una ripetizione di quella situazione. La Chiesa in Russia gode davvero di libertà dall'ingerenza dello Stato.

Le persone che fanno tali affermazioni fantastiche di 'presa di potere' da parte dello Stato russo stanno pensando in termini anglicani; in altre parole, nei termini di una Chiesa di Stato, fondata dallo Stato e diretta in stile erastiano. Sono loro a non essere politicamente liberi e culturalmente liberi. Stanno parlando di se stessi e, di fatto, queste persone sono spesso anglicani, che hanno poca comprensione di come funziona realmente la Chiesa ortodossa. È interessante notare che lo scisma di Sourozh è stato ripreso a suo tempo momento dalla stampa dell'Establishment britannico, con giornali come il Times e il Telegraph che difendevano i russofobi e semplificavano l'intera storia, in una propaganda da tabloid di un genere da cowboy. 'Greco = buono; russo = cattivo '.

Ciò è in sintonia con tutta la visione anglicana, americana e generalmente occidentale della Chiesa ortodossa. Nel XIX secolo, i vittoriani già vedevano altrettanto male i russi, come propaganda per il loro 'grande gioco' imperialistico (una cosa mai sentita in Russia), di cui era parte l'invasione occidentale della Crimea. Tra il 1920 e il 1948, il Patriarcato di Costantinopoli era stato in gran parte sotto il tallone anglicano; dal 1948, con la deposizione da parte degli Stati Uniti del legittimo patriarca Maximos (portato in esilio in Svizzera sull'aereo presidenziale personale di Truman) e la sua sostituzione da parte del candidato degli Stati Uniti (quale migliore esempio di erastianismo occidentale, non ortodosso?), è controllato dalla CIA. Ed è al ramo di Rue Daru di Costantinopoli che sono andati gli scismatici. Il problema dell'Occidente è sempre stato il fatto che non controlla la Chiesa russa, da cui le osservazioni di Zbigniew Brzezinski e Tony Blair che la Chiesa russa è il più grande nemico dell'Occidente. Chiunque mostra indipendenza è un nemico!

Sourozh è stato un giocattolo politico per i media britannici, solo un'altra occasione per l'istituzione britannica per giustificare la sua russofobia politicamente motivata. È in questa luce che dobbiamo vedere, in ultima analisi, lo scisma di Sourozh, come un gioco dell'Establishment russofobo britannico. Ed è stato un gioco portato sostanzialmente avanti proprio da individui le cui simpatie erano completamente in linea con l'Establishment britannico, tra cui uno che, a mia conoscenza, aveva lavorato per l'MI5. (Escludo la fantasia paranoica russa che il vescovo Basil, cittadino americano, fosse un agente della CIA – anche se è possibile vedere perché alcuni potrebbero finire per pensarla così).

 
Vladimir Burega parla degli eventi delle ultime due settimane in Ucraina

Il pro-rettore dell'Accademia teologica di Kiev, Vladimir Burega, parla della notte di allarme tra il 22 e il 23 febbraio alla Lavra delle Grotte, della commissione sinodale per il dialogo con i rappresentanti del "Patriarcato di Kiev" e la Chiesa ortodossa autocefala ucraina, della moralità nella politica e delle difficoltà sopportate dagli ucraini di oggi.

Torniamo agli eventi di quella notte in cui  ci sono state grandi difficoltà attorno alla Lavra delle Grotte. I mezzi di informazione hanno dato notizie contrastanti, che lei ha commentato. Che cosa è realmente accaduto?

Non ero alla Lavra quella notte. Ma sono stato in costante contatto con le persone che erano al centro degli eventi. Ma non credo che qualcuno fosse interessato a prendere d'assalto la Lavra. Di fatto, la situazione a Kiev era estremamente inquietante. Con la situazione già difficile allo stato attuale, provocare conflitti religiosi è semplicemente irragionevole. Tuttavia, quando nel centro della città vi sono decine di migliaia di persone in assetto rivoluzionario, è chiaro che in questo ambiente può verificarsi la provocazione più inattesa, e la folla può trovarsi nelle emergenze più inaspettate. A quanto pare, è successo qualcosa di simile. Si è sparsa l'informazione che forse portavano via dal monastero alcuni oggetti di valore, e questo ha fatto sì che la gente sia andata spontaneamente alla Lavra per scoprire cosa stava realmente accadendo. Poi nei social network sono apparsi appelli a riprendere la Lavra, appelli che dicevano che non apparteneva più alla "chiesa di Mosca". Ma, grazie a Dio, si è riusciti a spegnere la tensione, anche se è stata una notte di fermento.

Cosa ne pensa degli appelli per proteggere la Lavra dalla cattura? Dovremmo riunirci in gruppi di autodifesa?

Ora abbiamo bisogno di valutare con molta attenzione tutti gli appelli, che si sentono nella sfera pubblica. Qualsiasi mossa imprudente potrebbe innescare nuovi conflitti. Prima di andare a difendere qualcosa, è necessario scoprire se ci sono tali necessità. Molto spesso questi appelli sono solo provocazioni .

Poco dopo questi eventi attorno alla Lavra ha avuto luogo una sessione del Santo Sinodo della Chiesa Ortodossa Ucraina in cui si è deciso di istituire una commissione per il dialogo con i rappresentanti del "Patriarcato di Kiev" e degli "autocefalisti". Lei è l'unico laico che lavorerà in quella commissione...

Bisogna ricordare che la creazione di questo comitato ha una storia precedente. Fino a questo momento noi non abbiamo avuto un dialogo formale con il "Patriarcato di Kiev". Già nel settembre 2009 il Santo Sinodo della Chiesa Ortodossa Ucraina aveva istituito un gruppo di lavoro per preparare questo dialogo, nel quale ero incluso anch'io. Il 2 ottobre 2009 abbiamo avuto il nostro singolo incontro con i rappresentanti del "Patriarcato di Kiev", cosa che ha lasciato un impatto positivo nella società. Erano solo trattative preliminari sulle condizioni alle quali poteva esserci un dialogo. Il verbale di questa riunione è stato pubblicato, quindi chiunque lo vuole può sapere di cosa abbiamo parlato. Purtroppo, questo processo non è continuato. E infatti, dal 2009, il nostro gruppo di lavoro di fatto non ha funzionato.

