Rubrica

 

Informazioni sulla chiesa in altre lingue

Mirrors.php?fotossezPage=64&id=205  Mirrors.php?fotossezPage=64&id=602  Mirrors.php?fotossezPage=64&id=646  Mirrors.php?fotossezPage=64&id=647  Mirrors.php?fotossezPage=64&id=4898 
Mirrors.php?fotossezPage=64&id=2779  Mirrors.php?fotossezPage=64&id=204  Mirrors.php?fotossezPage=64&id=206  Mirrors.php?fotossezPage=64&id=207  Mirrors.php?fotossezPage=64&id=208 
Mirrors.php?fotossezPage=64&id=3944  Mirrors.php?fotossezPage=64&id=7999  Mirrors.php?fotossezPage=64&id=8801  Mirrors.php?fotossezPage=64&id=9731  Mirrors.php?fotossezPage=64&id=9782 
Mirrors.php?fotossezPage=64&id=11631         
 

Calendario ortodosso

   

Scuola domenicale della parrocchia

   

Ricerca

 

In evidenza

04/10/2023  Scoperte, innovazioni e invenzioni russe  
14/03/2020  I consigli di un monaco per chi è bloccato in casa  
11/11/2018  Cronologia della crisi ucraina (aggiornamento: 3 febbraio 2021)  
30/01/2016  I vescovi ortodossi con giurisdizione sull'Italia (aggiornamento: 21 dicembre 2022)  
02/07/2015  Come imparare a distinguere le icone eterodosse  
19/04/2015  Viaggio tra le iconostasi ortodosse in Italia  
17/03/2013  UNA GUIDA ALL'USO DEL SITO (aggiornamento: aprile 2015)  
21/02/2013  Funerali e commemorazioni dei defunti  
10/11/2012  I padrini di battesimo e il loro ruolo nella vita del figlioccio  
31/08/2012  I nostri iconografi: Iurie Braşoveanu  
31/08/2012  I nostri iconografi: Ovidiu Boc  
07/06/2012  I nomi di battesimo nella Chiesa ortodossa  
01/06/2012  Indicazioni per una Veglia di Tutta la Notte  
31/05/2012  La Veglia di Tutta la Notte  
28/05/2012  La preparazione al Matrimonio nella Chiesa ortodossa  
08/05/2012  La Divina Liturgia con note di servizio  
29/04/2012  La preparazione al Battesimo nella Chiesa ortodossa  
11/04/2012  CHIESE ORTODOSSE E ORIENTALI A TORINO  
 



Inizio  >  GALLERIE FOTOGRAFICHE
GALLERIE FOTOGRAFICHE

Clicca sull'immagine per aprire la galleria

Condividi:
 
 
Sezione 1

Siti ufficiali delle Chiese Ortodosse nel mondo

 
Nuova farsa dell'Ucraina "indipendente": la costruzione della Cortina di Lardo nel mezzo della Rus'

Dall'amministrazione regionale di Dnepropetrovsk (il feudo dell'oligarca Igor' Kolomoiskij) arriva la notizia del progetto di una nuova follia, riportata dall'edizione inglese de La Voce della Russia, per creare lavoro all'interno dell'Ucraina al collasso: un muro lungo tutto il confine russo-ucraino (1920 km), con recinzione metallica elettrificata, fossati, filo spinato, checkpoint...

Il progetto della "Cortina di Lardo" (come stanno già chiamando l'idea, in omaggio al salo, il lardo salato tipico della cucina locale) potrebbe essere semplicemente ignorato o seppellito di risate, ma purtroppo ha un precedente storico abbastanza significativo: l'innerdeutsche Grenze, il confine fortificato creato per separare la Germania Est e per prevenire il flusso di profughi verso l'Occidente. In uno dei paradossi di cui abbiamo visto fin troppi esempi negli ultimi mesi, il governo "europeista" ucraino, pronto a combattere ogni traccia del suo passato comunista fino al punto di vietare la celebrazione del Giorno della Vittoria sul nazismo, si appropria ora di una delle peggiori eredità storiche del blocco sovietico, nata per dividere in due parti il territorio abitato da uno stesso popolo.

Il muro tra Ucraina e Russia, quanto a fattibilità, è una pura farsa (il suo mantenimento richiederebbe un numero di guardie di frontiera superiori al totale complessivo dell'attuale esercito ucraino, per non parlare della sua inevitabile estensione al confine con la Belarus'...), ma indica chiaramente, a chi ha occhi per vedere, dove sta oggi il rispetto della libertà dei popoli, della loro autodeterminazione, della democrazia.

 
Chiusa la prima parrocchia di lingua romena in Ucraina

foto: pravlife.org

Per la prima volta in Ucraina è stata chiusa una parrocchia di lingua romena della Chiesa ortodossa ucraina canonica.

Venerdì 23 agosto, l'amministrazione del cimitero cittadino di Chernovtsy ha tagliato le serrature della chiesa dei tre santi Ierarchi, situata sul territorio del cimitero, e ha sigillato l'edificio, impedendo ai fedeli di entrarvi e pregare, come riferisce la diocesi di Chernovtsy e della Bucovina.

Ci sono ben oltre 100 parrocchie di lingua romena nella regione della Bucovina ucraina. Secondo la diocesi, questa è la prima ad essere chiusa.

La chiesa funge anche da tomba di sette vescovi ortodossi della Bucovina. Fu costruita dalla metropolia della Bucovina nel 1881 e restaurata da varie società romene, dal consolato romeno e dai parrocchiani nel 1990. Secondo Pravlife.org, la città non ha mai contribuito al restauro della chiesa o alla cura della proprietà del cimitero adiacente. Tuttavia, nell'ottobre 2023, il consiglio comunale di Chernovtsy ha dichiarato che la comunità parrocchiale non aveva più il diritto di usare la chiesa, e ora la chiesa è stata fisicamente sigillata.

foto: pravlife.org

"Vediamo come le autorità limitano deliberatamente i diritti e violano la minoranza di lingua romena in Ucraina", scrive la diocesi.

"Inizialmente le autorità si sono rifiutate di registrare il Vicariato della Chiesa ortodossa romena, ma ora hanno iniziato a sigillare le parrocchie di lingua rumena... cosa succederà adesso?"

La diocesi si riferisce alla cosiddetta "Chiesa ortodossa romena dell'Ucraina", creata dal Santo Sinodo della Chiesa ortodossa romena nel febbraio di quest'anno. All'inizio di questo mese, è stato riferito che le autorità ucraine hanno rifiutato di registrare legalmente la struttura, affermando che le parrocchie interessate dovrebbero unirsi alla "Chiesa ortodossa dell'Ucraina", una struttura riconosciuta come scismatica dalla maggior parte del mondo ortodosso, inclusa la Chiesa ortodossa romena.

I vescovi romeni sono preoccupati da diversi anni per la sorte delle oltre 100 parrocchie di etnia romena nell'Ucraina occidentale, nel contesto del crescente scisma ecclesiastico che ha preso piede nel 2018-2019 con la creazione della "Chiesa ortodossa dell'Ucraina" scismatica, e ora della guerra in Ucraina con la conseguente persecuzione statale della Chiesa ortodossa ucraina canonica.

Nel luglio 2019, il Sinodo dei vescovi della "Chiesa ortodossa dell'Ucraina scismatica" annunciò l'intenzione di creare un vicariato romeno, sperando di convincere la Chiesa romena a riconoscerlo, ma i fedeli romeni residenti in Ucraina non mostrarono alcun interesse.

Si prevede che i parrocchiani della chiesa dei tre santi Ierarchi nel cimitero di Chernovtsy prepareranno un appello al presidente della Romania.

 
Con dolore per l'Athos e il Patriarcato di Costantinopoli

il metropolita Seraphim (Mentzelopoulos) del Pireo. Foto: Unione dei giornalisti ortodossi

Il Fanar non può più fermarsi sulla via dell'ecumenismo e della violazione dei canoni, e l'Athos non può più restare saldo nella fede ortodossa, conclude il metropolita Seraphim del Pireo.

Alcuni mesi fa, l'opuscolo "Il Fanar non aveva il diritto di interferire negli affari di un'altra Chiesa locale" è stato pubblicato da un vescovo della Chiesa di Grecia, il metropolita Seraphim del Pireo. In esso, tratta le deviazioni dalla fede del Patriarcato di Costantinopoli e la debolezza di molti monasteri atoniti, se non la maggior parte di loro, che tacitamente, e talvolta apertamente, esprimono il loro accordo con tali azioni del Fanar. L'opinione del metropolita Seraphim, a volte espressa con parole piuttosto dure, merita di essere letta e ascoltata.

il frontespizio del libro del metropolita Seraphim

Chi è il metropolita Seraphim del Pireo?

Il metropolita Seraphim (Mentzelopoulos) è nato nel 1956. Nel 1980 è entrato nel monastero della Dormizione della santissima Theotokos a Pentelis. Si è laureato presso il Dipartimento di teologia dell'Università di Atene. Nel 2001 è stato ordinato vescovo di Adelaide, vicario dell'Arcidiocesi australiana del Patriarcato di Costantinopoli, e nel 2006 è stato nominato alla sede del Pireo. Quando è stato elevato all'episcopato, ha rifiutato in modo molto eloquente di accettare i doni che, secondo una tradizione di lunga data, sono presentati al vescovo che entra nell'amministrazione diocesana. Spiegando la sua azione, ha detto che non cercava fama e piaceri terreni, non voleva né oro né argento e avrebbe lavorato disinteressatamente per la salvezza del suo gregge.

il metropolita Seraphim (Mentzelopoulos) del Pireo

Come metropolita, è stato coinvolto molto attivamente nella vita pubblica e ha reagito con forza agli eventi che, a suo avviso, richiedono una valutazione morale da parte della gerarchia ecclesiastica. Ha chiesto il boicottaggio del film "Il codice da Vinci" e del libro omonimo di Dan Brown, definendoli "antistorici, assolutamente falsi e ridicoli", ha protestato contro la visita di papa Benedetto XVI a Cipro, si è lamentato con la regina Elisabetta II di Gran Bretagna sul cantante Elton John per le sue parole blasfeme su Cristo, ha criticato la gerarchia della Chiesa serba per aver rimosso il vescovo Artemije (Radosavljević) di Raška-Prizren dall'amministrazione della diocesi.

Inoltre, ha criticato aspramente il patriarca di Costantinopoli per l'ecumenismo, nonché le autorità greche per il riconoscimento dei diritti delle persone LGBT e la promozione dell'ideologia di genere. E, naturalmente, il metropolita Seraphim ha rifiutato di riconoscere la "Chiesa ortodossa dell'Ucraina", nonostante l'opinione di altri vescovi della Chiesa greca, affermando che si oppone "all'attività dannosa di laici scismatici scomunicati e non ordinati, che il Santo e il Sacro Sinodo del venerabile Patriarcato ecumenico ha erroneamente restaurato senza la procedura canonica prescritta dai sacri canoni".

L'Athos non è più lo stesso di prima

Secondo il metropolita Seraphim, il riconoscimento della "Chiesa ortodossa dell'Ucraina" da parte di alcuni monasteri athoniti non ha fatto altro che rivelare il degrado già esistente della vita spirituale e della fermezza nella fede sull'Athos.

"Il grave degrado spirituale dell'attuale Montagna Santa è già un fatto triste, che è stato affermato da molti chierici e personalità di spicco che seguono gli eventi sull'Athos, e in effetti si vede nella realtà ecclesiastica moderna", scrive il vescovo. E infatti, se prima gli athoniti preferivano ogni sorta di disagio e persino la morte piuttosto che deviare dalla fede, ora stiamo vedendo come le preoccupazioni mondane e la preoccupazione per il benessere materiale dei monasteri costringano alcuni abati a obbedire alle esigenze del patriarca Bartolomeo e dei diplomatici americani nel riconoscere la "Chiesa ortodossa dell'Ucraina", ammettendo alle funzioni nei loro monasteri persone che non hanno non solo l'ordinazione canonica al sacerdozio, ma neanche il battesimo canonico. Inoltre, gli athoniti stessi, di regola, lo capiscono perfettamente ma si nascondono dietro una scusa: dicono, poiché "lo stesso" patriarca di Costantinopoli li ha riconosciuti, allora chi siamo noi per contraddirlo? Ai vecchi tempi, gli abitanti della Montagna Santa assumevano posizioni completamente diverse. Per loro, la cosa più importante era la purezza della Fede ortodossa, piuttosto che le opinioni dei poteri costituiti.

"Con angoscia, siamo convinti che il moderno Monte Athos, che un tempo era una roccaforte dell'Ortodossia, una diga contro la quale si infrangevano le eresie, la montagna che mostrava tutta una schiera di monaci e martiri, asceti e confessori della fede, non abbia, purtroppo, niente a che vedere con quel Monte Santo che abbiamo conosciuto nella nostra giovinezza circa trentacinque anni fa ".

Molti cristiani ortodossi in molti paesi sono abituati a vedere l'Athos come un faro spirituale nel mare in tempesta della vita. L'opinione del Monte Santo era venerata come testimonianza della verità di severi asceti, uomini di preghiera, devoti della pietà, che disprezzano fattori come la ricchezza, il favore delle autorità e l'opinione del mondo in generale. Persone che potevano dire insieme all'apostolo Giovanni: "Noi sappiamo che siamo da Dio, mentre tutto il mondo giace sotto il potere del maligno" (1 Gv 5:19).

Ma ora, secondo il metropolita Seraphim, la situazione è cambiata radicalmente: "Ma oggi guardiamo al santo Monte Athos e non ne riconosciamo l'aspetto spirituale; è spaventato e reso schiavo dalla sua autorità ecclesiastica superiore, disposta a obbedire alla direzione del Fanar, anche quando quest'ultimo sta agendo in modo sbagliato in molti campi. L'Athos manca di polso, è privo di vivacità, spirito di ascesi e confessione. L'Athos in molte questioni e soprattutto in materia di fede, eresie e scismi sembra approvare, allinearsi e collaborare strettamente con l'eresia e lo scisma. L'Athos oscilla tra l'eresia e l'Ortodossia, non potendo dare una risposta teologica, per resistere in tutta la sua altezza e denunciare l'eresia e coloro che la promuovono, chiunque essi siano".

In generale, la caduta di autorità spirituali incrollabili, come sembrava fino a poco tempo fa, ci fa pensare a dove possono fare riferimento i cristiani ortodossi, di chi fidarsi e chi seguire. Il santo salmista Davide dice che in tali situazioni si dovrebbe aspettare l'aiuto e la salvezza direttamente da Dio, che non esiterà a rivelarlo: "Poiché ecco, i malvagi hanno teso i loro archi; hanno messo le loro frecce contro le corde per colpire dall'ombra i retti di cuore. Quando le fondamenta sono distrutte, cosa possono fare i giusti?" (Salmo 11:2,3).

Alcuni interpreti della Scrittura richiamano l'attenzione sul fatto che il profeta Davide non dice che la verità è scomparsa del tutto, ma che è "sminuita", cioè è diventata piccola e impercettibile. Ma esiste ancora. Quindi, sull'Athos di oggi, ci sono monasteri e ci sono monaci che non seguono la via dell'alienazione dalla fede e dalla pietà, ma restano fermamente nell'Ortodossia, qualunque cosa accada. "Naturalmente, queste conclusioni non si applicano a tutti i monasteri athoniti e a tutti i padri athoniti. Grazie a Dio ci sono monasteri, pochi, ovviamente, si contano sulle dita di una mano (Grigoriou, Karakallou, Konstamonitou e Philotheou), così come molti monaci negli eremi e nelle celle, che continuano a resistere a tutta l'eresia dell'ecumenismo e all'arbitrio del Fanar", scrive il metropolita Seraphim.

La creazione della "Chiesa ortodossa dell'Ucraina" è l'evento più tragico degli ultimi decenni

"L'autocefalia ucraina <...> è diventata il più tragico 'evento ecclesiastico degli ultimi decenni' perché ha causato uno scisma mondiale su scala pan-ortodossa", scrive il metropolita Seraphim.

Come sapete, il patriarca Bartolomeo e i suoi sostenitori negano ostinatamente l'esistenza di uno scisma nell'Ortodossia a seguito delle sue azioni anti-canoniche nella creazione della "Chiesa ortodossa dell'Ucraina". Lo stato di assenza di comunione eucaristica tra la Chiesa ortodossa russa e il Fanar, così come il fatto che dieci su quattordici Chiese ortodosse locali generalmente riconosciute non riconoscono la "Chiesa ortodossa dell'Ucraina", è chiamato da loro una sorta di equivoco temporaneo, che presumibilmente sarà risolto non appena la Chiesa ortodossa russa vedrà che la creazione della "Chiesa ortodossa dell'Ucraina" è un fatto compiuto.

Il metropolita Seraphim si concentra non solo sul fatto che dieci Chiese locali non riconoscono la "Chiesa ortodossa dell'Ucraina", ma anche sul fatto che il riconoscimento di questa struttura nelle Chiese alessandrina, greca e cipriota è avvenuto con evidenti violazioni e non è un vero riconoscimento a tutti gli effetti.

"Il patriarca d'Alessandria ha riconosciuto l'autocefalia ucraina come un fatto compiuto e ha commemorato il falso metropolita Epifanij, senza prima convocare un Concilio che alla fine si pronunciasse a favore o contro il riconoscimento dell'autocefalia ucraina. A quanto pare, sapendo che se fosse stato convocato il Concilio, la maggioranza dell'episcopato si sarebbe opposta e lui non avrebbe raggiunto il suo obiettivo, il patriarca ha preso una decisione esclusivo sul riconoscimento, calpestando la conciliarità e agendo come un piccolo papa".

"Il Concilio dei vescovi della Chiesa di Grecia ha discusso dell'autocefalia ucraina, ma non c'è stato un voto nominale (come avrebbe dovuto esserci su una questione così scottante) perché i vescovi potessero esprimere la loro opinione attraverso il voto. Così, alla fine (in modo inaccettabile e anticonciliare), ha prevalso il parere del suo presidente, l'arcivescovo Hieronymos".

Aggiungiamo che la Chiesa di Cipro non ha preso alcuna decisione sul riconoscimento della "Chiesa ortodossa dell'Ucraina", ma ha accettato di non opporsi alla commemorazione di Sergej Petrovich (Epifanij) Dumenko da parte del primate della Chiesa di Cipro, l'arcivescovo Chrysostomos. Anche per pura logica, per non parlare della tradizione storica dei riconoscimenti, il testo del documento corrispondente del Sinodo della Chiesa cipriota non è un riconoscimento della "Chiesa ortodossa dell'Ucraina".

Il Fanar ha invaso il territorio canonico di altri

Affermando il fatto che per più di tre secoli l'intera pienezza della Chiesa ortodossa, compreso il Patriarcato di Costantinopoli, ha riconosciuto che la giurisdizione della Chiesa russa si estende al territorio dell'Ucraina, il metropolita Seraphim fa riferimento alla recente ricerca del protopresbitero Anastasios Gotsopoulos.

"Come ha dimostrato il protopresbitero Anastasios Gotsopoulos nella sua recente opera, secondo dati ufficiali, documenti e pubblicazioni anche dello stesso Patriarcato ecumenico, che è uscito dalla propria 'Stamperia patriarcale' di Costantinopoli, in accordo con le ricerche dei leader e dei dipendenti del Patriarcato Ecumenico (archivista del Trono Ecumenico K. Dellikanis, Protopresbitero Th. Zisis, V. Stavridis, Vl. Fidas, Gr. Larendzakis), nonché dalla posizione ufficialmente dichiarata dello stesso patriarca ecumenico Bartolomeo (lettere, discorsi), ne consegue che la stessa coscienza ecclesiastica e canonica del Trono ecumenico degli ultimi tre secoli e mezzo fino agli anni 2018 non ha considerato l'Ucraina come suo territorio canonico, ma nel modo più ufficiale e chiaro ha riconosciuto che essa appartiene alla giurisdizione canonica del Patriarcato di Mosca", scrive vladyka Seraphim.

È il dato di fatto è ciò che sia la Chiesa ortodossa ucraina che la Chiesa ortodossa russa hanno detto fin dall'inizio: il Patriarcato di Costantinopoli non può interferire nella questione della Chiesa ucraina perché non ha motivo di farlo. Separatamente, il metropolita Seraphim si concentra sul fatto che in Ucraina c'è la Chiesa ortodossa ucraina canonica e il metropolita di Kiev canonico: "Tutte le Chiese, senza una sola eccezione, riconoscono il metropolita Onufrij come unico metropolita canonico di Kiev. Solo con lui e con il suo Sinodo tutte le Chiese ortodosse hanno avuto la comunione nelle concelebrazioni interortodosse e pan-ortodosse e nell'ambito del lavoro delle commissioni. Questa unanimità esprime la coscienza ecclesiastica pan-ortodossa e universale dell'Ortodossia, che nessuno ha il diritto di trascurare senza gravi conseguenze".

Il Patriarcato di Costantinopoli ha trascurato questa unanimità e le tragiche conseguenze non si sono fatte attendere: si sono manifestate nella formazione di uno scisma nell'Ortodossia. Va notato che il metropolita Seraphim non solo afferma il fatto dell'invasione del Fanar del territorio canonico di un altro, ma elenca anche i sacri canoni che sono stati così violati: "Il Patriarcato ecumenico non ha il diritto canonico di interferire con la giurisdizione di un'altra Chiesa locale (in questo caso, la Chiesa russa), e, quindi, ha commesso un grave crimine canonico, vale a dire l'invasione, condannata da molti sacri canoni (Canone 2 del II, 2 del III, 39 del V-VI Concilio ecumenico, 13 e 22 del Concilio di Antiochia, 3 del Concilio di Sardica, ecc.) e dall'intera Tradizione della Chiesa".

Gli scismatici non hanno mostrato pentimento

Nella sua pubblicazione il metropolita Seraphim risponde a questa domanda, perché c'è l'opinione tra coloro che sostengono le azioni del patriarca Bartolomeo che l'ex capo del "patriarcato di Kiev" Filaret Denisenko e l'ex capo della "Chiesa ortodossa autocefala ucraina" Makarij Maletich hanno mostrato "pentimento", espresso nel fatto che hanno sciolto le organizzazioni religiose da loro guidate al "concilio d'unificazione" nel dicembre 2018.

Vladyka Seraphim sottolinea che questa azione non può in alcun modo essere considerata pentimento. Ricorda che Filaret Denisenko era in precedenza un vescovo della Chiesa ortodossa russa, poi è stato deposto e scomunicato dalla Chiesa, e Makarij Maletich era un sacerdote della Chiesa ortodossa russa e divenne un "vescovo" mentre era già fuori dalla Chiesa di Cristo.

"Per rispondere alla domanda se ci fosse pentimento da parte degli scismatici, dobbiamo capire se sono tornati alla comunione ecclesiale con la Chiesa locale da cui si erano staccati. Dopotutto, questo è precisamente ciò che significa pentimento: dissolvo l'organizzazione della chiesa che ho creato e ritorno senza fallo alla struttura ecclesiale da cui mi sono separato. Sì, Filaret e Makarij hanno sciolto le associazioni scismatiche che avevano creato, ma non sono tornati alla struttura ecclesiale da cui si erano staccati, cioè alla Chiesa canonica ucraina guidata dal metropolita Onufrij".

Un ulteriore (e molto convincente) argomento secondo cui non c'è stato pentimento è il fatto che nel 2019 Filaret Denisenko ha lasciato la "Chiesa ortodossa dell'Ucraina" e ha annunciato di essere di nuovo il capo del "patriarcato di Kiev".

Il patriarca di Costantinopoli non è la più alta corte d'appello

Come sapete, il patriarca Bartolomeo e i suoi sostenitori affermano che il capo del Fanar ha il diritto di ricevere appelli da chierici che non sono d'accordo con le decisioni dei loro vescovi o concili di tutte le Chiese locali. Risulta che la questione di un appello supremo era già stata sollevata nel IV-V secolo ed è stata risolta dalla Chiesa a livello dei Concili ecumenici. Per la verità, a quei tempi, le pretese di essere la più alta corte d'appello erano espresse non dal vescovo di Costantinopoli ma dal vescovo di Roma.

"Quindi, dal punto di vista dei canoni in relazione al tema in esame, sorge la domanda più importante: le decisioni del Sinodo integrale presieduto dal patriarca, che è il Sinodo del Patriarcato di Mosca, sono inappellabili, o possono ancora essere soggette ad appello presso un altro Sinodo patriarcale? Questo argomento ha occupato la Chiesa ecumenica dopo il Concilio di Sardica con i suoi  Canoni 3, 4 e 5".

Nel 419 si tenne il Concilio locale di Cartagine. Vi parteciparono 217 vescovi, compresi i legati del papa: il vescovo Faustino di Potentia, della provincia italiana del Piceno, e i presbiteri Filippo e Asello. La questione principale all'ordine del giorno era la seguente: il papa aveva il diritto di ricevere ricorsi contro le decisioni dei concili della Chiesa di Cartagine? La risposta fu inequivocabile – non lo aveva, e la formulazione di questa risposta fu piuttosto dura: "Era anche sembrato bene che presbiteri, diaconi e altri del clero inferiore nelle cause che avevano, se erano insoddisfatti dei giudizi dei loro vescovi, li comunicassero ai vescovi vicini con il consenso del proprio vescovo, e che i vescovi fossero chiamati a giudicare tra di loro: ma se pensano di avere motivo di appello da questi, non portino istanze oltre il mare, bensì ai primati delle loro province, oppure a un concilio universale, come è stato decretato anche riguardo ai vescovi. Ma chiunque penserà bene di portare un appello oltre il mare non sarà accolto alla comunione da nessuno entro i confini dell'Africa". Cioè, la richiesta da parte del clero di un appello al vescovo di Roma era generalmente riconosciuta come base per la scomunica dalla comunione ecclesiale.

Poiché i canoni del Concilio di Cartagine (419 d.C.) furono approvati dal Canone 2 del Concilio ecumenico quinisesto, così come dal Canone 1 del quarto Concilio ecumenico e dal Canone 1 del settimo Concilio ecumenico, questa decisione è confermata dall'autorità dei Concili ecumenici ed è generalmente vincolante. Il metropolita Seraphim scrive: "Di conseguenza, la Chiesa antica accettò ciò che stabilivano i Canoni 3, 4 e 5 in merito a privilegi speciali che erano conferiti all'allora vescovo ortodosso dell'antica Roma in relazione ai vescovi a lui subordinati e solo a loro, ma senza concedergli la più alta giurisdizione ecclesiastica".Tutti i noti interpreti delle norme canoniche affermano questo principio: gli appelli del clero sono considerati dalla gerarchia di quella Chiesa locale dove questi chierici svolgono o hanno svolto il loro ministero.

Gli scismatici non hanno dignità sacerdotale

Quando la creazione della "Chiesa ortodossa dell'Ucraina" era ancora in fase di sviluppo, molti vescovi e teologi, sia simpatizzanti per il Fanar che non solidali, si scervellarono sulla domanda: come risolverà il Fanar il problema della mancanza di ordinazioni canoniche tra gli scismatici? Dopotutto, tutti sanno che quasi tutti i "vescovi" della "Chiesa ortodossa dell'Ucraina" sono stati "ordinati" in un momento in cui l'intero mondo ortodosso li riconosceva come scomunicati dalla Chiesa. La speculazione che si udiva più frequentemente era che i fanarioti avrebbero segretamente o esplicitamente "riordinato l'episcopato" della "Chiesa ortodossa dell'Ucraina". Nessuno potrebbe nemmeno pensare di riconoscere retroattivamente queste "ordinazioni". Ma il Fanar fece proprio questo, stabilendo così una nuova visione del sacramento del sacerdozio. Secondo questa nuova visione, la grazia dello Spirito Santo discende sull'ordinato in virtù del riconoscimento di questo da parte del patriarca di Costantinopoli. Tuttavia, questo testimonia solo quanto perversamente il Fanar comprenda questo sacramento.

Va notato che il metropolita Seraphim non è così categorico sulla questione del non riconoscimento delle "ordinazioni" degli scismatici, come lo è in molte altre questioni. Non sta dicendo che l'apparenza retroattiva della grazia del sacerdozio sia impossibile in linea di principio. Scrive che la questione non è di competenza del Fanar, ma della Chiesa ortodossa russa: "L'unico potere ecclesiastico che ha l'autorità di prendere decisioni sulla reintegrazione degli scismatici nel loro rango è la Chiesa russa, a condizione, ovviamente, che gli scismatici mostrino un sincero pentimento, che, come osserva giustamente il professor Tselengidis, è conditio sine qua non per il ritorno degli scismatici alla sfera canonica. E fino a oggi, ovviamente, gli scismatici non hanno mostrato tale pentimento". Qui si può non essere d'accordo con l'opinione del metropolita Seraphim. Parla del "ripristino della dignità degli scismatici" a condizione del loro pentimento, ma dopo tutto è impossibile "reintegrare" una persona in ciò che non aveva. Se ammettiamo che le "ordinazioni" dei "vescovi" della "Chiesa ortodossa dell'Ucraina" sono nulle, che non sono altro che una finzione, allora come possono essere ripristinate nella loro dignità anche sotto condizione di oikonomia?

Ma comunque sia, il metropolita Seraphim non riconosce inequivocabilmente la presenza della grazia del sacerdozio nella "Chiesa ortodossa dell'Ucraina".

Sull'autocefalia ucraina

Il metropolita Seraphim scrive che l'autocefalia, presumibilmente concessa dal Fanar alla "Chiesa ortodossa dell'Ucraina", non poteva essere concessa per due motivi: in primo luogo, Costantinopoli non aveva il diritto di concederla unilateralmente, e in secondo luogo, l'autocefalia può essere concessa solo a una struttura ecclesiale canonicamente riconosciuta, che chiede tale autocefalia.

Facciamo subito una riserva: il metropolita Seraphim ha lasciato da parte l'argomento più importante per l'impossibilità di concedere l'autocefalia alla "Chiesa ortodossa dell'Ucraina". E questo argomento è menzionato sopra: è impossibile chiamare Chiesa autocefala una comunità di laici senza dignità sacerdotale. Tutti gli altri argomenti forniti dal vescovo greco sono certamente convincenti, ma solo in teoria, senza alcun collegamento con la legalizzazione degli scismatici ucraini.

Nell'Ortodossia, non esiste una procedura, sancita nei canoni, per la concessione dell'autocefalia. I Concili ecumenici non ce ne hanno lasciata una. Storicamente, l'autocefalia è stata concessa dal Patriarcato di Costantinopoli e dalla Chiesa russa. Costantinopoli ha concesso l'autocefalia alle Chiese serba, bulgara, romena e altre, e la Chiesa ortodossa russa l'ha concessa alla Chiesa polacca, alla Chiesa delle Terre Ceche e della Slovacchia, nonché alla Chiesa ortodossa in America (riconosciuta dalle Chiese russa, georgiana, bulgara, polacca e Cecoslovacca: le altre la considerano parte della Chiesa ortodossa russa). Tuttavia, l'autocefalia concessa dalla Chiesa ortodossa russa è avvenuta diversi decenni fa ed è contestata dal Patriarcato di Costantinopoli. Il Fanar afferma che il diritto di concedere l'autocefalia a chiunque appartiene solo ad esso.

I precedenti storici che non sono custoditi nel corpus del diritto canonico rimangono precedenti storici. Per colmare questa lacuna nel diritto canonico, durante la preparazione del Concilio di Creta, che ha avuto luogo nel 2016, è stato elaborato un documento sulla procedura per la concessione dell'autocefalia, che non è stato sottoposto alla discussione dal Concilio di Creta, e lo stesso Concilio di Creta non è divenuto pan-ortodosso, come originariamente previsto, a causa dell'assenza di rappresentanti delle Chiese antiochena, georgiana, bulgara e russa. Tuttavia, il metropolita Seraphim si riferisce comunque al documento sviluppato sull'ordine dell'autocefalia e indica il suo principio di base: il consenso di tutte le Chiese locali.

"Il Tomos, proclamando l'autocefalia, come condizione necessaria, tra le altre cose, prevedeva il consenso di tutte le Chiese locali: 'Poiché il patriarca ecumenico assicura il consenso delle Chiese ortodosse locali autocefale ottenendo da loro il consenso scritto, può firmare da solo il Tomos patriarcale... ". Da quanto sopra, diventa chiaro che senza il consenso di tutte le Chiese locali, cioè senza osservare le condizioni, il patriarca ecumenico non può né concedere l'autocefalia, né accettare ricorsi, né essere "amministratore degli affari della chiesa", scrive il metropolita.

La seconda ragione per negare l'autocefalia della "Chiesa ortodossa dell'Ucraina" è che la Chiesa ortodossa ucraina canonica non ha chiesto alcuna autocefalia: "Un altro aspetto molto importante di questo argomento è che la Chiesa locale dell'Ucraina, guidata dal metropolita Onufrij, ufficialmente riconosciuta da tutte le Chiese locali, non ha chiesto e non ha cercato di acquisire lo status dell'autocefalia, a differenza, ovviamente, di altre autocefalie concesse dal Patriarcato ecumenico (ellenica, serba, bulgara, romena, polacca, albanese, ceca e slovacca) quando le Chiese locali hanno presentato una richiesta corrispondente. <...> Non c'è paragone tra l'autocefalia concessa agli scismatici e ai membri della parasinagoga ucraina e l'onesta concessione canonica dello status di autocefalia da parte del Patriarcato ecumenico alle Chiese canoniche di Grecia, Serbia, Bulgaria, Romania, Polonia, Albania e Repubblica Ceca e Slovacchia".

Il metropolita Seraphim sostiene anche che la teoria del "primo senza eguali", sviluppata dal metropolita Ioannis (Zizioulas) di Pergamo e dall'arcivescovo Elpidophoros (Lambriniadis) d'America, mira a promuovere le aspirazioni ecumeniche del Fanar. Ma vladyka Seraphim non ha considerato questo problema in dettaglio in questa pubblicazione: piuttosto, ha indirizzato gli interessati alle sue prime pubblicazioni. E la tesi finale del metropolita è che non si dovrebbe sperare che l'attuale divisione nell'Ortodossia si risolva in qualche modo da sola nel tempo.

In questo, il metropolita Seraphim ha assolutamente ragione: per risolvere il problema della divisione esistente, in primo luogo, è necessario cercare una soluzione comune a tutte le Chiese locali, e in secondo luogo, questa decisione dovrebbe essere basata sui sacri canoni della Chiesa, e non sulle ambizioni dei singoli vescovi.

 
Mentre la “democrazia” avanza in Ucraina, ecco qualche parola di buon senso di Nikolaj Starikov

Arrivano a Semenovka le armi chimiche dell’esercito ucraino: di tratta di bombe incendiarie al fosforo bianco, regolarmente filmate e descritte dagli specialisti, e regolarmente vietate dalle convenzioni internazionali. Ricordiamo che qualcuno sbraitava, non più di una decina di mesi or sono, sull’atrocità dell’uso governativo di armi chimiche in aree abitate da civili in Siria (e non era neppure vero che le usava il governo, ma la macchina della disinformazione non può perdere tempo con simili quisquilie...). Il piano della “pacificazione” dell’Ucraina passa ora per il progetto dei “campi di filtraggio”, dove la popolazione civile del Donbass potrà passare periodi di vacanze a spese del governo, in attesa che i suoi elementi russofili siano “filtrati” e destinati alla deportazione (o peggio). Insomma, siamo tornati ai campi di concentramento, ma che cosa non si fa per esportare la libertà...

Intanto, per non farci mancare nulla, l’Ucraina “democratica” ci fa vedere il rispetto della sovranità internazionale con le ultime gloriose manifestazioni dei propri diritti statali davanti all’ambasciata russa di Kiev.

In un'intervista recente sul suo video blog, Nikolaj Starikov (nella foto), giornalista e attivista politico e sociale russo di vedute conservatrici, spiega i motivi del mancato intervento russo a favore della popolazione del Donbass (a cui abbiamo già dedicato un articolo di approfondimento), e sottolinea alcuni elementi che dovremmo cercare di non ignorare e di non far ignorare:

1 – Le repubbliche popolari di Donetsk e Lugansk non sono ribellioni contro uno stato legittimo, ma contro un governo illegittimo creato con un colpo di stato. Queste entità dovrebbero trattate viste dalla comunità internazionale almeno con lo stesso livello di riconoscimento accordato alla giunta di Kiev.

2 – L'arma principale in una guerra civile è la persuasione. In una lotta per la conquista delle menti e dei cuori, non ci si deve arrendere nel presentare fatti e opinioni (e in questo, purtroppo, la popolazione del Donbass è seriamente svantaggiata, nonostante la recente comparsa di un proprio canale televisivo In Internet, "Новости-Новостей")

3 – Aspettiamoci altre “maidanizzazioni” a catena, se questo deplorevole andazzo di destabilizzazione non sarà fermato. Come Starikov fa notare con cinismo ma anche con assoluto realismo, gettare un paese come l’Ucraina nel caos "costa poco ed è divertente": quale sarà il prossimo governo che gli Stati Uniti cercheranno di far saltare?

Presentiamo una traduzione italiana parziale dell'intervista a Nikolaj Starikov nella sezione “Geopolitica ortodossa” dei documenti.

 
"Tutto il mondo è un palcoscenico…"

Molto è stato scritto negli ultimi giorni sulla cerimonia di apertura delle Olimpiadi di Parigi. Un portavoce della Chiesa russa ha definito la cerimonia un "suicidio culturale e storico". Il presidente della Camera dei rappresentanti degli Stati Uniti Michael Johnson l'ha definita una "presa in giro" e un "insulto". In Italia Matteo Salvini ha definito i francesi "squallidi" e la cerimonia "un insulto a miliardi di cristiani". E il vice primo ministro della Slovacchia, che avrebbe dovuto rappresentare il suo paese alla cerimonia di chiusura, ha definito l'apertura un "simbolo di decadenza degenerata" e ha annunciato il suo boicottaggio. Sullo sfondo di reazioni così forti, la Conferenza episcopale francese ha rilasciato una dichiarazione molto mite e umile, eguagliata nel suo tono sommesso solo dall'espressione di tristezza del papa a nome della Santa Sede. Nella loro dichiarazione, i vescovi francesi hanno menzionato – piuttosto obliquamente – che alcune scene sfortunatamente incluse nella cerimonia erano offensive, eccessive e provocatorie. I francesi stanno tentando di dare ascolto al precetto di Cristo in Matteo 11:29 o hanno avuto qualche altra intuizione?

Il fatto è che la cerimonia di apertura, come la maggior parte delle cerimonie di apertura, tradizionalmente celebrava lo spirito della nazione ospitante, l'esprit de la nation, per così dire. Capita che lo spirito della nazione francese sia ateo, in modo aperto e militante. La Francia moderna non è solo un'erede della rivoluzione francese, plasmata e ispirata da essa, ma può essere vista come una continua esistenza in uno stato di rivoluzione dal 1789 a oggi. Dalla rivoluzione "originale", la Francia ha avuto altre due grandi rivoluzioni, e ora è chiamata Quinta Repubblica, in seguito al crollo della quarta nel 1958, proprio come le precedenti tre repubbliche e due imperi bonapartisti. In meno di duecento anni, la Francia ha avuto sette cambi di regime, vale a dire, lo spirito rivoluzionario non è solo un fenomeno storico, ma una realtà contemporanea per i francesi ed è stata una forza determinante della loro identità nazionale.

Il problema è che questa identità rivoluzionaria nata durante la prima rivoluzione francese è stata battezzata nel sangue delle sue vittime, tra cui molti cristiani. Di certo, il regno del terrore francese non ha reclamato solo i cristiani come sue vittime, ma il cristianesimo è stato visto come anti-rivoluzionario per principio. Centinaia di preti cattolici sono stati giustiziati, decine di migliaia sono stati costretti all'esilio, oggetti sacri dissacrati e profanati, reliquie sacre distrutte e gettate nella Senna come spazzatura. Delle oltre quarantamila chiese, la maggior parte è stata chiusa, distrutta o convertita a usi profani, una situazione che non è cambiata fino a oggi. Tutto ciò è stato accompagnato da una scristianizzazione militante, tra cui il divieto della parola stessa "domenica" tra gli altri atti, e l'istituzione del Culto della Ragione sponsorizzato dallo Stato, di breve durata ma esemplificativo.

Naturalmente, va notato che molte altre nazioni hanno avuto i loro recenti periodi di persecuzione contro i cristiani, per esempio i nazisti e i sovietici. Sebbene ciò sia vero, la Germania ha rinunciato al nazismo; e qualunque altra cosa si possa dire della Russia moderna, non è più comunista e ha rinunciato sia al bolscevismo che allo stalinismo. La cerimonia di apertura delle Olimpiadi di Monaco del 1972 non includeva attori che interpretavano ebrei giustiziati o celebravano la "tolleranza della comunità" rievocando scene di camere a gas e crematori nei campi di concentramento. Le Olimpiadi di Sochi del 2014 non hanno mostrato l'esecuzione dell'ultimo tsar russo come un risultato nazionale né hanno orgogliosamente rievocato la distruzione della cattedrale di Cristo Salvatore. Né le Olimpiadi del 1980 a Mosca avevano celebrato questi orrori o hanno fatto rievocare a qualche komsomolets scene del Nuovo Testamento. Ma i francesi non solo hanno presentato al mondo un'attrice che interpretava Maria Antonietta decapitata, completa di fumo rosso, fontane di sangue e il rivoluzionario "Ah! Ça Ira" – ma anche una rievocazione dell'Ultima Cena da parte di travestiti. In verità, in verità, vive la révolution!

Forse, di tutte le parti offese dalla cerimonia di apertura di Parigi, solo i vescovi francesi hanno effettivamente compreso la realtà della situazione. Aspettarsi qualcosa di diverso dalla sete di sangue e dall'empietà dai francesi è tanto sciocco quanto aspettarsi che gli antichi romani non si divertissero con il loro circo sanguinario o le torce di strada fatte di cristiani crocifissi. Si possono considerare questi atti come malvagi, ma sarebbe sciocco aspettarsi qualcosa di diverso da una società definita da tali cose. C'è un avvertimento riguardo ai francesi, tuttavia. A differenza degli antichi romani, i francesi moderni non sembrano particolarmente coraggiosi. Forse è venuto in mente agli organizzatori di far rivivere agli stessi travestiti una o due scene della vita del profeta Maometto, ma la possibilità molto concreta che non solo Maria Antonietta venisse decapitata, probabilmente, ha avuto il suo effetto. Anche se potrei sbagliarmi. In una mossa che forse è sfuggita all'attenzione dei mujaheddin, quella che sembrava essere una ragazza molto giovane presente a "La Cène sur la scène sur la Seine" è stata sollevata tra le braccia di un travestito in quella che potrebbe essere stata un'allusione obliqua al matrimonio del profeta Maometto e Aisha. Ma più probabilmente, era solo un cenno alla pedofilia, poiché questa mossa è stata seguita da quella che può essere descritta solo come un'orgia stilizzata dei travestiti protagonisti. Inoltre, l'attivista lesbica al centro della composizione avrebbe potuto essere una raffigurazione di un "Buddha grasso" (Budai) in un altro tentativo di inclusività. Ciò non è impossibile, sebbene improbabile.

Comunque sia, la scena avrebbe dovuto rivelare un significato su cui gli organizzatori erano d'accordo. Niente di tutto ciò era accidentale o involontario. Ogni mossa e ogni gesto su quel palco erano stati coreografati e provati per molti mesi. Ora c'è un po' di confusione sul significato voluto, poiché le storie iniziali sono cambiate in uno sforzo di controllo dei danni delle pubbliche relazioni, ma in gran parte non importa se i francesi intendessero prendere in giro il cristianesimo o semplicemente mostrare i loro nuovi dei in un contesto che è facilmente riconoscibile da qualsiasi occidentale come riferito a qualcosa di sacro. In entrambi i casi, ciò che hanno presentato al mondo è la loro nuova religione, un nuovo dio che ha sostituito Cristo. Decifrare i simboli nell'opera di qualcun altro non è mai un compito facile o certo, poiché è impossibile conoscere la mente del creatore dell'opera, ma non è un esercizio del tutto inutile o impossibile. I simboli sono efficaci proprio perché sono condivisi in comune; questo è il motivo per cui siamo in grado di riconoscere immediatamente l'Ultima Cena rappresentata simbolicamente sul palco, sebbene in modo beffardo o perverso. Pertanto, attingendo ai simboli comuni che si possono trovare nella cultura occidentale, possiamo cominciare a interpretare, quanto meno, il significato superficiale di ciò che gli organizzatori hanno cercato di trasmettere.

Innanzitutto, Barbara Butch al centro del tavolo rappresenta il nuovo dio (o dea, per così dire). Barbara è una famosa attivista per il movimento LGBT e per l'accettazione del grasso, oltre che una DJ. Oltre all'ovvio posto centrale che occupava al tavolo, potrebbe venirmi in mente una nota canzone "God Is a DJ" dei Faithless: "If God is a DJ, life is a dance floor / Love is the rhythm, you are the music..." e così via. Barbara stava infatti mostrando il mudra del "cuore" con le dita in quella che potrebbe essere stata un'affermazione che "l'amore è il ritmo". Come DJ professionista, Barbara Butch dovrebbe sicuramente conoscere molto bene questa canzone. Con il mixer audio sul tavolo di fronte a lei, la "dea" potrebbe essere intesa come colui che dà ritmo e movimento ai suoi "discepoli" travestiti e alla folla, interpretando così il ruolo del choragus, uno dei termini usati nell'innologia cristiana per l'azione vivificante dello Spirito Santo. Anche il suo copricapo la identificava come una figura divina. Che si trattasse di un nimbo di Cristo, o di Buddha, o – più probabilmente, considerando le stelle sul copricapo – della Vergine Maria, non è particolarmente importante, poiché rappresenta in modo riconoscibile un aspetto della divinità. Intenzionalmente o meno, qualcuno doveva prendere la decisione di vestire questa nuova "dea" con un indumento blu, il colore tradizionalmente associato nell'iconografia cattolica a Maria, la Regina del Cielo. Infine, i polsi di Barbara erano legati con quelle che sembravano catene strappate, come se si fosse rotta le catene. Forse, il significato di questo accessorio era quello di affermare che questa "dea" era stata incatenata fino a quel momento, ma si era liberata? È questa la Venere paleolitica nascosta negli angoli bui delle grotte preistoriche? È questa la dea dimenticata dell'ultima era glaciale che ora è liberata e resuscitata? In assenza di una spiegazione definitiva da parte degli organizzatori sul loro processo creativo, possiamo solo fare delle supposizioni. Forse vale la pena di tornare al fatto che nessuna delle scelte di personaggi, costumi, accessori o coreografie di scena è stata casuale o accidentale. Un team di professionisti noti e talentuosi ha lavorato a questo spettacolo per molto tempo e ogni dettaglio è stato meticolosamente selezionato e provato.

Continuando con la scena de La Cène, la nuova "dea" è circondata dai suoi "apostoli". Nonostante le affermazioni degli organizzatori intenti al controllo dei danni, secondo cui la scena avrebbe dovuto rappresentare la tolleranza e l'inclusione della comunità, sembra naturale che alcune categorie di persone fossero notevolmente assenti. Invece di includere letteralmente tutti, la nuova religione della tolleranza non tollera coloro che ritiene intollerabili. Invece, chiama tutti a essere imitatori dei suoi "apostoli" (cfr. 1 Cor 11:1). Questi "apostoli"-attivisti, avendo ricevuto il loro "grande incarico", hanno diligentemente diffuso la loro voce in tutta la terra e le loro parole fino alla fine del mondo (cfr. Ps 19:4) – sia alle Olimpiadi, sia alle ore di lettura delle storie in biblioteca, nei mass media, nei film e sì, perfino in alcune chiese – proprio come san Paolo un tempo predicava nelle sinagoghe. Il fatto che la nuova religione segua gli stessi schemi generali della religione cristiana probabilmente non è dovuto alla presa in giro, o non principalmente alla presa in giro. Da un lato, in quale altro modo si potrebbe diffondere un messaggio se non inviando attivisti e diffondendolo? D'altro canto, la cultura occidentale è intrisa di cristianesimo, e persino gli atei militanti non possono fare a meno di usare i simboli e i modelli facilmente reperibili nella cultura.

Infine, la tavola è imbandita con cibi prelibati (cfr. Gb 36:16) – tutti sono invitati a prendere parte all'offerta. La nuova "comunione" viene rivelata quando il coperchio viene sollevato e un uomo blu nudo inizia a cantare. Se dobbiamo intendere l'uomo blu come una rappresentazione di Dioniso, come gli organizzatori sembrano insistere, allora la nuova comunione significa prendere parte al dio del vino, del sesso, della festa e del teatro. Questa nuova "sapienza" alza la sua voce, "sulle alture lungo la via, nei sentieri si ferma; accanto alle porte di fronte alla città, all'ingresso dei portali grida forte…" (Pr 8:2-3). Ma cosa proclama questa nuova "sapienza"? Ecco una traduzione del ritornello della canzone cantata dall'uomo blu – forse, alcuni potrebbero trovarlo profondo:

Nuuuuudo, semplicemente tutto nudo

Nuuuuudo, semplicemente tutto nudo

semplicemente tutto nudo

semplicemente tutto nudo

semplicemente tutto nudo

semplicemente tutto nudo

Non è saggio sminuire la laicità e l'ateismo come mera gaiezza benigna, tollerantee inclusiva (o frociaggine, come ha detto così eloquentemente il pontefice romano) – non lo è e non può esserlo. Gli esseri umani possono essere sapiens, ma prima di tutto, noi siamo adorans. Che sia per il disegno del Creatore o per le forze della selezione naturale – scegliete quello che volete – noi ci relazioniamo al mondo non attraverso la ragione, ma attraverso l'adorazione. Gli scienziati possono usare il metodo scientifico nei loro laboratori, ma nessuno lo usa nella vita quotidiana – la nostra vita non è un esperimento di laboratorio. Nella Repubblica francese, l'esperimento di breve durata del Culto della Ragione fu molto rapidamente sostituito dal Culto dell'Essere Supremo. Forse, adorare la Ragione non ha preso piede perché sarebbe stato simile all'adorare molecole o reazioni chimiche. Noi non cerchiamo la ragione; cerchiamo un significato. Ormai, la religione sponsorizzata dallo Stato si è trasformata in un Culto di Travestiti e Nuda Depravazione. Avendo rifiutato Cristo (o Odino, o Zeus, o Toutatis), le persone non possono improvvisamente iniziare a vivere solo con la ragione razionale, ma piuttosto trovano qualcosa o qualcun altro da adorare: tale è il modo naturale della nostra esistenza nel mondo e nella società. Togliete Dio, e le persone iniziano immediatamente ad adorare dittatori, politici, cantanti, star del cinema, atleti, attivisti o persino uomini blu nudi.

 
I monaci athoniti chiariscono la posizione della Montagna Santa nei confronti degli scismatici ucraini

un gruppo di scismatici ha visitato l'Athos nel 2019, facendo arrabbiare i monaci con le proprie sfacciate manifestazioni di nazionalismo

Dato il grande interesse tra i fedeli ortodossi per la posizione dei monasteri athoniti verso l'interferenza del patriarca Bartolomeo nella questione della Chiesa ucraina e la creazione della "Chiesa ortodossa dell'Ucraina" scismatica, un gruppo di monaci athoniti ha fornito risposte alle domande, rivelando l'atteggiamento fondamentalmente negativo della Montagna Santa nei confronti della "Chiesa ortodossa dell'Ucraina" e della tensione creata da Costantinopoli tra i monasteri athoniti.

D'altra parte, sua Beatitudine il metropolita Onufrij di Kiev e di tutta l'Ucraina, primate canonico della Chiesa ortodossa ucraina, è molto amato sul Monte Santo.

La serie di domande e risposte è stata pubblicata da Афонский Хронографъ (Cronografo Athonita) e dal Dipartimento per l'informazione e l'educazione della Chiesa ortodossa ucraina.

In primo luogo, gli athoniti chiariscono che è errato dire che il Monte Athos "è tacitamente concorde con la politica criminale del Fanar sul riconoscimento degli scismatici ucraini", ma piuttosto è opportuno parlare solo della posizione di specifici monasteri.

Non c'è stata ancora una posizione chiara da parte del Monte Santo, perché solo la Sacra Comunità, composta da un rappresentante di ciascuno dei 20 monasteri principali, può parlare ufficialmente per tutto il Monte Athos, e attualmente non esiste alcun consenso sulla questione. Quando la discussione si è bloccata, è stato deciso che ogni monastero avrebbe proceduto come riteneva opportuno.

Tuttavia, i monaci ricordano che la Sacra Comunità ha respinto la richiesta del patriarca Bartolomeo di inviare una delegazione all'intronizzazione di Epifanij Dumenko come "metropolita" di Kiev nel febbraio 2019. Iviron, Stavronikita, Pantokrator, Xenophontos e Nuova Esphigmenou erano favorevoli all'invio di una delegazione, la Grande Lavra e Koutloumousiou si sono astenuti dall'esprimere qualsiasi opinione, e gli altri 13 monasteri erano inequivocabilmente contrari all'invio di monaci.

"Tutto questo mostra chiaramente che la maggioranza dell'Athos ha la propria posizione e la esprime in decisioni e azioni specifiche, e non segue l'esempio di nessuno", sottolineano i monaci.

Rispondendo al fatto che Simonopetra e Vatopedi hanno ricevuto in seguito anche una delegazione scismatica in visita al Santo Monte, i monaci rispondono: "In effetti, in seguito questi monasteri non si sono espressi nel migliore dei modi", quando li ha visitati il "vescovo" Pavlo Juristij, che ingenuamente e ridicolmente si definisce 'di Odessa'.

Quanto all'abate Ephraim di Vatopedi, "tutte le sue azioni sono molto probabilmente spiegate da forti pressioni politiche dall'esterno e dalla situazione non facile in cui si è trovato, vista la causa penale in cui era stato precedentemente accusato". Tuttavia, le aperture dell'abate al patriarca Bartolomeo durante la sua più recente visita al Monte Athos sono difficili da spiegare o giustificare, affermano i monaci.

Per quanto riguarda Simonopetra, le sue azioni sono principalmente "forzate e dettate principalmente dalla riluttanza ad avere un conflitto con il Patriarcato di Costantinopoli". Inoltre, il monastero ha legami di lunga data con il birraio Andrej Matsola, uno dei principali sponsor della "Chiesa ortodossa dell'Ucraina" scismatica. Fu Matsola ad avviare e sponsorizzare la visita di alcuni monaci athoniti che visitarono Kiev e presero parte all'intronizzazione di Dumenko, sebbene non come rappresentanti ufficiali della Montagna Santa.

Riguardo alla visita di due vescovi scismatici nel 2019, i monaci affermano con enfasi che non è vero che sono stati accettati dalla Sacra Comunità come vescovi legittimi. Nel febbraio 2019, la Sacra Epistasia, l'organo esecutivo della Sacra Comunità, ha rifiutato di incontrare e farsi fotografare con il già citato "vescovo" Pavlo. Il "metropolita" Mikhail Zinkevich è stato successivamente ricevuto dalla Sacra Comunità, anche se "non cordialmente". È stato severamente rimproverato dal rappresentante del monastero Aghiou Pavlou e gli altri rappresentanti gli hanno chiesto che cosa stavano facendo lui e gli scismatici sul Monte Athos.

È importante sottolineare che a nessuno dei due vescovi è stato dato un documento dall'Epistasia che consentisse loro di servire come vescovi, nonostante all'epoca i media avessero riportato erroneamente il contrario. La Grande Lavra, Koutloumousioiu, Nuova Esphigmenou e Iviron hanno espresso pubblicamente l'opinione che tale documento avrebbe dovuto essere fornito automaticamente sulla base di una lettera di presentazione da Costantinopoli, per timore di offendere il patriarca Bartolomeo, ma l'Epistasia non è stata d'accordo.

L'Epistasia ha anche dovuto lamentarsi con il ministero degli Esteri greco per le sfacciate dimostrazioni di nazionalismo di Zinkevich, "una cosa proibita dallo statuto della Montagna Santa".

"Tutte queste azioni della Sacra Comunità e dell'Epistasia illustrano perfettamente l'atteggiamento verso gli scismatici e parlano di una posizione ben definita dell'Athos. Quanto ai singoli monasteri, ciò riflette la loro posizione privata e dipende interamente dalla loro coscienza", sottolineano i monaci.

I monasteri greci di Iviron, Koutloumousiou, Grande Lavra e Nuova Esphigmenou hanno espresso pubblicamente la loro ferma posizione contro il monastero russo athonita di San Panteleimon, sebbene il monastero greco di Xiropotamou abbia inviato una dichiarazione a tutti i monasteri respingendo fermamente le accuse dei quattro monasteri come eccessivamente politiche e prive di sottigliezza spirituale. La dichiarazione di Xiropotamou è stata poi sostenuta da altri monasteri.

E riguardo alla visita del patriarca Bartolomeo al Monte Athos dal 19 al 22 ottobre 2019, i monaci chiariscono che inizialmente intendeva celebrare nel Protaton, la chiesa centrale del Monte Athos. Tuttavia, quando il patriarca è stato informato dei sentimenti ambigui dei monaci nei confronti di quella celebrazione, ha cambiato i suoi piani e ha celebrato invece a Xenophontos, poiché c'era la minaccia di molti abati e ieromonaci che si rifiutavano di servire con lui nel Protaton.

Alla fine, solo 6 o 7 abati hanno assistito comunque al servizio nel monastero di Xenophontos. "La maggior parte degli abati della Montagna Sacra ha semplicemente ignorato questo evento e non ha nemmeno inviato i propri rappresentanti", chiariscono i monaci.

"Quindi, si può ritenere che rifiutando di concelebrare con il patriarca Bartolomeo a Xenophontos, la comunità athonita nella sua maggioranza abbia espresso la propria posizione nei suoi confronti", concludono i monaci.

D'altra parte, è noto che sua Beatitudine il metropolita Onufrij di Kiev e di tutta l'Ucraina gode di una grande autorità spirituale sul Monte Athos.

Sua Eminenza l'arcivescovo Iona di Obukhov della Chiesa ortodossa ucraina canonica ha riferito ieri di aver ricevuto una chiamata da uno degli abati athoniti, che chiedeva il parere del metropolita Onufrij su una certa questione.

"Alla fine della conversazione, si è commosso e ha detto che sulla Montagna Santa considerano il metropolita Onufrij la persona più spiritualmente esperta e prudente di tutta l'Ortodossia", scrive l'arcivescovo Iona.

 
Il racconto della preghiera e del volpacchiotto

Dopo avere segnalato che il libro Santi Quotidiani di padre Tikhon (Shevkunov) è ora disponibile o in corso di traduzione in molte lingue, incluso il cinese, ma non l’italiano, ci mettiamo noi stessi all’opera per rendere disponibili almeno alcune parti del libro già presenti in rete. Presentiamo nella sezione “Testimoni dell’Ortodossia” dei documenti una toccante storia presa dalle narrazioni del Prologo, con cui padre Tikhon vuole sottolineare la santità ingenua ma sincera da lui sperimentata in molti luoghi della Russia in cui la fede ortodossa è in rinascita.

Ultima ora: Proprio questa sera abbiamo avuto notizia che al monastero Sretenskij stanno effettivamente pensando a una traduzione italiana dell’opera. Grazie di cuore a tutti quelli che si stanno adoperando per questo compito davvero importante.

 
Viktor Elenskij: da ateo a mentore spirituale del Presidente

Viktor Elenskij. Foto: Unione dei giornalisti ortodossi

Il capo del Servizio statale ucraino per l'etnopolitica è stato uno di coloro che hanno promosso attivamente la legge n. 8371. Quale ruolo svolge Elenskij nell'Ucraina moderna?

La risposta internazionale alla legge n. 8371, adottata dalla Verkhovna Rada il 22 agosto 2024, è stata rapida, come previsto. Sono già state rilasciate diverse dichiarazioni da parte delle Chiese ortodosse locali, così come da singoli politici occidentali, e questo numero continuerà senza dubbio a crescere. È chiaro che se le autorità non intervengono ora, la reputazione dell'Ucraina come paese che lotta per la libertà verrà distrutta.

È proprio per questo motivo che il capo del Servizio statale ucraino per l'etnopolitica e la libertà di coscienza, Viktor Elenskij, e il vice capo dell'ufficio del presidente dell'Ucraina, Olena Kovalska, si sono recati negli Stati Uniti per discutere di "iniziative legislative per proteggere l'ordine costituzionale nell'ambito delle organizzazioni religiose", riferendosi chiaramente alla recente e controversa "legge sul divieto delle organizzazioni religiose ortodosse".

Ricordiamo che i rappresentanti del Consiglio pan-ucraino delle chiese e delle organizzazioni religiose, così come i politici ucraini, si erano recati in precedenza negli Stati Uniti. Pertanto, sorge spontanea la domanda: perché c'era bisogno anche del viaggio di Elenskij e Kovalska? Potrebbe essere che i rappresentanti delle organizzazioni religiose ucraine non siano riusciti a convincere gli americani che la legge n. 8371 non è discriminatoria?

A giudicare dalle recenti dichiarazioni dei politici americani, possiamo supporre che non ci siano riusciti. Ed è improbabile che Elenskij ci riesca. Allora perché è stato mandato negli Stati Uniti?

Abbiamo tutte le ragioni per credere che ciò sia stato fatto per uno scopo: dare al vecchio comunista un'ultima possibilità di dimostrare la sua competenza professionale e riabilitarsi per tutti i recenti danni che ha causato all'Ucraina in generale e a Zelenskij personalmente. Per evitare di essere infondati, passiamo ai fatti specifici.

Un vecchio comunista al servizio dell'Ucraina?

Viktor Elenskij è diventato una figura chiave ma altamente tossica nel plasmare l'approccio del presidente Vladimir Zelenskij alle questioni religiose in Ucraina. L'influenza di Elenskij, caratterizzata dalle sue opinioni atee e dagli stretti legami con i leader della "Chiesa ortodossa dell'Ucraina", ha avuto un impatto significativo sulla posizione in evoluzione del presidente nei confronti della Chiesa ortodossa ucraina. Inoltre, le opinioni di Elenskij hanno già portato a decisioni che potrebbero causare danni sostanziali all'Ucraina.

Ciò non sorprende, poiché Elenskij era attivamente coinvolto nella propaganda atea durante l'era sovietica, volta a reprimere le pratiche religiose, in particolare il cristianesimo e l'ebraismo.

Elenskij è un fedele leninista e comunista che ha scritto nel suo libro "Clericalismo ebraico e sionismo": "Non si può fare a meno di rimanere colpiti dalla portata e dalla profondità dei pensieri di Lenin, dal suo genio nel prevedere le mostruose calamità che la fase discendente dello sviluppo del capitalismo avrebbe potuto portare al mondo".

In questo stesso libro, ha duramente criticato il sionismo ebraico, il cui obiettivo è l'unificazione e la rinascita del popolo ebraico nella sua patria storica, Israele, e... negli Stati Uniti, dove si trova attualmente in visita. Leggiamo: "Una delle varietà più reazionarie e militanti del nazionalismo borghese è il sionismo. Attualmente, rappresenta l'ideologia, la pratica politica e la psicologia della parte reazionaria della borghesia ebraica, che si è fusa con la borghesia monopolistica dell'Occidente, principalmente gli Stati Uniti, così come un sistema tentacolare di organizzazioni che esprimono i suoi interessi".

Oltre che un ateo, Elenskij può anche essere considerato un antisemita dichiarato. Ecco le sue parole sugli ebrei: "Sono futili i tentativi di giustificare l'esistenza di una 'nazione ebraica mondiale', di dimostrare che gli ebrei che vivono in vari paesi del mondo, che parlano lingue diverse, ecc., costituiscono un'unica nazione extraterritoriale... Essi (gli ebrei - NdR) non rappresentano una comunità etnica, ma piuttosto si dividono in diversi gruppi etnici".

Converrete che se avesse pronunciato quelle parole nell'Ucraina moderna, anziché nell'URSS del 1988, non l'avrebbe fatta franca.

In ogni caso, possiamo affermare pienamente che l'ateismo, il comunismo e l'antisemitismo di Elenskij non sono solo convinzioni personali, ma principi guida che influenzano il suo comportamento professionale. Questo punto di vista è significativo considerando il suo attuale ruolo di capo del Servizio per l'etnopolitica, un'agenzia responsabile di garantire la libertà religiosa e promuovere il dialogo interreligioso, qualcosa che Elenskij non ha alcun desiderio di promuovere.

Come è arrivato al potere Elenskij?

Ricordiamo che all'inizio della guerra, il presidente ucraino Vladimir Zelenskij, i rappresentanti dell'ufficio presidenziale e i politici ucraini hanno dichiarato all'unanimità che l'Ucraina non doveva essere divisa per motivi religiosi.

Tuttavia, nell'autunno del 2022, i discorsi di Zelenskij hanno iniziato a includere accenni al fatto che la precedente politica di neutralità nei confronti della Chiesa stava subendo cambiamenti significativi. La persona che ha influenzato il presidente ucraino su questo tema non è stato altri che Viktor Elenskij, come ha rivelato lo stesso Vladimir Aleksandrovich.

Il 6 novembre 2022, durante un telethon nazionale, il presidente ha affermato che l'istituzione che si occupa di questioni religiose doveva essere rafforzata e resa più indipendente. Zelenskij ha affermato di voler comprendere meglio le questioni religiose e ha condiviso di aver parlato con lo studioso di religione Viktor Elenskij. "Mi è piaciuta molto questa persona e, per quanto ne so, capisce queste questioni".

Allo stesso tempo, il capo dello Stato ha osservato che non ha piena familiarità con le questioni ecclesiastiche, ma che desidera aiutare “a comprendere ed essere giusti”.

Chi ha autorizzato Elenskij a parlare a nome dello Stato?

Solo un mese dopo, il 19 dicembre 2022, il Consiglio dei ministri dell'Ucraina ha approvato Viktor Elenskij come capo del Servizio statale ucraino per l'etnopolitica e la libertà di coscienza.

È interessante notare che solo quattro giorni dopo l'insediamento, Elenskij si è permesso di affermare che il Presidente dell'Ucraina è "molto ben informato sulla situazione ecclesiastica". Come si possa passare dall'essere qualcuno che "non ha piena familiarità con le questioni ecclesiastiche" a qualcuno che è "molto ben informato" nel giro di un mese, Elenskij non lo ha spiegato. Ma con questa affermazione, ha chiarito che ciò non è accaduto senza il suo aiuto.

D'altra parte, con queste parole, il vecchio comunista ha scaricato sul capo dello Stato ogni responsabilità per le azioni future: come a dire che, poiché Zelenskij capisce, è lui a dover rispondere delle sue azioni.

Poco dopo, il capo del Servizio l'etnopolitica si è concesso un po' di più.

In particolare, ha iniziato a parlare a nome dell'attuale governo e personalmente a nome di Vladimir Zelenskij. Per esempio, il 16 febbraio 2023 (due mesi dopo la sua nomina), Elenskij ha affermato che "la leadership del Paese è molto interessata all'unificazione tra Chiesa ortodossa dell'Ucraina e Chiesa ortodossa ucraina". Elenskij non ha chiarito chi lo ha autorizzato a parlare a nome della leadership del Paese.

Elenskij: il "mentore spirituale" di Zelenskij?

Tuttavia, Elenskij ha costantemente cercato (e continua a cercare) di creare l'impressione che Vladimir Zelenskij condivida i suoi pensieri più intimi riguardo alla situazione religiosa in Ucraina. Ha bisogno di questo per dimostrare la sua influenza e importanza all'interno dell'élite politica ucraina, nonché per esercitare una certa influenza su di essa.

Allo stesso tempo, parla di Zelenskij con una buona dose di sarcasmo. Per citarlo: "Il presidente, sebbene non sia un imperatore, può invitare i capi delle Chiese e chiedere loro di adempiere al loro dovere cristiano".

Si scopre che il presidente non ha parlato con nessun altro su questo argomento (almeno non abbiamo sentito dichiarazioni simili da lui), solo con Elenskij. D'altra parte, la frase "sebbene non sia un imperatore" è una chiara presa in giro, che indica come il capo del Servizio per l'etnopolitica vede il capo dello Stato. Perché non c'è bisogno di essere un imperatore per invitare i leader delle Chiese a una conversazione.

Chi ha inventato il concetto di "indipendenza spirituale"?

Prima che Viktor Elenskij diventasse il capo del Servizio per l'etnopolitica, il presidente era molto cauto in materia di relazioni tra Chiesa e Stato, e la sua politica era estremamente tollerante ed equidistante da tutte le confessioni. In sostanza, è Elenskij che può essere considerato il creatore dell'idea di "indipendenza spirituale" e, a giudicare dalle sue dichiarazioni, anche colui che ha letteralmente messo in bocca a Zelenskij le parole sull'"uso della religione per scopi sovversivi".

Inoltre, Elenskij era e rimane il più ardente sostenitore del bando della Chiesa ortodossa ucraina a livello legislativo. Per esempio, nel 2022, appena quattro giorni dopo aver assunto l'incarico di capo del Servizio per l'etnopolitica, Viktor Elenskij ha dichiarato la necessità di mettere al bando la Chiesa ortodossa ucraina. Che tipo di dialogo ci si può aspettare se Elenskij è convinto che "oggi non c'è una richiesta di unificazione, c'è una richiesta di mettere al bando la Chiesa ortodossa ucraina"?

Inoltre, Elenskij è noto per i suoi legami con Dumenko e Zorja e per la sua simpatia per la "Chiesa ortodossa dell'Ucraina". Ecco perché, secondo lui, dovrebbe rimanere una sola Chiesa ortodossa in Ucraina.

Naturalmente, tutti questi fatti ci dicono che le attività di Elenskij sono inequivocabilmente distruttive. Sta distruggendo l'Ucraina, minando la sua unità e, in sostanza, insidiando Zelenskij. La politica di Elenskij approfondisce la divisione e aumenta la tensione tra le varie comunità religiose anziché promuovere il dialogo e la comprensione. Tuttavia, cos'altro ci si può aspettare da un ateo sovietico che è strettamente alleato con i rappresentanti del partito di Petro Poroshenko?

Ne parleremo più approfonditamente in un prossimo articolo.

 
Scisma, vicolo cieco e un tragico errore: un punto di vista dalla Chiesa di Cipro sul Tomos della "Chiesa ortodossa dell'Ucraina"

il metropolita Nikiforos di Kykkos. Foto: Unione dei giornalisti ortodossi

Nikiforos di Kykkos ha scritto un libro sulla "questione ucraina", in cui conclude che il Tomos della "Chiesa ortodossa dell'Ucraina" non può essere riconosciuto. C'è una via d'uscita da tale situazione?

Alla fine del 2020, il metropolita Nikiforos di Kykkos e Tillyria della Chiesa ortodossa cipriota ha scritto il libro "La questione ucraina contemporanea e la sua risoluzione secondo i divini e sacri Canoni", dedicato ad un'analisi dettagliata delle condizioni storiche e canoniche per la concessione del Tomos d'autocefalia da parte del Patriarcato di Costantinopoli agli scismatici ucraini riuniti. In effetti, la sua posizione sulla "questione ucraina" è la posizione di quei credenti ciprioti che nella loro vita spirituale sono guidati dal Vangelo e dalla Tradizione della Chiesa, e non da altri principi.

Chi è il metropolita Nikiforos?

Il metropolita Nikiforos è nato il 2 maggio 1947 nel villaggio di Kritou Marottou del distretto di Paphos a Cipro. Dopo aver completato la sua educazione nella scuola elementare locale, Nikiforos è entrato nel monastero di Kykkos per sei anni come novizio durante i quali ha frequentato la scuola ellenica nel monastero per tre anni. Nel 1969 è stato ordinato diacono ed è entrato a far parte della confraternita del Monastero di Kykkos, ricevendo il nome di Nikiforos. Si è laureato presso la Facoltà di giurisprudenza dell'Università Aristotele di Salonicco e la Facoltà teologica dell'Università di Atene.

Nel 1979, l'arcivescovo Chrysostomos I di Cipro ha ordinato come sacerdote lo ierodiacono Nikiforos, e poco dopo come archimandrita.

Dopo la sua elevazione nel 1979, l'archimandrita Nikiforos ha prestato servizio in diversi incarichi ecclesiastici negli anni successivi. È stato per sei anni insegnante presso il Seminario dell'apostolo Barnaba. Ha servito per cinque anni come presidente del tribunale ecclesiastico della Chiesa di Cipro e come segretario del Santo Sinodo della Chiesa di Cipro. Durante questo periodo l'archimandrita Nikiforos è stato anche membro del Consiglio dell'abate del monastero di Kykkos.

Nel 1983 la confraternita del monastero lo ha eletto alla carica di abate del monastero di Kykkos. Nel gennaio 1984, l'abate eletto Nikiforos è stato intronizzato nel monastero dall'arcivescovo Chrysostomos I.

Ordinato nel 2002 vescovo di Kykkos, nel 2007 il vescovo Nikiforos è stato eletto metropolita della diocesi recentemente istituita di Kykkos e Tillyria.

Vladyka è dottore onorario dell'Università Aristotele di Salonicco e della Facoltà di teologia dell'Università di Atene.

È interessante notare che alle elezioni del nuovo primate della Chiesa di Cipro nel 2006, il metropolita Nikiforos di Kykkos è stato uno dei leader ma ha ritirato la sua candidatura a favore dell'attuale capo della Chiesa di Cipro, Chrysostomos II, cosa che indica una completa mancanza di ambizioni di potere e di desiderio di governare. In altre parole, si preoccupa del benessere della Chiesa di Cristo piuttosto che degli interessi personali.

Ecco perché, nel 2020, il metropolita Nikiforos, insieme al metropolita Isaias di Tamassos e al metropolita Athanasios di Limassol, si è apertamente opposto alla posizione dell'arcivescovo Chrysostomos di Cipro sul riconoscimento della "Chiesa ortodossa dell'Ucraina" e di Epifanij Dumenko.

Per il metropolita Nikiforos, il capo della "Chiesa ortodossa dell'Ucraina" è uno scismatico che non può essere definito "primate" della Chiesa in Ucraina, e le azioni del patriarca Bartolomeo per legittimare gli scismatici ucraini non sono solo non canoniche, ma portano anche a uno scisma nell'Ortodossia mondiale . In realtà, per confermare la sua posizione, ha scritto il libro "La questione ucraina contemporanea e la sua risoluzione secondo i divini e sacri Canoni". Lo stesso metropolita Nikiforos afferma di non avere altro scopo nello scrivere l'opera, se non quello di "fornire ai credenti ortodossi, che vivono nella paura e nell'ombra di uno scisma catastrofico per l'Ortodossia, le informazioni necessarie sulla questione, senza nascondere nulla".

Il libro si compone (tranne che per l'introduzione, la prefazione, la conclusione e l'apparato scientifico) di sette capitoli, ognuno dei quali confuta metodicamente tutti gli argomenti del Fanar a favore della concessione dell'autocefalia alla "Chiesa ortodossa dell'Ucraina".

Il primo di questi capitoli è dedicato a rispondere alla domanda su quale patriarcato abbia giurisdizione sul territorio dell'Ucraina.

A quale giurisdizione ecclesiastica appartiene l'Ucraina?

Vladyka ricorda che nel 1686 la metropolia di Kiev fu riunita alla Chiesa russa, e da allora "gli antichi Patriarcati di Alessandria, Antiochia, Gerusalemme e quindi il resto delle Chiese ortodosse autocefale hanno sempre considerato la Chiesa ucraina parte integrante del Patriarcato di Mosca, rispettando il suo diritto che l'intero territorio dell'Ucraina fosse sotto la sua giurisdizione ecclesiastica".

Tuttavia, oggi, dopo più di 300 anni, i fanarioti non sono d'accordo con questo stato di cose. Secondo le loro dichiarazioni (che sono attualmente sostenute attivamente dagli scismatici ucraini), la metropolia di Kiev è sempre stata sotto la giurisdizione del Fanar poiché l'Epistola patriarcale e sinodale del 1686 afferma come condizione che la metropolia di Kiev debba prima commemorare il nome del patriarca di Costantinopoli durante la Divina Liturgia, e solo dopo, il nome del patriarca di Mosca. I sostenitori di questa affermazione sottolineano che la metropolia di Kiev non è mai stata trasferita definitivamente e irrevocabilmente al Patriarcato di Mosca e la Lettera patriarcale del 1686 era solo temporanea.

Contestando questa posizione, il metropolita Nikiforos ricorda che il desiderio espresso nella Lettera di commemorare prima il nome di del patriarca Costantinopoli e poi il nome del patriarca di Mosca "non ha nulla a che fare con i poteri amministrativi" poiché "non è la commemorazione di un certo primate, ma solo il diritto di ordinare vescovi e il diritto di giudicare vescovi determinano la sottomissione di una Chiesa alla giurisdizione di un'altra".

A riprova di questa tesi, il metropolita Nikiforos porta una citazione di “uno stretto collaboratore e consigliere del Patriarcato ecumenico, Vlasios Fidas", che ha scritto anche prima della "crisi ucraina" e in un'occasione completamente diversa che l'affiliazione canonica "è indissolubilmente legata al consolidamento canonico del diritto all'ordinazione e al giudizio".

Il metropolita Nikiforos considera le cosiddette "Sintagmata" l'argomento principale a sostegno del fatto che il Fanar ha sempre riconosciuto il trasferimento della metropolia di Kiev alla giurisdizione del patriarca di Mosca.

"Sintagmata" indica un elenco di metropolie, arcidiocesi e vescovi e il loro ordine di priorità all'interno della giurisdizione ecclesiastica dei Patriarcati e delle Chiese ortodosse locali. Ai nostri giorni vengono pubblicati con i nomi di "Calendari", "Dittici", "Annuari", "Disposizioni ufficiali" e "la documentazione in essi contenuta è una prova indiscutibile dell'affiliazione giurisdizionale della metropolia". Quindi, il metropolita Nikiforos afferma che "dal 1686 al 2018, tutti i Tipici, Calendari, Dittici e Annuari di tutte le Chiese autocefale ortodosse locali (compreso il Patriarcato di Costantinopoli) hanno considerato l'Ucraina una parte della Chiesa russa".

Inoltre, il metropolita Nikiforos ha ricordato che il patriarca Bartolomeo, nel suo discorso al popolo ucraino del 26 luglio 2008, ha detto letteralmente quanto segue: "Il patriarca ecumenico Dionysios IV, dopo l'adesione dell'Ucraina alla Russia e sotto la pressione di Pietro il Grande, ha considerato necessario in quelle circostanze la subordinazione ecclesiastica [dell'Ucraina, ndc] alla Chiesa russa".

Inoltre, nelle sue lettere al patriarca di Mosca, il patriarca Bartolomeo riconosce che la Chiesa russa nei confronti dell'Ucraina ha "due diritti fondamentali di subordinazione ecclesiastica: il diritto di ordinare e il diritto di giudicare i vescovi".

Inoltre, il metropolita Nikiforos cita le testimonianze di diversi autorevoli storici e teologi del Patriarcato di Costantinopoli sull'affiliazione della metropoli di Kiev alla Chiesa russa. Incontriamo i nomi dell'archimandrita Kallinikos (Delikanis), "un eccellente conoscitore dei documenti patriarcali", di padre Theodoros Zisis, professore dell'Università di Atene, dell'archimandrita Vasilios Stephanidi, del metropolita Varnavas di Citera.

Ma di particolare interesse è il riferimento al lavoro del "professore onorario di storia della Chiesa e uno dei dipendenti chiave del Patriarcato ecumenico", Vlasios Fidas, "che per lungo tempo ha servito come decano presso l'Istituto di educazione post-laurea di teologia ortodossa presso il Centro ortodosso del Patriarcato ecumenico a Ginevra e ha ricevuto il titolo di "arconte e didascalo della Chiesa" dal patriarca ecumenico. Secondo lui, "il patriarca Dionysios di Costantinopoli ha trasferito la metropolia di Kiev alla giurisdizione canonica del Patriarcato di Mosca (1687) "e il metropolita di Kiev (insieme a quelli di Mosca e San Pietroburgo) "partecipa al Sinodo della Chiesa russa come uno dei suoi tre membri permanenti".

Inoltre, a questo proposito, il metropolita Nikiforos cita un famoso teologo ortodosso, il metropolita Kallistos (Ware), che ha affermato: "Sebbene io sia un metropolita del Patriarcato ecumenico, non sono assolutamente soddisfatto della posizione del patriarca Bartolomeo. Con tutto il rispetto per il mio patriarca, devo dire che sono d'accordo con l'opinione del Patriarcato di Mosca sull'appartenenza dell'Ucraina alla Chiesa russa".

Allo stesso tempo, afferma il metropolita Nikiforos, anche se il trasferimento della metropolia di Kiev fosse stato temporaneo, comunque "nella tradizione canonica della Chiesa ortodossa ci sono periodi chiaramente definiti durante i quali è consentita una dichiarazione di protesta sulla violazione dei diritti giurisdizionali", e "Scaduti questi periodi, la Chiesa i cui diritti giurisdizionali sono stati violati non può fare appello alle autorità ecclesiastiche competenti per risolvere la controversia e ripristinare i suoi diritti".

Stiamo parlando del Canone 17 del quarto Concilio ecumenico e del Canone 25 del sesto Concilio ecumenico. Secondo loro, "per le controversie giurisdizionali, si applica un termine di prescrizione di trent'anni". Ma non di 330 anni!

Sulla base di tutto quanto sopra, Il metropolita Nikiforos giunge alla conclusione che "l'appropriazione non canonica da parte del Patriarcato di Costantinopoli dei diritti giurisdizionali sul territorio dell'Ucraina, così come la concessione di una "autocefalia" all'Ucraina, costituisce un atto di invasione di un altro territorio canonico ed è in piena contraddizione con i sacri canoni della Chiesa ortodossa, che non ammettono violazioni dei confini giurisdizionali e la convivenza in uno spazio di più giurisdizioni".

Chi ha il diritto di concedere l'autocefalia e a quali condizioni?

Il capitolo successivo è dedicato a rispondere alla domanda sul diritto e sul meccanismo di concessione dell'autocefalia. Il metropolita Nikiforos sostiene che questo diritto appartiene esclusivamente alla pienezza della Chiesa ortodossa.

In precedenza, dice, il patriarca Bartolomeo aveva lo stesso incarico: nel 2001 in un'intervista al quotidiano greco Nea Hellas disse: "L'autocefalia o autonomia è concessa da tutta la Chiesa per decisione del Concilio ecumenico. Nei casi in cui, per vari motivi, è impossibile convocare un Concilio ecumenico, il Patriarcato ecumenico, come coordinatore di tutte le Chiese ortodosse, concede l'autocefalia o l'autonomia, previo il loro consenso (di tutte le altre Chiese ortodosse)".

Il metropolita Nikiforos sottolinea che uno dei principali simpatizzanti del Fanar, il metropolita John (Zizioulas) di Pergamo, che nel dicembre 2009 ha sottolineato che "se il patriarca ecumenico ottiene il consenso delle Chiese ortodosse autocefale locali, avendolo ricevuto per iscritto, lui stesso può firmare un Tomos patriarcale".

Il suddetto "arconte" e "didascalo" [insegnante, ndc] di storia della Chiesa Vlasios Fidas ha scritto che "il Concilio Ecumenico o il consenso unanime di tutti i troni patriarcali è lo strumento canonico per proclamare l'autocefalia o l'autonomia di una Chiesa", e "qualsiasi altra procedura non è canonica e non solo non serve all'unità ma, al contrario, viola la tradizione canonica, corrode e distrugge l'unità della Chiesa nella retta fede e amore".

 

Il metropolita Nikiforos ha anche ricordato che nelle riunioni pre-conciliari di preparazione del Concilio di Creta sono state documentate disposizioni su "autocefalia e metodo della sua proclamazione", che sono state "firmate dai rappresentanti di tutte le Chiese ortodosse". Secondo questo documento, la procedura per la concessione dell'autocefalia dovrebbe includere "una richiesta da parte di un ente ecclesiastico di concedere l'autocefalia, il consenso della Chiesa madre, da cui dipende la diocesi ecclesiastica che richiede l'autocefalia, e l'approvazione del resto del Chiese ortodosse autocefale".

Ciò significa, afferma vladyka, che "il patriarca ecumenico potrebbe accettare in considerazione una petizione per l'autocefalia solo da una struttura ecclesiale di un paese che soddisfi i termini canonici", ma "l'unica struttura della chiesa canonica dell'Ucraina (la Chiesa ortodossa ucraina guidata dal metropolita Onufrij) non ha chiesto l'autocefalia a nessuno e non ha mai accettato un'autocefalia concessa da nessuno".

Il metropolita Nikiforos sottolinea che "l'autocefalia della Chiesa ortodossa ucraina è stata cercata, richiesta e ricevuta da due strutture scismatiche": il "patriarcato di Kiev" guidato dall'ex metropolita di Kiev, deposto e anatematizzato, Filaret Denisenko", e la "Chiesa ortodossa autocefala ucraina" guidata dal non ordinato Makarij Maletich, un ex sacerdote deposto della Chiesa ortodossa russa, "ordinato" come pseudo-vescovo dal diacono della Chiesa russa Vikentij (Viktor) Chekalin, una figura tragica con una "ricca storia" che è riuscita a essere uno pseudo-vescovo "ortodosso", un uniate, un pastore protestante, è stato condannato da un tribunale per pedofilia e riceve una pensione d'invalidità psichiatrica in Australia".

In generale, secondo il metropolita Nikiforos, la "Chiesa ortodossa dell'Ucraina" è "un'accolita di scismatici espulsi, anatemizzati, auto-ordinati e impenitenti" che hanno ricevuto lo status di "autocefalia", "e tutto questo – alla presenza della Chiesa ortodossa canonica guidata dal metropolita Onufrij di Kiev e di tutta l'Ucraina, che unisce la stragrande maggioranza dei cristiani ortodossi in Ucraina e che ora è attaccata e perseguitata".

"In effetti, è possibile tacere di fronte a tutti questi eventi ecclesiologicamente inaccettabili e anti-canonici che si sono recentemente verificati nella Chiesa ortodossa ucraina?" chiede il metropolita della Chiesa di Cipro.

Sul diritto di appello al Fanar

I difensori della posizione del Fanar sostengono che in base al Canone 28 del quarto Concilio ecumenico, nonché dei Canoni 3, 4 e 5 del Concilio di Sardica, il Patriarcato di Costantinopoli ha il diritto canonico di ricevere appelli dal clero al di fuori dei confini della sua giurisdizione, il che significa che revocare l'anatema a Denisenko e ripristinarlo "nella dignità esistente" è del tutto legittimo.

Tuttavia, il metropolita Nikiforos sottolinea che, a parere della Chiesa, le disposizioni dei canoni 3, 4 e 5 del Concilio di Sardica si riferiscono ai privilegi concessi al vescovo di Roma (e ora al patriarca di Costantinopoli) "solo nei confronti dei vescovi e degli altri sacerdoti a lui subordinati, e non per suprema giurisdizione ecclesiastica". In altre parole, il capo del Fanar "ha il privilegio speciale di accettare gli appelli, ma solo dei vescovi e degli altri chierici delle Chiese a lui subordinate, che sono le Chiese di Tracia, Ponto e Asia".

A loro volta, i fanarioti fanno riferimento anche ai Canoni 9 e 17 del quarto Concilio ecumenico di Calcedonia, sostenendo che avrebbero delegato al patriarca di Costantinopoli l'autorità di ricevere appelli da chierici non solo dalle Chiese a lui subordinate ma anche da altri troni patriarcali e Chiese autocefale locali che non sono soggette alla sua giurisdizione ecclesiastica. Tuttavia, dice il metropolita Nikiforos, secondo san Nicodemo l'Agiorita, "il primate di Costantinopoli non ha il potere di agire nelle diocesi e nelle regioni di altri patriarchi", e secondo il famoso canonista ortodosso Zonaras, "il patriarca di Costantinopoli non è nominato giudice su tutti i metropoliti in genere, ma solo su quelli a lui subordinati".

Così, il metropolita cipriota conclude che "il patriarca di Costantinopoli non ha il privilegio della massima giurisdizione ecclesiastica", e "la decisione giudiziaria di qualsiasi santo concilio patriarcale (come nel caso della decisione sull'anatema di Denisenko imposta dal Concilio della Chiesa ortodossa russa, ndc) è irreversibile e può essere impugnata solo attraverso il Concilio ecumenico".

Il metropolita Nikiforos ritiene che per reintegrare gli scismatici ucraini, così come per riceverli nella comunione della Chiesa, sono necessari il pentimento e "la volontà di tornare alla comunione con la Chiesa da cui si sono staccati perché il ripristino della comunione con tutta l'Ortodossia avviene attraverso la loro Chiesa locale ".

Inoltre, il metropolita Nikiforos è sicuro che "Makarij e i suoi associati devono essere ordinati di nuovo", perché la comunione con loro "non è una questione di purezza morale di alcune persone, ma di assenza ontologica del nucleo interno della gerarchia" poiché "non si tratta di "profanazione" morale ma ontologica dell'episcopato a livello pan-ortodosso".

La Chiesa ortodossa russa aveva il diritto di interrompere la comunione eucaristica con il Fanar?

Alcuni sostenitori delle azioni del patriarca di Costantinopoli hanno ripetutamente affermato che la Chiesa russa non aveva il diritto di interrompere la comunione eucaristica con il Fanar – ciò, dicono, viola la legge dell'unità e dell'amore. Ma, rispondendo a questi "tardivi accusatori" della Chiesa ortodossa russa, il metropolita Nikiforos sottolinea che "il primo insegnante in questa materia è lo stesso patriarca Bartolomeo, che ha interrotto la comunione nei sacramenti con il memorabile arcivescovo Christodoulos di Atene perché sua Beatitudine l'Arcivescovo di Grecia aveva osato eleggere senza il consenso patriarcale tre nuovi metropoliti nella diocesi delle cosiddette Terre Nuove". Cioè la comunione è stata interrotta non per motivi dogmatici, dice Vladyka, ma solo per ragioni amministrative.

Sulla conciliarità della Chiesa e sulle pretese "papali" del Fanar

"Sullo sfondo di tutti questi eventi intorno alla questione ucraina, è emersa un'altra nuova affermazione non canonica secondo cui per l'Ortodossia mondiale l'arcivescovo di Costantinopoli e patriarca ecumenico non è "un primo tra pari", ma "il primo senza uguali". Con questo fatto, il "primato del servizio" è sostituito dal "primato del potere", cosa che porta a una violazione del principio di conciliarità, che è stato in vigore nella Chiesa ortodossa da tempo immemorabile", scrive il metropolita Nikiforos.

Secondo il ,etropolita, il testo del Tomos ucraino, in cui il "metropolita di Kiev" riconosce come capo il patriarca di Costantinopoli, con un poscritto che afferma che gli altri patriarcati fanno lo stesso, non ha basi storiche, dogmatiche e canoniche.

Il metropolita Nikiforos, citando numerose citazioni dei santi Padri e della Sacra Scrittura, conclude che "il 'primato' non esiste a livello mondiale, tranne che per la presidenza nei concili" e "nessuno dei primati, patriarchi o presidenti delle Chiese autocefale può sostituire l'unico eterno capo della Chiesa, il nostro Signore Gesù Cristo ".

Ricorda che anche il Patriarcato di Costantinopoli era d'accordo con questa tesi. Ad esempio, l'Epistola patriarcale distrettuale del 1895, firmata dal patriarca Anthimos e dai membri del Sinodo del Fanar, dice che "l'unica eterna guida e capo immortale della Chiesa è il nostro Signore Gesù Cristo..."

Ecco perché, con la decisione unilaterale del patriarca Bartolomeo sul riconoscimento della "Chiesa ortodossa dell'Ucraina", "il principio di conciliarità, che è fondamentale nel governo della Chiesa ortodossa, ha lasciato il posto al principio del potere non autorizzato e dispotico di un singolo – il patriarca ecumenico Bartolomeo".

Il metropolita Nikiforos sottolinea che "nella Chiesa ortodossa non esiste un sistema papale, secondo il quale il Papa decide (definimus), e gli altri obbediscono". Tutte le decisioni nella Chiesa ortodossa sono prese esclusivamente in modo conciliare, e poiché la questione della concessione del Tomos alla "Chiesa ortodossa dell'Ucraina" è stata decisa esclusivamente dal patriarca Bartolomeo, "non un singolo primate di un'altra Chiesa ortodossa autocefala o il suo rappresentante era presente" alla "intronizzazione" di Dumenko. Vladyka sottolinea che è senza precedenti nella storia della Chiesa che per un anno intero non una sola Chiesa ortodossa abbia riconosciuto la "pseudo-autocefalia" della "Chiesa ortodossa dell'Ucraina", "che in maniera anticanonica è stata data a un gruppo marginale di scismatici".

Quale via d'uscita dalla situazione suggerisce il metropolita Nikiforos?

"L'unico modo canonico per ripristinare l'unità interna del corpo ecclesiale della Chiesa ortodossa ucraina, ora diviso, che sta attraversando dure prove, è quello di rispettare il principio di conciliarità e convocare urgentemente un concilio pan-ortodosso", ritiene il metropolita cipriota.

Il secondo scenario è "l'incontro dei primati delle Chiese ortodosse", durante il quale, "non soccombendo all'influenza delle forze politiche straniere e all'interferenza degli interessi geostrategici e geopolitici", i vescovi ortodossi devono "dimostrare la loro saggezza gerarchica, superare l'egoismo , brama di potere e vanità, e nello spirito di amore sacrificale, senza controversie e conflitti, lavorando alla soluzione della questione della Chiesa ucraina in conformità con i sacri canoni e la secolare pratica della Chiesa".

Ebbene, "come terza opzione, vediamo un tentativo di rinnovare la discussione tra i rappresentanti delle Chiese ortodosse sulla questione dell'autocefalia, cioè in relazione a come dovrebbe essere concessa l'autocefalia e come dovrebbe essere firmato il Tomos dell'autocefalia" . Quando questi sforzi saranno coronati dal successo, allora dovrebbe essere convocato il "Concilio pan-ortodosso per l'approvazione finale della soluzione concordata e irrevocabile della questione della Chiesa ucraina, sulla base di nuovi dati e sempre in conformità con i sacri canoni e la secolare pratica della Chiesa".

Il metropolita Nikiforos ritiene che la via d'uscita dal "vicolo cieco", dove si trova la Chiesa a causa delle azioni non autorizzate del patriarca Bartolomeo, può essere realizzata solo dopo decisioni conciliari e il dialogo che le precede. "Il dialogo è l'unico antidoto alla vanità assurda ed egoistica che mina l'unità dell'Ortodossia. Solo attraverso il dialogo, le ossessioni egoistiche possono essere soppresse e possono essere raggiunte l'unità della Chiesa e la pace", crede Vladyka.

In questo senso gli sembra molto strana la posizione del patriarca Bartolomeo, che senza dubbio dialoga con cattolici e rappresentanti di altre religioni ma rifiuta categoricamente di dialogare con i primati ortodossi. "Invece, purtroppo, a margine del Patriarcato ecumenico, si sta sviluppando una teoria secondo cui il Patriarcato ecumenico ha fatto il primo passo, il percorso è chiaramente definito e alla fine porterà al riconoscimento della "Chiesa ortodossa dell'Ucraina" e la crisi attuale è paragonabile a "una nuvola di polvere sollevata, e passerà".

Tuttavia, vladyka ritiene che "i problemi non possono essere risolti senza il dialogo; al contrario, crescono e minacciano di strangolarci", e "un doloroso scisma colpirà per sempre la Chiesa cattolica ortodossa".

Conclusione

In conclusione, vladyka scrive che la Chiesa ortodossa si basa sulla conciliarità, e non su un primato separato e assoluto, "che rivela ai nostri occhi la nuova tentazione del papismo".

Di fronte a questo pericolo, dice, "la mia coscienza gerarchica non mi permette di accettare silenziosamente le tragiche ossessioni e gli errori catastrofici che alla fine divideranno il mondo ortodosso". Vladyka assicura che "senza essere vincolato dalle catene del nazionalismo", "predicherà la verità ovunque e sempre, senza timore delle conseguenze delle autorità del nostro tempo, religiose e politiche". Ha ricordato le parole del poeta Dionysios Solomos, secondo cui "Dobbiamo considerare ciò che è vero come nazionale".

"Per me", scrive vladyka, "la posizione più vicina è che i cristiani dovrebbero mettere la nostra Patria celeste e la sua manifestazione terrena al di sopra della loro patria terrena - la Chiesa, di cui siamo tutti membri e cittadini, indipendentemente dalla razza e dall'origine etnica: greci, russi, serbi, bulgari, georgiani, romeni, arabi. Siamo tutti membri dello stesso corpo di Cristo, che è la Chiesa, e in Cristo "Non c'è né ebreo né gentile, né schiavo né libero, né maschio e femmina, perché siete tutti uno in Cristo Gesù" (Gal 3:28).

 
Déjà Vu

In uno degli ultimi articoli del suo blog, che abbiamo tradotto nella sezione “Geopolitica ortodossa” dei documenti, Padre Andrew Phillips richiama la nostra attenzione sulla lista di paesi che hanno subito un tentativo di rovesciamento “democratico” dei loro governi, e sugli esiti disastrosi di queste moderne rivoluzioni. Laddove i paesi non sono caduti nel caos totale e nella distruzione armata, padre Andrew fa notare una presenza ricorrente della devozione alla Madre di Dio. Auguriamoci che la stessa devozione, profondamente sentita in Ucraina, sia la chiave della liberazione del popolo ucraino dal regime dei suoi malaugurati “liberatori” imposti dall’estero.

 
La Chiesa ceco-slovacca si schiera con la Chiesa ortodossa ucraina perseguitata

eparchiapo.sk

Il Santo Sinodo della Chiesa ortodossa delle Terre ceche e della Slovacchia, presieduto da sua Beatitudine il metropolita Rastislav di Prešov, la scorsa settimana ha adottato una dichiarazione a sostegno della Chiesa ortodossa ucraina perseguitata, dopo che l'Ucraina ha approvato una legge che ne vieta l'esercizio.

La Chiesa ceco-slovacca ha costantemente difeso l'Ortodossia in Ucraina, rifiutandosi di riconoscere l'organizzazione scismatica creata dal patriarca Bartolomeo di Costantinopoli nel 2018.

L'approvazione del disegno di legge "riempie fino all'orlo il calice di amarezza che i chierici e i fedeli della Chiesa ortodossa ucraina hanno bevuto per diversi decenni", scrive il Sinodo ceco-slovacco.

La dichiarazione sinodale recita :

Alla vigilia dell'82° anniversario del martirio del santo vescovo Gorazd (Pavlík), siamo pieni di tristezza per la notizia che il 20 agosto 2024 il Parlamento ucraino ha approvato un disegno di legge il cui scopo principale è quello di vietare le attività della Chiesa ortodossa ucraina. Questa decisione riempie fino all'orlo la coppa di amarezza che i chierici e i fedeli della Chiesa ortodossa ucraina hanno bevuto per diversi decenni: una coppa di persecuzione e oppressione, odio e diffamazione, aggressioni e attacchi, persino associati allo spargimento di sangue.

L'imprigionamento dei vescovi, il sequestro di chiese e monasteri e tutte le altre misure repressive contro il clero e i fedeli della Chiesa ortodossa ucraina ricordano dolorosamente il modo in cui vari regimi totalitari hanno trattato la Chiesa cristiana. È sconfortante che una legge del genere sia stata approvata dall'organo legislativo di uno stato democratico, che a priori dovrebbe essere il principale garante dei diritti e delle libertà fondamentali dell'uomo.

La Chiesa ortodossa ha vissuto molte volte nella sua storia momenti che potrebbero essere descritti con le parole del Libro dei Salmi: I principi mi hanno perseguitato senza motivo, e a causa delle tue parole il mio cuore ha avuto timore (Ps 118:161). Siamo convinti che anche ora, Dio non lascerà il suo popolo fedele senza aiuto, e le parole della Scrittura si adempiranno di nuovo: Dalla mia afflizione ho invocato il Signore, ed egli mi ha ascoltato e mi ha liberato (Ps 117:5).

Esprimiamo il nostro sostegno a sua Beatitudine il metropolita Onufrij di Kiev e di tutta l'Ucraina, così come all'intera Chiesa ortodossa ucraina. L'apostolo Paolo dice: Se un membro soffre, tutte le membra soffrono con lui (1 Cor 12:26). Non dimentichiamo queste parole e preghiamo per l'aiuto di Dio e la salvezza per tutti i perseguitati e i sofferenti. Chiediamo ai chierici e ai fedeli della Chiesa ortodossa nelle terre ceche e in Slovacchia di continuare a pregare per la pace in Ucraina e nel mondo. Crediamo che chiunque si renda conto che il rispetto dei diritti umani fondamentali e delle libertà è importante non solo per la vita di uno stato, ma anche per l'intero mondo in cui viviamo si unirà a queste preghiere.

Il Sinodo ceco-slovacco cita poi una serie di altre autorità ortodosse e cristiane che hanno già condannato la legge ucraina e hanno espresso sostegno alla Chiesa ortodossa ucraina canonica, tra cui sua Santità il patriarca Porifirije di Serbia, il patriarca-catholicos Karekin II di Armenia, sua Beatitudine il patriarca Giovanni di Antiochia, il Consiglio ecumenico delle Chiese, papa Francesco, il catholicos-patriarca Mar Awa III della Chiesa assira d'Oriente, il Santo Sinodo della Chiesa ortodossa albanese, sua Santità il patriarca Daniil di Bulgaria, il Patriarcato di Gerusalemme e il Santo Sinodo della Chiesa ortodossa russa.

Commentando la lettera del patriarca Porfirije, il Sinodo ceco-slovacco scrive:

È chiaro che degradare la Chiesa ortodossa ucraina a un'organizzazione vietata è una mossa che legittima ulteriormente la persecuzione permanente, l'arresto e l'oppressione del suo clero e dei suoi fedeli e crea la possibilità di un'ulteriore confisca delle sue proprietà. La Chiesa ortodossa ucraina è quindi inchiodata a una nuova croce di sofferenza e sembra che la società ucraina stia tornando ai tempi della persecuzione della Chiesa di Cristo da parte dell'Impero romano.

 
La "Chiesa ortodossa dell'Ucraina" e la Chiesa greco-cattolica ucraina chiedono la pace nel Donbass: cambio di tattica o mantenimento della pace?

Dumenko e Shevchuk chiedono la pace nel Donbass. Foto: Unione dei giornalisti ortodossi

Alcuni uniati e scismatici che chiedevano la vittoria sull'aggressore, improvvisamente hanno parlato di pace con la Russia. Si tratta solo di pace o solo di un cambiamento di tattica?

Uno degli argomenti più "spinosi" che lacerano la società ucraina è la natura del conflitto nel Donbass. La Chiesa ortodossa ucraina ha sempre visto questo conflitto come una guerra fratricida, invitando costantemente le parti alla pace, mentre la "Chiesa ortodossa dell'Ucraina" e la Chiesa greco-cattolica ucraina l'hanno visto come una guerra della Russia contro l'Ucraina, invitando gli ucraini a combattere fino alla fine vittoriosa. Questo fine implica l'espulsione dell'aggressore russo dal territorio dell'Ucraina (le Repubbliche Popolari di Donetsk e Lugansk) e la ripresa di queste terre sotto il controllo delle forse armate ucraine.

Ora, quando la concentrazione di truppe vicino ai confini di Russia e Ucraina ha raggiunto il suo apogeo e solo i più pigri non parlano dell'inizio della guerra, anche i leader delle denominazioni "patriottiche" della "Chiesa ortodossa dell'Ucraina" e della Chiesa greco-cattolica ucraina si sono espressi sull'argomento "militare". Oggi considereremo queste dichiarazioni e le confronteremo con la posizione della Chiesa ortodossa ucraina.

"Chiesa ortodossa dell'Ucraina": la Federazione Russa è un aggressore che intende solo attaccare

Il 19 aprile 2021, la dichiarazione del Sinodo di questa organizzazione "sull'escalation dell'aggressione russa contro l'Ucraina" è stata pubblicata sul sito web della "Chiesa ortodossa dell'Ucraina".

Prima di analizzare questo documento, ha senso ricordare la definizione del fenomeno psicologico detto dissonanza cognitiva. Il fondatore della teoria omonima, lo psicologo americano Leon Festinger, la formulò come segue: "La dissonanza cognitiva è uno stato di disagio mentale di un individuo causato da una collisione nella sua mente di idee contrastanti: idee, credenze, valori o reazioni emotive".

Quindi, il Sinodo della "Chiesa ortodossa dell'Ucraina" afferma nel titolo della sua dichiarazione che l'aggressione russa esiste già e al momento si sta intensificando. Ma il primo paragrafo del documento contiene l'affermazione opposta: non c'è aggressività; c'è solo un gruppo di truppe che non hanno ancora attraversato i confini dell'Ucraina.

Leggiamo: "Numerosi rapporti affidabili confermano la più grande concentrazione di truppe russe vicino ai nostri confini dall'inizio della guerra non dichiarata della Russia contro l'Ucraina nel 2014. Il primo e ovvio obiettivo di un tale accumulo è l'intimidazione della società ucraina da parte del Cremlino, per fare pressione sul nostro stato e sugli alleati dell'Ucraina nel mondo libero al fine di raggiungere i propri interessi".

Inoltre, non c'è una sola parola in tutta la dichiarazione della "Chiesa ortodossa dell'Ucraina" sul fatto che le truppe russe siano già in territorio ucraino, come i suoi stessi "vescovi" e i politici ucraini di vari gradi continuano a inveire. I sinodali della "Chiesa ortodossa dell'Ucraina" parlano solo delle intenzioni della parte russa.

"Non abbiamo paura! La nostra risposta a un'altra intenzione aggressiva delle autorità russe".

"...costretti a ricordare ancora: le vostre intenzioni criminali sono note a Dio..."

Nel frattempo, ciò contraddice la Legge adottata dall'Ucraina nel 2018: "Sulle peculiarità della politica statale per garantire la sovranità statale dell'Ucraina nei territori temporaneamente occupati delle regioni di Donetsk e Luhansk", il cui preambolo recita: "La Federazione Russa compie un crimine di aggressione contro l'Ucraina e svolge un'occupazione temporanea di una parte del suo territorio".

Pertanto, secondo la legge, le truppe russe sono di fatto sul territorio dell'Ucraina e stanno già portando avanti l'occupazione, mentre il Sinodo della "Chiesa ortodossa dell'Ucraina" ritiene ancora che queste siano solo intenzioni intimidatorie. Penso che sia necessario invitare il Sinodo della "Chiesa ortodossa dell'Ucraina" a dare una risposta inequivocabile: ci sono truppe russe in Ucraina oppure no?

La successiva dichiarazione dei sinodali della "Chiesa ortodossa dell'Ucraina" è un esempio ancora più inquietante di dissonanza cognitiva. Si tratta di anime umane. Citazione: "Daremo la nostra anima e il nostro corpo per la nostra libertà: non sono solo le parole dell'inno nazionale dell'Ucraina. Questa convinzione è una delle caratteristiche chiave della nazione politica ucraina..."  Cioè, queste parole sono approvate dall'autorità del Sinodo della "Chiesa ortodossa dell'Ucraina". Ma l'inno dell'Ucraina riguarda la libertà politica, per il bene della quale i" vescovi " "della "Chiesa ortodossa dell'Ucraina" chiedono alle persone di dare le loro anime immortali. Cristo una volta parlò con i farisei della differenza tra la vera libertà e la libertà politica. Gli ebrei dissero a Cristo della libertà politica e della vera libertà: "E conoscerete la verità, e la verità vi farà liberi". Gli risposero: "Noi siamo discendenti di Abramo e non siamo mai stati schiavi di nessuno. Come puoi dire: Sarete liberi?" Gesù rispose loro: "In verità, in verità vi dico che chiunque commette il peccato è schiavo del peccato" (Gv 8:32-34).

Altrove, Cristo rende chiaro quanto sia inutile per l'uomo indulgere in questioni terrene: "Perché a che gioverà un uomo se guadagna il mondo intero e perde la propria anima?" (Mc 8:36).

Sia le Sacre Scritture che i santi Padri ci dicono che l'anima umana ha il valore più grande. "L'anima è il nucleo, il significato e lo scopo della creazione visibile. <…> Non c'è niente di più prezioso dell'anima ... <…> Niente può essere paragonato all'anima, nemmeno il mondo intero ”(San Giovanni Crisostomo). Quando politici o nazionalisti affermano che l'anima può essere data per la libertà politica, ciò è comprensibile e perdonabile, ma quando la stressa cosa è dichiarata da persone che si definiscono pastori di cristiani, ciò è direttamente contrario agli insegnamenti di Gesù Cristo e alla sua intera missione sulla terra. Il Signore non è venuto per dare alle persone la libertà politica, ma per salvarle dalla schiavitù del peccato e della morte.

Inoltre, c'è un'altra "rivelazione" del "Sinodo della Chiesa ortodossa dell'Ucraina": "Il popolo ucraino vuole vivere in pace e armonia con tutti, soprattutto con i nostri vicini storici". È impossibile credere che la leadership della "Chiesa ortodossa dell'Ucraina" non riconosca la Russia come un nemico e di fatto chieda la pace con il suo vicino settentrionale. Era davvero espresso dopo tutti gli appelli alla lotta, tutte le narrazioni che quando si parla di pace, deve essere "giusto", cioè alle nostre condizioni. Dichiarazioni simili da parte della "Chiesa ortodossa dell'Ucraina" sono innumerevoli. Ricordiamo, ad esempio, cosa ha dichiarato Sergej Dumenko nel settembre 2019: "Presto celebreremo insieme il giorno in cui il nostro aggressore, il nostro vicino del nord, che sta cercando di schiavizzarci fisicamente, sarà sconfitto... Migliaia di vite umane dei migliori figli e figlie sono già state deposte sull'altare dell'indipendenza del nostro popolo. Pertanto, possa il Signore aiutarci ad andare avanti sulla via della verità che ci condurrà alla completa vittoria".

Nell'agosto 2020, Dumenko ha ribadito che gli ucraini "dovrebbero, prima di tutto, pensare a vincere una guerra non dichiarata", una "pace equa", ecc. Inoltre, Epifanij ha affermato che grazie a coloro che sono stati uccisi nella guerra con l'aggressore, la "Chiesa ortodossa dell'Ucraina" si è sviluppata: "Migliaia dei nostri gloriosi eroi hanno deposto la loro vita sull'altare dell'indipendenza statale. E grazie al loro sacrificio, abbiamo ricevuto lo status di autocefalo e il riconoscimento della nostra Chiesa ortodossa ucraina".

Tuttavia, ora il Sinodo della "Chiesa ortodossa dell'Ucraina" dichiara che è necessario vivere in pace e armonia con la Russia. Niente di meno che una "quinta colonna"?

"No alla guerra!" da chi ha dichiarato: "Non abbiamo bisogno di pace a tutti i costi!"

Il colloquio del capo della Chiesa greco-cattolica ucraina Svjatoslav Shevchuk all'agenzia Exaudi è ricco di dichiarazioni non meno sorprendenti. Il leader dei cattolici ucraini di rito ortodosso si presenta come una colomba della pace: "Siamo convinti che  non ci sia una soluzione militare alla questione dell'Ucraina orientale. C'è solo una soluzione diplomatica. Solo il dialogo può portare alla riconciliazione, ma per iniziare questo dialogo è necessaria un'autentica ricerca della pace. Ecco perché cerchiamo di risvegliare questo desiderio, di nutrirlo, di realizzarlo, e vogliamo che la comunità internazionale sia informata del nostro impegno per la pace. No guerra! Mettete giù le armi! Come ha detto il Santo Padre Francesco, nulla si può ottenere con la guerra, ma tutto si può perdere. Che la ragione, il dialogo e anche la diplomazia prevalgano sulla tentazione di usare le armi per risolvere qualsiasi problema di politica internazionale".

Come può non esserci una soluzione militare? Cosa significa deporre le armi? E cosa significano le parole di Shevchuk, che ha detto il 20 novembre 2019 in un'intervista a Rive Gauche: "È molto pericoloso quando in tali circostanze qualcuno parlerà della necessità di porre fine alla guerra ad ogni costo, trascurando la verità e la giustizia." <...> soccombere all'aggressore per la cosiddetta pace, cioè alzare le mani. <…> Se ci arrendiamo all'aggressore, permetteremo questa aggressione a tutti i livelli della società ucraina, e questo metterà in discussione l'esistenza stessa dello Stato ucraino e del nostro popolo. Non credo che nessuno voglia la pace a un tale prezzo oggi ".

Cosa significano le sue parole dal sermone di domenica 29 settembre 2019 , in cui affermava che "sono stanchi della guerra solo quelli che si preoccupano costantemente di come salvare la propria pelle"?

Cosa intendeva nel giugno 2019  quando diceva che "senza dubbio, la guerra non può finire in una pace a ogni costo", che "se ora la parola "pace" significa una pace a ogni costo – accettando le condizioni dell'aggressore – allora l'idea stessa della pace in quanto tale è falsa"?

Sullo sfondo di tutte quelle narrazioni bellicose, "non può esserci soluzione militare" adesso? Ma a chi sono rivolte le parole "No alla guerra! Mettete giù le armi!" – a tutte le parti in conflitto, o solo ai rappresentanti delle Repubbliche Popolari non riconosciute di Donetsk e Lugansk?

C'è anche dissonanza cognitiva nel punto dell'intervista, in cui Svjatoslav Shevchuk afferma: "A causa dell'altissima concentrazione di unità russe sul confine ucraino, si teme un'invasione diretta di queste truppe nel territorio dell'Ucraina".

Quindi le truppe russe si stanno concentrando solo sul confine o hanno già invaso l'Ucraina? Un punto interessante: c'è una disputa sulla presenza di truppe russe nel Donbass, la Russia la nega ostinatamente e chiede prove, ma non c'è nessuna disputa sulle truppe russe in Crimea. La Russia considera la Crimea come suo territorio e vi mantiene apertamente le sue forze di terra e di mare. Ma per Svjatoslav Shevchuk e Sergej (Epifanij) Dumenko la Crimea, in teoria, dovrebbe essere territorio ucraino. Perché chiamano le truppe laggiù "unità sul confine ucraino"? Qual è questo confine, dato che dovrebbe essere un territorio dell'Ucraina?

Perché i falchi della guerra sono diventati colombe della pace?

Ci si potrebbe porre la domanda: cosa ha spinto i leader della "Chiesa ortodossa dell'Ucraina" e della Chiesa greco-cattolica ucraina a cambiare opinione in modo così drastico e passare da una retorica belligerante a un appello alla pace?

Forse Svjatoslav Shevchuk è rimasto così colpito dalle parole di papa Francesco, che ha detto nel suo messaggio pasquale: "Seguo con preoccupazione gli eventi in alcuni territori dell'Ucraina orientale, dove negli ultimi mesi è aumentato il numero delle violazioni del cessate il fuoco, e guardo con ansia alla crescita dell'attività militare. <...> "Vi esorto a prevenire l'escalation delle tensioni, in modo che, al contrario, si possano compiere gesti che possano mantenere la fiducia reciproca e promuovere la riconciliazione e la pace, che sono molto necessarie e molto desiderabili"?

Forse le truppe russe hanno impressionato così tanto i membri del Sinodo della "Chiesa ortodossa dell'Ucraina" che questi hanno improvvisamente dichiarato il loro desiderio di "vivere in pace e armonia con tutti, prima di tutto, con i nostri vicini storici".

O forse si tratta solo della convinzione che le organizzazioni religiose debbano soddisfare le esigenze della società? Le richieste sono cambiate – e anche l'opinione? O questo riguarda solo il pubblico? Per il destinatario interno, che è principalmente un radicale nazionale ucraino, i leader della "Chiesa ortodossa dell'Ucraina" e della Chiesa greco-cattolica ucraina sono falchi che incitano sentimenti "patriottici", che in realtà significano odio per il Donbass e per i suoi abitanti. Ma per il destinatario esterno, sono colombe della pace, che invocano amore e armonia.

In effetti, la risposta a questa domanda non è così importante. C'è un'altra cosa importante: mentre i politici possono cambiare posizione ogni volta che le circostanze cambiano, questo "spostamento del terreno" per i leader religiosi è fuori luogo. Se una persona che si definisce pastore dice una cosa oggi e un'altra domani, come ci si può fidare di lui? È "un uomo che ha l'animo oscillante e instabile in tutte le sue azioni" (Gc 1:8).

Sulla posizione della Chiesa ortodossa ucraina sul conflitto in Donbass

E ora ricordiamo le dichiarazioni del primate della Chiesa ortodossa ucraina, il metropolita Onufrij, e di altri suoi vescovi sul conflitto nell'Ucraina orientale. Nessuno ha mai sentito discorsi di incitamento all'odio da parte loro, dal momento che non hanno mai rilasciato dichiarazioni bellicose. Fin dall'inizio del conflitto, hanno esortato alla pace e alla fine delle ostilità. Ricordiamo come sua Beatitudine Onufrij e altri rappresentanti della Chiesa ortodossa ucraina non si siano alzati dai loro seggi alla Verkhovna Rada, alla seduta dell'8 maggio 2015, quando il presidente Poroshenko lesse i nomi dei militari che avevano ricevuto il titolo di Eroi dell'Ucraina durante le ostilità nel Donbass. Poi una raffica di indignazione cadde sulla testa del primate della Chiesa ortodossa ucraina, che dichiarò a tale proposito: "Non ci siamo alzati in piedi, perché era il nostro segno di protesta contro la guerra come fenomeno. Non vogliamo che la guerra continui sulla nostra terra. Non vogliamo che le persone si uccidano a vicenda. Vogliamo la pace e la benedizione di Dio sulla nostra terra".

Ricordiamo come il vescovo Viktor (Kotsaba), che allora era un archimandrita, disse nel 2015 che la Chiesa è sempre al di sopra delle convinzioni ideologiche e politiche, che il suo compito è la preghiera, un appello all'amore e al consenso: "La Chiesa non può schierarsi con nessuna parte della società, perché in quel caso cessa di essere la Chiesa. Deve fare di tutto per far riconciliare le persone che hanno litigato. Questo è il compito principale della Chiesa". Ricordiamo come, divenuto vescovo e capo della Rappresentanza della Chiesa ortodossa ucraina presso le Organizzazioni internazionali europee, ha ripetutamente chiesto la pace e ha chiesto aiuto alle organizzazioni internazionali lungo la strada.

"L'Ucraina ha bisogno di pace – questo è ciò per cui dobbiamo lottare insieme. Lo scontro armato ha già causato migliaia di vite, e qualsiasi morte nella guerra in Donbass è il dolore e le lacrime di madri, mogli e bambini. La missione della Chiesa in un simile situazione è chiedere la pace e la fine della guerra".

Ecco le parole del metropolita Antonij (Pakanich), Cancelliere della Chiesa ortodossa ucraina, da lui pronunciate durante la Grande Quaresima 2015: "Quest'anno la Quaresima è speciale per noi. Dopotutto, abbiamo attraversato un anno molto difficile. Il confronto politico è sfociato in uno spargimento di sangue. E ora, grazie a Dio, ci sono fragili speranze di pace. Come credenti, dobbiamo pentirci, superare lo spirito di aggressività e fanatismo. Allora, forse, Dio ci aiuterà a raggiungere la pace".

Ecco le sue parole, pronunciate pochi giorni fa: "La Quaresima è un tempo di prova della forza e della volontà spirituali. È anche un periodo per ripensare le nostre vite, perdonarci a vicenda, realizzare la carità e cercare di aggiustare ciò che da tempo ha lacerato i nostri cuori. L'aumento dei bombardamenti e, di conseguenza, il numero di vittime umane, numerose violazioni del cessate il fuoco, le afflizioni dei civili – tutto ciò causa un grande dolore e un grande desiderio che la pace si stabilisca finalmente in questa terra a lungo sofferente".

Un argomento a parte sono gli sforzi della Chiesa ortodossa ucraina per liberare i prigionieri di guerra. Grazie a questi sforzi, alla fine del 2017, più di 300 persone da entrambe le parti del conflitto hanno potuto tornare a casa dai loro vicini. Tutti loro (!) sono cittadini ucraini con passaporti ucraini. Ecco cosa disse all'epoca sua Beatitudine il metropolita Onufrij: "Lo scambio di prigionieri è il primo passo verso la fine della guerra in Donbass... La Chiesa opera solo nella sfera della misericordia; se non c'è compassione, non avremo alcun successo. Dobbiamo perdonarci a vicenda, e questo garantirà il rilascio dei prigionieri e il ritorno alle loro famiglie e l'arrivo della pace nel nostro stato..."

Ecco le parole pronunciate da sua Beatitudine nel 2019: "La nostra Chiesa si occupa da diversi anni della questione del rilascio dei prigionieri di guerra... Non entriamo in questioni legali su chi è colpevole e su chi non lo è, diciamo così: viviamo tutti davanti a Dio, e tutti sono colpevoli davanti a Dio – non c'è persona che non sia colpevole davanti a Dio. Il Signore ci perdona? Sì. Quindi perdonatevi a vicenda, come Dio perdona noi. Questo è il nostro principio, secondo il quale cerchiamo la liberazione dei nostri prigionieri di guerra".

Si dice che il lettore ricordi meglio l'ultima tesi letta. Pertanto, soffermiamoci su questo appello del Primate della Chiesa ortodossa ucraina: "Perdonatevi a vicenda, come Dio ci perdona". Questo appello è costantemente lanciato da sua Beatitudine Onufrij, e non è soggetto a ripensamenti o tradimenti. Questo perché il Vangelo è immutabile e chiunque predica veramente Cristo non può cambiare le sue convinzioni.

 
L'Ucraina spara sui suoi bambini, ma strilla per il "crimine" della morte in guerra dei suoi soldati

Giovedì 12 giugno due autobus che evacuavano i bambini da Slavjansk sono finiti sotto il fuoco dei posti di blocco della città, nonostante la scritta "bambini", ben visibile sui lati dei veicoli (foto Andrej Stenin, RIA Novosti), e bandiere bianche esposte ai loro lati. Bilancio: almeno tre feriti tra i passeggeri, e uno degli autobus distrutto.

Mercenari stranieri che non sanno leggere i caratteri cirillici? In tal caso, dovrebbero conoscere il significato di una bandiera bianca. Coscritti ignoranti che non sanno cosa sia una bandiera bianca? In tal caso, dovrebbero saper leggere la parola "дети" (almeno questo lo si deve concedere, al retaggio dell'istruzione sovietica).

Sparare coscientemente sui bambini è un gesto che non ammette alcuna giustificazione, ed era necessario che i "mezzi di distrazione di massa" trovassero un diversivo per nascondere la vigliaccata. Sono riusciti a trovarlo, camuffando abilmente come crimine un atto di guerra.

Nella notte tra il 13 e il 14 giugno la milizia della Repubblica di Lugansk ha abbattuto un aereo militare ucraino che portava un commando di 40 paracadutisti e 9 membri dell'equipaggio all'aeroporto di Lugansk in mani governative (i teppisti della "Guardia nazionale" si sono impadroniti degli aeroporti delle capitali del Donbass, solo perché sono luoghi deserti e fuori città: non sono riusciti a occupare, in due mesi di operazioni militari, altro che una singola cittadina di meno di 30.000 abitanti). Bilancio: aereo distrutto, nessun sopravvissuto.

Quale delle due notizie credete che abbia occupato le prime pagine di tutto il mondo "democratico"? Quale dei due "crimini" pensate che sia stato esecrato dal presidente delle Nazioni Unite? Per quale dei due eventi ritenete che la Procura Generale di Kiev (quella da cui Natalia Poklonskaja era riuscita a fuggire all'ultimo momento) abbia aperto un'indagine penale? Prego, signore e signori, la disinformazione è servita.

 
Chiesa ortodossa moldava: "Cessate la tortura morale della Chiesa"

mitropolia.md

La Chiesa ortodossa moldava chiede allo Stato di cessare di esercitare pressioni sulla Chiesa.

"La Chiesa avverte pressioni simili a quelle del periodo sovietico. Sempre più minacce vengono lanciate alla Chiesa e ai suoi servitori", scrive sua Eminenza il metropolita Vladimir di Chișinău e di tutta la Moldova.

La dichiarazione del metropolita fa riferimento alla recente affermazione del parlamentare Vasile Șoimaru secondo cui lo Stato potrebbe mettere al bando la Chiesa ortodossa moldava, una Chiesa autonoma del Patriarcato di Mosca ( affermazione smentita da diverse autorità politiche, tra cui il Presidente della Moldova ).

La risposta del metropolita Vladimir spiega l'illegalità di tali piani e sottolinea il ruolo storico e attuale della Chiesa ortodossa moldava nella vita del Paese.

E raccontando la pressione dello Stato contro la Chiesa e i suoi rappresentanti, il metropolita invita a "cessare la tortura morale della Chiesa".

Ecco la dichiarazione completa del metropolita Vladimir :

A nome del Sinodo della Chiesa ortodossa moldava, esprimiamo la nostra profonda preoccupazione in merito alle recenti dichiarazioni rilasciate dal signor Vasile Șoimaru, deputato del Parlamento della Repubblica di Moldova, durante una trasmissione televisiva, secondo cui esiste la possibilità di mettere al bando l'attività della Metropolia di Moldova.

Lo scioglimento legale della Chiesa ortodossa di Moldova violerebbe il diritto di espressione della coscienza religiosa di tutti i credenti ortodossi di questa Chiesa, che si troverebbero nell'impossibilità di frequentare la loro Chiesa. La Legge sui culti religiosi n. 125/2007, il quadro giuridico in base al quale i culti operano nella Repubblica di Moldova, stabilisce che la propaganda dell'odio religioso e dell'intolleranza religiosa manifestata attraverso atti che ostacolano il libero esercizio di un culto religioso costituisce un reato ed è punibile dalla legge. Secondo tutti gli standard giuridici, promuovere l'idea di sciogliere un culto seguendo il modello ucraino rappresenta un atto di intolleranza religiosa, manifestato nello spazio pubblico.

Le considerazioni della Corte europea per i diritti dell'uomo ci mostrano che una proposta di mettere fuori legge la Metropolia di Moldova rientrerebbe nella decisione della Corte europea per i diritti dell'uomo, con la quale lo Stato moldavo è già stato condannato per un'azione simile di non riconoscimento del diritto a esistere di un culto. Tale proposta dovrebbe essere respinta fin dall'inizio dal Parlamento della Repubblica di Moldova e dichiarata incostituzionale dalla Corte costituzionale della Repubblica di Moldova.

L'articolo 15 della legge sui culti stabilisce che questi sono autonomi dallo Stato, sono uguali davanti alla legge e non possono essere discriminati. Inoltre, lo Stato è obbligato a non intervenire nell'attività religiosa di un culto. Il paragrafo 5 dello stesso articolo afferma chiaramente: Lo Stato riconosce l'importanza speciale e il ruolo primordiale della religione cristiana ortodossa e, rispettivamente, della Chiesa ortodossa moldava nella vita, nella storia e nella cultura del popolo della Repubblica di Moldova.

La proposta di mettere al bando la Chiesa ortodossa moldava contraddice palesemente questo riconoscimento giuridico del ruolo della Chiesa ortodossa moldava nella vita, nella storia e nella cultura del popolo del nostro Paese.

La Metropolia di Chișinău e di tutta la Moldova è un'istituzione ecclesiastica con una lunga storia, che svolge un ruolo essenziale nella vita spirituale, culturale e sociale del nostro popolo. Il suo statuto menziona chiaramente l'indipendenza della Chiesa ortodossa moldava (Metropolia di Moldova), che svolge la sua attività in conformità con i canoni e la tradizione cristiana ortodossa.

Siamo profondamente indignati per l'atteggiamento di alcune istituzioni statali coinvolte nell'intimidazione dei sacerdoti. I sacerdoti ricevono visite a domicilio da rappresentanti delle forze dell'ordine e sono costretti a firmare varie dichiarazioni poco chiare. Alcuni vescovi e servitori sono stati trattenuti ai valichi di frontiera e perquisiti a fondo senza motivo. Oggi la Chiesa sente pressioni simili a quelle del periodo sovietico. Sempre più minacce vengono rivolte alla Chiesa e ai suoi servitori.

Sin dalla formazione della Repubblica di Moldova, la Chiesa ortodossa di Moldova è stata al fianco dei cittadini, sostenendo l'indipendenza e la sovranità del nostro stato. Inoltre, la Metropolia ha sempre promosso buoni rapporti con i nostri vicini, come dimostrato nei primi giorni della guerra in Ucraina, quando la Chiesa è stata una delle prime istituzioni a venire in aiuto dei rifugiati dall'Ucraina, offrendo loro alloggio nei monasteri e aiuti per tutte le necessità.

Siamo convinti che in uno Stato di diritto, in cui vengono rispettati i valori democratici e la libertà religiosa, non si possa parlare di vietare un'istituzione religiosa che contribuisce in modo significativo a preservare i valori e l'identità nazionale.

Invitiamo le autorità statali a cessare la tortura morale della Chiesa. Altrimenti, se queste persecuzioni non cessano, ci impegniamo a portarvi faccia a faccia con il popolo credente della Moldova, affinché spieghiate loro perché state colpendo con veemenza la Chiesa della nostra nazione.

Chiediamo calma e discernimento nell'approccio a temi così delicati e invitiamo tutti coloro che sono coinvolti nella vita pubblica a promuovere il dialogo e la comprensione reciproca, evitando così ogni forma di incitamento all'odio o alla divisione.

 
Un vescovo serbo spiega come risolvere il problema dello scisma nell'Ortodossia

il vescovo Irinej (Bulović) di Bačka. Foto: Pravlife

Il vescovo Irinej di Bačka ha spiegato la sua idea di un nuovo incontro nel "formato di Amman" e perché il capo del Fanar si rifiuta di convocare un incontro pan-ortodosso.

Il vescovo Irinej (Bulović) di Bačka della Chiesa ortodossa serba ha spiegato, in un'intervista all'edizione di "Politika" di Belgrado, come risolvere il problema dello scisma nell'Ortodossia.

"È necessario parlare di come superare questo problema", ha detto il vescovo, commentando i recenti appelli delle Chiese russa e di Gerusalemme a tenere un nuovo incontro nel "formato di Amman". "Dovrebbero essere tenuti incontri in diversi formati, bilaterali e multilaterali, e il più opportuno e fruttuoso sarebbe un formato conciliare, pan-ortodosso".

Tuttavia, come affermato dal vescovo Irinej, il patriarca di Costantinopoli si rifiuta di convocare una conferenza pan-ortodossa per un periodo indefinito.

Secondo il vescovo, ciò è dovuto alla convinzione del capo del Fanar che lui "in ogni caso è il primo vescovo della Chiesa ortodossa in rango e ha il diritto di agire in modo indipendente in materia di giurisdizione e autocefalia delle Chiese locali, senza tenere conto della loro opinione, anche se questa è l'opinione della maggioranza o generalmente l'opinione universale".

Purtroppo, ha aggiunto il vescovo della Chiesa ortodossa serba, "questa retorica delle rive del Bosforo è troppo simile alla retorica delle rive del Tevere in Italia".

"La 'Nuova Roma', Costantinopoli, Tsargrad, oggi Istanbul, sembra, voglia diventare in senso ecclesiastico una copia esatta della 'vecchia Roma', peraltro una copia della sua versione papale del secondo millennio dell'era cristiana, versione che la Chiesa ortodossa guidata proprio dal Patriarcato di Costantinopoli, giustamente chiamata la "Grande Chiesa di Cristo", non ha mai accettato prima e, ne sono convinto, non sarà d'accordo in futuro ", ha detto il vescovo Irinej di Bačka.

In precedenza, l'Unione dei giornalisti ortodossi ha scritto che il vescovo Irinej ha definito le condizioni in base alle quali il capo del Fanar può riguadagnare la reputazione e la fiducia perse dopo aver interferito nella situazione della chiesa in Ucraina.

 
Storia e santità della Rus’ Carpatica

Parlare della Rus’ Carpatica è sempre importante per gli ortodossi: terra ancestrale dei popoli della Rus’, sottoposta attraverso tutte le epoche storiche (anche quella presente) a ogni sorta di persecuzione e vessazione, eppure in grado di risorgere continuamente nella continua tradizione della vera fede in Cristo risorto. L’articolo che padre Andrew Phillips ha preparato sul sito Orthodox England, e che presentiamo in traduzione italiana nella sezione “Geopolitica ortodossa” dei documenti, è un saggio ormai vecchio di anni, ma che potrebbe essere stato scritto ieri (e che spiega, tra l’altro, molte cose sulla crisi ucraina oggi in corso). Soprattutto, è un tributo a un santo straordinario, l’archimandrita Aleksij (Kabaljuk), apostolo del popolo russino, e a diversi altri confessori della fede ortodossa che in questa terra si è mantenuta con un vigore straordinario, e offre speranze agli ortodossi isolati e perseguitati in tutto il mondo.

 
Il messianismo russo: una tavola rotonda

"È possibile che oggi in Occidente siamo noi a odiare la Russia perché ha le sue radici distintive, la sua storia e i suoi legami?"

"La ritirata di Napoleone da Mosca" di Adolph Northen

Diverse settimane fa, Landmarks ha pubblicato il saggio di Paul Grenier sul messianismo americano. Di seguito, presentiamo una conversazione sul tema del messianismo russo che si è svolta, da remoto, nel corso di diverse settimane.

Informazioni sui partecipanti: Gordon Hahn è uno scienziato politico che ha scritto numerosi articoli e cinque libri sulla Russia e gli affari internazionali. Il suo saggio più recente per Landmarks è stato Berdyaev and the Ukraine War. Victor Taki è uno storico interessato agli intrecci balcanici della Russia imperiale e alla storia intellettuale russa del XVIII e XIX secolo. Il suo saggio più recente in Landmarks riguardava il tema del contenimento. Paul Robinson è professore presso la Graduate School of Public and International Affairs presso l'Università di Ottawa. I suoi lavori pubblicati includono, più di recente, libri sul conservatorismo russo e sul liberalismo russo. Paul Grenier è l'editore di Landmarks e uno dei fondatori del Simone Weil Center. I suoi interessi includono la filosofia politica e la storia intellettuale russa.

GRENIER: Una riflessione sobria sul tema del messianismo russo è piuttosto difficile oggi. Il pubblico, vale a dire il pubblico occidentale, è stato preparato per più di un secolo a credere per fede che la Russia abbia ambizioni insaziabili. Prima era la Russia imperiale a voler conquistare tutta l'Europa e grandi fette dell'Eurasia. Poi era l'URSS a voler conquistare il mondo. Come ha recentemente sottolineato Victor Taki qui in Landmarks, sebbene i primi bolscevichi avessero effettivamente ambizioni tanto irrealistiche, e anche se la maggior parte degli occidentali ha dato per scontato che quelle stesse ambizioni persistessero fino alla Perestrojka, in realtà l'URSS tornò alla tradizione secolare della Russia di bilanciamento delle grandi potenze già a metà degli anni '30.

Oggi, sulla scia dell'invasione russa dell'Ucraina del 24 febbraio 2022, è stato facile evocare ancora una volta l'immagine di una Russia famelica intenzionata a divorare i suoi vicini. Come ha detto Joe Biden appena l'8 giugno scorso a Parigi, "Putin non si fermerà all'Ucraina. Tutta l'Europa sarà minacciata". Con un messaggio così persistente per così tanto tempo, è difficile contrastare la percezione che la Russia sia semplicemente naturalmente incline al dominio globale.

Le esagerazioni e la falsità di questo quadro sono state, naturalmente, regolarmente criticate su queste pagine. E tuttavia sarebbe altrettanto falso cadere nell'estremo opposto e fingere che la Russia non abbia alcuna ambizione, nemmeno nel suo vicino estero, o affermare che la Russia non abbia alcun pensiero messianico.

A rischio di cadere nella psicologia pop, mi sembra che anche la mentalità russa tenda verso la certezza dogmatica, e questo porta con sé una certa propensione al pensiero messianico. Ciò che intendo dire è che non viene naturale ai russi dire: "Beh, questo e quello è ciò che mi capita di pensare, ma è solo la mia opinione personale". No. Ciò che pensano sia vero, è vero in quanto tale e per tutti. Questo "temperamento tipicamente russo" ha sia punti di forza che di debolezza. Nel migliore dei casi rende i russi filosofi. Nel peggiore dei casi li rende tirannici. Robinson, nel suo libro sul liberalismo russo, sottolinea un punto simile quando nota ciò di cui mi sono spesso meravigliato: i liberali in stile russo governerebbero allegramente i loro concittadini "stupidi russi" con il pugno di ferro e gli inculcherebbero il liberalismo, che gli piaccia o no.

E tuttavia questo stesso temperamento russo non porta necessariamente alla mentalità messianica "da crociati". Potrebbe farlo. E tuttavia, come è stato appena illustrato nell'articolo su Landmarks di Gordon Hahn sul celebre filosofo russo Nicholas Berdjaev (1874-1948), la certezza di un filosofo russo sulla verità della propria visione potrebbe essere ancora molto diversa dal crociato messianico del tipo condannato da Hans Morgenthau. Morgenthau, naturalmente, è stato uno dei fondatori della scuola americana di realismo negli affari internazionali.

Nello stesso saggio, Hahn sottolinea che Berdjaev riteneva che la fede cristiana, essendo vera, fosse quindi di importanza universale. Berdjaev sosteneva anche che Russia, Ucraina e Bielorussia appartenessero a un unico spazio politico-culturale. Senza dubbio, secondo gli standard odierni, ciò è già sufficiente a costituire un pericoloso tipo di messianismo. Ma è così?

Come ha sottolineato Hahn (e questo concorda con la mia interpretazione di Berdjaev), Berdjaev era un pensatore del tipo che, nonostante (o meglio, a causa di) i suoi "impegni metafisici", si rendeva perfettamente conto che ciò che può essere in ultima analisi e universalmente vero non coincide con ciò che è contingentemente necessario e appropriato in luoghi e tempi particolari. Sapeva benissimo che popoli diversi hanno le loro storie e i loro valori che non possono essere semplicemente ignorati. Nella misura in cui, quindi, si applica la parola "messianico" a Berdjaev, o in effetti a molti altri importanti pensatori russi, si dovrebbe fare con l'avvertenza che il loro non è un tipo di messianismo "crociato", ma qualcosa di più sottile e complesso.

Darò quindi per scontato, a meno che qualcuno non abbia obiezioni, che è importante distinguere le diverse varietà di messianismo che possono esistere in Russia.

Per quanto riguarda la guerra in Ucraina, secondo me, le sue cause sono quasi l'opposto di come vengono descritte nelle fonti mainstream come la rivista Foreign Affairs o i briefing del Dipartimento di Stato americano. Oppure, anche se si dovesse accettare, per amore di discussione, che la Russia ha sempre mirato a riconquistare violentemente l'Ucraina (e la Bielorussia), e che la prospettiva dell'apertura di basi navali NATO in Crimea non ha nulla a che fare con le decisioni di Putin, anche in quel caso mi sembra che il caso dell'Ucraina sia sui generis, e non abbia implicazioni evidenti per il messianismo russo in quanto tale. Pertanto, propongo di mettere tra parentesi, per il bene della nostra discussione attuale, la guerra in Ucraina, e di concentrarci invece sul messianismo russo in termini più generali.

HAHN: Penso che tu abbia ragione riguardo alle ipotesi tipiche diffuse in Occidente non solo sulla Russia, ma più in generale su "regimi come la Russia"; esse in effetti ostacolano un'analisi sobria delle realtà ideologiche non occidentali.

La teoria della pace democratica, un'evoluzione del messianismo repubblicano utopico, si rivela un'ipotesi curiosamente comoda. Poiché i regimi democratici presumibilmente non vanno mai in guerra tra loro, si può e si deve dedurre che l'autoritarismo è la causa di tutte le guerre. In questo modo, le guerre tra democrazie apparenti o autodichiarate e regimi autoritari sono sempre il risultato di azioni dei regimi autoritari, in quanto sono deviazioni inevitabili dalla linea escatologica (vale a dire, la "corretta" "fine della storia"). Quindi, i regimi autoritari sono sempre da biasimare per l'esistenza della guerra, e sono loro che costringono le democrazie a combattere "per difendersi" e "rendere il mondo sicuro per la democrazia". Se un colpo di stato occidentale progettato per "espandere la comunità delle democrazie" porta a una guerra civile in un paese che gli occidentali non capiscono né si preoccupano particolarmente di capire, e in risposta interviene un regime autoritario, è il regime autoritario e solo il regime autoritario ad avere la responsabilità. L'azione militare del paese autoritario non è stata provocata dalle politiche occidentali e dalle loro conseguenze, ma piuttosto dalla cultura arretrata degli autoritari, che sono intrinsecamente e permanentemente decisi a distruggere la democrazia. Sulla stessa falsariga, sentiamo spesso dire che "la Russia di Putin" o "la Cina di Xi" ci odiano per il nostro "stile di vita democratico" e quindi vogliono distruggerlo. Pertanto, presumibilmente, dopo l'Ucraina, la Russia marcerà sui Paesi Baltici, la Cina su Taiwan, ecc.

Ma potrebbe essere che oggi in Occidente siamo noi a odiare la Russia per le sue radici distintive, la sua storia e i suoi legami? Indubbiamente, molti oggi in Occidente odiano la Russia perché questa ha una casa e onora le sue tradizioni. L'attaccamento alla tradizione religiosa è visto come un sacrilegio in Occidente, un grave peccato contro la laicità.

Penso sia abbastanza possibile che questa dinamica, alimentata dalla non accettazione da parte dell'Occidente della differenza russa (il suo non liberalismo, ecc.), possa innescare una reazione eccessiva da parte russa e dare origine a un nuovo messianismo russo che vada ben oltre l'idea religioso-culturale originaria della Russia come Terza Roma. Ciò potrebbe essere innescato dalla guerra NATO-Russia-Ucraina, o forse da un cataclisma ancora più grande.

La Russia diventerà più simile al suo nemico, come l'Occidente – Stati Uniti, Europa, Israele – sta diventando più simile ai suoi nemici, reali e immaginari? Una reazione russa al suo recente passato secolare e all'attuale minaccia secolare dell'Occidente contrasterà con la sua forma aggressiva e "crociata" di messianismo religioso? Penso che ci siano buone ragioni per pensare che potrebbe benissimo accadere. Mettendo da parte il rischio di una guerra nucleare, non è impossibile immaginare che Russia e Occidente possano cadere in un lungo conflitto di due messianismi incompatibili.

GRENIER: Quali idee e quali scrittori ritieni possano essere le possibili fonti di un messianismo russo "crociato" di questo tipo più pericoloso? Si possono classificare i messianismi russi in categorie benevole, malevole e intermedie (o ambigue)?

HAHN: Non sono sicuro che si possano classificare ordinatamente le ideologie come rientranti, come suggerisci, ordinatamente in una o nell'altra di queste categorie. Dopo tutto, ciò che può sembrare "benevolo" in teoria può diventare malevolo nella pratica. Ma ci sono chiaramente alcune idee piuttosto stravaganti - attualmente di scarsa importanza reale all'interno della Russia, per certo - che potrebbero diventare importanti in seguito a un cataclisma.

Un esempio di ciò che ho in mente sono le tendenze anti-occidentali e messianiche che sono presenti in Russia già da molto tempo, come illustrato dal romanzo futuristico del 2006 di Mikhail Jur'ev Tret'ja Imperija (Il terzo impero). Jur'ev (1959-2019), un biologo molecolare di formazione, è stato anche un imprenditore di successo e un membro della Duma di Stato russa. Nel suo romanzo, una Russia ortodossa russa rinata, quasi imperiale, sconfigge l'Occidente in una guerra nucleare e arriva a governare il mondo. Jur'ev riflette qui un risentimento russo contro l'Occidente e un desiderio di vendetta.

Si tratta di un esempio estremo e le tendenze recenti sono meno aggressive e più sottili, ma un aspetto della nuova direzione intrapresa dalla Russia è comunque chiaro: la Russia sta abbandonando il suo mondo localizzato per entrare in un contesto regionale più ampio o addirittura globale ("universale").

I filosofi politici russi Aleksandr Panarin (1940-2003) e Aleksandr Dugin sono stati gli esempi più importanti del semi-universalismo contemporaneo del neo-eurasianismo. Panarin ha proposto una visione globale russo-eurasiatica e ambiziosi progetti di integrazione eurasiatica. Per Panarin, il principale successo creativo della civiltà russa (rossiiskaja, cioè russa nel senso più ampio, non etnico) è la sua capacità di formare grandi sintesi interetniche, una capacità che è stata incoraggiata dalla sua padronanza delle vaste distese delle steppe. C'è un accenno qui all' "otzyvchivost russo" di Alexander Pushkin, così famoso per essere stato elogiato da Dostoevskij durante il suo discorso in lode del poeta nazionale russo. La parola "otzyvchivost" si riferisce qui alla capacità di entrare con simpatia nello spirito delle culture straniere, di comprenderle dall'interno e alle loro condizioni. Panarin non si preoccupa particolarmente del fatto che l'Occidente "non solo non abbia accettato (la Russia) nella 'casa europea', ma abbia anche cercato di bloccarla e isolarla all'interno dello spazio post-sovietico usando sentimenti anti-russi".

Molti russi, tra cui, a quanto pare, il presidente Vladimir Putin, sono stati influenzati da gran parte del programma proposto da Panarin nel suo volume del 1998, La vendetta della storia (Revansh Istorii). Secondo Panarin, il ruolo "messianico" della Russia è quello di "proporre ai popoli dell'Eurasia una nuova, potente, super-energetica sintesi" basata sul "conservatorismo popolare" e sulla "diversità di civiltà". Il principio fondamentale della "missione del conservatorismo popolare" russo-eurasiatica è il "conservatorismo socio-culturale", il cui obiettivo è preservare le culture tradizionali dell'Eurasia e del mondo, i misticismi religiosi, la diversità etnica e di "civiltà e pluralismo" dalla globalizzazione inquadrata nell'Occidente, dall'omogeneizzazione culturale e dall'attrazione dell'intellighenzia liberale di sinistra per "il semi-bohémienismo" (polubogema) e "l'edonismo consumistico" di massa e urbano. Panarin ritiene che l'Eurasia ortodossa darà vita a un "nuovo paradigma storico dell'umanità". Nonostante la sua debolezza economica rispetto sia all'Occidente che alla Cina dell'Eurasia, la Russia può condurre l'Eurasia e il mondo verso un nuovo mondo post-industriale, eco-culturale e multi-civiltà che rifiuta il "tecnologismo" anticulturale, il consumismo e l'omogeneità della visione del mondo americana "senz'anima" che minaccia la natura e le culture nazionali. Per coloro che hanno familiarità con il precedente Panarin, è evidente che i recenti scritti di Dugin sul "multipolarismo" sono in gran parte derivativi.

GRENIER: Per il bene dei non russofoni, penso che sia necessario notare, Gordon, che il punto di vista espresso nel romanzo Tret'ja Imperija, almeno al momento, non ha seguito in Russia. Le uniche recensioni che ho potuto trovare su Yandex.ru - in altre parole, recensioni scritte da russi in Russia - hanno messo in ridicolo il romanzo di Jur'ev. [1] Ma il tuo punto rimane valido per tutto questo. Pensare seguendo linee più o meno simili potrebbe, come dici, diventare importante dopo un cataclisma...

Victor Taki, cosa ne pensi?

TAKI: Dicono che non importa cosa i russi inizino a costruire, finiscono sempre per produrre un carro armato. Allo stesso modo, non importa quanto io cerchi di riflettere sulla politica o sulla filosofia, finisco sempre per scrivere di storia.

Per messianismo intendo una credenza in una missione speciale del proprio paese per salvare il mondo, o parti di esso; è una credenza che influenza fortemente, anche se non determina completamente, la condotta internazionale di una nazione. Correlato al messianismo è l'eccezionalismo, o una credenza nella superiorità spirituale della propria nazione, una credenza che è spesso di origine religiosa. Nella misura in cui l'eccezionalismo afferma la relazione speciale di una particolare comunità con Dio, non implica necessariamente il messianismo, che riguarda la missione speciale di una persona rispetto agli altri o al mondo. Allo stesso tempo, non riesco a pensare a un esempio storico di messianismo che non si basi su una forma di eccezionalismo.

Ogni tentativo di discutere la dimensione russa dell'eccezionalismo e del messianismo non può evitare la proverbiale teoria di "Mosca la Terza Roma", espressa più chiaramente dal monaco Filoteo in un discorso al Granduca Vasilij III all'inizio del XVI secolo. È importante riconoscere, tuttavia, che questo concetto affermava lo status di Mosca come unica "Città di Dio" esistente, e non implicava una missione per liberare o restaurare le due precedenti Rome che erano cadute. Proprio come il concetto di Mosca come la nuova Gerusalemme promosso un secolo e mezzo dopo dal Patriarca Nikon, la nozione di "Mosca la Terza Roma" non era accompagnata da un programma geopolitico. Dovrebbe quindi essere vista come un esempio di eccezionalismo nazionale basato sulla religione, ma non di messianismo.

Un'inconfondibile influenza bizantina traspare in entrambe queste varianti dell'eccezionalismo russo primitivo, formulate rispettivamente subito dopo la fine del dominio mongolo e sulla scia del Periodo dei torbidi (1598-1613). In entrambi i casi, la conferma della speciale relazione del paese con Dio era fondata non tanto sulla sua grandezza mondana, quanto sulla portata dei suoi travagli e delle sue sofferenze (come nel caso di Giobbe e di tutti coloro che Dio ama in modo speciale). Gli echi di questo "eccezionalismo della sofferenza" si sarebbero poi uditi nella letteratura e nella storiografia russa molto tempo dopo che la teologia politica moscovita fu superata dalle riforme petrine e dall'occidentalizzazione che esse comportarono.

La storia della trasformazione della Russia portata avanti da Pietro il Grande, che regnò dal 1682 al 1725, serve da utile promemoria di quanto presto questo eccezionalismo nazionale basato sulla religione sia stato sfidato, se non addirittura sostituito del tutto, da una mentalità d'élite molto diversa. L'egocentrismo della Moscovia ha lasciato il posto a una sete di mode e significati europei. Se la Russia è rimasta eccezionale nelle menti delle élite occidentalizzate del periodo post-petrino, lo ha fatto in virtù dell'eccezionalità di Pietro il Grande e della portata e del successo dell' "apprendimento dall'Europa" che aveva avviato. La storia di Nicholas Rjasanovskij del "mito petrino" nella cultura russa ne fornisce alcune sorprendenti illustrazioni (penso, in particolare, alla proposta semi-scherzosa dello storico e giornalista russo del XIX secolo Mikhail Pogodin di rinominare la Russia "Petrovija"). Senza negare l'esistenza dell'eccezionalismo russo, si devono quindi riconoscere i suoi limiti e le sue discontinuità.

Simili limitazioni e discontinuità caratterizzano la storia del messianismo russo, la cui prima manifestazione storica può essere vista nelle relazioni della Moscovia con l'"Oriente ortodosso". I legami della Russia con le élite correligionarie dell'Europa sud-orientale costituivano forse la forma più importante del suo "soft power" prima del 1917. La "protezione", o persino la "liberazione" dei correligionari ortodossi della Russia fornirono, a prima vista, il motivo principale dietro la lunga serie di guerre che la Russia intraprese contro l'Impero ottomano tra la fine del XVII e la fine del XIX secolo.

Un esame più attento, tuttavia, rende necessario aggiungere più qualificatori a tale affermazione. In primo luogo, la missione di liberare i correligionari fu chiaramente suggerita agli imperatori russi dalle stesse élite cristiane dell'Europa sud-orientale. Le sue prime iterazioni provenivano in realtà dai sstenitori dell'Unione con Roma, i cui papi rinascimentali e post-rinascimentali tentarono ripetutamente di trascinare la Moscovia nella Lega Santa. In secondo luogo, gli imperatori furono notevolmente lenti ad assumersi questa missione e ad abbandonare le relazioni generalmente pacifiche con gli ottomani che erano state la norma durante il primo periodo moderno. In terzo luogo, la considerevole occidentalizzazione delle élite russe nel corso del diciottesimo e della prima metà del diciannovesimo secolo spiega perché i militari e i diplomatici imperiali inizialmente concepirono "la politica orientale" in termini secolari, ovvero come una missione per estrarre i popoli balcanici dalla "barbarie" orientale e portarli nella "civiltà" europea.

Solo quando la "politica orientale" della Russia inciampò nei crescenti nazionalismi balcanici e in una coalizione europea (al tempo della guerra di Crimea), le élite russe reinterpretarono la loro missione storica in termini specificamente anti-occidentali, pan-ortodossi o pan-slavi (si pensi a Fjodor Tjutchev, Mikhail Pogodin, Nikolaj Danilevskij, Rostislav Fadeev e Ivan Aksakov, tra gli altri luminari della causa slava nel XIX secolo). Tuttavia, non appena ciò accadde, la tensione e persino l'inconciliabilità tra le varianti pan-slava e pan-ortodossa di questa missione furono portate alla ribalta dal filosofo Konstantin Leont'ev (1831-1891), le cui riflessioni religiose erano altrimenti più strettamente collegate a questioni di politica estera di quanto non fosse il caso di qualsiasi altro rappresentante del pensiero religioso russo. Tutte queste considerazioni suggeriscono che, sebbene tangibile, il messianismo russo prerivoluzionario era soggetto a tante qualifiche quante lo era l'eccezionalismo russo. Non si dovrebbe quindi sopravvalutare il suo posto nella mentalità dei governanti e delle élite russe, per non parlare del suo ruolo nel plasmare l'effettiva condotta politica estera della Russia imperiale.

Per quanto riguarda il periodo successivo al 1917, il messianismo rivoluzionario dei primi anni sovietici è ugualmente innegabile. Il recente libro di Jurij Slezkin La casa del governo traccia alcuni importanti parallelismi tra la mentalità dei "vecchi bolscevichi" e quella dei protestanti radicali dei primi giorni della Riforma, come Thomas Muntzer o Jan di Leida. Ci si chiede, tuttavia, quanto specificamente "russo" fosse in realtà questo primo messianismo sovietico e quanto sia durato in realtà. Nel campo della politica estera, il "Termidoro" di Stalin della metà degli anni '30 consisteva nello sforzo di far rivivere essenzialmente l'Intesa attraverso accordi di "sicurezza collettiva" e negoziati con una Francia riluttante e con una Gran Bretagna ancora più riluttante. Il famoso (o infame) patto di non aggressione di Stalin equivaleva in un certo senso a un tentativo di seguire il consiglio del 1914 di Peter Durnovo a Nicola II. [2] Per quanto diverse, entrambe le politiche sembrano un esempio di realpolitik (anche se fallimentare) piuttosto che di messianismo rivoluzionario.

Altri partecipanti a questa discussione sono molto più preparati a commentare il messianismo di Berdjaev e degli eurasianisti. Farò solo notare che le loro visioni del ruolo della Russia nella storia mondiale o della sua missione rispetto ai popoli dell'Eurasia sono state formulate in gran parte al di fuori della Russia e hanno avuto un impatto ben limitato sulle politiche interne di Mosca o sulla sua condotta internazionale prima del 1991. Quest'ultimo periodo è stato molto più influenzato dalla logica del bipolarismo e dalla retorica della competizione tra e/o della coesistenza dei due sistemi. Per quanto riguarda il periodo successivo al 1991, ha rivelato, a mio parere, non solo un notevole interesse verso le idee eurasianiste all'interno della Russia, ma anche la loro limitata capacità di svolgere il ruolo di un linguaggio comune tra la Russia e i paesi del "sud globale". Questi ultimi devono necessariamente avere una visione negativa della metafisica eurasianista poiché continuano a parlare il linguaggio quasi marxista dell'anti-imperialismo e dell'anticolonialismo una volta sentito da Mosca.

In queste condizioni, il discorso della multipolarità potrebbe ben svolgere il ruolo di denominatore comune tra queste tendenze disparate. All'interno di questo approccio, la missione della Russia potrebbe essere definita come la promozione su scala globale della vecchia nozione europea di politica internazionale come equilibrio tra entità sovrane. In effetti, la continua esistenza della Russia come tale entità dipende molto dal successo di questa missione.

ROBINSON: Victor Taki solleva un punto importante sulla relazione tra eccezionalismo e messianismo. Il primo non conduce necessariamente all'altro, ma è forse un prerequisito necessario per esso. Per comprendere il messianismo russo, è quindi necessario prima analizzare la natura dell'eccezionalismo russo. Questo è spesso frainteso, poiché le persone tendono a immaginarlo come uguale all'eccezionalismo occidentale, o forse a quello più strettamente americano. Ma i due sono significativamente diversi, il che significa che anche il messianismo russo risultante è diverso.

Si può considerare l'eccezionalismo come avente due componenti: un senso di differenza; e un senso di eccellenza. Come tutte le forme di identità, questo si basa sul confronto con qualche "altro". Per l'Occidente, l'altro è chiunque altro. L'Occidente si considera sia diverso che superiore al resto del mondo. Il suo messianismo è quindi universalistico. Vede il suo ruolo come la diffusione della propria eccellenza a chiunque altro.

Al contrario, il punto di paragone della Russia è più limitato. È l'Occidente. L'eccezionalismo russo implica l'enfatizzazione di ciò che differenzia la Russia dall'Occidente e in quali modi si potrebbe dire che la Russia incarni un'eccellenza di cui l'Occidente è privo.

Ciò significa che l'eccezionalismo russo e quindi il messianismo russo non sono intrinsecamente universalistici alla maniera delle loro controparti occidentali. Sono più interessati a separare la Russia dall'Occidente che a convertire tutti gli altri ai modi russi. Il comunismo, a mio avviso, era una specie di aberrazione in questo senso e, a differenza di Berdjaev, che vedeva il comunismo come una manifestazione del messianismo russo, io tenderei a considerarlo invece come una forma di universalismo occidentale imposto artificialmente e forzatamente sulla Russia.

Tutto ciò, tuttavia, solleva la questione di cosa differenzi la Russia dall'Occidente. In generale, le risposte dei russi a questa domanda hanno enfatizzato la spiritualità. Pochissimi hanno mai affermato che le istituzioni politiche, economiche o persino culturali della Russia siano superiori. Gli eccezionalisti russi hanno ammesso che in queste aree la Russia è indietro e ha molto da imparare dall'Occidente. La Russia, tuttavia, è presumibilmente una terra in cui le persone hanno mantenuto una mentalità spirituale, una "totale unità" (vseedinstvo), una "completezza di spirito", che l'Occidente individualista, materialista e sempre più ateo ha perso.

La missione della Russia deriva da questo senso di eccezionalità. Storicamente non è stata una missione politica o economica (il comunismo, di nuovo, lo considero un'aberrazione più occidentale che russa). Piuttosto è stata una missione spirituale: in primo luogo, preservare l'eccellenza spirituale della Russia resistendo alle pressioni dell'occidentalizzazione, e in secondo luogo, una volta preservata, esportarla in Occidente, salvando così quest'ultimo da se stesso. La prima parte, però, è fondamentale. Prima che la seconda parte possa essere realizzata, la Russia deve prima difendere la propria indipendenza.

La tendenza occidentale a considerare la Russia come un inferno intenzionato a dominare la politica globale è quindi forse più una proiezione delle tendenze dell'Occidente stesso che una descrizione realistica dei desideri russi. Detto questo, da questa visione del mondo può emergere una missione politica globale. Perché se coloro che sostengono che la Russia è la depositaria dei valori e delle convinzioni che l'Occidente un tempo aveva ma che ora ha perso giungono alla conclusione che l'Occidente si è posto il compito di distruggere quei valori e quelle convinzioni ovunque esistano ancora (anche in Russia), potrebbero giungere alla conclusione che è necessaria una risposta politica energica, che darà alla Russia un ruolo di guida nella lotta contro le ingerenze dell'occidentalismo senza Dio.

Ed è proprio questo che è gradualmente accaduto. Hahn menziona Panarin. La sua filosofia un tempo aveva pochi seguaci. Ora, è più o meno apertamente sostenuta da alti funzionari russi, sebbene ampiamente spogliata dei suoi orpelli eurasiatici. Questo non è un messianismo in stile occidentale che richiede che tutti gli stati adottino un unico stile di vita. Piuttosto, come nota Hahn, è uno che richiede che a tutti sia consentito di decidere da soli come vivere. Il ruolo della Russia è quello di essere il promotore di un nuovo ordine multipolare, fondato su una molteplicità di civiltà distinte. Combattendo l'Occidente, sostiene, sta aiutando a liberare il mondo dalle catene del neocolonialismo liberale occidentale.

Victor Taki suggerisce che questo concetto difficilmente aiuterà la Russia ad attrarre il sud del mondo, poiché è troppo confuso con la "metafisica eurasiatica" e il "linguaggio quasi marxista dell'anti-imperialismo e dell'anti-colonialismo". Su questo punto, non sarei d'accordo. Mi sembra che il Cremlino stia ricorrendo al linguaggio della civiltà in gran parte perché fornisce uno strumento per ottenere se non il sostegno, almeno la neutralità, di quella parte del mondo che non appartiene all'Occidente collettivo. La retorica del civilismo si verifica sempre più accanto ai riferimenti alla lotta anti-coloniale e sembra risuonare con il pubblico non occidentale.

Come punto finale, vorrei tuttavia notare che il discorso su un mondo multicivilizzato ha uno scopo decisamente strumentale. Il suo vero scopo (almeno, sospetto, per il Cremlino) non è salvare il mondo dall'Occidente, ma salvare la Russia dall'Occidente. Hahn commenta che il messianismo russo può essere visto come una reazione al messianismo occidentale. In quanto tale, la sua preoccupazione ultima è la relazione della Russia con l'Occidente piuttosto che lo stato del mondo nel suo complesso. Questo potrebbe spiegare perché l'Occidente ne sia molto più preoccupato di chiunque altro.

GRENIER: Sta emergendo un consenso sul fatto che il moderno messianismo russo abbia ambizioni limitate (anche se questo potrebbe cambiare). Il "messianismo" russo, a quanto pare, almeno al momento riguarda principalmente la protezione della Russia, ed è con questo stesso obiettivo in mente che cerca di "difendere" le nazioni non occidentali nel Sud del mondo dal messianismo occidentale. Che tale posizione sarà interpretata dall'Occidente come aggressione contro l'Occidente è ovvio. Sono pienamente d'accordo con Hahn su questo punto.

Hahn nota anche che la teoria della pace democratica giustifica la guerra permanente dell'Occidente contro i suoi nemici. Chi sono questi nemici? Sono luoghi fuori dal controllo dell'Occidente e, in genere, al di là della sua comprensione e persino del suo interesse. Un altro punto sollevato da Hahn mi sembra di grande interesse, per ragioni che spiegherò più avanti: afferma che l'odio occidentale per le società tradizionali e/o non liberali (definite "autoritarie") è probabilmente mescolato alla gelosia.

La panoramica di Taki sulla storia della politica estera russa suggerisce che la posizione predefinita della Russia di avere obiettivi limitati deriva dalla sua tradizione di realismo. Questo realismo è il frutto del lungo contatto dello stato russo con la realtà e della capacità dei suoi leader di trarre conclusioni intelligenti da tale contatto. È illustrativo, e aggiungerei pedagogico per il lettore occidentale, che Taki approfondisca così tanto i dettagli della storia del suo paese d'origine. La Russia, come uno dei suoi leader ha recentemente illustrato molto pubblicamente (nell'intervista con Tucker Carlson), è un paese che vive nella storia... a differenza di certi altri paesi.

Robinson, in una svolta hegeliana, sottolinea che tutte le identità umane dipendono da un confronto con un "altro". Aggiunge che, per l'Occidente, tale "altro" è il resto del mondo, mentre per la Russia, è solo l'Occidente a essere "l'altro". Ciò aiuta a spiegare le ambizioni limitate della Russia. Non solo quest'ultima non si interessa del mondo intero, ma non sta nemmeno cercando di convertire il mondo in se stessa (con l'eccezione, come notato, di Ucraina e Bielorussia, che considera parte della stessa civiltà - vedi su questo argomento l'articolo di Matthew Dal Santo in First Things, intitolato The Theopolitics of Ukraine). Come Taki, Robinson nota che l' eccezionalismo in Russia non alimenta realmente lo zelo messianico o "crociato" previsto. La tradizione russa dell'eccezionalismo è radicata nell'autopercezione della Russia come avente una maggiore sostanza spirituale rispetto all'Occidente – in ogni caso, rispetto alla versione moderna e sempre più secolarizzata dell'Occidente.

Nel mio precedente saggio di Landmarks sul messianismo americano, suggerisco che l'orientamento esteriore degli Stati Uniti, la sua tendenza a definirsi attraverso "l'altro" che odia e teme, deriva da una vacuità interiore, una mancanza di sostanza spirituale. Ho anche fatto appello lì alla nozione hegeliana di Sittlichkeit (che ho immediatamente collegato all'ideale di Simone Weil della politica radicata "in certi tesori che devono essere trasmessi al futuro") come esempio di cosa significhi avere una politica orientata alla sostanza effettiva. Ora, mi sembra che questo stesso concetto di Sittlichkeit, solitamente reso in inglese come "vita etica", possa approfondire la nostra comprensione della dialettica dell'auto-identità-per-mezzo-del-confronto che ha portato la Russia e l'Occidente in questo fatale vicolo cieco.

Secondo la teoria liberale della società, la gelosia e l'ambizione sono viste non solo come inevitabili, ma anche come definitive. Hegel accetta, con il suo realismo caratteristico, l'inevitabilità della gelosia e dell'ambizione, ma non ne ammette la finalità. Questi elementi potenzialmente fatalmente divisivi per l'autodefinizione umana possono essere pacificamente sussunti dalla società attraverso la mediazione della "vita etica". Ma questo fondamento fondativo della vita della società non è precisamente una moralità o un'idea soggettiva, bensì una vera sostanza etica, qualcosa che ha un peso ontologico. [3] Come ha opportunamente sottolineato D.C. Schindler, la vita etica, per Hegel, non è una mera astrazione intellettualizzata, né un sentimento morale soggettivo; è, invece, un insieme ideale sostanziale (concreto) che include sia sé stessi che gli altri. Ora, la mia argomentazione in American Messianism era che la società americana manca di questo punto di riferimento sostanziale e concreto che, per Hegel, è anche definito Spirito.

Possiamo ora tornare alla dialettica del messianismo occidentale come espansione illimitata contro il messianismo russo basato su un eccezionalismo di (presunta) sostanza spirituale. È chiaro dalla panoramica di Hahn, Taki e Robinson di cui sopra che sia l'imitazione che il rifiuto figurano nella dialettica della relazione Russia-Stati Uniti. Ciò che è ancora più chiaro è che non c'è nulla che trascenda il processo di confronto: non c'è alcun ruolo di "mediazione" di un tutto più grande, una "vita etica", a cui entrambe le parti appartengono. Ciò che rimane è una relazione che non riguarda nulla se non la gelosia, l'orgoglio e l'odio suscitati dall'altro in relazione a cui si è destinati a essere confrontati (ricorda qui il punto di Hahn in questo stesso filone, sopra).

Scusate, a questo punto, per un passaggio un po' brusco a un registro diverso. Ora, secondo Robinson, la versione russa dell'eccezionalismo è fondata sulla sua spiritualità. Non farò qui alcuno sforzo per valutare la salute dell'anima russa. Ciò che farò invece è attingere a un autore russo, Dostoevskij, che, nonostante sia russo, non è di proprietà della Russia. Vale la pena sottolineare proprio nel contesto attuale che Dostoevskij, il teologo e filosofo, "appartiene" a chiunque si prenda la briga di leggerlo.

Ciononostante, mi sembra che Dostoevskij sia sistematicamente frainteso in Occidente, forse più oggi che in passato. È sorprendente che perfino un perspicace lettore occidentale di Dostoevskij come René Girard, che nota brillantemente la dialettica di imitazione e gelosia che distrugge così tanti personaggi di Dostoevskij, non riesca comunque a catturare ciò che è più essenziale nelle opere di Dostoevskij. I più grandi romanzi di Dostoevskij, con costernazione di molti (tra cui, in particolare, Alasdair MacIntyre) traboccano di un gran numero di personaggi ripugnanti carichi di passioni fin troppo umane. Molto prima dell'Olocausto, il vero male era già presente in romanzi come I demoni e I fratelli Karamazov. I personaggi dostoevskiani sono abbastanza regolarmente posseduti precisamente dai loro odi e dalle loro gelosie.

Ecco il punto chiave. Ciò che libera alcuni di questi personaggi dai loro odi non è una dottrina psico-sociologica su Cristo come capro espiatorio universale (Girard), né un insegnamento a volte eccessivamente astratto sullo Spirito (Hegel). È, invece, l'ingresso nel mondo – realisticamente, in modo convincente e tuttavia miracoloso – della grazia. Ciò che è presente in alcune pagine dei romanzi di Dostoevskij non è una teoria su Cristo, ma Cristo stesso. Qui abbiamo la "sostanza" che supera la dialettica del confronto e dell'odio. Non c'è bisogno di fare storie o anche solo di parlarne. Non c'è nulla che impedisca agli americani di sedersi da soli in silenzio e leggere questi libri e trarne profitto spiritualmente.

Note

[1] Paul Robinson, in una comunicazione separata, ha osservato quanto segue in riferimento a Jur'ev:

Per quanto riguarda Jur'ev, poiché è menzionato qui più volte, vale la pena sottolineare che il suo Il terzo impero è un romanzo, non un manifesto politico. Un anno o due dopo Il terzo impero, Jur'ev ha prodotto un manifesto politico sotto forma del suo saggio Fortezza Russia. Le politiche che proponeva costituivano una forma estrema di isolazionismo e sono l' opposto del messianismo. Per esempio, in Fortezza Russia, Jur'ev scrisse che: "In generale, non c'è bisogno di alcuna politica estera... Non sosterremo alcun paese nella resistenza all'Occidente, né sosterremo l'Occidente nella resistenza a loro. Non sosterremo il terrorismo internazionale, né sosterremo la lotta contro il terrorismo internazionale. Non sosterremo le violazioni dei diritti umani, né sosterremo la lotta contro tali violazioni.... Inizieremo il processo di dimissioni da tutte le organizzazioni multilaterali, sia europee che globali, un processo che completeremo lasciando l'ONU.... Possiamo contare completamente su noi stessi. ... Dobbiamo porre fine all'infinita retorica anti-occidentale e soprattutto anti-americana... Utilizzando il principio 'Fai ciò che vuoi e noi risponderemo come dobbiamo', dobbiamo evitare gli errori della guerra fredda".

[2] Peter Durnovo era un importante statista conservatore russo che, nel periodo dal 1906 al 1915, prestò servizio nel Consiglio di Stato della Russia imperiale. Il riferimento qui è alla lettera scritta da Durnovo direttamente allo tsar Nicola II alla vigilia della prima guerra mondiale. La sua lettera esponeva in modo sorprendentemente accurato le conseguenze catastrofiche che sarebbero necessariamente seguite per la Russia se fosse rimasta fedele ai suoi impegni con l'Inghilterra e fosse andata in guerra contro la Germania. Una traduzione della lettera può essere trovata qui: https://pages.uoregon.edu/kimball/durnovo.htm

[3] Cfr. Paul Franco, Hegel's Philosophy of Freedom (New Haven: Yale University Press, 1999), 100 – 101. Come nota Franco, la perfezione di ciò che Hegel chiama 'sostanza etica' arriva con la nostra consapevolezza che non siamo noi stessi, attraverso la nostra volontà, a creare la 'legge eterna'. La legge ha il suo 'essere intrinseco'. Per Hegel, la ragione diventa Spirito (Geist) quando l'agente umano della ragione giunge ad accettare che le leggi (qui Hegel cita l'Antigone di Sofocle) "non sono di ieri o di oggi, ma eterne; anche se da dove provengano, nessuno di noi può dirlo".

 
Il patriarca Theophilos risponde alla richiesta di celebrare la Pasqua con i cattolici

sua Beatitudine il patriarca Theophilos III. Foto: ippo.ru

Il patriarca Theophilos III ha notato l'importanza dell'unità dei cristiani, ma ha sottolineato che esiste già una risposta chiara riguardo alla definizione dei Paschalia congiunti.

Sua Beatitudine il patriarca Theophilos III, in un'intervista all'Osservatore Romano, ha commentato gli appelli a una celebrazione congiunta della Pasqua con altre confessioni cristiane.

Il patriarca di Gerusalemme ha sottolineato l'importanza del "calice comune" per tutti i seguaci di Cristo, ma ha sottolineato che esiste già una risposta chiara riguardo alla definizione dei Paschalia congiunti.

"Ripristiniamo la nostra unità sul fondamento che è stato posto per la fede con il riconoscimento e l'accettazione dei Concili ecumenici da parte delle Chiese. Fu il Concilio di Nicea nel 325 a stabilire il calcolo della data della Pasqua che seguiamo fino a oggi", ha detto il patriarca. "Quindi, ovviamente, noi vogliamo una data comune, ma dobbiamo tenere in seria considerazione il fatto che la Bibbia è composta sia dalla Legge mosaica che dalla Nuova Alleanza. Dobbiamo tenere a mente che c'è un processo che conduce dalla Legge mosaica ai comandamenti di Cristo. Non abbiamo il diritto di cambiare o confondere il corso della storia sacra, il che significa che la Pasqua cristiana deve cadere dopo la Pasqua ebraica. Con queste considerazioni in mente, saremmo lieti di avere una data comune per la Pasqua".

In precedenza, la Chiesa ortodossa russa ha commentato la dichiarazione del rappresentante del Fanar sulla loro disponibilità a portare avanti una riforma e stabilire un'unica data per celebrare la Pasqua con altre denominazioni cristiane.

Come riportato dall'Unione dei giornalisti ortodossi, il Fanar si è espresso a favore della riforma del calendario e della celebrazione congiunta della Pasqua con la Chiesa cattolica romana.

 
Riflessione per il Digiuno degli Apostoli
chiesa di san Serafino di Sarov a Cherevkovka, 17 giugno 2014
 
Questo non è il Kosovo...
non è la Siria...
...è il bacino del Don!
 
Chi è il colpevole della distruzione della cappella?
Un nazionalista assatanato che fa a pezzi il suo stesso paese?
Forse...
...o forse anche tu, che stai a guardare e non fai niente.
 
Come hai detto: "...tu preghi per la pace"?
Torna a dirlo quando a forza di preghiere 
avrai il volto rigato di lacrime e le ginocchia sbucciate
(non temere, starai sempre meglio degli ortodossi del Donbass);
forse sarai più credibile.
 
Il patriarca Bartolomeo afferma ancora una volta i privilegi speciali del Fanar

il patriarca Bartolomeo di Costantinopoli. Foto: screenshot del video Formula News / YouTube

In onda su una TV georgiana, il capo del Fanar ha detto che il Patriarcato di Costantinopoli è la "Chiesa madre" e il centro di coordinamento dell'Ortodossia.

Il patriarca Bartolomeo ha nuovamente affermato i privilegi speciali del Fanar, dichiarando in onda su TV Formula, il canale televisivo dell'opposizione georgiana, che il Patriarcato di Costantinopoli è la "Chiesa madre" e il centro di coordinamento di tutta l'Ortodossia.

Ha accusato la Chiesa ortodossa russa di un desiderio anti-canonico di interferire negli affari di altre Chiese ortodosse, compresa quella georgiana, per diventare la "Terza Roma". Il capo del Fanar ritiene che l'interferenza negli affari di altre Chiese violi il sistema canonico dell'Ortodossia e che il Patriarcato di Costantinopoli come "Chiesa madre" sia il centro di coordinamento.

"La Chiesa ortodossa ha un proprio sistema canonico. La Chiesa madre come centro di coordinamento dell'Ortodossia cerca l'unità. Vogliamo amare i nostri fratelli e le nostre Chiese, ma vogliamo anche osservare i sacri canoni", ha detto il patriarca Bartolomeo.

Alla domanda se il riconoscimento dell'autocefalia della "Chiesa ortodossa dell'Ucraina" da parte del Patriarcato georgiano possa portare il Patriarcato di Mosca a concedere l'autocefalia alla Chiesa in Abkhazia, il capo del Fanar ha detto che la Chiesa ortodossa russa non ha il diritto di concedere l'autocefalia non solo all'Abkhazia ma a chiunque, generalmente. "Esso (il Patriarcato di Mosca, ndc) non ha tale diritto. Questa è la prerogativa esclusiva di Costantinopoli", ha detto il patriarca Bartolomeo.

Secondo il capo del Fanar, la concessione dell'autocefalia alla Chiesa ortodossa in America nel 1970 da parte della Chiesa ortodossa russa è illegale. "Così, Mosca è diventata la più ricca comunità ortodossa d'America. Tuttavia, questa Chiesa pseudo-autocefala non è stata ancora riconosciuta da nessuno. [*] Eppure si definisce la Chiesa ortodossa d'America", ha detto il Patriarca Bartolomeo.

Come ha riferito l'Unione dei giornalisti ortodossi, il capo del Fanar ha ricordato l'incidente di Chernobyl per spiegare chi è la Chiesa madre di chi.

Nota

[*] Questa menzogna è stata ripetuta così spesso da essere citata da diverse fonti prive di senso critico, incluse purtroppo alcune in Italia. In realtà, l'autocefalia della Chiesa ortodossa in America è stata riconosciuta, oltre che da Mosca, dalle Chiese serba, bulgara, georgiana, polacca e cecoslovacca. Non si tratta certamente della maggioranza delle Chiese autocefale nel mondo, ma altrettanto certamente è qualcosa di più di "nessuno". (ndt)

 
Una vacanza… dall'Ortodossia?

In un articolo su Pravmir, che presentiamo nell’originale russo e in traduzione italiana nella sezione “Ortoprassi” dei documenti, padre Mikhail Samokhin offre alcuni spunti interessanti per coniugare Ortodossia e vacanze, compito che alcuni possono trovare difficile per il rilassamento generale delle abitudini e per la possibilità di cadere in diverse tentazioni. Possiamo scoprire che andare in vacanza può essere un modo per tenere in attività parti della nostra attenzione spirituale che non hanno veramente bisogno di prendersi molto riposo, e il cui esercizio non nuoce affatto al riposo generale dell’organismo.

 
Il fuoco sacro e la tragedia di Odessa

l'incendio nella Casa dei sindacati a Odessa e fuoco sacro nelle mani di Dumenko. Foto: Unione dei giornalisti ortodossi

La "Chiesa ortodossa dell'Ucraina" non crede che il fuoco sacro sia miracoloso ma lo consegna alle sue chiese, mentre i "patrioti" chiamano la tragedia di Odessa "discesa del fuoco sacro".

I rappresentanti della "Chiesa ortodossa dell'Ucraina" non credono alla grazia del fuoco sacro che scende al Sabato Santo a Gerusalemme, ma per qualche motivo lo consegnano alle loro chiese. I sostenitori della "Chiesa ortodossa dell'Ucraina" definiscono in modo blasfemo il rogo di persone viventi a Odessa nel 2014 come "discesa del fuoco sacro", ma per qualche motivo continuano a chiamarsi cristiani. Quindi a chi, dopo tutto, si offre venerazione nella "Chiesa ortodossa dell'Ucraina"?

Il giorno della luminosa Risurrezione di Cristo, il canale Youtube di Canale 5 ha pubblicato un'intervista con il capo della "Chiesa ortodossa dell'Ucraina", Sergej (Epifanij) Dumenko. Il titolo di quest'intervista parla da solo: "Sul sesso senza amore, sulla guerra nel Donbass, sulla bottega del barbiere e su Filaret: Epifanij all'appuntamento con Janina Sokolova".

screenshot del canale YouTube "Canale 5"

La "Chiesa ortodossa dell'Ucraina" e il fuoco sacro

Soffermiamoci su una dichiarazione indicativa del capo della "Chiesa ortodossa dell'Ucraina" in questa intervista. Si tratta del miracolo della discesa del fuoco sacro al Sabato Santo nella chiesa del Santo Sepolcro a Gerusalemme. Sergej Dumenko ha detto quanto segue: "Qualcuno crede che (la discesa del fuoco sacro, ndc) avvenga in modo miracoloso, ma in misura maggiore è un ricordo di un miracolo che è avvenuto a un certo punto". È abbastanza ovvio che il capo della "Chiesa ortodossa dell'Ucraina" non si classifica come un "qualcuno" di questi ingenui. Sergej Dumenko spiega la discesa del fuoco sacro come segue: "È un gesto simbolico, come quando, per esempio, consacriamo l'acqua del Giordano: c'è una sostanza, l'acqua, che non appare da sola, non avviene un miracolo. Voglio dire che il sacerdote non crea l'acqua in quanto tale, semplicemente la santifica e le dona un potere di grazia. Allo stesso modo, il fuoco sacro viene semplicemente portato fuori dal Santo Sepolcro come segno della luce che è apparsa durante la Risurrezione del Signore. "Per quanto la giornalista abbia cercato di costringere Sergej Dumenko a spiegare da dove proviene il fuoco nell'edicola, egli non è nemmeno riuscito a capire questo problema.

L'origine del fuoco sacro è stata spiegata sulla sua pagina Facebook da uno dei subordinati di Sergej Dumenko, il "sacerdote" Aleksandr Dedjukhin, 4 anni fa. Si tratta esattamente del "sacerdote" che il patriarca Bartolomeo ha premiato con una croce nel 2018.

il patriarca Bartolomeo e Aleksandr Dedjukhin

Nel 2017, quando sia Dumenko che Dedjukhin erano membri della "Chiesa ortodossa ucraina del patriarcato di Kiev", quest'ultimo aveva spiegato la discesa del fuoco sacro con un ordine a pagamento del canale televisivo russo NTV: "Negli ultimi anni, il 'fuoco sacro' SCENDE SEMPRE tra le 14:03 e le 14:16. Dal 2002 il fuoco è sceso solo entro la fascia oraria sopra menzionata. Il fatto è che le 14:03 sono l'ora di Gerusalemme del primo notiziario delle 15:00 (ora di Mosca) del canale NTV, mentre le 14:16 sono l'ora dell'ultimo notiziario alla fine del telegiornale. Il fatto è che nel 2002 il canale NTV è diventato la prima compagnia televisiva al mondo ad acquistare i diritti per la trasmissione in diretta dalla chiesa del Santo Sepolcro, e da allora il "fuoco sacro" è sempre stato trasmesso in diretta su NTV", ha scritto Dedjukhin. Secondo lui, il fuoco sacro arde costantemente sul Santo Sepolcro e il patriarca di Gerusalemme accende semplicemente le sue candele da questa lampada accesa.

Il quoziente d'intelligenza di Dedjukhin o, forse, la sua conoscenza della storia della Chiesa non gli hanno permesso di pensare che le prime testimonianze del fuoco sacro a noi giunte hanno più di mille anni, e che il canale televisivo russo non ha nulla a che fare con esse.

Un altro rappresentante della "Chiesa ortodossa dell'Ucraina", "l'arcivescovo" Ivan (Evstratij) Zorja, ha paragonato le odierne forme di venerazione del fuoco sacro con la "religione degli adoratori del fuoco". "Inoltre, c'è qualcosa di blasfemo nei tentativi di associare il riconoscimento o la negazione dell'azione della grazia di Dio nella Chiesa con la santa luce, come se l'Ortodossia fosse una 'religione degli adoratori del fuoco'," ha scritto Ivan Zorja sulla sua pagina Facebook il Sabato Santo del 2021. È vero, ha espresso una specie di riserva: "Noi veneriamo la santa luce (o fuoco sacro) come segno visibile di benedizione dal Santo Sepolcro".

La logica delle speculazioni di Ivan Zorja si può comunque comprendere: i rappresentanti della "Chiesa ortodossa dell'Ucraina" non sono ammessi al Santo Sepolcro il Sabato Santo a causa del fatto che il Patriarcato di Gerusalemme non riconosce la "Chiesa ortodossa dell'Ucraina". Devono entrare con l'inganno, usando inviti diplomatici, o portare questo fuoco fuori dalla chiesa del Santo Sepolcro a Gerusalemme. Pertanto, la "Chiesa ortodossa dell'Ucraina" sta cercando in ogni modo possibile di sminuire il suo significato, di dubitare della verità del fuoco sacro, o persino di spiegare la sua apparizione come una richiesta a pagamento da parte del canale televisivo russo sopra menzionato.

Tuttavia, è impossibile comprendere la logica del capo della "Chiesa ortodossa dell'Ucraina" Sergej Dumenko e di altri rappresentanti di questa organizzazione religiosa: come possono deridere il fuoco sacro o addirittura bestemmiarlo e allo stesso tempo distribuirlo tra le loro chiese?! Ovviamente stanno cercando di conciliare l'inconciliabile: da un lato, gli scismatici devono screditare il miracolo del fuoco sacro, poiché non sono in alcun modo coinvolti in questo miracolo. D'altra parte, devono dimostrare di venerarlo, poiché esso è venerato da tutte le Chiese locali e poiché la maggior parte delle Chiese offre questo fuoco ai propri credenti. Ogni anno, il fuoco sacro è consegnato in decine di paesi con voli speciali e in molti di essi viene ricevuto con onore non solo dai vescovi della chiesa, ma anche dai leader statali. In altre parole, la "Chiesa ortodossa dell'Ucraina" considera il fuoco sacro una finzione, ma lo usa per rafforzare la propria autorità.

Dopo aver citato il racconto sul fuoco sacro dei rappresentanti della "Chiesa ortodossa dell'Ucraina", pieno di incredulità e bestemmia, non si può non dire che il miracolo del fuoco sacro è stato venerato nella cristianità da tempo immemorabile, e ci sono molte testimonianze della sua origine soprannaturale. Citiamo qui solo la prima e una delle più recenti testimonianze superstiti.

"Il Sabato Santo, alla vigilia della Pasqua, durante la funzione religiosa mattutina nella Chiesa del Santo Sepolcro, dopo aver cantato 'Kyrie, eleison' (Signore, abbi misericordia!), un angelo scende e accende le lampade sospese sul Santo Sepolcro. Il patriarca consegna questo fuoco al vescovo e infine a tutto il popolo, affinché tutti possano accendere questo fuoco nella loro casa. L'attuale patriarca si chiama Teodosio (863-879), chiamato a questa carica per la sua pietà" (Bernardo il Monaco, Itinerarium Bernardi, monachi franci, 867).

"Il fuoco divino scende ogni anno alla vigilia della Pasqua ortodossa al Grande Sabato. <...> Quanto ai dubbi, possono solo provocare un sorriso. <...> Molti hanno voluto sfatare il "mito". Ma per centinaia di anni ancora nessuno c'è riuscito. Il terreno su cui si trova il tempio appartiene a una famiglia turca, il sacrestano del tempio è musulmano. La processione di Pasqua intorno alla cappella sul Santo Sepolcro è accompagnata dai Kawas turchi. Le vesti sacerdotali sono tolte al patriarca e soggette a esame da parte del rappresentante della Chiesa armena. Inoltre, la cappella è accuratamente perquisita dalla polizia israeliana e dai musulmani in cerca di una fonte incendiaria. Inoltre, il rappresentante armeno controlla tutte le azioni ed è sempre pronto a intervenire" (patriarca Theophilos di Gerusalemme, 2008)

il miracolo della discesa del fuoco sacro

Il patriarca Theophilos dice correttamente che nessuno è mai riuscito a provare la falsità del miracolo della discesa del fuoco sacro al Sabato Santo. Ma se solo le delusioni dei sostenitori della "Chiesa ortodossa dell'Ucraina" consistessero solo nel dubitare di questo miracolo! Sfortunatamente, non si vergognano di chiamare la tragedia di Odessa il 2 maggio 2014, durante la quale decine di persone sono state bruciate a morte come "fuoco sacro".

Sulla tragedia di Odessa e sulle battute blasfeme

la tragedia a Odessa il 2 maggio 2014

7 anni fa i sostenitori dell'Euromajdan hanno lanciato bottiglie incendiarie nella Casa dei Sindacati, bruciando di fatto i loro oppositori politici. Secondo i dati ufficiali, 42 persone sono morte nell'incendio. La morte di persone nel fuoco, anche di oppositori politici, è una terribile tragedia degna di lamento e dolore non solo per un cristiano, ma anche per chiunque non abbia rinunciato alla propria umanità. Noi piangiamo i nostri compatrioti, residenti di molti villaggi e città ucraine e non solo ucraine, che i nazisti rastrellarono in fienili e capannoni e bruciarono vivi durante la Grande Guerra Patriottica. Piangiamo coloro che sono morti sul Majdan a Kiev, piangiamo anche coloro che sono morti a Odessa.

Ma negli incontri "patriottici" non è consuetudine piangere coloro che sono morti a Odessa. Sfoggiano questo omicidio e deridono la memoria delle loro vittime in ogni modo possibile. Il 2 maggio, a Odessa, i "patrioti" posano invariabilmente vicino al luogo delle persone in fiamme con spiedini da barbecue in mano. E quest'anno sono andati anche oltre: gli spiedini sono stati sostituiti da "barzellette" blasfeme.

Per esempio, il parlamentare ucraino dell'VIII distretto Andriy Denisenko ha pubblicato su Facebook "congratulazioni per la Pasqua", in cui affermava che "7 anni fa il fuoco sacro è disceso su Odessa".

screenshot della pubblicazione di Denisenko

Nel 2011, Andriy Denisenko è diventato membro dell'Associazione pan-ucraina "Svoboda", nella quale si è candidato alla Verkhovna Rada, e nel 2014 è stato a capo dell'organizzazione regionale "Settore destro" . Non c'è bisogno di ricordare che il Settore destro è guidato "spiritualmente" dalla "Chiesa ortodossa dell'Ucraina" e dalla Chiesa greco-cattolica ucraina ed è irrimediabilmente ostile alla Chiesa ortodossa ucraina. Le forze del Settore destro effettuano molti sequestri di luoghi di culto della Chiesa ortodossa ucraina e commettono molte azioni illegali contro i suoi fedeli. Già nel 2017 è stato concluso un accordo tra il Settore destro e il "patriarcato di Kiev", volto a sostenere con forza la creazione di una "chiesa unica locale", che presto si è incarnata nella "Chiesa ortodossa dell'Ucraina".