Oggi, nel contesto di una difficile situazione politica, il Sinodo del "Patriarcato di Kiev" ha inviato alla Chiesa Ortodossa Ucraina una richiesta di riprendere i negoziati. Questo appello è stato considerato dal Santo Sinodo della Chiesa, e in risposta si è deciso di istituire una commissione che è una continuazione del gruppo di lavoro che ha operato nel corso del 2009. Il presidente della commissione, l'arcivescovo Mitrofan di Lugansk e Alchevsk, il protopresbitero Nikolaj Danilevich e io facevamo parte del gruppo del 2009. In seno alla neocostituita commissione lavoreranno anche due vescovi della Chiesa ortodossa ucraina, l'arcivescovo Feodor di Kamenets-Podolskij e l'arcivescovo Filaret di Leopoli. Vladyka Filaret è responsabile della diocesi di Leopoli e comunica direttamente con i rappresentanti sia del "Patriarcato di Kiev", sia della "Chiesa autocefala ucraina". È molto importante che nella commissione ci sia anche vladyka Feodor, , che conosce le linee di principio e di coerenza dell'approccio canonico per superare lo scisma. La commissione è stata istituita solo pochi giorni fa. Non abbiamo ancora effettuato alcuna riunione o conferenza, ed è troppo presto per parlare di un nostro programma di azioni future. Tuttavia, dobbiamo capire che ci aspetta un dialogo estremamente difficile.

Su quali basi è possibile raggiungere un qualche accordo?

Questa è una domanda molto complessa. Prima di tutto, è importante ottenere da parte del "Patriarcato di Kiev" e della Chiesa ortodossa ucraina che non ci siano azioni aggressive gli uni contro gli altri. Ora abbiamo bisogno di ridurre al massimo le tensioni. Se ci sediamo al tavolo delle trattative, non ci deve essere alcuna considerazione di quale chiesa è stata presa e da chi. Qualsiasi uso della forza fallire il processo negoziazione, o non lo lascerebbe avviare. Se parliamo dei prossimi passi, la posizione della Chiesa ortodossa ucraina, che è stata più volte espressa negli ultimi anni, è quella che segue: in primo luogo, per superare ogni conflitto ci va sempre un dialogo. Nessun altro modo, e solo in un dialogo libero e aperto può cercare un terreno comune e modi per superare l'opposizione. In secondo luogo, per quanto riguarda il rapporto con il "Patriarcato di Kiev", il dialogo può essere condotto esclusivamente sulla base della tradizione canonica. Nel prendere decisioni, dobbiamo essere guidati esclusivamente dai canoni della Chiesa ortodossa, e non discostarci mai dalla norma canonica. E in terzo luogo, il superamento della divisione è un affare interno della Chiesa. L'intervento di forze politiche nel processo deve essere evitato. Accogliamo certamente con favore le iniziative del governo volte ad aiutarci a superare la scissione, ma questa assistenza non deve trasformarsi in interferenza negli affari interni della Chiesa.

Per quanto riguarda i possibili modelli per superare lo scisma, finora nessuno di loro è stato accettato da entrambe le parti.

L'anno scorso il consiglio locale del "Patriarcato di Kiev" ha deciso di non accettare quei modelli per superare lo scisma che comprendano anche temporaneamente l'ingresso nel Patriarcato di Mosca. Questo rende la situazione quasi un vicolo cieco, perché la posizione della Chiesa ortodossa ucraina, ripetutamente espressa negli anni precedenti, è che è necessario in primo luogo ripristinare l'unità di coloro che si sono ritirati dalla comunione con il pleroma ortodosso, con il loro ritorno in seno alla Chiesa canonica. E solo allora si discuterà la questione del futuro status della Chiesa ortodossa in Ucraina. Ma "Patriarcato di Kiev" sottolinea in primo luogo la questione dello status canonico. Dal loro punto di vista, la Chiesa ortodossa ucraina dovrebbe prima ricevere lo status di autocefalia e, quindi, uscire dal Patriarcato di Mosca, e solo dopo il "Patriarcato di Kiev" sarà d'accordo a ripristinare la sua comunione canonica con questa Chiesa indipendente da Mosca.

Sembra che un modo sia quello di mettere la Chiesa Ortodossa Ucraina sotto la giurisdizione del Patriarcato di Costantinopoli.

Non direi che è un buon modello per superare lo scisma. Per quanto ne so, pl "Patriarcato di Kiev" e la Chiesa autocefala considerano l'eventuale inserimento nel Patriarcato di Costantinopoli come la loro via d'uscita per superare "l'isolamento canonico". Tuttavia, se in Ucraina oggi si creerà una qualsiasi struttura del Patriarcato di Costantinopoli, ciò  non significherebbe la scomparsa dello scisma ma l'emergere di un cosiddetto "pluralismo giurisdizionale". Due chiese locali verrebbero a coesistere: quella russa e quella di Costantinopoli. In questo caso, è violato il principio di base del diritto canonico, che stabilisce che la giurisdizione ecclesiastica deve essere distribuita esclusivamente sul principio territoriale.

Nell'Europa occidentale c'è una situazione del genere...

L' Europa occidentale è un territorio dove storicamente non ci sono Chiese ortodosse locali. Oggi ci sono diverse diaspore, ciascuna delle quali mantiene l'unione canonica con la propria Chiesa. Così si scopre che varie giurisdizioni ecclesiali si sovrappongono nei paesi dell'Europa occidentale. Per esempio, una decina di vescovi di diverse Chiese locali hanno la loro residenza nella sola Parigi. Ma questo è un problema dell'Europa occidentale. Nei casi in cui un paese fa parte della Chiesa ortodossa per secoli un tale "pluralismo giurisdizionale" è fonte di conflitti interni e instabilità.

Pertanto, le soluzioni che prevedono il trasferimento di giurisdizione a Costantinopoli, non possono portarci a superare lo scisma, ma piuttosto, ne fanno nascere una nuova versione. Inoltre, un tale conflitto può generarne uno nazionale ucraino a livello pan-ortodosso. Se Costantinopoli stabilisse strutture ecclesiastiche con giurisdizione nel territorio dell'Ucraina, la Chiesa ortodossa russa molto probabilmente non le riconoscerebbe. E la divisione tra Mosca e Costantinopoli aprirebbe la prospettiva di un conflitto pan-ortodosso a livello mondiale. Pertanto, la Chiesa ortodossa ucraina non è a favore della creazione di strutture del Patriarcato di Costantinopoli in Ucraina.

Oltre ad affrontare le relazioni tra i vari organismi religiosi, quali sono oggi le sfide più importanti per la Chiesa ortodossa in Ucraina?

L'Ucraina sta attraversando un periodo molto difficile. Gli eventi di questo inverno non potranno essere dimenticati, è già parte della nostra storia, è una sua tragica pagina. Decine di persone sono state uccise sulla piazza dell'Indipendenza - è il più forte di tutti i traumi per il popolo ucraino. Mentre siamo ancora in stato di shock il trauma sta lentamente passando. E cominciamo a realizzare la portata dell'incidente. La gente che stava sul Maidan inizia a soffrire di sindrome post-traumatica. Sarà necessario più di un anno, e forse più di un decennio per guarire queste ferite in modo da conciliare la società ucraina lacerata internamente. Noi non parliamo di chi ha ragione e chi ha torto – non in questo caso. Ora, una cosa è chiara: il Paese ha ricevuto un grave infortunio, che deve essere curato. E penso che questa sia la priorità per la Chiesa Ortodossa Ucraina. La Chiesa deve essere attenta alla sua strategia di comunicazione con la nostra società, che si è trovata sull'orlo della guerra civile. Due settimane fa, quando ho dato un'intervista a "L'Ortodossia e il Mondo", nessuno avrebbe mai pensato che oggi ci accingiamo a vivere in un paese notevolmente cambiato. Ora è molto importante che la Chiesa Ortodossa Ucraina e le altre comunità religiose chiamino la gente a rinunciare all'aggressione, a rifiutare l'uso della forza. Quello che è successo dovrebbe essere una lezione molto importante per il futuro, dovremmo cercare di fare tutto il possibile per assicurare che questi eventi non si ripetano.

Quando una persona è in uno stato di trauma è aperta al vangelo, è aperto alla Parola di Cristo, perché in questi momenti in cui vive esperienze marginali, le stanno davanti le domande ultime. Domande circa il significato di ciò che sta accadendo, il senso della vita, il valore della vita, il prezzo di ciò che accade, il prezzo della lotta politica, i suoi limiti, i suoi confini. Alla fine, si impone la questione molto difficile per tutti noi sulla moralità in politica. Dopo tutto, non dobbiamo dimenticare che tutti i membri della vecchia élite politica si sono posti come membri della Chiesa ortodossa ucraina. Ma queste persone non hanno esitato ad applicare soluzioni di nel centro di Kiev. Si scopre pertanto che l'adesione formale a una particolare comunità religiosa non scoraggia l'aggressione nell'uomo. Questa è una sfida molto importante alla Chiesa. L'adesione dei nostri concittadini alla Chiesa non significa che la nostra società è cristiana. Purtroppo, non c'è cristianesimo in politica. Come è stato in passato, opera tuttora la forza bruta. E questa è una sfida per la Chiesa, che mira a trasfigurare, a trasformare la situazione nella società.

Se diciamo che oggi in Ucraina è nata una società civile, dobbiamo ricordare che la fonte del potere dello Stato è il popolo – è scritto nella Costituzione. Non è il potere che deve imporsi sul popolo, ma il popolo che deve generare, controllare e limitare il potere. E se la nostra nazione è veramente cristiana, dovrebbe produrre politici che ricordano i comandamenti di Dio. Se la Chiesa vuole avere una reale influenza sulle menti in Ucraina, se lei non vuole essere lasciata ai margini della vita sociale – dovrebbe operare con la comunità. In caso contrario, la società perderà semplicemente l'interesse per essa.

Nei tempi antichi quando un popolo attraversava un periodo di difficoltà le autorità proclamavano un digiuno e preghiera generale. C'è una comprensione di questo nella società ucraina? La Grande Quaresima, iniziata nella Chiesa ortodossa, si rifletterà nella vita pubblica del paese?

La Chiesa Ortodossa Ucraina ha inviato una richiesta alle autorità di estendere i giorni di lutto fino alla fine della Quaresima. La Chiesa ha proposto di abbandonare tutti gli eventi di intrattenimento e di prestare particolare attenzione alle anime dei defunti, alla preghiera, al digiuno, alla comprensione cristiana degli eventi passati. Mi auguro che la società lo ritenga opportuno. È vicina la Domenica del Perdono; ma la società ucraina è pronta a perdonare? Sarà difficile convincere coloro i cui amici sono stati uccisi dai proiettili dei cecchini a perdonare tutti. Non saranno mai in grado di dimenticare quello che è successo. È estremamente difficile fare un passo verso il perdono, ma non c'è altra strada per la riconciliazione.

 
Arciprete Andrew Phillips: Domande e risposte dalla corrispondenza recente (ottobre 2015)

Cosa sta accadendo nella Chiesa ortodossa serba al momento?

Per quanto posso vedere, l'élite neocon occidentale, che ha cercato di manipolare il governo serbo fin da quando ha bombardato la Serbia, continua la stessa politica vetero-comunista del divide et impera. Proprio come i comunisti avevano separato la Macedonia e vi avevano istituito una setta nazionalista 'ortodossa' negli anni '60, così Washington e i suoi alleati hanno separato finora il Montenegro e il Kosovo dalla Serbia e stanno cercando di crearvi sette nazionaliste attraverso i loro fantocci locali. L'opposizione è venuta dal popolo. In Montenegro la gente non vuole diventare un'altra base NATO e in Macedonia non vogliono diventare un'altra repubblica musulmana come il Kosovo. Questa opposizione politica crea opposizione alle sette nazionaliste e scismatiche, mentre la gente si rende conto che questo è quello che sono.