Di seguito è riportato un post simile di un altro nazionalista, un membro del "Settore destro" e sostenitore della "Chiesa ortodossa dell'Ucraina", Aleksej Tsymbaljuk.

screenshot di Aleksej Tsymbaljuk su Facebook

O meglio, difficilmente solo un sostenitore. Fino al 2018, Tsymbaljuk era un chierico del "patriarcato di Kiev", e poiché tutti i membri di questa struttura dopo il "consiglio di unificazione" sono migrati automaticamente nella "Chiesa ortodossa dell'Ucraina", ci sono tutte le ragioni per credere che Tsymbaljuk sia un "sacerdote" di questa struttura.

Caduta nell'abisso: il percorso da monaco della Chiesa ortodossa ucraina a radicale e bestemmiatore

Mentre l'ex deputato Andriy Denisenko è stato un patriota radicale (con relative opinioni) per lungo tempo, Aleksej Tsymbaljuk, per diventare come Denisenko, ha intrapreso un lungo percorso interiore. Il fatto è che quest'uomo aveva preso i voti monastici nella Chiesa canonica.

Ecco come il sito web di "ritorno alla vita" savelife.in.ua, a cui Tsymbaljuk ha rilasciato un'intervista nel 2019, ha brevemente descritto la sua vita: "Molto prima dello scoppio della guerra in Ucraina, ha preso i voti monastici ed è stato ordinato ierodiacono. I combattimenti nell'est del paese hanno spinto l'uomo a unirsi all'esercito e a combattere il nemico. Secondo le specificità delle sue attività, il nemico si è rivelato essere non solo i collaborazionisti e i russi. Questo ha influenzato Aleksej, che ha lasciato l'esercito e ha iniziato ad aiutare i bambini nelle città in prima linea e i volontari. E ora Aleksej Tsymbaljuk con il nome da battaglia di Aristarkh si diverte a fare grappe artigianali e bevande al vino".

Aleksej Tsymbaljuk è entrato in monastero nel 2004. Prima ha prestato servizio nel monastero di san Panteleimone a Odessa e poi nel monastero di Iviron a Odessa, della Chiesa ortodossa ucraina, nel 2006 ha preso i voti monastici con il nome di Aristarkh, poi è stato ordinato ierodiacono . Dopo l'Euromajdan, è entrato a far parte del "patriarcato di Kiev", poi della "Chiesa ortodossa dell'Ucraina".

Aleksej Tsymbaljuk nel 2015

Dopo lo scoppio del conflitto nel Donbass, si è unito ai ranghi del "Settore destro" e ha iniziato a dichiarare che uccidere i separatisti è un atto di misericordia.

Aleksej Tsymbaljuk nel 2017

Quest'uomo ha partecipato alle azioni più brutali dei nazionalisti radicali. Ma ha ottenuto la massima fama nel 2019 in relazione all'omicidio del giornalista russo Arkadij Babchenko inscenato da parte della SBU. Aleksej Tsymbaljuk era il vero "killer" che avrebbe accettato l'ordine e commesso l'omicidio di Arkadij Babchenko.

Allo stesso tempo, Aleksej Tsymbaljuk non nasconde la sua simpatia per il fascismo. Qui sta mostrando un gallone fascista sulla manica.

Aleksej Tsymbaljuk con un gallone fascista

Qui fa il saluto nazista...

Aleksej Tsymbaljuk sta salutando Hitler

Quale percorso interiore deve percorrere una persona che ha preso i voti monastici davanti a Dio per finire a fare pubblicazioni blasfeme sul Web, a simpatizzare con i nazisti e a trattare con il massimo disprezzo le persone che si avvicinano a Dio e alla Chiesa? Cosa sarà accaduto nella sua anima per farlo passare dall'amore cristiano all'odio? Cosa sarà accaduto per fargli acclamare all'odio come a una "virtù"? Ne parla lo stesso Tsymbaljuk.

"Dal 2014 è stato terribilmente difficile per me vivere una vita cristiana. E non sto parlando di andare in chiesa la domenica. Non si tratta di seguire i digiuni della chiesa e altre regole. Parlo dell'Amore, che è alla base della vita dei seguaci di Cristo, sì, proprio dei seguaci, poiché il cristianesimo è imitazione di Cristo.

Quindi, all'inizio è stato molto difficile per me non solo amare veramente, ma almeno non odiare i russi. Ma in linea di principio, non è difficile: perché odiare le persone più pietose e sfortunate? È facile amarle, la cosa più facile è amarle a gruppi di duecento (il codice 200 è la designazione dei morti - ndr). <...> Ma non riesco ancora a pensare a come smettere di odiare le mie forze dell'ordine e il loro ufficiale in capo. Eppure non voglio vivere nell'odio. L'odio distrugge la mia vita, non la loro. L'odio paralizza la mia anima, non la loro. Dovremo equiparare le forze dell'ordine e i russi. Allora tutto andrà a posto e ci sarà pace nella mia anima..." ha scritto Aleksej Tsymbaljuk.

Vediamo che nonostante tutta la sua ostentata prodezza e spavalderia, questa persona soffre internamente, perché comprende quanto egli sia distante dalla vita cristiana che aveva una volta e che ora ha perso. "Il segno dell'uguaglianza tra le forze dell'ordine e i russi" gli restituirà l'amore cristiano? No, non lo farà. Perché questa non è la via a Cristo, ma a qualcun altro. Allo stesso modo, l'appello di Dedjukhin a "perdonare l'aggressore mandandogli da 6 a 12 grammi di amore in qualche organo vitale" non ha nulla a che fare con il cristianesimo. Dello stesso genere sono le intenzioni di Epifanij Dumenko di rinviare il sequestro delle Lavre ucraine e "l'apertura del fronte religioso" solo "perché ora non è il momento".

Sì, la "Chiesa ortodossa dell'Ucraina" non definisce direttamente santo l'incendio che ha ucciso dei residenti di Odessa nel 2014, ma i suoi membri sostengono pienamente il discorso "patriottico" che giustifica la distruzione degli ucraini "sbagliati" da parte degli ucraini "giusti", un discorso che semina rabbia e odio nell'anima invece che amore. Ovviamente noi sappiamo a chi appartiene questo spirito...

 
Aggiornamenti sulla "guerra tiepida" in Novorossija e nel mondo

Il dovere più importante di chi può dare uno sguardo al mondo attraverso Internet è quello di informare correttamente, soprattutto in questi tempi di conflitto globale legato a una pressione enorme di disinformazione di massa. Saker (“il falco sacro”), il blogger ortodosso attento a monitorare gli attacchi contemporanei alla Russia, di cui abbiamo già parlato sul nostro sito, in questi giorni ha preparato alcuni studi e commenti che giudichiamo molto importanti per capire la condizione attuale della Novorossija. Riuniamo in un solo articolo ben tre di questi testi recenti dal blog The Vineyard of the Saker e li presentiamo nella sezione “Geopolitica ortoodossa” dei documenti. Il primo è un’analisi attenta degli obiettivi della presente “guerra tiepida” tra USA e Russia (non russo-ucraina, non ucraino-americana, ma proprio russo-americana) a livello strategico e tattico. Nel secondo testo, sentiamo parlare un soldato della Forza di Difesa della Novorossija, “Juan,” che spiega le difficoltà e le speranze della popolazione del Donbass (qualcosa che MAI in questi giorni la stampa generalista ci farebbe sapere). Nel terzo documento, Saker analizza i tentativi disperati della giunta di Kiev (che sente arrivare la sua fine) di trascinare la Russia in un conflitto facile dal punto di vista militare, ma rovinoso sotto il profilo politico.

 
Vescovo serbo ai macedoni: non capite cosa perderete rivolgendovi a Costantinopoli?

il vescovo Irinej di Bačka. Foto: tribune.gr

Sua Grazia il vescovo Irinej di Bačka, uno dei più autorevoli vescovi della Chiesa ortodossa serba di oggi, sta incoraggiando i vescovi della "Chiesa ortodossa macedone" non riconosciuta a entrare in dialogo con la Chiesa ortodossa serba per guarire lo scima pluridecennale.

Inoltre, avverte la "Chiesa ortodossa macedone" che perderà molto se tenterà di ricevere l'autocefalia attraverso il Patriarcato di Costantinopoli, come è avvenuto con "l'autocefalia" della "Chiesa ortodossa dell'Ucraina" scismatica.

Rispondendo a una domanda del quotidiano serbo Politika sulla possibilità di sanare lo scisma macedone sotto il nuovo patriarca Porfirije, sua Grazia sottolinea che il dialogo è un metodo veramente evangelico, l'unico modo per superare la frattura.

Secondo il vescovo Irinej, la parte serba è sempre stata aperta al dialogo, anche se è difficile quando il punto di partenza della parte macedone è pretendere l'autocefalia. Una situazione del genere è paragonabile a quella del governo del Kosovo, che pretende il riconoscimento della sua statualità e indipendenza.

L'unica condizione della Chiesa serba, dice, è che il dialogo non avvenga finché sua Eminenza l'arcivescovo Jovan e gli altri membri della Chiesa canonica in Macedonia saranno perseguitati. L'arcivescovo, l'unico vescovo della "Chiesa ortodossa macedone" ad aver accettato l'accordo di Niš del 2002, che offriva piena autonomia alla "Chiesa ortodossa macedone", è stato incarcerato più volte nel corso di diversi anni dalle autorità macedoni dopo essere entrato a far parte della Chiesa canonica serba.

Ma una volta terminata la persecuzione, la "Chiesa ortodossa macedone" si è rivolta, invece che alla Chiesa serba, alla Chiesa bulgara e poi al Patriarcato di Costantinopoli, che hanno entrambi risposto con cautela alle suppliche della "Chiesa ortodossa macedone".

In ogni caso, trattare con Costantinopoli si rivelerebbe deleterio per la "Chiesa ortodossa macedone", ritiene il vescovo Irinej:

"In questo contesto, vorrei – onestamente, veramente, fraternamente – porre una domanda alla gerarchia dello scisma di Skopje: avete imparato qualcosa dalla situazione della Chiesa in Ucraina? Capite cosa ha dato il Patriarcato di Mosca alla sua Chiesa in Ucraina, e cosa il Patriarcato di Costantinopoli ha dato – e che cosa ha portato via?!"

Il vescovo Irinej si riferisce ai diversi gradi di indipendenza concessi alla Chiesa ortodossa ucraina canonica e alla "Chiesa ortodossa dell'Ucraina" scismatica. La Chiesa ortodossa ucraina gode di una completa autonomia all'interno del Patriarcato di Mosca, libera di prendere tutte le proprie decisioni per sé senza dover chiedere l'approvazione del parlamentare. D'altra parte, la "Chiesa ortodossa dell'Ucraina", sebbene ufficialmente autocefala, gode di minore libertà, poiché Costantinopoli si è concessa i diritti di intervenire negli affari della "Chiesa ortodossa dell'Ucraina" nel tomos concesso nel 2019.

Il vescovo Irinej continua:

Capite cosa vi ha dato la Chiesa serba con l'accordo di Niš e cosa vi offrirà il Patriarcato di Costantinopoli? Capite che dovrete consegnare alcuni luoghi sacri a Costantinopoli come stavropegia, perché in realtà sono santuari greci, bizantini, come il Monastero di Nerezi vicino a Skopje, così come altri, tra cui Nemanjić, sono siti serbi? Vi rendete conto che, alla fine, dovrete cedere tutte le vostre diocesi e comunità ecclesiali della diaspora a Costantinopoli? (Vi rammento che l'accordo di Niš, che rivela l'amore e la comprensione della Chiesa serba, riconosce la vostra giurisdizione nella diaspora).

Affinché la "Chiesa ortodossa dell'Ucraina" ricevesse l'autocefalia, l'Ucraina ha dovuto consegnare la storica cattedrale di Sant'Andrea a Kiev a Costantinopoli, che ne ha fatto la base del suo esarcato in Ucraina, guidato dal vescovo Mikhail (Anischenko). L'ex presidente Poroshenko ha anche promesso diversi altri siti a Costantinopoli, sebbene non sia stato in grado di mantenere questa promessa prima di perdere la presidenza contro Vladimir Zelenskij. Inoltre, il tomos della "Chiesa ortodossa dell'Ucraina" impone che tutte le parrocchie all'estero si trasferiscano sotto la giurisdizione di Costantinopoli, una clausola che si è rivelata piuttosto controversa tra queste comunità.

Oltre al dialogo, continua il vescovo Irinej, l'altra parte deve essere libera da pressioni e istruzioni secolari, e deve essere pronta ad accettare una soluzione che rispetti la tradizione canonica della Chiesa, non necessariamente la soluzione che si vuole.

Il Sinodo della "Chiesa ortodossa macedone", tuttavia, ha già reso abbastanza chiare le sue intenzioni. A dicembre, un vescovo della "Chiesa ortodossa macedone" ha dichiarato pubblicamente che è necessaria una soluzione conciliare per risolvere il suo status canonico. Il Sinodo ha risposto prendendo le distanze dalla dichiarazione del vescovo, ribadendo la sua intenzione di ricevere l'autocefalia da Costantinopoli.

E tornando al problema in Ucraina, il vescovo Irinej afferma che, ancora una volta, è necessario il dialogo per risolvere la situazione. I colloqui nel formato del raduno di Amman devono continuare, anche se il patriarca Bartolomeo di Costantinopoli rifiuta di avviare una tale riunione o di parteciparvi, considerandosi l'unico che può convocare un concilio. Tuttavia, questa posizione è troppo simile alle pretese papali di Roma e non ha alcun fondamento nella teologia o nella storia della Chiesa, afferma il vescovo serbo.

Il vero primato, dice, non deve prevalere sulla conciliarità.

Tuttavia, nonostante le azioni anti-canoniche di Costantinopoli in Ucraina, questa non ha perso il suo status di prima tra pari, crede il vescovo Irinej. Tuttavia, ha perso la sua reputazione e la sua fiducia in tutto il mondo ortodosso. Ma il patriarca Bartolomeo potrebbe riscattarsi "in un batter d'occhio", ritiene il vescovo Irinej, se dovesse ammettere il suo errore in Ucraina – di essere stato vittima di una disinformazione scismatica – e revocare il tomos d'autocefalia della "Chiesa ortodossa dell'Ucraina".

"Un suo gesto del genere mostrerebbe a tutti nel mondo qual è il significato del primato secondo la concezione ortodossa: è un servizio senza compromessi all'unità della Chiesa, per cui la Chiesa del primo Trono ha il ruolo di ispiratrice, mediatrice e coordinatrice, non di unico comandante", ha affermato sua Grazia.

 
Appello di sua Santità il patriarca Kirill al pleroma della Chiesa ortodossa russa

patriarchia.ru, 17 giugno 2014

Sua Santità Kirill, patriarca di Mosca e di tutta la Rus', si appella al pleroma della Chiesa ortodossa russa.

Cari fratelli e sorelle, oggi mi rivolgo alla pienezza della nostra Chiesa, a tutti i popoli della Rus' storica.

Non ci può essere per noi oggi nulla di più importante che il fratricidio che continua, infiammando il territorio dell'Ucraina, distruggendo sempre più vite.

Oggi la parte meridionale della Rus' storica è in fiamme per lotte intestine.

I risultati di questo conflitto sanguinoso sono spaventosi. Non si parla più di un centinaio di vittime, come quest'inverno a Kiev, ma di molte, molte centinaia di morti, migliaia di feriti e senzatetto. Solo il diavolo può festeggiare quando i fratelli combattono, si distruggono a vicenda, provocano lesioni, indebolendo le forze vitali del popolo.

E, naturalmente, la Chiesa ortodossa russa, la Chiesa della Rus' spiritualmente indivisa, non può dividere il popolo di Dio secondo principi politici, nazionali, sociali o di qualsiasi altro tipo. La Chiesa compie la missione affidatale dal Signore Gesù Cristo, e non agisce a comando o su richiesta di varie forze politiche. Questo è ciò che la distingue da alcune organizzazioni, religiose di nome, ma in realtà essenzialmente secolari.

Ci sono state più volte guerre intestine nella nostra storia. Sono queste che hanno portato all'indebolimento della Rus' di Kiev e alla caduta dei principati separati e sotto l'orda di Batu, al terribile Tempo dei Torbidi nello stato russo nel XVII secolo, al mostruoso spargimento di sangue e all'instaurazione per molti anni di un regime senza Dio nel ventesimo secolo.

Le lezioni della storia mostra anche che lo lotte intestine generano sempre minacce di assoggettamento della Patria a forze esterne. Come ai vecchi tempi, così oggi ci troviamo di fronte al rischio di perdere la vera sovranità del popolo. Una sovranità, che si esprime nella possibilità e nella capacità di organizzare la propria vita sulla base dei valori morali, spirituali e culturali che per grazia divina abbiamo ricevuto dai nostri antenati al battistero della Rus' di Kiev, coltivati e assimilati nel corso di una storia plurisecolare.

Faccio appello a tutti coloro che prendono decisioni: interrompete immediatamente lo spargimento di sangue, iniziate reali negoziati per la pace e la giustizia. Non c'è nulla da vincere in una guerra civile, non ci possono essere guadagni politici che valgano più delle vite delle persone.

Per quanto riguarda la Chiesa, le sue braccia e il suo scudo sono la preghiera e la Parola di Dio, che è "viva, efficace e più tagliente di ogni spada a doppio taglio" (Ebrei 4:12).

Invito tutti i figli della Chiesa ortodossa russa a una maggiore preghiera, a mantenre rigorosamente il digiuno dei Santi Apostoli, appena iniziato. In modo speciale mi appello alle comunità monastiche: pregate ora il Signore, come sapevano pregare i nostri pii antenati nei tempi terribili degli sconvolgimenti; come in tempi di guerra fratricida pregarono il Padre celeste per la sua cessazione gli iniziatori del monachesimo russo, Antonio e Teodosio delle grotte di Kiev, come pregò per la cessazione dell'odiosa discordia di questo mondo l'intercessore delle terre russe, il venerabile Sergio di Radonezh, come gridarono al Signore nei giorni di caos sanguinoso e di guerra civile il santissimo Tichon, patriarca di tutte le Russie, e il santo ieromartire Vladimir, metropolita di Kiev.

In tutti i luoghi di culto della nostra Chiesa sia ora letta in permanenza la speciale preghiera, di cui oggi ho approvato il testo, per la pace e per il superamento della guerra fratricida.

"Che il Dio della pace vi santifichi interamente, e il vostro spirito, anima e corpo si conservino intramente irreprensibili" (1 Tess 5:23).

Dall'ufficio stampa del patriarca di Mosca e di tutta la Rus'

Preghiera per la fine della guerra fratricida, da leggere nel corso dell'ectenia di supplica intensa alla Divina Liturgia

In un appello a tutta la Chiesa ortodossa russa, il patriarca Kirill di Mosca e tutta la Rus' ha benedetto che in tutte le chiese si compia una speciale preghiera per la pace e per il superamento la guerra fratricida in Ucraina.

Signore Gesù Cristo, nostro Dio, guarda con il tuo occhio misericordioso alla sofferenza e al grande grido di lamento dei tuoi figli nella terra ucraina.

Libera il tuo popolo dalla guerra fratricida, fai cessare lo spargimento di sangue, arresta il corso dei pericoli imminenti. Non lasciare senza rifugio chi è scacciato dalla sua casa, nutri gli affamati, consola chi piange, riunisci chi è stato separato.

Non lasciar diminuire il tuo gregge amareggiato dai propri vicini, ma nella tua generosità dona una rapida riconciliazione. Addolcisci i cuori di chi si è indurito e riportali alla tua conoscenza. Dona la pace alla tua Chiesa e ai suoi figli fedeli, affinché con un solo cuore e una sola bocca glorifichino te, nostro Signore e Salvatore, nei secoli dei secoli. Amen.

 
La coscienza canonica del Fanar sta subendo un degrado

l'arciprete Andrej Novikov. Foto: mk.ru

Padre Andrej Novikov ritiene che l'interpretazione errata dei canoni del IV Concilio ecumenico amplia i presunti diritti del patriarca di Costantinopoli.

Il 14 maggio 2021, l'arciprete Andrej Novikov, membro della Commissione sinodale biblica e teologica della Chiesa ortodossa russa, ha affermato che la "coscienza canonica" del Patriarcato di Costantinopoli "è in fase di degrado".

Il sito ufficiale della Chiesa ortodossa russa ha pubblicato il lavoro dell'arciprete Andrej Novikov "Il quarto Concilio ecumenico e la teoria del 'papismo orientale'," in cui l'autore osserva che "la coscienza dogmatica e canonica danneggiata della teologia fanariota sta subendo una certa evoluzione, o, per meglio dire, un degrado, ampliando i presunti diritti del patriarca non solo in termini di gestione dei ricorsi legali, ma in generale dei passaggi di eventuali decisioni giudiziarie in relazione all'episcopato e al clero ordinario di tutte le Chiese ortodosse ".

Il sacerdote sottolinea che le affermazioni del Fanar si basano sulla lettura errata degli atti del IV Concilio ecumenico, di Calcedonia (451), ed è per questo che “diventa necessario soffermarsi più scrupolosamente e approfonditamente sull'analisi di quegli atti e decisioni del IV Concilio ecumenico, che sono utilizzati per giustificare la dottrina del papato orientale".

L'autore sottolinea che "alcuni dei canoni di Calcedonia e delle situazioni controverse presentate al Concilio furono successivamente utilizzati dal Fanar come argomenti a sostegno dell'autorità del patriarca di Costantinopoli nella Chiesa ecumenica".

In precedenza, l'Unione dei giornalisti ortodossi ha scritto che il patriarca Bartolomeo ha nuovamente asserito privilegi speciali del Fanar.

 
La Chiesa ortodossa russa non avanza pretese di leadership nell'Ortodossia mondiale

il metropolita Ilarion (Alfeev) di Volokolamsk. Foto: black-n-white.press

Il metropolita Ilarion ha respinto le accuse del primate di Costantinopoli secondo cui la Chiesa russa aspira al primato nel mondo ortodosso.

Il capo del Dipartimento per le relazioni ecclesiastiche esterne del Patriarcato di Mosca, il metropolita Ilarion (Alfeev) di Volokolamsk, ha definito "pura mitologia" la dichiarazione del patriarca Bartolomeo a uno dei canali televisivi georgiani che, secondo l'ideologia della Terza Roma, la Chiesa ortodossa russa desidera ardentemente la leadership nell'Ortodossia.

"Siamo abbastanza soddisfatti del nostro posto nei dittici", ha detto vladyka nel corso di un'intervista a RIA Novosti.

Il metropolita Ilarion ha osservato che, nei suoi discorsi e dichiarazioni ufficiali, il patriarca Kirill non ha mai definito Mosca la Terza Roma.

Dichiarare che la Chiesa russa nelle sue azioni è guidata dall'ideologia della 'Terza Roma' è come dire che il Patriarcato di Costantinopoli si batte per l'attuazione della cosiddetta 'Grande Idea', che si riferisce alla restaurazione dello Stato greco all'interno degli ex confini dell'Impero bizantino, ha detto il metropolita della Chiesa ortodossa russa.

"L'unica differenza è che tra i patriarchi di Costantinopoli nel XX secolo c'erano davvero aderenti alla 'Grande Idea' - primo fra tutti il ​​patriarca Meletios (Metaxakis). Ma tra i patriarchi di Mosca non c'era nemmeno uno che esprimesse il proprio sostegno all'idea della 'Terza Roma', " ha aggiunto.

La 'Terza Roma' è un'idea religiosa e politica arrivata in Russia da Bisanzio nel XVI secolo. Nel 1589, il patriarca Geremia II di Costantinopoli, nella Legge per l'istituzione di un patriarcato in Russia, chiamò il regno russo "la Terza Roma, che supera tutti in pietà". Ma la Chiesa russa non ha mai accettato questo concetto come ufficiale.

In precedenza, il metropolita Ilarion di Volokolamsk ha definito le azioni del primate di Costantinopoli per creare uno scisma nell'Ortodossia ucraina "un grosso errore che non vuole ammettere".

 
La volontà di pace non significa indifferenza
La Chiesa (quella vera... diffidate delle imitazioni "locali" ucraine, per quanti copricapi patriarcali possano sfoggiare) continua a invocare pace e soprattutto a PREGARE. Ricordiamo a tutti di non confondere il desiderio e l'invocazione della pace con il neutralismo che si disinteressa della giustizia. Noi preghiamo perché le ostilità cessino dappertutto, ma non possiamo e non potremo mai mettere sullo stesso piano le persone che oggi combattono per proteggere e per permettere di evacuare questi civili (ai quali l'Alto Commissariato per i Profughi delle Nazioni Unite sta rifiutando di concedere lo status di rifugiati):
 
 
e le persone che invece oggi usano questi stessi civili per giocare al tiro a segno! Se quest'ultima vi sembra un'affermazione esagerata, leggetevi il rapporto dalla città di Schast'e (cittadina della regione di Lugansk, il cui nome per amara ironia significa "felicità"), dove la Guardia Nazionale ucraina sta organizzando (tenetevi forte...) un "safari dei civili". Quando arrivano i negoziatori per chiedere di seppellire i morti, sparano ai negoziatori. E ora pensate che questi "cacciatori" si candidano a diventare cittadini dell'Unione Europea...
 
Patriarca di Serbia: non abbiamo scelto la "parte" di Mosca o del Fanar

il patriarca serbo Porfirije. Foto: balkans.aljazeera.net

Il patriarca Porfirije ha ricordato che la Chiesa non è un'organizzazione umana ordinaria guidata da interessi diversi, ma una realtà una, santa, cattolica e apostolica.

Il patriarca Porfirije  di Serbia ha affermato che nella questione della crisi pan-ortodossa, la Chiesa ortodossa serba non sceglie la "parte" di Mosca o di Costantinopoli, ma sceglie l'ordine canonico della Chiesa, secondo il sito web  della metropolia del Montenegro e del Litorale della Chiesa ortodossa serba.

Interrogato da un giornalista se nell'Ortodossia sia possibile un ritorno allo stato di cose precedente (prima della crisi provocata dalla concessione del Tomos alla "Chiesa ortodossa dell'Ucraina" da parte del Patriarcato di Costantinopoli, ndc), il patriarca ha risposto che nella Chiesa non esiste alcun luogo da cui un ritorno è impossibile.

"La mia opinione è che la convinzione dell'esistenza di un punto da cui è impossibile tornare alla normale vita ecclesiale nasce dal fatto che la Chiesa non è un'organizzazione umana ordinaria, governata da interessi diversi e influenzata da un fattore prevalentemente umano, ma è una realtà una, santa, cattolica e apostolica", ha detto il primate della Chiesa serba.

Allo stesso tempo, rispondendo alla domanda se la posizione dell'Unione dei giornalisti ortodossi, espressa dalla frase "né Costantinopoli, né Mosca, ma l'ordine canonico", sarà sostenibile sullo sfondo della "intersezione di potere e influenza" della Chiesa ortodossa russa e del Fanar, il patriarca Porfirije ha sottolineato che "per la vita della Chiesa è estremamente importante preservare il suo ordine canonico, il modo in cui la Chiesa vive e opera nel mondo".

"Mantenendo questa idea nei nostri cuori, la nostra Chiesa non ha scelto la "parte" di Mosca o di Costantinopoli, o di qualsiasi altro, ma è sempre rimasta fedele all'ordine canonico e pienamente determinata a rispettarlo e a testimoniarlo", ha detto il patriarca serbo.

Ha anche osservato che "con fede in Dio, non rimpiangeremo i tentativi, per quanti ne possiamo vedere, di ripristinare l'ordine canonico alterato, così come i tentativi di ripristinare l'unità eucaristica dei due grandi e importanti patriarcati: Costantinopoli e Mosca".

In precedenza, l'Unione dei giornalisti ortodossi aveva scritto che, secondo l'opinione del Patriarca Porfirije di Serbia, gli sconvolgimenti causati dalle azioni del Fanar in Ucraina nei rapporti tra le Chiese locali dovrebbero diventare una lezione "per far smaltire la sbornia a tutti".

 
Perché abbiamo bisogno dei santi e li onoriamo

Dopo la domenica dedicata a tutti i santi, il portale pravoslavie.ru ci ricorda l’importanza della loro venerazione riportando un saggio di Gabe Martini, che presentiamo in traduzione italiana nella sezione “Santi” dei documenti. Rivolgendosi in particolare ai protestanti e utilizzando una prospettiva biblica e i vivi ricordi – dal suo passato di giovane battista – della venerazione di figure di cristiani vivi, Gabe Martini spiega come i migliori esempi per i giovani cristiani sono quegli stessi cristiani che, avendo “combattuto la buona battaglia” fino alla fine della loro vita, non offrono alcun rischio di scandalo a chi vuole affidarsi al loro modello.

 
L'abate della Lavra di Pochaev denuncia la menzogna nazionalista dello scismatico Dumenko

foto: wp.com

L'affermazione del "metropolita" Epifanij Dumenko, capo della "Chiesa ortodossa dell'Ucraina" scismatica fondata da Costantinopoli, secondo cui la maggior parte dei monaci della Lavra della santa Dormizione a Pochaev non sono ucraini, è una palese menzogna, afferma l'abate del santo monastero.

Venerdì, incontrando i giovani ucraini a Ternopil, Dumenko ha colto l'occasione per dichiarare che la Lavra di Pochaev è "sotto occupazione", poiché la maggior parte dei suoi monaci presumibilmente non sono ucraini, ma sono "importati da altri paesi".

Sfortunatamente, un tale spirito di divisione è al centro della "Chiesa ortodossa dell'Ucraina" di Dumenko, che rifiuta di riconoscere come veri ucraini i milioni di vescovi, chierici, monaci e fedeli ucraini che compongono la Chiesa ortodossa ucraina canonica, perché mantengono la comunione canonica con la Chiesa ortodossa come organo autonomo all'interno del Patriarcato di Mosca.

A differenza della Chiesa ortodossa ucraina canonica, la "Chiesa ortodossa dell'Ucraina" è stata creata dall'ex presidente Petro Poroshenko, insieme al patriarca Bartolomeo di Costantinopoli, allo scopo di separarsi e opporsi alla Chiesa ortodossa russa, che Poroshenko ha descritto come piena di "demoni di Mosca". La Chiesa ortodossa ucraina canonica non ha nulla a che fare con l'Ucraina, crede Poroshenko.

Dumenko ha incoraggiato i giovani ad avere un po' di pazienza fino a quando non sarà il momento giusto per le grandi Lavre di passare alla "vera Chiesa ucraina".

Tuttavia, sua Eminenza il metropolita Vladimir di Pochaev, abate della Lavra di Pochaev, ha respinto la dichiarazione di Dumenko come una vera e propria menzogna.

In effetti, tutti i monaci della Lavra sono cittadini ucraini e provengono dall'Ucraina, ha detto all'Unione dei giornalisti ortodossi.

"Sono menzogne", ha detto l'abate. "È chiaro che [la "Chiesa ortodossa dell'Ucraina"] ha una tendenza a dire bugie".

“Se qualcuno vuole davvero controllare, può andare all'ufficio passaporti e vedere che tutti i monaci della Lavra di Pochaev sono ucraini. Hanno tutti un passaporto ucraino".

Il metropolita Vladimir ha anche aggiunto che attualmente ci sono più di 150 monaci nella Lavra e che i servizi speciali ucraini sono ben consapevoli della loro cittadinanza e origine.

La dichiarazione di Dumenko è molto probabilmente rivolta a coloro che vogliono credere che la Chiesa canonica ucraina sia "non ucraina", ha concluso il metropolita Vladimir.

 
Metropolita Onufrij: le regole del nuovo mondo europeo per noi sono inaccettabili

pravoslavie.ru

Kiev, 19 giugno 2014

Il locum tenens della cattedra metropolitana di Kiev, il metropolita Onufrij di Chernovtsy e della Bucovina, in un'intervista a "Interfax-Religion" si è soffermatro tra le altre cose sulle cause spirituali dei tragici eventi che si svolgono oggi in Ucraina.

"Vediamo un conflitto di interessi economici, politici, e se volete, spirituali tre Oriente e Occidente, e questa crepa si è estesa in Ucraina. Questa è la nostra tragedia" - in particolare, ha detto il presule.

"L'Oriente ha i suoi valori, l'Occidente i propri, noi siamo una zona cuscinetto tra Oriente e Occidente", così ha detto, soffermandosi sulla differenza di questi valori:

"Un quarto di secolo dopo la persecuzione atea, cerchiamo con i poveri e i bisognosi nella nostra terra di rivivere la fede in Cristo e rafforzare la sua Chiesa, e l'Europa ci mostra già un esempio specifico di una vita senza Cristo, in cui non si presta attenzione ai comandamenti del Signore, ai suoi divieti. Al contrario, si incoraggia sempre di più il permissivismo, secondo il quale la vita non è santificata dalla legge di Dio, ma dai desideri umani. "

"Oggi tutto il mondo è come diviso in due campi: un campo sono quelle persone che vogliono mantenere in vigore ed efficaci le leggi morali date da Dio all'uomo per il suo beneficio. E la seconda metà viola queste leggi. Per esempio, il matrimonio. Dio ha benedetto il matrimonio dell'uomo e della donna, di Adamo ed Eva. Non di due Adami, non di due Eve. Ma ad Adamo ed Eva ha detto: "Siate fecondi e moltiplicatevi". E ora introducono leggi che Dio condanna, come il matrimonio gay "

"Un altro esempio. Cristo vieta all'uomo di disporre della sua vita - ne dispone Dio. E ora vogliono introdurre una legge sull'eutanasia, di fatto, legalizzare il peccato del suicidio".

"Oggi, nel nostro tempo, l'aborto legalizzato quando erano al potere i senza Dio, è difeso da persone che si ritengono credenti, che posano la mano sulla Bibbia e giurano su di essa".

"Perciò, quelle leggi che oggi ci offre il nuovo mondo europeo sono per noi inaccettabili. Non possiamo contribuire e partecipare a questo mondo. Abbiamo bisogno di mantenere l'unità con le persone che custodiscono la legge di Dio.

Il fatto è che se non ci sono sulla terra persone che mantengono l'ordine della vita di Dio, la vita dell'umanità è destinata all'auto-distruzione", - ha concluso il presule.

Potete leggere qui la versione completa dell'intervista.

 
Il conflitto arabo-israeliano e le profezie sul "terzo tempio"

la costruzione del "terzo tempio" a Gerusalemme sarà un segno dell'avvicinarsi della fine del mondo? Foto: Unione dei giornalisti ortodossi

Un altro conflitto tra palestinesi ed ebrei richiama involontariamente alla mente le profezie sulla restaurazione del "terzo tempio" e sulla fine dei tempi di questo mondo.

Un altro conflitto militare tra ebrei e palestinesi è in corso in Israele. Ci sono anche scontri tra rappresentanti delle parti in conflitto, nei luoghi del mondo in cui vivono i loro sostenitori. Ognuna delle parti mostra le proprie ragioni. Ma noi siamo principalmente interessati alle conseguenze che questo conflitto può avere per i cristiani, e se ha qualcosa a che fare con le profezie sulla fine del mondo.

Cronologia del conflitto attuale

Una nuova esacerbazione dello scontro israelo-palestinese è iniziata all'inizio di maggio 2021 durante la discussione da parte della Corte suprema israeliana sull'approvazione della decisione del tribunale di grado inferiore di sfratti a famiglie palestinesi dalle loro case nella Città Vecchia di Gerusalemme. I media riportano il caso parlando dei palestinesi semplicemente sfrattati dalle loro case, che vengono trasferite agli ebrei, ma non è così. Il fatto è che gli ebrei accettano di pagare molto, molto denaro ai palestinesi per case nella Città Vecchia e nei suoi dintorni. Ma tra i palestinesi c'è il divieto di vendere case agli ebrei. Gli islamisti radicali possono persino punire con la morte chi ha violato questo divieto. Tuttavia, i soldi sono molti e non tutti riescono a resistere alla tentazione.

Inoltre, spesso compaiono per primi degli acquirenti arabi, e poi si scopre che i proprietari finali sono comunque ebrei. Allora i palestinesi che hanno venduto negano l'accordo e si rifiutano di lasciare le case. Inizia il contenzioso, che si conclude con uno sgombero forzato. In assenza di prove, non si può affermare che abbia avuto luogo una tale situazione in questi casi, ma molti segni lo indicano. Comunque sia, gli arabi hanno organizzato proteste sul Monte del Tempio contro gli sgomberi forzati e l'8 maggio 2021 si sono verificati scontri con la polizia vicino alla moschea di Al-Aqsa, a seguito dei quali più di 200 palestinesi sono rimasti feriti.

Il movimento islamico Hamas ha emesso un ultimatum alle autorità israeliane, chiedendo il ritiro della polizia dal Monte del Tempio e, non avendo ricevuto una risposta positiva, ha iniziato a bombardare Israele con razzi artigianali, la maggior parte dei quali non ha raggiunto aree popolate, essendo stati abbattuti dal sistema di difesa aerea israeliano "Iron Dome".

attacco missilistico su Ashkelon. Foto: REUTERS

La tattica di utilizzare tali missili si basa su quanto segue: in primo luogo, la loro efficienza estremamente bassa è compensata dal fatto che il costo di un tale proiettile è decine, se non centinaia di volte inferiore al costo dei missili di difesa aerea con cui sono abbattuti. Di conseguenza, i palestinesi potrebbero creare molti più missili rispetto agli israeliani. In secondo luogo, il sistema di difesa aerea Iron Dome non è ancora in grado di abbattere il 100% dei proiettili che hanno raggiunto le città israeliane. E quando il numero di missili lanciati dal territorio palestinese si conta il migliaia, il danno alle città ebraiche si rivela non così significativo ma comunque inaccettabile per le autorità e il popolo di Israele.

L'inammissibilità del danno sollecita una risposta molto dura da parte degli israeliani. Per esempio, se un attentatore suicida arabo si fa esplodere in una città israeliana, i soldati ebrei vanno alla casa in cui vive la sua famiglia, cacciano tutti in strada e demoliscono la casa. In risposta agli attacchi missilistici dal territorio palestinese, gli aerei israeliani distruggono edifici a più piani dove, secondo i servizi segreti, si trovano le strutture di Hamas, senza preoccuparsi del possibile bilancio delle vittime tra i civili, compresi i bambini. Considerando tutto ciò, Hamas e altre organizzazioni palestinesi nella maggior parte dei casi cercano di non oltrepassare il limite e si limitano a scioperi che non possono influenzare in modo significativo Israele. Tuttavia, a volte tutto va troppo oltre e inizia una vera guerra, in cui le parti non fanno più i conti con possibili perdite e vittime.

conseguenze di un attacco israeliano a Gaza, 12 maggio 2021. Foto: REUTERS

In dieci giorni di ostilità attive, circa 4.000 razzi sono stati lanciati da Gaza contro Israele. La parte israeliana ha riferito di 11 morti e più di 500 feriti a causa di questi attacchi. A loro volta, le misure di ritorsione delle forze armate israeliane hanno provocato la morte di oltre 230 palestinesi (di cui circa 40 bambini) e molti edifici utilizzati dal gruppo di Hamas sono stati distrutti. Le forze armate israeliane hanno anche riferito della distruzione di diversi leader di questo gruppo e di oltre 100 chilometri di tunnel sotterranei, utilizzati da Hamas nelle sue attività militari.

Le principali potenze mondiali, così come le organizzazioni internazionali, hanno invitato le parti a un cessate il fuoco. L'Egitto e la Russia hanno offerto le loro capitali come luogo di negoziazione per Israele e Palestina.

Allo stesso tempo, l'opinione della comunità mondiale è divisa. Nonostante le dure azioni delle forze armate israeliane e le incomparabili perdite della controparte, alcuni paesi europei hanno dichiarato il diritto di Israele all'autodifesa. Gli Stati Uniti non hanno fatto tali dichiarazioni, ma hanno approvato la vendita di armi di alta precisione a Israele al prezzo di 735 milioni di dollari e hanno chiesto un rapido completamento dell'operazione a Gaza. In altre parole, anch'essi si sono schierati con Israele. La posizione opposta è stata espressa dal leader turco Recep Erdoğan, che ha definito le azioni di Israele "terrorismo", ha esortato tutta l'umanità a unirsi contro Israele e ha persino maledetto il governo austriaco per aver issato le bandiere di Israele su alcuni edifici statali del paese. La Cina, in una forma molto più mite, ha espresso anch'essa la sua intenzione di sostenere la Palestina nel conflitto in corso.

A cosa può portare l'esacerbazione?

Per rispondere a questa domanda, è necessario guardare a cosa hanno portato tutti i precedenti conflitti arabo-israeliani, o meglio, le periodiche esacerbazioni di un grande conflitto tra Israele e l'intero mondo musulmano dal 1948, quando la decisione delle Nazioni Unite in Palestina doveva ricreare lo stato ebraico, che aveva concluso la sua esistenza quasi 2000 anni fa.

Poco dopo la decisione delle Nazioni Unite, il mondo musulmano ha dichiarato guerra a Israele. Questa mappa mostra i paesi che hanno preso parte a questa guerra in un modo o nell'altro. Sono contrassegnati in verde e verde chiaro, mentre la Striscia di Gaza e i territori palestinesi sono in rosso. E guardando da vicino si può vedere Israele, segnato in blu.

confronto tra le forze di Israele e del mondo musulmano

Era impossibile vincere in un confronto del genere, ma alla fine Israele ha vinto.

Gli storici contano sei esacerbazioni del conflitto arabo-israeliano, che sono designate con il termine "guerra", e molte altre con il termine "operazione militare". In tutte, Israele è stato osteggiato da oppositori che erano molte volte superiori allo Stato ebraico in termini di risorse umane e attrezzature militari. Ma in tutte Israele è emerso vittorioso, espandendo di volta in volta il suo territorio di influenza e rafforzando la sua posizione sia in Medio Oriente sia nel mondo nel suo insieme.

In generale, è impossibile spiegare questo con qualcosa di diverso dalla provvidenza di Dio nonostante i ripetuti tentativi di farlo. Ma non dimentichiamo che la provvidenza di Dio può manifestarsi sia nella volontà di Dio sia nel suo permesso che accada qualcosa di brutto.

Anche l'attuale aggravamento del conflitto tra Israele e Palestina non è in grado di portare i palestinesi a difendere i loro interessi. Molto probabilmente, le forse armate israeliane infliggeranno tali danni a Hamas e ai palestinesi nel loro insieme da costringerli ad abbandonare per un po' le azioni ostili contro Israele, e Israele, a sua volta, garantirà lo sfratto dei palestinesi dalle loro case nella Città Vecchia di Gerusalemme per continuare la sua espansione.

Il "terzo tempio"

Il conflitto arabo-israeliano sarebbe stato risolto molto tempo fa con la completa soddisfazione reciproca di tutte le parti, se queste parti fossero state guidate solo da interessi politici, economici, finanziari o altri interessi quotidiani. Ma l'interesse principale delle parti in questo conflitto è religioso. Gli ebrei vogliono costruire il "terzo tempio" nel punto in cui sono stati costruiti il ​​primo e il secondo tempio, di cui è rimasto solo il Muro del Pianto. Ma gli arabi non possono permettere loro di farlo, poiché oggi il terzo santuario più grande del mondo musulmano: la moschea Al-Aqsa, assieme alla Masjid Qubbat al-Sahra (Cupola della Roccia), si trova su questo sito. La Cupola della Roccia è un santuario musulmano costruito sulla Pietra di fondazione, il sito in cui si trovava il sancta sanctorum del Tempio di Gerusalemme.

rappresentazione schematica dei principali santuari della cristianità, del giudaismo e dell'islam e del Monte del Tempio a Gerusalemme

È per questi santuari che si svolge la guerra tra ebrei e musulmani, che non può essere fermata da nessun negoziato o sforzo diplomatico. Può essere completata solo dalla vittoria militare finale di una delle parti.

Sebbene lo stato israeliano a livello ufficiale non sollevi la questione della costruzione del "terzo tempio", questo argomento è attivamente promosso a livello di organizzazioni pubbliche, come "Naamaney har ha-bayt" (Zeloti del Monte del Tempio), o "Movimento per la costruzione del tempio". C'è anche il Mahon HaMikdash (Istituto del tempio), il cui personale sta lavorando per ricreare gli utensili e gli indumenti dei sacerdoti necessari per il servizio del tempio. Stanno anche cercando discendenti degli antichi cohanim (sacerdoti) e dei leviti, che potrebbero in futuro servire nel terzo tempio, se fosse costruito.

Molti rabbini (sia antichi che moderni) credono che nulla possa liberare il popolo ebraico dalla responsabilità di costruire il tempio. Le opinioni sono divise solo nei dettagli: gli ebrei dovrebbero costruire il terzo tempio prima della venuta del "Mashiach" (il Messia atteso dagli ebrei, l'Anticristo per i cristiani), oppure questo Mashiach stesso costruirà il tempio quando verrà sulla terra? I sostenitori di quest'ultimo punto di vista affermano che la costruzione del tempio da parte del Mashiach sarà la prova della sua messianicità.

In ogni caso, a ogni nuovo aggravarsi del conflitto arabo-israeliano, riprendono con rinnovato vigore i colloqui sulle prospettive per la costruzione del terzo tempio. Tutti i tipi di analisti devono formulare ipotesi sul fatto che sia costruito o meno e, in caso affermativo, quando.

Nel 2000, il noto diplomatico sovietico e russo Vjacheslav Matuzov, presidente della Società per l'amicizia e la cooperazione commerciale con i paesi arabi, ha affermato che ai colloqui tra il presidente degli Stati Uniti Bill Clinton, il primo ministro israeliano Ehud Barak e il leader dell'Autorità palestinese Yasser Arafat a Camp David, ad Arafat è stato chiesto di decidere in ultima analisi la questione palestinese nel modo più vantaggioso per i palestinesi. In cambio, ad Arafat era richiesto solo di accettare le seguenti azioni: portare una potente fondazione in cemento armato sotto i santuari musulmani sul Monte del Tempio e sollevarli a una certa altezza da terra. Ciò renderebbe possibile la costruzione del "terzo tempio" senza distruggere la Moschea Al-Aqsa e la Cupola della Roccia. Arafat ha risposto con un rifiuto categorico, al termine del quale è iniziata la cosiddetta "seconda intifada palestinese".

In quale tempio regnerà l'Anticristo?

È opinione diffusa nel cristianesimo che il restauro del tempio di Gerusalemme sia uno dei segni della venuta dell'Anticristo, poiché è in questo tempio che deve regnare. I sostenitori di questa opinione credono che ciò sia indicato dalle parole dell'apostolo Paolo: "Nessuno vi inganni in alcun modo! Prima infatti dovrà avvenire l'apostasia e dovrà esser rivelato l'uomo iniquo, il figlio della perdizione, colui che si contrappone e s'innalza sopra ogni essere che viene detto Dio o è oggetto di culto, fino a sedere nel tempio di Dio, additando se stesso come Dio" (2 Ts 2:3-4).

Queste parole implicano il tempio di Gerusalemme o qualcos'altro?

Molti santi Padri credono che il santo apostolo Paolo avesse in mente proprio il tempio di Gerusalemme.

"Nella chiesa di Dio – non la nostra, ma quella antica, quella ebraica" (san Giovanni Damasceno).

"È destinato a sedere nella chiesa di Dio. Quale chiesa? Nel tempio in rovina degli ebrei, piuttosto che in quello in cui ci troviamo ora. Perché diciamo questo? Che nessuno pensi che ci stiamo adulando. Se viene tra gli ebrei sotto il nome di Cristo e vuole che gli ebrei lo adorino, allora, per ingannarli di più, si prenderà cura in modo speciale del tempio, mostrando loro che lui, essendo della dinastia di Davide, vuole ricreare il tempio costruito da Salomone" (san Cirillo di Gerusalemme).

Ma questo non è l'unico punto di vista. Per esempio, il venerabile Efrem il Siro dice che qui si intende la Chiesa di Cristo, cioè la Chiesa ortodossa: "In questo modo apparirà e salirà nel tempio di Dio per sedersi all'interno della Chiesa di Dio. Disprezzerà e rifiuterà tutti i culti (falsi) per affascinare la Chiesa. Questo è il motivo per cui salirà nel tempio stesso di Dio per sedersi e mostrarsi come se fosse Dio. Come dimostrerà di essere un vero Dio? Oltre alla gloria e all'onore di cui sarà rivestito, lo dimostrerà ancora di più attraverso l'inimicizia contro le sette eretiche. Dal momento che non sarà incline a nessuna eresia, quindi, grazie al suo (finto) amore per i figli della Chiesa, farà loro pensare che li ama come veri (figli della Chiesa), e verrà al loro tempio e vi si insedierà, come nel tempio della verità, per mostrare che egli è Dio".

Il beato Agostino generalmente ammetteva che non c'è modo di determinare quale tempio sarà la sede dell'Anticristo: "Ma non si sa in quale tempio di Dio siederà: sulle rovine del tempio che fu costruito dal re Salomone (si veda 1 Re 6:1-38) o in una chiesa. L'apostolo non chiamerebbe tempio di Dio il tempio di qualche idolo o demone".

La maggior parte dei santi Padri ammise che l'Anticristo poteva sedere sia nel tempio di Gerusalemme che nelle chiese cristiane.

"Egli non condurrà all'idolatria, ma sarà un antagonista, rifiuterà tutti gli dei e comanderà a tutti di adorare se stesso invece di Dio. E siederà nel tempio di Dio – non solo a Gerusalemme, ma ovunque nelle chiese" (san Giovanni Crisostomo).

"Non è detto: nel tempio di Gerusalemme vero e proprio, ma semplicemente: nel tempio, in ogni tempio di Dio" (beato Teofilatto di Bulgaria).

San Teofane il Recluso, riassumendo le opinioni dei santi Padri, scrisse: "Ci sarà da qualche parte il luogo centrale dell'attività dell'Anticristo, e naturalmente ci sarà un certo momento in cui si manifesterà come tale. L'Apostolo si riferisce al tempio principale di quel luogo. In questo tempio siederà come un dio; e poi siederà in tale condizione anche in qualsiasi altro tempio che incontrerà di persona. O, forse, siederà personalmente in una chiesa, mentre in altre attesterà la sua seduta in qualche altro modo".

In considerazione dell'attuale aggravamento del conflitto arabo-israeliano, l'agenzia di stampa greca Vima orthodoxias ha pubblicato sul proprio sito web una citazione del venerabile Paissio del Monte Santo, recentemente canonizzato: "La distruzione della Moschea di Omar a Gerusalemme sarà un segno che l'adempimento delle profezie si avvicina. Sarà distrutta per ricostruire il tempio di Salomone, che si dice sia stato al suo posto. Nel tempio ricostruito, i sionisti alla fine proclameranno l'Anticristo come il Messia. Ho sentito che gli ebrei si stanno già preparando per la ricostruzione del tempio di Salomone ".

Queste parole sono confermate dall'intero corso degli sviluppi in Medio Oriente, a partire dalla restaurazione di Israele come stato nel 1948. In effetti, tutto si sta lentamente ma inesorabilmente muovendo verso il fatto che il "terzo tempio" sarà comunque costruito nonostante la resistenza dell'intero mondo musulmano. Tuttavia, dato che i santi Padri non sono pienamente d'accordo su questo argomento, non si può fare totale affidamento sul punto di vista del monaco Paisios e di altri padri che hanno espresso un'opinione simile, poiché questo può celare un grave pericolo. Consiste nel fatto che mentre aspettiamo la restaurazione del tempio di Gerusalemme e crediamo che senza questo l'Anticristo non verrà sulla terra, questi potrebbe benissimo venire e sedersi in un luogo completamente diverso. In altre parole, possiamo semplicemente "mancare il bersaglio".

Pertanto, è necessario prestare attenzione non solo al tempio in cui siederà l'Anticristo, ma anche all'intero complesso di profezie associate alla venuta della fine dei tempi. E, cosa più importante, va ricordato che l'apostolo Paolo, che scrisse ai tessalonicesi che l'Anticristo "siederà nel tempio di Dio come Dio", scrisse anche che ogni cristiano è il tempio di Dio: "O non sapete che il vostro corpo è tempio dello Spirito Santo che è in voi e che avete da Dio, e che non appartenete a voi stessi? " (1 Cor 6:19). E far entrare o meno l'Anticristo in questo tempio dipende solo da ciascuno di noi.

 
Chiese ortodosse: bombardamenti nel Donbass e minacce in Ucraina

A Slavjansk si moltiplicano i bambardamenti di chiese: l'altro ieri vi abbiamo presentato le rovine della cappella accanto alla chiesa di san Serafino di Sarov nel sobborgo di Cherevkovka. Ora a Slavjansk hanno bombardato la cattedrale di Sant'Aleksandr Nevskij (che potete vedere qui sotto in un'immagine prima della guerra) e la chiesa della Risurrezione. Purtroppo nel bombardamento di quest'ultima chiesa è morto il custode (pregate per il riposo dell'anima del servo di Dio Aleksandr).

Le notizie delle chiese attaccate a Slavjansk ci arrivano perché nella Repubblica di Donetsk la stampa è libera. Non osiamo pensare a cosa stia succedendo nell'Ucraina occidentale, dove giungono voci, che per ora non è possibile confermare (...censura dei media?), di preti ortodossi ucraini del Patriarcato di Mosca costretti a fuggire in Russia mentre uniati e scismatici - inclusi i leader del loro clero - li minacciano apertamente di morte, e le loro chiese di distruzione.

 
La visita del capo del Fanar è come un arrivo del papa dopo l'Unia di Brest

l'arciprete Nikolaj Danilevich. Foto: Unione dei giornalisti ortodossi

L'arciprete Nikolaj Danilevich considera irragionevole la visita in Ucraina del patriarca Bartolomeo, che è stato la causa di conflitti e di sequestri di chiese.

L'arciprete Nikolaj Danilevich, vice capo del Dipartimento per le relazioni ecclesiali esterne della Chiesa ortodossa ucraina, ha affermato sul suo canale Telegram che la prossima visita del patriarca Bartolomeo in Ucraina è come un arrivo del Papa dopo l'Unia di Brest e ha definito questa idea "irragionevole e inopportuna".

"Immaginate se il papa fosse venuto in Ucraina (l'allora Confederazione polacco-lituana) due anni dopo l'Unia di Brest (1596), o se Martin Lutero (il fondatore del protestantesimo) fosse venuto a Roma due anni dopo l'inizio della Riforma (1517)", ha detto il portavoce della Chiesa ortodossa ucraina.

"Dopo che il patriarca Bartolomeo ha sconvolto l'ambiente ecclesiale dell'Ucraina con il suo intervento e il suo tomos e, di conseguenza, è diventato causa di conflitti, violenze e sequestri di chiese, è irragionevole e inopportuno venire qui 2 anni dopo quegli eventi turbolenti, le cui conseguenze sono ancora in corso", ha aggiunto.

Come riportato, un metropolita del Fanar è arrivato a Kiev per prepare la visita del patriarca Bartolomeo.

 
Che cosa significa fidarsi del vescovo?

Riflettendo sulla difficoltà di conoscere bene il proprio vescovo, difficoltà che i cristiani sperimentano soprattutto nelle parrocchie più remote, padre John Whiteford risponde alla domanda che molti si fanno quando si parla del dover dare fiducia ai vescovi della Chiesa. Riportiamo la traduzione italiana della spiegazione tra le “Domande e Risposte” dei documenti del sito.

 
In cerca di riconoscimento per la "Chiesa ortodossa dell'Ucraina", il Fanar allontana tutti noi

il metropolita Hilarion dell'America orientale e di New York. Foto: religions.unian.net

Il metropolita Hilarion (Kapral) dell'America orientale e di New York ha parlato del suo atteggiamento nei confronti delle azioni del Patriarcato di Costantinopoli in Ucraina.

Avendo legalizzato gli scismatici ucraini e cercando il loro riconoscimento dalle Chiese locali, il capo del Fanar allontana non solo coloro che sono fedeli alla santa Ortodossia in Ucraina, ma tutti noi. Lo ha affermato il primate della Chiesa ortodossa russa fuori dalla Russia (ROCOR), il metropolita Hilarion (Kapral), in un'intervista al portale "Vita ortodossa".

Il primo ierarca della ROCOR ha notato che ha osservato con grande dolore e smarrimento le azioni del Patriarcato di Costantinopoli, in cui, a suo avviso, "si sente l'influenza dei potenti di questo mondo e un atteggiamento sprezzante nei confronti della verità sull'Ortodossia nella terra ucraina per noi sacra".

"È anche sorprendente che a Costantinopoli manchi un approccio pastorale alla Chiesa ortodossa ucraina, guidata da sua Beatitudine il metropolita Onufrij di Kiev e di tutta l'Ucraina", ha affermato il metropolita Hilarion. "Dopo tutto, dopo aver 'legalizzato' gli scismatici e cercando in ogni modo possibile il loro riconoscimento dalle Chiese ortodosse locali, il patriarca Bartolomeo in realtà allontana non solo la stragrande maggioranza dei nostri compagni arcipastori, chierici, monaci e credenti dell'Ucraina, fedeli alla Santa Ortodossia, ma tutti noi".

Secondo lui, non è chiaro perché il Fanar si sia affrettato nella sua peculiare decisione, adottata senza consultare le altre Chiese ortodosse locali, e "la decisione di abolire un documento vecchio di trecento anni, assieme ai tentativi di giustificare la sua invasione del territorio della Chiesa ortodossa ucraina, sembra quanto meno ridicolo e irresponsabile".

"Tuttavia, stiamo cercando di pregare per lui e la sua cerchia affinché il Signore ragioni con loro, illumini e abbia misericordia di loro, mentre chiediamo aiuto celeste a Sua Beatitudine il metropolita Onufrij e a tutta la Chiesa ortodossa ucraina, l'unica Chiesa canonica di Cristo sul territorio dell'Ucraina", ha sottolineato il primate della ROCOR.

In conclusione, il metropolita Hilarion ha augurato ai fedeli della Chiesa ortodossa ucraina "un superamento di tutte le crisi, che li elevi spiritualmente, rinnovi tutte le forze del Popolo di Dio e apra gli occhi degli altri alla Verità di Dio".

Come riportato, la ROCOR pubblicherà un libro sull'interferenza del Fanar negli affari dell'Ortodossia ucraina.

 
Nichilismo nazionale

Il blog The Vineyard of the Saker, da cui abbiamo tradotto (con la conoscenza e l’incoraggiamento dell’autore, un serio cristiano ortodosso) molte buone spiegazioni del momento di crisi che oggi colpisce l’Ortodossia e il mondo russo, ci ha presentato un altro blog di analoghe vedute, gestito da due americani esperti di storia e spiritualità russa. Il blog si chiama The Soul of the East (l’anima dell’Oriente), di cui varrà la pena tradurre in futuro alcuni dei materiali in italiano. Presentiamo come primo esempio nella sezione “Geopolitica ortodossa” dei documenti la traduzione italiana dell’ultimo articolo apparso nel blog, intitolato Nichilismo nazionale, una buona messa a punto sulla crisi ucraina che tende a spiegare le radici del conflitto nella disgraziata politica (ancora in corso dopo secoli) di assalto alla Russia attraverso le scissioni dei suoi popoli. 

 
Il mio prete ha ragione nel rifiutare lo yoga?

foto: weekswell.com

Io non mi sono mai interessato molto allo yoga. Questo spiega perché non ho mai messo in dubbio nemmeno il rifiuto inequivocabile di questa pratica da parte del mio sacerdote. Ma dato che molti altri cristiani ortodossi sembrano essere aperti o coinvolti in questa pratica, o sono almeno incerti sulla sua compatibilità con la fede cristiana, ignorare questo problema implica probabilmente una risposta negativa alla domanda: "Sono forse il custode di mio fratello?" (Gen 4:9). Preferirei di gran lunga imitare san Paolo, la cui sollecitudine per i suoi fratelli raggiunse un tale livello che era disposto a essere maledetto da Cristo per amor loro (Rm 9:3). Pertanto, per persuadere più efficacemente gli altri dell'uno o dell'altro punto di vista, nessuno dei quali avevo sostenuto con molta fiducia, né lo potevo difendere senza appellarmi a persone più sante, ho deciso di dare a questo problema un'attenzione molto più seria.

Un'analisi ortodossa dei costi e dei benefici dello yoga

Quando il Santo Sinodo della Chiesa di Grecia ha dichiarato lo scorso anno che lo yoga è "assolutamente incompatibile" con la fede cristiana, non tutti i cristiani ortodossi hanno celebrato questa dichiarazione. Il professore della Fordham University, Aristotele Papanikolaou, ha condannato la dichiarazione come "sconsiderata", "irresponsabile" e "pericolosa". Secondo Papanikolaou, egli stesso praticante di yoga, la condanna totale della pratica trascura il suo potenziale scientificamente stabilito di "migliorare i problemi di rabbia, depressione e ansia", così come di "influenzare positivamente problemi medici di vasta portata come l'ipertensione, l'elevata secrezione di ormoni che portano a stress, asma e lombalgia”.

Il fatto che lo yoga abbia radici nella religione indù non è una ragione sufficiente per condannare questa pratica, sostiene Papanikolaou. Dopo tutto, "i cristiani hanno storicamente riconosciuto le cose buone nel mondo che li circondava e hanno assimilato tali pratiche e forme di pensiero nel quadro della loro fede cristiana". Questo è certamente corretto; dopo tutto non siamo testimoni di Geova, che condannano tutto ciò che credono essere di origine pagana.

Tuttavia, padre Seraphim Rose di beata memoria non sarebbe stato d'accordo sul fatto che la pratica dello "yoga secolare" [1] non sia altro che una manifestazione moderna della tradizione ortodossa di appropriarsi di elementi positivi da altre tradizioni. L'essenza della religione indù, secondo lui, è inerente alla pratica stessa dello yoga, nel qual caso il termine "yoga secolare" è un ossimoro [2]: "La persona che usa lo yoga solo per il benessere fisico si sta già predisponendo a certi atteggiamenti spirituali e anche a esperienze di cui è senza dubbio a conoscenza" (L'Ortodossia e la religione del futuro, ed. V, p. 39). [3] Egli prosegue spiegando che "anche gli aspetti puramente fisici delle discipline psichiche come lo yoga sono pericolosi, perché derivano e predispongono verso gli atteggiamenti e le esperienze psichiche che sono lo scopo originario della pratica dello yoga" (p. 69).

Oggi gli psicologi riconoscono il nesso fisico-spirituale di cui padre Seraphim ci ha avvertiti decenni fa. Secondo una psicologa della Duke University, Patty Van Cappelen, le religioni non scelgono posture e gesti fisici a casaccio, ma piuttosto lo fanno "al fine di promuovere i tipi di sentimenti e atteggiamenti individuali e collettivi che le religioni apprezzano". La ricerca empirica suggerisce che queste misure fisiche, in effetti, suscitano tali cambiamenti nelle persone. Per citare solo un esempio, uno studio del 2015 ha scoperto che la semplice alterazione della propria posizione da una postura del corpo più bassa e contratta a una più alta ed espansiva può influire sul livello di accordo con le credenze religiose convenzionali. Non solo "le posture del nostro corpo esercitano una grande influenza su come ci sentiamo e persino su come pensiamo", ma spesso lo fanno, scrive la psicologa dell'Università di Yale Emma Seppälä, "senza la nostra consapevolezza".

Sono portato, quindi, a porre le seguenti domande ai praticanti ortodossi dello "yoga secolare": siete sicuri che i sentimenti e i pensieri generati dallo yoga siano compatibili con il cristianesimo? Se sì, su quali basi ne siete sicuri? Non ha più senso peccare di un eccesso di cautela spirituale evitando questa pratica? Se decidete di scommettere sulla speranza che lo yoga non influisca sulla vostra vita spirituale, ciò non implicherebbe che, nel vostro ordine di priorità, gli obiettivi terreni in definitiva, prevalgono su quelli spirituali? E, se subordinate quest'ultima priorità alla prima, allora non state disprezzando l'insegnamento del nostro Signore che "chiunque ama la propria vita la perderà, mentre chi odia la propria vita in questo mondo la conserverà per la vita eterna" (Gv 12:25)?

Non solo ci sono rischi spirituali che accompagnano la pratica dello yoga, ma ci sono anche potenziali rischi per la salute mentale che Papanikolaou trascura. Gli autori di uno studio del 2016 citano prove che "la meditazione può... portare alla psicosi o peggiorarla in alcuni casi". Inoltre, in un sondaggio del 2017 sui professionisti di "interventi basati sulla meditazione e sulla consapevolezza", i ricercatori hanno scoperto fino a un professionista su quattro che ha avuto "esperienze indesiderate". La cultura popolare è in gran parte ignara di questi rischi; al posto di un'analisi di costi e benefici, la tendenza è di pubblicizzare solo un lato dell'equazione.

Infine, non dobbiamo presumere che i benefici propagandati dallo yoga siano peculiari di questa pratica. Mentre, a suo merito, Papanikolaou allude alle "pratiche spirituali ortodosse" come possibile alternativa allo yoga, non si preoccupa di citare una ricerca scientifica che sostenga questa alternativa. A dire il vero, i benefici dello yoga sono stati studiati più ampiamente. Tuttavia, ci sono ampie prove scientifiche che questi benefici non siano affatto esclusivi dello yoga. Come notano gli psichiatri Richard Brown e Patricia Gerbarg, le tecniche di respirazione di un certo numero di tradizioni religiose, inclusa quella del cristianesimo ortodosso, "hanno dimostrato scientificamente di essere efficaci nell'alleviare stress specifici e problemi di umore come ansia, insonnia, disturbo da stress traumatico e molti altri". Per quanto riguarda l'uso della preghiera del cuore, si è scoperto che la pratica era collegata alla riduzione della tensione, della fatica, dell'ansia fobica e del disagio sociale tra un gruppo di cattolici non convenzionali. L'anno successivo, uno studio randomizzato e controllato ha riportato una "significativa diminuzione dello stress percepito" tra gli studenti universitari dopo l'uso della preghiera. In breve, nessun cristiano ortodosso dovrebbe esaltare i benefici scientificamente supportati dello yoga senza indicare anche ciò che Vazquez e Jensen descrivono come "il fiorente supporto empirico che circonda la contemplazione cristiana e la stessa preghiera del cuore".

Inoltre, esiste un sostegno accademico ai benefici per la salute fisica e mentale delle pratiche del digiuno ortodosso. Secondo uno studio del 2019 su monaci e laici, la disciplina del digiuno ortodosso è associata a una maggiore salute fisica e a maggior benessere. Un altro studio, pubblicato quest'anno, ha collegato il digiuno ortodosso a livelli più bassi di depressione e ansia, nonché a un miglioramento della cognizione negli individui di mezza età e degli anziani. Per farla breve, la scienza conferma ciò che i Padri hanno sempre saputo per esperienza personale.

"Yoga Secolare" e amicizie extraconiugali

La nostra fede è stata paragonata a una relazione coniugale (per esempio in Ap 19:7). È quindi appropriato paragonare lo "yoga secolare" a una relazione extraconiugale "strettamente platonica". Dio – che è descritto antropomorficamente come un "Dio geloso" (Es 20:5) – accetterà lo "yoga secolare" più di quanto una moglie approvi la relazione "strettamente platonica" del proprio marito con un'altra donna?

Ora voi potreste avere una mente più "progressista" – almeno affermando che non avreste obiezioni al fatto che il vostro coniuge stringa una stretta amicizia con qualcuno del sesso opposto – nel qual caso la mia analogia non riuscirà a dimostrare l'improprietà della pratica dello "yoga secolare". Ma se siete persone di scienza (e sospetto che ci sia una forte correlazione tra avere una visione così "progressista" sulle amicizie extraconiugali e il desiderio di essere visti come persone che seguono "la scienza") allora forse dovreste rivalutare la vostra posizione. [4]

Se non siete convinti che lo "yoga secolare" e le amicizie extraconiugali siano cose inappropriate, considerate almeno la possibilità che siano superflue. Se i benefici che cercate da una relazione extraconiugale possono essere ottenuti da un matrimonio sano, allora perché dovreste esporvi a tanti rischi da guardare oltre il vostro matrimonio per perseguire tali benefici? Allo stesso modo, se i benefici reali o presunti dello "yoga secolare" possono essere ottenuti attraverso l'immersione nella vita spirituale ortodossa, allora perché azzardarsi a guardare oltre la santa Ortodossia per ottenerli?

A quanto pare, il mio prete aveva ragione ad aver denunciato lo yoga. Sono arrivato a credere che il cristiano ortodosso che pratica lo "yoga secolare" sia come un contadino che possiede un terreno ampio e fertile, ma ha stupidamente scelto di piantare i suoi semi nel terreno sconosciuto di un campo lontano. Guardiamo al nostro suolo, ricco com'è di preghiere, sacramenti, insegnamenti ascetici, funzioni di culto e altre risorse, mentre cerchiamo di coltivare le nostre menti, i nostri corpi e le nostre anime.

Note

[1] Con questo mi riferisco allo yoga che si intende praticare solo come forma di esercizio fisico, senza motivazioni religiose.

[2] Questo spiega il mio desiderio forse fastidioso di mantenere questo concetto tra virgolette.

[3] Cita un monaco benedettino e praticante di yoga il quale spiega che "la pratica dello yoga aumenta l'elasticità e la ricettività, e quindi l'apertura a quegli scambi personali tra Dio e l'anima che segnano il cammino della vita mistica" (p. 40). Il suo riferimento alla "ricettività" è particolarmente preoccupante, poiché trascura la natura di ciò a cui si diventa ricettivi. In effetti, ciò che rende la spiritualità "New Age" così pericolosa è l'assunto subconscio che nel mondo spirituale esistano solo forze benigne, o che esse siano altrimenti distinguibili dalle forze malevole per il fatto che le nostre esperienze spirituali conferiscono sentimenti positivi come pace e gioia. Notate, tuttavia, che san Paolo insegna che il diavolo "si trasforma in un angelo di luce" (2 Cor 11:14) e non esiterà a sviarci con tali esperienze.

[4] In un articolo di Scientific American giustamente intitolato "Uomini e donne non possono essere 'solo amici'," l'autore riassume la ricerca scientifica concludendo che "uomini e donne hanno punti di vista molto diversi su cosa significhi essere 'solo amici' – e questi punti di vista diversi possono potenzialmente portare a problemi".

 
Il Sinodo della Chiesa ortodossa ucraina ha degradato il principale portavoce antirusso nella Rus' Carpatica

Mosca. 20 giugno. Interfax - Il Santo Sinodo della Chiesa ortodossa ucraina, ha rimosso l'archimandrita Viktor (Bedja) dalla carica di commissario per l'istruzione superiore e la scienza, abolendo nello stesso tempo tale carica.

Inoltre, il sacerdote è stato rimosso dalla carica di rettore dell'accademia teologica ucraina dei Santi Cirillo e Metodio a Uzhgorod, e inviato nel clero della diocesi di Mukachevo, annuncia il servizio stampa della Chiesa ortodossa ucraina.

"Padre Victor era il portavoce principale del movimento anti-russo in Transcarpazia, ha espresso simpatia per i banderovtsy, sostenendo l'istituzione di una Chiesa locale in Ucraina," - ha detto venerdì al corrispondente di "Interfax-Religion" Kirill Frolov, capo del Dipartimento per le relazioni con la Chiesa ortodossa russa e la comunità ortodossa nei paesi della CSI.

Inoltre, a causa di inconvenienti, giovedì il Sinodo ha deliberato l'abolizione del Dipartimento onorario guidato dal segretario della Chiesa ortodossa ucraina, il metropolita Aleksandr (Drabinko).

NB. Chi ha bisogno di un commento per capire questa notizia, la legga così: il metropolita Onufrij e il Santo Sinodo hanno iniziato a fare pulizia in casa. Anche ad alti livelli, uno ha la libertà di sbraitare quanto vuole contro la Russia, senza nemmeno temere di essere deposto dal clero (dopo tutto, questa libertà conferma che ci troviamo nella Chiesa di Cristo, non in una conventicola uniata o scismatica), ma non può servirsi di una posizione di prestigio per fare accordi personali separati con i nemici della Chiesa.

 
Il cancelliere della Chiesa ortodossa ucraina incontra il patriarca Ilia della Georgia

delegazione della Chiesa ortodossa ucraina all'incontro con il patriarca Ilia della Georgia a Tbilisi. Foto: vzcz.church.ua

Il metropolita Antonij ha informato il primate della Chiesa ortodossa georgiana sulla reale situazione dell'Ortodossia ucraina.

Il 7 giugno 2021, con la benedizione del primate della Chiesa ortodossa ucraina, sua Beatitudine il metropolita Onufrij di Kiev e di tutta l'Ucraina, il Metropolita Antonij (Pakanich) di Boryspil e Brovary, cancelliere della Chiesa ortodossa ucraina, ha incontrato a Tbilisi sua Santità il patriarca Ilia II di Georgia. Lo riferisce il Dipartimento per le relazioni ecclesiastiche esterne della Chiesa ortodossa ucraina.

Il metropolita Antonij era accompagnato dal vice capo del Dipartimento per le relazioni ecclesiastiche esterne della Chiesa ortodossa ucraina, l'arciprete Nikolaj Danilevich. All'incontro hanno partecipato anche due chierici della Chiesa ortodossa ucraina, il protodiacono Vadim Novinskij e il protodiacono Alexej Pertin.

Da parte georgiana, all'incontro hanno partecipato il metropolita Shio (Mudjiri), locum tenens del trono patriarcale, il metropolita Gerasim (Sharashenidze) di Zugdidi e Tsaish, il metropolita Andrej (Gvazava) di Gori e Aten, Il metropolita Feodot (Chuadze) di Akhaltsikhe e Tao-Klarzeoria, nonché dipendenti del Patriarcato della Georgia.

"Durante l'incontro, che si è svolto in un'atmosfera fraterna e calorosa, il metropolita Antonij ha informato il patriarca della Georgia sulla reale situazione dell'Ortodossia ucraina. Sono state discusse modalità di ulteriore cooperazione tra le Chiese ortodosse ucraina e georgiana", ha riferito il Dipartimento per le relazioni ecclesiastiche esterne della Chiesa ortodossa ucraina.

Inoltre, dopo l'incontro con il patriarca Ilia, il cancelliere della Chiesa ortodossa ucraina ha incontrato separatamente il locum tenens del trono patriarcale, il metropolita Shio.

Vi ricordiamo che in precedenza il primo ministro dell'Ucraina Denis Shmygal ha incontrato il patriarca della Georgia Ilia. Secondo il ministro della cultura e delle politiche dell'informazione dell'Ucraina, Aleksandr Tkachenko, questo incontro è cruciale per il riconoscimento della "Chiesa ortodossa dell'Ucraina" da parte della Chiesa georgiana. Il vescovo Viktor (Kotsaba), capo della Rappresentanza della Chiesa ortodossa ucraina presso le organizzazioni internazionali europee, ha ricordato ai funzionari che secondo la Costituzione, la Chiesa in Ucraina è separata dallo Stato, "il che significa che il governo ucraino non dovrebbe interferire negli affari della Chiesa, non importa quanto gli sembrino importanti".

 
Ninive è caduta

Padre Andrew Phillips ricorda che l’odierna città di Mosul (da cui i cristiani stanno fuggendo) corrisponde alla città biblica di Ninive, protagonista della storia profetica di condanna e pentimento del libro di Giona. Ci sono elementi profetici e speranze di pentimento (che però non sembrano tradursi in realtà) anche nella storia della devastazione odierna dell’Iraq, da parte di paesi che si illudono di esportare democrazia, progresso e pluralismo, e invece seminano anarchia, miseria e fondamentalismo. Presentiamo la traduzione italiana di quest’analisi nella sezione “Geopolitica ortodossa” dei documenti.

 
Il Cattolicesimo subirà uno scisma nel 2023?

la Chiesa cattolica è sull'orlo di uno scisma. Foto: Unione dei giornalisti ortodossi

Il conflitto tra liberali e conservatori ha condotto la Chiesa cattolica romana a uno scisma che potrebbe verificarsi già nel 2023. Perché si tratta di una cosa reale, e in che modo influenzerà l'Ortodossia?

Il cosiddetto "percorso sinodale" della Chiesa cattolica romana, la cui prossima tappa sarà completata nel 2023, può creare uno scisma nel cattolicesimo. Cos'è questo "percorso" e perché minaccia l'unità dei latini? E, soprattutto, come può questo influenzare l' Ortodossia ?

Cos'è il Sinodo dei Vescovi per i cattolici?

Il Sinodo dei Vescovi è stato istituito da papa Paolo VI il 15 settembre 1965, secondo il decreto Christus Dominus del Concilio Vaticano II sul ministero dei vescovi. Qui si dovrebbe notare quanto segue:

In primo luogo, il Concilio Vaticano II ha proclamato la politica dell'aggiornamento (rinnovamento, adattamento alla realtà), con la quale il Cattolicesimo è entrato in un'epoca di riforma e di apertura al mondo esterno. Tra l'altro, questo Concilio ha aperto le porte al cammino dell'ecumenismo vaticano con l'Ortodossia, il Protestantesimo e le altre religioni.

In secondo luogo, papa Paolo VI fu un attivo sostenitore dell'ecumenismo. Fu lui a introdurre in circolazione l'unità fraseologica "chiesa sorella" (forse, da qui deriva l'unità fraseologica "chiesa madre", che il Fanar sta ora attivamente sfruttando). Nel 1964 Paolo VI, insieme all'altrettanto attivo ecumenista di parte ortodossa, il patriarca Atenagora di Costantinopoli, tolse gli anatemi reciproci del 1054, un punto che storicamente segna la caduta del Cattolicesimo dalla Chiesa.

Pertanto, l'istituzione del Sinodo dei Vescovi nel Cattolicesimo, oltre a risolvere i propri problemi interni, è servita anche ad avvicinare il Cattolicesimo e l'Ortodossia, poiché assomigliava, almeno esteriormente, alla conciliarità nell'Ortodossia. Certo, il Sinodo dei Vescovi nel Cattolicesimo non è come un Concilio dei Vescovi nelle Chiese ortodosse. Svolge solo un ruolo consultivo sotto il pontefice romano. Ma, come qualsiasi altro organo consultivo, può modellare o formulare l'opinione pubblica e influenzare il processo decisionale. C'è una normale procedura speciale o d'urgenza per la convocazione di un Sinodo. Come di consueto, il Sinodo dei Vescovi si riunisce una volta ogni tre anni. Il papa lo presiede, ne determina l'ordine del giorno, lo convoca e lo scioglie, e anche approva (o non approva) le sue decisioni.

La particolarità del Sinodo come organo direttivo della Chiesa cattolica è che è direttamente subordinato al papa, e non è soggetto all'influenza della Curia romana con tutte le sue congregazioni.

Cosa c'è di così insolito nel Sinodo previsto per il 2023?

È insolito perché per la prima volta il Sinodo si svolgerà in tre fasi o a tre livelli: locale, continentale (regionale) e centrale. Secondo il sito ufficiale del Vaticano , tale "decentramento" rifletterà il desiderio di papa Francesco per un "percorso sinodale" che sia un cammino comune di "laici, pastori e del vescovo di Roma". Il Vaticano chiama le tappe del "percorso sinodale": "diocesano, continentale ed ecumenico". Lo afferma il documento della Segreteria generale del Sinodo: "Il processo conciliare integrale sarà attuato in modo genuino solo se le Chiese locali vi saranno coinvolte. La vera partecipazione delle Chiese locali può realizzarsi solo se sono coinvolti anche organismi intermedi di conciliazione, cioè sinodi delle Chiese orientali cattoliche, concili e assemblee delle Chiese sui iuris e Conferenze episcopali a livello di Paesi, regioni e continenti». È interessante notare che il concetto di Chiesa "locale" nel Cattolicesimo differisce in modo significativo da quello simile nell'Ortodossia. Nel cattolicesimo, non si tratta di una Chiesa autocefala (autogovernata), ma di una struttura che opera nel territorio di un determinato paese o gruppo di paesi, che non ha l'indipendenza che hanno le Chiese locali ortodosse.

La prima fase diocesana dovrebbe iniziare nell'ottobre 2021. In questa fase, la Segreteria generale del Sinodo invierà una sorta di questionario guida con proposte a ciascuna diocesi della Chiesa cattolica, nonché ai "dipartimenti della Curia romana, alle unioni di rettori e rettori capi, unioni o federazioni di vita consacrata, a movimenti laicali internazionali, università o facoltà teologiche". Le diocesi e tutte le strutture designate dovranno articolare le loro proposte e trasmetterle ai loro vescovi o altri responsabili. I vescovi dovranno riassumere tutte queste proposte, redigere un certo documento finale e inviarlo alla Segreteria generale del Sinodo. La Segreteria, a sua volta, redigerà il suo documento finale, il cosiddetto primo, lo pubblicherà nel settembre 2022 e lo invierà alle Chiese locali.

La seconda tappa continentale durerà dal settembre 2022 al marzo 2023 e consisterà nel discutere il "primo Instrumentum laboris" a livello delle Chiese locali e sviluppare la posizione di una particolare Chiesa locale nei suoi confronti, nonché commenti, cambiamenti e aggiunte. Tutto questo in forma documentale dovrà essere inviato entro marzo 2023 alla Segreteria generale che, sulla base dei documenti ricevuti, dovrà redigere un "secondo Instrumentum laboris" e pubblicarlo nel giugno 2023.

La terza tappa, "ecumenica" consisterà nello svolgere il Sinodo dei Vescovi della Chiesa cattolica romana nell'ottobre 2023 a Roma e prendere le decisioni appropriate, soggette all'approvazione del pontefice.

Perché c'è la minaccia di uno scisma?

Il rischio è che diverse parti della comunità cattolica (chiamiamola così) si avvicinino al prossimo Sinodo dei vescovi con posizioni diametralmente opposte su una questione che non ammette compromessi o mezzi toni. Per esempio la questione del riconoscimento LGBT. Ci sono, ovviamente, disaccordi anche su altre questioni: il sacerdozio femminile, l'abolizione del celibato e così via. Tuttavia, il riconoscimento delle persone LGBT e la "benedizione" delle unioni gay è un problema che sta già dividendo la Chiesa cattolica in due campi in guerra. Solo la questione della legalizzazione dell'aborto può competere con il riconoscimento delle persone LGBT, ma non è ancora così popolare nell'opinione pubblica da minacciarla potenzialmente con conseguenze così disastrose.

I più ardenti e coerenti sostenitori del riconoscimento dei sodomiti sono i vescovi della Germania, ma, ovviamente, non sono i soli.

Per esempio, l'ex capo della Conferenza episcopale tedesca, l'arcivescovo Reinhard Marks, ha ripetutamente affermato che il Vaticano dovrebbe cambiare il suo atteggiamento nei confronti del matrimonio gay e nel 2018 ha annunciato che i sacerdoti cattolici dovrebbero dare "benedizioni" alle coppie dello stesso sesso. La sua politica è stata trasmessa dall'attuale capo della Conferenza episcopale tedesca, Georg Bötzing. "Molti soffrono per il fatto che la loro relazione non è pienamente riconosciuta dalla Chiesa, per esempio, perché potrebbero divorziare di nuovo o vivere una relazione omosessuale", ha detto Betzing nel maggio 2020, aggiungendo che nel "percorso sinodale" è inclusa la questione del riconoscimento dei sodomiti. "Noi vescovi abbiamo scelto il percorso sinodale e lo stiamo seguendo", ha affermato.

Ecco una dichiarazione molto caratteristica sul tema LGBT del capo della diocesi cattolica di Dresda-Meissen, il vescovo Heinrich Timmerevers, nel marzo 2020: "Diversi mesi fa ho incontrato gay e lesbiche a Dresda. Era una tavola rotonda. E ho sentito da loro come essi, cristiani, facciano fatica a lottare per il riconoscimento dei loro diritti nella società. Molti di loro hanno una situazione di vita difficile, ma stanno cercando di migliorarla. Ho visto e ascoltato testimonianze di fede molto forti e ho appreso non solo l'onesta lotta interiore di alcuni di loro con se stessi, ma anche le loro aspirazioni a migliorare la posizione delle persone omosessuali e transgender nella nostra società e nelle nostre comunità religiose cristiane. Sono rimasto molto commosso da quello che ho sentito e visto lì. E, soprattutto, ho sentito e capito che queste persone sono molto devote al cristianesimo".

Lo stesso papa Francesco è un simpatizzante LGBT di lunga data. Già nel 2013, subito dopo l'ascesa al trono, disse: "Se questa (l'omosessualità, ndc) è una condizione umana, ma chi la vive ha buona volontà e cerca Dio – chi siamo noi per giudicare?" E nel 2018 il papa ha ricevuto in Vaticano il dichiaratamente omosessuale Juan Carlos Cruz e, secondo la CNN, gli ha parlato del suo orientamento sessuale: "Sai, Juan Carlos, non importa. Dio ti ha fatto così, Dio ti ama così. Papà ti ama così, e tu devi amare te stesso e non prestare attenzione a quello che dice la gente".

Nell'ottobre 2020, il papa ha chiesto apertamente la legalizzazione delle unioni omosessuali nel quadro giuridico degli Stati.

Ma il 15 marzo 2021, la Congregazione vaticana per la Dottrina della Fede ha deciso che non è consentito benedire "relazioni o anche unioni stabili che implicano pratiche sessuali al di fuori del matrimonio" tra un uomo e una donna. I matrimoni gay non possono "diventare oggetto di benedizione ecclesiastica" perché non sono in accordo con il piano del Creatore. Nonostante questa decisione fosse firmata anche da papa Francesco, si è sparsa la voce insistente che su questo tema la Congregazione per la Dottrina della Fede fosse contraria al parere del pontefice.

La reazione a questa decisione ha rivelato chiaramente la polarità delle posizioni del cattolicesimo sulla questione LGBT. I liberali cattolici l'hanno respinta con decisione e con aria di sfida. In Austria, l'Iniziativa dei pastori cattolici, che conta 350 membri, ha proclamato la cosiddetta Chiamata alla disobbedienza 2.0, in cui dichiarava categoricamente: "Continueremo a benedire le coppie dello stesso sesso!" In Germania, più di 2.600 sacerdoti e parrocchiani hanno firmato per benedire i matrimoni gay e il capo della Conferenza episcopale, Georg Betzing, ha affermato che il Vaticano si sta "chiudendo al progresso" e che le "pratiche pastorali" ignoreranno il divieto di benedire le unioni LGBT. Il vescovo di Essen Franz-Josef Overbeck ha affermato che "continuerà a prestare attenzione a tutte le persone della sua cura pastorale, se lo chiederanno, indipendentemente dalla situazione della vita". Ulrich von Plettenberg, vicario della diocesi di Treviri, ha definito la decisione della Congregazione "confusa e persino orribile" e ha affermato che "i danni causati da questo nuovo intervento romano sono enormi".

Negli Stati Uniti, l'adesione alla dichiarazione di sostegno alle persone LGBT sta guadagnando slancio. Già più di 14 vescovi cattolici in America, tra cui un cardinale, oltre a più di 150 organizzazioni religiose, scuole e parrocchie hanno aderito a questa dichiarazione. La dichiarazione recita in parte: 'Cogliamo l'occasione per dire ai nostri amici LGBT, in particolare ai giovani, che vi sosteniamo e ci opponiamo a qualsiasi forma di violenza, intimidazione o molestia diretta contro di voi. Prima di tutto, sappiate che Dio vi ha creati, Dio vi ama e Dio è dalla vostra parte".

Allo stesso tempo, non tutti i cattolici sono d'accordo con questa posizione. Anche quando papa Francesco si è espresso a favore della legalizzazione del matrimonio gay, l'autore dell'edizione cattolica americana del National Catholic Register, Edward Pentin, ha scritto che "questa potrebbe essere l'ultima goccia per quei cattolici che erano sempre più insoddisfatti della posizione del papa, che può essere interpretata in modi diversi. Coloro che vanno in chiesa e prendono sul serio la loro fede sono indignati da queste parole. Trovano difficile credere che il papa stia esprimendo parole che minano direttamente l'insegnamento della Chiesa".

In Germania, in risposta alle dichiarazioni di Georg Betzing e di altri vescovi a sostegno delle persone LGBT, i rappresentanti della pubblicazione per i sacerdoti parrocchiali cattolici CommunioVeritatis.de hanno pubblicato un appello il 13 maggio 2021, in cui accusavano Betzing e vescovi affini di eresia. Hanno espresso la loro opposizione alla legalizzazione della sodomia, che viene promossa nell'ambito del Percorso sinodale, e hanno affermato che i vescovi LGBT stanno "conducendo la Chiesa all'inferno". "State facendo l'opera dei lupi. State lacerando il corpo di Cristo, trascurando la Parola di Dio e falsificando l'insegnamento della sua Chiesa", hanno affermato.

L'organizzazione cattolica Christen AfD-Nord ha chiesto al vescovo Felix Genn di Münster di fermare la propaganda LGBT presso la scuola cattolica privata Ludgerus. In una dichiarazione corrispondente, si diceva: "Studenti e genitori sono fuorviati dal corpo docente, che afferma che il gender e la relativa ideologia LGBT sono compatibili con l'immagine cristiana di una persona e con la fede della Chiesa". I rappresentanti di Christen AfD-Nord hanno chiesto " per il bene dei nostri figli di tornare indietro e lasciare il sentiero della distruzione, <...> ed espellere la 'pedagogia della diversità sessuale' pedofila dalle scuole cattoliche".

Si può anche ricordare come alcune organizzazioni cattoliche in Italia, Francia e Stati Uniti, così come i vescovi, abbiano protestato quando le autorità laiche di questi paesi hanno approvato leggi per legalizzare il matrimonio gay.

Va notato qui che le voci dei sostenitori del tradizionale punto di vista cattolico sulla sodomia sono molto più silenziose di quelle dei sostenitori della riforma dottrinale su questo tema. Ciò si spiega non con il fatto che i conservatori sono in inferiorità numerica rispetto ai liberali, ma con il fatto che i liberali sono molto più "stridenti", e anche che i media sono molto più favorevoli ai sostenitori LGBT e comunicano più attivamente la loro posizione ai masse.

Perché il 2023?

Va tenuto presente che l'ordine del giorno delle riunioni del Sinodo è stilato dal pontefice, ed è tutt'altro che certo che papa Francesco porti proprio al Sinodo del 2023 la questione dell'atteggiamento del Cattolicesimo nei confronti delle persone LGBT può essere sollevata in una riunione speciale del Sinodo poco prima o poco dopo il 2023 o può non essere sollevata affatto. Ma da un lato, il Sinodo del 2023 è molto conveniente per esaudire il desiderio del capo del Vaticano di fare qualcosa di significativo per migliorare la vita dei sodomiti. Il fatto che tale desiderio esista è testimoniato dalle ripetute dichiarazioni e azioni di papa Francesco.

Ma allo stesso tempo, il papa non può non fare i conti con la posizione dei sostenitori dei valori tradizionali nella Chiesa cattolica e, in particolare, nella Congregazione per la Dottrina della Fede. Ci sono ancora abbastanza sostenitori di questi valori e occupano molti posti di responsabilità nella struttura amministrativa del Vaticano nonostante il fatto che papa Francesco stia perseguendo una politica coerente di sostituzione con persone del campo liberale a lui fedeli. Inoltre, è necessario ricordare che il Sinodo dei Vescovi non obbedisce in alcun modo alla Curia romana con le sue congregazioni, e il papa può utilizzare questo organismo per portare avanti i suoi piani. Inoltre, l'innovazione nella preparazione del Sinodo, ovvero l'aumento del ruolo delle cosiddette Chiese cattoliche locali, consente al papa e agli altri sostenitori LGBT di sperare che l'opinione dei sostenitori LGBT al Sinodo sia maggiore, o che la loro voce risuoni più forte.

D'altra parte, l'intransigenza con cui si oppongono sostenitori e oppositori del riconoscimento LGBT da parte del Vaticano, fa temere che il loro scontro al Sinodo del 2023 o qualche altro possa portare a un vero scisma tra i cattolici. E la Chiesa cattolica ha una ricca esperienza storica di scismi. Gli storici contano più di 40 antipapi solo nel Medioevo. Questi antipapi a volte rappresentavano parti molto significative della Chiesa romana e si consideravano veri papi, e trattavano i loro avversari, di conseguenza, con il prefisso "anti". Chi di loro fosse riconosciuto dalla storia come papa e chi fosse un antipapa fu deciso alla fine dalla vittoria (a volte anche militare) di uno di loro, piuttosto che dai canoni ecclesiastici, dalla legge della giustizia o dalla santità personale. Per esempio, il santo ieromartire Ippolito di Roma, autore dei famosi trattati "Su Cristo e l'Anticristo", "Confutazione di tutte le eresie" e altri, è considerato uno dei primi antipapi.

Nel solo ventesimo secolo, abbiamo visto ben sette antipapi, che, ovviamente, erano lontani dall'avere un'influenza simile a quella degli antipapi medievali.

Pertanto, per quanto improbabile possa sembrare a qualcuno lo scenario di uno scisma della Chiesa cattolica sulla questione delle persone LGBT, tale possibilità esiste davvero, e il 2023 deve essere riconosciuto proprio come il momento più "favorevole" per questo.

Cosa c'entra l'Ortodossia con questo?

Un possibile scisma del cattolicesimo avrà l'impatto più diretto sulla Chiesa ortodossa. Sfortunatamente, c'è già uno scisma nell'Ortodossia o, per dirla in modo più diplomatico, una divisione. Le Chiese locali sono divise sulla questione del riconoscere o non riconoscere la "Chiesa ortodossa dell'Ucraina", e se si guarda ancora più a fondo, allora sulla questione del riconoscere o non riconoscere la supremazia del Patriarcato di Costantinopoli su tutta l'Ortodossia. In alcune Chiese locali che hanno riconosciuto la "Chiesa ortodossa dell'Ucraina", ci sono vescovi che sono fermamente contrari, cioè si può parlare anche di uno scisma all'interno di queste Chiese. Certo, c'è speranza che lo scisma esistente venga sanato in modo sicuro, ma c'è anche motivo di credere che tutto sarà esattamente l'opposto: il Fanar non rinuncerà più alle sue delusioni, e la maggioranza delle Chiese locali non accetterà di avallare queste illusioni. Alla fine, la questione – chi è il capo diretto della Chiesa, il Signore Gesù Cristo o il Patriarca di Costantinopoli – non può essere compromessa allo stesso modo della questione della "benedizione" ecclesiastica al "matrimonio" dei sodomiti.

Tuttavia, la lealtà al Patriarcato di Costantinopoli e il riconoscimento della sua supremazia si estendono non solo alla questione ucraina, ma in generale a tutte le azioni e all'intera politica del Fanar, che include anche un potente desiderio di unirsi alla Chiesa cattolica romana. E quelle Chiese locali o vescovi che non accettano di cambiare l'insegnamento ortodosso sulla Chiesa né di riconoscere i poteri esclusivi del Fanar, per la maggior parte, risultano essere i principali oppositori dell'ecumenismo e del riavvicinamento con i latini.