Questa è la stessa politica che gli Stati Uniti stanno cercando di attuare anche in Ucraina. Lì, tre piccole sette, straniere e politicamente architettate, una delle quali ha un leader molto aggressivo, Denisenko, che ha visitato il Dipartimento di Stato a Washington come un ospite d'onore, stanno cercando di minare la stragrande maggioranza, che appartiene alla sola Chiesa ortodossa ucraina, guidata dal metropolita Onufrij.

Non è strano che i comunisti jugoslavi di cinquant'anni fa sotto il croato Tito e i neocon di oggi seguano la stessa politica?

Niente affatto. I comunisti jugoslavi sono stati messi al loro posto dalle potenze occidentali durante la seconda guerra mondiale, con Churchill che li aveva appoggiati al posto dei serbi ortodossi e li aveva sostenuti. I comunisti e i neoconservatori condividono la stessa ideologia materialistica di base. L'unica differenza è che i comunisti promuovono il concetto materialista di accumulare ricchezza statale, i neocon di accumulare ricchezza personale. Capitalismo statale o capitalismo individualista, Mammona è lo stesso in tutto il mondo.

Che cosa si può fare?

Io sono uno straniero, quindi è difficile per me dire qualcosa sulla Chiesa serba. Questa è una questione interna. Tuttavia, mi sembra di vitale importanza che, in generale, tutti noi, a qualunque Chiesa locale apparteniamo, ci limitiamo ai principi canonici ortodossi e resistiamo alle interferenze politiche degli USA o dell'UE, o di qualsiasi altro, e, allo stesso tempo, dobbiamo proporre strutture confederali non nazionaliste. Questo è ciò che la Chiesa russa ha fatto più di 20 anni fa, accordando un'ampia autonomia alle sue parti locali, per esempio la Chiesa ucraina, la Chiesa moldava, la Chiesa lettone e la Chiesa fuori dalla Russia (ROCOR). Se non si fa così, ci saranno nuovi scismi oppure continueranno i vecchi scismi.

A proposito di scismi, chi erano i piccoli gruppi di dissidenti che si sono entrati in scisma dalle due parti della Chiesa russa alla loro riconciliazione nel 2007?

Come ho già detto prima, ci sono stati due gruppi. Le prime ad andarsene sono state comunità inglesi e francesi dipendenti ufficialmente dalla Chiesa in Russia. I loro capi (e i loro seguaci ingenui che non capivano la differenza) erano rinnovazionisti, che avevano avvelenato per decenni la vita della Chiesa nella diaspora, in obbedienza ai loro ideologi ormai quasi tutti morti della scuola di Parigi. Se ne sono andate nel Patriarcato di Costantinopoli a controllo statunitense, dove massoni, semi-uniati e dissidenti politici o nazionalisti anti-russi sembrano essere i benvenuti. Il secondo gruppo ha lasciato la ROCOR ed era uno strano miscuglio di agenti della CIA e di altri servizi di spionaggio occidentali, di uomini di destra di stampo peronista in Sud America e di convertiti vecchio-calendaristi dalla mentalità ideologizzata che non amavano la Chiesa russa e perseguitavano quelli di noi che la amavano.

Guardando indietro alla sua vita nella Chiesa, rimpiange le cose che le sono successe negli anni '70 e '80?

Se non mi fossero successe le cose che mi sono successe, ora non saprei ciò che ho imparato per esperienza amara, per quanto dolorosa. Quindi, in un certo senso come posso rimpiangere qualcosa? Tutto era necessario per imparare un po' di saggezza e vedere attraverso i miti dell'Establishment 'ortodosso'. Tuttavia, se vogliamo sognare ad occhi aperti (!) e se avessi saputo allora quello che so adesso, nel 1971 avrei aderito alla parrocchia della ROCOR a Londra. Poi, dopo aver finito gli studi presso l'Università di Londra nel 1977, avrei chiesto di andare a Jordanville nel 1977.

Rimpiango molto non solo che in quei giorni pre-internet non mi sia stato dato nessun fatto, nessuna guida, ma invece mi siano stati dati disinformazione attiva e depistaggio. Tali erano in quel momento la corruzione spirituale e i pregiudizi contro la Chiesa russa. Gli scribi e i farisei dell'Establishment non volevano una Chiesa al di fuori del loro controllo, una Chiesa ortodossa russa libera, senza compromessi e spiritualmente indipendente, libera sia dai rinnovazionisti di sinistra sia dai politicanti di destra. Volevano un'organizzazione in linea con il potere, impura, spiritualmente smembrata e compromessa. È per questo che hanno fatto del loro meglio per minarci sia dall'esterno sia, attraverso i loro agenti di destra e di sinistra, da dentro.

Come vede il futuro per la Chiesa russa nell'Inghilterra dell'Est?

In questi ultimi anni abbiamo incoraggiato la fondazione sia di quella che è divenuta la piccola missione rurale con padre Anthony a Mettingham nel Suffolk e dell'eremo di san Panteleimone presso Clacton nell'Essex. Quest'ultimo è sotto padre Sergei, la cui semplicità è un esempio per tutti noi. Ora, con l'aiuto di Dio e di molti gentili e generosi benefattori, stiamo acquistando una proprietà per una chiesa nella città di Norwich e speriamo di far ordinare un uomo per la nuova parrocchia quando Dio vorrà. Forse questo è tutto ciò che possiamo fare; certamente abbiamo bisogno di più clero al fine di espanderci. Uno o due candidati sembrano ora finalmente apparire all'orizzonte, ma ce ne servono di più.

Possiamo sognare parrocchie nei centri provinciali in altri luoghi a est: una chiesa per il Suffolk al centro della contea a Bury St Edmunds, una chiesa dedicata ai Santi Pietro e Paolo a Peterborough per il Cambridgeshire, una chiesa della Risurrezione a Bedford per il Bedfordshire , una chiesa dedicata a sant'Albano a St Albans per lo Hertfordshire, una chiesa dedicata a San Nicola a est di Londra, una chiesa dedicata ai santi Costantino ed Elena a York per lo Yorkshire e una chiesa dedicata a Tutti i Santi a Canterbury come centro per il Kent. Tuttavia, realisticamente, se questa non è la volontà di Dio, nulla di tutto ciò accadrà.

Perché è importante avere proprietà in luoghi centrali e popolati?

Perché se non ne abbiamo le comunità moriranno, mentre la proprietà favorisce la continuità. Questa è una legge. Quando avete la vostra proprietà, allora avete anche la libertà spirituale. Ho visto decine di parrocchie chiudere in Inghilterra e in Francia nel corso degli ultimi quaranta anni. Perché? Perché non avevano proprietà. Non è altro che un fatto della vita. E le comunità devono essere sempre in posti centrali, nelle grandi città, dove c'è la gente. Non si apre una chiesa dove non vive nessuno. Gli edifici ecclesiastici seguono le persone, perché queste sono la Chiesa. Non avviene il contrario. Questo è buon senso.

Alcuni temono il prossimo Concilio pan-ortodosso nel 2016, chiamandolo 'l'ottavo Concilio ecumenico' che era stato denunciato nelle profezie. Cosa ne dice?

C'è una certa isteria e paranoia tra alcuni che sembrano sapere molto poco di storia della Chiesa rispetto a questo incontro, che non è certamente 'l'Ottavo Concilio ecumenico'. È pura fantasia chiamarlo così. L'incontro inter-ortodosso dell'anno prossimo non è un Concilio, ma un incontro di una minoranza di vescovi ortodossi, circa il 25% del totale. Si discuteranno questioni amministrative e canonicche; tutte le questioni dogmatiche sono già state decise una volta per tutte dai sette Concili universali ('ecumenici' può essere una traduzione fuorviante).

Nessun incontro può diventare un Concilio se le sue risoluzioni non sono ricevute dai fedeli, ma purtroppo no i fedeli non siamo mai stati consultati in merito alle discussioni che hanno portato a questa riunione. Il tutto sta accadendo a porte chiuse nella Ginevra calvinista (tra tutti i posti possibili), una situazione senza precedenti nella pratica ortodossa, e credo che questo sia il motivo per cui sta crescendo una certa isteria e paranoia in alcuni ambienti. Sono reazioni inevitabili, data la quasi totale mancanza di trasparenza.

I fedeli sono i guardiani della fede, e per questo un incontro può diventare un Concilio solo se le sue decisioni sono ricevute dai fedeli. Se un incontro è un Concilio, allora vuol dire che lo Spirito Santo vi è presente, come lo è tra i fedeli. Al momento sembra che alcuni punti in stile protestante liberale degli anni '60, promossi dai fanarioti e che ci spaventavano negli anni '70, sono già stati cancellati nelle riunioni preparatorie. Questa è una cosa buona. Non abbiamo bisogno di alcun ulteriore modernismo antiquato. Tuttavia, non vi è accordo su diverse questioni importanti tra i rappresentanti delle Chiese locali che si preparano a questo incontro. Inoltre, con la recente condanna da parte di Costantinopoli del metropolita Rostislav della Chiesa delle Terre Ceche e della Slovacchia, questo incontro potrebbe non avere neppure luogo, perché non lo si può tenere se una delle quattordici Chiese locali è assente. Così il nazionalismo greco può ancora mettere completamente fine all'incontro.

Più in generale, la situazione è così altamente politicizzata che ci si chiede se potrà avvenire qualcosa di significativo anche se questi vescovi si incontrano. Ricordiamo che non meno di tre patriarchi delle Chiese locali sono ora nominati dagli Stati Uniti (contro i canoni della Chiesa) e che ripetono le politiche del Dipartimento di Stato, cioè, di Obama, che può essere un ateo o può essere un musulmano (nessuno ne è sicuro), dell'abortista Biden e del guerrafondaio Kerry. Alcune parti della Chiesa non sono semplicemente libere di incontrarsi. Proprio come san Giustino di Chelije invitava a boicottare un tale incontro inter-ortodosso negli anni '70, perché così tante Chiese locali, in particolare quella russa, erano allora schiavizzate dall'Unione Sovietica atea, così oggi altre Chiese locali sono schiavizzate dagli Stati Uniti atei.

Quindi può avere luogo un incontro significativo?

Penso che a lungo termine può essere irrilevante che un incontro avvenga o meno. Vedo un risultato diverso. Poiché il numero di vescovi della Chiesa russa sta salendo inesorabilmente a 400 e più, e il totale presto supererà il 50% del numero totale dei vescovi ortodossi, la riunione di Costantinopoli sta diventando irrilevante. Può essere che la Chiesa ortodossa russa, come l'unico e solo evidente centro di civiltà ortodossa, possa presto tenere una riunione episcopale insieme con le altre Chiese locali libere, Antiochia, Georgia, Polonia, Cecoslovacchia, ecc

Tale riunione di oltre 500 vescovi sarebbe molto più rappresentativa di quella al Fanar preparata a Ginevra, e avrebbe più probabilità di diventare un Concilio. Potrebbe avere luogo presso il monastero di Nuova Gerusalemme fuori Mosca, che è ormai quasi completamente restaurato. Questo è lo scopo a cui la Chiesa russa destinò il monastero nel XVII secolo, come un centro dell'Ortodossia globale, ma gli è stato impedito di diventare tale dall'interferenza dello Stato russo da allora fino a oggi. Tale Concilio potrebbe parlare liberamente, senza riserve 'per timore dei Giudei ", cioè, non intimidito dalla censura in stile sovietico della correttezza politica.