Pertanto, gli scismi (sia reali nell'Ortodossia che potenziali nel cattolicesimo) contribuiscono all'emergere di gruppi ortodossi e cattolici che non avranno più oppositori interni sulla questione dell'unificazione. Questi avversari rimarranno dall'altra parte dello scisma. In altre parole, i simpatizzanti LGBT nel Cattolicesimo e i simpatizzanti del Fanar nell'Ortodossia saranno in grado di unirsi in un'unica organizzazione religiosa e proclamarsi "la vera Chiesa".

C'è ancora una domanda che deve essere chiarita: come Chiese locali quali la Grecia, Cipro, Alessandria, che nel recente passato avevano una reputazione di pilastri dell'Ortodossia, accetteranno di unirsi a quella parte della Chiesa cattolica romana che riconosce i sodomiti e "benedice" i loro "matrimoni"? Qui si dovrebbe tenere conto di quanto segue: sia l'ideologia del riconoscimento LGBT che l'ideologia del riconoscimento della supremazia del Fanar (nella forma del riconoscimento della "Chiesa ortodossa dell'Ucraina") sono ideologie che non sono nate dalle profondità della vita stessa della Chiesa, ma vi sono state portate dal mondo della grande politica. In altre parole, i potenti di questo mondo hanno avviato sia il sostegno alle persone LGBT da parte di una parte significativa del clero cattolico, sia il sostegno al progetto della "Chiesa ortodossa dell'Ucraina" tra le Chiese ortodosse. Ricordiamo che l'ex segretario di Stato americano Mike Pompeo lo ha affermato direttamente nel suo account Twitter: "Mi sono assicurato che gli Stati Uniti appoggiassero il riconoscimento internazionale della Chiesa ortodossa dell'Ucraina..."

Epilogo

Riflettendo sulle prospettive piuttosto fosche descritte sopra, vorrei solo esclamare: "Che non sia mai così! Che tutto rimanga lo stesso, che l'Ortodossia diventi di nuovo una cosa sola, e che il Cattolicesimo viva la sua vita e stia lontano da noi" Forse sarà così, ma potremmo dover passare attraverso una robusta prova della nostra stessa fede, della nostra stessa lealtà. al Vangelo. Dopotutto, gli insegnamenti di Gesù Cristo contraddicono molto chiaramente il mainstream moderno con il suo riconoscimento delle persone LGBT, l'ideologia del gender e così via. Dietro questo mainstream ci sono potere e denaro, opinione pubblica e leggi statali. In questo caso, è utile ricordare come il Signore Gesù Cristo, ferito, umiliato e rifiutato dal popolo, fu condotto a una vergognosa esecuzione. Tutto era anche allora contro di lui: forza, potere, denaro, opinione pubblica... Eppure lui è l'unico esempio da seguire.

 
Liturgia storica in un eremo isolato delle Meteore

Da un po’ di tempo non presentiamo testi da Mystagogy, il blog del nostro amico John Sanidopoulos, ma non lo abbiamo certo dimenticato. Da Mystagogy, presentiamo oggi nella sezione “Testimoni dell’Ortodossia” un resoconto, accompagnato da un video e da fotografie, di una Divina Liturgia celebrata in un luogo davvero inaccessibile: uno degli eremi rupestri del complesso delle meteore in Grecia.

 
Il Fanar va avanti a tutto vapore verso una nuova unione e verso il suo stesso disastro

vescovi del Fanar chiamano il papa il loro primate. Foto: Unione dei giornalisti ortodossi

Un vescovo del Fanar ha definito il papa suo primate, ha ottenuto la benedizione per il suo ministero e ha detto che l'unione tra cattolici e ortodossi è al traguardo. Che cosa succede?

Alla fine di maggio 2021, il neo nominato metropolita d'Italia ed esarca dell'Europa meridionale del Patriarcato di Costantinopoli, Polykarpos (Stavropoulos), è stato ricevuto in udienza da papa Francesco. Successivamente ha rilasciato un'intervista all'agenzia Vatican News, nella quale ha affermato, senza ulteriori diplomazie, che ci sarebbe stata un'unione con Roma nell'immediato futuro.

screenshot dal sito Vatican News

Lo stato della riunione

Non c'è nulla di riprovevole nel fatto che un vescovo di nuova nomina in una diocesi, che si trova nel territorio di un paese dominato da un'altra religione o confessione, si incontri con il capo di questa denominazione. Si tratta di una pratica diplomatica comune, a cui molto spesso, se non sempre, fanno ricorso i leader religiosi.

Di regola, lo scopo di tali visite è la pace e la cooperazione interreligiosa (ovviamente, dove i canoni religiosi lo consentono). Tuttavia, la visita del metropolita Polykarpos a papa Francesco ha avuto uno status completamente diverso. Lo stesso metropolita Polykarpos ne ha parlato: "È stato un incontro molto cordiale di un figlio con il suo amato padre, l'incontro di un vescovo con il suo primate e patriarca. Il santo padre ha un cuore grande, un cuore sincero, l'ho ringraziato per il messaggio incoraggiante che mi ha inviato per la mia intronizzazione, e ho chiesto la sua benedizione papale per il mio ministero, in questo periodo in cui sono di nuovo in Italia come vescovo..."

Cioè, questo incontro aveva lo status di un incontro tra un "vescovo e il suo primate". Qui, un'attenzione particolare dovrebbe essere prestata alla parola "suo". Il metropolita Polykarpos considera papa Francesco il suo primate. La domanda sorge spontanea: in quale confessione serve il metropolita Polykarpos – ortodossa o cattolica? Dalle sue parole sembra che sia un cattolico. Questa affermazione è confermata da un altro punto: il metropolita Polykarpos ritiene necessario ricevere una "benedizione papale" per il suo servizio di vescovo.

Se ci riferiamo alle unioni storiche concluse dai vescovi del Patriarcato di Costantinopoli sia nel 1274 (Unione di Lione) sia nel 1439 (Unione di Firenze) e dai vescovi della metropolia di Kiev nel 1596 (Unione di Brest), allora la questione chiave in tutti loro era il riconoscimento del potere del papa. L'adozione della dottrina cattolica, delle norme morali e di altri "latinismi" era racchiusa in questa cosa: il riconoscimento del papa come primate e capo supremo. Come potere vedere, il metropolita Polykarpos ha confessato proprio questo e, la cosa più interessante è che lo ha confessato personalmente: nessuno lo ha costretto a parlare. Di nuovo, ha letteralmente detto di aver riconosciuto papa Francesco come SUO Primate. Così, il metropolita Polykarpos ha confessato di essere un vero uniate.

Quale minaccia rappresenta l'unione?

Esteriormente, l'unione non fa affatto paura. Non bisogna andare lontano; si può dare un'occhiata ai nostri uniati ucraini. Ci sono funzioni nelle chiese, frequentate da fedeli, specialmente nell'Ucraina occidentale. Vescovi e chierici pronunciano belle parole; le persone pregano e compiono alcune buone azioni (non parleremo di quelle cattive). Tuttavia, tutto questo quadro roseo si infrange contro le parole di san Cipriano di Cartagine: "Quelli che non hanno la Chiesa come madre, non hanno Dio cine padre". La Chiesa sulla terra esiste ed è sempre esistita secondo la parola del Signore: "Edificherò la mia Chiesa, e le porte degli inferi non prevarranno su di essa..." (Mt 16:18). Esiste nella forma in cui è stata creata dallo Spirito Santo nel giorno di Pentecoste e disposta dalla predicazione apostolica. Questa Chiesa è visibile, tangibile e unica. Si può entrare in lei mediante il santo battesimo oppure si può decadere da lei commettendo un peccato mortale, compreso il peccato di eresia.

Sia l'Ortodossia che il Cattolicesimo affermano di essere questa "Chiesa una, santa, cattolica e apostolica" (Credo), ma solo una di esse è tale. Uno dei segni della vera Chiesa, tra l'altro, è la "primordialità" della sua fede, cioè del dogma formatosi agli albori del cristianesimo. Quindi solo per questo il cattolicesimo non può affermare di credere come ha sempre creduto. Il dogma della processione dello Spirito Santo dal Figlio (filioque) fu introdotto alla fine dai latini nel credo niceno-costantinopolitano solo nell'XI secolo, il che, insieme all'affermazione della supremazia del papa in tutta la Chiesa, provocò lo scisma dei latini dalla Chiesa nel 1054. Oltre a questi due errori, il latinismo nella storia millenaria della sua esistenza fuori della Chiesa ha prodotto tutta una serie di errori. Per dirla in poche parole, sono i seguenti:

  • la processione dello Spirito Santo dal Padre e dal Figlio, che significa sminuire la divinità dello Spirito Santo;
  • l'affermazione che il papa è il capo visibile della Chiesa, il che significa l'eliminazione del primato di Gesù Cristo nella Chiesa;
  • la perversione della comprensione dell'essenza della salvezza: invece di Cristo che guarisce la natura umana danneggiata, una persona si libera semplicemente della punizione;
  • il dogma dell'Immacolata Concezione della Vergine, che significa che la Santissima Vergine non aveva bisogno di un Salvatore;
  • il dogma del purgatorio, che perverte l'insegnamento originario sulla sorte postuma dei morti;
  • un metodo praticato di preghiera sensuale, che è severamente vietato e definito illusione dagli asceti ortodossi;
  • una pratica di ascesi per immagini, anch'essa riconosciuta dai padri ortodossi come delusione;
  • un'affermazione sull'evoluzione dogmatica, che consente di introdurre nuovi dogmi e reinterpretare quelli vecchi a propria discrezione.

Tutto questo può essere nascosto in modo abbastanza sicuro dietro i paramenti ortodossi, i rituali ortodossi e, in generale, il lato esterno. Pertanto, estendendo la risposta alla domanda: cosa c'è di terribile nell'unione, possiamo dire che non c'è nulla di terribile quando si tratta di un lato esterno, ma allo stesso tempo l'essenza dell'unione è un tradimento dell'Ortodossia non solo nella dottrina, ma anche in molti altri aspetti. Accettando l'unione, qualsiasi persona, sia essa un vescovo o un semplice laico, diventa estraneo alla Chiesa di Cristo, con tutte le conseguenze che ne conseguono per la salvezza dell'anima. Nel vocabolario moderno, la parola "identità" è piuttosto ronzante. Quindi, l'accettazione dell'unione con il cattolicesimo è la completa distruzione dell'identità ortodossa.

La futura terza unione

Nonostante il completo e incondizionato fallimento sia dell'Unione di Lione che di quella di Ferrara-Firenze, il Patriarcato di Costantinopoli sta sempre correndo verso la terza unione, che dovrebbe avvenire nel 2025. Maggiori informazioni su questo possono essere trovate nell'articolo "Lo spettro della terza unione con i cattolici non è più uno spettro". Anche il metropolita Polykarpos ne ha parlato molto francamente: "Ciò che sorprende è che la vicinanza, i gesti, le iniziative di papa Francesco e del patriarca Bartolomeo siano genuini e lontani da ogni aspetto secolare o spettacolare. Queste sono due persone che condividono gli stessi pensieri e sentimenti. Riconoscono che devono agire insieme a beneficio della nostra travagliata umanità, che è stata ancora più colpita di recente dalla crisi sanitaria e dalla crisi economica causata dalla pandemia del coronavirus. Il cammino dei cattolici e dei cristiani ortodossi verso l'unità completa sotto la guida dello Spirito Santo è quasi al traguardo . Penso che questo traguardo sia già stato raggiunto a livello dei credenti, e questo è più importante che a livello istituzionale".

Qui si dovrebbe prestare attenzione ai problemi che, secondo il metropolita Polykarpos, stanno affrontando l'ortodossia e il cattolicesimo. Questa è una "crisi sanitaria ed economica". Non una parola sul peccato, che divora il genere umano, non una parola sulla morte, che regna sugli uomini, non una parola sulla comunione dell'uomo con Cristo attraverso i sacramenti! Solo la sanità e l'economia sono importanti. Ciò testimonia in modo molto eloquente la coscienza religiosa del vescovo del Patriarcato di Costantinopoli. Inoltre, non ha rilasciato un'intervista a qualche pubblicazione laica, i cui lettori sono poco interessati alla questione della salvezza dell'anima. L'intervista è stata rilasciata alla principale agenzia di stampa vaticana, la testata religiosa Vatican News.

Le parole che "il cammino dei cattolici e dei cristiani ortodossi verso l'unità completa <...> è quasi al traguardo" conferma ancora una volta l'assunto che sia il Vaticano che il Fanar hanno una visione molto chiara dei tempi per raggiungere l'unità e del piano di azione. Inoltre, questi termini si contano non in decenni, ma in pochi anni. Sia il patriarca Bartolomeo sia papa Francesco sono determinati a passare alla storia come unificatori di ortodossia e cattolicesimo. Tuttavia, il termine "unificazione" non è molto adatto qui, o meglio non è affatto adatto. Nessuna "unificazione" è prevista. Ci sarà un'UNIONE dei traditori dell'Ortodossia con i Latini, come avvenne in tutte le precedenti unioni storiche, con il riconoscimento del potere del papa e l'accettazione, direttamente o implicitamente, di tutti gli errori del cattolicesimo sopra elencati. Anche il metropolita Polykarpos ne parla direttamente e apertamente. Le sue parole che il suo incontro con papa Francesco è stato "un incontro di un figlio con il suo amato padre, un incontro di un vescovo con il suo primate e patriarca", che ha dato la sua "benedizione papale per il ministero" del metropolita Polykarpos come vescovo, ne sono una solida testimonianza.

La catastrofe del Patriarcato di Costantinopoli

La storia ci insegna che la storia non ci insegna nulla. Questa frase ironica è del tutto applicabile agli attuali vescovi del Patriarcato di Costantinopoli. Il risultato delle già citate unioni lionese e fiorentina fu che il clero e il popolo della Chiesa le respinsero, e i vescovi che avevano firmato queste unioni portarono lo stigma del tradimento e della vergogna. Non furono accettati nelle loro diocesi, fu loro negata la concelebrazione e molti di loro alla fine si pentirono delle loro azioni. Ora i fanarioti vogliono provare a cadere di nuovo nella stessa trappola. Tuttavia, non sono al sicuro dalle conseguenza dannose di questa trappola come lo erano prima. Alcune circostanze suggeriscono che l'unione incombente potrebbe avere ancora più successo delle precedenti: nonostante il fatto che sia il patriarca Bartolomeo che molti altri vescovi del Patriarcato di Costantinopoli negli ultimi anni abbiano costantemente comunicato alla società messaggi sull'unificazione con il Vaticano, non sentiamo quasi nessuna obiezione al riguardo dalla base del Patriarcato di Costantinopoli... Inoltre, non abbiamo sentito alcuna protesta significativa contro l'interferenza del Fanar negli affari ecclesiali in Ucraina. Ciò è probabilmente dovuto al fatto che il patriarca Bartolomeo, fin dall'inizio del suo patriarcato, ha perseguito una politica di sostituzione delle persone sui seggi episcopali con persone a lui fedeli

Tuttavia, le proteste da parte di altre Chiese locali sono piuttosto clamorose; si tratta, inoltre, di Chiese comunemente associate al cosiddetto gruppo ellenico. La più recente e vivace protesta è una lettera aperta, che il metropolita Seraphim (Mentzelopoulos) del Pireo della Chiesa ortodossa di Grecia ha scritto all'agenzia Vatican News in risposta all'intervista al metropolita Polykarpos. In questa lettera si esprimeva in modo fortemente negativo sulle parole del metropolita Polykarpos: "Non ci stupisce nemmeno che Polykarpos si senta nei confronti del papa come un figlio verso il suo amato padre. Considerare un eretico e usurpatore del trono patriarcale di Roma o chiunque altro come suo padre è problema di Polykarpos. Tuttavia, siamo sorpresi che Polykarpos sia chiamato vescovo della Chiesa ortodossa e chiami un eresiarca impenitente come suo patriarca".

Stupito da dichiarazioni così esplicite del metropolita Polykarpos, il metropolita Seraphim pone la domanda: come fa il metropolita Polykarpos a sapere che "il cammino degli ortodossi e dei cattolici verso l'unità completa si avvicina al traguardo": "Sa qualcosa che è nascosto ai credenti? Non ha forse 'confidato un segreto', che ci stupirà una volta che 'l'unione delle chiese' sarà a portata di mano? Quanto sono fondate le voci sull'imminente "unione"?"

Inoltre, c'è un'altra circostanza che non ha insegnato nulla ai fanarioti. Probabilmente, nei loro piani per la "terza unione", sperano che il Dipartimento di Stato americano li aiuti a realizzare questi piani, perché anche le precedenti unioni sono state promosse da autorità secolari. Tuttavia, il fatto che il Dipartimento di Stato americano, a seguito di quasi tre anni di sforzi, non sia stato in grado di persuadere la maggioranza delle Chiese locali a riconoscere la "Chiesa ortodossa dell'Ucraina", suggerisce che non sia così onnipotente, e aspettarsi che con il suo aiuto sia possibile soggiogare le Chiese locali in caso di unione con Roma è quanto meno molto ingenuo. In realtà, anche nelle Chiese "greche" ci sono molte meno persone che vogliono aderire all'unione di quelle che vogliono affermare la superiorità del Patriarcato di Costantinopoli nel mondo ortodosso. Dopotutto, una cosa è affermare la grandezza dell'ellenismo nel quadro dell'Ortodossia, ma tutt'altra cosa è tradire l'Ortodossia e obbedire al Vaticano. Sebbene la prima affermazione contraddica il Vangelo, la seconda ne è del tutto fuori.

Pertanto, si può presumere che non siano così tanti i vescovi che desiderano seguire gli schemi della "terza unione" del patriarca Bartolomeo. Forse lo seguirà la maggioranza dei vescovi del suo stesso Patriarcato di Costantinopoli, ma in altre Chiese locali sorgerà un'opposizione molto forte, sostenuta da argomenti teologici, analogie storiche e dall'autorità spirituale di vescovi come il metropolita Seraphim del Pireo, il metropolita Athanasios di Limassol e molti altri. Ciò è particolarmente vero per il Monte Athos, la cui autorità è stata scossa dal riconoscimento della "Chiesa ortodossa dell'Ucraina" da parte di alcuni monasteri, ma è ancora abbastanza solida. La maggior parte dei monasteri athoniti presumibilmente si opporrà all'unione.

Di conseguenza, i sostenitori dell'unione dovranno affrontare la stessa fine ingloriosa dei loro predecessori, lo stigma del tradimento e della vergogna, che, ovviamente, può essere cancellato dal sincero pentimento. È esattamente ciò a cui il metropolita Seraphim del Pireo ha chiamato il metropolita Polykarpos nella sua lettera:

"Il riconoscimento del proprio errore, il proprio pentimento non è un atto di codardia, ma la principale virtù ed eroismo cristiano!"

 
La Chiesa Ortodossa Ucraina chiede a Poroshenko la fine della guerra nel Donbass e della discriminazione religiosa nei media

Il 20 giugno 2014 il Sinodo della Chiesa Ortodossa Ucraina, con un appello postato sul suo sito ufficiale, ha chiesto al presidente Poroshenko di fermare le azioni militari nelle regioni di Donetsk e Lugansk,

L'appello denuncia recenti tentativi di distruzione di chiese e di edifici religiosi, incluso il recente tentativo di incendio di una chiesa a Kiev, ma soprattutto esprime estrema preoccupazione per il trattamento imparziale dei media che danneggia in particolare la Chiesa ortodossa canonica del paese.

Per capire questa preoccupazione, ricordiamo ai nostri lettori che, di pari passo con la "rivoluzione arancione" degli anni scorsi, si era sviluppato un vero e proprio bando alla Chiesa del Patriarcato di Mosca dai media pubblici ucraini; solo sotto la presidenza di Janukovich, la Chiesa Orrtodossa Ucraina aveva potuto riavere una visibilità, soprattutto attraverso la televisione.

Ora la discriminazione dei media è ritornata pesante, non solo in campo ecclesiale, e sono rare le poche clamorose eccezioni in cui si riesce a "bucare" la censura.

 
Perché le tendenze liberali incontrano una reazione sospetta in chiesa?

Noi ortodossi siamo spesso rimproverati di essere conservatori. "Perché non potete aprirvi di più? Perché vi aggrappate ancora al medioevo?", sentiamo dire dai nostri critici. – "Fate del russo moderno la vostra lingua di culto! Abbreviate le vostre funzioni e i digiuni! Rivolgetevi alle sottoculture giovanili per attirare più giovani!" gridano. "Dovreste riconsiderare il ruolo delle donne nelle vostre liturgie", consigliano. Di solito, alle loro raccomandazioni aggiungono la frase: "come fanno i cattolici" o "come hanno fatto i protestanti".

Eppure in questa aggiunta sta il problema principale.

In quasi due millenni di storia della Chiesa, abbiamo visto numerosi esempi di diverse comunità che si separano dalla Chiesa. Abbiamo imparato qualcosa dalle cause di questi scismi e dalle loro conseguenze. Abbiamo visto fino a che punto queste comunità si sono allontanate dalla verità della fede cristiana.

Per alcuni, potrei sembrare troppo duro. Tuttavia, mettiamo da parte per un momento la nostra correttezza politica e guardiamo i fatti come li vediamo.

Lo scisma della Chiesa romana fu il risultato delle ambizioni politiche dei suoi capi. Poi venne lo scisma dei protestanti dalla Chiesa romana, in opposizione a queste ambizioni e ad altri suoi abusi. Non solo i protestanti non riuscirono a ritornare alla purezza della vera fede, ma rifiutarono anche la santa Tradizione della Chiesa. Oggi molti stanno cominciando ad allontanarsi anche dalle verità bibliche per "stare al passo" con i tempi.

Ciò che è iniziato con lodevoli appelli a tornare ai semplici insegnamenti evangelici della Chiesa primitiva alla fine è degenerato, in qualche modo invisibile, nella tolleranza del peccato e persino nella sua diretta approvazione in alcune denominazioni.

Appelli di misericordia verso i peccatori si sono infine trasformati in appelli alla pazienza verso il peccato.

Non c'è da stupirsi, quindi, che molti nella Chiesa ortodossa vedano con estremo sospetto le innovazioni loro proposte, soprattutto perché tanti di loro provengono da chiese che sanno essere scismatiche.

Certo, non bisogna essere fanatici sulle cose meno importanti, ma alcune cose non possono essere ignorate.

Oggi, alcuni nel Patriarcato di Costantinopoli propongono di rivedere l'atteggiamento della Chiesa nei confronti del nuovo matrimonio dei sacerdoti, e lo stesso patriarca di Costantinopoli parla con un tono che ricorda quello dei papi romani dei tempi dello scisma occidentale.

Alcuni potrebbero non vedere alcun motivo nel discutere di tali problemi "minori". Ma la storia della Chiesa ci insegna a non accontentarci. Gli scismi dalla vera fede partono sempre da diversivi in ​​queste "piccole" cose.

Oggi il conservatorismo non è di moda. Ma è meglio essere chiamati conservatori che intraprendere la strada dell'apostasia. È meglio essere etichettati come fanatici che iniziare a fare concessioni alle passioni umane anche nelle piccole cose. Ciò che all'inizio sembra piccolo può alla fine portarci alla piena accettazione del peccato

 
Il diacono Eugenio Miosi è stato ordinato al sacerdozio a Pescara

Celebrazione archieratica a Pescara

Sabato 21.06.2014

Il 20 giugno è iniziata la visita pastorale in Italia del capo del Dipartimento per le parrocchie locali del Patriarcato di Mosca, l'arcivescovo Mark di Egor'evsk. In serata vladyka, accompagnato dal segretario dell'amministrazione delle parrocchie in italia, l'archimandrita Antoniy (Sevryuk) è arrivato a Pescara, una delle più grandi città della regione dell'Abruzzo.

Il 21 giugno, l'arcivescovo Mark ha celebrato la Divina Liturgia nella parrocchia della Natività della Beata Vergine in un sobborgo di Pescara, Montesilvano. Hanno concelebrato l'archimandrita Antoniy, il rettore della parrocchia, arciprete Vyacheslav Safonov, i diaconi Vitalie Sterpu ed Eugenio Miosi.

Dopo il Grande Ingresso, l'arcivescovo ha officiato un'ordinazione sacerdotale: il diacono Eugenio Miosi è stato ordinato sacerdote, con il diritto a portare il nabedrennik.

Dopo la fine della funzione, vladyka si è rivolto ai fedeli con una predica, in cui, tra l'altro, ha invitato i parrocchiani a un'intensa preghiera per la pace nell'Ucraina. Dopo aver letto una speciale preghiera, diffusa in questi giorni in tutte le chiese della Chiesa ortodossa russa con la benedizione del patriarca Kirill di Mosca e tutta la Rus', Vladyka ha salutato il rettore della parrocchia, che ha ringraziato l'arcivescovo per la prima celebrazione archieratica nella storia della comunità.

Quindi vladyka Mark ha condiviso un momento con i parrocchiani al tè della festa. Alla fine del pasto l'arcivescovo si è incontrato con il neo-ordinato sacedote Eugenio Miosi e con i suoi genitori. Vladyka ha augurato a padre Eugenio l'aiuto di Dio nel ministero e il successo negli studi che il sacerdote, italiano di nascita, sta compiendo presso la facoltà degli studenti stranieri dell'Accademia Teologica di San Pietroburgo.

 
Come i propagandisti della "Chiesa ortodossa dell'Ucraina" ingannano gli ucraini creduloni

il capo del dipartimento per gli affari religiosi dell'amministrazione statale regionale di Leopoli promuove la "Chiesa ortodossa dell'Ucraina" e critica la Chiesa ortodossa ucraina. Foto: Unione dei giornalisti ortodossi

Uno dei principali adepti della "Chiesa ortodossa dell'Ucraina" è diventato un funzionario dell'amministrazione statale regionale di Leopoli, e incita all'ostilità tra gli ortodossi. Analizziamo in dettaglio il suo lavoro.

Non molto tempo fa, Dmitrij Gorevoj, un attivo propagandista della "Chiesa ortodossa dell'Ucraina", che si definisce un esperto di religione, è stato nominato capo del Dipartimento per gli affari religiosi e nazionali della regione di Leopoli. Se prima le sue numerose pubblicazioni manipolative sul tema della chiesa erano solo l'opinione privata di uno dei membri del pool mediatico della "Chiesa ortodossa dell'Ucraina", ora ciascuna delle sue dichiarazioni riflette la posizione di un funzionario statale che ha un'influenza attiva sulla situazione religiosa nel paese.

Gorevoj è già riuscito a lasciare il segno ammettendo che trovandosi nel suo ufficio, ha rifiutato molte volte alle comunità della Chiesa ortodossa ucraina di registrare nuovamente i loro statuti o di cambiare il rettore. Secondo il funzionario, perché ciò avvenga, le comunità dovrebbero cambiare il loro nome attuale in "Chiesa ortodossa russa in Ucraina". Allo stesso tempo Gorevoj, il cui intero lavoro mediatico è volto da diversi anni a promuovere la "Chiesa ortodossa dell'Ucraina" e a combattere la Chiesa ortodossa ucraina, dichiara di "non discriminare alcuna organizzazione religiosa" e di "non favorirne altre". Ma l'attività di propaganda in corso, a suo avviso, è del tutto compatibile con il lavoro del capo del Dipartimento per gli affari religiosi, dove una delle qualità principali dovrebbe essere l'imparzialità e l'equidistanza da eventuali conflitti religiosi. Gorevoj è sicuro che i funzionari statali potrebbero impegnarsi in tale "attività creativa" propagandistica, che è abbastanza compatibile con la sua posizione attuale.

L'unione pubblica "Miriane" si è già rivolta all'Amministrazione regionale di Leopoli con una richiesta di licenziamento di Gorevoj per inadeguatezza alla carica ricoperta. Non si sa come reagirà l'Amministrazione regionale di Leopoli a questo appello, ma analizzeremo semplicemente uno degli esempi della "creatività" di Dmitrij Gorevoj e scopriremo come ciò sia "compatibile" con il suo lavoro di funzionario.

"I guai di una propaganda astuta", o come confondere tutto il possibile e l'impossibile

Come esempio, abbiamo deciso di analizzare uno dei suoi numerosi video sul canale youtube DetectorUA, intitolato "Come la Chiesa russa ha annesso le terre ucraine di Costantinopoli".

Già nel nome stesso, il funzionario statale è riuscito a commettere una serie di errori storici e semantici. E ancora di più... Ha senso analizzare quanto detto, in primo luogo, per comprendere da sé la verità storica e in secondo luogo, per convincersi ancora una volta di quanto siano ridicole le argomentazioni dei propagandisti della "Chiesa ortodossa dell'Ucraina", che ora sono diventati decisori politici in ambito religioso.

schermata del canale youtube DetectorUA

Nel suo video, Dmitrij Gorevoj si è dato il compito di confutare il mio articolo "Costantinopoli riporterà nel suo seno la metropolia di Kiev?". L'idea di annullare il trasferimento della metropolia di Kiev alla giurisdizione del Patriarcato di Mosca nel 1686 era appena stata espressa nel Patriarcato di Costantinopoli e, secondo l'articolo, tale cancellazione sarebbe il colmo dell'assurdo. Uno di questi argomenti era che la metropolia di Kiev del 1686 e la Chiesa ortodossa ucraina del 2018 sono lungi dall'essere la stessa nonostante il fatto che la Chiesa ortodossa ucraina sia il successore di quella storica metropolia di Kiev. L'attuale Chiesa ortodossa ucraina è molto più numerosa in termini di numero di comunità, monasteri, istituzioni educative religiose e molto più estesa sul territorio. Inoltre, parte della storica metropolia di Kiev del 1686 si trova ora sul territorio degli stati baltici e della Bielorussia.

mappa comparativa della metropolia di Kiev del Patriarcato di Costantinopoli nel 1686 in proiezione sul territorio della moderna Chiesa ortodossa ucraina

E così il funzionario statale si è impegnato a dimostrare che il Patriarcato di Costantinopoli possedeva anche la maggior parte del resto delle "terre ucraine", mentre la "Chiesa russa" avrebbe "annesso" il tutto. È chiaro che l'esperto della "Chiesa ortodossa dell'Ucraina" è stato incaricato di confutare l'articolo di cui sopra, mostrando al suo pubblico quanto sia buono il Patriarcato di Costantinopoli e quanto sia cattivo il Patriarcato di Mosca, ma per adempiere a questo compito, ha dovuto confondere tutto il possibile e l'impossibile.

L'uso dei nomi

In primo luogo, la parola "annessione" (dal latino annexio) è l'incorporazione forzata e unilaterale da parte di uno stato di tutto o parte del territorio di un altro stato. Secondo la risoluzione XXIX dell'Assemblea generale delle Nazioni Unite del 14 dicembre 1974, l'annessione è un tipo di aggressione. Cioè, è un termine delle scienze giuridiche e politiche che viene utilizzato nel diritto internazionale solo in relazione agli stati. In altre parole, nessuna organizzazione religiosa può per definizione annettere nulla. E il fatto che Dmitrij Gorevoj usi questo termine in relazione alla Chiesa mostra ancora una volta quanto siano lontani gli aderenti della "Chiesa ortodossa dell'Ucraina" dalla comprensione evangelica della Chiesa come unico corpo di Cristo. Può il Corpo di Cristo "annettere" qualcosa in sé?

In secondo luogo, il termine "terre ucraine" esisteva davvero e, inoltre, fu nel XVII secolo che divenne predominante nelle mappe europee e nei documenti ufficiali. Ma fino al XVII secolo, le terre occupate dall'Ucraina moderna erano spesso designate come "Rus", "Rusia", "Rutenia", "Chervonaja Rus", "Terra dei cosacchi", "Malorosija", "Atamanato". Ma qualunque sia il nome, il potere politico di Bisanzio e successivamente dell'Impero ottomano non si estendeva a queste terre. Si può parlare del potere politico di Bisanzio sulle antiche città greche in Crimea, così come del potere del Khanato di Crimea, che in alcuni periodi della storia era un vassallo dipendente dalla Porta ottomana.

Ma il fatto è che la Crimea non fu inclusa nel concetto delle "terre ucraine" fino al 1954, quando il Presidium del Soviet Supremo dell'URSS trasferì la penisola ala Repubblica socialista sovietica ucraina. Si può quindi dire che le "terre ucraine" non sono mai appartenute a Costantinopoli e, di conseguenza, non potevano essere portate via da Costantinopoli ("annesse", nei termini di Gorevoj). In tutta onestà, si può dire che a seguito delle guerre russo-turche, russo-polacche e polacco-turche del XVII secolo, i turchi e i tartari di Crimea soggetti a loro per qualche tempo possedettero terre in Podolia e in alcuni altre parti dell'Ucraina, ma non c'è nulla di cui essere orgogliosi, dal momento che i musulmani si limitavano semplicemente a prelevare le popolazioni locali di queste terre e a portarle ai mercati degli schiavi dell'est. Generalmente, Gorevoj ha confuso l'aspetto politico con quello religioso.

In terzo luogo, la Costantinopoli greca cessò di essere tale subito dopo essere stata conquistata dal sultano Mehmet II nel 1453. Quindi questa città divenne Istanbul, sebbene questo modo di ribattezzarla suia stato fissato solo nel 1930 sotto Kemal Ataturk. Era usato anche il nome "Costantinopoli", ma se ci riferiamo al fatto che qualcuno possedeva qualcosa, allora si applica solo in relazione a Istanbul.

La leggenda della Crimea

Come accennato in precedenza, la Crimea non è stata chiamata parte delle "terre ucraine" fino al 1954. Prima di allora, è stata abitata da greci, goti, sciti, tartari, russi e così via. Convenzionalmente, possiamo parlare di statualità nelle città greche, e poi del potere della Repubblica genovese in alcune parti della Crimea. La statualità del Khanato di Crimea era un po' fittizia, se non del tutto, dal momento che il khan di Crimea era un vassallo del sultano turco. Infine, nel 1783, la Crimea entrò a far parte dell'Impero Russo. Tuttavia, Dmitrij Gorevoj, senza scrupoli, include la Crimea nelle "terre ucraine" di Costantinopoli, annesse dalla "Chiesa russa", e presenta l'annessione della Crimea alla Russia e l'esodo della popolazione cristiana dalla penisola come qualcosa di terribile.

Dmitrij Gorevoj: "I primi cenni del cristianesimo sono germogliati in Crimea. I cristiani vi si stabilirono già nel I sec. Ben presto vi si formò una diocesi dei goti. I vescovi della Crimea parteciparono anche al VI e VII Concilio ecumenico. In generale, la storia del cristianesimo in Crimea è molto colorata, straordinaria e drammatica. La vita della Chiesa è esistita lì per molto tempo, anche se con alcune interruzioni. Ma il punto di svolta fu l'annessione della Crimea da parte dell'Impero Russo. Nel 1779 Caterina II emanò un Decreto o Carta Suprema, come direbbero loro, in base al quale reinsediò l'intera popolazione cristiana dalla Crimea alla regione di Azov".

Innanzitutto, Dmitrij Gorevoj, nella sua breve descrizione della storia dei cristiani di Crimea, ha presentato tutto come se all'inizio ci fosse un cristianesimo fiorente, ma poi la "malvagia" Caterina lo soppresse e lo distrusse, reinsediando i cristiani nella regione di Azov. Ma basta scavare un po' più a fondo nella storia e diventa chiaro che il "punto di svolta" nella storia del cristianesimo in Crimea non è la sua annessione (a proposito, in questo caso, questo termine è usato correttamente: lo stato russo realmente annesso lo stato dei tartari di Crimea), ma piuttosto la cattura della Crimea da parte di questi stessi tartari nel XV secolo. Da quel momento in poi, il Khanato di Crimea, che era in dipendenza vassallo dell'Impero Ottomano, divenne un centro della tratta degli schiavi.

Sia i cristiani di Crimea che la popolazione dell'Ucraina propriamente detta, allora chiamata Piccola Russia (Malorosija), che fu sequestrata dai tartari durante le loro frequenti incursioni, furono venduti come schiavi. Ai cristiani di Crimea era proibito erigere croci, riparare e costruire chiese e celebrare servizi divini. Erano spesso utilizzati per lavoro forzato gratuito e costretti a pagare una tassa speciale, la jizia. I cristiani non si radunavano più per i servizi divini in magnifiche chiese, ma in case private, grotte e rifugi. La posizione dei cristiani nel Khanato di Crimea era ancora più deplorevole che nell'Impero Ottomano. L'alba del cristianesimo in Crimea inizia solo dopo l'inclusione della penisola alla Russia. Poco dopo questo evento fu costruito un numero enorme di chiese, monasteri, biblioteche e scuole teologiche. I cristiani di Crimea finalmente tirarono un sospiro di libertà, dopo essersi liberati del potere dei tartari, che aveva causato loro tanto male. Tuttavia, Gorevoj per qualche ragione ritiene vero il contrario.

In secondo luogo, il propagandista ufficiale, come sempre, ha confuso tutto, e perdirla alla moda del mondo, ha detto una bugia. Nella sua interpretazione, Caterina prima si impadronì della Crimea e poi ne allontanò i cristiani. In realtà, fu tutto il contrario. La Crimea fu annessa alla Russia nel 1783, e l'esodo dei cristiani nella regione di Azov avvenne nel 1778, cioè 5 (!) anni prima, quando la Crimea era ancora sotto il dominio del Khanato di Crimea. Inoltre, questo esodo non è avvenuto affatto per decreto di Caterina, ma a seguito di un accordo internazionale (nella terminologia odierna) tra il Khanato di Crimea, l'Impero Russo e le comunità cristiane della Crimea: greco-ortodossa, armena e cattolica. Inoltre, i negoziati sul reinsediamento durarono 7 anni dal 1771. Le ragioni principali di tale reinsediamento furono, da un lato, il desiderio della Russia di popolare la regione di Azov, che era allora deserta, e dall'altro, la minaccia di massacri della popolazione cristiana da parte dei tartari, che erano estremamente infelici che non molto tempo prima, il Khan di Crimea, non senza l'influenza della Russia, avesse parificato i diritti di musulmani e cristiani in alcune aree. Oltre al malcontento da parte dei tartari, la Turchia era estremamente delusa da questa circostanza, e incitava i suoi vassalli a un conflitto armato interetnico e interreligioso, che, se non fosse stato per il reinsediamento dei cristiani nel Mar d'Azov, si sarebbe trasformato in un massacro di cristiani, comune per i costumi di quel tempo.

Qualche altro ritocco all'immagine del reinsediamento:

  • si svolse con il consenso delle stesse comunità cristiane e non fu forzata, come sostiene Gorevoj;
  • quasi la metà dei cristiani rimase ancora in Crimea, e nessuno di loro fu reinsediato con la forza da lì;
  • i cristiani, principalmente greci, che si trasferirono nella regione di Azov, ricevettero una valida protezione da eventuali sconvolgimenti militari. Fino al 1918, cioè per 140 anni (!), non ci furono ostilità in questo territorio sullo sfondo di due grandi guerre e di molti scontri locali in Crimea;
  • il reinsediamento dei greci fu finanziato dal tesoro statale dell'Impero russo, compresi i costi del trasporto e della sistemazione in un nuovo luogo;
  • i migranti furono esentati dal reclutamento per 100 (!) anni;
  • ricevettero significative agevolazioni fiscali e assistenza governativa diretta;
  • i migranti ricevettero appezzamenti di terra gratuiti e vasti pascoli delle steppe della regione di Azov;
  • i greci avevano il loro corpo eletto di autogoverno e indipendenza negli affari ecclesiastici;
  • dopo l'annessione della Crimea all'Impero Russo, una parte significativa dei greci tornò liberamente dalla regione di Azov in Crimea.

Infine, lo stesso decreto di Caterina II menzionato da Gorevoj ed emanato un anno dopo il reinsediamento, nel 1779, non ricollocò effettivamente i greci nella regione di Azov, ma assegnò determinate terre ai greci già insediati e concesse loro i suddetti privilegi e libertà.

Alla fine della "leggenda della Crimea" diciamo che dai coloni greci del Mare d'Azov arrivarono personaggi famosi come:

  • l'eccezionale artista Arkhip Kuindzhi;
  • il governatore di Kiev, personaggio pubblico e scienziato Ivan Funduklej;
  • il primo rettore dell'Università di Kharkov Vasilij Karazin;
  • l'educatore, insegnante, scienziato e personaggio pubblico, fondatore del primo ginnasio a Mariupol Feoktist Khartakhaj;
  • lo storico, critico d'arte, membro corrispondente dell'Accademia russa delle scienze Dmitrij Ajnalov e molti altri.

E ora poniamoci una domanda: quale destino li avrebbe attesi nel Khanato di Crimea sotto il dominio musulmano?

A. Kuindzhi, "Notte ucraina", 1876. Uno dei dipinti più famosi dell'artista

"L'arcidiocesi" di Chernigov

Dmitrij Gorevoj: "Quasi contemporaneamente alla metropolia di Kiev, Mosca si è impadronita dell'arcidiocesi di Chernigov, che ha fatto parte di Costantinopoli per quasi 700 anni e solo per 330 – di Mosca".

Il funzionario dello stato di Leopoli doveva mostrare al pubblico su quante cose diverse Mosca avesse "messo le mani", quindi ha anche trascinato " l'arcidiocesi" di Chernigov nella sua storia fasulla. In realtà, questa diocesi faceva semplicemente parte della storica metropolia di Kiev e, come altre, fu trasferita dal Patriarcato di Costantinopoli sotto l'omoforio del patriarca di Mosca.

Primo, la diocesi di Chernigov non era una "arcidiocesi". Il termine "arcidiocesi" con il corrispondente contenuto semantico è un termine cattolico, che viene utilizzato per indicare importanti diocesi, sia puramente cattoliche che uniate. Per esempio, la diocesi di Kiev della Chiesa greco-cattolica ucraina è chiamata "arcidiocesi". Ma nell'Ortodossia non ci sono arcidiocesi, ci sono semplicemente diocesi. Gorevoj ovviamente ha deciso che se il vescovo ordinario della diocesi di Chernigov del tardo XVII secolo, Lazar (Baranovich), portava il titolo di arcivescovo, cosa molto rara per quel tempo, allora la diocesi doveva diventare una "arcidiocesi". Infatti, se una diocesi era retta da un vescovo con il titolo di arcivescovo, allora la diocesi veniva chiamata "arcivescovado". Se a un arcivescovo subentrava un vescovo, allora la diocesi diventava di nuovo un "vescovado".

In secondo luogo, a quel tempo c'erano davvero molte difficoltà sia nell'amministrazione della chiesa sia riguardo a quale tra gli influenti attori geopolitici (Russia, Turchia o la Confederazione polacco-lituana) controllasse una certa parte dell'Ucraina. Questo controllo passò all'uno o all'altro, ma il fatto è che la regione di Chernigov passò sotto il controllo della Russia anche prima del trasferimento della metropolia di Kiev nel 1686, prima ancora della pace di Andrusov nel 1667. Ne derivò una situazione interessante: la regione di Chernigov era sotto il dominio dello stato russo, mentre la diocesi di Chernigov, insieme all'intera metropolia di Kiev, faceva parte del Patriarcato di Costantinopoli. L'8 settembre 1667, Lazar (Baranovich) fu elevato al rango di arcivescovo dal Patriarca di Costantinopoli, il che nel linguaggio della diplomazia di allora significava un gesto molto, molto amichevole del patriarca di Costantinopoli verso Mosca. Lazar (Baranovich) fu più volte locum tenens della metropolia di Kiev, ma non divenne mai metropolita.

La liquidazione della "metropolia di Brăila" e altro

Il propagandista della "Chiesa ortodossa dell'Ucraina" sta cercando con tutte le sue forze di presentare gli eventi come se la Chiesa russa avesse distrutto a ferro e fuoco l'Ortodossia del Patriarcato di Costantinopoli ovunque avanzasse un soldato dell'esercito imperiale russo.

Come esempio, Dmitrij Gorevoj cita la situazione in Bessarabia: "Una situazione simile ebbe luogo nella Bessarabia meridionale. Non appena la regione passò sotto il dominio russo all'inizio del XIX secolo, la Chiesa di Mosca arrivò qui sulle baionette dell'esercito russo. La metropolia del Patriarcato di Costantinopoli, che esisteva nella regione da diversi secoli, fu liquidata unilateralmente".

Innanzitutto poniamoci una domanda: cosa sono queste "baionette dell'esercito russo", e perché sono finite in Bessarabia? Va notato qui che nel XIX secolo, come nel secolo precedente, anche gli ucraini (a quel tempo chiamati piccoli russi) prestavano servizio nell'esercito russo non solo come soldati, ma anche nei gradi di ufficiali e generali. A loro volta, le "baionette dell'esercito russo" sono finite in Bessarabia per lo stesso motivo per cui sono finite nei Balcani, in Bulgaria, in Grecia (principalmente come volontari) e in altri luoghi. Hanno principalmente liberato i popoli di questi paesi dal giogo ottomano, sotto il quale i popoli ortodossi gemevano da circa quattro secoli. A seguito delle numerose guerre russo-turche, l'Impero Russo ricevette acquisizioni territoriali relativamente piccole, ma i popoli di Bulgaria, Serbia, Montenegro, Bessarabia, Grecia e altri paesi ricevettero libertà e indipendenza.

Prendiamo l'esempio più recente: il 25 marzo 2021 la Grecia ha celebrato con particolare solennità il 200° anniversario della liberazione di questo Paese dal giogo ottomano. E, a proposito, il patriarca Bartolomeo di Costantinopoli, che si posiziona come leader del mondo ellenico, ha mostrato particolare codardia davanti al presidente turco Recep Erdogan e non si è congratulato né con lo stato greco né con i greci come nazione in questa importante data per ogni greco. La rivolta greca nel 1821 fu guidata da un giovane generale dell'esercito russo, eroe della guerra del 1812, Alexander Ypsilanti. Sebbene quest'ultimo non fosse riuscito a ottenere il sostegno dell'imperatore nel 1821, la vittoria della rivolta greca divenne possibile solo dopo che la Russia sconfisse la Porta nella guerra russo-turca del 1828-1829.

Diversi decenni dopo, a seguito della guerra russo-turca del 1877-1878 e della sconfitta delle armate turche da parte delle "baionette russe", insieme alle quali bulgari, serbi, romeni e altri combatterono per la liberazione della loro patria, Bulgaria, Montenegro, Serbia e Romania ottennero l'indipendenza dall'Impero Ottomano. In Bulgaria il 3 marzo, giorno della firma nel 1878 del Trattato di pace di Santo Stefano tra la Russia e l'Impero ottomano, è una festa nazionale: il giorno della liberazione della Bulgaria dal giogo ottomano.

monumento allo tsar-liberatore russo Alessandro II di fronte all'edificio dell'Assemblea nazionale della Bulgaria con l'iscrizione: "Allo tsar liberatore – dalla Bulgaria riconoscente"

Ancora una volta, la Bulgaria, come altri paesi liberati dall'esercito russo, è stata liberata non solo dai grandi russi (moscoviti, o come volete chiamarli), ma anche dagli ucraini, che hanno versato il loro sangue per la liberazione dei loro fratelli ortodossi. Le vittorie nelle guerre russo-turche sono le nostre vittorie, quindi, tra le altre cose, "la Bulgaria è grata" anche a noi.

Più o meno la stessa cosa accadde nelle terre della Bessarabia. L'esercito russo liberò i popoli europei oppressi dai turchi e contribuì all'emergere di stati indipendenti. Le acquisizioni territoriali della Russia furono molto insignificanti. Per esempio, a seguito della guerra russo-turca del 1877-1878, dopo aver ottenuto l'indipendenza, la Romania ricevette regioni come la Valacchia, la Moldova, la Bessarabia settentrionale e la Dobrugia settentrionale. La Bulgaria, divenuta poi indipendente, ricevette la Dobrugia meridionale. E la Russia ricevette solo la Bessarabia meridionale.

Dall'inizio del XIX secolo, questa Bessarabia meridionale passò alternativamente sotto l'autorità della Russia, poi di nuovo sotto l'Impero Ottomano e, secondo le usanze dell'epoca, la metropolia di Brăila o, più correttamente, di Proila, passò a sua volta senza alcun previo accordo sotto la giurisdizione del Patriarcato di Mosca e sotto la giurisdizione del Patriarcato di Costantinopoli.

In secondo luogo, non c'è bisogno di molta immaginazione per capire come fosse il Patriarcato di Costantinopoli durante l'Impero Ottomano, e quale politica perseguisse nei confronti dei popoli europei soggetti alla Porta.

Di seguito è riportato come lo stato del Patriarcato di Costantinopoli è caratterizzato non da qualche propagandista di Mosca, ma da un vescovo vivente del Patriarcato di Costantinopoli, il metropolita Kallistos (Ware), nel suo libro "La Chiesa ortodossa":

"Le massime gerarchie ecclesiastiche erano impantanate in un sistema degradante di corruzione e simonia. Impigliati in affari oscuri e intrighi politici, i vescovi divennero vittime dell'ambizione e dell'avidità. Ogni nuovo patriarca doveva chiedere al sultano il diritto di servire nel suo ufficio e doveva pagare un prezzo alto per questo documento. Il patriarca copriva le sue spese con l'aiuto dei vescovi, ricevendo da ciascuno di essi una tangente per la nomina del capo della diocesi; questi, a loro volta, derubavano i parroci e questi ultimi derubavano il loro gregge. Ciò di cui un tempo era accusato il papato era una indubbia verità nel Patriarcato ecumenico sotto i turchi: tutto era in vendita".

Nei confronti dei popoli subordinati, serbi, bulgari, romeni e altri, il Patriarcato di Costantinopoli, oltre alla componente di corruzione sopra descritta, perseguì una politica di ellenizzazione, che si manifestò nel fatto che nelle sedi episcopali e nei posti chiave della chiesa erano ordinati prevalentemente greci etnici e, per quanto strano possa sembrare a qualcuno, la lingua greca era impiantata nel culto e (dove era il caso) nell'educazione della chiesa.

"La fede ortodossa è universale e non può essere ridotta a nessuna nazione, cultura o lingua, ma per i greci dell'impero turco, 'ellenismo' e 'ortodossia' erano inestricabilmente intrecciati e molto più vicini di quanto non fosse in epoca bizantina" (metropolita Kallistos (Ware), La Chiesa ortodossa).

Tutto ciò portò al fatto che i popoli slavi quasi immediatamente, non appena furono liberati dal giogo ottomano, sollevarono la questione dell'indipendenza delle loro Chiese dal Patriarcato di Costantinopoli. Ne scrive anche il metropolita Kallistos: "Ma nel XIX secolo, con il declino del dominio turco, i confini del patriarcato si ridussero. Le nazioni che avevano conquistato la libertà non potevano rimanere nella subordinazione ecclesiastica a un patriarca che viveva nella capitale turca ed era strettamente connesso con il sistema politico della Turchia. Il patriarca faceva del suo meglio per mantenere lo status quo, ma alla fine cedeva ogni volta all'inevitabile. Così dal Patriarcato di Costantinopoli emersero alcune Chiese nazionali: Grecia (fondata nel 1833, riconosciuta dal Patriarca di Costantinopoli nel 1850), Romania (organizzata nel 1864, riconosciuta nel 1885), Bulgaria (fondata nel 1871, ma riconosciuta solo nel 1945), Serbia (restaurata e riconosciuta nel 1879)".

E in terzo luogo, ciò che il propagandista della "Chiesa ortodossa dell'Ucraina" chiama la "liquidazione della metropolia di Brăila" non era la sua liquidazione, ma la sua trasformazione nella diocesi di Chișinău e Khotyn, guidata dal romeno etnico Gabriel (Banulescu-Bodoni), ora classificato tra i santi venerati localmente . Nel 1813, poco dopo la formazione della diocesi, fu aperto il Seminario teologico di Chișinău, che era l'unica (!) istituzione educativa in Bessarabia per educare i figli sia del clero che dei nobili. Nel 1816 fu aperto al seminario un ginnasio per la formazione dei funzionari laici.

Nel 1814 fu fondata una tipografia, che iniziò a pubblicare libri liturgici in lingua moldava. La lingua moldava, così come la lingua slava ecclesiastica, si diffuse nella pratica liturgica. Nel 1814, presso la Casa metropolitana di Chișinău, fu costruita una chiesa domestica dedicata alla Protezione della Madre di Dio, dove un kliros usava la lingua moldava e l'altro la lingua slavonica ecclesiastica.

Con la formazione delle diocesi di Chișinău e Khotyn, furono attivamente costruite e riparate le chiese e gli edifici ecclesiastici a cui i turchi, che in precedenza governavano qui, si erano opposti in ogni modo possibile. La diocesi ha subito significativi cambiamenti in meglio in quasi tutti gli ambiti: culto, educazione, sostegno materiale.

Il successore del metropolita Gabriel, l'arcivescovo Dimitrij (Sulima), dopo l'inizio della rivolta greca (che i turchi tentarono di reprimere) nel 1821, ospitò nella sua diocesi più di 10 vescovi greci che stavano fuggendo nei territori controllati dalla Russia, nonché numerosi profughi dalla Valacchia, dalla Bulgaria, dalla Grecia e così via. Sotto l'arcivescovo Dimitrij furono aperte scuole religiose parrocchiali ad Akkerman, Tiraspol, Orhei, Soroca, Ataki, Cahul, così come scuole religiose a Chișinău, Khotin, Bender e molte altre città.

Ci vorrebbe molto tempo per descrivere il rapido sviluppo delle diocesi di Chisinău e Khotin nel XIX secolo. Questo sviluppo non sarebbe mai avvenuto se la Bessarabia, come altri paesi, fosse rimasta sotto il dominio dell'Impero Ottomano. Quindi sorge una sola domanda: perché i propagandisti della "Chiesa ortodossa dell'Ucraina" riducono a zero tutto questo?

Conclusioni

Il formato dell'articolo non consente di analizzare tutte le opere di Dmitrij Gorevoj, da lui citate nel suo video. Ci vorrebbe troppo tempo e annoierebbe i lettori. La conclusione generale è la seguente: il funzionario propagandista non si vergogna di alcuna distorsione della storia e di qualsiasi goffa manipolazione per martellare nella testa del suo pubblico la tesi sulla "Chiesa russa cattiva", impegnata solo ad "annettere" e a distruggere tutto. Questo, naturalmente, non è vero.

La storia della Chiesa, come la storia in generale, è piuttosto complessa e ambigua. E ci sono stati momenti molto difficili nella storia della Chiesa russa. Per esempio, nello stesso ambito ecclesiastico moldavo c'è ancora un confronto tra russofili e romenofili convenzionali. Ci sono molti paradossi nella storia. Per esempio, durante il trasferimento della metropolia di Kiev nel 1686, una parte abbastanza significativa dell'alto clero percepì la cosa, per usare un eufemismo, senza molto entusiasmo, ma letteralmente pochi decenni dopo, questo clero in maggior parte piccolo russo occupò quasi tutte le sedi episcopali e gli incarichi significativi di ​​tutta la Chiesa russa.

È abbastanza ovvio che Dmitrij Gorevoj non è uno che fa errori sinceri nella sua "creatività". Distorce deliberatamente la storia per provocare inimicizia e odio tra gli ortodossi dell'Ucraina. Pertanto, questa persona a priori non può ricoprire la carica di capo del Dipartimento per gli affari religiosi.

Ma neanche questo è il problema principale delle attività di Gorevoj e di altri adepti della "Chiesa ortodossa dell'Ucraina". Il loro errore principale è che considerano la Chiesa come una sorta di organizzazione socio-politica che "annette" qualcosa o funge da pilastro dello stato di qualcuno. Tuttavia, la Chiesa deve essere associata, prima di tutto, a Cristo, del quale l'apostolo Paolo disse che Dio Padre "...tutto ha sottomesso ai suoi piedi e lo ha costituito su tutte le cose a capo della Chiesa, la quale è il suo corpo, la pienezza di colui che si realizza interamente in tutte le cose" (Ef 1:22-23). Non è difficile vedere Cristo non solo nella Chiesa russa, ma anche in qualsiasi altra Chiesa ortodossa locale: è sufficiente guardare i santi che hanno compiuto la loro impresa spirituale in questa Chiesa locale (e talvolta in diverse Chiese). Basta esaminare la loro biografia e cercare di assimilarne almeno un po'. Basta fare ciò di cui hanno parlato Cristo, i suoi apostoli e tutti i santi: "...convertitevi, perché il regno dei cieli è vicino" (Mt 4:17).

 
L'arciprete Giorgio Arletti riceve la mitra

30 anni della parrocchia di Modena

Il 22 giugno l'arcivescovo Mark di Egor'evsk ha presieduto alle celebrazioni per il 30° anniversario della parrocchia di Tutti i Santi a Modena.

Nel 1984, il comune ha affidato alla comunità ortodossa un edificio di chiesa ben attrezzato - e questo evento segnò l'inizio dell'esistenza della parrocchia di Tutti i Santi, il cui rettore per tutto questo tempo è stato l'arciprete Giorgio Arletti. Con i suoi sforzi nella chiesa è stata installata un'iconostasi, e l'interno della chiesa è stato dipinto da iconografi greci.

In occasione del giorno dell'anniversario, nella piazza davanti alla chiesa è stata celebrata la Divina Liturgia, nella quale hanno concelebrato con l'arcivescovo Mark il segretario dell'amministrazione delle parrocchie del Patriarcato di Mosca in Italia, archimandrita Antoniy (Sevryuk), l'arciprete Giorgio Arletti, il rettore della parrocchia greca di Bologna, archimandrita Dionisios (Papavasiliou), l'arciprete Grigorie Catan, lo ieromonaco Serafim (Valeriani) e sacerdoti della Chiesa ortodossa georgiana in pellegrinaggio ai luoghi santi in Italia.

Al Piccolo Ingresso, con la benedizione del Patriarca Kirill di Mosca e di tutta la Rus', l'arcivescovo Mark ha consegnato un'alta onorificenza liturgica all'arciprete Giorgio Arletti - il sacerdote ha ricevuto la dignità di indossare la mitra.

Dopo la liturgia, si è compiuta la processione, dopo che vladyka ha letto una preghiera a tutti i santi della terra della Rus', di cui in questo giorno si compie la memoria. Si è anche elevata la preghiera intensa per la pace in Ucraina.

In seguito il parroco ha accolto calorosamente vladyka, e in un suo breve discorso ha illustrato la storia della parrocchia di Tutti i Santi e ha ringraziato l'arcivescovo per la visita a Modena.

A sua volta, l'arcivescovo Mark si è rivolto ai fedeli con una parola di edificazione e ha consegnato a ogni presente alla funzione un regalo memorabile - un CD di contenuto spirituale.

Dopo un tè festivo, che si è tenuto nel cortile della chiesa, vladyka ha visitato la mostra dedicata al 30° anniversario della parrocchia, e ha fatto una visita alla cattedrale della città.

 
Il Fanar maledice sua Beatitudine Onufrij?

il patriarca Bartolomeo sceglierà di imporre un "anatema" a sua Beatitudine? Foto: Unione dei giornalisti ortodossi

Un archimandrita del Fanar ha annunciato che la sua Chiesa maledice sua Beatitudine e tutti coloro che lo sostengono. Siamo ora sotto anatema? E cosa implica questo in realtà?

"Possano coloro che ti benedicono essere benedetti e coloro che ti maledicono essere maledetti!" (Num 24:9)

L'archimandrita del Fanar Romanos Anastasiadis ha annunciato  che la Chiesa di Costantinopoli maledice sua Beatitudine Onufrij, così come tutti coloro che lo considerano il legittimo primate della Chiesa ortodossa ucraina. Cosa significa quest'opera? Siamo tutti d'ora in poi tutti sotto anatema? È questa la posizione effettiva del Fanar e, in caso affermativo, a quali conseguenze può portare? Proviamo a capirlo.

Nell'onomastico di sua Beatitudine Onufrij, quando il primate della Chiesa ortodossa ucraina ha ricevuto le congratulazioni dei primati e dei vescovi di molte Chiese locali, che si rivolgevano a lui solo come metropolita di Kiev, un certo archimandrita fanariota, Romanos Anastasiadis, ha pubblicato una dichiarazione provocatoria (per dirla alla leggera) sulla sua pagina Facebook. La foto di sua Beatitudine Onufrij era contrassegnata con "Fake", mentre il testo del post recitava: "La maledizione materna della Santa Grande Chiesa di Cristo non solo su di lui, un impenitente, non canonico, miserabile e sfortunato traditore del suo popolo, passeggero illegale della nave ecclesiale dell'Ucraina, ma anche su tutti coloro che continuano a riprodurre il titolo 'di Kiev' (metropolita, ndc), usurpato (da sua Beatitudine Onufrij, ndc) nonostante il chiaro divieto della Chiesa".

screenshot della dichiarazione di Romanos Anastasiadis

Chi è l'archimandrita Romanos Anastasiadis?

Anastasiadis è un residente di Creta e un chierico della metropolia di Rethymno e Avlopotamos. Secondo il portavoce della Chiesa ortodossa ucraina, padre Nikolaj Danilevich, è una persona molto famosa nel mondo greco-ortodosso. Anastasiadis si sente libero di criticare aspramente i vescovi e anche i primati delle Chiese locali. Per esempio, sui giornali è stata pubblicata una discussione a tu per tu con il capo della Chiesa albanese, l'arcivescovo Anastasios, sul riconoscimento della "Chiesa ortodossa dell'Ucraina". In risposta agli attacchi del chierico del Fanar in un giornale greco, l'arcivescovo Anastasios lo ha chiamato nel suo articolo un "portavoce" (φερέφωνο), attraverso il quale alcuni influenti mecenati dell'archimandrita cretese fanno circolare le loro idee.

Tuttavia, Anastasiadis non è un personaggio marginale. Per il Fanar, è una figura "da stretta di mano" ed è regolarmente menzionato sulla pagina ufficiale della metropolia di Rethymno e Avlopotamos – forse, perché questa persona difende disinteressatamente gli interessi della sua struttura ecclesiastica e non si preoccupa particolarmente di come lo fa.

Immaginiamo un sacerdote di una Chiesa locale che posta su un social network il suo avatar, sul quale, oltre a se stesso, è raffigurato qualcun altro. Può accadere, ma molto probabilmente sarà una fotografia con il capo della sua Chiesa locale o con il suo padre spirituale o con qualche rispettato vescovo. Ma Romanos Anastasiadis, chierico del Patriarcato di Costantinopoli, espone la sua foto con Sergej (Epifanij) Dumenko, capo della "Chiesa ortodossa dell'Ucraina". Allo stesso tempo, aggiunge un cuore con i colori della bandiera ucraina, approssimativamente nel posto nominale per una croce pettorale. Di fatto, è un auto-posizionamento esplicito.

immagine del profilo di Anastasiadis su Facebook

Tutto ciò parla di un certo attaccamento fanatico dell'autore a Sergej Dumenko e alla sua organizzazione. Uno sguardo al suo feed di Facebook consente di concludere che il povero archimandrita è principalmente impegnato nel gettare fango contro la Chiesa ortodossa russa e la Chiesa ortodossa ucraina e lo fa in modo molto goffo e sfacciato nelle peggiori tradizioni dei nostri propagandisti nazionali della "Chiesa ortodossa dell'Ucraina". Offende sia i vescovi che la Chiesa nel suo insieme in termini che non sono affatto appropriati per una persona che serve nel sacerdozio.

Che cosa implica quest'opera?

Ci sono due opzioni:

  1. Il povero archimandrita ha sofferto di un esaurimento nervoso quando ha visto un'abbondante manifestazione di amore universale verso sua Beatitudine Onufrij nel giorno del suo onomastico, con le congratulazioni di molti vescovi e primati delle Chiese locali.
  2. Sta sondando la posizione ufficiale del Fanar in termini di reazione a possibili censure "canoniche" da parte del patriarca Bartolomeo e dell'intero Patriarcato di Costantinopoli.

Certo, molti dicono che la prima opzione è più probabile, sia perla reputazione dello stesso archimandrita Romanos Anastasiadis che per il tono delle sue pubblicazioni su Facebook, insieme al fatto che l'imposizione di censure al metropolita Onufrij è una follia del Fanar ancor più eclatante della sua decisione di annullare il trasferimento della metropolia di Kiev alla giurisdizione della Chiesa ortodossa russa nel 1686, decisione che ha screditato il Fanar agli occhi dell'intera comunità ortodossa.

Tuttavia, la seconda opzione non può essere esclusa. La "deposizione" dal sacerdozio del metropolita Onufrij, la "privazione" della sua dignità o addirittura la "scomunica" è una continuazione del tutto logica della politica del Fanar nei confronti dell'Ucraina. Naturalmente, questo ci sembra tanto incredibile e impossibile come lo era tre anni fa, quando il Fanar chiamava vescovi canonici delle persone senza un rango sacerdotale. Dopotutto, questo è ciò che ha fatto la Chiesa di Costantinopoli, per quanto incredibile e impossibile potesse sembrare allora.

Vi ricordiamo che prima della creazione della "Chiesa ortodossa dell'Ucraina", il patriarca Bartolomeo ordinò a sua Beatitudine Onufrij di presentarsi al "Concilio d'unificazione", e il metropolita Onufrij rifiutò. Qual è il prossimo passo? La sospensione e la deposizione? Il fatto che il patriarca Bartolomeo non rinuncerà alla questione ucraina è testimoniato dalle sue numerose dichiarazioni recenti. Già nell'ottobre 2020, ha annunciato che "tolleriamo temporaneamente l'esistenza di vescovi ucraini (della Chiesa ortodossa ucraina, ndc) non come vescovi ordinari locali, ma solo come vescovi titolari o vescovi che hanno sede (ovvero una residenza) in Ucraina".

Apparentemente, il Fanar sta elaborando la questione delle "densure" in relazione al metropolita Onufrij e tale possibilità è riconosciuta come molto probabile, altrimenti perché Sergej Dumenko sarebbe così sfacciato che nel gennaio 2021, ha quasi letteralmente ripetuto le parole del suo mecenate: "Li tollereremo fino a un certo momento, ma verrà il tempo in cui si uniranno alla Chiesa ortodossa autocefala riconosciuta (la "Chiesa ortodossa dell'Ucraina", ndc)". Nessuno di noi entrerà a far parte della "Chiesa ortodossa dell'Ucraina", questo è ovvio per tutte le persone sensate. Ciò significa che questo "certo momento" è già passato o ci sarà molto presto. Ci arriveranno comunque, per quanto caro possa costare?

È improbabile che il povero archimandrita Romanos sia stato specificamente incaricato da uno qualsiasi dei vescovi fanarioti di realizzare la dichiarazione che ha fatto su FaceBook, ma non può essere negato il fatto che questa pubblicazione soddisfi pienamente gli interessi dei fanarioti gi lanciare una sonda nello spazio mediatico per quanto riguarda la scomunica del metropolita Onufrij.

Anastasiadis ha insultato i primati e i vescovi delle Chiese locali?

Torniamo al testo della dichiarazione. Il chierico del Fanar ha affermato: "La maledizione materna della Santa Grande Chiesa di Cristo non solo su di lui, un impenitente, non canonico, miserabile e sfortunato traditore del suo popolo, passeggero illegale della nave ecclesiale dell'Ucraina, ma anche su tutti coloro che continuano a riprodurre il titolo 'di Kiev' (metropolita, ndc), usurpato (da sua Beatitudine Onufrij, ndc) nonostante il chiaro divieto della Chiesa".

In altre parole, siano maledetti tutti quelli che, contrariamente alla posizione del Fanar, considerano sua Beatitudine Onufrij il primate della Chiesa ortodossa ucraina e lo definiscono legittimo metropolita di Kiev. Ora controlliamo i fatti. Nell'onomastico di sua Beatitudine, i primati delle Chiese di Antiochia, Georgia, Serbia, Russia, Polonia, delle Terre Ceche e della Slovacchia, oltre a vescovi di altre Chiese si sono congratulati con il metropolita Onufrij. In ogni messaggio di congratulazioni è chiamato "metropolita di Kiev". Di conseguenza, oltre ai milioni di fedeli della Chiesa ortodossa ucraina, che considerano sua Beatitudine Onufrij il loro primate, "la maledizione materna della Santa Grande Chiesa di Cristo" si estende ai suddetti primati e vescovi.

Ora siamo tutti anatematizzati?

Certo che non lo siamo. Questo non perché un archimandrita per il suo status semplicemente non possa scomunicare un primate di una Chiesa. E nemmeno per il fatto che non c'è nessuna decisione né del Sinodo del Patriarcato di Costantinopoli né personalmente del patriarca Bartolomeo su eventuali "censure" contro il metropolita Onufrij e la Chiesa ortodossa ucraina, e ancor di più su "maledizioni".

La cosa più importante è che il metropolita Onufrij e tutto il suo gregge appartengono all'unica Chiesa cattolica e apostolica. La scomunica di qualsiasi persona dalla Chiesa, non solo di un vescovo, avviene a causa del peccato, che comunemente viene chiamato mortale. Non per niente il rito della confessione contiene le seguenti parole: "Riconciliali e uniscili alla tua santa Chiesa ..." Il metropolita Onufrij non è colpevole di nulla di simile. Ha servito la Chiesa di Cristo fino al 2018 (quando il Fanar ha iniziato le sue azioni illegali in Ucraina) e continua a servire fino a oggi. Ciò significa che in relazione a sua Beatitudine il metropolita Onufrij, come in relazione a tutta la Chiesa di Cristo, sono vere le parole dette in relazione alla Chiesa dell'Antico Testamento, al popolo d'Israele: "Possano coloro che ti benedicono essere benedetti e coloro che ti maledicono essere maledetti!" (Num 24:9). Queste parole furono pronunciate dal profeta Balaam, che prese denaro per maledire Israele, ma il risultato non fu una maledizione, ma una benedizione. "Quando Balaam guardò fuori e vide Israele accampato tribù per tribù, lo Spirito di Dio venne su di lui" (Nm 24,2) e non poté maledire Israele, ma invece lo benedisse.

Ci sono molti casi nella storia del Patriarcato di Costantinopoli in cui i vescovi, per volere delle autorità, hanno rovesciato i propri patriarchi dai loro troni. Questo accadde nel periodo bizantino e si moltiplicò molte volte durante il dominio ottomano. Tuttavia, i casi più famosi e, probabilmente, i più infami per il Patriarcato di Costantinopoli sono il duplice rovesciamento del grande maestro e santo, Giovanni Crisostomo. Per ordine dell'imperatrice Eudossia e dell'imperatore Arcadio, un concilio di vescovi obbedienti di Costantinopoli si riunì e rovesciò il grande santo dalla sua sede. Nel primo caso, i vescovi riuniti lo condannarono a morte, e solo per decisione dell'imperatore Arcadio l'esecuzione fu sostituita dall'esilio. Sorge una domanda retorica: con chi era la grazia di Dio in quel momento? Con i vescovi, obbedienti ai poteri costituiti, o con san Giovanni Crisostomo?

Nessuno nasconde davvero il fatto che il Fanar sia intervenuto negli affari ucraini e abbia commesso la sua dilagante illegalità per volere di Washington. Nessuno ha nascosto i fatti delle trattative tra i fanarioti, così come degli attori politici e religiosi ucraini, con i funzionari del Dipartimento di Stato americano alla vigilia delle decisioni più importanti sulla questione ucraina. Gli stessi diplomatici americani hanno dichiarato apertamente il loro contributo alla creazione della "Chiesa ortodossa dell'Ucraina" e a tutte le altre azioni. Pertanto, se il Fanar deciderà di "punire" sua Beatitudine Onufrij, lo farà di nuovo su suggerimento di funzionari americani o con il loro permesso/approvazione e ripeterà il vergognoso esilio di san Giovanni Crisostomo. Tuttavia, il Fanar non ha ancora commesso questo errore fatale.

La "maledizione" riflette la posizione di Fanar, e a quali conseguenze può portare?

Come già accennato, l'opera del povero archimandrita Romanos Anastasiadis non riflette la posizione ufficiale del Fanar. Nessuna misura è stata presa contro sua Beatitudine Onufrij. Non ci sono decisioni sinodali o del patriarca Bartolomeo. Dal punto di vista del Fanar, il metropolita Onufrij è semplicemente un vescovo che vive a Kiev, "tollerato" dal Patriarcato di Costantinopoli e da Sergej Dumenko, ma non "scomunicato" o "deposto" dal suo ministero.

Tuttavia, è molto probabile che Anastasiadis abbia espresso i pensieri e le intenzioni di un certo numero di vescovi fanarioti. Mentre prima il patriarca Bartolomeo e compagni consideravano solo "interdizioni" e "scomuniche" in relazione a Sua Beatitudine, dopo le potenti ondate causate dalle parole dell'archimandrita (che sono state pubblicate da molti media), semplicemente non sarà possibile rimanere in silenzio. I fanarioti devono rispondere in qualche modo: o per confermare la "maledizione" di Anastasiadis o per dissociarsi pubblicamente dalle parole del loro chierico.

Certo, si può tacere. Ma, come disse una volta papa Bonifacio VIII, "il silenzio è segno di consenso" (in latino, Silentium videtur confessio).

Pertanto, è del tutto possibile che presto vedremo decisioni/interdizioni ufficiali nei confronti del primate della Chiesa ortodossa ucraina. Uno scenario del genere si adatta bene alla logica sia delle azioni del Fanar che della lotta generale contro la Chiesa di Cristo, che ovviamente si sta svolgendo in Ucraina. Dopotutto, è difficile trovare una mossa migliore per portare i sequestri forzati dei luoghi di culto della Chiesa ortodossa ucraina a un livello qualitativamente nuovo. Le accuse contro la Chiesa ortodossa ucraina di lavorare per uno stato vicino, che sono comunemente sfruttate dai suoi nemici, sono cose mansuete rispetto alla Chiesa ortodossa ucraina e al metropolita Onufrij sotto "anatema". Questo scioglierà le mani sia dei radicali nazionali che dei funzionari di governo che sognano di distruggere rapidamente la Chiesa di Cristo.

Inoltre, la possibile "scomunica" del metropolita Onufrij, secondo i piani del Fanar, dovrebbe dividere i vescovi ucraini e spingere alcuni di loro ad aderire alla "Chiesa ortodossa dell'Ucraina". Il Fanar probabilmente crede che i vescovi della Chiesa ortodossa ucraina saranno spaventati dalle sue maledizioni e si precipiteranno "sotto l'omoforio" di Sergej Dumenko. Ben difficile. Tutti comprendono che il Fanar non può "nazionalizzare" la grazia di Dio e commerciarla a propria discrezione, i suoi ipotetici "anatemi" non sono quindi essenziali.

La verità è dalla parte della Chiesa ortodossa ucraina e di sua Beatitudine Onufrij. Anche se il Fanar scegliesse di commettere di nuovo l'illegalità, alla fine si metterebbe al di fuori della Chiesa. Tuttavia, se gli eventi si sviluppano secondo lo scenario peggiore e il Fanar deciderà comunque di "scomunicare" il metropolita Onufrij, questo sarà l'ultimo punto di non ritorno nelle relazioni interecclesiali e il momento della verità per tutte le Chiese locali, che sovranno decidere inequivocabilmente con chi sono: con Cristo e la sua Chiesa o con i fanarioti e i loro giochi d'azzardo. Sembra che la maggioranza delle Chiese rimarrà fedele a Cristo, e in quelle che sceglieranno un'opzione diversa, ci sarà un numero significativo di vescovi che rifiuteranno di riconoscere le decisioni del Fanar. Inoltre, la prospettiva di seguire il patriarca Bartolomeo è chiaramente delineata da lui personalmente: condurrà i suoi aderenti a un'altra unione con Roma. Forse questa opzione andrà bene a qualcuno, ma la maggioranza sarà alimentata dall'istinto di autoconservazione della propria identità ortodossa, che impedirà di tradire l'Ortodossia in una nuova unione.

Cosa dovrebbero fare gli ortodossi?

Innanzitutto, ricordate che Cristo ha detto molte volte ai suoi discepoli: "Non abbiate paura".

In secondo luogo, non prestate attenzione alle parole del povero archimandrita Romanos o a possibili decisioni simili del Fanar. La verità di Dio non è dalla loro parte, quindi nessuna scomunica è valida senza di essa.

In terzo luogo, unitevi ancora di più intorno a sua Beatitudine il metropolita Onufrij, che, per evidente divina Provvidenza, è stato posto alla guida della Chiesa ortodossa ucraina in questo momento difficile.

E in quarto luogo, esprimete attivamente la vostra fedeltà alla Chiesa, per esempio, partecipando al movimento "Miriane", partecipando alla grande processione della Croce nel giorno del Battesimo della Rus' e, soprattutto, partecipando ai servizi divini, sacramenti e preghiere. A proposito, molto dipenderà da quanto sarà numerosa la processione della Croce quest'anno, sia in Ucraina che all'estero.

Che Dio ci benedica! 

 
Ucraina: geopolitica e identità

L’autore del blog The Soul of the East, Mark Hackard, ci presenta la versione inglese di un saggio di Mikhail Smolin sulle origini del nazionalismo ucraino. Anche se questo è un tasto su cui abbiamo battuto più volte sul nostro blog, vale la pena di approfondirlo da un ulteriore punto di vista di un autore serio. Presentiamo la traduzione italiana del saggio nella sezione “Geopolitica ortodossa” dei documenti.

 
Il nemico: Giovanni 6,66

In un articolo recentemente pubblicato sul portale Pravmir, e che presentiamo in traduzione italiana nella sezione “Pastorale” dei documenti, padre Jonathan Tobias, sacerdote nella diocesi carpato-russa d’America, analizza in modo estremamente lucido e spietato il vero “nemico” che impedisce l’affluenza in chiesa, al di là di tutti gli auspicabili piani pastorali. Il “nemico” è identificato con la tendenza descritta in Giovanni 6,66 (un versetto dai richiami numerici inquietanti), che parla dei molti discepoli che si tirano indietro e non seguono più Gesù. Padre Jonathan non pretende di offrire soluzioni, ma a nostro parere coglie nel segno il dramma pastorale contemporaneo, e i suoi avvertimenti sono di grande valore.

 
Zampe di capra e "appendici" della "Chiesa ortodossa dell'Ucraina" nell'attacco alla processione della Croce a Nizhyn

Uno degli aggressori alla processione della Croce a Nizhyn si è rivelato essere un attivista della "Chiesa ortodossa dell'Ucraina", che ha sequestrato luoghi di culto della Chiesa ortodossa ucraina. Foto: Unione dei giornalisti ortodossi

La processione della Croce a Nizhyn è stata attaccata da attivisti della "Chiesa ortodossa dell'Ucraina" impegnati in sequestri di chiese. Perché le "appendici" della "Chiesa ortodossa dell'Ucraina" stanno di nuovo spuntando nelle azioni dei radicali?

Nel 2016, durante il periodo di Poroshenko, i radicali hanno attaccato i partecipanti alla processione pan-ucraina della Croce della Chiesa ortodossa ucraina  all'ingresso di Borispol. Allora solo gli sforzi disperati della polizia avevano impedito un sanguinoso massacro, ma alcuni "attivisti" erano comunque riusciti a raggiungere i fedeli. Queste persone avevano lanciato uova sull'icona della Madre di Dio di Svjatogorsk. Sono passati cinque anni da allora. Il governo è cambiato. Ma l'atteggiamento verso i credenti da parte di coloro che si definiscono patrioti non è minimamente cambiato.

Il 23 giugno 2021 si è svolta a Nizhyn una processione su larga scala dedicata alla memoria di san Giovanni di Tobol'sk. Migliaia di ucraini ortodossi sono scesi per le strade della città. ERano portati in processione stendardi, seguiti da bambini che lanciavano petali di rosa davanti alle icone della santissima Madre di Dio e di san Giovanni. Riuscite a immaginare qualcosa di più pacifico e gioioso? Difficilmente.

Tuttavia, in una delle strade, i credenti sono stati bloccati da un gruppo di radicali con le bandiere dell'Ucraina, del Settore destro e... degli Stati Uniti. E questo non è stato un incontro casuale. Stavano aspettando i credenti. Inoltre, non stavano aspettando su una piazza o su un viale: avevano deliberatamente scelto per un'imboscata una strada stretta, dove sarebbe stato impossibile aggirarli.

un gruppo di radicali blocca il corteo della Chiesa ortodossa ucraina. Foto: pagina Facebook di Gavriil Zavgorodnij

Cosa volevano? L'obiettivo è semplice e ovvio: bloccare, fermare la processione della Croce.

Gli attivisti hanno iniziato a spingere e a picchiare i sacerdoti e i partecipanti alla processione. Ne è seguita una colluttazione. A uno dei partecipanti alla processione è stata completamente strappata la camicia.

Tra gli altri, un patriota con zampe di capra e zoccoli mozzati si è distinto mentre cercava di picchiare con questi oggetti i sacerdoti. Ha anche chiesto ai credenti di "non disonorare la memoria dei morti". Cosa potrebbe avere a che fare la "memoria dei morti" con la processione di preghiera del popolo di Nizhyn, questa persona non lo ha spiegato.

Un altro attivista ha mostrato il suo patriottismo versando sui credenti urina da una bottiglia.

Un terzo si è indignato che il poliziotto gli avesse portato via il coltello e ha preteso (!) di riaverlo indietro.

Ebbene, tutte queste persone urlavano disperatamente le classiche "grida di battaglia": "Fuori i preti di Mosca; Gloria all'Ucraina; Gloria agli eroi; Gloria alla nazione: Morte ai nemici; Morte ai moscoviti", e così via.

Ovviamente si tratta di una provocazione abituale. Ma chi vi ha partecipato? Il più attivo è l'uomo con le zampe di capra. Chi è? Si scopre che è l'attivista Stanislav Proshchenko, che in questa regione difende gli interessi della "Chiesa ortodossa dell'Ucraina".

Stanislav Proshchenko, con una zampa mozzata tra le mani, blocca i partecipanti alla processione della Chiesa ortodossa ucraina. Foto: pagina Facebook di Gavriil Zavgorodnij

Nel 2019 è stato uno degli organizzatori del trasferimento illegale di un luogo di culto della Chiesa ortodossa ucraina alla "Chiesa ortodossa dell'Ucraina" a Kruty. Allo stesso tempo, ha partecipato all'organizzazione di un incontro illegale per il passaggio alla "Chiesa ortodossa dell'Ucraina" a Parafiyivka. Qui ha bloccato ai credenti della Chiesa ortodossa ucraina l'accesso al club del villaggio dove è stato deciso il destino del luogo di culto. Nel 2020, Proshchenko con altri energumeni (titushki) ha partecipato nel villaggio di Bilovizh al sequestro di un luogo di culto che era stato restaurato dalla Chiesa ortodossa ucraina. Nel 2021, Proshchenko era tra i sequestratori del luogo di culto della Chiesa ortodossa ucraina nel villaggio di Pryputni.

Stanislav Proshchenko appende una targa con il nome della "Chiesa ortodossa dell'Ucraina" sulla chiesa della Chiesa ortodossa ucraina. Foto: screenshot del canale YouTube "Spiritual Front of Ukraine"

Ben presto stava già filmando il "servizio divino" di Evstratij Zorja nella chiesa sequestrata. In una parola, la provocazione a Nizhyn non è stata organizzata solo da un patriota sconosciuto. Questa è una persona professionalmente impegnata in sequestri di chiese per conto della "Chiesa ortodossa dell'Ucraina" nella regione di Nizhyn.

Ma vediamo, forse la "Chiesa ortodossa dell'Ucraina" ha condannato le azioni dei suoi dipendenti alla processione della croce a Nizhyn?

Un "vescovo" della "Chiesa ortodossa dell'Ucraina", Afanasij Shkurupij, ha lasciato i suoi commenti sotto il filmato, trasmesso dagli organizzatori. Ecco cosa ha scritto: "Queste processioni della Croce devono essere disperse con violenza, in modo che non ci sia più desiderio di agire dalla parte del nemico. Ma non c'è nessuno che lo faccia: tutte le autorità e le forze dell'ordine sono dalla parte di questi piccoli imbecilli russi". In un altro commento, Shkurupij ha chiamato i credenti della Chiesa ortodossa ucraina "bestiame", per il quale i soldati dell'ATO hanno danno inutilmente la vita.

Qual è la conclusione?

Di conseguenza, possiamo vedere a Nizhyn una manciata di emarginati che cercano di interrompere una pacifica processione di preghiera degli ucraini ortodossi, a cui questi hanno diritto secondo la Costituzione ucraina. Possiamo vedere che questa provocazione è stata messa in scena dai sostenitori della "Chiesa ortodossa dell'Ucraina". Possiamo vedere che i verscovi della "Chiesa ortodossa dell'Ucraina" sostengono gli attacchi ai fedeli, inoltre, questi vescovi eccellono nell'insultare i fedeli ucraini e invitano le autorità a disperdere violentemente le loro processioni.

Ma comunque, qual è il punto principale? Cosa ancora più importante, gli eventi di Nizhyn sono altamente simbolici e riflettono la situazione nel paese nel suo insieme. Ci sono molti credenti, ma una pietosa manciata di oppositori. Questi continuano a odiarci e a maledirci, mentre noi continuiamo a sorridere e a cantare "Cristo è risorto".

E sebbene tutti questi facinorosi spesso ci infastidiscano, ci dispiace per loro. È molto difficile vivere questa rabbia e questo odio, quando migliaia di persone pregano con un solo cuore. La migliore osservazione a questo proposito è stata data dall'ormai familiare "portatore di zoccoli" Proshchenko, quando infelice e angosciato, è stato messo in disparte: "Hanno organizzato un Sabba di Mosca e per di più stanno sorridendo".

Ma proveremo ancora più compassione per queste persone il 27 luglio, giorno del Battesimo della Rus', quando a Kiev si tiene tradizionalmente una processione religiosa. Nel 2018, 250.000 credenti hanno partecipato a questa processione, nel 2019 sono stati 300.000. Non c'è dubbio che quest'anno non ce ne saranno di meno. Certo, saremo infastiditi dai sostenitori della "Chiesa ortodossa dell'Ucraina" con zampe di capra, che ci urleranno insulti, forse addirittura ci attaccheranno. Ma noi, come a Nizhyn, sorrideremo e canteremo preghiere in risposta. Perché siamo cristiani, perché il nostro primate è sua Beatitudine Onufrij, perché stiamo imparando ad amare, non a odiare.

 
100-150 chiese saranno costruite nella "nuova Mosca" entro i prossimi dieci anni

da Pravoslavie.ru

Mosca, 9 Giugno 2014

Sono stati fatti piani per costruire 100-150 nuove chiese ortodosse nei distretti amministrativi Troitsk e Novomoskovsk della "nuova Mosca" entro il prossimo decennio, riferisce Interfax-Religion, citando la dichiarazione di Vladimir Resin, deputato della Duma di Stato e consigliere di sua Santità il patriarca di Mosca e di tutta la Rus'.

"È stata già iniziata la costruzione di numerose chiese sui nuovi territori di Mosca. Sono certo che la costruzione di chiese su larga scala inizierà sia qui, sia nella parte storica della capitale. Credo che 100-150 chiese potranno sorgere qui in dieci anni", ha detto V. Resin, spiegando che queste saranno chiese modulari simili a quelle che sono attualmente in costruzione a Mosca come parte del "programma delle 200 chiese".

NB. Ai più perspicaci dei nostri lettori non sarà sfuggito che le chiese modulari sono semplici e veloci da costruire, di costo contenuto e soprattutto facili da esportare ovunque... anche in Italia, se necessario. Un punto da valutare attentamente nei piani di sviluppo futuro dell'Ortodossia in Italia.

 
Non c'è alcuna ragione teologica nella creazione della "Chiesa ortodossa dell'Ucraina"

l'arciprete Nikolaj Danilevich. Foto: twitter

Nella storia della Chiesa, la creazione di strutture parallele non è mai stata vantaggiosa e non ha risolto i problemi, ha affermato il portavoce della Chiesa ortodossa ucraina.

L'arciprete Nikolaj Danilevich, vice capo del Dipartimento per le relazioni ecclesiastiche esterne della Chiesa ortodossa ucraina, ha dichiarato nel suo canale Telegram che non vi è alcun significato teologico nella creazione della "Chiesa ortodossa dell'Ucraina" e ha parlato della sua recente visita al Patriarcato di Antiochia (16/17 giugno).

Secondo l'arciprete Nikolaj Danilevich, il patriarca Giovanni di Antiochia comprende e sostiene la Chiesa ortodossa ucraina, poiché la Chiesa ortodossa ucraina e il Patriarcato di Antiochia hanno problemi molto simili: la creazione di strutture parallele alla Chiesa ortodossa. Ma mentre in Siria sono sorti patriarcati paralleli come risultato della loro caduta nell'eresia, la "Chiesa ortodossa dell'Ucraina" è stata creata solo per placare le ambizioni politiche di alcune persone.

"Quindi qui (in Ucraina, ndc) la "Chiesa ortodossa dell'Ucraina" è nata 2 anni fa come nuova struttura parallela rispetto alla Chiesa ortodossa ucraina antica e canonica. Il capo di questa nuova struttura cerca di espandersi e di usurpare il titolo di 'metropolita di Kiev e di tutta l'Ucraina'. Inoltre, questa struttura sta anche cercando di rubare il nome della Chiesa ortodossa ucraina canonica... Ma mentre in Medio Oriente la creazione di questi patriarcati paralleli si spiega con il fatto che nuove strutture caddero dalla Chiesa e sorsero a seguito della loro caduta nell'eresia (cambiamenti di dottrina), la creazione della "Chiesa ortodossa dell'Ucraina" (ortodossa per dottrina, ma senza successione apostolica) in Ucraina, dove a quel tempo era già presente una Chiesa ortodossa, non ha assolutamente alcun significato teologico e canonico. Tranne, forse, la ragione  politica di soddisfare le ambizioni di coloro che hanno creato questa struttura (il Fanar, gli USA, Poroshenko)”, ha scritto l'arciprete Nikolaj Danilevich.

In Siria, oltre al patriarca ortodosso, ci sono i patriarchi siro-antiocheno e melchita, mentre in Libano ci sono i patriarchi armeno, armeno-cattolico e maronita – 6 patriarchi per due paesi. Quasi tutti, tranne gli armeni, portano il titolo di "Antiochia".

Come riportato in precedenza dall'Unione dei giornalisti ortodossi, Zorja ha affermato che senza gli sforzi del Fanar, le altre Chiese non avrebbero riconosciuto la "Chiesa ortodossa dell'Ucraina".

 
Condanna delle atrocità governative ucraine in un rapporto dell’ONU

La Commissione di monitoraggio per i diritti umani delle Nazioni Unite ha pubblicato un rapporto sulla questione ucraina. La relazione potrebbe stimolare Kiev, gli Stati Uniti e l'Unione Europea, "...se solo l'Occidente rispettasse ancora le Nazioni Unite", come afferma amaramente un articolo di The Voice of Russia del 20 giugno.

Il rapporto di 58 pagine elenca le violazioni di diritti umani e convenzioni internazionali da parte del governo ucraino:

- Detenzioni, rapimenti, torture e uccisioni di civili, tra cui donne e bambini.

- Bombardamenti di ospedali e asili.

- Sequestri e scomparse di attivisti filo-russi (11 casi documentati nel rapporto).

- Uccisioni e arresti di giornalisti da parte delle forze ucraine.

- Aumento delle tensioni e delle provocazioni attraverso i media federali.

- La tragedia di Odessa del 2 maggio è definita "un crimine mostruoso", esteso attraverso le minacce di morte ai feriti della strage e i depistaggi delle indagini.

Altre parti del documento fanno riferimento a violazioni in tema di Euromaidan, dei referendum nelle zone di Donetsk e Lugansk e delle elezioni presidenziali del 25 maggio, parlando di un aggravio di violazioni delle norme internazionali dopo il 7 giugno.

Oggi, anche i media ucraini iniziano a riconoscere che quella in atto nel Donbass è un'operazione punitiva, e ad ammettere che il paese deve affrontare il fascismo.

Human Rights Watch (HRW), l'Organizzazione per la Sicurezza e la Cooperazione in Europa (OSCE), i giornalisti della CNN e deputati europei condannano il governo ucraino per la violazione delle convenzioni internazionali attraverso l’uso di armi chimiche contro i civili, compresi i bambini, e per le proposte di campi di concentramento e di estradizione dei propri cittadini.

In pratica, il rapporto ONU copre tutti i crimini che abbiamo denunciato su questo blog, a partire dal rovesciamento del governo legittimo in Ucraina (guardate i post degli ultimi quattro mesi per accertarvene), attività che non abbiamo certo intrapreso con piacere, ma che abbiamo ritenuto necessario compiere, stante il grande silenzio stampa da parte dei media generalisti in Italia riguardo a questa tragedia.

 
Cosa significa la telefonata di Zelenskij al pontefice?

Vladimir Zelenskij aspetta il papa in Ucraina. Foto: Unione dei giornalisti ortodossi

Zelenskij ha detto al papa che gli ucraini stanno aspettando la sua visita, che sono desiderosi di canonizzare Sheptytskij, e ha aggiunto che non ci sono conflitti interreligiosi nel paese. È proprio così?

Il 30 giugno 2021, in occasione della festa dei santi Apostoli Pietro e Paolo (secondo il calendario gregoriano), il presidente dell'Ucraina ha telefonato a papa Francesco. Zelenskij ha detto al pontefice che non ci sono conflitti settari in Ucraina, che gli ucraini attendono con impazienza la beatificazione del metropolita uniate Andrej Sheptytskij, ma lo scopo principale della conversazione era un tentativo di persuadere il papa a venire in Ucraina. Idealmente, per la celebrazione del Giorno dell'indipendenza, anche se il comunicato stampa dell'Ufficio presidenziale non ha menzionato le date. È troppo presto per dire se Vladimir Zelenskij sia riuscito a convincere papa Francesco a venire, ma il fatto che la principale fonte di informazione del Vaticano, Vatican News, non abbia menzionato affatto questa conversazione, indica che il tentativo non ha avuto particolare successo.

Tuttavia, la questione dell'arrivo del papa sarà risolta dagli sforzi dell'Ucraina, ma, purtroppo, questi saranno fattori esterni. E la visita del papa quest'anno potrebbe aver luogo. Per le autorità ucraine e personalmente per Vladimir Zelenskij, questo sarebbe un potente "punto di svolta", cosa che non si può dire dell'Ucraina e del suo popolo. Perché? Passiamo alla storia.

Cosa ha portato il cattolicesimo in Ucraina

Furono compiuti tentativi di cattolicizzare il nostro paese anche prima del Battesimo della Rus'. Nel 961, fu inviato in Russia un certo vescovo Adalberto, il cui compito era convertire il nostro popolo al cristianesimo nella giurisdizione del papa romano. Sebbene mancassero quasi cento anni alla rottura ufficiale tra cattolicesimo e ortodossia, la differenza tra cristianesimo orientale e occidentale era già significativa. La Cronaca degli anni passati, che raccontava la scelta di fede del principe Vladimir, nonostante tutta la sua ambiguità, ci racconta le impressioni che il cristianesimo occidentale lasciò sugli ambasciatori del principe Vladimir: "Siamo andati nelle chiese tedesche e abbiamo visto diverse funzioni, ma non c'era bellezza in loro”. Eppure, non era una questione di bellezza, ovviamente.