Una situazione del genere rifletterebbe la realtà della Chiesa di oggi, non la situazione di un migliaio di anni fa, quando i greci dettavano legge. È il momento di recuperare il ritardo con la realtà. Le Chiese governate dai greci, per lo più con greggi di circa un milione e di prospettive nazionaliste, sono semplicemente incapaci di far fronte alla realtà del mondo globale di oggi. Per dare una risposta, oggi la Chiesa deve essere globale. E solo la Chiesa russa lo è.

Alcuni lo chiamerebbero 'imperialismo russo'.

L'imperialismo di qualsiasi tipo, è da condannare, perché è nazionalismo. Quella di cui stiamo parlando è una Chiesa imperiale, la Chiesa dell'Impero cristiano. Imperiale significa unità multinazionale nella diversità, con nuove Chiese locali autocefale che nascono attraverso l'attività missionaria, mentre imperialismo significa nazionalismo, controllo centrale e la mentalità del genere 'una taglia per tutti' del modello papista, che, purtroppo, esiste oggi a Istanbul.

Qual è la situazione dopo l'ultima serie di consacrazioni episcopali annunciate dalla Chiesa russa il 23 ottobre?

La notizia che padre Tikhon (Shevkunov) è ora un vescovo è la benvenuta, e la notizia che l'Italia ha ora per la prima volta in assoluto un vescovo ortodosso russo residente, il vescovo Antoniy (Sevryuk) è storica. Sembra che siamo finalmente vedendo la comparsa di una giovane generazione di vescovi, tutti almeno trilingui (la lingua locale, l'inglese e il russo), residenti nel paese, con una comprensione della cultura locale e politicamente liberi. Abbiamo anche notato che padre Gennady Andreyev della diocesi di Sourozh a Manchester è stato nominato vescovo.

Ma ci sono altri eventi benvenuti. Nonostante una forte opposizione politica francese che ha molto ritardato il progetto, le cupole sono ora poste sulla nuova cattedrale russa a Parigi e tutto dovrebbe essere finito entro dodici mesi. Ci stiamo finalmente muovendo.

E per quanto riguarda la venerazione dei santi occidentali locali, 60 anni dopo san Giovanni, ora ci stiamo muovendo per la loro inclusione nel calendario russo all'interno della Russia e forse anche altrove. Non è solo un caso di 'meglio tardi che mai', questo rappresenta un vero pentimento da parte di coloro che hanno resistito, ci hanno rimproverati e perseguitati attivamente perché noi li veneravamo, per oltre 40 anni. È triste che molti dei persecutori siano ora morti e quindi non possano pentirsi, quindi dovremo pregare per loro, per Cristo che ci chiama a pregare per i nostri nemici, a prescindere dal fatto che siano vivi o morti. È la stessa situazione di quelli che si rifiutavano di venerare i nuovi martiri e confessori e esporre le loro icone nelle loro chiese. Anch'essi sono stati tutti smentiti.

Molte persone sono molto pessimiste circa la situazione in Russia e la criticano. Cosa risponderebbe loro?

C'è molto da criticare nella Russia post-sovietica, il vecchio classico ABC: alcolismo (quasi alto come in Finlandia), bambinicidio (aborto) (vicino ai livelli asiatici) e corruzione (più o meno come in Italia), a cui si potrebbe aggiungere la D sia per il divorzio (quasi alto come negli Stati Uniti) e la droga (non ancora ai livelli dell'Europa occidentale). Tuttavia, i russofobi e la loro propaganda omettono deliberatamente il fatto fondamentale: la Russia sta andando nella direzione giusta, mentre l'Occidente sta andando nella direzione sbagliata. Si tratta di un'enorme ironia storica che nella misura in cui la Russia si sta de-sovietizzando (un processo ben avviato, nonostante la propaganda, l'opposizione e la paura in Occidente), l'Occidente si sta sovietizzando.

Chi sono questi russofobi critici?

Ce ne sono due gruppi. In primo luogo, ci sono gli ideologi occidentali neo-coloniali che, ancora vivono nell'arroganza imperialista del XIX secolo, sono convinti che 'l'Occidente è meglio' e per quanto riguarda 'il resto', quello può andare all'inferno. Queste persone sono in realtà semplici razzisti primitivi ed estremisti, come il senatore russofobo John McCain, che è stato fotografato in un incontro con lo Stato Islamico, tanto è ansioso di essere anti-russo! (Qui è la prova che gli occidentalisti sono una sola cosa con gli islamisti, movimento che hanno fondato in Afghanistan negli anni '80, e che hanno sempre sostenuto il regime assassino in Arabia Saudita con le sue decapitazioni, crocifissioni e bombardamenti massicci – con aerei americani e bombe inglesi – di civili nello Yemen. Gli estremi si toccano sempre, nello stesso modo in cui l'inglese imperialista e ebreo convertito Disraeli sostenne le stragi ottomane dei cristiani bulgari nel XIX secolo).

In secondo luogo, vi sono gli occidentalisti russi, molti dei quali oligarchi, ebrei oppure omosessuali. Si vedono spesso presso l'ambasciata americana a Mosca. Essi rappresentano la stessa classe aristocratica, militare e industriale (tra cui alcuni dei più importanti Romanov), e anche il clero carrierista dei rinnovazionisti nella Chiesa, che avevano tradito la Russia nel 1917 (quando li si vedeva presso l'ambasciata britannica a San Pietroburgo), rovesciando lo tsar perché volevano il potere (e ancora più soldi) per se stessi.

Essi hanno il loro esatto parallelo nell'Ucraina di oggi, dove il governo di Janukovich, legittimo e democraticamente eletto (quali che fossero i suoi molti difetti), è stato rovesciato dalla minoranza nazionalista galiziana uniate, guidata da oligarchi come l'ebreo Poroshenko e altri industriali miliardari che hanno venduto l'anima alla CIA in cambio del suo appoggio. Eletti dal 25% della popolazione, risultato raggiunto solo con una dura repressione della polizia segreta e la propaganda delle relazioni pubbliche statunitensi, queste persone sono spietate perché sono completamente senza principi. È per questo che odiano il popolo ucraino e l'Ortodossia. A differenza di loro, noi cristiani abbiamo dei principi.

In realtà, sarebbe più esatto chiamare tali individui ortodossofobi piuttosto che russofobi e ucrainofobi, perché questa è l'essenza del loro odio, l'odio per Cristo, per quanto possano illudersi a sostenere che sono per Cristo. Come con i bolscevichi nella poesia rivoluzionaria di Alexander Blok, 'I Dodici', pensano che stanno seguendo Cristo, ma in realtà stanno seguendo l'Anticristo. E questi li porterà alla perdizione delle loro anime nella Geenna. Ecco quanto è grave la loro situazione.

Cosa sta accadendo alla 'Chiesa ortodossa britannica'?

La cosiddetta 'Chiesa ortodossa britannica', di fatto né britannica né ortodossa, era un piccolo gruppo di vagantes e di altri eccentrici anglo-cattolici, il cui leader si faceva chiamare 'patriarca di Glastonbury' (!). Tuttavia, sono stati ricevuti e ordinati dalla Chiesa copta circa 20 anni fa. Nel 1999 avevano un vescovo, 18 membri del clero e 72 fedeli! Ai primi di ottobre di quest'anno hanno lasciato la Chiesa miafisita e, a quanto pare, ora sono tornati a essere vagantes. Il problema era che gli ex anglicani in questione non hanno potuto accettare l'anti-calcedonismo intrinseco che ora è ancora una volta venuto alla ribalta tra i copti in quello che io ritengo uno scoppio di nazionalismo. (l'anti-calcedonismo va di pari passo con il nazionalismo locale, che in gran parte lo ha causato).

Mi è stato detto che il gruppo ha ora un vescovo, 2 sacerdoti e circa 100 fedeli, soprattutto ex-anglicani dell'Establishment, e soprattutto anziani, a quanto mi dicono, anche se non sono sicuro se questo sia vero. Che cosa farà ora il gruppo non è chiaro. Purtroppo, dubito che vorranno unirsi alla Chiesa ortodossa, perché ciò significherebbe accettare di essere catechizzati e ricevuti come laici. Spero vivamente di avere torto in questa visione pessimistica del loro clericalismo. C'è un gruppo ex anglicano a cui potrebbero aderire; là ordinano ex-vicari anglicani quasi immediatamente e praticamente senza addestramento. Chi lo sa? Penso che farà poca differenza in quanto si tratta di un gruppo così piccolo, nemmeno delle dimensioni di una parrocchia normale.

Data la sua situazione critica, è stato suggerito che la giurisdizione di Rue Daru sia disciplinata direttamente dal Patriarcato di Costantinopoli e si unisca alle diocesi locali di Costantinopoli, come quella del metropolita Emmanuel di Parigi. Cosa ne pensa di questo?

Sono d'accordo. Penso che sia così logico da essere inevitabile. Una volta che tutti coloro che amano la tradizione russa avranno lasciato Rue Daru, come hanno fatto negli ultimi trenta e più anni a partire dalla dipartita del santo arcivescovo George (Tarasov) e dalla caduta nella decadenza dopo di lui, che cosa resterà? Massoni e convertiti ingenui, modernisti neo-calendaristi ed ecumenisti. Ovviamente, dovrebbero essere tutti insieme nelle locali strutture diocesane e nelle logge di Costantinopoli. D'altra parte, dovrebbero in primo luogo avere l'onestà di restituire le proprietà della Chiesa Russa, che stanno effettivamente occupando abusivamente.

Cosa ne pensa del recente Sinodo cattolico romano a Roma?

Il Cattolicesimo è ora ad un punto di svolta. Intende mantenere i suoi resti (che risalgono in una forma o nell'altra all'Ortodossia), o diventare completamente protestantizzato, un processo che è stato avviato da ricchi cardinali americani e tedeschi o da altri cardinali liberali più di cinquanta anni fa, durante il Concilio Vaticano II. Con l'attuale papa gesuita, per i quale i fini sembrano giustificare i mezzi e che sembra essere d'accordo con tutti e con nessuno, è impossibile dire cosa accadrà, ma questa è la posta in gioco. Questo è importante perché il Cattolicesimo è l'ultima istituzione europea occidentale sopravvissuta con un passato ortodosso. Tuttavia, oggi il cattolicesimo romano, uniatismo incluso, sembra così debole, così americanizzato, ovvero così protestantizzato, che sembra avere poca speranza. Ho sempre creduto che solo l'Ortodossia possa riempire l'abisso spirituale che esso ha lasciato.

La sua situazione è il simbolo dell'Europa occidentale in generale, le cui città ora sembrano essere sul punto di scomparire sotto l'onda della marea dell'invasione musulmana. Questo è stato causato dall'interferenza occidentale nel Medio Oriente e in Nord Africa, la famigerata 'primavera araba' orchestrata dalla CIA, che è costata la vita a centinaia di migliaia di persone. L'Europa occidentale potrà mai sopravvivere? Questa è ora la domanda. Tuttavia, non sono d'accordo con gli xenofobi occidentali, che danno la colpa agli "arabi" o ai "musulmani". Questi disgraziati non sono la causa del problema. La causa del problema è l'apostasia occidentale, il fatto che gli occidentali hanno abbandonato Cristo. Poiché la natura aborre il vuoto, questo viene riempito – e dall'islam. Se la gente occidentale non avesse abbandonato Cristo e la cultura cristiana, non ci sarebbe alcun vuoto spirituale e non ci sarebbero musulmani qui a riempirlo.

Come dovremmo vedere la situazione in Siria?

Viviamo in tempi in cui le profezie si compiono davanti ai nostri occhi – in Iraq, in Siria e in Turchia. L'attuale catastrofe è iniziata nel 1991 con l'inizio della caduta di Babilonia (Iraq) nella prima guerra del Golfo. Questa caduta si è compiuta nel 2003. Nel 2000 l'Iraq aveva quasi due milioni di cristiani, ora ce ne sono meno di 200.000. Anche qualcuno tanto ottuso e illuso come Blair sta solo ora cominciando ad ammettere di essere in parte responsabile. Per quanto riguarda la Siria, è vicina all'Armageddon. Il terzo giocatore è la Turchia, la cui caduta è stata pure profetizzata. Poi verrà il prosciugamento dell'Eufrate. Prima di questo, penso che vedremo anche cambiamenti in Ucraina il prossimo anno.