Il "Racconto" tace sul fatto che il papato negli anni '80 del X secolo non si fosse ancora "ripreso" da uno dei periodi più vergognosi della sua storia, chiamato in seguito "pornocrazia". In quei tempi l'influente famiglia dei Teofilatti disponeva della sede romana come di una sua proprietà; in particolare due donne di questa famiglia - Teodora e Marosia - che avevano la reputazione di prostitute, intronizzarono i loro figli e amanti sulla sede papale. Ecco come ne scrive lo storico inglese Edward Gibbon: "L'influenza di queste due puttane, Marosia e Teodora, veniva dalla loro bellezza e ricchezza, ed era anche il risultato dei loro intrighi politici e amorosi. Esse premiarono i loro amanti più devoti con tiare papali. L'era del loro regno, forse, ha dato origine alla leggenda della papessa. Il sacro trono fu occupato dal figlio illegittimo, dal nipote e dal pronipote di Marosia. Una rara genealogia per i successori di san Pietro sulla terra". Di conseguenza, la dissolutezza e l'intrigo regnavano alla corte papale. È improbabile che il santo nobile principe Vladimir volesse assimilare la Rus' di Kiev a questo ambiente.

Nel corso della storia successiva, ci sono stati tentativi casuali da parte di principi russi occidentali di subordinare gli ortodossi al papa in cambio di "vantaggi" politici e altri tornaconti quotidiani, ma si conclusero tutti con un fallimento. Ecco perché i vescovi ortodossi guardavano sempre più a nord. Non è un caso che due metropoliti di Kiev, immigrati dalla Volinia, Cirillo (XIII secolo) e san Pietro (XIV secolo), dopo essere stati nominati alla sede di Kiev, si stabilirono non nel principato di Galizia-Volinia, ma a Vladimir-Suzdal. Maggiori informazioni su questo possono essere trovate nell'articolo: "San Pietro, il patrono della Volinia a Mosca".

Un successo significativo nella cattolicizzazione della popolazione ortodossa dell'Ucraina fu raggiunto nel 1596, quando fu conclusa l'Unione di Brest. Successivamente, le autorità del Commonwealth fornirono pieno sostegno statale agli uniati, mentre l'Ortodossia fu in realtà messa fuorilegge e divenne perseguitata e illegale. Le chiese ortodosse e le proprietà ecclesiastiche furono trasferite con la forza agli uniati. I sacerdoti ortodossi furono espulsi dai loro luoghi di culto, sottoposti a violenze e persecuzioni. Ma nonostante tutte le misure di coercizione, nonostante il fatto che l'intero episcopato (con l' eccezione di due vescovi) si fosse unito all'unia, il clero ortodosso, il popolo e la maggior parte dei monasteri rimasero fedeli all'Ortodossia.

Shevchenko ha raccontato vividamente quanto dolore abbia causato l'unione al popolo ucraino nella sua poesia "Ai polacchi" (traduzione libera):

"Quando eravamo cosacchi

e non c'era affatto l'unia,

ci godevamo la vita!

Fraternizzando con i polacchi liberi,

orgogliosi delle nostre steppe libere,

le nostre ragazze, come i gigli,

innamorate e in fiore.

Le madri erano orgogliose dei loro figli,

i figli erano liberi e crescevano,

e quando diventavano maturi,

rallegravano i cuori dei loro vecchi genitori

...Fino a quando, in nome di Cristo,

i sacerdoti cattolici vennero e bruciarono

il nostro tranquillo paradiso. E si versò

un vasto mare di lacrime e sangue,

E gli orfani in nome di Cristo

furono assassinati e crocifissi.

I cosacchi furono abbattuti

Con le loro teste piegate come erba calpestata

L'Ucraina piange e geme!

La sua gente sta cadendo morta.

I torturatori sono feroci,

e i preti cattolici gridano follemente

'Te Deum! Alleluia!'

Così è, fratelli miei,

che il clero cattolico ci ha separati

e ci ha resi estranei l'uno all'altro

Altrimenti la nostra vita sarebbe stata la stessa

Ma stendi la tua mano al tuo fratello cosacco

e tira fuori il tuo cuore puro,

per poter restaurare il nostro tranquillo paradiso

nel nome di Cristo".

L'imposizione dell'unia ha portato lacrime, gemiti, inimicizia e sangue in Ucraina. Nelle ultime righe di questa poesia, Taras Shevchenko ha menzionato i cosacchi, gli unici difensori dell'Ortodossia in Ucraina a quel tempo. In effetti, il fattore principale nel movimento cosacco e nelle rivolte cosacche fu la resistenza alla cattolicizzazione dell'Ucraina.

Allo stesso tempo, la motivazione delle autorità della Confederazione polacco-lituana nella fondazione forzata dell'unia era la stessa di oggi: rompere l'unità ecclesiale del popolo ucraino con l'Ortodossia, le autorità volevano rompere l'ordine politico e i legami mentali dell'Ucraina con la Russia (la Moscovia a quel tempo). Tuttavia, questo è stato il loro grave errore. Per ottenere la lealtà politica della popolazione ortodossa della Confederazione polacco-lituana, le autorità di questo stato non avrebbero dovuto opprimere, ma, al contrario, avrebbero dovuto dare libertà alla popolazione ucraina sia nella sfera religiosa che in altre sfere della vita pubblica.

Parliamo del ruolo dei greco-cattolici nella storia dell'Ucraina nel XX secolo con una citazione dal servizio stampa della diocesi di Odessa della Chiesa ortodossa ucraina, quando gli ortodossi di Odessa protestarono contro l'espansione uniate nella loro regione nel 2010: "Il nostro popolo ha ancora dei ricordi freschi del ruolo svolto dalla Chiesa greco-cattolica nell'occupazione nazista, della sua complicità con gli occupanti, della collaborazione, della partecipazione della dirigenza uniata ai pogrom di ebrei e polacchi, di cui si parla molto non solo in Ucraina, ma anche in Polonia e in Israele. Andrej Sheptytskij, il capo della Chiesa greco-cattolica ucraina, ha personalmente benedetto e incoraggiato la divisione SS Galizien, inviata a distruggere la popolazione civile. Per qualche ragione, i giornalisti prezzolati scelgono di non ricordare decine di migliaia di vittime innocenti del terrore organizzato dagli uniati nell'Ucraina occidentale, non vogliono menzionare nelle loro pubblicazioni i nomi di centinaia di sacerdoti torturati dall'OUN-UPA e dalla divisione SS Galizien con la benedizione dei capi della Chiesa greco-cattolica".

All'inizio degli anni '90, gli uniati si distinsero nel sequestro di oltre 2.000 chiese ortodosse nell'Ucraina occidentale, distruggendo quasi completamente tre diocesi ortodosse. Spesso queste razzie erano accompagnate da violenze e sequestri illegali di proprietà.

La storia testimonia inequivocabilmente che il cattolicesimo, principalmente sotto forma di uniatismo, è sfociato in inimicizia interreligiosa, violenza e violazione dei diritti della popolazione ortodossa in Ucraina.

Tenendo presente questa storia, è possibile concordare con le parole di Vladimir Zelenskij che gli ucraini stanno aspettando la visita del papa? Ben difficilmente.

Il "santo" Andrej Sheptytskij?

Secondo il servizio stampa del presidente, Vladimir Zelenskij ha detto al papa che il popolo ucraino "anticipa la beatificazione del metropolita Sheptytskij", cioè il suo riconoscimento come "santo". Questo dovrebbe essere probabilmente uno degli argomenti per cui il pontefice potrebbe venire in Ucraina.

Ma è davvero così?

Ricordiamo le conseguenze dell'occupazione nazista per l'Ucraina. Secondo l'Archivio elettronico di Stato centrale dell'Ucraina, "Il regime di occupazione nazista in Ucraina è stato uno dei più brutali al mondo. I nazisti hanno sterminato 1 milione e mezzo di ebrei ucraini e 20.000 rom con le proprie mani o con il coinvolgimento di 'volontari' della popolazione locale".

Quanto al bilancio tra gli stessi ucraini, è il seguente: "Durante le ostilità e in prigionia, sono stati uccisi 3-4 milioni di soldati, lavoratori in borghese e civili, 4-5 milioni di civili sono morti a causa del terrore dell'occupazione e della conseguente carestia, 5 milioni di abitanti sono stati evacuati o portati con la forza in Russia e Germania, e alcuni di loro non sono tornati. In generale, le perdite irrecuperabili dell'Ucraina (tra ucraini e altre etnie) ammontano a 8-10 milioni di persone. Il danno materiale ammontava a 285 miliardi di rubli in quel momento. A seguito delle ostilità sono state danneggiate più di 700 città e paesi, 5/6.000 ponti, 28.000 villaggi, 300.000 fattorie".

Come può una nazione, a cui sono state inflitte tali sofferenze, desiderare che un collaboratore attivo dei nazisti diventi un "santo"? In effetti, è semplicemente impossibile nascondere o ignorare il fatto della cooperazione di Andrej Sheptytskij con gli invasori tedeschi. Per esempio, ecco il testo della lettera di congratulazioni di Andrej Sheptytskij ad Adolf Hitler il 23 settembre 1941, dopo che i tedeschi catturarono Kiev:

"Eccellenza! Come capo della Chiesa greco-cattolica ucraina, trasmetto a vostra Eccellenza le mie più sentite congratulazioni per la cattura della capitale dell'Ucraina, la città dalle cupole d'oro sul Dnepr – Kiev. Vediamo in lei l'invincibile comandante dell'incomparabile e glorioso esercito tedesco. La causa della distruzione e dello sradicamento del bolscevismo, che lei, come Fuehrer del grande Reich tedesco, ha posto come obiettivo in questa campagna, offre a sua Eccellenza la gratitudine dell'intero mondo cristiano. La Chiesa greco-cattolica ucraina conosce il vero significato del potente movimento del popolo tedesco sotto la sua guida. Pregherò Dio per la benedizione della vittoria, che garantirà la pace duratura per sua Eccellenza, l'esercito tedesco e la nazione tedesca.

Con speciale rispetto, Andrej, conte Sheptytskij, metropolita".

Nel gennaio 1942, Andrej Sheptytskij offrì cooperazione ad Adolf Hitler e scrisse: "Le assicuriamo, Eccellenza, che i circoli principali in Ucraina si stanno impegnando per la più stretta cooperazione con la Germania, in modo che le forze alleate del popolo tedesco e ucraino... attuino un nuovo ordine in Ucraina e in tutta l'Europa orientale."

Qual era il "nuovo ordine in Ucraina" che il capo della Chiesa greco-cattolica ucraina voleva attuare insieme ai nazisti ? Secondo il piano OST, tra i sopravvissuti all'offensiva dell’"incomparabile e glorioso esercito tedesco", il 65% degli ucraini doveva essere reinsediato in Siberia, mentre quelli rimasti dovevano diventare schiavi dei loro nuovi padroni tedeschi.

Ed ecco l'appello di Andrej Sheptytskij agli ucraini, che erano portati a forza a lavorare in Germania, condannati a un lavoro da schiavi, alla fame e spesso alla morte: "Stare in una terra straniera vi porterà qualche beneficio e vantaggio. Imparerete una lingua straniera, conoscerete il mondo e le persone, acquisirete esperienza quotidiana, acquisirete molte conoscenze che possono esservi ulteriormente utili nella vita".

Può il capo di uno stato che ha subito alcune delle più grandi perdite nella guerra più sanguinosa della storia umana, dichiarare il suo desiderio di beatificare il complice dei fascisti Andrej Sheptytskij? La domanda è retorica.

Non ci sono conflitti interreligiosi in Ucraina?

Servizio stampa del Presidente: "Durante il colloquio (di Vladimir Zelenskij e di papa Francesco, ndc) si è notato che oggi l'Ucraina è un paese dove i rappresentanti di tutte le religioni convivono pacificamente e si sentono a proprio agio. Non ci sono apparenti conflitti interconfessionali nello Stato e non c'è praticamente nessuna speculazione sul tema della fede".

Mi viene solo da esclamare: ma parla sul serio?!

Forse la "Chiesa ortodossa dell'Ucraina" e la Chiesa greco-cattolica ucraina "convivono davvero pacificamente e si sentono a proprio agio", ma in relazione alla Chiesa ortodossa ucraina, la più grande confessione dell'Ucraina, questo non si può dire.

  • I tentativi di privare la Chiesa ortodossa ucraina del proprio nome sono una convivenza pacifica?
  • Il sequestro dei luoghi di culto della Chiesa ortodossa ucraina è una convivenza pacifica?
  • Il massacro dei credenti è una convivenza pacifica?

Si potrebbe continuare con queste domande retoriche, ma è meglio vedere con i propri occhi come appare questa convivenza "pacifica e confortevole" in Ucraina.

Vasilij Khashchijuk, parrocchiano della Chiesa ortodossa ucraina a Zadubrivka, picchiato dai sostenitori della "Chiesa ortodossa dell'Ucraina" nel marzo 2021. Foto: pagina FaceBook della diocesi di Chernovtsy-Bucovina, Unione dei giornalisti ortodossi

Attacco dei sostenitori della "Chiesa ortodossa dell'Ucraina" alla processione della croce a Nizhyn il 23 giugno 2021. Foto: Pagina Facebook di Gavriil Zavgorodnij

Sequestro della chiesa di Zabolotye il 10 maggio 2021. Foto: Unione dei giornalisti ortodossi

Un'onorificenza a Svjatoslav Shevchuk

Nel contesto della persuasione di Papa Francesco V. Zelenskij a venire in Ucraina, si può considerare anche l'assegnazione al capo dei greco-cattolici ucraini Sviatoslav Shevchuk dell'Ordine al merito di III grado. Questo premio è programmato per il 25° anniversario dell'adozione della Costituzione dell'Ucraina e Shevchuk ha ricevuto l'ordine per "un significativo contributo personale alla costruzione dello stato".

Vladimir Zelenskij e Svjatoslav Shevchuk. Foto: news.ugcc.ua

È molto difficile ricordare dove e quando Svjatoslav Shevchuk si è distinto nel campo della costruzione dello stato, per cui abbia ricevuto un ordine onorifico. Possiamo solo ricordare la sua partecipazione attiva alla "Rivoluzione della dignità" nel 2013-2014, per la quale, a quanto pare, è stato premiato.

In generale, se il predecessore di Vladimir Zelenskij come presidente è intervenuto attivamente negli affari degli ortodossi, l'attuale capo di stato sta cercando persino di "cavalcare il cavallo cattolico". È vero, sia papa Francesco che il patriarca Bartolomeo fanno molte dichiarazioni sull'unificazione delle strutture religiose sotto il loro controllo. Se ciò accadrà nel prossimo futuro, allora ci saranno ampie opportunità per le autorità ucraine di guadagnare punti politici sia in campo ortodosso che cattolico. Pertanto, Vladimir Zelenskij sta facendo tutto ciò che è in suo potere per rendere fattibile la visita del papa in Ucraina. La visita del papa in Ucraina è, nelle sue parole, "l'ossigeno tanto necessario".

Conclusioni

In primo luogo, le autorità ucraine stanno promuovendo attivamente un tema religioso. Nonostante la disposizione della Costituzione sulla separazione tra chiesa e stato, sia il presidente che i funzionari di grado inferiore partecipano attivamente alle trattative con i leader religiosi, invitandoli in Ucraina. E questo sta succedendo nonostante il fatto che una parte enorme della società ucraina abbia un atteggiamento negativo nei confronti di tali attività.

In secondo luogo, l'attuale governo ucraino interferisce negli affari religiosi per le stesse ragioni del precedente governo. Prima di tutto, si tratta di istruzioni dall'estero e, in secondo luogo, di un desiderio di guadagnare punti politici e di distogliere l'attenzione della società dai fallimenti dell'economia.

In terzo luogo, al fine della visita di papa Francesco e del patriarca Bartolomeo in Ucraina, le autorità sono pronte non solo a ignorare l'opinione di una parte significativa della società, ma anche a correre l'ovvio rischio di esacerbare il confronto interreligioso. Inoltre, se le autorità sono pronte ad andare ancora oltre e ad impegnarsi per "unire" ortodossi e cattolici in Ucraina, questo sarà un vero crimine contro il loro popolo.

In quarto luogo, la storia ci insegna che non importa quante volte calpesti un ​​rastrello, l'effetto sarà lo stesso. La schiacciante sconfitta alle elezioni di Petro Poroshenko, che ha fatto del "tomos-tour" il fulcro della sua campagna elettorale, non ha insegnato nulla a chi era al potere. L'ingerenza negli affari della Chiesa, e ancor più la persecuzione contro di essa, non ha mai portato a nulla di buono. Le parole del Signore: "Non toccate i miei consacrati, non fate alcun male ai miei profeti" (Ps 104:15) sono rilevanti per tutti i tempi.

 
Crisi all'Istituto Teologico Ortodosso San Sergio

Il blog Parlons d'Orthodoxie riporta una notizia dal sito dell’Esarcato russo di Costantinopoli: alla chiusura dell’anno accademico all’Istituto Teologico Ortodosso San Sergio, l’arcivescovo Job (Getcha) di Telmessos ha enumerato con tristezza ma con spietata sincerità una serie di problemi che hanno reso difficile la continuazione dei programmi dell’istituto, e le sue relazioni con lo stato francese.

Presentiamo la traduzione italiana della notizia nella sezione “figure dell’Ortodossia contemporanea” dei documenti, e offriamo a Vladyka Job le nostre preghiere e i nostri migliori auguri per una soluzione positiva della crisi.

 
Nella Chiesa di Grecia sono state formulate accuse contro i vescovi che non hanno riconosciuto la "Chiesa ortodossa dell'Ucraina"

incontro del Sinodo della Chiesa ortodossa di Grecia. Foto: protothema.gr

Il Sinodo della Chiesa ortodossa di Grecia ritiene che il mancato riconoscimento della "Chiesa ortodossa dell'Ucraina" da parte dei vescovi possa minare l'unità della Chiesa di Grecia con il Patriarcato ecumenico.

Il Comitato sinodale per le questioni dottrinali e canoniche della Chiesa greco-ortodossa ha formulato rivendicazioni contro due metropoliti che hanno fortemente criticato il riconoscimento della "Chiesa ortodossa dell'Ucraina", nonché le misure per combattere il coronavirus, come riporta Ageliaforos.com.

I metropoliti Kosmas (Papachristos) di Etolia e Acarnania e Seraphim (Stergiulis) di Kythira e Antikythira sono accusati di "mancanza di rispetto per l'autorità ecclesiastica, errori teologici, incitamento morale alla disobbedienza dei credenti in relazione allo stato e alle proposte della chiesa in materia di salute".

Inoltre, i membri del comitato hanno concluso che con le loro lettere e la loro posizione radicalmente negativa riguardo alla "Chiesa ortodossa dell'Ucraina", i metropoliti "minano l'unità della Chiesa di Grecia con il Patriarcato ecumenico in materia ortodossa e mettono in discussione i suoi privilegi canonici (sull'Ucraina)".

I media greci riferiscono che il Comitato sinodale per le questioni dottrinali e canoniche della Chiesa ortodossa di Grecia ha aperto un procedimento contro i suddetti metropoliti.

In precedenza, il metropolita Seraphim del Pireo della Chiesa ortodossa di Grecia ha affermato che il Tomos della "Chiesa ortodossa dell'Ucraina" è l'evento più tragico degli ultimi anni.

 
"Non siamo vostri nemici, siamo fratelli, vogliamo essere buoni vicini.."

In una conversazione telefonica con Marta Allevato di AsiaNews, l'arcivescovo maggiore degli uniati ucraini, Svjatoslav Shevchuk, riesce a proporci un tale concentrato di ipocrisie buoniste che sulle prime anche noi (piuttosto ben informati sulle questioni ucraine, fin dallo scorso millennio...) ci sentiamo tentati di apprezzare il vello da pecora sulle spalle del lupo.

Il fatto è che l'uniatismo (e soprattutto quello ucraino) è per sua natura costretto alla duplicità, a cominciare da come presenta se stesso. Mons. Shevchuk è "arcivescovo maggiore" solo quando parla con una reporter cattolica italiana; parlando con rappresentanti delle chiese sotto il suo omoforio, si presenta come "patriarca", nonostante il fatto che l'unico ente che potrebbe legittimare questo suo titolo (la sede romana) NON glie lo conceda. Lo stesso nome "uniatismo", che per lui sarebbe "linguaggio che offende", viene dal termine Unia, con cui gli stessi ortodossi rinnegati passati sotto l'obbedienza polacco-romana definivano se stessi (fino al punto di parlare di una "santa Unia", termine certamente non coniato a Mosca), indubbiamente perché presentarsi come "ortodossi rinnegati" sarebbe stato poco confacente! Ora, la smania di trovare a tutti i costi un termine politically correct spinge a deliri di apnea linguistica come "ortodossi in comunione con Roma".

Ma le ipocrisie non si limitano alle auto-definizioni. Mons. Shevchuk può presentarsi come desideroso di "un aperto e sincero dialogo", accusando Mosca di mancata riconciliazione, quando per lo meno dai tempi della dissoluzione dell'Unione Sovietica OGNI progetto di dialogo proposto da Mosca E da Roma è fallito perché silurato dagli uniati stessi (ovviamente, quando a Kiev c'era ancora un governo credibile, era un po' troppo sconveniente sedersi a tavoli di dialogo che comportassero questioni come chiese e cattedrali ortodosse sottratte pochi anni prima dagli uniati con la violenza). Il rigurgito di desiderio di dialogo fin "dall'inizio dell'anno" giunge a babbo un po' troppo morto per essere credibile.

Consideriamo un'altra frase nella quale, sotto vesti nobili di autodeterminazione popolare, si nasconde il vero nucleo del problema relativo agli uniati ucraini, cioè la presa nazionalistica del potere:

"I vertici della Chiesa ortodossa russa non riconoscono l'esistenza di un popolo ucraino, con una sua propria cultura, la propria storia; in questo momento stanno negando l'esistenza stessa del popolo, della nazione ucraina come tale".

A dire il vero, non sono solo "i vertici della Chiesa ortodossa russa" ad avere dubbi sulla nazione ucraina come tale: ci pensa già abbastanza bene la base, assieme a qualsiasi storico degno di reputazione. Per essere credibili nella loro ideologia, gli uniati potrebbero presentare qualche fonte letteraria in "lingua ucraina" anteriore al diciottesimo secolo, o magari una cartina geografica delle loro terre con su scritta la parola "Ucraina" e datata prima del periodo sovietico... ma non possono farlo, per cui – soprattutto con giornalisti italiani non addentro alle questioni locali ucraine – è molto meglio ricorrere alla retorica buonista.

Per continuare, consideriamo questa meravigliosa chicca di utopia:

"Non c'è assolutamente tensione tra le varie confessioni in Ucraina"

Sì, certo... e le mucche volano, soprattutto a Pochaev.

Per concludere, non vorremmo lasciare l'impressione di essere tanto ostili a mons. Shevchuk da voler contraddire ogni sua affermazione. Quando uno si ammanta di retorica buonista, rischia sempre di farsi scappare qualche parola davvero buona, con la quale non possiamo che concordare:

"Ma io credo nella saggezza spirituale dei vescovi ortodossi..."

...ma anche noi, vladyko! Proprio per questo, quando sentiamo da parte loro seri moniti nei vostri confronti, li teniamo in alta considerazione.

"...nel fatto che sapranno liberarsi dalla ideologia politica, perché se la Chiesa rimarrà politicizzata, sarà sempre strattonata tra vari modi di fare politica e tra diversi Paesi, mentre la Chiesa deve emanare unità e non divisioni".

Certo, vladyko, certo... abbiamo ammirato il suo modo tutto personale di "liberarsi dalla ideologia politica", e possiamo fare nostre anche alcune delle sue stesse previsioni, ovviamente applicandole a lei e ai suoi:

"Finché non riusciranno a riconoscere la realtà, ci saranno sempre tensioni".

Intanto, aspettiamo da parte vostra qualcosa che con tutto questo buonismo non abbiamo ancora visto, e che non dovrebbe essere tanto difficile a chi si dichiara in comunione con Roma... un po' di mea culpa.

 
Miti e leggende del metropolita Stephanos

Il metropolita Stephanos d'Estonia ha raccontato al canale greco 4E il percorso confessionale della Chiesa estone e dell'Estonia:

"La storia del martirio qui in Estonia risale a otto secoli fa. Ma non tutti i secoli sono stati uguali. Fino al XII secolo abbiamo avuto invasori danesi, poi sono arrivati ​​i crociati tedeschi per due secoli, poi gli svedesi per due secoli e, infine, i russi per due secoli. La nostra storia dei secoli XX-XXI è in gran parte una storia di martirio, poiché la Chiesa era forte. C'erano duecentomila credenti ortodossi per un milione e mezzo di abitanti. E nel 1945 il sistema comunista, che prese il controllo dell'Estonia, chiuse la nostra Chiesa, la liquidò, installò anticanonicamente un metropolita dalla Russia, e così iniziò la persecuzione. Le prime persecuzioni iniziarono nel 1920, quando nella città di Tartu fu martirizzato lo ieromartire Platon, il nostro primo vescovo estone, insieme ad altri due sacerdoti..."

Non si può che essere d'accordo con vladyka Stephanos quando afferma che la storia del martirio in terra estone risale a otto secoli fa. Ma varrebbe la pena chiarire quel martirio non semplicemente di cristiani, ma di cristiani ortodossi.

Il popolo estone è senza dubbio un popolo sofferente che si è più volte trovato sull'orlo dell'estinzione sia a causa della peste, sia perché la loro terra è stata campo di battaglia nella guerra di Livonia, poi nella guerra del Nord, ma se parliamo di martirio, allora il martirio e la confessione cristiana generale iniziano qui nel breve periodo del terrore rosso della fine del 1918 – inizi del 1919, per poi svilupparsi nel 1940, quando avvenne ciò che tra la gente comune viene chiamato "occupazione sovietica", e vari politici che fanno battaglie per l'accuratezza terminologica chiamano chi "incorporazione", chi "adesione". Ma non importa come lo si chiami, il fatto a seguito del quale la lotta bolscevica sovietica contro Dio si è diffusa in Estonia, ha visto iniziare nel paese una confessione cristiana generale su larga scala e singoli atti di martirio.

E prima di ciò, possiamo parlare di Ortodossia non solo per confessione, ma anche per martirio. Questo fenomeno storico è, infatti, di otto secoli – dal momento in cui l'illuminazione cristiana della nostra terra nel XIII secolo fu presa in mano dai crociati, interrompendo con la forza la diffusione della tradizione ortodossa. Ma prima della loro invasione, la predicazione del cristianesimo qui era avvenuta pacificamente, contemporaneamente dall'Occidente e dall'Oriente. Inoltre, furono i missionari russi a lasciare un segno indelebile nella lingua estone. Ciò vale, in particolare, per le parole che nominano i principali mezzi di predicazione: rist – croce (dallo slavo krest) e raamat – libro (dalla parola slava gramota). Il verbo estone ristima – battezzare, che deriva allo stesso modo dalla parola rist, indica che l'illuminazione dall'Oriente è radicata nelle menti degli estoni medievali, perché è nella lingua russa che il sacramento della nascita alla vita eterna è denotato da una parola che stabilisce un legame sia con la Croce di Cristo sia con la croce che ogni cristiano porta nella vita. Per fare un confronto: in molte lingue europee questo sacramento è indicato da parole derivate dal greco antico βαπτίζω (vaptizo) – letteralmente: immergo, e il tedesco taufen – battezzare viene da tauchen – tuffarsi, immergersi nell'acqua.

A Tartu (la città di Jur'ev, fondata nel 1030 dal principe Jaroslav il Saggio), l'Ortodossia fu preservata fino al 1472, quando fu martirizzato il parroco sant'Isidoro Jur'evskij con 72 parrocchiani. Il sacerdote Joann (nel monachesimo, il venerabile Iona) Shestnik, che fuggì da lì a Pskov, fondò il monastero delle Grotte di Pskov, il cui abate Kornilij predicò l'Ortodossia non solo agli estoni che vivevano nelle vicinanze del monastero, ma raggiunse Narva, fondò parrocchie a Neuhausen (ora Vastseliina) e altrove.

La confessione ortodossa riprese qui, a partire dal 1841, quando iniziò un movimento spontaneo (nonostante il locale "ordine speciale" e la politica statale imperiale nella regione dell'Ostsee, che era orientata verso di esso), il movimento di conversione dei contadini lettoni ed estoni dal luteranesimo all'Ortodossia. Le persecuzioni scatenate contro di loro dalla nobiltà tedesca dell'Ostsee furono estremamente crudeli.

Tuttavia, per qualche ragione, il metropolita Stephanos non ha voluto prestare attenzione alla confessione ortodossa locale e al martirio durante la persecuzione degli eterodossi. Naturalmente, un tale "arrotondamento di angoli politicamente corretto" da parte di vladyka Stephanos è comprensibile, ma noi non possiamo approvarlo.

Riferendosi alle persecuzioni all'inizio del secolo scorso, il metropolita Stephanos giustamente focalizza la nostra attenzione sul primo vescovo ortodosso estone – lo ieromartire Platon (Kulbush). Tuttavia, ritengo importante notare che, in primo luogo, le persecuzioni sulla fede non hanno avuto luogo negli anni '20 (tuttavia, se vladyka Stephanos significa l'espulsione nella Russia sovietica di un certo numero di preti ortodossi da parte delle autorità estoni nell'estate del 1920, allora sono pronto a concordare...), in secondo luogo, vladyka Platon, in termini cronologici, non è comunque il primo tra i nuovi martiri estoni. Fu ucciso il 14 gennaio 1919, un anno dopo la sua consacrazione episcopale, avvenuta il 31 dicembre 1917 (13 gennaio 1918, nuovo stile). Insieme a lui, i commissari rossi Kull, Otter e Rätsepp fucilarono gli arcipreti Nikolaj Bezhanitskij e Mikhail Bleive. Tuttavia, un po' prima, i bolscevichi martirizzarono lo ieromartire Sergij Florinskij (30 dicembre 1918), poi gli ieromartiri Aleksandr Volkov e Dimitrij Chistoserdov (8 gennaio 1919).

Non posso scrollarmi di dosso il sospetto che vladyka Stephanos intenda per "nuovi martiri estoni", diciamo, i "nuovi martiri di nazionalità estone", focalizzando deliberatamente la sua attenzione su di loro. Forse il simbolismo dell'accettazione delle corone del martire da parte di russi (padre Nikolaj) insieme a estoni (vladyka Platon e padre Mikhail) non si adatta bene al suo quadro storico? Ed è del tutto scomodo per lui prestare attenzione a questo fatto perché durante il periodo storico indicato l'Ortodossia estone era canonicamente unita, essendo sotto l'omoforio del santo confessore, il patriarca Tikhon di Mosca e di tutta la Rus'?

Ma non ci sembra superfluo sottolineare che tutti i nuovi martiri della Chiesa estone: sia gli estoni – Vladyka Platon (Kulbush), i padri Mikhail Bleive e Ioann Pettai, sia i russi – i padri Nikolaj Bezhanitskij, Sergij Florinskij, Aleksandr Volkov e Dimitrij Chistoserdov – erano tutti uniti tra loro in una confessione di fedeltà non solo a Dio e alla sua Chiesa, ma anche, in particolare, alla madre Chiesa ortodossa russa. Il sangue dei nuovi martiri estoni è il seme dell'unità dell'Ortodossia estone. I tentativi di distruggere questa unità non sono altro che un modo di calpestare la loro memoria.

Vladyka Stephanos dice che "nel 1945 il sistema comunista, che prese il controllo dell'Estonia, chiuse la nostra Chiesa, la liquidò, installò anticanonicamente un metropolita dalla Russia, e così iniziò la persecuzione". C'è molta confusione in queste parole. Cominciamo dal fatto che il sistema comunista "ha conquistato l'Estonia" nel 1940. L'ultimo giorno di indipendenza della Repubblica di Estonia nel periodo tra le due guerre è ufficialmente considerato il 16 giugno 1940. Le repressioni, che colpirono principalmente gli emigranti bianchi e i membri di organizzazioni riconosciute politicamente ostili (anche il movimento studentesco cristiano russo rientrava nella categoria), iniziarono subito (arresti seguiti da reclusioni nei campi o da esecuzioni), e nel 1941 furono deportate oltre 9.000 persone. Per la piccola Estonia, anche questo è un numero colossale, e dopotutto, presto prima deel 1944 altre 70-80 mila persone emigrarono dal paese verso ovest, poi dopo la guerra, nel marzo 1949, nell'ambito dell'operazione "Прибой", 20.723 persone furono deportate nella direzione opposta.

Quasi un anno dopo l'instaurazione del potere sovietico sul territorio dell'Estonia, il 30 marzo 1941, avvenne la riunificazione canonica della Chiesa ortodossa apostolica estone, composta dalle diocesi di Tallinn e Narva, con la Chiesa madre. La riunificazione della Chiesa ortodossa apostolica estone con la Chiesa ortodossa russa ebbe luogo dopo l'approvazione preliminare di questo passo tra le parrocchie e il ripetuto appello del capo della Chiesa ortodossa apostolica estone, il metropolita Aleksandr (Paulus), al locum tenens del trono patriarcale, il metropolita Sergij (Stragorodskij) con la richiesta di "coprire il peccato involontario della divisione". E, cosa importante, questa riunificazione si realizzò attraverso il pentimento per il peccato di scisma commesso nel 1923, quando il metropolita Aleksandr, nella speranza di ottenere l'autocefalia, trasferì la Chiesa ortodossa estone alla giurisdizione del Patriarcato di Costantinopoli, senza nemmeno cercare di ottenere la benedizione del santo patriarca confessore Tikhon di Mosca, al quale lui e tutti i vescovi della Chiesa russa avevano giurato fedeltà tre anni prima.

Con l'inizio dell'occupazione nazista, il metropolita Aleksandr, facendo affidamento sul potere nazista, tentò di nuovo di strappare la Chiesa ortodossa apostolica estone dal Patriarcato di Mosca, tuttavia, ci riuscì solo con la diocesi di Tallinn; quella di Narva, guidata dall'arcivescovo Pavel (Dmitrovskij), rimase in unità canonica con la Chiesa martire.

Per qualche ragione, Vladyka Stephanos è a disagio nel ricordare questi dettagli della vita storica e canonica dell'Ortodossia estone, e preferisce concentrare la sua attenzione sul 1945.

Eppure, perché il 1945, se il potere sovietico è tornato qui nel settembre 1944? Probabilmente perché nel 1945 avvenne la riunificazione canonica con la Chiesa madre della diocesi di Tallinn, caduta durante l'occupazione tedesca. Subito dopo fu completato il processo di trasformazione della Chiesa ortodossa apostolica estone, che consisteva in due diocesi, in un'unica diocesi estone con una cattedra a Tallinn, iniziato nel 1941.

Sottolineo che nel 1945 la Chiesa ortodossa apostolica estone autonoma non fu liquidata sul territorio dell'Estonia, come sostiene vladyka Stephanos, ma fu trasformata.

Trasformazione in diocesi ordinaria, proprio per la sua sopravvivenza nelle "circostanze proposte". Sì, lo status di autonomia è andato perduto per molti anni; si, il nome è cambiato; sì, la struttura è cambiata (una diocesi al posto di due) – ma tutto questo è stato fatto perché la Chiesa locale, la cui forma primaria è la diocesi, continuasse la sua attività ininterrottamente.

Pertanto, l'affermazione che il sistema comunista "chiuse la nostra Chiesa, la liquidò, installò anticanonicamente un metropolita dalla Russia, e così iniziò la persecuzione" è una menzogna dall'inizio alla fine, perché non c'è stata né chiusura né liquidazione, mentre le persecuzioni, come abbiamo già notato, iniziarono subito dopo l'instaurazione del potere sovietico nel 1940, e continuarono dopo la guerra.

Separatamente, ritengo necessario attirare l'attenzione sull'affermazione secondo cui il sistema comunista "installò anticanonicamente un metropolita dalla Russia".

Lasciamo l'identificazione del Santo Sinodo della Chiesa ortodossa russa con la "mano del sistema comunista" alla coscienza del metropolita Stephanos. Chiariamo solo che il Santo Sinodo della Chiesa ortodossa russa ha nominato non un metropolita, ma un arcivescovo, e non dalla Russia, ma dall'Estonia, e non qualcuno, ma un vero buon pastore – vladyka Pavek (Dmitrovskij), che in precedenza aveva presieduto la diocesi di Narva, che fu liquidata nel processo di trasformazione...

Ma perché il metropolita Stephanos non ha spiegato nella sua intervista quale fosse la natura "anticanonica" della nomina dell'arcivescovo Pavel alla cattedra di Tallinn? Forse perché esisteva un metropolita nominato dalla Turchia, e secondo il Canone 16 del Concilio primo-secondo di Costantinopoli, è impossibile nominare un altro vescovo alla stessa sede, e il metropolita Aleksandr, fuggito all'estero nel 1944 con circa 22 sacerdoti (il numero non è noto), era ancora vivo a quel tempo? E mi chiedo anche se a vladyka Stephanos bruciasse la coscienza in quel momento... Dopotutto, come in quell'altro caso, proprio lui, il metropolita Stephanos (Charalambidis), nel 1999, è stato insediato dal patriarca Bartolomeo alla cattedra di metropolita di Tallinn e di tutta l'Estonia, quando questa cattedra era occupata da un cittadino autoctono dell'Estonia, il metropolita Kornilij (Jakobs), che all'epoca godeva di buona salute e non viveva in alcun modo nell'emigrazione, ma a Tallinn

Quanto alla presunta occupazione della sede di Tallinn nel 1945 da parte del metropolita Aleksandr (Paulus), di fatto essa era canonicamente vacante dal 5 novembre 1942, quando per decreto dell'esarca patriarcale del metropolita dei Paesi baltici, Sergij (Voskresenskoj), ma in effetti per decisione dell'assemblea episcopale dell'Esarcato baltico (dal momento che il decreto era stato firmato dai vescovi di Mitava, Narva e Koven), il metropolita Aleksandr fu bandito dal sacerdozio per recidiva di scisma e fu destituito dall'amministrazione della diocesi di Tallinn (così fu osservata la condizione del Canone 16, che richiedeva di non rimuovere il vescovo dalla sede prima di un'indagine legale sulla sua colpevolezza).

E la sua fuga dalla cattedra nel 1944 e l'assenza di corrispondenza con il gregge rimasto in Estonia (il che avrebbe indicato che lo considerava ancora suo), consolidò solo lo status di abbandono della diocesi, secondo tuttavia la regola che dice: "Se qualcuno dei vescovi, essendo nella sua dignità a cui non vuole rinunciare, non vuole pascere il suo popolo, ma, ritiratosi dalla sua diocesi, rimane in altro luogo per più di sei mesi, non essendo detenuto per comando regio, né per adempiere agli ordini del suo patriarca, né colpito da una grave malattia che lo rende del tutto inamovibile, tale vescovo <...> sia del tutto privato dell'onore e della dignità episcopale <...> e se ne nomini un altro nella sua diocesi, al posto suo". E proprio questo fu fatto.

Tuttavia, ecco cos'altro confonde nel frammento in questione. Il metropolita Stephanos, come se parlasse del martirio, si addolora anche per il cammino confessionale dell'Ortodossia estone, per tutti i martiri e confessori dell'ortodossia in terra estone. E giustamente si addolora.

Ma per qualche ragione ho ancora la sensazione che in questo dolore vladyka Stephanos abbia superato coloro che il Signore Gesù Cristo denuncia per aver costruito e decorato le tombe dei profeti. Lì, almeno, si trattava dei profeti che furono picchiati dagli antenati di coloro che avrebbero onorato la memoria dei profeti, mentre il metropolita Stephanos, praticamente senza interrompere l'astratta venerazione della memoria dei confessori a parole, per più di un quarto di secolo di seguito, ha indirettamente denigrato un confessore concreto del XX secolo, il metropolita Cornelio (Jakobs), che fu rinchiuso in un campo di prigionia in Mordovia, e tutto il suo gregge. Noi per il metropolita Stephanos siamo una struttura fantoccio emersa in Estonia durante l'occupazione e grazie ad essa, e rimaniamo uno strumento delle "ambizioni imperiali della Russia". Nel ritrarci così, ha sempre mostrato una coerenza degna di un miglior uso.

In qualche modo costui combina facilmente le lodi dei confessori con il loro discredito come collaborazionisti. Del resto, è proprio questo che accade quando sostiene il mito secondo cui il Patriarcato di Mosca appare come una sorta di mostro che nel 1945 ha fagocitato la Chiesa ortodossa apostolica estone, il cui "resto fedele" si sarebbe conservato in esilio, da dove sarebbe tornato al suo posto nel 1993 (quando, in violazione dei canoni e delle leggi statali, il nostro stato ha registrato una struttura scismatica con un concilio situato in quel momento a Stoccolma).

Quelli che hanno sperimentato tutte le difficoltà della persecuzione, i confessori conosciuti e sconosciuti (che vladyka Stephanos onora a parole) sono presentati, secondo questo mito, niente affatto come confessori, ma come "invasori venuti in gran numero", ai quali, tuttavia, dopo la registrazione degli scismatici, è stata concessa misericordia: quindi l'opportunità di ottenere tutti i diritti a condizione di un piccolo tradimento...

Era solo necessario essere d'accordo con il loro mito e ammettere che la Chiesa ortodossa estone parte del Patriarcato di Mosca, che si riteneva come la Chiesa ortodossa apostolica estone che non aveva interrotto le sue attività (e che a quel tempo era riuscita a ripristinare il suo status autonomo al concilio di Pjukhtitsa tenutosi il 29 aprile 1993, e il suo nome storico), alla fine dei conti, non è affatto la stessa Chiesa ortodossa apostolica estone, temporaneamente trasformata nella diocesi estone, ma una creatura dei servizi segreti sovietici. Questo riconoscimento deriverebbe automaticamente da entrambe le opzioni di registrazione che ci vengono offerte: o aderire a un'organizzazione religiosa scismatica (presumibilmente legale) già registrata e riconosciuta dallo stato come successore legale della Chiesa ortodossa apostolica estone, o, se ci è cara  la nostra madre Chiesa, registrarci come una struttura di nuova formazione (un frammento dell'occupazione sovietica), e ovviamente, senza diritto di restituzione delle nostre proprietà ormai nazionalizzate...

Noi non abbiamo accettato nessuna di queste opzioni di autoincriminazione e di tradimento. Dopo otto anni di profonda sconfitta dei diritti, lo Stato ha registrato la nostra Chiesa nel 2002 come una struttura storica, e non come una di nuova formazione, ma questa è, come si suol dire, "una storia completamente diversa".

Se torniamo al frammento in esame dell'intervista di sua Eminenza Stephanos e, in particolare, alla sua venerazione per il cammino confessionale dell'Ortodossia estone, allora sorge un sentimento di smarrimento: non capisce davvero che proprio le vittime della truffa politica giocata dai nostri funzionari statali negli anni '90, in tandem con il Patriarcato di Costantinopoli, persone trattate come inquilini abusivi delle proprie chiese – sono proprio i confessori e i loro successori che hanno preservato la fede e le chiese durante le persecuzioni atee dell'era sovietica? Sembra che come confessori della fede, il capo della sottostruttura del Patriarcato di Costantinopoli in Estonia, consideri solo coloro che hanno pensato a se stessi esclusivamente al di fuori del Patriarcato di Mosca, e se si trovavano nella "occupazione", allora alla prima occasione hanno interrotto i rapporti con essa, qualunque cosa potesse accadere, rompendo promesse e giuramenti fatti davanti alla Croce e al Vangelo...

 
Una lezione di lealtà dai serbi del Kosovo

I serbi del Kosovo e della Metochia danno una mano alla Novorossija

La Comunità di solidarietà serbo-slava “Grigorij Stepanovich Scherbina” di Kosovska Mitrovica ha organizzato una raccolta di aiuti umanitari per gli abitanti della Novorossija.

COMUNICATO

La difficile situazione politica dell’Ucraina, provocata dalla presa del potere da parte dei tirapiedi filonazisti di Washington e di Bruxelles, ricorda molto ciò che accadeva in Kosovo e in Metochia quindici anni fa, quando le vittime erano i serbi del Kosovo e della Metochia.

In questi territori, i crimini nei confronti dei serbi venivano compiuti dal cosiddetto Esercito di Liberazione del Kosovo, mentre in Ucraina i crimini contro la popolazione russa vengono messi in atto dall’organizzazione denominata “Pravyj Sektor”, la cui ideologia è fortemente filonazista. Le persone uccise e arse vive nella Casa dei Sindacati di Odessa sono un autentico esempio del carattere criminoso del regime di Kiev. A causa della strage di civili, più di 150mila russi hanno lasciato le regioni di Lugansk e di Donetsk.

La Comunità di solidarietà serbo-slava “Grigorij Stepanovich Scherbina” del Kosovo e della Metochia condanna il genocidio attuato dal regime di Kiev, ed esorta tutti i serbi del Kosovo e della Metochia ad aiutare i russi secondo le proprie possibilità.

Saremo solidali con i fratelli russi, come loro lo sono sempre stati con noi.

Kosovska Mitrovica, 19.06.2014

Il presidente della Comunità Momir Kasalovich.

testo originale in serbo

 
Il sostegno alla visita del patriarca Bartolomeo in Ucraina è assurdo

il metropolita Antonij (Pakanich). Foto: facebook.com / MitropolitAntoniy

Il metropolita Antonij (Pakanich) ritiene che ci sia una grossolana manipolazione dietro i sondaggi che parlano di sostegno all'arrivo del capo del Fanar in Ucraina.

Il 9 luglio 2021, il cancelliere della Chiesa ortodossa ucraina, il metropolita Antonij (Pakanich), ha affermato che il presunto sostegno all'arrivo del patriarca Bartolomeo in Ucraina è assurdo.

Nella sua analisi dei risultati di un recente studio dell'Istituto Internazionale di Sociologia di Kiev, che si è occupato di questioni religiose, vladyka ha osservato che “questa è probabilmente la prima volta che abbiamo a che fare con cifre che odorano di assurdità e, come molti credono, con un tentativo di adeguare gli indicatori finali al contesto richiesto dai clienti".

Secondo il metropolita Antonij, "in qualche modo si è scoperto miracolosamente" che il 49% del gregge della Chiesa ortodossa ucraina vedrebbe apparentemente in chiave positiva la visita del patriarca Bartolomeo in Ucraina.

"Ma per ogni persona sana di mente diventa subito chiaro che questi risultati sono una vera sciocchezza", ha sottolineato il metropolita.

Vladyka ha osservato che è impossibile che quasi la metà dei credenti della Chiesa ortodossa ucraina sostenga l'arrivo di una persona, "la cui decisione ha avviato un processo di distruzione della nostra Chiesa".

"Quale approvazione può esserci per la visita di colui che è responsabile dei sequestri delle nostre chiese, dei pestaggi dei parrocchiani e di altre violazioni dei diritti fondamentali dei cittadini ucraini? "Con così tanti presunti sostenitori del capo del Fanar, che bisogno avrebbero di impegnarsi in sequestri gli aderenti alla "Chiesa ortodossa dell'Ucraina", che con tali cifre avrebbero milioni di nuovi sostenitori nei loro ranghi?", ha scritto sconcertato il metropolita Antonij.

Vladyka è certo che "dietro i citati 'numeri' vi sia una grossolana manipolazione, il cui scopo è creare una parvenza di sostegno al Patriarcato di Costantinopoli e al suo capo nell'ambiente ecclesiastico ucraino e trasmettere questa apparenza al livello delle altre Chiese locali per cercare di convincerle – sia pure con l'aiuto di una maldestra combinazione – della presunta fallacia dell'affermazione che il Fanar abbia aggravato la scissione in Ucraina".

Tuttavia, pensa il metropolita, "i clienti di questo schema sono andati troppo oltre", perché "i risultati imbarazzanti e stupidi della corrispondente ricerca sociologica possono essere creduti solo da persone che sono completamente lontane dalla realtà delle cose esistenti".

In precedenza, l'Unione dei giornalisti ortodossi ha scritto che secondo l'arcivescovo Nikolaj (Pochtovyj), la visita del patriarca Bartolomeo di Costantinopoli in Ucraina spingerà a una nuova ondata di violenze contro la Chiesa ortodossa ucraina.

 
Doccia fredda sul futuro dell'Ucraina
di Simon Black
dal blog Sovereign Man, 23 giugno 2014
Nessuno pensa mai all'acqua della doccia. O alla carta igienica, se è per questo.
Ma queste sono solo alcune tra le molte, molte cose che diventano un lusso quando una nazione è in crisi.
Alcune ore fa, l'azienda locale del gas a Kiev (Kyivenergo) ha annunciato la chiusura della fornitura di acqua calda per gran parte della città.
Mentre la ragione ufficiale per il blocco dell'acqua calda è che Kyivenergo (il fornitore di energia a Kiev) ha un debito di oltre 100 milioni di dollari con la società statale ucraina del gas (Naftogaz), è solo una strana piccola coincidenza che questo debito sia diventato all'improvviso materialmente importante solo una settimana dopo che la Russia ha spento le forniture di gas naturale all'Ucraina.
La cosa divertente è che i politici ucraini hanno continuato per anni a dire alla gente di non preoccuparsi per questo.
Vedete, l'Ucraina ha le proprie fonti di gas naturale per il mercato interno. E dicono alla gente che il gas domestico è strettamente riservato alla gente e alle loro utilità (come l'acqua calda).
Il gas russo, secondo questa storia, viene importato per usi industriali. Ma quel gas domestico è sacrosanto, solo per le persone.
Chiaramente questa si è rivelata una bella e grossa bugia.
Tenete a mente che è solo da poche settimane che le società di servizi hanno annunciato che il prezzo dell'acqua fredda sarebbe salito da 3,18 grivne al metro cubo a 6,22, con un incremento del 95%, praticamente da un giorno all'altro.
Quindi c'è una città intera che ora fa docce fredde ... e paga due volte il prezzo per questo privilegio! Che insulto. Che offesa.
Ho diversi dipendenti ucraini che hanno la famiglia ancora nel paese; mi stanno dicendo che i loro cari stanno finalmente iniziando a studiare i modi di espatriare.
È strano, se ci pensate. Guerra, rivoluzione, inflazione, ecc. Tutto questo andava bene. Docce fredde?!?! "Tesoro, prepara i bagagli, è arrivato il momento di andarcene".
Scherzo, naturalmente; tutto questo è dolore accumulato, che alla fine culmina quando si raggiunge il proprio punto di rottura... soprattutto quando uno sguardo razionale al futuro suggerisce che questa situazione non si risolverà presto.
Si sa che la prospettiva non è così grande in questo momento, perché il vice primo ministro dell'Ucraina sta dicendo alla gente che possono sopravvivere all'inverno (che è ancora a mesi di distanza) senza importazioni di gas russo.
Mentre sono sicuro che tutti apprezzano questo approccio da 'bicchiere mezzo pieno', credo che probabilmente preferirebbero solo fare una doccia calda e non sentire menzogne circa la capacità della nazione di sostenere un restringimento.
Un po' di lezioni chiave che vorrei trarre da tutto questo:
1. I politici mentono sempre. Vi diranno che la vostra nazione è più forte di quanto non sia in realtà, che il vostro paese è pronto per qualsiasi cosa possa venire, che i vostri benefici non saranno mai tagliati, ecc... e anche se possono avere buone intenzioni, queste non sono promesse che possono essere mantenute... soprattutto da una nazione in crisi.
2. La crisi di una nazione ha effetto su quasi tutto. Non si tratta solo di numeri e dati, e neanche di bottiglie molotov. Si tratta di acqua calda e carta igienica. Si tratta di cibo sugli scaffali. Si tratta di ciò che tutti noi diamo per scontato e che improvvisamente non funziona più.
3. Anche se ci sono segnali di pericolo evidenti, la maggior parte della gente attende che sia troppo tardi (o almeno una situazione non ottimale) prima di considerare le proprie opzioni.
Quando si aspetta fino a una crisi in piena regola, si devono prendere decisioni critiche in fretta, invece di pianificare le cose lentamente, razionalmente.
Le persone razionali hanno un piano di riserva, perché tutti noi abbiamo un punto di rottura. Sapete che cosa fare quando avete raggiunto il vostro?
 
Dumenko sbaglia di nuovo i conti

Epifanij Dumenko a tavola. Foto: screenshot del canale YouTube "New Time"

Epifanij Dumenko afferma che molte Chiese ortodosse locali "si stanno facendo strada" per riconoscere la "Chiesa ortodossa dell'Ucraina"

Il capo della "Chiesa ortodossa dell'Ucraina", Sergej (Epifanij) Dumenko, ha affermato che la sua struttura religiosa è già stata riconosciuta da cinque Chiese ortodosse locali.

Durante il suo viaggio a Ivano-Frankivsk, Dumenko ha detto ai giornalisti che la "Chiesa ortodossa dell'Ucraina" sta "gradualmente" ottenendo il riconoscimento dalle Chiese locali.

"Ora siamo a un terzo: cinque Chiese ortodosse locali hanno riconosciuto la nostra autocefalia. Stiamo lavorando con altre e non vorrei andare troppo avanti. Infatti ci sono molte Chiese ortodosse che si stanno facendo strada per prendere una decisione appropriata", ha detto Dumenko.

Epifanij non ha voluto nominare le Chiese che si sarebbero già "preparate" poiché, nelle sue parole, "cominciano subito le pressioni da parte russa".

Finora si sapeva del riconoscimento della "Chiesa ortodossa dell'Ucraina" da parte di quattro Chiese locali: Costantinopoli, Grecia, Alessandria e Cipro. Nelle Chiese di Grecia e di Cipro, una parte dei vescovi ancora non considera Sergej Dumenko come vescovo e rifiuta di riconoscere la "Chiesa ortodossa dell'Ucraina" come Chiesa.

Come riportato in precedenza, secondo Dumenko, le comunità della Chiesa ortodossa ucraina apparterrebbero alla "Chiesa ortodossa dell'Ucraina", anche se non lo vogliono.

 
Altre foto dalla recente ordinazione a Pescara

Ringraziamo padre Eugenio Miosi e la sua famiglia per un'altra serie di foto dalla Liturgia di domenica scorsa a Pescara:

E già che ci siamo, aggiungiamo l'immagine del progetto, presentato al sindaco di Montesilvano, per una chiesa che possa servire i cristiani ortodossi di tutta l'area pescarese:

 
Il capo della Chiesa di Cipro minaccia i vescovi che non hanno riconosciuto la "Chiesa ortodossa dell'Ucraina"

l'arcivescovo Chrysostomos. Foto: orthodoxia.info

L'arcivescovo Chrysostomos ha detto che se inizierà a mettere le cose a posto nella Chiesa di Cipro, allora i vescovi che non hanno riconosciuto la "Chiesa ortodossa dell'Ucraina" non faranno più parte del Sinodo.

Il capo della Chiesa ortodossa di Cipro, l'arcivescovo Chrysostomos, ha affermato di avere "modi per mettere a posto" quei membri del sinodo che non sono d'accordo con il riconoscimento della "Chiesa ortodossa dell'Ucraina", come riporta la pubblicazione Orthodoxia.info.

I membri del Sinodo di Cipro, i metropoliti Athanasios di Limassol, Neophytos di Morphou, Nikiforos di Kykkos, Isaias di Tamassos, così come i vescovi Nikolaos di Amaphuntos ed Epiphanios di Ledra, che non sono d'accordo con il riconoscimento della "Chiesa ortodossa dell'Ucraina", hanno rifiutato di prendere parte alla funzione conciliare programmata dal Santo Sinodo di Cipro per il 10 luglio, festa dell'arcivescovo Cipriano di Cipro.

Secondo l'arcivescovo Chrysostomos, il rifiuto di questi vescovi di concelebrare al culto "parla di mancanza di rispetto per le decisioni del Sinodo" e di "un tentativo di eludere o disprezzare il primate".

L'arcivescovo ha affermato che i vescovi "devono sempre tenere conto che sono ancora un arcivescovo. Non sono morto. Sono ancora vivo".

Secondo il primate della Chiesa di Cipro, i vescovi che rifiutano di concelebrare con lui "si sbagliano", e se "inizierà a rimetterli a posto", i metropoliti "cesseranno di essere membri del sinodo, poiché non rispettano il Santo Sinodo". "Ecco perché taccio per non nuocere alla Chiesa", ha osservato Crisostomo.

Alla domanda se si approfondisca la crisi riguardo alla rottura della comunione eucaristica (nella Chiesa cipriota, ndc), l'arcivescovo Chrysostomos ha risposto che "se questo problema si approfondirà, allora la Chiesa dovrà agire in modo rigoroso".

"Ho dei modi per metterli al loro posto (i metropoliti che non sono d'accordo con il riconoscimento della "Chiesa ortodossa dell'Ucraina", ndc), ma non comincerò adesso", ha sottolineato.

In precedenza, l'Unione dei giornalisti ortodossi ha scritto che il primate della Chiesa ortodossa cipriota, l'arcivescovo Chrysostomos, si è detto "non interessato" all'opinione dei membri del Santo Sinodo sulla "Chiesa ortodossa dell'Ucraina".

 
La Croce del Sud: Ortodossia russa in Paraguay

Presentiamo nella sezione “Pastorale” dei documenti la descrizione in russo e in traduzione italiana di un angolo di Ortodossia davvero distante dalla madrepatria: la parrocchia ortodossa russa di Asuncion, la capitale del Paraguay, in un resoconto steso dall’attuale parroco, padre Igor Terentiev. A differenza di molti luoghi dove si è vista una crescita e un processo di integrazione, la parrocchia sembra essere riuscita a mala pena a sopravvivere nei suoi 85 anni di storia (fatto comunque non indifferente, viste le difficoltà subite): il racconto è comunque prova di una vitalità non indifferente delle presenze ortodosse nei paesi d’Occidente.

 
Più il Fanar si eleva, più si approfondisce lo scisma nell'Ortodossia

il patriarca Bartolomeo di Costantinopoli. Foto: unn.com.ua

Il metropolita Ilarion ha osservato che lo scisma si approfondirà man mano che il patriarca Bartolomeo si sentirà sempre più isolato.

Il metropolita Ilarion di Volokolamsk, capo del Dipartimento per le relazioni ecclesiastiche esterne del Patriarcato di Mosca, ha affermato nel programma "Chiesa e mondo" che lo scisma nell'Ortodossia mondiale si approfondirà man mano che il patriarca Bartolomeo di Costantinopoli eleverà l'altezza di quei diritti e privilegi speciali che ha acquisito per se stesso.

Ha notato che il capo del Fanar si è recentemente espresso nello spirito del possesso di alcune prerogative speciali che non abbiamo mai conosciuto prima, sostenendo di avere ricevuto queste prerogative dagli apostoli, e non intende aprire un dialogo su di esse. "Si può presumere che lo scisma nell'Ortodossia mondiale si approfondirà man mano che il Patriarca di Costantinopoli si sentirà sempre più isolato, sempre più elevato all'altezza di quei diritti e privilegi speciali che ha acquisito per se stesso", ha affermato il metropolita.

Il metropolita Ilarion ha affermato che tali opinioni hanno già portato a tristi eventi in Ucraina quando unilateralmente, contro la volontà delle Chiese locali, senza consultarle, il patriarca Bartolomeo ha commesso un atto anticanonico che ha provocato una spaccatura nel mondo ortodosso.

Come riportato, la Chiesa ortodossa russa non esclude che possa esserci uno scisma ecclesiastico in Bielorussia secondo lo "scenario ucraino".

 
Segreti che il tuo parroco non può condividere con te in una predica

Nella sezione “Omiletica” dei documenti, presentiamo un nostro adattamento in chiave ortodossa di un testo scritto da un pastore evangelico, che elenca quei piccoli “segreti” che il parroco non può spiegare pubblicamente ai suoi parrocchiani (o spesso non ha il tempo o l’occasione per farlo). La chiave è la dedicazione della propria vita al servizio di Cristo, che se è un requisito indispensabile per il parroco, certamente dovrebbe essere oggetto di spiegazioni anche per i parrocchiani, perché ne va della stessa vita interiore della Chiesa.

 
Metropolita Ilarion: il patriarca di Costantinopoli ha condotto il dialogo ortodosso-cattolico a un punto morto

L'incontro di fine giugno tra papa Francesco e una delegazione del Patriarcato di Costantinopoli guidata dal metropolita Emmanuel di Calcedonia ha sollevato una nuova ondata di discussioni sulle prospettive di un accordo tra Fanar e Vaticano sulla "unità" tra la Chiesa cattolica romana e i cristiani ortodossi.

Su richiesta di Ekaterina Gracheva, conduttrice del programma televisivo "La Chiesa e il mondo", il metropolita Ilarion di Volokolamsk, presidente del Dipartimento per le relazioni ecclesiastiche esterne del Patriarcato di Mosca, ha offerto i suoi commenti su questo argomento. Ha sottolineato che si trattava di un incontro annuale regolare: nel giorno della festa dei santi Pietro e Paolo (secondo il calendario occidentale) una delegazione del Patriarcato di Costantinopoli arriva a Roma per incontrare il papa.

In merito alle ripetute dichiarazioni del Fanar su una certa imminente unità con i cattolici romani, il metropolita Ilarion ha affermato che in passato c'era già stato un caso in cui il Patriarcato di Costantinopoli aveva firmato un'unione con la Chiesa romana. "Questo accadde al Concilio di Ferrara-Firenze a metà del XV secolo. In seguito, l'unione fu ripudiata dalle Chiese ortodosse locali e alla fine anche da Costantinopoli. Pertanto, non possiamo escludere la possibilità che Costantinopoli possa stipulare unilateralmente una sorta di accordo con la Chiesa cattolica romana o qualsiasi altra Chiesa. Tanto più che il patriarca di Costantinopoli ha parlato recentemente di alcune prerogative speciali, di cui non sapevamo nulla, ma che gli sarebbero state concesse dagli apostoli, e di cui non discuterà", ha detto sua Eminenza.

Il metropolita Iilarion ha sottolineato che questo tipo di punti di vista ha già causato i deplorevoli sviluppi in Ucraina, quando unilateralmente, senza consultarsi con le Chiese locali e contro la loro volontà, il patriarca Bartolomeo ha commesso un atto anticanonico che ha provocato lo scisma nel mondo ortodosso.

"È possibile aspettarsi che lo scisma dell'Ortodossia mondiale diventi sempre più profondo, se il patriarca di Costantinopoli continua a distinguersi sempre di più e ad elevarsi sempre più all'altezza dei diritti e dei privilegi speciali che egli ha attribuito a stesso", ha affermato il presidente del Dipartimento.

Sua Eminenza Ilarion ritiene che sia un grande problema per il dialogo ortodosso-cattolico il fatto che nelle sue relazioni con la Chiesa cattolica romana il patriarca di Costantinopoli si posizioni a capo dell'intera Chiesa ortodossa. Soprattutto ora che l'unione eucaristica è rotta all'interno della Chiesa ortodossa a causa delle mosse anticanoniche del patriarca Bartolomeo, egli non può rappresentare né la Chiesa ortodossa russa, che lo ha escluso dai suoi dittici, né altre Chiese ortodosse che non sono d'accordo con la sua politica. "Può rappresentare solo la Chiesa di Costantinopoli. Probabilmente potrà rappresentare anche quelle Chiese che lo autorizzeranno a farlo. Ma questa non sarà la maggioranza dei fedeli ortodossi, ma solo una piccola parte di essi", ha sottolineato il metropolita Ilarion.

Un altro problema importante per il dialogo con i cattolici è causato dal fatto che "negli ultimi anni il patriarca di Costantinopoli ha cercato di utilizzarlo per rafforzare il suo primato nella Chiesa ortodossa, che di fatto altro non è che il primato di onore, ma che vuole trasformare in una parvenza di autorità papale nella Chiesa cattolica romana", ha affermato il presidente del Dipartimento per le relazioni ecclesiastiche esterne del Patriarcato di Mosca.

"L'Ortodossia non ha mai avuto un unico capo supremo per tutte le Chiese ortodosse", ha sottolineato il metropolita Ilarion. Ha sottolineato che il nuovo insegnamento che è ora attivamente propagato da Costantinopoli suscita disapprovazione nelle Chiese ortodosse locali e ha già portato allo scisma. Inoltre, "è il motivo per cui il dialogo ortodosso-cattolico romano è arrivato a un punto morto".

 
Domande e risposte sulla confessione

Padre John Whiteford risponde sul suo blog alle domande delle persone che non sono abituate alla pratica della confessione presso un sacerdote, e si chiedono il perché di questa pratica nella tradizione della Chiesa. Le spiegazioni di padre John possono far pensare molti di quelli che si pongono dei dubbi (soprattutto sulla continuità di questa pratica dai tempi apostolici), e possono aiutare chi già è abituato alla confessione a trattarla più seriamente. Presentiamo il testo sulla confessione nella sezione “Domande e risposte” dei documenti.

 
Celebrazione di preti della Chiesa ortodossa ucraina a Corfù

pellegrini della Chiesa ortodossa ucraina nella cattedrale di san Spiridione di Trimitunte della metropolia di Kerkyra della Chiesa di Grecia. Foto: pagina Facebook dell'arciprete Nikolaj Danilevich

Pellegrini della Chiesa ortodossa ucraina hanno venerato le reliquie di san Spiridione di Trimitunte e si sono incontrati con il metropolita Nektarios di Kerkyra.

Il 18 luglio, i sacerdoti della Chiesa ortodossa ucraina hanno servito la Liturgia nella cattedrale di san Spiridione di Trimitunte della metropolia di Kerkyra della Chiesa di Grecia sull'isola greca di Corfù, dove si trovano le reliquie del santo, come riporta sulla sua pagina Facebook l'arciprete Nikolai Danilevich, vice capo del Dipartimento per le relazioni ecclesiastiche esterne della Chiesa ortodossa ucraina. I sacerdoti della Chiesa ortodossa ucraina hanno concelebrato con uno dei sacerdoti della metropolia di Kerkyra.

Nell'ambito di un pellegrinaggio in Grecia, i pellegrini guidati da padre Nikolaj e padre Dmitrij Badjuk, rettore della chiesa di san Spiridione a Kiev, hanno preso parte alla Divina Liturgia e hanno venerato le reliquie di san Spiridione di Trimitunte. Poi hanno incontrato il vescovo locale della Chiesa ortodossa di Grecia, il metropolita Nektarios di Kerkyra.

La cattedrale di san Spiridione è una chiesa ortodossa della metropolia di Kerkyra, situata nel centro della città di Kerkyra, sull'isola di Corfù. È dedicata a san Spiridione di Trimitunte, considerato il patrono dell'isola. Le reliquie del santo nella cattedrale sono una delle mete di pellegrinaggio più venerate della Chiesa ortodossa.

Come riportato dall'Unione dei giornalisti ortodossi, una delegazione della Chiesa romena ha compiuto un pellegrinaggio ai monasteri della Chiesa ortodossa ucraina.

 
Aiuti dall'Italia al Donbass

L'arciprete Alexey Yastrebov, rettore della parrocchia delle sante Mirofore a Venezia, ha fatto il primo viaggio per portare gli aiuti umanitari (3100 euro di offerte) dalle nostre parrocchie ai profughi del Donbass. Nella foto, padre Alexey è insieme alla dr. Elizaveta Glinka (nota anche come "Doktor Liza"), la cui fondazione Справедливая помощь è considerata tra le più affidabili organizzazioni di soccorso (potrete trovare ulteriori dati sul suo sito e sulla sua pagina livejournal). Padre Alexey ringrazia tutti quelli che hanno contribuito, anche da Torino, a questo aiuto, e avverte che è ancora possibile inviare aiuti umanitari presso la fondazione in Russia, oppure presso il conto intestato alla Parrocchia delle Sante Donne Mirofore:

Conto Corrente: 462991/39

COORD IBAN: IT82I0533602006000046299139

Banca: «Banca Popolare Friuladria»

Filiale: 0328 - Mestre - Via Piave

ABI: 05336

CAB: 02006

Codice SWIFT (BIC) BPPNIT2P328

 
Il fanarocinismo come esempio d'ipocrisia

l'arcivescovo Elpidophoros. Collage: Unione dei giornalisti ortodossi

L'arcivescovo Elpidophoros ha avanzato una serie di accuse contro la Chiesa russa. Analizziamo e scopriamo quanto sono vicine alla verità.

Il 15 luglio 2021, il capo dell'arcidiocesi fanariota in America, l'arcivescovo Elpidophoros (Lambriniadis), ha tenuto una presentazione sul "nazionalismo religioso" e sulla "religione nazionalista" al Summit internazionale sulla libertà religiosa del 2021.

Nella sua relazione, il rappresentante del Patriarcato di Costantinopoli ha presentato una serie di tesi significative che fanno luce sulle attività del Fanar in relazione sia agli scismatici ucraini che ai cattolici e alle altre religioni. Nel suo discorso, il capo dell'arcidiocesi fanariota negli Stati Uniti si è soffermato sulla situazione in Ucraina, e la principale punta di diamante della sua critica è stata diretta contro la Chiesa ortodossa russa. Però, poiché la critica viene da un vescovo che collabora strettamente con il Dipartimento di Stato e le autorità statunitensi, non c'è da meravigliarsi.

Un'altra cosa è sorprendente: in che modo cinico il vescovo del Fanar accusa la Chiesa ortodossa russa di ciò che si può rimproverare alla stessa Chiesa di Costantinopoli. Facciamo chiarezza.

Nazionalismo o ellenismo?

Leggendo il titolo del rapporto "The Rising Tide of Religious Nationalism", dedicato alle "religioni nazionalistiche" e al "nazionalismo religioso", si potrebbe pensare che il rappresentante del Fanar intenda riflettere in modo sobrio e critico sul posto del nazionalismo nella propria Chiesa, solo perché il Patriarcato di Costantinopoli, nella cui gerarchia l'arcivescovo Elpidophoros occupa una delle posizioni di primo piano, non ha mai avuto in tutta la sua storia un primate non greco! In contrasto, per esempio, con la stessa Chiesa ortodossa russa, che non è sempre guidata da persone etnia russa, ma i cui vescovi sono persone di molte nazionalità, dagli ucraini ai giapponesi e agli inglesi.

Inoltre, le Chiese ortodosse di lingua greca (di Grecia, Alessandria e Gerusalemme) sono chiamate di lingua greca perché quasi tutti i loro vescovi sono greci. Pertanto, quando il vescovo della Chiesa greco-ortodossa d'America (come viene chiamata lì l'arcidiocesi fanariota negli USA) inizia a parlare di "religione nazionalista" o "nazionalismo religioso", è giusto sentire da lui suggerimenti su come superare molto nazionalismo all'interno della sua Chiesa. Ma... il vescovo del Fanar parla di tutt'altra cosa.

Così, l'arcivescovo Elpidophoros parla di "leader carismatici" negli Stati Uniti che hanno posto la questione etnica al di sopra di quella religiosa e per qualche motivo si sono completamente dimenticati di citare i suoi colleghi che lo fanno apertamente e da tempo. Per esempio, affermano che il Vangelo si è diffuso in tutto il mondo grazie all'ellenismo, oppure invitano gli africani a diffondere l'ellenismo in Africa. Si possono citare molti altri esempi che mostrano che l'Ortodossia è vista da una certa categoria di vescovi greci come un "pacchetto" per la promozione dell'ellenismo e viceversa. Il problema del nazionalismo religioso greco è così acuto che è stato addirittura condannato con il nome di "etnofiletismo" da uno dei concili del Patriarcato di Costantinopoli.

Tutte le religioni portano a Dio?

Se ascoltiamo l'arcivescovo Elpidophoros, allora sì. Questi condanna fermamente la situazione religiosa in Iran, dove l'islam è una politica statale (non ricordando la Grecia, dove la Chiesa ortodossa ha lo status di Chiesa di stato). E poi il vescovo americano fa un passaggio che testimonia non tanto la sua posizione quanto lo stato d'animo che prevale nel Fanar: "Quando elevi una religione al di sopra di tutte le altre, è come se decidessi che c'è una sola strada che porta alla cima della montagna. Ma la verità è che semplicemente non puoi vedere le miriadi di percorsi che portano alla stessa destinazione, perché sei circondato da macigni di pregiudizi che oscurano la tua vista".

Questa tesi è una vera eresia perché contraddice tutto ciò che Cristo dice nel Vangelo, e ciò di cui la Chiesa parla da molti secoli. Signore Gesù Cristo: “Io sono la via, la verità e la vita. Nessuno viene al Padre se non per mezzo di me» (Gv 14,6). In altre parole, Cristo indica chiaramente che "c'è un solo sentiero che porta alla vetta del monte". E questo sentiero è lui stesso. Ma il vescovo del Fanar la pensa diversamente. Si delinea una specie di ossimoro: un vescovo della Chiesa ortodossa dice cose che contraddicono l'insegnamento ortodosso. Dopo una tale frase, l'arcivescovo Elpidophoros può essere ancora chiamato pastore della Chiesa? La questione è discutibile.

Ma, a parte l'eresia aperta e l'ovvio flirt con gli ecumenisti ("le miriadi di sentieri che portano alla stessa destinazione"), la tesi di mons. Elpidophoros suona definita nelle realtà ucraine. E abbiamo tutto il diritto di affermarlo poiché il gerarca del Fanar, a giudicare dal suo discorso, ha familiarità con le nostre realtà, anche se questa familiarità può essere definita distorta.

Fanar, "Chiesa ortodossa dell'Ucraina" e lo stato dell'Ucraina

Quindi, è il governo ucraino che "eleva una religione sopra tutte le altre". I politici ucraini hanno creato la "Chiesa ortodossa dell'Ucraina", e ora stanno lavorando duramente per fornirle condizioni di esistenza "normali", spingendo la Chiesa ortodossa ucraina con i suoi milioni di credenti fuori dallo spazio pubblico.

Per le autorità ucraine, la "Chiesa ortodossa dell'Ucraina" è politica più che Chiesa o religione. Pertanto, quando l'arcivescovo Elpidophoros condanna fermamente i leader religiosi della Federazione Russa che "usano la sfera pubblica e politica per portare avanti i propri programmi" e non dice una parola sulle figure religiose in Ucraina che traggono profitto dalla situazione politica nel paese e dalla guerra nel Donbass per promuovere "i propri programmi", non ci stupiamo nemmeno, ridiamo.

Per esempio, nel 2018, il capo del "patriarcato di Kiev", la struttura da cui ha origine la moderna "Chiesa ortodossa dell'Ucraina", Filaret Denisenko, ha affermato che "il Signore ha permesso la guerra per la crescita del Patriarcato di Kiev". Il suo allievo Epifanij Dumenko fa eco al suo insegnante: "Le vittime degli ucraini sul Majdan e nel Donbass hanno contribuito a creare la Chiesa ortodossa dell'Ucraina". In quasi ogni sermone, in ogni intervista e in ogni post sui social, Dumenko parla di "aggressione", "guerra" e Russia. Traduce parola per parola gli slogan politici di chi gli ha affidato la carica di capo di un'organizzazione religiosa. E allora? Non lo vedono negli Stati Uniti e nel Fanar? Lo vedono. Ne sono così consapevoli che premiano persino Dumenko come eccezionale combattente per i diritti umani.

Inoltre, l'arcivescovo Elpidophoros, la cui Chiesa è attivamente impegnata nella promozione dell'ellenismo, e con cui i greci di tutto il mondo associano la conservazione della loro identità etnica, osserva che la "religione nazionalista" è "dove la politica dell'identità è incorporata in un'entità religiosa al fine di promuovere un programma religioso". Spieghiamo cosa significa.

C'è la Chiesa. È per tutti. Tutti, indipendentemente dal colore della pelle, dalla lingua, dal sesso o dallo stato sociale, possono diventarne parte. Tale Chiesa può essere chiamata Chiesa ortodossa ucraina, o russa, o serba, o georgiana, e così via. Le parole nei nomi di queste Chiese, indicando la loro etnia, in realtà parlano solo della "localizzazione" delle sue strutture ecclesiali, e non dell'autoidentificazione "nazionale" dei suoi membri. Nella Chiesa di Cristo "non c'è né greco né ebreo".

E c'è una "chiesa". Questo è quando i politici affermano che ogni nazione ha il diritto e persino dovrebbe avere la propria organizzazione religiosa nazionale. Quando i politici, e dopo di loro i capi della chiesa, sono sicuri che un "vero patriota" può essere solo un membro di quella stessa "chiesa nazionalista". Quando i vertici della "chiesa" esortano a pregare esclusivamente nella "lingua madre". Quando, sotto lo slogan della "lotta" per l'indipendenza del Paese, si battono con la Chiesa, che non vuole cambiare Cristo per "nazionale interessi". Suona familiare? Certamente. Tutto questo può essere attribuito alla "Chiesa ortodossa dell'Ucraina" o agli scismatici montenegrini e macedoni, che sono sorte solo quando, secondo Elpidophoros, "le politiche identitarie sono incorporate in un'entità religiosa per promuovere un programma religioso".

Il portavoce del Fanar negli Stati Uniti continua: "Se una tale marea dovesse aumentare con un'influenza indebita – sia nei rami legislativo, giudiziario o esecutivo del governo, metterebbe in discussione l'idea stessa del Primo Emendamento". Cioè, il vescovo americano è sicuro che se lo stato si schiera dalla parte di una particolare organizzazione religiosa, ciò influenzerà tutte le sfere della vita del paese e metterà in discussione l'esistenza della libertà religiosa nello stato.

Ma questo è esattamente ciò che sta accadendo oggi in Ucraina. Le autorità statali a quasi tutti i livelli hanno dato la preferenza alla "Chiesa ortodossa dell'Ucraina". Adottano leggi per consentire a questa struttura religiosa di "facilitare il passaggio delle comunità dalla Chiesa ortodossa ucraina" (e di fatto, per consentire il sequestro illegale delle chiese), creare condizioni favorevoli per questa struttura e fornirle supporto materiale e di altro tipo. Tuttavia, Elpidophoros di nuovo non se ne accorge. Come mai? Perché ha un compito specifico: trovare un altro bersaglio per il suo discorso rabbioso. E questo bersaglio, cosa non strana, è la Chiesa ortodossa russa.

Sui "contorni" del Fanar e della "Chiesa ortodossa dell'Ucraina"

L'arcivescovo Elpidophoros afferma: "Il Patriarcato di Mosca mantiene gran parte dei contorni della vecchia Unione Sovietica. Lo stretto rapporto tra il ministero degli Esteri statale e il Dipartimento delle relazioni esterne della Chiesa è ben noto".

E ancora, questa frase provoca sconcerto con il suo cinismo e doppi standard. Il Patriarcato di Costantinopoli non sta forse cercando di preservare i suoi "contorni", che aveva durante il periodo della grande Bisanzio? Non è a questo scopo che oggi il Fanar sta creando sedi in città dove i cristiani se ne sono andati da tempo? Il patriarca Bartolomeo non sta cercando in qualche modo di preservare il suo luogo di residenza a Istanbul, pronto a far subire ogni beffa alla Chiesa da parte delle autorità turche? Allora perché l'arcivescovo Elpidophoros tace su questo?

Allo stesso modo, si può chiedergli come può parlare della "stretta relazione" della Chiesa ortodossa russa e del ministero degli Esteri stando in una Chiesa, il cui primate è volato a Istanbul con l'aereo privato di Truman, ha ricevuto la cittadinanza turca e ha assicurato che avrebbe difeso i "valori americani" fino alla fine dei suoi giorni? Dopotutto, lo stesso patriarca Bartolomeo incontra costantemente politici americani, dai senatori ordinari ai capi del Dipartimento di Stato e ai presidenti degli Stati Uniti. È lui, il patriarca Bartolomeo, che in Turchia è considerato un ufficiale dei servizi segreti che ha preso parte a un tentativo di colpo di stato. Ecco perché sorge una domanda ragionevole: quali sono i "contorni" moderni del Fanar in questo caso? Non coincidono con la mappa dell'influenza statunitense nel mondo?

È giusto porsi una seconda domanda: quali sono i "contorni" della "Chiesa ortodossa dell'Ucraina", che è stata creata con la partecipazione diretta (e, si potrebbe intuire, l'iniziativa) del Dipartimento di Stato degli Stati Uniti, e il cui primate incontra regolarmente il capo del Dipartimento di Stato? Peraltro, anche il riconoscimento tra le Chiese ortodosse locali di questa struttura religiosa di nuova costituzione avviene solo su impensabili pressioni dello stesso Dipartimento di Stato e dei servizi segreti americani. Quali sono dunque i "contorni" della "Chiesa ortodossa dell'Ucraina"? Monsignor Elpidophoros non risponde né alla prima né alla seconda domanda. Perché è impegnato in qualcos'altro: diffamare la Chiesa russa e, indirettamente, la Chiesa ortodossa ucraina.

Così, secondo lui, "attraverso le reti del Patriarcato di Mosca, la Federazione Russa è in grado di esercitare un'influenza nei nuovi Stati nazionali sorti dopo la caduta della cortina di ferro". Come esempio, Elpidophoros cita l'Ucraina, "dove una Chiesa ortodossa locale è stata fondata, legalmente e canonicamente, dal Patriarcato ecumenico, eppure il Patriarcato di Mosca continua a mantenere una propria entità (cioè la Chiesa ortodossa ucraina? – ndc). Questo è chiaramente nell'interesse della Federazione Russa che beneficia tanto, se non di più, del suo 'nazionalismo religioso' quanto la Chiesa trae vantaggio dalla sua 'religione nazionalista'."

Quando leggiamo queste parole per la prima volta, abbiamo la sensazione che siano state scritte dal portavoce della "Chiesa ortodossa dell'Ucraina" Evstratij Zorja: suonano così stupide e non provate. Quali sono i vantaggi della Russia e della Chiesa ortodossa russa, dall'esistenza della Chiesa ortodossa ucraina? Si scopre che a causa della Chiesa ortodossa ucraina, la Chiesa russa "ha rovinato i rapporti" con il Fanar, Cipro, Grecia, Alessandria. Allo stesso tempo, il Sinodo della Chiesa ortodossa russa non esercita alcuna influenza sulla Chiesa ortodossa ucraina. Vescovi, abati di monasteri, membri del Sinodo, ecc. vengono eletti a Kiev senza nemmeno previo accordo con Mosca. Non ci sono nemmeno trasferimenti di denaro al tesoro della Chiesa ortodossa russa dall'Ucraina (se ci fossero tali trasferimenti, allora potrebbero essere monitorati e resi pubblici – ma non è così!). Qual è allora il "vantaggio"? Niente, tranne la comunione eucaristica e spirituale. Ed è qui che si trova il problema più grande per il Fanar.

Il fatto è che il Fanar ha sempre costruito tutti i suoi rapporti con le altre Chiese esclusivamente attraverso il prisma del beneficio personale per il primate di questa Chiesa o per tutti i "privilegi" per il suo trono, ormai piuttosto venuti a noia. Ricordiamo che già agli albori della creazione della "Chiesa ortodossa dell'Ucraina", il "patriarca" del "patriarcato di Kiev" Filaret Denisenko si recava spesso negli Stati Uniti dove, oltre ai rappresentanti del Dipartimento di Stato (cercando il loro "beneficio" in creando una nuova struttura religiosa in Ucraina), incontrava un rappresentante del Fanar, un certo Kostas Bilirakis. E quest'ultimo ha posto a Filaret solo una domanda: cosa avrebbe esattamente ricevuto il Fanar in caso di creazione della "Chiesa ortodossa dell'Ucraina"?

Si può anche ricordare come il "padre del Tomos" Petro Poroshenko si sua recato a Istanbul dove, durante gli incontri con il patriarca Bartolomeo, hanno discusso di come il Fanar avrebbe "beneficiato" della concessione del Tomos . Pertanto, quando il patriarca Bartolomeo dichiara di aver ricevuto solo dei dolci da Poroshenko dopo aver firmato il Tomos, noi ci limitiamo a sorridere educatamente.

* * *

La relazione dell'arcivescovo Elpidophoros ci permette di concludere che il Patriarcato di Costantinopoli intende intraprendere interamente la strada della distruttività nei confronti dell'Ortodossia. Il suo compito non è preservare il patrimonio patristico, non di svilupparlo e ripensarlo creativamente, ma di seguire rigorosamente gli schemi dettati dai "partner stranieri". Quando leggiamo il discorso dell'arcivescovo Elpidophoros, capiamo perché il Patriarcato di Costantinopoli ha legalizzato gli scismatici ucraini, perché è pronto a tutto. Almeno mentalmente. In questo senso, per il Fanar, il riconoscimento degli scismatici ucraini, così come la preghiera congiunta con cattolici o protestanti, non è affatto una linea che non può essere superata. Si tratta di molto di più – della creazione di una religione sincretista, delle "miriadi di sentieri che portano alla stessa destinazione".

Solo il Fanar è inconsapevole del fatto che è poco probabile che questa "destinazione" sia il paradiso?

 
Due testi sull’Ortodossia in Finlandia

Per numerosi anni la Finlandia è stata considerata un caso speciale e quasi paradigmatico per l’Ortodossia in Occidente: un paese in cui la Chiesa ortodossa, pur rappresentando la minuscola percentuale dell’uno per cento di una popolazione già non molto grande, gode dei privilegi di Chiesa di stato e di una moltitudine di possibilità di sviluppo che per tanti decenni erano state negate ai vicini al di là del confine russo. Eppure, la situazione è tutt’altro che ideale. Padre Andrew Phillips ce ne parla in uno degli ultimi articoli del suo blog (che presentiamo in traduzione italiana), e spiega il quadro storico della complicata presenza ortodossa in Finlandia, e i suoi rischi di decadenza. Poiché il testo recente di padre Andrew fa riferimento a “pratiche innominabili” tra le cause di decadenza, riteniamo importante tradurre anche un altro articolo, Una tragedia in Finlandia, scritto da padre Andrew sul sito Orthodox England alcuni anni fa, in cui si parla delle attitudini non tradizionali verso l’omosessualità che hanno provocato scalpore e non poca amarezza tra i fedeli della Chiesa ortodossa in Finlandia. Entrambi gli articoli si trovano nella sezione “Geopolitica ortodossa” dei documenti.

 
Non c'è salvezza senza Cristo, ma un vescovo del Fanar afferma il contrario

l'arcivescovo Elpidophoros. Collage: Unione dei giornalisti ortodossi

Il Fanar afferma che l'Ortodossia è solo "uno tra le miriadi di percorsi" verso Dio, e se non sei d'accordo, sei "circondato da macigni di pregiudizi". Analizziamo se è così.

L'arcivescovo Elpidophoros, capo della più grande struttura della Chiesa di Costantinopoli, la sua arcidiocesi negli Stati Uniti, ha di fatto rinnegato Cristo e l'intera schiera dei martiri. Allo stesso tempo, il Fanar invita tutti i cristiani ortodossi a seguirli e, per di più, esige la sottomissione di tutte le Chiese locali, giustificandola con "l'ordine canonico" della Chiesa. Ora la resistenza alle pretese papali del Fanar sta diventando nient'altro che la confessione di Cristo e dell'Ortodossia. Come mai? Lo spiegheremo in quest'articolo.

Intervenendo al Summit internazionale sulla libertà religiosa a New York il 15 luglio 2021, il capo dell'arcidiocesi del Patriarcato di Costantinopoli negli Stati Uniti, l'arcivescovo Elpidophoros (Lambriniadis), ha affermato che tutte le religioni sono "le miriadi di sentieri che conducono alla stessa destinazione". Affinché la citazione non sembri fuori contesto, ecco il testo dell'intera frase: "Quando elevi una religione al di sopra tutte le altre, è come se decidessi che c'è un solo sentiero che porta alla cima della montagna. La verità è che semplicemente non puoi vedere le miriadi di sentieri che conducono alla stessa destinazione, perché sei circondato da macigni di pregiudizi che oscurano la tua vista".

Tutte le religioni sono uguali per il Patriarcato di Costantinopoli?

Questo non è un lapsus o una mera figura retorica di cattivo gusto, ma un coerente punto di vista di vecchia data del Patriarcato di Costantinopoli. Il 19 ottobre 2020, durante la sua partecipazione a una preghiera ecumenica organizzata dalla comunità cattolica di Sant'Egidio a Roma, il patriarca Bartolomeo ha  dichiarato che le altre religioni sono "la ricchezza dei figli di Dio".

La stessa idea fu espressa da Athenagoras (Spyrou), uno dei più ardenti ecumenisti sul trono patriarcale di Costantinopoli, che disse letteralmente quanto segue sulle eresie: "Ma io non le vedo (le eresie) da nessuna parte! Vedo solo verità parziali, troncate, a volte fuori luogo e che pretendono di cogliere e contenere un segreto inesauribile..."

Il famoso missionario e scrittore americano, lo ieromonaco Seraphim (Rose), ha scritto nel suo libro Orthodoxy and the Religion of the Future: "L'episcopato greco delle Americhe ha dichiarato ufficialmente al 19° Congresso del Clero e dei Laici (Atene, luglio 1968): Siamo fiduciosi che il movimento ecumenico, pur essendo di origine cristiana, diventi il ​​movimento di tutte le religioni nella ricerca dell'unità".

Questa teoria, secondo la quale tutte le religioni conducono i loro seguaci alla stessa destinazione, è chiamata "teoria sincretica della religione". È abbastanza diffusa sia tra i filosofi che tra i leader religiosi. Per esempio, il famoso teologo americano e studioso del Nuovo Testamento Marcus Joel Borg ha detto: "Trovo incredibile che il Signore dell'intero universo decida di rivelarsi a una sola religione". Premio Nobel per la pace nel 1984, l'arcivescovo anglicano di Città del Capo, Desmond Mpilo Tutu, ha dichiarato: "Nessuna religione può affermare di avere tutta la verità sui misteri [della fede]". Una delle affermazioni dell'induismo dice: "Giotto mos, totto pos", che significa: tutte le religioni sono solo strade diverse che conducono allo stesso obiettivo. C'è una massima simile nel buddismo.

Tuttavia, il cristianesimo afferma l'esatto contrario e lo fa in modo molto chiaro e inequivocabile.

"Nessuno viene al Padre se non per mezzo di me"

L'intero Nuovo Testamento afferma l'idea che non c'è salvezza senza Cristo. Qui ci sono solo le citazioni più basilari.

"In nessun altro c'è salvezza; non vi è infatti altro nome dato agli uomini sotto il cielo nel quale è stabilito che possiamo essere salvati" (At 4:12). Il beato Agostino, commentando questo passo del libro degli Atti, scrive: "Un solo Dio e un solo mediatore tra Dio e gli uomini, l'uomo Cristo Gesù" (1 Tim 2:5), "ha stabilito un giorno in cui giudicherà il mondo con giustizia per mezzo dell'uomo che ha costituito, e ne ha dato prova a tutti risuscitandolo dai morti". (At 17:31). Quindi, senza questa fede, cioè la fede in un unico mediatore tra Dio e gli uomini, l'uomo Gesù Cristo, senza fede nella sua risurrezione, che Dio ha determinato per tutti, nella quale comunque è impossibile credere veramente senza la sua incarnazione e morte – questo significa che la verità cristiana non dubita che senza la fede nell'incarnazione, morte e risurrezione di Cristo, gli antichi santi, sebbene fossero santi, non potevano essere purificati dal peccato e giustificati dalla grazia di Dio.

"Io sono la via e la verità e la vita; nessuno viene al Padre se non per mezzo di me" (Gv 14:6). In pratica, scrive il nostro contemporaneo san Luca della Crimea: "Queste parole del Signore Gesù Cristo sono estremamente importanti: denunciano tutti coloro che pensano di credere in Dio, ma non credono in Cristo. Ci sono molte persone che rifiutano il Vangelo, lo considerano un insieme di narrazioni imprecise, non credono nei miracoli, non credono nella divinità del Signore Gesù Cristo, ma dicono di credere in Dio. Coloro che non credono in Cristo, non credono nella sua divinità, sono denunciati dal Signore Gesù Cristo con queste parole: Nessuno viene al Padre se non per mezzo di me. Perciò venire al Padre, entrare in comunione con il Padre, pregare perché il Signore ascolti, è possibile solo per mezzo di suo Figlio, per mezzo del Signore Gesù Cristo".

Proprio come non possono esserci due verità, non possono esserci due vite, così non possono esserci due vie. Il Signore ne parla molto chiaramente. Non ci sono altre "miriadi di sentieri che portano alla stessa destinazione", come sostiene l' arcivescovo Elpidophoros, semplicemente non esistono. C'è solo una via per la salvezza e una via per la distruzione. Il Salvatore ne parla nel seguente passo qui citato:

"Chi crede in lui non è condannato; ma chi non crede è già stato condannato, perché non ha creduto nel nome dell'unigenito Figlio di Dio" (Gv 3:18). Dice san Cirillo d'Alessandria: "La colpa dell'incredulità è grave e grande, poiché egli è il Figlio e l'Unigenito; poiché merita più fede colui al quale è inflitta l'offesa, colui che disonora sarà condannato per una più grave trasgressione. Il miscredente, dice, è già stato condannato, per essersi dato il dovuto castigo sapendo di rifiutare il liberatore al giudizio". Nello stesso capitolo del suo Vangelo, afferma l'apostolo Giovanni il Teologo, "Chi crede nel Figlio ha la vita eterna; chi non obbedisce al Figlio non vedrà la vita, ma l'ira di Dio incombe su di lui" (Gv 3:36).

Le seguenti parole della Sacra Scrittura scomunicano direttamente dalla Chiesa non solo coloro che non credono in Cristo, ma anche coloro che non lo amano (benché l'uno non sia possibile senza l'altro): "Se qualcuno non ama il Signore sia anàtema. Marana tha: vieni, o Signore!" (1 Cor 16:22). Scrive san Teofane il Recluso: "Se uno non ama il Signore, allora è segno diretto che non è unito a lui; e se non è unito a lui, allora è estraneo al cristianesimo, estraneo al corpo della Chiesa, da essa scomunicato, sebbene porti il ​​nome di cristiano; così viene anatematizzato e quindi scomunicato dal corpo della Chiesa".

È possibile amare il Signore Gesù Cristo e affermare che oltre alla fede in lui ci sono anche "miriadi di sentieri" che conducono alla stessa meta? La domanda è retorica. Il Signore stesso ha detto: "Chi non è con me è contro di me, e chi non raccoglie con me disperde" (Mt 12:30). Il santo giusto Giovanni di Kronstadt ha affermato che non solo i rappresentanti di altre religioni vanno contro Cristo, ma anche le confessioni che si definiscono cristiane, ma si sono allontanate dall'unica Chiesa, dilapidano la ricchezza di Cristo: "Le parole del nostro Salvatore Gesù Cristo sono vere: 'Chi non è con me è contro di me'. Cattolici, luterani e riformati si sono allontanati dalla Chiesa di Cristo – non sono nostri compagni di pensiero, ci sono ostili, ci perseguitano con forza fino alla morte, ci opprimono in ogni modo possibile per la nostra fede, ridicolizzano essa e noi e ci causano ogni sorta di guai, soprattutto nelle principali aree abitate; vanno chiaramente contro Cristo e la sua Chiesa, non venerano la Croce vivifica, le sante icone, le sante reliquie, non osservano i digiuni, convertono i dogmi salvifici della fede. Non sono con noi, sono contro di noi e contro Cristo. Convertili, Signore, alla tua vera Chiesa e salvali!"

La sofferenza dei martiri è stata inutile?

L'affermazione che è possibile giungere a Dio in un modo diverso da Cristo equivale all'affermazione della futilità della sua passione e della sua morte in Croce. Inoltre, questa è già una bestemmia contro Dio. Questa è la negazione più palpabile di Cristo. È anche una rinuncia all'intera schiera dei martiri di Cristo di tutti i tempi, che scelsero di passare attraverso incredibili sofferenze ma non sacrificarono agli idoli. Dopotutto, se, secondo l'arcivescovo Elpidophoros, tutte le religioni portano alla stessa destinazione, allora la sofferenza dei martiri è inutile e priva di significato.

Per immaginarlo più chiaramente, ricordiamo il martirio delle sante Vera, Nadezhda, Ljubov e della loro madre Sofia. È impossibile leggere senza un brivido a quali tormenti i carnefici hanno sottoposto queste ragazze. Tuttavia, la loro santa madre non solo ha assistito al tormento delle sue figlie, ma le ha anche rafforzate in modo che potessero sopportare tutto e non rinnegare il Signore. Si scopre che tutto questo si sarebbe potuto evitare, e non sarebbe successo niente di male se avessero sacrificato agli idoli, perché l'idolatria, secondo l'arcivescovo Elpidophoros, è anch'essa una delle "vie" che portano alla stessa destinazione. E la loro ferma convinzione che solo Cristo è "...la via, la verità e la vita..." (Gv 14:6) è, secondo il capo dell'arcidiocesi americana, un "masso di pregiudizi che oscura la tua vista".

Dov'è che il "primo senza eguali" conduce il gregge?

Nel 2014, l'arcivescovo Elpidophoros ha formulato il concetto del Fanar, per cui il patriarca di Costantinopoli non è solo il primo in onore tra tutti i vescovi ortodossi, ma il "primo senza eguali", un vescovo con poteri speciali ed esclusivi. La quintessenza di questa teoria sono le seguenti parole: "Il primato dell'arcivescovo di Costantinopoli, come abbiamo già detto, non ha nulla a che fare con i dittici, ma esprime semplicemente un ordine gerarchico (che il Patriarcato di Mosca, in definizioni contraddittorie, in qualche misura riconosce de jure, ma nega de facto). Se parliamo di fonte del primato, allora tale fonte è la stessa persona dell'arcivescovo di Costantinopoli, che come vescovo è il primo "tra uguali", ma come arcivescovo di Costantinopoli e, di conseguenza, come patriarca ecumenico, è il primo senza eguali (primus sine paribus)".

Nel 2018, parlando alla Sinassi dell'episcopato della Chiesa di Costantinopoli, il patriarca Bartolomeo ha affermato: "Il Patriarcato ecumenico è responsabile dell'istituzione dell'ordine ecclesiastico e canonico, poiché è il solo che ha il privilegio canonico, nonché la preghiera e la benedizione della Chiesa e dei Concili ecumenici, per adempiere a questo supremo ed esclusivo dovere. Se il Patriarcato ecumenico rinuncia alle sue responsabilità e lascia la scena interortodossa, allora le Chiese locali agiranno 'come pecore senza pastore' (Mt 9:36), spendendo energie in iniziative ecclesiali che mescolano l'umiltà della fede e l'arroganza dell'autorità". Il capo del Fanar ha anche affermato che il Patriarcato di Costantinopoli incarna "l'ethos dell'Ortodossia", cioè la sua essenza. Ma "l'ethos dell'Ortodossia" è compatibile con il riconoscimento che si può giungere a Dio anche lungo le strade di altre religioni? Ovviamente no.

L'11 giugno 2021, il capo del Fanar ha annunciato che il Patriarcato di Costantinopoli ha "doveri e privilegi speciali" tra le Chiese ortodosse locali, e che non intende fare alcuna concessione riguardo a questi "privilegi e doveri". Ha pure dichiarato che non avrebbe consentito "l'alienazione della benedetta ecclesiologia, come descritta nei testi della nostra storia", e non avrebbe neppure consentito "la condiscendenza, l'oikonomia, la cortesia, alcune benevole concessioni... a cui, purtroppo, hanno fatto ricorso alcuni dei miei predecessori, sognando l'unità ma essendo lontani dalla vera e antica ecclesiologia". Questa "vera ecclesiologia", secondo il patriarca Bartolomeo, consiste nel fatto che il Patriarcato di Costantinopoli occupa una posizione dominante in tutta l'Ortodossia e può dettare la sua volontà a tutti gli altri.

Tuttavia, questo concetto di primato, in primo luogo, è estraneo al Vangelo, poiché, come disse Cristo, "...colui che vorrà diventare grande tra voi, si farà vostro servo, e colui che vorrà essere il primo tra voi, si farà vostro schiavo" (Mt 20:26-27). In secondo luogo, è estranea alla tradizione e alla storia della Chiesa, esemplificata dalla storia della separazione dei latini dalla Chiesa. Il tentativo di stabilire il primato della Sede romana in tutta la Chiesa fu uno dei motivi principali che nel 1054 il patriarca Michele Cerulario di Costantinopoli scomunicò i latini dalla Chiesa, e tale decisione fu poi approvata da tutte le Chiese locali. Oggi il Patriarcato di Costantinopoli si è già incamminato sulla stessa china scivolosa.

Ma oltre all'incoerenza con il Vangelo e la tradizione della Chiesa, la tensione del Fanar alla supremazia è anche pericolosa perché chi riconosce tale supremazia dovrà inevitabilmente seguire il Fanar lungo il cammino dell'unificazione con i cattolici, già più volte affermato dal leader del Patriarcato di Costantinopoli, nonché lungo le modalità di riconoscimento di tutte le religioni in genere come sentieri che conducono a un unico e medesimo Dio, cosa che – lo ripetiamo – è una vera e propria rinuncia a Cristo.

Pertanto, il disaccordo della Chiesa ortodossa ucraina di obbedire agli ordini illegali di Istanbul è una confessione della fede ortodossa e la conferma dei veri dogmi evangelici. Questa confessione acquista un significato speciale oggi, alla vigilia dell'annunciata visita del patriarca Bartolomeo in Ucraina nel giorno dell'Indipendenza. La Chiesa ortodossa ucraina protesta contro questa visita non solo perché il Fanar ha legalizzato gli scismatici ucraini, ma anche perché ha deviato dalla Verità e perché sta inducendo i suoi seguaci ad adottare dottrine incompatibili con l'Ortodossia.

 
Considerazioni sul futuro di Russia e Ucraina

Il blog The Vineyard of the Saker ha recentemente ospitato due saggi, scritti dal suo autore, sul futuro delle relazioni tra Russia e Ucraina: li abbiamo ritenuti di un certo valore (se non altro, nel confutare i miti che permangono dentro e fuori della Chiesa ortodossa a proposito), e li presentiamo entrambi in traduzione italiana nella sezione “Geopolitica ortodossa” dei documenti. Il primo testo, intitolato La frontiera occidentale della Russia è diventata un deserto, non vuole essere un’analisi quanto un “grido del cuore” di un emigrato di origini russe che vede la Piccola Russia (o Russia interna) ormai distaccata dalla sua stessa identità, non tanto da un’invasione straniera (ce ne sono state tante nella storia), quanto da un’incapacità indotta di comprendere chi è il vero nemico.

Il secondo saggio è in un certo senso uno specchio di un testo che abbiamo già presentato, sulle ragioni per cui non c’è stato un intervento militare russo in Ucraina. Saker, partendo dalla domanda opposta, cerca di spiegare perché è poco plausibile un attacco ucraino alla Russia (sia pure con appoggio dalla NATO).

C’è chi ci ha chiesto perché continuiamo a proporre analisi della crisi ucraina, e che senso ha farlo su un blog legato a una parrocchia ortodossa. La risposta è semplice: siamo consapevoli che da questo conflitto (ben più esteso di una questione interna russo-ucraina) dipende il futuro delle prossime generazioni nel pianeta, e segnatamente il futuro dei cristiani ortodossi. Pertanto, non ci sentiamo giustificati a tenere la testa sotto la sabbia. Così come Saker, che gradirebbe molto tornare a occuparsi della sua tesi di teologia ortodossa, anche noi vorremmo occuparci di molto materiale importante sull’Ortodossia, e lo faremo con piacere, non appena vedremo risolvere questa spaventosa minaccia alla Chiesa.

 
La Chiesa ortodossa ucraina pubblica un appello dei monaci al patriarca Bartolomeo

partecipanti al Congresso sul monachesimo della Chiesa ortodossa ucraina a Pochaev. Foto: news.church.ua

Il capo del Fanar è stato richiamato a valutare le conseguenze delle sue azioni per la Chiesa canonica in Ucraina e a riconsiderare le decisioni che hanno provocato le divisioni.

La Chiesa ortodossa ucraina ha pubblicato l'appello dei monaci al Patriarca Bartolomeo di Costantinopoli, adottato al Congresso presso la Lavra della santa Dormizione di Pochaev il 15 luglio 2021. Il testo firmato dai delegati e dal presidente del Congresso, il metropolita Pavel di Vyshgorod e Chernobyl, è stato pubblicato sul sito web della Lavra della santa Dormizione delle Grotte di Kiev il 29 luglio.

Nel loro discorso, i monaci hanno invitato il capo del Patriarcato di Costantinopoli a valutare le conseguenze delle sue azioni sleali contro la Chiesa canonica in Ucraina e a riconsiderare le sue decisioni per non entrare nella storia dell'Ortodossia tra le fila dei traditori della Chiesa.

L'Unione dei giornalisti ortodossi pubblica il testo integrale del documento.

"Vostra Santità!

La tradizione millenaria dell'Ortodossia è stata costruita sull'unità delle Chiese ortodosse locali, ognuna delle quali possiede pienamente tutta la pienezza della grazia, e tutte insieme formano la Santa Chiesa cattolica e apostolica ecumenica.

Questa unità delle Chiese ortodosse locali può essere paragonata alla santa eucaristia, dove l'intero santo Agnello è Cristo nella sua pienezza, ma anche in ogni particola è anche presente Cristo nella sua pienezza. Da tempo immemorabile, la Chiesa ortodossa ucraina ha conservato tale ecclesiologia, rendendo omaggio all'anzianità delle antiche Chiese ortodosse. Noi, credenti in Cristo, ricordiamo le parole del nostro Signore Gesù Cristo, che egli non è venuto per essere servito, ma per servire (cfr Mt 20:28). Pertanto, qualsiasi insegnamento associato a poteri speciali e status speciale è sempre frutto dello spirito di questo mondo.

Santità, il 15 luglio 2021, 310 partecipanti al congresso monastico di 258 monasteri e 56 eremi, famiglie e comunità della Chiesa ortodossa ucraina si sono riuniti presso la grande Lavra della santa Dormizione a Pochaev non solo per discutere questioni urgenti della vita monastica ma anche per rispondere a quei processi nell'Ortodossia mondiale, che minano l'unità della Chiesa ortodossa. Noi, monaci della Chiesa ortodossa ucraina, abbiamo sempre trattato con rispetto e riverenza la tradizione spirituale dei grandi monasteri greci. Per noi, sia il Santo Monte Athos che altri monasteri in Grecia sono stati luoghi di assistenza e guida spirituale. Questo fenomeno è tradizionale per la tradizione monastica della nostra Chiesa. Quasi tutti i monasteri in Ucraina hanno icone dipinte sul Monte Athos e nei santuari della Grecia. Abbiamo trattato i monaci greci, dai quali abbiamo ricevuto l'istruzione spirituale nella semplicità, con amore e riverenza. Ricordiamo le vostre visite in Ucraina, così come i vostri rappresentanti', quando avete illustrato in ogni modo possibile il vostro sostegno al legittimo metropolita di Kiev, prima a sua Beatitudine il metropolita Vladimir (Sabodan), e poi al suo successore, il metropolita Onufrij di Kiev e tutta l'Ucraina. Pertanto, per noi il più grande dolore e la più grande tristezza sono stati quegli atti di tradimento che lei, come primo tra i vescovi uguali del mondo ortodosso, ha compiuto nei confronti della Chiesa ortodossa ucraina canonica. Non sappiamo cosa abbia motivato le sue decisioni, ma vediamo con i nostri occhi a cosa hanno portato. Con confusione nei nostri cuori e dolore, noi, monaci della Chiesa ortodossa ucraina, chiediamo a lei, patriarca Bartolomeo, come la sua moralità possa accettare il livello di tumulto che la sua decisione ha portato nel nostro paese: il sequestro delle chiese, il pestaggio dei credenti comuni, la discriminazione dei nostri pastori e del nostro gregge a livello statale, gli appelli allo sterminio del nostro clero? Comprende che, al tramonto dei suoi anni, lei diventato il motivo della divisione dell'unico popolo di Dio, nel quale, secondo le parole dell'apostolo Paolo: Qui non c'è più greco o giudeo, circoncisione o incirconcisione, barbaro o Scita, schiavo o libero, ma Cristo è tutto in tutti (Col 3:11)? Per compiacere quali forze anti-ecclesiali ha commesso un crimine senza precedenti contro la Chiesa? Si rende conto che nel confronto sanguinoso che semina il dolore tra la nostra gente, ha portato nuovi semi di lotta religiosa, da cui il Signore ci aveva salvati in precedenza?

In questa situazione, noi, monaci della Chiesa ortodossa ucraina, la invitiamo a valutare le conseguenze delle sue azioni e a riconsiderare la sua decisione. Diventi di nuovo il primo vescovo e padre riconosciuto da tutti i cristiani ortodossi. Ricordi il fermo impegno per l'Ortodossia dei suoi grandi predecessori. Pensi a quale grande responsabilità grava su di lei se nella storia dell'Ortodossia il suo nome sarà per sempre associato all'unità calpestata e non sarà alla pari con i nomi dei suoi grandi predecessori e santi: Giovanni Crisostomo, Fozio, Tarasio, Gennadio, ma tra i traditori della Chiesa che hanno profanato il Trono di Costantinopoli.

Davanti ai santuari comuni di tutti i cristiani ortodossi, noi, vescovi, abati e badesse di tutti i santi monasteri della Chiesa ortodossa ucraina, offriamo le nostre preghiere al Signore misericordioso perché le conceda di vedere a cosa ha portato il suo desiderio di unire la Chiesa legittima con coloro che ne sono decaduti decenni prima e si sono rafforzati nella loro durezza di cuore, seminando confusione e divisione tra la gente comune".

Come riportato, il 15 luglio 2021, alla Lavra di Pochaev si è svolto il Congresso sul monachesimo della Chiesa ortodossa ucraina, che è diventato il più grande tra gli eventi precedentemente tenuti su questo tema.

 
Un blog da non trascurare

Da quando ci siamo occupati, alla fine di agosto 2013, della blogosfera ortodossa in Italia, definendola un fenomeno in crescita, abbiamo avuto occasione di vedere davvero espandersi il mondo della ricerca e della presentazione in rete dell’Ortodossia in lingua italiana.

Oggi ci preme di segnalare un blog recente (avviato nel novembre del 2013) ma promettente e ricco di sorprese: Cristianità ortodossa.

L’autore, un giovane e attivo ortodosso italiano, è seriamente appassionato di storia del Medio Evo (a cui dedica anche un altro blog, Anima Medievale), e si sta occupando, tra l’altro, di ricerche e traduzioni sul fenomeno del rito occidentale nella Chiesa ortodossa: facciamo a Marco i nostri auguri più sinceri e invitiamo i nostri lettori a visitare i suoi contributi all’Ortodossia in Italia.

 
La Chiesa ortodossa ucraina pubblica un appello dei monaci ai cristiani ortodossi

il Congresso dei monaci alla Lavra di Pochaev. Foto: arciprete Nikolaj Danilevich

I delegati del Congresso di Pochaev hanno esortato gli ortodossi a preservare l'unità in Cristo e a risolvere in modo conciliare le questioni relative alla purezza della fede e dei canoni.

La Chiesa ortodossa ucraina ha pubblicato un appello dei monaci ai cristiani ortodossi, adottato al congresso tenutosi presso la Lavra della santa Dormizione a Pochaev il 15 luglio 2021.

Il testo integrale del documento è stato pubblicato giovedì 29 luglio sul sito web della Lavra delle Grotte di Kiev.

Il testo rileva che il monachesimo è sempre stato l'incarnazione della purezza e della verità della fede, e "dal tempo della Rus' di Kiev nella vastità del nostro stato, il monachesimo è stato quel 'sale della terra' che ha contribuito non solo alla sviluppo della Chiesa ma anche alla formazione dello Stato".

"Purtroppo dobbiamo ammettere il fatto che il mondo moderno è sempre più immerso nel peccato e diventa schiavo del peccato. Nella lotta per i diritti umani e le libertà, la società liberale combatte contro la persona stessa, umiliando la sua dignità. L'indulgenza a una varietà di abitudini peccaminose, la propaganda e l'imposizione aggressiva di varie perversioni, come il matrimonio tra persone dello stesso sesso, l'aborto, il diritto al suicidio e altri, sono presentate oggi come una difesa della libertà individuale. Molte figure pubbliche, rifiutando tutte le conquiste spirituali del cristianesimo come 'obsolete e retrograde', si rifiutano ostinatamente di ammettere che la radice del problema della persona è la sua tendenza a peccare e che la vera libertà è la libertà dal peccato. Il Signore attraverso il Vangelo ci mette in guardia contro tali 'maestri' e 'istruttori' – 'Lasciateli! Sono ciechi e guide di ciechi'. (Mt 15:14)

È con grande rammarico che ci rendiamo conto che lo 'spirito di questo mondo' riempie i cuori non solo dei laici, ma anche di alcuni sacerdoti. Nel perseguimento di soddisfare le ambizioni personali, prendendo la strada del servizio ai politici, per ottenere il primato, sono pronti a calpestare i canoni della santa Chiesa, facendo a pezzi la tunica di Cristo senza paura e rimpianto, causando uno scisma nell'Ortodossia.

<...> Con dolore nei nostri cuori, osserviamo le attività distruttive del patriarca Bartolomeo di Costantinopoli e dei suoi seguaci. La creazione di una struttura non canonica della 'Chiesa ortodossa dell'Ucraina' e il conferimento ad essa di un 'tomos' fittizio non hanno aiutato a superare lo scisma avvenuto nei primi anni '90 del XX secolo. Al contrario, ha provocato una nuova ondata di tensioni e scontri in Ucraina e nella Chiesa. Sfortunatamente, ulteriori sequestri illegali di chiese e di proprietà delle comunità ecclesiali della Chiesa ortodossa ucraina ne sono la prova", afferma l'appello.

I partecipanti al congresso hanno notato che, nonostante la pressione senza precedenti di vari individui e organizzazioni politiche, nessuno dei monasteri della Chiesa ortodossa ucraina è entrato in scisma, e i fratelli e le sorelle delle comunità monastiche compiono quotidianamente la loro azione di preghiera e mantengono costantemente la purezza della fede.

"Oggi la Chiesa ortodossa ucraina conta 258 monasteri e 56 eremi, missioni e comunità monastiche, in cui circa 4500 monaci professano i voti di obbedienza. Tra questi, ci sono 133 monasteri e 33 unità maschili, 125 conventi e 23 unità femminili. 1.100 monaci di rango clericale svolgono l'obbedienza del ministero parrocchiale. Tutti i monasteri vivono una vita monastica a tutti gli effetti, senza abbandonare le loro opere e fatiche ascetiche, e, allo stesso tempo, nel servizio sociale nutrono i poveri, aiutano i malati e sostengono gli svantaggiati.

<...> Mentre svolgiamo il servizio ecclesiale, operando nel campo di Cristo, siamo chiamati non con le parole, ma con i fatti concreti a rafforzare 'l'unità dello Spirito mediante il vincolo della pace' (Ef 4:3), in modo conciliare – tutti insieme: arcipastori, chierici, monaci e laici.

E oggi chiediamo a tutti i cristiani ortodossi del mondo di preservare l'unità in Cristo e vi chiediamo rispettosamente di porvi importanti domande riguardanti la purezza della fede e la struttura canonica dell'Ortodossia mondiale, per decidere non individualmente ma concilialmente, in modo che non vi siano divisioni e lamentele contro l'un l'altro tra di noi, affinché l'unità del Corpo di Cristo non soffra per ambizioni personali e i Misteri di Dio non siano depredati da altri", sottolinea il documento.

In conclusione, i partecipanti al congresso hanno ringraziato tutti i figli fedeli della Chiesa ortodossa ucraina, che hanno resistito alle pressioni in questi tempi difficili e hanno confermato la loro fedeltà alla Chiesa.

In precedenza, l'Unione dei giornalisti ortodossi ha pubblicato un appello dei monaci della Chiesa ortodossa ucraina al patriarca di Costantinopoli.

 

 
Al via il progetto delle illustrazioni ortodosse

Andrew Gould, sul blog Orthodox Arts Journal, annuncia un progetto artistico che farà certamente piacere a molti tra noi, che stampano privatamente testi e traduzioni di funzioni e innografie ortodosse. Nella sezione “Figure dell’Ortodossia contemporanea” dei documenti, presentiamo la traduzione italiana dell'annuncio del progetto delle illustrazioni ortodosse, che vuole fornire elementi grafici di qualità per libri liturgici, bollettini parrocchiali, siti web delle chiese, materiali scolastici per catechismo, e molte altre iniziative. Non solo gli utenti finali, ma anche gli artisti sono invitati a contribuire con le loro capacità al successo di questa interessante iniziativa.

 
Il tomos d'autocefalia ucraino non ha nulla a che fare con Dio

foto: pravoslavie.ru

Tutto ciò che è connesso con il cosiddetto tomos di autocefalia dato agli scismatici ucraini dal patriarca Bartolomeo di Costantinopoli non ha alcun legame con Dio, ritiene sua Eminenza il metropolita Athanasios di Limassol della Chiesa ortodossa di Cipro.

Il vescovo cipriota si è dimostrato uno strenuo difensore dell'Ortodossia in Ucraina sin da quando il Patriarcato di Costantinopoli ha annunciato nel 2018 i suoi piani per sottrarre il territorio della Chiesa ucraina agli stessi fedeli ucraini e per creare una nuova "chiesa" scismatica incentrata sul nazionalismo e sull'inimicizia contro i propri fratelli ucraini.

Dopo che l'arcivescovo Chrysostomos di Cipro ha seguito il patriarca Bartolomeo e si è lanciato da solo a riconoscere la "Chiesa ortodossa dell'Ucraina" scismatica senza il sostegno del Santo Sinodo, il metropolita Athanasios è stato tra coloro che hanno rifiutato di approvare questa decisione non ortodossa e si è astenuto dal concelebrare con l'arcivescovo Chrysostomos fin d'allora. Insieme a molti altri, ha sopportato diffamazioni e minacce sempre più acute da parte dell'arcivescovo per la sua posizione di principio.

Affrontando nuovamente la situazione ucraina in occasione del 1.033° anniversario del Battesimo della Rus' sul canale YouTube Il primo indipendente durante il fine settimana, sua Eminenza ha sottolineato che la Chiesa canonica ucraina dovrebbe ricevere i suoi attuali problemi come una gioia, perché la Chiesa continua a esistere nonostante le difficoltà, il che indica che Dio è con la Chiesa:

Grazie a Dio, ci dà gioia che la Chiesa viva in tempi di persecuzione. Quando la Chiesa vive durante una persecuzione, è una conferma che Dio è con noi, che aiuta la nostra Chiesa.

Le nostre preghiere e il nostro amore sono sempre presenti nella Chiesa ortodossa ucraina e la nostra preoccupazione per le i fedeli è garantire che essi rimangano nella Chiesa ortodossa ucraina. Crediamo che la Chiesa ortodossa ucraina sia rappresentata dal metropolita Onufrij e non dovremmo guardare al dolore e alle preoccupazioni, ma dovremmo guardare alle testimonianze di fede nella Chiesa ortodossa. Questa testimonianza aiuta a vincere tutte le tentazioni che sorgono nella Chiesa. Dobbiamo credere che le nuvole cupe passeranno e che Cristo esalterà la nostra Chiesa e supererà tutti i problemi che esistono ora in Ucraina.

il metropolita Athanasios ha anche sottolineato che il nazionalismo è condannato nella Chiesa, perché la Chiesa è al di sopra di tutti i popoli e le nazioni. "La Chiesa è Cristo. Cristo deve essere nel cuore di ogni persona. Dobbiamo onorare la storia, ma prima di tutto dobbiamo onorare Cristo", ha detto.

Al contrario, la situazione del tomos non porta gioia, ha lamentato il vescovo cipriota:

Questo non ci porta gioia. Ho avuto un atteggiamento negativo nei suoi confronti fin dall'inizio. Mi dispiace molto per quello che sta succedendo ora in Ucraina. Dobbiamo capire che questo passerà nel tempo. Ma ciò che è connesso con il tomos e l'autocefalia non è connesso con Dio. E alla fine passerà. Dio sistemerà tutto e tutto tornerà al suo posto. Dobbiamo capire che ci sono canoni della Chiesa e che i vescovi non canonici non possono essere riconosciuti come canonici. Non abbiamo visto i metropoliti non canonici sotto giudizio, ma sappiamo per certo che il metropolita canonico è Onufrij. Colui che abbiamo riconosciuto prima, lo riconosciamo ora.

Credo che ci siano state azioni sbagliate da parte di un'altra Chiesa. Dobbiamo credere che Dio sistemerà tutto, che i canoni siano al primo posto, e un giorno tutto andrà bene.

"È solo un dato di fatto che dobbiamo essere fedeli [al metropolita Onufrij]", ha detto il metropolita Athanasios.

In precedenti interviste ha anche espresso la sua ammirazione per il metropolita Onufrij, che sta affrontando la crisi ucraina con umiltà, dignità e preghiera.

Sua Eminenza il metropolita Nikiforos di Kykkos, un altro metropolita cipriota che difende l'Ortodossia insieme al metropolita Athanasios, ha pubblicato sulla crisi ucraina uno studio che dimostra che il patriarca Bartolomeo ha agito contro i canoni quando ha invaso il territorio della Chiesa ucraina.

 
Una visita virtuale al museo dell’Accademia teologica di Mosca

Il regolamento (ustav) della Chiesa ortodossa russa raccomanda a ogni chiesa e monastero di una certa importanza di avere un museo, per esporre ai visitatori vari aspetti della storia, dell’arte e della vita liturgica della Chiesa. La Lavra della Trinità e di san Sergio, che ospita l’Accademia teologica di Mosca, non è certo un’eccezione, e il suo museo è estremamente ricco. Siamo anche contenti di sapere che il nostro arcivescovo Mark ha fatto parte del corpo direttivo dell’Ufficio archeologico ecclesiastico, che ha contribuito a creare il museo.

Il blog Fos Ilaron ci presenta una visita virtuale alle sale del museo dell’Accademia teologica di Mosca, visita a cui invitiamo volentieri i nostri lettori.

 
Metropolita Ilarion: l'unificazione è impossibile se una delle parti considera "eretica" l'altra

Il metropolita Ilarion ha parlato in un'intervista a Kommersant delle prospettive di riunificazione della Chiesa ortodossa russa e dei vecchi credenti.

 Cinquant'anni fa si tenne il Concilio locale della Chiesa ortodossa russa, in cui si decise di annullare le "maledizioni" sull'Antico Rito imposte dal Grande Concilio di Mosca nel 1667. Cosa è cambiato per i vecchi credenti dopo il Concilio del 1971?

Le decisioni del Concilio locale della Chiesa ortodossa russa nel 1971 hanno un carattere storico. Significano la seria disposizione della Chiesa russa al dialogo con i vecchi credenti, che, ovviamente, ha come obiettivo ultimo il superamento della secolare divisione. Questo è un percorso molto difficile e lento che dobbiamo percorrere tutti.

Ma le decisioni del Concilio hanno contribuito a rimuovere l'alienazione reciproca. Sono nate occasioni per instaurare un dialogo, per partecipare a progetti comuni, mostre, festività. Ora la cooperazione si sta sviluppando in molti settori della vita sociale e culturale. Per esempio, i rappresentanti della Chiesa ortodossa russa di rito antico, guidata dal metropolita Kornilij, partecipano ogni anno al Concilio mondiale del popolo russo e ad altri tipi di forum organizzati dalla Chiesa ortodossa russa. Alcuni dei rappresentanti delle concordie dei vecchi credenti si sono laureati presso le istituzioni educative teologiche della Chiesa ortodossa russa o continuano a studiarvi. Si sta sviluppando il pellegrinaggio dei vecchi credenti ai luoghi santi russi comuni, situati nelle chiese o nei monasteri ortodossi.

Ci sono numerosi esempi di cooperazione fattuale tra ortodossi e vecchi credenti a livello locale.

Qualche tempo fa lei ha affermato che la Chiesa ortodossa russa non vede alcun ostacolo alla riunificazione della Chiesa ortodossa russa e della Chiesa ortodossa russa di rito antico nel seno di un'unica Chiesa. A quali condizioni può succedere?

Vediamo un ostacolo interno a questo da parte della Chiesa ortodossa russa di rito antico: l'unificazione è impossibile se una delle parti considera l'altra "eretica". La condizione generale necessaria per la riunificazione è il reciproco riconoscimento da parte degli ortodossi nel campo della dottrina. Al Concilio locale della Chiesa ortodossa russa nel 1988 è stato adottato un appello a tutti i cristiani ortodossi che aderiscono al rito antico e che non hanno una comunione di preghiera con il Patriarcato di Mosca; il documento invitava a un dialogo che possa favorire la comprensione reciproca.

Per quanto riguarda il lato organizzativo dell'unificazione, gli eventi del nuovo secolo mostrano chiaramente che tutte le questioni possono essere risolte se c'è da entrambe le parti una buona volontà di ripristinare l'unità, come è avvenuto, per esempio, con la riunificazione con la Chiesa russa all'estero.

Ci sono tentativi da parte della Chiesa ortodossa russa di avviare negoziati sull'unificazione con i vecchi credenti?

Se parliamo specificamente dell'unificazione, allora non ci sono stati tentativi del genere. La natura del rapporto fino a oggi non si riduce a trattative di unificazione, ma ad azioni per superare l'alienazione e la sfiducia reciproca sorte storicamente. C'è ancora un sacco di pregiudizi da entrambe le parti, una visione distorta gli uni degli altri. Per parlare seriamente di unificazione, è necessario prima capire in senso teologico e ecclesiastico-canonico ciò che ci separa fino a oggi.

Cosa impedisce l'unificazione delle due Chiese – solo disaccordi nei riti ecclesiastici?

Sfortunatamente, non solo disaccordi nei riti. In termini pratici, i vecchi credenti, per esempio, sono più severi e diretti nel loro approccio all'applicazione dei canoni ecclesiastici e persino alle usanze quotidiane (portare la barba, ecc.). Inoltre, ci sono corcordie di Vecchio Rito in cui i sentimenti apocalittici sono così acuti da portare a decisioni che non possono essere riconosciute come ortodosse (rifiuto del sacerdozio, di alcuni sacramenti, ecc.).

È possibile, secondo lei, superare i secolari dissidi, e se sì, come?

Certo, ma più a lungo dura la separazione, più difficile è superarla. E nel caso dei vecchi credenti, non ci sono stati solo disaccordi, ma anche persecuzioni da parte delle autorità, fino a quelle più terribili, che hanno tolto la vita a migliaia di persone o le hanno costrette a fuggire fuori dallo Stato. Superare la memoria storica non è facile.

Nel frattempo, nella Chiesa ortodossa russa c'è un'esperienza di tale superamento. Dal 1800, nel suo seno vi sono le cosiddette parrocchie dei credenti dell'unica fede (edinovertsy, ora comunemente chiamate dei vecchi ritualisti), in cui i vecchi credenti che si sono riuniti alla Chiesa hanno l'opportunità di pregare secondo l'antico rito ecclesiastico russo e nello stesso tempo essere in comunione canonica con la sua gerarchia. Il numero di tali parrocchie sta gradualmente crescendo e presso la chiesa moscovita della santa Protezione della Madre di Dio a Rubtsovo è stato persino istituito il Centro patriarcale dell'antica tradizione liturgica russa, dove viene pubblicata la letteratura per le parrocchie dei vecchi credenti, si formano chierici e coristi e si fanno ricerche sugli studi musicali medievali e sulla liturgia storica.

Qual è l'attuale rapporto tra il Patriarcato di Mosca e i vecchi credenti?

La gerarchia della Chiesa ortodossa russa è profondamente consapevole delle conseguenze dannose dello scisma ecclesiastico del XVII secolo, lo considera una tragedia nazionale e quindi non rifugge mai dalla possibilità di sanare in qualche modo queste conseguenze.

Le relazioni non sono solo ufficiali, interconfessionali, ma anche interpersonali. E in questo, subito dopo il Concilio del 1971, le cose sono abbastanza favorevoli, l'alienazione reciproca va via via svanendo. E, devo dire, la riunificazione di molti vecchi credenti Credenti con la Chiesa ortodossa russa, spesso con intere famiglie, è un fenomeno notevole nella vita ecclesiale della Russia moderna.

La Chiesa ortodossa russa riconosce la gerarchia della Chiesa ortodossa russa di rito antico?

La gerarchia della Chiesa ortodossa russa di rito antico (la cosiddetta gerarchia di Belokrinitsa) è stata fondata nel 1846 per opera esclusiva dell'ex metropolita di Bosnia e Sarajevo Amvrosij (Papageorgopolos) nel villaggio di Belaja Krinitsa, che a quel tempo si trovava sul territorio dell'Austria-Ungheria (ora appartiene alla regione di Chernovtsy in Ucraina). La legittimità della gerarchia di Belokrinitsa non fu riconosciuta nell'Impero russo.

Nel 2014, il metropolita dei vecchi credenti di Mosca e di tutta la Rus' Kornilij ha suggerito di avviare un dialogo per studiare la dignità canonica della gerarchia di Belokrinitsa. Al primo incontro dei nostri rappresentanti a Rogozhskaja Sloboda nel 2015, è stato raggiunto un accordo per continuare il dialogo su questo argomento in forma scritta. Ormai, entrambe le parti si sono già scambiate diversi messaggi. Il dialogo su questo argomento non è finito, ritengo non etico rivelarne i dettagli in relazione ai nostri fratelli della Chiesa ortodossa russa fuori dalla Russia. Ora stiamo lavorando al prossimo messaggio della parte ortodossa ai vecchi credenti.

Se assumiamo che l'unificazione delle Chiese avrà luogo, allora chi si unirà a chi, la Chiesa ortodossa russa alla Chiesa ortodossa russa di rito antico o la Chiesa ortodossa russa di rito antico alla Chiesa ortodossa russa?

Secondo me, è troppo presto per parlarne. Se si tratta di unificazione, le parti troveranno la strada giusta, come è avvenuto con la Chiesa ortodossa russa fuori dalla Russia.

Nel 2017, il presidente del paese ha visitato il centro dei vecchi credenti russi – Rogozhskaja Sloboda. Come si sente riguardo alla manifestazione di interesse per i vecchi credenti da parte delle autorità laiche? Secondo lei, i vecchi credenti possono diventare un'organizzazione religiosa influente insieme alla Chiesa ortodossa russa?

La Federazione Russa è un paese multinazionale e multiconfessionale. Sembra del tutto naturale che il suo presidente presti attenzione alle comunità nazionali o confessionali.

Quanto i vecchi credenti possano diventare una forza influente nella nostra società dipende solo da loro stessi. Posso solo aggiungere che gli stessi vecchi credenti sono molto eterogenei e sono ancora divisi in un certo numero di concordie che non hanno comunione di preghiera tra di loro. E non si vede ancora la tendenza alla loro unità di confessione di fede, cosa che riduce notevolmente la loro capacità di influenzare significativamente la società. Ma questo è un loro affare interno. Ma il dialogo con la Chiesa russa è qualcosa che ci riguarda direttamente. E vorrei esprimere la mia speranza per il successo della sua continuazione.

 
Padre Herman (Podmoshensky) si è addormentato nel Signore
Al mattino del 30 giugno 2014 si è spento all'età di 80 anni a Minneapolis, dove viveva in ritiro monastico da alcuni anni, padre Herman (Podmoshensky), co-fondatore con padre Seraphim (Rose) e  primo abate del monastero di sant'Herman d'Alaska a Platina, in California.
Al secolo Gleb Dimitrievich Podmoshensky, nato nel 1934 a Riga, perse il padre nei gulag sovietici ed emigrò con la madre e la sorella in America, dove completò il seminario a Jordanville. Dopo un incontro con Eugene Rose (il futuro padre Seraphim) a San Francisco, aprì con lui un negozio di libri e icone e iniziò a pubblicare un periodico chiamato The Orthodox Word. Con la benedizione dell'arcivescovo Ioann (Maximovich) di Shanghai e San Francisco, i due si ritirarono in un eremo nella California settentrionale, dove furono tonsurati monaci e ordinati preti, iniziando a ricevere diversi convertiti nella Chiesa russa all'Estero. Dopo la morte di padre Seraphim nel 1982, padre Herman iniziò ad avere conflitti con la Chiesa e fu deposto dal sacerdozio per disobbedienza nel 1988. Si aprì un periodo di poco più di un decennio in cui gli stessi monaci e fedeli che lo avevano seguito cercarono di convincerlo a rientrare nella comunione della Chiesa, cosa che fu assicurata con la sua rinuncia al ruolo di abate nel 2000, e alla ricezione delle comunità monastiche a lui legate nella Chiesa ortodossa serba (si può leggere un resoconto nel saggio autobiografico dell'igumeno Gerasim, presente su questo sito).
Padre Herman è stato una delle figure più controverse dell'Ortodossia in America, e dovrà passare ancora un certo tempo prima di poter dare una valutazione obiettiva dei risultati positivi e negativi della sua vita. A differenza di tanti che lo hanno criticato senza conoscerlo, noi abbiamo avuto l'opportunità di incontrarlo durante uno dei suoi viaggi in Italia alla fine degli anni '90, e abbiamo  parlato a lungo con lui, notando sia la sua chiusura verso il rientro nella canonicità (cosa che avrebbe comunque accettato di lì a poco), sia un ammirevole approccio pastorale e missionario, in cui non ha mai avuto alcuna brama di ricoprire ruoli episcopali. Quale che possa essere il giudizio ultimo sul suo operato, il suo rifiuto di diventare un vescovo non canonico, la sua accettazione volontaria di decadere dal ruolo di abate e di guida di un movimento, e la sua disponibilità a vivere i suoi ultimi anni in ritiro come monaco semplice ne fanno una figura da cui tanti altri, anche nel nostro paese, avrebbero solo da imparare.
 
Esperto esprime cinque conclusioni principali dopo la Grande processione della Croce della Chiesa ortodossa ucraina

la preghiera della Chiesa ortodossa ucraina sulla collina di Vladimir il 27 luglio 2021. Foto: tg-channel del Vescovo Viktor (Kotsaba)

Jurij Molchanov ha spiegato cosa testimonia la partecipazione impressionante alla Processione della Croce a Kiev, che quest'anno ha riunito 350.000 fedeli della Chiesa ortodossa ucraina.

Secondo i risultati della Grande processione della Croce della Chiesa ortodossa ucraina, che si è svolta a Kiev il 27 luglio 2021, si possono trarre cinque conclusioni principali, afferma il giornalista ed esperto di media Jurij Molchanov. Ne ha parlato in onda sul progetto internazionale "Popolo" sul canale Il primo indipendente.

Innanzitutto, la portata senza precedenti della Processione della Croce del 2021 testimonia che il numero di pellegrini e, di conseguenza, il numero di parrocchiani della Chiesa ortodossa ucraina sta ovviamente crescendo di anno in anno, nonostante il contraccolpo generato artificialmente. Secondo l'esperto, ciò è facilitato "da un tono enfaticamente pacifico e dalla più severa apoliticità: nessuna rabbia, nessuna irritabilità, nessun odio sullo sfondo di lanci di fango di abusi, calunnie, bile da parte degli oppositori della Chiesa ortodossa ucraina".

In secondo luogo, tutti hanno visto un forte contrasto con il "servizio di preghiera" della "Chiesa ortodossa dell'Ucraina" sulla collina di Vladimir il 28 luglio, quindi questa è "una risposta semplice e geniale a ogni tipo, per usare un eufemismo, di controversa sociologia sulle preferenze religiose degli ucraini. Da un lato ci sono numeri scritti da qualcuno da qualche parte, e dall'altro, eccolo qui, un video in diretta, da un numero infinito di fonti e angolazioni. Come si suol dire, qui ognuno è libero di decidere da solo a cosa credere: ai propri occhi e alle proprie orecchie o ai dati falsi prodotti da qualcuno".

In terzo luogo, la pressione sulla Chiesa ortodossa ucraina, le incursioni e il sequestro delle sue chiese con la forza non solo non demotivavano i credenti, ma servono da fattore per una coesione ancora più stretta. Qui, secondo Jurij Molchanov, si innesca anche il momento dell'ovvietà: non importa quanto la "Chiesa ortodossa dell'Ucraina" neghi i fatti di violenza dei suoi simpatizzanti, centinaia di video dicono tutto e "le tue azioni reali parlano di voi in modo molto più forte della vostra stessa propaganda".

In quarto luogo, la gerarchia della Chiesa ortodossa ucraina ha iniziato a parlare chiaramente della sua posizione sulla situazione attuale nell'Ortodossia mondiale.

E la quinta cosa su cui Jurij Molchanov ha attirato l'attenzione in seguito ai risultati della Grande processione della Croce del 2021 è "l'isteria delle dubbie risorse affiliate alla 'Chiesa ortodossa dell'Ucraina' e, ciò che è più triste, l'isteria dei singoli rappresentanti del patriarcato 'ecumenico'."

In precedenza, Jurij Molchanov ha affermato che il Fanar non può "azzerare" la Chiesa di milioni di ucraini.

 
Un esempio di uso deviato dell'iconografia: L'icona dell'Arca della salvezza

Nel mondo ortodosso appare con una certa frequenza un'immagine allegorica che raffigura la Chiesa come una nave circondata da nemici. Per quanto la si faccia risalire a un affresco del 1817 nel monastero di Zografu al Monte Athos, si tratta di un'immagine moderna, spesso modificata (a seconda dei “nemici” che si vogliono identificare) e comunque contraria alla prassi iconografica della Chiesa ortodossa (ironia della sorte, per un'immagine propagandata da quelli che si definiscono difensori della “vera Ortodossia”). Cerchiamo di scoprirne qualcosa di più, e di vedere se ne esiste una variante davvero ortodossa, nell'articolo di analisi che presentiamo nella sezione “Confronti” dei documenti.

 
Perché la "processione" della "Chiesa ortodossa dell'Ucraina" è passata inosservata, o da chi va il patriarca Bartolomeo?

il capo del Fanar non si è accorto della Grande processione della Croce della Chiesa ortodossa ucraina, che ha raccolto centinaia di migliaia di fedeli. Foto: Unione dei giornalisti ortodossi

A Kiev si è svolta la Processione della Croce della Chiesa ortodossa ucraina (350.000 persone) e una piccola "processione" della "Chiesa ortodossa dell'Ucraina". Ma è la "Chiesa ortodossa dell'Ucraina" che il patriarca Bartolomeo definisce il suo gregge "di molti milioni di fedeli".

Il 27 luglio 2021 si è svolta a Kiev la Grande processione della Croce della Chiesa ortodossa ucraina, che ha radunato più di 350.000 persone. E sebbene la polizia abbia annunciato una cifra di 55.000 persone, chiunque abbia guardato la processione dall'interno sarebbe d'accordo sul fatto che c'erano molti partecipanti, molti più che negli anni precedenti. I mass media, sia ucraini che stranieri, hanno prestato molta attenzione a questo evento. Sì, la sua valutazione varia in modo drammatico: da simpatie e rapporti completamente neutrali a forti rifiuti e critiche. Ma comunque, i media semplicemente non hanno potuto "non notare" la Grande processione della Gran Croce della Chiesa ortodossa ucraina.

Il 28 luglio 2021, la "Chiesa ortodossa dell'Ucraina" ha tenuto la sua tradizionale "processione ucraina". Per la prima volta in molti anni, il numero dei partecipanti a questo evento non è stato annunciato, né dai rappresentanti della polizia nazionale né dagli stessi scismatici. Il motivo è semplice: non c'era niente da dire. Senza dipendenti statali, senza politici e senza fedeli: così può essere descritta la "processione ucraina" della "Chiesa ortodossa dell'Ucraina". Inoltre, è passata inosservata non solo dai credenti ucraini, ma anche dai media ucraini.

Il patriarca Bartolomeo afferma costantemente che in Ucraina ha un "gregge di molti milioni di fedeli". Allo stesso tempo, i fanarioti fingono ostinatamente di "non accorgersi" del gregge davvero enorme della Chiesa ortodossa ucraina, ignorano i suoi fedeli e continuano a dire che lo scisma in Ucraina è stato superato.

A proposito di cifre e di verità

Di recente, i principali media sono stati pieni di titoli che la "Chiesa ortodossa dell'Ucraina" ha 2 volte e mezzo più credenti di quelli della Chiesa ortodossa ucraina. La fonte di tali tesi sono stati i risultati di un sondaggio di una società privata, "l'Istituto internazionale di sociologia di Kiev". Pubblicazioni trionfali su questo sondaggio sono apparse sia sul sito web ufficiale della "Chiesa ortodossa dell'Ucraina" che sulle risorse Internet dei fanarioti.

Si formano così due realtà: una virtuale e una oggettiva. In quella virtuale, la Chiesa ortodossa ucraina non ha quasi alcun supporto e il 58% di tutti gli ucraini ortodossi appartiene alla "Chiesa ortodossa dell'Ucraina"; oggettivamente, la Chiesa ortodossa ucraina raccoglie centinaia di migliaia di persone alle processioni religiose, le sue chiese sono piene. E per quanto riguarda la "Chiesa ortodossa dell'Ucraina"? Le sue poche chiese (rispetto alla Chiesa ortodossa ucraina) sono semivuote e non ci sono praticamente processioni della Croce.

Ma è proprio la realtà virtuale quella da cui il Fanar si fa guidare nello spazio pubblico. Immergendosi nel "bagno caldo" dei sondaggi d'opinione della "Chiesa ortodossa dell'Ucraina", i fanarioti continuano a raccontare a tutti di "milioni di ucraini" che si sono "uniti alla Chiesa". Esiste quindi un circolo vizioso, che può essere interrotto solo dalla verità sul vero stato di cose, secondo il quale le cifre delle indagini sociologiche e le figure della partecipazione pratica al culto sono molto diverse.

Secondo i sondaggi, milioni di ucraini "non vedono l'ora" che Bartolomeo arrivi in Ucraina, ma in realtà, diverse migliaia di persone, al massimo, vengono a una delle principali feste della "Chiesa ortodossa dell'Ucraina". Tutti gli altri partecipanti al sondaggio non hanno assolutamente nulla a che fare con la Chiesa. Non vanno in chiesa, non partecipano ai sacramenti della Chiesa e non si preoccupano assolutamente dell'arrivo del patriarca Bartolomeo in Ucraina.

Media ucraini e "Chiesa ortodossa dell'Ucraina"

Prima del giorno del Battesimo della Rus', tutta l'Ucraina era piena di pubblicità di Sergej Dumenko con un'iscrizione molto strana "Chiesa ortodossa dell'Ucraina: oltre 1033 anni nell'istituzione dello stato ucraino". Gli annunci erano sui cartelloni pubblicitari lungo le strade, in TV, in metropolitana e persino sui treni intercity.

pubblicità di Sergej Dumenko sul treno intercity Kiev-Kharkov. Foto: Unione dei giornalisti ortodossi

I media ucraini, che negli anni passati hanno promosso massicciamente la celebrazione della "Chiesa ortodossa dell'Ucraina" nel giorno del Battesimo della Rus', quest'anno hanno taciuto timidamente. Se cercate su Google "Battesimo dell'Ucraina-Rus' della Chiesa ortodossa dell'Ucraina", otterrete fino a ... 4 risultati. Di questi, due appartengono a Radio Liberty e altri due appartengono a Left Bank e Ukrinform (queste sono le risorse del pool di informazioni della "Chiesa ortodossa dell'Ucraina").

Sì, ci sono state trasmissioni su "Priamyi" e "Channel 5" di Poroshenko, su "UA Pershyj" (questo è comprensibile) e un altro paio su YouTube. È tutto. Il feed di notizie non è pieno di messaggi su eventuali celebrazioni della "Chiesa ortodossa dell'Ucraina" in occasione del "Giorno del Battesimo dell'Ucraina-Rus'". Non vediamo molti rapporti, e anche quelle risorse che tradizionalmente simpatizzano con gli scismatici ucraini praticamente non hanno menzionato il loro evento. E se lo hanno menzionato, lo hanno fatto in modo molto impersonale.

Non è difficile intuire che questo silenzio sia causato, prima di tutto, dal contrasto troppo evidente tra le celebrazioni della Chiesa ortodossa ucraina e della "Chiesa ortodossa dell'Ucraina". Sì, la struttura di Dumenko ha spiegato l'assenza di parrocchiani alle "celebrazioni" a Kiev con l'annuncio che la "processione ucraina" è stata annullata. Ma ha avuto luogo!

Un gran numero di "chierici" della "Chiesa ortodossa dell'Ucraina"  è venuto a Kiev dalle regioni, c'erano laici dalle loro eparchie (cosa che è chiaramente visibile nella trasmissione video), e la gente ha camminato dal monastero di san Michele alla collina di Vladimir – proprio come negli anni precedenti. Inoltre, i "sacerdoti" della "Chiesa ortodossa dell'Ucraina" hanno riferito che durante l'ultima riunione del "clero" di Kiev, Dumenko ha discusso con loro i dettagli della futura "processione della croce", che, nonostante le dichiarazioni ufficiali, è stata comunque pianificata e tenuta. Perché non c'è stata questa promozione come al solito?

Il fatto è che l'attenzione che i media hanno mostrato alle azioni della "Chiesa ortodossa dell'Ucraina" è stata dettata non dall'interesse per questa struttura religiosa ma dalla partecipazione all'evento delle autorità o di politici di primo piano.

Per esempio, nel 2018, il presidente dell'Ucraina, il primo ministro, molti politici e funzionari hanno preso parte alla "processione ucraina" degli scismatici (l'allora "patriarcato di Kiev"). Tutto è stato organizzato a livello statale: dalle trasmissioni televisive al trasporto dei dipendenti statali che avevano preso parte alla "processione". E anche se tutta questa azione politica non è stata molto simile a una processione religiosa, ha ricevuto comunque molto spazio nei media. Nel 2019, Poroshenko ha partecipato alla "passeggiata", e ancora una volta l'attenzione dei media è stata molto alta.

Nel 2021, nessuna delle "stelle" ha partecipato all'evento. E questo è tutto – Dumenko con una manciata di suoi seguaci non interessava a nessuno. Ed ecco che è tempo che il Patriarca Bartolomeo ci pensi.

A cosa dovrebbe pensare il capo del Fanar?

In primo luogo, l'assenza di credenti a una delle principali feste della "Chiesa ortodossa dell'Ucraina" suggerisce che il Fanar non ha alcun "gregge di molti milioni di fedeli" in Ucraina. Ci sono diverse migliaia di persone che nella "Chiesa ortodossa dell'Ucraina" cercano non Cristo, ma la soddisfazione delle loro ambizioni nazionaliste (pertanto, hanno portato un'enorme bandiera dell'Ucraina alla "processione"). Per loro Bartolomeo non è un benefattore, ma un pezzo distaccato che ha fatto il suo lavoro e "può andare via".

In secondo luogo, l'assenza delle autorità a una delle principali feste della "Chiesa ortodossa dell'Ucraina" è un segnale importante e allarmante per il capo del Fanar. Zelenskij ha dimostrato ancora una volta che sta cercando di mantenere una certa distanza in relazione alle questioni ecclesiastiche. Se il presidente dell'Ucraina mostra interesse per le questioni ecclesiastiche, non lo fa di sua volontà. Sì, Zelenskij è interessato alla benevolenza degli Stati Uniti, il che significa che è costretto a mostrare segni di attenzione verso la "Chiesa ortodossa dell'Ucraina"  con il Fanar e a criticare la Chiesa ortodossa ucraina. Ma quanto è interessato personalmente a questo?

Si può presumere che l'invito del patriarca Bartolomeo in Ucraina non derivi dalla disposizione di Zelenskij verso la "Chiesa ortodossa dell'Ucraina" ma da considerazioni puramente politiche. Ciò significa che Vladimir Zelenskij non prova alcuna gioia particolare per l'incontro di agosto con il patriarca Bartolomeo, così come non è previsto un incontro "in un'atmosfera particolarmente calorosa" con il capo del Fanar. Inoltre, c'è un enorme mucchio di problemi legati alla fornitura di "extra". Quindi, tutto sarà al di sotto del protocollo e dell'ufficialità.

In terzo luogo, i partecipanti ai sondaggi d'opinione non aspettano con impazienza l'arrivo del patriarca Bartolomeo, per il quale, come di fatto per la "Chiesa ortodossa dell'Ucraina" , non hanno alcun interesse. Alla TV questo è ancora possibile, ma dal vivo e a Kiev – no. Non sono interessati.

In quarto luogo, anche i mass media ucraini e stranieri non sono interessati alla "Chiesa ortodossa dell'Ucraina". Fate un confronto: le celebrazioni della Chiesa ortodossa ucraina sono state seguite da 455 giornalisti, di cui 22 rappresentanti di media esteri, tra cui Agence France Presse, Deutsche Welle, BBC World Service e altri. Quanti giornalisti si sono accreditati per le "celebrazioni" della "Chiesa ortodossa dell'Ucraina"? Il numero è sconosciuto.

Sulla base di tutto ciò, è facile intuire che se durante l'arrivo del patriarca Bartolomeo in Ucraina, il presidente del paese Zelenskij non parteciperà al "servizio divino" della "Chiesa ortodossa dell'Ucraina", allora il "servizio" passerà inosservato sia dai media sia dalla maggior parte dei credenti ucraini. Non importa come il patriarca Bartolomeo si racconti la storia che il Tomos ha unito alla Chiesa "milioni" di abitanti dell'Ucraina, questa favola non si avvererà. Ha affiliato al Fanar diverse decine di migliaia di scismatici, senza che questi ultimi si pentano e cambino la loro mentalità. Nel complesso, sono rimasti semi-pagani, ai quali è molto difficile insegnare a dire "Cristo è risorto!" invece di "Gloria all'Ucraina!", a cui è difficile spiegare che alle processioni religiose si portano icone, non bandiere,  e che è impossibile persuadere che il cristianesimo è una religione d'amore, non d'odio.

E il patriarca Bartolomeo lo potrà vedere già ad agosto.

 
Rapporto sugli sfollati dal Donbass

Abbiamo presentato appena possibile le notizie sui crimini contro l’umanità che hanno colpito i civili del Donbass. Abbiamo segnalato raccolte di aiuti umanitari... finora però non abbiamo avuto modo di portarvi di fronte agli stessi profughi, ad ascoltare le storie di chi sta fuggendo dall’inferno di Slavjansk e Kramatorsk per trovare rifugio in Russia.

Ora possiamo farlo, grazie alle testimonianze personali di un gruppo di profughi (due donne e tre bambini), dei quali abbiamo tradotto in italiano il rapporto, raccolto da uno dei collaboratori di Saker, il nostro amico blogger straordinariamente informato sugli avvenimenti locali. Presentiamo nella sezione “Geopolitica ortodossa” il rapporto, nella speranza che possa servire a risvegliare qualche coscienza.

 
La diocesi di Zaporozh'e avvia il flash mob "Bartolomeo, non ti abbiamo invitato"

diverse parrocchie della diocesi di Zaporozh'e hanno già aderito al flash mob. Foto: facebook.com/genelin

Il flash mob si svolge sui social con l'hashtag #СТОПВАРФОЛОМЕЙ.

Nelle chiese della diocesi di Zaporozh'e della Chiesa ortodossa ucraina è stato avviato un flash mob contro la visita del patriarca Bartolomeo di Costantinopoli in Ucraina.

Le parrocchie sono fotografate con i manifesti “Bartolomeo, non ti abbiamo invitato” con le foto pubblicate sui social, aggiungendo l'hashtag #СТОПВАРФОЛОМЕЙ ("STOPBARTOLOMEO").

Come ha notato sulla sua pagina Facebook l'arciprete Gennadij Elin, capo della cancelleria della diocesi di Zaporozh'e, si è deciso di dire che i fedeli della Chiesa ortodossa ucraina attenderebbero con impazienza l'arrivo del patriarca Bartolomeo, che sarebbe stato "invitato a nostro nome a celebrare il 30° anniversario dell'indipendenza dell'Ucraina".

"Chiunque non aspetti questo pascià da Istanbul è pregato di unirsi al flash mob e inserire il testo 'Bartolomeo, non ti abbiamo invitato!' sulla sua pagina personale. Si può stampare un cartellone A4 con questo testo e inserire una foto sulla propria pagina. Oppure scattare una foto condivisa con un poster e pubblicala sulla propria pagina o sulla pagina della propria parrocchia. Assicuratevi di aggiungere l'hashtag #СТОПВАРФОЛОМЕЙ alla pubblicazione", ha spiegato il sacerdote.

Il metropolita Luca di Zaporozh'e e Melitopol' ha risposto con approvazione a questa idea dei credenti.

"Questa è un'iniziativa interessante da parte dei nostri parrocchiani, che non vengono ascoltati! Per favore sostenetela!" ha scritto il metropolita sul suo canale telegram.

Al flash mob hanno già preso parte alcune parrocchie della diocesi.

"Noi non siamo servi di Bartolomeo, siamo servi di Dio!" ha sottolineato sul suo canale telegram l'arciprete Aleksandr Ovcharenko, un chierico della chiesa dei santi Pietro e Febronia a Zaporozh'e.

Al flash mob sono invitati anche credenti di altre diocesi della Chiesa ortodossa ucraina, per esprimere il proprio parere in merito alla visita del patriarca di Costantinopoli.

Inoltre, l'Unione dei giornalisti ortodossi ha scritto che il metropolita di Zaporozh'e ha esortato a sostenere il movimento "Miriane".

 
Quanto si possono ritirare i russi? (In memoria di Anatolij Kljan)

Il nostro amico Saker riflette nel suo blog sulle conseguenze del conflitto ucraino partendo dal dato di cronaca dell’uccisione nel Donbass dell’anziano cameraman Anatolij Kljan (nella foto), poche ore dopo che la ripresa delle ostilità è stata inaugurata con un bombardamento sulla cattedrale di Slavjansk durante la Liturgia della domenica (leggete il reportage di Tempi, che si conclude con l’amaro commento della diocesi locale, “Neanche i nazisti sparavano contro la propria gente”).

Il tema della riflessione di Saker (che presentiamo nella sezione “Geopolitica ortodossa” dei documenti) è il valore strategico della ritirata, una tecnica che i russi hanno imparato bene dalla storia e impiegato più volte nei conflitti. Questo può aiutare a capire lo strano non interventismo della Russia anche a fronte di tante atrocità compiute in modo provocatorio contro il suo stesso popolo.

 
Vescovo Viktor: la maggior parte dei monasteri dell'Athos è contraria al riconoscimento della "Chiesa ortodossa dell'Ucraina"

il vescovo Viktor (Kotsaba). Foto: seraphim.com.ua

Il clero della Chiesa ortodossa di Grecia critica aspramente il riconoscimento della "Chiesa ortodossa dell'Ucraina" da parte della Chiesa greca, e l'appartenenza alla Chiesa ortodossa ucraina è una condizione necessaria per rimanere nella maggior parte dei monasteri dell'Athos.

Il vescovo Viktor (Kotsaba), vicario della metropolia di Kiev, capo della Rappresentanza della Chiesa ortodossa ucraina presso le Organizzazioni internazionali europee, ha dichiarato sulla sua pagina di telegramma che la maggior parte dei monasteri del Monte Athos si oppone al riconoscimento della "Chiesa ortodossa dell'Ucraina".

Secondo lui, i monaci athoniti ne hanno parlato ai pellegrini della Chiesa ortodossa ucraina che hanno visitato l'Athos.

"I monasteri di Karakalou, Filotheou, Konstamonitou, Aghiou Panteleimonos, Hilandar, Zographou, Dochariou si oppongono fortemente al riconoscimento dello scisma ucraino. Contro il riconoscimento della 'Chiesa ortodossa dell'Ucraina' anche l'igumeno Ephraim, abate del monastero di Vatopedi, in conversazioni private. La maggior parte delle celle e degli eremi dell'Athos si attiene alla stessa posizione", ha scritto il vescovo Viktor.

"È interessante che durante la conversazione con i monaci del monastero di Simonopetra, il cui abate sostiene la 'Chiesa ortodossa dell'Ucraina', i rappresentanti della Chiesa ortodossa ucraina abbiano udito le seguenti parole: 'Vi capiamo, ma dovreste capire anche noi'. In altre parole, i monaci di Simonopetra hanno lasciato intendere di essere ostaggi di determinate circostanze, quindi la loro 'simpatia' per la 'Chiesa ortodossa dell'Ucraina' è dettata da queste circostanze, piuttosto che dalle proprie convinzioni", ha aggiunto.

Il vescovo Viktor ha osservato che un prerequisito per soggiornare in un monastero, cella o eremo dell'Athos è l'affiliazione alla Chiesa ortodossa ucraina; allo stesso tempo, la maggior parte dei monaci athoniti è molto scontenta della possibile prospettiva che dei membri della "Chiesa ortodossa dell'Ucraina" si stabiliscano sulla Montagna Santa e sono pronti a fare tutto ciò che è in loro potere per evitare che ciò accada.

"Per esempio, l'abate di Konstamonitou si rifiuta di rilasciare documenti ai rappresentanti della "Chiesa ortodossa dell'Ucraina", e nella cella, che si trova nelle immediate vicinanze dello skit di Sant'Anna, ai nostri pellegrini è stato chiesto direttamente di quale metropolita fanno menzione liturgica durante le funzioni. Sentendo il nome di Sua Beatitudine Onufrij, i monaci hanno dichiarato che si tratta dell'unico e canonico metropolita di Kiev, il primate della Chiesa ucraina", ha osservato.

Il vescovo Viktor ha aggiunto che un gran numero di sacerdoti e laici greci critica duramente il riconoscimento della "Chiesa ortodossa dell'Ucraina" da parte della Chiesa ortodossa di Grecia.

"Tra i credenti in Grecia c'è un numero crescente di coloro che considerano errata questa decisione. È questa posizione, come si dice sul Monte Athos, che ha portato al fatto che durante la celebrazione del 1033esimo anniversario del Battesimo della Rus, la Chiesa di Grecia non ha inviato un suo rappresentante a Kiev su invito della 'Chiesa ortodossa dell'Ucraina'," ha aggiunto.

"È ovvio che data la strada scelta dal patriarca Bartolomeo di Costantinopoli, il tempo non solo non riuscirà a sanare questa ferita, ma la approfondirà. Questa ferita infatti si può sanare solo con una decisione conciliare. Fino a quando il Fanar non lo capirà, la Chiesa ortodossa soffrirà di scisma", ha concluso il vescovo Viktor.

Come precedentemente riportato dall'Unione dei giornalisti ortodossi, il Vescovo Viktor ha affermato che la Grande processione della Croce è il giorno dell'unità della Chiesa ortodossa ucraina.

 
Un monastero ortodosso vuole dominare la produzione dei super-alcolici in Finlandia

Proprio pochi giorni dopo avere presentato un paio di testi sui problemi dell'Ortodossia in Finlandia, è arrivata la notizia (dal sito di The Moscow Times del 2 luglio) che il monastero ortodosso finlandese di Nuovo Valaam intende investire milioni di euro per la costruzione di una distilleria, diventando il più grande produttore di whiskey nel paese, secondo i resoconti dei media locali.

Il parallelo con la ricostruzione e la ripresa della vita spirituale nell'antico monastero di Valaam sul lago Ladoga non potrebbe essere più stridente: in Russia rinasce lo spirito, in Finlandia lo si imbottiglia. L'abisso tra la vera Ortodossia e i tentativi di "Euro-Ortodossia" si vede, si sente... e presto si potrà anche gustare.

Tra tutti i mille lavori leciti che un monastero può compiere per finanziarsi, ci chiediamo quale immagine possa dare del contributo della Chiesa ortodossa alla civiltà, la produzione annuale di 120.000 litri di super-alcolici in un paese che è già tra i più devastati dall'alcolismo in tutto il nostro pianeta.

 
La diocesi di Odessa della Chiesa ortodossa ucraina si unisce a un flash mob contro l'arrivo del patriarca Bartolomeo

i credenti della diocesi di Odessa si sono uniti al flash mob #STOPBARTOLOMEO. Foto: canale telegram della diocesi di Odessa

In piedi sulla famosa scala Potemkin, gli ortodossi hanno invitato il capo del Fanar a non venire in Ucraina, dove sono stati seminati inimicizia e odio a causa delle sue decisioni.

La diocesi di Odessa della Chiesa ortodossa ucraina si è unita al flash mob "Bartolomeo, non ti abbiamo invitato".

Il video è stato pubblicato sul canale YouTube della diocesi giovedì 12 agosto.

"Noi, ortodossi della città di Odessa, siamo qui, in un sito storico: le famose scale Potemkin. Alla nostra destra c'è il Parco Istanbul; alla nostra sinistra c'è il meraviglioso Parco greco. E noi ortodossi le chiediamo di non venire nella nostra terra, l'Ucraina, perché l'inimicizia e l'odio sono stati seminati a causa delle sue decisioni irragionevoli e il popolo ha versato lacrime sulla nostra terra.

Pertanto, le chiediamo, se si definisce padre della pace, di preservare la pace nel nostro Paese restando a casa. Patriarca Bartolomeo, non l'aspettiamo!" è stato l'appello al capo del Fanar dei fedeli della diocesi di Odessa.

La diocesi ha invitato tutti i credenti interessati della Chiesa ortodossa ucraina a unirsi al flash mob pan-ucraino.

 
La prospettiva di Sergej da una barricata a Lugansk

Presentiamo nella sezione “Geopolitica ortodossa” dei documenti la trascrizione italiana di una video-intervista realizzata a uno dei posti di blocco presso Lugansk, in cui Sergej, uno dei combattenti dell’Opolchenie (la milizia di autodifesa del Donbass), racconta l’esperienza della guerra da una prospettiva che i media italiani NON vi hanno fatto ascoltare.

Oltre a dare un’informazione molto importante dal punto di vista militare, e cioè che esiste di fatto sui cieli del Donbass una “no-fly zone” grazie alle manovre preventive dell’aviazione russa (traducete questa informazione in termini pratici: le vite di migliaia di civili sono state salvate da bombardamenti aerei nei centri delle principali città), il filmato è importante per far capire chi siano in verità i membri dell’Opolchenie, quale sia la loro fede (memorabile la frase al minuto 8:13, riguardo al mancato innesco di una bomba a grappolo in mezzo a due autobus di civili: Попробуйте не верить в Бога после этого!, ovvero “provate a non credere in Dio dopo questo!”), quale sia verso di loro l’atteggiamento della popolazione locale, e soprattutto quali siano le loro vere “ideologie”: mantenere la loro lingua, e i loro stessi nomi, liberi dalle imposizioni di coloro che vorrebbero operare su di loro un genocidio culturale (e non essendoci riusciti, passano a forme di genocidio più pratiche e immediate).

 
Forme di commemorazione della gerarchia ecclesiastica nella Divina Liturgia nella tradizione russa e ucraina

Quanto segue è tradotto da: sacerdote Mikhail Zheltov, "Forme di commemorazione della gerarchia ecclesiastica nella Divina Liturgia nella tradizione russa e ucraina", in: metropolita Ilarion di Volokolamsk (a cura di), La riunificazione kievana. (Mosca: Centro ecclesiastico scientifico "Enciclopedia ortodossa", 2019), 884-894.

1. Modelli bizantini

Nella maggior parte dei manoscritti delle liturgie bizantine dei santi Basilio il Grande e Giovanni Crisostomo, a partire dall'antichità e fino al periodo in cui apparve la stampa, la formula per commemorare uno ierarca ecclesiastico all'esclamazione Ἐν πρώτοις μνήσθε, Κύριε ("In primo luogo ricordati, o Signore") appare come: τοῦ ἀρχιεπισκόπου ἡμῶν τοῦ δεῖνος ("del nostro arcivescovo nome"). In particolare, in rare occasioni si incontrano varianti alternative con la commemorazione "vescovo" al posto di "arcivescovo": τοῦ πατρὸς καὶ ἐπισκόπου ἡμῶν τοῦ δεῖνος ("Del nostro padre e vescovo nome"), [1] o senza alcuna menzione del nome di un singolo vescovo: πάσης ἐπισκοῆς ὀρθοδόξων ("di tutto l'episcopato degli ortodossi"). [2] Mentre in quest'ultimo caso nelle litanie il vescovo è commemorato secondo la forma "del nostro padre e vescovo nome", così è probabile che entrambe le varianti alternative [3] di commemorazione appartengano a una stessa tradizione locale, che, considerando la provenienza meridionale italiana dell'Eucologio contenente queste varianti, può essere localizzata nella regione lungo la costa adriatica. [4].

Quando pronunciano la formula "del nostro arcivescovo nome", i bizantini indicano quella persona nella gerarchia alla quale il celebrante è canonicamente subordinato: per un sacerdote, il suo vescovo ordinario; per un vescovo che suffraganeo di un metropolita, il suo metropolita; per un metropolita (o un arcivescovo autocefalo, nel senso antico del termine), il suo patriarca. Così nel Diakonikon sinaita greco 1040 (XIV secolo), al sacerdote è prescritto di commemorare con l'esclamazione Ἐν πρώτοις μνήσθε, Κύριε solo il vescovo locale del Sinai, "il nostro arcivescovo Pietro", dopo di che il diacono proclama il dittico con la commemorazione "Niceforo, nostro santissimo patriarca di Gerusalemme, [e i patriarchi] della sedi di Costantinopoli, di Alessandria, di Antiochia [e poi] Pietro, nostro padre" (ff. 47r-v). Nei monasteri all'esclamazione Ἐν πρώτοις μνήσθε, Κύριε si commemorava il vescovo locale, mentre nei monasteri stavropigiali si commemorava il patriarca. [5]

Una caratteristica peculiare dello svolgimento patriarcale della liturgia era l'assenza di qualsiasi commemorazione nominativa all'esclamazione Ἐν πρώτοις μνήσθε, Κύριε. ciò deriva direttamente dalla Diatassi della liturgia patriarcale composta nel 1386 dal protonotarius della Grande Chiesa, il diacono Demetrios Gemistos, dove è prescritto al patriarca di commemorare solo "l'intero episcopato degli ortodossi", dopo di che il diacono poteva proclamare il dittico, partendo dalla commemorazione dei quattro patriarchi orientali. [6]

In nessun momento e da nessuna parte a Bisanzio furono commemorati contemporaneamente i nomi di due o tre patriarchi all'esclamazione "In primo luogo ricordati"; una deviazione da questa regola fu attestata per la prima volta solo nell'era dell'Unione di Firenze: un sacerdote cretese di nome Michele Kalophrenas scrisse al patriarca di Costantinopoli Metrophanes II che il metropolita di Eraclea aveva iniziato a commemorare, all'esclamazione Ἐν πρώτοις μνήσθε , il nome del papa di Roma prima del nome del patriarca, mentre i sacerdoti avevano cominciato a commemorare il papa, il patriarca e il vescovo locale. [7]

Nel periodo tardo bizantino, alla commemorazione vocale – cioè all'esclamazione Ἐν πρώτοις μνήσθε, Κύριε e alle litanie – si aggiunse una commemorazione segreta alla Proscomidia. In una Diatassi del XIII secolo, alla Proscomidia i vescovi vengono commemorati solo informalmente – senza notare il loro legame canonico con il sacerdote celebrante e, di fatto, nel contesto di una commemorazione generale di molte persone diverse e neanche al primo posto. [8] Già, però, nella Diatassi del patriarca Philotheos (Kokkinos) a metà del XIV secolo, la commemorazione della gerarchia alla Proscomidia era rigorosamente formalizzata; l'elenco delle commemorazioni per la salute si apre con la frase "Dell'intero episcopato ortodosso e del nostro arcivescovo nome" [9].

2. La tradizione iniziale: la Rus' di Kiev e moscovita fino al XVI secolo compreso

Negli sluzhebniki sopravvissuti dell'antica Rus' dei secoli XIII e XIV, la commemorazione a "In primo luogo ricordati..." è attestata nella più tradizionale forma bizantina, "del nostro arcivescovo nome", quasi senza variazioni. Tuttavia, in alcune liste al posto di "arcivescovo" si legge "vescovo" [10]. È possibile suggerire cautamente che questa lettura rappresenti una traccia delle più antiche traduzioni slave di testi liturgici bizantini, che riflettono le tradizioni greche della regione (vedi sopra). [11]

Nei manoscritti degli sluzhebniki del XV e XVI secolo, originari sia di Mosca che di Novgorod e delle terre della Russia meridionale, la commemorazione del vescovo conserva la sua forma tradizionale ereditata da Bisanzio: "il nostro arcivescovo nome". La commemorazione alla Proscomidia nei manoscritti di quell'epoca riproduce la formulazione della Diatassi di Filoteo (Kokkinos): "dell'intero episcopato ortodosso e del nostro arcivescovo nome".

Ai servizi della Liturgia archieratica la forma della commemorazione nelle metropolie sud-occidentali e di Mosca differiva alquanto: nella metropolia di Mosca, il vescovo celebrante all'esclamazione "In primo luogo..." commemorava "il primo metropolita arcivescovo" [12], dopo di che il vescovo o sacerdote concelebrante faceva memoria del vescovo celebrante e il diacono leggeva lo "svitok", cioè il dittico. Nella metropolia sudoccidentale, il primate commemorava alla stessa esclamazione "il Patriarca ecumenico" [13], mentre l'ordine ulteriore non si discostava dalla tradizione moscovita. Alla Proscomidia archieratica [14], i manoscritti originari della metropolia moscovita contengono la consueta formula della Diatassi di Filoteo (Kokkinos), mentre nei manoscritti della metropolia sudoccidentale la formula è cambiata nel modo seguente: "...dei patriarchi ecumenici, del santissimo metropolita di Kiev e e di tutta la Rus' nome, e di tutti i vescovi degli ortodossi..." [15].

Oltre alle commemorazioni all'esclamazione "In primo luogo..." e alla Proscomidia, così come alle litanie, nell'edizione di Vilnius dello Sluzhebnik del 1583, ce n'era un'altra al Grande Ingresso: "Ricordati, o Signore, del nostro arcivescovo nome e dell'intero ordine sacerdotale (f. 65r-66), che riflette la pratica della Chiesa greca dell'epoca della turcocrazia. Nelle successive edizioni ucraine del XVII secolo, questa forma è riprodotta nella forma originale o in una versione riveduta. La tradizione russa ha conservato la forma di commemorazione bizantina – vale a dire, inclusa la formula generalizzata "il Signore Dio si ricordi di tutti voi…") [16] – al Grande Ingresso fino alla metà del XVII secolo.

3. I primi cambiamenti a cavallo tra il XVII e il XVIII secolo

A partire dall'inizio del XVII-XVIII secolo, le formule di commemorazione liturgica dei vescovi nelle edizioni moscovita, kievana e vilnica dei libri liturgici subirono sostanziali modifiche. Per la tradizione della metropolia di Mosca, le ragioni principali di questi cambiamenti furono l'intensificarsi dei rapporti con il mondo greco e l'assunzione del titolo patriarcale da parte del metropolita di Mosca. Nella tradizione della metropolia sudoccidentale, i cambiamenti furono inevitabili dopo l'adozione dell'Unia da parte della maggioranza dei vescovi di quella metropolia nel 1596 [17] e dopo il virtuale ripristino della metropolia a partire dal 1620, quando il patriarca Teofane III di Gerusalemme consacrò in segreto a Kiev un nuovo metropolita e una serie di vescovi [18] e successivamente, nel 1632-1633, quando il governo polacco acconsentì ufficialmente all'esistenza sul suo territorio di una metropolia ortodossa che non accettava l'Unia e Pietro (Mogila) divenne metropolita di Kiev.

Conseguenza diretta del conferimento della dignità patriarcale al primo ierarca di Mosca per la tradizione liturgica moscovita fu, innanzitutto, l'aggiunta alla Proscomidia della formula commemorativa di Philotheos con il nome del patriarca; secondo, la sostituzione della parola "arcivescovo" nel testo dell'esclamazione "In primo luogo, ricordati..." con la parola "patriarca". In tutte le edizioni moscovite pre-nikoniane dello Sluzhebnik, a partire dalla prima stampata nel 1620 e terminando con l'edizione del 1651, alla Proscomidia si commemora prima "il nostro patriarca nome", poi "l'episcopato degli ortodossi" e, infine, "il nostro arcivescovo nome", mentre all'esclamazione "In primo luogo, ricordati..." viene commemorato solo il patriarca. In questo modo, a causa della sostituzione della parola "arcivescovo" con la parola "patriarca", la commemorazione del vescovo locale è uscita per qualche tempo dall'ordine della Liturgia russa, conservandosi solo nella Proscomidia.

A sua volta, una conseguenza dell'intensificarsi dei rapporti ecclesiastici greco-russi fu la comparsa della commemorazione dei "patriarchi ecumenici", cioè i primati delle quattro antiche sedi patriarcali [19] nell'ordine gerarchico russo della Liturgia [20]. Nell'ordine della Liturgia patriarcale dal manoscritto GIM, Sin. 690 (XVII secolo), alla Proscomidia è prescritto al patriarca di pregare "per i patriarchi ecumenici, per i propri metropoliti, per gli arcivescovi e per i vescovi", ecc., e a un altro vescovo "per il suo santo patriarca, poi per i patriarchi ecumenici", ecc. (f. 24-24v). All'esclamazione "In primo luogo, ricordati..." al patriarca è qui prescritto di commemorare "i patriarchi ecumenici", e il vescovo anziano deve commemorare il patriarca di Mosca, dopo di che l'arcidiacono o protodiacono dovrebbe proclamare i dittici ("svitok"): "Il santissimo patriarca ecumenico... il santissimo patriarca nome di Mosca e di tutta la Rus'," ecc. (f. 60-61).

Contrariamente ai libri liturgici moscoviti della prima metà del XVII secolo, che riflettono in qualche modo i cambiamenti del XVI secolo, nelle edizioni uniate le forme di commemorazione della gerarchia ecclesiastica non hanno subito modifiche per un tempo piuttosto lungo. È possibile che prima di allora questa non fosse una preoccupazione degli editori, ma forse essi desideravano consapevolmente produrre una forma come se la conclusione dell'Unia non avesse portato nulla di nuovo nella tradizione ecclesiastica delle ex eparchie ortodosse. Così, nello Sluzhebnik di Leo Sapiega (Vilnius, 1617), nonostante la chiara innovazione nella forma del saggio incluso nel libro sugli aspetti teorici e pratici del servizio alla liturgia [21], la commemorazione alla Proscomidia è ancora nella forma di Philotheos (tranne che al posto de "l'arcivescovo" si parla de "il vescovo") e all'esclamazione "In primo luogo, ricordati…" c'è il classico bizantino "del nostro arcivescovo". Anche quasi un secolo dopo, nel libro Gli ecfonemi della liturgia greca… (Vilnius, 1671), l'esclamazione "In primo luogo, ricordati…" è ancora prescritta nella sua antica forma bizantina (f. D3r).

Al contrario, nelle pubblicazioni preparate dagli ortodossi della metropolia sudoccidentale che hanno rifiutato l'Unia, le commemorazioni liturgiche sono modificate in modo tale da sottolineare il più possibile l'impegno per l'unità ortodossa e il rifiuto della gerarchia uniate. Alla esclamazione "In primo luogo, ricordati…" la commemorazione bizantina del "del nostro arcivescovo" è espansa nel seguente modo: "del nostro arcivescovo il santissimo patriarca ecumenico nome, o del nostro vescovo nome" [22] (molto probabilmente la prima variante doveva essere utilizzata alle liturgie presiedute dal metropolita o eseguite nei monasteri stavropigiali), dopo di che al diacono è prescritto di leggere il "pommenik", cioè il dittico. [23] Nello Sluzhebnik di Kiev del 1639, viene specificata la stessa commemorazione: il celebrante o commemora "il nostro arcivescovo il santissimo patriarca ecumenico" o "il nostro arcivescovo il metropolita di tutta la Rus’" o "il nostro vescovo amato da Dio", cioè il vescovo locale (p. 328 -329). Pietro (Mogila), l'editore degli sluzhebniki kievani del 1629 e del 1639, introdusse un'elaborazione analoga sia alla Proscomidia che al Grande Ingresso. Secondo la sua edizione, al Grande Ingresso il diacono prima dice "...si ricordi di tutti voi cristiani ortodossi…” [24] e poi il sacerdote commemora il vescovo, mentre nella stavropegia si commemora il patriarca ecumenico e nelle chiese della metropolia il vescovo — nelle eparchie, il metropolita. Dopo la commemorazione del vescvovo, se il servizio si svolge in un monastero, si aggiunge la commemorazione dell'archimandrita o dell'igumeno e della confraternita, e se vi sono più sacerdoti in servizio, il re e le autorità secolari, aggiungendo: "Il Signore Dio si ricordi..."; alla fine, lo stesso sacerdote pronuncia le stesse parole che ha detto il diacono: "si ricordi di tutti voi cristiani ortodossi…" [25] Un dettaglio interessante appare in queste edizioni nella commemorazione alla Proscomidia: al celebrante è consentito anche di commemorare dopo il suo vescovo ordinario qualsiasi altro vescovo, ma "solo se ortodosso" [26]. La stessa formula "di Philotheos" di commemorazione alla Proscomidia, "dell'intero episcopato ortodosso e del nostro arcivescovo", assume la forma seguente: "Ricordati...  dell'intero episcopato degli ortodossi: i quattro patriarchi della santa Chiesa orientale e tutti i nostri ordini ecclesiastici maggiori e minori [27], [e] del nostro vescovo nome". [28]

4. La creazione di una nuova tradizione nel XVII secolo

Nel 1653 il patriarca Nikon di Mosca avviò la sua riforma dei libri di servizio, durante la quale prese forma una tradizione liturgica che fu successivamente unificata in Russia e Ucraina. [29] Una pietra miliare di questa riforma fu la pubblicazione a Mosca nel 1655 di uno Sluzhebnik che era radicalmente distinto dalle edizioni moscovite pre-nikoniane. Come ha dimostrato A.A. Dmitrievskij, il testo dello Sluzhebnik del 1655 era basato sullo Sluzhebnik di Gedeon Balaban (Strjatin, 1604), cioè su un'edizione ucraina dell'inizio del XVII secolo (30); [30] infine, fu corretto ed edito dalle autorità nikoniane secondo l'Eucologio greco stampato (Venezia, 1602); è stato fatto un uso sporadico di materiale dagli Sluzhebniki kievani del 1620 e 1629; queste sono le fonti a cui attinge nel complesso lo Sluzhebnik del 1655. [31]

Attraverso lo Sluzhebnik del 1655, la commemorazione per nome dei vescovi al grande ingresso, [32] così come l'aggiunta "...di voi cristiani ortodossi" alla commemorazione di tutti coloro che pregano, sono entrati per la prima volta nella tradizione moscovita. [33] Nelle litanie, lo Sluzhebnik del 1655 prescrive la commemorazione sia del patriarca che del vescovo locale – pare qui sia avvenuta una semplice unificazione delle forme di commemorazione delle edizioni moscovita e ucraina della prima metà del XVII secolo; le commemorazioni nelle litanie sia del patriarca che del vescovo locale contemporaneamente divennero successivamente la norma per la tradizione ecclesiastica russa, mentre all'esclamazione "In primo luogo..." secondo lo Sluzhebnik del 1655, il sacerdote dovrebbe commemorare solo il patriarca di Mosca, mentre la commemorazione del vescovo locale era relegata al dittico diaconale dopo tale esclamazione (p. 328-329).

Un'innovazione non meno sorprendente (a dir poco) dello Sluzhebnik del 1655 fu l'inclusione nell'ordine della commemorazione liturgica per nome (!) non solo del patriarca di Mosca, ma anche dei quattro patriarchi orientali alla Proscomidia. Qui hanno il seguente ordine: "l'intero episcopato degli ortodossi", i patriarchi di Mosca, Costantinopoli, Alessandria, Antiochia, Gerusalemme (tutti per nome) e, infine, il vescovo locale (f. 195-195v). [34]

Un'altra importante innovazione dello Sluzhebnik nikoniano fu un cambiamento nel titolo del patriarca di Mosca: al posto della formula degli sluzhebniki a stampa pre-nikoniani, "del nostro presule nome il santissimo patriarca", lo Sluzhebnik del 1655 prescrive il seguente uso: "del nostro presule nome il santissimo arcivescovo di Mosca, patriarca di tutta la Grande e Piccola Rus’" (si veda, per esempio, p. 328). [35] Tale forma del titolo, da un lato, emulava il titolo del patriarca di Costantinopoli ("il santissimo arcivescovo di Costantinopoli e patriarca ecumenico") e dall'altro richiamava il titolo dello tsar russo ("Sovrano tsar e gran principe, autocrate di tutta la Grande, Piccola e Bianca Rus’"). È interessante notare che il patriarca di Costantinopoli Paisios I riconobbe questo titolo quando riconobbe il diritto del patriarca di Mosca all'eparchia della Piccola Rus'. Nella famosa Gramota sinodale del 1654, che servì principalmente come pieno appoggio alle riforme liturgiche avviate da Nikon, [36] il patriarca Paisios, insieme a una schiera di vescovi, chiama Nikon "patriarca di Mosca, della Grande e Piccola Rus'," ecc. (Τῷ μακαριωτάτῳ καὶ εὐσεωεστάτῳ πατριάρχῃ Μοσχοβίας, Μεγάλης τε καὶ Μικρᾶς Ῥωσίας, καὶ πολλῶν ἐπαρχιῶν τῶν κατὰ γῆν καὶ θάλλαταν παντὸς βοῤῥείου μέρους κυρίῳ ΝΙΚΟΝΙ ἀδελφῷ καὶ συλλειτουργῷ ἡμῶν). [37] Estratti di questa gramota furono inclusi nell'edizione degli sluzhebniki del 1656, 1657 (due diverse edizioni) e 1658 (due diverse edizioni). [38]

La successiva edizione dello Sluzhebnik apparve a Mosca solo nel 1667 e tenne conto dei risultati del Grande Concilio di Mosca del 1666-1667. In questa edizione (come nelle ristampe del 1668, 1670 e 1671), la commemorazione dei patriarchi orientali ha raggiunto la massima forma nella storia dell'intera tradizione russa: contrariamente alle edizioni nikoniane, tutti e quattro i patriarchi orientali sono ricordati da nome, non solo alla Proscomidia, ma anche nel dittico diaconale dopo l'esclamazione "In primo luogo, ricordati...", insieme al patriarca di Mosca (il cui titolo è stato accorciato rispetto alle edizioni nikoniane). Si può dire con grande sicurezza che questa aggiunta al dittico (che era proclamata sia nelle celebrazioni archieratiche che in quelle sacerdotali!) aveva lo scopo di convincere il clero e i fedeli russi che il processo al patriarca Nikon era legittimo, ma che la riforma avviata da Nikon era pienamente avallata da tutti e quattro i patriarchi orientali e quindi sarebbe proseguita senza di lui.

La commemorazione per nome dei patriarchi orientali ad ogni liturgia fu rimossa solo durante il patriarcato di Ioakim. La ragione di ciò era l'impossibilità tecnica di avere costantemente informazioni sul nome dei patriarchi orientali, che spesso cambiavano secondo i capricci delle autorità ottomane: "Negli sluzhebniki, [i nomi] dei santissimi patriarchi ecumenici... non erano stampati perché non c'erano notizie precise sui loro nomi”. [39] Di conseguenza, negli sluzhebniki a partire dall'edizione del 1676, la commemorazione alla Proscomidia assunse una forma come questa: "dell'intero episcopato degli ortodossi, del nostro santissimo patriarca nome, e dei santissimi patriarchi ortodossi" (poi del vescovo locale, ecc.), [40] mentre il dittico diaconale fu riportato alla forma nello Sluzhebnik del 1655 con la commemorazione del patriarca (ma con il titolo abbreviato), del vescovo ordinario e delle autorità secolari, ma assieme ai patriarchi orientali.

Nel 1677 apparve la prima edizione stampata della forma archieratica della Divina Liturgia nella tradizione russa, come parte di un libro intitolato Chinovnik arkhierejskogo svjashchennosluzhenija. [41] Qui apparve nell'ordine della Liturgia un altro punto per la commemorazione del nome dei vescovi, il cosiddetto pokhvala (greco, φήμη). Nell'edizione del 1677, include il nome del patriarca di Mosca, dello tsar, della tsarina e dello tsarevich, nonché la menzione generalizzata dell'episcopato ("metropoliti, arcivescovi e vescovi"), dei principi e dei boiardi, dell'esercito e di tutti i cristiani ortodossi. Al grande ingresso in una celebrazione patriarcale, era indicato di commemorare "i santissimi patriarchi ortodossi" e l'episcopato in generale (senza nomi), e in una celebrazione archieratica, il patriarca di Mosca (per nome) e il resto dell'episcopato. Una forma analoga è descritta per la commemorazione nell'esclamazione "In primo luogo, ricordati..."; nel dittico che lo segue, il diacono commemora dalla gerarchia solo il patriarca di Mosca e il vescovo locale.

5. La codificazione finale della tradizione del XVIII secolo

Dal 1676-1677 al 1721, non cambiarono le forme della commemorazione della gerarchia ecclesiastica nelle edizioni moscovite dell'ordine della Liturgia. Vi sono tuttavia prove archiviali che negli anni 1710, nell'era del mandato del metropolita Stefan (Javorskij), durante il periodo in cui era sotto inchiesta a causa della vicenda dello tsarevich Alexej, la commemorazione del patriarca di Mosca nella Liturgia potrebbe essere stata cambiata in una commemorazione dei patriarchi orientali. [42]

Nel 1721, con l'istituzione del Santo Sinodo, la commemorazione del patriarca di Mosca nell'ordine della Liturgia fu mutata in commemorazione del Sinodo, mentre il dittico diaconale fu sottratto all'ordine della Liturgia sacerdotale e conservato solo nella Liturgia archierathica. La commemorazione dei patriarchi orientali (senza nomi), tuttavia, è stata conservata all'interno della commemorazione alla Proscomidia: "... l'intero episcopato degli ortodossi", il Santo Sinodo, "i santissimi patriarchi ortodossi", il vescovo locale. Nelle litanie si commemoravano il Santo Sinodo e il vescovo ordinario; al Grande Ingresso, il Sinodo e la famiglia imperiale; all'esclamazione "In primo luogo...", solo il Sinodo (in una celebrazione archieratica, uno dei sacerdoti concelebranti commemorava in seguito il vescovo celebrante). Alla celebrazione da parte del primo esponente del Santo Sinodo, il dittico diaconale dopo l'esclamazione "In primo luogo..." poteva, a discrezione del primate, includere la commemorazione nominativa dei quattro patriarchi orientali. [43]

Nel XVIII secolo fu raggiunta e finalizzata l'uniformità della pratica liturgica russa e ucraina, anche per quanto riguarda la forma della commemorazione dei vescovi nella liturgia. Solo i vecchi credenti, che non riconobbero i libri nikoniani e successivamente stamparono e mantennero i modelli moscoviti pre-nikoniani, [44] così come gli uniati, conservarono le loro tradizioni particolari. Così, nelle pubblicazioni uniate del XVIII secolo, incontriamo varie forme di commemorazione, originarie delle edizioni di Vilnius della fine del XVI-inizio del XVII secolo, degli sluzhebniki di Pietro (Mogila), degli sluzhebniki di Kiprian (Khozhovskij), dei metropoliti uniati di Kiev (1674-1693). [45] In particolare, nello Sluzhebnik di Kiprian (Khozhovskij) (Vilnius, 1692), alla Proscomidia è prescritto di commemorare prima "il nome del vescovo ecumenico, papa di Roma", poi i re, l'arcivescovo e "l'intero episcopato degli ortodossi" (f. 82); mentre all'esclamazione "In primo luogo ricordati..." o il papa di Roma o "il nostro santissimo arcivescovo" (f. 94r.; molto probabilmente la prima variante era destinata alle celebrazioni archieratiche e la seconda alle celebrazioni sacerdotali). [46]

Il 17 (30 novembre 1917), dopo la restaurazione del patriarcato da parte del Concilio locale della Chiesa russa e l'ascesa al trono patriarcale del metropolita Tikhon di Mosca, fu presa la decisione di sostituire la commemorazione del Sinodo con la commemorazione del patriarca. Di conseguenza, è nata la seguente tradizione: alla Proscomidia sono menzionati prima "i santissimi patriarchi ortodossi", poi il patriarca di Mosca e il vescovo locale. Nelle litanie e all'esclamazione "In primo luogo..." si commemora il patriarca di Mosca e il vescovo locale. In una celebrazione archieratica, a questa esclamazione chi presiede fa memoria del patriarca e poi uno dei concelebranti fa memoria di chi presiede. Segue il dittico diaconale con la commemorazione del patriarca e del vescovo che presiede. In una liturgia patriarcale, la commemorazione nominativa di tutti i primati delle Chiese locali avviene nel "pokhvala" prima del Trisagio [47] e al Grande Ingresso. [48] Questa tradizione è stata fissata a stampa con la pubblicazione dello Sluzhebnik del 1958 [49] e del libro dell'ordine dei servizi archieratici del 1982-1983. [50]

Conclusioni

Le forme di commemorazione della gerarchia ecclesiastica alla Divina Liturgia nella tradizione russa e ucraina hanno subito tutta una serie di cambiamenti, prevalentemente nel XVII secolo. Tali forme dimostrano in parte una deviazione dalla pratica bizantina e russa antica di commemorare direttamente solo il vescovo ordinario (commemorazione del patriarca insieme al vescovo locale; commemorazione di due o tre vescovi contemporaneamente: il patriarca, il metropolita e/o il vescovo locale – in una singola esclamazione) e rispecchiano in parte il corso dei processi storico-ecclesiastici del XVII secolo e successivi. In particolare, quest'ultimo dovrebbe includere l'apparizione all'interno della Liturgia della commemorazione separata dei patriarchi orientali, prima in Ucraina, non solo e non tanto come segno della subordinazione gerarchica dei suoi vescovi al patriarca di Costantinopoli, ma piuttosto come un simbolo di impegno per l'Ortodossia e di rifiuto dell'Unia; poi a Mosca, come simbolo dell'unità dell'intero mondo ortodosso, anche sul piano dell'unificazione della pratica liturgica. All'interno dell'ordine della Proscomidia, questa commemorazione è conservata nelle edizioni russa e ucraina fino ai giorni nostri.

Note

[1] Così, per esempio, nell'Eucologio RBN greco 226 e Crypt. G.b.VII (X secolo), ecc.

[2] Così, per esempio, nell'Eucologio Crypt. G.b.IV (XI secolo), Vaticano gr. 1863 (1154-1189), Vaticano Barberini gr.345 (XII secolo), e così via.