Dopo la Siria, l'Afghanistan, l'Iraq e ora la Libia hanno tutti chiesto l'aiuto russo. È difficile sapere se la Russia sarà in grado di spegnere tutte le conflagrazioni iniziate dall'incredibile arroganza occidentale, ma vedremo. Non è facile fare il vigile del fuoco del mondo quando si affrontano i piromani americani.

Cosa si nasconde dietro questa hybris che è insita nell'Occidente?

Storicamente, è un misto di superiorità imperialista dei romani pagani mescolata con il saccheggio spietato dei popoli barbari germanici sfruttati da potenze sataniche. Pertanto, cosa sta all'origine dell'Establishment britannico? È la mentalità normanna, in altre parole, la mentalità di una banda di vichinghi, che è ciò che erano i normanni. Quando arrivarono in Inghilterra nel 1066, avendo già distrutto le vecchie tradizioni cristiane della Normandia pre-normanna, sono venuti a saccheggiare l'oro e le ricchezze di un regno cristiano e a distruggere la sua Chiesa vecchia mezzo millennio.

Il bagliore negli occhi dei normanni di allora era lo stesso che si vedeva negli occhi dei conquistadores spagnoli affamati d'oro di cinque secoli più tardi, e la stesso che si è visto negli occhi dei petrolieri texani, quando hanno messo le loro avide mani sul petrolio iracheno cinque secoli dopo. Perfino la moderna fantascienza occidentale parla dello sfruttamento e dell'esaurimento di altri pianeti esattamente allo stesso modo. Sfruttare le risorse minerarie di un paese finché non sono esaurite e poi passare al prossimo paese, o pianeta, lasciandolo nudo, saccheggiando e depredando spietatamente – tutto con il pretesto della libertà e della democrazia. Come ha detto il primo ministro imperialista britannico Palmerston 150 anni fa, la Gran Bretagna 'non ha amici e non ha nemici, ha solo interessi'. In altre parole, l'establishment occidentale non è altro che una banda vichinga intenta alla rapina e saccheggio, intenta ai propri interessi, e senza alcun principio di sorta.

Cosa dice della situazione generale? Non la fa disperare?

No. Il mondo, come sempre, è diviso in tre gruppi: di Dio, Satana e gli indecisi. Ciò significa: i veri ortodossi (coloro che sono disposti a morire per l'Ortodossia); il popolo di Satana (compresi i cosiddetti 'ortodossi' apostati); e il resto, tra cui molti ortodossi nominali, che non hanno ancora deciso cosa sono. Alcuni tra gli altri sono dei voltafaccia e sono d'accordo con tutti, ma tra gli altri ci sono anche quelli che un giorno saranno disposti a morire per l'Ortodossia. È nella speranza del pentimento di tutti che il mondo continua attraverso la misericordia di Dio.

Credo che nel trattare con le cose del mondo (eventi politici, ecc), dobbiamo esserne a conoscenza, ma non disperare. Siate miti come le colombe e prudenti come i serpenti, dice Cristo. Dobbiamo sempre ricordare che se l'uomo propone, Dio dispone. Le forze di Satana fanno quello che vogliono, ma non significa che vinceranno. Non lo faranno. Lo sappiamo come un fatto. Lo schema del principe di questo mondo e dei suoi dotti seguaci è ovvio – il loro grande piano è di ripristinare il Tempio di Gerusalemme in modo da potervi intronizzare l'Anticristo. Ma possono volerci ancora centinaia d'anni fino al raggiungimento di tale scopo, anche se ci sono giorni in cui sembra che stia per accadere nel giro di pochi anni.

Dio, non l'uomo, dispone. Non disperate. Abbiamo già visto un miracolo – la caduta dell'ateismo militante nella vecchia Unione Sovietica e l'inizio della restaurazione dell'Impero Cristiano. Altri miracoli sono possibili. Non sottovalutate mai la sapienza di Dio o la stoltezza dell'uomo. Non dubitate mai della potenza di Dio.

 
FOTO – le nuove chiese in costruzione a Mosca

Abbiamo già parlato del progetto delle 200 chiese, da aprire nei luoghi meno serviti della grande area urbana di Mosca, e del ruolo del nostro arcivescovo Mark in questo programma. Ora abbiamo occasione di vedere alcune di queste chiese (in costruzione oppure già completate) attraverso il servizio che il fotografo Ivan Mikhailov ha realizzato per The Calvert Journal l'8 gennaio 2015.

L'articolo originale riporta alcune stupidaggini messe evidentemente per accontentare il pubblico occidentale che non ha una singola idea della Russia (per esempio, il riferimento a non meglio specificati credenti moscoviti che non vedono la necessità di nuove chiese, e che sostengono che quelle esistenti non sono ancora piene... come se l’apertura di chiese dalla capacità di poche centinaia di fedeli in sobborghi di centinaia di migliaia di abitanti fosse una ragione per far rischiare la chiusura alle chiese del centro di Mosca). Tuttavia, vi si trova anche un'affermazione interessante, riferita allo stesso fotografo, che dice che le chiese e le abitazioni circostanti sono fatte degli stessi materiali (presumiamo che si riferisca ai mattoni e ai blocchi da costruzione, e non alle dorature di cupole e croci), e pertanto le chiese si inseriscono con naturalezza nell'insieme architettonico. Queste parole, a differenza di quelle precedenti, rivelano lo sguardo allenato di un vero fotografo, e sono più credibili.

Per chi si chiede da quali progetti nascono le chiese, sarà interessante dare un'occhiata a questa pagina, che riporta sette tipologie architettoniche diverse, proposte dal programma delle 200 chiese.

 
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