[3] E non solo la seconda (la sua connessione con l'Italia meridionale era già stata segnalata da A. Strittmatter: "Missa graecorum", "Missa Sancti Johannes Crisostomi": La più antica versione latina delle liturgie bizantine di san Basilio e di san Giovanni Crisostomo, Ephemerides Liturgicae 55 (1941), 84-85. Si veda anche, R.F.Taft, Una storia della Liturgia di San Giovanni Crisostomo, vol. 4, dittici, Orientalia Christiana Analecta 238, (Roma, 1991), pp 138-139.

[4] A sua volta, una differenza nella forma della commemorazione nell'esclamazione Ἐν πρώτοις μνήσθητι, Κύριε attestata nei sopra elencati codici dell'Italia Meridionale (con la stessa forma di commemorazione del vescovo nelle litanie) è probabilmente dovuta al fatto che una parte del manoscritto riflette la pratica del servizio liturgico da parte del presbitero, secondo la quale il sacerdote pronuncia un'esclamazione citando il suo vescovo ordinario, mentre l'altra parte è la pratica del servizio episcopale, quando il vescovo commemora "l'intero episcopato..." in generale. Una forma così impersonale di commemorazione riflette indubbiamente le peculiarità dell'organizzazione della vita ecclesiastica del clero di lingua greca nell'Italia meridionale (si veda, per esempio: N.D. Protasov, Il monachesimo greco nell'Italia occidentale e la sua arte ecclesiale (Sergiev Posad, 1915). Al di fuori dell'Italia meridionale (o, più in generale, delle regioni occidentali di presenza greca), tale commemorazione impersonale era utilizzata nelle funzioni patriarcali della Liturgia (vedi sotto).

[5] Taft, I dittici, p. 136 n. 74.

[6] A. A. Dmitrievskij, La stesura dei manoiscritti liturgici, conservati nelle biblioteche dell’Oriente ortodosso, T. 1: Εὐχολόγια (Kiev, 1901), p. 313. Una composizione simile dei dittici, e non solo a Costantinopoli, è attestata anche in altre fonti: Taft, I dittici, p. 149.

[7] G. Hofmann (a cura di), Orientalium Documenta Minora, Concilium Florentinum documenta et scriptores, ser. A. Vol. 3, fac. 3 (Roma, 1953), pp. 49-50. Per maggiori dettagli, vedi Taft, I dittici, pp. 134-137.

[8] NF Krasnosel'tsev, Materiali per la storia della celebrazione della liturgia di san Giovanni Crisostomo. (Kazan, 1889), p. 13.

[9] Ibidem, pp. 44-45. Si può ipotizzare che questa formula rappresenti una contaminazione di due varianti della commemorazione all'esclamazione Ἐν πρώτοις μνήσθητι, Κύριε, già discussa sopra.

[10] Per esempio, nella Liturgia di san Giovanni Crisostomo nello Sluzhebnik GIM, Sin. 604 (inizio XIII secolo); nella Liturgia di san Basilio il Grande nello Sluzhebnik RNB Solov. 1016/1125 (metà del XIV secolo), ecc.

[11] Non è quindi casuale che una lettura analoga si trovi nella parte più antica (medio bulgaro) dello Sluzhebnik GIM, Khlud. 117 (XIII secolo), che conserva anche alcune delle caratteristiche delle più antiche traduzioni slave di libri liturgici bizantini. Vedi: diacono M. Zheltov, "Chin bozhestvennoj liturgij v drevneishikh (XI-XIV vv.) slavianskikh Sluzhebnikakh", Bogoslovskie Trudy 41 (2007), p. 344.

[12] Cfr. l'ordine della liturgia archieratica composto dall'arcivescovo di Novgorod e poi metropolita di Mosca san Macario (sacerdote M. Zheltov, "Chin arkhiereiskoj liturgii v Russkoj Tserkvi v seredine XVI veka: svidetel'stvo Velikikh Minei-Chet'ikh svt. Makarija, mitropolita Moskoskgogo", Sretenskij Sbornik 6 (2016), pp. 141-178). Non è chiaro chi commemorasse lo stesso metropolita all'esclamazione "In primo luogo..."

[13] Cfr., per esempio, il manoscritto BAN, 21. 4. 13. (XVI secolo), f. 25r. Non è del tutto chiaro se l'istruzione di commemorare il patriarca "ecumenico" (cioè il patriarca di Costantinopoli) fosse per il metropolita o se fosse estesa a tutti i vescovi.

[14] Fino alla prima metà del XVII secolo, anche nella tradizione russa era prescritto che il vescovo leggesse di nascosto l'intero rito della Proscomidia nella chiesa durante le Ore, mentre il sacerdote eseguiva la Proscomidia stessa all'altare.

[15] BAN 21. 4. 13 (XVI secolo), f. 4.

[16] Cfr.: RF Taft, A History of the Liturgy of St John Chrysostom, vol. 2, The Great Entrance, Orientalia Christiana Analecta 200, (Roma, 1975), pp. 227-234.

[17] Ciò ebbe come presupposto l'intensificarsi dei legami greco-russi: nel 1589 vi fu, infatti, un'ingerenza senza precedenti negli affari della metropolia sud-occidentale da parte del patriarca di Costantinopoli Jeremias I, che provocò una crisi su vasta scala (sebbene la crisi si stesse preparando fin da prima, quindi è impossibile ridurla solo al fatto di questa interferenza). A sua volta, il patriarca si ritrovò nelle terre dello Stato polacco-lituano unicamente a causa del suo viaggio a Mosca. Nella storiografia greco-cattolica, è opinione diffusa che il progetto dell'Unia sia stato favorito dall'elevazione della sede di Mosca allo status patriarcale – gli ortodossi della metropolia di Kiev avrebbero visto ciò come una minaccia alla loro indipendenza – ma i documenti originali degli anni 1590 (principalmente la corrispondenza tra i leader della futura Chiesa uniate russa) non confermano tale opinione.

[18] La stessa apparizione di Theophanes III a Kiev fu possibile solo grazie al suo viaggio a Mosca.

[19] Chiamare "ecumenici" tutti e quattro i patriarchi orientali – e non solo quello di Costantinopoli – era tipico della Russia del XVII e del primo quarto del XVIII secolo. Si veda: M.V. Zhivov, Iz tserkovnoj istorij vremen Petra Velikovo: Issledovanija i materialy (Mosca, 2004), pp. 114-115.

[20] Lo tsar Feodor Ioannovich menziona il suo ordine di includere tale commemorazione nella liturgia nella sua lettera al patriarca Geremia I. Vedi: Posol'skaja kniga po svjazjam Rossij s Gretsiej, pravoslavnymi ierarkhami i monastyriami, a c. di M.P. Lukinchev e N.M. Rogozhin (Mosca, 1988), pp. 114-115.

[21] Il saggio si basa sulle rubriche del Messale Romano e in seguito divenne un modello per rubriche simili nel Trebnik di Pietro Mogila e poi nella "Nota educativa" nello Sluzhebnik di Mosca.

[22] V. Sluzhebnik (Kiev, 1629), p. 168.

[23] Ciò per quanto riguarda il dittico specifico e non la commemorazione personale: nello Sluzhebnik, alla fine del "pommenik" è indicato come coincidente con la fine tradizionale del dittico e la risposta del coro ad esso.

[24] In contrasto con la tradizionale formula bizantina di commemorazione al grande ingresso, qui vengono aggiunte le parole "cristiani ortodossi".

[25] Cfr., per esempio: Sluzhebnik (Kiev, 1629), p. 40-41. Pietro (Mogila) ha chiaramente tentato di scrivere nuove commemorazioni nominatrive nell'antica forma tradizionale ("Il Signore Dio si ricordi di tutti voi...").

[26] Cfr., per esempio: Sluzhebnik (Kiev, 1629), p. 128 con l'aggiunta di "cristiani ortodossi" nella commemorazione al grande ingresso.

[27] In queste parole è impossibile non notare la teologia cattolica del sacramento dell'ordinazione con il suo classico servizio ecclesiastico di ordines maiori e ordines minori.

[28] Ibidem, 127-128.

[29] Così come in Georgia, ecc.

[30] Il vescovo Gedeon fu dapprima sostenitore della "liberazione dalla schiavitù" – cioè dalla subordinazione al patriarca di Costantinopoli – concludendo l'Unia con Roma. Dopo la conclusione dell'Unia, mantenne la fede ortodossa e ricevette, insieme a Cirillo Lucaris e al principe Costantino Ostrozhskij, la carica di esarca del patriarca di Costantinopoli nella metropolia di Kiev, guidandola di fatto. Il testo dello Sluzhebnik del vescovo Gedeon, basato su due precedenti edizioni dello Sluzhebnik alla tipografia Mamonich (Vilnius, 1583; Vilnius, 1598), è stato sostanzialmente rivisto secondo il modello delle edizioni greche a stampa del XVI secolo.

[31] Cfr.: A.A. Dmitrievskij, Ispravlenie knig pri patriarkhe Nikone i posledujushchikh patriarkhakh, testo preparato e pubblicato da A. V. Kravetskii (Mosca, 2004).

[32] Sfortunatamente, non era in quella forma che fu introdotta negli Sluzhebniki kievani curati da Pietro (Mogila), combinando con grazia le vecchie e le nuove tradizioni (vedi sopra), ma nella forma precedente e meno riuscita dell'edizione di Stryatin del 1604.

[33] Sebbene a Mosca, contrariamente all'Ucraina e alla Polonia (vedi sopra), tale aggiunta non avesse praticamente alcun significato.

[34] Lo Sluzhebnik del 1655 è talvolta numerato per pagina e talvolta per folio.

[35] Sulle modifiche della titolazione dei patriarchi di Mosca nel corso del XVII secolo, si veda: OB Strakhova, "Ofitsial'naia titulatura russkikh patriarkhov v izdanjakh Moskovskogo Pechatnogo dvora (1589-1700 gg.)". Paeleoslavica 15.2 (2007), 117-206.

[36] Cfr.: "Gramota Konstantinopol'skogo patriarkha Paisija I k Moskovskomu patriarkhu Nikonu". Khristianskoe chtenie 3-4 (1881), 305-353; 4-5 (1881), 539-595.

[37] Nelle sue obiezioni al nostro articolo sulla rivista Tserkov' i vremja, pubblicato sul portale Internet Cerkvarium, Konstantin Vetoshnikov afferma: "... il fatto che un dato titolo sia stato utilizzato solo in un documento in uscita non prova assolutamente la sua approvazione o riconoscimento", in quanto, secondo lui, "in quell'epoca la cancelleria patriarcale nei documenti indirizzati agli stranieri trascriveva il titolo dai documenti pervenuti, spesso non comprendendoli a metà, non traducendoli, e persino distorcendoli nella traslitterazione". Non si può essere d'accordo con questo ragionamento: le figure ecclesiastiche greche capivano benissimo ciò che Nikon intendeva. Paisios Ligarides cita tra le accuse contro Nikon, "Ha offeso il trono ecumenico impadronendosi della sede di Kiev, la sua prima città del trono di Vladimir pari agli apostoli, desiderando che lo commemorassero solennemente come 'Nikon, per misericordia di Dio, arcivescovo di Mosca e patriarca di tutta la Grande, Piccola e Bianca Russia'”. Vedi: N.F. Kapterev, Patriarkh Nikon i tsar' Aleksej Mikhailovich, vol. 2 (Sergiev Posad, 1912), 334. Nonostante Vetoshnikov, il titolo di "Patriarca di Mosca, Grande e Piccola Russia" fu senza dubbio approvato dal patriarca Paisios I abbastanza deliberatamente, probabilmente impressionato dai risultati della ribellione dell'atamano Bogdan Khmelnitskij e le decisioni prese dal Concilio di Perejaslav.

[38] Dmitrievskij, Ispravlenie knig, 66-77.

[39] Ibidem, 82.

[40] Sluzhebnik (Mosca, 1676), f. 83.

[41] Un'edizione con un titolo simile era già apparsa a Mosca sotto il patriarca Filaret, ma non conteneva l'ordine della Divina Liturgia. Si veda: A.V. Voznesenskij, "K voprosu ob izdanii v donikonskoe vremja v Moskve Chinovnika arkhiereiskogo svjashchennosluzhenija", Vestnik NGU. Serie: Istoriia, filologia, 10.8 (2011), 113-121.

[42] Zhivov, Ukaz. soch., 91-94.

[43] Dmitrievskij, Ispravlenie knig, 95-100.

[44] Paradossalmente, le edizioni ucraine della prima metà del XVII secolo avevano un certo grado di autorità per i vecchi credenti, nonostante fossero la fonte principale per lo Sluzhebnik nikoniano del 1655.

[45] Cfr.: L.D. Gutsjak [metropolita di Winnepeg della Chiesa greco-cattolica ucraina], Bozhestvenna liturgija Ioana Zolotoustogo v Kijvskij mitropolij pislia unij z Rimom (period 1596-1839 rr.) (Lviv, 2004), 185-186, 324- 331.

[46] Nella nomina del papa di Roma "ecumenico" e con l'aggiunta della parola "degli ortodossi" a "episcopato" si dovrebbe probabilmente percepire l'influenza delle edizioni ortodosse ucraine della prima metà del XVII secolo.

[47] Il "pokhvala" è esclamato dall'arcidiacono con la ripetizione delle sue esclamazioni da parte dei sacerdoti e del coro.

[48] Lo stesso patriarca pronuncia i nomi.

[49] P. V. Urzhumtsev, [Recensione del libro:] Sluzhebnik. Edizioni del Patriarcato di Mosca. Mosca, 1958 . Rivista del Patriarcato di Mosca 4 (1960), 75-76.

[50] P.V. Urzhumtsev, [Recensione del libro:] Chinovnik arkhierejskogo svjashchennosluzhenija. Edizioni del Patriarcato di Mosca. vol. 2. Mosca, 1983. Rivista del Patriarcato di Mosca 11 (1983), 80.

 
Due testi sulla pratica del battesimo

Abbiamo tradotto in italiano dal portale Pravmir e presentiamo nella sezione “Ortoprassi” dei documenti una collezione di due testi sulla pratica del battesimo, scritti da sacerdoti del Nuovo Mondo, rispettivamente in Texas e in Canada. Padre Aidan Wilcoxson risponde alle obiezioni sul battesimo dei bambini tipiche della maggior parte delle denominazioni cristiane della sua zona, mentre padre Lawrence Farley ci spiega il ruolo indispensabile dei padrini di battesimo nel far lavorare quelli che devono avere la “parte del leone” nell’educazione cristiana, e cioè i genitori.

 
I patriarchi Bartolomeo e Theodoros servono per la prima volta con il primate scismatico Dumenko

foto: fosfanariou.gr

Ieri sera e questa mattina, i patriarchi Bartolomeo di Costantinopoli e Teodoro di Alessandria hanno pregato e servito per la prima volta con il "metropolita" Epifanij Dumenko, capo della "Chiesa ortodossa dell'Ucraina" scismatica.

Il Patriarcato di Costantinopoli è entrato in comunione con due gruppi di scismatici ucraini nell'ottobre 2018 e li ha fusi in un nuovo gruppo scismatico in dicembre. Il patriarca Theodoros ha commemorato per la prima volta il non ordinato Dumenko un anno dopo, nel novembre 2019, una decisione da lui presa unilateralmente, senza il voto del Santo Sinodo di Alessandria.

Fino a ieri i patriarchi avevano concelebrato con "vescovi" della "Chiesa ortodossa dell'Ucraina" priva di grazia, ma mai con Dumenko.

La concelebrazione è avvenuta in occasione del 60° anniversario dell'ordinazione diaconale del patriarca Bartolomeo, celebrata nella sua isola natale di Imbros, in Turchia.

Dumenko ha guidato il servizio serale nella chiesa di san Giorgio nel villaggio di Agios Theodoros, mentre i due patriarchi hanno pregato nella chiesa insieme ai vescovi delle Chiese di Grecia e Cipro e altri vescovi di Costantinopoli e scismatici, come riferisce la "Chiesa ortodossa dell'Ucraina".

E questa mattina, i patriarchi e altri vescovi hanno concelebrato per la prima volta la Divina Liturgia con Dumenko.

Hanno in programma di concelebrare nuovamente durante la prossima visita del patriarca per la celebrazione del 30° anniversario dell'indipendenza dell'Ucraina.

 
Cronache dalla follia

Mentre i media americani, a partire dal Wall Street Journal, incominciano a far trapelare l’enormità del genocidio in atto nel Donbass, la giunta ucraina continua a negare la realtà (o forse solo a voler far credere di negare la realtà) con una ostinazione tale da lasciare storditi. Saker cerca di riflettere su questo stato di bugia istituzionale in un articolo del suo blog, che riportiamo nella sezione “Geopolitica ortodossa” dei documenti.

 
L'arrivo del patriarca Bartolomeo: protestare o chiedere un incontro?

il patriarca Bartolomeo deciderà di venire a un incontro con i credenti della Chiesa ortodossa ucraina? Foto: Unione dei giornalisti ortodossi

Il capo del Fanar non intende cancellare la sua visita. Deciderà di venire? Ed è il caso di chiedere un incontro dopo le proteste contro il suo arrivo?

Negli ultimi mesi, i fedeli della Chiesa ortodossa ucraina hanno protestato in vari modi contro l'arrivo del patriarca Bartolomeo in Ucraina. Durante la Grande processione della Croce del 2021, che ha riunito 350.000 fedeli, si potevano vedere nelle mani dei fedeli manifesti che chiedevano che il patriarca Bartolomeo non venisse nel nostro paese. Dopo un po', in alcune diocesi, è iniziato il flash mob #STOPBARTOLOMEO.

I credenti, sia nei centri eparchiali che nei piccoli villaggi, non hanno risparmiato tempo e fatica, hanno scritto manifesti contro l'arrivo del patriarca Bartolomeo in ucraino, inglese, greco e hanno tenuto azioni di protesta.

la comunità della Chiesa ortodossa ucraina a Radyvyliv, regione di Rovno. Foto: Facebook/Jaroslav Voznjak

credenti della Lavra della santa Dormizione a Pochaev. Foto: Facebook/arcivescovo Iona

la comunità della cattedrale del santo principe Aleksandr Nevskij a Melitopol'. Foto: Facebook/Gennadij Elin

la comunità della chiesa della santa Croce della Chiesa ortodossa ucraina nel villaggio di Solgutovo, nella regione di Kirovograd. Foto: Facebook/Evgenij Ilchenko

Tutte queste azioni sono ancora in corso. Ma poiché il patriarca Bartolomeo ha rilasciato una serie di dichiarazioni in cui ha confermato la sua intenzione di venire in Ucraina, i fedeli hanno deciso di chiedere un incontro con lui. Tuttavia, prima di analizzare un cambiamento così netto nella tattica e ipotizzare se sia corretto, è necessario capire come erano le precedenti proteste contro l'arrivo del capo del Fanar e cosa le ha provocate.

Proteste dei credenti contro l'arrivo del capo del Fanar: tecnologie politiche o grido dal cuore?

Alla Grande processione della Croce della Chiesa ortodossa ucraina si potevano vedere molti manifesti che protestavano contro le attività del patriarca Bartolomeo in Ucraina: "Bartolomeo, non seminare disordini!", "San Vladimir, proteggici da Bartolomeo!", "Bartolomeo è uno scisma!", "Dio è amore, Bartolomeo è discordia!", "Vladimir ha unito la Rus' con il Battesimo, Bartolomeo la divide con il Tomos!", "Dio è amore, Bartolomeo è rapina!", "Bartolomeo, non rubare le nostre chiese!", "Fermate le incursioni di Bartolomeo!", ecc.

Gli oppositori della Chiesa ortodossa ucraina hanno dichiarato che tutto questo era un'azione politica "dall'alto verso il basso" e che le persone erano quasi costrette a scrivere e portare questi manifesti. Ma se osserviamo da vicino i cartelli "anti-Bartolomeo", vedremo che sono quasi tutti prodotti artigianali. Molto probabilmente sono stati realizzati dalle stesse persone che li tenevano in mano poiché tutti i poster avevano un aspetto diverso. Questa non è un'azione centralizzata, non c'è stato alcun coordinamento. Non ci sono segni che queste proteste siano state avviate "dall'alto". Questa è sicuramente un'iniziativa dal basso. Inoltre, non c'erano così tante persone con manifesti "anti-Bartolomeo". Tuttavia, nella mente dei credenti, la gioia della festa del Battesimo della Rus' supera di gran lunga la tristezza dell'arrivo del patriarca Bartolomeo in Ucraina. Chi ha preso parte alla processione religiosa o almeno è stato vicino ha potuto sentire l'indescrivibile atmosfera di gioia, di preghiera e di unità che c'era. I motivi di protesta semplicemente annegavano in questa atmosfera ed erano lontani dai fattori di spinta dominanti dietro la Grande processione della Croce.

credenti con cartelli di protesta sulla collina di Vladimir. Foto: Klimenko Time

Si può affermare con certezza che i cartelli "anti-Bartolomeo" non sono solo un'iniziativa dal basso, ma un grido di cuore di quei cristiani che hanno percepito in prima persona "l'amore della Chiesa madre" sotto forma di sequestri di chiese, percosse e minacce. Si possono capire queste persone: le chiese da loro costruite, riparate e decorate con i propri soldi sono state portate via, la loro stessa vita e la loro salute sono state messe in pericolo, sopportano il peso del bullismo fisico e psicologico da parte dei sostenitori della "Chiesa ortodossa dell'Ucraina". E uno dei principali iniziatori di questa violenza è il patriarca Bartolomeo. È stato lui a dare il via ai sequestri e alle risse nei villaggi, ed è lui il responsabile di tutto ciò che sta accadendo lì. In tutta onestà, va notato che prima della storia del Tomos in Ucraina ci sono stati sequestri di chiese, ma dopo l'intervento del patriarca Bartolomeo, questi processi hanno raggiunto un livello qualitativamente nuovo e sono divenuti quasi parte della politica interna. Non sorprende quindi che coloro che hanno sofferto per "l'amore della Chiesa madre" esprimano il loro atteggiamento nei suoi confronti e lo spingano a cambiare idea.

Per esempio, il rettore della comunità perseguitata della santa Protezione della Chiesa ortodossa ucraina nel villaggio di Godomychi, nella regione della Volinia, padre Ioann Shkabura, dice quanto segue: "Io sono un prete ordinario. E non importa come sia il patriarca, non sono degno di condannare le sue azioni, tutti saranno responsabili davanti a Dio per le loro vite. Tuttavia, il patriarca, commettendo tali atti, deve ricordare che al giudizio finale sarà molto difficile rispondere per loro. Speriamo che il Signore lo riporti in sé". Notate che in queste parole non c'è odio, nessuna minaccia, nessun desiderio di vendetta. C'è solo rammarico che l'anima del patriarca Bartolomeo prima o poi dovrà vedere tutte le conseguenze delle sue azioni, tutte le lacrime dei credenti e tutti i dolori che ha portato loro, e dare a questo una risposta prima del giudizio imparziale di Dio.

Matushka Uljana Taborovets dal villaggio di Berest'e della regione di Rovno, che ha difeso la sua chiesa dai predoni della "Chiesa ortodossa dell'Ucraina" mentre era negli ultimi mesi di gravidanza, ha detto in modo più duro: "Egli (il patriarca Bartolomeo, ndc) presto andrà davanti a Dio e guarderà Dio negli occhi. Cosa dirai, uomo? Sì, dico "uomo" perché non lo considero più un patriarca in quanto ha infranto i canoni. Egli stesso è divenuto uno scismatico da quando ha riconosciuto gli scismatici. Cosa ha fatto? <...> Io non ho il diritto di giudicare, solo le azioni possono essere condannate. Ma questo è terribile. È terribile, quanto male ha fatto, quante lacrime e sangue sono stati versati in altre chiese, per quanto ne so". Sì, è un linguaggio forte, ma è vero. I credenti del villaggio di Berest'e sono stati privati ​​non solo della loro chiesa, ma anche di una casa di preghiera e persino di una cappella nel cimitero.

Cioè, tutti questi cartelli "anti-Bartolomeo" come tutte le proteste in generale sono la voce del popolo sofferente.

Arriveranno nuovi sequestri?

Le proteste contro la visita del patriarca Bartolomeo in Ucraina per celebrare il giorno dell'Indipendenza non sono solo una reazione al male che è già stato fatto contro le comunità della Chiesa ortodossa ucraina ma anche un tentativo di impedire l'ulteriore diffusione di questo male. Sergej (Epifanij) Dumenko, il capo della "Chiesa ortodossa dell'Ucraina", fa quasi capire che i sequestri di chiese e altre violenze avverranno sicuramente in connessione con l'arrivo del capo del Fanar: "Coloro che erano pronti hanno preso una decisione (di trasferirsi nella "Chiesa ortodossa dell'Ucraina", ndc). Ma ci sarà un'altra ondata. E non più piccola ma più grande. Perciò loro (quelli della Chiesa ortodossa ucraina, ndc) hanno un certo timore dell'arrivo del patriarca ecumenico in Ucraina” (da un'intervista a Radio Liberty del 24 aprile 2021). Va chiarito che il termine "trasferimento" di comunità alla giurisdizione della "Chiesa ortodossa dell'Ucraina", utilizzato costantemente dagli aderenti alla "Chiesa ortodossa dell'Ucraina", significa di fatto nella maggior parte dei casi il loro sequestro coattivo o la loro illegittima reiscrizione.

Inoltre, una nuova ondata di sequestri è stata discussa durante l'incontro di Sergej Dumenko con il capo del Dipartimento di Stato americano Antony J. Blinken durante la visita di quest'ultimo a Kiev nel maggio 2021. A seguito dei colloqui, il servizio stampa della "Chiesa ortodossa dell'Ucraina" ha riferito: "Particolare attenzione durante il breve <...> ma significativo incontro è stata dedicata al tema della formazione della Chiesa ortodossa dell'Ucraina, dell'importanza di rimuovere gli ostacoli artificiali nella libertà, basata sui principi della libertà di coscienza, della determinazione dell'appartenenza alle comunità". Che cosa in realtà significhi "libera determinazione dell'appartenenza alle comunità" è detto sopra.

Pertanto, le proteste contro l'arrivo del patriarca Bartolomeo in Ucraina sono un'espressione naturale da parte delle persone che non vogliono il rinnovo degli incubi precedenti e di tali attitudini nei confronti di ciò che sta accadendo.

Cosa c'entra il patriarca Bartolomeo con l'Ucraina?

Facciamo uno spoiler: niente.

Tuttavia, ci proponiamo di analizzare questo problema in dettaglio, dal punto di vista della dichiarazione della promotrice della "Chiesa ortodossa dell'Ucraina" Jaroslava Mishchenko che coloro che criticano il patriarca Bartolomeo "dovrebbero essere consegnati alla SBU". Quale posizione dovrebbe avere il patriarca Bartolomeo in relazione all'Ucraina, affinché il servizio di sicurezza possa detenere i suoi critici?

Dal punto di vista dello Stato ucraino, il patriarca Bartolomeo è un cittadino straniero che, anche nel proprio Paese (Turchia), è a capo di un'organizzazione religiosa straniera. Inoltre, lo status di questa organizzazione religiosa dal punto di vista dello stato turco è piuttosto specifico. La Chiesa ortodossa di Costantinopoli, o meglio il suo organo direttivo, si trova sul territorio della Turchia, ma in questo stesso paese non ha praticamente alcun gregge. I credenti del Patriarcato di Costantinopoli vivono in altri paesi, principalmente negli Stati Uniti.

Nel diritto internazionale ci sono distinzioni tra le organizzazioni internazionali di diritto pubblico e le organizzazioni internazionali interstatali, che sono stabilite dagli stati e ricevono da loro la loro personalità giuridica. E ci sono organizzazioni internazionali di diritto privato, create da persone fisiche e giuridiche di diversi paesi. Certo, la Chiesa ortodossa locale del Patriarcato di Costantinopoli non appartiene a nessuna delle due categorie, ma ancora una volta, dal punto di vista dello stato, è più vicina alle organizzazioni di diritto privato. E se è così, resta un mistero perché Vladimir Zelenskij abbia invitato il patriarca Bartolomeo alla celebrazione del 30° anniversario dell'indipendenza dell'Ucraina: questa è una festa laica, secondo la Costituzione, la Chiesa è separata dallo Stato, e il patriarca Bartolomeo non ha avuto alcun merito nell'ottenimento dell'indipendenza dell'Ucraina.

Forse, il patriarca Bartolomeo è una persona significativa dal punto di vista della "Chiesa ortodossa dell'Ucraina"? Ma qui arriviamo a una conclusione interessante: formalmente, non lo è. Se credete alle dichiarazioni del capo della "Chiesa ortodossa dell'Ucraina" Sergej (Epifanij) Dumenko e di altre persone che hanno parlato su questo argomento, la "Chiesa ortodossa dell'Ucraina" ha lo status di una struttura religiosa autogovernata, che non ha livelli dirigenziali superiori. Il patriarca Bartolomeo non ha alcun gregge in Ucraina, con l'eccezione di una dozzina di parrocchiani della chiesa di sant'Andrea a Kiev, data al Fanar come stavropegia, cosa che, tra l'altro, è piuttosto controversa dal punto di vista della legislazione ucraina. L'invito a papa Francesco è molto più logico al riguardo perché è il capo riconosciuto di due organizzazioni religiose ucraine: la Chiesa greco-cattolica ucraina e la Chiesa cattolica romana in Ucraina.

L'invito al patriarca Bartolomeo non può che provare il fatto che la "Chiesa ortodossa dell'Ucraina" non ha uno status veramente autocefalo e che dipende dal Fanar, che secondo il testo del Tomos ha il potere di gestire questa organizzazione religiosa e ne è anche la massima autorità giudiziaria.

Perché i credenti hanno deciso di chiedere un incontro con il Fanar

È discutibile se le proteste dei credenti abbiano potuto influenzare la decisione del patriarca Bartolomeo di venire in Ucraina o meno, ma oggi abbiamo non solo la conferma della visita sia dal Fanar che da Kiev, ma anche il programma della visita. Così, il 21 agosto, la cattedrale di san Michele dalle cupole dorate ospiterà un incontro del capo del Fanar con il "clero" della "Chiesa ortodossa dell'Ucraina", e il 22 agosto sarà celebrata una "liturgia" nella cattedrale di santa Sofia a Kiev.

Il 21 agosto, il patriarca Bartolomeo incontrerà il presidente della Verkhovna Rada, Dmitrij Razumkov. L'ONG "Miriane" ("Laici") ha scritto una lettera al patriarca Bartolomeo chiedendo un incontro con lui e invitando i credenti a venire alla Verkhovna Rada alle 9 del mattino per esprimere il loro disaccordo con le azioni del capo del Fanar in Ucraina. "Miriane" ha spiegato gli obiettivi di questo evento sul proprio canale Telegram:

"Il patriarca di Costantinopoli dovrebbe capire che la sua visione della situazione della Chiesa ucraina non ha nulla a che fare con la realtà. Che siamo ucraini con passaporti ucraini, e non la 'Chiesa ortodossa russa in Ucraina', 'agenti dell'FSB' o una marginale 'chiesa inesistente', come lui ci chiama ora. Che siamo un'enorme Chiesa canonica che sta sulla nostra terra da 1033 anni. Che il nostro Primate, sua Beatitudine Onufrij, è il legittimo metropolita di Kiev e di tutta l'Ucraina, e non un "vescovo russo in Ucraina"" .

È giustificato il passaggio dalle proteste contro l'arrivo alla richiesta di un incontro?

Sembra che lo sia. Continuare a protestare contro l'arrivo del Patriarca Bartolomeo quando la questione è già decisa è chiaramente irragionevole. Le proteste hanno senso quando c'è la probabilità che la decisione possa essere cambiata. In questo caso, tutte le parti interessate – il Patriarcato di Costantinopoli, la "Chiesa ortodossa dell'Ucraina" e l'Ufficio del presidente – hanno dichiarato che la visita si svolgerà comunque. In queste condizioni, le proteste contro l'arrivo appariranno marginali. Se si protesta ulteriormente, si deve cambiare accento e protestare contro le azioni del Fanar in Ucraina piuttosto che contro l'arrivo del patriarca Bartolomeo.

Dopotutto, le proteste non sono fini a se stesse. Lo scopo di tutti gli sforzi dei credenti in relazione al Fanar è la consapevolezza da parte dei vescovi del Patriarcato di Costantinopoli della peccaminosità e della dannosità delle loro decisioni in Ucraina affinché il patriarca Bartolomeo le inverta e giunga al ​​pentimento per i loro sanguinosi (letteralmente) risultati. Questo è un risultato massimo e scomodo. Un compito minimo è quello di ridurre o fermare la pressione sulla Chiesa ortodossa ucraina da parte dello Stato, ridurre o fermare i sequestri di chiese e consentire ai credenti della Chiesa ortodossa ucraina di realizzare pienamente i loro diritti alla libertà di coscienza e di religione, così come è garantita ai cittadini ucraini dalla loro Costituzione.

In base a questi scopi vengono scelte le forme di protesta o altre azioni. Sì, sarebbe meglio se il patriarca Bartolomeo si rifiutasse di andare in Ucraina. Ma se questo non si può più evitare, allora si deve cercare di trasmettergli informazioni vere su ciò che sta accadendo nella sfera religiosa del nostro paese e a quali conseguenze hanno portato le sue azioni. C'è ancora la possibilità che il patriarca Bartolomeo non abbia avuto tutta la pienezza delle informazioni, o che queste siano state distorte in modo tale da dargli l'idea di aver fatto la cosa giusta in Ucraina, che grazie alle sue decisioni lo scisma è scomparso, e che gli ucraini "grati" non vedono l'ora della sua visita. La probabilità che il patriarca Bartolomeo sia vittima di un delirio è certamente piccola. E le possibilità che il patriarca Bartolomeo dedichi il suo tempo prezioso ai credenti della Chiesa ortodossa ucraina, da lui "abolita", sono quasi nulle. Ma il fatto è che l'incontro di preghiera annunciato davanti alla Verkhovna Rada non ha solo il patriarca Bartolomeo come destinatario. Si rivolge anche alle autorità ucraine, che vedranno manifestarsi la posizione civile di una parte significativa della società ucraina. È rivolto alle altre Chiese locali che hanno riconosciuto e non hanno riconosciuto il progetto della "Chiesa ortodossa dell'Ucraina". È per loro un promemoria che la Chiesa ortodossa ucraina "abolita" esiste, che è ancora la denominazione più numerosa in Ucraina e che i disertori dai suoi ranghi sono stati pochissimi.

Questo è ciò che dice il messaggio di "Miriane": "Il nostro invito a una riunione mette il patriarca Bartolomeo davanti a una scelta difficile: se la sua coscienza è pulita e davvero si preoccupa della sorte degli ucraini ortodossi come egli dichiara ovunque, verrà e sentirà tutta la verità da parte nostra. E dopo ciò, non sarà in grado di continuare la sua precedente politica. Se il capo del Fanar ignora "il suo gregge" (come ci chiama), allora di fronte al mondo intero confermerà chiaramente l'ipocrisia della sua stessa retorica".

L'incontro di  preghiera è rivolto ai nemici della Chiesa in Ucraina. Non staremo a guardare, ma proteggeremo la nostra Chiesa in tutti i modi legittimi.

L'evento nei pressi della Verkhovna Rada è rivolto anche agli stessi fedeli della Chiesa ortodossa ucraina. Questo è un appello a riunirci attorno al nostro primate, sua Beatitudine il metropolita Onufrij, e realizzare che il destino della Chiesa ortodossa ucraina dipende da ciascuno di noi, incluso chi riceve l'invito.

 
Le preghiere ai santi e le preghiere per i defunti

Sul suo blog On Behalf of All, Gabe Martini analizza la pratica delle preghiere ai santi e il complesso di testimonianze bibliche e patristiche a favore dell’idea stessa dell’intercessione per i defunti e di quella dei giusti defunti per i viventi. Oltre che a sottolineare quanto la storica posizione protestante a riguardo è lontana dalla tradizione della Chiesa (e dalle stesse radici ebraiche del cristianesimo), queste testimonianze ci aiutano a capire meglio il funzionamento della Chiesa come corpo di Cristo. Presentiamo il saggio di Gabe Martini nella sezione “Preghiera” dei documenti

 
Le 5 domande principali sull'incontro di preghiera in vista dell'arrivo del capo del Fanar

i credenti sono incoraggiati a comunicare la loro posizione al patriarca Bartolomeo. Foto: Unione dei giornalisti ortodossi

Alla luce dell'incontro di preghiera alla Verkhovna Rada, annunciato da "Miriane", molti hanno perplessità e domande. Abbiamo raccolto le domande più tipiche.

Il 21 agosto 2021, l'Unione pubblica "Miriane" ha annunciato un'incontro di preghiera presso la Verkhovna Rada , dove i credenti intendono incontrare il capo del Fanar e trasmettergli le loro richieste. Tuttavia, molti cristiani ortodossi hanno dubbi e perplessità al riguardo. I redattori dell'Unione dei giornalisti ortodossi hanno raccolto le domande più tipiche e hanno contattato il capo di "Miriane" Vasilij Makarovskij per commentarle.

Domanda 1: Sua Beatitudine Onufrij ha benedetto quest'incontro di preghiera?

A questa domanda si può rispondere affermativamente, ma con alcuni punti salienti. Vasilij Makarovskij ha ricordato che durante la sua creazione, il gruppo di iniziativa da lui guidato si è incontrato con sua Beatitudine Onufrij, dove i credenti hanno parlato degli obiettivi dell'organizzazione, dei modi e dei metodi per raggiungerli e sono stati benedetti per questa attività. Il 16 agosto "Miriane" ha pubblicato un documento ufficiale della metropolia di Kiev con le seguenti parole del primate: "Che Dio vi benedica in ogni buona azione. 16 agosto 2021, + Onufrij, metropolita".

benedizione del metropolita Onufrij per le attività dell'organizzazione "Miriane". Foto: canale telegram di "Miriane"

Pertanto, la benedizione di sua Beatitudine Onufrij per le attività di "Miriane", comprese le veglie di preghiera presso gli organi statali, è sicuramente presente. Vasilij Makarovskij ha anche ricordato che esistono già diverse rappresentanze regionali in Ucraina, le cui attività sono state benedette dal vescovo ordinario locale.

Quanto alla benedizione per un evento specifico il 21 agosto, questa è testimoniata dalle azioni intraprese, tra l'altro, dalle strutture ufficiali della metropolia di Kiev. Per esempio, il Dipartimento sinodale per l'informazione e l'istruzione della Chiesa ortodossa ucraina ha riferito dell'incontro di preghiera, e nelle chiese di Kiev (e probabilmente, non solo a Kiev), i sacerdoti esortano dal pulpito i credenti a venire all'incontro di preghiera.

Il portavoce della Chiesa ortodossa ucraina padre Nikolaj Danilevich ha praticamente sostenuto questa posizione, definendola utile per la Chiesa: "Certo, i credenti possono e dovrebbero mostrare iniziativa nel proteggere gli interessi della Chiesa, ma tale iniziativa dovrebbe giovare a tutti. Il 21 agosto si terrà un'incontro di preghiera, organizzato dall'Unione pubblica "Miriane", al quale parteciperanno le comunità religiose della Chiesa ortodossa ucraina, comprese quelle colpite dai sequestri della "Chiesa ortodossa dell'Ucraina". I credenti chiederanno al patriarca Bartolomeo come la Chiesa di Costantinopoli intende porre rimedio a ciò che ha fatto in Ucraina. Penso che questa azione sarà utile. Che il patriarca di Costantinopoli pensi a come rispondere".

Tutto ciò dimostra che la gerarchia della Chiesa ortodossa ucraina benedice questa azione, come direbbero gli antichi giuristi romani "actio ex consensus", che significa "consenso in azione". Non può essere diversamente, per la delicatezza di questa situazione. Infatti, a livello ecclesiale ufficiale, la comunione tra la Chiesa ortodossa ucraina e il Patriarcato di Costantinopoli è stata interrotta nel 2018 in virtù della decisione del Concilio dei Vescovi della Chiesa ortodossa ucraina. Pertanto, la partecipazione diretta o indiretta della gerarchia a contatti con i rappresentanti del Patriarcato di Costantinopoli può essere fraintesa. I laici, invece, possono benissimo rivolgersi al Fanar per comunicare direttamente la posizione dei credenti della Chiesa ortodossa ucraina e tutte le loro richieste. Per questo "Miriane" ha scritto una lettera al patriarca Bartolomeo chiedendo un incontro a nome dei laici.

Domanda 2: Perché non c'è unità?

Al momento si conoscono tre iniziative riguardanti l'arrivo di Bartolomeo:

  • il flashmob # StopBartolomeo;
  • l'incontro di preghiera di "Miriane" alla Verkhovna Rada;
  • la Processione della croce dalla collina di Vladimir alla Lavra delle Grotte di Kiev con i ritratti del primate della Chiesa ortodossa russa e lo slogan "Il nostro patriarca è Kirill!"

Le prime due iniziative non violano in alcun modo l'unità della posizione dei fedeli della Chiesa ortodossa ucraina e non si contraddicono a vicenda. Noi esprimiamo il nostro atteggiamento negativo verso le azioni del patriarca Bartolomeo in generale, non solo verso il suo arrivo in Ucraina. Questa posizione è manifestata sia dai flashmob # StopBartolomeo che dall'incontro di preghiera alla Verkhovna Rada, e persino dalla lettera inviata dai laici al Patriarcato di Costantinopoli con la richiesta di un incontro. Del resto, se diamo un'occhiata al testo di questa lettera, vedremo che "Miriane" non esprime il desiderio di avere un colloquio amorevole con il capo del Fanar, ma, al contrario, lo chiama a rendere conto di tutta l'illegalità e la violenza che ha colpito l'Ucraina per la sua "misericordia".

Per quanto riguarda la terza iniziativa, quella di organizzare una Processione della croce dalla collina di Vladimir alla Lavra delle Grotte di Kiev, la Chiesa ortodossa ucraina ha risposto negativamente e l'ha definita una provocazione. Il portavoce della Chiesa ortodossa ucraina arciprete Nikolaj Danilevich ha dichiarato: "Alcuni cristiani ortodossi irragionevolmente gelosi stanno ora diffondendo sui social network appelli per organizzare una sorta di azione 'alternativa' e per organizzare una Processione della croce destinata al patriarca Bartolomeo, duplicando il percorso della Processione della Croce del giorno del Battesimo della Rus'. Voglio dire che la nostra Chiesa ha appena tenuto la Grande processione della Croce, che ha riunito più di 350.000 fedeli, e non abbiamo bisogno di dimostrare nulla a nessuno, incluso il patriarca di Costantinopoli. Sono sicuro che il patriarca Bartolomeo ha visto foto e materiali video del 27 luglio. Per quanto riguarda la Chiesa ortodossa ucraina, questa non ha intenzione di tenere alcuna Processione della croce specifica per il capo della Chiesa di Costantinopoli, e non la terrà. Normalmente noi andiamo a una Processione della Croce per pregare, piuttosto che provare qualcosa a qualcuno".

A questo possiamo aggiungere che cantare slogan come "il nostro patriarca è Kirill!" alla Processione della Croce e portare i suoi ritratti ora è difficilmente appropriato. No, noi non ci vergogniamo del rapporto spirituale con la Chiesa ortodossa russa, il punto è un altro. Le tesi principali dell'attuale retorica del Fanar sull'Ucraina si riducono al fatto che il Patriarcato di Costantinopoli avrebbe unito l'Ortodossia ucraina, e coloro che si sono rifiutati di unirsi sono filo-russi marginali, estranei alla società ucraina. Pertanto, una tale Processione della Croce diventerebbe una chiara illustrazione delle parole del capo del Fanar anche durante il suo soggiorno in Ucraina.

Domanda 3: "Miriane" era contro l'arrivo di Bartolomeo, e ora sta improvvisamente convocando i cristiani ortodossi a incontrarlo. Perché tale incoerenza?

E, inoltre, perché dobbiamo testimoniare la nostra fede anche davanti a Bartolomeo: ma chi è? Non è meglio ignorarlo?

La probabilità che il patriarca Bartolomeo si rivolga ai fedeli della Chiesa ortodossa ucraina è trascurabile. Ma questo potenziale incontro non è in sé un obiettivo della preghiera. Il suo obiettivo è esprimere sostegno alla Chiesa ortodossa ucraina e al suo primate, sua Beatitudine il metropolita Onufrij, testimoniare alle autorità dell'Ucraina e alla delegazione del Fanar che la Chiesa ortodossa ucraina ESISTE nonostante la sua "abolizione" da parte del patriarca Bartolomeo e che è ancora la DENOMINAZIONE PIÙ GRANDE dell'Ucraina.

Questa posizione è coerente e invariata. Ma le forme della sua espressione cambiano a seconda della situazione. Sì, "Miriane" e l'intera Chiesa ortodossa ucraina hanno protestato contro l'arrivo del patriarca Bartolomeo in Ucraina. Ci sono stati appelli al riguardo al presidente Vladimir Zelenskij, poi direttamente al patriarca Bartolomeo, che hanno entrambi chiuso gli occhi su di loro. Ora, quando la visita del capo del Fanar in Ucraina è quasi inevitabile, si è deciso di riunirsi e dimostrare che i "milioni di ortodossi ucraini", che il patriarca Bartolomeo ricorda regolarmente nelle sue dichiarazioni, di fatto, non pensano nemmeno, seguendo le sue istruzioni, di tradire la loro Chiesa e di unirsi agli scismatici...

È vero, tuttavia, anche l'opzione di ignorare semplicemente l'arrivo del patriarca Bartolomeo ha il diritto di esistere. Ma in questo caso avrà ragione il capo del Fanar – in fondo ha "sciolto" la Chiesa ortodossa ucraina, quindi "la Chiesa ortodossa ucraina non esiste", non si mostra in alcun modo. Si creerà così l'illusione che la società ucraina accolga sia il patriarca Bartolomeo che il suo intero progetto della "Chiesa ortodossa dell'Ucraina". Dopo tutto, quando il capo del Fanar apparirà agli eventi di stato festivi, creeranno una bellissima immagine di "giubilo popolare", in cui nessuno protesta, nessuno si oppone e tutti sono felici. Questo non è certo ciò che i credenti della Chiesa ortodossa ucraina vogliono ottenere. Pertanto, la decisione di invitare i credenti a venire e dichiarare pubblicamente che NOI SIAMO QUI è molto corretta e non cambia minimamente la posizione di disaccordo con le azioni del Fanar in Ucraina.

Domanda 4: Dov'è la garanzia che i media non presenteranno l'azione dei laici della Chiesa ortodossa ucraina come un'immagine del tipo "L'Ucraina grata incontra il patriarca Bartolomeo"?

Sarebbe davvero divertente se la festa di accoglienza facesse notare al patriarca Bartolomeo che c'erano molte persone vicino alla Verkhovna Rada e dicesse che queste persone si sono radunate per salutarlo ed esprimere la loro gratitudine. Dopotutto, la stessa "Chiesa ortodossa dell'Ucraina" ha enormi difficoltà a radunare persone sotto le proprie bandiere: quest'anno non hanno nemmeno osato organizzare una vera e propria processione della croce nel giorno della memoria del santo principe Vladimir.

Scherzi a parte, però, gli organizzatori dell'incontro di preghiera hanno fatto in modo che i credenti della Chiesa ortodossa ucraina siano identificati proprio come credenti della Chiesa ortodossa ucraina. Avranno in mano grandi manifesti con iscrizioni che non lasceranno dubbi su chi siano queste persone e quale sia il loro atteggiamento nei confronti delle attività del patriarca Bartolomeo.

Domanda 5: Le persone di chiesa non giocano troppo a giochi politici? Il loro compito è pregare, non radunarsi vicino alla Verkhovna Rada per manifestazioni.

La politica è un'attività associata alla conquista, al mantenimento e all'esercizio del potere. Se i credenti andassero a un servizio di preghiera per rovesciare o fare pressioni su qualsiasi partito politico, questa sarebbe politica. Difendere i propri diritti di fronte alla minaccia della loro violazione non è politica. Inoltre, quando si tratta dei diritti alla propria fede, questa non è affatto politica: è una dimostrazione della nostra fedeltà alla Chiesa. Inoltre, non dobbiamo dimenticare che vicino alla Verkhovna Rada non si terrà solo una manifestazione, ma un incontro di preghiera. Lì verrà servito un moleben. Chiederemo a Dio di illuminare le autorità secolari e i fanarioti, che hanno seminato discordia e inimicizia in Ucraina, in modo che cambino idea, in modo che la pace e l'armonia possano essere stabilite nel nostro paese.

Presumibilmente, si può rimanere a casa a pregare o si può uscire per le strade e dichiarare attivamente la propria fedeltà alla Chiesa. Ma sarebbe un grosso errore mettere le due azioni l'una contro l'altra. Esse non si contraddicono, ma si completano a vicenda. Farà molto bene chi ritiene necessario restare a casa e pregare per la pace e l'armonia nel nostro paese. Ma chi ritiene necessario rispondere all'appello di venire alla Verkhovna Rada il 21 agosto non avrà fatto meno bene.

Inoltre, non dobbiamo dimenticare che i credenti della Chiesa ortodossa ucraina sono a tutti gli effetti cittadini dell'Ucraina che hanno partecipato all'elezione dei deputati dell'Ucraina e hanno il diritto di dichiarare il loro disaccordo con le azioni delle autorità nella sfera religiosa. Noi non abbiamo chiesto né il Tomos né la "Chiesa ortodossa dell'Ucraina" né l'arrivo del patriarca Bartolomeo in Ucraina. Questa è la nostra posizione civile, e abbiamo il diritto di esprimerla. I credenti della Chiesa ortodossa ucraina non sono persone di seconda classe; hanno anch'esse i loro diritti come tutti gli altri cittadini dell'Ucraina. E non possiamo accettare che i nostri diritti siano violati.

 
Si è addormentato nel Signore sua Beatitudine Vladimir, metropolita di Kiev e di tutta l'Ucraina
patriarchia.ru, 5 luglio 2014
Il 5 luglio 2014 Si è addormentato nel Signore il primate della Chiesa Ortodossa Ucraina, sua Beatitudine Vladimir, metropolita di Kiev e di tutta l'Ucraina. 
Viktor Markianovich Sabodan è nato il 23 novembre 1935 nel villaggio di Markovtsy, distretto di Letichevsk, regione Khmelnitskij. Ucraina, in una famiglia di contadini. 
Nel 1954 è entrato al seminario teologico di Odessa, nel 1958 all'accademia teologica di Leningrado, che ha terminato nel 1962 con una laurea in teologia. Dopo aver terminato l'accademia, ha insegnato presso il seminario teologico di Odessa, come assistente anziano dell'ispettore, ricoprendo allo stesso tempo la carica di segretario dell'amministrazione eparchiale di Odessa. 
Il 14 Giugno 1962 è stato ordinato al diaconato, il giorno successivo al sacerdozio, il 26 agosto è stato tonsurato monaco. 
Nel 1965 ha completato i suoi studi post-laurea presso l'accademia teologica di Mosca, è stato nominato rettore del seminario teologico di Odessa, ed elevato ad archimandrita. 
Nel 1966 è stato nominato vice rettore della Missione ecclesiastica russa a Gerusalemme. 
Il 23 giugno 1966 per decisione del Santo Sinodo l'archimandrita Vladimir è stato nominato vescovo di Zvenigorod, vicario della diocesi di Mosca, rappresentante della Chiesa ortodossa russa al Consiglio Ecumenico delle Chiese a Ginevra e rettore della parrocchia della Natività della santissima Madre di Dio a Ginevra. 
Il 9 luglio 1966 è stato consacrato vescovo di Zvenigorod. 
Il 28 novembre 1968 è stato nominato vescovo di Perejaslav-Khmelnitskij, vicario del metropolita di Kiev e della Galizia, esarca Patriarcale dell'Ucraina. 
Il 20 Marzo 1969 è stato trasferito alla cattedra di Chernigov e Nezhinskij, e nominato amministratore provvisorio della diocesi di Sumy. 
Dal dicembre 1970 all'aprile 1973, è stato redattore esecutivo della rivista dell'esarcato ucraino, "Il messaggero ortodosso". 
Il 18 aprile 1973 è stato nominato vescovo di Dmitrov, vicario della diocesi di Mosca, rettore della Scuola Teologica di Mosca. 
Il 9 settembre 1973 è stato elevato al rango di arcivescovo. 
18 aprile 1978 è divenuto professore all'accademia teologica di Mosca, il 5 giugno 1979 ha difeso la sua dissertazione con l'assegnazione di un grado di maestro di teologia. 
16 luglio 1982 è stato trasferito alla cattedra di Rostov e Novocherkassk, ed elevato al rango di metropolita. 
Il 28 marzo 1984 è stato nominato esarca patriarcale dell'Europa occidentale. [NB: in tale carica è stato anche l'ordinario per l'Italia
Il 30 dicembre 1987 è stato nominato cancelliere del Patriarcato di Mosca e membro permanente del Santo Sinodo. 
Il 27 maggio 1992 il Concilio dei vescovi della Chiesa ortodossa ucraina lo ha eletto metropolita di Kiev e di tutta l'Ucraina, Primate della Chiesa ortodossa ucraina.
Eterna la sua memoria!
 
Durante la funzione con il capo del Fanar, ai "preti" della "Chiesa ortodossa dell'Ucraina" sarà vietato indossare le mitre

il capo del Fanar, il patriarca Bartolomeo. Foto: tsargrad.tv

La "Chiesa ortodossa dell'Ucraina" ha avvertito che tutti coloro che vogliono prendere parte alla celebrazione con il capo del Fanar devono avere con sé documenti di identità.

Il 22 agosto 2021, durante la celebrazione con il patriarca Bartolomeo di Costantinopoli, ai "preti" della "Chiesa ortodossa dell'Ucraina" è vietato indossare le mitre, come riporta il sito della "Chiesa ortodossa dell'Ucraina".

Il servizio stampa della neonata organizzazione religiosa ha pubblicato le regole secondo le quali verrà effettuato l'accesso alla liturgia con la partecipazione del capo del Fanar e di Dumenko.

Sarà possibile entrare nella zona della cattedrale di santa Sofia solo attraverso controlli di sicurezza. Ai fedeli della "Chiesa ortodossa dell'Ucraina" sarà vietato introdurre nel territorio bottiglie d'acqua, cibi e manifesti. La "Chiesa ortodossa dell'Ucraina" ha promesso che l'acqua sarà distribuita vicino alla cattedrale.

La "Chiesa ortodossa dell'Ucraina" ha sottolineato che durante il servizio divino i "preti" non devono indossare mitre, "usando solo il kamilavkion (per i monaci, il klobuk)". Inoltre, dovranno avere con sé documenti d'identità.

La mitra (antico greco μίτρα "cintura, fascia") è un copricapo, parte dei paramenti liturgici in un certo numero di Chiese cristiane.

Come riportato, il capo del "patriarcato di Kiev" Filaret Denisenko ha preso parte al "Concilio d'unificazione" presso la chiesa di santa Sofia a Kiev senza il koukoulion "patriarcale". Più tardi ha detto di aver tolto il koukoulion al "Concilio" su richiesta del metropolita del Fanar.

 
Due celebrazioni arcivescovili in Italia
Domenica 29 giugno abbiamo avuto un evento singolare: non era ancora capitato, a nostra memoria, che due arcivescovi del Patriarcato di Mosca per l'Italia, uno emerito e uno in carica, celebrassero la Divina Liturgia nella stessa domenica in due capoluoghi di regione dell'Italia. Il nostro ex-arcivescovo Innokentij ha celebrato a Roma, mentre l'arcivescovo Mark ha celebrato a Genova, dove ha potuto inagurare con una celebrazione archieratica la chiesa di San Giorgio (nella foto), offerta in uso dall'arcidiocesi cattolica. Potete leggere i resoconti degli eventi in italiano, in russo e in romeno sul nostro sito diocesano.
 
Alexander Pavuk: una rassegna della crisi ecclesiale in Ucraina e della sua soluzione secondo i sacri canoni

Recensione di: Nikiphoros, metropolita di Kykkos e Tyllyria. La crisi ecclesiale in Ucraina e la sua soluzione secondo i sacri Canoni. Traduzione a cura del monastero della santa Trinità. Jordanville, NY: Holy Trinity Seminary Press, 2021.

L'imperatore è nudo. Leggendo questo volume, si potrebbe ben immaginare il suo autore, il metropolita Nikiphoros della Chiesa ortodossa autocefala di Cipro, che utilizza questo vecchio aforisma per caratterizzare le recenti affermazioni del patriarca Bartolomeo (Archontonis) e di alcuni altri vescovi della Chiesa di Costantinopoli sull'autocefalia e il primato. Agendo nel 2018 e nel 2019 in base a quelle che l'autore dimostra come interpretazioni storicamente insostenibili di tali concetti, tali figure hanno modellato in Ucraina un'entità ecclesiale composta da un mosaico di figure deposte e gruppi reciprocamente antagonisti, radicati in uno scisma dalla Chiesa ortodossa ucraina.

Ciò che rende questo libro particolarmente interessante e che fa concludere che vale la pena di leggerlo è che, a differenza di altre opere che appaiono sull'argomento, la sua storia non è quella di una battaglia all'ultimo sangue tra i patriarcati di Mosca e Costantinopoli sull'Ucraina. Piuttosto, il libro è un abile esame delle fonti originali che rivelano che gli attuali vescovi di Costantinopoli sono essenzialmente incoerenti con il patrimonio del Patriarcato ecumenico stesso: le sue posizioni storiche e le testimonianze d'archivio. Una buona parte delle prove dell'autore contro le loro recenti posizioni proviene da figure e testi associati direttamente al Patriarcato di Costantinopoli. Il libro presenta anche prove efficaci e definitive provenienti dalla più ampia storia e testimonianza della Chiesa globale.

Sull'attuale complicazione, il metropolita afferma che "Nessuno può negare che la Chiesa ortodossa universale si trovi in ​​uno stato di crisi divisiva … creato dalla concessione unilaterale e anticanonica dell'autocefalia da parte del patriarca ecumenico di Costantinopoli a elementi scismatici della Chiesa ucraina" (xi). Nessuno, allo stesso modo, può negare che l'erudito metropolita (laureato sia alla facoltà di giurisprudenza dell'Università Aristotele di Salonicco sia alla facoltà di teologia dell'Università di Atene) dia apertamente la colpa a una raccolta di idee nuove formulate in quel patriarcato – e delle azioni che ne derivano da parte del patriarca Bartolomeo di Costantinopoli, che impiegano "il principio del potere unilaterale e autoritario del Primus" (75) – come frutto malato che ha fatto germogliare un "disastroso scisma che ora minaccia l'Ortodossia mondiale" (73). Le idee e le azioni recenti, egli dice, "non hanno alcuna giustificazione storica, dogmatica o ecclesiastica". (74)

Attribuendo delle motivazioni a queste azioni mentre professa "il più profondo rispetto per il patriarcato ecumenico" stesso, la "coscienza gerarchica" (xi) del metropolita Nikiphoros lo costringe a parlare contro le azioni in Ucraina "guidate dall'egoismo e dalla brama di gloria e potere" ( xxii). "C'è da restare", dice, "veramente sbalorditi di fronte a tutti questi recenti eventi ecclesiologicamente inaccettabili e anticanonici...". (28). Come Nikiphoros, vescovo di lunga data e della più alta reputazione intellettuale e spirituale, il metropolita Amfilohije (Radovic) del Montenegro (+2020), aveva assegnato le stesse motivazioni allo sfortunato intervento: "L'amore per il potere... si vede oggi nel comportamento del patriarca di Costantinopoli in relazione all'Ucraina. Il suo amore per il potere ha portato a grandi problemi in Ucraina". [1]

Il resto di questa recensione affronterà il modo in cui il libro gestisce queste affermazioni pesanti e inquietanti alla luce delle prove raccolte per determinare se le varie contese hanno fondamento. Prima di procedere, devo notare che non c'è alcun tentativo di corroborare l'originale greco di quest'opera con la traduzione inglese del monastero della santa Trinità poiché mi è stato chiesto solo di rivedere la traduzione inglese.

Il primo, il secondo e il terzo capitolo (si sarebbero apprezzati dei capitoli numerati in questa traduzione) contengono il cuore delle argomentazioni storico-ecclesiologiche sostanziali. Il quarto capitolo indaga le condizioni canoniche in base alle quali una Chiesa locale può e deve interrompere la comunione eucaristica con un'altra Chiesa locale. Il quinto capitolo si concentra sulla "teoria nuova e insipida" (53) che ci possa essere un primate al di sopra di tutti all'interno della Chiesa, e analizza le porzioni del testo, o tomos, impiegato in Ucraina in relazione alle espressioni al suo interno su tale primato. Il sesto, di sole due pagine, difficilmente può essere definito un capitolo di un libro. Più che una riflessione sul concetto dei grandi Sinodi endemici, quasi certamente avrebbe dovuto essere separato come una breve appendice. Il settimo e ultimo capitolo, che precede le conclusioni e i suggerimenti per il futuro, riguarda la natura conciliare e gerarchica della Chiesa ortodossa. Dato che sono uno storico, mi concentrerò principalmente sui capitoli che presentano argomenti di natura storica.

Il primo capitolo affronta quella che dovrebbe essere una domanda piuttosto semplice: a quale territorio ecclesiastico appartiene l'Ucraina? Alla fine, la risposta risulta semplice, ma a causa degli eventi recenti, richiede un'attenta analisi delle prove per dimostrarla come tale. Le prove raccolte includono documenti originali autenticati; documenti avvalorati dalla testimonianza di fonti primarie reciprocamente coerenti, sia dell'arco temporale considerato sia dei secoli successivi; e fonti che dimostrano un'interpretazione di lunga data e coerente da punti di osservazione geograficamente dispersi.

Il documento chiave di partenza è un decreto finora incontrovertibile del 1686 emesso dal patriarca ecumenico Dionisios IV (Mouselimes) [+1696]. Quel documento trasferì formalmente alla Chiesa di Russia la metropolia di Kiev (come allora esisteva geograficamente, configurazione non coincidente con il contemporaneo stato-nazione dell'Ucraina), con le relative conseguenze pratiche che attestano lo spostamento. Quali sono state queste conseguenze? Il metropolita Nikiphoros rileva che esse riguardavano i "due diritti fondamentali della subordinazione ecclesiastica", (1) che consistono sempre nel diritto di ordinare e, parimenti, di deporre i propri vescovi in ​​modo indipendente. Tali criteri sono stati rispettati dalla Chiesa ortodossa di Russia nei confronti di quel territorio per oltre trecento anni.

Vale a dire, la Chiesa di Costantinopoli, insieme a ogni altra Chiesa locale, pubblica annualmente fonti primarie note come Syntagmatia. Questi documenti elencano i territori ufficialmente riconosciuti di tutte le Chiese locali. In tutti questi documenti dal 1686, Kiev, e in seguito l'Ucraina, sono mostrati come parte della Chiesa ortodossa russa. Sembra un serio insulto alla memoria e all'intelligenza del patriarca Dionisios e dei suoi successori della Chiesa di Costantinopoli affermare che essi non abbiano preso la decisione ecclesiastica che pensavano di aver preso, una decisione che ha portato a prove trovate in tre secoli di Syntagmatia di Costantinopoli. Lo stesso fanno i Sinodi delle altre Chiese locali che hanno elencato tale territorio nei registri del loro syntagma allo stesso modo.

Abbiamo anche una fonte corroborante da parte dell'autore del decreto stesso, il patriarca Dionisios, che interpreta il suo stesso testo originale. La lettera formale del patriarca del 1686 allo tsar russo afferma: "Con la presente si concede che la santa eparchia di Kiev sia soggetta al santissimo trono patriarcale della città della Moscovia salvata da Dio" e che essi debbano, aggiunge, "riconoscere il patriarca di Mosca come loro anziano e capo, poiché sono consacrati da lui". (4)

Alla luce di tutto ciò, è difficile persino accettare affermazioni recenti sul fatto che si tratti di una sorta di trasferimento temporaneo, soprattutto perché nessun testo d'origine dice una cosa del genere. L'affermazione stessa ricorda le scappatelle linguistiche postmoderne in base alle quali i testi che non affermano una cosa particolare sono tuttavia fantasiosamente intepretati come se avessero significato definitivamente tale cosa. Lo stesso metropolita Nikiphoros ricorda le "prevaricazioni che osserva" in questo senso (18) nei giochi di parole relativistici degli avvocati. Egli respinge in modo sensato tali affermazioni.

Tuttavia, giustamente prende molto sul serio i materiali degli archivi storici del Patriarcato ecumenico pubblicati dalla stamperia patriarcale di Costantinopoli. Una delle raccolte più note è quella dei Documenti Ecclesiastici in tre volumi Conservati nei Codici dell'Archivio Patriarcale, emessi tra il 1902 e il 1905 e ristampati nel 1999. Questa definitiva pubblicazione d'archivio rende chiara la tradizione interna d'interpretazione da parte del Patriarcato ecumenico del documento del 1686, che descrive come "un Tomo sinodale" e commenta "La metropolia di Kiev continuò a essere governata da rappresentanti fino alla sua cessione al trono patriarcale di Mosca nel 1686" (citato al punto 9).

In effetti, anche lo stesso patriarca Bartolomeo prima del 2018, scrivendo ufficialmente a nome della Chiesa di Costantinopoli, ha fornito una recente conferma della tradizione di comprensione dell'Ucraina da parte del patriarcato ecumenico. Rispondendo alla notifica da parte deatriarca Alessio II (Ridiger) di Mosca (+2008) della deposizione formale da parte del patriarcato russo di Filaret Denisenko nel 1992 per gravi violazioni canoniche, ha scritto: "La nostra Santa Grande Chiesa di Cristo riconosce la giurisdizione integrale ed esclusiva della Santa Chiesa di Russia sotto la sua guida su questo tema e accetta ciò che è stato deciso sinodicamente sulla persona in questione" (citato al punto 7).

Tutto ciò costituisce una montagna di prove – citate da lettere di due stessi patriarchi di Costantinopoli – che dimostrano che alla Chiesa di Russia è stato universalmente riconosciuto il diritto esclusivo di ordinare e deporre i vescovi dell'Ucraina. Essendo questo il segno inconfondibile della subordinazione ecclesiastica, l'Ucraina è, ed è stata fin dal XVII secolo, una parte organica della Chiesa ortodossa russa. A rigor di termini, non sono necessarie ulteriori prove per sostenere il caso del libro poiché tutti gli eventi successivi dipendono dalla Chiesa a cui è stato aggiudicato il territorio dell'Ucraina.

Sebbene tale caso sia presto risolto, il metropolita Nikiphoros sottolinea che ecclesiasticamente c'è altro in discussione nell'affare dell'Ucraina. Un'altra questione chiave è la natura dell'autocefalia stessa e come può essere concessa. Questa è la sostanza di un altro capitolo storico del libro e, come prima, alcune delle migliori prove contro il patriarca Bartolomeo dopo il 2017 e quelle associate all'attuale Patriarcato ecumenico provengono dallo stesso Patriarcato ecumenico. La testimonianza efficace e convincente del patriarca ecumenico Atenagora (Spyrou) [+1972], del metropolita Ioannis (Zizioulas) e del patriarca Bartolomeo nel 2001, mostra anche la recente comprensione dell'autocefalia da parte del Patriarcato ecumenico e le condizioni necessarie per essa. Vi rimando al volume per le loro dichiarazioni particolari, ma basti dire che tutti confutano le affermazioni e le azioni del Patriarca Bartolomeo dopo il 2017 e di quelli con lui.

Questo stesso capitolo include anche analisi storiche del primo Novecento legate alla presunta “restaurazione” da parte del Patriarcato ecumenico del sacerdote ucraino deposto Makarij Maletich a un episcopato che non ha mai posseduto. Maletich aveva guidato la rinascita di uno scisma del 1921 creato dal sacerdote deposto, Vasyl Lypkivskij (+1938). L'idiosincratico Lypkivskij e il suo gruppo alla fine ripudiarono l'idea dei vescovi come fonte della successione apostolica. Senza alcun vescovo presente, un gruppo di ex sacerdoti e laici partecipò a una cerimonia durante la quale cercarono, in massa, di rendere essi stessi Lypkivskij un vescovo. Il metropolita Nikiphoros sostiene che attraverso Maletich e i molteplici cripto-"vescovi" e sacerdoti del suo scisma, il patriarca ecumenico ha introdotto nel corpo organico della Chiesa ortodossa "una 'contaminazione' ontologica del corpo episcopale a livello pan-ortodosso". (46)

In effetti, è solo rispetto a Maletich e alla sua banda che Epifanij Dumenko, noto per la sua affermazione "siamo orgogliosi di essere chiamati banderisti", può vantare credenziali episcopali superiori. [2] La sua presunta fonte episcopale era il già deposto e anatemizzato Filaret Denisenko. Il metropolita Nikiphoros è sbalordito dal fatto che il patriarca Bartolomeo abbia persino provato a trarre qualcosa da tutto ciò, tentando misteriosamente di "cancellare" [?] l'attuale metropolita Onufrij dell'Ucraina nel processo. 

Dopo aver affrontato il tema di Denisenko, il successivo, ben argomentato capitolo è l'ultimo che desidero affrontare in dettaglio. Esso offre un'attenta valutazione storica della nuova affermazione secondo cui i patriarchi ecumenici hanno il diritto di ricevere e di giudicare gli appelli dei chierici di altre Chiese locali. Questa volta, gli attuali pretendenti nel Patriarcato ecumenico si stanno opponendo ai Padri di un Concilio di Cartagine, al tomo legale (basilika) dell'imperatore Leone il Saggio e alle interpretazioni canoniche di san Nicodemo l'Agiorita e di altri, oltre, ancora, alla testimonianza storica del Patriarcato ecumenico.

Il titolo del capitolo chiede: "Il Patriarcato ecumenico ha il diritto canonico di ricevere appelli dai ricorrenti al di fuori dei suoi confini giurisdizionali?" (31). Le prove mostrano che la risposta breve è "No". Una risposta estesa proviene da ampie prove di fonti primarie. Come parte dell'affermazione di avere tale diritto, gli attuali rappresentanti del Patriarcato ecumenico hanno citato tre canoni del Concilio di Sardica del IV secolo che anche allora i papi di Roma rivendicarono per giustificare il diritto supergiurisdizionale a ascoltare gli appelli. L'autore fa notare che se il papa aveva questo diritto, allora il decreto del Concilio di Calcedonia ha dato all'arcivescovo di Nuova Roma gli stessi diritti del papa della vecchia Roma, e questo significherebbe che i patriarchi ecumenici hanno tale diritto di ricorso. Ma se il papa non aveva tale diritto, neanche i patriarchi hanno tale diritto.

Le chiavi storiche per interpretare i canoni di Sardica in questione, nota il metropolita, sono i Canoni 36 e 134 del Concilio di Cartagine del V secolo. Questi decretarono che il papa non aveva tale diritto e che un episodio in cui il papato ascoltò erroneamente un simile appello — ri-giudicando e restaurando un presbitero andato a Roma dopo essere stato formalmente deposto a Cartagine — era degno di censura sinodale. Nelle parole dei Padri di Cartagine, "Questo non lo permettiamo assolutamente". [3]  Se si legge la lettera originale del sinodo africano che castiga il papa, lo scenario non è dissimile dal recente episodio di Costantinopoli con Denisenko. Questo sia in termini di udienza di appello che di travisamento del precedente nel rivendicare il diritto di farlo (nel caso dell'episodio originario, fu il papa a travisare il Concilio di Nicea). Fondamentalmente, la lettera conciliare di Cartagine specifica che l'attuale decreto niceno "ordinava... che tutte le dispute fossero terminate nei luoghi in cui sorgono". [4]

Allo stesso modo, il metropolita Nikiphoros fa notare che le recenti interpretazioni innovative dei canoni calcedoniani per lo stesso scopo sono confutate da san Nicodemo l'Agiorita e dagli altri canonisti più autorevoli. Infine, la  Basilika  dell'imperatore Leone il Saggio è un'altra fonte chiave che confuta le attuali affermazioni di Costantinopoli. Leone scrisse seccamente che "il tribunale di un patriarca non è soggetto ad appello, né può essere rimesso a giudizio da un altro, poiché egli è la fonte di tutte le questioni ecclesiastiche, poiché tutti i tribunali sono da lui e si rivolgono a lui» (38). Anche la Novella dell'imperatore Giustiniano afferma: "Le decisioni dei patriarchi non sono appellabili" (39). Qui, ancora, abbiamo interpretazioni di fonti autorevoli che travolgono le recenti affermazioni contrarie.

Incluso nel resto del libro è uno sguardo al testo della presunta autocefalia del 2019 in cui i destinatari scismatici sono messi in una posizione che porta i segni della subordinazione ecclesiastica, dato che "La Chiesa autocefala in Ucraina riconosce come suo capo il santissimo Trono Ecumenico Apostolico e Patriarcale" (citato al punto 53). In effetti, tale subordinazione è teoricamente estesa a ogni altra chiesa nel testo. Come motivazione per tutte queste ovvie irregolarità, il metropolita postula una mentalità di quello che si potrebbe chiamare imperialismo ecclesiastico, o colonialismo: "le ambizioni del Patriarcato ecumenico sono ora estese all'intera Chiesa". (52). Nel dimostrare l'evidente novità delle pretese al primato universale per i patriarchi ecumenici, il metropolita rileva La chiara affermazione di san Nicodemo: "il primato a livello universale non esiste nella Chiesa". (55) Il metropolita offre anche una serie di esempi scritturali, incentrati soprattutto sul rimprovero di Cristo quando Giacomo e Giovanni gli chiesero il primato nel Vangelo di Marco, 10:42-44. (58)

Anche qui, secondo il modello stabilito, gli attuali vescovi e altri del Patriarcato ecumenico hanno mostrato di trascurare il patrimonio storico del Patriarcato ecumenico. L'autore cita un chiaro rimprovero del patriarca ecumenico Anthimos VII (Tsatsos) [+1913] nel 1895 a un papa di Roma che aveva affermato analogamente di essere il capo della Chiesa pochi decenni dopo l'istituzione da parte del Vaticano I di un quasi- culto del papato: "Come dimostra la storia ecclesiastica, l'unico capo eterno e immortale della Chiesa è nostro Signore Gesù Cristo..." (59)

Vale la pena leggere la sezione conclusiva e alcuni suggerimenti per una possibile uscita dall'impasse. Ne annoterò qui solo uno. Il metropolita Nikiphoros cita il metropolita Nicholas (Hatzinikolaou) di Mesogaia della Chiesa ortodossa di Grecia, il quale ha sottolineato l'assurda ironia dell'odierno patriarca Bartolomeo come uno di quei primati che "sostengono a gran voce il dialogo intercristiano e interreligioso e tuttavia rifiutano la comunicazione tra se stessi". (79)

Il metropolita Nikiphoros si permette di pensare oltre lo stallo di una Chiesa globale incatenata dal presunto bisogno di un istigatore spudorato di un problema nel convocare altri primati per correggere tale problema. Suggerisce invece che se il patriarca ecumenico non può essere fermamente spinto a convocare un simile incontro per risolvere il pasticcio, allora gli altri primati dovrebbero essenzialmente scavalcarlo, questa volta assicurandosi di escludere tutti gli attori e gli interessi politici che interferiscono con le loro considerazioni. L'autore teme che l'alternativa sia l'ottundimento e persino il pericolo di ciò che lui, come greco cipriota, avverte, può diventare il suprematismo etno-razziale come criterio per "sostenere il patriarca greco", uno scenario che teme possa ulteriormente diffondere il cancro dello scisma. (76)

Strutturalmente, ci sono alcune grafie idiosincratiche ed errori tipografici nella traduzione ("eumenico" invece di "ecumenico" a pagina ix; Amilcare Alivizatos reso come "Amilkas" a pagina 19; uso di "principale" invece di "principio" a pagina 61, ecc.) che possono distrarre leggermente e dovrebbero essere corretti in qualsiasi ristampa. È anche consuetudine traslitterare i caratteri di scrittura straniera nelle bibliografie delle traduzioni inglesi. Ma questi sono problemi minori.

In definitiva, le prove e le argomentazioni contenute in questo breve libro di stampo accademico offrono una risposta inequivocabile alla nostra domanda iniziale, ovvero se le inquietanti affermazioni fatte dal metropolita Nikiphoros sulla natura della débacle ucraina fossero valide e sostenibili. Lo sono, e nessuna quantità di false piste, spacconate o giochi di prestigio linguistici può oscurare questo fatto.

* * *

Alexander Pavuk è professore associato alla Morgan State University nel Maryland, dove si occupa di storia intellettuale e culturale americana, storia religiosa americana e scienza e religione. Il professor Pavuk ha conseguito il dottorato di ricerca e un Master in Storia presso l'Università del Delaware, un Master in Storia presso l'Università del Maryland, nella contea di Baltimora, e un BA in Storia presso la Colgate University. È autore di Respectably Catholic and Scientific: Evolution and Birth Control Between the World Wars, in uscita presso la Catholic University Press of America nel settembre 2021.

Note

[1] https://mitropolija.com/2018/12/22/mitropolit-amfilohije-vlastoljublje-carigradskog-patrijarha-je-katastrofalno-za-buducnost-pravoslavlja/ (consultato il 9 luglio 2021)

[2] https://www.pomisna.info/uk/vsi-novyny/pyshayemosya-koly-nas-nazyvayut-banderivtsyamy-mytropolyt-epifanij/ (consultato il 19 luglio 2021). "Banderisti", come notato da un importante studioso del campo, Paul Magocsi, si riferisce ai seguaci del defunto Stefan Bandera, un "nazionalista rivoluzionario sotterraneo galiziano-ucraino, dal 1929 un attivista di spicco e dal 1939 leader di una fazione (banderisti) dell'Organizzazione dei nazionalisti ucraini". (Magocsi, Ukraine: An Illustrated History [Toronto: University of Toronto Press, 2014], didascalia, 274). Dopo che le forze naziste di Hitler invasero l'URSS come parte del cosiddetto piano Lebenstraum, nel 1941, la maggior parte del territorio ucraino era gestita direttamente dal governo nazista. Con il permesso del governo generale, fu permesso di formare il Consiglio nazionale ucraino (277-78). Dopo l'espulsione delle truppe tedesche nel 1942, i banderisti si unirono all'esercito degli insorti ucraini e, nel 1944, lo guidarono (283, 285). Più tardi, quello stesso anno, i membri del gruppo che combatteva nell'esercito tedesco caddero nelle mani dell'esercito sovietico. Bandera, la cui memoria storica è dibattuta nell'Ucraina moderna, fu, quindi, un diretto collaboratore militare nazista. Come hanno sottolineato la stampa, l'attuale ambasciatore di Israele in Ucraina e gli accademici, Bandera e i suoi sostenitori in "hanno combattuto a fianco della Germania nazista durante la seconda guerra mondiale, hanno ucciso migliaia di ebrei e polacchi, comprese donne e bambini" in una forma di tentata pulizia etnica. Si veda, per esempio, Cnaan Liphshiz, "Hundreds march in Ukraine in annual tribute to Nazi collaborator", The Times of Israel (4 gennaio 2021) su  https://www.timesofisrael.com/hundreds-march-in-ukraine-in-annual-tribute-to-nazi-collaborator/

 (consultato il 19 luglio 2021).

[3] Cfr. l'epistola del Sinodo africano a papa Celestino nel vol. 14 di Nicene and Post-Nicene Fathers, II serie, a c. di Philip Schaff e Henry Wace, 510. (Peabody, Mass.: Hendrickson Publishers, 2004).

[4] Ibidem.

 
Una prospettiva bilanciata sul non intervento russo

Le recenti notizie del ritiro della milizia (opolchenie) del Donbass da Slavjansk possono essere viste, e sicuramente lo saranno, in modi molto diversi. Militarmente, non è una vera sconfitta, perché ha permesso di concentrare l’intero esercito ucraino intorno a una cittadina di dimensioni modeste, dando alla Novorossija il tempo di preparare una difesa ben più solida. Volendo parlare di storia greca o americana, non è fuori luogo un paragone con le Termopili o con Alamo (ma senza massacro finale del contingente di difesa). Politicamente, invece, manda un messaggio disastroso contro la scelta russa di non intervento. Di fronte a questo tema (che sarà sfruttato fino alla nausea dai media antirussi), cerchiamo di offrire la prospettiva più bilanciata apparsa il 4 luglio sul blog The Vineyard of the Saker, e che riportiamo in traduzione italiana nella sezione “Geopolitica ortodossa” dei documenti. In particolare, Saker cerca di dimostrare come le posizioni russe non dipendono unicamente da Putin (come vorrebbe chi cerca di demonizzarlo), ma prendono in considerazione le idee di molti personaggi influenti della politica e dell’esercito, tra cui il maresciallo ed ex-ministro della difesa Dmitrij Jazov (nella foto).

 
Il tomos dei laici della Chiesa ortodossa ucraina al patriarca Bartolomeo I di Costantinopoli

Lei si è avvicinato alle montagne di Kiev, dove il santo apostolo Andrea il Primo chiamato predicò il Logos, adempiendo il comandamento del Salvatore, nostro Signore Gesù Cristo: "Andate dunque e ammaestrate tutte le nazioni, battezzandole nel nome del Padre e del Figlio e del santo Spirito " (Mt 28:19). In adempimento di questo comandamento, il santo principe Vladimir di Kiev battezzò la Rus' 1033 anni fa. In adempimento di questo comandamento, il suo predecessore, il patriarca Nicola II Chrysovergis (X secolo), inviò un vescovo e dei presbiteri nel nostro paese per battezzare e illuminare il popolo.

Il Patriarcato di Costantinopoli ha portato la fede ortodossa nella Rus'. I fratelli di Tessalonica, Cirillo e Metodio i Pari agli Apostoli, hanno donato ai popoli slavi il Vangelo nella loro lingua madre. I metropoliti greci di Kiev hanno svolto i loro lavori apostolici e hanno fondato la vera adorazione di Dio nel nostro paese. Il Santo Monte Athos ha allevato l'antenato del monachesimo russo, il monaco Antonio delle Grotte, da cui hanno avuto origine tutti i monasteri dell'odierna Ucraina, Russia, Bielorussia e di altri paesi. Le sante reliquie di un altro suo predecessore, il patriarca Athanasios III Patellarios (XVII secolo), il Taumaturgo di Lubensk, che è noto a noi come Athanasios il "Seduto", riposano a Kharkiv. Sono innumerevoli i doni spirituali che il nostro paese ha ricevuto da Costantinopoli, per i quali il nostro popolo sarà per sempre grato al popolo greco.

Tuttavia, cosa ha portato lei personalmente nel nostro paese, in Ucraina? Ha riconosciuto gli scismatici, scomunicati dalla Chiesa, e li ha accolti senza il loro pentimento! Ha concelebrato la Divina Liturgia con persone prive di santa dignità! Ha dato agli scismatici un tomos imperfetto d'autocefalia, che il popolo ortodosso dell'Ucraina non le ha chiesto! Ha portato inimicizia, odio e violenza nel nostro paese! Nel suo nome, militanti crudeli sequestrano chiese, cacciano famiglie di sacerdoti dalle case parrocchiali, picchiano i credenti e commettono altre iniquità! L'Ucraina è immersa in lacrime e spargimenti di sangue per ciò che lei ha portato nel nostro paese!

Ma la cosa peggiore è che lei fa tutto questo nel quadro dell'approvazione di una nuova eresia che il Patriarcato di Costantinopoli sta diffondendo oggi. Questa è l'eresia del papismo di Costantinopoli. Lei si è dichiarato capo terreno della Chiesa, "primo senza eguali", primate con poteri speciali ed esclusivi. Inoltre, sta conducendo tutti i suoi seguaci all'unione con i cattolici, come ha ripetutamente affermato. Molti dei suoi predecessori combatterono contro l'eresia del papismo quando Roma ne fu contagiata. Il patriarca Michele I Cerulario (XI secolo) scomunicò i legati romani e, nella loro persona, tutti coloro che avevano contratto questa eresia. Il monaco Marco di Efeso (XV secolo) ci ha insegnato a non scendere a compromessi e a non condividere l'eresia del papismo. Molti santi e monaci, sia greci che slavi, hanno testimoniato con la loro vita e la loro predicazione la necessità di preservare la purezza della fede ortodossa, perché non può esserci salvezza dell'anima senza di essa.

Pertanto, poiché la terra pia e salvata da Dio dell'Ucraina è rafforzata nell'Ortodossia e le è stato insegnato a rimanere fedele al Vangelo, noi respingiamo la sua pretesa di essere il capo terreno della Chiesa e confessiamo invece che il solo "Cristo è il capo della Chiesa, il suo corpo, di cui Egli è il Salvatore" (Ef 5:23). Rifiutiamo la possibilità dell'unità con Roma senza il pentimento dei cattolici in tutte le loro delusioni eretiche.

Lei ha "abolito" la Chiesa ortodossa ucraina, noi le rimaniamo fedeli! Lei ha rifiutato sua Beatitudine Onufrij, noi lo riconosciamo come nostro primate e arcipastore! A causa delle sue azioni, 144 chiese sono state sequestrate con la forza nel nostro paese, ma ne stiamo costruendo di nuove accanto a loro! Attestiamo davanti al mondo intero che, nonostante le sue decisioni, la Chiesa ortodossa ucraina e il suo primate, sua Beatitudine il metropolita Onufrij, stanno portando avanti la loro missione salvifica sulla nostra terra.

La invitiamo al pentimento per il sequestro della leadership nella Chiesa, che appartiene unicamente al nostro Signore Gesù Cristo, per il desiderio di unirsi ai cattolici, per il riconoscimento degli scismatici ucraini, per il sequestro delle nostre chiese, per il pestaggio dei nostri credenti, per l'inimicizia e l'odio che ha portato nella nostra terra!

Ma nel caso in cui lei faccia penitenza pubblica per tutto quanto sopra, noi, i credenti della Chiesa ortodossa ucraina, accettiamo di continuare a onorarla come primate della Chiesa ortodossa di Costantinopoli, come il primo in onore tra i primati uguali, come l'erede dei santi, che rifulse sul trono di Costantinopoli, e come vescovo di Dio.

In considerazione di ciò, il presente Tomos le è rilasciato a valore permanente, scritto e consegnato a lei nella città salvata da Dio di Kiev per suo ammonimento e pentimento.

21 agosto 2021

I laici della Chiesa ortodossa ucraina

 
Luci e ombre su Lugansk: una tonsura monastica sotto il fuoco dell'artiglieria

Aggrappandoci per quanto possibile alle notizie buone dalla Novorossija, presentiamo nella sezione “Figure dell’Ortodossia contemporanea” dei documenti l’originale russo e la traduzione italiana di un racconto di coraggio e di speranza: la recente tonsura della monaca Agrippina da parte dell’arcivescovo Mitrofan al convento di santa Olga a Lugansk. Sarebbe il resoconto una normalissima tonsura monastica, con tanto di fotografie, se non fosse che è avvenuta sotto i colpi dell’artiglieria, diretti – come di regola, in questa sporchissima guerra – su obiettivi civili. Ci vuole una certa fede per affidare a Dio la vita di una donna che all’alba del giorno dopo la tonsura potrebbe essere o monaca (morta al mondo) o vittima civile (morta a tutti gli effetti), e siamo contenti di vedere che Dio le ha concesso di esercitare ancora la vita monastica in questo mondo. Ciò non ha impedito, comunque, al convento stesso di essere ancora bombardato qualche giorno più tardi, per grazia di Dio ancora una volta senza vittime al suo interno.

 
L'auto-convalida come obiettivo finale degli scismatici della "Chiesa ortodossa dell'Ucraina"

l'archimandrita Markell (Pavuk)

Padre Markell, le strade di Kiev pullulano di cartelloni pubblicitari che mostrano un sorridente (scusi, ma penso che sia un ghigno dispettoso) "metropolita" Epifanij Dumenko, il capo del gruppo scismatico della "Chiesa ortodossa dell'Ucraina", e una delle sue citazioni. La sua dichiarazione sulla recente celebrazione dell'anniversario del Battesimo della Rus' recita: "Il 28 luglio è il 1033° anniversario dell'istituzione dello stato ucraino". Come potrebbe commentare questa dichiarazione politica? Qual è secondo lei l'obiettivo dello pseudo-metropolita e dei suoi seguaci?

Per ora, il loro obiettivo principale è l'auto-convalida. Per raggiungere questo obiettivo, per esempio, usano la leva politica statale nel tentativo di ottenere, in combutta con il patriarca Bartolomeo, il riconoscimento della loro leadership da parte di tutte le Chiese ortodosse autocefale, anche a costo di sacrificare sul proprio cammino Filaret, che li aveva concepiti. D'altra parte, hanno avviato una massiccia riscrittura della storia. Il loro obiettivo è sottolineare che non tutta la Rus', ma solo l'Ucraina, è l'erede legittimo del Battesimo di san Vladimir, mettendo così l'Ucraina contro la Russia e giustificando la loro esistenza e lo scisma. I greco-cattolici uniati hanno applicato la stessa tattica di auto-convalida da quando si sono allontanati dalla Chiesa ortodossa nel 1596.

L'auto-convalida è il tratto caratteriale principale di coloro che si allontanano da Dio, anche se lo confessano ancora a parole. Tuttavia, non l'auto-convalida, ma un'auto-umiliazione volontaria o, nella terminologia della tradizione esicasta, l'umiltà, è la pietra angolare del vero cristianesimo. Perché Dio resiste ai superbi, ma dona grazia agli umili. (1 Pt 5:5)

Questa speciale "rappresentazione" della storia ha qualcosa a che fare con l'arrivo del patriarca Bartolomeo, atteso con impazienza dagli scismatici?

L'arrivo del patriarca Bartolomeo è un'altra opportunità per stabilire la loro identità scismatica. Questo è esattamente ciò che ogni testata dei media ha sottolineato quando ha commentato l'arrivo del patriarca. Allo stesso tempo, attraverso questo tipo di propaganda, è importante per loro giustificare il suo arrivo al grande pubblico. Hanno fatto un tentativo per sottolineare che non arriva solo una figura ecclesiastica che si occupa degli interessi dei politici, ma un leader spirituale; e attraverso di lui, come insistono, lo stato sta recuperando "l'indipendenza ecclesiastica che ha perso tempo fa a causa delle macchinazioni di Mosca".

Possiamo vedere qui che gli scismatici non capiscono cosa sia la Chiesa. Per loro, la Chiesa non è un corpo divino-umano, che come una madre riunisce pazientemente i suoi figli dispersi dal peccato in tutto il mondo. Per loro, è semplicemente un'istituzione politica che aiuta a risolvere le loro politiche statali a breve termine.

Vorrei sottolineare che una simile percezione della Chiesa si è verificata in precedenza nella storia. Il Grande Scisma del 1054 avvenne in circostanze simili, quando i cattolici romani si allontanarono dall'Ortodossia. Nel XVIII secolo, Pietro I e l'imperatrice Caterina la Grande di Russia, che perseguirono una politica di secolarizzazione, costruirono in modo analogo il rapporto tra la Chiesa e lo Stato. Ciò ha portato l'alta borghesia e gli intellettuali lontano dalla Chiesa, e questo è poi culminato negli eventi sanguinosi dell'inizio del XX secolo, quando gli atei bolscevichi sono saliti al potere armati con l'obiettivo politico di annientare la fede cristiana.

Il fatto che il presidente Zelenskij abbia invitato il patriarca da Istanbul è un'indicazione che lo stato sta continuando la sua politica di ingerenza nella vita della Chiesa, una politica avviata dal suo predecessore Poroshenko in violazione della Costituzione ucraina. Anche l'invito al papa di Roma a visitare il nostro paese lanciato da Leonid Kuchma, l'ex presidente dell'Ucraina, era più giustificato, in quanto il papa era arrivato come capo dello Stato vaticano. Bartolomeo non capisce di essere trascinato nei giochi politici dei potenti del mondo? Oppure è semplicemente redditizio per lui creare un nuovo scisma sul territorio della Chiesa ortodossa ucraina canonica?

Ogni uomo è guidato dal desiderio di lasciare una certa eredità alle spalle. Più alto è il livello di un politico o di un vescovo, più forte è la tentazione. Alcuni lo faranno in silenzio, in umiltà, compiendo buone azioni e conducendo una vita da asceta, come il patriarca serbo Pavle (†2009), che, per esempio, è celebrato per la sua mitezza, il suo grande amore per Cristo e la sua riluttanza ad attrarre l'attenzione del mondo. Altri si lasciano coinvolgere in dubbi progetti politici pensando che così facendo servono Cristo e il popolo, eppure questo tipo di attività di solito finisce con risultati deplorevoli. Quante lacrime di comuni fedeli ucraini sono state versate in seguito ai sequestri delle chiese ortodosse da parte degli scismatici, e quante di più sarannoversate, poiché la visita in Ucraina del patriarca Bartolomeo avrà comunque luogo!

Anche la visita del Papa di Roma durante la presidenza di Kuchma non ha portato risultati positivi per il nostro paese. Ha semplicemente diviso il paese mettendo gli ortodossi dell'est contro gli uniati dell'ovest, e alla fine ha portato al primo e al secondo Majdan e alla violenza nel Donbass, esacerbando ulteriormente la russofobia nella società.

Durante il recente servizio nella "Chiesa ortodossa dell'Ucraina", Dumenko ha commemorato i patriarchi ortodossi, incluso sua Santità il patriarca Kirill, ma non lo ha chiamato patriarca della Chiesa russa, come è il suo titolo ufficiale, bensì "basato in Russia"...

Vero. Commemora sempre il patriarca Kirill di Mosca durante i suoi servizi, ma non per amore o riverenza, come dovrebbe essere il caso per tutti i cristiani secondo il Vangelo, ma piuttosto con l'idea dell'auto-convalida e sotto le spoglie del rispetto del diritto canonico che richiede tale menzione del patriarca di Mosca. Ma questa è pura ipocrisia! Tutti sanno che considera il patriarca Kirill, schernito dai nazionalisti con il suo messaggio sul mondo russo e il suo aperto sostegno al presidente Putin, come un nemico dell'Ucraina. Allo stesso tempo, i nostri sacerdoti ortodossi che commemorano sua Santità il patriarca Kirill durante la liturgia sono vilipesi in ogni modo dalle persone di tendenze nazionaliste e sono persino espulsi dalle loro chiese, mentre Epifanij, come vedete, può farlo liberamente... è lo stile comportamentale tipico degli scismatici, pieno di bugie, malizia e inganno.

A proposito della lingua. La "Chiesa ortodossa dell'Ucraina" finge di operare in tutta l'Ucraina, dal momento che Dumenko è chiamato "sua Beatitudine di tutta l'Ucraina", ma perché le loroprediche e funzioni sono condotte esclusivamente in ucraino? Cosa deve fare la popolazione di lingua russa delle parti orientali e meridionali dell'Ucraina, dal momento che ci sono parrocchie registrate della "Chiesa ortodossa dell'Ucraina" anche lì?

Per la nostra Chiesa ortodossa ucraina, la lingua slavonica ecclesiastica non è solo il modo più conveniente per rivolgersi a Dio poiché aiuta a mettere rapidamente da parte tutte le preoccupazioni mondane durante la preghiera. È anche uno strumento utilizzato per raggiungere l'unione spirituale delle nazioni slave: ortodossi russi, ucraini, serbi, bulgari, polacchi, cechi e slovacchi. La "Chiesa ortodossa dell'Ucraina", con la sua forte promozione dell'uso della lingua ucraina nelle funzioni religiose, non solo nell'Ucraina occidentale ma anche in quella orientale, si oppone a una parte della popolazione che considera il russo come lingua madre, poiché l'hanno imparato sulle ginocchia delle proprie madri. Ciò attesta ancora una volta il fatto che la loro organizzazione religiosa non ha nulla a che fare con l'essenza soprannaturale ultraterrena ma è un artificio puramente politico. Il loro obiettivo principale è allargare ulteriormente ildivario tra russi e ucraini e "dimostrare" che non sono due nazioni sorelle con una storia comune, ma due entità politiche completamente estranee.

In relazione all'argomento della nostra conversazione, per favore ci dica qualche parola sul significato della recente Grande processione della Croce tenutasi il 27 luglio.

Al di sopra di tutto, nonostante i feroci tentativi dei politici opportunisti, con i loro discorsi lusinghieri sulla pace e l'unità in Ucraina, di prevaricare e dividere tutti, la Processione della croce ha testimoniato l'unità spirituale del popolo da ovest a est e da sud a nord. Ma 350.000 pellegrini che percorrono la processione dalla collina di san Vladimir alla Lavra sono sia un numero elevato sia un numero, non sufficiente se ricordiamo che non il novanta per cento, ma al massimo il cinque-dieci per cento di tutti i cittadini ucraini partecipa alle funzioni. Abbiamo ancora molto lavoro da fare. La messe è veramente grande, ma gli operai sono pochi (Lc 5:2). Queste parole del Salvatore mantengono sempre la loro attualità.

la Grande processione della Croce a Kiev il 27 luglio di quest'anno, dedicata alla memoria del santo principe Vladimir e al 1033° anniversario del Battesimo della Rus'

Dobbiamo centuplicare la nostra predicazione. Quando siamo in silenzio, il panorama dei media è pieno di persone che hanno, secondo le parole dell'apostolo Paolo, come dio il loro ventre, si vantano di ciò di cui dovrebbero vergognarsi, tutti intenti alle cose della terra (Fil 3:19). Inoltre, quando stiamo in silenzio, non significa che non vediamo differenze significative tra la vita dei credenti e dei non credenti?

Oggi è imperativo insegnare alle persone a discernere tra la verità e la menzogna e, cosa più importante, condurle non a un luminoso paradiso sulla terra, come un tempo avevano promesso i comunisti senza Dio, in combutta con i nazionalisti di oggi, ma al Regno dei Cieli. Questo Regno dentro ogni uomo non è costruito su rabbia e orgoglio, corruzione e frode ma su umiltà e perdono completo, sull'amore e sulla verità di Dio.

Padre, cosa ne pensa di questo: gli scismatici, nella persona di figure come gli ex metropoliti della Chiesa ortodossa ucraina Aleksandr Drabinko e Simeon Shostatskij, l'arciprete Georgij Kovalenko, Pjotr Zuev e altri che ricoprivano posizioni di rilievo nella nostra Chiesa e si schieravano contro lo scisma, condannandolo, comprendono che si sono piegati a una politica di opportunismo nella creazione della "Chiesa ortodossa dell'Ucraina"”? Anche lo stesso Drabinko aveva compiuto la sua tesi sul tema dello scisma, mentre Georgij Kovalenko era un portavoce della Chiesa ortodossa ucraina e denunciava lo scisma nei mass media in ogni modo possibile, mentre Pjotr Zuev, che a suo tempo si era allontanato da Filaret, scriveva massicci articoli sul giornale "SOS" con il titolo: "Mosca è la terza Roma, e non ce ne sarà una quarta!"

Quando erano ancora membri della nostra Chiesa, molti di loro, nonostante la loro attività missionaria ed educativa, covavano un freddo opportunismo. Molto probabilmente ciò accadeva perché svolgevano il loro servizio non per amore ma per compiacere le loro vanità e ambizioni, per guadagnare fama e, ancora una volta, ottenere l'auto-convalida. Ne parlo con fiducia, poiché conosco fin troppo bene molti di loro e prego ancora per loro nella speranza che si pentano e ritornino nell'ovile della Chiesa canonica dove sono stati battezzati e dove hanno prestato giuramento durante la loro consacrazione; la Chiesa che ha affidato loro il proprio gregge e li ha elevati a posizioni gerarchiche. Ahimè, gli interessi dei comuni credenti sono sempre stati e rimangono la loro priorità più bassa.

Ogni cristiano è in una lotta costante tra i cattivi pensieri di auto-indulgenza e i buoni desideri del servizio disinteressato a Dio e al popolo. Non tutti riescono sempre nella loro determinazione di opporsi al male e restare stabili nel bene. Tutti noi a volte possiamo cadere in varie tentazioni. Ma finché conserviamo lo spirito di pentimento, non tutto è perduto. Passo dopo passo, otteniamo piccole vittorie su noi stessi e sul maligno. Il peggio è quando, invece di condannare noi stessi per le nostre debolezze e pentirci, cominciamo a condannare gli altri. È così che le persone finiscono nello scisma e nelle sette religiose. La condanna costante e l'indignazione contro altre persone, come promuovono i media, fanno molto piacere a un uomo malvagio che non partecipa alla vita autentica della Chiesa. Questo è il modo in cui emergono il tradimento e tutte le altre avversità.

Secondo lei, cosa dovrebbero pensare i fedeli della Chiesa canonica di tutto ciò che sta accadendo? Ci sono tra i fedeli molte persone che sono inclini a vederlo come l'avvicinarsi del tempo della persecuzione?

Il Signore stesso ha avvertito dell'imminente persecuzione dei fedeli: Se hanno perseguitato me, perseguiteranno anche voi (Gv 15:20). Il peccato, paragonato alle tenebre dai santi Padri, evita la luce. Noi dovremmo piuttosto preoccuparci di non diventare la ragione delle persecuzioni a causa delle nostre stesse vite negligenti. Ne parla anche il Signore: Guai al mondo per gli scandali! È inevitabile che avvengano scandali, ma guai all'uomo per colpa del quale avviene lo scandalo! (Matteo 18:7). C'è un fattore positivo ed educativo nelle persecuzioni. Come scrive san Giovanni Crisostomo, quando tutto va bene per noi cristiani, siamo inclini a diventare pigri. Ma un tempo di persecuzione ci aiuta a essere vigili. Quindi, dobbiamo ringraziare il Signore per tutto, ugualmente per i piaceri della vita e per le sue afflizioni. Se continuiamo a comportarci così, chi ci separerà dall'amore di Cristo? Forse la tribolazione, l'angoscia, la persecuzione, la fame, la nudità, il pericolo, la spada? (Rm 8:35)

Un'ultima cosa: il settimo anniversario dell'intronizzazione di sua Beatitudine Onufrij presso la sede metropolitana di Kiev si sta avvicinando rapidamente. Qual è la sua valutazione di un momento così difficile nella vita della Chiesa guidata dal suo primate, il metropolita di Kiev e di tutta l'Ucraina?

Tipicamente, le persone inesperte nella vita spirituale guardano ai vescovi e al loro servizio con invidia o addirittura rabbia, vedendo solo la facciata ovvia e sfarzosa delle loro attività. Ma di fatto, più alto è il grado gerarchico nella Chiesa, più tentazioni di varie forme si devono sopportare, sia da parte del proprio gregge sia da coloro che sono fuori della Chiesa. A volte i colpi ricevuti dagli amici sono molto più dolorosi di quelli dei nostri nemici. Grazie alle sue incessanti attività ascetiche di preghiera e pentimento, il nostro beato metropolita Onufrij riesce non solo a preservare il suo equilibrio nella vita, senza mai crollare o vacillare, ma anche a rimanere un fermo sostenitore di milioni di persone. Prega con fervore per tutti noi, mentre noi preghiamo per lui, ed è così che troviamo la salvezza in mezzo a queste tentazioni e problemi.

 
“Non abbiamo altro aiuto tranne te...”: considerazioni sul linguaggio poetico degli inni alla Madre di Dio

Padre John Whiteford ci aiuta a fare un po’ di chiarezza su alcune espressioni di venerazione della Madre di Dio, vista “il solo aiuto” o “l’unica a intercedere”, e ci spiega come questi esempi di iperbole poetica sono perfettamente leciti nel linguaggio dell’innografia cristiana (così come lo sono anche nel linguaggio biblico) e non devono farci pensare a qualche strana aberrazione teologica, che vede solo la Madre di Dio, magari a esclusione di Dio stesso.

Presentiamo le spiegazioni di padre John nella sezione “Domande e risposte” dei documenti.

 
Le implicazioni della visita del patriarca Bartolomeo

il patriarca Bartolomeo alla tribuna dei VIP durante i festeggiamenti del Giorno dell'Indipendenza. Foto: "Chiesa ortodossa dell'Ucraina"

Perché il capo del Fanar è venuto in Ucraina, chi ha beneficiato maggiormente della visita, e come si svilupperà ulteriormente la situazione nella sfera ecclesiastica?

Facciamo un po' di spoiler. Il risultato più importante della visita del capo del Fanar è visibile nella foto illustrativa dell'articolo. Il patriarca Bartolomeo è seduto nella tribuna degli ospiti VIP durante le celebrazioni del Giorno dell'Indipendenza dell'Ucraina. È seduto accanto al capo del Consiglio di sicurezza e difesa nazionale Danilov, al presidente del parlamento Razumkov, a illustri ospiti stranieri – i presidenti di Lettonia ed Estonia, e sembra piuttosto felice. Visto come il capo del Fanar ha progettato e trascorso il suo tempo in Ucraina, si può affermare che ciò non abbia avuto nulla a che fare con l'insegnamento al popolo di Dio della fede cristiana, con la predicazione pastorale, la pacificazione, ecc. Lo scopo principale del suo viaggio nel nostro paese era il rafforzamento della sua posizionepresso l'élite politica e laica. Questo obiettivo è stato raggiunto? Parliamo di tutto, con ordine.

Il capo del Fanar è atterrato a Kiev col favore della notte ed è decollato col favore della notte. Qualcuno vedrà in questo una sorta di simbolismo oscuro, qualcuno non lo vedrà e ognuno avrà ragione a modo suo. La visita della "sua divina tutta Santità" è terminata, ed è tempo di bilanci.

Implicazioni per il Fanar

Il patriarca Bartolomeo è stato ricevuto ai massimi livelli: il presidente, il primo ministro e il presidente del Parlamento. Questi hanno pronunciato molte belle parole, ma tutto si è limitato alle sole parole. Riteniamo opportuno prestare attenzione non solo a ciò che è accaduto durante la visita, ma anche a ciò che non è accaduto.

In primo luogo, non vi è stato alcun trasferimento di siti stavropigiali al Fanar, come previsto. Ricordiamo che più di due anni fa, quando molti credevano che il progetto della "Chiesa ortodossa dell'Ucraina" avrebbe avuto successo, l'allora presidente del Parlamento Andrij Parubij annunciò la possibilità di trasferire circa 20 dei monasteri più antichi al Fanar, tra cui la Lavra delle Grotte di Kiev, la confraternita della Dormizione a Leopoli, il monastero della Trasfigurazione a Mezhyhirya, la confraternita della Teofania a Kiev, il Monastero di Maniava e altri. Ora non se ne parla nemmeno. Probabilmente, la posizione delle autorità ucraine su questo tema si riduce a "ringraziate per aver avuto la chiesa di sant'Andrea".

In secondo luogo, il presidente dell'Ucraina non ha offerto alcun premio statale al patriarca Bartolomeo. Ci sono state parole di gratitudine per il "sostegno personale incondizionato alla sovranità, all'integrità territoriale dell'Ucraina e alla sua indipendenza", per le "preghiere costanti per la pace nel nostro paese", ci sono state anche parole sulla visita che si svolge "nell'anno del 30° anniversario della sua elezione a patriarca ecumenico" (citazioni dal sito web del presidente), ma allo stesso tempo nessuna onorificenza e nemmeno un regalo. Nel linguaggio diplomatico, questo non è certamente uno schiaffo sulla faccia, ma è qualcosa di simile. Ribadiamo che secondo tutte le regole dell'etichetta diplomatica internazionale, Vladimir Zelenskij era semplicemente obbligato a premiare il patriarca Bartolomeo, ma non lo ha fatto. E questa non è una svista o una dimenticanza del servizio di protocollo. Letteralmente un giorno dopo il Giorno dell'Indipendenza, Vladimir Zelenskij ha consegnato premi di alto livello a tutti i presidenti e primi ministri che sono venuti all'evento della piattaforma della Crimea. Non premiare il patriarca Bartolomeo è stato un segno che è stato inviato e ricevuto. Tuttavia, i problemi per il capo del Fanar non sono finiti qui.

In terzo luogo, il patriarca Bartolomeo non è stato invitato al tradizionale evento "Benedizione dell'Ucraina", che si tiene ogni anno sul territorio di santa Sofia di Kiev nel giorno dell'indipendenza. Anche in questo caso, secondo le regole del galateo diplomatico, doveva essere invitato. Il patriarca Bartolomeo è arrivato in Ucraina su invito del presidente, questo era un evento religioso, vi era presente Sergej (Epifanij) Dumenko, l'arrivo del capo del Fanar è stato definito come un evento storico per il paese. Tutti gli argomenti erano a favore di un invito alla "sua divina tutta santità", ma questi è stato lasciato in albergo (in appartamenti assegnati). Ma la cosa più spiacevole per il capo del Fanar non è nemmeno il fatto di non essere stato invitato, ma il fatto che ciò sia stato fatto su richiesta della Chiesa ortodossa ucraina. Il Cancelliere della Chiesa ortodossa ucraina, il metropolita Antonij (Pakanich) di Borispol e Brovary, ha affermato: "Questa era la posizione e l'esigenza della nostra Chiesa, di cui ho già parlato nei miei commenti precedenti, vale a dire, che la Chiesa ortodossa ucraina non parteciperà all'evento nella cattedrale di Santa Sofia se il patriarca Bartolomeo sarà presente". Questo requisito è l'unico motivo per cui il patriarca Bartolomeo non ha partecipato all'evento di cui sopra. E lo ha capito perfettamente. Sebbene il portavoce della "Chiesa ortodossa dell'Ucraina" Ivan (Eustratij) Zorja abbia cercato di convincere tutti che l'evento non è stato organizzato dall'Ufficio del presidente, ma dal Consiglio pan-ucraino delle chiese e delle organizzazioni religiose (e l'AUCCRO non avrebbe invitato all'evento il patriarca Bartolomeo), questi argomenti sono almeno divertenti.

In quarto luogo, nel discorso del presidente in occasione del 30° anniversario dell'Indipendenza non si è parlato né di Costantinopoli né della "Chiesa ortodossa dell'Ucraina". Nell'era di Poroshenko, un tale disprezzo sarebbe stato inimmaginabile. Se ricordiamo i discorsi di Poroshenko, la "Chiesa ortodossa dell'Ucraina" è sempre stata definita come un pilastro dello stato. Si è anche scoperto che quest'anno Petro Poroshenko non è stato menzionato tra i presidenti dell'Ucraina, insieme a Viktor Janukovich.

In quinto luogo, con l'eccezione della funzione nel cortile della cattedrale di Santa Sofia, non sono stati organizzati eventi per il patriarca Bartolomeo con la partecipazione di gente comune. Tuttavia, un evento è stato organizzato dall'Unione pubblica "Miriane", quando più di 10.000 persone si sono radunate per incontrare il patriarca Bartolomeo vicino alla Verkhovna Rada, ma questi si è rifiutato di parteciparvi.

Oltre a ciò, possiamo aggiungere alla lista il cattivo andamento e le prospettive del progetto della "Chiesa ortodossa dell'Ucraina", su cui inizialmente erano riposte così grandi speranze. Non si dice più che i vescovi della Chiesa ortodossa ucraina correranno alla "Chiesa ortodossa dell'Ucraina", poiché è già chiaro che non è possibile trasferire volontariamente chierici e parrocchie della Chiesa ortodossa ucraina nella "Chiesa ortodossa dell'Ucraina", mentre l'organizzazione stessa è perseguitata da una serie di scandali. C'è una nuova scissione di Filaret con il ripristino del "patriarcato di Kiev"; una resa dei conti tra due "vescovi" di Kharkiv della "Chiesa ortodossa dell'Ucraina" con il reciproco sequestro delle parrocchie; un recente scandalo omosessuale che coinvolge il "metropolita" Aleksandr Drabinko e altri "casi divertenti". Tutto questo è noto al patriarca Bartolomeo, così come il fatto che la "Chiesa ortodossa dell'Ucraina" ha deciso di non tenere una vera e propria processione della croce quest'anno nel giorno del Battesimo della Rus',

Pertanto, i risultati della visita per lo stesso patriarca Bartolomeo non sono particolarmente allegri, come si vede riflesso sul suo volto durante le brevi trattative di addio con Denis Shmygal.

il patriarca Bartolomeo e il primo ministro Denis Shmygal. Foto: kmu.gov.ua

Implicazioni per il governo ucraino

È anche rilevante speculare su ciò che il patriarca Bartolomeo non abbia fatto per l'Ucraina. La cosa principale è che non è riuscito a garantire il riconoscimento della "Chiesa ortodossa dell'Ucraina" da parte delle Chiese ortodosse locali. Si può presumere che durante i negoziati prima della creazione della "Chiesa ortodossa dell'Ucraina", il Fanar abbia assicurato a Petro Poroshenko che sarebbe stato in grado di garantire tale riconoscimento, mentre le autorità ucraine probabilmente hanno assicurato al Fanar che sarebbero state in grado di guidare la maggior parte dell'episcopato, del clero e delle parrocchie della Chiesa ortodossa ucraina nella "Chiesa ortodossa dell'Ucraina". Niente di tutto questo ha funzionato ed è improbabile che funzioni in futuro. Le Chiese greca, alessandrina e cipriota, in cui c'è stato un riconoscimento della "Chiesa ortodossa dell'Ucraina" dopo un duro trattamento diplomatico da parte dei funzionari del Dipartimento di Stato americano, hanno affrontato e stanno ancora affrontando una seria opposizione a tale riconoscimento da parte di alcuni dei loro vescovi. Chi altri vuole che la sua Chiesa sia divisa? Nessuno.

Inoltre, il patriarca Bartolomeo non è riuscito a convincere il mondo ortodosso di essere "il primo senza eguali". Se ciò riuscisse, il capo del Fanar acquisterebbe un serio peso politico e sarebbe agli occhi delle autorità ucraine come il papa, attraverso il quale si possono risolvere gravi questioni politiche. Quindi, la vera statura del capo del Fanar è piuttosto bassa e il suo sostegno non offre alcun interesse specifico. Le autorità ucraine lo hanno appreso a proprie spese.

Nel primo anno della sua presidenza, Vladimir Zelenskij aveva assunto una posizione più o meno neutrale nei confronti delle confessioni religiose dell'Ucraina. Inoltre, aveva visto chiaramente come l'interferenza negli affari ecclesiastici non aveva aumentato ma piuttosto ridotto le possibilità di Petro Poroshenko di vincere le elezioni presidenziali nel 2019. Ma poi improvvisamente, nel 2020, Vladimir Zelenskij ha iniziato a clonare la politica del suo predecessore e ad interagire attivamente con il Fanar. L'unico motivo per un cambiamento così drammatico è il suo desiderio di compiacere la nuova amministrazione democratica negli Stati Uniti, che gode di legami lunghi e molto forti con il Fanar. Inoltre, anche Biden ha rapporti amichevoli con Bartolomeo. Apparentemente le autorità ucraine si aspettavano che l'amministrazione statunitense ricompensasse in qualche modo i loro sforzi a sostegno del patriarca Bartolomeo, ma sono state invece "tradite". A questo punto possiamo ricordare il costante rinvio da parte degli americani della visita di Vladimir Zelenskij negli Stati Uniti e l'abbassamento all'ultimo minuto del livello della loro rappresentanza sulla Piattaforma della Crimea. Ma la cosa più importante è che l'amministrazione statunitense ha risolto esponenzialmente, alle spalle dell'Ucraina, tutte le questioni relative al gasdotto Nord Stream-2 con la Germania. Le autorità ucraine stanno seriamente pensando se i desideri degli Stati Uniti debbano essere soddisfatti "così come sono" e, come se questo non bastasse, a scapito dell'Ucraina. Altrimenti non ci sarebbero dichiarazioni di amicizia con la Cina, principale nemico ufficiale degli Stati Uniti, e il licenziamento del capo di Naftogaz A. Kobolev.

Inoltre, le autorità ucraine sono state ancora una volta convinte che la Chiesa ortodossa ucraina possa radunare enormi masse di persone per i suoi eventi, mentre la "Chiesa ortodossa dell'Ucraina" ha enormi problemi al riguardo. Senza risorse amministrative o il supporto di organizzazioni nazionaliste, la "Chiesa ortodossa dell'Ucraina" non può raccogliere in modo indipendente un numero significativo di persone. Tutto questo è un chiaro segnale per le autorità su chi sia davvero sostenuto dagli ucraini.

Inoltre, le autorità, ovviamente, hanno notato che la Chiesa ortodossa ucraina è diventata notevolmente più attiva nella sfera pubblica. Ciò include i 350.000 partecipanti alla Processione della Croce il 27 luglio 2021, la preghiera di fronte alla Verkhovna Rada il 21 agosto 2021 e la creazione dell'Unione pubblica "Miriane", che è riuscita ad aprire filiali in tutta l'Ucraina in breve tempo, nonché la vigorosa difesa nei tribunali dei diritti delle comunità della Chiesa ortodossa ucraina, i cui luoghi di culto sono stati portati via con la forza o sono stati illegalmente ri-registrati a favore della "Chiesa ortodossa dell'Ucraina". In termini di sostegno elettorale, è molto più vantaggioso lasciare in pace la Chiesa ortodossa ucraina che intensificare la persecuzione contro la più grande denominazione in Ucraina.

Vale la pena ricordare un altro evento che non si è verificato, ma che le autorità ucraine hanno molto voluto: la visita di papa Francesco alla celebrazione del 30° anniversario dell'Indipendenza. Vladimir Zelenskij ha chiesto personalmente per due volte al pontefice di venire, una volta addirittura con le parole che il capo del Vaticano "è atteso, prima di tutto, dal popolo ucraino" e che sarà "l'ossigeno che è tanto necessario". Il 25 marzo 2021, il primo ministro Denis Shmygal ha visitato il Vaticano e ha trasmesso un invito di Vladimir Zelenskij al Giorno dell'Indipendenza. L'arrivo contemporaneo di papa Francesco e del patriarca Bartolomeo in Ucraina sarebbe stato dichiarato come un'enorme "vittoria" del governo ucraino, ma ciò non è avvenuto. Del resto, sia il papa che "la sua divina tutta santità" hanno ricevuto un'ottima occasione per promuovere l'idea di una prima unificazione del Vaticano con il Fanar, che entrambi hanno più volte affermato. L'ex capo del Dipartimento per gli affari religiosi Andrej Jurash lo ha confermato direttamente nel maggio 2021: "Questo darebbe un fortissimo impulso ai legami ecumenici interreligiosi..." Ma il papa ha scelto di non correre il rischio.

Implicazioni per la "Chiesa ortodossa dell'Ucraina"

La visita del patriarca Bartolomeo ha beneficiato soprattutto il capo della "Chiesa ortodossa dell'Ucraina", Sergej Dumenko. Il Patriarca di Costantinopoli ha dato un chiaro segnale che il Fanar fa affidamento sull'attuale capo della "Chiesa ortodossa dell'Ucraina" e non considera l'opzione di sostituirlo con qualcun altro. Sergej è stato chiamato "un leader efficace che è degno di fiducia per il Fanar", e durante il servizio nel monastero di san Michele dalle cupole dorate, il patriarca Bartolomeo ha affermato che tra molti decenni i posteri glorificheranno il nome e l'esempio di Sergej Dumenko. Certo, se ricordiamo il caso in cui il "teologo" Dumenko ha confuso le parole del Vangelo con un proverbio, queste affermazioni suonano comiche, ma ciò che viene fatto non può essere annullato.

Il capo della "Chiesa ortodossa dell'Ucraina" può anche annotare come sua vittoria personale il fatto che le autorità non hanno invitato Filaret a nessuna festa. Anche questo è un segnale chiaro, soprattutto considerando che Denisenko è stato insignito del più alto riconoscimento di "eroe dell'Ucraina".

Anche lo sponsor principale della "Chiesa ortodossa dell'Ucraina", il "re della birra" Andrej Matsola, potrebbe rallegrarsi: ha ricevuto il titolo di arconte del Patriarcato di Costantinopoli dalle mani del patriarca Bartolomeo. L'Ordine degli arconti del Patriarcato ecumenico (il secondo nome è Ordine del Santo Apostolo Andrea) è stato registrato nel 1966 negli Stati Uniti. È stato creato all'interno dell'arcidiocesi americana del Patriarcato di Costantinopoli come organizzazione pubblica senza scopo di lucro. Nel 1991, il Sinodo del Patriarcato di Costantinopoli ha stabilito un ordine separato per gli arconti che vivono fuori dall'America: la Confraternita degli Offikioni (Arconti) "Vergine benedetta". Ogni anno, il Patriarca di Costantinopoli assegna il titolo di Arconte a circa 20 individui che hanno donato  "... il loro tempo,talento e finanze..." (citazione dai requisiti per i candidati) per promuovere gli interessi del Patriarcato di Costantinopoli. È improbabile che Andrej Matsola avrebbe ricevuto il titolo per il suo "tempo" o "talento", quindi rimangono solo le "finanze", il che contraddice l'affermazione secondo cui il Fanar ha concesso gratuitamente il tomos di "autocefalia" alla "Chiesa ortodossa dell'Ucraina".

Un altro risultato della celebrazione del 30° anniversario dell'indipendenza è stato l'annuncio di Vladimir Zelenskij sull'istituzione di una nuova festa: il Giorno della statualità, da celebrare nel giorno del Battesimo della Rus', il 28 luglio. Ciò significa che ora la "Chiesa ortodossa dell'Ucraina" sarà in grado di utilizzare apertamente risorse amministrative per organizzare la propria processione della croce. Certo, difficilmente sarà possibile portare 350.000 funzionari o dipendenti statali a questo evento, ma esso potrebbe comunque competere in qualche modo con la Grande processione della Croce della Chiesa ortodossa ucraina.

L'ex metropolita Aleksandr Drabinko si è preso un'altra torta in faccia. Il 22 agosto 2021, il patriarca Bartolomeo di Costantinopoli, durante la celebrazione congiunta con Epifanij Dumenko sul territorio di santa Sofia di Kiev, ha indossato due panaghie e una croce realizzate nella Chiesa ortodossa ucraina nel 2010 in copia limitata per il 75° anniversario del defunto metropolita Vladimir (Sabodan). Il metropolita Vladimir aveva usato personalmente questi oggetti alla celebrazione del suo anniversario; quindi, non poteva darli al patriarca Bartolomeo, che era venuto in Ucraina due anni prima. La probabilità che siano stati consegnati al capo del Fanar per conto del metropolita Vladimir tramite terzi è estremamente ridotta. Rimane solo una cosa: un regalo di Aleksandr Drabinko, che è già stato sorpreso a rubare il Vangelo di Peresopnytsja, panaghie, pastorali, paramenti e altri oggetti appartenuti al defunto metropolita Vladimir. Inoltre è stato lo stesso Drabinko ad attirare l'attenzione sul suo account Facebook che il patriarca Bartolomeo indossava la panaghia e la croce di sua Beatitudine Vladimir.

Implicazioni per l'intera Ortodossia

La visita in Ucraina agli occhi del mondo ortodosso ha confermato e approvato l'ordine del giorno imposto dal Fanar. Questo si compone di tre punti: riconoscimento della supremazia del patriarca di Costantinopoli, riconoscimento della "Chiesa ortodossa dell'Ucraina", unione con i cattolici. Tutti e tre questi elementi si sono manifestati chiaramente durante la visita e a tutti è stato fatto capire che questi elementi non esistono separatamente l'uno dall'altro; sono tutti componenti, come si dice ora, di un singolo caso. È impossibile riconoscere la "Chiesa ortodossa dell'Ucraina" rifiutando allo stesso tempo la supremazia del Fanar, e riconoscendo la "Chiesa ortodossa dell'Ucraina" è impossibile dissociarsi dall'unione con i cattolici.

Il patriarca Bartolomeo ha nuovamente concelebrato la Divina Liturgia con persone prive di dignità sacerdotale. La spiegazione di ciò agli occhi del resto delle Chiese ortodosse locali è semplice: il sacerdozio di Sergej Dumenko e degli altri "vescovi" della "Chiesa ortodossa dell'Ucraina" è stato "benedetto" dal Patriarcato di Costantinopoli, e le Chiese locali sono in disaccordo se riconoscere o meno questa decisione. Se la riconoscono, riconoscono in tal modo che il capo del Fanar ha poteri esclusivi speciali, o in altre parole, lo riconoscono come capo dell'Ortodossia. In effetti, il patriarca Bartolomeo ha menzionato proprio questo durante il ricevimento all'Accademia Kyiv-Mohyla, affermando che le Chiese locali hanno un singolo percorso verso l'unità – il riconoscimento della "Chiesa ortodossa dell'Ucraina": "Solo il riconoscimento dell'autocefalia ucraina da parte di tutte le Chiese ortodosse, e non qualsiasi altra posizione... sull'unità”.

Il 23 agosto 2021, il capo del Fanar ha incontrato il Consiglio pan-ucraino delle chiese e delle organizzazioni religiose. L'incontro si è svolto su iniziativa del patriarca Bartolomeo, il che significa che inizialmente non vi era stato invitato. In questo incontro, il patriarca Bartolomeo ha affermato che gli ortodossi e i cattolici stanno cercando di ripristinare l'unità nella comunione e ha anche presentato al capo della Chiesa greco-cattolica ucraina Svjatoslav Shevchuk una panaghia con la sua firma. In risposta, quest'ultimo ha definito Costantinopoli la sua "Chiesa madre" e ha presentato al capo del Fanar una serie di distinzioni patriarcali: una croce, un enkolpion e una panaghia.

Tutto ciò ha aumentato la probabilità che l'unione emergente tra il Fanar e il Vaticano venga prima "testata" in Ucraina con l'aiuto della "Chiesa ortodossa dell'Ucraina" e della Chiesa greco-cattolica ucraina. E se anche papa Francesco venisse in Ucraina, allora una tale probabilità sarebbe quasi del cento per cento.

In ogni caso, la visita del patriarca Bartolomeo a Kiev, le sue azioni e le sue dichiarazioni hanno confermato che il riconoscimento della supremazia del Fanar, il riconoscimento della "Chiesa ortodossa dell'Ucraina" e il riavvicinamento con Roma sono un tutt'uno. Ciò significa che le Chiese ortodosse locali dovrebbero pensare non solo alla questione del riconoscimento della "Chiesa ortodossa dell'Ucraina", ma anche alle altre due questioni di questo "pacchetto". A nostro avviso, questo riduce notevolmente la probabilità che continui il riconoscimento della "Chiesa ortodossa dell'Ucraina" da parte delle Chiese locali.

Implicazioni per la Chiesa ortodossa ucraina

la Chiesa ortodossa ucraina ha dimostrato a tutti, compreso a se stessa, la sua fermezza nel sostenere la purezza dell'Ortodossia e la sua solidarietà intorno a sua Beatitudine il metropolita Onufrij. È interessante notare che l'Unione pubblica "Miriane" è stata in grado di organizzare una preghiera di 10.000 persone di fronte alla Verkhovna Rada il 21 agosto 2021. È anche indicativo che questo evento sia stato approvato dalle autorità. La polizia ha permesso che si svolgesse in toto: l'allestimento del palco, gli altoparlanti, i manifesti e striscioni sui quali erano scritte in greco parole molto ingiuriose per “la sua divina tutta santità”, anatema compreso. È vero che ci sono stati casi in cui la polizia ha portato via tali manifesti, ma sono stati casi isolati.

Sfortunatamente, c'è stata una fastidiosa svista durante l'evento. L'arciprete Viktor Zemljanoj ha letto dal palco una traduzione deliberatamente falsa del discorso del patriarca Bartolomeo, in cui avrebbe affermato che il russo e persino lo slavonico ecclesiastico sono incomprensibili per gli ucraini, ma il greco moderno è comprensibile a tutti e deve essere usato per il culto. In effetti, il capo del Fanar non ha detto questo, ma molti hanno creduto al falso. Si spera che in futuro le persone ricontrolleranno tali messaggi. Tuttavia, il fatto che il falso sia stato creduto è comprensibile. Il patriarca Bartolomeo ha fatto molte cose a cui nessuno avrebbe creduto in precedenza. Questo include il riconoscimento della "ordinazione" di Sergej Dumenko, la "abolizione" della Chiesa ortodossa ucraina con il metropolita Onufrij, il "trasferimento" della metropolia di Kiev al Patriarcato di Costantinopoli, e molto altro. Nessuno avrebbe potuto immaginare che il Fanar sarebbe stato in grado di commettere atti così folli e illegali, ma lo ha fatto, ahimè.

Ci azzardiamo a ipotizzare che la persecuzione della Chiesa ortodossa ucraina non crescerà, almeno non in modo significativo nel prossimo futuro. Tuttavia, tale possibilità non può essere completamente esclusa. Né ci sarà una svolta drammatica del potere verso la Chiesa ortodossa ucraina. Nonostante tutte le difficoltà, il sequestro di chiese e così via, la Chiesa ortodossa ucraina è in una posizione molto favorevole: le autorità non hanno alcuna influenza su di essa; è stata ripulita da personalità tanto controverse (per usare un eufemismo) come l'ex metropolita Aleksandr Drabinko o l'ex arciprete Georgij Kovalenko; le comunità della Chiesa ortodossa ucraina e tutta la Chiesa sono diventate più unite; la coscienza ecclesiale dei credenti è aumentata, ecc. Il fatto che lo stato stia esercitando pressioni sulla Chiesa ortodossa ucraina è, ovviamente, negativo, ma sarà molto peggio se le autorità dell'Ucraina (se non quelle di oggi, le successive) inizieranno improvvisamente a mostrare lealtà alla Chiesa ortodossa ucraina e a usarla come pilastro dello stato ucraino al posto della "Chiesa ortodossa dell'Ucraina". Prima o poi, lo stato si aspetterà qualcosa in cambio di un atteggiamento così "favorevole", come dimostra la storia della Chiesa. La tentazione della ricchezza è spiritualmente molto più forte della tentazione della povertà; la tentazione della gloria è molto più terribile della tentazione dell'oblio; la tentazione del potere è molto più pericolosa della tentazione della persecuzione. In ogni caso, la Chiesa deve essere pronta a lottare contro ogni tentazione. La tentazione della ricchezza è spiritualmente molto più forte della tentazione della povertà; la tentazione della gloria è molto più terribile della tentazione dell'oblio; la tentazione del potere è molto più pericolosa della tentazione della persecuzione. In ogni caso, la Chiesa deve essere pronta a lottare contro ogni tentazione.

Sono dunque queste le implicazioni dell'incalzante visita della "sua divina tutta santità" in Ucraina. Solo il tempo dirà quanto siano precise.

 
Il ruolo della Germania nell'odierna distruzione dell'Ucraina

In quella che è sempre più vista come una guerra totale degli Stati Uniti contro la Russia, non è sempre chiaro il ruolo della Germania. L’autore del blog The Vineyard of the Saker (blog da oggi disponibile anche nella sua versione russa, Виноградник Балобана) ospita un'analisi con la quale egli stesso non si dichiara d'accordo (se fosse vera, le analisi dello stesso governo russo potrebbero essere gravemente viziate), ma che merita sicuramente attenzione, soprattutto per la valutazione del ruolo della Germania nel disfacimento della Jugoslavia. Dagmar Henn (nella foto) attivista politica a Monaco di Baviera, ha seguito attentamente tutte le fasi della crisi ucraina, e applica i precedenti dell’ingerenza tedesca in Croazia e Slovenia (e alcuni paralleli storici più antichi e ormai dimenticati) per ricavarne una direzione inquietante dell’interesse tedesco nella dissoluzione dell’Ucraina. Presentiamo quest’analisi nella sezione “Geopolitica ortodossa” dei documenti.

 
In che modo il cristianesimo ortodosso è diverso dall'islam?

Il cristianesimo ortodosso e l'islam sono entrambe religioni abramitiche e le loro dottrine hanno molto in comune. Entrambe proclamano una fede in un Dio onnipotente che ha creato il mondo e tutti i suoi esseri e poi ha inviato i suoi profeti a predicarlo. Entrambe hanno le nozioni di inferno e paradiso e prevedono il giorno del giudizio. Eppure entrambe hanno differenze fondamentali relative anche a questi principi comuni. Consideriamo più in dettaglio queste distinzioni.

La natura di Dio

In modo simile al cristianesimo ortodosso, l'islam nega la possibilità di una comprensione razionale dell'essenza di Dio. Tuttavia, nella dottrina cristiana ortodossa, il Signore ha svelato al popolo una parte del mistero del suo essere manifestandosi come Padre, Figlio e santo Spirito. Nel Vangelo, il Signore Gesù Cristo comandò ai suoi apostoli: "Andate e ammaestrate tutte le nazioni, battezzandole nel nome del Padre e del Figlio e del santo Spirito". (Mt 28:19)

L'islam tace sulla natura interiore di Dio e nega la conoscibilità di Dio in linea di principio. Rifiuta la dottrina cristiana della Santissima Trinità e offre una diversa interpretazione delle sue tre persone. "E Dio dirà: “O Gesù, figlio di Maria, hai detto al popolo: 'Prendi me e mia madre come dei invece di Dio?'” Dirà: “Gloria a te! Non sta a me dire ciò a cui non ho diritto". (Sura 5, versetto 116). "Non credono quelli che dicono: “Dio è il terzo di tre”. Ma non c'è divinità se non l'Unico Dio". (Sura 5, versetto 73)

Al contrario, la Bibbia dice direttamente: "Il Signore è lo Spirito" (2 Cor 3:17), mentre la dottrina cristiana aderisce all'interpretazione allegorica di tutte le istanze di antropomorfismo. La dottrina islamica è diversa a questo riguardo: "Crediamo che l'Onnipotente Allah abbia un volto glorioso e degno di lode. Crediamo che l'Onnipotente Allah abbia due gloriose mani generose. Crediamo che l'Onnipotente Allah abbia due occhi. Gli aderenti alla Sunna concordano sul fatto che Allah ha due occhi, come confermato dall'insegnamento del Profeta sul falso messia: "Egli ha un occhio solo, e il tuo Dio non è con un occhio" (Insegnamenti degli aderenti alla Sunna e sostenitori di un'unica comunità di musulmani, Muhammad ibn al Uthaymeen).

Le radici del male nel mondo

Nella dottrina cristiana, il Signore non farà alcun male. Invece, il male è stato il risultato della libera scelta della creazione di Dio di allontanarsi da Lui. Nella Bibbia leggiamo: "Dio è luce; in lui non vi sono tenebre" (1 Gv 1:5). Al contrario, l'Akida (un documento simile in funzione al Credo cristiano) del primo teologo musulmano Ahmad ibn Hanbal dice: "Il bene e il male provengono entrambi da Allah. La Bibbia proclama: “Dio non può essere tentato dal male, né tenta nessuno”. Al contrario, il Corano dice: E se Dio vuole delle difficoltà per un popolo, non si può tornare indietro; e a parte Lui, non hanno protettore". (Sura 13, versetto 11)

La relazione di Dio con il male ha implicazioni in materia di salvezza. La Bibbia dice: "Com'è vero che io vivo, dichiara il Signore, non mi compiaccio della morte degli empi, ma piuttosto che si convertano dalle loro vie e vivano". (Ez 33:11). Al contrario, il Corano dice: "Se avessimo voluto, avremmo potuto dare a ogni anima la sua guida, ma la mia dichiarazione si avvererà: Riempierò l'inferno di jinn e umani, del tutto". (Sura 32, versetto 13)

La scelta tra il bene e il male nella dottrina ortodossa è il prodotto del libero arbitrio dell'uomo. “il peccato è accovacciato alla tua porta; verso di te è ilsuo instinto, ma tu dòminalo" (Gen 4:7). "Voi, miei fratelli e sorelle, siete stati chiamati a essere liberi. Ma non usate la vostra libertà come pretesto per vivere secondo la carne; piuttosto, servitevi gli uni gli altri umilmente con amore". (Gal 5:13), "Oggi chiamo a testimoni contro di te i cieli e la terra, che ti ho posto davanti la vita e la morte, le benedizioni e le maledizioni. Ora scegli la vita, perché viva tu e i tuoi figli e ami il Signore Dio tuo, ascolti la sua voce e ti aggrappi a lui. Poiché il Signore è la tua vita e ti darà molti anni nel paese". (Deut 30:19,20)

Nell'islam, la predestinazione di Allah è la nozione chiave. "Il vestro Signore crea tutto ciò che vuole e sceglie. La scelta non è loro". (Sura 28, versetto 68). “49. Tutto ciò che abbiamo creato è misurato con precisione. E il nostro comando è solo una volta, come un batter d'occhio. (Sura 54, Versetti 49–50). "Quando Dio ha creato te, e ciò che tu fai" (Sura 37, versetto 96). "Ho sentito il Messaggero di Allah (pace e benedizioni di Allah su di lui) dire: "Allah ha scritto i decreti della creazione cinquantamila anni prima di creare i cieli e la terra".

Nel Corano troviamo frammenti che affermano direttamente che Allah aveva destinato alcune persone al tormento eterno. "Sono state destinate all'inferno moltitudini di jinn e umani. Hanno cuori con cui non capiscono. Hanno occhi con cui non vedono. Hanno orecchie con le quali non sentono. Sono come il bestiame. In realtà, sono ulteriormente smarriti. Questi sono gli incuranti". (Sura 7, versetto 179).

La persona di Gesù Cristo

Il Vangelo insegna che Gesù Cristo è il Dio incarnato, il Creatore dell'universo che ha assunto carne umana pur rimanendo di natura divina. "Io sono il Primo e l'Ultimo e il Vivente. Io ero morto, ma ora vivo per sempre e ho il potere sopra la morte e sopra gli inferi". (Ap 1:17-18). "Io e il Padre siamo uno." (Gv 10:30), "In verità vi dico", rispose Gesù, "prima che Abramo fosse, io sono!" (Gv 8:58), "Chi sei?" chiesero. “Proprio quello che vi ho detto fin dall'inizio”, rispose Gesù. (Gv 8:25). Negli insegnamenti ortodossi, Cristo ha assunto pienamente la natura umana e la sua umanità non era in alcun modo diversa da quella di tutte le altre persone.

Nel Corano, come osservato in precedenza, Gesù non solo non rivendicava l'autorità divina, ma era solo un essere umano scelto da Allah per profetizzare. Allo stesso tempo, Allah ha conferito a Gesù qualità che nessun essere umano ordinario potrebbe avere. Per esempio, poteva parlare fin dalla nascita e dichiarare la sua missione profetica il giorno in cui era nato. Quindi lei lo indicò. Dissero: "Come possiamo parlare a un bambino nella culla?" Disse: "Io sono il servo di Dio. Mi ha dato la Scrittura e ha fatto di me un profeta. E mi ha reso benedetto dovunque io sia; e mi ha imposto la preghiera e la carità, finché vivo".

Concezione del paradiso

Confrontiamo gli insegnamenti di entrambe le religioni sul paradiso.

La Bibbia dice: "Ho visto la città santa, la nuova Gerusalemme, che scendeva dal cielo da Dio, preparata come una sposa splendidamente vestita per suo marito. Non vi sarà più maledizione. Il trono di Dio e dell'Agnello sarà in mezzo a lei e i suoi servi lo adoreranno; vedranno la sua faccia e porteranno il suo nome sulla fronte. Non vi sarà più notte e non avranno più bisogno di luce di lampada, né di luce di sole, perché il Signore Dio li illuminerà e regneranno nei secoli dei secoli". (Ap 21:2,22:3-5).

Il Corano offre la seguente descrizione del paradiso. "Su arredi lussuosi, adagiati su di essi, uno di fronte all'altro. A servirli saranno giovani resi immortali. Con tazze, brocche e bibite inebrianti, che non causeranno loro né mal di testa né intossicazione. E frutti a loro scelta. E carne di uccelli che possono desiderare. E adorabili compagne, simili a perle preziose". (Sura 56, Versetti 15-23). "Ma per i giusti c'è il trionfo. Giardini e vigneti. E splendidi coniugi, ben assortiti. E bevande deliziose". (Sura 78, Versetti 31-34).

Per i cristiani, il paradiso è il luogo dell'unione con Dio, della partecipazione al suo regno e della vita nell'amore e nella grazia divina. La descrizione coranica non fa menzione di Allah e promette ai fedeli solo delizie mondane.

Miracoli

Come nel Corano, i profeti della Bibbia avevano il potere di operare miracoli, ma su basi completamente diverse. Schematicamente, si possono distinguere due tipi di miracoli: profetico e strumentale. I miracoli del primo tipo servivano da presagio e venivano compiuti per ricordare Dio agli spettatori o come dimostrazioni di potere profetico. Quelli del primo tipo erano motivati dall'amore del popolo.

L'Antico Testamento della Bibbia descrive miracoli di entrambi i tipi. Un esempio di miracolo profetico si trova nel frammento sull'opposizione del profeta Elia a Baal, in cui il profeta offre di compiere un miracolo per dimostrare la potenza del proprio Dio e compie il suo miracolo quando i sacerdoti di Baal falliscono (3 Re 18:22-39). Eppure anche il profeta Elia chiese a Dio di non togliere la vita al giovane figlio della vedova di Sarepta. Ed Elia le disse: Dammi tuo figlio. E lo prese dal seno di lei, e lo portò nella camera superiore dove dimorava e lo adagiò sul proprio letto. E gridò al Signore, e disse: O Signore, mio Dio, hai afflitto anche la vedova, dalla quale sono stato così a lungo mantenuto, in modo da uccidere suo figlio? E si distese per tre volte sul bambino, e gridò al Signore, e disse: O Signore mio Dio, lascia che l'anima di questo bambino, ti prego, ritorni nel suo corpo. E il Signore udì la voce di Elia: e l'anima del bambino tornò in lui, ed egli si risvegliò. Pregò con zelo e un sincero desiderio di aiutare la donna. Nel compiere il suo miracolo, fu guidato esclusivamente dal desiderio di aiutare i bisognosi.

Il Nuovo Testamento ha così tanti esempi di miracoli di guarigione di malati che non è pratico descriverli tutti in dettaglio, per esempio Gv 4:43-54, Mc 1:21-28, Mt 8:14-15, Mt 8:2-4, Mt 8:5-13, Lc 8:26-37, Mt 9:1-8, Mt 9:20-22, Mt 9:27-31, Mt 9:32-33, Mt 5:1-16, Mt 12:9-14, Mt 12:22-23, Mt 15:21-28, Mc 7:31-37, Mc 8:22-26, Mt 17:14-23, Mt 9:1-38, Mt 13:11-17, Lc 17:11-19, Lc 14:1-4, Mt 20:30-34, Lc 22:50-51), la risurrezione dei morti (Lc 7:11-17, Mt 9:18-26, Mt 11:1-57) il cibo agli affamati (Lc 5:1-11, Mt 14:14-21, Mt 15:32-38, Gv 21:1-14). L'unica motivazione per tutti era l'amore di Dio per la sua creazione. Al contrario, quando i farisei chiesero a Cristo un segno come prova della sua potenza profetica (cioè un miracolo fine a se stesso), Cristo rispose: "Una generazione malvagia e adultera chiede un segno! Ma nessuno le sarà dato se non il segno del profeta Giona». (Mt 12:39)

Nell'islam prevalgono i miracoli profetici. Anche i miracoli di guarigione e risurrezione compiuti da Gesù sono visti come profetici, contrariamente alla comprensione cristiana del loro significato. "Sono venuto a voi con un segno del vostro Signore. Con l'argilla faccio per voi la figura di un uccello; poi ci respiro dentro e diventa un uccello con il permesso di Dio. E guarisco i ciechi e i lebbrosi, e resuscito i morti, con il permesso di Dio. E vi informo di ciò che mangiate e di ciò che immagazzinate nelle vostre case. In questo è un segno per voi, se siete credenti". (Sura 3, versetto 49).

C'è un contrasto ancora più netto tra i miracoli biblici del Nuovo Testamento e quelli del profeta Maometto. Ecco alcuni esempi dalla Sunna.

"Una notte il Profeta (pace e benedizioni di Allah su di lui), aiutato da Burak, un animale celeste, viaggiò dalla santa moschea della Mecca alla moschea di Al-Aqsa a Gerusalemme, da dove entrambi salirono al cielo. Prima non c'era mai stato niente come questo miracolo dell'ascensione del Profeta; il viaggio è avvenuto in un istante".

“All'inizio della sua missione profetica, quando il numero dei musulmani era piccolo, il Profeta Muhammad (pace e benedizioni di Allah su di lui), stava leggendo i suoi sermoni in piedi su un ceppo. Quando il numero dei musulmani crebbe, ordinò di fare un pulpito e di metterlo su un minbar a tre gradini. Durante uno dei suoi sermoni del venerdì dal Minbar, sentì un gemito dalla moschea. Veniva dal ceppo rimasto solitario senza il Profeta (pace e benedizioni di Allah su di lui). Udito il lamento, il profeta scese dal minbar, si avvicinò al ceppo e lo accarezzò. Dopodiché, i gemiti cessarono".

“Il Profeta (pace e benedizioni di Allah su di lui) non gettava ombra, perché consisteva pienamente di luce, e la luce non ha ombra, sul suo capo c'era una sola nuvola, e lo seguiva in ogni luogo in cui andava. I suoi occhi vedevano davanti a lui, e anche dietro di lui. Con uno sguardo poteva vedere l'Oriente e l'Occidente. Quando dormiva, le sue orecchie potevano sentire altrettanto bene come quando era sveglio. Ha annusato l'avvicinarsi di Jibril con la rivelazione non appena si è staccato dai cieli, e anche quello è stato un miracolo. Il bagliore dei suoi denti illuminava il suo cammino di notte. Se qualcuno perdeva qualcosa, poteva ritrovarlo nel raggio della sua luce".

Le differenze sopra descritte sono solo una parte del loro numero effettivo, per dare al lettore un'idea generale sulla comprensione delle questioni di fede nel cristianesimo ortodosso e nell'islam.

 
Portare la croce e soffrire nella speranza

Il senso della sofferenza ritorna profondamente nei periodi in cui vediamo sofferenze attorno a noi, soprattutto sulla pelle di credenti innocenti. La giusta attitudine verso la sofferenza è una delle cose che ci insegna il nostro Signore Gesù Cristo, che si presenta non tanto come liberatore dalle sofferenze, quanto piuttosto come colui che sa soffrire al nostro fianco, dando anche al nostro dolore una dimensione di speranza di gloria. Ce ne parla Gabe Martini in un saggio su Pravoslavie.ru, che riportiamo nella sezione “Ortoprassi” dei documenti.

 
Ortodossia contro "religione del futuro": quattro discorsi del capo del Fanar a Kiev

il patriarca Bartolomeo ha tenuto diversi discorsi a Kiev. Foto: Unione dei giornalisti ortodossi

Mentre si trovava a Kiev, il patriarca Bartolomeo ha tenuto diversi discorsi. La loro analisi porta a risultati inaspettati.

Durante la sua visita in Ucraina, il patriarca Bartolomeo ha tenuto diversi discorsi, che sono stati un po' oscurati dai suoi incontri con i politici. Nel frattempo, dopo aver analizzato i discorsi "a Kiev" del patriarca Bartolomeo, si possono comprendere le tendenze che esistono nel Patriarcato di Costantinopoli e dove sono in definitiva dirette. La Chiesa locale di Costantinopoli, nonostante la rottura della comunione eucaristica, rimane ancora parte dell'Ortodossia e ciò che accade in essa lascia in qualche modo il segno su tutti. Il Fanar formula un'ordine del giorno per l'ulteriore sviluppo dell'Ortodossia e lo propone (lo impone) agli altri. Si può essere d'accordo con esso, si può rifiutarlo, ma prima si deve capire di cosa si tratta.

Ci sono diverse forme di dichiarazioni in base alle quali si può giudicare la posizione di un particolare soggetto. Uno di questi è un discorso. Questo tipo di dichiarazione rivela in modo più completo la posizione dell'oratore poiché è preparato in anticipo ed è progettato per il pubblico di fronte al quale viene pronunciato. Ci sono stati diversi discorsi del genere del patriarca Bartolomeo a Kiev, ma ne indicheremo quattro:

  • 21 agosto, al monastero di san Michele dalle cupole dorate durante la cosiddetta dossologia;

  • 22 agosto, presso santa Sofia di Kiev durante la liturgia;

  • 23 agosto, durante un ricevimento all'Accademia Kyiv-Mohyla;

  • 23 agosto, discorso al Consiglio panucraino delle chiese e delle organizzazioni religiose.

Ora parliamo di tutto, in ordine.

Discorso al monastero di san Michele dalle cupole dorate

È stato un discorso di benvenuto il secondo giorno della visita. Logicamente è diviso in due parti:

  • lode al Patriarcato di Costantinopoli,

  • lode a Sergej Dumenko.

Già nelle prime parole, dopo aver ringraziato Dio per l'onore di venire a Kiev, il patriarca Bartolomeo si sofferma sul fatto che il principe Vladimir ha ricevuto la fede proprio dalla "Grande Chiesa di Costantinopoli e dallo Stato della Nuova Roma" .

I fanarioti spesso criticano aspramente la teoria "Mosca terza Roma", che era molto popolare nei secoli XVI-XVII. Ma attualmente in Russia, questa teoria è menzionata solo come un fatto storico, ma il Patriarcato di Costantinopoli pone l'idea "Costantinopoli nuova (seconda) Roma" alla base della propria identità moderna. E questo nonostante il fatto che, in primo luogo, questa "seconda Roma" sia sul territorio di uno stato musulmano da più di 500 anni, e in secondo luogo, le teorie della seconda, della terza e delle altre "Rome" non siano fondamentalmente diverse l'una dall'altra altro, e in terzo luogo, queste teorie non hanno fondamento nel Nuovo Testamento. Nella migliore delle ipotesi, sono un pio tentativo di comprendere la forma di governo sotto il dominio della religione cristiana.

Inoltre, "sua Santità" ci ricorda ancora una volta che "la metropolia di Kiev, nonostante il fatto che strombazzino il contrario, era un territorio canonico integrale e una metropolia sotto la guida del nostro Santissimo trono apostolico e patriarcale" (questo, ovviamente, nessuno lo discute, e tanto meno lo strombazza) ed elenca le Chiese locali sorte a causa del Patriarcato di Costantinopoli. Allo stesso tempo, il patriarca Bartolomeo afferma che il Fanar "non ricorda mai i giorni di grande dolore, schiaffi, lamentele e chiodi, ma segue sempre la via del perdono, della beneficenza e della guarigione di tutti i suoi figli, senza eccezioni". In queste parole, possiamo vedere un suggerimento che la Chiesa ortodossa ucraina ha addolorato "sua Santità" rifiutando di obbedire agli ordini illegali di riconoscere gli scismatici. Se Costantinopoli segue sempre la via del perdono e della beneficenza per tutti, perché allora il patriarca Bartolomeo si è rifiutato di andare dai credenti della Chiesa ortodossa ucraina che lo stavano aspettando vicino alla Verkhovna Rada? Perché non voleva far loro del bene? O non sono suoi figli?

Segue poi un'affermazione piuttosto interessante che "fin dall'inizio, il Patriarcato ecumenico è stato un custode affidabile del bene della Chiesa, e anche se in tempi di prosperità e grande potere avrebbe potuto stabilire la forma piramidale della struttura dell'Ortodossia orientale Chiesa, ha respinto con disgusto questa idea e non si è tirato indietro né dall'ecclesiologia che gli è stata trasferita né dal sistema della Pentarchia consacrato dai Concili".

Primo, se la precedente Costantinopoli ha rifiutato l'idea di costruire la Chiesa con se stessa a capo, allora perché oggi promuove questa idea? In secondo luogo, i Concili ecumenici non consacrarono affatto il sistema della Pentarchia (cinque patriarcati), nel senso che non gli attribuirono alcun significato sacro. Era semplicemente il sistema della struttura amministrativa della Chiesa nel Medioevo. In terzo luogo, il patriarca Bartolomeo si sofferma sul fatto che il Patriarcato di Costantinopoli è responsabile dell'ecclesiologia ortodossa, che gli è stata "trasferita". Tuttavia, non conosciamo i dati fattuali di tale trasferimento; questa ecclesiologia appartiene a tutte le Chiese locali, senza eccezioni.

Inoltre, dice che "il Patriarcato ecumenico non sceglie mai, utilizzando il potere imperiale esistente, la via dell'assimilazione culturale e linguistica delle nazionalità che sono giunte alla fede evangelica" .

Questo è vero solo per il periodo iniziale della cristianizzazione dei popoli slavi, quando, attraverso le opere dei santi Cirillo e Metodio Pari agli Apostoli, nonché dei loro discepoli, i nostri popoli hanno avuto l'opportunità di conoscere le Sacre Scritture e svolgere servizi divini nella loro lingua madre. Ma quando i bulgari, i serbi, i romeni e altri popoli caddero sotto il potere politico dell'Impero bizantino o dell'Impero ottomano che lo sostituì, ebbe luogo una violenta ellenizzazione, che si espresse nel fatto che furono nominati dei greci etnici come vescovi e in altre importanti posizioni, e i costumi greci e talvolta la lingua di culto greca furono imposti alle popolazioni locali. Questo spiega il fatto che questi popoli, liberati dal giogo ottomano, chiesero immediatamente l'indipendenza dal Patriarcato di Costantinopoli. A proposito, una simile situazione di predominio dell'ellenismo si può osservare oggi, per esempio, nelle Chiese di Gerusalemme e di Alessandria, dove il gregge è arabo e africano, e quasi tutti i vescovi sono greci. Per non andare lontano, al "clero" della "Chiesa ortodossa dell'Ucraina" alla liturgia con la testa del Fanar a santa Sofia era vietato indossare mitre, erano ammessi solo i kamilavkia greci.

In seguito, il patriarca Bartolomeo ha affermato che la Chiesa (con questo termine bisogna intendere Costantinopoli) agisce nello "spirito di riconciliazione delle opposizioni, dell'unità dei separati, dell'esistenza reciproca delle differenze", e che ciò spiega la "preoccupazione della Grande Chiesa per la unità dell'Ortodossia in Ucraina e per il benessere di tutto il popolo ucraino" .

Come si suol dire, ciò sarebbe buffo se non fosse così triste. Infatti, dopo l'intervento del patriarca Bartolomeo negli affari della Chiesa ucraina, la divisione nella società ucraina non solo non è scomparsa, ma si è notevolmente intensificata, il confronto religioso ha acquisito forme più crudeli e inconciliabili e lo scisma che esisteva prima si è diffuso a tutta la Chiesa ortodossa. Inoltre, lo stesso Filaret, che il Fanar ha proclamato vescovo legittimo, ha organizzato un nuovo scisma nella "Chiesa ortodossa dell'Ucraina". Di che tipo di unità possiamo parlare?

Questo è stato seguito da elogi, chiaramente lusinghieri e finti, rivolti al capo della "Chiesa ortodossa dell'Ucraina" Sergej Dumenko, su cui non ci soffermeremo. Notiamo solo che dal punto di vista del confronto esistente tra i "vescovi" della "Chiesa ortodossa dell'Ucraina" per l'influenza all'interno di questa organizzazione, le lodi del capo del Fanar sono piuttosto un appello a porre fine a tutti i litigi interni e a unirsi attorno a Sergej Dumenko.

Discorso a santa Sofia di Kiev

Poiché questo discorso è stato pronunciato nell'ambito della liturgia, conteneva sia citazioni dal Vangelo che riferimenti separati al cristianesimo stesso. Ma, purtroppo, tutto questo si è rivelato solo un preludio al tema principale del discorso: "Costantinopoli Chiesa Madre". Dopo aver detto ancora una volta come il Fanar ama e si prende cura di tutti i suoi figli, il patriarca Bartolomeo ha deciso di toccare il tema della "guarigione" dello scisma della Chiesa ucraina e della concessione della "autocefalia" alla "Chiesa ortodossa dell'Ucraina". Allo stesso tempo, "sua Santità", senza esitazione, si è appropriato del diritto di amministrare a giustizia in tutta la Chiesa ortodossa: "Il dovere del tribunale, la soluzione di questioni controverse, è proprio la croce principale di ogni umile vescovo di Costantinopoli, il più prezioso e il più sacro dovere per ciascuno di noi". In generale, il più prezioso e sacro dovere di un vescovo dovrebbe essere la predicazione di Cristo e l'unione delle persone con Dio, ma nella comprensione del capo del Fanar, è la sua funzione giudiziaria.

Patriarca Bartolomeo: "Il ripristino della comunione ecclesiastica delle unità ecclesiali che esistevano in assenza di ordine poiché apparivano come risultato di un processo non canonico e sano, non è stata una decisione avventata, insignificante, deliberata o ecclesiastica. Al contrario, è stata fondata sull'affidabile pietra angolare della Chiesa, il nostro Signore Gesù Cristo".

È interessante il modo in cui il patriarca Bartolomeo chiama gli scismatici ucraini: "le unità ecclesiali che esistevano in assenza di ordine poiché sono apparse come risultato di un processo non canonico e sano". Il diritto canonico non conosce affatto tale definizione. San Basilio il Grande, nella sua prima lettera canonica ad Anfilochio, vescovo di Iconio, considera sistematicamente la questione dei vari gradi di separazione dalla Chiesa. Si diceva che questi tre modi che influenzano l'unità dei cristiani fossero eresia, scisma e parasinagoga.

Secondo questa classificazione, lo scisma di Filaret al suo inizio (quando l'ex metropolita di Kiev non si sottomise al Consiglio dei vescovi) rientrava nella definizione di assembramento non autorizzato (parasinagoga): "Se qualcuno (diacono, sacerdote o vescovo) è stato trovato in errore (πταίσματι: 'colpa', 'peccato') e gli è stato chiesto di cessare le funzioni liturgiche ma non si è sottomesso ai canoni della Chiesa, ma si è invece arrogato funzioni sacerdotali e alcune persone abbandonano la Chiesa e si uniscono a lui, questa è una parasinagoga". E anche in questo caso relativamente facile, san Basilio prescrive il pentimento come unico mezzo per sanare la separazione. Tuttavia, ben presto, non appena Filaret, bandito dal sacerdozio e scomunicato, iniziò a "ordinare vescovi", la sua attività cadde sotto la definizione di scisma, che ancor più presuppone il pentimento per il ritorno alla Chiesa.

Ebbene, la parola "pentimento" è presente nel discorso del patriarca Bartolomeo, ma è citata di sfuggita: "Le attese della Grande Chiesa di Cristo, nella speranza del pentimento, del ritorno e della guarigione di una dolorosa deviazione, non possono essere interpretate con biasimo e condanna".

In altre parole, il patriarca Bartolomeo si aspettava il pentimento dagli scismatici, ma poiché questo non è apparso, ha deciso di legalizzarli e così via. Questa logica ricorda molto un episodio del libro di Il'f e Petrov "Le dodici sedie": "Il sovrintendente era seduto all'ingresso. Chiedeva rigorosamente un lasciapassare a tutti quelli che entravano, ma se non glie lo davano, li faceva entrare lo stesso".

Ma la cosa più scandalosa è che il patriarca Bartolomeo abbia dichiarato "basata su Cristo" la decisione di riconoscere gli scismatici ucraini e accettarli in comunione senza pentimento. Ignorare il pentimento come sacramento per la riunificazione con la Chiesa è "basato su Cristo"? La concelebrazione della Divina Liturgia con dei non ordinati è "basata su Cristo"? I sequestri di chiese e la violenza contro i credenti sono "basati su Cristo"? Perché il patriarca Bartolomeo non è uscito allo scoperto a incontrare i fedeli della Chiesa ortodossa ucraina, che sono stati espulsi dalle loro chiese, hanno subito percosse e umiliazioni, sono stati insultati e perseguitati, per dire che tutto questo era "basato su Cristo"? In verità, questa affermazione rasenta la blasfemia, così come l'affermazione che il Fanar guarisce gli scismi "saggiamente, giudiziosamente, pazientemente e con amore grazie allo Spirito vivificante, e non alla lettera morta..."

Poi il patriarca Bartolomeo ha ipotizzato autocefalia e autonomie, lamentando che "si stanno esprimendo pericolose opinioni ecclesiologiche riguardo al fatto che quanto stabilito dai santi Concili ecumenici sarebbe irrilevante, anacronistico, non autorizzato, e in una parola morto. Si proclama che il significato dell'arcivescovo di Costantinopoli è ridotto al livello di un pezzo da museo".

È molto strano sentire queste cose dalle labbra di una persona che solo pochi minuti fa diceva di guarire gli scismi "grazie allo Spirito vivificante, e non a una lettera morta...". Cioè, il requisito dei canoni ecclesiastici per il pentimento degli scismatici è "lettera morta", secondo il patriarca Bartolomeo, mentre il fatto che Costantinopoli non sia più una "città regnante" né "la città del re e del senato" è "una pericolosa visione ecclesiologica" .

Discorso all'Accademia Kyiv-Mohyla

Questo discorso è stato pronunciato da "Sua Santità" durante un ricevimento di gala in occasione del conferimento del titolo di Dottore onorario. Consisteva di tre parti:

  • la creazione della "Chiesa ortodossa dell'Ucraina" e la concessione ad essa di una "autocefalia";

  • protezione ambientale;

  • dialogo interreligioso.

Il patriarca Bartolomeo ha definito le sue decisioni illegali e anticanoniche sulla creazione della "Chiesa ortodossa dell'Ucraina" come "cura pastorale per la giustizia e la libertà spirituali", affermando che "la concessione dell'autocefalia era fondamentale per la guarigione degli scismi nella Chiesa locale", e ha anche espresso fiducia che "dopo tutto, la concessione dell'autocefalia aiuterà a risolvere i problemi dell'unità". Se non sapessimo che dietro l'intero progetto della "Chiesa ortodossa dell'Ucraina" ci sono i funzionari del Dipartimento di Stato americano, allora si potrebbe credere alla sincerità delle parole del patriarca Bartolomeo.

È interessante come il capo del Fanar parli delle attività degli scismatici, di cui aveva recentemente ammesso l'anatema e assicurava a tutti di non avere intenzione di entrare in comunione con loro: "Fino a poco tempo fa la maggior parte degli ucraini era alienata dal resto del mondo ortodosso, e sebbene cercassero l'autocefalia, i loro sforzi non contraddicevano l'essenza dell'unità ma corrispondevano al giusto cammino verso l'unità della Chiesa".

In primo luogo, sotto le parole "la maggioranza degli ucraini era alienata dal resto del mondo ortodosso", il capo del Fanar indica chiaramente i sostenitori del "patriarcato di Kiev" (fino al 2018). Ma in realtà, la maggior parte degli ucraini appartiene alla Chiesa ortodossa ucraina. Lo si può capire dal numero di comunità della Chiesa ortodossa ucraina, che nella Chiesa canonica sono il doppio rispetto a quelle della "Chiesa ortodossa dell'Ucraina", e lo si può vedere con i propri occhi alla Grande processione della Croce a Kiev, dove centinaia di migliaia di persone si radunano assieme. I luoghi di culto della "Chiesa ortodossa dell'Ucraina" sono semivuoti e praticamente non hanno processioni religiose.

In secondo luogo, come comprendere le parole che le azioni degli scismatici ucraini "corrispondono al giusto percorso verso l'unità della Chiesa"? Si scopre che lo scisma, che è sempre stato considerato un peccato mortale, è ora la strada per l'unità? Come non ricordare le parole di George Orwell: "La guerra è pace. La libertà è schiavitù. L'ignoranza è potere"?

Il patriarca Bartolomeo respinge ogni accusa di pretesa di primato nella Chiesa e allo stesso tempo dichiara che "il Patriarcato ecumenico, unico trono nel mondo ortodosso, è responsabile della concessione canonica dello status di autocefalia" . È tempo di rileggersi la definizione di dissonanza cognitiva.

Il patriarca Bartolomeo non ha detto nulla di nuovo sul tema della tutela dell'ambiente e di un "ethos verde". Vale la pena prestare attenzione a come il capo del Fanar interpreta in modo originale la festa della Trasfigurazione: "La festa della Trasfigurazione del Signore <...> mette in risalto la santità di tutta la creazione, che riceve e dà una premonizione della resurrezione finale e della restaurazione di tutto nel prossimo secolo. Come il corpo del Signore è stato glorificato sul monte Tabor, così noi, il popolo e tutta la creazione saremo redenti e trasformati nel Regno di Dio".

Questa non è altro che una descrizione della teoria dell'apocatastasi, secondo la quale i tormenti infernali non sono eterni e, alla fine, tutta la creazione sarà restaurata da Dio nella forma originale senza peccato in cui è stata creata. Nonostante il fatto che simili opinioni si possano trovare nelle opere di alcuni santi Padri, la Chiesa ha respinto la teoria dell'apocatastasi in quanto contraddice le chiare e chiare parole del Signore: "Allora questi se ne andranno al supplizio eterno, e i giusti alla vita eterna" (Mt 25:46) e ha persino imposto un anatema a coloro che aderiscono a tale teoria: “A coloro che rifiutano l'immortalità dell'anima, la fine del secolo, il giudizio futuro e la retribuzione eterna per le virtù del cielo, e la condanna per i peccati, anatema!" (Rito degli anatemi nella domenica del Trionfo dell'Ortodossia).

Parlando di dialogo interreligioso, anche il patriarca Bartolomeo non ha detto nulla di nuovo: bisogna comunicare di più, conoscersi, sfatare i pregiudizi. "Non c'è dubbio che le religioni possono dare un grande contributo alla pace nel mondo. La vera fede espande la visione del mondo, libera le forze dell'amore e rompe le catene dell'egocentrismo sterile", ha detto il capo del Fanar.

Discorso al Consiglio panucraino delle chiese e delle organizzazioni religiose

Questo discorso è stato quasi interamente dedicato al tema del dialogo interreligioso. Manipolando abilmente le menti dei suoi ascoltatori, il patriarca Bartolomeo ha condizionato la necessità di un approccio ecumenico agli orrori delle guerre del XX secolo e in particolare della seconda guerra mondiale: "Nonostante gli orrori del XX secolo, l'era più brutale della storia umana, la nostra comprensione del dialogo sta diventando uno strumento più significativo per costruire ponti e riconciliazione. Questo movimento di avvicinamento e riconciliazione nel nostro mondo è chiaramente confermato dal coinvolgimento dei cristiani nel dialogo ecumenico".

Il capo del Fanar ha menzionato separatamente la revoca reciproca degli anatemi del 1054, annunciata nel 1965 dal patriarca Atenagora di Costantinopoli e da papa Paolo VI, esprimendo la speranza che ciò avrebbe portato alla fine al ripristino della comunione eucaristica. Questo e altri messaggi sull'imminente unificazione del Vaticano e del Fanar, fatti durante la visita del patriarca Bartolomeo a Kiev, meritano una considerazione a parte, ma qui vorremmo attirare l'attenzione su quanto segue: il patriarca Bartolomeo sta cercando di convincere i suoi ascoltatori che l'ecumenismo corrisponde all'essenza dell'Ortodossia, e il suo rifiuto è una manifestazione di odio per l'estremismo, cioè qualcosa che si oppone al comandamento di amare il prossimo.

Il patriarca Bartolomeo: "Per la Chiesa ortodossa, il dialogo interreligioso fin dall'inizio è di fondamentale importanza per il bene dell'influenza dell'Ortodossia stessa sull'ambiente religioso-pluralistico". Qui è necessario fermarsi a spiegare. Nelle dichiarazioni dei vescovi ortodossi e persino nei documenti ufficiali delle Chiese ortodosse locali, compresa quella russa, la partecipazione alle organizzazioni ecumeniche e i contatti ecumenici in generale si spiegano con una semplice necessità: la necessità di testimoniare l'Ortodossia come unica vera religione di fronte al mondo eterodosso e alle altre religioni. Il capo del Fanar suona ingannevole perché prima della comparsa dell'ecumenismo nella sua forma moderna, cioè dopo la seconda guerra mondiale, la partecipazione a preghiere comuni con eterodossi e non credenti, l'adozione di dichiarazioni congiunte e altre forme di ecumenismo non sono mai state prese in considerazione dall'Ortodossia come un modo per testimoniare la Verità. Al contrario, le preghiere congiunte erano considerate un peccato, un crimine canonico e venivano solitamente punite con restrizioni canoniche.

Tuttavia, ora preferiscono chiudere gli occhi su tutto questo poiché l'ecumenismo è diventato un argomento piuttosto di moda e, soprattutto, è pienamente supportato dai "poteri costituiti". E se agli albori dell'ecumenismo era ancora possibile parlare di qualche potenziale testimonianza dell'Ortodossia davanti al mondo intero, oggi, dopo molti decenni, si può affermare inequivocabilmente che NON c'è influenza dell'Ortodossia "sull'ambiente religioso-pluralistico" . Al contrario, c'è un'erosione della coscienza ortodossa nella direzione del rifiuto di essere fedeli ai dogmi ortodossi o di sminuirne il significato. Pertanto, in molte Chiese locali, l'idea di rifiutare l'ecumenismo sta guadagnando sempre più sostenitori sia tra i credenti che nell'episcopato. E questo è percepito dai sostenitori dell'ecumenismo come una minaccia diretta, mentre cercano di presentare la fedeltà alla fede e alla morale ortodossa come oscurantismo e fondamentalismo.

Patriarca Bartolomeo: "Tuttavia, sentiamo delle reazioni molto forti contro il dialogo interreligioso. La crescita del fondamentalismo religioso e dell'estremismo, dell'odio e dell'etnofiletismo sono fenomeni che annullano tutte le tradizioni religiose, dando luogo all'autoisolamento, alla grettezza e al rifiuto dell'alterità... L'estremismo e l'odio cercano di privatizzare la verità promuovendo un ethos di reciproca esclusività".

Se dichiariamo che l'Ortodossia è l'unica vera religione e la Chiesa è l'unica arca di salvezza, allora noi, secondo "sua Santità", stiamo privatizzando la Verità, coltivando l'odio e un "ethos di esclusività". Se questa non è una deviazione dall'Ortodossia, allora cos'è?!

Conclusioni

Da tutto quanto sopra si possono individuare i principali temi all'ordine del giorno del Patriarcato di Costantinopoli. Questi sono: i privilegi del Fanar, il suo status di "Chiesa madre" e la cura di tutte le sue "figlie", questioni di territorio canonico, autocefalia, ellenismo, tutela ambientale e dialogo interreligioso.

Ma ciò che non c'è nei discorsi di "sua Santità" è una predicazione su Cristo, i suoi comandamenti, il pentimento e il Regno di Dio. Anche se il patriarca Bartolomeo menziona qualche tesi religiosa, è solo per indurre i suoi ascoltatori a speculazioni sul ruolo del Patriarcato di Costantinopoli. Se menziona il comandamento di amare il prossimo, è solo nel contesto della giustificazione dei suoi privilegi esclusivi. Per capire la differenza tra un vero pastore del gregge di Cristo e una persona che ha a cuore la grandezza del Patriarcato di Costantinopoli, basta confrontare le parole di sua Beatitudine il metropolita Onufrij alla Liturgia del 22 agosto presso la Lavra delle Grotte di Kiev e il discorso del patriarca Bartolomeo nello stesso giorno alla Liturgia a Santa Sofia di Kiev. La predicazione del metropolita Onufrij riguardava ESCLUSIVAMENTE Cristo, la vera fede e il fatto che dobbiamo temere Dio, e quindi non temeremo più nulla. Vi si dice che una persona dovrebbe camminare sulle onde del mare della vita con fiducia in Cristo e adempiere ai suoi comandi, qualunque cosa accada. Vi consigliamo vivamente di seguire il collegamento e vedere di persona che il metropolita Onufrij sta predicando Cristo mentre il patriarca Bartolomeo sta cercando di giustificare la sua interferenza negli affari della Chiesa ucraina e anche di convincere tutti che non è un pezzo da museo.

Il Signore comandò ai suoi apostoli: "... andate, ammaestrate tutte le nazioni, battezzandole nel nome del Padre e del Figlio e del santo Spirito, insegnando loro a osservare tutto ciò che vi ho comandato; ed ecco, io sono con voi tutti i giorni, fino alla fine del mondo. Amen"(Mt 28:19-20). Invece, il patriarca Bartolomeo invita i suoi ascoltatori a concentrarsi su questioni di primato, privilegi, autocefalia e simili. In generale, questo è tutto un girovagare litigioso nelle sfumature del diritto canonico e nella pratica della sua applicazione, un chiarimento senza fine di quale sia la "Chiesa madre", e di chi ha quali privilegi, chi può concedere l'autocefalia e chi no. Tutto ciò scredita l'Ortodossia stessa. Dal corpo vivo e operante di Cristo, la Chiesa si trasforma in una sorta di vestigia del Medioevo, ansiosa che qualcuno non superi improvvisamente qualcun altro nei Dittici o si appropri dei privilegi di altre persone. La gente ha bisogno dell'acqua pulita dell'insegnamento ortodosso, e non della feccia del costante aggiustamento delle relazioni. "Chi ha sete venga a me e beva" (Gv 7:37), disse Cristo. Cosa si può bere dai discorsi del patriarca Bartolomeo? Cosa si può imparare? A onorare il Patriarcato di Costantinopoli e a eseguire tutte le sue decisioni, per quanto illegali possano essere?

È qui che risiede il pericolo principale proveniente dal Fanar. Esso presenta l'Ortodossia come la religione del Patriarcato di Costantinopoli, dove avviene un'impercettibile sostituzione: Cristo svanisce in secondo piano e l'obiettivo principale è la grandezza di Costantinopoli. I discorsi del capo del Fanar, i loro temi e contenuti indicano chiaramente che i credenti sono incoraggiati a non pensare troppo a Cristo, al pentimento, alla lotta con le passioni, al Regno di Dio e alla via per raggiungerlo. Si propone invece un diverso ordine del giorno: la grandezza del Patriarcato di Costantinopoli, la "saggezza" delle sue decisioni, la tutela dell'ambiente e il dialogo interreligioso. Dio ha dato all'uomo la libertà, e ogni persona può scegliere ciò che legge, secondo le sue necessità.

Separatamente, dovremmo soffermarci sui momenti ecumenici. Il patriarca Bartolomeo dichiara la necessità del dialogo interreligioso e condanna come fondamentalisti tutti coloro che si oppongono all'ecumenismo. Inoltre accenna ancora una volta a un'imminente unificazione con il Vaticano. Pertanto, la direzione dello sviluppo dell'Ortodossia, proposta dal patriarca Bartolomeo, è il ripristino della comunione eucaristica con i cattolici e l'ulteriore avvicinamento alle altre confessioni e religioni. A cosa questo possa portare non è difficile da indovinare. Uno ieromonaco americano, Seraphim Rose, ha scritto un libro molto utile su questo: L'Ortodossia e la religione del futuro. E sembra che il patriarca Bartolomeo intenda metterci di fronte a tale scelta – o l'Ortodossia o questa stessa "religione del futuro".

 
Il Saker vola nel mondo di lingua russa

Come vi abbiamo annunciato ieri, è ora on-line la versione in lingua russa del blog the Vineyard of the Saker, che sempre più commentatori non hanno paura di definire “la fonte on-line più informata sull’Ucraina”. Vi presentiamo nella sezione “Geopolitica ortodossa” la versione russa e la traduzione italiana dell’articolo di presentazione del nuovo blog in russo (i riferimenti alla Francia e ai francesi sono dovuti al fatto che negli stessi giorni è apparsa anche la versione francese del blog). La versione russa è certamente meno utile, visto che i russi e i russofoni sanno trovare abbastanza informazioni accurate sulla crisi ucraina nella loro lingua; quello che conta davvero è l’opera di informazione (o di contenimento della disinformazione mediatica) che Saker e il suo team di collaboratori hanno reso possibile nelle principali lingue dell’Occidente. Dal nostro sito, siamo lieti di aver potuto dare il nostro contributo, nei limiti delle nostre possibilità, per quanto riguarda il mondo di lingua italiana.

 
La visita di Bartolomeo in Ucraina: quando la "chiesa madre" non è più madre

l'arrivo del capo del Fanar ha provocato le proteste dei fedeli della Chiesa ortodossa ucraina. Foto: Unione dei giornalisti ortodossi

Dal 20 al 24 agosto, il capo del Fanar è stato in Ucraina. Cosa ha fatto qui? Da chi è venuto? Perché ha avuto luogo questa visita? Facciamo il punto.

Il patriarca Bartolomeo è venuto come pastore o come politico?

Nel 2001 papa Giovanni Paolo II ha visitato l'Ucraina. È stato invitato dai vescovi cattolici e dalle autorità ucraine. Tutto era legale, dal momento che il papa non è solo un leader religioso, ma anche politico, essendo il capo dello Stato del Vaticano. Sembrerebbe che la situazione sia simile con il patriarca Bartolomeo. È stato invitato anch'egli da una struttura religiosa, la "Chiesa ortodossa dell'Ucraina", e dalle autorità ucraine nella persona del presidente Vladimir Zelenskij. Ma ecco il problema. Mentre Dumenko può invitare Bartolomeo, Zelenskij non può. Secondo la Costituzione dell'Ucraina, la nostra Chiesa è separata dallo Stato. Il patriarca Bartolomeo non è un politico; dal punto di vista delle autorità ucraine, è solo il capo di una delle organizzazioni religiose turche, sullo stesso piano, per esempio, del capo dei musulmani turchi Ali Erbaş o del rabbino capo di Turchia Ishak Haleva.

Tuttavia, le autorità hanno accettato il patriarca Bartolomeo come un politico di altissimo livello. Il 20 agosto, all'aeroporto, è stato accolto da una delegazione guidata dal primo ministro Shmygal, dopo l'arrivo, quasi di notte, è stato ricevuto dal presidente Vladimir Zelenskij, il giorno successivo si sono tenuti incontri ufficiali con il capo del Parlamento Razumkov e lo stesso primo ministro Shmygal. Infine, durante i festeggiamenti in onore del 30° anniversario del Giorno dell'Indipendenza, il patriarca Bartolomeo ha preso posto sulla tribuna VIP accanto ai presidenti di Lettonia, Estonia, Lituania e Macedonia del Nord. In che veste era presente? La domanda rimane senza risposta.

il patriarca Bartolomeo partecipa alle celebrazioni del 30° anniversario dell'indipendenza dell'Ucraina. Foto: screenshot della trasmissione

Da chi è andato Bartolomeo?

Nominalmente, il patriarca Bartolomeo non ha gregge in Ucraina. Anche la "Chiesa ortodossa dell'Ucraina" assicura che il suo titolo "ecumenico" non è un segno di potere, ma solo un retaggio storico risalente ai tempi dell'Impero bizantino. Di conseguenza, il patriarca di Costantinopoli non ha la supremazia sulla "Chiesa ortodossa dell'Ucraina" e non è nessuno per gli ucraini. In realtà, ciò è stato confermato dalla visita in Ucraina – anche tra i sostenitori della "Chiesa ortodossa dell'Ucraina", l'arrivo di Bartolomeo non ha suscitato interesse. Approfondiamo la storia recente per un confronto.

Nel 2009, 2010, 2011 e 2013, il patriarca Kirill della Chiesa russa ha visitato l'Ucraina. Vediamo come lo salutano i credenti. Un numero enorme di persone partecipa alle funzioni con la partecipazione del patriarca della Chiesa ortodossa russa e, cosa più importante, è venuto lì di propria iniziativa.

Nella situazione con l'arrivo del patriarca Bartolomeo, possiamo vedere un quadro completamente diverso. Il 21 agosto, presso la cattedrale di san Michele della "Chiesa ortodossa dell'Ucraina", si è svolta la "dossologia", una solenne funzione per l'incontro del patriarca di Costantinopoli. Sia la cattedrale sia tutta la piazza antistante avrebbero dovuto essere affollate di gente desiderosa di salutare il patriarca che ha concesso il Tomos alla "Chiesa ortodossa dell'Ucraina". Ma in realtà era tutto diverso. È vero, la cattedrale era piena, solo di "clero" della "Chiesa ortodossa dell'Ucraina" che indossava gli stessi kamilavkia (copricapo dei sacerdoti ortodossi). C'erano solo poche decine di credenti, come si vede chiaramente nel filmato della trasmissione.

La sera dello stesso giorno, il patriarca Bartolomeo ha officiato i vespri nella chiesa di sant'Andrea, che era stata trasformata in stavropegia del Fanar dalle autorità ucraine. La situazione è identica: possiamo vedere i "vescovi" della "Chiesa ortodossa dell'Ucraina", giornalisti e "parrocchiani VIP": Poroshenko, Jurash, il criminale Petrovskij. Non vediamo credenti ordinari. Questo avrebbe dovuto essere corretto dal servizio sul territorio della cattedrale di santa Sofia, che si è svolto il 22 agosto. Il giorno prima, sono arrivati messaggi da tutte le regioni sull'organizzazione degli autobus per questo servizio nella "Chiesa ortodossa dell'Ucraina", che ha contribuito a portare sul posto più di mille persone, che si mescolavano al "clero" della "Chiesa ortodossa dell'Ucraina". Di conseguenza, l'immagine televisiva si è rivelata soddisfacente. Ma se ricordiamo le recenti dichiarazioni della "Chiesa ortodossa dell'Ucraina" secondo cui il 58% di tutti gli ucraini si identifica con questa struttura, non avrebbero dovuto essere centinaia o migliaia, ma milioni.

i sostenitori della "Chiesa ortodossa dell'Ucraina" a Santa Sofia di Kiev danno il benvenuto a Petro Poroshenko. Foto: screenshot del canale YouTube di Poroshenko

Indicativo è anche il comportamento dei "vescovi" della "Chiesa ortodossa dell'Ucraina", quando il patriarca ecumenico pronunciava il suo discorso epocale. In piedi all'altare, ridono, parlano al telefono e discutono ad alta voce di qualcosa tra di loro. Non ascoltano, non sono interessati.

Allo stesso tempo, c'erano decine di migliaia di veri credenti in Ucraina, che non vedevano l'ora di incontrare il patriarca Bartolomeo, anche se non nella veste che questi aveva previsto.

Bartolomeo e la Chiesa ortodossa ucraina

Già prima dell'arrivo del capo del Fanar, c'è stata un'ondata di proteste contro la sua visita praticamente in tutte le diocesi della Chiesa ortodossa ucraina. I parrocchiani hanno scritto manifesti chiedendogli di astenersi dalla visita. Il motivo è semplice e ovvio: la legalizzazione degli scismatici ucraini da parte di Bartolomeo ha portato enormi problemi a molte comunità: 144 luoghi di culto sequestrati dai predoni della "Chiesa ortodossa dell'Ucraina", centinaia di ri-registrazioni illegali, che in qualsiasi momento possono portare a sequestri. Parrocchiani e rettori percossi, sacerdoti e famiglie cacciati dalle loro case, inimicizia e odio sono tutte conseguenze disastrose dell'intervento del Fanar, che il patriarca Bartolomeo definisce una benedizione per gli ucraini. Queste non sono tutte fantasie di elementi marginali; c'è una grande quantità di materiali video e testimonianze delle vittime. Inoltre, le comunità di decine di villaggi, ai quali i fan di Bartolomeo hanno portarono via le chiese, sono riusciti a costruirne di nuove. Per queste persone, il capo del Fanar non è un pastore di Cristo, ma una persona che ha dato il via al tentativo di distruggere la loro Chiesa. Una Chiesa con milioni di parrocchiani.

Quando è stato chiaro che Bartolomeo aveva comunque intenzione di andare in Ucraina, i credenti hanno deciso di incontrarlo per raccontargli in faccia la situazione reale. Molti parrocchiani della Chiesa ortodossa ucraina si sono uniti per difendere la loro Chiesa nell'unione pubblica "Miriane" ("Laici"). Hanno inviato una lettera al Fanar chiedendo un incontro il 21 agosto davanti alla Verkhovna Rada. Quando il patriarca Bartolomeo è volato in Ucraina, migliaia di parrocchiani si sono allineati lungo l'autostrada dall'aeroporto a Kiev. Tenevano in mano manifesti con un invito a Bartolomeo a un incontro e ritratti di sua Beatitudine Onufrij, che nelle proprie fantasie il Fanar ha "spogliato" del suo titolo di metropolita di Kiev. Enormi striscioni sono stati appesi sui viadotti con un invito a un incontro. Così, Bartolomeo probabilmente sapeva di essere atteso.

striscione sull'autostrada di Boryspil che invita il patriarca Bartolomeo a un incontro. Foto: Unione dei giornalisti ortodossi

E così è arrivato il giorno dell'incontro, quando oltre 10.000 ucraini si sono radunati davanti alla Verkhovna Rada.

Cosa ha fatto l'uomo che ripete costantemente la sua preoccupazione per l'unità dell'Ortodossia ucraina, per il benessere dell'intero popolo ucraino?

Forse, il capo del Fanar come un vero pastore è uscito dai credenti, li ha ascoltati e ha promesso di risolvere tutti i problemi? No. Ha scelto di chiudere gli occhi su di loro. Il lussuoso corteo di Bartolomeo è entrato nella Verkhovna Rada attraverso il cortile. Tutto è successo come nei film d'azione di Hollywood, in pochi istanti: all'avvicinarsi del corteo, i cancelli sono stati aperti e richiusi proprio dietro l'ultima macchina. Allo stesso modo, di nascosto, dopo un incontro con il presidente del parlamento Dmitrij Razumkov, il patriarca Bartolomeo ha lasciato l'edificio dalla porta sul retro. Non è nemmeno andato dai credenti nei due giorni successivi, quando hanno tenuto un incontro di preghiera sotto le finestre della sua residenza.

raduno in preghiera dei fedeli della Chiesa ortodossa ucraina davanti alla residenza del capo del Fanar a Kiev. Foto: Unione dei giornalisti ortodossi

Pertanto, il capo del Fanar non ha trovato tempo per i molti milioni di credenti della Chiesa ortodossa ucraina. Controlliamo come mai era così impegnato.

Ha avuto un incontro con il presidente, il primo ministro, il presidente della Verkhovna Rada, ha anche incontrato l'ex presidente Jushchenko, l'ex presidente Poroshenko, ha pranzato in festa all'ambasciata greca, ha incontrato i bambini dei tartari di Crimea e l'esercito, ha parlato in un forum di veterani, ha partecipato a un ricevimento all'Accademia di Kiev-Mohyla, ha incontrato la diaspora greca, ha piantato alberi sulla collina di Vladimir, ha presentato il titolo di arconte allo sponsor della "Chiesa ortodossa dell'Ucraina", il "re della birra" Andrej Matsola, e ha partecipato il ricevimento del Presidente in occasione del Giorno dell'Indipendenza.

Come possiamo vedere, il programma è molto fitto. Come trovare il tempo per incontrare i credenti della più grande confessione del Paese, la Chiesa ortodossa ucraina, in cui ci sono 12.500 parrocchie? Queste parole sono ironia. Se il patriarca Bartolomeo fosse stato un pastore e non un politico, sarebbe uscito incontro ai credenti sulla strada dall'aeroporto. Ma preferisce non notarli, fingere che non esistano.

Tuttavia, c'è stata una sola occasione in cui si è ricordato della Chiesa canonica. Bartolomeo si è detto pronto ad ascoltare i fedeli della Chiesa ortodossa ucraina, ma alle sue condizioni: "Invitiamo in questo tempo sacro e chiamiamo con tutto il cuore i fratelli in Cristo, i vescovi di questo Paese, il loro clero e i fedeli, che non hanno comunione ecclesiale con noi, a riconsiderare la loro posizione e a favorire la pacifica convivenza e la comprensione reciproca tra le persone e i cristiani ortodossi locali, condividendo l'amore per l'identità, per il bene della riconciliazione e l'instaurazione della tolleranza di cui tutti abbiamo bisogno. Come chiesa madre, siamo sempre pronti ad ascoltare i problemi, dissipare i dubbi, lenire l'ansia, guarire le ferite di tutti i nostri figli con la grazia di Dio, ma nel quadro di una tradizione ecclesiale consacrata".

Qual è "la struttura di una tradizione ecclesiale consacrata" agli occhi del Fanar? Non è difficile da indovinare: significa inchinarsi al laico Sergej Dumenko.

Tra l'altro, il patriarca Bartolomeo ha partecipato a una riunione del Consiglio panucraino delle Chiese e delle organizzazioni religiose, dove ha parlato in dettaglio con cattolici e uniati. Ha annunciato l'aspirazione degli ortodossi e dei cattolici a "ristabilire l'unità nella comunione" e ha consegnato al capo degli uniati Svjatoslav Shevchuk una panaghia con un'iscrizione commemorativa.

Svjatoslav Shevchuk: "Per me, questo è un segno simbolico che la chiesa madre è attenta a sua figlia, mentre noi, come chiesa figlia, rispettiamo la nostra chiesa madre. Una panaghia è un segno di dignità episcopale. Ricevere una panaghia dalle mani del patriarca è segno di riconoscimento della dignità episcopale non solo per me, ma anche per l'episcopato della nostra chiesa".

* * *

Qual è la conclusione? Il patriarca Bartolomeo ha parlato con le autorità ucraine, i politici, i funzionari statali, ma ha accuratamente evitato chi era obbligato a incontrare – quelli che chiama costantemente il suo gregge e i suoi figli – i credenti della Chiesa ortodossa ucraina. Di conseguenza, la divisione, che il Fanar ha aggravato con il suo Tomos, è rimasta e non farà altro che continuare.

Mentre l'ospite dalla Turchia partecipava ai ricevimenti e alle cene, decine di migliaia di fedeli della Chiesa ortodossa ucraina stavano pregando in un'altra processione della croce. Questa volta, alla Lavra di Pochaev. Date un'occhiata a questo video, dove 40.000 persone, dopo aver percorso 250 chilometri, entrano nel monastero. Date un'occhiata ai metropoliti della Chiesa ortodossa ucraina, Fjodor di Kamenets-Podolskij o Sergij di Ternopol', che camminavano in tonaca con gli altri pellegrini, e confrontateli con il pretenzioso politico Bartolomeo e il suo seguito ucraino. E ora diteci: quale di loro dovrebbe essere scelto come guida da un credente ordinario, che sta cercando la via a Cristo? Penso che la risposta sia ovvia.

 

 
FotosSez.php?fotossezPage=1 FotosSez.php?fotossezPage=63   60 61 62 63 64 65 66 67 68 69 di 104  FotosSez.php?fotossezPage=65 FotosSez.php?fotossezPage=104  
Inizio  >  GALLERIE FOTOGRAFICHE